Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 novembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    con l'articolo 11, comma 3 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 il Parlamento ha dato mandato all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e i servizi idrici di superare la struttura progressiva rispetto ai consumi e di adeguare le predette componenti ai costi del relativo servizio, secondo criteri di gradualità;

    l'Autorità ha stabilito che la fase di transizione della riforma delle tariffe si dovrà concludere entro il 1° gennaio 2018, con il superamento della progressività delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali;

    nell'ambito delle componenti della tariffa elettrica rientrano sia le tariffe di rete sia le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema, che comprendono anche gli incentivi necessari a far raggiungere al nostro Paese gli obiettivi europei di risparmio energetico e di produzione di energia da fonti rinnovabili;

    già l'analisi dell'impatto della regolazione della stessa Autorità mostrava come, con la rimodulazione delle tariffe, i consumatori più deboli, che tendenzialmente rientrano sodo la media del consumo nazionale, avrebbero visto la loro bolletta crescere per effetto del nuovo calcolo delle tariffe, che di fatto diventavano regressive;

    un recente studio pubblicato dal Gestore dei servizi energetici riporta che, nel 2016, le attività di promozione della sostenibilità gestite dalla stessa società si siano tradotte in un investimento per famiglie e imprese di 16,1 miliardi di euro, l'1 per cento del Pil nazionale, e la famiglia tipo ha contribuito a questo investimento con circa 136 euro, a fronte di una spesa energetica annua di circa 2.600 euro;

    la legge 4 agosto 2017, n. 124 «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», all'articolo 1, commi 75 e 76, prevede che il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità, adotti entro 180 giorni dal 29 agosto 2017 un provvedimento che integri e riveda l'attuale disciplina del bonus sociale elettrico e gas, nel senso di un auspicato rafforzamento dell'intensità compensativa dello strumento;

    nelle more del processo di riforma degli oneri tariffari, la modifica dell'agevolazione per gli energivori di cui all'articolo 19 della legge europea 2017 recentemente approvata dalla Camera dei deputati in via definitiva, implicherà un incremento ulteriore degli oneri tariffari pari a circa 900 milioni di euro l'anno per arrivare a impegnare 1500 milioni di euro;

    tale aumento, come si evince dalla segnalazione al Governo e al Parlamento da parte dell'Autorità dell'energia elettrica, gas e servizi idrici, aggraverà ulteriormente l'incremento delle bollette dei clienti domestici con consumi più bassi, arrivando a incidere per quasi il 9 per cento per chi consuma meno di 1500 kWh all'anno, contro una media nazionale di 2700,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa adottando ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, volta a rivedere la riforma tariffaria, anche alla luce delle recenti modifiche normative apportate dalla legge europea 2017, al fine di evitare ulteriori aggravi di spesa agli utenti domestici e di correggere gli effetti regressivi della stessa.
(7-01393) «Crippa, Vallascas, Cancelleri, Da Villa, Della Valle, Fantinati».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   dalle segrete carte, cosiddetta «Paradise Papers», rese pubbliche in Italia da l'Espresso e Report, emerge una complessa e oscura vicenda legata ad una società di rilievo internazionale, la Vitrociset, che gestisce di fatto i poligoni militari della Sardegna, a partire da quello del Salto di Quirra;

   in Sardegna questa società si occupa, attraverso lauti appalti di Stato, di commesse che vanno dalla gestione tecnologica dei poligoni dell'Aeronautica, sino al movimento terra con quelle che all'interpellante appaiono improbabili bonifiche;

   si tratta di una società che riveste un carattere strategico, perché inserita nei gangli della sicurezza del Paese, in un rapporto diretto con tutti i più delicati servizi di intelligence;

   quello che sta emergendo in queste ore è il raccapricciante e perverso intreccio tra situazione della Sardegna, servitù militari, inquinamento e affari di Stato;

   si tratterebbe di miliardi di euro nascosti nei paradisi fiscali da coloro che hanno usato la Sardegna come un «imponente bancomat» e non ultimo come «discarica di Stato»;

   si aprirebbero scenari inquietanti se, come sta emergendo, questa stessa società risultasse nella disponibilità non trasparente di anonimi e se il Governo avesse come interlocutore e soggetto contraente una società con operatività finanziaria e non solo in qualche sconosciuto paradiso fiscale;

   tutto ciò pone seri interrogativi per conoscere e sapere chi nell'ambito dell'amministrazione statale abbia verificato tutti questi aspetti e per quale motivo non siano stati indagati;

   occorre far chiarezza su chi non ha vigilato e ha omesso di approfondire questi passaggi di denaro di una società sottoposta al regime di «golden power»;

   il Governo deve immediatamente riferire su questo scandalo che coinvolge le primarie società che governano la sicurezza in Italia e che hanno inquinato in lungo e in largo la Sardegna, a partire dalle basi militari;

   da una parte esse fornivano missili e armi al Ministero della difesa, della giustizia e dell'interno e, dall'altra, avevano attivato un vero e proprio «denarodotto» verso le casseforti estere e al sicuro da occhi indiscreti;

   la società dominus delle basi militari sarde, in grado di rifornire senza gare e a trattative private discutibili Esercito, Marina, Aviazione, aeroporti, polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, agenzia spaziale, Nato e Banca d'Italia, è stata il frutto del più imponente scandalo di Stato della prima Repubblica;

   tutto era finito e scomparso nel tortuoso intrigo di società offshore costituite dalla compagine familiare di Crociani, che di fatto hanno finito per non lasciare impronte digitali su quel patrimonio;

   si tratta di una società con miliardi di euro nei paradisi fiscali che continua a percepire fondi statali, ultimo in ordine di tempo il finanziamento del cantiere di Capo Frasca per lavori di movimento terra;

   una società di elevata tecnologia utilizzata per fare anche i movimenti terra dentro i poligoni, ovviamente, con compensi di milioni di euro;

   si sta parlando della stessa Vitrociset che governa l'intero poligono del salto di Quirra;

   si tratta di una società che, da quanto sta emergendo dal fascicolo dei «Paradise Paper», ha nascosto miliardi di euro passati e recenti noncurante del fatto di essere la società di fiducia dello Stato, lo stesso Stato che veniva «depredato» fiscalmente proprio dalla Vitrociset;

   di sicuro gli intrecci tra questa società e gli alti vertici dello Stato non sono mai venuti meno se si pensa che addirittura negli ultimi anni il Capo di Stato maggiore della difesa, gen. Mario Arpino, è diventato il presidente della società;

   ci si deve interrogare su come sia stato possibile che un uomo con quell'incarico di vertice abbia assunto la guida di una società privata e non si sia mai accorto di questo imponente flusso di denaro verso i paradisi fiscali;

   si tratta di una società sottoposta al goldenpower da parte del Governo che la può comprare per evitare che possa essere «scalata» da Stati stranieri;

   il denaro guadagnato anche con i poligoni sardi sarebbe finito ai Caraibi e la Vitrociset, dunque, di fatto apparterebbe ad azionisti anonimi, che potrebbe venderla a chiunque, senza dover chiedere niente a nessuno;

   si configura una situazione che rende di fatto inutili i poteri di controllo dello Stato sulla società che controlla tutta l’intelligence di sicurezza e non solo –:

   se non intenda il Governo fornire urgentemente elementi su questa vicenda;

   se siano state avviate verifiche del Governo, per quanto di competenza, in relazione a queste delicate informazioni sulla titolarità della società Vitrociset;

   se e quali siano i contratti in essere di tale società con lo Stato ai vari livelli;

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire i lavoratori della società e nel contempo ripristinare le condizioni di sicurezza dei servizi forniti da questa società;

   se non si intenda con urgenza valutare di assumere iniziative per l'applicazione del cosiddetto goldenpower e revocare tutti gli appalti in essere, alla luce di quanto sta emergendo sia sul piano fiscale che societario.
(2-02012) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   Silvio Berlusconi è stato condannato in via definitiva a 4 anni di reclusione (con pena accessoria di due anni di interdizione dai pubblici uffici) nell'ambito del processo Mediaset, per il reato di frode fiscale;

   in merito ai processi All Iberian 2 e SME non si è proceduto a sentenza in quanto i fatti contestati (falso in bilancio) non costituivano più reato a seguito delle riforme del Governo Berlusconi II (attraverso la cosiddetta «depenalizzazione» del reato di falso in bilancio); lo stesso ha poi ottenuto sentenze di proscioglimento, ma per prescrizione, in merito ai seguenti, numerosi, procedimenti penali: corruzione nel processo sul Lodo Mondadori; falso in bilancio per il consolidato del gruppo Fininvest nel periodo che va dal 1989 al 1996; falso in bilancio nel processo sui bilanci Fininvest 1988-1992; falso in bilancio nel processo riguardante l'acquisto del calciatore Gianluigi Lentini; corruzione in atti giudiziari nel processo Mills; rivelazione di segreto d'ufficio nel processo Unipol; finanziamento illecito ai partiti nel processo All Iberian 1; corruzione del senatore Sergio De Gregorio);

   l'attuale leader di Forza Italia ha poi beneficiato dell'amnistia per il reato di falso in bilancio riguardo all'acquisto dei terreni di Macherio, nonché in merito al reato di falsa testimonianza resa al tribunale di Verona sulla iscrizione alla P2;

   egli, peraltro, ha frequentato per anni Marcello Dell'Utri – cofondatore di Forza Italia – il quale, è stato condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, poiché, come riconosciuto con sentenza della Corte di Cassazione passata in giudicato, fece da tramite tra la mafia stessa e Silvio Berlusconi;

   risulta altresì che Berlusconi abbia incontrato ripetutamente soggetti predominanti dell'associazione mafiosa definita «Cosa Nostra» come ad esempio Stefano Bontade, il quale, assieme a Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio, governò la «Commissione» (l'organo di comando di «Cosa Nostra») e fu l'organizzatore della «strage di viale Lazio» durante la quale Bernardo Provenzano detto «Binnu ’u Tratturi» assassinò il boss Michele Cavataio;

   in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione emerge sostanzialmente che Silvio Berlusconi è sceso a patti con l'organiziazione criminale denominata «Cosa Nostra», per il tramite di Dell'Utri, sia per ottenere protezione, nonché per svolgere senza danni la propria attività imprenditoriale in Sicilia;

   è notizia di stampa di alcuni giorni fa che Silvio Berlusconi risulterebbe indagato dalla procura di Firenze, insieme a Dell'Utri, nell'inchiesta sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che colpirono Firenze, Roma e Milano;

   come da altri atti di sindacato ispettivo depositati sull'argomento risulterebbero essere 40 gli uomini di scorta e due le auto blindate utilizzate per la protezione dell'ex Presidente del Consiglio ed ex senatore;

   ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2002, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti e impartisce le direttive per la tutela e la protezione delle alte personalità istituzionali nazionali ed estere, nonché delle persone che per le funzioni esercitate o che esercitano o per altri comprovati motivi, sono soggette a pericoli o minacce, potenziali o attuali, nella persona propria o dei propri familiari, di natura terroristica o correlati al crimine organizzato e non solo;

   il comma 3 del citato articolo 1 dispone che per specifiche circostanze e casi determinati il Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro dell'interno, può definire modalità differenziate in ordine alla tutela e alla protezione delle alte personalità istituzionali nazionali ed estere;

   oltre alla predetta storia personale e imprenditoriale, si evidenzia che Silvio Berlusconi ha recentemente fatto le seguenti affermazioni: «Vogliamo realizzare il ponte sullo Stretto»; «Si deve cambiare il sistema della custodia: solo se si è commesso un reato di sangue si va in galera altrimenti si versa una cauzione»;

   dette affermazioni, a parere dell'interrogante, trattando temi notoriamente di interesse anche della criminalità organizzata, potrebbero essere da questa intese come «messaggi» ad essa rivolti –:

   quale sia il numero di persone addette e di mezzi adibiti alla scorta di Silvio Berlusconi e quali siano i costi, a carico del bilancio dello Stato, necessari per la protezione di quest'ultimo;

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rivedere la normativa che consente agli ex Premier di usufruire del servizio di scorta successivamente alla fine del proprio mandato.
(2-02016) «Di Battista».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRANCESCO SANNA, MALPEZZI, CARROZZA, PES, CANI, CARLONI, CAUSI, CHAOUKI, GNECCHI, MARROCU, MINNUCCI, PIAZZONI, GIOVANNA SANNA, SCANU e VERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la città di Iglesias è storicamente sede di scuole pubbliche di ogni ordine e grado, nelle quali si sono formate generazioni di uomini e donne che hanno illustrato con il loro impegno il mondo del lavoro, della cultura, delle istituzioni;

   per iniziativa di docenti e genitori dell'istituto comprensivo intitolato al musicista-sacerdote cattolico Pietro Allori, la classe quinta A della scuola primaria ha condotto un lavoro interdisciplinare di educazione civica sul tema della cittadinanza e sui modi di acquisirla nel nostro ordinamento, che si è avvalso anche della esperienza di relazione dei fanciulli, diretta e quotidiana, con compagni di classe di nazionalità non italiana e con le loro famiglie;

   la classe ha studiato anche il discorso di Papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018, e il significato elementare delle possibili modifiche legislative in materia di cittadinanza nel nostro Paese. Il lavoro didattico non ha coinvolto nessun rappresentante istituzionale o di partiti politici;

   gli scolari hanno presentato il risultato del loro lavoro in pubblico, anche cantando una canzone e facendo uso della lingua dei segni appresa nella scuola;

   l'iniziativa ha provocato una strumentale polemica politica allusiva all'impegno civico del dirigente scolastico nel consiglio comunale di Iglesias;

   il 20 novembre 2017 si celebrerà in tutto il mondo la giornata internazionale della infanzia e della adolescenza. La giornata è istituita per riaffermare i principi posti dalla convenzione internazionale dell'Onu sui diritti dell'infanzia – ratificata dall'Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176 – tra i quali quello relativo alla cittadinanza, alla identità e alla nazionalità;

   nella giornata internazionale, bambini, insegnanti e genitori riproporranno letture, interviste televisive autorealizzate, teatrino e canti sui temi dell'accoglienza e della cittadinanza;

   l'attività dei fanciulli, dei loro maestri, dei loro genitori va dunque restituita alla giusta valenza di attuazione dei programmi didattici della classe;

   si è di fronte ad un lavoro didattico di particolare rilevanza e merito svolto dalla scuola Pietro Allori su un tema – quello della integrazione degli immigrati – cruciale per il futuro della società italiana ed europea e affrontato nel campo della educazione e della cultura –:

   se non si ritenga di proporre il dirigente scolastico, un docente ed un genitore tra quelli impegnati nelle attività sopra descritte affinché vengano insigniti della onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica italiana.
(5-12684)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riportano di una prima sentenza arrivata nell'aprile 2017, seguita da diverse altre, attraverso le quali in sei giudizi, nel solo 2017, diverse Corti hanno dato ragione a cittadini immigrati e torto all'Inps sulla mancata erogazione di bonus a sostegno della famiglia;

   per l'assegnazione del bonus per la maternità di 800 euro, si è fatto riferimento all'assegno di natalità previsto dalla legge di stabilità del 2014, che escludeva l'accesso alle straniere sprovviste di permesso di soggiorno di lungo periodo;

   il permesso di soggiorno di lungo periodo si ottiene solo a condizioni molto restrittive tra le quali: soggiorno nel Paese da almeno 5 anni, disponibilità di reddito superiore all'assegno sociale, conoscenza della lingua altri vincoli;

   la definitiva e più grave ingerenza nelle politiche economiche nazionali è arrivata dall'ultima sentenza emessa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, chiamata a dirimere una causa tra l'Inps e una donna straniera residente a Genova, titolare di un permesso di lavoro superiore a sei mesi, che si era vista rigettare la richiesta dell'assegno per i nuclei familiari numerosi. In primo grado il tribunale aveva dato ragione all'Istituto, ma il giudice d'appello aveva ritenuto necessario chiedere un parere alla Corte di giustizia dell'Unione europea per una verifica di aderenza alle regole europee. La decisione dei giudici europei è stata chiarissima. «I cittadini dei paesi non Ue ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, a norma del diritto dell'Unione e del diritto nazionale – scrivono i magistrati – devono beneficiare della parità di trattamento rispetto ai cittadini di detto Stato»;

   dello stesso parere sono anche taluni giudici italiani. Prima con la decisione del 15 aprile 2016 e poi con l'ordinanza del 21 febbraio 2917 il tribunale di Bergamo ha riconosciuto il diritto delle famiglie straniere a ricevere il bonus «bebè», affermando che «subordinare il riconoscimento ai figli di extracomunitari con permesso di lungo periodo crea una disparità di trattamento tra italiani e stranieri nel caso in cui questi ultimi siano anche lavoratori»;

   secondo i magistrati, il parametro fondamentale per l'erogazione di un bonus resta la «legalità del soggiorno» e il suo carattere non episodico e occasionale;

   anche la Corte costituzionale si è occupata della materia. In particolare, in un'ordinanza del 4 maggio 2017 ha ritenuto illegittimo il mancato riconoscimento dell'assegno di maternità dei comuni ad alcuni cittadini di diverse nazionalità, tra cui una donna eritrea con permesso di soggiorno per motivi umanitari. Anche in questo caso non si riconosce il vincolo del permesso di lungo periodo. La sentenza della Corte costituzionale fa riferimento non solo a diversi articoli della Costituzione, ma anche alla direttiva dell'Unione europea che impone pari trattamento tra i lavoratori legalmente presenti nei Paesi partner, nonché agli accordi euro-mediterranei che dispongono il riconoscimento delle prestazioni assistenziali ai cittadini regolarmente soggiornanti con un titolo di soggiorno «semplice» –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non intenda intervenire, in tempi rapidissimi, presso le competenti sedi europee al fine di consentire, nel rispetto della sovranità nazionale, che possano essere assunte scelte politiche che siano di aiuto per i soli cittadini extracomunitari residenti stabilmente nel nostro Paese, come quelli in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo, evitando discriminazioni nei confronti dei cittadini italiani, vista l'esiguità delle risorse destinate al bonus «bebè» registratasi in passato, essendo peraltro lo stesso al momento non rifinanziato.
(4-18461)


   BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza del Consiglio di Stato del 14 luglio 2009, L'Imaie (Istituto per la tutela dei diritti degli artisti interpreti esecutori) è stato dichiarato estinto e messo in liquidazione ex articolo 16 disp. att. c.c. al fine di procedere alla ripartizione di circa 130 milioni di euro in dotazione dell'istituto, a causa della manifesta incapacità gestionale nell'individuazione dei titolari di diritti connessi ai diritti d'autore ai fini della conseguente distribuzione dei compensi;

   con il decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali», è stato istituito il nuovo Imaie, che ha mantenuto la stessa organizzazione gestionale ed amministrativa, nonché le figure di rappresentanza e dirigenziali del precedente istituto;

   l'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 64 del 2010 prevede che, al termine della procedura di liquidazione, l'eventuale residuo attivo e i crediti maturati siano trasferiti al nuovo Imaie, posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   i commissari liquidatori dell'Imaie hanno avviato «una valutazione comparativa di offerte» per l'affidamento ad un soggetto terzo del servizio finalizzato al completamento dell'attività di attribuzione e di ripartizione dei compensi percepiti a partire da luglio 2009;

   negli atti dei commissari liquidatori – relazione al quinto stato passivo – si evince che solo due sono state le società invitate alla valutazione comparativa, ossia la Seacon S.r.l., che opera nel settore della progettazione di opere marittime e idrauliche, e il nuovo Imaie, cui è stata assegnato l'incarico;

   in ordine allo svolgimento della «procedura comparativa» non è rinvenibile alcuna documentazione dalla quale sia possibile ricostruire motivazioni per le quali non siano state coinvolte altre società (maggiormente qualificate), nel rispetto del principio di libera concorrenza e di trasparenza;

   l'affidamento a un soggetto terzo del medesimo compito dei commissari liquidatori avrebbe dovuto essere sottoposto ad una gara ad evidenza pubblica e dietro una specifica autorizzazione del presidente del tribunale di Roma, nella qualità di organo vigilante sul complesso delle attività di liquidazione;

   l'affidamento da parte dei commissari liquidatori al nuovo Imaie ha prodotto di fatto una significativa alterazione della concorrenza, vista quella che l'interrogante giudica l'assoluta mancanza di trasparenza nella esatta individuazione dei criteri in base ai quali il nuovo Imaie sta provvedendo alla corresponsione delle somme derivanti dalla procedura di liquidazione che, peraltro, in alcuni casi, risultano pervenire anche ad artisti, appartenenti ad altre società di collecting senza che queste ultime possano verificare la correttezza dell'operato e degli importi nell'interesse dell'artista rappresentato;

   l'affidamento di tale incarico al nuovo Imaie solo risulta aver rafforzato di fatto l'istituto, in ragione della posizione di privilegio di cui gode nei confronti degli altri intermediari concorrenti, ma ha anche prodotto un danno nei riguardi di questi ultimi, per l'impossibilità di concorrere con il nuovo Imaie nell'affidamento dell'incarico –:

   se sia a conoscenza dello stato dei fatti esposti e quali iniziative, per quanto di competenza intenda adottare, con particolare riferimento all'attività svolte dal nuovo Imaie sulla base di un affidamento senza procedura ad evidenza pubblica;

