Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 23 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    per quanto la violenza di genere sia un fenomeno sociale drammatico difficile da quantizzare, i dati disponibili ne evidenziano le enormi proporzioni: quasi sette milioni di donne hanno subìto qualche forma di abuso nel corso della loro vita, come violenze domestiche, stalking, stupro, insulto verbale e violazioni della propria sfera intima e personale, che rappresentano spesso tentativi di cancellarne l'identità, di minarne l'indipendenza e la libertà di scelta;

    i numeri del femminicidio, forma estrema del fenomeno, sono inquietanti: negli ultimi 5 anni se ne registrano 774, una media di circa 150 all'anno; in Italia ogni due giorni circa viene uccisa una donna: nel 2016 ci sono stati 120 casi di femminicidio e anche nel 2017, al momento, la media è di una vittima ogni tre giorni; negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia;

    l'Italia ha firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011: si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    il Parlamento italiano ne ha autorizzato la ratifica con la legge n. 77 del 2013; pertanto la Convenzione è in vigore dal 1o agosto 2014; l'articolo 3 stessa precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 è stato adottato il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 14 agosto 2013, convertito dalla legge n. 119 del 2013, con l'obiettivo di disegnare un sistema di politiche pubbliche che integri dal punto di vista degli interventi le previsioni di carattere penale contenuti nella legge;

    il piano, in attuazione della citata Convenzione, rappresenta la presa di coscienza politica del carattere strumentale e antropologico della violenza maschile contro le donne in Italia e mette in luce la connessione che esiste tra discriminazione e violenza in un modello sociale in cui la costruzione dei ruoli corrisponde ancora a rapporti di forza tra uomini e donne;

    per tali finalità la legge n. 119 del 2013 ha stanziato risorse per finanziare progetti territoriali e formazione al fine di dare attuazione agli interventi per la valorizzazione dei progetti territoriali, per la formazione degli operatori impegnati negli interventi, per il sostegno all'emancipazione delle donne maltrattate e alle iniziative di prevenzione culturale della violenza sessuale e di genere, soprattutto sul fronte dell'educazione e del recupero;

    il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è scaduto il 17 luglio 2017 e attualmente si è ancora in attesa del nuovo piano, sebbene siano terminati i lavori dei gruppi di esperti creati ad hoc presso il dipartimento per le Pari opportunità;

    tra le finalità del piano nazionale emerge quella di creare e mettere in esercizio una banca dati nazionale e informatizzata, come strumento determinante e completo per lo studio del fenomeno della violenza contro le donne basata sul genere e per la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento attraverso il miglioramento della conoscenza di dettaglio, tanto per la tutela delle vittime quanto per la prevenzione e la repressione dei fenomeni stessi, nonché per il monitoraggio dell'incidenza dei suddetti interventi;

    ai sensi della Convenzione, è stato istituito un gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence – Grevio), incaricato di monitorare l'attuazione della stessa da parte degli Stati aderenti; il Grevio è tenuto a pubblicare i report valutativi degli strumenti adottati dalle Parti per attribuire efficacia alle previsioni contenute nella Convenzione;

    l'Italia sarà chiamata alla trasmissione del proprio report nel gennaio 2018; pertanto, a partire da questa data, sulla base della compilazione effettuata, sarà possibile verificare l'efficacia degli strumenti utilizzati per l'attuazione dei precetti contenuti nella Convenzione;

    nel marzo 2016 è stata approvata all'unanimità dal Consiglio d'Europa la risoluzione Systematic collection of data on violence against women, della prima firmataria del presente atto di indirizzo, sulla necessità di creare una banca dati sistematica secondo metodologie omogenee fra paesi; basti pensare che allo stato attuale, nelle banche dati esistenti, non è stato ancora inserito il dato riguardante la relazione fra autore e vittima;

    la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna adottata a livello internazionale nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 3 settembre 1981, ha istituito un Comitato (Committee on the elimination of discrimination against women – Cedaw) con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione e che è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 Paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli Stati firmatari della Convenzione;

    l'Italia ha ratificato la Cedaw il 10 giugno 1985 e aderito al Protocollo opzionale il 29 ottobre 2002;

    ogni Stato che ratifica la Convenzione, o vi aderisce, ha l'obbligo di presentare al Cedaw dei rapporti periodici in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo Stato in questione per dare applicazione alle norme contenute nella suddetta convenzione. Il primo rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente, i rapporti vanno presentati ogni quattro anni;

    a seguito dell'analisi del rapporto, a carattere quadriennale, presentato a Ginevra dal Governo italiano il 4 luglio 2017, il Cedaw ha pubblicato il «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», datato 21 luglio 2017, nel quale sulla base di diffuse criticità, ha esplicitato le proprie perplessità e indicato le lacune alle quali il Governo italiano dovrà provvedere e rispondere con un nuovo rapporto fra due anni;

    in particolare, il Comitato evidenzia che per l'Italia è necessario rafforzare la consapevolezza delle donne circa i loro diritti ai sensi della Convenzione e i rimedi a loro disposizione per denunciare le violazioni di tali diritti. Allo stesso tempo, si afferma anche che il Governo italiano dovrà impegnarsi a rendere fruibili le informazioni sulla Convenzione, sul protocollo facoltativo e sulle raccomandazioni generali del Comitato a tutte le donne, nessuna esclusa. Dal rapporto si evince che in Italia manca il coordinamento tra le varie componenti regionali e locali e una chiara definizione dei mandati e delle responsabilità. Il Comitato suggerisce di aumentare le risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità e di istituire un Ministero ad hoc necessario per avviare, coordinare e attuare le politiche di uguaglianza di genere;

    per una più incisiva prevenzione appare fondamentale intervenire nelle scuole, avviando con gli studenti un'attività interdisciplinare che conduca a riflettere sugli stereotipi di genere, a combatterli e a mostrare le continue e distorte costruzioni dei ruoli maschili e femminili. Solo instaurando un dialogo attivo su queste tematiche sarà possibile combattere e superare quei presupposti culturali che alimentano e incentivano la discriminazione tra i sessi e che, se non contrastati, continueranno a crescere;

    pertanto, sarebbe oltremodo auspicabile che sia garantita pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando diseguaglianze e barriere nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie;

    la legge 23 giugno 2017, n. 103, tra le varie misure, reca disposizioni in materia di estinzione del reato per condotte riparatorie e introduce, attraverso l'articolo 162-ter del codice penale, la possibilità per uno stalker di estinguere il suo reato pagando una somma decisa dal giudice anche se la vittima è contraria e rifiuta il denaro;

    il triste fenomeno di violenza sulle donne si radica soprattutto nel contesto familiare, portando con sé, oltre alle drammatiche conseguenze che ormai sono sempre più frequentemente oggetto di cronaca, anche tutta una serie di situazioni paradossali che vedono il reo autore di violenza, anziché essere considerato indegno, in caso di morte della vittima, a mantenere di una serie di benefici economici successori legati allo status di coniuge, anche spesso a discapito dei figli;

    quando si parla di violenza contro le donne, più spesso ci si riferisce alla violenza fisica, sessuale, psicologica, ma si parla poco di una violenza altrettanto diffusa e lesiva quale la violenza economica, che rappresenta una forma di violenza difficilmente riconoscibile e poco denunciata e che ancora prima di radicarsi nell'ambito familiare, comincia nella nostra cultura, dove la donna viene ancora oggi penalizzata da molti punti di vista, compreso il mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica, con tutte le devastanti conseguenze che ne derivano,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che i finanziamenti stanziati annualmente siano erogati senza ritardi e vincolati all'assunzione di impegni precisi, all'individuazione delle priorità e alla valutazione dei risultati ottenuti;

2) ad intervenire, con iniziative anche di tipo normativo, per compensare nel breve periodo le gravi lacune, citate in premessa, del sistema italiano evidenziate dal rapporto «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy»;

3) a prevedere indicatori per la valutazione, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, dell'impatto degli stanziamenti per informare circa le future strategie di intervento, tramite la consultazione delle organizzazioni della società civile e dei centri antiviolenza;

4) a predisporre una sezione all'interno del sito del Dipartimento per le pari opportunità volta a rendere accessibile, in tempi rapidi, la rendicontazione completa delle attività finanziate con i fondi della legge n. 119 del 2013, nella quale le amministrazioni regionali e locali possano caricare direttamente e in autonomia la documentazione rilevante (delibere, risultati bandi, reportistica delle attività svolte da parte dei beneficiari dei fondi e altro), facendo sì che tali informazioni siano disponibili in formato «aperto» (open data);

5) ad aggiornare la mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità secondo la reportistica ricevuta da regioni e province autonome, anche al fine di stimare il fabbisogno reale dei centri antiviolenza per la loro sopravvivenza e il loro adeguato funzionamento, informando di conseguenza circa lo stanziamento necessario per assicurare servizi adeguati su tutto il territorio;

