Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 28 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    è un diritto umano fondamentale di ogni persona, e in particolare delle donne, vivere una vita libera dalla violenza, tanto nella sfera pubblica, quanto in quella privata;

    la discriminazione nei confronti delle donne non può che essere vietata in tutte le sue manifestazioni, anche mediante il ricorso a sanzioni, così come devono essere abolite le pratiche discriminatorie nei confronti delle donne;

    necessarie misure speciali per prevenire e proteggere le donne dalla violenza basata sul genere non possono ritenersi discriminatorie;

   le politiche pubbliche dovrebbero contemplare una prospettiva di genere, attuando la parità fra donne e uomini, nonché l'autonomia e l'autodeterminazione (empowerment) delle donne;

    la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (la cosiddetta «Convenzione di Istanbul»), approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, introduce un nuovo paradigma nel definire la violenza contro le donne, dando impulso a politiche pubbliche a contrasto della stessa. In particolare, infatti, prevede: 1) la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza; 2) una nozione ampia di violenza, che comprende anche quella psicologica ed economica, e, soprattutto, l'attenzione verso la forma di violenza più diffusa, quella domestica; 3) la necessità di politiche antidiscriminatorie e che favoriscano l'effettiva parità fra i sessi al pari di misure atte alla prevenzione e al contrasto alla violenza nei confronti delle donne;

    oltre alla legge 27 giugno 2013, n. 77, concernente la Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, il Parlamento ha anche approvato la legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere; inoltre, in data 7 luglio 2015, è stato anche adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;

    la definizione «violenza nei confronti delle donne», si riferisce a tutte le forme di violenza, nei confronti delle donne ai sensi del Capitolo V della Convenzione di Istanbul, ovvero la violenza psicologica, gli atti persecutori, la violenza fisica, la violenza sessuale, compreso lo stupro, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, l'aborto forzato, la sterilizzazione forzata e le molestie sessuali. Essa si riferisce, inoltre, alla violenza domestica nei confronti delle donne, definita come la violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verifica all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore condivida, o abbia condiviso, la stessa residenza con la vittima;

    la Corte europea dei diritti umani (Cedu), ha stabilito che l'obbligo positivo di proteggere il diritto alla vita richiede che le autorità statali diano prova della dovuta diligenza, prendendo misure di prevenzione operative, a tutela della persona la cui vita sia in pericolo (in attuazione dell'articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo);

    nel nostro Paese si registra ormai un livello particolarmente preoccupante di recrudescenza nell'ambito della violenza contro le donne,

impegna il Governo:

1) ad ottimizzare al più presto le modalità di ricognizione e di denuncia del fenomeno della violenza di genere e a promuovere con urgenza misure atte ad evitare l'impunità per i responsabili di reati tanto gravi, quali quelli relativi alla violenza contro le donne;

2) ad assumere iniziative normative per rendere più agevole, snello e protetto, l'accesso, da parte delle donne vittime di violenza di genere, agli strumenti inerenti alle misure restrittive nei confronti degli aggressori e, più in generale, in ambito processuale, per garantire la priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi relativi ai reati di violenza di genere;

3) in conformità con l'articolo 31 della Convenzione di Istanbul, a promuovere un intervento normativo affinché, a fronte di separazioni e divorzi, in sede di determinazione dei diritti di custodia e di visita dei figli, si tenga conto delle condanne per maltrattamenti o stalking, ma anche di eventuali processi penali pendenti per maltrattamenti a carico del padre in danno della madre, nonché per escludere l'affidamento condiviso dei figli, ove risultino precedenti di violenze nelle coppie che si separano, in particolare prevedendo che i maltrattamenti costituiscano causa di esclusione dell'affido condiviso;

4) ad assumere iniziative normative per escludere il ricorso ai sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, quali la mediazione e la conciliazione, nei casi di violenza di genere contro le donne, sistemi vietati dall'articolo 48 della Convenzione di Istanbul, in quanto presuppongono una situazione di parità delle parti, ontologicamente esclusa nelle situazioni di violenza, anche rispetto ai casi di stalking qualificati come «meno gravi» – che potrebbero invece sfociare e tradursi, di fatto, in forme gravi di violenza contro le donne – nonché per far sì che, rispetto a tali casi, l'istituto introdotto dall'articolo 162-ter del codice penale, relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, non sia applicabile;

5) a promuovere al più presto politiche pubbliche per contrastare l'impatto cumulativo e la intersezione tra atti razzisti, xenofobici e sessisti contro le donne;

6) ad istituire una Commissione di studio sulle cause strutturali della violenza di genere contro le donne;

7) ad incrementare, utilizzando i più rapidi strumenti normativi a disposizione, le politiche pubbliche volte all’empowerment femminile;

8) ad assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per sanare le disparità regionali e locali inerenti alla disponibilità e alla qualità dei servizi di protezione, compresi i rifugi per le donne vittime di violenza, nonché rispetto alle forme di discriminazione contro le donne vittime di violenza che appartengono a minoranze.
(1-01716) «Martelli, Roberta Agostini, Bossa, Simoni, Albini, Duranti, Murer, Nicchi, Ricciatti, Rostan, Cimbro, Scotto, Laforgia, Speranza, Piras, Ferrara, Zaratti, Quaranta, Franco Bordo, Giorgio Piccolo, Folino, Mognato, Zappulla, Formisano, Zoggia, Matarrelli, Lacquaniti, Ragosta, Kronbichler, Leva, Fontanelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   il Dipartimento della protezione civile, operando in stretto raccordo con le regioni e le province autonome, si occupa di tutte le attività volte alla previsione e alla prevenzione dei rischi, al soccorso e all'assistenza delle popolazioni colpite da calamità, al contrasto e al superamento dell'emergenza, alla mitigazione dei rischi. In particolare, si occupa quotidianamente di previsione e prevenzione dei rischi naturali e antropici, garantendo il funzionamento del Sistema di allertamento nazionale per il rischio idraulico e idrogeologico, attraverso il Centro funzionale centrale e la rete dei centri funzionali decentrati, in capo a regioni e province autonome, che si occupano delle attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza in tempo reale dei fenomeni meteo e idro (legge n. 225 del 1992; legge n. 100 del 2012, legge n. 119 del 2013);

   per assicurare l'efficienza del sistema di allertamento nazionale, il decreto-legge n. 74 del 2014 era già intervenuto individuando, una tantum, un contributo statale per l'esercizio finanziario 2014 pari a 6 milioni di euro a valere sulle risorse finanziarie all'uopo accantonate nel «Fondo nazionale per la Protezione Civile» (successivamente rinominato «Fondo per le Emergenze Nazionali» ex legge n. 119 del 2013). Tali risorse, attraverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 maggio 2015, erano state ripartite in quota proporzionale alla consistenza, ormai superata, censita al 31 dicembre 2013, di stazioni e impianti radar, i cui dati vengono trasmessi con continuità al Dipartimento della protezione civile, al fine della condivisione delle informazioni nell'ambito del sistema di allertamento nazionale di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004 recante «indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico e idraulico ai fini di protezione civile»;

   per la natura eccezionale di tale finanziamento, ed in considerazione delle economie di bilancio a cui le regioni e le province autonome sono spesso costrette, il Sistema di allertamento nazionale, in assenza di un canale di finanziamento costante destinato alla manutenzione sistematica ed altresì allo sviluppo connesso all'avanzamento delle tecnologie di rilevamento, risulta tuttavia soggetto ad inevitabile obsolescenza, ponendo a rischio l'efficacia stessa dell'attività di previsione e prevenzione dei rischi in capo al Dipartimento e quindi prefigura un rischio di ricorso più frequente alla dichiarazione dello stato di emergenza e quindi all'utilizzo maggiore di risorse a carico del Fondo per le emergenze nazionali;

   il Fondo per le emergenze nazionali, la cui dotazione è determinata annualmente dalla legge di stabilità (ex articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 196 del 2009), potrebbe essere il veicolo normativo da utilizzarsi, in riferimento a quanto già disposto in passato ai sensi del decreto-legge n. 74 del 2014, per rendere disponibile il finanziamento, a cadenza annuale, finalizzato alla gestione, alla manutenzione, allo sviluppo e all'ammodernamento delle reti di osservazione idrometeorologica al suolo e della rete dei radar meteorologici utilizzate dai centri funzionali regionali operanti nel sistema nazionale di allertamento;

   il valore della gestione e manutenzione della rete nazionale di stazioni ed impianti radar, in relazione alla sua consistenza attuale, si stima essere di 20 milioni di euro. Tale valore deve essere incrementato del 50 per cento per il finanziamento annuale necessario per lo sviluppo e l'ammodernamento della rete stessa, in considerazione dell'avanzamento delle tecnologie a disposizione a cui il sistema nazionale di allertamento dovrebbe adeguarsi per mantenere standard qualitativi di alto livello;

   l'evidente e non più sporadico aumento delle calamità naturali e delle problematiche connesse sui nostri territori, nella frequenza e nella gravità, come dimostrato purtroppo da eventi quali quello di Rigopiano in Abruzzo o quello più recente a parimenti drammatico di Livorno, costati la vita nel primo caso a 29 persone e nel secondo caso a 7;

   si rileva la prospettiva futura di una ulteriore estremizzazione dei fenomeni meteorologici e dei conseguenti effetti al suolo, conseguente al cambiamento climatico in atto;

   il monitoraggio in tempo reale ed il controllo dei territori sono i principali strumenti di prevenzione disponibili, sia perché facilitano la gestione tempestiva delle allerte o per la corretta gestione delle opere di difesa a disposizione (utilizzo effettivo in tempo reale) sia perché permettono il corretto dimensionamento delle stesse opere di difesa in fase progettuale (utilizzo del dato in tempo differito);

   il finanziamento richiesto dovrebbe essere corrisposto a cadenza annuale per un importo pari al 50 per cento del valore totale dei costi di gestione, manutenzione, sviluppo e ammodernamento della rete –:

   se il Governo ritenga utile ed opportuno, per garantire la piena efficienza, efficacia e funzionalità del Sistema di allertamento nazionale per il rischio idraulico e idrogeologico, assumere iniziative, nell'ambito delle predisposizione del prossimo disegno di legge di stabilità, per prevedere uno stanziamento annuale ricorsivo pari a 15.000.000 di euro, in modo da soddisfare le esigenze essenziali per il cofinanziamento, come sopra ampiamente motivato.
(2-01956) «Fusilli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (di seguito Ansf ha competenza sul sistema ferroviario nazionale, comprese le linee regionali elencate nell'allegato A del decreto 5 agosto 2016, e svolge i compiti (normativi, autorizzativi e di controllo) e le funzioni per essa previsti dalla direttiva 2004/49/CE e richiamati all'articolo 6 del decreto legislativo n. 162 del 2007;

   la medesima agenzia ha adottato, ai sensi dell'articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012 n. 190, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice adottato dal Governo con il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62;

   quest'ultimo decreto impone espressamente che i dipendenti debbano rispettare, fra gli altri, i principi di integrità, correttezza, buona fede, obiettività, trasparenza ed agire in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi;

   nella stessa direzione il codice dell'Ansf, recependo le indicazioni fornite dall'Autorità nazionale anticorruzione con delibera n. 75 del 2013 e dal dipartimento della funzione pubblica con il Piano nazionale anticorruzione (PNA) 6 deliberato dall'Anac in data 11 settembre 2013 (delibera n. 72 del 2013), impone l'obbligo di comunicazione di interessi finanziari e di ipotesi di conflitto di interesse da cui deriva in prima istanza un obbligo di astensione;

   a questo quadro prescrittivo si aggiungono le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 recante la disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico;

   dall'organigramma dell'Agenzia stessa risulta che il dirigente del Settore amministrazione affari legali e finanza è l'ingegnere Marco D'Onofrio che, tuttavia, risulta altresì amministratore unico della Società di trasporto pubblico, Ferrovie della Calabria s.r.l. –:

   se il Governo sia a conoscenza della circostanza riferita nelle premesse circa il doppio incarico ricoperto dall'ingegner D'Onofrio e se risultino assolti i dovuti oneri di comunicazione disposti dalla legge;

   se il Governo intende assumere iniziative per verificare, con riferimento alla suddetta nomina, la sussistenza di un eventuale conflitto di interessi, anche al fine del rispetto dei princìpi di trasparenza, indipendenza ed imparzialità;

   se il Governo ritenga opportuno inviare una segnalazione all'Autorità nazionale anti corruzione ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 39 del 2013, al fine di avere un suo parere circa la possibile sussistenza di ipotesi di incompatibilità o inconferibilità con riguardo al conferimento del suddetto incarico.
(5-12331)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 7 luglio 2017, durante il G20 di Amburgo, sei ragazzi italiani sono stati arrestati dalle forze dell'ordine tedesche;

