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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 1, comma 339, della legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha modificato l'articolo 32 del testo unico della maternità/paternità (decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, di seguito denominato T.U.) introducendo la possibilità per i genitori lavoratori dipendenti di fruire del congedo parentale in modalità oraria previa definizione, in sede di contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo parentale ad ore, dei criteri di calcolo della base oraria e dell'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa;

    la stessa legge di stabilità ha previsto, inoltre, l'obbligo per il genitore richiedente di comunicare al datore di lavoro l'inizio e la fine del periodo di congedo parentale richiesto, nonché la possibilità per lavoratore e datore di lavoro di concordare, durante il periodo di fruizione di congedo, adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva (comma 4-bis del citato articolo 32);

    con il decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 80, attuativo della delega contenuta nel Jobs Act, il legislatore è nuovamente intervenuto sull'articolo 32 citato introducendo un criterio generale di fruizione del congedo in modalità oraria che trova attuazione in assenza di contrattazione collettiva anche di livello aziendale (comma 1-ter dell'articolo 32 citato). In particolare, secondo questo criterio generale, in assenza di una contrattazione collettiva che disciplini compiutamente il congedo parentale su base oraria, i genitori lavoratori dipendenti possono fruire del congedo parentale ad ore in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale;

    la riforma prevede inoltre, in questa ipotesi, l'incumulabilità del congedo parentale ad ore con altri permessi o riposi disciplinati dal testo unico che è stata introdotta in via sperimentale per i periodi di congedo parentale fruiti dal 25 giugno 2015 al 31 dicembre 2015, salva l'adozione di ulteriori decreti legislativi;

    infatti, il decreto legislativo n. 148 del 2015, con l'articolo 43, comma 2, ha esteso tale previsione anche per gli anni successivi;

    sempre in via suppletiva ai contratti collettivi, il nuovo comma 3 dell'articolo 2 in parola stabilisce che, salvo i casi di oggettiva impossibilità, il genitore che voglia esercitare il diritto di fruire del congedo parentale a ore è tenuto a informare il datore di lavoro con un termine di preavviso pari a 2 giorni;

    ciò, in altre parole, significa che il lavoratore può aspettare a decidere comunicare la fruizione del congedo su base oraria fino a 2 giorni prima del giorno di fruizione stesso;

    la norma è applicabile anche ai lavoratori dipendenti dalle amministrazioni pubbliche;

    la complessità della disciplina del congedo parentale – determinata dalle differenti modalità di fruizione, dalla diversità di fonti, normativa o contrattuale (anche aziendale) che oggi possono disciplinare questo istituto, nonché dalla necessità di continuare a monitorare i limiti individuali e complessivi di fruizione ed indennizzo del congedo stabiliti dal testo unico — ha spinto l'Inps ad emanare una circolare per attuare le novità normative in argomento;

    la circolare dell'Inps n. 152 del 18 agosto 2015 ha tentato di definire il concetto di orario medio giornaliero in assenza di contrattazione affermando che: «Ai fini del congedo parentale su base oraria, la contrattazione deve prevedere anche l'equiparazione di un monte ore alla singola giornata lavorativa. In assenza di contrattazione, la giornata di congedo parentale si determina prendendo a riferimento l'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale (ossia lo stesso periodo preso a riferimento dal citato articolo 23 per il calcolo dell'indennità). In assenza di ulteriori specificazioni di legge, per orario medio giornaliero si intende l'orario medio giornaliero contrattualmente previsto. In tale caso, il congedo orario è fruibile in misura pari alla metà di tale orario medio giornaliero»;

    eppure, nelle more del rinnovo dei contratti collettivi aggiornati alle disposizione del decreto legislativo n. 80 del 2015, ovvero in assenza di una contrattazione collettiva di settore in tema di modalità e criteri di fruizione dei congedi parentali su base oraria, le amministrazioni pubbliche, in particolare gli enti regionali, hanno dettato disposizioni regolamentari o di servizio in tema di modalità di fruizione dei congedi parentali su base oraria e giornaliera diversificate, spesso non uniformi e che talvolta rendono di non facile «fruizione» il beneficio del congedo per le donne lavoratrici e che in alcuni casi comportano una eccessiva compressione della facoltà di fruire di tali congedi, ovvero interpretazioni della normativa non sempre conformi allo «ratio» di favor che dovrebbe animare l'accesso a tali strumenti, in funzione delle esigenze di cura e di famiglia della donna lavoratrice che li richiede;

    l'articolo 30 della Costituzione stabilisce il diritto e dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, e l'articolo 37, primo comma, secondo periodo, prevede la necessità di garantire condizioni di lavoro che permettano alla madre di esercitare la sua essenziale funzione di madre,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile – anche di tipo normativo – al fine di favorire nelle amministrazioni pubbliche – prive di una regolamentazione aggiornata da parte della contrattazione collettiva di settore – l'adozione uniforme di criteri e modalità attuative della disciplina dei congedi parentali su base giornaliera e oraria, previsti dall'articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001, che non siano penalizzanti, ovvero di difficile «fruizione», per le donne lavoratrici che li richiedono e che siano rispettosi delle previsioni poste dal medesimo articolo 32, favorendo quanto più possibile l'accesso ai suddetti congedi alla donna lavoratrice in conformità alle esigenze di tutela e sostegno della maternità;

   ad adottare ogni iniziativa utile – anche di tipo normativo – al fine di favorire nelle amministrazioni pubbliche, nelle more di una regolamentazione aggiornata da parte della contrattazione collettiva di settore, una interpretazione dei criteri e delle modalità attuative delle disposizioni in tema di congedi parentali su base oraria quanto più possibile favorevole alle esigenze della donna lavoratrice che li richiede e conforme alla previsione normativa dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001;

   tenuto conto che l'articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001 ha introdotto un criterio generale di fruizione del congedo in modalità oraria che trova attuazione anche in assenza di contrattazione collettiva, ad assumere ogni iniziativa utile a verificare lo stato di attuazione della suddetta normativa al fine di garantire, anche nelle amministrazioni pubbliche, un importante strumento di conciliazione per le famiglie, e in particolare per le lavoratrici, quale il congedo parentale frazionato.
(7-01375) «Ciprini, Tripiedi, Dall'Osso, Chimienti, Cominardi, Lombardi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   nelle more dell'assegnazione definitiva della gestione delle attività delle acciaierie Ilva al gruppo AM-InvestCo la conduzione è attualmente affidata ai commissari straordinari (giusta nomina del 21 gennaio 2015): dottor Piero Gnudi; avvocato Corrado Carrubba; professor Enrico Laghi;

   l'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n. 191 del 2015 stabilisce «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro»;

   la lettera dell'articolo riportato limita la immunità penale ed amministrativa alle sole condotte poste in essere in attuazione del piano; ne deriva che ogni altra responsabilità è rilevante sotto ogni aspetto;

   dall'ultima relazione dei custodi giudiziari dello stabilimento Ilva di Taranto, Barbara Valenzano, Claudio Lofrumento ed Emanuele Laterza, risulta che il piano ambientale non sia stato rispettato in riferimento ai tempi previsti e alle attività programmate;

   per quanto sopra, si eccepisce da parte del GIP chiamato a valutare la questione (dottor Martino Rosati) la inerzia nell'attuazione del piano. Quindi, non si tratta, secondo l'interpellante, di responsabilità nell'attuare il piano, ma di mancata, parziale, attuazione del piano stesso, circostanza non compresa nella clausola di immunità penale ed amministrativa;

   a ciò si aggiunga che, resta comunque a carico dei commissari l'onere di una gestione oculata in termini di utilizzo delle risorse, tenuto conto della condizione di amministrazione straordinaria della società;

   allo stato dei fatti risulta all'interpellante che la gestione economica dello stabilimento siderurgico di Taranto sarebbe gravata da rilevanti inadempienze che riguarderebbero il pagamento del fatturato corrente delle aziende dell'appalto, i ritardi nell'attuazione del piano ambientale, le carenze in termini di approvvigionamenti della necessaria ricambistica;

   allo stesso tempo, sempre secondo quanto risulta all'interpellante, sarebbero stati acquistati numerosi nuovi mezzi di servizio, in relazione ai quali non si ha contezza della effettiva necessità, e si ha notizia di altri possibili sprechi nell'ambito della gestione ordinaria);

   in tema di gestione della spesa, infine, nulla è noto circa i costi complessivi relativi all'espletamento del mandato dei tre commissari che, peraltro, a giudizio dell'interpellante, hanno mantenuto finora un atteggiamento di totale distacco dal territorio e di rifiuto di ogni forma di dialogo, pur in più occasioni sollecitato –:

   se il Governo intenda richiedere, ai fini di renderla pubblica, una dettagliata relazione ai commissari straordinari per conoscere le spese effettuate per l'acquisto di eventuali mezzi di servizio e le relative giustificazioni, nonché i costi sostenuti complessivamente per l'esercizio del loro mandato, per onorari diretti e accessori, benefit e spese di rappresentanza;

   se il Governo ritenga sussistenti i presupposti per promuovere un'iniziativa ispettiva per valutare, per quanto di competenza, le responsabilità per i ritardi denunciati dai custodi giudiziari in tema attuazione del piano ambientale.
(2-01982) «Chiarelli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, MELILLA, EPIFANI, FERRARA, SIMONI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, SCOTTO, ZOGGIA, NICCHI, MURER, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, ROSTAN, FOSSATI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI e BOSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come è emerso sulla stampa locale, i sindacati hanno denunciato la condizione dei lavoratori occupati nei consorzi che si stanno dedicando alla costruzione degli alloggi per le popolazioni colpite dai recenti eventi sismici;

   «pochi operai che rincorrono i cantieri lavorando 14 ore al giorno senza nessun accordo sindacale» ha denunciato il segretario generale provinciale della Cgil, Massimo De Luca, che ha parlato di una vera emergenza dei diritti del lavoro nella zona del maceratese;

   secondo la Cgil per ogni «area Sae» ci sono almeno 8 subappalti e solo una minoranza applica il contratto edile, anche se vige il contratto nazionale. Sempre nell'ambito dei lavori per le soluzioni abitative per l'emergenza ci sono stati ribassi delle gare anche del 40 per cento, situazione che mette a repentaglio i diritti degli operai coinvolti nella ricostruzione –:

   quali iniziative si intendano assumere al fine di verificare, per quanto di competenza, che vengano rispettati i diritti dei lavoratori coinvolti nell'opera di ricostruzione dei territori colpiti dai recenti eventi sismici.
(4-18206)


   GIULIETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10 dell'ordinanza commissariale n. 9/2016 – Delocalizzazione immediata e temporanea delle attività economiche danneggiate dagli eventi sismici del 24 agosto, 26 e 30 ottobre 2016 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2016, n. 295 – dispone che qualora i soggetti legittimati di cui all'articolo 3 abbiano proceduto alla delocalizzazione di attività economiche anteriormente all'entrata in vigore della stessa ordinanza, può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 205 del 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 11 novembre 2016, n. 264);

   l'articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 205 del 2016 statuisce che le spese sostenute per gli acquisti, le locazioni e gli interventi di cui al comma 6 possono essere rimborsate ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 189 del 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 ottobre 2016, n. 244); il comma 6 del medesimo articolo fa riferimento alle spese sostenute per gli acquisti o acquisizione locazione di macchinari, nonché per effettuare gli ulteriori interventi urgenti necessari a garantire la prosecuzione della propria attività da parte dell'impresa danneggiata, sulla base di apposita perizia asseverata rilasciata da un professionista abilitato che attesti la riconducibilità causale diretta dei danni esistenti agli eventi sismici e la valutazione economica del danno subito;

   l'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 189 del 2016 prevede, tra l'altro, che, con provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 2, (ordinanza commissariale n. 9 del 2016), i contributi, fino al 100 per cento delle spese occorrenti, sono erogati per far fronte alla delocalizzazione temporanea delle attività economiche o produttive e dei servizi pubblici danneggiati dal sisma al fine di garantirne la continuità;

   il decreto-legge n. 205 del 2016 è stato abrogato dall'articolo 1, comma 2, legge 15 dicembre 2016, n. 229, a decorrere dal 18 dicembre 2016, ma lo stesso comma 2 dispone la norma di salvaguardia per cui restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge n. 205 del 2016;

   l'ordinanza n. 9 del 2016 definisce per la prima volta e contempla per chi si organizza in proprio un contributo per l'adeguamento e per l'affitto dei nuovi locali; l'ordinanza n. 20 introduce l’una tantum senza nessun criterio particolare, riconoscendo un contributo al metro quadro del locale di origine inagibile;

   l'ordinanza n. 36 del settembre 2017 introduce giustamente alcuni criteri all’una tantum ma calcola il contributo non più considerando il locale inagibile ma quello in cui si delocalizza;

   questa ultima modifica sta creando grandi problemi alle attività che hanno fatto i loro progetti su un'ipotesi di contributo e che ora rischiano di vederselo decurtato in maniera significativa;

   quali iniziative intenda assumere il Governo per dare una risposta ai titolari delle attività produttive delocalizzate a seguito dei danni causati dagli eventi sismici del 2016 che rischiano la decurtazione dei contributi erogati.
(4-18212)


   CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 («cosiddetto decreto Bassanini») venivano conferiti alle regioni funzioni e compiti amministrativi dello Stato, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;

   il trasferimento di funzioni, per espressa disposizione di legge, avviene con modalità diverse per le regioni a statuto ordinario rispetto a quelle a statuto speciale; per queste ultime, infatti, è previsto l'adeguamento dei singoli statuti, in mancanza del quale le funzioni rimangono in capo allo Stato;

   gli statuti delle regioni a statuto speciale vengono attuati, per le materie e gli ambiti previsti, da norme approvate con la forma del decreto legislativo. Il procedimento prevede che sullo schema della norma di attuazione dello statuto speciale sia sentita la commissione paritetica; in seguito al positivo parere della commissione, lo schema viene sottoposto alla deliberazione del Consiglio dei ministri, promulgato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;

   in materia di incentivi alle imprese, le regioni a statuto speciale: Sardegna (decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234), Trentino Alto Adige (decreto legislativo 11 giugno 2002, n. 139), Friuli Venezia Giulia (decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110) e Valle D'Aosta (decreto legislativo luglio 2015, n. 116) provvedevano agli adeguamenti previsti e attuavano il decentramento amministrativo, non così la regione Siciliana;

   a causa di ciò, tutt'oggi le funzioni in materia di incentivi alle imprese artigiane continuano ad essere, per la Sicilia, esercitate dallo Stato; si ha quindi, di fatto una gestione decentrata per le regioni a statuto ordinario e per quelle a statuto speciale che hanno adeguato i propri statuti, mentre rimane una gestione centralizzata per la regione Siciliana;

   per effetto degli adeguamenti statutari attuati dalle predette regioni a statuto ordinario ricevono i trasferimenti annuali, ripartiti in quote trimestrali di eguale importo, indicate nei decreti della Ragioneria generale dello Stato, mentre la quota calcolata per gli incentivi nella regione Siciliana viene riassegnata alle amministrazioni centrali che svolgono a livello statale le funzioni, in attesa delle norme di attuazione previste dallo Statuto;

   la legge n. 949 del 1952 è il principale strumento agevolativo, nel comparto del credito, per sostenere lo sviluppo delle imprese artigiane; i beneficiari infatti sono tutte le imprese artigiane, consorzi e società consortili costituiti, anche in forma di cooperativa, esclusivamente fra imprese artigiane;

   le agevolazioni per l'accesso al credito, di cui alla legge n. 949 del 1952, sono avvenute tramite Artigiancassa s.p.a.;

   dal 1° gennaio 2012, scaduta la convenzione con Artigiancassa S.P.A., la quale consentiva a questa di gestire in Sicilia le risorse messe a disposizione dalla legge n. 94 del 1952, cessava di fatto l'attribuzione alla Sicilia delle risorse individuate per la gestione degli incentivi;

   le quote da assegnare alla Sicilia vengono, quindi, imputate al bilancio dello Stato, si tratterebbe di circa 38 milioni di euro annui per abbattimento interessi del credito per scorte e investimenti e per contributi a fondo perduto;

   non è ancora stato avviato l’iter affinché si giunga all'approvazione delle norme di attuazione per effettuare il trasferimento delle funzioni alla regione Siciliana e attuare il decentramento amministrativo anche in materia di incentivi alle imprese artigiane;

   la mancata erogazione delle risorse comporta un danno incalcolabile per gli ottantamila artigiani siciliani e tali somme avrebbero certamente salvato numerosi posti di lavoro e garantito la sopravvivenza di molte famiglie, provate irrimediabilmente dalla crisi –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia avviato o intenda assumere per riavviare l'erogazione delle risorse previste dalla legge n. 949 del 1952 a favore delle imprese artigianali siciliane.
(4-18213)


