Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    il tema degli enti locali in crisi (deficitari, pre-dissestati e dissestati) è da molti anni oggetto di analisi e recentemente la questione è, purtroppo, tornata ad assumere rilevanza strategica in ragione del fatto che un numero crescente di comuni, anche di grandi dimensioni, presenta nei propri bilanci fattori di squilibrio tali da mettere a rischio la certezza di assicurare l'assolvimento delle funzioni e di garantire i servizi indispensabili;

    la situazione è particolarmente grave laddove gli enti in dissesto finanziario, che negli ultimi anni hanno notevolmente ridotto le spese per erogazioni di prestazioni nel settore sociale, non riescano ad assicurare i livelli essenziali delle prestazioni, con conseguente impatto sulle fasce più deboli della popolazione;

    i dati dell'ultimo documento di ricerca, pubblicato a fine giugno 2017 dalla Fondazione nazionale dei commercialisti ed elaborato in base alle rilevazioni più recenti ottenute da varie fonti (Ministero dell'interno, Corte dei conti, Istituto per la finanza e l'economia locale), indicano una ripresa, negli ultimi anni, di fenomeni di crisi finanziaria degli enti locali, evidenziata in primo luogo dalla dinamica dei dissesti e confermata dal quadro offerto dalle altre situazioni di deficit;

    si tratta di fenomeni particolarmente concentrati nelle regioni del Mezzogiorno e fra gli enti locali di piccole dimensioni, fino a rappresentare, in alcune aree, una condizione quasi endemica;

    alla fine del 2016, secondo lo studio citato, in Italia si contano ben 107 enti in dissesto e 151 in predissesto, poi saliti a fine maggio 2017 a quota 163 secondo la contabilità dell'Ifel, l'Istituto per la finanza locale che fa capo all'Associazione nazionale dei comuni. In pratica, in pochi mesi, alla lista se ne sono aggiunti 12. A questi elenchi vanno poi sommati altri 67 comuni che sempre a fine 2016 risultavano «deficitari», ovvero ad un passo dal default perché presentano «gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio»;

    solo lo scorso anno sono stati 17 i comuni che hanno dichiarato «bancarotta» e altri 6 lo hanno fatto nei primi mesi del 2017, a conferma di un trend che a partire dal 2012 ha visto impennarsi notevolmente i numeri degli enti in crisi, passati dai 3-5 all'anno del periodo 1999-2009 ai 18-24 dell'ultimo quadriennio;

    da ultimo, nell'elenco dei comuni in dissesto sono entrate Benevento (capoluogo di provincia con oltre 60 mila abitanti) e Acri (Cs), che si affiancano così a città come Viareggio, Castellammare di Stabia, Vibo Valentia, Milazzo, Augusta, Bagheria, cui vanno poi aggiunte le amministrazioni provinciali di Caserta e Vibo Valentia. Non mancano le situazioni croniche, visto che in ben 16 casi sui 106 censiti dai commercialisti ci si trova di fronte a situazioni di doppio dissesto. Ovvero l'ente in crisi, come ad esempio è capitato, tra le altre, alla città di Potenza, non ha ancora concluso la prima procedura che è costretto ad aprirne un'altra;

    c'è grossa preoccupazione per città particolarmente popolose come Napoli, che sembra avere difficoltà a rispettare i vincoli del piano di riequilibrio pattuiti nel 2012, Torino, su cui la Corte dei conti ha già sollecitato adeguate contromisure, e poi Roma, dove il debito dell'Atac (1,3 miliardi di euro) rischia di far saltare il bilancio dell'intero comune;

    Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni in cui si concentra il maggior numero di enti in difficoltà; il quadro generale che emerge è comunque quello di una situazione finanziaria diffusa prevalentemente nelle regioni del Sud (42 per cento di enti deficitari, 59 per cento di enti in pre-dissesto e 70 per cento di enti in dissesto), e nelle isole, in particolare in Sicilia (37 per cento di enti deficitari, 19 per cento di enti in predissesto e 21 per cento di enti in dissesto);

    come accennato, gli indicatori mostrano, negli ultimi anni, una ripresa del numero e della gravità delle situazioni locali caratterizzate da difficoltà finanziaria. Si tratta di dati che pongono necessariamente in evidenza l'inadeguatezza dell'attuale normativa. È infatti significativa, a tal proposito, la curva in ascesa dei casi di dissesto, dopo anni nei quali il fenomeno è risultato in contrazione o quasi in azzeramento grazie alle soluzioni alternative individuate dalle norme per consentire agli enti di evitare la dichiarazione di default;

    l'attuale contesto normativo in materia di crisi finanziarie degli enti locali individua una prima fase di intervento, cosiddetta di pre-dissesto e, in caso di mancato raggiungimento dei necessari equilibri di bilancio, la successiva dichiarazione di dissesto. La disciplina di riferimento è oggi quasi interamente contenuta nel Titolo VIII del TUEL, articoli 242 e seguenti del decreto legislativo n. 267 del 2000, recante disposizioni per gli «enti locali deficitari o dissestati»;

    tra le diverse questioni legate più specificatamente agli enti che cercano di ripianare il proprio disavanzo, evitando così la «bancarotta», è necessario innanzitutto porre rimedio alle problematiche emerse a seguito dell'entrata in vigore della disciplina sull'armonizzazione dei sistemi contabili, di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 e successive modificazioni. Quest'ultima, infatti, prevede che il disavanzo derivante da riaccertamento straordinario dei residui sia ripianato in un periodo di trent'anni. Analogo termine è previsto per la restituzione dell'anticipazione di liquidità erogata agli enti in predissesto;

    pertanto, al momento, in relazione a fattispecie sostanzialmente analoghe (ripiano dei disavanzi), convivono, nell'ordinamento degli enti locali, tre diversi termini:

     il termine triennale di cui all'articolo 193 del decreto legislativo n. 267 del 2000, previsto in caso di disavanzo derivanti da ordinari fatti di gestione;

     il termine decennale di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 (il comma 5 dell'articolo 243-bis prevede che il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di dissesto, deliberi un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario);

     il termine trentennale stabilito per il ripiano del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e per la restituzione dell'anticipazione di liquidità;

    la differenza nei termini crea difficoltà di gestione del proprio bilancio da parte degli enti locali in piano di riequilibrio;

    gli enti che hanno avviato la procedura di riequilibrio finanziario si sono infatti trovati a coprire la quota di disavanzo inserita nel piano di riequilibrio nel tempo massimo di dieci anni, mentre la quota di disavanzo generata da una procedura sostanzialmente analoga – il riaccertamento straordinario imposto dalla riforma contabile – è ripianabile in trenta anni;

    è pertanto necessario rendere omogenee due delle fattispecie indicate, ovvero la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-bis del TUEL e quella finalizzata al ripiano del maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 in una prospettiva temporale trentennale;

    è quindi fondamentale offrire la facoltà agli enti sottoposti a piano di riequilibrio di spalmare in 30 anni, invece degli originari 10 anni, anche le quote di disavanzo non ripianate all'atto del riaccertamento straordinario dei residui. Questa misura consentirebbe agli enti di riportare in avanti nel tempo il maggior disavanzo che altrimenti va a gravare molto nei primi 10 anni e meno negli ultimi 20 anni, consentendo quindi, nel rispetto della scadenza trentennale (ex articolo 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011), di avere maggiore disponibilità negli anni immediatamente successivi all'emersione del disavanzo, che si ha difficoltà a ripianare, vista la condizione di crisi finanziaria in cui si trovano gli enti;

    inoltre, si rende necessario integrare la disciplina di cui all'articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 con la possibilità di attivare transazioni della durata di massimo trenta anni con l'erario e con gli enti previdenziali. Ciò, oltre a ridurre il debito rateizzandolo, consente, nel contempo, di dare certezza ai debiti erariali e previdenziali, sia per ciò che riguarda il quantum, che per quanto attiene alla scansione temporale;

    in questo modo, si rende più sostenibile il percorso di riequilibrio finanziario degli enti in predissesto evitando il rischio di diffusione dei default che, coinvolgendo anche i debiti fiscali e previdenziali delle aziende e delle società controllate, potrebbe avere anche ripercussioni negative in termini di gettito;

    non vi è però traccia di specifiche azioni volte al superamento di situazioni assai critiche che vedono coinvolti in particolare gli enti in dissesto finanziario, che negli ultimi anni hanno notevolmente ridotto le spese per erogazioni di prestazioni nel settore sociale, e che attualmente non riescono a garantire i livelli essenziali delle prestazioni, con conseguente impatto sulle fasce più deboli della popolazione;

    è necessario quindi offrire un sostegno agli enti che hanno aderito alla procedura di equilibrio finanziario pluriennale – di cui agli articoli 243-bis e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali – con specifico riferimento ai casi in cui l'adesione al piano stesso abbia comportato una riduzione delle spese per finalità sociali, in particolare nel Mezzogiorno,

impegna il Governo

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche attraverso specifici interventi normativi, volta a:

   a) offrire agli enti sottoposti a piano di riequilibrio la possibilità di coprire le quote di disavanzo inserite nel piano di riequilibrio e non ripianate all'atto del riaccertamento straordinario dei residui nel tempo massimo di 30 anni, invece degli attuali 10 anni;

   b) consentire agli enti locali in predissesto di riformulare il piano di riequilibrio rendendo così pienamente operativa la facoltà di ricomprendere i debiti fuori bilancio anche emersi dopo l'approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ancorché relativi a obbligazioni sorte antecedentemente alla dichiarazione di predissesto;

   c) offrire agli enti la possibilità di attivare transazioni della durata di massimo trenta anni con l'erario e con gli enti previdenziali;

   d) fornire un sostegno finanziario agli enti assoggettati alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, con specifica destinazione al finanziamento di spese nel settore sociale, al fine di limitare in ogni modo l'impatto negativo del taglio delle spese degli enti sulle fasce più deboli della popolazione, e garantire servizi essenziali e diritti primari ai cittadini;

2) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad una complessiva revisione della normativa in materia di crisi finanziarie degli enti locali, per evitare che un'eccessiva dilazione nel tempo per la risoluzione delle situazioni debitorie gravi oltremisura sulle generazioni future.
(1-01703) «Carfagna, Alberto Giorgetti, Russo, Occhiuto».

Risoluzioni in Commissione:


   La III e IV Commissione,

   premesso che:

    il 9 luglio 2017 il Primo Ministro della Repubblica dell'Iraq ha annunciato che le truppe irachene hanno liberato definitivamente la città di Mosul, la più grande città dell'Iraq dopo Bagdad, che, per oltre due anni, è stata la capitale politica, militare ed amministrativa del sedicente Stato Islamico (DaeSh);

    l'offensiva contro Daesh è durata otto lunghissimi mesi. Prima la liberazione da parte delle forze irachene della parte orientale della città, poi la lotta per riprendere il controllo della parte vecchia, dove si trovava la moschea di al-Nuri, dove Abu Bakr al Baghdadi annunciò, nel giugno del 2014, la fondazione del Califfato. La moschea è stata distrutta probabilmente dagli stessi miliziani di Daesh, alla fine di giugno 2017, per privare lo Stato iracheno di quello che sarebbe stato il simbolo più rappresentativo della vittoria contro l'Isis;

    l'intera città è un cumulo di macerie, le sue infrastrutture sono distrutte. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, 800 mila persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case. Molti hanno trovato un rifugio nei campi profughi e nei centri di accoglienza allestiti nel Paese, i più fortunati sono stati ospitati da amici e parenti. Difficilissime sono le condizioni di chi è rimasto bloccato nella parte vecchia, con la riduzione crescente delle scorte di cibo e acqua;

    la situazione adesso è a rischio di vendette e ritorsioni da parte delle milizie settarie e dello stesso esercito iracheno. Si moltiplicano le voci di esecuzioni sommarie e torture contro uomini accusati di aver sostenuto il Califfato. Anche molte donne sono oggetto di vendette, violenze carnali e privazioni di ogni genere. Il rischio è che le vendette rialimentino quella spirale di odio innescata dalla guerra e dall'invasione dell'Iraq da parte degli eserciti occidentali (l'Italia ha partecipato alle relative missioni internazionali);

    nel 2006, per riparare al tragico errore della duplice partecipazione italiana alla guerra contro l'Iraq («DesertStorm» gennaio/febbraio 1991, e l'operazione «Antica Babilonia», 2003-2006) il Governo Prodi, su pressione dell'opinione pubblica italiana ed in seguito a poderose mobilitazioni pacifiste, aveva posto fine alla partecipazione italiana alla missione in Iraq, richiamando in Patria le truppe;

    nell'estate del 2014 il Governo Renzi, secondo i firmatari del presente atto con il pretesto della lotta a Daesh, che proprio la sciagurata politica di guerra occidentale aveva contribuito a formare, approfittando del risentimento della popolazione irachena con l'operazione «Prima Parthica», riportava le truppe italiane in Iraq senza un vero dibattito pubblico e solo con una informativa – a Camere chiuse – alle Commissioni difesa ed esteri (20 agosto 2014) che approvano una risoluzione anche con il sostegno di una parte dell'opposizione di destra;

    il ritorno in Iraq dei militari italiani sviluppa in modo graduale dapprima con l'invio di armi al Governo autonomo kurdo/iracheno via Bagdad, successivamente con la decisione del Governo pro tempore di partecipare indirettamente alle offensive terresti (con l'invio ad Erbil e Bagdad di 280 istruttori, consiglieri militari e forze speciali) e alla campagna di bombardamenti aerei della coalizione (con lo schieramento in Kuwait di aerei da ricognizione e rifornimento in volo e 220 uomini dell'Aeronautica) con semplice comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti (16 ottobre e 17 dicembre 2014) sostenendo che già la risoluzione del 20 agosto 2014 autorizzava il Governo a dispiegare il dispositivo militare;

    lo stesso procedimento – informativo alle Commissioni competenti (19 marzo e 29 luglio 2015) senza il voto di una risoluzione – viene seguito anche quando il Governo pro tempore decide una ulteriore escalation dell'intervento con l'invio ad Erbil di otto elicotteri da combattimento e da trasporto per condurre operazioni CSAR (Combact Search and rescue) con un contingente di 130 militari;

    direttamente in televisione, senza alcuna comunicazione formale al Parlamento, viene annunciata la successiva decisione del Governo di incrementare il contingente militare italiano in Iraq con l'invio di 500 soldati a protezione della diga di Mosul (intervista del Presidente del Consiglio pro tempore Matteo Renzi nella trasmissione «Porta a Porta» del 15 dicembre 2015);

    nessuna comunicazione al Parlamento c'è stata nemmeno nel caso della decisione del Governo pro tempore di inviare, nell'estate 2015, un commando di forze speciali (una trentina di incursori del 9° Reggimento Col Moschin inquadrati nella Task Force 44) nella provincia di Al-Anbar, presso l'aeroporto militare di Taqaddum, tra Ramadi e Falluja (nel triangolo sunnita), allo scopo di assistere in prima linea le forze speciali irachene impegnate contro Daesh su questi due fronti (Operazione «centuria»);

    forze speciali a parte, nel corso del 2016 la consistenza del contingente italiano in Iraq raggiunge quota 1400 uomini: 400 militari e istruttori al Kurdistan Training Coordination Center (KTCC) di Erbil, dove sono basati anche i 130 uomini del task group personnel recovery, 500 militari della task force presidium a Mosul, 90 addestratori della task force Carabinieri a Baghdad e 280 uomini dell'Aeronautica task force Air in Kuwait;

    secondo la deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione italiana alle missioni internazionali – approvata dal Parlamento l'8 marzo 2017 – nel 2017 si prevede che il contingente militare sia incrementato fino a 1500 uomini;

    secondo i dati raccolti nell'edizione «Iraq quattordici anni di missioni italiane» da parte dell'osservatorio Mil€x sulle spese militari e da «Un Ponte per..» le missioni militari in Iraq sono costate dal 2003 ad oggi al contribuente 2,6 miliardi di euro (esattamente 2.648.522.662 euro) a fronte di soli 360 milioni di euro per iniziative di cooperazione e assistenza civile (un rapporto di 1 a 7);

    non è dato sapere se a rapporti invertiti, ovvero con 2,6 miliardi di euro usati per interventi civili (ospedali, scuole, infrastrutture), l'Iraq sarebbe così devastato come lo è oggi o se si sarebbero risparmiare vite umane ed immani sofferenze ad almeno una parte della popolazione civile;

    la battaglia per sconfiggere Daesh e sradicarlo dal sentimento della popolazione irachena comincia adesso. Non è una battaglia militare ma si tratta di una battaglia essenzialmente civile. È quella che riguarda la costruzione di un Iraq includente, multiconfessionale e multietnico in grado di ritessere relazioni e ponti che la guerra ha inopinatamente distrutto o stracciato. Come risarcimento al popolo iracheno l'Italia, come tutte le potenze che hanno partecipato in questi 26 anni a quella che appare ai firmatari del presente atto, di fatto, una guerra contro l'Iraq, ha il dovere di cambiare l'approccio che ha fin qui portato alla catastrofe quel popolo,

impegnano il Governo:

   a prevedere con propri atti urgenti ovvero in sede di presentazione della nuova deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali prevista dall'articolo 2 comma 2, della legge 21 luglio 2016, n. 145 la trasformazione dell'attuale missione militare in Iraq in una nuova missione a carattere civile a sostegno del processo di ricostruzione, riconciliazione e pacificazione della Repubblica dell'Iraq;

   a rafforzare l'intervento umanitario a sostegno della popolazione civile di Mosul e delle altre città e dei villaggi evacuati a causa della guerra, con particolare attenzione ai progetti tesi a garantire ai bambini il diritto all'istruzione e alla salute;

   ad assumere iniziative presso le autorità militari e politiche della regione autonoma del Kurdistan iracheno e della Repubblica dell'Iraq per evitare il consumarsi di vendette e il ricorso alla tortura e alle esecuzioni sommarie tanto più deplorevoli se effettuate da personale addestrato dalle nostre Forze armate italiane;

   ad adoperarsi affinché le organizzazioni umanitarie internazionali assicurino, la protezione nei confronti delle donne di Mosul (spose, sorelle, figlie di miliziani di Daesh), evitando che debbano subire dai «liberatori» le stesse angherie e gli stessi soprusi patiti durante il Califfato.
(7-01346) «Basilio, Spadoni, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo».


   La VI e IX Commissione,

   premesso che:

    l'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA), istituita dalla legge 21 novembre 2000, n. 342, «Misure in materia fiscale» (articoli 90-95), è un tributo, a totale carico delle compagnie aeree, la cui ratio è rinvenibile nella necessità di ridurre l'inquinamento acustico nelle aree limitrofe agli aeroporti e migliorare la vivibilità dei territori coinvolti dalle attività aeroportuali;

    all'articolo 90, comma 1, si stabilisce che il gettito derivante da tale imposta attribuito ad ogni regione o provincia autonoma per ogni decollo ed atterraggio dell'aeromobile civile negli aeroporti civili – venga destinato «prioritariamente al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all'eventuale indennizzo delle popolazioni residenti in aree facenti parte dell'intorno aeroportuale»;

    successivamente, con il decreto legislativo n. 68 del 2011 in materia di autonomia di entrata delle regioni, l'Iresa è stata trasformata in tributo proprio regionale, a decorrere dal 1º gennaio 2013, rimettendo «la concreta istituzione dell'imposta e la disciplina del e relative modalità applicative [...] all'autonomia delle singole Regioni»; ferma restando la facoltà per le regioni di sopprimerla, come ha fatto di recente la regione Lombardia con la sospensione del tributo a partire dal 1º gennaio 2013;

    tuttavia, soltanto alcune regioni hanno istituito l'Iresa con importanti differenze a livello nazionale, tanto che la Conferenza Stato-regioni, per garantire omogeneità legislativa ha dettato regole comuni con un range di aliquote (doc. 12/175/CR5a/C2);

    a seguito di specifica segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 20 agosto 2013, è stato introdotto l'articolo 13, comma 15-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013, che ha stabilito il valore massimo dell'imposta nella misura di 0,50 euro a tonnellata e la rimodulazione del tributo in base alla distinzione tra voli diurni e notturni e alle peculiarità urbanistiche delle aree prospicienti i singoli aeroporti;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, il quadro normativo vigente non solo risulta disomogeneo a livello nazionale e non ispirato a criteri di efficienza, ma l'Iresa non rispecchia la natura di «imposta di scopo», essendo talvolta (come nel Lazio) destinata solo per il 10 per cento alla gestione dei costi sociali delle emissioni sonore provenienti dagli aerei;

    come sottolineato anche dalla Corte dei conti, con la deliberazione n. 7/2012/G, le disposizioni normative di cui sopra, trovano collocazione in un ben più ampio quadro normativo la cui cornice è costituita dal diritto alla salute, «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» (articolo 32 della Costituzione) e dalla tutela dell'ambiente, alla quale la legge costituzionale n. 3 del 2001, nel riformare il titolo V della parte II della Costituzione, ha attribuito esplicito riconoscimento costituzionale (articolo 117, secondo comma, lettera s),

impegnano il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative normative volte a definire criteri uniformi per il calcolo dell'Iresa, tali da condurre ad una definizione univoca del livello del tributo, almeno relativamente ad una soglia minima, per tipologia e caratteristiche, evitando gli effetti distorsivi di cui in premessa e quindi la possibile disapplicazione dell'Iresa a livello regionale;

   ad assumere tutte le necessarie iniziative affinché sia garantito che il gettito di imposta, devoluto alle regioni, venga poi effettivamente destinato «in via prevalente» al sostegno del costo degli interventi necessari per contenere il rumore e compensare la popolazione residente, come appunto avviene in altri Stati membri dell'Unione europea, attraverso la definizione di una soglia minima valida per tutte le regioni e tale da garantire un equo indennizzo alle popolazioni residenti nelle zone dell'intorno aeroportuale.
(7-01344) «Spessotto, Crippa, Villarosa, Sibilia, De Rosa».


