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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    la qualità ambientale e la gestione sostenibile dei corpi idrici, e più in generale dei bacini idrografici, è questione fondamentale trattata dalla direttiva comunitaria 2000/60/CE, direttiva quadro sulle acque – Dqa, e dalla direttiva 2007/60/CE, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni; in particolare la Dqa ha l'obiettivo generale di prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo dello stato delle acque e assicurarne un utilizzo sostenibile;

   a livello nazionale, tenuto conto dello stato di qualità dei corpi idrici e della fragilità del territorio, acuita dagli impatti dei cambiamenti climatici, il raggiungimento di questi obiettivi richiede sempre più un approccio integrato e multidisciplinare ed una governance delle acque e dei suoli che valorizzi la partecipazione e la cooperazione dei diversi portatori di interesse e il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali che insistono sui territori interessati;

    tale esigenza ha portato diverse regioni italiane a sperimentare processi partecipativi attraverso cui gestire in modo integrato le risorse idriche e i territori di competenza a scala locale, che hanno trovato espressione nell'esperienza dei contratti di fiume, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale, così come definiti a livello normativo dall'articolo 68-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Norme in materia ambientale), nel testo modificato dall'articolo 59 della legge n. 221 del 2015 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali);

    i contratti di fiume hanno trovato progressivo riconoscimento nelle politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico, di difesa del suolo e di programmazione intersettoriale a livello centrale; sono riconosciuti nelle linee guida per il contrasto al rischio idrogeologico redatte dall'unità di missione Italia sicura, sono richiamati nella strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, quali azioni di tipo non strutturale, e sono presenti nei criteri di selezione previsti per il Programma di sviluppo rurale nazionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

    l'esigenza di accompagnare lo sviluppo di esperienze locali diffuse ad un'azione di coordinamento ed armonizzazione, ha portato nel 2007 alla costituzione di un tavolo nazionale dei contratti di fiume; grazie al lavoro svolto dal tavolo nel 2010 si è giunti alla condivisione in sede di Conferenza Stato-regioni di una carta nazionale dei contratti di fiume, a cui hanno già aderito allo stato attuale 14 regioni, mentre le altre hanno già avviato le procedure di adesione. Anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, partecipando al tavolo sin dalla sua costituzione, ha concorso a questo processo a traverso l'elaborazione di linee guida sui criteri di qualità dei contratti di fiume;

    i contratti di fiume si stanno dimostrando uno strumento particolarmente efficace, in grado di indirizzare i diversi portatori d'interesse verso forme di collaborazione che superino l'approccio settoriale alle problematiche e agli ostacoli che spesso si incontrano nei territori per mancanza di dialogo con le comunità; essi favoriscono la partecipazione, la condivisione delle informazioni e l'assunzione di responsabilità da parte dei soggetti coinvolti, aumentando l'efficienza dei processi decisionali e migliorando la qualità progettuale degli interventi e il grado di accettabilità sociale degli stessi nel territorio;

    in questa fase appare quanto mai necessario rafforzare la capacità istituzionale e di governance tra gli attori coinvolti nell'attivazione e nella realizzazione dei contratti di fiume, in modo da armonizzare la loro applicazione e migliorare le capacità programmatorie-gestionali e tecnico-operative, anche attraverso una maggiore integrazione tra le azioni locali e la pianificazione di distretto idrografico e regionale e la finalizzazione di risorse utili a diffondere queste esperienze innovative nell'intero territorio nazionale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per istituire una struttura nazionale di coordinamento per l'attuazione dei contratti di fiume, attraverso la creazione di un Osservatorio nazionale dei contratti di fiume che operi in stretta relazione alle regioni e alle autorità di distretto, con l'obiettivo primario di indirizzo, monitoraggio, supporto informativo e di formazione ai vari livelli, regionali e locali;

   a dar seguito con sollecitudine, in stretto raccordo con le regioni e le autorità di distretto interessate, alle attività formative e di supporto tecnico già previste dall'apposito progetto proposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito del PON governance 2014-2020;

   a valorizzare, in tale contesto, le competenze e le professionalità specifiche maturate in questi anni nello sviluppo dei processi di contratto di fiume già attivi e dal tavolo nazionale dei contratti di fiume;

   ad assumere iniziative per destinare apposite risorse finalizzate a sostenere e diffondere tali processi, selezionati, sulla base di criteri di qualità ed efficacia, avvalendosi delle strutture dell'Osservatorio nazionale e del coordinamento nazionale così costituite;

   ad adottare iniziative per riconoscere apposite premialità per il finanziamento di azioni e progetti previsti dai programmi d'azione di contratti di fiume, sottoscritti ed ufficializzati, e definiti in stretto raccordo con le misure previste dai piani di gestione di distretto e dai piani di tutela delle acque regionali.
(7-01362) «Braga, Mariani, Realacci, Bratti, Zardini, Carrescia, De Menech, Cominelli, Rubinato, Terrosi».


   La X Commissione,

   premesso che:

    la libera circolazione delle merci è la più sviluppata delle quattro libertà del mercato unico ed è essenziale per il successo di migliaia di imprese. La sua creazione è stata possibile grazie al raggiungimento di un accordo a livello europeo sugli standard minimi di sicurezza dei prodotti che circolano nell'Unione europea;

   disposizioni efficaci in tale settore possono essere adottate solo a livello dell'Unione, sia per assicurare un'adeguata tutela degli interessi dei consumatori che per impedire agli Stati membri di adottare disposizioni differenti che determinerebbero la frammentazione del mercato unico;

   al fine di semplificare e rendere più omogenee le norme di sicurezza applicabili ai prodotti non alimentari, la direzione generale del mercato interno, dell'industria, dell'imprenditoria e delle piccole e medie imprese della Commissione ha presentato, il 13 febbraio 2013, un pacchetto che include una comunicazione e due proposte di regolamenti sulla sicurezza dei prodotti di consumo e la vigilanza di mercato;

   a seguito del voto nella Commissione parlamentare per il mercato interno e la protezione dei consumatori nel dicembre 2013, la plenaria del Parlamento europeo ha approvato, il 15 aprile 2014, la risoluzione sulla proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. In particolare, i deputati europei hanno lasciato invariato l'articolo 7, che introduce l'obbligatorietà dell'indicazione di origine e prevede per i produttori la possibilità di apporre sull'etichetta la dicitura «Made in EU» oppure il nome del proprio Paese. Inoltre, gli europarlamentari hanno approvato alcune altre importanti modifiche: la reintroduzione del principio di precauzione, previsto dalla direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti ed eliminato con la proposta, considerato come un elemento orizzontale fondamentale per garantire la sicurezza dei prodotti e dei consumatori; l'applicazione anche ai prodotti armonizzati delle disposizioni del regolamento per gli aspetti e i rischi o le categorie di rischi che non sono coperte dalla normativa di armonizzazione applicabile; l'auspicio che i produttori tengano conto automaticamente della sicurezza dei prodotti già nella fase di progettazione; l'obbligo per le autorità nazionali di tener conto delle caratteristiche di un prodotto che, pur non essendo destinato ad essere utilizzato da bambini, assomiglia in qualche modo a un altro oggetto normalmente riconosciuto attraente per i bambini; la quantificazione delle sanzioni da parte delle autorità nazionali in base al fatturato dell'impresa ed al numero di dipendenti, ma prestando particolare attenzione alle piccole e medie imprese;

   tuttavia, rispetto al testo votato nella Commissione competente, vista la comparazione costi-benefici rivelatasi non soddisfacente, è stato eliminato l'articolo 6 relativo al marchio «EU Safety Tested», complementare a quello esistente, da applicare ai prodotti testati da un soggetto terzo e indipendente e considerati sicuri da un organismo competente;

   allo stato attuale la proposta di regolamento è bloccata in Consiglio. Nonostante i tentativi fatti dalle presidenze di turno (soprattutto quella italiana del 2014 e quella olandese del 2015) nella ricerca di un compromesso, continua ad esservi una frattura fra Nord (più orientata sulla grande distribuzione) e Sud (manifatturiero) Europa. La proposta legislativa della Commissione non è stata ritirata, neanche dal programma della Commissione per il 2017, ma allo stato attuale appare molto improbabile che possano essere fatti passi avanti, e ciò, nonostante le molteplici prese di posizione del Parlamento europeo (da ultimo, nella risoluzione sulla Strategia per il mercato interno);

   in tale contesto, appare particolarmente rilevante la posizione italiana in merito all'introduzione del contrassegno «Made in Italy» sui prodotti non alimentari a maggiore potenzialità in termini di export e diffusione sui mercati internazionali,

impegna il Governo:

  a rafforzare la propria iniziativa politico-diplomatica, nell'ambito della partecipazione dell'Italia all'Unione europea, al fine di procedere tempestivamente alla conclusione dell’iter normativo volto all'introduzione del regolamento sulla sicurezza dei prodotti non alimentari;

   a valutare, di concerto con gli altri Stati membri interessati, se sussistano gli estremi per l'applicazione dell'istituto della cooperazione rafforzata di cui all'articolo 20 del Trattato sull'Unione europea e agli articoli 326-334 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, al fine di costituire un quadro giuridico comune volto all'introduzione di una etichetta di origine per i prodotti del settore calzaturiero, dell'artigianato e degli arredi.
(7-01361) «Ricciatti, Epifani, Ferrara, Simoni, Franco Bordo, Martelli, Giorgio Piccolo, Zappulla, Stumpo, Quaranta, Piras, Lacquaniti, Nicchi, Duranti, Sannicandro, Zaratti, Kronbichler, Albini, Carlo Galli, Murer, Zoggia».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    come già evidenziato negli atti di sindacato ispettivo n. 5-04761, a prima firma della deputata Lenzi, e n. 5-07313 e n. 5-11114 della prima firmataria del presente atto, la fibromialgia o sindrome fibromialgica è una malattia complessa, debilitante e invalidante, caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso ed astenia, associato a rigidità, che rendono difficoltosi movimenti ordinari, e ad una vasta gamma di disturbi funzionali che compromettono e riducono la qualità di vita di chi ne è affetto colpendo approssimativamente 1,5-2 milioni di italiani, circa il 2-4 per cento, con punte segnalate fino al 10 per cento della popolazione e prevalentemente le persone di sesso femminile in età adulta;