   Maria Rocco 23 anni, Riccardo Lupano 32 anni, Emiliano Puleo di 30, Orazio Sciuto 31, Alessandro Rapisarda 25, sono stati trasferiti nel carcere di Billwerder. Fabio Vettorel, 18 anni, è invece detenuto nel carcere minorile di Hahnofersand;

   in particolare, Maria Rocco e Fabio Vettorel, due giovani bellunesi, pare siano stati arrestati mentre prestavano soccorso ad una ragazza rimasta ferita;

   nessuno dei nostri connazionali arrestati è stato comunque colto in flagrante;

   a fine luglio 2017, a seguito di una nota dell'interrogante in cui chiedeva informazioni e aggiornamenti sulla vicenda, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha assicurato il pieno interesse sulla vicenda e garantito il contatto continuo con il consolato generale e con le autorità tedesche al fine di far luce sulla vicenda;

   è indispensabile che le istituzioni italiane, per quanto di loro competenza, si impegnino a far luce su quanto avvenuto e sulle eventuali responsabilità, così da poter comprendere le reali dinamiche e le motivazioni dell'arresto dei nostri connazionali;

   a seguito della scarcerazione di Maria Rocco avvenuta il 10 agosto 2017, risulta ancor più incomprensibile la detenzione prolungata dell'altro ragazzo bellunese, Fabio Vettorel –:

   se il Ministro interrogato abbia messo in atto tutte le iniziative necessarie a capire le reali dinamiche che hanno portato all'arresto dei nostri connazionali e a chiarire in modo definitivo la posizione di Fabio Vettorel, ancora detenuto in custodia preventiva da oltre due mesi, così da garantirgli la giusta tutela e la scarcerazione.
(5-12323)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la regione Sardegna, dopo la richiesta di opposizione presentata dall'interpellante, ha chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fermare le procedure di valutazione di impatto ambientale del rigassificatore di ISGas nell'oasi naturale Santa Gilla a Cagliari;

   la regione ha agito in gravissimo ritardo, poiché la scadenza per tale ricorrenza era prevista per il 18 agosto 2017; è stato richiesto di sospendere le procedure di valutazione di impatto ambientale del deposito di Gnl e rigassificatore davanti alla città di Cagliari;

   con una comunicazione inviata con un ritardo di un mese rispetto alla scadenza, un mese dopo la comunicazione di opposizione dell'interpellante, il direttore generale dell'assessorato regionale all'ambiente ha chiesto lo stop alla procedura di valutazione di impatto ambientale dell'impianto;

   si tratta di un governo regionale, che si pone per l'interpellante ancora in ritardo, visto che chiede più tempo per una valutazione definitiva nonostante esistano elementi decisivi per vietare quel rigassificatore a due passi da Cagliari;

   si tratta ancora una volta per l'interpellante di una posizione debole e tardiva dinanzi alla devastazione di un'oasi naturale come Santa Gilla;

   la regione ha competenza primaria su quell'area e deve senza mezzi termini fermare quell'operazione. Quel che sorprende è che su un tema del genere si registri il totale silenzio del sindaco di Cagliari;

   si tratta di una «bomba» da quasi 30 mila metri cubi di gas dentro il parco di Santa Gilla, a due passi da Cagliari, con il porto canale destinato a chiudere per lasciar spazio ad una fallimentare pompa di carburante;

   l'operazione è stata condotta secondo l'interpellante in gran segreto, come si conviene a queste azioni, e l'annuncio del «blitz» su Cagliari, non a caso, è stato pubblicato solo su Repubblica e sul quotidiano del Nord Sardegna;

   un polo da 18 serbatoi di dimensioni ciclopiche che potrebbero essere posizionati proprio a ridosso dello stagno di Santa Gilla a diretto contatto con l'area di San Paolo;

   un progetto di impatto devastante sia sul piano ambientale che su quello della sicurezza, considerata la vicinanza dello stesso al centro abitato della capitale della Sardegna;

   il piano costituisce l'ennesima dimostrazione secondo l'interpellante che il governo regionale ha inteso bloccare il metanodotto Algeria-Sardegna-Europa per mettere la Sardegna, di fatto, sotto scacco del coop rosse;

   il progetto è, infatti, presentato dal raggruppamento delle coop romagnole che operano attraverso la ISGas;

   questo progetto comporterà un chiarissimo ridimensionamento del porto canale che già nelle previsioni del progetto prevede un transito di 20/25 navi container al mese;

   a questo si aggiunge che questo vai e vieni di navi metaniere dentro il porto canale di Cagliari va ad incidere sulla vita del porto terminale in modo devastante e costituisce un gravissimo pericolo per il traffico nel sistema portuale di Cagliari, con particolare riferimento a navi da crociere e navi passeggeri di continuità territoriale;

   tutto questo senza alcuna certezza sui costi del gas considerato che l'approvvigionamento con navi e poi su gommato oltre ad un pericolo rischi elevatissimo, si concretizza con oneri elevatissimi per i quali non esiste nessun provvedimento di equiparazione al resto del sistema italiano;

   l'approvvigionamento via mare e la realizzazione di rigassificatori Gnl come quello proposto dalle coop rosse è in totale contrasto con tutte le normative paesaggistiche-urbanistiche ambientali della regione Sardegna;

   l'impatto di navi metaniere sulla Sardegna su porti non esclusivamente preposti costituisce un problema di grave natura non solo concettuale ma anche sul piano della sicurezza;

   è fin troppo evidente che tale promiscuità sulle realtà portuali della Sardegna, e quella di Cagliari in particolar modo, incide non poco sulla sicurezza del trasporto passeggeri, vale per tutte la nefasta tragedia di Livorno con la collisione tra la Moby Prince e l'Agip Abruzzo;

   non risulta in vigore una normativa atta a garantire, anche in caso di situazioni diverse da quella del Galsi e comunque minimaliste rispetto alle esigenze di approvvigionamento e strategicità, l'equilibrio di tariffe di approvvigionamento, considerati i costi maggiori che si genererebbero con un trasporto via nave e via gommato –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare la realizzazione dell'impianto IsGas di cui in premessa;

   se non ritengano di dover assumere iniziative normative e regolamentari che impediscano la promiscuità portuale di attività di natura industriale, energetica e commerciale e per il trasporto di passeggeri;

   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza affinché possano essere sottoposti a procedure di valutazione di impatto ambientale solo progetti che abbiano ricevuto un preventivo inquadramento nell'ambito di progetti più ampi di valutazione ambientale strategica anche di natura energetica.
(2-01955) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MINNUCCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) negli ultimi mesi si è interessato alla grave crisi idrica che ha colpito il lago di Bracciano e che è oggetto di accese discussioni in ambito istituzionale;

   in particolare, nel mese di luglio 2017 l'Ispra ha effettuato dei sopralluoghi, volti a verificare le condizioni del bacino idrico e del suo ecosistema, in relazione ai quali ha redatto una relazione;

   dal mese di agosto 2017, l'interrogante ha più volte richiesto ufficialmente, sia all'Ispra sia al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di avere una copia della predetta relazione. A tale richiesta, però, non è mai seguita alcuna risposta e, ad oggi, di essa non vi è traccia e nessuno dei soggetti interessati, e coinvolti nella vicenda che vede protagonista il lago di Bracciano, è riuscito a visionarla;

   tale atteggiamento, che ormai si protrae immotivatamente da diverse tempo, non può essere ulteriormente tollerabile, essendo contrario al diritto dei cittadini alla libertà di informazione (oggi peraltro ulteriormente garantita dal decreto legislativo n. 97 del 2016, in materia di trasparenza), ed essendo, peraltro, evidentemente ostativo al raggiungimento di qualsiasi soluzione che possa salvaguardare sia il lago ed il suo ecosistema, sia gli interessi oggettivamente coinvolti, quali la garanzia dell'approvvigionamento idrico della città di Roma e di molti altri comuni della sua provincia-:

   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al fine di permettere che la relazione redatta dall'Ispra sia accessibile a chi ne faccia richiesta debitamente motivata.
(5-12321)


   DURANTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il «Riesame della autorizzazione integrata ambientale n. DVA/DEC/2011 del 4/08/2011 rilasciata per l'esercizio dello stabilimento siderurgico della società ILVA S.p.A. ubicato nei comuni di Taranto e di Statte» del 26 ottobre 2012 prevede – all'articolo 1, comma 22, che «Si prescrive all'ILVA s.p.a., su specifica richiesta dei Sindaci dei comuni di Taranto e Statte, di garantire alle medesime autorità comunali il ristoro degli oneri derivanti ai comuni della pulizia delle strade prospicienti lo stabilimento e di tutte le aree pubbliche del quartiere Tamburi.»;

   come si apprende anche da fonti giornalistiche, il comune di Taranto – nel pieno rispetto della previsione di norma di cui al paragrafo precedente – ha provveduto alla richiesta all'azienda Ilva del credito risarcitorio relativo al rimborso dei costi di pulizia e spazzamento delle aree limitrofe allo stabilimento, con particolare riferimento quindi al quartiere Tamburi; il costo stimato è di 800 mila euro per il periodo compreso fra aprile 2012 e maggio 2015;

   i commissari straordinari dell'Ilva, nel motivare il diniego alla richiesta risarcitoria, hanno fra le altre cose specificato che: «riguardo alle spese che sarebbero state sostenute dal Comune di Taranto in ragione della asserita violazione delle prescrizioni AIA da parte dell'ILVA e delle asserite emissioni/immissioni derivanti dall'attività industriale delle stesse, non risulta dimostrata né la pretesa violazione della prescrizione AIA da parte della società, né il nesso di casualità diretta tra l'attività svolta dalla società e l'affermata necessità di sostenere le spese oggetto di insinuazione, né la straordinarietà delle stesse rispetto all'ordinaria attività di pulizia svolta dalla ricorrente, né, infine, l'ammontare delle spese effettivamente sostenute ed astrattamente imputabili alla società»;

   a detta dell'interrogante la decisione presa, oltre a porsi in contrasto con la normativa vigente, sottende – nelle motivazioni – la negazione della pesantissima azione inquinante della azienda Ilva (con particolare incidenza nel quartiere Tamburi), al contrario ampiamente dimostrata in diverse sedi negli ultimi anni -:

   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché si provveda immediatamente al pagamento del risarcimento dovuto al comune di Taranto da parte dell'Ilva.
(5-12327)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 14 della direttiva europea 2008/98/CE stabilisce il principio «chi inquina, paga», volto a distribuire in modo equo i costi di gestione dei rifiuti tenendo conto, implicitamente, del fatto che chi produce più rifiuti debba ovviamente pagare di più;

   il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4756/2013, ha ulteriormente affermato che il principio «chi inquina paga», previsto anche dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea trova immediata e diretta applicazione nella legislazione nazionale, e deve ritenersi costituzionalizzato, in forza del nuovo articolo 117, comma 1, della Costituzione. Tale principio, venendo incontro alla necessità che siano gli operatori economici a sopportare i costi dell'inquinamento prodotto, mira a ripartire equamente i costi legati all'inquinamento ambientale, in applicazione del principio di proporzionalità;

   l'autorità d'Ambito Ato Toscana Sud ha approvato le tariffe di conferimento da parte dei comuni agli impianti di gestione dei rifiuti urbani delle province di Arezzo, Siena e Grosseto per l'anno 2017, fissando, a quanto consta agli interroganti, tre scaglioni di costo a tonnellata inversamente proporzionale alla quantità di rifiuti conferiti: in pratica, i comuni che producono più rifiuti pagano una tariffa inferiore rispetto a quelli che ne producono di meno, dal momento che nell'elaborazione del corrispettivo non si è tenuto conto del principio di proporzionalità, ma si è unicamente suddiviso il totale dei costi di gestione di ciascun impianto per delle quantità ipotetiche di rifiuti, configurando dunque a giudizio degli interroganti una misura che si pone in contrasto con la suddetta direttiva europea;

   da fonti di stampa si apprende che la delibera di giunta della regione Calabria n. 344/2017 ha fissato tariffe di conferimento in discarica crescenti all'aumentare della percentuale di raccolta differenziata, rispondendo alla stessa logica di ammortamento dei costi di gestione dell'impianto citata in precedenza anziché al principio di proporzionalità sancito dalla suddetta direttiva europea e ribadito dal Consiglio di Stato-:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda promuovere in relazione al rispetto del principio «Chi inquina, paga», di cui alla direttiva europea 2008/98/CE anche al fine di scongiurare l'ennesima procedura d'infrazione europea riguardante la gestione dei rifiuti in Italia.
(4-17966)


