Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    la legge 11 dicembre 2016, n. 232, ed in particolare l'articolo 1, comma 368, che ha apportato modifiche all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha previsto che l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2017;

    l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, secondo cui l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, approvate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata al 31 dicembre 2017, ferma restando la vigenza delle stesse fino alla completa assunzione dei vincitori e, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

    si tratta delle graduatorie dei concorsi pubblici con migliaia di candidati risultati vincitori o idonei entrati nelle graduatorie e che aspettano una chiamata da anni; con i provvedimenti normativi suddetti dunque ne è stata prorogata l'efficacia fino al 31 dicembre 2017;

    sono tantissimi i vincitori e gli idonei di un concorso pubblico che attendono da tempo di essere assunti, tant'è che, nel corso del tempo, si è creata una nuova categoria di «disoccupati»: i cosiddetti idonei di concorsi pubblici non assunti, vale a dire giovani che, pur avendo sostenuto una prova concorsuale e ritenuti «idonei», si trovano oggi a non poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici;

    la situazione è stata resa difficile dal continuo blocco del turn over nella pubblica amministrazione, che i vari Governi hanno adottato e mantenuto nel tempo;

    si tratterebbe complessivamente di oltre 84.080 persone (si veda al proposito l'articolo pubblicato sul sito dell’Espresso: www.espresso.repubblica.it dell'8 febbraio 2015) che — con la scadenza del termine del 31 dicembre 2017 di efficacia delle graduatorie – potrebbero vedersi vanificata la possibilità di essere assunti nella pubblica amministrazione;

    ciò ha indotto il Governo ad intervenire con il decreto-legge n. 101 del 2013 (articolo 4, comma 3) con cui è stato previsto che «per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica: a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza.»;

    asse portante della nuova disciplina è dunque il collegamento tra l'obbligo di esaurire le graduatorie vigenti e l'autorizzazione a bandire nuovi concorsi;

    il decreto-legge n. 101 del 2013 precostituisce, così, in caso di decisione di coprire i posti vacanti, un diritto all'assunzione per i vincitori, esteso anche agli idonei collocati nelle graduatorie dell'amministrazione vigenti ed approvate dal 1° gennaio 2007;

    la ratio del provvedimento è chiara: l'utilizzo delle graduatorie vigenti, in un'epoca in cui le risorse pubbliche risultano complessivamente ridotte, risponde ad esigenze sociali e di equità ed esonera l'amministrazione dalle spese e dai costi e dai tempi di attesa connessi ad un nuovo concorso (e quindi attuare il principio costituzionale di buon andamento);

    basti pensare che recentemente al concorso per 800 posti da cancelliere bandito dal Ministero della giustizia e per 30 vice-assistenti della Banca d'Italia si sono presentati rispettivamente 308.468 persone e 81.715 concorrenti;

    resta fermo il fondamentale principio costituzionale secondo cui «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso», accade che i concorsi spesso durano anni, finiscono sotto la lente del TAR e si è calcolato che la spesa sopportata dal nostro Paese per il 2014 per il loro espletamento abbia superato il miliardo e 400 milioni (La Repubblica del 4 luglio 2017);

    dunque è accaduto che per l'effetto – da una parte – delle limitazioni del turn over nella pubblica amministrazione (legge n. 208 del 2015) e, – dall'altra – dei ricollocamenti a favore del personale degli enti di area vasta in ragione del riordino delle funzioni ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56, che hanno impedito agli enti di stipulare nuovi contratti, l'applicazione del decreto-legge n. 101 del 2013 sullo scorrimento delle graduatorie ha avuto un effetto più contenuto con il risultato paradossale che la posizione di molti idonei è rimasta «congelata» in attesa della cessazione delle predette esigenze;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 aprile 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2017, è stata autorizzata l'assunzione di unità di personale, ai sensi dell'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in favore di varie amministrazioni;

    inoltre ora il decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito dalla legge n. 96 del 2017 (cosiddetta Manovrina) all'articolo 22, comma 1, comma 1-bis, comma 22, ha previsto l'ampliamento delle capacità assunzionali a tempo indeterminato per le regioni e i comuni seppur a determinate condizioni;

    appare pertanto opportuno un intervento affinché venga concesso un congruo lasso di tempo alle pubbliche amministrazioni al fine di garantire una proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per le assunzioni tramite il meccanismo dello «scorrimento» e così «recuperare» il lasso di tempo perso per effetto dei provvedimenti di limitazioni del turn over e dei ricollocamenti del personale delle province che hanno impedito agli enti di stipulare nuovi contratti,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile di tipo normativo finalizzata ad una proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici che – per effetto dei provvedimenti di limitazione del turn over o di ricollocamento del personale delle ex province – di fatto sono rimaste bloccate e non utilizzate ai fini dell'assunzione dei vincitori e degli idonei ai sensi delle disposizioni previste dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito legge 30 ottobre 2013 n. 125, in tema di scorrimento delle graduatorie;

   ad adottare tutte le iniziative necessarie – anche di tipo normativo – per incentivare, favorire e rafforzare il «sistema» degli accordi tra le amministrazioni per l'assunzione di figure per profili analoghi o equivalenti, utilizzando graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, anche prevedendo un regime di responsabilità amministrativa e/o disciplinare per i dirigenti che non concludono tali accordi;

   a realizzare un monitoraggio al fine di verificare lo stato di attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125 del 2013 e in particolare il numero dei vincitori e degli idonei collocati nelle graduatorie vigenti immessi in servizio per effetto delle disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013 in tema di scorrimento delle graduatorie.
(7-01337) «Ciprini, Dieni, Cominardi, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Tripiedi».


   La XI Commissione,

   premesso che:

    nel corso degli anni il mercato del lavoro, sia a livello nazionale che internazionale, è divenuto sempre più complesso, dinamico e volatile, con un accorciamento dei tempi di permanenza dei lavoratori presso la stessa organizzazione o azienda ed un'evoluzione continua delle tecnologie e delle competenze richieste ai lavoratori, elementi che hanno fatto crescere la necessità di supportare il lavoratore nel percorso di ingresso nel mondo del lavoro, e anche di riqualificazione e ricerca di nuovo lavoro nei casi di perdita del precedente impiego;

    numerosi Paesi europei hanno affrontato questi cambiamenti modificando le loro politiche pubbliche per il lavoro, rafforzando le politiche attive, i servizi per l'impiego e la formazione professionale, e cercando di collegare sempre più le tradizionali politiche passive, ovvero l'erogazione dei sussidi, a processi di attivazione che includessero percorsi di riqualificazione professionale e ricerca di lavoro;

    particolarmente rilevante, da questo punto di vista, è la profonda riforma del mercato del lavoro realizzata in Germania tra il 2003 ed il 2005, che ha ridotto i tempi e la quantità degli interventi di mero sussidio alla disoccupazione, rafforzando invece gli interventi ed i servizi per la riqualificazione professionale e la ricerca attiva di lavoro, unificando la gestione delle politiche attive e passive del lavoro, creando una agenzia federale che garantisse il necessario coordinamento tra i vari lander;

    come emerso anche da un'indagine conoscitiva promossa dalla Commissione lavoro durante questa legislatura, l'Italia ha accumulato gravi ritardi nello sviluppo di moderni ed efficienti servizi per l'impiego;

    la scelta operata dal nostro Paese attraverso il decreto legislativo n. 469 del 1997, successivamente confermata dal decreto legislativo n. 276 del 2003 e rafforzata dalla riforma del Titolo V del 2001, ha affidato i servizi per l'impiego a sistemi a base regionale, in un disegno nel quale l'azione dello Stato e l'azione delle regioni avrebbero dovuto essere coordinate e integrate. Nei fatti, tuttavia, l'auspicato coordinamento sul piano nazionale non si è realizzato e l'analisi condotta testimonia la presenza di realtà profondamente differenziate non solo tra le diverse regioni, ma anche all'interno delle singole regioni, registrandosi risultati non uniformi nell'ambito delle diverse province;

    durante le audizioni in XI Commissione tenutesi in occasione dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi per l'impiego sia l'Isfol che Italia Lavoro evidenziarono tali problematiche, ricordando sia le difficoltà e la frammentazione regionale del sistema di accreditamento degli operatori privati – un elemento che ha contribuito a limitare le capacità del sistema di rispondere alla sfida della disoccupazione e di promuovere il miglioramento dell'occupazione – sia l'inadeguatezza dei centri per l'impiego pubblico a svolgere funzioni ed attività che non erano preparate ad affrontare, essendo stati per anni deputati alla mera gestione di pratiche amministrative riguardanti la certificazione dello stato di disoccupazione e non alla gestione di vere e proprie politiche attive;

    probabilmente, anche a cause di queste inadeguatezze la capacità di intermediazione del sistema italiano di centri per l'impiego è tra le più basse d'Europa;

    a queste problematiche è da aggiungere una cronica scarsità di investimenti del nostro Paese sulle politiche attive, che hanno subito un ulteriore contrazione negli anni della crisi, sia in termini di risorse economiche che di operatori;

    secondo i dati forniti da Isfol e Italia Lavoro in audizione, la spesa sostenuta nel 2012 per i servizi per l'impiego ammonta, infatti, a circa 500 milioni di euro, rispetto ai 5 miliardi della Francia, agli 8 miliardi della Germania, ai 5 miliardi del Regno Unito e ai 1,5 miliardi spesi dalla Spagna. La spesa sostenuta per i servizi per l'impiego, che — in controtendenza rispetto ai dati riscontrati in Francia, Germania e Spagna — si è contratta nel periodo tra il 2004 e il 2010, è inoltre contenuta anche nel rapporto con il prodotto interno lordo: in Italia, nel 2011, la spesa per i servizi per l'impiego ha assorbito lo 0,03 per cento del prodotto interno lordo, contro lo 0,34 della Germania, lo 0,25 della Francia, lo 0,34 del Regno Unito e lo 0,10 della Spagna. Anche rapportando la spesa ai lavoratori i dati restituiscono un quadro analogo: la spesa media per lavoratore è inferiore ai principali Paesi europei, riscontrandosi una spesa di poco più di 8.600 euro per lavoratore intermediato a fronte di una cifra di oltre 50.000 euro in Olanda, 21.593 euro in Francia, 18.000 euro in Regno Unito, 15.834 euro in Germania, e 10.872 euro in Spagna;

    per quanto riguarda gli operatori, Eurostat ha rilevato come tra il 2008 e il 2011 si sono rilevate ampie variazioni, con Stati, come Francia, Germania e Regno Unito, che hanno significativamente incrementato il numero degli operatori, mentre altri Paesi, come Finlandia, Italia e Irlanda, si distinguono per una riduzione dell'impegno in termini di personale;

    eppure, nonostante questi dati, il carico di lavoro degli operatori dei centri per l'impiego dal punto di vista dell'utenza (disoccupati a qualsiasi titolo e di qualsiasi età) è molto inferiore ai carichi di lavoro registrati in altri Paesi europei. Secondo i dati forniti da Italia Lavoro durante l'audizione in XI Commissione, in Italia, tra le regioni che hanno una dotazione organica elevata, si registra la Calabria, con 34,5 operatori per centro per l'impiego, il Molise con 31,1, e le Marche con 30,2; con riferimento, invece, al dato del rapporto tra personale impiegato e soggetti presi in carico, esso appare elevato in Lombardia (516 soggetti), Puglia (451), Liguria (421), provincia autonomia di Bolzano (416), mentre è particolarmente esiguo in Sicilia (103), Molise (138) e Calabria (151);

    si è quindi di fronte ad un sistema complesso, con numerose criticità e sperequazioni territoriali sia nell'allocazione delle risorse che nell'erogazione dei servizi ai cittadini;

    la riforma del mercato del lavoro varata nel 2015 con il decreto legislativo n. 150 del 2015 (il cosiddetto «Jobs Act») ha voluto affrontare queste criticità attraverso una profonda riforma del sistema delle politiche passive e attive del lavoro, creando una rete nazionale dei servizi per le politiche attive del lavoro (formata dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro, dall'Inps, dall'Inail, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all'attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall'Isfol nonché dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado) e affidandone il coordinamento ad una Agenzia nazionale per le politiche del lavoro (ANPAL) che sarebbe nata senza nuovi oneri a carico della finanza pubblica, ma con il trasferimento di risorse già esistenti presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Isfol;

    il processo di riforma e la creazione dell'Agenzia sono stati tuttavia particolarmente lenti e difficoltosi, (il decreto attuativo è arrivato a giugno 2016, con decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2016) a causa non soltanto delle difficoltà legate al processo di trasferimento e riorganizzazione delle risorse all'interno di un ente con ruoli e funzioni nuove, ma, soprattutto, del mutevole e incerto quadro normativo ed istituzionale nel quale tale percorso si è inserito;

    infatti, allo stesso momento in cui l'Agenzia nazionale veniva ideata nella sua forma, ruoli e funzioni, si stavano portando avanti altre importantissime riforme che ne avrebbero fortemente influenzato la vita ed il funzionamento, a partire dalla cosiddetta «legge Delrio», che ha avviato un processo di revisione del ruolo delle amministrazioni provinciali, che porta al superamento dell'attuale incardinamento presso tali enti dei centri pubblici per l'impiego;

    ma ciò che maggiormente ha segnato l'iter e la nascita dell'Anpal è stato indubbiamente il processo di revisione costituzionale, ed in modo particolare la modifica del Titolo V della riforma costituzionale, che prevedeva nella nuova formulazione, un maggior accentramento delle politiche attive e passive in capo allo Stato. Una tale riforma avrebbe, consentito di attribuire alla neonata (nascitura/nascente) agenzia per le politiche attive non solo un ruolo determinante nel coordinamento e nello svolgimento di molte funzioni, ma anche di riorganizzare interamente la struttura e la distribuzione delle risorse impiegate nelle politiche attive del Paese attribuendo alla neonata Agenzia le risorse necessarie per assolvere al fondamentale mandato assegnatole;

    con la «bocciatura» della riforma costituzionale emersa dal referendum del 4 dicembre 2016 la nuova Agenzia per le politiche attive si è trovata a dover operare in un contesto profondamente diverso da quello immaginato originariamente;

    eppure, anche nel mutato (o meglio, nell'immutato) contesto costituzionale, l'Agenzia è e resta un soggetto fondamentale per la definizione di standard, per attività di raccordo e coordinamento ma anche per la gestione e casi di crisi aziendale ed occupazionali che travalicano i confini regionali, così come per i percorsi di riqualificazione necessari per far fronte ai cambiamenti tecnologici, per la programmazione e l'utilizzo in modo coordinato dei fondi europei, e altre funzioni fondamentali che non potrebbero essere gestite in modo altrettanto efficace ed efficiente attraverso venti canali regionali diversi;

    nessun soggetto meglio di un'Agenzia nazionale può affrontare crisi occupazionali che derivano da processi di ristrutturazione aziendale profondi e di respiro nazionale o internazionale che periodicamente colpiscono il nostro Paese come, ad esempio, quelle del settore bancario, del settore dell'acciaio, dei call center, di Alitalia e molti altri ancora;

    è impossibile affrontare seriamente ed efficacemente queste criticità occupazionali solo attraverso il frammentato sistema di servizi per l'impiego regionale;

    d'altronde, se numerosi Paesi europei con sistemi di autonomie forti o addirittura con assetti istituzionali federali come la Germania, hanno creato agenzie federali per l'occupazione e le politiche attive, riuscendo a farle crescere e funzionare bene, significa che, a prescindere dall'assetto istituzionale di un Paese, quello dell'occupazione e delle politiche attive è un tema prioritario, di rilevanza nazionale, che ha bisogno di una grande attenzione, di investimenti e forte coordinamento da parte del governo centrale;

    la Camera dei deputati, con la mozione a prima firma dell'on. Dell'Aringa e delle mozioni collegate, approvata il 12 aprile 2017, ha già riconosciuto la rilevanza del sistema nazionale dei servizi per le politiche attive, impegnando il Governo «ad adottare tutte le misure che accelerino il pieno funzionamento operativo dell'Anpal» e «ad assumere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per garantire un incremento delle risorse per il fondo per le politiche attive del lavoro, con l'obiettivo di aumentare e rendere l'offerta di tali politiche coerente alla platea potenziale dei beneficiari»;

    a cinque mesi di distanza, tuttavia, le problematiche legate alla piena funzionalità dell'Anpal ed al coordinamento dei soggetti facenti parte della rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro non appaiono risolte, al contrario, in taluni casi appaiono acuite dalla carenza di risorse finanziarie che sta rallentando, per esempio, il piano di stabilizzazione delle professionalità attualmente presenti in Anpal, Anpal servizi e altri soggetti operanti nel sistema della rete nazionale;

    il percorso delle riforme è sempre lungo e faticoso, ha bisogno di monitoraggio, attenzione alla fase di implementazione, periodiche ricognizioni dello stato di attuazione e delle eventuale necessità di correttivi o nuovi interventi per garantire un corretto svolgimento di tutto l'iter fino a completa realizzazione delle riforme stesse,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per accelerare la stipula e la piena implementazione degli accordi Stato-regioni sui progetti prioritari per la lotta alla disoccupazione e sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive, eventualmente prevedendo un sistema di incentivi e di sanzioni per quelle regioni che non si adeguano, al fine di garantire un miglior coordinamento tra le regioni e ridurre l'attuale frammentazione e sperequazione territoriale nella gestione dei servizi per il lavoro e le politiche attive;

   ad effettuare una ricognizione delle risorse economiche, umane ed informative (banche dati ed altri strumenti analoghi) necessarie all'Anpal per assolvere adeguatamente il proprio ruolo e le proprie funzioni, adottando, ove necessario nuove iniziative normative e/o finanziarie per garantire il suo corretto funzionamento ed assicurare la valorizzazione delle professionalità attualmente in servizio, con contratti di lavoro temporaneo, presso la stessa Anpal e Anpal servizi.
(7-01338) «Tinagli, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Damiano, Giacobbe, Gnecchi, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Rostellato, Rotta, Albanella, Casellato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   in Sardegna si scaricano bombe e missili; per gli interventi antincendio gli elicotteri di Decimomannu vengono, invece, trasferiti in Sicilia;

   la Sardegna ha subito quest'estate l'ennesima gravissima «offesa» che il Ministro della difesa ha inflitto alla Sardegna con la decisione, ad avviso dell'interpellante scandalosa, di schierare il potentissimo elicottero HH-212 dell'80° Centro CSAR di Decimomannu, equipaggiato con una speciale benna in grado di caricare circa 700 litri di acqua, presso la base aerea di Trapani Birgi;

   lo ha reso noto lo stesso Ministero della difesa con un comunicato con il quale fa sapere che l'elicottero di stanza in Sardegna da qualche settimana ora è in Sicilia «in prontezza con equipaggi specializzati in attività antincendio»;

   il Ministero della difesa agisce secondo l'interpellante senza troppe remore, ma era difficile ipotizzare che potesse arrivare a dispiegare gli elicotteri dislocati in Sardegna in un'altra regione;

   è ad avviso dell'interpellante, semplicemente scandaloso che tutto questo avvenga con il vergognoso silenzio della regione che non solo non ha contrastato questa decisione, ma continua a subire ogni unilaterale decisione del Ministero della difesa sulla Sardegna;

   del resto, posto che il Ministro continua a far bombardare la Sardegna di fatto senza alcuna autorizzazione regionale, non ci si poteva attendere che si cercasse il consenso della regione per traslocare un mezzo antincendio dalla Sardegna alla Sicilia;

   il comunicato dell'Aeronautica lascia interdetti: con l'elicottero «sardo» ad oggi effettuate circa 60 ore di volo, per un totale di oltre 170 sganci, nell'ambito del dispositivo della Difesa in supporto alla protezione civile per la lotta agli incendi. Da metà luglio 2017 gli elicotteri dell'Aeronautica militare stanno operando in Sicilia nell'ambito del dispositivo della Difesa in supporto alla protezione civile per la lotta agli incendi;

   in particolare – è scritto nel comunicato – un elicottero HH-212 dell'80° Centro CSAR (Combat Search and Rescue) di Decimomannu (Cagliari), equipaggiato con una speciale benna in grado caricare circa 700 litri di acqua, è schierato presso la base aerea di Trapani Birgi in prontezza con equipaggi specializzati in attività antincendio. Finora sono circa 60 le ore di volo effettuate, per un totale di oltre 170 sganci e più di 120.000 litri d'acqua riversati sulle zone colpite dai roghi. Gli assetti dell'Aeronautica militare sono intervenuti praticamente ogni giorno nelle ultime settimane;

   nel pomposo comunicato del Ministero della difesa si arriva a sottolineare che «l'antincendio è una della capacità duali che l'Aeronautica militare, in concorso con le altre Forze Armate, mette quotidianamente a disposizione della collettività nei casi di pubblica utilità o in occasione di calamità, operando in questo caso in stretta sinergia e a supporto delle diverse agenzie e corpi dello Stato impegnati nei soccorsi a terra e in volo»;

   si è, ad avviso dell'interpellante, dinanzi alla più evidente ingratitudine verso una regione che subisce per 10 mesi all'anno le esercitazioni militari più devastanti e, invece, quando c'è bisogno dell'intervento civile si vede portar via anche quel minimo di apporto alla lotta agli incendi. Un atto di una gravità inaudita che va condannato e denunciato;

   si è dinanzi ad uno Stato che continua a devastare la Sardegna abbandonandola al suo destino anche quando si tratta di protezione civile. Tutto questo con il vergognoso silenzio della regione –:

   se non intendano assumere iniziative per ripristinare immediatamente lo schieramento in Sardegna di ogni mezzo aereo in grado di contrastare il fenomeno degli incendi;

   se non intendano assumere iniziative per predisporre preventivamente un dislocamento permanente di mezzi aerei militari necessari al contrasto degli eventi calamitosi di ogni genere;

   se non intendano concordare tale supporto con la stessa regione al fine di incrementare o rendere adeguate le procedure di protezione civile che non devono in alcun modo risentire delle condizioni insulari.
(2-01929) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   un impianto da quasi 30 mila metri cubi di gas è stato progettato dentro il parco di Santa Gilla, a due passi da Cagliari;

   il porto canale di Cagliari è destinato a chiudere per lasciar spazio ad una fallimentare pompa di carburante;

   con un «blitz» sotto ferragosto si è chiusa la procedura di consultazione per la valutazione di impatto ambientale di un deposito di Gnl, con annesso polo criogenico;

   non risultano presentate opposizioni se non quella dell'interpellante al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   l'operazione è stata svolta con grande riservatezza e l'annuncio del «blitz» su Cagliari non a caso è stato pubblicato solo su Repubblica e sul quotidiano del Nord Sardegna;

   si tratta di un polo da 18 serbatoi di dimensioni ciclopiche che saranno posizionati proprio a ridosso dello stagno di Santa Gilla a diretto contatto con l'area di San Paolo; un progetto di impatto devastante sia sul piano ambientale che quello della sicurezza, considerata la vicinanza con il centro abitato della capitale della Sardegna;

   il piano costituisce, ad avviso dell'interpellante, l'ennesima dimostrazione che il governo regionale, nel bloccare il metanodotto Algeria-Sardegna-Europa, ha messo di fatto la Sardegna in balia delle «coop rosse»;

   il progetto è, infatti, presentato dal raggruppamento delle cooperative romagnole che operano attraverso la ISGas;

   un «blitz» sostenuto dal Pd con la chiara intenzione di gestire la partita del gas solo limitatamente al bacino cagliaritano disinteressandosi del resto della Sardegna, considerato che si danneggerà la porzione più consistente della Sardegna;

   questo comporterà un chiarissimo ridimensionamento del porto canale che già nelle previsioni del progetto prevede un transito di 20/25 navi container al mese;

   a questo si aggiunge che questo ipotetico traffico di navi metaniere dentro il porto canale di Cagliari, oltre ad incidere sulla vita del porto in modo devastante, costituisce un gravissimo pericolo per il traffico nel sistema portuale di Cagliari, con particolare riferimento a navi da crociere e navi passeggeri di continuità territoriale;

   tutto ciò senza alcuna certezza sui costi del gas, considerato che l'approvvigionamento con navi e poi su gommato oltre ad un pericolo elevatissimo concretizza oneri elevatissimi in relazione ai quali non esiste nessun provvedimento equiparabile nel resto del sistema italiano;

   l'approvvigionamento via mare e la realizzazione di rigassificatori Gnl come quello proposto dalle citate cooperative è in totale contrasto con le normative paesaggistiche — urbanistiche ambientali della regione Sardegna;

   l'impatto di navi metaniere sulla Sardegna su porti non esclusivamente preposti costituisce un problema di grave natura non solo concettuale ma anche sul piano della sicurezza;