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la regione Autonoma della Sardegna ha chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale per le eccezionali avversità atmosferiche che l'hanno colpita nel corso del 2017 e che seguono le analoghe situazioni dei precedenti anni;

   si tratta di emergenze climatiche e di fenomeni atmosferici acuti, che hanno colpito gravemente tutto il comparto agricolo ed in particolar modo quello ovino e caprino, già in condizioni critiche a causa dell'abbattimento del prezzo del latte;

   l'intero settore agricolo in Sardegna soffre una situazione di difficoltà oggettiva che richiama le responsabilità di tutte le autorità pubbliche e prima di ogni altra quella dello Stato;

   il consiglio regionale, con voto unanime, ha provveduto ad integrare (di 30 milioni di euro) le risorse finanziarie necessarie per un organico sostegno al predetto settore ovi-caprino;

   tali risorse non sono state erogate alle aziende agropastorali destinatarie in ragione della morosità accumulata per la loro condizione di crisi, anche in ordine agli obblighi previdenziali e assistenziali a loro carico;

   ai sensi del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, le citate aziende agropastorali potrebbero godere di strumenti di sostegno e del beneficiario della sospensione dei citati obblighi previdenziali e assistenziali e, con particolare riguardo ai contributi previdenziali, si potrebbe consentire, almeno per il secondo semestre 2017 e per l'intero anno 2018, la sospensione dei pagamenti dovuti –:

   quali iniziative di competenza intendano intraprendere in merito al riconoscimento del citato stato di calamità naturale richiesto dalla regione, nonché agli strumenti e ai benefici di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, ai fini dello sblocco dei pagamenti per il ristoro dei danni subiti dalle aziende agropastorali e dal settore ovi-caprino nel suo complesso; quali iniziative intendano assumere per la tempestiva conclusione della procedura prevista dal decreto legislativo n. 102 del 2004, atteso che il mondo pastorale sardo evidenzia una condizione drammatica tale da non tollerare ulteriori ritardi nel pagamento delle somme dovute; se si intendano promuovere tempestive iniziative, d'intesa con la regione, in favore dell'intero settore agricolo sardo che soffre non solo gli effetti della crisi economica in atto ma anche gli ulteriori disagi dovuti al mancato riconoscimento dello stato di insularità e al costo dei trasporti delle merci prodotte.
(4-18216)


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO, TOFALO, MASSIMILIANO BERNINI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 177 del 2016 ha sancito l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, forza armata con funzioni di polizia, cui sono devolute funzioni, risorse e personale;

   a seguito del decreto sopracitato il Corpo forestale dello Stato è cessato il 31 dicembre 2016 e gran parte delle competenze e del personale è stato trasferito nel neo costituito Comando unità carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare;

   sempre in base al citato decreto legislativo e a successivi atti applicativi, specifiche aliquote di personale e risorse strumentali sono state devolute a ulteriori amministrazioni (Corpo nazionale dei vigili del fuoco, polizia di Stato, Guardia di finanza, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), in funzione delle relative specializzazioni;

   il Corpo forestale dello Stato era una forza di polizia italiana ad ordinamento civile con funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, dipendente dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

   il comando unità carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare (Cutfaa) è struttura dell'Arma dei carabinieri e quindi il personale proveniente dal Corpo forestale dello Stato, in totale 6.700 unità circa, è diventato a tutti gli effetti appartenente a una Forza armata, con il conseguente cambiamento di status da civile a militare;

   tali cambiamenti hanno comportato numerosi effetti, ovviamente anche dal punto di vista della qualità di vita, e conseguentemente hanno causato ripercussioni psicologiche sia sul personale coinvolto che sulle famiglie interessate;

   tali ripercussioni potrebbero avere conseguenze anche sulla qualità del servizio rispetto alle mansioni assegnate al personale in questione;

   appare utile e opportuno, quindi, fornire una adeguata tutela nonché sostegno e specifica assistenza psicologica sanitaria, al fine di ridurre al minimo le conseguenze di un cambiamento così radicale nella vita di migliaia di persone con le loro famiglie, cambiamento, peraltro, subito e non voluto –:

   quali iniziative di tutela e sostegno si siano poste in essere per rendere meno traumatizzante anche da un punto di vista psicologico il passaggio di personale di un corpo di polizia civile – come è sempre stato il Corpo forestale dello Stato – ad un corpo di polizia ad ordinamento militare o comunque ad altre amministrazioni dello Stato, anche nei confronti del personale in aspettativa, e, in particolare, se siano state previste misure di assistenza psicologica sanitaria per tutto il personale interessato e per i componenti del nucleo familiare.
(4-18217)


   CASTIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2017, il dottor Guerra, attualmente direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, ha ricevuto un prestigioso incarico presso l'Organizzazione mondiale della sanità come assistant director general per le iniziative speciali nel nuovo gabinetto dell'Oms;

   la Ministra Lorenzin si è congratulata pubblicamente per la «prestigiosa nomina» di Guerra, in quanto sarebbe «un prestigioso riconoscimento per il valore del nostro sistema sanitario»;

   da più parti si è sollevato il timore che con l'accettazione del nuovo incarico possano sorgere problemi di incompatibilità, eventualità già presa in considerazione, che portino successivamente, ad avviare la ricerca di un soggetto cui affidare l'incarico di direttore generale della prevenzione del Ministero della salute –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire che, nella citata ipotesi di dimissioni dall'incarico attualmente ricoperto al Ministero della salute dal dottor Guerra, prima che si proceda all'individuazione all'esterno della figura cui attribuire il citato incarico, si verifichi adeguatamente la possibilità di valorizzare le risorse interne al Ministero aventi un profilo adeguato.
(4-18229)


   PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 ottobre 2015 l'interrogante ha presentato come primo firmatario l'atto di sindacato ispettivo n. 5-06688, rimasto per giunta senza risposta, denunciando uno strano picco di malattie alla tiroide e di un particolare tipo di tumore riscontrabile solo in luoghi fortemente inquinati, e in particolare nelle popolazioni che vivono in prossimità della discarica di Celico (Cosenza) che, tra le altre cose, sorge a ridosso del Parco nazionale della Sila, a circa 500 metri di distanza da centri abitati, a un'altitudine di 800 metri, a ridosso dei torrenti Pinto e Cannavino. L'area, classificata a rischio sismico di 1° categoria – con una faglia sismica che passa nei pressi della discarica –, è tutelata per legge in quanto «area di ricarica degli acquiferi» – ovvero si tratta di una zona che svolge una funzione fondamentale per assicurare acqua potabile a tutta l'area urbana Cosenza-Rende – ed è sottoposta a vincolo idrogeologico, mentre il vasto bosco interessato è sottoposto a tutela paesaggistico-ambientale; si tratta di condizioni che avrebbero dovuto scoraggiare il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione della suddetta discarica;

   in questi giorni la regione Calabria ha ordinato la sospensione dei conferimenti di rifiuti presso la discarica di Celico, comunicando la necessità di «procedere alle necessarie verifiche tecniche di rispondenza dell'impianto alle norme vigenti ed alle prescrizioni contenute nell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)». La decisione è stata presa in considerazione delle «pesanti emissioni odorigene provenienti dall'impianto situato in contrada San Nicola di Celico, che hanno creato una situazione non più sopportabile per le popolazioni interessate soprattutto in alcuni periodi dell'anno e in alcune fasce orarie della giornata»;

   il decreto legislativo n. 36 del 2003, in attuazione della direttiva europea sulle discariche di rifiuti, prevede che «gli impianti non vanno ubicati di norma in aree interessate da fenomeni quali faglie attive, aree a rischio sismico di 1a categoria» –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo in relazione al vincolo paesaggistico-ambientale esistente sull'area in cui sorge la discarica e al rischio idrogeologico e sismico ivi presente;

   quali iniziative intenda assumere il Governo per prevenire l'apertura di una nuova procedura di infrazione da parte dell'Unione europea nei confronti dell'Italia in relazione alla gestione della suddetta discarica, con conseguente danno erariale.
(4-18230)


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, DAGA, DE ROSA, BUSTO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del 16 ottobre 2017 su Cronache Maceratesi, mette in evidenza come i ritardi della consegna delle soluzioni abitative di emergenza (Sea) nelle zone colpite dal sisma 2016 siano anche da imputarsi alla scarsità di personale all'opera costretto a lavorare anche 14 ore al giorno, 7 giorni su 7, per un totale superiore alle 105 ore mensili che invece vengono dichiarate;

   questa condizione nasce da ribassi, anche del 40 per cento, nelle gare di affido e nei numerosi subappalti. A peggiorare il problema c'è la questione della scarsità di operai, 430 in tutto per 42 cantieri sparsi in 6 comuni, al punto che gli uomini corrono da un cantiere all'altro, lasciandone talvolta scoperti e privi di controllo alcuni;

   l'articolo riporta anche che la mancanza di un'ordinanza fondamentale per la regolarità del lavoro, relativa al durc di congruità che consentirebbe di capire quante persone lavorano e per quante ore, quali sono le ditte in regola e che contratto applicano –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il rispetto della normativa vigente e dei contratti collettivi di lavoro in materia;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, interfacciandosi con la regione Marche, per l'emissione della citata ordinanza sul durc di congruità così da poter monitorare le ditte a cui è stato affidato il subappalto;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere nell'ottica di accelerare e rispettare i tempi di consegna delle soluzioni abitative di emergenza.
(4-18233)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2017 il tribunale di Sebenico ha assolto il cittadino croato Tomislav Horvatincic che nel 2011 travolse con il motoscafo e uccise i coniugi di Padova, Francesco Salpietro e Marinelda Patella;

   si tratta di una vicenda tragica che ha generato scandalo in questi anni per gli inaccettabili ritardi con cui la giustizia croata ha affrontato il caso;

   il Governo, a seguito dell'interrogazione n. 5-04771 in Commissione III — affari esteri, si è impegnato a seguire il caso da vicino e a tutelare il diritto alla giustizia dei familiari dei coniugi uccisi;

   il primo processo si era concluso nel novembre 2015 con la condanna del controverso imprenditore a 20 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena per un periodo di 30 mesi;

   la procura statale e la difesa avevano promosso ricorso contro la sentenza ottenendone la cassazione;

   nei giorni scorsi Horvatincic è stato addirittura assolto da tutte le accuse;

   la circostanza più clamorosa si deduce dalla motivazione della sentenza con cui lo stesso giudice del primo processo ha assolto il croato: la Corte ha concluso che Horvatincic sarebbe stato colpito da sincope, ossia da improvvisa perdita di coscienza, proprio pochi attimi prima della fatale collisione che ha determinato la morte dei due italiani;

   va ricordato che l'imbarcazione delle vittime fu colpita e addirittura scavalcata dal motoscafo di Horvatincic, che procedeva alla velocità di 26 nodi in un tratto di mare dove la velocità massima non deve superare i 5 nodi;

   il procuratore di Sebenico, Irena Senecic, ha tentato di «smontare» quanto asserito dagli avvocati difensori e dallo stesso Horvatincic, sottolineando che pochi minuti dopo il sinistro, il croato aveva chiamato tramite cellulare alcuni suoi amici, dicendo che era stato tradito dal difettoso funzionamento dei comandi dell'imbarcazione e non aveva parlato di alcuna sincope;

   questa circostanza, a giudizio dell'interrogante, induce il dubbio che la sincope potrebbe essere stata addotta dalla difesa come espediente per evitare le conseguenze di un comportamento criminale;

   la vicenda ha generato particolare sconcerto nell'opinione pubblica italiana e in quella croata poiché, dopo l'inammissibile ritardo nella risposta alla domanda di giustizia dei familiari delle vittime, addirittura oggi si assiste ad un verdetto che garantisce una sostanziale impunità al colpevole;

   all'interrogante appare evidente inoltre l'incapacità del sistema giudiziario croato di offrire giustizia di fronte ad un evento tragico –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   come il Ministro intenda attivarsi sul piano politico-diplomatico, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda di cui in premessa, al fine di garantire che venga resa giustizia alle vittime e ai loro familiari.
(4-18235)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2017, nel comune di Radiocofani, in provincia di Siena, sono state rinvenute due carcasse di lupo, impiccate al cartello di ingresso del paese; un macabro, ma chiarissimo messaggio dei bracconieri;

   pochi mesi fa sempre in Toscana, un altro lupo era stato ucciso, scuoiato e poi appeso, e accanto al corpo martoriato era stato esposto anche un cartello dal tono sarcastico in cui si leggeva «No agli abbattimenti, sì alla prevenzione»;

   in Toscana il problema delle greggi decimate dai lupi è molto sentito, e da tempo si attende dalla regione il giusto riconoscimento dei danni per gli allevatori onesti, ma niente può giustificare un tale accanimento nei confronti di una specie animale, tra l'altro particolarmente protetta e tutelata ai sensi della normativa nazionale e comunitaria;

   secondo le associazioni animaliste, gli episodi delle ultime settimane, sono l'inizio di una vera e propria carneficina che andrebbe ad aggiungersi agli oltre 300 lupi, su una popolazione totale di 1.500 esemplari, che ogni anno vengono uccisi in Italia da bracconieri, bocconi avvelenati o ancora investiti dalle auto — nei primi mesi del 2017, solo il 6 per cento dei lupi è morto per cause naturali, in tutti gli altri casi, è stata la mano criminale dell'uomo a provocarne l'uccisione. Tutti questi dati hanno comportato una necessaria revisione del Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia;

   il «Piano Lupo» sarebbe uno strumento fondamentale per fermare il fenomeno del bracconaggio sui lupi, ma da quasi un anno (2 febbraio 2017) il suo esame è bloccato in Conferenza Stato-regioni. Le ragioni possono essere ricercate sia negli elevati costi che le 22 azioni previste dal piano comportano (e che non sono coperti), sia dal fatto che molte regioni (Puglia, Campania, Abruzzo, Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Veneto), nonché le associazioni animaliste, si sono esposte contro la possibilità, prevista dalla bozza, di prevedere abbattimenti legali dei lupi;

