Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 26 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la violenza maschile contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani fondamentali;

    non si può relegare tale violenza nella sfera privata o familiare poiché investe al contrario direttamente la responsabilità pubblica;

    la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (la cosiddetta «Convenzione di Istanbul»), approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, ha introdotto un nuovo paradigma nel definire la violenza contro le donne e ha dato impulso a politiche pubbliche di contrasto della stessa. In particolare ha fatto emergere la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza e la necessità di politiche antidiscriminatorie che favoriscano l'effettiva parità fra i sessi al pari di misure atte alla prevenzione e al contrasto alla violenza;

    la violenza maschile contro le donne chiama in causa la relazione tra donne e uomini e dunque la necessità di un lavoro educativo che cominci nelle scuole per promuovere il rispetto dei ragazzi nei confronti delle persone e della libertà delle donne;

    come mostrano i dati valutati a livello internazionale, non presenta più un tratto solo «emergenziale», ma si configura piuttosto più come un fenomeno strutturale;

    in ragione di questa presa d'atto per contrastarla in modo efficace sono necessarie misure sistematiche e coordinate; occorre agire quindi su diversi piani con forza e sinergia: sul piano della prevenzione, sul piano della repressione, sul piano della formazione, su quello dell'accesso al mondo del lavoro, sul piano culturale ed educativo a tutti i livelli, senza stabilire una vera e propria gerarchia ma piuttosto un'azione sinergica tra i diversi livelli;

    le statistiche mostrano che «le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici»: nel 62,7 per cento dei casi gli stupri dichiarati sono stati commessi da partner, nel 3,6 per cento da parenti e nel 9,4 per cento da amici, un'evoluzione confermata anche per quel che riguarda le violenze fisiche come schiaffi, calci, pugni e morsi, mentre gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali;

    negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia. Gli omicidi in ambito familiare secondo le forze dell'ordine, appaiono in lieve ma costante calo: 117 nel 2014, 111 nel 2015, 108 nel 2016. Ma poiché il dato complessivo degli omicidi è in progressivo calo da diversi anni mentre il dato relativo ai femminicidi resta sostanzialmente costante, si registra una maggiore incidenza dei delitti contro le donne e in particolare in ambito familiare;

    nel corso di questa legislatura è stato portato avanti un lavoro intenso e sistematico, non a caso il primo atto della legislatura è stata la ratifica della Convenzione d'Istanbul che ha sanato un vulnus lasciato aperto nel corso della scorsa legislatura; la convenzione approvata ad Istanbul l'11 maggio 2011 ha rappresentato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante;

    in attuazione dell'articolo 5 della Convenzione, con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 ottobre 2013, n. 119 – si è proceduto alla definizione di un Piano straordinario contro la violenza sessuale genere. Il Piano è stato adottato con Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri nel luglio 2015 e registrato dalla Corte dei Conti il 25 agosto 2015;

    nel piano per la realizzazione delle azioni individuate nel documento programmatico si prevede uno stanziamento complessivo di risorse finanziarie pari a 38.127.353 milioni di euro, e vengono stabilite specifiche linee di azione e di intervento con specifici stanziamenti;

    in particolare sono stati previsti interventi volti a finanziare la formazione di coloro che prestano soccorso e assistenza alle donne; l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza; l'autonomia abitativa alle donne vittime di violenza e l'implementazione dei sistemi informativi utili ai fini della Banca dati nazionale dedicata al fenomeno della violenza che viene istituita;

    le azioni afferenti l'ambito di intervento della prevenzione del fenomeno attraverso gli strumenti della comunicazione, dell'educazione e della formazione; la realizzazione di progetti volti a sviluppare la rete di sostegno alle donne e ai loro figli attraverso il rafforzamento dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, prevenzione e contrasto del fenomeno;

    la Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici, in risposta a un question time in Commissione affari costituzionali alla Camera, ha ricordato inoltre, che la scorsa legge di bilancio ha incrementato, nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 lo stanziamento destinato al finanziamento delle azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio, la cui dotazione ammontava a 10 milioni di euro annui, nonché che, nel marzo 2016, è stato emanato dal Dipartimento per le pari opportunità un Avviso pubblico per il potenziamento delle attività sopra citate che ha messo a disposizione ulteriori 12 milioni di euro;

    sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione, la legge n. 119 del 2013 ha, per la prima volta, definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha inoltre introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima e introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale – modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere di comunicazione del giudice rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito, irrevocabilità della querela per le situazioni particolarmente gravi di stalking;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte che è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, e l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza all'autore delle violenze;

    si è cercato di agire per migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità. Inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking sono stati inseriti tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza, ed è stato esteso il gratuito patrocinio. Il decreto legislativo n. 212 del 15 dicembre 2015, in vigore dal 20 gennaio 2016, ha istituito un fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti; la legge di bilancio 2017 ha inoltre destinato all'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti contro la persona le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile;

    sono stati siglati due protocolli, uno con l'Arma dei carabinieri, per la formazione che l'Arma stessa deve fare non soltanto al proprio interno ma anche alle operatrici e agli operatori del numero 1522, e un protocollo con la polizia di Stato, che riguarda invece più la formazione proprio di funzionari della polizia di Stato sul tema del contrasto alla violenza di genere;

    il Governo ha avviato, nell'ambito del piano, anche protocolli per progetti di recupero degli uomini maltrattanti, progetti molto utili in un'ottica di prevenzione della recidiva;

    occorre poi proseguire e concretizzare alcune misure già approvate con la definizione delle linee guida, previste dall'articolo 1, commi 790 e 791, della legge n. 208 del 28 dicembre 2015 per rendere operativo a livello nazionale il percorso di protezione denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza», con la finalità di tutelare le persone vulnerabili vittime dell'altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori (stalking); un percorso che ha già trovato attuazione in alcune regioni del nostro Paese, attestandosi come una «buona pratica» riconosciuta a livello internazionale nel contrasto e nella prevenzione della violenza di genere;

    altrettanto rilevanti appaiono le misure contenute nel disegno di legge, recentemente approvato dalla Camera – e ora, si auspica fortemente, in via di approvazione al Senato, che per la prima volta definisce supporto e tutela per gli orfani di femminicidio; il provvedimento contiene inoltre una modifica del codice penale che equipara l'omicidio del coniuge agli altri omicidi familiari;

    la prevenzione non può che partire dalla scuola. Un segnale importante in questo senso è rappresentato dai 5 milioni di euro che sono stati messi a bando e che sono già stati erogati per finanziamenti di progetti nelle scuole, proprio nell'ottica della formazione e dell'educazione al contrasto ad ogni forma di discriminazione di genere e di violenza di genere, poiché risulta evidente come l'educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze, sia lo strumento fondamentale per la prevenzione della violenza contro le donne;

    la scuola, dunque, deve mettere in campo gli strumenti necessari per valorizzare le differenze ed educare i giovani alla cultura del rispetto e, proprio in questo senso, essa deve fornire strumenti e metodologie per il superamento di pregiudizi e stereotipi e per attivare tutti gli interventi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione. In questo senso il comma 16 della legge n. 107 del 2015 stabilisce che: «il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119»;

    tale comma dà attuazione ai principi fondamentali di pari dignità e non discriminazione di cui all'articolo 2 e, soprattutto, all'articolo 3 della Costituzione italiana, principi che trovano espressione e completamento in altri precetti costituzionali e nei valori costitutivi del diritto costituzionale ed europeo che proibisce la discriminazione per ragioni connesse anche al genere. La discriminazione passa anche attraverso il linguaggio. Il «progetto Polite – Pari opportunità nei libri di testo», ha prodotto un codice di «autoregolamentazione» e due vademecum, con l'obiettivo di riqualificare i materiali didattici in vista di una maggiore attenzione all'identità di genere e alla cultura delle pari opportunità, fornendo una rappresentazione equilibrata delle differenze e promuovendo la formazione verso una cultura della differenza di genere;

    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, di attuazione della legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), sui temi di conciliazione lavoro-vita privata ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere che intraprendono percorsi di protezione. Le lavoratrici dipendenti del pubblico e del privato e anche le lavoratrici autonome che subiscono violenza, per motivi legati allo svolgimento di tali percorsi, hanno diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di tre mesi, anche non continuativo, interamente retribuito. È inoltre prevista la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, nonché l'opportunità di trasformarlo nuovamente, a seconda delle esigenze della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno, nonché la facoltà, per le collaboratrici a progetto di sospendere il rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento dei suddetti percorsi di protezione: in questo modo la violenza di genere esce dalla specificità e settorialità a cui è solitamente relegata per contaminare altre politiche a partire dalla disciplina che regola i rapporti di lavoro;

    si ricorda poi che nel mese di gennaio 2017 è stata istituita la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere;

    il Senato sta, inoltre, fattivamente lavorando, per escludere definitivamente il reato di stalking di cui all'articolo 612-bis da ogni forma di giustizia riparativa; importante anche il risultato che nell'ambito del G7 la presidenza italiana ha raggiunto nelle conclusioni condivise dai leader a Taormina in materia di road map sulla parità di genere e su una netta presa di posizione per il contrasto alla violenza sulle donne che prelude ad un'ipotesi di lavoro condiviso tra i Paesi del G7;

   questo lungo excursus, è parso utile a dimostrare che moltissimo è stato fatto, ma che la strada per sconfiggere definitivamente e culturalmente il fenomeno della violenza contro le donne è ancora lunga,

impegna il Governo

1) a mettere in campo tutte le misure necessarie al fine di mettere in rete e rendere efficiente il complesso sistema di strumenti e di tutele che sono già stati predisposti dal legislatore, al fine di renderli effettivamente conosciuti e soprattutto accessibili a tutte le donne, con la finalità di far emergere, per mezzo della denuncia, le violenze subite, anche attraverso la eventuale predisposizione di protocolli o linee guida che rendano omogenea su tutto il territorio nazionale l'azione preventiva, repressiva e di sostegno della vittima da parte di tutti gli attori istituzionali coinvolti;

2) poiché la protezione delle vittime passa necessariamente per un efficace e tempestivo intervento, a promuovere un facile accesso alle informazioni sui propri diritti, un adeguato sostegno psicologico e una tutela pregnante della riservatezza e della dignità della persona, e, nel contempo, la creazione e l'efficientamento di strutture e servizi specializzati di sostegno, quali i centri antiviolenza e presidi di prossimità;

3) a dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul in tema di prevenzione della violenza medesima, con la finalità ulteriore (che ne rappresenta anche uno dei presupposti) del raggiungimento di una piena uguaglianza di genere, tramite azioni che rafforzino l'autonomia delle donne e il loro accesso al lavoro;

4) a rafforzare la prevenzione attraverso l'educazione, in particolare dando piena attuazione al comma 16 dell'articolo 1, della legge n. 107 del 2015, e quindi attuando e diffondendo quanto più possibile le linee guida nazionali in via di presentazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

5) a rafforzare la prevenzione attraverso la predisposizione di un piano prioritario di formazione del personale scolastico ed in particolare dei docenti;

6) a favorire la piena attuazione del «codice Polite – Pari opportunità nei libri di testo»;

7) ad adottare iniziative volte all'eliminazione delle discriminazioni linguistiche negli atti normativi e amministrativi, nonché alla revisione linguistica della legislazione relativa alla violenza di genere;

8) ad assumere iniziative per rendere operativo su tutto il territorio nazionale il percorso di protezione denominato «Percorso di tutela delle vittime di violenza»;

9) ad assumere, nell'ambito delle sue competenze, le iniziative necessarie per arrivare ad escludere definitivamente il reato di stalking di cui all'articolo 612-bis da ogni forma di giustizia riparativa;

10) nelle more dell'approvazione del provvedimento in materia attualmente all'esame del Senato, ad adottare ogni iniziativa utile al sostegno e alla tutela degli orfani di femminicidio e di crimini domestici;

11) a monitorare e vigilare sulla efficacia e sull'applicazione delle misure introdotte, al fine di renderle effettivamente operative in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, quali ad esempio alcune importanti misure di prevenzione, come ad esempio l'ammonimento e gli ordini protezione;

12) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica adeguata ed aggiornata del personale chiamato ad interagire con la vittima, di polizia e carabinieri, magistrati e personale della giustizia e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere;

13) a giungere al più presto all'approvazione definitiva del piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere, nonché a promuovere in sede internazionale l'impegno dell'Italia affinché tutti i Paesi del G7 arrivino ad adottare un piano nazionale contro la violenza di genere.
(1-01742) «Di Salvo, Gebhard, Scopelliti, Fregolent, Rosato, Mauri, Grassi, Gribaudo, Martella, Morani, Marco Di Maio, Cinzia Maria Fontana, Bini, Garavini, Giorgis, Giuseppe Guerini, Pollastrini, Marantelli, Giuliani, Fabbri, Amoddio, Bazoli, Berretta, Campana, Di Lello, Ermini, Ferranti, Greco, Iori, Magorno, Mattiello, Giuditta Pini, Rossomando, Tartaglione, Vazio, Verini, Zan, Amato, Argentin, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Carnevali, D'Incecco, Lenzi, Mariano, Miotto, Piazzoni, Piccione, Sbrollini, Gnecchi, Malpezzi, Coscia, Malisani, Sgambato, Ventricelli, Carocci, Rocchi, Coccia, Ascani».


