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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    il 1o novembre 2017 scade il sessennio del Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, in quanto ricopre la carica dal 1o novembre 2011 a seguito delle dimissioni di Mario Draghi;

    la nomina del Governatore, secondo quanto disposto dall'articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari), è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia;

    il testo unico bancario ed il testo unico della finanza attribuiscono alla Banca d'Italia il potere di regolamentare numerosi aspetti dell'attività degli intermediari bancari e finanziari, per assicurare stabilità, efficienza e competitività al sistema finanziario. Gli atti normativi della Banca d'Italia disciplinano profili essenziali per la sana e prudente gestione degli intermediari, quali l'assetto organizzativo, le modalità di governo dell'impresa, i sistemi per il controllo dei rischi assunti, la trasparenza delle condizioni contrattuali e la correttezza dei comportamenti. Inoltre, l'esercizio dei poteri della Banca d'Italia è in determinati casi complementare a strumenti di vigilanza volti ad esercitare un'azione deterrente nei confronti dei comportamenti contrari alla prudente gestione, alla trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela;

    le recenti vicende che hanno interessato alcuni istituti di credito hanno significativamente scosso l'opinione pubblica e generato, anche nelle persone meno inclini a vedere complotti e malafede ad ogni angolo, legittime perplessità sulla efficacia del sistema del sistema di vigilanza bancaria nel nostro Paese;

    con riguardo in particolare alle vicende legate alle due banche popolari venete i cui attivi sono stati ceduti a Banca intesa San Paolo nel mese di giugno 2017, appare incomprensibile, anche al cittadino più ben disposto a dare credito di buona fede, che Banca d'Italia, pur essendo a conoscenza già dai primi anni 2000 della prassi di sistematica sopravvalutazione delle azioni, abbia consentito l'emissione di numerosi aumenti di capitale, fino al tracollo delle banche stesse, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo accettando di fatto che gli amministratori continuassero in tale pratica e gli organi di controllo interno e la società di revisione nulla facessero per impedirlo;

    anche il Parlamento ha riconosciuto l'eccezionalità della situazione venutasi a creare e la natura non infondata dei dubbi sull'operato in questi anni degli organi di vigilanza bancaria, istituendo una Commissione bicamerale d'inchiesta proprio per fare luce, tra le altre cose, sull'efficacia e l'efficienza dei controlli medesimi;

    diversamente da altri gruppi parlamentari il gruppo parlamentare dei firmatari del presente atto ha sempre ritenuto e tuttora ritiene che, pur di fronte a fatti così gravi e così drammatici, le accuse a scatola chiusa verso fondamentali istituzioni del Paese siano profondamente sbagliate, esattamente come lo sono le difese a scatola chiusa: di qui l'opportunità di aprire la «scatola» mediante il lavoro della Commissione bicamerale d'inchiesta;

    gli oltre due anni di grave ritardo della legge per la costituzione della Commissione bicamerale d'inchiesta hanno però determinato una situazione tale per cui si giunge alla scadenza del mandato del Governatore della Banca d'Italia, senza che la Commissione bicamerale abbia potuto ancora accertare e verificare alcunché;

    in queste condizioni, chiedere le dimissioni del Governatore della Banca d'Italia assumerebbe i contorni sbagliati e dannosi dell'accusa a scatola chiusa; d'altro canto, nell'istante in cui si verifica il normale compimento del mandato e giunge la scadenza per la nomina del Governatore per il nuovo sessennio, il rinnovo del Governatore in carica, in luogo del suo naturale avvicendamento con altra figura di competenza tecnica e prestigio parimenti riconosciute a livello nazionale ed internazionale, assumerebbe senza dubbio alcuno i contorni altrettanto sbagliati di un establishment che difende se stesso a scatola chiusa ed evita un avvicendamento assolutamente fisiologico e naturale, in coerenza alla scelta a suo tempo fatta di mantenere un arco temporale assai lungo per la carica di Governatore della Banca d'Italia e però non più a vita;

    proprio la pendenza di una Commissione d'inchiesta che ha tra i suoi compiti la verifica della efficacia e dell'efficienza dell'attività di vigilanza bancaria svolta in questi anni costituisce il presupposto per cui, pur non essendo il Parlamento una istituzione direttamente interessata nel processo di nomina del Governatore della Banca d'Italia, tale nomina avviene in un contesto nel quale anche l'operato di questo organo apicale è di fatto sub iudice da parte del Parlamento e questo il Governo non può non tenerne conto nel fare le proprie valutazioni;

    non vi è dubbio, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, che risulterebbe oltremodo incoerente e sospetta agli occhi dei cittadini una posizione che, da un lato, ritiene addirittura opportuna la costituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sull'attività della vigilanza bancaria e, dall'altro, ritenesse addirittura auspicabile, invece di un fisiologico e non traumatico ricambio, la conferma alla naturale scadenza dei vertici apicali degli organismi su cui ha ritenuto evidentemente non infondati i dubbi circa l'efficacia e l'efficienza dell'operato del relativi organismi,

impegna il Governo

1) in sede di deliberazione sulla proposta di nomina per la carica di Governatore della Banca d'Italia, valutate le circostanze descritte, a favorire scelte di ricambio e non già di conferma nella carica, secondo una logica sempre auspicabile alla conclusione di ogni «mandato a termine» con orizzonte di durata tra i più lunghi di quelli previsti dell'ordinamento nazionale e tanto più in un contesto in cui il Parlamento ha ritenuto addirittura opportuna la costituzione di una Commissione bicamerale d'inchiesta sull'attività della vigilanza bancaria.
(1-01729) «Zanetti, Francesco Saverio Romano, Auci, Abrignani, Borghese, D'Alessandro, D'Agostino, Faenzi, Merlo, Parisi, Rabino, Vezzali».


   La Camera,

   premesso che:

    tra le più significative finalità istituzionali della Banca d'Italia vi è l'attuazione dell'articolo 47 della Costituzione, che affida alla Repubblica la «tutela del risparmio in tutte le sue forme», nonché il controllo sull'esercizio del credito;

    Bankitalia è, infatti, l'organismo cui spetta in ambito nazionale la vigilanza sui singoli istituti di credito e sulla regolarità e conformità alle vigenti normative delle attività che essi svolgono;

    l'incarico dell'attuale Governatore della Banca d'Italia, in carica dall'ottobre del 2011, scadrà il prossimo 31 ottobre;

    negli ultimi anni il sistema bancario e finanziario nazionale è stato scosso dalle crisi che hanno investito numerosi istituti, primo in ordine cronologico il Monte dei Paschi di Siena, e che hanno messo in luce una fragilità del sistema nella quale, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la carente o addirittura omessa vigilanza ha giocato un ruolo determinante;

    in tutte queste crisi, infatti, nelle quali al tracollo del Monte di Paschi sono seguiti i fallimenti dapprima di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara, e poi delle due banche venete Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, sono emerse pesanti responsabilità degli amministratori, chiamati in causa troppo tardi per le pratiche irregolari attuate dai propri istituti;

    è evidente che le citate crisi bancarie e le gravi conseguenze che ne sono derivate in termini di danni sopportati dai risparmiatori e piccoli azionisti, vittime innocenti delle attività speculative messe in atto, hanno minato alla base il rapporto di fiducia dei cittadini con il sistema del credito bancario e finanziario;

    nel quadro sin qui delineato appaiono chiare le responsabilità di Bankitalia dovute alla insufficiente attività di vigilanza e, quindi, alla incapacità di garantire la stabilità del sistema bancario e finanziario,

impegna il Governo

1) a non proporre la conferma del mandato al governatore della Banca d'Italia attualmente carica, e ad adottare le iniziative più opportune affinché l'istituto possa svolgere al meglio le funzioni ad esso assegnate, garantendo la tutela del risparmio e tutelando i cittadini.
(1-01730) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,

   premesso che:

    la Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali, è un istituto di diritto pubblico, regolato da norme nazionali ed europee, indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;

    le principali funzioni della Banca d'Italia sono dirette ad assicurare la stabilità monetaria e finanziaria, anche attraverso il concorso alle decisioni della politica monetaria unica nell'area dell'euro e lo svolgimento dei compiti propri di una banca centrale componente dell'Eurosistema per garantire la sana e prudente gestione degli intermediari;

    inoltre, a seguito dell'istituzione dell'Unione bancaria tra i Paesi dell'eurozona, la Banca d'Italia ha assunto dal novembre 2014 la funzione di autorità nazionale competente nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico (MVU o Single Supervisory Mechanism, SSM) e dal 2016 di Autorità nazionale di risoluzione delle crisi nell'ambito del Meccanismo di risoluzione unico (MRU o Single Resolution Mechanism, SRM), funzioni estremamente complesse da esercitare in un ambiente caratterizzato da difficoltà crescenti e cambiamenti profondi e che richiedono un'azione efficiente, responsabile e imparziale;

    la nomina dell'attuale Governatore risale al novembre del 2011 ed è, pertanto, imminente l'obbligo di procedere al rinnovo della carica che, ai sensi dell'articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia;

    si tratta di una scelta particolarmente delicata in considerazione del fatto che l'efficacia dell'azione di vigilanza della Banca d'Italia è stata, in questi ultimi anni, messa in dubbio dall'emergere di ripetute e rilevanti situazioni di crisi o di dissesto di banche, che a prescindere dalle ragioni che le hanno originate – sulle quali si pronunceranno gli organi competenti, ivi compresa la Commissione d'inchiesta all'uopo istituita – avrebbero potuto essere mitigate nei loro effetti da una più incisiva e tempestiva attività di prevenzione e gestione delle crisi bancarie;

    rilevato che le predette situazioni di crisi o di dissesto hanno costretto il Governo e il Parlamento ad approvare interventi straordinari per tutelare, anche attraverso l'utilizzo di risorse pubbliche, i risparmiatori e salvaguardare la stabilità finanziaria, in assenza dei quali si sarebbero determinati effetti drammatici sull'intero sistema bancario, sul risparmio dei cittadini, sul credito al sistema produttivo e sulla salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo

1) ad adottare ogni iniziativa utile a rafforzare l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario ai fini della tutela del risparmio e della promozione di un maggiore clima di fiducia dei cittadini nei confronti del sistema creditizio, individuando a tal fine, nell'ambito delle proprie prerogative, la figura più idonea a garantire nuova fiducia nell'istituto, tenuto conto anche del mutato contesto e delle nuove competenze attribuite alla Banca d'Italia negli anni più recenti.
(1-01731) «Fregolent, Pelillo, Cinzia Maria Fontana, Tancredi».


   La Camera,

   premesso che:

    il 4 giugno 2013, dopo appena pochi mesi dall'inizio di questa legislatura, il Parlamento approvò, pressoché all'unanimità, una mozione sottoscritta anche dalla prima firmataria del presente atto di indirizzo per la lotta e il contrasto alla violenza sulle donne. Il 28 maggio 2013 è stata approvata la legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dell'11 maggio 2011. Più tardi sono state approvate dal Parlamento la legge contro il femminicidio e molte altre iniziative legislative, tutte centrate sulla lotta alla violenza, nelle sue molteplici forme, compresa la violenza che si manifesta sui social media, che con tanta volgarità aggrediscono senza motivo donne, fortemente impegnate nel loro ruolo pubblico;

    l'articolo 1 della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite del 1993 afferma: «violenza contro le donne significa ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia, o possa avere, come risultato un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;

    si è eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha reso più difficile essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito tutta la società di autentiche ricchezze spirituali. Non sarebbe certamente facile additare precise responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e istituzioni. È giunto il momento di guardare con il coraggio della memoria e il riconoscimento delle rispettive responsabilità alla lunga storia in cui le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini e il più delle volte in condizioni ben più disagiate, esposte alla sottovalutazione, al misconoscimento ed anche all'espropriazione del loro apporto intellettuale. Della molteplice opera delle donne nella storia, purtroppo, molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti della storiografia scientifica;

    ancora oggi sono molti gli ostacoli che, in tante parti del mondo, impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica. Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, a tal punto che in Italia si soffre una crisi demografica senza precedenti. È urgente ottenere dappertutto l'effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri di chi vive in una democrazia come la nostra, pur con le sue luci e le sue ombre. Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità. I gravi problemi sul tappeto vedono nella nostra politica sempre più coinvolte le donne: tempo libero, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, sanità e assistenza, ecologia e altro. In tutti questi campi, una maggiore presenza sociale della donna appare preziosa, necessaria per far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività. Eppure la violenza si scatena sulla donna anche in abito domestico, laddove il suo contributo è più concreto, continuativo e competente;

    uno degli aspetti più delicati della situazione femminile nel mondo è la lunga e umiliante storia di soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della sessualità. Non basta condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non si può non denunciare una sempre più diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo. Una pubblicità volgare e sessista, legata ad oggetti che nulla hanno a che vedere con la stessa sessualità, appare spesso in televisione e nei grandi cartelloni che si trovano in città dal centro alle periferie;

    in Italia ogni due giorni una donna viene uccisa. Solo lo scorso anno sono state 120 le vittime ammazzate da un marito, fidanzato o convivente. Per capire il fenomeno basta dare uno sguardo ai dati aggiornati, presentati nell'indagine condotta dall'Istat in collaborazione con il Ministero della giustizia. Il fenomeno ha enormi proporzioni e i numeri parlano chiaro: quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita. Dalle violenze domestiche allo stalking, dallo stupro all'insulto verbale, la vita femminile è costellata di violazioni della propria sfera intima e personale. Spesso un tentativo di cancellarne l'identità, di minarne profondamente l'indipendenza e la libertà di scelta. Il tragico estremo di tutto questo è rappresentato dal femminicidio, che, anche se in leggero calo rispetto agli anni precedenti, dimostra di essere ancora un reato diffuso ed un problema che necessita di una risposta non solo giudiziaria, ma culturale e educativa;

    e proprio il femminicidio, l'uccisione di una donna con la quale si hanno legami sentimentali o sessuali, rappresenta la parte preponderante degli omicidi contro il genere femminile. Più dell'82 per cento dei delitti commessi a scapito di una donna, nel nostro Paese, sono classificati come femminicidi. Un numero gigantesco: oltre quattro su cinque. Negli ultimi 5 anni si registrano 774 casi di omicidio di donne, una media di circa 150 all'anno. Significa che in Italia ogni due giorni (circa) viene uccisa una donna. Il 16,1 per cento delle donne italiane, secondo lo stesso rapporto, è stato invece vittima di stalking nella maggioranza dei casi da parte di un ex partner. Le conseguenze di queste violenze a breve e lungo termine non si limitano alle lesioni patite, ma anche a stati di depressione cronica, dipendenza da sostanze stupefacenti e alcol e suicidi;

    cinque anni fa c'è stato il richiamo dell'Onu al Governo: «In Italia resta un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale». Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, rivolgeva al nostro Paese critiche pesanti: «Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l'adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, ma questi risultati non hanno però portato a una diminuzione di femminicidi e non si sono tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine»;

    la violenza sulle donne, pur essendo un fenomeno molto diffuso, vede ben poche denunce, anche perché spesso le stesse denunce sottopongono le donne ad una diversa e più sottile forma di violenza: la violenza di non essere credute o di essere indotte a minimizzare l'offesa subita. Esse sono soggette a percosse, spintoni e abusi sessuali, ma anche vessazioni psicologiche, minacce e stalking. Oltre a riempire periodicamente le pagine di cronaca nera, la violenza sulle donne è un fenomeno vasto e dalle sfumature complesse, drammaticamente diffuso ancora a ogni latitudine. Lo dicono i numeri raccolti che tracciano una tendenza chiara, in Italia come all'estero;

    ai nostri tempi la questione dei «diritti della donna» ha acquistato un nuovo significato nel vasto contesto dei diritti della persona umana. La stessa violenza dell'uomo non si sconfigge con la violenza sull'uomo, ma sembra che in tanti anni alcuni uomini non abbiano ancora finito di scoprire questa verità elementare e trasparente: l'unità che si genera dalla differenza è la principale ricchezza dell'intero genere umano;

    diventa necessario a questo punto agire su di un doppio fronte: promuovere in tutti i modi opportuni le donne, valorizzando il femminile che c'è in loro, con un preciso processo di empowerment e contrastare ogni forma di violenza, che scaturisce spesso da uomini immaturi, prepotenti, incapaci di una apertura affettiva che li ponga su di un effettivo piano di integrazione delle differenze,

impegna il Governo:

1) ad accelerare l'adozione e l'effettiva attuazione di una rinnovata politica nazionale anti-violenza e anti-discriminazione, che tenga conto della specificità femminile anche in relazione alla maternità, agli impegni familiari, e alla tutela professionale, soprattutto in quegli ambiti in cui finora la discriminazione è stata maggiore;

2) a promuovere campagne di sensibilizzazione per politici, giornalisti, insegnanti e altre figure professionali al fine di accrescere la comprensione che la violenza femminile è una ferita profonda a tutto il sistema sociale e che la partecipazione piena, uguale, libera e democratica delle donne, nella vita politica e pubblica, è requisito indispensabile per la piena attuazione dei diritti umani delle donne;

3) ad assumere iniziative per rivedere la normativa sullo stalking e sulle molestie sessuali, che attualmente non risulta del tutto efficace per il raggiungimento degli obiettivi specifici;

4) ad assumere iniziative affinché già dal disegno di legge di bilancio 2018 si possa prevedere attraverso politiche sociali adeguate la possibilità di sostenere le donne che hanno subito violenza facilitando l'allontanamento da casa, con i figli e favorendo nuove e diverse forme di inserimento professionale, nonché agevolare la possibilità per le ragazze che desiderano lasciare la prostituzione di sottrarsi a vere e proprie forme di schiavitù e di trovare attività lavorative alternative, assicurando risorse umane, tecniche e finanziarie per la realizzazione sistematica ed efficace delle misure di contrasto della violenza contro le donne;

5) a sostenere, nell'ambito della politica internazionale e nel rapporto con i diversi Stati, i diritti delle donne attraverso misure di contrasto positive alla violenza e alla discriminazione della donna.
(1-01732) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».