6) ad adottare quanto prima il nuovo piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere per il periodo 2017-2020 e renderlo pubblico tempestivamente sul sito del Dipartimento per le pari opportunità, nonché a valutare la ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma a carattere sistematico;

7) ad inserire nella costituenda banca dati nazionale il dato, citato in premessa, riguardante la relazione fra la vittima e l'autore della violenza;

8) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass-media, nel rispetto della loro indipendenza e libertà di espressione, a partecipare all'elaborazione e all'attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne e vietando forme di comunicazione che possano indurre una fuorviante percezione dell'immagine femminile;

9) a predisporre, all'interno del Dipartimento per le pari opportunità, uno strumento efficace e incisivo di segnalazione di materiale sessista che non si limiti esclusivamente all'ambito pubblicitario;

10) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, anche contemplando il potenziamento dell'offerta formativa, percorsi e progetti mirati a garantire pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, con il coinvolgimento delle famiglie al fine di superare ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, in tal modo educando le nuove generazioni alla parità di genere e all'affettività;

11) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate a rendere obbligatoria una formazione specifica di tutti/e gli/le operatori/operatrici di giustizia (giudici, pubblici ministeri, appartenenti alle forze dell'ordine, operatori/operatrici dei servizi sociali, polizia penitenziaria, personale addetto alle case di accoglienza o case rifugio o comunità) per meglio affrontare e contrastare il dilagante fenomeno della violenza di genere;

12) ad assumere iniziative normative atte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, i delitti che implichino violenza nei confronti delle donne;

13) ad assumere iniziative normative, in caso di condanna per omicidio aggravato di una donna, finalizzate ad introdurre come pena accessoria la «indegnità» del reo rispetto agli eredi, affinché il giudice penale possa dichiarare il condannato decaduto da ogni diritto ereditario in quanto «indegno a succedere», senza necessità di un'azione civile da parte degli eredi;

14) ad adottare le iniziative legislative, finanziarie o di altro tipo necessarie, nel rispetto dell'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, per sostenere programmi di trattamento per la prevenzione della recidiva degli autori di violenza, in particolare per i reati di natura sessuale, anche tramite centri di ascolto coordinati a livello nazionale.
(1-01737) «Spadoni, Nesci, Lorefice, Grillo, Colonnese, Silvia Giordano, Mantero, Baroni, Ciprini, Chimienti, Ferraresi».


   La Camera,

   premesso che:

    il 20 marzo 2017 la Banca centrale europea (BCE) ha pubblicato il testo definitivo delle sue linee guida alle banche in materia di crediti deteriorati (linee guida sugli Non Performing Loans (Npl)). Il documento rappresenta uno strumento che chiarisce le aspettative di vigilanza riguardo all'individuazione, alla gestione, alla misurazione e alla cancellazione degli Npl nel contesto dei regolamenti, delle direttive e degli orientamenti in vigore. Le linee guida pongono l'accento sulla necessità di effettuare accantonamenti e cancellazioni per i crediti deteriorati in maniera tempestiva, al fine di contribuire a rafforzare i bilanci bancari e permettere agli intermediari di concentrarsi (nuovamente) sulla loro attività principale, costituita in particolare dal finanziamento dell'economia;

    il 4 ottobre 2017 il meccanismo di vigilanza unico europeo (BCE-SSM) ha pubblicato un Addendum, il quale – nel rinforzare ed integrare quanto già affermato nelle citate linee guida sugli Npl – pone l'accento sulle aspettative quantitative dell'autorità di vigilanza in merito ai livelli minimi di accantonamento prudenziale che ci si attende per le esposizioni deteriorate (non performing exposures, NPE). Il documento specifica, altresì, che le aspettative si basano sulla durata del lasso di tempo in cui un'esposizione è classificata come deteriorata (ossia la sua «anzianità») nonché sulle garanzie reali detenute (ove presenti) e che le misure andrebbero considerate come «livelli minimi di accantonamento prudenziale» finalizzati al trattamento prudenziale delle Npe e dunque tesi a evitare che consistenze eccessive di Npe di elevata anzianità e prive di copertura si accumulino in futuro nei bilanci bancari;

    come si legge nell’Addendum, esso non intende sostituire né inficiare i requisiti e le linee guida applicabili in ambito normativo o contabile derivanti da regolamenti o direttive vigenti dell'Unione europea e dalle relative trasposizioni a livello nazionale, la normativa nazionale applicabile in materia contabile, le regole e le linee guide vincolanti degli organismi che stabiliscono gli standard contabili o equivalenti, né gli orientamenti emanati dall'Autorità bancaria europea (ABE);

    tuttavia, sempre il documento citato, nel momento in cui delimita il suo ambito di applicazione, specifica, altresì, che in analogia con le linee guida sugli Npl, esso si applica a tutte le banche significative sottoposte alla vigilanza diretta della Banca centrale europea, che le banche dovrebbero, sebbene l’Addendum non abbia carattere vincolante, motivare qualsiasi scostamento rispetto al suo contenuto e riferire in merito al raggiungimento dei livelli minimi di accantonamento prudenziale definiti nell’Addendum stesso almeno con frequenza annuale e che, infine, l’Addendum si applica a decorrere dalla sua data di pubblicazione. Infine, il perimetro di applicazione dei livelli minimi di accantonamento deve includere quanto meno le nuove Npe classificate come tali a partire da gennaio 2018;

    quanto al contesto normativo in cui l’Addendum si inquadra si chiarisce che, come indicato anche al capitolo 6.1 delle linee guida sugli Npl, il quadro prudenziale vigente prevede che le autorità di vigilanza decidano se gli accantonamenti delle banche siano adeguati e tempestivi. Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB) pone in evidenza le responsabilità delle autorità di vigilanza nell'esaminare i processi interni per il controllo della gestione del rischio di credito e la valutazione degli attivi, nonché nell'assicurare accantonamenti sufficienti per perdite su crediti, in particolare sotto il profilo della valutazione delle esposizioni al rischio di credito e dell'adeguatezza patrimoniale. Queste tematiche sono trattate nelle relative linee guida, fra cui: «Guidelines on credit institutions’ credit risk management practices and accounting for expected credit losses» del CBVB (2015) e «Guidelines on credit institutions’ credit risk management practices and accounting for expected credit losses» dell'ABE (2017); «Principi fondamentali per un'efficace vigilanza bancaria» del CBVB (2012) e Basilea 2, secondo pilastro (2006). Più precisamente, nell'ambito del quadro normativo applicabile agli enti significativi, rilevano gli articoli della quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Directive, CRD IV) di seguito indicati:

     in conformità all'articolo 74, le banche sono tenute a dotarsi di «adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili [...] che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio»; ai sensi dell'articolo 79, lettere b) e c), le autorità competenti devono assicurare che «gli enti si dotino di metodologie interne che consentono loro di valutare il rischio di credito delle esposizioni nei confronti di singoli debitori [...] e il rischio di credito a livello di portafoglio» e che «l'amministrazione e il monitoraggio continui dei portafogli e delle esposizioni soggetti al rischio di credito degli enti, anche al fine di identificare e gestire i crediti problematici e di effettuare rettifiche di valore e accantonamenti adeguati, siano eseguiti tramite sistemi efficaci». Inoltre, l'articolo 88 prevede il principio che «l'organo di gestione deve garantire l'integrità dei sistemi di contabilità e di rendicontazione finanziaria, compresi i controlli finanziari e operativi e l'osservanza delle disposizioni legislative e delle norme pertinenti». In base all'articolo 97, paragrafo 1, le autorità competenti devono riesaminare i dispositivi, le strategie, i processi e i meccanismi messi in atto dagli enti per conformarsi alla CRD IV e al regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation, CRR). A questo proposito l'articolo 104, paragrafo 1, elenca i poteri che come minimo vanno conferiti alle autorità competenti, incluso quello previsto alla lettera b) di «chiedere il rafforzamento dei dispositivi, processi, meccanismi e strategie messi in atto conformemente agli articoli 73 e 74 e quello definito alla lettera d) di esigere che gli enti applichino una politica di accantonamenti specifica o che riservino alle voci dell'attivo un trattamento specifico con riferimento ai requisiti in materia di fondi propri»;

