Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 4 ottobre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    per effetto della decisione di uscire dall'Unione europea assunta dalla Gran Bretagna, diventa necessario riallocare la sede di due importanti Agenzie europee, l'EMA e l'EBA, con precedente sede a Londra;

    in particolare, l'EMA è l'Authority europea regolatrice del farmaco e garantisce valutazione scientifica, supervisione e controllo della sicurezza dei farmaci ad uso umano e veterinario. L'Agenzia esiste dal 1995, ha circa 900 dipendenti e concede l'autorizzazione unica all'immissione dei farmaci in commercio;

    il 22 giugno 2017, il Consiglio europeo ha fissato la procedura per l'individuazione della nuova sede dell'EMA, stabilendo i sei criteri di priorità nella scelta: rapidità nella disponibilità della nuova sede logistica, accessibilità infrastrutturale della città proposta, sistema scolastico adeguato, mercato del lavoro tonico e garanzie di qualità dell'assistenza sanitaria, certezza della continuità dell'attività dell'agenzia, equilibrio geografico e politico;

    ben 19 città di altrettanti Paesi europei si sono candidate a diventare la nuova sede dell'EMA: è infatti del tutto evidente la strategicità della sua localizzazione per la centralità che, nel Paese prescelto, essa conferirà al mondo della ricerca e della produzione che ruota intorno all'industria del farmaco;

    nei giorni scorsi, un primo screening degli organismi europei si è sostanzialmente limitato a valutare l'ammissibilità delle candidature, sottolineando alcune, specifiche criticità, ma lasciando aperto ogni scenario alla successiva scelta, che appare prevalentemente politica;

    la decisione europea finale sulla nuova sede dell'EMA è dunque attesa per la fine del mese di novembre;

    l'Italia rappresenta una eccellenza europea nel settore manifatturiero del farmaco. Secondo i dati di Farmindustria, sono quasi 65.000 gli occupati nel settore (per il 90 per cento in possesso di titolo di studio superiore o laurea), con altrettanti lavoratori nell'indotto. Sempre secondo Farmindustria, sono 6.100 i ricercatori impegnati nel settore;

    l'industria farmaceutica italiana presenta una forte e vivace crescita: sono seimila i nuovi occupati nel 2016, la metà dei quali sotto i trent'anni. Il valore della produzione si attesta intorno ai 30 miliardi di euro, per una crescita nell'ultimo anno del 2,3 per cento con un export di 21 miliardi di euro, pari al 71 per cento della produzione totale;

    il Governo italiano ha da tempo avanzato la candidatura della città di Milano come possibile nuova sede dell'EMA e la regione Lombardia ha già garantito una prestigiosa sede logistica immediatamente disponibile;

    il 25 settembre 2017, il Ministro della salute Lorenzin ha guidato la delegazione italiana a Bruxelles che – con convinzione – ha dato ulteriore impulso e credibilità alla candidatura della città di Milano;

    la scelta di Milano appare ottimale nel soddisfare tutti i requisiti chiesti dall'Unione europea. La città è sempre stata un elemento centrale delle comunicazioni e degli scambi commerciali e culturali europei, è servita da quattro aeroporti internazionali (Malpensa, Linate, Orio al Serio, Montichiari), è uno snodo nello sviluppo e nella implementazione dell'alta velocità ferroviaria, è collegata da un sistema autostradale e viario di eccellenza;

    Milano fornisce opportunità scolastiche, culturali, universitarie e di alta formazione assolutamente straordinarie, in grado di soddisfare ogni raffinata richiesta delle risorse umane che attualmente lavorano in EMA e garantisce, nel contempo, qualità dei servizi sociali e sanitari e opportunità europee nell'accesso al mondo del lavoro;

    le solide scelte europeiste dell'Italia e la necessità del sostegno al sentimento europeista nel nostro Paese giustificano sicuramente un'attenzione speciale per la disponibilità offerta ad ospitare l'EMA;

    una recente indagine interna esperita tra i funzionari dell'EMA per verificare il loro gradimento nei confronti delle città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia ha consentito di selezionare una prima rosa di preferenze, che comprende cinque città: Amsterdam, Barcellona, Vienna, Milano e Copenaghen;

    tale consultazione interna appare di notevole importanza perché l'accettazione della nuova sede da parte delle risorse umane che operano all'interno dell'Agenzia appare condizione indispensabile perché possa essere garantita – come richiesto dall'Unione europea – la continuità dell'attività dell'EMA stessa;

    la localizzazione milanese della nuova sede dell'EMA rappresenterebbe anche un'importante risposta di trasparenza e di autorevolezza alle «folate di vento» antiscientifico che purtroppo attraversano in modo ricorrente il nostro Paese, contribuendo a consolidare, davanti all'opinione pubblica italiana, la percezione di un mondo della scienza e dell'innovazione in campo sanitario al servizio della comunità di riferimento e del progresso delle garanzie di salute per i cittadini di tutto il mondo;

    la nuova sede dell'EMA a Milano potrebbe inoltre costituire il punto di riferimento di una rete della ricerca scientifica, dell'innovazione e della qualità della salute estesa a tutto il nostro Paese, che possa favorire la localizzazione di start up e di eccellenze in tutto il territorio italiano, sfruttando i consolidati vantaggi competitivi del nostro Paese, coniugati con le nuove opportunità offerte dall'industria 4.0,

impegna il Governo:

1) a porre in essere tutte le iniziative con i partner europei dell'Italia finalizzate a valorizzare la straordinaria rispondenza dell'offerta complessiva della città di Milano nel soddisfare i requisiti ottimali richiesti dall'Unione europea per la scelta della nuova sede dell'EMA;

2) a sostenere la regione Lombardia, il comune di Milano e le istituzioni territoriali pubbliche e private in tutte le azioni indispensabili per il consolidamento e l'affermazione dei requisiti della candidatura di Milano;

3) ad attivare una rete di collaborazioni e di sensibilizzazioni estesa a tutte le regioni italiane che renda la «candidatura Milano» una bandiera dell'intero mondo scientifico, della ricerca, della sanità e della manifattura italiana, consentendo di attivare sinergie virtuose collegate alla nuova sede italiana dell'EMA che abbiano ricadute positive in tutto il territorio del nostro Paese.
(1-01721) «Vargiu, Latronico, Altieri, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,

   premesso che:

    i commi da 88 al 14 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) hanno introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese e specialmente nelle piccole e medie imprese, attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);

    in particolare, tale normativa, da un lato, ai commi da 88 a 96, prevede l'esenzione dall'imposta sul reddito per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (detenuti per almeno cinque anni) nel capitale di imprese, effettuati da casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento del loro attivo patrimoniale;

    da un altro lato, ai commi da 100 a 114, prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti Pir a condizione che gli strumenti finanziari in, cui è investito il Pir siano detenuti per almeno 5 anni e che il valore del Pir sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane e europee, con una riserva minima del 30 per cento investito in strumenti di piccole e medie imprese, entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;

    la normativa appena richiamata sta già sortendo effetti positivi, testimoniati dal fatto che i Pir stanno raccogliendo una massa sempre più ingente di risparmi delle famiglie italiane, consentendo una diversificazione degli investimenti e fornendo risorse fresche per finanziarie le imprese produttive italiane;

    l'attuazione di tale articolata disciplina ha tuttavia fatto emergere alcuni dubbi e problemi applicativi che appare necessario chiarire, nonché l'opportunità di estenderne l'applicazione, al fine di rafforzarne gli effetti di sostegno agli investimenti nell'economia reale, soprattutto nelle piccole e medie imprese e nelle società che non possono aspirare alla quotazione;

    in tale contesto appare inoltre necessario favorire il collocamento e la quotazione sul mercato di un paniere più ampio di titoli azionari e obbligazionari emessi da società italiane, al fine di evitare che le maggiori risorse finanziarie mobilitate dai predetti incentivi tributari finiscano per provocare un effetto di «bolla speculativa» sui pochi titoli esistenti,

impegna il Governo

   ad assumere tutte le iniziative utili, anche di carattere normativo, per:

    a) prevedere l'applicazione del meccanismo di detassazione previsto per gli investimenti qualificati ai sensi dell'articolo 1, commi da 88 a 96, della legge di bilancio 2017, anche agli investimenti effettuati tramite sottoscrizione di strumenti obbligazionari aventi le medesime caratteristiche dei titoli (quote e azioni) elencati dal comma 89;

    b) chiarire se sia possibile applicare il regime agevolativo contemplato per gli investimenti qualificati di cui al comma 89 e per i Pir, di cui al comma 100 anche ai proventi derivanti da investimenti, effettuati prima del 2017, nonché considerare effettuato l'investimento assistito dalle predette agevolazioni nel momento in cui la controparte accetta la richiesta di commitment da parte dell'investitore;

    c) introdurre la possibilità, nel caso di cessione entro il periodo di 5 anni degli investimenti assistiti dalle agevolazioni tributarie, di reinvestire, entro il termine di 90 giorni, i redditi realizzati attraverso la cessione, mantenendo l'esenzione anche sul nuovo investimento, ovvero quantomeno escludendo l'applicazione degli interessi sull'imposta dovuta sui medesimi redditi;

    d) innalzare dal 5 per cento fino al 10 per cento, il tetto stabilito per gli investimenti effettuati da casse previdenziali o fondi pensione, nonché ampliare i limiti individuali di 30.000 euro annui e di 150.000 euro complessivi previsti per le persone fisiche, ad esempio portando il primo limite a 100.000 euro e il secondo a 500.000 euro;

    e) prevedere che le percentuali del 70 per cento e del 30 per cento previste dal comma 102 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, siano calcolate sull'ammontare dei soli investimenti effettivamente effettuati e non sulla raccolta totale dei Pir, permettendo ai fondi di avere più libertà di azione sugli investimenti e consentendo loro maggiore possibilità di diversificazione sui mercati esteri;

    f) semplificare le regole per l'emissione, da parte delle piccole e medie imprese italiane, di azioni o obbligazioni oggetto dei meccanismi agevolativi, al fine di ampliare le opportunità di investimento in imprese nazionali, nonché promuovere, anche da parte di borsa italiana, la semplificazione delle procedure di quotazione, in particolare per quanto riguarda i titoli obbligazionari;

    g) ampliare il numero di società che accedono al mercato azionario e obbligazionario, ad esempio prevedendo agevolazioni fiscali per favorire la crescita di veicoli sul modello delle Special Purpose Acquisition Company (SPAC);

    h) agevolare sotto il profilo tributario le emissioni obbligazionarie, il cui emittente non sia una sola impresa, ma una pluralità di società, attraverso un consorzio di emittenti obbligazionari, associando a tale tipo di emissioni forme di garanzia a tutela del sottoscrittore/risparmiatore;

    i) prevedere che i titoli obbligazionari emessi dalle piccole e medie imprese, possano essere sottoscritti direttamente da consorzi di Pir, ovvero prevedete che tali consorzi possano partecipare direttamente agli aumenti di capitale deliberati dalle società che non siano quotate.
(7-01353) «Giacomoni, Sandra Savino, Laffranco».


   La VI Commissione,

   premesso che:

    il decreto-legge n. 193 del 2016, all'articolo 4 ha modificato la disciplina del cosiddetto spesometro (di cui agli articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010), prevedendo per i soggetti passivi Iva l'abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, della comunicazione dell'elenco dei clienti e dei fornitori e introducendo due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi: la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute e la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche Iva; pertanto, la trasmissione dei dati delle fatture emesse e di quelle ricevute è accompagnata dall'obbligo di comunicazione trimestrale dei dati riepilogativi delle liquidazioni Iva;

    la disciplina in materia prevede che il mese successivo alla scadenza trimestrale l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati; in tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso: lo scopo della norma è quello di fornire un supporto ai cittadini nella fase precedente la presentazione della dichiarazione e di promuovere l'emersione spontanea di basi imponibili per ridurre il gap Iva in Italia;

    a favore dei soggetti in attività nel 2017, con un volume d'affari non superiore a euro 50.000, è stato riconosciuto un credito d'imposta di 100 euro per l'adeguamento tecnologico finalizzato all'effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni Iva periodiche;

    sono previste specifiche sanzioni amministrative in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione delle fatture e dei dati delle liquidazioni: in particolare, per l'omissione o l'errata trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute si applica la sanzione amministrativa di 2 euro per ciascuna fattura, entro il limite massimo di euro 1.000 per ciascun trimestre; la sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di euro 500, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati;

    il decreto-legge n. 244 del 2016, all'articolo 14-ter ha previsto che, per il primo anno di applicazione della nuova disciplina, le comunicazioni possono essere effettuate per il primo semestre entro il 16 settembre 2017 e, per il secondo semestre, entro il mese di febbraio 2018;

    in considerazione delle esigenze generali rappresentate dalle categorie professionali in relazione ai numerosi adempimenti fiscali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 settembre 2017 è stata disposta la proroga al 28 settembre del termine per l'effettuazione delle comunicazioni relative al primo semestre 2017;

    nell'approssimarsi di tale scadenza, il servizio applicativo dell'Agenzia delle entrate (il servizio telematico denominato «Fatture e Corrispettivi») ha subito una sospensione di alcuni giorni;

    al riguardo, nel corso dell'audizione svoltasi il 27 settembre 2017 presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria, il direttore dell'Agenzia delle entrate ha dichiarato che le interruzioni del servizio online sono state dovute all'esigenza di manutenzione, in quanto il 20 settembre – a seguito di alcune segnalazioni ricevute circa la possibilità di visualizzare da parte degli utenti qualificati alcuni dati delle ricevute e delle fatture di soggetti diversi dai propri clienti – l'Agenzia ha avviato le attività di analisi del fenomeno segnalato; nella giornata di giovedì 21 settembre sono stati inibiti i servizi online interessati dalle anomalie; successivamente Sogei ha interrotto per tre giorni l'operatività dell'area web, ripristinando poi il servizio e confermando all'Agenzia che, a valle degli interventi e dei test eseguiti, nessun utente può visualizzare dati di soggetti dai quali non è stato espressamente delegato al sistema; nel periodo di interruzione del funzionamento del portale, tutti gli altri canali di trasmissione utilizzati mediante i software gestionali, che trasmettono il maggior numero di dati, sono rimasti attivi e regolarmente funzionanti;

    in considerazione dei disagi sopravvenuti, con provvedimento n. 199339 del 28 settembre 2017, l'Agenzia ha posticipato al 5 ottobre 2017 il termine – già fissato al 28 settembre 2017 – per la trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute, cosiddetto spesometro;

    in correlazione con tale vicenda l'Agenzia delle entrate ha inoltre comunicato che i propri uffici, ove riscontrino obiettive difficoltà per i contribuenti, «valuteranno la possibilità di non applicare le sanzioni per meri errori materiali e/o nel caso in cui l'adempimento sia stato effettuato dopo il 5 ottobre, ma entro i 15 giorni dall'originaria scadenza»;

    in attuazione della delega fiscale, che ha previsto (all'articolo 9 della legge n. 23 del 2014) di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica, è stato emanato il decreto legislativo n. 127 del 2015, il quale ha introdotto disposizioni premiali a favore dell'uso della fattura elettronica: in esecuzione di quanto stabilito dal predetto decreto legislativo, l'Agenzia ha reso disponibile gratuitamente, dal gennaio 2017, il sistema di interscambio per tutti i contribuenti Iva che intendono veicolare le fatture elettroniche anche con i privati, sia operatori economici titolari di partita Iva sia consumatori finali; coloro che utilizzano la fatturazione elettronica tra privati non sono tenuti ad effettuare la cosiddetta «comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute» (cosiddetto spesometro); per incentivare i contribuenti IVA ad adottare la fatturazione elettronica, lo stesso decreto legislativo ha inoltre previsto la realizzazione del servizio gratuito di generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche, accessibile dal sito dell'Agenzia, previa autenticazione mediante le credenziali dell'Agenzia, con Spid o con la carta nazionale dei servizi;

    il Governo, nella Nota di aggiornamento al Def 2017, ha dichiarato che sta valutando l'introduzione del regime di fatturazione elettronica obbligatoria attraverso il sistema di interscambio anche tra soggetti Iva (B2B) e nei confronti dei consumatori (B2C): tale misura consentirebbe un ulteriore recupero di gettito e la soppressione dell'attuale obbligo di trasmissione telematica dei dati delle fatture;

    al di là degli inconvenienti tecnici registratisi a ridosso della prima scadenza per le comunicazioni, dal mondo dei professionisti e degli intermediari abilitati, si sono sollevate molte proteste per i nuovi adempimenti: in primo luogo si contesta l'onerosità della modalità che impone la trasmissione della singola fattura, non essendo possibile accorpare fatture di piccoli importi con invii cumulativi al di sotto di una determinata soglia (come avveniva per il precedente spesometro con il limite a 300 euro); si lamenta inoltre l'incompatibilità dell'adempimento per tutte quelle fatture di basso importo redatte a mano, sovente con dati incompleti o illeggibili,

impegna il Governo:

  1) ad assumere iniziative per riformare al più presto la normativa relativa allo spesometro, al fine di ridurre al minimo le comunicazioni obbligatorie, eventualmente consentendo un unico invio annuale per lo spesometro, nonché di assicurare le finalità di compliance e di lotta all'evasione fiscale con modalità più semplici, efficienti ed efficaci;

  2) ad assumere iniziative per ripristinare la norma che consentiva di accorpare fatture di piccoli importi con invii cumulativi al di sotto di una determinata soglia;

  3) ad assumere iniziative normative volte ad escludere la discrezionalità degli uffici nella disapplicazione delle sanzioni, prevedendo in modo esplicito la non applicabilità delle sanzioni stesse, in considerazione della possibilità di errori formali legati a questo primo invio delle comunicazioni;

  4) a investire in maniera adeguata sul fisco digitale attraverso la diffusione della fatturazione elettronica e dei pagamenti digitali, al contempo garantendo che tali trasformazioni si svolgano nel pieno rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali sulla protezione dei dati personali.
(7-01355) «Sanga, Pelillo, Bernardo, Barbanti, Bonifazi, Capozzolo, Carella, Colaninno, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Gutgeld, Lodolini, Moretto, Petrini, Pinna, Ribaudo».


   La X Commissione,

   premesso che:

    la libera circolazione delle merci è la più sviluppata delle quattro libertà del mercato unico ed è essenziale per il successo di migliaia di imprese. La sua creazione è stata possibile grazie al raggiungimento di un accordo a livello europeo sugli standard minimi di sicurezza dei prodotti che circolano nell'Unione europea. Disposizioni efficaci in tale settore possono essere adottate solo a livello europeo, sia per assicurare un'adeguata tutela degli interessi dei consumatori che per impedire agli Stati membri di adottare disposizioni differenti che determinerebbero la frammentazione del mercato unico;

    la direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti (Dsgp) contiene le principali disposizioni in materia di sicurezza che devono essere rispettate per molti prodotti di consumo. Tale direttiva dispone infatti che i prodotti di consumo siano sicuri, regolamenta la formazione, impone obblighi agli Stati membri e alle autorità nazionali di vigilanza del mercato e stabilisce procedure per lo scambio di informazioni e per l'intervento rapido relativo ai prodotti non sicuri;

    la direttiva 2001/95/CE andrebbe modificata per aggiornare le disposizioni sulla sicurezza dei prodotti. In particolare, gli obblighi degli operatori economici (soprattutto le disposizioni in tema di identificazione e tracciabilità) andrebbero rivisti e rafforzati al fine di dare alle autorità di vigilanza del mercato gli strumenti necessari per svolgere le loro attività in modo efficace;

    in Commissione europea è stata proposta una nuova normativa, denominata «Pacchetto sicurezza dei prodotti e vigilanza del mercato»: si tratta di un insieme di misure per semplificare e rendere più omogenee le norme di sicurezza applicabili ai prodotti non alimentari, per razionalizzare le procedure e per migliorare il coordinamento e il monitoraggio delle attività di vigilanza del mercato nell'Unione europea. Questo provvedimento è costituito da due regolamenti relativi alla sicurezza dei prodotti e alla vigilanza del mercato. Nel primo regolamento figura l'articolo 7 (che introduce l'obbligo di indicazione di origine per i prodotti di consumo non alimentari), in relazione al quale si sono manifestate le principali difficoltà che hanno ostacolato l'approvazione dell'intero dossier. In particolare, c'è stata l'opposizione della Germania, alla quale si sono associati altri 16 Stati membri. I tedeschi hanno motivato la loro contrarietà ponendo l'attenzione sulla mancata valutazione d'impatto che l'adozione dell'articolo 7 comporterebbe;

    nel 2015 la Presidenza del Consiglio dell'Unione ha richiesto alla Commissione europea uno studio di analisi sull'impatto dell'articolo 7 della citata proposta di regolamento «Pacchetto sicurezza dei prodotti e vigilanza del mercato». Nel gennaio 2015, è stato avviato lo studio con l'individuazione di due differenti questionari da parte della società di consulenza, inoltrate dalla Commissione alle autorità di vigilanza degli Stati membri ed alle associazioni di riferimento dei settori indicati: giocattoli, elettrodomestici, elettronica di consumo, tessile, calzature. Il primo questionario ha lo scopo di valutare i costi ed i benefici per le imprese; il secondo di analizzare gli oneri connessi alla vigilanza e le opportunità per gli Stati membri;

    allo stato attuale la proposta relativa al «pacchetto sicurezza dei prodotti e vigilanza del mercato» è bloccata in Consiglio. Nonostante i tentativi fatti dalle Presidenze di turno (soprattutto quella italiana del 2014 e quella olandese del 2015) nella ricerca di un compromesso, continua ad esservi una frattura fra gli Stati membri del Nord (più orientata sulla grande distribuzione) e quelli del Sud (manifatturiero) Europa;

    lo studio «Trade in counterfeit and pirated goods» del 2016, a cura dell'Ocse e dell'Ufficio per la proprietà intellettuale dell'Unione europea, stima che il 2,5 per cento degli scambi mondiali sia costituito da beni contraffatti, per un valore corrispondente di 461,85 miliardi di dollari, cifra che è pari al prodotto interno lordo dell'Austria o alla somma del prodotto interno lordo di Irlanda e Repubblica Ceca;

    nel rapporto del Censis «La contraffazione: dimensioni, caratteristiche ed approfondimenti», del giugno 2016, si stima che il fatturato della contraffazione in Italia nel 2015 ammonti a 6,9 miliardi di euro, con un incremento del 4,4 per cento rispetto ai 6,5 miliardi di euro stimati per il 2012. La perdita di gettito fiscale conseguente a tale giro d'affari illecito è stimata in 5,7 miliardi di euro (1,7 miliardi di euro per la produzione diretta e 4 miliardi di euro per la perdita di gettito sulla produzione indotta in altri settori connessi), con un valore aggiunto sommerso di 6,7 miliardi di euro ed oltre 100.000 posti di lavoro in meno. Un'eventuale immissione sul mercato di un equivalente di merci legali al valore di quelle contraffatte sarebbe suscettibile di determinare un incremento della produzione interna pari a 18,6 miliardi di euro (lo 0,6 per cento del totale), con aumento del valore aggiunto del Paese di 6,7 miliardi;

    l'indicazione di origine sui prodotti importati porrebbe i consumatori e le imprese europee allo stesso livello dei loro maggiori partner commerciali (Stati Uniti, Giappone, Cina e Canada) che hanno già introdotto questa misura. Infatti, oltre a favorire la trasparenza del mercato, offrendo informazioni più chiare e univoche ai consumatori, questa misura consentirebbe di esercitare un più incisivo controllo sui prodotti importati e rappresenterebbe un utile strumento di lotta alla contraffazione,

impegna il Governo:

  ad adoperarsi nelle opportune sedi europee affinché la proposta recante il «Pacchetto sicurezza dei prodotti e vigilanza del mercato» sia posta rapidamente in discussione in Commissione europea, cercando in particolare di far convergere il maggior numero possibile di delegazioni sull'esigenza di salvaguardare la disposizione di cui all'articolo 7 relativa al «made in» dei prodotti di consumo non alimentari;

   ad adoperarsi in ambito sovraeuropeo, con particolare riferimento all'Organizzazione mondiale del commercio, affinché siano adottate politiche e procedure utili all'introduzione dell'obbligo in Europa dell'indicazione di origine sui prodotti di consumo non alimentari, al fine di tutelare la qualità dei manufatti offerti ai consumatori ed evitarne la contraffazione.
(7-01356) «Galgano, Menorello, Quintarelli, Catalano, Mucci, Molea».


