Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 8 novembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la Convenzione sui diritti del Fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dallo Stato italiano con legge 27 maggio 1991 n. 176 prevede, all'articolo 31, comma 1 che «gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica» includendo quindi tra i titolari di tale diritto anche i bambini e i ragazzi con disabilità;

    l'Italia, con legge n. 18 del 3 marzo 2009 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009), ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008 ove all'articolo 30, comma d) ove si afferma «(...) gli Stati Parti prenderanno le appropriate decisioni per assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative e di tempo libero, sportive, incluse tutte quelle attività che fanno parte del sistema scolastico»;

   il gioco, quindi, è un diritto di tutti i bambini, ma diventa un problema quando la difficoltà a muoversi o l'incapacità di vedere, oppure ancora la scarsa capacità d'attenzione e concentrazione su di un compito lo compromettono. Se per tutti i bambini esiste un diritto al gioco, la disabilità rischia di negarlo, perché il gioco difficilmente vi compare spontaneamente, perché talvolta non sono capaci di imitare, perché i giochi tradizionali non sono pensati per chi ha difficoltà nel fare anche le cose più semplici, perché le famiglie spesso sono iperprotettive o al contrario troppo deleganti, perché questi bambini sono lasciati fuori dai circuiti ricreativi del territorio), perché gli adulti non si stanno impegnando a sufficienza per credere nel potenziale del gioco e quindi intraprendere cambiamenti efficaci;

   i bambini con disabilità hanno il diritto, quindi, di giocare in spazi adatti alle loro esigenze, con strumenti idonei alle loro capacità e per farlo hanno bisogno di parchi giochi inclusivi, parchi giochi per tutti, ovvero sia aree attrezzate con singole giostre o interi spazi dove anche i bambini con disabilità – fisiche o sensoriali – o con problemi di movimento possano giocare in sicurezza, insieme a tutti gli altri;

   non si tratta solo di giochi per disabili, quindi, ma giochi per tutti cioè spazi privi di barriere architettoniche o sensoriali dove tutti i bambini, anche quelli con disabilità possono muoversi liberamente utilizzando strutture adatte;

   un parco giochi inclusivo è quindi un parco dove tutti i bambini, anche quelli con disabilità, possono esercitare il loro diritto al gioco. Sono parchi privi di barriere architettoniche, dove sono installati giochi il più possibile accessibili e fruibili da parte di bambini che, ad esempio, usano la carrozzina, sono ipovedenti, hanno una disabilità motoria lieve, ma anche bambini normodotati. Parchi in cui ci sono strutture gioco con rampe al posto delle scale, tunnel giganti il cui accesso possibile anche alle carrozzine, giostre girevoli che possono essere utilizzate da tutti;

   attualmente in Italia risultano pochissimi parchi giochi accessibili ai bambini con disabilità sia nelle aree verdi pubbliche sia nelle scuole, non solo perché mancano i finanziamenti, ma perché manca una vera e proprio politica dell'inclusione, una reale sensibilità da parte delle amministrazioni locali nonché il rispetto del bene pubblico, visto che anche i parchi giochi già esistenti per i bambini cosiddetti normodotati sono spesso inaccessibili, perché sporchi o distrutti dai vandali o in condizioni pessime, perché non ci sono i fondi per la manutenzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per diffondere la cultura, non solo presso gli utenti ma anche presso le pubbliche amministrazioni interessate, della necessità di prevedere dei parchi giochi inclusivi, dove tutti i bambini, indipendentemente dalle loro condizioni psicofisiche, possano giocare insieme;

2) a predisporre, in collaborazione con la conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, linee guida volte a definire quali siano le caratteristiche di un parco giochi inclusivo e le modalità che ciascuna amministrazione locale deve rispettare per dotarsi sul proprio territorio di parchi giochi inclusivi, nonché a redigere un censimento di quelli che sono fino ad oggi i parchi giochi inclusivi presenti sul territorio nazionale;

3) ad assumere iniziative per prevedere, nel primo provvedimento utile, risorse finanziarie adeguate da trasferire alle amministrazioni locali per l'istituzione di nuovi parchi giochi inclusivi.
(1-01746) «Argentin, Sbrollini, D'Incecco, Mazzoli, Tidei, Miccoli, Marchi, Manfredi, Villecco Calipari, Bonaccorsi».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'alternanza scuola/lavoro, così come previsto nella legge n. 107 del 2015, nasce come lo strumento che offre a tutti gli studenti della scuola secondaria di secondo grado l'opportunità di apprendere anche mediante esperienze didattiche in ambienti lavorativi privati, pubblici e del terzo settore;

    esso rappresenta una nuova metodologia didattica mirata a creare collegamento tra la formazione teorica e l'esperienza pratica nella società per maturare competenze spendibili nel mercato del lavoro;

    si tratta di uno strumento utile per favorire l'orientamento dei giovani, per valorizzarne le vocazioni personali, per stimolarne gli interessi e promuovere originali stili di apprendimento individuali;

    aiuta a realizzare un organico collegamento fra istituzioni scolastiche, mondo del lavoro, società civile, ambiti culturali, sociali ed economici del territorio;

    con l'introduzione dei percorsi di alternanza, il sistema scuola è chiamato a confrontarsi con il mondo del lavoro, perché si realizzi un effettivo apprendimento lungo tutto l'arco della vita, condizione essenziale per lo sviluppo in progress del capitale umano, della competitività economica, per maturare i diritti di cittadinanza e facilitare la coesione sociale;

    l'alternanza scuola/lavoro deve avere una dimensione innovativa, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, anche l'acquisizione di maggiori competenze per l'occupabilità e l'auto-imprenditorialità;

    la legge n. 107 del 2015 ne ha disposto la piena attuazione dall'anno scolastico 2017/2018, con la previsione di circa un milione e mezzo di studenti partecipanti;

    i progetti di alternanza possono divenire, se bene attuati, anche uno strumento di prevenzione dei fenomeni di disagio e dispersione scolastica;

    i progetti «bottega a scuola» e «scuola impresa», in collaborazione con realtà caratterizzate anche da un elevato livello di internazionalizzazione ed operanti in aree tecnologiche strategiche per il nostro Paese, approfondiscono tematiche quali l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le nuove tecnologie della vita, le nuove tecnologie per il made in Italy, le tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo;

    la legge n. 107 del 2015 dispone l'attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro da svolgersi in aziende, enti locali, musei, istituzioni pubbliche e private per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado, di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, con l'obiettivo di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti;

    purtroppo, per come è stata concepita, l'esperienza dell'alternanza oggi è incapace di assicurare l'occupazione degli studenti dopo la fine del ciclo di studi perché, in non pochi casi, si è rivelata un'esperienza di sfruttamento e viene interpretata da chi ospita questi ragazzi come possibilità di affidare loro mansioni poco qualificate, sovente non pertinenti con il percorso di istruzione e formazione degli stessi, inutile rispetto al futuro accesso nel mondo del lavoro;

    questa esperienza, che a partire dal 2019 costituirà titolo per l'accesso e la valutazione finale dell'esame di maturità, sottrae anche tempo alla frequenza scolastica e allo studio e costringe gli studenti a svolgere il percorso di alternanza durante i mesi estivi e per molte ore al giorno al fine completare la formazione;

    le aziende, le amministrazioni, gli enti che ospitano i ragazzi per l'alternanza spesso non hanno un tutor adeguatamente formato per seguirli nel percorso, fatto, questo, che evidenzia che non tutti i progetti sono costruiti per offrire ai ragazzi un'opportunità e che gli investimenti per la formazione non sono considerati utili, né risorse per far crescere l'impresa o l'amministrazione, men che meno una occasione per i giovani;

    in più di un'occasione sono state denunciate pratiche scorrette che hanno portato i ragazzi in alternanza a sostituire il personale addetto con evidenti vantaggi economici per le aziende ospitanti, ma che li hanno esposti anche al pericolo di rimanere vittime di incidenti sul lavoro;

    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha già annunciato la costituzione di una cabina di regia nazionale sull'alternanza, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha previsto per la metà di dicembre 2017 gli Stati generali dell'alternanza: un momento di riflessione per l'avvio di una nuova fase della stessa, subordinata alla certificazione delle aziende, alla regolamentazione del percorso e alla certificazione della qualità dei progetti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rendere il percorso di alternanza scuola-lavoro pertinente con il corso di studi dei ragazzi e coerente con le effettive possibilità di lavoro che il territorio offre;

   a fare in modo che esso sia un percorso di accrescimento e orientamento e non destinato allo svolgimento di attività minori o, peggio, ridotto a semplice utilizzo degli studenti come manovalanza;

   a verificare l'effettiva preparazione e capacità dei tutor a seguire i ragazzi che coprono e affrontano il mondo del lavoro;

   a rendere il percorso di alternanza scuola-lavoro l'occasione per valorizzare attitudini, suscitare motivazioni e interessi nei giovani;

   a includere nel percorso di alternanza scuola-lavoro i ragazzi disabili, garantendo loro il supporto di docenti specializzati.
(7-01387) «Vezzali».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   ogni anno lo Stato incamera entrate fiscali per 6 miliardi di euro determinate da produzioni insediate in Sardegna;

   ogni anno lo Stato non restituisce nemmeno un euro di quelle entrate per compensare il gravosissimo costo del divario insulare;

   le analisi a vantaggio dello Stato che circolano in questi giorni sono destituite di ogni seria e compiuta verifica della realtà dei fatti;

   i sardi non solo non sono assisti, ma vengono «scippati» ogni giorno dal gettito legato alle produzioni che si svolgono nell'ambito del proprio territorio;

   tutti i trasferimenti alla regione Sardegna sono in base ad una percentuale di restituzione stabilita nello statuto;

   la discriminazione fiscale che subiscono i sardi non ha eguali in Europa;

   i sardi pagano le tasse come se vivessero in Lombardia, con la differenza che la Lombardia non è un'isola ed è al centro dell'Europa. La Lombardia ha strade ad otto corsie, la Sardegna mulattiere. La Lombardia ha treni veloci sino a Reggio Calabria, la Sardegna trenini a scartamento ridotto. I sardi pagano l'energia, per l'assenza del metano, e i trasporti il 40 per cento in più di qualsiasi altra regione italiana;

   la Sardegna, dunque, non solo riceve niente, ma viene gravemente discriminata;

   la Sardegna non ha nessuna possibilità di perseguire nuovo gettito perché, ad avviso dell'interrogante, lo Stato impedisce di accertarlo e riscuoterlo, bloccando anche l'Agenzia delle entrate sarda, seppur nella versione edulcorata della legge regionale, per mantenere nell'ambito statale la «cassaforte» dei sardi;

   si registra, poi, la grande sottrazione dei sei miliardi di euro all'anno sulle produzioni di beni soggetti ad accise. Beni prodotti in Sardegna per i quali lo Stato porta via alla Sardegna ogni anno almeno 6 miliardi e 36 milioni di euro (6.036.875.128 euro);

   la Sardegna produce beni che generano entrate per lo Stato di 6 miliardi di euro, dalla birra all'alcool in genere, dalla benzina senza piombo al gasolio;

   si tratta di accise che ai sardi vengono corrisposte non per quanto si produce ma per quanto si consuma;

   negli atti parlamentari risulta che l'interpellante aveva sin dal 2006 chiesto con emendamenti sostanziali e formali la modifica di quella previsione;

   in quelle proposte si prevedeva il trasferimento alla regione Sardegna delle accise alla produzione e/o di quelle di maggior favore tra produzione e consumi;

   l'iva passò da 3 decimi a nove decimi, ma nello stesso pacchetto sono stati scaricati alla Sardegna tutti i costi della sanità e dei trasporti con un conto negativo pesantissimo;

   sanità e trasporti costavano molto di più di quei sei decimi in più di iva:

   il calcolo del gettito sulle produzioni piuttosto che sui consumi non venne preso nemmeno in considerazione. Il risultato oggi è evidente. Lo Stato dà alla Sardegna molto meno di quanto i sardi versino all'erario, gli stessi si devono far carico di sanità, trasporti e di tutto il divario insulare;

   la Sardegna produce 6.420.321 di ettolitri di birra, l'aliquota è di 2,35: ogni anno vengono sottratti alla Sardegna 15 milioni di euro (15.087.754 euro);

   in Sardegna si producono alcolici per 6.852/ettolitri anidro, aliquota di imposta 800,01 euro: vengono sottratti 5 milioni e mezzo (5.481.669 euro);

   si producono in Sardegna 3.753.370 euro per 1.000 litri di benzina senza piombo, l'aliquota è 564 euro ogni 1.000 litri, ovvero un gettito per lo Stato di 2 miliardi e 116 milioni (2.116.900.680 euro);

   si producono in Sardegna 8.577.422 euro per 1.000 litri di gasolio con un'aliquota di 423 euro ogni 1.000 litri pari a 3 miliardi e 628 milioni di euro (3.628.249.506 euro);

   sommando tutte le altre produzioni sarde si arriva alla cifra di 6 miliardi e 36 milioni (6.036.875.128 euro);

   il dato sostanziale è ulteriormente aggravato da un dato oggettivo: le catene dello Stato, il regime fiscale, i divari insulari e infrastrutturali portano la Sardegna verso il deserto economico e sociale e quindi sempre maggior dipendenza;

   è utile ricordare che l'unico piano di rinascita elaborato in questa prospettiva è quello che l'interpellante ha indicato nella proposta di legge n. 206 depositata alla Camera dei deputati il 1° gennaio 2010, ossia il PARIS, piano attuativo di riequilibrio insulare della Sardegna;

   un piano per misurare e compensare il divario insulare –:

   se non ritengano di dover assumere iniziative, anche normative, per predisporre, così come indicato nella citata proposta di legge un piano attuativo per il riequilibrio dell'insularità della Sardegna (PARIS), in attuazione dell'articolo 13 dello statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e dell'articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42, ossia un piano di misurazione e compensazione insulare con una previsione finanziaria e tenga conto di questo richiamato mancato gettito non attribuito alla Sardegna.
(2-01999) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   il coordinamento amministrativo, servizio concertazione amministrativa e monitoraggio in materia di territorio e ambiente, a quanto risulta all'interpellante, avrebbe trasmesso sul tavolo della segreteria del Consiglio dei ministri i pareri relativi ai progetti di termodinamico di Decimoputzu e Gonnosfanadiga;

   i due atti da trasmettere al Consiglio dei ministri sarebbero stati inviati con un sostanziale parere contrario per il definitivo diniego;

   nonostante la richiesta, soddisfatta, di ulteriori dettagli fatta agli uffici qualche mese fa le due pratiche ritornate all'ufficio della Sottosegretaria alla Presidenza;

   i pareri acquisiti durante la procedura a Palazzo Chigi sarebbero stati tutti contrari e nessuno si vorrebbe assumere l'onere di una forzatura tecnica e giuridica che sconfinerebbe negli interessi agevolandoli;

   appare evidente che si vuole lasciare al Consiglio dei ministri la piena discrezionalità sulla questione, anche se un elemento è definito: non sarà il Presidente del Consiglio ad assumere la decisione finale la procedura prevede che sia l'organo collegiale, il Consiglio dei ministri, ad assumere la decisione finale;

   il presidente della regione dovrà partecipare obbligatoriamente alla seduta del Consiglio dei ministri avendo egli, in occasione di decisioni riguardanti la Sardegna, la potestà di partecipare ai lavori collegiali del Consiglio con un rango assimilabile a quello di Ministro;

   i progetti di Decimoputzu e Gonnosfanadiga che rischiavano di distruggere una delle aree agricole più importanti del Campidano sono dunque al capolinea;

   il coordinamento di Palazzo Chigi dopo diverse riunioni ha preso atto dell'improponibilità dei due progetti e ha trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri il proprio parere di fatto contrario;

   si tratta ovviamente di un parere tecnico consultivo non vincolante ma dal quale il Consiglio dei ministri non potrà discostarsi facilmente;

   se il Governo ribaltasse il parere tecnico del coordinamento di Palazzo Chigi sarebbe un fatto gravissimo di cui il Governo e il suo Presidente sarebbero chiamati ad assumersene la piena responsabilità, ad avviso dell'interpellante gravissima e senza precedenti;

   autorevoli fonti di palazzo Chigi, a quanto consta all'interrogante, hanno riferito che l'esame dei progetti avrebbe fatto emergere due gravi contraddizioni, la prima quella paesaggistica e la seconda quella relativa all'uso agricolo di quelle aree;

   pensare che questi due elementi sia scavalcabili con una decisione politica appare impossibile e anche solo tentarlo, secondo l'interpellante, sarebbe da spregiudicati;

   la decisione ormai profilatasi sul progetto Fluminimannu (Decimoputzu) e Gonnosfanadiga deve essere «ratifica» senza ulteriore perdita di tempo dal Consiglio dei ministri restituendo serenità e dignità a quei territori da sempre contrari a tali progetti;

   quello del Governo Renzi era stato un vero e proprio «blitz» contro comuni, associazioni e soprattutto contro i proprietari di quelle aree, allevatori e agricoltori da generazioni, che non solo non hanno mai venduto quei terreni ma sono totalmente contrari a farlo;

   si trattava di progetti devastanti sul piano ambientale e paesaggistico proposti su terreni di cui la società straniera non è proprietaria;

   il tentativo di un esproprio per una improbabile pubblica utilità di aree agricole private sottratte a produttori e allevatori per metterle nelle mani di speculatori e faccendieri della «pseudo energia» rinnovabile sarebbe stato uno scandalo troppo grande;

   un piano scellerato che, secondo l'interpellante, nascondeva faccendieri e speculatori che, pur di far razzia di incentivi milionari pubblici non avrebbero desistito dall'occupare terre agricole con la corresponsabilità di organi dello Stato e il silenzio di molti;

   è indispensabile giungere rapidamente e senza ulteriori perdite di tempo alla conclusione negativa dell’iter del progetto Fluminimannu e di Gonnosfanadiga –:

   quale sia lo stato dell’iter dei progetti richiamati;

   se il Governo abbia intenzione di esprimere avviso contrario in relazione a tali progetti in tempi rapidi e senza ulteriori perdite di tempo.
(2-02001) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il mercato del lavoro in Italia evidenzia da tempo, oltre ad una complessiva netta flessione, una chiara tendenza al ricorso a forme contrattuali a tempo determinato, ciò nonostante, o probabilmente anche a causa di una riforma che ha di fatto favorito il precariato;

   l'insieme di una oggettiva crisi del sistema economico, e di una conseguente riduzione dell'offerta occupazionale, e, ancora, gli effetti nel tempo di riforme in tema di pensioni, ha determinato situazioni di grave disagio per migliaia di lavoratori;

   l'introduzione dell'anticipo pensionistico (Ape) in varie formulazioni, ancorché molto discutibile, rappresenta in ogni caso una via di uscita per situazioni in cui i lavoratori si ritrovano nel limbo di chi non ha più reddito, perché fuoriuscito dal mercato del lavoro e contestualmente non ha raggiunto i requisiti per la quiescenza;

   in questa ottica, in particolare, l'Ape Social, rappresenta uno strumento oggettivamente in grado di risolvere alcune situazioni incertezza;

   a seguito di forti pressioni da parte delle varie rappresentanze sociali, il Governo si è determinato ad ipotizzare l'inclusione tra i potenziali beneficiari dell'Ape Social anche i lavoratori con contratto a tempo determinato, allo stato esclusi;

   le condizioni per l'accesso in caso di lavoratori a tempo indeterminato è il raggiungimento di 30/36 anni di contributi versati (a seconda dei casi) per andare in pensione 3 anni e 7 mesi prima della soglia d'età pensionabile fissata dalla cosiddetta «legge Fornero»;

   nell'ipotesi di formulazione delle condizioni di accesso per i contratti a tempo determinato, invece, si indicano alcune condizioni più restrittive; in particolare, il lavoratore disoccupato dovrebbe aver lavorato almeno 18 mesi negli ultimi tre anni, per poter accedere alla procedura;

   è di tutta evidenza che tale clausola, in considerazione della platea a cui si riferisce, rappresenta una vera e propria contraddizione in termini, e di fatto esclude molti lavoratori dal beneficio –:

   se il Governo ritenga di assumere iniziative volte a sanare ogni forma di attuale discriminazione, causa di gravi disagi per tantissime famiglie di italiani, eliminando qualunque forma di distinzione in riferimento alle forme contrattuali, garantendo quindi l'accesso all’«Ape Social», ed in generale ad ogni altro strumento di salvaguardia, a tutti i lavoratori, sulla base di una uniforme disciplina dei requisiti.
(2-02002) «Chiarelli».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale aerea da e per la Sardegna registra una disfatta senza precedenti;

   si tratta della più grave e fallimentare gestione della continuità territoriale;

   nella missiva che la Commissione europea ha spedito a Roma e Cagliari contenuta una bocciatura sonora e senza appello;

   nella lettera dei vertici europei ci sarebbe scritto che le gare sono tutte non conformi alla normativa e vanno annullate e che le compensazioni date alle compagnie aeree costituirebbero aiuti di Stato;

   è stata la crescita esponenziale delle compensazioni, che l'interpellante ha sempre denunciato come fondi erogati a vantaggio delle compagnie, ad indurre la Commissione ad accendere i riflettori sulla continuità territoriale proposta da un assessore dei trasporti, la cui attività si è rivelata, a giudizio dell'interpellante, la più nefasta della storia autonomistica;

   la Commissione è stata risoluta e ha colpito al cuore la continuità territoriale;

   quella comunicazione europea tenuta riservata lascia emergere una situazione disastrosa ben diversa da quella, ad avviso dell'interpellante, superficialmente dichiarata ed edulcorata dalla regione;

   la lettera tenuta riservata negli uffici della regione e del Ministero a doppia firma dei direttori Henrik Morch e Filip Cornelis è chiara in ogni suo aspetto: non sarebbero stati spiegati in alcun modo i quantitativi dei posti e il numero delle frequenze e tutto è orientato a far salire a dismisura le compensazioni;

   la decisione della Commissione è netta: date le importanti modifiche alle condizioni dei contratti, non si vede come questi cambiamenti potrebbero essere introdotti nei contratti esistenti senza modificare la loro economia. La modifica dei contratti già firmati per questi percorsi senza rifare la gara non sembra una soluzione efficace e legalmente valida al fine di rendere tali contratti in linea con i requisiti del regolamento sul servizio aereo, molte condizioni e obblighi relativi alla frequenza, capacità, prezzi e requisiti supplementari;

   secondo i servizi della Commissione, una nuova gara anche per questi percorsi nei prossimi mesi potrebbe risolvere i problemi individuati e impedire che altri si verificassero (ad esempio la possibile procedura per il non rispetto delle norme sugli appalti pubblici, gli aiuti di Stato incompatibili da lui recuperati, la connettività in questione);

   la Commissione europea mette in discussione l'impianto complessivo della gara e conclude con la questione delle compensazioni che reputa in partenza non conformi alla legge e quindi aiuti di Stato: la compensazione finanziaria corrisposta ai vettori aerei interessati – secondo la Commissione – rischia di essere qualificata come aiuti di Stato illegittimi e incompatibili;

   nella missiva è prospettata anche la possibilità di chiudere per sempre la continuità territoriale: se non venisse azzerato tutto quello che è stato fatto – esplicita la Commissione – i servizi della Commissione medesima potrebbero non avere altra scelta che avviare una procedura ai sensi dell'articolo 18 del regolamento sul servizio aereo che determina una decisione sull'applicabilità degli articoli 16 e 17 sulle rotte in questione;

   si tratta di una batosta sotto ogni punto di vista;

   un risultato che è conseguenza, secondo l'interpellante, di una incapacità di spiegare le più elementari necessità di una regione insulare di essere collegata, alla pari delle altre regioni europee, senza discriminazioni né di frequenze né di residenze;

   secondo l'interpellante regione e Governo hanno solo puntato a dare più fondi ad Alitalia;

   si tratta di compensazioni, a giudizio dell'interpellante, del tutto immotivate, illogiche e destituite di ogni ragionevole spiegazione;

   sono palesemente dei fondi di cui beneficiano le compagnie visto che con tutti i calcoli del costo dell'ora volata i prezzi dei biglietti consentivano importanti guadagni a prescindere da qualsiasi compensazione;

   aver incrementato i costi a vantaggio delle compagnie ha determinato il risultato fallimentare sancito dalla Commissione europea;

   ora bisogna cancellare le compensazioni e motivare con sufficiente intelligenza le ragioni di una continuità territoriale che apra e non chiuda la Sardegna;

   la stessa ipotesi di limitare la continuità territoriale ai residenti è inaccettabile: significherebbe isolare la Sardegna, rendere l'isola un recinto dentro l'Italia e dentro l'Europa con un danno economico senza precedenti;

   occorre fermare le operazioni che avvantaggiano le compagnie aeree che non hanno aderito alla prima fase del bando a compensazioni zero nell'ottica di partecipare alla fase più remunerativa che si sarebbe aperta subito dopo;

   si tratta di una valanga di fondi pubblici di cui di fatto beneficia l'Alitalia e che fanno affondare la continuità territoriale;

   la continuità territoriale è stata avviata per la prima volta nella storia, con l'interpellante nella funzione di presidente della regione Sardegna, il 1° gennaio del 2002 con grandi sacrifici e che si riuscì a gestire sin dal terzo anno a costo zero senza alcuna compensazione alle compagnie –:

   se non intenda assumere le iniziative di competenza per ribadire, anche nell'interlocuzione con la Commissione europea, l'inderogabilità della tariffa unica per tutti e per l'intero anno senza compensazioni di dubbia legittimità, attraverso un corretto e trasparente calcolo di costi nell'ambito di un servizio universale ed essenziale per una regione insulare ultraperiferica come la Sardegna.
(2-02005) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della difesa, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il disastro ambientale nel poligono militare di Quirra non è prescritto;

   ci sono le prove e i documenti: l'ultimo devastante smaltimento di bombe missili, munizioni di vario genere sarebbe avvenuto il 31 gennaio 2008;

   si tratta di una data chiave che, ad avviso dell'interpellante, dovrebbe portare ad aprire il fascicolo del disastro ambientale all'interno del poligono di Quirra;

   in un rapporto di bonifica di primo grado nel poligono di Perdasdefogu, conservato confusamente dentro la cassaforte del poligono, verificato dall'interpellante nell'ambito di una visita all'interno del poligono e dei suoi archivi, emerge che nei giorni 15, 16, 17, 18, 21, 22, 24, 25, 28, 29, 30 e 31 gennaio e 1° febbraio a seguito di esercitazione nei giorni 15, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 28, 29, 30, 31 gennaio 2008 si sono svolte ulteriori mega operazioni di dubbia legittimità di smaltimento di armamenti di ogni genere;

   si è trattato di esplosioni incontrollate che generavano nubi tossiche di centinaia di metri che si riversavano, cariche di agenti inquinanti e nanoparticelle, direttamente sui centri abitati e nelle aree circostanti;

   l'interpellante il 29 ottobre 2017 ha svolto una visita all'interno del poligono nella serata di sabato, con un approfondito sopralluogo nella zona Torri oggetto dello smaltimento illecito di bombe e missili e all'interno degli archivi del poligono;

   si è trattato di una visita tesa ad individuare la data dell'ultima operazione di smaltimento illecito di bombe e missili all'interno del poligono;

   tutte queste operazioni di smaltimento erano, secondo l'interpellante, non conformi alla legge, visto che da allora ad oggi quelle stesse bombe e missili si eliminano dentro fabbriche dove vengono smontati e smaltiti in modo differenziato senza generare nessun tipo di esplosione;

   il documento individuato, visionato e di cui si è chiesta l'acquisizione individua nomi e cognomi di coloro che hanno materialmente gestito quell'operazione, a partire dal direttore dell'esercitazione il tenente Andrea Pasquarelli;

   il tipo di attività era in capo al 116° deposito di Serrenti da cui erano arrivati molti dei manufatti esplosi distrutti e smaltiti in quei giorni;

   si trattava di una vera e propria montagna di bombe di ogni genere: quattro bombe mk 83, 64 bombe LBR500, 7988 bombe a mano, 35 bombe MK82, 3220 metri di miccia a lenta combustione, 2029 detonatori, 1422 propagatori, 192 cariche cave D3, 458 segnalatori, 960 razzi, 720 razzi, 1345 metri di miccia detonante, 1262 kg TNT, 4891 detonatori, 679 illuminanti, 1 cartuccia foto illuminante, 50 squib, 11 safety and army, 18 igniter M69, 96 cilindri da 100 g di TNT. Da Macomer nello stesso contingente arrivarono: un booster per Mirach M261 1104 bombe a mano da esercitazione, 1224 bombe a mano SRCM da guerra, 122 detonatori a miccia;

   dal verbale risulta che nessun ordigno restò inesploso come sottoscritto dal direttore delle operazioni bonifica il primo maresciallo GT Gabriele Melis sottufficiale;

   nell'operazione di smaltimento furono coinvolti 20 militari in qualità di rastrellatori. Il verbale è datato 1° febbraio 2008;

   si trattò di un quantitativo immenso che veniva sistemato dentro delle buche imponenti e fatto esplodere, disperdendo nell'aria colonne di nubi tossiche di centinaia di metri che si riversavano nelle aree limitrofe adagiandosi nei centri abitati;

   l'area di zona Torri deve essere sottoposta ad indagine approfondita per risalire al grado di disastro ambientale generato da quel tipo di smaltimento e le ripercussioni su militari e civili;

   non è una novità che le nano particelle generate da tali esplosioni generano agenti letali per la vita umana e animale;

   la zona Torri è una vera e propria distesa lunare dove non cresce più niente e dichiarata, a quanto risulta all'interpellante, dagli organi militari interdetta, niente può essere prelevato e nessuno può accedere;

   si registra un quadro disarmante con carcasse di missili deformate dalle temperature elevatissime generate dalle «mega esplosioni», con fusioni di materiali che si rinvengono ancora nella superficie del terreno, nonostante tutto sia stato coperto e interrato;

   si sono generate temperature elevatissime in grado di modificare sia sul piano chimico che fisico ogni tipo di manufatto, determinando nubi tossiche devastanti per la salute dei militari e dei civili;

   non si può lasciare niente di intentato per individuare i responsabili di chi ha considerato e trattato la Sardegna come una «mega discarica» incurante della salute umana e non solo –:

   se non ritengano di dover valutare la sussistenza dei presupposti per la costituzione di parte civile nei vari procedimenti in corso contro i responsabili di tale nefasto uso del poligono militare di Salto di Quirra;

   se non ritengano di dover assumere le iniziative di competenza per predisporre un serio piano di caratterizzazione e di bonifica di tali aree, rifunzionalizzandole ad usi economicamente e socialmente sostenibili e rispettosi dell'ambiente.
(2-02006) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la compagnia Meridiana sarà «cancellata», cambierà nome dopo aver fatto passare tutti gli aerei e il personale sotto le ali di Air Italy;

   la storica compagnia sarda non esisterà più come ha appena annunciato a Singapore il «numero uno» della compagnia del Qatar Al Baker che ha acquistato il 49 per cento della compagnia sarda;

   Qatar Airways, dopo l'entrata in Cathay Pacific dal Capa Summit a Singapore, ha annunciato con il suo presidente il re-naming di Meridiana in Air Italy e l'intenzione di diventare il vettore degli italiani, approfittando della défaillance di Alitalia;

   l'affermazione è chiara: sarà rinominata la compagnia in Air Italy, perché si vuole veramente essere il vettore nazionale italiano e servire gli italiani;

   nei giorni scorsi l'interpellante aveva denunciato lo svuotamento della compagnia sarda con lo spostamento di personale e aerei su air Italy;

   Meridiana resta con un solo aereo e passa lo «scettro» dei voli alla consorella Air Italy;

   Meridiana sarà cancellata lasciando senza prospettiva centinaia di lavoratori;

   l'asse gestionale e operativo si sposta tutto a Milano, sede di Air Italy;

   in Sardegna non resta nemmeno il nome;

   l'annuncio getta sconcerto in tutto il personale sardo per le prospettive di abbandonare l'asse sardo a favore del nord Italia;

   si tratta di un danno immenso che viene confermato da questo annuncio internazionale, nel vertice mondiale dell'aviazione;

   l'operazione che l'interpellante aveva denunciato nei giorni scorsi è di fatto confermata e aggravata da questa dichiarazione inaspettata e inaccettabile rispetto agli stessi accordi con il Governo;

   dal 1° novembre 2017 la compagnia sarda non eserciterà nemmeno un volo ma tutto è già in capo alla società milanese Air Italy;

   951 dipendenti transitano su Air Italy;

   il «blitz» è contenuto negli operativi di volo, che partono dalla dismissione sostanziale dell'intero parco aerei della compagnia sarda per spostare l'asse esecutivo tutto in Lombardia;

   si tratta, secondo l'interpellante, di una sconfessione totale e sostanziale di quegli impegni che avrebbero dovuto assegnare alla Sardegna la centralità della nuova Meridiana «targata» Qatar;

   il management attuale, ex Eurofly, stava già da tempo configurando un assetto che sostanzialmente sposta l'asse da una società con gestione tecnica e amministrativa in Sardegna ad una con sede a Milano;

   si tratta di un'inversione di rotta totale rispetto al piano che prevedeva di salvaguardare la gestione sarda proprio per consentire il reinserimento di gran parte dei lavoratori messi in mobilità due anni fa, oltre 1.000 lavoratori di cui 600 sardi;

   il Coa, certificato di operatore aereo, di Meridiana è la fotografia della situazione: un solo aereo Md 80, in disuso, e 10 operatori, il minimo necessario per tenere attivo il certificato;

   si tratta, a giudizio dell'interpellante, di un aereo fantasma, visto che ogni tanto farà dei voli senza passeggeri per mantenere in vita il COA;

   tutto transita su Air Italy con gli aerei in capo a quella compagnia che, da satellite di Meridiana, diventa perno di tutti gli operativi;

   si tratta di uno svuotamento della Sardegna a favore della Lombardia;

   lo scenario, in seguito a queste dichiarazioni, è di gravità inaudita perché fa perdere alla Sardegna una delle aziende più importanti, già gravemente ridimensionata da una gestione, ad avviso dell'interpellante, scellerata, proprio con l'acquisto di Air Italy ed Eurofly;

   l'operazione sposta il core business di Meridiana in una altra società che «farà cassa» e non solo in un'altra regione;

   tutto questo sta avvenendo con il silenzio generale, compreso quello della regione che sembra totalmente disinteressata a un assetto gestionale operativo che fa perdere alla Sardegna la sua unica compagnia aerea;

   si tratta di un piano che va fermato in ogni modo, prima che le conseguenze siano ancora più evidenti e gravi sul territorio sardo;

   si è dinanzi ad un'operazione ormai scoperta che sta disattendendo tutti gli impegni sottoscritti al Ministero e che puntavano a mantenere e rafforzare la centralità della Sardegna;

   il piano industriale sottoscritto al Ministero per il mantenimento di 1396 lavoratori viene soverchiato a partire dal principale impegno sul personale;

   il personale navigante tecnico di 149 unità, i 228 naviganti di cabina, le 571 unità di terra passano, operazione da chiudere entro novembre 2017, in distacco operativo ad Air Italy;

   tutto questo perché a gestire questa partita ci sono manager provenienti da Eurofly che non hanno nessun interesse a tutelare i sardi e la Sardegna;

   si è nelle mani di un management, ad avviso dell'interpellante, schierato apertamente contro la Sardegna e occorre che venga immediatamente riconvocato il tavolo ministeriale per fermare questa vergognosa e gravissima situazione;

   una situazione intollerabile che va contrastata con ogni mezzo senza perdere altro tempo –:

   se non ritengano di dover convocare con urgenza le parti per scongiurare la cancellazione di Meridiana e del suo assetto gestionale in Sardegna;

   se il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per garantire il rispetto degli impegni assunti da Meridiana, con particolare riferimento al personale dislocato in Sardegna che ha certamente minori opportunità di ricollocazione del resto del Paese.
(2-02007) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DADONE, SILVIA GIORDANO e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina di domenica 5 novembre 2017 la nave Cantabria della marina militare spagnola, impegnata nell'operazione Eunavfor Med, ha condotto nel porto di Salerno 375 migranti in vita e 26 deceduti. Questi ultimi erano tutte donne giovanissime che, secondo le prime informazioni fornite dalla procura di Salerno, sarebbero comprese tra i quattordici e i diciotto anni di età;

   i ventisei corpi riporterebbero segni di violenza e, secondo le prime testimonianze, prima di salpare dal porto di Zwara molti migranti avrebbero subito violenze di ogni genere. Il prefetto di Salerno lo ha definito «una tragedia dell'umanità» e la procura campana ha aperto un fascicolo di indagine con l'accusa di strage dolosa di genere;

   il destino cui sono condannate le vittime del traffico e della tratta di esseri umani è ben noto: si tratta di viaggi lunghi e caratterizzati da violenze, torture, abusi, fasi di raccolta, stoccaggio e spedizione delle persone come si trattasse di prodotti o materiali;

   come emerso nell'attività di inchiesta della Commissione parlamentare sulle mafie questi tragici viaggi si svolgono anche grazie alla collaborazione e alla connivenza di alcuni segmenti delle autorità locali che metterebbero a disposizione siti e spazi pubblici come prigioni o vecchie caserme dove i migranti sono raccolti e via via imbarcati;

   la gestione dei flussi, secondo il Ministero dell'interno, a seguito degli accordi tra quest'ultimo e le autorità libiche sarebbe uscito dalla fase emergenziale per entrare in una fase strutturale basata, in linea teorica, su una più efficace attività di contrasto delle partenze;

   secondo dati del Ministero ad ottobre 2017 i flussi sarebbero calati drasticamente, ciò nonostante solo nei primi giorni di novembre sono sbarcate nei porti del Mezzogiorno oltre 1.600 persone; tra queste risulterebbero più di 300 minori. Tra questi vi sarebbero oltre ai 26 deceduti arrivati a Salerno, altri minori giunti senza vita o con evidenti segni di violenze e torture;

   con la presunta nuova fase di gestione delle autorità locali libiche del fenomeno, non è stato ancora possibile conoscere modalità e strumenti che le stesse impiegherebbero per limitare le partenze, né quali azioni di prevenzione e contrasto siano condotte nei confronti dei segmenti deviati delle forze dell'ordine e di quelle armate –:

   se il Governo alla luce di quanto sta accadendo, non ritenga opportuno rivedere la politica di gestione dei flussi migratori in particolar modo per quanto concerne l'effettivo impegno e la concreta tutela dei diritti umani da parte delle autorità libiche.
(5-12631)


   MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 2006 è presente nel mercato della telefonia mobile l'operatore «Lycamobile», che conta più di 15 milioni di utenti in 23 Paesi del mondo, compresa l'Italia;

   tale compagnia telefonica è un mobile virtual network operator (MVNO) che non fornisce servizio di assistenza o punti vendita dedicati, ma le sue Sim vengono vendute presso tabaccai, internet point e simili;

   recenti inchieste giornalistiche (come quella condotta dal programma televisivo «Le Iene» nella puntata del 15 febbraio 2017) hanno evidenziato come sia di fatto facilmente eludibile l'obbligo di fornire adeguata documentazione di identità personale per ottenere una Sim attiva e immediatamente utilizzabile;

   tale condizione favorisce l'accesso ai servizi di Lycamobile da parte di persone straniere presenti irregolarmente nel territorio italiano, ovvero che intendono servirsi dei servizi di telefonia senza essere riconosciuti;

   il punto 2.8 delle «Condizioni generali per l'utilizzo delle schede Sim e delle carte di ricarica» adottate da Lycamobile prevede che «le telefonate e gli SMS verso i numeri a tariffazione speciale sono espressamente esclusi dai Servizi»;

   suddetta limitazione impedisce la possibilità di contattare numeri di pubblica utilità a cui molte persone straniere in condizioni di particolare vulnerabilità avrebbero necessità di chiedere aiuto o supporto, come – a titolo esemplificativo – il numero anti-violenza e contro lo stalking (1522), l'emergenza infanzia (114), il numero verde contro la tratta (800.290.299), il numero dell'unar (800.90.10.10) e altri;

   molte delle potenziali vittime di tratta che potrebbero utilizzare il numero verde in aiuto alle vittime di tratta che potrebbero utilizzare il numero verde in aiuto alle vittime di tratta (800.290.290), istituito dal Dipartimento pari opportunità e gestito dal comune di Venezia sono titolari di carte Sim «Lycamobile» –:

   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche descritte in premessa connesse all'operatore di telefonia Lycamobile e se intenda assumere iniziative normative per favorire l'accesso ai numeri verdi istituiti dallo Stato e da altre amministrazioni pubbliche.
(5-12632)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la rotta Algeria-Sulcis è sempre di più la porta d'ingresso per i delinquenti algerini e non solo;

   nei giorni scorsi su quella rotta è scattato nuovamente l'allarme internazionale per il rischio terrorismo;

   quando sono stati identificati i clandestini sbarcati a Calasetta l'allerta è stata totale visto che uno degli algerini era segnalato in tutte le anagrafi internazionali della criminalità per gravissimi reati per i quali era stato già condannato a 12 anni di carcere e sul quale pendeva un mandato di cattura europeo;

   l'algerino è stato immediatamente arrestato e portato nel carcere di Uta;

   si tratta dell'ennesima grave conferma di quanto sta avvenendo impunemente nelle coste sarde senza che niente venga fatto per arginare questo traffico di clandestini che niente ha a che vedere con l'immigrazione per guerre o povertà;

   si tratta di un fenomeno che sta alimentando la «rotta delinquenziale» a dismisura e solo la professionalità delle forze dell'ordine ha consentito di bloccare anche questo personaggio;

   resta da chiedersi quanti altri ne stiano entrando senza problemi con il solo obiettivo di raggiungere l'Europa per delinquere a piene mani;

   appaiono all'interrogante inopportune le interviste alle tv algerine e non solo da parte di esponenti vari nazionali e regionali;

   occorre un'azione vera e concreta;

   l'esito di queste esternazioni di regione e Governo ha avuto l'effetto contrario;

   il Ministro dell'interno, ad avviso dell'interrogante, dovrebbe immediatamente riferire in Parlamento;

   l'algerino arrestato, secondo quanto riportano gli incroci informativi internazionali, era stato già condannato a 12 anni per rapina e tentato omicidio;

   i poliziotti della squadra mobile della questura di Cagliari hanno arrestato, infatti, Alì Laouar, algerino arrivato in Sardegna con un barchino sulle coste del Sulcis;

   l'uomo era stato portato nel Cpa di Monastir per le procedure di identificazione e foto-segnalamento;

   sin dal primo controllo incrociato con il sistema informativo è risultato positivo alla banca dati internazionale della polizia. Risulta condannato a 12 anni di carcere da un tribunale francese per rapina aggravata e tentato omicidio;

   l'extracomunitario è stato portato nel carcere di Cagliari-Uta dove ora è a disposizione della magistratura;

   questo traffico di criminali deve cessare;

   si tratta di una rotta incontrollata e sempre più pericolosa, visto che dopo lo sbarco di terroristi che l'interrogante denunciò nelle scorse settimane ora c'è la conferma di una tratta destinata a far entrare in Sardegna criminali di ogni genere;

   le forze dell'ordine fanno quello che possono con grande impegno, ma sono scarsi i mezzi e il numero di uomini;

   regione e Governo dovrebbero evitare quelli che l'interrogante giudica gratuiti e inutili proclami e agire senza perdere altro tempo –:

   se il Governo non ritenga di dover fornire immediatamente ogni utile elemento sulla tratta Algeria-Sardegna e sulle iniziative che si intenda mettere in atto per bloccare questo flusso criminale verso l'isola;

   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per l'espulsione immediata di tali clandestini, che andrebbero allontanati nella stessa giornata d'arrivo;

   se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative per evitare la realizzazione di Centri permanenti per i rimpatri con dispendio di risorse inaudite e mezzi garantendo, invece, un servizio efficiente per l'espulsione immediata da eseguirsi direttamente all'arrivo degli stessi clandestini.
(5-12656)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 195 del 1995 impegna il Governo a convocare le organizzazioni sindacali delle Forze di polizia e le rappresentanze delle forze armate per le consultazioni propedeutiche alla predisposizione del documento di economia e finanza e all'elaborazione del disegno di legge di bilancio;

   a dispetto di una richiesta esplicitamente rivolta a mezzo lettera scritta dal segretario generale del Sap il 26 settembre 2017 al Presidente del Consiglio dei ministri, il Governo non ha proceduto alle consultazioni previste dal decreto legislativo n. 195 del 1995, di fatto pregiudicando l'esercizio di una specifica prerogativa sindacale;

   tali circostanze sono state stigmatizzate con una lettera datata 30 ottobre 2017 scritta dal segretario generale del Sap al Presidente del Consiglio dei ministri, nella quale si è lamentata l'impossibilità di rappresentare al Governo l'entità della compressione del potere d'acquisto delle retribuzioni del personale della Polizia di Stato, ferme ancora al 1° gennaio 2009;

   il Sap ha deplorato altresì l'impossibilità di attirare l'attenzione del Governo sulle persistenti carenze d'organico che limitano le capacità operative della Polizia di Stato –:

   per quali motivi le previsioni dell'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 195 del 1995 concernenti l'obbligo di consultare le organizzazioni sindacali delle Forze di polizia e le rappresentanze delle Forze Armate in vista della sessione di bilancio 2017 siano state disattese.
(4-18408)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il 26 novembre 2017, presso il campo di atletica leggera alla Vescovara di Osimo (Ancona), sarà disputata la quinta gara nazionale di corsa campestre, valida come prova di selezione per i campionati europei di cross;

   la gara sportiva è patrocinata dalla regione Marche, dalla provincia di Ancona, da Coni Marche, dal Comitato regionale della Federazione italiana di atletica leggera e Panathlon club di Osimo;

   i partecipanti dovranno percorrere dieci i chilometri, di cui dieci per i maschi e sette per le femmine;

   per i vincitori della competizione, gli organizzatori hanno messo in palio un montepremi, che tuttavia si differenzia tra uomini e donne a vantaggio dei primi;

   inoltre, nella brochure che pubblicizza la gara di cross, si legge che i «rimborsi spese» sostenuti dai partecipanti, saranno assegnati esclusivamente agli atleti di cittadinanza italiana;

   i «rimborsi spese» sono, di fatto, il montepremi messo in palio, pertanto un atleta privo di cittadinanza italiana ma iscritto regolarmente alla Federazione italiana di atletica leggera, in caso di vittoria sarà escluso dal rimborso;

   il presidente del Coni Marche, Fabio Luna, nel merito dichiarava: «All'associazione organizzatrice devo solo dire grazie perché sta portando avanti un grande evento. In ogni caso molte federazioni fanno così, questa non è l'unica»;

   tali dichiarazioni appaiono inverosimili, poiché il presidente Luna, anziché prendere atto della gravità, a giudizio degli interroganti ha, di fatto, avvallato l'evento ringraziando gli organizzatori;

   va sottolineato che molte sono state le rimostranze dell'associazionismo sportivo, promosso da Assist (Associazione nazionale atlete) sino al dissenso della campionessa olimpica di fioretto, Elisa Di Francisca;

   va ricordato che il 27 settembre 2017, il Ministro per lo sport e la Sottosegretaria con delega alle pari opportunità, firmavano un'intesa finalizzata al contrasto dell'emarginazione sociale attraverso lo sport volta a favorire azioni mirate al contrasto di tutte le discriminazioni e alla valorizzazione di una cultura di pari opportunità attraverso lo sport;

   si rammenta che gli interroganti, già a marzo 2016, con l'interrogazione n. 4-11874 portavano all'attenzione della Presidenza del Consiglio un caso simile a quello suindicato, alla quale, però, non è mai seguita alcuna risposta –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto narrato in premessa;

   se si intenda dare seguito all'intesa siglata il 27 settembre 2017, mediante concrete azioni che possano interessare il mondo dell'associazionismo sportivo e delle società sportive dilettantistiche, al fine di sensibilizzarlo sui valori civili, etici e sociali sui quali si basa lo sport e favorire il contrasto all'emarginazione e alle discriminazioni di ogni genere;

   considerato che quanto indicato in premessa appare un fatto non tollerabile poiché sessista e discriminatorio nei confronti di sportivi senza cittadinanza italiana, e quali iniziative s'intendano mettere in campo al fine di non dover più assistere alla disparità di trattamento tra uomini e donne in qualsiasi campo, sia esso lavorativo che sportivo;

   poiché lo sport «dovrebbe» essere un importante strumento per trasmettere valori antidiscriminatori, se non si ritenga, anche per il tramite del Coni, di assumere iniziative volte a contrastare fenomeni di discriminazione fondati sul sesso e sulla razza.
(4-18422)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:

   il 6 novembre 2017 si è verificato un agguato contro il Caffè Oro Bianco di Verona, in corso Cavour, da parte di una quarantina di ultrà partenopei, in trasferta nella città scaligera per il match di Serie A col Chievo, terminato 0-0;

   secondo quanto riferito da alcuni testimoni, i tifosi poco dopo le 13 hanno sfondato la vetrina, lanciato in aria i tavoli e hanno costretto per alcuni lunghi minuti i clienti del locale a barricarsi all'interno dell'esercizio commerciale;

   il proprietario Alan Ceruti ha raccontato che alcuni degli aggressori erano armati di coltelli, creando il panico anche tra alcuni bambini che erano lì per poter guardare alla tv proprio la partita dell'Hellas con i propri genitori;

   la circostanza preoccupante è il mancato tempestivo intervento delle forze dell'ordine che, nonostante le numerose richieste d'aiuto telefoniche, sono intervenute sul luogo dell'assalto con notevole ritardo;

   il ritardo dell'intervento delle forze dell'ordine non è rassicurante per la sicurezza dei cittadini a fronte di un eventuale attacco terroristico;

   sulla mancanza di tempestività è stato convocato il Comitato per la sicurezza per l'ordine pubblico e la sicurezza da parte del sindaco Sboarina e del prefetto Mulas;

   a parere dell'interrogante si deve assolutamente evitare che le giornate di sport si associno a tristi momenti violenti ed incivili quali quelli descritti, in cui è avvenuta questa deprecabile aggressione; tali episodi non possono più essere considerati né tollerabili né sopportabili nel 2017 –:

   se e quali iniziative per quanto di competenza, si intendano promuovere per acquisire ogni elemento utile a fare luce sulle circostanze del violento episodio verificatosi e, in particolare, sul perché sia trascorso tanto tempo tra le richieste d'aiuto e l'intervento delle forze dell'ordine;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere affinché tali episodi di vera e propria criminalità, abbiano a cessare e per garantire la sicurezza in prossimità di eventi sportivi in tutte le città, Verona compresa;

   se e quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di accertare eventuali responsabilità a titolo omissivo che, in connessione con i gravissimi fatti indicati, abbiano avuto le autorità governative preposte alla prevenzione ed al controllo di sicurezza per gli avvenimenti sportivi.
(4-18423)


   SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 ottobre 2017 su Italia 1 la trasmissione «Le Iene» ha mandato in onda un servizio intitolato «L'abile disabile disabilitato» in cui si racconta la storia di Paola De Angelis, diversamente abile, laureata con lode, vincitrice di due concorsi pubblici e ad oggi funzionaria amministrativa direttiva D1 al comune di Avellino, che da 6 anni non riceve dal dirigente di settore e/o dal segretario generale alcun incarico o mansione presso l'ente locale, nonostante le ripetute richieste da parte della lavoratrice, presente ogni giorno in ufficio, benché senza impiego da svolgere in orario di lavoro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda valutare di porre in essere, anche per il tramite dell'ispettorato per la funzione pubblica ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in relazione al caso della dottoressa De Angelis cui è negata la possibilità concreta di lavorare e di dare così il proprio contributo in termini di competenza e professionalità;

   se si intendano assumere iniziative, anche normative, per evitare il ripetersi di casi come quello richiamato e promuovere effettivamente le pari opportunità nella pubblica amministrazione in relazione alla disabilità.
(4-18428)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con il presente atto di sindacato ispettivo si intende reiterare, nei confronti del Governo, la richiesta di informazioni e di intervento riguardo ad una delicata questione di inquinamento dei fiumi che attraversano il territorio del comune di Bevagna;

   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-10419 presentata in data 21 settembre 2015 si segnalava il continuo peggioramento della qualità delle acque del Teverone e del Timia che da diversi anni risultavano torbide e limacciose con la presenza di una melma argentea preoccupante. Tale criticità risultava anche dalla relazione tecnica dell'Arpa del giugno del 2012, nella quale si rilevava: «... una situazione di “sofferenza” del Fiume Timia, in cui la qualità delle acque risente dei numerosi scarichi di origine civile e industriale, che alimentano il corso d'acqua.». Nella relazione si legge inoltre che «L'indice LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico), basato sulla determinazione dei parametri azoto ammoniacale, azoto nitrico, fosforo totale e ossigeno disciolto, denota una situazione piuttosto critica in tutto il tratto del Fiume Timia e nel secondo tratto del Fosso Maceratoio...»;

   purtroppo, l'interrogante non ha ottenuto nessuna risposta, nonostante i ripetuti solleciti di questi ultimi anni, e la situazione segnalata ha continuato a peggiorare;

   pertanto si ritiene che non sia più procrastinabile l'adozione di tutte le iniziative necessarie per risolvere il problema dell'inquinamento dei fiumi Marroggia, Clitunno, Timia e Teverone, collaborando con le istituzioni, i comitati ed i cittadini del territorio;

   risulta necessario monitorare il funzionamento dei depuratori, sia attraverso il potenziamento del sistema di controllo, per garantire la correttezza degli scarichi idrici autorizzati sia con l'installazione di centraline di monitoraggio;

   inoltre, sarebbe auspicabile riattivare il tavolo di confronto sul contratto di fiume e rafforzare il percorso di prevenzione dell'inquinamento, mettendo in atto ogni sforzo per promuovere azioni tempestive coordinate con le realtà istituzionali e associative del territorio, anche al fine di evitare il rischio «declassamento» dei fiumi in questione, valutando ogni opportunità per la ricerca di ulteriori finanziamenti –:

   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite dell'autorità di bacino del fiume Tevere, in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo.
(5-12643)


   BUSTO, DE ROSA, DAGA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, VIGNAROLI, DELL'ORCO, CRIPPA, CARINELLI, SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la qualità dell'aria del nostro Paese costituisce un urgente problema sanitario, ma anche un grave problema sociale ed economico; secondo Oms e Osce gli oltre 90 mila decessi prematuri annui causati della pessima qualità dell'aria costano 88,5 miliardi di euro ogni anno, quasi il 5 per cento del prodotto interno lordo;

   l'Italia, in generale, e le regioni della pianura padana, in particolare, presentano livelli di inquinamento superiori alle soglie fissate;

   tre procedure d'infrazione sono in corso, rispettivamente, una per mancato recepimento della direttiva 2015/1480/UE, recante disposizioni relative ai metodi di riferimento, alla convalida dei dati e all'ubicazione dei punti di campionamento per la valutazione della qualità dell'aria ambiente, e due per la cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente, (biossido di azoto e PM10);

   la strategia sulle opere infrastrutturali dei Governi degli ultimi anni è rimasta ancorata all'impostazione della «legge obiettivo», con progetti basati sull'utilizzo dei combustibili fossili e le leggi di bilancio hanno continuato ad allocare risorse in questa direzione;

   sarebbe necessario sviluppare tecnologie pulite e diffusione di veicoli ibridi ed elettrici, abbandonando i progetti e gli investimenti sulle grandi infrastrutture che devastano il territorio senza rispondere ai veri bisogni dei cittadini;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, negli ultimi anni, ha emanato numerosi decreti di compatibilità ambientale favorevoli per opere nelle regioni padane potenzialmente impattanti sotto l'aspetto della qualità dell'aria: autostrade, sfruttamento degli idrocarburi, centrali termoelettriche, raffinerie;

   il Movimento 5 Stelle ha presentato una risoluzione per impegnare, tra l'altro, il Governo a valutare l'ipotesi di dichiarare lo stato di emergenza per l'intera area della Pianura Padana –:

   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative normative per prevedere le risorse necessarie ad affrontare l'emergenza «smog» in Pianura Padana, dando seguito agli impegni di cui al protocollo di giugno 2017, che prevede un'azione ad ampio raggio di riduzione delle emissioni inquinanti, e avviando una strategia per la qualità dell'aria che punti in particolare a integrare gli obiettivi sul clima e sull'inquinamento nelle politiche energetiche nazionali, sviluppare il verde urbano, potenziare i controlli, il monitoraggio e la ricerca ambientale, rivedere le procedure di valutazione di impatto ambientale, investire sulla mobilità sostenibile e potenziare la flotta di veicoli elettrici per il trasporto pubblico locale, avviare la riqualificazione energetica degli edifici, regolare l'utilizzo delle biomasse per il riscaldamento domestico, ridurre drasticamente le emissioni di ammoniaca in atmosfera nel settore agricolo e zootecnico, stabilire standard avanzati per la produzione industriale.
(5-12644)


   ZARATTI, LAFORGIA, KRONBICHLER, FORMISANO e SPERANZA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i parchi nazionali e le aree protette rappresentano per l'Italia un patrimonio ambientale ed ecologico di inestimabile valore, pari al 10 per cento del territorio nazionale. Ospitano specie animali a forte rischio di estinzione e bisognose dunque della massima tutela quali stambecchi, orsi, aquile. I parchi ricomprendono al loro interno alcune tra le più belle ed antiche foreste italiane, fiumi e laghi;

   questo patrimonio naturale rappresenta un'importante risorsa per il settore del turismo che costituisce una delle voci più importanti del prodotto interno lordo italiano;

   parchi e aree protette debbono essere tutelati al massimo livello nella loro integrità ambientale da qualsiasi forma di inquinamento e consumo di suolo, nonché da iniziative di natura edilizia o estrattiva;

   il Governo è meritoriamente in prima fila a livello internazionale per difendere il rispetto degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici, che prevedono una consistente riduzione della produzione energetica da fonti fossili;

   le attività di estrazioni petrolifere, le così dette trivelle, sono state più volte al centro del dibattito politico italiano, sia per le trivellazioni operate in mare, sia per quelle in terra ferma. Su questo tema si è svolto anche un referendum popolare promosso, per la prima volta nella storia italiana, da un gruppo di regioni;

   i parchi e le aree protette debbono essere garantite e tutelate, al di là di ogni ragionevole dubbio, da qualsiasi iniziativa finalizzata ad intraprendere attività di natura estrattiva al loro interno;

   su questo tema è stato recentemente lanciato un appello da Federparchi al fine di prevedere la massima tutela di parchi e aree protette –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di garantire la massima tutela ai parchi e alle aree protette, in particolare in relazione all'avvio di attività di estrazioni petrolifere.
(5-12645)


   BORGHI, PINNA, BRAGA, CARELLA, CARLONI, FEDI, FRAGOMELI, LA MARCA, PRINA, ROMANINI, SCUVERA e VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono annualmente prodotti milioni di tonnellate di rifiuti inerti, ovvero scarti e rimanenze di materiali da costruzione o materiali derivanti da demolizioni, costruzioni e scavi, ma solo una bassa percentuale viene riciclata nonostante vi sia la concreta possibilità di reimmetterli nel processo edilizio come inerti, riducendo l'impatto sugli ecosistemi e promuovendo la creazione di lavoro e di ricerca applicata;

   negli ultimi anni c'è stata una forte spinta a livello europeo e nazionale verso la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo di materie prime attraverso l'incentivazione del riciclo dei rifiuti. Ciò nonostante, le imprese che in questi anni hanno investito in tale direzione incontrano resistenze e atteggiamenti ostativi da parte delle pubbliche amministrazioni a vari livelli territoriali;

   nelle normative regionali e comunali, mancano spesso obblighi di utilizzo di tali materiali nelle opere pubbliche. In particolare, in alcune regioni si riscontra l'assenza dei materiali ottenuti da riciclo all'interno del prezziario regionale dei lavori pubblici: ne consegue che in fase di progettazione le amministrazioni comunali non inseriscono i materiali riciclati, benché questi abbiano prezzi inferiori, anche fino al cinquanta per cento, rispetto a quelli dei materiali da estrazione;

   la crisi del settore delle costruzioni contribuisce ad aggravare la situazione e molte aziende si trovano a dover superare i limiti di stoccaggio di materiale previsti nel provvedimento di autorizzazione. La rimozione del materiale «in eccesso», intimata dagli organi di controllo, significa, in particolare in regioni svantaggiate dal punto di vista logistico, il conferimento in discarica, data la mancanza di alternative economicamente sostenibili, con un aggravio di costi considerevole, che può portare alla chiusura dell'attività;

   non bastano le norme generali, serve una puntuale verifica della loro applicazione «a cascata»: la spinta all'impiego di materiali provenienti dal riciclo in edilizia deve venire sia dalla legislazione nazionale e regionale che dai regolamenti edilizi locali. I vantaggi consisterebbero anche in una riduzione del prelievo da cava che può avere rilevanti impatti paesaggistici e ambientali –:

   se intenda adottare specifiche iniziative volte a incentivare, nei cantieri relativi a opere di urbanizzazione, infrastrutture ed edifici pubblici, l'uso di materiali edili da riciclo da parte delle pubbliche amministrazioni, operando affinché i preziari siano aggiornati su tutto il territorio nazionale.
(5-12646)


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   i Pcb (policlorobifenili) sono dei composti chimici, non presenti in natura, né risultanti in maniera accidentale da processi industriali. Per la loro tossicità nei confronti dell'uomo e dell'ambiente sono considerati oggi tra gli inquinanti più pericolosi esistenti, tanto che l'Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro (Iarc) li ha classificati come agenti cancerogeni certi per l'uomo;

   lo smaltimento dei Pcb avviene prioritariamente tramite incenerimento ad altissime temperature in appositi impianti per l'incenerimento o coincenerimento di rifiuti pericolosi che devono sottostare a stringenti limiti e norme tecniche di funzionamento;

   ufficialmente nel Friuli-Venezia Giulia non risulterebbero impianti autorizzati allo smaltimento dei Pcb;

   il Comitato di vigilanza e controllo che ha il compito di verificare l'applicazione del decreto ministeriale n. 22 del 2013 (cosiddetto decreto Clini) sull'utilizzo dei combustibili solidi secondari (CSS) ha chiesto una serie di informazioni sugli impianti che producono e che utilizzano «CSS combustibile». In seguito ai documenti ricevuti, il Comitato ha evidenziato, tra l'altro che: «il cementificio Cementizillo-Fanna (PN) può utilizzare sia CSS rifiuto sia CSS combustibile»;

   è lecito domandarsi , tenuto conto che in sede di conferenza di servizi si è parlato di «CSS combustibile» illimitato in aggiunta al «CSS rifiuto» (ex Cdr-Q), da dove arrivi il «CSS combustibile», dato che all'interrogante non risultano nelle vicinanze impianti autorizzati alla produzione di tale combustibile, tenuto conto della relazione del Comitato di vigilanza e controllo;

   finora nessuno aveva mai parlato di autorizzazione per il Cementizillo di Fanna, a quantità illimitate di «CSS combustibile», in aggiunta al «CSS rifiuto»;

   sia i cittadini che gli amministratori locali del territorio non sembra siano stati messi a conoscenza di queste informazioni sconcertanti che afferiscono alla tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente;

   dai monitoraggi effettuati alla Cementizillo, risultano, al 28 febbraio 2017, emissioni in atmosfera di Pcb e tali emissioni risultano anche negli anni antecedenti l'autorizzazione integrata ambientale 276/2014, ma tali sostanze non appartengono al ciclo produttivo dell'impianto né lo stesso risulta all'interrogante autorizzato alla gestione o allo smaltimento delle stesse –:

   se sia a conoscenza dei motivi per i quali è stato consentito al Cementizillo di Fanna la possibilità di emettere un quantitativo elevato di Pcb e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo.
(5-12647)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LENZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   è in corso di approvazione all'isola d'Elba la costruzione di un dissalatore in località Mola nel comune di Capoliveri;

   l'Elba, ad oggi, è alimentata per circa metà del suo fabbisogno da una condotta sottomarina, realizzata negli anni ’80, che porta acqua dalla Val di Cornia all'isola, per un totale di circa 160 litri/secondo. Da sempre considerate in buono stato, queste condotte sono oggi, a detta dell'Azienda servizi ambientali (Asa) spa a rischio rotture. L'Azienda servizi ambientali spa, responsabile della gestione idrica del territorio elbano, ha il compito istituzionale di ricercare soluzioni alle varie problematiche del servizio idrico prioritariamente a quella dell'approvvigionamento;

   Asa afferma di aver erogato nel 2016 circa 7,7 milioni di metri cubi di acqua all'anno. L'isola ha una popolazione residenziale di circa 32 mila persone che raggiungono le 100 mila unità nel mese di agosto. Una stima della popolazione presente sull'isola nel corso dell'anno, in termini di giorni/uomo, conduce ad un valore di circa 17 milioni di presenze/anno;

   se ne ricava, in maniera approssimata, che la disponibilità media pro-capite di acqua al giorno è di oltre 450 litri (L'Istat ha stimato il consumo pro capite in Italia in 175 litri al giorno);

   da uno studio di geologi locali risulta che all'isola d'Elba esiste la potenzialità di rendere l'isola autosufficiente da un punto di vista idropotabile, senza fare ricorso ai dissalatori;

   il valore di 450 l/pro-capite è circa 2 volte e mezzo il consumo nazionale. Se si considera che all'Elba non esistono industrie, che le aziende agricole sono tutte autosufficienti, in quanto dotate di pozzi propri, così come molte abitazioni fuori dai centri urbani (4.000/5.000), la ragione di un consumo così elevato, è dovuto alle perdite della rete di distribuzione, che per ammissione della stesso gestore si stimano pari a circa un 40 per cento. Solo recentemente il gestore Asa è stato incaricato di addurre acqua da alcune fonti sorgive del monte Capanne. Se venissero effettuati interventi atti a realizzare nuovi pozzi, manutenere la rete di distribuzione idrica, educare residenti ed ospiti ad un uso consapevole dell'acqua sarebbe possibile migliorare l'autosufficienza idrica;

   l'autosufficienza idrica, secondo l'Asa, si può ottenere con la realizzazione di un dissalatore, un vero e proprio impianto industriale, in zona Mola, vicino a Capoliveri, località tra le più turistiche e rinomate;

   i costi della sola realizzazione dell'impianto ammontano a circa 15 milioni di euro iniziali. Si stima che l'acqua prodotta costerà da 3 a 5 volte il prezzo attuale ed inoltre sono previste opere a mare e a terra (opere di presa dell'acqua marina e di scarico a mare della salamoia prodotta, condotte interrate sul fondale marino, stoccaggio di agenti chimici per le azioni di disinfezione dell'acqua e altro) con indiscussi effetti sul piano ambientale, marino e terrestre –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se intenda chiarire se in casi come quello descritto sia necessario effettuare una valutazione di impatto ambientale e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare se la realizzazione del dissalatore sopra richiamato possa costituire un fattore di inquinamento per l'ambiente marino;

   se sia possibile individuare diverse localizzazioni dell'impianto suddetto, zone più vicine alla costa toscana e a minore destinazione turistica o ricorrere a soluzioni diverse per l'approvvigionamento idrico di un'isola ad alto valore paesaggistico e naturalistico.
(5-12652)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   gli incendi che hanno colpito il Piemonte, con particolare riguardo alla Val Susa, la Val Chiusella, il Cuneese e il Biellese hanno procurato una devastazione di habitat naturali e boschivi e degli stessi centri abitati, con il risultato di migliaia di persone sfollate dalle proprie case;

   il perdurare degli incendi per ben tre settimane non costituisce un caso isolato nell'anno in corso, vista l'emergenza estiva avvenuta in Sicilia, Abruzzo e Campania, tale da procurare la distruzione di 80.000 ettari di boschi con danni enormi per gli ecosistemi e gli animali e con effetti disastrosi sul clima e sul fragile assetto idrogeologico del nostro Paese. Gli stessi sindacati dei vigili del fuoco in una loro nota stampa parlano di una situazione drammatica e denunciano come l'assenza del Corpo forestale abbia portato l'Italia indietro di 40 anni nella prevenzione e nel contrasto agli incendi boschivi;

   la gravità del fenomeno, 2000 ettari di territorio piemontese distrutto, peggiora la già compromessa situazione della qualità dell'aria piemontese – a Beinasco sono stati registrati 354 microgrammi al metro cubo, 7 volte la soglia massima, di Pm 10 – tanto da poter parlare di una vera e propria emergenza sanitaria;

   la matrice degli incendi è in buona parte dolosa, al punto che in alcuni casi sono stati già rintracciati i responsabili degli atti criminosi e stessi inneschi, ma non può essere esclusa una cattiva gestione politica dell'intero territorio, con la complicità della cattiva gestione nazionale e della dismissione del Corpo forestale dello Stato;

   ad aggravare la situazione e il pericolo per l'incolumità pubblica e per le persone ha partecipato il perdurare della stagione venatoria, con i cacciatori che inseguivano gli animali in fuga dalle fiamme;

   il sollecito delle associazioni ambientaliste per la tutela della fauna selvatica e degli ambienti naturali è nella direzione della sospensione della stagione venatoria, che già non avrebbe neppure dovuto essere aperta date le condizioni di stress ambientale che perdurano ormai da tutta l'estate. Intanto, una delibera regionale ha sospeso l'attività venatoria fino alla fine del mese di novembre 2017 nei comparti alpini colpiti dagli incendi e una sospensione fino al 10 novembre nelle aree limitrofe. Si ricorda inoltre che la regione dovrebbe individuare le zone da escludere dall'esercizio venatorio per 10 anni, come da articolo 10 della legge n. 353 del 2000;

   le misure attuate per il blocco dell'attività venatoria non risultano agli interroganti sufficienti ad affrontare la situazione piemontese. A tal proposito gli interroganti avevano presentato la risoluzione n. 7-01336 e la mozione 1-01675, in accordo con le associazioni, per sospendere la stagione venatoria almeno per l'anno in corso e per le zone maggiormente interessate dagli incendi. Nonostante gli appelli e le raccomandazioni dello stesso Ispra la stagione venatoria è stata invece anticipata al 2 settembre in tutte le regioni italiane;

   nel testo della risoluzione, così come nell'interrogazione n. 5-12453, era stato sollevato il problema del mancato aggiornamento dei piani faunistici, da farsi ogni 5 anni, così come disposto dalla legge n. 157 del 1992. Con particolare riguardo al Piemonte, sembra che la regione non abbia concluso l’iter di aggiornamento iniziato nel 2013 –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per istituire un fondo di solidarietà nazionale per le criticità che riguardano persone e animali, e un piano di emergenza per il ripristino degli equilibri eco-sistemici e faunistici compromessi;

   quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, per la valutazione della qualità dell'aria e l'attivazione di misure volte alla tutela della popolazione residente nelle aree adiacenti agli incendi;

   se il Governo non intenda assumere iniziative in tutte le sedi competenti affinché venga sospesa l'attività venatoria in Piemonte per l'anno 2017/2018, al fine della tutela degli habitat e dell'incolumità pubblica;

   se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento dei piani faunistici venatori, previsto ogni cinque anni dalla legge n. 157 del 1992, in base a valutazioni scientifiche sullo stato di salute degli habitat e delle varie specie.
(4-18403)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in una nota del 16 ottobre 2017, relativa alla discarica di Mazzarrà S. Andrea, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare chiede agli uffici della regione Siciliana «di chiarire se siano state avviate le attività necessarie alla chiusura e messa in sicurezza definitiva della discarica come previste dal decreto legislativo n. 36 del 2003 e quali siano le iniziative che la Regione intende porre in essere per garantire l'effettivo pagamento della tariffa per il conferimento, da parte dei Comuni siciliani, agli impianti di smaltimento dei rifiuti al fine di non incorrere più in siffatte situazioni. Si rappresenta che la richiesta di individuare tutte le forme di contrasto all'evasione al pagamento della TARI nella disponibilità della competenza regionale, rientrava tra le prescrizioni, dettate per il rilascio dell'intesa contenute nella nota prot. n. 8495 del 31 maggio 2016, relative all'ordinanza n.5/RIF/2016 del Presidente della Regione Siciliana. Inoltre si chiede alla Regione di continuare a tenere aggiornati questi uffici in merito azione adottate per pervenire alla risoluzione definitiva delle criticità legate alla gestione della discarica anche tenendo conto della possibilità di inserire eventuali interventi che si rendessero necessari all'interno dei progetti finanziati nel “Patto per il Sud”, anche al fine di prevenire che il sito venga inserito all'interno della procedura di infrazione comunitarie relativa proprio alla gestione delle discariche»;

   in un articolo di mercoledì 1° novembre 2017 il dirigente del dipartimento regionale Acque e rifiuti, Gaetano Valastro, conferma a MeridioNews che la situazione è ancora in alto mare. In particolare, nella nota riportata nell'articolo, il dirigente precisa che «In relazione al progetto di chiusura presentato nel dicembre 2014 dalla ditta Tirreno Ambiente spa, oggi in liquidazione, si osserva che tale progetto avente un costo di oltre 20 milioni di euro non fu approvato da questa amministrazione regionale in quanto la Tirrenoambiente non ha fornito tutti gli elementi richiesti per definire l'istruttoria e, pertanto, la ditta rimane inadempiente alle disposizioni di legge non consentendo la chiusura della discarica e il passaggio alla fase post operativa». Valastro sottolinea che il dipartimento «ha sollecitato più volte la Tirrenoambiente a fornire tutti i dati necessari alla quantificazione dei costi per gli interventi senza avere un compiuto riscontro alle suddette richieste». Dell’iter se n'è parlato anche in una riunione di metà settembre nel comune di Mazzarrà alla presenza del commissario liquidatore della ditta che «ha chiesto di fare specifiche riunioni per definire ogni singola richiesta da parte del dipartimento» anche se, sottolinea Valastro, «allo stato attuale è stata trasmessa la sola documentazione tecnica e un progetto per mitigare la produzione di percolato»;

   l'Ispra ha inoltre attestato una minaccia imminente di danno ambientale, rappresentata dalla presenza di un incipiente crollo strutturale e dalla presenza di acque di falda contaminate dal percolato, che sussiste quantomeno dalla data indicata di accertamento dei reati indicata nel decreto 13 di citazione diretta a giudizio del 27 agosto 2014;

   nella nota del Ministero su citata si rimanda alla competenza della direzione generale del dicastero dell'Ambiente per l'attivazione delle procedure relative all'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006 come già richiesto dalla prefettura di Messina in rappresentanza della minaccia imminente di danno ambientale relativa solo allo versamento di percolato nel corpo idrico limitrofo –:

   se il Governo, alla luce dei fatti descritti in premessa, sia intenzionato ad assumere iniziative di competenza per rimediare al danno ambientale sopra descritto, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006 come anche già richiesto dalla prefettura di Messina, dato che l'imminente minaccia ambientale perdura dal 27 agosto 2014.
(4-18421)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Museo nazionale d'arte orientale «G. Tucci», istituito nel 1957 e aperto al pubblico nel 1958, da sempre rappresenta un importante punto di riferimento per la documentazione, conservazione e valorizzazione dell'arte orientale in Italia, mentre a livello internazionale è partecipe e promotore di progetti di ricerca archeologica sul campo, di manifestazioni e iniziative di alto profilo scientifico, come anche di divulgazione, attraverso pubblicazioni e mostre rivolte all'utenza più diversificata;