     ciò trova riscontro anche negli orientamenti dell'Abe procedure e sulle metodologie comuni per il processo di revisione e valutazione prudenziale (Srep), che recitano al paragrafo 478: «le autorità competenti possono richiedere all'ente di applicare una specifica politica per gli accantonamenti e – ove consentito dalle norme e dai regolamenti contabili – imporre all'ente di aumentare gli accantonamenti». Nel quadro dell'attuale regime regolamentare, le autorità di vigilanza devono pertanto determinare se le banche dispongano di metodologie e processi di accantonamento efficaci per poter assicurare l'adeguata copertura dei rischi connessi alle Npe. Laddove i livelli di accantonamento fossero ritenuti inadeguati a fini prudenziali, le autorità di vigilanza sono tenute ad assicurare che le banche riesaminino e innalzino il relativo grado di copertura dei rischi in modo da soddisfare le aspettative di vigilanza. Nell'ambito di tale processo l'autorità di vigilanza deve fornire indicazioni in merito alle proprie aspettative;

    sull’Addendum la Bce ha avviato una consultazione pubblica che resterà aperta fino all'8 dicembre;

    nell'ambito di tale consultazione si terrà il 30 novembre 2017 presso la sede della Bce un'audizione pubblica;

    da una prima analisi si evidenziano forti criticità, sia nel merito che nel metodo, del documento che si configura, secondo quanto rilevato dagli operatori del settore, come l'ennesimo documento foriero di misure ulteriormente restrittive per il credito;

    sotto il profilo del metodo, l’Addendum si presenta come l'ennesimo intervento di indirizzo che innova e integra normative ed indirizzi già presenti, sui quali lo stesso Ssm era intervenuto di recente;

    tale iniziativa, peraltro, non appare coerente con le decisioni adottate in materia dall'Ecofin del 17 giugno 2017, dal momento che una prima interpretazione farebbe emergere effetti anche retroattivi esclusi invece dalle citate decisioni dell'Ecofin;

    il documento posto in consultazione manca di qualsiasi analisi di impatto e argomentazione per giustificare le scelte fatte soprattutto tali da motivare l'individuazione delle tempistiche indicate;

    ad esso viene imputata altresì, la carenza totale di un'analisi di impatto complessiva che stimi l'effetto combinato delle nuove regole che continuano a proliferare, con particolare riferimento ai loro effetti sui canali di finanziamento dell'economia reale, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, e quindi sulla crescita e sul livello dell'occupazione;

    le indicazioni contenute nell’Addendum non tengono conto, altresì, delle diverse condizioni istituzionali esistenti nei diversi Paesi europei, in primis, relativamente ai tempi della giustizia civile: le indicazioni, infatti, si muovono nell'ottica di un forte automatismo, lasciando pochi spazi alle scelte gestionali delle singole banche e introducendo ulteriori elementi di rigidità e i prociclicità del quadro normativo;

    come evidenzia lo stesso documento possono esservi disallineamenti tra le nuove regole proposte e i principi contabili e questo sarà origine di ulteriori incertezze e differenze di applicazione, poiché i principi contabili nazionali, per i bilanci individuali, non sono armonizzati a livello europeo;

    l'effetto ultimo di queste novità regolamentari sarà ancora una volta quello di imporre alle banche europee ancora maggiore capitale e maggiori costi proprio nel momento in cui la crescita economica sta prendendo vigore in Italia e in Europa e necessita dunque di ulteriore alimentazione da parte del settore bancario;

    va sottolineato che l'insieme delle regole bancarie a elevato contenuto tecnico può giocare un ruolo rilevante nelle crescita economica, simile a quello di scelte di politica monetaria o fiscale restrittiva;

    in linea con quanto previsto dalle linee guida della Bce, le linee guida della Banca d'Italia richiedono a ogni ente creditizio di dotarsi di una strategia per la gestione dei crediti deteriorati che abbia come obiettivo miglioramenti della capacità operativa del soggetto (dal punto di vista qualitativo) e la riduzione degli Npl (sul piano quantitativo) sulla base di orizzonti di breve, medio e lungo periodo;

    le linee guida della Banca d'Italia invitano le banche a predisporre inoltre piani di gestione dei Npl di breve periodo e di medio/lungo periodo, approvati dall'organo amministrativo, con obiettivi stabiliti in termine di livello di Npl al lordo e al netto delle rettifiche di valore da raggiungere. Tali livelli dovranno essere raggiunti non mediante una riduzione indiscriminata e immediata ma sulla base di solide valutazioni quantitative e di una precisa analisi costi benefici tra le diverse azioni adottabili;

   coerentemente con l'importanza attribuita alla strategia di gestione dei Npl e come già sancito dalle vigenti disposizioni di vigilanza di cui alla circolare Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006 e n. 285 del 17 dicembre 2013, la sezione delle linee guida della Banca d'Italia relativa alla governance, affida all'organo di supervisione strategica il compito di definire e monitorare la strategia e i piani di gestione (il «piano di Gestione degli Npl»);

    anche da parte delle imprese è stata espressa grande preoccupazione per quanto previsto nell’Addendum, con particolare riferimento agli automatismi che, se confermati, avrebbero un impatto di grande rilievo sui requisiti patrimoniali delle banche, imponendo loro nuovi e onerosi accantonamenti e anche sul mondo delle imprese con una ulteriore, ingiustificata, stretta nell'offerta di credito;

    si tratterebbe, infatti, dell'ennesimo intervento che modifica significativamente – senza che ci siano analisi di impatto e argomentazioni solide che lo giustifichino – disposizioni già esistenti, con l'effetto non solo di spiazzare le banche e i loro piani industriali a medio e lungo termine, ma anche di penalizzare i risparmiatori azionisti delle banche e, soprattutto, di restringere i canali di finanziamento delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie, incidendo sulla crescita e sul livello di occupazione in tutta Europa. Una scelta che appare incomprensibile, dato che nelle attuali regole ci sono tutti i meccanismi necessari ad assicurare adeguata copertura dei crediti deteriorati, e che le disposizioni in consultazione rappresenterebbero una misura prociclica, in netta contraddizione con la politica monetaria espansiva ed anticiclica della stessa Bce;

    una richiesta di attenuare i nuovi requisiti è giunta anche dalla stessa Banca d'Italia, la quale auspica che dalla consultazione pubblica delle norme, emerga una versione bilanciata che tenga conto dei maggiori tempi di recupero giudiziario dei crediti in Italia rispetto agli altri Paesi così da evitare la creazione di disparità nell'applicazione delle norme della Bce. Le norme, dunque, andrebbero applicate solo ai nuovi flussi di crediti deteriorati, dando così tempo agli istituti di credito per adeguarsi al nuovo quadro normativo;

    proprio a causa dei tempi di recupero giudiziario ancora lunghi (nonostante le prime riforme normative fatte) le linee guida della Bce avrebbero un impatto ancora maggiore su di un settore che solo ora sta riprendendo fiato e che si appresta ad affrontare la fine del quantitative easing dal 2018,

impegna il Governo

1) a valutare l'opportunità, per le ragioni sopraesposte, di adottare le opportune iniziative per l'approfondimento del citato Addendum posto in consultazione ai fini di una sua rivisitazione, anche in coerenza con le decisioni adottate dall'Ecofin nel mese di giugno 2017, nel quadro di un corretto bilanciamento tra l'obiettivo della stabilità del settore finanziario e l'obiettivo di crescita e competitività dell'economia europea.
(1-01738) «Dellai, Tabacci, Gigli, Santerini, Capelli, Sberna, Catania».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   i sindacati Uil-Fpl e Anaao-Assomed a più riprese si sono rivolti alla regione siciliana, al Ministro della salute Lorenzin, all'Anac, alla Corte dei conti ed alle procure di Messina e Palermo, chiedendo che si faccia chiarezza sui requisiti dell'ex direttore generale del Papardo di Messina, ora commissario straordinario del policlinico della città dello Stretto, Michele Vullo;

   in sintesi, secondo le sigle sindacali, il manager non avrebbe mai posseduto i titoli previsti dalla legge per ricoprire l'incarico;

   a insospettire le organizzazioni sindacali è stato, in prima battuta, il fatto che il manager nel 2011 partecipò al bando della regione Calabria per individuare i direttori generali delle Asp e delle aziende ospedaliere, ma risultò non ammesso per carenza di requisiti. Nel 2010 però lo stesso Vullo era stato inserito nell'elenco dei direttori amministrativi delle Asp della regione siciliana e nel 2012 in quello dei direttori generali, tanto che dall'estate 2014 viene nominato direttore generale del Papardo di Messina. A entrambe le selezioni (che richiedevano analoghi requisiti e sono state bandite ad un anno di distanza l'una dall'altra) sia quella calabrese che quella siciliana, Vullo ha presentato lo stesso curriculum;

   le sigle sindacali riferiscono inoltre che Vullo non avesse maturato i requisiti, poiché nel periodo compreso fra il 2002 e il 2006, contrariamente a quanto dichiarato nel curriculum e nell'istanza di partecipazione alla selezione per direttori generali, non sembra abbia mai ricoperto in precedenza il ruolo dirigente di struttura complessa, bensì e molto più semplicemente, quello di incarico con contratto di collaborazione continuativa (co.co.co.) conferito con procedure di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;

