Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 settembre 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il 12 dicembre 2006 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno approvato la direttiva 2006/123/ Ce (cosiddetta direttiva Bolkestein o direttiva «servizi») con lo scopo di creare il libero mercato dei servizi in ambito europeo. Il nostro Paese ha recepito la normativa europea con il decreto-legislativo 26 marzo 2010, n. 59;
    la direttiva è basata sugli articoli 43-48 (Il diritto di stabilimento) e 49-55 (I servizi) del Trattato che istituisce la comunità europea e si pone l'obiettivo di facilitare la circolazione e la fruibilità dei servizi nell'Unione europea, secondo i criteri tracciati dalla Strategia di Lisbona. In particolare, la direttiva citata, pur perseguendo in via prioritaria lo scopo di massima liberalizzazione delle attività economiche, consente comunque la possibilità di porre limiti all'esercizio della tutela di tali attività nel caso che questi siano giustificati da motivi di interesse generale;
    l'articolo 12 del decreto legislativo n. 59 del 2010 prevede che, nei casi in cui sussistano motivi imperativi di interesse generale l'accesso e l'esercizio di un'attività di servizio possano essere, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di non discriminazione, subordinati al rispetto di una specifica serie di requisiti. In sostanza, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle «risorse naturali» o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati; l'articolo 14 prevede la possibilità di introdurre limitazioni all'esercizio dell'attività economica, istituendo o mantenendo regimi autorizzatori solo se giustificati da motivi di interesse generale, sempre nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità;
    l'Italia, unico Paese dell'Unione europea assieme alla Spagna, ha esteso l'applicazione della direttiva Bolkestein anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, ambito nel quale aree pubbliche disponibili costituiscono una «risorsa naturale» limitata. Si tratta di un comparto distributivo molto importante, che detiene il 12 per cento dei consumi nazionali: secondo i dati dell'Istat del giugno 2016 si tratta di circa 190 mila aziende, la metà delle aziende del comparto presenti nell'intera Unione europea, e 630 mila addetti. I mercati sono 8.200, circa 60 mila i posteggi, senza considerare quelli presenti in 5 mila fiere. Si tratta, quindi, di un comparto molto rilevante;
    il parere approvato dalle Commissioni II e X della Camera dei deputati l'11 marzo 2010 sullo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, impegnava il Governo a escludere i posteggi nelle aree di mercato dalla nozione di risorse naturali per non penalizzare il settore del commercio ambulante e su aree pubbliche; il medesimo parere impegnava altresì il Governo a «escludere la possibilità di esercizio del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche da parte di società di capitali»;
    il Parlamento europeo, al punto 22 della risoluzione n. 2010/2109 (INI) del 5 luglio 2011, ha preso «... atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti su aree pubbliche nei confronti della possibilità che la direttiva 2006/123/CE possa essere applicata negli Stati Membri estendendo il concetto di “risorsa naturale” anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali». Si riconosce che il recepimento della direttiva Bolkestein potrebbe generare problematiche dannose per gli operatori che svolgono questa attività (quasi sempre imprese individuali o a dimensione familiare) e che difficilmente possono competere in un mercato aperto, anche per gli effetti della crisi economica ancora in atto;
    il 5 luglio del 2012 la Conferenza unificata ha raggiunto un accordo in attuazione dell'articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010 che ha previsto una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze della durata compresa tra nove e dodici anni, periodo nel quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato sulle aree pubbliche per tutelare le imprese che già svolgono la propria attività in tali mercati;
    il 3 novembre 2015 in Commissione attività produttive sono state approvate delle risoluzioni che hanno impegnato il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi e delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche e a valutare l'opportunità di ridiscutere nelle sedi appropriate il quadro giuridico europeo in materia di posteggi su aree pubbliche;
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, ha prorogato al 31 dicembre 2018, il termine delle concessioni per il commercio su aree pubbliche per consentire di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione nelle procedure di assegnazione sull'intero territorio nazionale, stabilendo l'obbligo per i comuni di avviare entro quella data le procedure di selezione pubblica per il rilascio delle nuove concessioni, entro la medesima data,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative per definire una fase di transizione a tutela degli operatori e a considerare comunque attentamente le norme e le sentenze europee che riconoscono agli Stati membri la possibilità di far valere questioni di interesse nazionale, legittimo affidamento e riconoscimento degli investimenti e dei valori commerciali delle imprese.
(1-01684) «Vignali, Pizzolante, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti episodi di intolleranza verso alcuni simboli della storia americana hanno colpito anche la statua di Cristoforo Colombo, icona per gli italiani d'America che celebrano, nel mese di ottobre, il famoso Columbus Day, dichiarato giorno di Festa nazionale, nel 1937, dal Presidente Franklin Delano Roosevelt;
    il conflitto interno agli Usa sul tema della memoria ha toccato anche la figura di Cristoforo Colombo. Infatti, vi sono stati episodi di intolleranza in varie città americane come a Baltimora, dove una statua di Colombo eretta nel 1792 è stata distrutta a martellate, a Detroit, dove il monumento a Colombo è stato avvolto da un drappo nero, a Houston, dove una statua donata alla città dalla Comunità italoamericana nel cinquecentenario della scoperta delle Americhe, è stata imbrattata di vernice color sangue. Infine, a Los Angeles, il 30 agosto scorso il Consiglio comunale ha votato a grande maggioranza la cancellazione del Columbus Day. Prossimamente sarà il Comune di New York a doversi esprimere se l'imponente statua di Cristoforo Colombo può rimanere al suo posto, nei pressi del Central Park;
    è evidente che la cancellazione del Columbus Day dal calendario delle Feste e gli attacchi alle statue di Colombo rappresentano un affronto alla comunità italiana che vive negli Usa e che ne è rimasta ferita;
    Colombo fa parte della storia americana ed oggi rappresenta l'eredità culturale degli italiani d'America, che nel Columbus Day vedono la celebrazione dell'orgoglio e del successo italiano in America;
    l'appello, rivolto al presidente Trump dalla comunità italiana negli USA, dove si legge: «Noi italiani d'America ci appelliamo al Presidente Trump affinché mantenga viva l'eredità culturale di Cristoforo Colombo, parte fondamentale del patrimonio culturale degli Stati Uniti. Senza Colombo non ci sarebbe l'America com’è oggi e forse neanche quella grande civiltà in cui ciascuno può ritrovarsi» merita sostegno da parte delle istituzioni italiane;
    Colombo è simbolo di relazione tra l'Italia e gli Usa e una rimozione di questa figura dalla memoria storica del popolo americano certamente non va incontro ai propositi di buona collaborazione e ai sentimenti di forte amicizia che i due Paesi nutrono reciprocamente;
    è importante dare spazio ad ogni contributo etnico alla costruzione della democrazia americana per cui si chiede che sia istituito un giorno celebrativo per le popolazioni indigene che non sostituisca il Columbus Day come si sta prospettando da più parti e come è già avvenuto a Los Angeles ed in città più piccole, come ad Oberlin, in Ohio,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi, sul piano politico e diplomatico, affinché sia salvaguardata l'eredità culturale italiana negli Usa e la figura simbolo di tale eredità incarnata da Cristoforo Colombo.
(1-01685) «Fitzgerald Nissoli, Brunetta, Gelmini, Carfagna, Baldelli, Occhiuto, Bergamini, Archi, Biancofiore, Biasotti, Calabria, Catanoso, Centemero, Fabrizio Di Stefano, Garnero Santanchè, Giacomoni, Giammanco, Laboccetta, Gullo, Labriola, Laffranco, Longo, Milanato, Palese, Palmizio, Polverini, Ravetto, Rotondi, Russo, Secco, Squeri, Valentini, Vella, Vito».


   La Camera,
   premesso che:
    a livello internazionale, l'articolo 2 dell'Accordo di Parigi sul clima (COP21) indica per la prima volta in un testo avente valore pattizio internazionale che l'obiettivo di fondo è quello di «mantenere l'incremento della temperatura ben al di sotto di 2oC rispetto al periodo preindustriale e di sforzarsi di non superare 1,5oC»;
    strumento fondamentale per raggiungere tale obiettivo rimane ovviamente la riduzione (mitigation) delle emissioni. L'Accordo stabilisce (articolo 4) di continuare con il metodo con cui si è giunti alla COP21: ogni Paese «dovrà preparare, comunicare e mantenere» il suo contributo nazionale di riduzione (Indc o Ndc) anche in futuro e lo aggiornerà ogni 5 anni;
    a livello comunitario, nell'ambito del pacchetto legislativo «Energia pulita per tutti gli europei» l'efficienza energetica rappresenta l'obiettivo primario, secondo la definizione adottata dallo stesso pacchetto, e rappresenta un principio essenziale per l'Unione dell'energia, quale modo economicamente più efficace per sostenere la transizione economica prevista dalla tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, creando crescita, posti di lavoro e opportunità di investimento;
    l'obiettivo unionale vincolante di miglioramento dell'efficienza energetica è del 30 per cento per il 2030 ed, in particolare, in base alle previsioni di miglioramento profilate dalla Commissione europea tale scelta determinerà vantaggi per l'Unione europea in termini di: riduzione del consumo di energia finale del 17 per cento (rispetto al 2005); aumento del prodotto interno lordo di circa lo 0,4 per cento (per un valore pari a 70 miliardi di euro); rafforzamento della competitività delle imprese europee determinando una riduzione media dei prezzi dell'energia elettrica (da 161 a 157 euro/mwh); generazione di attivi occupazionali soprattutto nel settore edile;
    in tal senso, con riferimento all'obiettivo globale di miglioramento dell'efficienza energetica per il 2030, il parametro del 30 per cento rispetto allo scenario di riferimento potrebbe essere reso in tal senso più ambizioso, con un target al 40 per cento di miglioramento dell'efficienza energetica in termini di riduzione dei consumi, anche prevedendo criteri di premialità che consentano ai Paesi con alti livelli di riduzione dei consumi margini di flessibilità nella definizione delle politiche di efficienza energetica nel rispetto degli obiettivi europei;
    nell'ambito della politica di efficienza energetica, a livello europeo, va ricercata la possibile adozione di misure per la tassazione al consumo dei prodotti in relazione al contenuto di carbonio degli stessi. Emerge, infatti, la necessità di più opportuni strumenti in termini di fiscalità, che superino il solo Emission trading scheme (ETS) in materia, e che facciano riferimento al dato dell'intensità carbonica dei prodotti – da applicare in modo non discriminatorio sia ai prodotti dell'Unione europea sia ai prodotti di importazione – sulla base del contenuto di anidride carbonica emesso per la produzione di tali beni, ed in modo da riconoscere i meriti ambientali delle produzioni manifatturiere che rispettino elevati standard ambientali. Ciò consentirebbe di innescare un meccanismo virtuoso di miglioramento della produzione e della qualità ambientale dei prodotti, così accelerando il raggiungimento degli obiettivi globali di decarbonizzazione. In tal senso, occorre individuare misure a livello di Stati membri che agiscano come leva di fiscalità ambientale tramite la modulazione delle aliquote Iva, aventi la finalità non di aumentare il gettito fiscale, bensì di incentivare le produzioni più pulite e disincentivare le produzioni ad alto impatto inquinante, a prescindere dal luogo di produzione dei beni;
    la fissazione dell'obiettivo del 40 per cento di riduzione dei consumi al 2030, come richiesto dal Parlamento europeo, consentirebbe di aumentare del 50 per cento il fatturato legato alla riqualificazione edilizia e di ridurre le importazioni di metano;
    a livello nazionale, nel corso della legislatura in corso, è stato adottato il decreto legislativo n. 102 del 2014 di recepimento della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, successivamente integrato e modificato dal decreto legislativo n. 141 del 2016;
    sono state, inoltre, adottate una serie di misure sull'efficienza energetica nel patrimonio edilizio: l’«ecobonus» è stato da ultimo prorogato per l'anno 2017, con la legge di bilancio, legge n. 232 del 2016. È stato, inoltre, adottato il «nuovo conto termico» (di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 2016). Infine, si è poi intervenuti sulla disciplina della certificazione energetica degli edifici con l'entrata in vigore dell'attestato di prestazione energetica degli edifici (Ape);
    in termini di efficienza energetica, l'Italia parte già da un buon livello medio. Il nostro Paese – secondo l'ultimo Rapporto annuale efficienza energetica 2016 dell'Enea – si posiziona su un livello d'intensità energetica del 18 per cento inferiore della media dell'Unione europea, dato particolarmente positivo, perché tanto più basso è il valore dell'intensità energetica tanto più è alta l'efficienza energetica del Paese;
    il Rapporto dell'Enea, evidenzia che l'Italia ha raggiunto, all'anno 2015, il 32,3 per cento dell'obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano nazionale di efficienza energetica 2014-PAEE: tra gli strumenti per promuovere l'efficienza si sono rivelati particolarmente efficaci i «certificati bianchi» (il cui meccanismo di funzionamento è in corso di revisione ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo n. 102 del 2014) e le detrazioni fiscali per le riqualificazioni energetiche, i cosiddetti ecobonus, utilizzati soprattutto per interventi di isolamento termico degli edifici, la sostituzione di infissi e l'installazione di impianti di riscaldamento più efficienti, prorogati con la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);
    complessivamente, secondo le contabilizzazioni dell'Enea, nel periodo 2005-2016, con le misure per l'efficienza energetica sono stati risparmiati quasi 10,7 Mtep l'anno di energia primaria e oltre 3,1 miliardi di euro di spese per importazioni di fonti fossili;
    come si è detto, nel corso della presente legislatura sono state adottate misure sull'efficienza energetica nel patrimonio edilizio, utilizzando la leva delle detrazioni fiscali (i cosiddetti ecobonus) prorogate via via con le diverse leggi di stabilità e da ultimo con la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);
    la detrazione fiscale per gli interventi di efficienza energetica consiste nel riconoscimento di detrazioni d'imposta delle spese sostenute da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti;
    tale incentivo fiscale gioca e ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'efficientamento energetico nel settore residenziale e gli investimenti veicolati hanno avuto un impatto importantissimo tanto che ad oggi, quella della detrazione in tale ambito, rappresenta una delle misure più importanti di green economy che ha alleggerito la bolletta energetica delle famiglie;
    in Italia si dovrebbe puntare sulle riqualificazioni energetiche profonde;
    ciò nonostante, allo stato, ne risultano esclusi i quartieri più poveri delle città e degli insediamenti del nostro Paese, in quanto la indisponibilità di capitali ma anche di redditi ha impedito di produrre effetti concreti in ordine alle politiche di efficienza energetica e di ristrutturazione;
    da uno studio promosso dall'ingegner Tullio Fanelli, vice direttore generale di Enea e presentato in occasione di un convegno promosso dall'Associazione Nens «Nuova economia-nuova società» è emerso che nel panorama del patrimonio edilizio rilevano certamente strutture condominiali, che insistono, in particolare, in territori periferici italiani, realizzate prima del 1976, quindi prima delle prime leggi in materia di efficienza energetica e di obbiettivi energetici ed ambientali, sulle quali sarebbe utile e doveroso intervenire soprattutto per ridurre le disuguaglianze e creare maggiore coesione sociale;
    come emerge dallo studio citato, la riqualificazione energetica è essenziale per andare avanti anche sul rischio antisismico, così da unire i ricavi legati al maggior valore dell'immobile dagli interventi di rafforzamento antisismico a quelli realizzabili per il tramite del risparmio dei costi energetici, grazie appunto ad interventi di efficientamento energetico;
    occorre altresì evidenziare come il sistema delle detrazioni fiscali sia per lo più un'incentivazione per le classi a reddito più elevato, ossia per chi dispone di maggiori capitali dal quale può appunto detrarre le incentivazioni;
    appare, dunque, opportuno sviluppare politiche di efficienza energetica volte a coinvolgere strutture ubicate nei quartieri o nelle zone più economicamente disagiate, al fine di evitare che i meccanismi di incentivazione fiscale attualmente in vigore diventino strumenti discriminatori tra le varie fasce di reddito della popolazione italiana;
    giova altresì ricordare come lo strumento delle detrazioni fiscali non abbia funzionato per l'efficientamento profondo (Deep renovation) ossia per quegli investimenti di medio-lungo periodo che includono lavori sugli edifici in maniera strutturalmente più penetrante. Tali investimenti hanno incontrato, nel corso degli anni, una serie di criticità: dimensione e durata degli investimenti, mancanza dal lato dell'offerta di volumi sufficienti ad attivare i lavori, alta presenza di soggetti incapienti;
    per ciò che concerne gli incapienti, secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, si evince che essi rappresentano il 16,2 per cento sul totale degli inquilini, con la conseguente probabilità quindi che all'interno di un condominio ve ne sia almeno uno;
    le detrazioni fiscali giocano, quindi, un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'efficienza energetica; pertanto, appare necessario utilizzare anche questa leva per rafforzare la coesione sociale, ridurre le disuguaglianze e il disagio nelle periferie. In tal senso, appare opportuno intervenire su condomini molto datati e ubicati in quartieri o zone particolarmente povere, affidando i lavori ad imprese in grado di tutelare soprattutto gli incapienti e consentendo la cessione delle detrazioni alle banche o a soggetti esperti, iscritti in un apposito albo pubblicato dall'Agenzia delle entrate, in modo da tutelare i beneficiari dell'incentivo anche dal lato dell'offerta;
    l'efficienza energetica assume particolare rilevanza anche nell'ambito di importanti programmi nazionali, come il Piano industria 4.0. Le ultime raccomandazioni della Commissione europea sulla politica industriale dell'Unione, sono focalizzate sulla necessità di fare investimenti nella direzione della ricerca e dell'innovazione, in particolare nel campo dell'efficienza energetica, individuato come un indispensabile passo per aumentare la competitività e ritrovare una leadership industriale europea sui mercati mondiali. Nell'ottica dell'Unione, essere efficienti significa anche saper arrivare a una produzione sempre più precisa, flessibile, dinamica, qualitativamente alta;
    ai fini di una maggiore sinergia tra Industria 4.0 e i programmi di efficienza energetica è opportuno che si arrivi a sviluppare una serie di proposte, tra le quali appaiono prioritarie, quella relativa alla cumulabilità dei «certificati bianchi» con gli iper e i super ammortamenti previsti dal Piano industria 4.0, nonché l'istituzione di un fondo di garanzia ad hoc per incentivare gli investimenti in efficienza da parte di piccole e medie imprese e pubblica amministrazione;
    sempre in ambito di efficienza energetica, la Strategia energetica nazionale (Sen 2017) riconosce i buoni risultati raggiunti ad oggi nel miglioramento dell'efficienza energetica, ma sottolinea la necessità di ulteriori sforzi in particolare in quei settori – come il settore residenziale e quello dei trasporti – ad oggi poco presidiati o presidiati in maniera inefficace e costosa;
    sul fronte delle misure di supporto, la Sen 2017 prevede, un rafforzamento e una semplificazione degli schemi esistenti l'introduzione di nuovi dispositivi rivolti ai trasporti e al terziario, la prosecuzione del programma Industria 4.0 e del Prepac per la pubblica amministrazione e il lancio del fondo di garanzia atteso dal 2011. È inoltre prevista un'azione insieme ad altri Paesi dell'Unione europea per rivedere le regole sulla contabilità delle amministrazioni pubbliche. Si tratta di una misura auspicabile, visto che si continua a parlare di contratti Epc e di finanziamento tramite terzi per la riqualificazione degli edifici pubblici, ma che le linee guida dell'Eurostat rendono molti degli strumenti di fatto inutilizzabili con i vincoli del patto di stabilità,

impegna il Governo:

1) a valutare l'adozione di iniziative per l'adozione di un piano nazionale per un generalizzato intervento di manutenzione straordinaria volto all'efficienza energetica degli immobili, con l'obiettivo di riqualificare, attraverso la procedura della cosiddetta Deep renovation, un milione di condomini entro il 2030, specialmente nelle aree a maggiore disagio abitativo;
2) a valutare l'adozione di apposite iniziative normative in materia di efficienza energetica del patrimonio immobiliare prestando particolare attenzione all'opportunità di:
   a)  eliminare l'opzione che consente di beneficiare dell'aliquota al 70 per cento per gli interventi che interessano l'involucro dell'edificio per oltre il 25 per cento;
   b)  inserire tra i requisiti necessari per beneficiare dell'aliquota al 75 per cento (oltre al conseguimento della qualità media di cui al decreto interministeriale del Ministro dello sviluppo economico di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per la semplificazione e la pubblica amministrazione del 26 giugno 2015) anche i seguenti criteri: il raggiungimento almeno della classe A1 (di cui al citato decreto interministeriale del 26 giugno 2015); un rapporto massimo tra i costi di investimento ammissibili e la stima del risparmio economico annuale generato dall'intervento pari a 20, incrementabile in caso di interventi contestuali a carattere antisismico;
   c)  assicurare che il rapporto tra i costi di investimento ammissibili all'incentivo e la stima del risparmio economico annuale generato dall'intervento non sia inferiore ad un valore prefissato, comunque per un periodo non inferiore ai 7 anni;
   d)  introdurre massimali unitari di spesa per le principali tipologie di intervento di riqualificazione;
   e)  sostenere il rafforzamento delle attività di verifica e controllo ex ante del sistema delle agevolazioni nel campo dell'efficienza energetica prevedendo che queste vengano svolte da soggetti pubblici qualificati come l'Enea o il Gse;
   f)  introdurre misure di portabilità delle detrazioni fiscali;
3) sul versante delle politiche produttive, ad avviare iniziative volte al sostegno della filiera industriale, implementando programmi di aggiornamento rivolti alle imprese o a gruppi di imprese nell'ambito della riqualificazione energetica, sviluppando specifiche qualifiche e competenze imprenditoriali di settore, anche in un'ottica di maggiore trasparenza e informazione ai cittadini;
4) nell'ambito del programma nazionale Industria 4.0, a valutare di assumere iniziative per l'istituzione, già nell'ambito del prossimo disegno di legge di bilancio 2018 di un apposito fondo di garanzia rivolto agli interventi di riqualificazione energetica delle piccole e medie imprese;
5) sempre nell'ambito del Programma industria 4.0, a valutare l'adozione di iniziative normative volte a prevedere la cumulabilità dei titoli di efficienza energetica (Tee), di cui al decreto ministeriale del 28 dicembre 2012 «Incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili ed interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni», con le misure di iper-ammortamento istituite con la legge 1o dicembre 2016, n. 232, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019».
(1-01686) «Ricciatti, Epifani, Bersani, Ferrara, Laforgia, Scotto, Melilla, Piras, Quaranta, Nicchi, Duranti, Martelli, Sannicandro, Carlo Galli, Folino, Franco Bordo».


   La Camera,
   premesso che:
    l'assetto della finanza locale è stato investito, negli ultimi dieci anni, da un processo di ridefinizione tracciato principalmente dalla riforma federalista prevista con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001 e in seguito delineata con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale;
    dopo circa dieci anni dalla legge delega sopra citata, il quadro definito dalla stessa risulta implementato nel nostro ordinamento solo parzialmente, poiché in parte rallentato e aggravato a causa degli intrecci determinati dalle manovre relative al consolidamento dei conti pubblici, in considerazione della crisi economica e finanziaria, da cui è scaturita una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
    il disegno iniziale, delineato dalla legge delega n. 42 del 2009, prevedeva che i fabbisogni standard fossero definiti in riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni fondamentali e che la loro perequazione integrale fosse garantita dall'istituzione del fondo di solidarietà comunale (FSC), finanziato attraverso la fiscalità generale, in presenza di un totale dei fabbisogni superiore al totale delle capacità fiscali;
    il rapporto presentato dall'Ifel, il 31 marzo 2017, recante «temi per l'analisi degli effetti della perequazione delle risorse comunali» mostra chiaramente come il sistema implementato dalla riforma federalista si distacchi in modo sostanziale dalle corrispettive previsioni contenute nella legge delega e come il disegno federalista promosso nel 2009 sia stato in larga misura modificato e addirittura «disatteso»;
    il sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti, avviato nel 2015, nell'ambito del fondo di solidarietà comunale (FSC) integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni (decreto legislativo n. 23 del 2001) si allontana da quanto stabilito dalla legge delega n. 42 del 2009 che prevede il contributo dello Stato alla perequazione delle funzioni fondamentali;
    il rapporto dell'Ifel precisa, altresì, che per quanto concerne i livelli essenziali dei servizi da garantire, il lavoro per la loro definizione è in una condizione di «stallo», poiché ci si è accorti delle sue difficoltà intrinseche: non essendo assicurate risorse necessarie a garantire livelli essenziali o minimi dei servizi su tutto il territorio, la loro applicazione rischierebbe che i divari tra i territori vengano colmati abbassando i livelli di servizio proprio ove maggiormente presenti, anche in considerazione del fatto che nel nostro ordinamento non sono previsti vincoli di destinazione per i trasferimenti perequativi;
    per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;
    in questo modo le zone rimaste «indietro», per lo più al Sud d'Italia, sono condannate a vivere tale arretramento, dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si concretizzano non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
    per la ripartizione delle risorse del fondo perequativo si utilizza, dunque, l'inconcepibile criterio della spesa storica che premia proprio chi, potendo spendere di più grazie agli introiti delle imposte comunali, ha storicamente più servizi da offrire ai propri cittadini;
    il meccanismo delineato, quindi, tenderebbe a riconoscere maggiori fabbisogni ai comuni con maggiore spesa sotto l'ipotesi che questi siano anche i comuni con il maggior numero di servizi offerti e tale fattispecie si verifica principalmente nel caso dei servizi sociali;
    l'attività di monitoraggio svolta dalla Sose spa, società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, con il primo «Rapporto concernente la ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi» consegnato il 30 gennaio 2017 al Ministero dell'economia e delle finanze evidenzia nei servizi un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del Centro-nord e quelle del Sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno;
    il Rapporto citato redatto ai sensi del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, con sei anni di ritardo, specifica che se si prendono in considerazione i settori dei servizi sociali e degli asili nido che propongono come target i livelli di servizio minimo più bassi il divario tra Nord e Sud ammonterebbe a circa 1,4 miliardi di euro;
    in base ai dati del 2013, la Sose specifica che la spesa sociale giudicata essenziale, cioè relativa a servizi indispensabili, in Italia è di 18,8 miliardi di euro e che tali risorse non sono distribuite in modo omogeneo nelle quindici regioni a statuto ordinario (alle cinque regioni a statuto speciale non si applica la legge delega sul federalismo fiscale) per cui tra i cittadini, soprattutto i più deboli, non c’è uguaglianza;
    nel comparto degli asili nido, secondo il rapporto Sose, per il 2013 il livello di copertura medio nazionale, ovvero la quota percentuale di bambini frequentati gli asili nido e il numero di utenti che percepiscono voucher sulla popolazione residente in età 0-2 anni, risulta pari al 12,73 per cento, ma la distribuzione del servizio mostra che le regioni del Centro-nord sono caratterizzate da percentuali di copertura prossime o superiori al 15 per cento, mentre le regioni del Sud, ad eccezioni dell'Abruzzo e della Basilicata, non superano mai il 5 per cento di copertura;
    se nel 2018 si seguirà il medesimo ragionamento anche per il servizio pubblico locale, il rischio è di assistere ad un continuo arretramento di molte zone del sud Italia: nel settore dei trasporti, riservato alla popolazione scolastica, nel 2015 si registra un grave peggioramento nei comuni della Puglia, con una flessione del servizio del 13 per cento e una copertura limitata al 5 per cento degli studenti, un terzo dello standard;
    per portare i servizi di assistenza ad un adeguato livello, stima la Sose, bisognerebbe accrescere la spesa del computo dai 5 miliardi attuali a 6,9 miliardi di euro e per gli asili nido bisognerebbe prevedere un costo massimo aggiuntivo di 1,9 miliardi di euro rispetto agli 1,3 attuali;
    nelle quindici regioni a statuto ordinario, il servizio delle mense scolastiche è erogato a 1.367.998 alunni: nello specifico, in Italia gli utenti sono rimasti stabili nel passaggio dal 2013 al 2015, con una variazione positiva allo 0,25 per cento, anche se in Calabria e in Basilicata gli utenti sono diminuiti del 6 per cento e nei comuni della Campania addirittura del 10 per cento;
    i dati riportati evidenziano un mutamento profondo delle regole di allocazione fra i diversi territori della spesa pubblica a danno del Mezzogiorno, come se si fosse deciso di salvaguardare le regioni più forti e di concentrare le sofferenze in quelle più deboli;
    si è giunti, dunque, ad una visione distorta del federalismo fiscale reso evidente principalmente da fatto che sono stati stabiliti parametri secondo i quali per cui «chi ha più riceve», accentuando, in questo modo, le differenze e rendendo disomogenei i diritti di cittadinanza giungendo ad una violazione di quell'eguaglianza sancita dall'articolo 3 della Costituzione;
    con il federalismo fiscale si dovrebbe puntare, essenzialmente, all'effettiva realizzazione dell'autogoverno regionale e alla responsabilizzazione delle regioni nei confronti delle rispettive comunità, dando concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a prevedere, nella ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale, la definizione di specifici criteri volti a incrementare progressivamente il peso della componente perequativa rispetto a quella compensativa storica, al fine di rovesciare il meccanismo vigente secondo il quale si attribuiscono maggiori risorse alle amministrazioni che offrono maggiori quantità di servizi;
2) ad assumere le opportune iniziative normative volte a dare completa attuazione alla riforma del federalismo fiscale prevista dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, con cui si stabilisce il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
(1-01687) «Occhiuto, Carfagna, Russo, Sisto».


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, cosiddetta direttiva Bolkestein, reca una serie di principi finalizzati alla armonizzazione delle normative nazionali e regionali in materia di servizi, e promuove una maggiore competitività del mercato;
    la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, ha previsto all'articolo 12 che, nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, l'autorizzazione debba essere rilasciata per una durata limitata e non possa essere previsto un rinnovo automatico e, prevede, altresì che si debba applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza;
    il Parlamento europeo, prendendo atto della preoccupazione espressa dalle rappresentanze dei venditori ambulanti su aree pubbliche, rispetto all'applicazione a tale attività della direttiva 2006/123/CE cosiddetta «direttiva Bolkestein», già il 5 luglio 2010 aveva invitato gli Stati membri ad escludere il commercio ambulante dall'applicazione di tale direttiva;
    lo Stato italiano ha recepito la direttiva 2006/123/CE con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e in particolare l'articolo 16, che si riferisce alla selezione tra diversi candidati, prevede procedure selettive nell'ipotesi in cui il numero di titoli autorizzanti disponibili sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali, come indicato dalla direttiva;
    il comma 5 dell'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, in materia di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, prevedeva attraverso apposita intesa in Conferenza unificata l'individuazione dei criteri per il rilascio e per il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche;
    la citata intesa in sede di Conferenza unificata, sancita il 5 luglio 2012, ha definito le disposizioni transitorie da applicare alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo e a quelle prorogate durante il periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e fino all'approvazione delle disposizioni transitorie;
    non risulta che altri Stati membri nell'ambito dell'attuazione della direttiva 2006/123/CE, abbiano previsto, come ha fatto l'Italia una specifica applicazione della disciplina del commercio sulle aree pubbliche;
    alle proteste dei commercianti ambulanti si sono aggiunte numerose prese di posizione da parte di importanti amministrazioni quali i consigli regionali di Piemonte e Puglia che hanno approvato mozioni per una modifica normativa che escluda il commercio ambulante dall'attuazione della direttiva «Bolkestein», mentre i consigli comunali di Roma e Torino hanno approvato mozioni per la sospensione dei bandi relativi alle concessioni dei commercianti ambulanti;
    l'applicazione della «direttiva Bolkestein» che ha previsto, tra l'altro: la liberalizzazione delle licenze, la messa all'asta delle concessioni, l'apertura selvaggia alle società di capitali e alle multinazionali della grande distribuzione, mette a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro di famiglie che trovano il loro sostentamento nel commercio esercitato sulle aree pubbliche;
    è necessario ed improrogabile, quindi, mettere in campo ogni iniziativa a tutela del settore fornendo garanzie ai lavoratori del commercio su aree pubbliche contrastando speculazione, illegalità, sfruttamento del lavoro, precarietà e disoccupazione ovvero gravi fenomeni che rischiano di derivare dall'applicazione della direttiva «Bolkestein» come attuata nel nostro Paese dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, in particolare tenuto conto della grave crisi economica che attanaglia il nostro Paese;
    si tratta di tutelare circa 200.000 aziende e circa 400 mila lavoratrici e lavoratori che hanno investito i propri risparmi o si sono indebitati per acquistare una licenza e che rappresentano una parte importante del tessuto economico del nostro Paese;
    si tratta di tutelare le aziende i lavoratori – in particolare oggi in attività – dalla possibilità di concentrazione del commercio ambulante nelle mani di multinazionali o di poche grandi società, anche attraverso criteri di accesso e preferenze in sede di bando per le aziende e i lavoratori oggi in attività;
    la direttiva «Bolkestein», come altre direttive europee, tra le quali la direttiva 96/71/EC relativa ai « posted workers» e la direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali, predisposte in applicazione dei principi del mercato unico europeo, determinano insostenibile dumping sociale e grave svalutazione del lavoro e impoverimento della qualità dei servizi;
    quanto illustrato in premessa rende necessario rivedere l'applicazione dei principi della direttiva 2006/123/CE come attuati dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, escludendo i commercianti su suolo pubblico dall'applicazione della citata Direttiva,

impegna il Governo:

1) ad assumere in tempi brevi le ormai improrogabili iniziative legislative volte alla modifica sostanziale dell'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, al fine di escludere il commercio esercitato sulle aree pubbliche dall'applicazione della direttiva «Bolkestein»;
2) a convocare un apposito tavolo di confronto con i rappresentanti delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche al fine di definire le necessarie modifiche normative a tutela degli esercenti del commercio su aree pubbliche.
(1-01688) «Fassina, Marcon, Airaudo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Gregori, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Istat ha di recente rilevato che in Italia, la povertà assoluta riguarda 4 milioni e 742 mila persone, pari a 1,619 milioni di famiglie residenti;
    dai dati diffusi dal Censis, emerge che negli anni è aumentato nel nostro Paese il numero delle persone «in difficoltà», cittadini che, per ragioni economiche, non riescono a sostenere il costo delle prestazioni sanitarie;
    la povertà sanitaria ha registrato un forte aumento nel 2016 (+8,3 per cento la richiesta di medicinali con un incremento dell'1,3 per cento rispetto all'anno precedente) da parte degli enti assistenziali sostenuti dal Banco farmaceutico;
    da anni il Banco farmaceutico organizza la giornata di raccolta del farmaco, ma con le donazioni raccolte è stato possibile coprire solo il 37,5 per cento delle richieste ricevute, richieste che in tre anni sono cresciute del 16 per cento;
    il Banco farmaceutico ha aiutato nel 2016 circa 557 mila persone, cioè solo il 12 per cento dei poveri censiti; molte richieste provengono da stranieri, maschi e da individui con età superiore a 65 anni;
    dall'analisi dei dati sull'accesso alle prestazioni sanitarie si evince che, la rinuncia e le limitazioni non riguardano solo le persone in difficoltà economica, ma quasi 5 milioni di famiglie che, nello scorso anno, hanno cercato di risparmiare sulla prevenzione e sull'assistenza;
    questa situazione dà la misura di un crescente e diffuso disagio che rende difficile il diritto alla salute e l'accesso alle cure per i più deboli e che richiama il Governo a un dovere costituzionale e a trovare risposte adeguate ad una vera e propria emergenza sociale;
    un efficace e strutturato sistema di raccolta dei farmaci non scaduti per finalità sociali consentirebbe di assicurare la tutela della salute, di rendere sostenibile la spesa sanitaria e di rispondere all'esigenza di tutela ambientale e di riduzione dei costi di smaltimento di medicinali;
    a questo proposito va richiamata la legge n. 166 del 2016 che contiene disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, adottata anche con la finalità di favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici e di altri prodotti;
    l'articolo 15 della legge richiamata interviene sulla pregressa normativa in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2016 (che dà attuazione alla direttiva 2001/83/CE relativa al codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché alla direttiva 2003/94/CE che stabilisce i sistemi di raccolta di medicinali inutilizzati, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità o scaduti), con la soppressione del terzo periodo del comma 1, in tema di modalità di utilizzazione dei medicinali non scaduti da parte delle organizzazioni senza fini di lucro e l'aggiunta del comma 1-bis;
    il comma 1-bis demanda a un successivo decreto del Ministero della salute, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge: l'individuazione delle modalità di donazione, le specifiche relative a involucri, scadenze e stato di conservazione dei farmaci oggetto della donazione, la definizione dei requisiti delle onlus che faranno parte del sistema di raccolta e distribuzione dei farmaci, le modalità operative delle stesse e la loro equiparazione agli enti che svolgono attività assistenziale;
    la legge n. 166 del 2016 prevede complessivamente l'emanazione di otto provvedimenti attuativi da parte del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze e del direttore dell'Agenzia delle entrate;
    ad oggi ne mancano sette, per cui il provvedimento non è pienamente operativo e, lascia sulla carta molte delle sue finalità fra le quali quella di promozione, formazione e sensibilizzazione in materia di riduzione degli sprechi che avrebbero dovuto coinvolgere il servizio pubblico di informazione e diversi ministeri;
    nel 2016 l'Ispra ha pubblicato il rapporto sui rifiuti urbani che ha evidenziato che in Italia vengono vendute tonnellate di farmaci. Circa il 40 per cento del totale non viene utilizzato e scade. Da una rilevazione che ha coinvolto il 24,5 per cento dei comuni, risulta che i farmaci producono circa 1270 tonnellate di rifiuti che spesso finiscono nella raccolta indifferenziata, producendo inquinamento oltre che uno spreco di risorse e un costo per la collettività;
    la maggior parte dei medicinali che finisce fra i rifiuti è posto a carico del servizio sanitario nazionale per una spesa stimata di oltre 2 miliardi di euro che potrebbero proficuamente essere utilizzati in servizi e prestazioni a vantaggio dei cittadini;
    una consuetudine da contrastare è quella di tenere in casa dotazioni minime di farmaci da utilizzare in caso di necessità, che costituisce un ulteriore fattore di spreco al quale si aggiunge l'uso di prodotti di medicina veterinaria;
    alla razionalizzazione della spesa sanitaria e al contenimento dei costi per lo smaltimento di rifiuti pericolosi concorrerebbe la promozione di buone pratiche. Fra queste, si segnalano quella di favorire una maggiore informazione e consapevolezza degli utenti, di prevedere la vendita di farmaci monodose o in quantità proporzionale alla cura prescritta, di scoraggiare il ricorso alle autoprescrizioni e all'acquisto delle scorte, di promuovere il corretto smaltimento dei farmaci incrementando il numero dei contenitori e dei centri di raccolta,

impegna il Governo:

1) a predisporre le iniziative necessarie al fine di dare pienamente attuazione alle finalità della legge n. 166 del 2016;
2) ad assumere iniziative per dare attuazione a quanto previsto al comma 1-bis dell'articolo 15 della legge n. 166 del 2016;
3) ad adottare ogni iniziativa utile per favorire la raccolta e la donazione dei farmaci non utilizzati, ma in corso di validità, e per educare ad acquisti responsabili di medicinali in ambito sia domestico, sia ospedaliero, sia veterinario;

4) a valutare la possibilità di favorire un diverso confezionamento dei medicinali che consenta di calibrare gli acquisti all'uso necessario e, quindi, ad evitare di far finire le quantità in eccesso contenute nelle scatole fra i rifiuti non riutilizzabili;
5) ad assumere iniziative per responsabilizzare i cittadini rispetto alla finalità sociale delle donazioni di farmaci non utilizzati, non ancora scaduti, conservati in modo corretto;
6) a garantire il diritto costituzionale alla salute alle fasce più deboli della popolazione, favorendo il riutilizzo dei farmaci non ancora scaduti;
7) a favorire il recupero e la donazione di medicinali a fini di solidarietà sociale da parte di produttori, rivenditori, e consumatori, purché rispondano ai requisiti previsti di validità, integrità, sicurezza ed efficacia e siano idonei all'utilizzo per chi ne beneficia;
8) ad assumere iniziative per indicare con precisione quali sono i farmaci cedibili, visto che alcune confezioni prevedono la conservazione in frigorifero o che alcuni medicinali sono destinati a uso ospedaliero e per patologie specifiche;
9) ad assumere iniziative per indicare a quali disposizioni fiscali sono assoggettate le donazioni di medicinali a fini di solidarietà sociale;
10) a ribadire che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione.
(1-01689) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, Merlo, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Marcolin, Rabino, Sottanelli, Zanetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, nota come «direttiva Bolkestein», ha come obiettivo quello di facilitare la circolazione di servizi all'interno dell'Unione europea. Tale circolazione rappresenta il 70 per cento dell'occupazione in Europa e la liberalizzazione dei servizi può aumentare l'occupazione e il Pil;
    con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, l'Italia ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE, che regola anche i settori del commercio su aree pubbliche e del demanio marittimo;
    l'articolo 12 della direttiva Bolkestein prevede che: «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione che presenti garanzie d'imparzialità e trasparenza e preveda pubblicità della procedura e del suo svolgimento e completamento». In tali casi «l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami»;
    gli articoli 11, 16, comma 4, e l'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010, prevedono l'apertura del settore a nuove imprese, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni e l'assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi con divieto di favorire il prestatore uscente;
    il 5 luglio 2012 la Conferenza unificata ha stabilito una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017 con un regime transitorio di licenze, della durata minima di 9 anni e massima di 12 anni. In questo periodo i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche;
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 (cosiddetto «milleproroghe»), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, proroga il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche in essere alla data al 31 dicembre 2018, in modo che le amministrazioni pubbliche possano avviare la procedura di selezione pubblica;
    nel dicembre 2016 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha espresso un parere sulle regole per i bandi, suscettibili di «dissimulare, nella sostanza, una forma di rinnovo automatico della concessione»;
    il settore del commercio ambulante è costituito da 530 mila addetti, di cui fanno parte piccole imprese individuali di persone fisiche, che vanno tutelate e aiutate a crescere, in modo che possano prosperare in una nuova situazione di apertura di mercato;
    alcune associazioni che rappresentano i commercianti ambulanti hanno richiesto che venga rivista la decisione di applicare la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante;
    le concessioni in essere degli stabilimenti balneari sono state prolungate fino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, da valutarsi anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016;
    di recente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, è stato presentato dal Governo un disegno di legge delega che prevede l'espletamento di «procedure selettive che assicurino imparzialità, trasparenza e pubblicità e che tengano conto della professionalità acquisita nell'esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi, nonché lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative»;
    nel 2016 lo Stato ha incassato 103,2 milioni dai canoni demaniali delle spiagge a fronte di un giro d'affari stimato in 2 miliardi di euro annui. Ogni concessionario paga in media, 4.200 euro, che equivalgono a sei euro all'anno a metro quadro di litorale,

impegna il Governo:

1) a convocare appositi tavoli, coinvolgendo gli operatori del commercio su aree pubbliche, per un proficuo confronto sulle proposte per il miglioramento di un settore molto importante e specifico dell'economia del nostro Paese;
2) sollevare in sede di Unione europea la questione della specificità del settore del commercio su aree pubbliche in Italia, al fine di promuovere modifiche a leggi esistenti e definizione di nuova normativa che lo tenga in debito conto;
3) ad assumere iniziative per definire criteri per la concessione delle autorizzazioni che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori;
4) ad assumere iniziative per rivedere la durata delle concessioni in misura tale da garantire la remunerazione degli investimenti connessi alle attività del settore del commercio su aree pubbliche;
5) a programmare iniziative di censimento delle strutture in regime concessorio demaniale nelle zone marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, affinché siano garantite la trasparenza delle condizioni di affidamento, dei canoni e degli investimenti, il regime di accesso e la tutela della concorrenza e degli interessi pubblici, sulla base delle quali valutare l'opportunità di una politica di revisione dei canoni concessori.
(1-01690) «Galgano, Monchiero, Mazziotti Di Celso, Menorello, Mucci, Catalano, Oliaro, Molea, Bombassei, Quintarelli, Prataviera».


   La Camera,
   premesso che:
    nel territorio della città di Roma insistono numerosi campi ed insediamenti abusivi di nomadi, all'interno dei quali si verificano con allarmante frequenza roghi che, data la natura dei materiali bruciati, esalano fumi tossici anche a poca distanza dai centri abitati, e rispetto ai quali le forze di polizia spesso non intervengono nonostante l'individuazione dei fuochi sia del tutto agevole e spesso essi siano segnalati direttamente dai cittadini delle zone circostanti;
    attesa la stretta correlazione tra il fenomeno dei roghi tossici e il traffico illecito di rifiuti ferrosi, spesso i roghi tossici in questione derivano dalla necessità, per gli autori dei furti, di liberare i cavi di rame rubati sulle tratte ferroviarie, oppure nelle scuole pubbliche delle grandi città, dalle guaine di gomma;
    il fenomeno dei roghi tossici nelle adiacenze dei campi nomadi assume particolare rilevanza, soprattutto, in prossimità degli insediamenti di maggiore estensione, situati, per lo più, a ridosso dei grandi centri metropolitani, quali in primissimo luogo Roma e Napoli ma anche nell'area torinese e milanese;
    il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, ha introdotto nel codice dell'ambiente il reato di combustione illecita di rifiuti, in base al quale «chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica»;
    il medesimo decreto-legge, correlato all'emergenza ambientale della cosiddetta terra dei fuochi, ha consentito ai prefetti delle province della regione Campania, nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale, di avvalersi di un contingente di personale militare delle Forze armate, posto a loro disposizione dalle competenti autorità militari;
    come ribadito anche dal Ministro dell'interno nella risposta ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea svolta in data 5 luglio 2017, nella realtà napoletana «è attivo, sin dal 2013, un dispositivo che vede l'impiego di personale delle Forze armate e delle forze di polizia, cui si aggiungono mirati servizi di prevenzione generale. Le forze di polizia, anche in collaborazione con le polizie locali, sono costantemente impegnate nell'attività di controllo mobile del territorio nelle aree adiacenti ai citati insediamenti, al fine di individuare gli autori dei roghi tossici, che sono per lo più provocati dalla combustione di residui di materiali ferrosi suscettibili di recupero per la successiva immissione nel mercato clandestino»;
    negli ultimi anni, anche a causa dell'impunità con cui questi avvengono, il fenomeno dei roghi ha assunto una dimensione preoccupante, posto anche il fatto che ai campi nomadi vengono trasportati rifiuti per il cui smaltimento andrebbero seguite procedure speciali per farli invece bruciare all'aperto a un terzo del costo;
    di conseguenza, intorno ai campi si stanno creando delle vere e proprie «terre dei fuochi», siti ad alto inquinamento ambientale che contaminano i terreni e le acque e nelle zone di campagna mettono a rischio la produzione di generi alimentari;
    i roghi all'interno dei campi nomadi determinano l'esposizione dei cittadini delle aree colpite a un grave disagio, a rischi per la loro salute, ad un pericoloso inquinamento ambientale e a situazioni di tensione sociale che devono essere contrastati con ogni mezzo,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative necessarie per estendere la possibilità dell'impiego delle Forze armate in operazioni di sicurezza e di controllo per la prevenzione dei delitti ambientali anche con riguardo alla città di Roma e ad altre città in cui si renda necessario, al fine di tutelare le popolazioni residenti e l'integrità ambientale;
2) ad intraprendere, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire l'efficace perseguimento del reato di combustione illecita di rifiuti, in modo da assicurare alla giustizia gli autori dei reati.
(1-01691) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XIII,
   premesso che:
    le condizioni di estremo caldo, siccità e il proliferare di incendi che hanno colpito nei mesi estivi l'Italia hanno esercitato un'elevata pressione sugli habitat e sulle popolazioni animali di tutto il territorio nazionale, minacciando la stessa sopravvivenza di alcune specie e l'equilibrio di molti ecosistemi;
    l'inizio della stagione venatoria, anticipato al 2 settembre in tutte le regioni italiane con l'eccezione di Liguria, Abruzzo e Trentino Alto Adige ha rappresentato un ulteriore motivo di pressione, andando a colpire animali già stressati e indeboliti dalle condizioni climatiche e dal difficile accesso alle fonti idriche. Gli animali, che si trovano in una situazione di fragilità, costituiscono dunque un facile bersaglio per i cacciatori. Si rischia di compromettere la sopravvivenza stessa di un numero notevole di specie viventi, molte delle quali si trovano in un momento di nidificazione, in piena riproduzione o si accingono ad intraprendere un lungo viaggio;
    le preaperture che si sono verificate in quasi tutto il territorio nazionale sono un «regalo» che le regioni consegnano ai cacciatori, permettendo loro di allungare di ben tre settimane la stagione venatoria;
    la richiesta, da larga parte del mondo ambientalista, era per il divieto o il posticipo dell'attività venatoria o, al limite, per una forte limitazione della stessa, in modo da consentire il recupero di fauna ed habitat in questo momento altamente vulnerabili, ma essa è rimasta inascoltata;
    l'appello della associazioni Lav, Lac, Enpa, Lipu, Lega Del Cane, si era rivolto al Presidente del Consiglio Gentiloni chiedendo un'ordinanza urgente del Consiglio dei ministri ai fini della cancellazione della stagione venatoria 2017/2018, in modo da permettere agli animali selvatici italiani e al territorio di riprendersi;
    le associazioni, che hanno lanciato diversi appelli ed una petizione su change.org affermano come nel 2017 gli incendi abbiano distrutto 117.579 ettari di boschi, la stima più drammatica degli ultimi 10 anni, inducendo Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna e provincia autonoma di Trento a richiedere lo stato di calamità. Si stima che 40 milioni di animali selvatici abbiano perso la vita direttamente, considerando una presenza media di 400 animali appartenenti ad ogni specie per ettaro, ai quali bisogna aggiungere le morti per l'assenza di precipitazioni e quelle dovute all'interruzione della catena trofica;
    il Wwf aveva chiesto un impegno nella limitazione dell'attività venatoria da parte delle regioni già da inizio agosto 2017, senza ricevere significative risposte. Tra le richieste c'era quella di un blocco dei ripopolamenti per non sottrarre ulteriori risorse alla fauna già presente e del blocco di qualsiasi forma di addestramento di cani da caccia e di gare cinofile, che costituiscono ulteriori fattori di stress per le popolazioni selvatiche;
    secondo le stime delle associazioni sono 650.000 i cacciatori attivi durante la stagione venatoria mietono più vittime dei circa 100 milioni di animali abbattuti in media durante ogni stagione venatoria, a causa della fragilità degli animali causata dalle condizioni tragiche di questa estate;
    un ulteriore fenomeno, il bracconaggio, agisce mietendo ulteriori vittime: sono circa 6 milioni, sempre secondo le associazioni, i soli uccelli abbattuti ogni anno;
    l'Italia primeggia in Europa per numero di infrazioni ambientali, tanto che diverse sono le procedure di infrazione aperte nei confronti del nostro Paese (tra cui la procedura 6955/14/ENVI, sulla «sostenibilità» dei calendari venatori regionali, ePilot 6730/14/ENVI, relativa all'attuazione nel nostro Paese della direttiva 92/43/CEE sulla conservazione degli habitat naturali e della flora e fauna selvatica);
    non assumere iniziative alla luce della grave situazione attuale minaccerebbe la conservazione della fauna protetta da direttive internazionali, tra cui la «direttiva Uccelli» 147/2009/CE, le quali consentono l'esercizio della caccia solo nel caso in cui non venga minata la sopravvivenza delle stesse specie;
    la Lipu ricorda che ben 18 specie di uccelli, cacciabili in Italia, sono già considerate in cattivo stato di conservazione. Tra queste la coturnice, il moriglione, la pavoncella, il tordo sassello e la tortora selvatica vengono classificate come specie a rischio a livello globale;
    l'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a cui spetta la valutazione tecnica della sostenibilità, delle modalità e dei tempi della caccia su tutto il territorio nazionale, ha espresso, in data 28 agosto 2017, una raccomandazione, affinché venissero adottate a titolo precauzionale misure volte a limitare la pressione venatoria nel corso della stagione. In particolare, suggerisce di: sospendere l'allenamento dei cani da caccia (che stressa la fauna selvatica), vietare la caccia da appostamento (che si svolge presso gli scarsi punti di abbeverata rimasti), posticipare all'inizio di ottobre o limitare numericamente la caccia agli uccelli acquatici (come le anatre) e alle specie oggetto di ripopolamento (come lepri e fagiani), vietare per due anni la caccia nelle zone colpite da incendi;
    le raccomandazioni dell'Ispra costituiscono le condizioni minime che le regioni dovrebbero porre in atto per tutelare la fauna e le conservazioni della biodiversità nel nostro Paese. Nessuna delle regioni ha dato, però, applicazione a tali suggerimenti. Solo Toscana e Lazio hanno posticipato l'orario di chiusura della giornata di caccia, nelle sole giornate di preapertura, rispettivamente alle ore 14 e alle ore 15;
    esiste uno specifico obbligo di tutela del territorio da parte delle amministrazioni locali, regioni in primis, e della fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato, nei confronti del quale l'esercizio del prelievo venatorio risulta consentito solo a patti di non compromettere il patrimonio di biodiversità italiano, come sancito dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157;
    l'obbligo per le regioni di aggiornare i piani faunistici venatori, imposto ogni cinque anni dalla legge n. 157 del 1992 sulla fauna selvatica sulla base delle valutazioni scientifiche sullo stato di salute degli habitat e delle varie specie, risulta essere disatteso;
    lo smantellamento del corpo forestale dello Stato quale organo di controllo del corretto prelievo venatorio e della tutela dei parchi e degli altri ambienti naturalistici ha consegnato all'incertezza i controlli relativi all'attività di caccia;
    le deroghe per la caccia e le ulteriori concessioni all'attività venatorie previste in sede di modifica della legge n. 394 del 1991 sulle aree protette rappresentano un ulteriore motivo di preoccupazione per la conservazione degli habitat naturali;
    il diritto al divertimento non può superare regole ecologiche e di buonsenso e la tutela della fauna come patrimonio indisponibile dello Stato;
    secondo un sondaggio dell'Eurispes del 2016 il 70 per cento dei cittadini italiani è contrario alla caccia;
    le spese sostenute per gestire la caccia da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali provengono dalle tasse, in quanto quelle versate dai cacciatori non risultano sufficienti a coprire le spese e a riparare ai danni della loro stessa attività;
    secondo l'associazione vittime della caccia, nell'anno 2016/2017 sono state 80 le vittime della detonazione delle armi da caccia, in ambito venatorio ed extravenatorio, con ben 12 morti e 68 feriti;
    vanno considerate le iniziative attivate dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ai fini dell'attivazione di un fondo di solidarietà nazionale che Legambiente vorrebbe estendere al patrimonio faunistico;
    la mozione n. 1-01675 del 27 luglio 2017 è tesa a impegnare il Governo a una moratoria sulla caccia per la stagione venatoria 2017/2018 nonché alla tutela della fauna sopravvissuta, anche tramite l'attivazione di una rete nazionale di intervento e soccorso per la fauna selvatica, del tutto inesistente o insufficiente nel nostro Paese,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per l'istituzione di un fondo di solidarietà nazionale o un piano di emergenza per la protezione della fauna sopravvissuta e il ripristino degli equilibri compromessi, come richiesto dalle associazioni e proposto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per risollevare il settore agricolo;
   ad assumere iniziative in tutte le sedi competenti, in quelle di concertazione con le regioni in primis, affinché venga sospesa o limitata l'attività venatoria per l'anno 2017/2018;
   ad attivare un monitoraggio nonché ad acquisire dati scientifici, tramite il coinvolgimento delle associazioni ambientaliste, prima di consentire il prosieguo dell'attività venatoria, affinché non venga compromessa la sopravvivenza di alcune delle specie che costruiscono il patrimonio faunistico italiano;
   ad assumere le iniziative di competenza per un aggiornamento dei piani faunistici venatori imposti ogni cinque anni dalla legge n. 157 del 1992 in base a valutazioni scientifiche sullo stato di salute degli habitat e delle varie specie;
   a promuovere una mappatura delle zone boscose e dei pascoli percorsi dal fuoco, in collaborazione con gli enti locali, affinché l'attività venatoria possa essere sospesa (come prescritto dalla legge n. 353 del 2000) in tali luoghi per dieci anni;
   ad assumere iniziative per l'individuazione di una fascia contigua dell'area incendiata, in funzione delle caratteristiche del territorio e del fenomeno incendiario intervenuto nella quale sia vietato l'esercizio della caccia.
(7-01336) «Busto, Massimiliano Bernini, Daga, De Rosa, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Basilio, Cozzolino, Grillo, Luigi Gallo, Lorefice, Parentela, Fico».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 2011 e del 7 aprile 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa;
   per il territorio di Lampedusa, la successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (n. 3947 del 16 giugno 2011), disponeva la sospensione dei termini di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti;
   la sospensione «concessa ai datori di lavoro privati ed ai lavoratori autonomi, anche del settore agricolo, ed ai liberi professionisti e committenti tenuti al versamento dei contributi alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 dell'8 agosto 1995, operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa» esclude solamente il settore pubblico;
   il termine del periodo di sospensione, inizialmente fissato al 16 dicembre 2011, è stato successivamente prorogato di anno in anno, con altrettanti decreti, fino alla data del 15 dicembre 2017;
   il 7 agosto 2017 l'Agenzia delle entrate ha comunicato, tramite provvedimento pubblicato sul proprio sito (prot. n. 157040/2017), che entro il 31 gennaio del 2018 i cittadini di Lampedusa, che hanno usufruito della sospensione dal 2011 al 2017, devono presentare le ultime sette dichiarazioni dei redditi, e quindi pagare le tasse che per sette anni il Governo aveva congelato, con l'unica agevolazione probabile della rateizzazione (sulla base, probabilmente di 120 rate);
   è una decisione ad avviso degli interroganti sconsiderata che rischia di cadere sulla testa e sulle vite degli abitanti di Lampedusa e che sembra dimenticare i caotici mesi successivi al 2011, anno in cui l'unico punto d'arrivo dei migranti in fuga da Libia e Tunisia (decine di migliaia di profughi sfuggiti alle conseguenze della Primavera araba) erano proprio le coste lampedusane, «assediate» a ritmo continuo dagli sbarchi;
   un'emergenza che ha cancellato per tantissimo tempo (più di 3 anni) la florida stagione turistica locale, prima fonte di reddito per i cittadini lampedusani;
   per questo motivo l'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva concesso la sospensione delle imposte ai cittadini dell'isola per un anno con possibilità di proroga, che poi è avvenuta puntualmente come si auspicava già allora, in attesa di una soluzione definitiva in favore dei cittadini;
   quest'anno, però, il provvedimento dell'Agenzia delle entrate è arrivato a sorpresa in piena estate, con scadenza fissata a 5 mesi;
   il Governo è tornato praticamente a «battere cassa» all'improvviso e a tentare di riscuotere le somme pregresse in un'unica soluzione o al massimo con una rateizzazione che, dopo sette anni di proroghe, non agevola di certo gli abitanti di Lampedusa;
   alla luce della crisi del settore turistico degli anni successivi al 2011 è impensabile richiedere la rendicontazione ed il pagamento immediato delle precedenti annualità. È inconcepibile che i cittadini di Lampedusa paghino le tasse degli ultimi 7 anni, come avessero beneficiato di misure speciali, quando si è trattato, in ultima analisi, di misure minime necessarie per far fronte all'emergenza;
   l'Agenzia delle entrate ha precisato che «il termine per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi è stato fissato con provvedimento del direttore delle Entrate al 31 gennaio 2018 per consentire ai contribuenti di avere un congruo lasso di tempo per preparare le dichiarazioni relative a 7 anni» e che «questo provvedimento è analogo ai precedenti», quindi, «qualora sia stabilita dalla legge un'ulteriore proroga dei versamenti, l'Agenzia delle Entrate di conseguenza emanerà un nuovo provvedimento che stabilirà nuove scadenze per la trasmissione delle dichiarazioni dei redditi»;
   si apprende dalla stampa che il Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, poche settimane fa, si sarebbe detto disponibile soltanto alla rateizzazione del pregresso partendo da una base di 120 rate, escludendo qualsiasi altra forma di incentivo;
   sulla questione, rimane controversa e poco chiara anche la destinazione dei fondi per effettuare lavori di risanamento del territorio di Lampedusa, stanziati dal Governo Berlusconi a seguito dell'emergenza esplosa nel 2011 (26 milioni di euro), lavori mai realizzati dagli Esecutivi successivi, nonché quella dei fondi stanziati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), circa 20 milioni di euro destinati anch'essi al «piano di interventi per l'isola di Lampedusa» –:
   se il Governo non intenda adottare le opportune iniziative per prevedere un'ulteriore proroga della scadenza, ad oggi fissata al 15 dicembre 2017, del termine del periodo di sospensione degli adempimenti tributari dovuti dai cittadini di Lampedusa, i quali hanno usufruito del congelamento degli importi dovuti dal 16 giugno 2011 in poi a seguito dell'emergenza sbarchi, e se non intenda, altresì, fare chiarezza sull'impiego dei fondi stanziati dal Governo Berlusconi nel 2011 e dal Cipe nel piano di interventi per l'isola di Lampedusa, dei quali risultano agli interpellanti impegnati solo 500mila euro per uno studio del Ministero dell'economia e delle finanze, ma per nessun progetto esecutivo.
(2-01926) «Giammanco, Brunetta».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116 regolamento di attuazione del comma 345 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, definisce «dormienti», i seguenti rapporti contrattuali:
    a) deposito di somme di denaro, effettuato presso l'intermediario con l'obbligo di rimborso;
    b) deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione;
    c) contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata, in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l'intermediario non specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e degli strumenti finanziari di cui all'articolo 2, comma 1;
   si prevede altresì per l'intermediario l'obbligo di comunicazione di conti/polizze dormienti verso il titolare/sottoscrittore, limitatamente all'invio di una raccomandata all'ultimo indirizzo conosciuto;
   è previsto inoltre che decorso il termine di 180 giorni dalla comunicazione, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo istituito dal comma 345 della legge n. 266 del 2005 per indennizzare i risparmiatori che sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto. Il fondo è alimentato con tali risorse previo versamento al bilancio dello Stato;
   gli esiti dell'invio della raccomandata sono spesso infruttuosi, viene quindi spontaneo chiedersi per quale motivo non si è provveduto ad estendere l'obbligo dell'intermediario alla verifica periodica dell'esistenza in vita e della variazione di residenza dei titolari dei rapporti dormienti, anche attraverso l'autorizzazione l'accesso informatico dell'intermediario all'anagrafe residenti;
   l'IVASS nel report di agosto 2017, ha evidenziato, per le polizze vita, circa 4 milioni di posizioni potenzialmente dormienti, per una somma assicurata pari a 190 miliardi di euro;
   in base alle dichiarazioni del presidente dell'IVASS Salvatore Rossi la stima delle polizze dormienti risulta invece pari a 4 miliardi di euro. Vista la notevole differenza dei dati, sarebbe opportuno fare chiarezza;
   l'istituto bancario Intesa San Paolo al 31 marzo 2017 ha pubblicato l'elenco dei rapporti dormienti dell'anno 2016;
   la singola banca, per il 2016, presenta un numero di posizioni dormienti pari a circa 17.000 correntisti;
   nel campo di applicazione del regolamento rientrano tutti gli istituti bancari, gli intermediari finanziari, le imprese di assicurazione, le società di intermediazione, le società di gestione del risparmio, Poste Italiane. Si deduce che gli importi versati annualmente dagli intermediari allo Stato con imputazione al capitolo n. 3382 del capo X, siano cumulati negli anni per importi misurati in miliardi di euro;
   l'articolo 6 del citato decreto in merito alla vigilanza ed al sistema dei controlli stabilisce solo che «le competenti autorità di vigilanza effettuano controlli per verificare l'esatto adempimento del presente regolamento da parte degli intermediari» senza nessuna previsione in merito a oneri e sanzioni per coloro che non rispettano gli obblighi relativi al versamento allo Stato delle polizze scadute;
   le richieste di accesso al Fondo per l'indennizzo dei risparmiatori che hanno subito una frode o un danno ingiusto non sono state soddisfatte, in quanto il Ministero dell'economia e delle finanze, a quanto consta agli interpellanti, ha avuto modo di precisare nella nota del 29 giugno 2017 relativa alla richiesta di accesso al Fondo da parte dei risparmiatori e clienti della società GD Consulting che non sono stati definiti ancora i presupposti, le procedure ed i criteri per il riconoscimento degli indennizzi che verranno stabiliti con un decreto ad hoc solo ex post rispetto all'accertamento delle risorse del Fondo conti dormienti il cui ammontare è soggetto alla decurtazione degli importi da rimborsare ai titolari dei conti dormienti che ne abbiano fatto richiesta. In realtà, dovrebbe essere già conclusa l'attività di accertamento dei rapporti rispetto ai quali, ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, il termine si sia compiuto alla data di entrata in vigore del medesimo regolamento e la relativa comunicazione sia stata effettuata entro i termini di legge, mentre ad oggi non risulta quantificato e comunicato alcun dato –:
   quale sia l'esatto ammontare, dettagliato per causale, tipologia di investimento finanziario, società, dei versamenti effettuati con imputazione al capitolo n. 3382 del capo X del bilancio dello Stato, dall'anno 2008 ad oggi o su ogni altro capitolo sul quale gli intermediari abbiano versato importi riferiti a rapporti finanziari dormienti;
   quale sia il dettaglio annuale della destinazione di spesa degli importi al capitolo 3382 di cui sopra o di ogni altro capitolo riferito alla raccolta dei versamenti degli intermediari riferiti a rapporti finanziari dormienti;
   quale sia l'ammontare e la causale delle risorse destinate, a Consap dal 2009 ad oggi per il fondo per le vittime dei crack finanziari e per le restituzioni agli aventi diritto sui rapporti dormienti;
   quale sia l'ammontare e il dettaglio delle ulteriori spese effettuate tramite le risorse versate nel capitolo di bilancio dello Stato 3382 dal 2008 ad oggi e su ogni altro capitolo eventualmente utilizzato per il medesimo fine;
   di quali elementi disponga il Governo circa il rispetto integrale dell'obbligo degli intermediari per il versamento allo Stato degli importi riferiti ai rapporti dormienti;
   quale sia l'ammontare ed il dettaglio delle posizioni finanziarie-assicurative dormienti ex ante ed ex post al 27 ottobre 2007 rimaste in carico agli intermediari;
   quanti e quali controlli sono stati disposti dall'Ivass e dalla Banca d'Italia o da parte di altre autorità nella verifica del rispetto dell'obbligo di versamento allo Stato degli importi riferiti rapporti dormienti;
   se il Governo ritenga di assumere iniziative per introdurre opportune sanzioni in merito agli obblighi stabiliti dalla legge per gli intermediari circa i rapporti dormienti ed il relativo versamento allo Stato;
   se il Governo intenda assumere iniziative per concedere agli intermediari l'accesso informatico alle banche dati anagrafiche per consentire un rapido accertamento dello stato in vita e della residenza dei titolari dei rapporti di cui sopra;
   se si intendano assumere iniziative per definire obblighi più restrittivi per gli intermediari per rendere più efficace la comunicazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, verso il titolare del rapporto e eventuali eredi;
   a decorrere da quale data saranno esigibili le somme destinate al Fondo per soddisfare le richieste di indennizzo dei risparmiatori che hanno subito una frode o un danno ingiusto.
(2-01927) «Pesco, Sibilia, Villarosa, Alberti, Castelli, Fico, Pisano, Ruocco, Cariello, Brugnerotto, Caso, D'Incà, Sorial, Agostinelli, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Busto, Cancelleri, Carinelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini».