   i pazienti che sviluppano la fibromialgia presentano una storia clinica di dolore cronico persistente su tutto il corpo. Il paziente predisposto al dolore fibromialgico manifesta molti episodi di dolore cronico nella sua vita, quali: cefalea, dismenorrea, disfunzione temporo-mandibolare, fatica cronica, cistite interstiziale/sindrome dell'uretra irritabile, colon irritabile e altre sindromi dolorose regionali. La sindrome fibromialgica manca di alterazioni di laboratorio o di specifici biomarcatori, di conseguenza la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce. Nuovi studi, tuttavia, hanno dimostrato che certi sintomi, come il dolore muscolo-scheletrico diffuso e la presenza di specifiche aree algogene alla digitopressione (tender points), la stanchezza cronica, i disturbi del sonno e alterazioni neurocognitive sono presenti nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica e non comunemente nelle persone sane o in pazienti affetti da altre patologie reumatiche dolorose, e sono connessi a modificazioni delle soglia di percezione del dolore accompagnati ad alterazioni neuroendocrine e/o psico-affettive;

   i recenti criteri diagnostici del 2016 hanno portato a piccole modificazioni numeriche ma soprattutto hanno ripreso il concetto di dolore diffuso (infatti, le aree algogene devono includere almeno 4 di 5 aree topografiche definite dai criteri) e la diagnosi di fibromialgia non è esclusa dalla presenza di altre patologie associate. Una volta formulata la diagnosi, poi, il monitoraggio è eminentemente clinico e non è necessario ripetere accertamenti strumentali, se non in caso di comparsa di sintomi o segni che facciano sospettare l'insorgenza o l'esistenza di patologie diverse;

   i sintomi della fibromialgia sono riscontrabili in altre malattie (reumatologiche, neurologiche ed altro) ed è spesso necessario, nella fase di studio e diagnosi, eseguire accertamenti clinici e di laboratorio e strumentali per escludere altre patologie e non vi è alcun esame di laboratorio o radiologico che possa diagnosticare la fibromialgia;

   negli ultimi anni, la fibromialgia è stata meglio definita e caratterizzata attraverso studi che hanno stabilito anche le linee guida per la diagnosi e la terapia;

   già in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-04761 in cui si chiedeva il perché questa malattia non fosse stata ancora riconosciuta come malattia invalidante, né inserita nei livelli essenziali di assistenza, nonostante sia riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dal 1992, anno in cui venne inclusa nella decima revisione dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-10, codice M79-7), entrata in vigore il 1° gennaio 1993, il Governo affermava che, poiché il citato parere considerava la fibromialgia come cronica, invalidante solo in alcuni casi, non necessariamente permanente, e che era necessario attendere che fossero definiti i cut-off attraverso studi idonei, il Ministero della salute riteneva che non vi erano, al momento, le condizioni per l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999;

   l'Oms, già dal 1992, ha riconosciuto l'esistenza della fibromialgia, definendola come una malattia, inserendola nel manuale di classificazione internazionale delle malattie, e altre organizzazioni mediche di carattere internazionale l'hanno considerata una malattia cronica; inoltre, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione europea e il Consiglio a mettere a punto una strategia per riconoscere la fibromialgia e migliorare l'accesso alla diagnosi e ai trattamenti, mentre, nonostante le indicazioni del Parlamento europeo, l'Italia non l'ha ancora riconosciuta;

   diverse regioni italiane e province, come ad esempio la Toscana, il Veneto, Valle d'Aosta, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e la provincia autonoma di Trento, hanno avviato percorsi di riconoscimento della malattia provocando disomogeneità di trattamento tra i pazienti che risiedono in regioni diverse, istituendo centri per il riconoscimento della fibromialgia che provocano una «migrazione sanitaria» a causa delle diversità di trattamento;

   è da sottolineare, inoltre, che vi è una sentenza del 25 maggio 2017 (provvedimento n. 1116/2016) emessa dal tribunale di Termini Imerese in cui viene riconosciuta, primo caso in Italia, l'invalidità lavorativa ad una cittadina affetta da sindrome fibromialgica;

   il 3 agosto il Ministero della salute ha ricevuto una delegazione formata dai presidenti e vice presidenti delle due associazioni più rappresentative in Italia, Aisf (Associazione italiana sindrome fibromialgica) e Cfu Italia (Comitato fibromialgici uniti) per richiedere e ribadire ancora una volta la necessità di riconoscere la fibromialgia;

   nell'occasione è stata consegnata una petizione di oltre 30.000 firme e un dossier medico/scientifico preparato dai referenti scientifici delle associazioni atto a dimostrare che esistono già criteri diagnostici internazionali condivisi e codificati in basi ai quali è già possibile, senza attendere i risultati di eventuali progetti di ricerca peraltro mai finanziati, la definizione dei cut-off di severità al fine di poter riconoscere i malati fibromialgici cronici severi e meritevoli di eventuali esenzioni per disabilità;

   alcuni pazienti con fibromialgia possono avere sintomi così severi da renderli incapaci di svolgere una normale attività lavorativa e una soddisfacente vita di relazione. Spesso i pazienti affetti da fibromialgia si sottopongono a molti test e vengono visitati da molti specialisti, mentre sono alla ricerca di una risposta sulla causa della loro malattia. Questo porta a paura e frustrazione, che possono aumentare la percezione del dolore. Ai pazienti fibromialgici viene spesso detto che, poiché obiettivamente non hanno nulla e gli esami di laboratorio risultano nella norma, non hanno una reale malattia. I familiari, gli amici e spesso il medico di famiglia possono dubitare dell'esistenza di tali disturbi, alimentando l'isolamento, i sensi di colpa e la rabbia nei pazienti fibromialgici. Il paziente con fibromialgia, la sua famiglia e i medici devono sapere che la fibromialgia è una causa reale di dolore cronico e di stanchezza e deve essere affrontata come qualunque altra patologia cronica. Fortunatamente, la fibromialgia non è una malattia mortale e non causa deformità;

   sebbene i sintomi possano variare di intensità, la condizione clinica generale raramente peggiora col trascorrere del tempo. Spesso il solo fatto di sapere che la fibromialgia non è una malattia progressiva e invalidante permette ai pazienti di non continuare a sottoporsi ad esami costosi e inutili e a sviluppare un'attitudine positiva nei confronti della malattia;

   la sindrome fibromialgica costituisce un'entità clinica specifica, la cui diagnosi è codificata da criteri diagnostici validati internazionalmente;

   la diagnosi di fibromialgia è compresa nelle classificazioni sul dolore cronico delle più importanti società scientifiche internazionali ed è riconosciuta nella maggior parte dei paesi;

   esistono oramai criteri validati per la definizione di severità di malattia e di valutazione dell'efficacia clinica sia del trattamento farmacologico che del trattamento non farmacologico;

   riconoscere la diagnosi di sindrome fibromialgica non significa riconoscere a tutti una severa invalidità; come per tutte le patologie croniche sarà la commissione che giudicherà, con criteri oggettivi, l'impatto della malattia nel singolo paziente;

   la creazione di una rete integrata di medici di medicina generale, di specialisti e di personale sanitario (psicologi, terapisti della riabilitazione, occupazionali e altro) che si occupino di fibromialgia e che si prendano a carico i pazienti più complessi deve costituire un punto di arrivo nella gestione del paziente fibromialgico;

   esistono raccomandazioni terapeutiche derivate dai lavori della letteratura che aiutano a trattare al meglio i pazienti, con un approccio di base non farmacologico e uno più specifico farmacologico per trattare i sintomi più rilevanti e rendere la strategia terapeutica un abito sartoriale per il paziente;

   l'educazione continua sia del personale sanitario sia dei pazienti stessi può determinare una migliore e più appropriata gestione delle risorse disponibili e, al contempo, una minore spesa per i pazienti spesso alle prese con terapie alternative che nulla hanno di scientifico e che sostanzialmente, ad avviso dei firmatari del presente atto, servono economicamente solo a chi le pratica e le consiglia sulla pelle di pazienti diseducati e non seguiti correttamente da un sistema sanitario nazionale per il quale non esistono,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per assegnare alla sindrome fibromialgica un codice identificativo di patologia;

   ad assumere iniziative per includere la sindrome fibromialgica nell'elenco delle malattie croniche dei Lea (livelli essenziali di assistenza) in corso di aggiornamento attraverso il confronto con i referenti delle società scientifiche maggiormente riconosciute per lo studio della fibromialgia e i componenti della commissione per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza;

   ad adottare iniziative per pervenire alla definizione di cronicità da parte dello specialista reumatologo/algologo (riconfermabile dopo un periodo di 24 mesi), che comporti l'esenzione dal ticket per le seguenti prestazioni di classe A:

    a) n. 2 visite annue da specialista reumatologo/algologo;

    b) n. 1 visita annua da specialista fisiatra;

    c) n. 1 visita annua da specialista psicologo;

    d) n. 1 visita annua da specialista nutrizionista;

    e) n. 10 sedute annue di psicoterapia breve;

    f) n. 10 sedute annue di riabilitazione neuromotoria;

    g) n. 1 cicli annui di balneoterapia;

    h) esami strumentali e di laboratorio da svolgersi una volta l'anno;