   L'VIII Commissione,

   premesso che:

    decine di milioni di metri cubi d'acqua sono stati sottratti in Sardegna alla vera agricoltura per foraggiare il business delle energie rinnovabili;

    si tratta di migliaia di ettari di colture di mais le cui produzioni finiscono direttamente nei biodigestori per la produzione di energia;

    la superficie totale coltivata ai fini della produzione di colture per i biodigestori in Sardegna è stimata in circa 6.570 ettari;

    considerando che, ai fini di una produzione per biodigestori, si cerca di fare due cicli, ecco che la superficie in termini strettamente legati all'uso dell'acqua tenderebbe quasi ad aumentare del doppio (mais a 90 giorni);

    in linea di principio se per 1200 ettari occorrerebbero circa 10 milioni di metri cubi di acqua, per 6.570 ne occorreranno 54,7 milioni per ciclo colturale;

    se un imprenditore per il biodigestore dovesse fare due cicli, automaticamente si raddoppierebbero la superficie e la quantità d'acqua;

    non tutti fanno due cicli, ma è un evento di cui bisogna sempre tenere conto;

    diversi biodigestori sono gestiti dalla soc. Fri-el già coinvolta nella gestione di altre partite energetico ambientali ad elevato incentivo pubblico;

    negli ultimi tre anni nella sola Nurra (Sassari) è stranamente raddoppiata la produzione di mais;

    il risultato è davanti agli occhi di tutti: nella Nurra non c'è più acqua per allevamenti e agricoltura produttiva;

    il circuito è perverso: si usano terreni e risorse irrigue per produrre mais che esce dalla catena agroalimentare per finire nel circuito energetico, anch'esso foraggiato da incentivi di ogni genere;

    una morsa sempre più grave in tutta l'isola, ma che ha la punta avanzata nella grave crisi idrica della Nurra;

    l'agricoltura muore sotto il peso della siccità e nel frattempo proliferano i biodigestori funzionali alla produzione di energia elettrica attraverso le biomasse prodotte dai terreni agricoli irrigati a piene mani dall'acqua che doveva essere destinata all'agricoltura funzionale alla filiera agroalimentare. Il dramma che vive la Nurra fa emergere un vero e proprio sistema delle biomasse totalmente illegale, visto che vi è una chiarissima sovrapposizione di incentivi agricoli ed energetici che stanno mettendo l'agricoltura sotto un ricatto infinito che genera un vero e proprio nodo scorsoio per l'intero sistema produttivo agricolo-zootecnico;

    da qualche anno a questa parte, con la punta dell’icerberg in questa stagione irrigua, si è indiscriminatamente visto il proliferare dei biodigestori ai fini della produzione di energia elettrica da biomassa;

    al biodigestore, come peraltro già da tempo stabilito dallo stesso assessorato all'industria, poteva e doveva essere conferito soltanto il materiale di scarto delle produzioni agricole salvando, dunque, il prodotto commercializzabile ed inoltrabile alla filiera agroalimentare;

    dalla fine del 2013, contestualmente all'avvio della messa in esercizio dei biodigestori nel territorio sardo, nei consorzi di bonifica dove sono presenti biodigestori, si è registrato l'aumento delle richieste di mais di quasi il 50 per cento e, novità assoluta, l'irrigazione ex novo degli eucalipto come piante forestali;

    al mais, in alcuni casi, si riesce a far fare un doppio ciclo colturale se impiantato alla fine di aprile, mentre, l'eucalipto viene semplicemente tagliato ogni 13 anni se si intende portarlo a produrre anche legna, altrimenti molti meno anni se lo si vuole utilizzare solo o anche come biomassa;

    l'effetto è devastante, come facile intuire: da un lato, si ha un drenaggio dalla filiera agroalimentare della pannocchia di mais che nella fase di mietitura non viene salvata ma triturata assieme al resto della pianta creando anche deficit di mais nel mercato sardo, pur avendo, dalla comunità europea, i contributi per un prodotto che sarebbe dovuto finire nel mercato agroalimentare e non dentro una «batteria», dall'altro, si ha un incremento esponenziale dei milioni di metri cubi di acqua che questa coltura necessita (per ogni ettaro di mais mediamente si assorbono 8.000 metri cubi di acqua, se i cicli annui sono due, si raddoppia per arrivare a 16.000 metri cubi d'acqua all'anno). Se si ipotizzasse che, nella sola Nurra, l'incremento delle richieste di mais siano addebitabili all'uso come biomassa, si avrebbe annualmente un consumo di 6,4 milioni di metri cubi fermo restando che nessuno può garantire che non vengano prenotate anche parte delle produzioni tradizionali, al fine di garantire un afflusso costante al biodigestore (quindi una percentuale degli altri 4 milioni di metri cubi consumati);

    le colture forestali, invece, hanno bisogno solitamente di poca acqua che, nel computo generale, comunque è un numero da non sottovalutare;

    gli ettari nella sola Nurra sono annualmente circa 250/300 ed assorbono altri 750.000 metri cubi d'acqua;

    gran parte di queste piantagioni di eucalipto sono in capo ad una società spagnola che ha fatto richiesta, ottenendola, di risorsa idrica;

    nella sola Nurra ci sono attivi 4 biodigestori;

    il caso del mais è una parte ma anche altre colture possono essere destinate ai biodigestori e pertanto drenate dalla filiera agroalimentare;

    attualmente nella sola Nurra, sono previsti assorbimenti irrigui per circa 10 milioni di metri cubi, per la sola coltura del mais e 750.000 per le forestali;

    i Ministeri competenti e la regione, ad avviso del firmatario del presente atto, stanno ignorando questa gravissima realtà che rischia davvero di mettere sotto ricatto tutto il sistema agricolo trasformando il sistema produttivo sardo in un campo di produzione di biomasse, diventando ostaggio di questo sistema, cancellando il sistema agricolo e agevolando le speculazioni nell’import di mangimi e prodotti agroalimentari;

   si sta attentando in modo grave al sistema agricolo della Sardegna,

impegna il Governo

a predisporre iniziative, per quanto di competenza, per bloccare subito questo vortice devastante sia per l'uso delle risorse idriche che per l'agricoltura e l'allevamento saranno vittime sacrificali di affari «pseudo energetici» funzionali ad incentivi e business.
(7-01345) «Pili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   Lamezia Multiservizi s.p.a. è una società a totale capitale pubblico, partecipata al 91 per cento dal comune di Lamezia Terme e avente ad oggetto sociale la gestione di servizi pubblici;

   il 12 luglio 2017 l'associazione donne giuriste Italia, sezione di Catanzaro nella persona della vicepresidentessa Alessia Bausone ha denunciato pubblicamente sulla stampa locale la violazione da parte del sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, della legge 12 luglio 2011, n. 120 (cosiddetta legge Golfo-Mosca), sulle quote di genere nelle società e del regolamento attuativo costituito dal decreto del Presidente della Repubblica del 30 novembre 2012, n. 251, concernente la «parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni»;

   lo stesso statuto della società, come denunciato dalla predetta associazione, agli articoli 13, comma 3, riguardante la nomina dei consiglieri di amministrazione e 19, comma 6, riguardante la nomina dei sindaci, non prevede che la nomina di tali organi sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga un terzo dei componenti di ciascun organo, a giudizio dell'interpellante in palese violazione dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012;

   il 12 luglio, lo stesso giorno della pubblica denuncia dell'associazione donne giuriste, il presidente del consiglio di amministrazione Giuseppe Costanzo ha rassegnato le proprie dimissioni;

   è notizia del 1º agosto 2017 che il sindaco di Lamezia Paolo Mascaro abbia designato quale nuovo componente e presidente del consiglio di amministrazione di Lamezia Multiservizi s.p.a. il dottor Gianfranco Luzzo, che, insieme all'avvocato Luca Scaramuzzino e al dottor Pietro Putame, rappresentano un organo societario ad integrale composizione maschile, così come il collegio sindacale che sia nei membri effettivi che in quelli supplenti non vede la presenza di alcun componente di genere femminile;

   l'articolo 4, comma 3, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica obbliga gli organi di amministrazione e di controllo delle società di comunicare al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità la mancanza di equilibrio tra i generi, anche quando questa si verifichi in corso di mandato;

   l'articolo 4, comma 5, del citato decreto del Presidente della Repubblica prevede che, in caso di inosservanza della normativa sulle quote di genere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità, «diffidino la società a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorni e, in caso di perdurante inadempienza, decorso inutilmente un nuovo termine di pari lunghezza, i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell'organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo Statuto» –:

   se il presidente del consiglio di amministrazione dimissionario di Lamezia Multiservizi s.p.a. Giuseppe Costanzo e il presidente del collegio sindacale Smeraldo Polopoli abbiano adempiuto all'obbligo di informazione e comunicazione di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251, attuativo dell'articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120 (cosiddetta legge Golfo-Mosca);

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere in ordine al pieno rispetto della normativa vigente in materia di rappresentanza di genere negli organi di amministrazione da parte di Lamezia Multiservizi s.p.a., stante la perdurante inadempienza degli organi all'uopo preposti.
(2-01940) «Barbanti».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

   decine di milioni di metri cubi d'acqua sono stati sottratti in Sardegna alla vera agricoltura per foraggiare il business delle energie rinnovabili;

   si tratta di migliaia di ettari di colture di mais le cui produzioni finiscono direttamente nei biodigestori per la produzione di energia;

   negli ultimi tre anni nella sola Nurra (Sassari) è stranamente raddoppiata la produzione di mais;

   il risultato è davanti agli occhi di tutti: nella Nurra non c'è più acqua per allevamenti e agricoltura produttiva;

   il circuito è perverso: si usano terreni e risorse irrigue per produrre mais che esce dalla catena agroalimentare per finire nel circuito energetico, anch'esso foraggiato da incentivi di ogni genere;

   una morsa sempre più grave in tutta l'isola ma che ha la punta avanzata nella grave crisi idrica della Nurra;

   l'agricoltura muore sotto il peso della siccità e nel frattempo proliferano i biodigestori funzionali alla produzione di energia elettrica attraverso le biomasse prodotte dai terreni agricoli irrigati a piene mani dall'acqua che doveva essere destinata all'agricoltura funzionale alla filiera agroalimentare. Il dramma che vive la Nurra fa emergere un vero e proprio sistema delle biomasse totalmente illegale, visto che vi è una chiarissima sovrapposizione di incentivi agricoli ed energetici che stanno mettendo l'agricoltura sotto un ricatto infinito che genera un vero e proprio nodo scorsoio per l'intero sistema produttivo agricolo-zootecnico;

   da qualche anno a questa parte, con la punta dell'icerberg in questa stagione irrigua, si è indiscriminatamente visto il proliferare dei biodigestori ai fini della produzione di energia elettrica da biomassa;

   al biodigestore, come peraltro già da tempo stabilito dallo stesso Assessorato all'industria, poteva e doveva essere conferito soltanto il materiale di scarto delle produzioni agricole salvando, dunque, il prodotto commercializzabile ed inoltrabile alla filiera agroalimentare;

   dalla fine del 2013, contestualmente all'avvio della messa in esercizio dei biodigestori nel territorio sardo, nei Consorzi di Bonifica dove sono presenti biodigestori, si è registrato l'aumento delle richieste di Mais di quasi il 50 per cento e, novità assoluta, l'irrigazione ex novo degli eucalipto come piante forestali;

   al mais, in alcuni casi, si riesce a far fare un doppio ciclo colturale se impiantato alla fine di aprile mentre, l'eucalipto, viene semplicemente tagliato ogni 13 anni se si intende portarlo a produrre anche legna, altrimenti molti meno anni se lo si vuole utilizzare solo o anche come biomassa;

   l'effetto è devastante, come facile intuire: da un lato, si ha un drenaggio dalla filiera agroalimentare della pannocchia di mais che nella fase di mietitura non viene salvata ma triturata assieme al resto della pianta creando anche deficit di mais nel mercato sardo pur avendo, dalla comunità europea, i contributi per un prodotto che sarebbe dovuto finire nel mercato agroalimentare e non dentro una «batteria»;

   dall'altro, si ha un incremento esponenziale dei milioni di metri cubi di acqua che questa coltura necessita (per ogni ettaro di mais mediamente si assorbono 8.000 metri cubi di acqua, se i cicli annui sono due, si raddoppia per arrivare a 16.000 metri cubi d'acqua all'anno). Se si ipotizzasse che, nella sola Nurra, l'incremento delle richieste di mais siano addebitabili all'uso come biomassa, si avrebbe annualmente un consumo di 6,4 M metri cubi fermo restando che nessuno può garantire che non vengano prenotate anche parte delle produzioni tradizionali, al fine di garantire un afflusso costante al biodigestore (quindi una percentuale degli altri 4 M metri cubi consumati);

   le colture forestali, invece, hanno bisogno solitamente di poca acqua che, nel computo generale, comunque è un numero da non sottovalutare;

   gli ettari nella sola Nurra sono annualmente circa 250/300 ed assorbono altri 750.000 metri cubi d'acqua;

   gran parte di queste piantagioni di eucalipto sono in capo ad una società spagnola che ha fatto richiesta, ottenendola, di risorsa idrica;

   nella sola Nurra ci sono attivi 4 biodigestori;

   il caso del mais è una parte ma anche altre colture possono essere destinate ai biodigestori e pertanto drenate dalla filiera agroalimentare;

   attualmente nella sola Nurra, sono previsti assorbimenti irrigui per circa 10 M metri cubi per la sola coltura del mais e 750.000 per le forestali;

   Ministeri competenti e regione, ad avviso dell'interpellante, stanno ignorando questa gravissima realtà che rischia davvero di mettere sotto ricatto tutto il sistema agricolo trasformando il sistema produttivo sardo in un campo di produzione di biomasse, diventando ostaggio di questo sistema, cancellando il sistema agricolo e agevolando le speculazioni nell’import di mangimi e prodotti agroalimentari;

   si sta attentando in modo grave al sistema agricolo della Sardegna –:

   se non intendano predisporre iniziative, per quanto di competenza, per bloccare subito questo vortice devastante per l'uso delle risorse idriche che, per l'agricoltura e l'allevamento, saranno vittime sacrificali di affari «pseudo energetici» funzionali ad incentivi e business;

   se non ritengano di attivare, per quanto di competenza, una verifica sull'utilizzo dei contributi e sulla loro finalizzazione.
(2-01941) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   dal 1° luglio 2017 la riscossione dei tributi è demandata alla nuova Agenzia delle entrate-riscossione;

   gli organi di gestione del nuovo ente sono il presidente, che coincide con il direttore dell'Agenzia delle entrate (attualmente l'avvocato Ernesto Maria Ruffini), e il comitato di gestione, composto dallo stesso presidente e da due dire enti dell'Agenzia delle entrate. In buona sostanza, il nuovo ente strumentale è di fatto gestito esclusivamente dall'Agenzia delle entrate. Di fronte a un tale contesto organizzativo, è lecito dunque chiedersi come mai non si sia deciso di accentrare le funzioni della riscossione direttamente in seno all'Agenzia delle entrate;

   la descritta organizzazione, ad avviso dell'interpellante, limita, se non esclude del tutto, l'autonomia del nuovo ente. Sotto tale profilo, la previsione statutaria (articolo 17) di rimettere la disciplina del rapporto tra Agenzia delle entrate-riscossione e Agenzia delle entrate ad apposite convenzioni si configura, considerata la comunanza degli organi di gestione, come un «contratto con se stesso». Mentre integra, secondo l'interpellante, un vero e proprio conflitto di interessi il «controllo interno» tra i due enti, considerato che il controllore e il controllato coincidono;

   il nuovo ente è tenuto, come previsto dallo statuto, oltre allo svolgimento delle attività tipiche di riscossione, anche allo svolgimento delle attività strumentali alle attività della stessa Agenzia delle entrate. Per tale motivo, a parere dell'interpellante sarebbe stato ancor più opportuno scindere i centri di responsabilità e di controllo;

   limiti all'imparzialità e al buon andamento dell'azione amministrativa delle ente, a esclusivo danno dei cittadini, derivano anche dall'assetto patrimoniale. La sua gestione finanziaria è ispirata al principio della parità tra costi e ricavi di esercizio, ovvero allo scopo di lucro: l'articolo 11 dello statuto prevede infatti che, al fine di assicurare il funzionamento del servizio nazionale della riscossione e garantire l'equilibrio economico finanziario dell'attività, il servizio è remunerato attraverso gli oneri di riscossione vigenti, ovverosia gli «aggi di riscossione» già attribuiti ad Equitalia e che, stando alle dichiarazioni rese dal Governo, rappresentavano il presupposto per rivedere il sistema di riscossione e abolire Equitalia;

   tale ultimo aspetto invece, oltre a dimostrare che nulla è cambiato rispetto al «sistema Equitalia», costituisce, ad avviso dell'interpellante, l'ennesima beffa per i contribuenti che continueranno a vedersi addebitati ingenti costi di riscossione non parametrati, in termini di ragionevolezza e congruità, all'effettivo costo del servizio (Corte costituzionale con la sentenza n. 480 del 30 dicembre 1993). Inoltre, alimenterà la necessità dell'ente di reperire le risorse necessarie al suo funzionamento proprio dall'attività di riscossione, all'uopo potenziata dall'accesso alle banche dati sui rapporti di lavoro, pensioni e conti correnti, al fine di individuare i beni da pignorare. In tal modo, a parere dell'interpellante, con il passaggio della riscossione da Equitalia all'Agenzia delle entrate-riscossione si è messa in atto una stretta ancor più incisiva dell'esecuzione esattoriale. È oltremodo agevolata, infatti, la possibilità di pignorare i conti correnti con un ordine rivolto direttamente alla banca, senza passare in tribunale, e per di più in un contesto caratterizzato dall'affievolimento delle misure di tutela del contribuente (si pensi alla drastica limitazione, disposta con il decreto legislativo n. 175 del 2015, dei casi di accesso alla speciale proceduta di accesso alla sospensione amministrativa dei ruoli);

   quanto poi alle modalità di assunzione di personale da parte del nuovo ente, caratterizzate dal trasferimento automatico del personale di Equitalia, emerge con evidenza che la scelta del Governo di puntare sulla figura dell'ente pubblico economico è stata dettata dall'intento di realizzare una mera trasformazione della società per azioni Equitalia, senza apportare in realtà alcun concreto cambiamento, mettendo in tal modo a rischio sia la stessa occupazione dei dipendenti sia la legittimità dell'azione amministrativa. Nonostante il Ministero dell'economia e delle finanze continui a sottovalutare tale aspetto, come si desume dalla recente risposta fornita all'interrogazione n. 5-12022 (dove ha escluso la necessità del pubblico concorso), non sono pochi infatti i profili di criticità, già oggetto di contenziosi pendenti e di un potenziale giudizio di costituzionalità: la natura sostanziale di pubblica amministrazione del nuovo ente, che imporrebbe lo svolgimento di una selezione pubblica del personale (diversamente, si impone il problema di riflettere sulla riforma della normativa sul pubblico impiego); la possibilità attribuita ai dipendenti di accedere a tutte le banche dati pubbliche, pur essendo essi assoggettati a una disciplina del rapporto di lavoro di natura privatistica; la possibilità degli stessi dipendenti di accedere a tutte le pubbliche amministrazioni come previsto dall'articolo 21 del regolamento di gestione del nuovo ente –:

   se intendano assumere iniziative per:

    a) risolvere quello che appare all'interpellante un conflitto di interesse nel controllo interno tra Agenzia delle entrate-riscossione e Agenzia delle entrate;

    b) eliminare i costi di riscossione ancora addebitabili ai contribuenti;

    c) escludere o quantomeno limitare l'accesso, dei dipendenti assoggettati a disciplina del rapporto di lavoro di tipo privatistico dal nuovo ente, alle banche dati pubbliche;

    d) rimuovere il potenziale rischio di incostituzionalità della norma in materia di assunzione di personale e distacco dei suddetti dipendenti presso le pubbliche amministrazioni
(2-01943) «Sibilia».

Interrogazioni a risposta orale:


   VIGNALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo di partenariato, adottato nel settembre 2014 ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (UE) n. 1303/2013, nella sezione I A, alla pagina 258, relativa all'obiettivo tematico 11, prevede espressamente che: «il FSE (Fondo sociale europeo) e il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) interverranno nel settore dell'educazione pubblica, con esclusione delle private e/o parificate»;

   tuttavia, con il comma 313 della legge di bilancio per l'anno 2017, è stata introdotta una nuova disposizione, che ha individuato le scuole paritarie tra i possibili beneficiari del programma operativo istituzionale (PON) «Per la Scuola». Il comma recita che dove si parla di istituzioni scolastiche si devono intendere tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 62 del 2000;

   con l'entrata in vigore della legge di bilancio, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha effettuato i necessari approfondimenti sulle ricadute che l'attuazione della norma comporta, avviando, dal mese di gennaio 2017 un'interlocuzione con il competente Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, volta a valutare eventuali iniziative attuative che risultassero già allo stato compatibili con il quadro ordinamentale comunitario;

   in particolare, si chiedeva di verificare l'eventuale modifica dell'accordo di partenariato come previsto dalla legge di bilancio e l'avvio dell’iter previsto per ottenere dalla Commissione europea indicazioni sulle specifiche modifiche, in coerenza con la norma citata dell'accordo di partenariato del PON in questione;

   in attesa della definizione delle suddette procedure, considerata la necessità di attuare il programma operativo in ragione delle scadenze previste per la spesa, sia per l'anno 2017, sia per l'anno 2018, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ritenuto opportuno procedere all'accantonamento per le scuole paritarie di una quota parte dei finanziamenti disponibili, tramite inserimento in tutti gli avvisi pubblici del Programma PON, di uno specifico riferimento;

   nel mese di marzo 2017 risulta all'interrogante che sia stato avviato un confronto tecnico tra il capo di gabinetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il capo di gabinetto del Ministro per la coesione territoriale e del Mezzogiorno, con esiti positivi –:

   se il dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri abbia avviato la necessaria interlocuzione con la Commissione europea per la modifica dell'accordo di partenariato di cui in premessa e, di conseguenza, ai fini della riprogrammazione del PON.
(3-03254)


   TERZONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 11 della legge n. 400 del 1988, riguardante i compensi dei commissari straordinari nominati dal Consiglio dei ministri, prevede per il dimissionario commissario alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma 2016 Vasco Errani una quota di compenso che si divide in una parte fissa, 50 mila euro annui, e una variabile, sempre di 50 mila euro annui, al raggiungimento degli obiettivi, da corrispondere dopo relazione dello stesso Errani –:

   quali siano gli obiettivi prefissati dal Governo ed in che data siano fissati e richiesti;

   a quanto ammonti la quota prevista e concordata per ogni obiettivo raggiunto;

   nel caso in cui sia stato erogato il compenso per il raggiungimento degli obiettivi, quali siano state le date di erogazione;

   se sia giunta la relazione da parte dell'ex commissario straordinario Errani, se vi sia al suo interno la lista degli obiettivi raggiunti e in quali date e se intenda rendere disponibile tale relazione.
(3-03255)


   TERZONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'articolo apparso sul giornale onlineCronache Maceratesi in data 2 agosto 2017, a Camerino (MC), città inclusa nel cratere sismico 2016, la polizia municipale avrebbe sporto denuncia contro almeno 10 persone per truffa e falso in atto pubblico per aver dichiarato il falso riguardo ai contributi di autonoma sistemazione, il Cas;

   gli agenti hanno eseguito centinaia di controlli e altre 15 persone sarebbero indagate per gli stessi reati. A seguito degli avvisi da parte della polizia riguardo alle verifiche, circa trenta persone hanno presentato rinuncia al Cas ed altre quindici avrebbero modificato le domande nella parte riguardante il numero di famigliari che dimorano all'interno delle case;

   si ricorda che il Cas prevede un contributo pari a 400 euro per persone singole, 500 per due persone, 700 per tre, 800 per 4 e 900 per più di 5 persone. Sono inoltre previsti altri 200 euro mensili se in famiglia ci sono portatori di handicap o con più di 65 anni. I 200 euro sono cumulabili in caso in cui l'ultra 65enne sia portatore di handicap con invalidità superiore al 67 per cento;

   del Cas si può usufruire fino al rientro nella propria casa;

   le richieste per il Cas nella regione Marche sono verificabili all'indirizzo internet http://www.regione.marche.it –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti, se intenda fornire ogni utile elemento sul fenomeno emerso e se non ritenga di assumere iniziative per estendere i controlli, anche per il tramite della Guardia di finanza, al territorio degli altri comuni interessati, al fine di evitare forme di speculazione nella fruizione delle suddette risorse pubbliche.
(3-03256)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI, LOMBARDI, TRIPIEDI, BUSINAROLO e DADONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo di polizia penitenziaria è una delle quattro forze di polizia dello Stato italiano, insieme a polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza ed è dipendente dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia;

   il Corpo è oggi una forza di polizia ad ordinamento civile, altresì nota come «Corpo militarmente organizzato» definizione che non implica la militarità del Corpo, ma l'organizzazione che si rifà chiaramente a una struttura militare;

   la nascita della polizia penitenziaria risale alle regie patenti del Regno di Sardegna dell'anno 1817 che costituivano le Famiglie di giustizia e nel 1873 fu invece creato il Corpo delle guardie carcerarie, poi riformato nel Corpo degli agenti di custodia (1890), ad ordinamento militare e finalmente nel 1923 l'amministrazione passò dall'allora Ministero dell'interno al Ministero di grazia e giustizia (oggi Ministero della giustizia);

   la stessa svolge principalmente il compito di gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, espleta inoltre attività di polizia stradale ai sensi dell'articolo 12 del codice della strada, partecipa al mantenimento dell'ordine pubblico, svolge attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza anche al di fuori dell'ambiente penitenziario, così come tutte le altre forze di polizia, svolge attività di scorta a tutela di personalità istituzionali (Ministro della giustizia, sottosegretari di Stato) e di magistrati ed i compiti istituzionali sono descritti nell'articolo 5 della legge 15 dicembre 1990, n. 395, che stabilisce che il Corpo di polizia penitenziaria, sia amministrato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia;

   la capienza regolamentare prevista dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è pari a 50501 posti e ad oggi secondo fonti sindacali risultano presenti 59814 detenuti pari a 9313 in più della capienza, di cui stranieri 19747 detenuti, pari a circa il 33 per cento della popolazione ristretta;

   il sovraffollamento, la carenza di organici, l'organizzazione del lavoro deficitaria, i suicidi e le violenze sul personale non consentono lo svolgimento dell'attività lavorativa;

   il numero di suicidi che colpiscono gli operatori della polizia penitenziaria, argomento ritornato alla ribalta della cronaca nera anche in questi giorni, sta diventando sempre di più una piaga;

   è inaccettabile morire sul lavoro ed ancor più inaccettabile suicidarsi sul luogo di lavoro a causa dello stesso –:

   come il Governo intenda agire al fine di preservare l'attività lavorativa degli operatori della polizia penitenziaria.
(5-12220)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con una nota del Ministero della difesa alla regione Sardegna è giunta il 18 settembre 2017, forte e chiara la decisione di consentire bombardamenti sulle coste della Sardegna, di fatto anche senza una legittima riunione del Comipa;

   la riunione del Comipa, comitato misto paritetico sulle servitù militari, secondo quanto scrive il Ministero della difesa è valida anche senza la partecipazione dei rappresentanti della regione;

   se ne deve assumere, ad avviso dell'interrogante, che per il Ministero della difesa l'assenza del numero legale non sarebbe determinante;

   del resto, la Ministra interrogata e i vertici militari, ad avviso dell'interrogante, hanno spesso agito in modo autoritario o indifferente rispetto alle sorti della Sardegna;

   aver imposto un calendario di esercitazioni senza una regolare riunione del Comipa, secondo l'interrogante, fa emergere una linea di condotta che mai prima aveva raggiunto un livello di spregiudicatezza così elevato;

   la nota del Ministero della difesa giunta sul tavolo di un presidente che appare all'interrogante poco reattivo, ha lasciato interdetti tutti i componenti dello stesso Comitato misto paritetico che hanno dovuto constatare, di fatto, la propria inutilità dinanzi ad una regione istituzionalmente inesistente;

   il piano delle esercitazioni militari del prossimo semestre approvato con modalità di dubbia legittimità qualche mese fa con un vero e proprio «blitz» contro la Sardegna e contro le istituzioni sarde è dunque in vigore secondo quanto ha deciso la Ministra interrogata;

   i generali del Ministero della difesa, componenti del Comitato misto paritetico per le servitù militari, lo hanno approvato in assenza del numero legale e di tutti i rappresentanti della regione. Un fatto di una gravità inaudita e senza precedenti;

   la nota della Ministra e l'atto compiuto confermano la spregiudicatezza di questi apparati dello Stato, ad avviso dell'interrogante, totalmente irrispettosi delle più elementari regole istituzionali e giuridiche;

   aver approvato e legittimato con la citata nota il piano delle esercitazioni in assenza di tutta la componente regionale costituisce un precedente gravissimo nei rapporti tra Stato e regione;

   il Comitato formato da 14 membri aveva deliberato con soli 7 voti, anziché, 8 e quindi con un voto nullo sotto ogni punto di vista;

   il modus operandi di questi generali e della Ministra interrogata caratterizzato da queste forzature inaudite è determinato anche dalla posizione del presidente della regione che appare all'interrogante totalmente inadeguato e incapace di far rispettare anche le più elementari regole comportamentali;

   si è dinanzi ad una spregiudicatezza dello Stato che, secondo l'interrogante, calpesta ogni minima autonomia regionale sino a cancellare il valore stesso di un Comitato misto paritetico che risulta già privo di strumenti decisionali vincolanti ma che con questo atto perde qualsiasi tipo di funzione;

   il silenzio della presidenza della regione, secondo l'interrogante vergognoso, costituisce il più grave avallo a quanto sta succedendo;

   gli stessi componenti regionali avevano messo nero su bianco, con un documento inviato a Governo e regione, la violazione messa in atto dal presidente del Comipa;

   si tratta di un generale presidente del Comipa che ha disatteso, in modo che appare all'interrogante a dir poco spregiudicato, il dettato statutario e costituzionale e la stessa norma che disciplina il Comipa;

   con un gesto del tutto irrispettoso i rappresentanti della difesa hanno calpestato l'autonomia della regione e il patto di lealtà tra istituzioni;

   non vi era nessuna ragione per approvare in quella seduta il programma delle esercitazioni e se i delegati regionali avevano ritenuto di non partecipare era evidente che ci fosse una ragione di fondo;