   è fin troppo evidente che tale promiscuità sulle realtà portuali della Sardegna, e quella di Cagliari in particolar modo, incide non poco sulla sicurezza del trasporto passeggeri, basta ricordare la nefasta tragedia di Livorno con la collisione tra la Moby Prince e l'Agip Abruzzo;

   si tratta, secondo l'interpellante, di un progetto di basso profilo dal quale risulta esclusa gran parte della Sardegna e che costituisce la solita corsa alla «polpa» (l'area metropolitana) per disinteressarsi di tutto il resto, a partire dalle zone interne della Sardegna;

   risultano del tutto inesistenti provvedimenti legislativi tali da garantire, anche con ipotesi diverse dal Galsi e comunque minimaliste rispetto alle esigenze di approvvigionamento e strategicità, l'equilibrio delle tariffe di approvvigionamento, considerati i costi maggiori che si genererebbero con un trasporto via nave e via gommato;

   è inaccettabile che si lasci passare nel silenzio un progetto destinato ad incidere in modo invasivo sul futuro del sistema ambientale e naturalistico, oltre che economico, di Cagliari; un progetto per il quale non esiste nessuno studio sull'impatto del traffico portuale né tantomeno alcun serio studio di mercato;

   si citano disponibilità per appena 20.000 utenti;

   si parla di una soluzione di grande impatto ambientale e sulla sicurezza legata a logiche che non favoriscono lo sviluppo e in contrasto con progetti strategici funzionali allo sviluppo dell'intera Sardegna e del Paese stesso;

   per questa ragione — alla pari del progetto appena «bocciato» nel porto di Monfalcone con la contrarietà della stessa regione Friuli Venezia Giulia – questo progetto va respinto al mittente e va perseguito invece un progetto serio, strategico per lo sviluppo dell'intera Sardegna –:

   se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per bloccare tale progetto che incide direttamente su habitat naturali protetti da normative statali ed europee;

   se il Governo non intenda chiarire in che modo si pensi di abbattere i costi energetici, a partire dal riequilibrio rispetto ai costi del metano;

   se non intenda il Governo evitare la corsa speculativa ai danni della Sardegna per perseguire una strategia che preveda la reale e concreta metanizzazione con la diretta connessione con metanodotti esistenti o da realizzare, al fine di evitare il carico di navi metaniere nei porti della Sardegna;

   se non intenda il Governo assumere iniziative per rivedere la disciplina vigente, vietando la commistione industriale e commerciale delle navi, al fine di evitare nuovi drammatici eventi.
(2-01930) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VACCA, BRESCIA, MARZANA, LUIGI GALLO, DEL GROSSO e COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 10 settembre 2017 si sono verificati 2 eventi sismici in Italia, uno in Abruzzo e l'altro tra l'Emilia e la Liguria di magnitudo intorno a 3,9, che sembra abbiano attivato nuove strutture soprattutto in Abruzzo. I periodici eventi sismici che si verificano in Italia rappresentano un pericolo concreto per l'incolumità dei cittadini;

   il 1° agosto 2017 in occasione dell'audizione informale dei dirigenti scolastici delle zone colpite dai terremoti in centro Italia nell'agosto 2016 e gennaio 2017, tenutasi presso la VII Commissione della Camera dei deputati, è emerso che molte scuole non sono sicure, tant'è che l'indice di vulnerabilità di diversi plessi scolastici è molto basso;

   la criticità della situazione è confermata anche dall'inchiesta giornalistica del quotidiano il Centro che, analizzando 417 schede di vulnerabilità sismica delle scuole primarie e secondarie d'Abruzzo, raccolte o direttamente compilate dal dipartimento di protezione civile della regione, evidenzia che 306 edifici delle scuole abruzzesi siano potenzialmente vulnerabili ad eventi sismici – di cui ben 52 con l'indice di salvaguardia della vita (SLV) pari o prossimo allo zero –, tant'è che 9 scuole su 10 sono insicure o parzialmente insicure;

   è emerso, inoltre, che il dipartimento della protezione civile della regione Abruzzo ha chiesto ai comuni e alle province le schede di sicurezza delle scuole non ancora inviate alla regione, che sono quasi i due terzi del totale;

   si presume che il resto delle regioni italiane non presentino una situazione più confortante;

   l'incolumità degli studenti e degli operatori scolastici, quindi, è seriamente precaria in una fotografia sulla vulnerabilità degli edifici scolastici poco confortante;

   l'articolo 20-bis del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, grazie ad un emendamento approvato a prima firma del primo firmatario del presente atto, prescrive che i documenti attestanti le verifiche di vulnerabilità sismica eseguite ai sensi della normativa tecnica vigente, sono pubblicati sulla home page del sito internet dell'istituzione scolastica che utilizza l'immobile;

   è evidente il ritardo delle istituzioni sia nazionali che regionali e locali nel reperire spazi in cui trasferire le attività didattiche delle scuole ad alta vulnerabilità sismica;

   molte scuole non hanno ancora pubblicato i documenti attestanti le verifiche di vulnerabilità sismica –:

   se siano state emanate circolari o direttive rivolte ai dirigenti scolastici per attuare quanto prescritto dal «decreto terremoto» ovvero sia avvenuta la pubblicazione sulla home page del sito internet dell'istituzione scolastica dei documenti attestanti le verifiche di vulnerabilità sismica;

   se sia stato programmato un termine entro il quale saranno messi a norma antisismica gli edifici scolastici situati in zona sismica 1 e 2;

   se e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Governo per individuare edifici conformi alla normativa antisismica e antincendio in cui trasferire le attività didattiche delle scuole che attualmente sono ubicate in edifici ad alta vulnerabilità sismica.
(5-12131)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Sardegna è stata funestata da gravi e reiterati incendi che hanno distrutto migliaia di ettari di patrimonio ambientale naturalistico e distrutto aziende agrozootecniche in ogni angolo dell'isola;

   tali eventi, dovuti anche alla mano criminale, hanno avuto effetti devastanti anche per le reiterate condizioni meteorologiche che si sono succedute e per la scarsa azione di prevenzione messa in campo in tutta la regione;

   sull'emergenza incendi il Governo e la regione Sardegna, a giudizio dell'interrogante, stanno ancora gravemente perdendo tempo sia sul piano gestionale che su quello del post calamità;

   nessun provvedimento è stato adottato né per quanto riguarda la dichiarazione dello stato di calamità, né tantomeno per quanto riguarda la gestione commissariale della gravissima emergenza post incendi;

   la regione non risulta abbia avviato le procedure per lo stato di calamità incendi e il Governo deve agire senza perdere tempo nello stanziamento di risorse e nella delega di poteri emergenziali;

   è gravissimo che non sia stata ancora proposta e approvata la dichiarazione di stato di emergenza per quei tanti territori colpiti dalle fiamme;

   tutta l'emergenza post incendi è lasciata al caso senza che niente venga pianificato per dare risposte urgenti al dopo disastro;

   si è dinanzi ad una gestione tardiva e disorganizzata dell'emergenza post incendi con il territorio percorso dalle fiamme senza alcuna risposta;

   dalle reti elettriche rurali alle strade, dalla distribuzione idrica alla ricostituzione del patrimonio zootecnico, niente è stato ancora attivato;

   si è riscontrata un'emergenza gestita, ad avviso dell'interrogante, con superficialità e senza risorse;

   è venuta meno sia la gestione ordinaria che quella straordinaria;

   Governo e regione devono avviare le procedure urgenti per dichiarare lo stato d'emergenza e delegare i poteri straordinari e adeguate risorse al presidente della regione che deve nominare i sindaci sub-commissari governativi;

   in questo quadro servono risorse certe e non fittizie per far fronte ai danni di questa gravissima calamità che insieme alla siccità ha colpito, in particolar modo, il Medio Campidano;

   a questo si deve aggiungere un immediato piano di ricostruzione ambientale del territorio attivando un intervento colturale di tecnica forestale in grado, da un lato, di salvare il salvabile e, dall'altra di reimpiantare tutto ciò che è andato distrutto;

   la ricostituzione forestale naturalistica è un presupposto fondamentale da mettere in campo sin dai prossimi mesi autunnali;

   per quanto riguarda le risorse occorre attingere sia da fondi statali, certi e reali, sia da quelli europei ancora inutilizzati;

   serve un vero «piano Marshall» per la rinascita ambientale di queste terre –:

   se il Governo, di concerto con la regione, intenda assumere le iniziative di competenza per la dichiarazione dello stato di emergenza conseguente agli incendi che hanno largamente devastato la Sardegna in questa stagione estiva;

   se il Governo intenda, conseguentemente, attivare, per quanto di competenza, procedure commissariali delegando risorse e poteri per gestire il post emergenza;

   se il Governo intenda promuovere, finanziare e attivare un piano strategico ambientale-forestale necessario al ripristino e alla rinaturalizzazione delle aree percorse dalle fiamme;

   se il Governo intenda assumere iniziative per destinare alla Sardegna risorse adeguate per fronteggiare le calamità naturali e non solo, in considerazione della gravosa condizione insulare che rende impossibile l'apporto in tempo utile di supporti adeguati per fronteggiare eventuali eventi rilevanti di protezione civile;

   se il Ministro dell'interno non intenda dotare il Corpo nazionale dei vigili del fuoco di mezzi adeguati sia sul piano quantitativo che qualitativo, considerate le esigue risorse delle strutture centrali e decentrate sul territorio.
(5-12133)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIVELLARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'11 agosto 2017 un violento temporale si è abbattuto sul litorale veneto causando ingenti danni ai centri urbani, alle abitazioni, ai mezzi e al territorio;

   il presidente della regione Veneto, con decreto n.144, ha dichiarato lo stato di calamità per gli ingenti danni provocati dalla tromba d'aria che ha spazzato il suddetto litorale veneto, dalle coste polesane a quelle friulane;

   sul litorale polesano, tra Albarella e Rosolina, la tromba d'aria ha divelto pali elettrici, alberi e automobili e interrotto le linee telefoniche provocando feriti nell'isola di Albarella;

   nel comune di Taglio di Po e Porto Viro sono stati abbattuti dei tralicci della linea elettrica, mentre si sono verificati disagi lungo la strada statale Romea;

   sono ingenti i danni per l'economia del territorio con una stima dei danni di circa 100 milioni di euro per il solo settore agricolo senza considerare i danni registrati dalle attività d'impresa –:

   quali iniziative urgenti si intendano assumere per fronteggiare la situazione di emergenza del territorio veneto, anche mediante lo stanziamento di risorse straordinarie per sostenere la comunità, le istituzioni e l'economia locali duramente colpiti;

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per autorizzare deroghe al patto di stabilità per permettere agli enti locali colpiti di investire risorse, attualmente bloccate, al fine di mettere in sicurezza le infrastrutture, gli edifici e i terreni danneggiati.
(4-17751)


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 49 della legge 11 agosto 2017, n. 16 — recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017. Legge di stabilità regionale. Stralcio I.», pubblicata sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana (p. I) n. 35 del 25 agosto 2017 (n. 29) – apporta delle modifiche all'articolo 5 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16, relativa alle disposizioni di recepimento del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

   più nello specifico, il comma 2, capoverso secondo, del citato articolo 49 inserisce, dopo l'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come recepito dall'articolo 1 della legge regionale n. 16/2016, l'articolo 21-bis, il quale espressamente dispone che «limitatamente agli interventi sostitutivi disposti dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente ai sensi dell'articolo 2 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66 e successive modifiche ed integrazioni e dell'articolo 31, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche ed integrazioni, come recepito dall'articolo 1 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 16, nei confronti delle amministrazioni comunali inadempienti, devono intendersi riferiti esclusivamente agli Organi istituzionali di governo dell'ente locale (sindaco, giunta e consiglio comunale).»;

   non si può non osservare come il tenore letterale della suddetta disposizione — presentata dall'assessore regionale per il territorio e l'ambiente Maurizio Croce ed approvata prima all'unanimità dai deputati della IV Commissione Territorio ed Ambiente dell'Assemblea regionale siciliana in data 27 giugno 2017, poi in Aula in data 9 agosto 2017 durante l'esame del provvedimento de quo – sia tale da essere in grado di limitare ed indebolire, anche in maniera significativa, i poteri sostitutivi di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia che spettano alla regione sulla base delle vigenti norme regionali e nazionali in materia;

   in buona sostanza, in presenza di inerzia dei comuni nella vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, l'intervento sostitutivo regionale, attraverso un commissario ad acta, finora ammesso e previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, deve ritenersi limitato alle omissioni degli organi di governo, che, tuttavia, non sono titolari di alcuna competenza al riguardo, e non anche degli organi dirigenziali che, viceversa, sono gli unici organi preposti all'emanazione delle ingiunzioni di demolizione;

   in virtù di tale modifica normativa, pertanto, il ruolo delle regioni nell'ambito dell'attività di supervisione e tutela del territorio appare grandemente ridotto e spogliato di efficacia ed incisività, nonostante l'ordinamento giuridico attribuisca in maniera espressa a queste ultime specifici poteri sostitutivi di vigilanza e repressione delle violazioni edilizie –:

   se non ritenga di promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione al richiamato comma 2, capoverso secondo, dell'articolo 49 della legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 che ad avviso dell'interrogante, presenta profili di incompatibilità con le vigenti disposizioni nazionali in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia e si pone in contrasto con il principio di tutela del paesaggio così come enucleato all'articolo 9 della Costituzione.
(4-17767)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, TOFALO, FRUSONE, BRESCIA, GRANDE, SPADONI, DADONE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE e BARONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 febbraio 2017, il Governo di riconciliazione nazionale dello Stato della Libia e il Governo della Repubblica Italiana, sottoscrivono a Roma un Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana;

   in data 18 aprile 2017 viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 13 aprile 2017, n. 46, di conversione del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, «decreto Minniti» recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale;

   i dati forniti da Oxfam Italia nel nuovo rapporto «L'inferno al di là del mare» raccolgono le testimonianze di migliaia di migranti che raccontano di essere stati picchiati, abusati, venduti e arrestati illegalmente;

   si registra l'84 per cento di trattamenti inumani tra cui violenze brutali e torture. Il 74 per cento ha dichiarato di aver assistito all'omicidio o la tortura di qualcuno con il/la quale stavano compiendo il viaggio;

   l'80 per cento ha vissuto in scarsità o deprivazione di acqua e cibo e il 70 per cento è stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali;

   come denuncia Unhcr, questo accade in quanto non esistono campi o centri per migranti nel territorio libico ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità altre da milizie;

   tra uomini, donne e bambini in fuga da Paesi come Eritrea, Somalia, Nigeria o Sudan l'85 per cento è arrivato attraverso la Libia;

   tra ottobre 2016 ed aprile 2017, Medu ha raccolto 168 storie di migranti vittime di torture dei quali 59 sono stati presi in carico clinicamente. Infine, c'è un altro dato allarmante registrato dal programma Open Europe: su 900 migranti, intercettati ed assistiti, il 31 per cento sono minori non accompagnati;

   Gino Strada, fondatore di Emergency, ha affermato alla TV del Fatto Quotidiano: «Questi accordi con la Libia e questo Decreto fatto dal Ministro dell'Interno non è niente più che un atto di guerra contro i migranti»; e ancora: «Noi siamo già oggi responsabili di diverse morti, diverse torture, centinaia e migliaia di violazioni dei diritti umani», «Non si potrà dire non lo sapevamo» –:

   in che modo i Ministri interrogati stiano monitorando che gli accordi sottoscritti con la Libia non provochino violazioni dei diritti umani e finanziamenti di gruppi che violano tali diritti.
(5-12140)

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI, LA MARCA, PORTA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 11 dicembre 2016 n. 232 (legge di bilancio 2017), è stato dato un segnale di consapevolezza del valore strategico della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, con l'istituzione di un Fondo quadriennale per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, dotato di 150 milioni di risorse aggiuntive rispetto alle normali disponibilità di bilancio;

   nello stesso tempo, con il decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 64, recante «Disciplina della scuola italiana all'estero», e a seguito di un intenso percorso di consultazione tra il Governo, il Parlamento e il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), si è proceduto anche ad una profonda riorganizzazione della disciplina che presiede al funzionamento del sistema formativo italiano all'estero, che con il tempo si è diversificato e articolato anche in relazione ai molteplici contesti geopolitici nei quali opera;

   un settore di crescente importanza è quello dei corsi di lingua e cultura italiana organizzati dai cosiddetti enti gestori, che raccolgono un'utenza di circa 300.000 mila alunni, sia di origine italiana che stranieri, e hanno realizzato un positivo livello di integrazione nei sistemi scolastici locali;

   a fronte di una presenza tanto incisiva e riconosciuta negli ordinamenti di molti Paesi di interesse strategico per l'Italia, persiste nei confronti degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, che pure nel decreto n. 64 del 2017 hanno finalmente trovato un chiaro riconoscimento, una considerazione riduttiva e inadeguata sul piano finanziario, rilevabile nelle poste di bilancio previste al capitolo di riferimento, il 3153 della Tabella 6 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   nonostante la spesa storica si sia attestata negli ultimi anni intorno ai 12 milioni di euro, le poste iniziali previste nell'ultimo triennio sono state di 9.400.000 euro nel 2016, 5.745.707 euro nel 2017 e di 5.745.707 euro (previsti) nel 2018, successivamente modificate con l'attività emendativa a livello parlamentare e con gli apporti di fine anno derivanti dalle leggi di assestamento di bilancio;

   per il corrente anno finanziario, dopo una prima reintegrazione promossa a livello parlamentare, per raggiungere il livello dei 12 milioni di euro, si è in attesa della ripartizione della prima tranche del Fondo per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, con la conseguenza che risulterebbero trasformati in fondi ordinari le risorse che nell'intento del Governo dovevano essere aggiuntive;

   le conseguenze di ordine pratico di questa impostazione non sono irrilevanti in quanto gli enti non possono programmare le loro attività per il futuro e, potendo usufruire di fatto delle somme disponibili solo a fine anno, sono costretti a ricorrere a onerosi prestiti bancari;

   il Governo, tramite il Sottosegretario agli esteri Vincenzo Amendola, in occasione dell'Assemblea generale del Cgie per il 2017, si è impegnato a «mantenere il livello della spesa storica di 12 milioni fino al 2020», per cui si tratterebbe di tradurre in forma amministrativa una volontà politica già annunciata –:

   se il Governo non intenda assumere iniziative a partire dalla presentazione del prossimo disegno di legge di bilancio 2018, per rendere strutturale la spesa storica di 12 milioni per il capitolo 3153, destinata agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, superando le penalizzazioni che l'attuale sistema obiettivamente comporta per la loro attività e rendendo effettivamente aggiuntive le risorse eventualmente provenienti dalle annuali ripartizioni del fondo per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
(4-17773)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   ZARATTI, KRONBICHLER e FORMISANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come annunciato dall'Agenzia per la salute e l'ambiente della California, dal 7 luglio 2017 il glifosato sarà incluso ufficialmente nella lista dei prodotti chimici «che possono causare il cancro»;

   l'Epa, l'Ente di protezione ambientale, del più popoloso Stato nordamericano ha deciso di inserire il glifosato, il principio attivo del Roundup e di molti altri diserbanti, nella lista della California Proposition 65, ossia all'elenco delle sostanze chimiche note che possono causare il cancro. A ribadire la decisione è stato l'Ufficio per la valutazione dei pericoli ambientali (OEHHA) del suddetto Stato americano. Per la California dalla settimana prossima è deciso: tutti gli imballaggi contenenti glifosato, l'erbicida più diffuso al mondo, devono portare la scritta-avvertimento: «cancerogeno»;

   con la loro decisione, i ricercatori americani si sarebbero, a quanto risulta agli interroganti, di fatto opposti alle valutazioni di esperti del Ministero dell'ambiente tedesco e contro l'intera industria agraria che invece non hanno riconosciuto alcun rischio rilevante per la salute umana. L'Agenzia europea delle sostanze chimiche, l'ECHA ancora in marzo 2017, era arrivata alla conclusione di classificare il prodotto come non cancerogeno;

   intanto, perdurano dispute e controversie su indipendenza e veridicità delle varie perizie. C'è il sospetto che la multinazionale Monsanto abbia richiesto a ricercatori di firmare documenti da esse predisposte circa la non pericolosità del glifosato. Per quanto riguarda l'Unione europea, non è stata ancora presa la decisione definitiva alla questione se permettere o meno il glifosato in agricoltura. Intanto, un anno fa, nel giugno 2016, la Commissione europea ha prorogato il permesso per il suo utilizzo fino alla fine del 2017 –:

   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto evidenziato in premessa in particolare dalla decisione assunta dalle autorità della California, intenda assumere iniziative normative a livello nazionale, oltre che iniziative in sede di Unione europea volte a stabilire definitivamente se prorogare o meno l'uso di prodotti contenenti glifosato.
(5-12143)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il TAR del Lazio, con ordinanza collegiale n. 7610/2017 del 7 giugno 2017, ha ritenuto, per poter meglio valutare il ricorso sull'affidamento all'associazione temporanea di impresa Almaviva, Telecom Italia e Agriconsulting del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri) di disporre una consulenza tecnica d'ufficio, nominare un team di esperti e rinviare al 24 gennaio 2018 la discussione del ricorso;

   l'estrema complessità della questione comporta un'inevitabile ulteriore dilatazione dei tempi per quanto riguarda la piena entrata in vigore del Sistri, in quanto, in ogni caso (conferma o meno all'associazione temporanea di impresa Almaviva), per il passaggio dal vecchio al nuovo affidatario, sono previsti dal capitolato di gara ben sei mesi dall'affidamento;

   la scadenza di fine anno 2017 non potrà quindi essere rispettata;

   l'attuale assetto normativo, ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del 2013, così come da ultimo modificato dall'articolo 12 del decreto-legge n. 244 del 2016 («Milleproroghe»), prevede che fino alla data del subentro del gestore del servizio da parte del concessionario individuato con le procedure di cui al comma 9-bis, «e comunque non oltre il 31 dicembre 2017» non sono applicabili le sanzioni ex articolo 260-bis, commi da 3 a 9, del codice ambientale, cioè quelle che puniscono l'omesso e erroneo tracciamento del Sistri;

   continuano ad applicarsi, ma con la riduzione del 50 per cento, le sanzioni ex articolo 260-bis, commi 1 e 2, del testo unico ambientale, cioè quelle per la mancata iscrizione e/o omesso versamento del contributo;

   continuano ad applicarsi gli obblighi di tracciamento tradizionale, quali il registro, Fir, Mud e le relative sanzioni previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006, nella versione «pre Sistri», cioè secondo le norme precedenti alle modifiche del decreto legislativo n. 205 del 2010; i tempi giudiziari andranno in ogni caso oltre il 31 dicembre 2017 e, non essendo maturato il passaggio al nuovo sistema, il termine attualmente previsto va adeguato e, alla luce dell'esperienza di questi anni, posposto al 31 dicembre 2018 per dare certezze agli operatori per evitare se non altro l'applicazione delle sanzioni previsto per un sistema che ancora non sarà a regime –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per prorogare oltre il 31 dicembre 2017 le disposizioni transitorie oggi vigenti relative al Sistri.
(5-12144)