   è senz'altro vero che la presenza dei lupi può nuocere ad alcune attività umane sul territorio, prima fra tutte l'allevamento allo stato brado, ma le alternative incruente sono numerose e di certo più efficaci per gestire la convivenza uomo-animale, rispetto alla «giustizia» fai da te;

   la soluzione dell'abbattimento, infatti, oltre ad essere pericolosa per la conservazione della specie lupo, si è dimostrata del tutto inefficace e improduttiva per gli allevatori e per i pastori, poiché diversi studi dimostrano come gli abbattimenti legali non servano né a ridurre i danni, né a ridurre i conflitti, ma piuttosto devono essere letti come un'autentica operazione di «distrazione di massa»;

   al contrario, le tecniche di prevenzione dei danni (recinzioni elettrificate e cani da guardia), unite ad una corretta attività di informazione, si sono dimostrate la soluzione più efficace per garantire la convivenza della zootecnia con la presenza del lupo;

   in una dichiarazione del febbraio 2017, il Ministro interrogato ha dichiarato che: «Il piano per il Lupo — è uno strumento irrinunciabile (...) l'occasione di restituire un equilibrio naturale al rapporto tra uomo e lupo, che oggi in molte realtà è esplosivo e mette a rischio la specie, l'uomo e le sue attività» –:

   se, sulla base degli ultimi episodi avvenuti in Toscana ai danni della specie del lupo, non ritenga urgente e quanto mai opportuno, promuovere la ripresa della discussione del Piano di conservazione e gestione del lupo in Conferenza Stato-regioni, nonché la sua immediata approvazione, assumendo iniziative volte ad abrogare la parte relativa agli abbattimenti legali e a prevedere le risorse economiche necessarie a rendere le azioni previste dal piano realmente attuabili.
(5-12497)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, VACCA, MARZANA, DI BENEDETTO, LOREFICE e SPESSOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   da anni i media richiamano l'attenzione sulle condizioni di degrado in cui versa Villa Letizia – una delle monumentali Ville del Miglio d'Oro, parte di proprietà del comune di Napoli – e sul mancato rispetto delle norme di tutela e di controllo del patrimonio culturale da parte delle istituzioni preposte;

   tale degrado vede il proprio inizio con i lavori post terremoto quando, grazie alla distruzione dei muretti laterali, sostituiti da mura più alte con gli elementi architettonici delle mura posteriori di confine, le due dipendenze gemelle della villa site nei giardini laterali, vennero separate dalla stessa;

   la qualificazione del parco retrostante ebbe un iter travagliato poiché il comune inizialmente negò che questo fosse territorio di pertinenza del sito vesuviano e successivamente, secondo quanto dichiarato dall'Ente per le ville vesuviane, disattesa le direttive formulate in merito dall'Ente medesimo; di ciò è stato dato conto alla soprintedenza dei beni culturali di Napoli;

   l'allora Presidente dell'Ente vedeva nei lavori di recupero della Villa Letizia una straordinaria opportunità di realizzare «un intervento di grande rilevanza sociale e culturale» per la municipalità partenopea, che per altro ha la più alta percentuale registrata di bambini sotto i 5 anni; ciò richiederebbe un importante impegno al riguardo con finalità educativa, opportunità non colta, tanto che l'ONG Save the children ha dovuto impiantare, dopo 20 anni, un punto luce a pochi metri dalla villa;

   la normativa è stata disattesa nel caso dei lavori di realizzazione di un progetto del comune di Napoli che prevedeva la demolizione del tetto di una delle dipendenze gemelle, lavori considerati successivamente irregolari da una sentenza civile;

   nel 1999 la vicenda relativa a Villa Letizia si arricchisce di un altro mistero, quello di un decreto ministeriale sollecitato dall'allora Soprintendente che lo riteneva fondamentale per «esplicitare il vincolo gravante sull'immobile»; la legge n. 578 del 1971 tuttavia prevede che il vincolo non abbisogni di alcun altro provvedimento ministeriale e quindi ciò è risultato deleterio per le sorti della Villa poiché, inducendo dubbi sulla datazione del vincolo, si prestava ad essere capziosamente utilizzato per interventi in contrasto con la normativa vigente;

   appaiono inspiegabili anche le successive autorizzazioni rilasciate dalla competente Soprintendenza che, incurante dell'esistenza di abusi edilizi, non è adeguatamente intervenuta; la Sopraintendenza per altro, mancava di segnalare modifiche del tetto e altre vistose lacune, quali nuove finestre considerate «rilevantissime novità per un immobile vincolato»;

   privati cittadini e alcune forze politiche hanno chiesto più volte alle istituzioni chiarimenti in merito a Villa Letizia

   il sito culturale è diventato una discarica a cielo aperto di amianto, bidoni di pittura, scarti di macellazione, materiale per emodialisi, dati a fuoco ciclicamente col conseguente grave inquinamento ambientale;

   in seguito alla demolizione dello storico tetto alla piemontese della dipendenza occidentale – rarissimo esempio tra le Ville vesuviane – ed alla sostituzione con uno privo dei tratti stilistici originari, è stata aperta un'inchiesta confluita in un rinvio a giudizio;

   sono recenti infine l'approvazione di una delibera di giunta che prevede un intervento sul parco nuovamente unilaterale, poiché si dichiara espressamente che «gli interventi non richiedono ulteriori autorizzazioni in materia di tutela ambientale, paesistica né storica archeologica», ed il taglio di piante ad alto fusto, il tutto, ad avviso degli interroganti, in palese contrasto con i vincoli gravanti sulla villa;

   ciò che appare più eclatante è che, durante il sopralluogo effettuato dalla Soprintendenza presso Villa Letizia, sono state rilevate solo lievi difformità e non state evidenziate le mutazioni stilistiche per cui vi è stato il rinvio a giudizio sopra richiamato –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare in merito il Ministro interrogato – inclusa la revoca dell'incarico al Sopraintendente Garella, in relazione a quanto esposto in premessa, al fine di ridare dignità ad un sito patrimonio dell'Unesco e per favorire contestualmente la rinascita di un territorio che purtroppo sale agli oneri della cronaca solo per il degrado che l'assenza istituzionale trasforma in straordinario pabulum per la malvivenza.
(5-12501)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 14 settembre 2016, la Commissione europea ha presentato ufficialmente al Parlamento europeo la nuova «direttiva sul copyright» che include dei piani per una nuova tassa sui link, ossia la concessione di nuovi ampi poteri per la pubblicazione di frammenti di testo utilizzati in collegamenti ipertestuali che dovranno essere pagati agli editori;

   il 2 maggio 2017 come riportato dalla nota stampa del Ministero dei bene e delle attività culturali e del turismo, il Ministro interrogato e il Ministro della cultura e della comunicazione della Repubblica francese Audrey Azoulay hanno firmato a Parigi una dichiarazione congiunta sul diritto d'autore, «che impegna Italia e Francia a individuare posizioni comuni per promuovere e preservare il fondamento della creatività nel contesto della riforma del quadro europeo del settore promossa dalla Commissione europea, in particolare mantenendo fermo il principio della territorialità del diritto d'autore, chiave di volta per il finanziamento e la diffusione della cultura»;

   «I due Paesi ritengono che tale riforma debba infatti essere parte integrante di una autentica strategia europea della cultura nell'era digitale, per favorire non solo l'accesso del pubblico alle opere, ma anche per sostenere la giusta remunerazione dei creatori e la continuità dell'economia della cultura, oltre che la diversità delle opere realizzate e la libertà di scelta del pubblico, attraverso un'adeguata responsabilizzazione degli intermediari online di opere protette da copyright»;

   «A tale proposito Italia e Francia reputano che, insieme alle proposte relative al diritto d'autore nel mercato unico digitale, sia indispensabile e urgente garantire l'aggiornamento e l'armonizzazione di un quadro efficace per l'effettiva tutela di tali diritti, in particolare per quanto riguarda le attività online»;

   la dichiarazione è stata accolta favorevolmente dalla Società italiana degli autori ed editori (Siae) che ha sottolineato come «l'impegno dei due Paesi sia in linea con la lettera promossa da IAE e sottoscritta dalle diverse Associazioni di categoria, consegnata proprio al Ministro Franceschini lo scorso mese di gennaio». In particolare, SIAE e le Associazioni di tutti i settori di Italia Creativa hanno chiesto al Governo «attenzione e sostegno nella difesa dell'intera filiera dalle concrete minacce allo sviluppo e nella protezione dei diritti degli autori dei contenuti creativi e culturali in Europa nella proposta di Direttiva Copyright». Secondo SIAE «l'accordo siglato è un passo fondamentale per una sfida che, a livello europeo, rappresenta 7 milioni di lavoratori, che operano nelle industrie creative e culturali e che necessitano di particolare attenzione e tutela»;

   come riportato dal sito online www.agendadigitale.eu «il cosiddetto pacchetto Copyright si compone di una Direttiva sul Copyright, e infine di un regolamento, che fa direttamente riferimento alla Direttiva SatCab»;

   la direttiva SatCab 93/83/EEC «facilita la ritrasmissione via satellite e via cavo di programmi radiotelevisivi da altri Paesi Membri. Grazie alla Direttiva, oggi un gran numero di canali Tv sono disponibili in Paesi diversi da quello di origine, col risultato di rafforzare la diversità culturale. Tra le iniziative del Mercato Unico Digitale, la revisione della Direttiva SatCab si pone l'obiettivo di verificare la necessità di ampliarne il campo di applicazione, estendendolo alle trasmissioni online dei broadcaster, e di adottare ulteriori misure per migliorare l'accesso transfrontaliero ai servizi delle emittenti radiotelevisive in Europa»;

   il 3 settembre 2017 a Venezia si è svolto il seminario sulla proposta di regolamento SatCab, un incontro di natura tecnica per gli operatori del mondo dell'audiovisivo, promosso dall'Associazione 100autori e da Anica, per spiegare le ragioni di una posizione nettamente contraria all'articolo 2 della proposta della Commissione europea;

   secondo il comunicato congiunto di 100 autori – Anica «se questa proposta venisse adottata un'emittente licenziataria dei diritti di utilizzazione televisiva di un'opera audiovisiva per il territorio di uno Stato membro potrebbe liberamente mettere a disposizione del pubblico tale opera on-line in tutti i paesi dell'UE»;

   lo sceneggiatore Stefano Sardo ha dichiarato che «per gli autori italiani che si battono oggi affinché in Italia si avvii una seria riforma sulle quote dei diritti questo Regolamento rappresenta un forte pericolo sia per il diritto d'autore che per tutto il mondo della produzione» –:

   con riferimento alla normativa sopra citata, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere a sostegno dell'intera filiera creativa e culturale, promuovendo e preservando il diritto d'autore;

   quali iniziative intenda assumere per garantire il fondamento della creatività, nel contesto della riforma promossa dalla Commissione europea, in particolare sostenendo il principio della territorialità del diritto d'autore.
(4-18223)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 5-08122, al quale è stata data risposta in data 16 marzo 2016, si interrogava il Ministro della difesa in merito all'elevazione della stazione dei carabinieri di Zingonia al rango di tenenza;

   il potenziamento della stazione a tenenza sicuramente contribuirebbe ad aumentare l'operatività del presidio, a condizione che tale provvedimento non determini la chiusura delle stazioni limitrofe;

   la stazione dei carabinieri di Zingonia è competente anche sui comuni di Verdellino e Boltiere: un'area estesa della Bassa bergamasca dove purtroppo sono sempre più frequenti fenomeni criminali, tanto da considerarsi tra le aree a più alto tasso di criminalità della provincia di Bergamo;

   l'elevazione della stazione dell'Arma dei carabinieri di Zingonia appare dunque necessaria, alla luce dei problemi di sicurezza e ordine pubblico riscontrati nell'area, che necessitano di un generale rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio –:

   se sia stata compiuta un'ulteriore valutazione da parte del Ministro interrogato ai fini dell'elevazione della suddetta stazione dei carabinieri al rango di tenenza, senza compromettere l'operatività delle stazioni limitrofe, al fine di assicurare, secondo la tradizione dell'Arma dei carabinieri, una presenza capillare e diffusa delle forze dell'ordine in un territorio afflitto da persistenti e diffuse criticità in materia di sicurezza e di ordine pubblico.
(4-18207)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la situazione di dissesto di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca era già nota molto prima della messa in liquidazione coatta, ai sensi del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, tanto che il gruppo della Lega ha continuamente richiesto un intervento statale che tutelasse i risparmiatori e, in particolare, i soci-azionisti. Questi ultimi, infatti, essendo originariamente soci (perché i due istituti erano banche popolari che sono state costrette a trasformarsi in Spa ai sensi del decreto-legge n. 3 del 2015) e non azionisti professionisti, sarebbero dovuti essere sicuramente meritevoli di una protezione diversa da quella accordata a speculatori istituzionali, la cui regola è solo quella del profitto;

   anche in questo, come in altri casi italiani, a causa della scorretta condotta delle due banche, titoli azionari e subordinati sono stati venduti anche a piccoli risparmiatori veramente inconsapevoli dei rischi connessi alle operazioni di investimento loro proposte;

   le criticità più rilevanti del decreto-legge sulle popolari venete riguardano le disparità riservate ai risparmiatori subordinati che hanno ricevuto un trattamento diverso rispetto a quello stabilito per i detentori di titoli subordinati di Monte dei Paschi di Siena, i quali, invece di espletare complicate procedure arbitrali o richiedere istanza di indennizzo forfettario all'80 per cento, hanno potuto usufruire della conversione dei propri bond subordinati in azioni riacquistate dal Ministero dell'economia e delle finanze. Anche se in base alla rischiosità dei titoli da loro acquistati, non tutti hanno avuto il 100 per cento del rimborso, in ogni caso, la maggior parte sarà ristorata interamente, e senza complicazioni burocratiche;

   l'articolo 6 del decreto-legge n. 99 del 2017, invece, ha stabilito per gli investitori al dettaglio di titoli subordinati delle due banche venete i complicati meccanismi di «ristoro forfettario» o di «procedura arbitrale», analoghi a quelli stabiliti dal decreto-legge n. 59 del 2016 per i quattro istituti posti in risoluzione nel novembre 2015 (CariChieti, BancaEtruria, Banca Marche e Carige) che rinvia al Fondo di solidarietà previsto dalla legge di stabilità 2016;

   il Governo ha quindi, secondo l'interrogante, operato discriminazioni fra i detentori di titoli subordinati emessi da Monte dei Paschi di Siena, che sono stati tutelati, e i detentori di titoli subordinati e azionisti delle banche venete, nonché delle quattro banche poste in risoluzione, non essendo stati questi ultimi risarciti del danno subito;

   ad oggi, per i risparmiatori delle banche venete, tra cui figurano non soltanto risparmiatori della regioni, ma anche molti residenti della vicina regione del Friuli-Venezia Giulia, Banca Intesa, a cui sono stati ceduti i crediti buoni durante la messa in liquidazione, ha annunciato la costituzione di un plafond da 100 milioni di euro per il risarcimento degli azionisti truffati. Il fondo, però, non è assolutamente sufficiente: secondo quanto stabilito, è limitato ai casi economicamente più disagiati, cioè ai risparmiatori che hanno un reddito lordo inferiore a 30.000 euro e un patrimonio mobiliare inferiore a 15.000 euro (le azioni andate in default non sono ricomprese in tale limite);