   in altri termini, quando partecipò al bando della regione siciliana per l'accesso all'elenco dei candidati alle direzioni sanitarie e ospedaliere, Vullo non aveva ancora maturato i requisiti richiesti. Il bando della regione siciliana (così come quello della regione Calabria) richiedeva almeno 5 anni di attività direzionale in qualità di dirigente di strutture complesse;

   per tali motivi le sigle avanzavano la richiesta di revoca immediata dell'incarico dirigenziale del dottor Vullo, la sua cancellazione dall'albo regionale dei direttori amministrativi e direttori generali, nonché intervento dell'autorità giudiziaria;

   in seguito a tali segnalazioni ed esposti da gennaio 2017 il caso Vullo diviene oggetto di un'istruttoria della Commissione antimafia dell'Assemblea regionale siciliana, il cui raggio d'indagine è poi stato esteso, da marzo 2017, in seguito alla disamina di un dettagliato documento di denuncia redatto da ben nove sigle sindacali (tra cui CIMO, Anaao Assomed, Cgil Medici Fp), le quali, in sintesi, contestavano, più in generale, i criteri adottati e le procedure relative alle nomine dei manager siciliani della sanità;

   in altri termini, il caso-Vullo avrebbe spinto i commissari ad accendere i riflettori sui titoli degli altri manager della sanità siciliana;

   si fa presente che, a seguito di un incontro tenutosi il 13 aprile 2017, appositamente concordato per l'approfondimento del tema, l'interrogante ha altresì interessato della questione l'Autorità nazionale anticorruzione, richiedendo alla stessa un parere in merito ai contestati criteri adottati e le procedure relative alle nomine dei manager siciliani della sanità;

   il 30 giugno 2017 scadeva il mandato di ben nove direttori generali di Asp e ospedali siciliani. Per tali ragioni l'assessorato siciliano della salute avviava apposita procedura di nomina a commissario straordinario;

   da fonti di stampa si apprende che a precedere questa fase è stata una lunga battaglia di norme approvate all'Assemblea regionale siciliana per bloccare eventuali «colpi di mano» del Governo Crocetta a ridosso del voto regionale del prossimo 5 novembre, con leggi poi «bocciate» dalla Corte costituzionale e pareri e contropareri legali;

   il 27 giugno 2017, dunque, la giunta regionale ha nominato i commissari straordinari. Dei nove manager in scadenza di contratto, Michele Vullo è l'unico a non essere confermato dal governo regionale siciliano, poiché sostituito da Maria Letizia Di Liberti, dirigente al servizio 1 «Personale dipendente S.S.R.» dell'assessorato alla salute;

   lungi dal venir cancellato dall'albo regionale dei direttori amministrativi e direttori generali, con deliberazione n. 332 del 24 agosto 2017 della giunta regionale «legge regionale 1° marzo 2017, n. 4 – Articolo 3 – nomina commissario dell'azienda ospedaliera universitaria G. Martino di Messina – Dott. Vullo Michele», Vullo viene invece nominato commissario del policlinico della città dello Stretto;

   contro tale designazione le già citate sigle sindacali hanno da poco presentato un nuovo esposto-denuncia alle procure di Messina e Palermo;

   ad essere disatteso da parte del manager – si legge nell'esposto – sarebbe in particolare il disposto dell'articolo 3-bis, comma 3, della legge n. 502 del 1992, stante che lo stesso, anteriormente alla sua iscrizione all'albo regionale non risultava aver precedentemente, per almeno 5 anni, incarichi dirigenziali di tipo tecnico-amministrativo, in enti, aziende, strutture pubbliche o private, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie;

   i sindacati, ribadendo ancora una volta che Michele Vullo ad oggi non sarebbe assolutamente legittimato a rivestire incarico di commissario straordinario, chiedono, infine, di procedere ai sensi dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, alla conseguente revoca dei benefici ottenuti da Vullo sulla base delle proprie dichiarazioni mendaci;

   occorrerebbe chiarire come si spieghi la citata circostanza che, con analoghi bandi e curricula, mentre nel 2011 secondo la commissione selezionatrice calabrese il dottor Vullo non aveva esperienza di direzione, appena un anno dopo la regione siciliana abbia assunto una decisione di segno opposto;

   sarebbe altresì opportuno verificare con precisione se siano stati rispettati i criteri di legge relativamente ai ruoli ricoperti dal dottor Vullo, ovvero dapprima la qualifica di direttore amministrativo presso l'AOU Policlinico «G.Martino» di Messina dal 2011 al 2014, successivamente quella di direttore generale dell'AOOR Papardo-Piemonte e oggi quella di commissario straordinario presso l'AOU Policlinico G. Martino di Messina –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, se non intenda assumere iniziative normative volte a rendere più stringente la disciplina dei requisiti per il conferimento degli incarichi di direttore amministrativo e di direttore generale delle strutture sanitarie pubbliche, e quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere.
(2-01984) «Di Vita».

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2017 con la sentenza n. 4614/2017, il Consiglio di Stato ha ribaltato il pronunciamento del Tar Calabria (n. 2435 del 13 dicembre 2016), il quale aveva censurato la gara del comune di Catanzaro per il piano regolatore della città: servizio mandato in gara al compenso simbolico di un euro e un rimborso spese massimo di 250 mila euro – comprensive di Iva –, documentate e preventivamente autorizzate dal Rup (Responsabile del procedimento);

   il bando pubblico era stato impugnato da tutti gli ordini dei professionisti tecnici della provincia. Il Tar Calabria ha ritenuto il bando illegittimo, dando loro ragione e ribadendo che le «offerte che appaiono anormalmente basse rispetto ai lavori, alle forniture o ai servizi potrebbero basarsi su valutazioni o prassi errate dal punto di vista tecnico, economico o giuridico». Il Consiglio di Stato ha quindi riabilitato il comune di Catanzaro, che presto procederà nell'aggiudicazione all'unico concorrente in gara;

   l'associazione forense nazionale «Mobilitazione generale avvocati» (MGA) ritiene che il Consiglio di Stato, stabilendo il principio in base al quale è legittimo che le pubbliche amministrazioni chiedano ai liberi professionisti di lavorare gratis in cambio solo di lustro e della famosa visibilità – nella sentenza infatti si afferma che «Con la sponsorizzazione si ha scambio di denaro contro un'utilità immateriale, costituita dal ritorno di immagine» –, abbia con ciò legittimato un principio di profonda inciviltà sociale e giuridica che lede non soltanto la dignità di milioni di lavoratori, ma anche gli stessi valori sanciti dagli articoli 1, 3, 35 e 36 della Carta Costituzionale, arrivando addirittura quasi a mettere sullo stesso piano il volontariato con il lavoro;

   a sostegno di MGA anche quanto rimarcato dall'Inarsind secondo cui, quanto deliberato dal Consiglio di Stato si inserisce in un contesto «al di fuori della realtà» in quanto pronunciato nel momento in cui il codice degli appalti definisce l'obbligo di porre a base d'asta – per le gare relative alle prestazioni professionali – gli importi derivanti dall'applicazione del decreto ministeriale 17 giugno 2016; l'Anac sta rivedendo le linee guida in applicazione del suddetto codice con l'intento di normare gli affidamenti di qualsiasi entità, per evitare ogni possibile matrice di corruzione, e in Parlamento si discute di progetti di legge relativi all'introduzione di un equo compenso per i professionisti;

   coerentemente con queste posizioni e con quelle di numerosissime altre categorie professionali, MGA ha lanciato sulla piattaforma change.org, una petizione per chiedere al Parlamento e al Governo di varare con urgenza norme:

    a) che consentano di regolare i rapporti di committenza con la pubblica amministrazione vietando bandi, incarichi e affidamenti in deroga ai minimi stabiliti da parametri e tabelle di riferimento, che prevedano che tale divieto operi ex ante, consentendo al professionista di percepire il proprio equo compenso senza dover ricorrere a un giudice;

    b) con cui sia stabilito che tale principio sia esteso ai rapporti di committenza tra pubblica amministrazione e qualsiasi professionista, indipendentemente dalla sua iscrizione a un ordine o meno –:

   considerato il forte dissenso di cui in premessa, in merito alla sentenza n. 4614/2017 del Consiglio di Stato, in netto contrasto agli articoli 1, 3, 35 e 36 della Carta costituzionale, se intenda assumere iniziative normative al riguardo;