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    il 13 dicembre 2016 è stato presentato uno studio dell'Ordine degli attuari sui tassi di mortalità dei percettori di rendita da pensione in Italia;

    l'iniziativa, coordinata dall'Ordine degli attuari, ha coinvolto, oltre ad alcune associazioni di categoria, i principali enti erogatori di rendite in Italia, tra cui Inps e Inail, ed è stata seguita da autorevoli istituti di vigilanza;

    lo studio ha preso in esame circa quindici milioni di dati e ha evidenziato che la speranza di vita a 65 anni negli ultimi dieci anni osservati, pur essendo aumentata per tutte le collettività considerate, presenta delle differenze fra gli occupati nel settore privato, con redditi da pensione più bassi, che hanno una maggiore tasso di mortalità, e i liberi professionisti e dipendenti pubblici, con redditi da pensioni più alti, che hanno un tasso minore di mortalità;

    il decreto-legge n. 78 del 2009, il decreto-legge n. 78 del 2010 e il decreto-legge n. 201 del 2011, hanno previsto l'adeguamento automatico dei requisiti per l'accesso al pensionamento sulla base delle variazioni della speranza di vita, senza alcuna differenziazione rispetto all'attività svolta durante il corso della vita lavorativa;

    nel corso della legislatura sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo sulla materia dell'adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita, con l'intento di segnalare al Governo che non tutti i lavori sono uguali e che già in diversi studi e indagini sull'argomento, come quelli della Banca d'Italia e del Dipartimento del tesoro, si è segnalato che la speranza di vita dopo il pensionamento presenta evidenti differenze derivanti dal titolo di studio e dall'attività lavorativa svolta dagli interessati;

    la previsione di un meccanismo automatico di adeguamento dei requisiti pensionistici in base all'andamento dell'aspettativa di vita e le disposizioni introdotte successivamente dal decreto-legge n. 201 del 2011 hanno portato il nostro Paese ad avere i requisiti anagrafici più alti per l'accesso alla pensione (66 anni e sette mesi), mentre, ad esempio, in Germania si porterà l'età per il pensionamento di vecchiaia a 67 anni solo a partire dall'anno 2029;

    la questione dell'adeguamento dei requisiti pensionistici all'aspettativa di vita è stata oggetto di discussione fra Governo e organizzazioni sindacali ed è indicata, nel verbale firmato il 28 settembre 2016, fra le materie da affrontare nell'ambito della cosiddetta Fase II, attraverso un confronto, che «nell'ambito del necessario rapporto tra demografia e previdenza e mantenendo l'adeguamento alla speranza di vita» sia volto a «valutare la possibilità di differenziare o superare le attuali forme di adeguamento per alcune categorie di lavoratrici e lavoratori in modo da tenere conto delle diversità nelle speranze di vita»;

    il tema della «revisione del meccanismo di adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione in relazione agli incrementi della speranza di vita» costituisce il primo punto del documento che riassume le proposte avanzate da Cgil, Cisl e Uil nella fase 2 del confronto tra sindacati e Governo sui temi previdenziali;

    la revisione del meccanismo di adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione in relazione agli incrementi della speranza di vita è altresì necessaria, in quanto prevede solo l'aumento indefinito dei requisiti di accesso, anche se, come ha certificato la stessa Istat nel febbraio 2016 («Gli indicatori demografici» – 2015 – pubblicati il 19 febbraio 2016), nel 2015 è diminuita la speranza di vita alla nascita, per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014) e, le donne a 84,7 anni (da 85), e nonostante ciò, non si è proceduto ad abbassare l'età e il requisito contributivo per l'accesso alla pensione, in quanto, come è noto, l'adeguamento dell'aspettativa di vita, scattato dal 1° gennaio 2016, è stato deciso nel dicembre 2014; anche nei primi tre mesi del 2017 la mortalità è cresciuta del 15 per cento rischiando per quest'anno un saldo nati/morti negativo di 346.000 unità, come nel 1944; va quindi ripreso in considerazione il meccanismo e va almeno considerata e/o prevista anche la possibilità di diminuzione;

    nella legge di bilancio 2017 sono state previste alcune prime misure, tra le quali, ad esempio, il congelamento dell'adeguamento dei requisiti pensionistici rispetto all'aspettativa di vita fino al 2025 per le attività usuranti di cui al decreto legislativo n. 67 del 2011 e l'individuazione di alcune attività lavorative considerate gravose, per le quali è previsto, in via sperimentale, l'accesso anticipato alla pensione rispetto ai requisiti vigenti;

    rispondendo all'interrogazione n. 5-04388 in data 8 gennaio 2015 il Governo pro tempore, evidenziando l'oggettiva complessità della questione trattata che deve essere affrontata con uno studio condiviso assieme agli altri uffici interessati sotto profilo tecnico e finanziario, aveva rappresentato che «l'INPS ha dichiarato fin d'ora la disponibilità ad effettuare un approfondimento finalizzato a valutare la possibilità di diversificare il criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita in base alle specifiche caratteristiche dell'attività lavorativa»;

    nell'interrogazione n. 5-06132 del 23 luglio 2015, che poneva il problema della relazione tra aspettativa di vita e coefficienti di trasformazione, si chiedeva: «se il Governo non ritenga, anche attraverso l'acquisizione dall'Istituto nazionale per la previdenza sociale di dati e simulazioni relativi agli aspetti più complessi (in particolare sulla durata dei periodi in cui i lavoratori di diversi settori e mestieri percepiscono mediamente la pensione), di dover valutare l'introduzione di elementi di diversificazione dell'aspettativa di vita relativa a ciascuno di tali settori e mestieri; se il Governo intenda realizzare una verifica su quali sarebbero gli effetti sulla sostenibilità economica di medio e lungo periodo di interventi volti ad attenuare gli effetti sociali dell'aggiornamento dei coefficienti di trasformazione e di un'applicazione differenziata per settori della norma che riguarda l'aumento delle aspettative di vita»; il Governo pro tempore, nel rispondere all'interrogazione, aveva dichiarato l'impegno «a voler approfondire le questioni sollevate (...) al fine di valutare la possibilità di un intervento in materia, nel rispetto delle esigenza di finanza pubblica e della sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico» e affermato che «dal confronto avviato con i sindacati si potranno rilevare interessanti spunti per una corretta soluzione alle tematiche in parola»;

    lo stesso presidente dell'Inps, Boeri, a margine della presentazione del citato studio dell'Ordine degli attuari, ha dichiarato all'Ansa che i criteri per la definizione dei lavori usuranti e gravosi devono essere «rigorosi» e guardare ai tassi di mortalità in queste categorie, evidenziando che «bisogna usare criteri obiettivi. Bisogna guardare al rischio di mortalità. Dovremmo fare uno studio sulla speranza di vita delle categorie indicate nella legge di bilancio»;

    sulla base della normativa vigente, a seguito delle determinazioni dell'Istat, è prevista l'emanazione entro dicembre 2017 di un decreto direttoriale che comporterà un nuovo aumento indifferenziato dei requisiti di accesso al pensionamento dal 1° gennaio 2019,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a rinviare al 30 giugno 2018 il termine per l'emanazione del decreto direttoriale di cui all'articolo 12, comma 12-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, al fine di poter svolgere i necessari approfondimenti in ordine all'individuazione di criteri di adeguamento all'aspettativa di vita dei requisiti pensionistici che tengano conto delle difformità esistenti nelle speranze di vita delle diverse categorie di lavoratrici e di lavoratori.
(7-01354) «Gnecchi, Damiano, Di Salvo, Boccuzzi, Albanella, Baruffi, Gribaudo, Rotta, Rostellato, Incerti, Miccoli, Arlotti, Giacobbe, Patrizia Maestri, Paris, Casellato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   PATRIZIA MAESTRI e ROMANINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 12 settembre 2017 la Camera dei deputati ha approvato, in prima lettura, la proposta di legge «Introduzione dell'articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista» (Atto Camera 3343) la quale si propone di sanzionare «chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità»;

   il 26 settembre 2017 il consiglio comunale di Soragna (PR) ha approvato la mozione «Per la messa al bando dell'ideologia comunista», proposta dalla consigliera comunale Maria Pia Piroli, del gruppo consiliare «Soragna ci Lega», di riferimento della Lega Nord;

   la mozione impegna il sindaco ad avanzare al Governo la richiesta di assumere iniziative per estendere i profili penali di cui alla proposta di legge AC 3343 anche a «chiunque propaganda i contenuti propri del partito comunista, ovvero le relative ideologie...»;

   ferma restando l'inequivocabile condanna nei confronti di ogni forma di totalitarismo ed autoritarismo, i proponenti della mozione e i suoi sostenitori, tra cui il sindaco «civico» di Soragna Salvatore Iaconi Farina, sembrano ignorare che esponenti del Partito Comunista Italiano, in particolare nel nord Italia, oltre ad essere stati principali protagonisti della guerra di Liberazione Partigiana, per la libertà e la democrazia nel nostro Paese, hanno anche assolto ad importanti incarichi amministrativi, con competenza e dedizione, in molte amministrazioni locali, compresa quella di Soragna. La mozione così proposta è quindi profondamente irrispettosa della storia locale e nazionale;

   il sindaco di Soragna, a capo di una lista civica, ha svolto per oltre venti anni e fino alla pensione l'incarico di comandante della locale stazione carabinieri, nello stesso periodo in cui al comune si sono alternate amministrazioni di diverso colore politico, di centrodestra e centrosinistra –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'interno, nel rispondere alla sollecitazione che il sindaco di Soragna (PR) si è impegnato ad avanzare al Governo, ai sensi della mozione approvata, non ritengano opportuno ribadire la ferma opposizione del nostro Paese ad ogni forma di totalitarismo ed autoritarismo, ricordando altresì all'amministrazione comunale di Soragna l'importante contributo offerto all'Italia, alla libertà nazionale e alla democrazia dagli aderenti al Partito Comunista Italiano.
(3-03293)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   all'interpellanza n. 2/01756 presentata dall'interrogante il 10 aprile 2017 non è stata data alcuna risposta;

   a quanto consta all'interrogante l'avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia con la nota n. 54606 P del 14 settembre 2017 (CT 1458/2009), ha ritenuto di dover modificare il parere di congruità già reso al Ministero della difesa e all'Agenzia industrie difesa, riconoscendo il rimborso di euro 24.491,55 + cap e iva, da cui dovranno detrarsi le somme già concesse a titolo di anticipo per spese legali;

   all'interrogante non appaiono chiare le ragioni per cui la medesima avvocatura distrettuale dello Stato nel rendere il parere di congruità per il rimborso delle spese legali sostenute da un altro militare (un generale) coinvolto nella stessa vicenda, anch'esso assolto al termine del lungo procedimento penale, abbia ritenuto di dover deliberare una somma maggiore di quella riconosciuta al maresciallo Saputo;

   il rimborso deliberato dai competenti uffici del Ministero della difesa a favore del maresciallo Saputo non è assolutamente sufficiente a coprire l'intero importo delle spese legali da questo sostenute –:

   quali immediate iniziative si intendano assumere affinché il Ministero della difesa ovvero l'Agenzia industrie difesa si facciano carico integralmente delle spese legali sostenute e documentate dal maresciallo di cui in premessa;

   quali iniziative si intendano avviare per ristorare integralmente il predetto militare per i danni subiti a causa della vicenda penale che lo ha coinvolto conclusasi con la piena assoluzione.
(5-12358)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli «Istituti di Santa Maria in Aquiro», di seguito «Isma», sono un'istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB) regolata dal proprio statuto organico, oltre che dal decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, con sede in Roma;

   l'Ipab Isma ha lo scopo principale di erogare gratuitamente servizi sociali per anziani e minori, utilizzando i frutti della gestione del proprio ingente patrimonio immobiliare;

   a notizia dell'interrogante, l'amministrazione di alcune Ipab, negli ultimi tempi, tradendo lo scopo benefico, ha portato ad una mala gestione del prestigioso patrimonio immobiliare e finanche, in alcuni casi, alla sua svendita;

   in particolare, la gestione dell'Isma, negli ultimi anni, è stata oggetto di interrogazioni al consiglio regionale del Lazio presentate da differenti parti politiche, di inchieste pubblicate sul quotidiano Il Tempo, in data 25 luglio 2016, da una trasmissione televisiva de La7 in data 29 luglio 2016, da un'inchiesta de Il Fatto Quotidiano del 27 e 31 dicembre 2016, di un articolo su Il Corriere della Sera — Cronaca di Roma, da ultimo del 5 agosto 2017;

   segnatamente in quest'ultimo articolo a firma Marco Nese, si apprendono fatti gravissimi a danno del precedente segretario generale dell'Isma, l'avvocato Maria Capozza, la quale ha avuto «l'ardire» di opporsi, in più e più circostanze, alle modalità di gestione del patrimonio immobiliare percorse dai vertici politici; in seguito a ciò, improvvisamente, con procedura sulla quale pendono interrogazioni regionali ed esposti a varie autorità, lo stesso segretario generale veniva rimosso e sostituito con l'attuale segretario generale Sergio Basile, pensionato statale, che a tutt'oggi lavorerebbe in, Isma senza contratto;

   come si apprende dal suddetto articolo, in aggiunta ad una spaventosa serie di vessazioni, da ultimo l'ex segretario generale veniva allontanato dal proprio ente a mezzo di un inaudito atto amministrativo: una delibera che nel 2017 dichiara «nulla» la delibera del 2009 che bandì il concorso a mezzo del quale la suddetta espletava il proprio lavoro di dirigente a tempo indeterminato;

   la vicenda sopradescritta rappresenta, secondo l'interrogante, un caso di whistleblowing, in cui un soggetto segnala irregolarità all'interno del luogo di lavoro e, a causa di tali denunce, questi può divenire oggetto di vessazioni e minacce, fino all'eventuale rimozione dal proprio incarico –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per favorire l'affermazione dei principi di legalità e di rispetto delle mission sociali nell'intero settore dell'assistenza e della beneficenza;

   se il Governo intenda assumere iniziative di competenza, anche di tipo normativo, per tutelare il cosiddetto whistleblower ovvero il soggetto che nel luogo di lavoro decide di denunciare comportamenti irregolari, al fine di garantire un valido strumento giuridico, come il whistleblowing, che si rivela di estrema importanza per contrastare attività illecite e fenomeni di corruzione;

   se intenda valutare la possibilità di assumere iniziative normative volte a istituire, con il coinvolgimento delle regioni, un'apposita authority nel settore, formata da esperti nel campo dell'assistenza e della beneficenza.
(5-12368)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa si apprende che sta per diventare operativo il cosiddetto bonus pubblicità, l'agevolazione introdotta dall'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 per favorire il rilancio del settore editoriale attraverso il riconoscimento di un credito d'imposta per la parte incrementale degli investimenti effettuati in pubblicità rispetto all'annualità precedente;

   sembra essere prevista a breve, infatti, l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui si darà completa attuazione al credito d'imposta, che spetterà a decorrere dal 2018, al settantacinque per cento per le imprese e i lavoratori autonomi che, investono in campagne pubblicitarie su quotidiani, periodici, sulle emittenti tv e radio locali, ovvero al novanta per cento se a investire sono piccole e medie imprese, microimprese e startup innovative;

  sembra, tuttavia, che dal provvedimento, e quindi dall'agevolazione, saranno esclusi gli investimenti sul web, vale a dire che le aziende che investono sulle testate online non potranno beneficiare del contributo, nonostante il decreto-legge n. 50 del 2017, a proposito del contributo sulla pubblicità incrementale, si riferisca espressamente alla «stampa quotidiana e periodica» ed è ormai pacifico che le testate online, registrate in Tribunale, iscritte al ROC, con un direttore responsabile, siano completamente parificate dalla legge e dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione alle testate cartacee;

   inoltre, la pubblicità sulle testate online è molto meno costosa di quella effettuata sulle testate cartacee e, quindi, il riconoscimento dell'agevolazione anche per loro comporterebbe solo un esborso minimo da parte dello Stato;

   il settore dei giornali online è in espansione, pur non avendo mai beneficiato di alcun contributo pubblico, e rappresenta un segmento dell'informazione molto seguito dall'opinione pubblica –:

   se corrisponda al vero che il credito d'imposta di cui in premessa non sarà riconosciuto alle aziende che investono sulle testate online, e, se del caso, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per correggere tale anomalia.
(4-18012)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in due ore, nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2017, è caduta su Livorno la pioggia di un anno, oltre 250 mm di pioggia, causando la morte di otto vittime. Frane, fango e acqua hanno letteralmente devastato l'intera città e il territorio circostante. Tre i torrenti esondati: il rio Ardenza, il rio Banditella e il rio Maggiore, gli ultimi due parzialmente «tombati», cioè incanalati da decine di anni sotto strade e piazze densamente abitate. Il bilancio è terribile: oltre alle vittime e ai feriti, centinaia di auto sono state danneggiate, decine di abitazioni sono state gravemente lesionate, risultano ponti crollati, la linea ferroviaria è interrotta, vi sono sottopassi invasi dall'acqua;

   i giorni seguenti alla tragedia sono stati caratterizzati dai toni polemici intorno alla mancata o erronea segnalazione di «Codici di pericolo» diramati dalla protezione civile: il sindaco ha accusato gli esponenti regionali di aver diramato l'allerta in ritardo e con il codice arancione piuttosto che rosso, mentre il presidente di regione e il responsabile della protezione civile per la regione Toscana hanno respinto al mittente le accuse, dimostrando che l'allertamento era avvenuto tempestivamente e con un «codice colore» che si è rivelato coerente con gli effetti verificatisi al suolo;

   sono state aperte due inchieste per chiarire i fatti, una dalla magistratura e una dalla commissione d'inchiesta comunale sul nubifragio;

   quello che è avvenuto a Livorno ha in maniera inequivocabile palesato, secondo gli interroganti, da una parte l'incapacità di alcune amministrazioni comunali di integrarsi nelle complesse procedure di protezione civile e, dall'altra, l'impossibilità, per assenza di mezzi e competenze, di una capillare realizzazione, su base comunale, di scenari di evento su cui basare un'efficace risposta preventiva ed emergenziale;

   si segnala altresì che tali argomenti sono anche oggetto della legge n. 30 del 16 marzo 2017 recante «Delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile», con la quale, tra le altre questioni, si ricavano disposizioni per una riorganizzazione interna capace di sopperire a possibili carenze degli enti locali, garantendo un «continuum» di competenze tecniche ed amministrative molto specifiche –:

   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, anche normative, che possano scongiurare il ripetersi di situazioni come quella di Livorno, in cui un'amministrazione comunale non avrebbe associato al «codice colore» diramato a livello regionale uno scenario di rischio a livello locale calibrato efficacemente secondo scenari di evento definiti su corrette basi tecnico-scientifiche, e quindi una corrispondente serie di efficaci contromisure.
(4-18018)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il tema dei diritti associativi/sindacali dei militari è sull'agenda politica del Parlamento da diverse legislature, senza che esso sia approdato concretamente ad un testo aggiornato secondo le nuove aspettative di un modello, quello militare, non più basato sulla leva ma sul professionismo;

   il testo normativo di riferimento è il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare) che ha ereditato i contenuti dalla precedente legge 11 luglio 1978, n. 232;

   sono diverse le iniziative, in questa legislatura, presentate anche dal gruppo parlamentare del Movimento5Stelle per stimolare il Governo e la maggioranza che lo sostiene a far proprie le istanze che indicano la strada dell'associazionismo libero di tipo sindacale come strada da perseguire nell'ammodernare questo istituto di rappresentanza democratica delle Forze armate;

   da ultima non per importanza, ma per ordine cronologico, appare interessante l'ordinanza 111 del Consiglio di Stato del 4 maggio 2017 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 6 settembre 2017, n. 36, con cui si dispone la sospensione del giudizio sul ricorso proposto dall'Associazione solidarietà diritto e progresso (ASSODIPRO) contro il Ministero dell'economia e delle finanze per le limitazioni all'esercizio del diritto di associazione e il divieto di sciopero e nonché per le limitazioni del diritto dei militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali, con invio all'esame della Corte costituzionale che si dovrà pronunciare tra qualche mese;

   il Consiglio di Stato ha ordinato altresì l'immediata comunicazione degli atti al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

   il collegio giudicante ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), dopo che inizialmente il ricorso era stato accolto dal tribunale amministrativo regionale Lazio con sentenza n. 8052 del 23 luglio 2014, per contrasto con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli articoli 11 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come da ultimo interpretati dalle sentenze in data 2 ottobre 2014 della Corte europea dei diritti dell'uomo, quinta sezione, nei casi «Matelly c. Francia» (ricorso n. 10609/10) e «Adefdromil c. Francia» (ricorso n. 32191/09) e per contrasto con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 5, terzo periodo, della Carta sociale europea riveduta, firmata in Strasburgo in data 3 maggio 1996 e resa esecutiva in Italia con legge 9 febbraio 1999, n. 30 –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per i profili di competenza, alla luce di quanto rilevato dal Consiglio di Stato ed indicato in premessa, al fine di favorire il processo di ammodernamento e armonizzazione delle Forze armate sul tema della libertà di associazione.
(4-18022)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 29 settembre 2017 l'Ansa della Calabria ha riferito che la «Giunta regionale della Calabria (...) ha deliberato di dare mandato all'Avvocatura regionale (...) di verificare la possibilità di intraprendere azioni risarcitorie nei confronti di “Infrastrutture lombarde” ed altri eventuali soggetti responsabili dei danni causati dai gravi errori fatti nel corso degli adempimenti della progettazione dei (...) nuovi ospedali calabresi»;