   SEGONI, PASTORELLI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 10 settembre 2017 nella diga artificiale della cascata del fiume Sacco sono emersi diversi pesci morti, fattore accertato e denunciato sia dal sindaco del comune di Sgurgola (in provincia di Frosinone) che dal responsabile dell'ufficio tecnico del medesimo comune;

   l'accaduto determina un allarme per la salute pubblica, oltre che per l'incolumità della fauna e della flora circostante. Secondo le testimonianze dell'associazione nazionale Earth che ha inviato un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Velletri «La valle in questione è tristemente nota per l'accertato avvelenamento delle acque e del suolo da metalli pesanti residuanti dal lindano, un potente insetticida bandito nel 2001 proprio a causa della sua capacità di persistere nell'ambiente»;

   con decreto direttoriale prot. 370/STA del 4 agosto 2017 dalla direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stati approvati i lavori di bonifica del sito di interesse nazionale (sin) bacino del fiume Sacco, ma ad oggi ancora in fase di attuazione –:

   se il Ministro interrogato, anche in collaborazione con le agenzie ambientali, intenda chiarire le cause della moria dei pesci e quali azioni intenda adottare e con quali tempistiche, al fine di garantire il risanamento ambientale del fiume.
(5-12145)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, ZOLEZZI, TERZONI, MICILLO, CARINELLI, CASO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, TRIPIEDI, ALBERTI, BASILIO, COMINARDI, PETRAROLI, SORIAL e TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 settembre 2017, a Mortara, nel Pavese, è scoppiato un violento incendio presso la Eredi Bertè, un'azienda che si occupa di recupero di rifiuti speciali; i sindaci della zona hanno emesso ordinanze per invitare i cittadini a restare in casa, tenere le finestre chiuse e non raccogliere né consumare i prodotti dell'orto, perché, ha spiegato il prefetto di Pavia Attilio Visconti al suo arrivo sul posto, «sta bruciando di tutto, comprese gomma e plastica, e c'è il rischio che si sviluppi diossina». A Vigevano e a Mortara, inoltre, è stata decretata la chiusura per due giorni di tutte le scuole; secondo quanto riportato dagli organi di stampa, i carabinieri hanno avviato un'inchiesta per accertare la natura dell'incendio avvenuto in concomitanza con l'imminente ispezione dell'Arpa. Un altro incendio, in quel caso di accertata origine dolosa, era scoppiato nella stessa ditta il 14 settembre 2004; questo incendio è l'ultimo di una lunga serie di roghi che investe pericolosamente l'intero Paese: negli ultimi due anni sarebbero più di 250 gli incedi in Italia in discariche e impianti di gestione dei rifiuti. Secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, negli ultimi due anni la maggior parte dei roghi si è verificata in Lombardia, Veneto, Toscana, Puglia e Campania. L'emergenza è iniziata nell'estate del 2015 con i primi 26 roghi, divenuti centinaia lo scorso anno, e circa 80 solo nei primi mesi del 2017; per quanto riguarda la Lomellina, si tratta del quinto incendio avvenuto nell'arco di pochi mesi. A dicembre 2016 ed a febbraio 2017 si sono verificati due gravi episodi presso la raffineria di Sannazzaro de Burgondi. A maggio 2017 è scoppiato un grave incendio presso l'azienda Aboneco di Parona Lomellina (PV) e sempre presso la stessa ditta si è verificato un altro incendio nell'agosto 2017. Inoltre, sul territorio lombardo, il 7 luglio 2017, a prendere fuoco è stato un deposito per la raccolta e lo stoccaggio di rifiuti a Senago, nell'hinterland milanese. Il 25 luglio 2017, le fiamme hanno distrutto un capannone della ditta Carluccio, a Bruzzano (Milano), che si occupa di smaltimento di rifiuti. Altro caso il 26 luglio 2017 ad Arese, sempre in provincia di Milano: questa volta le fiamme hanno interessato un deposito industriale nell'area dell'ex Alfa per lo smaltimento di materiali per auto; nella maggior parte dei casi è stata accertata la natura dolosa dei roghi. Inoltre, la sistematicità delle azioni incendiarie, la perizia nella disposizione degli inneschi e la natura delle attività delle aziende interessate dai roghi lasciano presumere l'esistenza di una regia criminale comune a molti di questi episodi –:

   se e quali iniziative di competenza intenda avviare, anche sul piano normativo e di concerto con gli enti territoriali interessati, al fine di assicurare un'implementazione del dispositivo finalizzato a fronteggiare eventuali situazioni di emergenza che mettono a rischio l'incolumità della popolazione, potenziando il sistema dei controlli e ottimizzando la modalità procedurali e gli strumenti di comunicazione tra i soggetti pubblici coinvolti, contestualmente valutando di assumere misure per limitare la presenza di tali impianti in prossimità dei centri abitati e per contrastare il perpetrarsi degli episodi dolosi riportati in premessa negli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.
(5-12146)


   PELLEGRINO, PASTORINO, CIVATI, ANDREA MAESTRI e BRIGNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   gli incendi da giorni stanno devastando il Parco nazionale del Vesuvio e numerose altre riserve naturali nella regione Campania, con il rischio che gli incendi raggiungano le aree utilizzate in passato come discariche comportando l'avvelenamento della zona;

   da più parti si è paventa l'ipotesi che dietro gli incendi si nasconda una volontà criminale che punta a distruggere i materiali presenti in numerose discariche presenti sul territorio del parco nazionale del Vesuvio allo scopo di creare nuovi siti dove stoccare i rifiuti e lucrare sulle conseguenti bonifiche delle stesse discariche ubicate nel parco nazionale del Vesuvio;

   sussistono pochi dubbi sul fatto che gli incendi che hanno interessato il parco nazionale del Vesuvio siano di natura dolosa, ma spetta alla magistratura verificare se gli incendi disastrosi avvenuti nel mese di luglio 2017 siano opera un'unica regia da parte della criminalità organizzata come non escluso dagli inquirenti;

   il camorrista pentito Ciro Gaudino con le sue deposizioni in relazione ai rifiuti tossici interrati alle falde del Vesuvio fece scoprire ai carabinieri del NOE una mega discarica di 400.000 metri cubi che aveva prodotto per la camorra enormi profitti;

   solo ad aprile 2017 l'Arpac aveva reso noti dati che evidenziano nei pressi delle discariche presenti sul Vesuvio una serie di metalli pericolosi con il possibile inquinamento dei terreni e falde acquifere;

   si tratta di una situazione gravissima che deve vedere un'attenta e immediata azione di bonifica delle discariche e una efficace azione di prevenzione che impedisca la creazione di nuovi siti sotto il controllo della criminalità organizzata, attività che devono avvenire senza che da queste derivino ulteriori affari per la criminalità –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché nell'area del parco nazionale del Vesuvio si proceda alle improcrastinabili opere di bonifica delle discariche abusive ivi presenti e al rafforzamento delle attività di prevenzione che evitino la realizzazione di nuove discariche, escludendo che da tali attività derivino forme di lucro da parte della criminalità organizzata.
(5-12147)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il giglio marino è una pianta erbacea, bulbosa, che nasce spontaneamente sulle nostre spiagge e in molte regioni è tutelata come specie protetta; fa parte dell'ecosistema dunale delle spiagge, con le sue radici trattiene la sabbia dall'erosione e la sua impollinazione avviene mediante una falena, solo quando il vento spira al di sotto dei 2 chilometri orari; i suoi fiori bianchi e profumati, da giugno a settembre, tappezzano le nostre dune o quello che ne rimane delle stesse;

   Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, ucciso il 5 settembre 2010, aveva capito l'importanza e la bellezza di questa pianta erbacea e così sulla spiaggia di Acciaroli era riuscito a gestire un'area di 1450 metri quadrati per amministrare l'area intraprese contro il Demanio un'azione legale fino ad arrivare al Tar per avere l'agognata «concessione»; un'area dove il suo comune pagava un canone al demanio;

   il 29 maggio 2011 la Fondazione Angelo Vassallo, seguendo tutto l’iter burocratico-legale, delimitò con una recinzione in pali di castagno e a proprie spese, l'area del giglio marino, al fine di preservare l'area, mentre l'amministrazione di Pollica conservava il compito di manutenerla e proteggerla dai vandali; per la prima volta l'area era interdetta al passaggio, al calpestio e alla raccolta dei fiori;

   dopo soli 2 anni, nel luglio 2013, l'area subì un primo scempio con il passaggio di mezzi meccanici che distrussero la parte limitrofa all'area e una parte dell'area stessa; la staccionata che delimitava l'area non esisteva più: la Fondazione comunicò a mezzo stampa l'accaduto senza sortire alcun effetto; l'unico che cercò di giustificare l'accaduto fu l'attuale sindaco di Pollica, Stefano Pisani, adducendo come scusante che non c'era stato nessuno scempio, anzi egli con la sua azione meritoria provvedeva a tutelare il giglio marino;

   nel luglio 2015 la Fondazione documentò il completo abbandono dell'area del Giglio Marino e dell'area limitrofa con una serie di foto che evidenziavano la realizzazione di due camminatoi, sentieri, che da due case private poste a monte della spiaggia, attraversavano l'area del giglio marino e l'area attigua; si tratta di sentieri che servivano e che servono ai residenti delle case per accedere comodamente alla spiaggia e al mare; inoltre, si metteva in luce la colonizzazione di erbacce e piante infestanti, la presenza di materiale di risulta, pietre, cemento, ghiaia, di buste di plastica e contenitori di plastica;

   ad aggi la situazione che si presenta è davvero desolante: un'area di pochi metri in completo abbandono, con i sentieri presenti nel 2015 diventati praticamente autostrade;

   il comune di Pollica, titolare della concessione, doveva provvedere alla protezione, tutela e manutenzione della stessa area –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per favorire la protezione dell'area del giglio marino, diventato il simbolo identitario del «sindaco pescatore».
(4-17771)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane il presidente della provincia di Salerno, con apposita ordinanza, ha stabilito che tremila tonnellate di rifiuti dovevano essere stoccate tra le mura dello Stir di Battipaglia, in provincia di Salerno, fino a settembre 2017, senza comunicarlo al primo cittadino Cecilia Francese;

   la decisione sarebbe scaturita dalla paralisi del termovalorizzatore di Acerra: un guasto ha costretto al fermo due delle tre linee;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, gli stessi dipendenti di EcoAmbiente, società provinciale che gestisce lo Stir, sono stati costretti a lavorare su una sola linea, visto che la prima e la seconda erano rispettivamente in avaria e in manutenzione;

   è dura la reazione del sindaco di Battipaglia: «Canfora non ha ritenuto di doverci avvisare, agendo in spregio di quanto i corretti rapporti istituzionali richiederebbero. Dopo esser state lavorate nello Stir, le ecoballe devono trovare una nuova collocazione che non può essere Battipaglia»;

   la giunta comunale si è riunita d'urgenza e ha deliberato «il totale dissenso rispetto all'ordinanza», demandando all'ufficio legale il compito di verificare «l'esistenza delle condizioni per presentare opposizione davanti al giudice», riservandosi «ogni ulteriore iniziativa tesa a tutelare i battipagliesi», dando infine mandato ai tecnici comunali di monitorare «l'aggravio di impatto ambientale». E si fa riferimento pure ai «miasmi pestilenziali» di queste settimane, con «un invito esplicito a revocare l'ordinanza»;

   dura anche la reazione del vicesindaco Ugo Tozzi: «Se non si tratta di comuni del Pd, se ne fregano; Canfora è andato all'impianto di Sardone, a Giffoni Valle Piana, ma per non scontentare il sindaco Antonio Giuliano, suo consigliere con delega all'Ambiente, ha mandato tutto a Battipaglia. Allo Stir ci sono già 5 mila tonnellate in più rispetto al dovuto»;

   nei giorni scorsi, inoltre, si è tenuto un sopralluogo dei tecnici dell'Arpac, al termine del quale è emerso un quadro davvero allarmante: lo Stir è ormai saturo e non può più ricevere rifiuti; dalle verifiche effettuate, secondo quanto riportato da fonti dei media, diverse sarebbero le criticità, in primo luogo le esalazioni maleodoranti, probabilmente le stesse che lamentano i cittadini di Battipaglia;

   ancora più grave sarebbe la presenza di cinquemila tonnellate «illegittime», come già denunciato dal vicesindaco di Battipaglia;

   a ciò si aggiungerebbe anche la conclusione dei contratti con le ditte che smaltivano i rifiuti stabilizzati dallo Stir e la mancata conclusione di una nuova gara da molto tempo –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda assumere per acquisire elementi sullo stoccaggio di una quantità così elevata di rifiuti e appurare, tramite il Noe, se non si sia creata una vera e propria discarica abusiva, con rischi per la salute e la sicurezza dei cittadini di Battipaglia.
(4-17772)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   uno dei progetti più interessanti per valorizzare, con il recupero dei percorsi, l'antica pratica dei pellegrinaggi verso la Santa Casa di Loreto, una pratica di culto, tanto diffuso in passato al punto di creare le proprie vie nel quadro della mobilità generale delle persone e delle cose è il progetto del distretto culturale evoluto «I Cammini Lauretani»;

   una memoria, quella della Via Lauretana e più ampiamente dei Cammini Lauretani che tramanda il racconto dei pellegrini fin dal Duecento, collocandone i percorsi sacri in un contesto non dissimile, per antichità e significato religioso, dalla Via Francigena e dai Cammini di Santiago di Compostela;

   il progetto dei Cammini lauretani intende infatti riproporre un turismo religioso che sappia anche riscoprire il valore culturale del territorio, un valore che, sedimentato nei secoli, ha innervato, ed innerva tuttora, il paesaggio, la rete dei borghi, le pratiche di culto, i luoghi della memoria, i beni culturali, un «unicum» che si può cogliere lungo il percorso che da Assisi porta a Loreto;

   nel 2016 è stata emanata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la Direttiva «2016 – Anno dei Cammini d'Italia» che definisce i «cammini» come «gli itinerari culturali di particolare rilievo europeo e/o nazionale percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce sostenibile e che rappresentano una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, nonché una occasione di valorizzazione degli attori naturali, culturali dei territori interessati» e che prevede la stesura di linee guida e delle attività da realizzare;

   con delibera del Cipe del 3 luglio 2016 sono stati stanziati 1000 milioni di euro, ripartiti nelle annualità dal 2016 al 2022, a valere sul Fondo di sviluppo e di coesione 2014-2020, per l'attuazione del cosiddetto «Piano stralcio Cultura e Turismo» ai sensi dell'articolo 1, comma 703, lettera d), legge n. 190 del 2014;

   tra gli interventi proposti nel Piano Stralcio, «Macro-aggregato 2 – Sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste)» vi è anche quello per rafforzare gli itinerari e i percorsi già attivati nei territori interni per intercettare anche il turismo religioso;

   con l'atto del Governo n. 372 è stato definito il Piano stralcio di sviluppo del turismo in Italia 2017-2022 in merito al quale, il 15 settembre 2016 la Conferenza Stato-regioni ha espresso parere favorevole;

   nell'Obiettivo Specifico 3 e nelle linee d'intervento A.3.2. e A.3.3. si pone la finalità di incentivare attività compatibili con la valorizzazione dei «Cammini» quali sono, appunto, quelli lauretani;

   con la legge di stabilità 2015 sono stati stanziati 3 milioni di euro per il finanziamento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle azioni previste nella legge «Sblocca Italia», per il miglioramento della mobilità lungo i principali «Cammini»;

   l'articolo 22 del decreto-legge n. 189 del 2016 ha poi previsto l'elaborazione di uno specifico Programma di sviluppo del turismo nelle regioni colpite dal sisma dal 24 agosto 2016;

   la valorizzazione della Via Lauretana rappresenterebbe un significativo volano per promuovere le Marche, la regione più colpita dagli eventi sismici del 2016 e 2017, come un vero e proprio «museo diffuso» e sarebbe anche un'occasione di valorizzazione delle ricchezze paesaggistiche e di riscoperta del vasto patrimonio enogastronomico e artigianale locale –:

   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere per agevolare, con finanziamenti dedicati, la realizzazione del progetto dei «Cammini lauretani» e delle opere necessarie per assicurare la migliore ospitalità ai pellegrini lungo il percorso e nel comune di Loreto, loro mèta.
(4-17760)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, BASILIO, FRUSONE e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di giugno 2018 vi saranno le elezioni per eleggere il prossimo presidente del Comitato militare della Nato; tra la rosa dei pretendenti, come si apprende da fonti esterne, figura anche il generale Claudio Graziano, 63 anni, capo di Stato maggiore della difesa; il generale Graziano, che ambisce al prestigioso incarico in conclusione della sua carriera, è indubbiamente supportato dal Governo; infatti nel gennaio 2017 il suo mandato è stato prorogato dal Consiglio dei ministri, evitando che andasse in pensione alla scadenza del mandato e consentendogli di essere in servizio per concorrere all'ambito incarico –:

   alla luce della situazione di cui in premessa, se il Ministro interrogato intenda fornire elementi in merito.
(4-17754)


   CORDA, BASILIO, FRUSONE e RIZZO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apparse sulle testate giornalistiche sembrerebbe che alcuni fedelissimi della Ministra interrogata siano in procinto di acquisire nuovi incarichi, tra questi Fausto Recchia, che della Ministra è stato capo della segreteria tecnica nel 2014 per poi essere nominato amministratore delegato di Difesa Servizi Spa, controllata dal Ministero della difesa; ad oggi il suo mandato è in scadenza; per lui potrebbe arrivare un posto in Finmeccanica;

   stessa sorte per Simone Mazzucca, assistente della Pinotti, che potrebbe trovare un posto in Finmeccanica e che, nel frattempo, continua ad organizzare l'agenda del Ministro –:

   alla luce della situazione sopra descritta, se trovino conferma le notizie riportate dagli organi di stampa.
(4-17774)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GEBHARD. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 ha introdotto un regime speciale di tassazione per i lavoratori rimpatriati, stabilendo i requisiti per poter usufruire dell'agevolazione;

   nel periodo d'imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi d'imposta successivi, il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70 per cento del suo ammontare, ma solo a decorrere dal periodo d'imposta 2016;

   l'articolo 1, comma 150, lettera a), numero 1), della legge n. 232 del 2016 ha reso applicabili le agevolazioni anche al periodo d'imposta d'imposta 2017 e le ha estese ai redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia, diminuendo l'imponibilità dal 70 per cento al 50 per cento solo a decorrere dall'anno 2017;

   non sembra chiaro se i percipienti di redditi di lavoro autonomo, che sono stati inclusi nell'agevolazione soltanto dal periodo di imposta 2017, che si sono trasferiti in Italia nel 2016, possano beneficiare del regime speciale di tassazione a partire dal periodo di imposta 2017 e per i tre periodi d'imposta successivi;

  se così non fosse vi sarebbe una evidente disparità di trattamento tra i soggetti che si sono trasferiti e hanno iniziato un'attività da lavoro autonomo in Italia nel 2016, che non potrebbero usufruire dell'agevolazione, e i soggetti che si sono trasferiti e hanno iniziato un'attività da lavoro autonomo in Italia nell'anno 2017, che potrebbero invece usufruire del regime speciale;

   più in generale, si rammenta che le agevolazioni per i soggetti rimpatriati (decreto-legge n. 78 del 2010 ancora in vigore e legge n. 238 del 2010, modificata dal decreto legislativo n. 147 del 2015) agevolano già dal periodo d'imposta 2011 il cosiddetto «rientro dei cervelli» espressamente anche per i lavoratori autonomi, con il paradosso che resterebbero esclusi unicamente i lavoratori autonomi rientrati nel 2016 –:

   se intenda assumere iniziative per chiarire che, nel caso in cui una persona fisica abbia trasferito la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del testo unico sulle imposte sui redditi nell'anno 2016, rispettando i requisiti disposti dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015, e abbia iniziato un'attività come lavoratore autonomo in Italia nell'anno 2016, aprendo una partita Iva, possa beneficiare della parziale imponibilità del reddito da lavoro autonomo prodotto in Italia pari al 50 per cento per il periodo d'imposta 2017 e i tre periodi d'imposta successivi.
(5-12154)


   PAGLIA, FASSINA, PANNARALE, MARCON e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ad un anno esatto dalla problematica operazione di fusione con Tercas, la Banca Popolare di Bari, considerata per i suoi settantamila azionisti e tremilacinquecento dipendenti il più grande istituto di credito del Mezzogiorno, si trova nel vortice di una vicenda giudiziaria destinata a disturbare il sonno di molti risparmiatori e azionisti;

   l'ultima inchiesta in ordine di tempo vede iscritti nel registro degli indagati i vertici dell'istituto pugliese ai quali vengono contestati i seguenti capi d'imputazione: associazione per delinquere, truffa, ostacolo all'attività della Banca d'Italia e false dichiarazioni nel prospetto informativo depositato alla Consob, ai quali aggiungere, a carico di alcuni di essi, i reati di concorso in maltrattamenti ed estorsione; la stessa inchiesta ha fatto inoltre emergere anni di gestione discutibile, caratterizzata di gravi perdite di bilancio e prestiti elargiti anche con dubbie giustificazioni, tutte circostanze per le quali è chiamato sul banco degli imputati quel modello chiuso di gestione che sin dal 1960, anno di fondazione dell'istituto barese, ha visto avvicendarsi al suo ponte di comando solo membri della famiglia Jacobini;

   qualora le accuse fossero suffragate, i soci potrebbero valutare di chiedere un risarcimento per il danno subito da un investimento effettuato sulla base di dati non veritieri e pertanto rivelatosi più rischioso di quanto i prospetti, alterati, facessero pensare, con pesanti ripercussioni sia sull'economia pugliese sia sul mercato azionario, stante il valore pari al miliardo dei titoli distribuiti, ed il rischio, tutt'altro che remoto, che si inneschi un'altra crisi bancaria dagli esiti imprevedibili, stavolta in grado di travolgere le già precarie condizioni dell'economia meridionale;

   al di là degli sviluppi giudiziari dell'intera vicenda e tenuto conto che il susseguirsi negli ultimi tempi di episodi di crisi nel sistema bancario, che hanno coinvolto diversi ed importanti istituti di credito italiani, ha lasciato sul campo una enorme massa di risparmiatori che hanno visto in modo drammatico ridimensionare o, peggio, perdere tutti i loro risparmi, il timore degli interroganti è che nel frattempo tra i clienti della Banca Popolare di Bari si generi panico ed un'inarrestabile corsa agli sportelli per ricevere chiarimenti sulla sicurezza dei loro investimenti o, addirittura, al fine di evitare il trattamento deteriore riservato in precedenza alle tante vittime del risparmio tradito, per recuperarli –:

   quali siano a tutt'oggi gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, sotto il profilo della governance e della solidità patrimoniale dell'istituto bancario in premessa.
(5-12155)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sulla base di una segnalazione proveniente dalla direzione centrale accertamento dell'Agenzia delle entrate, un contratto di locazione tra il proprietario dell'immobile e l'agente di assicurazioni risulta trilatere, in quanto la compagnia di assicurazioni mandataria desidera che sia inserita nel contratto in forma scritta una clausola di subentro nello stesso, qualora, per qualsiasi motivo, si risolva il mandato tra la compagnia di assicurazioni e l'agente;

   al canone di locazione viene pagato integralmente dal conduttore, ovvero l'agente di assicurazioni, tuttavia l'interrogante segnala che l'Agenzia delle entrate ritiene che lo stesso conduttore non possa portare in detrazione come costi le somme pagate, perché il contratto prevede la clausola di subentro a favore della compagnia di assicurazione e contesta, quindi, le dichiarazioni dei redditi dell'agente-conduttore, chiedendo la restituzione di quanto portato in detrazione, più penali interessi e spese;

   l'interrogante evidenzia al riguardo che è una prassi, per molte compagnie di assicurazioni, far utilizzare questa clausola all'interno dei contratti al rilascio del mandato agenziale all'agente di assicurazioni e rileva, inoltre, come la fattispecie sopra esposta possa determinare un precedente, consentendo di conseguenza all'Agenzia delle entrate di agire allo stesso modo su tutte le agenzie di assicurazione che utilizzano questa clausola nel contratto di locazione;

   l'interrogante evidenzia, infine, che le compagnie di assicurazione adottano tale clausola esclusivamente al fine di tutelare il presidio territoriale e l'organizzazione delle agenzie in caso di risoluzione per giusta causa del mandato con il proprio agente e per garantire la continuità del servizio ai propri clienti –:

   quali orientamenti intenda esprimere in merito, sulla base delle osservazioni esposte in premessa.
(5-12156)


   MARCO DI MAIO e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate sembrerebbero aver contestato e ripreso a tassazione la detrazione fiscale per ristrutturazione relativa ad alcuni immobili, sostenendo che la detrazione in esame possa essere riconosciuta ed erogata soltanto ad avvenuta ultimazione dei lavori dell'intero fabbricato;

   la guida dell'Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie, aggiornata al 14 giugno 2017, specifica che per ottenere la detrazione fiscale è necessario che l'immobile sia assegnato entro 18 mesi dalla comunicazione di fine lavori, e che la ristrutturazione riguardi il fabbricato nel suo complesso; non si menziona, tuttavia, la necessità che la comunicazione di fine lavori sia registrata sull'intero fabbricato, e anzi si specifica che la detrazione è legata alla singola unità immobiliare;

   nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 7/E del 4 aprile 2017, si chiarisce che è possibile usufruire della detrazione anche se il rogito è stato stipulato prima della fine dei lavori riguardanti l'intero fabbricato; in tal caso, tuttavia, essendo necessario che si realizzi anche il presupposto costituito dall'ultimazione dei lavori riguardanti il fabbricato nel suo complesso, la detrazione può essere fruita solo dall'anno di imposta in cui detti lavori siano stati ultimati;

   molto spesso i contribuenti interessati dagli avvisi dell'Agenzia delle entrate risultano essere giovani coppie che hanno acquistato casa e hanno pianificato con molti sforzi di mettere in atto una ristrutturazione –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative per sanare eventuali anomalie nell'applicazione della legge, permettendo che le detrazioni in esame vengano riconosciute ai soggetti interessati.
(5-12157)