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il reato contestato e prescritto a carico di quattordici imputati nel processo sui rifiuti pericolosi sepolti in località «Tranquilla», nel sito dell'ex fornace, a San Calogero, centro posto all'estremo Sud della provincia di Vibo Valentia, è quello di «disastro ambientale colposo»;

   dopo cinque anni di rinvii, tra scioperi degli avvocati e mancanza di giudici, non è stato possibile nemmeno dichiarare l'intervenuta prescrizione per mancanza del giudice titolare;

   in località «Tranquilla» non è mai stata avviata la bonifica. Lì continuano a rimanere sepolte 130 mila tonnellate di rifiuti provenienti dalle centrali termoelettriche a carbone Enel di Brindisi, Priolo Gargallo e Termini Imerese, ritenuti fortemente inquinanti e pericolosi in quanto di derivazione industriale. Si tenga presente che lo smaltimento, per via della presenza di due corsi d'acqua, potrebbe avere ripercussioni molto pesanti sull'ambiente;

   la mega-discarica – ritenuta dagli esperti la più pericolosa d'Europa – è al centro di un giro d'affari di assoluto rilievo: oltre 18 milioni di euro, sarebbero stati spesi per lo smaltimento dei fanghi nella vecchia fabbrica di laterizi, come emerso all'epoca dell'inchiesta –:

   di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, con riferimento alla richiamata vicenda e in particolare sulla presenza di rifiuti pericolosi sepolti in località «Tranquilla», nel sito dell'ex fornace, a San Calogero;

   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente per compiere verifiche sullo stato di inquinamento ambientale della zona sopracitata, anche al fine di tutelare il diritto alla salute dei cittadini delle aree coinvolte.
(4-17968)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel 2007, la Trazzani Energy srl ha chiesto e ottenuto il via libera dalla Soprintendenza archeologica della Calabria per la realizzazione di un parco eolico costituito da 11 aerogeneratori, per una potenza prevista di 9,35 mw, a Tiriolo, piccolo centro della Sila piccola, in provincia di Catanzaro, le cui antiche origini sono ben testimoniate dal parco archeologico di Gianmartino;

   a partire dal marzo 2012, sono stati realizzati alcuni saggi di scavo, ai quali, nel 2014, sono seguiti degli approfondimenti che hanno portato alla scoperta, prima di «evidenze strutturali riconducibili ad una probabile cinta muraria» e poi di «evidenze strutturali pertinenti ad almeno due edifici di fine IV-inizio III secolo a. C. e resti murari riconducibili a due differenti contesti di età medievale»;

   ad aprile 2016, con la dichiarazione d'interesse culturale e l'apposizione del vincolo sull'area, la Soprintendenza ha, di fatto, impedito la prosecuzione dei lavori;

   la Trazzani è ricorsa al Tar che, in data 20 luglio 2017, ha annullato gli atti di divieto della Soprintendenza, «colpevole» di aver cambiato idea nel 2016, dopo che nel 2008 aveva autorizzato il progetto con i ritrovamenti archeologici già oggetto di valutazioni confluite poi nel parere positivo reso dalla conferenza dei servizi;

   le principali fonti di ricchezza del territorio sono costituite dall'agricoltura e dal turismo. La realizzazione del parco, oltre ad oscurare la splendida visione che offre Tiriolo del tramonto sulle Isole Eolie (con lo Stromboli fumante) e sull'Etna, fa venir meno la vocazione turistica dell'area con conseguenze disastrose per l'economia di imprese agricole, turistiche e agrituristiche;

   l'interrogante ribadisce ancora una volta che il proliferare di parchi eolici in Calabria altro non fa se non deturpare luoghi incontaminati, svendendo il territorio ed ipotecandone lo sviluppo futuro all'insegna della mera speculazione mascherata da progresso tecnologico ad emissioni zero –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di salvaguardare le aree di elevato valore archeologico e paesaggistico descritte nelle premesse.
(4-17957)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 20 settembre 2017, Agis (associazione generale italiana dello spettacolo) e Confcommercio (Confederazione generale italiana delle imprese, delle attività professionali e del lavoro autonomo) hanno presentato il rapporto «La ricaduta degli eventi culturali e dello spettacolo» realizzato da Ciset (Centro internazionale di studi sull'economia turisica), ossia un'analisi sulle imprese culturali e creative ed, in particolare, sull'influenza che gli eventi culturali possono produrre in favore dello sviluppo dei territori. Nel corso dell'evento, tra l'altro, è stato firmato un protocollo d'intesa tra le due organizzazioni;

   nello specifico, la relazione menzionata propone un quadro generale sui principali impatti prodotti da grandi, medi e piccoli eventi, a partire dai risultati di precedenti studi condotti dal Ciset su avvenimenti di varia natura e dimensione (dalle olimpiadi alle capitali europee della cultura, dalle grandi mostre a festival e rassegne letterarie, teatrali, musicali o legate al folklore locale);

   in secondo luogo, la relazione si focalizza sugli eventi legati al mondo della cultura e dello spettacolo attraverso la presentazione di tre casi di studio particolarmente di successo in termini di ricadute sul territorio ospitante;

   i tre casi selezionati sono: Notte della Taranta, «una serie di concerti all'insegna della taranta, musica popolare salentina, che si tengono ad agosto in diverse località del Salento per terminare con il concertone finale a Melpignano (a Lecce in Puglia); Time in Jazz, festival di musica jazz che si svolge ogni anno ad agosto principalmente nella piccola località di Berchidda (a Sassari in Sardegna); Home Festival, una settimana di concerti di musica pop rivolti prevalentemente al pubblico giovane che si tiene ogni anno a Treviso (in Veneto) ai primi di settembre. Considerando che il 2017 è l'Anno dei Borghi, i tre casi sono, inoltre, significativi in quanto localizzati in piccoli comuni o comunque in località meno conosciute e rappresentano quindi una buona pratica di integrazione e valorizzazione delle tradizioni locali e di promozione delle destinazioni turistiche minori»;

   il rapporto è stato ripreso anche da un articolo pubblicato sul sito online www.guidaviaggi.it il quale ha evidenziato come «gli eventi artistici e culturali hanno sul territorio effetti positivi anche a distanza di anni e che un euro speso per l'organizzazione dell'evento stesso produce 14 euro di spesa dei visitatori e 5 euro di valore aggiunto. I benefici economici si ripercuotono quindi su tutti i settori legati al soggiorno come gli acquisti, gli spostamenti con mezzi pubblici, divertimenti e quant'altro il partecipante voglia consumare»;

   il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha dichiarato, presentando il protocollo d'intesa con Agis, come sia fondamentale investire nella cultura, e nello specifico «proprio gli eventi artistici e culturali possono favorire sia soggiorni più lunghi, sia la destagionalizzazione della domanda. Turismo, cultura e commercio sono tre dimensioni dello stesso oggetto. Promuovere la cultura della crescita nel nostro Paese significa promuovere la cultura in generale, perché il settore conta tantissime imprese, genera Pil e indotto. La cultura poi è l'acqua che fa girare il mulino della creatività su cui si fonda il Made in Italy ed è il carburante del turismo italiano»;

   in relazione ai risultati positivi, registrati nel settore turistico durante la stagione estiva, il manager ha aggiunto come occorra continuare a lavorare «esattamente come fanno i nostri competitor che non smettono mai di cercare nuove soluzioni e nuove iniziative. (...) Confcommercio chiede da tempo politiche che aiutino la destagionalizzazione e la diversificazione, oltre a una comunicazione e una promozione efficaci all'estero, in grado di sfruttare il traino delle città d'arte per far conoscere l'intero Paese»;

   secondo il presidente di Agis Carlo Fontana «è inquietante che il 33 per cento di italiani non partecipino ad alcun evento di spettacolo. Vuol dire che il settore ha bisogno di una forte iniezione di formazione. (...).»;

   il protocollo d'intesa siglato dalle due organizzazioni vuole essere «un segnale deciso da parte del mondo della rappresentanza sull'importanza di ampliare i propri orizzonti e il proprio raggio di azione» nel settore turistico –:

   quali iniziative, per quanto di competenza intenda attuare il Ministro interrogato al fine di incentivare lo sviluppo e la promozione degli eventi culturali sul territorio, contribuendo a destagionalizzare e diversificare la domanda ed attrarre maggiori investimenti nel settore turistico;

   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di incentivare politiche di valorizzazione e promozione delle tipicità locali in chiave turistico-produttiva per contribuire a destagionalizzare la domanda turistica sul territorio, offrendo al visitatore un'esperienza diversa e formativa.
(4-17961)


   VACCA, D'UVA, BRESCIA, SIMONE VALENTE e BONAFEDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 18 novembre 2005, è stato istituito l'Imt (Istituzioni, mercati, tecnologie) Alti Studi, con sede a Lucca. L'Imt è un istituto statale di istruzione universitaria, di ricerca e di alta formazione, con ordinamento speciale, inserito nel sistema universitario italiano;

   la professoressa Maria Luisa Catoni è professore ordinario presso l'Imt di Lucca;

   con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo n. 69 del 3 febbraio 2016 la professoressa Catoni è stata nominata direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo per la durata di 4 anni;

   ai sensi dell'articolo 6, comma 10 della legge del 30 dicembre 2010, n. 240, i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere, previa autorizzazione del rettore, compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza; è opportuno sottolineare che la chiara volontà del legislatore mira ad esigere dal professore a tempo pieno una completa dedizione a quelli che sono i compiti istituzionali;

   ai sensi dell'articolo 53, comma 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal decreto stesso;

   non si conosce, allo stato attuale, se la professoressa Catoni sia in regime di tempo definito, tempo pieno o in aspettativa;

   il compenso lordo che percepisce la professoressa Catoni per la carica di direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo sarebbe pari a 150.000 euro come da delibera n. 2 del 25 novembre 2016 del Consiglio di gestione e l'indennità annua di avvio della scuola sarebbe pari a 30.000 euro –:

   se l'incarico di cui in premessa sia stato conferito con scelta diretta e discrezionale da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e se siano stati considerati altri curriculum di possibili candidati;

   in caso di selezione tra vari curricula, quali siano state le altre posizioni valutate e quali siano stati i criteri di scelta che hanno condotto alla nomina della professoressa Catoni;

   se il Ministro interrogato nel conferire l'incarico direttore della scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia verificato preventivamente le eventuali situazioni di incompatibilità, ai sensi della normativa vigente, della professoressa Catoni ed in particolare in virtù del suo ruolo di professore ordinario presso l'Imt di Lucca e, in caso negativo, se intenda assumere iniziative in tal senso;

   se la professoressa Catoni sia in regime a tempo definito, aspettativa o a tempo pieno;

   in caso di riscontrata incompatibilità, quali iniziative di competenza intenda adottare;

   se i Ministri interrogati non intendano avviare specifiche iniziative normative volte a migliorare la disciplina sull'incompatibilità tra la carica di professore universitario e altri incarichi pubblici ed in particolare vietando espressamente il regime a tempo pieno di professore universitario con incarichi parificati a quelli di dirigenti delle pubbliche.
(4-17967)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   nel corso dell'estate 2017 in Italia si sono verificati numerosi incendi che, spesso, hanno raggiunto notevoli dimensioni fino a distruggere migliaia di ettari di boschi con conseguente danno anche alla fauna sia direttamente che indirettamente;

   uno degli incendi più imponenti si è sviluppato in Abruzzo a partire dal 19 agosto 2017 fino a protrarsi agli inizi di settembre all'interno del Parco nazionale della Majella sul monte Morrone, distruggendo circa 3.000 ettari;

   gli incendi sono stati innescati dolosamente e ripetutamente in zone inaccessibili, apparentemente, con un preciso intento criminale, ma sono stati favoriti anche dalla siccità, dalle condizioni climatiche, dalla scarsa manutenzione delle aree e dall'inefficienza degli interventi;

   sono apparse subito gravi l'inadeguatezza e l'inefficienza degli interventi di spegnimento degli incendi, tant'è che le fiamme si sono protratte per oltre 2 settimane;

   in particolare, come evidenziato da numerosi organi di informazione locale e nazionale, è stata del tutto inadeguata la regia e il coordinamento degli interventi di emergenza, nonché degli operatori sul campo. È stato inoltre, evidenziato che vi siano responsabilità indirette del Governo per l'accaduto;

   sono stati altresì evidenziati i possibili effetti negativi della cosiddetta riforma Madia e del decreto legislativo n. 177 del 2016 che ha disposto il riassorbimento e la riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato;

   secondo notizie di stampa, ad esempio, sembra che 28 dei 32 elicotteri antincendio che erano in dotazione alla Forestale sarebbero rimasti inutilizzati durante le emergenze a causa dell'attuazione delle disposizioni della riforma Madia;