   La Camera,

   premesso che:

    nel decennio della grande crisi economica il divario tra gli Stati membri dell'Unione europea è aumentato anche nei Paesi più ricchi;

    le mappe regionali contenute nel settimo rapporto sulla politica di coesione pubblicato il 9 ottobre 2017 dalla Commissione europea dimostrano come tra il 2008 e il 2015 in molte regioni europee l'indice del reddito medio pro capite sia diminuito rispetto alla media dell'Unione europea. Tale diminuzione in Italia e in alcune regioni della Grecia supera il 20 per cento, mentre crescono le regioni dell'Est-Europa;

    in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, tutti gli indicatori, nonché gli ultimi rapporti Svimez e le rilevazioni Istat, mostrano una situazione estremamente preoccupante specie dal punto di vista del reddito e della disoccupazione giovanile ma anche per la qualità delle amministrazioni regionali;

    secondo la stessa Commissione europea tali regioni, tra cui appunto quelle del Mezzogiorno d'Italia, non sono talmente arretrate da competere con quelle più povere, ma non sono neanche abbastanza avanzate da essere autonome e poter competere con quelle più sviluppate;

    sulla base di questi dati, la Commissione ritiene opportuni tre interventi da mettere in atto nel prossimo quadro pluriennale di sostegno, quindi dal 2020 in poi, tra cui la modifica degli attuali criteri di ripartizione dei fondi strutturali tra gli Stati membri: non più solo il reddito pro capite come avviene oggi ma anche l'età e la composizione della popolazione, i cambiamenti climatici, la disoccupazione, il tasso di migrazione;

    questa modifica comporterebbe una diminuzione delle risorse destinate all'Est-Europa con un conseguente aumento di quelle destinate agli Stati membri dell'Unione europea;

    se tale modifica dovesse essere approvata e se l'attuale l'entità dei fondi strutturali fosse confermata anche dal 2020 in poi, in base ad alcune simulazioni, in Italia potrebbero arrivare circa 10 miliardi di euro in più rispetto alla programmazione 2014-2020;

    quanto agli altri due interventi proposti dalla Commissione, dovrebbero riguardare un auspicabile testo unico sui fondi strutturali ed un aumento del tasso di cofinanziamento nazionale;

    nel quadro economico attuale e considerando gli ultimi dieci anni caratterizzati dalla grave crisi economica che in Italia si è aggiunta ad un'atavica difficoltà di convogliare la spesa pubblica nazionale verso investimenti e grandi opere, i fondi strutturali costituiscono praticamente gli unici fondi che finanziano le politiche di sviluppo e coesione e, quindi, gli interventi infrastrutturali e sociali nelle regioni del Mezzogiorno, per le quali, è evidente, questa modifica dei criteri di assegnazione dei fondi, diventa vitale più che per il resto del Paese,

impegna il Governo:

1) a sostenere con ogni mezzo, in sede europea, la proposta di modifica dei criteri di ripartizione dei fondi strutturali della prossima programmazione;

2) a sostenere le proposte della Commissione laddove riguardino la succitata modifica dei criteri e la redazione di un testo unico sui fondi strutturali che si auspica possa snellire le procedure, garantendo migliore efficacia ed efficienza della spesa;

3) a valutare con estrema attenzione il ventilato aumento della quota di cofinanziamento, tenendo presente che l'Italia attualmente ha un tasso di cofinanziamento tra i più alti degli Stati membri a fronte di altri Stati che cofinanziano in quota minima (anche del solo 10 per cento);

4) ad assumere iniziative normative per ripristinare, come fatto in passato da altri Governi italiani, il vincolo di destinazione di tutte le risorse finalizzate alle politiche di coesione, destinando l'85 per cento alle regioni del Mezzogiorno ed il restante 15 per cento a quelle del Centro-nord.
(1-01743) «Palese, Occhiuto, Sisto, Catanoso, De Girolamo, Russo, Santelli, Vella».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,

   premesso che:

    l'Accademia navale di Livorno è l'istituto di formazione degli ufficiali della Marina militare italiana, inaugurata a Livorno il 6 novembre 1881 e nata, su iniziativa dell'allora Ministro della Marina Ammiraglio Benedetto Brin, dalla fusione delle Scuole della Marina di Genova e di Napoli;

    per l'edificazione fu scelta l'area precedentemente occupata dal Lazzaretto di San Jacopo, utilizzato per la quarantena degli equipaggi delle navi provenienti dal Levante e per la progettazione del complesso degli edifici fu completata nel 1878 dall'architetto Angiolo Badaloni;

    nel 1913 fu poi annessa al complesso dell'Accademia navale anche l'adiacente area occupata precedentemente dal Lazzaretto di San Leopoldo, edificato per volontà di Pietro Leopoldo nella seconda metà del XVIII secolo e adibito a carcere dal 1862. Nel corso della seconda guerra mondiale, l'Accademia navale fu prima trasferita a Venezia e poi a Brindisi dove rimase fino al 1946. Al termine del conflitto, fu avviata un'opera di ricostruzione e di potenziamento delle infrastrutture, durata circa venti anni;

    in occasione dell'incontro promosso al fine di valorizzare il brand della marina militare, in questo inizio di millennio caratterizzato come «secolo blu», è fondamentale puntare alla «crescita blu», un fattore chiave per avviare uno sviluppo sostenibile del nostro Paese, in un contesto dove la marittimità rappresenta una risorsa fondamentale per la crescita commerciale, occupazionale e tecnologica;

    la «crescita blu» è l'obbiettivo di una serie di iniziative dirette al confronto e al rafforzamento della cooperazione con altre marine con cui la Marina militare italiana è accomunata dalla funzione di salvaguardia dei beni comuni globali, come il mare;

    occorre migliorare i mezzi e le strutture dell'accademia navale di Livorno, purtroppo non all'avanguardia come richiederebbe la sopracitata «crescita blu»,

impegna il Governo

ad intraprendere iniziative finalizzate a rendere preminente l'attività di promozione delle strutture dell'Accademia navale di Livorno, al fine di renderle all'avanguardia, in particolare facendosi promotore di iniziative dirette a verificare se vi siano le condizioni per l'istituzione di un tavolo di concertazione per favorire il raggiungimento di un'intesa con la Cassa depositi e prestiti, che favorisca la stipula di mutui a tasso agevolato, per rendere possibile il recupero e la valorizzazione delle strutture della sopracitata Accademia, compresa la valorizzazione storico-culturale, incentivando in tal modo le progettazioni e gli impieghi individuati a vario titolo dai Ministeri, dalle regioni e dagli enti locali.
(7-01378) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    quasi un anno fa è stata prorogata, con la legge 11 dicembre 2016, n. 232, la vigenza delle graduatorie di coloro che hanno vinto un concorso pubblico per assunzioni a tempo indeterminato, in amministrazioni pubbliche sottoposte a limitazioni delle assunzioni. Al riguardo, è imminente la scadenza della proroga, il cui termine è previsto per il 31 dicembre 2017;

    sicché, vincitori e idonei di concorsi pubblici (secondo i dati del Dipartimento della pubblica amministrazione sono 4.471 i vincitori e 151.378 gli idonei) hanno avuto un anno di tempo per essere assunti, tuttavia, per gran parte di loro è stato soltanto un ulteriore periodo di «agonia» e di inutile attesa, poiché non c'è stato il collocamento sperato;

    decine di migliaia di giovai e meno giovani, che hanno superato anche più selezioni, sono ancora in attesa di assunzione. Si parla di persone che sono state pregiudicate dal blocco del turn over nella pubblica amministrazione e dai ricollocamenti a favore del personale degli enti di area vasta in conseguenza del riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, che hanno reso impossibile agli enti di stipulare nuovi contratti; tra l'altro, il decreto-legge n. 101 del 2013 (articolo 4, comma 3) aveva stabilito un nesso tra l'obbligo di esaurire le graduatorie vigenti e l'autorizzazione a bandire nuovi concorsi, pertanto, prima di bandire nuove, costose e lunghe procedure selettive le assunzioni dovevano avvenire tramite lo scorrimento delle graduatorie, ma tale principio, di fatto, non è stato rispettato e sono state spese ulteriori risorse per bandire nuovi concorsi;

    eppure, l'utilizzo delle graduatorie vigenti, risponde non solo ad un'esigenza di risparmio di risorse pubbliche, ma anche ad un principio di giustizia nei confronti di persone risultate valide per lavorare nella pubblica amministrazione e che non hanno ottenuto l'assunzione, poiché è stata data priorità a differenti esigenze che erano in corso nella pubblica amministrazione;

    emerge quindi la necessità di prorogare ulteriormente la vigenza delle graduatorie di concorso, quanto meno fino al 31 dicembre 2018, affinché sia recuperato quel lasso di tempo in cui le graduatorie sono state congelate, in virtù dei predetti provvedimenti limitativi alle assunzioni,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni idonea iniziativa, anche normativa, che in conformità a quanto stabilito dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, preveda una proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici, di durata ragionevole per consentire il giusto scorrimento, considerando il blocco che ha pregiudicato gli interessi di vincitori e idonei;

   a porre in essere ogni idonea iniziativa, anche normativa, affinché, prima di avviare nuovi concorsi, sia incentivato lo scorrimento di graduatorie di pubblici, concorsi approvate da altre amministrazioni, attraverso un accordo tra le amministrazioni interessate.
(7-01379) «Rizzetto».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la diagnosi di Fibromialgia è a tutt'oggi basata sui criteri dell’American College of Rheumatology (Acr) del 1990 che prevedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso che dura almeno da 3 mesi ed è associato a dolorabilità di almeno 11 dei 18 tender points specifici, accettati dall'Acr. Si tratta di specifiche aree algogene alla digitopressione definite tender points. L'utilizzo di tali criteri ha costituito un importantissimo passo in avanti nella comprensione della Fibromialgia consentendo di standardizzare la diagnosi e di potere confrontare i lavori scientifici in particolare quelli di tipo epidemiologico. Riconosciuta dall'OMS – Organizzazione mondiale della sanità – fin dal 1992, è stata inclusa nell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10, codice M79-7), in vigore dal 1° gennaio 1993; è spesso associata a una sindrome da stress che accentua la tipica affaticabilità del soggetto e la diffusione dei dolori all'intero sistema osteo-artro-muscolare. Un insieme di sintomi in cui sembra prevalere la visione soggettiva del paziente a cui non corrisponde l'oggettività del riscontro da parte dei medici e ciò ha reso molto difficile identificare il quadro patologico, sottraendolo ad una diagnosi generica di esaurimento del paziente;

    la fibromialgia è stata definita la «malattia invisibile», perché la genericità, ossia dolori diffusi, e la mutevolezza dei suoi sintomi, rendono difficile per i pazienti ricevere una diagnosi esatta in tempi ragionevoli. Spesso passano anni e solo per esclusione si giunge a formulare questa diagnosi, mentre nel frattempo cresce nei pazienti il disagio psicologico, oltre a quello fisico. Alla mattina il paziente si sente più stanco di quando è andato a dormire; ha dolore dappertutto; si stanca anche per minimi sforzi; soffre di gastrite e/o di colite; ha spesso mal di testa e vertigini. Ma soprattutto sono anni che si lamenta di questi sintomi, senza che nessuno sia riuscito a trovare una spiegazione. Eppure, è una delle malattie reumatiche più diffuse. In Italia si stima che ne siano affetti dai 3 ai 4 milioni di persone, per la maggior parte donne;

    l'Organizzazione mondiale della sanità, classificandola tra le patologie da dolore cronico diffuso, la associa anche a una disabilità che comporta una oggettiva incapacità di affrontare attività lavorative nella misura considerata normale per altre persone. Ovviamente la disabilità coinvolge anche le varie attività della vita quotidiana, comportando un vero e proprio disagio esistenziale;

    la sindrome fibromialgica, pur rientrando tra le malattie reumatiche più diffuse, manca di alterazioni di laboratorio chiaramente riconducibili a questo quadro specifico, per cui la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce. Per molto tempo questi sintomi sono stati considerati come immaginari o non importanti; il mancato riconoscimento di questa condizione di disagio diffuso crea nella persona una sorta di isolamento, che accresce la sofferenza del paziente in un circolo vizioso, che non di rado si accompagna a vere e proprie forme di depressione;

    la diagnosi di fibromialgia si basa quindi sull'anamnesi caratteristica (dolore diffuso prevalente la notte e al risveglio, sonno disturbato, astenia, spesso ansia, catastrofismo, crisi fobiche, depressione ed altri sintomi) e sul rilievo all'esame obiettivo di dolorabilità alla palpazione. Esistono forme di fibromialgia secondarie ad altre patologie (ipotiroidismo, miopatie, polimialgia reumatica, farmaci, deficit di Vitamina D, ipofosfatasemia cronica), forme concomitanti ad altre patologie (artrite reumatoide, LES, sindrome di Sjogren, spondilartriti sieronegative ed altre forme) e una forma primitiva. Inoltre, ci sono sindromi simil-fibrornialgiche, quali la sindrome da affaticamento cronico (Cfs), la multiple chemical sensitivity disorder, la sindrome da protesi mammaria al silicone, la Gulf War Syndrome, il reumatismo psicogeno, la sindrome da disfunzione temporo-mandibolare, che hanno aspetti in comune alla sindrome fibromialgica classica. Recentemente, per superare il problema legato ai tender points sono stati proposti nuovi criteri classificativi;

    la terapia della fibromialgia è radicalmente cambiata negli ultimi 15 anni e la grande novità è stata l'introduzione dei farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri), utilizzati primariamente come antidepressivi, ma che si è poi visto essere estremamente efficaci su alcune delle manifestazioni della Fibromialgia, in particolare sulla astenia e sulla insonnia. Oggi il «Gold standard» della terapia farmacologica della Fibromialgia considerato l'uso di uno dei più recenti Ssri (paroxetina o sertralina), da assumere al mattino; insieme a sali di magnesio che rivestono un ruolo essenziale nel metabolismo muscolare;

    in questi anni in varie sedi istituzionali la Fibromialgia è stata riconosciuta come una sindrome invalidante specifica; basti citare una dichiarazione del Parlamento europeo nel 2008, in cui si evidenziava anche il costo che la mancata diagnosi provocava ai vari servizi sanitari nazionali dal momento che i soggetti che ne sono colpiti eseguono più visite generiche e specialistiche, con un maggior numero di certificati di malattia; degenze più frequenti e altro;

    contemporaneamente, anche sotto il profilo scientifico, è cresciuta la consapevolezza che si tratti di una sindrome specifica e le società di reumatologia a livello internazionale hanno redatto linee guida per la diagnosi e il trattamento del disturbo, raccomandando un trattamento integrato e multidisciplinare, in cui alla terapia farmacologica si associno anche interventi di psicoterapia;

    attualmente in Italia la Fibromialgia non è inserita nell'elenco delle malattie croniche soggette ad esenzione, perché non sono stati ancora definiti i criteri necessari per definire la gravità della malattia; ciò nonostante, alcune regioni hanno avviato un percorso di riconoscimento della malattia. Hanno iniziato le province autonome di Trento e Bolzano e la regione Lombardia nel 2014 ha approvato una mozione concernente il riconoscimento della fibromialgia o sindrome fibromialgica. Altrettanto hanno fatto la regione Toscana, la regione autonoma Valle d'Aosta e la regione Veneto, che nel piano sanitario regionale 2012-2016, si è posta come obiettivo di «considerare la fibromialgia come una malattia ad elevato impatto sociale e sanitario per la quale è necessario un percorso di informazione, educazione e divulgazione nei confronti dei cittadini veneti e degli enti preposti » (legge regionale n. 23 del 29 giugno 2012),