   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 si contemplava «la realizzazione delle strutture ospedaliere previste dall'accordo di programma integrativo sottoscritto dal Ministro della salute e dal presidente della regione Calabria in data 6 dicembre 2007»;

   con deliberazione n. 106/2011, l'Anac confermò l'apposita convenzione sottoscritta tra le regioni Calabria e Lombardia, ricondotta agli accordi tra pubbliche amministrazioni stipulati ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990

   nell'AS894B del 6 settembre 2011, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva in proposito svolto «osservazioni in ordine alle distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato derivanti dall'irregolarità delle procedure adottate dalle regioni Calabria e Lombardia» e sulla «definizione quale società strumentate della regione Lombardia di Infrastrutture Lombarde S.p.A.»;

   nel 2012, con ordinanza del capo della protezione civile fu restituita alla regione Calabria la competenza per la realizzazione dei nuovi ospedali;

   nell’e-book del giornalista Gian Antonio Stella dal titolo Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli: La guerra infinita alla burocrazia, si riporta un passo del libro Casta calabra del giornalista Paolo Pollichieni, a proposito della costruzione dei nuovi ospedali di cui al suddetto accordo di programma integrativo;

   «Il costo previsto per i lavori – ha scritto nello specifico Pollichieni – è di 480 milioni [...] e la regione ne ha affidato la progettazione (e il compito di seguire l’iter realizzativo) a una società in house della regione Lombardia, “Infrastrutture lombarde”. Sulla procedura, la procura di Catanzaro ha aperto un'inchiesta. Ma il punto non è questo. Il punto è racchiuso in poche righe della convenzione calabro-lombarda dedicate alla riservatezza. Il passaggio prevede che la divulgazione di documenti che riguardano l'espletamento della convenzione sia concordata tra le parti»;

   Stella ha commentato: «E perché mai i cittadini, che mettono i loro soldi sia attraverso la regione Calabria sia attraverso Infrastrutture lombarde (delegata a gestire 11 miliardi di pubblici denari per pubblici investimenti e coinvolta in una serie di inchieste giudiziarie che hanno portato nella primavera 2014 alla decapitazione dei vertici) non dovrebbero sapere come vengono usati i loro quattrini da politici e grand commis troppo spesso travolti dagli scandali?»;

   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 l'ingegnere Massimo Scura e il dottor Andrea Urbani furono delegati al piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, con il compito, peraltro, di monitorare le «procedure della realizzazione dei nuovi ospedali»;

   come riportato in un articolo del 16 marzo 2015, apparso sulla testata webIl Lametino, l'interrogante aveva incontrato il dirigente generale del dipartimento lavori pubblici della regione Calabria, Domenico Pallaria; lo stesso aveva assicurato una verifica degli atti, prima di procedere. L'interrogante ha rilevato inoltre il silenzio costante del governatore Mario Oliverio e dell'assessore regionale ai lavori pubblici, Antonino De Gaetano. Il Movimento Cinque Stelle aveva proposto loro un incontro con tutti i parlamentari calabresi, finalizzato a conoscere le procedure seguite per la costruzione dei quattro nuovi ospedali –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'autorizzazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari, rispetto alla suddetta intesa tra la regione Calabria e infrastrutture lombarde e per verificare lo stato dell'attuazione del suddetto accordo di programma integrativo e il preciso utilizzo delle risorse all'uopo stanziate dallo Stato;

   di quali notizie disponga il Governo in ordine al suddetto monitoraggio.
(4-18028)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 25 luglio 2017 nei fiumi Teverone e Timia si è verificata la moria di numerosi esemplari di cavedano, a seguito della quale sono partite le segnalazioni ad Arpa, Asl, polizia municipale e Nucleo operativo ecologico di Perugia; tuttavia, malgrado le pressioni mediatiche e le richieste ufficiali, ad oggi, non è pervenuta alcuna spiegazione ufficiale circa le ragioni di tale moria, né alcuna informazione sulla natura e la quantità di sostanze tossiche presenti nel fiume;

   con un comunicato del 16 settembre 2017, il comitato «Difesa Acqua Aria Bevagna» denuncia la mancata emissione di dati della centralina di monitoraggio continuo, F13, posta sul Timia, a valle del Ponte di Sant'Agostino a Bevagna, dal 22 luglio 2017 alle ore 3.00 fino al 27 luglio 2017 alle ore 11.00, proprio durante la moria di pesci;

   nello stesso comunicato si apprende che nel Timia arrivano continuamente acque sporche, dense, oleastre e maleodoranti; inoltre, la presenza di mucillagini, alghe e vegetazione acquatica indica un livello altissimo e pericoloso di eutrofizzazione dell'acqua, che ha modificato l'equilibrio ecologico e determinato la scomparsa, per larghi tratti, dell'ossigeno disciolto nell'acqua, causa di un altissimo livello di sostanze inquinanti;

   alto e preoccupante è anche il livello di escherichia coli ed altri batteri patogeni in tutti i tratti dei fiumi, che, in alte concentrazioni, può essere responsabile di patologie molto gravi, pericolose per la vita dell'uomo;

   la regione Umbria ha approvato il nuovo piano di tutela regionale delle acque – PTA – che ha l'obbligo di classificare le tipologie idriche del territorio sulla base dei loro requisiti ambientali, nonché di chiarire e specificare le priorità di intervento per rientrare nei parametri dettati dalla direttiva acque della Comunità europea 2000/60 CE;

   nel piano di tutela regionale delle acque si legge che «il corpo idrico Timia-Teverone-Marroggia, dalle origini al lago di Arezzo, inizialmente individuato come perenne e unico corpo idrico appartenente al tipo 13SS2T, ha presentato carattere intermittente... e si è quindi resa necessaria la revisione della tipizzazione iniziale con l'attribuzione del tratto fluviale al tipo 13IN7T», che significa declassificare l'intera asta fluviale e consentire livelli di inquinamento e carica batterica delle acque molto superiori, rispetto a quelli consentiti per i corsi d'acqua perenni, con il rischio di allontanare qualsiasi progetto per una riqualificazione del fiume;

   nel piano di tutela regionale delle acque si evince, inoltre, il pessimo stato di tutti i fiumi della Valle Umbra Sud, classificati HMWB – corpo idrico superficiale interessato da alterazioni fisiche di origine antropica, i cui effetti si traducono in modificazioni idromorfologiche tali da provocare un mutamento sostanziale delle caratteristiche originarie; Bevagna, Montefalco, Trevi, Campello, Castel Ritaldi, Spoleto e Foligno che fanno del turismo e dell'enogastronomia la forza della propria economia, sono costrette a convivere con un fiume ormai gravemente malato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione in cui versano i fiumi della Valle Umbra Sud, e in particolare il Timia, e se non ritenga opportuno assumere iniziative di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare lo stato dei luoghi, anche al fine di verificare il rispetto del dettato della direttiva Acque della Comunità Europea 2000/60 CE;

   di quali elementi disponga per quanto di propria competenza, circa l'episodio di moria di pesci avvenuto il 25 luglio 2017 sul Timia;

   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per contenere il devastante incremento del livello di inquinamento generale dei corsi d'acqua nelle zone ad alta pressione antropica, sia al fine di tutelare la flora e la fauna dei fiumi, sia la salute dei cittadini che risiedono nelle zone limitrofe e utilizzano le acque per l'irrigazione.
(5-12374)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO, CRIPPA, DAGA, DE ROSA, MICILLO, VIGNAROLI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e delle scorie nucleari è stato pubblicato di recente dopo notevoli ritardi mentre ancora non vi è traccia della carta Cnapi, che dovrebbe individuare le aree idonee al deposito nazionale. Tali ritardi hanno creato una situazione confusa e poco organica nella gestione delle scorie nucleari, in cui sono state portate avanti iniziative senza una regia strategica nazionale, quali l'ampliamento e la ricostruzione di depositi temporanei;

   il cronoprogramma esposto dal Governo indica come tempistica per la messa in esercizio del deposito nazionale il 2024, almeno per quanto riguarda lo stoccaggio dei rifiuti ad «alta attività» di ritorno dall'estero (Francia e Regno Unito). Il funzionamento completo del sito è invece previsto per il 2025;

   la strategia attuale prevede lo stoccaggio dei rifiuti derivati dal processo di decommissioning all'interno di depositi locali «provvisori», realizzando così la situazione di «brown field» (trasformazione dei siti in depositi di se stessi) in attesa del trasferimento al deposito nazionale. Manca, nel programma, un'analisi della alternative, le quali eviterebbero, per esempio, la costruzione dei depositi locali di grande volumetria attualmente previsti, sostituendoli con depositi più piccoli, effettivamente provvisori e con la sola funzione di buffer. Lo stato attuale rappresenta, per contro, una situazione contraddittoria in cui i depositi, che dovrebbero essere provvisori diventano di fatto di lunga durata;

   la strategia di «brownfield», con la realizzazione del deposito nazionale, non ha più alcun senso. Risulta infatti inopportuno (così come sottolineato dal Comitato di vigilanza sul nucleare, Legambiente e Pro Natura del Vercellese), sia sotto l'aspetto ambientale che economico, costruire nuovi depositi temporanei in siti che entro il 2035 dovranno essere abbandonati. Già il comune di Saluggia, a tal proposito, aveva proposto una moratoria per la costruzione di nuovi depositi nelle osservazioni al rapporto preliminare;

   il programma nazionale stima l'abbandono dei siti privi di vincoli radiologici a circa 6,5 miliardi di euro. Tale stima appare però inverosimile visto che Sogin, dal 2001 al 2013, ne ha già spesi 2,6 e lascia ipotizzare un ammontare dei costi totale di gran lunga superiore alle previsioni;

   nel programma recentemente pubblicato manca un'analisi completa sulla necessità di depositi provvisori locali, sulla loro volumetria e sul flusso di materiale dai depositi locali a quello nazionale. Non viene fatto inoltre alcun accenno all'adeguatezza dei siti attuali, alcuni dei quali non sarebbero mai dovuti essere nuclearizzati, a fronte della loro totale non idoneità. A destare preoccupazione è inoltre l'assenza di un programma per il trattamento/condizionamento del materiale radioattivo intrasportabile, per il trasporto di trasferimento e stoccaggio del materiale radioattivo al deposito nazionale e di disattivazione delle strutture ancora esistenti;

   le interrogazioni n. 4-16539 e n. 4-02039, presentate dal Movimento 5 Stelle, hanno sollevato delle criticità sui progetti sperimentali della centrale di Trino e di quello EUREX di Saluggia, con particolare riguardo all'edificazione dei depositi temporanei denominati D2 e D3, verso la cui costruzione la cittadinanza ha espresso da sempre una forte opposizione –:

   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza, per la sospensione dell'autorizzazione per i depositi temporanei di Trino e di Saluggia, a fronte della prossima e concomitante creazione del deposito nazionale e dal cronoprogramma esplicitato dal programma nazionale recentemente pubblicato;

   se il Governo non intenda avviare un'analisi puntuale sull'opportunità e sull'idoneità dei depositi provvisori, per individuare una strategia complessiva di gestione in accordo con il progetto del deposito nazionale;

   se il Governo non intenda assumere iniziative per costituire un osservatorio indipendente che assicuri la partecipazione dei cittadini al processo decisionale in nome della trasparenza nella gestione nucleare.
(4-18016)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2209-septies del decreto legislativo n. 66 del 2010 disciplina la fuoriuscita del personale militare in esubero tramite l'istituto dell'aspettativa per riduzione quadri (ARQ);

   tale provvedimento resosi necessario per «svecchiare» le Forze armate è stato oggetto di una riflessione da parte della Corte dei conti nella «relazione sul rendiconto generale dello Stato» per il 2016;

   in particolare, i giudici dell'organo di controllo dello Stato, pongono l'attenzione sul fatto che, pur esonerando dal servizio il personale secondo le regole dettate dalla normativa vigente, la messa in aspettativa tramite ARQ «ha un costo elevato per lo Stato»;

   «Per effetto dell'ARQ, nel 2016 sono stati esonerati dal servizio 226 dirigenti (215 colonnelli, 12 generali di brigata e 1 generale di divisione) sostenendo comunque costi per 27,5 milioni e risparmiando, rispetto al mantenimento in servizio, secondo le stime della Difesa, circa 968.272 euro. Al 1° gennaio 2016, complessivamente erano in ARQ 22 generali e 372 colonnelli, al 31 dicembre, 15 generali e 353 colonnelli (il décalage è dovuto in sostanza al transito in ausiliaria a domanda)», per un costo approssimativo stimato dall'Osservatorio sulle spese militari italiani Milex.org di 45 milioni di euro;

   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 94 del 29 maggio 2017, recante il cosiddetto «riordino delle carriere», questi costi sono destinati ad aumentare, visto che sono stati stanziati aumenti per le retribuzioni di oltre diecimila nuovi dirigenti superiori «promossi per decreto» –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per rispondere ai rilievi della Corte dei conti e di contenere la spesa sostenuta per il personale delle Forze armate;

   quali iniziative intenda intraprendere in ordine alla possibilità di far transitare gli ufficiali delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri collocati in aspettativa per riduzione di quadri senza percepire alcuna indennità aggiuntiva in altre pubbliche amministrazioni che presentino carenze di organico, così come indicato dall'ordine del giorno 0/01581/001/04 accolto dal Governo pro tempore il 9 giugno 2016.
(4-18014)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto dichiarato dal presidente di Confesercenti di Como, i commercianti spendono dai 2.500 ai 6.000 euro all'anno per consentire ai clienti di pagare con bancomat e carte di credito;

   l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 179 del 2012 ha introdotto l'obbligo per esercenti, professionisti e studi professionali di accettare pagamenti elettronici effettuati tramite Pos (point of sale) per le proprie transazioni di beni e servizi. L'obbligo, inizialmente, sussisteva a partire da 30 euro e la norma originaria non prevedeva sanzioni per i non adempienti;

   la legge di stabilità 2016 (legge del 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 900) ha introdotto inoltre l'obbligo di accettare pagamenti elettronici per importi superiori anche ai 5 euro. L'obbligo non si applica «nei casi di impossibilità tecnica», imputabili più alla mancanza di connessione che alla mancata volontà di adeguarsi, e sono anche in arrivo sanzioni per chi non ottempera alla normativa;

   l'osservatorio sulle tariffe stima che, in questi due anni volti a dare il tempo agli esercenti di adeguarsi alla nuova normativa sulle transazioni digitali, le commissioni a carico dei negozianti sono aumentate di oltre il 19 per cento, con costi totali oltre i 6 mila euro annui, pari al 40 per cento in più rispetto al 2015;

   in particolare, la simulazione sui costi che l'esercizio commerciale sostiene in un anno per offrire questo servizio ha evidenziato che per un Pos si può arrivare a spendere oltre 6.298 euro annui (soprattutto per i ristoranti), con costi che vanno dal 6,5 per cento a oltre il 40 per cento in più rispetto al 2015. Come ricorda il presidente di Confesercenti di Como: «si tratta di una grossa fetta di ricchezza sottratta al legittimo profitto d'impresa, quasi una tassa occulta che non ha giustificazioni tecniche»;

   gli incrementi maggiori si registrano per chi accetta pagamenti bancomat con Pos fisso, che vanno dal 33,5 per cento al 40,4 per cento in più, mentre rimane di poco più conveniente installare e accettare pagamenti con il bancomat da Pos mobile. I negozianti sono quelli che hanno subito gli aumenti maggiori e, rispetto al 2015, pagano l'installazione e il mantenimento del Pos dal 12,4 per cento al 40,4 per cento in più;

   il presidente di Confesercenti di Como ricorda come la diffusione del telefono portatile abbia portato ad un netto abbattimento dei costi, tanto che oggi tutte le compagnie telefoniche offrono contratti con minutaggio illimitato per una spesa mensile con supera di poco i 10 euro, a fronte degli esorbitanti costi delle prime telefonate di venti anni fa;

   la proposta del stesso presidente mira a seguire la stessa strada anche per l'uso del Pos, attraverso «l'istituzione di una tariffa flat, con un canone mensile inizialmente non superiore ai 20 euro (con l'obiettivo realistico di arrivare in 5-7 anni a 12 euro), comprensivo di un numero di transazioni illimitate senza l'applicazione di alcuna commissione»;

   ciò permetterebbe sicuramente una diffusione capillare dei pagamenti con la moneta elettronica, con grande beneficio dei cittadini, dello Stato, degli esercenti, ma anche degli istituti bancari e di credito che opererebbero in un mercato fortemente allargato –:

   anche in considerazione dell'abbassamento del limite a 5 euro, come specificato in premessa, quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di introdurre, all'interno del disegno di legge di bilancio 2018 che si sta predisponendo in questi giorni, la previsione di una tariffa fissa mensile non superiore a 20 euro per l'uso del Pos, da parte degli esercenti, per i pagamenti con bancomat e carte di credito, che sia comprensiva di un numero di transazioni illimitate e senza l'applicazione di alcuna commissione.
(4-18013)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sulla situazione dell'Ansaldo Sts l'interrogante ha presentato un'interpellanza urgente n. 2-01252 in data 2 febbraio 2016, ed una interrogazione scritta n. 4-17687 in data 12 settembre 2017;

   è notizia di queste settimane il raggiungimento di un accordo tra la tedesca Siemens e la francese Alstom per la creazione di un polo industriale europeo nel settore ferroviario;

   da alcune time sembra che il nuovo gruppo franco-tedesco avrà un fatturato di circa 15,3 miliardi di euro, quasi 4 volte quello di Hitachi Rail/Ansaldo STS (euro 4,1 miliardi), e si proporrà come principale competitor dell'attuale leader del mercato internazionale, il gruppo cinese CRRC;

   a parere dell'interrogante, la creazione di un operatore di mercato di tali dimensioni potrebbe nuocere al business di Hitachi/Ansaldo STS in termini di commesse. In uno scenario simile potrebbero pesare ancora di più le problematiche interne all'azionariato di STS relative alla gestione della società da parte del socio di maggioranza Hitachi Rail, giacché eventuali partner industriali difficilmente vorrebbero essere coinvolti in situazioni di criticità con gli azionisti di minoranza, per cui si auspica una rapida soluzione dei problemi tra l'azionista di controllo e le minoranze –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative – per quanto di competenza – intenda valutare di porre in essere in direzione della soluzione delle problematiche di corporate governance al fine di rendere Ansaldo STS capace di competere efficacemente sul mercato di fronte a gruppi industriali e contendersi l'aggiudicazione delle commesse.
(4-18020)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con deliberazione del consiglio comunale n. 35 del 3 luglio 2015, il comune di Corciano ha pubblicato un avviso per la concessione, mediante project financing, della gestione delle mense scolastiche comunali di ogni ordine e grado;

   nel bando successivo erano state individuate le caratteristiche delle garanzie fideiussorie necessarie ai fini dell'espletamento della gara; per la garanzia fideiussoria provvisoria veniva richiamato l'articolo 75 del decreto legislativo n. 163 del 2006 che dispone quanto segue: «La garanzia deve essere resa mediante fidejussione bancaria o assicurativa rilasciata da primario Istituto di Credito o Assicurativo. La fidejussione può essere altresì rilasciata da intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati del MEF»;

   il consorzio AB&N si è aggiudicato la concessione in quanto unico concorrente, presentando una fideiussione provvisoria, in base all'articolo 113 del decreto legislativo n. 163 del 2006, stipulata con la CHINA TAIPING – della cui affidabilità dubitavano l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e talune inchieste giornalistiche – che si impegnava, come previsto per legge, in caso di aggiudicazione definitiva, a rilasciare adeguata garanzia definitiva all'AB&N;

   il comune di Corciano, in data 22 settembre 2015 ha proceduto all'aggiudicazione della gara al consorzio AB&N;

   il contratto definitivo tra comune e consorzio, però, nonostante l'erogazione del servizio mensa sia partito, non è mai stato stipulato fino al 1° giugno 2016 a causa del fatto che prima il consorzio AB&N ha interrotto il rapporto fiduciario con la CHINA TAIPING; successivamente allo scadere dei sette giorni previsti nella diffida nel frattempo presentata dall'amministrazione comunale, ha proposto una garanzia sottoscritta con la finanziaria GMB spa che ha permesso di redigere il contratto finale;

   in data 14 marzo 2017 la finanziaria GMB spa che aveva prestato garanzia definitiva ai fini della sottoscrizione del contratto di concessione è stata cancellata dal nuovo albo ex articolo 106 del Testo unico bancario, a seguito di un provvedimento dell'autorità di vigilanza;

   il comune di Corciano da anni eroga un servizio alla cittadinanza sulla base di un contratto con la società concessionaria senza le necessarie garanzie fideiussorie previste dalla gara di concessione, determinando, ad avviso degli interroganti, non solo una annosa procedura amministrativa di dubbia legittimità, ma anche un possibile danno erariale alla cittadinanza –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non si intenda verificare se sussistano i presupposti per promuovere una verifica amministrativo-contabile da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato alla luce delle anomalie sopra evidenziate.
(4-18024)