   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità dell'utilizzo di farmaci cannabinoidi per la terapia del dolore di cui sono affetti i malati fibromialgici, attualmente in stallo dopo l'entrata in vigore del decreto del 23 marzo 2017 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 giugno 2017) che ha revisionato il tariffario nazionale, compreso l'uso della cannabis a scopo terapeutico.
(7-01363) «Paola Boldrini, Miotto, Amato, D'Incecco, Carnevali, D'Arienzo, Currò, Vico, Parrini».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    in una lettera inviata ai componenti della commissione agricoltura, la UilPa-Mipaaf sollecita gli organi parlamentari a fare chiarezza su una problematica, rimasta priva di risposte e soluzioni da più di un anno e mezzo, in merito alle funzioni del Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali previste dalla legge istitutiva del 7 agosto 1986, n. 462, che converte in legge il decreto-legge del 18 giugno 1986, n. 282;

    le predette funzioni sono state assegnate, ai sensi dell'articolo 7, punto 2, lettera a), del decreto legislativo n. 177 del 2016, in modo del tutto identico e sovrapponibile, anche al Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare presso l'Arma dei Carabinieri, e ciò è avvenuto, secondo il presentatore del presente atto di indirizzo in evidente contrasto con i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 5, comma 2, lettera g) della legge delega n. 154 del 28 luglio 2016;

    il decreto legislativo n. 177 del 2016 ha creato, pertanto, in tal modo, una sorta di «doppione istituzionale» nell'ambito dei controlli nel settore agroalimentare;

    parallelamente a ciò, negli ultimi anni si sta applicando nei confronti dell'Icqrf un lento processo di «eutanasia», che si sta realizzando con: a) la notevole diminuzione sia delle dotazioni organiche che del personale effettivo, passando rispettivamente la prima da 1.086 unità a 816 e il secondo da 887 a 677 unità, con una differenza negativa rispettivamente di 270 e 210 unità; b) la drastica riduzione delle risorse economiche per il suo funzionamento; c) la sistematica negazione di ogni tipo di riconoscimento per il personale, ad iniziare dall'indennità di missione, riconosciuta, invece, a tutti gli altri organi istituzionali che operano con finalità ispettive; d) il mancato rinnovo delle autovetture di servizio che, a causa della loro vetustà, per età e chilometraggio (con un'anzianità media di 10 anni e 200.000 chilometri di percorrenza), mettono a serio rischio l'incolumità dei dipendenti nello svolgimento della loro attività ispettiva;

    l'instabilità creata dalla duplicazione delle competenze in capo sia all'Icqrf che all'Arma dei Carabinieri e l'assoluta mancanza di risposte da parte del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ai rappresentanti sindacali, ha ingenerato un generale malcontento di tutto il personale dell'Icqrf, che si è manifestato con un chiaro atto di sfiducia nei confronti dell'Amministrazione, come testimonia il sondaggio proposto dalla Uilpa, che ha visto pronunciarsi il 65,73 per cento del personale (445 su 677 unità presenti di ruolo), di cui l'80 per cento è risultato favorevole all'assorbimento all'interno del Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dell'Arma dei Carabinieri;

    la XIII Commissione della Camera, con la risoluzione n. 7-00207 del 17 dicembre 2013, impegnava il Governo ad intraprendere un percorso di semplificazione e razionalizzazione del sistema dei controlli agroalimentari tramite l'accorpamento tra il Corpo Forestale dello Stato e l'Icqrf; il suddetto corpo è stato poi assorbito, con il predetto decreto legislativo n. 177 del 2016, nell'Arma dei Carabinieri, ed è stato costituito il Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare;

    anche volendo prescindere dalla condivisibile opinione dei lavoratori dell'Icqrf, non si può sottacere la necessità di modificare il citato articolo 7, punto 2, lettera a), del decreto legislativo n. 177 del 2016, variando le competenze ora previste per il suddetto organo dei Carabinieri ed eliminando, di conseguenza, ogni dubbio sulla duplicità delle funzioni da essi svolte in relazione, a quelle di competenza dell'Icqrf nel rispetto dei principi ed i criteri direttivi indicati nell'articolo 5, comma 2, lettera g), della legge delega n. 154 del 28 luglio 2016;

    a giudizio del presentatore del presente atto, l'Icqrf è una struttura importante per la sicurezza dei cittadini in campo agroalimentare ed è necessario che tutti si adoperino per renderla efficiente variando le attuali competenze in capo al suddetto comando dei Carabinieri in modo tale da non sovrapporle a quelle dell'Icqrf prevedendo per quest'ultimo un «minimum» di necessità funzionali e operative;

   è pertanto necessario provvedere: all'individuazione del nuovo fabbisogno necessario – in relazione alle competenze istitutive e a quelle già acquisite nel corso degli anni – di personale occorrente all'Icqrf, per tutti gli uffici e laboratori (in sostituzione della vecchia e deficitaria dotazione organica); all'adeguamento delle risorse economiche previste nei capitoli relativi al funzionamento della struttura che dovrà essere alimentato anche da una quota delle entrate derivanti dalle sanzioni, destinandone una parte all'istituzione di una specifica indennità di funzione per i dipendenti che rivestono la qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria; al ripristino per tutto il personale, all'uopo incaricato, dell'indennità di missione (stimata complessivamente in circa 300.000 euro) da definire nella prossima legge di bilancio 2018; al reperimento, sempre tramite la prossima legge di bilancio, di risorse per rinnovare il «mezzo di lavoro», ossia un numero adeguato e sufficiente di autovetture di servizio che sostituisca quelle vetuste da rottamare; è necessario inoltre prevedere, nel caso, per le attività di competenza dell'Icqrf, l'affidamento ad esso di una quota percentuale di autovetture sottoposte a confisca di varia natura da parte dello Stato,

impegna il Governo

ad assumere iniziative di competenza volte a rendere più efficiente e a potenziare l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari, nonché ad eliminare le duplicazioni di competenze in capo al Comando dei Carabinieri forestali in materia di controlli agroalimentari nel senso indicato in premessa.
(7-01364) «Catanoso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la strategia energetica nazionale è stata approvata con decreto interministeriale l'8 marzo 2013 dagli allora Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il 10 maggio 2017 in audizione alla Camera, il Ministro Carlo Calenda, insieme al Ministro Galletti, ha presentato la nuova strategia energetica nazionale (Sen). Rispetto al documento è stata avviata una consultazione il 12 giugno 2017 che si è chiusa il 12 settembre 2017: molti sono stati i contributi da parte delle associazioni e delle realtà del settore, tuttavia è da rimarcare come tale tentativo, che si sostanziava in semplici consultazioni, non abbia prodotto un reale coinvolgimento dal basso, volto all'elaborazione di un unico programma energia-clima, così come è stato fatto in altri Paesi d'Europa ad iniziare dalla Germania;

   a quanto risulta agli interpellanti, l'impostazione generale della strategia energetica nazionale rappresenta un notevole passo indietro rispetto al documento del 2013. Sul piano formale, viene persino eliminata la priorità da attribuire all'efficienza energetica. Sul piano sostanziale, fra le altre carenze, sparisce qualsiasi indicazione strategica, nella prospettiva 2030, del ruolo dei certificati bianchi come strumento di mercato per conseguire gli obiettivi di efficienza energetica. Il ruolo delle fonti rinnovabili rappresenta un ulteriore involuzione. Appare centrato in modo prioritario sulle sole rinnovabili elettriche, la cui produzione dovrebbe raddoppiare. Lo spazio dedicato alle fonti rinnovabili termiche è superficiale e limitato: pur riconoscendo correttamente il ruolo di punta alle pompe di calore, non si sofferma sul ruolo determinante delle rinnovabili nel comparto termico (ovvero la parte maggiore dei consumi energetici) e sulle sue implicazioni strategiche. È scarsa la definizione dell'evoluzione del sistema energetico italiano al 2030 sia come scenario base (in assenza di nuove politiche) che come scenario di policy (con gli effetti delle nuove politiche per gli obiettivi 2030). Risalta la mancanza di dati chiari sul ruolo delle diverse fonti e dei vettori nella evoluzione della struttura dei consumi finali. In particolare, non ci sono indicazioni sul grado di penetrazione elettrica, elemento dirimente per dare un significato sia agli obiettivi per le fonti rinnovabili elettriche in connessione con gli usi efficienti del vettore elettrico, che alla diffusione delle rinnovabili termiche tramite le pompe di calore;

   la proposta di nuova strategia energetica nazionale posta in consultazione deve essere letta nella prospettiva della comunicazione «Energy State Union 2030» che ha sviluppato un nuovo approccio delle politiche energetiche europee che considera come vincolanti i tre obiettivi 2030 già fissati a livello di Unione europea e quelli nazionali per la riduzione dei gas serra, ma lascia ad ogni Stato membro la scelta del ruolo da attribuire all'efficienza energetica e alle rinnovabili senza prevedere la fissazione a livello di Unione europea di obiettivi nazionali al 2030 vincolanti;

   le criticità emerse sull'alta entalpia e il rapporto fra sostenibilità energetica e ambientale hanno messo in dubbio la validità degli incentivi al settore della geotermia, senza i quali il settore medesimo non riuscirebbe probabilmente a sussistere. Inoltre, il forte inquinamento che la geotermia ad alta entalpia produce, come l'affiorare in superficie dell'arsenico ad esempio, ne fa decadere l'appartenenza alle fonti energetiche rinnovabili ed ecologiche –:

   se non reputino opportuno e necessario assumere iniziative per prevedere un fondo rotativo destinato prioritariamente alla promozione dell'efficienza energetica e delle rinnovabili termiche;

   se non reputino opportuno superare, con ogni strumento utile, la mancanza di un chiaro raccordo tra la proposta di strategia energetica nazionale e il piano «energia e clima» 2030, che avrebbe dovuto essere già stato elaborato e anch'esso posto in consultazione, e che ha invece rappresentato una ulteriore criticità in termini di scarsa definizione dell'evoluzione del sistema energetico italiano;

   se non intendano adoperarsi per un salto di qualità nelle politiche per la promozione dell'efficienza energetica in maniera tale da guidare efficacemente le scelte per la gestione energetica degli edifici e della mobilità, in sinergia con la promozione dei combustibili alternativi, da parte di imprese e famiglie, definendo altresì un piano di azione per la crescita degli usi efficienti del vettore elettrico nel settore residenziale e per la mobilità che valorizzi le sinergie possibili tra la nuova tariffa, lo smart metering e la liberalizzazione del mercato;

   se non reputino utile ed essenziale riconoscere in modo più chiaro il potenziale di sviluppo delle reti di teleriscaldamento e assicurare adeguati strumenti di promozione, andando oltre le attuali incertezze che stanno penalizzando questo settore, rivedendo la proposta della strategia energetica nazionale che punta sul ripotenziamento degli impianti eolici e che privilegia gli interventi di repowering degli impianti idroelettrici e geotermici;

   se non intendano porre in essere iniziative volte a favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia con impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l'importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano.
(2-01972) «Zaratti, Zaccagnini, Laforgia, Fossati».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, MELILLA, ZARATTI, D'ATTORRE, SCOTTO, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, DURANTI, FOLINO, FRANCO BORDO, KRONBICHLER, SANNICANDRO e FERRARA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 convertito dalla legge 19 dicembre 2016, n. 229, recante «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016», all'articolo 48, comma 1-bis prevede che: «i sostituti d'imposta, ovunque fiscalmente domiciliati nei comuni di cui agli allegati 1 e 2, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1° gennaio 2017 e fino al 30 settembre 2017. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi mediante ritenuta alla fonte si applica per le ritenute operate ai sensi degli articoli 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600»;

   la busta paga pesante allo stato attuale della normativa, rischia di costituire per i lavoratori più disagio che un reale sostegno. I termini introdotti con le ultime norme hanno prorogato al 31 dicembre 2017 la durata della busta paga pesante, ma hanno al contempo previsto che la restituzione degli importi per le imposte dovute avverrà in 9 rate mensili a decorrere dal 16 febbraio 2018;

   solo nove mesi, quindi, per restituire integralmente gli importi di nove mesi di Irpef sospesa;

   nove mesi in cui i lavoratori dipendenti colpiti dal terremoto rischiano di avere stipendi al limite, abbattimenti di reddito insostenibili e condizioni di disagio assolutamente irragionevoli e ingiustificabili;

   un grave disagio che andrebbe a pesare su lavoratori e famiglie che stanno già da tempo affrontando enormi difficoltà quotidiane, a fronte di una ricostruzione ancora da venire e di un reinsediamento attraverso le soluzioni abitative di emergenza che presenta ingenti ritardi;

   con l'avvicinarsi della fine dell'anno, la confusione sembra aumentare: ai lavoratori che hanno richiesto e poi interrotto il beneficio – spesso proprio per le troppe incertezze rispetto alle modalità di restituzione – stanno arrivando comunicazioni scritte secondo le quali, in assenza di diverse disposizioni normative, si dovrà procedere al conguaglio fiscale dell'intero importo precedentemente sospeso –:

   se il Governo non intenda porre in essere iniziative volte ad ampliare il numero di rate stabilito almeno fino al massimo previsto dallo statuto del contribuente (18 rate mensili) per le fattispecie esposte in premessa e a prorogare la data di avvio della restituzione dilazionandola ulteriormente nel tempo.
(4-18096)


   MARTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   fra i principali elementi della riforma costituzionale del Governo Renzi, «bocciata» dal referendum popolare confermativo il 4 dicembre 2016, era prevista l'eliminazione delle province dalla Costituzione e il successivo rinvio ad una legge ordinaria, per la determinazione delle funzioni e delle competenze di questi enti o la loro eventuale cancellazione;

   l'interrogante evidenzia come il 7 aprile 2014 il Parlamento, approvando con difficoltà la cosiddetta «legge Delrio» sulla riforma delle province, trasformandole di fatto in enti di secondo livello, ha fortemente ridotto i finanziamenti (circa 2 miliardi di euro in due anni), svuotando le province delle funzioni più importanti in attesa di una ridefinizione complessiva dei livelli di governo, che peraltro non c'è stata;

   all'interno del suesposto quadro normativo che ha determinato un evidente caos e molte complicazioni, le competenze delle province, a seguito dell'introduzione della legge sulle città metropolitane, sono state ridimensionate, causando prevedibili e preoccupanti criticità, anche e soprattutto per effetto dei tagli draconiani effettuati dalle manovre economiche del Governo Renzi, che hanno ridotto notevolmente i finanziamenti;

   l'interrogante, al riguardo, evidenzia come la provincia di Lecce stia attraversando attualmente una situazione economico-finanziaria estremamente difficile, proprio a causa dello svuotamento delle funzioni, anche dal punto di vista contabile, le cui ripercussioni sui servizi fondamentali, quali la manutenzione delle scuole, il riscaldamento, l'energia elettrica, l'acqua, le strade ed i trasporti, (oltre alle difficoltà per i dipendenti della provincia stessa e per quelli delle società partecipate, che rischiano di rimanere senza stipendio) rischiano di determinare nel breve periodo gravi emergenze socioeconomiche sul territorio;

   il presidente della provincia di Lecce, Antonio Gabellone, ha rilevato che il 10 ottobre 2017, sarà previsto un tavolo tra Governo, regioni, Upi e province della Puglia per la verifica del riconoscimento di quanto dovuto, auspicando, al tempo stesso, un atteggiamento più responsabile della regione Puglia, attraverso l'anticipo dei fondi previsti che la stessa provincia restituirà non appena ci sarà l'intervento del Governo;

   il suindicato presidente ha altresì evidenziato il rischio del tentativo, da parte della stessa regione, di non riconoscere le funzioni non fondamentali, turismo e l'agricoltura, ipotizzando pertanto l'avvio un contenzioso e aggiungendo, peraltro, come dal 2015 la stessa provincia di Lecce abbia atteso invano che la regione Puglia approvasse la legge per definire con puntualità le funzioni da attribuire e quelle da gestire;

   a giudizio dell'interrogante, il suddetto scenario configura una situazione palesemente grave e preoccupante, sia in considerazione del fatto che a distanza di due anni non ci sono stati interventi correttivi tali per fronteggiare almeno le emergenze, a causa dei ritardi della regione Puglia, sia per effetto del susseguirsi, di provvedimenti normativi in ambito nazionale, che hanno causato notevole disordine e confusione;

   l'introduzione di misure urgenti e necessarie, in considerazione della gravissima situazione finanziaria in cui versa l'amministrazione provinciale di Lecce, appare pertanto indifferibile, a parere dell'interrogante, per fronteggiare l'aggravarsi delle emergenze sociali ed economiche che da anni stanno caratterizzando la comunità salentina e che rischiano di impedire lo svolgimento dell'attività di ordinaria amministrazione –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se il Governo non convenga che la situazione economico-finanziaria richiamata, con riferimento alla provincia di Lecce, rischi di determinare gravi effetti negativi e penalizzanti per i servizi resi per l'intero territorio interessato, anche a causa dei ritardi della regione Puglia nel riorganizzare le funzioni;

   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere una norma ad hoc, nel prossimo disegno di legge di bilancio per il 2018, in favore delle amministrazioni provinciali, come quella di Lecce, per garantire necessari e adeguati servizi per la comunità locale.
(4-18097)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, GRANDE e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il coinvolgimento delle imprese, del settore privato profit e del sistema delle piccole e medie imprese italiane, è uno degli aspetti più innovativi della nuova cooperazione italiana alla sviluppo;

   fra i bandi profit, presenti sul sito ufficiale dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) del 17 gennaio 2016, rientra l’Egyptian Holding Company for Silos and Storage;

   oltre 100 milioni di dollari risultano allocati da parte del Governo italiano in favore di quello egiziano, come si può leggere da alcune pubblicazioni ufficiali del «Ministry of international cooperation» in Egitto, nell'ambito del programma di conversione del debito, definito tra Italia ed Egitto risalente al 2012 (Italian-EgyptianDebt Swap Program);

   il Ministero beneficiario del finanziamento, ovvero il Ministry of supply and internal trade, nell'agosto 2016 è rimasto implicato in uno scandalo nazionale a causa di una frode di grandi dimensioni per vari milioni di dollari perpetrata sulle forniture di grano, a seguito del quale il Ministro titolare di suddetto Dicastero è stato costretto a dimettersi;

   si tratta dello stesso Ministero che ha beneficiato di quanto stabilito nel memorandum d'intesa firmato al Cairo nel 2015, relativo al programma di conversione del debito, definito tra Italia ed Egitto;

   sul sito aics.gov.it, selezionando «Bandi profit» sotto la voce «Opportunità», nell'elenco di tutti i bandi emessi dal gennaio 2016 a oggi si trova indicato in fondo all'elenco il bando sopra citato; tuttavia, il link non risulta attivo, mentre tutti gli altri risultano apribili;

   a parere degli interroganti, appare chiaro come l'attività dell'Agenzia per lo sviluppo in Egitto non sia stata minimamente influenzata da alcuni avvenimenti, anche gravi, accaduti in Egitto, non ultimo il caso della tragica morte di Giulio Regeni –:

   per quali ragioni non sia possibile reperire informazioni dal sito dell'Aics relative allo stato del bando di gara di cui in premessa e come siano stati utilizzati i 100 milioni di dollari stanziati a tal fine.
(5-12413)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA, REALACCI, MARIANI, MORETTO, VAZIO, FAMIGLIETTI, PARRINI, ASCANI, ROTTA, IORI, DALLAI, MORANI, DONATI, MARCO DI MAIO, MANFREDI e ERMINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le tecnologie della climatizzazione e della refrigerazione fanno affidamento sui cosiddetti gas refrigeranti Hfc introdotti con l'adozione del protocollo di Montréal del 1987, in sostituzione dei clorofluorocarburi, principali responsabili della distruzione dello strato di ozono;

   questi gas, a causa anche del massiccio e talvolta indiscriminato uso che se ne è fatto, sono da definirsi assolutamente perniciosi nelle loro formulazioni chimiche e sintetiche attuali. Inoltre, è stato constatato che gli Hfc, pur non essendo sostanze ozono-lesive, sono potenti gas serra che possono avere un impatto sul cambiamento climatico migliaia di volte maggiore rispetto all'anidride carbonica;

   con l'Accordo di Kigali, gli Stati si sono impegnati a ridurre la produzione e il consumo di Hfc di oltre l'80 per cento nel corso dei prossimi trenta anni. Tale programma di riduzione era già stato adottato dall'Unione europea con il regolamento (UE) 517/2014 (cosiddetto F-gas), che ha abrogato e sostituito il precedente regolamento (UE) 842/06;

   ad oggi in Italia non esiste ancora il decreto di attuazione di tale regolamento europeo, nonostante il termine fissato agli Stati membri fosse il 31 dicembre 2016. A causa di questo ritardo, la Commissione europea ha dato avvio anche ad una procedura di pre-infrazione nei confronti del nostro Paese (EU PILOT 9154/2017);

   in assenza di questo strumento e del decreto sanzionatorio che dovrà essere emanato successivamente, gli operatori del settore segnalano molteplici problemi soprattutto di interpretazione che rendono impossibile dare seguito alle nuove regole europee;

   le associazioni delle imprese produttrici – molte delle quali eccellenze mondiali – esprimono, in particolare, preoccupazione per le questioni di carattere ambientale e di sicurezza che derivano dall'assenza di un quadro normativo nazionale certo, che consenta di chiarire le competenze e di predisporre una sana pianificazione aziendale;

   agli interroganti risulta che, con la collaborazione delle associazioni di categoria e ambientaliste, è stato predisposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare uno schema di decreto attuativo contenente le nuove disposizioni, ma che ad oggi tale schema non sia stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri;

   si ricorda che, solo dopo l'adozione di questo primo decreto, sarà possibile elaborare quello con lo schema sanzionatorio, particolarmente delicato per la questione dei controlli e del rispetto degli obblighi comunitari;

   oltre a questa condizione di attesa, si fa presente che le imprese produttrici sono messe sotto pressione anche da un secondo ostacolo irrisolto: i prodotti refrigeranti, infatti, sono uno dei pochi rifiuti speciali e pericolosi non ancora dotati di una gestione dei costi ambientali di trattamento e smaltimento –:

   quali tempi il Governo ipotizzi siano necessari affinché si arrivi all'adozione del decreto di cui in premessa e quali tempi e modalità preveda per la stesura e l'adozione del decreto recante la disciplina delle violazioni;

   se il Ministro intenda attivare un tavolo tecnico e di confronto che coinvolga le associazioni del settore affinché si possa gestire in maniera ottimale il trattenimento e lo smaltimento dei rifiuti nella filiera e, al contempo, ridurne i costi particolarmente elevati per gli operatori.
(4-18093)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   come anticipato da alcuni organi di stampa, per il 26 ottobre 2017 la casa d'aste Sotheby's di Londra ha indetto un'asta per la vendita di alcuni preziosi documenti, spartiti e fotografie appartenuti al maestro Giuseppe Verdi. Sulla base delle indiscrezioni, si tratterebbe di un autentico tesoro, in gran parte inedito o di cui, addirittura, si ignorava l'esistenza;

   il pezzo di maggior pregio della collezione, a detta degli esperti, sarebbe il lotto costituito da 36 lettere autografe che Verdi scrisse ad uno dei suoi librettisti, Salvatore Cammarano, per discutere della composizione di alcune opere, tra le quali il Trovatore e la Luisa Miller. Il prezzo del lotto non dovrebbe essere inferiore ai 280-330 mila euro;

   la concezione unitaria del teatro musicale è la caratteristica saliente della drammaturgia verdiana, la sua novità all'interno della tradizione italiana. Questa visione unitaria di Verdi, la sua personalità di compositore ed i suoi molteplici interessi emergono dalla sua copiosa corrispondenza, sicché la possibilità di accesso degli studiosi a quella intrattenuta con Cammarano sarebbe molto significativa;

   quella della vendita all'asta potrebbe rappresentare l'occasione per il rientro in Italia di questo inestimabile patrimonio che è parte della straordinaria ricchezza culturale e storica del nostro Paese, di cui Giuseppe Verdi e simbolo in Italia e nel mondo;

   l'acquisizione di questi beni da parte dello Stato italiano, ovvero di istituzioni culturali nazionali, consentirebbe di scongiurare il rischio che questi documenti, una volta esperita l'asta, tornino nell'oblio impedendo a studiosi, accademici e melomani di poter avere accesso a questo che, a tutti gli effetti, può definirsi patrimonio nazionale;

   particolarmente significativa sarebbe l'opportunità che questi documenti entrassero nella disponibilità della Fondazione istituto nazionale di studi verdiani di Parma, quale istituzione deputata allo studio e alla diffusione dell'opera verdiana sul piano storico e accademico, ancor prima che musicale, che da molti decenni tutela, valorizza e diffonde l'opera e la figura Giuseppe Verdi attraverso le sue strutture (biblioteca, archivio della corrispondenza verdiana, archivio visivo, discoteca), in collaborazione con università ed enti culturali del mondo intero –:

   il Ministro interrogato non ritenga di farsi promotore di un'iniziativa che consenta l'acquisizione al pubblico dei beni verdiani oggetto dell'asta che si svolgerà il 26 ottobre 2017 a Londra con l'obiettivo di riportarli in Italia ed in special modo a Parma affidandone la gestione alla Fondazione istituto nazionale di studi verdiani.
(5-12409)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il mercato del public procurement che potrebbe rappresentare una delle principali leve di politica industriale nel nostro Paese versa in uno stato di enorme confusione ed appare sostanzialmente paralizzato;

   in data 11 luglio 2012 Consip s.p.a., ha indetto una gara comunitaria a procedura aperta per l'affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della pubblica amministrazione. Tale gara è nota come progetto «Scuole belle» e aveva come primo scopo il reimpiego degli ex lavoratori socialmente utili della regione Lazio;

   al termine della gara, Ati 1 (di cui faceva parte il Consorzio nazionale servizi) e Manutencoop sono risultati vincitori di quattro lotti ciascuno, che corrispondono alla totalità dell'Italia centrosettentrionale. Infatti, dove ha vinto Cns, Manutencoop non ha presentato offerta, mentre negli unici due lotti dove c'è stata sovrapposizione Cns ha presentato «un ribasso decisamente meno aggressivo a quello formulato altrove». Né l'ATI1 né Manutencoop hanno, invece, partecipato alle procedure per l'aggiudicazione dei rimanenti cinque lotti, riferiti alle regioni dell'Italia meridionale. Questi ultimi lotti sono stati aggiudicati ad altri soggetti;

   nel luglio 2014 Consip ha trasmesso all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su richiesta di quest'ultima, una documentazione descrittiva dell'esito della suddetta gara dalla cui analisi sono emerse alcune anomalie che lasciavano ipotizzare una violazione della normativa a tutela della concorrenza;

   l'Antitrust ha sanzionato duramente le suddette società e quest'ultime hanno presentato ricorso sia al Tar del Lazio sia al Consiglio di Stato, entrambi rigettati;

   il Consiglio di Stato il 26 gennaio 2017 ha confermato in via definitiva la condanna per la cooperativa nazionale servizi di Bologna e respinto l'appello principale;

   sempre Cns è il consorzio che, nel marzo del 2016, si ritira dalla gara Fm4 dopo la seconda richiesta di confermare l'interesse da parte di Consip. Tale decisione è apparsa ad alcuni singolare. In particolare, secondo alcuni osservatori, ci potrebbe essere una relazione tra la sanzione subita da Cns in relazione alla gara su scuole belle e la scelta di non confermare l'offerta per la gara di Fm4. «Improvvisamente», come scrive uno di tali osservatori, Amorosi, in merito alla vicenda «Cns si ritira da tutti i lotti vinti e viene sostituita da altri player»;

   ci si è chiesto se si voleva forse evitare che emergesse in maniera palese anche sul bando Fm4 lo stesso cartello emerso riguardo a «scuole belle»;

   bisogna, infatti, anche tenere in considerazione che nel suo intervento, relativo alla gara Fm4, del 21 marzo 2017, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto necessario intervenire perché i principali operatori attivi nel settore del facility management potrebbero aver coordinato le proprie strategie partecipative, in violazione della normativa a tutela della concorrenza;

   si fa presente che sempre il Consorzio nazionale servizi, iscritto alla Legacoop, è l'aggiudicatario di un altro bando Consip quello relativo agli alloggi provvisori dei terremotati della regione Umbria, la cui presidente è Catiuscia Marini a sua volta già dipendente della Legacoop;

   serve maggiore partecipazione e un campo di gara certo e trasparente più aperto agli operatori economici;

   se davvero si vuole sostenere l'economia reale del Paese e le sue piccole e medie imprese, è fondamentale che le stazioni appaltanti, ad iniziare da Consip, procedano ad indire gare con una costante, corretta e ragionevole suddivisioni in lotti; è questo lo strumento principale con cui si può davvero sostenere la partecipazione delle piccole e medie imprese;

   parimenti le stazioni appaltanti devono porre la massima attenzione alla limitazione di ogni tipo di aggregazione strumentale dei lotti, così come dovrebbero evitare la possibilità che un solo offerente possa aggiudicarsi tutti i lotti messi a bando;

   le stazioni appaltanti dovrebbero procedere ad evitare la definizione di bandi di gara di importo troppo elevato, che impediscono la partecipazione di tanti operatori e molto spesso non creano opere, lavori e servizi coerenti con la necessità dei committenti;

   il modello dei grandissimi appalti, riservati a pochissime imprese, è del tutto estraneo alla natura imprenditoriale del nostro Paese –:

   se non ritenga di assumere iniziative affinché la Consip provveda a sviluppare il suo ruolo nell'ottica di un reale sostegno alla politica industriale del Paese, in particolare con un concreto sostegno alle piccole e medie imprese;

   se non ritenga necessario adottare ogni iniziativa utile affinché la Consip sia governata con l'obiettivo di fare della domanda pubblica una leva di politica industriale nel nostro Paese secondo chiare linee d'azione nella predisposizione dei bandi di gara, ossia l'effettiva tutela e salvaguardia del processo competitivo tra gli operatori, la certezza circa i tempi di programmazione, svolgimento e conclusione delle procedure di aggiudicazione di contratti, una ragionevole diminuzione del contenzioso, l'effettiva applicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, una ragionevole costante suddivisione in lotti degli appalti, l'esclusione dell'aggiudicazione ad unico partecipante di tutti i lotti messi a bando.
(2-01971) «Fantinati, Vallascas, Cancelleri, Crippa, Da Villa, Della Valle, Cominardi, Corda, Cozzolino, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Incà, D'Uva, Ferraresi, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, SCOTTO, MELILLA, MARTELLI, NICCHI, QUARANTA, PIRAS, RAGOSTA, ZOGGIA, ALBINI, DURANTI, FOLINO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Guardia di finanza di Pesaro ha scoperto una frode fiscale da 3,5 milioni di euro, messa in atto da un imprenditore pesarese rappresentante legale di due società che commercializzano prodotti per la casa, con sedi a San Marino e in Italia;

   su ordine del Gip sono stati sequestrati immobili e conti correnti, e una villa con piscina, per un valore complessivo di 1,2 milioni;

   le indagini hanno svelato che l'imprenditore, denunciato, operava attraverso una società esterovestita con sede nella Repubblica di San Marino, ma di fatto gestita dall'Italia, riuscendo a commercializzare i prodotti sul mercato nazionale a prezzi vantaggiosi, grazie alle agevolazioni fiscali derivanti dal transito della merce in territorio sanmarinese;

   i beni sequestrati rientravano nel patrimonio di una società bolognese gestita dai figli dell'indagato, ma di fatto erano nella disponibilità dell'imprenditore –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a rafforzare le attività di vigilanza sul rispetto della normativa fiscale, con particolare riguardo alle imprese che operano tra l'Italia e la Repubblica di San Marino alla luce di quanto descritto in premessa.
(5-12411)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   recentemente il tribunale di Torino si è pronunciato nel «non doversi procedere» su un uomo denunciato per «atti persecutori», per aver inseguito ovunque, per mesi, una ragazza di 24 anni. Durante l'udienza del rito abbreviato l'imputato ha offerto 1.500 euro come risarcimento del danno, che il giudice ha imposto alla vittima di accettare — nonostante il suo parere contrario — valutando l'importo congruo e dichiarando «estinto il reato per condotte riparatorie»;