   SIBILIA e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dalle intercettazioni acquisite dalla Procura di Roma, diffuse di recente dal «Corriere delle Alpi», si apprende che l'avvocato Massimo Malvestio abbia disquisito con Massimo Lembo, dirigente di Veneto Banca, di un'operazione finanziaria da 400 milioni di euro posta in essere dalla Banca popolare di Vicenza che finanziava la società «Optimum» di diritto lussemburghese affinché sottoscrivesse azioni della medesima banca, intestando formalmente le stesse a fondi amministrati da una consociata nell'isola di Malta; per le connesse violazioni normative intervengono la Banca centrale europea e la Consob e si apprende che le autorità maltesi hanno revocato la «licenza ad operare» alla società che gestisce i fondi Optimum; l'avvocato Malvestio dichiara altresì che la stessa operazione è stata proposta anche a Veneto Banca e che gli è stato asserito che l'operazione avrebbe «l'appoggio della Vigilanza»; infine lo stesso Malvestio dichiara che il rifiuto di Veneto Banca a porre in essere l'operazione descritta «(...) sia stato all'origine dei guai con il dottor Barbagallo»;

   quanto dichiarato dall'avvocato Malvestio — qualora dovesse essere confermato, ivi compreso il riferimento al dottor Barbagallo, Capo del Dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia – rappresenta ad avviso degli interroganti non solo una grave violazione delle disposizioni normative di settore, ma altresì una non corretta gestione dei compiti di vigilanza attribuiti alla Banca d'Italia da parte dei propri esponenti, con gravi conseguenze sulla stabilità e sull'efficienza del sistema bancario e finanziario –:

   nel caso in cui il Capo del Dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia dottor Carmelo Barbagallo non abbia esercitato correttamente le proprie competenze in termini di vigilanza in merito alla descritta operazione finanziaria di 400 milioni di euro posta in essere da Banca popolare di Vicenza e qualora dovesse essere confermata l'eventuale interferenza del medesimo – così come dichiarato dall'avvocato Malvestio – nei confronti di Veneto Banca, determinandone l'instabilità economica-finanziaria, se non si intendano avviare le procedure per la revoca del Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ai sensi del comma 8 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005.
(5-12158)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO, QUINTARELLI, MENORELLO, GALGANO e MUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, l'Unione europea e lo Stato italiano affiancano le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario, perché non dispongono di sufficienti garanzie;

   lo scopo di tale garanzia pubblica è quello di sostituirsi, in parte, alle costose garanzie altrimenti richieste alle imprese dagli istituti crediti a fronte della concessione di un finanziamento;

   come prescritto al capoverso E3 delle disposizioni operative del fondo, «sulla quota di finanziamento garantita dal Fondo non può essere acquisita alcuna altra garanzia reale, assicurativa e bancaria. Sulla parte residua del finanziamento possono essere acquisite garanzie reali, assicurative e bancarie, il cui valore cauzionale 73 complessivo, calcolato secondo le percentuali riportate nel paragrafo E.3.17, non superi la quota di finanziamento non coperta dalla garanzia del Fondo»;

   gli interroganti, nel corso di incontri con piccole e medie imprese della provincia di Varese, hanno ricevuto segnalazioni da parte di alcune imprese che si sono viste richiedere, in sede di accesso a crediti garantiti dal fondo, ulteriori garanzie di importo notevolmente superiore alla parte di credito non garantita a livello pubblico, e anzi talvolta anche superiori al 100 per cento della somma richiesta in finanziamento;

   il Sole 24 Ore, già in data 7 dicembre 2013, aveva dato conto di tale situazione, evidenziando il caso di una startup innovativa alla quale, malgrado l'accesso al fondo di garanzia, l'istituto creditizio ha richiesto una fideiussione personale non soltanto eccedente la quota di finanziamento del 20 per cento non coperta dal fondo di garanzia, ma anzi superiore all'intero ammontare dell'operazione, pari a 700.000 euro, nonché un vincolo per il finanziamento soci infruttifero da 2,5 milioni di euro presente in bilancio;

   a fronte di tali condizioni, la garanzia pubblica pare non avere spiegato il massimo di efficacia possibile, potendosi ipotizzare che essa non abbia goduto di una sufficiente fiducia da parte del mondo bancario, con conseguente pregiudizio per la ratio stessa del fondo di garanzia;

   dall'analisi operata dal working paper pubblicato dalla Banca d'Italia nell'aprile 2017, su «garanzie pubbliche sui prestiti alle piccole e medie imprese: una valutazione RDD» si ricava che il regime sia stato efficace nel migliorare i flussi di credito, ma che l'impatto previsto del programma sul costo del credito, sembri materializzarsi solo per le aziende che passano facilmente il cut-off di ammissione –:

   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, in relazione a questa prassi da parte degli istituti bancari e quali iniziative intenda adottare al fine di mitigare la richiesta di ulteriori garanzie alle imprese che accedono al fondo di garanzia, per la parte di finanziamento che già risulti coperta dall'intervento pubblico, nonché per aumentare la platea delle aziende capaci di superare il cut-off di ammissione.
(5-12130)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la vicenda criminosa della Uno Bianca rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella memoria della collettività emiliano-romagnola e non solo, data l'efferatezza dei crimini perpetrati, la durata nel tempo delle azioni criminose e le funzioni di pubblica sicurezza ricoperte dai criminali all'epoca delle stesse;

   Marino Occhipinti prese parte a numerose azioni della banda tra cui l'assalto a un furgone della Coop di Casalecchio di Reno, il 19 febbraio 1988, durante il quale è morta una guardia giurata e per questo è stato condannato alla pena dell'ergastolo;

   Occhipinti, come altri membri della banda, al momento dell'arresto – avvenuto il 29 novembre 1994 – era in servizio presso la squadra mobile di Bologna in qualità di vice-sovrintendente della sezione narcotici della squadra mobile;

   a Marino Occhipinti l'11 gennaio 2012 è stata concessa la semilibertà;

   nello scorso mese di agosto il tribunale di sorveglianza di Padova ha concesso a Occhipinti di trascorrere un soggiorno di una settimana a Breuil, in Val d'Aosta, dove era stato invitato per un'iniziativa di Comunione e liberazione e Cooperativa Giotto, con cui lavora da oltre 15 anni; la notizia del «permesso premio» ha acceso vivaci polemiche sui mezzi di stampa e nell'opinione pubblica;

   ciò che è più grave, ha suscitato le reazioni indignate dell'Associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca che, per bocca della sua presidente, Rosanna Zecchi, ha stigmatizzato la decisione del tribunale con parole dure: «I nostri morti non possono fare quello che vogliono. Sono molto arrabbiata, non trovo che sia giusta una cosa così. Che giustizia è? L'ergastolo deve essere a vita»;

   le leggi hanno validità erga omnes e come tali vanno applicate, tuttavia le vicende giudiziarie relative a eventi delittuosi particolarmente odiosi e di straordinario impatto sull'opinione pubblica, richiederebbero di essere gestite con estrema attenzione e sensibilità ai diritti e ai sentimenti delle vittime –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di approfondire, sul piano normativo, le problematiche sollevate dai familiari delle vittime.
(5-12139)


   TRIPIEDI, DI BATTISTA, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, GRANDE, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, FERRARESI, PESCO, VILLAROSA e ALBERTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Securpol Group s.r.l. è una società operante nel settore della vigilanza privata e trasporto valori, con quasi 1.500 dipendenti diretti e almeno il doppio, considerando l'indotto, operanti in Italia;

   il 19 giugno 2017, il gip del tribunale di Roma ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare per bancarotta fraudolenta aggravata a carico dei tre soci proprietari della Securpol che hanno portato la società ad un dissesto di circa 160 milioni di euro;

   dal momento degli arresti nei confronti dei tre imprenditori, tutti i lavoratori della Securpol non percepiscono più stipendi e contributi. Oltre a questo, i dipendenti continuano a non ricevere comunicazioni da parte dell'amministrazione giudiziaria sulla situazione dei pagamenti loro spettanti. Tali avvisi risultano essere fondamentali per permettere ai lavoratori di andare, per esempio, in banca per rinegoziare o chiedere la sospensione del mutuo e/o per ogni altro aspetto della vita quotidiana;

   il 23 giugno 2017, circa 450 persone, fra dipendenti, guardie giurate e famigliari legati alla società Securpol e giunti da tutta Italia, hanno manifestato pacificamente davanti al tribunale di Roma, rivendicando il loro diritto al lavoro e chiedendo alle autorità competenti la possibilità di affidare l'azienda ad un'amministrazione straordinaria con la capacità di portare continuità all'impresa, salvaguardando tutti i posti di lavoro, in alternativa alla soluzione del pignoramento;

   il 27 giugno 2017, le sigle sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale si sono recate presso il Ministero dell'interno per fare chiarezza su quanto accaduto, ma l'incontro avvenuto ha avuto esito negativo;

   la difficile situazione ha avuto drammatiche conseguenze sui dipendenti rimasti senza impiego. Il 15 agosto 2017, un lavoratore in forte stato di apprensione per la situazione economica a cui sarebbe andato incontro, è stato colto da malore e, condotto all'ospedale di Tor Vergata, è morto di ictus. Le sue preoccupazioni erano state riferite ai colleghi che negli ultimi giorni gli sono stati vicino e che avevano notato in lui un vero e proprio stato di alterazione fisica e psicologica;

   la mattina del 18 agosto 2017, a Ponte Galeria, quartiere di Roma, a poche centinaia di metri dalla sede della filiale italiana della società Securpol, è stato rinvenuto il corpo senza vita di un vigilante in divisa riverso all'interno della sua auto parcheggiata. Il 36enne, che aveva lavorato per una società di vigilanza dello stesso gruppo, si è suicidato sparandosi in testa con una pistola. Ancora ignoti risultano essere i motivi del suicidio, ma particolare coincidenza risulta essere quella che il drammatico gesto è stato compiuto il giorno dopo la sentenza emessa dal tribunale di Civitavecchia che ha sancito la prosecuzione della custodia giudiziaria per ulteriori 30 giorni con la nomina di altri tre custodi giudiziari, prolungando lo stato di totale incertezza e disorientamento per il futuro dei lavoratori dell'azienda;

   il 31 agosto 2017, Enrico Doddi, segretario nazionale del sindacato Ugl, si è incatenato ai cancelli della sede dell'azienda a Roma e ha iniziato uno sciopero della fame, poi terminato il 6 agosto 2017 per motivi di salute, come forma di protesta per le continue vessazioni subite dai lavoratori –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano intervenire al fine di assicurare il regolare pagamento degli stipendi e dei contributi per tutti i lavoratori della sopraindicata società Securpol Group;

   se non intendano assumere ogni iniziativa di competenza per evitare la procedura di pignoramento e favorire soluzioni che consentano la continuità dell'impresa e la salvaguardia di tutti i posti di lavoro.
(5-12161)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATRIZIA MAESTRI e ROMANINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere di massima sicurezza di Parma ospita attualmente circa 600 detenuti, tra cui diversi condannati per delitti di estrema gravità. Attualmente, i detenuti condannati alla pena dell'ergastolo nel carcere di Parma sono più di 100, molti dei quali condannati all'ergastolo ostativo. All'interno della casa di reclusione sono presenti anche detenuti in regime di «alta sicurezza» e di «41-bis», tra di loro, il boss mafioso Salvatore Riina;

   la capienza regolamentare del carcere è di 429 persone, un numero ben più limitato di quelle attualmente e abitualmente detenute;

   a causa del sovraffollamento, alcuni detenuti della sezione di media sicurezza sono costretti a permanere nelle celle di isolamento anche dopo la fine della sanzione disciplinare. Non ci sono infatti posti disponibili per farli rientrare in sezione;

   nella giornata del 25 agosto 2017 i detenuti della sezione circondariale hanno inscenato una protesta, rifiutando di rientrare nelle loro celle. La protesta, legata alla scarsa qualità del vitto, è terminata soltanto alla sera, dopo ripetute tensioni tra agenti di custodia e detenuti;

   all'interno del carcere di Parma sono presenti detenuti che richiedono livelli di sorveglianza molto alti, richiesta cui è difficile fare fronte con il personale di polizia penitenziaria attualmente disponibile e nella attuale situazione di cronico sovraffollamento;

   alcuni detenuti ospitati nella casa circondariale ed attualmente in attesa di giudizio sono sotto stretta sorveglianza, in quanto si ritiene probabile una loro radicalizzazione, un pericolo da non sottovalutare visti i ripetuti allarmi per il proselitismo da parte del terrorismo internazionale all'interno delle carceri;

   nel corso del 2017 due detenuti si sono tolti la vita all'interno della sezione di media sicurezza, che soffre del maggior sovraffollamento;

   le organizzazioni sindacali e il Garante delle persone sottoposte a misure limitative della libertà personale del comune di Parma, Roberto Cavalieri, hanno evidenziato la drammatica carenza di personale all'interno del carcere di Parma, dove attualmente sono operativi meno di quattrocento agenti di custodia (tra i quali circa cento non in servizio attivo) contro i cinquecento previsti. Gli operatori lamentano, proprio a causa della carenza di personale, un forte stress lavorativo;

   a causa della carenza di personale non è possibile garantire la sicurezza all'interno del carcere, dove spesso un solo agente è chiamato a sorvegliare due sezioni, per un totale di 100 detenuti, e non è possibile garantire adeguati interventi e corretta sorveglianza nelle ore serali e notturne –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di sovraffollamento di detenuti e di carenza di personale in servizio presso il carcere di Parma e di quali iniziative intenda farsi promotore per porre fine a questa drammatica situazione.
(4-17747)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi si è consumato nella casa circondariale di Fuorni l'ennesimo episodio di violenza ai danni della polizia penitenziaria;

   autore del pestaggio un detenuto di origini marocchine che si è scagliato contro due agenti, provocando ad uno la rottura del setto nasale e all'altro lesioni al volto; anche un terzo agente è stato colpito, con un calcio;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, l'autore era stato trasferito dal carcere di Poggioreale, per motivi di ordine e sicurezza;

   il pestaggio è avvenuto nella prima sezione del carcere, quella dei reati comuni, in cui è maggiore il sovraffollamento e dove vige il regime delle carceri aperte;

   dura la denuncia del segretario del Sappe, Emilio Fattorello: «Da tempo nella casa circondariale di Salerno la prima sezione è terra di nessuno e i detenuti, con arroganza, si pongono in maniera violenta. I pochi uomini in servizio nei reparti detentivi a fatica riescono a garantire la legalità, mentre in altri settori il personale abbonda come già denunciato dal Sappe»;

   la situazione, già oggetto dell'interrogazione n. 4-16408 presentata dall'interrogante, è preoccupante e occorre una presa d'atto del problema –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere per far fronte alla carenza di organico nelle case circondariali e consentire agli agenti di polizia penitenziaria di operare in sicurezza; quali iniziative di competenza intenda assumere per accertare se l'episodio di violenza sopra riportato sia connesso all'attuazione del nuovo regime di custodia attenuata.
(4-17758)


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   i ragazzi che per diverse ragioni vengono affidati a case famiglia hanno sempre alle spalle situazioni complesse, spesso ad alta conflittualità familiare, per cui richiedono una particolare attenzione, anche per quanto riguarda la loro condizione fisica. Non sempre però trovano nella casa famiglia la giusta attenzione a questi aspetti, in cui si intrecciano strettamente elementi di natura biologica con fattori di natura psicologica ed emotiva. La loro condizione è ancor più problematica quando si tratta di adolescenti, le cui reazioni non sono sempre facili da decodificare in modo corretto;

   Giulia J. ha alle spalle una di queste storie difficili da riassumere in poche linee, ma ancor più difficili da credere, considerando l'apparente ostilità della struttura nei suoi confronti. Attualmente, Giulia ha 13 anni e i suoi genitori sono separati da oltre 9 anni; dopo un lungo periodo di affidamento alla madre, due anni fa la bambina è stata trasferita in una casa famiglia a Roma, presso le suore calasanziane. Motivo del trasferimento sarebbe la presunta non disponibilità della madre a facilitare gli incontri con il padre. Incontri che la bambina avrebbe rifiutato sistematicamente. Tornata a vivere con la madre nell'agosto del 2016, ha potuto frequentare con successo la seconda media, facendosi delle amiche e recuperando lo stile di vita sufficientemente normale di una adolescente. Ma nel maggio di quest'anno, alla vigilia degli esami, è stata nuovamente prelevata e condotta in una casa famiglia, questa volta a Capranica, nella struttura Nuova casa famiglia Rosa Luxemburg, impresa sociale, dove la ragazza ha mostrato visibili segni di sofferenza;

   al distacco dalla casa della madre, in cui c'è la sua stanza con tutti gli oggetti che le sono cari, ha fatto seguito la decisione di farle cambiare scuola, con conseguente abbandono dei suoi amici e di tutti i rapporti costruiti in precedenza. Né le è di aiuto la maggiore vicinanza del padre, che risiede a Carbognano, in provincia di Viterbo, e di cui lei avrebbe più volte messo in evidenza quei comportamenti ambigui che motivano il suo rifiuto. Le sarebbe stato tolto il telefonino per lunghi periodi, come misura di punizione, ma di fatto creando un isolamento ancor più marcato;

   sarebbero apparsi disturbi che si traducono in una sorta di mutismo elettivo; una disforia dell'umore che è ben più accentuata di quanto accade alla maggioranza delle adolescenti, irregolarità nel ciclo mestruale, e disturbi del comportamento alimentare, con un rifiuto a mangiare quanto le viene presentato, con la classica giustificazione del «non mi piace». Come conseguenza sarebbe dimagrita di alcuni chili in questi mesi estivi, nei quali per altro non ha fatto alcuna vacanza;

   ciò nonostante, a quanto consta agli interroganti, finora nessun medico avrebbe visto la bambina; nessuna diagnosi sarebbe stata posta e di conseguenza nessun trattamento sarebbe stato avviato;

   le incaricate della struttura e i servizi sociali di competenza tenderebbero, per quanto risulta agli interroganti, a sottovalutare il disagio che genera i comportamenti della bambina, la quale in alcuni casi avrebbe manifestato l'impossibilità di andare avanti in questo modo e il desiderio di farla finita;

   sarebbe necessario ed urgente che la ragazza sia visitata da un medico specialista, così come da lungo tempo la madre richiede, anche per dare concretezza ad un suo diritto: il diritto a ricevere le cure di cui ha bisogno –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda esposta in premessa e se non intenda assumere le iniziative di competenza per implementare la disciplina in materia di affidamento dei minori a case famiglia in funzione del superiore interesse dei minori medesimi e della salvaguardia della loro salute psico-fisica.
(4-17770)


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 31 luglio 2017, un uomo di 36 anni, Francesco Mezzega, ha ucciso, strangolandola, la fidanzata ventunenne, Nadia Orlando, successivamente girovagando per ore con il cadavere della sua vittima nella propria autovettura prima di andarsi a costituire presso un presidio della polizia stradale situato a Palmanova;

   l'omicida ha confessato il brutale assassinio della fidanzata alle autorità di pubblica sicurezza;

   l'8 giugno 2016, a Spilimbergo aveva avuto luogo un altro omicidio di simile natura, di cui era rimasta vittima una giovane, Michela Baldo, uccisa dall'ex fidanzato, Manuel Venier, a colpi d'arma da fuoco;

   l'allarme sociale nei confronti del fenomeno che viene ormai identificato nel linguaggio corrente come femminicidio è significativamente aumentato in tutta la zona in cui sono occorsi i due fatti di sangue sopra generalizzati;

   ciò nonostante, a Francesco Mezzega è stato accordato il beneficio degli arresti domiciliari –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative normative per evitare che gli autori di crimini tanto efferati e temuti dalla collettività, specialmente se rei confessi, siano in futuro ammessi a misure alternative alla detenzione e ad altri benefici.
(4-17775)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con 157 chilometri e un'utenza pari a circa 4.000 passeggeri giornalieri, la ex Ferrovia centrale umbra (Fcu) è una linea a scartamento ordinario in concessione, il cui tracciato si snoda quasi totalmente nel territorio dell'Umbria;

   regione Umbria e Rete ferroviaria italiana hanno siglato un accordo che ha comportato il passaggio dell'ex Fcu in concessione e gestione fino al 2022 e che prevede l'incremento della capacità di traffico sulla linea ferroviaria umbra, il potenziamento dei collegamenti con Roma e le Marche, nonché investimenti per la messa in sicurezza e la riqualificazione della rete;

   a gennaio 2017 l'assessore regionale ai trasporti dell'Umbria, Chianella, aveva ufficializzato la chiusura della tratta Perugia Sant'Anna-Ponte San Giovanni per lavori di elettrificazione della linea. La durata prevista dei lavori era di 800 giorni per una spesa complessiva di 19 milioni di euro. Nel frattempo, BusItalia aveva messo a disposizione bus sostitutivi per permettere a studenti, lavoratori e viaggiatori di collegarsi con la stazione di Ponte San Giovanni;

   questa chiusura è andata ad aggiungersi a quella della linea Città di Castello-Umbertide che, ormai, è da oltre un anno fuori servizio nonostante le ripetute proteste dei pendolari e le sollecitazioni pervenute dai sindaci dell'Alta Valle del Tevere;

   tuttavia, la scorsa settimana, ovvero alla ripresa dell'attività dopo la pausa estiva, la presidente della regione Umbria Marini e l'assessore Chianella hanno annunciato che, proprio a seguito della necessità di mettere in sicurezza e rimodernare l'intero tracciato della ex Ferrovia centrale umbra, l'infrastruttura verrà interamente chiusa a partire dal 12 settembre 2017 e i servizi saranno sospesi fino al termine dei lavori;

   non è stato, però, precisato né il tipo e la durata degli interventi né l'entità dei costi da sostenere;

   nel frattempo, BusItalia ha pubblicato gli orari degli autobus che andranno a sostituire i treni e che permetteranno a pendolari, studenti e turisti di raggiungere le principali città toccate dalla ex Fcu: ci saranno ventotto corse tra Sansepolcro e Sant'Anna e venticinque a ritroso sullo stesso percorso. Venti tra Temi e Perugia e ritorno con orari che vanno dalle 5 del mattino alle 21,30 circa;

   la chiusura dell'intera linea ex Fcu ha scatenato le proteste da parte dei pendolari che subiranno notevoli disagi, in quanto gli autobus sono comunque soggetti ai flussi di traffico e quindi non garantiscono la puntualità e l'efficienza delle corse in treno;

   la ex Ferrovia centrale umbra svolge, da oltre un secolo, un ruolo di primaria importanza nel collegamento tra le diverse zone della regione ed è stata un'alternativa fondamentale che ha alleggerito il traffico stradale con effetti incisivi sui livelli di inquinamento –:

   quale sia il cronoprogramma dei lavori che interesseranno la linea ferroviaria ex Fcu e quale sarà la spesa complessiva per portarli a termine.
(5-12126)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel progetto Quadrilatero Marche lo svincolo di Serra San Quirico permette il collegamento alla grande arteria sia in direzione nord che in direzione sud e la piena funzionalità dello stesso è condizionata alla realizzazione di opere stradali in parte a carico della Quadrilatero ed in parte di competenza di Rete ferroviaria italiana (RFI), nel contesto del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Orte-Falconara;

   ad oggi non risultano atti concreti che lascino presumere un cronoprogramma definito per l'attuazione degli impegni assunti da RFI –:

   a che punto siano i lavori dell'uscita di Serra San Quirico, anche in considerazione del mancato raddoppio, ad oggi, della linea ferroviaria Orte-Falconara Marittima;

   quale sia lo stato dei lavori e per quando sia prevista l'ultimazione dell'intero tratto Serra San Quirico-Fabriano-Fossato Di Vico-Valfabbrica-Perugia.
(5-12128)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2017 è risultato davvero complicato viaggiare lungo la tratta ferroviaria Ancona-Roma e Roma-Ancona;

   vanno riconosciuti certamente alcuni importanti miglioramenti apportati relativamente ai mezzi e ai tempi di percorrimento della stessa tratta;