   è fin troppo evidente che queste nuove esercitazioni approvate con modalità di dubbia legittimità, fuori dal contesto autorizzato e negoziato, costituiscono nuove gravissime decisioni unilaterali del Ministero della difesa;

   è semplicemente inaccettabile che lo Stato faccia in Sardegna quello che vuole –:

   se non ritengano con urgenza di dover assumere iniziative per revocare il calendario delle esercitazioni approvato con modalità di dubbia legittimità senza il numero legale e con l'assenza dei rappresentanti della regione Sardegna.
(5-12227)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FALCONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola rileva come l'anno in corso, sia stato particolarmente difficile per gli agricoltori italiani, nell'ambito delle regole connesse alla domanda Pac, in quanto il sistema risulta essere al collasso, a causa dei ritardi e dei costi eccessivi, che mettono di conseguenza a rischio la normale erogazione dei contributi comunitari;

   la suddetta Confederazione evidenzia come nonostante nel nostro Paese si compili la domanda annuale di pagamento dal 1993, mai come quest'anno si sono verificati problemi e disfunzioni che alla fine ricadono negativamente sull'attività degli agricoltori e dei servizi di assistenza (i cosiddetti Caa);

   risulta necessario rivedere l'intera architettura del sistema di gestione e di controllo della Pac in Italia, rimuovere i cosiddetti colli di bottiglia ed evidenziare i responsabili della grave situazione, rilevano ancora gli agricoltori piemontesi, al fine di migliorare l'attuale gestione della Pac e soprattutto di incrementare la produttività agricola;

   il funzionamento inadeguato, da parte di Agea e degli organismi pagatori territoriali che non hanno retto alla sfida di aumentare al 75 per cento l'aliquota delle superfici dichiarate in formato grafico, (abbandonando il vecchio sistema delle dichiarazioni in alfanumerico), l'operazione di ricalcolo dei titoli (che è stata notificata con circolare dell'Agea del 5 giugno 2017), tramite la quale c'è stata l'amara sorpresa del taglio permanente dell'1,5 per cento del valore dei titoli per il pagamento di base (e di conseguenza dei contributi che saranno incassati dagli agricoltori) e il calcolo degli importi definitivi per il sostegno accoppiato per il 2016 (che per i produttori di riso, è stato di 96,18 euro per ettaro) rappresentano le principali criticità che la Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola rileva nei riguardi di Agea e che causano evidenti effetti negativi e penalizzanti per l'intero comparto agricolo;

   l'apparato nazionale che sovrintende alla Pac, concludono in definitiva i rappresentanti della Confederazione, nel complesso funziona male e per evitare possibili irreparabili danni al sistema agricolo nazionale, occorrono rapide misure in grado di invertire un trend negativo, che, come detto, rischia di arrecare notevole pregiudizio al suddetto sistema agricolo nazionale –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se il Governo condivida l'analisi delle criticità rilevate dalla Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola con riferimento al malfunzionamento del sistema burocratico e gestionale delle domande della Pac, nonché alla scarsa efficienza da parte di Agea, quale organismo di coordinamento e pagatore di aiuti, contributi e premi, finanziati dall'Unione europea;

   quali iniziative urgenti e necessarie, per quanto di competenza, intendano intraprendere, al fine di migliorare l'intero sistema delle regole per la domanda Pac, che, così come in precedenza evidenziato, risultano farraginose e complesse e quali iniziative intendano assumere nei confronti di Agea, al fine di attuare un più efficace modello di gestione e controllo dei flussi economici erogati dall'Unione europea.
(4-17858)


   BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la «Chikungunya» è una malattia virale trasmessa in Italia dalle zanzare tigre chiamate «Aedes albopictu»;

   il vettore principale di trasmissione di tale affezione è la zanzara «Aedes aegypti», che è portatrice anche della febbre gialla e della «Dengue», tutte malattie originarie dell'Africa e delle zone tropicali;

   oramai, a causa del cambiamento climatico, tali insetti si segnalano anche in Italia;

   nel 2007, in Italia si verificò un'epidemia di casi con focolaio, localizzato in provincia di Ravenna, con circa duecento episodi; tale trasmissione fu imputata, con ogni probabilità dalle zanzare tigre;

   in seguito alle tempestive campagne informative promosse dalle unità sanitarie locali italiane all'attenta prevenzione svolta, da allora non si sono più verificati casi «autoctoni» in quelle zone;

   a partire dall'anno 2014, però, ci fu un aumento di segnalazioni di casi importati: dieci, contro i tre del 2013. Si trattava per la maggior parte di persone che avevano viaggiato nei Caraibi, o in Sud America, dove si erano verificati dei focolai epidemici con in totale più di 130 mila casi sospetti e 4.500 confermati;

   al momento pare che, dai bollettini dei telegiornali regionali e del servizio di sorveglianza delle malattie infettive laziale, siano segnalati 64 casi di contagiati dal virus Chikungunya; essi risiedono o hanno soggiornato nella cittadina di Anzio, la città del litorale sud di Roma dove è stato individuato un focolaio; sette casi sono stati registrati a Roma, tre a Latina;

   le precauzioni assunte a tutt'oggi dalle asl competenti sono legate alle donazioni di sangue: il centro nazionale del sangue-Istituto superiore di sanità e la regione Lazio hanno imposto lo «stop» alle donazioni da parte di tutti i residenti nel territorio della asl Roma 2, che copre il sud est della capitale e dove vivono circa 1,2 milioni di persone;

   non esiste infatti un test che, permetta di riconoscere la presenza della malattia nel sangue, quindi è troppo rischioso far donare il sangue a persone che potrebbero essere infette;

   inoltre, l'Organizzazione mondiale della sanità non esclude che si possano verificare ulteriori casi sul territori italiano; pertanto ha invitato i turisti e i viaggiatori che scelgono di visitare la Penisola ad informarsi della prevenzione contro le malattie portate dalla zanzara tigre e a munirsi di un abbigliamento corretto e a far uso di repellenti;

   la zanzara tigre, infatti, scrivono gli esperti sul sito dell'Organizzazione, «è ormai stanziale nel bacino del Mediterraneo, ha dimostrato inoltre la capacità di sostenere focolai di Chikungunya in passato, e l'area in cui si sono verificati i casi è densamente popolata e turistica, soprattutto nei mesi estivi»;

   questa malattia virale è caratterizzata da febbre acuta e soprattutto da importanti artralgie (da cui deriva il nome chikungunya, che in lingua swahili significa «ciò che curva» o «contorce»), tali da limitare molto i movimenti dei pazienti, che quindi tendono a rimanere assolutamente immobili e ad assumere posizioni antalgiche. Le complicanze più gravi possono essere di natura emorragica o neurologica, soprattutto nei bambini. In alcuni casi, tale infezione può essere fatale –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo affinché, in collaborazione con i comuni interessati (in particolare, quelli del Lazio, Anzio e Roma), sia intensificata l'azione di contrasto ai vettori, cioè alle zanzare e si effettui un monitoraggio di come sono state svolte fino adesso le disinfestazioni.
(4-17859)


   FALCONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'introduzione in via sperimentale per due anni, mediante due decreti interministeriali, dell'obbligo di indicazione dell'origine del riso, nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero-caseari, finalizzato a rendere obbligatori l'indicazione del Paese di coltivazione e quello di trasformazione, secondo quanto rileva la Confagricoltura di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola, appare non sufficiente a sostenere e a salvaguardare il comparto risicolo, tuttora interessato da condizioni di estrema difficoltà, in quanto tale strumento può essere utile in prospettiva a medio e lungo termine, ma nell'immediato, appare una soluzione inefficace e non suscettibile di assicurare i risultati che sarebbero necessari;

   la suesposta Confederazione al riguardo evidenzia come l'unica misura in grado di invertire, realmente, la tendenza negativa sia l'attivazione delle clausole di salvaguardia previste nei regolamenti europei, sebbene le istituzioni comunitarie, si siano dimostrate nel corso degli anni refrattarie, in quanto a loro giudizio, l'agricoltura non rappresenta una priorità ed è un settore che nella sostanza, viene danneggiato a beneficio degli interessi di altri settori, in nome di una apertura indiscriminata dei mercati che non considera dei differenziali in termini di variabili economiche, sociali, ambientali e di sicurezza alimentare;

   la Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola a tal fine, evidenzia la necessità di due diverse tipologie d'interventi: ristabilire nell'immediato una situazione di equilibrio di mercato e porre fine alla situazione di forte depressione delle quotazioni che pesano in modo acuto sui bilanci delle imprese agricole, in quanto il settore non può concedersi di far trascorrere altro tempo; al riguardo, occorrono misure di ristoro dei danni economici subiti, prendendo, come modello, le azioni che sono state istituite a livello comunitario nei tre settori colpiti dalla crisi del 2015 e del 2016: ovvero, quelli relativi al latte bovino, ai suini e all'ortofrutta;

   la seconda tipologia di misura suggerita dalla Confederazione piemontese, (nel medio e lungo termine), consiste nel porre in essere le condizioni affinché il settore possa essere salvaguardato dai fenomeni d'instabilità importati dal mercato internazionale e a tal fine, è necessario agire in primo luogo sulla organizzazione comune di mercato e successivamente sulla politica di sviluppo rurale e sul Governo dei rapporti nella filiera;

   a giudizio dell'interrogante, le suesposte osservazioni appaiono condivisibili e necessarie per rilanciare un comparto fondamentale dell'economia nazionale non solo agricola, quale quello risicolo, considerato che l'Italia rappresenta uno dei Paesi più importanti e prestigiosi dell'intera Unione europea dal punto di vista della coltivazione, e della qualità di tale prodotto;

   adeguati interventi in ambito comunitario, nelle direzioni sostenute dalla Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola, risultano pertanto, a parere dell'interrogante, necessari e indifferibili per sostenere il nostro Paese, considerato come il riso rappresenti un prodotto che interessa solo una minoranza di Paesi membri della Unione europea –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se condivida le osservazioni evidenziate dalla Confagricoltura di Novara e Verbano-Cusio-Ossola in precedenza richiamate e, in caso affermativo, quali iniziative, in tempi rapidi, intenda intraprendere in ambito comunitario, al fine di introdurre le misure sostenute dalla medesima Confederazione, in grado di risollevare il comparto risicolo italiano (e in particolare quello piemontese), considerato che l'Italia rappresenta il maggior produttore di riso con 234 mila ettari coltivati, oltre 4.000 aziende risicole e 100 industrie risiere per un fatturato annuo di 1 miliardo di euro.
(4-17867)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MALISANI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'avvocato Ibrahim Metwaly, prelevato all'aeroporto del Cairo, risulta trovarsi in arresto sotto l'accusa, secondo notizie di stampa, «di collaborazione con entità straniere per sovvertire l'ordine costituzionale»;

   Metwaly si stava recando a Ginevra, dove avrebbe dovuto presenziare alla riunione prevista per l'11-15 settembre 2017 presso l'ufficio dei diritti umani dell'Onu di Ginevra e parlare della sparizione di suo figlio Omar nel 2013 ed anche del sequestro, della tortura e della morte di Giulio Regeni;

   entro il mese di settembre 2017 si dovrebbe tenere il vertice dei magistrati italiani con la procura generale del Cairo;

   il Capo del Governo Gentiloni ha affermato che «Sapere cosa è accaduto a Giulio è un dovere di Stato»;

   l'avvocato Metwaly risulta essere un consulente legale della famiglia Regeni;

   è stata riaperta la sede diplomatica italiana al Cairo –:

   se non si ritenga opportuno seguire con molta attenzione, anche attraverso l'ambasciata italiana gli sviluppi della situazione riguardante l'avvocato Metwaly.
(5-12225)


   SCAGLIUSI, TERZONI, CANCELLERI, SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, DI BATTISTA e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'unico strumento giuridico internazionale con cui è possibile ricorrere per i casi di sottrazione e/o per la regolamentazione del diritto di cura parentale dei minori sottratti e portati coattivamente, a grande distanza dal contesto familiare in cui sono nati e cresciuti, in Paesi non appartenenti all'Unione europea, è la Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, un accordo internazionale concernente la sottrazione di minori e gli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, applicata nell'ordinamento italiano in forza della legge n. 64 del 1994 e ratificata da 93 Paesi, che si pone l'obiettivo primario di consentire il ritorno del minore nello Stato di residenza abituale e di garantire il diritto del minore a incontrare il genitore dal quale è stato illecitamente sottratto, regolamentandone la modalità di frequentazione anche, nel Paese estero;

   già con l'interpellanza n. 2-01525, del 2 novembre 2016, il primo firmatario del presente atto chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore di farsi promotore in sede internazionale di alcune modifiche ad alcuni articoli della citata Convenzione in prossimità della scadenza del suo rinnovo quinquennale, oltre che di attivare iniziative volte a facilitare la stipula di accordi con gli Stati non aderenti a essa per agevolare il rientro dei minori sottratti nei Paesi di abituale residenza anteriormente alla sottrazione, nel rispetto delle rispettive sovranità nazionali;

   gli interroganti sono stati resi edotti del caso di una donna straniera (N.K., di nazionalità greca) incinta, sposata in data 1° dicembre 2013 in Italia con un cittadino italiano (E.V.), che di comune accordo con il marito ha partorito in Grecia, ma che non è mai rientrata in Italia contravvenendo all'accordo stesso, legittimata a rimanere nel suo Paese di nascita, perché non ci sarebbe trattenimento di minore (V.V.) visto che la «residenza abituale» dello stesso sarebbe quella straniera;

   agli interroganti risulta, peraltro, che questo è possibile perché la Convenzione e il regolamento europeo 2201/2003, cosiddetto «Bruxelles II bis», non hanno previsto questa tipologia di caso specifico;

   presso la Corte di giustizia europea, mentre la Grecia, attraverso il ricorso a due avvocati di Stato, ha perorato la causa della donna greca che trattiene la figlia sin dalla nascita ad Atene, nonostante un giudice del loro Paese abbia precedentemente accolto il ricorso del cittadino italiano, vista la palese gravità della vicenda, il nostro Paese, invece, non ha agito in tal senso, nonostante siano state allertate le autorità preposte, sia il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sia il consolato;

   in data 20 settembre 2017 è prevista l'udienza decisiva, dopo la quale verrà o meno ordinato il rimpatrio –:

   per quale ragione, vista l'amicizia millenaria che lega l'Italia e la Grecia, come più volte sottolineato dal Governo e ampiamente dimostrato anche dall'incontro tra il Presidente del Consiglio Gentiloni e il Primo Ministro greco Tsipras a Corfù nei giorni scorsi, non sia stato dato seguito alla richiesta di aiuto inviata il 15 maggio 2017 dall'Associazione Penelope alla direzione generale degli affari esteri del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   quali iniziative intenda intraprendere per potenziare l'efficacia della Convenzione dell'Aja come strumento giuridico internazionale nel garantire il rispetto degli accordi tra i vari Paesi e di conseguenza dei diritti e dei doveri dei genitori.
(5-12226)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   a seguito degli scontri tra manifestanti e agenti verificatisi il 9 luglio 2017 mentre si svolgeva il summit del G20 ad Amburgo, venivano fermati e rinviati a giudizio 6 cittadini italiani tra cui due ragazzi, Maria Rocco e Fabio Vettorel, originari di Feltre, rispettivamente di 23 e 18 anni;

   il 6 agosto 2017, dopo trentaquattro giorni di carcere, Maria Rocco, detenuta nel carcere di Billwerder, ad Amburgo, con l'accusa di aver attentato all'ordine pubblico è stata scarcerata. Mentre prosegue la detenzione per Fabio Vettorel, il ragazzo feltrino di 18 anni, per il quale non è stata concessa la libertà, in attesa del processo, in quanto per la Corte tedesca esisterebbe un alto pericolo di fuga;

   da organi di stampa si apprende che anche il quotidiano tedesco «Süddetsche Zeitung», che ha dedicato un lungo articolo alla vicenda del giovane feltrino, mette in dubbio che il 7 luglio 2017, i contestatori del G20 abbiano dato corpo a un «massiccio attacco»: si sarebbe invece trattato del lancio di pochi oggetti raccolti per le strade;

   secondo il procuratore di Stato di Amburgo, che ha respinto la richiesta dell'avvocatessa della difesa, Gabriele Heinecke, il giovane italiano, avrebbe gettato pietre, petardi e bengala contro le forze di polizia la mattina del 7 luglio, motivando quindi l'arresto con l'accusa di «aver agito attivamente contro gli agenti di polizia». Sempre sullo Zeitung, l'avvocatessa del ragazzo accusa la procura di avere agito con eccessiva durezza e in assenza di prove sufficienti e, per questa ragione, racconta di aver inoltrato la richiesta di liberazione alla Corte costituzionale di Karlsruhe. Secondo la ricostruzione dell'avvocato Paolo Serrangeli, legale dei due ragazzi «Maria e Fabio, la mattina del 7 luglio scorso, intorno alle 6.30, stavano procedendo insieme al altre duecento persone, per dirigersi alla manifestazione di dissenso e protesta al G20 di Amburgo. Prima di poter arrivare al meeting, si sono imbattuti in due falangi di poliziotti in tenuta anti sommossa che, chiudendo il gruppo di manifestanti all'interno di una strada senza uscite, hanno caricato la folla senza alcun motivo apparente. In quel frangente dalla folla, piombata nel panico, sono partiti sei lanci di oggetti di fortuna, che sono andati ad abbattersi sulla strada, a dieci metri dalla carica della polizia, che poi ha fermato 73 persone». Tra queste, la maggioranza erano cittadini tedeschi, che arrestati sono stati per lo più tutti rilasciati dopo poco, mentre, gli altri ragazzi, quasi tutti stranieri, tra cui Vettorel, sono stati condotti in carcere con l'accusa di «grave, turbativa dell'ordine pubblico per non essersi allontanato da una manifestazione violenta»;

   la vicenda in questione è stata posta all'attenzione del Governo già il 25 luglio 2017 con l'interrogazione n. 5-11961, ancora in attesa di risposta, con la quale si chiedeva di adoperarsi per consentire il più rapido ritorno in patria dei connazionali italiani –:

   se intenda intervenire urgentemente, adottando tutte le necessarie iniziative diplomatiche, per consentire l'immediato ritorno in patria di Fabio Vettorel e degli altri connazionali fermati, considerato che la detenzione si protrae ormai da oltre 2 mesi.
(4-17862)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il sito di interesse nazionale di Trieste è stato istituito con decreto n. 468 del 18 settembre 2001 e perimetrato con il decreto ministeriale del 24 febbraio 2003;

   il comma 3 dell'articolo 36-bis della legge n. 134 del 2012 stabilisce che, su richiesta della regione interessata, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentiti gli enti locali di riferimento, possa essere ridefinito il perimetro dei siti di interesse nazionale;

   con nota protocollo n. 0031338/P del 21 luglio 2017, la regione Friuli Venezia Giulia ha trasmesso copia della delibera n. 1338 del 17 luglio 2017 con la quale la giunta regionale ha adottato la proposta di nuova perimetrazione del sito di interesse nazionale di Trieste. A tal fine, il 24 agosto 2017 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stata convocata la conferenza di servizi;

   a seguito dell'istanza presentata dall'autorità portuale e dall'Area Science Park sulla volontà di riperimetrare il sito di interesse nazionale, sono state escluse, da detto perimetro, le aree prospicienti il canale industriale di Trieste con l'obiettivo di delineare le strategie per attivare e potenziare insediamenti di industrie ad elevato contenuto tecnologico;

   nel corso della conferenza di servizi, il rappresentante della regione Friuli Venezia Giulia ha comunicato di aver avviato l'istruttoria per la ridefinizione del perimetro del Sito di interesse nazionale: «I criteri utilizzati con i quali è stata valutata la proposta sono soddisfatti per tutte le aree tranne che per le aree demaniali e l'area Ezit»;

   successivamente all'analisi degli elaborati presentati dalla regione, il comune di Trieste ha espresso parere favorevole, oltre ad esprimere «parere favorevole all'inclusione delle aree del Termovalorizzatore di via Errera all'interno delle aree oggetto di stralcio, così come proposto dalla azienda Hestambiente srl»;

   la relazione della provincia di Trieste, dell'11 ottobre 2017, relativa all'individuazione del responsabile della contaminazione del sito «Ex discarica di via Errera», una delle zone maggiormente inquinate del sito di interesse nazionale triestino, indica che per le aree limitrofe alla discarica ad eccezione dell'area del termovalorizzatore, dell'area ex Esso e dalla ditta Calcestruzzi Trieste srl, le altre non sono state ancora caratterizzate e non è noto lo stato ambientale di terreno e falda;

   per quanto concerne il sito del termovalorizzatore, la cui costruzione è stata avviata agli inizi degli anni ’90, la relazione ha evidenziato che «la caratterizzazione dell'area si è svolta in tre fasi, considerando distintamente l'area sede dell'impianto, l'area di banchina e l'area cortiliva. Ai fini di valutare l'eventuale apporto alla contaminazione della discarica sono stati presi in considerazione esclusivamente i risultati della caratterizzazione delle prime due aree, in posizione limitrofa alla discarica»;

   in ultimo, «nell'area sede dell'impianto è stata riscontrata la presenza di rifiuti interrati (...) che devono essere oggetto di messa in sicurezza permanente, e la contaminazione circoscritta di un piezometro a valle (presenza di cloroformio). Sono in corso ancora delle verifiche sulla qualità della falda. Relativamente all'area di banchina, i terreni contaminati da idrocarburi pesanti e IPA sono stati asportati (nel 2004) e le acque, inizialmente contaminate da IPA e metalli, dopo la messa in sicurezza dei terreni sono risultate pulite. È da sottolineare che i numerosi interventi di messa in sicurezza dei terreni e delle acque, eseguite nell'area del termovalorizzatore a partire dal 2004, hanno ridotto fortemente il carico contaminante. Ne consegue che l'eventuale apporto alla contaminazione della discarica di Via Errera, se c'è stato, è da imputare principalmente al passato. L'eventuale contributo più recente potrà essere palesato dai risultati delle ulteriori indagini sulla qualità della falda che Hestambiente srl sta eseguendo (...)» –:

   alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Ministro interrogato intenda chiarire se le azioni indicate dalla relazione della provincia nell'area sede del temovalorizzatore di via Errera siano state compiute e quali risultanze siano pervenute;

   se, alla luce delle evidenze emerse, l'area interessata dal termovalorizzatore abbia le caratteristiche per essere esclusa dal sito di interesse nazionale.
(4-17869)


   GALPERTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 agosto 2012, a firma del dottor Silvano Toso, l'Ispra diramava la nota, contrassegnata come allegato 1, avente come oggetto «Limitazioni dell'attività venatoria in relazione alla situazione climatica esistente»;

   in data 28 agosto 2017, a firma del dottor Piero Genovesi, l'Ispra parimenti emetteva una nota, contrassegnata come allegato 2, avente come oggetto «Limitazioni all'attività venatoria a causa della siccità e degli incendi che hanno colpito il Paese»;

   i due documenti, in particolare nella parte in cui si evidenziano le misure da adottare, presentano molti elementi di identità;

   viceversa, i mutamenti climatici e le conseguenze che ne derivano richiedono alla comunità scientifica un continuo aggiornamento di condizioni di dati, di verifiche e di rimedi prescrittivi –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della circostanza di cui in premessa;

   quali siano state le modalità di ricerca messe in campo dall'Istituto per la ricerca e la protezione ambientale per redigere la nota in questione;

   come giustifichi la coincidenza in numerosi punti dei due testi, vergati a cinque anni di distanza e da due diversi studiosi, circostanza che a giudizio dell'interrogante, conferma, in materia, una linea non precostituita ma costante, precisa e, soprattutto, immutevole.
(4-17874)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARLOTTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il bando di concorso per il reclutamento di «60 esperti per il patrimonio culturale» ex articolo 8 del decreto-legge n. 83 del 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale – concorsi ed esami n. 98 del 22 dicembre 2015;

   a fine 2016 una commissione di dirigenti ministeriali ha selezionato i vincitori del bando, dopo un'attenta valutazione dei titoli di studio e professionali, alla quale ha fatto seguito un regolare esame orale;

   dal 1° gennaio di quest'anno i vincitori del bando (archeologi, bibliotecari e archivisti) hanno preso servizio funzionari di area III (posizione economica F1) alle dipendenze del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

   il 30 settembre 2017 il loro rapporto di lavoro con il Ministero terminerà senza proroghe; nonostante l'immissione in ruolo dei 500 nuovi funzionari vincitori o idonei del concorso recentemente conclusosi, per quanto riguarda i funzionari archeologi il Ministero risulta essere sotto organico di 270 unità, cifra questa che da gennaio 2018 aumenterà in vista dei prossimi pensionamenti;

   la graduatoria del concorso a tempo indeterminato, composta da 203 professionisti fra vincitori e idonei, non sarà sufficiente a colmare queste mancanze;

   il rinnovo del contratto dei vincitori del bando «60 esperti per il patrimonio culturale» non andrebbe a ledere i diritti dei 500 prossimi assunti, bensì concorrerebbe a porre rimedio alle gravi criticità sopra citate, grazie alla professionalità e all'esperienza maturate –:

   se il Ministro non ritenga opportuno affrontare la questione del rinnovo del contratto a tempo determinato.
(4-17865)