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché sia avviato un piano di informazione e di formazione degli operatori sanitari che consenta una più ampia ed approfondita conoscenza di questa sindrome, riducendo i tempi necessari per una corretta diagnosi;

   ad individuare centri di riferimento di eccellenza, dedicati alla ricerca o all'attività clinico-assistenziale della sindrome fibromialgica;

   ad assumere iniziative per individuare criteri oggettivi e omogenei per la diagnosi di fibromialgia o sindrome fibromialgica in collaborazione con l'Istituto superiore della sanità per poter inserire la Fibromialgia tra le malattie invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa, individuate dal regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;

   ad assumere iniziative per facilitare a questi pazienti la possibilità di esercitare il loro lavoro nelle nuove forme previste anche dalla recente «legge Madia», che contempla vari modelli organizzativi.
(7-01377) «Binetti, Fucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da notizie di stampa che asl ed aziende ospedaliere pugliesi sarebbero in grave ritardo con la rendicontazione dei fondi Pac (piano di azione e coesione) 2007/2013. A rischio ci sarebbero interventi per circa 15,5 milioni di euro (su un totale di 37,5 del Pac) disponibili per il 2017, a seguito di una serie di riprogrammazioni rese necessarie già da prece enti ritardi accumulati nell'impiego delle risorse;

   gli interventi non ancora rendicontati a valere sui fondi del Pac, riguardano le asl di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto, il policlinico di Bari e gli Ospedali riuniti di Foggia;

   i ritardi nella rendicontazione mettono a rischio l'intera quota parte di finanziamenti e, quindi, se asl ed aziende ospedaliere non saranno capaci di rendicontare entro il 31 dicembre 2017, andranno persi quasi 16 milioni di euro destinati ad investimenti fondamentali per garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, per esempio, si rischia di non poter più procedere all'acquisto di apparecchiature come tac, risonanze magnetiche, angiografi, indispensabili per il sistema sanitario pugliese, anche per abbattere le liste d'attesa. Inoltre, rispetto alla dotazione complessiva, a maggio 2012 in favore di 4 regioni, tra cui la Puglia, sono stati stanziati 730 milioni di euro per potenziare l'assistenza domiciliare e i servizi agli anziani –:

   se gli investimenti previsti a valere sui fondi Fesr 2007-2013 siano stati interamente rendicontati dalle asl e dalle aziende ospedaliere della regione Puglia;

   se trovi conferma che ad oggi la quota riferita al Pac ancora da rendicontare ammonti a circa 15,5 milioni di euro, mentre interventi per 21,9 milioni di euro sono stati regolarmente rendicontati;

   se il Governo non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per scongiurare la perdita dei finanziamenti, ove ne sussistano i presupposti anche esercitando i poteri sostitutivi nei confronti degli enti inadempienti;

   se il Governo non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza, anche normative, per prevedere un sistema stringente di controllo, di accertamento delle responsabilità e di pesanti sanzioni per classi dirigenti e management che non rispettano i tempi di impiego e rendicontazione delle risorse, così arrecando un danno irreversibile al territorio ed ai cittadini.
(4-18299)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal sito www.orizzontiscuola.it «la scuola ha il dovere della sorveglianza degli allievi per tutto il tempo in cui le sono affidati»;

   per il dirigente scolastico, il decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede la sussistenza di obblighi organizzativi di amministrazione e di controllo sull'attività degli operatori scolastici, con conseguenti responsabilità in caso di incidente per carenze a lui imputabili, allorché non abbia eliminato le fonti di pericolo, non abbia provveduto alla necessaria regolamentazione dell'ordinato deflusso degli studenti in uscita dalla scuola, ovvero non abbia provveduto a far approvare un regolamento dal Consiglio d'istituto, previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994;

   il contratto collettivo nazionale di lavoro 2006-2009, all'articolo 29, comma 5, indica quali obblighi abbia il docente «per assicurare l'accoglienza e la vigilanza degli alunni, in particolare, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni medesimi». Inoltre, alla tabella A dei profili del personale Amministrativo Tecnico ausiliario (Ata) per l'area A, prevede che il personale «sia addetto ai servizi generali della scuola con compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all'orario delle attività didattiche e durante la ricreazione, e del pubblico; di pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi; di vigilanza sugli alunni, compresa l'ordinaria vigilanza e l'assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche, di custodia e sorveglianza generica sui locali scolastici, di collaborazione con i docenti»;

   la cassazione civile, Sezione I, con sentenza n. 3074, ha circostanziato gli ambiti di responsabilità, sancendo che «l'istituto scolastico ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, reale o potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate»;

   come riportato dal corriere.it, nei giorni scorsi, i diversi dirigenti scolastici hanno comunicato alle famiglie degli studenti, tramite diverse circolari, che, da quest'anno, gli allievi non potranno uscire da scuola senza un accompagnatore, ricordando che «nel codice penale è specificato che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità e, quindi, chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni»;

   le circolari sono state emanate in relazione alla sentenza n. 21593/17 della Corte di cassazione, che ha condannato scuola e Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca per la morte di uno studente investito da uno scuolabus 15 anni fa;

   Cinzia Giacomobono, preside dell'istituto Parco degli Acquedotti di Roma, «ha dato tempo fino al 23 ottobre prossimo ai genitori delle medie per organizzarsi, poi i ragazzi saranno consegnati solo ad un adulto con delega e documento d'identità»;

   l'articolo di Repubblica.it del 17 ottobre 2017, ha spiegato che i presidi «sottolineano la necessità di fare chiarezza e apportare modifiche al Testo Unico di cui al decreto legislativo n. 297/1994». A riguardo hanno inoltrato, anche, una lettera al Parlamento e al Governo;

   Secondo Rosa Maria Lauricella, preside dell'Istituto comprensivo Giovan Battista Valente di Roma, «l'unica soluzione è che si riscriva una norma di legge che, nell'interpretazione data da diverse sentenze, ci allontana dall'Europa. Se succede qualcosa a un alunno delle medie mentre torna a casa da solo, oggi rischiamo una condanna da sei mesi a cinque anni»;

   nella missiva, i dirigenti hanno evidenziato come «la giurisprudenza non sempre sia stata uniforme nel giudizio, lasciando aperti spazi di rischio per i dirigenti scolastici, i docenti e il personale scolastico che dovrebbero obbligare i genitori a riprendere i figli da scuola fino al raggiungimento della maggiore età tenuto conto che il grado di vigilanza esercitata da parte del docente va commisurata all'età, al livello di maturazione raggiunto dai minori e alle condizioni ambientali in cui la scuola è inserita». Gli stessi hanno ribadito l'urgenza della soluzione del problema, specificando che «riguarda tutte le scuole d'Italia da Aosta a Trapani, da Roma a Trento, considerato anche che nel resto d'Europa il 90 per cento degli studenti torna a casa da solo»;

   una petizione online denominata «Bambini autonomi o abbandono di minore?» che ha già raccolto quasi 37 mila firme, diretta al Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni, è stata avviata su Change.org –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di dare seguito a quanto sollecitato dai dirigenti scolastici nella missiva citata in premessa.
(4-18302)


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la violenza di genere ricomprende l'insieme delle violenze esercitate sulle donne, in tutte le fasi della loro vita, in qualunque contesto, pubblico o privato causate dall'appartenenza al genere femminile;

   i dati dell'Istat del 2014 stimano che nel corso della propria vita una donna su tre abbia subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale;

   i partner attuali o gli ex partner sono prevalentemente gli autori delle violenze più gravi;

   in particolare, i soggetti sopra indicati sono gli autori di quasi il 63 per cento degli stupri e di oltre il 90 per cento dei rapporti sessuali indesiderati dalla donna e subiti come violenza;

   è purtroppo in aumento la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza verso la propria madre e di quelli che sono stati direttamente coinvolti, ed è nota la relazione tra vittimizzazione vissuta e assistita da piccoli e comportamento violento;

   confrontando i dati stimati per il 2014 con quelli del 2006, si colgono alcuni segnali incoraggianti, ma la situazione resta negativa;

   infatti, restano stabili le quote di donne vittime delle forme più efferate di violenza, mentre aumenta la gravità delle violenze sessuali e fisiche;

   la relazione familiare continua ad essere l'ambito più pericoloso, laddove si verifica la maggioranza delle violenze e laddove si hanno spesso «vittime collaterali», ossia i bambini orfani della madre uccisa ma anche del padre, suicida o incarcerato;

   uno studio recente approfondisce le caratteristiche del fenomeno delle «vittime collaterali», evidenziando le tragiche conseguenze per questi bambini;

   l'Italia è stato uno dei primi Paesi a ratificare la convenzione di Istanbul nella quale si fa esplicito invito ai firmatari ad adottare le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini, intraprendendo «le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici materiali didattici su temi quali la parità tra sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, (...), appropriati al livello cognitivo degli allievi»;

   il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015, della durata di due anni e predisposto per l'attuazione della Convenzione citata, per il quale sono stati complessivamente destinati 40 milioni di euro, rappresenta un'opportunità per disegnare un sistema integrato di politiche pubbliche orientate in chiave preventiva alla salvaguardia e alla promozione dei diritti umani delle donne, al rispetto della loro dignità in quanto persone in situazione di vittimizzazione, alla tutela dei loro figli, nonché al contrasto della violenza;

   sono, però, state evidenziate difficoltà nella gestione e nella distribuzione delle risorse citate ed è stata da più parti, giustamente, ritenuta inammissibile, la lentezza che si riscontra nell'espletamento di alcune procedure e nell'attivazione necessari strumenti;

   recentemente il Governo ha illustrato le bozze del nuovo piano triennale antiviolenza e delle linee guida per il soccorso e l'assistenza alle donne vittime di violenza;

   è noto che entro il marzo del 2018 il Governo italiano è tenuto alla consegna di un rapporto sulle misure legislative e di altro tipo destinate a dare attuazione alla Convenzione citata, sulla base predisposta dal questionario del Grevio adottato 1'11 marzo 2016 –:

   quale sia lo stato di attuazione del citato piano oramai in scadenza e se il governo intenda indicare quali elementi di criticità, da affrontare con il nuovo piano, siano emersi nell'attuazione del suddetto piano, ormai quasi terminato.
(4-18311)


   MELILLA, NICCHI, SANNICANDRO, RICCIATTI, FERRARA, ZARATTI, FRANCO BORDO, PIRAS, SCOTTO, MATARRELLI, DURANTI e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il progetto del gasdotto Snam «Rete Adriatica» attraversa la dorsale adriatica degli Appennini da Brindisi a Minerbio (BO);

   il tracciato del gasdotto è di forte impatto ambientale e potenzialmente pericoloso attraversando tre parchi nazionali, un parco naturale regionale, ventuno siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale, nonché numerose aree in zona sismica «1», regioni storicamente interessate da un notevole tasso di sismicità, dove ricade anche la prevista centrale di decompressione di Sulmona;

   nella perizia tecnica recante «Note critiche allo studio di impatto ambientale» inerente alla tratta del gasdotto Foligno-Sestino redatta dal Geol. Francesco Aucone che accompagna l'istanza presentata dalle associazioni dei cittadini il 22 ottobre 2017 alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Ministeri competenti si evince che dall'analisi dello studio di impatto ambientale emergono, tra gli altri, i seguenti aspetti: «approccio inappropriato nella definizione dell'Azione Sismica, perplessità sulle categorie sismiche dei terreni attraversati (insufficienza delle indagini in sito), sottostima dell'accelerazione sismica nella verifica strutturale allo scuotimento sismico, (sottostima dell'accelerazione sismica nella verifica della stabilità dei versanti»);

   il 26 ottobre 2017 si terrà una riunione sul gasdotto «Rete Adriatica», convocata dalla Presidenza del Consiglio con le regioni, le province e i sindaci dei territori di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati –:

   se non intendano assumere iniziative per sospendere l'iter che porterà alla realizzazione del gasdotto Snam «Rete Adriatica» per approfondire le tante perplessità e i possibili rischi derivanti dalla costruzione del suddetto gasdotto, come risultanti da numerosi studi tecnici tra cui quelli riportati, e avviare un confronto che prenda in considerazione la revisione del tracciato del gasdotto, così fortemente impattante e potenzialmente pericoloso.
(4-18314)


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA e MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Villa S. Teresa – Diagnostica per immagini e radioterapia s.r.l. è stata sequestrata assieme ad altre aziende e beni e 200 milioni di euro di liquidità, nel 2004, a Michele Aiello;

   inizialmente Gaetano Cappellano Seminara è stato nominato amministratore giudiziario; l'incarico successivamente passato, grazie a contatti con l'ufficio misure di prevenzione del tribunale di Palermo presieduto dal magistrato Silvana Saguto, all'amico Andrea Dara;

   nel luglio 2013 la società è stata confiscata definitivamente e trasferita al patrimonio dello Stato e nell'ottobre 2013 la gestione è stata affidata ad un Consiglio di amministrazione nominato dall'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, mentre Andrea Dara è rimasto come coadiutore;

   durante l'amministrazione giudiziaria la società ha accumulato debiti per milioni di euro, mentre sono state erogate parcelle generose a soggetti terzi;

   nel 2016, si stima che Villa Santa Teresa avesse ancora oltre 36 milioni di debiti, mentre dei 200 milioni sequestrati nel 2004 non v'è più traccia;

   Gaetano Cappellano Seminara, Andrea Dara e Silvana Saguto sarebbero implicati nello scandalo sulla gestione illecita dei beni confiscati da parte della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo;

   l'articolo 19, della legge regionale siciliana 1° agosto 2017, n. 16 dispone «per l'assegnazione ai sensi dell'articolo 48, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 degli immobili siti nel comune di Bagheria, sedi delle strutture sanitarie, ospedaliere, di medicina nucleare e di diagnostica per immagini e radioterapia, è autorizzata a farsi carico, anche per il periodo di amministrazione giudiziaria, dei costi relativi all'adeguamento e all'ampliamento delle strutture»;

   tali costi ammontano, secondo l'articolo 19, commi 2 e 3 della citata legge, a 27.334.383,5,1 euro, da restituire per 754.021 nel 2017 e per 1.508.041 dal 2018, presumibilmente sino al 2035;

   l'articolo 19, comma 3 stabilisce la copertura tramite locazioni degli immobili acquisiti: verosimilmente, a giudizio degli interroganti potrebbe essere la medesima società precedentemente confiscata a pagare, che, tuttavia, evidenzia una situazione economico-finanziaria non florida; per questo la società, riconosciuta come centro di eccellenza nel suo settore, potrebbe non riuscire a sostenere i costi e incorrere inesorabilmente nel fallimento, mentre il costo del mutuo finirebbe a carico del bilancio regionale;

   non è chiaro se tale norma sia conforme all'articolo 48, comma 3, della lettera c), del decreto legislativo n. 159 del 2011, per cui i beni destinati e non assegnati ad enti territoriali possono essere utilizzati per finalità di lucro ma con vincolo di reimpiegarne i proventi esclusivamente per finalità sociali;

   non è chiaro se la regione possa farsi regolarmente carico delle spese e dei debiti contratti dall'amministrazione giudiziaria, la cui copertura dovrebbe trovare fonte tra le somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate, confiscate o comunque nella disponibilità del procedimento, ai sensi degli articoli 41 e 42 del decreto legislativo n. 159 del 2011;

   secondo fonte Cerved, Andrea Dara, nonostante abbia portato le aziende gestite in situazioni economico-finanziarie gravi, risulta essere ancora amministratore unico di Villa S. Teresa – Group s.p.a., società collegata a Villa S. Teresa – Diagnostica per immagini e radioterapia s.r.l. e attualmente di proprietà per il 57 per cento circa di Michele e Francesca Aiello –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite dall'Anbsc, per verificare eventuali irregolarità nella gestione dei beni confiscati di cui in premessa, anche per un'eventuale segnalazione all'autorità giudiziaria e alla Corte dei conti;

   se e a quali condizioni i beni immobili, mobili e aziendali riconducibili a Villa Santa Teresa di Bagheria siano stati destinati dall'Anbsc.
(4-18316)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, GRANDE, SPADONI, DI BATTISTA e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la riduzione della rete consolare e degli istituti di cultura, operata dalla Farnesina negli anni scorsi, ha portato, dal 2006 a oggi, alla chiusura di almeno 44 consolati di carriera, nonostante gli italiani iscritti nei registri consolari abbiano toccato la cifra record di 5.383.199;

   a tale soppressione, si aggiunge lo squilibrio di presenze tra funzionari e impiegati in servizio presso quei consolati ancora in funzione. Nel 2016 gli addetti agli uffici consolari erano 1.531, meno del 30 per cento delle 4.939 unità di personale complessive in servizio nella rete diplomatico-consolare;

   i patronati, strutture di diretta emanazione sindacale che assistono i cittadini nelle pratiche per la pensione, sono organi con una chiara e storica connotazione politica; a partire dal 2001, grazie alla legge 30 marzo 2001, n. 152, che ha dato ai sindacati il monopolio delle pratiche con gli enti previdenziali, questi istituti, finanziati dallo 0,27 per cento dei contributi dei lavoratori italiani, hanno incamerato mezzo miliardo di euro;

   nel tempo, queste strutture sono anche state investite da scandali vari: aumento ingiustificato delle sedi, sproporzione di sedi rispetto al numero degli utenti (per esempio, a Córdoba sono presenti 10 patronati per 800 pensionati), pratiche inesistenti, pratiche doppie (una in Italia, l'altra all'estero), ispezioni inconcludenti, a parere degli interroganti, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali fino al caso di un plateale furto perpetrato dal direttore della sede di Zurigo, Antonio Giacchetta, condannato a 9 anni di reclusione per truffa, falso e appropriazione indebita (circa 12 milioni di franchi svizzeri a scapito di malcapitati pensionati italiani);