   è evidente che, di fatto, sono stati ridimensionati gli strumenti e le competenze in materia o tali strumenti sono stati male utilizzati, con la totale assenza di una cabina di regia adeguata a gestire tali emergenze;

   a giudizio degli interroganti lo smembramento del Corpo Forestale dello Stato è stato un atto dannoso ed evitabile che denota la scarsa capacità politica e l'inadeguatezza del Governo di attuare le riforme che la sua stessa maggioranza parlamentare ha fortemente voluto. In particolare, la fusione a freddo con l'Arma dei carabinieri ha fatto disperdere la grande esperienza e specializzazione sul piano della prevenzione, del monitoraggio e del contrasto delle emergenze ambientali e degli incendi, nonché ha depotenziato mezzi e strumenti;

   appare critico anche il passaggio delle funzioni del Corpo forestale dello Stato in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento ai Vigili del fuoco, in quanto non preparati a contrastare e gestire queste situazioni del tutto specifiche –:

   quanti siano gli attuali mezzi operativi e a disposizione delle Forze armate e di altri corpi dello Stato per gestire le emergenze incendi e quanti erano prima dell'attuazione del decreto legislativo n. 177 del 2016;

   se corrisponda al vero che molti mezzi che erano a disposizione del Corpo Forestale dello Stato siano rimasti inutilizzati durante la recenti fasi di emergenza e, in caso affermativo, quanti e per quale motivo;

   a quanto corrisponda il personale attualmente a disposizione dello Stato con la qualifica e la funzione di direttore delle operazioni di spegnimento, incarico attribuito in passato a unità del Corpo forestale dello Stato;

   a quanto corrispondono attualmente le unità di personale dedite alle attività di contrasto agli incendi boschivi e quante erano precedentemente all'attuazione della cosiddetta riforma Madia;

   quali siano state le fasi d'intervento in occasione dell'emergenza incendi sul Monte Morrone ed, in particolare, chi abbia diretto la cabina di regia, con quali tempi, con quali mezzi a disposizione, quanto personale sia stato utilizzato, con quali competenze, e da quali organi e corpi dello Stato;

   quanti siano stati gli interventi in volo dei Canadair, e con quali spese extra rispetto a quanto previsto dall'attuale contratto di gestione ed operatività della flotta, per la gestione dell'emergenza sul Monte Morrone nonché per il totale delle emergenze contro gli incendi boschivi;

   quanti siano stati gli interventi in elicottero sia sul Monte Morrone che nel totale degli interventi di emergenza contro gli incendi boschivi della stagione estiva 2017, a quale corpo o arma erano attribuiti i mezzi utilizzati;

   se il Governo non ritenga urgente e necessario assumere iniziative normative per correggere gli evidenti errori causati dall'assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altri comparti, ripristinando un comparto o un corpo con le funzioni, le competenze, i mezzi, gli strumenti e il personale che erano propri del Corpo forestale dello Stato, con il fine di raggiungere almeno i livelli di operatività precedenti allo scioglimento del suddetto corpo;

   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per finanziare adeguatamente i parchi nazionali con il fine di creare sufficiente ed adeguato personale per la gestione, la manutenzione e la cura delle aree del parco;

   se e quali siano le azioni che il Governo intenda promuovere per la prevenzione degli incendi.
(2-01957) «Vacca, Del Grosso, Colletti, L'Abbate, Terzoni, Daga, Massimiliano Bernini».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLA BOLDRINI, BRATTI, MANZI, DONATI, AMATO, PETRINI, CARRESCIA, MONTRONI, D'INCECCO e MARCHETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 59 del 2016, convertito dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, contiene norme che regolano il rimborso degli investitori che hanno acquistato gli strumenti finanziari subordinati emessi da Banca delle Marche Spa, da Banca popolare dell'Etruria e del Lazio Società cooperativa, da Cassa di risparmio di Ferrara Spa e da Cassa di risparmio della provincia di Chieti spa, poste in risoluzione a novembre 2015;

   tra le misure previste dal citato decreto c'è la possibilità per gli investitori delle predette banche di poter accedere al Fondo di solidarietà istituito dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 857, lettera d), della legge 28 dicembre 2015, n. 208) ai fini dell'erogazione di un indennizzo forfettario, fermo restando il rispetto di due alternativi requisiti: un patrimonio mobiliare di proprietà di valore inferiore a 100.000 euro o un ammontare del reddito lordo ai fini Irpef, nell'anno 2015, inferiore a 35.000 euro;

   in relazione agli investitori che non abbiano inteso accedere a tale misura di ristoro semplificata, l'articolo 9, comma 10, decreto-legge n. 59 del 2016, convertito dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, prevede la possibilità alternativa di ricorrere alla procedura arbitrale di cui ai commi da 857 a 861 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016, le cui modalità sono state disciplinate con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 83 del 2017;

   il decreto ministeriale n. 83 del 2017 è entrato in vigore il 28 giugno 2017, data a partire dalla quale sono stati avviati gli arbitrati per gli investitori che hanno visto azzerate le loro obbligazioni subordinate nel 2015 e che non hanno avuto accesso al rimborso forfettario; il decreto dispone, in particolare, di avviare, i ricorsi entro 5 mesi, disciplinando le modalità di accesso al fondo di solidarietà tramite una procedura arbitrale da attivare presso appositi i collegi arbitrali, costituiti in seno all'Autorità nazionale anticorruzione (Anac);

   il rimborso forfettario avrebbe dovuto restituire, entro 60 giorni dalla richiesta, l'80 per cento del valore delle obbligazioni subordinate ai soggetti che rispettavano almeno uno dei due requisiti, di patrimonio e reddito, sopra richiamati;

   i dati relativi al Fondo interbancario di tutela dei depositi, aggiornati al 4 agosto 2017, evidenziano che, su circa 16.000 domande di rimborso presentate per le 4 banche, ne sono state liquidate 11.079, circa il 69 per cento del totale;

   sulla base delle informazioni possedute dall'interrogante, per quanto in particolare concerne Cassa di risparmio di Ferrara Spa, solo la metà dei richiedenti a tutt'oggi avrebbe ottenuto il rimborso forfettario dal Fondo Interbancario;

   inoltre, considerato il ritardo con il quale è entrato in vigore il regolamento che consente di presentare la richiesta di accesso alla procedura arbitrale, di cui al richiamato decreto n. 83 del 2017, gli obbligazionisti subordinati che non rispettavano uno dei due requisiti relativi al rimborso forfettario, dovranno affrontare tale ricorso in tempi strettissimi, entro l'11 novembre 2017, con una procedura assai farraginosa e che obbliga i risparmiatori a rivolgersi a professionisti esperti con conseguente ulteriore esborso di denaro, al fine di evitare di commettere errori che determinerebbero il rigetto dell'istanza di rimborso –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa le ragioni specifiche del rallentamento del processo di rimborso di cui in premessa, che sta ulteriormente aggravando la situazione finanziaria degli obbligazionisti aventi diritto, già lesi dalla messa in risoluzione delle «quattro banche»;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato per dare risposte certe e definitive ai risparmiatori e, in particolare, quali iniziative intenda intraprendere per semplificare le procedure finalizzate all'accesso e al buon esito delle procedure di arbitrato.
(5-12328)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 29 luglio 2017 è apparso, sul quotidiano «La Tribuna di Treviso», un articolo a firma di Renzo Mazzaro del seguente tenore: «Bruno Vespa non aveva bisogno di compilare moduli per riportare a casa i suoi 11.388.973 euro, corrispondenti a 279.482 azioni di Veneto Banca al valore di 40,75 euro l'una. Le stesse azioni che oggi per Intesa Sanpaolo non valgono niente, neanche i 10 centesimi l'una pagati dal Fondo Atlante. Vespa ha fatto una telefonata a Domenico Roselli, capo area di Veneto Banca a Roma, il quale ha scritto una mail al direttore territoriale centro nord Alberto Morini, al gestore privati di Roma Antonella Longhi, al direttore commerciale Mosè Fagiani e naturalmente al grande capo Vincenzo Consoli. Comunicando di “aver concordato con il cliente Bruno Vespa i quantitativi di azioni da porre in vendita in riferimento al cliente stesso e ai componenti del suo nucleo familiare”. Era il 21 maggio 2013 ed è bastata una mail (una mail!) perché il conduttore televisivo più famoso d'Italia e i suoi cari, la moglie Augusta Iannini e i figli Alessandro e Federico, mettessero in salvo il gruzzolo — chiamalo gruzzolo — scavalcando 1.075 azionisti che avevano fatto richiesta prima di loro. Nel Cda del 23 luglio Vespa ottiene di riscattare 141.958 azioni depositate a Montebelluna più altre 120.000 da un conto presso Unione Fiduciaria, la società di servizi delle banche popolari. Moglie e figli erano stati liquidati da Consoli in un Cda precedente il 2 luglio: Augusta Iannini con 261.452 euro corrispondenti a 6.414 azioni, Alessandro e Federico con 104.116 euro ciascuno, controvalore delle 2.555 azioni che detenevano a testa. Motivazione ufficiale per i quattro: “Liquidità”. In casa Vespa c'era un disperato bisogno di contante, ne soffrivano tutti. Chissà cosa stava capitando. Per la verità il capofamiglia ha lasciato in banca 5.000 azioni, pari a 203.750 euro. Il fatto gli ha permesso di sostenere, dopo il patatrac, che anche lui è un risparmiatore truffato. Cosa che può dire con motivazioni molto più credibili Bepi Stefanel. Nello stesso Cda che liquidava Bruno Vespa, l'imprenditore trevigiano è riuscito a sdoganare 13.406.750 euro ma ne ha lasciati immobilizzati in azioni 5.403.450. Qui si esce dal rapporto meramente speculativo per entrare nelle vicende più complesse di aziende legate a doppio filo alla banca: da una parte le azioni gonfiate, dall'altra i finanziamenti agevolati, considerati “in bonis” da Veneto Banca e classificati invece come incagli dalle ispezioni. Nel caso di Stefanel si è visto poi chi aveva ragione. Anche Pegaso Spa di Bolzano, società di automazione e robotica che guida l'elenco degli scavalchi con 20 milioni di euro sdoganati a fine 2013, ne ha lasciati in banca quasi 14 in azioni. Non dev'essere stato per distrazione. Gente in ogni caso privilegiata. L'elenco è composto da 5.987 nomi. I milionari sono una quarantina, segue un pattuglione posizionato sulle centinaia di migliaia di euro ma sbaglia chi crede che gli “amici degli amici” siano tutti persone facoltose (...)»;

   ove mai quanto riportato fosse anche in minima parte corrispondente al vero ciò apparirebbe come una vera e propria beffa a danno dei tanti risparmiatori, uguali davanti alla legge, danneggiati negli ultimi anni a causa della crisi del sistema bancario e dalle patologie ad esso afferenti –:

   di quali elementi disponga il Governo sulla questione esposta in premessa, se nelle fasi di elaborazione dei provvedimenti adottati a favore di alcuni istituti bancari, tra cui Veneto Banca, siano stati valutati profili problematici in ordine alla parità di trattamento dei risparmiatori e quali ulteriori iniziative, anche normative, intenda assumere al riguardo, con particolare riferimento al caso di specie.
(4-17962)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la società Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova s.p.a. è concessionaria per il tratto di Autostrada Serenissima che intercorre da Brescia a Padova;

   la società Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova s.p.a. è controllata da A4 Holding s.p.a. di cui da febbraio 2017 detiene il 59,93 per cento delle azioni la società spagnola Albertis;

   da notizie di stampa riportate dai quotidiani locali BresciaOggi e BSNews.it del 14 settembre 2017 la multinazionale spagnola Abertis avrebbe annunciato la volontà di chiudere i centri servizi di Padova ovest, Thiene, Vicenza ovest e Desenzano a partire dal 2018;

   il Centro servizi posto a ridosso del casello di Desenzano offre un importante e utilissimo servizio a favore dei clienti/utenti in materia di mancati pagamenti, problematiche e disbrigo delle pratiche inerenti ai telepass, ai problemi alle sbarra, alle richieste turistiche;

   gli utenti del Centro servizi di Desenzano sono, oltre a cittadini e aziende locali, soprattutto e in larga parte turisti, molti stranieri, diretti al lago e alle strutture alberghiere del lago di Garda;

   nel caso della chiusura del Centro servizi di Desenzano gli utenti si troverebbero privi di un punto di servizio su tutto il lago di Garda, essendo il Centro più vicino sito al casello di Verona sud –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere al fine di garantire il diritto alla mobilità degli utenti interessati dalla tratta autostradale di cui in premessa, salvaguardando l'apertura del Centro servizi autostradali di Desenzano da parte del concessionario.
(2-01954) «Lacquaniti, Franco Bordo, Martelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   gli aerei che dovranno atterrare o decollare nell'aeroporto di Olbia saranno guidati nelle fasi di avvicinamento dal centro controlli di Ciampino;

   la decisione è stata comunicata dall'Enav, ormai privatizzata, ai sindacati e agli stessi vertici della società di gestione aeroportuale:

   si tratta di un durissimo colpo all'aeroporto Costa Smeralda che perde il suo gioiello funzionale: il controllo avvicinamento degli aerei;