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per avocare il compito di individuare i criteri di distribuzione, agli artisti e interpreti o esecutori aventi diritto, dei dovuti compensi attraverso le rispettive società di collecting.
(4-18463)


   CORDA, BASILIO, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   tra gli atti dell'inchiesta «Paradise Papers» spunta anche il nome della Vitrociset s.p.a., azienda italiana che opera nel campo delle tecnologie, dell'informazione e della logistica nonché partner commerciale dello Stato italiano per il quale si occupa di sistemi elettronici e informatici nel campo militare e della pubblica amministrazione, sistemi criptati di informazione degli apparati di sicurezza;

   formalmente la Vitrociset è controllata dalla famiglia Crociani;

   a seguito della diffusione dei documenti svelati dall'inchiesta si scopre che la predetta società sarebbe controllata, attraverso un sistema di scatole finanziarie, da una società con sede nel paradiso fiscale di Curaçao, nei Caraibi ed avente capitale sociale di un dollaro –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda avviare per fare chiarezza sulla vicenda e verificare a quale soggetto effettivamente appartenga la società in questione;

   in che modo il Governo intenda garantire i lavoratori che vi prestano servizio e se non intenda fornire ogni utile elemento sulla situazione societaria, alla luce delle rivelazioni dei «Paradise Papers»;

   se il Governo non ritenga opportuno – in considerazione dei dati sensibili che gestisce – assumere iniziative per l'eventuale «nazionalizzazione» dell'azienda, per salvaguardare la sicurezza nazionale.
(4-18466)


   POLIDORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da un servizio televisivo andato in onda nei giorni scorsi, i cittadini del comune di Valtopina, frazione di Giove, sarebbero al centro di una scandalosa vicenda: dal settembre 1997, ossia a vent'anni di distanza dal terribile terremoto che scosse il Centro Italia, vi sarebbero ancora diverse famiglie residenti del comune costrette a vivere nei container;

   inoltre, nonostante il comune di Valtopina avesse speso, negli anni scorsi, più di 4 milioni di euro di fondi pubblici per ricostruire le case distrutte dal sisma, in realtà è emerso dalla lettura di una perizia della procura di Perugia che tali fondi sarebbero stati spesi per «interventi sismicamente inefficaci». Nella stessa si parla, inoltre, di «vizi di esecuzione» diffusi nei fabbricati e di «situazione pericolosa per la pubblica incolumità»;

   sembra, dunque, che sia le ditte che si sono succedute che lo stesso direttore dei lavori che si sarebbero dovuti occupare della ricostruzione abbiano di fatto creato ingenti danni, arrivando ad abbattere case che non erano state colpite dal terremoto e sprecando, così, i quattro milioni di euro stanziati per la ricostruzione;

   peraltro, i processi nei confronti dei responsabili sono stati caratterizzati da un'enorme lentezza, che continua a dilagare nel mondo della giustizia italiana, e ciò ha fatto sì che i reati andassero in prescrizione. Al contrario, per gli abitanti di Valtopina nulla è cambiato rispetto alla situazione di venti anni fa, con l'enorme aggravante che ad oggi il comune pretende da loro le risorse che sono state spese per rimediare ai danni delle precedenti imprese;

   per di più nel 2006, a seguito dell'abbandono dei lavori da parte dell'impresa Novatecno affidataria dell'appalto, in quanto ritenuti pericolosi per l'incolumità dei propri operai, nonché per la mole di lavori non eseguiti a norma, il comune di Valtopina esercitò i poteri sostitutivi assumendo la responsabilità dell'intera supervisione dei lavori;

   in una lettera ricevuta dal precedente sindaco dagli abitanti di Valtopina si legge che la regione avrebbe chiesto ai cittadini del comune la restituzione delle somme in precedenza erogate dalla regione per un importo complessivo pari a circa due milioni di euro;

   l'attuale sindaco di Valtopina, Lodovico Baldini, invece, ha dichiarato che «i cittadini non pagheranno soldi che non devono pagare», sconfessando di fatto quanto fatto dal suo predecessore senza peraltro addurre le specifiche motivazioni alla base della propria decisione e senza, tantomeno, indicare i soggetti che pagheranno per questi danni;

   dal canto suo, Confconsumatori Umbria ha annunciato pubblicamente l'avvio di un sit-in, qualora le istituzioni non si dovessero fare carico nei prossimi giorni della situazione –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda esposta in premessa e, per quanto di competenza, se intenda intraprendere tutte le opportune iniziative, anche normative, finalizzate a garantire che i cittadini del comune di Valtopina non debbano continuare a subire le conseguenze, anche di natura economica, per gli errori commessi dai soggetti che, invece, avrebbero dovuto tutelarli e, soprattutto, permettere la conclusione, dopo un'estenuante attesa di vent'anni, delle opere di ricostruzione delle abitazioni.
(4-18470)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   GIORGIS, D'OTTAVIO, MATTIELLO, BOCCUZZI, PAOLA BRAGANTINI, ROSSOMANDO, FREGOLENT, BONOMO, LATTUCA, PAOLO ROSSI, BORGHI, GIUSEPPE GUERINI, ZAN, IACONO, INCERTI, MICCOLI, CARLONI, CAMANI, PILOZZI, NACCARATO, CARRA, MARIANI, BRAGA, CARROZZA, LAURICELLA e CUPERLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i fragili equilibri geo-politici a livello mondiale hanno riproposto con forza il tema della pericolosità degli arsenali nucleari, e del rischio, diventato sempre più concreto, di vere e proprie catastrofi umanitarie;

   non casualmente, proprio nel 2017 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite con 122 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario ha approvato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW), che ha l'ambizione di affermarsi come strumento giuridico per una progressiva eliminazione totale delle armi nucleari;

   il premio Nobel per la Pace per il 2017 è stato assegnato all'Ican, l'Agenzia per la messa al bando delle armi, nucleari nata all'interno dell'Onu, proprio «per il suo lavoro nel sensibilizzare sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi ad ottenere un trattato sul divieto di tali armi»;

   oltre 3000 scienziati provenienti da 80 Paesi, tra cui 28 premi Nobel, hanno espresso il loro sostegno alla messa al bando delle armi atomiche in una lettera aperta rivolta alle Nazioni Unite;

   l'esistenza stessa delle armi nucleari è universalmente riconosciuta come una terribile minaccia per la vita di milioni persone, e si ritiene che anche il Governo italiano debba rafforzare il proprio impegno affinché queste armi siano ripudiate e abolite ovunque;

   del resto, già l'articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (ratificato dall'Italia nel 1975) prevedeva come obiettivo ultimo un «trattato sul disarmo generale e totale sotto il severo ed effettivo controllo internazionale»;

   nel settembre 2017 la Camera ha approvato la mozione 1-01699 con la quale si è impegnato il Governo a: «1) a continuare a perseguire l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, che riconosca la centralità del Trattato di non proliferazione nucleare, e attraverso modalità che promuovano la stabilità internazionale, valutando in questo contesto, compatibilmente con l'obiettivo delineato, con gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l'orientamento degli altri alleati, la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione, approvato a New York il 7 luglio 2017 dall'Assemblea generale dell'Onu appositamente convocata; 2) ad attivarsi, insieme con gli altri partner della comunità internazionale, per favorire l'universalizzazione ed il rafforzamento delle disposizioni del Trattato di non proliferazione nucleare, l'entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), la conclusione di un Trattato sulla messa al bando del materiale fissile idoneo alla fabbricazione di armi nucleari (FMCT), il consolidamento e la creazione di zone libere da armi nucleari, soprattutto in Medio oriente, e altre misure di trasparenza e costruzione della fiducia che possano condurre all'obiettivo del disarmo generale.» –:

   quali iniziative di competenza il Governo abbia adottato o intenda adottare, in coerenza con l'articolo 11 della Costituzione, con il Trattato di non proliferazione alla luce della mozione n. 1-01699 approvata dalla Camera dei deputati, per giungere alla sottoscrizione, anche da parte degli altri Stati membri delle Nazioni Unite, del Trattato (adottato dall'Onu il 7 luglio 2017) per la messa al bando delle armi nucleari.
(3-03350)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   CIMBRO e PIRAS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da settimane si susseguono e vengono diffuse attraverso i social media e la stampa internazionale notizie preoccupanti sullo stato di salute del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan. Alcune di queste notizie parlano addirittura del fatto che Öcalan potrebbe essere morto;

   praticamente su di lui non si hanno più notizie dalla fine del 2016, quando appunto gli fu consentito di incontrare il fratello. Non si conosce quali siano attualmente le sue condizioni di salute e nemmeno se si trovi ancora rinchiuso nella prigione di Imrali;

   dal settembre 2016 vengono vietate qualsiasi tipo di visite ad Öcalan: ai suoi familiari, alle delegazioni internazionali, ma anche ai suoi avvocati;

   da più parti si sono levate richieste di intervento nei confronti del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) unico soggetto legittimato a richiedere di poterlo incontrare nel carcere dove è rinchiuso da ormai 19 anni;

   a tale scopo alla fine di ottobre centinaia di persone si sono nuovamente radunate per un altro sit-in davanti alle sedi del Cpt al Consiglio d'Europa, chiedendo urgentemente una visita al prigioniero politico curdo, richiesta reiterata in queste settimane da migliaia di cittadini europei che hanno scritto ai rappresentanti del Cpt e del Consiglio d'Europa;

   il gruppo parlamentare Articolo 1 – movimento democratico e progressista condivide con il popolo curdo lo stato di enorme apprensione per il destino del leader riconosciuto da milioni di donne e uomini come un uomo chiave per il compimento e la realizzazione del processo di pace in Turchia e nel Medioriente;

   è un diritto fondamentale della sua famiglia, dei suoi rappresentanti legali e dell'opinione pubblica tutta essere informati sullo stato di salute di Öcalan –:

   quali iniziative, anche diplomatiche, urgenti il Governo intenda intraprendere affinché il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) possa effettuare una visita al carcere di lmrali, dove Öcalan è detenuto da diciannove anni e rendere così note le sue condizioni di salute.
(5-12690)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, NICOLETTI, GARAVINI, CARROZZA e RIGONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si legge nel documento «Strategia per la promozione all'estero della formazione superiore italiana» condiviso nelle sue linee generali tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, «la promozione all'estero del sistema nazionale della formazione superiore» fa parte integrante del «più ampio progetto di promozione integrata del Sistema Italia sostenuto dalla Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese, e ne rappresenta un asse prioritario di azione»;

   questa Strategia ha come obiettivo sia l'aumento della qualità e quantità degli studenti stranieri in Italia, sia l'aumento delle collaborazioni e dei programmi internazionali delle università italiane;

   alcune azioni da intraprendere per arrivare a questi obiettivi sono state identificate nella semplificazione delle procedure di accesso ai corsi quali la valutazione dei titoli, il rilascio del visto e del permesso di soggiorno cui però deve accompagnarsi il rigore dei controlli;

   non esistendo una vera e propria anagrafe degli studenti internazionali in Italia, che sono diversi dagli studenti stranieri che proseguono all'università il proprio ciclo di studi avviato in Italia, si è pensato di interconnettere le banche dati del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'interno per monitorarne la presenza sul territorio nazionale;

   altra azione che dovrebbe trovare la cooperazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e quella di promuovere annualmente iniziative di presentazione delle istituzioni italiane di formazione superiore. Per il 2017, era stato concordato di organizzare iniziative di presentazione negli Usa, in Cina e in India;

   il portale Universitaly, che attualmente svolge funzione di mera divulgazione dei corsi, dovrebbe essere interamente rivisto diventando non più solamente uno strumento informativo, ma un reale meccanismo interattivo per studenti ed istituzioni formative –:

   quali siano state le iniziative e quali i concreti passi avanti promossi dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in questo primo anno di attuazione della Strategia per la promozione all'estero della formazione superiore italiana e quali siano quelli ancora da compiere nel brevissimo periodo al fine di conseguire, nel più breve tempo possibile, gli ambiziosi obiettivi che la strategia si è posta.
(5-12691)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, ZOLEZZI e ALBERTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   consta all'interrogante che gli interventi relativi al collettore del lago di Garda, alla messa in sicurezza di siti contaminati, tra i quali Pescantina (Verona) e alla relativa bonifica Pfas, sono stati esclusi dal finanziamento previsto nel piano operativo «ambiente», di cui alla delibera dal Cipe 55/2016 e che, al fine di garantire le risorse necessarie alla realizzazione di tali interventi, con nota del 7 aprile 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territori e del mare avrebbe chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze di attingere al Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017;

   ad oggi non è noto se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia confermato quanto richiesto in merito alla possibilità di avvalersi del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese previsto dall'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017, da cui deriverebbe l'onere per la regione Veneto di compiere gli atti necessari per l'impiego effettivo delle risorse nei termini indicati dall'articolo 140-bis della legge di bilancio per il 2017 –:

   se corrisponda al vero che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa avvalersi del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese previsto dall'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017, per gli interventi sopra richiamati, anche al fine di garantire alle popolazioni ed agli amministratori pubblici dei luoghi interessati la possibilità di avvio dei lavori di rifacimento del collettore del Garda, della messa in sicurezza del sito di Pescantina e della bonifica Pfas, a tutela della salute e del territorio.
(5-12672)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la zona del Vesuvio nel corso dei mesi estivi è stata oggetto di devastanti e ripetuti incendi che hanno prodotto la distruzione di grande parte della vegetazione presente nell'area;

   con l'arrivo dell'ondata di maltempo e piogge abbondanti, anche a seguito del disboscamento prodotto dagli incendi, si sono verificate situazioni di grave disagio, ed in alcuni casi di vero e proprio pericolo, per gli abitanti di diversi comuni e centri abitati della zona situati all'interno della provincia di Napoli;

   le piogge hanno provocato smottamenti, colate di fango ed in alcuni casi frane che hanno prodotto l'isolamento di centri abitati oppure conseguenze sulla viabilità a causa di interruzioni di tratti stradali;

   per fare alcuni esempi gli abitanti di Monte Faito sono rimasti completamente isolati, anche a causa della chiusura della funivia che li collegava alle zone sottostanti; la strada statale 145 Sorrentina vede ancora chiuse al traffico due delle tre gallerie presenti, con conseguente paralisi del traffico automobilistico;

   anche a Torre del Greco si registrano situazioni in cui il fango disceso a causa delle piogge si è accumulato lungo le strade e nelle vicinanze degli ingressi della abitazioni creando disagi;

   a San Sebastiano al Vesuvio si sono registrati smottamenti di pareti di terreno che erano alte fino a dieci metri, mettendo a forte rischio il locale sentiero vesuviano;

   inoltre, all'interno del parco vesuviano, gli smottamenti di terreno potrebbero anche interessare una zona in cui risiede una discarica ormai dismessa, denominata «Porcilaia», ove permangono grandi quantità di rifiuti. Questi rifiuti con nuove piogge e nuove frane potrebbero essere trascinati in basso;

   è di tutta evidenza che la situazione che attualmente interessa la zona del Vesuvio è di estrema gravità, sia per quanto riguarda i danni e le situazioni di pericolo e disagio già prodotti, sia, in vista di annunciati nuovi fenomeni di intenso maltempo, per quanto concerne i danni e le situazioni di pericolo per la popolazione che potrebbero ulteriormente verificarsi in futuro –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, sia per risolvere con urgenza i disagi già prodotti, sia per prevenire nuove situazioni di pericolo e di danno a seguito di ulteriori frane e smottamenti.
(5-12677)

Interrogazione a risposta scritta:


   TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende la notizia che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe assegnato alla regione Marche 7,758 milioni di euro per la messa in sicurezza della «discarica» dello stabilimento SGL Carbon sito in Ascoli Piceno, già oggetto di una procedura di infrazione comunitaria –:

   se trovi conferma la notizia che sia stato disposto il finanziamento di cui in premessa e quali elementi, per quanto di competenza, possa fornire circa l’iter e la procedura di bonifica dell'area, anche rendendo disponibile la relativa documentazione.
(4-18462)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la legge 7 agosto 2015, n. 124, ha disposto, tra l'altro, la «riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia [...] ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare [...]»;

   a partire dal 1° gennaio 2017 il personale del Corpo forestale dello Stato è stato assorbito dall'Arma dei carabinieri;

   l'Arma ha ereditato dal Corpo forestale dello Stato oltre 400 facoltà assunzionali, prodottesi a seguito di mancati transiti del personale forestale;

   l'Arma consta di 4.573 stazioni, alle quali se ne sono aggiunte, quasi mille dell'assorbito Corpo forestale dello Stato. In sintesi, la componente «forestale» delle strutture territoriali dell'Arma è pari a circa un quinto del totale;

   le strutture territoriali dell'ex Corpo forestale dello Stato assorbite dall'Arma già risentivano di una grave carenza di personale, anche in conseguenza di un deficit di forestali in servizio rispetto alla dotazione organica prevista nell'ex Corpo forestale dello Stato;

   il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – così come modificato dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, di attuazione della «riforma Madia», e dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 –, in tema di «alimentazione del ruolo forestale» dell'Arma, dispone che il reclutamento avvenga prevedendo che quote dei posti periodicamente messi a concorso per i ruoli di carabinieri, appuntati, brigadieri e marescialli siano destinate a personale da formare nelle specializzazioni in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare, per il successivo impiego nella relativa specialità;

   tuttavia, tali percentuali risultano essere estremamente ridotte;

   il concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 marzo 2017, «per esami e titoli, per il reclutamento di 1.598 allievi carabinieri in ferma quadriennale» – posti aumentati a 1.868 a seguito di decreto dirigenziale n. 45/1-11 CC, datato 18 luglio 2017, del comando generale dell'Arma dei carabinieri –, all'articolo 1, comma 2, ha «stabilito in [204] il numero dei vincitori dei concorsi di cui al comma 1 da formare nelle specializzazioni in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare per il successivo impiego nelle relative specialità [...]»;

   tale numero corrisponde a poco più di un decimo del totale dei posti messi a concorso;

   si aggiunga che recenti tentativi implementati dall'Arma di alimentazione del ruolo forestale – attraverso la specializzazione in sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare di una quota dei partecipanti ai corsi di formazione in atto – non hanno raggiunto i risultati numerici attesi;

   attualmente, i competenti uffici dell'Arma stanno valutando circa 1.000 istanze di trasferimento prodotte dal personale del ruolo forestale. Si tratta, in molti casi, di domande presentate da carabinieri forestali che da diversi anni sono impiegati in strutture lontane dalle proprie famiglie e dai propri affetti e che, pur aspirando ad un legittimo ricongiungimento ad essi, vedono l'accoglimento delle proprie richieste dipendere, inevitabilmente, dalla situazione di forza della struttura in cui operano –:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda assumere per scongiurare un progressivo depauperamento del personale impiegato in tali strutture e/o un'inevitabile chiusura di molte di esse, circostanza che comporterebbe un più generale depotenziamento delle neo-trasferite funzioni di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare che la «riforma Madia», nel conferire apposita delega al Governo, ha sancito come irrinunciabili;

   se si intenda implementare il piano assunzionale per conseguire risultati numerici apprezzabili – e rispettosi dei criteri stabiliti dal legislatore in sede di delega – di specializzazione del personale in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare, per il successivo impiego, sul territorio, nella relativa specialità.
(5-12676)


   VITO, PALMIZIO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il sacrario militare di Redipuglia è un monumentale cimitero militare situato in Friuli-Venezia Giulia dedicato alla memoria di oltre 100.000 soldati italiani caduti durante la prima guerra mondiale;

   il monumento sorge su un'area demaniale ed è amministrato dalla nascita dal Ministero della difesa, attraverso il Commissariato generale per le onoranze ai caduti;