   è positiva l'inaugurazione del doppio binario sulla tratta Montecarotto-Castelbellino-Castelplanio-Cupramontana;

   la tratta Orte-Falconara è una delle infrastrutture più importanti e strategiche per la regione Marche, un vero ponte fra Ancona e Roma, fra l'Adriatico e il Tirreno. Sarebbe opportuno aprire presto nuovi cantieri;

   tuttavia, anche se Trenitalia «sbandiera» un indice di affidabilità del 99,1 per cento per la tratta regionale, quando si parla dei collegamenti da Roma e per Roma, la situazione è profondamente diversa. Ogni viaggio in tale tratta può trasformarsi in un'odissea e arrivare in ritardo ormai è un'opzione che i pendolari hanno messo in conto;

   l'ultimo drammatico viaggio si è consumato l'8 agosto 2017 sul Freccia Bianca Roma-Ancona. Il treno Freccia Bianca Roma-Ravenna è partito alle ore 16.55 e varie volte a Orte è stato deviato con motivazioni diverse verso la linea Terontola per poi tornare a Foligno. La deviazione avrebbe dovuto, secondo l'annuncio, allungare il viaggio di circa 40 minuti, mentre la percorrenza supplementare è stata di oltre 1 ora e 30;

   il risultato è stato che da Roma a Falconara la durata del viaggio già allungata in origine a 3,5 ore anziché 2,45 - è stata di oltre 5 ore. Inoltre, il vagone ristorante è risultato spesso sprovvisto di generi alimentari primari, nonostante la pubblicità dagli altoparlanti, trovandosi addirittura senza acqua e caffè come il giorno precedente. Le motivazioni addotte sono state diverse e varie: dall'impossibilità di rifornimento a Terni, vista la deviazione a Orte, al rilevamento di furti nel magazzino della ditta fornitrice di Ravenna che, da oltre un mese, non sarebbe in grado, a quanto risulta all'interrogante, di rifornire il convoglio;

   particolarmente significativo risulta essere anche quanto accaduto il 21 agosto 2017 ai viaggiatori dell'intercity 541 partito da Ancona alle ore 15 e 32;

   l'arrivo previsto del treno alla stazione Roma Termini era alle ore 19 e 02, ma l'intercity è arrivato a destinazione che erano quasi le ore 22 e 15’, con 190 minuti di ritardo. Il viaggio si era subito complicato per un guasto al locomotore che aveva costretto il treno a fermarsi alla stazione di Jesi. La maggior parte dei 120 passeggeri ha capito che l'attesa sarebbe stata lunga e ha preferito di continuare il viaggio sui treni locali che seguivano sulla stessa tratta per Fabriano-Roma;

   ma i venti viaggiatori rimasti a bordo hanno dovuto attendere che arrivasse un nuovo locomotore per ripartire, una pausa che si è protratta per 175 minuti. Sono quindi arrivati a Roma dopo sette ore di viaggio – ha raccontato una passeggera;

   la linea ferroviaria Ancona-Roma continua ad inanellare viaggi in ritardo, puntualmente annotati sul blog «Disservizio pubblico» in cui i pendolari della tratta segnalano le loro disavventure;

   anche il lunedì precedente lo stesso Intercity 541 Ancona-Roma, era arrivato con 35 minuti di ritardo per guasto alla linea direttissima. E sabato 12 agosto il Frecciabianca 8853 Ravenna-Roma era arrivato nella capitale con tre quarti d'ora di ritardo –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa nel rispetto di quanti scelgono di avvalersi del servizio ferroviario e che hanno diritto a tempi certi di percorrenza di una tratta e a condizioni di viaggio decorose.
(5-12132)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi Alitalia ha reso noto, tramite specifica lettera, una programmazione che non contiene le tre frequenze da Ancona per Roma (3 andate e 3 ritorni);

   l'ufficio commerciale di Aerdorica ha immediatamente contattato il network Alitalia che ha confermato la decisione di togliere quelle frequenze;

   questi voli rimarrebbero in essere fino alla fine di ottobre 2017 poi il nulla. È chiaro che per Aerdorica sarebbe un colpo mortale poiché il piano industriale si regge sulle compagnie aeree che portano fatturato e perdere questi voli significa perdere 800 mila euro di fatturato circa;

   sapendo che è in atto un giudizio del tribunale fallimentare di Ancona sulla sostenibilità economica di Aerdorica, se viene meno questo fatturato, l'aeroporto va incontro ad oggettivi rischi tra i quali il fallimento;

   è in atto con l'amministratrice unica una serrata trattativa sul contenimento del costo del lavoro per scongiurare il fallimento e conseguentemente la perdita di posti di lavoro;

   sarebbe un duro colpo anche per la regione Marche, provata dal terremoto del 2016, caratterizzata da un tessuto economico di piccola e media impresa;

   questa decisione, se esecutiva, oltre a comportare il licenziamento di molti dipendenti dello scalo marchigiano, penalizzerebbe gravemente una vasta area già pesantemente deficitaria di collegamenti infrastrutturali adeguati –:

   quali siano le iniziative di competenza che il Governo intenda assumere nell'immediato per scongiurare l'attuazione di una tale gravissima decisione.
(5-12141)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione della terza corsia dell'A14, Bologna-Ancona-Bari-Taranto, ha interessato quasi l'intero territorio marchigiano;

   per il raggiungimento di tale obiettivo sono state costruite numerose infrastrutture pubbliche come bretelle, complanari, opere compensative, dalle strade di accesso ai boschi urbani ad altre ancora, in particolare nuovi caselli di uscita e di ingresso;

   fra i nuovi caselli autostradali si annovera anche quello di Montemarciano: il nuovo casello autostradale di Montemarciano non ha alcun collegamento diretto con la strada statale Adriatica 16;

   appare a dir poco anomalo o forse inutile il cavalcavia di attraversamento dell'A14 nei pressi del succitato nuovo casello che sbocca su una stradina bianca di campagna, stretta, sconnessa, fangosa o polverosa a seconda delle stagioni –:

   se non ritenga di intervenire nei confronti della Società Autostrade per far sì che si realizzi un collegamento fra il nuovo casello autostradale e la strada statale Adriatica 16, magari utilizzando il suddetto cavalcavia e, se necessario e fattibile, anche la stradina esistente, ovviamente adeguandola e sistemandola;

   se sia stato valutato che soprattutto i mezzi pesanti in assenza di un idoneo collegamento sono costretti a percorrere o il centro abitato di Marina di Montemarciano o quello di Chiaravalle;

   se, dopo aver sostenuto i costi della realizzazione del nuovo casello con la relativa viabilità e le opere accessorie, nonché un cavalcavia che finisce in una strada di campagna, al momento né pienamente funzionale per le ragioni sopra esposte né tanto meno adeguatamente valorizzato, siano state portate avanti azioni di sollecito nei confronti della Società Autostrade e comunque quali iniziative si intendano assumere per rispondere agli utenti dell'autostrada e ai bisogni delle comunità e per rendere efficace, efficiente e rispettosa del cittadino contribuente la spesa pubblica.
(5-12148)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con le interrogazioni n. 5/09761 e n. 5/09934, l'interrogante ha posto all'attenzione del Governo la politica di assunzioni avviata da società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, mirante a reclutare un elevato numero di macchinisti già formati e operanti in aziende concorrenti;

   come più ampiamente evidenziato in tali atti ispettivi, in caso di esito positivo delle procedure di reclutamento, le imprese di provenienza dei macchinisti perderebbero percentuali anche molto rilevanti del loro personale qualificato e vedrebbero gravemente compromessa la loro capacità di rispettare i contratti già in essere o addirittura di sopravvivere nel breve termine, in ragione dei lunghi tempi richiesti per la formazione di nuovi macchinisti;

   l'interrogante, preoccupato dagli effetti anticoncorrenziali dell'operazione, aveva evidenziato come allo stesso risultasse che SerFer disponesse di ben 50 macchinisti formalmente in esubero, e che la divisione Cargo di Trenitalia avesse la disponibilità di 338 unità di personale di condotta, recuperati da riorganizzazione per il nuovo progetto Mercitalia;

   nella risposta del Governo alla seconda interrogazione citata, si comunica che Trenitalia riferisce «di procedere alle assunzioni del personale necessario per le attività dell'azienda nell'osservanza della normativa vigente in materia e con modalità tali da garantire il pieno rispetto delle corrette dinamiche concorrenziali» e che «la stessa azienda ricorre sempre — prioritariamente — alla mobilità interna al Gruppo FS Italiane, tenendo conto di tutte le risorse che si rendono disponibili nei diversi profili professionali richiesti», il Governo ha affermato altresì che «allo stato attuale, la Divisione Cargo di Trenitalia non dispone di personale di condotta in eccesso, né risulta che presso la Società Serfer vi siano macchinisti in esubero»;

   tuttavia, con proprio comunicato del 10 luglio 2017, Uiltrasporti ha evidenziato di aver richiesto, fin dall'inizio della costituzione di Mercitalia Logistic, l'acquisizione degli equipaggi Serfer in Marcitalia Rail (MIR), «non comprendendo la scarsa utilizzazione degli equipaggi in Serfer e la carenza di tale personale in MIR; mancanze che tuttora creano notevoli difficoltà alle attività di trasporto di MIR e un danno economico agli equipaggi di Serfer»;

   Uiltrasporti ha concluso ritenendo «inconcepibile che MIR sia costantemente alla ricerca di personale esterno (PdM e TPT vedi ultime assunzioni) e non utilizzi lavoratori, di pari qualifica, già in forza nel Gruppo FSI»;

   risulta all'interrogante che, anche al momento attuale, siano in corso, da parte di società del gruppo Ferrovie dello Stato, attività di reclutamento di personale già in servizio presso imprese concorrenti del settore merci, al fine di destinarlo, fra l'altro, al servizio passeggeri regionale, con significative ricadute sulla disponibilità di forza lavoro qualificata delle imprese merci in questione –:

   se il Governo, sulla base degli ulteriori elementi forniti, non ritenga di convocare un tavolo tecnico, con la partecipazione di tutti gli operatori interessati, sia per il trasporto ferroviario merci che per quello passeggeri, al fine di gestire la vicenda conformemente agli obiettivi di mantenimento ed espansione dei treni-chilometri movimentati e senza provocare una lesione della libera e leale concorrenza tra gli operatori.
(5-12150)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   per molti anni il MoVimento 5 Stelle di Ancona, si è battuto per avere trasparenza sul project financing «uscita ovest» di Ancona, la strada di collegamento tra il porto e l'autostrada, alla luce delle rilevanti conseguenze ambientali, i rischi frana per l'area ma soprattutto i dubbi sul piano economico finanziario che nessuno ha voluto rendere pubblico;

   la copia della convenzione firmata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recapitata alla deputata Donatella Agostinelli, conteneva dati inverosimili sul piano economico-finanziario che si reggeva su un traffico sovrastimato (fino a 22 milioni di veicoli contro i 350.000 annualmente transitanti da e per il porto) ed alcune clausole che prevedevano la possibilità del privato (Salini-Impregilo) di abbandonare i lavori per qualsiasi motivo ed incassare dallo Stato penali di decine e decine di milioni di euro, oltre che sgravi fiscali fino al 50 per cento del costo dell'opera (circa 500 milioni di euro in base al progetto del 2005) o mediante contributi dello Stato;

   grazie al lavoro del capogruppo del Movimento ad Ancona, Andrea Quattrini, insieme a «Sinistra per Ancona» e ai comitati di cittadini, fatto di interrogazioni, comunicati e conferenze stampa, la questione è stata portata sulla stampa nazionale e il Ministero dell'economia e delle finanze ha dovuto «bocciare» la convenzione, rimandandola al mittente, l'architetto Coletta, responsabile del procedimento per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché responsabile della vigilanza sulle autostrade, affinché apportasse le necessarie modifiche;

   tolte le clausole che avrebbero costretto lo Stato a sperperare centinaia di milioni di euro di fondi pubblici, visto che il piano economico finanziario del project financing era in sicura perdita per i dati di traffico completamente erronei, il Ministro interrogato ha definitivamente «bocciato» l'opera, dichiarando in diretta TV che «Il project financing non stava in piedi»;

   successivamente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha deciso di venire incontro alle esigenze del porto di Ancona e finanziare una strada alternativa e meno costosa. Per siglare l'accordo con regione, comune e Rfi, il Ministero ha preparato un protocollo di intesa dove, tra le premesse, era inserita una frase che attribuiva al comune di Ancona la responsabilità di aver bloccato l'uscita ovest, parole che avrebbero esposto il comune ad una richiesta di risarcimento milionaria e non dovuta. La frase è stata poi modificata. In seguito ad un accesso agli atti presentato dal capogruppo del MoVimento 5 Stelle Andrea Quattrini, si è scoperta una mail dove l'assessore diceva di aver fatto cambiare «la frase di Coletta»;

   è stata depositata un'interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, per chiedere al Ministro interrogato come sia possibile che un funzionario dello Stato possa aver tentato di inserire quella frase e come si giustifichi che un funzionario possa continuare a ricoprire quel ruolo e quali provvedimenti intenda assumere;

   da fonti stampa si apprende che vi sarebbero novità nelle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per effetto della rotazione degli incarichi prevista dalla riforma della pubblica amministrazione: pare quindi che Enrico Maria Pujia lascerà la guida della direzione generale porti e navigazione (in sostanza, il principale riferimento istituzionale nel Governo per l'economia marittima) per la direzione trasporto e infrastrutture ferroviarie attualmente guidata da Antonio Parente, e il posto di Pujia sarebbe preso da Mauro Coletta, lo stesso dell'uscita ovest e delle clausole capestro –:

   se risponda al vero quanto appreso da fonti di stampa sulle nomine;

   quali competenze abbia l'architetto Coletta per meritare detto incarico;

   se non si ritenga sussistono piuttosto i presupposti per promuovere iniziative disciplinari nei confronti dell'architetto Coletta, alla luce degli errori e delle responsabilità che appaiono all'interrogante evidenti, nel project financing di cui sopra ed in altri annullati dallo stesso Ministero.
(5-12160)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei mesi estivi di intenso traffico aereo risultano ancora più evidenti le criticità del servizio fornito da alcune compagnie aeree, in particolare da quelle che non prevedono la disponibilità di vettori alternativi e/o sostitutivi nel caso di cancellazione di un volo;

   i disservizi nel trasporto aereo, già intollerabili all'interno dei confini nazionali, assumono contorni inquietanti quando coinvolgono i cittadini italiani ospiti in Paesi stranieri;

   il volo Ryanair da Santorini ad Atene delle 8,20 di martedì 12 settembre 2017 è stato dapprima spostato alle 10 e successivamente cancellato dalla compagnia, che lo ha infine riprogrammato per l'una del mattino del giorno seguente, mercoledì 13 settembre 2017;

   tale incredibile ritardo ha creato gravi disagi a tutti i passeggeri del volo, ma, in particolare, ha causato veri e propri disastri agli italiani che avrebbero dovuto imbarcarsi sul successivo volo Alitalia AZ 0721 da Atene a Roma, in coincidenza con il volo Ryanair;

   sembrerebbe, infatti, che né Ryanair né Alitalia abbiano provveduto a riproteggere su voli alternativi tali passeggeri che, pertanto, rischierebbero di trovarsi in piena notte all'aeroporto di Atene, senza alcuna certezza di essere successivamente imbarcati sul primo volo utile per l'Italia;

   tale situazione di drammatico disagio è ulteriormente aggravata dalla situazione di «sold out» completo in cui viaggiano in questi giorni i voli Alitalia tra la Grecia e il nostro Paese, con il rischio che diventi materialmente impossibile trovare la disponibilità, con tempi e costi ragionevoli, di un volo per il rientro in Italia;

   tale inquietante condizione è aggravata da quello che appare all'interrogante un sostanziale disinteresse per la sorte dei propri passeggeri da parte delle due compagnie (Ryanair e Alitalia), entrambe apparentemente indisponibili a considerarsi causa del disservizio –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, in particolare se le autorità di aviazione civile greca abbiano confermato che la cancellazione del volo Ryanair Santorini-Atene delle 8,25 del 12 settembre 2017 sia stata dovuta a cause di forza maggiore;

   se la compagnia Ryanair abbia effettivamente messo in essere tutte le iniziative indispensabili per ridurre i disagi dei passeggeri italiani che avrebbero dovuto raggiungere Atene per proseguire con i voli Alitalia per il nostro Paese e, in particolare, se la compagnia irlandese abbia richiesto ad Alitalia di riproteggere i passeggeri coinvolti nel disservizio;

   se Alitalia abbia posto in essere tutte le iniziative finalizzate a risolvere il disagio dei nostri connazionali che sono stati costretti a rinunciare al volo in coincidenza, riproteggendoli sul primo volo utile per Roma;

   se l'ambasciata italiana in Grecia abbia ricevuto richieste di assistenza da parte dei nostri connazionali in difficoltà e quale sia stata la sua azione per limitare al massimo i loro disagi.
(4-17752)


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il «Sole 24 ore – Imprese e territori – dossier» del 29 agosto 2017 riporta notizie allarmanti in ordine all'ennesimo slittamento dei cantieri per la realizzazione dell'autostrada della Valtrompia, nonostante il Ministro interrogato, intervenendo nel 2016 all'assemblea degli industriali bresciani, avesse annunciato: «per giugno, realisticamente, la consegna lavori. Siamo pronti a partire mancano solo le ultime firme: una grande area industriale come la Valtrompia non può vivere senza connessioni efficaci»;

   il giornale annuncia anche che lo stallo durerà almeno tutto il 2017, come avrebbero confermato fonti vicine all'impresa costruttrice e la stessa Anas;

   sembrerebbe che la ragione dello slittamento dei tempi sia legata al braccio di ferro tra lo stesso costruttore (A.T.I. S.A.L.C.- Carena) e l'Anas, circa l'adeguamento dei prezzi, e al relativo giudizio di merito sul nuovo ricorso al TAR promosso dallo stesso costruttore che è atteso per il 14 dicembre 2017 per i giorni successivi;

   il giornale non esclude «un ulteriore ricorso ad altri gradi di giudizio, sempre che Anas, per evitare il danno erariale, non propenda per l'eventualità di rifare la gara da capo», e fa riferimento anche ad un ricorso al Tar promosso da alcuni oppositori dell'autostrada, organizzati in comitati, che chiederebbero una nuova valutazione di impatto ambientale;

   il collegamento della Valle Trompia con Brescia e con la A4 è fondamentale per le attività produttive del territorio, al fine di evitare la delocalizzazione di una serie di aziende attive nella meccanica e nella lavorazione dei metalli che trovano enormi difficoltà logistiche nel trasporto delle merci;

   secondo un'analisi del centro studi Aib, dal 2007 ad oggi l'occupazione nella Valle è diminuita del 9,7 per cento, con punte del 12,2 per cento per il settore manifatturiero e riduzioni preoccupanti anche per i settori delle costruzioni e dei servizi; parallelamente appare in sofferenza anche l'evoluzione demografica, con un rialzo del tasso di invecchiamento della popolazione superiore a quello provinciale;

   nonostante tutto, le imprese manifatturiere della Valle, negli ultimi anni, hanno espresso performance economiche nel complesso soddisfacenti, con una crescita complessiva del valore aggiunto del 9,5 per cento, pur a fronte di un'evoluzione del volume d'affari non particolarmente esaltante –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi certi circa l'effettivo avanzamento dell’iter procedurale della realizzazione delle opere concernenti l'Autostrada Valtrompia, in coerenza con la programmazione dei lavori già annunciata dallo stesso Ministro come riportato in premessa, allo scopo di rasserenare il clima di incertezza che si è creato, tra i residenti e nel mondo imprenditoriale, in merito all'ennesimo ritardo della realizzazione di un'opera strategica per lo sviluppo del territorio bresciano e dell'intero Paese.
(4-17753)


   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 1954 le amministrazioni provinciali di Parma e Cremona bandirono un appalto-concorso per la costruzione di un «ponte stabile sul Po a Casalmaggiore in sostituzione di quello di barche in ferro, che manteneva il collegamento delle due Province», costituito da 35 campate di luce non inferiore a 65 metri lato Casalmaggiore e a 25 metri lato Parma per una lunghezza complessiva di 1200 metri e un piano viabile della larghezza di 7,50 metri fiancheggiato da due marciapiedi laterali;

   l'opera è iniziata nel 1955 e ultimata assieme ai due viadotti di deflusso nel 1957/1958 per poi essere trasferita ad Anas. Successivamente, in attuazione di quanto disposto dal decreto legislativo n. 112 del 1998, le regioni Emilia-Romagna e Lombardia hanno provveduto al trasferimento al demanio delle province delle strade già appartenenti al demanio statale, non comprese nella rete autostradale e statale nazionale. Il ponte è così tornato nella competenza delle province di Parma e Cremona in data 1° ottobre 2001;

   a seguito dei periodici controlli e monitoraggi, già a fine agosto 2017 è stata rilevata la presenza di lesioni che interessavano la trave di bordo, lato valle, della campata 15 del manufatto, ubicato sulla SP 343R Asolana, per cui è stata ordinata la circolazione a senso unico alternato e la successiva limitazione di velocità e ridotta la portata a 18 tonnellate;

   nei primi giorni di settembre 2017, l'aggravamento della situazione complessiva ha reso necessari, per la sicurezza degli utenti, la chiusura totale del ponte al transito. Tale chiusura sta colpendo pesantemente le economie delle due realtà provinciali, che hanno forti interazioni reciproche e interdipendenze diversificate di natura economica, ambientale e sociale;

   manufatto, infatti, rappresentava uno dei pochi collegamenti pienamente percorribili tra la regione Emilia-Romagna e la regione Lombardia, in particolar modo tra la provincia di Parma e la provincia di Cremona, senza dimenticare che percorsi alternativi necessitano di una più lunga percorrenza comportando per le aziende, per i cittadini e per i pendolari, un notevole disagio in termini di tempi, di risorse e di sovraccarico sulla rete viaria minore. Basta pensare che il traffico medio giornaliero nelle due direzioni è di oltre 20.000 veicoli/giorno;

   è doveroso, a tal proposito, ricordare che il ponte «Giuseppe Verdi» che collega i comuni di Roccabianca e Polesine Zibelro (Parma) con San Daniele Po (Cremona), dopo esser rimasto chiuso per diverse settimane per lavori di manutenzione è oggi percorribile a senso unico alternato per un tratto di 2 chilometri e con un limite di portata di 44 tonnellate. Su questo percorso inoltre, chi viaggia dalla «bassa est» in direzione ovest, incorre nelle limitazioni che riguardano il «ponte del diavolo» di Gramignazzo sul fiume Taro tra Roccabianca e Sissa Trecasali sul quale è possibile transitare solo a senso unico alternato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e quali iniziative intenda urgentemente promuovere, per quanto di competenza, d'intesa con le regioni interessate e con il loro diretto coinvolgimento, al fine di sostenere le province di Parma e Cremona negli improcrastinabili interventi di manutenzione straordinaria dei collegamenti viabilistici che, attraversando il fiume Po, collegano l'Emilia Occidentale e la Lombardia.
(4-17756)


   SIMONETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'incidente mortale dell'8 marzo 2017, provocato dall'ennesimo evento franoso che ha bloccato la strada statale 34 del lago Maggiore, nell'ambito dell'incontro del 3 aprile 2017, tra il Ministro e le autorità locali, è emersa la disponibilità di Governo e regione ad affrontare un intervento radicale di messa in sicurezza dell'intera arteria;

   nella risposta all'interrogazione n. 5-11060 pubblicata il 6 aprile 2017 nell'allegato al bollettino in Commissione ambiente, il Ministro ha assicurato un confronto aperto sul tema della messa in sicurezza della SS34;

   da un comunicato stampa del sindaco di Cannobio (Verban news.it) si apprende che la direzione generale per le strade e le autostrade del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il 17 luglio 2017, ha informato il sindaco medesimo degli approfondimenti in corso, mediante analisi di costi/benefici, relativamente alle schede tecniche, riepilogative degli interventi necessari per la messa in sicurezza della SS34, redatte dai tecnici e geologi di Anas, regione Piemonte e dei comuni interessati per un importo complessivo di 94,500 milioni di euro;

   da una dichiarazione del presidente della regione Piemonte pubblicata su Verbania notizie del 18 agosto 2017, si apprende che in un incontro in sede regionale, il Ministro ha confermato l'impegno per la messa in sicurezza dell'arteria da parte sua e del proprio Ministero, garantendo all'Anas le risorse per la messa in sicurezza dei versanti della SS34 indipendentemente dal contratto di programma dell'Anas, e che la regione potrebbe investire sulla sicurezza della SS34 la somma di ulteriori 25 milioni di euro provenienti dall'integrazione del Fondo di sviluppo e coesione (FSC) qualora accordati da parte del Governo;

   nella seduta del 7 agosto 2017, il Cipe ha approvato lo schema di contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas per il periodo 2016-2020, che prevede interventi pluriennali per circa 23,4 miliardi di euro, di cui circa 10,4 miliardi di euro per interventi di manutenzione straordinaria comprese le opere di messa in sicurezza;

   a fronte di tutte le dichiarazioni delle autorità locali e nonostante gli impegni assunti dal Ministro, in tale contratto di programma degli investimenti pubblici sulle strade statali sembrerebbe che non risultino interventi per la messa in sicurezza della SS34 del Lago Maggiore nel tratto da Cannobio (Confine di Stato) a Verbania –:

   se il Ministro intenda dare notizie certe sull'effettiva disponibilità delle risorse occorrenti per la realizzazione di tutte le opere urgenti e ormai improrogabili relative alla definitiva messa in sicurezza della strada statale 34 del lago Maggiore, che rappresenta un collegamento internazionale importantissimo per l'economia della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e per l'intero Paese.
(4-17764)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   le competenze relative alla programmazione scolastica e alla gestione dell'edilizia scolastica relative agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado sono state riconfermate in capo alle province e alle città metropolitane, tra quelle fondamentali, dalla legge n. 56 del 2014;

   il sindaco di Milano è corresponsabile, insieme agli altri sindaci della tutela della salute dei cittadini che vivono, studiano e lavorano negli altri 133 comuni che costituiscono la città metropolitana di Milano: si tratta di una utenza di studenti e personale scolastico, per una popolazione totale dell'ordine di alcune centinaia di migliaia di persone di cui la maggior parte minori;

   si apprende che il sindaco e la vice sindaca sono destinatari di una nota da parte di un dirigente operante nel settore della manutenzione degli edifici scolastici della Città Metropolitana di Milano, nella quale denuncia una grave situazione dovuta a carenze nella gestione della manutenzione dei 154 edifici costituenti il patrimonio scolastico metropolitano;

   la situazione di cui sopra è a sua volta legata a carenza di risorse finanziarie, che sottopone a gravi rischi la sicurezza delle strutture e dell'utenza, preannunciando anche provvedimenti drastici di interdizione all'utilizzo, il che configurerebbe possibile interruzione di servizio pubblico;

   il dirigente avrebbe fatto menzione di una cifra attualmente disponibile per la gestione della manutenzione di ognuno dei 154 edifici di soli 1.000 euro ed, inoltre, di alcune sanzioni a lui irrogate dagli ATS, ovvero dagli uffici di prevenzione sanitaria e sicurezza degli ambienti di lavoro delle aziende sanitarie –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano assumere le iniziative di competenza per verificare una situazione di degrado così grave ed esteso delle strutture sopra descritte tale da compromettere l'agibilità ed eventualmente al fine di precisare da quando sussista lo stato di degrado;

   se i recenti piani annuali e triennali delle opere pubbliche, previsti da legge, abbiano tenuto conto delle necessità di manutenzione straordinaria estesa al patrimonio scolastico a garanzia della sicurezza e della fruibilità;

   se i 154 edifici scolastici siano dotati dei requisiti di legge, compresi attestazioni e certificazioni a garanzia della sicurezza e salute degli occupanti, tra cui:

    Cpi (certificato di prevenzione incendi) e verifiche periodiche dei dispositivi antincendio;

    certificazioni e verifiche degli impianti elettrici alle norme vigenti, comprese verifiche periodiche biennali degli impianti di messa a terra e protezione dalle scariche atmosferiche (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001);

    verifiche periodiche ascensori e montacarichi (decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni);

    verifiche impianti termici (decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 e del decreto legislativo n. 192 del 2005 e successive modificazioni e integrazioni);

    analisi e verifiche, valutazione dei rischi, relative alla presenza di eventuali manufatti in amianto e messa in sicurezza per la prevenzione a tutela della salute;

    valutazione dei rischi e verifiche sulla vulnerabilità degli elementi strutturali e non strutturali e rispondenza degli edifici ai criteri di sicurezza degli occupanti;

   se si siano già verificati (quali e dove) episodi di lesioni a persone all'interno degli edifici scolastici di competenza della città metropolitana di Milano causati da distacchi, malfunzionamenti, o altri agenti legati alle strutture e dunque allo stato manutentivo carente degli edifici dal punto di vista della sicurezza;

   se i contributi dello Stato per il risanamento del bilancio tengano conto del fabbisogno finanziario per la messa a norma, in sicurezza e fruibilità, degli edifici scolastici.
(4-17769)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i vigili del fuoco cosiddetti discontinui rappresentano una figura strategica per la sicurezza dei cittadini con lo svolgimento di attività di prevenzione, vigilanza e soccorso. Gli stessi costituiscono il personale precario del comparto e da tempo reclamano giustamente una stabilizzazione e, dunque, un rapporto di impiego con l'amministrazione pubblica, considerando che hanno ricevuto la medesima formazione dei loro colleghi permanenti, a cui ne sono equiparate le funzioni;

   oltre a svolgere un servizio precario, questi lavoratori sono stati duramente colpiti dai continui tagli alle risorse che hanno interessato il settore della sicurezza negli ultimi anni;

   a maggior aggravio per questa categoria, l'interrogante ha appreso che i vigili del fuoco discontinui chiamati in servizio, attualmente, non percepiscono il corrispettivo dovuto dal mese di maggio 2017 e, ancora prima, di tale periodo non hanno ancora ottenuto delle indennità che spettano loro di diritto;

   a quanto è dato sapere, c'è il rischio che neanche nei prossimi mesi questi lavoratori verranno retribuiti;

   è assurdo che una pubblica amministrazione si avvalga del lavoro di persone, tra l'altro già precarie, non curandosi di corrispondere puntualmente e regolarmente il corrispettivo ed ogni spettanza dovuta;

   i richiami in servizio dei vigili del fuoco discontinui, per essere autorizzati, devono prevedere le risorse finanziarie necessarie per provvedere al loro regolare pagamento. Evidentemente, ciò non accade, considerando che ci si avvale del lavoro di queste persone senza retribuirle e infliggendo un grave disagio anche alle loro famiglie –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare urgenti iniziative affinché si provveda al pagamento dei vigili del fuoco discontinui.
(5-12127)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Roccabernarda, posto nel cuore della provincia di Crotone, in una zona interna che si segnala per la sua laboriosità ma anche per le particolari difficoltà quotidiane, è spesso al centro della cronaca della stampa locale, per una lunga e persistente serie di atti vandalici, minacce, scritte pubbliche offensive, ai danni di esponenti delle istituzioni, della politica, del clero;

   tali atti, che non accennano a diminuire con il passare del tempo, stanno creando un diffuso clima di preoccupazione in tutte le fasce della popolazione, soprattutto nelle famiglie e nei giovani che sono i più esposti al clima che si fa via via più avvelenato;

   da ultimo vi è stato un atto vandalico con scritte ingiuriose comparse sui muri del centro urbano, all'indirizzo del parroco del paese e di un consigliere di minoranza;

   i cittadini chiedono il ritorno della serenità, della pacifica convivenza, del confronto sociale e culturale che sia utile alla crescita sociale e civile della popolazione;

   la preoccupazione è tanta;

   la prefettura di Crotone, che in questi giorni ha promosso una iniziativa specifica con le istituzioni di Roccabernarda, e le forze dell'ordine non hanno mai fatto mancare il loro impegno per ripristinare l'ordine e la sicurezza sociale;

   tuttavia, le azioni vandaliche, le minacce, le accuse pubbliche, le scritte sui muri, le offese, ancora continuano e non possono essere derubricate anche in relazione alla vicinanza temporale con cui si sono susseguite –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e cosa intenda fare, per quanto di competenza, perché si possa ripristinare un clima di serenità sociale nel comune di Roccabernarda;

   quali iniziative di competenza il Governa intenda assumere per contrastare adeguatamente eventuali nuovi atti di vandalismo e per potenziare i presidi di sicurezza, sia attraverso la presenza per tutta la giornata dei carabinieri, attualmente anche in carenza di organico, sia allestendo un sistema adeguato di video sorveglianza presso il centro abitato di Roccabernarda;

   quali altre iniziative intendano promuovere, per quanto di competenza, per puntare al miglioramento dei servizi pubblici essenziali di cui i cittadini sentono particolarmente bisogno, per ottenere una risposta alle necessità dei giovani e per far crescere le offerte di lavoro e di sviluppo dell'intera area.
(5-12129)


   GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sindaci di alcuni comuni della provincia di Bergamo, tra cui Azzano San Paolo, Covo, Palazzago, Alzano Lombardo e altri, assumendo presunti motivi di urgenza connessi al proprio ruolo di autorità sanitaria e di pubblica sicurezza, hanno adottato specifiche ordinanze sindacali (sostanzialmente riproduttive di identici contenuti) con le quali vengono disposti una serie di oneri e obblighi a carico di un numero indefinito di soggetti destinatari qualificati come «proprietari, conduttori o gestori» di beni immobili che possano essere adibiti ad alloggi e strutture per accoglienza di richiedenti asilo;

   più specificamente, le ordinanze prevedono in capo a proprietari e titolari di diritto reale o di godimento di immobili: l'obbligo di comunicare preventivamente all'amministrazione comunale la sottoscrizione di contratti di locazione o comodato per finalità inerenti l'ospitalità di richiedenti asilo; l'obbligo di comunicare la partecipazione a bandi indetti da qualsivoglia organo pubblico al fine di offrire l'ospitalità già citata, nonché l'obbligo di comunicarne l'esito entro 5 giorni dalla pubblicazione delle graduatorie; l'obbligo di comunicare, con preavviso minimo di 15 giorni, la sottoscrizione di accordi, contratti e convenzioni con organi ed amministrazioni pubbliche che gestiscono l'ospitalità dei profughi; l'obbligo di presentare i suddetti contratti all'autorità comunale entro 5 giorni dalla sottoscrizione, allegando altresì la certificazione di conformità degli impianti; l'obbligo di comunicare, a mezzo di una relazione a cadenza quindicinale, l'organizzazione interna della struttura;

   la Corte Costituzionale (sentenze nn. 196 del 2009; 115 del 2011) ha già chiarito che solo situazioni straordinarie e temporanee possono legittimare l'assunzione di poteri extra ordinem da parte delle autorità amministrative, laddove, in mancanza di tali comprovati presupposti, non è consentita l'adozione di veri e propri atti di normazione a carattere generale;

   le citate ordinanze, a giudizio dell'interrogante, presentano ictu oculi profili di dubbia legittimità, traducendosi di fatto nell'imposizione a privati cittadini e imprese di obblighi estremamente gravosi, in alcuni casi addirittura impossibili da adempiere e comunque del tutto ingiustificati, e che potrebbero inoltre rivelarsi lesivi di diritti costituzionalmente garantiti;

   sembra altresì secondo l'interrogante che l'unico obiettivo perseguito dalle ordinanze in esame sia quello di ostacolare i privati cittadini che intendano porre a disposizione propri immobili ad enti gestori di progetti di accoglienza di richiedenti asilo e profughi –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere eventuali ulteriori iniziative normative per disciplinare in modo ordinato e uniforme i requisiti e gli oneri amministrativi e procedurali per adibire immobili a strutture per l'accoglienza di richiedenti asilo, evitando aggravi e imposizioni immotivate come quelli che sembrano emergere nei casi sopra richiamati.
(5-12136)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIANCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i recenti fatti di Rimini pongono purtroppo il capoluogo romagnolo all'attenzione per episodi criminali che mettono a repentaglio l'ordine pubblico, la sicurezza in genere, ma anche il buon nome della industriosa comunità riminese, compromettono il suo appeal a livello planetario e, in ultima analisi, finiscono per porre in discussione anche l'efficienza delle forze che sono deputate alla garanzia dell'ordine pubblico e della sicurezza;

   gli ancor più recenti fatti di Firenze poi gettano purtroppo un'ombra a livello mondiale (vedasi stampa, social network, media online) su una parte considerevolissima di queste forze e, dunque, il potenziamento dei presidi della Polizia di stato appare, a parere dell'interrogante, più che opportuno, in città come Rimini, che secondo i dati (fonte Ministero dell'interno) è al primo posto come tasso di criminalità –:

   se non ritenga opportuno assumere iniziative per il potenziamento delle forze di polizia nella città di Rimini;

   se non ritenga opportuno avvalersi anche di personale in servizio, esperto della zona, per avervi prestato meritoriamente servizio e ad alta qualificazione come i vincitori dei vari concorsi interni, quali quello tuttora in essere, di vice ispettore, per ottenere il miglior risultato al minor costo e disagio.
(4-17749)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane un giovane nigeriano di 24 anni, senza fissa dimora, che aveva ricevuto un decreto di espulsione dall'Italia il 5 agosto 2017, ha aggredito tre ragazze diciannovenni che alle due di notte stavano passeggiando in piazza Vittoria, a Como, dirette verso casa;

   secondo quanto riportato da fonti dei media, il giovane, forse infastidito dal loro chiacchiericcio, sarebbe piombato alle loro spalle, sferrando un violento calcio alla gamba di una delle tre amiche, facendola cadere a terra;

   a difendere la giovane donna le altre due ragazze che hanno cercato di far desistere l'uomo, prendendosi anche loro una razione di schiaffi, sberle e pugni;

   l'extracomunitario ha desistito solo quando da un bar vicino sono arrivati di corsa alcuni avventori, che avevano sentito le urla disperate delle tre giovani;

   gli uomini di una volante l'hanno intercettato in via Cardorna, dove il giovane nigeriano, già noto alle forze dell'ordine, ha cercato di aggredirli, brandendo un asse di legno, e rimediando così altre due denunce a piede libero per violenza a pubblico ufficiale e possesso di oggetti atti ad offendere;

   si tratta dell'ennesimo episodio di violenza commesso in Italia da immigrati irregolari già colpiti da ordini di espulsione non eseguiti e pertanto ancora presenti nel territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere al fine di potenziare l'esecuzione dei decreti di espulsione.
(4-17759)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   otto minori, tutti diciassettenni di origini africane, ospiti di una casa famiglia di Caivano, hanno sequestrato il responsabile, un uomo di 50 anni, per ottenere denaro e documenti;

   i ragazzi, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, hanno anche bloccato l'ingresso della struttura con alcuni mobili; l'uomo è stato costretto a stare nel suo ufficio e a subire le loro minacce: se non avesse consegnato i soldi e i loro documenti personali, avrebbero appiccato il fuoco alla cooperativa;

   l'uomo è stato liberato grazie all'intervento dei carabinieri di Casoria, non appena hanno avuto accesso alla struttura;

   i minori, provenienti da Gambia e Guinea, sono stati arrestati per sequestro di persona a scopo di estorsione;

   si tratta, a parere dell'interrogante, di un episodio gravissimo, l'ennesimo che si consuma nelle strutture della Campania, dove la tensione è davvero alle stelle; da tempo, inoltre, i residenti di molti comuni dell'area lamentano i disagi patiti per gli arrivi continui di immigrati accolti nella regione che mettono a rischio la sicurezza e la tranquillità del territorio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda assumere per una gestione adeguata dei flussi migratori in regione Campania; se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative, anche di carattere normativo, che prevedano l'espulsione immediata di coloro che sono tratti in arresto in flagranza di reato.
(4-17761)


   LAFORGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di San Sepolcro, con ordinanza contingibile e urgente del sindaco n. 133 del 3 agosto 2017, ha regolamentato il fenomeno dell'accattonaggio molesto. Detta ordinanza ha vietato l'accattonaggio molesto nella maggior parte delle aree cittadine, salvo ulteriori proroghe, fino al prossimo 31 ottobre 2017;

   il divieto recato dall'ordinanza è esplicitamente esteso anche all'accattonaggio non molesto ed anche se effettuato senza l'utilizzo di minori, anziani, disabili e animali da affezione;

   San Sepolcro è un comune di circa 16.000 abitanti della provincia di Arezzo, dove il fenomeno dell'accattonaggio ha proporzioni modeste e in cui recentemente non è accaduto alcun fatto di cronaca di rilievo legato alla prassi dell'accattonaggio. Il divieto previsto dall'ordinanza sindacale, dunque, non appare motivato da problematiche di ordine pubblico tali da giustificare provvedimenti extra ordinem anche di natura temporanea;

   il provvedimento adottato dal comune è stato fortemente criticato dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, nonché dalle associazioni Arci e Acli che in una nota congiunta del 10 agosto 2017, hanno sottolineato la filosofia fortemente antisociale del provvedimento il cui fine sarebbe esclusivamente quello di criminalizzare la marginalità e il disagio sociale, impedendo di fatto a chi è in stato di bisogno di chiedere aiuto, anche in maniera assolutamente non molesta o offensiva del pubblico decoro, ai propri concittadini;

   l'ordinanza n. 133 del 2017 sia per quanto riguarda il divieto nei confronti dell'accattonaggio non molesto, sia per l'estensione della lista dei luoghi in cui tali divieto trova applicazione, appare esondare dalla normativa vigente in materia di ordinanze contingibili e urgenti da parte del sindaco, anche alla luce delle novelle a questa recentemente apportate dal decreto-legge n. 14 del 2017 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, alla luce di quanto riportato in premessa, di assumere iniziative normative volte a disciplinare in modo più stringente presupposti e limiti del potere dei sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti per ragioni di ordine, di sicurezza pubblica e di decoro urbano.
(4-17765)


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza è un diritto fondamentale ed è compito delle istituzioni garantire tale diritto a tutti i cittadini;

   ad oggi, tra le varie forze dell'ordine, mancano all'appello circa 45.000 unità tra cui 18.000 solo per la polizia di Stato;

   a causa dei tagli delle spese nel settore, nel corso del 2017 sono stati chiusi 35 uffici di polizia stradale e ferroviaria e risulterebbe l'intenzione di cancellare ulteriori 54 uffici di polizia postale e delle telecomunicazioni;

   a Terni è presente una sezione provinciale della polizia postale e delle comunicazioni che svolge un ruolo di primo piano nel contrastare fenomeni dilaganti come quelli relativi a reati compiuti a mezzo di strumenti tecnologici, che includono tra gli altri il terrorismo, il cyberbullismo, la pedofilia e altro e che risultano in continuo ed inesorabile aumento;

   ad oggi la sezione provinciale della polizia postale e delle comunicazioni di Terni rischia la chiusura, con conseguente soppressione del servizio di prevenzione e repressione dei reati compiuti per mezzo di strumenti tecnologici offerto sul territorio di Terni e Provincia;

   la chiusura di tale sezione priverebbe i cittadini di professionisti altamente formati e specializzati nel contrasto di tali nuove tipologie di criminalità e costituirebbe un arretramento nei servizi di sicurezza del territorio;

   tra l'altro, i costi di gestione e sussistenza della sezione sarebbero supportati da Poste italiane –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative necessarie a scongiurare la chiusura della sezione provinciale della polizia postale e delle comunicazioni di Terni, evitando la conseguente perdita dei qualificati servizi di sicurezza ad oggi offerti sul territorio di Terni e della provincia.
(4-17768)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIMBRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   sin dalla entrata in vigore del «Regolamento recante norme in materia di accessi all'istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento», introdotto con il decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245, la selezione attraverso quiz con domande a risposta multipla ha evidenziato i limiti della programmazione a livello nazionale degli accessi ai corsi universitari, non garantendo l'accesso ai più meritevoli;

   l'eterogeneità delle modalità effettive di svolgimento delle prove nei vari atenei, spesso, non ha garantito la correttezza e la trasparenza delle procedure determinando un aumento elevato di denunce di irregolarità nei test di ingresso svolti nelle varie sedi ma con graduatoria unica a livello nazionale; inoltre, la ridotta determinazione dei posti disponibili rispetto alle effettive capacità ricettive degli atenei, unitamente ad una ulteriore riduzione in base ad un non ben chiaro fabbisogno produttivo del Paese, ha escluso molti studenti, pur meritevoli, di iscriversi a tali corsi;

   negli anni si è cercato di sanare situazioni di ingiustizia sia con provvedimenti degli organi della giustizia amministrativa – è di pochi giorni fa la decisione del Tar del Lazio di accogliere il ricorso inoltrato a fine luglio dall'associazione degli studenti Udu (Unione degli studenti) contro la decisione dell'Università statale di Milano di fissare delle quote per l'iscrizione alle facoltà di lettere, filosofia, storia, beni culturali e geografia – sia attraverso l'emanazione delle leggi n. 14 del 1999, n. 264 del 1999, n. 133 del 2001, n. 288 del 2004;

   se il Ministro interrogato non reputi opportuno promuovere l'introduzione di un sistema selettivo maggiormente equilibrato e, per il presente anno accademico, assumere iniziative per l'emanazione di un provvedimento finalizzato all'allargamento della platea degli studenti che i potranno iscrivere ai corsi di laurea ad accesso programmato, quantomeno per quanti adiranno gli organi della giustizia amministrativa a tale scopo.
(5-12124)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'importante ruolo assegnato dalla legge di riforma della scuola nel 2015 alla dirigenza scolastica e la peculiarità del settore dell'istruzione impongono una lettura coordinata delle numerose disposizioni che disciplinano la materia, sia quelle di carattere generale sia quelle più specifiche ed in particolare: del decreto legislativo n. 165 del 2001; del contratto collettivo nazionale di lavoro – Area V – dirigenza scolastica, sottoscritto in data 11 aprile 2006, con particolare riferimento agli articoli 11, 13 e 20 per le parti non disapplicate, e del contratto collettivo nazionale di lavoro – area V – dirigenza scolastica, sottoscritto in data 15 luglio 2010, con particolare riferimento agli articoli 7, 9 e 14; del decreto-legge n. 98 del 2011, in materia di dimensionamento; delle direttive ministeriali, come la n. 36 del 18 agosto 2016 recante le modalità di valutazione dei dirigenti scolastici; delle varie note ministeriali, quali la n. 21524 del 16 maggio 2017 e la n. 9752 del 1º giugno 2017 relative alle operazioni di rinnovo e mutamento degli incarichi dirigenziali;

   l'assegnazione di un dirigente scolastico deve tener conto di molteplici fattori molti dei quali sono demandati a criteri ed indicazioni definiti a livello ministeriale che trovano però applicazione con modalità diverse nelle varie regioni come è accaduto, anche nel corrente anno, per la proroga di dirigenti scolastici dopo il terzo triennio in una stessa sede;

   il criterio generale della permanenza al massimo per tre trienni nella stessa sede è lasciato ad una troppo ampia discrezionalità a livello locale e attualmente in alcune regioni lo stesso non trova applicazione, mentre in altre è soggetto ad un'applicazione rigorosa che non conosce margini di deroga neppure in presenza di motivazioni significative che giustificherebbero la proroga almeno per un quarto mandato;

   la ratio legis non può essere quella di assumerlo come criterio inderogabile, bensì solo di carattere indicativo soprattutto se sussistano ragioni di efficienza e di completamento di progetti qualificati, come ad esempio quelli di ricerca internazionale che vanno oltre il termine del mandato, quelli di elevata qualità come, ad esempio quelli di cui è responsabile l'Indire di Firenze e che coinvolgono in modo significativo i dirigenti scolastici (avanguardie educative) oppure quelli che per il carattere di peculiarità dell'istituto, per innovazione, internazionalizzazione, unicità nell'erogazione sul territorio di servizi qualificati necessitano di una continuità nella direzione (si fa riferimento anche a progetti Pon, in corso di svolgimento, ideati da un dirigente scolastico e che difficilmente potrebbero trovare continuità di svolgimento con un avvicendamento di diverse figure dirigenziali, o a progetti legati all'erogazione di corsi a carattere internazionale soggetti ad un rigoroso accreditamento delle istituzioni scolastiche, come i corsi Cambridge IGCSE);

   il settore della scuola è inoltre ritenuto dall'Anac a basso rischio e quindi la motivazione della rotazione connessa alle attività di appalto di forniture è quanto mai labile –:

   se la Ministra interrogata intenda assumere iniziative per dare specifiche direttive ai dirigenti degli uffici scolastici regionali recanti criteri di valutazione per l'eventuale proroga dei dirigenti scolastici anche oltre il terzo triennio quando sussistono validi motivi per consolidare importanti progettualità che necessitano di essere seguite, affinché prassi didattiche innovative ed organizzative non vadano disperse e perché, comunque, vi sia in tutte le regioni uniformità di comportamento.
(5-12125)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con l'ordinanza del sindaco del comune di Cerreto d'Esi del 22 agosto 2017 si prende atto dell'inagibilità dei plessi della scuola primaria e secondaria di primo grado, dichiarando pertanto l'inutilizzabilità degli stessi;