   inoltre, l'ammontare massimo che potrà essere riconosciuto a ciascun cliente azionista dalle ex banche venete non potrà essere superiore a 15.000 euro e sarà riconosciuto in più soluzioni attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari nell'arco di 5 anni esclusivamente a coloro che resteranno clienti di Banca Intesa;

   il fondo non si traduce assolutamente in una erogazione gratuita, perché Banca Intesa ha acquisito quanto era rimasto alle banche venete dai due fondi per le OPT e dai Fondi Welfare per complessivi 260 milioni di euro circa, ma ne reimpiega soltanto 100 milioni –:

   se il Ministro non intenda assumere iniziative normative per l'istituzione, in conformità con le norme europee sugli aiuti di Stato, di un Fondo di garanzia per gli ex soci azionisti danneggiati dalle due popolari venete, tenuto conto di quanto esposto in premessa circa la loro condizione.
(4-18214)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CENSORE e OCCHIUTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   risulta che presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria siano in corso incontri sindacali finalizzati all'analisi di uno schema di decreto ministeriale relativo alla rideterminazione dei contingenti di polizia penitenziaria assegnati agli istituti penitenziari;

   la determinazione organica dei ruoli della polizia penitenziaria di cui al decreto del Ministro della giustizia del 22 marzo 2013 ha fortemente penalizzato la regione Calabria non tenendo in alcuna considerazione l'apertura di nuove strutture detentive e, soprattutto, la particolare e specifica pervasività della criminalità organizzata nel territorio calabrese;

   allo stato in Calabria si registra il più alto rapporto detenuti/agenti che si assesta intorno ad 1,80 contro una media nazionale di circa, 1,40 e punte positive di 1,20 nei provveditorati di Firenze e di Cagliari;

   particolarmente grave appare la situazione della casa circondariale di Vibo Valentia alla quale gli atti conseguenti al decreto ministeriale del 2013 hanno sottratto ben 62 unità del Corpo della polizia penitenziaria, portando l'organica previsto dalle precedenti 202 unità all'attuale previsione di 140 poliziotti penitenziari;

   nel contempo, inoltre, la popolazione detenuta ospitata da quella casa circondariale è notevolmente cresciuta numericamente ed è oramai rappresentata in larghissima parte da detenuti appartenenti alla criminalità organizzata;

   nonostante a livello nazionale si registri negli istituti penitenziari una presenza media di un poliziotto per meno di 1,5 detenuti, al carcere di Vibo Valentia la suddetta media è di circa un agente per ogni tre detenuti (134 appartenenti al Corpo per oltre 400 detenuti ristretti di cui circa 220 in alta sicurezza);

   la situazione risulta ancora più grave se si tiene in considerazione la gran mole di traduzioni che il reparto della polizia penitenziaria di Vibo Valentia è chiamato ad assicurare;

   di tanto sembrerebbe essere stata interessata più volte l'amministrazione penitenziaria e, da ultimo, il Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria ha denunciato le gravi difficoltà operative anche mediante un sit-in tenutosi presso il medesimo penitenziario e documentato dal servizio del Tgr Calabria recante data 29 settembre 2017;

   secondo il suddetto Sindacato, tenuto conto della media nazionale, del carico di lavoro richiesto, della tipologia di detenuti presenti e della specificità del territorio, sarebbe necessario pervenire per la casa circondariale di Vibo Valentia ad una previsione organica di circa 250 unità appartenenti ai diversi ordini e gradi della polizia penitenziaria;

   occorre prendere atto della situazione sopra descritta, della dimensione territoriale di riferimento e della compressione che ne deriva a carico dei diritti fondamentali e inviolabili contenuti nella Costituzione, nonché delle evidenti difficoltà registrate dalla Camera penale per gli inevitabili ritardi relativi ai colloqui difensivi, oltre che alla tenuta della sicurezza dell'istituto e di conseguenza del territorio –:

   quali iniziative intenda assumere per garantire una pianta organica della polizia penitenziaria adeguata alle esigenze del carcere di Vibo Valentia e degli altri istituti della regione Calabria, attualmente sottodimensionati rispetto ai dati medi nazionali.
(4-18220)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la «Carta tutto treno Umbria» è nata nel 2009 come una sorta di documento di viaggio rilasciato agli abbonati delle ferrovie che viaggiano sui treni regionali per agevolarne l'accesso ad eurostar (ora frecciabianca) ed intercity;

   nel gennaio 2017 condizioni e benefici originari della Carta sono stati modificati sostanzialmente, nonostante le proteste dei pendolari umbri, decisamente penalizzati dalle nuove regole;

   nelle stazioni interessate, infatti, sono apparsi avvisi che spiegano come dal 24 gennaio 2017 le nuove carte «Tutto treno Umbria» di seconda classe (quelle emesse in precedenza mantengono le vecchie caratteristiche) salgono a 250 euro per distanze fino a 100 chilometri e 450 euro per distanze superiori; è sospesa la vendita con validità semestrale e quella per la prima classe; le carte consentono l'accesso agli intercity in seconda classe, ma non più ai Frecciabianca;

   in seguito alla separazione delle carte Tutto treno per intercity, gli importi a carico dell'utente restano fermi al precedente accordo, e per intercity e frecciabianca, gli importi a carico dell'utente sono stati ridotti del 50 per cento rispetto all'attuale accordo. Si baserebbe su questo l'accordo tra regione Umbria e le principali associazioni dei pendolari umbri, che avrebbero così incassato la possibilità di usufruire di nuovo del frecciabianca delle ore 17,38 da Roma Termini per le fermate di Terni e Foligno, tanto ambìto per chi torna in Umbria dalla Capitale;

   i possessori della Carta tutto treno, abbonamento che si lega all'abbonamento regionale e che permetteva da anni di salire anche sui treni intercity e frecciabianca (ex eurostar), oltre a subire un aumento di 100 euro su 350 annuali, non permetterà più di far salire i pendolari sui treni frecciabianca, causando così notevoli disagi per le numerose persone che devono recarsi a lavoro. Il treno frecciabianca, unico rimasto dei 4 treni eurostar che circolavano in Umbria fino al 2011/12, ora transita a Terni alle ore 9,36 della mattina (direzione Roma), mentre parte da Roma Termini alle ore 17,38 per essere a Terni alle 18,28. Si tratta dell'unico treno veloce che, soprattutto nella fascia pomeridiana/serale, consente a molti pendolari umbri di rincasare ad un orario umano. Questo cambio genererà un grosso afflusso di persone sul treno delle 17,58, che, se prima non fermava ad Orte (è stata ripristinata la fermata dopo le contestazioni ed il blocco della stazione laziale con la partecipazione di pendolari, sindaci e parlamentari), ora oltre agli umbri e ai laziali dovrà «ospitare» anche i pendolari del frecciabianca, compromettendo la sicurezza di chi viaggia;

   è necessario, a parere dell'interrogante, un intervento deciso atto a scongiurare ogni possibile declassamento del territorio umbro ed ogni problema di sicurezza dei cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerati i gravi disagi che subiscono, ogni giorno, migliaia di pendolari per i loro spostamenti, quali urgenti ed opportune iniziative di competenza intenda adottare al fine di porre rimedio alla grave problematica esposta in premessa.
(4-18219)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'11 aprile 2016 in partenza da S. Teresa di Gallura, probabilmente per un guasto, un traghetto della Moby Lines si è incagliato pochissimi metri dalla costa senza riportare conseguenze gravi né alla nave né ai circa 60 passeggeri a bordo in quell'istante;

   il 24 aprile 2017 diverse centinaia di passeggeri sono rimasti bloccati a Bonifacio, a causa della sospensione delle corse del traghetto «Giraglia» della Moby;

   la motonave ha avuto un problema ai motori ed è finita contro uno scoglio e le autorità francesi hanno imposto una serie di accurati accertamenti sul «Giraglia», consentendo il viaggio di rientro solo per i controlli che saranno effettuati a Santa Teresa di Gallura;

   l'urto, pare nella manovra di attracco a Bonifacio, per il traghetto «Giraglia» della Moby che collega Santa Teresa di Gallura con la Corsica, è l'ennesimo incidente che occorre a questa motonave;

   da una prima indagine, svolta dalla Guardia costiera corsa, c'è stato un malfunzionamento al motore, ma le autorità francesi hanno imposto alla compagnia di navigazione italiana di fare rientro a Santa Teresa senza trasportare passeggeri, che sono stati riprotetti sui traghetti dell'altra compagnia che effettua il medesimo collegamento, la Blu Navy;

   la capitaneria di porto di La Maddalena ha avviato un'indagine amministrativa sul «Giraglia» che esattamente un anno fa aveva avuto un altro incidente a Santa Teresa;

   la mattina del 2 maggio 2017, per un guasto alle pompe del carburante è stata costretta a tornare in porto a Santa Teresa;

   arrivato all'altezza di Capo Testa il traghetto per evidenti problemi al motore della imbarcazione ha dovuto inserire l'indietro tutta per evitare il peggio;

   vi sono stati gravi disagi per i passeggeri del traghetto Giraglia della Moby Lines che stava effettuando la tratta Santa Teresa di Gallura – Bonifacio. La nave ha avuto un problema in mezzo al mare e ha dovuto fare marcia indietro;

   si tratta del secondo caso in poche settimane;

   si tratta di capire chi abbia autorizzato il traghetto a prendere il largo;

   è indispensabile comprendere per quale motivo ancora una volta quella che l'interrogante giudica una «carretta» del mare si sia bloccata in mezzo al tratto più pericoloso del Mediterraneo;

   in tutti i casi reiterati gli incidenti si sono svolti nelle Bocche di Bonifacio, notoriamente uno dei tratti di mare più pericolosi del Mediterraneo;

   ormai non si contano più gli incidenti e i guasti in un collegamento fondamentale come quello tra la Sardegna e la Corsica;

   tutti quanti, compresi gli organismi della sicurezza, secondo l'interrogante continuano ad affrontare con superficialità questi episodi;

   l'incolumità dei passeggeri è costantemente posta a rischio;

   la nave, costruita a Pietra Ligure, nel 1981 è un traghetto adibito quindi al trasporto di auto e passeggeri;

   è lunga all'incirca 75 metri per una stazza lorda di 2.041 tonnellate ed in grado di raggiungere una velocità di 18 nodi; nel 1981 la Giraglia entra in servizio sulla tratta Piombino – Portoferraio, collegando l'Isola d'Elba all'Italia. Dal 2010 si sposta sulla tratta Piombino – Cavo, da poco inaugurata dalla compagnia come rotta low cost. Successivamente scambia con la gemella la rotta di servizio, spostandosi sulla tratta Bonifacio – Santa Teresa di Gallura;

   i ripetuti incidenti dovrebbero indurre, secondo l'interrogante, al ritiro delle autorizzazioni all'uso –:

   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, con il coinvolgimento delle strutture deputate alla sicurezza marittima e navale, per valutare il ritiro della motonave Giraglia dalle tratte interessate al fine di scongiurare il pericolo di ben più gravi incidenti, considerata anche l'instabilità del mare in quel tratto tra la Sardegna e la Francia;

   se non ritenga di dover valutare la cronologia degli episodi denunciati e adottare ogni conseguente iniziativa di competenza.
(4-18224)


   TENTORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si sta verificando una preoccupante situazione di degrado, ampiamente documentata dai media, che vede coinvolte le piazzole di sosta della strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga, diventate delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in particolare nel tratto tra la città di Lecco e quella di Colico;

   in data 15 maggio 2017 l'interrogante, con una lettera indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, poneva all'attenzione del medesimo la suddetta situazione e chiedeva un interessamento presso l'ente preposto alla gestione della strada statale, ossia Anas spa, per avere chiarimenti circa l'attuale gestione di tale problema, la frequenza del ritiro dei rifiuti dalle piazzole lungo l'asse viario e la presenza di sistemi di videosorveglianza;

   ad oggi la situazione di degrado non è mutata e, considerando che la strada interessata è un'importante arteria, oltretutto attraversata da numerosi turisti, appare evidente che il danno in termini di igiene e sicurezza, nonché di immagine, è notevole, anche per il fatto che la presenza di rifiuti in stato di abbandono li espone al rischio di autocombustione, oltre a richiamare animali randagi che potrebbero invadere la carreggiata con il conseguente potenziale pericolo di incidenti per i veicoli in transito –:

   se non reputi doveroso intervenire con urgenza, per quanto di competenza, per un accertamento circa la rimozione di tali rifiuti e intraprendere iniziative volte ad evitare il ripetersi di tale fenomeni, incrementando i controlli che possano fungere da deterrente nei confronti di chi perpetra questo illecito, prevedendo un monitoraggio più puntuale attraverso l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza, compresi quelli già installati, al fine di rilevare la targa dei veicoli di coloro che commettono l'illecito e permettere così alle autorità preposte di emettere le sanzioni del caso.
(4-18225)


   CAPONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   recentemente un incidente tra due treni delle Ferrovie sud-est nel Salento sulla tratta Lecce-Otranto ha fatto temere una vera e propria tragedia, come già nella tragedia di Corato di un anno fa, il cui epilogo è stato in ogni caso estremamente rilevante: dieci persone contuse 5 feriti immediatamente trasportati nell'Ospedale «Vito Fazzi» di Lecce;

   al momento la dinamica dell'incidente, così come riportato dalla stampa, si presenta incerta: si è trattato di uno schianto frontale dovuto «forse a un problema tecnico, forse a un problema umano»;

   di certo si sa che intorno alle 17 del pomeriggio sulla linea ferroviaria Lecce-Otranto, passando per Zollino, nel tratto tra San Donato e la frazione di Galugnano, binario unico, un treno era fermo, mentre l'altro viaggiava a velocità contenuta. «Stando alla ricostruzione fornita dalle Ferrovie dello Stato», si legge negli articoli di stampa, «pare che uno dei due convogli fosse fermo in attesa del segnale che lo autorizzasse a procedere verso la stazione di Galugnano, quando l'altro treno, non rispettando il “rosso”, sarebbe partito in direzione Lecce. Su quel tratto di rettilineo il binario è unico, quindi lo schianto è stato inevitabile. Al vaglio però anche altre ipotesi, legate per esempio a un malfunzionamento del sistema di bloccaggio e sbloccaggio dei freni e al freno a mano di emergenza, oltre che alla pendenza dei binari di Galugnano»;

   sul luogo dell'incidente, dove la macchina dei soccorsi si è allertata immediatamente, sono giunti il procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone de Castris, insieme con il pubblico ministero di turno, Giovanni Gagliotta, che hanno disposto il sequestro delle scatole nere dei due treni coinvolti nello scontro. Nell'indagine avviata al momento non è ipotizzato nessun reato, in attesa dell'acquisizione dei primi elementi di prova;

   il gravissimo incidente testimonia, ancora una volta, la necessità e l'urgenza di eliminare qualsiasi tipo di inefficienza ed evidente criticità sulla rete – soprattutto nel Salento – delle Ferrovie sud-est, il cui passaggio a Ferrovie dello Stato italiane, dopo il periodo della positiva gestione commissariale, ha indotto l'intero territorio a immaginare un suo rilancio e la trasformazione della rete in metropolitana di superficie –:

   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti sopra esposti; se non ritengano di dover fornire circostanziati elementi su quanto accaduto; se siano in atto iniziative da parte del Governo, e di quale natura, perché il rilancio legato al passaggio di Ferrovie del Sud Est alle Ferrovie dello Stato, nonché le risorse erogate a sostegno dell'efficientamento della rete e del servizio questi anni, possano dare i risultati attesi in questo modo ponendosi al servizio del territorio salentino e del suo rilancio.
(4-18226)


   VIGNAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da fonte stampa di «Ufficio Stampa Basilicata», testata giornalistica online, del 14 dicembre 2016 dal titolo «Nuovo trasbordo a Napoli per i viaggiatori del Frecciarossa, Trenitalia sotto accusa», si apprende che, a distanza di quattro giorni dall'entrata in servizio del Frecciarossa sulla tratta Taranto-Potenza-Roma, avvenuta il giorno 11 dicembre 2016, i passeggeri sono stati costretti il giorno 14 dicembre, per la seconda volta, a scendere a Napoli e trasbordare su un altro treno;

   sempre dalla stessa fonte stampa si apprende che l'ufficio stampa di Trenitalia ha affermato che il guasto è stato causato dalle temperature rigide che hanno messo in crisi il «pantografo»;

   il pantografo è un organo che permette, sui veicoli ferroviari, la ricezione dell'energia elettrica da una linea aerea soprastante allo scopo di alimentarne le apparecchiature come i motori, il riscaldamento elettrico, il condizionamento e tutti gli eventuali dispositivi ausiliari di bordo;

   prima di entrare in funzione sulla tratta succitata, Trenitalia ha impiegato un mese per testare il servizio del Frecciarossa sulla stessa tratta e, pertanto, risulta difficile credere che un treno che vanta le più moderne tecnologie in ambito ferroviario presenti disservizi causati dalle basse temperature della Basilicata;

   il servizio dei treni Frecciarossa è notoriamente un servizio a «mercato», tuttavia, il servizio del Frecciarossa in questione è garantito in caso di disavanzi economici della società, dalla copertura di 180 mila euro per il 2016 e di 3,12 milioni di euro per il 2017 di fondi stanziati dalla regione Basilicata –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e se trovino conferma;

   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per accertare come sia stato possibile il verificarsi di un blocco dell'attività a fronte di un evento tanto comune e frequente nel nostro Paese;

   se possa dettagliare quali siano le attività oggetto della sperimentazione;

   se in seguito a questi malfunzionamenti la società esercente pagherà delle penali;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di risolvere in maniera certa e definitiva d'ora in avanti queste criticità e perché tali iniziative non siano state adottate finora;

   quali altri casi simili, dovuti ad un disservizio causato dal malfunzionamento del pantografo per le basse temperature, si siano manifestati sulle corse dei treni Frecciarossa in Italia nell'ultimo anno;

   come si concilino i contributi regionali per i servizi a mercato come i Frecciarossa con la normativa comunitaria e le norme di recepimento nazionali, concernenti la disciplina degli «aiuti di Stato» e se possa escludersi la sussistenza di elementi tali da determinare una eventuale procedura di infrazione europea.
(4-18227)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa si è appreso che, dopo il tragico evento del 9 marzo 2017, sulla autostrada A14 è stato chiuso un altro cavalcavia a 200 metri dal numero 167 crollato. Si tratta di un ponte che scavalca la A14 e gestito da Autostrade per l'Italia. Il provvedimento è stato adottato in via preventiva dalla società autostrade e ha danneggiato l'impresa del geometra Baldini, in quanto la stessa non ha più nessun accesso né viabilità alternativa e mezzi pesanti e camion non possono muoversi per consentire all'impresa di continuare la propria attività;

   il ponte chiuso è l'unica strada che dalla Direttissima del Conero permette ai mezzi pesanti di raggiungere la sede della ditta Sandro Baldini che sorge al di là dell'autostrada. L'impresa opera da circa 50 anni e, malgrado la crisi che ha colpito l'edilizia, ha continuato ad avere molto lavoro;

   gli eventi si sono svolti tutti molto rapidamente e, in data 13 aprile 2017, Autostrade per l'Italia arriva sul ponte scortata dai carabinieri di Carcerano e fa posizionare delle barriere in cemento sulla carreggiata all'imbocco del ponte per bloccare il passaggio dei mezzi pesanti. La strada è privata, però, ed è di proprietà della ditta Baldini che, interpretando come un abuso il posizionamento delle barriere, le rimuove. Il giorno successivo la Polstrada denuncia il titolare per furto (delle barriere), e ne riposiziona nuove. Il titolare dell'impresa, impossibilitato a lavorare, fa inviare le lettere di licenziamento ai suoi 15 dipendenti. Pur essendo un'attività florida, è costretta a licenziare i dipendenti, perché i propri mezzi pesanti non possono più attraversare un ponte;

   per la vicenda in questione l'interrogante ha scritto ad Autostrade per l'Italia s.p.a. in data 26 aprile 2017, oltre ad aver presentato una interrogazione; alla lettera non è stata data risposta. Quanto comunicato in merito da Autostrade all'interrogante sembra non aver soddisfatto gli operai i quali hanno, a loro volta, deciso di mettere a conoscenza l'interrogante stessa di alcune notizie alla luce delle quali nonché della risposta ricevuta da Autostrade, ancora più pressante diventa la necessità di ulteriori chiarimenti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano adottare in relazione alla vicenda, anche per tutelare i livelli occupazionali dell'azienda di cui in premessa;

   se non ritengano opportuno assumere iniziative affinché siano eseguiti lavori volti, ove necessario, al consolidamento della struttura e della statica del ponte;

   considerato che secondo quanto riferito da Autostrade il tonnellaggio sarebbe di 12 tonnellate, come sia stato possibile consentire l'esposizione a un pericolo gravissimo per ben 44 anni tutti coloro che transitavano sul Ponte;

   se si intenda rendere disponibile copia dei verbali e della documentazione relativa alle opere di manutenzione svolte sul ponte 166 della A14 dal collaudo ad oggi;

   se si intenda rendere disponibili i F.i.r. (documento di trasporto) obbligatori per ogni trasporto dei rifiuti, con relativo peso accertato del materiale conferito all'impianto da parte della società Autostrade per l'Italia s.p.a.;

   se risultino segnalazioni da parte dei proprietari dei fondi limitrofi a quello della ditta Baldini, circa danni diretti o indiretti derivanti dalla chiusura del ponte posto che essi hanno come unico accesso il ponte 166, e che, ugualmente, potrebbero aver interesse ad accedere con mezzi pesanti alle loro proprietà (per esempio, nel caso di incendi oppure di interventi edilizi).
(4-18236)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   GIAMMANCO e MINARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 2 febbraio 2017 il Governo ha siglato un memorandum di intesa col Governo di unità nazionale libico (per fermare l'arrivo dei migranti in Europa ) che, nel corso dei primi 6 mesi del 2017, ha prodotto una drastica riduzione del flusso migratorio dalla Libia verso l'Italia;

   dopo la stretta della direttrice Libia-Lampedusa sono cambiati i percorsi e le modalità per entrare in Europa e sono state «riattivate» rotte oramai in disuso per sbarcare sulle coste italiane, dove è più semplice aggirare la sorveglianza dei mezzi di pattuglia nel Mediterraneo;

   come accadeva qualche anno fa, i migranti approdano dalla Tunisia (e anche dall'Algeria) direttamente sulle coste siciliane ed i vecchi traghettatori tunisini hanno ripreso a fare affari con questi «sbarchi fantasma»;

   nel 2016 dalla Tunisia fino ad ottobre erano giunti meno di 600 migranti; oggi si è già ad oltre 2.700 arrivi e gli sbarchi da questa rotta non accennano a fermarsi;

   ogni giorno si registrano nuovi approdi di migranti: 52 sono arrivati il 25 settembre e poi a seguire 283, 444, 873, 218, 171, 316, 117; 185 martedì 3 ottobre;

   ai viaggi di piccole imbarcazioni da Sfax e Kerkenna (Tunisia) si aggiungono quelli provenienti dall'Algeria: circa 1.500 persone giunte nel 2017, il doppio rispetto a tutto il 2016;

   chi arriva dalla rotta Tunisia-Sicilia non ha diritto a chiedere la protezione internazionale e sarebbe destinato all'espulsione immediata, se identificato. Per questo la strategia di queste piccole barche è quella di lasciare i migranti ad alcuni metri dalla riva e dileguarsi in fretta, mentre i clandestini raggiungono la stazione ferroviaria di Agrigento, diretti verso il nord;

   è forte la preoccupazione dei sindaci delle coste meridionali della Sicilia: dall'agrigentino al ragusano, fino a Lampedusa, l'allarme è alto. In particolare, Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, ha espresso le proprie preoccupazioni in una lettera inviata nei giorni scorsi al Ministro interrogato, nella quale è evidente il timore che, dietro agli arrivi recenti, potrebbero nascondersi delinquenti o soggetti appartenenti a cellule jihadiste –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per porre fine al flusso migratorio incontrollato che, in particolare dalla Tunisia, arriva sulle coste siciliane e crea allarme sociale tra i cittadini, in una zona che, tra l'altro, costituisce meta turistica di assoluto rilievo per l'economia della regione.
(3-03317)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i comuni italiani sono chiamati a gestire l'andamento dei centri d'accoglienza per i migranti anche e soprattutto sotto il profilo anagrafico, occupandosi dell'iscrizione anagrafica dei migranti, della gestione delle loro residenze e delle cancellazioni per irreperibilità o per trasferimento presso un altro comune;

   nell'ambito di tale operato, giungono sempre più insistenti le lamentele da parte di numerose amministrazioni comunali che troppo spesso si trovano in difficoltà nel procedere alle cancellazioni per mancato rinnovo della dimora abituale, in quanto i relativi decreti di cancellazione definitiva tardano ad essere predisposti da parte della polizia di Stato;

   a titolo d'esempio, si riporta il caso del comune di Sedrina in provincia di Bergamo, che gestisce il centro d'accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati e che ha lamentato la difficoltà di dover gestire i permessi di soggiorno scaduti ed i relativi decreti di cancellazione definitiva dalle liste anagrafiche;

   quindi, i comuni, non solo sono chiamati a dover impiegare ingenti somme di bilancio stanziate in base alla popolazione anagrafica, ma devono pure trovarsi a dover gestire i migranti che risultano in possesso di un permesso scaduto –:

   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro interrogato intenda assumere per abbreviare i tempi d'attesa, che intercorrono tra il mancato rinnovo della dimora abituale dei migranti ospiti delle strutture d'accoglienza e l'emissione dei relativi decreti di cancellazione definitiva dai registri anagrafici.
(4-18208)


   BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal sito istituzionale dei vigili del fuoco si desume l'esistenza della figura del «responsabile comunicazione in emergenza» del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   l'esistenza di tale figura si desume soltanto da sezioni interne del sito, dove vengono riportate notizie di attualità, ma non dalla apposita sezione «amministrazione trasparente», dove, secondo le normative di legge in vigore, devono essere riportate le figure previste in organigramma e i collaboratori o consulenti, con relativi trattamenti economici ed eventuali scadenze contrattuali;

   gli organi di informazione e di stampa, video e online, nel corso dei vari anni, riportano numerose notizie relative a interviste, dichiarazioni, manifestazioni ufficiali e non, che registrano la presenza e vedono protagonista la figura in questione, anche con indosso l'uniforme del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   risulta anche la pubblicazione di numerosi libri aventi come autore il menzionato «responsabile comunicazione in emergenza», relativamente ad attività proprie del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e la consegna di numerosi premi, anche a carattere nazionale;

   risulta agli interroganti l'esistenza di una lettera dell'USB-Unione sindacale di base dei vigili del fuoco, nella quale vengono richiesti chiarimenti sulla figura sopramenzionata e sui rapporti intercorrenti con gli organi superiori –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per verificare la posizione del «responsabile comunicazione in emergenza» del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i motivi per i quali non venga data adeguata comunicazione sui canali di comunicazione istituzionale relativamente a funzioni e condizioni contrattuali ed economiche previste per tale figura, secondo le norme sulla trasparenza della pubblica amministrazione;

   sulla base di quali presupposti normativi sia consentito indossare l'uniforme del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in situazioni non ricomprese nelle normali attività di servizio.
(4-18215)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione di volontariato «Frida Kahlo, la città delle pari opportunità» gestisce, in collaborazione e per conto dell'ente comune di Marano di Napoli, a titolo totalmente gratuito, un servizio di sportello ascolto per la prevenzione ed il contrasto alla violenza di genere, in virtù di delibera di giunta comunale n. 148 del 2 novembre 2011, presso la sede comunale distaccata di Torre Caracciolo (ex ufficio anagrafe);

   negli anni lo sportello di ascolto è divenuto un punto di riferimento e di aggregazione per le donne del territorio, territorio molto povero sia nell'offerta di servizi che nell'offerta culturale e sotto molti punti di vista l'associazione ha colmato l'assenza delle istituzioni. L'associazione ha realizzato uno spazio sociale in cui le donne si incontrano e raccontano le proprie esperienze di vita, al cui interno sono stati avviati laboratori volti non solo al sostegno delle donne vittime di abusi e violenza ma anche e soprattutto alla prevenzione della violenza mediante la diffusione della cultura di genere e l'istituzione di una biblioteca di genere, una biblioteca popolare realizzata con la donazione di testi da parte delle cittadine e dei cittadini, promuovendo iniziative e progetti per l'inserimento dell'educazione sentimentale nelle scuole;

   a seguito di infiltrazioni al solaio di copertura dell'edificio comunale, i locali, sede del detto sportello di ascolto, furono chiusi per un lungo periodo per consentire le necessarie opere di ripristino dell'agibilità dei medesimi locali;

   con ordinanza sindacale n. 18 del 18 maggio 2015 i locali furono riconsegnati all'associazione per la ripresa delle attività e, fin dal momento dell'assegnazione dei locali, lo sportello è stato oggetto di numerosi e ripetuti atti vandalici da parte di ignoti che hanno determinato più volte la sospensione delle attività, riprese poi a cura ed oneri dei volontari dell'associazione;

   più volte le associate e gli associati hanno chiesto l'intervento dell'ente per la messa in sicurezza dei locali (porta di ferro, grate alle finestre e ripristino del cancello di ingresso ai locali), ma, nonostante l'associazione abbia avviato un protocollo d'intesa con il comune per un progetto ad ampio respiro per la casa delle pari opportunità, le autorità locali non hanno dato risposta;

   il protocollo con il comune è stato sospeso, perché l'associazione era stata cancellata illegittimamente dall'albo regionale dalla regione Campania, cancellazione contro la quale «Frida Khalo» ha fatto ricorso al Tar, vincendolo, ma l'ente comunale non si è adeguato all'esito del ricorso e ha rinunciato ad agire quantomeno per garantire la sicurezza nel normale svolgimento delle attività associative, attività di cui il territorio di Marano ha estremamente bisogno;

   già nell'agosto del 2016 si è verificato un atto di vandalismo, al quale segue quello del 16 ottobre 2017: la sede è stata completamente devastata, la biblioteca e i libri sono stati distrutti, la porta di ferro è stata scassinata ed è stato ritrovato un gatto ammazzato dentro la sede, come un avvertimento di stampo mafioso. L'associazione ha denunciato il tutto alla compagnia dei carabinieri di Marano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intenda attivarsi affinché la prefettura, la questura e le forze dell'ordine locali garantiscano la sicurezza della sede dell'Associazione Frida Khalo e delle persone che la frequentano perché si svolgano normalmente le attività dell'associazione.
(4-18222)