   è notizia di questi giorni che un rapper di Udine ha girato parte di un videoclip di una sua canzone all'interno del Sacrario e che il filmato, pubblicato anche sul web, è stato poi rimosso dopo poco, a causa delle numerose proteste che ha scatenato –:

   sulla base di quali valutazioni e presupposti sia stato autorizzato quest'utilizzo del sacrario di Redipuglia e se non ritenga che esso sia irrispettoso della sacralità e della memoria dei defunti commemorati nel cimitero.
(5-12683)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 novembre 2017 il quotidiano La Stampa pubblica un articolo in cui si dà notizia delle mosse del Governo italiano per acquisire la sede dell'Agenzia europea per i medicinali, in procinto di abbandonare Londra dopo le decisioni circa la Brexit;

   in particolare, nell'articolo, si fa riferimento a indiscrezioni rivelate sulla vicenda dal Financial Times;

   fra queste si cita come potenzialmente decisiva l'offerta del Governo di rafforzare il contingente Nato di stanza in Polonia con militari italiani aggiuntivi rispetto a quelli già inviati, in cambio di un atteggiamento benevolo dei Paesi baltici relativamente al dossier riguardante l'Agenzia europea per i medicinali;

   si parla di battaglioni dislocati dalla Nato in Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia nell'estate del 2016, che hanno determinato un ulteriore raffreddamento nei rapporti con la Russia;

   sarebbe pertanto inaccettabile secondo l'interrogante un ulteriore impegno italiano in tale contesto, tanto più se motivato esclusivamente dalla volontà di acquisire per questa via crediti da impiegare su un altro tavolo;

   non è in discussione infatti la validità dell'impegno sul dossier riguardante l'Agenzia europea dei medicinali, ma la necessità di non utilizzare le risorse militari come mezzo di scambio, tanto più in un contesto diplomatico complesso che coinvolge i rapporti con la Russia –:

   se intenda fornire chiarimenti circa i fatti di cui in premessa e se trovi conferma l'esistenza di un'offerta da parte del Governo di inviare nuovi militari italiani nel contingente Nato di stanza nei Paesi Baltici al fine di ottenere in cambio un sostegno per la candidatura di Milano come sede dell'Agenzia europea per i medicinali.
(4-18469)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   è da circa due anni all'attenzione del Ministero una bozza di riforma del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, che regola il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali, degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei geologi e degli ingegneri;

   il processo preparatorio di tale riforma è stato attenzionato dai sottoscritti con le interpellanze urgenti n. 2-01189 e n. 2-01772 a cui ha risposto in Aula il sottosegretario Ferri rispettivamente il 4 dicembre 2015 e il 28 aprile 2017;

   rispondendo all'ultima interpellanza, il rappresentante del Governo aveva affermato: «il Ministero è in una fase di avanzata istruttoria, ma siamo in dirittura d'arrivo per dare alla luce queste modifiche»;

   nelle more di questa riforma, molto attesa dalle professioni anche perché capace di garantire maggiore democrazia, partecipazione, rappresentatività e rinnovamento, si sono svolte in alcuni ordini le elezioni nei consigli territoriali;

   secondo segnalazioni giunte agli interpellanti, sarebbero stati eletti, in palese violazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005, alcuni consiglieri giunti al quarto mandato consecutivo. Tali violazioni si sarebbero registrate per gli Ordini degli ingegneri di Livorno, Messina e Isernia, per gli Ordini degli architetti di Benevento e Messina e per l'Ordine dei chimici di Lecce;

   l'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica stabilisce, infatti, che i componenti dei consigli territoriali restino in carica quattro anni a partire dalla data della proclamazione dei risultati e non possano essere eletti per più di due volte consecutive. In occasione del decreto «Milleproroghe 2010», si è stabilito che l'articolo 2, comma 4, si applicasse ai componenti degli organi in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, con il limite massimo di durata corrispondente a tre mandati consecutivi;

   tale previsione ha consentito la ricandidatura a componenti degli organi che altrimenti non avrebbero potuto farlo dopo aver raggiunto tale limite;

   nella risposta all'interpellanza n. 2-01772, il sottosegretario affermava che «per quanto riguarda il limite dei mandati è tuttora oggetto di riflessione l'opportunità di mantenere o modificare il confine attualmente segnato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005»;

   il Consiglio nazionale degli ingegneri, già nel 2011 (circolare n. 391), riportando il parere del Ministero della giustizia reso in data 26 gennaio, chiariva agli iscritti che il limite «vale sia se la persona è stata eletta dall'inizio, sia se è subentrata in sostituzione di altro soggetto, eletto in precedenza». Tale soluzione veniva estesa anche al caso del consigliere dimissionario, per evitare che così facendo venga eluso il divieto di legge;

   in risposta a un quesito del Consiglio nazionale dei chimici, nel maggio 2017 il Ministero ha risposto con chiarezza che «non si ritiene estensibile l'aumento dei limiti dei mandati ai componenti che saranno eletti nel 2017»;

   secondo alcune segnalazioni, anche a seguito di alcuni ricorsi il Consiglio nazionale degli ingegneri avrebbe convocato i presidenti degli Ordini con consiglieri o presidenti eletti al quarto mandato, preannunciando una immediata lettera con la relativa decadenza degli stessi. Non uguale solerzia si è però riscontrata in altri Ordini coinvolti;

   come si evince dalla relazione 2016 del Ministero sull'amministrazione della giustizia a pagina 17, l'attività del settore libere professioni dell'ufficio II – Ordini professionali e pubblici registri (posto sotto la direzione generale della giustizia civile, a sua volta sotto il dipartimento per gli affari di giustizia), è volta a «verificare il regolare funzionamento degli Ordini e Collegi nelle loro articolazioni, costituite dai Consigli nazionali e territoriali». Inoltre, «qualora siano rilevate disfunzioni, ovvero in caso di gravi e ripetute violazioni di legge – variamente definite dalle norme anche come violazione dei doveri propri dell'organo — ovvero in caso di impossibilità di funzionare degli organi in questione, compete al Ministero l'esercizio del potere di scioglimento e commissariamento degli Ordini e Collegi locali o nazionali»;

   accanto al suddetto settore opera inoltre il settore Consigli nazionali, volto a «prestare assistenza tecnico-giuridica ai Consigli nazionali delle libere professioni vigilate dal Ministero della giustizia, occupandosi [...] dell’iter dei procedimenti disciplinari dei singoli Consigli nazionali nei confronti di loro appartenenti»;

   il Ministero è quindi competente a valutare condotte scorrette come quelle illustrate –:

   se il Ministro interpellato abbia riscontrato le violazioni esposte in premessa e se intenda esercitare fino in fondo le funzioni di vigilanza, controllando tutti gli ordini coinvolti in elezioni nell'ultimo anno e adottando le iniziative di competenza in caso di eventuali violazioni;

   se intenda assumere le iniziative per confermare l'interpretazione della norma sul limite dei mandati alla luce della risposta del maggio 2017 richiamata in premessa;

   se intenda assumere le iniziative di competenza per procedere rapidamente alla revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005 entro la scadenza della legislatura e chiarire l'orientamento definitivo sul limite dei mandati.
(2-02014) «Mazziotti di Celso, Pisicchio».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   con la legge n. 13 del 1989 e il relativo regolamento di attuazione approvato con decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236, sono previste norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata. Parte delle norme della legge n. 13 del 1989 e specificatamente gli articoli 1, 3, 6 e 8 sono confluiti negli articoli da 77 a 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico in materia di edilizia), ma la parte relativa ai contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche non è stata mai modificata o cancellata;

   per quanto riguarda i contributi, la legge n. 13 del 1989 prevede:

    all'articolo 9, contributi a fondo perduto finalizzati al superamento delle barriere architettoniche in edifici esistenti;

    all'articolo 10, l'istituzione presso il Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) del fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati;

   il fondo è annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in proporzione del fabbisogno indicato dalle regioni;

   le regioni ripartiscono le somme assegnate ai comuni richiedenti;

   le amministrazioni comunali assegnano i contributi agli interessati che avevano presentato loro precedentemente la domanda;

   se non ci sono sufficienti risorse nell'anno della richiesta di contributo, la domanda rimane valida per gli anni successivi;

   con la legge n. 350 del 2003, bilancio annuale, è stato rifinanziato il fondo con 20 milioni di euro, ma successivamente, non risulta nessun altro stanziamento per far fronte alle domande che entro il 1° marzo di ogni anno, l'avente diritto al contributo o il tutore o curatore devono presentare al sindaco del comune nel quale è sito l'immobile. Il comune, verificata la corrispondenza ai requisiti di legge, procede alla trasmissione alla regione, affinché la stessa richieda il contributo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   in particolare, in regione Lombardia, ai cittadini che hanno inoltrato la domanda di contributo ai sensi della legge n. 13 del 1989 verrebbe risposto che non è possibile rispettare la legge, in quanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe inadempiente da molti anni nonostante i solleciti della regione stessa, evidenziando però al richiedente che, così come indicato nella legge, le richieste rimangono valide anche per gli anni;

   senza rifinanziare il fondo previsto dalla legge n. 13 del 1989, o cambiare la normativa a seguito di altri e successivi provvedimenti destinati all'abbattimento delle barriere architettoniche in edifici privati e pubblici, si crea un circuito poco rispettoso nei confronti dei cittadini che continuano ad inoltrare domanda ai comuni che a loro volta li trasmettono alla regione, la quale trasmette annualmente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le richieste di finanziamento presentate senza ottenere i contributi corrispondenti;

   si ritiene che questa situazione debba essere corretta, perché risulta agli interpellanti che siano molti i cittadini che hanno affrontato una spesa per abbattere le barriere architettoniche secondo le modalità previste dalla legge e che sono in attesa da anni di risposte;

   si ritiene che, a prescindere dall'esigenza di riordino e di messa in coerenza delle leggi per l'abbattimento delle barriere architettoniche, sia corretto riconoscere agli aventi diritto che già hanno fatto regolare richiesta il contributo ad essi spettante –:

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interpellati intendano assumere in modo da riconoscere i corrispettivi agli aventi diritto che hanno presentato regolare richiesta per il contributo ad essi spettante.
(2-02013) «Gasparini, Cinzia Maria Fontana, Fragomeli, Giulietti, Giuliani, Casati, Arlotti, Giachetti».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il primo volo Meridiana per Roma è partito domenica 12 novembre 2017 da Olbia con 4 ore di ritardo, anziché alle 7,00 il decollo è avvenuto alle 11 del mattino;

   tutti i voli viaggiano con ritardi di oltre un'ora e il volo Olbia-Napoli è stato addirittura cancellato;

   si tratta del più consistente tracollo della compagnia da quando questo management, ad avviso dell'interpellante, inadeguato ha deciso di spostare gli operativi sull'aeroporto Malpensa e ha sostanzialmente deciso l'indebolimento dell'operatività della compagnia in Sardegna;

   si configura un fallimento che si misura con l'affitto di 3 aeromobili da compagnie straniere: un 737 OM-GTB della croata GO2SKY di 21 anni, un A320 SX-SOF della greca Orange2fly di 12 anni e un 757 EC-ISY della spagnola PRIVILEGE STYLE di 24 anni;

   si tratta, a giudizio dell'interpellante della conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, dell'inadeguatezza di un management che con decisioni illogiche e intempestive ha praticamente messo in ginocchio l'operatività della compagnia;

   si riscontra una guida della compagnia che non è stata in grado nemmeno di disporre di aerei di riserva, considerato che attualmente per il corto raggio la stessa dispone solo di velivoli 8 737 di AirItaly, oltre ai 4 MD80 fermi immobili a Olbia;

   da oggi inizia l'esodo dei sardi a Malpensa;

   sul primo volo per Linate sono partiti 22 tra comandanti e piloti di Olbia che dovranno trasferirsi a Malpensa per il corso di addestramento sul 737 per essere poi trasferiti a quella che l'interrogante ritiene la fittizia «sede» Meridiana di Malpensa e quindi «distaccati» in AirItaly;

   si tratta di un'operazione maldestra che sta portando non solo a gravissime ripercussioni sulla gestione ordinaria, ma che sta compromettendo il sistema aeroportuale di Olbia costretto a ritardi incredibili e costi aggiuntivi legati all'operatività fuori controllo degli slot di partenza e arrivo;

   la notte scorsa il volo in arrivo ad Olbia da Fiumicino è arrivato al Costa Smeralda dopo l'una del mattino;

   si registra un vero e proprio disastro;

   il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Enac e la regione non possono continuare a restare in silenzio, continuerebbero ad essere corresponsabili di una situazione non più sostenibile con autorizzazioni all'esercizio aereo solo formali e attività delegate alle più disparate società terze;

   con scelte, a giudizio dell'interpellante scellerate, si sta distruggendo una compagnia aerea e si sta depotenziando l'aeroporto di Olbia;

   tutto questo deve essere fermato senza perdere altro tempo;

   si tratta di un aeroporto gettato nel caos con centinaia di passeggeri allo sbando per una gestione «dilettantesca» di una compagnia aerea che può permettersi un ritardo di 4 ore nel primo volo e di tre nell'ultimo;

   ciò significa che i tagli del personale e i sacrifici proposti ai lavoratori non sono serviti a niente dinanzi a scelte deleterie che stanno dilapidando gli stessi sacrifici del personale. Anche in questo caso si conferma un atteggiamento gravissimo verso la Sardegna e verso i sardi, penalizzati sia sul fronte del personale che dei collegamenti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda urgentemente assumere per un chiarimento circa la posizione di Meridiana e per porre fine a questi perenni disservizi;

   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare il pieno rispetto della normativa vigente nella situazione di cui in premessa.
(2-02011) «Pili».

Interrogazione a risposta scritta:


   PRESTIGIACOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'elenco dei progetti da finanziare nell'ambito del Programma operativo nazionale (PON) 2014/2020 – approvato dalla Commissione europea con decisione C(2015) 5451 del 29 luglio 2015 – sono previsti lavori di collegamento ferroviario del porto commerciale di Augusta con la linea ferroviaria nazionale Siracusa-Catania;

   come appreso da notizie di stampa, sembra che vi sia l'intenzione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di eliminare dall'elenco dei grandi progetti del PON il suddetto collegamento del porto commerciale di Augusta;

   fonti di stampa riportano che il taglio del finanziamento sarebbe motivato dalla riduzione del traffico portuale; tale versione dei fatti, ove corrisponda al vero, ad avviso dell'interrogante, genererebbe un circolo vizioso in cui le infrastrutture della regione diverrebbero sempre meno efficienti;

   l'interrogante ravvisa altresì una evidente discrasia tra quanto sostenuto dalle fonti regionali e da quelle nazionali, poiché il 26 ottobre 2017 l'assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti, Luigi Bosco, ha affermato che il collegamento tra rete ferroviaria ed il porto di Augusta è da considerarsi come un fatto certo;

   l'eliminazione dall'elenco dei grandi progetti del PON infrastrutture del porto commerciale di Augusta, oltre a rappresentare un'evidente problematica in relazione alla gestione del porto stesso, nonché perché rappresenterebbe una infrastruttura che potrebbe generare sviluppo e crescita economica per l'intera regione, rischierebbe altresì di comportare evidenti problematiche legate all'istituzione delle zone economiche speciali previste dal decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alla vicenda riportata in premessa e se corrisponda al vero la notizia di cui in premessa, secondo la quale il progetto dei lavori di collegamento ferroviario del porto commerciale di Augusta con la linea ferroviaria nazionale Siracusa-Catania è eliminato dall'elenco dei progetti nell'ambito del PON 2014/2020, considerato che si tratterebbe di una decisione che, per l'interrogante, determinerebbe evidenti problematiche per lo sviluppo e la crescita economica dell'intera regione.
(4-18468)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   RAVETTO e OCCHIUTO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   la missione Triton, che dal 1o novembre 2014 ha sostituito «Mare nostrum», è l'operazione di sicurezza delle frontiere dell'Unione europea, condotta dall'Agenzia europea Frontex, con l'obiettivo di sostenere lo sforzo dell'Italia nel fronteggiare la pressione migratoria sulla propria frontiera meridionale;

   nel mese di luglio 2017, il Governo italiano ha manifestato ai Paesi europei la richiesta di modificare i termini della missione Triton, anche in considerazione dell'imminente scadenza della stessa operazione, pianificando in maniera diversa lo schieramento in mare e la distribuzione delle navi nei porti;

   a tal proposito, l'11 luglio 2017 si è svolta una riunione tra l'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, le autorità italiane e gli Stati membri partecipanti all'operazione Triton, al fine di rafforzare il sostegno al nostro Paese nella gestione della crisi per i flussi migratori;

   in tale consesso è stata approvata l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di presentare una proposta di revisione del piano operativo di Triton, il cui primo incontro, al quale hanno partecipato funzionari di Frontex e le autorità italiane, si sarebbe svolto il 24 luglio 2017;

   come riportato da agenzia Ansa dell'11 settembre 2017, risulterebbe che la revisione del piano operativo dell'operazione Triton sarebbe proseguita con due bilaterali a livello tecnico, durante i mesi di agosto e settembre 2017, con la possibilità di giungere ad un nuovo piano nei mesi successivi, stando a quanto riferito dal direttore dell'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera, Fabrice Leggeri;

   durante l'audizione svoltasi il 19 settembre 2017 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il Sottosegretario Gozi ha sostenuto che «sono stati avviati a livello tecnico i lavori per quanto riguarda la revisione del piano operativo Triton 2017» e che la stessa «è stata avviata su iniziativa dell'Italia che ha posto l'accento sulla necessità di condividere di più e di avere maggiore responsabilità condivisa tra tutti coloro che partecipano al piano Triton per quanto riguarda le operazioni in mare e per quanto riguarda gli sbarchi fuori dalla zona Sar» –:

   se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito al rinnovo della missione Triton in riferimento ai contenuti, nonché alle tempistiche della revisione del piano operativo stesso.
(3-03356)


   LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MELILLA, MOGNATO, MURER, MATARRELLI, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   la mattina del 6 novembre 2017 si è verificato nel Mar Mediterraneo un grave incidente che avrebbe causato una cinquantina di dispersi e che avrebbe visto coinvolti la Guardia costiera libica, la Marina militare italiana e due navi delle organizzazioni non governative Sea Watch e Sos Mediterranèe;

   secondo le prime testimonianze raccolte e riportate in data 10 novembre dal quotidiano la Repubblica e riprese in una richiesta di informativa urgente avanzata nella stessa data dai gruppi Articolo 1-MDP e Sinistra Italiana-SEL-Possibile, nell'incidente sarebbe stato determinante il ruolo svolto dalla Guardia costiera libica, la quale non avrebbe collaborato con la nave dell'organizzazione non governativa Sea Watch per il recupero delle persone che si erano tuffate in mare proprio per sfuggire alla Guardia costiera libica, lasciandole al loro triste destino mentre «sulla nave libica i militari picchiavano i migranti con delle grosse corde e delle mazze»;

   questa strage sarebbe quindi stata causata dal comportamento irresponsabile della Guardia costiera libica, che, tra le altre cose, è stata finanziata, equipaggiata, sostenuta e addestrata dal Governo italiano per fermare i migranti in mare e pone, ad opinione degli interroganti, seri interrogativi circa l'efficacia del codice di condotta proposto dal Ministro interrogato alle organizzazioni non governative, il quale delega alle forze libiche il compito del soccorso dei migranti in mare;

   l'episodio del 6 novembre 2017 confermerebbe ad avviso degli interroganti quanto già emerso in altre occasioni, ovvero che l'Italia avrebbe appaltato le politiche di respingimento dei migranti alle autorità libiche, violando apertamente la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

   la Guardia costiera libica risulta essere oggetto di indagini da parte della Corte penale internazionale dell'Aja. Infatti l'ufficio del procuratore internazionale sta acquisendo documenti, filmati, testimonianze, rapporti d’intelligence che accusano i guardacoste di Tripoli, recentemente riforniti da mezzi navali italiani, di «crimini contro l'umanità» –:

   se il Ministro interrogato confermi la versione dei fatti riportata dal quotidiano la Repubblica, specificando quale sorte sia toccata alle 42 persone tenute a forza sulla motovedetta libica, alcune separate dai familiari e respinte in Libia.
(3-03357)


   RIZZO, GRILLO, D'UVA, VILLAROSA, CANCELLERI, MARZANA, LOREFICE, DI BENEDETTO, LUPO, TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   in base all'articolo 48 della Costituzione il diritto di voto «non può essere limitato se non per incapacità civile, o per effetto di sentenza penale irrevocabile oppure nei casi di indegnità morale indicati dalla legge» e, pertanto, le condizioni di salute non possono limitare l'esercizio di tale diritto; molte leggi sono state approvate per rendere sempre più reale il diritto di voto per le persone disabili;

   ove la persona disabile necessiti di assistenza durante le procedure di voto, deve, se la disabilità non sia evidente, oppure non sia nota al presidente di seggio, richiedere uno specifico certificato rilasciato da medici designati dall'azienda sanitaria locale che attesti «l'infermità fisica dell'elettore ad esprimere il voto senza l'aiuto di altro elettore»;

   il presidente dell'ufficio elettorale di sezione è giuridicamente responsabile, anche sotto il profilo penale, delle attività di voto e di scrutinio, viene nominato dalla corte d'appello competente per territorio, attingendo da un albo a cui ogni cittadino, avente i requisiti previsti dalla normativa vigente, può iscriversi;

   le recenti elezioni regionali siciliane hanno decretato la vittoria della coalizione di cui al candidato alla presidenza regionale Musumeci;

   un articolo di Sudpress riporta «Elezioni: video virale su FB accusa brogli, mia mamma interdetta non può votare»; il comune di Battiati «ci risulta di sì», rileva come sia stato testimoniato il caso di un'anziana in una casa di riposo che ha votato tramite voto assistito senza che ne appaiano chiare le modalità, si ipotizza che il voto suo e di altri ospiti della struttura potrebbe essere stato pilotato verso il candidato del Partito democratico Sammartino, risultato il più votato nella lista provinciale di Catania;

   notizie di stampa hanno altresì evidenziato come ben 100 presidenti di seggio, designati dalla corte di appello di Catania, abbiano rinunciato presentando le dimissioni al comune di Catania;

   il gruppo del MoVimento 5 Stelle con atti di sindacato ispettivo aveva chiesto da subito il coinvolgimento dell'Osce per l'invio di osservatori ai seggi elettorali in ordine alle operazioni di voto e di scrutinio nelle elezioni siciliane –:

   di quali elementi disponga il Governo con riferimento ai fatti esposti in premessa, anche in relazione alla nomina dei presidenti degli uffici elettorali, nonché ai dati e ai requisiti relativi all'emissione di certificati medici di accompagnamento al voto emessi dalle aziende sanitarie locali siciliane, segnalando all'autorità giudiziaria le eventuali anomalie.
(3-03358)