   se intenda accogliere le legittime richieste di MGA e dei firmatari della petizione, assumendo iniziative per definire un equo compenso dei professionisti.
(4-18259)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   RICCIATTI, ZARATTI, PELLEGRINO, COSTANTINO, FERRARA, QUARANTA, D'ATTORRE, SCOTTO, FRATOIANNI, MELILLA, DURANTI, PIRAS, NICCHI, FAVA, FASSINA, GREGORI, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel mare Adriatico si trova un quantitativo medio di microplastiche di circa 500 ed 800 grammi per chilometro quadrato, valori paragonabili a quelli rinvenuti nei famosi 5 vortici oceanici di accumulo delle plastiche. Lo studio dell'Università Politecnica delle Marche sostiene che ogni anno vengono prodotte nel mondo più di 300 milioni di tonnellate di plastica ed almeno il 10 per cento di questi materiali finisce negli oceani;

   questo comporta un processo di frammentazione molto più lento che alla fine produce minuscole particelle che costituiscono le microplastiche. Con dimensioni inferiori ai 5 millimetri e spesso invisibili ad occhio nudo, le microplastiche si sono accumulate nei nostri mari, dai poli all'equatore, dalla superficie alle profondità abissali. «Anche il Mediterraneo non fa eccezione, ed anzi risulta uno dei bacini maggiormente contaminati come dimostrato in un recente studio pubblicato su Nature/Scientific Reports e frutto della collaborazione tra l'Istituto di Scienze Marine del CNR di Lerici (ISMAR-CNR), l'Università Politecnica delle Marche, l'Università del Salento e Algalita Foundation (California)» spiega la Politecnica;

   nel mare Adriatico si trova un quantitativo medio di microplastiche di circa 500 ed 800 grammi per chilometro quadrato, valori paragonabili a quelli rinvenuti nei famosi 5 vortici oceanici di accumulo delle plastiche. «Quantitativi ancora maggiori, circa 2 chilogrammi per chilometro quadrato, sono stati identificati a largo delle coste occidentali della Sardegna, della Sicilia e lungo la costa pugliese, fino ad arrivare ad un hot spot di addirittura 10 chilogrammi di microplastiche per chilometro quadrato nel tratto di mare compreso tra la Corsica e la Toscana»;

   nel Mediterraneo dominano polietilene e polipropilene nel Mediterraneo occidentale mentre nell'Adriatico si trovano anche di vernici sintetiche e di altri composti associati alle attività di pesca. «Le ragioni dell'elevata concentrazione di microplastiche in Mediterraneo sono da ricercare nel limitato ricambio d'acqua di questo bacino chiuso ma densamente popolato e sottoposto ad una elevata pressione antropica»;

   le microplastiche, spesso scambiate per cibo, possono essere ingerite dai più piccoli organismi del plancton, fino ai predatori terminali. «Gli ultimi risultati della nostra ricerca — spiega la Politecnica — evidenziano la presenza di microplastiche in almeno il 30 per cento del pescato dell'Adriatico con percentuali ancora superiori in alcune specie. Anche se la frequenza di rinvenimento delle microplastiche è elevata, il loro quantitativo negli organismi non è tuttavia tale da rappresentare un pericolo per la salute umana, ma certamente un campanello di allarme per la salute delle varie specie e dell'ecosistema marino»;

   si tratta di una delle prime ricerche in questo senso, che permetterà di avere una stima più precisa della dimensione del problema generato dalle microplastiche in mare, per attivare opportuni programmi di riduzione della presenza di questi inquinanti. Gli effetti tossici delle microplastiche, il loro destino ambientale, così come la capacità di queste particelle di assorbire e rilasciare inquinanti o additivi chimici, sono oggetto del progetto europeo Ephemare finanziato da JPI Oceans –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale studio e quali iniziative intenda intraprendere al riguardo.
(3-03320)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MATARRELLI, DURANTI, ZARATTI e KRONBICHLER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della procedura prevista per il rinnovo dell'autorizzazione di impatto ambientale (Aia) della centrale Enel di Cerano, nel comune di Brindisi, il Ministero della salute e il comune di Brindisi avevano richiesto che ai fini del rinnovo dell'autorizzazione di impatto ambientale fosse prevista anche la valutazione di impatto sanitario (Vis);

   a quanto riportato anche da fonti di stampa il Ministero della salute avrebbe ritenuto lo svolgimento di analisi relative agli impatti della centrale sulla salute dei lavoratori e dei cittadini condizione indispensabile per l'espressione del prescritto parere favorevole da parte dello stesso Ministero alla procedura di autorizzazione di impatto ambientale;

   a fronte di queste istanze il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha risposto il 5 maggio 2017 con la nota n. 12257 della direzione generale valutazioni e autorizzazioni ambientali, sostenendo che nelle autorizzazioni di impatto ambientale non si debbano affrontare tematiche sanitarie;

   sui rischi per la salute prodotti dalla centrale di Cerano era già stato pubblicato uno studio nel 2015 sull’International journal of environmental research and public health di tre ricercatori del Cnr;

   inoltre, l'Agenzia europea per l'ambiente (Efa) colloca la centrale di Cerano al 18o posto nella graduatoria europea degli impianti produttori di maggior danno ambientale e sanitario;

   appare agli interroganti estremamente preoccupante e rischioso che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continui ad escludere la tematica ambiente-salute dalle procedure valutative dell'Aia;

   in questo senso, per quanto riguarda il territorio della regione Puglia, non si può non citare la triste vicenda dell'Ilva di Taranto, che tanti danni ha prodotto all'ambiente e alla salute di numerose persone, ed in particolare l'episodio che vide a pochi giorni di distanza dalla sottoscrizione dell'Aia nell'ottobre 2012 l'allora Ministro Balduzzi ed il top management del Ministero e dell'Istituto superiore di sanità tenere una conferenza-stampa a Taranto in cui presentarono un rapporto sanitario molto allarmante. Nella relazione del dottor Marsili, dirigente dell'Istituto superiore di sanità, era espressamente indicato che nella relazione medesima si intendeva colmare una lacuna dovuta al fatto che nell'Aia la tematica ambiente-salute non poteva essere affrontata, limitandosi l'Aia alla mera negoziazione tra le parti delle best available tecniques (BAT) con un approccio unicamente tecnologico e ambientale –:

   se corrisponda al vero quanto riportato in premessa in merito al diniego, formulato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa l'effettuazione di una Vis richiesta dal Ministero della salute;

   quali siano le motivazioni di tale diniego, anche alla luce dei dati acclarati circa l'impatto sull'ambiente e sulla salute della centrale di Cerano;

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di integrare le procedure valutative finalizzate al rilascio dell'Aia con analisi finalizzate ad accertare la tutela della salute pubblica e, in questo caso, se non ritenga di adottare come modello i parametri già previsti dalla legge della regione Puglia n. 21 del 2012 relativi alla valutazione del danno sanitario (Vds).
(5-12510)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO, BOMBASSEI, MATARRESE, CATANIA, VARGIU, OLIARO e VECCHIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   vista la necessità di riaffermazione dell'unicità e del valore del «prodotto e del territorio Italia», occorrerebbe innalzare il numero degli arrivi e delle presenze sulla globalità del territorio nazionale, agevolando l'innalzamento degli standard qualitativi dell'offerta turistica nazionale, migliorando le strutture esistenti e creandone anche in aree ad elevato potenziale ma con scarsa capacità ricettiva;

   al fine di accrescere la remuneratività per l'intero comparto ricettivo, è importante supportare lo sviluppo di attività strutturate in grado di produrre effetti positivi e duraturi sulle economie degli specifici territori, anche attraverso efficaci attività di promozione e di comunicazione, svincolare l'offerta nazionale dai condizionamenti degli operatori esteri, produrre offerte definite e calibrate sugli specifici target di riferimento, valorizzare le offerte locali accrescendone la valenza e la visibilità, destagionalizzare l'offerta e l'afflusso turistico;

   per favorire lo sviluppo del comparto turistico, tenuto conto anche dell'imponente stabile ricaduta occupazionale, è necessario definire e porre in essere in tempi brevi strategie, progetti ed attività in grado di produrre effetti e ricadute positive sui settori di riferimento, evitando il ricorso all'ennesima infruttuosa sperimentazione e garantendo che lo sviluppo dei progetti e delle attività sia curato da specialisti ed aziende in possesso del know-how, delle competenze, conoscenze, esperienze e consapevolezze necessarie per l'ottenimento del massimo risultato;

   per recuperare in tempi brevi l'enorme gap accumulato dal nostro Paese nei confronti dei competitor esteri, anche in considerazione dei contributi, consigli, indicazioni, richieste ed istanze pervenute dalle varie associazioni operanti nel settore (consorzi di albergatori e di agriturismi, aziende di promozione del turismo singoli albergatori e titolari di attività ricettive assessorati al turismo e sviluppo economico, associazioni pro loco, comitati nazionali e internazionali), si avverte l'esigenza di accrescere la valenza del potenziale e dell'offerta nazionale nei mercati mondiali, sviluppare proficue attività di marketing, promozione e comunicazione, introducendo strumenti innovativi capaci di agevolarle, definire percorsi ed iniziative concordate e condivise dai territori in grado accrescere la competitività complessiva dell'offerta nazionale, concepire l'offerta turistico ricettiva quale imprescindibilmente legata a quella delle produzioni e dei prodotti italiani;