   La Camera,

   premesso che:

    con la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul l'11 maggio 2011, la cui ratifica è avvenuta con la legge 27 giugno 2013, n. 77, l'Italia ha assunto l'impegno ad introdurre, nel proprio ordinamento, specifiche misure di prevenzione e di tutela giudiziaria a sostegno delle donne oggetto di atti di violenza;

    occorre proseguire nell'impegno di garantire alle donne, nel nostro Paese, pari diritti, ma, soprattutto, maggiore tutela alla luce dei troppi fatti di cronaca che nell'ultimo periodo hanno evidenziato, in maniera preoccupante, un aumento di casi di violenza contro le donne;

    le cronache, ormai quotidianamente, riportano episodi nei confronti delle donne: minacce, molestie, violenze sessuali, stupri, omicidi. Fatti che si traducono in paura e disagio per le strade, sui mezzi pubblici, nei luoghi di lavoro e nelle proprie case;

    da un attento esame del fenomeno emerge un quadro allarmante, con numeri che registrano una vera e propria carneficina;

    i reati contro le donne di violenza sessuale, domestica e i reati di atti persecutori (stalking) sono in costante aumento. Come risulta da un'indagine Istat del 2015 la violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso: 6 milioni 788 mila donne hanno subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2 per cento ha subito violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri. Il 10,6 per cento delle donne ha subito violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subite da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3 per cento del dato del 2006 al 65,2 per cento rilevato nel 2014);

    le violenze contro le donne sono anche – come previsto dalla Convenzione di Istanbul – matrimonio forzato, aborto forzato e mutilazioni genitali femminili – MGF – (in Italia sono 57.000 le donne che hanno subito queste ultime (fonte lastampa.it), tutte forme di violenza ignobile di cui sono vittime sempre più ragazze minorenni;

    l'Italia è uno dei Paesi sostenitori della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili (2012);

    l'obiettivo è quello di introdurre nell'ordinamento italiano una tutela che, come viene sancito dalla Convenzione di Istanbul, garantisca la ferma condanna ad «ogni forma di violenza sulle donne e la violenza domestica». Riconoscendo «la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere», la Convenzione di Istanbul riconosce inoltre che «la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini»;

    con la legge n. 103 del 2017, è stata introdotto l'articolo 162-ter del codice penale che consente l'estinzione del reato per condotte riparatorie ed è possibile applicarlo anche al delitto di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis codice penale, e tale scelta appare incomprensibile in un momento in cui si registrano, in maniera preoccupante, un aumento di casi di violenza contro le donne;

    l'Assemblea dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha designato il 25 novembre come «Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne» in cui si organizzano in tutto il mondo attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul triste fenomeno, in ricordo del caso delle tre sorelle Mirabal, violentate e uccise da uomini dell'esercito dominicano nel 1960, per ricordarle e ricordare tutte le altre milioni di vittime di violenza, che ogni anno perdono la vita;

    durante i Governi di centrodestra numerose sono state le iniziative legislative e di natura culturale volte ad affrontare la questione della lotta contro la violenza sulle donne. Dall'introduzione del reato di stalking con un Piano nazionale contro la violenza finanziato con 18 milioni di euro; al decreto-legge n. 11 del 2009 convertito dalla legge n. 38 del 2009 con cui si è introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato di violenza sessuale singola e di gruppo, nonché alla promozione di misure per rendere più difficile per i condannati per delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La stessa legge ha inoltre previsto l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti; si è inoltre previsto quale aggravante speciale dell'omicidio il fatto che esso sia stato commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minore e violenza sessuale di gruppo;

    dopo la prolungata assenza di un rappresentante del Governo con apposita delega sulla materia da parte del Governo in carica, non è stata avviata, a giudizio dei presentatori del presente atto di indirizzo, alcuna strategia mirata a contrastare il fenomeno della violenza sulle donne;

    i fondi stanziati nei capitoli di bilancio relativi ai diritti e alla pari opportunità sono stati trasferiti con notevole ritardo alle regioni e, nella maggior parte dei casi, se ne è persa traccia rendendo difficile per le istituzioni locali poter approntare misure ed iniziative volte al contrasto della violenza sulle donne;

    l'ultimo piano nazionale contro la violenza sulle donne è del luglio 2015 e, oltre ad una bozza delle linee strategiche, nessuna azione ha preso il via dalla sua approvazione tanto che l'Osservatorio istituito nel 2016, ad oggi, non ha prodotto alcuna relazione e nulla si sa dell'attività svolta;

    per combattere e contrastare la violenza sulle donne occorre intervenire sul piano culturale, sul piano della prevenzione e delle politiche per la sicurezza e su quello normativo per assicurare certezza della pena per i colpevoli e un sistema giudiziario veloce che incentivi le donne a denunciare e a non doversi trovare, come purtroppo accaduto ad una ragazza di Torino, doppiamente «violentate» perché i propri carnefici a causa di una giustizia lentissima sono stati lasciati liberi poiché il reato è caduto in prescrizione,

impegna il Governo:

1) a dare contezza, anche attraverso illustrazione alle Camere del nuovo Piano nazionale contro la violenza sulle donne;

2) ad assumere ogni iniziativa normativa che consenta di introdurre nell'ordinamento italiano il reato di femminicidio, affinché per reati gravi commessi a danno delle donne vi sia l'applicazione di una circostanza aggravante ad effetto speciale che aumenti la pena dalla metà fino a due terzi;

3) ad assumere ogni iniziativa normativa che consenta di escludere l'applicazione dell'istituto introdotto dall'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, al delitto di atti persecutori previsto e punito dall'articolo 612-bis del codice penale;

4) ad assumere ogni iniziativa normativa che comporti un deciso aumento della pena massima del delitto di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis codice penale, oggi punito, nel massimo, con la pena della reclusione fino a cinque anni;

5) ad assumere ogni iniziativa normativa che consenta la non applicazione dei riti speciali, rito abbreviato e applicazione della pena su richiesta delle parti, nei confronti di coloro che abbiano commesso reati gravi nei confronti delle donne;

6) ad assumere iniziative normative per escludere il ricorso ai sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, quali mediazione e conciliazione, nei casi di violenza commessa a danno delle donne, in quanto presuppongono una situazione di parità delle parti, ontologicamente esclusa nelle situazioni di violenza;

7) a riferire semestralmente al Parlamento con quali modalità, frequenza e consistenza vengano spesi i fondi per i diversi interventi, tra cui il suddetto piano di azione nazionale, in ordine al fenomeno delle violenze contro le donne, compresi quelli destinati ai centri antiviolenza;

8) ad assumere iniziative normative per modificare il codice di procedura penale in modo tale da consentire, nella maggior parte dei reati commessi contro le donne, l'applicazione automatica della misura della custodia cautelare in carcere, nonché garantire la priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei relativi processi, affinché non accada che reati similari, come avvenuto, vadano in prescrizione;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per eliminare disparità locali e regionali in ordine alla qualità, quantità e numero di servizi di protezione nei confronti delle donne vittime di violenza;

10) a prevedere un piano di formazione nelle scuole per prevenire la violenza sulle donne;

11) ad assumere iniziative per promuovere, in vista del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica che consenta di affrontare in modo serio e deciso il fenomeno della violenza sulle donne.
(1-01733) «Saltamartini, Castiello, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Simonetti».

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, commi dal 33 al 43, dispone l'attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, da svolgersi in aziende, enti locali, musei, istituzioni pubbliche e private per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado, di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, con l'obiettivo di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti;

    la suddetta previsione normativa, inserendo organicamente l'alternanza scuola-lavoro nell'offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado quale strategia didattica, ha voluto rispondere alle indicazioni della Commissione europea per la quale la diffusione di forme di apprendimento basate sul lavoro di alta qualità è uno dei pilastri della strategia «Europa 2020» per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e confermate nella «New skills agenda for Europe» del 2016;

    il soprarichiamato decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l'alternanza scuola-lavoro l'offerta formativa del secondo ciclo d'istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. La normativa ha previsto a tal fine l'istituzione presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di un Registro nazionale delle imprese e degli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza, stipulando con le scuole interessate convenzioni e accordi;

    dal corrente anno scolastico 2017/2018 l'alternanza entra a regime, e secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad essere coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro saranno circa un milione e mezzo di studenti;

    nello spirito della legge, l'organizzazione/impresa/ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell'aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma la breve disamina che segue dimostra come, nel nostro Paese, per la totale assenza di regole etiche e di forme di condivisione tra scuola, territorio e mondo del lavoro – e soprattutto dovendo fare i conti con un mercato del lavoro che, chiedendo sempre più manodopera non qualificata e a basso costo, si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso –, tali obiettivi sono difficilmente perseguibili;

    infatti, da un'inchiesta pubblicata nel mese di maggio del 2017 dal settimanale «L'Espresso», emerge che nel, nostro Paese, ogni esperienza di collaborazione formativa tra scuola e mondo del lavoro, peraltro attivata in maniera variegata e, senza ossequio al carattere laico della scuola, persino attraverso convenzioni con le diocesi, non ha prodotto i risultati sperati in termini di occupazione, dopo il conseguimento del diploma di maturità. La stessa inchiesta inoltre evidenzia che l'alternanza scuola-lavoro corre lungo la penisola tra casi di eccellenza e storie di sfruttamento, in un contesto che finisce per riproporre il secolare divario tra Nord e Sud. Infatti, solo nelle regioni del Nord e in qualche singolo caso, i neo diplomati sono riusciti ad inserirsi nel mondo del lavoro, mentre nelle regioni del Centro-Sud hanno dovuto ripiegare su un'occupazione che non garantisce né prospettiva né il riconoscimento di diritti e di tutele per i lavoratori e le lavoratrici. Emerge inoltre un dato inconfutabile, e cioè che, in quasi tutti i casi di alternanza scuola-lavoro, gli studenti e le studentesse vengono impiegati per mansioni superflue e dequalificate, del tutto slegate dal proprio profilo di studi e dall'acquisizione di conoscenze utili ad un eventuale e conseguente accesso al mondo del lavoro;

    non solo, un'inchiesta strutturata dall'organizzazione Unione degli studenti (Uds), nell'ambito della campagna «Diritti, non piegati» ha raccolto dati significativi sulla qualità dei percorsi: il 38 per cento degli studenti ha dovuto sostenere delle spese per partecipare alle esperienze di alternanza, il 57 per cento è stato coinvolto in percorsi non inerenti al proprio percorso di studi, il 40 per cento ha visto i propri diritti negati, l'87 per cento vorrebbe poter decidere sul proprio percorso di alternanza scuola-lavoro. I dati raccolti evidenziano come lo spirito della normativa introdotta nel 2015 sarebbe stato ampiamente tradito da situazioni ai limiti dello sfruttamento gratuito di manodopera, dimostrando, in tal modo, come l'alternanza scuola-lavoro sia in realtà un dispositivo di asservimento al profitto ed al mercato del precariato, come testimoniato dai frequenti casi di abuso, di utilizzo degli studenti per dodici ore consecutive intervallate da brevi pause, o di assegnazione di mansioni dequalificate ed estranee al loro percorso di studio (come pulizia di bagni, fotocopie, pulitura di mitili, trasporto di ombrelloni e lettini, e altro);

    secondo un altro recente monitoraggio curato dalla «Rete degli Studenti medi» in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio della Cgil, il 15 per cento dei ragazzi impegnati nei percorsi obbligatori di alternanza scuola lavoro, (che tra l'altro a partire dal 2019 costituiranno titolo per l'accesso e la valutazione finale dell'esame di maturità, in luogo della cosiddetta «tesina») sarebbe abbandonato a se stesso; il 33 per cento si sarebbe ritrovato come tutor un dipendente dell'azienda con altre mansioni e solo il 25 per cento degli intervistati è stato seguito da un tutor con una delega specifica. In conclusione, solo uno studente su quattro è soddisfatto dell'attenzione ricevuta da parte della struttura ospitante, mentre i restanti sono relegati in situazioni di precarietà, spesso adibiti a tutto fuorché a esperienze formative, o peggio, a mansioni che non competono loro, a riprova dell'indifferenza e del disinteresse delle aziende a scegliere percorsi congruenti con gli studi e le attitudini degli studenti, e a dimostrazione del fatto che l'investimento in formazione non è considerato una risorsa per l'impresa e per il Paese;

    dalle diverse inchieste emerge chiaramente l'estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico e di formazione dello studente. Infatti, la mancanza di una reale discussione sugli obiettivi formativi e sui programmi ha alimentato una sovrapposizione tra didattica scolastica ed extrascolastica, in luogo di una collocazione dell'alternanza all'interno dell'orario curricolare. A tal proposito, oltre la metà degli studenti intervistati afferma di aver svolto quasi tutto il percorso di alternanza al di fuori dell'orario curricolare, al punto da costituire un ostacolo per la fruizione del tempo libero, del riposo o per coltivare altre attività;

    tali indagini confermano che, fino ad oggi, le azioni messe in campo da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per attrarre l'attenzione delle imprese verso i percorsi di alternanza, incidano secondo i presentatori del presente atto di indirizzo solo ed unicamente sul versante del tornaconto economico per le aziende, senza che sia adottato alcun criterio di selezione delle stesse né che siano assicurate garanzie sulla formatività e la qualità dei percorsi che queste metteranno a disposizione;

    recenti fatti di cronaca hanno evidenziato che oltre ai contenuti educativi sono spesso assenti anche le più elementari misure di sicurezza, e che accanto alle suddette situazioni si sono consumati anche episodi inaccettabili di violazioni dei diritti. Molto spesso gli studenti sostituiscono in toto i dipendenti (segno che, per alcune aziende, l'alternanza scuola-lavoro rappresenta un mero strumento per reperire manodopera a basso costo), altre volte sono esposti a gravi abusi come le molestie, subite da alcune studentesse in un centro estetico della Brianza, fino all'incidente accaduto a La Spezia ad uno studente diciassettenne che, essendo stato coinvolto dalla sua stessa scuola in un'attività del tutto impropria, ha riportato la frattura di una tibia a causa del ribaltamento del carrello levatore su cui lavorava;

    tutto quanto precede dimostra che gli studenti sono gli unici a vivere sulla propria pelle l'attuale modello di alternanza scuola-lavoro e che ad essere lesa sembra, in particolar modo, la necessaria relazione coerente fra il percorso di studi e l'esperienza lavorativa. Pertanto quella che avrebbe dovuto essere, nello spirito della legge, un'opportunità di crescita formativa, si è trasformata in un ulteriore meccanismo di sfruttamento gratuito di manodopera e di lavoro coatto, privo di qualunque contenuto formativo, e più in generale, in un drammatico addestramento a quello che gli studenti e le studentesse troveranno al termine del percorso scolastico: lavoro gratuito, sfruttato, dequalificato, povero e non riconosciuto;

    la notizia del recente successo accordato alla campagna per l'emissione, da parte delle camere di commercio, di voucher alle imprese che hanno attivato o attiveranno i percorsi di alternanza, è un'ulteriore prova di come l'alternanza scuola-lavoro possa rappresentare per certe aziende un facile canale di reclutamento di manodopera a basso costo;

    inoltre, poiché la normativa oltre ad introdurre il monte ore da dedicare all'alternanza scuola-lavoro non pone limitazioni allo sviluppo dei percorsi anche nei mesi estivi e durante le sospensioni didattiche, vi è il fondato rischio che molti ragazzi, magari spinti da necessità economiche, si ritrovino coinvolti in percorsi di ricatto e sfruttamento lavorativo;

    con imponenti cortei svoltisi in tutta Italia il 13 ottobre 2017 gli studenti hanno espresso in modo chiaro e nelle più variegate forme espressive e comunicative la propria protesta contro la deriva dell'alternanza scuola-lavoro così come imposta dalla cosiddetta legge sulla «Buona scuola», trasformatasi da metodologia didattica utile per approfondire la conoscenza della realtà del lavoro e contribuire a trasformarla e migliorarla, a strumento facilmente orientabile verso prestazioni gratuite e di mero sfruttamento, o verso forme di specializzazione produttiva a basso contenuto di sapere e di innovazione;

    nell'ambito della suddetta manifestazione gli studenti hanno avanzato anche la richiesta, fino ad oggi inevasa, che vengano definitivamente varati uno «Statuto» che tuteli i diritti degli studenti impegnati nei percorsi di alternanza, ed un «Codice etico» destinato alle aziende, che escluda dai percorsi quelle che inquinano i territori, quelle a rischio di infiltrazioni mafiose e quelle che non rispettano i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici;

    il 31 gennaio 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha annunciato l'avvio, assieme al Dicastero del lavoro e delle politiche sociali di una «Cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola lavoro», con il compito di costituire una sede permanente di supporto, monitoraggio e valutazione di tutte le attività svolte dagli studenti italiani nell'ambito della formazione «on the job», senza però coinvolgere nel suo ambito le parti sociali e, soprattutto, le rappresentanze studentesche. L'idea di mettere a disposizione «un luogo tecnico» in cui far dialogare tutti gli attori coinvolti escludendo proprio chi, invece, l'alternanza la vive e la pratica ogni giorno e, da protagonista, ne conosce molto bene i limiti, le lacune, e i rischi, ha reso l'iniziativa per i presentatori del presente atto completamente inutile e disancorata da un'analisi lucida della realtà,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte ad eliminare l'obbligatorietà dei percorsi di didattica di cui ai commi da 33 a 43 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e per prevedere l'adesione volontaria a tali percorsi, consapevole e condivisa tra docenti e studenti, esclusivamente nell'ambito dell'orario curriculare e scolastico;

   ad assumere iniziative per garantire l'effettiva gratuità dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e la loro inerenza al percorso formativo degli studenti e delle studentesse;

   ad assumere iniziative per garantire il pieno diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro degli studenti e delle studentesse con disabilità, prevedendo, a tal fine, strumenti di supporto e risorse certe per il trasporto di tali studenti;

   ad avviare un'indagine ministeriale, sui percorsi attivati fino ad oggi, al fine di valutarne la qualità, i loro esiti e la loro capacità di permettere agli studenti di approfondire la conoscenza del mondo del lavoro nella prospettiva di un accesso critico e consapevole assumendo altresì iniziative affinché, al termine dell'indagine, sia predisposta una relazione sui suoi esiti da presentare in Parlamento;

   a promuovere l'adozione di un «codice etico» che vincoli le aziende coinvolte nei percorsi di alternanza scuola-lavoro all'applicazione agli studenti che partecipano a tali progetti delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici, nonché all'applicazione delle norme in materia ambientale e di sicurezza sui luoghi di lavoro, alla formazione continua dei dipendenti che svolgono attività di tutor nell'ambito di tali percorsi, e all'osservanza di comportamenti rigorosi sul piano della trasparenza, dell'eco-sostenibilità e dell'estraneità ad infiltrazioni mafiose e illecite;

   a promuovere l'istituzione di un apposito Registro delle aziende, degli enti e delle strutture ospitanti l'alternanza, che abbiano aderito al codice etico;

   a tenere conto delle richieste delle organizzazioni studentesche soprarichiamate, in particolare in merito all'adozione di uno «Statuto delle studentesse e degli studenti impegnati nell'alternanza scuola-lavoro», al fine di garantire loro il diritto a poter decidere e co-organizzare il percorso di alternanza, sulla base dei diversi interessi, attitudini e motivazioni;

   a coinvolgere nell'ambito della «Cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola-lavoro», quali componenti attive, le parti sociali e le rappresentanze studentesche.
(7-01370) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Airaudo, Paglia, Pellegrino, Andrea Maestri».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro della salute per sapere – premesso che:

   il 29 settembre 2017 l'Ansa della Calabria ha riferito che la «Giunta regionale della Calabria (...) ha deliberato di dare mandato all'Avvocatura regionale (...) di verificare la possibilità di intraprendere azioni risarcitorie nei confronti di “Infrastrutture lombarde” ed altri eventuali soggetti responsabili dei danni causati dai gravi errori fatti nel corso degli adempimenti della progettazione dei (...) nuovi ospedali calabresi»;

   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 si contemplava «la realizzazione delle strutture ospedaliere previste dall'accordo di programma integrativo sottoscritto dal Ministro della salute e dal presidente della regione Calabria in data 6 dicembre 2007»;

   con deliberazione n. 106/2011, l'Anac confermò l'apposita convenzione sottoscritta tra le regioni Calabria e Lombardia, ricondotta agli accordi tra pubbliche amministrazioni stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990;

   nell'atto AS894B del 6 settembre 2011, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva in proposito svolto «osservazioni in ordine alle distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato derivanti dall'irregolarità delle procedure adottate dalle regioni Calabria e Lombardia» e sulla «definizione quale società strumentale della regione Lombardia di Infrastrutture Lombarde S.p.A.»;

   nel 2012, con ordinanza del capo della protezione civile fu restituita alla regione Calabria la competenza per la realizzazione dei nuovi ospedali;

   nell’e-book del giornalista Gian Antonio Stella dal titolo «Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli: La guerra infinita alla burocrazia», si riporta un passo del libro «Casta calabra» del giornalista Paolo Pollichieni, a proposito della costruzione dei nuovi ospedali di cui al suddetto accordo di programma integrativo;

   «Il costo previsto per i lavori – ha scritto nello specifico Pollichieni – è di 480 milioni [...] e la regione ne ha affidato la progettazione (e il compito di seguire l’iter realizzativo) a una società in house della regione Lombardia, “Infrastrutture lombarde”. Sulla procedura, la procura di Catanzaro ha aperto un'inchiesta. Ma il punto non è questo. Il punto è racchiuso in poche righe della convenzione calabro-lombarda dedicate alla riservatezza. Il passaggio prevede che la divulgazione di documenti che riguardano l'espletamento della convenzione sia concordata tra le parti»;