   VEZZALI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   nella risposta all'interrogazione n. 4-15932, il Governo ha fornito le precisazioni di seguito riportate;

   la sede temporanea della seconda squadra terrestre dei vigili del fuoco di Ancona, delocalizzata presso il distaccamento aeroportuale di Falconara, ha prodotto risultati positivi sia per qualità del servizio prestato, sia per la riduzione dei tempi di intervento, sia per l'elevato numero di interventi espletati;

   il Governo ha definito questa soluzione particolarmente efficace e ha ritenuto vantaggioso mantenere l'attuale presidio di Falconara, anche dopo la conclusione dei lavori della caserma di Ancona, per assicurare alla cittadinanza un servizio di soccorso più efficiente; il modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riconosce ai comandanti provinciali la facoltà di rimodulare la ripartizione sul territorio del personale a loro disposizione in presenza di comprovate esigenze, anche di carattere temporaneo;

   il Governo ha precisato, però, che l'attivazione in via permanente di un distaccamento terrestre nell'area interessata richiede la previsione di un contingente di personale superiore a quello attualmente operante e che potrà essere valutata e decisa solo successivamente a un intervento normativo di potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale, avocando al livello centrale la soluzione del problema;

   la pianta organica del Corpo, ridefinita nei mesi scorsi, potrà essere rivista e ampliata, però, solo nel 2019;

   il progetto «Soccorso Italia in venti minuti» mirava ad aumentare il numero dei comuni serviti in tempi certi e a migliorare e adeguare i tempi di intervento ad uno standard elevato;

   «Soccorso Italia in venti minuti» puntava sull'ottimizzazione delle risorse disponibili;

   tuttavia, per scelta delle amministrazioni locali non in tutti i comuni o comprensori di comuni, anche con assegnazione di squadre, è stato poi reso effettivo il servizio;

   dalle piante organiche, infatti, risultano unità assegnate ma non utilizzate –:

   se non ritenga di valutare, nella gestione dell'organico di diritto, le esigenze rappresentate da amministrazioni comunali e cittadini, anche in considerazione dei positivi risultati conseguiti, di cui il Ministero dell'interno è a conoscenza, valutando, altresì, nell'assegnazione dell'organico di fatto, un incremento del personale nella regione Marche, al fine di mantenere, fino al citato intervento normativo di potenziamento della dotazione organica nazionale, la partenza terrestre (seconda squadra di Ancona) – per ora temporanea – che opera dall'aeroporto Sanzio di Falconara.
(3-03359)


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   dal 2013, dati del Ministero dell'interno, gli immigrati che hanno fatto ingresso illegalmente nel nostro Paese dalla frontiera marittima risultano essere complessivamente 659.543: 548.303 fino al 31 dicembre 2016 e 112.240 da gennaio al 27 ottobre 2017;

   sebbene si ritenga il numero di gran lunga maggiore, non essendo computati nella cifra sopra indicata gli immigrati che non sono stati identificati al loro ingresso in Italia, come nei cosiddetti «sbarchi fantasma», né quelli che hanno attraversato clandestinamente le frontiere terrestri, dal 2013 ad oggi le domande di protezione internazionale presentate in Italia sono state solo 411.972, un numero comunque di gran lunga inferiore rispetto a quello degli sbarchi;

   nello stesso periodo di riferimento, le domande esaminate dalle commissioni territoriali sono state finora 286.939, di cui 146.344 hanno ricevuto un diniego da parte delle commissioni stesse, mentre 10.430 immigrati si sono resi irreperibili successivamente alla formalizzazione della domanda di asilo;

   a luglio 2017 le presenze nei centri per il rimpatrio ammontavano a 422 e, secondo i dati della Commissione europea (fonte Eurostat), i rimpatri effettuati dall'Italia dal 2013 al 2016 sono stati complessivamente solo 21.555, precisamente 5.860 nel 2013, 5.310 nel 2014, 4.670 nel 2015, 5.715 nel 2016 e, secondo i dati del Ministero dell'interno, al 15 ottobre 2017 sarebbero 4.876;

   il numero dei rimpatri effettuati dall'Italia risulta nettamente inferiore sia rispetto agli stranieri rintracciati in posizione irregolare (5.715 su 41.473 nel 2016) sia a quello di altri Paesi europei, come la Germania, il Regno Unito, la Grecia e la Polonia che nel 2016 hanno rimpatriato rispettivamente 74.080, 36.445, 19.055 e 18.530 immigrati irregolari, tanto che la stessa Commissione europea ha recentemente evidenziato notevoli criticità nella disciplina e gestione dei rimpatri da parte dell'Italia, sollecitando la stessa ad una «piena applicazione del quadro normativo di riferimento» sia in materia di asilo che soprattutto per la piena applicazione della direttiva 2008/115/CE –:

   quale sia l'effettivo numero dei rimpatri effettuati dall'Italia e quali gli accordi in vigore con i Paesi di origine, quali provvedimenti il Governo abbia assunto o intenda assumere al fine di garantire il rintraccio, il trattenimento ed il celere rimpatrio degli immigrati irregolari giunti in Italia negli anni di cui in premessa e se non ritenga che l'accoglienza diffusa di fatto ne impedisca il rintraccio.
(3-03360)


   PIZZOLANTE e BOSCO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   il contributo di costruzione è un'obbligazione contributiva che si compone degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione;

   l'incidenza degli oneri di urbanizzazione deve essere stabilita dai comuni in base a tabelle parametriche definite da ciascuna regione. Ogni cinque anni i comuni devono provvedere ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione, in conformità alle disposizioni regionali. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, il costo di costruzione deve essere adeguato annualmente, ed autonomamente, sulla base dei dati Istat;

   l'ultimo provvedimento in merito in Puglia è dato dalla deliberazione della giunta regionale n. 2081 del 2009. Diversi comuni pugliesi hanno continuato ad applicare il precedente inferiore parametro di fonte ministeriale. Tuttavia, i medesimi comuni stanno inoltrando in questi anni richieste di rettifica verso l'alto dell'ammontare del contributo di costruzione, in applicazione tardiva delle norme regionali. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto ai comuni il potere-dovere di ricalcolare gli oneri intervenuti medio tempore;

   a seguito di indagini della Guardia di finanza, nella sola provincia di Lecce la quasi totalità dei comuni (97 comuni) è incorsa in indagini per danno erariale a carico esclusivamente di circa 200 tecnici comunali per gli anni dal 2008 al 2012, cui è stato imputato di non aver esercitato la propria iniziativa nei confronti degli organi politici degli enti locali per l'adeguamento del contributo di costruzione. In sostanza, è stata imputata ai tecnici una responsabilità che invece fa capo alle attribuzioni in generale degli organi politici e istituzionali dei comuni;

   sia il consiglio regionale della Puglia, che la Camera dei deputati (9/3926-A-R/33) hanno approvato ordini del giorno che impegnano rispettivamente il presidente della giunta regionale e il Governo, nell'ambito dei poteri di propria competenza, ad affermare con un provvedimento legislativo, anche in via di interpretazione autentica, che la discrezionalità dei comuni in materia di adeguamento dei contributi di costruzione è di esclusiva competenza del consigli comunali –:

   se il Governo non ritenga opportuno emanare disposizioni interpretative dei commi 5, 6, 7 e 9 dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nelle quali si chiarisca che spetta al consiglio comunale la competenza esclusiva per quel che riguarda l'aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione e che, qualora il consiglio non si pronunci o non ritenga di pronunciarsi, non sono addebitabili responsabilità agli organi tecnico-gestionali dell'ente.
(3-03361)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   durante l'esame parlamentare del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», è stato approvato un emendamento relativo all'introduzione di un puntuale obbligo di rendicontazione in capo alle cooperative che gestiscono i servizi di accoglienza dei migranti;

   la dimensione raggiunta dal fenomeno dell'immigrazione irregolare negli scorsi due decenni ha, infatti, dato luogo a una progressiva esternalizzazione dei servizi di accoglienza e assistenza, nell'ambito della quale la parte maggioritaria è affidata a soggetti privati attraverso convenzioni con i soggetti pubblici preposti;

   nel 1995, con il decreto-legge 30 ottobre, n. 451, recante «Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia», erano stati prorogate le prime disposizioni per «gli interventi assistenziali a favore degli immigrati privi di mezzi di sostentamento, con le stesse modalità e nel limite dei fondi disponibili» ed era stato contestualmente previsto che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, fossero «determinati i criteri e le modalità di utilizzazione dei fondi»;

   il decreto attuativo della citata disposizione aveva poi previsto che gli enti locali «ai fini della rendicontazione delle somme liquidate sono tenuti a trasmettere alle prefetture competenti, entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario o del completamento dell'intervento, una dettagliata relazione sulle attività svolte e sulle spese sostenute», mentre ancora oggi alcuna misura di rendicontazione puntuale e dettagliata della spesa effettivamente sostenuta è richiesta ai soggetti privati ai fini della liquidazione del corrispettivo, a tal fine bastando il solo documento contabile integrato dal prospetto riepilogativo delle presenze riferite al periodo di fatturazione;

   la disposizione ora inserita nel decreto-legge n. 451 del 1995, a seguito dell'approvazione in Commissione di un emendamento presentato dal gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, prevede che con un decreto da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione siano «individuati gli obblighi per la certificazione delle modalità di utilizzo dei fondi di cui al presente articolo da parte dei soggetti aggiudicatari, attraverso la rendicontazione puntuale della spesa effettivamente sostenuta, mediante la presentazione di fatture quietanzate»;

   il termine previsto per l'adozione del decreto è scaduto il 24 luglio 2017, ma ancora non se ne hanno notizie –:

   quando sarà adottato il decreto di cui in premessa e se non ritenga di procedere con urgenza, vista la delicatezza del tema e i numerosi scandali che hanno visto protagonista proprio la gestione dei fondi pubblici da parte delle cooperative che gestiscono l'accoglienza dei migranti irregolari.
(3-03362)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende dell'aggressione a mano armata subita da un medico del servizio di guardia medica della asl di Foggia ad opera del paziente che stava visitando presso il suo domicilio;

   come segnalato dal Sindacato dei medici italiani e dagli stessi operatori sanitari, si tratta dell'ennesimo episodio di violenza – gli ultimi due casi eclatanti a Statte (Taranto) e Trecastagni (Catania) – subito dai medici di guardia e/o dai colleghi che operano nei pronto soccorso del Paese;

   a settembre 2017, a seguito del gravissimo caso siciliano – violenza carnale subita da una dottoressa – la Ministra della salute ha disposto l'attivazione di verifiche ispettive a campione presso i presidi di tutto il territorio nazionale per verificare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari durante il servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica);

   le organizzazioni sindacali di rappresentanza dei medici e del personale sanitario hanno a più riprese avanzato richieste e/o proposte relative alla messa in sicurezza delle sedi in cui si svolgono questi servizi e del personale addetto agli stessi –:

   quali siano gli esiti della citata attività ispettiva;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro dell'interno ritenga necessario assumere, con urgenza, per garantire la sicurezza delle sedi e degli operatori del servizio di guardia medica.
(5-12680)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIUDITTA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del 7 giugno 2017 del Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, emanata a seguito dei recenti fatti di Torino, ha diramato nuove e rigorose disposizioni per il governo e la gestione delle pubbliche manifestazioni;

   tale circolare ha determinato un esteso intervento degli organismi preposti al fine di verificare la sussistenza dei criteri previsti per autorizzare lo svolgimento delle numerosissime iniziative che hanno luogo in Italia specie nei mesi estivi ed autunnali;

   l'intervento ha sovente determinato un aumento dei costi difficilmente gestibile per gli eventi strettamente legati alla tradizione locali o aventi un bacino d'utenza più ristretto;

   dal raffronto sui casi apparsi sugli organi di stampa è emersa l'assenza di un metro di giudizio uniforme da parte degli organismi deputati allo svolgimento delle funzioni previste dalla circolare ministeriale per cui in prefetture diverse si sono riscontrati esiti diversi nella valutazione sul grado di sicurezza di eventi simili;

   l'annullamento degli eventi cui spesso si è dovuto far ricorso non aiuta affatto ed anzi peggiora la situazione complessiva delle città italiane in fatto di sicurezza reale e percepita –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che la circolare del direttore generale del Dipartimento di pubblica sicurezza del 7 giugno 2017 viene interpretata in maniera differente a seconda della prefettura impegnata nelle operazioni previste dalla circolare stessa;

   se si intendano emanare ulteriori indicazioni per i prefetti e per i Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica al fine di far intervenire gli stessi in maniera omogenea sul territorio nazionale;

   se si intendano indicare tra i criteri di azione per prefetti ed i suddetti comitati anche quello di consentire che le manifestazioni si possano svolgere nel numero più ampio possibile applicando le disposizioni anche in relazione alla tipologia di iniziativa, tenuto anche conto del fatto che una città senza iniziative od eventi è una città sostanzialmente meno sicura.
(4-18460)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'articolo del 23 maggio 2017 pubblicato su Il Giornale d'Italia, «la tutela dei minori è un tema sempre attuale, e lo è maggiormente oggi che i social network scandiscono le giornate di tanti giovani. Quello del web è un mondo per molti aspetti insidioso, lo è per le persone deboli e indifese, soprattutto come i bambini e gli adolescenti. L'evoluzione tecnologica ha portato alla nascita di nuove fattispecie criminose come la pedofilia e la pedopornografia»;

   la criminologa Abruzzone ha evidenziato come, «negli ultimi cinque anni, siano quadruplicati i casi di violenza sessuale su minori giunti all'attenzione dell'Autorità Giudiziaria. Due volte su tre, a diventare vittime di questo genere di condotte di abuso, sono proprio le bambine in età prepuberale e preadolescenti. Tra i reati a sfondo sessuale, a registrare l'aumento più drammatico negli ultimi anni, è sicuramente la pornografia minorile. Purtroppo, proprio in tale ambito, l'utilizzo dei social media si è rivelato decisamente favorevole per i molestatori di minori, che così riescono a selezionare e a raggiungere le potenziali vittime senza fatica»;

   la legge 6 febbraio 2006, n. 38, ha introdotto delle modifiche alle disposizioni già contenute nella legge n. 269 del 1998, la quale aveva incluso nel codice penale ed in quello di procedura penale importanti novità atte a permettere, alle forze di polizia ed alla magistratura, un contrasto maggiormente incisivo del fenomeno dello sfruttamento sessuale dei minori, con particolare riguardo alla cosiddetta pedofilia on-line;

   durante il convegno «Child Dignity in the Digital World», il primo congresso globale sulla pedofilia e le violenze online, Papa Francesco, di fronte al dilagare in Internet della pedopornografia, e, nello specifico, in relazione allo sviluppo della Rete, utilizzata, quale strumento per accedere a potenziali vittime minori, ha dichiarato come «occorra guardarsi dalla visione ideologica e mitica della Rete come regno della libertà senza limiti», e ha invitato politici e fedi religiose, multinazionali e forze di polizia, «a lavorare insieme per affrontare il problema della protezione efficace della dignità dei minori nel mondo digitale»;

   il sito onlinewww.key4biz.it, il 7 novembre 2017, ha ricordato che «per postare su Facebook, Instagram e sugli altri social network le foto dei figli minorenni occorra il consenso di entrambi i genitori. L'ha stabilito il tribunale di Mantova, pronunciando una sentenza a favore di un padre separato che aveva chiesto all'ex compagna la rimozione e la non continua pubblicazione su Facebook delle fotografie dei figli minorenni. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che l'inserimento delle foto dei figli minori sui social network, nonostante l'opposizione di uno dei genitori, è vietato per tre motivi: è una violazione della “tutela dell'immagine” prevista dall'articolo 10 del Codice Civile, che vieta la pubblicazione di foto e immagini senza il consenso dell'avente diritto, è una violazione del Codice della privacy che tutela la riservatezza dei dati personali, è una violazione degli articoli 1 e 16, 1° co. della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, secondo cui “nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione” e che “il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”»;

   in merito ai rischi correlati alla pubblicazione sui social network delle foto che ritraggono i minori, il quotidiano online ha spiegato che, tali immagini «possono essere salvate e poi utilizzate da malintenzionati, attraverso anche fotomontaggi, come materiale pedopornografico diffuso soprattutto nel Deep web, la parte “nascosta” di Internet, vasta circa 550 volte rispetto al web “visibile”, quello sul quale navighiamo generalmente e caratterizzato dai motori di ricerca, siti d'informazione e social network, per esempio. Invece il Dark web è una “free zone”, utilizzata anche dai pedofili e dai pedocriminali in quasi perfetto anonimato e che le Polizie del mondo faticano a controllare»;

   nell'interrogazione n. 4-17530, ancora senza risposta, il primo firmatario del presente atto ha analizzato la tematica e ha richiesto al Governo «quali iniziative intendesse assumere al fine di prevenire e contrastare in maniera rapida ed efficiente la pedopornografia, e se intendesse promuovere una chiara attività diplomatica internazionale volta a reprimere tale crimine» –:

   alla luce dei fatti riportati, quali iniziative urgenti ed efficaci il Governo intenda porre in essere, al fine di proteggere e tutelare i bambini e i ragazzi dal fenomeno criminale citato in premessa.
(4-18464)


   SANDRA SAVINO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come da notizia di stampa, il sindaco di Gorizia ha rivolto un appello alle istituzioni denunciando il fatto che la città versa in una situazione drammatica, con oltre 100 migranti che dormono all'addiaccio in una galleria aperta senza servizi igienici;

   la città, con neppure 35mila residenti, ospita già oltre 300 richiedenti in strutture convenzionate, tutti giovani maschi provenienti da altri Stati europei dove non è stato riconosciuto loro lo status di rifugiati, più di 40 minori non accompagnati e alcune famiglie con bambini alloggiate in un istituto;

   al momento, si supera abbondantemente il 15 per mille di presenze e chi transita nel piccolo centro cittadino ha l'impressione che i profughi rappresentino la maggioranza dei residenti;

   le famiglie non conducono più i bambini in alcuni parchi cittadini e sono state denunciati casi di molestie sessuali, oltre che di spaccio di droga, ad opera di richiedenti protezione con una crescente tensione fra la popolazione;

   il problema maggiore è rappresentato dall'imminente arrivo del freddo che renderà drammatica la situazione per gli stessi migranti;

   da luglio 2017 il sindaco sta denunciando questa situazione agli organi competenti chiedendo il trasferimento di queste persone in strutture protette e di porre un limite agli arrivi dei richiedenti, la quasi totalità dei quali arriva da altri Stati europei, dove è stata respinta la richiesta di status di rifugiato politico, ma ancora oggi non è arrivata nessuna risposta concreta;

   ciò nonostante, il Ministro interrogato durante una visita a Trieste ha riconosciuto la validità delle richieste contenute nel documento promosso dallo stesso sindaco di Gorizia e firmato dai colleghi di Udine, Pordenone e Trieste annunciando una «grande cooperazione istituzionale», capace di mettere a punto «soluzioni concrete», già dai prossimi mesi;

   il Ministro interrogato ha assicurato l'attivazione di una seconda Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale per ridurre il tempo necessario a stabilire se il richiedente ha diritto a ottenere lo status di rifugiato e dunque la possibilità di rimanere in Europa e si è impegnato a rafforzare il meccanismo di restituzione dei cosiddetti «dublinanti» ai Paesi europei di provenienza, nonché di intervenire nei primi sessanta giorni, che sono quelli fondamentali;

   appare evidente come la politica di accoglienza, ad avviso dell'interrogante sconsiderata, messa in atto dal Governo non solo stia provocando gravi danni alle città italiane e, in questo caso, a Gorizia, ma addirittura si ritorca contro gli stessi migranti, costretti a vivere in condizioni disumane nella totale indifferenza di chi, per competenza, dovrebbe occuparsi di loro –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per trasferire in tempi brevissimi i migranti ospitati nella galleria Bombi di Gorizia in una struttura adeguata al di fuori della città, in considerazione del fatto che tutti i centri di accoglienza della città sono ormai saturi;

   se intenda adottare attivare le opportune iniziative al fine di trasferire progressivamente, quando scadranno le convenzioni in atto, gli altri migranti presenti a Gorizia, lasciandone in città un numero massimo pari al 2,5 per mille come indicato dal piano del Friuli Venezia Giulia e dall'accordo Anci-Governo;

   se intenda attivare, come promesso, un'altra commissione valutatrice in Friuli Venezia Giulia;

   se intenda verificare le motivazioni per le quali sia in atto un continuo flusso di richiedenti asilo verso la città di Gorizia, quasi tutti pachistani, formato prevalentemente da migranti economici che arrivano da altri Paesi europei, dove è stato negato lo status di rifugiato politico;

   se intenda avviare ogni iniziativa di competenza per bloccare gli arrivi in Italia di questi migranti che non scappano da guerre e, a quanto consta all'interrogante attraversano indisturbati diversi confini europei per farsi «riconoscere» solamente quando arrivano nel nostro Paese.
(4-18467)


   GALATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 maggio 2017 nell'ambito della «operazione Crisalide» condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, la procura di Catanzaro ha disposto il fermo di 52 indagati. Al fine della verifica della sussistenza degli elementi di cui al comma 1 dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, l'indagine ha determinato la promozione da parte del prefetto dell'accesso presso gli uffici del consiglio comunale di Lamezia Terme, mediante apposita commissione d'indagine;

   l'accesso, come appreso dagli organi di stampa, si sarebbe concluso in data 23 ottobre 2017, con invio della relazione prefettizia, attualmente all'attenzione del Ministro interrogato, per la valutazione dell'opportunità di disporre lo scioglimento del consiglio comunale ai sensi del citato articolo 143;

   la notizia ha suscitato forte turbamento da parte dei cittadini e dell'amministrazione guidata dal sindaco Paolo Mascaro, la cui azione amministrativa è notoriamente ed oggettivamente caratterizzata, sin dall'insediamento della giunta e anche nella fase precedente di formazione delle liste, dalla profonda attenzione riposta sulla più stretta osservanza del principio di legalità, mediante il contrasto efficace e coerente della criminalità organizzata, come è possibile evincere in modo inequivocabile dall'analisi sostanziale dell'intensa attività amministrativa profusa nel corso del mandato della giunta in carica;

   oltre alle reiterate politiche messe in atto dall'ente per ripristinare legalità ed equilibrio dei conti pubblici, mediante la efficiente gestione della procedura di predissesto, si evidenzia lo sforzo profuso per il contrasto alla criminalità, sia mediante la partecipazione del sindaco a tutte le manifestazioni pubbliche rivolte a tale scopo, sia attraverso l'attività amministrativa, documentata e verificabile;

   si considerino le delibere di giunta comunale con cui sono state formulate manifestazioni di interesse per acquisire ben 21 immobili confiscati alla criminalità organizzata, o l'importante ulteriore delibera n. 293 del 21 settembre 2017 contenente atto di indirizzo per l'assegnazione di ulteriori 3 beni con analoghe caratteristiche, la successiva determina dirigenziale n. 1384 del 26 settembre 2017 e il recente avviso pubblico a presentare richieste per finalità socio-culturali per immobili di vasta superficie e ingente valore;

   né, ad avviso dell'interrogante, può essere trascurata la copiosa ed intensa attività posta in essere per il ripristino della legalità e delle regole di buona condotta amministrativa sul piano del contenimento dei costi interni di funzionamento dell'ente;

   è inoltre verificabile come il principio di legalità sia stato e sia un criterio adottato trasversalmente all'intera attività amministrativa, dalla gestione dei lavori pubblici alla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, sino all'attività di riequilibrio finanziario dell'ente, con attenzione precipua alla garanzia dell'erogazione dei servizi: elementi che non possono essere trascurati nell'ambito della delicata valutazione che il Ministro è tenuto ad effettuare;

   considerato che la procedura interessa una delle principali città calabresi, con riguardo agli importanti risultati derivanti dall'intensa attività di contrasto della criminalità organizzata, si evidenzia concorde giurisprudenza e dottrina in materia nell'affermare che lo scioglimento del consiglio comunale configuri una «situazione straordinaria tale da indurre ad adottare misure straordinarie, che possano giustificare il contrasto con gli alti valori costituzionali quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l'autonomia dei diversi livelli di Governo garantita dalla Costituzione» –:

   se il lavoro svolto dalla Commissione di accesso abbia confermato la vasta attività amministrativa, oggettivamente e pubblicamente documentata, rivolta al contrasto della criminalità organizzata nel comune di Lamezia Terme dagli organi amministrativi attualmente in carica, anche ai fini delle determinazioni che, per quanto di competenza, dovranno essere assunte ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(4-18472)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 luglio 2017 alcuni consiglieri di opposizione del consiglio comunale di Latina ai sensi degli articoli 38 e 39 del regolamento comunale hanno depositato una mozione consiliare, poi discussa dal consiglio e respinta in data 3 agosto;

   in data 29 agosto 2017 i medesimi consiglieri hanno presentato un'ulteriore mozione, protocollata con n. 113242 ed acquisita agli atti come mozione 20/2017;

   in data 19 settembre 2017, nell'ambito della conferenza dei capigruppo è stata discussa la richiesta di inserire tale ultima mozione all'ordine del giorno del Consiglio e si è appreso che in merito a tale richiesta il presidente del consiglio comunale aveva sottoposto il testo alla dirigente del servizio «Relazioni Istituzionali con la Città. Appalti e Contratti» per un parere;

   in esito al parere espresso dalla dirigente, ledendo manifestamente i diritti dei consiglieri comunali proponenti e non consentendo al consiglio – unico organo deputato – di decidere in merito, il presidente del consiglio comunale ha deciso di non inserire la mozione all'ordine del giorno del consiglio;

   il presidente del consiglio comunale quindi, nonostante il chiaro panorama normativo e regolamentare, sancito dall'articolo 43 del testo unico degli enti locali, per l'articolo 16 dello statuto comunale e dagli articoli 35, 38 e 39 del regolamento per il funzionamento del consiglio comunale, attraverso una condotta del tutto irrituale rispetto alla funzione ed agli obblighi connessi con l'incarico ricoperto, ha decretato il mancato inserimento della mozione nei lavori del consiglio comunale;

   il presidente del consiglio comunale, nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali, tra le quali vi è anche la predisposizione dell'ordine del giorno del consiglio, non è organo meramente di indirizzo politico ma assume la qualifica di pubblico ufficiale con l'obbligo di applicare correttamente la legge;

   nelle sopra descritte condotte del presidente del consiglio comunale di Latina si ravvisano alcune gravi irregolarità, tra le quali l'aver, di fatto, «delegato» la formazione dell'ordine del giorno comunale a organo non abilitato, ai sensi della normativa, a concorrere, a qualsiasi titolo, alla formazione dell'ordine del giorno del consiglio, il quale ha, peraltro, espresso un parere del tutto generico e privo di qualsiasi riferimento agli atti normativi e regolamentari di riferimento;

   il parere negativo espresso dalla dirigente, inoltre, era basato sulla presunta inammissibilità della riproposizione di mozione già respinta dal consiglio, nonostante alcuna previsione di legge o regolamentare lo vieti espressamente;

   infine, mediante il recepimento del citato parere il presidente ha effettuato una valutazione di merito sull'oggetto della mozione, nonostante il Consiglio di Stato abbia in merito avuto modo di chiarire che «nessun potere è attribuito al Presidente del Consiglio Comunale in ordine alla valutazione nel merito dell'oggetto delle proposte di delibera regolarmente presentate dai consiglieri, spettandogli “esclusivamente” la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati»;

   alcuni consiglieri di opposizione del comune di Latina hanno incontrato più volte il prefetto di Latina per rappresentargli la questione –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali esiti abbia avuto l'interlocuzione con il prefetto.
(4-18473)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   COSTANTINO, PANNARALE, DANIELE FARINA, ANDREA MAESTRI, MARCON, FRATOIANNI, AIRAUDO, PAGLIA e GIANCARLO GIORDANO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie è stato istituito a decorrere dall'anno finanziario 2012 nello stato di previsione del Ministero, per far confluire su di esso le risorse previste a legislazione vigente (dall'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 147, e di cui all'articolo 33, comma 27, della legge 12 novembre 2011, n. 183), da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, nelle more del decreto per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni;

   tutte le università in Italia soffrono del fatto che il supporto per il diritto allo studio abbia subito una drastica riduzione, lasciando molti candidati che hanno diritto alla borsa di studio senza copertura;

   ci sono inoltre fattori evidenti che penalizzano le università del Sud. Per esempio, al Nord quasi il 100 per cento degli studenti idonei ottiene la borsa di studio, mentre al Sud solo il 25 per cento perché i fondi regionali e statali non sono sufficienti a fronteggiare un numero molto più elevato di aventi diritto;

   il decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, all'articolo 2, comma 2-quater, ha stabilito che il 3 per cento delle somme di denaro confiscate alle mafie veicolate tramite l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati deve essere destinato al fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio;

   a distanza di 4 anni dall'entrata in vigore della legge che lo ha previsto, mancano notizie sull'effettivo versamento nel fondo integrativo del 3 per cento delle somme confiscate alle mafie;

   negli anni la prima firmataria della presente interrogazione ha rivolto numerose richieste, anche tramite interrogazione (4-05689), per conoscere a quale punto sia l’iter di assegnazione delle risorse, rivolgendo numerose richieste, per posta elettronica e telefonicamente al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministero della giustizia e al Ministero dell'economia e delle finanze, ma nessuno dei dirigenti, funzionari e uffici contattati è stato in grado di fornire la minima informazione, producendo un rimpallo tra uffici –:

   se le risorse destinate alle borse di studio, ripartite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2017, includano il 3 per cento delle somme di denaro confiscate alle mafie o, in caso contrario, quale sia la motivazione della loro esclusione, anche con riferimento agli anni 2014/2016.
(3-03353)

Interrogazioni a risposta orale:


   SANTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   la Calabria ha partecipato negli anni scorsi ai progetti finanziati dal «Pac infanzia»;

   sono stati realizzati progetti importanti dai comuni capofila nell'ambito della prima e della seconda programmazione;

   i Piani di azione e coesione (Pac) hanno consentito l'attivazione di misure sperimentali per la prima infanzia, con enormi benefici per la collettività;

   da notizie assunte dagli organi di informazione, risulta che, pur essendo stato rifinanziato il progetto dei Pac, la regione Calabria sarebbe stata esclusa, per motivazioni afferenti anche alle sue responsabilità;

   nel contesto dei servizi educativi e scolastici, la stessa regione ha dimezzato il contributo ai comuni per il diritto allo studio, dichiarando di avere subito tagli dal Governo centrale;

   la decisione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di stanziare i fondi per i nuovi asili nido, penalizzando soprattutto le regioni del Sud, appare all'interrogante alquanto illogica e discriminatoria;

   da calcoli matematici effettuati ad inizio ottobre 2017 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rispetto ai fondi stanziati poi in data 2 novembre 2017, la Calabria perde il 20 per cento delle risorse, ricevendo 4,8 milioni di euro a fronte dei 6 milioni pianificati, che comportano l'assegnazione di 49 euro per ogni bambino, a differenza di altre regioni, come la Valle d'Aosta, che ne percepiscono 103 a bambino;

   tutto ciò causa disagi considerevoli alla comunità –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere al fine di:

    a) chiarire l’iter dei lavori in Conferenza unificata e la posizione assunta dal Governo in merito a tale penalizzazione subita dalle famiglie e dalle amministrazioni comunali;

    b) evitare che la Calabria venga esclusa dalla nuova programmazione «Pac infanzia»;

    c) evitare la riduzione dei finanziamenti per il diritto allo studio alla stessa regione Calabria con discrepanze notevoli rispetto ad altre regioni d'Italia.
(3-03351)


   GAROFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998, recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, ha disposto che, per acquisire o mantenere la personalità giuridica, gli istituti devono avere una popolazione scolastica compresa fra 500 e 900 unità;

   in base agli articoli 3 e 4 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica i piani di dimensionamento sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, secondo gli indirizzi preventivamente adottati dalle regioni, sulla base delle indicazioni dei comuni. Agli enti locali è attribuita la competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate;

   la giunta provinciale di Benevento, con deliberazione n. 406 del 6 dicembre 2011 di approvazione del «Piano di dimensionamento della rete scolastica» stabiliva di accorpare l'Istituto comprensivo (IC) di Limatola (Benevento, 383 studenti) con l'Istituto comprensivo di Dugenta (Benevento, 305 studenti), preso atto della perdita dell'autonomia scolastica dell'Istituto comprensivo di Dugenta, stabilendo la sede legale dell'Istituto comprensivo risultante nel comune di Limatola. Sia l'ufficio scolastico regionale della Campania, che l'ufficio scolastico provinciale di Benevento hanno poi adottato gli atti consequenziali;

   il comune di Limatola, con delibera di giunta comunale n. 94 del 12 luglio 2017, ha concesso in uso gratuito dei locali di proprietà dell'ente da destinare agli uffici della direzione scolastica. Tali uffici sono operativi dal 1° settembre;

   l'8 settembre veniva presentata una nota, a firma dei sindacati provinciali della scuola, con la quale gli stessi si opponevano all'operato della dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo sopra citato;

   essendo il comune di Limatola quello con maggiore popolazione scolastica, secondo le linee guida sul dimensionamento e l'offerta formativa, la sede legale dell'istituto deve essere ricompresa nell'ambito del suo territorio. Qualunque interruzione dell'attività dei nuovi uffici dovrebbe essere considerata interruzione di servizio;

   il nuovo dimensionamento e l'offerta formativa dovranno essere effettuati entro il 31 dicembre 2017 –:

   se trovi conferma che sono in corso le procedure per trasferire la sede legale dell'Istituto comprensivo Leonardo Da Vinci presso il comune di Limatola da quello di Dugenta e quali soluzioni si intendano adottare con riferimento all'allocazione degli uffici di cui in premessa.
(3-03352)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DONATI, MALPEZZI, ERMINI, PARRINI, BECATTINI, MORANI, COPPOLA, ASCANI, FANUCCI, IORI, MANFREDI, MARCO DI MAIO, DALLAI, CARRESCIA, GALPERTI, FAMIGLIETTI e GADDA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3 della Costituzione così recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;

   il sistema educativo e di istruzione è basato su principi di uguaglianza, non discriminazione, inclusione, pari opportunità, con al centro la persona e la sua dignità, nonché lo sviluppo delle sue capacità e della sua dimensione di cittadino uguale agli altri, parte integrante della comunità nazionale;

   va sottolineato l'importante ruolo pedagogico e sociale della scuola, intesa come componente fondamentale del percorso educativo della persona, non solo quindi nel suo aspetto di apprendimento delle conoscenze e delle materie, ma anche, allo stesso modo, per il suo compito formativo;

   l'amministrazione comunale di Montevarchi (Arezzo), come si apprende dalla stampa, ha deciso di separare i bambini le cui famiglie non sono in regola con i pagamenti della mensa somministrando loro semplicemente una fetta di pane e olio, acqua e frutta;

   il consiglio comunale di Montevarchi ha approvato un regolamento che, oltre al pagamento anticipato del servizio, attraverso un conto virtuale, prevede la sospensione dello stesso dopo 30 giorni di morosità previa comunicazione ai genitori o tutori tramite sms;

   è evidente che il meccanismo della lotta all'astensione del pagamento della retta ha procurato numerosi disagi sia al personale docente che a quello non docente, facendo loro assumere un ruolo non compatibile con quello della funzione didattica ed educativa implicita nel ruolo stesso;

   la rilevanza di tale azione dell'amministrazione comunale di Montevarchi ha suscitato clamore e sdegno nelle comunità locali, tanto da esser oggetto anche di una interrogazione della vice presidente del consiglio regionale Toscano, dottoressa Lucia De Robertis – IO 607, in merito alla decisione del comune di Montevarchi di sospendere l'erogazione del servizio mensa scolastica ai bambini di famiglie non in regola con il pagamento del servizio stesso – al presidente della giunta regionale toscana;

   gli interroganti riconoscono le difficoltà con cui le amministrazioni comunali debbono assumere decisioni delicate, nonché il loro diritto di ottenere i corrispettivi previsti per i servizi erogati, ma ritengono inammissibile che tali azioni ricadano sui bambini e, quindi, inaccettabili le azioni intraprese dall'amministrazione comunale di Montevarchi –:

   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, al fine di non discriminare i bambini, tutelando la loro dignità, sollevando insegnanti e dirigenti scolastici da oneri non solo burocratici ma anche di forte impatto emotivo ed evitando il ripetersi di tali deprecabili fatti in qualsiasi scuola del Paese.
(5-12675)


   DE MARIA, FABBRI e BOLOGNESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in Italia i licei musicali sono 131 con 6400 giovani iscritti al primo biennio;

   sono regolati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 che al «quadro E» prevede per lo strumento principale 66 ore di lezione in cui gli studenti suonano nei primi due anni di frequenza;

   con la nota ministeriale n. 21315 del 15 maggio 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ridotto le ore di lezione fatte suonando a 33, trasformando le rimanenti 33 in ore di solo ascolto;

   contro il succitato provvedimento i genitori degli alunni interessati hanno presentato tre ricorsi al Tar e promosso 30 flash mob in diverse piazze italiane;

   con sentenza n. 01731/2017 del 6 ottobre 2016 pubblicata il 2 febbraio 2017 la terza sezione bis del Tar del Lazio accoglieva il ricorso presentato dai genitori del biennio del liceo musicale Giordano Bruno di Roma, affermando, tra l'altro, che: «la riduzione ad un'ora a settimana di lezione con riferimento al primo strumento, equivale ad una preparazione approssimativa, dilettantistica e ben lontana dal profilo professionalizzante richiesto dalle competenze in uscita dal Liceo per l'accesso al triennio di primo livello del Conservatorio» e che «il percorso del liceo musicale è indirizzato all'apprendimento tecnico-pratico della musica (...)»;

   il 31 agosto 2017 il Tar del Lazio ha emesso un provvedimento cautelare che sospendeva l'efficacia della nota ministeriale 21315, rendendo nuovamente applicabile il «quadro E» del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010. Il successivo 8 settembre il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha presentato appello al Consiglio di Stato contro le ordinanze sospensive del Tar, che si è pronunciato a favore del Ministero;

   il Tar del Lazio, dopo un prima udienza del 10 ottobre 2017, dovrà pronunciarsi nel merito, ovvero decidere se accogliere il ricorso dei genitori interessati e dichiarare illegittima la nota 21315, oppure rigettarlo;

   sulla base dei dati di avvio anno scolastico 2017/2018 si stima che il danno provocato dalla nota 21315 riguardi circa 6400 studenti con la perdita di potenziali 350 cattedre e quindi di posti di lavoro;

   il provvedimento assunto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta, ad avviso degli interroganti, inaccettabile in quanto priva gli studenti dei licei musicali del diritto di apprendere l'esecuzione e l'interpretazione dello strumento musicale principale attraverso la decurtazione delle ore di esercitazione, già garantito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 e dai principi contenuti nel decreto legislativo n. 60 del 13 aprile 2017, attuativo della legge n. 107 del 2015 («La buona suola») e in netto contrasto con il diritto allo studio sancito dalla Costituzione –:

   se, nell'imminenza della sentenza del Tar Lazio e in vista di una molto probabile pronuncia favorevole ai ricorrenti e quindi di una declaratoria di illegittimità della nota ministeriale 21315, se non ritenga opportuno astenersi dal ricorso in appello al Consiglio di Stato, ponendo, di contro, in essere tutte le iniziative necessarie all'immediato ripristino del diritto leso.
(5-12679)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con precedenti atti di sindacato ispettivo, da ultimo l'interrogazione 4-15468 del 6 febbraio 2017, rimasta ancora senza riscontro, l'interrogante ha sollecitato urgenti iniziative a tutela dei lavoratori della Roma Multiservizi spa - società partecipata di Roma Capitale, le cui quote sono possedute per il 51 per cento da Ama (società 100 per cento Roma Capitale); si rileva che l'esecutivo tuttavia non ha adottato alcuna iniziativa in merito;

   la situazione di questi lavoratori è addirittura peggiorata, poiché nel mese di settembre 2017 l'azienda ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale che ha coinvolto trenta persone, mentre, nel mese di ottobre, in una lettera resa pubblica da Stefano Bina, direttore generale di Ama, si evince l'intenzione di procedere al taglio del 20 per cento del personale, dunque, ciò significa che 400 lavoratori resteranno senza stipendio;

   il management di Multiservizi giustifica tali decisioni come conseguenza della perdita della nuova gara per la pulizia delle sedi e dei mezzi di Atac e la cessazione del contratto di subappalto della convenzione Consip per le scuole statali nel 2017, che hanno determinato una stangata da 35 milioni di euro. Inoltre, per il 2018, è in scadenza la commessa globalservice scuole di Roma Capitale, per un valore per anno scolastico di 40,5 milioni di euro;