   è la prima azione sconsiderata, secondo l'interpellante, che segue la privatizzazione dell'Enav: la gestione dell'avvicinamento degli aerei all'aeroporto di Olbia lascia lo scalo della Costa Smeralda per atterrare a Ciampino;

   in pratica le fasi più delicate dell'avvicinamento degli aerei alla pista di Olbia e il decollo saranno governate da Ciampino;

   si tratta per l'interpellante di «una follia» sia sul piano strategico, sia per le conseguenze: il numero degli aerei atterrati in un'ora nello scalo del nord est nell'ultima stagione saranno un ricordo;

   i tempi di attesa di partenza e atterraggio saranno gravemente condizionati da questo trasferimento funzionale di un servizio strategico di un aeroporto;

   la gestione Enav in affiancamento all'aeroporto di Olbia, sulla stessa torre di controllo dello scalo gallurese, aveva consentito nell'ultima stagione di raggiungere anche 50 aerei movimentati, tra atterraggi e partenze, in un'ora;

   la chiusura del centro di controllo avvicinamento aerei dell'aeroporto di Olbia è un colpo durissimo al turismo della Sardegna;

   le argomentazioni dell'Enav sono per l'interpellante destituite di ogni fondamento. Oggi lo scalo gallurese è in grado di gestire in autonomia 40/50 voli ora (tra aerei di linea, privati, privati VFR e elicotteri) tra atterraggi e decolli;

   per raggiungere questo standard con la chiusura del centro avvicinamenti sarà necessario spalmare il traffico anche durante le ore notturne;

   dai 40 ai 50 attuali voli si passerebbe a 20/30 voli all'ora;

   un primato destinato a crollare con questo taglio deciso dai vertici privatizzati dell'Ente nazionale dell'aviazione civile;

   quel trend di atterraggi e decolli non si potrà mantenere nemmeno lavorando la notte;

   questo ovviamente avrà una ricaduta durissima sul traffico turistico di aeromobili, considerato che gli orari di attesa atterraggi o decolli saranno comprensibilmente dilatati;

   le conseguenze di questa scelta saranno gravissime;

   volare durante le ore notturne significherebbe generare inquinamento acustico sia al vicino quartiere residenziale di Olbia Mare, che è anche sede di una marina, sia alla Riserva del Padrongianus che ai futuri 242 degenti dell'ospedale Olbia Mater. L'aeroporto di Olbia, durante la stagione estiva, ha uno schieramento di Canadair utile a contrastare gli incendi. Tali voli seguono regole differenti dai normali traffici e per ovvie ragioni non debbono subire ritardo;

   nelle vicinanze dell'aeroporto, nel vecchio aeroporto di Venafiorita, risiede il Decimo Nucleo degli Elicotteristi dei Carabinieri. Essi, come i Canadair, non possono subire ritardi e quindi ciò potrebbe creare problemi con i coordinamenti telefonici;

   gli 8 controllori di volo dovranno trasferirsi a Milano facendo passare il servizio dell'Enav ad Olbia da 25 a 17 unità;

   professionalità che, dunque, finiranno su un altro polo aeroportuale facendo perdere alla Sardegna efficienza ed efficacia;

   il taglio riguarderà anche Alghero considerato che, dallo scalo di Olbia, si gestiva l'avvicinamento anche per lo scalo della riviera del corallo. Una decisione gravissima che va immediatamente revocata proprio per l'importanza strategica di un aeroporto in piena efficienza e autonomia in una regione insulare;

   si tratta di un gravissimo declassamento dell'aeroporto di Olbia, inaccettabile sul piano strategico che gestionale;

   la Sardegna è una regione insulare che deve mantenere la piena efficienza dei servizi aeroportuali e non essere degradata per meri calcoli opportunistici e pseudo finanziari;

   la gestione dell'Enav con questa decisione dimostra, per l'interpellante, di intraprendere una china discendente sul piano dei servizi colpendo gravemente lo scalo principe dello sviluppo turistico. Il piano per la gestione del centro aeroportuale di Olbia non può in alcun modo subire questo taglio;

   con questa decisione – lo dicono i tecnici – si aumenterebbero i ritardi;

   in campo aeronautico il ritardo si scarica sull'utenza attraverso perdita di tempo e di coincidenze su eventuali altri voli ed aumento del costo del biglietto per un maggior tempo in volo ed un minor impiego possibile dello stesso aeromobile;

   tutto ciò è in contrasto con un crescente aumento del traffico sia in numero di aeromobili che di passeggeri che il Costa Smeralda gestisce anche considerando l'allungamento della pista con fondi già stanziati –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con somma urgenza per promuovere una revisione della decisione dell'Enav riguardo all'aeroporto di Olbia, scelta che secondo l'interpellante non tiene per niente conto dell'insularità della Sardegna e dell'obbligatorietà di garantire servizi aeroportuali efficienti, proprio per le ragioni insite nella condizione di isola, rilevando quali siano gli obblighi di tale aeroporto di garantire servizi di qualità al traffico aeroportuale verso una regione insulare come la Sardegna.
(2-01958) «Pili».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 18 luglio 2017 ha trasmesso una puntuale nota alla FedePiloti e al comando generale del corpo delle capitanerie di porto con la quale si dichiara che il certificato di stazza nazionale prodotto dalla società Delcomar non può avere alcun effetto né ai fini tariffari, né per quanto riguarda la determinazione dei limiti di obbligatorietà;

   «come emerge anche dalle premesse del decreto di obbligatorietà del porto in questione, nella suddetta nota si legge che nel 1996 si è anche proceduto a rivedere tutti i decreti di obbligatorietà del servizio di pilotaggio, con l'obiettivo di utilizzare il parametro della stazza lorda internazionale anche per l'obbligatorietà del servizio»;

   anche a tali fini pertanto non è ammesso un parametro alternativo a quello indicato nella sopracitata circolare;

   i due traghetti Anna Mur e GB Conte sono in linea tra Carloforte e Portovesme;

   quando sono arrivati dall'Inghilterra hanno dichiarato una GTI pari a 2983 tonnellate;

   dalla fine di ottobre 2015 la società Delcomar armatrice ha presentato un certificato di stazza che indica che «Anna Mur» ha una GT pari a 2121 tonnellate che gli permetterebbe insieme alla nave gemella «GB Conte», di avvalersi di un servizio di pilotaggio VHF, anziché con pilota a bordo;

   la stessa società Delcomar è insolvente nei confronti del Corpo piloti di S. Antioco, Portovesme, Oristano dal luglio 2016;

   se non ritenga di assumere con somma urgenza ogni iniziativa di competenza per porre fine ad eventuali situazioni di illegittimità e di rischi circa lo svolgimento del servizio richiamato;

   se e come sia stato possibile modificare la stazza originaria delle navi certificata da organismi internazionali;

   se e chi abbia fornito un certificato di stazza difforme da quello originario.
(2-01959) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   tra il 2015 e il 2016, secondo quanto previsto dal piano di riqualificazione del raccordo Perugia-Bettolle, sono stati eseguiti dall'Anas dei lavori di ammodernamento delle barriere laterali di sicurezza del viadotto «Genna», uno dei più importanti del raccordo poiché rappresenta la porta di accesso al capoluogo umbro;

   già nel novembre del 2016, a poco tempo dalla conclusione dei lavori, durati un anno, il manto stradale del viadotto ha iniziato a presentare dei problemi di stabilità con buche e avvallamenti di importante entità che hanno richiesto un nuovo intervento da parte dell'Anas;

   sia a marzo 2017 che a giugno 2017, si è presentata la necessità di intervenire su quello stesso tratto di strada, in particolare tra le uscite «Madonna Alta» e «Ferro di Cavallo», a causa dell'acuirsi del dissesto del manto stradale, che è stato causa di incidenti, danni alle autovetture e abbassamento generale del livello di sicurezza all'interno del viadotto; le automobili, infatti, per schivare le buche e le vere e proprie voragini formatesi nel tempo, sono spesso costrette a viaggiare in corsia di sorpasso, in un tratto di strada che, è bene ricordarlo, non è presente neanche la corsia di emergenza;

   il dissesto del manto, ma anche l'interruzione delle viabilità dovuta ai lavori da eseguire, hanno creato notevoli disagi ai cittadini che ogni giorno percorrono quel tratto di strada — uno dei più trafficati dell'Umbria — anche per spostarsi da una parte all'altra di Perugia;

   il piano di riqualificazione del raccordo Perugia-Bettolle è nato con l'obiettivo di rendere maggiormente sicuro il tratto di strada che collega la Valdichiana con il cuore dell'Umbria, anche attraverso interventi nel sistema di illuminazione e nella segnaletica, specialmente nei tratti di galleria interessati; in questo contesto, l'ammodernamento delle barriere laterali del viadotto «Genna», costato circa 1,2 milioni di euro rischia di inficiare il raggiungimento di tale obiettivo, poiché da circa un anno mette a rischio quotidianamente la sicurezza dei cittadini che lo percorrono;

   è evidente che il problema del manto stradale del Genna sia di natura più profonda e debba necessariamente essere affrontato con un intervento strutturale e definitivo e non certo con lavori di emergenza come quelli fatti nel corso di quest'anno che anzi, hanno peggiorato la situazione — con zolle di asfalto che si staccano e voragini che si allargano con l'arrivo della stagione invernale –:

   se, sulla base di quanto esposto in premessa, degli investimenti economici effettuati e della evidente inefficacia dei lavori di emergenza svoltisi finora, il Governo non ritenga opportuno prevedere un piano strutturale di intervento per lo studio delle cause del dissesto del manto stradale, nonché la definitiva messa in sicurezza del viadotto «Genna», al fine di assicurare l'incolumità dei cittadini e garantire loro una infrastruttura realmente fruibile.
(5-12319)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha il compito istituzionale di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile;

   quale ente unico deputato a garantire la sicurezza del trasporto aereo in Italia, l'Enac è chiamato a svolgere le sue funzioni in maniera indipendente rispetto agli operatori controllati — che siano società di gestione aeroportuali, operatori aerei o altri soggetti commerciali del settore — così come stabilito dalla regolamentazione nazionale ed internazionale di riferimento;

   da alcuni anni, i vertici dell'Enac sembrano perseguire l'obiettivo di trasformare la natura giuridica dell'ente in quella di ente pubblico economico, cosa che, ad avviso dell'interrogante, avrebbe come possibile conseguenza quella di allontanare, dal controllo dello Stato, le competenze istituzionali di regolazione e controllo del settore svolte dall'Ente medesimo ed avvicinarle, al contrario, all'influenza dei soggetti controllati;

   tale intenzione è stata recentemente manifestata dal presidente e dal direttore generale dell'Enac in occasione di un evento pubblico, tenutosi presso la sede istituzionale dell'Ente e organizzato da una organizzazione privata denominata «Demetra», ingenerando il disappunto del Vice Ministro Nencini, presente al tavolo dell'evento in parola, che ha ribadito la titolarità del Governo e del Parlamento in materia di riforma di questa autorità, in ragione del delicato ruolo di garanzia che essa svolge;

   nel corso di tale convegno è stato infatti addirittura auspicato il ricorso a un intervento in via amministrativa — tramite emanazione di un decreto ministeriale adhoc — per una rapida trasformazione giuridica dell'ente, intervento che, secondo l'interrogante, scavalcherebbe in tal senso il potere legislativo del Parlamento –:

   se il Ministro non ritenga di assumere iniziative volte a evitare che si concretizzi la soluzione proposta dai vertici dell'Enac di cui in premessa, che prevede la trasformazione giuridica dell'Enac in ente pubblico economico, in quanto essa avrebbe come scongiurabile conseguenza quella di renderlo più svincolato dal controllo ministeriale e più vicino all'ambito privatistico dove operano gli stessi soggetti che l'Ente è chiamato a controllare.
(5-12329)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 10 ottobre 2007 è stato sottoscritto lo schema di convenzione unica tra l'Anas e la società Satap s.p.a. del gruppo Gavio, per la gestione della tratta autostradale A21 Torino-Piacenza, per un totale di 164,9 chilometri in esercizio;

   tale convenzione è giunta a scadenza nel giugno 2017 e, per quanto di conoscenza dell'interrogante, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe indicato l'intenzione di rinnovare la concessione tramite gara;

   ad agosto 2016 è altresì giunta a scadenza la concessione dell'Ativa – la tangenziale di Torino sino all'imbocco della Vai d'Aosta, concessione che probabilmente sarà messa a gara insieme a quella della A21 Torino-Piacenza, in un unico bando;