   si registra la prolungata assenza, anche sorprendente, di immediati sopralluoghi per verificare le condizioni di sicurezza degli edifici scolastici che, anziché giungere in tempi brevi, si sono trascinati sino a ridosso del nuovo anno scolastico;

   va tenuto conto della stessa posizione geografica del comune di Cerreto d'Esi, situato fra Preappennino e Appennino umbro-marchigiano, appartenente anche dal punto di vista socioeconomico e culturale alle aree interne e montane della regione; pertanto, anche la ricostruzione deve essere permeata dalla strategia delle aree interne con un percorso e una visione di futuro, di sviluppo sostenibile, di rinascita;

   va considerato che in questa ottica è fondamentale e imprescindibile il mantenimento della scuola primaria e secondaria di primo grado nel comune di Cerreto d'Esi –:

   se intenda attivarsi, per quanto di competenza, per individuare in tempi rapidissimi una soluzione temporanea comunque sicura (moduli scolastici provvisori), per mantenere nel comune di Cerreto d'Esi la scuola primaria e quella secondaria, in attesa della scelta e della realizzazione definitiva dei locali necessari alle medesime scuole;

   se non consideri giusto, rispettoso e più funzionale, per eliminare i disagi degli alunni, delle loro famiglie, degli operatori della scuola e della comunità di Cerreto d'Esi, nonché più efficace, rispetto all'eventuale trasferimento in altro comune, con conseguenti spese per affitti, trasporti e ad altre forme di sovvenzione, assumere ogni iniziativa di competenza per investire da subito nei due momenti essenziali dell'individuazione e della realizzazione di strutture provvisorie, nonché della realizzazione di quelle definitive, con conseguente messa a disposizione delle risorse finanziarie.
(5-12149)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA, SCOTTO, SANNICANDRO, NICCHI, QUARANTA, RICCIATTI, PIRAS, ZARATTI, FERRARA, KRONBICHLER e FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il personale didattico e amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole della provincia di Teramo ha già subito dei forti tagli d'organico dal 2009 al 2017;

   la provincia di Teramo negli ultimi anni è stata colpita da importanti calamità naturali tra cui gli eventi sismici del 2016 e 2017 che hanno interessato il centro Italia; 16 comuni della provincia sono stati inseriti nel cratere sismico dove permangono gravi problemi strutturali e di mobilità;

   come appreso dalle rappresentanze sindacali di categoria, il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 636 del 23 agosto 2017 ha permesso all'ambito provinciale di Teramo di aumentare l'organico di 6 posti (tra infanzia e primaria) e un numero complessivo di ore per la secondaria di I° e II° grado che sono il corrispettivo di circa 14 posti, rimanendo quindi ben lontani dalle reali necessità minime d'ampliamento d'organico indicate dall'ambito territoriale di Teramo in 60 unità;

   anche per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e organizzativo l'organico rimane fortemente sottodimensionato, considerando le particolari esigenze di un territorio in cui sono dislocate oggi 43 istituzioni scolastiche e 200 plessi, non permettendo così la corretta gestione della sicurezza –:

   quali iniziative intenda assumere per riportare ad un livello sufficiente gli organici, didattico e amministrativo, tecnico e ausiliario, nelle scuole della provincia di Teramo, onde garantire funzionalità, sicurezza e didattica per l'anno scolastico 2017/18 in un territorio già pesantemente messo alla prova dai recenti eventi sismici.
(4-17746)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, ha previsto il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro;

   il provvedimento attribuisce, in materia di responsabilità della sicurezza e della manutenzione dei fabbricati, alcuni precisi obblighi circa la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro in capo ai datori di lavoro e ai dirigenti che esercitano, tra le altre, attività presso le strutture universitarie; delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, nonché degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado;

   l'articolo 2, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, configura quale datore di lavoro su cui far ricadere la responsabilità in materia di sicurezza il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa;

   nonostante non sia possibile rinvenire nella figura del dirigente scolastico tali poteri, questi risultano essere destinatari di piene responsabilità in materia di sicurezza scolastica, così come determinato da recenti sentenze, le quali, in assenza di una disciplina chiara ed univoca sul tema, hanno confermato tale connessione;

   sebbene l'articolo 3 dello stesso decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, prevedesse in origine che le disposizioni del presente decreto legislativo si sarebbero applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, da individuarsi entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore, attraverso l'adozione di uno o più decreti emanati dai Ministri competenti, nessun provvedimento ha adeguatamente ottemperato a tali prescrizioni;

   in assenza di ulteriori interventi ministeriali che disciplinassero nel dettaglio e sulla base delle citate peculiarità la normativa in esame, si è comunque applicato quanto disposto dall'articolo 18 del citato decreto legislativo, laddove questo prevede che «gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione»;

   in tale caso, continua la norma, gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, «si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico»;

   com'è noto, tuttavia, non soltanto la proprietà degli edifici che ospitano i locali delle istituzioni scolastiche ed educative risulta essere per la maggior parte dei casi in capo a comuni ed altri enti locali, i quali, non sempre adempiono con tempestività all'effettiva manutenzione di strutture, anche in considerazione delle esigue risorse a disposizione, ma neppure sembra rinvenirsi in capo alla figura del dirigente scolastico una effettiva conoscenza tecnica che possa assicurare al di là di ogni ragionevole dubbio che tale figura si sia resa protagonista di negligenze e omissioni in maniera consapevole –:

   quali siano gli intendimenti del Governo circa la materia esposta in premessa e quali iniziative intenda assumere per assicurare l'adozione di misure chiare che tutelino, da un lato, la sicurezza degli alunni e, dall'altro, garantiscano al dirigente scolastico un sistema normativo adeguato, non potendo gravare su tale figura la responsabilità relativa al tema della sicurezza degli edifici.
(4-17757)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI, DAMIANO, GNECCHI, INCERTI, GIACOBBE, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, BARUFFI, LAVAGNO, DI SALVO, ROSTELLATO e TINAGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la circolare dell'Inps n. 100 del 16 giugno 2017, che reca le prime istruzioni relative all'applicazione del cosiddetto APE sociale, di cui all'articolo 1, commi da 179 a 186, della legge di bilancio 2017, ha previsto che, ai fini del perfezionamento dell'anzianità contributiva minima (dei 30/36 anni) richiesta per l'accesso al beneficio, si tiene conto di tutta la contribuzione versata o accreditata, a qualsiasi titolo, nella o nelle gestioni rientranti nell'ambito di applicazione della norma, precisando tuttavia che il suddetto requisito contributivo non può essere perfezionato totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi dell'Unione europea, Svizzera, Paesi SEE o extracomunitari convenzionati con l'Italia;

   nella seduta del 20 luglio 2017 della XI Commissione della Camera il Sottosegretario Massimo Cassano ha risposto all'interrogazione n. 5-11739 (Gnecchi) relativa alle circolari applicative delle disposizioni della legge di bilancio per il 2017 in materia di «Ape» sociale e di salvaguardia rispetto all'applicazione dei requisiti di accesso al pensionamento di cui al decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;

   il Sottosegretario ha in particolare affermato che «L'APE sociale non è un trattamento pensionistico ma una prestazione assistenziale, e presenta elementi di novità e di peculiarità che non consentono di catalogarla tra le prestazioni classiche di sicurezza sociale. In virtù della particolare natura della prestazione, la stessa è da considerarsi fuori dal campo di applicazione dei regolamenti dell'Unione europea e, a maggior ragione, delle convenzioni internazionali, le quali hanno un campo di applicazione più limitato che, di regola, non si estende alle prestazioni assistenziali» e che, in base a tali considerazioni, l'Inps ha adottato la richiamata circolare n. 100 del 2017 con la quale ha precisato che il requisito dell'anzianità contributiva minima richiesta per l'accesso al beneficio non può essere perfezionato totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri;

   tale interpretazione rischia di rivelarsi ingiustamente penalizzante per i lavoratori transfrontalieri, i quali non potrebbero accedere all'anticipo pensionistico di cui all'articolo 1, commi da 179 a 186, della legge di bilancio per il 2017, pur possedendo l'anzianità contributiva minima richiesta, in quanto essa è stata in tutto o in parte maturata in Paesi diversi dall'Italia;

   l'anticipo pensionistico introdotto dalla legge di bilancio per il 2017 è per propria natura rivolto a categorie di lavoratori particolarmente fragili e, pertanto, occorrerebbe considerare l'esigenza di adottare un'interpretazione che, nei limiti del dettato normativo, favorisca l'accesso alla misura da parte degli interessati –:

   se vi siano le condizioni per riconsiderare l'orientamento espresso dall'Inps nella circolare n. 100 del 2017, in modo da consentire, ai fini del perfezionamento dell'anzianità contributiva minima richiesta per l'accesso all’«Ape sociale», la totalizzazione dei periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi dell'Unione europea, in Svizzera, in Paesi dello Spazio economico europeo o extracomunitari convenzionati con l'Italia.
(5-12134)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni le statistiche riportano il dato di un fenomeno che è in inesorabile crescita: quello dei pensionati in fuga dall'Italia. Il pagamento della pensione all'estero è un servizio effettuato dall'Inps ai cittadini pensionati non più residenti in Italia. Per l'Istat il fenomeno riguarderebbe circa 473 mila pensionati over 60, mentre per l'Inps sono più di 400.000 i pensionati che attualmente ricevono il pagamento della pensione italiana in un Paese straniero;

   il servizio di accredito di tali pensioni in un Paese straniero, avviene mediante la Citibank che liquida, previa domanda del pensionato italiano, l'assegno di pensione in euro la cui periodicità è la stessa delle pensioni pagate in Italia;

   ai fini del pagamento della pensione all'estero tramite Citibank, Western Union o presso altra banca se si tratta di Paese extra Unione europea, al pensionato viene richiesto, oltre alla compilazione del modulo di domanda all'Inps, anche l'invio annuale dell'accertamento di esistenza in vita e dei redditi. L'accertamento di esistenza in vita è un modulo che l'Inps per mezzo di Citibank, richiede e spedisce al pensionato residente all'estero che percepisce la pensione dall'Italia;

   i diversi sistemi di accertamento sono basati sulla richiesta di attestazioni del pensionato avallate da «testimoni accettabili» (autorità legittimate ad accertare l'identità del dichiarante) e sulla localizzazione di una o più rate di pensione presso sportelli di un operatore locale («partner di appoggio») per la riscossione da parte del pensionato;

   il modulo di certificazione di esistenza in vita per il pagamento della pensione all'estero, da consegnare entro una specifica data di scadenza, deve essere rispedito dal pensionato debitamente compilato, allegando una precisa documentazione e firmando il modulo alla presenza di testimoni accettabili, ossia, di testimoni autorizzati dall'Inps in base al Paese di residenza del pensionato;

   su una pagina internet dell'Inps si legge: «Se un pensionato non riceve il modulo o lo smarrisce, dovrà contattare il servizio assistenza di Citibank, che provvederà a inviare un nuovo modulo personalizzato anche tramite e-mail»;

   a quanto consta all'interrogante, sono state più volte segnalate sui siti interessati disfunzioni e malfunzionamenti del sistema quali quello della mancata ricezione del modulo e, conseguentemente, della mancata verifica del presupposto della esistenza in vita;

   sul sito Citybank tra le risposte alle faq (riferite al 2016), si dice «Il mancato ricevimento del Modulo di Certificazione di Esistenza in Vita, debitamente compilato, firmato e corredato dalla documentazione richiesta, potrebbe causare la sospensione del pagamento della Sua pensione» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle suddette criticità del sistema e quali iniziative di competenza intendano intraprendere al riguardo;

   se abbiano contezza del danno che riportano le casse dello Stato per le pensioni corrisposte a cittadini deceduti al momento della corresponsione della pensione, soprattutto alla luce della portata del fenomeno.
(5-12137)


   TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, GRANDE, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, FERRARESI e DI BATTISTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la società Ericsson, fondata nel 1876 a Stoccolma, è leader mondiale nella fornitura di tecnologie e servizi per la comunicazione, software e infrastrutture in ambito ICT (Information & Communication Technology) ad operatori di telecomunicazioni e altre aziende. Presente in 180 Paesi, con oltre 111.000 professionisti, nel 2016 ha generato ricavi per 24,5 miliardi di dollari;

   in Italia, dove opera dal 1918, è oggi presente con circa 3.800 dipendenti e fornisce tecnologie e servizi ai principali operatori di telecomunicazioni e industrie;

   il sito internet dell'azienda indica che, per Ericsson, «l'Italia riveste un ruolo strategico quale centro propulsivo alla guida dell'innovazione. Il Gruppo ha sempre riposto grande fiducia nel mercato italiano dell'ICT, come dimostra il costante impegno e la presenza capillare dell'azienda sul territorio a sostegno dell'evoluzione del settore italiano delle telecomunicazioni»;

   a partire dal 2007, in Italia il gruppo Ericsson ha licenziato circa 1850 dipendenti;

   in data 13 marzo 2017, Ericsson ha aperto la 14esima procedura di licenziamento senza prevedere alcun ammortizzatore sociale per 315 dipendenti in Italia, inviando a luglio le prime lettere di licenziamento a 181 di questi. Secondo l'azienda, tale scelta è condizionata dal cambio dello scenario competitivo del settore, alla contrazione della domanda interna, oltre allo sbilanciato nel settore software rispetto alle forniture hardware;

   pochi giorni prima della ricezione delle lettere di licenziamento da parte dei 181 lavoratori, i Ministri Poletti e Calenda inviavano ai sindacati una missiva scritta, a seguito dell'incontro avuto con l'azienda, dove indicavano che «la società ha ritenuto che per gli attuali esuberi dichiarati con la procedura di licenziamento collettivo non si possa trovare adeguata soluzione facendo ricorso agli ammortizzatori sociali previsti a legislazione vigente. Non si sono quindi prodotte le condizioni per istituire un tavolo di confronto tra organizzazioni sindacali e azienda, come da voi richiesto»;

   secondo i sindacati, e anche a giudizio degli interroganti, il Governo ha mostrato tutta la sua incapacità a confrontarsi con le multinazionali. I Ministri Poletti e Calenda per gli interroganti si sono limitati a registrare in maniera notarile l'esito della riunione avuta con Ericsson il 19 luglio 2017, nella quale l'azienda non solo ha ribadito la volontà di licenziare, ma si è resa anche indisponibile al confronto sindacale e a far ricorso ad eventuali ammortizzatori sociali;

   dal 2012 al 2017, Ericsson ha ottenuto dallo Stato italiano sette concessioni di finanziamenti pubblici per un totale di 38.277.550,91 euro. Attualmente, sono in corso ulteriori tre richieste di contributi pubblici, due delle quali riguardanti l'Agenda Digitale e una relativa al bando Horizon 2020 PON, tutte indicate sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico;

   gli interroganti da tempo promuovono invano, anche con la presentazione di emendamenti e ordini del giorno poi bocciati, la modifica all'articolo 1, comma 12, del decreto-legge n. 35 del 2005 convertito dalla legge n. 80 del 2005, al fine di garantire che le aziende operanti in Italia che ricevono finanziamenti pubblici debbano impegnarli esclusivamente per gli stabilimenti presenti sul suolo italiano –:

   se i Ministri interrogati non intendano istituire un tavolo nazionale di confronto con l'azienda Ericsson e le rappresentanze sindacali, promuovendo azioni volte ad elaborare un piano di intervento volto ad escludere i licenziamenti e a prevedere degli adeguati ammortizzatori sociali per ognuno dei lavoratori coinvolti;

   nel caso non si riescano ad evitare i licenziamenti dei lavoratori sopraindicati, se non intendano assumere iniziative volte a prevedere un piano di ricollocamento per ognuno dei dipendenti licenziati;

   se non intendano assumere iniziative normative affinché le imprese operanti in Italia che ricevono finanziamenti pubblici debbano impegnarli esclusivamente per i siti di loro proprietà presenti sul suolo italiano.
(5-12152)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   una delle misure di rilievo del cosiddetto «pacchetto previdenza» nella legge di bilancio 2017, tanto decantata dal Governo che l'ha proposta, è costituita dall'ampliamento al 1° gennaio 2017, rispetto alla normativa vigente, della possibilità di cumulo gratuito prevista a favore di lavoratori dipendenti, autonomi e parasubordinati che hanno maturato periodi non coincidenti di anzianità contributiva in diverse gestioni del sistema previdenziale pubblico obbligatorio e dall'estensione di tale opportunità anche alle Casse di previdenza dei liberi professionisti;

   l'istituto del cumulo, infatti, era già previsto nel nostro ordinamento in forza della legge n. 228 del 2012, articolo commi da 239 a 246, che offriva l'opportunità ai lavoratori iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi e degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, di utilizzare tutti i periodi non coincidenti ai fini del conseguimento di un'unica pensione;

   le novità introdotte dall'ultima legge di bilancio consistono nell'estensione della possibilità di cumulo ai fini della maturazione dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia anche al caso in cui il lavoratore abbia già maturato diritto a pensione in qualcuna delle gestioni cui è o è stato iscritto e, per l'appunto, nella previsione di consentire il cumulo contributivo anche agli iscritti alle casse professionali;

   la norma ha previsto anche la possibilità di interruzione delle ricongiunzioni onerose in corso il cui iter non fosse concluso, con la restituzione entro 12 mesi di quanto già versato e la possibilità di ricorrere all'istituto del cumulo;

   è inutile ribadire l'importanza che tale istituto riveste per migliaia di lavoratori, finora costretti ad optare soltanto per la totalizzazione ovvero la ricongiunzione onerosa, o in ultima analisi la perdita di contributi versati durante la propria attività lavorativa;

   eppure, secondo quanto denunciato a mezzo stampa su Libero dell'8 settembre 2017, sembrerebbe che la legge non venga applicata e che molte Casse non abbiano proceduto con la restituzione dei contributi a chi ne aveva diritto, impedendo la facoltà del cumulo, sostenendo che il Ministro interrogato «finge di non sapere nulla» –:

   se la denuncia di cui in premessa trovi conferma e quali siano le ragioni di una mancata iniziativa del dicastero preposto all'attuazione della norma relativa al cumulo gratuito dei contributi versati, che impedisce a migliaia di lavoratori la possibilità di recuperare i propri versamenti e di esercitare il diritto a pensione.
(5-12159)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a causa del mancato inserimento di una proroga nella legge di bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232), «Opzione donna» risulta al momento conclusa al 31 dicembre 2015. La legge di bilancio 2017 è intervenuta soltanto dando la facoltà di estendere il regime di «Opzione donna» retroattivamente anche alle lavoratrici che al 31 dicembre 2015 avevano compiuto 57 anni, se dipendenti, e 58 anni, se autonome ma che a tale data non erano in possesso degli ulteriori tre mesi richiesti per effetto degli incrementi alla speranza di vita applicati dal 1° gennaio 2013;

   l'estensione è stata però concessa a condizioni altamente penalizzanti: le lavoratrici devono accettare che la pensione venga liquidata interamente con il calcolo contributivo, rimettendoci perciò in media tra il 25 e il 40 per cento dell'importo loro spettante;

   anche attraverso una petizione online lanciata sulla piattaforma change.org, migliaia di lavoratrici da mesi stanno chiedendo al Governo la proroga della misura al 2018 e/o di renderla strutturale per tutte le lavoratrici e come scelta su base volontaria;

   le firmatarie elencano una serie di motivazioni più che sensate e rispecchianti la condizione delle donne lavoratrici nel nostro Paese, che rendono la loro richiesta totalmente condivisibile e da attuare anche per far fronte ai gap socio-economici delle donne italiane attestati recentemente dai due studi elaborati dal Censis e dall'Ocse che confermano che l'Italia resta fanalino di coda in Europa nel superare le differenze di genere;

   uscire anticipatamente dal mondo del lavoro con la certezza di un reddito fisso, tra l'altro, permetterebbe: di dare sostegno ai propri anziani, a figli e nipoti, dato che le donne in Italia, ancora oggi, rivestono un ruolo di caregiver come unico ammortizzatore sociale in un welfare praticamente inesistente; a chi non ha più un lavoro certo, di preservare la propria dignità e non dover diventare un peso per la società, dal momento che, concedendo la pensione a 57 anni, si eviterebbero eventuali sussidi di disoccupazione o ammortizzatori sociali; di dare il via a un ricambio generazionale, con un corretto ripristino di quel turnover tra anziani e giovani adesso più che mai indispensabile; notevoli risparmi nel medio-lungo termine per lo Stato, poiché si tratta di una misura che non grava sul bilancio pubblico, dato che si basa su un calcolo che riguarda unicamente il sistema contributivo, con una rinuncia permanente mediamente di circa il 30 per cento dell'assegno pensionistico;

   le lavoratrici chiedono dato che i risparmi derivanti dal monitoraggio del «contatore» resi noti al 30 settembre di ogni anno, siano destinati a «Opzione donna» e alla sua prosecuzione e, soprattutto, vorrebbero l'eliminazione di quell'odiosa discriminazione che impedisce alle lavoratrici autonome in «gestione separata» di accedere alla misura;

   purtroppo fonti di stampa confermerebbero le indiscrezioni secondo le quali nella «fase 2» del confronto sulle pensioni tra Governo e sindacati non sarà discussa la proroga al 2018 del regime sperimentale «Opzione donna» –:

   se trovi conferma questa notizia e quali risposte intenda dare alle istanze avanzate dalle lavoratrici interessate dalla proroga del regime di «Opzione donna» al 2018 e alla proposta di rendere la misura strutturale;

   se non ritenga opportuno e corretto, in previsione delle sessioni di confronto con i sindacati sulle pensioni, prevedere un incontro con una delegazione di lavoratrici del gruppo «Opzione donna» al 2018, o invitare tale rappresentanza direttamente in sede di confronto tra le parti.
(4-17755)