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il porto canale di Cagliari in un anno ha visto un tracollo scandito da numeri impietosi: a luglio di un anno fa furono movimentati 48.000 container, quest'anno appena 25.000;
   si tratta di un dato emblematico: quasi il 50 per cento in meno; si tratta di dati che vengono tenuti nascosti, non vengono pubblicati da nessuna parte come capita negli altri porti;
   tutto questo fa venir meno una delle clausole fondamentali del contratto di gestione del porto canale da parte della Conship che per esercitare la concessione doveva garantire un bugdet di movimentazione che appare all'interpellante decisamente fuori dagli attuali regimi di traffico;
   si tratta di un porto in secca senza che nessuno faccia niente per arginare questo tracollo senza precedenti;
   il deserto si manifesta nei dati: le unità paganti a luglio 2016 erano state 17.000, nel 2017 appena 9.000. Nel 2016 i movimenti a luglio erano stati 34.000, a luglio 2017 risultavano 18.000;
   dopo aver assunto nel 2003 il ruolo strategico nel Mediterraneo ora il porto canale è a un passo dalla chiusura;
   nel mese di luglio 2017 la situazione è crollata ulteriormente ed è drammaticamente destinata a peggiorare, visto che il disastro è stato attenuato da un disservizio di qualche giorno in un porto del Mediterraneo;
   per il terminalista cagliaritano è il tracollo con la sempre più evidente fuoriuscita dal circuito internazionale del transhipment;
   si configura un vero e proprio disastro che si consumerà definitivamente nelle prossime settimane dopo che dal 1o agosto 2017 è stato interrotto il collegamento dall'India verso il nord Europa;
   l'effetto domino riguarderà certamente anche le rotte Canada-Mediterraneo e golfo del Messico-Mediterraneo;
   tutto questo con il silenzio, ad avviso dell'interpellante scandaloso, del Governo, della giunta regionale e della politica sarda a tutti i livelli;
   occorre reagire e farlo con urgenza prima che si raggiunga un punto di non ritorno;
   servono iniziative sia sul piano strategico che commerciale e occorre riposizionare il porto nello scenario internazionale;
   per questo serve un management di livello internazionale in grado di rilanciare il ruolo strategico del porto canale di Cagliari e non figure che hanno prodotto risultati fallimentari come l'ex assessore ai trasporti che è giunto, a giudizio dell'interpellante, per giochi di corrente a presiedere l'autorità portuale;
   ci sono in ballo 600 lavoratori che rischiano di finire per strada se non si interverrà immediatamente per fermare questo declino gravissimo della prima infrastruttura trasportistica della Sardegna;
   da una verifica ministeriale sarebbero ancora disponibili i 20 milioni di euro statali per l'implementazione delle gru, con l'installazione di quelle più grandi, indispensabili per far rientrare il porto nei circuiti internazionali, considerato che gran parte delle navi ha una dimensione ormai troppo grande per le potenzialità delle gru del porto canale;
   la parte privata deve farsi carico obbligatoriamente del cofinanziamento proprio per poter realizzare l'intervento e utilizzare i fondi pubblici;
   all'investimento infrastrutturale deve essere affiancata una trattativa serrata e seria con un nuovo soggetto internazionale in grado di ristabilire la centralità del porto terminal container;
   serve un'interlocuzione diretta con China Shipping e Cosco, gli unici soggetti che in questo momento possono rendere nuovamente strategico il porto canale di Cagliari;
   a questo deve essere affiancato un taglio netto delle tasse di ancoraggio per due motivi: il primo per essere competitivi con gli altri porti e il secondo perché quelle risorse hanno finito per finanziare l'infrastrutturazione di altri porti;
   ad avviso dell'interpellante, è ora che Stato e regione smettano di ignorare questa situazione e finiscano di essere corresponsabili di un fallimento annunciato –:
   se non ritengano di dover assumere ogni iniziativa urgente e utile per ripristinare i livelli di traffico del porto canale di Cagliari;
   se non ritengano di dover esperire ogni iniziativa di competenza per salvaguardare i livelli occupazionali diretti e indiretti del porto terminal;
   se non ritengano di dover, con somma urgenza, assumere iniziative per ripristinare il precedente abbattimento delle tasse di ancoraggio, al fine di riaffermare la corretta competitività con gli altri porti del Mediterraneo;
   se non ritengano di dover assumere le iniziative di competenza per favorire l'individuazione di nuovi soggetti in grado di garantire un futuro importante all'infrastruttura portuale.
(2-01914) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2014 l'allora Presidente del Consiglio Renzi firmò la direttiva che dispone la declassificazione/desecretazione degli atti e documenti relativi alle stragi (Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904);
   la direttiva fu firmata alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio pro tempore con delega alla sicurezza della Repubblica Marco Minniti e del direttore del DIS, ambasciatore Giampiero Massolo;
   la nota diffusa allora da palazzo Chigi segnalava che, secondo quanto stabilito nel Cisr di alcuni giorni prima, la direttiva avrebbe consentito «il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato che rappresentano un importante contributo alla memoria storica del Paese. I documenti verranno versati secondo un criterio cronologico (dal più antico ai tempi più recenti), superando l'ostacolo posto dal limite minimo dei 40 anni previsti dalla legge (fatto che vale per tutte le Amministrazioni) prima di poter destinare una unità archivistica all'Archivio Centrale»;
   il Presidente Renzi commentò la direttiva vantando di avere tra i punti qualificanti della sua azione di Governo «la trasparenza e l'apertura», «un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune»;
   il Sottosegretario pro tempore Minniti affermò che con la direttiva trovava applicazione concreta la legge n. 124 del 2007 «in un aspetto rilevante come quello del riconoscimento degli archivi dell'intelligente come patrimonio a disposizione degli studiosi, del mondo dell'informazione e di tutti i cittadini»;
   tuttavia, a distanza di oltre tre anni, per i familiari delle vittime di alcune di quelle stragi la direttiva «Renzi» è un fallimento;
   nei giorni scorsi, l'Associazione dei familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna, ha criticato duramente la mancata applicazione della direttiva, nonostante le promesse del Governo. È stato denunciato che dal 2014 nemmeno un foglio è stato digitalizzato;
   sulla stessa linea anche Daria Bonfietti, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime di Ustica, la quale ha dichiarato: «Oggi, gli archivi delle pubbliche amministrazioni non sono ancora versati negli archivi di Stato. Nel caso di Ustica la Marina militare non consegna nessuna carta dal 1980 al 1986, il Ministero dei trasporti non trova materiali relativi alla vicenda di Ustica. Allora, o le carte sono tenute male, oppure c’è poca volontà politica di applicare la direttiva Renzi» e ha denunciato che la situazione: «si va via via trasformando in una resa che però trova un inaccettabile alibi nel considerare sbagliata e velleitaria proprio la direttiva [...]» e ha parlato di «esiti fallimentari che si stanno prospettando» e di «inconsistenza del materiale messo a disposizione, segnale evidente di una mancanza di indirizzo politico nelle varie Amministrazioni», tra le quali primeggia per mancanza di documentazione e non ottemperanza alla direttiva il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   dopo oltre trent'anni di inchieste, molti aspetti del disastro o strage di Ustica, tra i quali le cause stesse, non sono ancora stati chiariti;
   il procedimento civile, giunto a conclusione con la sentenza della Corte di cassazione nel 2013, ha condannato lo Stato a risarcire le famiglie delle vittime, accogliendo la tesi «abbondantemente e congruamente motivata» del missile;
   non è possibile continuare a tergiversare e a opporre ragioni burocratiche per nascondere la mancanza di volontà di mettere la parola fine sulle stragi che hanno funestato l'Italia. Per non lasciare che le promesse del Governo lascino definitivamente spazio al ridicolo, occorre una seria assunzione di responsabilità politica –:
   se, alla luce di quanto denunciato dalle famiglie delle vittime di alcune delle stragi che hanno funestato l'Italia, il Governo intenda dare effettiva e completa esecuzione alla direttiva del Presidente del Consiglio dell'aprile 2014 sulla desecretazione/declassificazione degli atti e degli archivi;
   quali iniziative e strumenti intenda attivare – e con quali tempi e modalità – per assicurare che ogni pubblica amministrazione coinvolta garantisca la più ampia ed esatta esecuzione della predetta direttiva e con quali modalità intenda disporre verifiche a seguito dei riscontri, quali che essi siano, di ogni singola amministrazione.
(2-01915) «Marcon, Airaudo, Fratoianni, Costantino».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   la Sardegna e l'interpellante in queste ultime settimane hanno ribadito un «no» forte e chiaro al deposito unico nucleare;
   la Sardegna, dai cittadini ai comuni, è intervenuta in modo deciso nella procedura di scelta del deposito unico nazionale;
   il Governo, con il programma nazionale depositato durante il mese di agosto 2017 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la valutazione ambientale strategica, punta ancora una volta sulla Sardegna;
   si tratta di un piano subdolo che non indica mai il nome, ma che nei contenuti punta esplicitamente ancora una volta alla Sardegna;
   l'avvio della consultazione pubblica per la valutazione strategica (vas), partita nei giorni scorsi e che si concluderà il 13 settembre 2017, è apparentemente rivolta al metodo, ma in realtà è tutta incentrata sul documento dell'Ispra denominato guida tecnica n. 29; una guida tecnica che porta dritti dritti alla Sardegna. I documenti e gli studi, richiamati in quel piano dell'Ispra, sottoposti ad una poco approfondita e ferragostana valutazione portano alla Sardegna;
   il piano dell'Ispra è il fulcro di questa consultazione obbligatoria, ma nel contempo fumosa e silenziosa per individuare il deposito unico. Si tratta di una sovrapposizione «criptata» di documenti con un comune denominatore: escludere tutte le aree a rischio. L'Ispra, e conseguentemente l'oggetto della consultazione formale di questi giorni, arriva alla Sardegna per esclusione di tutto il resto: carte e mappe indicherebbero rischi e pericoli e in sintesi affermerebbero che la Sardegna sarebbe la terra più sicura per le scorie nucleari;
   ad un'attenta, dettagliata e puntuale analisi tecnica si arriva a capire qual è il progetto scellerato: realizzare il deposito unico nazionale in Sardegna;
   si sta tentando, ad avviso dell'interpellante, una procedura subdola dove in teoria i cittadini e le amministrazioni si devono pronunciare sul niente; in realtà il richiamo sistematico alla guida tecnica n. 29 è la conferma che la scelta dei criteri punta in modo chiaro alla Sardegna;
   a decidere tutto sono i criteri di esclusione individuati dall'Ispra;
   prima di tutto vengono escluse le aree vulcaniche attive e quiescenti, poi quelle contrassegnate da sismicità elevata e infine quelle interessate da fenomeni di fogliazione. La Sardegna secondo tutti i piani connessi e richiamati non rientra in alcun modo in queste prime tre priorità di esclusione. Anzi le simulazioni geosatellitari allegate al piano confermano che la Sardegna sarebbe l'unica regione d'Italia a corrispondere a questi criteri individuati. Il database realizzato dagli Stati Uniti e tenuto sotto copertura (Database of Individual Seismogenic Sources) individua in modo esplicito l'unica regione che sarebbe esente da pericoli;
   si tratta di un piano, a giudizio dell'interpellante, scellerato, che deve essere respinto senza se e senza ma;
   il fatto stesso che tutti questi elementi vengano tenuti sotto traccia, ma di fatto sono allegati alla guida tecnica 29, è la conferma, ad avviso dell'interpellante, che il Governo sta tentando di mettere in piedi un piano che lascia poca scelta alla Sogin, corresponsabile dell'operazione, per individuare la Sardegna come «terra di conquista» per le scorie nucleari;
   l'isola non può e non deve essere minimamente considerata nemmeno come ipotesi per la realizzazione del deposito unico nazionale delle scorie nucleari –:
   se il Governo non intenda smentire questa deprecabile ipotesi;
   se non si intenda chiarire che la Sardegna è esclusa, proprio perché essa ha reiteratamente dichiarato la propria esplicita, netta e chiara contrarietà a qualsiasi ipotesi di deposito nazionale dei rifiuti radioattivi;
   se si intenda tener conto, nelle decisioni sul deposito unico nazionale, che il 15 e il 16 maggio 2011 si è svolto un referendum consultivo in Sardegna con il 97,13 per cento dei votanti che si è espresso in modo contrario alla realizzazione del deposito di scorie nucleari nell'isola, impedendo che si realizzi questa ipotesi che minerebbe alla radice la vocazione turistica ambientale della Sardegna e le caratteristiche del paesaggio sardo che costituiscono un esempio unico nell'ambito del Mediterraneo, tale da rappresentare fonte primaria di crescita economica e sociale;
   quali iniziative si intendano assumere per rispettare pienamente la competenza esclusiva della regione in materia di urbanistica (articolo 3, lettera f), dello statuto), che ricomprende la tutela del paesaggio, la protezione della natura (ai sensi dell'articolo 58 delle norme di attuazione dello statuto, emanate con decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348) e la protezione dell'ambiente (articolo 80 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) e la competenza concorrente in materia di salute (articolo 4, lettera i), dello statuto e ora anche articolo 117, terzo comma, della Costituzione), di protezione civile e governo del territorio (articolo 117, terzo comma, della Costituzione, applicabile alla regione Sardegna in virtù dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001);
   se non ritengano doveroso assumere iniziative per escludere la Sardegna dalla localizzazione del deposito per l'insostenibile e oneroso carico di servitù statali, dalle basi militari alla petrolchimica, e per l'essere la regione più gravata da aree inquinate, da attività industriali e dalla nefasta politica dello Stato in tema di energia e trasporti.
(2-01923) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la rotta Algeria-Sulcis è una porta d'ingresso per i terroristi in Europa;
   è giunto il momento di far luce su una vicenda riguardante l'attentatore di Charleroi (Belgio) che il 6 agosto 2016 ferì con il machete due poliziotte vicino al commissariato della città belga, il quale, a quanto consta all'interpellante sarebbe sbarcato in Sardegna, a Porto Pino, direttamente dall'Algeria;
   l'interrogante, nel corso di una diretta Facebook da Porto Pino, dopo l'ennesimo sbarco nelle ultime 24 ore di 56 algerini, ha comunicato di essere in possesso di informazioni che confermerebbero l'identità di Khaled Babouri, nato nel giugno del 1983 in Algeria, e ucciso dopo che aveva ferito gravemente le due poliziotte belghe al grido di «Allah u akbar»: un attentato rivendicato il giorno dopo dall'Isis attraverso la sua agenzia Amaq;
   l'uomo, a quanto risulta all'interpellante sarebbe stato identificato al centro di prima accoglienza di Elmas nell'agosto del 2008 dopo lo sbarco a Porto Pino, in comune di Sant'Anna Arresi (Cagliari);
   Babouri sarebbe quindi stato identificato e portato nel centro di primo soccorso e accoglienza di Elmas; fu quindi espulso e avrebbe avuto 15 giorni di tempo per lasciare il territorio nazionale;
   a quanto consta all'interpellante, questi avrebbe attraversato l'Europa e si sarebbe radicalizzato in Belgio, dove sarebbe stato ben noto alle forze dell'ordine fin dal 2012. L'algerino sarebbe stato quindi irregolare sul territorio belga e per ben due volte – riferiscono i media belgi – sarebbe stato colpito da decreto di espulsione;
   tutto questo dimostra che l'Europa, anche attraverso la Sardegna, e un luogo in cui i terroristi possono facilmente entrare e uscire. Si tratta di terroristi che, espulsi da una parte, rientrano dall'altra;
   questo conferma che si continua a negare, in maniera irresponsabile, che la rotta Algeria-Sardegna sia realmente un crocevia per terroristi;
   è necessario bloccare questo flusso incontrollato di migranti verso la Sardegna. Si tratta di un rischio quotidiano e la conferma del collegamento diretto tra terrorismo e questa rotta dovrebbe indurre ad un'azione concreta per stroncare questo crocevia;
   ci si domanda quanti altri ne siano entrati dalla Sardegna senza alcun tipo di controllo e di verifiche incrociate;
   da 4 anni l'interpellante denuncia con atti parlamentari la pericolosità del tragitto Algeria-Sulcis senza che il Governo abbia mai attivato veri controlli tesi a bloccare tale inusitato flusso di clandestini provenienti dall'Algeria verso la Sardegna –:
   se il Governo sia a conoscenza di altri casi di ingresso di terroristi attraverso quella rotta;
   se trovi conferma che l'ingresso in Europa del terrorista di cui in premessa sia avvenuto attraverso la suddetta rotta;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per bloccare definitivamente questa rotta e questo flusso migratorio illegale dell'Algeria.
(2-01924) «Pili».

Interrogazioni a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi di luglio e agosto 2017 la Basilicata, come buona parte delle regioni del Mezzogiorno, è stata duramente colpita dall'emergenza incendi che ha distrutto ettari di vegetazione;
   fra i roghi, particolarmente preoccupanti sono stati l'incendio che ha colpito la località Pane e Vino a Tursi, dove le case sono state lambite dalle fiamme e sono dovuti intervenire i canadair e quello che nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 agosto ha interessato un'area arborea di Novi Siri, in località Salice, mandando in fumo 120 ettari di macchia mediterranea e bosco e raggiungendo anche una zona abitata che è stato necessario evacuare;
   l'interrogante ha personalmente raccolto la denuncia di una residente che ha raccontato di aver invano segnalato tempestivamente il principio di incendio nel bosco della contrada Salice ai numeri verdi 113 e 115, scoppiato nella notte di giovedì 10 agosto, senza ottenere soccorsi ed interventi immediati. Risulterebbe che solo nelle prime ore dell'11 agosto sia intervenuta una squadra di soccorritori e che verso le 11 un elicottero sia decollato per spegnere le fiamme, che nel frattempo avevano distrutto una vasta area boschiva;
   già in altre circostanze, purtroppo, il territorio lucano è stato interessato da incendi di vaste dimensioni, acuiti dal protrarsi di una stagione torrida e con temperature elevate, cosa che impone, anche a fronte di questi ultimi episodi, un rafforzamento delle misure di prevenzione. Va, infatti, ricordato che nei primi mesi del 2017, la Basilicata ha registrato un incremento degli incendi del 400 per cento, spesso frutto di atti vandalici e delinquenziali, che arrecano danni al patrimonio ambientale e alle attività produttive e mettono a rischio la vita di cittadini;
   occorre segnalare l'appello dei vigili del fuoco della Basilicata, cui va il ringraziamento per l'enorme lavoro svolto, che chiedono insistentemente l'implementazione delle risorse finanziarie e il potenziamento di squadre, personale e mezzi –:
   se siano a conoscenza di quanto accaduto e se siano stati effettivamente riscontrati ritardi nell'intervento in una zona boschiva con la presenza di immobili abitati da famiglie e nell'attivazione della macchina dei soccorsi;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per fronteggiare l'emergenza incendi in Basilicata implementando la dotazione di personale, mezzi e presidi dei vigili del fuoco sul territorio;
   quale sia lo stato del sistema di avvistamento che per anni ha funzionato per segnalare gli incendi ed allertare prontamente la catena dei soccorsi volto a limitare i danni alle persone e a preservare il patrimonio boschivo;
   quali iniziative di competenza si intendano porre in essere per predisporre un efficace piano organico di tutela e manutenzione delle aree boschive, attraverso specifici piani di assestamento forestale ed un sistema di monitoraggio, anche con l'impiego di moderni meccanismi di avvistamento. (3-03209)


   BIANCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Trattato fra la Santa Sede e l'Italia dell'11 febbraio 1929, reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, ed ancora in vigore per le parti non modificate, prevede che «alla Città del Vaticano sia assicurata un'adeguata dotazione di acqua in proprietà da parte dello Stato italiano» (6.1);
   l'applicazione della norma si è tradotta nella fornitura gratuita alla Stato Città del Vaticano di tutto il servizio idrico per 88 anni, protrattasi senza corrispettivi di sorta né per fornitura della materia prima né per la relativa impiantistica;
   con la privatizzazione dell'azienda erogatrice del servizio anche alla Città del Vaticano è stato richiesto il pagamento del dovuto, ma dal 1999 la Santa Sede rifiuta il pagamento richiamandosi alla citata norma, per un consumo che Acea stima in 5 milioni di metri cubi annui;
   va altresì specificato che rimangono senza corrispettivo anche gli scarichi fognari, in quanto rientrano nella fornitura idrica;
   in base alla tabella A del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, lo Stato della Città del Vaticano riceve gas naturale senza aliquota d'accisa in corrispettivo;
   a parere dell'interrogante tali agevolazioni, in una fase in cui sul tenore di vita delle famiglia grava pesantemente il costo dei servizi (acqua e gas), appaiono ingiustificati quanto odiosi trattamenti speciali e fuori contesto –:
   se corrisponda al vero che il mancato pagamento dei servizi idrici da parte dello Stato della Città del Vaticano abbia un ammontare di oltre 5 milioni di euro annui, come indica la maggior parte delle stime;
   se risponda a verità che lo Stato italiano versò nel 2005 25 milioni di euro ad Acea, a parzialissimo ristoro del debito relativo alla forniture idriche allo Stato della Città del Vaticano;
   se non sia opportuno assumere le iniziative di competenza per concordare con la Santa Sede la cassazione della clausola del trattato firmato dal Presidente del consiglio pro tempore Benito Mussolini e dal cardinale Gasparri l'11 febbraio 1929, interpretata poi come fornitura gratuita del servizio idrico (6.1);
   se non si reputi opportuno assumere le iniziative di competenza per cassare dal testo unico delle accise di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, la menzionata esenzione a favore della Santa Sede. (3-03211)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 è stata presentata dalla Geothermics Italy srl, la sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale del progetto di ricerca «lago di Vico», per la realizzazione di quattro pozzi esplorativi, perforati da due differenti postazioni denominate LV1 e LV2, ubicate nel comune di Caprarola (Viterbo) nelle località «Li Piani» e «Servelli»; l'obiettivo dei pozzi è la conferma del modello geotermico ipotizzato che prevede la presenza, oltre la profondità verticale di circa 2.800-3.000 metri, di un potenziale serbatoio profondo contenente fluidi geotermici con temperature superiori di 180 oC, idonei per una successiva coltivazione per la generazione di energia geotermoelettrica;
   la provincia di Viterbo è fortemente interessata dagli impianti geotermici visti gli otto permessi di ricerca rilasciati, le tredici istanze di ricerca pendenti e una procedura di valutazione di impatto di competenza governativa (Torre Alfina);
   nel novembre 2014 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato le linee guida che stabiliscono gli standard per il monitoraggio sismico e microsismico, della subsidenza e delle misurazioni di pressioni di poro;
   nella sintesi dello studio di impatto ambientale della Geothermics Italy srl al paragrafo 4.2.3 «Sismicità» è scritto: «Secondo la mappa della zonizzazione sismica della Regione Lazio le due postazioni ricadono nella sottozona “3A”. La microzonazione sismica comunale ha evidenziato che entrambe le piazzole ricadono nelle cosiddette «zone stabili ma suscettibili di amplificazione sismica»; tale studio appare perciò all'interrogante del tutto carente dal punto di vista della valutazione dell'induzione di micro-sismicità e manca di ogni riferimento alle linee guida per il monitoraggio della sismicità del Ministero dello sviluppo economico, nonché ai controlli ambientali dell'Arpa da effettuarsi a spese del concessionario, e alla pubblicazione delle risultanze;
   il dipartimento della protezione civile pubblica nel 2008 gli «Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica» i cui livelli di studio sono condotti secondo tre livelli di approfondimento, con il livello 1 che costituisce uno studio propedeutico e obbligatorio per affrontare i successivi livelli di approfondimento; è riportato inoltre come gli studi di microzonazione sismica vadano aggiornati a seguito di un evento sismico, sulla base delle analisi sulla distribuzione dei danni –:
   visti i recenti sismi che a partire dal 24 agosto 2016 hanno colpito l'Italia centrale, se non ritengano necessario promuovere l'aggiornamento immediato degli studi di microzonazione sismica;
   se intendano assumere le iniziative di competenze, anche normative, per sospendere, in via precauzionale, la ricerca e la coltivazione geotermica nel Lazio, nelle more dell'approfondimento di microzonazione sismica di terzo livello;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per assicurare la piena realizzazione del principio di precauzione e del coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazioni locali nei processi decisionali nella fase prerealizzativa di progetti come quello sopra richiamati che insistono in aree ricadenti in zone sismiche;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire che l'insediamento e l'esercizio di impianti come quello di cui in premessa di Torre Alfina non producano danni o interferiscano negativamente con la sismicità dei territori. (5-12081)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa («Qui 112, rimanga in attesa», le mie tre inutili chiamate in un mese, di C. Gerino, da Repubblica.it del 9 agosto 2017) si apprende del cattivo funzionamento del numero unico 112 per lunghe attese, disservizi e operatori impreparati: in particolare, sono stati riferiti tre episodi non drammatici come la segnalazione di un incendio, di un allarme sanitario e di un conflitto a fuoco in strada fino alla tragica morte di Gianfranco Ruggiu, portato direttamente dai propri familiari al più vicino ospedale dopo esser rimasti a lungo in estenuante attesa di parlare con un operatore cui chiedere soccorso;
   eppure la direttiva europea (direttiva (CE) 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica) aveva imposto, per le chiamate di emergenza, il numero unico 112 in ambito europeo (NUE) la cui attivazione spettava ai singoli Stati membri. La mancata attuazione di quanto imposto dalla citata direttiva ha comportato l'apertura da parte della Commissione europea, nell'aprile del 2006, di una procedura di infrazione per la quale l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nel gennaio del 2009, poi archiviata a seguito dell'attivazione della cosiddetta sperimentazione del NUE 112 dalla provincia di Varese;
   tuttora, non risulta ancora essere stata introdotta una centrale unica di soccorso sul restante territorio nazionale, essendo coinvolte le sole centrali operative dei carabinieri per le sole richieste afferenti al 112, con il mantenimento degli altri numeri telefonici dedicati alle emergenze (112, 113, 115, 117, 118). Ne deriva, ad avviso dell'interrogante che la «soluzione-ponte» adottata dall'Italia appare pertanto poco efficace dal momento che, nel resto del territorio nazionale, al 112 risponde l'Arma dei carabinieri, la quale, si è fatta carico anche del numero unico europeo, con evidenti disagi legati agli innumerevoli trasferimenti di chiamata;
   diversamente, l'adozione del numero unico europeo sull'intero territorio nazionale presenta numerosi vantaggi tra cui la drastica riduzione del numero di chiamate fasulle, della duplicazione degli eventi e delle chiamate senza risposta –:
   se il Governo sia conoscenza dei fatti indicati in premessa e se intenda spiegare cosa non abbia funzionato nell'operatività del numero unico 112;
   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda attuare per dare piena applicazione, su tutto il territorio nazionale, e nel minore tempo possibile, alla direttiva europea sul numero unico delle emergenze 112 attraverso una centrale unica integrata che riunisca le varie componenti istituzionali del soccorso in modo più efficiente ed efficace. (5-12090)


   GALGANO, OLIARO, CATALANO, MUCCI, MOLEA e MENORELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'indagine condotta dall'Istat in collaborazione con il Ministero della giustizia, si legge che negli ultimi 5 anni si registrano 774 casi di donne uccise, con una media di circa 150 all'anno: questo significa che in Italia ogni due giorni ne muore una;
   secondo le stime del 2016 in Italia sono più di 1.600 i figli rimasti orfani di madre a causa di un femminicidio. Questi ragazzi, che si possono definire vere e proprie «vittime secondarie», subiscono molteplici danni, spesso irreparabili, legati al trauma per avere in alcuni casi assistito direttamente all'omicidio, al lutto violento, all'indigenza, alla mancanza di un'educazione adeguata e di una guida in un'età molto delicata per la crescita;
   purtroppo non esiste ancora una legge specifica che li tuteli o li sostenga, anche economicamente, a differenza di quanto invece accade per altre categorie, come per le vittime di mafia, o del terrorismo;
   il 3 ottobre 2007 a Palagonia, in provincia di Catania, Marianna Manduca (che aveva denunciato molteplici volte le minacce e violenze subite) fu uccisa con sei coltellate al petto dal marito, Saverio Nolfo. L'uomo è attualmente in carcere dove sta scontando la condanna a 20 anni per l'omicidio commesso;
   è evidente che nonostante le molteplici denunce della vittima per le violenze subite da parte del coniuge, i pubblici ministeri non furono in grado di fermare i maltrattamenti;
   i tre bambini rimasti orfani sono stati affidati a Carmelo Cali, il cugino della madre assassinata, che ne è diventato tutore a tutti gli effetti. Sulla base della legge del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, costui aveva fatto ricorso alla Corte di cassazione, affinché agli stessi venissero riconosciuti i danni subiti a causa della negligenza dei giudici;
   il 13 giugno 2017 la corte d'appello di Messina ha emesso la sentenza che ha stabilito il dolo e la colpa grave dei magistrati che, nonostante le dodici denunce della donna, non fecero quanto era in loro potere per evitare il tragico epilogo. Il tribunale ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento di 300 mila euro di danni ai tre orfani;
   gli avvocati Alfredo Galasso e Licia D'Amico, legali dei figli di Marianna Manduca, hanno reso noto sulla stampa che Palazzo Chigi ha deciso di presentare istanza di ricorso alla sentenza della corte d'appello di Messina;
   un fenomeno sociale come l'omicidio di genere necessita di una presa di coscienza e quindi di responsabilità da parte dello Stato –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rinunciare all'impugnazione della sentenza della corte d'appello di Messina, che non punisce la magistratura nel suo complesso, ma riconosce la responsabilità di singoli giudici. (5-12092)


   BRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi in Molise, a San Giuliano di Puglia (CB) il villaggio provvisorio nato a seguito del sisma del 2002, è stato individuato come centri Hub per la gestione e il ricovero dei migranti richiedenti asilo;
   il numero di immigrati da ospitare nella struttura è stato inizialmente fissato in 500 unità;
   ad oggi i centri definiti Hub non godono di alcuna definizione giuridica nell'ordinamento italiano salvo considerarli «Centri di prima accoglienza»;
   attualmente, il villaggio provvisorio ha bisogno di lavori di ristrutturazione e messa a norma, tali interventi già appaltati a aggiudicati, sono attualmente fermi per ricorsi amministrativi da parte dei soggetti esclusi;
   i grandi centri Hub si sono ampiamente dimostrati inefficienti nella gestione dell'emergenza legata al fenomeno migratorio e sempre più focolai di tensioni sociali e malcontento;
   l'intera provincia di Campobasso ha subito un forte ridimensionamento nei servizi sanitari erogati al cittadino, a seguito del nuovo piano operativo sanitario adottato dal Presidente della regione Molise architetto Paolo di Laura Frattura e poi «ratificato» con l'articolo 34-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, così come convertito, dalla legge 21 giugno 2017 n. 96;
   in Molise al mese di giugno 2017 risultano essere presenti all'incirca 3600 migranti, dei quali 550 nelle 18 strutture comunali dei progetti Sprar (12 in provincia di Campobasso e 6 in provincia di Isernia) e 3.050 nei centri di accoglienza gestiti da privati;
   le popolazioni e gli amministratori locali dell'area interessata dal futuro insediamento hanno manifestato in più occasioni la contrarietà a un modello di accoglienza che ha già ampiamente dimostrato di essere fallimentare, sposando di contro un modello di ospitalità diffusa, come quello del comune di Santa Croce di Magliano che ha aderito al progetto Sprar ed è il più vicino al villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia;
   ad oggi sono molteplici le sollecitazioni inoltrate ai Ministeri da parte di molteplici forze politiche al fine di scongiurare la nascita del centro di accoglienza –:
   se il Governo non intenda rivedere – scongiurando tale eventualità – la decisione di far nascere un centro Hub nell'ex villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia, tutelando in tal modo la popolazione residente e i richiedenti asilo e, in particolar modo, garantendo standard qualitativi efficaci di tutela sanitaria;
   se il Governo intenda verificare i motivi per cui non è stata attivata la clausola di salvaguardia. (5-12095)


   D'INCÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 27 luglio 2017 la direzione generale archeologia belle arti e paesaggio ha espresso parere negativo circa la compatibilità ambientale del progetto di razionalizzazione della rete di trasmissione nazionale (RTN) degli elettrodotti nella media valle del Piave proposto da Terna e che prevede, inter alia, la realizzazione di nuovi elettrodotti in superficie alla luce di un intervento complessivo di riorganizzazione delle infrastrutture delle reti di alta e altissima tensione;
   il dicastero ha, in estrema sintesi, motivato la propria contrarietà sulla base della considerazione che «le nuove linee elettriche aeree, l'altezza dei tralicci e l'attraversamento del Piave in più punti andrebbero a incidere negativamente nell'intorno paesaggistico tutelato», registrandosi un impatto visivo determinato dalla presenza di tralicci di dimensioni significative sulla veduta di un'area dolomitica di eccezionale importanza ambientale e paesaggistica, riconosciuta dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità;
   tale atto segue il pronunciamento della commissione tecnica per la valutazione di impatto ambientale (VIA) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 maggio 2017 che, seppur ancorando la propria decisione a dodici prescrizioni in relazione alla progettazione esecutiva dell'opera nonché alla necessità di un piano di monitoraggio ambientale, aveva espresso parere favorevole al progetto;
   risulta necessario per le comunità interessate un aggiornamento e riammodernamento delle infrastrutture purché non realizzato su linee aeree;
   come noto, l'articolo 25 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dispone anche che, qualora le amministrazioni di cui ai commi 2 e 3 (quindi anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) non si siano espresse nei termini ivi previsti ovvero abbiano manifestato il proprio dissenso, si proceda comunque a norma dell'articolo 26, attivando il potere sostitutivo del Consiglio dei ministri;
   occorre anche considerare che in caso di dissenso espresso in conferenza dei servizi si applica l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede, anch'esso il deferimento al Consiglio dei ministri ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti –:
   se il Governo non ritenga di assumere un provvedimento contrario rispetto al progetto di riammodernamento degli elettrodotti in Valbelluna di cui in premessa, accogliendo le obiezioni alla base del parere negativo sulla compatibilità ambientale, invitando il soggetto proponente a modificare il progetto e procedendo con l'interramento delle linee sulla base di altre possibili soluzioni, fermi restando gli impegni assunti nei confronti dei comuni che si sono espressi positivamente nei confronti dell'opera (come, ad esempio, Longarone, Soverzene e Ponte nelle Alpi), ove si prevede una riduzione dei tralicci esistenti con la rimozione delle linee da edifici pubblici e privati, iniziativa giudicata positivamente anche dalla soprintendenza belle arti del Veneto. (5-12097)


   RICCIATTI, STUMPO, FRANCO BORDO, ZARATTI, MELILLA, KRONBICHLER, NICCHI, DURANTI, SCOTTO, PIRAS e QUARANTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la siccità che ha colpito l'Italia negli ultimi mesi ha causato nelle Marche un crollo dell'occupazione nel settore dell'agricoltura del 15,3 per cento della forza lavoro, pari a 2.573 addetti in meno;
   nel corso dell'ultimo anno è calato anche il numero delle imprese, registrandosi un –2,7 per cento pari a 774 imprese;
   la regione Marche ha presentato la richiesta di dichiarazione di stato di emergenza a seguito della siccità;
   alle condizioni climatiche avverse devono aggiungersi gli effetti degli eventi sismici dello scorso anno, che hanno inciso in modo negativo sul settore agroalimentare e agro-turistico della regione –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per far fronte alla grave situazione richiamata in premessa e per sostenere il comparto agricolo della regione. (5-12100)


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo dell'Ansa pubblicato in data 26 luglio 2017 dal titolo «Navi: nuovo cda per società RBD Armatori», emerge come il dottor Enrico Laghi sia entrato a far parte del nuovo consiglio di amministrazione della RBD Armatori spa, compagnia armatoriale di Torre del Greco (Napoli);
   tale nomina va ad aggiungersi al già importante curriculum del dottor Laghi che attualmente comprende anche il ruolo di commissario straordinario di Ilva e Alitalia;
   all'interno dell'articolo sopracitato si può leggere come la nomina sia «[...] di gradimento anche dei creditori finanziari [...]», cioè degli istituti di credito;
   sarebbe opportuno evitare che la strategia posta in essere per la governance della RBD Armatori, che si fonda sulla affidabilità e sull'interesse stesso dei creditori, possa essere applicata dai commissari straordinari, vista la presenza del già citato dottor Laghi, anche alle realtà di Ilva e Alitalia, a discapito dei piani di rilancio industriale –:
   se si ritenga che, alla luce del nuovo incarico, il dottor Laghi possa espletare al meglio gli incarichi governativi già assegnati riferiti al rilancio delle attività industriali di Alitalia e Ilva. (5-12110)


   GALLINELLA e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Ussita (Macerata), epicentro del terremoto del 26 e 30 ottobre 2016, ad un anno dalle prime scosse, lo stato di ricostruzione è praticamente fermo e non sono ancora stati adottati neppure quei provvedimenti volti a risolvere le situazioni emergenziali di maggiore evidenza;
   tra queste la messa in sicurezza del territorio a mezzo di demolizioni e puntellamenti, con conseguente drastica riduzione della zona rossa, e la conclusione delle verifiche Fast con le relative ordinanze sindacali;
   la zona rossa, infatti, dal 30 ottobre è in vigore su tutte le 18 frazioni di Ussita che si estendono su un'area di circa 55,3 chilometri quadrati da allora sono state eseguite solamente 21 demolizioni, uno smontaggio controllato e cinque messe in sicurezza; da ciò si evince quanto poco sia stato compiuto, a parere degli interroganti, per la messa in sicurezza di tutte le frazioni, passo imprescindibile prima di procedere alla vera e propria ricostruzione;
   allo stesso tempo, le verifiche Fast risultano ancora da completare e le relative notifiche/ordinanze sindacali sono molto indietro: su un totale di 1420 verifiche da fare, sono solo 165 le ordinanze emesse e ciò rende impossibile determinare lo stato reale del patrimonio edilizio e far iniziare il processo di determinazione del danno, con le successive schede aedes, e quindi la vera e propria ricostruzione, a partire da chi ha subito danni lievi;
   tali verifiche sono fondamentali anche per certificare le case agibili e quindi emanare l'autorizzazione al rientro –:
   quali iniziative, di competenza il Governo intenda intraprendere affinché siano effettuate con la massima rapidità tutte le operazioni di messa in sicurezza del territorio;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per garantire che siano portate a compimento le verifiche Fast con la massima rapidità;
   se intenda verificare se anche in altri comuni, colpiti dal terremoto, esiste la stessa problematica su descritta. (5-12120)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto «Coda di volpe», situato nei pressi di Bolognetta, in provincia di Palermo, sulla strada statale 121, è stato chiuso al transito veicolare nell'aprile 2015 e mai più riaperto sino ad oggi, a causa di cedimenti del sottosuolo che hanno interessato alcuni piloni del viadotto stesso, mentre il traffico è stato deviato su una bretella rappresentata dal vecchio tracciato della strada statale 121, con conseguente aumento, seppur minimo, dei tempi di percorrenza;
   sul tracciato della strada statale 121, sono presenti cantieri dovuti ad un appalto per lavori indetto dall'Anas, lavori iniziati nel giugno 2013 e non ancora terminati;
   si apprende che l'Anas sta progettando un nuovo viadotto, finanziato direttamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, parallelo al viadotto «Coda di volpe», del quale, tuttavia, non si hanno notizie rispetto a costi, tempi di realizzazione ed eventuali ricadute sul traffico veicolare della strada statale 121 –:
   se sia stata presa in considerazione la possibilità di adeguamento del viadotto «Coda di volpe», in luogo della costruzione ex-novo di un nuovo viadotto;
   quali siano i costi e i tempi di realizzazione di tale nuovo viadotto;
   se non si intenda rendere noto in quale fase della progettazione o della messa a bando si trova la realizzazione del nuovo viadotto. (4-17612)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel 2007, Marianna Manduca, è stata uccisa dal marito, Saverio Nolfo, nonostante la donna avesse sporto presso la procura della Repubblica di Caltagirone ben dodici denunce nei confronti dell'uomo per maltrattamenti, minacce e percosse subite;
   la stampa in questi giorni ha riportato la notizia che il tribunale civile di Messina ha ritenuto i magistrati responsabili di negligenza nei confronti della donna, applicando la norma sulla responsabilità civile dei magistrati ritenendo che i pubblici ministeri in servizio nella procura di Caltagirone che si occuparono allora del caso, non fecero quanto in loro potere per evitare il femminicidio della Manduca;
   per tali motivi la Presidenza del Consiglio è stata condannata a risarcire con 300 mila euro i danni patrimoniali subiti dai tre figli della vittima;
   tuttavia, la Presidenza del Consiglio si è appellata facendo richiesta di sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Messina rifiutando il risarcimento dovuto;
   secondo quanto dichiarato dagli avvocati Alfredo Galasso e Licia D'Amico, legali dei figli di Marianna Manduca «Si tratta di una decisione grave ed inattesa, che tende a porre nel nulla un provvedimento giudiziario che per la prima volta riconosce e punisce la responsabilità non della magistratura nel suo complesso, ma di singoli magistrati, colpevoli di una inerzia giudicata dai loro stessi colleghi ingiustificabile»;
   si rammenta che gli interroganti il 3 maggio 2016 hanno presentato la proposta di legge per l’«Istituzione di un Fondo per l'indennizzo delle vittime di reati di violenza di genere e di un Fondo per l'indennizzo degli orfani delle vittime di reati di violenza di genere» –:
   quali elementi intenda fornire il Governo in relazione ai fatti narrati in premessa;
   se quanto sopra esposto corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni dell'impugnazione della sentenza emessa dal tribunale di Messina con la quale si condannava la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire il danno patrimoniale ai tre orfani della signora Manduca;
   quali iniziative normative s'intendano mettere in campo per arginare il fenomeno sempre più dilagante dei femminicidi, per fornire risposte efficaci alle donne vittime di violenza che devono affrontare il percorso per uscire dalla violenza, e per tutelare i figli orfani di madri uccise per mano di un uomo;
   quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza per definire gli strumenti necessari a tutelare i familiari non autosufficienti, come gli orfani di vittime di femminicidi, e ad affrontare la violenza contro le donne in maniera strutturata;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di dare una interpretazione e un'applicazione corrette ed imparziali della legge sulla responsabilità civile dei magistrati;
   se non si ritenga necessaria la revisione del piano nazionale antiviolenza, affinché si possano utilizzare al meglio i finanziamenti anche per il sostegno economico ai figli delle vittime di femminicidio. (4-17617)


   MARTELLI, ZARATTI, MELILLA, DURANTI, RICCIATTI, PIRAS, FORMISANO, ALBINI, LACQUANITI, MOGNATO e MURER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo sgombero di 250 famiglie – la maggior parte di origine eritrea e titolare dello status di rifugiato o di qualche forma di protezione internazionale – cominciato a Roma il 19 agosto all'ex sede dell'Ispra è culminato con quanto accaduto il 24 agosto 2017 in piazza Indipendenza. Quanto avvenuto ha messo in evidenza comportamenti individuali, da parte di alcuni agenti delle forze dell'ordine, gravi nei confronti delle persone coinvolte nello sgombero e oltre modo lesivi nei confronti della Polizia stessa;
   in seguito a questi accadimenti il capo della Polizia, Franco Gabrielli, in un'intervista pubblicata sul quotidiano la Repubblica il 25 agosto, afferma che sarà fatta chiarezza rispetto alle eventuali responsabilità degli agenti coinvolti nell'azione dello sgombero;
   nella medesima intervista lo stesso Gabrielli fa riferimento alle responsabilità di chi ha permesso che a via Curtatone si lasciassero vivere 250 famiglie di rifugiati nel più totale degrado. In particolare, Gabrielli cita una road map, stilata due anni fa insieme all'allora commissario straordinario di Roma Tronca, che prevedeva anche uno stanziamento di oltre 130 milioni per mettere a punto soluzioni alloggiative definitive per coloro che erano ricorsi all'occupazione abusiva –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per coordinare, a livello interministeriale e con gli enti locali, gli interventi necessari per definire un programma nazionale di accoglienza e di insediamento dei migranti che giungono in Italia, al fine di tutelare i diritti dei migranti stessi e anche il buon operato delle istituzioni e delle forze di sicurezza coinvolte;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per realizzare quanto definito, rispetto alla specifica situazione di Roma Capitale, dall'ex commissario Francesco Paolo Tronca e dallo stesso capo della Polizia Franco Gabrielli. (4-17637)


   RICCIATTI, SCOTTO, D'ATTORRE, ROBERTA AGOSTINI, QUARANTA, ALBINI, BOSSA, DURANTI, MARTELLI, ZARATTI, FRANCO BORDO, MELILLA, SANNICANDRO, KRONBICHLER, CARLO GALLI e PIRAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la testata Il Resto del Carlino (edizione Quotidiano Nazionale del 3 agosto 2017) riporta la notizia del ricorso in appello con richiesta di sospensione dell'esecuzione, presentato dalla Presidenza del consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, avverso alla sentenza emessa dalla Corte d'appello di Messina, che condannava la Presidenza del Consiglio al risarcimento di 260 mila euro in favore degli orfani di una vittima di femminicidio;
   il caso richiamato è quello di Marianna Manduca assassinata dall'ex marito Saverio Nolfo;
   la Presidenza del Consiglio – a quanto si apprende dagli organi di stampa – sarebbe stata condannata perché la vittima aveva denunciato, inutilmente, ben dodici volte le minacce provenienti dall'ex marito. Minacce alle quali le autorità competenti non avrebbero dato alcun seguito;
   i tre orfani, tutti minori, sono stati nel frattempo adottati da un parente della vittima che, pur in presenza di una situazione economica non agiata, si è fatto carico dei tre minori;
   il risarcimento disposto dal giudice di primo grado rappresenta un importante precedente, perché nel sanzionare una omissione rilevante di organi dello Stato, prevede in qualche misura una riparazione in favore di chi sconta la conseguenza di un reato grave come il femminicidio;
   la decisione della Presidenza del Consiglio di presentare ricorso, seppur ineccepibile sul piano giuridico, è censurabile sotto un profilo più ampio di giustizia, perché rallenta – nella migliore delle ipotesi – l'esecuzione della sentenza di primo grado, o – nell'ipotesi di accoglimento del ricorso – rischia di privare gli orfani della vittima di femminicidio del risarcimento –:
   se non si ritenga opportuno, alla luce di quanto richiamato in premessa, rivedere la sentenza della Corte d'appello di Messina. (4-17652)


   VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2015 le zone di Milazzo e Barcellona sono state interessate da ondate di piena dei torrenti e dalla esondazione del torrente Mela, che ha interessato Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo, ha causato centinaia di sfollati, parecchi danni alle abitazioni e ha anche causato danni considerevoli alla rete dell'acquedotto;
   con ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 340 del 9 maggio 2016 la protezione civile provvede a stanziare, così come stabilito nella delibera del Consiglio dei ministri del 19 febbraio 2016, fondi nel limite massimo di euro 23.800.000,00 per i primi interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali eventi meteorologici che nel periodo dall'8 settembre al 3 novembre 2015 hanno colpito il territorio delle città metropolitane di Catania e Messina e del libero consorzio comunale di Enna;
   all'articolo 1 la Protezione civile nomina il presidente della regione siciliana commissario delegato per fronteggiare l'emergenza derivante dagli eventi calamitosi;
   a seguito dell'articolo 11 della suddetta ordinanza il commissario delegato avrebbe dovuto trasmettere, con cadenza trimestrale, al dipartimento della protezione civile una relazione inerente alle attività espletate ai sensi dell'ordinanza, nonché, allo scadere del termine di vigenza dello stato di emergenza, una relazione conclusiva sullo stato di attuazione delle stesse;
   con nota prot. n. 1 del 28 febbraio 2017, la regione siciliana ha trasmesso il quadro finanziario aggiornato ed il crono programma degli interventi da ultimare a seguito dell'ordinanza;
   con ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 459 del 1o giugno 2017 la regione siciliana subentra nelle iniziative per superare le criticità causate dal maltempo che ha colpito i comuni di Catania, Messina, ed Enna dall'8 settembre al 3 novembre 2015 e viene individuato il dirigente generale del Dipartimento della protezione civile della regione siciliana come dirigente competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi per il superamento del contesto di criticità determinatosi a seguito degli eventi alluvionali;
   al comma 5 dell'articolo 1 del ordinanza del capo dipartimento della protezione civile n. 459 viene stabilito che il dirigente generale della protezione civile della regione siciliana è tenuto a relazionare al dipartimento della protezione civile, con cadenza semestrale, sullo stato di attuazione degli interventi;
   per quanto riguarda, in particolare il torrente Mela in provincia di Messina, notizie di stampa locali riportano le forti preoccupazioni espresse dai cittadini residenti dovute alla totale assenza di interventi necessari al ripristino degli argini, ed alla mancata rimozione del sovralluvionamento del torrente stesso. Dall'ottobre 2015 ad oggi un solo intervento «tampone» di risagomatura degli argini del torrente Mela è stato effettuato da parte degli enti interessati –:
   quali siano gli interventi previsti a seguito delle ordinanze n. 340 del 2016 e n. 459 del 2017 e quale sia il loro stato di avanzamento, con particolare riferimento ai territori interessati dagli eventi calamitosi in provincia di Messina;
   quale sia, nel dettaglio, il cronoprogramma che si intende seguire per evitare che, anche nella ormai prossima stagione invernale, i torrenti messinesi possano nuovamente essere un grave pericolo per l'incolumità e la salute degli abitanti delle zone interessate;
   quanti e quali siano i progetti esecutivi inseriti dalla regione siciliana nel «patto per il Sud» e legati ad una sistemazione definitiva dei torrenti presenti in provincia di Messina, affinché ogni anno non si verifichino eventi alluvionali come quelli verificatisi negli ultimi 10 anni –:
   se, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo non intenda assumere iniziative per promuovere uno snellimento della complessa procedura attualmente necessaria per l'utilizzo dei fondi statali tempestivamente stanziati. (4-17658)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto Mobile Malware Evolution 2016, edito da Kaspersky Lab e incentrato su oltre 230 Paesi, ha individuato «8 milioni e mezzo di software dannosi istallati su smartphone e tablet. Nel mirino del cybercrime i dispositivi android, più facili da hackerare attraverso virus che sfruttano la pubblicità e che sarebbero in grado anche di istallare, all'insaputa dell'utente, altre app dannose per i dispositivi mobile. Kaspersky Lab ha inoltre rilevato che, nell'anno precedente, ci sono stati 40 milioni di tentati attacchi da parte di malware mobile (programmi, documenti o messaggi di posta elettronica in grado di apportare danni a un sistema informatico) e oltre 260 mila istallazioni di virus di tipo ransomware, ovvero un tipo di virus che limita l'accesso del dispositivo che infetta e che per rimuovere bisogna pagare»;
   anche l'Associazione italiana per la sicurezza informatica – Clusit ha realizzato un rapporto sul cybercrime relativo al 2016. «Ne è emerso che gli attacchi di phishing e social engineering, che sfruttano la debolezza dell'utente, hanno registrato nello scorso anno un incremento del 116 per cento»;
   secondo quanto riportato dal sito online dell'Ansa, nell'articolo pubblicato in data 28 luglio 2017, le attività di cybercrime aumentano, soprattutto, nel periodo estivo;
   Andrea Zapparoli Manzoni, uno degli autori del rapporto di Clusit, ha spiegato infatti che «in hotel, in treno, in stazione, al bar, negli stabilimenti balneari occorre prestare attenzione alle reti wi-fi free. Spesso non sono criptate e quindi non protette, e sono anche configurate in modo “light” dal punto di vista della sicurezza. Può capitare che siano state compromesse da malintenzionati, con il fine di spiare le comunicazioni di chi vi si collega. Quando possibile vanno evitate se non si è ragionevolmente certi che siano gestite in modo sicuro e monitorate adeguatamente»;
   in estate, inoltre, secondo gli esperti della criminalità informatica raddoppia il « phishing vacanziero», cioè le finte offerte di viaggi, vincite di premi, sconti straordinari;
   al riguardo, Manzoni ha evidenziato che «gli hacker pescano via email, sms, chat e social network. (...). Nei centri commerciali i rischi sono elevati, sono luoghi in cui si sta poco e transitano molte persone. Serve un regolamento che stabilisca le responsabilità dei gestori delle reti gratuite in caso di furto di dati sensibili: si deve autocertificare l'adesione a criteri di sicurezza e se non vengono rispettati, scattano le sanzioni. Attualmente non esistono norme, sul mercato si trovano prodotti che non sono testati a livello di sicurezza. I router vengono realizzati in Cina a basso costo e su YouTube esistono tutorial su come violarli. I device non hanno la sicurezza incorporata, occorre, infatti, effettuare numerose verifiche. (...)»;
   sullo stesso argomento, anche La Nazione ha pubblicato un articolo il 31 luglio 2017. Il quotidiano ha riportato il parere dell'avvocato Massimo Simbula, legale dell'Osservatorio sul cybercrime della Sardegna, che ha sottolineato come «occorra adottare tutti i comportamenti necessari per arginare la minaccia della rete. Non bisogna collegarsi alle reti “aperte” che non sono Wpa2 (wi-fi protected access), bisogna attivare delle forme di protezione locale nei propri dispositivi che bloccano tutte le connessioni non indirizzate verso Internet; è opportuno creare un Virtual private network, ossia una sorta di tunnel tra il device e il server dentro cui il traffico dei dati è coperto (...). Il wi-fi è una grande risorsa e non va demonizzato ma serve attenzione» –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per intensificare, di concerto con le forze dell'ordine, la lotta contro la criminalità informatica;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per contrastare il fenomeno del phishing vacanziero;
   se si intendano adottare iniziative, anche dal punto di vista normativo, volte a prevedere una disciplina che stabilisca le responsabilità dei gestori delle reti gratuite in caso di furto di dati sensibili. (4-17660)


   MARTELLI, SCOTTO, LAFORGIA, NICCHI, RAGOSTA, ZARATTI, RICCIATTI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, MELILLA, PIRAS, QUARANTA, FERRARA, DURANTI, BOSSA, MOGNATO, CARLO GALLI, FORMISANO, FONTANELLI, LACQUANITI, CIMBRO, ZOGGIA, SIMONI, MATARRELLI e GIORGIO PICCOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni Forza Nuova ha promosso una campagna mediante manifesti murali che raffigurano una ragazza che si difende dall'attacco di un ragazzo che sta tentando di violentarla;
   i suddetti manifesti, ispirati allo stupro di gruppo di Rimini, richiamano fortemente la propaganda che individua negli immigrati gli unici soggetti dediti ad attività delinquenziali;
   lo stupratore viene rappresentato con tratti volutamente tipizzati: fronte prominente, labbra carnose in modo abnorme, braccia lunghe e mani artigliate. L'associazione pertanto è quella tra uomo nero=stupratore;
   un'immagine nello stile e nel contenuto che ricorda un'epoca nefasta dove si raffigurava una razza superiore come bella gioventù, mentre neri ed ebrei erano, per un concentrato di luoghi comuni, umanoidi raffigurati in modo da suscitare paura e disprezzo;
   non c’è forma più estrema dello stupro come esercizio violento di dominio e possesso, che cancella la donna come persona, producendo la totale svalutazione del suo corpo;
   gli interroganti sono unanimi pertanto nel condannare lo stupro e la violenza sessuale come causa strutturale della regressione che stiamo vivendo, su tutti i piani: relazioni interpersonali, società squilibrata, diritti negati o mai riconosciuti, senza che si debba attribuire agli aggressori un valore differente basato sul «tipo di razza d'uomo»;
   la sede per ipotizzare l'eventuale reato di istigazione all'odio razziale è quella giudiziaria –:
   quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Governo per evitare che il corpo delle donne possa essere utilizzato attraverso la spettacolarizzazione di un crimine odioso come lo stupro, per una strategia politica specifica con fini elettorali e quali strumenti preventivi si intendano mettere a punto.
(4-17679)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 agosto 2017, con un tempismo perfetto coincidente con la settimana principe delle ferie italiane e giorno festivo per eccellenza e con l'interruzione estiva dei lavori parlamentari, sono avvenuti due gravi fatti che hanno riproposto agli onori della cronaca i misteri che, a distanza di oltre 18 mesi, avvolgono il rapimento e l'assassinio di Giulio Regeni: il ritorno al Cairo dell'ambasciatore italiano e la pubblicazione sul New York Times Magazine di un articolo intitolato «Perché un dottorando italiano è stato torturato e ucciso in Egitto ?», che ricostruisce quello che si sa della morte del giovane ragazzo, ma che in un passaggio contiene anche un'affermazione grave e inquietante, secondo la quale l'implicazione dei funzionari dei servizi di sicurezza egiziani, finora sostenuta e ipotizzata da molte fonti ma mai data per certa, sarebbe confermata. Infatti, l'articolo riferisce che a un certo punto l’intelligence statunitense passò al Governo italiano alcune informazioni che dimostravano il loro coinvolgimento nel sequestro e nell'uccisione di Regeni;
   l'Italia ha richiamato il suo ultimo ambasciatore in Egitto, Maurizio Massari, nell'aprile del 2016, come protesta per la scarsa collaborazione delle autorità egiziane nelle indagini sull'uccisione di Regeni, e il Presidente del Consiglio pro tempore promise alla famiglia del ricercatore che l'ambasciatore non sarebbe tornato al Cairo senza discuterne prima con loro;
   da fonti di stampa si apprende che l'Italia stava lavorando alla nomina di un nuovo ambasciatore da mesi, per ragioni di opportunità politica, e al suo ritorno al Cairo, sostenuto da un lavorio sotterraneo ma costante da parte di esponenti del Governo – soprattutto dai tre Ministri dell'interno, degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa – anche per il riaccendersi della questione libica e, in virtù di ciò, per la necessità di ripristinare i rapporti diplomatici con l'Egitto come alleato nella gestione dei flussi migratori;
   secondo altre fonti, lo scopo primario della ripresa dei rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto, è rappresentato dagli enormi interessi economici del nostro Paese, primo fra tutti il grande giacimento di gas naturale di Zohr, scoperto nel 2015 da Eni;
   tutto ciò verrebbe confermato anche da una nota del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale che se, da un lato, in risposta alle forti critiche al Governo per aver rinunciato all'unico strumento di pressione di cui l'Italia disponeva per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni, ha affermato che l'invio del nuovo ambasciatore Cantini, contribuirà a fare «chiarezza sulla tragica scomparsa di Giulio (...) tramite i contatti con le autorità egiziane, al rafforzamento della cooperazione giudiziaria e, di conseguenza, alla ricerca della verità», dall'altro ha sottolineato soprattutto l'importanza della decisione assunta perché «l'Ambasciatore Cantini curerà gli interessi nazionali in Egitto e la nostra importante comunità in quel Paese;
   a giudizio degli interroganti, il periodo scelto per ribaltare una presa di posizione assunta dal Governo in difesa di un cittadino italiano barbaramente ucciso, sul quale l'Egitto continua ad occultare la verità, è un evidente tentativo di sollevare meno polemiche possibili, di fuorviare l'attenzione dell'opinione pubblica da motivazioni diverse e di escludere di fatto il Parlamento da ogni decisione relativa –:
   se il Governo non ritenga opportuno chiarire i reali motivi della decisione di rinviare l'ambasciatore al Cairo e fornire elementi sugli sviluppi investigativi relativi all'uccisione di Giulio Regeni;
   se trovi conferma quanto pubblicato nell'articolo del New York Times Magazine e, in caso affermativo, quali siano esattamente le informazioni trasmesse dagli Stati Uniti all'Italia sull'uccisione di Regeni e a quale periodo risalgano. (4-17705)


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale dell'Abruzzo con legge n. 40 del 1o agosto 2017 (verbale del Consiglio regionale n. 95/1 dell'11 luglio 2017) ha approvato delle disposizioni per il recupero dei vani e locali accessori, nonché dei vani e locali seminterrati, situati in edifici esistenti o collegati direttamente ad essi, da destinare ad uso residenziale, direzionale, commerciale o artigianale;
   all'articolo 1 della legge si precisa che quest'ultima detta disposizioni nel rispetto della normativa statale vigente;
   l'articolo 117 della Costituzione annovera tra le materie di legislazione concorrente Stato-regioni anche il governo del territorio;
   l'articolo 4, comma 1, della citata legge regionale, nel disciplinare i requisiti tecnici degli interventi di recupero di tali immobili, prescrive che l'altezza interna dei vani e locali destinati alla permanenza di persone non può essere inferiore a metri 2,40. Ciò contrariamente a quanto disposto dal decreto del Ministero della sanità del 5 luglio 1975 con cui si stabilisce che l'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in metri 2,70;
   la disposizione regionale, così come approvata, contravviene, altresì, all'articolo 43 della legge n. 457 del 5 agosto 1978, e a quanto disposto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, con particolare riferimento alla salute e alla sicurezza dei locali adibiti a luoghi di lavoro;
   l'Unione europea, con direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, ha stabilito che la valutazione ambientale costituisce un importante strumento nell'elaborazione e nell'adozione di piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente, in ciascuno degli Stati membri;
   invece, la citata legge regionale nel disciplinare gli interventi di recupero di tali immobili (si veda l'articolo 3) prevede che il recupero non è mai soggetto alla preventiva adozione e approvazione di un piano attuativo o di un permesso di costruire convenzionato, e non è qualificato come nuova costruzione, ignorando, così, la normativa europea sopra richiamata. Inoltre, la realizzazione degli interventi di recupero è subordinata all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e al reperimento degli standard urbanistici di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968;
   in riferimento a quanto testé espresso si palesa un'evidente contraddizione circa l'effettivo riflesso sul territorio degli interventi di recupero abitativo previsti, in quanto nella legge regionale in questione (si veda l'articolo 3) dapprima viene sostenuta la «non qualificazione» dell'intervento quale nuova costruzione (articolo 3, comma 1), mentre successivamente (articolo 3, comma 3) viene espressamente ed obbligatoriamente richiesto il reperimento degli standard urbanistici di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968 «in relazione al maggior carico urbanistico connesso alla trasformazione della destinazione d'uso»;
   la qualificazione di interventi che incrementano il carico urbanistico tra quelli che producono una trasformazione del territorio su scala urbana, territoriale sono subordinati, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, al rilascio di un permesso di costruire necessario proprio per gli «interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio»;
   l'esistenza del maggior carico urbanistico e di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comporta effetti significativi sull'ambiente con conseguente necessità di subordinare tali trasformazioni a specifici atti di pianificazione territoriale in ossequio alla normativa europea, ad avviso dell'interrogante elusa dalla richiamata normativa regionale;
   pertanto, alla luce della normativa vigente, i locali per essere adibiti ad abitazioni o a luoghi di lavoro devono possedere un'altezza minima e un'apertura capaci di garantire la giusta ventilazione e le adeguate condizioni igienico-sanitarie, mentre la legge regionale n. 95/1 prevede la possibilità di uso residenziale di locali seminterrati rinviando la definizione degli stessi alle specifiche norme tecniche comunali. Quest'ultime definiscono locali seminterrati ambienti interrati fino a 2/3 delle pareti perimetrali che pregiudicano, invece, le condizioni di vivibilità, igienico-sanitarie e la salute della popolazione –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e se, ove ne sussistano i presupposti, non ritenga di promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, dinanzi alla Corte costituzionale in relazione alla citata legge regionale, alla luce dei diversi profili sopra esposti e della necessità di evitare contenziosi con l'Unione europea per la violazione delle normative di riferimento. (4-17710)


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella legge di conversione del cosiddetto decreto Mezzogiorno (decreto-legge n. 91 del 2017) è stata inserita un'ulteriore proroga per gli appalti per la pulizia delle scuole: si prorogano così le commesse assegnate da Consip per un valore di 1,6 miliardi di euro, nonostante quanto accaduto negli ultimi mesi, tra indagini sugli stessi affidamenti di Consip, e manipolazioni di mercato già riconosciute dai giudici amministrativi;
   in questo modo si confermano gli appalti di alcune grandi imprese (come Consorzio Nazionale Servizi e Manutencoop Facility Management) finite sotto inchiesta da parte dell'Antitrust per aver «truccato» le gare, e nonostante la procedura sia stata denunciata nel rapporto annuale dell'attività dell'Anac;
   di fatto, quindi, si prorogano commesse nonostante la presenza di pronunce di Tar e Consiglio di Stato e senza tener conto di quanto stabilito dall'Autorità nazionale anticorruzione e delle sanzioni già comminate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo in relazione alla questione segnalata in premessa.
(4-17711)


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto è stata colpita negli ultimi mesi da eventi meteorologici eccezionali ed avversi che hanno interessato le aree dolomitiche e le fasce litoranee, causando ingenti danni alle attività produttive agricole, turistiche ed al patrimonio pubblico e privato, mettendo a dura prova gli abitanti delle zone interessate;
   tali eventi meteorologici si sono già manifestati dal mese di giugno 2017 con: i locali danni da raffiche temporalesche in alta Val Belluna e in Alpago; i forti temporali in alcune zone dell'Agordino, con dannose grandinate fra Caviola e Canale d'Agordo e alcuni dissesti idrogeologici nella zona di Sottoguda e nella Valle del Biois; il forte rovescio temporalesco a Perarolo; i violenti fenomeni temporaleschi sulle Prealpi, caratterizzati da forti raffiche di vento e dannose grandinate verificatisi sui territori dei Comuni di Refrontolo, Pieve di Soligo e Val di Zoldo; il temporale insistente e significativo accompagnato da grandinate con chicchi di grosse dimensioni, che ne hanno accentuato il carattere distruttivo sui territori dei comuni della provincia di Verona, per culminare con la frana di Cortina provocata dalla pioggia torrenziale del 4 e 5 agosto, nella frazione di Alverà;
   per far fronte agli ingenti danni provocati dai suddetti eventi sono stati stimati, solo per la frana di Cortina, 17,4 milioni di euro necessari per il ripristino del patrimonio pubblico, compresi gli interventi inderogabili alle sponde e all'alveo del torrente Bigontina ed i danni privati ed alle attività produttive, ma mancano ancora i conteggi ufficiali della tromba d'aria del feltrino e del Garda che ha abbattuto 1.500 alberi, distrutto auto, camper e roulotte, rovinato strade e marciapiedi nel litorale;
   è doveroso ricordare che gli eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro Paese ed accentuano sempre di più la necessità di una politica di prevenzione del dissesto idrogeologico e di una conseguente tempestività nell'adozione di provvedimenti straordinari (decretazione dello stato di calamità e di urgenza) da parte del Governo e degli enti interessati –:
   se il Governo non ritenga opportuno ed urgente, alla luce di quanto descritto in premessa, riconoscere e dichiarare lo stato di emergenza per calamità naturale nei territori su indicati al fine di garantire, con tempestività, le risorse necessarie a sostegno dei territori e delle popolazioni colpiti ed attivare il meccanismo dei rimborsi per gli eventi che hanno danneggiato il territorio veneto, ed in particolare quello Bellunese ed il litorale, nel mese di agosto 2017. (4-17715)


   MELILLA, SCOTTO, SANNICANDRO, RICCIATTI, PIRAS, QUARANTA, ZARATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, NICCHI e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'80 per cento delle scuole abruzzesi non è a norma dal punto di vista della sicurezza, nonostante gran parte della regione sia classificata nelle zone sismiche 1 e 2;
   esiste un obbligo di verificare la vulnerabilità antisismica delle scuole al fine di garantire la massima sicurezza per studenti e lavoratori della scuola, come l'interrogante ha evidenziato in varie altre interrogazioni sullo stesso tema;
   non può essere tutto scaricato sulle spalle degli amministratori locali che si assumono pesanti responsabilità amministrative e penali;
   in Abruzzo il quotidiano Il Centro ha lanciato la meritoria campagna «scuole sicure», a cui stanno aderendo tanti sindaci, sindacati, comitati studenteschi e delle famiglie;
   è necessaria la massima trasparenza anche sui certificati di vulnerabilità sismica delle scuole a chi ne farà richiesta –:
   cosa intenda fare il Governo per dare piena attuazione a quanto prevede la normativa antisismica in materia di sicurezza delle scuole a tutela degli istituti abruzzesi e italiani. (4-17722)


   MURGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozioni, la legge 30 dicembre 2004, n. 311, legge finanziaria per il 2005, aveva istituito il «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali» finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione internazionale e demandato a successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione dell'entità e dei criteri del rimborso, nonché le modalità di presentazione delle istanze;
   successivamente, le risorse per le adozioni internazionali sono confluite nel «Fondo per le Politiche della Famiglia», e la legge finanziaria per il 2007 aveva esplicitamente previsto tra le sue finalità il sostegno delle adozioni internazionali, oltre al pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali;
   con la legge di stabilità per il 2016, infine, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un autonomo «Fondo per le adozioni internazionali», dotato di 15 milioni annui a decorrere dal 2016, e conseguentemente sono state trasferite allo stesso le somme precedentemente assegnate al «Fondo per le politiche della famiglia» per il sostegno alle adozioni internazionali e il funzionamento della relativa Commissione;
   nonostante la capienza dei fondi di volta in volta competenti, riconfermata anche di recente dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il parlamento pro tempore durante lo svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati, i rimborsi alle famiglie adottanti sono fermi a sei anni fa;
   le ultime famiglie ad avere avuto il rimborso, infatti, sono quelle che hanno sostenuto le spese adottive nell'anno 2011, mentre rimangono in attesa le coppie che hanno adottato dal 2012 in poi; si tratta di circa quattordicimila famiglie perché non è stato emanato, dal 2012, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrebbe permettere alle famiglie che hanno concluso un'adozione di poter accedere al rimborso;
   per migliaia di coppie il ricorso all'adozione internazionale rappresenta l'unica possibilità per coronare il sogno di avere dei figli e, per molti bambini, l'unica speranza di essere adottati, e i costi elevati che vi sono connessi non devono, in alcun modo, penalizzare le famiglie meno abbienti;
   questo dovrebbe essere garantito proprio attraverso la tempestiva erogazione dei rimborsi a quelle famiglie che per poter effettuare l'adozione hanno dovuto ricorrere a dei prestiti pensando di poterli restituire in tempi brevi –:
   quando si procederà all'erogazione dei rimborsi spettanti alle famiglie che hanno completato la procedura di adozione tra il 2012 e il 2016, e se non ritenga di assumere urgenti iniziative, anche normative, affinché da ora in avanti i rimborsi siano sempre erogati tempestivamente. (4-17742)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   LOCATELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 20 e 21 maggio si è tenuta a Roma una riunione di lavoro organizzata da Euromed Rights, un'autorevole rete euro-mediterranea per i diritti in senso lato che riunisce 70 organizzazioni di società Europee, del Maghreb e del Mashrek, impegnata nel rafforzare il ruolo della società civile e promuovere i diritti umani nell'ambito della partnership euro-mediterranea e della politica europea di vicinato;
   il workshop era dedicato alle opportunità di cooperazione nella regione euro-mediterranea, riguardo alla situazione dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali nella regione e dunque anche in Egitto;
   erano presenti accademici, ricercatori e rappresentanti di organizzazione di società civile impegnate sui diritti umani in Italia, Danimarca, Tunisia, Palestina, Germania e Belgio, fra i quali alcune figure autorevoli come Kamel Jendoubi, presidente onorario di EuroMed Rights, Bahey el-Din Hassan, direttore del Cairo Insitute for Human Rights Studies, Marc Schade-Poulsen, direttore esecutivo di EuroMed Rigths, l'avvocato Khaled Ali, l'accademico in scienze politiche Amr Hamzawy, Mohamed Zaree, avvocato dei diritti umani e presidente della Arab Organisation for Criminal Reform, Ahemd Samih, direttore esecutivo dell'aAndalus Institute for Tolerance and Anti-Violence Studies, Nancy Okail, direttore esecutivo del Tahrir Institute for Middle East Policy e Moataz El Fegiery, coordinatore di Front Line Defenders MENA Protecion;
   la riunione faceva parte del programma di lavoro interno di Euromed Rights e non era stata dunque pubblicizzata se non fra le persone che vi hanno preso parte;
   al suo arrivo all'aeroporto internazionale di Fiumicino uno dei partecipanti è stato avvicinato da una persona che qualificatasi come giornalista egiziano ha insistito pesantemente per accompagnarlo in albergo. Di fronte al cortese rifiuto, il sedicente giornalista è riuscito a interloquire con il tassista, riuscendo a carpire l'indirizzo dell'hotel dove la persona era diretta. Così facendo, accompagnato da un fotografo e da un'altra persona, ha potuto raggiungere l'albergo dove si teneva la riunione e con uno stratagemma farsi consegnare dalla reception la lista completa dei partecipanti;
   il 22 maggio articoli diffamatori sono apparsi su numerosi quotidiani egiziani, dettagliatamente documentati con foto scattate a Roma. Detti articoli accusano, fra l'altro, i partecipanti egiziani di aver preso parte a un incontro teso a «pianificare uno stato di caos e di instabilità in Egitto nel prossimo periodo, prima delle elezioni presidenziali»;
   nei giorni successivi, sul suo profilo «Facebook», Nancy Okail – accademica e direttore del Tahir istitute for Middle East policy sarebbe stata pesantemente insultata e minacciata per aver denunciato quanto accaduto a Roma;
   ancora è viva e senza colpevoli l'oscura vicenda del ricercatore italiano Giulio Regeni, ucciso barbaramente al Cairo –:
   quali iniziative, anche diplomatiche, il Governo intenda assumere nei confronti del Governo dell'Egitto affinché sia fatta luce sull'episodio narrato in premessa e siano garantiti, in maniera reciproca, piena libertà e assoluta sicurezza a tutti i difensori dei diritti umani. (3-03213)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CAUSI, CHAOUKI, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MONACO, TACCONI, TIDEI e SERENI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   lo sviluppo del continente africano è nell'interesse di tutto il pianeta, primariamente dell'Europa e, in particolare dell'Italia che da ponte geografico tra i due continenti può sfruttare virtuosamente i buoni rapporti esistenti con numerosi partner africani per lanciare una «nuova via con l'Africa» con l'obiettivo di assicurare che non sia più territorio di sfruttamento, di insicurezza e di migrazioni di massa;
   proprio quando si fa sempre più preoccupante il fenomeno delle migrazioni irregolari e suonano le sirene del radicalismo etnico e religioso, il forte incremento demografico che caratterizza alcune aree del continente africano non deve tradursi in un ulteriore aumento della marginalità sociale e della disoccupazione;
   in sede europea e internazionale, il Governo sostiene con vigore il rilancio dei programmi con le istituzioni africane nell'ambito dello sviluppo, del commercio e delle migrazioni prendendo atto dell'evoluzione dell'ordine globale e archiviando definitivamente ogni logica di tutela assistenzialista, per consentire la stipula di nuovi accordi i cui termini vengano formulati congiuntamente ai partner africani favorendo, così, anche una loro piena assunzione di responsabilità;
   l'articolo 1, comma 621, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), ha istituito un fondo straordinario per l'Africa con una dotazione di 200 milioni di euro volta a finanziare, in via prioritaria, interventi di cooperazione allo sviluppo e di controllo e prevenzione dei flussi di migranti irregolari, il cui decreto attuativo è stato emanato il 1o febbraio 2017 dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale –:
   come siano state assegnate e ripartite le risorse a valere sul fondo per l'Africa e in quale misura e proporzione siano state destinate al finanziamento d'interventi di cooperazione allo sviluppo, secondo la programmazione e le modalità previste dalla legge 11 agosto 2014, n. 125, per favorire il progresso economico e sociale e, più in generale, il miglioramento delle condizioni di vita nel continente africano, concorrendo così alla valutazione comparata della performance dell'Italia come Paese donatore conformemente ai criteri individuati dal Comitato di aiuto allo sviluppo (DAC) dell'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (OCSE);
   se non intenda, a partire dal prossimo disegno di legge di bilancio 2018, assumere iniziative per rendere strutturale il Fondo per l'Africa, con l'obiettivo strategico di assicurare un impegno italiano di lungo periodo per favorire lo sviluppo nel continente africano, nonché per far sì che i partner europei e internazionali aumentino gli sforzi individuali e congiunti in tal senso. (5-12104)