   quella di Torino è una delle prime sentenze pronunciate dopo la recente approvazione della legge n. 103 del 2017 che ha apportato modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario. Voci autorevoli in materia hanno da subito contestato la legge nell'ambito del reato di stalking — riconoscimento ottenuto dopo anni di dibattimenti con il decreto-legge n. 11 del 2009, che ha introdotto nel codice penale l'articolo 612-bis — in quanto ritenuta lesiva per le vittime con l'introduzione di un nuovo articolo, il 162-ter, che prevede la possibilità di estinzione dei reati procedibili a querela, soggetta a remissione, tra i quali rientra lo stalking;

   a giudizio degli interroganti l'articolo 162-ter, così come è formulato: dà al giudice troppo potere discrezionale, che di fatto rischia di estendere la procedibilità a querela soggetta a remissione anche ai casi gravi di stalking; non tiene sufficientemente conto né delle sensibilità e delle percezioni delle vittime, né del loro diritto di vedersi difese e tutelate dall'autore dello stalking in modo esemplare e definitivo, dando al giudice il potere di riconoscere la congruità della somma offerta dallo stalker a titolo di risarcimento, anche se non viene «accettata dalla persona offesa». Quantificare in danaro un reato che mina la sicurezza e la libertà di una donna non solo è riduttivo e umiliante, ma rischia di non arginare il fenomeno e di accrescere, nei soggetti predisposti, comportamenti persecutori e la certezza che, in caso di denuncia, il loro reato non avrà conseguenze rilevanti e penali;

   nel mese di luglio 2017 il Ministro della giustizia, durante il question time riguardante i rischi di equivoco interpretativo in merito alla possibile estinzione del reato di stalking per condotta riparatoria, assicurando che l'applicazione non riguarda i casi gravi, si è dichiarato comunque disponibile «a modifiche normative che potranno essere orientate alla previsione di un ampliamento dei casi di procedibilità d'ufficio per il reato di atti persecutori o a definire chiaramente le ipotesi di minore gravità»;

   l'ultima indagine dell'Istat sulla sicurezza delle donne quantifica in 3 milioni e mezzo le donne che hanno subìto stalking nell'arco della loro vita ma, considerando che il 78 per cento delle donne non sporge denuncia e che tra i casi denunciati solo il 9 per cento dei casi sono forme gravi di atti persecutori, rimane un numero sommerso impressionante di casi di cui si ignora la gravità. La modifica dell'articolo 162-bis e l'assurda e iniqua sentenza di Torino, secondo gli interroganti, porteranno ad aumentare la sfiducia delle donne nelle istituzioni e, conseguentemente, a una riduzione della possibilità di individuare quei casi gravi che portano all'assassinio di una donna e intervenire tempestivamente –:

   se il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intenda proporre un'immediata modifica normativa al fine di evitare applicazioni ed interpretazioni come quella sopra descritta e, in particolare, se non intenda assumere iniziative per escludere lo stalking dalle fattispecie di reato suscettibili di estinzione con il mero pagamento di una somma di denaro.
(5-12412)

Interrogazione a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   appare oltremodo assurda la comunicazione del Ministero della giustizia del 18 agosto 2017 prot. 0035462 in riferimento ai contributi da versare agli enti pubblici che sino al 2015 sono stati sede di uffici giudiziari, con riguardo alla decisione di corrispondere solo una parte della somma (pari ad una cifra molto modesta) e peraltro in rate trentennali a partire dal 2017 con termine 2046;

   nello specifico, si fa riferimento ai comuni di Chivasso, Moncalieri, Ciriè, Novi Ligure e Alatri a cui verrebbero riconosciuti, rispettivamente, solo per 42.910, 100.390,95, 143.797,25, 68.125,27 e per 19.027,92, e pertanto la maggior parte della somma rimarrebbe a carico dei comuni medesimi;

   i predetti comuni hanno anticipato per conto dello Stato – ai sensi della legge n. 392 del 1941 – le spese di funzionamento degli uffici giudiziari soppressi per gli effetti del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, dal Governo Monti;

   la vicenda dei rimborsi delle spese sostenute per il funzionamento degli uffici giudiziari, come nel caso dei citati comuni di Chivasso, Moncalieri, Ciriè, Novi Ligure e Alatri, è stata regolata da ultimo dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017 (in Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2017) e dalla relativa nota del Ministero della giustizia del 10 agosto 2017 prot. 151185.UI;

   ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, si subordina il riconoscimento e la corresponsione delle somme stabilite dalla tabella allegata a detto decreto (e comunque a parziale copertura delle spese sostenute), alla presentazione da parte dell'amministrazione comunale di un formale atto di rinuncia alle azioni pendenti, nonché eventualmente alle procedure per l'esecuzione di titoli di pagamento, ovvero alla presentazione di una formale dichiarazione di inesistenza di giudizi o procedure esecutive pendenti;

   la nota del Ministero della giustizia (10 agosto 2017 prot. 151185.U) invita a presentare la documentazione per ottenere il rimborso entro e non oltre il 30 settembre 2017, termine ultimativo e «perentorio» non previsto né dalla norma primaria (commi 433, 438 e 439, articolo 1, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) né dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in parola, e pertanto tale termine non può che esser inteso, secondo l'interrogante, come termine arbitrario e privo di ogni pregio giuridico;

   di recente, si è espresso il TAR del Lazio in ordine al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in parola (ordinanza n. 7687/2017 del 14 settembre 2017), e alla nota del Ministero del 10 agosto 2017 prot. 151185.U, con specifico riferimento alla questione (termine ultimativo e «perentorio» per presentare la documentazione ai fini di ottenere il rimborso, adeguatezza dei rimborsi riconosciuti e congruità della rateizzazione trentennale), accogliendo l'istanza cautelare in relazione al fatto che la disposizione è lesiva del diritto di difesa e ritenendola pertanto illegittima –:

   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per procedere alla refusione totale delle spese sostenute fino al 2015 dai comuni sede di uffici giudiziari, e nello specifico ai comuni di Chivasso, Moncalieri, Ciriè, Novi Ligure e Alatri, nonché provvedere, per quanto di competenza, a rimodulare la rateizzazione del rimborso affinché lo stesso sia contenuto e comunque non superiore a 5 anni;

   ad assumere le iniziative di competenza, anche mediante una apposita nota, che recepiscano quanto stabilito dal TAR Lazio con l'ordinanza n. 7687/2017 del 14 settembre 2017, eliminando ogni indicazione che si riferisca al termine perentorio del 30 settembre 2017, ai fini della presentazione da parte dei comuni della documentazione per ottenere il rimborso.
(4-18090)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 138 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, codice della strada, prevede la possibilità, per le Forze armate, di rilasciare una patente militare al fine di creare un gruppo di autisti specializzati che possano svolgere al meglio il proprio servizio;

   la patente di servizio, che viene conseguita attraverso un esame specifico che abilita alla guida del mezzo, può essere utilizzata esclusivamente nell'espletamento del proprio servizio e rappresenta una certificazione di professionalità per l'autista;

   per quanto concerne le norme che regolano la circolazione stradale dei mezzi e la patente di servizio per gli autisti, la Croce rossa italiana, giustamente, viene assimilata dal codice della strada alle Forze armate, e gode pertanto della stessa autonomia e beneficia delle stesse possibilità;

   le altre numerose associazioni di volontariato che offrono assistenza sanitaria e sono quindi dotate di ambulanze, non sono menzionate in modo specifico dal codice della strada, pertanto i relativi autisti sono semplicemente cittadini volontari dotati di patente privata rilasciata dalla Motorizzazione;

   il possesso di una patente di servizio è una garanzia di qualifica professionale e, sebbene non sostituisca la patente civile in caso di infrazioni stradali o incidente, è rappresentativa dell'appartenenza ad una specifica categoria di lavoratori volontari, che agisce congiuntamente a tutela e a sostegno degli autisti nel caso in cui si verifichino dei problemi;

   in questa prospettiva, avere la patente di servizio costituisce un valore aggiunto e gli autisti delle associazioni che non possono ottenerla agiscono quindi in una condizione di svantaggio rispetto alla Croce rossa italiana, sebbene svolgano un ruolo identico, intervenendo tempestivamente in caso di emergenza. La conseguenza di questa situazione è un'inevitabile carenza di autisti di ambulanze nell'ambito del volontariato;

   sarebbe fondamentale che, a prescindere dal mezzo, tutti gli autisti che intervengono nelle situazioni di emergenza per prestare soccorso sanitario fossero abilitati attraverso uno specifico corso e fossero dotati di apposita patente di servizio –:

   se non reputi necessario intervenire con le apposite iniziative di competenza per estendere a tutti gli autisti delle associazioni di volontariato che svolgono servizi di soccorso sanitario la possibilità di conseguire una specifica patente di servizio.
(4-18094)


   MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il porto di Pozzallo è il maggiore della provincia di Ragusa e fra i più importanti della Sicilia, sede tra l'altro della capitaneria di porto; è in questo porto che vengono scaricate le merci d'importazione destinate alla provincia di Ragusa e alla Sicilia sud-orientale ed è da qui che partono i carichi delle esportazioni;

   la sua ubicazione lo colloca in una posizione strategica per quanto riguarda i collegamenti con il Nord Africa nonché con l'isola di Malta, da cui dista circa 50 miglia marine, così che il porto di Pozzallo si candida naturalmente ad assumere un ruolo fondamentale nello sviluppo turistico della zona;

   fu progettato inizialmente per movimentare ogni anno una quantità di merce pari a circa cinquecentomila tonnellate, ma attualmente, grazie alla crescita costante degli scambi commerciali, ha più che triplicato le previsioni iniziali;

   anche per quanto riguarda il flusso passeggeri il porto di Pozzallo può aspirare ad assurgere al rango di struttura nazionale, proponendosi quale punto di approdo per le navi da crociera;

   a tal fine, sarebbe auspicabile — così come indicato nella proposta di legge dell'interrogante n. 2556, presentata il 22 luglio 2014 – la nascita di un'autorità portuale specializzata, istituita dal Governo d'intesa con la regione siciliana, con il compito, tra l'altro, di coordinare ed indirizzare le iniziative riguardanti il porto ed il sistema produttivo portuale, per un loro corretto inserimento nei piani della programmazione comunale, provinciale, regionale e nazionale, di formulare il programma operativo triennale concernente le strategie di sviluppo delle attività del porto, di elaborare e proporre aggiornamenti per il piano regolatore portuale, acquisendo le intese con le amministrazioni interessate, ai fini dell'adozione degli atti conseguenti e necessari da parte delle autorità competenti;

   l'istituzione dell'autorità sarebbe finalizzata a promuovere, in Italia e all'estero, le attività marittimo-portuali, industriali, commerciali, turistiche e diportistiche, nautiche e della pesca, nonché le attività produttive e sociali presenti nel sistema economico retroportuale e, in tal senso, rappresenterebbe una grande risorsa per la Sicilia sud-orientale e per l'intera regione;