   TRIPIEDI, VILLAROSA, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, PESCO, CASO, ALBERTI, NESCI, COZZOLINO, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, VALLASCAS, BARONI, BASILIO e CORDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   con l'applicazione del decreto legislativo n. 178 del 2012 si sta proseguendo il processo di privatizzazione della Croce rossa italiana sul quale di recente è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale da parte del Tar del Lazio, risulta essere incostituzionale. Tale processo ha favorito la messa in mobilità dei lavoratori ex CRI;

   l'articolo 1, comma 397 della legge n. 208 del 2015, ha stabilito che le regioni debbano essere responsabili dei soccorritori della ex CRI transitati in mobilità non volontaria. Ciò è accaduto ad eccezione della regione Lombardia che, tramite la direzione generale welfare, ha demandato tali compiti all'Azienda regionale emergenza urgenza;

   gli oltre 220 soccorritori lombardi hanno dapprima sostenuto un colloquio conoscitivo con una commissione dirigenziale dell'Areu e poi, nella maggior parte dei casi, sono stati assegnati in aziende sanitarie a svolgere attività che si discostano da ciò che essi stessi avevano indicato e/o che avrebbero voluto svolgere. Si cita ad esempio il fatto che alla maggior parte di essi sia stata negata la possibilità di svolgere la mansione di autisti soccorritori in cambio di nuove attività a loro assegnate e correlate alle effettive esigenze di ogni singola azienda socio-sanitaria territoriale;

   in data 16 gennaio 2017, dopo un incontro sindacale tra i componenti dell'assessorato al welfare di regione Lombardia e le organizzazioni sindacali del comparto sanità pubblica, veniva siglato un accordo che prevedeva per i lavoratori, dietro specifica indicazione del Ministero della pubblica amministrazione, che venisse «garantito il mantenimento del trattamento economico ed inquadramento in godimento al momento del perfezionamento del trasferimento in base al CCNL enti pubblici non economici CRI, così come debitamente certificato dall'Ente Strumentale alla CRI». Tale decisione ha determinato il fatto che i fondi stanziati dal Ministero dell'economia e delle finanze e certificati da ESaCRI, non risultino essere sufficienti a coprire le indennità orarie dei lavoratori. La regione Lombardia ha negato la volontà di richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze un nuovo conteggio dei fondi erogati nonostante risultino palesi anomalie;

   da settembre 2017, a diversi lavoratori del settore è stata sottoposta la sottoscrizione di un contratto individuale di lavoro nonostante l'assegnazione avvenuta il 1° gennaio 2017. In tale contratto era previsto il pagamento della parte dello stipendio tabellare di base come indicato nell'accordo e nelle normative del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, mentre, per la restante parte relativa al pagamento delle indennità per lavoro notturno, festivo e straordinario, è stata prevista l'erogazione secondo i contratti del Contratto collettivo nazionale del lavoro Sanità anche a seguito della delibera di giunta regionale n. 6960 del 31 luglio 2017 derivante da un accordo firmato da una sola organizzazione sindacale;

   con l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 2015 e la sopraindicata delibera di giunta regionale, i lavoratori lombardi hanno visto una riduzione degli stipendi, aspetto che ha portato forti perplessità per il loro futuro professionale. Con il sostegno di alcuni sindacati, hanno reclamato disposizioni che definiscano l'inquadramento professionale e i conseguenti trattamenti economici, sia di base che accessori. Nel caso venissero completamente inquadrati nel comparto sanità, i lavoratori hanno chiesto un livello economicamente adeguato e non come ad inizio carriera, come per loro si prospetta in questa evenienza a seguito dell'esiguità dei fondi. Hanno richiesto anche la possibilità che le loro competenze stipendiali vengano gestite in maniera più trasparente direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze così come fatto nell'ultimo biennio fino al 31 dicembre 2016, a differenza di quanto accade ora, situazione in cui il Ministero dell'economia e delle finanze versa gli stipendi alla regione Lombardia che li invia ad Areu che, a sua volta, li eroga ad ogni singola azienda socio-sanitaria territoriale di competenza che, in ultimo, li liquida ai lavoratori –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative normative volte a provvedere l'erogazione degli stipendi per i lavoratori della ex CRI, in maniera diretta da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e senza ulteriori intermediari;

   se non intenda assumere iniziative normative volte a favorire un ritorno degli emolumenti stipendiali ai livelli precedenti all'adozione del decreto legislativo n. 178 del 2012, modificato dalla legge n. 208 del 2015, riguardanti la riorganizzazione della Croce rossa italiana.
(4-18025)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da una nota sindacale si apprende che sarebbe alla attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze l'elaborazione di una norma che, nelle intenzioni, dovrebbe affidare i compiti di «polizia doganale», attualmente in capo alla Agenzia delle dogane e dei monopoli, alla Guardia di finanza;

   una tale iniziativa, se le notizie in possesso dell'interrogante rispondessero al vero, sarebbe del tutto incoerente con l'assetto normativo vigente;

   le norme primarie che regolano le funzioni esercitate dalla Agenzia, in ultimo il decreto legislativo n. 90 del 2017, assegnano alla amministrazione specialistica delle dogane rapporti funzionali con la Banca dati nazionale antimafia – alla quale fornisce i dati e le informazioni necessarie all'individuazione dei flussi finanziari sospetti – in materia di antimafia ed antiterrorismo e, sul piano più generale, funzioni di polizia giudiziaria e tributaria nella prevenzione nell'accertamento e nella repressione di tutti i fenomeni criminali di natura tributaria ed extratributaria;

   il complesso di tali norme esclude che su tale normativa primaria si possa intervenire con decreti ministeriali. Una tale iniziativa sarebbe inoltre illogica anche sotto il profilo della funzionalità e della celerità delle diverse operazioni che si compiono negli «spazi doganali» – in tutti i Paesi dell'Unione europea assicurate da un'unica autorità leader – operazioni che necessitano di un efficace coordinamento a livello europeo, con particolare riferimento agli illeciti ed agli altri reati che sono oggetto di riscontro;

   le norme prospettate sarebbero anche in palese contrasto con gli obiettivi fissati dal Ministero dell'economia e delle finanze e assegnati alla Agenzia delle dogane e dei monopoli con l’«Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2017/2019» – poi contenuti nella Convenzione recentemente sottoscritta per lo stesso triennio – provocando negli spazi doganali una duplicazione e una sovrapposizione di competenze in attività dove invece viene richiesto, in primis all'amministrazione doganale, di assicurare le azioni di contrasto al contrabbando, di repressione degli illeciti e di tutela della salute e della sicurezza – in relazione, tra l'altro, ai traffici di armi, ai prodotti radioattivi e a merci pericolose o contraffatte – dei cittadini dell'Unione europea;

   inoltre, una tale iniziativa si porrebbe in controtendenza con le valutazioni sull'amministrazione fiscale italiana elaborate dall'Fmi e dall'Ocse, dove si indicano precisi indirizzi per una più ampia autonomia funzionale delle agenzie, anche nella loro qualità esclusiva di organismi tecnici dell'Unione europea;

   vi sarebbero poi ricadute sui rapporti di lavoro e sulla motivazione di dipendenti pubblici altamente professionalizzati – oggi in attesa, dopo otto anni, di vedersi riconosciute competenza e specializzazione con il rinnovo contrattuale in discussione all'Aran – per non dire della conseguente riduzione di strutture, servizi ed attività doganali, in particolare nelle sedi portuali e aeroportuali –:

   quali elementi intenda fornire il Governo sui fatti esposti in premessa e quale sia il suo orientamento al riguardo;

   come si concili una tale iniziativa, qualora venga formalizzata, con le scelte e gli indirizzi più generali di riforma e di efficientamento del sistema fiscale italiano.
(4-18027)


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da fonti di stampa nelle ultime settimane, Fabrizio Pagani è stato nominato vicepresidente della società di gestione del risparmio Serenissima;

   Fabrizio Pagani ricopre al momento il ruolo di capo della segreteria tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze;

   Pagani risulta anche inserito nel consiglio d'amministrazione di Eni, posizione per la quale riceve un compenso da amministratore che non è tenuto a girare al Ministero;

   per spiegare questa anomalia, lo stesso Ministro interrogato ha asserito che Pagani sarebbe in prestito dall'Ocse sulla base di una convenzione e ciò significa che il collaboratore del Ministro percepisce uno stipendio anche da questa organizzazione;

   Pagani non è l'unico dipendente del Ministero ad avere altri incarichi;

   Stefano Scalera, già capo della direzione VIII del tesoro e dell'Agenzia del demanio, nonché tuttora consigliere economico del Ministro Padoan, è stato nominato presidente di Idea Fimit, sgr che fa capo al gruppo De Agostini e all'Inps;

   Susanna Masi, a sua volta facente parte del gruppo di consiglieri economici del Ministro Padoan, è stata nominata presidente del collegio sindacale della stessa Idea Fimit, oltre ad essere presidente del collegio sindacale di Invimit, la società immobiliare del Tesoro, in teoria potenzialmente in concorrenza con il gruppo De Agostini;

   Roberto Basso, portavoce del Ministro Padoan, è stato nominato presidente di Consip;

   il Ministro non ha mai commentato le suddette notizie di stampa;

   a giudizio dell'interrogante può essere quantomeno inopportuna la «collezione» di nomine per i dipendenti di un Ministero della Repubblica, tutte peraltro arrivate a fine legislatura; tra l'altro, secondo l'interrogante potrebbe ingenerarsi il rischio che i suddetti dipendenti, con l'avvicinarsi della fine legislatura, stiano pensando prima al loro futuro personale e soltanto in un secondo momento a quello del Ministero e del Paese –:

   se le notizie di stampa a proposito delle nomine sopra indicate siano fondate;

   se il Ministro ritenga opportuno che dipendenti di un Ministero della Repubblica abbiano più di un incarico, in alcuni casi in situazioni potenzialmente concorrenziali tra loro.
(4-18030)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   BAZOLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 settembre del 2014 il tunisino Mootaz Chaanbi, sposato con l'italiana Daniela Bani con la quale viveva a Palazzolo (Brescia) insieme ai due figli minori, uccideva la moglie in modo efferato, con 37 coltellate inferte in camera da letto, pur essendoci in casa uno dei figli minori; subito dopo l'omicidio, e prima che il delitto venisse scoperto, il Chaanbi portava i figli da un conoscente, ritirava denaro dalla banca e prendeva un aereo per tornare in Tunisia, ove vive tuttora, e da dove ancora oggi mantiene contatti con conoscenti in Italia;

   il 26 giugno 2017, dopo un processo in contumacia, la corte d'assise di Brescia condannava il tunisino a 30 anni di carcere per l'omicidio della moglie;

   nonostante l'ordine di cattura europeo e la richiesta di estradizione già inoltrati, e le precise indicazioni fornite alle autorità tunisine per individuare la località in cui dimora, il Chaanbi è ancora libero e dalla località di latitanza posta tranquillamente sui socialnetwork immagini e dichiarazioni che rendono ancora più intollerabile ai familiari della donna uccisa, nonché all'opinione pubblica, la mancata esecuzione della pena inflitta –:

   a che punto sia l'iter procedurale per l'arresto e per l'estradizione di Mootaz Chaanbi e, nel caso, quali ragguagli e chiarimenti intendano fornire in merito ai tempi previsti per il rientro del condannato in Italia per l'esecuzione della pena;

   se il Governo, alla luce di questi fatti, e in particolare della forte attenzione da parte dell'opinione pubblica sulla vicenda, abbia assunto le necessarie iniziative di competenza per favorire una fattiva e concreta collaborazione tra le autorità nazionali e quelle tunisine, anche alla luce dell'adesione di entrambi i Paesi all'Interpol.
(3-03292)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da Anconatoday del 28 settembre 2017 si apprende di una lettera di un detenuto marchigiano che ha segnalato alla redazione del giornale le condizioni critiche in cui versa la casa circondariale di Montacuto (Ancona), a causa del sottorganico della polizia penitenziaria e degli educatori e dell'assenza del direttore e del provveditore regionale;

   la lettera segnala, in particolare, la protesta pacifica del 25 agosto 2017 dei detenuti del 3° e 4° reparto che si sono rifiutati di rientrare nelle loro celle prima dell'ultimo rientro delle ore 20,00, fino all'arrivo del commissario;

   a causare la protesta è stata l'aggiunta di brande tra 3°, 4°, 5° e 6° piano, fino ad arrivare a 5 brande per stanza, il che ha creato condizioni di sovraffollamento in violazione di quanto stabilito ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (spazio calpestabile minimo 3,30 metri quadrati);

   nella missiva si segnala anche che l'aumento delle ore di lavoro e di straordinario (tra l'altro, non retribuite) ha determinato l'insufficienza del personale di polizia penitenziaria che, a sua volta, ha comportato il malfunzionamento del servizio di piantonamento e scorta, sicché i detenuti hanno dovuto rinunciare ad un congruo periodo di convalescenza in ospedale, nonché a presenziare alle udienze;

   la lettera evidenzia anche difficoltà nell'esecuzione dei programmi trattamentali a causa della presenza di soli 3 educatori per oltre 300 detenuti (tra la domanda per un colloquio ed una seduta passano mesi), nonché il malfunzionamento del servizio odontoiatrico a causa della scarsa professionalità del dentista;

   prossimamente poi il numero dei detenuti passerà da 46 a 58/59 per reparto, poiché in ogni cella saranno montate le brande in eccedenza;

   la missiva segnala, altresì, che si è registrato un innalzamento del tasso di conflittualità sia tra detenuti che tra detenuti e personale di polizia penitenziaria, con aggressioni, anche in ragione della presenza di carcerati con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza, il che renderebbe necessari reparti separati. La conflittualità sarebbe favorita anche dall'elevato indice di eterogeneità culturale. La mancanza di personale del centralino ha causato ritardi nella consegna dei pacchi provenienti dall'esterno;

   i nuovi arrivati, a causa del sovraffollamento, vengono ospitati per giorni in zona isolamento in condizioni disumane. La presenza di mussulmani, che non possono mangiare carne di maiale, ha spinto all'adozione di un menù uniforme per tutti i detenuti, il che ha però causato disagio ai detenuti con disturbi alimentari (diabetici, celiaci) con violazione delle tabelle ministeriali;

   dal 2014 ad oggi a Montacuto si sono registrati 5 decessi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare al riguardo e, in particolare, se non ritenga necessario l'invio di ispettori presso la struttura carceraria di Montacuto per accertare quale sia la situazione al fine di adottare tutti i provvedimenti necessari a garantire la salute e condizioni di vita dignitose dei detenuti.
(5-12355)


   RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   David Rossi era responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena ed è morto il 6 marzo 2013, per una caduta dalla finestra del suo ufficio nel retro di Piazza Salimbeni, in vicolo Monte Pio a Siena;

   secondo il tribunale di Siena, che per ben due volte ha archiviato il caso (pochi mesi dopo il fatto e poi nell'anno 2017), si è trattato di suicidio; tuttavia, a seguito di molte inchieste giornalistiche, portate avanti anche a livello internazionale, non può non ritenersi che in tale vicenda vi siano ancora fatti rilevanti su cui è necessario fare luce e responsabilità di terze persone ancora da individuare. Tale esigenza risulta palese anche da quanto denunciato recentemente dalla trasmissione Le Iene, del 1° ottobre 2017, che ha sconcertato l'opinione pubblica poiché è emerso, ancora una volta, che troppi sono i lati oscuri che riguardano il decesso del manager, in considerazione del materiale video mostrato sulla dinamica della caduta, la presenza di persone non identificate sui luoghi interessati dalla tragica vicenda, il ritardo nei soccorsi, le risultanze dell'autopsia sul corpo, nonché quanto affermato dalle persone intervistate sui fatti;

   la famiglia di David Rossi porta avanti da tempo una dura e faticosa battaglia per accertare la verità e fare giustizia, attraverso perizie per riaprire l'inchiesta. Le parti offese non hanno avuto risposte o adeguate spiegazioni alla maggior parte dei punti contestati, anche a causa di un'istruttoria che per l'interrogante si è rivelata carente sin dall'inizio e viziata dal fatto che il caso è stato fin da subito trattato come suicidio. Inoltre, tale istruttoria, a causa di ritardi negli accertamenti, è risultata compromessa dalla mancanza di prove cancellate dal tempo;

   ebbene, si ritiene che una vicenda del genere non possa essere archiviata lasciando la palese consapevolezza che giustizia non è stata fatta nell'accertare responsabilità di terze persone, anche per omissione di soccorso, nella morte di David Rossi –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti in questione e se e quali iniziative intenda assumere urgentemente, per quanto di sua competenza.
(5-12375)

Interrogazione a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come chiarito nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5/04974 dell'11 marzo 2015 (già presentata dall'interrogante come interrogazione a risposta scritta n. 4/05181 del 18 giugno 2014) «i diritti fondamentali e inviolabili previsti nella Costituzione repubblicana sono seriamente in pericolo, sulla base di quanto (...) detto sulla sovranità monetaria, di fatto secondo gli (allora, nda) interroganti sottratta al popolo costituzionalmente sovrano, di quanto poi significato sulle cause reali del debito pubblico, di quanto accennato sulla sostanziale perdita di rappresentatività democratica — visto che i processi decisionali decisivi sono rimessi, per l'Europa, a organismi non elettivi — e infine di quanto articolato in materia di strumenti che si assumono di stabilizzazione delle finanze pubbliche»;

   come evidenziato nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08520 del 18 giugno 2014, la «vicenda del crescente debito pubblico» è dovuta «quasi integralmente al sistema privato di emissione della cartamoneta»;

   come risulta da un servizio del Tgr Rai della Calabria il carcere di Vibo Valentia ha 230 condannati per ’ndrangheta e 60 poliziotti in meno del previsto, su oltre 400 detenuti;

   tale situazione, come raccontato nel succitato servizio giornalistico della Rai, ha portato il sindacato Sappe a un sit-in di protesta tenutosi il 29 settembre 2017 presso l'inteso penitenziario di Vibo Valentia;

   l'interrogante ritiene che la riassunta carenza di personale sia insostenibile e comporti ulteriori aggravi per il personale della polizia penitenziaria in servizio, utilizzato anche, come riportato dal servizio menzionato, per i trasferimenti dei detenuti;

   l'interrogante ritiene che il Ministro interrogato debba e possa trovare adeguate soluzioni rispetto alla segnalata carenza di personale, che peraltro si registra, come riferito nel prefato servizio giornalistico, in un penitenziario con oltre la metà dei detenuti condannati per reati di mafia;

   l'interrogante ritiene che le conseguenze del suddetto meccanismo di creazione del debito pubblico non possano intaccare i settori della sanità, dell'istruzione, della giustizia e i servizi fondamentali, soprattutto in territori, come la Calabria, in cui è forte l'operatività della criminalità organizzata –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire la copertura dei posti mancanti rispetto alla pianta organica del penitenziario di Vibo Valentia.
(4-18015)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   CASTIELLO e GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto dell'Intervalliva Tolentino-San Severino Marche (Sub-Lotto 2.3 del maxi lotto 1 del progetto Quadrilatero – Delibera del Cipe n. 13 del 2004, fa parte del «Quadrilatero Marche Umbria», che consiste nel completamento e nell'adeguamento della strada statale 77 Foligno-Civitanova Marche e delle strade statali 76 e 318 lungo la direttrice Perugia-Ancona, congiuntamente alla Pedemontana delle Marche Fabribo-Muccia/Sfercia e ad interventi di riorganizzazione della viabilità locale;

  la realizzazione dell'opera è stata compromessa nel 2009, quando alla scadenza del vincolo espropriativo è stato realizzato un vasto parco fotovoltaico in corrispondenza del tracciato;

  con delibera del Cipe n. 64 del 2016 è stata definita la priorità degli interventi infrastrutturali rimanenti per il completamento funzionale della «Quadrilatero Marche-Umbria» individuando le risorse finanziarie destinate agli ultimi due lotti della «Pedemontana delle Marche», alla strada «Intervalliva di Macerata» e all'allaccio della «superstrada» strada statale 77 alla strada statale 16 «Adriatica»; tra i predetti interventi prioritari, non è stato ancora previsto il finanziamento dell'intervalliva Tolentino-San Severino;

  sulla base di uno studio di fattibilità di tracciato alternativo promosso nel 2015 dagli enti locali per superare la situazione di stallo, il 7 luglio 2017, è stato sottoscritto un «protocollo d'intesa per la progettazione e realizzazione della strada intervalliva Tolentino-San Severino» tra la regione Marche, la provincia di Macerata, il comune di Tolentino e il comune di San Severino Marche;

  gli enti firmatari, condividendo il valore strategico dell'opera, anche ai fini della ricostruzione post sisma e dell'inversione della tendenza allo spopolamento dell'area pedemontana dell'Appennino, hanno convenuto, tra l'altro, di affidarne le attività di progettazione e realizzazione alla società Quadrilatero Marche Umbria s.p.a.;

  i territori interessati dall'opera infrastrutturale intervalliva Tolentino-San Severino Marche sono tra quelli maggiormente colpiti dagli eccezionali eventi sismici che dal 24 agosto 2016 hanno colpito il Centro Italia, sia in termini di vastità territoriale che di abitanti coinvolti;

  si rende necessario un intervento del Cipe in merito alle due possibili alternative che consistono, da un lato, nella variante al progetto originario, dal costo di oltre 100 milioni di euro e, dall'altro, nel nuovo tracciato più funzionale, condiviso dal territorio e coerente alle programmazioni degli enti territoriali e della regione Marche, dal costo minore pari a circa 80 milioni di euro –:

  se il Ministro interrogato intenda tener conto del protocollo d'intesa di cui in premessa ed assumere iniziative urgenti ai fini del finanziamento dell'intervalliva Tolentino-San Severino Marche, anche in relazione alla ricostruzione post sisma.
(5-12370)


   KRONBICHLER, ZARATTI e FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati nella seduta del 16 ottobre 2013 ha approvato a larghissima maggioranza due emendamenti al testo base della proposta di legge C. 1013, recante disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche; il testo approvato è stato quindi inviato alle altre commissioni permanenti per l'espressione del prescritto parere sulle parti di competenza;

   nel corso della seduta della commissione bilancio, tesoro e programmazione, del 25 marzo 2014 su sollecitazione del rappresentante del Governo, la Commissione ha richiesto la predisposizione di una relazione tecnica ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della legge n. 196 del 2009;

   alla data del 2 marzo 2017, dunque a tre anni di distanza dalla richiesta effettuata dalla commissione bilancio della Camera, la relazione tecnica sul provvedimento non risultava ancora predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come dichiarato dal rappresentante del Governo nella medesima seduta della commissione bilancio, che ha inoltre specificato che il Ministero dell'economia e delle finanze avesse più volte sollecitato l'invio della relazione tecnica;

   la relazione tecnica materialmente è stata oggi depositata presso la commissione bilancio della Camera soltanto il 7 giugno 2017, consentendo alla stessa Commissione di esprimere il prescritto parere sul provvedimento in esame e consentendo in tal modo alla commissione ambiente di concluderne definitivamente l'esame, in sede referente;

   è di tutta evidenza che il ritardo con cui è stata redatta la relazione tecnica, che il comma 5 dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009 prescrive sia trasmessa nel termine massimo di trenta giorni, abbia arrecato un grave pregiudizio all’iter della proposta di legge C. 1013, mettendone a forte rischio la possibilità che questa sia approvata definitivamente da entrambe le Camere;

   risultano altresì difficilmente comprensibili le motivazioni che hanno portato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad impiegare tre anni per produrre una relazione tecnica di una cartella che nel merito si è limitata ed effettuare una mera parafrasi del testo normativo oggetto della relazione, testo la cui formulazione, tra l'altro, rendeva esplicita l'assenza di nuovi oneri per la finanza pubblica –:

   quali siano le motivazioni in base alle quali il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha impiegato ben tre anni per produrre la relazione tecnica richiesta sulla proposta di legge C. 1013.
(5-12371)