   PALAZZOTTO e MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la crisi in Corea del Nord si è fatta particolarmente complicata e minaccia la pace e la sicurezza mondiale;
   l'11 settembre 2017 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 2375, che è la nona adottata contro la Corea del Nord fin dal 2006, questa volta come conseguenza dell'ultimo test nucleare del 3 settembre, quello della bomba H, il più potente dei sei realizzati;
   la risoluzione introduce il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord, fatta eccezione per una quantità da impiegare per il sostentamento della popolazione, ovvero prevedendo che i profitti derivanti dal petrolio e gas non siano investiti per finanziare i piani nucleari di Kim Jong-Un;
   la questione nord coreana è estremamente divisiva nel consesso internazionale, in special modo rispetto alla Cina e alla Russia, contrapposte agli Stati Uniti;
   la Cina ha sostenuto che le ultime misure adottate dal Consiglio di sicurezza erano «necessarie», sebbene la bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti fosse molto più dura, includendo un embargo più forte sul petrolio e il congelamento degli investimenti e delle proprietà di Kim Yong-Un all'estero, ma ha ribadito l'opposizione ai sistemi antimissile Thaad installati in Corea del Sud, chiedendo che la crisi sia «risolta in modo pacifico»;
   la Russia ha sottolineato di aver sostenuto tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che richiedono a Pyongyang di cessare i suoi programmi missilistici e di essere contraria ai suoi programmi nucleari;
   l'ambasciatore italiano all'Onu ha dichiarato che la risoluzione «tiene conto delle preoccupazioni umanitarie» e sottolinea che «si deve raggiungere una soluzione attraverso una maggiore pressione, ma anche attraverso il dialogo e un processo politico pacifico»;
   stando a quanto messo in evidenza da un board di otto esperti dell'Onu, inoltre, la Corea del Nord starebbe collaborando con la Siria per sviluppare il suo programma di armi chimiche e di missili balistici e Scud. Il board avrebbe denunciato una violazione delle sanzioni contro Pyongyang da parte della Siria che collaborerebbe con Kim Jong-Un per il perfezionamento di «armi convenzionali, armi chimiche proibite e missili balistici» –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per promuovere e sostenere soluzioni pacifiche alla crisi generata dai programmi nucleari della Nord Corea e per far ripartire a livello globale azioni concrete di disarmo nucleare e di smobilitazione delle armi di distruzione di massa. (5-12122)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la strage di Vergarolla, a Pola, avvenuta il 18 agosto 1946, ha causato la morte di circa cento italiani che si trovavano sulla spiaggia per assistere ad alcune gare di nuoto;
   quest'anno in occasione, della ricorrenza della strage, il Ministero croato ha negato la messa in posa di una targa con i nomi delle vittime della strage di Vergarolla, affermando che il luogo sarebbe all'interno di un sito archeologico;
   risulta all'interrogante, tuttavia, che la messa in posa della targa sia già stata autorizzata sia dalla locale soprintendenza sia dall'amministrazione comunale –:
   se non ritenga di prendere contatto con il Governo croato al fine di sostenere la richiesta di apporre la targa commemorativa delle vittime della strage di Vergarolla. (4-17740)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   la Total, compagnia petrolifera francese, intende utilizzare autobotti per trasportare il petrolio estratto dal giacimento di Tempa Rossa verso Roma, in alternativa all'oleodotto;
   nel mese di agosto 2017 la società Raffineria di Roma s.p.a., controllata da TotalErg, ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'istanza per la verifica di assoggettabilità alla procedura di impatto ambientale di un progetto per la ricezione, lo stoccaggio e l'esportazione di grezzo dalla Basilicata;
   le modifiche, tra l'altro, richiedono la realizzazione di un nuovo ponte di scarico per la ricezione dei mezzi che trasporteranno il grezzo dal centro olii di Corleto di Perticara, per un massimo giornaliero di 170 mezzi con una capacità di 30 metri cubi;
   il progetto prevede, inoltre, la possibilità di transito settimanale di circa 22.950 metri cubi di greggio provenienti dal centro trattamento olii di Corleto, dove affluirà il greggio estratto a Tempa Rossa per un totale di circa 1.100.000 metri cubi di greggio all'anno;
   in sede di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale del progetto andrebbero analizzati i seguenti aspetti: il consistente aumento del traffico veicolare, la forte densità demografica, la distanza di soli 400 metri dall'area Natura 2000, nonché il consumo di acqua dolce dall'acquedotto romano, la produzione di miasmi diffusi che si sprigionano dalle aree impiantistiche (ex raffineria compresa), come più volte denunciato dagli abitanti di Malagrotta esasperati dalla presenza vicina alle loro abitazioni di un'alta concentrazione di impianti e di infrastrutture per attività estrattive, di trasformazione dei carburanti e di trattamento dei rifiuti, l'aggravio del preesistente livello di rischio di incidente rilevante a seguito di modifica del deposito ex articolo 18 del decreto legislativo n. 105 del 2015 e il rischio di effetto domino cumulativo tra i vari impianti mai considerato dalla prefettura, l'esistenza del SIC «Macchia Grande di Ponte Galeria», nonché la documentazione concernente i controlli effettuati nel territorio di Valle Galeria dall'Arpa Lazio, richiesta dalla Commissione sul ciclo dei rifiuti e consegnata alla stessa, che dà conto di irregolarità e inquinamento ambientale nel citato territorio e di sforamenti del depuratore Massimina, del procedimento penale della direzione distrettuale antimafia sulla cava Bartolini (Pescaccio), in passato utilizzata per lo smaltimento di rifiuti, delle numerose violazioni delle prescrizioni nel sito della società Cerchio Chiuso, del procedimento ambientale per contaminazione da idrocarburi nei confronti di alcune società come la De.Co., la Raffineria di Roma e l'ex Deposito petrolifero Eni, della presenza dello stabilimento Ama di Ponte Malnome, su cui insiste anche un inceneritore di rifiuti ospedalieri attualmente spento, del progetto Acea per la realizzazione di un impianto di selezione di materiali plastici, del progetto di discarica di amianto e inerti nel sito di Monte Carnevale proposta da N.G.R., degli episodi di dispersione carburante lungo gli oleodotti che denotano una vetustà e vulnerabilità degli stessi, dei gravi eventi alluvionali che hanno interessato il sito di raffineria di Roma, vista la classificazione, da parte dell'autorità di bacino, di gran parte del territorio come a rischio idrogeologico (R2, R4) ed, infine, del mancato capping della discarica di Malagrotta, in violazione dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 36 del 2003 e dell'inquinamento in falda della discarica stessa che ha polder e captazione del percolato inadeguati –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria valutazione finalizzata ad accertare «possibili impatti ambientali significativi» ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in sede di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale del progetto di Raffinerie di Roma spa, non ritenga di tenere nella dovuta considerazione la già comprovata alta compromissione ambientale dell'area sulla base dei criteri di cui all'allegato V della parte quarta del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006, segnatamente in tema di utilizzazione del territorio e in ordine ai profili sopra evidenziati, al fine di assumere una decisione contraria al progetto;
   se il Ministro interrogato, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006, intenda richiedere specifici chiarimenti al proponente in ordine al traffico veicolare, insistente nell'area del deposito di Pantano di Grano che – contrariamente a quanto asserito nello studio preliminare ambientale elaborato dal proponente – non risulta agli interpellanti affatto diminuito a seguito della chiusura della discarica di Malagrotta, in quanto nell'area in questione continuano ad essere conferiti i rifiuti urbani indifferenziati destinati agli impianti TMB, né è prevedibile che l'adeguamento progettuale proposto possa risultare «ininfluente» sotto il profilo del traffico complessivo così come nel citato studio preliminare ambientale;
   quali iniziative intenda assumere per evitare che ogni giorno le strade di mezza Italia siano invase da centinaia di camion di petrolio diretti in un territorio così ambientalmente disastrato, e che dovranno essere poi caricati via nave verso il Mediterraneo, ripassando presumibilmente nelle vicinanze dei luoghi dai quali è stato estratto il petrolio stesso.
(2-01922) «Vignaroli, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale per il disinquinamento acustico della rete Anas (PCAR) consiste nella mappatura acustica e nella stesura dei piani di azione delle infrastrutture stradali con traffico superiore ai 3 milioni di veicoli l'anno per l'intero territorio italiano;
   il lavoro, finalizzato al disinquinamento acustico delle infrastrutture di competenza dell'Anas dell'intero territorio nazionale, prevede uno stanziamento di 1,6 miliardi di euro in un arco temporale di 15 anni per l'esecuzione di misure acustiche, in attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale;
   il Piano nazionale per il disinquinamento acustico è stato consegnato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle regioni e ai comuni interessati nel 2013 –:
   a che punto sia l’iter di approvazione del Piano nazionale per il disinquinamento acustico e come il Governo intenda adoperarsi per velocizzare l'esecuzione delle misure acustiche previste per l'intero territorio nazionale. (5-12070)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 è stata presentata dalla Geothermics Italy srl, la sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale del progetto di ricerca «lago di Vico», per la realizzazione di quattro pozzi esplorativi, perforati da due differenti postazioni denominate LV1 e LV2, ubicate nel comune di Caprarola (VT), nelle località «Li Piani» e «Servelli»; l'obiettivo dei pozzi è la conferma del modello geotermico ipotizzato che prevede la presenza, oltre la profondità verticale di circa 2.800-3.000 metri, di un potenziale serbatoio profondo contenente fluidi geotermici con temperature superiori di 180 oC, idonei per una successiva coltivazione per la generazione di energia geotermoelettrica;
   la provincia di Viterbo è fortemente interessata dagli impianti geotermici visti gli otto permessi di ricerca rilasciati, le tredici istanze di ricerca pendenti e un'autorizzazione di competenza governativa (Castelgiorgio e Torre Alfina);
   in linea con quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00103 inerente alla produzione di energia da impianti geotermici, approvata il 15 aprile 2015 dalle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati, il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato ad ottobre 2016, le linee guida per l'utilizzazione della risorsa geotermica a media e alta entalpia e, a marzo 2017, la zonazione geotermica del territorio italiano che identifica le aree potenzialmente sfruttabili;
   le linee guida individuano, nell'ambito delle aree idonee, i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta, tra l'altro, relativamente al bilancio idrologico complessivo e al rischio di inquinamento delle falde, e a far sì che tali valutazioni siano considerate nella valutazione di impatto ambientale (VIA); queste si applicano sia alle attività geotermoelettriche ordinarie, di competenza delle regioni, sia agli impianti pilota geotermici sperimentali, demandati dalla legge alla competenza dello Stato;
   dalla sintesi dello studio di impatto ambientale, al capitolo 4.3 «Acque», paragrafo 4.2.5 «Previsione degli impatti potenziali» non risulta essere prevista alcuna attivazione del sistema dei controlli ambientali effettuati dall'Arpa a spese del concessionario, tantomeno la tempestiva pubblicazione dei risultati; inoltre, a giudizio dell'interrogante, si minimizzano le alterazioni dell'assetto idrogeologico locale per effetto della variazione della permeabilità delle superfici, il consumo di risorse idriche e la contaminazione per eventi accidentali di sversamento di sostanze inquinanti; è riportato infatti: «l'impatto può essere considerato lieve, reversibile, a breve termine, a scala locale e pertanto complessivamente poco significativo»; per le attività di scavo è prevista anche la realizzazione di pozzi di approvvigionamento realizzati all'interno delle postazioni LV1 e LV2, della profondità di circa 130 metri;
   le ripercussioni sulla falda idropotabile dell'attività geotermica sono attestate, come dimostrano le esperienze e le ricerche condotte nella regione del Monte Amiata, con risalita verso la falda idropotabile delle sostanze inquinanti presenti nei fluidi geotermici, in particolare di arsenico, pericoloso per la salute umana e già largamente diffuso nelle falde della provincia di Viterbo –:
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per prevedere l'obbligo in casi come quello di cui in premessa di effettuare il monitoraggio dei parametri di conducibilità elettrica, temperatura, pH e concentrazione di fluoro, arsenico, cloro, ioni solfato, magnesio, calcio e potassio, fondamentali per la valutazione dell'incidenza degli impianti geotermici sul chimismo delle acque. (5-12080)


   AMODDIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Sin Priolo, Augusta, Melilli, Siracusa è una delle aree più inquinate d'Italia ed ancora in attesa di bonifiche;
   immediatamente all'esterno dei confini del Sin, sorgono «Aprile», «Andolina», e «Cava San Giuseppe», tre discariche ora dismesse ma stipate di materiale altamente pericoloso. I tre siti di stoccaggio necessitano di messa in sicurezza e operazioni di bonifica mirate a scongiurare il rischio di contaminazione del suolo e della falda acquifera. La discarica «Aprile» ha una classificazione di tipo C e negli anni ha accolto rifiuti tossici; la discarica «Andolina» ha una classificazione di tipo B2 ed al suo interno sono stati smaltiti rifiuti speciali e pericolosi; la Cava San Giuseppe, altrimenti detta «Cava dei veleni», ha accolto scarti industriali, ceneri di pirite, sottoprodotto della lavorazione dell'acido solforico con cui si producevano fertilizzanti. La «Cava San Giuseppe» è inoltre, avvolta da un certo alone di mistero e non si esclude che essa possa essere stata utilizzata per lo stoccaggio illegale di scorie radioattive. Al di là di leggende e misteri, sotto la Cava San Giuseppe passa il torrente Baltella che, filtrando tra le rocce, rischia di trasportare in mare la pirite di ferro e l'arsenico presente nel sottosuolo. Come per gli altri due siti oggetto di questa interrogazione, si tratta di vere e proprie «bombe» ecologiche che necessitano di interventi di bonifica e per i quali sarebbe opportuno un inserimento all'interno dell'area Sin –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto enunciato in premessa;
   se intenda intraprendere iniziative per l'inserimento delle tre discariche in questione all'interno del Sin Priolo, Augusta, Melilli, Siracusa e conseguentemente adoperarsi, per quanto di competenza, per accelerare l’iter di bonifica di tali siti. (5-12099)


   RICCIATTI, ZARATTI, KRONBICHLER, FOLINO, SCOTTO, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, DURANTI, NICCHI e FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto per la realizzazione di un terminale offshore di rigassificazione gnl, localizzato al largo al largo di Porto Recanati, nel 2012 era stato «congelato» dalla azienda proponente, la Gas de France Suez nel 2012, con la motivazione di avverse condizioni di mercato;
   il progetto aveva trovato una forte opposizione delle comunità locali e dell'amministrazione regionale, mentre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva espresso parere positivo alla realizzazione dell'opera;
   secondo quanto riporta la testata Cronache Maceratesi.it (28 agosto 2017) nella primavera di questo anno la società Gaz de France Suez ha presentato una istanza «ai fini della dichiarazione di persistenza dell'interesse al ricorso n. 3320/2011 avverso il Ministero dell'Ambiente avente ad oggetto la richiesta di annullamento del decreto con il quale il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le Attività culturali, in data 21 gennaio 2011 ha ritenuto la compatibilità ambientale relativamente al progetto presentato dalla società Tritone Gnl Spa» per la realizzazione del rigassificatore –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire se tale atto sia prodromico ad una ripresa delle attività tecnico-amministrative volte alla realizzazione del rigassificatore indicato in premessa. (5-12102)


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale del 4 febbraio 2000 è stata istituita la riserva naturale dello Stato denominata «Torre Guaceto». Con successivi decreti è stato approvato il regolamento di esecuzione ed organizzazione dell'area marina protetta di Torre Guaceto. Tale strumento, previsto dal decreto di istituzione dell'area marina protetta, regolamenta lo svolgimento di alcune attività consentite all'interno dell'area marina protetta (vela, pesca professionale, immersioni subacquee, pesca sportiva;
   l'articolo 6 del citato decreto concernente la disciplina di tutela, al primo comma, lettera h), vieta espressamente l'uso di fuochi all'aperto, con l'esclusione di limitati interventi di bruciatura dei residui di lavorazioni agricole che dovranno essere eseguiti a distanza di sicurezza dalle aree boscate e dalla macchia;
   allo stesso modo la regione Puglia con atto dirigenziale n. 290 del 15 maggio 2017 ha approvato un'ordinanza balneare per disciplinare l'esercizio dell'attività balneare e l'uso del demanio marittimo, delle zone di mare territoriale, nonché delle strutture turistico-ricreative esistenti, prevedendo all'articolo 3, secondo comma, lettera g), il medesimo divieto di accendere fuochi;
   tuttavia, da un video del cantante Riccardo Marcuzzo girato sulle spiagge-scogli di torre Guaceto il 17 luglio 2017, disponibile sul sito internet ufficiale della riserva Torre Guaceto, è ben visibile l'accensione di fuochi sul suolo demaniale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riferito in premessa;
   se sia stata violata la normativa primaria e secondaria vigente che disciplina le attività consentite all'interno dell'area protetta, chi abbia autorizzato ed approvato dette attività e quali iniziative si intendano adottare a protezione dell'area;
   se si sia messa in pericolo la sicurezza dell'area marina protetta e se vi siano stati danni all'integrità della medesima. (5-12111)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società Remna s.r.l. potrebbe ottenere a breve l'autorizzazione a costruire una mini centrale idroelettrica in un tratto del Rio Carne, situato nel territorio del comune di Pigna, in Liguria, provincia di Imperia;
   il Rio Carne è affluente del torrente Nervia, inserito in zona SIC IT1315719, mentre l'area interessata dal progetto è prossima al SIC IT1315421 (Monte Toraggio Pietra Vecchia). Tale progetto, alterando la morfologia dell'alveo, causerà un impatto sui siti di interesse comunitario e sui corridoi ecologici (rete natura 2000 habitat);
   nelle relazioni naturalistiche, presentate dalla Remna a sostegno del progetto, non si tiene conto della delibera della giunta regionale n. 1122 del 2012 in materia di costruzione di mini centrali idroelettriche. In particolare, il paragrafo 4.2, nel definire i criteri di localizzazione dispone espressamente che non sono ammesse derivazioni e opere connesse qualora sia accertata la presenza di specie tutelate e segnatamente del gambero di fiume (austropotamobius Pallipes Italicus) e del suo habitat, una specie protetta dalla direttiva europea 92/43/CEE, o interventi che interessino corsi d'acqua all'interno di aree carsiche, come nel caso del Rio Carne. La presenza del gambero è stata ampiamente documentata nel corso degli anni, in ultimo da una relazione dei carabinieri forestali redatta insieme all'università di Genova nel settembre 2016;
   le associazioni e i comitati territoriali hanno dichiarato la propria forte contrarietà al progetto che se realizzato comprometterebbe irreversibilmente l'ecosistema acquatico e la biodiversità per circa 600 metri a valle della griglia di captazione, danneggiando luoghi incontaminati di indiscutibile valore ambientale;
   la zona inoltre è vincolata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e ambientali (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) –:
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per la piena conservazione dei siti di importanza comunitaria presenti nella zona interessata dal progetto il quale dovrebbe essere sottoposto a procedura di valutazione di impatto ambientale e a procedura di valutazione di incidenza ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
   se il Governo non ritenga necessario convocare, per quanto di competenza, un tavolo di confronto con i soggetti istituzionali interessati, al fine di evitare una irreversibile compromissione dell'ecosistema che caratterizza il Rio Carne e il Torrente Nervia. (4-17622)


   PALESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa (La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 settembre 2017) che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il supporto del Ministero dei beni e delle attività culturali, avrebbe chiuso positivamente la valutazione di impatto ambientale su un progetto presentato da una società statunitense per effettuare prospezioni con air gun finalizzate alla ricerca di idrocarburi in un'area marina di circa 750 chilometri quadrati, situata a 13 miglia dalla costa di Santa Maria di Leuca;
   pare che su detto progetto si sia già espressa in modo contrario la regione Puglia, raccogliendo le opposizioni degli enti locali interessati;
   nella stessa zona insiste un delicatissimo ecosistema marino composto anche da rarissimi banchi di corallo, oltre che da poseidonia e presenza di specie animali protette;
   risulta anche che, nella stessa zona, altre due prospezioni sarebbero già state autorizzate nonostante la netta contrarietà di enti locali, associazioni e cittadinanza, tanto che nell'estate si è arrivati a proteste eclatanti come lo sciopero della fame da parte di alcuni sindaci salentini;
   tutto il Salento, ma in particolare la zona oggetto delle richieste di prospezione, è zona a vocazione turistica, meta di decine di migliaia di turisti attratti proprio dalla natura incontaminata e dalla bellezza del mare;
   il prodotto interno lordo della Puglia, è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni quasi esclusivamente per merito delle presenze turistiche registrate nel Salento –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, per quali ragioni il Governo abbia ritenuto di esprimere parere favorevole nonostante la netta contrarietà degli enti locali al progetto sopra richiamato;
   se sia stato preventivamente e formalmente acquisito agli atti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il parere della regione Puglia e, in caso affermativo, quale ne sia il contenuto;
   quante siano le autorizzazioni concesse, negate e/o in attesa di risposta dinanzi alla costa pugliese e a quella salentina in particolare;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga di dover sottoporre a nuova valutazione di impatto ambientale il progetto in questione, alla luce della netta contrarietà di enti locali e cittadini e del danno irreparabile che verrebbe perpetrato all'ecosistema marino e all'economia turistica salentina e pugliese. (4-17640)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque – ha indetto una gara a procedura aperta per la «fornitura di dati e servizi per il monitoraggio e l'individuazione di aree potenzialmente inquinate sul territorio nazionale»;
   l'appalto consiste nell'incremento della già costituita base dati del sistema informativo per il «monitoraggio e l'individuazione delle aree potenzialmente inquinate (MIAPI)», tramite l'acquisizione di n.1 dataset prodotto da telerilevamento da piattaforma su elicottero, mediante la tecnica delle indagini geofisiche basate sull'impiego dei sensori magnetometro e spettrometro raggi gamma, la fornitura di tecnologie hardware/elettroniche per il potenziamento del Sita, il servizio di installazione ed integrazione di tecnologie ICT, i servizi di assistenza evolutiva, adeguativa, correttiva e gestione tecnico-applicativa;
   il bando di gara è disponibile, insieme alla documentazione di gara completa, sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla sezione «bandi». L'importo a base d'asta è di euro 1.639.300, Iva esclusa, e le offerte dovevano pervenire entro il 2 novembre 2016, ore 12,00, al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente;
   da notizie di stampa (articoli apparsi sulla Gazzetta di Mantova nel luglio 2017 e sul Resto del Carlino il 17 agosto 2017 ed altri) e da numerose segnalazioni di cittadini, si apprende che sono in corso studi magnetometrici nel territorio delle province di Mantova, Pavia, Verona, Rovigo, Reggio Emilia; risulta che un elicottero con un magnetometro è stato visto sorvolare i cieli di molti comuni padani dal mese di luglio 2017, nell'ambito di un'operazione finanziata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che risulta partita 3 anni fa. Le misurazioni avvengono in particolare in aree scarsamente urbanizzate e in corrispondenza dei fiumi. Tale apparecchiatura dovrebbe consentire indagini geofisiche e in particolare di rilevare dall'alto la presenza di discariche abusive e, in particolare, l'interramento di materiali radioattivi –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire le tipologie e i risultati di tali misurazioni e i costi totali delle operazioni descritte in premessa. (4-17646)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Eredi Bertè di Mortara, in provincia di Pavia, è una ditta che si occupa prevalentemente dello smaltimento di rifiuti speciali (in piccola parte anche pericolosi), come gomma, plastica, metalli e scarti di ogni tipo;
   il 6 settembre 2017, intorno alle 6,30 del mattino, all'interno della ditta è divampato un incendio di grosse dimensioni. Ad accorgersi dell'incendio, che si è propagato velocemente tra i mucchi di rifiuti vicini tra di loro, sono stati i dipendenti della ditta stessa;
   sul posto sono intervenuti immediatamente 12 squadre dei vigili del fuoco giunte da Vigevano, Pavia, dai distaccamenti volontari di Mortara, Mede, Garlasco e Robbio e anche da Milano. Secondo le prime testimonianze dei vigili del fuoco, sono andati a fuoco sia rifiuti speciali che residui di alluminio e un gran numero di copertoni;
   l'Agenzia regionale per la protezione ambientale fa riferimento a una «imponente massa di rifiuti, pericolosi e non pericolosi, molto eterogenea». Si tratta, in sostanza, di rifiuti ingombranti, imballaggi, legno, carta e materassi;
   il sindaco di Mortara e i colleghi dei paesi limitrofi hanno emesso ordinanze per consigliare ai cittadini di restare in casa, tenere le finestre chiuse e non raccogliere né consumare i prodotti dell'orto, perché, come ha spiegato il prefetto di Pavia, Attilio Visconti, «sta bruciando di tutto, comprese gomma e plastica, e c’è il rischio che si sviluppi diossina»;
   il sindaco di Mortara, Marco Facchinotti, nell'ordinanza parla di «grave situazione d'emergenza per il rischio di coinvolgimento della popolazione e delle abitazioni, nonché delle infrastrutture pubbliche e private, ricadenti lungo la linea interessata dalla colonna di fumo» e intima la chiusura di porte e finestre, di sospendere raccolta e consumo di prodotti ortofrutticoli e di evitare il pascolo di animali nelle zone interessate;
   in tarda mattinata la colonna di fumo nero, spinta dal vento, si è diretta verso nord e nordest, anche verso il Piemonte, destando molta preoccupazione nelle province di Novara, Alessandria e Vercelli;
   inoltre, i sindaci di Mortara e Vigevano, hanno predisposto la chiusura delle scuole per qualche giorno e la sospensione di tutte le attività all'aperto e del consumo di prodotti agricoli dei territori;
   da quanto si apprende dagli organi di stampa, lo stesso giorno dell'incendio i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) avrebbero dovuto presentarsi per l'avvio dell'attività ispettiva di routine, invece si sono trovati davanti a un rogo partito da montagne di rifiuti alte una decina di metri;
   questo è il secondo fatto grave di questo tipo che si verifica sul territorio della Lomellina, dopo quello di un'altra azienda di trattamento rifiuti l'Aboneco di Parona a maggio –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e come intenda intervenire per evitare nuovi incidenti simili, per capire le cause dell'accaduto e acquisire informazioni sui danni che ne sono derivati o possono derivare alla salute della popolazione e dell'ambiente. (4-17665)


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 3-03035 del 22 maggio 2017 si chiedeva di promuovere una moratoria delle valutazioni di tutti i progetti presentati per la concessione di impianti, fin quando le linee guida adottate con il decreto direttoriale n. 29 del 2017 non siano diventate operative, e di assicurare il tempestivo recepimento delle direttive nazionali ed europee;
   nella risposta ricevuta in data 25 luglio 2017 la sottosegretaria Silvia Velo, nel ribadire i contenuti dei decreti 29 e 30, ha afferrato: «la promozione di una eventuale moratoria sulle derivazioni fino all'operatività delle linee guida, all'atto pratico risulta superflua tenuto conto delle scadenze temporali ravvicinate e del cronoprogramma adottato». La sottosegretaria ha evidenziato inoltre che, nelle more dell'applicazione del decreto in questione, il piano di gestione delle acque del distretto Alpi orientali già prevede una misura specifica per la tutela dei corpi idrici in relazione ai prelievi per uso idroelettrico, affermando, infine, che la misura si basa sull'adeguamento del deflusso minimo vitale a cura delle regioni e delle province autonome; sulla verifica della compatibilità dell'istanza di derivazione ad uso idroelettrico rispetto agli obiettivi della direttiva quadro sulle acque, da attuarsi a spese del proponente attraverso un doppio monitoraggio dello stato ecologico, e sulla tutela per piccoli bacini montani, corpi idrici contenenti siti di riferimento e corpi idrici di stato elevato sono comunque in atto strumenti di tutela dei livelli di captazione e derivazione;
   si fa notare che le disposizioni su indicate, anche se approvate nei tempi stabiliti, sarebbero operative non prima del 2018;
   nel frattempo decine di pratiche autorizzative continueranno il loro percorso. In merito alla verifica delle compatibilità, che comprende un monitoraggio « ante e post operam» si rileva che essa non è fatta in funzione dell'autorizzazione, ma per una verifica successiva all'entrata in funzione dell'impianto, che viene comunque autorizzato, senza influenzare quindi il percorso autorizzativo;
   in merito alle tutele per i piccoli bacini montani, esse non valgono né per le 150 domande in istruttoria a Belluno né per le altre in Veneto (così come previsto dalla delibera della giunta della regione Veneto 1988/2015) che esclude la sua applicazione alle domande già istruite;
   il punto 4 del decreto 29 prevede che sono fatte salve le metodologie per le valutazioni di impatto ambientale già elaborate dalle regioni e dalle province autonome nell'ambito delle proprie competenze di pianificazione fino all'emanazione delle nuove delibere;
   dal momento che nelle misure di tutela adottate nel piano di gestione non si indica alcuna metodologia di valutazione e che non esistono indicazioni da parte della regione Veneto, dell'autorità di bacino e di Arpav, per la valutazione ex ante degli impatti, attualmente in Veneto ad avviso dell'interrogante si continuano ad autorizzare impianti in contrasto con la direttiva senza valutare adeguatamente il non deterioramento ed il cumulo;
   i decreti 29 e 30 sono stati adottati in seguito alle richieste della Commissione europea e le relative misure di tutela sono state introdotte nei nuovi piani di gestione per evitare il deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e per ottemperare agli accordi presi con Bruxelles (visto l'Action Plan elaborato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in esito all'incontro con la DG ENVI tenutosi a Bruxelles il 12 febbraio 2016 in cui sono illustrati in dettaglio i tempi ed i modi con cui verrà data attuazione alle azioni di recupero sui vari temi inerenti agli elementi di cui al caso Pilot 6011 e 7034) –:
   considerata la necessità di evitare che le nuove concessioni siano rilasciate in contrasto con le norme comunitarie e nazionali, se non intenda assumere con urgenza iniziative per promuovere una moratoria in relazione al rilascio delle concessioni già richieste fino alla piena applicazione del decreto n. 29 del 2017.
(4-17678)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è stato approvato con provvedimento del prefetto Maria Tirone il «Modello operativo di intervento» per le attività di bonifica sistematica da ordigni e contenitori bellici all'interno dell'area «parco paglia» di proprietà dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato di Foggia (Ipzs); si tratta del primo piano ad essere redatto sul territorio nazionale, atteso che analoghe operazioni di bonifica sono avvenute su area del demanio militare e sono quindi state effettuate direttamente dai militari; 
   il piano è stato redatto in analogia ai piani di emergenza esterna degli impianti a rischio di incidenti rilevanti di cui all'articolo 20, comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 344; oltre al gestore dell'impianto, hanno collaborato il comando provinciale dei vigili del fuoco e del comune di Foggia, Arpa Puglia, il servizio di emergenza sanitaria 118, le forze dell'ordine, il comando forze operative Sud dell'Esercito italiano e in particolare del CeTLI di Civitavecchia, il comando del 32o stormo dell'Aeronautica militare di Amendola, la asl e la provincia di Foggia, la regione Puglia, le associazioni di volontariato di protezione civile e di soccorso sanitario, Rete ferroviaria italiana, Autostrade per l'Italia, Anas, gli Ospedali riuniti e Casa sollievo e della sofferenza; 
   in considerazione del fatto che l'Ipzs avvierà, verosimilmente a partire dal mese di settembre, le operazioni di carotaggio finalizzate alla bonifica del sito dove insisteva l'ex fabbrica militare «dott. Saronio», il piano prevede e definisce le diverse procedure d'intervento per fronteggiare i rischi connessi a eventuali fatti incidentali con fuoriuscita di sostanze chimiche, con effetti dal luogo dove vengono svolte le attività di carotaggio, fino ad un massimo di circa 600 metri, anche se a mero titolo prudenziale l'area di rischio è stata portata a 900 metri;
   nella riunione del 15 giugno 2017 tenutasi presso i locali della protezione civile del comune di Foggia, l'assessore competente, ai sensi delle norme che prevedono la consultazione della popolazione per i piani di emergenza esterna degli impianti a rischio di incidente rilevante, ha informato tutti i proprietari degli immobili e dei terreni circa comportamenti da porre in essere in caso di incidente –:
   se possano illustrare cosa sia stato trovato nella prima parte della caratterizzazione della bonifica e se intendano fornire elementi sul contenuto dei relativi atti. (4-17684)


   MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la normativa di riferimento in materia di trattamento dei reflui è la direttiva 91/271/CEE recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 152 del 2006 (e successive modificazioni e integrazioni, cosiddetto codice dell'ambiente);
   la direttiva prevede che tutti gli agglomerati con carico generato maggiore di 2.000 abitanti equivalenti (a.e.) siano forniti di adeguati sistemi di reti fognarie e trattamento delle acque reflue, secondo precise scadenze temporali, ormai già passate, in funzione del numero degli abitanti equivalenti e dell'area di scarico delle acque (area normale o area sensibile);
   per le inadempienze nell'attuazione della direttiva l'Italia ha già subito due condanne da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, la C565-10 (procedura 2004-2034) e la C85-13 (procedura 2009-2034) e l'avvio di una nuova procedura di infrazione (procedura 2014-2059);
   la procedura di infrazione 2014-2059, concernente «attuazione della direttiva 1991/271/CEE relativa al trattamento delle acque reflue urbane», riguarda anche l'agglomerato di Maratea, giacché sulla base delle informazioni disponibili, questo agglomerato risulta non conforme all'articolo 4, in quanto non è stato dimostrato che tutto il carico prodotto (a.e.) riceve un adeguato trattamento secondario;
   durante la stagione estiva appena conclusa ossia nei mesi di luglio ed agosto 2017, nel mare di Maratea presso la località di Fiumicello si sono verificati continui fenomeni di inquinamento presumibilmente determinati dalla mancata depurazione delle acque reflue, ovvero da scarichi abusivi; infatti, tutti i giorni nelle acque di balneazione erano presenti schiuma, plastiche e altro materiale galleggiante non meglio identificabile;
   l'inquinamento sopra esposto ha causato non pochi malesseri intestinali soprattutto tra i bagnanti di minore età –:
   quale sia lo stato degli interventi di adeguamento alla normativa riguardanti l'agglomerato di Maratea oggetto della procedura di infrazione 2014-2059;
   quali iniziative, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, intenda intraprendere per accertarsi che i fatti descritti in premessa non siano determinati dalla mancata depurazione delle acque reflue ovvero da scarichi abusivi. (4-17693)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, ZOLEZZI, TERZONI, MICILLO, CARINELLI, CASO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, TRIPIEDI, ALBERTI, BASILIO, COMINARDI, PETRAROLI, SORIAL e TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 settembre 2017, a Mortara, nel Pavese, è scoppiato un violento incendio presso la Eredi Bertè, un'azienda che si occupa di recupero di rifiuti speciali;
   i sindaci della zona hanno emesso ordinanze per invitare i cittadini a restare in casa, tenere le finestre chiuse e non raccogliere né consumare i prodotti dell'orto, perché, ha spiegato il prefetto di Pavia Attilio Visconti al suo arrivo sul posto, «sta bruciando di tutto, comprese gomma e plastica, e c’è il rischio che si sviluppi diossina». A Vigevano e a Mortara, inoltre, è stata decretata la chiusura per due giorni di tutte le scuole;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, i carabinieri hanno avviato un'inchiesta per accertare la natura dell'incendio avvenuto in concomitanza con l'imminente ispezione dell'Arpa. Un altro incendio, in quel caso di accertata origine dolosa, era scoppiato nella stessa ditta il 14 settembre 2004;
   questo incendio è l'ultimo di una lunga serie di roghi che investe pericolosamente l'intero Paese: negli ultimi due anni sarebbero più di 250 gli incedi in Italia in discariche e impianti di gestione dei rifiuti. Secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, negli ultimi due anni la maggior parte dei roghi si è verificata in Lombardia, Veneto, Toscana, Puglia e Campania. L'emergenza è iniziata nell'estate del 2015 con i primi 26 roghi, divenuti centinaia lo scorso anno, e circa 80 solo nei primi mesi del 2017;
   per quanto riguarda la Lomellina, si tratta del quinto incendio avvenuto nell'arco di pochi mesi. A dicembre 2016 ed a febbraio 2017 si sono verificati due gravi episodi presso la raffineria di Sannazzaro de Burgondi. A maggio 2017 è scoppiato un grave incendio presso l'azienda Aboneco di Parona Lomellina (PV) e sempre presso la stessa ditta si è verificato un altro incendio nell'agosto 2017. Inoltre, sul territorio lombardo, il 7 luglio 2017, a prendere fuoco è stato un deposito per la raccolta e lo stoccaggio di rifiuti a Senago, nell’hinterland milanese. Il 25 luglio 2017, le fiamme hanno distrutto un capannone della ditta Carluccio, a Bruzzano (Milano), che si occupa di smaltimento di rifiuti. Altro caso il 26 luglio 2017 ad Arese, sempre in provincia di Milano: questa volta le fiamme hanno interessato un deposito industriale nell'area dell'ex Alfa per lo smaltimento di materiali per auto;
   nella maggior parte dei casi è stata accertata la natura dolosa dei roghi. Inoltre, la sistematicità delle azioni incendiarie, la perizia nella disposizione degli inneschi e la natura delle attività delle aziende interessate dai roghi lasciano presumere l'esistenza di una regia criminale comune a molti di questi episodi –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intenda avviare, anche sul piano normativo e di concerto con gli enti territoriali interessati, al fine di assicurare un'implementazione del dispositivo finalizzato a fronteggiare eventuali situazioni di emergenza che mettono a rischio l'incolumità della popolazione, potenziando il sistema dei controlli e ottimizzando la modalità procedurali e gli strumenti di comunicazione tra i soggetti pubblici coinvolti;
   se e quali iniziative il Governo intenda avviare per limitare la presenza di tali impianti in prossimità dei centri abitati;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda avviare per contrastare il perpetrarsi degli episodi dolosi riportati in premessa negli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. (4-17697)


   MELILLA, SCOTTO, NICCHI, FERRARA, ZARATTI, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, FRANCO BORDO, KRONBICHLER e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   questa estate, secondo una stima della Coldiretti, sono stati bruciati in Italia 120 mila ettari di superficie forestale e agricola;
   gli incendi sono aumentati di tre volte rispetto alla media degli ultimi 10 anni;
   i danni sono calcolati nell'ordine di milioni di euro; la Coldiretti parla di 10 mila euro ad ettaro;
   sono state colpite tutte le attività legate all'economia dei boschi, alla zootecnia, all'agricoltura, al turismo;
   sono morti nei roghi migliaia e migliaia di animali allevati e selvatici;
   vari parchi nazionali, a partire dalla Majella-Morrone, dal Gran Sasso e dal Vesuvio, sono stati devastati;
   è necessario prevedere un intervento di aiuti straordinari per i parchi devastati dagli incendi per riparare i danni e ricostruire;
   è altresì urgente prevedere un'azione di potenziamento dell'attività di prevenzione degli incendi soprattutto nelle aree protette nazionali per la loro straordinaria importanza per la tutela delle biodiversità –:
   cosa intenda fare per tutelare e supportare i parchi nazionali devastati dagli incendi;
   come intenda fronteggiare per il futuro questa emergenza che, anche a causa dei cambiamenti climatici, avrà nei prossimi anni una drammatica rilevanza;
   quali iniziative intenda assumere, di concerto con il sistema nazionale della protezione civile, per potenziare le capacità di prevenzione degli incendi e di intervento nelle aree protette nazionali. (4-17728)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 22 luglio 2017 a Terlago (Trento) lungo un sentiero montuoso, un escursionista con il proprio cane, sarebbe stato ferito da un orso con una dinamica ancora da chiarire, ma, da quanto riportato nelle sue interviste in televisione, lo stesso avrebbe avuto comportamenti sconsigliati dal materiale informativo redatto dalla Provincia autonoma di Trento;
   l'orso, femmina riproduttiva, coinvolta nell'incidente è stata successivamente identificata come KJ2 ed uccisa il 12 agosto a seguito di un'ordinanza del presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, che auspicava che la soppressione di KJ2 avvenisse «nel più breve tempo possibile»;
   la procura di Trento ha aperto un'indagine per «uccisione senza necessità» di animale;
   diversi etologi, spiegano che KJ2 aveva solo l'aggressività «naturale» legata alla difesa della prole e del proprio habitat e, egli stessi tecnici della provincia dichiaravano, in sedi istituzionali, che l'orsa era schiva e stanziale in aree isolate, irraggiungibili e non antropizzate;
   le associazioni animaliste, ambientaliste e la cittadinanza, indignati per l'uccisione dell'orsa recriminano che si sarebbe dovuta gestire diversamente tutta la situazione; inoltre, fanno appello alle più cariche istituzionali affinché, si neghino deroghe alla normativa sull'abbattimento di lupi e orsi;
   si ipotizza che l'orsa avesse prole, sulla cui sorte associazioni e cittadini chiedono delucidazioni, perché i cuccioli, senza cure materne, si troverebbero in stato di maltrattamento;
   tale opaco incidente ha spianato la strada alla richiesta di autonomia da parte della provincia di Trento nella gestione e nella soppressione di orsi e lupi ritenuti pericolosi, subito presentata dall'assessore all'ambiente provinciale Dalla Piccola; ricevendo risposta positiva immediata dalla Commissione dei dodici;
   sembra non siano state attivate prevenzioni particolari nella gestione degli orsi sebbene il luogo dell'incidente fosse crocevia di ben 6 femmine riproduttive di orso;
   le provincie autonome di Trento e Bolzano hanno presentato ai Ministeri competenti uno schema di norma di attuazione dello statuto speciale tramite cui sottrarsi alla direttiva «Habitat» e agli impegni del progetto «Life Ursus»;
   il succitato progetto è nato nel 1999 per incrementare il numero dell'ultimo nucleo di orso bruno delle Alpi italiane. Nel Trentino, il limite di estinzione di questo animale si era raggiunto negli anni ’90 con la presenza di soli tre esemplari. Life Ursus prevede che le istituzioni tutelino gli orsi, in particolare quelli del progetto europeo, visti anche i cospicui fondi stanziati ed erogati;
   il Pacobace e lo stesso materiale informativo della Pat mostrano che la convivenza fra uomo e orso è possibile a patto che si rispettino alcune regole, ignorate nell'incidente del 22 luglio. Fondamentali sono l'informazione e la prevenzione incruenta (avvisi, materiale divulgativo, momentanee chiusure al pubblico dei pochi crocevia di transito delle femmine riproduttive, e altro –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere in direzione della reale applicazione del Pacobace, le cui linee risultano essere disattese;
   se il Ministro intenda assumere ogni iniziativa di competenza per evitare deroghe nella gestione del lupo e dell'orso, come prospettato in provincia di Trento;
   quale sia lo stato dell’iter di definizione del «piano lupo» annunciato da diversi mesi dal Ministro interrogato e se permanga lo stralcio sugli abbattimenti, in modo da tutelare effettivamente la fauna protetta anche dalle convenzioni internazionali. (4-17744)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   nelle date del 18 e del 19 giugno 2017 è divampato un incendio nel parco archeologico di Elea-Velia colpendo un luogo di natura e cultura che appartiene alla comunità locale e all'intera Umanità essendo patrimonio dall'Unesco;
   Elea (Velia) è stato un grande polo culturale dell'antichità, la scuola eleatica fu molto importante nella storia della filosofia e i suoi principali esponenti furono Parmenide, Zenone e Melisso di Samo. Ad Elea soggiornarono anche i filosofi Senofane e Leucippo. Fino almeno al 62 d.C. operò una fiorente scuola medica e di Velia furono i due grammatici Stazio (padre del più noto poeta latino) e Palamede (Il sec. d.C.);
   l'incendio ha colpito il centro del sito, ha richiesto l'intervento di un elicottero della Forestale e, soprattutto, non si è trattato di un caso isolato;
   stante la vastità dell'incidente è doveroso che si accertino le responsabilità, non solo degli autori del rogo ma anche di chi ha il compito di creare a Elea-Velia un'area protetta;
   nella zona si sono sviluppati incendi periodici, l'ultimo a settembre 2016, con il fuoco che ha divorato completamente la punta del promontorio raggiungendo sia l'insediamento medievale che quello antico, colpendo non solo la macchia mediterranea ma anche ulivi secolari;
   Elea-Velia è un sito che vede di anno in anno, di rogo in rogo, compromesso il suo equilibrio e la sua unicità di eccezionale valore;
   Velia richiederebbe – così come specificato dall'Unesco – una conservazione dell'ambiente considerato nella sua interezza e ciò non avviene, trascurando cura e progettazione del paesaggio; inoltre, l'aspetto naturalistico ed archeologico restano scarsamente valorizzati e promossi;
   successivamente all'incendio, così come nei giorni antecedenti, il sito ha riaperto con gli antiquarium della Cappella palatina, della Chiesa di S. Maria e della Masseria Cobellis, chiusi per mancanza di personale;
   il sito di Velia è relegato dietro al ponte della ferrovia, totalmente scollegato dal contesto, irraggiungibile dalla stazione ferroviaria e con una segnaletica pessima;
   all'interno del sito le zone di sosta sono costituite da panchine di legno divelte;
   il sito internet istituzionale della Soprintendenza durante i giorni di chiusura totale non ha indicato che il parco archeologico era temporaneamente chiuso;
   il parco archeologico di Velia non interagisce con i siti archeologici della Civitella, di Roccagloriosa, di Sacco a Sapri;
   il sito archeologico aspetta da dodici anni che venga applicata una legge che è stata dedicata allo stesso: la legge regionale n. 5 del 2005 che ha istituito, attorno al perimetro del parco, una zona di riqualificazione paesistico ambientale in relazione alla quale la Soprintendenza e i comuni di Ascea e Casalvelino avrebbero dovuto redigere un piano particolareggiato di riqualificazione che ancora non è stato redatto –:
   se non ritenga di assumere le iniziative normative necessarie all'adozione di politiche culturali comuni, così come attuate a Pompei, intese non solo come organizzazione di eventi ma come strumento di formazione del contesto sociale, capace di produrre percorsi virtuosi di crescita individuale e collettiva, anche da un punto di vista economico.
(2-01918) «Valiante, Borghi, Capozzolo, Ragosta, La Marca, Mongiello, Famiglietti, Marantelli, Giovanna Sanna, Mariani, Ginefra, Tullo, Fiorio, Ferrari, Ferro, Luciano Agostini, Carra, Marroni, Fedi, D'Incecco, Di Lello, Bargero, Castricone, Fioroni, Fusilli, Cuomo, Boccia, Grassi, Marco Di Maio».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   Palazzo Sirena è l'edificio storico più rappresentativo della città di Francavilla al mare (Chieti), simbolo antifascista di resistenza e rinascita della città dopo la brutale distruzione operata nel 1943 dalle truppe nazi-fasciste;
   il complesso ha una estensione di 1.800 metri quadrati, oggetto di donazione modale da parte dell'Azienda di soggiorno e turismo nei confronti del comune di Francavilla, stipulata nel 1991, ed è costituito da due corpi: una parte realizzata tra il 1991 ed il 1995 attraverso un corposo investimento di 5 miliardi di lire dei fondi europei ed una parte storica, costruita per la prima volta nel 1888, completamente rasa al suolo dai nazisti nel 1943 e ricostruita tra il 1947 ed il 1950;
   i lavori di ricostruzione nel secondo dopoguerra furono affidati all'impresa esecutrice con il vincolo che fossero eseguiti anche da manovalanza reduce dalla guerra 1940-1943 e dalla guerra di liberazione nonché dai reduci dell'internamento; palazzo Sirena è stato il primo edificio pubblico ricostruito dopo la devastazione della seconda guerra mondiale e ha assunto dopo la tragedia della guerra la funzione di riscatto vitale della città e di cuore pulsante di socialità, aperto alla cittadinanza e ai turisti;
   l'edificio sino al 2012 ha ospitato incontri ed iniziative culturali ed è stato sede della biblioteca comunale, svolgendo una fondamentale funzione di promozione sociale, culturale e turistica;
   in seguito, per scelta dell'amministrazione comunale, che ha ripetutamente espresso la volontà di abbattere la parte originaria dell'edificio, lo storico palazzo non è stato più utilizzato ed è stato abbandonato all'incuria, senza alcun intervento di manutenzione, nonostante uno studio sulla vulnerabilità dell'edificio, commissionato dall'amministrazione comunale nel 2014, avesse evidenziato l'ottimo stato di solidità e di conservazione strutturale, indicando persino una cifra minima di 150 mila euro per l'adeguamento del palazzo alle normative vigenti;
   una delibera di consiglio comunale del 31 ottobre 2016, di approvazione delle linee di mandato del sindaco Luciani, fa esplicito riferimento alla demolizione di palazzo Sirena;
   nei mesi di novembre e dicembre 2016 il Comitato cittadino «Risorgi Sirena», che dal 2012 si batte per la salvaguardia del valore storico, artistico e civile dell'immobile, e Italia Nostra Pescara e Chieti hanno presentato due istanze alla competente Soprintendenza per l'apposizione del vincolo di tutela senza ottenere alcun riscontro; nel mese di febbraio 2017 hanno presentato una nuova istanza alla Soprintendenza di Chieti, al segretariato regionale Abruzzese a L'Aquila, e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   in data 22 marzo 2017 la Soprintendenza dell'Abruzzo, sulla base della nota del 21 marzo della direzione generale archeologia belle arti e paesaggio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha avviato il procedimento per l'apposizione del vincolo di tutela di Palazzo Sirena, in ragione dell'indiscutibile valore testimoniale ed identitario;
   ad oggi a quanto risulta agli interpellanti la soprintendenza di Chieti non ha comunicato alcun provvedimento decisorio definitivo in merito, né il segretariato regionale si è espresso entro il termine dei 120 giorni, scaduti il 19 luglio 2017;
   Italia Nostra ha promosso un appello per la difesa di questo simbolo rappresentativo della storia, della cultura e del vissuto stesso della città di Francavilla, raccogliendo amplissima adesione di cittadini e di prestigiose voci della cultura e dell'architettura italiana;
   in data 22 agosto 2017, di fronte al rischio di avvio dei lavori di demolizione del palazzo ad opera dell'amministrazione comunale, la soprintendente d'area, Rosaria Mencarelli, ha inviato una comunicazione al sindaco di Francavilla nella quale, a norma della legge vigente e alla luce della mancata conclusione del procedimento per la verifica di interesse culturale su palazzo Sirena, chiedeva di sospendere i lavori di demolizione nelle more dell'incontro tra la soprintendente e il sindaco del 30 agosto;
   nello stesso giorno, dopo la ricezione della pec, ad avviso degli interpellanti contravvenendo ad ogni spirito di leale collaborazione istituzionale, e senza attendere il termine del procedimento di verifica dell'interesse culturale del bene, il sindaco ha avviato le opere di demolizione del Palazzo –:
   se intenda verificare le responsabilità dei gravi ritardi degli uffici ministeriali competenti nella conclusione dell’iter per il vincolo di tutela diretta su palazzo Sirena, ritardi che hanno contribuito ad un'accelerazione irresponsabile dei lavori di demolizione del bene pubblico, patrimonio comune della collettività di Francavilla e dell'Abruzzo;
   se non ritenga doveroso, per preservare il senso della memoria di un bene che ha incarnato il valore della rinascita post-bellica e antifascista e della speranza nel futuro, apporre il vincolo di interesse culturale sull'intera area su cui sorgeva il Palazzo;
   se sia a conoscenza delle intenzioni progettuali sull'area che, secondo gli interroganti, in maniera scriteriata, hanno indotto il sindaco a distruggere un pezzo fondamentale e simbolico del patrimonio storico e architettonico della città;
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere alla luce delle scelte e della tempistica delle stesse messe in atto dall'amministrazione comunale di Francavilla al mare.
(2-01916) «Pannarale, Giancarlo Giordano».

Interrogazione a risposta immediata:


  GIGLI. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014, e ulteriori interventi legislativi, è stato introdotto il cosiddetto Art. bonus, un credito d'imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura, dello spettacolo e in favore del patrimonio culturale;
   le erogazioni liberali che possono usufruire del citato beneficio devono riguardare la manutenzione, la protezione e il restauro di beni culturali pubblici, il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione;
   inoltre, viene favorita la realizzazione di nuove strutture, oltre al restauro e al potenziamento di quelle esistenti, di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo;
   si tratta di un beneficio fiscale che ha impresso una grande accelerazione alle donazioni in favore del patrimonio culturale ed artistico pubblico italiano, dal quale, tuttavia, sono rimasti esclusi i beni culturali di proprietà privata, anche se senza fini di lucro ed aperti al pubblico, compresi quelli degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, per i quali comunque lo Stato interviene finanziariamente in quanto beni culturali e monumentali d'interesse nazionale. In tali ipotesi restano applicabili le disposizioni già previste dal testo unico delle imposte sui redditi, nonostante siano in Italia presenti circa il 6 per cento di tutti i musei privati del mondo;
   l'esclusione sopra ricordata è stata spiegata con l'impossibilità per lo Stato di sostenere un onere maggiore di quello già fissato per l’Art. bonus;
   non risulta all'interrogante che vi sia una quantificazione totale di quanto incassato con l’Art. bonus in questi anni, mentre è previsto dalla legge che lo istituisce che siano i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali a comunicare mensilmente al Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo l'ammontare delle stesse erogazioni, oltre alla destinazione e all'utilizzo, tramite il sito web istituzionale e in un apposito portale del Ministero stesso –:
   se il Ministro interrogato possa quantificare il totale di quanto incassato dallo Stato con le donazioni liberali, nel contempo indicando quanto, invece, lo Stato ha «pagato» in termini di oneri fiscali. (3-03227)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'INCÀ, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, SPESSOTTO, LUIGI GALLO e COZZOLINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Palazzo Thiene è un edificio storico situato presso la città di Vicenza, arricchito nel corso degli anni con preziosi arredi e notevoli opere d'arte, il quale ospita oggi, in esposizione permanente, importanti collezioni di arte antica e di pitture di importanti maestri veneti, tra cui Bartolomeo Montagna, Giovanni Buonconsiglio, Jacopo Bassano, Jacopo Tintoretto, Giambattista Tiepolo e Giandomenico Tiepolo, situati presso la Pinacoteca;
   l'edificio è oggi un importante centro museale, ed ospita al suo interno con continuità mostre ed attività culturali di assoluta importanza per la città e per tutta la regione veneta;
   è necessario rilevare come il 15 dicembre 1994, Vicenza sia stata inserita nella lista dei beni «patrimonio dell'umanità», e nella « World Heritage List» risultano iscritti i ventitré monumenti palladiani del centro storico e tre ville site al di fuori dell'antica cinta muraria realizzate dal famoso architetto, tra cui Palazzo Thiene;
   la storia del palazzo, così com’è oggi conosciuto, risale al 1542, quando Marcantonio Thiene decise di ampliare la dimora di famiglia, edificata da Lorenzo da Bologna nel 1489, sviluppandola in forma di quadrilatero anche grazie all'opera di Andrea Palladio, che disegna per Marcantonio Thiene una residenza di assoluta bellezza e grandiosità;
   il Palazzo Thiene è stato successivamente acquistato nel 1872 dall'istituto Banca Popolare di Vicenza, prima banca costituita a Vicenza e prima banca popolare del Veneto, e da subito ne ha ospitato la sede principale;
   il decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a., come convertito, ha inserito Palazzo Thiene fra i beni di proprietà di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa;
   in considerazione di quanto sin qui esposto e della fondamentale funzione del palazzo quale luogo della cultura cittadina e veneta nonché centro di assoluto interesse sottoposto alle tutele e ai vincoli derivanti dalla sua condizione di bene del patrimonio Unesco e di palazzo storico, non può considerarsi in alcun modo la sua possibile alienazione o chiusura, sia per ciò che rileva la struttura, sia per i beni ivi contenuti;
   è necessario, pertanto, un urgente intervento statale che impedisca la dispersione di un bene di preminente interesse storico culturale, assicurando, inoltre, il mantenimento dei beni in capo alla comunità vicentina e, più in generale, il godimento degli stessi da parte di tutti i cittadini italiani, trasformando l'edificio e le sue opere in polo museale pubblico –:
   se intenda assumere iniziative normative al fine di assicurare il mantenimento di Palazzo Thiene tra i luoghi della cultura italiana, impedendo ogni possibile alienazione ovvero chiusura dell'edificio, assicurando il mantenimento dei suoi beni e garantendone il libero godimento a tutti i cittadini, attraverso l'acquisizione all'interno del patrimonio statale della struttura e delle opere contenute al suo interno, trasformando, infine, l'edificio in museo pubblico statale. (5-12071)


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il compendio immobiliare denominato «Istituto Gesù Divino Operaio», conosciuto come ex Igdo, fu il primo insediamento abitativo del comune di Ciampino, dove numerose famiglie trovarono rifugio durante la II guerra mondiale e da cui, in seguito, si sviluppò tutto il centro abitato. In epoca recente l'edificio ospitò dapprima un collegio di suore e, successivamente, una scuola elementare e media;
   in data 7 marzo 2016, veniva pubblicato sul quotidiano nazionale Il Messaggero, un avviso relativo a una procedura ad evidenza pubblica preordinata all'alienazione del compendio immobiliare ex Igdo. Nello stesso avviso si leggeva che il prezzo di base d'asta consisteva nella somma di 1,5 milioni di euro e che il procedimento si sarebbe concluso previo parere del comitato di sorveglianza e autorizzazione alla vendita del Ministero dello sviluppo economico;
   il prezzo iniziale d'asta si riferiva a quello realistico di vendita contenuto in una relazione peritale, depositata in data 13 gennaio 2016, presso il tribunale di Terni, che teneva conto dei vincoli urbanistici e paesaggistici gravanti sull'immobile e che ne condizionavano il valore di mercato;
   tuttavia, si deve dire che un'analoga perizia peritale, depositata nel 2012, dalla società di consulenza e ingegneria Consult International, aveva già stimato il bene di un valore pari a 7 milioni di euro;
   giova ricordare che l'intero compendio è costituito da 73 mila cubi su 1,69 ettari nel cuore del centro storico della città e che lo stesso possiede un elevato valore storico-culturale in quanto è bene che racchiude la memoria storica della città;
   l'ex Igdo fu oggetto di ben tre tentativi di avvio di tutela di cui uno concretizzatesi nel decreto della direzione regionale del Lazio del 30 giugno 2006, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e dell'articolo 10 della legge n. 137 del 2012 successivamente oggetto di giudizio in sede di giurisdizione amministrativa;
   i commissari straordinari della società Siciet s.p.a. proprietaria del complesso, attualmente in amministrazione straordinaria ex lege 95 del 1979, hanno presentato un piano di recupero dell'intera zona su cui insiste l'ex Igdo che prevede, in realtà, la demolizione dell'esistente al fine di costruire un polo universitario, vale a dire un complesso di mini-appartamenti per studenti, unitamente a una palestra e una piscina, oltre che un parco giochi, e, infine, un centro commerciale con parcheggio. L'unica struttura di cui si prevede effettivamente il recupero consiste nella cappella privata, ampia 730 metri quadri;
   la legge della regione Lazio 18 luglio 2017 n.7 recante «Disposizioni per la rigenerazione urbana e il recupero edilizio», prevede che i comuni, anche su proposta dei privati, possano individuare i cosiddetti ambiti urbani di riqualificazione e recupero edilizio per consentire interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o di demolizione e ricostruzione. Le disposizioni sugli ambiti urbani non si applicano agli insediamenti urbani storici individuati come tali dal piano territoriale paesistico regionale;
   ad avviso degli interroganti, qualora decada il vincolo sull'area su cui insiste l'ex Igdo, la stessa potrebbe divenire oggetto di interventi come quelli sopra descritti e, quindi, anche di possibile demolizione –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo intenda intraprendere per la tutela del complesso immobiliare ex Igdo;
   se il Ministero dello sviluppo economico abbia autorizzato l'alienazione del complesso suddetto. (5-12072)


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 un incendio di origine ancora incerta ha provocato la pressoché totale distruzione delle strutture poste a protezione del sito archeologico di Faragola, in territorio di Ascoli Satriano (Foggia);
   Villa Faragola, tra i più rilevanti siti archeologici al mondo, è un esteso e articolato insediamento rurale di età romana e tardoantica (IV-VI secolo dopo Cristo) al cui interno sono stati rinvenuti ambienti ben conservati, marmi, terme e mosaici policromi;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, la regione Puglia, l'università degli studi di Foggia ed altre istituzioni regionali e territoriali collaborano da 14 anni alle attività di scavo, ricerca, catalogazione e divulgazione del prezioso patrimonio archeologico e storico presente in una delle aree più ricche di reperti tardo-antichi dell'Italia Meridionale;
   da ultimo, nel 2015, il comune di Ascoli Satriano ha ottenuto un finanziamento dell'ammontare di 1,6 milioni di euro per ulteriori interventi di recupero e valorizzazione del sito archeologico, lavori attualmente in corso;
   la distruzione delle coperture degli ambienti e dei mosaici emersi ha determinato gravissimi danni ai reperti stessi, la cui quantificazione sarà determinata non appena termineranno le attività d'indagine di vigili del fuoco e carabinieri volte a determinare la natura dell'incendio ed a individuare eventuali responsabilità;
   la fruizione del sito archeologico di Villa Faragola ha determinato una positiva ricaduta occupazionale per ricercatori e archeologi dell'università degli studi di Foggia e promosso una più diffusa cognizione delle origini storiche delle comunità che oggi abitano la provincia di Foggia –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire l'accurato restauro delle parti danneggiate dal fuoco e la rapida e completa ricostruzione delle strutture distrutte dall'incendio. (5-12109)


   BURTONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'estate 2017 l'emergenza incendi ha spesso riguardato purtroppo anche diversi siti archeologici e di notevole richiamo culturale;
   nel pomeriggio del 27 agosto 2017 un vasto incendio ha interessato il territorio di Vaglio Basilicata e la sua area archeologica in contrada «Serra»;
   fortunatamente, nonostante, la violenza della fiamme e la loro estensione non si sono registrati danni particolarmente gravi al patrimonio culturale;
   l'incendio in questione ha però evidenziato la fragilità dei controlli e la necessità di intervenire per tutelare e valorizzare al meglio suddetto sito archeologico, nonché quello di Rossano ricadente nello stesso comune per farne davvero un attrattore culturale; 
   nel corso della presente legislatura in qualità di primo firmatario l'interrogante ha già presentato un atto di sindacato ispettivo chiedendo spiegazioni in merito alla esclusione dei richiamati siti archeologici da misure di promozione in materia di beni culturali che hanno visto premiate altre opzioni con un patrimonio culturale storico inferiore –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di promuovere interventi di tutela del patrimonio archeologico presente nel comune di Vaglio Basilicata, in termini di sorveglianza, manutenzione e promozione. (5-12118)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 24 luglio 2017 l'Agenzia del demanio ha pubblicato il primo bando «cammini e percorsi» per l'assegnazione di 43 immobili situati lungo i cammini e i percorsi ciclopedonali e storico-religiosi italiani;
   si tratta di una concessione gratuita (9 anni + 9 anni) o di una concessione di valorizzazione (fino a 50 anni) per il recupero di immobili lungo percorsi ciclopedonali in nome del «turismo lento» (a piedi o in bicicletta) e rappresenta un'opportunità di lavoro nel turismo al di fuori dei circuiti di massa, riservata ai giovani under 40 con idee di recupero e riutilizzo;
   il progetto, denominato «Valore Paese – cammini e percorsi» e diretto a recuperare e a far rivivere oltre 100 immobili pubblici (43 gestiti dall'Agenzia del demanio, 50 degli enti territoriali e 10 di Anas), prende in considerazione vecchie case cantoniere, locande, masserie, ostelli, piccole stazioni, caselli idraulici, ex edifici scolastici, torri, palazzi storici, monasteri e antichi castelli da ristrutturare e rendere accessibili come strutture di ricezione turistica, lungo percorsi pedonali o ciclabili;
   si tratta di un'iniziativa che fa parte del «Piano strategico del turismo e del piano straordinario della mobilità turistica» e che prevede il coinvolgimento di operatori privati o imprese, cooperative e associazioni composte in prevalenza da giovani under 40 con il compito di riattivare strutture in disuso, situate prevalentemente lungo la via Appia, la via Francigena, il cammino di Francesco, il cammino di San Benedetto e le ciclovie vento, sole e acqua (Acquedotto pugliese);
   il progetto sarà replicato fino al 2019, sempre dando in concessione 100 immobili ogni anno, con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che impegnerà 3 milioni di euro (attraverso 4 bandi) per fornire un tutoraggio alle start up che parteciperanno al progetto e accompagnarle nei primi 2 anni di vita;
   si tratta di un progetto, a giudizio dell'interrogante, che può consentire a giovani ed imprese la possibilità di riusare stazioni e case cantoniere abbandonate e che per questo dovrebbe essere esteso ad un numero maggiore di soggetti, rispetto a quanto previsto dal bando –:
   se il Governo non intenda rendere più inclusive le possibilità di prender parte al progetto, adottando le opportune iniziative per privilegiare giovani ed imprese, estendendo le fasce di età per l'accesso alla misura, dando la possibilità ai disoccupati di promuovere l'autoimprenditorialità, ovvero la possibilità di ricevere gratuitamente un bene per valorizzarlo e produrre reddito ed occupazione, incrementando gli immobili in concessione gratuita, di valorizzazione o in regime di comodato gratuito per 30 anni rinnovabili, con la possibilità di riscatto del bene attraverso il pagamento di una somma concordata che dovrà tenere conto dei miglioramenti apportati al bene medesimo;
   se il Governo non intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per stanziare ulteriori finanziamenti specifici, attraverso l'istituzione di un «fondo per la valorizzazione di beni architettonici e ambientali al fine di sviluppare la mobilità ciclistica e pedonale», oggetto di una specifica proposta di legge dell'interrogante, per creare percorsi ciclabili e pedonali che possano favorire un turismo sostenibile, risanando e manutenendo nel contempo immobili di valore storico-artistico di proprietà pubblica e privata localizzati lungo questi percorsi. (4-17608)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Tar del Lazio, con la sentenza n. 2831/2017 del 24 febbraio 2017, ha accolto il ricorso sottoscritto da Guide turistiche italiane e Associazione nazionale accompagnatori guide e interpreti turistici e da oltre 140 guide turistiche. La pronuncia ha disposto l'annullamento dei decreti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo «siti» (7 aprile 2015) ed «esclusiva territoriale ed esami» (11 dicembre 2015). Nella medesima giornata, il Sottosegretario Dorina Bianchi ha annunciato il deposito, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dell'impugnativa alla sentenza del Tar sui decreti ministeriali che istituiscono le guide turistiche specialistiche. Il Consiglio di Stato, in data 16 marzo 2017, ha respinto l'istanza di sospensiva presentata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   in merito alla vicenda, il 21 aprile 2017, l'interrogante ha depositato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-16388, ancora senza risposta, con il quale ha chiesto al Governo «se intendesse assumere iniziative per avviare una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica; (...) se intendesse comunicare le tempistiche concernenti la convocazione delle regioni e delle associazioni di categoria per giungere a una mediazione in merito alla questione riportata nell'interrogazione parlamentare»; 
   in data 1o agosto 2017, il Consiglio di Stato, con sentenza 3859/2017, ha confermato definitivamente l'annullamento dei decreti ministeriali riportati in premessa, pubblicando la decisione in merito al ricorso avanzato dal Ministero avverso le sentenze del Tar Lazio n. 1800 del 2017 e del ricorso n. 1841 del 2017;
   come evidenziato dalla pagina facebook di Guide Turistiche Italiane «già con la sentenza del TAR, di annullamento dei DM, era stata ribadita la validità nazionale dei patentini e la caduta del principio di territorialità. Ora il Consiglio di Stato, dopo l'appello del Mibact, ha ulteriormente ribadito che i DM sono annullati. Conseguenza di ciò è la validità della legge 97/2013 e il vigente rispetto del principio di libera circolazione ed esercizio delle professione»;
   secondo la sentenza n. 3859: «(...) dice il TAR che l'articolo 3, comma 3 della Legge 97/2013 ammette certo la potestà del Mibact di porre taluni limiti alla libera concorrenza in relazione alla tutela di siti particolarmente rilevanti. Tale potestà va però intesa come un potere d'eccezione, rispetto sia a quanto stabilito dal comma 1, sia alla libera prestazione di servizi. Essa è allora utilizzabile solo ove vi siano esigenze imperative d'interesse generale e lo stesso risultato non sia realizzabile con provvedimenti meno incisivi. Dal che “...l'illogicità e irragionevolezza del decreto ministeriale 7 aprile 2015, che ha individuato più di tremila siti, in tutte le Regioni ed in molti Comuni d'Italia, e della disciplina del decreto dell'11 dicembre 2015, che ha previsto una specifica abilitazione, rilasciata da parte delle Regioni (e delle Province autonome)...”. Per vero, tal abilitazione, che ha efficacia limitata alla sola Regione in cui è rilasciata, “... è limitativa della concorrenza alla prestazione di servizi in contrasto con l'articolo 117 della Costituzione ed il rispetto dei principi dell'Unione europea...”.