   è stata recentemente avanzata l'ipotesi di affidare ai maggiori patronati, previa apposita convenzione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il disbrigo di tutte le pratiche che non possono più essere eseguite dagli uffici consolari soppressi;

   qualora ciò accadesse, si addiverrebbe a un accordo tra la Farnesina, con il beneplacito del Ministero dell'economia e delle finanze, e i sindacati confederali in base al quale i patrocinati aggiungerebbero all'incasso sopra citato, una rilevante quota dei diritti consolari che ogni utente dovrà pagare per qualsiasi atto consolare ottenuto;

   le disposizioni della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963 non prevedono intermediari privati tra cittadini stranieri e i loro consolati, i quali devono essere tassativamente governativi; inoltre, l'articolo 11 della citata legge n. 152 del 2001, pone un preciso e insormontabile limite alle possibilità di collaborazione dei patronati con ambasciate e consolati;

   l'esclusiva competenza per determinati, delicati servizi si spiega con il fatto che, a differenza degli addetti dei patronati, che sono operatori privati, i dipendenti pubblici dei consolati sono tenuti all'assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni di cui vengono in possesso nell'esercizio dei loro compiti e sono soggetti a procedimenti disciplinari fino al licenziamento nel caso vìolino tale obbligo;

   alla citata convenzione si oppongono fermamente alcune organizzazioni sindacali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale quali la Confal UNSA e FLP che difendono strenuamente le competenze degli uffici e continuano a promuovere la legale opera dei consolati, mediante l'impiego di dipendenti pubblici –:

   se non intenda fornire ogni utile elemento su quanto esposto in premessa e sospendere ogni eventuale trattativa con i patronati per la convenzione di collaborazione descritta in premessa, ad avviso degli interroganti senza alcun fondamento giuridico di diritto italiano e internazionale.
(5-12572)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   giungono all'interrogante numerose proteste da parte di connazionali che lamentano inefficienze e ritardi nell'erogazione di servizi basilari da parte delle strutture consolari italiane, relativamente, soprattutto, al rilascio dei passaporti, all'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero e alle pratiche di cittadinanza;

   tali disservizi solo raramente sono imputabili a manchevolezze degli uffici, dei loro responsabili e del personale addetto di cui, anzi, si apprezza la professionalità e l'impegno per venire incontro alle esigenze e alle richieste del cittadino;

   molto spesso, ad onor del vero, sono gli stessi operatori consolari le prime vittime di una situazione che negli ultimi anni ha visto un aumento esponenziale delle richieste di servizi a fronte di una diminuzione delle risorse;

   da una parte, la chiusura di alcune sedi all'estero ha riversato sulle sedi riceventi i compiti delle sedi soppresse, dall'altra l'aumento vertiginoso delle nuove mobilità, testimoniato anche nel recente rapporto della Fondazione Migrantes, si sono tradotti non tanto, forse, in una contrazione dei servizi, quanto piuttosto in una lievitazione dei tempi di erogazione e in un peggioramento complessivo delle condizioni di lavoro degli addetti;

   a fronte, infatti, dei nuovi carichi di lavoro, non si è assistito ad un congruo adeguamento degli organici, anzi molto spesso se ne è registrata una diminuzione, riflesso diretto sia del mancato ricambio di personale andato in pensione, ormai bloccato da troppi anni, sia, in genere, delle misure di revisione della spesa;

   le lacune negli organici del personale sia di ruolo che a contratto rischiano di procurare un generale collasso del sistema che non potrà più rispondere con efficacia alle crescenti aspettative non solo del privato cittadino, ma anche delle istituzioni e del sistema produttivo che nelle rappresentanze diplomatico-consolari cerca sostegno per la penetrazione nei mercati esteri;

   una delle criticità che viene segnalata con maggiore frequenza, non senza qualche ironia se si considera l'insistenza con cui, giustamente, si incoraggia l'adesione alla relativa normativa, riguarda l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero la cui legge istitutiva, la n. 470 del 27 ottobre 1988, all'articolo 6, comma 7, prevede che la documentazione relativa all'iscrizione sia «trasmessa entro centottanta giorni dall'ufficio consolare al Ministero dell'interno per le registrazioni di competenza e per le successive, immediate comunicazioni al comune italiano competente»;

   senza entrare nel merito, in questa sede, sulla necessità di rivedere l'attuale normativa anche alla luce di un suo necessario snellimento che le moderne tecnologie dovrebbero rendere possibile ed auspicabile, preme segnalare la necessità di smaltire gli arretrati giacenti presso i competenti uffici consolari anche in vista della prossima tornata elettorale alla quale, come noto, sono chiamati a votare per corrispondenza gli italiani residenti all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, e dalla quale sarebbero pertanto esclusi gli italiani la cui iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero non sia nel frattempo perfezionata –:

   se non ritenga di assumere iniziative per autorizzare urgentemente gli uffici consolari che registrano arretrati nella trattazione di pratiche di anagrafe ad assumere personale interinale da adibire al relativo aggiornamento, in vista delle prossime elezioni politiche e, nel contempo, per colmare le lacune negli organici sia del personale di ruolo che a contratto, in maniera da rendere strutturali il miglioramento e l'efficacia dei servizi richiesti alla rete diplomatico-consolare italiana, accantonando definitivamente interventi dettati dall'emergenza.
(4-18301)


   PAGLIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Ahmadreza Djalali, medico iraniano di 45 anni e ricercatore all'università di Novara, è stato condannato a morte dalla 15a Corte rivoluzionaria della Repubblica islamica dell'Iran;

   Djalali, che lavorava al centro di ricerca sulla medicina dei disastri di Novara, è stato giudicato colpevole di spionaggio, per non meglio precisati «contatti con Israele» e «collaborazione con un governo ostile». Al momento dell'arresto il ricercatore si trovava in Iran per un convegno medico. Si era trasferito con la famiglia in Svezia all'inizio del 2016 dopo un soggiorno di oltre due anni a Novara;

   il processo, che ha subito diverse battute d'arresto con la ricusazione di due avvocati di fiducia di Djalali, si è svolto nel più totale riserbo per poi concludersi dopo sole due udienze;

   in suo favore si sono fin da subito mobilitati amici e colleghi dell'università del Piemonte orientale che per mesi hanno sostenuto una campagna mediatica e diplomatica per la sua liberazione al fianco di Amnesty;

   negli scorsi mesi erano già state avviate iniziative a vari livelli per una risoluzione positiva del caso, prima di questa drammatica accelerazione;

   data la debolezza dell'accusa – Djalali non è accusato di aver compiuto attentati terroristici – ci si aspetterebbe una forte presa di posizione contraria alla pena capitale da parte dei Governi europei –:

   se non si ritenga di attivare ogni canale diplomatico con il Governo iraniano per impedire un esito così nefasto per la vita di una persona.
(4-18309)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PINNA, BRAGA, CARELLA, CARLONI, FEDI, FRAGOMELI, LA MARCA, PRINA, ROMANINI, SCUVERA e VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono annualmente prodotti milioni di tonnellate di rifiuti inerti, ovvero scarti e rimanenze di materiali da costruzione o materiali derivanti da demolizioni, costruzioni e scavi. Tuttavia, nel nostro Paese solo una bassa percentuale dei rifiuti da edilizia viene riciclata, nonostante vi sia la concreta possibilità di reimmetterli nel processo edilizio come inerti, riducendo l'impatto sugli ecosistemi e promuovendo, al contempo, la creazione di lavoro e di ricerca applicata;

   negli ultimi anni c'è stata una forte spinta a livello europeo e nazionale verso la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo di materie prime attraverso l'incentivazione del riciclo dei rifiuti: la direttiva 2008/98/CE (riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione pari al settanta per cento entro il 2020); il decreto ministeriale n. 203 del 2003 («acquisti verdi» per le pubbliche amministrazioni) e la relativa circolare sui rifiuti inerti; il «collegato ambientale» di cui alla legge n. 221 del 2015; le disposizioni del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016; il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 24 dicembre 2015 (criteri ambientali per l'affidamento di servizi di progettazione e lavori per nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione edifici e per la gestione dei cantieri della pubblica amministrazione);

   ciò nonostante, le imprese che in questi anni hanno investito in tale direzione incontrano resistenze e atteggiamenti ostativi da parte delle pubbliche amministrazioni a vari livelli territoriali. All'interno della normativa regionale e comunale mancano spesso obblighi di utilizzo di tali materiali nelle opere pubbliche; in particolare, in alcune regioni si riscontra l'assenza dei materiali ottenuti da riciclo all'interno del prezziario regionale dei lavori pubblici: ne consegue che in fase di progettazione le amministrazioni comunali non inseriscono i materiali riciclati, benché questi abbiano prezzi inferiori, anche fino al cinquanta per cento, rispetto a quelli dei materiali da estrazione;

   la crisi del settore delle costruzioni contribuisce ad aggravare la situazione e molte aziende si trovano a dover superare i limiti di stoccaggio di materiale previsti nel provvedimento di autorizzazione. La rimozione del materiale «in eccesso», intimata dagli organi di controllo, significa, in particolare in regioni svantaggiate dal punto di vista logistico, il conferimento in discarica, data la mancanza di alternative economicamente sostenibili, con un aggravio di costi considerevole, che può portare alla chiusura dell'attività;

   anche al fine della tutela dell'ambiente, è necessario che la direzione viri quanto prima verso una reale green economy incentrata sul riciclo. Non bastano le norme generali, serve una puntuale verifica della loro applicazione a cascata: la spinta all'impiego di materiali provenienti dal riciclo in edilizia deve venire sia dalla legislazione nazionale e regionale che dai regolamenti edilizi locali. I vantaggi consisterebbero anche in una riduzione del prelievo da cava che può avere rilevanti impatti paesaggistici e ambientali –:

   quali iniziative intenda adottare per incentivare nei cantieri relativi a infrastrutture ed edifici pubblici, in linea con quanto stabilito dalla normativa di cui in premessa, l'uso di materiali edili da riciclo da parte delle pubbliche amministrazioni;

   se intenda considerare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere una maggiore flessibilità nell'applicazione dei limiti per lo stoccaggio del materiale da parte dalle imprese operanti nel settore del riciclo, nel rispetto dei principi di tutela dell'ambiente, affinché la rigidità degli stessi non si riveli controproducente rispetto al fine;

   se non reputi opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché i prezziari siano aggiornati su tutto il territorio nazionale prevedendo al loro interno materiali provenienti dal riciclo edile;

   se abbia valutato l'ipotesi di assumere iniziative per stabilire, con il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni, specifici criteri per l'attività estrattiva di cava nonché per pervenire a un canone minimo per le relative concessioni, al fine di minimizzare il consumo di suolo e ridurre il rischio idro-geologico.
(5-12579)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   questo anno ricorre il bicentenario della nascita di due personalità come Francesco De Sanctis e Pasquale Stanislao Mancini che hanno dato un contributo importante alla crescita del nostro Paese, alla sua innovazione e al riscatto delle popolazioni meridionali;

   è sconcertante che le tombe dei due, che riposano nel cimitero monumentale di Poggioreale, versino in un intollerabile stato di abbandono, così come recentemente documentato da un'emittente televisiva della provincia di Avellino;

   il cosiddetto «quadrato» degli uomini illustri, settore di detto cimitero destinato alla sepoltura di personalità di rilievo, è meta di vandali che con facilità riescono ad accedere e a profanare le tombe;

   in particolare, quella di Pasquale Stanislao Mancini è del tutto sconnessa, versa in condizioni di abbandono ed è già stata preda di vandali che, nel 2009, trafugarono il busto che campeggiava sulla lapide;

   il servizio televisivo ha bene messo in evidenza la mancanza di sistemi di sorveglianza: non solo non ci sono le videocamere, ma manca anche la presenza costante di un custode;

   a giudizio dell'interrogante, si tratta di una condizione indecorosa per un luogo nel quale, oltre a De Sanctis e Mancini, riposano grandi della Nazione, come Benedetto Croce, Enrico De Nicola e Giovanni Amendola;

   occorre, a giudizio dell'interrogante, un intervento delle autorità competenti per assicurare adeguata tutela a un luogo che è di interesse nazionale, anche sollecitando opportunamente l'intervento del comune di Napoli e della polizia locale;

   in mancanza occorre valutare l'opportunità che le spoglie di De Sanctis e Mancini tornino in Irpinia, affinché abbiano finalmente il rispetto e il decoro che meritano –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza e in sinergia con il comune di Napoli, per rimediare allo stato di abbandono nel quale versano le tombe di Francesco De Sanctis e Pasquale Stanislao Mancini e l'intero «quadrato» degli uomini illustri del cimitero di Poggioreale.
(4-18307)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   come riportato recentemente da diverse fonti di stampa italiane «il tema del sovraffollamento turistico, e delle diverse soluzioni intraprese dai territori, ha caratterizzato la cronaca estiva»;

   secondo l'articolo del 12 ottobre 2017 pubblicato sul sito onlinewww.shoppingviaggi.com «(...), chi è stato a Venezia durante un week-end estivo ha avuto modo di constatare il fenomeno del cosiddetto overtourism, ossia il turismo selvaggio caratterizzato da un numero elevato di visitatori presenti nelle principali piazze delle città d'arte, nelle strutture e nei vari servizi turistici, tale da trasformare la permanenza in un luogo in una esperienza caratterizzata da stress, attesa, scarsa igiene, cattivi odori, caos e conseguenze ambientali arrecanti vera e propria esasperazione in seno ai residenti e difficoltà di gestione sia dal punto di vista pubblico e amministrativo, sia da quello dell'imprenditoria locale»;

   l'articolo pubblicato sul sito www.officineturistica.com il 13 maggio 2017, ha sottolineato come «l’overtourism rischia di ridurre, se non distruggere il valore del capitale turistico, cioè i siti naturali e culturali alla base dell'attrazione di una località (...)»;

   il sito www.linkiesta.it, l'8 agosto 2017, ha analizzato la tematica, evidenziando «come i segnali di nervosismo contro gli effetti collaterali del turismo mordi e fuggi siano giunti anche a Roma. La sindaca Virginia Raggi ha evidenziato la possibilità di introdurre dei limiti all'esercizio dei minimarket e fruttivendoli aperti 24 ore su 24 nel centro storico e incentivi per negozi, artigiani e librerie. Le limitazioni d'accesso in determinate aree del centro storico sono state richieste a Firenze e perfino in città balneari, da Capri alle Cinque Terre, da Laigueglia ad Alassio, dove il sindaco, per giorni si è dimostrato intenzionato a mettere un contapersone per l'accesso alla spiaggia libera, assediata da escursionisti rumorosi (...)»;

   come evidenziato nell'articolo pubblicato dall'agenzia di stampa Adnkronos il 26 settembre 2017, «il tema dell’overtourism si inserisce nella sfera del confronto sul turismo sostenibile, cui è stata dedicata la Giornata mondiale del Turismo celebrata il 27 settembre scorso»;