   TOFALO, LUIGI GALLO, SIBILIA, SILVIA GIORDANO e MICILLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 18 giugno 2017 un grave incendio ha colpito il sito Unesco del parco archeologico di Elea-Velia, in provincia di Salerno, all'interno del Parco nazionale del Cilento-Vallo di Diano-Alburni. L'incendio ha riguardato ampie zone centrali e anche aree contigue individuate dalla legge della regione Campania n. 5 del 2005;

   l'incendio ha colpito buona parte del promontorio, lato nord e sud, partì del quartiere settentrionale, il quartiere arcaico, via di Porta Rosa, parte del quartiere occidentale; anche Porta Rosa è stata raggiunta dalle fiamme, ma fortunatamente la Villa degli Affreschi è stata solo lambita. Per motivi di sicurezza il parco è stato riaperto solo parzialmente, mentre gran parte del sito è rimasto inaccessibile. Resta la preoccupazione anche per il conseguente aumento dei fattori di rischio idrogeologico in un'area delicata, con una storia di dissesti tuttora in essere;

   nella zona sono frequenti i roghi di matrice dolosa, ne è stato un esempio quello scoppiato nel settembre 2017; fortunatamente, le strutture maggiori non hanno subito danni e il recente taglio dell'erba è stato provvidenziale, ciò nonostante l'incendio è stato molto violento e ha richiesto l'intervento aereo;

   in tema di beni culturali, la tutela è di competenza esclusiva dello Stato, così come indicato dalla Carta Costituzionale all'articolo 117 e sembrerebbe che, con decreto dirigenziale del 27 ottobre 2014 siano stati assegnati al suddetto parco archeologico dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo circa 300.000 euro per interventi definiti urgenti, per i quali è stata fatta una presentazione ufficiale; si attende ancora, tuttavia, il taglio dell'erba, la manutenzione del verde, l'adozione di misure antincendio, l'installazione di telecamere e di altre misure a cui i fondi erano destinati –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda attuare ad horas per ripristinare lo stato dei luoghi.
(4-17866)


   PALMIZIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 – articolo 13, comma 14-ter (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), ha previsto che: «I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, con esclusione di quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701»;

   alla scadenza del termine ultimo utile per la dichiarazione al catasto edilizio urbano, i fabbricati rurali ancora iscritti al catasto terreni e non ancora dichiarati risultavano più di 800 mila;

   l'Agenzia delle entrate ha inviato migliaia di avvisi bonari ai proprietari dei fabbricati rurali che risultano censiti ancora al catasto terreni e non ancora dichiarati al catasto edilizio urbano per regolarizzare la situazione, con la possibilità per chi ha risposto agli avvisi dell'Agenzia (presentando una dichiarazione di aggiornamento catastale) di beneficiare dell'istituto del ravvedimento operoso, risparmiando sulle sanzioni: invece di dover pagare un importo compreso tra i 1.032 e gli 8.264 euro, sarà sufficiente versare un importo di soli 172 euro;

   la situazione per alcuni comuni italiani è abbastanza controversa e, a giudizio dell'interrogante, alcune località dell'area della Bassa Piacentina subiscono dei veri e propri soprusi in relazione all'applicazione delle disposizioni sull'accatastamento obbligatorio;

   in comuni e frazioni come Ceci di Bobbio, Case Sotto e Sopra, Menconico o nei paesi del Pavese sono giunte le lettere di richiamo agli inadempimenti del decreto-legge n. 201 del 2011 che obbliga a inserire i fabbricati rurali nel catasto edilizio e che mostra chiaramente tutte le sue lacune;

   le località menzionate, infatti, sono abitate da pensionati per la maggior parte (con una media di 600 euro mensili di pensione) o da agricoltori e contadini e i fabbricati in questione risultano essere storiche cascine fatte di sassi, risalenti ad oltre 200 anni fa;

   si tratta di centinaia di «paesini-presepe», dall'alto valore storico e culturale, che i residenti si vedono costretti a ridurre in macerie per evitare di pagare tasse insostenibili per il loro tenore di vita;

   il paradosso è che è sufficiente abbattere il tetto per non dover regolarizzare le cascine, così che il paesaggio che ci si trova davanti, percorrendo le località menzionate è ora ridotto ad un cumulo di macerie, divenute anche pericolose, ma, ironia della sorte, in regola per lo Stato;

   quest'assurda situazione ha visto la demolizione dei tetti dei pollai e la distruzione del panorama storico e culturale di queste zone. Lo Stato e l'Agenzia delle entrate si sono mobilitati per rintracciare i discendenti che neanche sapevano lontanamente di possedere un'eredità proveniente da un passato remoto in queste zone tra Piacenza e Pavia, abitate magari dai loro nonni o avi –:

   se il Governo non intenda adottare le opportune misure per salvaguardare il patrimonio artistico, storico e culturale delle località menzionate in premessa ed evitare che i cittadini residenti siano costretti a demolire totalmente o parzialmente i fabbricati in questione per evitare la tassazione prevista per la regolarizzazione delle loro proprietà non ancora dichiarate al catasto edilizio urbano e se non si intendano assumere iniziative per prevedere un'area «no fax» o di agevolazione fiscale per aree di così importante valore storico, artistico e culturale.
(4-17868)

COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:

   il 18 settembre 2017, presso il comune di Matera, si è svolto un incontro pubblico avente ad oggetto lo stato di attuazione degli interventi del patto per la Basilicata con un approfondimento anche sull’iter diretto all'istituzione di una Zes (zona ad economia speciale) connessa al porto di Taranto;

   l'incontro promosso dal presidente della regione Basilicata, Marcello Pittella, ha visto la partecipazione del Ministro per la coesione territoriale e per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, del sindaco di Matera, Raffaello De Ruggieri, di alcuni assessori regionali e di vari rappresentanti del mondo produttivo e sociale;

   nel corso dell'incontro il Ministro interrogato ha dichiarato che il patto per la Basilicata gode di notevoli risorse, specificando, oltretutto, che allo stato attuale «ci sono lavori in corso per oltre 900 milioni e lavori in fase di progettazione per circa 1,5 miliardi di euro»;

   anche con riferimento alla Zes connessa al porto di Taranto, durante l'incontro, non si è andato oltre un generico annuncio, visto che nessun rappresentante regionale si è premurato di illustrare le potenziali aree interessate, i possibili soggetti gestori e l'eventuale cambio di rotta e, allo stesso tempo, di strategia rispetto alla delibera regionale n. 876, del mese di agosto 2017, che aveva delineato un'unica Zes dislocata su due aree distinte connesse al porto di Taranto e al porto di Salerno o Gioia –:

   se si intenda fornire:

    a) l'elenco dettagliato delle opere per le quali sono stati già autorizzati e investiti oltre 900 milioni di euro con annessa specifica indicazione delle risorse impiegate per ogni singola opera in fase di realizzazione;

    b) l'elenco dettagliato dei lavori in fase di progettazione per oltre 1,5 miliardi di euro, specificando se trattasi di risorse già autorizzate e immediatamente investibili;

   quale sia l'orientamento del Governo sulla istituzione di una Zes nel territorio lucano, alla luce delle proposte della regione Basilicata.
(4-17872)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'Esercito italiano conduce l'operazione «strade sicure», sul territorio nazionale, ininterrottamente dal 4 agosto 2008, in virtù della legge n. 125 del 24 luglio dello stesso anno. Il testo di legge, nel dettaglio, prevede che: «Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate»;

   il contingente impegnato nell'operazione «strade sicure» opera a disposizione dei prefetti delle province (comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate) per svolgere servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili;

   come reso noto dai mezzi di comunicazione, risulta una circolare interna all'Esercito, relativa all'operazione «strade sicure», che prevede, in caso di condizioni atmosferiche avverse, che il personale impegnato dopo essere stato autorizzato dal Cdo di Tgpt, possa posizionarsi in zona coperta da cui, comunque, possa mantenere attiva ed efficace la vigilanza dell'obiettivo;

   la stessa circolare prevede che, ove non ci siano ripari, il personale impegnato possa salire a bordo del mezzo di servizio nel numero di uno alla volta, alternandosi con gli altri componenti sulla base delle disposizioni impartite dal capo muta, fermo restando che tutto il personale debba garantire la costante vigilanza del sito;

   tale disposizione prevede, quindi, il caso che il personale possa trovarsi senza riparo in caso di condizioni atmosferiche avverse, con conseguenti eventuali problematiche relative alle condizioni di salute del personale stesso ed eventuali ripercussioni negative sulla stessa capacità del personale nel mantenere un'attiva ed efficace vigilanza dell'obiettivo, con conseguenti pericoli per la sicurezza dell'ambiente circostante;

   soltanto in alcuni presidi si è potuta constatare la presenza di adeguati gazebo per la protezione dagli agenti atmosferici –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivarsi urgentemente per verificare e garantire che a tutto il personale impegnato nell'operazione «strade sicure» venga assicurato un equipaggiamento adatto anche per le condizioni atmosferiche più avverse e che vengano forniti adeguati gazebi per la protezione degli agenti atmosferici in tutti i presidi dove sussista l'assenza di adeguati ripari.
(4-17852)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA, KRONBICHLER, QUARANTA, ALBINI, SANNICANDRO, RICCIATTI, PIRAS, ZARATTI, FRANCO BORDO, NICCHI e FERRARA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 31 dicembre 2017 scade la sospensione del pagamento delle imposte per i residenti nei comuni terremotati a seguito degli eventi sismici a far data dall'agosto 2016;

   si prevede la riscossione delle imposte sospese con rate sino ad un massimo di 9;

   nella legge si prevede comunque un possibile intervento con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 30 novembre 2017;

   la misura di rateizzazione è particolarmente onerosa in un territorio colpito pesantemente dal punto di vista anche economico con un impoverimento del tessuto sociale ed occupazionale;

   sarebbero questo auspicabili, come richiesto da forze sociali ed economiche, una estensione del numero delle rate nel senso di quanto previsto dallo statuto del contribuente (18 rate) e una ulteriore dilazione temporale dell'inizio della restituzione –:

   quali iniziative intenda assumere per garantire una nuova modalità, meno onerosa, di restituzione delle imposte sospese, nel senso di un aumento delle rate e di una dilazione dell'avvio di restituzione.
(4-17864)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARGUERETTAZ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la legge sulla concorrenza 4 agosto 2017, n. 124, all'articolo 1, comma 144, estende l'ambito territoriale nel quale il notaio può esercitare le proprie funzioni;

   le funzioni, infatti, potranno essere svolte in tutto il territorio della regione in cui si trova la sede notarile nonché nel territorio del distretto di corte d'appello se questo comprende più regioni e analogo criterio, della regione o della corte d'appello, si applica al notaio che intenda aprire una sede secondaria;

   con l'ultima modifica della geografia giudiziaria relativa ai distretti delle corti d'appello, ora la Valle d'Aosta è ricompresa nel distretto della corte d'appello di Torino; ciò comporta che un notaio con sede in Piemonte potrà aprire un ufficio secondario in Valle d'Aosta, in virtù della legge sulla concorrenza, che ha anche notevolmente aumentato le sedi notarili, con il nuovo requisito di una sede ogni 5.000 abitanti, in luogo dei precedenti 7.000;

   è utile ribadire che in Valle d'Aosta è necessaria la conoscenza della lingua francese per poter ottenere l'assegnazione di una sede notarile, a norma del decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Valle d'Aosta in materia di accertamento della conoscenza della lingua francese per l'assegnazione di sedi notarili»;

   la norma appena richiamata, di rango costituzionale, dovrebbe obbligare dunque anche i notai piemontesi ad esercitare le proprie funzioni in francese qualora decidano di aprire un ufficio secondario nel territorio della Valle d'Aosta e la conoscenza linguistica dovrebbe essere accertata da un'apposita commissione alla quale partecipa anche un rappresentante del Ministero della giustizia, a norma di legge –:

   se intenda assumere le iniziative di competenza, anche eventualmente normative, per chiarire che i notai piemontesi che intendano aprire uffici secondari nel territorio della Valle d'Aosta in virtù dell'articolo 1, comma 144, della legge 4 agosto 2017, n. 124, debbano avere la piena conoscenza della lingua francese, ai sensi della norma di attuazione dello Statuto speciale della Valle d'Aosta di cui al decreto legislativo 22 maggio 2001, n. 263.
(5-12218)

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLAROSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 13 settembre 2017, un assistente capo del corpo di polizia penitenziaria, originario di Termini Imerese e in servizio nel carcere di Palermo Pagliarelli, si è tolto la vita, sparandosi con la pistola d'ordinanza. A darne notizia è il Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe;

   nel 2010 è stato raggiunto il picco storico di 67.961 detenuti, ben 22.839 in più rispetto alla capienza regolamentare (con un tasso di sovraffollamento pari a 151, quindi 151 persone ove ne sarebbero previste 100). Da allora si è registrata una progressiva diminuzione della popolazione reclusa, fino alle 52.164 presenze del 2015. Nel 2016 si è rilevato un nuovo aumento – seppur minimo – del numero dei detenuti, arrivati a quota 54.653 (+2.489 rispetto all'anno precedente), con 50.228 posti a disposizione. Tale aumento è da ricondurre, da un lato, a un aumento degli ingressi in carcere dalla libertà e, dall'altro, al venir meno della misura temporanea della liberazione anticipata speciale;

   secondo le rilevazioni al 28 febbraio 2017, i tassi regionali di sovraffollamento carcerario, superiore al totale nazionale (111 per cento), sono presenti in 10 regioni: Puglia (140 per cento); Lombardia (132 per cento); Molise (131 per cento); Liguria (130 per cento); Friuli Venezia Giulia (127 per cento); Basilicata (127 per cento); Emilia Romagna (122 per cento); Lazio (119 per cento); Campania (116 per cento) e Veneto (115 per cento);

   secondo i dati del Ministero della giustizia, al 31 agosto 2017 sono 57.393 i detenuti presenti dentro le carceri italiane su una capienza regolamentare prevista solo per 50.501 detenuti;

   dai dati forniti dal Ministero della giustizia, si nota che dal 1997 al 2007 si sono verificati 64 suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria, con un tasso medio dell'1,3 su 10.000 persone; confrontandolo con il tasso di suicidi della popolazione italiana (0,6), si può facilmente notare come il primo sia leggermente superiore;

   secondo lo studio intitolato «Fattori di stress e benessere organizzativo negli operatori di polizia penitenziaria» le prime cinque cause di stress per gli operatori sono: difficoltà nel rapporto con i detenuti stranieri, sovraffollamento delle carceri, rischio di essere aggrediti fisicamente, inadeguatezza degli organici e mancanza di aiuti psicologici da parte dell'amministrazione penitenziaria;

   sono gravi le parole di Donato Capece, segretario generale del Sappe che nella sua nota, a seguito del suicidio nel carcere Pagliarelli (http://www.poliziapenitenziaria.it) lamenta che: «è grave che in Sicilia, in tanti anni, nulla è stato fatto per prevenire il disagio lavorativo dei poliziotti penitenziari. Lo scorso mese di aprile, a Marsala, un altro poliziotto penitenziario si tolse la vita ma quella tragedia non ha insegnato nulla. Viene infatti da chiedersi se il Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria abbia mai verificato se le Direzioni penitenziarie siciliane hanno stipulato accordi o convenzioni finalizzate a prevenire e contrastare gli eventuali disagi, anche di natura psicologica, dei poliziotti penitenziari in servizio nella regione»;

   sempre il segretario Capece nella sua nota continua: «Non può essere sottaciuto ma deve anzi seriamente riflettere la constatazione che negli ultimi 3 anni si sono suicidati più di 40 poliziotti e dal 2000 ad oggi sono stati complessivamente più di 100, ai quali sono da aggiungere anche i suicidi di un direttore di istituto (Armida Miserere, nel 2003 a Sulmona) e di un dirigente generale (Paolino Quattrone, nel 2010 a Cosenza). Non sappiamo se era percepibile o meno il disagio che viveva il collega. Quel che è certo è che sui temi del benessere lavorativo dei poliziotti penitenziari l'Amministrazione Penitenziaria è in colpevole ritardo, senza alcuna iniziativa concreta» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda portare avanti per promuovere innanzitutto un'attenta analisi del suddetto problema e individuare soluzioni concrete per contrastare il disagio lavorativo del personale di polizia penitenziaria e prevenire tragici eventi del genere che in base alle statistiche si possono purtroppo ritenere non più sporadici ed occasionali.
(4-17873)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la compagnia Ryanair per una questione relativa alla propria organizzazione del lavoro e per un evidente cattivo funzionamento della stessa ha annunciato una serie di cancellazioni e disservizi che penalizzeranno, fino alla fine del mese di ottobre 2017, circa 400 mila utenti;

   particolarmente interessati da questi disservizi risultano essere gli utenti da e per la Puglia;

   gli scali di Bari e Brindisi, tra gli slot più importanti della compagnia, hanno fatto già registrare numerose cancellazioni;

   questa vicenda sta infliggendo duro colpo anche al settore turistico in questo ultimo scorci e di settembre 2017 con riverberi quindi su tutto il settore;

   si fa presente che la regione Puglia, inoltre, ha siglato accordi commerciali con la compagnia in questione con un rilevante investimento di risorse pubbliche e bene ha fatto l'ente regionale a far partire una verifica per eventuali penali previste dal contratto;

   il permanere di tali criticità per oltre un mese è quindi questione da monitorare costantemente al fine di tutelare l'utenza –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere tempestivamente, per quanto di competenza, d'intesa con tutti gli organismi competenti, per tutelare l'utenza e gli scali aeroportuali pugliesi, nonché per attivare un tavolo istituzionale volto a valutare anche le conseguenze su tutti i comparti economici, a partire dal turismo.
(3-03253)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   ZARATTI, RICCIATTI e KRONBICHLER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nell'area del cratere del terremoto, nel tratto tra Matelica Nord e Castel Raimondo, è in definizione il progetto esecutivo per la costruzione della Pedemontana, asse viario ideato circa 40 anni fa che avrebbe dovuto supportare lo sviluppo del comparto industriale e della piccola e media impresa in quell'area, mediante un sistema di infrastrutture viarie che, raccordando l'asse Foligno-Civitanova all'asse Perugia-Ancona, andrebbe a completare il progetto meglio noto come Quadrilatero Marche Umbria;

   non è chiaro se le analisi e le valutazioni sull'effettivo valore della realizzazione di tale opera siano stati più rivisti e aggiornati dalla data di prima approvazione del progetto preliminare avvenuta nel lontano 2002; all'epoca la società Quadrilatero presentò un'analisi di valorizzazione in cui il progetto fu considerato come un volano sull'economia dell'area, prevedendo effetti economici, in termini di valore aggiunto nei vari ambiti territoriali, che ammontavano a circa 200 milioni di euro;

   nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 109 del 12 maggio 2017 è stata pubblicata la delibera del Cipe del 1° gennaio 2016 in cui dall'esame di uno schema di «piano di valorizzazione» delle aree leader, trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 24 marzo 2016, lo stesso Ministero rilevava che, nonostante la previsione di ulteriori elementi incentivanti per la valorizzazione delle aree, permanevano criticità e incertezze che non avrebbero consentito allo stato l'attivazione delle successive fasi procedurali: in conclusione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intendeva rinunciare al progetto del «Pav»; in questo territorio messo in ginocchio da una concomitanza di eventi avversi, tra i quali il terremoto, che sta cercando con enormi difficoltà di ripartire dalle risorse dei luoghi, una soft economy costituita dai prodotti agricoli di qualità, dal «Verdicchio di Matelica», fiore all'occhiello del made in Italy, dalle attività ricreative, agrituristiche e enogastronomiche che dall'ambiente traggono fonte di sostentamento, la ricostruzione non può passare attraverso infrastrutture viarie ormai economicamente inutili e che porteranno ulteriore distruzione per almeno 5 anni, decretando la desertificazione del territorio;

   la revisione del progetto della Pedemontana è richiesta con forza dalle comunità locali, al fine di tutelare le risorse naturali sulle quali poggia la ripresa dell'economia locale –:

   quali siano le motivazioni, in particolare alla luce delle analisi economiche, in base alle quali il Governo non ritenga di rivedere il progetto, che appare ormai superato, della Pedemontana nel tratto Matelica-Castel Raimondo.
(5-12228)


   CASTIELLO e GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il progetto dell'Intervalliva Tolentino-San Severino Marche (Sub-Lotto 2.3 del maxi lotto 1 del progetto Quadrilatero – Delibera del Cipe n. 13 del 2004, fa parte del «Quadrilatero Marche Umbria», che consiste nel completamento e nell'adeguamento della strada statale 77 Foligno-Civitanova Marche e delle strade statali 76 e 318 lungo la direttrice Perugia-Ancona, congiuntamente alla Pedemontana delle Marche Fabribo-Muccia/Sfercia e ad interventi di riorganizzazione della viabilità locale;

   la realizzazione dell'opera è stata compromessa nel 2009, quando alla scadenza del vincolo espropriativo è stato realizzato un vasto parco fotovoltaico in corrispondenza del tracciato;

   con delibera del Cipe n. 64 del 2016 è stata definita la priorità degli interventi infrastrutturali rimanenti per il completamento funzionale della «Quadrilatero Marche-Umbria» individuando le risorse finanziarie destinate agli ultimi due lotti della «Pedemontana delle Marche», alla strada «Intervalliva di Macerata» e all'allaccio della «superstrada» strada statale 77 alla strada statale 16 «Adriatica»; tra i predetti interventi prioritari, non è stato ancora previsto il finanziamento dell'intervalliva Tolentino-San Severino;

   sulla base di uno studio di fattibilità di tracciato alternativo promosso nel 2015 dagli enti locali per superare la situazione di stallo, il 7 luglio 2017, è stato sottoscritto un «protocollo d'intesa per la progettazione e realizzazione della strada intervalliva Tolentino-San Severino» tra la regione Marche, la provincia di Macerata, il comune di Tolentino e il Comune di San Severino Marche;

   gli enti firmatari, condividendo il valore strategico dell'opera, anche ai fini della ricostruzione post sisma e dell'inversione della tendenza allo spopolamento dell'area pedemontana dell'Appennino, hanno convenuto, tra l'altro, di affidarne le attività di progettazione e realizzazione alla società Quadrilatero Marche Umbria s.p.a.;

   i territori interessati dall'opera infrastrutturale intervalliva Tolentino-San Severino Marche sono tra quelli maggiormente colpiti dagli eccezionali eventi sismici che dal 24 agosto 2016 hanno colpito il Centro Italia, sia in termini di vastità territoriale che di abitanti coinvolti;

   si rende necessario un intervento del Cipe in merito alle due possibili alternative che consistono, da un lato, nella variante al progetto originario, dal costo di oltre 100 milioni di euro e, dall'altro, nel nuovo tracciato più funzionale, condiviso dal territorio e coerente alle programmazioni degli enti territoriali e della regione Marche, dal costo minore pari a circa 80 milioni di euro –:

   se il Ministro interrogato intenda tener conto del protocollo d'intesa di cui in premessa ed assumere iniziative urgenti ai fini del finanziamento dell'intervalliva Tolentino-San Severino Marche, anche in relazione alla ricostruzione post sisma.
(5-12229)


   BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 18 marzo 2017 si è verificato un importante evento franoso lungo la strada statale 34 del Lago Maggiore che oltre a vedere la presenza di una vittima ha causato la chiusura dell'arteria stradale per diverse settimane, con importanti disagi per la numerosa utenza che quotidianamente sfrutta questo collegamento per recarsi nella vicina Confederazione elvetica;

   a seguito di tale episodio, data anche la particolare conformazione geologica del versante che insiste sulla richiamata strada statale 34 che ne determina una importante pericolosità, il 3 aprile 2017 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha incontrato a Torino una delegazione di amministratori locali della provincia di Verbano-Cusio-Ossola, unitamente con i vertici di regione Piemonte e di Anas, proponendo la sottoscrizione di un accordo di programma tra le parti sopracitate al fine di realizzare gli interventi di messa in sicurezza del versante;

   a seguito dei lavori istruttori condotti dalla direzione generale per le strade e le autostrade del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, unitamente con le strutture tecniche della regione Piemonte, si è addivenuti a una bozza di accordo di programma che prevede lavori per la messa in sicurezza del versante per un ammontare di euro 94,500 milioni di euro;

   in data 7 agosto 2017 il Cipe ha approvato lo schema di contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas per il periodo di 2016/2020 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere una specifica copertura finanziaria che possa garantire l'effettivo avvio e la realizzazione delle opere per la messa in sicurezza della strada statale 34 del lago Maggiore.
(5-12230)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il tracciato della strada statale 675 «Umbro-Laziale», tratto «MonteRomanoEst-Civitavecchia», di competenza dell'Anas spa, è localizzato nella vallata del fiume Mignone, una delle aree più incontaminate del centro Italia, tutelata dalle direttive 92/43/CEE e 2009/147/CEE, ed inserita nella ReteNatura2000;

   in relazione a tale tracciato, il 3 agosto 2015, l'Anas ha avviato la procedura di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, in tale ambito, la commissione di valutazione di impatto ambientale ha espresso parere contrario, preso atto che «il proponente non ha dato risposta adeguata alla richiesta d'integrazioni, né ha presentato gli approfondimenti richiesti»;

   l'Anas, nell'ambito della valutazione di incidenza ambientale, ha infatti redatto uno studio di incidenza ambientale fermandosi alla fase 1 (screening), concludendo che il tracciato selezionato «non produrrà incidenze significative»;

   la commissione di valutazione di impatto ambientale, il 17 giugno 2016, ha quindi formulato una richiesta d'integrazioni all'Anas, ritenendo che lo studio di incidenza dovesse procedere ai livelli successivi di analisi/valutazione, non essendo stati adeguatamente valutati né l'impatto paesaggistico, né quello ambientale, compresi i rischi connessi all'inquinamento atmosferico e acustico;

   lo stesso orientamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato espresso dalle associazioni ambientaliste e dai comitati locali che hanno evidenziato come l'Anas si sia sempre rifiutata di redigere una seria valutazione di incidenza ambientale relativa alle aree Zps e Sic della Valle del Mignone;

   in sede di conferenza di servizi, tutti gli altri soggetti chiamati ad esprimersi, inclusa la regione Lazio, hanno dato parere favorevole all'opera, tranne il comune di Tarquinia, che ha espresso parere contrario, avanzando possibili alternative al tracciato;

   anche il sindaco di Civitavecchia, che ha manifestato una posizione favorevole al completamento dell'opera, ha ritenuto inopportuno non considerare il parere negativo della commissione di valutazione di impatto ambientale al tracciato, auspicando un'alternativa sostenibile;

   il Ministro interrogato ha preannunciato il finanziamento del tracciato con delibera del Cipe, cui seguirà, con deliberazione del Consiglio dei ministri, il via libera definitivo alla realizzazione dell'opera –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, intenda confermare la propria posizione a favore del tracciato, nonostante il parere negativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il contrasto con le direttive citate, ricorrendo alla logica della «legge obiettivo», di fatto da ritenersi superata, come confermato dall'entrata in vigore del nuovo codice degli appalti.
(5-12231)


   PASTORELLI e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la E78 è una strada di classe A che connette Grosseto a Fano, poste rispettivamente lungo i percorsi della E80 (strada statale 1 via Aurelia) e della E55 (autostrada A14);

   molti tratti della E78 presentano ancora caratteristiche di viabilità ordinaria, ma al termine dell'adeguamento si arriverà ad un corridoio stradale, con caratteristiche di superstrada, definito SGC dei Due Mari;

   nel 2013 le regioni Marche, Umbria e Toscana con l'Anas, hanno costituito una società pubblica di progetto per realizzare i tratti mancanti. Abbandonata l'ipotesi di realizzare tale infrastruttura in regime di finanza di progetto, il costo inizialmente ipotizzato per l'opera era di circa 680 milioni per la tratta toscana e di circa 520 milioni di euro per la tratta umbra;

   in particolare, per il tratto umbro, è previsto il collegamento tra la E78 e la E45 tramite la galleria della Guinza, da Selci-Lama a Parnacciano, fondamentale per il rilancio dei comprensori spoletino e altotiberino;

   a Spoleto, si è svolta una tavola rotonda sulle infrastrutture dell'Umbria alla presenza del sottosegretario Del Basso De Caro che ha annunciato la disponibilità di risorse da destinare al completamento della «Due Mari» pari ad 82 milioni di euro per il tratto umbro derubricando il progetto di trasformazione del tratto Selci-Lama-Parnacciano da tre a due corsie. Tuttavia, secondo le stime attuali soltanto per questo tratto, che prevede lo scavo della galleria della Guinza, servirebbero oltre 100 milioni di euro;

   il 5 settembre 2017 l'Anas ha ufficializzato una prima ipotesi di studio progettuale, a valere sul piano pluriennale degli investimenti 2016-2020, che prevede, tra l'altro, l'adeguamento a 2 corsie del tratto Selci Lama (E45)-Parnacciano (Guinza). L'Anas ha elaborato uno studio di fattibilità del tracciato ricadente anche nel territorio di Città di Castello, al fine di fornire elementi valutativi. Per il tratto umbro della E78 «Grosseto-Fano» lo Stato metterà a disposizione 100 milioni di euro;

   l'Umbria, penultima regione per perdita di prodotto interno lordo, sconta anni di mancati investimenti sulle infrastrutture viarie e ferroviarie che l'hanno resa scarsamente attrattiva per gli investitori. Il completamento della E78 è, quindi, fondamentale per il rilancio dell'economia locale –:

   quali siano le previsioni contenute nel piano di fattibilità di Anas e quale sia l'ipotesi di collegamento della E78 con la E45, alla luce delle risorse a disposizione, fortemente ridimensionate rispetto al progetto originario.
(5-12232)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 7 settembre 2017 il ponte di Casalmaggiore sul fiume Po è stato chiuso su decisione dei tecnici per problemi infrastrutturali;

   la chiusura è stata definita a tempo indeterminato in attesa di vedere quali interventi sarà possibile attuare, con il risultato che chiunque debba muoversi tra le province di Parma e Cremona ha due alternative molto disagevoli e cioè passare dal ponte Verdi a Ragazzola di Roccabianca oppure passare per il ponte che collega Boretto a Viadana, e questo significa circa trenta chilometri in più di percorso;

   il ponte di Ragazzola in questo periodo si percorre a senso unico alternato per lavori, e sempre più frequenti sono i lavori di manutenzione, poiché si tratta di un'infrastruttura ormai datata e sottoposta a una grande usura per il traffico molto intenso che la percorre ogni giorno;

   la regione Lombardia avrebbe deciso di stanziare 3.500.000 euro per il ripristino dell'infrastruttura casalasca a seguito dell'incontro avvenuto il 9 settembre 2017 tra l'assessore regionale all'agricoltura e delegato per la regione al patto di sviluppo per la Lombardia Gianni Fava con l'amministrazione comunale di Casalmaggiore, comune rivierasco posto sulla sponda lombarda;

   l'assessore Fava, per mezzo stampa, accusa la regione Emilia Romagna di non aver rispettato un accordo di programma relativo a tutta una serie di interventi di manutenzione, per cui da un preventivo di 3,6 milioni di euro si sarebbe passati ad un fabbisogno attuale di circa 9 milioni;

   il sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni ritiene che ad oggi nessuno sia in grado di quantificare la spesa per i lavori necessari;

   la chiusura del ponte rappresenta un gravissimo problema per tutti i settori economici, in modo particolare per le attività produttive, per la filiera agroalimentare, di peculiare importanza per il territorio, per il commercio e il turismo;

   tale chiusura comporta disagi notevoli anche per gli spostamenti quotidiani dei singoli residenti verso luoghi di lavoro, di studio, di cura;

   Trenord ha disposto un rafforzamento del servizio per alcuni treni tra Parma e Casalmaggiore, facendoli operare a tre carrozze in modo tale da ampliare di 70 posti circa la capienza, ma tale intervento risulta insufficiente, viste le già ampiamente e documentate condizioni di sovraffollamento sussistenti –:

   quali iniziative intenda porre in essere il Governo, per quanto di competenza, affinché il ponte di Casalmaggiore posto sul fiume Po venga ripristinato al più presto, poiché rappresenta una importantissima cerniera di collegamento tra il sud della Lombardia e il nord dell'Emilia Romagna e quindi garantisce per i cittadini e per le imprese del territorio una piena libertà ed efficienza di movimento.
(5-12217)


   BURTONE, BATTAGLIA e CUOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Pisticci ha comunicato la chiusura al traffico della galleria «San Rocco» lungo la strada Pisticci-Pozzitello;

   il provvedimento è stato adottato per consentire una serie di interventi urgenti e improcrastinabili riguardanti l'impianto di illuminazione della galleria che la rendevano oggettivamente insicura;

   la chiusura avverrà dalle ore 8 del giorno 23 settembre 2017 e proseguirà per tutta la giornata del 24 settembre;

   la questione è che la strada alternativa alla galleria è in condizioni disastrose e comporta rischi per chi la percorre;

   purtroppo, la vecchia strada provinciale a partire dal 2002, anno di apertura della galleria, non è mai stata oggetto di interventi di messa in sicurezza;

   già in altre occasioni, sempre a causa di brevi, fortunatamente, periodi di chiusura della stessa galleria, si erano registrati gli stessi disagi che ora si sono accentuati per via dell'ulteriore periodo di tempo che è trascorso;

   è vero che nel week end il traffico è ridotto e che opportunamente è stata scelta questa opzione da parte della amministrazione comunale per ridurre i disagi e i rischi, ma è altrettanto indiscutibile che gli stessi permangono per chi sarà costretto a percorrere la vecchia arteria;

   si tratta di un segmento di viabilità molto importante che riguarda una tra le comunità più popolose dell'intera Basilicata;

   le criticità emerse con il semplice annuncio di chiusura, per due giorni, della suddetta galleria evidenziano la necessità di un intervento non più rinviabile di reale ripristino, in sicurezza, anche del vecchio tracciato;

   di fronte alle legittime lamentele degli utenti e dei cittadini che stanno crescendo anche attraverso i social network vi sarà un richiamo a responsabilità delle diverse amministrazioni, a partire da quella provinciale che ha competenza sul vecchio tracciato;

   si porrà ovviamente la questione delle risorse per effettuare interventi rilevanti, fattore su cui ha sicuramente inciso l'incuria legata al tempo trascorso;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato procedure per la revisione della rete stradale di interesse nazionale;

   la stessa galleria, considerata la sua rilevanza strategica infrastrutturale per il territorio, non può continuare ad essere di competenza comunale;

   il vecchio tracciato e soprattutto il nuovo, compresa la galleria, potrebbero benissimo rientrare in tale processo –:

   se il Ministro, una volta verificato quanto riportato in premessa, ritenga di valutare l'opportunità di convocare con tempestività un tavolo interistituzionale con la presenza dell'Anas al fine di avviare un processo di statalizzazione dei citati segmenti di viabilità, considerata la rilevanza strategica sia della galleria che del vecchio tracciato, superando le evidenti criticità emerse per un intervento di manutenzione e garantendo alla comunità interessata collegamenti in sicurezza.
(5-12222)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, MICILLO, BUSTO, ZOLEZZI, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'Onu ha dichiarato il diritto all'acqua un diritto universale e fondamentale, ha sottolineato che l'acqua potabile e per uso igienico è un diritto essenziale relativo alla dignità della persona e raccomanda agli Stati di attuare iniziative per garantire acqua potabile di qualità, accessibile, economica;

   la regione Toscana ha dichiarato lo stato di emergenza ed emanerà a breve un piano di interventi urgenti;

   la regione Lombardia lamenta la quantità di acqua invasata nei grandi laghi più bassa del 2007;

   il 17 agosto 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la dichiarazione dello stato di emergenza idrica per le regioni Lazio ed Umbria:

   da 15 anni l'Italia è soggetta a 3 procedure di infrazione; la situazione sembra peggiorare come dimostrano gli ultimi dati di Legambiente: l'insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti rappresentano il reato più contestato e in crescita rispetto all'anno precedente, e rappresentano il 31,7 per cento delle infrazioni contestate;

   il 22 marzo 2017 l'Istat ha presentato uno studio dal quale si evince che nel 2015 è andata dispersa una media del 38,2 per cento delle acque immesse in rete, a fronte del 35,6 per cento del 2012, il che mostra una situazione di enorme degrado degli acquedotti e delle reti in tutto il Paese;

   eppure il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99, dice che «Le procedure di valutazione delle perdite di cui al presente regolamento sono finalizzate alla formulazione di “bilanci idrici nelle reti e negli impianti” e che “In dipendenza dell'esito dei bilanci, il gestore procederà ad una appropriata e specifica ‘campagna di ricerca delle perdite’ per provvedere alle necessarie riparazioni”. Esso inoltre stabilisce che “Il gestore trasmette annualmente al Ministero dei lavori pubblici Osservatorio dei servizi idrici, entro il mese di febbraio appositi rapporti redatti secondo gli standard indicati nel punto 4 dell'allegato e indicanti i dati sui volumi d'acqua degli impianti di acquedotto e di fognatura nonché il valore dei parametri di valutazione delle perdite”»;

   l'articolo 146, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone che «Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,[...] adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'ente di governo dell'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi». Il successivo articolo 170, comma 3, lettera h), dispone che «fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99»;

   il «collegato ambientale» 2016 prevedeva la creazione di un fondo di garanzia per opere idriche di potenziamento, depurazioni e fognature; eppure risulta che il relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia ancora bloccato –:

   se i Ministri interrogati e gli enti d'ambito fossero a conoscenza dei dati relativi alle perdite delle infrastrutture idriche e, in caso affermativo, perché non si sia intervenuti;

   come mai non sia stato ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che consentirebbe di sbloccare il fondo di garanzia per le opere idriche;

   quali iniziative intenda porre in essere il Governo, al fine di sostenere gli investimenti necessari a ristrutturare e ammodernare le reti per captazione e distribuzione e adeguare gli impianti di depurazione.
(4-17853)


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   è tuttora chiuso al transito dei veicoli il ponte di Cioè, situato al settimo chilometro della strada provinciale 46, che collega i comuni di Oliena e Dorgali;

   l'infrastruttura viaria era parzialmente crollata nel corso della violenta alluvione che colpì il territorio sardo il 18 novembre del 2013, circostanza tragica nella quale perse la vita l'agente della polizia di Stato Luca Tanzi;

   riaperto al transito dopo il rifacimento delle strutture crollate e la messa in sicurezza dell'alveo del fiume, è stato richiuso al traffico 25 gennaio 2017 per il cedimento strutturale di una campata riscontrato a seguito di precipitazioni particolarmente violente;

   dopo una riapertura momentanea, il 18 febbraio è stato nuovamente richiuso, perché sottoposto a un provvedimento di sequestro preventivo dalla procura di Nuoro;

   il quotidiano l’Unione Sarda del 19 febbraio 2017 sottolinea che «Malgrado i lavori di ripristino dopo i cedimenti, la situazione non è tornata nella normalità. Così gli ulteriori accertamenti confermano l'ulteriore e progressiva riduzione della sicurezza statica del ponte», che presenta «una situazione di rischio elevato tale da non consentirne la transitabilità neppure a senso alternato e se pure con traffico limitato a mezzi leggeri»;

   la chiusura del ponte ha causato una situazione di grave isolamento delle comunità interessate, in un contesto in cui la viabilità e i collegamenti risultano già insufficienti;

   l'economia del territorio, a prevalenza agro-pastorale e turistica, è gravemente compromessa dalla chiusura del ponte di Oloè, vista la centralità che riveste la struttura viaria;

   la situazione sarebbe resa più complessa anche dalle risultanze dei consulenti nominati dalla procura di Nuoro, secondo i quali, oltre ai problemi statici, il ponte si troverebbero a un livello inferiore rispetto alla quota di massimo invaso della sottostante diga di Preda ’e Othoni;

   a questo proposito, però, giova osservare che, non solo la quota di massimo invaso della diga è pari a 127,50 metri sul livello del mare – un livello impossibile da raggiungere in una regione storicamente siccitosa –, ma che nell'infrastruttura sono anche presenti scarichi a 103, a 110 e a 114 m sul livello del mare, che ne garantirebbero lo svuotamento. Infine, esiste un documento di protezione civile che prevede proprio il «rischio dighe»;

   ne consegue, da quanto esposto precedentemente, che non sussisterebbero pericoli connessi al diverso livello delle due infrastrutture, ponte e diga;

   da alcuni articoli di stampa, sarebbe emerso che, per superare l'attuale situazione di stallo e garantire alle comunità la libera circolazione nel territorio, l'Anas starebbe predisponendo il progetto per un nuovo viadotto, in sostituzione dell'attuale ponte, con un'altezza che consentirà di superare il livello della diga sottostante;

   per l'immediato, come riporta un articolo dell’Unione Sarda del 4 agosto 2017 «il piano d'intervento dell'Anas contempla la predisposizione di un ponte provvisorio per consentire il transito alle auto anche durante i lavori dei quello nuovo»;

   considerato che l'attuale ponte è chiuso da oltre sei mesi, circostanza che sta causando, come detto, gravi danni alle comunità interessate, sarebbe necessario conoscere i tempi degli interventi dell'Anas e le risorse con cui verranno realizzate le opere necessarie –:

   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, verificare il piano dell'Anas in merito alla realizzazione del viadotto che dovrebbe sostituire il ponte di Oloè, con particolare riguardo al cronoprogramma, alle risorse disponibili e alle soluzioni che saranno approntate nell'immediato;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per individuare una soluzione, nell'immediato e nel lungo periodo, per superare lo stato di isolamento causato dalla chiusura del ponte di Oloè.
(4-17855)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il nostro Paese è la principale meta dei flussi migratori verso l'Europa con numeri in esponenziale aumento negli ultimi anni;

   tale fenomeno, di difficile gestione, determina, ovviamente, anche problemi di sicurezza come riconosciuto dallo stesso procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, che, tra i vari timori espressi al Comitato Schengen sul fenomeno migratorio, ha posto l'attenzione anche sui migranti nigeriani. Secondo Roberti, infatti, «Sta arrivando un enorme numero di nigeriani (...). [C'è] una comunità criminale nigeriana che fa paura (...). Le associazioni criminali nigeriane hanno caratteri ancora più strutturati delle mafie italiane (...). La differenza è che i nigeriani in Italia trafficano in droga e prostituzione, ma non attaccano il territorio»;

   con un articolo del 29 giugno 2017 il Times, proprio sul tema comunità criminale nigeriana, ha lanciato un vero e proprio allarme per il nostro Paese. Secondo il quotidiano inglese, infatti, dei gruppi di migranti nigeriani, che in un primo momento collaboravano con le mafie per lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico delle droghe, si stanno ora organizzando in bande paramilitari per il controllo del territorio italiano. Notizia questa che è stata riportata, qualche settimana dopo, anche dal The Guardian;

   sempre secondo il Times, queste gang criminali, soprannominate dall’intelligence britannica «I Vichinghi», hanno prima controllato il traffico di esseri umani, ed oggi usano il capoluogo siciliano come punto d'approdo e smistamento in Italia per centinaia di migliaia d'immigrati clandestini;

   Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, ha dichiarato al Times che la gang dei Vichinghi è sorta per colmare il vuoto di una altra gang nigeriana sgominata dalla polizia;

   il rischio concreto è che queste organizzazioni, con capi presenti in ogni città, possano decidere, in futuro, anche di armare i migranti ospitati nei centri di accoglienza e coloro che vivono in clandestinità per fronteggiare le forze dell'ordine in eventuali atti di guerriglia urbana;

   sempre secondo la stampa britannica, tale situazione viene costantemente monitorata dall’intelligence inglese con Scotland Yard che avrebbe consigliato maggiore controllo sui voli in entrata dall'Italia, e perquisizioni accurate sui vettori su rotaia e gomma che attraversano il canale. In Francia, invece, già in due occasioni, la polizia ha fronteggiato gruppi paramilitari nelle banlieue parigine, ricorrendo anche al supporto dell'esercito;

   secondo la relazione della Dia, Direzione investigativa antimafia, 2017 tra i gruppi criminali stranieri che in Italia hanno dimostrato una notevole versatilità nel traffico degli stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione, unite ad una «forte capacità adattativa all'ambito territoriale in cui si trovano ad operare», vi sono, senza dubbio, i nigeriani –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale preoccupante situazione riguardante la criminalità organizzata nigeriana, se abbia ricevuto rapporti dall’intelligence che confermino il quadro emerso dall'inchiesta giornalistica britannica e quali concrete iniziative intenda intraprendere per scongiurare il proliferare di questo fenomeno criminale.
(3-03257)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 17 luglio 2017 è stato pubblicato il bando di gara per la fornitura di beni e servizi relativi al funzionamento del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari-Palese, presso l'aeroporto per una ricettività complessiva di 744 posti ;

   il bando concernente un appalto suddiviso in 4 lotti prestazionali, fissa al 22 settembre 2017 il termine per il ricevimento delle offerte e stabilisce l'apertura delle stesse per il 5 ottobre 2017;

   in data 19 settembre, si è svolto a Bari, presso la sede della prefettura, un incontro tra il prefetto di Bari, la dottoressa Padovano, e i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, Fp Cgil Bari, Fisascat, Cisl, Uil Fpl e Uil Tucs, al termine di un presidio organizzato dalle stesse organizzazioni sindacali;

   l'iniziativa di protesta secondo i promotori ha avuto origine proprio in ragione del mancato accoglimento della richiesta avanzata dalle organizzazioni sindacali alla prefettura di Bari di sospendere l’iter della gara per la gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Palese;

   la sospensione si renderebbe necessaria per effettuare gli opportuni approfondimenti su alcuni dubbi interpretativi relativi al nuovo capitolato d'appalto, soprattutto in riferimento al mantenimento dei livelli occupazionali e dei diritti per i lavoratori impiegati ininterrottamente ormai da diversi anni nel servizio di gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari;

   secondo le organizzazioni sindacali sarebbero, infatti, a rischio circa 170 posti di lavoro;

   nell'ultimo triennio per il suddetto Centro di accoglienza per richiedenti asilo sono stati spesi oltre 21 milioni di euro e lo stesso è purtroppo spesso stato al centro di episodi di violenza anche per la presenza di circa 1.600 ospiti, ben oltre il doppio di quanto previsto dallo stesso bando –:

   se il Ministro interrogato sia informato dello stato di agitazione da parte dei lavoratori del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari e se non ritenga opportuno, vista l'imminenza delle scadenze previste dal nuovo bando, valutare l'assunzione di iniziative per la sospensione della gara e, attraverso la competente prefettura, procedere a riesaminare il capitolato in questione con il supporto di un'apposita commissione tecnica costituita da istituzioni, parti datoriali e sindacali, al fine di superare le criticità riportate e salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-12223)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   durante l'estate i cittadini del centro storico di Salerno sono stati vittime di numerosi furti in casa;

   secondo quanto riportato da fonti dei media, i ladri hanno messo a segno una serie di colpi prima negli appartamenti dei palazzi di Canalone e di via Monti, poi in quelli del palazzo di via Pertini;

   in poco più di un mese, per cinque volte, i malviventi hanno violato le case e le vite dei condomini dello stabile; in tutti i casi di mattina e senza alcun bisogno di scassinare la porta che è stata ritrovata chiusa, come se nulla fosse accaduto;

   sono diverse le testimonianze riportate dai media delle famiglie che hanno subito i furti;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di una situazione molto grave, su cui occorre intervenire per restituire tranquillità ai cittadini, già costretti a fare i conti con non pochi episodi di criminalità –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire sicurezza al capoluogo salernitano.
(4-17856)


   BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI, COZZOLINO, SPADONI e TERZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 12 settembre 2017 in riferimento alle azioni disciplinari, prot. n. 36146 in data 20 giugno 2017, n. 39383 in data 4 luglio 2017 e n. 48660 in data 28 agosto 2017, aperte contro il rappresentate sindacale dell'Usb Costantino Saporito si apre l'audizione presso la sede istituzionale del dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso tecnico e della difesa civile sita al palazzo del Viminale, Roma;

   dette azione disciplinari sono nate dopo che il rappresentante sindacale dichiarava, per nome e conto della sua organizzazione, la partecipazione al Gay Pride di Roma per la data del 10 giugno 2017. Dalla carte istruttorie e dal verbale di audizione in possesso degli interroganti si evince chiaramente che ci si trova davanti ad una personalizzazione dello scontro dei due vertici del corpo, prefetto Bruno Frattasi e Capo del Corpo, ingegnere Gioacchino Giomi. Non esiste norma chiara sull'utilizzo dell'uniforme di servizio e si sta trattando il caso legato al diritto di esercizio del conflitto;

   l'infondatezza delle accuse, tra l'altro, mosse contro il sindacalista è, ad avviso degli interroganti, avvalorata dalla dichiarazione in udienza del prefetto, Giovanni Bruno, il quale in qualità di presidente della commissione disciplinare così dichiara a verbale: «Il Prefetto evidenzia che dal caso in essere si evince una mancanza di normativa chiara e specifica nella materia oggetto di contestazione per la quale il signor Saporito è oggi qui presente. Il Prefetto, nel riservarsi per i tre casi che sono contemplati, evidenzierà al capo dipartimento e all'ufficio legislativo l'opportunità di regolamentare la normativa in esame per i casi disciplinari futuri»;

   le azioni disciplinari intraprese, secondo gli interroganti, potrebbero avere esposto l'amministrazione a condotte di rilevanza antisindacale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per verificare, con l'ausilio dei competenti organi dei vigili del fuoco, la reale fondatezza delle iniziative disciplinari intraprese;

   nel caso in cui le stesse azioni disciplinari si dimostrassero infondate, quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per verificare se siano state rispettate tutte le corrette procedure da parte dei competenti organi e se non sussistano elementi che possano portare a eventuali responsabilità disciplinari degli stessi organi.
(4-17857)