   Stefano Bina ha dichiarato che l'autonomia di questa procedura è in mano al consiglio di amministrazione di Multiservizi, lo stesso pertanto ritiene che Ama non possa intervenire in queste procedure. Ciò, invece, a giudizio dell'interrogante, non appare rispondente a realtà considerando, come predetto, che Ama detiene il 51 per cento del capitale sociale di Multiservizi;

   si apre così una crisi occupazionale molto grave, che, ad oggi, a parere dell'interrogante, non ha trovato soluzioni a causa dell'inadeguatezza dei vertici di Multiservizi e dell'inerzia dell'attuale amministrazione del comune di Roma, che di fatto sembra accertare che si proceda ai licenziamenti, se non si adopererà nell'immediato a tutela di questi lavoratori;

   tra l'altro, a quanto è dato sapere, non sono state intraprese nemmeno idonee iniziative per ricollocare in altri enti queste persone –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di competenza, sui fatti sopra descritti;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per tutelare i circa 400 lavoratori della Roma Multiservizi che rischiano di perdere, nel breve periodo, i loro posti di lavoro con le ovvie conseguenze che ne derivano anche per le loro famiglie e l'intero tessuto sociale del territorio interessato.
(5-12674)


   AMODDIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 20 luglio 2017, il sistema telematico dell'Inps andò in tilt provocando enormi disagi e disservizi per i cittadini e i dipendenti. Da allora, come lamentano le sigle sindacali e tanti dipendenti dell'ente previdenziale, i disagi causati dal malfunzionamento e dai blocchi continui del sistema informatico non sono mai stati risolti del tutto e hanno comportato — sommandosi alla carenza di organico — il rallentamento delle attività lavorative e l'accumulo di pratiche da esitare. L'esternalizzazione dei servizi telematici quindi, oltre ad essere finita sotto la lente d'ingrandimento della Corte dei Conti per via del cospicuo incremento del 135 per cento che si evince dal bilancio pluriennale 2014/2016, non ha portato i frutti sperati in termini di funzionalità e miglioramento del servizio. L'utenza ha il diritto di usufruire di un servizio capace di garantire prestazioni sociali certe ed in tempi rapidi, ma questo obiettivo, centrale nella funzione di un servizio pubblico, non viene raggiunto. I continui malfunzionamenti del sistema telematico non permettono di garantire risposte adeguate all'alta domanda di prestazioni sociali e comportano pesanti ricadute negative su produttività e qualità. Questa situazione, oltre a logorare il lavoro dei dipendenti dell'Ente, rischia di sfociare in una vera e propria problematiche di ordine pubblico con reazioni quotidiane critiche e conflittuali sia tra gli utenti che tra gli operatori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questi malfunzionamenti giornalieri del sistema informatico dell'Ente;

   come intenda intervenire per porre fine ai continui blocchi e disservizi del sistema telematico;

   quali risposte si intendano dare agli utenti e ai dipendenti dell'Ente.
(5-12678)


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di luglio 2017, la regione Basilicata aveva chiesto e ottenuto l'autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di ammettere alla mobilità in deroga i lavoratori cessati dalla mobilità ordinaria nel 2015, anche evidenziando la disparità di trattamento tra costoro e i lavoratori cessati dalla ordinaria nel 2016, per i quali, era stata possibile l'ammissione al trattamento in deroga;

   con nota del 21 luglio 2017, il direttore generale del Mpls, autorizzava l'Inps al pagamento;

   suddetta autorizzazione è stata conseguentemente recepita nell'ambito degli accordi regionali siglati in data 4 e 7 agosto 2017 e deliberata formalmente dalla giunta regionale con la presa d'atto degli accordi (DGR 895/2017);

   successivamente, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si svela esser venuto meno a quanto affermato con la richiamata nota del luglio 2017, determinando situazioni di tensione sui territori in quanto diverse regioni, a partire dalla Basilicata, avevano già comunicato situazioni ai lavoratori fuoriusciti dalla mobilità nel corso del 2015 di poter ricevere alcune mensilità della mobilità in deroga in ossequio a quanto stabilito dal Ministero stesso;

   la questione è oggetto anche di esame da parte della Conferenza Stato-regioni; è stata infatti presentata una richiesta da parte del suo presidente al Ministro interrogato, rispetto alla quale si attende ancora risposta;

   si evidenzia la situazione di grave difficoltà in cui versano molti lavoratori che da allora sono rimasti privi di qualsiasi sostegno al reddito;

   si pone inoltre la questione dei pagamenti relativi al 2017; ferma restando l'impossibilità di nuove concessioni nel corso dell'anno, rimane inevaso il tema delle mensilità da pagare rispetto a deroghe in corso, compatibilmente con le risorse presenti;

   il tavolo regionale della Basilicata tornerà riunirsi in data 20 novembre 2017 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza al fine di consentire l'applicazione di quanto stabilito nella nota ministeriale del luglio 2017 sopra citata, autorizzando il pagamento della mobilità in deroga anche in favore dei lavoratori fuoriusciti dalla mobilità ordinaria nel corso del 2015.
(5-12681)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   ANTEZZA, OLIVERIO, COVA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la Conferenza delle regioni e delle province autonome del 22 giugno 2017 ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede al Governo di intervenire, modificando l'articolo 19 della legge, n. 157 del 1992, per arginare il fenomeno dell'incremento diffuso di fauna selvatica, in particolare cinghiali, che rappresenta una minaccia per le colture agricole e, ormai sempre più spesso, anche per la popolazione;

   il fenomeno rende necessario il ricorso sempre più frequente ai piani di controllo, attuati prevalentemente per far fronte ai danni alle produzioni agricole, anche nei territori preclusi all'esercizio venatorio;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 14 giugno 2017 ha sancito che le sole figure di cui le «guardie venatorie dipendenti delle Amministrazioni provinciali» si possono avvalere nell'attuazione dei piani di controllo di cui all'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, siano «tassativamente» quelle riportate nell'elenco dello stesso articolo di legge, ovverosia i proprietari dei fondi su cui si attua l'intervento, le guardie forestali e quelle comunali;

   ad avviso delle regioni, i soli soggetti ricompresi nell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 non sono in numero sufficiente a fare fronte ai problemi che il proliferare della fauna selvatica crea anche alla popolazione civile e prospettano quindi la necessità di ampliare la platea di soggetti abilitati all'attuazione dei piani di controllo;

   le regioni chiedono in particolare una modifica del richiamato articolo 19 della legge n. 157 del 1992 al fine di introdurre la figura dell’«operatore abilitato», previa frequenza di appositi corsi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga percorribile la strada proposta dall'ordine del giorno approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 22 giugno 2017 in relazione alla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992.
(5-12685)


   RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in Puglia fin dal 2011 è stata costituita un'associazione temporanea di scopo tra produttori e trasformatori di latte bovino che, con il Gal «Trulli e Barsento», ha attivato l’iter per far ottenere il riconoscimento della Dop alla «Treccia della Murgia e dei Trulli»;

   il prodotto in questione è un tipo di formaggio tipico, fresco ed a pasta filata ottenuto con il latte intero di mucca la cui zona di produzione è circoscritta ad una serie di comuni della provincia di Bari e di Taranto;

   nel corso delle fasi della procedura per il riconoscimento Dop il nome del prodotto è stato successivamente modificato in «Mozzarella di Gioia del Colle»;

   la trasformazione della denominazione, secondo quanto riportato in un articolo pubblicato il 19 aprile 2017 dal portale GioiaNews, sarebbe avvenuta perché «il Ministero delle politiche agricole ha consigliato di mantenere la denominazione mozzarella, anziché treccia, di Gioia del Colle nella disposizione della DOP per poi estendere il comprensorio territoriale a tutto il GAL, ed eventualmente a tutta la Murgia»;

   il 26 luglio 2017 si è tenuto presso il chiostro del palazzo comunale di Gioia del Colle, provincia di Bari, una riunione di pubblico accertamento, il cui obiettivo è stato quello di permettere al Ministero di verificare la rispondenza del disciplinare di produzione della Dop «Mozzarella di Gioia del Colle» al regolamento europeo n. 1151/2012;

   fin dal 1996 esiste un'altra Dop, la «Mozzarella di Bufala Campana», prodotto italiano leader di mercato nel mondo;

   va sottolineata l'esigenza di evitare che l'attribuzione della denominazione di origine protetta ad un prodotto con caratteristiche differenti possa generare la convinzione nel consumatore, soprattutto estero, di acquistare analogo alimento, con grave nocumento per la mozzarella di bufala campana Dop, e appare altresì opportuno evitare che la mozzarella di bufala campana Dop, già minacciata da fenomeni internazionali di plagio e contraffazione, possa subire una contrazione dei consumi che arrecherebbe seri danni al territorio e alla relativa filiera agricola e produttiva, oltre che all'economia di intere famiglie, rischiando di competere sullo stesso segmento di mercato del prodotto citato in premessa –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per scongiurare i rischi richiamatati in premessa e se non ritenga più utile e rispondente alla natura del prodotto che la denominazione sia attribuita non ad una «mozzarella» in generale ma alla Treccia dei Trulli e di Barsento, senza creare duplicati dannosi per entrambe le filiere produttive.
(5-12686)


   ZACCAGNINI e STUMPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'importanza delle api nel processo di impollinazione è fondamentale per il sistema ecologico ed anche economico. Come diffuso da più organi di stampa il fenomeno della moria delle api è sempre più esteso e sembra inarrestabile, aggravato nell'ultimo anno anche dalla siccità proprio per la fragilità di questo insetto;

   a seguito dell'interrogazione n. 5-09680 del 5 ottobre 2016 presentata dal sottoscritto e della relativa risposta del Governo pro tempore in Commissione, il Crea non ha ancora concluso la valutazione e il monitoraggio è fermo. Le attività da realizzare sono finalizzate alla verifica dello stato di salute delle api, per trarre utili indicazioni sulla diffusione delle principali patologie, sugli effetti dei fitofarmaci e, più in generale, sulle interazioni tra benessere delle colonie e l'agro-ecosistema;

   dall'iniziale progetto sperimentale, si è passati al programma di monitoraggio permanente, per dare continuità all'attività di monitoraggio, che però è ferma, da cui sono state inizialmente ricavate informazioni molto importanti sulla salute delle colonie di api, sullo stato di conservazione della biodiversità e sulle relazioni agricoltura-ambiente nei diversi contesti territoriali del nostro Paese;

   dall'impegno preso dal Governo, pro tempore sono trascorsi ormai due anni, il programma «Beenet» è fermo e la condizione delle api peggiora –:

   se il Ministro intenda fornire aggiornamenti sullo stato di riattivazione del progetto «Beenet» anche in relazione alla crisi del settore dell'apicoltura.
(5-12687)


   GALLINELLA, L'ABBATE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, LUPO e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese per effettuare un'operazione di import/export, gli operatori debbono sottostare ad una procedura lenta e spesso farraginosa, poiché oltre alla dichiarazione doganale, devono presentare fino a 68 istanze ad altre 18 amministrazioni, trasmettendo ad ognuna informazioni e dati spesso identici per ottenere le autorizzazioni, i permessi, le licenze ed i nulla osta necessari, nella grande maggioranza dei casi rilasciati su carta;

   un tale meccanismo è in grado di funzionare solamente se è in essere un efficace coordinamento tra le amministrazioni coinvolte, in assenza del quale costi e tempi della frammentazione ricadono sulle imprese;

   per agevolare le imprese nelle operazioni di import/export, già nel 2003 l'Agenzia delle dogane propose la norma istitutiva dello sportello unico, doganale, inserita poi nella legge finanziaria per il 2004, che stabilisce che la dogana sia il punto di coordinamento e di controllo del complesso delle informazioni necessarie allo sdoganamento e demanda le modalità attuative dello sportello unico doganale al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 242 del 4 novembre 2010;

   lo sportello è stato attivato a luglio 2011 con le modalità transitorie previste dal decreto suddetto, in attesa del completamento del «dialogo telematico» tra tutte le amministrazioni coinvolte che avrebbe dovuto concludersi entro luglio 2014. Il decreto del Presidente del Consiglio di ministri obbliga le 18 amministrazioni ad integrare i processi di competenza, di cui rimangono titolari, per offrire alle imprese una «interfaccia» unitaria che, a regime, consentirà la richiesta, il controllo e lo «scarico» della documentazione per via telematica e la «digitalizzazione» dell'intero processo di sdoganamento;

   gli effetti di questa operazione consentiranno riduzione dei tempi e dei costi di sdoganamento, miglioramento della qualità dei controlli e conseguente riduzione dei costi per le amministrazioni;

   già nella fase transitoria lo sportello unico doganale dispiega sostanziali benefici in termini di trasparenza nell'esercizio dell'azione amministrativa fornendo «la carta dei servizi per l'intero processo di sdoganamento»;

   in relazione alla collaborazione con i 23 Ministeri attualmente esistenti in Italia, dal sito dell'Agenzia per le dogane e dei monopoli si apprende che, al momento, sono attivi solamente i tavoli funzionali-procedurali tra Agenzia e Ministero dello sviluppo economico, Ministero della salute, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   quali siano le ragioni della mancata adesione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali allo sportello unico doganale, considerato che il settore agroalimentare è uno dei più colpiti dal fenomeno della contraffazione e che potrebbe di certo beneficiare dei maggiori controlli garantiti dal sistema dello sportello.
(5-12688)


   MUCCI e SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 31990 del 30 dicembre 2016 è stato approvato il bando di selezione delle proposte progettuali del programma di sviluppo rurale nazionale 2014-2020, sottomisura 4.3, che prevede un finanziamento di 300 milioni di euro per infrastrutture irrigue;

   all'iniziale ritardo, il decreto è del 2016, si è sommato quello della scadenza del bando, inizialmente fissata al 30 giugno 2017, che è stata poi differita al 31 agosto 2017;

   risulta, inoltre, siano stati presentati progetti esecutivi per un importo di circa 1 miliardo di euro, ma non risulta sia stata ancora conclusa la selezione di tali progetti. Si prevede pertanto che la fase operativa non potrà iniziare prima del marzo del prossimo anno;

   le opere finanziate con tali fondi dovranno essere inderogabilmente completate e collaudate entro il giugno 2023, altrimenti sarà richiesta la restituzione dei fondi erogati da parte della Commissione europea;

   inoltre, si evidenzia come nulla sia stato fatto per attivare le procedure di erogazione di spesa dei 295 milioni di euro previsti dal Fondo sviluppo e coesione (FSC) sempre per opere di irrigazione;

   i cambiamenti climatici in atto, con le conseguenti stagioni siccitose, impongono l'ammodernamento degli impianti con il duplice obiettivo di preservare la risorsa con gli evidenti vantaggi per tutte le utenze e di non sottoporre il made in Italy agroalimentare alle ricorrenti siccità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di completare la selezione dei progetti e attivare le procedure di erogazione di spesa.
(5-12689)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZARDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge riconosce n. 219 del 2005 riconosce la funzione sovraregionale e sovraziendale dell'autosufficienza, individuando meccanismi di programmazione, organizzazione e finanziamento del sistema trasfusionale nazionale che trovano espressione nell'annuale piano nazionale del sangue;

   il medesimo provvedimento riconosce al Ministero della salute le competenze nel settore trasfusionale, specificando che per il raggiungimento dell'autosufficienza è richiesto il concorso delle regioni e delle aziende sanitarie;

   le donazioni di sangue e oltre che incoraggiate dal decreto legislativo n. 219 del 2006, rappresentano la massima espressione della generosità, dato che non è possibile produrli in laboratorio, costituendo, altresì, elemento essenziale per molteplici interventi medico-chirurgici e terapie sanitarie;

   ogni anno il Ministero della salute, sulla base delle indicazioni fornite dal Centro nazionale sangue e dalle strutture regionali di coordinamento, presenta il programma di autosufficienza nazionale che, attraverso la valutazione dei consumi e dei fabbisogni, definisce i livelli di produzione necessari, le risorse, i criteri di finanziamento del sistema, le modalità organizzative, i riferimenti tariffari per la compensazione tra le regioni, e i livelli di importazione ed esportazione eventualmente necessari (legge n. 219 del 2005, articolo 14, comma 2);

   per poter garantire i livelli essenziali di assistenza il trasfusionale in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, è necessario che il Centro nazionale sangue, in accordo con le strutture regionali di coordinamento, servizi trasfusionali, regioni e aziende sanitarie provveda ad un costante mantenimento e monitoraggio dei programmi definiti e all'adozione tempestiva delle misure necessarie per presidiare situazioni straordinarie o possibili criticità, anche stagionali;

   a seguito dell'accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano (rep. atti n. 168/CSR) del 2015 sono state definite le indicazioni in merito al prezzo unitario di cessione delle unità di sangue, nonché azioni di incentivazione dell'interscambio tra le aziende sanitarie all'interno delle regioni e tra le regioni;

   in plurime occasioni si è dovuto far fronte ad emergenze che hanno costretto le regioni ad affrontare situazioni fuori dal programma nazionale;

   il piano sangue nazionale stabilisce che le regioni debbano programmare e prelevare il quantitativo necessario a raggiungere il parametro fissato dall'organizzazione mondiale della sanità (Oms) per ogni abitante;

   l'Oms ha fissato in 40 unità di sangue per mille abitanti la quota media necessaria al fabbisogno;

   alcune regioni hanno strutture sanitarie d'eccellenza che richiedono quantità di sangue molto superiori alla media, in considerazione del fatto che vi si rivolgono anche persone provenienti da altre regioni con richieste di sangue;

   in tali regioni, nonostante l'impegno di associazioni del volontariato che incentivano la donazione, vi è il concreto rischio di andare in sofferenza, arrivando a rinviare interventi urgenti per una temporanea carenza di sangue. Per esempio a Verona, pur avendo ampiamente superato la quota media necessaria al fabbisogno prevista dall'Organizzazione mondiale della sanità, si sono verificate queste carenze, mentre, in province limitrofe, come Trento e Bolzano, che peraltro inviano cittadini ad adoperarsi proprio a Verona, vengono respinti i donatori volontari avendo raggiunto la quota fissata dal piano regionale –:

   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per implementare il programma di autosufficienza nazionale del sangue per superare le criticità sopra evidenziate favorendo un miglior coordinamento delle quote di sangue e plasma dei piani regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano; se non ritenga utile attivare una scorta nazionale gestita dal Centro nazionale sangue e se, anche ai fini della gestione economico-finanziaria, non ritenga di assumere iniziative affinché il Sistra (Sistema informativo dei servizi trasfusionali) incentivi gli scambi interregionali degli emocomponenti che, come sopra evidenziato, non avvengono in maniera efficiente ed efficace, per rispondere alle esigenze dei cittadini e per valorizzare l'impegno costante delle associazioni che sensibilizzano alla donazione.
(4-18465)