   a tal fine sarebbe altresì opportuna la valorizzazione delle risorse e delle potenzialità progettuali già selezionate nell'ambito dei programmi d'innovazione industriale denominati «Industria 2015», principalmente all'obiettivo C, gestiti dal Ministero dello sviluppo economico che risultano pienamente rispondenti alle esigenze sopra espresse e che hanno la potenzialità di contribuire fattivamente allo sviluppo di iniziative ed attività in grado di accrescere in breve tempo la competitività dell'offerta nazionale –:

   quali iniziative intenda il Governo adottare a supporto di uno dei settori chiave dell'economia nazionale quale è il turismo, fin troppo trascurato ed abbandonato alla libera iniziativa delle imprese operanti nello stesso, e, in particolare, se si intenda recuperare un patrimonio di idee, di progetti e di innovazioni sviluppato dal sistema nell'ambito dei programmi «Industria 2015» che, in quanto già oggetto di verifica e selezione, hanno la potenzialità di contribuire fattivamente allo sviluppo di iniziative ed attività in grado di accrescere in breve tempo la competitività dell'offerta nazionale.
(3-03319)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   è recente la notizia appresa dalla stampa che indica, nel 26 ottobre 2017, il giorno in cui la casa d'asta Sotheby's metterà all'asta a Londra materiale inedito e sconosciuto riguardante Giuseppe Verdi, la cui importanza ha portato il professor Fabrizio Della Seta (docente di musicologia all'Università di Pavia) a sostenere che lo stesso potrebbe costringere ad una rivisitazione dell'edizione uscita nel 2001 della biografia del musicista e dei carteggi verdiani, curata da Carlo Matteo Mossa;

   il materiale inedito è stato ritrovato a Villa Sant'Agata di Villanova sull'Arda, dove il Maestro Verdi visse a partire dal 1851, in un baule chiuso a chiave e comprende appunti autografi delle sue opere tra le quali Rigoletto, La Traviata e Falstaff oltre ad altre 9; si tratterebbe in tutto di circa 5 mila pagine di abbozzi e schizzi di opere del Maestro per la maggior parte inedite tra cui lettere, spartiti e fotografie;

   questo patrimonio, però, appartiene ad una collezione privata, conservata nella predetta struttura nella prima metà del ventesimo secolo e non più consultata: gli eredi hanno deciso di venderla, e Sotheby's la metterà all'asta a Londra giovedì 26 ottobre;

   proprio il catalogo di Stotheby's indica pezzi importantissimi quali — ad esempio — le 36 lettere mai pubblicate che Verdi scrisse al librettista Salvatore Cammaranna, per discutere la composizione del Trovatore, Luisa Miller e altre opere. Un altro notevole reperto è la più antica bozza esistente dell'Ernani, oltre a numerose altre lettere autografe indirizzate a personaggi della cultura e dell'arte di allora;

   Giuseppe Verdi è motivo di vanto per l'Italia e per la regione Emilia-Romagna in particolare: nacque infatti a Roncole Verdi il 10 ottobre del 1813, visse nel piacentino lungamente, sviluppando un'intensa attività quale agricoltore e ricoprendo in ambito locale anche importanti cariche istituzionali (consigliere provinciale di Piacenza e consigliere comunale di Villanova sull'Arda) –:

   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi affinché l'immenso patrimonio culturale ed artistico ritrovato a Villa Sant'Agata di Villanova sull'Arda sia preservato e valorizzato e se non intenda valutare l'opportunità di un'iniziativa che consenta il ritorno di questo patrimonio nei territori dove Giuseppe Verdi è nato e vissuto e non disperso dopo la vendita della casa d'asta Sotheby's a Londra.
(4-18258)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i dipendenti di ruolo del Ministero della giustizia che prestano servizio presso i tribunali, le Corti d'appello e gli uffici del giudice di pace hanno riconosciuta ex legge n. 221 del 1988 una specifica indennità di mansione legata al fatto di prestare servizio, appunto, in detti organi giudicanti;

   questa indennità, come riportato da una nota dell'Unione nazionale cancellerie comunali del 19 agosto 2017, in verità, non è universalmente riconosciuta a tutti gli operatori del settore giustizia, ma è ancora oggi negata a diversi dipendenti comunali distaccati presso le sedi del giudice di pace;

   tale indennità, seppur espressamente prevista dalla normativa nazionale, è stata riconosciuta solo per alcuni dipendenti dei comuni che hanno provveduto, in seguito alla soppressione di diversi uffici dei giudici di pace, operata dal Governo Monti, con il decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 156, a mantenere in funzione tali fondamentali presidi di legalità facendosi carico delle spese di mantenimento e gestione e formando proprio personale dipendente, avulso dai ruoli del Ministero della giustizia, al fine di consentirne l'efficace funzionamento;

   questa determinazione, ad avviso dell'interrogante arbitraria, alla quale consegue una ingiusta discriminazione, deriva dalla mancanza di responsabilità evidenziata nel tempo dai Governi che si sono succeduti, a livello nazionale e regionale e che hanno gravato di tale ulteriore fardello, gli enti locali, i quali già in precedenza fornivano agli uffici giudiziari proprio personale, a cui prima della recente riforma di soppressione degli uffici dei giudici di pace, veniva pacificamente riconosciuta la detta indennità, a spese del Ministero della giustizia;

   tale situazione rischia di aggravarsi ulteriormente con la piena attuazione della legge 29 aprile 2016, n. 57 recante delega al Governo per la riforma organica della magistratura e altre disposizioni sui giudici di pace, che ha oltremodo ampliato le competenze del giudice di pace, con la facile previsione di un notevole aumento del contenzioso affidato a tale organo giudicante –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogati al fine di risolvere la problematica esposta in premessa.
(4-18257)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BERRETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato recentemente dai media, sono in aumento le denunce effettuate da parte di cittadini vittime di furti di effetti personali e documenti lavorativi lasciati all'interno delle proprie auto in sosta in centro a Catania, in particolare nella zona di Corso Italia e nei quartieri limitrofi ad esso;

   sembrerebbe che la modalità utilizzata dai malviventi, appostati per cogliere il proprietario mentre chiude il veicolo, sia quella dell'alterazione del segnale per mezzo di un disturbatore;

   su tale questione sono intervenuti a mezzo stampa i rappresentanti del Codacons, chiedendo alle forze dell'ordine di istituire una task force, al fine di poter risalire in tempi brevi agli autori dei reati, arginare il fenomeno ed agire da deterrente al reiterarsi degli illeciti in questione;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione su cui occorre intervenire per restituire tranquillità ai cittadini –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire maggiore sicurezza ai catanesi.
(4-18254)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2015 «sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro di cui all'articolo 13, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego»;

   risulta all'interpellante che alcuni centri per l'impiego, sulla base di tale norma, considerino coloro che hanno un contratto di lavoro intermittente come persone occupate, con la conseguente impossibilità, per tali soggetti, di fruire dei servizi previsti per i disoccupati;

   ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2015, per contratto di lavoro intermittente si definisce il contratto, anche a tempo determinato, con il quale il lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che può utilizzarne «la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente, a seconda delle esigenze individuate dai contratti collettivi anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno»;

   numerose imprese, al fine di regolare le prestazioni lavorative precedentemente gestite con lo strumento dei buoni-lavoro, abrogati nel marzo di quest'anno dal decreto-legge n. 25 del 2017, si sono orientate all'uso di contratti di lavoro intermittenti, così incrementatosi – alla luce dei dati raccolti dall'Osservatorio sul precariato dell'Inps – del 129,5 per cento nel 2017;

   molti di questi lavoratori risultano d'altra parte occupati per un monte ore mensile estremamente basso o addirittura nullo per assenza di chiamata e, mentre col regime dei buoni-lavoro fruivano dello status di disoccupati, si vedono oggi negare i servizi e i benefici previsti per questi ultimi –:

   se sia corretta l'interpretazione di cui in premessa dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2015 in base alla quale i lavoratori intermittenti sono esclusi dallo status di disoccupato e se non ritenga di assumere iniziative al fine di garantire anche a tali lavoratori, qualora non raggiungano un determinato monte ore mensile, lo status di disoccupazione.
(2-01985) «Catalano».