  Né tal limitatezza verrebbe meno sol perché è previsto un elenco nazionale delle guide turistiche specializzate per i siti peculiari (articolo 7 del DM 11 dicembre 2015), tenuto presso il MIBACT, posto che, a parte l'indeterminatezza della norma, essa è pure contraddittoria rispetto allo scopo di tutela per cui esiste siffatta specializzazione ex articolo 3, comma 3 della legge 97/2013»;
   a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, nella nota stampa del 2 agosto 2017, Federagit Confesercenti ha chiesto un incontro urgente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, affinché si provveda, «in tempi rapidi e in collaborazione con le associazioni di categoria più rappresentative, alla redazione di una legge di riordino» del settore. Secondo l'associazione, infatti, «la situazione è grave ed è necessario ed urgente intervenire per tutelare il patrimonio culturale italiano con una corretta divulgazione e valorizzazione, per arginare l'ingente perdita di entrate fiscali dovuta all'indiscriminato esercizio abusivo della professione e per porre un freno al caos nei siti di particolare interesse storico artistico e archeologico». Federagit chiede, inoltre, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che, «nelle more, fornisca delle precise linee guida alle Regioni per far sì che gli organismi a cui compete il controllo per l'esercizio legale della professione siano in grado di operare nel rispetto delle leggi in vigore» –:
   alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 3859 del 2017, se intenda assumere iniziative, e secondo quali tempistiche, per dare risposta alle richieste di Federagit Confesercenti finalizzate alla tutela della professione di guida turistica e alla revisione della disciplina relativa al settore citato. (4-17623)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso da organi di stampa della recente nomina di Carla Di Francesco, già direttore regionale per i beni culturali dell'Emilia Romagna, della Lombardia e delle Marche, a segretario generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   nel 2014 la Di Francesco venne coinvolta in un'inchiesta, ancora aperta, della procura di Bologna per abuso d'ufficio e con lei il compagno, ingegnere e titolare di un noto studio a Ferrara;
   scrive il Fatto Quotidiano del 2 settembre 2017: «A partire dal maggio 2012, in un anno e mezzo Mezzadri (il compagno della Di Francesco, nda) ottiene dalla direzione regionale, presieduto dalla Di Francesco stessa, 18 incarichi relativi al restauro di immobili di pregio danneggiati dal terremoto dell'Emilia»;
   sempre nel 2014, è la volta della Ragioneria generale dello Stato che indaga sui lavori di restauro del duomo di Modena «in particolare su quattro appalti affidati dalla Di Francesco direttamente ad una sola ditta, la Cantadini Arte»;
   secondo il quotidiano «nella relazione, gli ispettori evidenziavano anche altre criticità nelle procedure seguite dalla direzione regionale guidata dalla Di Francesco. Ad esempio i pc acquistati per 68mila euro, fatti gravare sui fondi assegnati per il sisma, modelli capaci di levate prestazioni ma di dubbia utilità per il personale che svolge compiti amministrativi, o la Lancia Delta acquistata in leasing senza usufruire delle convenzioni e a un costo maggiore della precedente»;
   all'epoca, i risultati della verifica furono notificati al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ma questi e l'inchiesta della Corte dei Conti sembrano finiti in un cono d'ombra –:
   se il Ministro interrogato, in fase di nomina, abbia tenuto nel giusto conto i requisiti deontologici e le vicende giudiziarie ancora aperte della dottoressa Di Francesco;
   quali siano le motivazioni che hanno portato alla nomina del neo segretario generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con particolare riguardo alla garanzia di imparzialità nell'azione amministrativa;
   se sia stato chiesto un parere dell'Anac, con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.
(4-17649)


   BENEDETTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Palazzetto Widmann, situato a Bagnoli di Sopra (PD) in Piazza Martiri D'Ungheria n. 1, fatto costruire dall'abate Antonio Widmann nel 1707, viene dichiarato nel 1939 monumento ai sensi della legge del 1o giugno 1939, n. 1089, e definito di particolare interesse storico-artistico con provvedimento ministeriale del 6 ottobre 1966; l'immobile, esempio di stile «Rococò», al proprio interno vanta un ciclo di affreschi di grandissimo valore, tra cui alcune opere di Louis Dorigny e Giambattista Pittoni;
   nel maggio del 1984 il comune di Bagnoli acquista l'immobile dalla famiglia Borletti, investendo nel corso degli anni consistenti fondi per interventi di restauro, ivi compreso il rifacimento del tetto;
   le spese di restauro e manutenzione sono ingenti, quindi, dopo l'autorizzazione rilasciata il 24 febbraio 2000 dal Sopraintendente regionale ad alienare il monumento con garanzia della fruibilità pubblica dello stesso, il consiglio comunale di Bagnoli approva il conferimento del Palazzetto a Cosecon spa (Consorzio per lo sviluppo economico e sociale del Conselvano), società da cui riceve 60.326 azioni, per un valore complessivo di 450.000 euro, somma che però il comune non incasserà mai a causa del successivo fallimento della suddetta società;
   nel giugno 1999 Cosecon e comune sottoscrivono una prima convenzione che prevede «uno spazio gratuito a disposizione delle attività del Comune con la possibilità di organizzare visite pubbliche»;
   nel maggio 2007 l'amministrazione comunale e la società Cosecon sottoscrivono una ulteriore convenzione «per la disciplina e le modalità di utilizzo pubblico», che prevede l'uso, a titolo gratuito da parte del comune, di alcuni spazi all'interno del Palazzetto;
   nel marzo 2001 il Ministero del tesoro approva il patto territoriale della Bassa Padovana, che a maggio 2001 approva il finanziamento di 2 miliardi di lire per il restauro del Palazzetto;
   il progetto di Cosecon approvato dal suddetto patto territoriale prevede che il Palazzetto divenga una scuola di formazione professionale che risponda alle esigenze di valorizzazione delle risorse umane delle imprese della Bassa Padovana per lo sviluppo delle loro attività economiche; per il restauro si prevede una spesa di 3,187 miliardi di lire: il finanziamento pubblico, proveniente dai patti territoriali è di 2 miliardi di lire, il restante, a carico di Cosecon spa, è di 1,187 miliardi di lire;
   i suddetti patti territoriali, istituiti con delibera del Cipe n. 29 del 21 marzo 1997, prevedono che «La sottoscrizione del Patto vincola i soggetti sottoscrittori al rispetto degli obblighi assunti per la realizzazione degli interventi»;
   Cosecon spa, divenuta Attiva spa, il 13 dicembre 2013 dichiara fallimento;
   nel 2015 l'amministrazione comunale sottoscrive con i liquidatori un comodato d'uso provvisorio per garantire l'accesso al pubblico e l'utilizzo del Palazzetto sino alla vendita dell'immobile;
   il 3 agosto 2017 viene pubblicato l'avviso della vendita ad asta giudiziaria del Palazzetto con data 24 ottobre 2017 –:
   sulla base di quanto esposto in premessa, se non ritengano, per quanto di competenza, di dover urgentemente assumere ogni utile iniziativa al fine di non compromettere l'uso pubblico di Palazzetto Widmann, per una sua completa fruizione in tale senso, valutando la possibilità di esercitare il diritto di prelazione sull'acquisto dell'immobile per la sua acquisizione al patrimonio pubblico.
(4-17661)


   NACCARATO e NARDUOLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Bagnoli di Sopra in provincia di Padova si trova il Palazzetto Widmann, costruito nel 1707, dichiarato monumento nel 1939 ai sensi della legge del 1o giugno 1939 n. 1089 e definito di particolare interesse storico artistico con provvedimento ministeriale del 6 ottobre 1966 (trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari di Padova n. 4305/3384 in data 24 marzo 1967);
   nel 1985 l'immobile è stato acquisito dal comune di Bagnoli per 249 milioni di lire;
   nel 1992 una relazione tecnica ha previsto una spesa per il restauro di 1.7 miliardi di lire;
   dal 1993 sono iniziati i lavori di restauro attraverso diversi interventi finanziati con risorse pubbliche e nel 1996 il comune ha stabilito nel palazzo la propria sede;
   il 4 giugno 1996 l'amministrazione comunale di Bagnoli ha incaricato la Cosecon spa (Consorzio per lo sviluppo economico e sociale del Conselvano, società che gestiva i servizi dei comuni e di cui Bagnoli era socio), di redigere un progetto per accedere ai fondi europei per il restauro completo, progetto rimasto senza esito;
   il 24 febbraio 2000 il Sopraintendente regionale ha rilasciato l'autorizzazione ad alienare il monumento con garanzia della fruibilità pubblica;
   il consiglio comunale di Bagnoli ha quindi approvato il conferimento del Palazzetto a Cosecon, ottenendo in cambio 60.326 azioni, al prezzo di 6 euro, con un sovraprezzo di 1.49 euro, per azione per un valore complessivo di 450.000 euro;
   nel marzo 2001 il Ministero del Tesoro ha approvato il patto territoriale Bassa Padovana con un progetto che prevedeva la trasformazione di Palazzetto Widmann in una scuola di formazione professionale per valorizzare le risorse umane e sviluppare attività economiche locali. Il progetto prevedeva una spesa di 3,187 miliardi di lire: 2 miliardi erogati dal Ministero a Cosecon e 1,187 miliardi a carico di Cosecon;
   i lavori di ristrutturazione, affidati ad Eurocostruzioni srl per 1.589.000 euro, hanno avuto la durata di due anni;
   nel 2003 Cosecon, a quanto consta agli interroganti, ha ipotecato il Palazzetto con istituti bancari per 3 milioni di euro;
   il restauro degli affreschi, a cura del Ministero dei beni culturali è proseguito fino al 2006;
   il finanziamento pubblico erogato dall'allora Ministero del Tesoro non è stato utilizzato per realizzare la prevista scuola di formazione professionale. Infatti, al termine dei lavori non è stata aperta la scuola di formazione professionale e nel palazzetto è stata collocata la nuova sede di Cosecon, diventata poi Attiva spa;
   il 13 dicembre 2013 è stato dichiarato il fallimento della società Attiva spa, con debiti per oltre 220 milioni di euro: Palazzetto Widmann è stato chiuso e privato della corrente elettrica, dell'acqua e del riscaldamento;
   il 3 agosto 2017, è stato pubblicato l'avviso della vendita ad asta giudiziaria del Palazzetto Widmann con scadenza 24 ottobre 2017 (asta senza incanto con offerta minima di 1.125.000 euro) ed eventuale vendita con incanto, in data 13 dicembre 2017 (offerta minima 843.750 euro) –:
   se i Ministri a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   visto l'utilizzo distorto da parte di Cosecon e degli enti locali coinvolti dei fondi erogati dall'allora Ministero del tesoro per la realizzazione di una scuola di formazione professionale nel palazzetto Widmann, quali iniziative il Governo intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze, per tutelare le risorse pubbliche investite;
   quali iniziative i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, intendano assumere per sospendere l'asta, tutelare il bene e per garantirne la fruibilità al pubblico;
   quali iniziative intendano adottare per verificare l'esistenza di un diritto di prelazione in capo agli stessi Ministeri, visti gli ingenti investimenti pubblici utilizzati per il restauro. (4-17662)


   OLIVERIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Tiriolo è un centro della Sila piccola, situato a nord dell'istmo di Catanzaro, da cui è possibile vedere i due mari che bagnano la Calabria, Jonio e Tirreno; il valore paesaggistico e panoramico dell'area è davvero notevole ed ha rappresentato il volano per un forte sviluppo del turismo e delle aziende agrituristiche e agricole, che rappresentano ora risorse strategiche per il territorio;
   tale patrimonio ambientale ed economico è messo a rischio dal progetto di un parco eolico la cui autorizzazione ha seguito nel corso degli anni un iter complesso;
   il «Progetto di costruzione ed esercizio dell'impianto eolico denominato Trazzani» nel comune di Tiriolo (Catanzaro) da parte della Trazzani Energy s.r.l., ha ricevuto parere favorevole con prescrizioni da parte della soprintendenza per i beni archeologici della Calabria (nota n. 9046 del 3 maggio 2007);
   nel settembre 2008 la Trazzani Energy ha incaricato un archeologo di eseguire indagini preventive nell'area di progetto del parco eolico; nell'ottobre 2009 la Soprintendenza della Calabria ha prescritto indagini integrative che sono state a lungo rinviate in seguito alla decisione, da parte della Trazzani Energy, di ridurre il numero degli aerogeneratori da 11 a 5 unità, con conseguente differente dislocazione delle piazzole;
   le indagini sono state eseguite tra febbraio e marzo 2011, riscontrando presenza di materiale archeologico nell'area della piazzola della torre n. 1. Nel marzo 2012 sono state avviate ulteriori indagini con saggi stratigrafici che hanno evidenziato la presenza di una fornace nell'area della torre n. 1. Sterili sono risultate invece le altre aree;
   con nota n. 7862 del 7 maggio 2014, la soprintendenza per i beni archeologici della Calabria ha prescritto scavi di approfondimento nell'area della piazzola della torre n. 1. Per le altre torri si è espresso parere favorevole definitivo per la realizzazione, con l'avvertenza che tutti i movimenti terra dovevano essere seguiti da archeologi di provata esperienza;
   senonché, all'esito di un sopralluogo svoltosi il 7 ottobre 2014, in cui sono emerse «evidenze strutturali riconducibili ad una probabile cinta muraria» la Sovrintendenza ha chiesto un supplemento istruttorio, contestando all'impresa la mancata definizione del tracciato del cavidotto che collega la stazione elettrica all'aerogeneratore n. 5. Le ulteriori indagini hanno evidenziato «evidenze strutturali pertinenti ad almeno due edifici di fine IV-inizio III sec. A.C. e resti murari riconducibili a due differenti contesti di età medievale»;
   pertanto la sovrintendenza ha comunicato l'avvio del procedimento ex articolo 12 e 13 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (cosiddetto codice dei beni culturali) di dichiarazione di interesse culturale e del procedimento di tutela indiretta della indiretta ex articolo 44 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004, con la conseguente applicazione della misura cautelare di temporanea immodificabilità degli immobili; la Sovrintendenza ha vietato, in particolare, i lavori di realizzazione della torre n. 5 e ha rappresentato che occorreva ridefinire il tracciato del cavidotto interrato e quindi informato la regione «ai fini del riavvio del procedimento di eventuale autorizzazione»;
   a seguito di tale comunicazione, la società Trazzani Energy srl ha fatto ricorso al Tar della Calabria che, in data 20 luglio 2017, lo ha accolto annullando gli atti di divieto della Sovrintendenza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della sentenza emessa dal Tar della Calabria nel mese di luglio 2017 e quali iniziative intenda adottare per tutelare le strutture archeologiche emerse durante gli scavi nell'area interessata dal progetto dell'impianto eolico denominato Trazzani nel comune di Tiriolo (Catanzaro). (4-17683)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 4-15243 è stata sottoposta al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la ormai nota vicenda del costruendo villaggio Marine Park Village, in località «Punta Scifo», le cui autorizzazioni parrebbero in contrasto con i vincoli di cui l'area è gravata;
   nel mese di febbraio 2017 la procura della Repubblica di Crotone ha apposto i sigilli a tutto il cantiere, mentre nel mese di giugno ha chiuso le indagini a carico di sei persone, tra cui imprenditori e tecnici comunali, e anche a carico del Soprintendente archeologico di Crotone, Cosenza e Catanzaro, dottor Mario Pagano;
   le denunce all'autorità giudiziaria e quelle pubbliche contro la costruzione del mega villaggio in un'area nota per la sua bellezza naturalistica e paesaggistica, oltre che per il suo inestimabile valore archeologico, hanno avuto origine grazie alla professionalità e alla caparbietà dell'archeologa Margherita Corrado;
   nelle more della vicenda giudiziaria, il Corriere della Calabria, in data 4 settembre 2017, pubblicava un servizio dal titolo «La fatwa contro l'archeologa che ha salvato Punta Scifo», nel quale rivelava l'esistenza di un decreto a firma del Soprintendente Pagano diretto a tutti i tecnici della Soprintendenza e ai funzionari archeologi, per rendere la dottoressa Corrado incompatibile con qualsiasi lavoro la cui vigilanza spetti agli uffici cosentini;
   la colpa dell'archeologa sarebbe appunto quella di aver condotto una battaglia a difesa del patrimonio per cui il dottor Pagano e altre cinque persone ora rischierebbero di andare a processo –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa;
   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione a quello che appare un comportamento ritorsivo tenuto dal Soprintendente archeologico dottor Mario Pagano a danno dell'archeologa dottoressa Margherita Corrado, e per porre rimedio a una situazione che sarebbe palesemente discriminatoria. (4-17706)


   VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Tar del Lazio ha recentemente annullato le nomine di sei dei venti direttori di istituzioni museali italiani, designati a seguito della cosiddetta «riforma Franceschini» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014 e decreto ministeriale n. 44 del 2016);
   tra le cause dell'annullamento disposto dai giudici del tribunale amministrativo non ci sono soltanto le motivazioni più eclatanti riportate dalla stampa sulla carenza in alcuni dei nominati del requisito base della cittadinanza italiana, previsto per la designazione, ma gli stessi criteri di scelta e le procedure di confronto tra le varie candidature presentate alle selezioni pubbliche, che avrebbero impedito il sostanziale raffronto tra le differenti competenze dei candidati, con l'obiettivo della miglior scelta nell'interesse della amministrazione e della collettività;
   una vicenda altrettanto inquietante si è registrata nei mesi scorsi relativamente alla scelta del direttore del parco archeologico di Ostia, dapprima individuato e nominato ma, nel giro di un mese, rimosso dall'incarico per volontà dello stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che lo escludeva con uno scarno e anodino comunicato ai media da cui emergeva che «informazioni ed elementi pervenuti all'amministrazione successivamente alla conclusione della procedura di selezione hanno fatto venir meno i presupposti per la nomina alla direzione del Parco archeologico di Ostia Antica»;
   entrambi gli episodi citati sembrano rappresentare effetti collaterali negativi della stessa filosofia di base che ispira la cosiddetta riforma Franceschini che, dilatando gli elementi di discrezionalità nelle scelte di vertice da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, amplia di fatto il numero dei dirigenti per chiamata diretta e fiduciaria;
   tale sistema di reclutamento fiduciario non sarebbe affatto confliggente con gli interessi generali dell'amministrazione dello Stato e della cultura italiana, se realmente obbedisse a stringenti criteri meritocratici e di valutazione delle competenze e dei percorsi curriculari, cosa che, purtroppo, non sembrerebbe concretamente sempre soddisfatta, come appunto dimostrerebbero i rilievi mossi dal Tar nella sentenza di annullamento delle nomine ministeriali, ma anche nello specifico caso della nomina e subitanea revoca del direttore del parco archeologico di Ostia;
   la capacità del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di attivare percorsi selettivi adeguati è peraltro testimoniata dallo svolgimento del concorso per titoli ed esami appena esperito dal Ministero, che consentirà l'assunzione di 500 funzionari di varia professionalità, al termine di un percorso di valutazione delle competenze e dei titoli assai complesso ed accurato –:
   quali iniziative intenda mettere in essere perché il reclutamento delle figure dirigenziali ed apicali delle strutture ministeriali di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano avvenga sempre attraverso la valorizzazione e il riconoscimento dell'eccellenza curriculare e della meritocrazia, attraverso percorsi certificati di valutazione comparativa delle professionalità, promuovendo la piena coerenza nel rapporto tra i beni culturali del nostro Paese e la qualità delle risorse umane chiamate a gestirle;
   quali elementi di garanzia selettiva intenda introdurre, qualora in futuro ancora si decidesse di derogare al principio costituzionale che impone l'accesso alla pubblica amministrazione attraverso lo strumento del pubblico concorso, individuato come il miglior percorso per favorire la partecipazione, per tutelare la trasparenza e per dare certezza ai criteri di selezione. (4-17724)


   MELILLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Francavilla al Mare (Chieti) è stata tra le città italiane maggiormente devastate durante il secondo conflitto mondiale ed ha ricevuto in tal senso nel 1981 la Medaglia d'oro al valore civile. Palazzo Sirena è stato il primo edificio pubblico della città ricostruito dopo la distruzione bellica nel 1947 da manovalanza reduce della guerra 1940-1943 e della guerra di liberazione, nonché dai reduci dell'internamento;
   palazzo Sirena è stato altamente rappresentativo, in senso storico, architettonico e culturale, per la città di Francavilla al Mare come continuamente riportato sia nelle delibere delle amministrazioni sia dalla ricerca storica;
   l'edificio è stato correntemente utilizzato sino ad alcuni fa; poi l'attuale amministrazione comunale non l'ha più utilizzato, senza curarne la conservazione e senza realizzare, a quanto consta all'interrogante, il benché minimo intervento di manutenzione ordinaria;
   l'amministrazione comunale ha demolito, l'edificio storico nella seconda metà di agosto 2017, nonostante la solidità strutturale testimoniata da una perizia sulla vulnerabilità sismica appositamente commissionata dal comune;
   alla demolizione dell'edificio si sono opposti numerosi cittadini, nonché esimie figure del mondo dell'architettura nazionale ed internazionale. Il Comitato cittadino «Risorgi Sirena» ed i membri dell'Associazione Italia Nostra Pescara e Chieti hanno presentato nei mesi di novembre e dicembre 2016 e di febbraio 2017 tre istanze alla competente Soprintendenza per richiedere l'apposizione del vincolo culturale nonché al segretariato regionale abruzzese e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo senza ottenere alcun riscontro fino al 23 marzo 2017, quando il Ministero ha invitato gli uffici competenti ad avviare il procedimento per la verifica dei requisiti per l'apposizione del vincolo da parte dell'immobile da sottoporre a demolizione;
   la soprintendenza di Chieti con lettera del 22 agosto 2017 al sindaco aveva comunicato che il cedimento amministrativo sulla dichiarazione di interesse culturale «non era ancora ultimato», e proponeva una riunione per il 30 agosto, ma il sindaco di Francavilla ha risposto ordinando la demolizione di Palazzo Sirena –:
   perché la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Chieti e il segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di L'Aquila, non hanno provveduto all'emanazione della dichiarazione d'interesse culturale per palazzo Sirena nei tempi utili a scongiurare la sciagurata demolizione del bene;
   quali iniziative ispettive intenda assumere per accertare eventuali responsabilità da parte della suddetta Soprintendenza. (4-17743)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAPPULLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali del Comparto difesa e in particolare la Funzione pubblica della Cgil e a tutti i livelli, nazionali-regionali e locali – stanno denunziando il rischio di un processo di «militarizzazione» strisciante delle funzioni attribuite al personale civile del Ministero della difesa;
   le forti preoccupazioni del sindacato e dei lavoratori sono fondate sulla base del recente conferimento di incarichi di funzione dirigenziale civile ad ufficiali militari preventivamente posti in aspettativa, operazione avvenuta in diversi enti compreso lo stabilimento militare di Marinarsen-Augusta;
   tali nomine stanno suscitando forte contrarietà e palese sconcerto tra i dirigenti e i funzionari della Difesa i quali si ritengono penalizzati in modo grave e peraltro ingiustificato, bloccati e impediti di fatto nei normali e normati processi di crescita professionale e lavorativa;
   le suindicate nomine, insieme ai contenuti del decreto-legge n. 2728 e all'attuazione delle norme contenute del decreto-legge 94 del 2017, alimentano il sospetto di una scelta strategica in atto non solo nell'ambito Difesa ma nell'intera pubblica amministrazione;
   il decreto sembrerebbe prevedere che circa diecimila militari, con una anzianità di appena 13 anni di servizio e partendo dal grado di maggiore, transiterebbero nei ruoli dei dirigenti civili, impiegabili nell'intera pubblica amministrazione;
   nei luoghi di lavoro del Ministero della difesa e a Marinarsen Augusta, in particolare, queste notizie e orientamenti stanno creando un notevole stato di disagio e conseguente agitazione con assunzione di precise iniziative di protesta da parte del sindacato e dei singoli lavoratori a tutela del proprio lavoro e della professionalità acquisita;
   questo processo di «militarizzazione» avverrebbe in palese e aperta violazione della norma in materia smentendo peraltro clamorosamente le disposizioni del «Libro bianco» che prescrivono di perseguire l'obiettivo di una maggiore «civilizzazione» proprio nell'ambito del Ministero della difesa –:
   se le denunzie e le preoccupazioni del sindacato e dei lavoratori siano fondate;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere le giuste e adeguate iniziative di competenza per verificare l'attribuzione degli incarichi in questione e per impedire un innaturale e ingiusto processo di «militarizzazione» della Difesa e della pubblica amministrazione penalizzando, peraltro, diritti e professionalità civili ampiamente consolidati e normati. (4-17626)


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'iscrizione alla Cassa di previdenza delle forze armate è obbligatoria per tutti i militari;
   l'articolo 1914 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, riconosce agli ufficiali e ai sottufficiali in servizio permanente, nonché agli appuntati e ai carabinieri, iscritti da almeno 6 anni ai fondi previdenziali integrativi, di cui all'articolo 1913 dello stesso codice, che cessano dal servizio con diritto alla pensione, un'indennità supplementare;
   l'articolo 1919 del citato codice, al comma 1, prevede che l'indennità è dovuta ai sottufficiali della Marina militare e dell'Aeronautica militare, iscritti da almeno 6 anni al pertinente fondo, i quali sono:
    a) trasferiti nei ruoli dei dipendenti civili dell'Amministrazione dello Stato, con decorrenza dalla nomina a dipendente civile di ruolo;
    b) nominati ufficiali in servizio permanente effettivo, con decorrenza dalla nomina a ufficiale in servizio permanente effettivo, salvo espressa rinuncia limitatamente ai sottufficiali della Marina militare nominati ufficiali in servizio permanente;

   da tale diritto sono esclusi ingiustamente il personale dell'Esercito italiano e dell'Arma dei carabinieri, trasferiti nei ruoli dei dipendenti civili dell'Amministrazione dello Stato, nonché tutti i militari posti in congedo per altri motivi diversi da quelli ai due precedenti commi;
   dal 2010 lo Stato Maggiore della difesa rigetta le istanze dei militari appartenenti all'Arma dei carabinieri, adducendo le seguenti motivazioni: «la forza armata di appartenenza non è contemplata nella legge quale presupposto per il riconoscimento del beneficio in oggetto»;
   l'articolo 1917 del citato codice prevede che ai sottufficiali, agli appuntati e ai carabinieri, che cessano dal servizio con diritto a pensione prima del compimento di sei anni di iscrizione al fondo, sono restituiti i contributi obbligatori versati ai fondi previdenziali, di cui all'articolo 1913 maggiorati degli interessi semplici maturati e che le predette somme sono reversibili;
   ai sensi del comma 2 del predetto articolo 1919, la disposizione di cui all'articolo 1917, si applica ai sottufficiali della Marina militare e dell'Aeronautica militare che, iscritti da almeno 6 anni al fondo, sono:
    a) trasferiti nei ruoli del personale civile dell'amministrazione dello Stato;
    b) nominati ufficiale in servizio permanente effettivo, salvo espressa rinuncia limitatamente ai soggetti di cui al comma 3 (...omissis...);

   sulla base di quanto detto, il decreto legislativo n. 66 del 2010, ha evidenziato una disparità tra le forze armate, prevedendo la restituzione delle somme solo ed esclusivamente per i militari della Marina militare e dell'Aeronautica, che transitano nei ruoli civili, «dimenticando» il personale dell'Arma dei carabinieri e dell'Esercito italiano, discriminandoli, ovvero per tutti gli altri militari che sono stati posti in congedo senza diritto alla pensione, avendo tuttavia prestato servizio nella Forza armata per almeno sei anni –:
   se i Ministri interrogati non intendano adottare urgenti iniziative volte a modificare il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, al fine di porre rimedio alla palese difformità di trattamento in riferimento alla erogazione dell'indennità supplementare, di cui all'articolo 1919, e alla restituzione dei contributi obbligatori di cui all'articolo 1917 del medesimo codice, riguardo al personale dell'Arma dei carabinieri e dell'Esercito italiano, all'atto del trasferimento nei ruoli del personale civile dell'amministrazione dello Stato, e riguardo a tutti i militari senza diritto a pensione, quando non iscritti al fondo da almeno sei anni, ciò anche per tutti quei militari che avendo prestato servizio nella Forza Armata per almeno sei anni, sono stati posti in congedo senza diritto alla pensione. (4-17672)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   Poste Italiane spa è una società direttamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze che fornisce servizi logistico-postali, servizi di risparmio, di pagamento, assicurativi e di comunicazione digitale;
   presente su tutto il territorio nazionale, Poste Italiane spa ha assunto negli anni, grazie ai forti investimenti in ambito tecnologico, di sviluppo e di formazione dei suoi circa 143 mila dipendenti, un ruolo sempre più centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese. Ad oggi, con oltre 32 milioni di clienti, è la più grande infrastruttura di servizi italiana;
   l'attenzione all'innovazione, alle persone e soprattutto la rete di uffici presenti sul territorio nazionale sono alla base dei risultati di eccellenza raggiunti da Poste Italiane spa;
   negli ultimi anni si è assistito nel nostro Paese e in Europa ad una serie di riforme del mercato del lavoro, tutte incentrate sulla costante tensione fra efficienza del mercato ed affermazione dei diritti sociali;
   la nuova campagna di recruiting per portalettere di Poste Italiane spa rientrerebbe nel piano assunzioni 2015-2020, che pare preveda la creazione di circa 8 mila posti di lavoro, di cui circa 4 mila per i giovani;
   Poste Italiane spa apre periodicamente (ormai da qualche anno) campagne di recruiting con lo scopo di reclutare portalettere su tutto il territorio nazionale con contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di rispondere alla carenza di personale addetto a tali mansioni. Tale carenza di personale si manifesta molto di più nei periodi delle ferie natalizie ed estive;
   tra gli altri requisiti richiesti per la mansione di portalettere, ci sono il diploma e/o laurea, in particolare il diploma di scuola media superiore con votazione minima di 70/100 e/o la laurea, anche triennale, con votazione minima di 102/110;
   il contratto a termine è tra quelli che negli ultimi tempi ha subito le maggiori trasformazioni che portano a letture diverse e ad interpretazioni che conducono, nella maggior parte dei casi, ad allargare lo spettro decisionale del datore di lavoro;
   tra l'altro ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è consentita l'apposizione del termine di 36 mesi alla durata del contratto di lavoro subordinato, comprensiva di massimo 5 proroghe, fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato;
   dubbi sorgono sull'improprio uso/abuso del contratto a termine che, a giudizio degli interpellanti, è quello riscontrato proprio nel « modus operandi» della società Poste Italiane spa relativamente alle assunzioni pro tempore per portalettere. Infatti, si passa da una prima fase dove il contratto a termine viene utilizzato in forma eccezionale, ad una successiva, quella odierna, della regola. Tale comportamento altro non ha fatto, finora, che creare e reiterare nel tempo il tanto «combattuto» precariato e senza realmente creare nuovi posti di lavoro stabili;
   attualmente i contratti a termine di Poste Italiane spa, per i portalettere, pare non superino i 22/23 mesi complessivi tra proroghe e rinnovi (pur ottenendo valutazioni positive da parte dei responsabili delle risorse degli uffici) e nonostante sia prevista, come da normativa di cui sopra, la possibilità di proroga fino ai 36 mesi –:
   se e quali iniziative intendano assumere affinché Poste Italiane spa riveda i parametri di valutazione dei requisiti richiesti in quanto è assurdo escludere già da una fase iniziale di recruiting, un laureato in qualsiasi disciplina che non abbia una votazione di almeno 102 su 110 o sia in possesso di un diploma con almeno 70/100;
   se si intendano assumere iniziative per assicurare la stabilizzazione del personale con contratto a termine, dando priorità a coloro che hanno maturato già esperienza, conoscenze e competenze, in quanto riassunti più volte attraverso l'utilizzo di proroghe e/o rinnovi, affinché si possa fronteggiare l'oggettiva forte carenza di personale addetto alle mansioni di portalettere.
(2-01920) «Sgambato, Minnucci, Manfredi, Crivellari, Iacono, Coccia, Arlotti, Carella, Censore, Tino Iannuzzi, Capone, Albanella, Cuomo, Impegno, Lattuca, Lodolini, Sbrollini, Pilozzi, Malisani, Ribaudo, Amato, Ascani, Ginoble, Marantelli, D'Ottavio, Lauricella, Misiani, Bargero, Valeria Valente, Capozzolo, Campana, D'Incecco, Carloni, Berretta, Gnecchi, Tidei, Chaouki, Rossomando».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, DALLAI, OLIVERIO, PETRINI, RUBINATO, AMATO, ROMANINI, FABBRI, DE MENECH, GNECCHI, VICO, D'OTTAVIO, MARCO DI MAIO, ROSTELLATO, PATRIARCA, GRIBAUDO, CARRA, COVA, GIOVANNA SANNA e RIGONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n.1303/2013, all'articolo 32, paragrafo 2, precisa che i gruppi di azione locale (Gal) attuano lo sviluppo locale di tipo partecipativo «gestito da gruppi d'azione locali composti da rappresentanti degli interessi socio-economici locali sia pubblici che privati, nei quali, a livello decisionale, né le autorità pubbliche (...) né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49 % degli aventi diritto al voto»;
   il regolamento (UE) n. 1305/2013, articolo 59, paragrafo 5, relativo al Feasr prevede che almeno il 5 per cento dei fondi siano spesi con approccio Leader ed individua nei gruppi di azione locale i soggetti attuatori che:
    sono uno strumento attuativo della politica agricola comune e attuano Leader senza fine di lucro e fuori dall'attività commerciale, offrendo un servizio pubblico di interesse generale fuori mercato in quanto privo di rilevanza economica;
    hanno compagini che comprendono obbligatoriamente portatori di interesse pubblici e privati, tra cui quindi anche comuni (singoli o associati), quale unica modalità per partecipare alla programmazione leader e consentire ai territori rurali di beneficiare dei relativi contributi;
   in diverse regioni il bando pubblico di selezione dei gruppi di azione locale richiedeva obbligatoriamente la forma giuridica societaria;
   detta attività è in pieno svolgimento e, ad esempio, per il solo Piemonte sono in corso investimenti per oltre 66 milioni di euro, ed i fondi stanziati sono soggetti a disimpegno automatico «N+2»;
   il decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 175, «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica» norma la partecipazione dell'ente pubblico alle società e, seppur con fini condivisibili di contenimento spesa pubblica, fissa alcune regole non compatibili con finalità e funzionamento dei gruppi di azione locale come previsto dal regolamento UE n. 1305/2013, quali ad esempio:
    articolo 20, comma 2: razionalizzazione periodica delle partecipate, tra l'altro in caso di:
     fatturato medio del triennio precedente inferiore ad 1 milione di euro (ridotto in via transitoria a 500 mila euro);
     numero amministratori superiore al numero dipendenti;
    articolo 17: percentuale minima del 30 per cento di partecipazione privata alla società con scelta del socio privato attraverso procedura pubblica;
   l'articolo 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, al comma 6, recita «È fatta salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione dell'articolo 34 del regolamento (CE) n.1303/2013 (...)»;
   l'articolo 24 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica commi 1 e 2, recita «Le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del presente decreto in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'articolo 4, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all'articolo 20, comma 2, sono alienate o sono oggetto delle misure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2. A tal fine, entro il 30 settembre 2017, ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni (...);
   la formulazione dubbia dell’«Ovvero» genera grande incertezza inducendo alcuni segretari e revisori di comuni/unioni di comuni a ritenere che la revisione straordinaria debba includere anche i gruppi di azione locale, cosa che di fatto ne bloccherebbe le attività che sono già in fase operativa avendo già bandi pubblicati o in corso di pubblicazione –:
   se, nella consapevolezza che la situazione non è risolvibile con ipotesi di modifiche societarie, non ritenga urgente assumere iniziative per chiarire con una circolare, o con altro strumento, che ai sensi dell'articolo 4, comma 6, del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica i gruppi di azione locale non sono coinvolti:
    a) dalla revisione straordinaria di cui all'articolo 24 dello stesso Testo unico;
    b) dalla razionalizzazione periodica di cui all'articolo 20 del citato testo unico (avendo i gruppi di azione locale il requisito del comma 2 lettera a);
    c) dall'applicazione delle norme dell'articolo 17 del Testo unico, essendo servizio di interesse generale non economico (Sineg) il servizio erogato dai gruppi di azione locale relativamente a Leader, al fine di non compromettere il lavoro finalizzato allo sviluppo dei territori, in avanzato stato di attuazione, e che siffatti vincoli rischierebbero di compromettere. (5-12085)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAL MORO, D'ARIENZO, ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti segnalano la grave situazione venutasi a creare alla casa di riposo – Ipab Benedetto Albertini del comune di Isola della Scala (Verona);
   per la quarta volta in quattro anni la regione Veneto commissaria in continuità la casa di riposo, senza aver trovato una soluzione definitiva alla conduzione economica e gestionale dell'Istituto;
   nel frattempo, mentre i familiari segnalano l'assenza di una dirigenza costante e presente, la regione Veneto cambia gestione alla media di un commissario all'anno, senza dare continuità commissariale creando disagi nei rapporti tra gli operatori e le famiglie;
   nell'attuale situazione nulla è dato sapere con precisione rispetto ai piani di rientro con gli istituti previdenziali, ai piani di finanziamento con gli istituti di credito, alla situazione futura dei dipendenti;
   in consiglio comunale, nonostante le puntuali e precise richieste presentate più volte dai consiglieri Alessandro Meneghelli e Luciano Mirandola da ultimo proprio nella seduta del 31 luglio 2017, vengono costantemente date informazioni generiche ed astratte, che non spiegano cosa stia in concreto accadendo nella casa di riposo;
   a quanto consta agli interroganti, il sindaco del comune di Isola della Scala Stefano Canazza nell'ultima seduta consiliare del 31 luglio 2017, avrebbe fatto riferimento alla richiesta presentata dall'Ipab Albertini di godere della «rottamazione» delle cartelle esattoriali attivata dal Governo Renzi;
   l'accesso a tale procedura permetterebbe di alleggerire la situazione debitoria dell'ente, con notevoli positive ripercussioni in tema di rilancio del medesimo;
   neanche su questo fronte sono giunte risposte certe, in quanto né il sindaco né l'assessore ai servizi sociali, Sandra Mantovani, dipendente della struttura, hanno riferito sull'esito di tale richiesta;
   entro il 31 luglio 2017 si chiudeva il termine per il deposito della prima rata per godere della «rottamazione» delle cartelle, condizione per non decadere dalla facoltà di ridurre i debiti con l'erario;
   nelle more di questa grave situazione, i dipendenti si fanno in quattro per garantire la dovuta assistenza e gli ospiti versano le loro rette;
   a quanto risulta agli interroganti, non giungono notizie sull'approvazione neppure del bilancio consuntivo 2016 e preventivo 2017;
   si assiste al perdurante silenzio della giunta regionale Veneta e del suo presidente Luca Zaia e del suo assessore Manuela Lanzarin –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e, in particolare, alla situazione debitoria nei confronti dell'erario della citata istituzione pubblica di beneficenza e assistenza e agli adempimenti fiscali necessari per procedere alla definizione agevolata delle cartelle esattoriali, alla luce delle criticità gestionali e finanziarie sopra evidenziate. (4-17619)


   VILLAROSA e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli eventi di natura sismica del 13 e 16 dicembre 1990, con epicentro verificatosi nel golfo di Augusta, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha predisposto la sospensione degli adempimenti e i versamenti tributari e contributivi per gli anni 1990-1992 per tutti coloro che risultavano residenti, prima di tale data, nei comuni interessati dal tragico evento, nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa, e anche per coloro che svolgevano, nell'area degli stessi comuni e alla stessa data, un'attività industriale, commerciale, artigiana e agricola, ancorché residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse;
   l'articolo 138 della legge n. 388 del 2000 ha consentito la sospensione del versamento delle imposte relative al triennio ’90-’92 con possibilità di versare l'importo rateizzato;
   l'articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, ha consentito il versamento del 10 per cento dei contributi sospesi nel triennio 1990-1992, con possibilità di rateizzazione;
   il 9 ottobre 2006 l'Agenzia delle entrate, direzione regionale Sicilia, annunciava, a mezzo stampa, l'intenzione di sospendere in autotutela gli effetti delle cartelle di pagamento notificate ai contribuenti interessati dal sisma del 1990;
   con numerose pronunce, la Corte di cassazione ha stabilito che il beneficio della riduzione al 10 per cento spetta sia a chi non ha ancora pagato, sia a chi ha già pagato, attraverso il rimborso di quanto versato, ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, purché l'istanza di rimborso sia stata presentata entro il 31 marzo 2012;
   le commissioni tributarie di Catania, Ragusa e Siracusa hanno ripetutamente confermato, ad ogni ricorso quanto stabilito dalla Corte di cassazione, ordinando all'Agenzia delle entrate di rimborsare quei contribuenti che avevano instaurato un contenzioso e presentato l'istanza entro i termini previsti;
   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03840 del 5 marzo 2014 si chiedeva al Ministro dell'economia e delle finanze di intervenire, affinché ogni contribuente interessato ricevesse quanto dovuto per legge;
   la legge di stabilità 2015, all'articolo 1, comma 665, ha previsto che i soggetti colpiti dal sisma del 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato e con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri di assegnazione dei predetti fondi;
   con l'interrogazione n. 5-04610 del 5 febbraio 2015, si chiedeva di accelerare la procedura di emanazione del decreto, senza però aver ricevuto ad oggi risposta;
   in data 10 settembre 2015, rispondendo all'interrogazione n. 5-06331 il sottosegretario per l'economia e le finanze delegato pro tempore, ribadiva non essere necessaria l'emanazione di un decreto di assegnazione dei fondi, in quanto le disposizioni contenute nel comma 665 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 sono immediatamente operative e la effettuazione dei rimborsi non è condizionata all'adozione del predetto decreto;
   la Corte di Cassazione, con le sue ultime sentenze, ha sancito che la norma introdotta con la legge finanziaria 2015, avente efficacia retroattiva, abbia definitivamente risolto i contrasti applicativi ed interpretativi delle norme precedentemente emanate dal legislatore;
   il primo firmatario del presente atto personalmente ha chiesto informazioni (telefonicamente) alla sede di Ragusa/Modica dell'Agenzia delle entrate e, non ricevendo alcuna risposta, ha inoltrato una richiesta per iscritto inviando due Pec una in data 24 luglio 2017 e un'altra, di sollecito, in data 1o agosto 2017, entrambe senza risposta –:
   quali iniziative intenda immediatamente adottare affinché si concretizzi efficacemente quanto disposto dall'articolo 1, comma 665, della legge di stabilità 2015 facendosi promotore dell'immediata attuazione di tali disposizioni normative ai fini della positiva soluzione della questione. (4-17628)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   sul Foglio del 24 giugno 2017 è stato pubblicato un articolo a firma di Renzo Rosati e dal titolo «Uno spettro s'aggira ancora per l'Italia. È quello dell'Iri» in cui è riportata, a proposito dell'ipotesi di un «nuovo» Iri, una dichiarazione del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, secondo cui «la differenza la fanno le indicazioni che le aziende ricevono dall'azionista-Stato;
   devono avere un senso e un'utilità per tutto l'azionariato, non solo per il Tesoro. Prendiamo le due Ansaldo, la Energia e Sts. La prima, passata nel 2013 dall'allora Finmeccanica alla Cassa depositi e prestiti è stata ceduta per il 40 per cento a Shanghai Electric. La maggioranza è rimasta in Italia, e il gruppo, che è tra i leader mondiali nelle turbine, fa utili e impiega 4.500 persone. Un'operazione di buona politica industriale. Ansaldo Sts e Ansaldo Breda, sono invece passate nel 2015 a Hitachi. Non certo un esempio di politica ancillare ai privati: lo stabilimento ex Breda, oggi Hitachi Rail di Reggio Calabria, oggi è considerato un gioiello, l'intera azienda è in salute e quotata in borsa. In entrambi i casi l'obiettivo di portare l'economia italiana a un maggiore livello di competitività è stato raggiunto. È qualcosa di molto diverso rispetto a certe partecipazioni statali del passato. Sintetizzando, direi che il compito del Governo è dare indirizzi e lasciare ai manager la responsabilità di realizzarli. Difendere questo diaframma tra politica e management è fondamentale»;
   sulla situazione dell'Ansaldo Sts o, meglio, sugli accordi sottoscritti da Hitachi e Finmeccanica il 24 febbraio 2015, aventi ad oggetto la cessione a Hitachi da parte di Finmeccanica, della partecipazione di maggioranza in Ansaldo STS, l'interrogante aveva presentato, in data 2 febbraio 2016, un'interpellanza urgente a cui aveva dato risposta il viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando;
   nella risposta è stato ricordato che, a seguito delle istanze di aumento del prezzo dell'offerta presentate da tre azionisti di minoranza dell'Ansaldo, la Consob ha aperto un'istruttoria ad esito della quale è stato rettificato in aumento il prezzo dell'offerta, da euro 9,50 a euro 9,899;
   nella risposta il viceministro ammetteva che «la Consob, nell'ambito dell'istruttoria e stante il carattere unitario dell'operazione, che ha portato il venditore a cedere a Hitachi contestualmente la partecipazione di maggioranza e il ramo d'azienda, ha accertato l'esistenza di una collusione tra Hitachi e Finmeccanica, volta a riconoscere al venditore un corrispettivo più elevato rispetto a quello dichiarato dall'offerente». Una collusione «tale da mettere a rischio i diritti delle minoranze» –:
   se il Governo intenda fare chiarezza una volta per tutte sulla situazione di Ansaldo Sts, alla luce delle recenti dichiarazioni del Ministro per la coesione territoriale e per il Mezzogiorno di cui in premessa che appaiono in contrasto con quanto riferito dal viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, in risposta all'interpellanza urgente sopra richiamata, in cui faceva riferimento alla cessione di Ansaldo Sts da parte di Finmeccanica ad Hitachi giudicata dalla Consob come un'operazione che portò con se una vera e propria collusione tra venditore ed acquirente a danno degli azionisti di minoranza. (4-17687)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2017 alcuni articoli di stampa hanno riferito dell'intenzione della direzione interregionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di trasferire la sede dell'ufficio dogane di Rimini dall'attuale sede, che si trova presso il presso il Centro agro-alimentare riminese (Caar), ad una nuova sede presso l'istituto Inail di via Melozzo da Forlì, nel centro della città;
   la società «Centro Agro-Alimentare riminese s.p.a. consortile» fa parte della cosiddetta «pubblica amministrazione allargata» in quanto è società a partecipazione maggioritaria pubblica (oltre il 90 per cento delle azioni è di proprietà pubblica: comune di Rimini 59,31 per cento, camera di commercio 15,97 per cento, regione Emilia Romagna 11,04 per cento, provincia di Rimini 2,65 per cento, è tenuta al rispetto dei principi propri della pubblica amministrazione, in materia di trasparenza, anticorruzione, selezione del personale, contenimento del numero e dei costi del personale, appalti e rientra nella cosiddetta «area di consolidamento» del comune di Rimini;
   il 29 agosto 2017 il direttore interregionale dell'Agenzie delle dogane e dei monopoli dottor Sergio Ciardiello ha affermato ufficialmente in una lettera al Caar, e per conoscenza al sindaco di Rimini e presidente della provincia e al presidente della camera di commercio, l'intenzione di spostare l'ufficio delle dogane di Rimini;
   le motivazioni vengono individuate nella normativa in materia di razionalizzazione degli spazi e di contenimento della spesa pubblica nello specifico settore delle locazioni passive;
   il direttore interregionale, dottor Ciardiello, afferma che, dopo aver accertato che nel comune di Rimini non ci sono idonei immobili di proprietà demaniale, è stato individuato un immobile di proprietà dell'Inail, confacente alle esigenze dell'ufficio;
   la lettera non specifica a quanto ammonterebbe il canone di locazione di tale immobile, mentre è noto il costo di locazione annuale dell'attuale sede comprensiva di piazzali presso il Caar, pari a 48 mila euro, il più basso di tutta la regione, e ridotto di oltre l'11 per cento nel 2016;
   il presidente della provincia e sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, unitamente al presidente della camera di commercio di Forlì-Cesena e Rimini ha già manifestato in una lettera all'Agenzia delle dogane la propria preoccupazione e il proprio totale disaccordo sull'ipotesi di trasferimento;
   l'attuale sede delle dogane presso il Caar gode infatti di numerose peculiarità, come la vicinanza al casello autostradale di Rimini Nord, viabilità di accesso adeguata e che non interferisce con la viabilità locale; piazzali di manovra e di sosta attrezzati per i veicoli, anche di grandi dimensioni ed attrezzati con tettoia per le operazioni di ispezione doganale, sistemi automatici di apertura, servizi igienici, servizio di apertura da portineria h24;
   la sede individuata in via Melozzo da Forlì, al contrario, sarebbe lontana da ogni possibile area di sosta dei tir e la mancanza di piazzali attrezzati creerebbe quasi sicuramente disagi e disservizi ad utenti ed operatori;
   nelle scorse settimane il Sottosegretario Paola De Micheli ha incontrato i vertici dell'Agenzia delle dogane per acquisire informazioni sui termini della questione –:
   se il Governo intenda acquisire tutte le informazioni necessarie sull'eventuale trasferimento dell'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Rimini;
   quale sia il canone di locazione annuale previsto nell'ipotesi di un trasferimento del suddetto ufficio nell'immobile dell'Inail e quindi quale risparmio di spesa pubblica potrebbe derivarne;
   se intenda attivarsi per vagliare la possibilità di promuovere un rinnovo del contratto di locazione stipulato dall'Agenzia delle dogane per mantenere la sede dell'ufficio presso il Caar, eventualmente anche a condizioni economiche migliori rispetto a quelle attuali. (4-17689)


   LO MONTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno 2017 è scaduto il termine entro il quale Riscossione Sicilia spa avrebbe dovuto comunicare ai contribuenti aderenti all'operazione «rottamazione» delle cartelle esattoriali l'importo delle somme dovute quale prima o unica rata in scadenza;
   è scaduto, altresì, il termine del 31 luglio entro cui si sarebbero dovuti effettuare i primi versamenti;
   a numerosi contribuenti residenti in Sicilia, come evidenziato anche dalla stampa locale, non sono pervenute o sono state consegnate tardivamente le comunicazioni relative al pagamento di quanto dovuto;
   la richiesta di una proroga, per Riscossione Sicilia, della riapertura dei termini per la «rottamazione» delle cartelle esattoriali, visti i disagi ed i ritardi di cui sopra è arrivata da più parti al fine di consentire a tutti coloro che hanno presentato l'istanza di avvalersi dei benefici derivanti dalla definizione agevolata e di prevenire il sorgere di un prevedibile e non auspicabile contenzioso;
   con riferimento ai disagi di cui sopra, si deve rilevare che i problemi sembrano derivare proprio dal servizio online «ContiTu», attivato tramite il sito dell'Agenzia delle entrate che, per cause imputabili a Riscossione Sicilia, non ha funzionato in modo ottimale in modo da permettere al contribuente di valutare se e come ridurre l'importo della prima rata o dell'unica rata, scegliendo quali, tra le cartelle rottamate, inserire nella rateizzazione;
   tutto ciò non è stato possibile in Sicilia per motivi ascrivibili a Riscossione Sicilia. Proprio i contribuenti siciliani sono stati costretti a fare la fila presso gli sportelli, anziché fruire del servizio attivato per chi nel resto d'Italia ha avuto a che fare con Equitalia. La disparità di trattamento è evidente. Per questa ragione si chiede una proroga della scadenza della prima rata o unica rata di 30 giorni –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere, per quanto di competenza, al fine di una riapertura dei termini di pagamento della rata relativa all'istanza di definizione agevolata dei ruoli esattoriali, ripristinando, per il tramite dell'Agenzia delle entrate, il servizio online sul sito di Riscossione Sicilia e garantendo, altresì, l'attivazione delle procedure di addebito bancario a chi ne aveva fatto tempestivamente richiesta. (4-17694)


   MELILLA, SCOTTO, RICCIATTI, QUARANTA, SANNICANDRO, PIRAS, KRONBICHLER, NICCHI, ZARATTI e FERRARA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati del rendiconto generale dello Stato, dal 2007 ad oggi, sono arrivati dai risparmi «dimenticati» da persone scomparse oltre 2 miliardi di euro al capitolo 3382 del bilancio dello Stato;
   gli istituti di credito italiani devono infatti versare allo Stato gli importi dei cosiddetti rapporti «dormienti» di polizze, conti correnti, assegni, libretti di risparmio non movimentati per 10 anni;
   la norma fu introdotta su iniziativa dell'ex Ministro Tremonti per far incassare dallo Stato i famosi conti dimenticati dagli italiani;
   le cifre incamerate in questi 10 anni sono notevoli e assommano ogni anno a centinaia di milioni di euro;
   le banche non sono tenute ad avvisare i legittimi eredi, che sono del tutto ignari, per motivi disparati, dei depositi bancari dei loro parenti scomparsi, in quanto non hanno lasciato disposizioni testamentarie sulle proprie volontà;
   è palese la violazione del diritto dei legittimi eredi di avere le somme a loro spettanti;
   la Consap, la società del Ministero dell'economia e delle finanze che ha il compito di gestire i rimborsi, ha restituito una minima parte delle suddette somme agli eredi che dopo 10 anni ne hanno fatto richiesta –:
   se non ritenga doveroso assumere una iniziativa volta a rimuovere le cause che determinano il fenomeno negativo dei conti «dormienti», prevedendo soluzioni che permettano di avvisare le persone titolari o gli eredi dei conti medesimi.
(4-17730)


   MELILLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Chieti ha recentemente chiesto e ottenuto una proroga delle indagini penali nei confronti degli ex commissari inviati dalla Banca d'Italia per salvare la Cassa di Risparmio di Chieti nel 2015;
   la CariChieti aveva 90 mila clienti ed un radicamento storico nella economia della provincia di Chieti, tra le più dinamiche del Mezzogiorno;
   il commissariamento si è concluso con il dissesto e la CariChieti è stata messa in risoluzione insieme ad altre banche italiane;
   gli azionisti (Fondazione in gran parte) hanno perso tutto, così come le obbligazioni subordinate per 27 milioni di euro, rifilate anche a risparmiatori ignari, sono andate tutte in fumo; la sentenza del giudice fallimentare di Chieti Valletta sostiene che la CariChieti non era insolvente ma lo è diventata solo dopo la liquidazione coatta amministrativa quando le attività sono state cedute alla nuova CariChieti e a far scattare la risoluzione sono state le gravi perdite scaturite durante il commissariamento per le rettifiche del valore netto dei crediti;
   nel periodo del commissariamento sono state alzate le coperture sui crediti deteriorati a livelli elevati, al 54,5 per cento, Contro una media del sistema del 45,5 per cento, per 212 milioni di euro;
   fallita la CariChieti un ex commissario è stato nominato nel consiglio di gestione della CariChieti in liquidazione, e un altro ex commissario dopo 6 mesi da amministratore delegato della nuova CariChieti, è andato a guidare la REV spa, la società a cui sono stati ceduti a prezzi stracciati i crediti inesigibili di CariChieti, da vendere al migliore offerente –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza, anche normativa intenda assumere, nel quadro complessivo della crisi attraversata dal sistema bancario italiano, per tutelare i risparmiatori ed evitare ogni possibile ed eventuale conflitto di interessi. (4-17741)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


  PARISI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e VEZZALI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra l'11 e il 12 agosto 2017 in una discoteca di Lloret de Mar, nota località turistica catalana, il giovane Niccolò Ciatti veniva brutalmente aggredito da tre ceceni, residenti in Francia con lo status di richiedenti asilo. A seguito delle violenze subite il ragazzo italiano entrava in coma e perdeva la vita dopo poche ore;
   i responsabili delle violenze sono stati individuati dalla polizia spagnola, ma solo uno, Rassoul Bissoultanov, 24 anni, colui che ha sferrato il calcio alla testa presumibilmente letale, è stato trattenuto in stato di fermo, mentre gli altri due, Khabiboul Khabatov, 20 anni, e Mosvar Magamadov, 26 anni, dalle immagini di un video diffuso dalle autorità chiaramente attivi nel difendere il Bissoultanov dai tentativi di fermarne la violenza, permettendogli così di continuare nell'azione omicida, sono stati scarcerati dopo due giorni;
   il Bissoultanov ha reso piena confessione ai magistrati, con conseguente capo d'accusa di omicidio intenzionale, mentre i due amici coinvolti nell'aggressione, indagati per omicidio, sono stati scarcerati e hanno fatto ritorno in Francia. Solo per uno di questi c’è il divieto di uscire dall'area Schengen;
   anche la procura di Roma ha aperto un'inchiesta sull'omicidio di Niccolò Ciatti, autonoma e parallela rispetto a quella condotta dalla magistratura spagnola;
   secondo notizie di stampa nei giorni scorsi il legale di Bissoultanov avrebbe presentato un ricorso al fine di valutare l'esigenza di permanenza in carcere;
   la legislazione italiana prevede l'istituto dell'estradizione, disciplinato dalla legge penale processuale – agli articoli da 720 a 722 – e dalle convenzioni internazionali. Nello specifico, il citato articolo 720, ai primi due commi norma l'estradizione attiva, affidandone la facoltà di richiederla al procuratore generale presso la corte d'appello dove si è proceduto o direttamente al Ministro della giustizia. Lo stesso articolo, al comma 5, prevede che il Ministro della giustizia possa disporre, al fine di estradizione, le ricerche all'estero dell'imputato e domandarne l'arresto provvisorio –:
   se la procura generale presso la corte d'appello di Roma o il Ministro interrogato abbiano presentato o intendano presentare domanda di estradizione per i tre imputati dell'omicidio di Niccolò Ciatti e se sia a conoscenza di richieste di rinvio a giudizio da parte degli inquirenti spagnoli nei confronti dei tre giovani ceceni. (3-03224)


  POLVERINI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   secondo un avviso del 26 luglio 2017 apparso sul sito del Ministero della giustizia, è stata pubblicata la graduatoria della selezione interna per la copertura di 1.148 posti dell'area terza, figura professionale del funzionario giudiziario, mediante passaggio dall'area seconda, figura professionale del cancelliere, ai sensi dell'articolo 21-quater del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, e la procedura di selezione interna per la copertura di 622 posti dell'area terza, figura professionale del funzionario Unep, mediante passaggio dall'area seconda, figura professionale di ufficiale giudiziario ai sensi della predetta legge;
   il personale risultato idoneo in graduatoria ammonta, escludendo i candidati risultanti vincitori, rispettivamente a 3.487 cancellieri e 418 ufficiali Unep;
   in data 8 agosto 2017, sul sito del Ministero della giustizia, nella sezione relativa alle progressioni ex articolo 21-quater, all'argomento «FAQ» dell'8 agosto 2017, nella risposta alla domanda n. 5, si afferma che «come previsto dall'articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2016, lo scorrimento delle graduatorie potrà essere eseguito a seguito di nuove assunzioni di personale nello specifico profilo professionale, per un numero di posizioni corrispondenti a tali nuove assunzioni cui, per espressa previsione normativa, sono equiparati i nuovi ingressi per mobilità»;
   tale posizione ministeriale determinerebbe un'indefinita attesa subordinata a nuove assunzioni attraverso «gli ingressi per mobilità», il cui importo numerico, necessario per lo scorrimento della graduatoria, comporterebbe l'ingresso di un ragguardevole numero di 3.905 unità dalla mobilità, la cui tempistica e l'eventuale frazionamento delle stesse non è dato sapere, ma è prevedibile non sia nell'immediato;
   ciò provoca ad avviso dell'interrogante l'ingiusta permanenza in una sorta di «limbo» degli idonei, che da anni attendono una progressione alla figura superiore, a fronte del fatto che lo stesso articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2016 nulla dice sul fatto che per lo scorrimento della graduatoria si debba attendere l'ingresso di altrettante unità dall'esterno, ben potendosi effettuare, successivamente, nel rispetto degli importi percentuali stabiliti;
   il comma 5 del citato articolo 21-quater autorizza la spesa nel limite di euro 25.781.938 a decorrere dall'anno 2016, somma sufficiente a sostenere i costi per un rapido scorrimento della graduatoria –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire i termini della vicenda esposta in premessa e, per quanto di specifica competenza, quali iniziative intenda adottare per procedere ad un immediato scorrimento della graduatoria ex articolo 21-quater, comma 2, decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83. (3-03225)


  RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ha introdotto nell'ordinamento penale un nuovo istituto giuridico: la non punibilità per particolare tenuità dell'offesa, applicabile a tutti quei reati per cui è prevista la sola pena pecuniaria o la pena detentiva fino a cinque anni, sia che le due tipologie siano congiunte sia qualora previste in modo distinto, secondo taluni criteri di valutazione: la modalità della condotta, l'esiguità del danno o pericolo e la mancanza di abitualità nel comportamento dell'offensore;
   è evidente che si tratta di una depenalizzazione dei reati, che genera una sfiducia diffusa nell'opinione pubblica in tema di sicurezza e di certezza della pena;
   è il caso, ad esempio, della sentenza della Corte di cassazione di assoluzione per tenuità del fatto di un clochard che ha trovato riparo in abitazione altrui: «non merita di essere condannato chi, in condizioni di emarginazione e miseria, vive per la strada (...) se per ripararsi dal freddo si introduce nelle abitazioni altrui, o nelle pertinenze di appartamenti e villette, per non passare la notte all'addiaccio»;
   con tale orientamento, che appare agli interroganti assolutamente discutibile, la Corte di cassazione ha annullato la condanna a tre mesi e dieci giorni di reclusione inflitta dalla corte di appello di Brescia nel giugno 2015 ad uno straniero dell'Est Europa, Ion T. 36 anni, dopo che l'uomo era finito sotto processo – e neanche per la prima volta – per essersi introdotto nell'abitazione di Luca G., a Desenzano del Garda (Brescia), la sera del 24 novembre 2014;
   è stata dunque accolta, contro ogni ragionevolezza, la tesi difensiva dell’homeless, nonostante la procura avesse chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
   secondo gli ermellini, «(...) le particolari circostanze di miseria e di emarginazione e la considerazione dei motivi a delinquere attinenti al reperimento di un alloggio notturno, escludenti una spiccata capacità a delinquere (...) giustificano ampiamente la valutazione di particolare tenuità del fatto»;
   invero, andrebbe considerato anche che si tratta di un caso – come sottolineato da vari organi di stampa – di reiterazione del reato di violazione di domicilio –:
   se e quali iniziative, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali, intenda adottare alla luce degli eventi sopra richiamati, affinché sia garantito il diritto costituzionalmente sancito dell'inviolabilità del domicilio e della tutela e sicurezza delle abitazioni private, nonché la punibilità del reato di violazione di domicilio indipendentemente dalla condizione soggettiva di chi delinque. (3-03226)

Interrogazione a risposta orale:


   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI, MANZI, FRAGOMELI, SCHIRÒ, PRINA, NARDUOLO, LENZI, AMATO, CINZIA MARIA FONTANA, SCUVERA, VENITTELLI, CARRA, ROSSI, MINNUCCI, ALBANELLA, FABBRI, TIDEI, AMODDIO, IORI, GRASSI, PATRIARCA, PAOLA BOLDRINI, MONTRONI, GALPERTI, ZAN e PIAZZONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 23 dicembre 1984, verso le 19, un ordigno di matrice mafiosa ha provocato l'esplosione del treno rapido n. 904 che procedeva da Napoli in direzione Milano, all'interno del tunnel della Grande galleria dell'Appennino, in località Vernio. L'esplosione ha causato 16 morti e oltre 260 feriti;
   tra le vittime anche Susanna Cavalli, originaria di Gaiano di Collecchio, e Pier Francesco Leoni di Parma, giovanissimi fidanzati che si trovavano su quel treno in ritorno da un pellegrinaggio in Vaticano. In memoria dei due, ogni anno, l'amministrazione comunale di Collecchio promuove una cerimonia di commemorazione molto partecipata presso il famedio eretto all'interno del cimitero frazionale di Gaiano;
   l’iter processuale a carico degli esecutori della strage è iniziato il 25 febbraio 1989 presso la corte d'assise di Firenze e si è concluso il 14 marzo 1992, dopo la ripetizione del processo d'appello ordinato dalla Corte di cassazione, con la conferma degli ergastoli per Giuseppe Calò, Guido Cercola e le condanne di Franco Di Agostino a 24 anni e di Friedrich Schaudinn a 22. Ad Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e Giuseppe Misso sono state comminate condanne minori;
   il 27 aprile 2011 la direzione distrettuale antimafia di Napoli ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss mafioso Salvatore Riina, con l'accusa di essere il mandante della «strage del Natale 1984». Il processo di primo grado ha preso avvio a Firenze il 25 novembre 2014 e si è concluso il 14 aprile 2015 con l'assoluzione di Riina per mancanza di prove. Contro la sentenza di assoluzione è stato presentato appello dalla procura;
   secondo quanto riferito nei giorni scorsi dalla stampa, a causa dell'imminente pensionamento del presidente della terza sezione della corte d'assise d'appello di Firenze, Salvatore Giardina, le udienze del processo sarebbero state rinviate a data da destinarsi, scatenando la comprensibile indignazione dei familiari delle vittime e dell'opinione pubblica, in particolare quella delle comunità di Collecchio e di Parma per il legame con le due giovani vittime ricordate all'inizio della premessa;
   intervistato dal quotidiano «La Repubblica» il giudice Giardina ha attribuito alla recente riforma dell'articolo 603 del codice di procedura penale il dilungarsi dei tempi del dibattimento, tanto da non renderli compatibili con la sua permanenza in servizio fino all'imminente pensionamento;
   la stampa ha riferito che, per far luce sulle circostanze del rinvio, il Ministro della giustizia avrebbe richiesto al tribunale di Firenze una «dettagliata relazione» –:
   quali siano le iniziative effettivamente promosse dal Ministro interrogato in relazione al rinvio, a data da destinarsi, del dibattimento volto ad accertare le responsabilità dei mandanti della strage del rapido 904 e quali, in ogni caso, intenda porre in essere, per quanto di competenza, al fine di agevolare l'accertarsi della verità sugli eventi di stampo mafioso occorsi nel dicembre 1984.
(3-03220)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   desta forte preoccupazione il numero di detenuti in permesso premio che non rientrano negli istituti penitenziari;
   da ultimo si è assistito ad una ulteriore evasione dal carcere, come risulta da un comunicato del sindacato di polizia penitenziaria O.S.A.P.P. (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria); in tal senso la dichiarazione del segretario generale Leo Beneduci del 7 agosto: «... dopo le evasioni di Torino, ieri è successo che alla Casa Circondariale di Cremona un detenuto non ha fatto rientro in istituto. Un ristretto di nazionalità cilena era uscito dal carcere perché autorizzato alla fruizione del permesso premio. Ebbene al momento del rientro nel penitenziario Cremonese, ha fatto perdere le sue tracce. Scattate le ricerche, tuttora vane ...»;
   il segretario generale Leo Beneduci, inoltre, prosegue nel comunicato stampa in parola riferendo che «Non si può assistere inermi dinanzi al fenomeno delle carceri «colabrodo» in cui l'unica occasione certa è quella di darsi alla fuga»; questo è stato il primo duro commento del leader dell'O.S.A.P.P., che insiste: «Siamo alla deriva istituzionale e questo è inaccettabile, per rispetto delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziario, degli operatori penitenziari e di coloro che credono nella dignità dell'esecuzione penale che non può avere questi esiti beffardi»;
   è evidente che si è difronte ad una situazione grave che desta enorme allarme sociale nell'opinione pubblica e pregiudica gravemente la sicurezza dei cittadini che in questo modo ritengono il sistema non in grado di «proteggerli»;
   gli episodi sopra citati evidenziano e attestano il degrado in cui versano le istituzioni penitenziarie, poiché il premiare i detenuti, quale che ne sia la pericolosità, non solo svilisce il lavoro svolto dalle forze dell'ordine e dei poliziotti penitenziari, del tutto abbandonati a sé stessi, ma fa ricadere, in ultimo, sugli inermi cittadini le conseguenze delle disfunzioni del sistema carcerario –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza, anche di natura emergenziale, intenda adottare, alla luce degli eventi sopra richiamati. (4-17648)


   PAGLIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal 1984 è stata istituita con nuova edificazione la casa circondariale Le Sughere di Livorno;
   a distanza di 33 anni, la struttura si trova in una condizione di incredibile disfacimento strutturale, al punto che due interi padiglioni sono stati dichiarati inagibili nel 2011 e da allora abbandonati, così come la palazzina destinata all'alloggio del personale penitenziario, alloggiato in locali messi a disposizione dalla Curia e addirittura in un container;
   non migliori sono le condizioni ambientali in alcune delle aree attualmente utilizzate, con grave pregiudizio delle condizioni di vita e di lavoro delle persone recluse e impiegate;
   si segnala in particolare la condizione delle docce in un'ala del carcere destinata a oltre 60 detenuti, da più di due mesi priva di docce, dopo che la locale Asl ne ha disposto la chiusura, per evidente inadeguatezza igienico-sanitaria.
   da allora per lavarsi le persone ristrette devono essere ogni mattina accompagnate in un'ala della casa separata da quella dove sono collocate, con le ovvie e inaccettabili problematiche a cui sono costrette loro stesse e gli agenti penitenziari;
   a quanto risulta all'interrogante, ad oggi e contro ogni logica non sarebbe ancora stata disposta alcuna opera di manutenzione e di recupero degli spazi doccia originari;
   altra situazione che deve essere evidenziata è quella degli ambienti di confezionamento dei pasti;
   ad oggi è in utilizzo una cucina evidentemente priva di qualsiasi requisito minimo di sicurezza, al punto che più volte si sono verificati incidenti sul lavoro;
   gli stessi agenti di guardia hanno a disposizione una stanza lontana dall'ingresso dell'ambiente e privo di finestre, con i rischi immaginabili;
   ad aggravare la situazione è la presenza da due anni di una nuova cucina perfettamente attrezzata, con strumentazione del valore di centinaia di migliaia di euro, inutilizzabile per carenze nella realizzazione dei pilastri di sostegno;
   anche in questo caso, nonostante le ripetute segnalazioni, non si è provveduto a disporre gli opportuni lavori di consolidamento che permetterebbero di utilizzare un patrimonio già disponibile, e quindi di migliorare sensibilmente la qualità della vita nella struttura;
   ad aggravare questa situazione è lo stato del personale impiegato, sensibilmente inferiore nel numero rispetto a quanto previsto e in calo sugli ultimi anni;
   in particolare, si deve sottolineare come attualmente siano presenti nella struttura due sole educatrici, a fronte di 246 detenuti, di cui 153 definitivi –:
   se si sia provveduto a promuovere un'indagine interna ed, eventualmente, una formale segnalazione dei fatti alla magistratura, a fronte di un'usura della struttura che appare difficilmente compatibile con lavori a regola d'arte;
   se sia a conoscenza della necessità di interventi di manutenzione straordinaria urgenti, in particolare nei locali docce e cucina, e come intenda adoperarsi per garantire la loro celere realizzazione;
   se come intenda intervenire per ripristinare una presenza di personale sufficiente a garantire il corretto funzionamento dei servizi interni. (4-17663)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 2010 per sopperire alla carenza di personale amministrativo negli uffici giudiziari, si è ricorso ai tirocini formativi e di orientamento, previsti dal decreto n. 142 del 1998 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, utilizzando lavoratori disoccupati, in cassa integrazione, in mobilità, over 40 e over 50, la cui formazione professionale è stata da sempre quella a norma dell'articolo 37, comma 11, del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, articolo che è stato poi modificato dall'articolo 1, comma 25, lettera c), della legge n. 228 del 2012 e successivamente dall'articolo 1, comma 344, della legge n. 147 del 2013. Le persone coinvolte in tale provvedimento sono arrivate ad essere nel 2012 circa 3.400, fino al 2015, quando una discutibile selezione le ha ridotte a circa 2.500 unità;
   nello stesso anno, con decreto del 20 ottobre, il Ministero della giustizia ha indetto una procedura di selezione per 1.502 tirocinanti, per un ulteriore periodo di perfezionamento di dodici mesi. Su 2.500 partecipanti soltanto 1.115 tirocinanti hanno firmato il patto formativo;
   quindi, il decreto non ha neanche garantito l'accesso al perfezionamento a tutte le persone previste dalla procedura di selezione, escludendone di fatto 1.387 in totale;
   inoltre, risulta inevaso quanto disposto dall'articolo 12 dello stesso provvedimento che preannunciava l'emanazione di un successivo decreto, nel caso non fossero stati assegnati tutti i posti;
   interrogato a questo proposito, il Governo non ha voluto dare spiegazioni, come si evince dalla risposta data al question time (n. 3/02389) del 13 luglio 2016;
   i 1.387 tirocinanti esclusi hanno conseguentemente subito, oltre che una mancata, seppur modesta ma importante, entrata economica, anche seri svantaggi nel concorso pubblico per 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di assistente giudiziario pubblicato a novembre 2016, nell'ambito del quale coloro che hanno superato la selezione indetta col citato decreto ministeriale hanno ottenuto il punteggio aggiuntivo di sei punti, mentre gli esclusi un solo punto;
   a conferma di tutto ciò, si fa presente che il 18 ottobre 2017 il Tar Lazio tratterà il ricorso n. 3059/2017 contro il Ministero della giustizia, presentato da CSE FILAI – Federazione indipendente lavoratori atipici ed inoccupati, in rappresentanza di numerosi dei 1.387 tirocinanti esclusi dal decreto ministeriale del 2015. I ricorrenti chiedono al Tar di accertare, dichiarare illegittimo e annullare il provvedimento del 9 gennaio 2017, «Domanda per svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento presso gli stessi uffici giudiziari» per violazione del decreto ministeriale del 2015, e di annullare tutti gli atti e i provvedimenti connessi e consequenziali, inclusi i provvedimenti di proroga, e infine dichiarare che il Ministero della giustizia ha l'obbligo di dar corso all'articolo 12 del decreto;
   i ricorrenti per il mancato superamento della selezione indetta nel 2015 e per la mancata attuazione di quanto disposto dall'articolo 12 lamentano, tra l'altro, violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e imparzialità e disparità di trattamento e di chance rispetto ai 1.115 tirocinanti risultati idonei che hanno invece ottenuto una borsa di studio e, soprattutto, la proroga de plano del periodo di tirocinio, oggetto del provvedimento impugnato del 9 gennaio 2017, nonché il punteggio aggiuntivo di sei punti nel concorso pubblico di novembre 2016 –:
   se il Governo non ritenga opportuno e urgente rispondere con soluzioni concrete ai 1.387 tirocinanti esclusi dal decreto ministeriale del 20 ottobre 2015, offrendo loro una nuova opportunità per la copertura dei posti necessari a colmare la carenza di organico del sistema giudiziario, come stabilito dall'articolo 12 del medesimo decreto. (4-17691)


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, in attuazione della legge delega articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67, è stato introdotto nel nostro ordinamento penale un nuovo istituto giuridico: la non punibilità per particolare tenuità dell'offesa. La disciplina si applica a tutti quei reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria o la pena detentiva non superiore a cinque anni, sia nelle ipotesi che le due tipologie di pena siano congiunte sia che siano previste in modo distinto. La norma indica, quali criteri di valutazione, la modalità della condotta, l'esiguità del danno o del pericolo e la mancanza di abitualità nel comportamento dell'offensore;
   purtroppo, come l'istante ha sempre sostenuto si tratta di una sostanziale depenalizzazione dei reati che provoca una sfiducia diffusa nell'opinione pubblica in tema di sicurezza e di certezza della pena;
   recente è il caso in cui la Corte di Cassazione ha statuito la non punibilità per tenuità del fatto per un clochard che ha trovato riparo in una abitazione altrui. Nello specifico il comunicato dell'Ansa del 7 settembre 2017 riporta che «Non merita di essere condannato chi, in condizioni di emarginazione e miseria, vive per la strada, «senzatetto», se per ripararsi dal freddo si introduce nelle abitazioni altrui, o nelle pertinenze di appartamenti e villette, per non passare la notte all'addiaccio»;
   con tale orientamento, inaccettabile a giudizio dell'interrogante, la Corte di Cassazione ha annullato la condanna a tre mesi e dieci giorni di reclusione inflitta a un «soggetto senza fissa dimora» – uno straniero proveniente dall'est Europa, Ion T. di 36 anni – dalla corte di appello di Brescia nel giugno 2015, dopo che l'uomo era finito sotto processo, e neanche per la prima volta, per essersi introdotto nell'abitazione di Luca G., a Desenzano del Garda (Brescia), la sera del 24 novembre 2014 per ripararsi «dai rigori dell'inverno»;
   è stata dunque accolta, contro ogni ragionevolezza a parere dell'interrogante, la tesi difensiva dell’homeless, basata sulla richiesta «che fossero tenute in considerazione “le particolari condizioni di emarginazione in cui era maturato il reato” e “l'esigenza di Ion T., soggetto senza fissa dimora, di reperimento di un alloggio notturno”. Ad avviso degli “ermellini”, “le particolari condizioni dell'imputato, quali le particolari circostanze di miseria e di emarginazione, e la considerazione dei motivi a delinquere attinenti al reperimento di un alloggio notturno, escludenti una spiccata capacità a delinquere ed una maggiore gravità soggettiva, giustificano ampiamente, ad avviso del collegio, la valutazione di particolare tenuità del fatto”, con “conseguente annullamento senza rinvio, della sentenza impugnata”»;
   l'agenzia stampa sopra richiamata rileva che vi è stata reiterazione da parte del signor Ion T., del reato di violazione di domicilio e che pertanto parrebbe che l'istituto in parola non possa applicarsi al caso di specie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e, fermo restando il rispetto delle attribuzioni costituzionali della magistratura, quali iniziative di competenza intenda adottare, alla luce degli eventi sopra richiamati, affinché sia garantito il diritto costituzionalmente sancito dell'inviolabilità del domicilio e della tutela e della sicurezza delle abitazioni private. (4-17698)


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a metà luglio 2017 in provincia di Reggio Emilia un bambino di circa 13 anni con un evidente deficit cognitivo, per altro ben documentato dalle autorità competenti, è stato adescato da un ragazzo più grande di 21 anni, pakistano, mentre andava in bicicletta nei giardini della città. Condotto in un luogo appartato, è stato abusato sessualmente; ciò ha creato nella vittima, oltre ad uno stato di shock che ha allarmato i suoi genitori, anche delle lesioni che sono state curate nel pronto soccorso dell'ospedale, dove il medico che lo ha visitato ha rilasciato anche il relativo certificato;
   la famiglia ha denunciato il fatto e il pakistano, Akthar Nabeel è stato identificato, anche grazie alla descrizione fornita dal bambino, che lo ha riconosciuto. Questi possiede lo status di rifugiato e un regolare permesso di soggiorno, anche se di fatto risulta disoccupato;
   condotto in questura e interrogato ha di fatto ammesso la sua colpa e il magistrato Maria Rita Pantani ha chiesto la custodia in carcere. Il giudice per le indagini preliminari Giovanni Ghini, prima lo ha condannato agli arresti domiciliari, ma poiché il connazionale con cui Akthar Nabeel viveva non ha voluto tenerlo con sé dopo questo fatto, nell'arco di pochissimi giorni lo ha rimesso pienamente in libertà, richiedendogli solo l'obbligo di firma, nonostante i rischi di recidiva paventati dalla famiglia;
   il pakistano a sua difesa e discolpa aveva insistito sul fatto che il bambino fosse consenziente;
   ovviamente la stampa, i Tg regionali, hanno dato ampio spazio alla notizia, omologandola ad una forma di vera e propria pedofilia, che ha indignato profondamente la popolazione;
   il 20 agosto il Giorno pubblicava un articolo dal titolo: «Violentò disabile, già fuori. A Reggio scoppia la rivolta con questo slogan: Il giudice sbaglia, punitelo». Il giorno dopo i giornali titolano: «Pedofilo libero...» e una raccolta di firme di illustri cittadini di Reggio esprime tutto il proprio sconcerto davanti al fatto che un pedofilo reo confesso circoli per le strade della città senza aver subito nessuna condanna;
   le ragioni della violenta reazione nella popolazione sono sostanzialmente riconducibili a quattro punti essenziali: perché il soggetto violentato è minore e per di più disabile, perché l'aggressore è un rifugiato, fino ad allora ben accolto nella città di Reggio, e perché il trattamento che gli è stato inflitto è stato considerato dalla opinione pubblica eccessivamente blando;
   sono stati promossi cortei di protesta davanti al tribunale di Reggio, ed è aumentato il livello di allarme tra i genitori della città, creando ulteriori resistenze all'accoglienza degli stranieri nella città e nei suoi paraggi;
   la stampa locale, il quotidiano Il Giorno, il 21 di agosto ha pubblicato un'inchiesta sta dalla quale sono emerse anche altre situazioni in cui il magistrato Giovanni Ghini aveva formulato sentenze, per lo meno discutibili, e sempre con una interpretazione molto larga della norma; la questione, in ogni caso, è già alla attenzione della prima commissione del Consiglio superiore della magistratura;
   ad avviso degli interroganti occorre intervenire a fronte di un fatto oggettivamente molto grave per il minore e in presenza di una interpretazione della norma così blanda da parte del giudice da ritenere plausibili recidive sia da parte dello stesso soggetto che da parte di altri potenziali emulatori –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere iniziative normative per rendere più stringenti le misure cautelari per situazioni come quella sopra riportata. (4-17702)


   VARGIU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre 2003, il dipartimento della giustizia ha indetto un concorso pubblico per esami per l'area C, posizione economica C1, profilo di educatore;
   tale concorso è stato successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004 e portato quindi a compimento con graduatoria finale pubblicata nel bollettino del Ministero della giustizia n. 23 del 15 dicembre 2008;
   tale graduatoria è ancora in corso di validità e ha consentito all'amministrazione di attingere ulteriormente dalla graduatoria degli idonei, arrivando per scorrimento almeno sino alla posizione n. 560;
   nella attuale graduatoria sono inoltre configurate ancora 326 posizioni di idonei, potenzialmente disponibili all'eventuale assunzione nei ruoli dell'amministrazione;
   l'ultimo scorrimento di graduatoria non consentirà comunque di coprire tutte le carenze di organico già individuate, né quelle immediatamente prevedibili per effetto dei pensionamenti in corso nel 2017;
   in particolare, in Sardegna sono segnalate carenze di personale del profilo professionale coerente con la citata graduatoria concorsuale nelle sedi carcerarie di Mamone, Nuoro, Tempio Pausania e, verosimilmente, anche Sassari, Is Arenas, Lanusei;
   sempre in Sardegna, va poi segnalata la necessità di rivalutare le esigenze di professionalità specifiche del nuovo carcere di Uta che presenta ancora la pianta organica riferibile al vecchio carcere urbano di Buoncammino, che aveva ben differente capienza rispetto alla nuova sede;
   recentemente, la emergenza correlata alla presenza di adeguate professionalità di educatori all'interno delle carceri è stata segnalata dallo stesso Ministro interrogato che, il 2 agosto 2017, ha convocato dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dipartimento per la giustizia minorile e di comunità per una riunione strategica sul dramma dei suicidi nel contesto della popolazione carceraria;
   l'acclarata esigenza di ulteriori coperture di ruoli meriterebbe dunque un'adeguata attività di programmazione delle assunzioni, coerente con le attuali carenze negli organici, ma anche con le prevedibili esigenze di turn over legate ai pensionamenti;
   l'attività di programmazione delle assunzioni future consentirebbe, inoltre, all'amministrazione carceraria di accorpare tutti i nuovi assunti in un'unica attività formativa, con evidente risparmio di risorse da parte dell'amministrazione stessa –:
   se gli uffici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbiano provveduto ad effettuare una ricognizione delle risorse professionali già oggi carenti e di quelle prossimamente previste in carenza per effetto dei turn over, nel profilo di educatore, di cui alla graduatoria concorsuale pubblicata nel bollettino del Ministero della giustizia n. 23 del 15 dicembre 2008, per programmare adeguatamente le nuove chiamate di scorrimento della relativa graduatoria degli idonei concorsuali;
   se non ritenga opportuno un unico, immediato turno di chiamata delle risorse umane dalla suddetta graduatoria concorsuale di tutti i concorrenti idonei, la cui assunzione appare indispensabile al buon funzionamento del sistema carcerario, in modo che tali soggetti possano essere avviati ad un unico corso formativo propedeutico all'inserimento nei ruoli, con evidente maggior qualità della formazione e contemporaneo risparmio di risorse destinate da parte dell'amministrazione.
(4-17713)


   POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con avviso del 26 luglio 2017, apparso sul sito del Ministero della giustizia, è stata pubblicata la graduatoria della selezione interna per la copertura di 1.148 posti dell'area terza, figura professionale del funzionario giudiziario, mediante passaggio dall'area seconda, figura professionale del cancelliere, ai sensi dell'articolo 21-quater del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, e la procedura di selezione interna per la copertura di 622 posti dell'area terza, figura professionale del funzionario Unep, mediante passaggio dall'area seconda, figura professionale di ufficiale giudiziario ai sensi della predetta legge;
   il personale risultato idoneo in graduatoria ammonta, escludendo i candidati risultanti vincitori, rispettivamente a 3487 cancellieri e 418 ufficiali Unep;
   in data 8 agosto 2017, sul sito del Ministero della giustizia, nella sezione relativa alle progressioni ex articolo 21-quater, all'argomento «FAQ» dell'8 agosto 2017, nella risposta alla domanda n. 5, si afferma che «come previsto dall'articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015, lo scorrimento delle graduatorie potrà essere eseguito a seguito di nuove assunzioni di personale nello specifico profilo professionale, per un numero di posizioni corrispondenti a tali nuove assunzioni cui, per espressa previsione normativa, sono equiparati i nuovi ingressi per mobilità»;
   tale posizione ministeriale determinerebbe una indefinita attesa subordinata a nuove assunzioni attraverso «gli ingressi per mobilità»; tale procedura comporterebbe l'ingresso di un ragguardevole numero di 3905 unità dalla mobilità medesima, la cui tempistica – così come il suo eventuale frazionamento –, non è dato sapere, ma è prevedibile che non sia immediata;
   ciò provoca l'ingiusta permanenza in una sorta di «limbo» degli idonei, che da anni attendono una progressione alla figura superiore, progressione stabilita però da apposite sentenze del giudice ordinario;
   l'articolo 21-quater del decreto n. 83, al comma 2 afferma che «il rapporto tra posti riservati ai dipendenti e posti riservati agli accessi dall'esterno è fissato nella percentuale, rispettivamente, del 50 per cento e del 50 per cento, computando nella percentuale gli accessi dall'esterno sulla base di procedure disposte o bandite a partire dalla data di entrata in vigore del citato CCNL, ivi compresi gli accessi per effetto di scorrimenti di graduatorie concorsuali di altre amministrazioni e le procedure di mobilità esterna comunque denominate». Non si dice nulla sul fatto che per lo scorrimento della graduatoria si debba attendere l'ingresso di altrettante unità dall'esterno, ben potendosi effettuare, successivamente, nel rispetto degli importi percentuali stabiliti;
   inoltre, il comma 1 dell'articolo 21-quater dispone che le suddette procedure siano svolte al fine di sanare i profili di nullità per violazione delle disposizioni degli articoli 14 e 15 del contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri 1998/2001, delle norme di cui agli articoli 15 e 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia, quadriennio 2006/2009 del 29 luglio 2010, per assicurare l'attuazione dei provvedimenti giudiziari in cui il predetto Ministero è risultato soccombente, oltre che definire i contenziosi giudiziari in corso;
   da ultimo, il comma 5 del citato articolo 21-quater autorizza per le finalità di cui al suddetto comma 1 la spesa nel limite di euro 25.781.938 a decorrere dall'anno 2016, somma di notevole entità e sufficiente, a parere della interrogante, a sostenere i costi per un rapido e immediato scorrimento della graduatoria e considerato che appare, al contrario, incomprensibile far attendere i lavoratori, per le motivazioni sopra riportate –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire i termini della vicenda esposta in premessa e quali iniziative intenda adottare per procedere ad un immediato scorrimento della graduatoria ex articolo 21-quater, comma 2, decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83. (4-17732)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   come è noto, il 13 novembre 2013, a seguito del cosiddetto «Ciclone Cleopatra», il Ponte di Oloè, ubicato sulla strada provinciale 46 Oliena-Dorgali, ha subito danni gravissimi, con la conseguenza della tragica morte dell'agente di polizia Luca Tanzi;
   il ponte, infatti, è stato oggetto di importanti interventi di manutenzione e di parziale ricostruzione, affidati ad Anas, con un intervento complessivo pari a 2,9 milioni di euro; al termine di una prima fase di lavori, il ponte è stato riaperto parzialmente, dopo una chiusura di oltre otto mesi;
   a seguito di ulteriori eventi meteorologici avversi il ponte è stato successivamente soggetto a nuova chiusura temporanea, e a successiva riapertura al traffico;
   la provincia di Nuoro ha incaricato un tecnico specializzato di verificare la sicurezza del ponte consentendo nel giugno 2016 la transitabilità solo con mezzi di carico complessivo massimo di 440kN per corsia, con distanza minima di 70 metri tra i mezzi, e a condizione di frequenti ispezioni, in particolare dopo eventi climatici eccezionali;
   nel gennaio 2017 il ponte ha presentato nuove criticità, dovute ancora una volta ad eventi meteorologici che ci si ostina a considerare eccezionali, ma che ormai non possono più essere considerati tali;
   il 19 febbraio 2017 la procura di Nuoro ha disposto il sequestro preventivo del ponte, dopo che i periti nominati dalla procura hanno stabilito la pericolosità del ponte stesso. Custode e responsabile del ponte veniva nominato il sindaco di Oliena;
   nel giugno 2017, però, la procura è stata costretta a revocare la custodia al sindaco, perché venivano segnalati sia la rimozione delle opere finalizzate alla chiusura del ponte, sia degli stessi segnali di divieto di transito, mai ripristinati;
   la procura ha affidato sino al 19 luglio 2017 il compito di custodia al Genio militare che in tempi rapidi ha predisposto il necessario per evitare nuovi episodi come quelli ricordati;
   in recenti riunioni tenutesi presso la prefettura di Nuoro si è ventilata la possibilità di una parziale riapertura del ponte, anche con la costruzione di un «ponte militare» provvisorio in attesa di un rapido finanziamento di un nuovo ponte;
   di fatto ad oggi il ponte continua a rimanere chiuso, isolando cittadine, imprese e mezzi di soccorso;
   sarebbe nel frattempo auspicabile una soluzione temporanea, quale, ad esempio, la costruzione di un ponte militare. Si tratterebbe di un intervento che non richiederebbe molti giorni e che potrebbe essere coperto anche con la compartecipazione degli enti locali interessati e della stessa regione Sardegna –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per favorire la normalizzazione di una situazione che appare assurda, anche attraverso il finanziamento di una nuova opera che sostituisca un ponte evidentemente non adatto, contribuendo a risolvere l'assurda situazione che da ormai troppo tempo vivono le popolazioni interessate.
(2-01928) «Capelli, Dellai».