   in particolare, «Overtourism e la battaglia per lo sviluppo di un turismo sostenibile. Come migliorare la convivenza fra turisti e cittadini con idee e progetti di evoluzione e trasformazione urbana» è stato il tema del convegno svoltosi nella giornata del 12 ottobre a Ttg Incontri 2017, il principale marketplace del turismo B2B (Business to business in Italia);

   nel corso dell'evento sono state affrontate alcune tematiche legate alle linee guida del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, orientate a promuovere un turismo sempre più sostenibile, analizzando l'evoluzione dei trend turistici e i problemi del sovra affollamento turistico;

   al riguardo, il sito web www.Tttgitalia.com ha spiegato che per combattere il problema dell’overtourism il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha delineato «una strategia che miri alla valorizzazione delle nuove mete, come i cosiddetti centri minori, promuovendo esperienze innovative di turismo culturale e, soprattutto, distribuendo meglio i flussi turistici, piuttosto che pensare a soluzioni come chiusure delle città e nuove tassazioni» –:

   se il Ministro interrogato intenda spiegare, nello specifico, quali iniziative e secondo quali tempistiche intenda assumere per risolvere la problematica del sovraffollamento nei punti critici delle grandi città d'arte italiane;

   quali politiche di sviluppo turistico sostenibile intenda promuovere per la valorizzazione dei centri minori.
(4-18308)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALLAI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'economia e delle finanze è attualmente, con oltre il 56 per cento, l'azionista di maggioranza della Banca Monte dei Paschi di Siena, l'istituto di credito più antico del mondo fondato nel 1472;

   in questi secoli la banca è riuscita a creare una prestigiosa collezione d'arte quale risultato, si legge nel sito istituzionale dell'istituto di una stratificazione storica di committenze e importanti acquisizioni mirate che ha assunto, poco a poco, la fisionomia di una vera e propria «raccolta». Il maggiore sviluppo della collezione è avvenuto, però, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. Da allora la Banca ha rivolto la sua attenzione ad opere di «scuola artistica» senese, considerata, fin dai suoi esordi, una delle più significative nella storia della cultura figurativa del nostro Paese;

   a tale collezione d'arte si affianca un archivio storico dichiarato, con notifica ministeriale del Ministero per i beni culturali ed ambientali del 7 aprile 1997, di «notevole interesse storico»;

   il valore in bilancio della collezione è di circa 121 milioni di euro, mentre le opere presenti sono oltre 30 mila;

   si apprende dalla stampa che, a seguito del ritorno in borsa di Monte dei Paschi avvenuto il 25 ottobre 2017, in un documento della Consob sarebbe presente, tra gli impegni assunti dalla banca nel piano di ristrutturazione nei confronti della Commissione europea, anche «la cessione della collezione d'arte, nel rispetto dell'attuale legislazione»;

   gli enti locali e la comunità di Siena hanno appreso con allarme tale notizia. Si tratta infatti di collezioni, opere ed interi storici edifici che rivestono un'importanza cruciale per la città e per tutto il suo territorio, non solo da un punto di vista artistico e culturale ma anche per le potenzialità che rappresentano da un punto di vista dell'offerta turistica;

   il Monte dei Paschi, già istituto di credito di diritto pubblico, per la gestione dei propri beni di interesse storico ed artistico era soggetto alle disposizioni della legge n. 1089 del 1939, che tutelava l'inalienabilità delle opere. Il passaggio dell'istituto di credito a società per azioni, avvenuto nel 1995, ha mantenuto tale salvaguardia, almeno fino a quando non verrà portata a termine e formalizzata la verifica dell'interesse culturale di tali beni. In questa direzione la Soprintendenza territorialmente competente ha da tempo avviato gli atti amministrativi necessari per porre dei vincoli restrittivi alle collezioni maggiormente prestigiose, che non potranno quindi essere divise o allontanate dagli immobili storici di riferimento;

   sempre secondo la stampa, tali vincoli non escluderebbero però né la vendita di alcune opere, né la vendita in blocco di alcune collezioni;

   in questa legislatura il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha perseguito politiche mirate ed efficaci per evitare la vendita all'estero di opere rilevanti del patrimonio artistico e culturale nazionale. Ultima in ordine di tempo è la salvaguardia dell'epistolario di Giuseppe Verdi e della collezione del museo Richard Ginori –:

   se le notizie riportate in premessa rispetto alla vendita della collezione di Monte dei Paschi di Siena corrispondano al vero e quali opere, nel dettaglio, potrebbero essere messe in vendita, con quali vincoli e con quali modalità; quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di tutelare l'integrità e la fruibilità pubblica di un patrimonio storico di valenza nazionale.
(5-12569)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013, sono stati fissati nuovi principi e regole in materia di riscossione mediante ruolo, apportando modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973;

   nello specifico, all'articolo 52 del citato decreto, veniva stabilito che, in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica per ragioni estranee alla propria volontà, la rateazione potesse essere aumentata fino ad un massimo di 120 rate mensili;

   allo stesso articolo veniva, inoltre, fissato un principio liberale e di civiltà giuridica, quale quello della impignorabilità della prima casa di proprietà del debitore, se adibita ad uso abitativo e purché lo stesso vi risieda anagraficamente;

   risulta necessario verificare il reale impatto di tali norme di favore per il contribuente in un periodo di forte crisi economica, al fine di tracciare un primo provvisorio bilancio dell'iniziativa intrapresa nel 2013, con una risoluzione approvata, a prima firma dall'interrogante, in Commissione finanze –:

   se il Ministro interrogato intenda indicare, con specifica distinzione per anno e fino al 30 settembre 2017, numero e valore complessivo delle richieste di rateizzazione con numero di rate superiori a 72 e delle relative rateizzazioni concesse e, relativamente agli immobili, il numero delle ipoteche, dei pignoramenti e delle vendite effettuate dal 2010 al 30 settembre 2017.
(4-18303)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'avvocato Giovanni Di Nardo ha partecipato al concorso per 365 posti di magistrato ordinario indetto nel 2013, risultando non idoneo a tutte le prove; avuto accesso al verbale di correzione, ha riscontrato numerose irregolarità, quali abrasioni e fogli aggiunti dopo la chiusura;

   inoltre, avuto accesso agli elaborati di uno dei soggetti risultati idonei, è emerso che tali temi presentavano numerosi errori di ortografia, grammatica e sintassi;

   l'avvocato ha segnalato l'accaduto al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, il quale ha risposto che «non sussistono elementi di novità» ed ha anche interessato della questione i più alti livelli istituzionali;

   la vicenda è stata riportata da numerosi articoli apparsi sui giornali Il Resto del Carlino e La Nazione oltre che dal noto programma televisivo «Striscia la Notizia»;

   le denunce di Di Nardo si sommano a quelle già avanzate nel corso degli anni da numerosi partecipanti al concorso per l'accesso alla magistratura;

   si può citare il caso dell'avvocato Pierpaolo Berardi, che riferisce di numerose irregolarità relativamente al concorso per l'accesso alla magistratura, svoltosi nel 1992. La sua vicenda è del tutto analoga a quella riferita da Di Nardo;

   anche egli, non ritenuto idoneo, chiese di potere vedere i suoi scritti e il verbale, ma gli furono negati; dopo l'ennesimo vittorioso ricorso al Tar, avuto accesso a tali atti, scopriva che i suoi temi e quelli di altri non erano stati corretti, tenuto conto dell'esiguità del tempo – circa tre minuti – che, in base al verbale, era stato dedicato alla correzione dei singoli elaborati;

   dalla lettura delle prove dei candidati ritenuti idonei, scopriva anche che alcuni temi erano riconoscibili, perché scritti su una sola facciata, altri in stampatello; alcuni pieni di errori giuridici, altri idonei ma senza voto; un candidato aveva svolto addirittura il tema con una traccia diversa da quella indicata;

   anche i procedimenti giudiziari scaturiti dalle denunce di Berardi non si sarebbero svolti regolarmente: a Perugia, Berardi viene sentito da un pm con presente come uditrice una magistrata che aveva vinto quel concorso; quando Tar e Consiglio superiore della magistratura ordinano di ricorreggere i suoi temi, questi vengono corretti dalla stessa commissione, che lo aveva «bocciato» la prima volta;

   a conclusione dell’iter giudiziario, nel 2008 il Consiglio superiore della magistratura, dopo aver sempre affermato che era tutto regolare, riconosceva all'unanimità che gli elaborati dell'avvocato Berardi non furono mai esaminati dalla Commissione;

   sul tema dei concorsi truccati per l'accesso alla magistratura, vanno menzionate le censure espresse dal magistrato Alessio Liberati, presidente dell'Associazione magistrati italiani, che, nell'articolo «Concorsi truccati all'università, chi controlla il controllore?» del Fatto quotidiano del 27 settembre 2017, denuncia le irregolarità commesse nei concorsi per l'accesso al Consiglio di Stato, massimo organo di giustizia amministrativa, proprio quell'autorità, cioè, che ha l'ultima parola su tutti i ricorsi relativi ai concorsi pubblici truccati;

   Liberati relativamente alle gravi irregolarità commesse nello svolgimento di tali concorsi afferma: «Basti pensare che uno dei vincitori più giovani del concorso non aveva nemmeno i titoli per partecipare. E che dire dei tempi di correzione? A volte una media di tre pagine al minuto, per leggere, correggere e valutare. E la motivazione dei risultati attribuiti? Meramente numerica e impossibile da comprendere» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali ulteriori elementi intenda fornire riguardo alle anomalie sopra richiamate;

   quali iniziative normative intenda adottare circa le procedure concorsuali della magistratura al fine di evitare che certe storture possano verificarsi in futuro.
(5-12576)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPEZZONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Codici è un'associazione nazionale dei consumatori iscritta nel registro di cui all'articolo 137 del codice del consumo, è Associazione nazionale di promozione sociale ex legge n. 383 del 2000 ed è componente del CNCU – Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti – istituito con legge n. 281 del 1998 e confluita nel codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005);

   tra gli obiettivi dell'associazione, secondo l'articolo 3 dello Statuto, vi è la tutela degli interessi e dei diritti del cittadino consumatore e utente, con particolare riferimento a coloro che si trovano in condizioni di debolezza o svantaggiate;

   con la legge n. 54 del 2006 sono state apportate modifiche alla modalità ordinaria di affidamento della prole minorenne (affido condiviso). In particolare, si è affermato il diritto alla bigenitorialità, già previsto nella «Convenzione sui diritti dell'Infanzia» sottoscritta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con legge n. 176 del 1991;

   tuttavia nel nostro Paese, nonostante la nuova legge sull'affido condiviso, nulla è cambiato visto che, nell'ultimo decennio, le madri sono diventate nel 90 per cento dei casi il «genitore collocatario», ad avviso dell'interrogante, con un palese aggiramento del principio normativo sancito dall'articolo 337-ter c.c;

   al fine di garantire un pieno riconoscimento del principio di bigenitorialità, Codici ha promosso una specifica campagna dal titolo «Voglio papà» e, a tal fine, e sempre nel pieno rispetto della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ha legittimamente chiesto di poter accedere ad alcuni dati statistici delle decisioni della corte d'appello di Roma;

   in particolare, Codici, con istanza di accesso del 28 luglio 2017, ha chiesto di poter prendere visione ed estrarre copia dei dati statistici riferiti al biennio di attività delle sezioni famiglia della corte di appello di Roma 2014/2015 e 2015/2016 indicati nella «Rilevazione delle separazioni personali dei coniugi» (codice IST-00115) e nella «Rilevazione degli scioglimenti e cessazioni degli effetti civili del matrimonio» (codice IST-00116) previste dal Programma statistico nazionale, riferiti specificatamente alle decisioni prese dalla sezione famiglia, relative a:

    1) percentuali di collocamento prevalente del minore presso la madre in regime di affido condiviso ovvero presso il padre;

    2) percentuali di condanne alle spese di lite a carico del padre ovvero a carico della madre;

    3) percentuali di decisioni che hanno disposto il regime di mantenimento diretto dei minori;

   la corte d'appello, con nota prot. 33485 del 21 agosto 2017, ha inopinatamente rifiutato l'accesso a tali dati con la motivazione che «i dati richiesti, per la loro specificità, non risultano immediatamente desumibili dai registri informatici di questa Corte di Appello, che non prevedono il rilevamento degli stessi. Pertanto, il prelievo degli stessi sarebbe possibile solo attraverso un complesso e dispendioso esame di documenti, sentenze e atti processuali in genere, che richiederebbe, peraltro una continua e attenta valutazione in ordine alla tutela della privacy di soggetti minorenni»;

   il controllo di determinati dati statistici, che ovviamente non comportano una violazione della disciplina sulla privacy, risulta necessario per verificare eventuali violazioni di principi normativi e una conseguente discriminazione della figura genitoriale paterna. Allo stesso tempo, i formulari compilati dai tribunali, e inviati all'Istat per l'elaborazione dei dati su base nazionale, prevedono già specifici campi relativi all'affido dei figli minori; pertanto, nessun lavoro aggiuntivo sarebbe richiesto agli uffici competenti –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le concrete problematicità che impediscono alla corte d'appello di Roma di garantire l'accesso ad una serie informazioni statistiche secondo la richiesta inoltrata da un'associazione di consumatori e tendente a verificare eventuali situazioni di disparità nell'affido dei figli minori.
(4-18300)


   MARTELLI, CIMBRO, ROSTAN, RAGOSTA, ZARATTI, FRANCO BORDO, RICCIATTI, PIRAS, FERRARA, FOLINO, LACQUANITI, ALBINI, MELILLA, FORMISANO, MOGNATO, MURER, CARLO GALLI, FOSSATI, FONTANELLI, ROBERTA AGOSTINI, KRONBICHLER, BOSSA, MATARRELLI, ZOGGIA, ZAPPULLA e QUARANTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è notizia degli scorsi giorni che la corte d'appello di Venezia non ha confermato una sentenza di condanna a 10 anni di reclusione pronunciata in primo grado dal tribunale di Treviso a carico di un uomo accusato di aver ripetutamente abusato della figlia minorenne dal 1995 al 1998;

   l'imputato si era reso responsabile di aver abusato sessualmente della figlia e di averla anche «ceduta» ad altri conoscenti per almeno un triennio. La figlia l'aveva denunciato una volta diventata maggiorenne;

   la prescrizione è avvenuta a causa dell'intervento di una sentenza a sezioni unite della Corte di cassazione – la 28.953 del mese di giugno 2017, riguardante un caso registrato nel napoletano – che aveva annullato l'effetto di allungamento del termine della prescrizione previsto in caso di «aggravanti ad effetto speciale» normalmente collegate a reati di violenza sessuale su minori di 14 anni;

   nonostante sulle sue responsabilità non ci siano dubbi, l'imputato non è più punibile per effetto della prescrizione. Applicando l'articolo 588 del codice di procedura penale la corte d'appello di Venezia ha riconosciuto a suo carico solo le statuizioni civili, ossia il diritto alla parte civile ad ottenere un equo risarcimento –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato sulla vicenda esposta in premessa e se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative di carattere normativo, per evitare in futuro il ripetersi di episodi simili che non possono non tradursi in impunità per fatti tanto gravi.
(4-18304)