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in alcune regioni del Nord-est dell'Italia, soprattutto tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, si sta assistendo dal 2012 ad una situazione emergenziale dovuta dall'invasione della cimice marmorata asiatica (nome scientifico Halyomorpha halys) proveniente da Cina, Giappone, Taiwan e Corea;

   la cimice asiatica è un insetto polifago, attacca qualsiasi tipo di raccolto tra luglio e settembre e, non avendo antagonisti naturali nel territorio, si moltiplica velocemente con 300-400 esemplari alla volta, deponendo le uova anche due volte l'anno; inoltre, da adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo e sverna come adulto in edifici o in cassette e anfratti riparati;

   le alte temperature di questo autunno favoriscono senz'altro la loro diffusione e sopravvivenza poiché tali insetti non resistono ad una temperatura inferiore ai 10 gradi;

   la diffusione della cimice asiatica è particolarmente pericolosa per il comparto ortofrutticolo nazionale, tanto che a causa della presenza dell'insetto, lo stesso comparto ha registrato per le aziende italiane gravi perdite che sembrano andare oltre il 40 per cento e come se non bastasse i danni causati da tale insetto determinano una notevole percentuale di frutti deformi, in alcuni casi superiore al 50 per cento, con conseguente deprezzamento o non commerciabilità;

   negli anni si sono altresì registrate particolari problematiche legate all'abbassamento delle temperature poiché la cimice asiatica, nei periodi più freddi, si avvicina alle case alla ricerca del caldo, determinando gravi disagi ai cittadini costretti a tenere porte e finestre chiuse;

   con interrogazione a risposta immediata in Assemblea (n. 3-02579) discussa il 26 ottobre 2016 l'interrogante ha chiesto al Governo di sapere quali iniziative intendesse assumere al fine di arginare la situazione di emergenza determinata dall'invasione della cimice asiatica nel nostro Paese;

   il Ministro interrogato ha risposto all'interrogazione sopra citata sostenendo che «erano state già avviate con le strutture tecniche territoriali sperimentazioni per individuare le sostanze attive più idonee in grado di controllare tale fenomeno» e che «il Ministro della salute, su parere del Servizio fitosanitario nazionale, ha autorizzato temporaneamente alcuni prodotti per il contenimento dell'insetto in oggetto». Il Ministro interrogato ha altresì ricordato che «il 17 ottobre 2016 il Servizio fitosanitario centrale ha sviluppato delle linee guida operative, approvate dal Comitato nazionale per l'applicazione di buone prassi per la movimentazione intracomunitaria e internazionale delle merci di natura non vegetale»;

   in considerazione della sempre più pervasiva invasione della cimice asiatica, ad avviso dell'interrogante, anche qualora le misure sopra citate siano state realmente adottate, non hanno determinato alcun miglioramento della situazione emergenziale che, al contrario, continua a provocare ingenti danni all'agricoltura nazionale, nonché evidenti disagi ai cittadini;

   ad avviso dell'interrogate, non è possibile affidare una competenza alle regioni per la risoluzione di un fenomeno così rilevante sollevando in questo modo il Governo da ogni tipo di responsabilità –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di arginare la situazione emergenziale determinata dall'invasione della cimice asiatica, le cui prime segnalazioni sono state raccolte nel 2012, al fine di tutelare i cittadini e salvaguardare l'economia del settore ortofrutticolo delle zone interessate.
(4-18256)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 19 giugno 2015 è entrato in vigore il decreto del Ministero della salute 2 aprile 2015 n. 70, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 69, legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135);

   il decreto ministeriale 70 del 2015 è un complesso documento di programmazione sanitaria che introduce, mediante le disposizioni contenute nel suo allegato tecnico, una serie di importanti novità per la sanità italiana, a cui le regioni e le strutture sanitarie avrebbero dovuto adeguarsi entro il 2016;

   nello specifico, il decreto ministeriale in questione è un regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, ridisegnando sia la mappa, che l'organizzazione dell'intera rete ospedaliera italiana;

   in altri termini, il regolamento intende garantire, nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, dei livelli qualitativi appropriati e sicuri, favorendo, al contempo, una significativa riduzione dei costi, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza (cosiddetti Lea);

   l'intento del legislatore non può che risultare condivisibile: imprimere una spinta alla qualità e all'efficienza alle articolazioni regionali del sistema sanitario;

   la regione siciliana ha registrato particolari ritardi nell'attuazione del decreto ministeriale in questione;

   con il decreto assessoriale del 31 marzo 2017, recante «Riorganizzazione della rete ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70», è stata varata la nuova rete ospedaliera siciliana, al fine di procedere alla ricognizione di tutti gli atti aziendali delle nove Asp e delle 17 aziende ospedaliere dell'isola, in particolare relativi alla definizione delle piante organiche e dunque alle procedure di assunzione e stabilizzazione del personale, ai fini della copertura dei posti vacanti e disponibili nei nuovi assetti organizzativi delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale;

   fonti di stampa online del 18 settembre 2017 riportano la notizia di una denuncia avanzata dal sindacato dei medici Cimo sulla presunta scelta del governo regionale di modificare la nuova rete ospedaliera, ammettendo la possibilità di duplicare uno dei primariati dell'ospedale Civico di Palermo;

   «la casella della seconda UOC di Astanteria (codice 51 del DM 70) dell'Arnas Civico di Palermo, doppione e ridondanza rilevata in maniera decisa e unanime dalle organizzazioni sindacali mediche durante il confronto con i tecnici dell'Assessorato della Salute e da questi derubricata a ennesimo “refuso”, – denuncia nello specifico il Cimo – sembra sia stata reintrodotta su esplicita richiesta del Direttore Generale, Giovanni Migliore, uomo molto vicino a Crocetta e non solo a lui, tanto da portare qualche componente della Giunta ad irrigidirsi sulla questione e a farne un punto d'onore. Gucciardi ha abbozzato e ha dovuto ingoiare il rospo pur di non far saltare tutto»;

   ancora, secondo il sindacato «Migliore si è intestardito nel portare avanti il bando di concorso per Primario di quella disciplina duplicata e poi cassata, procedendo con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale regionale e nazionale, nonostante un'esplicita nota di revoca dell'autorizzazione trasmessa in data 18 agosto dal Dirigente Generale dell'Assessorato della Salute, Ignazio Tozzo» –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la piena attuazione su tutto il territorio nazionale, incluso quello della regione Sicilia, di quanto stabilito dal decreto ministeriale 70 del 2015, che non consente duplicazioni come quelle descritte nell'ambito di uno stesso presidio ospedaliero, nè di creare strutture complesse diverse da quelle previste dallo stesso decreto ministeriale;

   quali iniziative di competenza intenda assumere, nell'ambito della verifica sull'attenzione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, in relazione a tale operazione, visto che si verrebbe a configurare un aggravio di spesa pubblica ingiustificato e immotivato.
(5-12511)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la chiusura di diversi e strategici punti sanitari per i vaccini in Emilia-Romagna, come quelli di Salsomaggiore, Busseto, Fontanellato, Colorno (e pare che l'elenco sia destinato a crescere), peraltro avvenuta con scelte unilaterali da parte dell'azienda unità sanitaria locale (Ausl) senza alcun dialogo aperto con i comuni, a giudizio dell'interrogante lede, anziché garantire, la prossimità territoriale e la facilitazione nell'accesso alle cure per i cittadini, creando disagi alle famiglie e rischiando di causare evidentemente una disaffezione alla campagna vaccinale con ripercussione sulla salute pubblica;

   l'Ausl pare che abbia deciso di interrompere il servizio per il periodo utile ad adempiere agli obblighi vaccinali previsti dalla legge n. 119 del 31 luglio 2017 e relativi decreti attuativi, stimando quindi il periodo di sospensione dei servizi in questi tre comuni in un anno al massimo, pur non riferendo a decorrere da quando, nel cui lasso di tempo resteranno aperti solo i punti di vaccinazione di San Secondo Parmense e Fidenza. È evidente il paradosso che si sta consumando nella provincia di Parma, ove ad una legge che introduce un aumento degli obblighi vaccinali segue invece una riduzione dei punti di vaccinazione a livello distrettuale da parte dell'Ausl con taglio di servizi, anteponendo, come è evidente, la questione economica di risparmio dell'azienda ai preminenti servizi resi al cittadino;

   questa scelta mette a rischio lo stesso motivo per cui è stata approvata la legge sui vaccini: quello che le fasce più a rischio vadano a farsi vaccinare. Con la difficoltà di spostamento per le suddette fasce si rischia, infatti, che si favorisca l'elusione dell'obbligo vaccinale e che si renda difficoltosa l'azione di verifica e di controllo da parte di un unico punto vaccinale suddiviso su più comuni. Dal punto di vista geografico, infatti, Busseto è il punto sanitario più lontano dai luoghi di cura; la prossimità territoriale dovrebbe costituire un punto saldo per la cittadinanza: una centralizzazione dei servizi porterebbe alla creazione di difficoltà per le famiglie che lavorano, che si vedranno obbligate a spostarsi con bambini piccoli a Fidenza o a San Secondo. Nel territorio si rileva, inoltre, un'alta presenza di immigrati a scarso livello di inserimento sociale con prole, i cui spostamenti risulterebbero ancora più penalizzati;

   non si nasconde il rammarico nell'apprendere che in attuazione di una legge che si condivide e che vorrebbe garantire la salute dei bambini, non segua invece da parte del Governo, in fatto di tagli alla sanità (queste parrebbero essere le motivazioni «sostanziali» del distretto nella chiusura dei punti nei tre territori), quanto da parte del comune, una politica capace di consentire l'accesso su larga scala a tali servizi;