   SCOTTO, ZARATTI, D'ATTORRE, ROBERTA AGOSTINI e BOSSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di giugno 2017, nel comune di Rieti, città capoluogo dell'omonima provincia, con una popolazione di circa 47.000 abitanti, si sono svolte le elezioni amministrative;

   la consultazione, che si è conclusa al ballottaggio, ha visto eletto sindaco di Rieti il signor Antonio Cicchetti con 12.659 voti, al fronte del sindaco uscente, il signor Simone Pietrangeli che perdeva carica di sindaco con 12.560 voti e, quindi, con uno scarto di 99 voti;

   il sindaco uscente Simone Petrangeli, aveva, da subito, denunciato brogli e annunciato l'intenzione di ricorrere al Tar per il riconteggio. Istanza poi presentata con successo: il 5 ottobre 2017 il Tar ha ritenuto ammissibile il ricorso e ordinato il nuovo computo;

   alla richiesta del prefetto di inviare i plichi entro il 20 ottobre 2017, la risposta da parte del presidente facente funzioni del tribunale di Rieti, Carlo Sabatini, sarebbe stata: «Impossibile». In quanto, il magistrato, una settimana prima dell'udienza del Tar, le ha fatte distruggere;

   al prefetto Valter Crudo, chiamato ad ottemperare all'ordine del Tar, il magistrato Carlo Sabatini avrebbe risposto (così come si apprende da ricostruzioni giornalistiche apparse nell'edizione on line del Corriere della Sera del 16 ottobre 2017) che doveva fare spazio in archivio e nessuno gliele aveva chieste;

   è fatto obbligo che in ogni elezione le schede vengano inviate all'archivio del tribunale che deve conservarle –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Governo, a fronte di quanto segnalato in premessa, anche al fine di evitare per il futuro rischi analoghi.
(4-18231)


   PASTORELLI e MELILLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 25 giugno 2017 a Rieti si è svolto il ballottaggio per l'elezione del sindaco della città. È stato eletto Antonio Cicchetti, con una lista civica appoggiata dal centrodestra, contro il sindaco uscente Simone Petrangeli. Il primo vince con il 50,2 per cento contro il 49,80 per cento di Petrangeli;

   lo scarto risulta di sole 99 schede, le schede bianche o nulle furono 489;

   a luglio 2017 Petrangeli e le sette liste che lo avevano sostenuto, decidono di ricorrere al Tar, chiedendo opportune verifiche, in particolare, in alcune sezioni in cui si sarebbero verificate anomalie;

   i ricorrenti deducono i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, adducendo mancanza di corrispondenza tra il numero delle schede autenticate e la somma tra quelle autenticate ed utilizzate e quelle autenticate e non utilizzate, almeno in otto sezioni elettorali;

   si tratterebbe delle seguenti sezioni: 1, 5, 8, 15, 29, 30, 47, 50, otto su 51, in cui è suddivisa la città di Rieti;

   ad esempio nel verbale della Sezione 30, sarebbero state autenticate n. 880 schede, ma lo stesso verbale poi dà conto dell'avvenuta autenticazione di solo n. 853 schede e, in esso, «si dichiara poi che hanno esercitato il diritto di voto n. 598 elettori e che le schede autenticate e non utilizzate sono 202», sicché mancano ben 80 schede;

   nel verbale della sezione n. 8 «si dichiara che sono state ricevute n. 803 schede delle quali ne sono state autenticate n. 704, più ulteriori 3, per un totale di 707 schede autenticate» e dunque, avrebbero dovuto residuare 266 schede autenticate, tenuto conto del numero dei votanti, pari a 441, e non «solo 96», sicché «mancano 170 schede»;

   pertanto il Tar dichiara il ricorso ammissibile e dispone che venga effettuato un nuovo esame e conteggio delle schede, entro il 20 di ottobre, e che nei successivi 5 giorni debba essere depositata una relazione riassuntiva ed esplicativa che esponga dettagliatamente le risultanze e, ove possibile, rappresentando, ancora le ragioni delle eventuali discrepanze riscontrate;

   purtroppo, risulta impossibile procedere alla prescritta verifica, in quanto le schede elettorali non utilizzate, autenticate e non, custodite dopo il voto in tribunale, sono state già distrutte;

   a parere degli interroganti risulta un fatto di estrema gravità che il tribunale di Rieti abbia distrutto le schede in presenza di un ricorso pendente al Tar;

   a questo punto le domande sono molteplici sia sulle responsabilità della messa al macero delle schede sia sul futuro del comune di Rieti, ovvero se si tornerà al voto in tutte le sezioni o solo nelle 8 interessate dalle irregolarità e con quali tempi;

   il Tar ha fissato il prosieguo del giudizio per la discussione del merito per il 15 novembre 2017, solo in quella data si saprà se a Rieti si dovranno ripetere le elezioni amministrative o se invece sindaco e giunta attuale rimarranno in carica senza alcuna verifica;

   gli interroganti sono dell'avviso che i cittadini abbiano il diritto di sapere se una elezione si sia svolta nell'alveo della regolarità e della legalità –:

   quali siano le informazioni a disposizione del governo e quali iniziative di competenza abbia intenzione di attivare in relazione a tale anomala vicenda.
(4-18232)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   presso l'istituto scolastico San Giovanni Bosco, nel quartiere Libertà di Bari, si è registrata un'aggressione da parte di un genitore ai danni di un'insegnante;

   sono dovuti intervenire i carabinieri e una unità del 118;

   la colpa dell'insegnante sarebbe stata quella di aver rimproverato una ragazzina per il comportamento inopportuno tenuto in classe;

   l'insegnante sarebbe stata colpita al volto da uno schiaffo e colta da malori ma ha preferito non sporgere denuncia;

   purtroppo non è il primo caso di questo genere;

   la scorsa settimana nella vicina città di Putignano il preside di un istituto era stato aggredito e malmenato da tre persone, mentre provava a risolvere un litigio tra studenti nei pressi della scuola;

   le scuole sembrano non essere più luoghi sicuri non solo per le criticità infrastrutturali, ma anche per quelle di profilo sociale;

   gli insegnanti sempre più spesso sono vittime di aggressioni verbali e fisiche e questo comporta inevitabilmente sfiducia e preoccupazione –:

   se il Governo sia a conoscenza degli episodi richiamati in premessa e quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza al fine di rendere più sicuri gli istituti dal punto di vista del controllo degli accessi e per promuovere una cultura di maggiore rispetto nei confronti degli insegnanti e delle autorità scolastiche.
(3-03318)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   i quotidiani locali della regione Calabria hanno riportato di recente il caso dell'insegnante, Tiziana Piro, docente di ruolo presso l'ambito territoriale Piemonte 5, che avrebbe presentato ricorso contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine di ottenere il trasferimento presso l'abito territoriale di Cosenza, luogo di sua residenza;

   la professoressa Piro, in data 18 agosto 2017, avrebbe presentato una richiesta di transazione con l'ufficio scolastico regionale della Calabria, ambito territoriale provinciale di Cosenza;

   sempre secondo quanto riportato dai giornali, l'ufficio scolastico regionale della Calabria, ambito territoriale, provinciale di Cosenza, avrebbe appena 6 giorni dopo accettato la transazione, con provvedimento firmato dal dirigente dottor Luciano Greco la professoressa Piro risulta quale responsabile del procedimento in numerosi atti a firma del dottor Luciano Greco, precedenti alla transazione stessa;

   molti docenti della regione Calabria hanno dovuto accettare il trasferimento negli ambiti territoriali assegnati, spesso a migliaia di chilometri da casa, senza poter beneficiare di alcuna transazione –:

   se la Ministra interrogata, nell'ambito delle proprie competenze, abbia avviato una verifica presso l'ufficio scolastico regionale della Calabria, ambito territoriale provinciale di Cosenza, al fine anche di valutare e l'annullamento in autotutela del provvedimento adottato.
(4-18218)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha previsto all'articolo 1, comma 651, a titolo sperimentale per un periodo di tre anni, per i «conducenti che esercitano la propria attività con veicoli a cui si applica il regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, equipaggiati con tachigrafo digitale e prestanti la propria attività in servizi di trasporto internazionale per almeno 100 giorni annui», un esonero dai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nella misura dell'80 per cento, esclusi premi e contributi dovuti all'Inail; tale misura era finanziata con autorizzazione alla spesa di 65,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018;

   la legge 21 giugno 2017, n. 96, è intervenuta a circoscrivere tali autorizzazioni di spesa, confermando l'importo di 65,5 milioni di euro per l'anno 2016, ma riducendo a 0,5 milioni di euro la spesa per ciascuno degli anni 2017 e 2018;

   i conducenti di mezzi pesanti, negli ultimi anni, sono stati duramente colpiti dal fenomeno del dumping sociale, avvenuto a causa della concorrenza salariale dei conducenti di altri Paesi dell'Unione europea, e molte aziende italiane del settore dell'autotrasporto avevano accolto con favore la misura prevista nella legge di stabilità 2016;

   a venti mesi dall'approvazione della legge di stabilità 2016 e a quattro mesi dalla legge n. 96 del 2017 non risulta ancora emanata la circolare dell'Inps necessaria alla presentazione delle domande per il godimento dell'esonero dai contributi previdenziali di cui sopra –:

   quali iniziative intenda adottare affinché sia emanata quanto prima la circolare dell'Inps necessaria alla presentazione delle domande e al godimento effettivo della decontribuzione prevista dall'articolo 1, comma 651, della legge di stabilità 2016.
(5-12494)


   INCERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Landi Renzo presente sul territorio da oltre 60 anni, è uno dei leader mondiali nella progettazione e nella realizzazione di impianti per veicoli alimentati da Gpl e metano, presente in oltre 50 Paesi nel mondo e con una quota di esportazione sul fatturo consolidato;

   da alcune settimane i lavoratori del gruppo Landi Renzo di Reggio Emilia sono in stato di agitazione a seguito della dichiarazione del gruppo di un esubero di 79 dipendenti per il sito produttivo di Reggio Emilia;

   ciò nonostante un piano industriale 2018-2023 recentemente presentato dal nuovo amministratore delegato Cristiano Musi che prevederebbe un utile di 7 milioni di euro, già a partire dal prossimo anno;

   si tratta di una riorganizzazione aziendale che ha già portato allo stato di agitazione la Lovato Gas di Vicenza, altra azienda del gruppo che, nonostante il bilancio in attivo, chiuderà i battenti, delocalizzando la produzione in Polonia;

   diversi incontri tra rappresentanza sindacale unitaria/organizzazioni sindacali e la proprietà sono andati a vuoto anche per il rifiuto della proprietà medesima di utilizzare gli ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà) ancora disponibili per 12 mesi, tempo che potrebbe invece essere utilizzato per trovare, in accordo con i lavoratori, un possibile piano di riorganizzazione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se e come il Governo intenda intervenire al riguardo e quali strumenti ed azioni intenda attivare, per quanto di competenza, per salvaguardare la produttività e l'occupazione dello stabilimento di Reggio Emilia.
(5-12495)


   GRIBAUDO, PARIS e ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 maggio 2017, n. 81, anche detta «Statuto dei lavoratori autonomi», all'articolo 17 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un «Tavolo tecnico di confronto sul lavoro autonomo», composto da rappresentanti del Ministero stesso, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e dalle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale; il tavolo ha il compito di formulare proposte e indirizzi operativi in materia di lavoro autonomo, con particolare riferimento a modelli previdenziali, modelli di welfare e formazione professionale;

   la legge n. 81 del 2017 prevede numerose deleghe in capo al Governo, agli articoli 5, 6 e 11; in particolare l'articolo 6, in materia di sicurezza e protezione sociale dei professionisti iscritti a ordini o collegi e di ampliamento delle prestazioni di maternità e di malattia riconosciute ai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata, al comma 1, delega al Governo ad adottare i decreti legislativi necessari affinché gli enti di previdenza di diritto privato, anche in forma associata, attivino prestazioni sociali nei confronti degli iscritti che abbiano subito una significativa riduzione del reddito professionale per ragioni indipendenti dalla propria volontà, o che siano stati colpiti da gravi patologie; al comma 2, delega il Governo ad incrementare le prestazioni legate alla contribuzione presso la gestione separata attraverso la riduzione dei requisiti di accesso alle prestazioni, di maternità e l'incremento della platea dei beneficiari dell'indennità di malattia, attraverso un incremento dell'aliquota non superiore a 0,5 punti percentuali;

   per l'esercizio di tali deleghe, così come di quelle previste all'articolo 5 in materia di atti pubblici rimessi alle professioni organizzate in ordini e collegi e all'articolo 11 in materia di semplificazione della normativa sulla salute e sicurezza degli studi professionali, al fine di garantire una loro più efficace attuazione sarebbe opportuno il più largo confronto possibile con i rappresentanti di ordini e collegi, delle associazioni dei professionisti ordinistici e non ordinistici, delle casse professionali, delle associazioni sindacali; si tratta di un confronto che per il legislatore dovrebbe avvenire nel tavolo di cui all'articolo 17, che, ad oggi, non risulta essere stato ancora convocato;

   i rappresentanti dei lavoratori autonomi hanno da poco denunciato come, per questa categoria il rischio povertà sia valso, nel 2015, per un lavoratore su quattro, ben al di sopra del tasso relativo alle famiglie con un capo famiglia dipendente o pensionato;

   è sempre più forte da parte delle associazioni dei professionisti la richiesta di arrivare alla definizione di parametri che garantiscano il pagamento di un equo compenso a fronte delle loro prestazioni, in particolare nei rapporti con la pubblica amministrazione, per contrastare il drastico calo dei, redditi e del reddito reale che ha colpito duramente questa categoria nel corso della crisi, a causa della scarsità dei suoi mezzi di protezione sociale, nonché dei bandi e degli affidamenti a titolo gratuito che, sempre più spesso, vengono adottati dalla pubblica amministrazione, trovando addirittura il benestare del Consiglio di Stato con sentenza 4614/2017;

   a tal fine il tavolo di cui all'articolo 17 della legge n. 81 del 2017 appare lo strumento più adatto ad una discussione larga e approfondita che affronti gli aspetti tecnici e le possibilità normative di un equo compenso per i professionisti –:

   quando si ritenga si convocare il Tavolo tecnico di confronto sul lavoro autonomo previsto dall'articolo 17 della legge n. 81 del 2017, al fine di approfondire i temi relativi alla previdenza, al welfare e alla formazione professionale dei lavoratori autonomi, anche in relazione dell'esercizio delle deleghe legislative di cui agli articoli 5, 6 e 11 della suddetta legge, nonché per valutare la possibilità di allargare la discussione all'equo compenso per i professionisti.
(5-12498)

Interrogazione a risposta scritta:


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 9 ottobre 2017 nell'area Drosso della Fiat Mirafiori è morto un operaio, dipendente della Villanova, società incaricata della movimentazione dei materiali e delle vetture nello scalo ferroviario interno di Fca;

   si tratta dell'ennesimo incidente mortale che coinvolge un lavoratore di una ditta esterna che svolge attività negli stabilimenti di Fca, a poche ore dai richiami provenienti dai più alti livelli istituzionali alle aziende che impongono ai lavoratori condizioni di sicurezza molto al di sotto degli standard, anche alla luce del fatto che è inconcepibile che tra le vittime di infortunio sul lavoro ci siano ragazzi giovanissimi;

   nella sola giornata del 9 ottobre 2017, da Nord a Sud, la strage del lavoro ha fatto 4 vittime (oltre al manovratore conto-terzista della Fiat di Mirafiori a Torino, 2 morti nell'Agrigentino e 1 nella provincia di Ascoli Piceno) e due feriti in provincia di Bergamo e di Verona;

   questa tragica e «inconcepibile» statistica vede – sino ad agosto 2017 – 421.969 infortuni, di cui 682 infortuni mortali già denunciati rispetto al 2016;

   l'Inail registra che l'aumento degli infortuni è di oltre il 5 per cento nel primo semestre 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016 e, particolarmente grave, un aumento di oltre il 10 per cento degli infortuni mortali nel comparto dell'industria e dei servizi;

   il segretario della Fiom Cgil Torino, Federico Bellono, ha dichiarato che «Con la parziale ripresa dell'attività in molti stabilimenti metalmeccanici riprende a crescere anche il drammatico bilancio degli infortuni. Troppo spesso vittime di gravissimi episodi come quello di oggi sono lavoratori delle ditte esterne, degli appalti e dei subappalti: dal collaudatore morto sulla pista di Balocco due anni fa al manutentore folgorato a Mirafiori a gennaio fino al manovratore deceduto oggi. Tutto questo è inaccettabile. Vanno accertate al più presto le responsabilità ed aumentati i controlli sulla sicurezza»;

   oltre alle responsabilità dell'azienda per cui lavorava l'operaio di Torino, è chiaro che quando si parla di appalti, unitamente alla necessità di più controlli, bisogna ricondurre al committente, in questo caso Fca, la responsabilità di ciò che avviene nelle ditte appaltatrici: occorre salvaguardare la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori presenti nel sito, dai lavoratori dipendenti di Fca ai soci lavoratori della cooperativa in subappalto, perché non è scaricando sull'anello più debole della catena e comprimendo i costi sulla sicurezza che le aziende sane competono sul mercato;

   in situazioni come questa sarebbe necessario che i lavoratori possano avere come riferimento i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito che, su un tema così importante, superino la frammentazione delle attività lavorative –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché i lavoratori di ditte appaltatrici e sub-appaltatrici possano, in materia di salute e sicurezza, avere come riferimento i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito, superando la frammentazione delle attività lavorative e riconducendo al committente, nel caso di cui in premessa la Fca, la responsabilità di ciò che avviene nelle ditte appaltatrici.
(4-18234)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ANTEZZA, OLIVERIO, COVA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la Conferenza delle regioni e delle province autonome del 22 giugno 2017 ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede al Governo di intervenire, promuovendo una modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, per arginare il fenomeno dell'incremento diffuso di fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, che rappresenta una minaccia per le colture agricole e, ormai sempre più spesso, anche per la popolazione;

   il fenomeno rende necessario il ricorso sempre più frequente ai piani di controllo, attuati prevalentemente per far fronte ai danni alle produzioni agricole anche nei territori preclusi all'esercizio venatorio;

   la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 14 giugno 2017 ha sancito che le sole figure di cui le «guardie venatorie dipendenti delle Amministrazioni provinciali» si possono avvalere nell'attuazione dei piani di controllo di cui all'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, siano «tassativamente» quelle riportate nell'elenco dello stesso articolo di legge, ovverosia i proprietari dei fondi su cui si attua l'intervento, le guardie forestali e quelle comunali;

   ad avviso delle regioni, i soli soggetti ricompresi nell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 non sono in numero sufficiente a fare fronte ai problemi che il proliferare della fauna selvatica crea anche alla popolazione civile; esse prospettano quindi la necessità di ampliare la platea dei soggetti abilitati all'attuazione dei piani di controllo;

   le regioni chiedono in particolare una modifica del richiamato articolo 19 della legge n. 157 del 1992 al fine di introdurre la figura dell’«operatore abilitato», previa frequenza di appositi corsi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, per quanto di competenza, ritenga percorribile la strada proposta dall'ordine del giorno approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 22 giugno 2017 in relazione alla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992.
(5-12496)


   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI, CARRA, PRINA, OLIVERIO, TARICCO, ANTEZZA, FIORIO e COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la filiera biologica legata alla carne, al latte bovino ed alla produzione di pregiate di denominazione di origine protetta (Dop) è un settore importante dell'agricoltura italiana, in costante crescita negli ultimi anni ed in grado di costituire fonte di reddito anche in territori marginali come quelli montani in cui le opportunità di lavoro sono più limitate;

   fondamentale nell'allevamento è garantire la salute ed il benessere animale, adottando tutti gli accorgimenti idonei ad evitare situazioni insalubri, di pericolo o di stress. Fra questi accorgimenti vi è la tecnica della cauterizzazione degli abbozzi corneali, per evitare che gli animali si feriscano reciprocamente e che si verifichino situazioni di pericolo per gli operatori interni od esterni all'azienda che si trovino ad operare dentro ai box;

   l'articolo 18 del regolamento (CE) n. 889/2008 della Commissione europea stabilisce che «operazioni quali [...] la decornazione non sono praticate sistematicamente sugli animali nell'agricoltura biologica. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate caso per caso dall'autorità competente per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene degli animali»;

   il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali n. 18354 del 27 novembre 2009, all'articolo 4, punto 6, ha chiarito che «Le pratiche di cui al paragrafo articolo 18 del Reg. (CE) n. 889/2008 sono consentite a seguito del parere di un medico veterinario dell'autorità sanitaria competente per territorio. Tali pratiche devono comunque essere effettuate secondo le modalità previste dal decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 146, allegato previsto dall'articolo comma 1, lettera b), paragrafo “Mutuazione altre pratiche”, dalla normativa vigente in materia di protezione degli animali. L'organismo di controllo cui l'operatore assoggettato, preventivamente informato, verifica il rispetto di tali procedure»;

   le operazioni di decornazione, quindi, possono essere autorizzate dall'autorità competente esclusivamente per le ragioni espresse dalla normativa (sicurezza, salute, benessere o igiene degli animali) ed in ragione di una valutazione obiettiva «caso per caso» del medico veterinario dell'autorità sanitaria competente per il territorio;

   la condizione «caso per caso» è causa di difforme applicazione della normativa a livello nazionale tanto da determinare una situazione di obiettiva incertezza per gli allevatori i quali, per la mancata autorizzazione alla cauterizzazione degli abbozzi corneali rischiano di vedersi sospesa la certificazione di produzione con metodo biologico. Tali interventi di cauterizzazione sono necessari per contingenti ragioni di sicurezza per gli animali (che rischiano di ferirsi tra loro e sviluppare comportamenti aggressivi, contrari alle condizioni di miglior benessere) ma anche per gli operatori interni ed esterni agli allevamenti;

   inoltre, le attuali strutture di ricovero per gli animali, segnatamente quelle delle filiere biologiche della carne, del latte alimentare e per quello utilizzato nelle filiere dei formaggi Dop come quella del parmigiano reggiano, non risultano idonee alla presenza di animali con le corna, tanto più nei territori montani svantaggiati dove, invece, si è andato instaurando un circolo virtuoso per la filiera biologica agricola e zootecnica –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario farsi promotore di un chiarimento interpretativo che specifichi che il «caso per caso» di cui al regolamento (CE) n. 889/2008 non sia inteso «animale per animale», ma per gruppo omogeneo di animali, per tipologia di allevamento aziendale ovvero con riferimento alla specifica filiera della carne e del latte biologico, al fine di scongiurare danni economici ed appesantimenti alle aziende agricole biologiche.
(5-12499)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in Sardegna sta per essere approvato dal consiglio regionale un piano di riordino della rete ospedaliera assai controverso che rischiai da un lato, di essere totalmente inadeguato rispetto ai bisogni di salute dei cittadini sardi e, dall'altro, fuori prescrizione rispetto alle indicazioni della normativa nazionale;

   l'attuale situazione del disavanzo sanitario annuale della regione autonoma della Sardegna appare decisamente fuori controllo, oscillando tra i 300 e i 350 milioni di euro l'anno (su poco più di tre miliardi di spesa complessiva) rispetto alle corrispondenti assegnazioni delle quote di riparto regionale del fondo sanitario nazionale per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza;

   l'accordo tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna del 2007 ha portato la spesa sanitari interamente a carico della regione, per cui la Regione autonoma della Sardegna non è soggetta al commissariamento statale della sanità per sforamenti superiori al 5 per cento, nonostante il suo disavanzo annuo abbia raggiunto la percentuale del 12 per cento;

   nonostante non esista alcuna ragionevole previsione di risparmi, che sia fondata sull'utilizzo combinato di adeguati indicatori e su conseguenti valutazioni scientifiche, la giunta regionale sarda sostiene che l'attuale, contestatissimo percorso di complessiva rivisitazione degli assetti della sanità possa determinare una riduzione o addirittura l'azzeramento del disavanzo annuale dello specifico bilancio;

   sulla base di tale asserzione, nei giorni scorsi, la giunta regionale avrebbe chiesto allo Stato la disponibilità di risorse economiche, si parla di un'anticipazione di liquidità o di un mutuo di 300 milioni di euro, da restituire in 30 anni, destinato all'azzeramento del disavanzo sanitario del 2016;

   appare del tutto anomalo che possa essere ipotizzata l'attivazione di un mutuo per coprire il disavanzo correlato alle spese sanitarie correnti pregresse (2016);

   appare agli interroganti assai difficile sostenere che la stessa esigenza di copertura di disavanzo non abbia a ripresentarsi anche per il 2017 e per gli anni successivi, in assenza di interventi strutturali di comprovata efficacia;

   è del tutto evidente quanto la rateazione di restituzione della liquidità eventualmente erogata, seppure notevolmente diluita negli anni, vada ad incidere pesantemente sulle possibilità di manovra della spesa da parte della Regione autonoma della Sardegna già oggi fortemente ingessate;

   lo schema di manovra finanziaria che sarebbe stato appena approvato dal Consiglio dei ministri conterrebbe la disponibilità a far fronte alla eventuale richiesta di indebitamento da parte della Regione autonoma della Sardegna –:

   quali siano le procedure che la Regione autonoma della Sardegna dovrebbe rispettare nel caso di richiesta del prestito (o del mutuo) e, in particolare, se trovi conferma che esso possa essere richiesto per la copertura delle spese correnti sanitarie dell'anno 2016;

   quali garanzie il Governo abbia intenzione di richiedere alla Regione autonoma della Sardegna perché il disavanzo sanitario che si andrebbe a coprire per l'anno 2016 non si ripeta nel 2017 negli anni successivi;

   quali attività di monitoraggio del funzionamento della sanità sarda e della garanzia del rispetto dei livelli essenziali di assistenza si siano congiuntamente convenute nel caso di concessione del prestito (o mutuo) eventualmente richiesto dalla Regione autonoma della Sardegna;

   quali iniziative a tutela della qualità delle prestazioni sanitarie per i sardi intenda intraprendere il Governo nel caso che le azioni di monitoraggio dimostrassero uno scadimento delle garanzie sul piano del rispetto del diritto alla salute e degli stessi livelli essenziali di assistenza per i cittadini isolani.
(4-18210)


   VEZZALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la fibromialgia è una malattia invalidante, definita anche malattia invisibile;

   costringe le persone che ne sono affette a sopportare dolori diffusi che, divenuti cronici, rendono difficile la quotidianità;

   in non pochi casi i malati sono costretti a rinunciare al loro lavoro e, quindi, alla dignità di persone;

   i farmaci spesso non producono benefici e questi pazienti sono costretti a ricorrere ai centri di terapia del dolore per trovare un minimo sollievo;

   la fibromialgia, pur essendo una malattia invalidante, non ha un codice di patologia che corrisponda a una esenzione;

   peggio, in alcune regioni è riconosciuta, in altre no;

   se il diritto alla salute deve essere universale non dovrebbero esistere queste discriminazioni –:

   se non ritenga di assumere iniziative per superare questa discriminazione che classifica i cittadini di «serie A» o di «serie B» in base alla regione nella quale risiedono;

   se non intenda assumere iniziative per comprendere fra i codici di patologia per cui è prevista l'esenzione anche questa malattia;

   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza affinché in tutte le regioni sia possibile ai malati di fibromialgia curarsi in convenzione.
(4-18211)


   PALMIZIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 fissa in almeno 1000 nascite/anno lo standard a cui tendere per il mantenimento e l'attivazione dei punti nascita e prevede la «razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno»;

   la possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno è prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam (servizi di trasporto assistito materno);

   l'11 dicembre 2015 è stato redatto un «protocollo metodologico per la valutazione» delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/annui, ma in condizioni geografiche difficili o particolarmente virtuosi, sulla base di alcuni requisiti prestabiliti;

   la richiesta di deroga deve essere formalizzata dall'assessorato alla salute, sentito il parere del Comitato percorso nascita regionale e dopo attenta valutazione del punto nascita in questione;

   la recente decisione della regione Emilia-Romagna di chiudere i punti nascita dislocati sull'Appennino reggiano, ad avviso dell'interrogante, non tiene in considerazione l'importanza degli stessi per quel territorio: nel 2016 il punto nascita di Borgotaro ha registrato 124 parti (nel 2015 erano 157), con una percentuale di tagli cesarei del 35,2 per cento (la più alta di tutti i punti nascita attivi in regione);

   sempre nel 2016, il punto nascita di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia) ha registrato 153 parti (159 nel 2015), con una percentuale cesarei del 29,5 per cento. A Pavullo nel Frignano (Modena) l'anno scorso i parti sono stati 196 (261 nel 2015); 13,7 per cento è risultata la percentuale dei tagli cesarei;

   nel mese di luglio 2017 la giunta regionale ha chiesto ufficialmente al Ministero della salute, la deroga per non sospendere l'attività di assistenza al parto di sei punti nascita della regione, nei quali si registrano meno di 500 parti l'anno: i tre appena citati (Borgotaro, Castelnovo né Monti, Pavullo nel Frignano e Scandiano (Reggio Emilia), Mirandola (Modena) e Cento (Ferrara);

   risale al 4 ottobre 2017 la risposta del Ministero che ha riservato un destino diverso ai 6 punti nascita in questione: la deroga è stata concessa solo per gli ospedali di Scandiano e per i due del cratere sismico, Mirandola e Cento. Nessuna deroga è stata concessa per Borgotaro e gli ospedali di Castelnovo Monti e Pavullo nel Frignano. Di conseguenza, l'attività in questi punti nascita dovrà essere sospesa, perché, secondo il Ministero, non ci sono le condizioni di sicurezza necessarie per tutelare madri e neonati in una delle fasi più delicate della vita;

   si tratta di una decisione, secondo l'interrogante, inspiegabile, che ha sollevato le proteste nell'aula regionale di tutta la minoranza, ma di alcuni esponenti anche della maggioranza stessa, ma soprattutto l'indignazione dei cittadini che sabato 21 ottobre 2017 hanno fissato alle ore 15 sotto l'ospedale di Borgotaro una manifestazione indetta dal Comitato Pro Ospedale Santa Maria di Borgotaro;

   i dati del 2017 su Borgotaro e Castelnovo ne’ Monti danno ragione ai cittadini e a chi si oppone alla chiusura dei punti nascita dell'Appennino reggiano: continuano, infatti, a partorivi un terzo delle donne in gravidanza (nei primi otto mesi del 2017), dati che le proiezioni di fine anno confermano al rialzo –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli ultimi sviluppi della vicenda esposta in premessa e se non intenda assumere le iniziative di competenza per la concessione della deroga ai punti nascita in questione che, dati alla mano, svolgono un servizio fondamentale ai cittadini che vogliono continuare a vivere nella zona dell'Appennino reggiano.
(4-18221)


   SBERNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   i casi di malasanità in Italia riempiono tristemente le cronache dei giornali e com'è noto gli eventi sono più frequenti nelle regioni del Sud;

   uno degli ultimi in ordine di tempo si è verificato l'8 ottobre 2017 in Calabria dove uno studente all'ultimo anno delle superiori, a soli 17 anni, è morto agli Ospedali riuniti di Reggio Calabria per motivi tuttora inspiegabili;

   D. A, dopo una prima dimissione da parte dell'ospedale, presenta ancora forti dolori addominali accompagnati da vomito tanto da dover richiedere un nuovo ricovero;

   dai vari esami effettuati non sembrano emergere anomalie e il ragazzo viene trasferito nel reparto neurologia in quanto i medici credono di trovare la causa del malessere in questioni di tipo psicologico;

   i sanitari propongono ancora la dimissione, ma la madre di D. A. non la accoglie ed effettivamente la situazione precipita al punto che i medici richiedono il trasferimento in rianimazione dove il ragazzo muore dopo alcune ore per «insufficienza multiorgano»;

   sono in molti a voler chiarire le cause della morte: i familiari dell'adolescente e gli stessi sanitari dell'ospedale chiedono che venga disposto l'esame autoptico, la direzione strategica del Gom (Grande ospedale metropolitano «Bianchi-Melacrino-Morelli») di Reggio Calabria ha aperto un'inchiesta interna e ha programmato un vertice per cercare di dirimere i dubbi su quanto accaduto e anche l'Udicon (Unione per la difesa dei consumatori) chiede che si compia ogni sforzo per porre in evidenza la reale causa del decesso perché eventi del genere non si ripetano;

   i genitori del ragazzo hanno già sporto denuncia in Procura e si sono muniti di uno staff giuridico-sanitario che consenta loro di capire come sono andate le cose dal momento che, durante i ricoveri, i medici non sarebbero riusciti a formulare alcuna diagnosi;

   la morte di un figlio provoca un dolore profondo e quando non si può neanche dare un nome alla causa che l'ha provocata il dolore è ancora più intenso; se c'è il sospetto di negligenza da parte dell'ospedale è doveroso fare il possibile perché la verità emerga a beneficio di tutti, pazienti e ospedale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del caso esposto in premessa e se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, l'intervento di ispettori ministeriali per ricostruire l'accaduto e verificare l'esistenza di eventuali profili critici sul piano organizzativo e civico nella struttura ospedaliera suddetta.
(4-18228)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   i metodi di reclutamento dei dirigenti pubblici sono di frequente contestati perché illegittimi e cassati da sentenze della magistratura amministrativa. Ciò avviene nei centri più strategici dell'amministrazione, come l'Agenzia delle entrate e perfino l'Autorità nazionale anticorruzione (articolo Panorama del 7 novembre 2016: «Sarebbero “idonei” ma vengono superati dai colleghi promossi senza concorso: i casi dell'Agenzia delle entrate e dell'Autorità Anticorruzione»);

   a causa di tale grave anomalia del sistema, oltre al danno erariale che consegue, i primi danneggiati sono tutti i funzionari pubblici che hanno ottenuto l'idoneità al ruolo di dirigenti, avendo superato un concorso pubblico: preselezioni, due prove scritte, una prova orale e l'inserimento in una graduatoria finale. Tuttavia, gli idonei di concorso non riescono ad avere alcun incarico dirigenziale, poiché vengono reclutate al loro posto altre persone con procedure discrezionali, di conseguenza, nel tempo, gli stessi perdono anche il «titolo» di idonei quando la validità della graduatoria arriva a scadenza;

   detta ingiustizia è resa possibile anche attraverso l'applicazione distorta dell'articolo 19, comma 6, della legge n. 165 del 2001. Si tratta di una norma scritta negli anni ’90, il cui stesso promotore, il Ministro della funzione pubblica pro tempore Franco Bassanini, ne ha successivamente contestato la distorta applicazione. Sul punto, si fa presente che la ratio della stessa era quella di consentire che fossero assegnati incarichi dirigenziali, in virtù del possesso, da parte dei soggetti prescelti, di accertati requisiti di professionalità tali da poter essere paragonati ed equiparati a quelli che si richiedono per un dirigente di ruolo. Invece, di fatto, tale norma viene utilizzata esclusivamente per conferire discrezionalmente un incarico dirigenziale, a prescindere dal possesso dei requisiti richiesti dal legislatore; infatti, nella prassi, si riscontra spesso l'attribuzione illegittima dell'incarico dirigenziale ad un funzionario di terza fascia, preventivamente messo in aspettativa, che non possiede le competenze necessarie per una progressione verticale che dovrebbe avvenire solo con una selezione pubblica;

   continuano ad essere coinvolte dalle procedure irregolari in questione le agenzie fiscali e, in particolare, l'Agenzia delle entrate, in dispregio alle censure della Corte costituzionale che, nel 2015, ha dichiarato la decadenza di 800 dirigenti nominati senza concorso. A titolo di esempio, tra le tante, appare palesemente illegittima sotto più profili normativi, la nomina del portavoce della ex direttrice Rossella Orlandi, uno degli 800 dirigenti retrocessi, messo in aspettativa come funzionario interno, poi assunto dall'esterno a tempo determinato al livello superiore. La persona in questione ha ottenuto l'incarico di portavoce, in assenza di un interpello e senza essere un giornalista professionista in violazione dell'articolo 7 della legge 7 luglio 2000, n. 150, e continua a svolgere tale ruolo, nonostante l'attuale direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, abbia nominato un proprio portavoce. Pertanto, all'Agenzia delle entrate, attualmente, vengono retribuiti con fondi pubblici, ben due portavoce della direzione;

   le diffuse contestazioni e le molteplici sentenze della giustizia amministrativa sugli incarichi dirigenziali illegittimi, ad oggi, non hanno dato luogo ai dovuti provvedimenti delle autorità competenti, atti a far decadere dette nomine che violano i più elementari princìpi di buon andamento della pubblica amministrazione –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, affinché gli incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione siano conferiti solo a coloro che superano selezioni pubbliche e affinché sia garantito il regolare scorrimento della graduatoria degli idonei;

   se intenda assumere iniziative normative per abrogare l'articolo 19, comma 6, della legge n. 165 del 2001, ai sensi del quale è conferita una moltitudine di incarichi dirigenziali illegittimi, anche in danno degli idonei di concorsi pubblici per dirigenti.
(5-12500)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   Burgo Group, con sede legale a Altavilla Vicentina (Vicenza), è attivo in vari settori tra cui quello principale e storicamente più rilevante riguarda la produzione di carta che rende il gruppo uno dei principali produttori in Europa. Nel solo 2016 il gruppo ha fatturato poco più di 1,9 miliardi di euro, un dato importante anche se ha segnato il minimo storico di un trend negativo che si registra dal 2012;

   in Italia sono presenti attualmente 11 stabilimenti che impegnano un rilevante numero di addetti. Tra questi quello delle Cartiere Burgo, con sede a Verzuolo in provincia di Cuneo fondato nel 1906, rappresenta lo stabilimento più produttivo, attraverso il quale ben 340 famiglie, tra indotto e linea produttiva, traggono sostentamento, nel solo comune del cuneese;

   l'azienda ha avviato dal 2008 un lungo processo di razionalizzazione delle risorse umane da cui è scaturito nel 2015 l'annuncio di licenziare 46 operai della linea di produzione;

   la crisi proseguita nel corso degli ultimi due anni è poi sfociata il 1° ottobre 2017 in una comunicazione della dirigenza che ha dichiarato di voler chiudere la «linea ottava» di Verzuolo con una procedura di licenziamento che coinvolgerebbe oltre 140 lavoratori, metà circa impegnati sulla linea produttiva e metà nell'indotto;

   non è solo il numero di lavoratori e famiglie interessato dal licenziamento a preoccupare; necessita attenzione l'aspetto anagrafico che vede l'età media degli operai aggirarsi tra i 45 e i 50 anni; con le ultime modifiche apportate alla legislazione vigente si è limitato fortemente il ricorso alla cassa integrazione. In tal senso, la chiusura della linea ottava produrrebbe il duplice danno della perdita del lavoro e della difficile ricollocazione, con un effetto diretto anche sul benessere generale della comunità del saluzzese –:

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interpellati intendano adottare urgentemente al fine di evitare la chiusura della linea di produzione di cui in premessa tutelandone i livelli occupazionali e reddituali.
(2-01981) «Dadone».

Interrogazione a risposta scritta:


   MONTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da segnalazioni pervenute, risultano essere messe in pratica operazioni di telemarketing aventi la caratteristica di essere state attivate a seguito di richiesta di assistenza per guasti relativi a numerazioni di telefonia fissa;

   in particolare, è accaduto che, a seguito di richiesta di assistenza tecnica per una numerazione di telefonia fissa effettuata tramite telefono cellulare, il cliente richiedente è stato contattato ripetutamente, nei giorni seguenti, sulla propria numerazione fissa, da un altro fornitore di servizi analoghi, il quale, richiamati i contatti avuti dal richiedente con il servizio di assistenza ed ipotizzando una sua presunta insoddisfazione, si proponeva per avanzare una proposta commerciale vantaggiosa;

   l'episodio evidenzia sia il fatto che una compagnia abbia rilevato telefonate fra un cliente e il servizio di assistenza di un'altra compagnia, sia il fatto che sia stato possibile ricondurre il numero di cellulare a quello del telefono fisso del cliente, considerato che la compagnia proponente la nuova offerta non avrebbe mai fornito al cliente, negli ultimi 5 anni, servizi né di telefonia fissa né di telefonia mobile;

   in tali comportamenti possono ravvisarsi, ad avviso dell'interrogante, gravi violazioni della privacy e un possibile caso di abuso di posizione dominante –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di assicurare pratiche commerciali corrette a tutela dei consumatori, della privacy e della libera concorrenza.
(4-18209)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n. 5-11484, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 807 del 31 maggio 2017.

   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella città di Firenze è prevista la realizzazione del nuovo stadio della Fiorentina, precisamente a Novoli, quartiere nella zona nord-ovest del capoluogo toscano, con svariati metri cubi da costruire in project financing;

   tale realizzazione si svilupperebbe nei pressi del nuovo aeroporto per il quale in data 24 marzo 2015, è stata presentata dall'Enac istanza per l'avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale concernente la realizzazione dell’«aeroporto di Firenze, master plan aeroportuale 2014-2029» e, in data 2 dicembre 2016, la commissione incaricata ha reso parere favorevole con prescrizioni nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale, non ancora pubblicato;

   si pone una questione di compatibilità e di sicurezza del volo per i terzi sorvolati e trasportati in relazione al previsto progetto del nuovo stadio della Fiorentina sia rispetto alla attuale pista (05/23) che rispetto alla futura nuova pista (12/30) dell'aeroporto di Firenze in ordine alle aree di rischio, alle zone di tutela e ai vincoli relativi alla sicurezza per le costruzioni che comportano la presenza contemporanea di tante persone in prossimità degli aeroporti (anche ai sensi dell'articolo 715 del Codice della navigazione). A tal fine i comuni interessati sono tenuti a presentare all'Enac i relativi piani di rischio che risulterebbero, all'interrogante, depositati nel giugno 2016, ma solo per la pista attuale 05/23, e fra l'altro non ancora approvati da Enac;

   la progettata nuova pista dell'aeroporto (12/30) infatti richiederebbe di liberare lo spazio per la realizzazione della cittadella viola, tanto da implicare lo spostamento anche del mercato ortofrutticolo (Mercafir) verso l'area di Castello di proprietà Unipol;

   in data 11 marzo 2017 il sindaco Nardella dichiarava tuttavia che il «progetto del nuovo stadio è compatibile sia con i piani di rischio dell'attuale aeroporto, sia con i piani di rischio previsto con la nuova pista 12/30» (La Nazione Firenze dell'11 marzo 2017, «Stadio: Mercafir e aeroporto, iter complesso. Ancora troppi i rebus da sciogliere», a firma di Ilaria Ulivelli);

   nel frattempo, il tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso contro la realizzazione del nuovo aeroporto di Firenze. Inoltre, il Consiglio di Stato, con sentenza 5291/2013, ha affermato che «in un settore, quale quello del traffico aereo, in cui il rischio di incidenti è quanto mai immanente e deve essere evitato con ogni mezzo possibile, il fatto che il rischio in questione sia “molto basso”, non esime in alcun modo dall'intraprendere misure volte ad elidere ulteriormente tale rischio, sino a ridurlo pressoché a “zero” (...) anche in funzione del futuro sviluppo aeroportuale»;

   in ordine al progetto del nuovo stadio, il 19 dicembre 2016 è stata depositata la relazione di analisi dei vincoli aeronautici dalla quale emerge che lo studio aeronautico (EL-PRG-06) indica la necessità e l'entità delle deroghe al fine di definire un quadro compatibile con gli ostacoli esistenti individuati dal medesimo studio che evidenzia diverse e consistenti interferenze. Tale studio tuttavia esclude che, in base all'Annex XIV ICAO, per i nuovi aeroporti, siano ammesse deroghe alle «condizioni di sicurezza Standard» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e abbia verificato, anche attivandosi presso l'Enac, la conformità alla legge dei richiamati piani di rischio sia della attuale pista 05/23 che della pista 12/30, la cui domanda di valutazione del rischio non risulta ancora presentata, considerando che la costruzione di nuovi aeroporti deve ottemperare alle «condizioni standard» prescritte dall'Annex XIV ICAO ed obbligatorie anche per Enac;

   se il Ministro interrogato, al fine di garantire la sicurezza del volo e dei sorvolati e trasportati, in ottemperanza agli obblighi di vigilanza derivanti dal decreto-legge n. 250 del 1997 intenda chiedere un parere, oltre che all'Enac, all'Agenzia per la sicurezza del volo in merito alla questione della compatibilità con la normativa del previsto progetto del nuovo stadio della Fiorentina, e dello spostamento del mercato ortofrutticolo Mercafir, sia rispetto all'attuale pista (05/23) che alla futura nuova pista (12/30) dell'aeroporto di Firenze, con riferimento alle aree di rischio/tutela, preso atto degli obblighi riconosciuti anche nelle sentenze del Consiglio di Stato;

   se il Ministro interrogato abbia preso in considerazione le osservazioni indicate nella citata relazione di analisi dei vincoli aeronautici e quali iniziative intenda porre in essere al fine di garantire la sicurezza dei terzi sorvolati e trasportati, in ottemperanza alle prescrizioni dell'Icao e ai Trattati internazionali in materia.
(5-11484)

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Vignaroli e De Lorenzis n. 5-10185 del 28 dicembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18227;

   interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-11261 del 3 maggio 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18224;

   interrogazione a risposta in Commissione Capone n. 5-11569 del 14 giugno 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18226;

   interrogazione a risposta in Commissione Tentori n. 5-11681 del 28 giugno 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18225.