   OTTOBRE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 14 giugno 2017 veniva accolto dal Governo l'ordine del giorno n. 9/04368/050 in materia di strutture carcerarie presentato dall'interrogante;

   il Governo si impegnava a valutare, nell'ambito dell'adeguamento, dell'ampliamento e del rafforzamento delle norme in merito all'ordinamento penitenziario, la possibilità di adottare ulteriori provvedimenti volti sia ad integrare l'organico della casa circondariale di Trento che a prevedere un sensibile decremento della popolazione detenuta, al fine di consentire al personale di polizia di lavorare in sicurezza ed ai detenuti di scontare la pena in uno «spazio vitale umano e dignitoso»;

   ad oggi il problema del sovraffollamento del carcere di Trento non è stato ancora risolto, né sono state intraprese iniziative volte a risolverlo; il sovraffollamento di detenuti e la carenza di personale che affligge la casa circondariale di Trento, situazione in questi anni tante volte rappresentata dall'organizzazione sindacale di polizia penitenziaria, continuano a non ottenere alcun riscontro pratico; attualmente il personale effettivamente in servizio, decimato dai continui pensionamenti non sostituiti, ha un rapporto con i detenuti di uno a tre. A fronte di 126 poliziotti penitenziari, c'è una popolazione detenuta di 368 unità –:

   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative affinché venga trovata al più presto una soluzione in linea con l'impegno assunto dal Governo alla Camera dei deputati.
(4-18310)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i servizi d'informazione fluviale (Ris) sono i servizi d'informazione armonizzati di supporto alla gestione del traffico e dei trasporti nel settore della navigazione interna, comprese, ove tecnicamente fattibile, le interfacce con altri modi di trasporto. I Ris comprendono servizi quali informazioni sui canali, informazioni sul traffico, gestione del traffico, supporto alla prevenzione di incidenti, informazioni sulla gestione dei trasporti, statistiche e servizi doganali, nonché diritti per l'utilizzo delle vie navigabili e tasse portuali;

   le applicazioni del sistema Ris al trasporto idroviario sono numerose e hanno un effetto moltiplicatore dei vantaggi specifici del trasporto idroviario. In particolare: accrescono l'efficienza nella programmazione dei viaggi, riducendo i tempi di attesa e le disfunzioni del trasporto fluviale, integrando le idrovie nella catena di trasporto intermodale; facilitano l'integrazione delle idrovie nei flussi di trasporto intermodale, condizione necessaria per aumentare la quota del trasporto fluviomarittimo nei collegamenti merci; consentono di sviluppare il trasporto per vie navigabili interne in maniera più trasparente, affidabile, flessibile e accessibile; rendono il trasporto idroviario attraente sotto il profilo dei costi e dell'efficienza e consentono una gestione moderna della catena di approvvigionamento; favoriscono una migliore programmazione e una più efficiente gestione del traffico fluviale; accrescono la sicurezza e rendono il trasporto più rapido ed efficiente, soprattutto quando si tratta di merci pericolose; le autorità preposte alla disciplina del traffico e i comandanti delle imbarcazioni hanno, con il sistema Ris, un corredo di informazioni molto più ampio e puntuale;

   il recepimento della direttiva europea 2005/44/CE del 7 settembre 2005, che introduceva queste importanti novità per il settore, è un tassello necessario per consentire una coerente implementazione del sistema Ris e uno sviluppo tecnologicamente adeguato della navigazione interna nel nostro Paese –:

   in quali tempi intenda assumere le iniziative di competenza per il recepimento della direttiva europea sopracitata e, con esso, per l'adeguamento del sistema idroviario nazionale rispetto a standard di efficienza e di sicurezza che appaiono sempre più necessari per un rilancio del settore.
(5-12566)


   TARICCO, GRIBAUDO e CARLONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 18 aprile 2017, il ponte della tangenziale di Fossano che taglia via Marene, altezza cimitero, crolla, causando la chiusura di 7 chilometri di tracciato;

   la strada interseca l'autostrada A6, presso la frazione Tagliata di Fossano, nota come «nuova strada ANAS 183» di Fossano. È a due carreggiate con due corsie per marcia ed è stata aperta nel 2000, con uscite Fossano Nord-Marene;

   in quel frangente, una pattuglia dei Carabinieri della compagnia di Fossano stava operando un posto di blocco proprio al di sotto della tangenziale e, sentendo degli scricchiolii, si sarebbe allontanata, lasciando la vettura parcheggiata sotto il ponte. La stessa, veniva infatti schiacciata dal crollo del ponte, ma restavano illesi il maresciallo aiutante Giuseppe Marcegliano e il carabiniere Vincenzo Matera;

   il presidente dell'Anas istituisce una commissione d'inchiesta per accertare cause e responsabilità, presieduta dal generale dei carabinieri Roberto Massi, direttore della tutela aziendale dell'ente, e composta da due ingegneri strutturisti ed esperti di tecniche costruttive. Anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto l'istituzione di una commissione ispettiva composta da esperti del dicastero per analizzare e valutare quanto accaduto;

   ad un mese dal crollo, la procura di Cuneo invia gli avvisi di garanzia: dieci indagati per disastro colposo tra esecutori dell'opera e collaudatori, ex dipendenti Anas;

   nel mese di giugno 2017, i blocchi da oltre 260 tonnellate l'uno sono stati spostati dagli operai della Saisef, la ditta di Mondovì incaricata dall'Anas per la rimozione. I detriti sono stati spostati nel piazzale del vicino cimitero. Trascorsi vari mesi dal crollo, nulla è cambiato dal 27 giugno scorso, quando un'ordinanza della provincia aveva autorizzato la riapertura di via Marene dopo la rimozione del manufatto, e la tangenziale è ancora inutilizzabile:

   l'iter si sta allungando a causa di prove che l'Anas deve fare sulla porzione di ponte non crollata, oltre 100 campate. I primi test, eseguiti con prove di carico e tecnologie avanzate di tomografia, hanno spinto l'Anas a eseguirne altri. La data ipotizzata per la fine di questi test era il 20 luglio 2017, poi posticipata a fine agosto 2017;

   in un incontro del 10 ottobre 2017 a Torino con l'ingegner Ugo Dibbennardo di Anas, l'assessore ai trasporti della regione Piemonte Francesco Balocco ha comunicato di aver sollecitato una soluzione per conciliare l'esigenza di una riapertura rapida con condizioni di sicurezza assolute per i cittadini, ma la risposta del responsabile dell'area compartimentale di Anas Angelo Gemelli chiariva che al momento non è possibile dare indicazioni sulla data di apertura;

   l'interruzione della circolazione sta causando notevole disagio alle attività produttive del territorio fossanese; le attività economiche, non solo le imprese di autotrasporto, stanno risentendo economicamente, direttamente e indirettamente, delle conseguenze del blocco;

   per questo, è stata inviata una lettera all'Anas firmata dal sindaco della città Davide Sordella, dall'assessore comunale alle attività produttive Cristina Ballario, dal presidente della Consulta delle attività produttive e rappresentante di Confartigianato imprese Cuneo Aldo Caranta, dal vice presidente della Consulta delle attività produttive e rappresentante di Ascom Fossano Roberto Sordo, dal presidente di Confartigianato imprese Cuneo, zona di Fossano, Clemente Malvino, dal segretario di Coldiretti, zona di Fossano, Corrado Bertello e da Marco Brandani di Confindustria Cuneo, per sollecitare una veloce conclusione dei controlli necessari e richiedere urgentemente una stima, il più attendibile possibile, delle tempistiche di ripristino del tratto stradale –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e non reputi necessario assumere le iniziative necessarie per fornire risposte e tempi certi, liberando il parcheggio del cimitero dalle macerie, riaprendo la circonvallazione e facendo luce, per quanto di competenza, su cause e responsabilità.
(5-12580)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il presente atto di sindacato ispettivo pone una questione relativa alle difficoltà burocratiche a cui può andare incontro uno di quelli che giornalisticamente viene definito un «cervello all'estero»;

   il caso in questione riguarda una ricercatrice italiana a New York, che partita dalla Basilicata, e laureatasi a Roma, si è poi trasferita negli Usa dopo aver vinto più borse di studio;

   negli Usa, dove continua a lavorare ha approfondito le sue conoscenze e maturato esperienze importanti;

   tuttavia non ha mai interrotto suo rapporto con l'Italia, è regolarmente iscritta all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero e ha deciso di acquistare, con l'aiuto dei genitori, casa a Roma;

   qui sorge il problema, poiché per dimostrare la residenza avrebbe ricevuto comunicazione dai vigili urbani del XIV municipio di essere presente al previsto sopralluogo;

   purtroppo per motivi di lavoro e per ovvi motivi logistici la ricercatrice non poteva essere presente nella data e nell'orario indicati;

   a nulla sarebbe servita, a quanto consta all'interrogante nemmeno la presenza del padre titolare di una «procura generale» per la cura degli interessi della ricercatrice a testimoniare la veridicità dell'acquisto dell'immobile;

   il certificato di residenza è importante anche per poter beneficiare delle agevolazioni per l'acquisto della prima casa e il mancato riconoscimento pregiudicherebbe la possibilità di usufruirne;

   è molto triste e avvilente, ad avviso dell'interrogante, che lo Stato non tenga nella giusta considerazione le problematiche di una italiana che lavora all'estero e che vorrebbe tornare in Italia non appena ci fossero le condizioni –:

   se il Governo sia a conoscenza delle difficoltà, dal punto di vista burocratico, evidenziate in premessa, per chi si trova nelle condizioni della citata ricercatrice, pur in presenza di una procura generale sottoscritta in favore del padre, e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare il ripetersi di simili disagi.
(5-12565)


   COZZOLINO e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo dei vigili del fuoco risente da anni di due problematiche rimaste aperte sul lato dell'inserimento lavorativo e del rapporto col personale da una parte, vi è l'esigenza di un completo esaurimento della graduatoria di candidati idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco di cui al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n. 90, del 18 novembre 2008; dall'altra è la necessità di porre fine e alla sovrapposizione tra la figura del vigile del fuoco discontinuo e quella del vigile del fuoco volontario per le quali si è sinora fatto valere allo stesso modo quanto previsto dalla legge 12 novembre 2011, n. 183, che introdusse al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 la lettera c)-bis del comma 1 dell'articolo 10 con la quale si stabilì il principio secondo cui «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione»;

   per risolvere i suddetti problemi la risoluzione conclusiva 8-00217 approvata il 18 gennaio 2017 dalla Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati impegnava il Governo «ad adottare opportune iniziative per istituire entro l'anno 2017 due diversi albi, uno per il personale richiamato in servizio per le esigenze dei comandi provinciali, e l'altro per il personale volontario che presta la propria attività all'interno dei distaccamenti volontari»;

   lo stesso atto di indirizzo impegnava altresì l'Esecutivo «a prevedere che, a partire dal 2017, per le immissioni di personale permanente in organico, in coerenza con le vigenti disposizioni sulla stabilizzazione, il 50 per cento dell'organico sia attinto dall'albo dei richiamati in servizio e il restante 50 per cento sia attinto dalle graduatorie dei vincitori dei concorsi pubblici che dovranno prevedere una riserva del 35 per cento dei posti disponibili a favore dei richiamati in servizio iscritti all'Albo, anche prevedendo a favore di questa categoria un limite di età maggiormente flessibile, alla luce dell'esperienza maturata sul campo»;

   se la problematica relativa alla distinzione tra vigili del fuoco discontinui e volontari è stata superata a livello legislativo attraverso quanto previsto dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, che novella l'articolo 6 e l'articolo 8 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e introduce all'articolo 14, una norma transitoria per passaggi di qualifica e disposizioni per il personale di ruolo e volontario, non è ancora noto se sia stata data esecuzione alle previsioni ivi contenute;

   inoltre, è opportuno chiarire in via definitiva, alla luce delle assunzioni già effettuate e di quelle che il Governo intende prevedere, lo stato di assorbimento della graduatoria di candidati idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco e la tempistica prevista per il suo completo esaurimento –:

   quali siano le tempistiche previste per l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, relativamente alla predisposizione degli elenchi del personale volontario e di quello discontinuo e dell'assorbimento di quest'ultimi nonché quali siano le prospettive per l'assorbimento della graduatoria di candidati idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco di cui al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n. 90, del 18 novembre 2008, alla luce delle dinamiche occupazionali previste nel prossimo triennio.
(5-12567)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la ditta Puliart impresa di pulizie e servizi vari snc con sede legale in largo Erfurt, 12 a Piacenza svolge servizi di pulizia delle caserme dei carabinieri di Ancona e della provincia;

   a tutt'oggi permane una situazione di profonda incertezza senza alcuna garanzia del pagamento degli emolumenti ai dipendenti occupati nell'ambito dell'appalto per la pulizia delle caserme dei carabinieri di Ancona, anche alla luce delle notizie relative al pignoramento da parte di terzi delle somme che la prefettura di Ancona deve a Puliart;

   nello specifico i lavoratori rivendicano le retribuzioni dei mesi di luglio e agosto 2017, mentre i cessati rivendicano anche le indennità di fine rapporto e il Tfr;

   la filcams Cgil Ancona dopo aver chiesto nei giorni scorsi alla prefettura Ancona, nella persona del vicario del prefetto dottor Dinuzzo, il blocco cautelativo delle fatture destinate a Puliart ha indetto un nuovo sciopero per il 10 novembre 2017 con presidio davanti alla prefettura di Ancona;

   alcuni lavoratori hanno già cominciato ad astenersi dal servizio autonomamente in quanto impossibilitati a pagarsi i mezzi per raggiungere il posto di lavoro, problematica che si va ad aggiungere ad altre difficoltà che gli stessi subiscono da due anni a questa parte, legate ai versamenti a singhiozzo degli stipendi generati da affidamenti a società che si sono aggiudicate l'appalto con oltre il 40 per cento di ribasso;

   il 20 ottobre 2017 la Filcams Cgil è venuta a conoscenza che alcuni nuovi lavoratori, ignari di tutto, sarebbero stati assunti da Puliart per una decina di giorni per pulire le caserme, in sostituzione, di quelli che hanno dichiarato di non avere le risorse per recarsi sul posto di lavoro perché non ricevono lo stipendio da 3 mesi –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in tempi rapidissimi al fine di garantire il pagamento diretto dei lavoratori fino ad estinzione del credito vantato nei confronti della prefettura, nonché al fine di verificare se la società di cui in premessa sta agendo nel pieno rispetto delle leggi vigenti.
(5-12573)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI, FEDRIGA, SALTAMARTINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GUIDESI, INVERNIZZI, PAGANO, GIANLUCA PINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, datato 31 agosto 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 ottobre 2017, dà esecuzione alla legge 7 luglio 2016, n. 122 (cosiddetta legge europea 2015-2016), ove all'articolo 11, comma 3, si era prevista l'emanazione di un successivo provvedimento per la quantificazione degli importi dell'indennizzo che lo Stato italiano corrisponderà alle vittime di reati intenzionali violenti, assicurando un maggior ristoro a coloro che abbiano subito episodi di violenza sessuale e ai parenti delle vittime di omicidio;

   gli indennizzi sono a carico del «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti» e, qualora la disponibilità finanziaria risulti insufficiente nell'anno di riferimento, gli aventi diritto all'indennizzo possono accedere nuovamente al fondo negli anni successivi, per la quota proporzionale dovuta nell'anno di spettanza, ovvero per la parte residuale;

   purtroppo, si constata che gli indennizzi indicati nel decreto ministeriale citato sono pari a 7.200 euro per il reato di omicidio, importo che sale a 8.200 euro se il fatto è commesso dal coniuge o dal convivente, e a 4.800 euro per chi è stato vittima del reato di violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità; per i reati diversi da quelli indicati si arriva fino a un massimo di euro 3.000 a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali;