   Stella ha commentato: «E perché mai i cittadini, che mettono i loro soldi sia attraverso la regione Calabria sia attraverso Infrastrutture lombarde (delegata a gestire 11 miliardi di pubblici denari per pubblici investimenti e coinvolta in una serie di inchieste giudiziarie che hanno portato nella primavera 2014 alla decapitazione dei vertici) non dovrebbero sapere come vengono usati i loro quattrini da politici e grand commis troppo spesso travolti dagli scandali?»;

   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 l'ingegnere Massimo Scura e il dottor Andrea Urbani furono delegati al piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, con il compito, peraltro, di monitorare le «procedure della realizzazione dei nuovi ospedali»;

   come riportato in un articolo del 16 marzo 2015, apparso sulla testata web Il Lametino, la prima firmataria del presente atto aveva incontrato il dirigente generale del dipartimento lavori pubblici della regione Calabria, Domenico Pallaria; lo stesso aveva assicurato una verifica degli atti, prima di procedere. La prima firmataria del presente atto aveva rilevato inoltre il silenzio costante del governatore Mario Oliverio e dell'allora assessore regionale ai lavori pubblici, Antonino De Gaetano. Il Movimento Cinque Stelle aveva proposto loro un incontro con tutti i parlamentari calabresi, finalizzato a conoscere le procedure seguite per la costruzione dei quattro nuovi ospedali –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'autorizzazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, rispetto alla suddetta intesa tra la regione Calabria e Infrastrutture lombarde e per verificare lo stato dell'attuazione del suddetto accordo di programma integrativo e il preciso utilizzo delle risorse all'uopo stanziate dallo Stato;

   di quali notizie disponga il Governo in ordine al suddetto monitoraggio.
(2-01977) «Nesci, Silvia Giordano, Colonnese, Grillo, Lorefice, Mantero, Colletti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 febbraio 2017 è stata depositata dal sottoscritto un'interrogazione a risposta in Commissione indirizzata, fra gli altri, al Ministro dello sviluppo economico sulla questione riguardante Almaviva;

   tale atto di sindacato ispettivo richiedeva informazioni sulla situazione del gruppo Almaviva che aveva già allora iniziato un'importante processo di ridimensionamento della propria forza lavoro;

   la Società italiana per le imprese all'estero (Simest s.p.a.) in data 15 dicembre 2015, ha deliberato l'acquisizione di una quota fino al 5 per cento del capitale della società di diritto brasiliano Almaviva do Brasil Telemarketing e Informatica S.A., interamente partecipata da Almaviva Contact spa. Nel contesto di questa operazione, l'esposizione diretta di Simest, pertanto, sarebbe di circa sette milioni di euro;

   la Consip avrebbe assegnato ad Almaviva due gare nell'ambito della realizzazione dell'agenda digitale nelle pubbliche amministrazioni, per un totale di 850 milioni di euro che il colosso delle telecomunicazioni avrebbe incassato insieme alle società, con le quali si è unita in raggruppamento temporaneo d'impresa;

   recentemente Eni avrebbe deciso di non rinnovare l'accordo in essere con Almaviva (il contratto sarebbe scaduto il 30 settembre 2017) per la gestione dei propri call center con l'obiettivo di internalizzare il servizio;

   ciò starebbe, secondo recenti fonti stampa, accelerando nuove operazioni di ridimensionamento del personale di Almaviva;

   Simest spa, secondo la legge n. 80 del 2005, dovrebbe investire in progetti imprenditoriali qualora le imprese in questione siano finanziariamente solide e se il progetto oggetto dell'investimento preveda il mantenimento in Italia delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive relative al progetto finanziato (a prevenzione, in teoria, di fenomeni di delocalizzazione) –:

   quali eventuali iniziative di dismissione, se intraprese, siano state messe in campo riguardo alle quote azionarie di partecipazioni di Simest s.p.a. nei rami internazionali del gruppo Almaviva;

   nello specifico, se Simest abbia avviato le procedure di recesso che dovrebbero essere contrattualmente previste nei casi di delocalizzazione e se, dunque, sia stato richiesto al gruppo Almaviva il riacquisto anticipato di tutte le quote societarie detenute da Simest s.p.a.;

   se sia stata verificata la sussistenza dei requisiti necessari previsti dalla legge n. 80 del 2005 e quali riscontri siano pervenuti al riguardo.
(5-12475)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   SOTTANELLI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, ZANETTI, ABRIGNANI, AUCI, BORGHESE, D'AGOSTINO, D'ALESSANDRO, FAENZI, GALATI, MARCOLIN, MERLO, PARISI, RABINO e VEZZALI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal sito del programma Cordis dell'Unione europea, nei laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso è in corso la predisposizione dell'esperimento «Sox», che da aprile 2018 utilizzerà una potente sorgente radioattiva di cerio 144 proveniente da un combustibile radioattivo di un reattore nucleare russo;

   l'esperimento, frutto di una collaborazione internazionale, verrà sviluppato con l'obiettivo di scovare neutrini particolari, detti «sterili», con il principale rivelatore di neutrini oggi in funzione al mondo, Borexino;

   secondo le notizie di stampa la sorgente radioattiva, di proprietà francese, sarà incapsulata nel più grande contenitore di tungsteno mai prodotto e verrà trasportata dalla Russia attraverso la Francia fino ai laboratori;

   i cittadini segnalano forti preoccupazioni sulla vicenda, visto che i laboratori sorgono nel Parco nazionale, territorio ad alto rischio sismico, e l'acqua del Gran Sasso rappresenta l'unica fonte di approvvigionamento idrico per 700 mila cittadini;

   il decreto legislativo n. 152 del 2006 vieta di stoccare sostanze radioattive nelle vicinanze dei punti di captazione;

   l'8 maggio 2017 a causa di un presunto caso di inquinamento dell'acqua proveniente dall'invaso del Gran Sasso per la presenza di sostanze tossiche come il toluene, l'azienda sanitaria locale di Teramo ha adottato per 12 ore un provvedimento di non potabilità;

   il sopra citato episodio ha messo in evidenza la situazione di interferenza tra l'acquifero, le gallerie autostradali e i laboratori che sono a stretto contatto con gli acquedotti di Teramo e L'Aquila;

   a seguito dell'episodio la regione Abruzzo ha attivato un protocollo sulla sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso e ha dichiarato di non essere stata messa a conoscenza della predisposizione dell'esperimento «Sox», chiedendone la sospensione;

   la necessità di chiarimenti in merito a quanto esposto appare pertanto urgente, anche in considerazione dei rischi rilevanti per la sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso –:

   se il Governo sia in possesso di informazioni sulla vicenda esposta in premessa e se intenda fornirle in maniera dettagliata in considerazione delle forti criticità e preoccupazioni in merito ai livelli di tutela delle acque e ai potenziali rischi ambientali e per la salute, al fine di assicurare adeguate misure di tutela e di intervento per la sicurezza del bacino idrico del Gran Sasso.
(3-03307)


   CATANIA. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:

   nell'aprile 2007 il comune di Magliano Romano autorizza una discarica di inerti (137 codici cer, molti dei quali non sono inerti), il cui esercizio è successivamente ceduto ad Idea4 srl che nel luglio 2014 richiede la riclassificazione a discarica di rifiuti speciali. Su tale richiesta la regione non si è ancora espressa;

   i cittadini animano associazioni e comitati opponendosi alla riclassificazione e alle successive autorizzazione della regione, vincendo al tribunale amministrativo regionale ognuno dei sette ricorsi presentati (nuovi codici cer, impianto di trattamento del percolato, tre deroghe ai valori limite di ammissibilità dei rifiuti);

   i comuni dell'area con deliberazioni e sedute congiunte hanno rigettato il progetto e 18.000 firme contro la discarica sono depositate al protocollo della regione;

   nel febbraio 2017 l'Associazione ecologica Monti Sabatini ha inviato due diffide, chiedendo di annullare alcune delibere regionali;

   giornali e televisioni nazionali si sono occupati della discarica che insiste su un terreno di elevatissimo pregio paesaggistico e ambientale ed è a monte, nello stesso bacino idrogeologico, del Parco del Treja e dell'area sic/zps «Fosso Cerreto»;

   sul tema sono state presentate cinque interrogazioni al Consiglio regionale ed un'interrogazione parlamentare (la n. 4-13586). Quest'ultima evidenzia criticità nella conduzione della discarica di inerti, con particolare riguardo alla gestione del percolato e di 64.000 metri cubi di rifiuti inerti, alla presenza di un dissabbiatore fuori dal perimetro di discarica autorizzato, all'eliminazione nelle immediate vicinanze di ettari di bosco (vincolo paesistico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004), all'inquinamento elettromagnetico per gli operatori, all'interferenza con le aree di connessione primaria della rep provinciale e le aree contigue del Parco di Veio, alle ripercussioni su habitat e specie del sic/zps e sul lago superficiale di falda;

   l'elevato flusso di calore geotermico potrebbe portare ad uno sminuimento delle caratteristiche fisiche del livello di impermeabilizzazione della discarica, con diffusione del percolato nelle falde acquifere;

   l'asfaltatura della strada che conduce alla discarica dalla strada provinciale 14 sembrerebbe eseguita senza autorizzazioni;

   Idea4 srl non risulterebbe aver avuto, nei primi 8 anni di gestione della discarica, un rapporto lavorativo regolare con il personale dipendente –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei vincoli paesaggistici e di salvaguardare la citata area sic/zps «Fosso Cerreto», adiacente a quella sulla quale insiste la discarica.
(3-03308)


   PALMA, BRATTI, BORGHI, STELLA BIANCHI, BRAGA, CARRESCIA, COMINELLI, SALVATORE PICCOLO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere –premesso che:

   nella discarica gestita dalla società Resit situata nel comune di Giugliano (Napoli), località Scafarea, si riscontra la presenza contemporanea di più siti inquinati e/o potenzialmente inquinati concentrati in un ambito territoriale molto ristretto caratterizzato da cave dismesse;

   tale zona, dove è stata individuata la cosiddetta «area vasta Masseria del Pozzo-Schiavi», a 2 chilometri da Giugliano si estende su una superficie complessiva di circa 210 ettari e comprende, oltre alla discarica Resit, anche altri siti;

   la Resit, che nel complesso occupa una superficie totale di circa 59.000 metri quadrati ed ha ricevuto una volumetria di rifiuti sversati pari a circa 1.000.000 metri cubi, è suddivisa in due aree, la cava Z e la cava X;

   la cava X, in attività fino al 2004, costituisce un esempio eclatante di come il gestore di una discarica abbia potuto perpetuare una gestione illegale dei rifiuti, che ha provocato una violenza del territorio ed un'alterazione profonda dell'assetto morfologico naturale del sito stesso;

   le operazioni finalizzate al recupero ambientale dell'area vasta hanno richiesto il contributo delle istituzioni preposte per un'approfondita ricostruzione della condizione del sito e del programma di messa in sicurezza e bonifica;

   il 27 luglio 2016 si è finalmente inaugurato il cantiere per la bonifica Resit;

   allo stato attuale risultano effettuati il 40 per cento degli interventi per la messa in sicurezza dell'area, con lavori che hanno riguardato principalmente la risagomatura dei rifiuti nei due corpi di discarica, la stesura, saldatura e posizionamento dei teli e dei geocompost sia in sommità che sulle pendici, l'accumulo in cantiere del terreno necessario per il capping di terreno da posizionare sopra il pacchetto di impermeabilizzazione;

   si è proceduto alla perforazione dei pozzi di biogas e di percolato e ad un primo monitoraggio ambientale delle acque di falda e del percolato;

   il 1o settembre 2017, per quanto consta agli interroganti, il responsabile unico del procedimento della Sogesid ha comunicato la revoca delle autorizzazioni nei confronti del personale Italrecuperi autorizzato;

   sono insorti problemi tra i soggetti responsabili del cantiere con l'apertura, per quanto consta agli interroganti, di un contenzioso giudiziario che vede coinvolte Sogesid, quale stazione appaltante, la capofila Treerre e la Italrecuperi, che rischia di paralizzare il prosieguo delle attività di bonifica –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere nell'interesse delle popolazioni interessate per assicurare la ripresa dei lavori di messa in sicurezza del sito, scongiurando il blocco delle attività nonché il rischio di ulteriori danni ambientali in un'area già compromessa.
(3-03309)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'eco-albergo è un albergo in ambiente naturale atto a favorire il turismo sostenibile o ecoturismo;

   gli eco-alberghi nelle aree protette sono una risposta alla voglia diffusa di turismo «verde» e rispondono alle esigenze di miglioramento della qualità energetico-ambientale delle strutture ricettive, di inserimento delle stesse nel contesto ambientale e storico-paesistico e della gestione responsabile della struttura, sia da parte degli operatori sia da parte dei turisti;

   l'accordo integrativo del programma quadro «aree sensibili: parchi e riserve» (APQ7), sottoscritto in data 4 maggio dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla regione Lazio, prevede, tra l'altro, la realizzazione di strutture ricettive e di fruizione nel borgo rurale di Cartore a Borgorose;

   il borgo di Cartore ubicato alle pendici delle Montagne della Duchessa, è l'unico paese all'interno della riserva naturale regionale Montagne della Duchessa. Attualmente è abitato da una sola famiglia residente;

   il progetto dell'ecoalbergo di Cartore mira a integrare e migliorare l'offerta del complesso dei casali di Cartore per la fruizione della riserva;

   il costo per l'esecuzione di questo intervento è stato preventivato intorno ai 930 mila euro interamente a valere su fondi del Cipe;

   il progetto esecutivo approvato prevedeva che la gara di appalto fosse bandita all'inizio del 2006 e che la durata dei cantieri fosse di circa due anni;

   da notizie stampa si apprende che nel 2011 i lavori si approssimavano alla chiusura;

   all'interrogante, risulta che a tutt'oggi l'ecoalbergo di Cartore non abbia ancora aperto i battenti, arrecando notevoli disagi ai turisti nella fruizione della riserva. Da Cartore, infatti, partono diversi itinerari diretti al lago della Duchessa, con i sentieri CAI 2B e 2C, al Murolungo, in Val di Teve, dalla quale si può giungere al lago attraverso il Malopasso, e al Monte Velino nel confinante Abruzzo. Numerosi sono anche i percorsi nel fondovalle di Cartore per passeggiate a piedi e in bicicletta –:

   quali elementi intendano fornire i Ministri interrogati circa i fatti esposti in premessa;

   se intendano chiarire come siano stati impiegati i fondi stanziati dal Cipe, quali interventi siano stati realizzati e quali siano i tempi di apertura dell'eco-albergo di Cartore.
(5-12472)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico per sapere – premesso che:

   nel comune di Due Carrare (provincia di Padova), in data 17 maggio 2017 la società Deda s.r.l. ha protocollato in municipio la proposta di un nuovo accordo di programma per la costruzione di un nuovo centro commerciale, da realizzarsi in un'area situata a sud della strada provinciale n. 9 – via Mincana e a ridosso del casello autostradale di Terme Euganee, sulla A13;

   tale accordo di programma sostituisce un accordo precedente e prevede che la nuova struttura occupi una superficie di 32.000 metri quadrati per 12 metri di altezza (due piani), con una superficie destinata ai negozi di oltre 60.000 metri quadrati, configurandosi così come il più grande centro commerciale della provincia;

   l'area di intervento è attualmente utilizzata a fini agricoli e ricade nella zonizzazione «D4 Centro Commerciale integrato», ove è consentito l'insediamento di una grande struttura di vendita;

   l'operazione sarebbe finanziata dal fondo di investimento estero Orion European Real Estate Fund IV;

   la nuova struttura in progetto è stata da più parti denunciata come dannosa per il territorio da numerosi punti di vista:

    culturale-paesaggistico: la struttura sorgerà in un contesto tipicamente rurale caratterizzato da presenze architettoniche importanti, come il cinquecentesco castello del Catajo (ubicato a soli 500 metri) e la villa Dolfin-Dal Martello (risalente al XVII secolo), e da zone di interesse storico-ambientale. Nelle immediate vicinanze dell'area di progetto si estende il Parco regionale dei Colli Euganei (istituito nel 1989), ambito di pregio paesaggistico e inserito nella lista dei siti di importanza comunitaria (SIC), e a circa 800 metri scorre il Canale di Battaglia, inserito nella rete dei canali storici;

    economico-commerciale: in una provincia come quella di Padova, in cui negli ultimi anni la presenza della grande distribuzione ha raggiunto 536 metri quadrati ogni 1000 abitanti, un ipermercato delle dimensioni prospettate dal progetto costituirebbe un colpo mortale alla rete di piccoli e medi esercizi commerciali presenti nei centri storici dei paesi, attività queste già in grandissima crisi proprio a causa della concorrenza inaffrontabile di supermercati e centri commerciali (i dati evidenziano che per ogni nuovo posto di lavoro creato dalla futura struttura se ne perderebbero quattro in altri settori);

    viario: il grande afflusso di traffico che una simile struttura richiamerebbe avrebbe effetti deleteri sulla viabilità di una zona già pesantemente interessata da un volume intenso che, in particolare nelle ore di punta, è causa di quotidiani ingorghi sia nella strada provinciale 9 sia nella vicina strada statale 16 – Adriatica;

    ambientale: la costruzione di una simile struttura rischia di vanificare l'obiettivo di ridurre il consumo di suoli in un territorio già pesantemente compromesso. Peraltro la zona è stata soggetta ad allagamenti (si veda l'alluvione che colpì il limitrofo comune di Battaglia Terme nel 2014) e l'impermeabilizzazione di un'area tanto vasta costituirebbe un ulteriore vulnus al delicato assetto idrogeologico dell'area;

   in relazione alle caratteristiche della zona ed alle descritte emergenze rilevabili nel contesto, l'area individuata non appare pertanto idonea alla presenza di una grande struttura di vendita, né le opere di mitigazione previste dal progetto sembrano adeguate a ridurne l'impatto ambientale;

   inoltre, il comune di Due Carrare rientra nell'area interessata alla proposta di candidatura MaB Unesco, lanciata dalla Strada del Vino dei Colli Euganei a fine 2016, un modello per valorizzare l'area dei Colli e Terme Euganee e della Bassa Padovana attraverso la conservazione delle risorse e lo sviluppo sostenibile, col pieno coinvolgimento delle comunità locali, allo scopo di promuovere una relazione equilibrata fra le comunità umane e gli ecosistemi. Quella proposta rappresenterebbe la più vasta area MaB in Europa dedicata alla salute preventiva e alla qualità della vita;

   gli interpellanti ritengono che l'intervento descritto abbia un impatto negativo sul piano ambientale ed economico, perché metterà in grave difficoltà le attività commerciali dei comuni limitrofi, già in crisi da diversi anni, contribuendo ad aumentare il problema della viabilità stradale dell'area con conseguenti danni all'ambiente e alla salute dei residenti –:

   quali iniziative intendano mettere in atto, per quanto di competenza, i Ministri interpellati per tutelare l'integrità paesaggistica ed ambientale del territorio interessato dal progettato nuovo centro commerciale nel comune di Due Carrare;

   se i Ministri interpellati intendano assumere iniziative finalizzate a non concedere, per quanto di competenza, le autorizzazioni e gli assensi necessari alla realizzazione del centro commerciale alla luce dei profili paesaggistici e idrologici e della necessità di tutelare un'area limitrofa ad un sito di interesse comunitario e nella quale sono presenti beni di notevole interesse culturale che potrebbero essere pesantemente compromessi dall'opera.
(2-01978) «Narduolo, Naccarato, Camani, Zan, Rotta, Crivellari, Casellato, Rubinato, Ginato, Oliverio, Miotto, Pastorelli, Rampi, Moretto, Crimì, Realacci, Zardini, Cominelli, Senaldi, Taricco, Cova, Malisani, D'Ottavio, Stella Bianchi, Paola Boldrini, Piccoli Nardelli, Iori, Becattini, Terrosi, Nicoletti, Sbrollini».