   è di questi giorni la notizia dell'inaugurazione della banchina 3 del porto grande di Siracusa, realizzata con l'intervento del Governo che si è fatto carico delle somme necessarie a completare l'opera, e destinata all'approdo delle grandi navi da crociera;

   contestualmente, si denunciano mancati interventi di manutenzione e, tanto più, di ampliamento e sviluppo del porto di Pozzallo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative volte a prevedere l'istituzione della autorità autonoma del porto di Pozzallo e l'inserimento della stessa nell'autorità di sistema della Sicilia orientale, nonché finalizzate a prevedere il finanziamento di nuove banchine nel porto di Pozzallo, per valorizzare e sostenere lo sviluppo di un territorio per troppo tempo abbandonato a sé stesso.
(4-18098)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 8 ottobre 2017 a Portogruaro si è registrata una aggressione ai danni di due giovani richiedenti protezione internazionale da parte di un gruppo di una decina di persone;

   i due giovani sono stati aggrediti all'uscita di un supermercato dapprima con insulti verbali e poi a calci, pugni e schiaffi e sono stati inseguiti fin nei pressi della loro residenza;

   anche un terzo immigrato che era accorso in aiuto dei due aggrediti è stato costretto a ricorrere alle cure mediche;

   sono intervenuti i carabinieri allertati dai vicini di casa dei richiedenti asilo;

   sono in corso indagini per identificare gli aggressori;

   si tratta di un gravissimo episodio che lede l'immagine di una città e di una comunità che si è sempre distinta per accoglienza –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere per innalzare il livello di attenzione al fine di prevenire violenze di matrice razzista.
(5-12408)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 97 del 29 maggio 2017 «Disposizioni recanti modifiche al decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, concernente le funzioni e i compiti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché al decreto legislativo n. 217 del 13 ottobre 2005, concernente l'ordinamento del personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, e altre norme per l'ottimizzazione delle funzioni del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della Legge n. 124 del 7 agosto 2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», all'articolo 2, comma 1, lettera a), recita testualmente: «1. Il personale del Corpo nazionale si distingue in personale di ruolo e volontario (omissis). Il personale volontario è iscritto in appositi elenchi, distinti in due tipologie, rispettivamente, per le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale e per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale, secondo quanto previsto nel regolamento di cui all'articolo 8, comma 2, ed è chiamato a prestare servizio secondo quanto previsto nella sezione II del presente capo. Il solo personale volontario iscritto nell'elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga, con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81»;

   dalla semplice lettura del dispositivo normativo, solo il personale iscritto nell'elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione;

   tale disposizione, in relazione alla quale andrebbe verificato se corrisponda alle reali intenzioni del legislatore, appare all'interrogante ingiustificata, illegittima e incostituzionale perché lesiva del diritto di uguaglianza tra i lavoratori e sta provocando la fuga dai distaccamenti volontari dei vigili del fuoco volontari che, per non perdere una chance, si iscrivono nell'elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche;

   si tratta di vigili del fuoco volontari che vorrebbero rimanere in servizio e a disposizione del distaccamento volontario ed avere lo stesso diritto di partecipare ad «eventuali assunzioni in deroga» come previsto per i vigili volontari che svolgono servizio nelle strutture centrali e periferiche;

   tale «fuga», inoltre, sta creando la non operatività dei distaccamenti volontari e, di conseguenza, la mancanza di un soccorso tecnico urgente per le comunità ed i territori ad essi collegati. Territori, si rammenta, nei quali i sindaci ospitano i distaccamenti volontari dei vigili del fuoco, mettendo a totale loro carico le spese di gestione dei distaccamenti medesimi, nei quali hanno investito negli anni ingenti risorse –:

   quali siano state le motivazioni che hanno indotto il Governo a formulare in tal modo l'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 97 del 29 maggio 2017 e se intenda assumere iniziative per una modifica nel senso indicato dall'interrogante.
(4-18091)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   stando ai dati pubblicati recentemente da un noto quotidiano nazionale, sarebbero 214 i provvedimenti di espulsione firmati dal Ministro dell'interno a partire dal 2015 contro altrettanti sospetti jihadisti, 83 dei quali adottati nel periodo che va dal 1° gennaio al 6 ottobre 2017;

   di questi 214 espulsi, ben 46 risiedevano in Lombardia e, di questi, due a Como;

   la circostanza indurrebbe a ritenere significativa l'infiltrazione jihadista nella provincia comasca –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato alla luce delle statistiche concernenti la ripartizione per area di residenza degli stranieri espulsi con provvedimento firmato dal Ministro dell'interno, in base alle quali sarebbero ben due i sospetti jihadisti allontanati dalla provincia comasca, posto che esse, secondo l'interrogante, costituiscono un campanello d'allarme relativamente alla consistenza della presenza di estremisti islamici a Como e nei suoi dintorni;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per fermare l'eventuale deriva della provincia comasca verso la condizione di punto di raccolta ed irradiazione del jihadismo in Italia;

   se, in particolare, alla luce dei dati generalizzati in premessa, il Governo non reputi necessario procedere, per quanto di competenza, a un monitoraggio dei luoghi di culto islamico aperti a Como e nella sua provincia, con particolare riguardo al comune di Cantù, e assumere ogni iniziativa di competenza per la chiusura di quelli irregolari.
(4-18095)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2017 si svolgerà in Veneto una consultazione referendaria regionale per conoscere il parere degli elettori circa l'eventuale attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia al proprio ente territoriale;

   il referendum, in quanto consultivo, non sarà giuridicamente vincolante; tuttavia, ai sensi dell'articolo 27, comma 2, dello statuto regionale, in caso di raggiungimento del quorum, il consiglio regionale sarà tenuto ad esaminare l'argomento entro 90 giorni dalla proclamazione dei risultati. La consultazione, così come affermano diversi dotti costituzionalisti, potrebbe risultare solo una manovra politica, poiché di fatto non provoca nessun mutamento di competenze: in poche parole sarebbe priva di effetti concreti e costerebbe 14 milioni di euro a carico dell'amministrazione regionale, di cui 1.200.000 destinati alla campagna di informazione istituzionale;

   la Corte costituzionale, con sentenza n. 118 del 2015, aveva già dichiarato in primis l'illegittimità costituzionale del referendum consultivo sull'indipendenza di un'ipotetica Repubblica veneta dell'Italia, poiché scelte fondamentali di livello costituzionale sono precluse ai referendum regionali ed il quesito era in palese contrasto con il principio di unità e indivisibilità della Repubblica italiana;

   il legale rappresentate Stefano Poggi del comitato «Veneti per l'astensione» ha presentato una istanza urgente al prefetto di Vicenza, evidenziando comportamenti, anche da parte degli enti territoriali, di chiaro contrasto con i princìpi di una corretta e completa informazione finalizzati ad appoggiare una sola parte delle opinioni;

   l'allegato A della deliberazione n. 3 del 2017 del Corecom ha incluso il «Comitato Veneti per l'astensione» tra i soggetti politici che hanno indicato posizione contraria al quesito referendario, mentre la circolare del Ministero dell'interno – dipartimento per gli affari interni e territoriali – direzione centrale dei servizi elettorali – prot. N. 0005823, alla lettera b), Delimitazioni ed assegnazioni di spazi per le affissioni di propaganda diretta ex lege n. 212 del 1956/212, vincola l'esercizio della propaganda a mezzo di pubblica affissione all'appartenenza di partiti o gruppi politici rappresentanti nel consiglio regionale del Veneto;

   di conseguenza, la situazione è diventata immediatamente problematica e limitativa del libero esercizio del diritto di voto, in quanto le tre posizioni politiche rappresentanti legittimamente tutte le diverse posizioni tra cui gli elettori potranno scegliere – voto favorevole, negativo e astensione – non sono tutte rappresentate da un gruppo consiliare legittimato a chiedere gli spazi di affissione;

   in pratica, accade quanto segue: al «Comitato Veneti per l'astensione», nel presentare richiesta ai vari comuni per avere a disposizione alcuni spazi per affiggere manifesti di propaganda elettorale, viene comunicata l'impossibilità, poiché gli spazi sono già assegnati ai gruppi politici;

   pertanto, allo stato di fatto e di diritto, al «Comitato Veneti per l'Astensione» viene negata, da parte degli uffici preposti ai servizi elettorali dei comuni, la possibilità di eseguire propaganda diretta a mezzo di pubblica affissione di manifesti, con la sola giustificazione che non sarebbero state correttamente rispettate le procedure, non avendo fatto istanza degli spazi alcun gruppo consiliare;

   allo stato attuale non si rinviene, alcuna disposizione normativa specifica, tale da giustificare le limitazioni espresse nell'atto di regolamentazione della campagna referendaria in atto;

   infatti, il comitato «Veneti per l'astensione» non è ovviamente un gruppo politico già presente in consiglio regionale, né potrebbe esserlo, poiché è formazione politica autonoma, sorta proprio in occasione della consultazione referendaria;

   la posizione dell'astensione è da ritenersi a tutti gli effetti un diritto costituzionale in grado di influenzare l'esito referendario –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, in considerazione di quanto esposto in premessa, al fine di garantire il diritto costituzionalmente garantito di coloro che intendano, attraverso l'astensione, esprimere il proprio voto durante la consultazione referendaria.
(4-18099)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   parlare di valutazione dell'educazione in Europa significa cercare di porsi davanti alla radiografia dell'intero sistema accademico europeo, Paese per Paese, cominciando a descrivere la vita degli atenei, a partire dalle loro coordinate principali: l'attività didattica e la ricerca, da un lato, i modelli di governance e di finanziamento, dall'altro;

   circa 20 anni fa le università europee iniziarono un importante processo di riflessione sulla qualità della educazione e della formazione che gli atenei stavano dando ai propri studenti e che appariva già allora inadeguata;

   l'esperienza della crisi e la consapevolezza che in gran parte potesse essere attribuita a una insufficienza del sistema formativo di alta qualità spinse, nel 2003, i Ministri dei Paesi aderenti al «processo di Bologna», tra i quali l'Italia, a chiedere all’European Network for Quality Assurance in Higher Education (ENQA), di sviluppare delle linee guida che implementassero il livello della qualità universitaria;