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tratto della strada statale 106 «Jonica» nel territorio di Nova Siri, ammodernato e raddoppiato, è stato inaugurato nel 2014, ed è costato 88 milioni di euro, di cui 66 a base di gara;
   su tale tratto, moderno e confortevole, che insiste sul nuovo cavalcavia nei pressi dello svincolo per Nova Siri, è stato imposto un limite di velocità di 50 chilometri all'ora in entrambe le direzioni di marcia, in buona sostanza addirittura inferiore a quello vigente sulla strada prima delle migliorie, quando la carreggiata era a due corsie;
   se è pur vero che l'automobilista va in qualche modo riportato nell'alveo della disciplina, il costringerlo a mantenere una velocità non superiore a cinquanta chilometri orari nel tratto segnalato pare eccessivo;
   l'imposizione di limiti di velocità non giustificati dalle reali necessità, come la cronaca di questi anni dimostra, sembra sempre più mirato a penalizzare i cittadini e a costituire sicura fonte di entrate per le amministrazioni locali, allontanandosi dall'obiettivo iniziale di garantire la sicurezza stradale;
   non si intende minimizzare o derubricare la questione della sicurezza stradale ma, trattandosi di un tratto stradale nuovo, per il quale sono stati spesi milioni di euro per rendere più moderna, efficace e sicura l'infrastruttura non si comprende il perché di un limite così basso per una strada a scorrimento veloce;
   questo tema dei limiti di velocità sulla strada statale 106 si estende a tutta la tratta viaria che collega Taranto a Sibari e si aggiunge alla numerosa presenza di rilevatori di velocità posizionati dai comuni lungo l'arteria in modo sproporzionato e con l'esplicito obiettivo di elevare multe e contravvenzioni a carico degli automobilisti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per chiedere chiarimenti all'Anas, anche al fine di verificare quali eventuali esigenze di sicurezza abbiano suggerito di adottare gli attuali limiti di velocità lungo la strada statale 106 e quale autorizzazione sia stata data per l'installazione di numerosi rilevatori di velocità da parte dei comuni della casta ionica. (3-03208)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, LIUZZI, DI VITA, NUTI, MANNINO e LUPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001 viene presentato il progetto preliminare di ammodernamento e potenziamento dell'itinerario Palermo-Agrigento strada statale 121-strada statale 189 e lo stesso viene incluso nella delibera del Cipe n. 121/2001, nell'ambito del corridoio plurimodale tirrenico Nord-Europa, tra i sistemi stradali e autostradali;
   nel 2005 il Cipe, con delibera n. 35/2005, assegna le risorse alla regione siciliana per l'esecuzione dell'intervento; a seguito di istruttoria il progetto originario subirà alcune modifiche;
   in data 28 dicembre 2005 viene firmato l'accordo di programma quadro per il trasporto stradale ove vengono allocate le risorse del fondo Fas assegnate alla regione siciliana con la delibera del Cipe n. 35/2005 e vengono destinati all'opera 420 milioni di euro;
   nell'atto ricognitivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 7 marzo 2017, è previsto il finanziamento di ulteriori 400 milioni di euro a carico dei programmi nazionali 2007-2013, per l'utilizzo dei fondi Fas e Fesr;
   il 1o atto aggiuntivo all'intesa generale quadro tra Governo e regione siciliana del 4 ottobre 2007 inserisce l'itinerario Palermo-Agrigento nelle opere della «legge obiettivo»;
   in data 25 febbraio 2011 l'Anas s.p.a. approva il progetto definito per i lavori di ammodernamento del lotto funzionale dell'itinerario Palermo-Agrigento (tratto Palermo-Lercara Friddi), dalla rotatoria Bolognetta fino allo svincolo Manganaro incluso, in provincia di Palermo. Il progetto, redatto dal contraente generale, presenta modifiche e varianti rispetto al preliminare determinate dalle prescrizioni delle nuove normative e dalla verifica dello stato di degrado delle strutture esistenti, che hanno comportato l'aggiornamento dell'importo complessivo d'investimento. L'avvio dei lavori veniva programmato per novembre 2012, mentre l'ultimazione per settembre 2016;
   l'opera, limitatamente all'intervento «adeguamento della SS 121 dal nuovo svincolo Bolognetta (incluso) al bivio Manganaro e della SS 189 dal bivio Manganaro a Lercara Friddi», veniva inoltre identificata tra quelle che confluiranno nel piano nazionale per il Sud. Nonostante ciò, la stessa opera non risulta ricompresa tra quelle beneficiarie di nuovi investimenti ed oggetto di project review, nell'ambito del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno;
   desta preoccupazione per gli interroganti lo stato dei luoghi e delle strutture già esistenti, in particolare nel tratto Palermo-Lercara Friddi: la mancanza della manutenzione sia ordinaria che straordinaria crea grandi problemi alla viabilità, nonché numerosi incidenti, anche mortali, data l'assenza di innesti e svincoli adeguati. Dopo 50 anni i materiali e le strutture andrebbero ripristinati: i sottopassi sono a rischio di crollo, il calcestruzzo, dopo tanti anni, versa in stato di ammaloramento, così come i ferri che compongono le strutture sono arrugginiti –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda verificare l'attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione del progetto preliminare di ammodernamento dell'itinerario Palermo-Lercara Friddi;
   se intenda assumere iniziative per assicurare il rispetto degli obblighi di manutenzione straordinaria e ordinaria ad Anas s.p.a in quanto soggetto aggiudicatore dei lavori. (5-12073)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 106 «Jonica» collega Reggio Calabria a Taranto, attraverso un percorso di 491 chilometri lungo la fascia litoranea jonica di Calabria, Basilicata e Puglia. Si tratta di un collegamento strategico per il Sud Italia, poiché mette in comunicazione i due capoluoghi, i numerosi comuni costieri, l'Autostrada del Mediterraneo (ex A3 Salerno-Reggio Calabria) e l'autostrada A14 «Adriatica» che termina proprio a Taranto. Lungo la statale Jonica, l'Anas ha già completato l'ampliamento a quattro corsie, con spartitraffico centrale, di tutto il tratto ricadente in Puglia (39 chilometri) e in Basilicata (37 chilometri);
   nel tracciato a quattro corsie tra Taranto e il territorio comunale di Ginosa la strada statale 106 mostra evidenti segni di deterioramento per ogni carreggiata e, più in generale, il tratto di strada evidenzia notevoli problemi per una corretta e sicura viabilità;
   la strada statale ha un limite di velocità di 90 km/h e i veicoli che transitano, per diversi chilometri anche non consecutivi, hanno problemi di stabilità con evidenti rischi di sinistri stradali –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di risolvere le criticità sul tratto di strada in questione;

se l'Anas abbia già pianificato una manutenzione della strada e quando sia prevista;
   per quale motivo la strada in questione presenti le criticità espresse in premessa e l'Anas non sia già intervenuta per risolverle. (5-12089)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   consta all'interrogante una grave carenza di personale presso gli uffici della Motorizzazione civile dovuta ai reiterati blocchi delle assunzioni nel pubblico impiego che hanno determinato una forte riduzione di personale in servizio presso gli uffici della Motorizzazione civile dislocati sul territorio nazionale. Tale situazione sembra esser aggravata dal blocco del turn over per il personale da collocare in quiescenza;
   per effetto della spending review, dal 2008 il personale negli uffici si è ridotto di oltre un terzo, passando da 5.500 a 3.500 dipendenti (nel 1996 erano 7 mila), mentre il numero delle prove d'esame è aumentato da 1,64 milioni di esami (fra teoria e pratica) del 2012 a 1,83 milioni del 2015;
   ne sono derivati disagi e disservizi dovuti anche al corrispondente aumento delle incombenze dato che, come previsto dall'applicazione della direttiva 2006/126/CE, sono state introdotte nuove tipologie di patenti e più complesse procedure d'esame. Pertanto, si sono riscontrati gravi ritardi per avere il duplicato di una patente smarrita, per sostenere l'esame di guida e perfino per la revisione di un camion;
   l'articolo 121 del codice del nuovo codice della strada (decreto legislativo 18 maggio 1992, n. 114) impone che gli esami per il conseguimento della patente siano effettuati secondo direttive, modalità e programmi stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e da parte di dipendenti del dipartimento per i trasporti a seguito della frequenza di corso di qualificazione iniziale ed esame di abilitazione. Il permanere nell'esercizio della funzione di esaminatore è altresì subordinato alla frequenza di corsi di formazione periodica;
   è necessario, pertanto, un intervento per superare i problemi organizzativi e la carenza di personale che finisce per negare ai cittadini importanti diritti costituzionali direttamente legati alla mobilità e al lavoro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riferito in premessa e intenda intervenire per risolvere le problematiche indicate e con quali misure;
   se intenda assumere iniziative per stanziare risorse finanziarie e personale e promuovere misure idonee ad introdurre significative semplificazioni amministrative, allo scopo di migliorare i livelli qualitativi dei servizi all'utenza, e pervenire a una più razionale ed efficace riorganizzazione degli uffici. (5-12091)


   AMODDIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'ultimo rapporto Unicredit sul turismo in Italia evidenziano – nonostante la presenza di nove siti Unesco e l'immenso patrimonio culturale, tenuto conto dei fattori geopolitici che hanno penalizzato alcuni Paesi che si affacciano sul Mediterraneo – il profondo gap che vive la Sicilia in termini di presenze turistiche;
   i 15 milioni di presenze turistiche registrate da Unicredit mostrano un trend incoraggiante e definiscono una crescita costante di presenze sull'Isola, ma sottolineano altresì l'enorme distanza che la Sicilia mantiene con altre regioni italiane, prima fra tutte il Veneto che ha fatto registrare oltre 63 milioni di turisti. È evidente che questa situazione è il frutto di fattori molteplici che si sono mescolati negli anni, complici una politica gestionale del turismo non sempre all'altezza della situazione e il fallimento dei distretti turistici. Ma è altrettanto indiscutibile che lo stato delle infrastrutture e dei trasporti penalizza in maniera evidente qualsiasi possibilità di sviluppo turistico. Il sistema dei trasporti in Sicilia è talmente obsoleto e poco sviluppato da incidere su importanti settori di sviluppo economico. Il turismo è certamente uno di questi;
   i collegamenti ferroviari tra i capoluoghi di provincia e le principali aree turistiche della regione sono inadeguati e penalizzanti, con standard da terzo mondo e molto lontani da quelli del resto d'Italia. Una situazione che va avanti da decenni e che penalizza, ogni giorno, anche decine di migliaia di pendolari siciliani, costretti a non poter utilizzare il treno come mezzo di trasporto per raggiungere il luogo di studio o di lavoro. L'utente che da Catania volesse raggiungere Ragusa e coprire in treno la distanza di 106 chilometri, dovrebbe mettere in conto una durata media di 4 ore di viaggio. Se a ciò si aggiungono i guasti, i ritardi, i disagi e gli indugi nella firma del contratto di servizio tra regione e Trenitalia, il quadro che ne viene fuori è molto più che desolante;
   non gode di migliore salute il settore stradale con numerose incompiute, cantieri infiniti e tempi di consegna lavori indeterminati come per la Catania – Ragusa o per la Siracusa – Gela. Una situazione che genera caos, scarsa sicurezza e tempi di percorrenza doppi rispetto ad una qualsiasi autostrada del Nord. Il decreto «Sblocca Italia» e il Patto per la Sicilia hanno cercato di dare risposte concrete ai bisogni di mobilità dei cittadini rilanciando gli investimenti sull'ammodernamento delle infrastrutture, ma al momento sono veramente pochi i risultati tangibili da parte dei cittadini –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere – di concerto con la regione siciliana, Anas e Rete ferroviaria italiana – per accelerare la risoluzione delle criticità esposte dall'interrogante. (5-12098)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa, in data 3 agosto 2017, si è appreso che l'Antitrust ha inflitto una multa di 5 milioni di euro a Trenitalia s.p.a., sanzione che è peraltro il massimo edittale;
   la sanzione riguarderebbe una pratica commerciale scorretta inerente il sistema telematico di ricerca e acquisto dei titoli di viaggio accessibile alla clientela sul sito aziendale, tramite le emettitrici self-service di stazione e la App Trenitalia per smartphone e tablet;
   l'Autorità ha infatti accertato che l'insieme di soluzioni di viaggio proposte a seguito di una ricerca su tali strumenti informatici omette numerose soluzioni con treni regionali (generalmente più economiche), pur trattandosi di alternative sostituibili a quelle invece mostrate, alterando in modo artificioso la scelta del consumatore;
   in particolare, la soluzione di viaggio che prevede un cambio e l'utilizzo di treni regionali non è mai inclusa nei risultati di ricerca ed è fruibile solo ed esclusivamente attraverso la specifica ricerca con l'opzione «Regionali» sul sito internet, laddove la partenza sia in prossimità di una soluzione che utilizza Frecce e Intercity (l'unica invece sempre mostrata);
   secondo l'Autorità, Trenitalia non ha in alcun modo informato i consumatori in merito a tale importante limitazione, ma ha anzi utilizzato, sul sito aziendale, la denominazione ingannevole «tutti i treni», dicitura sostituita in data 2 agosto 2017 dall'etichetta «Principali soluzioni»;
   l'Autorità ha ritenuto tale pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del dice del codice del consumo e ha inflitto a Trenitalia s.p.a. la sanzione di 5 milioni di euro;
   gli esempi di tratte coinvolte sono numerosi, da quella Padova-San Donà di Piave alla tratta Napoli-Pozzuoli Solfatara, passando per tutte quelle coperte da un servizio ad alta velocità come la tratta Milano-Torino;
   in considerazione dei rilevanti effetti della pratica sui consumatori l'Autorità ha inoltre imposto a Trenitalia s.p.a., ai sensi dell'articolo 27, comma 8, del codice del consumo, l'obbligo di dare notizia del procedimento ai suoi clienti attraverso un messaggio che dovrà comparire su tutti i canali di prenotazione;
   la società sostiene di aver sempre messo il cliente al centro, spiegando che il suo motore di ricerca seleziona le tratte più brevi e con meno cambi, «senza alcun intento distorsivo» però, secondo il regolamento europeo di settore, il passeggero deve poter scegliere anche tra le alternative meno costose –:
   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro interrogato affinché Trenitalia s.p.a. rispetti il regolamento europeo di tutela dei passeggeri;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro per non permettere più che i passeggeri non siano, nel miglior e più semplice modo, informati circa le possibilità di viaggio a loro disposizione da parte di Trenitalia s.p.a.;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per contrastare simili comportamenti da parte di una società, quale Trenitalia s.p.a., che possono ledere l'autorevolezza e la trasparenza dello Stato. (5-12105)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto previsto da un accordo firmato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Aiscat dal 1o agosto al 31 dicembre 2017 entra in vigore in via sperimentale la riduzione del pedaggio autostradale per motociclisti con l'obiettivo di ottimizzare l'uso dell'autostrada che prevede una riduzione del 30 per cento per i motocicli con targa che possono transitare in autostrada;
   il Ministro interrogato ha propagandato l'iniziativa come una misura di equità, in quanto il sistema di pedaggiamento italiano, che non distingue tra auto e moto, sarebbe un caso unico nel panorama europeo; tuttavia, il suddetto sconto non viene applicato indistintamente a tutti i motociclisti ma solo a quelli che richiederanno e pagheranno uno specifico abbonamento Telepass per le due ruote;
   secondo i dati della Motorizzazione, a oggi i motocicli e scooter con targa che possono transitare in autostrada sono circa 5 milioni. I minori introiti di ogni concessionaria verranno rendicontati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e verranno recuperati secondo quanto previsto dalle pattuizioni convenzionali –:
   se il Ministro interrogato, in fase di eventuale stabilizzazione dell'iniziativa non intenda estenderla a tutta la platea delle due ruote che possono transitare in autostrada, provvedendo a definire una classe tariffaria specifica per le due ruote, non vincolata all'abbonamento Telepass;
   quali siano le stime dell'operazione che hanno portato alla firma dell'accordo e, in particolare, quali somme sia stato stimato di dover stanziare per compensare i minori introiti delle concessionarie;
   se l'accordo con Aiscat preveda una forma di compensazione, per la differenza tra i minori introiti delle concessionarie e i maggiori introiti per abbonamento Telepass;
   quali siano i costi concordati dell'abbonamento e se sia prevista per gli utenti la possibilità gratuita di disdire l'abbonamento Telepass moto al termine della sperimentazione prevista per il 31 dicembre. (4-17611)


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le imprese che hanno effettuato i lavori per la realizzazione della nuova strada statale 77 Foligno-Macerata, rischiano di fallire perché non sono stati rispettati gli impegni presi in termini di pagamenti;
   la Strada statale 77 rappresenta un'opera pubblica di fondamentale importanza per la regione Umbria, in quanto completando il tratto Foligno (innesto Strada statale 3 «Flaminia») – Muccia (MC), completa e rende fruibile l'intero itinerario di 95 chilometri fino a Civitanova Marche, dove a sua volta si innesta all'autostrada A14 e alla strada statale 16 «Adriatica»;
   le aziende interessate devono riscuotere dopo un intero anno di lavori una cifra che si aggira intorno ai 20 milioni di euro il cui pagamento risulta bloccato dalla società Quadrilatero s.p.a che si sarebbe dovuta occupare dei finanziamenti;
   la Società Quadrilatero spa, che è una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro e che ha lo scopo di realizzare una infrastruttura viaria integrata alla realtà economica ed industriale del territorio umbro-marchigiano in cui opera, ha bloccato i pagamenti e, a quanto risulta all'interrogante, non sta rispettando gli impegni contrattuali per via di un contenzioso con il general contractor;
   l'investimento complessivo fatto per la realizzazione della direttrice su citata ammonta a circa 1,3 miliardi di euro e mirava in particolare a rivitalizzare l'economia e il settore delle costruzioni; ora il dato rilevante è invece che alcune tra le imprese che hanno preso parte alla sua realizzazione rischiano il fallimento con importanti ricadute sui livelli occupazionali del settore;
   a giudizio dell'interrogante è necessario un intervento urgente dei Ministri interrogati al fine di affrontare e risolvere il problema, consentendo una velocizzazione nei pagamenti –:
   se e quali iniziative, urgenti intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, al fine di pervenire al rapido sblocco dei fondi, affinché siano saldati nel più breve,tempo possibile i debiti con le imprese che, lavorando alla realizzazione del tratto di Strada statale 77 Foligno — Muccia, hanno contribuito a creare le premesse per il raggiungimento di risultati economici di rilancio per l'economia della zona. (4-17656)


   LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, PORTA e TACCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il reciproco riconoscimento delle patenti di guida tra gli Stati rappresenta un indispensabile sostegno alla mobilità di lavoro, di studio e professionale che negli ultimi decenni ha conosciuto a livello globale un'ascesa costante;
   la ripresa dei flussi migratori in uscita dall'Italia ai ritmi dei decenni del dopoguerra rende ancora più necessaria la disponibilità di un titolo di autorizzazione alla circolazione automobilistica che è ormai connaturata con l'esercizio lavorativo, oltre che con consolidate abitudini di vita;
   la lunghezza e la complessità delle procedure degli accordi internazionali, tuttavia, di solito contrastano con questa esigenza di continuità nell'esercizio della mobilità personale e di lavoro, qualunque sia il contesto nel quale le persone si trovino a vivere e ad operare;
   spesso le misure di semplificazione amministrativa possono attenuare, sia pure parzialmente, la prolungata attesa dell'operatività degli accordi bilaterali, favorendo procedure di più diretta fruizione delle possibilità offerte dalla normativa locale in materia di circolazione stradale;
   a titolo di esempio, in Canada, dove l'accordo quadro stipulato con l'Italia sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida non si è ancora tradotto in accordi operativi con le singole province, titolari in materia di circolazione, gli interessati potevano rivolgersi ai consolati per avere una certificazione della patente di guida italiana e la dimostrazione di un'esperienza di guida superiore a 24 mesi per poter ottenere più velocemente la patente canadese G attraverso il knowledge test e l'esame di guida successivo;
   di recente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha reso operativo il disposto della circolare 19 febbraio 2015, n. 4305, nella quale è testualmente detto che «la competenza a rilasciare l'attestato richiesto dall'utente è esclusivamente degli Uffici della Motorizzazione Civile, attraverso l'attività di sportello per l'erogazione dei servizi direttamente all'utenza» e che, pertanto, «non è possibile rilasciare alcuna certificazione ai Consolati, che spesso fanno da tramite nelle procedure di conversione delle patenti italiane all'estero. Difatti, in tale situazione, codesti Uffici sono abilitati solo a fornire informazioni, nello spirito di collaborazione fra Amministrazioni, ma senza il rilascio di alcuna attestazione»;
   la conseguenza pratica di questa disposizione è che chi vive all'estero deve tornare in Italia per richiedere tale attestazione oppure rivolgersi a qualche fiduciario, perché la richieda per suo conto presso la motorizzazione civile, pagare le spese che tale operazione comporta e andare incontro agli oneri ulteriori della traduzione certificata dell'attestazione, prima di poterla presentare alle autorità locali –:
   se non ritengano, nell'ambito della collaborazione tra settori della pubblica amministrazione e con l'intento di semplificare e rendere meno oneroso il rapporto del cittadino con l'amministrazione, soprattutto se residente all'estero, di riconsiderare la regolamentazione adottata in proposito e cercare le forme per una più diretta responsabilizzazione degli uffici consolari, in linea per altro con una prassi adottata negli anni precedenti.
(4-17666)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di stampa (Corriere della Sera ed. Bergamo del 1o 2017) hanno portato alla ribalta dell'opinione pubblica i forti disservizi presenti all'interno della motorizzazione civile di Bergamo;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti infatti, ha fissato nuove regole per le revisioni dei mezzi pesanti, che si svolgono in parte alla Motorizzazione; tra le nuove norme è previsto che ogni pratica di revisione debba essere evasa in 60 giorni. Tuttavia, la forza lavoro attualmente in servizio presso la sede di Bergamo, pari a 39 unità, non è sufficiente per assicurare esami di guida, revisioni e collaudi. Nonostante l'impegno profuso, l'organico non è infatti in grado di sopperire all'aumentato carico lavorativo;
   l'ingolfamento delle liste d'attesa per il disbrigo delle pratiche sta causando enormi disagi nel settore degli autotrasportatori, già vessato da numerosi adempimenti burocratici, tutti peraltro a pagamento, ai quali i proprietari dei mezzi devono provvedere per rincorrere i continui aggiornamenti di regolamento normati dall'attuale Governo. Per evitare di incorrere in multe salate in attesa delle revisioni, gli autotrasportatori e i proprietari di autobus turistici sono inoltre costretti a tenere fermi gli automezzi anche per lunghi periodi, con ingenti danni economici per l'intero settore di filiera –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere, al fine di superare gli attuali problemi organizzativi e la carenza di personale che impediscono agli uffici della Motorizzazione civile, con particolare riferimento a quelli di Bergamo, di erogare i servizi richiesti.
(4-17668)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le aree attualmente occupate dagli scali ferroviari dismessi, oltre 1.250.000 metri quadrati, all'interno della città di Milano, su oltre 4.000.000.0000 metri quadrati in Italia, non verranno più utilizzate per gli scopi connessi all'attività ferroviaria per i quali le stesse erano state a suo tempo acquisite;
   le suddette aree, facenti parte originariamente del demanio dello Stato (articolo 822, secondo comma, codice civile) ed appartenenti all'azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sono state successivamente trasferite all'ente Ferrovie dello Stato, con la legge 17 maggio 1985 n. 210 (articolo 15) e, da ultimo, alle ferrovie dello Stato spa (legge 29 gennaio 1992 n. 35 e legge 8 agosto 1992, n. 359), una holding che controlla diverse società operative (Trenitalia, Rete ferroviaria italiana, TAV, Metropolis, Italferr, Grandi Stazioni, Sogin, Fercredit); Ferrovie dello Stato italiane spa ha quindi attualmente la disponibilità, tra l'altro, delle strade ferrate (come beni indisponibili perché destinati all'attività ferroviaria) e delle aree dismesse nelle quali sono ubicati gli scali ferroviari sopracitati Ferrovie dello Stato spa ha concluso un accordo di programma con il comune di Milano, la regione Lombardia e il Fondo Olimpia di Savills Investment Management Sgr, fondo immobiliare speculativo;
   Ferrovie dello Stato S.p.a., proprietaria di 4.000.000.000 metri quadrati di aree ferroviarie dismesse in Italia, con la prossima privatizzazione diventerà l'operatore immobiliare capace di condizionare lo sviluppo urbano di molte città italiane;
   per Ferrovie dello Stato si tratta di un asset decisivo per l'approdo in borsa; per i cittadini si pongono questioni importanti per il bene comune e il consiglio comunale di Milano ha finora trattato l'operazione come una questione di urbanistica locale, con proposte di modifica dell'utilizzo delle aree che per gli interroganti non garantiscono la disponibilità pubblica delle stesse come avviene in altri Paesi come Germania, Francia e Inghilterra;
   le attività di Ferrovie dello Stato spa, che è un'impresa pubblica controllata dallo Stato, sono assoggettate a tutte le disposizioni europee e nazionali applicabili in materia di appalti pubblici e in materia di concorrenza (antitrust);
   questo accordo di programma ha come base giuridica l'articolo 34 del decreto-legge n. 267, del 18 agosto 2000, che ammette dell'accordo soltanto gli enti pubblici territoriali;
   Lombardia Sostenibile ha promosso la raccolta delle firme necessarie per chiedere al consiglio comunale di Milano (ai sensi dell'articolo 28 del regolamento di partecipazione) un'udienza pubblica sulla riqualificazione delle aree degli ex scali ferroviari perché non è solo un grande progetto di pianificazione urbanistica o un'operazione di valorizzazione immobiliare, ma innanzitutto lo strumento innovativo e potente di una strategia di sviluppo economico e sociale per il futuro –:
   se il Ministro interrogato intenda far luce su tale vicenda e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per tutelare l'interesse pubblico;
   se intenda chiarire, per quanto di competenza, con quali modalità sia avvenuta la scelta dell'eventuale « partner» che dovrà partecipare alla realizzazione di progetti urbanistici o di carattere immobiliare in esecuzione dell'accordo di programma di cui in premessa;
   se la rendita fondiaria creata dalla trasformazione urbanistica delle aree degli scali ferroviari spetti alla comunità dei cittadini milanesi e alle istituzioni locali e se sia destinata a finanziare investimenti nella città e nella regione che migliorino il sistema della mobilità urbana e regionale evitando di trasferire capitali finanziari al di fuori dell'area milanese, da distribuire tramite maggiori dividendi o con un aumento del valore delle azioni agli azionisti delle Ferrovie dello Stato italiane spa. (4-17674)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 23 agosto 2017, un elicottero privato, proveniente dal mare, è atterrato sul tetto del ristorante dello stabilimento balneare «Torre Marina Beach» del lido di Tor San Lorenzo, nel comune di Ardea, a pochi metri da una spiaggia affollata, generando il panico tra i bagnanti, anche a causa del passaggio a bassa quota e del forte rumore;
   secondo quanto riportato dalla stampa, i due occupanti del velivolo, a quanto pare allievo e istruttore di volo, sarebbero scesi dall'elicottero, avrebbero bevuto un bicchiere di prosecco scattando qualche foto e poi si sarebbero rialzati in aria, allontanandosi;
   per quanto di conoscenza l'episodio dell'atterraggio dell'elicottero privato è stato segnalato all'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) e sulla vicenda starebbero indagando anche i carabinieri di Anzio –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire ulteriori informazioni sulla vicenda in questione, con particolare riferimento alle indagini e agli accertamenti avviati dall'Enac, per far luce su eventuali violazioni, in ordine alla salvaguardia della sicurezza della navigazione aerea. (4-17712)


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si apprende che: «la Regione Calabria avrebbe affidato i lavori di ammodernamento della Linea Ferroviaria Jonica calabrese, per importo da 500 milioni di euro ad Rfi senza neanche avere il progetto. Il rischio spiegano i rappresentanti di diverse associazioni è che l'azienda potrebbe semplicemente effettuare semplici opere di manutenzione della linea e “intascare” molto di più rispetto invece all'opera che si prospettava»;
   le risorse pubbliche della comunità calabrese sono state attribuite ad RFI senza che sia stato reso pubblico il progetto delle opere, ed in particolare gli elaborati tecnici relativi (relazione, tavole di progetto, specifica delle singole opere e relativo articolato dei costi, cronoprogramma degli interventi e altro). A tutt'oggi non si è a conoscenza delle procedure di affidamento dei lavori alle imprese e delle relative forme di monitoraggio della loro esecuzione a regola d'arte;
   la regione, dopo l'esborso di 500 milioni di euro, non possiede il progetto, tuttavia, i lavori sono in corso e non si sa, per giunta, chi li stia monitorando;
   il potenziamento della linea (che prevede anche il recupero dei fabbricati di stazione) non risulta, a parere dell'interrogante, coerente con l'incessante opera di smantellamento dei binari in numerose stazioni che si traduce in una riduzione delle potenzialità della linea ionica in termini di capacità di stazione, di circolazione e di sicurezza, nonché nell'impoverimento dei collegamenti al territorio conseguenti alla cancellazione di raccordi ad aree produttive o nodi economici strategici –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai lavori in corso che appaiono all'interrogante in contraddizione con gli scopi di potenziamento della linea e in contrasto netto con l'articolo 3, lettera D (obblighi del concessionario) del decreto ministeriale 138 T del 2000 e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per assicurare il rafforzamento e lo sviluppo dei collegamenti ferroviari nel territorio calabrese. (4-17718)


   VENITTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la diga di Chiauci è ubicata in Molise ma in prevalenza è a servizio della regione Abruzzo per uso irriguo, potabile e industriale; risulta del tutto inadeguato l'approvvigionamento idrico in particolare dei comprensori molisani;
   il serbatoio artificiale, completato nel 1997, è tuttora nella fase dei primi invasi sperimentali, avviati solo nel 2011 dal Consorzio di Bonifica Sud Vasto cui è affidata la gestione; l'attuale quota, autorizzata nel 2012, è di 738 metri s.l.m., cui corrisponde un volume d'invaso di soli 3,5 milioni di metri cubi a fronte di un volume potenziale, alla quota massima di regolazione, di 14,2 milioni di metri cubi;
   il ritardo negli invasi sperimentali è imputabile, ad avviso dell'interrogante, all'inefficienza del concessionario/gestore, responsabile anche di gravi carenze e inadempienze nella manutenzione e nei controlli ordinari;
   nel piano dighe è previsto per Chiauci uno stanziamento di 5 milioni di euro destinato inizialmente anche al consolidamento dell'ammasso roccioso a valle diga, intervento incluso, insieme ad altri di completamento territoriale, anche nei patti per il Sud delle regioni Abruzzo e Molise; le risorse non impegnate per interventi a valle e di compensazione ambientale potranno essere utilizzate per impianti e scarichi, in particolare per lo scarico di fondo e, rimodulate, saranno reinserite nel «piano dighe» delle regioni Molise ed Abruzzo;
   risulta all'interrogante che il gestore della diga (Consorzio Sud Vasto) non abbia ancora presentato istanza per la prosecuzione degli invasi sperimentali;
   quanto ai necessari e propedeutici interventi di manutenzione straordinaria e di controllo della diga, a seguito di sopralluogo dell'ufficio dighe di Napoli del 5 aprile 2017, risulta che il gestore abbia finalmente avviato alcune indagini e controlli e presentato, a maggio, un progetto di interventi per 4 milioni di euro, finanziati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nell'ambito del piano infrastrutture FSC 2014-20, attualmente in istruttoria tecnica che dovrebbe concludersi entro un mese circa;
   allo stato risultano avviate dal gestore gli appalti per opere di completamento atte al ristoro ambientale e territoriale ed un altro che prevede interventi importanti per la sicurezza come la sistemazione del costone roccioso immediatamente a valle diga e per i quali risulta che le regioni Abruzzo e Molise abbiano già disponibili fondi (15 milioni di euro) nell'ambito dei patti per il sud, a valere sul fondo per lo sviluppo e la coesione;
   la direzione generale per le dighe del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha constatato le gravi carenze gestionali, manutentive e di controllo del concessionario/gestore;
   l'affidamento dell'esercizio della diga è autorizzato dal Ministero previa verifica dell'idoneità tecnico-organizzativa del responsabile della gestione;
   il foglio di condizioni per l'esercizio e la manutenzione prevede l'obbligo della verifica degli impianti esistenti, da effettuarsi con periodiche misurazioni, verifiche e controlli specifici, con frequenza almeno mensile, obbligo che, a quanto risulta all'interrogante, non sarebbe rispettato dall'attuale gestore/concessionario –:
   se non si ritenga essenziale e urgente assumere le iniziative di competenza affinché la gestione della diga di Chiauci sia affidata a soggetti in possesso dei requisiti essenziali previsti dal foglio di condizioni, al fine di garantire la sicurezza dell'infrastruttura, l'incolumità delle popolazioni a valle e la salvaguardia delle attività economiche della zona, tra cui l'insediamento industriale di San Salvo e le attività agricole localizzate a valle della diga in ragione della possibilità di beneficiare di un adeguato approvvigionamento idrico proporzionato alle potenzialità – non valorizzate – della diga di Chiauci;
   se non si ritenga di valutare l'opportunità di revocare la concessione di gestione all'attuale gestore e di affidare la gestione della diga agli enti strumentali esistenti della regione Molise localizzati nel territorio della diga di Chiauci e che già gestiscono in modo adeguato infrastrutture analoghe. (4-17719)


   MELILLA, SCOTTO, RICCIATTI, FRANCO BORDO, PIRAS, QUARANTA, ALBINI, KRONBICHLER, ZARATTI, FERRARA e SANNICANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la linea ferroviaria Pescara-Roma si è crescentemente distinta negli anni per disservizi, obsolescenza del materiale rotabile e lentezze di percorrenza, nonostante sia necessaria una migliore offerta del servizio per un alto numero di pendolari, soprattutto da Sulmona Val Pescara verso Pescara e da Avezzano e Marsica verso Roma;
   dal 16 luglio 2017 per circa 50 giorni la linea ferroviaria è stata sospesa, in piena stagione turistica, per effettuare lavori lungo la linea;
   nella giornata del 4 settembre 2017, alla riapertura della linea, si è immediatamente verificato un ritardo di oltre un'ora per il treno 3225 con conseguenti disagi e danni per i viaggiatori –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per verificare la corretta realizzazione dei lavori svolti nonché garantire un funzionamento pieno, con tempi di percorrenza ridotti, della linea ferroviaria Pescara-Roma, tutelando i diritti dei pendolari vessati da decenni di disservizi. (4-17720)


   MOSCATT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'arteria stradale più breve che collega le città di Palermo e Agrigento è unica e la stessa da anni è sottoposta a lavori straordinari per ammodernare e ridurre la percorrenza di una tratta molto trafficata e di fondamentale importanza tra le due città capoluogo;
   il cantiere aperto risulta ad oggi, dopo molto tempo, completato per il 70 per cento;
   recentemente trecento operai impegnati nei lavori dell'opera infrastrutturale hanno aderito allo sciopero organizzato da diverse sigle sindacali come Fillea, Filca, Feneal, Cisl e Cgil per il rischio licenziamento, poiché l'opera in costruzione non è stata interamente finanziata;
   attualmente la viabilità della zona è insostenibile per le numerose rotonde approssimative ed i frequenti semafori mobili che impongono il senso alternato provocando gravissimi disagi ad automobilisti ed autotrasportatori;
   da giorni la C.M.C., impresa appaltante, a quanto consta all'interrogante ha sospeso i lavori senza alcuna motivazione ufficiale –:
   come il Ministro interrogato intenda procedere, per quanto di competenza, per scongiurare il rischio dell'ennesima incompiuta siciliana e per trovare una soluzione che porti alla riapertura del cantiere ed al completamento dell'opera. (4-17733)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nel pomeriggio del 29 luglio 2017 un autista di autobus dell'Azienda Tiemme è stato gravemente ferito con un coltello, mentre era in servizio, da un cittadino ivoriano. L'aggressione è avvenuta all'interno del mezzo che transitava nel comune di Monteriggioni (in provincia di Siena) e l'autista, operato d'urgenza, è ora ricoverato in prognosi riservata presso l'ospedale di Siena;
   da quanto emerge da fonti stampa il cittadino ivoriano non avrebbe agito d'impeto ma sarebbe sceso dall'autobus e dopo aver recuperato un coltello sarebbe ritornato sul mezzo per ferire l'autista; il cittadino ivoriano successivamente avrebbe inoltre aggredito i carabinieri con il coltello e con altri oggetti e sarebbe stato catturato dalle forze dell'ordine dopo un tentativo di fuga, e dopo essere stato colpito ad una gamba da un proiettile;
   sempre dai mass media si apprende che il cittadino ivoriano era già considerato un soggetto «difficile» dalle forze dell'ordine e dalle associazioni umanitarie locali: era stato infatti allontanato dalla struttura di accoglienza in cui soggiornava perché protagonista di episodi turbolenti;
   sempre dai giornali risulta infatti che tale giovane, il 19 luglio 2017, fosse stato fermato dalla polizia ferroviaria dopo aver aggredito e colpito con un pugno, su un treno della tratta Siena-Poggibonsi, il controllore dopo la richiesta di esibire il biglietto di viaggio. In quell'occasione la Polfer avrebbe arrestato (e poi rilasciato) il cittadino ivoriano per lesioni e resistenza a incaricato di pubblico servizio. Ulteriori indagini, secondo la stampa, avrebbero inoltre accertato «che il cittadino ivoriano era irregolare in Italia, con vari precedenti e colpito da un decreto del Prefetto di Siena, con il quale gli era stato revocato il programma di accoglienza»;
   dai giornali emerge poi che tale giovane era arrivato in Italia nella primavera del 2014 e che la sua domanda di protezione internazionale era stata respinta nel dicembre dello stesso anno. Risulta inoltre che nell'ultimo periodo si fosse recato all'estero, in Germania, da dove era stato rimpatriato in Italia (il Paese di accoglienza);
   la notizia dell'aggressione ha creato emozione ed allarme in una comunità, quella dei territori senesi, in cui sindaci, autorità locali ed associazioni gestiscono da anni ed al meglio numerosi cittadini stranieri richiedenti asilo, molti dei quali già integrati nella società, e non si registrano episodi violenti o di tensione con la popolazione;
   le istituzioni locali ed i vertici dell'azienda Tiemme hanno fortemente condannato l'accaduto e le associazioni sindacali hanno chiesto, anche ai fini di tutelare il lavoro dei conducenti, un incontro urgente al prefetto –:
   se le informazioni del Governo confermino la ricostruzione riportata in premessa, con particolare riferimento alla precedente aggressione, all'arresto e alla successiva liberazione e alla revoca dell'accoglienza;
   conseguentemente, per quali motivazioni, nonostante tali premesse, il giovane non sia stato oggetto di un rimpatrio forzato ed abbia potuto circolare con facilità nei Paesi dell'Unione europea e continuare a commettere gravissimi reati sul territorio nazionale;
   se il Governo intenda assumere iniziative a tutela della sicurezza dei lavoratori del settore dei trasporti e per semplificare le procedure di espulsione in presenza di reati e comportamenti violenti.
(2-01917) «Cenni, Paola Bragantini, Dallai, Marantelli, Salvatore Piccolo, Donati, Lodolini, Gadda, D'Incecco, Amato, Carra, Rocchi, Beni, Castricone, Miotto, Stella Bianchi, Berlinghieri, Carocci, Fiorio, Bratti, Mariani, Braga, Lenzi, Bini, Marchetti, Becattini, Zanin, Petrini, Manzi, Parrini, Carrescia, Giorgis, Tentori, Terrosi, Baruffi».

Interrogazioni a risposta orale:


   PISO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Securpol Group srl è una società attiva su tutto il territorio nazionale nel settore della vigilanza privata e del trasporto valori;
   la società conta circa 1.500 dipendenti;
   il tribunale di Roma ha avviato un'indagine per bancarotta fraudolenta aggravata nei confronti dei tre soci proprietari della Securpol per un presunto ammanco di oltre 160 milioni di euro;
    i tre soci sono in stato di detenzione dal 19 giugno 2017 e la società è in stato di gestione commissariale;
   i lavoratori della Securpol non percepiscono le loro retribuzioni da tre mesi ed è ad oggi assente ogni comunicazione tra commissari e dipendenti dell'azienda;
   i commissari sarebbero impossibilitati nell'erogazione degli stipendi ed altri pagamenti, in quanto i relativi conti correnti aziendali sarebbero bloccati per quanto disposto dal tribunale di Civitavecchia, mentre quello di Roma, a quanto consta all'interrogante, avrebbe disposto il dissequestro degli stessi; 
   in data 15 agosto e 18 agosto 2017 due lavoratori di Securpol sono deceduti, uno a seguito di un ictus ed un altro causa suicidio;
   dal 31 agosto il segretario nazionale UGL sicurezza civile si è incatenato davanti alla sede della Securpol di Fiumicino, facendo lo sciopero della fame;
   il mancato governo dell'azienda sta non solo producendo la paralisi dei pagamenti dei salari ma anche la mancata applicazione della cosiddetta «clausola sociale» nel susseguirsi dei cambi di titolarità degli appalti precedentemente in capo alla Securpol e, conseguentemente, sta esponendo i dipendenti al rischio di veder decadere i propri titoli di guardia giurata –:
   se e come i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano intervenire per garantire la continuità aziendale, il pagamento degli stipendi e la salvaguardia dei posti di lavoro. (3-03210)


   BIANCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la normativa sull'accoglienza dei migranti si basa sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati (si veda per tutti il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, attuativo della direttiva 2013/33/UE), principio peraltro coerente col dettato costituzionale (articoli 114 e 118 della Costituzione);
   con successive circolari ministeriali si faceva fronte all'emergenza migranti con l'istituzione dei centri di accoglienza straordinari (CAS), mediante assegnazione della gestione dei centri da parte delle prefetture, ma col sistema dei pubblici appalti (bandi), sentiti i comuni interessati;
   in seguito il Ministero dell'interno indicava con circolare uno schema di convenzione, consentendo, per far fronte alle maggiori emergenze, assegnazioni dirette, ma a soggetti di comprovata esperienza;
   ad oggi il sistema dei Cas, previsto come provvisorio ed emergenziale, visto lo svolgersi degli avvenimenti in tema di migrazione, soprattutto proveniente dal Mar Mediterraneo – coste libiche, sopporta circa l'80 per cento dell'accoglienza;
   sembra però, a quanto risulta all'interrogante, che quasi di regola le prefetture pervengano ad assegnazioni mediante bando, obliterando il rapporto e la consultazione con i comuni interessati, venendo meno alla leale collaborazione fra istituzioni, nonché alle indicazioni delle circolare ministeriali, che sembrerebbero autorizzare i pieni poteri prefettizi solo in caso di estrema urgenza e di assegnazione diretta. A riprova di ciò è sufficiente non solo esaminare le notizie apparse sulla stampa, ma anche informarsi presso i comuni e le prefetture (ad esempio, comune e prefettura di Arezzo o comuni e prefetture liguri);
   risulta evidente che il mancato coinvolgimento delle amministrazioni interessate complichi, anziché semplificare, la già complessa situazione nei territori interessati al problema –:
   se il Ministro sia al corrente di questa situazione;
   come se essa si concili con i principi costituzionali (articoli 114 e 118 della Costituzione), con il principio di leale collaborazione istituzionale, nonché con le norme e le indicazioni ministeriali vigenti;
   quali strumenti il Governo intenda mettere in campo per rimuovere questo increscioso stato di cose. (3-03212)


   FRANCO BORDO, LAFORGIA, MARTELLI, ROBERTA AGOSTINI, BOSSA, CIMBRO, CAPODICASA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 ottobre ricorre il giorno dell'anniversario della triste marcia su Roma durante la quale, nel 1922, 25.000 camicie nere marciarono verso la Capitale, dando il via alla stagione più buia, violenta e dolorosa della storia del nostro Paese, ovvero la dittatura fascista, condannata dalla Storia e dalla Costituzione;
   Forza Nuova, formazione di estrema destra, il 3 settembre 2017 ha lanciato sulla pagina Facebook l'evento «28 ottobre in marcia», nel quale figura un post ove si specifica: «Bandiere, striscioni, auto, pullman, benzina... Compatriota, la macchina organizzativa è in moto ed ha bisogno del tuo sostegno concreto. Il 28 ottobre Roma ospiterà la grande marcia forzanovista contro un governo illegittimo, per dire definitivamente no allo ius soli e per fermare violenze e stupri da parte degli immigrati che hanno preso d'assalto la nostra Patria»;
   nel suddetto post compare anche una richiesta di sostegno nella quale si invitano gli utenti a contribuire «...alla marcia con una donazione all'indirizzo PayPal inmarcia@forzanuova.info»;
   negli ambienti del partito, capitanato da Roberto Fiore, al momento e a quanto riporta la stampa, c’è riserbo sulle modalità e sui dettagli della «marcia dei patrioti», anche se la circostanza che sia stata comunicata sui social network fa supporre che i dirigenti forzanovisti abbiano chiesto un'autorizzazione al comune e alla questura di Roma;
   con tutta evidenza la forza rievocativa del 28 ottobre è un segnale non trascurabile negli ambienti dell'estrema destra e, malgrado la legge condanni i tentativi di ricostituzione del Partito fascista, vi è chi, nel nostro Paese, attribuisce connotazioni positive all'esperienza della dittatura fascista, rievocandone persino le date simboliche, le modalità e le parole d'ordine, facendone, altresì, propaganda;
   a seguito della campagna contro il riconoscimento dello «ius soli», che ha comportato anche scontri davanti al Senato della Repubblica il 15 giugno 2017, Forza Nuova continua ad alzare il tiro; si registrano, infatti, numerose iniziative sempre più eclatanti e sconcertanti, dal manifesto sui migranti stupratori, ispirato alla Rsi, alle ronde con pugili e ultras;
   la cosiddetta legge Scelba sanziona chiunque «promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche» –:
   quali iniziative urgenti intenda promuovere il Ministro interrogato affinché la marcia neofascista, convocata per il 28 ottobre 2017 a Roma da Forza Nuova, non venga consentita. (3-03214)


   ORFINI e PIAZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 19 agosto 2017 a Roma è stato eseguito lo sgombero di un immobile sito in via Curtatone che ospitava circa 500 persone per la maggior parte di origine eritrea e somala ed in possesso dello status di rifugiato politico o di altra forma di protezione internazionale;
   lo stabile di proprietà del fondo immobiliare speculativo IDeA Fimit sgr, risulta da anni in stato di abbandono e occupato dal 2013. Una situazione non inusuale, conseguenza della gravissima emergenza abitativa in cui versa la Capitale;
   lo sgombero effettuato nella giornata del 19 agosto sarebbe avvenuto senza alcuna predisposizione, da parte dell'amministrazione capitolina, di un piano per l'idonea sistemazione abitativa degli occupanti e per l'accoglienza delle categorie più fragili. L'assenza di alternative alloggiative ha portato centinaia di persone a dormire per strada mentre alle donne in stato di gravidanza, ai minori e alle persone malate è stato consentito di rientrare nello stabile;
   la discordanza tra le versioni rilasciate dalla prefettura e dall'amministrazione capitolina appaiono sintomatiche dell'inadeguatezza dell'operato di quest'ultima: secondo il sindaco Raggi e l'Assessore alle politiche sociali Baldassarre il comune di Roma non era a conoscenza della presenza di minori nello stabile, né aveva a disposizione il censimento degli occupanti. Eppure, come confermato dalla Comunità di S. Egidio, i minori da loro assistiti frequentavano regolarmente scuole pubbliche e, dalle ricostruzioni operate dalla stampa, risulta inoltre l'individuazione di 107 persone in condizioni di fragilità per cui il comune di Roma aveva il compito di trovare una soluzione alloggiativa;
   lo sgombero è proseguito in un clima di tensione crescente, specie verso le persone rimaste nei pressi di Piazza Indipendenza, sino al 24 agosto, quando le forze dell'ordine hanno proceduto ad allontanarle mediante cariche, provocando feriti e momenti di grande paura;
   gravi responsabilità sull'accaduto, secondo gli interroganti, sono imputabili a omissioni della giunta capitolina. Come affermato al quotidiano La Repubblica dal capo della polizia Franco Gabrielli, non sarebbe stata data alcuna attuazione alla road map stabilita nel 2014 dall'allora prefetto di Roma e dal Commissario straordinario Tronca per la soluzione del disagio abitativo legato alle occupazioni abusive, da realizzare in forza di apposite risorse stanziate dalla regione Lazio con delibera di giunta n. 18 del 15 gennaio 2014, confermate nella disponibilità del comune di Roma con le delibere di giunta n. 110 del 15 marzo 2016 e n. 239 dell'11 maggio 2017;
   destano perplessità, tuttavia, anche le modalità con cui lo sgombero è avvenuto. Sempre secondo ricostruzioni operate da organi di stampa la società Sea Servizi Avanzati, nell'ottica di entrare presto nella disponibilità in locazione dell'immobile, avrebbe trattato direttamente con il comune e con gli occupanti dello stabile mediante l'ex generale dei carabinieri Antonio Ragusa, condannato in primo grado per turbativa d'asta;
   solo nella giornata del 22 agosto 2017 si è prospettata una soluzione alternativa a carico dei proprietari dell'immobile occupato, in un'altra provincia, per soli 6 mesi e solamente per 40 persone;
   emergerebbero, inoltre, il mancato coinvolgimento dell'amministrazione comunale del comune di Forano (RI), comune in cui sarebbe dovuta avvenire tale ricollocazione, e l'impraticabilità della soluzione stessa a causa di problematiche connesse alla mancata agibilità degli alloggi individuati;
   lo stesso prefetto di Roma ha inoltre dichiarato al quotidiano La Repubblica che: «il diktat era che non ci sarebbe dovuta essere nessuna azione di forza». Nonostante ciò l'azione di forza si è tenuta lo stesso, con episodi di grande tensione conseguenti;
   sempre secondo quanto dichiarato dal prefetto Basilone vi sarebbe un elenco di circa 100 immobili occupati nella città di Roma, in cui vivrebbero oltre migliaia di persone, che sarebbero oggetto di prossime azioni di sgombero –:
   se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per accertare, nel minor tempo possibile, i fatti esposti in premessa, le responsabilità conseguenti e gli eventuali eccessi nell'uso della forza;
   se non ritenga opportuno fare chiarezza sull'attuale situazione alloggiativa delle persone sgomberate;
   se non ritenga opportuno acquisire elementi sulla disponibilità e sull'utilizzo dei fondi per l'emergenza abitativa nel comune di Roma. (3-03218)


   MARCON, CIVATI, PALAZZOTTO e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 22 agosto 2017 la Reuters ha riportato che gruppi armati impedivano ai barconi di migranti di partire da Zawiya, in Libia, da dove improvvisamente sono cessati i traffici di esseri umani che per anni hanno imperversato nella zona;
   quest'area della Libia, come la vicina Sabrata, sono completamente sottratte al controllo delle istituzioni libiche e sono in mano a milizie (anche di Daesh) che controllano e gestiscono ogni tipo di contrabbando — petrolio, armi, esseri umani;
   un'indagine di Middle East Eye rivela che l'improvvisa cessazione delle partenze è stata possibile grazie al fatto che risultano esser stati raggiunti accordi economici tra le autorità italiane e i gruppi armati dei trafficanti e contrabbandieri, perché il governo di Al-Sarraj non ha il controllo dell'area e dei gruppi armati;
   lo stesso capo della guardia costiera libica del posto, Bija, sarebbe al soldo di alcune milizie e sarebbe in patente conflitto di interessi, dovendo ora impedire alle navi delle Organizzazioni non governative di entrare nelle acque territoriali libiche, sulla base delle nuove regole (codice di condotta) varate dall'Italia. La guardia costiera di Zawiya è la stessa sospettata di aver aperto il fuoco su una nave di Medici Senza Frontiere, in acque internazionali, il 17 agosto 2016;
   la stampa e il direttore generale del dipartimento del Ministero dell'interno libico per la lotta alla migrazione illegale hanno riferito che l'accordo economico con le milizie armate che impediscono ai barconi di partire sia stato fatto direttamente dall'Italia, che fornirebbe a questi gruppi armati fondi e mezzi per fare il lavoro di contenimento richiesto dal Governo italiano;
   secondo un'inchiesta dell'Associated Press, due delle milizie coinvolte nel traffico di esseri umani, Al-Ammu e la Brigata 48, sarebbero state «integrate» ufficialmente nelle forze di sicurezza di Al-Sarraj in modo da garantire all'Italia di lavorare direttamente con forze che almeno formalmente non siano più considerate milizie o trafficanti, ma parte del governo riconosciuto;
   la tregua così ottenuta dipenderebbe ora dal continuo sostegno alle milizie. Si parla di 5 milioni di euro per il blocco delle partenze per un mese;
   se tali notizie fossero confermate il «successo» del Governo italiano nasconde un segreto terribile: starebbe facendo accordi con trafficanti, assassini e torturatori, e ignorando di fatto che le persone ammassate in Libia dagli stessi trafficanti rimangono preda di torture, stupri e sevizie –:
   se corrisponda al vero che le milizie che operano sulle coste libiche stiano percependo i fondi italiani per la «gestione delle frontiere». (3-03219)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da La Repubblica del 10 agosto 2017, i sindacati piemontesi dei vigili del fuoco si sono rivolti alla procura di Torino presentando un esposto sui disservizi nel numero unico 112 per le emergenze che da accesso ai servizi di carabinieri, polizia, vigili del fuoco e emergenze sanitarie;
   secondo quando riferito dai sindacati di categoria dei vigili del fuoco, infatti, da quando è in funzione il numero unico 112, sarebbero peggiorati gli standard di attivazione dei soccorsi;
   nell'esposto sopracitato sarebbero elencati almeno una decina di casi, nei quali i vigili del fuoco non sarebbero stati informati di un soccorso nel quale sarebbe stato necessario il loro intervento;
   si starebbero riscontrando quindi diverse problematiche, tra cui conflitti di competenza con il soccorso alpino nella gestione del soccorso tecnico urgente;
   inoltre secondo i firmatari dell'esposto l'analisi di chi risponde al centralino del numero unico non sarebbe sempre corretta o non rispetterebbe il protocollo firmato a marzo 2017 prima dell'attivazione del servizio;
   secondo i dati raccolti dai sindacati tra aprile e agosto 2017, in 5 casi su 12, circa il 40 per cento, la chiamata verrebbe erroneamente indirizzata al 118, generando ritardi nei soccorsi;
   tra i diversi casi presentati nel dossier allegato all'esposto vi è anche quello del piccolo Leonardo Pecetti, 10 anni, annegato nell'Alessandrino il 29 luglio 2017. All'indomani dell'incidente, su cui ora la procura starebbe indagando per omicidio colposo, il Conapo (sindacato di categoria) avrebbe denunciato che i vigili del fuoco sarebbero stati allertati con 15 minuti di ritardo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, di mettere in campo ogni strumento necessario al fine di razionalizzare le procedure di soccorso in modo da garantire la tempestività delle stesse;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno fare chiarezza sulle inadempienze, le mancate attivazioni e i ritardi riscontrati nei soccorsi, al fine di rendere il servizio di numero unico efficiente, preciso e tempestivo. (5-12086)


   FIANO, VERINI, MORANI, MALPEZZI, CARBONE, CUPERLO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, FABBRI, FAMIGLIETTI, FERRARI, GASPARINI, GIACHETTI, GIORGIS, LATTUCA, LAURICELLA, MAURI, MARCO MELONI, NACCARATO, NARDI, PICCIONE, POLLASTRINI, RICHETTI, FRANCESCO SANNA, AMODDIO, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, DI LELLO, ERMINI, FERRANTI, GIULIANI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, MAGORNO, MATTIELLO, GIUDITTA PINI, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, ROTTA, MICCOLI, FERRO, FIORIO, MORASSUT, META, MELILLI, BONACCORSI, TIDEI, ARGENTIN, MARRONI, ORFINI, CARELLA, COSCIA, GAROFANI, MINNUCCI, BARUFFI, GADDA, STELLA BIANCHI, BORGHI, DE MARIA, FRAGOMELI, SANI, BRAGA e MISIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si apprende che il 28 ottobre 2017 è stata convocata a Roma da Forza Nuova – una nota formazione politica di estrema destra – un cosiddetta «marcia dei patrioti», attraverso un appello pubblicato su Facebook con il quale si invitano i «camerati» di ogni parte d'Italia ad unirsi e marciare su Roma «contro la legge sullo ius soli» e gli «immigrati responsabili di stupri e violenze»;
   appare purtroppo evidente la assoluta non casualità della convocazione di questa cosiddetta marcia in una data simbolo per il passato regime fascista, ossia quel 28 ottobre del 1922 quando 25.000 camice nere del Partito nazionale fascista sfilarono a Roma, dando luogo ad una manifestazione che segnò, simbolicamente, l'arrivo al potere di Mussolini e l'avvio della dittatura fascista in Italia;
   tale iniziativa desta particolare preoccupazione in un momento in cui le notizie a mezzo stampa riportano frequenti episodi di cronaca caratterizzati da azioni di violenza verbale o, talvolta, fisica da parte di svariate sigle riconducibili ad ambienti di estrema destra, ai danni di immigrati, sacerdoti, esponenti politici, giornalisti, lasciando così presagire il clima e i toni, e i connessi rischi per ordine pubblico, cui si andrebbe incontro nella cosiddetta marcia dei patrioti che rischia di trasformarsi in una giornata tragica per il nostro Paese;
   al di là delle fondate gravi preoccupazioni di ordine pubblico, e al di là del carattere offensivo per la memoria di quanti hanno sacrificato la propria vita a difesa della Repubblica, è assai discutibile – per i toni e per i contenuti utilizzati – la legittimità di una simile «manifestazione» in base alla normativa vigente, e in particolare alla luce dei divieti posti dalla legge n. 654 del 1952 (cosiddetta legge Scelba) e del decreto-legge n. 122 del 1993, come convertito dalla legge n. 205 del 1993 (cosiddetta legge Mancino) –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di impedire che l'iniziativa descritta in premessa si possa svolgere e quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito alla proliferazione di movimenti neofascisti come Forza Nuova. (5-12106)


   SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un efficace sistema di protezione civile, di soccorso e assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali o causate dall'uomo deve disporre di adeguate risorse umane, tecniche e strumentali per far fronte alle primarie esigenze determinate dall'emergenza;
   nel suo insieme, la Valsesia dispone di un sistema di protezione civile basato sull'attività istituzionale dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine, cui contribuiscono anche i volontari appartenenti al soccorso alpino, alla Croce Rossa ed altri nobili istituti ed organizzazioni;
   le emergenze recenti, tuttavia, hanno dimostrato la subentrata necessità di acquisire mezzi idonei all'effettuazione degli interventi di soccorso sulle strade di montagna caratterizzate da tortuosità e limitata larghezza delle sedi stradali;
   tali non possono esser considerati i veicoli di soccorso speciale a disposizione dei vigili del fuoco e della protezione civile, in quanto di grandi dimensioni, vetusti e non particolarmente adatti alle esigenze del territorio montano;
   corrisponderebbe invece a questo tipo di esigenza operativa l'acquisizione da parte dei vigili del fuoco della Valsesia di una piattaforma aerea, in grado di intervenire rapidamente per assicurare il soccorso di persone in difficoltà e fronteggiare gli incendi ed i rischi derivanti da piante pericolanti o lastroni di neve;
   ad aggravare la carenza di mezzi in Valsesia è la circostanza che l'unica autoscala disponibile su tutto il territorio provinciale sia dislocata presso il comando dei vigili del fuoco di Vercelli, che comporta tempi di intervento incompatibili con la fornitura del servizio di soccorso tecnico urgente;
   risulterebbe a questo punto decisivo ottenere l'assegnazione al comando dei vigili del fuoco di Vercelli di una piattaforma aerea idonea, da dislocare presso il distaccamento di Varallo;
   una piattaforma aerea del tipo desiderato risulta in via di assegnazione alla direzione regionale dei vigili del fuoco del Piemonte, stando a quanto risulta dalla comunicazione del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno n. 0012555 datata 28 aprile 2017 –:
   quali circostanze impediscano di assegnare al comando dei vigili del fuoco di Vercelli la piattaforma aerea in via di consegna alla direzione regionale piemontese del Corpo, per adibirla al soccorso tecnico urgente in montagna e presso il distaccamento del Corpo situato a Varallo, in modo tale da assicurare la copertura delle esigenze della Valsesia. (5-12116)


   VICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso con sconcerto della dichiarazione di morte cerebrale di una signora 73enne presso l'ospedale Santissima Annunziata di Taranto;
   la donna sarebbe stata vittima di un'aggressione violenta avvenuta all'interno del pronto soccorso della struttura sanitaria del capoluogo jonico;
   ad accorgersene è stato il figlio dell'anziana paziente che ha notato una profonda ferita alla testa;
   il reparto di pronto soccorso è una vera zona di frontiera e spesso è teatro di violenze anche ai danni degli stessi operatori sanitari;
   l'auspicio è che gli organi preposti accertino al più presto dinamiche e responsabilità sull'accaduto;
   ciò evidenzia la necessità di avere sistemi di sorveglianza più efficaci a tutela di pazienti e operatori –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di predisporre la presenza di uno specifico posto di polizia h24 all'interno del reparto di pronto soccorso dell'ospedale Santissima Annunziata di Taranto. (5-12117)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   continua a preoccupare la situazione di Castel Volturno, in provincia di Caserta, a causa della presenza massiccia di immigrati sul territorio e delle conseguenti tensioni sociali che da tempo attanagliano il territorio;
   si tratta di oltre 20 mila clandestini su una popolazione di 23 mila cittadini residenti, di cui 4 mila regolari con permesso di soggiorno;
   ad allarmare, in particolare, è la legge n. 91 del 2017 che prevede un piano di intervento per il risanamento delle aree interessate, quindi per i comuni caratterizzati da una forte concentrazione di immigrati;
   con tale provvedimento saranno erogati 150 milioni di euro ripartiti tra tre comuni, Castel Volturno, Manfredonia e San Ferdinando per gli anni 2018 e 2019, per i servizi e le attività strettamente funzionali all'accoglienza e all'integrazione dei migranti;
   il comma 4 dell'articolo 16 prevede che le modalità di ripartizione delle risorse di cui al presente comma tra i comuni interessati sono definite nel limite massimo di 700 euro per ogni richiedente protezione accolto nei centri del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Spar) e di 500 euro per ognuno di quelli ospitati nelle altre strutture;
   a parere dell'interrogante, la ripartizione dei fondi dovrebbe spettare alla comunità dei residenti castellani, a ristoro del disagio e dei danni subiti dalla presenza di immigrati sul territorio;
   le risorse andrebbero, peraltro, assegnate per ripianare alcune criticità, in primis il dissesto finanziario, oltre che per mettere a disposizione forze dell'ordine per un censimento degli immigrati nel territorio e favorire un potenziamento degli organici delle stesse per contrastare i fenomeni della prostituzione, dello spaccio di droga, dei furti, dell'occupazione delle case estive, dei servizi forniti esclusivamente da immigrati –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare, anche di carattere normativo per garantire sicurezza alla comunità di Castel Volturno, con particolare riguardo ai cittadini italiani ivi residenti. (4-17609)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'introduzione del nono rapporto di monitoraggio, il gruppo Crc – chiamato a verificare annualmente l'attuazione della Convenzione Onu su diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel nostro Paese — evidenzia come, tra gli adolescenti, i social network siano diventati «lo strumento sempre più utilizzato per conoscere altre persone e per costruire e gestire una parte significativa delle relazioni con gli altri, secondo modalità profondamente diverse da quelle delle generazioni precedenti: nel 2014, l'83 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni utilizzava Internet con un telefono cellulare e il 57 per cento navigava sul web. I maggiori fruitori di tecnologia sono gli adolescenti 14-17enni, i quali utilizzano giornalmente (o più volte alla settimana) il telefono cellulare nel 92,6 per cento dei casi (contro il 67,8 per cento degli 11-13enni), nel 50,5 per cento dei casi usano il personal computer (contro il 27,4 per cento) e nel 69 per cento dei casi navigano su Internet (contro il 39,4 per cento). Le ragazze fra gli 11 e i 17 anni usano più frequentemente dei coetanei maschi sia il telefono cellulare, sia Internet»;
   secondo gli ultimi dati dell'Istat, «quella attuale è, infatti, la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l'essere connessi rappresenta un dato di fatto, un'esperienza connaturata alla quotidianità»;
   il fenomeno del cosiddetto sexting, legato a un uso non consapevole dei social network, è un fenomeno che può denotare un approccio alla sessualità inadeguato e l'incapacità di riconoscere i propri limiti o di opporsi alla pressione sociale;
   al «Punto ascolto disagio scolastico bullismo e cyberbullismo» quest'anno i casi di sexting, tra Verona e provincia, hanno superato la quarantina, in incremento rispetto al 2016;
   stando ai dati raccolti dal Punto di ascolto «ogni giorno nascono account o piattaforme a cui i ragazzi si iscrivono non pensando a cosa rischiano e che poi li trascinano in un vortice di esperienze allarmanti. Spesso non viene dato il giusto peso a questi gesti ignorando le pesanti conseguenze che certe azioni virtuali hanno nel mondo reale. Il sexting è infatti il viatico per essere ricattati, diffamati, vivere in uno stato di angoscia ed essere contattabili dai pedofili. Si perde la privacy, le foto o i video rimangono negli anni avvenire come una etichetta negativa sul proprio profilo pregiudicando spesso opportunità di lavoro o carriera. Se non si dà valore alla propria privacy e alla propria intimità si annulla la propria identità» –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, s'intendano adottare in un'ottica d'interventi che, superando l'impianto punitivo delle norme già in vigore, focalizzino l'attenzione sulla misura della prevenzione, a parere dell'interrogante più efficace. (4-17610)


   BALDELLI, CAUSIN, POLVERINI e CALABRIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportano diversi organi di stampa, sulla via Pontina, all'altezza del campo nomadi di Castel Romano, avvengono sempre più spesso pericolosi lanci di massi e di altri oggetti contundenti contro le automobili di passaggio, seguiti da aggressioni e furti ai danni degli automobilisti e dei passeggeri che, una volta colpita la vettura, effettuino una sosta per controllare eventuali danni al veicolo e per rendersi conto dell'accaduto, secondo uno schema criminale già noto alle forze dell'ordine;
   fino ad oggi, per circostanze fortuite e casuali, questi fatti, già gravissimi, non si sono trasformati in vere e proprie tragedie –:
   se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza al fine di prevenire il verificarsi di simili aggressioni, attraverso un pattugliamento sistematico del territorio e la messa in campo di azioni di controllo anche sul campo nomadi di Castel Romano. (4-17614)


   ALLASIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2017, alle 8,45, l'ex sindaco di Favria, Serafino Ferrino, è stato aggredito sotto casa da uno sconosciuto, un uomo sulla trentina che, dopo averlo avvicinato con una scusa, simulando un guasto alla propria auto, lo ha colpito ripetutamente al volto;
   soltanto le grida dell'ex primo cittadino, richiamando l'attenzione di alcuni vicini, hanno convinto lo sconosciuto a scappare;
   Serafino Ferrino è comunque dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso di Cuorgnè;
   gli inquirenti che indagano sull'accaduto, stando a quanto si è letto sulla stampa, non escluderebbero alcuna pista, anche in ragione delle posizioni assunte da Serafino Ferrino sulla famiglia e la sua adesione al movimento delle «Sentinelle in Piedi»; 
   un ulteriore possibile movente, considerato dagli investigatori, potrebbe altresì essere il rifiuto a suo tempo opposto da Serafino Ferrino alla celebrazione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso nel suo municipio, circostanza che in effetti fu ampiamente ripresa dai media;
   Ferrino era stato fatto oggetto di minacce ed insulti sul web, ma mai nessuno era passato alle vie di fatto –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire ai cittadini, e specialmente a coloro che ricoprano o abbiano ricoperto incarichi pubblici, l'esercizio del diritto di esprimere la propria opinione al riparo da ogni genere di coazione o rappresaglia violenta. (4-17618)


   LEVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 luglio 2017, la questura di Lecce ha notificato una serie di verbali di accertamento di violazione amministrativa a carico di persone e sarebbero state identificate, nel corso della notte tra il 3 e il 4 luglio, lungo il percorso che collega la zona di San Basilio (sede del cantiere TAP, all'interno del quale nel mese di aprile 2017 sono stati espiantati circa 250 ulivi) al luogo denominato «Masseria del Capitano», a Melendugno, dove gli ulivi espiantati vengono stoccati;
   ai destinatari dei verbali si contesta di avere impedito od ostacolato la libera circolazione veicolare, ingombrando «ripetutamente con la propria presenza fisica» due tratti stradali specificamente indicati, «al fine precipuo di non consentire il transito di autoveicoli delle Forze dell'Ordine, nonché di automezzi operanti per conto della società Trans Adriatic Pipeline, nell'occasione dedicati al trasporto di 42 alberi di ulivo»;
   tale condotta violerebbe l'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 66 del 1948, che così dispone: «chiunque, al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, depone od abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata, è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire due milioni a lire otto milioni;
   se il fatto è commesso da più persone, anche non riunite, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire venti milioni (ora da euro 2.582,28 a euro 10.329,14). Nei casi previsti dai commi precedenti non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689»;
   i verbali notificati impongono una serie di considerazioni:
    in primo luogo, esiste una profonda differenza tra la condotta sanzionata dalla norma contenuta nel decreto legislativo n. 66 del 1948 e la condotta concretamente tenuta dai manifestanti individuati dalla questura di Lecce, che, a quanto risulta all'interrogante, non avevano nessuna intenzione di impedire o di ostacolare la libera circolazione dei veicoli, ma semplicemente quella di rendere difficoltoso il transito dei mezzi che avrebbero dovuto garantire il trasferimento degli ulivi lungo i tratti di strada che in precedenza le forze dell'ordine, a scopo di interdizione, avevano completamente chiuso al traffico veicolare;
    impedire la libera circolazione era dunque, ad avviso dell'interrogante, impossibile, per il semplice fatto che nessuno, ad eccezione dei mezzi di TAP e delle forze dell'ordine, poteva liberamente circolare;
    in secondo luogo, la decisione di contestare l'illecito amministrativo previsto dal decreto legislativo n. 66 del 1948 comporta una evidente contrazione delle possibilità di difesa dei destinatari, dal momento che l'organo che dovrà vagliare la fondatezza delle argomentazioni difensive è il prefetto, e non un'autorità giurisdizionale. La sanzione amministrativa pecuniaria irrogata, nel caso in cui le memorie dovessero essere valutate negativamente, verrebbe richiesta immediatamente, con ordinanza-ingiunzione ex articolo 18 della legge n. 689 del 1981;
    la contestazione dell'illecito amministrativo, a parere dell'interrogante, finisce di fatto per scoraggiare la resistenza dei manifestanti, rendendone fortemente e rapidamente antieconomica l'organizzazione –:
   quali ulteriori elementi intenda fornire il Ministro interrogato e quali iniziative intenda porre in essere al fine di garantire la libertà di manifestare il dissenso, nelle forme e nei modi adeguati, agli abitanti del territorio interessato;
   se non ritenga sussistano i presupposti per avviare un'ispezione ministeriale in relazione agli accertamenti sui fatti accaduti. (4-17620)


   COLLETTI, AGOSTINELLI e BONAFEDE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero dell'interno del 28 giugno 2017 è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, a cinquanta posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia;
   tra i requisiti richiesti dal bando, per l'ammissione al concorso, vi è il possesso del limite di età non superiore ai trentacinque anni (vedi articolo 2, comma 1, lettera b)). Tale limite elevato di un anno per i coniugati, per ogni figlio vivente, non si applica, altresì, per alcuni candidati tra cui i dipendenti civili di ruolo della pubblica amministrazione, gli ufficiali e sottufficiali dell'Esercito, della Marina o dell'Aeronautica cessati d'autorità o a domanda; agli ufficiali, ispettori, sovrintendenti, appuntati, carabinieri e finanzieri in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonché alle corrispondenti qualifiche negli altri corpi di polizia;
   a ciò si aggiunge, che il bando prevede all'articolo 13, oltre alle ordinarie preferenze e precedenze stabilite dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 9 maggio 1994 in favore di alcuni soggetti come orfani di guerra, invalidi e altro, che vengano preferiti, a parità di merito, anche coloro che hanno svolto uno stage e/o un tirocinio presso gli uffici giudiziari o l'ufficio del processo;
   la previsione restrittiva del limite di età si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione e il principio di non discriminazione di cui all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, in materia lavorativa, la direttiva comunitaria 2000/78 all'articolo 4, paragrafo 1, sancisce che «le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscono discriminazione laddove siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima e da un requisito proporzionato.»;
   le normative nazionali degli Stati membri non possono, dunque, prevedere limiti di età per l'accesso ai concorsi pubblici, come risulta confermato, anche, dalla stessa giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia dell'Unione europea, sez. II, sentenza 13 novembre 2014 n. C-416/13) secondo cui ciò varrebbe anche per quei concorsi pubblici riguardanti attività lavorative che richiedono capacità fisiche particolari;
   tra l'altro, nell'ordinamento giuridico italiano, già l'articolo 3, comma 6, della legge n. 127 del 1997 (cosiddetta Bassanini-bis), aveva «positivizzato» il divieto generale di stabilire limiti di età per l'accesso ai concorsi pubblici, prescrivendo che: «La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione». E nelle stesse ipotesi di deroga, la pubblica amministrazione deve pur sempre estrinsecarne in maniera chiara le ragioni giustificatrici, in termini di particolare natura del servizio ovvero di oggettive necessità dell'ente (cfr. T.A.R. Parma, sez. I, sentenza n. 424 del 2014);
   pertanto, alla luce di quanto esposto, la previsione del limite di età per l'accesso ai concorsi pubblici, e nello specifico quello dell'accesso alla carriera iniziale prefettizia, così come configurata (prevista solamente per chi non rientra in determinate categorie previste dal bando, in particolare dall'articolo 2 del bando), costituirebbe secondo gli interroganti una misura illegittima e ingiustificata, in palese contrasto con il principio di uguaglianza, la normativa e la giurisprudenza sia nazionale che comunitaria in materia. Infine, a parere degli interroganti, l'ulteriore previsione dei titoli di preferenza in favore di stagisti/tirocinanti costituirebbe anch'essa una misura irragionevole, in quanto lo svolgimento di semplice stage o un tirocinio non può costituire titolo di preferenza al pari di quello a cui ha diritto una persona invalida, escludendo, tra gli altri, da tali categorie di preferenza, coloro che abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto ed, in particolare, se intenda chiarire quali siano state le ragioni legittime e proporzionate che hanno giustificato l'inserimento del limite di età nel bando di concorso in questione; nel caso si verifichi l'insussistenza delle stesse ragioni legittimanti, se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per riaprire i termini della partecipazione al concorso per coloro che, ingiustificatamente, ne siano stai esclusi in considerazione dell'età;
   quali iniziative di competenza intenda assumere in ordine all'ulteriore questione dei titoli di preferenza al fine di scongiurare la violazione dell'articolo 3 della Costituzione. (4-17629)


   DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo di Gianni Martini pubblicato su La Stampa edizione di Cuneo del 3 settembre 2017 si segnala che «Un politico, con «obbligo di scorta» per proteggerlo da attacchi o attentati, il giorno di Ferragosto è in vacanza nell'Imperiese con la famiglia. Lo aspettano per l'inaugurazione di una fiera nel Cuneese. La sua segreteria da Roma comunica lo spostamento istituzionale e dalla questura di Cuneo, già il giorno precedente, viene inviata la scorta che a Ferragosto lo accompagna – per poche ore – in una vallata prima di riportarlo nel luogo in Liguria»;
   secondo quanto riportato, quindi, la scorta sarebbe partita il 14 agosto 2017 da Cuneo per pernottare in trasferta presso la località di vacanza per poi tornare a Cuneo, scortando il politico in occasione dell'impegno pubblico, non precisato se istituzionale o meno, e infine rientrare nuovamente nell'imperiese dove la figura scortata avrebbe continuato la vacanza, mentre gli agenti sarebbero tornati a nel capoluogo piemontese distante circa 150 chilometri;
   nello stesso articolo si sostiene che sia al capo della polizia, sia al Ministero dell'interno sia giunta comunicazione di tali spostamenti –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato e in base a quali considerazioni, in termini logistici, organizzativi e economici, si sia ritenuto opportuno l'impiego della scorta partita da Cuneo con le modalità e le tempistiche riportate in premessa. (4-17633)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 agosto 2017 sulla pagina Facebook del movimento politico di estrema destra Forza Nuova veniva diffusa un'immagine raffigurante un uomo nero che aggredisce una donna bianca, intento a strapparle la camicetta, accompagnata dalla scritta: «Difendila dai nuovi invasori. Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia»;
   l'immagine non è inedita per la storia italiana, essendo opera di Gino Boccasile, illustratore di inizio ’900 celebre per i manifesti del regime fascista, nonché tra i firmatari del Manifesto della razza in appoggio all'introduzione delle leggi razziali del 1938; e il testo che l'accompagna pubblicato sul social network è ispirato apertamente alla Repubblica sociale italiana – cioè la denominazione del regime fascista tra il 1943 e il 1945 nella parte di territorio italiano occupato dai nazisti – ed esattamente al 1944, ai tempi dell'avanzata degli angloamericani contro fascisti e nazisti, poi culminata con la Liberazione, quando era propagandata la figura del «negro» invasore quale «violentatore e massacratore di inermi e nemico della civiltà europea»;
   l'immagine più il testo – evidentemente collegati a recenti fatti di cronaca – si configurano apertamente come un'istigazione all'odio razziale – per il quale si auspica un intervento da parte delle magistrature e delle istituzioni democratiche; tali messaggi richiamano a un'ideologia e a un regime nefasti per il nostro Paese, peraltro oggetto di precise norme interdittive in Costituzione;
   come ha correttamente riportato il giornalista Paolo Berizzi su Repubblica: «Settantatre anni dopo quell'immagine viene adottata in chiave anti-immigrati da Forza Nuova, e cioè un partito che già due sentenze della Cassazione hanno ritenuto legittimo equiparare a una formazione “nazifascista”» –:
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per contrastare un'organizzazione che fa dell'istigazione all'odio la propria principale attività. (4-17634)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 agosto 2017 a Bologna viene sgomberato dalle forze di polizia il centro sociale Làbas;
   dal 2012 il centro aveva sede presso l'ex Caserma Masini di Via Orfeo, di cui occupava le ali agibili e il piazzale;
   l'attuale proprietario dell'immobile è Cassa depositi e prestiti (CDP) Investimenti sgr, società detenuta per il 70 per cento da Cassa depositi e prestiti spa e paritariamente per il 15 per cento da Associazione bancaria italiana (Abi) e Associazione di fondazioni e casse di risparmio S.p.a. (Acri);
   negli anni, Làbas aveva dimostrato una forte capacità di innovazione sociale e relazione con il quartiere di insediamento, dando vita a esperienze come il mercato dei produttori agricoli biologici Campi Aperti, il laboratorio per bambini LàBimbi, il progetto «Accoglienza Degna» rivolto a migranti e richiedenti asilo;
   lo sgombero appare dunque particolarmente incomprensibile, perché colpisce una realtà capace di restituire alla città molto più di quanto ricevesse con l'utilizzo di uno spazio altrimenti destinato a progetti di speculazione edilizia;
   da mesi erano inoltre aperti canali di dialogo per verificare le modalità con cui rendere compatibili eventuali immediati interessi della proprietà con l'interesse comune al mantenimento di un'esperienza tanto vivace e utile;
   lo sgombero dell'8 agosto 2017 rappresenta evidentemente un passo indietro violentissimo, che rende più povera la città e difficili i percorsi futuri –:
   in quale sede sia stato deciso di operare lo sgombero dell'8 agosto 2017;
   se siano state adeguatamente percorse ipotesi alternative;
   se esistano, ad oggi, concreti e immediati progetti di utilizzo dell'area da parte di Cassa depositi e prestiti investimenti sgr e, in caso affermativo, di quali progetti si tratti. (4-17635)


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vigili del fuoco sono servitori dello Stato che fronteggiano in prima linea, molte volte con sprezzo del pericolo, le emergenze che colpiscono il territorio e la cittadinanza e meritano pertanto di essere agevolati nel compimento del loro lavoro;
   a quanto emerge da una notizia riportata su diversi organi di stampa, tra cui sul quotidiano Il Tirreno del 25 agosto 2017, i vigili del fuoco dell'unità di soccorso Usar di Roma, nel tentativo di ritornare alle proprie case dopo gli interventi richiesti a seguito del sisma avvenuto in prossimità di Casamicciola sull'isola di Ischia il 21 agosto, si sarebbero trovati impossibilitati a rientrare sulla terraferma a seguito del rifiuto del personale della compagnia di navigazione che garantisce i collegamenti con Napoli di imbarcarli a causa dell'assenza del biglietto;
   ciò che essi hanno dovuto subire non solo ha costituito un ostacolo al loro rientro a Roma, essendo stati immobilizzati per ore sull'isola di Ischia, e più precisamente dalle 8.30 fino alle 14.30 del 23 agosto 2017, con al seguito materiale e unità cinofile, in attesa di poter rientrare nel proprio territorio di appartenenza ma, per le modalità con le quali il fatto si sarebbe verificato, questo ha costituito anche una palese mancanza di rispetto verso operatori che si sono impegnati con fatica e dedizione per 36 ore consecutive, scavando anche a mani nude, per salvare delle vite;
   ciò che viene rilevato dal comando dei vigili del fuoco di Roma è che l'armatore non sarebbe stato informato della firma della convenzione tra regione Campania e la società che gestisce i traghetti che collegano Napoli con le isole e che pertanto il personale delle navi non avrebbe avuto disposizioni per far salire a bordo i vigili del fuoco; –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, come si sia prodotto il disguido sopra descritto e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché altri episodi analoghi non abbiano a ripetersi nel futuro. (4-17636)


   PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la procura di Trapani conduce da tempo indagini di grande rilevanza sul comportamento delle organizzazioni non governative straniere che hanno schierato nel Mediterraneo centrale una flottiglia di navi cosiddette «umanitarie»;
   le indagini sono sfociate nel mese di agosto 2017 nel blocco di uno di questi battelli e nell'iscrizione di varie persone del suo equipaggio nel registro degli indagati con la grave accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;
   allo svolgimento delle indagini ed al loro successo hanno contribuito anche alcuni operatori della sicurezza in servizio per conto di una ditta privata, che operava a bordo di una di queste navi sedicenti «umanitarie»;
   tali operatori della sicurezza hanno conferito a più riprese con il personale della squadra mobile di Trapani che, per verificare l'attendibilità delle dichiarazioni ricevute ed in difesa delle persone cui venivano attribuite gravi responsabilità penali, non avrebbe esitato a porre sotto controllo le utenze telefoniche dei vigilantes imbarcati;
   proprio le intercettazioni ed i riscontri fatti sui loro contenuti dalla polizia di Stato permettevano di ritenere attendibili le dichiarazioni degli operatori della sicurezza imbarcati a bordo di alcune navi sedicenti umanitarie per conto delle ditte private incaricate di proteggerle;
   la polizia di Stato infiltrava successivamente sotto copertura un proprio agente, un ufficiale di polizia giudiziaria, a bordo di una delle navi umanitarie delle organizzazioni non governative con la collaborazione di una delle ditte private fornitrici di sicurezza;
   ne derivava una missione operativa di circa 40 giorni, durante quale l'ufficiale di polizia giudiziaria imbarcato sotto copertura raccoglieva le prove dell'illecita collaborazione tra organizzazioni non governative e trafficanti di esseri umani, da produrre e dibattere successivamente in sede processuale;
   la vicenda appena descritta rappresenta un esempio di felice collaborazione tra pubblico e privato e tra poteri dello Stato finalizzata al ripristino della legalità –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per insignire, con la concessione di opportuni riconoscimenti, l'ufficiale di polizia giudiziaria che ha operato per 40 giorni in incognito a bordo di una nave umanitaria, permettendo alla procura di Trapani di stroncare l'illecita connessione tra organizzazioni non governative e sodalizi degli scafisti;
   se il Governo non ritenga utile investire risorse nello sviluppo della collaborazione tra operatori privati e pubblici della sicurezza in contesti come quello generalizzato in premessa e considerare altresì se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte alla concessione di qualche tipo di riconoscimento formale anche a coloro che, dipendenti di una ditta privata, hanno messo la procura di Trapani nella condizione di bloccare una nave umanitaria ed avviare un procedimento contro alcuni uomini del suo equipaggio accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. (4-17638)


   MARTELLI, SPERANZA, LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ZARATTI, CIMBRO, SIMONI, ROSTAN, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, RAGOSTA, RICCIATTI, PIRAS, FERRARA, ALBINI, LACQUANITI, ZOGGIA, FOLINO, FORMISANO, CAPODICASA, SANNICANDRO, DURANTI, FRANCO BORDO, STUMPO, CARLO GALLI, MURER, KRONBICHLER, BOSSA, FONTANELLI, MATARRELLI, ZACCAGNINI e FOSSATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 19 agosto 2017 a Roma 250 famiglie – la maggior parte di origine eritrea e titolare dello status di rifugiato o di qualche forma di protezione internazionale – sono state sgomberate dall'ex sede dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che occupavano e gestivano dal 2013 in via Curtatone;
   chi non aveva alternative alloggiative è rimasto a dormire in piazza. Solo dopo una lunga trattativa alle donne incinte, ai bambini e alle persone malate è stato permesso di rimanere nel palazzo;
   la situazione non era emergenziale anche considerato il fatto che molti bambini abitanti nell'ex Ispra frequentano regolarmente le scuole del I municipio;
   lo sgombero è continuato anche nei giorni seguenti con momenti di tensione con coloro che non avendo trovato di meglio si erano accampati nei giardini di piazza Indipendenza;
   in particolare, il 24 agosto 2017, la tensione accumulata ha avuto come conseguenza l'utilizzo di mezzi di allontanamento (idranti) che hanno provocato ferimenti tra le persone coinvolte. Nel corso della stessa giornata si è proceduto all'arresto di alcuni portavoce. Si segnala infine, come riportato da alcune agenzie di stampa l'allontanamento dell'Unhcr dall'ufficio immigrazione di via Volturno;
   numerose associazioni umanitarie internazionali hanno lanciato l'allarme per l'assenza di soluzioni alternative al grave disagio in cui vivono i rifugiati tra cui numerose famiglie con bambini –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, abbia intrapreso per la collocazione temporanea delle persone coinvolte nello sgombero;
   quali iniziative intenda intraprendere, in collaborazione con il comune di Roma per la soluzione alloggiativa definitiva delle persone regolarmente soggiornanti. (4-17639)


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 7 settembre 2017 hanno scioperato i ferrovieri impegnati sui treni regionali sulla linea Verona/Brennero per protestare dopo i ripetuti episodi di violenza che hanno subito;
   lo sciopero testimonia l'esasperazione del personale che chiede anche alla politica provvedimenti di tutela per la propria sicurezza e incolumità;
   aggressioni molto gravi si sono registrate anche sui bus di linea della provincia di Verona, tanto che le organizzazioni sindacali hanno chiesto un incontro con il prefetto di Verona;
   ferrovieri e autisti sono quindi sempre più spesso in balia di personaggi loschi e balordi che, in alcune occasioni, oltre a violenze verbali e fisiche, arrivano a minacciare a morte i conducenti e gli addetti ai controlli dei titoli di viaggio;
   qui non c'entra la maleducazione di alcuni viaggiatori o i regolamenti piuttosto rigidi che le aziende di trasporti impongono. Si è di fronte ad un fenomeno sociale grave che si sta pericolosamente radicando;
   si rileva anche una certa demotivazione del personale di fronte al fatto che, nonostante gli episodi siano stati denunciati, non ci sono stati i provvedimenti attesi da parte degli aggrediti;
   per quanto concerne i treni, oltre a non aumentare le squadre minime in servizio sui treni stessi, non sono state corrisposte altre soluzioni migliorative della sicurezza. Sui treni «Freccia» spesso si trovano pattuglie della polizia Ferroviaria, ma sui regionali praticamente mai;
   in relazione alla sicurezza sui bus, la sola presenza dell'autista non favorisce alcuna deterrenza, anzi –:
   se il Governo non ritenga necessario:
    avviare un tavolo istituzionale di confronto, coordinato dal prefetto del comune capoluogo di regione, per favorire un approccio congiunto da parte di più soggetti competenti sia di livello nazionale sia di livello locale – comprese le organizzazioni sindacali – per garantire maggiore sicurezza sui treni regionali e sugli autobus di linea;
    assumere iniziative di competenza affinché siano installati sui treni più datati e su tutti gli autobus sistemi di videosorveglianza, anche in sinergia con le amministrazioni regionali e provinciali (per il trasporto pubblico locale);
    promuovere, di concerto con le aziende di trasporto pubblico locale, l'attivazione di un ufficio di protezione e sicurezza, con il compito di effettuare analisi e individuare soluzioni a favore della incolumità degli autisti dei bus e di tutti i cittadini;
    assumere iniziative di competenza per assicurare servizi di vigilanza a bordo dei convogli ferroviari notturni e diurni, in particolare in quelle tratte ferroviarie considerate a rischio per i precedenti rilevati e/o per il numeroso transito di passeggeri;
    promuovere, di concerto con le organizzazioni ferroviarie, Trenitalia e altre:
     a) il potenziamento del personale in servizio a bordo dei treni, in particolare su quelli regionali in partenza prima delle ore 6,00 e per quelli in arrivo alla stazione di destinazione dopo le ore 22,00;
     b) l'attivazione di un ufficio di protezione e sicurezza, con il compito di effettuare analisi e individuare soluzioni a favore della incolumità dei ferrovieri;
     c) l'adozione di misure che vanno dalla preclusione dell'accesso per chi non è in possesso del biglietto, al rafforzamento degli impianti di videosorveglianza all'interno delle stazioni stesse in funzione di deterrenza;
     d) l'organizzazione di corsi di formazione per il personale, funzionali alla tutela della propria incolumità;
    per i bus, valutare l'assunzione di iniziative per la predisposizione della cabina di guida antiaggressione o comunque difesa da barriere come già avviene in altre realtà europee; 
    potenziare l'intervento tempestivo della PolFer e, in generale, delle forze di polizia nella prima stazione ferroviaria utile successiva al luogo in cui si è verificato un eventuale episodio di violenza;
    valutare di assumere iniziative per introdurre l'obbligatorietà per gli appartenenti alle forze dell'ordine, ai quali è riservata la gratuità del trasporto sui treni regionali e sugli autobus di linea, di rendere nota al capotreno o all'autista la propria presenza a bordo. (4-17647)


   SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 giugno 2017, i finanzieri del comando provinciale di Roma, su richiesta della procura della Repubblica di Roma, hanno proceduto all'arresto dei signori Angelo Menghini, imprenditore del settore della vigilanza privata e patron della Securpol Group srl, del figlio Omar e di Roberto Parascandolo, in relazione al fallimento, dichiarato nel 2013, della Futura 2011 srl, con l'accusa di bancarotta fraudolenta;
   dalle indagini effettuate dalla procura della Repubblica di Roma sarebbero emerse una serie di operazioni fraudolente con una esposizione debitoria nei confronti dell'erario pari, complessivamente, ad oltre 100 milioni di euro;
   a quanto consta all'interrogante, una seconda indagine sarebbe in corso da parte della procura della Repubblica di Civitavecchia;
   Securpol Group ha un organico composto da circa 1.500 dipendenti in tutta Italia – 350 solo nella città di Roma – di cui oltre 1.200 Guardie giurate particolari, distribuito su 24 sedi operative;
   in conseguenza della grave crisi apertasi con l'arresto dei vertici societari e che ha portato all'amministrazione straordinaria, al personale dipendente non sono state pagate le ultime due mensilità, la quattordicesima e l'eventuale rimborso fiscale;
   per sollecitare l'attenzione dell'opinione pubblica, le organizzazioni sindacali hanno posto in essere una serie di iniziative di sensibilizzazione; in particolare, il segretario nazionale dell'Ugl Sicurezza Civile, Enrico Doddi, è dal 31 agosto 2017 incatenato e in sciopero della fame davanti alla sede legale di Securpol Group, mentre nella giornata del 5 settembre sempre l'Ugl Sicurezza Civile ha indetto un sit-in per chiedere al Ministero vigilante un intervento serio a tutela dei lavoratori –:
   se e quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano urgentemente adottare per addivenire ad una rapida e positiva conclusione della vicenda, inclusa l'interruzione dello sciopero della fame del segretario nazionale dell'Ugl sicurezza civile, a tutela dei lavoratori e a garanzia della professionalità maturata da Securpol in oltre quaranta anni di attività nel settore della vigilanza privata. (4-17655)


   LAFORGIA, BOSSA e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'estate 2017 gran parte del territorio italiano è stato devastato da numerosi ed estesi incendi. Tali incendi si sono verificati soprattutto nelle zone boschive e verdi producendo danni ingentissimi al patrimonio naturale italiano;
   il numero, l'estensione e la frequenza degli incendi ha prodotto quella che, a ragione, è stata definita una vera e propria emergenza incendi;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco per fronteggiare tale emergenza è stato chiamato a svolgere un lavoro estremamente intenso;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si è sempre occupato negli anni precedenti di spegnimenti di incendi boschivi, poiché il loro intervento era indispensabile quando gli incendi ponevano a rischio la sicurezza di persone e abitazioni. Tale compito è divenuto ancor più gravoso a seguito della riforma disposta dal decreto legislativo 177 del 2016 che ha previsto lo scioglimento del corpo forestale dello Stato;
   a seguito di tale provvedimento l'attività di contrasto agli incendi boschivi è divenuta più gravosa per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonostante solo una minima parte del personale appartenente al corpo forestale, pari 390 unità, sia transitata nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   pur considerando che il lavoro svolto dai vigili del fuoco nel fronteggiare l'emergenza incendi è stato encomiabile, tale emergenza è stata affrontata, loro malgrado, con una carenza di personale nella pianta organica e con una carenza di mezzi e dotazioni;
   la quota spettante al Corpo nazionale dei vigili del fuoco del fondo per le assunzioni nel pubblico impiego, costituito dalla legge di bilancio per il 2017, è stata ridotta dai 23 milioni di euro stimati in un primo momento a 16 milioni di euro –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per fornire una dotazione adeguata di personale, mezzi e risorse al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e se, per quanto riguarda l'incremento della dotazione organica, non ritenga di procedere in via prioritaria all'assunzione degli idonei del concordo ad 814 posti di vigile del fuoco, attingendo dalle graduatorie in vigore. (4-17657)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 4 luglio 2016 è stata avviata la prima fase di dispiegamento della nuova carta d'identità elettronica per 199 comuni italiani. Il 26 aprile 2017 è scattata la seconda fase per l'abilitazione dei restanti comuni, divisi 2 gruppi: un primo gruppo formato da 350 comuni in modo da coprire il 50 per cento della popolazione e un secondo che assicurerà la copertura del 100 per cento della popolazione residente in Italia;
   la nuova carta d'identità elettronica, la cui diffusione su tutto il territorio nazionale si completerà nel 2018, è il documento personale che attesta l'identità del cittadino; è dotata di sofisticati elementi di sicurezza e può essere utilizzata per richiedere una identità digitale sul sistema SPID (sistema pubblico di identità digitale). Ci sono le impronte digitali e si può dare anche il consenso alla donazione di organi. Non integra la tessera sanitaria ed i costi del rilascio sono più elevati rispetto a quelli per il rilascio del documento cartaceo;
   già nel 2001 fu avviata una sperimentazione di diffusione della carta d'identità elettronica in 10 città italiane, diffusione poi bloccata per la mancata estensione in campo nazionale dovuta agli alti costi e agli insufficienti fondi messi a disposizione –:
   quali e quanti fondi lo Stato abbia erogato a ciascun singolo comune per l'attivazione della carta d'identità elettronica e a quanto ammonti il costo complessivo per la sua diffusione sul territorio nazionale. (4-17667)


   PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Agrigento ha manifestato la propria preoccupazione per il fatto che tra i migranti irregolari sbarcati nel corso dell'estate 2017 sulle coste dell'agrigentino possano celarsi pericolosi terroristi intenzionati a compiere attentati nel territorio del nostro Paese o di qualche partner europeo dell'Italia;
   la gran parte di coloro che sono sbarcati sulle coste agrigentine è sfuggita all'identificazione e nessuno apparentemente sa che fine abbiano fatto questi migranti irregolari «fantasma»;
   l'allarme manifestato dai magistrati della procura agrigentina non può essere né trascurato né minimizzato, in ragione dell'ondata di attentati riusciti o falliti che ha caratterizzato le ultime settimane;
   potrebbe contribuire a rasserenare la cittadinanza la consapevolezza di quanto il Governo sta facendo – chiarendo nello specifico quali iniziative abbia assunto – per rintracciare i migranti irregolari spariti nel nulla e monitorarne l'attività –:
   quali misure ed iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere, per quanto di competenza, per rintracciare e monitorare i migranti irregolari sbarcati nelle settimane estive di quest'anno sulle coste agrigentine e spariti nel nulla senza essere identificati;
   se vi sia il rischio che tra i migranti irregolari che sfuggono all'identificazione vi possano essere soggetti che raggiungono il nostro Paese con intenti ostili. (4-17675)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla nota vicenda dello stupro di Rimini, in una intervista rilasciata sul «Resto del Carlino», il sindaco di Vallefoglia, dove la famiglia dei minorenni fermati è residente in un alloggio popolare, afferma: «Era il 2014. Avevamo trovato i soldi, più o meno 5 mila euro a persona o forse di più, per farli rientrare in Marocco dove si trovava il padre già espulso. Tutto era pronto, anzi madre e i quattro figli erano andati in caserma per partire. Poi non so cosa sia successo ma attraverso il tribunale dei minorenni ci siamo ritrovati il padre di nuovo a Vallefoglia mentre noi ci aspettavamo che la famiglia se ne andasse per sempre»;
   infatti, secondo la normativa vigente, per il rimpatrio nella nazione d'origine di figli minorenni nati in Italia occorre il consenso dei genitori e, a quanto raccontato dagli organi di stampa, nel 2014 erano stati offerti alla madre dallo Stato italiano circa ventimila euro per essere rimpatriata con i propri figli. Il padre, espulso da anni, dopo aver scontato una pena in Marocco, ha fatto in modo che l'accordo non si concludesse al fine di poter tornare in Italia. Rientrato illegalmente, non è stato nuovamente espulso ma, ha patteggiato la pena di un anno e quattro mesi da scontare agli arresti domiciliari;
   in questi anni la madre e figli sono stati querelati per reato di stalking ai danni di una vicina di casa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se vi sia una prassi volta a offrire incentivi economici pubblici per favorire i rimpatri degli extracomunitari anche nel caso in cui ci siano delle motivazioni incontrovertibili all'espulsione;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per far sì che non si abbiano a ripetere situazioni come quelle descritte in premessa. (4-17676)


   PAGANO e GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 25 ed il 26 agosto 2017, a Rimini un gruppo di stranieri extracomunitari risultato poi composto da quattro africani di nazionalità congolese, marocchina e nigeriana si è reso responsabile di gravi violenze a sfondo sessuale, aggredendo prima una coppia di cittadini polacchi e poi un transessuale peruviano dedito alla prostituzione;
   degli aggrediti, uno è stato malmenato, mentre gli altri due sono stati oggetto di gravi abusi sessuali;
   il mediatore culturale Abid Jee, un 24enne in servizio presso una cooperativa sociale bolognese, la Lai-Momo attiva dal 1995 sul fronte dell'accoglienza, si è espresso poco dopo in questi termini su quanto accaduto: «lo stupro è un atto peggiore ma solo all'inizio (...) poi la donna diventa calma» ed è un rapporto normale;
   il giovane ha pubblicato il suo commento su Facebook, venendo però ripreso dal Resto del Carlino, circostanza da cui è derivata una vasta indignazione nel Paese, che ha già indotto la cooperativa Lai-Momo a sospendere in via cautelativa Abid Jee dal servizio;
   il delicato ruolo svolto da Abid Jee e le inappropriate affermazioni rese a commento dell'accaduto a Rimini costituiscono un evidente strappo nei confronti della cultura giuridica nel nostro Paese e soprattutto un'obiettiva incitazione a commettere reati a sfondo sessuale nella presunzione che alla fine i danni per chi li subisce siano trascurabili;
   a fianco della legittima reazione del datore di lavoro, si pone quindi il problema della posizione di Abid Jee di fronte alla legge e della validità del titolo in base al quale questi risiede nel nostro Paese;
   è possibile disporre l'allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato in ragione di particolari motivi e specialmente quando in causa sia la sicurezza del nostro Paese;
   le questure che hanno disposto l'allontanamento dello straniero con accompagnamento alla frontiera sono ormai numerose – si pensi a quella di Brescia che ha fatto ricorso a questa possibilità contro ben 164 stranieri nei primi otto mesi del 2017 – anche in assenza di specifici riferimenti alla minaccia terroristica, in seguito all'avvenuta incriminazione per furti, rapine, resistenza a pubblici ufficiali, violenze, danneggiamenti e maltrattamenti familiari –:
   per quali ragioni il Governo non abbia ancora assunto iniziative in relazione a quanto esposto in premessa e se ritenga di valutare se sussistano i presupposti per disporre l'espulsione del mediatore culturale Abid Jee dal territorio della Repubblica, che apparrebbe ad avviso degli interroganti invece una misura indispensabile a causa dell'oggettiva citazione a delinquere insita nel commento da lui pubblicato relativamente alle vittime degli stupri dopo le violenze sessuali verificatesi a Rimini. (4-17677)


   LEVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio 2017 presso il comune di termoli si è costituito il comitato promotore referendario denominato «Termoli no tunnel» ai sensi dell'articolo 16 del regolamento per la partecipazione dei cittadini;
   il suddetto comitato in data 16 febbraio 2017 depositava presso il comune di Termoli numero tre quesiti referendari inerenti alla realizzazione del «Tunnel tra il Porto ed il Luogo mare Cristoforo Colombo, nonché del parcheggio multipiano ed annessi», in applicazione dell'articolo 16 del regolamento per la partecipazione dei cittadini giusta delibera n. 10 dell'11 febbraio 2014, allegando ad essi 351 sottoscrizioni autenticate di altrettanti elettori termolesi così come previsto dallo statuto comunale, approvato con delibera del consiglio comunale n. 76 del 28 ottobre 2000, che prevede l'istituto del referendum consultivo su questioni di esclusiva competenza locale proprio quando vi sia richiesta anche da parte di 1/10 degli elettori del comune;
   ad oltre sei mesi dal deposito della proposta referendaria nessun atto previsto dal su esposto regolamentato «partecipazione dei cittadini», oppure contenente una motivazione plausibile circa le regioni del ritardo è stato mai posto in essere dai soggetti preposti –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare al fine di favorire e valorizzare gli strumenti di democrazia diretta e di partecipazione dei cittadini alla vita politica delle istituzioni, anche valutando la definizione di meccanismi stringenti che evitino situazioni come quella di cui in premessa.
(4-17681)


   NACCARATO e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 18 agosto un incendio ha colpito il capannone della Vidori Servizi Ambientali Spa, con sede a Vidor, in provincia di Treviso, sviluppando una notevole nube di fumi sopra le case limitrofe;
   l'evento ha allarmato la cittadinanza preoccupata dalla natura delle sostanze bruciate nel rogo come amianto, bombolette spray, fusti di reagenti chimici e altri rifiuti pericolosi presenti nel capannone;
   l'amministratore unico della Vidori, Filippo Antonello, ha immediatamente manifestato il sospetto dell'origine dolosa dell'evento;
   i vigili del fuoco hanno impiegato diverse ore per domare l'incendio che ha prodotto un bilancio pesantissimo con danni per almeno un milione di euro e sei feriti lievi;
   le indagini delle autorità sono tutt'ora in corso per accertare la natura del rogo partito dall'area del magazzino in cui erano stoccati alcuni fusti di reagenti chimici, e da lì si è propagato su tutto il lato Est del capannone della Vidori;
   lo stabilimento, chiuso per ferie e quindi fortunatamente senza personale all'interno, è stato avvolto dalle fiamme, che si sono levate per decine di metri, e hanno divorato anche la zona delle bombolette spray, fanghi, cenere e, soprattutto, cinque tonnellate di eternit;
   l'incendio della Vidori Servizi Ambientali è l'ultimo di una lunghissima serie di roghi già segnalati al Ministro interrogato attraverso l'interrogazione n. 3-02138 del 29 marzo 2016 e altre seguenti sul medesimo oggetto;
   si tratta di un fenomeno molto preoccupante che ha colpito un elevato numero di aziende per lo più operanti nel settore dei rifiuti;
   gli interroganti hanno manifestato e continuano a manifestare la convinzione che gli incendi possano essere considerati reati spia di attività di gruppi criminali interessati a condizionare il settore dei rifiuti in Veneto;
   gli interroganti hanno più volte segnalato che i roghi di origine dolosa possono essere collegati ad azioni finalizzate a trarre vantaggi dal punto di vista assicurativo, a gesti intimidatori con scopi estorsivi, ad attività miranti ad alterare il mercato e la concorrenza nel settore della raccolta e dello smaltimento rifiuti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di contribuire a fare piena luce, con rapidità, sulle cause del rogo di Vidor. (4-17682)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane la città di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, è stata teatro di gravi atti intimidatori ai danni di amministratori pubblici, come il sindaco e alcuni consiglieri comunali, fatti che minano l'ordine pubblico, creano preoccupazione fra la cittadinanza e arrecano un grave danno d'immagine alla città;
   risulta evidente, vista l'instabilità politica che sta caratterizzando da diversi mesi l'attività amministrativa di Francavilla Fontana, terza città della provincia di Brindisi, di primaria importanza per il ruolo del commercio e della sua economia nel territorio salentino, che tali fatti potrebbero essere collegati a interessi economici che spesso afferiscono ad ambienti criminosi che guardano con sempre maggiore attenzione alla pubblica amministrazione come fonte di arricchimento;
   non possono sfuggire a una lettura attenta le dichiarazioni rese alla stampa dall'ex senatore Curto, attualmente consigliere comunale di Francavilla Fontana, a cui sono stati indirizzati tali atti intimidatori, che aveva chiesto di fare chiarezza sulla natura di operazioni di finanza di progetto indicate come «procedure a più alto rischio tra quelle adottate dagli enti locali, in quanto le amministrazioni non sono nella condizioni di proporre al proponente le più opportune varianti». Nel caso di specie, le preoccupazioni riguardavano la realizzazione di un tempio crematorio, di un colombario e di una costruzione funeraria collettiva divisa in loculi;
   lo stesso ex senatore Curto aveva chiesto «di accendere i fari, al momento solo politici, su un affare che si presenta come milionario con la connessa gestione» e aveva paventato le sue dimissioni da consigliere comunale per prendere le distanze dai gravi fatti amministrativi da lui denunciati. Da qui, l'invito dello stesso Curto al sindaco ad interrompere tale procedura, iniziativa che, ad oggi, non sembra essere stata assunta;
   occorrerebbe conoscere se il comune di Francavilla Fontana stia attuando in maniera ordinaria, ai fini di prevenzione, controllo e contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, il protocollo di legalità anche relativamente al citato progetto di finanza pubblica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa e di tutti gli altri fatti criminali che da mesi investono il territorio di Francavilla e della provincia di Brindisi;
   se si sia proceduto alla convocazione, da parte del prefetto di Brindisi, del Comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico, nell'ambito del quale intraprendere iniziative urgenti e straordinarie per impedire il ripetersi di tali fenomeni e vigilare con sempre maggiore attenzione su tutti i risvolti che stanno insidiando la normale convivenza civile, politica e amministrativa della città.
(4-17690)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   mentre l'attenzione dei media si focalizzava sulla ricerca degli autori dell'odiosa violenza sessuale di gruppo di cui quattro stranieri extracomunitari si erano resi responsabili il 25 agosto 2017 a Rimini nei confronti di una coppia di turisti polacchi e di un peruviano dedito alla prostituzione, il 29 agosto si verificava un episodio analogo a Desio, questa volta ai danni di una malcapitata ragazza diciassettenne;
   nel breve volgere di due giorni risultava che ad aver violentato e pestato il 29 agosto una giovane diciassettenne a Desio era stato un immigrato irregolare ventiduenne di nazionalità marocchina nei cui confronti era stato emanato un decreto di espulsione il 13 dicembre 2015, evidentemente non eseguito;
   il giovane immigrato irregolare aveva in effetti a suo carico gravi precedenti penali per violenza, resistenza a pubblico ufficiale e reati contro il patrimonio e da quasi due anni non doveva più trovarsi sul suolo del nostro Paese;
   sono ormai molti i reati di cui potrebbe essere evitata la commissione qualora i decreti di espulsione venissero prontamente eseguiti con l'accompagnamento alla frontiera o comunque si impedisse ai loro destinatari di girare liberamente, senza controlli, per il territorio nazionale dello Stato;
   nella sola Lombardia, gli immigrati irregolari ammontano molto verosimilmente a circa 100 mila unità –:
   per quali motivi il Governo non assicuri l'esecuzione dei decreti di espulsione che vengono adottati contro gli immigrati irregolari che si macchino di gravi reati nel nostro Paese e nemmeno ne monitori i movimenti, così loro garantendo di fatto una «sostanziale» immunità che, a sua volta, incoraggia l'adozione di comportamenti criminosi, con grave pregiudizio per la sicurezza dei cittadini. (4-17692)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 agosto 2017 è avvenuto un furto sospetto e anomalo nella casa romana del giornalista ragusano Paolo Borrometi. I ladri si sono impossessati soltanto dell’hard disk del suo computer e degli appunti relativi alle inchieste sui clan mafiosi della Sicilia orientale che il giornalista stava realizzando;
   Borrometi, che è direttore del giornale online «La Spia» e lavora all'Agenzia Italia, vive da alcuni anni sotto scorta in seguito alle minacce ricevute dopo le sue inchieste sui traffici illeciti che ruotano attorno al mercato ortofrutticolo di Vittoria, sullo scioglimento per mafia del comune di Scicli e sul racket delle agenzie funebri. Lo scorso mese di aprile, nel processo dove si erano costituiti parte civile la Federazione nazionale della stampa, l'ordine dei giornalisti e il comune di Vittoria, il pregiudicato Giambattista Ventura, è stato condannato a un anno e otto mesi di reclusione per concorso in tentativo di violenza privata per le minacce al cronista;
   in seguito a diversi episodi e messaggi intimidatori e a un pestaggio che gli ha provocato la menomazione ad una spalla, il giornalista ha dovuto lasciare la Sicilia e trasferirsi a Roma, da dove ha continuato a svolgere il suo lavoro di denuncia;
   a giudizio degli interroganti è evidente che le misure prese dalle forze dell'ordine a protezione di Borrometi non possono essere considerate sufficienti se degli intrusi sono potuti entrare con estrema facilità nella sua abitazione e impossessarsi dei suoi importanti documenti. A conferma di ciò anche le richieste giunte da più parti di intervenire sulla questione per tutelare con maggiore determinazione il giornalista vittima di tale episodio e tutti coloro che contrastano le mafie –:
   se il Governo sia informato dei fatti illustrati in premessa e se non ritenga opportuno e urgente verificare ogni possibile soluzione per garantire a Paolo Borrometi una maggiore e completa tutela a protezione della sua persona, dei suoi cari e dei suoi beni, affinché possa continuare a svolgere con sicurezza il suo lavoro, prezioso per l'intera comunità. (4-17699)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il movimento politico Forza Nuova ha convocato una manifestazione nazionale denominata «Marcia su Roma», per il 28 ottobre 2017, ufficialmente «contro lo Ius Soli e per dire basta agli stupri e le violenze degli immigrati»;
   la scelta della data è più che eloquente e coincide col 95esimo anniversario della più nota marcia su Roma che nel 1922 segnò l'avvio del regime fascista;
   sui social network del partito di estrema destra è già stata aperta una sottoscrizione per le adesioni e per raccogliere i fondi necessari alla riuscita della manifestazione;
   il silenzio da parte di questura e prefettura di Roma e la pubblicità data al raduno, nonostante le aspre critiche e l'opposizione dell'Anpi, delle forze politiche e della sindaca della Capitale, fanno pensare che l'autorizzazione sia già stata data;
   Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, ha dichiarato che la manifestazione sarà «patriottica, non filo-fascista o nostalgica». A smentirlo è sufficiente visitare il sito di Forza Nuova che «accoglie» i suoi simpatizzanti con una pagina di presentazione dove risalta uno degli slogan cardine del ventennio fascista Dio, Patria, Famiglia, al quale è stato soltanto aggiunto Lavoro per renderlo attuale ai tempi moderni. Colpisce anche il settimo degli «Otto punti programmatici per la Ricostruzione Nazionale», dove è prevista l'abrogazione delle leggi «Mancino» e «Scelba»: quelle stesse leggi che, insieme alla XII disposizione finale della Costituzione, vietano la riorganizzazione «sotto qualsiasi forma» del disciolto partito fascista e che nel corso della storia della Repubblica sono state poco applicate se non addirittura ignorate;
   il proliferare sui social network di pagine pubbliche inneggianti in vari modi al fascismo, al razzismo e alla xenofobia è una realtà consolidata e un problema troppo sottovalutato che va urgentemente risolto con la creazione di un osservatorio permanente in seno al Ministero dell'interno, che ne monitori il numero e l'attività –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire, nei modi e nei termini consentiti, affinché venga vietata la manifestazione del 28 ottobre;
   come intenda agire, nel rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica, per contrastare con ogni mezzo e forma il fenomeno di rafforzamento delle organizzazioni neofasciste e xenofobe montante in Italia, cui appartiene Forza Nuova, movimento politico chiaramente filo-fascista e nostalgico del ventennio mussoliniano;
   se non ritenga urgente assumere iniziative per la creazione di un osservatorio permanente in seno al Ministero dell'interno per arginare il proliferare sui social network di pagine, messaggi ed eventi pubblici ed altro, contrari alla Costituzione e alle leggi della Repubblica che, con sempre maggiore facilità, si diffondono. (4-17700)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 settembre 2017 la Commissione europea ha pubblicato il documento di aggiornamento sulla situazione dei migranti, nel quale richiama l'Italia per la lentezza delle procedure di registrazione dei migranti giunti sulle coste italiane, con particolare riferimento ai richiedenti asilo provenienti dall'Eritrea;
   da quanto sinteticamente diffuso dalla nota stampa della Commissione, sembrerebbe emergere l'ipotesi di migranti, in questo caso eritrei, presenti sul territorio italiano ma non sottoposti alle corrette procedure di identificazione;
   questo, se fosse confermato, evidenzierebbe una grave negligenza: i criteri del programma di relocation, infatti, limitano ai soli siriani ed eritrei le nazionalità eleggibili che possono partecipare al ricollocamento. Sarebbe pertanto inaccettabile se i pochi ricollocabili non fossero stati registrati adeguatamente, anche perché la loro corretta registrazione è un presupposto essenziale per una possibile ricollocazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda fornire tutti i chiarimenti necessari in merito al richiamo mosso dalla Commissione europea all'Italia sulla mancata registrazione dei migranti giunti presso le coste italiane, con particolare riferimento alla comunità di eritrei.
(4-17704)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   opera nel comune di Cantù una sedicente associazione culturale denominata Assalam, che ha acquisito la disponibilità di un immobile sito nella locale via Milano 127/d, comunicandone alle autorità municipali la relativa destinazione d'uso e l'elenco dei soci, 99;
   ad Assalam l'acquisizione sia costata una cifra diverse centinaia di migliaia di euro;
   in data 5 febbraio 2015 è entrata in vigore la legge della regionale Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, che disciplina in modo assai rigoroso le procedure che regolano la costruzione di edifici di culto;
   ad Assalam il comune di Cantù aveva intimato, con ordinanza datata 22 giugno 2017, la cessazione della destinazione dell'immobile acquisito a luogo di culto;
   attività ispettive successivamente condotte 17 volte, dalla polizia locale, tra il 10 maggio ed il 25 agosto 2017 hanno tuttavia accertato il perdurare della destinazione dell'immobile di Assalam a luoghi di culto e la presenza al loro interno di anche 200 persone alla volta;
   il 30 agosto 2017 il comune di Cantù, nella figura del sindaco, ha quindi deciso di diffidare formalmente il responsabile dell'associazione Assalam, Bourass Omar, dall'utilizzare come luogo di culto gli immobili acquisiti in via Milano in occasione della Festa del sacrificio, nel 2017 celebrata da tutti i musulmani a partire dal 31 agosto;
   a Bourass Omar è stato altresì intimato di vigilare affinché la presenza nell'immobile di Assalam situato in via Milano 127/d non superi mai le 99 unità, pena la segnalazione alle competenti autorità giudiziarie;
   a dispetto della diffida e dell'intimazione da parte delle autorità comunali canturine, i musulmani residenti a Cantù e dintorni si sono però egualmente recati in gran numero — oltre 600 persone – nell'immobile di via Milano per le loro tradizionali celebrazioni dell’Eid al Adha –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per verificare il rispetto della normativa da parte dell'associazione Assalam, che in via Milano a Cantù sembrerebbe aver aperto una vera e propria moschea;
   in particolare, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative di competenza, di concerto con l'amministrazione locale, per verificare l'utilizzo degli spazi sopra citati da parte di tutti gli associati di Assalam e di coloro che si recano a pregare negli immobili dell'associazione culturale situati a via Milano a dispetto delle sopramenzionate intimazioni e diffide;
   di quali elementi disponga il Governo circa le origini della somma che Assalam avrebbe versato per acquisire l'immobile in via Milano a Cantù;
   se nei confronti dei soci di Assalam esistono carichi pendenti o comunque se essi abbiano precedenti di natura giudiziaria;
   per quali ragioni il Governo non intenda verificare la sussistenza di presupposti per disporre la chiusura di quella che appare come una vera e propria moschea sorta a via Milano in Cantù.
(4-17707)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 6 febbraio 1944 a Ostra (Ancona) vengono assassinati dai nazifascisti i partigiani Alessandro Maggini, Amedeo Galassi e Pietro Brutti;
   la fucilazione avviene dopo un rastrellamento e grazie alla denuncia di un gruppo di fascisti, che individua nei tre gli organizzatori della locale attività della Resistenza;
   l'11 luglio 1944 ad essere giustiziati dai partigiani sono 5 fascisti, ritenuti i responsabili della delazione che aveva portato al precedente eccidio;
   si tratta di Monti Armeno, capitano della GNR, Nardi Cristianzano, fondatore ed esponente del fascio di Ostra, Faustina Marcellini, segretaria della sezione femminile del fascio, Allegrezza Licurgo, «camicia nera» di Senigallia, don Nazareno Pettinelli, che aveva approvato la condanna a morte dei partigiani, «in virtù della sua incondizionata adesione al fascismo e quindi ai bandi tedeschi»;
   negli ultimi anni, il comune di Ostra è turbato dal tentativo di equiparare i martiri della Resistenza ai cinque fascisti, in un improbabile quanto inaccettabile tentativo di riconciliazione postuma;
   dopo il tentativo respinto di erigere una lapide pubblica in ricordo dei cinque fascisti, proprio di fronte al monumento che ricorda i partigiani uccisi, si deve infatti assistere alla pubblica celebrazione dell'anniversario della morte dei repubblichini, con tanto di ostentazione di improvvisati monumenti funebri;
   proprio l'iconografia di tale monumento richiama peraltro evidentemente la cultura del neofascismo e rende evidente quanto sia impossibile distinguere il ricordo funebre e la celebrazione nostalgica e politica;
   d'altra parte, si è registrata in anni passati la presenza evidente ed organizzata di gruppi della destra neofascista;
   a essere particolarmente inaccettabile è stata inoltre la presenza nell'agosto 2017 del sindaco di Ostra, quasi a voler dare valenza istituzionale ad una cerimonia ad avviso dell'interrogante contraria allo spirito costituzionale;
   tutto questo si inserisce in un contesto in cui l'estremismo di estrema destra si fa costantemente più aggressivo, in parallelo alla svalutazione della memoria e della storia –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se e come intenda intervenire, per quanto di competenza, al fine di evitare quelle che all'interrogante appaiono indebite e inaccettabili equiparazioni fra chi combattè per la libertà del nostro Paese e coloro che si ispiravano ai valori del fascismo. (4-17708)


   MARCON e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un messaggio twitter rilanciato nel pomeriggio del 2 agosto 2017 dall’account istituzionale del porto di Venezia si chiudeva con parole e paragoni difficilmente riportabili nei confronti della Presidente della Camera, Laura Boldrini;
   il messaggio è rimasto online per molte ore, fino a quando non è stato notato e denunciato pubblicamente da un ex consigliere comunale, Beppe Caccia;
   solo dopo sono arrivate le scuse dell'autorità portuale; il messaggio è stato quindi cancellato e sul profilo istituzionale del porto è comparsa la seguente spiegazione: «Purtroppo @PortOfVenice ha subito un hackeraggio. Il post è stato rimosso»;
   nel caso si sia trattato del gesto stupido di un addetto alla comunicazione dell'autorità portuale è necessario che i vertici dell'ente provvedano a identificare il responsabile o i responsabili e a condurre nei loro confronti le dovute azioni di responsabilità per l'inaccettabile gesto di offesa alla terza carica dello Stato;
   nel caso si sia trattato di hackeraggio, come ufficialmente comunicato, ci si chiede quali standard di sicurezza e di protezione informatica abbia il porto di Venezia, che è una realtà importante, complessa e strategica a livello nazionale. In questo caso i vertici dell'autorità portuale dovrebbero far sapere quali misure adotteranno perché il fatto non abbia a ripetersi e quali indagini verranno condotte per individuare eventuali responsabilità e per tutelare la credibilità e il buon nome dello stesso ente –:
   di quali informazioni disponga il Governo sulla grave offesa arrecata alla terza carica dello Stato attraverso il sito dell'autorità portuale di Venezia;
   quali iniziative di competenza intenda assumere perché sia garantita la sicurezza informatica del porto di Venezia. (4-17709)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, fonti sindacali avrebbero calcolato che nei primi sei mesi del 2017, ben 1.130 agenti delle forze dell'ordine sarebbero stati aggrediti fisicamente durante normali controlli su strada, escludendo da tale statistica altri episodi riconducibili a motivi di ordine pubblico;
   ciò significa che ogni giorno 6 rappresentanti delle forze di polizia, uno ogni 4 ore, sono oggetto di atti di violenza, così suddivisi: il 48,3 per cento (546) degli episodi riguarda i carabinieri, il 34,2 per cento (386) la polizia di Stato, il 10,4 per cento (117) la polizia locale, mentre i rimanenti casi sarebbero riferiti ad altri Corpi. Nel 27,1 per cento degli episodi (306) l'aggressore sarebbe risultato sotto l'effetto di alcol o sostanze stupefacenti, mentre nel 54 per cento dei casi (610) l'aggressore era di nazionalità italiana. Nel 18,8 per cento di occasioni (213) sono state usate armi proprie o improprie;
   sempre secondo tale fonte, il picco delle violenze si sarebbe registrato nel mese di luglio con 313 aggressioni: 10 al giorno con un agente al pronto soccorso ogni 2 ore e mezza;
   si tratta di dati che gettano un'ombra sulle condizioni di sicurezza in cui operano gli agenti delle forze dell'ordine;
   è necessario che il Ministro interrogato ponga in essere una strategia volta a tutelare gli agenti impegnati nel perseguimento della legalità e del rispetto dell'ordine pubblico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle statistiche citate in premessa, quale sia il suo orientamento in merito e in quale modo intenda tutelare la sicurezza e l'incolumità degli agenti di pubblica sicurezza. (4-17714)


   PIAZZONI e LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con deliberazione di giunta n. 72 del 28 agosto 2017, avente ad oggetto «Tutela del territorio sangermanese dall'invasione/immigrazioni delle popolazioni africane e non solo. Provvedimenti», il comune di San Germano Vercellese ha introdotto obblighi e sanzioni, a giudizio degli interroganti, del tutto vessatori, per i cittadini e gli enti privati o religiosi che intendono ospitare e accogliere rifugiati, richiedenti asilo o altra forma di protezione internazionale;
   già dalla denominazione dell'oggetto della delibera – del tutto fuorviante rispetto alla realtà del fenomeno migratorio in Italia – e dalle premesse, ad avviso degli interroganti si evince l'assoluta ignoranza della diversa condizione giuridica delle persone straniere nel nostro Paese e un atteggiamento persecutorio e improntato a pregiudizi largamente diffusi riguardo all'immigrazione. Appare esemplificativo il passaggio: «L'Italia si è trasformata in un campo profughi/clandestini»;
   gravi, e in contrasto con la normativa vigente, risultano inoltre gli oneri e gli obblighi imposti ai cittadini e agli enti privati o religiosi, tra cui: l'obbligo di comunicazione preventiva all'amministrazione locale della sottoscrizione di contratti di locazione ovvero di comodato ovvero di concessione di qualsivoglia diritto reale o personale di godimento e utilizzo con soggetti (persone fisiche o giuridiche) che abbiano tra le possibili finalità l'ospitalità di richiedenti asilo; l'onere di comunicare la partecipazione a bandi indetti da parte di qualsiasi organo pubblico al fine dell'ospitalità e della gestione dei richiedenti asilo, nonché dell'esito degli stessi entro 5 giorni dalla pubblicazione o notizia delle graduatorie; l'onere di comunicare, nei 15 giorni precedenti, la sottoscrizione di accordi, contratti e convenzioni con gli organi ed amministrazioni pubbliche deputate alla gestione dell'emergenza profughi; l'onere di comunicare, attraverso una relazione quindicinale da parte del soggetto privato contraente, l'organizzazione interna della struttura;
   ancora più grave risulta infine la sanzione prevista per il mancato rispetto degli obblighi sopra elencati: sanzione amministrativa pecuniaria da euro centocinquanta a euro cinquemila –:
   di quali notizie disponga in merito alla vicenda descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il regolare svolgimento delle attività di accoglienza dei richiedenti asilo o altre forme di protezione internazionale su tutto il territorio italiano, contrastando il diffondersi di un approccio come quello sotteso alla suddetta delibera di giunta che appare poco consapevole della realtà del fenomeno migratorio. (4-17717)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul lungomare Paolo Toscanelli di Ostia sorge l'ex colonia marina Vittorio Emanuele III, progettata dall'architetto Marcello Piacentini nel 1916;
   la struttura copre un'area di sedicimila metri quadri, una parte della quale ospita servizi di pubblica utilità quali la biblioteca comunale «Elsa Morante», un teatro e la struttura ricettiva «Litus Roma Hostel», ma un'intera ala dell'edificio risulta occupata abusivamente da soggetti di diversa nazionalità e provenienza;
   tra l'altro, l'edificio versa in condizioni precarie, essendo nella giornata del 19 agosto 2017 crollata una parte di soffitto all'interno dell'ostello Litus, ferendo due persone;
   nel corso degli ultimi anni sono stati effettuati numerosi blitz delle forze dell'ordine all'interno della parte dell'edificio dell'ex colonia occupata abusivamente, durante i quali è stata evidenziata una situazione di forte degrado e illegalità, essendo state rinvenute sostanze stupefacenti destinate allo spaccio e ingenti somme di denaro di dubbia provenienza;
   durante i blitz è stato accertato che nella parte dell'immobile occupata abusivamente, all'interno del cortile vivono numerose persone all'interno di baracche e camper, e sono state rinvenute ossa di animali bruciati, oltre alla presenza di topi, immondizia e sporcizia di ogni genere;
   sembrerebbe, inoltre, che i sotterranei dell'ex colonia siano stati adibiti a moschea non censita;
   sul territorio nazionale si sta assistendo da anni ad un perdurante e straordinario afflusso di immigrati, molti dei quali arrivano a Roma, dove di fatto «spariscono», senza fissa dimora e senza identità;
   è necessario ed indispensabile un controllo più scrupoloso del territorio e degli edifici occupati abusivamente, poiché spesso, dietro situazioni di illegalità, si celano dei veri e propri circuiti criminali;
   nel febbraio del 2017, il prefetto Vulpiani, a capo del municipio di Ostia dopo lo scioglimento del consiglio comunale, avvenuto nell'estate del 2015, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, a causa di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso aveva dichiarato «Ci sono soggetti criminali che dovremo sgomberare» –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito, al fine di contrastare la dilagante illegalità dell'area, restituire sicurezza e incolumità pubblica ai cittadini e rendere fruibili alla collettività gli spazi dell'ex colonia marina. (4-17725)


   MELILLA, FRANCO BORDO, SCOTTO, FERRARA, ZARATTI, KRONBICHLER, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, SANNICANDRO e NICCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la rassegna storica degli ovini organizzata dalla camera di commercio de L'Aquila che si svolge ai primi di agosto, da decenni a Campo Imperatore, nel cuore del parco nazionale del Gran Sasso, è stata frequentata quest'anno da migliaia di persone con macchine, camper, fuoristrada, moto con un grave danno all'ambiente di alta quota di questo meraviglioso altopiano dell'Appennino abruzzese;
   bivacchi e fuochi accesi senza controlli hanno determinato un devastante incendio che ha distrutto per vari giorni e notti boschi e pinete millenarie con un danno incalcolabile per il patrimonio naturale italiano e abruzzese –:
   se le autorizzazioni chieste dalla camera del commercio siano state conformi a tutte disposizioni di legge;
   se siano state previste per quell'evento tutte le necessarie iniziative di vigilanza e prevenzione attraverso personale dedicato e competente, così come previsto dalla legge, per fronteggiare e gestire l'afflusso eccezionale di una massa enorme e incontrollata di migliaia di visitatori, turisti, motociclisti, automobilisti;
   se il parco nazionale del Gran Sasso abbia rilasciato le autorizzazioni di sua competenza in modo conforme alle leggi speciali che tutelano zone di alta quota che fanno parte di un'area protetta nazionale;
   se la prefettura dell'Aquila abbia previsto rigorosamente il rischio connesso ad un evento così eccezionale e nei fatti incontrollato, alla luce di quanto di devastante è poi successo;
   quali piani di prevenzione fossero stati previsti dagli organizzatori e dalle autorità competenti;
   quali iniziative straordinarie siano state decise dalle autorità competenti per gestire l'emergenza incendi sul Gran Sasso;
   se non ritengano di assumere iniziative affinché manifestazioni del genere, che attirano migliaia di persone, siano vietate in aree protette così delicate per il rischio enorme che comportano per la tutela dell'ambiente. (4-17729)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   presso il comune di Viadana presta servizio a tempo determinato per mezzo di una borsa lavoro Pasquale Commarà, nato a Crotone il 28 luglio 1958;
   tale borsa lavoro sarebbe stata concessa per intervento diretto del Consorzio pubblico servizi alla persona, anche per effetto di pressione politica;
   Commarà è soggetto noto alle cronache giudiziarie per estorsione, spaccio di stupefacenti, appropriazione indebita e altro, oltre a comparire negli atti del processo «Aemilia»;
   tali informazioni sono note a chiunque, essendo Commarà stato oggetto di avviso orale da parte del questore di Mantova in data 1o agosto 2016;
   esiste inoltre il forte sospetto che la condizione di lavoratore sia utilizzata da Commarà in sede processuale, per migliorare la propria posizione;
   con un'interrogazione presso il comune di Viadana del 1o luglio 2017 del consigliere Silvio Perteghella la questione è già stata posta in sede locale, oltre che segnalata alla competente direzione distrettuale antimafia –:
   se ritenga di dover assumere iniziative di competenza, anche per il tramite della prefettura di Mantova, in relazione alla situazione segnalata in premessa e ai rischi che può rivelare. (4-17734)


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i problemi dell'accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo caratterizzano tutta l'Italia, ma le città del sud sono certamente le più provate;
   tra queste Reggio Calabria è certamente nel novero delle realtà in cui l'impatto del fenomeno migratorio è maggiore e dove risulta più complicata la gestione dell'accoglienza, caratterizzata da provvedimenti emergenziali ed affidamenti diretti che non sempre garantiscono la trasparenza e la legalità delle procedure;
   a quanto riporta la stampa locale, il sindaco di Reggio Calabria avrebbe emesso alcune ordinanze per l'individuazione di strutture di accoglienza per i giovani migranti, operando, a quanto risulta all'interrogante, scelte di affidamento diretto dal servizio di accoglienza senza bandi, per motivi di criticità e sovraffollamento degli stabili già preposti a questo compito;
   più specificamente sarebbe stato deciso il trasferimento di 44 minori non accompagnati in due diverse strutture, presso l'istituto per la famiglia «Gilberto Perri» sito in via contrada Miceli a Concessa, frazione di Catona, e presso l'associazione Chiesa Cristiana;
   alle ordinanze del sindaco sarebbero poi seguite le determinazioni di spesa, che vanno a valere sul Fondo nazionale per i minori stranieri non accompagnati dal Ministero dell'interno, per il periodo 26 maggio/31 dicembre 2017 per un importo totale di 435.600,00 euro così suddiviso: 356.400,00 euro all'istituto per la famiglia «Gilberto Perri» e 79.200,00 euro per l'associazione Chiesa Cristiana;
   la singolarità di questo affidamento è che l'Istituto per la famiglia è un ente strettamente legato ad un consigliere comunale di opposizione e dirigente del partito Fratelli d'Italia, Massimo Ripepi, essendone egli un fondatore;
   la cognata di Massimo Ripepi, Manuela Perri, figlia di Gilberto, il fondatore della chiesa Pace di cui lo stesso Ripepi è l'erede spirituale e l'incontrastato padre, è, ad oggi, la presidente nazionale dell'Istituto per la famiglia;
   Ripepi è inoltre coordinatore nazionale e presidente nazionale del Movimento Pace Italia da lui fondato nel 2014 oltre ad essere membro con Pace Italia della Federazione nazionale dei Popolari Italiani come emerge nel suo curriculum si tratta di organizzazioni strettamente connesse all'Istituto per la famiglia «Gilberto Perri» e alla Chiesa Cristiana –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per rivedere la normativa in materia di ripartizione del Fondo nazionale per i minori stranieri, che ad avviso dell'interrogante, dovrebbe escludere la possibilità che sovvenzioni derivanti dallo stesso possano essere utilizzate dagli enti locali per finanziare soggetti giuridici legati direttamente o indirettamente ad amministratori o ad altre persone che ricoprono cariche elettive nello stesso ente, anche al fine di consentire un sostanziale rispetto del regime di incompatibilità previsto all'articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000. (4-17737)


   GIORGIA MELONI e CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, nella provincia di Pesaro-Urbino, si è registrato un incremento di crimini, molti dei quali legati all'aumento dei migranti sul territorio;
   nei soli mesi estivi di luglio e agosto 2017, infatti, nella provincia di Pesaro-Urbino, un maghrebino ha tentato lo stupro di una ragazzina quattordicenne a Fano; un controllore di autobus è stato ferito e trasportato in ospedale in seguito ad un'aggressione per mano di un immigrato verificatasi sulla linea Fano – Pergola; due richiedenti asilo sono stati sorpresi a spacciare droga a minori nel parco pubblico della città di Pesaro e, nello stesso parco, una minore è stata colpita con una mazza da un immigrato; sempre a Pesaro una coppia ha passato una notte di terrore in spiaggia, dov’è stata aggredita da tre uomini di colore; il titolare di un bar e un cliente sono stati picchiati da un gruppo di rom; la stazione ferroviaria di Marotta-Mondolfo è stata trasformata da un gruppo di immigrati nel teatro d'un sanguinoso regolamento di conti sotto gli occhi impauriti di turisti e cittadini costretti alla fuga;
   degli episodi sopra riportati ha parlato ampiamente anche la stampa locale;
   i quattro immigrati arrestati dalla polizia e accusati di avere stuprato, a Rimini, una coppia polacca, provengono tutti dalla provincia di Pesaro-Urbino, e uno di questi è un immigrato già richiedente asilo, mentre altri due sono figli di un maghrebino destinatario di un provvedimento di espulsione;
   da mesi le forze dell'ordine, tramite le proprie organizzazioni sindacali, stanno chiedendo un potenziamento del proprio organico nella zona e l'assegnazione di mezzi e strumenti adeguati a combattere una criminalità sempre più insidiosa –:
   se il Ministro interrogato abbia preso in considerazione l'emergenza sicurezza nella provincia di Pesaro-Urbino, e se non ritenga di accogliere le richieste avanzate dalle forze dell'ordine per un potenziamento dell'organico al fine di ripristinare nella zona una situazione di legalità e di tutelare i cittadini. (4-17738)


   PAGANO e ALLASIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di agosto 2017 è stata decretata a Torino l'espulsione «preventiva» di un gruppo di cinque rapinatori di origine egiziana, cui è stata applicata la normativa impiegata nei confronti dei sospettati di terrorismo in quanto ritenuti «di indole violenta»;
   la prefettura di Torino, su proposta della questura, ha infatti disposto nei loro confronti il ritiro del permesso di soggiorno, che era stato loro concesso grazie all'intervento dei servizi sociali che li avevano presi in carico al loro arrivo, quando erano tutti minorenni, ricorrendo ad una procedura accelerata;
   in seguito al raggiungimento della maggiore età, i cinque giovani stranieri avevano convertito il loro permesso di soggiorno, acquisendo quelli previsti a motivo di studio o per lavoro, senza peraltro che alcuno di loro frequentasse successivamente lezioni con regolarità e profitto o avesse intrapreso un'attività lavorativa regolare;
   più che maggiorenni, i cinque egiziani avevano infatti preferito mantenersi illegalmente, minacciando, picchiando e rapinando indiscriminatamente nella zona del parco del Valentino;
   sulla base della serialità dei reati commessi, e nell'intento di ottenere un risultato immediato, la questura torinese ha deciso di applicare nei confronti dei cinque egiziani la disposizione di legge che consente l'allontanamento preventivo dal territorio dello Stato di coloro che «sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica»;
   al 20 agosto 2017, l'esecuzione dei decreti di espulsione era data per imminente;
   il caso è suscettibile di ampi riverberi sul piano nazionale, aprendo un percorso nuovo e veloce per allontanare dal territorio nazionale stranieri il cui comportamento non sia compatibile con il mantenimento del permesso di soggiorno –:
   se i decreti di espulsione nei confronti dei cinque giovani egiziani dediti ad attività criminose nel parco del Valentino a Torino, generalizzati in premessa, siano stati o meno effettivamente eseguiti tramite accompagnamento alla frontiera e, in caso negativo, perché non si sia ancora proceduto ad imbarcarli su un aereo diretto verso il Paese d'origine. (4-17739)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi, come noto, i dicasteri dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno annunciato l'intesa con cui si dava il via libera all'assunzione a tempo indeterminato di circa 52.000 docenti, ma successivamente, dopo la ripartizione degli organici, sono pervenute all'attenzione degli interpellanti numerose segnalazioni che evidenziavano molteplici criticità, soprattutto per le scuole del Sud e della Puglia in particolare;
   i posti per docenti nel Mezzogiorno sono da sempre contesi tra docenti precari e docenti di ruolo, e i docenti precari stessi vivono questa insostenibile condizione ormai da troppi anni;
   per quel che risulta, le 52.000 nuove assunzioni, in realtà, non rappresentano una quota complessivamente aggiuntiva di nuove assunzioni perché la parte di gran lunga prevalente di questi posti è destinata sia al semplice turn over – ricambio di personale per pensionamento – che ad «assunzioni a tempo indeterminato» su posti già esistenti in organico di diritto ma finora rimasti liberi e occupati da personale precario. Solo 15.100 sono i posti che si «consolideranno» realmente in nuovi contratti a tempo indeterminato ma è bene ricordare che si tratta di posti di lavoro già preesistenti come posti destinati a personale precario con contratti a tempo determinato;
   in particolare, con riferimento alla annosa questione dei docenti precari, le stabilizzazioni su posti già presenti in organico di diritto dovrebbero riguardare 16.000 posti rimasti, ma in Puglia questi posti risultano pressoché inesistenti in quanto in buona parte sono tutti concentrati al Nord, e dei 15.100 posti da «stabilizzare», 1.231 andranno a detta regione, di cui 476 su posto comune e 755 sul sostegno;
   in questo modo la Puglia viene penalizzata, in quanto nella regione si perdono 299 posti di lavoro nell'organico di fatto — posti con contratto a tempo determinato — cancellati, non si sa bene in base a quale «algoritmo» relativo al calo delle iscrizioni degli studenti. Nella sola scuola primaria sono 150 i posti «bloccati» da ricorsi di docenti che nella mobilità dello scorso anno erano stati ingiustamente «esodati» al Nord per un «errore» dell'algoritmo relativo alle domande di mobilità — errore la cui responsabilità ricade interamente sul Governo;
   per quanto risulta agli interpellanti, ad oggi, inoltre, nonostante il Consiglio di Stato si sia pronunciato favorevolmente nei confronti dei docenti che avevano messo in discussione il famigerato algoritmo sulla mobilità 2016, e avrebbero pertanto il diritto di scegliere come sede quelle disponibili nel primo ambito scolastico prescelto da ciascuno, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca non ha ancora assunto alcuna posizione ne’ adottato alcuna determinazione al riguardo, con la conseguenza che l'ufficio scolastico della regione Puglia, nonostante l'imminente inizio dell'anno scolastico, non ha ad oggi assunto alcun provvedimento in tal senso;
   tale situazione appare di eccezionale gravità in particolare per la Puglia, che dovrebbe invece ottenere un'adeguata quota di organico aggiuntiva anche alla luce degli alti tassi di dispersione scolastica, della carenza di tempo pieno e tempo prolungato e del fenomeno delle classi «pollaio» con una media regionale alunni/classe tra le più elevate di Italia –:
   quali iniziative urgenti e non più rinviabili si intendano assumere alla luce di quanto descritto in premessa, con riferimento all'annosa questione dei docenti precari che avevano contestato l'algoritmo sulla mobilità 2016 e, in seguito alla nota pronuncia del Consiglio, hanno il diritto di scegliere come sede una di quelle disponibili nel primo ambito scolastico prescelto da ciascuno, soprattutto nella regione Puglia;
   quali iniziative saranno assunte per affrontare con maggiore determinazione il contrasto alla precarietà in ambito scolastico sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, attraverso la stabilizzazione dei posti di lavoro di cui la scuola ha assolutamente bisogno per poter svolgere efficacemente il suo servizio;
   quali iniziative saranno assunte in favore del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ata) per il quale, a quanto risulta, le assunzioni dovrebbero compensare solo i pensionamenti, senza alcuna considerazione per i tanti precari che lavorano sui posti disponibili non solo nell'organico di fatto, ma anche sullo stesso organico di diritto.
(2-01925) «Laforgia, Nicchi, Bossa, Scotto, Cimbro».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il rafforzamento e l'innalzamento della qualità del sistema formativo ed educativo rappresenta uno degli obiettivi della Strategia Europa 2020, cui si ispirano le linee di intervento indicate nell'Accordo di partenariato 2014-2020 ITALIA;
   sulla base dei dati europei l'Italia esprime notevoli criticità in merito e presenta per ogni livello di istruzione valori medi dei risultati molto più bassi della media Ocse;
   in tal senso, la Commissione europea sottolinea la necessità di intervenire a rafforzare non solo le competenze di base ma anche quelle trasversali migliorando il sistema di istruzione;
   il PON «Per la Scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento» – piano operativo nazionale del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è finanziato dai fondi strutturali europei e offre alle istituzioni scolastiche la possibilità di accedere a risorse finalizzate a perseguire una più elevata qualità ed efficacia del sistema di istruzione;
   per il PON 2014-2020 sono stati stanziati circa 3 miliardi di euro di cui 2,2 miliardi circa provengono dal Fondo speciale europeo (FSE) per la formazione di alunni, docenti e adulti e 800 milioni dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per laboratori, attrezzature digitali per la scuola e per interventi di edilizia;
   sulla base dell'Accordo di partenariato con la Commissione europea che esclude le scuole private e/o parificate dalla possibilità di accedere direttamente ai fondi PON, l'amministrazione – equiparando peraltro erroneamente scuole paritarie alle parificate – ha previsto la possibilità per le scuole paritarie di accedere ai progetti Pon solo se costituite in rete con scuole statali e non come scuole proponenti, nonostante in Italia, come sancito dalla legge n. 62 del 2000, il sistema di istruzione sia costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali;
   la legge di bilancio 2017 n. 232 del 2016, al comma 313, ha precisato che nell'ambito della gestione delle risorse Pon la definizione di istituzione scolastica comprende tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione;
   in tal senso si è anche espressa la Ministra interrogata sia con dichiarazioni alla stampa che in sede di risposta ad atti di sindacato ispettivo arrivando ad affermare che una parte dei finanziamenti sarebbe stata già accantonata per essere destinata alle scuole paritarie;
   nonostante questo, non si registra alcun passo avanti nella vicenda che vede le scuole paritarie relegate in un ruolo passivo e secondario –:
   quali iniziative abbia intrapreso la Ministra interrogata sino ad oggi, al fine di dare seguito agli impegni assunti pubblicamente per ovviare a questa disparità di trattamento;
   se la Ministra interrogata non intenda intervenire con iniziative risolute e urgenti al fine di aprire una procedura di revisione dell'accordo di partenariato europeo affinché sia garantita anche alle scuole paritarie la partecipazione al Pon «Per la scuola, competenze e ambienti per l'apprendimento» 2014-2020 come soggetti principali.
(2-01919) «Centemero».