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 13 ottobre 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili;

   la norma contenuta all'articolo 17 – Liberalizzazione in materia di collecting diritti d'autore – disciplina la raccolta dei diritti d'autore della Siae, la società italiana degli autori ed editori;

   nel comunicato stampa del Governo si legge: «è superato il monopolio della SIAE in materia di raccolta dei diritti d'autore, estendendo a tutti gli organismi di gestione collettiva – ossia gli enti senza fine di lucro e a base associativa – operanti sul territorio dell'UE, la possibilità di operare direttamente sul mercato italiano, senza alcuna intermediazione da parte della SIAE»;

   solo l'Italia e la Repubblica Ceca conservano un monopolio nel mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore;

   la direzione generale sul digitale della Commissione europea, nel febbraio 2017, aveva richiamato il Governo italiano al recepimento integrale ed effettivo della direttiva «Barnier» (2014/26) sul copyright delle opere musicali, normativa, invece, disattesa, ad avviso dell'interrogante, anche dal recentissimo decreto-legge che non ha accolto le indicazioni in tema di liberalizzazione della gestione dei diritti d'autore;

   la direttiva «Barnier» stabilisce la libertà degli autori di scegliere a chi affidare la rappresentanza dei propri diritti, se a una società di gestione collettiva oppure a una entità di gestione indipendente;

   Soundreef, principale competitor di Siae, è società privata a scopo di lucro che quindi non risponde ai requisiti di legge malgrado migliaia di cantanti italiani, tra cui Fedez e Gigi D'Alessio, abbiano deciso liberamente di affidare alla stessa la tutela del proprio catalogo;

   una disputa legale e commerciale da mesi vede contrapposti Siae e Soundreef –:

   quali siano stati i criteri adottati per definire i requisiti di cui devono essere in possesso gli enti o le associazioni per operare «direttamente sul mercato italiano, senza alcuna intermediazione da parte della SIAE».
(4-18178)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI e PIRAS. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'associazione «Il movimento libera rappresentanza», è un'organizzazione non politica, senza scopi di lucro, nata dalla volontà di un gruppo di cittadini che desiderano unire la società civile con quella «militare», alla quale partecipano anche membri osservatori di Euromil, l'organizzazione internazionale delle associazioni militari. In data 1o giugno 2015, a firma del proprio consulente legale l'avvocato Francesco Pandolfi «esperto in diritto militare», compare sul blog dell'associazione il seguente contributo dal titolo: «Militari: indice di massa corporea», nel quale si descriveva come:

    «Lo Stato Maggiore dell'Esercito applica al personale militare la cosiddetta circolare I.M.C, “indice di massa corporea”, che fissa un limite tra l'idoneità e la non idoneità al servizio, ossia il limite del 30 per cento per gli uomini e il 28 per cento per le donne, riconducendo il controllo ad una mera applicazione di una formula matematica senza tenere contro della specificità di ogni individuo. Sembra però che detta circolare venga applicata in maniera generica sul personale: chi non rientra nei requisiti previsti (elaborazione matematica di valori antropometrici) viene collocato in convalescenza per lunghi periodi, fino a 180 giorni, senza lavorare, il tutto per ridurre l'IMC di almeno un punto: dopo di ciò si avvia la fase delle convalescenze, fino a due anni. Da un lato si tratta di un grave spreco economico poiché si pagano persone collocate dalla propria amministrazione a riposo coatto, dall'altra parte queste interminabili convalescenze mettono a rischio l'impiego del militare. Ora, stando ai principi di medicina legale, al fine di valutare l'idoneità o meno al servizio, si individua come sbarramento un'infermità ascrivibile ad una 5o o 6o categoria comunque, tale patologia deve essere in netto contrasto con l'espletazione dei compiti d'istituto»;

   nel medesimo contributo si legge che «nelle tabelle delle valutazioni di infermità, l'obesità non viene menzionata; le CMO applicano la normativa rigidamente rispetto ad altre patologie permanenti. Non potendo riformare solo per l'obesità, tendono a far sforare i 730 giorni (stipendiati senza lavorare per risposo forzato) di aspettativa, con conseguente decadimento dal servizio e con la possibilità di non transitare nei ruoli civili. Per quanto concerne invece l'invalidità civile, la percentuale d'invalidità che può essere concessa ad un soggetto obeso (soltanto in presenza di obesità di terzo grado con IMC superiore a 40 per cento) va dal 31 per cento al 40 per cento in quei soggetti con limitata funzionalità e con masse adipose voluminose tali da non poter svolgere le normali attività»;

   nel documento è altresì evidenziato che «è corretto considerare l'obesità come una patologia vera e propria da trattare come tale, ovvero con percorsi personali mirati di rieducazione elementare e di sport. Un ambiente di lavoro particolarmente stressante può condurre alcune persone ad un deperimento generale, altre all'impinguamento: si può pretendere che una persona possa intraprendere un percorso per ristabilire un equilibrio salutistico se subisce la costante pressione psicologica della paura di perdere il lavoro? Sembra arduo giungere a valutare l'obesità in funzione del grado e dell'incarico, che, evidentemente, non corrispondono a parametri medici»;

   nello stesso documento si rileva che «rispetto alla questione tesa a verificare e far rientrare il personale militare all'interno dei parametri ponderali, indicati dalla direttiva di forza armata, sovente sono state sollevate da parte del personale domande e perplessità che fanno emergere forti dubbi e lacune normative»;

   a giudizio dell'interrogante è condivisibile quanto esposto nel suddetto documento, laddove si legge ancora che «si ritiene opportuno rivedere alcuni parametri giudicati eccessivi e privi di fondamento scientifico con un ulteriore elemento di dubbio, nascente dal fatto che la normativa vigente preveda, in caso di superamento della percentuale del 30 per cento, l'obbligo per il personale di essere posto in convalescenza attraverso un lesivo meccanismo di deliberata “esclusione” anziché “inclusione” della persona dall'ambito lavorativo. Di fatto la persona si ritrova sola a gestire e risolvere la propria condizione»;

   «la tutela della salute si evidenzia inoltre nel documento è scopo primario di ogni norma e, per questo, occorre un vero e proprio cambiamento di “filosofia”, atto a preservare e mettere al centro della problematica la persona. L'aiuto va portato in loco con l'ausilio del DSS, degli istruttori ginnico-militari, per seguire un programma alimentare e sportivo all'interno delle strutture e in orari di servizio, evitando di porre, in convalescenza e con obbligo di presentarsi alle visite preposte solo alla scadenza di questa. La convalescenza produce effetti dirompenti in termini di carriera e giuste aspettative in capo al personale rappresentato: non vengono effettuate le minime consulenze specialistiche in materia, nonostante provvedimenti quali quelli della collocazione in convalescenza (che rischiano di determinare la perdita del posto di lavoro). È noto che tali “rischi” non sussistono per gli appartenenti ad altre Forze armate, tanto meno in capo al comparto sicurezza, e ciò nonostante, i dettami legislativi di equa ordinazione. Le disposizioni in materia di I.M.C. possono portare fino alla perdita del posto di lavoro per riforma, ciò in palese disparità di trattamento tra il personale dello stesso comparto o tra i comparti Difesa-Sicurezza». Il Ministero della salute dà indicazioni ben precise sull'unità di misura I.M.C.;

   l'IMC può determinare orientativamente, la valutazione del sovrappeso e dell'obesità, ma non dell'effettiva composizione della massa corporea di un individuo: in altri termini, l'IMC non distingue la massa grassa dalla massa magra. In questo modo, si presenta l'evidente rischio di sovrastimare il grasso corporeo in soggetti, come gli sportivi, che hanno una corporatura muscolosa, oppure di sottostimare il grasso corporeo in soggetti anziani, che hanno meno massa muscolare. L'IMC non consente, pertanto, di conoscere la distribuzione del grasso corporeo che, invece, è fondamentale identificare nella sua localizzazione. La distribuzione di grasso maschile, detta «androide» si associa ad una maggiore presenza di tessuto adiposo nella regione addominale, toracica, dorsale. La distribuzione di grasso «a pera» detta «ginoide» (o anche sottocutanea) si caratterizza per una presenza delle masse adipose nella metà inferiore dell'addome, nelle regioni glutee e in quelle femorali. Con l'utilizzo dell'indice di massa corporea non sarà mai possibile, ad esempio, scoprire le differenze sostanziali tra soggetto femminile e soggetto maschile, avuto riguardo alla percentuale corporea di massa grassa e massa magra. Dunque, l'indice può essere indifferentemente utilizzato sia nei confronti degli uomini, che nei confronti delle donne: è questo uno dei suoi limiti, non rappresentando alcuna distinzione uomo/donna; gli studi medico – clinici e le stesse valutazioni dell'OMS ci dicono che le donne hanno un grasso maggiore rispetto agli uomini. Discorso a parte va fatto per tutte le persone un po’ più avanti con l'età. Questa categoria di soggetti è infatti influenzata da altri fattori, rispetto agli adulti più giovani, come le modificazioni biologiche collegate all'età, allo stato di salute, allo stile di vita, ai fattori socioeconomici: è possibile, quindi, tranquillamente dedurre che per entrambi i sessi l'efficacia dell'IMC diminuisce con il passare dell'età. In buona sostanza, l'IMC, per la sua semplicità, non dà a giudizio dell'interrogante indicazioni utili sulla distribuzione del grasso corporeo, che invece sarebbe molto importante identificare –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare in merito;

   se il Ministro della difesa intenda assumere iniziative volte a modificare la circolare di cui in premessa;

   come si concili l'applicazione della suddetta circolare con la normativa vigente in materia di diritti universali dell'uomo e di tutela della salute della persona, con quanto previsto dall'atto di arruolamento sottoscritto dai quadri permanenti, nonché con l'equo ordinamento tra le Forze armate e le Forze dell'ordine.
(4-18168)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   a gestire il complesso sistema informatico di trasmissione dei dati fiscali e delle comunicazioni dei contribuenti italiani all'Agenzia delle entrate è la Sogei, società pubblica (che si occupa appunto di custodire e far funzionare l'enorme archivio dell'anagrafe tributaria), vigilata dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   purtroppo, dal 2008, il Garante per la protezione dei dati personali segnala evidenti criticità nei sistemi di protezione dei dati, che, nel caso dello «spesometro» (una delle comunicazioni obbligatorie che i soggetti titolari di partita Iva, imprese e lavoratori autonomi sono tenuti ad inviare all'Agenzia delle entrate), hanno prodotto la violazione di dati sensibili di diversi utenti;

   numerosi professionisti hanno segnalato falle nel sistema di trasmissione dati per lo «spesometro»: una volta inserite le credenziali Entratel (servizio telematico che consente la trasmissione telematica di documenti, dichiarazioni ed atti) si poteva accedere a dati dello «spesometro» di altro contribuente e alle sue liquidazioni Iva semplicemente, inserendo il suo codice fiscale. Tramite codice fiscale un intermediario poteva avere accesso anche ai dati relativi agli assistiti (in caso di modifica scattava, però, un alert al titolare dalle informazioni). Infine, inserendo per errore una cifra sbagliata del codice della ricevuta di invio, si potevano visualizzare dettagli altrui;

   la risposta dell'amministratore delegato della Sogei, Andrea Quacivi, nell'audizione parlamentare sulla vicenda all'interrogante non è parsa convincente: l'amministratore delegato, infatti, ha parlato di un incidente di percorso, di un'eccezione alla regola di un sistema di protezione che, dal 1976 ad oggi, è risultato, a suo dire, inattaccabile;

   come anticipato, il Garante per la protezione dei dati personali non è della stessa idea, avendo riscontrato, da almeno 9 anni, ripetute criticità nella protezione dei dati del sistema informatico del fisco, con la Sogei colpevole di non aver provveduto a rendere il sistema sicuro, né prima né dopo le segnalazioni;

   la prima segnalazione documentata del Garante risale al 18 settembre 2008, relativa ai problemi di accesso all'anagrafe tributaria da parte dei soggetti esterni ed alla mancanza di un quadro d'insieme su chi si collegava al sistema, nonché di certificati attendibili a garanzia della riservatezza, con il rischio di acquisizione indebita di credenziali di autenticazione e successivi utilizzi impropri dell'applicazione;

   altre segnalazioni simili sono arrivate nel 2009, 2012, 2015, 2016 e 2017 e dimostrano che il problema è strutturale e che le preoccupazioni del Garante sono continue;

   per questo motivo il Garante, nella persona di Antonello Soro, ad inizio 2017 ha scritto al Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, nonché all'allora direttore generale dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, segnalando le vulnerabilità del sistema Sogei, con particolare riferimento al sito servizitelematici.gov.it, al Ftp (file transfer protocol per lo scambio automatizzato di dati), alla mancanza di alert sugli accessi effettuati da parte di soggetti diversi dal titolare dei dati e sui rischi del rilascio delle credenziali di accesso a Fisconline tramite busta domiciliata;

   la Sogei gestisce da 41 anni tutta la storia fiscale di oltre 60 milioni di italiani e sta procurando, secondo l'interrogante, a tutto il sistema fiscale un enorme danno di immagine –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, con gli strumenti di competenza e di concerto con l'Agenzia delle entrate, sia sul piano dell'implementazione tecnologica, sia sul piano della revisione organizzativa, per innalzare i livelli di sicurezza degli accessi e della condivisione di dati ed informazioni sensibili degli utenti attraverso il sistema informatico di trasmissione dei dati fiscali, delle comunicazioni e delle segnalazioni gestito dalla Sogei, affinché non si ripetano più falle nel sistema di protezione.
(4-18183)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in Emilia-Romagna sono ubicate dieci strutture detentive per una capienza totale di 2.824 detenuti;

   l'attuale popolazione carceraria presente in Emilia-Romagna risulta essere di 3.514 detenuti (dati ufficiali del Ministero della giustizia aggiornati al 30 settembre 2017);

   la situazione, quindi, vede 690 detenuti in eccesso che coinvolgono otto dei dieci istituti presenti in Emilia-Romagna: soltanto la casa di reclusione di Castelfranco Emilia (MO) e la casa circondariale di Forlì risultano essere gli istituti senza problemi di sovraffollamento;

   alcuni casi riguardanti gli altri istituti sovraffollati sono di estrema gravità: nella casa circondariale di Bologna il sovraffollamento tocca il 156 per cento della popolazione carceraria regolare, mentre nella casa circondariale di Ferrara e nella casa di reclusione di Parma si registra un indice di sovraffollamento, rispettivamente, del 154 per cento e del 124 per cento. La «San Lazzaro» di Piacenza registra un indice di sovraffollamento del 118 per cento;

   ad oggi e con i numeri di cui sopra, la pianta organica della polizia penitenziale prevedrebbe in Emilia-Romagna la presenza di: 38 commissari, 232 ispettori, 238 sovraintendenti e 1883 agenti/assistenti;

   la realtà è molto meno «prospera», visto che dai dati forniti dalle organizzazioni sindacali a maggio 2017 l'attuale pianta organica della polizia penitenziale risulta contare su: 22 commissari, 88 ispettori, 67 sovraintendenti, 1.559 agenti/assistenti;

   in sintesi, è attiva, ad oggi, una copertura pari soltanto al 75,53 per cento, con 1,93 detenuti per ogni singolo agente, quando il rapporto regolare prevedrebbe 1,18 detenuti per agente;

   il «caso limite» a livello numerico è proprio quello della casa circondariale «San Lazzaro» di Piacenza, una struttura carceraria sovraffollata, nella quale la polizia penitenziaria è sotto organico del 30 per cento, con 2,65 detenuti ad agente;

   una situazione che grava tutta sulle spalle di quegli agenti che quotidianamente mettono a rischio la propria incolumità nell'adempimento del proprio dovere, tenuto anche conto del progressivo aumento del numero di aggressioni, colluttazioni e ferimenti che si registra ogni giorno nelle strutture detentive dell'Emilia-Romagna –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione esposta in premessa e se non intenda adottare le opportune iniziative per rendere la pianta organica della polizia penitenziaria sufficiente a far fronte al sovraffollamento di detenuti in Emilia-Romagna, anche promuovendo un'immediata iniziativa di natura normativa affinché sia previsto un piano straordinario di nuove assunzioni di agenti.
(4-18173)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da fonti di stampa si apprende che la Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, avrebbe firmato due decreti che autorizzano 5.590 assunzioni con ingressi immediati entro il 2017 – con risorse degli anni precedenti – e 2.313 attraverso nuovi concorsi, che seguiranno le regole della riforma della pubblica amministrazione;

   si tratterebbe di 2.033 assunzioni nell'Arma dei carabinieri (a valere sul 2016), 1.032 nella Polizia, 619 nella Guardia di finanza, 1.090 nella polizia penitenziaria e 375 nei Vigili del fuoco;

   i nuovi concorsi – da svolgere entro il 2019 – saranno diretti alle assunzioni di personale nelle amministrazioni centrali: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (509 posti), Inps (730 posti), Agenzia delle entrate (236 posti) e Ministero dell'economia e delle finanze (517 posti);

   le nuove linee guida per i concorsi pubblici, che il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione sta definendo, non prevedono iniziative governative indirizzate ad assumere direttamente o tramite specifici concorsi i cosiddetti «precari della giustizia»: circa 2.000 lavoratori, che da 8 anni operano negli uffici giudiziari con un rapporto di tirocinio formativo;

   nel 2015, il bacino dei tirocinanti è stato diviso da un decreto che ha lasciato molto discutere; a seguito di quel decreto:

    1.000 tirocinanti sono entrati a far parte dell'ufficio per il processo, ormai al secondo anno e in scadenza tra due mesi, a dicembre 2017;

    mentre altri 1.000 circa, sono gli esclusi dall'ufficio del processo, lavoratori anche loro formati con i tirocini di completamento e perfezionamento;

   a giudizio degli interroganti ciò è una mancanza inaccettabile, considerata la carenza di personale amministrativo degli uffici giudiziari, ormai diventata cronica con circa 10 mila posti scoperti, una carenza che rischia di portare al blocco l'intero sistema giudiziario;

   lo stesso Governo assicurò che non avrebbe «lasciato nessuno a casa», prendendo un preciso impegno nei confronti di tutti questi lavoratori, per i quali è stata erogata una formazione destinata all'inserimento e al reinserimento lavorativo;

   gli interroganti ritengono che, attraverso i nuovi reclutamenti di personale e gli sportelli di prossimità, sia possibile la contrattualizzazione dei lavoratori formati in questi anni sui quali l'amministrazione ha investito ingenti risorse economiche e organizzative, conseguendo sul campo notevoli risultati –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per i tirocinanti cosiddetti «precari della giustizia», operanti nell'ufficio per il processo o comunque formati ex articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, volte a prevedere l'assunzione con ingresso diretto, tramite procedure concorsuali a norma di legge (ad esempio, ai sensi della legge n. 56 del 1987, articolo 16), così come previsto dal Ministero della giustizia nell'accordo in tema di revisione dei profili professionali.
(4-18175)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCOPELLITI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, prevede all'articolo 4 l'istituzione di un'Agenzia per la somministrazione del lavoro portuale e per la riqualificazione professionale;

   tale misura è concepita dal legislatore come speciale e transitoria, in quanto destinata ad operare per la durata massima di tre anni;

   l'istituzione della suddetta agenzia riguarda i porti in cui l'80 per cento delle movimentazioni di merci tramite container avvenga o comunque sia avvenuta transhipment negli ultimi cinque anni e persistano da almeno un quinquennio situazioni di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche;

   la norma prevede che l'agenzia svolga funzioni di supporto alla collocazione professionale dei lavoratori iscritti nei propri elenchi, anche attraverso la loro formazione professionale in relazione alle iniziative economiche ed agli sviluppi industriali dell'area di competenza dell'autorità di sistema portuale;

   l'istituzione di tale organo costituisce una risposta all'esigenza di sostenere i livelli occupazionali in attesa dell'ampliamento infrastrutturale e della riconversione industriale nei principali hub interessati dalla crisi del trasbordo;

   tale agenzia sarebbe dovuta essere costituita nel porto di Gioia Tauro, ma ad oggi essa non è ancora operativa nonostante l'approvazione del regolamento interno per la chiamata al lavoro e la formazione degli operai;

   a distanza di due mesi dal licenziamento dei lavoratori della società Medcenter container terminal (società che gestisce il porto di Gioia Tauro) non sono state avviate procedure atte a supportare i lavoratori –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rendere operativa l'Agenzia di somministrazione del lavoro portuale del porto di Gioia Tauro, rendendo così effettiva la sua funzione a supporto dei lavoratori del porto medesimo.
(3-03310)