   si trattava di elaborare un insieme di criteri, che consentissero non solo di proporre iniziative per migliorare la qualità educativa delle università, ma di fare un passo ulteriore per assicurare concretamente un salto di qualità alle istituzioni universitarie e alle agenzie preposte alla loro verifica esterna;

   la prima difficoltà è proprio quella di definire in cosa consista la qualità della formazione, come si possa implementarla e come si possano valutare le decisioni prese, per capire se sono state efficaci;

   le linee guida, elaborate dall'ENQA, sono contenute nel documento «Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Higher Education Area». Oltre a definire la piattaforma degli elementi comuni nei diversi Paesi, è stato fatto un importante lavoro di approfondimento e di ampliamento. In questo modo è stato possibile arrivare di comune accordo alla formulazione di criteri operativi, adeguatamente correlati tra di loro;

   il documento in questione definisce le caratteristiche fondamentali di quei sistemi di assicurazione della qualità che, nel rispetto dei diversi assetti istituzionali, dovrebbero accomunare i Paesi dello spazio europeo dell'istruzione superiore. In un tempo in cui la mobilità degli studenti e dei docenti è una delle manifestazioni più interessanti della globalizzazione, è importante che la valutazione degli uni e degli altri proceda con criteri analoghi nei diversi Paesi;

   a Bergen è apparso chiaro come l'Italia avesse accumulato un notevole ritardo sia nel richiedere alle università di sviluppare autonomamente propri sistemi di valutazione e di assicurazione della qualità, sia nel dotarsi di un'agenzia incaricata di verificare i sistemi di assicurazione della qualità degli atenei;

   la valutazione resta l'anello debole del sistema, nonostante le leggi più recenti mirino a potenziarne il valore. Per ottenere questo obiettivo occorre porsi una serie di domande: perché, cosa e chi si valuta, senza dimenticare chi valuta e come si valuta, per approdare all'ultima delle domande chiave: cosa fare con i risultati che si ottengono dal processo di valutazione. Valutare diventa progressivamente più complesso quando ci si avvicina alla valutazione dei docenti;

   è di questi giorni lo scandalo che ha condotto all'arresto di 7 docenti universitari che hanno messo in piedi, con la sicura collaborazione di altri colleghi, un vero e proprio sistema per truccare concorsi e spartirsi le cattedre;

   un'epidemia di corruzione accademica che richiama altre situazioni analoghe del passato. Ciò che colpisce è la periodica emersione di scandali accademici senza controllo. Da quelli a carattere più culturale, tesi a valutare il livello di maturità dei candidati, alla abilitazione nazionale, in capo all'Anvur, a quelli giudiziari, come spesso accade con denunce di candidati che si sentono esclusi dal circuito accademico, nonostante lo spessore del loro conoscenze. Aggiunge gravità a quest'ultimo scandalo anche la presenza di un ex Ministro che invece di farsi garante della correttezza delle valutazioni, sembra che ne sia stato complice;

   i sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario, alcuni dei quali con l'aggravante di essere pubblici ufficiali perché membri di diverse commissioni nazionali nominate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, hanno radici nel tempo e sono frutto di precedenti patti tra emeriti tributaristi che in questo modo garantivano l'accesso alla cattedra ai propri allievi;

   i docenti incriminati agivano quindi con un complesso meccanismo a due tempi: prima escludendo i candidati dal legittimo riconoscimento dei titoli acquisiti e poi creando una sorta di barriera che non permetteva loro di essere chiamati dalle università che bandivano la cattedra;

   le intercettazioni riflettono un linguaggio volgare caratterizzato da toni intimidatori e ricattatori, volti a dissuadere i candidati più meritevoli perfino dal presentarsi alla stessa abilitazione scientifica nazionale;

   la certezza che anche ritirandosi non avrebbe mai ottenuto ciò che desiderava e a cui aveva diritto deve essere stata tra le motivazioni che hanno spinto Philip Laroma Jezzi, ricercatore tributarista di Firenze, a sporgere denuncia, documentando e registrando le minacce subite;

   il Ministro interrogato, riguardo agli ultimi fatti, ha promesso di andare fino in fondo anche emanando un codice di comportamento, elaborato insieme all'Anac. Il codice costituirà certamente un'ottima linea guida per indicare principi e criteri di comportamento, ma non è certamente sufficiente per dirimere tre questioni essenziali nella vita universitaria:

    a) garantire l'accesso alle cattedre universitarie ai giovani più meritevoli, creando le giuste condizioni affinché chi merita possa realmente accedervi;

    b) permettere e pretendere da ogni rettore, in accordo con il senato accademico, che prenda le misure necessarie per allontanare docenti disonesti o incompetenti;

    c) sospendere finanziamenti per la ricerca a quei dipartimenti in cui la corruzione emerge con chiarezza;

   in questo modo si ridurrebbe la fuga dei cervelli all'estero e si affronterebbe in modo concreto uno dei classici tabù della pubblica amministrazione: l'impossibilità di licenziare anche chi non è affatto all'altezza del suo ruolo per motivi diversi; ciò attribuire ai finanziamenti erogati anche quel compito di moralizzazione del lavoro di ricerca, privandone chi non si mostra degno -:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato per attivare un processo di profondo rinnovamento nelle università italiane, che hanno certamente bisogno di risorse economico-finanziarie, ma ancor più di risorse morali che restituiscano ai giovani una prospettiva sul loro futuro basata sul merito e non sulla raccomandazione.
(2-01973) «Binetti, Pisicchio».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è in atto una forte protesta da parte dei lavoratori della società di trasporti «Liscio s.r.l.» che lamentano il mancato pagamento di ben quattro mensilità;

   si tratta di una delle ditte più importanti nel settore del trasporto regionale;

   i lavoratori hanno dato vita ad uno sciopero che ha paralizzato una parte importante del sistema di trasporto su gomma, creando disservizi all'utenza;

   le interlocuzioni istituzionali regionali al momento non hanno sortito alcun effetto nello sblocco della vertenza;

   i lavoratori hanno avuto un incontro anche con il prefetto di Potenza;

   l'astensione dal lavoro dovrebbe proseguire e questo accentuerà i disagi per i pendolari in una regione nella quale il sistema dei trasporti e il diritto alla mobilità sono oggettivamente in condizione di evidente criticità –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di contribuire a sbloccare la suddetta vertenza, consentendo, ai lavoratori di ricevere le spettanze arretrate e di ripristinare conseguentemente il servizio di trasporto per l'utenza.
(5-12410)

Interrogazione a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la legge delega n. 124 del 7 agosto 2015 di riforma della pubblica amministrazione, prevede la riorganizzazione della medicina fiscale di controllo sulle assenze per malattia dei lavoratori pubblici, stabilendo che il Governo proceda ad una riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale ed il passaggio all'Inps, delle competenze e delle relative risorse, nonché il ricorso, in via prioritaria, per tutte le funzioni in materia di accertamento, comprese le attività ambulatoriali inerenti la medicina fiscale, ai medici fiscali delle liste speciali trasformate in liste ad esaurimento dall'articolo 4, comma 10-bis, della legge 125 del 30 ottobre 2013;

   il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, all'articolo 18, lettere c) e d), benché non prevista dalla legge delega, prevede la stipula di nuove convenzioni per i medici delle liste ad esaurimento e la rimodulazione della disciplina delle visite fiscali e delle incompatibilità in relazione alle funzioni di certificazione delle malattie;

   la disciplina sui medici fiscali di lista è contenuta all'articolo 5, commi 12 e 13, della legge 11 novembre 1983, n. 638 e, quindi, non rientra nei cosiddetti «contratti flessibili» regolamentati dal vigente testo unico sul pubblico impiego e sul quale è stato dato il mandato al Governo di legiferare per apportare modifiche ed integrazioni;

   secondo la normativa vigente, i medici fiscali delle liste speciali, trasformate in liste ad esaurimento e con incarico confermato dai decreti che ne regolano la specifica disciplina (decreto ministeriale 18 aprile 1996, decreto ministeriale 12 ottobre 2000 e decreto ministeriale 8 maggio 2008), sono gli unici collaboratori esterni alla pubblica amministrazione per i quali l'incarico è inteso a tempo indeterminato e come tale deve essere considerato fino all'esaurimento delle liste stesse;

   una convenzione generica a tempo determinato, così come prevista dal decreto legislativo n. 75 del 2017, e la conseguente rivisitazione della disciplina che attualmente regolamenta la materia, determinerebbero la perdita da parte dei medici fiscali di tutte le tutele acquisite;

   la legge delega prevede i soli medici fiscali come unica figura professionale da adibire agli accertamenti, ma la costituzione di generiche graduatorie permetterebbe all'Inps di utilizzare medici convenzionati esterni, reclutati attraverso un bando e che già svolgono altre attività per l'ente (ad esempio le pratiche per il riconoscimento dell'invalidità civile), anche per la medicina fiscale;

   si verificherebbe quindi la possibilità di un utilizzo improprio da parte dell'istituto delle risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare le misure per l'invalidità civile ed il bando per i medici esterni, senza alcuna possibilità di verifica e di controllo del tempo dedicato all'invalidità civile o alla medicina fiscale;

   la determinazione presidenziale n. 147 del 12 novembre 2015, inerente al bando per il reclutamento di 900 medici cui conferire incarichi finalizzati all'espletamento degli adempimenti dei centri medico legali dell'Inps centrali e territoriali, prevede la possibilità che i suddetti medici possano essere chiamati a svolgere accertamenti sanitari nell'ambito della medicina fiscale, benché, nello stesso avviso del bando, sia chiaramente espressa l'incompatibilità tra l'attività di medicina fiscale e quella di medico esterno convenzionato;

   il decreto n.75 del 2017, non prevede che l'atto di indirizzo regolamenti rapporti diversi da quelli intrattenuti con i medici di medicina fiscale –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di garantire, nel pieno rispetto della legge delega, esclusivamente il passaggio delle risorse e delle competenze all'Inps e la priorità di impiego dei medici fiscali delle liste ad esaurimento per tutta l'attività di controllo domiciliare ed ambulatoriale;

   se intenda assumere iniziative per escludere dalla riforma della medicina fiscale una categoria di professionisti non prevista dalla legge delega (medici convenzionati esterni), considerati anche l'incompatibilità rilevata dall'Inps e dallo stesso Governo e il rischio che ciò possa favorire l'uso improprio delle risorse per finanziare il bando relativo ai medici convenzionati esterni.
(4-18092)

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interpellanza Fantinati n. 2-01886 del 13 luglio 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-12126 del 13 settembre 2017.