   GINOBLE e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   come previsto dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461, il Ministro interrogato ha avviato le procedure per la ridefinizione di una nuova rete stradale di interesse nazionale finalizzata a eliminare nel tempo le disuguaglianze territoriali e garantire, a tutto il territorio nazionale, l'accessibilità alla rete autostradale e alle reti europee;

   il 3 agosto 2017 la Conferenza unificata ha sancito l'intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Toscana e Umbria;

   il citato schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri diramato a seguito di quanto concordato durante la riunione tecnica tenutasi il 1° agosto 2017, suddivide per regione le strade provinciali per le quali si prevede il trasferimento di gestione all'Anas, per complessivi 3.523 chilometri;

   l'intesa, per quanto riguarda l'Abruzzo, comporta il trasferimento di circa 453 chilometri di strade provinciali alla competenza statale, che saranno pertanto gestite dall'Anas Spa (186,917 chilometri L'Aquila, 169,964 chilometri Chieti e 96 chilometri Pescara), mentre è totalmente esclusa la rete delle strade gestite dalla provincia di Teramo;

   è utile ricordare che la provincia di Teramo ha la competenza sul maggior numero di strade di interesse provinciale nella regione Abruzzo, per un totale di 1630 chilometri, una parte delle quali attraversano territori colpiti sia dal maltempo sia dal terremoto, in maniera più rilevante rispetto alle altre province abruzzesi, con strade chiuse o interrotte per alcuni tratti a causa di frane e crepe;

   per le condizioni in cui l'intero territorio del Teramano versa, a causa dei numerosi eventi sismici, delle eccezionali nevicate e delle frequenti alluvioni, è indispensabile includere nella citata riclassificazione anche alcune strade ex statali della provincia di Teramo;

   la provincia di Teramo a causa delle calamità sopra descritte versa in gravi difficoltà economiche e, nel contempo, necessita di collegamenti stradali efficienti che rendano possibile e incentivino il turismo e la ripresa degli insediamenti produttivi –:

   se sia pervenuta una richiesta di integrazione ai competenti uffici, da parte della regione Abruzzo e della provincia di Teramo, e come sia stato possibile predisporre un piano di riclassificazione di alcune delle arterie ex statali, escludendo totalmente le strade presenti nel territorio Teramano pesantemente colpito dagli ultimi eventi sismici e meteorologici di cui tutto il Paese è a conoscenza.
(5-12372)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Onu ha dichiarato il diritto all'acqua un diritto universale e fondamentale e raccomanda agli Stati di attuare iniziative per garantire acqua potabile di qualità, accessibile, economica;

   la regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza;

   la regione Lombardia lamenta la quantità di acqua invasata nei grandi laghi;

   il 17 agosto 2017 è stata pubblicata la dichiarazione dello stato di emergenza idrica per le regioni Lazio ed Umbria:

    da 15 anni l'Italia è soggetta a 3 procedure di infrazione; la situazione sembra peggiorare come dimostrano gli ultimi dati di Legambiente: l'insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti rappresentano il 32 per cento delle infrazioni contestate;

   il 22 marzo 2017 l'Istat ha presentato uno studio dal quale si evince che, nel 2015, è andata dispersa una media del 38 per cento delle acque immesse in rete, a fronte del 35 per cento del 2012, il che mostra una situazione di enorme degrado degli acquedotti e delle reti in tutto il Paese;

   il decreto ministeriale dell'8 gennaio 1997, n. 99, dice che «le procedure di valutazione delle perdite sono finalizzate alla formulazione di bilanci idrici nelle reti e negli impianti e che il gestore procederà ad una appropriata e specifica campagna di ricerca delle perdite per provvedere alle necessarie riparazioni. Esso inoltre stabilisce che il gestore trasmette annualmente all'osservatorio servizi idrici, appositi rapporti indicanti i dati sui volumi d'acqua degli impianti di acquedotto e di fognatura nonché il valore dei parametri di valutazione delle perdite»;

   l'articolo 146 del decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta un regolamento per la definizione di criteri e metodi per validare perdite degli acquedotti e delle fognature. Ogni anno, i soggetti gestori trasmettono all'Autorità di vigilanza ed all'ente di governo dell'ambito i risultati delle rilevazioni eseguite. L'articolo 170 del suddetto decreto legislativo dispone che «fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99»;

   il cosiddetto «collegato ambientale» 2016 prevedeva la creazione di un fondo per opere idriche di potenziamento, depurazioni e fognature; eppure risulta che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo non sia ancora stato adottato –:

   quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere ai fini dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che consentirebbe di utilizzare il fondo di garanzia per le opere idriche, quali siano le ragioni di tale ritardo e quali iniziative intenda porre in essere in occasione della presentazione del prossimo disegno di legge di bilancio, al fine di sostenere gli investimenti necessari a ristrutturare e ammodernare le reti di captazione e distribuzione e adeguare gli impianti di depurazione.
(5-12373)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, GRIBAUDO, LODOLINI, FREGOLENT, GASPARINI e IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la Alstom ferroviaria spa, con circa 2.700 persone occupate in Italia e un fatturato di 1 miliardo di euro, è una delle principali realtà industriali italiane nel settore ferroviario. Con il segmento Alstom Service Italia distribuito su 21 cantieri/depositi di Ferrovie dello Stato ha un ruolo primario nel service e come costruttore treni con il sito Alstom Ferroviaria di Savigliano e di Sesto San Giovanni. A novembre 2015, le attività di Alstom nel settore dell'energia, a livello mondiale, sono state cedute a General Electric;

   il sito di Savigliano è un complesso di eccellenza: è stato un caso di anomalia positiva nelle crisi economica. A causa della conclusione di alcune commesse, già nel 2016, si è ricorsi alla cassa integrazione ordinaria per un centinaio di impiegati e si sono attivati ammortizzatori sociali. La riduzione di lavoro potrebbe causare il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato (340 lavoratori all'inizio nell'estate 2016, scesi a 200 in autunno);

   le prospettive del settore, di Savigliano come di tutti gli altri stabilimenti italiani (Bologna, 580 dipendenti, 1.000 con l'indotto, e Sesto San Giovanni, 400 addetti) e delle aziende produttive sul territorio, sono legate a Trenitalia, soggetto regolatore, in quanto promotore delle gare, e soggetto coinvolto nella gestione del servizio di trasporto pubblico locale, in particolare nel merito del bando pubblicato il 31 luglio 2015 per 500 nuovi treni del trasporto regionale. Le gare di fornitura dei treni generano effetti dopo alcuni anni dall'avvio, quindi le iniziative di questa stagione produrranno effetti dal 2019, mentre si parla di circa 1.500 esuberi su 2.600 lavoratori in forza a livello nazionale, in caso di non aggiudicazione del bando;

   già a maggio 2016 è stata presentata un'interrogazione per chiedere azioni che salvaguardassero il futuro dell'Alstom ferroviaria spa e garantissero tempi certi per l'indizione delle gare d'appalto per nuovi treni. Così, a fine settembre 2016, in una nuova interrogazione, si chiedevano chiarimenti sulle azioni volte a salvaguardare i posti di lavoro;

   si aggiunga che a febbraio 2017 Alstom, il Ministero dello sviluppo economico e le regioni Piemonte e Lombardia hanno siglato un protocollo d'intesa per svolgere attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nei siti di Alstom di Savigliano e Sesto San Giovanni;

   è di questi giorni la notizia della fusione Alstom-Siemens. L'accordo porterà alla nascita di un colosso ferroviario da 16 miliardi di euro. I dipendenti attendono risposte dal tavolo convocato per il 27 settembre 2017, a Milano, tra sindacati e rappresentanti della multinazionale francese. Sono due i punti all'ordine del giorno: il rinnovo del premio di produzione e garanzie occupazionali dopo l'annunciata sinergia tra i gruppi Alstom e Siemens. Il 28 settembre 2017 è stata convocata un'assemblea nella fabbrica saviglianese con i segretari nazionali di Uilm, Fiom e Fim, dal momento che, in base alle attuali informazioni, sembra che la nascente società dovrebbe mantenere il quartier generale di Alstom, con il suo amministratore, ma pare che al momento ci siano garanzie occupazionali per i prossimi quattro anni soltanto per i lavoratori francesi e tedeschi, senza specifiche clausole per i dipendenti italiani, fatto che genera profonda preoccupazione in 2.700 operai e progettisti italiani, di cui 1.100 nel sito saviglianese (di questi, 800 dipendenti) –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare il futuro di una realtà produttiva di alta specializzazione, come l'Alstom ferroviaria spa, nello specifico, del sito di Savigliano, e individuare soluzioni che si muovano nella direzione di un mantenimento delle eccellenze lavorative italiane, soprattutto per salvaguardare i posti di lavoro a rischio.
(5-12359)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da rilievi fotografici, pervenuti all'interrogante, si apprende che il 25 settembre 2017 nel territorio di Galatone (Lecce) il passaggio a livello sia rimasto aperto durante il transito di un treno;

   non è la prima volta che i passaggi a livello ferroviari su cui transitano i treni di Fse riscontrano tali problematiche. Numerose sono le segnalazioni pervenute e che emergono dalla stampa e sui siti di informazione web pugliesi dove si possono riscontrare decine e decine di notizie analoghe nel corso degli anni che riguardano principalmente le tratte ferroviarie gestite da Ferrovie Sud Est di proprietà del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Su fatti similari l'interrogante ha già presentato l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08396, il 13 aprile 2016, seduta n. 607, rimasta tuttora senza risposta alcuna;

   ad avviso dell'interrogante risulta evidente che le eventuali procedure di sicurezza, incluse quelle disposte dal regolamento della circolazione ferroviaria, che dovrebbero attivarsi al momento del malfunzionamento dei passaggi a livello, se o quando funzionano, non sono sufficienti a garantire la tranquillità dei cittadini e l'incolumità degli automobilisti;

   da detti episodi possono derivare scontri e lesioni anche gravi a cose e persone per cui, secondo l'interrogante, sarebbe comunque necessario avviare un'indagine ministeriale per rilevare episodi di questo genere trattandosi di malfunzionamenti che possono ripetersi –:

   se il Ministro sia informato sui fatti di cui in premessa e, considerato che l'inconveniente avrebbe potuto determinare un incidente grave nonché al fine di un generale miglioramento della sicurezza, se intenda portare avanti, tramite i competenti uffici, una verifica sull'episodio;

   quali iniziative il Ministro, per quanto competenza, intenda adottare al fine di risolvere tali criticità e se si intenda, anche per il tramite dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, predisporre interventi specifici, nell'ambito di un più ampio programma per l'innalzamento del livello di sicurezza dei passaggi a livello gestiti da Rete ferroviaria italiana;

   se esista un registro che contenga informazioni inerenti a data, ora e località in cui si sono verificati analoghi disservizi dovuti al malfunzionamento dei passaggi a livello sulle tratte gestite da Fse e, in caso affermativo, se intenda diffondere, con pubblicazione online sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle Fse, il contenuto dello stesso;

   quanti siano i passaggi a livello che interessano le tratte ferroviarie gestite da Fse e per quanti di questi sia prevista la sostituzione con cavalcavia o sottopassi al fine di diminuire il rischio di incidenti e i disagi per la cittadinanza e se esista un progetto o uno studio di fattibilità già redatto che ne evidenzi i costi e gli interventi;

   a quanto ammontino complessivamente i fondi statali per l'eliminazione dei passaggi a livello e se, in considerazione dell'aumento dell'incidentalità ad essi connessa, sia stato previsto di assumere iniziative per un conseguente incremento di tali fondi.
(5-12360)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 20 agosto 2017 Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (PT), postò sul proprio profilo Facebook le foto di alcuni ragazzi migranti in piscina;

   a seguito di questo episodio si è verificata una escalation di intolleranza nei confronti di Don Massimo Biancalani che è sfociata in intimidazioni ricevute dai militanti di Forza Nuova ed è proseguita con minacce sul web. Da qualche settimana, la situazione si è ulteriormente aggravata e al parroco di Vicofaro sono state recapitate vere e proprie lettere minatorie provenienti da diverse città italiane;

   una di queste lettere è stata pubblicata da Don Massimo Biancalani sul proprio profilo Facebook. La lettera, che arriva da Roma ed è indirizzata al parroco e ai ragazzi richiedenti asilo ospitati in parrocchia, recita quanto segue: «Caro pretaccio [...] noi non li vogliamo gli islamiti, che se ne stiano a casa loro, non vogliamo integrazione, non vogliamo il multiculturalismo, se a te piace vattene. Voi dovete lavorare per noi cattolici e non per questi barbari stranieri. O state dalla nostra parte o altrimenti vi stermineremo tutti». La lettera termina con una svastica sopra al tricolore italiano –:

   quali iniziative intenda adottare, alla luce delle lettere minatorie di cui in premessa, per garantire l'incolumità del parroco di Vicofaro, al quale è necessario esprimere solidarietà e vicinanza.
(5-12369)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 9 al 24 settembre 2017 si è svolta ad Imola la «Festa nazionale dell'unità», con una grande mobilitazione delle forze dell'ordine per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico. L'area della kermesse è stata delimitata e sorvegliata 24 ore su 24;

   per l'ennesima volta sono venuti alla luce i problemi di organico del Commissariato di polizia di Imola. La mole di lavoro che gli agenti hanno dovuto sostenere per garantire che non ci fossero disordini durante i giorni dell'evento ha richiesto sforzi eccessivi per l'organico, in sottonumero oramai da tempo;

   il Sap (Sindacato autonomo di Polizia) ha, da tempi non sospetti, acceso i riflettori su questo problema atavico del Commissariato di Polizia di Imola. Tra l'altro, alla manifestazione hanno partecipato alte cariche dello Stato che hanno potuto, quindi, vedere con i loro occhi lo sforzo immane chiesto all'attuale organico in servizio per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza nei giorni in cui si sono svolte le attività della Festa, senza tralasciare le normali attività quotidiane del commissariato (denunce, passaporti, licenze di caccia, cessioni di fabbricato, permessi di soggiorno, azioni di pronto intervento e via discorrendo);

   per far fronte alla gestione della Festa, altre questure hanno inviato in loco rinforzi (circa 30 unità) per coadiuvare gli agenti regolarmente in servizio ad Imola; la differenza con la normale gestione della sicurezza nella città romagnola è stata evidente, anche a giudizio dei cittadini, che, interpellati, hanno confermato che la carenza di poliziotti per le strade imolesi è all'ordine del giorno;

   come più volte ribadito, anche dall'interrogante, è indispensabile distribuire gli operatori di polizia sul territorio imolese perché è incomprensibile che una città di circa 70.000 abitanti abbia in dotazione ufficialmente solo 61 agenti in commissariato e 15 al distaccamento di polizia stradale;

   solo in occasione della Festa dell'Unità si è assistito ad un presidio efficiente del territorio, ma solo grazie ai poliziotti inviati in missione da diverse questure italiane;

   la situazione risulta ancor più paradossale se si analizza il meccanismo con cui gli agenti vengono assegnati ai territori. Attualmente, le province hanno a disposizione un numero elevato di agenti, al di là dei residenti effettivi, rispetto alle semplici città. Questo paradosso fa sì che province come Isernia o Matera rispettivamente di 22 mila e 60 mila abitanti, abbiano in dotazione, di diritto, tra i 200 ed i 250 poliziotti, circa il triplo di quelli riservati ad Imola con i suoi 70.000 abitanti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per rivedere il meccanismo di assegnazione degli agenti, in base alle effettive esigenze dei territori e, soprattutto, in base al numero dei residenti, prescindendo dalle entità dell'ente locale interessato.
(4-18009)


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportano gli organi di stampa locali, si registrerebbe una crescente frequenza del fenomeno degli sbarchi diretti e non controllati sulle coste della Sardegna sud occidentale da parte di persone o gruppi di persone provenienti dal nord Africa;

   gli ultimi sbarchi, in ordine di tempo, si sarebbero registrati tra il 25 e il 26 settembre 2017 e avrebbero portato sulle coste del Sulcis, nell'area costiera ricompresa tra i comuni di Sant'Antioco, Sant'Anna Arresi e Domus De Maria, 180 cittadini nordafricani, nel corso di dieci differenti sbarchi;

   è il caso di riferire che il fenomeno, come detto in precedenza, è in costante crescita e sta assumendo ormai da tempo dimensioni proprie di una grave e pericolosa emergenza sotto il profilo sia della sicurezza delle comunità interessate sia della salute pubblica;

   il fenomeno è aumentato a tal punto che, a più di tre mesi dalla fine del 2017, sono già sbarcati sulle coste sarde 1.088 immigrati clandestini, un numero analogo a quello registrato nell'arco di tutto il 2016, nel corso del quale sono sbarcati 1.106 nordafricani;

   i numeri e la frequenza del fenomeno destano preoccupazione per una molteplicità di motivi, a cominciare da quelli connessi alla sicurezza nazionale e alla necessità di adottare misure di contrasto al pericolo suscitato dall'ondata di terrorismo che ha colpito l'Europa, in relazione al quale l'Italia, è bene ricordarlo, attraverso le sue coste, si è rivelata una porta facilmente accessibile a soggetti che potrebbero rafforzare le file del terrorismo di matrice jihadista;

   a questi rischi si potrebbero aggiungere quelli legati alla salute pubblica e alla sicurezza stessa delle comunità locali;

   è il caso anche di rilevare che le dimensioni del fenomeno non sarebbero diminuite nonostante i diversi accordi assunti in sede europea dal Governo, in merito alle azioni di contrasto poste in essere direttamente nei Paesi di partenza, attraverso intese con i Governi e autorità locali;

   il fenomeno degli sbarchi non controllati si esplicherebbe in un contesto di grave sottodimensionamento delle forze dell'ordine sia quelle specificatamente preposte alle attività di controllo degli scali doganali sia quelle che più in generale vigilano sulla sicurezza delle comunità della Sardegna;

   ci sarebbe da sottolineare, tra l'altro, che gli sbarchi non programmati rientrerebbero nel più generale contesto del fenomeno dell'immigrazione che ha assunto ormai da tempo elevati livelli di rischio;

   è il caso di segnalare che quotidianamente gli organi di stampa locali riportano notizie relative a reati tentati o compiuti da cittadini non comunitari irregolari, la maggioranza dei quali provenienti dal nord Africa;

   l'interrogante ha già presentato al Ministro interrogato analoghi atti di sindacato ispettivo (nn. 4-07029, 5-09699, 4-15572, 3-02900) sulla questione dell'insufficienza degli organici di polizia e sui flussi migratori, atti rimasti tuttora senza risposta –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire un'adeguata vigilanza delle coste e dei punti di frontiera della Sardegna, al fine di contrastare il fenomeno degli sbarchi non controllati;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a incrementare gli organici delle forze dell'ordine, con particolare riguardo alle unità della polizia di frontiera operante in Sardegna.
(4-18019)


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e locale (ad esempio «il Corriere della Sera», inserto «Milano Cronaca» del 2 ottobre 2017), negli scorsi mesi sono stati numerosi gli incendi di depositi di rifiuti nel Milanese e anche a Mortara, nel Pavese,

   in data 1° ottobre 2017, è stato interessato dalle fiamme un deposito di rifiuti industriali e speciali (legna, plastica, rifiuti ingombranti, materassi, lattice) in via Palazzi 10 a Cinisello Balsamo; tale deposito fa capo al gruppo Carluccio s.r.l., cui fa capo anche il deposito andato a fuoco il 24 luglio 2017 a Bruzzano;

   in entrambe le occasioni in cui sono stati interessati i depositi del gruppo Carluccio s.r.l., si è assistito a un'emissione anomala di sostanze inquinanti: secondo quanto riportato dal «Corriere della Sera» del 28 luglio, nel momento di massima esplosione dell'incendio, i livelli di diossine misurati da Arpa Lombardia nell'aria di Bruzzano sono arrivati a livelli 270 volte superiori alla norma;

   in entrambi i casi, le prime indagini effettuate dagli organi competenti, pur non avendo riscontrato la presenza di sostanze tossiche nei depositi interessati, avrebbero evidenziato uno stoccaggio anomalo dei rifiuti per quantità e qualità; inoltre, nel caso di Cinisello Balsamo, sarebbe stata rilevata la presenza di numerosi ostacoli posti ad ingombrare le vie di passaggio, che hanno impedito un rapido accesso dei mezzi dei pompieri all'area interessata dalle fiamme –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra menzionati;

   se i depositi interessati dagli incendi fossero in regola con le normative di sicurezza e ambientali;

   se non si ritenga opportuno intraprendere specifiche iniziative, per quanto di competenza, al fine di pervenire alla verifica e alla eventuale messa eventualmente in sicurezza di analoghi impianti presenti nell'area riconducibili allo stesso proprietario.
(4-18026)