   CERA, BUTTIGLIONE, BINETTI e DE MITA. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

   il potenziamento dei collegamenti stradali in provincia di Foggia è atteso da più di quarant'anni;

   il Gargano rappresenta da solo il 40 per cento delle presenze turistiche che ogni anno si rilevano in Puglia, registrando nei periodi estivi un considerevole aumento di auto, camper e mezzi di trasporto;

   purtroppo, la sua rete stradale è ferma a un sistema viario datato e non più rispondente ai tempi odierni, per questo ogni anno è altissimo il numero di incidenti che si registrano su queste strade, specialmente nel periodo estivo;

   in particolare non è facile raggiungere le località turistiche più rinomate, Vieste e Peschici, che hanno due sole strade: la strada statale 89 e la «scorrimento veloce» del Gargano. Entrambe, però, si fermano lontane dalla meta, la prima a Mattinata, la seconda a Vico del Gargano, ovvero a circa 40 chilometri da Vieste –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di rispondere all'esigenza di completare i collegamenti stradali, realizzando gli ultimi tratti che riguardano la «scorrimento veloce» e la strada statale 89.
(3-03311)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 1° agosto 2017 gli scali di Linate e Malpensa erano stati oggetto di una forte mobilitazione dei lavoratori dell’handling, finalizzata ad impedire il subappalto dei servizi alla cooperativa Alpina da parte di AGS;

   le buone ragioni dei lavoratori erano state riconosciute anche da Sea, che aveva sospeso cautelativamente l'operatività di Alpina, in attesa di eventuali modifiche regolamentari da parte di Enac riguardanti proprio la delicata materia del subappalto;

   si ricorda, infatti, che dalla qualità dei servizi di handling dipende anche la sicurezza di un ambiente delicato e strategico come gli scali aeroportuali e che non appare possibile sostenere che le garanzie offerte da una società possano essere automaticamente presupposte anche per un subappaltatore;

   in attesa del giudizio di merito, nel frattempo Tar e Consiglio di Stato hanno rigettato la richiesta di sospensiva presentata da Sea rispetto all'operatività di Alpina, che è così tornata nello scalo lombardo;

   questo contrasta peraltro con le stesse intenzioni di Enac, che sarebbe in procinto di apportare una modifica regolamentare che renda molto più rigide proprio le possibilità di subappalto;

   il 13 ottobre 2017 una nuova mobilitazione di tutti i sindacati di Linate e Malpensa è tornata a porre la questione dei subappalti e in particolare di Alpina, chiedendo che Enac acceleri l'adozione del nuovo regolamento e che le società impegnate nell’handling siano obbligate a rispettare integralmente il Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria –:

   se il Governo intenda affiancare Enac nel processo di riforma, per garantire la massima celerità e la formalizzazione di quanto previsto nella bozza finora circolata, e per prevedere, eventualmente, un numero massimo di operatori handling per scalo;

   se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per evitare che i lavoratori coinvolti nella vertenza di agosto 2017 vengano sanzionati, anche in considerazione del fatto che questa era scattata per il mancato intervento delle autorità in relazione all'operato di Alpina, nonostante le denunce delle organizzazioni sindacali;

   se intenda vagliare la possibilità di assumere iniziative per la definizione di un regolamento nazionale del trasporto aereo che – oltre a dettare regole uguali per tutti – operi nella direzione di una chiara precisazione di quante aziende di handling possano, al massimo, lavorare in un singolo scalo.
(4-18170)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Sacal spa, società che gestisce gli aeroporti di Lamezia Terme, Crotone e Reggio Calabria, ha comunicato in data 9 ottobre 2017 che l'assemblea dei soci ha approvato il bilancio 2016 della società deliberando il ripianamento di perdite di circa 5,5 milioni di euro (1,5 milioni riferito al 2016, mentre 4,1 milioni fino al 2015), in parte coperte con riserve della società per circa 2 milioni, mentre rimangono da ripianare intorno ai 3,6 milioni di euro;

   nonostante le evidenti criticità finanziarie, nel corso dell'estate 2017, sono stati pubblicati dalla Sacal degli avvisi pubblici per la selezione di personale da impiegare sia all'aeroporto di Reggio Calabria, sia come risorse di staff;

   le suddette procedure selettive, pur essendo state pubblicate sul sito istituzionale della società, hanno avuto minima pubblicità da parte della Sacal e da parte dell'amministrazione comunale di Lamezia Terme;

   a fine giugno 2017, la Sacal Gh, società che gestisce i servizi a terra dell'aeroporto di Lamezia Terme, a quanto risulta agli interroganti ha aggiudicato, a seguito dell'indagine di mercato, alla società Etjca spa il servizio per la selezione e somministrazione di lavoro temporaneo per n. 20 risorse (6° livello contratto collettivo nazionale di lavoro Assohandler), da adibire alla mansione di addetto di scalo presso l'aeroporto di Lamezia Terme;

   da quando risulta agli interroganti la suddetta società Etjca starebbe erogando corsi di formazione per personale da impiegare in mansioni specifiche che riguardano le attività aeroportuali gestite da Sacal;

   tale procedura evidenzia, secondo gli interroganti, una situazione di palese discriminazione, in quanto consente solo alle poche persone informate, di accedere ai corsi di formazione e di conseguenza di partecipare alle procedure di selezione di Sacal Gh per l'assunzione di personale;

   le situazioni sopra riportate evidenziano gravissime carenze sul piano della trasparenza e della meritocrazia per quanto riguarda il reclutamento di personale, sia in Sacal che in Sacal Gh, escludendo nei fatti tantissimi disoccupati e persone giovani in cerca di lavoro;

   come emerso anche nell'ultima operazione Eumenidi, in passato la selezione del personale in Sacal, in particolare all'aeroporto di Lamezia Terme, è stata in tantissimi casi dettato, da logiche di vicinanza e convenienza politica, in chiave elettorale, escludendo qualsiasi criterio di merito, violando le stesse norme per il reclutamento di personale nelle società a partecipazione pubblica e determinando in questo modo addirittura l'assunzione in Sacal di persone vicine ad ambiente criminali;

   se evidenzia il paradosso del perdurare delle criticità finanziarie della società rispetto al crescente numero di passeggeri dell'aeroporto di Lamezia Terme, che ha visto lo scalo lametino crescere quasi dell'8 per cento rispetto al 2015 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché la situazione gestionale e finanziaria sopra descritta della SACAL non comprometta la qualità dei servizi all'utenza e lo sviluppo del sistema aeroportuale calabrese, secondo princìpi di legalità e trasparenza.
(4-18186)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   SCAGLIUSI, SIMONE VALENTE, PESCO, LUIGI DI MAIO, TONINELLI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE e DEL GROSSO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:

   le elezioni regionali siciliane del 5 novembre 2017 sono un momento di vitale importanza per la comunità territoriale interessata e per l'intera nazione;

   in presenza di diversi candidati «impresentabili» – ricompresi nelle liste che sostengono gli aspiranti presidenti della giunta regionale sia della coalizione di centrodestra che di centrosinistra – desta particolare preoccupazione ai fini della regolarità del voto;

   vi sono personaggi colpiti da accuse gravissime. Solo per citare le più eclatanti: un notaio sotto processo con l'accusa di aver rogato atti pubblici falsi per favorire un'organizzazione criminale; si registrano, altresì, utilizzo improprio di fondi per la formazione professionale, adulterazione delle acque, frode nell'esercizio del commercio, falsa testimonianza, estorsione. Nei giorni scorsi un candidato è stato addirittura arrestato;

   l'aspetto più preoccupante è che vi sono anche numerosi casi di candidati sotto inchiesta per reati legati specificamente al procedimento elettorale: molti sono colpiti da accuse come truffa aggravata, corruzione elettorale e voto di scambio. Si tratta di situazioni che tipicamente conducono ad un'atmosfera di intimidazione nei confronti della cittadinanza che turba il regolare svolgimento della competizione elettorale;

   casi preoccupanti di inquinamento del procedimento elettorale si verificano da tempo in Italia e nulla lascia presagire che le imminenti elezioni siciliane, data la loro primaria rilevanza anche dal punto di vista nazionale, saranno libere da inquinamenti estranei alle logiche proprie di una competizione in un Paese democratico;

   soprattutto alla luce di quanto sino ad ora esposto, l'attività di monitoraggio elettorale costituisce una componente fondamentale della politica dell'Unione europea ed essa ha avuto e ha ad oggetto eventi elettorali di tutti i Paesi, a prescindere dal loro tasso di sviluppo democratico, come avvenuto recentemente in Stati Uniti ed in Gran Bretagna;

   preme segnalare, infine, che a luglio 2016 con decisione unanime, i 57 Paesi membri dell'Osce hanno conferito all'Italia la presidenza per l'anno 2018. Sarebbe importantissimo, anche in vista dell'anno di presidenza italiana, dare l'esempio e far monitorare le elezioni siciliane, visto che il nostro Paese sarà già impegnato ad ospitare il 24 e 25 ottobre 2017 proprio a Palermo una conferenza Osce che avrà come tema il Mediterraneo –:

   se il Governo non ritenga di adottare tempestivamente iniziative, anche normative, per avanzare all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) la richiesta di invio di osservatori elettorali in occasione delle prossime elezioni regionali siciliane del 5 novembre 2017, al fine di assicurare la loro presenza presso gli uffici elettorali di sezione.
(3-03306)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, BOCCUZZI e D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di aprile del 2017, con apposita delibera, la giunta comunale di Torino definiva la nuova progettualità dedicata al libero scambio, individuando il luogo e le modalità del mercato denominato comunemente «Barattolo»;

   «Con l'approvazione di questa delibera — affermava Marco Giusta, assessore alle Politiche per l'Integrazione della Città di Torino — il mercato di libero scambio ha regole chiare e spazi definiti. Una soluzione attesa e necessaria per contrastare abusivismo e illegalità e assicurare a operatrici e operatori un luogo idoneo allo svolgimento delle loro attività. Il trasferimento di Barattolo nella nuova zona, che risponde ai criteri di bassa densità abitativa ma alta accessibilità con i mezzi pubblici rappresenta un'opportunità di riqualificazione e valorizzazione. Le novità di Barattolo, inoltre, i controlli incrociati con la Guardia di Finanza su operatrici e operatori, la prenotazione anticipata così da evitare la ressa di primo mattino, e regole stringenti sulla provenienza degli oggetti, sono frutto del lungo lavoro di uffici, associazioni e cittadinanza negli ultimi mesi e rispondono alle precise richieste di miglioramento delle attività di libero scambio»;

   nel corso dei mesi esponenti del consiglio comunale di Torino, associazioni di categoria, comitati di quartiere, hanno espresso preoccupazioni e perplessità su tale mercato relativi a gravi problemi di pubblica sicurezza e sull'origine non certificata di parte della merce venduta, in alcuni casi contraffatta o addirittura rubata;

   criticità erano state rimarcate da mesi da Luca Deri, presidente della circoscrizione 7 di Torino, che ha invitato più volte il sindaco di Torino Chiara Appendino a confrontarsi con i cittadini sul regolamento del «Barattolo» senza ottenere alcuna risposta;

   nella giornata di domenica 15 ottobre 2017 nel corso di una discussione tra due venditori del «Barattolo» un cittadino nigeriano (che sarebbe secondo fonti stampa in possesso di permesso di soggiorno) ha ucciso un cittadino italiano e ferito un altro uomo prima di essere arrestato;

   secondo le prime ricostruzioni la lite sarebbe nata per futili motivi e il venditore nigeriano non sarebbe stato in possesso di regolare licenza per poter partecipare al «Barattolo»;

   è anche emerso da fonti stampa che il mercato, in seguito all'omicidio, non sarebbe stato subito sospeso ed un consigliere della circoscrizione 7 di Torino del M5S avrebbe addirittura dichiarato che la «sicurezza interna ha saputo reagire subito e i soccorsi sono arrivati in tempi rapidi; ha funzionato tutto benissimo; poteva capitare ovunque; tutto si è risolto per il meglio»;

   dopo l'omicidio i comitati di quartiere hanno manifestato contro la presenza del «Barattolo» e alcune forze politiche ed il presidente della circoscrizione 7 di Torino hanno chiesto l'immediata chiusura del mercato;

   appare evidente come l'attuale mercato «Barattolo» rappresenti un luogo dove sia impossibile garantire legalità e pubblica sicurezza –:

   se sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere per evitare che il mercato denominato il «Barattolo» possa continuare a rappresentare un luogo pericoloso per la sicurezza dei residenti, dei venditori e degli acquirenti.
(5-12476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI e RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Lombardia ospita un milione e 314 mila immigrati, tra cui circa 96.000 irregolari. Se tra i lombardi il tasso di disoccupazione si attesta intorno all'8 per cento, tra gli immigrati residenti in Lombardia ben 18,1 su 100 risultano inattivi, un dato che tocca la punta del 28,1 per cento tra la popolazione femminile. Il territorio lombardo non può permettersi di accogliere altri immigrati, soprattutto i cosiddetti migranti economici;

   in Lombardia i residenti stranieri rappresentano il 13,1 per cento della popolazione, contro 1'8,3 nazionale, e in alcune aree questa percentuale raggiunge picchi più elevati, come il 21,5 della città di Milano o il 14,9 della provincia di Brescia. In piena crisi occupazionale non ci si può permettere di aprire le porte a chi si reca sul territorio per motivi di carattere economico;

   nel periodo che va dal 1° luglio 2015 al 1° luglio 2016 la componente regolare si è ridotta di 8.000 unità, ma a fronte di 50.000 acquisizioni di cittadinanza. La variazione totale comprensiva delle acquisizioni di cittadinanza in Lombardia vede dunque un aumento di 43.600 unità, inteso come differenza tra gli ingressi nella popolazione e le vere e proprie uscite dal territorio lombardo. Sono inoltre 1.000 in più dell'anno precedente i soggetti irregolari rispetto al soggiorno. Questi ultimi, che già nel biennio precedente erano complessivamente aumentati di 8-9.000 unità, registrano un ulteriore modesto rialzo che li porta ad attestarsi a poco meno di 97.000; un valore che ripropone il dato del 2012 e a cui corrisponde un tasso (per 100 presenti) del 7,3 per cento. Sono 894.300 le persone in più rispetto al 2001 (419.700 presenze);

   notizie di stampa raccontano di come alcune linee di superficie dei mezzi pubblici durante le ore notturne diventino teatro di scorribande per immigrati e sbandati di ogni tipo;

   le linee più pericolose per i cittadini sono la 90-91, la 92 e la 56, ove sono presenti passeggeri senza biglietto; le guardie giurate riportano di stupri e rapine sventate a bordo dei mezzi;

   dai dati si evince anche come il lavoro di autisti e controllori sia veramente pericoloso: nel 2016 le aggressioni al personale di bordo sono state 106 –:

   come il Ministro interrogato intenda affrontare la questione della sicurezza per i cittadini milanesi che si spostano con i mezzi pubblici, sicurezza che gli interroganti ritengono debba essere garantita non da privati ma dalle forze dell'ordine, per identificare chi commette eventuali crimini e anche chi non ha diritto a restare sul territorio italiano.
(4-18171)


   BONAFEDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della puntata de «Le Iene» andata in onda l'8 ottobre 2017, è stato trasmesso un servizio riguardante il fenomeno «Blue Whale», la cosiddetta «balena blu», consistente in un gioco pericolosissimo costituito da una serie di sfide a livello «social» rivolto ai ragazzi, che li porterebbe a sostenere diverse prove estreme in un ristretto arco temporale, fino ad arrivare all'invito al suicidio;

   il gioco, diffuso in rete anche attraverso le chat dei telefonini, sta destando moltissima preoccupazione a livello internazionale ma anche tra le famiglie italiane. Si starebbero ripetendo alcuni precisi segnali riconducibili a questa pratica perversa che sta coinvolgendo sempre più giovani, spinti ad attenersi a rigide regole dal seguente tenore: «(...) incidetevi sulla mano con il rasoio “f57” e inviate una foto al curatore», «(...) il curatore vi dirà la data della vostra morte e voi dovrete accettarla», «(...) alzatevi alle 4.20 del mattino e andate a visitare i binari di una stazione ferroviaria»;

   dal servizio televisivo dell'8 ottobre 2017 si evince che il suddetto fenomeno non sarebbe stato preso nella giusta considerazione da parte del sistema mediatico nazionale che, di fatto, ha inspiegabilmente sminuito la gravità di un fenomeno pericolosissimo fino a metterne in discussione la stessa esistenza;

   in numerosi altri Paesi del mondo, invece, le forze dell'ordine stanno ottenendo i primi risultati importanti nella lotta a questi fenomeni, spesso grazie alla campagna di sensibilizzazione portata avanti dai media e, soprattutto, all'interno degli istituti scolastici;

   soltanto a titolo di esempio, risulta che, in molti casi, sono gli stessi alunni a osservare e a segnalare eventuali comportamenti anomali di compagni di scuola riconducibili proprio al «Blue Whale», con conseguente efficacia preventiva che potrebbe risultare decisiva;

   è doveroso sottolineare che, nel predetto servizio della trasmissione «Le iene», veniva messo in rilievo come la polizia postale stia già monitorando il fenomeno;

   il tema è chiaramente molto delicato e va trattato con la massima attenzione; l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) indica che, nel mondo, ogni 40 secondi qualcuno si toglie la vita; sono circa 800 mila le persone che muoiono per suicidio. Per ogni suicidio ci sono molte altre persone che tentano di togliersi la vita; infatti, proprio l'emulazione di un gesto così estremo è il fattore di rischio più importante. I suicidi rappresentano la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto del citata organizzazione segnala il dato di 6 suicidi ogni 100.000 abitanti. Gli esperti dell'Oms evidenziano l'importanza di trattare con cautela il tema dei suicidi, soprattutto giovanili, da parte dei mezzi di comunicazione, al fine di evitare intenti di emulazione;

   con la recente legge 29 maggio 2017, n. 71 (Gazzetta Ufficiale 3 giugno 2017), in materia di «cyberbullismo» viene introdotto, anche relativamente all'utilizzo di strumenti informatici, l'obbligo del rispetto della legalità e della responsabilità verso la propria vita e verso quella degli altri, in un'ottica prettamente preventiva;

   alla luce di quanto esposto, risulta fondamentale, a giudizio dell'interrogante, una seria e approfondita attività di prevenzione e sensibilizzazione a partire dalla scuola, luogo deputato alla formazione dei giovani, attraverso campagne d'informazione per le famiglie e le scuole al contrasto del fenomeno e, comunque, una educazione ad un uso consapevole e moderato del web e dei social network –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere e quali abbiano già assunto per evitare, in un'ottica di prevenzione, che si verifichino casi nel nostro Paese riconducibili al fenomeno del «Blue Whale».
(4-18182)


   ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è stato realizzato in Italia un servizio che fornisce notizie di pubblica utilità attraverso messaggi geolocalizzati su tutto il territorio nazionale: WhereApp;

   lo stesso strumento permette ai cittadini di ricevere, in tempo reale, solo informazioni di pubblica utilità esclusivamente da mittenti certificati per le aree di proprio interesse, rispettando l'anonimato dei destinatari con applicazione gratuita;

   questo strumento è stato già adottato da diverse amministrazioni locali, da comitati della Croce rossa italiana e da vari dipartimenti della protezione civile;

   l'uso dello stesso strumento è stato concesso dagli ideatori in forma gratuita per tutti gli scopi collegati alla protezione civile per allertare la popolazione e tenerla aggiornata in previsione di calamità naturali o eventi emergenziali di varia natura;

   lo strumento WhereApp è già disponibile in modalità multilingua e si presta al raggiungimento della popolazione non di lingua italiana (turisti ed immigrati) –:

   se il Ministro interrogato non intenda verificare la possibilità di assumere iniziative affinché questa innovativa applicazione di pubblica utilità, che avverte in tempo reale ed in maniera simultanea, sia adottata da tutte le prefetture italiane consentendo migliori forme di comunicazione con tutti i comuni di riferimento.
(4-18184)


   PICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dall'aprile del 2016 nel comune di Cascina, in provincia di Pisa, l'edificio rurale noto come «La Tinaia», in via Santa Maria Sud, è stato adibito a centro di prima accoglienza, e già il 17 giugno 2016 una cinquantina di cittadini dell'area circostante depositavano presso la stazione dei carabinieri di Ponsacco un esposto, precedentemente inviato anche al comune e alla prefettura di Pisa, per richiedere la verifica della legittimità dell'immobile;

   l'affidamento del servizio di accoglienza, a seguito di un'apposita procedura di gara, è stato diretto dalla prefettura di Pisa, e la gestione della struttura, di proprietà privata, è attualmente in capo ad una cooperativa, precedentemente denominata Gestione immobili srls ed oggi Oltreilmare srl, e, nei mesi, il numero degli immigrati ospitati è cresciuto fino ad oltre 70;

   nonostante nel 2016 in sede di procedura di gara, tra i requisiti fosse previsto come le strutture dovessero essere «dotate dei requisiti di agibilità e abitabilità e di tutte le certificazioni di conformità di strutture, impianti, attrezzature previste dalla normativa vigente», l'attuale amministrazione di Cascina, eletta nel giugno 2016, viste le preoccupazioni della cittadinanza, ha condotto immediatamente opportune verifiche per accertare il rispetto delle norme urbanistiche, soprattutto allo scopo di scongiurare ulteriori danni a persone o cose per un utilizzo non conforme del suddetto immobile;

   personale dell'ufficio tecnico dell'amministrazione comunale effettuava nel corso del tempo più sopralluoghi allo scopo di verificare la coerenza delle opere edili realizzate nel tempo rispetto alla destinazione dell'immobile;

   con ordinanza dirigenziale n. 21 del 19 gennaio 2017, il comune di Cascina ha notificato alla proprietà dell'immobile un provvedimento per contestare la sussistenza di opere realizzate in assenza di titolo urbanistico e per verificare l'idoneità della struttura;

   nonostante la classificazione dell'immobile a destinazione rurale, tuttavia, è stata accertata la realizzazione al piano terra di cucina e spazi connessi, non risultanti da alcuna pratica edilizia e configurantisi piuttosto come concretizzazione di spazi funzionali ad una destinazione ricettiva, con conseguente trasformazione dell'originaria destinazione;

   la verifica dell'idoneità della struttura, svolta ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 5 luglio del 1975 sugli spazi abitativi e unicamente collocati al piano primo, determina un numero massimo di occupanti pari 23 unità, ben al di sotto delle presenze che attualmente alloggiano nella struttura e stimabili in 80 unità;

   il sindaco di Cascina, alla luce della crescente preoccupazione per l'impatto sociale determinato sul territorio, ha informato per iscritto più volte la prefettura e l'Asl di zona circa la situazione venutasi a determinare presso «La Tinaia»;

   la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza nel mese di febbraio 2017 aveva svolto un sopralluogo presso l'edificio «La Tinaia» per audire successivamente i diversi enti ed attori coinvolti e già in quella sede erano stati evidenziate numerose criticità nel modello di accoglienza preposto nell'edificio rurale del comune pisano, (La Nazione, sabato 1° luglio 2017);

   il 16 ottobre 2017, l'azienda Usl Toscana nord ovest ha inviato alla prefettura di Pisa e al comune di Cascina l'esito del sopralluogo effettuato presso la medesima struttura, nel quale, alla luce degli interventi apportati e delle condizioni igieniche, si esprime parere negativo per il funzionamento della stessa evidenziando la presenza di ospiti in numero molto superiore a quanto autorizzato –:

   se non si ritenga opportuno, a fronte della gravità della situazione igienico-sanitaria in cui versa l'edificio, assumere le iniziative di competenza per provvedere urgentemente all'immediata chiusura del centro di accoglienza «La Tinaia» e ad una contestuale rapida verifica circa l'idoneità dell'edificio a ospitare un centro adibito a tale scopo.
(4-18185)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione oltre 4.500 docenti sono entrati in classe con un nastrino tricolore sugli abiti;

   850 professori si sono lanciati in uno sciopero della fame e molti di loro hanno realizzato attività con gli alunni per «parlare di migranti, profughi» e del «senso della proposta dello ius soli»;

   secondo quanto riportato da IlGiornale.it, «Nella scuola secondaria di primo grado a Conegliano d'Alba, Antonio Itta, anziché trasmettere nozioni su matematica, geografia o chissà che altro, ha letto ai suoi scolari il libro “La frontiera” di Alessandro Leogrande. All'istituto Collodi di Perugia, invece, i docenti hanno affisso uno striscione all'ingresso con la scritta “maestre per la cittadinanza” (...) Neppure le scuole dell'infanzia sono state risparmiate dalla propaganda pro immigrazione (...) Per non farsi mancare nulla, ai pargoli sono stati messi dei braccialetti tricolore per dire che in questa scuola siamo tutti italiani. (...) Perché nel mondo che vogliamo nessuno è straniero. (...). Per non farsi mancare nulla, ai pargoli sono stati messi dei braccialetti tricolore per dire che in questa scuola siamo tutti italiani. (...) Perché nel mondo che vogliamo nessuno è straniero. Nessuno. All'ingresso dell'istituto (Don Milani-Colombo di Genova) gli studenti hanno trovato uno striscione con alcune parole del parroco contro chi divide “il mondo in italiani e stranieri”»;

   è grave, a giudizio degli interroganti, che tali argomenti vengono trattati nelle scuole elementari, dove i ragazzi sono particolarmente recettivi ai messaggi dei maestri, invece che, ad esempio, nelle scuole superiori, con studenti che hanno un relativo senso critico su certi argomenti, sanno discernere ed eventualmente dibattere e replicare; la propaganda deve restare fuori dalle aule;

   anche molti genitori ritengono tali iniziative manifestamente di carattere politico un fatto inaccettabile, specie per l'adesione tutt'altro che volontaria e consapevole dei propri figli –:

   se e quali iniziative di competenza, anche di natura disciplinare, il Ministro interrogato intenda adottare nei confronti degli insegnanti che utilizzano il proprio ruolo – che ad avviso degli interroganti dovrebbe essere super partes – per propagandare una legge oggettivamente controversa ed influenzare piccole menti in crescita.
(3-03304)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO e TOTARO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi nella scuola italiana si stanno introducendo importanti cambiamenti;

   in primo luogo, nelle scuole elementari è stata disposta l'abolizione del voto in condotta, che dovrà essere sostituito da un più astratto «giudizio»;

   i docenti, inoltre, dovranno essere affiancati da tutor per la progettazione dei percorsi di alternanza scuola lavoro, rispetto ai quali, peraltro, gli studenti stanno manifestando proprio in questi giorni la loro insoddisfazione;

   il percorso di istruzione secondaria superiore, poi, sarà ridotto a quattro anni in luogo degli attuali cinque;

   nessuna nuova efficace iniziativa si registra, invece, sul fronte dell'edilizia scolastica; è di questi giorni la notizia di nuovi crolli in alcuni edifici scolastici e gli investimenti per le ristrutturazioni e la messa in sicurezza delle scuole, già insufficienti, marciano a rilento;

   in questo contesto si segnala che è stato insediato un gruppo di lavoro dal Ministro interrogato per rivedere le indicazioni relative all'utilizzo o meno di telefoni cellulari e tablet durante le lezioni, proibito da una circolare del 2007; una revisione di tale disciplina potrebbe produrre un risultato dirompente rispetto alla didattica seguita sinora negli istituti scolastici –:

   se non ritenga che l'utilizzo dei citati dispositivi elettronici durante le lezioni da parte degli studenti possa disturbare il regolare svolgimento del percorso didattico.
(3-03305)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAROCCI, IORI, NARDUOLO e CRIMÌ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   nelle ultime settimane, decine di presidi hanno comunicato alle famiglie che da quest'anno i ragazzi iscritti alle scuole secondarie di primo grado non potranno uscire soli da scuola. Questo perché, si legge nella circolare identica in molti istituti, «nel codice penale è specificato che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità» e quindi, «chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni»;

   in tal senso, appare evidente che se un professore dovesse lasciare uscire da solo un ragazzo, rischierebbe una denuncia per mancato controllo; se un genitore lasciasse tornare il minore a casa da solo rischierebbe la denuncia per abbandono di minore;

   a determinare questo orientamento vi è anche la sentenza n. 21593 del 19 settembre della Corte di cassazione che ha riconosciuto la validità della decisione del tribunale di Firenze che, sette anni dopo la morte di uno studente undicenne fuori dalla scuola, attribuiva una parte di responsabilità anche al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   in tal senso, non è stato accolto il ricorso con cui il Ministero ha richiesto di essere sollevato dagli obblighi di vigilanza che incombono tra i suoi doveri, argomentando che il punto di raccolta dei ragazzi all'esterno dell'istituto non rientri sotto la giurisdizione della scuola;

   nella maggior parte delle scuole, le famiglie firmano un documento che autorizza l'uscita autonoma da scuola dei figli liberando la scuola da ogni responsabilità, ma esso non ha alcun valore ed, anzi, può aggravare la posizione della scuola;

   dubbi vengono espressi anche sulla legittimità della circolare stessa, come pure di eventuali norme contenute nel regolamento di istituto che consentano l'uscita autonoma dei ragazzi previa autorizzazione dei genitori;

   inoltre, appare evidente che la circolare sia dettata dalla legittima paura dovuta alla mancanza di una disciplina della responsabilità pedagogica nelle norme attualmente in vigore. In Italia solo il 30 per cento dei ragazzi torna a casa da solo. Nel resto d'Europa si arriva al 90 per cento. L'età 11-14 anni è quella dell'autonomia: così si preclude ai ragazzi ogni percorso di crescita –:

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per favorire il processo di autonomia dei ragazzi e dare informazioni chiare e uniformi ai dirigenti e a tutto il personale scolastico.
(5-12471)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGANO e PICCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   quest'anno nelle scuole di Prato, per sopperire alla necessità di insegnanti di sostegno, in presenza di soli tre docenti specializzati proprio sul sostegno (di cui una, ha ottenuto il passaggio in ruolo), l'ufficio scolastico provinciale avrebbe deciso di affidare gli incarichi annuali a supplenti in possesso di solo diploma, abilitati perciò solo ad insegnamenti tecnico-pratici;

   questo malgrado fossero disponibili docenti laureati e con maggior punteggio;

   si sa bene che provvedere all'educazione di un disabile non significa solo spingere una carrozzina, ma bisogna essere in grado di spiegare gli argomenti ad un alunno con deficit cognitivo per cui bisogna avere la preparazione adeguata a farlo;

   di conseguenza, affidare questi ragazzi in mani inesperte significa rendere più lenti e difficili i loro futuri progressi;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con propria nota del 27 agosto 2014, ha stabilito che la laurea costituisce un requisito fondamentale per accedere agli elenchi del personale di sostegno;

   la dirigenza dell'ufficio scolastico provinciale è la medesima anche per Pistoia, dove invece questa paradossale decisione non è stata assunta –:

   quale sia l'orientamento della Ministra sulla vicenda;

   quali iniziative intenda assumere, con la massima rapidità, visto che l'anno scolastico è iniziato, al fine di riportare la situazione nell'ambito della correttezza amministrativa, in linea con la posizione ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(4-18169)


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il 7 ottobre 2017 una porzione del tetto del liceo classico Virgilio di Roma ha ceduto provocando un crollo per alcuni metri di solaio. Non sono state registrate, fortunatamente, vittime;

   i successivi sopralluoghi, dei vigili del fuoco e dei tecnici della città metropolitana hanno evidenziato, come già sottolineato dalla nuova dirigente scolastica, che il cedimento è dovuto alla mancata manutenzione del solaio e del sottotetto. I lavori di rimozione delle macerie e di ripristino sono iniziati e dureranno circa un mese e mezzo. Per tale periodo sono state chiuse, per motivi di sicurezza, tre aule. Due classi sono state ospitate in due aule laboratorio, che pertanto non potranno essere utilizzate dal resto degli studenti;

   immediatamente è iniziato il solito «rimpallo» di responsabilità tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la città metropolitana: a quanto risulta dai dati dell'anagrafe ministeriale dell'edilizia scolastica, per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la città metropolitana di Roma non ha fatto richieste per il finanziamento di interventi strutturali di manutenzione del liceo Virgilio; l'ex provincia segnala che i pesanti tagli operati dal Governo hanno indebolito un settore strategico come la scuola;

   già nel 2013 i tecnici della città metropolitana, presenti nella scuola per altri lavori, avevano visionato i sottotetti. Nel 2014 il liceo Virgilio aveva inviato lettere alla città metropolitana di Roma richiedendo lavori urgenti di sanificazione e messa in sicurezza del sottotetto: lavori mai avvenuti per mancanza di fondi. Nel 2015 il liceo Virgilio aveva inviato una lettera al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in cui denunciava i ritardi e le mancate risposte della città metropolitana;

   sono peraltro in stato di forte deterioramento le imposte della scuola prospicienti via Giulia, con grave rischio di incolumità delle persone. In questo caso il progetto, già pronto, è stato prima finanziato e poi definanziato;

   non è ancora avvenuta inoltre a restituzione al liceo Virgilio dell'area adiacente via San Filippo Neri, appartenente alla scuola utilizzata per lavori di costruzione di un parcheggio sotterraneo, parcheggio ormai finito senza che, a quanto consta agli interroganti, sia avvenuta la restituzione medesima, nonostante l'area sia necessaria ad uso esclusivo della scuola per eventuali evacuazioni e operazioni di soccorso pubblico –:

   quali siano gli orientamenti della Ministra interrogata su questa vicenda e quali iniziative immediate intenda assumere, per quanto di competenza, per avviare immediatamente tutte le operazioni necessarie di recupero e di messa in sicurezza della scuola, nonché di ripristino delle aree necessarie a possibili evacuazioni del personale scolastico e degli studenti;

   se si intenda accertare se vi siano state omissioni da parte delle autorità scolastiche sulla sicurezza della scuola o di altri settori dell'amministrazione statale, eventualmente segnalando i fatti all'autorità giudiziaria.
(4-18179)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   secondo fonti di stampa e secondo la circostanziata denuncia di un'associazione studentesca, il 13 ottobre 2017 presso il dipartimento di studi umanistici dell'università di Macerata sarebbe avvenuto il seguente fatto: una docente avrebbe deciso di interrompere la sua lezione per pregare insieme recitando l'Ave Maria, invitando chiunque non fosse credente a rimanere in silenzio;

   a quanto sembra, la preghiera sarebbe stata recitata contro la de-cristianizzazione e l'islamizzazione dell'Italia e dell'Europa, lasciando intendere anche una sorta di disprezzo verso le altre religioni;

   è apparsa indicativa, secondo le testimonianze, la reazione di molti degli studenti presenti in aula: chi si è scambiato sguardi incerti, chi ha borbottato qualche parola, chi è rimasto in silenzio e chi se ne è andato, dovendo subire parole di disapprovazione da parte della docente stessa –:

   se sia a conoscenza del fatto summenzionato;

   se non sia il caso di assumere iniziative normative per affermare in modo più stringente il principio di laicità dell'università pubblica, garantendo il rispetto della libertà religiosa nell'ambito dell'attività delle scuole di ogni ordine e grado e degli atenei.
(4-18181)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, LAFORGIA, RICCIATTI, FERRARA, ZARATTI, PIRAS, NICCHI, MELILLA, MURER, FORMISANO, STUMPO, LEVA, RAGOSTA, ZACCAGNINI, ROSTAN, LACQUANITI, SIMONI e DURANTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a quanto si apprende da fonti di stampa l'Inps ha respinto circa il 70 per cento delle domande presentate per l'accesso alla così detta Ape sociale, dando esito negativo ad oltre 46.000 richieste su 66.000 inoltrate;

   a differenza della così detta Ape, l’«Ape sociale» di cui ai commi da 179 a 186 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2017, consiste in un'indennità di cui lo Stato si fa carico interamente, al fine di consentire ad alcune categorie di lavoratori di accedere in anticipo alla pensione rispetto ai requisiti ordinari previsti dalla legge;

   l'elevato tasso di dinieghi alle richieste di accesso all’«Ape sociale» mina in radice la finalità sociale che con l'introduzione di tale istituto, seppure in via sperimentale, il Governo aveva inteso perseguire in una materia di grande rilievo sociale, quale è quella previdenziale;

   il sostanziale fallimento dell’«Ape sociale» che si deve registrare dai numeri di accesso a tale beneficio suscita notevoli perplessità, perché, a quanto riportato da notizie di stampa, ma anche e soprattutto da comunicazioni ufficiali intercorse tra Inps e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tale fallimento sembra dovuto a problemi di natura burocratica ed interpretativa a tutto danno dei molti lavoratori che invece hanno avanzato richiesta per poter usufruire dell'indennità prevista dall’«Ape sociale»;

   notizie di stampa riferiscono di critiche rivolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nei confronti dell'Inps motivate da una non efficace applicazione delle norme relative all’«Ape sociale», in particolare quelle riportate nel decreto attuativo;

   a queste voci non ufficiali l'Inps ha inteso rispondere con una secca nota ufficiale del 12 ottobre 2017, nella quale in sostanza respinge ogni accusa di cattiva applicazione delle norme e sottolinea come l'applicazione effettuata delle norme relative all’«Ape sociale» sia stata frutto «di approfondite istruttorie condotte con i Ministeri vigilanti» specificando che «anche la circolare n. 100 del 16 giugno 2017, che fornisce istruzioni in merito all'applicazione dell'Ape sociale, è stata condivisa nel suo impianto generale dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ed applica la normativa così come risultante dai testi legislativi vigenti»;

   in data 13 ottobre 2017, a due giorni dal termine fissato per l'ufficializzazione della graduatoria delle richieste di accesso all’«Ape sociale», il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha diramato un comunicato nel quale dichiara di «aver fornito i chiarimenti richiesti che permetteranno all'Istituto di applicare le due misure nella maniera più estesa e in sostanziale coerenza con le volontà espresse dal Parlamento», aggiungendo che «l'INPS potrà applicare l'interpretazione suggerita anche al fine di rivedere in autotutela le decisioni eventualmente già assunte»;

   a fronte di quello che appare agli interroganti uno sconcertante «rimpallo» di accuse tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Inps, gli interroganti non possono astenersi dal richiamare il duro parere espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 26 aprile 2017 sulla schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell’«Ape sociale», con rilievi mossi in merito alla chiarezza e all'efficacia di diverse disposizioni dell'articolato, anche dal semplice punto di vista del drafting normativo –:

   quali iniziative intenda adottare con urgenza il Ministro interrogato al fine di evitare che migliaia di lavoratori siano ingiustamente danneggiati vedendosi negare l'accesso all’«Ape sociale», e, se anche alla luce delle gravi disfunzioni riportate in premessa, non ritenga di assumere iniziative per prorogare il periodo sperimentale inizialmente previsto.
(5-12468)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ancora una volta gli interventi pensionistici promossi dal Governo fanno discutere e suscitano polemiche, e le interpretazioni restrittive delle norme sottese a tali interventi da parte dell'Inps generano scompiglio e beffano i lavoratori pensionandi;

   nei giorni scorsi i sindacati hanno lanciato l'allarme circa il respingimento della stragrande maggioranza (oltre 46 mila su 66 mila) delle domande presentate a luglio 2017 per l'anticipo gratuito e per l'uscita agevolata riservata ai lavoratori precoci e ai lavoratori in attività gravose da parte dell'Inps con interpretazioni «eccessivamente restrittive»;