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto risulta all'interrogante, in data 8 gennaio 2014 è stata costituita una rappresentanza sindacale aziendale presso una azienda del settore della carta e della stampa di Trieste, con più di 15 dipendenti, composta da un singolo elemento in qualità di dirigente sindacale e che rappresenta il terminale associativo ai sensi della legge n. 300 del 1970. Questa è stata successivamente rinnovata in data 9 dicembre 2016;

   dalle informazioni acquisite, sembra che presso la medesima azienda non siano presenti altre rappresentanze sindacali aziendali di altre organizzazioni sindacali e che non sia stata costituita alcuna rappresentanza sindacale unitaria;

   in data 18-19 settembre 2014 la medesima azienda ha proceduto alle elezioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza senza tenere conto della presenza della attuale rappresentanza sindacale aziendale;

   il precedente rappresentante dei lavoratori per la sicurezza in carica, fino alla data del 18-19 settembre 2014, era l'attuale rappresentante sindacale della rappresentanza sindacale aziendale costituita presso l'azienda;

   va tenuto conto della normativa vigente in tema di tutela della salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro di cui all'articolo 47, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché delle altre prescrizioni contenute all'interno dell'accordo interconfederale 22 giugno 1995, in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, e dell'interpello al Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 20/2014 e successive precisazioni;

   il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni ed integrazioni, stabilisce che «Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli (...), quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro» –:

   se il Ministro interrogato intenda chiarire i termini della vicenda esposta in premessa con particolare riferimento all'ipotesi in cui, in presenza di una rappresentanza sindacale aziendale costituita da un singolo elemento, all'interno di un'azienda non vi siano altre forme di rappresentanza sindacale costituita, così come previsto dall'articolo 19 della legge n. 300 del 1970, se si debba procedere ad elezioni tra i lavoratori, anche non appartenenti alle rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, se si debba procedere alla nomina del singolo rappresentante sindacale aziendale senza ricorrere alle elezioni;

   se in presenza di una rappresentanza sindacale aziendale costituita, l'azienda/datore di lavoro abbia il potere di organizzare le elezioni del rappresentante sindacale per la sicurezza.
(4-17766)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MARTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   gli agricoltori della provincia di Lecce, riunitosi per una manifestazione di protesta, sui gravissimi danni socioeconomici, procurati alle attività olivicole dal patogeno da quarantena della Xylella fastidiosa, che ha reso improduttivi più dei tre quinti delle coltivazioni, ripropongono nuovamente complessità di un problema che rimane irrisolto e che rischia di ripercuotersi negativamente sul sistema della produzione di olio non soltanto nella regione Puglia, ma a livello nazionale;

   le richieste di sostegno degli olivicoltori salentini, riunitisi in un Comitato, che continuano ad essere ignorate dalle istituzioni, sia locali che nazionali, finalizzate all'introduzione di misure in grado di ridare una speranza al settore, quali la dichiarazione permanente dello stato di calamità naturale con conseguenti sgravi fiscali e previdenziali, la moratoria dei mutui bancari e la nomina di un Commissario straordinario, appaiono, a parere dell'interrogante, condivisibili, alla luce della situazione emergenziale in corso oramai da anni, sull'intero territorio salentino e regionale;

   gli stessi olivicoltori salentini richiedono, tra l'altro, l'intervento della regione Puglia, affinché si adoperi, con urgenza, al fine di consentire di impiantare olivi delle coltivazioni riconosciute tolleranti al batterio, quali Leccino e Favolosa con sesti tradizionali, intensivi o super-intensivi;

   inoltre, secondo alcune indiscrezioni nel nord della Puglia, si starebbero impiantando migliaia di nuove piante al giorno con il risultato che in futuro la produzione di olio sarà concentrata solo in alcune zone pugliesi;

   l'interrogante rileva, inoltre, che dalla manifestazione di protesta è emerso che l'Unione europea ha avviato una nuova procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, per fermare l'avanzata verso nord della Xylella, e che per tali motivazioni non ci sarà, in tempi brevi, l'autorizzazione al reimpianto di nuove coltivazioni tolleranti alla Xylella, nelle zone dichiarate infette; così come, i 12 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero interrogato, in applicazione del decreto legislativo n. 102 del 2004 risultano non essere stati ancora erogati;

   le suesposte osservazioni, a parere dell'interrogante, evidenziano un quadro complessivo particolarmente difficile e complesso; le misure ad oggi applicate per fronteggiare la Xylella fastidiosa, che ha colpito le piantagioni di olivo nella Puglia e, nel Salento in particolare, appaiono frammentarie e insufficienti per risollevare il comparto agricolo interessato;

   gli interventi richiesti da parte del comitato degli olivicoltori salentini risultano, alla luce della situazione di estrema gravità in precedenza richiamata, urgenti e necessari al fine di evitare l'ulteriore aggravarsi delle condizioni economiche, con inevitabili ripercussioni sui livelli occupazionali –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza i Ministri interrogati intendano assumere, al fine di sostenere il comparto agricolo degli olivicoltori salentini e pugliesi, colpiti dalla Xylella fastidiosa, la cui attività produttiva, nel corso dell'anno, risulta ulteriormente peggiorata a causa dei danni provocati dal batterio alle piantagioni;

   per quali motivi i finanziamenti previsti, pari a circa 12 milioni di euro messi a disposizione del Ministero interrogato, non siano ancora stati erogati;

   se, in considerazione del protrarsi della situazione emergenziale in corso, non convengano sulla necessità d'intervenire, per quanto di competenza, al fine di accogliere le richieste di sostegno del Comitato degli olivicoltori salentini di cui in premessa.
(4-17750)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   un ragazzo di 37 anni, Daniele Paschina, militare, di Serramanna, è morto il 17 agosto 2017 e, secondo quanto riferito dai familiari, sarebbe dovuto restare per nove giorni in camera mortuaria in attesa dell'autopsia per la quale mancava il medico legale;

   nei giorni precedenti era stato ricoverato al Brotzu di Cagliari e dimesso immediatamente;

   nel foglio di dimissioni era riportato uno stato di salute buono;

   il giorno dopo il giovane è morto nella sua abitazione di Serramanna;

   nell'abitazione i medici del 118 hanno accertato il decesso;

   il medico a seguito di quella morte improvvisa ha disposto la perizia necroscopica;

   dalla domenica il cadavere del giovane militare è rimasto drammaticamente riverso nella sala mortuaria dell'ospedale di San Gavino sino a mercoledì e sarebbe dovuto rimanere per altri sei giorni perché il medico risultava in ferie e non era stata disposta nessuna sostituzione;

   pare che per ragioni economiche non sia stata attivata alcuna sostituzione;

   la perizia era prevista di fatto nove giorni dopo il drammatico decesso;

   si tratta di una storia di doppia mala sanità: una dimissione inspiegabile e di fatto frettolosa dall'ospedale di Cagliari, una morte infinita all'ospedale di San Gavino;

   si configura, secondo l'interrogante, l'ennesimo caso di sanità allo sbando;

   occorre fare chiarezza immediatamente su quanto è avvenuto prima e dopo il decesso del giovane militare;

   occorre conoscere le cause del decesso e i motivi dell'ipotizzato abbandono del cadavere sino a nove giorni senza alcun tipo di perizia necroscopica;

   si tratta di una gestione sanitaria da terzo mondo, forse peggio –:

   se il Ministro della salute intenda promuovere immediatamente l'invio di ispettori ministeriali per fare chiarezza sui fatti accaduti e sulle relative cause proprio per evitare nuovi gravi episodi di questa natura.
(5-12142)


   LODOLINI, RICCIATTI e GIULIETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Falconara Marittima ricade all'interno di un'area dichiarata con delibera del consiglio regionale n. 305 del 2000 «area ad elevato rischio di crisi ambientale (AERCA)» ed ora incluso tra i siti di interesse nazionale per le bonifiche;

   suddetto sito è stato oggetto recentemente di una indagine epidemiologica promossa dall'Arpam Marche di profilo osservazionale descrittiva, effettuata con il metodo del progetto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e insediamenti esposti a rischio di inquinamento) con l'obiettivo di studiare la frequenza degli eventi sanitari, dei ricoveri ospedalieri e dei decessi causa specifici;

   per la specificità del sito e delle lavorazioni del polo industriale petrolchimico l'area ricade nel progetto Sentieri;

   dai risultati emerge l'ipotesi di eccesso di rischio rilevante per i soggetti che hanno vissuto e vivono in prossimità degli impianti;

   si fa riferimento a patologie tumorali del colon, della trachea, dei polmoni e della pleura, a malformazioni congenite e al rischio aborto;

   l'esame è stato anche esteso ad altre patologie di natura neurologica, così come ad altre problematiche legate alla vista e alle allergie;

   il Parlamento ha recentemente approvato in prima lettura alla Camera la proposta di legge per l'istituzione del registro nazionale dei tumori, tributando grande rilevanza alla necessità di uscire dalla frammentazione delle informazioni proprio per dare ai cittadini e alle strutture sanitarie una dimensione organica e strutturale della presa in carico di tali problematicità legate a siti specifici dal punto di vista ambientale e produttivo –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per approfondire i risultati oggetto delle precedenti indagini al fine di potenziare l'azione di monitoraggio per la popolazione residente e attenzionare adeguatamente le eventuali associazioni causali con le fonti di rischio presenti nel sito di interesse nazionale (Sin).
(5-12151)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARDINALE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 114 del 2014, articolo 4, in materia di mobilità volontaria e obbligatoria viene ad essere modificato l'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, al comma 1, prevede: «1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere»;

   per quanto di interesse del comparto sanità, fino ad agosto 2014, la mobilità volontaria tra aziende ed enti del comparto e con altre amministrazioni di comparti diversi era disciplinata dall'articolo 19 del Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del 20 settembre 2001;

   per quanto concerne le conseguenze sulla categoria infermieristica, con la legge n. 114 del 2014 non trovano più applicazione i commi 2 e 3 dell'articolo 19 del Contratto collettivo nazionale di lavoro in base ai quali per l'accesso alla mobilità era sostanzialmente necessario solo il nulla osta dell'amministrazione ricevente, lasciando un massimo di 3 mesi all'amministrazione cedente quale tempo per ricercare un eventuale sostituto scorrendo le graduatorie di concorso;

   diventa quindi necessario anche il nulla osta dell'amministrazione cedente che può essere negato, perché non più legato alla sua sostituzione con il preavviso di un mese come disposto dal comma 2 del Contratto collettivo nazionale di lavoro;

   inoltre, vi è da chiarire anche la questione in merito ai «vincitori dei concorsi»; in proposito bisogna capire se debbano intendersi come «vincitori» tutti gli idonei posti in graduatoria utile e non solo i vincitori dei posti messi a bando e se tale norma possa essere invocata dal lavoratore in caso di ordine di spostamento di sede;

   secondo le organizzazioni sindacali di categoria l'istituto della mobilità, con l'obbligo di nulla osta da parte dell'amministrazione cedente, appare privo di significato e non usufruibile dal lavoratore –:

   se il Governo intenda verificare le criticità evidenziate in premessa e se non ritenga opportuno valutare l'opportunità di assumere iniziative per modificare tale disciplina eliminando la richiesta di nulla osta da parte della amministrazione cedente, considerata la peculiarità del settore infermieristico che rischia di vedere ulteriormente ridimensionata la propria sfera di diritti in ambito professionale.
(4-17762)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LAFORGIA e RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di luglio 2017 è stata siglata un'intesa industriale tra Alstom power Italia spa – società del gruppo General Electric – Fiom, rappresentanza sindacale unitaria di Alstom power, comune di Sesto San Giovanni e regione Lombardia, al fine di ricollocare il personale ex Alstom power Italia, già impiegato nel sito, che da più di dieci mesi, dopo il licenziamento intimato dall'azienda, era in assemblea permanente all'interno dell'impianto produttivo per indurre la General Electric a trovare nuovi soggetti industriali che propongano un'alternativa occupazionale ai lavoratori;

   nello specifico, l'intesa definisce i termini per dare soluzione ai contenziosi giuslavoristici tuttora pendenti al tribunale di Monza;

   il protocollo votato all'unanimità dai lavoratori in assemblea permanente, secondo Rosario Rappa della segreteria nazionale della Fiom, Alessandro Pagano, segretario generale della Fiom Lombardia, e Roberta Turi, segretaria generale della Fiom di Milano, è stato un passo molto importante verso l'obiettivo della reindustrializzazione del sito di Sesto San Giovanni e la rioccupazione dei lavoratori che da mesi lottano per riottenere un posto di lavoro;

   secondo quanto risulta agli interroganti, allo stato attuale il Ministro dello sviluppo economico non ha ancora provveduto formalmente a ratificare tale protocollo. Sul sito del Ministro dello sviluppo economico, alla voce «imprese in crisi», l'ultima informazione relativa alla vertenza risale al 6 luglio 2017, dove si legge: «Il Mise giudicando positivi gli elementi emersi dall'incontro, auspica che siano messe in campo tutte le azioni finalizzate a proseguire l'attività reindustrializzazione del sito. Il tavolo rimane aperto pur proseguendo il confronto in sede locale per gli approfondimenti necessari da avviare a breve» –:

   se non s'intenda procedere ad una tempestiva ratifica dell'accordo siglato tra le parti di cui in premessa il 25 luglio 2017 al fine di consentire un nuovo orizzonte industriale e occupazionale ai lavoratori coinvolti nella vertenza.
(5-12135)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Poste Italiane è una società pubblica controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, azionista con il 29,3 per cento del capitale, e dalla Cassa depositi e prestiti con il 35 per cento. L'attività del gruppo è segmentata in quattro settori operativi: servizi postali e commerciali, servizi finanziari, servizi assicurativi e di risparmio gestito. Concessionario in Italia del servizio pubblico postale ha chiuso l'esercizio economico finanziario 2016 con un fatturato di quasi 31 miliardi di euro e conseguendo un utile netto di 622 milioni (+12,7 per cento rispetto al 2015);

   le ragioni di questi numeri, importanti, e positivi, risiedono nella maggior dinamicità e qualità dei servizi offerti, dinamicità e qualità che sottintendono risorse umane qualificate e motivate, soprattutto negli innovativi mercati collegati ad internet e ad «Internet delle cose»;

   nel solo 2016 la riduzione del costo del lavoro è stata di ben 49 milioni di euro, passando da 5.787 milioni del 2015 a 5.738 milioni dell'anno successivo. Tale occorrenza è dovuta essenzialmente alla progressiva diminuzione dell'organico stabile (circa -2.400 risorse full time equivalent – FTE rispetto al 2015) – promossa attraverso massicci incentivi agli esodi (da 78 milioni di euro del 2015 siamo passati a 167 milioni di euro nel 2016) – e al ricorso massiccio a forme flessibili di lavoro;

   tuttavia, da lungo tempo, da ben prima del jobs act, ad esempio riguardo ai lavoratori assunti ex articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 368 del 2001 che in certi casi hanno ancora contenziosi aperti con Poste, le organizzazioni sindacali stigmatizzano giustamente un impiego massivo, ingiustificato e controproducente per l'azienda di contratti a termine, che sta assumendo dimensioni sociali preoccupanti, nell'ordine di migliaia di addetti; le professionalità e le motivazioni acquisite vengono disperse proprio quando potrebbero essere più utili;

   non è tollerabile che la più importante azienda di recapiti d'Europa, per di più pubblica, abusi dei contratti a termine per quelle che appaiono all'interrogante miopi ragioni di cassa di scarsa consistenza causando di conseguenza disparità e frustrazioni ingiustificate che riguardano decine di migliaia di precari ed ex precari, in un organico di quasi 150.000 lavoratori con contratto a tempo determinato che, dopo due anni, allo scadere dei 24 mesi, si trovano senza più un lavoro, causando, di conseguenza, anche disservizi sistematici legati al continuo rinnovo del personale assunto a termine, senza trascurare la qualità del servizio postale che tende a peggiorare per l'alto turn over del personale impiegato;

   tali «strategie» di cassa, forse giustificabili allorquando il gruppo Poste era in profonda crisi debitoria, non sono più tollerabili oggi considerando l'elevato tasso di redditività che colloca la società al primo posto tra i grandi operatori postali d'Europa. In più con il rischio di migliaia di ulteriori contenziosi legali, come tra l'altro si sta verificando;

   da tempo i lavoratori a termine delle Poste, alla stregua degli ex contrattisti a tempo determinato con contenzioso aperto, chiedono, con sit in e manifestazioni in tutta Italia, l'istituzione di una graduatoria per le future assunzioni a tempo indeterminato, affinché le esperienze e le competenze maturate non vadano disperse; considerando nel loro complesso le posizioni e situazioni che devono essere sanate –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere, per quanto di competenza, per contrastare la precarizzazione promossa dalla principale azienda pubblica del nostro Paese, impegnando il gruppo Poste ad assumere politiche di reclutamento finalizzate ad una effettiva stabilizzazione degli assunti e a sanare integralmente il pregresso, prevedendo in tal senso anche l'istituzione di graduatorie che forniscano risposte convincenti a tutte le questioni sollevate.
(5-12138)


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si apprende che la società petrolifera Total ha presentato un'istanza di valutazione di impatto ambientale al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 17 agosto 2017 al fine di poter trasportare su gomma il greggio che sarà estratto dal giacimento di Tempa Rossa in Basilicata presso alcuni impianti di stoccaggio. Suddetta richiesta avviene come conseguenza al diniego avuto dalla società di poter far giungere il greggio presso il sito di Taranto;

   sulla base dei documenti depositati si desume che le circa 170 autobotti giornaliere dovrebbero interessare gli impianti di Fiumicino e di Falconara, anche se non è chiaro con quale finalità;

   Total non vuole rinunciare all'inizio della produzione prevista per la fine di dicembre 2017 che, a regime, riempirà 50.000 barili al giorno (corrispondenti a circa 7.950 mc/giorno);

   sulla vicenda crescono i dubbi e le preoccupazioni perché ove il petrolio avesse raggiunto Taranto qui sarebbe stato semplicemente stoccato per poi essere caricato su navi per la raffinazione che sarebbe avvenuta altrove;

   la documentazione depositata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare recita: «Il progetto prevede la possibilità di garantire il transito settimanale di circa 22.950 mc di grezzo provenienti dal centro trattamento olii di Corleto di Perticara in Basilicata. Il trasferimento del grezzo avverrà tramite autobotti e isocontainers, per un numero stimato massimo giornaliero di 170 mezzi aventi capacità di 30 mc, che saranno caricati fino ad un massimo di 27 mc»;

   tale richiesta riguarda la raffineria di Roma, tuttavia la produzione di Tempa Rossa è di 50 mila barili al giorno, corrispondente a 39.750 mc a settimana e questo significa che occorrerebbero altri 124 tir;

   per realizzare in ottemperanza alla richiesta formulata al suddetto Ministero il sito di stoccaggio presso la raffineria di Roma occorrerebbero circa 7 mesi;

   questi elementi accrescono le preoccupazioni circa un possibile orientamento immediato per il sito di Falconara considerato che all'avvio della produzione mancano circa 3 mesi;

   l'eventuale spedizione del petrolio Total con gli autotreni verso la raffineria Api di Falconara può avere un duplice esito: la spedizione con petroliere verso la raffinazione in altri Paesi oppure la raffinazione in loco;

   è inoltre noto che la qualità del greggio lucano del giacimento di Tempa Rossa non è di grandissima qualità e pertanto con un notevole carico di inquinanti;

   l'eventuale approdo presso il sito di Falconara quindi andrebbe ad incidere in maniera negativa su un'area già compromessa; vi è inoltre da valutare il rilevante carico di inquinamento e di pericolo sulle strade legato al trasporto su gomma che ingolferà Ancona Nord e la variante alla strada statale 16 –:

   se trovi conferma che il greggio del giacimento lucano della Total possa essere inviato attraverso autobotti presso la raffineria di Falconara;

   quali iniziative intenda assumere il Governo per scongiurare tale ipotesi in considerazione della già nota criticità ambientale che interessa il sito marchigiano per il quale andrebbero invece potenziate le misure di riqualificazione e ambientalizzazione a tutela della salute dei cittadini nonché della sicurezza sulle strade;

   se, in relazione al potenziamento di cui sopra, il Governo intenda promuovere iniziative per sottoporre l'area di Falconara ad un più puntuale monitoraggio, tramite centraline di rilevamento, della qualità dell'aria e dell'acqua, con particolare riferimento all'abitato di Castelferretti.
(5-12153)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico — Per sapere – premesso che:

   secondo un'analisi dell'ufficio studi Confartigianato, che ha messo a fuoco il contesto economico delle micro e piccole imprese nelle regioni italiane, evidenziandone i numeri più significativi (principali fonti: Unioncamere-Infocamere-Excelsior, Istat, Mef, Banca d'Italia), in Liguria le microimprese esistenti sono oltre 118.000 e da sole rappresentano più del 96 per cento delle realtà imprenditoriali totali della regione;

   in base a tale studio, ne nascono in media 11 ogni giorno: cinque a Genova, due in ciascuna delle altre province. Le imprese artigiane registrate nel secondo trimestre 2017 sono 44.363, la maggior parte a Genova (22.877) e a Savona (9.078), seguite da quelle imperiesi (7.132) e spezzine (5.276). Entrando nel dettaglio, sono 6.576 le imprese artigiane femminili (circa 3.200 a Genova, quasi 1.400 a Savona, un migliaio a Imperia e altrettante alla Spezia), circa 4.900 quelle giovanili (distribuite tra le 2.352 genovesi, quasi 1.100 savonesi, 900 a Imperia e 570 alla Spezia), ben 8.539 le straniere (4.300 a Genova, circa 1.700 a Savona e a Imperia, quasi 900 alla Spezia). In totale gli occupati nel settore artigiano in regione Liguria sono più di 74.300;

   il valore aggiunto dell'artigianato ligure è di oltre 3,9 miliardi di euro, il 9,6 per cento di quello totale. Il maggiore apporto viene dato da Genova (oltre 2 miliardi), seguito da Savona oltre 800 milioni), La Spezia (550 milioni), Imperia quasi 500 milioni). La propensione all’export è del 15,9 per cento contro il valore medio italiano del 27,5 per cento. Le esportazioni manifatturiere superano quota 6,7 miliardi di euro (a fine 2016);

   l'analisi esamina anche il contesto economico e burocratico in cui lavorano le micro e piccole imprese della regione, a partire dal tasso di irregolarità che in Liguria si attesta sul 12,1 per cento (13,3 per cento in Italia), mentre il tasso di inattività tra i 25 e i 54 anni è del 17,1 per cento (22,6 per cento il dato nazionale). Per quanto concerne il credito, ad aprile 2017 i finanziamenti bancari alle imprese liguri con meno di 20 addetti ammontano a 3,1 miliardi di euro (in calo del 5 per cento in un anno), invece lo stock di credito erogato al totale delle imprese liguri è di oltre 16 miliardi (-2,6 per cento). Il tasso di interesse breve applicato in media alle imprese liguri è del 3,76 per cento, contro il 3,53 per cento applicato in media nel resto d'Italia;

   per quanto riguarda la burocrazia, in Liguria il tempo per i contenziosi tributario si aggira intorno ai 1.340 giorni, contro una media nazionale di 1.480 giornate. Il costo degli adempimenti amministrativi è invece più alto in Liguria rispetto alla media italiana: 18.500 euro contro 18.190 euro medi per impresa. È difficile anche semplificare pratiche e pagamenti: in Liguria solo il 18,2 per cento di comuni è dotato di un sito web che consenta di svolgere operazioni online –:

   alla luce della suddetta analisi, considerata l'importanza che la microimpresa riveste per l'economia della regione Liguria, quali iniziative intenda adottare per sostenere questo indispensabile pilastro produttivo, rimuovendo i principali ostacoli al suo sviluppo, in primis quelli legati al credito e alla burocrazia, elementi che rappresentano ancora due grossi freni nella vita di un'impresa, che andrebbe invece sostenuta e agevolata il più possibile per continuare a creare occupazione e sviluppo.
(4-17748)


   SIMONETTI e ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da quanto riportato dalla Stampa-Vercelli, del 2 settembre 2017, la Sogin ha risolto il contratto con il raggruppamento temporaneo di impresa, di cui e mandataria Saipem spa, che avrebbe dovuto costruire il complesso Cemex nel comprensorio nucleare di Saluggia, per «manifesta incapacità» dell'impresa;

   il consiglio di amministrazione di Sogin avrebbe preso tale decisione a seguito dello svolgimento di un'istruttoria che ha evidenziato come l'appaltatore abbia fatto registrare, «fin dalla fase progettuale, continui ritardi che, nonostante i ripetuti solleciti e la massima collaborazione da parte di Sogin, si sono progressivamente accumulati e appaiono oggi gravissimi rispetto alle tempistiche contrattuali e ai termini autorizzativi»;

   pertanto, il contratto tra Sogin e Saipem spa che prevede la realizzazione dell'edificio di processo all'interno dell'impianto Eurex di Saluggia e del deposito temporaneo D3, dal valore complessivo di 98 milioni di euro, si annulla, a decorrere dal 13 settembre 2017, in quanto, dopo 4 anni dall'assegnazione dell'appalto, risulta avanzato solo del 10 percento;

   sembra che le stesse criticità siano state riscontrate anche nel sito Itrec di Rotondella (Matera), per la realizzazione dell'Icpf (Impianto di cementazione prodotto finito);

   da quanto riportato nell'articolo, sono già state identificate, e si stanno valutando, le diverse alternative per terminare la realizzazione degli impianti Cemex e Icpf, fondamentali per completare le operazioni di disattivazione nei siti di Saluggia e Rotondella;

   nel frattempo, il Governo ha pubblicato il «Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi», consultabile nel sito web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ove risulta in corso la procedura di valutazione ambientale strategica, che prevede l'entrata in esercizio del deposito nazionale entro il 2025;

   la prospettiva della realizzazione del deposito nazionale fra 8 anni, qualora effettivamente fosse seguita questa via da parte del Governo, pone interrogativi sull'opportunità di costruire nuovi depositi temporanei nei comprensori nucleari attuali –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la scelta dell'alternativa che sarà identificata da Sogin per terminare la realizzazione degli impianti Cemex e Icpf possa coordinarsi con i programmi del Governo per la realizzazione del deposito nazionale, in conformità con le strategie comunitarie per la gestione dei rifiuti radioattivi.
(4-17763)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Donati e altri n. 1-01542, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Valeria Valente.

  La mozione Laffranco e altri n. 1-01610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Gelmini.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-01681, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bechis, Tinagli, Quartapelle Procopio, Giuliani.

  La mozione Occhiuto e altri n. 1-01687, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Genovese Giammanco, Gullo, Laboccetta, Labriola, Minardo, Palese, Prestigiacomo, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Vella.

  La mozione Galgano e altri n. 1-01690, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Vaccaro.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Luigi Di Maio e altri n. 3-03231, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Daga.

  L'interrogazione a risposta in commissione Luigi Gallo e altri n. 5-12084, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Tofalo.

  L'interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri e altri n. 4-17700, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Airaudo, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Marcon, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Placido.