   COLLETTI, VILLAROSA, PESCO, ALBERTI e BUSINAROLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalla lettura di un articolo del quotidiano «La Verità» del mese di settembre 2017, gli interroganti sono venuti a conoscenza della notizia per cui negli ultimi mesi, alcuni cittadini (precisamente i risparmiatori truffati nell'ambito della nota vicenda degli ultimi crac bancari italiani), vengono bloccati o allontanati dalle forze dell'ordine, senza alcuna giustificazione, impedendo loro, di fatto, di partecipare ad eventi e/o comizi presenziati dal segretario del PD, Matteo Renzi;

   in particolare, nel mese di settembre 2017, ad Arezzo alcune decine di contestatori si sono dati appuntamento davanti all'ingresso della Testa dell'Unità, per rivolgere qualche domanda all'ex Presidente del Consiglio. Molti sono stati bloccati e costretti a rimanere fuori a protestare, fra questi anche la presidente dell'associazione Vittime del Salvabanche, la giornalista Letizia Giorgianni, e i suoi associati. Coloro i quali, invece, hanno superato i controlli sono stati quasi subito riconosciuti e allontanati, anche con l'uso della forza;

   addirittura, da quanto si legge nel medesimo articolo, la Giorgianni avrebbe riferito così: «Quando c'è un evento nei dintorni di dove abitiamo ci chiamano dalle Digos per chiederci se abbiamo intenzione di partecipare e magari per scoraggiarci». A ciò si aggiunge che nelle scorse settimane la signora Giorgianni avrebbe pubblicato un post su Facebook in cui avrebbe annunciato l'intenzione di partecipare pacificamente ad una manifestazione in un paese della provincia di Arezzo, ove ad aspettarli vi sarebbero state cinque camionette della polizia;

   le manifestazioni e i cortei di protesta rappresentano una delle modalità di esercizio dei fondamentali diritti costituzionali quali il diritto di riunione e il diritto di manifestazione del pensiero di cui agli articoli 17 e 21 della Costituzione. Pertanto, esse costituiscono un importante strumento di democrazia, attraverso il quale i cittadini possono esprimere il proprio dissenso contro determinati aspetti della società, e talune scelte degli organi politici;

   secondo le disposizioni del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza qualsivoglia limitazione alle espressioni di protesta posta dalle forze dell'ordine deve rinvenirsi solamente nella necessità di evitare un turbamento dell'ordine pubblico, da intendersi come ordine pubblico materiale, ossia come una condizione di pace e sicurezza caratterizzata dall'assenza di violenza fisica;

   laddove queste manifestazioni di protesta si svolgano, invece, pacificamente e senza armi, gli interventi delle forze di polizia dovrebbero essere finalizzati a mantenere l'ordine pubblico, e a garantire il corretto svolgimento di tutte le iniziative di carattere politico, e non volti a reprimere, spesso anche con l'uso illegittimo della forza, il semplice dissenso manifestato da alcuni cittadini –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e, in particolare, se intenda chiarire se sia stata emessa una qualche direttiva del Ministero o del dipartimento di pubblica sicurezza volta a impedire ad alcuni cittadini di partecipare a degli eventi presenziati dal segretario del Partito democratico;

   quali iniziative di propria competenza intenda assumere in ordine ai presunti illegittimi comportamenti eventualmente tenuti dalle forze di polizia, in tali occasioni.
(4-18029)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19 e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento», si sono aggiunte 11 nuove classi di concorso, tra cui anche la classe A65 «teoria e tecnica della comunicazione»;

   tuttavia, così come è stato approvato, il regolamento alla tabella A presenta, a parere dell'interrogante, delle incongruenze che pregiudicano il percorso professionale dei titolari della classe di concorso A65;

   infatti, i titolari della classe di concorso A65 possono insegnare esclusivamente la materia «teoria della comunicazione» presso gli istituti tecnici, settore tecnologico, indirizzo grafica e comunicazione (secondo biennio), ma non possono insegnare «tecnica della comunicazione» negli istituti professionali settore servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, articolazione «accoglienza turistica» (secondo anno del secondo biennio e quinto anno) e negli istituti professionali settore servizi commerciali (secondo biennio e quinto anno);

   di fatto, i posti in organico attivati dai dirigenti scolastici nelle diverse province per la classe di concorso A65 risultano essere pochissimi e sono in larga parte affidati a docenti titolari della classe di concorso A18, anche in conseguenza di quanto contenuto nella tabella A «note», lettera a) che recita: «Ha titolo di accesso in opzione il titolare della classe di concorso A18; l'opzione è esercitata con precedenza da coloro che abbiano prestato servizio in utilizzazione nel periodo dal 1° settembre 2010 alla data del presente provvedimento per almeno un intero anno scolastico» –:

   se non ritenga di dover assumere iniziative per apportare delle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 tabella A, relativamente alla classe di concorso A65 e all'accesso in opzione, al fine di superare le disparità di trattamento determinate dalla attuale normativa e di garantire la dignità professionale dei titolari della classe di concorso A65 e, nelle more, se non ritenga opportuno emanare una nota ministeriale che indichi ai dirigenti scolastici l'interpretazione corretta ed univoca dell'opzione di cui alla tabella A del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016.
(5-12354)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 508 del 1999 ha istituto il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (Afam), che si inserisce nel quadro della formazione artistica terziaria, di cui fanno parte gli istituti superiori di studi musicali e coreutici, i conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli istituti musicali pareggiati nonché le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA);

   con i successivi decreti ministeriali di attuazione della riforma e con contratto nazionale del comparto sono state accorpate le figure dei docenti e degli accompagnatori di pianoforte in un'unica area di docenza articolata in due fasce ma con identica funzione;

   a fronte di più di 100 settori disciplinari di prima fascia solo per i docenti di accompagnamento pianistico – circa 600 docenti in tutta Italia – è prevista la seconda fascia e non è neanche contemplata l'esistenza della prima;

   con i decreti ministeriali n. 90 del 2009 e n. 124 del 2009 è stata conferita agli ex-accompagnatori al pianoforte la titolarità del settore artistico-disciplinare CODI/25 – accompagnamento pianistico e relative discipline d'insegnamento – nell'ambito del quale gli interessati sono chiamati a svolgere funzioni didattiche, di produzione e di ricerca come i loro colleghi di prima fascia;

   le materie di insegnamento affidate a questi docenti sono materie obbligatorie formative caratterizzanti dei corsi accademici di primo e secondo livello di pianoforte, maestro collaboratore e canto;

   a parità di mansioni, funzioni e modalità di accesso nonché di valutazione, la discriminazione economico-giuridica conseguente alla non sussistenza di una prima fascia di docenza del corrispondente insegnamento costituisce una discrasia e una diseguaglianza non giustificabile;

   risulta all'interrogante che ancora oggi i docenti di accompagnamento pianistico si confrontano con una applicazione disomogenea della normativa che li riguarda, per cui risulta affidata alle decisioni del singolo direttore la condizione in cui possono operare compresa la possibilità o meno di insegnare;

   la categoria denuncia una disparità di trattamento anche per quanto riguarda l'esercizio dell'elettorato passivo per la carica di direttore, nonostante vi siano già direttori che sono docenti di accompagnamento pianistico;

   il riconoscimento della prima fascia non comporterebbe un passaggio di funzioni o un cambiamento di responsabilità per questi docenti quanto piuttosto un diverso riconoscimento professionale e un diverso trattamento economico;

   sono in corso le trattative tra Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sindacati per il rinnovo del contratto della categoria –:

   se il Ministro non ritenga di dover adottare concrete iniziative per porre fine ad una ingiustificata anomalia e conseguente discriminazione, nei confronti dei docenti di accompagnamento pianistico, prevedendo il loro inquadramento in prima fascia, sulle medesime cattedre da essi occupate, al pari dei loro colleghi delle altre discipline.
(4-18010)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è notizia diffusa in questi giorni da tutti i mezzi di informazione l'avviso di chiusura delle indagini nell'ambito di un'inchiesta che coinvolge il rettore dell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, nonché presidente vicario della Conferenza dei rettori italiani, Lucio D'Alessandro, e tre docenti universitari;

   la vicenda prende le mosse dai ricorsi al Tar presentati da una candidata ad un concorso per un posto di ricercatore in storia dell'architettura e storia dei giardini presso la facoltà di lettere dell'Ateneo partenopeo vinto nel 2004 da Francesco Zecchino, figlio dell'ex Ministro dell'università Ortensio Zecchino, tra l'altro docente del Suor Orsola;

   come riporta la Repubblica di Napoli on line, in un articolo pubblicato il 27 settembre 2017 a firma di Dario Del Porto ed intitolato «Suor Orsola, indagati il rettore e 3 docenti: “Aiutarono Zecchino jr”», con la «regia» del rettore, secondo l'accusa, sarebbe stato nominato come commissario un docente ritenuto molto vicino proprio a Zecchino, per aver fondato assieme all'ex Ministro un istituto di studi con sede ad Ariano Irpino (il Centro europeo di Studi Normanni). Nei confronti del rettore D'Alessandro, la pm Graziella Arlomede ipotizza il reato di concorso in abuso d'ufficio. Ai componenti della commissione, Anna Giannetti, Giovanni Coppola e Alessandro Viscogliosi, viene contestato anche il concorso in falso. Né Zecchino né il padre sono indagati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative – per quanto di competenza – intenda valutare di porre in essere al fine di salvaguardare il buon nome dell'università italiana al centro, di queste settimane, di alcune inchieste giudiziarie.
(4-18021)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Present Systems srl, società del gruppo Present spa, con sede in Perugia opera da anni nel mercato dell’informationtechnology, erogando servizi principalmente per Ibm con una forza lavoro altamente specializzata anche per i servizi di informationtechnology bancari;

   nel mese di settembre 2017 la società ha aperto la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223 del 1991 dichiarando un esubero di 60 dipendenti tra gli addetti nelle quattro sedi di Milano, Bologna, Perugia e Napoli: di questi, ben 33 sono dipendenti della sede di Perugia;

   secondo la First Cisl Umbria, «In realtà le ragioni sono da ricercare molto sia nella cattiva gestione del Top Management della capogruppo Present S.p.A. che nella mancanza di investimenti mirati, visto che non è stata svolta alcuna azione per acquisire nuovi clienti, nuove prospettive di lavoro, cambiamento di asset, in pratica si è solo atteso il previsto calo di fatturato IBM in assoluta inerzia malgrado ripetute sollecitazioni» (comunicato stampa del 29 agosto 2017 di Francesco Marini segretario regionale First Cisl Umbria);

   la Present Systems rappresenta l'espressione di un comparto – le imprese che investono in innovazione in Umbria — e una realtà del settore della informationtechnology molto importante che opera in ambiti strategici;

   i licenziamenti annunciati dalla società, inoltre, andrebbero a colpire un territorio quale quello umbro e di Perugia che appare già duramente colpito dalla crisi occupazionale in atto con immaginabili ricadute sociali ed economiche –:

   se il Governo intenda convocare un tavolo di confronto tra le parti, allargato alla partecipazione della regione Umbria e delle istituzioni locali, al fine, di individuare soluzioni che possano evitare i licenziamenti prospettati dalla società promuovendo l'elaborazione di un progetto industriale che preveda il rilancio dell'attività produttiva e la salvaguardia occupazionale dei lavoratori coinvolti attraverso nuovi investimenti e la valorizzazione delle professionalità interne all'azienda.
(5-12352)


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Colussi è una realtà imprenditoriale italiana che opera nel settore alimentare;

   l'azienda, con sede in Petrignano di Assisi (Pg), è anche una realtà regionale importante e, per dimensioni occupazionali e produttive, è una delle principali aziende del settore tanto da acquisire dagli anni Novanta in poi anche altri marchi, e relative produzioni, come Misura, Agnesi, Flora, Sapori 1832;

   nello stabilimento di Petrignano lavorano attualmente circa 540 persone; di questi circa 280 lavoratori sono impiegati con contratti solidarietà con scadenza al 20 gennaio 2018;

   secondo quanto si apprende dalla stampa online, «Preoccupa la crisi della Colussi, sindacati mercoledì a Petrignano: centro unità sarebbero a rischio. Perugia: mercoledì i sindacati di categoria insieme alla Rsu si ritrovano a Petrignano per fare il punto sui cento esuberi annunciati da Colussi. I volumi si sarebbero ridotti a causa della scelta dell'azienda di non produrre più per altri e puntare tutto sui propri marchi. Scelta che provocherebbe eccessi di personale, di circa cento unità» (così www.assisioggi.it del 25 settembre 2017);

   l'idea del gruppo è di investire soltanto sui marchi Colussi e Misura, vale a dire i prodotti di maggiore qualità, frenando sui volumi sfornati «per conto terzi» che offrono una redditività molto più bassa, tuttavia l'operazione porterebbe ad un taglio di manodopera per un totale di 95 unità;

   i più toccati da questa situazione sono i lavoratori che temono una riduzione dei livelli occupazionali nello stabilimento di Petrignano e un progressivo «depauperamento» della produzione –:

   se i Ministri interrogati intendano convocare con urgenza un tavolo istituzionale con la società Colussi, i rappresentanti dei lavoratori e le istituzioni regionali, al fine di favorire ogni utile soluzione che possa permettere ai dipendenti interessati di ottenere garanzie sul versante del mantenimento dei livelli occupazionali e affinché la proprietà chiarisca le conseguenze del piano industriale aziendale che coinvolge i lavoratori dello stabilimento di Petrignano di Assisi.
(5-12357)


   BUSINAROLO, BARONI, DAGA, DI BATTISTA, GRANDE, LOMBARDI, RUOCCO e VIGNAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa recenti (vedasi Corriere della sera del 5 agosto 2017) riportano un grave episodio di cui è protagonista l'avvocato Maria Capozza, licenziata dopo che, dal 2010, dopo aver vinto regolare concorso, ricopriva il ruolo di segretario generale di un'Ipab (istituzioni di assistenza e beneficenza), svolgendo in maniera esemplare il proprio lavoro per cui si è più volte opposta ad un uso «disinvolto» dei patrimoni da parte dei responsabili delle Ipab, vere e proprie «miniere d'oro» che controllano i lasciti di benefattori, ville, edifici storici e opere d'arte;

   l'avvocato Capozza è intervenuta più volte in casi di affitti di case Ipab a prezzi irrisori, di fondi a cooperative che avrebbero dovuto assistere i malati rivelatisi inesistenti, fino a denunciare irregolarità riguardanti l'esproprio di un giardino di proprietà dell'Ipab, di 2300 metri quadrati, davanti al Colosseo, per la realizzazione della metro C, per la cifra di un milione di euro una tantum e 700 mila euro all'anno per sette anni, mentre lo scavo riguardava 300 metri totali, per cui vennero rivisti i conteggi e la quota calò a 252 mila euro una tantum e 200 mila annui;

   nel corso degli ultimi anni l'avvocato Capozza, a cui inizialmente arrivò una mail da parte di un dirigente della regione Lazio con le procedure per le «dimissioni volontarie», fu sostituita da un nuovo segretario generale esterno scelto dal Consiglio di amministrazione, Sergio Basile, ex dirigente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Da allora la stessa è stata oggetto di email contenenti diverse illazioni, tra cui l'accusa di distribuire appalti agli amici, ed accertamenti sul presunto svolgimento di un secondo lavoro, che hanno condotto la stessa ad un grave stato di prostrazione;

   la stessa, sottoposta a ben 38 denunce da parte del nuovo segretario Basile, è stata visitata anche da tre psichiatri che l'hanno ritenuta sana, fino a che, per allontanarla definitivamente, è stato dichiarato nullo il bando di concorso da lei vinto, per cui, ad oggi, l'avvocato Capozza, che ha presentato una denuncia per mobbing in cui lamenta di aver subito un danno biologico e di immagine, risulta coinvolta in un procedimento penale, insieme al Basile e al Consiglio di amministrazione;

   a giudizio degli interroganti il caso sopra descritto rientra in un tipico esempio di caso di whistleblowing, per cui un soggetto che denuncia comportamenti irregolari riscontrati sul posto di lavoro, a causa della denuncia è sottoposto a continue vessazioni e minacce, fino ad arrivare al licenziamento –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda intraprendere al fine di tutelare i cosiddetti «whistleblower», ovvero chi sceglie coraggiosamente di denunciare fatti e comportamenti anomali individuati in ambito lavorativo e garantire così un valido strumento giuridico come il whistleblowing, efficace nel contrasto ad ogni forma di corruzione.
(5-12367)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nella nota trasmissione «Le Iene», del 1o ottobre 2017, è andato in onda l'ennesimo servizio di denuncia di un parlamentare della Camera dei deputati che, secondo quanto risulta dal filmato, ha avuto al suo servizio una collaboratrice, per ben un anno e mezzo, in mancanza di un contratto di lavoro e di un corrispettivo, nonostante le continue promesse del parlamentare in questione di regolarizzarne la posizione lavorativa;

   addirittura, per l'accesso agli uffici della Camera, risulta dal servizio che alla collaboratrice era stato consegnato un tesserino identificativo su richiesta del gruppo politico di appartenenza del deputato, nonostante l'inesistenza di un contratto di lavoro con il deputato medesimo;

   non è ammissibile che un deputato violi la normativa a tutela dei lavoratori e che non vengano adottati i dovuti provvedimenti, per riparare a tali illeciti ed escludere che si ripetano per il futuro;

   nel caso di specie, non solo è stata sfruttata l'attività lavorativa della collaboratrice senza contrattualizzarla e retribuirne le prestazioni, ma tale pratica – secondo quanto risulta dal servizio – sarebbe stata di fatto avallata dal gruppo politico di appartenenza del deputato che ha richiesto un tesserino di accesso per la collaboratrice senza che la stessa avesse formalizzato il suo rapporto di lavoro con il parlamentare o il gruppo;

   tali episodi sono gravi perché si sfrutta l'attività lavorativa altrui, violando i più elementari principi a tutela dei lavoratori e, inoltre, perché gettano discredito sulle istituzioni e su tutta la categoria dei parlamentari e, dunque, anche su coloro che, in conformità alla legge in materia, regolarizzano i propri collaboratori nel rispetto di ogni loro diritto;

   si ritiene quindi necessario, non solo disciplinare e riconoscere, specificamente, la figura del collaboratore parlamentare secondo modalità previste presso il Parlamento europeo, per garantirgli maggiori tutele come lavoratore, ma altresì effettuare dei controlli stringenti per eliminare ed escludere ogni genere di illecito nell'ambito di tali rapporti lavorativi –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia adottato il Ministro affinché non si verifichino illegittimità nei rapporti di lavoro tra parlamentari e collaboratori;

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare rispetto a casi come quello esposto in premessa e, in particolare, se intenda promuovere l'intervento di ispettori del lavoro per verificare la regolarità dei rapporti di lavoro instaurati tra parlamentari e propri collaboratori.
(5-12376)

Interrogazione a risposta scritta:


   RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da quasi un mese ormai SDA Express, la società di recapito controllata da Poste Italiane, sta vivendo una grave crisi a causa di scioperi e manifestazioni nei quattro grandi centri di smistamento, quello di Carpiano (Milano), Bologna, Roma e Piacenza, gestiti da cooperative esterne, tanto da richiedere l'intervento delle prefetture per ripristinare l'ordine e i servizi;

   le proteste hanno avuto inizio l'8 settembre 2017 e si stanno esprimendo con modalità diverse nei vari centri di smistamento di SDA, anche se le cause sono poco chiare e sembra dipendano sia da alcuni litigi interni tra i differenti sindacati Cobas, i gruppi Si Cobas e Sol Cobas, che dalla decisione presa dall'azienda di sostituire un fornitore in ritardo con i pagamenti;

   le proteste infatti hanno inizio dopo che il sindacato Sol Cobas aveva chiesto e ottenuto da SDA l'allontanamento della cooperativa CPL che forniva 43 dipendenti al centro di smistamento di Carpiano (poco fuori Milano) e che aveva appunto accumulato ritardi nei pagamenti degli stipendi. A seguito della sostituzione di Cpl con Ucsa, il sindacato Sol Cobas aveva negoziato l'assunzione dei 43 dipendenti di Cpl in Ucsa parlando di vittoria sindacale;

   il Si Cobas tuttavia, un altro gruppo sindacale di base, che ha contestato l'accordo raggiunto tra Ucsa e Sol Cobas, motivando che l'accordo non escludeva la possibilità di licenziare con facilità prevista dal Jobs Act e che c'erano diverse questioni irrisolte intorno al passaggio dei dipendenti da una cooperativa all'altra (tra le quali anche il pagamento dei Tfr). Il Si Cobas ha quindi chiesto a Ucsa di modificare l'accordo già raggiunto per eliminare esplicitamente la possibilità di ricorrere alle novità introdotte dal Jobs Act in fatto di licenziamenti, riconoscendo agli ex dipendenti di Cpl gli anni di anzianità di servizio e le tutele previste per i dipendenti dopo molti anni di lavoro;

   se, da un lato, quindi, la sigla dei Sol Cobas ha interrotto le proteste in seguito alla rassicurazione che saranno mantenuti da nuovo fornitore tutti i diritti attuali dei lavoratori, dall'altro lato la sigla dei Si Cobas ha proseguito con gli scioperi, picchetti e sit in, e impedendo l'accesso al luogo di lavoro anche a coloro che non sostengono le ragioni dello sciopero e vorrebbero invece esercitare il diritto al lavoro, così come costituzionalmente garantito;

   Sda ha circa 1.500 lavoratori diretti e 7.000 indiretti, di cui 4.500 sono corrieri e facchini e, quindi, le conseguenze di un mese di interruzione del lavoro potrebbero ripercuotersi su molte migliaia di famiglie, senza considerare i milioni di ricavi persi per i pacchi non consegnati (si parla di circa 70.000 pacchi bloccati e il 50 i volumi di ricavi persi), le penali da pagare e i clienti che si stanno indirizzando verso altre società di logica e di distribuzione;

   la situazione attuale rischia di generare un calo strutturale dei volumi e quindi dei fatturati con ripercussioni negative sul comparto occupazionale e, inoltre, crea un immediato danno diretto a cittadini ed imprese che riceveranno con forte ritardo i pacchi a loro destinati, non vedendo garantito il proprio diritto a ricevere un servizio universale, come quello postale, di qualità –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per impedire che le proteste sindacali possano degenerare in forme che, di fatto, vincolano la libertà altrui, mettendo in discussione il diritto al lavoro costituzionalmente garantito;

   se e quali iniziative di natura normativa si intendano adottare per garantire i lavoratori da scioperi strumentali;

   quali iniziative si intendano porre in essere per garantire all'utenza il diritto al servizio di recapito della corrispondenza.
(4-18023)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   è semplicemente inaccettabile il tentativo maldestro di sottrarre alla Sardegna e ai produttori artefici della rinascita l'esclusiva per la produzione del grano Cappelli;

   si tratta per l'interpellante di un atto grave e inaudito che deriva da scelte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che ha autorizzato tale produzione in altra realtà, sottraendo così alla Sardegna precise peculiarità produttive straordinarie recuperate in 30 anni di duro lavoro genetico;

   la decisione in capo agli uffici ministeriali di concedere la possibilità di produrre il grano Cappelli anche in Emilia Romagna da parte di una società privata è un fatto di una gravità inaudita e tale autorizzazione, per l'interpellante, va revocata con immediatezza;

   si tratta di un atto inaccettabile che viola le più elementari regole e soprattutto ignora gli sforzi messi in campo dai produttori di grano Cappelli in Sardegna;

   sorprende il silenzio della regione Sardegna sempre più succube di atti che per l'interpellante sono estremamente lesivi e che colpiscono gravemente l'agricoltura sarda;

   la Sardegna ha sempre avuto una forte vocazione agricola;

   si tratta di una storia unica che riguarda il Campidano tra Oristano e Cagliari e le pianure estese tra i rilievi mammellonari della Marmilla che furono, nel periodo romano, fu ampiamente coltivate a grano, tanto da costituire il granaio dell'isola;

   su queste antiche terre, agli inizi del secolo scorso, fu impiantata una nuova varietà di grano, un cultivar di grano duro autunnale, ottenuto dal genetista Nazareno Strampelli. La nuova specie trovò in Sardegna il clima adatto e la coltivazione si estese anche ad altri territori, dando vita ad una produzione di «grano duro» di eccezionale bontà;

   in Sardegna il grano Cappelli arrivò nel 1920 e si diffuse rapidamente;

   dopo un lungo periodo di crisi in Sardegna, di pura sopravvivenza, il grano Cappelli è tornato in auge: è nata una nuova sfida, fatta non solo di produttori lungimiranti ma anche di mugnai, panificatori, artigiani della pasta e della birra;