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 113, del 24 giugno 2016, convertito dalla legge n. 160 del 7 agosto 2016, all'articolo 21-ter, prevede l'estensione ai nati negli anni 1958 e 1966 dei benefici previsti dalla legge a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, della focomelia e della micromelia;

   il disposto normativo prevede che i soggetti che ritenessero di poter beneficiare dei risarcimenti previsti dalla norma indirizzino apposita domanda al Ministero della salute che, svolta la relativa istruttoria, richiede il parere di merito alla specifica Commissione medica ospedaliera competente;

   dopo aver esaminato la documentazione del caso e visitato il paziente, la Commissione medica ospedaliera redige il proprio parere sulla sussistenza del nesso di causalità e sulla categoria dell'infermità e lo comunica al Ministero per l'erogazione dell'eventuale indennizzo;

   il Ministero provvede altresì a dare al richiedente la comunicazione relativa all'esito della procedura;

   conformemente a quanto previsto dalla norma, il signor A.M.P., nato nel 1966 e affetto da menomazioni potenzialmente riconducibili a sindrome da talidomide, nel settembre 2016, ha dunque provveduto ad inoltrare la propria richiesta di indennizzo al Ministero della salute;

   conseguentemente, nel marzo del 2017, il signor A.M.P. è stato sottoposto a visita medica da parte della competente Commissione medica ospedaliera;

   nel luglio 2017, il suddetto riceveva «per conoscenza», via Pec, una richiesta da parte del Ministero della salute, inoltrata alla Commissione medica ospedaliera che aveva esaminato il caso, con invito alla revisione del giudizio espresso (peraltro positivo rispetto alla richiesta di indennizzo del signor A.M.P.);

   da tale momento ad oggi, il signor A.M.P. non ha avuto più alcuna notizia rispetto allo stato della pratica che lo riguarda;

   l'eventuale indennizzo del danno subito è relativo a menomazioni congenite che, per individui che hanno superato 50 anni, come in questo caso, hanno comportato una lunga attesa della possibilità di rivendicare il diritto al risarcimento –:

   se la richiesta ministeriale di «revisione del giudizio» della Commissione medica ospedaliera sulla infermità del signor A.M.P. corrisponda a una prassi abituale e quale sia la normativa in base alla quale il Ministero sia intervenuto sollecitando la modifica del giudizio già espresso da parte della competente Commissione medica ospedaliera;

   quale sia il tempo di attesa previsto dal Ministero perché il richiedente possa avere una risposta ufficiale alla propria richiesta.
(4-18471)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa che esiste una lettera-testamento tra i documenti acquisiti dalla procura di Potenza che indaga sull'inquinamento del Centro olio dell'Eni di Viggiano (Potenza) dell'ingegnere Gianluca Griffa ex responsabile dello stabilimento lucano, scomparso e poi trovato impiccato misteriosamente nell'agosto 201.3;

   il contenuto della lettera, rivelato dal quotidiano «La Nuova del Sud» riporta la denuncia di Gianluca Griffa ai carabinieri di Viggiano e agli ispettori di polizia mineraria (Unmig) del Ministero dello sviluppo ecocomico, poco prima di suicidarsi: delle prime fuoriuscite di greggio dai serbatoi del Centro olio dell'Eni di Viggiano sarebbero avvenute già nel 2012. Ma «per ordini superiori» sono state «nascoste», per non dover fermare la produzione, fino a gennaio di quest'anno, quando un affioramento casuale nelle vasche del depuratore del consorzio industriale ha portato alla scoperta di almeno 400 tonnellate di greggio colate nel terreno tra l'impianto e la falda acquifera sottostante;

   secondo fonti stampa, l'ingegner Griffa lasciò tre lettere: una indirizzata ai genitori, una alla fidanzata e poi una terza sui problemi del Cova. L'unica trascritta è la terza, segno di un'attenzione particolare, ma che non fu mai resa nota alla procura lucana competente;

   da indiscrezioni di stampa de «La Gazzetta del Mezzogiorno» si apprende che «quel memoriale firmato da Griffa e indirizzato all'Ufficio Minerario del Ministero e ai Carabinieri di Viggiano, nella caserma lucana non è mai giunto»;

   nelle scorse settimane i pm della procura di Potenza hanno acquisito il documento nel fascicolo dell'inchiesta, tuttora aperta, sulle attività di Eni in Val d'Agri, per cui avevano disposto di sentire tutti i dipendenti che si sono avvicendati in Basilicata negli ultimi anni, e raccogliere informazioni sulle loro attuali condizioni di salute;

   l'ingegnere motiva il gesto compiuto come la conclusione di «vari tentativi falliti di far convergere l'azienda a più miti consigli» sulla gestione dell'impianto di Viggiano, riducendo la produzione se non fermandola del tutto per avviare una serie di verifiche sulle criticità esistenti;

   a preoccuparlo, infatti, erano proprio i livelli eccessivi di corrosione dei serbatoi, ma anche le «perdite di processo» di sostanze pericolose utilizzate in una delle due linee di trattamento del gas estratto assieme al greggio, che tornerebbero in circolo senza possibilità di eliminarle e smaltirle regolarmente;

   a distanza di 3 anni proprio la presenza di sostanze pericolose tra i reflui inviati in parte al pozzo Costa mulina 2, nel comune di Montemurro, per essere reiniettati in profondità, e in parte in vari depuratori sparsi per mezza Italia, è finita al centro dell'inchiesta dei pm di Potenza su un presunto traffico illecito di rifiuti tra altri dirigenti della compagnia e i responsabili degli impianti di smaltimento. Più di recente, inoltre, lo stesso problema ha portato alla sospensione, da parte della regione, dell'autorizzazione alla reiniezione, in attesa di chiarimenti da parte della società, che proprio in questi giorni ha fatto ricorso al Tar;

   all'epoca, però, l'ingegnere era convinto che «se fosse emerso il problema all'esterno» sarebbe stato considerato lui l'unico responsabile. Per questo si biasimava per non essere riuscito a convincere i suoi capi, a Viggiano e a Milano, di rallentare le attività;

   Griffa descrive un primo incontro avvenuto in Val d'Agri a febbraio del 2013, alla presenza dei dirigenti locali della compagnia e di altri inviati dalla sede centrale, in cui il suo tentativo di portare «allo scoperto» le questioni esistenti sarebbe stato «stoppato» bruscamente,

   anzi spiega di essere stato tenuto all'oscuro delle perdite dai suoi superiori e aggiunge di essersi informato per le vie brevi, anche sui risultati delle analisi effettuate dopo due incidenti, assieme all'Arpab nei pozzetti attorno all'impianto che all'epoca, però, non avrebbero segnalato nulla di allarmante;

   invece, per tutti gli altri l'obiettivo era aumentare la produzione, confidando che una volta entrata in funzione la seconda linea di trattamento del gas «i problemi si sarebbero risolti da soli»;

   poi però aggiunge di non essersi lasciato scoraggiare e di aver imposto «in 2-3 occasioni» ai tecnici che riducessero la portata dell'impianto all'insaputa dei capi. Salvo scoprire che non appena si assentava venivano ripristinate le vecchie impostazioni, per poi sentirsi dire che con le sue preoccupazioni sullo stato dei serbatoi metteva solo «ansia nel sistema»;

   le sue preoccupazioni gli sarebbero costate ferie forzate, rimozione dall'incarico e una convocazione nella sede di Milano il 22 luglio 2013. Ma quattro giorni dopo il giovane ingegnere piemontese fece perdere le sue tracce. Fu trovato impiccato in circostanze non del tutto chiare in un bosco di Montà d'Alba, in provincia di Cuneo;

   si tratta di una vicenda drammatica e sconcertante in un quadro che getta ombre sempre più lunghe sulla gestione politico-amministrativa della vicenda del petrolio nella regione Basilicata e soprattutto desta non pochi legittimi e gravi sospetti sull'operato di questi anni di Eni ed anche di chi doveva controllare –:

   come intendano adoperarsi, per quanto di competenza, affinché ogni elemento utile a chiarire la vicenda che sia in possesso del Governo sia fornito alla magistratura;

   se il Ministro interpellato, tramite l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) fosse a conoscenza della lettera-testamento inviata dall'ingegner Griffa;

   se presso il Ministero dello sviluppo economico, tramite l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, durante le ispezioni e le attività di polizia mineraria condotte in questi anni siano state rilevate, in merito al Centro Olii dell'Eni di Viggiano, perdite di greggio o mancanze costruttive dell'impianto.
(2-02015) «Liuzzi, Vallascas, Cancelleri, Crippa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese».

Interrogazioni a risposta immediata:


   PRATAVIERA e MATTEO BRAGANTINI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   la creazione di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma di partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, si inserisce nel quadro degli interventi del piano nazionale «Industria 4.0», con specifico riguardo all'azione volta al sostegno dello sviluppo delle competenze;

   l'articolo 1, comma 115, della legge n. 232 del 2016 ha finanziato i competence center per un importo di 20 milioni di euro nel 2017 e di 10 milioni di euro nel 2018, demandando la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento degli stessi ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottarsi, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge;

   una volta operativi i competence center, con il forte coinvolgimento di poli universitari di eccellenza e dei grandi player privati, collaboreranno con le imprese per l'implementazione del piano, favorendo la sperimentazione e la produzione di nuove tecnologie nel tessuto delle piccole e medie imprese e accrescendo le competenze dei lavoratori attraverso la formazione 4.0;

   il ritardo nell'avvio dei centri di competenza è stato recentemente ammesso dal Ministro interrogato, spiegando che è dovuto ad un problema di «navetta» tra le istituzioni ed assicurando di accelerare l'emanazione del decreto ministeriale per arrivare entro fine 2017 alla pubblicazione del bando per scegliere i competence center, al fine di non perdere i 20 milioni di euro stanziati per il 2017 dalla scorsa legge di bilancio. L'idea è quella di selezionare non più di 4-5 poli di eccellenza idonei, che mettano insieme industria e università;

   questo ritardo è un intoppo importante nel roll out del piano finanziato dal Governo per il secondo anno, puntando soprattutto sulla formazione e sul lavoro. Durante la «fase 2» del piano, la Ministra Fedeli aveva evidenziato «la necessità di riallineare complessivamente, tutti insieme, le competenze e la formazione, mantenendo un rapporto più diretto con le innovazioni che vengono dal sistema delle imprese. Oggi viviamo una contraddizione, rischiamo di formare studentesse e studenti che se non avranno alcune competenze particolarmente innovative alla fine del loro percorso di studi potrebbero non avere un rapporto con il sistema dell'economia reale» –:

   considerato che i competence center rappresentano un punto qualificante del piano Industria 4.0 ed hanno un ruolo importante per il futuro delle imprese e dei lavoratori italiani, quale sia la tempistica per renderli finalmente operativi.
(3-03354)


   BENAMATI, VICO, SCUVERA, DONATI, BECATTINI, BARGERO, SENALDI, MONTRONI, PELUFFO, CANI, IACONO, TARANTO, CAMANI, ARLOTTI, IMPEGNO, BINI, MARTELLA e CINZIA MARIA FONTANA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   a poco più di un anno dalla sua approvazione, i risultati del piano «Industria 4.0» sono molto incoraggianti, con un incremento dell'11 per cento degli investimenti nei cosiddetti «settori abilitanti»;

   se gli incentivi già previsti e quelli contenuti nel disegno di legge di bilancio per il 2018 all'esame del Senato della Repubblica hanno indotto le imprese a considerare quello nel digitale e nell'innovazione un investimento strategico, perché la rivoluzione tecnologica si trasformi in un vero valore competitivo occorre uno sforzo per favorire ulteriormente una maggiore integrazione tra la ricerca, il settore produttivo e lo sviluppo delle infrastrutture necessarie a garantire la connettività;

   l'Agenda digitale italiana rappresenta l'insieme di azioni e norme per lo sviluppo delle tecnologie, dell'innovazione e dell'economia digitale ed è una delle sette iniziative faro della strategia «Europa 2020»;

   il piano nazionale banda ultra larga, in particolare, ha come obiettivi da raggiungere entro il 2020 la copertura fino all'85 per cento della popolazione italiana con almeno 100 Mbps di connettività, garantendo al contempo la presenza della banda ultralarga nelle aree industriali;

   il piano «Crescita digitale» stabilisce una roadmap per la digitalizzazione del Paese capace di determinare, tra le altre cose, il progressivo switch off dell'opzione analogica per la fruizione dei servizi pubblici, progettando la digitalizzazione della pubblica amministrazione in un'ottica finalizzata allo sviluppo di competenze nelle imprese, che generi nuova offerta capace di competere sui mercati globali, acceleri, anche attraverso le misure di «Impresa 4.0», l'innovazione digitale e lo sviluppo dei nuovi ecosistemi produttivi e riesca infine a rendere più efficiente il sistema Paese, coordinando in materia unitaria la programmazione e gli investimenti pubblici in innovazione digitale e Ict –:

   quale sia lo stato di avanzamento di questi due piani strategici ai fini della trasformazione dell'Italia in un leader globale dell'economia 4.0.
(3-03355)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCUVERA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i 73 lavoratori dell'azienda metalmeccanica «Piana spa» di Stradella sono ormai da mesi in agitazione in quanto l'impresa non starebbe erogando le ultime mensilità né la parte previdenziale, a seguito della messa in liquidazione dell'azienda da parte della proprietà;

   esisterebbero proposte di acquisto dell'azienda, ma non si sarebbe ancora addivenuti a una decisione, mentre il termine di fine mobilità scade il 20 novembre 2017 e dal 22 novembre sarebbero previste le procedure di licenziamento collettivo;

   si apprende da organi di stampa che la proprietà si sarebbe al momento impegnata a non notificare licenziamenti fino alla fine della trattativa di vendita –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per far sì che la crisi aziendale di cui in premessa venga risolta, per garantire il mantenimento dei livelli di occupazione sul territorio.
(5-12673)


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Iosa Carlo s.r.l. opera nel territorio di Terni da più di 50 anni. La sua attività si svolge prevalentemente nel settore delle pulizie industriali e del trattamento dei rifiuti: da anni è fornitore strategico della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni ed ha operato anche negli stabilimenti di Trieste e di Piombino;

   nel 2009 è stata l'unica azienda in Umbria ad ottenere l'autorizzazione integrata ambientale per la gestione di un impianto di trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi e costituisce un riferimento importante per la soluzione di problemi connessi allo smaltimento dei rifiuti sia per le grandi aziende, che per i piccoli operatori;

   la Iosa Carlo s.r.l. impiega attualmente circa 140 addetti diretti con un consistente bacino di operatori dell'indotto;

   da giugno 2017, tuttavia, l'azienda è coinvolta in una situazione di crisi che sta mettendo a rischio la possibilità di garantire la continuità di esercizio e la cui interruzione comporterebbe, oltre ad una evidente ulteriore perdita occupazionale, una criticità grave per la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni e la perdita di autorizzazioni, competenze e know-how strategici e non trasferibili ad altri siti;

      la Iosa Carlo s.r.l. ha, infatti, aperto una procedura di concordato che è in scadenza. Tuttavia, il tribunale civile di Terni ne ha disposto il sequestro cautelativo a seguito di un'esposizione debitoria nei confronti dell'Erario. Ad oggi, però, pur in presenza di disponibilità imprenditoriali del territorio a sostenere e a proseguire l'attività della Iosa Carlo s.r.l., la vicenda sembra essere destinata ad un ineluttabile fallimento –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in atto per scongiurare la chiusura di un'azienda strategica per il territorio ternano, già duramente colpito dalla crisi economica, ed evitare la dispersione di un ricco patrimonio di valori economici, professionali e ambientali.
(5-12682)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Daga e altri n. 7-01390, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spessotto.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Gallinella n. 7-00497, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 315 del 22 ottobre 2014.

   La XIII Commissione,

   premesso che:

    l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura – Agea – istituita con decreto legislativo n. 165 del 1999 svolge funzioni indispensabili di organismo pagatore e di coordinamento, così come previsto dalla normativa comunitaria in materia di politica agricola comune;

    l'Agea è incaricata, tra l'altro, della vigilanza e del coordinamento degli organismi pagatori riconosciuti di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune, promuove l'applicazione armonizzata della normativa comunitaria e delle relative procedure di autorizzazione, erogazione e contabilizzazione degli aiuti comunitari ed è altresì competente per la gestione degli ammassi pubblici, dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli per gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi;

    è largamente condivisa la necessità di procedere, anche alla luce della generale revisione della spesa pubblica che è in atto ormai da tempo, ad un riordino complessivo della struttura dell'Agenzia attraverso una riorganizzazione degli assetti e delle funzioni, al fine di migliorarne l'efficienza e la trasparenza, oltre che conseguire una significativa riduzione dei costi;

    come noto, per tutte le funzioni non attribuite agli organismi regionali, operano, unitamente ad Agea, l'Ente nazionale risi, che tuttavia, in un'ottica di riordino e di recupero di efficienza, dovrebbe limitarsi a svolgere attività di ricerca e di assistenza tecnica e non anche quella di organismo pagatore e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli – servizio autonomo interventi settore agricolo SAISA – organismo pagatore dell'Unione europea per le restituzioni all'esportazione di prodotti agroalimentari;

    relativamente alle funzioni svolte da SAISA, le complesse procedure di gestione delle restituzioni, attivate nell'ambito di una procedura di sicurezza destinata a garantire che ad esse si ricorra solo quando vi siano forti elementi turbativi di mercato, richiedono che le stesse siano liquidate dall'autorità doganale che presiede al controllo, accertamento e verifica della circolazione delle merci e della fiscalità interna connessa agli scambi internazionali;

    ciò che emerge come aspetto caratterizzante l'organizzazione di Agea è l'accentuata esternalizzazione dei suoi compiti istituzionali che coinvolge società private direttamente o indirettamente controllate dall'Agenzia e organismi indipendenti pubblici e privati;

    come evidenziato dalla relazione della Corte dei conti per gli esercizi dal 2009 al 2011, tra la gestione del sistema informativo (SIAN e SIGG) e le convenzioni stipulate con i Centri di assistenza agricola CAA, in particolare per quanto concerne la ricezione delle domande di pagamento avanzate dagli agricoltori, nonché la formazione e gestione del fascicolo aziendale, oltre il 76 per cento della spesa corrente, percentuale peraltro superiore al finanziamento statale per il coordinamento, ha remunerato prestazioni istituzionali affidate all'esterno;

    è pertanto opportuno che si proceda a rivedere l'insieme delle attività e dei servizi delegati, posto che tale esternalizzazione ha in sostanza ristretto, nell'ambito delle competenze non delegabili, le attività in concreto svolte da Agea organismo pagatore;

    i Centri di assistenza agricola svolgono importanti servizi a supporto degli agricoltori quali in particolare gli adempimenti amministrativi e la compilazione del fascicolo aziendale e sarebbe auspicabile migliorare il processo di raccolta delle informazioni e la loro trasmissione all'organismo di coordinamento,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per un riordino generale delle funzioni e dell'organizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in base alle seguenti linee guida:

   a) al fine di evitare sovrapposizioni di competenze, duplicazioni ed inefficienze, trasferire in capo ad Agea le funzioni di organismo pagatore svolte dall'Ente nazionale risi che, mantenendo gli attuali livelli occupazionali, potrebbe incentivare ulteriormente le attività di studio, ricerca ed assistenza tecnica;

   b) rivedere l'insieme delle prestazioni istituzionali esternalizzate da Agea ed evitare per il futuro che, l'Agenzia possa promuovere o costituire consorzi e società;

   c) riportare in capo ad Agea il coordinamento tecnico delle attività svolte da SIN spa attualmente di competenza dell'area coordinamento, e procedere anche in considerazione della risoluzione del contratto prevista per il 2016, affinché a tale area si affianchi una unità tecnica della stessa Agenzia, o di altro soggetto pubblico, incaricata di predisporre i codici di programma necessari a gestire in automatismo le domande di pagamento e riservare ad un soggetto esterno, anche pubblico, esclusivamente la gestione del servizio relativo alla parte informatica, consentendo quindi all'Agenzia di mantenere la titolarità delle proprie funzionalità e competenze tecniche;

   d) far si che i Centri di assistenza agricola e gli organismi pagatori, in quanto terminali operativi del sistema informativo gestito da Agea, ottimizzino il processo di raccolta delle informazioni e di monitoraggio in modo da assicurare in tempo reale la trasmissione dei dati all'organismo di coordinamento e, allo stesso tempo, garantire loro, nel rispetto delle rispettive competenze, l'accesso al database di Agea evitando un possibile disallineamento delle informazioni anche in funzione delle nuove procedure per il controllo dei requisiti relativi all'agricoltore attivo, al greening e alle procedure di gestione del rischio;

   e) mantenere, come sancito dal cosiddetto collegato agricolo (legge n. 154 del 2016), il livello occupazionale dei dipendenti di Agecontrol s.p.a., anche nella fase transitoria, allargando queste garanzie anche ai dipendenti di Sin s.p.a.
(7-00497) «Gallinella, L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Lupo, Parentela».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Antezza n. 7-00993, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 623 del 12 maggio 2016.