   l'autostrada Torino-Piacenza, così come la tangenziale di Torino, non sembra necessitare di rilevanti investimenti nei prossimi anni, motivo per cui, ad avviso dell'interrogante, il Governo avrebbe potuto procedere affidando ad Anas la concessione, senza rinnovarla a scadenza, riportando il servizio in house;

   così è stato, ad esempio, per la concessione dell'autostrada «Autobrennero», scaduta nell'aprile 2014, per la quale il Ministero ha deciso di non effettuare gare per il rinnovo della stessa ma di svolgere direttamente tale servizio pubblico «in house», attribuendolo ad altro ente pubblico, ovvero alla regione Trentino-Alto Adige;

   con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11546, la sottoscritta richiamava l'attenzione del Ministro interrogato sull'ipotesi di gara unica per Ativa e Satap A21, con notevoli vantaggi per il gruppo Gavio rispetto ad altri possibili offerenti –:

   con riferimento al tema del rinnovo delle concessioni autostradali, in base a quali criteri il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti proceda al rinnovo delle concessioni in scadenza tramite gara o ne assuma la gestione diretta secondo il principio «in house» e per quale motivo non si ritenga di applicare anche nel caso della tratta autostradale A21 Torino-Piacenza il principio dello svolgimento del servizio «in house»;

   con riferimento alla società Ativa, la cui concessione è scaduta nell'agosto del 2016, per quali motivi la concessione non sia stata messa a gara per il rinnovo, o ripresa «in house», prima della scadenza, tenendo conto che i profitti ottenuti dalla concessionaria, per tutto il periodo successivo alla scadenza della concessione e sino a diversa destinazione dell'autostrada, secondo l'interrogante configurano un ingiustificato arricchimento, a danno dello Stato concedente.
(5-12333)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI e ARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi vi è stata una sensibile riduzione degli arrivi di migranti via mare dalle coste libiche: nel periodo luglio/agosto, dai 45 mila sbarcati in Italia (2016) si è passati ai 15 mila (2017);

   recentemente, due delle testate internazionali più importanti, il New York Times e il Washington Post, hanno criticato pesantemente la gestione da parte del Governo del flusso dei migranti dalla Libia all'Italia, evidenziando che la forte diminuzione degli arrivi di migranti via mare dalle coste libiche sarebbe dovuta agli accordi conclusi dal Governo italiano con i trafficanti per fermare temporaneamente il flusso in cambio di soldi;

   il Ministro Minniti attribuisce il calo alle azioni intraprese dal Governo italiano, che ha potenziato la Guardia costiera del Governo di unità nazionale libico (l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale), ha stretto accordi con i sindaci di diverse città libiche interessate dal traffico di migranti e messo pressione ai Paesi al sud della Libia per aumentare i controlli alle proprie frontiere;

   nell'articolo «Italy's Dodgy Deal on Migrants» del New York Times, si afferma che l'Italia abbia pagato i trafficanti o le milizie per interrompere il traffico – «è difficile pensare che i fondi europei per limitare l'immigrazione non abbiano raggiunto questi gruppi» – e ipotizza che questi soldi possano finire facilmente nelle mani sbagliate: «Parliamo di una scommessa pericolosa, che rischia di dare alle fazioni libiche nuovi soldi da spendere in armi. E che costringe l'Italia e l'Europa ad assumere come guardiani le stesse persone che ricattano, affamano, torturano, stuprano e vendono come schiavi i migranti, guadagnandoci sopra»;

   un'inchiesta pubblicata da Associated Press, nell'agosto 2017, ipotizzava che per fermare il flusso di migranti dal Nord Africa il Governo italiano avesse stretto degli accordi con due potenti milizie libiche che, solo qualche tempo prima, erano direttamente coinvolte nello stesso traffico, scavalcando l'intermediazione del governo di Fayez al Sarraj;

   il Washington Post, con l'articolo di Jalel Harchaoui e Matthew Herbert, dà per scontato che il Governo italiano stia pagando i trafficanti per bloccare temporaneamente il flusso di migranti. L'articolo evidenzia le conseguenze negative di tale approccio, affermando che gli accordi con il Governo italiano – e il conseguente flusso di denaro proveniente dall'Italia – consentono alle milizie di consolidare la loro posizione nei confronti delle milizie rivali e garantiscono alle stesse un ruolo nella futura spartizione di potere nel Paese, una volta stabilizzato. Parlare inoltre di uno sforzo di «riconversione» di queste milizie a business più legittimi – come hanno fatto Minniti e le autorità locali libiche – è «fantasioso», spiega l'articolo: «i capi e i soldati delle milizie rimangono liberi di approfittare in altri modi della guerra civile in Libia, ad esempio contrabbandando petrolio o altri beni»;

   le conclusioni cui giungono gli articoli sono univoche: il Governo italiano, nell'intento di ottenere un risultato nel breve termine – il calo degli sbarchi, molto spendibile dal punto di vista politico – rischia di compromettere un obiettivo più ampio ma raggiungibile nel lungo periodo, e cioè la stabilizzazione della Libia –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano confermare l'esistenza di questo tipo di accordi con le milizie locali libiche;

   quali iniziative intendano assumere affinché i fondi nazionali e/o europei non finiscano nelle mani di milizie che gestiscono il traffico di esseri umani;

   quale iniziative di competenza intendano adottare affinché la stabilizzazione dei flussi migratori dalla Libia avvenga nel rispetto dei diritti umani e del principio fondamentale, della salvaguardia della vita umana;

   se ritengano opportuno rendere pubblici i dati concernenti l'attività di monitoraggio sull'impatto delle attività delle organizzazioni non governative in tale contesto e sui flussi migratori.
(5-12332)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURGIA e GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   continuano gli sbarchi di migranti irregolari, perlopiù provenienti dalle coste dell'Algeria, nel Sud della Sardegna, e nella notte tra lunedì e martedì 26 settembre 2017 sono arrivate altre centosessantacinque persone;

   stando alle notizie fornite dalla guardia di finanza, di questi ultimi arrivi i primi sessantadue migranti sono sbarcati a Porto Pino subito dopo essere stati intercettati a bordo di tre barche dalla guardia di finanza, altri quattordici sono stati bloccati in mare dalla capitaneria di porto di Cagliari, venticinque persone, tra cui due donne, sono stati segnalati nella notte dal custode di uno stabilimento balneare sempre nella zona di Porto Pino, quattro uomini sono stati trovati nella spiaggia di Chia, nel cagliaritano, e nove a Sant'Antioco;

   sembrerebbe, inoltre, che un'altra ventina di barchini siano già pronti per partire dalle coste algerine ma bloccati in attesa che le condizioni meteorologiche migliorino;

   gli sbarchi di algerini si susseguono ormai da mesi e la situazione in Sardegna sta diventando insostenibile, anche sotto il profilo della sicurezza dei residenti –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere con riferimento alla problematica descritta in premessa.
(4-17959)


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la cronaca riporta la notizia di una giovane coppia di fidanzati che, mentre passeggiava mano nella mano per il quartiere Esquilino, scambiandosi qualche bacio, è stata aggredita nei pressi di un centro islamico. Tutto ciò è accaduto domenica sera in via di San Vito, all'Esquilino, vicino a una moschea che nei mesi scorsi era stata chiusa perché, oltre a non essere autorizzata, ospitava un asilo nido abusivo nelle cantine;

   l'aggressore, un malese di 24 anni, senza dimora ma incensurato, seguace della religione islamica, infastidito dall'episodio sopra riportato, ha spintonato via la ragazza prendendo poi a calci e pugni il fidanzato sostenendo che fosse immorale e contro la sua religione baciarsi innanzi a una moschea;

   è frequente in Italia, specie nelle grandi città, il fenomeno dell'abusivismo dei luoghi di culto, come in questo caso della moschea, che spesso sorgono all'interno di garage, scantinati o appartamenti privati;

   solo grazie al fortuito passaggio di una pattuglia dei Carabinieri che stava svolgendo il consueto servizio di ronda, si sono evitate gravi conseguenze per la giovane coppia. Il giovane islamico però, non ha esitato a scagliarsi contro i Carabinieri intervenuti, ferendo leggermente uno di loro;

   il malese, arrestato, è stato condotto in carcere con l'accusa di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato al fine di evitare fenomeni violenti come quello riportato in premessa, garantendo il rispetto dei principi di legalità, sicurezza e libertà;

   se il Governo intenda chiarire le ragioni della riapertura di questa moschea per la quale, a quanto risulta all'interrogante, era stata disposta la chiusura e i dati effettivi su quali e quanti siano i luoghi di culto che risulterebbero non regolari nel nostro Paese;

   quali orientamenti intenda seguire per risolvere la situazione sopra citata.
(4-17964)


   LABRIOLA, SISTO e VITO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 365, della legge n. 232 dell'11 dicembre 2016 istituisce un Fondo con dotazione di 1.480 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.930 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 da destinare anche per assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazioni vigente, nell'ambito delle amministrazioni dello Stato, ivi compresi i corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (lettera b), comma 365, della 11 dicembre 2016, n. 232);

   con interrogazione a risposta immediata n. 5-11798 indirizzata al Ministro interrogato, alla luce del dramma degli incendi che si stanno verificando nel nostro territorio, è stato chiesto quali iniziative si intendano adottare in relazione all'emergenza incendi del periodo estivo, per ammodernare il parco macchine del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per rendere disponibili le somme stanziate dalla legge di bilancio 2017 per il potenziamento dell'organico del corpo medesimo, nonché per incrementare il numero degli aeromobili necessari al tempestivo spegnimento degli incendi;

   il Governo ha risposto che «in base a una prima ipotesi di riparto, le somme destinate alle assunzioni nel Corpo nazionale erano state stimate in 23 milioni di euro. Successivamente, si è optato per la destinazione di maggiori risorse, rispetto a quelle inizialmente preventivate, a un'altra finalità, cioè il riordino del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e dello stesso Corpo nazionale. Ragion per cui alle assunzioni del Corpo nazionale è stata destinata la minore somma di circa 16 milioni, utili all'assunzione di 400 vigili del fuoco»;

   la decurtazione di ben 7 milioni di euro destinati all'assunzione di personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco mostra, ad avviso degli interroganti, la scarsa attenzione da parte del Governo in merito all'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché al mantenimento in efficienza delle risorse strumentali del corpo stesso;

   nel frattempo sarebbe rimasta indeterminata la sorte di circa 3.000 idonei della graduatoria del concorso pubblico bandito nel 2008 (Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 90 del 18 novembre 2008) per il reclutamento di 814 vigili del fuoco;

   con decreto n. 676 del 18 ottobre 2016 del Ministero dell'interno (Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale del 15 novembre 2016) è stato bandito il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 250 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   con risoluzione n. 7-01320, approvata dalla I Commissione il 2 agosto 2017, si impegna il Governo a riassegnare interamente i 23 milioni di euro, previsti dalla legge di bilancio, per il potenziamento dell'organico dei vigili del fuoco; a prevedere la proroga al 31 dicembre 2018 della graduatoria di concorso pubblico per 814 vigili del fuoco di cui al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, nonché a stanziare risorse per incrementare la dotazione di mezzi per svolgere tempestivamente il soccorso tecnico urgente –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per incrementare il fondo per il pubblico impiego di cui alla legge di bilancio 2017, in modo tale da garantire la ripartizione originaria del suddetto fondo che aveva previsto uno stanziamento di 23 milioni di euro destinati all'assunzione dei vigili del fuoco che avrebbero consentito di procedere all'assorbimento di 569 unità e quali risorse siano destinate alle assunzioni nel 2018 di personale all'interno del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   se il Ministro dell'interno intenda fornire gli opportuni chiarimenti circa le motivazioni che hanno portato a bandire il concorso di cui in premessa del 18 ottobre 2016 senza prima aver esaurito la graduatoria del concorso pubblico bandito nel 2008.
(4-17965)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   ritenendo esaustivo l'impegno assunto a partire dal 2012 nei confronti degli «esodati», con la legge di bilancio 2017 il Governo ha stabilito che l’«ottava salvaguardia» dovesse essere l'ultima prevista, tanto da proporre l'abolizione del fondo relativo;

   dagli ultimi ultimi dati forniti dall'Inps dell'11 settembre 2017, risulterebbero però che, su un limite massimo di 30.700 soggetti salvaguardabili previsto dalla legge n. 232 del 2016, siano state finora accolte soltanto 13.355;