   un dossier dell'Inca ha denunciato che le motivazioni addotte dall'Inps per il rigetto in contrasto con le intenzioni del legislatore e in alcuni casi addirittura contro legge rischiano di «vanificare le aspettative di reinserire qualche elemento di flessibilità nel sistema previdenziale»;

   tra i criteri per accedere all'anticipo pensionistico agevolato, insieme al raggiungimento dei 63 anni di età ed ai 30 anni di contributi, è incluso quello di essere disoccupati a seguito di licenziamento e non percettori di ammortizzatori sociali da almeno tre mesi;

   stando al citato dossier, peraltro riportato a mezzo stampa, «per l'Inps anche un solo giorno di rioccupazione, retribuito con voucher, successivo a tale periodo fa perdere il diritto all'Ape sociale, nonostante tale interpretazione confligga con l'articolo 19 del decreto legislativo 150/2015», secondo cui «sono disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica al sistema informativo delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego»;

   in altri termini per l'Inps il lavoratore perde lo stato di disoccupato anche per un solo giorno di lavoro svolto dopo i tre mesi di ammortizzatori sociali; l'Inps respinge le accuse, sostenendo di applicare la legge e riversando la responsabilità della stretta sul Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, secondo sempre notizie di stampa, sembra abbia chiesto all'ente previdenziale di riesaminare le domande ed utilizzare criteri di valutazione meno rigidi, formalistici e burocratici;

   qualora tali notizie trovassero conferma, non è sufficiente, a parere dell'interrogante, risolvere la questione con una semplice «richiesta» ministeriale, risultando necessario un intervento normativo di competenza esplicativo ed esaustivo;

   il riesame dovrebbe riguardare i disoccupati esclusi, perché occupati in voucher o in somministrazione, la categoria che sembra essere la più numerosa (oltre 34 mila domande), ma ciò non risolverebbe comunque l'altro garbuglio relativo alle numerose esclusioni (oltre la metà delle 15 mila domande) con riguardo alle cosiddette «attività gravose», situazione, anche questa, in cui l'Inps attribuisce il motivo del respingimento ai responsi di Inail e dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   la predetta questione non è l'unica irrisolta in materia di interventi pensionistici; anche l’«Ape» volontaria ad oggi non è ancora operativa, nonostante i proclami del Governo del mese di settembre 2017, in quanto il decreto attuativo è ancora all'esame della Corte dei conti;

   suscitano, pertanto, preoccupazione e sconcerto, ad avviso dell'interrogante, le dichiarazioni del Ministro interrogato in merito al fatto che «la previdenza non è nelle priorità della legge di bilancio», stanti i nodi irrisolti di cui sopra –:

   se ed in che termini il Governo intenda risolvere l’impasse relativo all’«Ape» social, considerato che la semplice «richiesta» ministeriale all'Inps, come riportato a mezzo stampa, non fornisce certezza sul piano giuridico e non preclude ulteriore confusione e successive interpretazioni pluridirezionali;

   per quali ragioni il decreto relativo all’«Ape» volontaria sia ancora all'esame della Corte dei conti;

   se il Governo intenda risolvere i «nodi» della previdenza, ivi inclusi quelli esposti in premessa, nell'ambito del disegno di legge di bilancio.
(5-12469)


   MARROCU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   è noto come riportato anche dagli organi di stampa che si sta registrando un numero considerevole di dinieghi da parte dell'Inps nei confronti delle domande avanzate per l'accesso all’«Ape sociale»;

   uno dei motivi principali consiste nel fatto che molti lavoratori a seguito della conclusione del previsto periodo di «Naspi» e, considerato il permanere della condizione di disoccupazione, hanno avuto brevi periodi di lavoro con contratti a termine o voucher;

   suddetta circostanza secondo una interpretazione restrittiva da parte dell'Inps esclude per questi lavoratori la possibilità di poter accedere all’«Ape sociale»;

   la ratio della misura, tuttavia, risiedeva nell'aiutare chi a pochi anni dalla pensione si trova senza lavoro ed è evidente che piccoli periodi di occupazione con strumenti contrattuali a termine non possono pregiudicarne l'accesso;

   le organizzazioni sindacali hanno già manifestato la loro preoccupazione chiedendo un intervento del Governo al fine di disinnescare possibili tensioni sociali in un segmento di popolazione molto fragile che confidava molto nello strumento dell’«Ape sociale» –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di superare tale impasse e far sì che l'Inps riconsideri le domande su cui è stato espresso diniego, consentendo ai lavoratori interessati di poter accedere alla misura dell’«Ape sociale».
(5-12474)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Siropack è una società nata nel 2001 che opera, su scala internazionale, nell'ambito del packaging e dell'innovazione tecnologica, con particolare riguardo a macchine e software per il confezionamento di prodotti nei settori agroalimentare e farmaceutico;

   l'azienda stessa ha reso nota la vicenda di un suo dipendente affetto da 11 anni da una grave malattia (una forma tumorale conosciuta come sarcoma di Ewing che si sviluppa prevalentemente a livello osseo);

   nel marzo 2017 il giovane, che tra un mese compirà 22 anni, ha subito un peggioramento delle sue condizioni a causa dell'evolversi della malattia che lo ha costretto a sottoporsi ad un intervento di rimozione di un polmone, dando inizio ad una lunga e delicata convalescenza, tuttora in corso, sotto le cure dell'Ieo di Milano e dell'Irst di Meldola, con cui Siropack collabora da ormai da due anni tramite l'Istituto oncologico romagnolo, di cui sostiene vari progetti di ricerca;

   l'Inps considera esaurito il suo diritto alla malattia retribuita, ma l'azienda continua regolarmente a erogare il suo stipendio;

   nonostante i lunghi periodi dedicati alle terapie, è riuscito ad ottenere il diploma presso l'istituto professionale «U. Comandini» di Cesena e nel febbraio 2016 è stato assunto dall'azienda Siropack Italia s.r.l. di Cesenatico, con la mansione di terminalista; ora essendo gravemente malato è abbandonato dall'Inps, ma la sua azienda, la Siropack, continua a pagarlo;

   in questo contesto, nonostante il giovane necessiti di tempo per proseguire il suo percorso di recupero, l'Inps è intervenuta azzerando lo stipendio che Siropack versava regolarmente al proprio dipendente, a partire dalla busta paga di settembre 2017, considerando terminati i giorni di malattia concessi;

   nei periodi in cui il suo stato di salute gli ha permesso di svolgere la propria mansione all'interno della azienda, il giovane si è dimostrato un lavoratore volenteroso, umile e generoso, a detta dei suoi colleghi e dei suoi superiori –:

   se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali immediate ed urgenti iniziative, con tutti gli strumenti di competenza, intenda adottare al fine di porre rimedio alla grave problematica esposta in premessa.
(4-18172)


   SORIAL. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 335 del 1995 di riforma del sistema pensionistico (cosiddetta riforma Dini), all'articolo 3, commi 9 e 10, ha previsto che, a partire dal 1° gennaio 1996, le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie del fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni si prescrivono in 5 anni e non possono essere versate;

   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto salva Italia), convertito dalla legge 24 dicembre 2011, n. 214, ha disposto la soppressione dell'Inpdap, Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, trasferendo all'Inps le relative funzioni;

   a partire da quest'anno, l'Inps è dunque tenuta a regolamentare anche la prescrizione dei mancati versamenti dei dipendenti pubblici;

   al fine di procedere ad un'armonizzazione tra settore pubblico e privato, in data 31 maggio 2017 l'Inps ha emanato la circolare applicativa n. 94, già da tempo al vaglio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che prevede il 1° gennaio 2018 come data di entrata in vigore delle nuove norme;

   la circolare dell'Inps prevede che la contribuzione previdenziale prescritta non possa essere versata e conseguentemente incassata dall'Istituto, perché irricevibile;

   per gli iscritti a Cpdel, Cps e Cpug possono essere applicate le norme di miglior favore (legge n. 610 del 1952) e quindi per la liquidazione del trattamento pensionistico si deve tener conto dell'intero servizio utile prestato, compresi i periodi per i quali non è sfato effettuato il versamento contributivo. La liquidazione del trattamento pensionistico sarà a carico dell'Inps, ma l'onere sarà ripartito tra istituto e amministrazione. L'ente datore di lavoro sarà chiamato a sostenere l'onere pensionistico in relazione ai periodi di mancato versamento con le modalità e il calcolo di cui all'articolo 13 della legge n. 1338 del 1962 (costituzione di rendita vitalizia). Il recupero avverrà da parte dell'Istituto anche in via coattiva;

   per gli iscritti a Cassa insegnanti e Cassa statali, non essendo applicabili le norme di cui alla legge n. 610 del 1952, valgono le norme generali vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria. I periodi di lavoro non assistiti da versamento contributivo non saranno automaticamente valutati, ma potranno essere considerati utili a pensione, solo previa richiesta di costituzione di rendita vitalizia;

   a giudizio dell'interrogante, è grave che alcuni lavoratori pubblici siano penalizzati rispetto a quelli iscritti ad altre casse previdenziali –:

   se il Ministro interrogato condivida le interpretazioni contenute nella circolare dell'Inps di cui in premessa.
(4-18177)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i coniugi Alessandra Marsili e Francesco Roberto e i loro tre figli di 21, 19 e 15 anni, sono rimasti senza abitazione ad Alanno, in provincia di Pescara, nel 2015, quando la loro casa venne dichiarata inagibile, perché sita sulla retta di un canale dove si riversano le acque piovane;

   il canale col tempo ha eroso le fondamenta della casa rendendola impraticabile, e una parte ha subito un cedimento, dovuto alle continue infiltrazioni di acqua piovana;

   in attesa che si procedesse con i lavori del canale e al ripristino delle condizioni di abitabilità, la famiglia ha trascorso quasi due anni ospitata da amici e parenti, mentre quest'anno per tre mesi ha potuto usufruire dell'ospitalità di un albergo a spese del comune. Duecentocinquanta euro a notte fino a passare la soglia di oltre ventiduemila euro;

   al termine di questi mesi, la soluzione che il comune ha offerto loro è stata una casa popolare umida e invasa dalla muffa, soluzione respinta a causa delle condizioni di salute precarie di uno dei figli, gravemente allergico;

   in attesa di un'azione risolutiva del prefetto a cui si sono rivolti per avere garantita un'abitazione dignitosa e dinanzi al rifiuto reiterato di prefetto e sindaco di intervenire risolutamente come se questo fosse un privilegio e non un diritto di cittadinanza, a giugno 2017, la famiglia Roberto decide di occupare il suolo pubblico tra il comune e la prefettura per rompere il silenzio attorno al loro caso, ormai divenuto un fatto puramente burocratico. Dopo centosedici giorni vengono sgomberati: risanare le fondamenta erose dal canale costa troppo, nonostante regola vuole che le opere pubbliche vengano messe a norma e il territorio risanato –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali soluzioni abbia approntato o intenda approntare la competente prefettura, in sinergia con il comune, e quali iniziative di competenza intendano assumere, anche incrementando le risorse a disposizione degli enti locali, per rafforzare le politiche abitative con particolare riferimento a famiglie disagiate o in condizioni di difficoltà, come nel caso richiamato.
(4-18180)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LACQUANITI, MARTELLI, CARRA, ZANIN, FRANCO BORDO e PIRAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono attualmente presenti oltre 70.000 apicoltori con 1,3 milioni di alveari, per un fatturato complessivo superiore ai 60 milioni di euro;

   secondo alcuni studi di settore e i dati forniti dalle associazioni di categoria l'84 per cento delle specie di piante e il 76 per cento della produzione alimentare in Europa dipende dall'impollinazione delle api;

   nel 2012 è apparsa per la prima volta in Italia, a Loano in Liguria, la vespa velutina, o calabrone asiatico, pericoloso insetto alieno di origine cinese predatore di api e altri impollinatori, che dopo la penetrazione in Liguria di ponente e Piemonte meridionale e centrale (in provincia di Cuneo e Torino) si sta spingendo sempre più verso il Veneto (in provincia di Rovigo), la Lombardia e l'Emilia;

   comparsa in Europa per la prima volta nel 2004 in Francia, la vespa velutina è stata responsabile, secondo i dati forniti dalla Francia stessa, della perdita di alveari pari al 50 per cento con un avanzamento potenziale di 100 chilometri all'anno. Oltre a cacciare direttamente le api all'ingresso dell'arnia il calabrone impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire;

   forte è l'allarme nel mondo dell'agricoltura per la presenza di questo insetto che sta causando gravi danni economici agli apicoltori italiani essendo in grado di ridurre fino al 75 per cento la produzione degli alveari;

   a inizio di maggio un esemplare adulto di calabrone asiatico è stato intrappolato in una centralina nel mantovano, all'interno del centro abitato di Borgofranco sul Po (MN), sulla riva destra del fiume. Il ritrovamento è stato confermato dall'Associazione apicoltori di Mantova e realizzato da Lover, la neonata rete di monitoraggio di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Segno che il nido di velutina trovato nel 2016 nel sud del Veneto è riuscito a gemmare nuove colonie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, anche alla luce di quanto descritto, di assumere le iniziative di competenza volte ad arginare il fenomeno che sta causando così tanti danni economici agli apicoltori italiani, a sostenere gli apicoltori colpiti dall'invasione di questo parassita, ad approntare una rete di monitoraggio scientifica efficiente, in grado di valutare la capacità di penetrazione e diffusione del parassita nel territorio, e a delineare, insieme con gli apicoltori, le associazioni, i rappresentati d enti competenti e delle regioni, una strategia per tentare di eradicare o quantomeno contenere i focolai della vespa velutina.
(4-18176)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la notte del 19 settembre 2017 è avvenuto un episodio di violenza sessuale ai danni di una guardia medica in servizio nella postazione di continuità assistenziale di Trecastagni, in provincia di Catania;

   sull'onda della preoccupazione e dell'indignazione per la drammatica aggressione, solo l'ultima in ordine di tempo, è sorto un Coordinamento di donne medico contro la «violenza e per la difesa della sanità pubblica», una realtà trasversale che accomuna professioniste impegnate nelle istituzioni ordinistiche, nei sindacati e nelle associazioni scientifiche;

   il Coordinamento il 20 settembre 2017 ha inviato una lettera al Ministro dell'interno, Marco Minniti, e alla Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, per chiedere la convocazione urgente di «una vertenza per la messa in sicurezza del Ssn»;

   l'appello, che ha raccolto circa 27 mila firme a sostegno, contiene la citata richiesta per definire con urgenza e avviare politiche di contrasto alla violenza. Nello specifico, si chiede di modernizzare le strutture, spesso fatiscenti e inadeguate, di assicurare un maggior controllo del territorio, con le forze dell'ordine integrate con guardie private e con la video sorveglianza, di definire una legge che determini lo status di pubblico ufficiale anche per i medici. Si tratta di misure deterrenti che, unite a una campagna di educazione e rispetto per la sanità pubblica, possono concorrere a interrompere questa spirale drammatica;

   nella lettera, inoltre, si evidenzia che «la raccomandazione n. 8 del novembre 2007 emanata dal Ministero della Salute ben individua le aree a maggior rischio del SSN: servizi di emergenza-urgenza, strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, luoghi di attesa, servizi di geriatria, servizi di continuità assistenziale, e invita ciascuna struttura sanitaria ad elaborare un piano di prevenzione per una tolleranza zero verso gli episodi di violenza, ma anche per formare il personale e coinvolgere la Direzione Aziendale nella gestione degli episodi di violenza»;

   a tale raccomandazione «va aggiunto, nel comparto Sanità, come riferimento legislativo principale il D. Lgs. 81/08 che nello specifico, nell'articolo 28, sottolinea che la valutazione dei rischi lavorativi deve riguardare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”»;

   il ripetersi di casi di violenze, verbali e fisiche, contro il personale medico e sanitario è una vera e propria emergenza che mette a rischio la tutela della salute dei cittadini, oltre che la stessa integrità dei professionisti del Servizio sanitario nazionale –:

   se i Ministri interrogati intendano dare riscontro alla lettera del Coordinamento delle donne medico e rispondere alle preoccupazioni sollevate dai medici, convocando un tavolo di confronto nazionale per la sicurezza del Servizio sanitario nazionale.
(2-01976) «D'Incecco, Gnecchi, Fanucci, Galperti, Mariani, Giacobbe, Verini, Fragomeli, Fedi, Zardini, Carloni, Oliverio, Donati, Rubinato, Bargero, Paola Boldrini, Casati, Patriarca, Antezza, Fabbri, Capone, Amato, Iori, Cova, Beni, Piccione, Castricone, Zan, Gandolfi, Ascani, Marco Di Maio, Gribaudo».

Interrogazione a risposta orale:


   OCCHIUTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la disciplina principale del settore farmaceutico è stata riordinata dalla legge 8 novembre 1991, n. 362;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 marzo 1994 n. 298, di attuazione dell'articolo 4, comma 9, della citata legge n. 362 del 1991, è intervenuto per disciplinare aspetti relativi al conferimento delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione: composizione commissione giudicatrice, criteri per la valutazione dei titoli e l'attribuzione dei punteggi, prove di esame e modalità di svolgimento del concorso di assegnazione; esso ha parzialmente modificato la normativa, intervenendo su alcune disposizioni della legge 2 aprile 1968, n. 475, (Norme concernenti il servizio farmaceutico), attuata dal decreto del Presidente della Repubblica 21 agosto 1971, n. 1275, e del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265;

   l'interpretazione non coordinata della normativa che disciplina il concorso straordinario ha recentemente creato numerosi casi di difficile lettura per l'apertura delle farmacie, specie in relazione alle disposizioni dell'articolo 9 della legge n. 221 del 1968 (provvidenze a favore dei farmacisti rurali), che attribuiscono al farmacista rurale una premialità di punteggio posta «a risarcimento» del proprio disagio vissuto lavorando in zone periferiche di scarso guadagno;