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Parco naturale di Molentargius, che insiste nel territorio comunale di Cagliari, Quartu S. Elena e Selargius ed è tutelato dalla convenzione sulle zone umide di Ramsar, rappresenta un'oasi naturale di straordinario rilievo, che ospita l'antico complesso delle Saline di Cagliari ed è sede stanziale e di nidificazione dei fenicotteri rosa;

   nei giorni scorsi, il comune di Quartu S. Elena e, in particolare, il quartiere urbano di Santo Stefano, adiacente al Parco di Molentargius, è stato invaso da una coltre di fumo acre che, a quanto sostenuto dai media locali, proverrebbe da focolai di incendio che si sviluppano all'interno delle zone lacustri dello stesso parco;

   in particolare, i media locali sostengono che l'abbassamento del livello delle acque del complesso degli stagni, almeno in parte conseguente all'annata siccitosa, avrebbe determinato il riaffioramento di vecchie discariche di materiale plastico e combustibile, nel cui contesto si sarebbero sviluppati diversi focolai di incendio, mai definitivamente domati dall'intervento dei vigili del fuoco;

   la diffusione delle nubi di fumo all'interno del contesto urbano cittadino, in particolare nei quartieri più vicini al perimetro del parco, sta ingenerando un'insostenibile situazione di salute pubblica, con diversi quartesi che sono stati costretti a ricorrere alle cure mediche e con l'intera popolazione costretta a vivere con porte e finestre sprangate per l'irrespirabilità dell'aria;

   il fenomeno sembrerebbe accentuarsi nelle ore notturne e nelle prime ore del mattino, in corrispondenza con la riduzione di qualsiasi attività di controllo sulle aree del parco;

   nonostante le ripetute segnalazioni da parte della popolazione, l'intervento del sindaco di Quartu e delle autorità sanitarie preposte non è stato sinora utile alla soluzione del problema –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle criticità verificatesi nel Parco sardo di Molentargius e nelle contigue aree urbane della città di Quartu S. Elena, a seguito di fenomeni di combustione verosimilmente interessanti vecchie discariche che, ad oggi, non sembrerebbero totalmente identificati e debellati;

   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per restituire condizioni ottimali al compendio e per garantire la tutela della salute della popolazione quartese;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per prevenire il diffondersi di nuovi incendi nell'area sopra indicata e per garantire la salubrità e la integrità dei luoghi, onde evitare il ripetersi, in futuro, di episodi simili.
(4-17860)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dalle notizie pubblicate dagli organi di stampa, l'amministrazione comunale di Massalengo, commissariata dal 2 maggio 2017, con delibera del commissario prefettizio, ha autorizzato la spesa di 540 euro per sostenere economicamente il costo del pernottamento della Fanfara della polizia di Stato, di stanza a Lodi in occasione della Festa della Repubblica organizzata dalla prefettura;

   nell'atto propedeutico alla delibera di autorizzazione di spesa, il commissario prefettizio, preso atto che tutti gli altri amministratori locali parteciperanno all'evento, sottolinea come sia necessario che anche il comune di Massalengo aderisca alla manifestazione;

   è la prima volta che l'amministrazione comunale di Massalengo contribuisce economicamente all'organizzazione di questo tipo di evento celebrativo che si ripete negli anni;

   sempre stando alle informazioni pubblicate dalla stampa locale, alcuni dei consiglieri comunali di opposizione, decaduti in virtù del commissariamento, hanno protocollato una richiesta ufficiale per essere messi a conoscenza di quali altri enti locali abbiano aderito alle celebrazioni e quanti di questi abbiano contribuito economicamente all'evento organizzato dall'ufficio territoriale del Governo –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alle motivazioni addotte dal commissario prefettizio per giustificare la spesa autorizzata dal comune;

   se il Ministro intenda approfondire la vicenda illustrata in premessa rendendo noto quante amministrazioni locali abbiano partecipato all'evento celebrativo, se abbiano contribuito con lo stanziamento di risorse economiche proprie e quali siano state le motivazioni addotte come giustificativo di spesa.
(4-17870)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane le indagini dei carabinieri del Ros hanno ricostruito e documentato un grave episodio di scambio politico-mafioso a Nocera Inferiore, riferito alle amministrative di giugno;

   sono finiti in carcere per associazione di stampo camorristico, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione elettorale, ma anche estorsione e violenza privata il presunto boss Antonio Pignataro, l'ex consigliere comunale con delega alla municipalizzata Multiservizi Carlo Bianco (ricandidato nella lista «Moderati per Torquato») Ciro Eboli, candidato nella lista di Pasquale D'Acunzi, Luigi Sarno che, attraverso Pignataro, avrebbe ottenuto da più candidati l'affidamento del servizio di attacchinaggio dei manifesti elettorali;

   sono state effettuate oltre venti perquisizioni a carico di altrettanti indagati a piede libero, tra cui il consigliere comunale Nicola Maisto eletto nella lista «Uniti per Torquato» con 368 preferenze; quest'ultimo, come ricostruito dalle indagini del Ros, era il candidato «portato» da Luigi Sarno;

   secondo le accuse, quest'ultimo si sarebbe accordato con amici e parenti e avrebbe ideato un articolato piano di corruzione elettorale promettendo e consegnando somme di denaro (40 euro a voto) ad un cospicuo numero di elettori;

   i carabinieri hanno poi ricostruito l'accordo con l'indagato Carlo Bianco e, attraverso le intercettazioni, il risentimento di quest'ultimo per il tradimento subito nonostante avesse mantenuto la promessa: la delibera di giunta comunale del 16 maggio 2017 con il cambio di destinazione urbanistica di un suolo adiacente alla chiesa di San Giuseppe e sul quale doveva essere realizzato un edificio da destinare a casa famiglia;

   sull'immobile si sarebbe registrato un diretto interessamento e coinvolgimento di Antonio Pignataro, Ciro Eboli e Antonio Cesarano, ex assessore con delega al bilancio del Comune di Nocera Inferiore; secondo i magistrati Eboli e Cesarano avrebbero avuto il compito di fungere da tramite tra il consigliere Bianco e Pignataro agli arresti domiciliari;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di un fatto molto grave che testimonia il difficile clima in cui si è svolta l'ultima competizione elettorale a Nocera Inferiore e già oggetto degli atti di sindacato ispettivo dell'interrogante n. 4-17133 e 416984;

   il comune di Nocera Inferiore è stato sciolto per infiltrazione camorristica già il 14 aprile 1993;

   sono diverse le vicende di camorra che hanno toccato negli anni il comune: nel 2001, durante l'amministrazione guidata da Aldo Di Vito, attuale pubblico sostenitore – come si evince dai vari mezzi di informazione – del primo cittadino Manlio Torquato, all'epoca capogruppo di maggioranza, la procura di Nocera aveva chiesto la custodia cautelare per Antonio Benigno, ex braccio destro di Raffaele Cutolo, Salvatore Di Maio, Giuseppe Mariniello e Giuseppe Gargano; nell'ordinanza il gip aveva scritto: «Si è di fronte ad uno scenario effettivo e di totale controllo criminale sulle attività produttive ed amministrative di un'intera area territoriale nella quale gli organi di governo locale sono ritenuti funzionali agli interessi economici e della malavita organizzata»;

   nell'interrogazione n. 4-33285 della XIII Legislatura, venivano riportate le dichiarazioni del sindaco di Nocera Inferiore, Aldo Di Vito, che avrebbe attaccato con violenza i magistrati inquirenti affermando: «combatterò quel giudice» –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;

   se non ritenga necessario valutare se sussistano i presupposti per l'invio di una commissione di accesso ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 in relazione alla circostanza riportata in premessa.
(4-17875)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che, per quanto concerne il finanziamento ordinario per l'anno 2017, gli atenei veneziani Ca Foscari e Iuav subiranno un preoccupante taglio che penalizza entrambe le università;

   il taglio ammonterebbe a circa un milione 270 mila euro per Ca’ Foscari, con una diminuzione dei fondi dell'1,71 per cento e di 500 mila euro per l'Iuav, con un calo dell'1,66 per cento;

   tale diminuzione sarebbe dovuta ad una rimodulazione dei criteri di riparto che in particolare riguarderebbero anche l'internazionalizzazione ed il rendimento con modalità meno rigide finalizzate a salvaguardare anche gli atenei del Mezzogiorno e che però alla fine finiscono per penalizzare particolarmente alcune realtà;

   Ca Foscari e Iuav sono due realtà che hanno molto puntato sulla internazionalizzazione e che si trovano quindi oggi a dover fronteggiare un ridimensionamento delle risorse che rischia di ripercuotersi negativamente sull'offerta formativa di questi atenei;

   i rettori delle citate università hanno già annunciato azioni di protesta –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di rivedere le modifiche ai criteri di riparto dei finanziamenti statali alle università evitando di penalizzare realtà brillanti come Ca Foscari e Iuav che ogni anno richiamano molti studenti anche dall'estero e che fanno dell'internazionalizzazione un punto di forza della propria offerta formativa.
(5-12215)


   AMODDIO, RIBAUDO, IACONO, ALBANELLA, BURTONE e PICCIONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con prot. N. 10175 del 5 agosto 2016 il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha avviato la procedura di assunzione in ruolo per il personale docente degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica;

   la procedura di assunzione in ruolo per il personale docente degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica è disciplinata dalla normativa appresso rassegnata;

   il comma 1 dell'articolo 270 del decreto legislativo n. 297 del 1994, prevede: «L'accesso ai ruoli del personale docente ed assistente, delle assistenti educatrici, degli accompagnatori al pianoforte e dei pianisti accompagnatori dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo a graduatorie nazionali permanenti»;

   l'articolo 1 della legge n. 508 del 1999 prevede: «La presente legge è finalizzata alla riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati»;

   il comma 6 dell'articolo 2 della legge n. 508 del 1999 prevede: «...Il rapporto di lavoro del personale delle istituzioni di cui all'articolo 1 è regolato contrattualmente ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, nell'ambito di apposito comparto articolato in due distinte aree di contrattazione, rispettivamente per il personale docente e non docente. Limitatamente alla copertura dei posti in organico che si rendono disponibili si fa ricorso alle graduatorie nazionali previste dall'articolo 270, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dall'articolo 3, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n. 124, le quali, integrate in prima applicazione a norma del citato articolo 3, comma 2, sono trasformate in graduatorie ad esaurimento...»;

   il combinato disposto delle due norme comporta, quindi, un meccanismo di reclutamento ripartito al 50 per cento ciascuno fra concorsi per esami e titoli le cui graduatorie vengono denominate graduatorie per esami e titoli (GET) e concorsi per soli titoli, le cui graduatorie vengono nominate graduatorie nazionali ad esaurimento (GNE);

   l'articolo 2-bis (graduatorie degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica) della legge n. 143 del 2004 prevede: «I docenti precari che hanno prestato servizio per 360 giorni nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (AFAM) sono inseriti in apposite e specifiche graduatorie, previa valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali da svolgersi secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;

   l'articolo 19, comma 1, della legge n. 128 del 2013 prevede: «1. Al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività per l'anno accademico 2013-2014 e per gli anni accademici 2014-2015 e 2015-2016 fermi restando il limite percentuale di cui all'articolo 270, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il ricorso in via prioritaria alle graduatorie previste dall'articolo 2, comma 6, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, e il regime autorizzatorio di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le graduatorie nazionali di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, sono trasformate in graduatorie nazionali a esaurimento, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato»;

   dal quadro normativo sopra esposto emerge di tutta evidenza che:

    l'efficacia delle graduatorie per esami e titoli (GET) non è stata modificata per il reclutamento del personale a tempo indeterminato;

    le graduatorie ex legge n. 143 del 2004 sono state trasformate in graduatorie nazionali a esaurimento, utilizzabili per il reclutamento a tempo determinato e indeterminato, venendo a surrogare le preesistenti graduatorie nazionali ad esaurimento ex legge n. 508 del 1999, qualora queste risultassero esaurite;

    il criterio di computo dei posti da assegnare alle graduatorie per esami e titoli e alle graduatorie nazionali a esaurimento è rimasto immutato ed è disciplinato dall'articolo 270 del decreto legislativo n. 297 del 1994 che impone il criterio della suddivisione del 50 per cento per ciascuno dei canali di reclutamento (graduatorie per esami e titoli e graduatorie nazionali a esaurimento);

   pertanto quando il, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende procedere alle assunzioni a tempo indeterminato deve conformarsi all'articolo 270 menzionato, attingendo il 50 per cento dalle originarie graduatorie per esami e titoli ed il restante 50 per cento dalla graduatorie nazionali a esaurimento ex legge n. 508 del 1999, ormai surrogate, laddove risultassero esaurite, dalle graduatorie ex legge n. 143 del 2004;

   tuttavia, a giudizio degli interroganti, in contrasto con il quadro normativo sopra esposto, con l'avviso prot. N. 10176 del 5 agosto 2016, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha determinato nel caso in cui solo la graduatoria nazionale a esaurimento si esaurisca di assegnare il 100 per cento delle cattedre disponibili alla vecchia graduatoria per esami e titoli;

   infatti, nell'avviso è precisato che «Qualora le due graduatorie si esauriscano (GNE e GET) i posti rimasti vacanti saranno attribuiti alla graduatoria formata ai sensi della legge 143/2004»;

   l'avviso summenzionato lede, per gli interroganti, il diritto di coloro che sono inseriti nelle graduatorie ex legge n. 143 del 2004 ad essere immessi in ruolo entro il limite percentuale del 50 per cento per i posti rimasti vacanti laddove le preesistenti graduatorie nazionali a esaurimento risultassero esaurite –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intenda adottare per ricondurre la procedura di reclutamento al disposto legislativo richiamato nelle premesse.
(5-12221)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   dopo anni di calo, sono tornati ad aumentare gli infortuni mortali sul lavoro;

   dall'inizio dell'anno ci sono state 591 morti bianche, il 5,2 per cento in più rispetto ai 7 mesi dell'anno scorso;

   aumentano dell'8 per cento gli infortuni sul lavoro dei lavoratori ultra sessantenni, 101 sono i morti sul lavoro che hanno più di 60 anni;

   si tratta di una realtà inaccettabile, frutto di tanti fattori combinati insieme: il depotenziamento dei servizi di prevenzione e di vigilanza del servizio sanitario nazionale e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il deludente avvio dell'Ispettorato nazionale del lavoro, l'allungamento dell'età pensionabile che costrinse lavoratori anziani a lavorare sino a oltre 66 anni, la precarietà del lavoro, la caduta dei diritti sindacali nei posti di lavoro;

   occorre reagire con forza a questa deriva che aumenta le disuguaglianze e l'ingiustizia sociale;

   nella prossima legge di bilancio occorre assegnare maggiori risorse per i servizi di prevenzione e vigilanza nei luoghi di lavoro;

   va respinto anche l'automatismo dell'allungamento della età pensionabile a 67 anni perché sarebbe pericoloso per la vita e la salute dei lavoratori, come dicono drammaticamente i dati resi pubblici dall'Inail –:

   quali risposte urgenti ed efficaci intendano dare in relazione al potenziamento dei servizi di prevenzione e di vigilanza in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro;

   a che punto sia l'iter volto a dare attuazione all'Ispettorato nazionale del lavoro, previsto dal jobs act.
(2-01942) «Melilla, Albini, Quaranta, Sannicandro, Kronbichler, Nicchi, Franco Bordo, Zaratti, Ricciatti, Ferrara, Piras».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIAZZONI, ZAMPA, RIBAUDO, AMODDIO, CARDINALE, CURRÒ, CULOTTA, RACITI, GRECO e ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Piana degli Albanesi (provincia di Palermo), con delibera di giunta del 23 agosto 2017, ha indetto l'avvio di una procedura selettiva per l'affidamento di incarico professionale di n. 2 assistenti sociali a tempo determinato, in quanto sprovvisto del servizio;

   come chiaramente esplicitato dalla delibera, elemento fondamentale del suddetto incarico è individuato nella totale gratuità dello stesso, stante la compresenza di stringenti vincoli di finanza pubblica che non permettono l'assunzione a pieno titolo della figura professionale in questione;

   secondo l'articolo 1, comma 3 della legge 8 novembre del 2000, n. 328, la programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni e allo Stato, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. L'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha espressamente previsto tra le funzioni fondamentali degli enti locali la progettazione e la gestione del sistema locale dei servizi sociali e l'erogazione delle rispettive prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione. La legge della regione siciliana 9 maggio 1986, n. 22, dispone, infine, all'articolo 5, che gli enti locali istituiscano apposito ufficio per il servizio sociale, dotato di personale adeguato, e successivamente, il decreto presidenziale della regione siciliana del 29 giugno 1988, ne definisce l'organizzazione ed il numero di professionisti in base al numero degli abitanti;

   ai sensi della legge 15 marzo 2017, n. 33, e del relativo decreto legislativo attuativo la progettazione personalizzata, la valutazione multidimensionale del bisogno, i servizi per l'informazione e l'accesso al reddito d'inclusione (ReI) per la cui attuazione fondamentale risulta essere il ruolo del servizio sociale professionale, rappresentano livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

   come si evince dalle dichiarazioni del presidente dell'Ordine degli assistenti sociali un bando come quello sopra citato, contemplando la gratuità della prestazione, darebbe adito a prestazioni di dubbia legittimità, in quanto in contrasto con il codice deontologico;

   la vicenda desta tuttavia perplessità, in quanto delineerebbe un quadro in cui un servizio previsto dalla legge, riservato a professionalità qualificate che svolgono un ruolo molto delicato all'interno della comunità, avendo compiti, mansioni e responsabilità ben definite, verrebbe affidato a titolo gratuito;

   l'elemento della gratuità come requisito fondante del vincolo contrattuale farebbe venir meno, inoltre, principi fondamentali inerenti alla selezione per l'accesso alle dipendenze della pubblica amministrazione. Occorre sottolineare come la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, nel parere n. 192 dell'11 maggio 2015, abbia individuato rigidi requisiti per la prestazione di lavoro gratuito alle dipendenze della pubblica amministrazione, requisiti che non sussistono nella vicenda descritta;

   sempre secondo quanto affermato dal presidente dell'Ordine degli assistenti sociali, vi sarebbero altri casi come quello illustrato, tre dei quali si sarebbero verificati proprio in Sicilia;

   bisogna precisare infine che – oltre le risorse ordinarie – sono stati messi a disposizione dei comuni ulteriori stanziamenti, 480 milioni di euro a valere sul Pon inclusione con l'avviso del 3 agosto 2016, per rinforzare i servizi necessari al miglior funzionamento delle misure di contrasto alla povertà –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa, se non ritenga opportuno effettuare un monitoraggio sulla diffusione e sul funzionamento dei servizi sociali professionale e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché tale funzione fondamentale sia garantita nelle modalità previste dalla legge su tutto il territorio nazionale.
(5-12239)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il complesso aziendale ACC Compressor s.p.a. con sede a Mel (Belluno), maggior produttore italiano di compressori ermetici per refrigerazione domestica, è stato acquisito nel corso del 2014, a seguito dell'aggiudicazione di una gara internazionale, da parte del colosso cinese Wanbao Group Compressor Co Ltd che è uno dei leader mondiali del settore del compressore. All'atto dell'aggiudicazione il gruppo Wanbao ha presentato un business plan che prevedeva la continuità industriale dello stabilimento di Mel, con l'assegnazione di 3.200.000 compressori nel 2014 e di 3.600.000 nel 2016, e con la salvaguardia occupazionale per almeno 455 addetti, da assumere nell'arco di un anno nella «new.co» di diritto italiano, determinando così la salvaguardia dell'azienda, ma con la previsione di molti esuberi. Viene inoltre attribuita a Mel la funzione di competence center a livello mondiale, con la previsione di un significativo rafforzamento della funzione di ricerca e sviluppo e viene previsto il ritorno alla redditività nel 2016;

   nel mese di febbraio 2017 per scongiurare il licenziamento di 167 esuberi per lo stabilimento Wanbao Acc di Mel, definiti dalla nuova proprietà, è stata concessa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale fino al 30 settembre 2017, consentendo così un periodo di sette mesi di respiro e maggiore serenità per il gruppo, che nel frattempo sta registrando un volume di produzione in crescita, ed evitando che 167 lavoratori si ritrovassero di colpo senza alcuna forma di reddito ed entrata alcuna;

   nel frattempo, così come riportato da organi di stampa, il lavoro di riorganizzazione operato dal nuovo gruppo dirigente, sta producendo effetti positivi sulla produzione dello stabilimento. Infatti, così come affermato da Marco Baschirotto, responsabile delle risorse umane del gruppo «rispetto al piano presentato qualche tempo fa, il 2017 si chiuderà con 50 mila compressori prodotti in più rispetto agli 1,7 milioni previsti e nel 2018 si dovrebbe salire a 2.510.000 pezzi, per crescere ancora nel 2019 a 2.758.000 e nel 2020 a 3.006.000 con la produzione che è ripresa su due turni»;

   tutto ciò anche grazie all'innovazione su nuovi prodotti: «Il centro di ricerca e sviluppo sta lavorando a un nuovo compressore chiamato “full alluminium” ed altri due sono già allo studio»; tali prodotti che si stanno presentando ai clienti stanno incontrando il favore del mercato, tanto che l'incremento su più turni è dettato dalla necessità di far fronte in tempi brevi ad una commessa di lavoro molto importante e relativa proprio al nuovo prodotto immesso sul mercato negli ultimi mesi;

   inoltre, si starebbero aprendo interessanti opportunità nei mercati iraniano, russo ed algerino nonché nuove sinergie con il mercato cinese;

   alla luce di ciò, resta però aperto ancora il nodo degli esuberi, previsti dal piano industriale e nati in condizioni particolari dell'azienda, di 167 dipendenti per i quali la cassa integrazione termina fra pochi giorni (il 30 settembre) e non c'è ancora la conferma del rinnovo –:

   se i Ministri interrogati intendano assumere urgentemente iniziative, per quanto di competenza, per concedere un ulteriore periodo di cassa integrazione straordinaria, così da arrivare almeno a metà del 2018 con gli attuali lavoratori e da consentire all'azienda di rivedere eventualmente il monte esuberi, date anche le prospettive favorevoli di ripresa che il mercato presenta permettendo, nel frattempo, il proseguimento dei corsi di riqualificazione del personale, importantissimi ai fini di un successivo ricollocamento di quei lavoratori, si spera il meno possibile, che resteranno fuori inevitabilmente dall'azienda.
(4-17863)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il 30 dicembre 2016 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 242 del 2 dicembre 2016 «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa»;

   la legge prevede chiarimenti in merita alla tipologia di canapa da coltivare, ai controlli, agli obblighi del coltivatore e delega al Governo la definizione dei limiti di Thc negli alimenti;

   l'approvazione della legge ha prodotto numerose aspettative che hanno portato a una estensione di circa 2.000 ettari coltivati nel 2016 e, oltre alle attività relative a fibra e prodotti derivati dalla lavorazione dei semi, si è cominciata a diffondere anche la commercializzazione delle infiorescenze della canapa industriale da sementi certificate, anche se queste ultime non sono contemplate dalla legge –:

   quali siano le modalità, ivi compresa l'etichettatura, da adottare per commercializzazione di tali infiorescenze e quale la relativa destinazione d'uso.
(5-12219)

Interrogazione a risposta scritta:


   MONGIELLO, SGAMBATO, GINEFRA, BOCCIA, DE MITA, BINETTI, AMODDIO, BARUFFI, FUSILLI, META, GRECO, CUOMO, MARCHETTI, PICCIONE, MICHELE BORDO, GRASSI, VENTRICELLI, MASSA, LOSACCO, CAPONE, VICO, CERA, DI GIOIA, PARIS, CARELLA, LUCIANO AGOSTINI, CARRA, ROMANINI, MANFREDI, D'OTTAVIO, COVA, PRINA, TERROSI, FERRARI, FERRO, GADDA, FIANO, FIORIO, PILOZZI, PIAZZONI, MINNUCCI, TIDEI, CAPODICASA, FAMIGLIETTI, SANNICANDRO, BLAZINA, BATTAGLIA, DONATI, CASTRICONE, TARANTO, FUCCI, CAMANI, VENITTELLI e CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   Il Mattino di Caserta del 24 aprile 2017 annunciava come il 4 maggio 2017 l'Assemblea del Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala campana DOP, avrebbe deliberato una nuova proposta di modifica al disciplinare della predetta mozzarella, allo scopo, tra l'altro, di prevedere il condizionamento della mozzarella a temperature negative di –18 Co (mozzarella frozen congelata);

   la novità parrebbe motivata dalla volontà dell'industria casearia di diversificare il prodotto per il canale Ho.Re.Ca. cui destinare un formaggio destinato alla trasformazione;

   la proposta di modifica del disciplinare prevederebbe anche la realizzazione dei cosiddetti «Filoni» da 1 chilogrammo, che nulla hanno a che vedere con la mozzarella di bufala DOP;

   la mozzarella di bufala campana Dop è un formaggio prodotto secondo un antico disciplinare, registrato ai sensi del Reg. (CE) n. 103/2008;

   il regolamento (CE) n. 510/2006 sulla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari intende prioritariamente favorire la diversificazione della produzione agricola per conseguire un migliore equilibrio tra offerta e domanda sul mercato con la promozione di prodotti di qualità;

   i prodotti a Dop possono rappresentare una carta vincente per il mondo rurale, in particolare nelle zone svantaggiate o periferiche, in quanto garantiscono il miglioramento dei redditi degli agricoltori e favoriscono la permanenza della popolazione rurale nelle zone suddette;

   si è constatato che i consumatori tendono a privilegiare, nella loro alimentazione, la qualità anziché la quantità. Tale ricerca di prodotti specifici comporta una domanda sempre più consistente di prodotti agricoli e alimentari aventi un'origine geografica determinata;