   in particolare, le domande accolte, relative alle categorie di lavoratori cessati entro il 30 giugno 2012, quelli cessati dopo il 30 giugno 2012 e quelli cessati unilateralmente, sarebbero soltanto 3.021, su una disponibilità di 7.800 e un totale di 8.242 richieste. Rimarrebbero quindi senza salvaguardia circa 5.000/6.000 lavoratori: numero che potrebbe marginalmente aumentare considerando gli esclusi dalla salvaguardia per aver presentato domanda oltre il termine del 2 marzo 2017. Ipotesi quantitativa che trova riscontro sostanziale anche nella risposta del Governo alla recente interrogazione n. 5-11470 che, solo nel ristretto ambito delle domande respinte per vizio dei termini di decorrenza nel contesto dell’«ottava salvaguardia», documenta una platea di oltre 3.400 soggetti esclusi;

   assunto che il diritto non si concretizza con la presentazione di un'istanza, tanto più se estemporanea in quanto carente dei necessari requisiti, ma è dal sussistere di questi ultimi che esso si concretizza prescindendo pertanto dal fatto che, in precedenza, tali lavoratori abbiano presentato o meno istanza di salvaguardia, è del tutto evidente che, per questi lavoratori, lesi dal disconoscimento unilaterale di un patto con lo Stato, non poter più sperare in un ulteriore provvedimento in loro aiuto significa continuare a sopravvivere senza alcun sostegno economico, oltre che essere vittime di una evidente violazione del principio di eguaglianza i cittadini di fronte alla legge. Infatti, come anche rimarcato dal Comitato esodati «Licenziati o cessati senza tutele», nella lettera inviata al Presidente della Repubblica nel mese di gennaio 2017, con il provvedimento dell'ottava salvaguardia, mentre per alcune tipologie di ex lavoratori, si prevede «il perfezionamento dei requisiti entro 36 mesi dal termine mobilità, estendendone di fatto la tutela fino al 6 gennaio 2021, per altre tipologie vincolate al regime delle decorrenze per un periodo di soli 24 o 12 mesi, la tutela si limita per alcuni al 6 gennaio 2019, mentre per altri non va oltre il 6 gennaio 2018. In sostanza, una discriminazione nel diritto che, nei casi limite, tra due ex lavoratori appartenenti a differenti tipologie, ancorché caratterizzati da una perfetta identità di requisiti, arriva a superare i 5 anni»;

   un ulteriore provvedimento, utilizzando i cospicui risparmi che si vanno concretizzando con l’«ottava salvaguardia» a beneficio di queste categorie di lavoratori, si profilerebbe quindi una soluzione per restituire loro giustizia, equità e dignità, così come preteso a chiare lettere nella Costituzione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei dati aggiornati forniti dall'Inps e di quelli relativi al numero di domande di accesso all’«ottava salvaguardia» arrivate oltre il termine del 2 marzo 2017;

   se non ritenga opportuno assumere iniziative, accantonando per equità il regime delle decorrenze, per estendere la tutela a tutti i lavoratori esodati con requisiti entro il 6 gennaio 2021 e prevedere nel disegno di legge di bilancio un'ulteriore «salvaguardia», utilizzando i risparmi ottenuti dall'ottava, affinché possano beneficiarne tutti gli aventi diritto.
(2-01953) «Andrea Maestri, Marcon, Airaudo, Civati, Brignone, Pastorino».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO, CHIMIENTI, TRIPIEDI, LOMBARDI, COMINARDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un'estate come quella trascorsa, le colture agricole sono oramai in dirittura d'arrivo: i mesi di settembre, ottobre e novembre sono noti per la raccolta di pomodori, uva ed olive;

   nei mesi sopracitati alla ribalta delle cronache vi è stato spesso il fenomeno dello sfruttamento del lavoro nero in attività agricole, e in particolare di lavoratori immigrati anche clandestini;

   gli stessi addetti alla raccolta dei suddetti prodotti agricoli si trovano spesso a sopravvivere in luoghi fatiscenti, senza acqua potabile e con comodità minime, costretti a lavorare molte ore al giorno con una paga che rasenta il ridicolo;

   le notizie che spesso appaiono sulla stampa e riguardano tali tematiche vengono divulgate allorquando «scappa il morto» o qualche giornalista d'inchiesta pubblica il reportage –:

   quali iniziative abbia intrapreso nel 2017 il Governo per prevenire e combattere tali situazioni di lavoro illecito.
(5-12322)


   PATRIZIA MAESTRI e ROMANINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'ottobre 2016, Nestlé e R&R Ice Cream hanno costituito la joint-venture Froneri, specializzata nel settore del gelato, del surgelato e del settore lattiero-caseario refrigerato. Froneri opera in più di 20 Paesi in tutto il mondo, impiega circa 12.500 persone e ha sede in Gran Bretagna;

   tra le sedi produttive di Froneri in Italia vi è lo stabilimento di Parma, ex Nestlé, adibito al confezionamento di gelati. Nella sede di via Bernini sono impiegati 180 lavoratori fissi che, nel periodo stagionale raggiungono le 250 unità;

   nel luglio 2017 si sono diffuse a Parma voci circa l'imminente intenzione di Froneri Italia srl di cessare l'attività e chiudere lo stabilimento di produzione dei gelati in città. Immediatamente, le rappresentanze sindacali unitarie hanno chiesto e ottenuto un incontro con l'azienda che ha portato alla sottoscrizione di un verbale così concluso: «in riferimento alle voci di lettere di licenziamento già pronte/chiusura del sito/che oggi circolano nel Sito, l'Azienda ribadisce che sono prive di fondamento e che nel contempo perseguirà, ai sensi del CCNL e L. 300/70, chi le diffonde»;

   il 27 settembre 2017 il management della sede ha comunicato alle rappresentanze sindacali unitarie l'intenzione della Froneri di chiudere lo stabilimento di Parma e avviare la conseguente procedura di licenziamenti collettivi. Immediatamente, i lavoratori presenti hanno dichiarato lo stato di agitazione, il blocco degli straordinari e delle flessibilità e hanno dato mandato ai sindacati di intraprendere ogni azione utile per ottenere l'annullamento delle procedure di licenziamento e l'avvio di un confronto che scongiuri la chiusura dello stabilimento;

   il sito produttivo di Parma ex Nestlé è parte integrante del patrimonio industriale provinciale ed è inserito in quella filiera di produzioni alimentari di cui la città emiliana è il simbolo in Italia e nel mondo. La sua chiusura avrebbe conseguenze non trascurabili sull'industria parmense e sui livelli occupazionali, determinando immediatamente la perdita di oltre 200 posti di lavoro –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario convocare rapidamente un tavolo di confronto con l'azienda e le organizzazioni sindacali con l'obiettivo di scongiurare la chiusura del sito produttivo di Parma e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali.
(5-12324)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 24 settembre 2017 la Filcams Cgil di Parma ha svolto un presidio per denunciare un grave abuso che si sarebbe consumato nel negozio Caporiccio presso il centro commerciale Eurosia;

   in particolare, ad alcune lavoratrici assunte con contratti a tempo indeterminato o determinato non sarebbero stati corrisposti a scadenza i ratei relativi a tredicesima, quattordicesima, ferie e permessi non goduti, oltre alla mancata liquidazione del trattamento di fine rapporto;

   si sta parlando nello specifico di 5 lavoratrici, che potrebbero tuttavia rappresentare la spia di un fenomeno diffuso a livello di gruppo, se non di settore occupazionale;

   si ricorda a questo proposito che la Caporiccio è una catena commerciale diffusa sul territorio nazionale, in particolare all'interno di centri commerciali;

   appare evidente all'interrogante che le pratiche denunciate, se confermate, siano del tutto incompatibili con i diritti dei lavoratori, lesive delle clausole contrattuali, inaccettabili sotto il profilo dell'etica di impresa;

   il Governo ha il dovere di non tollerare che i lavoratori non ricevano quanto stabilito da norme e contratti, nei tempi dovuti –:

   se sia a conoscenza di questo caso specifico e se abbia notizia di simili abusi in altre analoghe situazioni;

   come intenda intervenire, per quanto di competenza, a tutela del diritto delle lavoratrici di ricevere il salario contrattualmente previsto;

   se ritenga di dover assumere iniziative, anche per via normativa, per evitare simili abusi.
(4-17958)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Yamaha ha annunciato 70 licenziamenti presso gli stabilimenti Motori Minarelli di Lippo di Calderara (Bologna), dove sono attualmente impiegati 260 lavoratori;

   si tratterebbe del quarto taglio del personale in 10 anni, in previsione di una riduzione del 10 per cento della produzione di motori per scooter;

   i sindacati hanno già annunciato una mobilitazione finalizzata ad evitare questo esito e chiedono di attivare gli ammortizzatori sociali necessari ad affrontare l'attuale congiuntura negativa, per programmare un piano di rilancio, a partire da un nuovo piano industriale;

   la regione Emilia-Romagna ha d'altra parte investito molto nello sviluppo del settore automotive, con l'avvio di corsi di laurea specialistici e la valorizzazione dei distretti esistenti;

   si dovrebbe quindi accompagnare questo percorso, evitando che si perdano marchi e capacità produttive storiche, quali appunto Motori Minarelli, che in anni non lontani era arrivata a essere il maggior produttore mondiale di motori quattro tempi per scooter, impiegando 500 lavoratori;

   è quindi evidente la riduzione di attività e personale determinatasi nell'ultimo decennio, che non può tuttavia essere interpretata come definitiva, considerando anche che il settore dei motocicli è in ripresa e il marchio Yamaha contrassegna veicoli di successo –:

   se il Governo non ritenga di farsi parte attiva nella ricerca di una soluzione che salvaguardi l'occupazione, puntando ad un rilancio della capacità produttiva;

   se si intendano attivare ammortizzatori sociali utili ad accompagnare una fase di rilancio.
(4-17960)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPEZZONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la crisi di un settore di eccellenza, come quello apistico italiano sta mettendo in estrema difficoltà un'attività di interesse nazionale;

   oltre l'80 per cento delle coltivazioni europee (circa 4 mila varietà di verdure e la maggioranza della frutta) esistono solo grazie al servizio reso da questi insetti;

   le pessime condizioni meteo degli ultimi anni (alternanza tra elevate temperature con fioriture anticipate e forte abbassamento delle temperature con gelate improvvise e durature) hanno provocato ingenti danni alle produzioni, danni riscontrati soprattutto sulla pianta di Robinia pseudoacacia;

   con un aggravio dei costi, gli apicoltori sono intervenuti con nutrizioni di emergenza a base di sciroppi zuccherini per consentire la sopravvivenza degli alveari;

   altri elementi che, in questo ultimo quinquennio, hanno determinato una forte riduzione della produzione di miele sono stati gli spopolamenti, gli avvelenamenti e la difficoltà di contenere l'infestazione da varroatosi;

   tutto ciò ha provocato un crollo del 70 per cento dei risultati produttivi del settore e, di riflesso, un aumento del 13 per cento delle importazioni dall'estero di miele soprattutto dalla Cina, Romania e Ungheria;

   tali prodotti, spesso realizzati con pollini geneticamente modificati, ovviamente non soggiacciono ai rigorosi controlli previsti nel nostro Paese a tutela del consumatore;

   l'entità dei danni subiti, l'impossibilità di inserire l'apicoltura nei piani assicurativi nazionali e l'assenza di specifici sgravi fiscali e/o misure di sostegno rischiano seriamente di compromettere l'intero settore –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della crisi che coinvolge il settore apistico italiano e quali azioni intenda porre in essere per tutelare un'eccellenza nel panorama zootecnico italiano.
(5-12325)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, NESCI, GRILLO, MANTERO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le ittiosi sono patologie dermatologiche di origine genetica e rientrano nell'elenco delle malattie rare, allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, con il codice di esenzione RNG070;

   le ittiosi sono caratterizzate, all'esame obiettivo, dall'anomalo ispessimento dello strato più esterno della cute e dalla conseguente formazione di squame cornee, che giungono a compromettere sensibilmente la qualità della vita del paziente, condizionandolo gravemente sotto il profilo individuale e nelle relazioni sociali, e, talora, possono andare incontro a complicazioni infettive o metaboliche; purtroppo, non risultano praticabili cure risolutive, ma i sintomi possono essere controllati attraverso rimedi locali, e in particolare con la costante applicazione di creme idratanti ed emollienti, associate nei casi più seri, all'assunzione di un farmaco, da utilizzare sotto stretto controllo specialistico;

   in particolare, si evidenzia che le cure impongono il continuo ricorso ai cosiddetti «prodotti da banco», indispensabili per assicurare la costante idratazione dei tessuti interessati dalla malattia, eppure non ottenibili gratuitamente, in quanto considerati, di norma, quali cosmetici;

   attualmente diversi pazienti denunciano la difficoltà di sostenere i costi per trattamenti necessari ad alleviare i sintomi, oltre che essenziali ad evitare la progressione della malattia –:

   se trovi conferma che i cosiddetti «prodotti da banco» — quali le creme idratanti ed emollienti, che, pur non essendo farmaci, costituirebbero presidi essenziali nella cura della suddetta patologia — non possano essere prescritti gratuitamente ai pazienti affetti da ittiosi congenita;

   qualora i suddetti «prodotti da banco» risultassero attualmente esclusi dalla somministrazione gratuita, se non ritenga opportuna un'iniziativa, nell'ambito delle proprie competenze, che renda meno onerosi i costi delle terapie, soprattutto in favore dei soggetti e dei nuclei familiari meno abbienti.
(5-12320)