   è evidente, infatti, che una centralizzazione dei servizi porterà alla creazione di difficoltà per le famiglie che lavorano, obbligate a spostarsi con bambini piccoli a Fidenza o a San Secondo, quanto una problematicità anche da parte degli operatori sanitari stessi nell’«inseguire», ai fini dell'obbligo vaccinale, bambini di territori limitrofi, le cui famiglie sono già oggetto di criticità (figli di immigrati o indigenti), con intuibili ripercussioni di salute pubblica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, in relazione alla questione della chiusura di diversi e strategici punti sanitari per i vaccini e per gestire seriamente l'emergenza che sta travolgendo territori e cittadini in questione.
(4-18253)


   LEVA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del commissario ad acta n. 65 del 2016, la struttura commissariale del Molise ha ricostituito l'organismo tecnicamente accreditante (Ota) a cui sono attributi compiti e funzioni di verifica in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie regionali, sia pubbliche che private;

   all'interno dell'organigramma dell'Ota il suddetto decreto ha inserito, quali componenti, anche due verificatori esterni individuati nei «dirigenti di strutture private Neuromed e Fondazione Giovanni Paolo II». L'inclusione dei «controllati» nell'organismo «controllore» ad avviso dell'interrogante viola, tra l'altro, i requisiti di «autonomia, terzietà e imparzialità rispetto alle strutture da rispetto alle strutture da accreditare» richiesti dalla conferenza Stato-regione, rep. atti 259/CSR del 20 dicembre 2012;

   proprio in ossequio ai suddetti principi, i Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, con parere DGPROGS 86,/2016, avevano invitato la regione a modificare la precedente composizione dell'Ota, escludendo il rappresentante della Asrem – azienda sanitaria pubblica regionale – che vi era stato incluso, la cui partecipazione era stata considerata violativa del requisito della terzietà;

   con lo stesso parere, quindi, i Ministeri invitavano a confermare «una composizione unicamente regionale», sennonché, con il decreto del commissario ad acta n. 65 del 2016, escluso il rappresentante della parte pubblica (Asrem), sono stati inclusi quelli di due sole strutture private (Neuromed e Fondazione);

   il Tar del Molise, su ricorso proposto da un sindacato di medici e una struttura privata accreditata, ha sospeso il provvedimento ritenendo che «la presenza quali esperti fissi nell'ambito dell'organismo tecnicamente accreditante, competente alla verifica dei requisiti di accreditamento delle strutture sanitarie, di esponenti di due centri privati molisani aventi un rilevante peso nell'ambito dell'offerta sanitaria privata regionale, potrebbe determinare (e in effetti determina in via virtuale) una situazione di conflitto di interessi non coerente con la necessaria terzietà dell'organo, tenuto anche conto della possibilità che professionalità promananti dal settore privato utili al funzionamento dell'Organismo possono essere reclutate anche da enti aventi sede fuori dalla Regione Molise» (Tar Molise. ord. 93/2017);

   il commissario ad acta e, ad avviso dell'interrogante incredibilmente anche i Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, hanno proposto appello cautelare avverso il suddetto pronunciamento, sostenendo che la presenza dei controllati sarebbe «del tutto coerente con l'indipendenza e la terzietà dell'organismo», addirittura «compromesse dall'estromissione dei verificatori privati dall'Ota», smentendo clamorosamente quanto da loro stessi affermato nel parere n. 86 del 2016;

   il Consiglio di Stato, con ordinanza sez. III 4221/2017, ha accolto parzialmente l'appello solo relativamente al prospettato periculum;

   nelle more del giudizio cautelare, con decreto del commissario ad acta n. 49 del 2017 è stato rilasciato l'accreditamento istituzionale alla Fondazione Neuromed Pavone di Salcito sulla base del parere espresso dall'Ota nella composizione di cui al decreto del commissario ad acta n. 65 del 2016, nonostante l'organismo rosse stato medio tempore sospeso dal Tar che ha accolto proprio sulla ritenuta fondatezza del vizio di conflitto d'interessi (articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990) –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo rispetto alla vicenda esposta in premessa al fine di far luce sulla presenza di privati verificatori nell'Ota;

   quali iniziative intendano porre in essere, per quanto di competenza, per garantire la terzietà dell'Ota al fine di sanare il vulnus creatosi nella composizione dello stesso;

   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere le iniziative di competenza affinché la struttura commissariale del Molise proceda al ritiro proceda al ritiro prudenziale del decreto del commissario ad acta n. 49 del 2017, in quanto adottato sulla base di istruttoria tecnica svolta da organismo costituito con modalità di dubbia legittimità.
(4-18255)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 18 gennaio il signor G. M. è rimasto bloccato per 62 ore all'interno dell'Hotel Rigopiano per il forte impattamento di una valanga di neve sulla struttura. A differenza sua, sua moglie, come altre 29 persone, non ce l'ha fatta ed è morta in attesa che i soccorsi riuscissero ad aprirsi un varco per portare in salvo gli ospiti dell'hotel;

   G. M. ha riportato importanti ferite e ha perso, pare momentaneamente, l'uso di un braccio e di una gamba, ma enormi sono stati i risultati ottenuti in fisioterapia negli ultimi 6 mesi. G. M. è un pasticcere e ha dovuto dare in gestione la sua attività commerciale per occuparsi della sua riabilitazione e di sua figlia di 6 anni;

   l'Asl Roma 5 di Monterotondo, dove risiede, gli ha certificato un'invalidità al 100 per cento riconoscendo l'indennità di accompagno. Eppure, nonostante i benefici e i miglioramenti ottenuti in fisioterapia sul movimento degli arti colpiti durante l'incidente, l'Asl non rinnoverà le sedute, perché il periodo garantito dal sistema nazionale sanitario ammonta a 6 mesi. Fino ad oggi una commissione ha rinnovato le sedute, mentre stavolta, qualora volesse continuare il processo di riabilitazione, dovrebbe o rivolgersi a una struttura privata e a pagamento, oppure «farsi operare» — come suggerisce la fisiatra che lo ha in cura — per poter riottenere altri 6 mesi di cure fisioterapiche;

   in questo caso nessuna commissione si è riunita per incontrare il signor G. M., perché i 6 mesi di cure garantite sono scaduti e nessuno si è più interessato alla sua ripresa che, dopo lo shock, il lutto per la perdita della moglie e un'invalidità al 100 per cento, andrebbe monitorata e incoraggiata, per promuovere il recupero della sua indipendenza e della sua dignità –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché siano assicurate, da parte delle strutture pubbliche, le necessarie prestazioni finalizzate alla cura e alla riabilitazione in casi come quello richiamato.
(4-18260)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di stabilità 2016 il pagamento del canone Rai avviene mediante addebito nella fattura per i titolari di utenza di fornitura di energia elettrica;

   chi non ha in casa la televisione e, tuttavia, ha intestato un contratto della luce a uso residenziale, se non vuole pagare il canone Rai deve inviare, all'Agenzia delle entrate, una volta all'anno, un'autocertificazione;

   se un contribuente ha già compilato e inoltrato all'Agenzia delle entrate l'autodichiarazione per non pagare l'imposta sulla televisione, in quanto non detentore di alcun apparecchio, e successivamente viene in possesso di una tv, dovrà presentarne una nuova, compilando la sezione «dichiarazione di variazione dei presupposti». Questa dichiarazione comporterà l'addebito del canone dal mese in cui sarà presentata –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative utili per far sì che chi ha inviato un'autocertificazione di non possesso di apparecchiature televisive non debba ripetere l'operazione ogni anno ma possa qualora decidesse di acquistarla in seguito, procedere all'invio dell'autocertificazione con l'autodenuncia della detenzione dell'apparecchio televisivo.
(5-12509)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Losacco n. 3-02650, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Burtone.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stato così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Galgano e altri n. 5-09305 del 29 luglio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-03319;

   interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-10276 del 16 gennaio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03320.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Busto e altri n. 4-18153 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 870 del 13 ottobre 2017.

  Alla pagina 50733, prima colonna, alla riga trentasettesima deve leggersi: «rossa nella categoria 2A probabilmente» e non come stampato.

  Alla pagina 50733, seconda colonna, alla riga quarta deve leggersi: «invece, ammonta a 78 kg l'anno per» e non come stampato.