   La XIII Commissione,

   premesso che:

    l'Unione europea sostiene la produzione agricola dei Paesi della Comunità attraverso l'erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi. Tali erogazioni, finanziate da Feaga (Fondo europeo agricolo di garanzia) e Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), sono gestite dagli Stati membri attraverso gli organismi pagatori, istituiti ai sensi del regolamento (CE) n. 885 del 2006;

    con il decreto legislativo n. 165 del 1999 è stata istituita l'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore fino all'istituzione ed al riconoscimento degli appositi organismi da parte delle singole regioni, ed è stata, quindi, disciplinata l'istituzione, da parte delle regioni e delle province autonome, di servizi ed organismi per lo svolgimento delle funzioni di organismo pagatore;

    la funzione di «organismo pagatore», che doveva in origine rappresentare un'attività suppletiva rispetto all'attività affidata agli istituendi organismi regionali, si è rilevata nel tempo attività principale. La funzione di «coordinamento», che la normativa europea prevede in caso di costituzione di più organismi pagatori, è tornata ad essere gestita dall'Agea, dopo un passaggio normativo che aveva attribuito tale compito direttamente al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed è finalizzata all'armonizzazione procedurale e di rendicontazione nei confronti della Commissione europea;

    con l'entrata in vigore della legge di stabilità 2014, l'Agea è tornata ad essere l'unico rappresentate dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea, mentre resta ferma la competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nella gestione dei rapporti con la stessa Commissione afferenti, in seno al Comitato dei fondi agricoli, alle attività di monitoraggio dell'evoluzione della spesa, di cui al regolamento (CE) n. 1290/2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune, nonché alle fasi successive alla decisione di liquidazione dei conti adottata ai sensi della vigente normativa europea;

    l'Agea, quale organismo di coordinamento ha, come compiti principali: la gestione dei registri nazionali (registro nazionale titoli e registro nazionale dei debiti); la gestione delle quote di produzione; l'aggiornamento del sistema informativo territoriale; i controlli incrociati a livello nazionale di tutte le domande di aiuto presentate agli organismi pagatori con il Sistema integrato di gestione e controllo – SIGC – costituito secondo le norme comunitarie; l'esecuzione dei controlli tramite fotointerpretazione a video su immagini aeree o satellitari e in loco presso le aziende, a beneficio di tutti gli organismi pagatori; la rendicontazione in sede Unione europea delle somme erogate in Italia da tutti gli organismi pagatori;

    in tale funzione di organismo di coordinamento, l'Agea è, inoltre, autorità incaricata: della vigilanza e del coordinamento degli organismi pagatori ai sensi del regolamento (CE) n. 1290 del 2005 del Consiglio del 21 giugno 2005; del coordinamento del Sistema integrato di gestione e controllo (SIGC), sistema dei controlli stabilito dalla riforma della politica agricola comune; dei controlli di conformità dei prodotti ortofrutticoli stabiliti dal regolamento (CE) n. 1580/2007; del coordinamento e della gestione del sistema informativo agricolo nazionale (SIAN); nonché dell'attuazione dei controlli obbligatori ex post previsti dal regolamento (CE) n. 485 del 2008 e dall'articolo 1, comma 1048, della legge n. 296 del 2006;

    l'Agea come organismo pagatore italiano ha competenza per l'erogazione di aiuti, contributi, premi ed interventi comunitari, nonché per la gestione degli ammassi pubblici, dei programmi di miglioramento della qualità dei prodotti agricoli, per gli aiuti alimentari e per la cooperazione economica con altri Paesi;

    l'Agenzia esercita le proprie funzioni non solo mediante le proprie strutture operative, ma anche avvalendosi di proprie società controllate (Sin S.p.A. e Agecontrol S.p.A.): la Sin S.p.A. cura per legge l'esercizio delle funzioni del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), è partecipata al 51 per cento dall'Agea mentre il 49 per cento delle quote è posseduto da un raggruppamento temporaneo di imprese. Il portafoglio azionario di Agecontrol S.p.a., società di controlli, è interamente posseduto dall'Agea;

    nell'espletamento della sua missione istituzionale, Agea, infine, si avvale anche di altri organismi a cui sono stati delegati particolari compiti. Tra questi figurano anche i Caa (Centri di assistenza agricola) i quali svolgono le attività di supporto nella predisposizione delle domande di ammissione ai benefici comunitari e nazionali su mandato degli imprenditori interessati;

    in Italia sono stati istituiti i seguenti organismi pagatori: Artea per la regione Toscana; Agrea per la regione Emilia-Romagna; Avepa per la regione Veneto; Arcea per la regione Calabria; Arpea per la regione Piemonte; OPR per la regione Lombardia; Oppab per la provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige; Appag per provincia autonoma di Trento – Alto Adige; Agea per tutte le regioni che non hanno costituito un proprio organismo pagatore e per tutte le alte funzioni non attribuite agli altri organismi pagatori; SAISA – Agenzia delle dogane – per le restituzioni alle esportazioni, e Ente nazionale risi per il riso;

    con il comma 6-bis dell'articolo 1 della legge 2 luglio 2015, n. 91, di conversione del decreto-legge n. 51 del 2015, è stato previsto dal Parlamento che, alla cessazione della partecipazione del socio privato alla società, l'AGEA provvede, in coerenza con la strategia per la crescita digitale e con le linee guida per lo sviluppo del Sian, alla gestione e allo sviluppo del Sian direttamente, o tramite società interamente pubblica, nel rispetto delle normative europee in materia di appalti, ovvero attraverso affidamento a terzi, mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, anche avvalendosi a tal fine della società Consip Spa, attraverso modalità tali da assicurare comunque la piena operatività del sistema al momento della predetta cessazione;

    le basi per raggiungere l'obiettivo sono state poste affidando a Consip la gara di appalto per la gestione di Sian e con il superamento del modello pubblico-privato di Sin;

    la Conferenza Stato-Regioni il 5 maggio 2016 ha approvato le linee guida 2016 per lo sviluppo del Sian, individuando gli obiettivi, rappresentando quale deve essere il nuovo modello di servizio, tecnologico e la sua governance;

    con l'articolo 15 della legge n.154 del 2016, il cosiddetto collegato agricolo, il Governo è stato delegato a riorganizzare l'AGEA, rivedendone le funzioni, con particolare riguardo all'attuale sistema di gestione e di sviluppo del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), e definendo un nuovo modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: sussidiarietà operativa tra livello centrale e regionale; modello organizzativo omogeneo; uniformità dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali; uniformità delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli. È stato richiesto espressamente nella delega che la riorganizzazione dovesse favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del sistema dei pagamenti e ottimizzare l'accesso alle informazioni da parte degli utenti e delle pubbliche amministrazioni, garantendo la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena comunicazione tra articolazioni regionali e struttura centrale, nonché tra utenti e pubblica amministrazione, attraverso la piena attivazione della Carta dell'agricoltore e del pescatore;

    annualmente l'Agenzia effettua erogazioni per la gestione dei fondi europei, di cui oltre il 70 per cento è destinato agli agricoltori, che ricevono sostegni in forme assai differenziate, polarizzate in due grandi capitoli: il premio unico aziendale e le misure previste nei piani regionali di sviluppo rurale;

    un'ulteriore quota di risorse si articola in diversi strumenti di sostegno, allargati anche all'ambito agro-industriale. Si tratta, principalmente, di aiuti per i programmi operativi ortofrutticoli, misure previste nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato (OCM) del vino, risorse destinate alla promozione di prodotti alimentari all'estero, al miglioramento della qualità dell'olio e altro;

    nel 2015 – con un anno di ritardo – è entrata in vigore la nuova PAC 2014- 2020, il cui quadro normativo è composto da cinque regolamenti base, destinati a mobilitare risorse finanziarie complessive per circa 408,3 miliardi di euro a prezzi correnti, di cui circa 312,7 miliardi di euro per i pagamenti diretti e le misure di mercato. Per l'Italia, le risorse finanziarie disponibili ammontano, dal 2014 al 2020, a circa 52 miliardi di euro, di cui circa 27 miliardi per i pagamenti diretti, circa 20,8 miliardi per lo sviluppo rurale (compresa la quota di cofinanziamento statale e regionale, pari a circa 10,43 miliardi di euro) e 4,2 miliardi per le organizzazioni comuni di mercato;

    gli obiettivi principali della nuova PAC sono la semplificazione e lo snellimento delle procedure burocratiche e una maggiore selettività nel sostegno agli agricoltori: sia rispetto alla platea dei beneficiari, d'ora in poi ristretta ai soli «agricoltori attivi», sia rispetto alle situazioni o ai comportamenti meritevoli di sostegno, attraverso lo «spacchettamento» del vecchio pagamento unico aziendale in un menù di sette diversi possibili pagamenti, tra ì quali gli Stati membri hanno scelto quali attivare e per quale ammontare;

    con il regolamento n. 1748 del 30 settembre 2015, la Commissione europea ha stabilito la possibilità per gli Stati membri di erogare – a partire dal 16 ottobre e fino al 30 novembre 2015 – attraverso gli enti nazionali preposti, un anticipo fino al 70 per cento dei pagamenti diretti spettanti a un agricoltore, disposti dalla riforma della politica agricola comune; le indicazioni presenti nel regolamento sono state recepite dalle circolari di Agea ACIU 2015.435 e ACIU 2015.464. In tali documenti è stato esplicitamente espresso che le procedure degli anticipi sono state predisposte per sostenere le numerose imprese agricole che versano in difficoltà economiche;

   considerato che:

    la grave crisi economica che ha coinvolto il settore primario, soprattutto nell'ambito dei seminativi, del vino, della carne bovina e dell'olio, e che ha determinato livelli di reddito tra i più bassi degli ultimi dieci anni richiede una efficienza della macchina pubblica, in particolare di Agea, che deve essere all'altezza della sfida e mettere in campo azioni efficaci per sostenere l'agricoltura;

    proprio nel periodo di maggiore crisi, quando le entrate dei pagamenti diretti della PAC diventano fondamentali per molte imprese agricole, Agea manifesta il cronico malfunzionamento e ritardo nell'erogazione dei pagamenti della PAC, soprattutto di quelli del programmi di sviluppo rurale;

    una recente ricerca del Parlamento europeo evidenzia che i pagamenti diretti della PAC rappresentano il 41 per cento del reddito agricolo, costituendo, quindi, un elemento essenziale per la redditività delle imprese agricole;

    un recente sondaggio de L'Informatore Agrario rileva che l'80 per cento degli agricoltori lamenta la burocrazia e i ritardi di gestione di Agea, considerata l'emblema della burocrazia della pubblica amministrazione in agricoltura, giudicando, per una percentuale pari all'84 per cento, «pessimo» e «cattivo» il funzionamento di Agea, e la complessità burocratica di Agea viene valutata in peggioramento negli ultimi due anni;

    i ritardi nei pagamenti e nella gestione delle pratiche si traducono inoltre in ritardi competitivi con le imprese degli altri Paesi europei, dove le pubbliche amministrazioni sono in grado di gestire la presentazione delle domande senza affanni e di erogare nei termini i contributi previsti dai regolamenti comunitari;

    le regioni hanno già segnalato al Governo la gravità della situazione e le criticità più rilevanti: dati incoerenti e non aggiornati nei sistemi informativi, banche dati che non dialogano tra loro, rendendo inaffidabili i controlli amministrativi, ritardo nell'aggiornamento dei dati relativi alle imprese, mancata comunicazione del valore definitivo dei titoli PAC 2014-2020, mancanza dei criteri e delle procedure operative per il calcolo della quota greening dei premi PAC, tempistica inadeguata nella gestione delle coperture assicurative, indicazioni assenti per il corretto coordinamento nella gestione delle domande, assenza di interlocuzione e/o informazione su comunicazioni e procedure, supporto informativo del tutto insufficiente nei confronti degli organismi pagatori regionali;

    dal 2015 risulta un peggioramento per AGEA nella tempistica di pagamento – tra la data effettiva di pagamento all'agricoltore e la prima data dì pagamento prevista dalla normativa comunitaria – con uno scostamento significativo rispetto al passato poiché si è passati, infatti, dai 90 giorni degli anni precedenti ai 150 del 2015, con un leggero miglioramento della tempistica per il 2016;

    la gestione del Registro dei titoli, gestito da Agea, risulta in continuo aggiornamento, determinando confusione ed incertezza tra gli agricoltori. In particolare, i titoli 2015-2020 richiedevano di essere assegnati in via definitiva il 1° aprile 2016; diversamente, dal 2016 e per tutti gli anni successivi Agea ha effettuato sei ricalcoli dei titoli, spesso in modo retroattivo. Anomalie sulle gestione dei titoli, incomprensibili e difficili da sanare, si sono verificate, altresì, sulla ricognizione preventiva 2015; allo stesso modo sono state respinte domande di accesso alla riserva nazionale senza averne rese note le motivazioni. La situazione sopra descritta crea una incertezza a danno degli agricoltori che non riescono ad avere contezza in ordine alla titolarità e all'assegnazione dei titoli definitivi;

    il sistema delle assicurazioni agevolate, e, più in generale della gestione del rischio in agricoltura, è quello in cui Agea manifesta maggiori difficoltà di gestione, nonostante il dibattito a livello europeo indichi che il futuro della politica agricola è affidato allo strumento della gestione del rischio. In Italia, infatti, il sistema di assicurazioni agevolate è notevolmente cresciuto, soprattutto dal 2004 al 2014; dal 2015, la situazione si è bloccata, con un crollo del sistema delle assicurazioni agevolate. I finanziamenti del 2015 a tale tipo di assicurazioni sono stati erogati nel 2017, ma solo in minima parte, meno del 50 per cento. Per il 2016, non risultano ancora certezze sull'effettiva erogabilità dei pagamenti nonostante gli agricoltori si siano già impegnati con le assicurazioni del 2017. Il sistema dei Consorzi di Difesa, un'eccellenza del sistema italiano, soffre gravi conseguenze per i ritardi dei pagamenti, aggravati da oneri finanziari e difficoltà per far fronte alla gestione ordinaria nonostante le risorse finanziarie, pari a 1,6 miliardi di euro, siano disponibili;

    un'altra situazione critica di Agea è rappresentata dai sistemi informatici, dalla lentezza nel caricamento degli stessi, dalle difficoltà di connessione in prossimità della scadenza delle domande, anche per giornate intere; situazione incomprensibile, considerato che il Governo ha investito ingenti risorse sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione;

    la Commissione europea – in particolare la Direzione generale Agricoltura (Dg Agri) – sembra abbia rilevato una serie di carenze nell'applicazione del piano di azione che Agea ha adottato per allinearsi ai nuovi requisiti che la riforma della PAC prevede per gli organismi pagatori e una mancanza di azione coordinata tra il livello locale e quello nazionale. Secondo la Commissione, le carenze riguarderebbero in particolare l'accuratezza e l'affidabilità dei dati forniti dai CAA (Centri assistenza agricola), la gestione del registro dei debitori, la supervisione dell'attività del Sin. Inoltre la Dg-Agri constaterebbe che il rispetto dei criteri di riconoscimento dell'Agea, in particolare la gestione del debito e del registro dei debitori, non è stato conforme alle norme dell'Unione europea;

    l'Organismo pagatore AGEA non ha ancora avuto, per il 2015 e 2016, la liquidazione dei conti da parte della Commissione europea, con il pericolo del mancato riconoscimento delle spese che potrebbero essere imputate all'erario nazionale; si tratta di importi complessivamente pari a circa 7,5 miliardi di euro;

    la Commissione d'inchiesta sulla digitalizzazione della P.A. ha rilevato, rispetto al SIAN, che «criticità maggiori emerse riguardano l'eccessivo sbilanciamento delle competenze tecnologiche presenti nei fornitori e quasi totalmente assenti nella parte pubblica con la conseguente sostanziale impossibilità di controllo di qualità e di adeguato dimensionamento della spesa» e che «il quasi totale affidamento nei confronti di Sin vede come principale causa l'assenza di competenze tecniche, informatiche e manageriali nei dipendenti AGEA». La relazione prosegue ricordando che anche la Commissione europea ha rilevato come Agea oggi non abbia la capacità di coordinamento e di governo dal punto di vista della gestione del SIAN;

    si registrano significativi ritardi nell'andamento della spesa relativa ai Programmi di Sviluppo Rurale 20142020, il cui livello di attuazione per l'Italia si attesta ad una media del 10 per cento circa, al di sotto dei livelli raggiunti negli altri Paesi europei. Si verificano, altresì, numerose difficoltà nel mettere a disposizione delle regioni gli strumenti di gestione operativa del PSR;

    Agea Organismo Pagatore evidenzia criticità di carattere gestionale che, a poco più di due anni dall'avvio dei PSR nelle regioni italiane, non consentono alle Regioni di operare con procedure informatiche stabili, il cui mancato perfezionamento produce ritardi nella spesa delle misure cosiddette a superficie ed in quelle per investimenti;

    pur avendo Agea Organismo Pagatore stabilito un piano di azione per accelerare l'attuazione (pagamenti delle misure strutturali e a superficie) delle passate annualità e per l'attuazione dei programmi 2014-2020, le regioni che operano attraverso Agea OP evidenziano notevoli problematiche gestionali;

    i Servizi della Commissione e, in particolare della DG Agri, hanno evidenziato in occasione dei Comitati di Sorveglianza svoltisi nelle varie regioni, la gravità di tali ritardi e l'impatto negativo che essi generano sull'avanzamento della spesa dei PSR italiani,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per assicurare una maggiore efficienza a livello nazionale e una omogeneità di procedure amministrative e informatiche a tutti i livelli per garantire una necessaria operatività degli organismi pagatori e per limitare il dispendio di risorse finanziarie;

   ad assumere iniziative urgenti per riformare complessivamente il sistema di Agea, in modo da delineare un chiaro quadro di riparto delle funzioni, valutando la possibilità di attribuire agli organismi pagatori regionali il ruolo gestionale dentro il coordinamento di Agea;

   a dare attuazione ad una riforma di Agea in grado di dare un ruolo adeguato agli operatori pubblici cointeressati alla gestione dei fondi agricoli comunitari;

   a riformare il sistema informativo agricolo nazionale in modo da rendere lo stesso compatibile e facilmente dialogante con quello adottato degli enti pagatori regionali, in modo da rendere i dati forniti immediatamente utilizzabili, evitando operazioni di conversione degli stessi dati, causa di rilevanti incertezze nelle operazioni di controllo;

   a garantire l'applicazione operativa delle linee guida per lo sviluppo del Sian 2016, approvate dalla Conferenza Stato-regioni il 5 maggio 2016 avendo riguardo anche alle modalità di governance ivi individuate, che ne richiedono una pronta realizzazione;

   a favorire la previsione di un Comitato nell'ambito dell'organismo di coordinamento Agea, per meglio valorizzare le esigenze dei rappresentanti degli organismi pagatori regionali riconosciuti;

   a sostenere l'istituzione di un apposito Comitato esecutivo nell'ambito dell'organismo pagatore di Agea, per dare voce alle autorità di gestione delle regioni prive di un proprio Opr riconosciuto;

   a favorire l'istituzione, presso Agea organismo pagatore, di un servizio tecnico e di informazione tecnologica, che possa avvalersi di professionalità assunte attraverso procedure concorsuali ad evidenza pubblica e che sia in grado di assicurare il monitoraggio continuo e la supervisione sul fornitore dei servizi Informatici e sugli enti delegati da Agea Op ai controlli;

   a rendere tracciabili i dati immessi nel sistema in modo da poter individuare con certezza il soggetto responsabile della correttezza dei dati immessi ed evitare incertezze in ordine ai soggetti e ai contributi ammessi, anche incrociando le informazioni fornite con quelle già in possesso delle pubbliche amministrazioni competenti;

   ad assumere iniziative per snellire gli adempimenti burocratici e semplificare le procedure, in particolare per alcuni pagamenti che si sono rilevati maggiormente problematici quali quelli riguardanti i premi accoppiati, le superfici pascolative, anche rispetto al pascolo per conto terzi, nonché per le procedure e i controlli in vari settori, quali, ad esempio quello olivicolo, zootecnico e della multifunzionalità;

   a vigilare affinché, nei tempi stabiliti dalla regolamentazione europea, siano garantiti i pagamenti degli aiuti e contributi a tutte le imprese agricole aventi diritto;

   ad assumere iniziative per ripristinare un nuovo rapporto di fiducia con le istituzioni europee e con tutto il mondo agricolo;

   a far sì che, alla luce di quanto esposto in premessa, il direttore, per il buon funzionamento dell'Agenzia, promuova una revisione della governance in modo da garantire nel prossimo futuro la realizzazione dei compiti in tempi certi e con le modalità richieste, assicurando, al tempo stesso, una utilizzazione efficiente del management e favorendo il necessario e finora mai realizzato avvicendamento dei responsabili apicali di funzioni;

   a salvaguardare i livelli occupazionali e a valorizzare le professionalità utili al comparto dei controlli in agricoltura dei lavoratori di Agecontrol s.p.a.
(7-00993)  (Nuova formulazione) «Antezza, Oliverio, Luciano Agostini, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Terrosi, Venittelli, Zanin, Vico, Schullian, Giacobbe».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Basilio n. 7-01305, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 826 del 4 luglio 2017.

   La IV Commissione,

   premesso che:

    l'istituto della riserva selezionata è disciplinato dal combinato disposto degli articoli 674 e 987 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

    la riserva selezionata è costituita da un bacino di personale composto da uomini e donne in possesso di particolari professionalità di interesse per le Forze armate e l'Arma dei carabinieri non compiutamente disponibili nell'ambito delle stesse;

    il Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa 2015 considera la componente della riserva come una delle componenti essenziali dello strumento militare nazionale di natura professionale e prefigura la costituzione di una «riserva operativa» prontamente impiegabile e efficace;

    in particolare, nel Libro bianco si afferma che «in termini di capacità operative, la componente di forze di riserva dovrà consentire di disporre di capacità specialistiche che non sono normalmente parte delle forze permanenti o lo sono in quantità non sufficienti. È il caso, ad esempio, di professionalità mediche (...)»;

    la Difesa presta particolare attenzione alle condizioni di vita del personale militare, con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica. A tal riguardo, nel Libro bianco si legge «Per gli aspetti generali di attenzione al personale, il Governo intende assumere un obbligo prima di tutto morale verso gli appartenenti alla Difesa affinché sia assicurato rispetto, sostegno e un equo trattamento per coloro i quali, sacrificando affetti e diritti, affrontano particolari pericoli per tener fede al loro giuramento (...). Fra gli aspetti da considerare vi sono certamente le condizioni di servizio e un trattamento economico dignitoso, l'assistenza sanitaria (...)»;

    a livello territoriale i presidi militari in grado di assicurare l'assistenza psicologica sanitaria al personale militare non risultano sufficienti a coprire le effettive richieste,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative immediate per incrementare il bacino della riserva selezionata con figure professionali specializzate in ambito psicologico-sanitario, in modo tale da poter assicurare la prestazione di questo importante servizio sanitario in quelle aree territoriali dove tali figure professionali risultino carenti in ambito militare;

   ad assumere iniziative immediate per aumentare il livello di assistenza psicologica per il personale delle Forze Armate, prevedendo anche la possibilità di stipulare apposite convenzioni su scala nazionale o locale, con associazioni di categoria o enti privati operanti nel settore e stabilendo parametri economici rispettosi di un elevato livello professionale e di assistenza.
(7-01305) «Basilio, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Crippa n. 2-02003 del 8 novembre 2017;

   interpellanza Mazziotti di Celso n. 2-02009 del 10 novembre 2017;

   interrogazione a risposta scritta Nicchi n. 4-18449 del 10 novembre 2017.