   la posizione del museo nel quartiere Esquilino, il primo e certamente il più noto tra i quartieri multietnici di Roma, ha accentuato l'attenzione dell'istituto sulla interculturalità e lo ha reso più volte protagonista di iniziative atte a favorire l'incontro tra le culture, ad invertire processi di stagnazione culturale, etnica e urbanistica, e a moderare tendenze di latente intolleranza verso le comunità straniere;

   in data 31 ottobre 2017 il museo è stato chiuso in vista del suo trasferimento in un'ala dell'Archivio di Stato all'Eur, un fatto che rischia di isolare l'istituto, allontanandolo dalla sua sede storica e dal nevralgico raccordo tra alcune delle mete di maggiore attrazione turistica di Roma, e di vanificare i rilevanti sforzi per la sua promozione, sinora compiuti sia da parte di tutto il personale che in esso opera, sia da parte di enti ed individui che nella struttura hanno investito ingenti risorse culturali ed economiche;

   oltre a snaturare il Museo stesso, il trasferimento del Museo nazionale di arte orientale nel quartiere dell'Eur, come evidenziato da una mozione approvata nel 2014 dal primo municipio, significherebbe «che i Rioni Monti ed Esquilino, e del Centro storico tutto, verrebbero privati di un importante presidio culturale, causando un impoverimento socioculturale del territorio già fortemente penalizzato»;

   inoltre, anche nell'ottica del contenimento dei costi, il trasloco della struttura appare irragionevole, posto che il mero spostamento comporterà costi compresi tra i dieci e i quindici milioni di euro, e che il nuovo canone di affitto ammonterebbe a 2.200.000 euro l'anno, cifra certamente superiore al canone di affitto attualmente versato per i locali di Palazzo Brancaccio, dal 1° luglio 2014 pari a poco più di settecentomila euro annui –:

   se non ritenga di rivedere la decisione di trasferire il Museo nazionale di arte orientale nei locali dell'Archivio centrale dello Stato, mantenendolo nella sua sede originaria, ovvero individuando uno spazio pubblico alternativo, affinché il museo possa rimanere nel territorio del rione Esquilino, richiesta quest'ultima pienamente condivisa e già da tempo caldeggiata dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali dell'istituto.
(4-18413)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel febbraio del 2015, ha nominato i componenti del Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici, massimo organo consultivo del Ministro, chiamato a esprimere il proprio parere riguardo gli atti più importanti dell'amministrazione;

   tra le eminenti personalità del mondo della cultura, è stato chiamato a farne parte Stefano Baia Curioni, professore associato di storia economica all'Università Bocconi;

   esperto di economia della cultura, Baia Curioni era stato, precedentemente, nominato dal Ministro Franceschini membro del consiglio di amministrazione del Museo autonomo di Brera e componente del consiglio di amministrazione del Piccolo Teatro di Milano;

   il regolamento del Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici stabilisce che i suoi componenti «non possono essere presidenti o membri del Consiglio di amministrazione di istituzioni o enti destinatari di contributi o altre forme di finanziamento da parte del Ministero»;

   ad avviso dell'interrogante la nomina di Baia Curioni è avvenuta mediante una forzatura del regolamento del Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici –:

   se il Ministro non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per revocare il decreto di nomina del consigliere Baia Curioni.
(4-18419)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   ARTINI e CATALANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2017 è stato pubblicato un articolo scientifico, finanziato dal Ministero della difesa italiano (domanda di sovvenzione di progetto: D85D10000250001), riguardante uno studio dal titolo: «Lack of evidence for post-vaccine onset of autoimmune/lymphoproliferative disorders, during a nine-month follow-up in multiply vaccinated Italian military personnel»;

   tra gli autori risultano essere ben 5 esponenti militari coinvolti a vario titolo, 7 esponenti del mondo universitario e uno dell'istituto superiore di sanità;

   l'ultima riga dell’abstract recita così: «le vaccinazioni multiple nei giovani adulti sono sicure e non associate allo sviluppo di autoimmunità e linfoproliferazione durante un monitoraggio di nove mesi»;

   a pagina 61 si afferma che: «Nonostante i meriti innegabili delle vaccinazioni nel controllo delle malattie infettive [3] e della notevole sicurezza dei vaccini [4], recentemente, specialmente nei paesi sviluppati, i mass media hanno dedicato un'attenzione particolare ai danni causati dal vaccino. L'emergere di alcuni casi di linfomi di Hodgkin e non Hodgkin in personale militare delle forze armate italiane altrimenti sano ha alimentato l'argomento che le vaccinazioni, specie le vaccinazioni multiple, possono rappresentare importanti cofattori per l'induzione di disturbi linfoproliferativi. Questo clima di opinioni probabilmente ha contribuito al giudizio che attribuiva la morte di un militare arruolato per linfoma non-Hodgkin alle vaccinazioni multiple obbligatorie somministrate al soldato durante il suo servizio militare [5]»; la nota 5 rimanda esplicitamente al caso di Francesco Finessi –:

   quali siano le motivazioni che hanno spinto il Ministero della difesa a finanziare lo studio richiamato, posto che di fatto esso risulta contestare il progetto «Signum» e/o il caso del militare citato in premessa.
(5-12635)


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   tra le materie concernenti i rapporti tra Stato e la Chiesa cattolica in Italia vi è quella della assistenza spirituale al personale delle Forze armate;

   ai sensi del comma 2 dell'articolo 11 della «legge di ratifica ed esecuzione dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede (legge 25 marzo 1985, n. 121)» l'assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell'autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa fra tali autorità;

   l'attuale stato giuridico dei cappellani militari nell'ordinamento italiano riflette il loro pieno inserimento nella struttura gerarchica militare, con assimilazione del loro status a quello degli ufficiali e conseguente attribuzione dei gradi gerarchici (articolo 1546 del decreto legislativo n. 66 del 2010), da cui discende l'applicazione del relativo trattamento economico e la soggezione, in linea di principio, alla medesima disciplina militare;

   più in generale, secondo fonti giornalistiche (L'Espresso, maggio 2016) «l'assistenza spirituale alle Forze armate costa alle casse pubbliche 20 milioni di euro». Occorre, inoltre considerare il miliardo di euro che già annualmente entra nelle casse della Cei ed è usato in gran parte proprio per il sostentamento del clero;

   inoltre, con il recente decreto legislativo n. 94 del 29 maggio 2017, recante disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, risulterebbero in aumento i costi degli stipendi dei cappellani militari;

   il 15 marzo 2015 il portavoce della sala stampa vaticana ha annunciato l'interesse a definire la questione dei cappellani militari attraverso una commissione bilaterale; risulta che presso il Ministero della difesa sia stata costituita una commissione tecnica con il compito di presentare alla Commissione bilaterale alcune risultanze sulle modalità di riorganizzazione dei cappellani militari –:

   quali siano le risultanze dei lavori della Commissione tecnica costituita presso il Ministero della difesa ed, in particolare, se siano state elaborate in seno alla stessa proposte per la riduzione e in contenimento delle spese dello Stato per il mantenimento dei cappellani militari.
(5-12636)


   MOSCATT, FABBRI e DE MARIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   le caserme dei carabinieri di via Leonetto Cipriani, via San Savino e via Agucchi a Bologna sono un punto di riferimento importante per i residenti del quartiere Navile, in particolare per la parte più anziana della popolazione. La presenza radicata sul territorio permette, infatti, ai militari dell'Arma di conoscere a fondo i problemi e le situazioni di criticità, dando così risposte precise come avvenuto negli ultimi mesi con un maggior controllo del territorio;

   il nuovo «Patto sulla Sicurezza della Città di Bologna», firmato il 17 febbraio 2012 dal Ministro dell'interno, dal prefetto e dal sindaco di Bologna, prevede un coinvolgimento dei presidenti dei quartieri interessati da specifiche problematiche in tema di sicurezza urbana, cura e manutenzione del territorio;

   da tempo, questo presidio, competente per il quartiere Bolognina, soffre una carenza di organico, inoltre per esigenze di tipo economico, la sede della stazione è stata spostata da via Francesco Barbieri a via Leonetto Cipriani, a margine dei viali di circonvallazione di Bologna, vicina alla Galleria Mambo ed a Porta Lame: di fatto, al di fuori del quartiere Navile, con competenze territoriali più ampie e con un organico ridotto rispetto alla precedente situazione;

   tra le altre, la stazione ha assorbito anche la competenza della soppressa stazione dei carabinieri Scalo Ferroviario, le cui unità previste non sono confluite nell'odierno comando Stazione Navile;

   a partire dagli anni 2000, inoltre, l'area si è arricchita della nuova sede amministrativa del comune di Bologna e del nuovo accesso alla stazione ferroviaria dell'alta velocità, che cambiano in parte la fisionomia e il paesaggio cittadino. Oggi, il quartiere è crogiolo di presenze etniche (almeno 30 diverse provenienze) e, dal punto di vista della sicurezza, è percepita come realtà preoccupante;

   residenti e commercianti hanno espresso la loro preoccupazione per il timore di perdere degli importanti presidi territoriali e forti punti di riferimento per la sicurezza pubblica;

   numerose sono state sia le iniziative che gli ordini del giorno approvati per chiedere con forza il potenziamento della stazione dei carabinieri di Navile –:

   se il Governo non reputi necessario, nel rispetto dell'autonomia di gestione interna dell'Arma dei carabinieri e della conseguente propria riorganizzazione, di assumere iniziative, tenendo in considerazione le legittime preoccupazioni nonché le necessità di sicurezza pubblica della cittadinanza, per un potenziamento delle risorse umane presso le stazioni carabinieri citate in premessa.
(5-12637)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della missione «Poseidon Rapid Intervention», con decreto presidenziale n.117 del 23 agosto 2017, è stata concessa la medaglia d'oro al valore di Marina al Primo Maresciallo nocchiere di porto Roberto Mangione e la medaglia d'argento al Primo Maresciallo nocchiere di porto Luciano Sebastio, entrambi comandanti delle unità navali coinvolte nella missione;

   inoltre, risulta che nell'ambito della stessa missione sono state conferite onorificenze anche ad altri componenti degli equipaggi interessati, mentre altri componenti non hanno ricevuto encomi o onorificenze, di nessun tipo;

   la missione in questione viene svolta da tutto l'equipaggio nelle medesime difficili condizioni, con uno stato di mare proibitivo e con centinaia di ore di navigazione percorse spesso in ore notturne e in condizioni ambientali e meteo avverse, mettendo continuamente a repentaglio la vita dei soggetti interessati per missioni di soccorso in favore di migliaia di migranti;

   la concessione o meno di meritate onorificenze ha impatto anche sulla condizione morale del personale interessato che impegna la propria vita al servizio dello Stato, con grande passione e abnegazione –:

   quali siano i motivi per i quali il Ministro interrogato non abbia proposto il conferimento di encomi o onorificenze a tutti i componenti degli equipaggi impegnati nella missione «Poseidon Rapid Intervention» e se non ritenga opportuno assumere urgentemente le iniziative di competenza affinché tali encomi o onorificenze vengano concessi alla totalità dei componenti degli equipaggi interessati.
(4-18418)


   CAPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il tema delle servitù militari è molto sentito in Sardegna e causa grosse preoccupazioni agli amministratori locali ed ai cittadini;

   in particolare, appare grave la situazione relativa agli indennizzi previsti per i comuni interessati dalle servitù militari, ed ai gravi ritardi nei pagamenti da parte dello Stato;

   in risposta ad un'interpellanza urgente n. 2-01802 nel maggio 2017 il Governo aveva, tra l'altro, affermato che, per il quinquennio 2010-2014, la Difesa si era fatta promotrice dell'avvio delle procedure necessarie per i pagamenti, e ricordato che era stato firmato un decreto del Ministero della difesa, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, propedeutico all'emissione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il quinquennio citato;

   si trattava di una prima risposta positiva, prospettandosi, sia pur non immediatamente, l'erogazione di quanto dovuto ai comuni interessati;

   purtroppo, però, la situazione pare complicarsi. Stando a quanto emerge dalla riunione del Comitato misto paritetico che si occupa di armonizzare le servitù militari in Sardegna, gli indennizzi sopra citati per il quinquennio 2010-2014 sarebbero caduti in perenzione, ossia non sarebbero più esigibili per motivi non ancora chiariti;

   si tratterebbe di una cifra vicina ai 15 milioni di euro che i comuni interessati perderebbero, con evidenti e gravi conseguenze per i bilanci degli stessi, mentre resterebbero a disposizione solo 1,9 milioni per il 2015 e 2 per il 2016;

   inoltre, il Ministero della difesa ha diminuito i contribuiti alla Sardegna del 10 per cento, nonostante in Sardegna sia presente il 60 per cento di tutte le servitù militari italiane;

   non è chiaro il criterio che ha portato a questa riduzione, stante il numero invariato di servitù militari previste per la Sardegna rispetto al triennio precedente, laddove era prevista l'erogazione di tre milioni annui;

   alla questione della presenza militare in Sardegna fa anche riferimento la vicenda della nuova caserma di Pratosardo a Nuoro;

   rispondendo ad un atto di sindacato ispettivo (n. 3-02347) nel giugno 2016, la Ministra interrogata confermava che la nuova caserma sarebbe stata occupata in tempi rapidi da personale delle Forze armate, fugando il timore di un diverso utilizzo della citata caserma;

   ciò veniva confermato anche nella risposta al citato atto di sindacato ispettivo del maggio 2017, dove, però, veniva precisato che l'utilizzo dell'immobile era vincolato alla riacquisizione per il tramite del demanio, da parte della Difesa, della caserma stessa che era nella disponibilità del comune di Nuoro, che stava procedendo ad ultimare le attività di collaudo delle opere utilizzate;

   nonostante tutte le rassicurazioni citate, però, la caserma è ancora non utilizzata, mentre si teme che essa venga destinata non come nuova unità dell'Esercito, ma per altri scopi non direttamente legati all'attività militare –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere la Ministra interrogata, anche in accordo con la regione Sardegna e gli enti locali interessati, per affrontare le situazioni sopra esposte, tra loro collegate, che richiedono interventi concreti e decisivi, in modo da dare sollievo ad una situazione generale che appare complessa e preoccupante, mettendo in causa i diritti di chi, i cittadini sardi, ha adempiuto scrupolosamente ai propri doveri.
(4-18424)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GEBHARD e CAPEZZONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono stati fissati nuovi principi e regole in materia di riscossione mediante ruolo, apportando modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973;

   nello specifico, all'articolo 52 del citato decreto veniva stabilito che, in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, per ragioni estranee alla propria volontà, la rateazione potesse essere aumentata fino ad un massimo di 120 rate mensili;

   lo stesso articolo del decreto-legge n. 69, modificando l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ha inoltre fissato un principio liberale e di civiltà giuridica quale quello della impignorabilità della prima casa di proprietà del debitore, se adibita ad uso abitativo e purché lo stesso vi risieda anagraficamente;

   risulta necessario verificare il reale impatto di tali norme di favore per il contribuente in un periodo di forte crisi economica al fine di tracciare un primo provvisorio bilancio dell'iniziativa intrapresa nel 2013, con una risoluzione approvata in Commissione finanze, a prima firma dell'interrogante –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare, con specifica distinzione per anno e fino al 30 settembre 2017, il numero e il valore complessivo delle richieste di rateizzazione con numero di rate superiori a 72 e delle relative rateizzazioni concesse e, relativamente agli immobili, il numero delle ipoteche, dei pignoramenti e delle vendite effettuate dal 2010 al 30 settembre 2017.
(5-12638)


   SOTTANELLI e ABRIGNANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il bollo sulle auto storiche e sulle moto d'epoca è stato profondamente modificato con l'entrata in vigore della legge di stabilità 2015 che ne ha previsto l'esenzione solo per quelle con età pari o superiore a 30 anni, mentre i veicoli storici ventennali, ossia, quelli con età tra 20 e 29 anni, sono soggetti alla normale tassa automobilistica regionale di possesso;

   in particolare l'articolo 1, comma 666, della legge n. 190 del 2014 dispone l'eliminazione dell'esenzione dal bollo per gli autoveicoli e per i motoveicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico;

   la legge n. 190 del 2014 non è stata recepita da tutte le regioni allo stesso modo e questo ha comportato la proposizione innanzi alla Corte Costituzionale di diversi conflitti di attribuzione;

   ciascuna regione, infatti, possiede margini di manovra che consentono di intervenire con legge regionale; in particolare, l'articolo 24 del decreto legislativo n. 504 del 1992 dà facoltà a ciascuna regione di approvare, entro il 10 novembre di ciascun anno, variazioni tariffarie (in più o in meno) nel limite del 10 per cento rispetto agli importi vigenti nell'anno precedente;

   su tale tributo, nel suo complesso, si è formata nel corso degli anni una articolata stratificazione di competenze che sono ripartite fra Stato e regioni; più precisamente, nei riguardi delle regioni a statuto ordinario e delle province autonome di Bolzano-Alto Adige e di Trento è stata affidata ogni competenza di gestione afferente il tributo, ivi compresa la riscossione, l'accertamento, il recupero, i rimborsi e il contenzioso (ai sensi dell'articolo 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997);

   il Ministero dell'economia e delle finanze aveva previsto un gettito a regime (ovvero in maniera permanente per ogni annualità di bilancio futura) di 78,5 milioni di euro dall'anno 2015 –:

   quale sia stato effettivamente il gettito derivante dall'incasso della tassa automobilistica regionale di possesso per i veicoli ed i motoveicoli con età compresa tra i venti e i ventinove anni per gli anni 2015 e 2016.
(5-12639)


   ALBERTI, SIBILIA, PESCO, VILLAROSA, RUOCCO, FICO e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza n. 246745/20171 la Corte di Cassazione ha stabilito: «allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi (...) la soglia dell'usura (...) non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente (...) o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia (...); né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tal soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto»;

   considerare «pattuiti» sia il contratto sia la clausola relativa agli interessi, è ad avviso degli interroganti opinabile poiché si trascura il dato che il «mutuo» rientri in una fattispecie contrattuale «imposta» per l'impossibilità di individuare un accordo in senso tecnico-civilistico;

   l'articolo 644 del codice penale prevede che il reato venga commesso da chiunque si faccia dare e non solo promettere interessi usurai; la legge n. 24 del 2001 non fa altro che chiarire che la usurarietà del contratto derivi dalla pattuizione a prescindere dalla dazione, senza escludere affatto che il pagamento abbia comunque rilevanza; si ricorda che la Corte di cassazione sezione penale, con sentenza n. 8353 del 2012 non nega l'usura sopravvenuta, ma sostiene che il reato di usura possa ritenersi consumato non solo nel momento della pattuizione ma anche del pagamento;

   la sentenza dispone che l'usura sopravvenuta non dia di per sé luogo alla violazione del dovere di correttezza ex articolo 1375 del codice civile in sede di esecuzione del contratto; si trascura il dato che il principio di buona fede, espressione civilistica della solidarietà costituzionale ex articolo 2 della Costituzione, è «clausola generale» dell'ordinamento, quindi, configura dovere primario nell'ambito dei rapporti civilistici; la violazione di buona fede viene unicamente collegata ad una eventuale ipotesi di nullità della clausola, comunque esclusa, e non si valuta l'ulteriore aspetto che la stessa, come affermato dalla Corte di cassazione, sia fonte autonoma di risarcimento danni –:

   se intenda assumere iniziative volte a prevedere che, allorché il tasso degli interessi concordato nell'ambito del contratto di credito superi la soglia dell'usura, si verifichi la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 108 del 1996 o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, e che la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato possa essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.
(5-12640)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Carige ha dovuto attraversare negli ultimi anni momenti di grande difficoltà, che l'hanno determinata, nelle scorse settimane, a lanciare un nuovo aumento di capitale da 560 milioni di euro, dopo quelli da 800 del 2014 e 850 del 2015, rivelatisi insufficienti;

   in particolare, quest'ultima operazione segue un'offerta di conversione di obbligazioni subordinate in obbligazioni senior per il valore di 510 milioni di euro, ed è stati preceduta da una comunicazione dell'azionista di riferimento Malacalza Investimenti srl al consiglio di amministrazione, contenente la richiesta di limitare l'aumento alla sola ipotesi scindibile con opzione, contro l'iniziale previsione degli amministratori;

   in data 20 settembre 2017 Consob ha richiesto all'istituto integrazioni alla relazione illustrativa che accompagnava la richiesta di procedere ad aumento di capitale secondo le modalità suddette;

   in particolare si chiedeva: quali sarebbero state le conseguenze del mancato raggiungimento di uno o più obiettivi del piano industriale, dato che la stessa banca li indicava come contestualmente necessari; quali fossero i dettagli dell'accordo di pre-garanzia con Credit Suisse e Deutsche Bank; come avrebbe impattato l'eventuale adozione delle richieste del principale azionista relative all'emissione di nuove azioni; specifiche relative al piano industriale, con particolare riferimento alla gestione finanziaria degli esuberi di personale e all'impatto delle nuove regole contabili ifrs 9; aggiornamenti sull'operazione di cessione e cartolarizzazione di 940 milioni di crediti a sofferenza lanciata nel giugno 2017: tutte questioni non marginali, a cui Carige ha risposto sottolineando come il mancato rispetto delle condizioni previste dal piano industriale potrebbero portare i requisiti patrimoniali a non rispettare le soglie richieste dalla Bce, senza poter escludere impatti sulla continuità aziendale;

   lo stesso contratto di pre-garanzia non sembra offrire certezze in merito alla cogenza, prevedendo la propria inefficacia in caso di mancato perfezionamento entro il 31 dicembre 2017;

   appare all'interrogante chiara la ragione che abbia portato l'azionista di riferimento a richiedere al consiglio di amministrazione di limitare le modalità di offerta dell'aumento di capitale;

   questo livello di incertezza, che desta grande preoccupazione fra lavoratori, risparmiatori e tessuto economico ligure, dovrebbe essere oggetto di particolare interesse anche per la politica nazionale, che non dovrebbe in alcun modo permettere il permanere di elementi di incertezza sulla solidità degli istituti nazionali –:

   se stia monitorando con attenzione gli sviluppi del piano industriale e di rafforzamento patrimoniale di Carige e quali strumenti intenda eventualmente mettere in campo, per quanto di competenza, per garantire la stabilità dell'istituto e la salvaguardia dei lavoratori.
(5-12641)


   PELILLO e FALCONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento per la produzione di latte in polvere del comune di Cameri in provincia di Novara, realizzato con fondi pubblici previsti dalla legge 27 ottobre 1966, n. 910, con decreto del Ministero per l'agricoltura e per le foreste, non è mai entrato in funzione e con il passare degli anni non si è riusciti ad avviare alcun tipo di attività;

   il sito industriale, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001, recante individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni, è stato trasferito dal demanio alla regione Piemonte, attualmente risulta esser in uno stato degrado e abbandono e, su sollecito dell'amministrazione di Cameri, il 24 febbraio 2017 è stato richiesto all'Agenzia del demanio – direzione regionale Piemonte e Valle d'Aosta — di riconsiderare l'opportunità di attribuire il suddetto bene, direttamente al medesimo comune, nell'ottica della valorizzazione dei beni pubblici non più strumentali all'esercizio delle funzioni a cui sono stati inizialmente finalizzati;

   lo stesso comune novarese, a seguito delle indicazioni dell'Agenzia del demanio, ha provveduto a presentare, nei termini previsti dalla legge, istanza di attribuzione a titolo non oneroso dei beni di proprietà statale, ai sensi dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ma tale istanza non ha trovato accoglimento, in quanto il bene risulterebbe non essere di proprietà dello Stato;

   secondo la regione Piemonte il decreto di trasferimento non avrebbe avuto esecuzione nella parte che interessa l'immobile in questione; tuttavia l'Agenzia del demanio, il 26 giugno 2017, ha risposto alla missiva della regione Piemonte, chiedendo di rinunciare formalmente al bene, in modo da verificare la possibilità di trasferire il bene direttamente al comune di Cameri;

   il comune novarese è fortemente interessato ad ottenere la disponibilità di tale bene, facendosi carico della sua valorizzazione –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere, al fine di concedere l'uso dell'immobile in questione al comune di Cameri, considerato dall'amministrazione comunale di grande interesse per un futuro sfruttamento a vantaggio della comunità locale.
(5-12642)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 165 del 2001, al comma 16-ter dell'articolo 53, stabilisce che «i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto sopra sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con l'obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti»;

   ciò nonostante, risulta che l'ex direttore dei giochi online dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (AAMS), abbia lasciato il suo incarico per entrare a far parte, come chief policy officer, della gestione esecutiva della Playtech, multinazionale leader nel settore del gioco d'azzardo;