   BORGHESI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   durante l'estate si sono verificati numerosi casi d'influenza aviaria, dei quali più del 90 per cento all'interno di allevamenti intensivi, e solo in un caso in anatre germanate in stato di semi libertà;

   nessun caso ha coinvolto fino ad oggi anatidi selvatici, diversamente da quanto accaduto nel 2016 in Europa e in Italia;

   al momento, nessun dato sperimentale dimostra che i casi d'influenza aviaria siano stati causati da trasporto di richiami vivi;

   la decisione dell'Unione europea n. 263, del 14 febbraio 2017 stabilisce, agli articoli 6 e 8, che sono necessarie attività di monitoraggio della presenza del virus negli anatidi selvatici, e che quest'attività può essere svolta in associazione alla deroga che consente l'uso dei richiami vivi per la caccia agli acquatici;

   il dispositivo n. 19967 del 31 agosto 2017, il quale proroga con integrazioni il dispositivo dirigenziale DGSAF prot. N. 8246 del 30 marzo 2017, estende il divieto di utilizzo dei richiami vivi a tutto il territorio nazionale, pur essendovi intere regioni, e addirittura aree macroregionali, in cui non si è verificato alcun caso d'influenza aviaria;

   il proseguire nel divieto configura oggi una limitazione ingiustificata e un accanimento contro i cacciatori di uccelli acquatici italiani, penalizzati rispetto ai colleghi di altre nazioni dell'Unione europea –:

   per quale motivo il Ministro interrogato non abbia attuato i programmi di monitoraggio degli anatidi selvatici, come previsto dalla adottata disposizione europea, al fine di prevedere la presenza del virus;

   per quale motivo non sia stata ripristinata la possibilità di utilizzare i richiami vivi, coinvolgendo i cacciatori nelle attività di monitoraggio, ma al contrario si sia disposto il mantenimento di un divieto su tutto il territorio nazionale nonostante siano state individuate le aree ad alto rischio;

   per quale motivo si sia attribuito questo ruolo importante ai richiami vivi, tale da mantenere un divieto su tutto il Paese, quando, secondo l'interrogante, le evidenze dimostrano, che i casi d'influenza aviaria si manifestano in periodo di non utilizzo dei richiami vivi;

   per quale motivo non sia stato disposto un divieto regolato per zone a una data distanza dal focolaio, e di durata stabilita, come in vigore per gli allevamenti di pollame;

   se non intenda, quanto prima, adottare le opportune iniziative per ripristinare la possibilità di utilizzo dei richiami vivi degli ordini degli Anseriformi e Caradriformi in tutta Italia, prevedendo la possibilità di eventuale sospensione in caso di focolai, limitatamente ad un'area circoscritta di alcuni chilometri con durata di alcuni giorni come avviene in tutti gli altri Paesi d'Europa.
(5-12326)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il vaccino Hexavac è un farmaco autorizzato all'immissione in commercio dall'Agenzia europea per i medicinali (Ema) il 23 ottobre 2000;

   il 1º dicembre 2003, l'Ema, nel documento «EMEA public statement: EMEA update on hexavalent vaccines: Hexavac and Infanrix Hexa» pubblicò i risultati di uno studio epidemiologico retrospettivo che aveva segnalato un aumento di morti in culla con riferimento ai neonati vaccinati con vaccini esavalenti, pur rilevando un'associazione temporale tra vaccinazione e decessi, e stabiliva la mancanza di un'associazione causale e di un rischio per la salute;

   il 17 novembre 2005 il farmaco viene sospeso dalla commercializzazione in via preventiva dall'Ema come misura cautelativa a causa di dubbi riguardanti la protezione a lungo termine contro l'epatite B;

   numerosi studi, tra cui lo studio di Zinka e altri, «Unexplained cases of sudden infant death shortly after hexavalent vaccination» pubblicato il 26 giugno 2006, e lo studio scientifico «b-Tryptase and quantitative mast-cell increase in a sudden infant death following hexavalent immunization» hanno dimostrato il nesso causale fra il verificarsi della Sindrome della morte improvvisa del lattante (Sids) e la vaccinazione con Hexavac;

   ulteriori studi, tra cui quello di Giambi C, Bella A, Barale A e altri «A cohort study to evaluate persistence of hepatitis B immunogenicity after administration of hexavalent vaccines» BMC Infectious Diseases 2008 8:100, pubblicato nel luglio 2008 e lo studio effettuato da Zanetti e altri «Challenge with a hepatitis B vaccine in two cohorts of 4-7-year-old children primed with hexavalent vaccines: an open-label, randomised trial in Italy», pubblicato il 9 giugno 2012 hanno chiarito le caratteristiche della risposta immunitaria evocata dall'antigene dell'epatite B di Hexavac, dimostrando la sua efficacia;

   il farmaco viene poi ritirato definitivamente su richiesta della ditta produttrice il 28 giugno 2012;

   il vaccino Infanrix Hexa è un farmaco autorizzato all'immissione in commercio il 23 ottobre 2000;

   in data 9 settembre 2017, è stato pubblicato lo studio di Jacob Puliyel, C Sathyamala «lnfanrix hexa and sudden death: a review of the periodic safety update reports submitted to the European Medicines Agency» nel quale si riporta che: «Secondo l'analisi, i medici hanno scoperto che l'ultima relazione sulla sicurezza del vaccino “Infanrix hexa” presentata da GSK (2015) ha cancellato i decessi riportati in precedenza dal produttore nel suo 16° rapporto (2012). Se queste morti non fossero state cancellate, le morti dopo la vaccinazione sarebbero state significativamente superiori a quanto previsto per caso». Tuttavia, la rielaborazione dei dati presentati dalla Glaxo, effettuata correggendo i bias presenti sia nel PSUR 16 che nel PSUR 19, hanno chiaramente dimostrato che l'83 per cento delle morti riportate è avvenuto subito dopo la vaccinazione nei primi 10 giorni e solo il 17 per cento è accaduto nei successivi dieci giorni e solo il 17 per cento è accaduto nei successivi dieci giorni;

   con sentenza del 21 giugno 2017, la Corte di giustizia dell'Unione europea, CG, sez. II, si è pronunciata affermando il principio per cui, in assenza di prove scientifiche che dimostrino o neghino in modo definitivo l'esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l'insorgenza della malattia, il danneggiato può dimostrare il nesso causale tra vaccinazione e patologia contratta sulla base della «prossimità temporale tra la somministrazione di un vaccino e l'insorgenza di una malattia», ovvero dell'esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di [una] malattia a seguito di ... somministrazioni –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai dati sulla morte improvvisa in culla correlata al vaccino Infanrix hexa;

   se non intenda assumere iniziative per promuovere un riesame, da parte dell'Agenzia europea per i medicinali, della Valutazione periodica del beneficio-rischio del medicinale (la PSUR), presentata dal produttore del suddetto vaccino;

   se non intenda, alla luce dei fatti esposti in premessa, valutare se sussistano i presupposti per prevedere sul territorio nazionale una sospensione precauzionale del farmaco vaccinale Infanrix hexa.
(4-17956)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'assenza o la scarsità di segnale telefonico rappresenta sempre più un problema nei territori di montagna

   in molte zone del bellunese manca completamente la copertura di rete per telefonare e le compagnie telefoniche non investono, perché questi territori presentano numeri limitati; l'investimento quindi può attendere;

   la mancanza di copertura dei cellulari, non tanto per navigare su internet quanto per telefonare, è però un disservizio grave che interessa turisti, escursionisti, scalatori ma anche i residenti;

   la Val Visdende, una valle alpina del Comelico situata nell'area dei comuni di San Pietro e Santo Stefano di Cadore, e la zona del Cansiglio, un vasto altopiano situato tra le province di Belluno, Treviso e Pordenone, sono bandiere di un problema molto più grande che si estende in tutto il territorio provinciale e non solo;

   l'investimento sulle telecomunicazioni e la garanzia di copertura della rete mobile sono sempre più una priorità e una necessità, proprio per questioni di sicurezza. Spesso, infatti, dove non c'è la copertura non è possibile neanche contattare i numeri di emergenza;

   purtroppo, è capitato che più di qualcuno si sia perso nel bosco e si è faticato a recuperarlo, proprio a causa dell'assenza o carenza di segnale telefonico;

   è di pochi giorni fa la notizia data dal Soccorso alpino Dolomiti bellunesi di una donna che durante una passeggiata è scivolata facendosi male; l'allarme soccorso è scattato solo quando è stato possibile raggiungere un punto con copertura telefonica;

   l'economia di molte zone di montagna si basa principalmente sul turismo, sull'allevamento di bestiame da latte e la conseguente produzione di prodotti caseari di malga; la montagna vive con chi pratica il footing, con il semplice escursionismo, con la mountain-bike e con i cercatori di funghi. Il rischio è, pertanto, anche quello di un sempre maggiore abbandono della montagna;

   è necessario intervenire presso le compagnie telefoniche così da potenziare la copertura telefonica nell'intera area del Cansiglio e della Val Visdende e, più in generale, nelle zone montane bellunesi –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di agevolare una soluzione per l'increscioso e deleterio problema sopra segnalato.
(5-12330)

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   «Am Investco Italy», la joint venture formata da ArcelorMittal e dal Gruppo Marcegaglia, si è recentemente aggiudicata la gara per gli asset dell'Ilva in amministrazione straordinaria;

   il 5 giugno 2017 il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha firmato il decreto che autorizza i commissari straordinari del Gruppo Ilva in amministrazione straordinaria a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo ad Am Investco Italy S.r.l, il cui capitale sociale risulta detenuto da ArcelorMittal Italy Holding S.r.l. (51 per cento), ArcelorMittal S.A. (34 per cento) e Marcegaglia Carbon Steel S.p.A. (15 per cento);

   un'operazione da 1,8 miliardi di euro per l'acquisizione degli stabilimenti di Genova, Taranto e Novi Ligure da parte di Am Investco Italy, che ha presentato un piano di produzione per un massimo di 8 milioni di tonnellate nel 2024, con un aumento delle spedizioni grazie all'utilizzo di semilavorati e ricavi per 4 miliardi di euro a regime;

   gli investimenti previsti sono di 2,4 miliardi di euro, di cui 1,250 in interventi tecnologici e 1,150 in ambito ambientale;

   i lavoratori dello stabilimento Ilva di Taranto localizzato nel quartiere Tamburi, precisamente nell'area compresa tra la strada statale n. 7 Via Appia, la superstrada Porto-Grottaglie, la strada provinciale n. 49 Taranto-Statte e la strada provinciale n. 47, rischiano di rimanere senza lavoro perché l'azienda, Am Investco Italy, pare intenda affidare a terzi l'attività oggi interamente svolte dal personale Ilva, esternalizzando tutte le mansioni di stabilimento non strettamente connesse al processo produttivo;

   queste attività, che vanno dall'infermeria alla vigilanza, dalla manutenzione dei carri ferroviari alle spedizioni interne, dal trasporto ferroviario al controllo di processo e di qualità, oggi appannaggio del personale Ilva, verrebbero dunque affidate a terzi. I nuovi proprietari seguirebbero, quindi, strategie diametralmente opposte a quelle adottate dalla precedente gestione del «Gruppo Riva»;

   in un primo momento, Am Investco Italy aveva prospettato circa 5.500 esuberi ma, ad inizio giugno 2017, ha detto di essere pronta a scendere a 4.200. Questo ha comportato la richiesta di garanzie e chiarimenti sul piano industriale;

   la cordata ha confermato ufficialmente i 4.200 esuberi, che verrebbero comunque presi in carico dall'amministrazione straordinaria e utilizzati per le bonifiche o «coperti» con la cassa integrazione, ritenendo sufficienti i 10.000 lavoratori per gestire il rilancio dell'acciaieria di Taranto –:

   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per far fronte alla grave crisi che ha colpito i lavoratori dell'Ilva di Taranto, in modo tale da garantire loro adeguate forme di tutela nel passaggio dalla suddetta acciaieria alla cordata Am Investco Italy.
(4-17963)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Marchi e altri n. 1-01705, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Simonetti n. 5-12159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Allasia;

   l'interrogazione a risposta immediata in Commissione Pannarale e altri n. 5-12302, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Placido.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta orale Gebhard n. 3-03175 del 20 luglio 2017;

   interpellanza urgente n. 2-01935 del 19 settembre 2017.