   «l'Espresso» del 29 ottobre 2012 pubblicava uno sconcertante articolo che riportava stralci dell'ordinanza del tribunale di Napoli. Vi si chiariva come da parte di alcuni titolari di caseifici della Campania oggetto di indagine da parte della cura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, quasi nessuno ottemperasse alle regole scritte che venivano continuamente violate;

   la preoccupazione di tutti gli indagati, di fronte ai controlli sempre più stringenti dei Nas, era quella di «uscire dall'illegalità». Ma non certo utilizzando solo latte prodotto nell'area Dop: «bisogna modificare il disciplinare e consentire ai caseifici di utilizzare una percentuale di latte congelato o cagliata congelata – si legge in un'intercettazione – sono 20 anni che lo facciamo tutti quanti. Questa è la posizione. E la stessa posizione l'avrà Assolatte, l'avrà l'Unione industriali, l'avranno tutti quanti»;

   contestualmente, fu avanzata dal Consorzio di tutela della mozzarella di bufala Dop una proposta di modifica del disciplinare che prevedeva il congelamento del latte e della cagliata della Mozzarella Dop;

   oggi, la questione si ripropone con l'introduzione della surgelazione della mozzarella fresca;

   industrializzare questo raro prodotto rurale del Mezzogiorno, oltre a favorire le frodi, lo banalizzerebbe danneggiando soprattutto gli allevatori che producono il latte dell'areale della Dop;

   se si concretizzasse la suddetta modifica del disciplinare, gli allevatori bufalini correrebbero il pericolo di vedersi applicati prezzi più bassi per il loro latte, già oggi irrisorio, rendendo possibile la pratica d'inaccettabili forzature del normale andamento del mercato del latte bufalino;

   le innovazioni ipotizzate farebbero perdere al prodotto la sua caratteristica di formaggio fresco tipicamente stagionale volgarizzandone e dequalificandone le specificità originarie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della proposta di modifica del disciplinare di produzione della mozzarella di bufala campana Dop che prevede il congelamento della mozzarella e, ad ogni modo, quale sia la sua posizione al riguardo;

   se, al fine di migliorare effettivamente e lealmente le prestazioni ed il reddito degli allevatori di bufale dell'area Dop, non ritenga utile adottare iniziative per l'incentivo della tecnica della destagionalizzazione dei parti.
(4-17861)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le amministrazioni comunali di Viggiano e Grumento Nova (MT) nel 2014 hanno commissionato un'indagine epidemiologica sull'inquinamento prodotto dall'impianto di pre-trattamento del gruppo dei ventidue pozzi attivi sul sito sul centro oli (Cova) della Val d'Agri, il più grande giacimento di idrocarburi in terraferma d'Europa;

   l'importanza di tale attività di trattamento determina la necessità di conoscere le concentrazioni di emissione ed i livelli delle ricadute degli inquinanti principali legati all'attività produttiva ai fini del mantenimento sia della qualità dell'aria ed ambientale sia della salute pubblica;

   del gruppo di lavoro interdisciplinare per la stesura della valutazione di impatto sanitario (Vis) nei citati comuni facevano parte l'istituto di Fisiologia clinica del Cnr di Pisa, il dipartimento di biologia dell'università di Basilicata, l'Istituto per lo studio degli ecosistemi e l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr di Pisa e Lecce, più il dipartimento epidemiologia della regione Lazio;

   lo studio ha avuto come obiettivo generale la costruzione di un quadro conoscitivo omogeneo e specifico per l'area in questione. A tal fine è stato caratterizzato lo stato della qualità ambientale con particolare riferimento ai principali contaminanti del Cova. Per quanto attiene allo studio sanitario, questo ha dapprima caratterizzato lo stato di salute nei comuni di Viaggiano e Grumento Nova rispetto ai territori esterni (regione e i 20 comuni circostanti), per poi indagare, attraverso uno studio di coorte, la possibile associazione di alcune patologie e della mortalità nella popolazione dei citati comuni alle emissioni del Cova;

   un primo rapporto di sintesi è stato consegnato il 27 giugno 2017, in attesa della diffusione dell'intero lavoro, mentre il 13 settembre 2017 il professor Fabrizio Bianchi, coordinatore scientifico del progetto di valutazione di impatto sulla salute dei cittadini dell'area del Cova di Viggiano è stato sentito in merito dalla terza commissione permanente del consiglio regionale della Basilicata;

   in particolare, è emerso che lo stato di salute dei due comuni nel periodo 2000-2014 è risultato peggiore di quello della regione Basilicata e del complesso dei comuni della Val d'Agri;

   a Viggiano si registra un eccesso di mortalità nel periodo 2000-2013 per malattie del sistema circolatorio nelle donne maggiore rispetto sia a livello medio di mortalità regionale sia a quello del complesso di 20 comuni della Val d'Agri;

   le cause di decessi e di ricoveri risultano significativamente associate all'esposizione stimata di inquinanti originati dal Cova, in particolare per le malattie cardiovascolari e respiratorie;

   i risultati delle campagne hanno confermato l'entità rilevante di composti organici volatili che interessano la popolazione esposta;

   si tratta di uno studio complesso che sottolinea la necessità di un adeguato sistema di sorveglianza spazio-temporale e della definizione di un sistema di sorveglianza ambiente-salute, in grado di generare in tempi brevi risultati su indicatori di salute ambiente-correlati –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, se abbiano acquisito o intendano acquisire lo studio Vis commissionato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova e quali iniziative di competenza intendano porre in essere, in accordo con gli altri soggetti coinvolti, al fine di garantire la massima tutela ambientale e della salute pubblica, minimizzando i rischi connaturati all'attività industriale del Cova.
(3-03252)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 18 e il 19 settembre 2017 si è registrata purtroppo una brutale aggressione ai danni di una dottoressa in servizio come guardia medica presso il comune di Trecastagni in provincia di Catania;

   il medico secondo una prima ricostruzione degli accadimenti sarebbe stata aggredita e vittima di violenza carnale da parte di un giovane 26 enne che si sarebbe introdotto nei locali della guardia medica con la scusa di dover ricorrere a cure;

   un passante sentendo urla di donna provenire dalla guardia medica ha avvisato i carabinieri che sono subito intervenuti soccorrendo il medico e arrestando l'aggressore;

   purtroppo, non è il primo episodio di violenza che si registra nei confronti di medici in servizio di guardia medica;

   già con altri atti di sindacato ispettivo l'interrogante ha sollevato la questione della sicurezza sia per quanto riguarda il servizio di guardia medica sia per quanto riguarda i reparti di pronto soccorso;

   l'episodio in questione è di una gravità assoluta, non può essere sottovalutato e richiede con urgenza un intervento da parte delle istituzioni centrali –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza per rafforzare i dispositivi di sicurezza a supporto dei professionisti che esercitano il servizio di guardia medica, considerata la crescente pericolosità di tale attività e il crescente numero di atti di violenza ai loro danni.
(5-12214)


   NESCI, COLONNESE, LOREFICE, GRILLO, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 73 del 2017 sul cosiddetto «obbligo vaccinale» e le circolari operative del 16 agosto 2017 e del 1° settembre 2017 del Ministero della salute e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dispongono un imponente trasferimento e trattamento di dati sensibili, idonei a rivelare lo stato di salute di minori e adulti, senza che sia stato contemplato alcun intervento del Garante per la protezione dei dati personali o alcun riferimento al codice della privacy;

   l'articolo 22 del codice della privacy, stabilisce che i soggetti pubblici conformano il trattamento dei dati sensibili secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell'interessato, valutano specificamente il rapporto tra i dati e gli adempimenti ed i dati eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati; le succitate circolari invece trasferiscono sui genitori l'onere di verificare che la documentazione prodotta agli istituti scolastici non contenga informazioni ulteriori rispetto a quelle indispensabili per attestare l'adempimento vaccinale;

   tanto il decreto-legge quanto le circolari non appaiono garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali laddove non è prevista, in analogia al trattamento di dati sensibili in ambito sanitario, alcuna anonimizzazione né alcuna misura atta a garantire il principio di necessità, pertinenza, completezza e non eccedenza dei dati, con particolare riferimento anche agli operatori scolastici e sanitari per i quali, stante l'assenza di alcun obbligo vaccinale in capo agli stessi, non si comprende né la finalità o l'interesse pubblico perseguito; tanto ciò è vero che le circolari del 16 agosto 2017 richiedono agli stessi operatori scolastici sanitari dichiarazioni difformi riguardo le vaccinazioni eseguite (il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca chiede solo le vaccinazioni di cui al suddetto decreto-legge, mentre il Ministero della salute richiede anche le vaccinazioni non previste nel decreto-legge);

   l'impianto del decreto-legge prevede la trasmissione di dati sensibili di minori dalle Asl agli istituti scolastici, senza chiarire quale sia la finalità sottesa, considerato che solamente nelle scuole per l'infanzia la presentazione della documentazione costituisce requisito di accesso e che l'istituto scolastico è estraneo al procedimento sanzionatorio che viene attivato solo a seguito di contestazione da parte della Asl territorialmente competente; appare pertanto sproporzionata la trasmissione alle scuole di dati sensibili che non sono propriamente funzionali all'assolvimento dei compiti delle istituzioni scolastiche;

   non risulta che sia stata fornita alcuna indicazione sulla necessità di non diffondere i dati e conservarli separatamente da altri dati personali, di trattarli con tecniche di cifratura o mediante codici identificativi, nonché sull'informativa e il consenso informato, nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati; laddove, ad esempio, si contempla la possibilità di spostare i minori da una classe all'altra o non accettarli a scuola sembra tale azione appare agli interroganti in contrasto con la tutela dei diritti dei minori poiché tali misure consentirebbero di correlare all'interessato l'esistenza di un particolare stato di salute;

   in data 1° settembre 2017 il Garante per la protezione dei dati personali è già intervenuto d'urgenza, su sollecitazione dell'ufficio scolastico della regione Toscana, non autorizzando il trasferimento di dati sensibili dalle Asl alle scuole;

   l'articolo 154 del codice prevede che ciascun Ministro consulti il Garante all'atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulla privacy e non risulta agli interroganti che tale consultazione sia stata effettuata –:

   se e quali iniziative intenda adottare il Governo per rendere il trattamento dei dati personali idonei a rivelare lo stato di salute di minori e adulti, conforme alle disposizioni vigenti, al fine di tutelare i diritti di cui all'articolo 2 del codice della privacy.
(5-12224)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'impianto nucleare di Rotondella (Matera), situato all'interno del Centro di ricerche Enea-Trisaia di Rotondella (Matera), è un impianto Itrec (impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile);

   dal 2003, la Sogin ha assunto la gestione dell'impianto con l'obiettivo di realizzare il decommissioning, cioè allontanamento del combustibile nucleare, la decontaminazione e lo smantellamento delle strutture e gestione, nonché la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi;

   per la realizzazione delle strutture dedicate ad ospitare l'Impianto di cementazione liquidi radioattivi (ICPF) ed il relativo deposito, necessario per ospitare i rifiuti che si dovranno produrre a valle della cementazione dei liquidi radioattivi, in attesa della costruzione del deposito unico nazionale, la Sogin e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno scelto di applicare la procedura di Via (valutazione di impatto ambientale);

   nell'atto di autorizzazione il Ministero ha prescritto un piano di monitoraggio ambientale delle aree circostanti alle superfici impegnate dal cantiere Icpf attraverso la realizzazione di pozzi per il campionamento dell'acqua di falda. Tale campionamento doveva avvenire con una periodicità stabilita nello stesso atto autorizzativo;

   durante queste indagini, nel giugno 2015, la Sogin ha rilevato alcuni agenti contaminanti presenti nell'acqua di falda prelevata tra cui trielina, cromo esavalente (Cromo VI) e altri metalli pesanti. Come previsto dalla normativa vigente, la Sogin ha provveduto all'autodenuncia, comunicando quanto rilevato a regione, Arpab, provincia, prefettura e comune di Rotondella. A seguito dell'autodenuncia è stata convocata una conferenza di servizi con tutti gli organi preposti ed è stato definito un piano di caratterizzazione che ha previsto la realizzazione di un maggior numero di pozzi, per il prelievo dell'acqua di falda e per il monitoraggio una superficie più estesa rispetto a quella inizialmente prevista dalle prescrizioni di valutazione di impatto ambientale, con lo scopo di rilevare l'eventuale presenza di agenti contaminanti in ulteriori punti oltre quelli già individuati;

   al termine di questa nuova campagna di caratterizzazione, la Sogin ha trasmesso, nella prima metà di agosto 2017 i risultati, ad Arpab, che confermano i rilevamenti del 2015. Sia la Sogin che l'Arpab hanno rilevato la presenza dei citati agenti contaminanti anche in altri punti oltre quelli precedentemente individuati. Secondo un report dell'Arpab del 1° settembre 2017 è stato riscontrato inquinamento da triclorometano in un pozzetto esterno al sito e, in concentrazione più che doppia della soglia di contaminazione, da cloro esavalente in un pozzetto al confine dell'area, sia pure interno ad essa;

   quest'ultima rilevazione ha destato preoccupazione, legata alla pericolosità degli elementi chimici coinvolti (il cromo esavalente è noto per la sua tossicità e cancerogenicità; mentre il triclometano è un cancerogeno per l'uomo) e per i pericoli legati ad un'eventuale contaminazione di aree esterne al sito;

   secondo quanto comunicato dalla Sogin, le sostanze rinvenute nella rete di monitoraggio delle acque della falda superficiale non sono in alcun modo riferibili alle attività di decommissioning e gestione dei rifiuti radioattivi ad essa affidati a partire dall'agosto 2003 e, da una prima analisi, risulta quasi certo che la fonte primaria di tale inquinamento sia costituita da un impianto che era ubicato nel centro Enea, in particolare in un capannone industriale (impianto Magnox) della combustibili nucleari il cui processo industriale richiedeva, appunto, l'utilizzo di tali sostanze –:

   se siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intendano porre in essere per accelerare la messa in sicurezza dell'area, per accertare cause e responsabilità dell'inquinamento e, in particolare, per comprendere il ruolo di Enea e per pervenire alla definitiva caratterizzazione del sito, al fine di far procedere con l'indispensabile e non più procrastinabile bonifica.
(4-17851)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   GALGANO e ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto la disponibilità della centrale di Enel «Pietro Vannucci» di Bastardo per emergenza della rete nazionale a gennaio 2017, riconfermando tale disposizione a marzo per tutta la durata dell'anno 2017;

   il 4 agosto 2017, le rappresentanze sindacali unitarie dell'impianto hanno pubblicamente sottolineato come la notte del 3 agosto 2017, per una nuova emergenza della rete nazionale conseguente all'ondata di caldo che ha investito il Paese, numerosi impianti sono stati chiamati in produzione, tra i quali la centrale di Bastardo, disponibile con 2 gruppi, per scongiurare eventuali distacchi o black-out;

   come avvenuto durante la stagione invernale, quindi, l'impianto umbro si è dimostrato nuovamente strategico rispetto alla necessità di soddisfare l'aumentato fabbisogno di energia elettrica e, dunque, nel garantire la sicurezza della rete nazionale;

   per esigenze di Terna legate alla rete è stato, quindi, disposto che il sito umbro entrasse in produzione chiedendo di avviare il gruppo 1 alla produzione per entrare in parallelo la mattina del 3 agosto;

   successivamente – come evidenziato dalle rappresentanze sindacali unitarie – è stata disposta l'interruzione della procedura di avviamento del gruppo 1 della centrale umbra e poi di nuovo riconfermata la richiesta di «parallelo», creando di fatto uno sbilanciamento che, oltre alla mancata produzione, comporta anche una penalizzazione economica per l'impianto di Bastardo;

   va sottolineato come, a causa dell'emergenza caldo, mentre nel sito umbro si susseguivano richieste di avvio e blocco della produzione, sono stati chiamati in servizio impianti fermi da anni e quindi economicamente molto meno convenienti;

   è bene ribadire anche che la centrale «Pietro Vannucci» è perfettamente disponibile, funzionale, affidabile e in regola con tutte le autorizzazioni ambientali «Aia» fino al 2023 –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato presso Enel e Terna per accertare quali siano state le cause delle comunicazioni che si sono susseguite nella notte del 3 agosto 2017 e che, oltre a determinare lo sbilanciamento sopra richiamato, con conseguente penalizzazione del sito Enel umbro, secondo gli interroganti, evidenziano di fatto strategie mirate a penalizzare la centrale di Bastardo, nonostante il Ministero dello sviluppo economico abbia indicato per tutto il 2017 tale impianto come strategico per il sostentamento ed il bilanciamento della rete elettrica nazionale.
(5-12233)


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nell'audizione tenutasi il 10 maggio 2017 relativa alla proposta di nuova Strategia energetica nazionale (Sen) per quanto riguarda il settore della ricerca e dello sviluppo, l'Italia è risultata essere tra i promotori di «Mission Innovation», iniziativa nata alla COP21 per lanciare progetti di frontiera «cleantech»;

   sono stati inoltre evidenziati l'impegno italiano di raddoppiare il valore delle risorse pubbliche dedicate agli investimenti in ricerca e sviluppo in ambito «clean energy» e la volontà di assicurare al settore un ruolo di co-leadership internazionale sullo sviluppo delle tecnologie per Smart Grids;

   Mission Innovation si aggiunge al programma «SET», punto di riferimento per gli investimenti a livello di Unione europea nonché sul piano nazionale e regionale e per gli investimenti privati a favore della ricerca e dell'innovazione nel settore energetico, il cui principale strumento attuativo è il programma Horizon 2020 con un budget a livello europeo di circa 6 miliardi di euro nel periodo 2014-2020;

   nel documento di revisione della Sen, l'intervento previsto dello Stato, a sostegno di ricerca e innovazione nel campo energetico, si svilupperebbe attraverso diversi canali quali, tra gli altri, la ricerca di sistema elettrico, finanziata con un prelievo sulle tariffe elettriche (risorse disponibili per il triennio 2015-17 pari a 210 milioni di euro) e in principio finalizzata a sostenere sia la ricerca di interesse generale (attualmente eseguita da Enea, Cnr e Rse), sia la ricerca industriale;

   tuttavia, sempre secondo il documento, la ricerca per il sistema elettrico ha manifestato alcuni limiti quanto a focalizzazione, efficacia e fluidità della gestione;

   l'ulteriore canale di intervento è il fondo finalizzato a sostenere interventi e misure per lo sviluppo tecnologico e industriale in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica, ossia il fondo presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali, istituito dal decreto legislativo n. 28 del 2011 e alimentato con un prelievo sulle tariffe elettriche e del gas naturale, strumento che è stato destinato, per gli anni dal 2013 al 2017 (e per una quota di circa 30 milioni annui dal 2018) ad alcuni degli interventi per la crescita economica individuati dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, il quale, peraltro, ha anche imposto taluni vincoli per l'utilizzo, a partire dal 2017, delle residue risorse dello stesso fondo –:

   quante risorse per la ricerca sul sistema elettrico e del fondo presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali siano state impegnate e come siano state effettivamente utilizzate.
(5-12234)


   RICCIATTI, LAFORGIA, FERRARA, ALBINI, FOSSATI, FONTANELLI, NICCHI e SIMONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 20 settembre 2017 è previsto un incontro tra il Ministro interrogato e i sindacati per affrontare l'annosa crisi in cui versa l'acciaieria Aferpi di Piombino;

   in gioco c'è la tenuta di uno dei più importanti complessi industriali, specializzato nella produzione di acciaio e le posizioni lavorative di più di 2000 operai, che dal 1° gennaio e 10 maggio 2017 non riscuotono neanche la cassa integrazione;

   la ex Lucchini di Piombino, ora Aferpi, è stata venduta nel dicembre 2014 alla Cevital dell'imprenditore algerino Issad Rebrab, ma dopo tre anni di promesse, non riesce a ripartire;

   l'offerta di Rebrab, che prevedeva la riassunzione di più di duemila operai e la realizzazione di due forni elettrici, ad oggi resta senza seguito;

   la fabbrica infatti è inattiva, l'altoforno è chiuso dal 2014, i treni che devono laminare i semilavorati acquistati da fuori sono fermi e i forni elettrici promessi non ci sono;

   il 30 giugno 2017, Cevital, che ha rilevato gli asset di Piombino dall'amministrazione straordinaria, ha firmato con il Ministero dello sviluppo economico un addendum all'accordo di vendita fissando nuove scadenze da rispettare, pena il ritorno della fabbrica Aferpi alla gestione commissariale;

   il primo step prevedeva la riapertura del treno rotaie entro agosto 2017 e non è stato rispettato, il secondo step prevede di far ripartire gli altri due treni entro ottobre e presentarsi con un piano industriale, ma anche su questo punto la situazione sembra non decollare né trovare risvolti in senso positivo;

   il Ministero ha annunciato più volte di «riprendersi» la fabbrica; Rebrab chiede 100 milioni di euro per farsi da parte, e la principale pretendente, Jindal, ne offre 50;

   la siderurgia a Piombino fa da padrona, essendo considerata la patria dei laminati lunghi, utilizzati per la costruzione delle rotaie ferroviarie, ma le promesse di Rebrab non si sono realizzate con la conseguenza che l'acciaieria rischia la fine e 2.200 operai dal 2014 sono perennemente in uno stato di limbo angosciati dalla paura di perdere definitivamente il loro posto di lavoro e senza neanche più la tutela degli ammortizzatori sociali –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, alla luce dell'incontro del 20 settembre 2017, per il rilancio di una delle più grandi aziende del settore siderurgico, avendo come monito l'importanza della tenuta industriale di Piombino e la tutela occupazionale dei lavoratori.
(5-12235)


   CIVATI, PASTORINO e MARCON. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella serata di 21 luglio 2017 Ericsson Telecomunicazioni Spa inviava per mail la lettera di licenziamento a 44 lavoratori della sede aziendale del parco tecnologico degli Erzelli;

   in totale in Italia, a luglio 2017 la Ericsson telecomunicazioni spa ha inviato complessivamente 181 lettere di licenziamento, ma la procedura prevede 315 esuberi;

   con una lettera inviata dai Ministri Calenda e Poletti ai sindacati, successiva ad un incontro avuto con l'azienda il 19 luglio 2017, si affermava che la società Ericsson telecomunicazioni spa riteneva che per gli esuberi non vi era soluzione possibile con ricorso agli ammortizzatori sociali previsti a legislazione vigente;

   alle intenzioni della società Ericsson Telecomunicazioni Spa, il Governo fino ad oggi ha risposto con un atteggiamento che appare di tipo notarile, registrando le decisioni dell'azienda, di cui si prendeva atto, e denotando, ad avviso degli interroganti, una subalternità alla multinazionale in assenza di iniziative volte alla difesa dei livelli occupazionali;

   alle lettere di licenziamento di luglio 2017 si sono aggiunti i licenziamenti annunciati dalla multinazionale Ericsson tramite mail il 15 settembre 2017, esattamente 67 in tutta Italia, tra cui 4 a Genova;

   la rappresentanza sindacale unitaria di Ericsson ha risposto con uno sciopero e un'assemblea svoltisi il 18 settembre 2017 davanti alla sede di Erzelli per protestare contro i 67 nuovi licenziamenti annunciati per mail;

   Ericsson dal 2012 al 2017 ha ottenuto sette concessioni di finanziamenti pubblici per un importo totale di 38.277.550,91 euro, mentre sono in corso altre tre richieste di contributi pubblici, due delle quali per quanto riguarda l'Agenda digitale come da graduatoria pubblicata sul sito del Ministro dello sviluppo economico e una relativa al bando Horizon 2020 PON con relativa graduatoria pubblica sul medesimo sito;

   si tratta dell'ennesima situazione in cui aziende che hanno percepito o stanno per vedersi erogati contributi pubblici, decidono o di procedere a licenziamenti o a delocalizzazioni; è una questione che è necessario affrontare in tempi brevi per evitare che di fatto contributi pubblici sostengano piani industriali che prevedono riduzione dei livelli occupazionali o lo spostamento delle produzioni in altri Paesi –:

   se il Governo non ritenga necessario, nel caso della Ericsson Telecomunicazioni Spa, procedere alla erogazione dei contributi relativi all'Agenda digitale e al bando «Horizon 2020» PON, ora in fase finale di istruttoria, solo in presenza del ritiro di tutte le lettere di licenziamento.
(5-12236)


   POLIDORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel novembre del 2007 nasce Ideal Standard International, società a capitale privato che annuncia la sua indipendenza dal gruppo American Standard Companies, in seguito all'acquisizione delle quote di maggioranza della sezione Bath&Kitchen da parte di Bain Capital LLC. Obiettivo della nuova società leader nelle soluzioni innovative per il bagno ed operante in 30 Paesi di Europa, Medio Oriente e Africa, Asia/Pacifico e nei mercati di Centro-Sud America, è quello di offrire soluzioni integrate per il bagno basate su design, innovazione e qualità;

   attualmente le sue sedi in Italia sono la sede centrale di Milano, la piattaforma logistica di Bassano e i siti di Trichiana e Roccasecca;

   il 19 aprile 2016 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico, l'incontro riguardante le prospettive della società Ideal Standard in Italia, alla presenza del management del gruppo e dei rappresentati delle regioni Veneto, Lombardia e Lazio;

   in quella sede, il piano industriale illustrato dall'azienda conferma la presenza in Italia del gruppo con un organico complessivo di 994 unità, nelle sedi di Trichiana (BL) con 575 addetti, Roccasecca (FR) con 277 addetti, Milano con 94 addetti e Bassano (BS) con 48 addetti;

   il 16 gennaio 2017 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico un ulteriore incontro, riguardante le prospettive della società in Italia, alla presenza del management del gruppo, dei rappresentati delle regioni Veneto, Lombardia e Lazio, e delle parti sociali;

   in quella sede, i rappresentati dell'azienda hanno spiegato che il 2017 sarà un anno di stabilizzazione e miglioramento delle produzioni italiane, anche se il mercato è ancora in contrazione. L'azienda ha comunque recuperato l'1 per cento di quote di mercato. Per il 2017 si prevede un miglioramento del margine operativo dello 0,2 per cento ed un aumento del fatturato a circa 100 milioni di euro;

   in data 3 marzo 2017, in virtù della forte preoccupazione dei lavoratori del gruppo internazionale della Ideal Standard, per il possibile trasferimento della produzione del settore sanitario dall'Italia all'estero, è stato indetto da parte dalle organizzazioni sindacali uno sciopero di 4 ore dei circa 300 dipendenti della Ideal Standard di Roccasecca con presidio davanti ai cancelli dell'azienda –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire la vicenda esposta in premessa intraprendere tempestivamente le opportune iniziative di competenza al fine di garantirei il mantenimento dei livelli produttivi della Ideal Standard in Italia e conseguentemente di quelli occupazionali.
(5-12237)