   è nato il «Consorzio Sardo Grano Cappelli», che riunisce 40 imprese, disposte a rilanciare il grano degli antenati;

   l'autorizzazione alla produzione anche ad una sementeria a Bologna toglie l'esclusiva al consorzio con un danno gravissimo;

   il consorzio sardo grano Cappelli si è riunito nelle ultime ore per rivendicare il suo diritto sulla varietà Cappelli –:

   se non ritenga il Ministro interpellato, per quanto di competenza, di revocare questo permesso di produzione del grano Cappelli al di fuori dalla Sardegna, in modo tale da salvaguardare le produzioni sarde che ne hanno curata per 30 anni la salvaguardia genetica;

   se non ritenga di dover assumere iniziative per la tutela genetica del grano Cappelli nella direzione di salvaguardare tali produzioni nell'ambito individuato dal Consorzio Grano Cappelli.
(2-01968) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, SCOTTO, LACQUANITI, STUMPO, MELILLA, MARTELLI, NICCHI, QUARANTA, PIRAS, DURANTI, FOLINO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il comparto delle vongolare conta una flotta di circa 710 imprese in Italia con un personale di oltre 1600 unità e ha un indotto di altre 300 imprese di commercializzazione all'ingrosso con un altro migliaio di addetti;

   entro le 0,3 miglia, ovvero entro i 560 metri dalla battigia, si concentra prevalentemente il 70 per cento delle vongole ed il 100 per cento delle telline e dei cannolicchi;

   il Ministero pare ribadire il divieto di pesca delle vongole dalla battigia fino a 0,3 miglia marine, ad eccezione di due soli consorzi, quello di Venezia e quello di Monfalcone, per i quali viene concessa la deroga in base alle normative europee;

   a parere degli interroganti questa scelta appare incomprensibile, poiché, autorizzando solamente due realtà, finisce per penalizzare le imbarcazioni di tutte le marinerie (da Chioggia a Ravenna, da Rimini a Pesaro fino ad Ancona, Civitanova Marche, San Benedetto del Tronto, Pescara, Ortona, Termoli, Manfredonia, Barletta, Roma, Gaeta, Napoli) impedendo la concorrenza –:

   quali siano le motivazioni della scelta di escludere i due consorzi citati dal divieto di pesca entro le 0,3 miglia marine e se non intenda assumere iniziative per allargare la sperimentazione a tutte le marinerie.
(5-12350)


   FALCONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato il 20 settembre 2017 sul sito web della Confagricoltura di Novara e Verbano Cusio Ossola, nonostante i vitivinicoltori italiani possono contare sulla più elevata dotazione finanziaria a livello europeo per attuare il programma nazionale di sostegno al settore, (avendo a disposizione quasi 337 milioni di euro, da utilizzare per sei diverse misure di supporto alle imprese: promozione sul mercato dei Paesi terzi, ristrutturazione e riconversione dei vigneti, vendemmia verde, assicurazione del raccolto, investimenti in cantina e distillazione dei sottoprodotti) sono penalizzati dai ritardi rispetto ai concorrenti spagnoli e francesi, avvantaggiati da una amministrazione più sollecita ed attenta alle esigenze degli operatori, capace di attuare i programmi comunitari in modo rapido, efficiente e pragmatico;

   al riguardo, la Confederazione agricola piemontese rileva come l'esperienza negativa della promozione sui mercati dei Paesi terzi conferma come, a livello nazionale, siano necessari miglioramenti, sia per la questione rimasta irrisolta dei numerosi ricorsi al Tar che bloccano l'utilizzo dei fondi già stanziati, che per il ritardo con il quale è uscito il decreto ministeriale che fissa le regole per l'intervento promozionale per l'annata 2017-2018, approvato senza il consenso della Conferenza Stato-regioni e pubblicato solo ad agosto 2017, con grave danno per la progettualità delle imprese vinicole interessate, le quali ora devono accelerare i tempi per essere pronte entro le scadenze stabilite;

   al tal fine, la suddetta Confederazione evidenzia come, nei riguardi dei viticoltori francesi e spagnoli, il bando sia già stato pubblicato da diversi mesi, aggiungendo inoltre che i progetti sono stati istruiti, valutati ed approvati ed i fondi assegnati ai beneficiari;

   quanto predetto rappresenta, secondo la Confagricoltura di Novara e Verbano Cusio Ossola una chiara dimostrazione delle difficoltà italiane degli ultimi tempi in ambito europeo, che si evince anche dalla lettura della nota con la quale la Commissione europea ha comunicato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una serie di rilievi critici sulle modalità con le quali si applica in Italia il programma di sostegno al settore vitivinicolo;

   la stessa Commissione europea, prosegue l'articolo in precedenza richiamato, ha sollevato questioni di natura generale e rilievi relativi a questioni puntuali sulle singole misure, con particolare riferimento alla promozione del settore, che rimane un punto debole verso il quale le autorità italiane dovrebbero guardare con maggiore attenzione;

   sono state segnalate inoltre ulteriori criticità rimaste irrisolte e relative ad altre misure strategiche, quali la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, il reimpianto per ragioni sanitarie e fitosanitarie e l'assicurazione del raccolto;

   nel corso della presente legislatura, sostiene la Confagricoltura di Novara e Verbano Cusio Ossola, in diverse occasioni, il Parlamento ha sollecitato il Governo ad intervenire nell'ambito della corretta applicazione delle norme sull'Organizzazione comune di mercato del vino, senza riuscire tuttavia a porre in essere iniziative efficaci, rimarcando l'urgenza di procedere in tempi brevi al pieno utilizzo dei fondi disponibili nell'ambito dell'Ocm ed evitare al contempo il rischio che nella nuova programmazione, a livello europeo, si possa ridurre la dotazione finanziaria assegnata all'Italia –:

   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative in relazione ai rilievi critici evidenziati dalla Confagricoltura di Novara e Verbano Cusio Ossola, in merito alla corretta applicazione in Italia della normativa sull'Ocm, con particolare riferimento ai ritardi nell'utilizzo dei fondi disponibili, che appaiono condivisibili in quanto diretti a salvaguardare il settore vinicolo nazionale;

   in caso affermativo, quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere, anche in sede europea, al fine di velocizzare in maniera corretta i sistemi di applicazione della normativa sull'Ocm del vino e consentire per il nostro Paese, il pieno utilizzo delle risorse attualmente disponibili.
(5-12356)

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato al punto che, secondo l'Ispra, sul territorio nazionale sarebbero stati presenti non meno di 600.000 cinghiali nel 2005 per passare a 900.000 nel 2010 e nel 2015, secondo le ultime stime della Coldiretti, avrebbero raggiunto e superato il milione di esemplari;

   «un vero e proprio esercito che assedia le campagne italiane con attacchi quotidiani alle colture, radendo al suolo campi di grano, mais, orzo, ma anche le produzioni tipiche del made in Italy, dalle castagne al farro, delle mele all'uva che gli agricoltori hanno salvato in questi anni dall'estinzione per poi rischiare di vederle sparire a causa della pressione dei selvatici», sottolinea Coldiretti;

   in Lessinia, area delle Prealpi veronesi, la presenza dei cinghiali è forte e altrettanto forte è la preoccupazione degli agricoltori per i danni ingentissimi alle loro coltivazioni e per la salute del bestiame, visto che i cinghiali rappresentano dei pericolosi serbatoi per un gran numero di virus responsabili di gravi patologie sia negli uomini che negli animali –:

   quali iniziative, anche di carattere normativo s'intendano adottare al fine di individuare uno strumento specifico ed urgente che, tenuto conto della eccezionalità della situazione, permetta di affrontare una questione ormai fuori controllo.
(4-18008)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, LAFORGIA, EPIFANI, FOSSATI, MURER, SIMONI, SCOTTO, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, FOLINO, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, DURANTI, SANNICANDRO, FAVA, ZOGGIA, RAGOSTA e FRANCO BORDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il primo «decreto Bersani» sulle liberalizzazioni, decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 4 agosto 2006, ha stabilito che i farmaci senza obbligo di prescrizione e quelli da banco (sop e otc) possono essere commercializzati al di fuori delle farmacie, alla presenza di un farmacista abilitato alla professione con la libertà per i rivenditori di applicare uno sconto al prezzo fissato dal produttore;

   questa legge, secondo una stima del Movimento nazionale liberi farmacisti ha determinato dal 2006 al 2013, 1,8 miliardi di euro di risparmi per i cittadini, 5492 nuove aziende e 8000 nuovi posti di lavoro;

   anche la rivista Altroconsumo con un monitoraggio ha rilevato che la liberalizzazione introdotta nel 2006 ha avuto un effetto calmierante sui prezzi, riconoscendo come canale più conveniente quello delle parafarmacie dove si è registrato dal 2006 al 2013 un risparmio sui farmaci del 145 per cento rispetto agli altri punti vendita;

   nei giorni scorsi, sempre la rivista Altroconsumo, ha fornito un quadro della situazione profondamente mutato. La stessa, infatti, ha pubblicato una tabella descrittiva dell'andamento dei prezzi dei farmaci nei diversi canali di vendita, dalla quale si evince che dopo una parziale liberalizzazione del 2006 che aveva cominciato a far scendere i prezzi dei farmaci, questi ultimi, senza ulteriori stimoli, negli ultimi anni, hanno ripreso a salire, registrando un aumento del 24 per cento nelle farmacie, 20 per cento nelle parafarmacie, 14 per cento negli acquisti online e 8 per cento negli ipermercati;

   questi dati sono estremamente preoccupanti, ma non rappresentano una sorpresa se si tiene conto che in questo settore, nonostante l'approvazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza n. 124 del 4 agosto 2017 (cosiddetta legge sulla concorrenza), continua a mancare una vera e propria concorrenza. Quello dei farmaci è infatti un mercato che resta appannaggio delle farmacie che continuano a detenere il monopolio dei medicinali di fascia C con obbligo di prescrizione;

   per questi farmaci, per cui è necessaria la ricetta, non si è avuta la tanto sperata liberalizzazione che poteva rappresentare anche un argine agli aumenti dei prezzi registrati in questi ultimi anni così come lo è stato per i farmaci sop e otc;

   con la legge annuale sulla concorrenza si è permesso l'ingresso nel settore di società multinazionali, per cui le società di capitali possono aprire delle vere e proprie catene destinate alla distribuzione dei farmaci che forse, in alcuni casi, agevoleranno delle promozioni su alcuni prodotti «civetta» più usati, senza però costituire una reale possibilità di risparmio per i cittadini e per le loro famiglie, che, come più volte ribadito dagli interroganti, poteva essere garantita solo in un regime di reale concorrenza;

   in Italia circa 12 milioni di persone non riescono a curarsi e l'impossibilità di accesso ai farmaci per un progressivo aumento dei prezzi potrebbe rappresentare una vera e propria questione di insostenibilità economica;

   se il percorso delle liberalizzazioni in questo settore ha avuto una battuta di arresto per mancanza di coraggio, si auspica che almeno quest'ultimo si palesi nella direzione di garantire maggiore trasparenza e comunicazione, per capire cosa stia accadendo e predisporre una strategia per impedire che sia pagato di più ciò che per legge dovrebbe costare di meno –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, anche alla luce degli ultimi dati forniti da Altroconsumo, per scongiurare un rincaro ingiustificato dei prezzi dei farmaci che inevitabilmente comprometterebbe il diritto alle cure per la generalità dei cittadini e soprattutto per le fasce più deboli.
(5-12349)


   VICO, MANNINO, CAPONE e ANTEZZA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   si registra la notizia di quattro braccianti marocchini ricoverati presso l'ospedale Moscati di Taranto nel reparto «infettivi» che hanno accusato sintomi e malori della malaria;

   i quattro immigrati lavorano nelle campagne di Ginosa, e si sono prima rivolti alle cure dell'ospedale di Castellaneta, e successivamente trasferiti al Moscati di Taranto;

   i migranti risulterebbero essere nel nostro Paese da circa due mesi e il tempo di incubazione della malaria, va da 15 giorni ad un mese, ne consegue, quindi, secondo quanto affermato dal direttore generale della Asl di Taranto che la malattia sia stata contratta in Italia;

   la malaria si contrae attraverso le zanzare ed è quindi evidente che va svolto un approfondito accertamento sulle condizioni di lavoro in cui si trovavano questi migranti e anche nel comprensorio nei quali hanno lavorato;

   si tratta di una notizia di impatto molto rilevante sulla opinione pubblica anche per le preoccupazioni che ne conseguono –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per supportare le istituzioni sanitarie locali al fine di approfondire suddetti casi di malaria ed effettuare una capillare azione di prevenzione nei confronti di una malattia che in questi comprensori evoca grandi preoccupazioni.
(5-12351)

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel consiglio regionale della Sardegna è in discussione in questi giorni il piano di riordino della rete ospedaliera che, nelle intenzioni espresse dai proponenti, mirerebbe a contribuire alla razionalizzazione delle prestazioni sanitarie ai cittadini sardi, garantendone una maggiore appropriatezza;

   tale attività sembrerebbe, sia sul piano logico che su quello giuridico, propedeutica all'eventuale redistribuzione dell'offerta dei posti letto per specialità e per area geografica, con l'obiettivo di consolidare e allargare l'offerta terapeutica di qualità;

   apparirebbe dunque ragionevole che, qualsiasi scelta strategica sull'offerta ospedaliera e, in particolare, l'eventuale soppressione e/o accorpamento di strutture specialistiche autonome, debba avvenire conseguentemente alle indicazioni del piano;

   nel panorama sanitario ospedaliero della città di Cagliari sono da tempo note situazione di apparente sovrapposizione e duplicazione dell'offerta, che spesso si sono consolidate differenziando profondamente la tipologia delle prestazioni, che appare invece indispensabile ricondurre all'unità;

   la necessità di eliminare duplicazione dell'offerta non può ovviamente prescindere dall'esigenza di preservare attività di qualità e vere e proprie eccellenze, indispensabili per la tutela della salute dei sardi;

   in questo contesto in fase di definizione e di ricerca di nuovi equilibri, la delibera della giunta regionale 45/36 del 2 agosto 2016 ha tra l'altro disposto il sostanziale accorpamento delle unità operative di oculistica dell'ospedale Binaghi (ATS Sardegna) e dell'azienda ospedaliera Brotzu;

   tale accorpamento, che appare strategicamente virtuoso, ha peraltro comportato l'abbandono dei locali del presidio ospedaliero Binaghi recentemente ristrutturati e dotati di sale chirurgiche di avanguardia e il trasferimento dell’equipe specialistica oculistica che vi operava nei locali dell'azienda Brotzu, con superfici e logistica inadeguate ad accogliere le sofisticate apparecchiature del Binaghi, con il rischio della drammatica contrazione della disponibilità delle sedute operatorie;

   il servizio di oculistica dell'ospedale Binaghi, nei tempi recenti, ha garantito la principale offerta pubblica di chirurgia vitreo-retinica della Sardegna centro-meridionale, rappresentando un insostituibile punto di riferimento per tali indispensabili prestazioni chirurgiche;

   la fusione delle due strutture di oculistica nel contesto dell'ospedale Brotzu, se non proteggesse adeguatamente le professionalità, l'indipendenza gestionale e il know how dell'attività di chirurgia vitreo-retinica rischierebbe di mortificare e disperdere un'assoluta eccellenza specialistica, privando mezza Sardegna di adeguati riferimenti;

   la sostanziale cancellazione dell'offerta chirurgica vitreo-retinica della città di Cagliari, sarebbe un colpo mortale per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza oculistici in Sardegna e innescherebbe flussi di mobilità passiva, senza alcuna motivazione epidemiologica –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda mettere in atto, per quanto di competenza, per far sì che in Sardegna siano garantiti i livelli essenziali di assistenza oculistici e, in particolare, quelli attinenti alla chirurgia vitreo-retinica di qualità, sinora offerta dalla unità operativa di oculistica del presidio ospedaliero Binaghi di Cagliari.
(4-18017)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   CIVATI e PANNARALE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal settimanale L'Espresso in edicola questa settimana, il Ministro Calenda continua a considerare il Trans Adriatic Pipeline (Tap) un progetto strategico per l'Italia, nonostante siano stati documentati gli intrecci tra Tap e affaristi italiani legati alla politica, la criminalità organizzata, le casseforti anonime con la «targa offshore» e l'esistenza di connessioni societarie tra tre blocchi di potere politico-economico, che portano al presidente turco, al dittatore azero e agli oligarchi russi legati al presidente Putin;

   la scorsa settimana il consorzio Tap ha effettuando il trasporto e il deposito di mezzi nell'area Almaroma di Melendugno (Le), probabilmente in ragione di una ripresa dei lavori in vista della fine del divieto nel periodo estivo, divieto peraltro violato nella notte tra il 3 e il 4 luglio 2017, come segnalato in precedenti interrogazioni;

   la ripresa dei lavori dopo la pausa estiva appare inopportuna non solo perché non è stato ancora aperto alcun confronto con le popolazioni e le istituzioni locali in mobilitazione da mesi, ma anche alla luce dell'inchiesta della rete di giornalismo investigativo OCCRP «Azerbaijani Laundromat» pubblicata nei primi giorni di settembre 2017 da alcuni dei più autorevoli giornali europei, tra cui The Guardian (Regno Unito), Süddeutsche Zeitung (Germania) e Le Monde (Francia);

   la suddetta inchiesta racconta di 16 mila operazioni bancarie realizzate da quattro società registrate nel Regno Unito, ma controllate da offshore anonime, che avrebbero fatto transitare in Europa circa 2,5 miliardi di euro riconducibili a businessman e al Governo dell'Azerbaijan;

   questo immenso giro di denaro sarebbe servito per fare pressioni – anche di dubbia legittimità – sulle istituzioni europee con lo scopo di sbloccare gli ultimi prestiti utili a realizzare il gasdotto, e in particolare l'ultimo tratto del Tap (Trans Adriatic Pipeline);

   su queste accuse di corruzione di ex e attuali membri dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa coinvolti nello scandalo della cosiddetta «diplomazia al caviale», il Consiglio d'Europa ha avviato a gennaio 2017 un'inchiesta interna non ancora conclusa –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, non ritenga urgente e necessario, prima di qualunque ripresa dei lavori e a tutela della trasparenza e dell'interesse generale, acquisire ulteriori elementi sui fatti oggetto dell'inchiesta giornalistica, che se confermati metterebbero in evidenza gravi condotte illecite nella gestione dell'affare Tap, attendendo eventualmente l'esito dell'inchiesta del Consiglio d'Europa e agendo di conseguenza.
(5-12361)


   GALGANO e ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Industrie Metallurgiche e Isotta Fraschini di Spoleto sono due aziende del polo metallurgico ex Pozzi, in amministrazione straordinaria dal 2014. Per i 70 operai del reparto alluminio la cassa integrazione speciale scadrà ad ottobre, per quelli della ghisa a marzo 2018;

   il reparto della ghisa contrariamente a quello dell'alluminio, aveva commesse di lavoro per oltre un anno al momento della chiusura conseguente all'arresto dell'ex proprietario Castiglioni per frode;

   le aziende attualmente in amministrazione straordinaria sono seguite dai commissari Manfredi, Marco e Bernardi;

   dopo varie manifestazioni di interesse e gare d'asta deserte, ad ottobre 2016 si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico un incontro, presieduto dal dottor Giampiero Castano, per analizzare lo stato delle procedure di amministrazione straordinaria della due società, al quale erano presenti i commissari, il vicepresidente della regione Umbria, la rappresentanza del comune di Spoleto, i sindacati nazionali, territoriali e le rsu;

   durante tale incontro i commissari hanno annunciato che per il sito di Spoleto, ossia il «ramo» Isotta Fraschini e Ims, era pervenuta la comunicazione di una società che aveva intenzione di proseguire la trattativa per l'acquisizione, cui si sarebbe aggiunta la manifestazione di interesse di altri due imprenditori. Da qui la possibilità di creare un'unica società per rilevare le aziende e presentare un piano industriale di rilancio;

   tuttavia, ad oggi, nessuno di questi interessi si è concretizzato in una vera acquisizione, tanto che, a luglio 2017, gli operai hanno manifestato sotto la sede della regione Umbria e sono stati ricevuti dalla presidente e dal vicepresidente della regione, con la rassicurazione che a settembre sarebbero stati riconvocati per essere aggiornati sulla vertenza;

   tale incontro non è stato ancora fissato mentre i lavoratori lamentano l'impossibilità di confrontarsi con i commissari soprattutto oggi, in prossimità della scadenza degli ammortizzatori sociali, unica loro fonte di reddito dal 2014;

   attualmente il capannone del reparto alluminio risulta dismesso mentre in quello della ghisa, mai ristrutturato, sono presenti i forni per la fusione dei metalli e i macchinari per la rifinitura;

   il comprensorio di Spoleto vive un momento di profonda crisi dovuta alla chiusura di numerose aziende per cui la prosecuzione delle attività della Ims e della, Isotta Fraschini sono un fattore chiave per non aggravare tale situazione –:

   se il Governo sia a conoscenza del caso, e cosa si intenda fare, per quanto di competenza accelerare la cessione delle aziende della ex Pozzi, anche in vista della scadenza della cassa integrazione straordinaria.
(5-12362)


   RICCIATTI, EPIFANI, FERRARA, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, SCOTTO, NICCHI, FOSSATI, MURER, ALBINI, LAFORGIA, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, ROBERTA AGOSTINI, ZARATTI, FRANCO BORDO e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 26 settembre 2017 i dipendenti dello stabilimento Perugina di San Sisto (PG) sono tornati nuovamente a scioperare in risposta all'intenzione dell'azienda Nestlé, proprietaria della Perugina, di licenziare ben 364 dipendenti, quasi la metà visto che vi lavorano in circa 800;

   una nuova mobilitazione è prevista per il 7 ottobre, organizzata dalle rappresentanti sindacali unitarie locali. Anche la Camera del lavoro di Perugia sarà in piazza a Perugia, con tutte le sue categorie, accanto alle lavoratrici e ai lavoratori di San Sisto. Ad affermarlo è Filippo Ciavaglia, segretario generale della Cgil di Perugia;

   la crisi della Perugina è, dunque, prontamente riscoppiata. A giugno è arrivata la richiesta shock: 340 esuberi, in pratica un dipendente su due e dunque l'anticamera della chiusura di pezzo importante di storia industriale italiana;

   il motivo è sempre lo stesso: la produzione Perugina e Nestlé è stagionale e se fino a qualche anno fa gli ammortizzatori sociali coprivano i periodi di minor produzione, ora il Jobs Act li ha ridotti – a giugno 2018 terminerà il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, non più rinnovabile – e alla Nestlé conviene più licenziare, il tutto nonostante l'accordo industriale del 2016 che prevedeva 60 milioni di investimenti per migliorare e rinnovare le produzioni e impatto sociale zero –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, s'intendano avviare al fine di salvaguardare i profili industriali, anche alla luce di relativi risvolti occupazionali, di un tessuto produttivo, come quello di cui in premessa, che rappresenta la storia industriale nazionale e che rappresenta una filiera innovativa nel comparto dell'industria alimentare.
(5-12363)