   è quanto emerge anche dal giornale onlineLa Notizia all'articolo del 10 ottobre 2017 intitolato «Da controllore a controllato, un gioco ai Monopoli di Stato. Il caso dell'ex direttore del gaming online: passato senza colpo ferire a una multinazionale»;

   durante il suo mandato nell'Agenzia pubblica questo dirigente ha curato, tra l'altro, l'introduzione di una gamma di prodotti di igaming regolamentati tra cui il poker nel 2008 e i giochi da casinò nel 2011, facendo acquisire più di 100 nuovi licenziatari per il mercato, contribuendo alla crescita delle entrate dal mercato del gioco che hanno raggiunto circa 800 milioni di euro;

   la Playtech, ad avviso dell'interrogante, era ben consapevole che l'inserimento nell'organico dell'ex dirigente pubblico avrebbe portato importanti vantaggi; difatti, l'amministratore della multinazionale, Mor Weizer, all'annuncio dell'incarico nell'anno 2016, ha dichiarato soddisfazione proprio perché si trattava di una «figura molto influente sulla scena internazionale del gioco d'azzardo online»;

   si ritiene, dunque, necessario intervenire alla luce del fatto che l'incarico in questione, secondo l'interrogante, si sta svolgendo in conflitto d'interessi in contrasto con la normativa in materia –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti esposti in premessa e se intendano adottare ogni iniziativa di competenza in relazione al conflitto d'interessi in questione e garantire il rispetto del decreto legislativo n. 165 del 2001, laddove prevede che i soggetti che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, dalla cessazione del rapporto d'impiego, non possano prestare attività lavorativa o professionale nei tre anni successivi presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
(5-12633)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sono sempre più frequenti i casi di persone chiamate all'eredità che trovano difficoltà a pagare i debiti che il loro dante causa aveva nei confronti dell'Agenzia delle entrate-riscossione soprattutto quando non ne hanno contezza, né sono in possesso delle credenziali del de cuius per accedere all'estratto online;

   gli uffici territoriali dell'Agenzia non sono in grado di fornire informazioni sulla posizione debitoria di un defunto che risiedeva in una rete territoriale diversa;

   l'Agenzia delle entrate ha attivato diversi servizi quali lo «sportello amico» dedicato a chi vive una situazione di particolare difficoltà economica e non può adempiere ai pagamenti, a persone diversamente abili e a donne in gravidanza; l'Equiclick una «app.» facile e veloce utilizzabile anche attraverso lo smartphone e il tablet; i social network, con video informativi presenti su youtube e su twitter relativi all'utilizzo dei servizi on-line; una casella di posta elettronica per dare informazioni sulle cartelle e le procedure di riscossione; un portale web-sportello digitale con il quale si possono effettuare le principali operazioni accedendo all'area riservata;

   nessuno di essi, come pure il contact center dell'Agenzia delle entrate-riscossione (numero 060101) che «rappresenta il modo per rendere sempre più facile e trasparente il rapporto con i contribuenti, ampliando le possibilità per ricevere assistenza e mettersi in regola con i pagamenti (...)» riesce a dare soluzione se gli eredi non sono in grado di fornire (non possedendoli) i documenti chiesti;

   la soluzione più elementare sarebbe quella di dare la possibilità a qualunque cittadino di poter richiedere, presso qualsiasi ufficio territoriale, la situazione debitoria del de cuius anche se quest'ultimo era residente in un'altra zona dell'Italia, presentando una semplice dichiarazione sostitutiva di atto notorio per successioni, compilata da un solo erede con allegato documento identità; dovrebbero poi essere gli uffici territoriali a scambiarsi le necessarie informazioni da fornire agli interessati; come pure la procedura sarebbe più semplice se contemporaneamente fossero forniti agli eredi nuove credenziali per farli così accedere all'estratto on-line –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e, anche alla luce dei poteri di vigilanza sull'attività dell'Agenzia delle entrate-riscossione, quali iniziative intenda intraprendere affinché l'Ente in questione, nel rispetto delle competenze statutarie, definisca nuove modalità operative di semplificazione amministrativa per agevolare il pagamento dei debiti alla medesima.
(4-18406)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2017, come riportato da fonti di stampa, un'inchiesta sul traffico illecito di rifiuti della procura di Brescia avrebbe coinvolto anche la società Aral, partecipata del comune di Alessandria, deputata anche al conferimento di rifiuti extra Ato6 (cioè provenienti dal resto d'Italia): «giro illecito» di rifiuti provenienti dal napoletano che avrebbe fruttato alle ditte coinvolte guadagni illeciti per circa 10 milioni di euro;

   si troverebbero coinvolte in questa inchiesta sia l'Aral, società partecipata al 94,31 per cento dal comune di Alessandria, sia la ditta di autotrasporti del novese Euroimpresa a cui sarebbe arrivato il provvedimento di sequestro preventivo;

   l'indagine sarebbe partita in seguito ad un incendio avvenuto all'interno del capannone della società Trailer di Rezzato (Brescia) nel 2014, e che avrebbe portato il N.o.e. a scoprire, stoccate nel capannone, mille tonnellate di rifiuti prevenienti da impianti campani, conformi all'autorizzazione, nell'impianto di Castelceriolo, frazione del comune di Alessandria;

   la suddetta azienda partecipata avrebbe esaurito il quantitativo che è autorizzato a trattare nel 2017 di 169 mila tonnellate, ben prima della fine dell'anno;

   sarebbero ventisei le persone coinvolte, a vario titolo, nell'inchiesta condotta dai carabinieri del Noe e coordinata dalla procura della Repubblica di Brescia;

   nello stesso periodo dell'inchiesta di Brescia, anche la Commissione speciale di controllo sulle partecipate istituita in data 8 novembre 2012 con delibera n. 94 dallo stesso comune di Alessandria, per approfondire le attività economiche e finanziarie delle aziende delle stesse partecipate del comune, stava già esaminando il funzionamento di Aral;

   in data 15 maggio 2014 il presidente della Commissione di controllo, dopo aver valutato la copiosa documentazione agli atti, avendo avuto seri dubbi sulla regolarità e sull'andamento societario e considerando che i fatti riscontrati dalla Commissione risultavano anomali e rilevanti a livello finanziario per la società Aral, decise di inviare un esposto alle seguente autorità: la procura della Repubblica di Alessandria, la procura presso la Corte dei conti Torino, il comando provinciale della Guardia di finanza di Alessandria, il comando dei carabinieri del N.o.e. di Alessandria;

   nella relazione venivano contestati, in particolar modo:

    1) l'acquisto di un terreno, con caparre versate, adibito a cava da un privato a discarica di inerti. Il tutto era stato ben dettagliato nella relazione inviata agli enti preposti, compreso il consiglio comunale di Alessandria. Oltretutto il terreno in questione, al momento del versamento delle caparre confirmatorie, era già gravato da un vincolo di ripristino ambientale a carico del privato garantito da apposita fideiussione;

    2) un transito di autocarri carichi che non si fermava all'accettazione, come imponeva il protocollo. La segnalazione fu rilevata direttamente dai componenti della commissione convocata in loco, come descritto nella relazione inviata;

   sarebbe opportuno chiarire, come mai la procura di Alessandria informata sui dei fatti così rilevanti di carattere penali e civili, come poi accertato dalla cura di Brescia, non sia intervenuta tre anni prima, onde evitare aggravi economici per i cittadini di Alessandria già gravati dall'innalzamento di tutte le tasse comunali per la dichiarazione di dissesto chiesto dalla Corte dei conti riferiti all'anno 2011 –:

   se non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per avviare con urgenza iniziative ispettive presso la procura di Alessandria.
(4-18407)


   MATARRELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge 7 marzo 1996, n. 108, recante importanti disposizioni in materia di usura, fu emanata con lo scopo di tutelare i debitori, qualificati come parte debole nel rapporto creditizio, contro l'applicazione di tassi di interesse usurari;

   successivamente, la Corte di cassazione si è pronunciata più volte al fine di identificare e qualificare la fattispecie della «usura sopravvenuta», che si verifica ogni qual volta i tassi effettivamente applicati superino le soglie di usura durante l'esecuzione del rapporto creditizio;

   il decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394, attuando un'interpretazione autentica della legge n. 108 del 1996, ha limitato la verifica dell'usura al momento della pattuizione degli interessi, ma solo ed esclusivamente in relazione ai risvolti penali (articolo 624 c.p.) e alla sanzione di nullità degli interessi (articolo 1815, comma 2, c.c.);

   la giurisprudenza della Corte di cassazione ha, quindi, dopo l'emanazione di tale decreto-legge, riconosciuto più volte la necessità di ricondurre, ai sensi della legge n. 108 del 1996, anche per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della medesima legge, i tassi divenuti usurari nel tempo alle soglie di usura stabilite dalla Banca d'Italia;

   le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la recente sentenza 19 ottobre 2017, n. 24675, al fine di risolvere un contrasto tra due diversi orientamenti giurisprudenziali della stessa Corte, uno favorevole e l'altro contrario a riconoscere rilevanza al fenomeno dell'usura sopravvenuta, hanno affermato che l'usura può verificarsi solo al momento della pattuizione degli interessi, negando in via assoluta (e non solo limitatamente all'articolo 624 c.p. e 1815 c.c.) che possa configurarsi qualunque forma di usura sopravvenuta, così travalicando ad avviso dell'interrogante ampiamente la portata del citato decreto-legge n. 394 del 2000 e limitando l'applicabilità della legge n. 108 del 1996 a pochissimi casi concreti, svuotando di fatto il contenuto precettivo della stessa legge;

   di conseguenza, tutte le famiglie e le imprese che ancora oggi hanno in essere un rapporto creditizio datato, stipulato in anni in cui i tassi di interesse di mercato erano di gran lunga superiori a quelli attuali, sono rimaste senza alcuna tutela, e potrebbero essere chiamate a versare gli interessi in ragione di tassi che oggi appaiono assolutamente spropositati ed illeciti;

   tra queste la cooperativa vitivinicola Risveglio Agricolo s.c.p.a., attiva sul territorio di Brindisi sin dal 1960, che, dopo aver ottenuto una sentenza di primo grado del tribunale di Brindisi che ha riconosciuto l'usurarietà sopravvenuta degli elevati tassi pattuiti nel 1991 con il Banco di Napoli s.p.a., ha poi visto sospesa dalla corte d'appello di Lecce l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado in ragione della pendenza del giudizio dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione; oggi, all'esito della pronuncia delle stesse Sezioni Unite, che ha negato rilevanza al fenomeno dell'usura sopravvenuta, l'azienda rischia di essere chiamata a corrispondere ingenti somme frutto dell'applicazione di interessi al tasso del 20,30 per cento annuo ed, in concreto, di non poter far fronte alle proprie obbligazioni e di dover subire procedure esecutive che determinerebbero una gravissima crisi aziendale e da ultimo la cessazione dell'attività produttiva –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative urgenti volte a tutelare le famiglie e le imprese, già in difficoltà per la perdurante crisi economica, contro l'imminente possibile aggressione da parte del sistema creditizio, al fine di scongiurare le nefaste conseguenze che l'attuale situazione rischia di causare ai soggetti coinvolti, famiglie che rischierebbero il dissesto finanziario e la perdita della casa di abitazione ed aziende che rischierebbero la chiusura con perdita di molti posti di lavoro.
(4-18427)


   BALDELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   com'è noto, nei mesi scorsi è stata riattivata la corsia preferenziale di via del Portonaccio in Roma, con rilevamento elettronico delle infrazioni;

   l'attivazione della corsia preferenziale e la relativa rilevazione elettronica delle infrazioni sono avvenute – come rilevato nel corso di diversi atti di sindacato ispettivo – con gravissime criticità in termini di adeguatezza della relativa segnaletica stradale;

   dal 2 maggio (data di attivazione della rilevazione elettronica) al 15 settembre 2017, sono state sollevate oltre 300.000 sanzioni avente tutte il medesimo oggetto, che hanno coinvolto in modo massiccio più di 20.000 automobilisti, alcuni dei quali hanno ricevuto personalmente decine di verbali di contestazione;

   molti di essi si sono rivolti a studi legali e associazioni dei consumatori e da ciò è conseguito un contenzioso straordinario in termini di numeri, anche in ragione del fatto che le sanzioni pagate sembra siano state poco meno di 100 mila, circa un terzo del totale, per cui è legittimo presumere che in gran parte dei casi rimanenti, più dei 2/3 del totale, sia stata fatta opposizione attraverso ricorsi al prefetto o impugnazioni al giudice di pace di Roma;

   in base alle esperienze professionali, nonché alla luce della identità di questioni, risulta che alcuni studi legali di associazioni dei consumatori, anche al fine di abbattere gli oneri economici carico dei cittadini assistiti, abbiano optato di avviare i cosiddetti ricorsi cumulativi, ex articolo 103 c.p.c., sulla base del cosiddetto litisconsorzio facoltativo per connessione oggettiva;

   da diverse segnalazioni pervenute, risulta che, sui ricorsi cumulativi, alcuni giudici dell'ufficio del giudice di pace di Roma, ad esito di discussione dei primissimi giudizi, con ordinanze apparentemente prive di motivazione, abbiano disposto l'interruzione del procedimento, la separazione delle posizioni di ogni singolo ricorrente e un onere di riassunzione del procedimento, entro 90 giorni, a carico di ogni singolo ricorrente;

   inoltre, da alcune segnalazioni pervenute da avvocati e procuratori, sembrerebbe che la cancelleria del giudice di pace di Roma, in data 25 ottobre 2017, abbia «tentato» di non accettare e di non procedere alla iscrizione a ruolo dei ricorsi cumulativi;

   la scelta di scorporare le singole posizioni e aggravare i ricorrenti di un onere di riassunzione risulterebbe irragionevole non solo dal punto di vista del diritto, ma anche in considerazione della situazione di pesante ingolfamento degli uffici del giudice di pace di Roma;

   nei casi segnalati, non sussisteva alcun elemento, atto, motivo di doglianza, istruzione probatoria tale da distinguere le posizioni dei singoli ricorrenti, da cui non sussiste alcun aggravio della procedura ovvero altra ragione plausibile tale da giustificare tale scelta, che appare all'interrogante oltremodo arbitraria, infondata e irragionevole;

   se la ragione poi dovesse essere una «giustificazione» per la richiesta di pagamento del contributo unificato da parte di ogni singolo ricorrente, la soluzione adottata sarebbe ad avviso dell'interrogante a sua volta irragionevole: infatti, qualora ritenuto, la cancelleria del giudice di pace di Roma, in base alle competenze e alle procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (testo unico sulle spese di giustizia), ha la piena competenza e disponibilità di richiedere il pagamento del contributo unificato ad ogni singolo ricorrente (attraverso un avviso da inviare per mezzo della pec del procuratore costituito), senza la necessità di far adottare dal giudice di pace di Roma le cennate ordinanze di interruzione, separazione e riassunzione a carico dei singoli ricorrenti –:

   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere ispettivo, con riferimento all'ufficio del giudice di Pace di Roma, in relazione alla vicenda segnalata in premessa, che a parere dell'interrogante presenta profili di abnormità.
(4-18429)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO, DELL'ORCO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE LORENZIS e CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel nostro Paese la libertà di circolazione è garantita dalla Costituzione all'articolo 16 e in Europa dalla Carta dei diritti dell'Unione europea (articolo II-105). Il rispetto dei principi costituzionali ed europei dovrebbe essere un interesse primario cosa che invece e, purtroppo, non si sta verificando nella gestione della gravissima situazione relativa alla mobilità aerea della Sardegna dove migliaia di cittadini hanno rischiato e tuttora rischiano di rimanere isolati a causa del fallimento del bando per continuità territoriale e di conseguenza della politica fallimentare portata avanti dalla giunta regionale;

   occorrerebbe partire dal presupposto che a tutt'oggi le osservazioni/contestazioni mosse dalla Commissione europea circa il bando per «l'Imposizione di oneri di servizio pubblico sulle rotte Alghero-Roma Fiumicino e viceversa, Alghero-Milano Linate e viceversa, Cagliari-Roma Fiumicino e viceversa, Cagliari-Milano Linate e viceversa, Olbia-Roma Fiumicino e viceversa, Olbia-Milano Linate e viceversa» sono reperibili parzialmente e solo a mezzo stampa e che il decreto ministeriale n. 91 del 23 marzo 2017 e l'annesso allegato tecnico avrebbero dovuto essere essere ispirati ai principi sanciti dall'articolo 1 6 del Regolamento (CE) n. 1008/2008 che al comma 1 sancisce che: «Tale onere è imposto esclusivamente nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale» –:

   per quali motivazioni non si sia provveduto, prima dell'emissione del bando di cui in premessa, a verificare di concerto con l'Unione europea cosa si intendesse per «servizi aerei di linea minimi» così da evitare la situazione di incertezza verificatasi e scongiurare una possibile sanzione ed un eventuale ricorso o richiesta di risarcimento danni da parte della compagnia Blue air, vincitrice del bando sulla tratta Alghero-Fiumicino e Alghero-Linate, e quindi un conseguente aumento dei costi rispetto a quelli previsti dal bando.
(5-12648)


   BRUNO e LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata soffre notoriamente di un forte deficit infrastrutturale e di collegamenti capaci di garantire un'adeguata mobilità regionale e interregionale, che la consegna ad una situazione di inaccettabile isolamento;

   in questo contesto Matera, capitale della cultura 2019, a causa dell'incompiuta tratta ferroviaria Ferrandina-Matera, risulta essere ancora priva di un collegamento con le Ferrovie dello Stato italiane, nonostante ripetutamente, e da ultimo con la legge di bilancio 2017, siano state appostate risorse per un ammodernamento e rilancio della tratta in oggetto. In particolare, con l'ultima legge di bilancio è stata autorizzata la spesa di ulteriori 10 milioni di euro per l'anno 2017, di 32 milioni per il 2018 e di 42 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2022;

   non sfugge che l'accessibilità alla città di Matera, attraverso il completamento della linea Ferrandina-Matera, è essenziale per lo sviluppo e l'attrattività della città lucana, anche se rammarica che il raggiungimento di tale obiettivo non coinciderà con l'importante appuntamento culturale e vetrina internazionale del 2019;

   il 12 luglio 2017, alla presenza del Ministro Delrio, l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, ha mostrato, davanti ad un folto pubblico presso l'Auditorium «Gervasio» di Matera, il cartello di inizio dei lavori nella galleria di Miglionico, per il cui ripristino funzionale, in attesa da più di 30 anni, sono stati stanziati 500 mila euro. I lavori avranno una durata di 180 giorni;

   nel mese di settembre 2017 sono stati avviati i lavori sui ponti, sulla tratta ferrata e presso la stazione di La Martella, cui seguirà il riappalto per l'intera linea che verrà, contestualmente, elettrificata. Il completamento delle opere di ammodernamento, secondo l'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, è previsto per il 2021-2022;

   oltre a questi lavori e al ripristino e al potenziamento della direttrice per Taranto, vi è il progetto del raccordo di Ferrandina con Potenza, che consentirà di collegare Matera a Salerno in tre ore;

   nelle ultime settimane si sta diffondendo la voce di uno slittamento al 2024 del completamento della tratta ferroviaria a causa del necessario periodo di prove tecniche sulla la linea –:

   quali siano i tempi effettivamente previsti per il completamento dell'opera e quindi se siano fondate le notizie di un ulteriore ennesimo ritardo nei lavori di ristrutturazione ed efficientamento di una tratta indispensabile per garantire a Matera quell'accessibilità necessaria per il proprio sviluppo.
(5-12649)


   FRANCO BORDO, MOGNATO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la stazione ferroviaria di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, è posta lungo la linea Brescia-Parma, a servizio dell'omonima città e dei pendolari provenienti da Casalmaggiore e da zone limitrofe, un'area di comuni, definita Casalasco, che raccoglie oltre 30.000 abitanti, privi di altra stazione ferroviaria;

   la stazione è di proprietà di Rete ferroviaria italiana, società controllata da Ferrovie dello Stato italiane; la citata stazione versa in situazione di abbandono e grave incuria: la biglietteria è chiusa e manca anche il servizio di biglietteria automatica, la sala d'attesa è priva di riscaldamento ed è priva di qualsiasi arredo, a parte 12 posti a sedere, il bar è chiuso e i servizi igienici, pur recentemente rinnovati, risultano chiusi –:

   quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, per ripristinare, in tempi rapidi, un livello di servizio minimo per l'accoglienza dei pendolari, a partire da una immediata riapertura al pubblico dei servizi igienici.
(5-12650)


   TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il nodo ferroviario di Genova è un'opera di rilievo strategico della rete ferroviaria nazionale e internazionale; rappresenta, infatti, un polo di interscambio fondamentale fra il sistema portuale e ferroviario sulle direttrici Genova-Ventimiglia, Tirrenica e Milano-Genova, nonché il sistema più efficiente per articolare la mobilità ferroviaria nell'ambito della vasta area metropolitana;

   gli interventi previsti consentiranno: di separare i flussi di traffico passeggeri a lunga percorrenza e merci da quelli passeggeri regionali e metropolitani; di realizzare un efficiente collegamento fra il sistema portuale ligure e la principale rete nazionale sia in direzione est-ovest che in direzione nord-sud; di connettere il nodo con il «Terzo valico dei Giovi» linea ferroviaria integrata nel TEN-T Core Corridor n. 6 «Rhine-Alpine (Genova-Rotterdam)»; di potenziare e automatizzare le infrastrutture e gli impianti del nodo per sviluppare l'offerta di mobilità metropolitana; di adeguare gli impianti delle stazioni di Genova Voltri, Genova Sampierdarena, Genova Brignole; di adeguare i servizi nell'area di Genova Terralba e nella stazione di Genova Brignole per favorire l'interazione intramodale e intermodale;

   i cantieri sono fermi; lo stato di avanzamento dei lavori – che avrebbero dovuto essere completati nel 2016 – è circa il 40 per cento;

   la gara per il nuovo appalto – bandita da Rete ferroviaria italiana ad agosto 2017, dopo il fallimento del Consorzio che si era aggiudicato l'appalto nel 2009 – si è chiusa ad ottobre, ma non è ancora stata aggiudicata;

   i lavoratori impegnati nella realizzazione delle opere sono stati, nel frattempo, licenziati e attendono di essere riassunti con il riavvio dei lavori; il bando prevede, infatti la cosiddetta «clausola sociale» che consente la riassunzione di tutti i lavoratori edili del Consorzio –:

   quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per garantire la ripresa immediata dei lavori.
(5-12651)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il porto di Arbatax rappresenta un nodo di collegamento essenziale per l'Ogliastra e va a servire un territorio con scarsa infrastrutturazione viaria, ma con grandi potenzialità di sviluppo turistico;

   il porto di Arbatax rappresenta, inoltre, una grande opportunità di sviluppo economico per l'area geografica di riferimento, mentre l'efficienza dei collegamenti marittimi garantiti verso il continente ha una importanza vitale anche per le attività manifatturiere e di import-export del territorio;

   la qualità dei servizi del orto di Arbatax rappresenta dunque un'asset fondamentale per tutta l'Ogliastra e per l'intera isola;

   qualsiasi disservizio che colpisca il porto di Arbatax appare doppiamente dannoso, non soltanto perché genera disagi tra gli utenti, ma anche perché determina una percezione di cattiva qualità complessiva dell'offerta, che finisce per scoraggiare l'utilizzo del porto, orientando la stessa utenza locale a preferire opportunità più complesse e costose, ma di qualità più sicura;

   in questo contesto, appare intollerabile l'ennesimo disservizio verificatosi in data 31 ottobre 2017 quando la motonave della Tirrenia «Bithia», proveniente da Cagliari e diretta a Civitavecchia, ha saltato l'attracco ad Arbatax previsto per le 23,20, a causa di un black-out nell'illuminazione che rendeva insicuro l'ormeggio;

   il black-out elettrico avrebbe determinato lo spegnimento delle torri faro che illuminano il dente d'attracco è il molo di levante dello scalo di Arbatax;

   le cronache giornalistiche riferiscono che non ci fosse alcun problema degli impianti elettrici portuali, ma esclusivamente un'interruzione dei servizi di erogazione dell'energia elettrica da parte dell'Enel;

   tale disservizio ha lasciato a terra ben 103 passeggeri, con 32 automobili al seguito, costretti a partire il giorno dopo, alle 23, da Olbia;

   simili problemi nei trasporti, che forse potrebbero essere gestiti con maggior facilità in qualsiasi altro porto italiano, che potesse beneficiare di collegamenti alternativi ferroviari o su gommato, diventano drammatici per la Sardegna, che sconta l'handicap allo sviluppo rappresentato dalla condizioni di insularità –:

   di quali elementi disponga circa il motivo per cui — nella nottata del 31 ottobre 2017 – l'Enel non abbia potuto con immediatezza ripristinare l'erogazione interrotta della corrente elettrica nel porto di Arbatax, impedendo l'attracco della motonave della Tirrenia Bithia;

   quali siano gli interventi strategici che si intendano attuare per dotare il porto di Arbatax di un'adeguata infrastrutturazione tecnologica che impedisca il ripetersi di simili disagi.
(4-18410)


   CAPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ormai quattro anni fa, il 13 novembre 2013, il cosiddetto «ciclone Cleopatra» sconvolse la Sardegna, causando vittime e gravi danni alle infrastrutture;

   tra queste ultime venne particolarmente danneggiato il ponte di Oloè, ubicato sulla strada provinciale 46 Oliena-Dorgali, laddove trovò la morte l'agente di polizia Luca Tanzi;

   dopo di allora numerose sono state le vicissitudini del ponte sopra citato, come descritte nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-17826 del mese di settembre 2017;

   al succitato atto di sindacato ispettivo aveva risposto il Governo il 6 ottobre 2017, fornendo, tra l'altro, notizia che l'Anas era soggetto attuatore della convenzione tra giunta regionale della Sardegna, provincia di Nuoro, e, appunto, l'Anas, per la realizzazione di un sistema di protezione attiva per il monitoraggio e l'allerta in relazione alle piene della strada provinciale 46, in prossimità del ponte di Oloè, con studi ed indagini per il rifacimento del ponte stesso e relativi raccordi alla viabilità esistente;

   nella stessa risposta il Governo informava che l'Anas aveva fatto presente che entro il mese di ottobre 2017 avrebbe provveduto all'affidamento dei servizi tecnici per lo studio idraulico propedeutico alla progettazione e alla realizzazione del sistema di allerta attivo per le piene, per l'esecuzione dei rilievi di dettaglio nell'alveo fluviale a monte e a valle del ponte e per l'esecuzione dei sondaggi geognostici sull'asse del nuovo tracciato stradale, al fine di giungere nel minore tempo possibile alla redazione di uno studio di fattibilità tecnico ed economico della nuova opera, condiviso con gli enti interessati per quantificare l'impegno finanziario necessario;

   non risulta, però, all'interrogante che questo ultimo impegno sia stato in qualche modo adempiuto dall'Anas nei tempi annunciati dal Governo –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato in modo che l'Anas adempia a quanto sopra esposto, attivando la procedura per l'essenziale costruzione del nuovo ponte e risolvendo la situazione assurda che da sin troppo tempo dura con grave disagio per i cittadini, che richiedono soluzioni concrete e non solo lodevoli impegni.
(4-18425)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI, ARCHI, CENTEMERO, GARNERO SANTANCHÈ, LABRIOLA e SQUERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   gli articoli 56 e 57 della Costituzione italiana contengono il chiaro riconoscimento del ruolo della Circoscrizione estero nella definizione della composizione del Parlamento ed il diritto degli italiani all'estero ad eleggere i propri rappresentanti;

   purtroppo, però, sul piano pratico vi sono state anomalie riscontrabili nelle modalità di voto, quello per corrispondenza tramite l'invio di plichi a domicilio dell'elettore;

   nella sola ripartizione Nord e Centro America, dai consolati italiani sono stati inviati 328.788 plichi elettorali e, di questi, sono stati restituiti al mittente il 29,87 per cento, rivelando prima di tutto una grave inefficienza;

   neppure l'attribuzione di un numero identificativo al plico corrispondente ad un determinato elettore si è dimostrato in grado di garantire sempre il principio «una scheda un voto», in mancanza di verifiche accurate sull'identità del votante;

   tutto questo sta creando preoccupazioni tra le comunità italiane all'estero, in quanto esse vedono lese le loro prerogative democratiche –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per fare in modo che il diritto di voto e quindi di libera scelta dei propri rappresentanti da parte di ciascun cittadino residente all'estero non possa essere leso dalla facilità di manomissione del sistema di voto.
(4-18404)


   ZANIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-05673 presentata dall'interrogante nella seduta n. 433 del 22 maggio 2015, il Ministro dell'interno era stato sollecitato a predisporre un piano «(...) che ponga in essere una risposta in termini di qualità e quantità alle esigenze di sicurezza», nei territori di Trieste, Gorizia e Udine e soprattutto Pordenone;

   l'interrogazione sopracitata è rimasta al momento senza risposta, nonostante le esigenze di sicurezza di quel territorio siano aumentate;

   il Ministero dell'interno, proprio in questi giorni, ha pianificato un incontro con il sindaco di Pordenone, dimostrando con ciò di prendere in seria considerazione le esigenze di sicurezza rappresentate dalle comunità locali e illustrate anche nell'interrogazione del 22 maggio 2015 –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi sul quadro complessivo delle iniziative che possono essere adottate nell'immediato e sulle eventuali difficoltà riconducibili alla criticità delle risorse disponibili.
(4-18411)


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 6 novembre 2017 la procura della Repubblica di Torino ha emanato venti avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sui fatti di piazza San Carlo del 3 giugno 2017, quando, durante la proiezione su un maxischermo della finale di Champions League Juventus-Real Madrid, ondate di panico provocarono la morte (dopo 12 giorni di agonia) di una donna di 38 anni e il ferimento di oltre 1.500 persone, fra cui una donna tutt'ora in ospedale paralizzata;

   tra i reati per cui si procede ci sono anche l'omicidio colposo e le lesioni colpose. Tra i destinatari delle notifiche si ritrovano vari rappresentanti nelle catene di comando di enti e istituzioni fra i quali: la sindaca di Torino, Chiara Appendino; i vertici di Turismo Torino, l'ente che ha curato l'organizzazione dell'evento; il dirigente del Commissariato di polizia di Torino Centro, Alberto Bonzano; l'ex capo di gabinetto del comune, Paolo Giordana, e funzionari pubblici coinvolti nell'organizzazione e gestione della serata;

   a quanto si apprende, le indagini hanno riguardato tutte le fasi relative alla preparazione e all'allestimento del maxi-schermo nel «salotto buono» di Torino, alla gestione della sicurezza nella piazza nelle ore precedenti la diffusione della partita di calcio e durante la partita, quando è scoppiato all'improvviso il panico;

   secondo indiscrezioni, non confermate dalla questura, anche il questore di Torino, Angelo Sanna e il suo braccio destro Michele Mollo, sarebbero destinatari dell'avviso di comparizione;

   sarebbero emerse gravi lacune, omissioni e provvedimenti sbagliati, fra i quali l'ordine dato dalla questura di chiudere l'intera piazza, lasciando solo due varchi minuscoli e il fatto che polizia municipale non sarebbe intervenuta quando i venditori abusivi smerciavano bottiglie di birra –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza e fatta salva la sfera dell'indagine penale, abbia assunto il Ministro interrogato per promuovere un'accurata ispezione sull'operato dei vertici della questura di Torino, al fine di accertare eventuali comportamenti impropri e/o omissivi.
(4-18414)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:

   l'educazione musicale nel sistema scolastico italiano è di fondamentale importanza non soltanto rispetto all'aspetto formativo richiamato nelle norme, ma anche rispetto a quello più complesso dell'apporto sociale che questo tipo di educazione musicale può fornire al sistema delle agenzie, del sociale e della formazione;

   vi è una questione che riguarda in maniera più generale l'insegnamento della musica e del ruolo che questo può avere nella crescita dei giovani e nella crescita della società, e anche l'apporto sul piano sociale che ciò può dare;

   è auspicabile l'attenzione ad un importante livello formativo culturale anche in relazione all'impatto che può avere l'educazione musicale nella società italiana, e all'ambizione espressa reiteratamente dalla società sarda, anche alla luce delle specificità di minoranza linguistica più importante del paese, di poter crescere anche formando i giovani verso una cultura musicale generale e identitaria;

   negli altri Paesi europei, quelli più evoluti, la formazione musicale è un elemento fondante della crescita, dell'educazione dei giovani, dei bambini;

   tale attenzione sull'educazione musicale in ogni ordine e grado scolastico ha un'importanza rilevante anche sul piano sociale;

   ci sono decine, centinaia di casi che possono essere raccontati di giovani per strada che vengono recuperati, che non sono e non costituiscono più quell'enclave di dispersione scolastica, ma che grazie all'insegnamento della musica nelle scuole vengono strappati alla strada, alle tossicodipendenze, al degrado della società;

   la formazione musicale è un investimento della società, che consente attraverso la musica di recuperare sacche di dispersione scolastica, di rigenerare quei giovani che magari hanno perso verso la scuola quel tipo di apporto, di interesse, di attrazione che può essere invece utilizzato proprio attraverso la musica per riportarli e ricondurli sulla formazione, sulla crescita più generale di tutto il versante formativo e scolastico;

   in questo quadro formativo richiamato nella norma emerge una questione sarda, per le peculiarità della più grande minoranza linguistica, con oltre 1.650.000 abitanti;

   specialità e limiti che derivano anche dalla sua ragione insulare, che hanno sul piano logistico delle grosse difficoltà per quanto riguarda alcuni aspetti;

   a significare questi aspetti si registra che in Sardegna in quest'ultimo anno scolastico ben 15 istituti scolastici hanno chiesto l'istituzione di indirizzo musicale;

   quasi 400 studenti, con non meno di 60 cattedre di insegnamento di indirizzo musicale ambivano ad intraprendere questa crescita culturale per la quale ora si dispone, attraverso la legge, di finanziare tale crescita formativa, anche attraverso il fondo unico dello spettacolo;

   gli uffici scolastici provinciale e regionale non hanno accolto queste domande, fondate su richieste puntuali delle stesse famiglie;

   vi era una fondata ambizione sin dalle scuole elementari di una crescita culturale e formativa, o anche un'ambizione di natura personale più specifica, di imparare e di poter apprendere l'educazione musicale;

   le singole scuole medie hanno dovuto fare delle selezioni, quindi incrementando ed elevando la possibilità di concorrere, ma anche la speranza che qualcuno di questi studenti potesse passare appunto la selezione;

   per l'anno scolastico 2017-2018, non è intervenuta alcuna risposta da parte del Ministero attraverso l'ufficio scolastico provinciale e quello regionale e queste ambizioni verso l'insegnamento e l'apprendimento musicale sono state disattese;

   le richieste di istituzione di nuovi indirizzi musicali, quindi, sono state totalmente bloccate in base a parametri che non tengono in alcun conto l'articolazione territoriale della Sardegna, non considerando la viabilità ne l'articolazione istituzionale e della comunità della Sardegna;

   attraverso l'educazione musicale, si può arginare la dispersione scolastica, con proposte educative e didattiche innovative e di grande rilevanza culturale, artistica e sociale;

   nei paesi della Sardegna è nato un motore culturale proprio attraverso questi indirizzi musicali che non solo hanno svolto un'attività nell'ambito di quell'aula didattica ma hanno anche costituito motore culturale dell'intera comunità, come previsto dalla legge;

   la continuità scolastica, con i conservatori della musica o con i licei musicali della Sardegna, va articolata a partire dalle scuole medie, perché è evidente che, se si blocca l'indirizzo musicale nelle scuole medie, conseguentemente si fa mancare la linfa alla fase successiva della formazione didattica dei docenti che, attraverso i conservatori e i licei musicali, possono accrescere la loro capacità di formarsi e di essere elementi cardine di questo progetto –:

   se non ritengano di dover valutare, di assumere iniziative per l'utilizzo delle risorse del Fondo unico dello spettacolo anche a favore di quelle realtà che ambiscono all'incremento della formazione musicale, a partire dal soddisfacimento delle legittime richieste dei territori di istituire nuovi corsi scolastici e di utilizzare parametri che tengano, comunque, conto delle specifiche realtà;

   se non ritengano di dover assumere iniziative per tutelare, con progetti finanziabili con il Fondo unico dello spettacolo, la formazione musicale nelle realtà identitarie come la più importante minoranza linguistica del Paese;
(2-02000) «Pili».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Bettona (Perugia) è stato uno dei comuni umbri colpiti dagli eventi sismici del 1982 e 1984, a seguito dei quali ha ricevuto alcuni contributi pubblici destinati alle opere di ricostruzione ed adeguamento sismico;

   in particolare, la regione Umbria, secondo quanto si evince dalla determinazione dirigenziale del 26 giugno 2000, ha impegnato una cifra pari a 771.556.357 euro al fine di realizzare lavori di ripristino della scuola media del capoluogo di Bettona, sita allora in località Sant'Antonio;

   in quella stessa determina sono esplicitati anche tutti gli interventi di messa in sicurezza ed adeguamento previsti dal progetto presentato dal comune di Bettona, articolato in due diversi stralci, comprendenti scavi, demolizioni e rimozioni, nonché opere di consolidamento strutturale dell'edificio;

   a seguito degli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia nel 2016, il plesso scolastico di Sant'Antonio a Bettona – che nel 2016 ospitava unicamente la scuola primaria – è stato dichiarato inagibile e chiuso, con l'ordinanza n. 67 del 2 novembre 2016, emanata dal responsabile dell'area tecnica del comune di Bettona, per gravi carenze strutturali;

   nella delibera del consiglio comunale di Bettona del 15 novembre 2016 vengono riportate le comunicazioni del sindaco a seguito dei terremoti, e si legge in particolare che «il plesso di Sant'Antonio è stato costruito nel 1962 ed è stato realizzato senza il rispetto della normativa sismica, nel corso degli anni non ha mostrato problematiche, ma comunque non ha alcuna caratteristica antisismica e per questo la scuola è stata spostata in un altro plesso più sicuro e consolidato»; anche altre strutture scolastiche del comune, come la Mattone-Mussolini, sono state dichiarate inagibili perché costruite in un periodo antecedente alla normativa sismica;

   da tali dichiarazioni si evincerebbe, a parere dell'interrogante, che né il comune di Bettona, né tantomeno le scuole dello stesso, siano state interessate dagli eventi sismici degli anni ’80 e dalla conseguente opera di ripristino ed adeguamento, come invece la determinazione dirigenziale regionale del 2000 lascia intendere;

   dall'anno scolastico 2000/2001 a quello 2015/2016, quindi, nel plesso scolastico, ex scuola media, di Sant'Antonio a Bettona si sono tenute regolari lezioni in una struttura non a norma sismica e sulla quale sembrerebbero non essere mai stati fatti i lavori di messa in sicurezza previsti, perciò mettendo a rischio l'incolumità degli alunni, dei docenti, del personale ausiliario e dei genitori;

   il Governo, nel progetto #italiasicura, dedica particolare attenzione alla sicurezza dell'edilizia scolastica ed in particolare alla necessità di interventi da progettare o da mettere in cantiere finalizzati alla creazione della Struttura di missione per la riqualificazione dell'edilizia scolastica che coordini e gestisca al meglio tutte le linee di finanziamento specifiche, avviando cantieri e chiudendoli nei tempi previsti, con trasparenza e rendendo accessibile a tutti il monitoraggio del lavoro in corso –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad approfondire la situazione esposta in premessa relativa alla scuola primaria del comune di Bettona;

   se non intenda, come previsto tra l'altro dal progetto #italiasicura, assumere iniziative di competenza al fine di garantire ai cittadini di Bettona degli edifici scolastici sicuri e a norma di legge.
(5-12657)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 2 novembre 2017 è stato acquisito il parere della Conferenza unificata Stato-regioni per il Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini fino ai 6 anni previsto dalla legge n. 107 del 2015 e istituito con il decreto legislativo n. 65 del 2017;

   il piano prevede l'assegnazione alle regioni di 209 milioni di euro che vengono erogati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca direttamente ai comuni beneficiari, in forma singola o associata;

   per il 2017 il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione è ripartito tra le regioni per il 40 per cento in proporzione alla popolazione di età 0-6 anni; per il 50 per cento in proporzione alla percentuale di iscritti ai servizi educativi al 31 dicembre 2015; per il 10 per cento in proporzione alla popolazione di età 3-6 anni, non iscritta alla scuola dell'infanzia statale;

   la ripartizione delle risorse avvantaggia il Centro-nord a cui è assegnato il 74,23 per cento delle risorse, sebbene i bambini residenti in quell'area siano il 65,52 per cento, mentre il Mezzogiorno si dovrà accontentare del 25,77 per cento delle risorse, nonostante la quota dei bambini sia del 34,48 per cento;

   nello specifico alla Campania sono assegnati 13,7 milioni di euro quando, invece, in base alle tabelle presentate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca agli enti locali il 2 ottobre 2017 dovrebbe ricevere un importo pari a 20,2 milioni di euro;

   l'importo sopra citato deriva dai 10,2 milioni di euro della quota fondo proveniente dagli iscritti (pesati al 50 per cento), a cui si aggiungono gli 8,7 milioni di euro derivanti dal numero dei bambini (pesati al 40 per cento), più la quota del 10 per cento (che secondo stime del giornale «Il Mattino» su dati Istat, ammonta a 1,3 milioni di euro);

   non si rintracciano 6,5 milioni di euro destinati ai servizi per l'infanzia della Campania quando invece la ratio della normativa è quella di assegnare risorse aggiuntive a territori dove il gettito fiscale non è sufficiente a sostenere i servizi per l'infanzia;

   la scelta di restringere la platea ai soli iscritti dei nidi (0-3 anni), oltre ad assegnare più risorse a chi ha più servizi, appare all'interrogante in evidente contrasto con l'articolo 12, comma 4 del decreto legislativo n. 65 del 2017 che detta i criteri per il riparto del fondo «sulla base del numero di iscritti, della popolazione di età compresa tra zero e sei anni e di eventuali esigenze di riequilibrio territoriale»;

   con il termine «iscritti» si intende l'intera platea del «sistema integrato di istruzione e formazione» e non una sua parte individuata arbitrariamente;

   ad avviso dell'interrogante, nel piano citato non vi è alcuna misura che sia in grado di attenuare, o superare, le disuguaglianze territoriali ed economiche;

   la Campania è il territorio più penalizzato, considerato che la regione è seconda per numero di bambini e appena settima per risorse assegnate –:

   se il Governo non intenda adottare le opportune iniziative anche di carattere normativo volte a riesaminare le modalità di riparto del fondo citato in premessa nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente;

   se il Governo intenda chiarire adeguatamente le motivazioni in merito alla difformità riscontrate nelle tabelle relative al riparto del suddetto fondo inviate alle regioni e ai comuni il 2 ottobre 2017 e quelle definitive approvate il 2 novembre e quale sia la spiegazione per l'erogazione, sensibilmente ridotta rispetto ai circa 20 milioni di euro previsti, delle risorse destinate ai servizi per l'infanzia della regione Campania;

   quali siano le motivazioni per le quali nei criteri di riparto del fondo non è stata presa in considerazione la differente capacità fiscale tra i territori e sia stata tutelata la fascia di età 3-6 anni a discapito di quella 0-3 anni, nonostante gli espliciti riferimenti previsti nel decreto legislativo n. 65 del 2017.
(4-18416)


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nel 2009 il tribunale di Firenze con sentenza n. 654 dichiarava che la responsabilità per la morte di un minore di 11 anni che veniva investo da un autobus di linea all'uscita della scuola era da ascriversi per il 40 per cento al comune, il 40 per cento all'azienda dei trasporti degli autobus e il restante 20 per cento al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di quanto emerso nel processo penale svoltosi sui medesimi fatti a carico dell'insegnante dell'ultima ora e della preside. Ha condannato il Ministero, perché ai sensi dell'articolo 3 del regolamento d'istituto non doveva essere interrotta la vigilanza della scuola fino all'affidamento dei minori al personale di trasporto o, in mancanza di questo, a soggetti pubblici responsabili. Nel caso di specie i ragazzi appena usciti da scuola sarebbero stati lasciati liberi sulla strada pubblica;

   la recente ordinanza n. 21593 – 2017 della terza sezione civile della Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dal Ministero contro la sentenza n. 1052/2014 della corte d'appello di Firenze del 20 giugno 2014 con la quale si riconosceva e valutava il quantum del danno, ridefinendo le somme riconosciute in primo in euro 244.600 a ciascun genitore e confermava i 70.000 euro al fratello;

   nel dispositivo di ordinanza è scritto chiaramente che, nonostante il giudizio penale nei confronti della preside e dell'insegnante dell'ultima ora si fosse conclusa con sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, emergeva in ogni caso il profilo di colpevolezza degli imputati;

   l'articolo 10 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, prevede che spetta al consiglio di circolo o d'istituto l'adozione del regolamento interno del circolo o dell'istituto, che deve fra l'altro stabilire «le modalità per la vigilanza degli alunni durante l'ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l'uscita dalla medesima»;

   l'articolo 29, comma 5, del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto scuola prevede che «per assicurare l'accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti (...) ad assistere all'uscita degli alunni medesimi»;

   il codice penale prevede, con l'articolo 591, l'abbandono di una persona minore degli anni quattordici e ne individua anche la pena;

   anche qualsiasi forma di liberatoria scritta da parte del genitore con l'obiettivo di sollevare la scuola da ogni responsabilità non è considerata sufficiente: ciò significa che un minore di 14 anni non può essere in alcun modo fatto uscire da scuola se non è consegnato al genitore o ad un maggiorenne delegato dallo stesso oppure a un soggetto responsabile;

   ad avviso dell'interrogante la situazione ha urgente bisogno di essere chiarita attraverso indicazioni operative o regolamentari precise indirizzate a tutte le istituzioni scolastiche, ma anche attraverso nuove norme con l'obiettivo di tutelare contemporaneamente i minori, le istituzioni scolastiche, i genitori e i docenti stessi –:

   se e quali iniziative siano state intraprese o si intendano intraprendere sul piano normativo per trovare una soluzione alla confusione e allo stato d'incertezza di genitori, dirigenti scolastici e docenti riguardo alla custodia dei ragazzi minori di quattordici anni all'uscita da scuola.
(4-18417)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» è stata istituita ai sensi del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149;

   ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 2016, n. 219, l'Ispettorato ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile, è sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al controllo della Corte dei conti;

   l'intervento normativo contenuto nella più complessiva riforma in materia di lavoro meglio nota come Jobs Act, istituendo il nuovo Ispettorato per il lavoro ha inteso accorpare in un unico ente, direzioni territoriali e attività relative alle politiche sociali di Inps e Inail, con l'idea di razionalizzare le risorse e i controlli ispettivi e con l'obiettivo finale di evitare sprechi economici;

   ciò nonostante secondo quanto denunciato dalle rappresentanze sindacali, «l'ente ad oggi, è una scatola vuota, senza risorse e senza senso». Secondo i lavoratori, infatti, l'Agenzia unica verserebbe in condizioni operative e organizzative critiche: scarse risorse ministeriali in termini di strumentazione informatica e banche dati, mancanza di una idonea copertura assicurativa per i rischi oggettivi connessi alla funzione ispettiva, necessità di ampliare il personale e di garantire una formazione adeguata e un generale miglioramento delle condizioni professionali ed economiche;

   ad oggi l'Ispettorato del lavoro conserva una concorrente competenza in materia di sicurezza sul lavoro solo per il settore edile, mentre i servizi ispettivi delle Asl hanno una generale competenza in materia; l'Ispettorato risulta nell'estrema difficoltà di considerare possibile una valutazione dei profili di sicurezza sul lavoro disgiunta dalla verifica dei profili di legittimità dei contratti e dei rapporti di lavoro;

   le organizzazioni dei lavoratori lamentano che l'unificazione dei servizi ispettivi Inps, Inail ed ex direzioni del lavoro sarebbe avvenuta solo sulla carta perché, attualmente, tutti i funzionari ispettivi hanno il medesimo tesserino, posseggono formalmente le stesse competenze ma vengono ubicati nei precedenti uffici, conservando il precedente trattamento economico e normativo;

   la conseguenza è che oggi la condizione è addirittura peggiorata perché sono aumentate le competenze ma non si è parificata la condizione economica e normativa dei funzionari ispettivi dei tre enti. Sempre secondo i lavoratori non sarebbe stata fornita alcuna dotazione informatica idonea ed adatta alle competenze acquisite;

   a mero titolo esemplificativo si segnala che l'indennità di missione riconosciuta al personale ispettivo quando svolge attività in servizio esterno è pari a 0,86 euro all'ora, riconosciuta dopo quattro ore di lavoro. Una indennità che dovrebbe compensare il disagio di un'attività svolta in condizioni atmosferiche non sempre ottimali, in luoghi disagiati ed in orari non consoni, oltre che in condizioni sociali spesso avverse se non addirittura pericolose;

   nonostante e malgrado le condizioni richiamate, l'attività dell'Ispettorato, solo grazie all'impegno profuso dagli stessi lavoratori appare performante, almeno in alcune aree del Paese: ad esempio l'ufficio di Cuneo potrà presentare alla direzione centrale il raggiungimento di tutti gli obiettivi demandati con il recupero di un imponibile contributivo di oltre 5 milioni di euro, il riscontro di oltre 100 lavoratori in nero, svariate decine di falsi lavoratori autonomi e innumerevoli violazioni legate ad una non corretta gestione dei rapporti di lavoro –:

   se il Ministro interrogato non intenda individuare e trasferire risorse adeguate, per valorizzare e migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
(5-12630)


   MAZZOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 421, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) prevede la riduzione delle dotazioni di organico delle amministrazioni pubbliche;

   l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, prevede l'applicazione della disciplina del soprannumero anche alle province; al comma 6 stabilisce che l'amministrazione pubblica, datrice di lavoro, deve procedere alla risoluzione unilaterale del contratto, quando il dipendente possegga i requisiti di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;

   in considerazione di tale norma le province hanno collocato a riposo d'ufficio lavoratori che entro il termine temporale del 31 dicembre 2016, hanno maturato i requisiti anagrafici e contributivi per aver la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo i criteri e le condizioni antecedenti alla riforma realizzata con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (cosiddetta legge Fornero);

   conseguentemente, ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto, i numeri 1 e 2 del suddetto comma 11 stabiliscono una distinzione tra coloro che secondo la disciplina «pre Fornero» hanno maturato i requisiti pensionistici prima del 31 dicembre 2011 e coloro che invece li hanno maturati dopo tale data;

   in buona sostanza, la normativa citata ha prodotto nei confronti dei lavoratori in forza nelle province italiane, collocati a riposo d'ufficio secondo l'articolo 2, comma 11, lettera a), punto 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, una situazione per la quale il lasso di tempo tra collocamento a riposo e percezione del trattamento di fine servizio (Tfs) si è enormemente dilatato, mettendo in discussione, pertanto, la natura stessa del Tfs (che lo determina come strumento atto a consentire al lavoratore di superare le difficoltà economiche conseguenti alla cessazione del trattamento retributivo e garantire, così, un'esistenza libera e dignitosa a se stesso e alla propria famiglia) e fa sorgere perplessità circa la legittimità della scelta del legislatore di far decorrere il termine del pagamento del Tfs non dal pensionamento effettivo, ma da quello teorico individuato in base ad una normativa applicabile, la «legge Fornero», non applicabile –:

   se il Governo intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative normative rapidamente in merito alla evidente criticità riportata in premessa modificando l'articolo 2, comma 11, lettera a) numeri 1 e 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, al fine di ridurre il tempo che intercorre tra collocazione a riposo e percezione del trattamento di fine servizio, situazione che penalizza fortemente i numerosi lavoratori, ex dipendenti delle province interessati da suddetta misura.
(5-12634)


   MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a Cavarzere (Venezia), nel settore tessile, per la stessa attività si sono susseguiti nel tempo cambi societari di aziende con compravendite che sembrerebbero riconducibili in molti casi agli stessi soggetti;

   il sindacato di categoria ha più volte denunciato aspetti poco chiari e dubbi di legalità su un sistema fatto di continue aperture e chiusure aziendali, rilevando tempistiche sospette e percorsi fallimentari che provocano ricadute occupazionali negative e oneri a carico dell'Inps;

   recentemente lo stesso sindacato ha pubblicamente evidenziato la vicenda della «Taglia e Cuci Denim srl»;

   questa azienda sarebbe stata costituita nel luglio 2016 e sarebbe l'ultima di una serie di società che si sono susseguite tra cui «Italia Confezioni srl», «Artigiano del Jeans srl» e «Fashion jeans srl»;

   la proprietà di tali aziende sarebbe in tutti i casi riconducibile alla «AM group srl» e in alcune situazioni alle medesime persone legate tra loro da un rapporto famigliare;

   alcune di queste imprese utilizzavano lavoratrici in nero;

   a seguito delle richieste sindacali di incontro e chiarimento si sono verificate situazioni di tensione, licenziamenti nei confronti delle lavoratrici, cessazione delle attività nonostante commesse in essere e conseguenti spostamenti di macchinari in altri capannoni;

   50 lavoratrici della «Taglia e Cuci Denim srl» sono state licenziate;

   alcune lavoratrici di quelle licenziate, sono state contattate nuovamente dai soggetti sopra richiamati per cominciare nuovamente a lavorare; tali soggetti continuerebbero nel loro percorso di chiusura e apertura delle attività;

   la Guardia di finanza di Cavarzere e l'Inps di Venezia, sono a conoscenza della situazione e sono aggiornati sulle novità e gli sviluppi delle vicende dalle segreterie sindacali territoriali;

   il sindacato è intervenuto nei confronti del sindaco del comune di Cavarzere e del presidente della regione Veneto per richiedere un tavolo di confronto con la società «Taglia e Cuci Denim srl» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire la continuità lavorativa delle lavoratrici della «Taglia e Cuci Denim srl», anche considerando il susseguirsi continuo dei cambi di proprietà di queste società.
(5-12654)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRINA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con l'approvazione dei nuovi piani di organizzazione aziendali strategici la regione Lombardia ha assunto la decisione, a decorrere dal 12 dicembre 2016, di chiudere il pronto soccorso notturno dell'ospedale di Abbiategrasso nella fascia oraria che va dalle ore 20,00 alle ore 8,00 del mattino;

   tale scelta non tiene conto dell'aspetto sociale costituito dalla presenza di un numero elevato di persone anziane, disabili e famiglie che non avendo mezzi propri sono oggettivamente impossibilitati a raggiungere altre strutture di pronto soccorso, anche a causa dei mezzi pubblici che di giorno sono inaffidabili e di notte non effettuano il servizio. Risulta inoltre, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con le linee guida contenute nel decreto ministeriale n. 70 del 2015 e incoerente ed incompatibile con il principio fondamentale espresso nello stesso che stabilisce in primis la «centralità del paziente e il rispetto della dignità della persona»;

   il decreto ministeriale n. 70 del 2015 nel fissare i criteri, prevede e recita testualmente:

    che obiettivi di politica sanitaria debbano rispondere ai bisogni con adeguatezza ed in questa logica che «l'uso appropriato delle risorse deve rispondere più efficacemente ai bisogni concreti della popolazione anziana e non autosufficiente»;

    che la «missione assistenziale affidata agli ospedali è la presa in carico dei pazienti, garantendo i richiesti livelli di qualità rapportandosi con maggiore specificità ai contesti sociali inseriti nella rete di offerta»;

    che «I presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, salvo quanto previsto dal successivo punto 9.2.2, sono strutture dotate di sede di Pronto soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità sulle 24 ore di Radiologia, Laboratorio, Emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “Osservazione Breve Intensiva”»;

   il distretto dell'Abbiatense rientra nel bacino d'utenza e nei parametri fissati dal citato decreto ministeriale avendo una popolazione di 83.000 abitanti (il POAS ha sottratto al distretto i comuni di Corsico e Trezzano sul Naviglio, con cui si raggiungevano i 155 mila abitanti). Va aggiunto che rispetto ai quattro presidi ospedalieri della ASST Ovest Milano, l'ospedale di Abbiategrasso si colloca in un'area territoriale più vasta pari a 207 chilometri quadrati. Con la chiusura notturna del pronto soccorso, di fatto, la percorrenza dal comune più lontano (Motta Visconti) al primo pronto soccorso disponibile (Magenta) è di 41 chilometri con un tempo di percorrenza, compreso quello impiegato dalla prima autoambulanza disponibile (Abbiategrasso), pari a più di 1 ora per raggiungere il luogo dell'emergenza. L'aver determinato la chiusura del pronto soccorso di Abbiategrasso, inoltre, ha provocato una situazione critica di sovraffollamento del pronto soccorso di Magenta;

   tale richiesta interpreta la volontà popolare espressa nelle 11.163 firme raccolte e dei deliberati dei quindici consigli comunali dei comuni del distretto;

   negli ultimi anni sull'ospedale di Abbiategrasso sono stati investiti circa 30 milioni di euro per il suo ampliamento compresi i nuovi circa 1.000 metri quadrati del pronto soccorso;

   infine tale provvedimento appare in contrasto l'articolo 2 della Costituzionale secondo cui «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. La legge non può in nessun caso violare i limiti i posti dal rispetto della persona umana» –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, intenda assumere per avviare un monitoraggio delle criticità connesse al riordino delle reti ospedaliere e per verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e della piena attuazione delle indicazioni contenute nel decreto ministeriale n. 70 del 2015, a partire dal caso della Lombardia.
(5-12653)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, VACCA, DEL GROSSO, COLLETTI e LIUZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) è rivolto a tutti i cittadini residenti nell'ambito territoriale di appartenenza di un presidio sanitario e ha la funzione di garantire la continuità assistenziale del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nelle ore in cui questo servizio non è garantito, quindi in orari considerati d'urgenza, ovvero dalle ore 20,00 alle ore 8,00 di tutti i giorni e dalle ore 10,00 del giorno prefestivo alle 8,00 del giorno successivo a quello festivo;

   il rapporto di lavoro tra i medici di continuità assistenziale (guardia medica) e le aziende sanitarie locali è normato dall'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni;

   quello attualmente in vigore è stato firmato in data 27 maggio 2009 e fa riferimento al quadriennio normativo 2006-2009, biennio economico 2006-2007 ed, essendo al momento ancora in fase di discussione il suo rinnovo, esso risulta essere a tutti gli effetti ancora vigente;

   all'articolo 2 del suddetto accordo sono definiti i livelli di contrattazione che, in virtù anche delle modifiche al titolo V della Costituzione, ne prevedono tre. Essi sono nazionale (ACN), regionale (AIR) ed aziendale;

   all'articolo 8 è indicata e normata la «Struttura del compenso», con relativa previsione di remunerazioni aggiuntive a quanto concordato a livello nazionale con modalità stabilite dalle parti sindacali, regionali e di Asl;

   le regioni Abruzzo, Basilicata, Campania e Molise hanno previsto per i medici di continuità assistenziale un compenso aggiuntivo legato ai rischi e alla tipologia dell'incarico all'interno dell'accordo integrativo regionale;

   secondo la procura della Corte dei conti, questi accordi sarebbero in contrasto con l'accordo collettivo nazionale nel quale si parla di «onorario omnicomprensivo orario». Dopo tali rilievi, le singole regioni coinvolte non solo hanno deliberato la sospensione degli accordi integrativi regionali relativi ai medici di continuità assistenziale, ma hanno prospettato anche la necessità della restituzione delle somme fino ad ora percepite;

   a seguito dell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-12315 dell'onorevole Amato, avente ad oggetto tale problematica, il Governo ha risposto «Per quanto concerne il profilo economico, faccio presente che è in fase di valutazione la possibilità di avviare un approfondimento con le regioni al fine di individuare, anche alla luce dei rilievi mossi dalla Corte dei conti, le soluzioni più idonee compatibili con l'ordinamento vigente» –:

   se sia stato avviato l'approfondimento con le regioni, alla luce dei rilievi mossi dalla Corte dei conti descritti in premessa, e quali soluzioni siano state individuate;

   se alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze e in sinergia con le regioni, per evitare azioni di rivalsa nei confronti dei singoli medici.
(5-12655)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la puntata di Report del 30 ottobre 2017 ha focalizzato l'attenzione sul problema di contaminazione da glifosato della pasta commercializzata in Italia, a fronte del massiccio uso del diserbante nella produzione del grano estero, proveniente soprattutto dal Canada;

   il glifosato è un probabile cancerogeno per l'uomo secondo lo Iarc e il prossimo 9 novembre 2017 la Commissione dovrà votare per la sua ri-autorizzazione in Europa. Alcuni esponenti del Parlamento europeo, tra cui i portavoce del Movimento 5 Stelle, hanno espresso la propria opposizione alla proposta di rinnovo dell'autorizzazione per altri 10 anni in Commissione Envi, tramite una mozione volta a promuovere il superamento nell'uso del glifosato nel più breve tempo possibile e non oltre il 2020, suggerendo la necessità di un controllo degli alimenti e delle matrici ambientali e finanziando adeguati studi scientifici verso la formulazione di alternative ecologiche a tale sostanza;

   la trasmissione televisiva ha avvertito sulla presenza di glifosato e del suo metabolita Ampa nella pasta italiana, in concentrazioni inferiori ai limiti di legge fissati in Italia (10 mg/kg) per quello che concerne il grano, consentendo un'assunzione, tramite la pasta, di quantità di glifosato al di sotto dei limiti di soglia giornalieri fissati dall'Efsa (0,5 mg/kg di peso corporeo). Tale previsione andrebbero però, a giudizio degli interroganti, valutata in un quadro più complesso che includa la considerazione della presenza del glifosato in altre sostanze diverse dalla pasta e del largo utilizzo di tale cereale nell'alimentazione italiana;

   la valutazione dell'Efsa sulla tossicità del glifosato, condotta sulla sola sostanza attiva – senza dunque la presenza di co-formulanti o additivi – ha reputato il principio attivo non cancerogeno e stabilito una dose giornaliera accettabile di 0,5 mg/kg peso. L'Efsa comunque non ignora la tossicità del glifosato e raccomanda, nell'ultimo rapporto sui residui di pesticidi in Europa, agli Stati membri di estendere le analisi sui residui del glifosato, cercando, nel contempo, di sviluppare i metodi analitici esistenti per il controllo del glifosato e dei suoi metaboliti;

   in Italia uno studio sul glifosato è stato condotto dall'Istituto Ramazzini che, come emerge dalla stessa trasmissione televisiva, avverte sulla pericolosità del pesticida, spesso sottostimata, per le fasce più deboli, bambini, anziani e donne incinte, per i quali non sarebbero stabiliti limiti sicuri di esposizione. La dottoressa Belpoggi, responsabile dell'Istituto, afferma che non esistano dosi di esposizione senza rischio e che la stessa esposizione a basse dosi procurerebbe, anche a quantità ritenute sicure (ADI USA) e per un periodo espositivo relativamente breve, alterazioni allo sviluppo sessuale, alla flora batterica intestinale, effetti genotossici, nonché gravi effetti sulla salute, che potrebbero manifestarsi anche con patologie oncologiche a lungo termine. La considerazione del glifosato da parte dell'istituto come tossico interferente endocrino e cancerogeno avrebbe indotto il Ministro Martina a non aderire a un rinnovo dell'autorizzazione all'uso della sostanza per altri 10 anni;

   il grano italiano per legge non può essere trattato con glifosato, come da decreto ministeriale del 22 agosto 2016, in pre-raccolta, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura. La produzione risulta, inoltre, essere in diminuzione, tanto che la maggior parte del grano viene importato dall'estero;

   i controlli sistematici sulla presenza di glifosato nel grano di importazione non sono previsti per legge e non esiste una sistematica valutazione dei prodotti finiti in relazione all'ammontare dei residui dei pesticidi –:

   se i Ministri interrogati non intendano farsi promotori, nelle sedi competenti, di un'iniziativa per l'indicazione in etichetta dell'eventuale presenza del glifosato nella pasta, in considerazione del largo consumo di questo prodotto nell'alimentazione italiana che suggerirebbe una revisione della dose quotidiana ammissibile in relazione alle abitudini alimentari degli italiani;

   se i Ministri non intendano promuovere un monitoraggio adeguato dei prodotti alimentari in relazione alla presenza dei pesticidi, glifosato in primis, nell'ambito dei controlli effettuati dalle autorità preposte sul territorio;

   se il Governo non intenda sostenere in sede europea la necessità di un superamento dell'uso del glifosato nel più breve tempo possibile e non oltre il 2020.
(4-18402)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Piccolo di Trieste, nell'articolo del 10 agosto 2017, ha informato che «a San Dorligo della Valle, in provincia di Trieste, dopo mesi di attesa caratterizzati dalle proteste di centinaia di residenti, in particolare di coloro che vivono nei pressi dei serbatoi dell'azienda Siot e dello stabilimento della Wärtsilä, si è insediato il tavolo tecnico che l'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Sandy Klun, ha proposto di instaurare con la collaborazione dell'Arpa Fvg»;

   l'istituzione del tavolo «è stata la prima risposta concreta alla raccolta di firme promossa dai residenti. Klun, fin dall'inizio del mandato, ha istituito differenti commissioni consiliari, fra esse, anche quella che si occupa dell'ambiente. Nello specifico, l'organo consiliare si è occupato del fenomeno delle molestie olfattive. Con l'apporto dei suoi componenti e la collaborazione di un gruppo di cittadini ha effettuato una raccolta dati per sei mesi, che ha ulteriormente evidenziato la vasta diffusione del fenomeno, giudicato insopportabile da molti residenti»;

   Il quotidiano triestino, il 21 ottobre 2017, ha riportato il preoccupante dato dell'inquinamento olfattivo presente nel territorio, specificando che è «ben oltre i limiti di legge, in misura superiore al 2 per cento». Tale dato è emerso «nel corso della prima riunione ufficiale sul caso “odori” in scia al tavolo tecnico organizzato dal Comune e promosso dalla Commissione consiliare per l'Ambiente. Nel corso della riunione, è stato sottolineato che (...) il problema è grave, sussiste da tempo, da più di dieci anni per essere precisi, e, davanti alle proteste della cittadinanza, è ferma intenzione dell'amministrazione fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per contenere e ridurre il fenomeno. Il dato dell'inquinamento da odore olfattivo è stato analizzato dai rappresentanti dell'Arpa Fvg che, nei primi mesi di quest'anno ha effettuato le rilevazioni, con il coinvolgimento dei residenti»;

   nello specifico, Alessandra Pillon, collaboratore tecnico professionale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia ha dichiarato come «esiste un disagio olfattivo conclamato a San Dorligo della Valle perché, seguendo le linee guida predisposte dalla regione Lombardia e adottate in tutta Italia, il limite del parametro che lo configura è fissato al 2 per cento e in questo Comune siamo ben al di sopra»;

   Luciano Agapito, Direttore regionale del Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Direzione centrale ambiente ed energia, ha ribadito che «anche in Friuli Venezia Giulia vigono le regole applicate dalla regione Lombardia». «Le sorgenti della “molestia” sono molto probabilmente individuabili nell'ambito delle attività produttive delle aziende che operano nel territorio. A conferma della generale situazione di disagio per le persone residenti, Alessio Lilli direttore della Siot, ha confermato che il problema dei disturbi olfattivi è recepito anche all'interno della Siot da parte dei dipendenti, ricordando che negli ultimi 10 anni, comunque, l'azienda “ha investito più di un milione e 600 mila euro per la mitigazione degli odori, affidando anche uno specifico studio alla locale Università”. Il direttore ha infine precisato che “talvolta le segnalazioni riguardano emissioni che non provengono dalla Siot stessa”» –:

   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione i fatti esposti e ritenga opportuno, di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia, assumere iniziative, per il tramite dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e l'Istituto superiore di sanità, al fine di contribuire ad individuare con precisione l'origine dell'inquinamento olfattivo, e quali iniziative di competenza intenda attuare a tutela della salute pubblica.
(4-18415)


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il vaccino Salk (IPV) inattivato fu introdotto negli USA nel 1955 ma subito gravato dall’«incidente di Cutter», dal nome della casa farmaceutica Cutter di Berkeley, in California, che aveva distribuito una partita di vaccino contenente un virus non del tutto inattivato, causando 204 casi di poliomielite, 79 dei quali bambini direttamente vaccinati ed i restanti familiari contagiati dal virus diffuso dai bambini, ed 11 decessi;

   in Italia il vaccino Salk venne adottato nel 1957 e si aprì una intensa campagna per la vaccinazione di persone da 0 a 20 anni;

   contemporaneamente, in quegli anni, si registra un picco di casi di poliomielite, da quattromila a ottomila, molti insorti successivamente all'iniezione di vaccino Salk;

   uno di questi è il caso del signor A.C., nato a Frosinone nel 1957 esente da malformazioni ed in buona salute e con uno sviluppo psicofisico nella norma fino al compimento del primo anno di vita;

   nel mese di novembre 1958, all'età di 11 mesi, il signor A.C. veniva sottoposto a vaccinazione antipolio e, pochi giorni dopo, dinanzi al persistere di febbre e malessere generale, trasportato dalla madre presso il pronto soccorso dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, dove veniva ricoverato con diagnosi di poliomielite anteriore acuta, forma spinale con paresi delle vie respiratorie e broncopolmonite;

   la degenza del signor A.C. presso l'ospedale Bambin Gesù di Roma è stata dal 13 novembre 1958 al 23 dicembre 1958;

   nel gennaio 1959 il signor A.C. veniva ricoverato presso la casa cura Lux et Amor di Roma, dove vi è rimasto per 16 anni, fino al giugno del 1975; all'atto del ricovero la diagnosi era di «paralisi arti superiori e deficit dei muscoli addominali e degli arti inferiori per esito di P.A.A. (poliomielite anteriore acuta)»;

   in data 18 aprile 2006 il signor A.C. presentava istanza di richiesta indennizzo per vaccinazione antipolio, ad oggi ancora non riconosciuta, nonostante una relazione del medico legale in tema di indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, a causa dell'impossibilità per il signor A.C., anche alla luce del lungo lasso di tempo trascorso, di reperire la documentazione relativa al certificato vaccinale;

   allo stato attuale il signor A.C. si muove con l'ausilio di una sedia a rotelle; è stato riconosciuto invalido al 100 per cento con totale e permanente inabilità lavorativa e impossibilitato a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore –:

   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda descritta in premessa;

   se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per riconoscere la corresponsione dell'indennizzo di cui alla legge n. 201 del 1992 anche nei casi di comprovato nesso causale tra vaccinazione e malattia contratta, derivante da altra e ulteriore documentazione rispetto al certificato vaccinale mancante.
(4-18420)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, COMINARDI e LOMBARDI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 339 della legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha introdotto la possibilità per i genitori lavoratori dipendenti di fruire del congedo parentale in modalità oraria previa definizione, in sede di contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione, dei criteri di calcolo della base oraria e dell'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa;

   con il decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 80, il legislatore è intervenuto sull'articolo 32 del decreto n. 151 del 2001, introducendo un criterio generale, in assenza di una contrattazione collettiva che disciplini il congedo parentale su base oraria, secondo il quale i genitori lavoratori dipendenti possono fruire del congedo parentale ad ore in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale;

   il genitore che voglia esercitare il diritto di fruire del congedo parentale a ore è tenuto a informare il datore di lavoro con un termine di preavviso pari a 2 giorni; ciò, in altre parole, significa che il lavoratore può aspettare a decidere, e comunicare la fruizione del congedo su base oraria fino a 2 giorni prima del giorno di fruizione stesso;

   la norma è applicabile anche ai lavoratori dipendenti dalle amministrazioni pubbliche;

   la complessità della disciplina del congedo parentale - determinata dalle differenti modalità di fruizione, dalla diversità di fonti, che oggi possono disciplinare questo istituto, ha spinto l'Inps ad emanare la circolare 591, n. 152 del 18 agosto 2015 con la quale afferma che: «Ai fini del congedo parentale su base oraria, la contrattazione deve prevedere anche l'equiparazione di un monte ore alla singola giornata lavorativa. In assenza di contrattazione, la giornata di congedo parentale si determina prendendo a riferimento l'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale (ossia lo stesso periodo preso a riferimento dal citato articolo 23 per il calcolo dell'indennità). In assenza di ulteriori specificazioni di legge, per orario medio giornaliero si intende l'orario medio giornaliero contrattualmente previsto. In tale caso, il congedo orario è fruibile in misura pari alla metà di tale orario medio giornaliero»;

   eppure nelle more del rinnovo dei contratti collettivi aggiornati alle disposizione del decreto legislativo n. 80 del 2015 ovvero in assenza di una contrattazione di settore in tema di modalità e criteri di fruizione dei congedi parentali su base oraria, le amministrazioni pubbliche, in particolare gli enti regionali, hanno dettato disposizioni regolamentari o di servizio in tema di modalità di fruizione dei congedi parentali su base oraria e giornaliera diversificate, spesso non uniformi e che talvolta rendono di non facile «fruizione» il beneficio del congedo per le donne lavoratrici e che in alcuni casi comportano una eccessiva compressione della facoltà di fruire di tali congedi ovvero interpretazioni della normativa non sempre conformi alla «ratio» di favor che dovrebbe animare l'accesso a tali strumenti in funzione delle esigenze di cura e di famiglia della donna lavoratrice che li richiede –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare nelle amministrazioni pubbliche, in assenza di contrattazione di settore ovvero in attesa del rinnovo dei contratti, una interpretazione dei criteri e delle modalità attuative delle disposizioni in tema di congedi parentali su base oraria quanto più possibile favorevole alle esigenze della donna lavoratrice che li richiede e conforme alla previsione normativa dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001.
(4-18409)


   FITZGERALD NISSOLI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, CENTEMERO, CRIMI, GARNERO SANTANCHÈ, LABRIOLA, LAFFRANCO, LONGO e POLIDORI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il piano di Crescita digitale 2014-2020, rilasciato dall'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid) in attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale europea, prevede un investimento di risorse, nel periodo di riferimento, pari a circa 4,5 miliardi di euro reperiti da fondi nazionali, Fesr OT2, Feasr, Pon Metro, Pon Governance e Fsc;

   la dimensione dell'impatto che il piano avrà sull'intero sistema Paese è importante, considerando che tra gli obiettivi è prevista anche la realizzazione di Italia Login, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente e del sistema pubblico di identità digitale, infrastrutture che mirano alla tanto auspicata svolta verso il digitale del rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione, finalizzata a garantire l'erogazione sicura di servizi e prestazioni secondo modalità snelle, veloci ed efficienti;

   il piano di crescita predisposto dall'Agid si incentra su alcuni settori verticali quali ad esempio sanità, scuola e giustizia digitali. Tra gli stakeholder del piano, oltre alle amministrazioni centrali dello Stato, si individuano solo quelle locali: non si registra alcuna attività, supporto, evoluzione e sviluppo di sistemi digitali destinati all'erogazione dei servizi destinati anche ai connazionali residenti all'estero né nella piattaforma Italia Login è previsto alcun riferimento all'evoluzione dei servizi consolari;

   i connazionali residenti all'estero, iscritti nell'apposito registro dell'Aire, hanno oramai raggiunto la soglia dei 5 milioni di persone, per i quali, peraltro, la rete consolare rappresenta l'unico vero punto di contatto con l'Italia, mancando ogni altro punto di contatto, anche digitale;