   CRIPPA, VALLASCAS, FANTINATI, DELLA VALLE e CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 settembre 2015 il gruppo M5S aveva presentato una interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-06543 nella quale si chiedeva lo stato di attuazione del fondo nazionale per l'efficienza energetica, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2014;

   il Governo pro tempore rispondeva che: «Il citato schema di decreto è attualmente in fase di concertazione finale presso le altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento di adozione del provvedimento» e che il ritardo rispetto al termine (17 ottobre 2014) derivava «dalla naturale complessità di funzionamento di un Fondo che, volutamente, è stato concepito per offrire al settore dell'efficienza energetica una molteplicità di strumenti finanziari di sostegno, adatti a integrare varie tipologie di progetti e di soggetti» ma che «la conclusione del procedimento sia ormai prossima, confidando in una sua emanazione entro la fine dell'anno»;

   il 3 maggio 2016, in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione numero 5-08559, che chiedeva di «fornire indicazioni precise sui tempi di emanazione» del suddetto decreto, il Governo pro tempore rispondeva affermando che il fondo in questione avrebbe beneficiato di importanti sinergie con il fondo europeo per gli investimenti strategici e che la complessità dell'operazione ne avrebbe fatto slittare l'emanazione, comunque prossima;

   anche la riforma della struttura progressiva delle tariffe di rete e per gli oneri generali di sistema è stata introdotta con il decreto sopracitato, riforma che però impatta negativamente sulle bollette dei consumatori più poveri;

   l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha previsto e attuato anche una riforma del «bonus» energia per neutralizzare tali aumenti ma non dei criteri e delle modalità di accesso, che ne limitano l'attribuzione a una minoranza degli aventi diritto;

   con la risoluzione in Commissione conclusiva di dibattito n. 8-00243 si è impegnato il Governo «ad assumere iniziative per prevedere che l'erogazione dei bonus energetici per gli utenti domestici in stato di disagio economico o con grave malattia avvenga in modo automatico senza la necessità della preventiva richiesta dell'utente interessato, al fine di garantire le medesime condizioni di accesso al beneficio da parte della platea degli aventi diritto» –:

   quali siano i tempi per la definizione dei due meccanismi che possono avere un importante impatto sia sull'efficienza energetica del sistema che sulle modalità di accesso all'energia delle fasce più svantaggiate della popolazione.
(5-12238)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MINNUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni la società SDA Express Courier, il cui management è interamente controllato da Poste Italiane, è oggetto di una serie di scioperi che sono stati indetti da alcune sigle sindacali (Cobas, Solcobas, Sicobas) al fine prevalentemente di avanzare richieste per i lavoratori delle cooperative affiliate che, in appalto per SDA, svolgono attività di movimentazione;

   tale situazione, caratterizzata da un atteggiamento intransigente di qualche sigla sindacale e di alcune decine di loro attivisti, sta producendo il blocco delle attività di SDA che, ad oggi, ha ben 150.000 spedizioni bloccate, o comunque ferme, presso i rispettivi hub in attesa di essere smistate, nonché 500.000 spedizioni non prese in carico con l'evidente conseguente perdita di milioni di euro;

   per i predetti motivi, SDA ha già perso molti clienti «top» (quali Bottega Verde, Maggioli, Mondoffice e altro), ai quali molto probabilmente dovrà essere aggiunto anche Amazon che, seppur dando luogo al maggior traffico SDA, nei prossimi giorni non avrà alcuna garanzia sulle consegne dei pacchi;

   la conseguenza più grave è quella relativa ai 1.500 posti di lavoro, a cui devono aggiungersi ben 7.000 lavoratori delle cooperative dei processi di esternalizzazioni;

   Poste Italiane, dal canto suo, non sembra aver preso alcuna posizione in merito agli scioperi effettuati, e che ormai si protraggono da molto tempo, né relativamente alle catastrofiche conseguenze sopra descritte;

   peraltro, non è da sottovalutare neanche la tensione che sta sempre più crescendo tra i lavoratori scioperanti e i lavoratori che, invece, vogliono riprendere regolarmente le attività proprio, in quanto preoccupati per il loro futuro. Visto, infatti, il numero copioso delle persone coinvolte tale tensione potrebbe creare attriti ben più gravi tra i lavoratori stessi. Si sottolinea, infatti, che gli scioperi sono accompagnati da iniziative, di alcuni gruppi di attivisti, effettuate attraverso l'organizzazione di picchetti e attraverso l'impedimento fisico dell'accesso dei camion alle sedi sparse sul territorio nazionale –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione in cui versa SDA Express Courier e quali iniziative urgenti intenda adottare affinché in primo luogo vengano tutelati i posti di lavoro coinvolti, in secondo luogo vengano salvaguardate le migliaia di utenti che sono servite dalla società in questione e, da ultimo, venga protetta la maggioranza dei lavoratori che non condivide le agitazioni sindacali di cui sopra e che intende riprendere e garantire, regolarmente, le attività di SDA.
(5-12216)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   secondo recenti dati Infocamere-Movimprese sono 2.603 gli artigiani (vetrai, falegnami, costruttori edili, sarti, mobilieri) che hanno cessato la propria attività in Liguria negli ultimi otto anni (giugno 2009-giugno 2017): erano 46.566 nel 2009, sono diventati 44.353 nel 2016 e 43.963 nel 2017, con un calo del -5,6 per cento negli ultimi otto anni e del -0,9 per cento nell'ultimo anno;

   in totale in Italia le imprese dell'artigianato che hanno chiuso in questo arco temporale sono quasi 146 mila e la Liguria si colloca al terzo posto, dopo il Trentino (-3,7 per cento) e il Lazio (-5,5 per cento), per minor calo negli ultimi otto anni;

   si tratta di botteghe artigiane e micro e piccole imprese che, nonostante gli sforzi, non hanno resistito alla crisi e hanno dovuto cessare la propria attività;

   i numeri che emergono dall'analisi di lungo periodo sono, per certi settori, davvero impressionanti: l'autotrasporto è passato dalle 3.357 microimprese del 2009 alle 2.673 del 2017, perdendo 684 unità (-20 per cento), l'artigianato del legno ha perso 214 microimprese (-26 per cento), passando da 824 a 610 unità, i mobilieri sono passati da 252 realtà attive nel 2009 alle attuali 188, perdendone 64 (-25 per cento). Il settore dei sarti, che nel 2009 erano 533 unità e oggi sono 443, ha registrato un calo del 16,8 per cento ed una perdita di 90 imprese, il settore della lavorazione del pellame, 63 microimprese in Liguria, ha subito una riduzione del 17 per cento (nel 2009 le imprese erano 76). La stampa, la legatoria e la fabbricazione di prodotti in metallo sono entrambi settori che in otto anni si sono ridotti del 21 per cento: nel primo caso, si tratta di 316 imprese attive contro le 401 del 2009 (-85 unità), nel secondo di 1.266 microimprese contro le ben 1.601 del 2009 (-335 unità). In calo sono anche gli autoriparatori: nel 2009 in Liguria erano 2.214, oggi sono 2.023 (-8,6 per cento, con una riduzione di 191 unità). Il settore dei vetrai e ceramisti ha subìto pure una brusca diminuzione, perdendo nel giro di otto anni il 20 per cento delle imprese, passando dalle 410 alle 328 unità. Le costruzioni, altro settore particolarmente colpito dalla crisi, hanno subito una riduzione del 3 per cento, passando dalle 21.899 microimprese del 2009 alle 21.240 odierne (659 realtà in meno);

   prendendo in considerazione solo gli ultimi dodici mesi, la stampa è il settore che a livello percentuale ha subìto il calo più marcato, perdendo il 5 per cento; i falegnami si sono ridotti ulteriormente del 4,3 per cento, i vetrai e ceramisti dell'1,8 per cento, l'autotrasporto del 3 per cento, il settore dei mobili, delle costruzioni e dell'autotrasporto dell'1 per cento ciascuno, il settore del confezionamento di abiti e sartoria dello 0,9 per cento;

   da questo tracollo si sono salvati alcuni settori quali quello dell'artigianato alimentare, che nel giro di 8 anni è cresciuto del 2,7 per cento (passando da 1.414 nel 2009 a 1.452 microimprese nel 2017), e quello della riparazione e della manutenzione aumentato del 70 per cento (passando da 422 a 717 unità). Anche in questi casi la crescita prosegue nell'ultimo anno: +0,7 per cento per il settore alimentare, +2,7 per cento per gli artigiani riparatori –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro in favore delle microimprese artigiane, già messe in ginocchio dalla crisi economica e duramente colpite negli ultimi anni da ulteriori fattori, quali calo dei consumi, tassazione vorace, concorrenza sleale, difficoltà di accesso al credito e pesante burocrazia, che rappresentano grossi ostacoli nella vita delle imprese artigiane che in Liguria rappresentano il 96,3 per cento dell'imprenditoria.
(4-17854)


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sempre più spesso vengono commercializzati nel nostro Paese prodotti alimentari dedicati appositamente ai bambini;

   si tratta dei cosiddetti «baby food», i cibi industriali destinati alla tavola dei bimbi da 0 a 3 anni (direttive 2006/141/CE, 96/5/CE, 2006/125/CE), nei quali rientrano gli omogeneizzati, le pappe dei primi mesi, ma anche biscotti, yogurt e pasta;

   molti di questi prodotti hanno però solo le sembianze del «baby food», ma non certo le caratteristiche: yogurt più piccoli, biscotti o pasta in formato ridotto rispetto a quelli per adulti;

   il problema si pone in maniera particolare con la pasta taglia «small» in quanto in realtà contiene troppi residui e micotossine per essere classificata come «baby food» e tali sostanze per i bambini di età inferiore ai tre anni potrebbero essere realmente nocive;

   i consumatori sono spesso ingannati dalle confezioni e dal posizionamento dei cibi sugli scaffali dei supermercati, per questo sarebbe importante un sistema di etichettatura più efficace al fine di garantire la salute dei più piccoli;

   l'azienda Barilla, in autonomia, ha già predisposto un sistema di etichettatura per i suoi formati di pasta denominati «I Piccolini», indicando che non si tratta di un baby food ma di un prodotto adatto ai bambini sopra i tre anni;

   relativamente alla pasta gli interroganti ritengono opportuna una modifica all'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, inserendo al comma 1, dopo la lettera b) una lettera b-bis) con la dicitura «non adatto ai bambini di età inferiore a 36 mesi» con specifico riferimento alle paste alimentari diverse da quella di cui alla categoria iii) della lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 1 della direttiva n. 2006/125/CE della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini –:

   se, alla luce di quanto esposto in premessa e di quanto già fatto da alcune aziende italiane, non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere un'etichettatura chiara per gli alimenti, e in particolare per la pasta dedicata ai bambini, modificando alcuni punti della normativa nazionale attualmente vigore in materia.
(4-17871)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Fitzgerald Nissoli e altri n. 1-01685, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Polidori e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Fitzgerald Nissoli, Brunetta, Gelmini, Carfagna, Baldelli, Occhiuto, Bergamini, Archi, Biancofiore, Biasotti, Calabria, Catanoso, Centemero, Fabrizio Di Stefano, Garnero Santanchè, Giacomoni, Giammanco, Laboccetta, Gullo, Labriola, Laffranco, Longo, Milanato, Palese, Palmizio, Polidori, Polverini, Ravetto, Rotondi, Russo, Secco, Squeri, Valentini, Vella, Vito».

Apposizione di una firma
ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Tullo e altri n. 7-00931, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crivellari.

Apposizione di firme
ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-11927, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tentori.

  L'interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-17767, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nuti.

  L'interpellanza Baldelli e Biasotti n. 2-01938, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Calabria.

  L'interrogazione a risposta orale Ginefra e Ventricelli n. 3-03242, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Campana.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Franco Bordo e altri n. 3-03246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Albini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Di Salvo e altri n. 5-12205, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zampa.

  L'interrogazione a risposta scritta Liuzzi n. 4-17843, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Cominardi n. 7-00886, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 550 del 19 gennaio 2016.

   L'XI Commissione,

   premesso che:

    in Italia gli stipendi sono, in diversi ambiti, regolati dai contratti collettivi di lavoro, ma molti settori produttivi non rientrano nelle tipologie interessate dai suddetti contratti. Non tutte le categorie di lavoratori sono di fatto rappresentate dai sindacati. In ambito privato, l'assenza di regole chiare – che impongano un tetto minimo salariale – abbassa la qualità della vita in Italia. L'economia internazionale spinge il Governo a una serie di decreti che portino il Paese al livello degli altri Stati dell'Unione europea, per quanto concerne il mercato del lavoro. In Germania il salario orario minimo è di 8,50 euro e nessuno può essere pagato di meno. In Francia 9,61 euro; in Gran Bretagna, il salario orario minimo nazionale è di 6,70 pounds per chi ha più di 21 anni, 5.30 sterline tra i 18 e i 21, 3.87 sterline per i minorenni. In Irlanda il salario minimo per gli adulti è di 8,65 euro; in Belgio va dagli 8,94 minimo per gli adulti ai 6,10 per i sedicenni. Le singole regioni all'interno di una nazione possono stabilire un salario minimo più alto di quello nazionale ma non più basso. Negli Usa, dove il minimum wage è di 7,25 dollari orari, ben 29 Stati lo hanno stabilito più alto. In Canada, il salario orario minimo garantito per legge varia, a seconda delle regioni, tra i 10 e gli 11 dollari e il costo della vita non è più alto che in Italia. In Australia il minimum wage è di ben 17,29 dollari orari;

    in Italia, come noto, esistono pensioni minime, mentre un livello di salari minimi non è previsto da leggi nazionali, ma dalla contrattazione fra le parti sociali. Tale disciplina lascia aperte evidenti falle nel sistema provocando sacche di assenza di tutele per cospicue fasce di lavoratori. Non è infatti obbligatoria la stipula di contratti collettivi, esistono imprese o tipologie di contratti di lavoro individuali cui non è applicabile nessun contratto collettivo, e quindi nessuna forma di salario minimo. Se si guarda la percentuale di lavoratori effettivamente coperta dal salario minimo contrattuale, si scopre che l'Italia è il Paese con la quota di persone «escluse» più elevata, circa il 13 per cento, con picchi di oltre il 40 per cento nel settore dell'agricoltura, del 30 nelle costruzioni e oltre il 20 nelle attività artistiche e intrattenimento e nei servizi di hotel e ristorazione. In mercati del lavoro relativamente rigidi o segmentati, più il salario minimo è elevato, più alto è il numero di persone scoperte;

    il minimo contrattuale in Italia diventa l'ennesimo diritto parziale o negato a una fetta crescente di lavoratori. In tutti i Paesi ci sono persone pagate meno del limite stabilito, ma in Italia la percentuale è la più elevata. In particolare ne sono esclusi i lavoratori in nero e coloro che deliberatamente ricevono meno del dovuto. Oppure perfettamente nei confini della legge gli indipendenti non coperti dai contratti collettivi, quelle famose partite iva che rimangono sempre fuori dalla discussione politica e sindacale. Il sistema di contratti collettivi mostra quindi crepe vistose;

    la via preferita dai sindacati per ridurre il numero degli esclusi è quella di includere i precari nella contrattazione collettiva. Questo non è possibile in un mercato del lavoro sempre più parcellizzato e in cui il contratto dipendente non è più l'unica forma di lavoro subordinato;

    i sindacati maggiormente rappresentativi rischiano di perdere un po’, di potere negoziale ed è per questo motivo che in più di una occasione hanno mostrato la loro contrarietà rispetto all'adozione di un salario minimo;

    tuttavia, al di là delle evidenti falle nel sistema, già sopra descritte, emerge forte la necessità di offrire coperture di carattere universale che riportino uguaglianza sociale e pongano le basi per una effettiva crescita e rilancio dei consumi. Si pensi ai giovani: nel momento in cui i ragazzi di 16 anni vengono spinti a lavorare, avrebbero anche diritto ad essere pagati per la formazione che l'impresa intende effettuare ai fini della propria produzione. In Italia, in assenza di una specifica legislazione in merito ai compensi, con la pressione fiscale che spesso non incentiva l'attività economica, c'è il rischio reale che l'alternanza scuola-lavoro possa tradursi in una forma di sfruttamento. Uno strumento che consente alle imprese di risparmiare sul personale, a danno anche della popolazione inoccupata che ha già completato gli studi e dei disoccupati con bassi livelli di scolarizzazione;

    in determinati settori, l'alternanza scuola-lavoro, sebbene abbia lo scopo di potenziare le competenze degli studenti, ha già dato ampiamente prova di prestarsi ad un utilizzo non sempre etico della forza lavoro. Si pensi ad esempio, agli aspiranti parrucchieri e all'alternanza scuola lavoro che caratterizza il loro ciclo di studi. Il corso professionale prevede un periodo d'apprendimento in aula e un altro presso le sale parrucchieri, dove i ragazzi si prestano a lavorare, con turni giornalieri assai impegnativi, a fronte di compensi/rimborsi che, nella maggioranza dei casi, equivalgono a pochi spiccioli. Lo stesso accade in altri settori, eterogenei tra loro: dal mondo della produzione televisiva e cinematografica, al business della ristorazione. Per tale ragione la riforma scolastica non può considerarsi scollegata da un'adeguata riforma del lavoro;

    in Francia l'introduzione del salario minimo (Salaire minimum interprofessionnel de croissance, meglio noto come SMIC) è avvenuta con legge parlamentare nel 1950. La legislazione francese, frutto di varie modifiche nel corso degli anni, prevede che lo SMIC sia ricalcolato ogni anno secondo un meccanismo basato sul potere d'acquisto e altri fattori. Dal 19 dicembre 2013 lo SMIC è di 9,53 euro lordi all'ora ovvero per un lavoro a tempo pieno (35 ore alla settimana), 1.445,38 euro lordi mensili circa 1.130,00 euro netti;

    nell'ambito dell'attuazione degli accordi politici di Grosse Koalition, anche in Germania è stata votata e approvata l'introduzione del salario minimo, a partire dal 2015, con la misura iniziale di 8,5 euro all'ora;

    il 15 giugno 2015, il Canton Ticino ha votato un referendum per inserire in Costituzione un salario minimo legale di 3.400 euro al mese. Il referendum è passato col voto favorevole del 54,7 per cento di quanti si sono recati alle urne. La norma si applica anche ai lavoratori transfrontalieri, e prevede una differenza di salario per mansione e settore economico, mentre non si applica a quel 40 per cento di lavoratori che già sono tutelati da un contratto collettivo;

    lo stesso presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha più volte richiesto al congresso aumenti dei salari minimi fino a 10,10 dollari. Peraltro in molte città statunitensi, il salario minimo è più alto di quello richiesto dallo stesso Obama;

    alla luce delle predette considerazioni paiono poco credibili le resistenze da parte di chi ritiene che l'introduzione di un «salario minimo» conduca all'aumento della disoccupazione o alla perdita di competitività nei confronti dei Paesi esteri. Il principale motivo a favore, oltre a quelli politici, è la volontà di sostenere i consumi interni in un Paese che trae sostentamento principalmente dalle esportazioni, che dipendono dalla domanda estera. L'esperienza tedesca e quella di molti altri Paesi rappresenta un interessante campo di studio, specialmente per le particolari condizioni in cui versa attualmente l'economia mondiale. Il fatto che uno dei Paesi più sviluppati e meno colpiti dalla recente crisi abbia deciso di introdurre una legislazione riguardante i salari minimi potrebbe indicare come gli eventuali, tuttavia non comprovati, effetti negativi sull'occupazione possano essere compensati da effetti benefici in altri campi;

    con l'introduzione di un «salario minimo», inoltre, il ruolo del sindacato dovrebbe essere molto diverso da quello odierno. Se la trattativa per l'integrazione al minimo fosse basata principalmente sull'incremento della produttività (come molto probabile), il sindacato dovrebbe contribuire positivamente innanzitutto a dare una definizione chiara del concetto di produttività stessa (non certo riconducibile al mero ricorso al lavoro straordinario), ma soprattutto si dovrebbero prevedere in capo al sindacato reali poteri di codefinizione degli obiettivi e dei metodi per l'incremento della produttività, come anche meccanismi di controllo efficaci sulla valutazione dei risultati;

    nel sistema delineato, quindi, il movimento sindacale avrebbe sicuramente più responsabilità (fino anche alla cogestione aziendale su alcuni aspetti, come accade in Germania) e pertanto necessiterebbe di una maggiore diffusione di competenze tecnico/analitiche fra i suoi rappresentanti. Non diminuirebbe il potere negoziale nei confronti dei datori di lavoro, ma di certo i lavoratori iscritti vedrebbero aumentare il potere di controllo sui risultati sindacali effettivamente conseguiti;

    probabilmente i sindacati confederali avrebbero minor potere politico a livello nazionale, in quanto il focus del loro operato tornerebbe verso la base, verso i luoghi di lavoro: ne uscirebbe depotenziato, a lungo andare, il ruolo di lobby nei confronti del Governo assunto progressivamente negli ultimi decenni. Non stupisce, quindi, che dal punto di vista politico il movimento sindacale in Italia osteggi il salario minimo a causa di una visione statica del proprio ruolo e del timore di perdere potere di rappresentanza politica (timore che l'accomuna alla parte prevalente delle associazioni datoriali), ma è innegabile che esistono dei margini di modernizzazione del sistema delle relazioni industriali;

    nella definizione di uno schema di relazioni industriali come quello delineato è altresì cruciale il ruolo dello Stato. Da una parte, bisognerebbe predisporre dei meccanismi di detassazione delle retribuzioni almeno nella parte definita da accordi territoriali e aziendali (in sostanza avviando il processo di riduzione del cuneo fiscale e premiando la parte della retribuzione più variabile in quanto legata a parametri economici territoriali e aziendali), avviando la riduzione della tassazione sul lavoro promessa da vari Governi negli ultimi anni, per altro verso andrebbe impostato un sistema di ammortizzatori sociali coerente con il nuovo modello di definizione della busta paga, prevedendo l'introduzione di un ammortizzatore sociale di carattere universale semplice, ammortizzatori che tendano a formare i disoccupati per ricollocarli effettivamente sul mercato del lavoro (ammortizzatori sociali attivi) e che soprattutto non disincentivino i disoccupati dalla ricerca di un nuovo lavoro,

impegna il Governo:

   in attuazione dei principi sanciti dall'articolo 36 della Costituzione, fatte salve le disposizioni di maggior favore previste dalla contrattazione collettiva nazionale, ad assumere iniziative per introdurre il salario minimo garantito, stabilendo che la retribuzione oraria lorda applicabile a tutti i rapporti aventi per oggetto una prestazione lavorativa, non possa essere inferiore ai nove euro;

   ad assumere iniziative per istituire un'autorità scientifica ed indipendente che proponga al Governo il livello e gli adeguamenti del salario minimo, monitorandone gli effetti sul mercato del lavoro;

   ad accompagnare l'introduzione del «salario minimo» con la creazione di un ammortizzatore sociale di carattere universale, tendente a formare i disoccupati per ricollocarli effettivamente sul mercato del lavoro;

   a porre in essere iniziative volte a prevedere che il differenziale registrato annualmente tra inflazione programmata, o realisticamente prevedibile, e inflazione reale, sia recuperato integralmente con le retribuzioni e le erogazioni previdenziali del mese di gennaio di ogni anno;

   con riferimento al lavoro autonomo, ai fini della introduzione di un compenso economico proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e a salvaguardia della qualità delle prestazioni professionali, ad assumere iniziative idonee a individuare parametri standard minimi applicabili alle prestazioni rese dal lavoratore autonomo professionista sia a favore della committenza privata, sia a favore della pubblica amministrazione, secondo la natura, il contenuto e le caratteristiche delle prestazioni svolte;

   a valutare l'opportunità di istituire un tavolo tecnico di esperti, nominati anche dall'Istat e dalle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, al fine di elaborare misure volte ad una significativa revisione e semplificazione dei codici Ateco dell'attività dei professionisti, consistenti nella riduzione della classificazione delle attività economiche fino al carattere numerico che identifica il gruppo professionale, definendo altresì le modalità di informazione dei soggetti pubblici e privati interessati da tale innovazione, in particolare l'ufficio delle entrate e le stazioni appaltanti della pubblica amministrazione.
(7-00886) «Cominardi, Tripiedi, Chimienti, Ciprini, Dall'Osso, Lombardi».

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Giacobbe n. 5-11849 del 13 luglio 2017;

   interpellanza urgente Mongiello n. 2-01897 del 19 luglio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Amoddio e altri n. 4-14209 del 15 settembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12221.