   tali importi degli indennizzi non solo appaiono irrisori, ma sono, ad avviso degli interroganti, quasi «offensivi» per coloro che hanno subito reati di inaudita gravità, come l'omicidio o la violenza sessuale –:

   quali criteri siano stati seguiti per determinare gli importi degli indennizzi di cui all'articolo 1 del decreto ministeriale 31 agosto 2017 citato in premessa e quali iniziative, anche di carattere urgente, i Ministri interrogati intendano adottare al fine di modificare gli importi degli indennizzi indicati nel decreto ministeriale in parola, al fine di consentire un ristoro economico alle vittime di reati intenzionali violenti che sia adeguato e comunque notevolmente superiore rispetto alle cifre indicate.
(4-18306)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel Comune di Lauria (PZ) esiste un costone, denominato dell'Armo, che sovrasta gran parte dell'abitato del rione inferiore dell'ente, rione in cui è presente un'elevata densità abitativa con edifici scolastici che ospitano oltre 400 ragazzi;

   il costone Armo subisce periodicamente incendi che provocano il surriscaldamento della formazione rocciosa oltre al danneggiamento della flora, che, non svolgendo più la funzione di ancoraggio per il pietrisco instabile, crea seri problemi alla sicurezza (scivolamento di materiale lapideo, potenziale distacco di materiale roccioso);

   tale situazione ha reso necessaria negli ultimi anni anche l'installazione di reti paramassi volte a tutelare l'incolumità delle persone;

   i numerosi incendi che hanno interessato il costone per più giorni, soprattutto nella scorsa estate, rendono necessario effettuare controlli periodici e capillari di tali reti e dei relativi fissaggi per verificare eventuali deformazioni o cedimenti, oltre a rendere indispensabile la rimozione del materiale lapideo accumulatosi;

   il controllo del comune risulta insufficiente tenuto conto anche della presenza di una rete antincendio che non è stata mai messa, in condizione di entrare in esercizio, anche per assenza di verifiche e attività manutentiva, nonostante sia stata pure sottoposta a collaudo;

   oltretutto, i molteplici incendi estivi che hanno coinvolto l'area sud della Basilicata negli ultimi anni sono stati devastanti per il territorio e hanno visto all'opera mezzi aerei inadatti (i Canadair) per le condizioni morfologiche del paesaggio, determinando al tempo stesso un enorme spreco di risorse pubbliche;

   il distaccamento dei vigili del fuoco di Lauria è il più importante della provincia di Potenza per uomini e mezzi e copre, con servizio impeccabile, l'intera area sud della Basilicata, ma per essere maggiormente efficiente necessiterebbe del conferimento in organico di una unità aerea costituita da un elicottero con relativo personale di volo;

   risulta quindi indispensabile prevedere azioni coordinate che consentano un'adeguata pianificazione dell'attività antincendio abbinata, ad un'attività di tutela e monitoraggio di situazioni potenzialmente pericolose per la pubblica incolumità, incentivando allo stesso tempo azioni di controllo attraverso specifici programmi di prevenzione –:

   se il Governo sia a conoscenza di tali criticità e quali concrete iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire un monitoraggio periodico del costone Armo, indispensabile per tutelare l'incolumità della popolazione di Lauria, e dotare il distaccamento dei vigili del fuoco di Lauria di un elicottero, con relativo personale di volo, più funzionale all'assetto territoriale lucano, garantendo, al tempo stesso, un risparmio economico per le casse dello Stato.
(4-18313)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALPEZZI, SGAMBATO, COSCIA, ASCANI, PIAZZONI, IORI, ROTTA, NARDUOLO, VENTRICELLI, CAROCCI, ROCCHI, COCCIA, MALISANI, BLAZINA, DALLAI, GHIZZONI, PES, RAMPI, MANZI e CARNEVALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulla stampa si apprende che sul sussidiario «Diventa protagonista», volume destinato alle quinte classi della scuola primaria scritto da Berardi, Giorgi e Rubaudo per l'editore «Il capitello», è presente un capitolo che spiega ai bambini che cosa è e che conseguenze ha il fenomeno dell'immigrazione in Italia;

   si legge testualmente: «è aumentata la presenza di stranieri provenienti soprattutto dai paesi asiatici e dal Nordafrica. Molti vengono accolti nei centri di assistenza per i profughi e sono clandestini, cioè la loro permanenza in Italia non è autorizzata dalla legge. Nelle nostre città gli immigrati vivono spesso in condizioni precarie: non trovano un lavoro, seppure umile e pesante, né case dignitose. Perciò la loro integrazione è difficile: per motivi economici e sociali, i residenti talvolta li considerano una minaccia per il proprio benessere e manifestano intolleranza nei loro confronti»;

   appare evidente agli interroganti nome nel testo si proceda a una serie di gravi semplificazioni per cui gli immigrati sono quasi tutti clandestini irregolari e l'integrazione è una minaccia per il benessere dei cittadini italiani che, proprio per questo, manifestano segni di intolleranza nei confronti dei migranti;

   desta sorpresa, dunque, che in un testo destinato a formare i cittadini di domani vi siano riferimenti secondo gli interroganti scorretti rispetto a un fenomeno complesso come quello dell'immigrazione che suscita sentimenti contrastanti tra i cittadini e che, anche per questo, non andrebbe affrontato superficialmente, ricorrendo a pregiudizi e stereotipi –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la correttezza e l'imparzialità dell'informazione, offerta agli studenti, con particolare riguardo ai testi e al materiale di studio, affinché i giovani abbiano gli strumenti migliori per cominciare a comprendere fenomeni complessi e a formare il loro senso di cittadinanza.
(5-12570)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sulla pagina internet dedicata all'intercultura, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nelle aree d'intervento — itercultura, si afferma: «L'integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana deve partire dall'acquisizione delle capacità di capire ed essere capiti (...) Sono quindi indispensabili azioni mirate di formazione del personale scolastico, insegnanti e dirigenti scolastici, e azioni di sostegno all'inserimento degli alunni con cittadinanza non italiana. (...) Altresì importante è coltivare gli orientamenti assunti in molte scuole per ridefinire i contenuti e i saperi in una prospettiva interculturale, con l'integrazione di fonti, modelli culturali ed estetici e nuovi linguaggi della comunicazione visiva e musicale»;

   tra i documenti in primo piano è disponibile on line il rapporto sugli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico nazionale anno scolastico 2013/2014, che contiene come appendice un contributo a cura dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura del Miur, che al paragrafo «3» elenca dieci criticità diffuse e acute nei percorsi scolastici degli alunni con cittadinanza non italiana, proponendo soluzioni per superarle. Tra queste vale la pena soffermarsi sull'ultima che sottolinea il bisogno per i giovani di oggi «di esperienze relazionali e di strumenti culturali per imparare ad interagire senza timori e con mentalità aperta con una cultura, un'informazione, un'economia sempre più contrassegnata dalla duplice dimensione del globale e del locale». Per questo è necessario «sensibilizzare tutti gli insegnanti sul tema della pedagogia e della didattica interculturale»;

   le raccomandazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, quindi, dovrebbero essere seguite, oltre che nelle pratiche di insegnamento anche e soprattutto nei testi scolastici di ogni ordine e grado, dove anche il corretto utilizzo delle parole e la loro comprensione rappresenta lo strumento di base per l'integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana;

   si scopre invece che, tra i libri di testo utilizzati per l'anno scolastico 2017-2018, nelle quinte classi delle scuole primarie è presente anche «Diventa protagonista-sussidiario della disciplina di storia e geografia» di M. Berardi, L. Giorgi e I. Rubaudo (Gruppo Editoriale, Il capitello). Un testo che alla pagina 54, anche evidenziando in colore rosso in maniera allarmista, confonde i profughi (rectius richiedenti protezione internazionale, tutelati dall'articolo 10, terzo comma della Costituzione italiana) con i migranti economici. Usa, a giudizio degli interroganti molto arbitrariamente, un termine giuridicamente improprio come «clandestini», stigma linguistico che addita persone di origine straniera come intrusi. Utilizza il termine involgarito di immigrati, anziché quello di migranti, relegando le loro competenze e ambizioni a stereotipi e pregiudizi che ne limitano le loro reali capacità: «Non trovano lavoro seppur umile e pesante». Suggerisce ai bambini, infine, ciò che purtroppo è convinzione di una fascia della popolazione adulta italiana, secondo gli interroganti xenofoba e razzista: «i residenti talvolta li considerano una minaccia per il proprio benessere e manifestano intolleranza nei loro confronti» –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per promuovere una informazione oggettiva e completa nelle scuole anche con riferimento al materiale di studio, evitando approcci offensivi nei riguardi degli alunni con cittadinanza non italiana e contrari alle raccomandazione sull'integrazione e sull'interculturalità del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché l'attività della scuola dell'obbligo si uniformi scrupolosamente alle indicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e la ricerca sull'integrazione degli alunni stranieri e sull'intercultura e al rispetto del diritto all'istruzione contemplato dalla Costituzione e dalla normativa internazionale.
(4-18315)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI, PATRIZIA MAESTRI, LODOLINI, GIACOBBE, AMATO, CARRESCIA, OLIVERIO, FRAGOMELI, SGAMBATO, PINNA, MICCOLI, BRANDOLIN, VENITTELLI, GRIBAUDO e ROMANINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con la chiusura dell’iter legislativo relativo al nuovo codice degli appalti in tema di affidamenti ai concessionari è stata modificata (si veda quanto disposto dall'articolo 177 del codice) la soglia di lavori, servizi e forniture da mettere a gara, passando dal precedente 60 per cento all'80 per cento dal 18 aprile 2018, al termine della prevista fase transitoria biennale di adeguamento;

   le società in house delle concessionarie autostradali potranno di conseguenza eseguire direttamente il 20 per cento di lavori, servizi e forniture, e non più il 40 per cento della normativa previgente, in ragione del fatto che tali concessioni non sono state affidate a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica o con finanza di progetto;

   Autostrade per l'Italia ha attualmente in scadenza al 31 dicembre 2017 un contratto pluriennale per la manutenzione, finora affidata per il 40 per cento dei lavori alle proprie società in house e per il 60 per cento con gara;

   il gruppo Autostrade per l'Italia ha espresso la volontà di procedere all'apertura della procedura di mobilità per i dipendenti di Pavimental, azienda in house che si occupa della manutenzione della rete autostradale, per mantenere in equilibrio il conto economico;

   la riduzione del personale impiegato nell'attività di manutenzione provocherà forti ripercussioni sul piano occupazionale, che non potranno essere evitate nonostante la clausola sociale prevista nei bandi gara;

   la clausola sociale come prevista nell'articolo 177 del codice rischierebbe, infatti, di portare comunque alla destrutturazione di un comparto industriale ad elevata qualificazione di manodopera e avrebbe come ricaduta sui lavoratori la perdita di salario e la precarizzazione dei rapporti di lavoro, data la scadenza semestrale delle gare;

   di fatto, nel corso dei prossimi mesi sono a rischio circa 3.000 posti di lavoro nel settore; si tratta di lavoratori strutturati ad alta qualificazione e specializzazione, che operano da anni nel comparto della manutenzione ordinaria e straordinaria, nei servizi di progettazione e ingegneria e nel campo della realizzazione di lavori infrastrutturali;

   accanto alle gravi ripercussioni occupazionali, la procedura di mobilità rischia di portare una contrazione della flessibilità organizzativa e alla destrutturazione di un settore ad elevata specializzazione e qualificazione, elementi che garantiscono alti standard di sicurezza su tutta la rete autostradale, con evidenti ripercussioni sulle modalità esecutive, nonché sulla qualità e sulla tempestività degli interventi manutentivi, e con un evidente impatto negativo sul servizio all'utenza –:

   se non si ritenga necessario assumere iniziative anche promuovendo una modifica della norma, per scongiurare la destrutturazione di un settore industriale così delicato per la tutela del patrimonio infrastrutturale del Paese e per la sicurezza stradale che conta migliaia di posti lavoro.
(5-12568)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   S.B. è un ragazzo di 22 anni affetto da Sarcoma di Ewing, una forma tumorale che si sviluppa prevalentemente a livello osseo. Tale malattia lo ha costretto ad un delicato intervento chirurgico in seguito al quale ha perso il diritto alla malattia retribuita a causa delle lunghe assenze dal lavoro, poiché l'Inps corrisponde l'indennizzo per un periodo annuo limitato che, nel caso di S.B. è scaduto l'11 settembre 2017;

   l'azienda per la quale lavora S.B. la Siropack Italia di Cesenatico, ha deciso di retribuire ugualmente il dipendente, ritenendo quanto stabilito dall'Inps un'ingiustizia. L'istituto previdenziale si è difeso eccependo che è stato garantito quanto consente la legge in questi casi, ossia la possibilità di indennizzare l'azienda per la parte di retribuzione corrisposta al ragazzo entro il limite massimo annuo, che è pari a 180 giorni;

   anche alla luce del caso in questione, si ritiene necessario modificare la normativa in materia affinché siano adeguatamente tutelati i lavoratori del settore privato in caso di malattia, soprattutto quando si tratta di gravi patologie come quelle tumorali. Al riguardo, esiste un trattamento differente tra settore pubblico e privato, che risulta discriminatorio per i lavoratori di quest'ultimo. Nel settore pubblico il periodo di comporto prevede la conservazione del posto di lavoro per diciotto mesi in un triennio di cui: i primi nove di assenza sono interamente retribuiti; nei successivi tre la retribuzione viene decurtata del 10 per cento negli ultimi sei la retribuzione viene decurtata del 50 per cento. Per ulteriori diciotto mesi, poi, è stabilita la conservazione del posto di lavoro senza retribuzione. Nel privato, invece, il periodo di assenza per malattia o infortunio è regolato dalla contrattazione collettiva e, oltre ad essere disomogeneo tra i vari settori, in nessun caso è equiparabile al periodo previsto per il settore pubblico;

   non è dunque ammissibile che, ad oggi, non sia garantito un trattamento omogeneo ai lavoratori, soprattutto, in caso di gravi patologie che richiedono cure «salvavita», e che la disparità dipenda dal rapporto di lavoro, ossia se instaurato con un soggetto pubblico o privato –:

   se e quali iniziative normative intenda adottare per garantire i tempi necessari di cura a tutti i lavoratori in caso di malattia, in particolare, in presenza di gravi patologie come nell'emblematico caso di S.B. ciò anche al fine di eliminare in materia ogni disparità di trattamento.
(5-12571)


   FRACCARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Sait-Consorzio delle cooperative di consumo trentine, con sede legale e stabilimento a Trento, a seguito di congiuntura economico-finanziaria negativa, ha pianificato un progetto di razionalizzazione aziendale, attraverso misure di contenimento che hanno portato alla riduzione dei costi del personale, culminato nel mese di aprile 2017 nella sospensione a zero ore, con intervento di integrazione salariale, di circa 70 lavoratori;

   la società in parola, con il verbale di consultazione sindacale (ex articolo 24 del decreto legislativo n. 148 del 2015), siglato in data 21 marzo 2017, si era impegnata a salvaguardare i lavoratori in esubero, attraverso una serie di misure, tra cui l'eventuale richiamo formale da parte del datore di lavoro dell'azienda, la ricollocazione degli stessi a scopo formativo e di riqualificazione professionale, la frequentazione di corsi di formazione/riqualificazione, la diversa ricollocazione esterna post licenziamento;

   allo stato attuale Sait avrebbe proceduto al licenziamento di 116 lavoratori;

   risulta all'interrogante che la Sait avrebbe già da qualche anno esternalizzato parti di lavori di movimentazione merci alla cooperativa Movitrento, con cui avrebbe stipulato un contratto di esternalizzazione ancor prima dell'avvio della sospensione e del collocamento in cassa integrazione guadagni straordinaria dei dipendenti;

   risulterebbe infatti alla Filcam che Movitrento, oltre ad occuparsi di movimentazione merci nel magazzino ortofrutta, si occupi anche dello scarico di merci presso il magazzino «generi vari e di pulizie» e dell'organizzazione del magazzino «Salumi e latticini» (attività affidate precedentemente al personale della Sait sospeso e in cassa integrazione guadagni straordinaria), nonché del servizio di navetta tra i magazzini «salumi e latticini» e «ortofrutta»;

   il risparmio o la contrazione dei costi da parte di una qualunque azienda non può essere un «alibi» destinato a procurare un incremento di profitto, bensì deve corrispondere a un mutamento nell'organizzazione tecnico-produttiva oggettivo e non strumentale a espellere personale a vario titolo non gradito –:

   quali urgenti iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per favorire un riassorbimento o un ricollocamento dei lavoratori licenziati e l'applicazione delle misure di salvaguardia per i lavoratori della società Sait, che in base alle clausole contenute nel verbale di consultazione sindacale citato in premessa, potrebbero essere ricollocati anche a scopo formativo o di riqualificazione professionale;

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare i presupposti e la trasparenza della procedura di licenziamento collettivo del personale dipendente avviata dalla Sait.
(5-12575)


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 1958 viene costituito il Fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani Fiorenzo Casella; si tratta dell'ente preposto all'erogazione delle pensioni integrative in favore di tutti gli impiegati e operai delle aziende editrici e stampatrici di quotidiani e delle agenzie di stampa operanti sull'intero territorio nazionale; il Fondo è sottoposto alla vigilanza della Covip;

   gli organi, del Fondo sono tre: il consiglio di amministrazione, per metà nominato dai rappresentanti sindacali dei datori di lavoro e per metà dai rappresentanti dei lavoratori; il presidente, attualmente Fabrizio Carotti; il collegio dei revisori;

   oggi l'ente è in crisi finanziaria per diverse ragioni, quali la contrazione generale della base occupazionale dei lavoratori attivi nel settore dei poligrafici; la politica dei forsennati prepensionamenti e una complessiva mala gestio, denunciata dagli iscritti soprattutto a partire dal 2015, quando costoro si sono visti improvvisamente tagliare del 50 per cento le pensioni, a seguito di due accordi sindacali (uno concluso nel 2013 e l'altro nel corso dell'anno successivo), che imponevano un contributo di solidarietà del 25 per cento l'uno; dopo il secondo taglio, alcuni ex poligrafici hanno intrapreso onerose azioni legali allo scopo di dimostrare l'illegittimità delle decurtazioni delle pensioni e, a monte, dello stesso Consiglio di amministrazione del Fondo;

   all'interrogante risulta che, nonostante lo squilibrio finanziario dell'ente fosse noto da tempo, i rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di amministrazione non abbiano informato adeguatamente gli iscritti circa le spese, gli investimenti a quelli che appaiono gli altri considerevoli sprechi nella gestione del Fondo che hanno determinato consistenti perdite di bilancio;

   i pensionati, costretti a notevoli sacrifici, ora imputano ai consiglieri una grave responsabilità per non aver assolto alla propria funzione di amministrazione e controllo; a ciò si aggiunga che in base all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005, l'individuazione dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di amministrazione deve avvenire mediante elezione e non per nomina, come disposto invece dallo statuto del Fondo Casella, fonte normativa gerarchicamente inferiore al decreto legislativo; gli iscritti all'ente non hanno pertanto mai eletto i soggetti preposti a deliberare sui bilanci, sulle riserve e sulle disponibilità del Fondo, in palese violazione di legge;

   inoltre, Fabrizio Carotti, attuale presidente del Consiglio di amministrazione del fondo, ricopre allo stesso tempo l'incarico di direttore generale della Federazione italiana editori giornali (Fieg), il che, secondo l'interrogante, potrebbe configurare un conflitto di interessi, se si considera che ogni anno gli editori dovrebbero versare al Fondo Casella 16 milioni di euro, ma non tutti lo fanno e controllore e controllato coincidono;

   i lavoratori sono oggi assai preoccupati per un verso per le sorti del Fondo, non avendo contezza della situazione delle casse dell'ente e, per altro verso, per il rinnovo del contratto dei poligrafici in corso –:

   come si concili la procedura di individuazione dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di amministrazione del Fondo Casella con le disposizioni del decreto legislativo n. 252 del 2005;

   se non si ravvisi un conflitto di interessi in relazione al doppio incarico svolto da Fabrizio Carotti e, in caso positivo, quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo;

   se, a seguito dell'attività di vigilanza svolta, il Ministro interrogato sia in grado di confermare che il Consiglio di amministrazione del Fondo Casella abbia rispettato i prescritti criteri di trasparenza e correttezza, tanto nella gestione tecnica, finanziaria, patrimoniale e contabile, quanto nei rapporti con gli iscritti;

   quali siano le condizioni del rinnovo contrattuale per i poligrafici attualmente in discussione.
(5-12577)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Arca Voice s.r.l. è una società che si occupa di recupero del credito per alcune grandi imprese italiane e istituti bancari, ha sede a Spoleto e unità produttive in Romania, nonché all'interno del centro commerciale di Villa Raspa di Spoltore;

   Arca Voice è collegata a Maran Credit Solution s.p.a. dal 1993 tra i principali attori del recupero del credito in Italia e che annovera tra i suoi clienti finanziarie di credito al consumo, banche, società di leasing di factoring, società di noleggio, amministrazioni locali, utility e telecomunicazioni;

   le attività di Arca Voice sono dunque inquadrate nell'area di call center e telemarketing, ed è di pochi giorni fa la notizia della volontà aziendale di operare una riduzione del personale per la sede di Spoltore per mezzo di comunicazione inviata alle organizzazioni sindacali e all'Inps;

   ad essere coinvolti – e messi forzatamente in ferie in attesa della definizione della procedura di riduzione del personale – sono 40 lavoratori del call center di Spoltore, per lo più giovani che, dopo vari contratti di collaborazione e contratti a termine, avevano ottenuto contratti a tutele crescenti (introdotti dal cosiddetto JobsAct), e che ora risultano a casa in attesa della comunicazione di licenziamento –:

   se non ritengano di attivarsi, per quanto di competenza, per scongiurare la perdita di ogni singolo posto di lavoro;

   se non sia il caso di operare una verifica sull'efficacia delle norme introdotte dal Jobs Act, alla luce di casi come questo, nonché dei recenti dati che segnalano un vero e proprio boom del precariato e dei licenziamenti.
(4-18305)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   alle gravi irregolarità in ordine alle procedure elettorali riscontrate relativamente alle elezioni per la rappresentanza sindacale unitaria RLSSA del 25-26 ottobre 2017 della società Ambiente Servizi/Ecosinergie di San Vito al Tagliamento avvenute in violazione dell'articolo 8 della legge 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), si è aggiunta l'interferenza del datore di lavoro con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali CISL e UILTRASPORTI e componenti nella commissione elettorale da loro designati che hanno gravemente inquinato le elezioni per la rappresentanza unitaria RLSSA del 25 e 26 ottobre 2017;

   si sono svolte cene e incontri ai quali, oltre a circa sessanta dipendenti, hanno presenziato, fra gli altri, alcuni dei componenti della commissione elettorale, diversi responsabili aziendali, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, i vertici regionali di CISL FP e UILTRASPORTI, unitamente alla direzione e al presidente di Ambiente Servizi spa, che hanno orientato esplicitamente il voto elettorale del 25 e 26 ottobre a favore dei candidati nelle liste CISL FP e UILTRASPORTI;

   il legame esistente fra le aziende Ambiente Servizi spa e Ecosinergie, che è una controllata di Ambiente Servizi, induce a ritenere particolarmente gravi ed estese le ricadute dell'accaduto, come grave è che i componenti della commissione elettorale abbiano presenziato attivamente a tali incontri intervenendo esplicitamente per l'indirizzo al voto;

   a ciò si aggiunge che il presidente dell'Azienda ha presentato i candidati di FP CISL e UILTRASPORTI facendo loro gli auguri perché non abbiano più ad avvenire situazioni a lui sgradite –:

   se il Ministro interrogato è a conoscenza dei fatti descritti in premessa e, in caso positivo, quali iniziative intenda intraprendere.
(4-18312)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, BUSTO, NICOLA BIANCHI, FERRARESI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, MICILLO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, BASILIO, CORDA, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, COZZOLINO, VALLASCAS, TONINELLI, DEL GROSSO, DA VILLA e COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'Isolante K-Flex s.p.a., multinazionale italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico, a maggio 2017 ha licenziato, dopo una lunga e combattuta vertenza sindacale, 187 dei 256 dipendenti della sede italiana di Roncello (MB), poi chiusa definitivamente;

   ad oggi, meno di un terzo dei lavoratori licenziati del sito brianzolo sono riusciti a trovare una nuova collocazione nel mondo del lavoro con diverse tipologie contrattuali, molte delle quali svantaggiose rispetto a quelle precedenti;

   la vicenda dei licenziamenti dei lavoratori K-Flex è conosciuta a livello nazionale. Tutte le istituzioni hanno convenuto sul fatto che i lavoratori abbiano subìto una palese ingiustizia nell'essere licenziati in maniera del tutto repentina ed inaspettata dalla famiglia Spinelli, proprietaria della multinazionale che vanta fatturati milionari. Tale ingiustizia è aumentata quando si è scoperto che la stessa famiglia ha utilizzato milioni di euro di finanziamenti pubblici erogati dallo Stato italiano, per ampliare in Polonia lo stabilimento di Wieleninie, sempre di loro proprietà, ed assumere personale;

   a metà ottobre 2017, sul sito web di K-Flex Polonia è stata pubblicata la notizia che l'azienda non solo ha usufruito dei finanziamenti pubblici dello Stato italiano ma anche di quelli messi a disposizione dall'Unione europea, sempre per lo stabilimento polacco. I fondi risultano essere quelli del progetto cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale volto all'istituzione del Centro ricerca e sviluppo K-Flex e ammontano a 1,9 milioni di euro di valore del progetto e 440mila euro cofinanziati per promuovere ricerca e sviluppo nel sito in Polonia;

   gli interroganti, da subito, hanno trovano del tutto ambiguo il comportamento della proprietà dell'azienda che, seppur con bilanci in attivo (K-Flex ha un bilancio dichiarato di 320 milioni di euro e punta ad arrivare a 500 milioni) e nonostante abbia ricevuto finanziamenti ministeriali, ha deciso di chiudere la sede di Roncello e di procedere con l'assunzione di nuovi lavoratori in Polonia e al tempo stesso di licenziare con effetto immediato tutti i lavoratori del sito italiano. Tali scelte di ricevere finanziamenti pubblici per poi dirottarli verso altri siti di proprietà all'interno dell'Unione europea, sono state adottate da svariate altre aziende italiane, molte delle quali con bilanci in attivo, favorite anche dal fatto che l'attuale Governo, ad oggi, non ha proposto, ad avviso degli interroganti, alcuna politica volta a tutelare il mantenimento dei livelli occupazionali e delle aziende sul suolo italiano, al fine di evitare le loro delocalizzazioni. A queste politiche vanno sommate anche quelle che vanno nella stessa direzione adottate dalla Unione europea, i cui fondi, va ricordato, sono finanziati anche dall'Italia in qualità di Paese membro;

   dagli interroganti è stata proposta più volte, anche in forma ufficiale nelle sedi istituzionali preposte ma senza alcun riscontro positivo, la modifica dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 80 del 2005, riguardante l'utilizzo dei finanziamenti pubblici ricevuti dalle aziende italiane ed estere operanti nel territorio nazionale, chiedendone l'uso esclusivo nei siti di proprietà presenti in Italia –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative normative volte a far sì che le imprese italiane ed estere operanti sul territorio nazionale che abbiano beneficiato di contributi pubblici dallo Stato italiano e dall'Unione europea, utilizzino tali benefici ad uso esclusivo dei siti di loro proprietà presenti sul suolo italiano;

   se non intenda, in qualità di rappresentante di un Paese membro, promuovere in sede di Unione europea la modifica della norma che permette alle aziende di usufruire dei finanziamenti della stessa Unione, affinché tali fondi vengano impiegati ad uso esclusivo degli stabilimenti di proprietà situati all'interno del Paese ove è presente la sede fiscale della società beneficiaria.
(5-12574)


   RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dagli organi di stampa si legge che alle associazioni Federconsumatori e Adusbef sono pervenute numerose denunce da parte di consumatori, i quali, a seguito della riforma del mercato, si sono ritrovati a pagare bollette della luce molto più care;

   l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha stabilito che l'importo dovuto delle bollette elettriche si calcola con un nuovo sistema tariffario. In questo modo per circa 30 milioni di utenti elettrici domestici italiani viene eliminata la progressività, spostando gli oneri di rete e di sistema dalla componente variabile a quella fissa, determinando, così che i costi della luce, a differenza di come avveniva in passato, non sono più stabiliti in base ai consumi;

   secondo Federconsumatori e Adusbef con questo algoritmo, di non facile comprensione, le bollette sono rincarate a discapito del risparmio energetico. Alle perplessità delle suddette associazioni si sono aggiunte diverse segnalazioni, in particolare quelle di consumatori che si sono visti recapitare bollette elettriche in cui il costo del consumo effettivo è pari a zero, ma la somma da corrispondere ad Enel si aggira intorno ai 45/50 euro;

   queste spese fisse previste dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico anche a fronte di consumi pari a zero vanno a toccare tutte quelle utenze che hanno un basso consumo o un consumo del tutto assente. Sono fattispecie, quindi, che interessano tutti quei cittadini che si assentano da casa per ragioni di malattia, per lavoro, per ricovero in ospizi o perché sono proprietari di abitazioni di valore economico irrisorio, ubicate in paesini con densità abitativa bassa o inesistente. Questi consumatori, oltre ad aver pagato tutte le somme di danaro relative ai costi fissi delle bollette, nonostante l'assenza di consumo energetico, lamentano anche di non aver mai ricevuto nessuna comunicazione che li informasse di questa decisione assunta dall'Autorità;

   tale situazione è stata più volte palesata dalle associazioni dei consumatori anche al Governo senza avere risposte o soluzioni di alcun genere;

   ad oggi, anche in virtù della nuova normativa dettata dal collegato alla manovra di finanza pubblica sulla concorrenza e di ciò che ha determinato in ordine al mercato tutelato nell'energia per famiglie e piccole imprese, i consumatori si sentono in balia di continui e nuovi aumenti che incidono inevitabilmente sulla loro economia e vittime di pratiche commerciali scorrette e abusi da parte del libero mercato –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e anche sul piano normativo, il Governo intenda assumere al fine di monitorare la situazione del mercato dell'energia elettrica e i costi per i consumatori e di prevedere strumenti atti ad arginare una situazione che appare discriminatoria, a tutela soprattutto delle fasce più deboli.
(5-12578)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pannarale n. 5-12257, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.