   è quanto mai fondamentale evitare che l'opportunità di una svolta digitale si trasformi nell'ennesima occasione per confermare l'oramai cronicizzata disparità di trattamento tra connazionali residenti all'estero rispetto a quelli residenti in Italia, a danno dei primi;

   i connazionali che vivono e lavorano all'estero rappresentano una risorsa culturale ed economica, anche in termini di prodotto interno lordo generato, che è a tutti gli effetti parte determinante del «sistema Italia» e a cui deve essere riconosciuta pari dignità e parità di accesso alle opportunità che il Paese offre e non più solo una gestione esercitata con risorse residuali –:

   quante delle risorse del piano summenzionato, e a partire da quale data, siano destinate al rafforzamento digitale della rete consolare;

   se e quando verranno completamente digitalizzati tutti i servizi gestiti dalla rete consolare, anche per conto di altre amministrazioni;

   se e quando verrà assicurata la possibilità ai connazionali residenti all'estero di poter richiedere l'identità digitale – Spid;

   se e quando verrà finalmente ristrutturata l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero con l'inclusione dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente;

   se e quando verrà assicurata la possibilità ai connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero di richiedere la carta di identità elettronica;

   se e quando la rete consolare sarà abilitata a rilasciare il codice fiscale ai connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero con modalità effettivamente digitali e contestualmente alla richiesta, evitando le inutili lungaggini della procedura attualmente in uso e ancora non completamente digitalizzata.
(4-18412)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein) relativa ai servizi nel mercato interno stabilisce che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applichino una procedura di selezione tra i candidati potenziali;

   il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, dando attuazione della direttiva Bolkestein, ne ha esteso l'applicazione anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, ritenendole «risorsa naturale» limitata;

   il citato provvedimento, oltre a stabilire in generale l'obbligo di prevedere procedure selettive, la limitazione della durata delle autorizzazioni, il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni e di accordare vantaggi al prestatore uscente, ha specificamente rinviato ad una intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali l'individuazione dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere;

   l'accordo sancito in data 5 luglio 2012 in sede di Conferenza unificata ha stabilito una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i 9 e i 12 anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;

   il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, (cosiddetto «decreto milleproroghe»), ha da ultimo prorogato il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2018, fino a tale data, al fine di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione nelle procedure di assegnazione sull'intero territorio nazionale;

   il decreto legislativo n. 59 del 2010, inoltre, ha esteso la possibilità di esercitare il commercio ambulante su area pubblica, tradizionalmente svolto da microimprese spesso a conduzione familiare, anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone, aprendo di fatto il settore anche a imprese straniere e multinazionali;

   le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 59 del 2010 non sembrano tenere pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, che affianca attività di commercio svolte su posteggio fisso ad attività svolte in forma itinerante e con turnazioni, e che coinvolge non solo i centri storici e i tradizionali mercati rionali, ma anche aree periferiche meno qualificabili come limitate;

   la Commissione X della Camera, nel novembre 2015, ha approvato una risoluzione che impegnava il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro, riunitosi in realtà solo il 3 novembre del 2016, con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi interessati e delle associazioni di categoria, per approfondire la tematica;

   il 13 settembre 2017 la Camera dei deputati ha approvato la mozione 1-01542, a prima firma Donati (PD), con cui si impegna il Governo, oltre che a promuovere proposte in sede di Unione europea per meglio definire la portata e gli effetti della direttiva Bolkestein rispetto al commercio ambulante, a costituire rapidamente un nuovo tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e i rappresentanti degli enti locali per studiare, considerando anche la situazione in essere, interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali, tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante –:

   quali siano le risultanze del tavolo istituzionale convocato il 3 novembre 2016 e quali iniziative il Ministro interpellato abbia già posto in essere per dare seguito all'impegno assunto dal Governo il 13 settembre 2017 e consentire l'individuazione degli strumenti più opportuni per risolvere urgentemente le problematiche di ordine economico e sociale inerenti all'esercizio del commercio ambulante su aree pubbliche sorte a seguito dell'applicazione della direttiva Bolkestein.
(2-02004) «Donati, Becattini, Dallai, Ermini, Mariano, Impegno, Nardi, Richetti, Barbanti, Lavagno, Piazzoni, Vico, Paris, Manfredi, Tartaglione, Basso, Valeria Valente, Fiano, Di Salvo, Capozzolo, Crimì, Magorno, Morani, Famiglietti, Cuomo, Di Lello, Antezza, Villecco Calipari, Burtone, Tino Iannuzzi, Paola Bragantini, Iacono, Boccia».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di giornali che esiste una lettera testamento tra i documenti acquisiti dalla procura di Potenza che indaga sull'inquinamento del Centro olio dell'Eni di Viggiano (Potenza) dell'ingegnere Gianluca Griffa ex responsabile dello stabilimento lucano, scomparso e poi trovato impiccato misteriosamente nell'agosto 2013;

   il contenuto della lettera, rivelato dal quotidiano La Nuova del Sud riporta la denuncia di Gianluca Griffa ai carabinieri di Viggiano e agli ispettori di polizia mineraria (Unmig) del Ministero dello sviluppo economico, effettuata dallo stesso poco prima di suicidarsi; da tale denuncia si evince che le prime fuoriuscite di greggio dai serbatoi del Centro olio dell'Eni di Viggiano sarebbero avvenute nel 2012. Ma «per ordini superiori» sono state «nascoste», per non dover fermare la produzione, fino a gennaio di quest'anno, quando un affioramento casuale nelle vasche del depuratore del Consorzio industriale ha portato alla scoperta di almeno 400 tonnellate di greggio colate nel terreno tra l'impianto e la falda acquifera sottostante;

   nelle scorse settimane i pm della procura di Potenza hanno acquisito il documento nel fascicolo dell'inchiesta, tuttora aperta, sulle attività di Eni in Val d'Agri, per cui avevano disposto di sentire tutti i dipendenti che si sono avvicendati in Basilicata negli ultimi anni, e raccogliere informazioni sulle loro attuali condizioni di salute;

   l'ingegnere motiva il gesto compiuto come la conclusione di «vari tentativi falliti di far convergere l'azienda a più miti consigli» sulla gestione dell'impianto di Viggiano, riducendo la produzione se non fermandola del tutto per avviare una serie di verifiche sulle criticità esistenti;

   a preoccuparlo, infatti, erano proprio i livelli eccessivi di corrosione dei serbatoi, ma anche le «perdite di processo» di sostanze pericolose utilizzate in una delle due linee di trattamento del gas estratto assieme al greggio, che tornerebbero in circolo senza possibilità di eliminarle e smaltirle regolarmente;

   a distanza di 3 anni, proprio la presenza di sostanze pericolose tra i reflui inviati in parte al pozzo Costa molina 2, nel comune di Montemurro, per essere reiniettati in profondità, e in parte in vari depuratori sparsi per mezza Italia, è finita al centro dell'inchiesta dei pm di Potenza su un presunto traffico illecito di rifiuti tra altri dirigenti della compagnia e i responsabili degli impianti di smaltimento. Più di recente, inoltre, lo stesso problema ha portato alla sospensione, da parte della regione Basilicata, dell'autorizzazione alla reiniezione, in attesa di chiarimenti da parte della società;

   all'epoca, però, l'ingegnere era convinto che «se fosse emerso il problema all'esterno» sarebbe stato considerato lui l'unico responsabile. Per questo, si biasimava per non essere riuscito a convincere i suoi capi, a Viggiano e a Milano, di rallentare le attività;

   Griffa descrive, un primo incontro avvenuto in Val d'Agri a febbraio del 2013, alla presenza dei dirigenti locali della compagnia e di altri inviati dalla sede centrale, in cui il suo tentativo di portare «allo scoperto» le questioni esistenti sarebbe stato stoppato bruscamente, anzi spiega di essere stato tenuto all'oscuro delle perdite dai suoi superiori e aggiunge di essersi informato per le vie brevi, anche sui risultati delle analisi effettuate dopo due incidenti, assieme all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente nei pozzetti attorno all'impianto che all'epoca, però, non avrebbero segnalato nulla di allarmante;

   invece per tutti gli altri l'obiettivo era aumentare la produzione, confidando che, una volta entrata in funzione la seconda linea di trattamento del gas, «i problemi si sarebbero risolti da soli»;

   lo stesso poi però aggiunge di non essersi lasciato scoraggiare e di aver imposto «in 2-3 occasioni» ai tecnici che riducessero la portata dell'impianto all'insaputa dei capi. Salvo scoprire che non appena si assentava venivano ripristinate le vecchie impostazioni, per poi sentirsi dire che con le sue preoccupazioni sullo stato dei serbatoi metteva solo «ansia nel sistema»;

   le sue preoccupazioni gli sarebbero costate ferie forzate, rimozione dall'incarico e una convocazione nella sede di Milano il 22 luglio 2013. Ma quattro giorni dopo il giovane ingegnere piemontese fece perdere le sue tracce. Fu trovato impiccato in circostanze non del tutto chiare in un bosco di Montà d'Alba in provincia di Cuneo;

   una vicenda drammatica e sconcertante in un quadro che getta ombre sempre più lunghe sulla gestione politico-amministrativa della vicenda petrolio nella regione Basilicata e soprattutto desta non pochi legittimi e gravi sospetti sull'operato di questi anni di Eni ed anche di chi doveva controllare –:

   come intenda adoperarsi il Governo, per quanto di competenza, affinché ogni elemento utile a chiarire la vicenda di cui sia in possesso sia fornito alla magistratura;

   se presso il Ministero dello sviluppo economico, tramite l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, durante le ispezioni e le attività di polizia mineraria in questi anni siano state rilevate in merito al Centro Olii dell'Eni di Viggiano, perdite di greggio o mancanze costruttive dell'impianto.
(2-02003) «Crippa, Liuzzi, Vallascas, Cancelleri, Da Villa, Della Valle, Fantinati».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELL'ORCO, DALL'OSSO, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI e LOMBARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Vapor Europe, ditta di Sassuolo produttrice di porte per treni e metro, è parte della multinazionale americana Wabtec che di recente ha acquisito la multinazionale francese Faiveley. Secondo quanto riportato sulla stampa dai sindacati, Wabtec, dopo la fusione con Faiveley, ha trasferito nella Repubblica ceca la produzione delle porte MP14 assegnate inizialmente a Vapor Europe con l'intenzione di trasferire definitivamente l'intera produzione fuori dall'Italia, relegando il sito di Sassuolo a mera assistenza post commerciale. A conferma di tali intenzioni l'azienda, che non risulta soffrire di problemi di natura economica e con commesse in atto, ha aperto deliberatamente le procedure di licenziamento per 30 dei 50 dipendenti. I lavoratori hanno conseguentemente, proclamato lo sciopero e il presidio permanente davanti allo stabilimento;

   il tavolo di confronto con l'azienda, aperto a livello regionale e svoltosi il 26 ottobre 2017, non risulta aver portato ad accordi fruttuosi ed è stata pertanto chiesta l'apertura di un tavolo istituzionale a livello ministeriale;

   i lavoratori sostengono che sarebbe utile attivare vincoli di local content nei bandi delle maggiori aziende di trasporto che operano in Italia, al fine di garantire la produzione di almeno parte dei treni in Italia, così come fatto in altri Paesi europei e anche da una multinazionale italiana, quale l'Eni, nei Paesi in via di sviluppo;

   il Ministro dello sviluppo economico è stato tra l'altro promotore insieme a Francia e Germania della nuova proposta di regolamento dell'Unione europea e presentata il 13 settembre 2017 [COM(2017) 487 final], che istituisce un quadro di riferimento per i meccanismi di controllo degli investimenti esteri diretti (IED) –:

   se il Governo intenda assumere iniziative che tengano conto della strategicità della Vapor Europe come azienda che opera in un settore chiave quale quello del trasporto su ferro e quali strumenti intenda mettere in campo per tutelare gli interessi dei lavoratori;

   se sia allo studio un'iniziativa a livello nazionale che estenda, al massimo del perimetro consentito dalla suddetta proposta di regolamento dell'Unione europea, la possibilità di intervento del Governo in casi come quello in premessa, in cui le politiche industriali di una multinazionale extraeuropea creano evidenti disequilibri economici all'interno dei Paesi europei;

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per garantire che i bandi per la fornitura delle vetture delle maggiori aziende di trasporto che operano in Italia introducano vincoli di local content che garantiscano la produzione di almeno parte dei treni in Italia.
(5-12629)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 31 ottobre 2017 scadeva il termine massimo fissato dall’Addendum all'Accordo del 2015 per le acciaierie di Piombino (ex Lucchini) tra il Governo e Aferpi (gruppo Cevital) sull'individuazione di un partner industriale o sulla presentazione di un piano industriale con finanziamenti certi, la cui stipula a fine giugno 2017 è stata necessaria a seguito dell'inadempimento da parte di Aferpi in ordine all'attuazione degli investimenti previsti nel programma industriale;

   l’Addendum siglato prevedeva:

    a) il prolungamento fino al 30 giugno 2019 del periodo di sorveglianza da parte degli organi della procedura di amministrazione straordinaria, sulla base di un piano di azione che definiva il cronoprogramma dei nuovi impegni;

    b) l'impegno di Cevital/Aferpi, a individuare, entro il 31 ottobre 2017, una partnership per la parte siderurgica del progetto Piombino o a presentare, nello stesso termine, un piano industriale con evidenza delle fonti di finanziamento certe;

    c) l'impegno di Aferpi a riprendere l'attività produttiva con le tempistiche del piano di Alone che prevedeva:

     per la parte siderurgica, la ripresa dell'attività di laminazione ad agosto 2017 per le rotaie ad ottobre 2017 per barre e vergella;

     un piano di liberazione delle aree: smantellamento degli impianti piccoli con fine lavori a settembre 2017 e assegnazione degli ordini entro ottobre 2017; per lo smantellamento di grandi impianti, era stata fissata la fine lavori nell'ottobre 2019;

     la verifica ad ottobre 2017 sull'emissione degli ordini e successivamente ogni sei mesi a partire da gennaio 2018;

   per la parte logistica e agroalimentare, Aferpi si impegna a presentare le relative proposte operative entro sei mesi dalla approvazione del piano siderurgico;

   gli impegni di Aferpi indicati nell’Addendum, a quanto risulta all'interrogante, non sarebbero stati rispettati;

   la violazione di quanto inserito nell’Addendum in merito alla ripresa produttiva, alla ricerca della partnership ed alla presentazione del piano industriale è un grave inadempimento di Aferpi e quindi causa di risoluzione dell'accordo;

   l'unico atto formale prodotto da Aferpi rispetto all’Addendum, con il risultato di dilazionare ulteriormente i tempi, è stato l'invio di una lettera in cui annunciava al Governo di avere una trattativa in corso con un partner industriale;

   il Ministro interrogato ha ritenuto insufficiente la lettera d'intenti di Cevital sulla ripresa delle attività produttive di Aferpi e ha dato mandato al commissario dell'ex Lucchini Piero Nardi di avviare le procedure per la rescissione del contratto;

   la procedura di rescissione del contratto passa dal pronunciamento del tribunale, dopo il quale la gestione dello stabilimento di Piombino potrebbe anche passare di nuovo nelle mani dell'amministrazione straordinaria ma solo nel caso Aferpi non continui a pagare per propria parte i dipendenti e i fornitori e, quindi, con la conseguente dichiarazione di insolvenza;

   nel caso invece molto probabile che Aferpi, pur in una situazione di inadempienza conclamata, continui a pagare per la propria parte i dipendenti, cosa che per la tipologia di cassa integrazione adottata permetterebbe addirittura di ridurre la presenza del personale fino ad un minimo del 10 per cento totale, la società del marchio Cevital rimarrebbe proprietaria delle Acciaierie;

   questa ultima ipotesi rappresenterebbe un disastro per la realtà di Piombino e la fine della produzione di acciaio in Toscana, in quanto Aferpi potrebbe rimanere a lungo a Piombino senza nessun interesse a far ripartire fa produzione –:

   a tutela dell'economia del territorio di Piombino e dei lavoratori della ex-Lucchini come quelli dell'indotto, quale percorso intenda compiere il Governo, nel caso Aferpi risultasse «solo» inadempiente e non insolvente;

   perché gli interventi sulle bonifiche di competenza statale non siano ancora cominciati;

   nel caso di insolvenza di Aferpi, se il Governo intenda assumere iniziative per utilizzare il fondo per le amministrazioni straordinarie pari a 300 milioni di euro e in quali misura.
(4-18401)


   GUIDESI e FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'abusivismo è un fenomeno ormai fuori controllo e il suo dilagare in diverse categorie economiche del Paese sta mettendo a rischio di sopravvivenza molti professionisti che, al contrario, operano nel rispetto delle regole e della concorrenza;

   in alcune categorie professionali, il lavoro sommerso ha raggiunto livelli preoccupanti; prova ne sono i settori della bellezza e del benessere che negli ultimi anni sono stati duramente aggrediti da una forma di concorrenza sleale, la quale, oltre a minacciare la competitività dell'intero comparto, sta inquinando il mercato con prezzi bassissimi;

   nel settore esistono, infatti, migliaia di parrucchieri ed estetisti che esercitano la professione senza possedere alcuna qualifica e competenza; il paradosso è che allo stato dei fatti, in assenza di adeguati controlli, chiunque, senza aver mai frequentato un giorno di scuola, può tagliare i capelli, usare rasoi, magari non sterilizzati, apparecchi elettrici che scaldano fino a 220°, utilizzare prodotti chimici sulla cute delle persone, con rischi notevolissimi per la salute e l'incolumità dei consumatori;

   il problema non è dunque soltanto di natura economica ma anche di sicurezza sul lavoro, di igiene e salute. Il fenomeno appare molto diffuso anche fra i più giovani che una volta terminati gli studi iniziano a lavorare in nero, senza averne i requisiti, praticando prezzi bassissimi ed evadendo le tasse;

   a ciò si aggiunge il fatto che il settore negli ultimi anni è stato preso d'assalto dai cittadini cinesi che approfittando dell'assenza di regole e controlli stringenti hanno alterato il mercato, utilizzando materiali scadenti e impiegando personale non qualificato. Condotte queste che nella maggior parte dei casi sono esercitate in locali non in regola dal punto di vista igienico-sanitario e senza il pagamento delle tasse;

   a risentire di queste forme di illegalità è l'intero comparto, dove i soli acconciatori regolari sono oltre trecentomila, il quale risulta esposto ad una forma di concorrenza assolutamente distorta, esercitata senza il rispetto dei requisiti professionali, né di quelli igienico-sanitari e senza il controllo dei prodotti utilizzati –:

   quali immediate iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di contrastare il fenomeno dell'abusivismo nel settore dell'acconciatura e dell'estetica, valutando anche la necessità di implementare le risorse per un controllo più capillare sul possesso dei requisiti professionali richiesti per l'esercizio di tali attività.
(4-18405)


   BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Davide Campari – Milano s.p.a. con sede in via Franco Sacchetti 20, Sesto San Giovanni (Milano) è titolare della concessione per acque minerali «Terme di Crodo» (Verbano Cusio Ossola) rilasciata con decreto ministeriale del 7 settembre 1932 e da ultimo rinnovata per ulteriori 20 anni decorrenti dal 7 settembre 2012 con determinazione dirigenziale n. 2782 del 20 agosto 2012, del settore VII della provincia del Verbano Cusio Ossola;

   la società Nettuno s.r.l. con sede in Franco Sacchetti 20 Sesto San Giovanni (Milano) è una società interamente controllata dalla Davide Campari – Milano s.p.a., costituita il 19 luglio 2017 e avente come oggetto sociale la produzione, la vendita e la commercializzazione di ogni tipo di bevanda alcolica e analcolica e di ogni e qualsiasi bene complementare o accessorio di tali attività;

   in data 4 ottobre 2017 la società Davide Campari – Milano s.p.a. ha raggiunto un accordo con Royal Unibrew A/S, società di diritto danese con sede in Faxe Allè 1 (Danimarca), per la cessione del ramo d'azienda comprendente lo stabilimento sito in Crodo (Verbano Cusio Ossola) e le relative attività di produzione e imbottigliamento delle acque minerali «Terme di Crodo»;

   la società Davide Campari – Milano s.p.a. ha comunicato alla provincia del Verbano Cusio Ossola la volontà di conferire il ramo d'azienda a Unibrew A/S attraverso il trasferimento del ramo d'azienda e il successivo trasferimento dell'intero capitale sociale dalla società Davide Campari – Milano s.p.a. a Nettuno s.r.l.;

   a seguito di tale accordo la società Davide Campari – Milano s.p.a. ha richiesto alla provincia del Verbano Cusio Ossola l'assenso preventivo al trasferimento del ramo d'azienda, nonché il rilascio della richiamata concessione a favore di Nettuno s.r.l.;

   la citata concessione di coltivazione e sfruttamento delle acque termali e minerali «Terme di Crodo» ha reso possibile la commercializzazione negli anni, tra le altre, della rinomata bevanda analcolica «Crodino»;

   tale attività imprenditoriale è strettamente legata alla fonte termale delle Terme di Crodo, dalla quale prende anche il nome –:

   se, al fine di salvaguardare i diritti dei consumatori e i diritti dei lavoratori e della comunità di Crodo (Verbano Cusio Ossola), intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire che, in sede di trasferimento del ramo d'azienda a favore della Nettuno s.r.l. e successivamente di Unibrew A/S, siano mantenute la produzione e l'imbottigliamento della bevanda «Crodino» presso gli esistenti stabilimenti di Crodo (Verbano Cusio Ossola) mediante l'impiego della fonte termale denominata «Lisiel».
(4-18426)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Braga e altri n. 7-01362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorelli.

  La risoluzione in Commissione Fregolent e altri n. 7-01385, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barbanti.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Dell'Orco n. 4-18340, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dall'Osso, Tripiedi, Chimienti, Cominardi, Lombardi.

Pubblicazione di un testo riformulato e aggiunta di firme.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Sibilia n. 7-01386, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 882 del 7 novembre 2017, che deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Villarosa, Pesco, Alberti, Ruocco, Fico e Pisano.

   La VI Commissione,

   premesso che:

    i commi da 88 a 114 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) hanno introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese e specialmente nelle piccole e medie imprese, attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);

    in particolare, tale normativa, da un lato, ai commi da 88 a 96, prevede l'esenzione dall'imposta sul reddito per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (detenuti per almeno cinque anni) nel capitale di imprese, effettuati da casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento del loro attivo patrimoniale;

    da un altro lato, ai commi da 100 a 114, prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR, a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni e che il valore del PIR sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane e europee, con una riserva minima del 30 per cento investito in strumenti di piccole e medie imprese, entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;

    attualmente, sono attivi sul mercato 44 fondi PIR compliant che, nei primi 9 mesi dell'anno, hanno raccolto circa 5 miliardi di euro; le stime di settore prevedono una raccolta complessiva pari a 10 miliardi di euro entro la fine del 2017 e di oltre 70 miliardi di euro entro il 2021; le imprese altamente innovative soffrono di vincoli di credito a causa di asimmetrie informative da parte degli investitori e, per tale ragione, è fondamentale favorire la produttività e la crescita del Paese, convogliando più fonti di finanziamento verso le imprese tecnologicamente innovative: in linea con quanto appena asserito sarebbe altresì opportuno rafforzare il sostegno agli investimenti nell'economia reale, soprattutto a favore di piccole e medie imprese e società che non possono aspirare alla quotazione presso i principali mercati regolamentati;

    lo strumento dei PIR potrebbe quindi rappresentare una straordinaria opportunità per sostenere una politica industriale volta a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane e, tra queste, in particolare, quelle di medie e piccole dimensioni, che investono in innovazione con l'obiettivo di essere maggiormente competitive nei mercati internazionali e di essere al passo con i cambiamenti in atto nel sistema economico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative volte a:

    a) prevedere l'applicazione del meccanismo di detassazione previsto per gli investimenti qualificati ai sensi dell'articolo 1, commi da 88 a 96, della legge di bilancio 2017, anche agli investimenti effettuati tramite sottoscrizione di strumenti obbligazionari aventi le medesime caratteristiche dei titoli (quote e azioni) elencati dal comma 89 della medesima legge;

    b) prevedere, nel caso di cessione degli investimenti assistiti dalle agevolazioni tributarie prima del termine di 5 anni, la piena vigenza delle agevolazioni tributarie, a condizione che le liquidità liberate vengano reinvestite in altri strumenti finanziari della medesima tipologia;

    c) semplificare le regole per l'emissione, da parte delle piccole e medie imprese italiane, di azioni o obbligazioni oggetto dei meccanismi agevolativi, al fine di ampliare le opportunità di investimento in imprese nazionali, nonché di promuovere la semplificazione delle procedure di quotazione, in particolare per quanto riguarda i titoli obbligazionari, fermi restando tutti gli opportuni controlli delle autorità di vigilanza;

    d) predisporre adeguate procedure di verifica della corrispondenza del grado di rischio degli strumenti finanziari — PIR e strumenti di quotazione semplificati con il profilo personale di rischio del cliente, implementando l'attuale sistema di vigilanza sul credito e sul risparmio;

    e) istituire presso la Consob un Fondo — finanziato mediante una contribuzione degli intermediari degli strumenti PIR e degli strumenti di quotazione semplificati — preposto al risarcimento dei danni nelle ipotesi di misselling di strumenti finanziari ai danni di risparmiatori frodati con strumenti finanziari non coerenti con il proprio profilo di rischio;

    f) introdurre un limite alla sottoscrizione di PIR per ogni singolo cliente in relazione al proprio «portafoglio di investimento» complessivamente inteso;

    g) estendere l'agevolazione fiscale sui PIR anche a forme di gestione individuale (gestioni patrimoniali) e non solo collettiva (fondi) per permettere anche al mondo delle gestioni di private banking di accedere direttamente agli investimenti PIR, lasciando i vincoli PIR in capo alla gestione e non agli investimenti sottostanti.
(7-01386) «Sibilia, Villarosa, Pesco, Alberti, Ruocco, Fico, Pisano».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Dell'Orco e altri n. 4-18340 del 6 novembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12629.