   è accaduto che la premialità assicurata a una siffatta tipologia di professionisti, pari al 6,50 di maggiorazione sul punteggio afferente all'esercizio professionale, è stata ritenuta dai Tar di Trentino Alto Adige e Basilicata come maggiorazione da attribuire ad ogni singolo farmacista componente l'associazione professionale partecipante alle prove del concorso straordinario;

   un'interpretazione, ad avviso dell'interrogante, arbitraria e disomogenea, che può mettere in crisi l'intero settore, rendendo possibili situazioni paradossali, a totale svantaggio di quei farmacisti che, in possesso di più titoli o di un esercizio professionale ultradecennale, risulterebbero emarginati in una graduatoria che vede premiate le associazioni professionali caratterizzate dalla somma numerica di quelle maggiorazioni di punteggio che il legislatore del ’68 aveva inteso attribuire al farmacista rurale che partecipasse per il conferimento della titolarità di una farmacia urbana;

   a causa di una disseminazione di decisioni dei Tar che interpretano, in un modo o in un altro, le norme di riferimento, sconvolgendo le graduatorie e le assegnazioni perfezionate dalle regioni interessate, si rischia la penalizzazione dell'intero settore e si mettono a rischio i capitali investiti dagli originari assegnatari, cui la giurisprudenza potrebbe togliere ciò che il concorso straordinario avrebbe dovuto assicurare;

   si tratta di una dinamica che originerà due gravi lacune: la prima in termini di ricaduta negativa sul livello di assistenza farmaceutica da garantire alla popolazione e la seconda in termini di mancata occupazione di tanti giovani laureati, in contrasto con la ratio legislativa che ha voluto il ricorso al concorso straordinario per facilitare l'ingresso degli stessi nella geografia assistenziale assicurata dalle farmacie;

   le decisioni amministrative potrebbero portare all'annullamento delle sperimentazioni concorsuali, con conseguente perdita ex abrupto tutto ciò che gli originari assegnatari hanno già realizzato, quasi sempre ricorrendo ad onerosi prestiti bancari;

   il concorso straordinario delle farmacie necessita, peraltro, di assoluta vigilanza, dal momento che intorno ad esso pare si siano verificati tentativi di abusi esercitati da coloro i quali, contrariamente alla normativa, provano ad aprire, ovvero mantengono in esercizio entrambe le farmacie aggiudicatesi in concorsi regionali diversi –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda adoperarsi, con tutte le iniziative di competenza, per evitare il verificarsi di una pericolosa fattispecie che rischia sia di compromettere l'interesse pubblico e l'adeguata assistenza farmaceutica, sia di penalizzare coloro i quali, soprattutto giovani farmacisti, hanno partecipato ai concorsi de quibus risultando vincitori di sedi farmaceutiche e che rischiano ora di perdere tutto.
(3-03303)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si stima che nel Paese le persone con disturbi dello spettro autistico sono circa 400 mila, ma dati certi non esistono;

   la legge 18 agosto 2015, n. 134, «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie», prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute e il miglioramento delle condizioni di vita, attraverso l'inserimento nella vita lavorativa e sociale delle persone con disturbo dello spettro autistico;

la legge 22 giugno 2016, n. 112, «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», introduce misure di assistenza cura e protezione in favore delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare, poiché mancanti di entrambi i genitori o poiché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale, e agevola le erogazioni di soggetti privati e la costituzione di trust, nonché di vincoli di destinazione di beni immobili e mobili registrati, e di fondi speciali in favore dei citati soggetti;

   nel marzo 2017 l'autismo è stato inserito nei Lea (Livelli essenziali di assistenza);

   il 25 febbraio 2016 hanno preso il via le attività del progetto promosso e finanziato dal Ministero della salute e affidato all'Istituto superiore di sanità, finalizzato all'istituzione dell'Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico (Dsa);

   il progetto ha l'obiettivo di effettuare una stima di prevalenza dei disturbi dello spettro autistico a livello nazionale e di costituire una rete pediatria neuropsichiatria infantile per la loro individuazione precoce;

   quanto sopra rappresenta un apprezzabile passo compiuto dall'ordinamento nell'ambito della diagnosi e cura della patologia, in ausilio sia ai soggetti colpiti, sia alle persone che se ne occupano, quali le famiglie;

   l'incremento dei casi di Dsa nell'ultimo decenni richiede un rapido e profondo processo di riorganizzazione dei servizi, in prima istanza di quelli sanitari, sia per quanto riguarda la tempestività della diagnosi e la standardizzazione dei criteri diagnostici, sia per la continuità tra diagnosi e inizio di un adeguato percorso terapeutico integrato;

   tuttavia, sono attualmente attivi solo pochi registri di Dsa nel mondo ed esistono solo un numero limitato di studi epidemiologici che possono essere utilizzati per una seria valutazione e un'appropriata pianificazione –:

   se siamo stati avviati studi epidemiologici che possono essere utilizzati per una pianificazione appropriata dello spettro autistico;

   se, a distanza di un anno e mezzo dell'avvio del progetto promosso e finanziato dal Ministero della salute e affidato all'istituto superiore di sanità finalizzato all'istituzione dell'Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, siano stati prodotti documenti e, in caso affermativo, quali ne siano i contenuti;

   se l'Osservatorio sopra menzionato abbia effettuato una stima del numero di persone affette da autismo in Italia;

   se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere campagne di informazione che possano facilitare la diagnosi precoce di tale malattia;

   quali siano le politiche che s'intendono mettere in atto, per quanto di competenza, per applicare la normativa vigente concernente la cura e il sostegno delle persone con disturbi dello spettro autistico, e in particolare per favorire l'inserimento lavorativo di persone maggiorenni con tali disturbi;

   quante siano ad oggi, dall'entrata in vigore della legge n. 134 del 2015, le persone con disturbi dello spettro autistico che abbiano trovato occupazione;

   se non ritenga opportuno promuovere una mappatura di soggetti autistici con più di trent'anni al fine di garantire loro adeguate misure di assistenza, cura e protezione così come previsto dalla legge n. 112 del 2016;
(5-12467)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da fonti de il Sole 24ore, si apprende che cinque regioni su sedici, Molise, Puglia, Sicilia, Campania e Calabria, monitorate ai fini della «griglia Lea» (35 indicatori), messa a punto dalla direzione generale per la programmazione sanitaria del Ministero della salute, sono inadempienti, cioè con punteggio inferiore a 140 o compreso tra 140 e 160, con almeno un indicatore critico, rispetto a un ampio range di aree di assistenza;

   tra gli indicatori critici si trovano gli screening, i vaccini e l'assistenza agli anziani e ai disabili e un ricorso sempre maggiore ai tagli cesarei;

   la griglia 2015 certifica il ritardo del Sud con disagi e disservizi per i cittadini;

   si evidenziano criticità sulla presa in carico dei soggetti anziani nelle strutture residenziali, in particolar modo nelle regioni meridionali, dove l'offerta di posti letto è carente;

   il 30 per cento delle regioni – tutte del Sud – per quanto riguarda l'ospedalizzazione in età pediatrica per asma e gastroenterite si allontana moltissimo dai valori minimi di riferimento della «griglia Lea» 2015 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;

   quali siano le motivazioni che hanno portato, secondo quanto riportato dal Sole24 ore, a un mancato raggiungimento della «griglia Lea» 2015 nelle strutture sanitarie pubbliche del Sud;

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo affinché in tutte le regioni vi sia un'eguale erogazione ai cittadini dei livelli essenziali di assistenza.
(5-12470)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a ciò che risulta all'interrogante ad oggi gli esami anticorpali vengono regolarmente prescritti in modo gratuito ad alcune categorie come quella dei migranti e ai tirocinanti degli ospedali; tuttavia, per i bambini in età scolare o prescolare, vengono sostanzialmente negati dai pediatri del servizio sanitario nazionale, in particolare in concomitanza con l'entrata in vigore del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, che impone una vaccinazione non personalizzata e di massa;

   i test anticorpali, necessari per evincere il grado di immunizzazione naturale rispetto a determinate malattie e fondamentali per capire se un bambino può essere esonerato da inutili vaccinazioni in quanto il soggetto può trovarsi nella situazione di essere già coperto da immunità per specifiche malattie, dunque ad oggi nella stragrande maggioranza dei casi debbono essere svolti a pagamento dalle famiglie, nonostante esse ne abbiano il diritto;

   è in crescita un fenomeno preoccupante da parte di medici e pediatri, ovvero quello di rifiutarsi di prescrivere tali test come invece impone il codice deontologico e il corretto esercizio della professione di medico;

   l'articolo 1, comma 2, della legge n. 119 del 2017 prescrive l'esonero dalle vaccinazioni obbligatorie in caso di immunità naturale comprovata dagli esiti dell'analisi sierologica;

   il paradosso legislativo è che lo Stato e, in particolare, il Ministero della salute obbligano a fare 10 vaccinazioni, ma nel contempo non promuovono gratuitamente la verifica delle immunità già presenti naturalmente nei bambini;

   la gratuità degli esami è ovvia in base anche all'articolo 1, comma 4, lettera b), del decreto legislativo n. 124 del 1998 che cita espressamente l'esenzione dal ticket sanitario per le prestazioni volte alla tutela della salute collettiva;

   essendo emersi centinaia di casi di bambini naturalmente immuni a determinati malattie in seguito allo svolgimento dei test anticorpali a pagamento ed essendo di conseguenza questi soggetti esonerati dalle relative vaccinazioni obbligatorie, è certamente necessario promuovere non ostacolare lo svolgimento di questi test, in particolare per andare nella direzione della minimizzazione dei danni da vaccino –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione al fenomeno dei pediatri che si rifiutano di prescrivere i test anticorpali ai genitori ne fanno richiesta prima di sottoporre a vaccinazione i propri figli;

   se il Governo intenda promuovere un approccio basato sulla personalizzazione delle cure sanitarie o, in realtà, ritenga che la somministrazione vaccinale, nonostante contenga adiuvanti ed altre sostanze tossiche, sia del tutto innocua e senza potenziali reazioni avverse;

   se il Governo non reputi opportuno e necessario assumere iniziative affinché i test anticorpali vengano prescritti ed effettuati gratuitamente a tutti coloro i quali si apprestano a ricevere le vaccinazioni;

   se il Governo non reputi opportuno e necessario adoperarsi affinché sia effettuata un'adeguata campagna informativa circa la possibilità di usufruire di test anticorpali prima di far vaccinare i propri figli.
(4-18174)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   DURANTI, QUARANTA, LAFORGIA, RICCIATTI, FERRARA, SIMONI, ZARATTI, KRONBICHLER, FORMISANO, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, MATARRELLI, SANNICANDRO, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, EPIFANI, FAVA, FOLINO, FONTANELLI, FOSSATI, CARLO GALLI, LACQUANITI, LEVA, PIERDOMENICO MARTINO, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, PIRAS, RAGOSTA, ROSTAN, STUMPO, ZACCAGNINI e ZOGGIA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   la gara bandita per l'aggiudicazione del complesso industriale del gruppo Ilva si è conclusa in data 5 giugno 2017 con la firma da parte del Ministero dello sviluppo economico del relativo decreto di autorizzazione dei commissari straordinari del gruppo Ilva a procedere all'aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo Ilva s.p.a. ad Am Investco Italy s.r.l., gruppo costituito da Arcelor Mittal Italy holding s.r.l. e Marcegaglia carbon steel s.p.a.;

   in una nota del 5 giugno 2017 il Ministero dello sviluppo economico dava notizia che si sarebbe aperta una fase negoziale tra i commissari straordinari e l'aggiudicatario Am Investco, finalizzata ad ottenere eventuali miglioramenti dell'offerta. Tra le priorità indicate nel decreto ministeriale, sulle quali i commissari straordinari avrebbero dovuto svolgere la negoziazione, vi era quella dell'occupazione;

   alla vigilia dell'incontro con le rappresentanze sindacali Am Investco ha reso note le condizioni sulla base delle quali intende procedere al closing, prevedendo esuberi per 4.200 dipendenti, mentre per i 9.930 dipendenti che transiterebbero dall'attuale gestione commissariale alla nuova proprietà non verrebbero riconosciuti i precedenti accordi integrativi, producendo una riduzione annuale dell'emolumento complessivo percepito stimabile in 6.000-7.000 mila euro;

   inoltre, poiché questi lavoratori verrebbero assunti ex novo dalla nuova proprietà, ad essi si applicherebbero le norme di cui al decreto legislativo n. 23 del 2015, che ha, di fatto, destrutturato le precedenti tutele previste per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda l'ipotesi dei licenziamenti collettivi;

   tale situazione ha suscitato una fortissima reazione da parte delle rappresentanze sindacali perché comprime i diritti acquisiti dei lavoratori, precarizza il rapporto di lavoro per quei lavoratori che saranno riassunti dal nuovo soggetto acquirente e, soprattutto, perché suscita dubbi il piano di eventuale reimpiego previsto per i lavoratori in esubero, con particolare riferimento a quelli attualmente impiegati negli stabilimenti di Genova, Novi Ligure e Milano, per i quali non è chiaro come avverrebbe l'eventuale reimpiego nelle attività di bonifica;

   l'incontro del 9 ottobre 2017 tra Governo, soggetto acquirente e parti sociali è stato annullato per l'irrigidimento della posizione da parte del soggetto acquirente in relazione al rispetto delle condizioni dettate dall'accordo di luglio 2017 –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di garantire il rilancio industriale e la tutela occupazionale dei 14.000 lavoratori dell'Ilva di Taranto, di Genova, di Novi Ligure e Milano alla luce di quanto descritto in premessa.
(3-03312)


   FASSINA, PANNARALE, PASTORINO, DANIELE FARINA, AIRAUDO, CIVATI, MARCON, FRATOIANNI, BRIGNONE, COSTANTINO, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PELLEGRINO e PLACIDO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   la Am Investco ha vinto la gara per l'acquisto degli stabilimenti dell'Ilva ed ha comunicato il piano industriale, che prevede di impiegare 9.930 dipendenti Ilva: 7.600 a Taranto, 900 a Genova, 700 a Novi Ligure, 160 a Milano e infine 240 in altre sedi; in questo modo la Am Investco prevede un esubero di 4.000 lavoratori;

   a Genova si prevede un esubero del 40 per cento della forza lavoro nell'impianto di Cornigliano, che passerà da 1.499 impiegati a 900; a Taranto gli esuberi previsti sono 2.900, pari al 28 per cento dell'attuale forza lavoro;

   secondo la Am Investco i dipendenti che resteranno in servizio non avranno diritto ad un trattamento in continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto attualmente, non avranno garantito né il trattamento economico maturato né l'anzianità di servizio, né il contratto di secondo livello, ma ai lavoratori verrebbe proposto un nuovo contratto ex novo di Job Act senza le garanzie dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori;

   i sindacati dei metalmeccanici hanno risposto immediatamente con uno sciopero, lunedì 9 ottobre 2017, in coincidenza con l'incontro al Ministero dello sviluppo economico, fissato per discutere il piano dell’Am Investco;

   lunedì 9 ottobre 2017 l'incontro previsto al Ministero dello sviluppo economico è stato annullato, in quanto nel piano industriale di Am Investco, a detta del Ministro interrogato, le garanzie per i lavoratori erano insufficienti, mentre Am Investco si era impegnata a rispettarle integralmente;

   il Governo è chiamato a dare risposte chiare: rifiutare l'offerta di Arcelor-Mittal, irricevibile per gli esuberi previsti; riprendere il controllo di Ilva per costruire un piano industriale serio ed efficace per l'intera siderurgia nazionale da Piombino alla Ast di Terni, fino all'Ilva, dato che fino ad oggi si è di fronte a una svendita liquidatoria di aziende decisive di un settore strategico dell'economia nazionale, quale è la siderurgia;

   è necessario definire un vero piano industriale su due assi prioritari: l'esclusione di licenziamenti e di qualsiasi azione che intacchi i diritti dei lavoratori, nonché la salvaguardia della salute e dell'ambiente –:

   se non ritenga necessario chiarire perché i commissari di Ilva, in stretta relazione con il Governo, hanno sottoscritto il protocollo con Arcelor-Mittal nel quale sono descritti gli obiettivi definiti ex post irricevibili dal Ministro interrogato e definire un adeguato piano industriale per l'Ilva e l'intera siderurgia.
(3-03313)


   SQUERI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   gli organi di informazione hanno in questi giorni riportato la notizia secondo la quale sarebbe intenzione del Governo inserire nella manovra di bilancio la sanzione per chi non accetterà pagamenti tramite carte di debito e di credito, anche di piccolo importo;

   questa misura, laddove confermata, avrebbe un impatto fortemente negativo su tutti gli operatori economici che vedrebbero i loro profitti, soprattutto per i consumi di piccola entità, assorbiti in parte rilevante dagli oneri per i costi bancari;

   ciò rischia di vanificare i primi segnali di ripresa e di incidere su prezzi e consumi al dettaglio;

   di fatto nel nostro Paese si sono fatti rilevanti progressi in termini di diffusione della moneta elettronica: il numero dei pos installati pari a 2,2 milioni è oggi superiore a quello dei pos installati in Francia (1,5 milioni) e in Germania (1,2 milioni) e anche il numero delle transazioni effettuate con carte di pagamento (di credito e di debito e prepagate) è cresciuto in misura molto significativa, passando da 1,7 miliardi di operazioni nel 2011 a oltre 3 miliardi di operazioni nel 2013;

   la recente riduzione delle commissioni interbancarie, per effetto della normativa comunitaria, non si è ancora tradotta in una contestuale, effettiva riduzione delle commissioni pagate dalle imprese di piccole dimensioni e dotate di scarso potere contrattuale nei confronti del sistema bancario –:

   se il Governo non ritenga opportuno, prima di introdurre vincoli e sanzioni per i soggetti che non accettano pagamenti con carte di debito o di credito, procedere con misure che favoriscano l'effettivo abbassamento dei relativi costi bancari e commissioni pagati dalle imprese, in modo che la gestione del pos non rappresenti un ulteriore onere gravante sugli operatori, in particolare di piccole dimensioni.
(3-03314)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 ottobre 2017 i lavoratori Italgas di Venezia hanno scioperato per protestare contro la nuova organizzazione aziendale che prevede la soppressione del presidio permanente di Santa Marta;

   l'eliminazione dei passaggi intermedi tra il centro integrato di supervisione, che riceve le segnalazioni degli interventi, e i reparti operativi cui assegna direttamente gli interventi da effettuare comporta notevoli rischi per quanto concerne la peculiarità del territorio veneziano;

   i lavoratori hanno 1'obbligo di intervenire entro 60 minuti, ma chi abita in terraferma difficilmente risulterà nelle condizioni di essere operativo per un intervento nel centro storico di Venezia in assenza di un presidio come quello di Santa Marta;

   in una sola settimana si sono già registrati sforamenti rispetto ai 60 minuti e questo dimostra una evidente criticità della decisione aziendale –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per convocare azienda e sindacati tenuto conto della peculiarità di Venezia, al fine di ripristinare il presidio di Santa Marta, garantendo sicurezza e rispetto degli obblighi di intervento.
(5-12473)


   SGAMBATO, MANFREDI, VALERIA VALENTE e CHAOUKI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni mesi i due punti vendita Coop, controllati da Unicoop Tirreno, e collocati nell'area di Santa Maria Capua Vetere e Napoli-Arenaccia, sono in balìa di manovre che agli interroganti appaiono poco chiare nei confronti dei dipendenti, il cui risultato sarebbe, nella migliore delle ipotesi, la cessione ad imprenditori privati e, nel peggiore dei casi, la chiusura definitiva dei due punti vendita;

   i due negozi di S.Maria C.V. e Napoli - Arenaccia insistono in due punti nevralgici dal punto di vista commerciale e di sviluppo dei territori;

   la presenza della cooperativa, in territori martoriati da decenni dall'elevata disoccupazione giovanile, dallo sfruttamento del lavoro, dal futuro negato a giovani e meno giovani, rappresenta ad oggi un imprescindibile presidio occupazionale, nonché di legalità e rispetto dei diritti dei lavoratori;

   pare però, che sia per il negozio di Napoli — Arenaccia che per quello di S.Maria C.V., Unicoop Tirreno non abbia rinnovato il contratto di locazione degli stabili, proprietà di Unicoop Firenze, per cui si prefigura uno scenario sempre più difficoltoso per i lavoratori che vi prestano servizio;

   la via della dismissione intrapresa da Unicoop Tirreno per i due negozi campani, si collocherebbe in un più ampio progetto di riorganizzazione aziendale avviato dai vertici aziendali nel dicembre 2013, al fine di dare una «sforbiciata» ai costi per recuperare competitività, ma dopo circa tre anni pare che la ricetta non abbia funzionato, se non a discapito dei lavoratori –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e come intendano intervenire, per quanto di competenza, al fine di tutelare questi lavoratori, considerato che la chiusura di due punti vendita, non solo rappresenterebbe la chiusura di due importanti presidi di legalità, ma provocherebbe soprattutto gravi ripercussioni socio-economiche su centinaia di famiglie di dipendenti coinvolte.
(5-12477)

Apposizione di firme ad una mozione
e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Carfagna e altri n. 1-01727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Archi e Crimi e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Carfagna, Brunetta, Gelmini, Bergamini, Biancofiore, Calabria, Centemero, De Girolamo, Giammanco, Ravetto, Prestigiacomo, Occhiuto, Archi, Crimi, Gullo, Labriola, Laffranco, Longo, Milanato, Minardo, Palmizio, Polidori, Elvira Savino, Sisto, Vella».

Apposizione di una firma
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-11683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rizzetto.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Narduolo n. 2-01901 del 25 luglio 2017;

   interrogazione a risposta scritta Nesci n. 4-18028 del 4 ottobre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-12440 dell'11 ottobre 2017.

Ritiro di una firma
da una interpellanza urgente.

  Interpellanza urgente Miccoli e altri n. 2-01975, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2017, è stata ritirata la firma del deputato Naccarato.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Zaccagnini e Piras n. 3-02041 del 23 febbraio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18168;

   interrogazione a risposta orale Lacquaniti e altri n. 3-03067 del 13 giugno 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18176;

   interrogazione a risposta scritta Occhiuto n. 4-18084 del 9 ottobre 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03303.