   POLIDORI e LABRIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le aziende dell'indotto legate all'Ilva di Taranto — metalmeccaniche, edili, di servizio o dell'autotrasporto stanno affrontando ormai da lungo tempo una situazione di crisi dovuta ai ritardi accumulati nel pagamento dei crediti pregressi;

   queste aziende hanno continuato a lavorare per la società Ilva nel corso della fase di transizione che ha portato all'ingresso della società in amministrazione straordinaria, pur non ricevendo, a fronte di questo lavoro, i dovuti pagamenti, certe di poter contare sulla garanzia della corresponsione del dovuto, data dalla presenza dei commissari;

   la situazione attualmente si è fatta insostenibile in seguito alla decisione del giudice delegato, nell'ambito delle procedure di accertamento dello stato passivo dell'Ilva, di negare a molte aziende del sistema dell'indotto, la prededucibilità dei crediti maturati qualificando gli stessi quali semplici chirografari;

   la prededucibilità per i crediti ammessi a procedura vantati da stata piccole e medie imprese è stata introdotta con decreto-legge n. 1 del 2015 proprio come misura di sostegno al settore dell'indotto;

   permangono le difficoltà di accesso al fondo di garanzia di cui al decreto-legge n. 1 del 2015 già più volte segnalate da Confindustria Taranto;

   le ripercussioni sulla sopravvivenza di queste imprese è evidente: la mancanza di liquidità comporta la impossibilità di continuare a pagare il personale; non solo, il mancato riconoscimento della prededucibilità si ripercuote sulla probabilità di vedere soddisfatti i crediti maturati, con pesanti conseguenze sui bilanci relativi all'esercizio 2016;

   le aziende creditrici si troveranno nella condizione di dover operare una svalutazione di tali crediti: in numerosi casi questo comporterà l'erosione del capitale sociale alla quale molte imprese non potranno reagire prevedendo la ricapitalizzazione delle imprese stesse;

   rendere incerto il diritto dei creditori del gruppo Ilva al pagamento dei servizi svolti e mettere in discussione i pagamenti dovuti alle imprese fornitrici e agli autotrasportatori comporta conseguenze sulla economia del territorio tarantino, sulla tenuta dei livelli occupazionali;

   in tale contesto sembrerebbe opportuno ammettere anche rappresentanti delle aziende dell'indotto ai tavoli di discussione in corso tra Governo, istituzioni locali e sindacati in merito al futuro dei dipendenti e alla tenuta del sistema industriale collegato all'Ilva –:

   quali urgenti e opportune iniziative di competenza intenda assumere il Governo per garantire al più presto il pagamento dei crediti scaduti maturati nei confronti delle aziende dell'indotto nonché dei crediti correnti, per ridurre i ritardi nel pagamento dei crediti in maturazione e futuri.
(5-12364)


   BENAMATI, TARANTO, SENALDI, CAMANI, IACONO, DONATI, MONTRONI, BECATTINI, MARTELLA, BARGERO, ARLOTTI, VICO, CANI, BASSO, PELUFFO, GINEFRA e IMPEGNO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo Fincantieri è uno dei più importanti operatori del settore cantieristico navale e l'unico a livello internazionale in grado di realizzare tutte le tipologie di mezzi navali ad alta complessità: navi militari, navi speciali, traghetti a elevata complessità, yacht di grandi dimensioni. È presente inoltre nel settore delle riparazioni, delle trasformazioni navali e nella produzione di sistemi e componenti per tutte le tipologie di imbarcazioni;

   nell'aprile 2017, il Governo francese aveva dato il via libera a Fincantieri per l'avvio della procedura di acquisizione dei cantieri francesi di Saint Nazaire STX France, ma a maggio, il neoeletto presidente Macron ha fermato il processo, rivedendo la decisione di consentire a Fincantieri di detenere la maggioranza azionaria ed esercitando a luglio la nazionalizzazione temporanea dei cantieri per poter rinegoziare l'intesa con l'acquirente;

   il 27 settembre 2017 presidente Gentiloni ha annunciato a Lione il raggiungimento di un'intesa tra il governo francese e quello italiano relativo all'acquisizione dei cantieri navali STX di Saint-Nazaire da parte di Fincantieri;

   l'accordo è parte di una intesa strategica nel campo della cantieristica navale sia civile che militare tra Italia e prevede il raggiungimento del controllo di STX da parte di Fincantieri con un pacchetto di azioni pari al 51 per cento;

   della quota posseduta da Fincantieri, l'1 per cento sarebbe in forma di «prestito durevole», della durata di 12 anni e soggetto a precisi impegni industriali, in particolare sui temi della governance, dell'occupazione e della partecipazione dell'indotto, della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico. L'accordo prevede che il presidente e l'amministratore delegato di STX debbano essere nominati dal socio italiano;

   l'accordo darebbe vita ad un gruppo italo-francese di dimensioni mondiali in grado di rappresentare uno dei maggiori attori nel settore della cantieristica civile, con un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro, ordini in portafoglio per 50 miliardi di euro, 35.000 dipendenti diretti e altri 120.000 dell'indotto;

   l'accordo sarebbe inoltre propedeutico al raggiungimento di un'intesa anche nel campo della cantieristica navale legata al settore militare, che vede attualmente la collaborazione tra Fincantieri e Naval Group per il progetto «Magellano» –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sull'accordo citato in premessa in particolare per quanto riguarda la effettiva capacità di governance e i risvolti di politica industriale nel settore civile e militare della cantieristica nazionale.
(5-12365)


   VALLASCAS, CRIPPA, FRUSONE, BASILIO, CORDA, TOFALO, DA VILLA, RIZZO, MASSIMILIANO BERNINI, FANTINATI, CANCELLERI e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda sui cantieri navali francesi Stx si chiude con una mezza sconfitta. Fincantieri diventerà proprietaria del 50 per cento dell'azienda d'Oltralpe e non del 51 per cento;

   i francesi avranno l'altra metà delle azioni che saranno spartite fra lo Stato, l'azienda pubblica francese della cantieristica militare Naval Group (ex Dcns) e un gruppo di fornitori della regione di Saint-Nazaire;

   l'intesa resta comunque per gli interroganti fonte di imbarazzo per il Governo italiano che aveva escluso la possibilità di un accordo senza il 51 per cento delle azioni in mano a Fincantieri. E, alla fine, sono invece solo riusciti a spuntare la promessa che, allo scadere dei dodici anni di prestito, l'1 per cento francese possa passare a Fincantieri;

   ciò dovrebbe avvenire salvo naturalmente un nuovo dietrofront francese che potrà essere motivato da fatti di natura eccezionale;

   questo aspetto non è particolarmente confortante per Fincantieri che avrà la maggioranza in consiglio e potrà nominare amministratore delegato e presidente di Stx. Anche perché Parigi non è nuova ai ripensamenti. Soprattutto quando in ballo ci sono settori strategici come la cantieristica;

   si ricorda che il 35 per cento del capitale di Naval Group fa infatti capo a Thales, uno dei leader europei nella fornitura di sistemi di difesa navale, diretta concorrente di Leonardo spa. Se si dovesse effettivamente camminare alla pari, il Governo italiano avrebbe per questo chiesto di allargare il confronto al complesso delle relazioni nel comparto industriale della difesa;

   infatti l'accordo concluso su Fincantieri-Stx France per il controllo dei cantieri navali di Saint-Nazaire, allo stato dell'arte, è un'intesa al ribasso e rischierebbe di svendere un pezzo importante dell'industria militare italiana;

   Francia ed Italia sono ferocemente competitive fra loro: i transalpini, con Thales e gli italiani, con Leonardo-Finmeccanica, offrono prodotti in forte competizione fra loro. Inoltre, si ricordi che la Francia, fra gli Stati europei, ha sempre voluto mantenere una posizione isolata, molto distante da quell'idea di industria europea della difesa di cui ogni tanto si parla. Ne è testimonianza ad esempio il progetto Eurofighter, che coinvolge solo Italia, Germania, Inghilterra e Spagna –:

   quali siano le condizioni dell'accordo Fincantieri-Stx in particolare nel settore militare, e le iniziative che si intendano assumere per tutelare gli interessi dell'azienda italiana da eventuali ed improvvisi ripensamenti dello Stato francese.
(5-12366)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, SCOTTO, LACQUANITI, STUMPO, MELILLA, MARTELLI, NICCHI, QUARANTA, PIRAS, DURANTI, FOLINO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di comunicazione Ansa riporta la notizia di cinque persone denunciate e il sequestro di circa 4.000 calzature con marchi contraffatti che rappresentano il bilancio dell'operazione «Fake Market» del comando provinciale della Guardia di finanza di Ascoli Piceno;

   questa operazione ha consentito di smantellare una filiera del falso gestita da cittadini cinesi operanti nel quartiere Prenestino di Roma e attiva nelle province di Ascoli Piceno e di Teramo;

   al Prenestino andavano a rifornirsi abitualmente alcuni ambulanti extracomunitari della Riviera delle Palme;

   l'indagine condotta dalle Fiamme gialle di San Benedetto del Tronto ha portato ad un sequestro di 630 articoli contraffatti nei confronti di due extracomunitari con un deposito a Martinsicuro;

   da lì i finanzieri sono risaliti ai tre cinesi operanti al Prenestino, dove sono state sequestrate 3.300 calzature con griffe contraffatte, che una volta vendute avrebbero fruttato proventi illeciti per circa 120 mila euro –:

   se il Governo non intenda sviluppare ulteriori azioni di contrasto al fenomeno della contraffazione e di conseguente tutela del consumatore.
(5-12353)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende anche dalle dichiarazioni rese dalla proprietà alle organizzazioni sindacali, la società Unicoop Tirreno di Livorno avrebbe manifestato l'intenzione di procedere, entro il prossimo mese di dicembre 2017, alla chiusura di due ipermercati, a marchio «Coop», siti in via Arenaccia a Napoli ed a Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Oltre ai circa cento dipendenti delle strutture e ai numerosi addetti dell'indotto, tutti profondamente preoccupati per il concreto rischio del loro imminente licenziamento, la notizia ha destato sincero sconcerto anche nella popolazione locale. Infatti, attorno alle attività commerciali – autentici fari in aree degradate – si sono andate aggregando, in questi anni, associazioni che svolgono anche opera di integrazione e sostegno sociale a favore dei poveri e dei disagiati. Quindi è evidente che la chiusura degli ipermercati provocherebbe un ulteriore inaridimento del contesto sociale nel quale tali attività operano. Ne è scaturita – anche per effetto del coinvolgimento delle amministrazioni locali – la sottoscrizione di una petizione che, soltanto nell'arco di pochi giorni, ha già raccolto oltre 2.000 firme a riprova del rilevante impatto sociale della vicenda;

   negli anni 2013/2014 un'analoga situazione di crisi occupazionale aveva già interessato altre due strutture commerciali di proprietà della medesima Unicoop Tirreno, site rispettivamente in Afragola (Na) e Avellino, alle quali sono addette oltre 250 unità lavorative. Tale vicenda si è positivamente risolta, con la salvaguardia dell'intero tessuto occupazionale, grazie al lavoro sinergico portato avanti da Ministero dello sviluppo economico, regione Campania, parti sociali e proprietà, attraverso il coinvolgimento di altri attori del sistema cooperativo nazionale –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire i termini della vicenda esposta in premessa ed adottare le opportune iniziative di competenza al fine di attivare un tavolo di confronto sociale costruttivo con tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, per scongiurare la chiusura dei due ipermercati, tutelare i lavoratori dalla perdita del posto di lavoro, che li metterebbe sul lastrico, nonché salvaguardare le attività sociali ivi svolte che rappresentano un presidio per lo sviluppo del territorio locale.
(4-18011)

Apposizione di firme ad una mozione
e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-01714, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: «Gelmini, Rondini, Paola Bragantini, Squeri, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Palmieri, Ravetto, Romele, Occhiuto, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti» e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Quartapelle Procopio, Gelmini, Laforgia, Lupi, Rondini, Abrignani, Marazziti, La Russa, Pisicchio, Monchiero, Alfreider, Locatelli, Binetti, Lenzi, Carnevali, Casati, Cinzia Maria Fontana, Cimbro, Alli, Vignali, Baruffi, Beni, Bernardo, Stella Bianchi, Paola Boldrini, Borghi, Braga, Carra, Carrozza, Causi, Chaouki, Colaninno, Cominelli, Crimì, Dell'Aringa, Marco Di Maio, D'Incecco, D'Ottavio, Falcone, Fragomeli, Fregolent, Garavini, Gasparini, Giachetti, Romanini, Gnecchi, Gribaudo, Guerra, Lavagno, Librandi, Lodolini, Losacco, Patrizia Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchi, Gadda, Miotto, Misiani, Moretto, Moscatt, Narduolo, Nicoletti, Patriarca, Peluffo, Piazzoni, Piccione, Mariani, Realacci, Rubinato, Giovanna Sanna, Scuvera, Senaldi, Sereni, Tabacci, Tacconi, Tidei, Venittelli, Verini, Villecco Calipari, Franco Bordo, Paola Bragantini, Squeri, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Palmieri, Ravetto, Romele, Occhiuto, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mantero ed altri n. 5-11661, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dall'Osso.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Dadone ed altri n. 3-03291, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terzoni.

Pubblicazione di un testo
ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Quartapelle Procopio n. 1-01714, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 859 del 27 settembre 2017.

   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia rappresenta da anni il secondo Paese in Europa per produzione nel settore farmaceutico e il primo per capacità produttive per numero di addetti, dopo la Germania, con il 26 per cento della produzione totale e il 19 per cento del mercato e si tratta di un sistema diffuso, con hub regionali ed eccellenze in diverse aree del Paese. La Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;

    anche nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde, e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione; Milano e la sua provincia sono al primo posto per il numero degli addetti, ma anche le province di Monza-Brianza e Varese si attestano rispettivamente al quinto e al sesto posto nella classifica nazionale;

    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai suoi centri studi e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;

    l'Agenzia europea per i medicinali è un organo decentrato dell'Unione europea, con sede a Londra, che conta circa 1.000 dipendenti;

    il suo compito principale è di tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la valutazione ed il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario;

    l'Agenzia europea per i medicinali è responsabile, in via principale, della valutazione scientifica delle domande finalizzate ad ottenere l'autorizzazione europea di immissione in commercio per i medicinali (procedura centralizzata);

    dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, l'Agenzia europea per i medicinali dovrà dunque trasferire la propria sede in un'altra delle 27 nazioni dell'Unione europea;

    il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, subito dopo l'esito del referendum britannico, ha avanzato la proposta di candidatura dell'Italia e, in particolare di Milano ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali, assicurando l'impegno del Governo in tal senso che potrà avvalersi di un apposito stanziamento di 56 milioni di euro;

    anche le autorità locali hanno prontamente appoggiato l'iniziativa, dando vita ad una proficua collaborazione istituzionale: mentre il 6 luglio 2016, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato che: «Milano, una delle città con la più alta vivibilità in Europa, si candida all'eventuale ricollocamento dell'Autorità bancaria europea e dell'Agenzia europea per i medicinali, forte di una ottima rete infrastrutturale, dieci università, investimenti per l'area post Expo e un mercato immobiliare in piena ripresa»; il 12 luglio 2016 il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione concernente il sostegno alla proposta di trasferimento dell'EMA a Milano, dando mandato alla Giunta regionale di compiere ogni azione utile presso il Governo per avviare le iniziative istituzionali necessarie; il 13 settembre 2016 il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno firmato il cosiddetto «patto per Milano», in cui si delineano gli obbiettivi strategici futuri per lo sviluppo della città;

    nel quadro di leale collaborazione fra le istituzioni va menzionata la disponibilità della regione Lombardia, attraverso un annuncio del suo Presidente nello scorso mese di marzo, di mettere a disposizione Palazzo Pirelli, la storica sede del governo regionale, quale sede dell'EMA, consentendo la sua immediata operatività;

    l'effettiva disponibilità in tempi rapidi del grattacielo Pirelli quale sede ospitante dell'EMA è garantita dalla circostanza che una parte dei lavori di adattamento sono già stati avviati e i fondi per completare le opere necessarie sono stati già stanziati. L'EMA a Milano, infatti, potrebbe essere operativa già dal 1o marzo 2019;

    secondo il progetto per il restyling del «Pirellone», sono previste 1.430 postazioni lavoro distribuite su una superficie di 13.500 mq, 60 sale riunioni da 8 a 32 posti, e 8 sale conferenze da 22 a 350 posti che logisticamente rappresenterebbe l'ambiente giusto per i dipendenti dell'Agenzia, che lavorano con 3.700 tecnici;

    il 31 agosto 2017, il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, al termine di un incontro con il direttore esecutivo dell'EMA, Guido Rasi, ha evidenziato la necessità che «la selezione della nuova sede dell'Agenzia Europea per il Farmaco avvenga sulla base di criteri oggettivi, elaborati a livello europeo con l'obiettivo di rendere il più economico ed efficace possibile il suo funzionamento nell'interesse dei cittadini»;

    con i 3 aeroporti e i 1.300 voli settimanali che la collegano alle 27 capitali europee e alle principali città del continente, i treni ad alta velocità verso le altre città italiane ed europee (Zurigo, Parigi e Ginevra), i 700 chilometri di autostrade e i 58.000 chilometri di strade, Milano vanta un sistema infrastrutturale che le consente di essere facilmente raggiungibile da ogni angolo d'Europa e non solo; la ricettività alberghiera di livello internazionale garantisce la possibilità anche in periodi straordinari di ospitare i 60 enti e specialisti che mediamente gravitano sull'Agenzia europea per i medicinali da tutta Europa;

    Milano offre numerose opportunità di scolarizzazione multilingue e a orientamento europeo per rispondere alle esigenze di strutture scolastiche per i figli dei dipendenti dell'Agenzia europea per i medicinali. Sono oltre 900 le scuole, tra pubbliche e private: 309 asili nido, 352 scuole elementari e 198 scuole superiori. La formazione universitaria è assicurata da 11 università tra le più rinomate d'Europa, per un totale di oltre 200.000 studenti;

    l'avvio operativo entro la fine del 2017, con l'arrivo dei primi ricercatori ospitati, di Human technopole, il polo scientifico a sostegno pubblico nell'area dell'Expo rappresenta l'ulteriore rafforzamento delle potenzialità offerte dall'area milanese per le attività dell'Agenzia europea per i medicinali;

    anche il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Mario Melazzini ha riconosciuto che, con l'arrivo dell'Agenzia europea per i medicinali a Milano, la città potrebbe consolidare il proprio status di polo europeo delle biotecnologie al servizio della salute;

    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano, assieme ai già esistenti Joint research centre di Ispra vicino a Varese, all’European food safety authority (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale, abbracciando settori importanti e correlati tra loro, quali le scienze della vita, il food e la nutrizione;

    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano non solo sarebbe un elemento di prestigio, ma potrebbe concorrere allo sviluppo e all'innovazione organizzativa, occupazionale e di prodotto, ad esempio se si pensa al campo dei farmaci innovativi e a quanto sia importante ragionare in chiave europea, e non solo nazionale, sui criteri di innovatività e sull'aspetto etico del prezzo dei farmaci, aspetti decisivi per l'accessibilità alle cure e all'universalismo del servizio sanitario nazionale;

    già in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 aprile 2017, in vista del Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017, la Camera dei deputati, con la risoluzione Rosato ed altri n. 6-00312, ha sottolineato l'importanza di un impegno di tutte le istituzioni nazionali per il sostegno della candidatura della città di Milano quale prossima sede dell'Agenzia europea per i medicinali;

    il 25 settembre 2017 una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano Giuseppe Sala si è recata a Bruxelles per promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sulla base di un dossier che evidenzia l'assoluta credibilità della proposta italiana;

    il 28 settembre 2017 la Commissione europea si è espressa in maniera analitica sui dossier presentati dalle 19 città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali e la lettura delle griglie di valutazione permette di dire che il dossier coordinato dall'incaricato speciale del Governo include tra le prime 5 città candidate Milano per corrispondenza ai criteri prioritari individuati,

impegna il Governo

1) a proseguire e intensificare l'azione di sostegno della candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali, ponendo in essere, ai più alti livelli e attraverso un'azione delle rappresentanze diplomatiche volta a raccogliere consensi da parte degli altri Stati membri dell'Unione europea, tutte le iniziative necessarie in tal senso, rappresentando questa scelta una grande opportunità culturale, economica ed occupazionale, nonché uno stimolo per la valorizzazione del patrimonio scientifico nel campo sanitario del nostro Paese.
(1-01714) (Ulteriore nuova formulazione) «Quartapelle Procopio, Gelmini, Laforgia, Lupi, Rondini, Abrignani, Marazziti, La Russa, Pisicchio, Monchiero, Alfreider, Locatelli, Binetti, Lenzi, Carnevali, Casati, Cinzia Maria Fontana, Cimbro, Alli, Vignali, Baruffi, Beni, Bernardo, Stella Bianchi, Paola Boldrini, Borghi, Braga, Carra, Carrozza, Causi, Chaouki, Colaninno, Cominelli, Crimì, Dell'Aringa, Marco Di Maio, D'Incecco, D'Ottavio, Falcone, Fragomeli, Fregolent, Garavini, Gasparini, Giachetti, Romanini, Gnecchi, Gribaudo, Guerra, Lavagno, Librandi, Lodolini, Losacco, Patrizia Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchi, Gadda, Miotto, Misiani, Moretto, Moscatt, Narduolo, Nicoletti, Patriarca, Peluffo, Piazzoni, Piccione, Mariani, Realacci, Rubinato, Giovanna Sanna, Scuvera, Senaldi, Sereni, Tabacci, Tacconi, Tidei, Venittelli, Verini, Villecco Calipari, Franco Bordo, Paola Bragantini, Squeri, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Palmieri, Ravetto, Romele, Occhiuto, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Rondini n. 1-01715 del 27 settembre 2017;

   mozione Gelmini n. 1-01718 del 3 ottobre 2017.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Castiello n. 5-12229 del 20 settembre 2017;

   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-12269 del 26 settembre 2017;

   interpellanza urgente Rondini n. 2-01967 del 3 ottobre 2017.