Interrogazione a risposta orale:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è in corso uno sciopero dei docenti universitari indetto attraverso una lettera pubblicata dal Movimento per la dignità della docenza universitaria;
   le ragioni che hanno spinto i docenti a indire questo sciopero riguardano il blocco delle classi e degli scatti stipendiali per il periodo dal 2011 al 2014 e il riconoscimento ai fini giuridici degli anni del blocco;
   dal 1o gennaio 2015 il blocco degli adeguamenti e delle modifiche delle retribuzioni non è più in vigore per tutto il pubblico impiego fatta eccezione degli universitari per i quali lo sblocco parte dal 1o gennaio 2016;
   il mancato riconoscimento dello stato giuridico produce effetti non solo sulla retribuzione ma anche sulla pensione;
   i docenti chiedono che il riconoscimento giuridico integrale degli anni pregressi, dal 2011 al 2014, valga per tutti coloro che erano in servizio dal 1o gennaio 2015 e non dal 1o gennaio 2016, come attualmente previsto;
   lo sciopero prevede l'astensione dal tenere il primo degli appelli degli esami di profitto, per una durata massima di 24 ore per ciascun docente, in corrispondenza con la data fissata per il primo degli appelli, della sessione autunnale relativa all'anno scolastico 2016-2017;
   i docenti firmatari della lettera che aderiscono allo sciopero hanno assicurato la tenuta di almeno un appello nell'ambito del periodo 28 agosto-31 ottobre e si sono inoltre adoperati affinché le università prevedano un appello straordinario da fissare a partire dal quattordicesimo giorno successivo allo sciopero nel caso in cui nel lasso di tempo dal 28 agosto al 31 ottobre sia previsto esclusivamente un appello per quella determinata materia;
   pur considerando legittime le richieste e le aspettative dei docenti interessati, appare criticabile e discutibile la modalità di attuazione dello sciopero le cui conseguenze si ripercuotono esclusivamente sugli studenti che rappresentano l'anello più debole di tutto il sistema universitario –:
   quali iniziative la Ministra interrogata intenda assumere e quali risorse finanziarie certe intenda destinare al fine di trovare una soluzione rapida e condivisa e di metter fine allo stato di agitazione dei docenti universitari. (3-03216)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, VACCA, SILVIA GIORDANO, CARIELLO, SIBILIA e LOREFICE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto tecnico tecnologico (ITT) «G. Giorgi» di Brindisi vanta un'alta formazione negli indirizzi dell'informatica e delle telecomunicazioni, della meccanica, della meccatronica e dell'energia, nonché dell'elettronica e dell'automazione. Il menzionato istituto tecnico tecnologico, ha partecipato dal 4 al 6 maggio 2017 alla competizione nazionale di robotica denominata «Robocup jr» tenutasi per la IX edizione di quest'anno a Foligno (Perugia), gareggiando per la categoria «Rescue Line under 19». Le squadre selezionate erano due: «Team Giorgi 1» composto dagli alunni Davide Mazzotta, Vincenzo Turco e Cristian Sconosciuto della 4a A indirizzo automazione e «Team Giorgi 2» composto dagli allievi da Alessandro Rizzo, Antonio Battipaglia, Kevin Panna e Luna De Nitto studenti della 3a B e D indirizzo automazione, guidati dai professori Diego Brando, Giuseppe Sarcinella e Antonio Bari, aggiudicandosi rispettivamente il primo e quarto posto. La vittoria è stata raggiunta dagli studenti, superando altri 65 progetti, realizzando un robot a sensori infrarossi e ultrasuoni che ha preso vita nei laboratori dell'Istituto, capace di esplorare l'interno di edifici colpiti da terremoti o incendi. La squadra prima in classifica, avrebbe dovuto partire per le finali mondiali in Giappone a Nagoya il 27/30 luglio, ma tale irrinunciabile occasione, è invece svanita di fronte alla mancanza di fondi dell'istituto tecnico tecnologico. Infatti per coprire le spese di iscrizione e viaggio per consentire ai tre studenti e due professori accompagnatori di partire, si necessitava della somma di 14.000,000 euro. Purtroppo la Robocup, pur avendo il patrocinio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed essendo definita dallo stesso «pregevole», non gode di finanziamenti diretti. La preside del Giorgi, Maria Luisa Sardelli, a causa dei tagli non è riuscita a reperire tali fondi né ha trovato la disponibilità di realtà private, costretta dunque a scegliere di impiegare le poche risorse disponibili per acquistare ad esempio nuovo materiale necessario per tutto l'istituto. Il tentativo di contattare direttamente il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per riuscire a racimolare la somma necessaria è caduto nel vuoto –:
   se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fosse a conoscenza o meno della situazione di difficoltà economica dell'istituto tecnico tecnologico Giorgi di Brindisi e se sia possibile ampliare il sistema di finanziamento delle spese di trasferta in competizioni di alto livello. (5-12084)


   D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante segnala la vicenda che contrappone il sindaco del comune di Cerignola al dirigente scolastico, agli studenti e alle famiglie, che hanno espresso il loro dissenso sulla possibile alienazione di una parte dell'area dell'Istituto agrario «Pavoncelli» di Cerignola;
   il comune di Cerignola ha deciso con delibera del consiglio comunale di alienare una porzione de l'area su cui insiste l'azienda agraria afferente l'istituto per favorire la costruzione di un palazzetto dello sport;
   l'intera comunità dell'istituto si è schierata a tutela della «Scuola di Cerignola», consapevole dell'importanza rappresentata dall'azienda agraria annessa come previsto dall'articolo 20 del decreto interministeriale n. 44 del 2001, rubricato «Aziende agrarie»;
   più nel dettaglio si tratta di un'area che è stata oggetto nel tempo di significa ve opere di miglioramento, con nuovi impianti di vigneti e oliveti la parte a seminativo è destinata a campi di ricerca, frutto di convenzioni con la S.I.S. «Società Italiana Sementi spa» nell'ottica di una divulgazione tecnico scientifica a supporto della produzione agricola. Infatti non c’è un metro quadro di superficie utile che sia incolto o abbandonato e, per questo stupisce la decisione di individuare una parte dell'azienda agricola come sede per la realizzazione di un palazzetto dello sport, anzi l'area individuata è un lotto destinato a seminativo, investito a campo ricerca di triticum durum ad alta densità di semina e con tecniche a bassissimo impatto ambientale e a oliveto super intensivo, impianto sperimentale realizzato con il contributo della regione Puglia e la partecipazione attiva dell'università di Bari;
   il comune di Cerignola dichiara nei suoi atti che il palazzetto sarà finanziato con la permuta di un bene comunale, individuato nell'area su cui insiste l'oliveto. Ma è da osservare che l'articolo 191 del codice dei contratti pubblici prevede tale procedura qualora il bene da cedere in permuta non assolva più, secondo motivata valutazione, funzione di pubblico interesse, mentre, come è evidente, la funzione di pubblico interesse permane visto il vincolo di destinazione scolastica e inoltre il campo sperimentale rientra tra le strutture messe a disposizione per la realizzazione del laboratorio di occupabilità, in rete con altre scuole cittadine e pugliesi, università, enti pubblici e privati, associazioni e aziende; il capofila di tale rete è l'istituto agrario Lotti di Andria, risultato beneficiario del finanziamento di 500.000,00 euro per il laboratorio denominato « Oligreen tech lab», previsto nell'ambito del Piano nazionale scuola digitale di cui alla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta buona scuola. Il comune di Cerignola, giusta delibera di giunta comunale n. 99 dell'8 aprile 2016, partecipa al progetto in qualità di ente partner per attività di collaborazione e diffusione delle iniziative connesse –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato, per tutelare gli interessi dell'istituzione scolastica «Pavoncelli» di Cerignola. (5-12087)


   MIOTTO e LENZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il ritardo accumulato nella emanazione del bando di concorso per l'accesso ai corsi di specializzazione dei medici abilitati sta determinando grande preoccupazione ed alimenta la protesta sfociata nella manifestazione svoltasi davanti alla Camera dei deputati e che sarà seguita da altra manifestazione annunciata per fine settembre 2017;
   il ritardo nella pubblicazione del bando, conseguente ad una serie di problemi accumulatisi nelle scorse settimane, rischia di provocare un grave ritardo nell'inizio dei corsi e rende difficile la compatibilità con le scadenze previste dal calendario per l'ammissione ai corsi di formazione in medicina generale provocando una possibile perdita delle borse, già esigue, stanziate per i corsi 2016/2017;
   le questioni da affrontare, non risolte da anni riguardano il numero dei contratti troppo esiguo rispetto ai partecipanti previsti stimato in circa 1 a 3, la programmazione che dovrebbe essere raccordata ai fabbisogni reali, le procedure di accreditamento delle sedi che ospitano i corsi e che ha già evidenziato circa il 10 per cento di sedi inidonee ed il processo di allineamento della formazione dei medici di medicina generale ai corsi universitari di specializzazione che tarda a decollare. Tuttavia, ora incombe il rischio di far perdere ai giovani medici laureati da oltre un anno, altro tempo prezioso per potersi specializzare, per cui si rende indispensabile affrontare la questione con soluzioni che non possono essere procrastinate –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per risolvere rapidamente le questioni che hanno determinato il ritardo nella pubblicazione del bando per le scuole di specializzazione di area medica 2016/2017. (5-12093)


   RICCIATTI, NICCHI, BOSSA, CARLO GALLI, DURANTI, FRANCO BORDO, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, FOLINO e MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si apprende che l'ufficio scolastico regionale delle Marche ha ridotto il personale docente destinato agli Istituti marchigiani per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea;
   tali istituti svolgono un ruolo fondamentale in ordine alla conservazione e alla diffusione dei valori dell'antifascismo e della Resistenza, allo sviluppo e alla diffusione degli studi di storia contemporanea, alla valorizzazione degli studi di storia del territorio e alla cura e la conservazione di documenti e di archivi, con particolare riguardo alle fonti di storia regionale, provinciale e locale. Svolgono inoltre una preziosissima attività collaborando con le scuole su progetti didattici, nonché all'aggiornamento dei docenti su materie quali l'educazione democratica e alla cittadinanza;
   secondo quanto riportato dalla testata Cronache Maceratesi.it a causa di questa decisione anche l'Istituto storico di Macerata «M. Morbiducci» sarà privato dell'insegnante comandato presso lo stesso, nonostante nell'ultimo anno abbia lavorato ininterrottamente nelle scuole delle aree terremotate, avviando importanti progetti per la salvaguardia e rinascita delle comunità appenniniche;
   la rete degli Istituti marchigiani per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea ha chiesto all'ufficio scolastico regionale delle Marche che vengano accordati i 4 docenti richiesti, al fine di sostenere i bisogni formativi delle comunità scolastiche del territorio, anche in virtù del recente protocollo d'intesa sottoscritto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti richiamati in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per dotare gli Istituti marchigiani per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea del personale docente necessario. (5-12101)


   CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sulla stampa sembrerebbe che nel marzo 2017 cinque studenti iscritti ad un istituto privato di Genova siano stati arrestati per aver bullizzato in maniera brutale un compagno di classe e, tuttavia, non abbiano subito alcun provvedimento disciplinare da parte della scuola;
   le contestazioni a carico dei minori sarebbero a vario titolo di stalking, sequestro di persona, estorsione e lesioni aggravate;
   il tribunale dei minori, dopo alcuni mesi, pare abbia attenuato le misure cautelari e, per questo, i ragazzi abbiano ottenuto il permesso di partecipare agli esami di maturità dove sono stati tutti promossi;
   a quanto pare, lo studente vessato, invece, è stato bocciato a causa delle troppe assenze legate alle cure di natura psicologica a cui è dovuto ricorrere;
   se tale notizia fosse confermata si tratterebbe di una doppia persecuzione perpetrata proprio dalla scuola chiamata, invece, a tutelare e sostenere il ragazzo;
   nonostante, a quanto sembra, gli episodi siano avvenuti all'esterno della scuola, appare grave che non siano stati comunque presi provvedimenti disciplinari considerato il fatto che nel codice di comportamento dell'istituto si stabilisce l'espulsione in caso di «comprovati casi di bullismo»;
   inoltre, sembrerebbe che anche all'interno della scuola la sicurezza del ragazzo non potesse essere garantita poiché era necessario che fosse accompagnato da compagni di classe o professori all'interno dell'istituto;
   lo statuto degli studenti e delle studentesse prevede che gli studenti siano «tenuti ad avere nei confronti del capo d'istituto, dei docenti, del personale tutto della scuola e dei loro compagni lo stesso rispetto, anche formale, che chiedono per se stessi e che la scuola deve garantire un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona e un servizio educativo-didattico di qualità»;
   inoltre, stabilisce che «i provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità ed al ripristino di rapporti corretti all'interno della comunità scolastica, nonché al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica» (...) «le sanzioni sono ispirate al principio della riparazione del danno. Esse tengono conto della situazione personale dello studente, della gravità del comportamento e delle conseguenze che da esso derivano». (...) «L'allontanamento dello studente dalla comunità scolastica può essere disposto anche quando siano stati commessi reati che violano la dignità e il rispetto della persona umana o vi sia pericolo per l'incolumità delle persone». (....) «Nei casi di recidiva, di atti di violenza grave, o comunque connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale, ove non siano esperibili interventi per un reinserimento responsabile e tempestivo dello studente nella comunità durante l'anno scolastico, la sanzione è costituita dall'allontanamento dalla comunità scolastica con l'esclusione dallo scrutinio finale o la non ammissione all'esame di Stato conclusivo del corso di studi o, nei casi meno gravi, dal solo allontanamento fino al termine dell'anno scolastico» –:
   di quali elementi disponga in relazione ai fatti di cui in premessa, se l'istituto scolastico in questione sia una scuola paritaria riconosciuta ai sensi della legge n. 62 del 2000 e quali iniziative di competenza intenda adottare, ove ne sussistano i presupposti, in ordine a eventuali responsabilità della scuola stessa. (5-12107)


   PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO e MARCON. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, si è data attuazione a quanto stabilito dall'articolo 1 commi 180 e 181, lettera b), della legge 13 luglio 2015, n. 107 (cosiddetta «buona scuola»), in materia di riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, al fine di renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione;
   il medesimo decreto legislativo, nel definire i termini entro i quali nell'ambito del cosiddetto «percorso Fit» dovrà svolgersi nel corso dell'anno 2018 il nuovo concorso abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ha stabilito (all'articolo 5, quale prerequisito all'accesso alle prove, il possesso da parte dei candidati di almeno 24 crediti formativi universitari nell'ambito delle discipline antropo-psico-pedagogiche;
   con successivo decreto ministeriale 10 agosto 2017, n. 616 sono state stabilite le modalità di acquisizione dei 24 crediti formativi universitari ed i settori scientifico-disciplinari ritenuti utili ai fini del loro ottenimento;
   la previsione normativa obbliga coloro che abbiano già conseguito il titolo di laurea magistrale/specialistica sotto un regime concorsuale abilitante per il quale era necessario ottenere soltanto il diploma universitario a sostenere interamente i costi materiali ed immateriali relativi al conseguimento dei nuovi crediti formativi universitari, introducendo in tal modo una disparità di trattamento tra aspiranti docenti;
   di più, i 24 crediti formativi universitari non potranno essere fatti valere in altre sedi concorsuali, come invece accade per i normali titoli di studio;
   inoltre, l'obbligo di inserire ben 24 crediti formativi universitari relativi ai settori scientifico-disciplinari della psicologia, dell'antropologia e della pedagogia all'interno dei piani di studio costringerà inevitabilmente in futuro gli studenti universitari a rinunciare all'approfondimento delle materie delle singole classi concorsuali, comprimendo la loro formazione specifica e compromettendo così la preparazione dei futuri docenti nell'ambito delle proprie discipline d'insegnamento;
   il percorso Fit, come normato dal suddetto decreto legislativo, contempla già un primo anno interamente dedicato allo studio delle discipline d'ambito antropo-psico-pedagogico, con annessa prova finale, il cui mancato superamento compromette l'accesso al secondo anno –:
   se, alla luce delle palesi ingiustizie perpetrate dal suddetto provvedimento nei confronti di una generazione di giovani laureati già fortemente vessata nel corso degli ultimi decenni dalle riforme intervenute in materia di scuola e lavoro e stante anche quella che appare agli interroganti l'evidente inutilità del provvedimento, non ritenga di dover assumere iniziative per rivedere, con urgenza, la previsione relativa all'obbligatorietà dei 24 crediti formativi universitari aggiuntivi, abolendola del tutto, almeno per quanto riguarda il regime transitorio, e prevedendo, per coloro che hanno già conseguito il titolo universitario, la gratuità dell'acquisizione dei crediti in questione. (5-12108)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella conferenza stampa del 2 marzo 2017, ha ricordato la collaborazione con la polizia di Stato in merito all'iniziativa congiunta denominata «gite scolastiche in sicurezza»;
   in quella occasione, il Ministero e la polizia di Stato hanno diramato informazioni utili alle istituzioni scolastiche «per l'organizzazione in sicurezza delle gite, con indicazioni basilari sulla scelta e la regolarità delle imprese di trasporto, sull'idoneità del conducente e sulle condizioni generali dei veicoli, al fine di garantire un sereno svolgimento dei viaggi d'istruzione»;
   nel corso della conferenza stampa, sono stati presentati anche i risultati dei controlli dello scorso anno. «Nel 2016 la Polizia Stradale ha impiegato 10.615 pattuglie per il controllo di 15.546 autobus (di cui 10.126 su richiesta delle scuole), pari al 15 per cento circa del parco veicolare in Italia, rilevando irregolarità su 2.549 veicoli (1.287 di quelli controllati su richiesta delle scuole). Le principali violazioni accertate hanno riguardato irregolarità documentali (2.117 violazioni); inefficienza dei dispositivi di equipaggiamento quali, ad esempio, pneumatici lisci, cinture di sicurezza guaste, fari rotti ecc. (624 violazioni); mancato rispetto dei tempi di guida e di riposo (449 violazioni); eccesso di velocità (262 violazioni); carte di circolazione ritirate (68); patenti di guida ritirate (46) e omessa revisione (36)»;
   i controlli effettuati nell'anno in corso hanno già dato i primi risultati. «A Siena è stato multato un conducente che percorreva ad alta velocità il tratto di strada tra Siena e Firenze, viaggiando a 100 chilometri orari dove il limite di velocità imposto da un cantiere era di 40 chilometri orari. A Reggio Emilia, durante i controlli prima di una partenza, sono state riscontrate irregolarità che hanno portato alla sostituzione dell'autobus: uscite di sicurezza inefficienti, cinture di sicurezza non regolari, vetro parabrezza incrinato»;
   il sottosegretario Gabriele Toccafondi ha osservato che «i numeri registrati lo scorso anno ci dicono che dobbiamo continuare in questa direzione, proseguendo con i controlli sui mezzi che portano le nostre ragazze e i nostri ragazzi in gita. Dobbiamo fare un'azione positiva di sicurezza per le studentesse e gli studenti e far comprendere loro l'importanza di questo tema continuando anche con l'educazione stradale, ad esempio attraverso il progetto Icaro che abbiamo realizzato in collaborazione sempre con la Polizia Stradale. Progetto che ha portato ad una reale sensibilizzazione e responsabilizzazione delle ragazze e dei ragazzi (...)»;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 27 luglio 2017, ha riportato i dati presentati dal Ministero e le dichiarazioni di Roberto Sgalla, direttore centrale delle specialità della polizia stradale, secondo il quale «le operazioni di controllo, avviate sui pullman dimostrano che è ancora alto il livello di illegalità e di mancanza di rispetto delle principali norme della circolazione. Reprimere i comportamenti illeciti, sensibilizzando insegnanti e genitori, in un sinergico ruolo di vigilanza e monitoraggio, ha fatto raggiungere risultati significativi nella sicurezza delle gite scolastiche» –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte ad escludere le imprese responsabili di gravi infrazioni dal prendere parte ai trasporti relativi ai viaggi di istruzione scolastici;
   se il Ministro intenda assumere iniziative affinché, nei criteri di selezione adottati dagli istituti scolastici, sia accordata preferenza per le offerte economiche più vantaggiose e per le società di trasporto che garantiscano elevati standard di sicurezza e comfort. (4-17625)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il presidente facente funzioni della provincia di Caserta, Silvio Lavornia, ha deciso che le scuole superiori della provincia di Caserta non apriranno per il prossimo anno scolastico con un decreto che ha sospeso le attività didattiche presso gli istituti scolastici di istruzione secondaria presenti sul territorio provinciale, di competenza dell'ente, «a decorrere dal 14 settembre 2017, data d'avvio dell'anno scolastico 2017-2018, e sino a nuova disposizione subordinata all'effettivo recupero dell'operatività finanziaria e amministrativa di questo Ente, che consenta un'efficace gestione dei propri servizi»;
   la provincia è in dissesto finanziario dal 29 dicembre del 2015 e il 99 per cento delle scuole non ha le autorizzazioni previste dalla normativa antincendio, agibilità, staticità e sicurezza sul lavoro. Il problema si era già posto nel mese di maggio 2017, a pochi giorni dalla chiusura dell'anno scolastico, quando il blocco totale delle scuole fu scongiurato in extremis. Furono chiuse solo quattro scuole e gli studenti distribuiti al pomeriggio in istituti vicini. Ma nemmeno gli stipendi dei dipendenti potevano essere pagati e così il Governo Gentiloni è già intervenuto, stanziando circa dieci milioni di euro per pagare tre mensilità arretrate;
   altro intervento finanziario è arrivato dalla regione Campania per mettere a posto situazioni di collaudo degli istituti, ma giusto per arrivare alla fine dell'anno scolastico. Ora il problema si ripropone. La provincia non ha fondi e invece di risorse ne servono tante, per le scuole, per la manutenzione delle strade e per erogare gli stipendi ai dipendenti pubblici. Ma dopo il provvedimento del presidente Lavornia, arrivano anche le proteste;
   il sindaco di Caserta, Carlo Marino ha stigmatizzato questa situazione sostenendo: «Ormai Lavornia è da quasi un anno che sta svolgendo il suo ruolo, non può nascondersi dietro inutili provvedimenti, sfuggendo ai problemi del territorio. Noi sindaci siamo pronti a fare la nostra parte per preservare il diritto allo studio dei nostri figli e non permetteremo mai che un inutile decreto metta a rischio l'istruzione dei giovani del territorio». Inoltre ha aggiunto: «La decisione annunciata dal presidente facente funzioni della Provincia di non riaprire le scuole superiori a settembre è inaccettabile ed inammissibile Lavornia è inadeguato, sia nel ruolo che nelle competenze, non ha le capacità per affrontare il problema né di confrontarsi con le istituzioni, a tutti i livelli. Non permetteremo mai che i nostri figli siano privati del diritto allo studio» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario aprire un tavolo di confronto con le parti interessate, al fine di avviare le trattative per individuare una soluzione condivisa che garantisca il regolare svolgimento delle lezioni nelle scuole superiori della provincia di Caserta. (4-17632)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la provincia Avellino, tristemente nota alle cronache per il terremoto del 1980 che provocò morti e ingenti danni materiali, è classificata come zona ad alto rischio sismico;
   secondo gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a e pubblicati di recente dal settimanale L'Espresso, in provincia di Avellino sette scuole su dieci non presentano i requisiti di sicurezza sismica: sono risultati sicuri, cioè dotati di una progettazione antisismica prescritta dal decreto concernente le «nuove norme tecniche per le costruzioni» approvato nel 2008, solo 142 edifici scolastici su un totale di 447 plessi (dall'asilo alle scuole superiori);
   come riporta il quotidiano on line «Orticalab» in un articolo datato 5 giugno 2017 e intitolato «A scuola senza sicurezza, in Irpinia 7 plessi su 10 sono fuori legge per rischio sismico: ecco i dati agghiaccianti del Miur», nella città di Avellino una scuola su due non è a norma: 24 i plessi sicuri, 26 quelli a rischio: si tratta dell'Istituto commerciale «Giustino Fortunato», dell'Istituto tecnico industriale «Guido Dorso», delle scuole primarie di Rione Mazzini, Valle e via Roma, della scuola d'infanzia di contrada Bagnoli, dell'Istituto superiore «De Sanctis-D'Agostino», delle professionali «Ipia Amatucci» e «Manlio Rossi Doria», dell'Istituto superiore «De Luca», degli Istituti professionale e superiore «Scoca», del Liceo classico «Colletta», dell'artistico e magistrale «Publio Marone», della scuola d'infanzia di Rione Mazzini, dell'Istituto tecnico per geometri «Oscar D'Agostino», della scuola di primo grado «Solimena», della scuola d'infanzia di San Tommaso, della scuola primaria «San Tommaso D'Aquino», della scuola secondaria di primo grado «Enrico Cocchia» e delle scuole di infanzia di Valle e via Roma. Ad Ariano Irpino, i 36 plessi censiti sono tutti fuorilegge. Così per le 16 scuole di Montoro, le tre di Cervinara e le quattro di Lioni, nel pieno del cratere; in sede di riparto del fondo nazionale per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe assegnato alla regione Campania 48 milioni di euro per le proposte progettuali di adeguamento o miglioramento sismico degli edifici scolastici contenuti nella programmazione 2015/2017 –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere, per quanto di competenza, per vigilare sul corretto utilizzo dei finanziamenti assegnati alla regione Campania al fine di assicurare che i fondi per interventi in materia di edilizia scolastica, vengano equamente ripartiti tra le province campane ed indirizzati a quelle scuole che necessitano di urgenti ed indifferibili interventi di messa in sicurezza in considerazione della loro localizzazione in zone ad alto rischio. (4-17642)


   PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'applicazione di quanto previsto dalla riforma delle scuole di specializzazione di medicina introdotta dal decreto interministeriale n. 402 del 2017 sta registrando enormi ritardi;
   il nuovo regolamento ed il relativo bando 2017 del concorso di accesso alle specializzazioni di area medica, ad oggi, non sono stati ancora emanati, a causa di contenziosi e ritardi nel processo di accreditamento delle scuole di specializzazione;
   migliaia di giovani medici futuri specializzandi in attesa del concorso per la specializzazione, stanno protestando in tutta Italia e con ogni mezzo, scrivendo lettere al Governo ed alla stampa chiedendo lo sblocco immediato dei bandi e una organica riforma dell'accesso alla professione;
   a quanto si apprende dalla stampa, sembra che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia fatto sapere ufficiosamente che la pubblicazione del nuovo regolamento per il concorso in Gazzetta Ufficiale è prevista per i prossimi giorni così come negli stessi tempi dovrebbero arrivare chiarimenti dall'Osservatorio nazionale sulla formazione medica specialistica sulla tempistica degli accreditamenti;
   la situazione di incertezza e disagio riguarda oltre 15 mila aspiranti specializzandi che si contenderanno circa 6.100 contratti di formazione a finanziamento statale (nel 2016 sono stati 6.130) e i circa 600 possibili contratti aggiuntivi a finanziamento regionale e privato;
   la situazione di estremo disagio, invece, riguarda milioni di pazienti e centinaia di ospedali italiani che registrano una atavica e grave carenza di personale medico da sempre colmata proprio dal sacrificio e dal lavoro quotidiano dei giovani specializzandi;
   ulteriori proteste arrivano anche dai giovani ospedalieri e dai medici di base che, oltre a denunciare i ritardi sul bando di concorso per gli aspiranti specializzandi, denunciano anche che per coprire i fabbisogni servono 3.000 borse di studio in più, in quanto ad oggi circa il 60 per cento dei candidati non potrà accedere ad un percorso specialistico e di conseguenza portare a termine il proprio percorso di studi, con l'aggravante che l'attuale carenza di specialisti è tale che in un prossimo futuro non si riuscirà a coprire i futuri pensionamenti –:
   quali siano i tempi di pubblicazione del bando riferito al nuovo regolamento di concorso e a cosa siano dovuti i ritardi;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno procedere con la massima urgenza e prevedere l'attribuzione dei contratti alle scuole già pre-accreditate dall'Osservatorio nazionale;
   se, per il prossimo anno, il Governo non ritenga di assumere iniziative per prevedere maggiori investimenti sulla formazione post-lauream di area medica, avendo quale presupposto un'adeguata programmazione strutturale dei costi e dei fabbisogni. (4-17653)


   DONATI, IORI, DALLAI, MANFREDI e CENNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017 è stato istituito per la prima volta il cosiddetto «sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai sei anni», al fine di garantire a tutti i bambini e le bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco;
   tale significativo provvedimento ha consentito per la prima volta di inquadrare i servizi dell'infanzia a pieno titolo in una dimensione «educativa», propria del percorso formativo di ogni persona;
   coerentemente con questa impostazione lo stesso decreto legislativo n. 65 del 13 aprile del 2017, nel definire i titoli necessari per diventare educatore dei servizi dell'infanzia, ha previsto il necessario conseguimento della laurea in scienze dell'educazione e della formazione nella classe L19 ad indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi, o, in alternativa, il conseguimento della laurea quinquennale a ciclo unico in scienza della formazione primaria, ma integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari, così confermando l'intenzione del legislatore di avvalersi di personale educativo e docente con specifica qualificazione universitaria al fine di promuovere una qualità dell'offerta formativa elevata;
   tuttavia, il comune di Arezzo ha recentemente promosso un avviso di selezione per formare una graduatoria per assunzioni a tempo determinato di educatori dei servizi per l'infanzia – che sarà utilizzata anche per i nidi comunali — nel quale l'unica laurea ammessa è stata quella in scienze della formazione primaria, escludendo immotivatamente i titolari della classe di laurea L19 in scienza dell'educazione e formazione;
   tale previsione appare incongrua anche alla luce del fatto che lo stesso decreto legislativo n. 65 del 13 aprile del 2017, nel definire i titoli necessari per diventare educatore dei servizi dell'infanzia, aveva ritenuto necessario che l'eventuale possesso della laurea in scienze della formazione primaria fosse comunque integrata da un corso di specializzazione per ulteriori 60 crediti formativi universitari –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in relazione alla questione posta dall'avviso di selezione pubblicato dal comune di Arezzo alla luce di quanto previsto dal decreto legislativo n. 65 del 13 aprile del 2017 e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire in ogni caso un'applicazione omogenea dei requisiti previsti dal medesimo decreto legislativo n. 65 del 2007 su tutto il territorio nazionale, scongiurando il rischio che i titoli di studio richiesti per accedere ad identiche figure professionali possano subire immotivate variazioni da comune a comune. (4-17673)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del direttore generale n. 105 del 2016 è stato indetto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca un concorso pubblico per il reclutamento di 63.712 unità di personale docente;
   tale norma secondaria è diretta applicazione della cosiddetta legge sulla buona scuola; successivamente, è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2015 con il quale si autorizzano le procedure per il reclutamento di docenti;
   le previsioni di fabbisogno per il triennio 2016-2017 / 2017-2018 e 2018-2019 sono state rilevate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in base ai dati registrati alla data del 5 dicembre 2015 nel sistema informativo del Ministero e, nello specifico, risultava necessario un fabbisogno effettivo di 6.932 unità di personale docente per la «scuola dell'infanzia» e 17.299 unità per la scuola primaria;
   per la Campania era stato previsto un fabbisogno di 809 unità (aumentate del 10 per cento) per la scuola dell'infanzia e di 1.064 unità per la scuola primaria;
   una volta conclusesi le procedure concorsuali ed individuati i soggetti idonei e vincitori con «avviso urgente» del 1o agosto 2017 della dirigenza dell'ufficio scolastico regionale della Campania venivano disposte le convocazioni per la stipula di contratto a tempo determinato per i due livelli d'istruzione (da svolgersi in data 3 agosto 2017) e per un numero di vincitori di concorso pari a:
    «merito comune scuola dell'infanzia» da 1 a 83, con eventuale scorrimento per rinunce a 130;
    «merito comune scuola primaria» da 1 a 143, con eventuale scorrimento per rinunce a 200;
   da questi numeri appare evidente una «chiamata» in ruolo per un contingente non superiore al 10 per cento dei posti messi a concorso;
   tenendo conto del fatto che le immissioni in ruolo sono state proposte sul triennio 2016-2017, 2017-2018 e 2018-2019, la validità delle graduatorie di merito è limitata temporalmente all'anno scolastico 2018-2019;
   risulta esservi una discrepanza abnorme tra le previsioni di posti liberi e messi a concorso e le effettive assunzioni in ruolo dei futuri docenti, tenuto conto che andranno soddisfatte anche le legittime aspettative di chi è presente nelle graduatorie ad esaurimento;
   è sempre più legittimato il dubbio per gli interroganti che la distanza assoluta tra fabbisogno di posti di docenti messi a concorso ed effettive assunzioni sia il frutto sempre più evidente dell'ennesima operazione propagandistica del Governo pro tempore;
   all'articolo 10 del Ddg n. 105 del 2016 viene statuito un principio che non lascia spazio ad un'ermeneutica strumentalmente estensiva; difatti la su citata norma così recita: «Il candidato utilmente collocato nella graduatoria di cui all'articolo 9 è ASSUNTO SECONDO L'ORDINE DI GRADUATORIA, nei ruoli di cui all'articolo 1 comma 66 e ai sensi del comma 109 della legge 107/2015;
   ampia e consolidata giurisprudenza civile ed amministrativa ha chiarito più volte che l'approvazione della graduatoria è, ad un tempo, provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto negoziale di individuazione del contraente, da essa discendendo, per il partecipante collocatosi in posizione utile, il diritto all'assunzione e per l'amministrazione che ha indetto il concorso l'obbligo correlato a contrarre, ex articolo 1218 c.c. ed anche in relazione ai profili correlati al rispetto della buona fede contrattuale;
   di recente vi è stata un'ordinanza del Tar del Lazio che ha obbligato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a rendere edotti i ricorrenti circa le modalità con le quali è stato calcolato il fabbisogno dei docenti; il giudice amministrativo ha ribadito con solerzia un concetto di trasparenza nell'azione amministrativa –:
   quali iniziative intenda intraprendere il ministro interrogato affinché si faccia luce sul reale fabbisogno di docenti nei tre anni scolastici 2016-2017, 2017-2018 e 2018-2019, se sarà garantita a tutti i vincitori di concorso, inseriti in graduatoria, l'assunzione e quali saranno i tempi, dato che, per legge, tutti dovrebbero essere assunti entro l'anno scolastico 2018-2019.
(4-17696)


   PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO e BRIGNONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il servizio sanitario ha subìto nel tempo numerose e radicali trasformazioni ad opera di una serie di riforme tra le quali meritano particolare menzione quella del 1992, che ne ha sancito l'aziendalizzazione e quella che avendo riformato il Titolo V della Costituzione ha sostanzialmente comportato, in sede di attuazione, le maggiori conseguenze;
   il Fondo sanitario nazionale è sempre meno finanziato, a fronte di un turn over attualmente fermo a circa il 40-50 per cento delle uscite, con forti ripercussioni sia sul servizio reso (oramai molti reparti, specialmente nei grandi ospedali universitari, sono retti all'atto pratico dal lavoro degli specializzandi), sia sulle opportunità lavorative di una intera generazione di neolaureati. Infatti, anche nell'ambito della categoria degli specialisti si vanno moltiplicando le forme di contratto atipiche, con collaborazioni a tempo determinato di vario tipo, dalla partita Iva a borse di ricerca, finalizzate comunque all'erogazione dell'assistenza, o, nella migliore delle ipotesi, a contratti a tempo determinato: tutte modalità contrattuali alle quali è affidato il funzionamento dei pronto soccorsi, delle medicine generali e dei molteplici servizi fondamentali delle realtà ospedaliere italiane;
   il numero di specialisti in servizio presso il sistema sanitario nazionale è in continua diminuzione a causa di quel mancato ed adeguato ricambio generazionale che dovrebbe essere garantito dal numero di contratti di formazione nelle scuole di specialità;
   attualmente, a fronte di circa 10.000 laureati in medicina l'anno, i contratti di formazione specialistica attivati sono circa 6000 l'anno, a cui dover aggiungere i circa 600 contratti regionali annui e le 900 borse per il corso di formazione specifica in medicina generale;
   dal 2001 il servizio sanitario nazionale non esiste più, essendo stato sostituito dai ventuno servizi sanitari regionali che attualmente risultano essere, a parere degli interroganti, ventuno differenti modelli di gestione di un servizio che al livello centrale è tutelato esclusivamente dai livelli essenziali di assistenza. Otto sono le regioni impegnate nei piani di rientro, quindi regioni di fatto commissariate non per ragioni riguardanti la salute della popolazione (anche se un vero e proprio monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza sta muovendo i suoi primi passi solo ora), quanto piuttosto per essere risultate inadempienti dal punto di vista economico-finanziario;
   i medici abilitati che parteciperanno al concorso di accesso alle scuole di specializzazione non sono ancora in grado di conoscere il programma di studio per orientare la loro preparazione ed il perpetuarsi, negli anni futuri, della diminuzione di medici specialisti potrebbe comportare un grave deterioramento dell'efficienza del sistema sanitario nazionale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per incrementare il numero dei contratti di formazione specialistica e di medicina generale, al fine di mantenere inalterata l'efficienza del sistema sanitario nazionale e di non esporre a rischio la tutela della salute dei cittadini. (4-17703)


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 21 agosto 2017 l'isola di Ischia è stata colpita da un sisma che ha provocato 2 vittime e numerosi feriti, fatto crollare numerose case e lesionato strutture pubblica tra cui le scuole;
   il sisma, nonostante la sua relativamente bassa magnitudine, si è manifestato con particolare intensità in quanto di natura vulcanica e con epicentro superficiale, così da determinare una concentrazione della scossa maggiore, per quanto riguarda la velocità di accelerazione e forza di scuotimento, simile perfino a quello di Amatrice del 2017;
   i danni più gravi si sono registrati nella zona di Casamicciola Terme; nei giorni successivi al sisma, la Protezione civile ha eseguito controlli in particolare nelle strutture scolastiche;
   dopo un alternarsi di dati sull'agibilità delle scuole dell'area, le notizie risalenti ai primi giorni di settembre 2017 indicano che, su 28 sopralluoghi eseguiti nelle strutture scolastiche dei tre comuni più colpiti, 10 scuole sono risultate agibili, 8 parzialmente o temporaneamente inagibili e 10 del tutto inagibili;
   risulta evidente che questa situazione determinerà disagi notevoli ad una conduzione serena dell'anno scolastico sia per quanto riguarda il suo avvio, previsto per il 14 settembre 2017, che, e tanto più, per quanto riguarda la sua prosecuzione; sono stati infatti previsti doppi turni in alcune scuole agibili che ospiteranno gli alunni degli istituti scolastici al momento non utilizzabili;
   in seguito al sisma che ha colpito il Centro Italia nell'agosto del 2016, la Ministra Giannini, con ordinanza ministeriale n. 666 del 2 settembre 2016, è intervenuta a disciplinare urgentemente le operazioni di utilizzazione provvisoria del personale della scuola nei comuni colpiti dal sisma;
   in particolare l'ordinanza ha previsto che:
    il personale docente, educativo ed Ata con contratto a tempo indeterminato, ove titolare nelle scuole dei comuni colpiti dal sisma, avrebbe potuto prestare servizio nella scuola di titolarità seppure funzionante presso strutture temporanee, prevedendone la possibile utilizzazione anche a disposizione, purché in assenza di posti vacanti e disponibili nello stesso comune, nella stessa tipologia e/o classe di concorso;
    il personale docente, educativo ed Ata, con contratto a tempo indeterminato, residente in edifici per qualunque motivo inagibili in seguito al sisma, avrebbe potuto essere utilizzato a domanda, anche a disposizione, nei comuni di residenza o limitrofi secondo le proprie necessità, al fine di garantire il buon andamento delle attività didattiche; per il personale interessato che avrebbe dovuto raggiungere una sede diversa l'ordinanza ha introdotto un blocco temporaneo della mobilità posponendo di un anno la presa di servizio e prevedendo l'assegnazione temporanea di una nuova sede;
    il personale docente, educativo ed Ata con contratto a tempo indeterminato, residente nei luoghi colpiti dal sisma, avrebbe potuto essere utilizzato a domanda, sui posti disponibili, presso istituzioni scolastiche site nel comune di residenza, nella provincia o nelle province limitrofe;
   l'adozione di un provvedimento simile per tutto il territorio ischitano produrrebbe effetti positivi anche per il personale della scuola che non risiede sull'isola ma che quotidianamente vi si reca a lavorare, e in considerazione anche del fatto che la misura prevista circa gli orari derivanti dai doppi turni renderà più difficoltoso il rientro dei docenti che non risiedono nell'isola a causa degli orari limitati dei collegamenti tra l'isola e Napoli e del fatto che tale personale potrebbe essere impiegato a Napoli e dintorni –:
   se la Ministra interrogata intenda adottare con urgenza, con riguardo ai docenti e al personale Ata delle scuole di Ischia, provvedimenti simili a quello sopra citato, adottato in seguito al terremoto, che nel 2016 ha colpito il centro Italia, in materia di trasferimenti, utilizzazione e disponibilità del personale scolastico, al fine di porre al servizio delle istituzioni scolastiche dell'isola tutte le risorse necessarie e disponibili e di garantire il miglior andamento possibile delle attività didattiche e la tutela del personale. (4-17731)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   QUARANTA, RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LACQUANITI, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   la Ericsson ha proceduto nella giornata del 21 luglio 2017 al licenziamento collettivo di circa 60 dipendenti della sede di Genova, mentre in tutta Italia dalla stessa azienda sono stati effettuati già oltre 300 licenziamenti;
   il licenziamento è stato comunicato ai dipendenti destinatari del provvedimento con una tempistica ed una modalità che, oltre ad essere inusuale, lede fortemente la dignità del lavoratore, in particolare di quei lavoratori che per anni hanno prestato la loro opera per l'azienda contribuendo al suo sviluppo e ai suoi profitti;
   tale modalità di comunicazione del licenziamento è consistita in una e-mail inviata nella sera di venerdì 21 luglio 2017 ai lavoratori licenziati, nella quale, tra l'altro, si comunicava che agli stessi non sarebbe stato consentito l'accesso in azienda a decorrere dal lunedì successivo;
   i dipendenti della Ericsson di Genova nella giornata del 24 luglio 2017 hanno proclamato uno sciopero e hanno manifestato sia per protestare contro i licenziamenti effettuati, sia per tutelare gli ulteriori posti di lavoro ancora in essere;
   i licenziamenti si sono moltiplicati nonostante Ericsson percepisca vari finanziamenti pubblici per il valore di decine di milioni di euro, già oggetto di interrogazioni parlamentari da parte del primo firmatario del presente atto;
   il Governo non è mai riuscito, negli ultimi 12 mesi, ad aprire un tavolo di discussione con Ericsson ed i sindacati, come richiesto più volte anche da precedenti interrogazioni; le organizzazioni sindacali informano di aver ricevuto comunicazione dal Governo, alla vigilia degli ultimi licenziamenti, che una riunione con Ericsson si era effettivamente svolta ma senza dare i risultati sperati;
   il licenziamento collettivo operato da Ericsson, unitamente ad altri tagli di personale posti in essere da altre realtà industriali presenti nella zona di Genova, oltre che produrre un grave danno nei confronti dei lavoratori licenziati, rischia di avere serie ripercussioni economiche per il territorio della città di Genova –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo in merito alla vicenda riportata in premessa e, in collaborazione con le istituzioni locali, per l'apertura di un confronto con l'azienda in merito ai licenziamenti effettuati al fine di ottenere risultati concreti nel fermare la rimanente parte di licenziamenti e favorire la presentazione, da parte della multinazionale svedese, di un piano industriale che chiarisca quali strategie di sviluppo prevede per Genova e per gli altri stabilimenti per i prossimi anni. (3-03221)


  TANCREDI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   uno dei problemi più complessi ed assillanti del Paese è costituito dalla disoccupazione: un fenomeno drammatico che riguarda le giovani generazioni, ma, sempre di più, sta interessando anche fasce di età più elevate;
   i dati più aggiornati resi noti recentemente dall'Istituto nazionale di statistica chiariscono come sempre più preoccupante, in termini quantitativi e qualitativi, risulti il dato relativo ai lavoratori con più di 50 anni che hanno perso il posto di lavoro;
   a rendere ancora più difficile e complessa la problematica in questione risulta la scadenza, ormai prossima, del «bonus assunzioni»;
   risulta, pertanto, indispensabile intervenire quanto prima con tutte le risorse disponibili per «abbattere» il costo del lavoro, sia per quanto riguarda i giovani sia per gli over 50, in modo da allargare il più possibile la platea dei beneficiari;
   questa operazione consentirebbe di favorire in termini rilevanti l'occupazione nel Paese e costituirebbe un fortissimo incentivo per le imprese che intendono assumere personale indispensabile per sostenere e sviluppare la loro attività;
   fino ad oggi il Governo è intervenuto con misure straordinarie, che hanno dato sicuramente risultati positivi. È necessario, però, introdurre misure strutturali che possano fornire agli imprenditori quella stabilità indispensabile al fine di far fronte agli impegni necessari per implementare l'occupazione –:
   se il Governo non ritenga opportuno fornire assicurazioni circa la reale volontà di porre in essere, predisponendo misure adeguate per il suo mantenimento in termini strutturali, iniziative volte al necessario abbattimento del cuneo fiscale, in modo da garantire un aumento dell'occupazione del nostro Paese sia per i giovani che per gli over 50. (3-03222)


  RIZZETTO, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   la regolamentazione relativa all'accesso alla cosiddetta Ape sociale ha determinato una grave discriminazione nei confronti dei lavoratori autonomi, che restano esclusi anche se disoccupati e addetti a mansioni gravose. A tali lavoratori viene riconosciuta l'indennità in questione solo nei casi in cui siano caregiver o disabili;
   ciò non è stato previsto specificamente nella legge 11 dicembre 2016, n. 232, legge di bilancio per il 2017, che istituisce l'Ape sociale, ma è quanto emerge dalla circolare applicativa dell'Inps n. 100 del 16 giugno 2017 che stabilisce le condizioni di accesso all'istituto;
   i lavoratori autonomi non potranno usufruire dell'Ape sociale in quanto rientrano tra le categorie di lavoratori che non hanno diritto all'indennità di disoccupazione; pertanto, pur essendo iscritti all'ufficio dell'impiego, come richiesto dalla legge, non avendo usufruito della disoccupazione, non potranno accedere all'Ape sociale anche con trenta anni di contributi e 63 anni di età, ossia i requisiti contributivi ed anagrafici necessari per ottenere la pensione anticipata;
   allo stesso modo restano esclusi coloro che non sono lavoratori autonomi, ma non hanno comunque potuto ottenere l'indennità di disoccupazione per lo scadere dei termini previsti per la presentazione della relativa domanda;
   l'applicazione dell'Ape sociale, dunque, non avviene ad avviso degli interroganti nel rispetto dei principi di uguaglianza sociale, sebbene sia un'indennità che nasce anche dall'esigenza di tutelare tutti i disoccupati; la stessa dovrebbe tenere conto di coloro che si trovano nelle condizioni di disoccupazione reale, invece sostiene soltanto chi ha già ha avuto accesso ad un ammortizzatore sociale (indennità di disoccupazione);
   bisogna intervenire per porre rimedio a tale criticità, considerando che l'Ape sociale è stata istituita proprio per dare sostegno a chi si trova in gravi difficoltà e ha bisogno di accedere alla pensione anticipata –:
   se intenda adottare idonee iniziative affinché sia superata la discriminazione attuata nel prevedere le condizioni di accesso all'Ape sociale. (3-03223)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, CIPRINI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Ericsson, fondata nel 1876 a Stoccolma, è leader mondiale nella fornitura di tecnologie e servizi per la comunicazione, software e infrastrutture in ambito ICT (Information and Communication Technology) ad operatori di telecomunicazioni e altre aziende. Presente in 180 Paesi con oltre 111.000 professionisti, nel 2016 ha generato ricavi per 24,5 miliardi di dollari;
   in Italia, dove opera dal 1918, è oggi presente con circa 3.800 dipendenti e fornisce tecnologie e servizi ai principali operatori di telecomunicazioni e industrie;
   il sito internet dell'azienda indica che per Ericsson «l'Italia riveste un ruolo strategico quale centro propulsivo alla guida dell'innovazione. Il Gruppo ha sempre riposto grande fiducia nel mercato italiano dell'ICT, come dimostra il costante impegno e la presenza capillare dell'azienda sul territorio a sostegno dell'evoluzione del settore italiano delle telecomunicazioni»;
   a partire dal 2007, in Italia il gruppo Ericsson ha licenziato circa 1850 dipendenti;
   in data 13 marzo 2017, Ericsson ha aperto la 14esima procedura di licenziamento senza prevedere alcun ammortizzatore sociale per 315 dipendenti in Italia, inviando a luglio le prime lettere di licenziamento a 181 di questi. Secondo l'azienda, tale scelta è condizionata dal cambio dello scenario competitivo del settore, alla contrazione della domanda interna, oltre allo sbilanciato nel settore software rispetto alle forniture hardware;
   pochi giorni prima della ricezione delle lettere di licenziamento da parte dei 181 lavoratori, i Ministri interrogati inviavano ai sindacati una missiva scritta a seguito dell'incontro dei Ministri stessi con l'azienda, dove indicavano che «la società ha ritenuto che per gli attuali esuberi dichiarati con la procedura di licenziamento collettivo non si possa trovare adeguata soluzione facendo ricorso agli ammortizzatori sociali previsti a legislazione vigente. Non si sono quindi prodotte le condizioni per istituire un tavolo di confronto tra organizzazioni sindacali e azienda, come da voi richiesto»;
   secondo i sindacati, a cui si aggiunge identico parere degli interroganti, il Governo ha mostrato tutta la sua incapacità a confrontarsi con le multinazionali. I Ministri interrogati si sono limitati a registrare in maniera notarile l'esito della riunione avuta con Ericsson il 19 luglio 2017, nella quale l'azienda non solo ha ribadito la volontà di licenziare ma si è resa anche indisponibile al confronto sindacale e a far ricorso ad eventuali ammortizzatori sociali;
   dal 2012 al 2017, Ericsson ha ottenuto dallo Stato italiano sette concessioni di finanziamenti pubblici per un totale di 38.277.550,91 euro. Attualmente sono in corso ulteriori tre richieste di contributi pubblici, due delle quali riguardanti l'Agenda digitale e una relativa al bando Horizon 2020 PON, tutte indicate sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico;
   gli interroganti da tempo si stanno adoperando anche con emendamenti e ordini del giorno presentati e non approvati, per la modifica all'articolo 1, comma 12, della legge n. 80 del 2005, affinché le aziende operanti in Italia che ricevono finanziamenti pubblici debbano impegnarli esclusivamente per gli stabilimenti presenti sul suolo italiano –:
   se i Ministri interrogati non intendano istituire un tavolo nazionale di confronto con l'azienda Ericsson e le rappresentanze sindacali, promuovendo azioni volte ad elaborare un piano di intervento per escludere i licenziamenti e prevedere degli adeguati ammortizzatori sociali per ognuno dei lavoratori;
   nel caso non si riescano ad evitare i licenziamenti dei lavoratori sopraindicati, se non intendano assumere iniziative volte a prevedere un piano di ricollocamento per ognuno dei dipendenti licenziati;
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative affinché le imprese operanti in Italia che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a impegnarli esclusivamente per i siti di loro proprietà presenti sul suolo italiano. (5-12076)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Banca centrale europea mette in luce una serie di criticità rispetto al calcolo dei dati di Eurostat sul tasso di disoccupazione, poiché il metodo di calcolo è basato su convenzioni statistiche che non tengono conto di chi ha smesso di cercare un posto di lavoro, perché scoraggiato, e soprattutto dei «sottoccupati», ossia, chi suo malgrado lavora part-time;
   secondo la Banca centrale europea i dati sul tasso di disoccupazione, dunque, si basano su convenzioni internazionali poco realistiche; si consideri, a titolo di esempio, che basta aver lavorato un'ora in una settimana per essere registrato tra gli occupati. La Banca centrale europea ha quindi calcolato la percentuale dei senza lavoro al netto delle consuetudini statistiche ed è arrivata alla conclusione che dal 9,5 per cento stimato da Eurostat, per l'area euro si arriverebbe al 18 per cento, ossia quasi il doppio. Ai disoccupati in senso stretto, vale a dire i cittadini che cercano lavoro ma non lo trovano, vanno aggiunti quelli che hanno smesso di cercare un'occupazione non sperandoci più e i sottoccupati, ossia quanti lavorano meno ore di quanto vorrebbero. Solo questi ultimi, secondo l'Eurotower, sono ben 7 milioni nei 19 Paesi che hanno adottato l'euro, a fronte di 15 milioni di disoccupati «ufficiali»;
   gli analisti della la Banca centrale europea hanno, dunque, riscontrato che persiste un alto grado di sottoutilizzo della manodopera (o «eccesso di offerta» nei mercati del lavoro) ben superiore al livello suggerito dal tasso di disoccupazione;
   risulta quindi poco attendibile il calcolo del tasso di disoccupazione basato sulla definizione dell'Organizzazione internazionale del lavoro, a cui fanno riferimento le statistiche nazionali, per l'Italia quelle dell'Istat, e quelle dell'intera Unione europea diffusa da Eurostat;
   per quanto riguarda la situazione occupazionale dei singoli Paesi, in particolare, emerge che in Italia il sottoutilizzo di manodopera ha continuato ad aumentare per tutta la durata della ripresa, contrariamente a quanto è successo per esempio in Spagna e altri Paesi; inoltre, nel nostro Paese la sola disoccupazione giovanile, il cui calcolo ovviamente è caratterizzato dagli stessi limiti di quella generale, resta superiore di oltre tre volte rispetto a quella totale, un primato negativo che condivide solo con il Lussemburgo –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare, considerando che la Banca centrale europea ha verificato che i dati ufficiali sulla disoccupazione sono lontani dalla realtà e che, in particolare, in Italia è allarmante il dato relativo all'aumento della disoccupazione giovanile nonché al sottoutilizzo di manodopera. (5-12094)


   ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il messaggio 1652 del 14 aprile 2016 l'Inps ha fornito le istruzioni operative in merito alle nuove modalità di comunicazione del codice Iban in caso di accredito su conti correnti bancari o postali, libretti postali e carte prepagate dei pagamenti delle prestazioni a sostegno del reddito;
   il nuovo modulo si è reso necessario, in quanto la vecchia procedura permetteva di indicare il semplice Iban, ma non era possibile effettuare, a detta dell'Inps tutte le verifiche del caso per avere conferma che il conto corrente fosse intestato realmente al beneficiario della prestazione;
   il modello SR 163 si compone di due pagine: la prima va compilata dall'interessato, la seconda va invece compilata dalla banca o dall'ufficio postale ove risiede il conto corrente;
   tale modello deve essere poi presentato obbligatoriamente, in cartaceo o telematicamente pena l'esclusione della domanda;
   questa informazione, seppur fondamentale, non è ancora presente nelle lettere di accoglimento delle domande inoltrate, né tanto meno viene allegato il modello, tant’è che l'istituto, una volta ottenuta la richiesta della prestazione, comunica all'utente che la procedura è andata a buon fine, ma nessun accredito viene effettuato per mancanza del modulo in premessa;
   vi sono prestazioni di durata estremamente ridotta (ad esempio, la «DisColl») e l'utente, ignaro di dover presentare il modello, resta in attesa di ricevere la prestazione, privo di occupazione e di reddito;
   questo periodo potrebbe essere subito coperto da prestazione se non fosse necessario tale modello;
   a parere dell'interrogante, risulta superfluo richiedere ai cittadini questo nuovo adempimento dato che, per inoltrare le domande telematiche, si necessita di un «pin dispositivo» (e quindi della certificazione dell'identità del richiedente), ma evidentemente per l'Istituto questo non è sufficiente –:
   se il ministro interrogato non ritenga doveroso, al fine di velocizzare l'erogazione delle prestazioni, assumere iniziative per eliminare l'obbligo della presentazione di questo modulo che risulta eccessivo e superfluo, visti i controlli incrociati che già vengono effettuati a livello bancario.
(5-12096)


   RICCIATTI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, NICCHI, SCOTTO, FERRARA, DURANTI, MELILLA, PIRAS e QUARANTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'Inps relativi al primo semestre 2017, elaborati da Ires Cgil Marche, evidenziano come le assunzioni a tempo indeterminato nel periodo di riferimento siano circa la metà di quelle registrate nell'anno 2015 (in cui erano attivi gli incentivi alle assunzioni legate al Jobs Act), con un calo del 44,2 per cento segnando un ulteriore –5,3 per cento rispetto all'anno 2016;
   nelle Marche i contratti a tempo indeterminato costituiscono solo il 10,4 per cento delle nuove assunzioni. Il dato consegna alla regione il secondo peggior risultato a livello nazionale, molto al di sotto della media italiana del 18,1 per cento;
   mentre da un lato si registra un crollo delle assunzioni a tempo indeterminato, dall'altro si evidenzia una crescita importante del lavoro a tempo determinato che segna un +105,6 per cento rispetto al 2015 (il 71,4 per cento delle attuali assunzioni complessive contro il 59,45 per cento nel 2015), così come il lavoro stagionale, che registra un aumento del 68,9 per cento rispetto al 2015;
   i dati richiamati fotografano una situazione occupazionale che vede il lavoro precario prendere gradualmente il posto di quello stabile, con ovvie ripercussioni sul piano della crescita professionale dei lavoratori e, di riflesso, della qualità e competitività delle nostre aziende –:
   se il Ministro interrogato non ritenga il lavoro stabile condizione fondamentale per la crescita professionale dei lavoratori;
   quali iniziative intenda adottare al fine di invertire la tendenza illustrata in premessa, che vede il lavoro stabile gradualmente sostituito da quello precario. (5-12103)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si ritiene che la regolamentazione relativa all'accesso alla cosiddetta Ape sociale abbia determinato una grave discriminazione nei confronti dei lavoratori autonomi, che restano esclusi anche se disoccupati e addetti a mansioni gravose. A tali lavoratori viene riconosciuta l'indennità in questione solo nei casi in cui siano caregiver o disabili;
   ciò non è previsto specificamente dalla legge n. 232 dell'11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017) che istituisce l'Ape sociale, ma è quanto emerge dalla circolare applicativa dell'Inps n. 100 del 16 giugno 2017 che stabilisce le condizioni di accesso all'istituto;
   i lavoratori autonomi non potranno usufruire dell’«Ape sociale», in quanto rientrano tra le categorie di lavoratori che non hanno diritto all'indennità di disoccupazione; pertanto, pur essendo iscritti all'ufficio dell'impiego, come richiesto dalla legge, non avendo usufruito dell'indennità di disoccupazione, non potranno accedere all’«Ape sociale» pur avendo 30 anni di contributi e 63 anni di età, ossia i requisiti contributivi ed anagrafici necessari per ottenere la pensione anticipata;
   l'applicazione dell’«Ape sociale», dunque, non avviene nel rispetto di principi di uguaglianza sociale, sebbene sia un'indennità che nasce anche dall'esigenza di tutelare tutti i disoccupati; la stessa dovrebbe tenere conto di coloro che si trovano nelle condizioni di disoccupazione reale; invece, con tale misura si sostiene soltanto chi ha già ha avuto accesso ad un ammortizzatore sociale (indennità di disoccupazione);
   questa è l'ennesima occasione mancata per dare supporto a quella categoria di lavoratori troppo spesso dimenticata dalle norme sul welfare; al riguardo, bisogna intervenire per colmare tale lacuna poiché quando un titolare di una cosiddetta partita Iva cessa la propria attività ha gravi difficoltà di reinserimento e non adeguate misure di sostegno –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa e se intenda adottare idonee iniziative affinché sia superata quella che per l'interrogante si configura come una discriminazione attuata nei confronti dei lavoratori autonomi rispetto all'accesso all’«Ape sociale». (5-12115)


   MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Edilgori spa, presente sul territorio nazionale già dalla fine degli anni ’50, è specializzata nella produzione di manufatti cementizi. Fino all'inizio della grande crisi economica, nell'azienda erano impiegati circa 120 dipendenti, ma da quel momento si è dovuti ricorrere ai numerosi ammortizzatori sociali (Cassa integrazione guadagni ordinaria, Cassa integrazione guadagni straordinaria), fino ad arrivare nell'agosto 2014 all'apertura della procedura concorsuale di concordato preventivo, dopo che da otto mesi i dipendenti non percepivano le normali retribuzioni;
   alla fine di giugno 2014 veniva sottoscritto un contratto di affitto tra la Edilgori spa e la società Finanziaria Miraffori, dove la metà delle maestranze veniva assorbita direttamente dalla nuova gestione, mentre la restante metà veniva posta in mobilità. A seguito di tale operazione, si dava vita alla Maico Prefabbricati s.r.l.;
   secondo quanto denunciato dalle rappresentanze sindacali aziendali, nonostante le ripetute rassicurazioni e ipotesi di rilancio produttivo, anche la nuova proprietà non ha mai rispettato i tempi di pagamento delle retribuzioni e, cosa ancor più grave, non ha mai effettuato il versamento ai fondi complementari di categoria delle trattenute operate sugli stipendi dei dipendenti;
   per porre rimedio a tale ultimo inadempimento, le organizzazioni sindacali di categoria, avevano sottoscritto con la direzione aziendale un accordo di rateizzazione del debito che veniva depositato presso il fondo, ma neanche questo impegno è stato rispettato e non è stata mai versata una rata;
   gli incontri con la direzione aziendale si sono intensificati con il peggiorare della situazione debitoria, anche se il portafoglio ordini andava via via aumentando;
   attualmente la Maico ha provveduto all'acquisizione dello stabilimento, ma ancora non è stata presentata la fideiussione al commissario del procedimento (presupposto obbligatorio per ultimare il passaggio);
   tale situazione ha determinato la dichiarazione dello stato di agitazione da parte delle maestranze con diverse forme di astensione dal lavoro a partire dalla seconda metà del mese di giugno 2017;
   neanche i recenti incontri in sede prefettizia tra le rappresentanze sindacali e i rappresentanti della proprietà hanno offerto credibili prospettive per una sollecita regolarizzazione del pagamento delle spettanze dei lavoratori;
   nonostante le ripetute inadempienze aziendali, le maestranze hanno sempre garantito l'operatività degli impianti, dimostrando grande spirito di attaccamento al lavoro e professionalità –:
   quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare una positiva ricomposizione delle relazioni industriali all'interno della società Maico Prefabbricati s.r.l., nonché per la regolarizzazione dei pagamenti delle spettanze ai lavoratori di una realtà produttiva che riveste un significativo valore industriale di livello nazionale. (5-12121)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia del rischio di ridimensionamento dell'Inps di Penne;
   si parla di una struttura che opera sul territorio vestino dal 1993, sulla base di una forte richiesta delle organizzazioni sociali e sindacali e delle comunità locali;
   il personale attualmente impiegato svolge una qualificata ed apprezzata attività a favore dei pensionati, disoccupati, invalidi, artigiani, commercianti e professionisti presenti nel territorio;
   nel marzo 2016 era già stata raggiunta un'intesa tra la amministrazione comunale di Penne e la dirigenza provinciale e regionale dell'Inps, finalizzata ad una migliore e più funzionale organizzazione logistica dell'agenzia di Penne, in linea con i presunti dettami di spending review della direzione centrale;
   proprio tale intesa, come tutte quelle precedentemente intercorse, sarebbero clamorosamente disattese, se si provvedesse al declassamento della sezione;
   questo avverrebbe peraltro proprio in una fase in cui nella provincia di Pescara si lamentano pesanti criticità in materia di accessibilità dei cittadini al riconoscimento dello stato di invalidità civile, handicap e disabilità, dovuti prevalentemente a inefficienza delle locali Asl, ma che certamente verrebbero acuite dall'indebolimento della presenza dell'Inps –:
   se risponda al vero la notizia del depotenziamento della sede dell'Inps di Penne;
   quali siano le ragioni specifiche che abbiano consigliato di intervenire in tale direzione;
   perché non si sia provveduto ad agire di concerto con le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali e professionali, data la presenza di un recente accordo che ora verrebbe tradito;
   se non si ritenga di dover approfondire il caso, provvedendo nel frattempo a garantire la piena operatività della sezione in questione. (4-17630)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la nota società Carpisa ha attivato un apposito sito internet, www.vinciconcarpisa.carpisa.it, per lanciare un'operazione di marketing commerciale consistente nella possibilità di svolgere uno stage in azienda a fronte dell'acquisto di una borsa;
   il cliente ha infatti la possibilità di presentare, all'atto dell'acquisto, un vero e proprio progetto di comunicazione aziendale, che rimarrà comunque di proprietà di Carpisa, per concorrere alla posizione lavorativa suddetta;
   a parere dell'interrogante questa operazione rappresenta un ulteriore passo verso lo svilimento del lavoro, oltre che un'operazione di svalorizzazione dell'attività intellettuale;
   viene d'altra parte spontaneo chiedersi se lo strumento dello stage sia pensato e normato per ipotesi come questa, in cui evidentemente viene messo a corollario di un'operazione commerciale, che nulla ha a che fare con la formazione professionale e con l'opportunità di inserimento lavorativo –:
   se la normativa relativa allo stage consenta questa modalità di impiego dello stagista;
   se e quali iniziative di competenza intenda eventualmente adoperarsi per impedire un uso improprio dello strumento dello stage, che, a parere dell'interrogante, costituisce un canale già ampiamente abusato e utile solo allo sfruttamento estremo dei lavoratori. (4-17644)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la nuova assicurazione sociale per l'impiego, la cosiddetta Naspi che ha sostituito nell'ordinamento italiano l'indennità di disoccupazione, ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 2015, è riconosciuta mensilmente ai lavoratori subordinati che hanno perso involontariamente il lavoro, in presenza di determinati requisiti di contribuzione e periodo di lavoro ed è erogata, a domanda dell'interessato, da presentarsi all'Inps esclusivamente per via telematica, ovvero tramite patronato;
   ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2015 si considerano disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro di cui all'articolo 13, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego;
   i successivi articoli n. 20 e 21 del citato decreto legislativo n. 150 del 2015 dispongono che i lavoratori disoccupati, allo scopo di confermare lo status di disoccupazione, stipulino un patto di servizio personalizzato contattando i centri per l'impiego entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda ovvero, in mancanza, siano convocati entro stabilito con un decreto ministeriale ad oggi non ancora emanato;
   tale mancata emanazione comporta che i centri per l'impiego non convocano i richiedenti la Naspi e stipulano il patto di servizi personalizzato soltanto con chi si presenta spontaneamente;
   ne consegue che la mancata emissione del predetto decreto ministeriale rende di fatto inutile ed inefficace qualunque controllo da parte degli enti competenti circa la regolarità del percepimento dell'indennità;
   inoltre, per prassi consolidata, accade che il beneficiario dell'assegno, al momento della sottoscrizione della domanda, elegga il proprio domicilio presso luoghi ove non è poi possibile reperirlo;
   atteso che conditio sine qua non per il percepimento della Napsi sia l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politiche attive del lavoro, il paradosso è che, in caso di accertata violazione per mancata reperibilità sul luogo dichiarato quale domicilio dall'interessato, l'Inps segnala quanto accertato al competente centro per l'impiego il quale, a causa del vuoto normativo dovuto alla mancata emanazione del citato decreto ministeriale, eccepisce di non avere potere autoritativo nei riguardi del beneficiario inadempiente decreto ministeriale;
   alla luce di ciò i centri per l'impiego dell'Emilia Romagna procedono alla stipula del cosiddetto «patto di servizio» soltanto nei riguardi dei titolari della Naspi che si presentano spontaneamente presso i propri sportelli;
   risulta all'interrogante che nella sola provincia di Forlì, sulla base di un elenco di 103 nominativi di beneficiari da controllare fornito dalla direzione provinciale dell'Inps, autorità preposta, solo 1 beneficiario della Naspi sia stato reperito presso il domicilio indicato nella domanda per accedere all'indennità –:
   quali siano le ragioni della mancata emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015;
   se anche in altre regioni d'Italia le direzioni provinciali dell'Inps abbiano attivato le procedure di controllo sui beneficiari della Naspi e, in caso di risposta affermativa, in quali e con quali risultati;
   se e quali immediate iniziative di propria competenza il Ministro interrogato intenda adottare nei riguardi di tutti di tutti i beneficiari della Nuova assicurazione sociale per l'impiego che risultano irreperibili per verificare se possiedano i requisiti per continuare a beneficiare dell'assegno Naspi. (4-17645)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 agosto 2017 la società Logistica Ferrari, ha comunicato il licenziamento dal 1o settembre 2017 dei 55 lavoratori che operano nel subappalto che la ditta ha in essere con La Cisa di Bergamo, a sua volta appaltatrice diretta dello stabilimento Marcegaglia di Ravenna;
   la decisione è stata presa dopo il rifiuto da parte di La Cisa di concedere alla Ferrari un aumento del 7/8 per cento della commessa, in scadenza il 31 agosto, e a causa dell'impossibilità di rinnovare un contratto che, secondo la ditta mantovana, all'importo finora concordato porta solo a perdite economiche sostenute solo grazie ad altri lavori della società;
   alla Logistica Ferrari dovrebbero subentrare le due cooperative Cofari e la Lb, che già impiegano altro personale nell'impianto. Secondo il Sindacato generale di base, da un incontro tra le parti, al quale però il sindacato non era presente nonostante 30 tra i lavoratori licenziati siano suoi iscritti, l'intenzione di chi subentra sarebbe quella di assumere solo alcuni dei 55 lavoratori e con condizioni contrattuali molto peggiori rispetto alla posizione attuale;
   l'assemblea dei lavoratori ha richiesto un incontro urgente con tutte le società coinvolte, compresa la principale committente, Marcegaglia;
   a questo proposito è bene sottolineare che il committente principale, Marcegaglia, si è da subito dichiarato estraneo alla questione considerandola esclusiva del contratto tra Logistica Ferrari e La Cisa, nonostante, secondo quest'ultima, proprio Marcegaglia abbia rifiutato di corrispondere il piccolo aumento che consentirebbe di garantire la continuità occupazionale e nonostante il legame tra committente e lavoratori della ditta subappaltatrice risulti rafforzato dopo l'approvazione del decreto legislativo n. 25 del 2017 (in vigore dal 17 marzo 2017), correttivo del codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 che, anche se riguardante la responsabilità solidale relativa ai crediti vantati dal lavoratore – il committente ora deve rispondere ai creditori anche prima dell'appaltatore – dovrebbe motivare il committente a supervisionare la correttezza dei comportamenti delle società appaltatrici e subappaltatrici che da esso dipendono;
   inoltre, se è vero che l'articolo n. 50 del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede, per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, la «possibilità» e non «l'obbligatorietà» di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, è pur vero che l'articolo n. 177, comma 1, del medesimo decreto, connotato dal carattere della specialità, prevede «l'obbligatorio inserimento» della clausola sociale e il conseguente integrale riassorbimento del personale impiegato e la salvaguardia delle professionalità: requisiti tutti presenti nei lavoratori della Logistica Ferrari, raggiunti dopo i tre anni di rapporti con Cisa e i dieci precedenti avuti direttamente con Marcegaglia –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se non ritenga opportuno farsi promotore di un tavolo di trattative, convocando tutte le parti coinvolte, per trovare una soluzione che garantisca continuità occupazionale, contrattuale e salariale ai dipendenti licenziati dal 1o settembre 2017. (4-17671)


   COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i requisiti richiesti per i correttivi «Ape Sociale» maturati al 2017 sono attualmente: aver compiuto i 63 anni di età, aver versato 30 anni di contributi, certificare lo stato di disoccupazione ed aver concluso un eventuale ammortizzatore sociale da almeno tre mesi;
   la ratio della legge in materia è quella di consentire un accompagnamento alla pensione ai lavoratori che, compiuti i 63 anni di età e stante le difficoltà economiche e sociali, difficilmente troverebbero una ricollocazione nel mondo del lavoro;
   tuttavia, tale norma sembrerebbe creare una iniqua ed illegittima differenza tra coloro i quali, nelle condizioni sopra citate, si siano trovati a concludere la propria vita lavorativa con un contratto a tempo determinato e coloro i quali abbiano, viceversa, concluso l'attività lavorativa in forza di un rapporto di lavoro indeterminato. I primi, coloro cioè che a 63 anni hanno goduto, come ultima occupazione di un contratto a tempo determinato, stante l'attuale interpretazione della norma, verrebbero ad essere esclusi;
   alla data in cui questi lavoratori hanno accettato un lavoro a tempo determinato, la misura dell’«ape sociale» non era stata ancora istituita, dunque, allo stato attuale, verrebbero puniti ingiustamente, perché il legislatore è tenuto a tutelare tutte le forme contrattuali e non una a discapito dell'altra;
   molte lavoratrici e molti lavoratori – tanti dei quali non più giovanissimi –, che in molti casi avevano perso il lavoro, non si sono infatti rassegnati, per necessità, a cercare un altro lavoro, e coloro che l'hanno trovato, in forma di contratto a tempo determinato – contratto altrettanto regolare e dignitoso – oggi si trovano penalizzati ed esclusi dai benefici predetti di accompagnamento alla pensione, e solo perché hanno lavorato con un tipo di contratto non contemplata dalla misura di «ape sociale» –:
   nessuno di loro poteva sospettare che un giorno, per il solo fatto di essersi ricollocati faticosamente nel mondo del lavoro, avrebbero dovuto rinunciare ai diritti istituiti dall'anticipo pensionistico;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative normative affinché si apportino delle modifiche rispetto ai requisiti riguardanti le forme contrattuali con le quali si potrà ricorrere all’«ape sociale», per ridare dignità ed equità ai lavoratori e ovviando a quella che appare agli interroganti un'ingiustificata disuguaglianza tra lavoratori che potranno ricorrere a questa misura pensionistica. (4-17716)


   MELILLA, SCOTTO, FRANCO BORDO, QUARANTA, PIRAS, RICCIATTI, KRONBICHLER, SANNICANDRO, ZARATTI, FERRARA e NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la sede dell'Inps di Penne (Pescara) opera sul territorio dal 1993, servendo utilmente gli utenti dell'area vestina tra cui spesso, per natura stessa dell'Inps, alcune tra le fasce più deboli della società;
   nel marzo 2016 l'allora sindaco del comune di Penne Rocco D'Alfonso e il direttore dell'Inps Abruzzo Roberto Bafundi sottoscrissero una convenzione, affinché l'agenzia Inps di Penne potesse usufruire di alcuni locali di proprietà del comune, onde garantire la permanenza e gli standard funzionali dell'agenzia;
   non vi sarebbe da parte dell'attuale amministrazione comunale di Penne la volontà di dare continuità alla suddetta convenzione, e vi sarebbe un rischio di riduzione del personale occupato presso l'agenzia;
   un'eventuale declassificazione dell'Agenzia Inps di Penne a «sportello Inps» comporterebbe una drastica riduzione dei servizi offerti arrecando una forte disfunzionalità a tutta la popolazione dell'area vestina altrimenti costretta a recarsi presso altre agenzie distanti e difficilmente raggiungibili per tutti;
   l'area Vestina è una zona interna abruzzese colpita da una grave crisi economica e industriale, dal terremoto e dalla riduzione di importanti servizi pubblici –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la conferma della sede dell'Inps di Penne e l'erogazione dei suoi servizi all'area vestina. (4-17721)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   diversi comuni della Sicilia, specificamente quelli con più spiccata vocazione agricola del versante sud occidentale, in ragione delle elevatissime temperature registrate in queste settimane, della perdurante e straordinaria ondata di siccità e delle loro nefaste conseguenze sul comparto vitivinicolo, agricolo e zootecnico, hanno chiesto a gran voce, tanto al Governo nazionale che al presidente della regione siciliana una risposta immediata a tale stato di cose, sollecitando in particolar modo il riconoscimento, per le province interessate, dello stato di calamità naturale;
   un tale provvedimento, ove adottato, consentirebbe con effetto immediato una risposta concreta ad un comparto che, proprio a causa di tali straordinarie avversità climatiche, rischia un autentico collasso per la stagione in corso, rendendo pertanto improcrastinabile porre in essere tutte le azioni volte a sostenere economicamente, come previsto dalla vigente formativa, le aziende danneggiate da tali condizioni di estremo disagio;
   le elevate temperature stanno imperversando pesantemente su un territorio che, come è noto, ha nell'agricoltura di qualità la sua forza di propulsione economica e riconoscere il grave disagio economico e sociale ed intervenire concretamente appaiono passaggi essenziali per sostenere le comunità;
   infine, il grido d'allarme lanciato da tante comunità riguarda un pezzo significativo del prodotto interno lordo nazionale, con evidenti ricadute sulla tenuta dei livelli occupazionali del mezzogiorno, rendendo se possibile ancora più urgente un intervento a tutela di interi comparti –:
   quali iniziative il Governo, di concerto con la regione siciliana, intenda assumere, al fine di salvaguardare il comparto agricolo, zootecnico, vitivinicolo e agrumicolo del mezzogiorno d'Italia e per far fronte alle straordinarie avversità climatiche, quali quella determinatesi nelle scorse settimane. (3-03206)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12 della legge 26 luglio 2016, n. 154, disciplina l'esercizio dell'attività di manutenzione del verde, stabilendo che l'attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato affidata a terzi, può essere esercitata:
    a) dagli iscritti al registro ufficiale dei produttori, di cui all'articolo 20, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214;
    b) da imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze;
   la Conferenza delle regioni e delle province autonome dell'8 giugno 2017 ha approvato lo standard professionale e formativo del manutentore del verde, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge n. 154 del 2016;
   pertanto, attualmente vige l'obbligo di conseguire un attestato di idoneità Che accerti il possesso di adeguate competenze al fine dell'esercizio dell'attività di manutenzione del verde;
   a quanto consta all'interrogante, l'Ente nazionale ed europeo per la formazione (ENEF), con una nota indirizzata, tra gli altri, al Ministro interrogato, avrebbe chiesto chiarimenti in merito all'applicabilità di questa disposizione normativa e quindi all'esercizio dell'attività di manutentore del verde –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per chiarire se l'obbligo di conseguire l'attestato di idoneità di cui all'articolo 12 della legge 26 luglio 2016, n. 154, si riferisca unicamente alle aziende che facciano richiesta di iscrizione al registro delle imprese dalla data di entrata in vigore della sopracitata legge, oppure abbia validità per la totalità delle aziende, tra cui anche quelle che già esercitano l'attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico o privato affidata a terzi. (5-12078)


   L'ABBATE, GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la razionalizzazione della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare ha portato alla creazione del Crea – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, nato dall'unione degli enti collegati Inea e Cra con, distribuiti su tutto il territorio nazionale, dodici centri di ricerca, ciascuno con una o più sedi di cui sei disciplinari e sei di filiera;
   nell'ambito dei bandi per le nomine dei neodirettori dei dodici nuovi centri di ricerca, secondo quanto riportato dalla testata online Agricolae, risulterebbero evidenti alcune irregolarità;
   per quanto concerne il Crea-An (alimenti e nutrizione), ad esempio, la nomina del nuovo direttore sembra essere in difformità a quanto indicato dallo statuto e dal bando di concorso che richiedevano al punto (i) una valutazione comparativa tra i candidati sui loro curricula scientifici e professionali e al punto (ii) competenze coerenti con la missione del centro, posto che esso si occupa di «svolgere studi sulla valorizzazione tecnologica e nutrizionale dei prodotti agroalimentari con particolare riferimento alla qualità, funzionalità e sostenibilità alimentare. Analizza i rapporti tra alimenti, nutrizione e salute dell'uomo, promuovendo campagne di educazione alimentare e fornendo supporto scientifico in materia di nutrizione. Elabora scenari e indicatori sul comportamento alimentare della popolazione»;
   secondo quanto riportato dalla testata online, il nuovo direttore del Crea-An sembrerebbe essere l'unica tra gli 11 candidati che hanno prodotto domanda a non possedere una qualificazione scientifica e gestionale congruente con la missione del centro, come il curriculum e le pubblicazioni scientifiche della stessa reperibili in rete (banca dati Scopus) dimostrano ampiamente (tutte focalizzate sulla biologia cellulare e genetica vegetale, biodiversità del sistema agronomico del riso, miglioramento genetico per resistenza a stress biotici delle piante come peraltro attestato dalle « subject categories» delle riviste ospitanti le pubblicazioni che non rientrano nelle categorie « Food Science and Technology», « Analytical Chemistry» e « Nutrition», queste sì compatibili con la missione del Centro);
   la produzione scientifica complessiva della candidata scelta rispetto a quella dagli altri candidati, oltre a sembrare non congruente, sembra tra le meno qualificate quanti-qualitativamente sulla base degli indicatori bibliometrici oggettivi reperibili in rete dalla stessa banca dati Scopus: numero di pubblicazioni censite 46, h index 15 e citazioni totali 585 (valori che appaiono sotto la media per un ricercatore di comprovata esperienza scientifica nei settori oggetto di valutazione secondo gli indicatori riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale ed utilizzati dalla Agenzia di valutazione Anvur che valuta sia università italiane che i maggiori centri di ricerca incluso il Crea). Anche la qualificazione gestionale del neodirettore sembra caratterizzata da insufficiente coerenza con i settori di competenza del Crea-An. A quanto si apprende, sarebbe già partito un ricorso;
   infine, pare che il bando sia stato modificato, sospeso e riaperto più volte: ciò avrebbe di fatto permesso ad alcuni vincitori di possedere i requisiti per potervi partecipare (articolo 2 del bando), dal momento che gli stessi non avrebbero rispettato il requisito di non aver superato il 61esimo anno di età alla scadenza del bando stesso (possesso del requisito alla scadenza del bando modificato con il possesso dei requisiti alla data di pubblicazione del bando – 18 novembre 2016). È anche vero però che quando era stato fatto il bando, si confidava nell'approvazione dello statuto in tempo utile, cosa che non è avvenuta e che ha così comportato una dovuta ulteriore pubblicazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché il processo di razionalizzazione della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare non venga inficiato da nomine inopportune alla guida dei singoli centri di ricerca del Crea. (5-12113)


   VICO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale ondata di caldo che sta caratterizzando l'estate 2017 sta determinando gravi conseguenze anche alla mitilicoltura tarantina;
   a rischio per via delle condizioni climatiche estreme vi sono le coltivazioni di cozze del Mar Piccolo e quelle di ostriche del Mar Grande;
   si tratta di un settore di grande rilevanza per l'economia territoriale e costituisce una eccellenza rinomata;
   per le organizzazioni di categoria le perdite si aggirano sul 40 per cento con punte anche superiori e, se non dovessero mutare le condizioni climatiche, i danni rischiano di essere ben più rilevanti e permanenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno convocare, con urgenza, un tavolo istituzionale per affrontare la crisi della mitilicoltura tarantina, al fine di individuare misure di supporto per il settore. (5-12119)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2017 è scattato il fermo pesca per le barche dell'Emilia-Romagna in osservanza dell'obbligo dell'interruzione temporanea dell'attività di pesca della flotta italiana, secondo un preciso calendario reso noto nelle varie marinerie, per favorire il ripopolamento del mare e garantire un migliore equilibrio tra le risorse biologiche e l'attività di pesca;
   il fermo durerà 42 giorni e quindi, fino al 10 settembre 2017, interesserà tutte le flotte da pesca da Trieste ad Ancona;
   la comunicazione ufficiale è arrivata da «Coldiretti Impresa Pesca Emilia-Romagna», che ha precisato il rischio, durante il periodo in questione, di ritrovarsi nel piatto, soprattutto al ristorante, prodotti stranieri o congelati, a meno che non si tratti di pescato fresco made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo, oppure proveniente dall'attività della piccola pesca locale o da allevamenti di mitili o vongole;
   Coldiretti consiglia, laddove possibile, di acquistare direttamente dal pescatore, specie da quelle attività non interessate dal fermo, o, se da un'attività commerciale, di verificare sul bancone l'etichetta, che per legge deve prevedere l'area di pesca Gsa (in questo caso, l'Adriatico settentrionale corrisponde al numero 17);
   nel periodo di fermo pesca dell'area Gsa 17, il pesce italiano da preferire è quello proveniente dalle aree Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta);
   Coldiretti ha aggiunto che: «Secondo quanto assicurato a livello istituzionale si tratterà dell'ultimo anno di applicazione dell'attuale formula del fermo biologico che, come l'organizzazione ha più volte denunciato, si è manifestata fallimentare. L'auspicio è che dal 2018 si possa mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie»;
   al di là dei consigli per i consumatori, questo fermo rappresenta l'ennesima beffa per i pescatori di Rimini, ai quali ancora non è stato corrisposto nessun indennizzo dei pagamenti legati al fermo biologico delle stagioni 2015 e 2016;
   si tratta di risorse vitali per i pescatori romagnoli, che vengono da tempo richieste a gran voce senza ricevere nessuna risposta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nemmeno dopo le sollecitazioni inoltrate dalla «Direzione generale della pesca marittima e dell'agricoltura»;
   gli stessi pescatori hanno ribadito più volte che «ci sono peraltro fondi europei disponibili per coprire il fermo pesca dell'Emilia-Romagna, ma sono bloccati dalla burocrazia ministeriale»;
   per questo fermo pesca il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha stanziato a livello nazionale 7 milioni di euro in più rispetto al passato, facendo arrivare lo stanziamento totale a 18 milioni di euro, ma è un aumento totalmente inefficace se non vengono saldati gli arretrati che spettano ai pescatori romagnoli –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare le opportune iniziative, con tutti gli strumenti di competenza, per rendere da subito disponibili i fondi arretrati che spettano ai pescatori, soprattutto in relazione all'area soggetta a fermo pesca fino al 10 settembre 2017, ovvero la Gsa 17, sia per quanto riguarda il fermo biologico disposto nel 2015, sia per quanto riguarda il fermo biologico del 2016. (4-17606)


   GADDA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le risorse a disposizione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, come riportato dalle leggi di bilancio statale nel triennio 2013-2016 risultano incrementate del 10 per cento;
   i dati evidenziano come – all'interno delle disponibilità del Ministero – il dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca risulti ampiamente penalizzato, con particolare riferimento al comparto dell'ippica con una perdita nel triennio di quasi 68 milioni pari al 20 per cento;
   alle minori risorse stanziate, si aggiungono ulteriori elementi penalizzanti per il comparto, quali gli ostacoli burocratici e gli ingenti ritardi nei pagamenti delle somme vinte ai traguardi, delle provvidenze e di quanto dovuto agli ippodromi, che variano dai 150 ai 180 giorni, in contrasto con le normative sui pagamenti della pubblica amministrazione;
   questo ritardo ha determinato l'allontanamento dei cavalli stranieri dalle competizioni italiane con grave danno d'immagine e di qualità tecnica dell'ippica italiana e conseguenti ricadute sul fronte occupazionale;
   nel caso degli ippodromi, inoltre, in mancanza del rinnovo della convenzione 2017 tra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e le società di corse ippiche, le competizioni di quest'anno si sono svolte in assenza del contratto che regola gli aspetti economici di gestione degli ippodromi;
   risulta altresì all'interrogante, che il saldo relativo agli impianti per i mesi di novembre e dicembre 2016 non sia ad oggi pervenuto, ad esclusione di Napoli; come esempio si riporta quello di Varese: con riferimento al relativo credito residuo pari a 240.277 euro, 50.277 euro non sarebbero stati riconosciuti dal Ministero, senza fornire adeguate motivazioni seppure formalmente sollecitate;
   conseguentemente al quadro fin qui esposto, nell'anno 2017 sono state cancellate due giornate di corse rispetto al programma del 2016 e l'incremento percentuale del montepremi previsto per l'ippodromo di Varese è stato inferiore a quello di altri ippodromi, nonostante questi ultimi abbiano registrato una media di cavalli ed un volume di gioco inferiori;
   allo stesso modo, anche nella ripartizione Preu la percentuale assegnata agli ippodromi non si basa su criteri oggettivi, in quanto ci sono degli enormi scompensi tra un ippodromo e l'altro e soprattutto non si tiene conto del valore tecnico dei cavalli partecipanti alle corse, così come del costo di gestione dei cavalli; al Nord, per esempio, il costo del mantenimento del cavallo è molto superiore rispetto alle regioni del sud Italia e sarebbe, pertanto, auspicabile che la ripartizione Preu e l'aumento del montepremi tenessero conto anche di questi parametri –:
   quali motivazioni abbiano indotto a ridurre gli stanziamenti dedicati all'ippica pur in costanza di disponibilità di fondi da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per ovviare ai ritardi e ai mancati pagamenti delle somme vinte ai traguardi, delle provvidenze e di quanto dovuto agli ippodromi;
   se nei decreti attuativi delle norme contenute nel cosiddetto «collegato agricolo» troveranno soluzione alcuni dei problemi segnalati in premessa;
   quali ragioni abbiano indotto a prevedere una ripartizione Preu ed un incremento del montepremi non in linea con le caratteristiche qualitative dei cavalli in competizione e il costo del mantenimento;
   per quali ragioni il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non riconosca il credito di 50.277 euro per l'ippodromo di Varese. (4-17607)


   PISICCHIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la violenta tempesta di vento, pioggia e grandine che nel primo pomeriggio del 12 agosto 2017 si è riversata con violenza sul territorio di Torremaggiore, in provincia di Foggia, oltre a procurare disagi e allagamenti, ha lasciato dietro di sé un cumulo di danni a cose pubbliche e private non ancora compiutamente valutabile, pregiudicando, in particolare, i raccolti di uva, pomodoro ed olive che rappresentano la più importante risorsa economica del territorio;
   i rappresentanti delle associazioni degli imprenditori del settore agricolo che raccolgono la maggioranza degli operatori, hanno già rivolto alla regione la richiesta per la dichiarazione dello stato di emergenza e di calamità naturale per gli eventi meteorologici straordinari del 12 agosto 2017 che hanno causato profonde «ferite sul patrimonio pubblico e privato e soprattutto sulle attività produttive di Torremaggiore», come viene sottolineato nella nota degli imprenditori;
   particolarmente compromessi sono apparsi i settori vitivinicolo, olivicolo ed ortofrutticolo, colpiti da una calamità che non ha precedenti nella storia della comunità torremaggiorese, con effetti negativi anche su altri settori produttivi, a causa dei danni subiti dalle attività turistico-ricettive con mercati interni, che dovranno dopo questo dramma tentare di riprendere normalmente la stagione estiva in corso –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire urgentemente per porre riparo alla drammatica situazione in cui versa il territorio dell'importante centro agricolo della Capitanata. (4-17631)


   RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in Puglia fin dal 2011 è stata costituita un'associazione temporanea di scopo tra produttori e trasformatori di latte bovino che, con il Gal «Trulli e Barsento», ha attivato l’iter per far ottenere il riconoscimento della Dop alla «Treccia della Murgia e dei Trulli»;
   il prodotto in questione è un tipo di formaggio tipico, fresco ed a pasta filata ottenuto con il latte intero di mucca la cui zona di produzione è circoscritta ad una serie di comuni della provincia di Bari e di Taranto;
   nel corso delle fasi della procedura per il riconoscimento Dop il nome del prodotto, originariamente indicato come «Treccia della Murgia e dei Trulli», è stato successivamente modificato in «Mozzarella di Gioia del Colle»;
   la trasformazione della denominazione, secondo quanto riportato in un articolo pubblicato il 19 aprile del 2017 dal portale GioiaNews, sarebbe avvenuta perché «il Ministero delle politiche agricole ha consigliato di mantenere la denominazione mozzarella, anziché treccia, di Gioia del Colle nella disposizione della DOP per poi estendere il comprensorio territoriale a tutto il GAL, ed eventualmente a tutta la Murgia»;
   il 26 luglio 2017 si è tenuto presso il chiostro del palazzo comunale di Gioia del Colle, provincia di Bari, una riunione di pubblico accertamento;
   l'incontro in questione è stato convocato dalla direzione generale del dipartimento delle politiche competitive della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   obiettivo della riunione è stato quello di permettere al Ministero di verificare la rispondenza del disciplinare di produzione della Dop «Mozzarella di Gioia del Colle» al regolamento Unione europea n. 1151/2012;
   fin dal 1996 esiste un'altra Dop, e vale a dire la «Mozzarella di Bufala Campana», prodotto italiano leader di mercato nel mondo –:
   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza per evitare che l'attribuzione della denominazione di origine protetta ad un prodotto con ingredienti di base e caratteristiche differenti possa generare la convinzione nel consumatore, soprattutto estero, di acquistare analogo alimento, con grave nocumento per la mozzarella di bufala campana Dop;
   quali iniziative di competenza intenda mettere in atto per evitare che la mozzarella di bufala campana Dop, già minacciata da fenomeni internazionali di plagio e contraffazione, possa subire una contrazione dei consumi che arrecherebbe seri danni al territorio e alla relativa filiera agricola e produttiva, oltre che all'economia di intere famiglie, rischiando di competere sullo stesso segmento di mercato del prodotto citato in premessa; se non ritenga, viceversa, più utile e rispondente alla natura del prodotto, così come tra l'altro richiesto da Pier Donato Costa, presidente della cooperativa Allevatori di Putignano che fa parte dell'associazione temporanea di scopo, che la denominazione sia attribuita non ad una «mozzarella» in generale ma a quella che è la «Ferrari» del settore, ovvero, la Treccia dei Trulli e di Barsento, contribuendo in questo modo a spianare la strada ad un'altra offerta esclusiva e competitiva sui mercati internazionali senza creare duplicati dannosi per entrambe le filiere produttive;
   alla luce di quanto esposto, se non ritenga di sospendere la procedura di inoltro della richiesta alla specifica commissione dell'Unione europea. (4-17654)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   il Pan, piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, approvato con decreto ministeriale del 22 gennaio 2014, si prefigge di guidare, garantire e monitorare un processo di cambiamento delle pratiche di utilizzo dei prodotti fitosanitari verso forme caratterizzate da maggiore compatibilità e sostenibilità ambientale e sanitaria, con particolare riferimento alle pratiche agronomiche per la prevenzione e/o la soppressione di organismi nocivi sia in aree agricole che extra-agricole. In linea con i contenuti della direttiva 2009/128/CE e del decreto legislativo n. 150/2012, il Pan si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali, al fine di ridurre i rischi associati all'impiego dei prodotti fitosanitari: ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull'ambiente e sulla biodiversità; promuovere l'applicazione della difesa integrata, dell'agricoltura biologica e di altri approcci alternativi proteggere gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari e la popolazione interessata; tutelare i consumatori; salvaguardare l'ambiente acquatico e le acque potabili; conservare la biodiversità e tutelare gli ecosistemi. La tematica dell'uso dei fitofarmaci rappresenta una grande questione non solo di carattere economico ma anche e soprattutto di carattere ambientale e di tutela della salute, posto che ormai esiste una vasta casistica sostenuta da dati incontrovertibili tesa a dimostrare che il contatto anche solo sporadico con pesticidi può causare l'insorgenza di patologie molto gravi quali tumori e malattie neurodegenerative; viceversa, un'altra estesa casistica conferma che è possibile una gestione del verde con prodotti biologici di assoluta garanzia per la qualità del risultato e della compatibilità economica e per la salute dei fruitori del verde;
   risulta all'interrogante che alcune federazioni, golf e calcio in particolare, abbiano presentato domanda di deroga all'uso di pesticidi. Va segnalato, tuttavia, che vi sono virtuosi esempi di campi da golf « pesticide free»; sono 40 i campi italiani che ad oggi risultano indiscutibili in senso estetico e golfistico senza aver usato sui propri green un solo grammo di pesticida, puntando su: nutrizione mirata, di precisione, basata sul concetto tanto semplice da sembrare banale che «un organismo sano non si ammala»; analisi periodiche del terreno e del residuo di taglio: si verifica lo stato di salute dell'erba attraverso lo stato di monitoraggio costante delle variabili che lo influenzano, con applicazioni di fertilizzanti specifici supportati da specifici carrier organici: è il caso di prestigiosi circoli come il «Franciacorta golf club», il «Modena golf e country club»; il «Garda golf» ed altre 40 realtà simili; la problematica non può essere semplicemente liquidata come una semplice questione burocratico-amministrativa, ma richiede un'attenta valutazione basata su dati ad evidenza scientifica –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della richiesta di deroga di cui in premessa e più in generale della complessiva problematica relativa all'uso dei fitofarmaci per i tappeti erbosi sportivi, quali orientamenti il Governo abbia maturato sulla questione illustrata e se intenda assumere iniziative per prevedere proroghe all'utilizzo dei fitofarmaci;
   se i Ministri interrogati non ritengono necessario far precedere ogni tipo di valutazione e conseguente misura, di grande significato per la salute di migliaia di cittadini, da una seria verifica degli effetti sulla salute e da un esame dei protocolli attualmente utilizzati da molti centri golfistici che rispettano ampiamente le prescrizioni del Pan.  (4-17670)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


  LUIGI DI MAIO, BONAFEDE, FRACCARO, SIMONE VALENTE, GAGNARLI, COZZOLINO e DE ROSA. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   lo scorso fine settimana un'ondata di maltempo si è abbattuta su tutta la costa toscana, producendo danni gravi tra Pisa e Livorno, problemi di viabilità lungo le strade in tutta la regione, frane e smottamenti nelle zone collinari, disagi anche a Prato, Pontedera e nell'empolese e sono state registrate anche piccole trombe d'aria tra le province di Massa Carrara e di Lucca;
   in particolare, tra la serata di sabato e le prime ore di domenica, si è abbattuto sulla città di Livorno un violento temporale, con oltre 250 millimetri di pioggia, che ha prodotto frane e smottamenti che hanno causato la morte di otto persone;
   le onde di piena hanno fatto tracimare molti fiumi e molte famiglie sono state letteralmente travolte. L'allerta meteo non lasciava presagire quanto è accaduto;
   l'intera città risulta completamente allagata e si segnalano gravissimi danni specie nella zona sud, con scantinati e strade invase dall'acqua e auto spazzate via;
   la situazione è più critica nei quartieri di Collinaia, Ardenza e Montenero, per l'esondazione di alcuni dei torrenti cittadini e il fango che ha invaso gli scantinati delle case. Gli abitanti del quartiere di Salviano sono stati sfollati, mentre a Quercianella nella zona della stazione si è registrata una frana che ha interessato l'Aurelia;
   la priorità resta quella di liberare le strade dal fango prima possibile, mentre il numero di richieste di aiuto ai vigili del fuoco è continuato a salire, 250 gli interventi in attesa a Livorno, nonostante i rinforzi provenienti dai comandi della regione, Arezzo, Firenze, Grosseto, Lucca, Massa e Siena, e anche da Ancona, Bologna e Modena;
   al momento non è possibile fare un bilancio complessivo dei danni materiali arrecati a famiglie ed imprese dall'alluvione;
   la giunta regionale ha annunciato che richiederà lo stato d'emergenza –:
   se il Governo non ritenga di deliberare, in tempi rapidi, lo stato di emergenza, anche su richiesta della regione e comunque acquisitane l'intesa, individuando conseguentemente le risorse destinate ai primi interventi nell'ambito dell'emergenza a valere sul fondo per le emergenze nazionali, nelle more della ricognizione dei fabbisogni da parte del commissario delegato. (3-03231)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   i pazienti affetti da malattia rara, spesso in carenza di farmaci specifici, hanno comunque un bisogno estremo di quei farmaci che contribuiscono a garantire loro qualità di vita, a volte anche nella prospettiva di terapie salvavita, considerando tra queste quelle che rallentano il processo della loro patologia specifica e consentono di salvaguardare il più a lungo possibile la loro qualità di vita;
   gli interroganti intendono denunziare una situazione incresciosa che riguarda i pazienti affetti da fibrosi cistica, per i quali non è attualmente reperibile sul mercato un farmaco di estremo interesse nella loro condizione di malattia grave e progressiva. Il farmaco in questione è il Creon, nel duplice dosaggio di 10.000 e 25.000 (enzimi pancreatici);
   in data 20 luglio 2017 la Lega italiana fibrosi cistica (LIFC), dopo aver ricevuto numerose segnalazione da parte di pazienti di varie regioni e dopo aver interpellato la Mylan, casa farmaceutica produttrice del farmaco, ha contattato anche l'Agenzia italiana del farmaco, a quanto consta agli interpellanti senza ottenere risposta, segnalando che su tutto il territorio nazionale si stava verificando una carenza del farmaco Creon nei dosaggi da 10.000 e 25.000, utilizzato quotidianamente dai pazienti affetti da fibrosi cistica;
   considerando la necessità e l'urgenza di dover reperire il farmaco, la settimana dopo, concretamente in data 26 luglio, la Lifc ha nuovamente contattato la segreteria tecnica e scientifica dell'Aifa, sottolineando, anche se probabilmente non ce n'era alcun bisogno, come si tratti dell'unico enzima pancreatico che possono assumere i pazienti con fibrosi cistica;
   in pochi giorni, infatti, la situazione si è andata aggravando su tutto il territorio nazionale. Molte farmacie ospedaliere hanno confermato di essere ancora in attesa di ricevere il farmaco, mancante almeno dal mese di giugno;
   all'Aifa si chiedeva almeno di specificare se si trattasse solo di un problema di distribuzione o anche di produzione, ovviamente destinato ad aggravarsi ulteriormente;
   in risposta al sollecito, l'Aifa ha affermato che, dopo una verifica da loro effettuata, è risultato che l'azienda aveva attraversato un periodo di interruzione temporanea, tra il 30 giugno ed il 7 luglio, a causa del cambio del sistema gestione degli ordini, ma che, al momento, la situazione sembrava risolta, per cui l'azienda aveva attivato un gruppo di lavoro straordinario per evadere con assoluta priorità gli ordini ricevuti nel periodo di riferimento; in particolare, sottolineava come in merito al farmaco Creon c'era la massima disponibilità a rimetterlo in commercio, perché non ricorrevano criticità in merito alla disponibilità. Le forniture sarebbero state evase in tempi rapidi; secondo l'Aifa la Mylon aveva uno stock disponibile di 193.000 pezzi di Creon da 10.000; 11.193 pezzi di Creon 25.000;
   a questo punto, a quanto risulta agli interpellanti, la presidente della Lifc, la dottoressa Gianna Puppo, decideva di scrivere alla Mylon mettendo in evidenza come dalla risposta dell'Aifa si deduceva con estrema chiarezza che non c'erano criticità in merito alla disponibilità e che le forniture sarebbero state evase in tempi rapidi;
   purtroppo, quella che sembrava un'emergenza risolta, lo era solo in apparenza. Continuavano, infatti, ad arrivare segnalazioni da parte di famiglie e pazienti preoccupati, anche perché molte farmacie ospedaliere confermavano di essere in attesa del farmaco da giugno. Nello specifico, arrivavano segnalazioni dalla Asl Caserta e dalla Asl Napoli 1; dalla Asl di Cosenza e Matera; dalla Asl di Tivoli e Ariccia; dalla Asl di Bergamo, Melegnano, dall'Asl di Taranto e Casarano (Lecce), dalla Asl di San Bonifacio e altre;
   la lega Lifc, attraverso la sua presidente, richiedeva una risoluzione immediata da parte dell'azienda Mylan, mettendo adeguatamente in risalto come avesse il dovere di rendere disponibili i farmaci, a tutti i pazienti, soprattutto laddove non esiste un farmaco sostitutivo. L'associazione Lifc chiedeva anche di conoscere l'aggiornamento dei quantitativi disponibili e le tempistiche di distribuzione, regione per regione, del farmaco nei due dosaggi;
   la presidente sottolineava come non si trattasse solo di rassicurare famiglie e pazienti, salvaguardando la salute dei pazienti stessi, ma di avere ben presente che, se l'emergenza non fosse stata risolta nel più breve tempo possibile, la Mylan sarebbe stata considerata come direttamente responsabile di qualsiasi disagio occasionato ai pazienti;
   ad oggi l'azienda Mylan non ha ancora risposto; mentre la segreteria scientifica dell'Aifa ha risposto alle 12:07 del 2 agosto 2017 sostenendo che il prodotto è comunque disponibile presso il loro magazzino, e ribadendo che il problema era solo della distribuzione e non della produzione;
   sarebbe opportuno conoscere il motivo per il quale la stessa azienda non risponda alle sollecitazioni della massima associazione di pazienti, preoccupata di garantire loro il farmaco necessario –:
   come sia possibile che un'azienda produttrice di un farmaco che risulta essere indispensabile per una classe di malati non garantisca la presenta continua del farmaco nelle farmacie, comprese quelle ospedaliere, in cui il Creon comincia a scarseggiare;
   perché la Mylan abbia cambiato sistema di gestione dati senza preoccuparsi prima di garantire il rifornimento delle farmacie, anche per il periodo in cui il sistema sarà bloccato;
   come sia possibile che si concentrino nei confronti dei pazienti affetti da fibrosi cistica, proprio alle soglie della pausa estiva, tante e tali gravi mancanze di rispetto per la loro condizione, esponendoli a rischi pesanti sia sotto il profilo della salute fisica che della serenità psicologica, perché non c’è dubbio che l'ansia scatenata dalla mancanza di farmaco peggiori il loro stato.
(2-01921) «Binetti, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel decreto-legge «Salva-Italia» (n. 201 del 2011), l'articolo 32, comma 1-bis, dispone che: «Il Ministero della salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco, individua entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di cui all'articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita negli esercizi commerciali di cui al comma 1». Da qui la nascita del delisting;
   il primo elenco redatto nel 2012 conteneva circa 220 confezioni di medicinali, con la specificazione del principio attivo e del marchio di fabbrica. Successivamente, con decreto del Ministero della salute 21 febbraio 2014 è stato previsto il « delisting» di 521 farmaci. Da allora la lista dei farmaci non è stata più aggiornata, anche se l'Aifa aveva il compito di farlo periodicamente;
   con la creazione del « delisting» è iniziata nel nostro Paese una maggiore diffusione della cultura all'autocura;
   l'automedicazione dei problemi di salute non gravi produce benefici al sistema sanitario e ai suoi utenti: essa determina la riduzione delle file e dei tempi di attesa e i medici ricevendo meno pazienti forniscono un servizio più attento e approfondito. Inoltre, il ricorso all'autocura aiuta le persone ad esser più consapevoli della propria salute, dunque a essere in grado di controllare il proprio benessere psico-fisico;
   un recente studio condotto nel 2016 da Cergas Bocconi dimostra che un ampliamento dell'offerta terapeutica disponibile in automedicazione, maggiormente allineata a quanto avviene in Europa, porterebbe a un potenziale alleggerimento dei conti del servizio sanitario nazionale di circa 844 milioni di euro l'anno. Affermare una cultura dell'automedicazione vorrebbe dire, quindi, innescare un meccanismo virtuoso in grado di liberare risorse a vantaggio delle terapie destinate ad altre patologie;
   c’è una continua evoluzione della ricerca su nuove molecole farmaceutiche, anche per la cura di malattie non gravi. Solo nel 2015 sono stati autorizzati in Italia 600 nuovi medicinali. Inoltre, nel 2017 l'Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato la lista di farmaci essenziali che è pari a 433 farmaci ritenuti fondamentali per affrontare le più importanti esigenze di salute pubblica;
   grazie al delisting ci sarebbe un incremento dei farmaci venduti nei canali, quali parafarmacie, grande distribuzione, market dove vige sempre la presenza di un farmacista, come garante della salute pubblica del cittadino. Così facendo si avrebbe una diminuzione dei costi dei medicinali grazie alla concorrenza della distribuzione –:
   se non ritenga necessario – per consentire ai cittadini e all'intero Paese di migliorare la qualità della vita e delle terapie ad oggi offerte – assumere iniziative per il rapido aggiornamento da parte dell'Aifa della lista di farmaci di classe C, prevista dal decreto ministeriale del 18 aprile 2012 che dà attuazione all'articolo 32, comma 1-bis, del decreto-legge «Salva-Italia» (n. 201 del 2011). (3-03215)


   LOSACCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'estate purtroppo in Puglia si sono registrati una serie di casi di Seu (sindrome emolitico uremica);
   nel mese di agosto 2017 in un caso si è verificato il decesso di una bimba di 18 mesi di Corato;
   da giugno sono 6 i casi registrati con due decessi e in Puglia la casistica è molto rilevante considerato il precedente dei 23 casi dell'anno 2003;
   siffatta situazione necessita di essere adeguatamente tenuta sotto controllo dalle autorità sanitarie competenti;
   a tal proposito, ad avviso dell'interrogante è improcrastinabile un intervento di supporto per le strutture sanitarie pugliesi, al fine di affrontare tempestivamente ed in maniera adeguata questa delicata questione –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di supportare le strutture sanitarie pugliesi nonché per avviare una capillare azione informativa con l'obiettivo di adottare tutte le misure di profilassi e prevenzione rispetto alla Seu, considerato anche il crescente livello di preoccupazione presente tra la popolazione. (3-03217)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GIUDITTA PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo « screening prenatale non invasivo basato sul DNA» (Non Invasive Prenatal Testing – Nipt) è un test innovativo caratterizzato da non invasività e da una alta fruibilità. È svolto sul sangue materno o sul dna libero-fetale;
   nel 2015 il Ministero della salute ha emanato delle apposite linee-guida in cui è evidenziato che i centri eroganti il test dovrebbero:
    a) avere competenze nella diagnosi ecografica e prenatale;
    b) saper fornire la consulenza genetiva pre-test e post-test;
    c) essere certificato attraverso la partecipazione ai controlli di qualità nazionali ed internazionali;
    d) essere dotato di personale con competenze specifiche;
   secondo le linee-guida, dovrebbero esserci pochi centri eroganti il test per garantire la copertura sovra-regionale, la qualità e l'abbassamento dei costi. In tal senso le linee-guida indicano espressamente l'auspicabilità di una pianificazione e di un accordo interregionale;
   risulta all'interrogante che la disponibilità del Nipt sia in rapida crescita anche in quei centri che hanno le attrezzature e gli standard di qualità necessari –:
   se ritenga opportuno, nell'ambito delle sue competenze, assumere iniziative finalizzate alla concreta attuazione di quanto previsto dalle citate linee-guida in materia di:
    a) requisiti di qualità e competenza in capo ai centri eroganti il Nipt;
    b) organizzazione territoriale dei centri eroganti il Nipt secondo i criteri richiamati in premessa;
   se ritenga opportuno, nell'ambito delle sue competenze, attuare un monitoraggio sul numero e sulla qualità della rete dei centri eroganti il Nipt, al fine di disporre di elementi di valutazione utili per formulare degli indirizzi in coerenza con quanto espresso nelle linee-guida.
(5-12074)


   BOSSA e SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da fonti giornalistiche, si evince che il Ministero della salute dovrà risarcire circa settemila contagiati da sangue infetto tra gli anni «70 e 90». Moltissimi di questi pazienti si sono ammalati di Aids ed epatite e oltre 3.600, secondo dati forniti dall'Associazione politrasfusi, sono morti a causa dei mancati controlli sul plasma e sui farmaci emoderivati;
   il sangue malato in circolazione tra gli anni Settanta e Novanta, non controllato dal servizio sanitario nazionale, ha fatto molte vittime, contagiando soprattutto emofilici e talassemici che ad oggi hanno un bisogno costante di trasfusioni, ma anche pazienti trasfusi, per esempio dopo un intervento chirurgico. Chi è sopravvissuto alla morte, è costretto a convivere, purtroppo, con una malattia grave e, nonostante il riconoscimento da parte di numerosissimi tribunali del risarcimento dei danni da emotrasfusioni di cui si è ritenuto responsabile il Ministero della salute, non hanno ancora visto soddisfatto il proprio diritto;
   sul punto, è intervenuta anche la Corte dei diritti umani di Strasburgo che ha condannato l'Italia a pagare la rivalutazione dell'indennità percepita per la contaminazione subita attraverso trasfusioni di sangue o di somministrazione di derivati infetti. I giudici hanno riconosciuto il diritto all'indennizzo amministrativo, previsto dalla legge, dato il nesso di causalità dimostrato in vari processi civili contro il Ministero della salute tra la trasfusione di sangue infetto e la loro contaminazione. Della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sono stati invocati l'articolo 2 (diritto alla vita) e, sotto l'aspetto procedurale, l'articolo 6, paragrafo 1 (diritto a un equo processo), ma anche l'articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo) e l'articolo 1 del Protocollo 1 (protezione della proprietà);
   la mancanza di risarcimento del danno, nonostante il passaggio in giudicato delle sentenze pronunciate da numerosissimi tribunali italiani, investe tante persone che hanno contratto malattie, come l'Aids e l'epatite C, in seguito alla somministrazione di prodotti farmaceutici salvavita distribuiti dal servizio sanitario nazionale, e che, nonostante la definizione di cause civili e penali durate anni, ancora oggi non hanno ottenuto una soluzione completa e definitiva della vicenda;
   tra questi pazienti, vi è un cittadino italiano residente nella provincia di Napoli, per il quale l'azione giudiziaria si è conclusa positivamente nel lontano anno 2012 con sentenza pronunciata dal tribunale di Napoli e passata in giudicato che ha decretato la responsabilità del Ministero e ha quantificato il danno allo stesso spettante, con condanna anche alle spese legali. A questa sentenza recante n. 6808/2012, sono seguite azioni esecutive su somme del Ministero, che data l'incapienza della Banca d'Italia, hanno determinato solo una parziale e limitata soddisfazione delle cifre dovute al ricorrente. Nonostante la promessa da parte del Ministero di avviare un tavolo di lavoro che avrebbe dovuto procedere al soddisfacimento integrale di quanto dovuto, il paziente, vittima anche di una difficilissima situazione personale e familiare, caratterizzata oltretutto da un forte disagio economico, è stato costretto a porre in essere altre azioni giudiziarie nei confronti dello Stato che, a causa delle lungaggini processuali, sono ancora in fase di definizione;
   questa legittima ed innegabile aspettativa ha prodotto un grave squilibrio, anche psicologico, nel paziente napoletano e questo stato di cose è comune a tante persone che hanno subito danni da emotrasfusioni e che sono ancora in attesa di vedere riconosciuto un loro accertato diritto –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere alla luce dell'annosa questione esposta in premessa, al fine di garantire la pronta liquidazione del dovuto e sanare così un'ingiustizia che non può essere in alcun modo protratta. (5-12075)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un incendio di vaste dimensioni è divampato nella serata del 24 luglio 2017 in zona Comasina-Bruzzano in un deposito di stoccaggio e smaltimento rifiuti non pericolosi della Econova srl, un'azienda che smaltisce e trasporta scarti industriali. Si è creata una densa nube provocata dalle fiamme, visibile anche a notevole distanza;
   si tratta dell'ennesimo incendio in siti di stoccaggio e smaltimento di rifiuti, incendi che si susseguono senza soluzioni di continuità in tutto il territorio nazionale così come peraltro dimostrato da quello divampato a Senago, nell’hinterland milanese. In tale circostanza le fiamme avevano bruciato frazioni quali plastica e legno;
   nel momento culminante del predetto incendio nel deposito di rifiuti urbani speciali di a Bruzzano, l'Arpa ha rilevato concentrazioni di diossine ad un livello 270 volte superiore alla norma, ma «solo nella fase acuta dell'emergenza, ossia per una breve esposizione temporale;
   risulterebbe che il comune, subito dopo l'incendio, abbia invitato i residenti a tenere le finestre chiuse e a evitare attività all'aperto nei pressi della discarica, contestualmente disponendo la chiusura dell'asilo di via Senigallia che è localizzato vicino al luogo dell'incendio;
   in circostanze come quella sopra esposta così come in altri contesti ove si sono verificati roghi di stabilimenti industriali o di insediamenti civili, risulta che la popolazione colpite lamentino, o comunque percepiscano un'assenza o comunque un non sufficiente coordinamento tra le attività svolte dai vigili del fuoco, dall'Arpa, dalle Ast e dal comune ai fini dell'adozione delle immediate misure di prevenzione per la salute della popolazione nella fase dell'emergenza, così come avvenuto nel superamento drammatico dei valori riferiti alla diossina nell'immediatezza del rogo –:
   se i Ministri interrogati, avvalendosi dell'Ispra e dell'istituto superiore di sanità, intendano concertare la predisposizione di linee guida nazionali per la definizione di un protocollo d'intervento per il coordinamento delle analisi ambientali con quelle relative alla tutela della salute dei cittadini, nonché per l'adozione di misure di allarme e primo intervento comuni su tutto il territorio nazionale in caso di roghi o di altre emergenze. (5-12077)


   PREZIOSI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 agosto 2017 all'interno della pagina delle lettere del Corriere della Sera vi è una lettera a firma della signora G. N. in cui si evidenziano una serie di criticità a cui è andata incontro la sua famiglia per quanto concerne il riconoscimento della condizione di invalidità per il marito 73enne parkinsoniano;
   la lettera muove una serie di critiche alle modalità di svolgimento della visita, critiche purtroppo non isolate;
   la modalità di svolgimento della richiamata visita merita quindi un approfondimento;
   qualora corrispondesse a verità, ci si troverebbe di fronte ad un fatto molto grave che non può essere ignorato –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere al fine di verificare se quanto riportato a mezzo stampa corrisponda a verità, considerata la gravità degli elementi riportati e l'umiliazione alla quale sarebbe stata sottoposta una persona fragile e la sua famiglia. (5-12123)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, pur tra mille difficoltà e restrizioni, è possibile prescrivere farmaci a base di cannabinoidi (in particolare Thc e Cbd) a pazienti con particolari patologie per le quali è ormai scientificamente acclarata l'utilità di tali trattamenti;
   tuttora, nonostante si sia avviata una produzione sperimentale presso l'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, il soddisfacimento della domanda nazionale di tali preparati farmaceutici è garantito solo grazie alle importazioni di farmaci a base di marijuana terapeutica, in particolare dall'Olanda;
   numerosi pazienti lamentano difficoltà di reperimento di tali preparazioni, regolarmente prescritte, a causa dell'inadeguatezza della produzione nazionale e di ulteriori difficoltà recentemente insorte nell'importazione dall'estero;
   i pazienti hanno denunciato tramite una petizione on line che «attendono per giorni prodotti che non vengono dispensati con tempistiche adeguate, senza supporto alcuno, con la conseguente interruzione della terapia anche per periodi medio-lunghi; una terapia che, invece, ci permette di condurre vite pressoché normali e dignitose e dovrebbe essere fatta con precisa puntualità e continuità»;
   a questo si aggiunge che molte farmacie – probabilmente a causa del decreto ministeriale del 23 marzo 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 127 il 3 giugno 2017 – non vendono più le preparazioni a base di cannabinoidi, lasciando così scoperte intere zone e che le differenti legislazioni regionali rendono complicato costruire un percorso terapeutico e burocratico realmente accessibile;
   tali problemi si assommano all'alto costo dei medicinali – laddove non rimborsato dal servizio sanitario nazionale – e alle difficoltà a trovare medici aperti a questa opzione di cura ancora poco diffusa tra i medici della sanità pubblica –:
   quale sia l'attuale richiesta totale annuale di farmaci a base di cannabis, suddivisi per tipologia, che transita tramite le Asl e tramite i distributori privati sul territorio nazionale e quanta di questa sia soddisfatta tramite importazione dall'estero;
   quale sia l'attuale produzione di farmaci a base di cannabis dell'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, suddivisa per tipologia di farmaco, quale la previsione di produzione annuale e se, come e quando sia intenzione di arrivare a soddisfare l'intera richiesta nazionale;
   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato rispetto alle indicazioni del decreto ministeriale 23 marzo 2017 come risposta alle proteste dei farmacisti;
   se e come i farmaci a base di cannabis siano inseriti nei percorsi di terapia e cura prescritti dai medici del servizio sanitario pubblico, e se siano in previsione corsi di formazione promossi e/o sostenuti dal Ministero e/o dalle strutture del servizio sanitario nazionale. (4-17613)


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo lo studio Espad 2016 Italia realizzato dall'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa i giovani italiani sono i maggiori consumatori di psicofarmaci non prescritti, con una media del 10 per cento contro quella europea che si attesta sul 6 per cento;
   dal succitato studio si evince che un adolescente su dieci utilizza gli psicofarmaci senza la ricetta del proprio medico usando ad esempio quelli che trova in casa nell'armadietto dei medicinali di famiglia, oppure comprandoli on line;
   gli psicofarmaci più utilizzati sono i sonniferi, che spesso vengono somministrati ai bambini piccoli dai genitori, i medicinali che garantiscono concentrazione nello studio, quelli per l'umore e anche per far passare il senso di fame;
   dal recente report dell'Istituto di ricerche farmacologiche «Irccs Mario Negri» di Milano sono tra i 20 mila e i 30 mila i minorenni a cui in Italia vengono somministrati psicofarmaci e antidepressivi;
   dal report dell'Irccs emerge come farmaci, quali la paroxetina, che fra gli effetti collaterali contemplano anche l'aumento della propensione al suicidio e la cui somministrazione è espressamente vietata dalla legge n. 648 del 1996 ai minori di 18 anni, vengano somministrati quotidianamente a molti adolescenti;
   Maurizio Bonati, capo dipartimento salute pubblica dell'Irccs Mario Negri, in una recente intervista ha dichiarato che «Si tratta di vera e propria ignoranza – in senso tecnico – da parte dei medici. In alcuni casi abbiamo scoperto l'utilizzo del Trazodone sotto i 12 anni, quando questo è vietato dalla legge» e ancora «Per fortuna vengono prescritti per periodi molto brevi, almeno in Italia, e quindi le conseguenze non sono catastrofiche. Per paradosso, però, questa pratica mostra un'ulteriore assurdità: sono farmaci che prima di raggiungere l'efficacia necessitano di settimane e sospenderli, dopo un breve lasso di tempo, dimostra che spesso non si padroneggia la materia: si mette a rischio la salute del ragazzo e d'altra parte non si ottengono gli effetti benefici della terapia» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda intraprendere per garantire il pieno rispetto della legge n. 648 del 1996 e per monitorare il consumo di psicofarmaci nell'infanzia ed evitare che l'inappropriatezza della somministrazione crei nel tempo danni ancora maggiori nello sviluppo dei bambini. (4-17616)


   MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i pazienti affetti dal rene policistico, una patologia che conduce alla insufficienza renale, da maggio 2015 hanno a disposizione un nuovo farmaco il Tolvaptan che l'Agenzia italiana del farmaco ha inserito in fascia C, rendendolo accessibile solo a chi può permetterselo, visto il costo elevatissimo, stimato in circa 20.000 euro annuo;
   alcune associazioni di malati hanno promosso una petizione per ottenere la riclassificazione del farmaco, come peraltro hanno da tempo già deciso i più importanti Paesi europei;
   inoltre, su iniziativa dell'azienda produttrice, nel dicembre 2016 il Tar del Lazio ha accolto il ricorso contro l'inserimento in fascia C del predetto farmaco, ma non risultano assunte le decisioni necessarie per consentire l'accesso alla terapia con onere a carico del sistema sanitario nazionale, nonostante il direttore dell'Agenzia italiana del farmaco nel marzo 2017 stesso abbia dichiarato che a fronte di dati certi sull'efficacia, l'Agenzia italiana del farmaco rivedrà la propria posizione –:
   se e quando saranno concluse le verifiche al fine di riclassificare il farmaco Tolvaptan e consentire l'accesso alla terapia con onere a carico del sistema sanitario nazionale da parte delle persone affette da rene policistico. (4-17627)


   PISICCHIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, ha emanato un avviso di selezione pubblica per titoli e colloqui finalizzata al conferimento di un incarico di collaborazione coordinata e continuativa della durata di 36 mesi per esigenze collegate al progetto di comunicazione della medesima agenzia, rivolto, specificamente, al profilo giornalistico;
   l'Agenzia considera particolarmente rilevante l'esperienza professionale giornalistica e questo non solo per la peculiarità della funzione da svolgere all'interno dell'Aifa; questo emerge dalla specifica richiesta del requisito dell'iscrizione all'ordine dei giornalisti da almeno 15 anni;
   sorprende la richiesta inserita nel bando che obbliga il candidato al versamento dei contributi previdenziali all'Inps anziché all'Inpgi, l'Istituto di previdenza dei giornalisti, creando con ciò al tempo stesso una doppia distonia: una prima generata da quello che appare all'interrogante l'immotivato obbligo di rinunciare all'Inpgi con l'effetto di concorrere al depauperamento della cassa da cui attinge la risorsa pensionistica dei giornalisti, con grave nocumento dei professionisti, e l'altra legata al sottotesto che il bando dell'Aifa ad avviso dell'interrogante sembrerebbe nascondere. Ignorare di fatto la peculiarità di uno degli elementi caratterizzanti la professione giornalistica, infatti, significa in qualche modo affermarne una riduzione della sua specificità e della sua essenzialità nella dinamica democratica, affermando il principio dell'assoluta fungibilità della sua funzione, atteggiamento che, purtroppo, si va affermando anche in altri ambiti della pubblica amministrazione –:
   quali urgenti iniziative il Ministero interrogato intenda mettere in atto per correggere tali impropri atteggiamenti da parte di un importante istituto statale quale è l'Agenzia italiana del farmaco e per valorizzare, così, l'autonomia professionale del giornalista alla stregua di ciò che prevede l'ordinamento giuridico vigente. (4-17641)


   DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Reggio Calabria, ed in particolar modo il suo capoluogo, soffrono da almeno quindici anni di una grave carenza di posti-dialisi per i pazienti uremici;
   ad oggi, la stessa la provincia dispone di un posto-dialisi per 6.042 abitanti, contro i 3.010 di Vibo Valentia, 4.059 di Cosenza, 4.715 di Catanzaro, 5.636 di Crotone;
   anche in relazione alla logistica, il territorio dispone di soli 6 centri dialisi (1 ogni 92.639 abitanti) contro i 5 di Vibo Valentia (1 ogni 32.503 abitanti), i 16 di Cosenza (1 ogni 44.650 abitanti), i 7 di Catanzaro (1 ogni 51.865 abitanti);
   in particolar modo l'unità operativa di nefrologia del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria ha colmato da tempo l'intera disponibilità di posti: i malati costretti a recarsi fuori città per sottoporsi al trattamento emodialitico, devono così per tre giorni alla settimana (155 volte/anno) percorrere 30-60 chilometri per raggiungere i centri dialisi più vicini, sottoporsi ad un trattamento di almeno quattro ore che almeno nel 20 per cento dei casi ha come effetti collaterali ipotensione, nausea, vomito e in una piccola minoranza di casi, soprattutto nei più anziani e può comportare complicanze anche più severe;
   ad oggi, sono costretti a far dialisi al di fuori della città di Reggio il seguente numero di residenti nella città di Reggio Calabria:
    13 pazienti a Scilla (a 20 chilometri da Reggio Calabria);
    25 pazienti a Messina (tragitto di circa 15 chilometri con traghettamento di 30 minuti e ritorno);
    5 pazienti a Melito Porto Salvo (20 chilometri e ritorno);
   a questi occorre aggiungere il numero di coloro che risiedono nei comuni limitrofi, che dovrebbero far capo ai centri dialisi di Melito Porto Salvo e Scilla, e che, per mancanza di disponibilità di quei centri, sono costretti a dializzare in Sicilia, nonché quelli che man mano giungono alla fase terminale dell'insufficienza renale e hanno necessità di iniziare il trattamento salvavita;
   le persone in questione sono spesso anziane con gravi co-morbidità dato che la loro età media è di 68 anni;
   un simile «esodo» non è solo un calvario per le persone ammalate, ma comporta un incremento della mobilità sanitaria passiva che, a fine 2016, vedeva la regione Calabria con un saldo passivo di -256 milioni di euro, penultima in questa triste graduatoria, superata solo dalla regione Campania (-281 milioni di euro);
   da oltre dieci anni il Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria ha indirizzato alle istituzioni accorati appelli al fine di creare ex-novo un centro dialisi in città ma l'azienda sanitaria provinciale ad oggi non ha trovato soluzione alcuna per adeguare l'offerta di posti di emodialisi per i pazienti di Reggio Calabria e provincia;
   l'amministrazione comunale di Reggio Calabria recentemente ha messo a disposizione dell'azienda sanitaria provinciale un immobile (ex Ricoveri Riuniti in via Cardinale Portanova) già perfettamente ristrutturato, perché lo utilizzi per allestire lì un centro dialisi in città ma per completarlo è necessario provvedere all'allestimento di un impianto di osmosi mentre i monitor per dialisi e le poltrone e i letti sono forniti « in service» dalle aziende aggiudicatarie della gara per la fornitura del materiale per dialisi per la regione Calabria –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intenda adottare, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario della regione Calabria, per consentire ai malati con la necessità di essere sottoposti a trattamento emodialitico residenti nella provincia di Reggio Calabria di accedere a cure indispensabili alla loro sopravvivenza alle stesse condizioni e costi di quelli residenti nel resto d'Italia. (4-17643)


   SIBILIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sull'ospedale «Sant'Alfonso Maria dei Liguori» di Sant'Agata dei Goti, in provincia di Benevento, c’è l'ipotesi di soppressione, prevista dalla regione Campania, dei reparti di oncologia e cardiologia, nonché della riduzione di 24 posti letto e di due unità operative;
   se questo dovesse avvenire, a parere dell'interrogante si avrebbe una compressione del diritto, costituzionalmente garantito, alla salute e a ricevere cure mediche in strutture sanitarie pubbliche per le popolazioni locali;
   sulla vicenda la deputata Silvia Giordano, il 26 maggio 2016, ha presentato un'interrogazione a risposta in Commissione affari sociali della Camera, la n. 5- 10952, alla quale il Governo ha risposto il 18 luglio 2017 riconoscendo che «in effetti il territorio provinciale si potrebbe giovare fortemente della presenza di un Centro Oncologico, quale quello ipotizzato presso il Presidio Ospedaliero di Sant'Agata dei Goti, da integrare con le attività espletate dall'Azienda Ospedaliera Rummo», l'unica pubblica della regione Campania ad essere sprovvista di medicina nucleare, e rassicurando che, «sebbene l'organizzazione della rete ospedaliera competa in primo luogo alla Regione, il Ministero della salute monitorerà l'evolversi della situazione al fine di garantire la migliore erogazione dei servizi sanitari e il conseguente riconoscimento di un'assistenza efficiente ai pazienti presenti sul territorio»;
   in data 24 luglio 2017 l'interrogante ha effettuato una visita presso il nosocomio di Sant'Agata e ha riscontrato, tra l'altro, la possibilità che nel giro di qualche mese venga messa in funzione una risonanza magnetica nucleare;
   in ambito sanitario opera in Campania un commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi, che è il presidente della regione Vincenzo De Luca –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere per garantire il diritto alla salute delle popolazioni sannite che verrebbe compromesso dalla soppressione dei reparti di oncologia e cardiologia, nonché dalla riduzione di 24 posti letto e di due unità operative, ipotizzate dalla struttura commissariale della regione Campania;
   se ed in quanto tempo presso l'ospedale «Sant'Alfonso Maria dei Liguori» di Sant'Agata dei Goti sarà istituito un centro oncologico. (4-17650)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 16 agosto 2017 è avvenuto un incidente nel territorio del comune di Ercolano che ha visto coinvolto Antonio Scafuri, giovane ventitreenne di Torre del Greco;
   alle ore 21,46, dopo un tempestivo intervento dei volontari del 118 di Torre del Greco, il giovane Scafuri arrivava all'ospedale Loreto Mare di Napoli;
   dall'arrivo in ospedale, da quanto si apprende da vari organi di stampa, sembra emergere un episodio di mala sanità, denunciata dal responsabile del pronto soccorso Alfredo Pietroluongo;
   da quanto riportato dalle colonne de «La Repubblica» del 20 agosto 2017, Pietroluongo sostiene di aver saputo all'1,45 che «il paziente era in attesa da circa due ore di essere trasportato in un altro presidio per eseguire una angioTac e la cosa si rallentava perché non vi era accordo su quali infermieri avrebbero dovuto eseguire il trasferimento»;
   il padre infuriato e in lacrime per le condizioni del figlio alle 3.30 di notte andava dal responsabile Pietroluongo a chiedere «cosa si stava aspettando, preoccupato delle condizioni del figlio che peggioravano»;
   l'ambulanza alla fine parte «ma è priva di rianimatore» e il ventitreenne arriva all'ospedale Vecchio Pellegrini dove gli effettuano una trasfusione di altre tre sacche di sangue: «I medici dell'ospedale – ricostruisce l'autore della denuncia – criticano l'assenza dell'autoambulanza rianimativa, mezzo che non è stato ottenuto neanche per il ritorno al Loreto Mare dove il paziente rientra alle ore 8.30»;
   il giovane Scafuri, quindi, viene portato in rianimazione, ma ormai è troppo tardi e muore –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per far sì che casi analoghi non si verifichino più, alla luce delle già troppe interrogazioni al Ministro della salute su situazioni in cui la sanità non garantisce gli standard minimi di legge e provoca tragedie per motivi legati alla mala organizzazione e alla mancanza di fondi, macchinari e infrastrutture. (4-17651)


   COZZOLINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a quanto emerge da notizie apparse sui giornali locali,  il 7 settembre 2017, un residente del comune di Marghera (VE) sarebbe stato colpito dal virus Zika di ritorno da un viaggio all'estero;
   il virus «Zika» viene trasmesso da zanzare tropicali e subtropicali di alcune specie appartenenti al genere «Aedes», ma anche dalla zanzara tigre e la complicazione più grave cui porta è la sindrome di Guillain-Barré che può attaccare il sistema nervoso ed è potenzialmente letale;
   in caso di donne in stato di gravidanza, la contrazione del virus può esporre il feto a microencefalia;
   il soggetto colpito a Marghera sarebbe stato sottoposto a specifiche cure da parte dell'Ulss 3 di Portogruaro e grazie a questo avrebbe superato con successo il decorso della malattia;
   il comune di Marghera ha emanato un'ordinanza per la profilassi nella zona in cui vive la persona precedentemente infettata che comprende trattamenti larvicidi e rimozione dei focolai della zanzara tigre –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se sia ad oggi riscontrata l'emersione di nuove malattie tipiche dei Paesi tropicali nel territorio italiano e con quali rischi per la salute della cittadinanza. (4-17659)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Sicilia, insieme ad altre regioni italiane, è sottoposta a piano di rientro finalizzato a verificare la qualità delle prestazioni ed a raggiungere il riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali. Il Ministero della salute, attraverso il Siveas, affianca le regioni in questa difficile operazione, cercando di aiutare gli enti regionali, anche quelli a statuto speciale come la Sicilia, al raggiungimento degli obiettivi previsti dai piani di rientro;
   il difficile compito di rimettere in equilibrio il sistema di salute pubblica tra deficit finanziario ed erogazione di livelli essenziali di assistenza non dovrebbe, appunto, precludere l'erogazione di prestazioni essenziali, ma a quanto pare questo non sempre avviene e per fare ciò indubbiamente si deve prestare la massima attenzione ogni volta che si utilizzano fondi pubblici;
   l'edizione messinese della Gazzetta del Sud, in data 29 agosto 2017 pubblica un articolo avente per oggetto la mancata apertura del reparto di riabilitazione dell'ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto (ME); l'ASP di Messina ha acquistato dei letti che non corrisponderebbero ai requisiti richiesti per il reparto riabilitativo in questione: «per l'ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto sono previsti 30 posti letto con secondo livello di riabilitazione intensivo per pazienti con turbe neurologiche ed ortopediche. Questo progetto previsto per Barcellona rientrava nella riorganizzazione del sistema riabilitativo territoriale con più stretto rapporto fra i centri aziendali esistenti che specializzeranno le loro offerte riabilitative per l'utenza»;
   sempre per quanto riguarda l'ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto nello stesso articolo si legge la mancata implementazione, ad oggi, dei 20 posti previsti di lungodegenza;
   nell'ottica degli obiettivi da raggiungere previsti dal piano di rientro appare un grosso imperdonabile errore quanto riportato dall'articolo della Gazzetta del Sud, in quanto ciò ha di fatto bloccato l'apertura di un importante reparto e ha sottratto preziose e contingentate risorse utilizzate, questa volta, per una fornitura di letti non adatti allo scopo previsto;
   il Siveas probabilmente dovrebbe affiancare con maggior attenzione una regione molto particolare come la Sicilia, dove lo spreco e lo sperpero di denaro pubblico è purtroppo evento non raro nel settore sanitario, aggravato dal fatto che quasi la totalità dei medici dell'isola sono in politica in maniera diretta o indiretta –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, con particolare riguardo a quelli riportati dalla Gazzetta del Sud;
   di quali elementi dispongano circa lo stato di attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari in Sicilia e, in particolare, per quanto riguarda i profili gestionali e finanziari dell'Asp di Messina;
   se non intendano assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per favorire l'effettiva e concreta implementazione dei reparti previsti per l'ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, nell'ottica dell'ottimizzazione della spesa in relazione all'erogazione dei servizi in tempi ragionevolmente accettabili. (4-17680)


   BIANCOFIORE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 settembre 2017 agli ospedali civili di Brescia una bimba di 4 anni, (che era stata qui trasferita d'urgenza in condizioni disperate dall'ospedale Santa Chiara di Trento), figlia di una coppia di italiani residenti a Trento, è morta colpita da malaria cerebrale, forma più grave della malattia;
   dal 13 agosto, la piccola Sofia aveva avuto un esordio di diabete ed era stata curata negli ospedali di Portogruaro, subito, e di Trento, dal 16 al 21 agosto;
   l'ultimo giorno di ricovero (21 agosto) per curare l'insorgenza del diabete, è arrivata all'ospedale Trento una famiglia del Burkina Faso, di ritorno dal Paese d'origine, con due bambini che avevano contratto la malaria, ricoverati anche loro, seppure in stanze diverse;
   il 2 settembre la piccola (con febbre molto alta) giunge nuovamente in pronto soccorso a Trento e le analisi rilevano la presenza del Plasmodium falciparum, una forma di malaria tra le più aggressive;
   viene quindi disposto il trasferimento d'urgenza in elisoccorso presso l'ospedale di Brescia, punto di riferimento per le malattie tropicali, dove la bambina (giunta in condizioni disperate) muore poco dopo;
   secondo quanto si apprende, la piccola non avrebbe mai frequentato alcun Paese a rischio, di aree tropicali o subtropicali, nelle settimane precedenti. Anzi, era reduce da una vacanza al mare con i genitori sulla riviera veneta precisamente a Bibione;
   l'Italia è stato un Paese malarico fino agli anni ’50. A seguito della bonifica delle paludi, la malattia si è estinta e inoltre, proprio il Trentino, per la sua latitudine, non ha mai avuto problemi di questa natura nemmeno in passato. Ad oggi, per quello che si conosce, non esistono in Trentino e in Italia vettori idonei alla trasmissione della malaria;
   la malattia è diffusa prevalentemente nell'Africa sub-shariana, in Asia, in America centrale e del sud;
   va considerata la presenza accertata all'ospedale Santa Chiara di Trento di bambini non italiani (ricoverati contestualmente alla piccola Sofia) che avevano contratto un'altra forma di malaria/probabilmente nel loro Paese d'origine, da cui erano di ritorno (Burkina Faso – Africa Occidentale) e che sono guariti;
   secondo tutti gli epidemiologi interrogati in queste ore, la malaria non è comunque trasmissibile da uomo ad uomo per contagio ma solo a seguito di puntura della zanzara femmina Anopheles, che probabilmente nidifica;
   la procura della Repubblica di Trento ha inteso aprire un'inchiesta sul mistero del contagio ipotizzando che in caso di contagio avvenuto in ospedale si delineerebbe il reato di «omicidio colposo»;
   il Ministro della salute ha dichiarato che se il contagio fosse avvenuto in ospedale sarebbe un fatto molto grave –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa le modalità con cui possa essere avvenuto il contagio della bambina e come potrebbe essersi verificato un «contagio in ospedale»;
   quale tipo di accertamenti, indagini e interventi il Governo intenda attuare per prevenire ulteriori contagi e tranquillizzare la popolazione innanzi a rischi di nuove epidemie per malattie scomparse sul territorio europeo e ricomparse in coincidenza dell'approdo di milioni di cittadini stranieri dalle zone sub-sahariane;
   se il Governo ravveda l'urgenza di assumere iniziative di competenza per promuovere una rapida disinfestazione di ospedali, pronto soccorsi, strade, paludi e altre zone a rischio;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per effettuare gli opportuni accertamenti sanitari nei confronti di persone provenienti da Paesi che possono essere potenziali vettori di malattie epidemiologiche;
   se risulti che il ceppo malarico dei due bambini africani – ricoverati negli stessi giorni della piccola Sofia presso l'ospedale Santa Chiara di Trento fosse lo stesso riscontrato alla piccola Sofia e, nel caso come si spiegherebbe l'immediata guarigione degli stessi e il decesso viceversa della bambina Trento. (4-17685)


   PASTORELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in questi anni si è visto un attenuarsi, a livello europeo ed in Italia, dei divieti, delle prescrizioni e dei controlli sulla encefalopatia spongiforme bovina;
   l'Organizzazione mondiale per la sanità animale (OIE), con risoluzione adottata il 28 maggio 2013 nell'ambito dell'Assemblea generale, ha ufficialmente sancito per l'Italia il nuovo stato sanitario per l'encefalopatia spongiforme bovina con il passaggio all'attuale livello di rischio «trascurabile»;
   con nota ministeriale n. 11885 – P del 12/06/2013 il Ministero della salute ha comunicato la sospensione dell'esecuzione del test BSE sui bovini regolarmente macellati, dal 1o luglio 2013, secondo quanto previsto dalla decisione di esecuzione della Commissione europea 2013/76;
   a partire da tale data, dunque, continuano ad essere sottoposti a controlli sistematici i bovini di età superiore ai 48 mesi che siano morti in allevamento o siano sottoposti a macellazione d'urgenza o siano inviati alla macellazione differita;
   permane, dunque, come rilevato dagli allevatori di bovini da latte di Confagricoltura Veneto, i più interessati dalle prescrizioni di cui sopra in quanto il periodo produttivo di tali esemplari supera i 48 mesi, l'obbligo del test con costi del sistema sanitario nazionale;
   l'obiezione è dettata, da un lato, dalla scomparsa di tale malattia nel nostro Paese e, dall'altro, dal permanere del divieto di somministrazione ai ruminanti di proteine animali, così come sancito nel regolamento (UE) n. 56/2013 del 16 gennaio 2013 che modifica gli allegati I e IV del regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio;
   il raggiungimento di un risultato importante come l'eradicazione dal territorio italiano della malattia – sostiene Confagricoltura Veneto – è il frutto di un costante lavoro, iniziato molto tempo fa ed effettuato dai servizi veterinari territoriali, dai laboratori degli istituti zooprofilattici sperimentali e dall'Istituto superiore di sanità, ma ora, sarebbe necessario modificare ulteriormente il sistema di sorveglianza –:
   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intenzione di assumere al fine di prevedere, anche attraverso un'opportuna interlocuzione con le istituzioni comunitarie, una modifica delle disposizioni che continuano a prevedere il test sul bovini. (4-17723)


   VARGIU. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di informazione nazionale, in data 21 agosto 2017, hanno dato notizia di un «verbale secretato» dell'osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica che, in data 8 agosto 2017, avrebbe espresso il proprio parere sulla qualità delle scuole di specializzazione medica in Italia;
   secondo gli stessi organi di stampa, l'Osservatorio si sarebbe avvalso della consulenza di Anvur e di Agenas per la formazione dei propri giudizi;
   a seguito della istruttoria condotta dall'Osservatorio, sarebbe stata suggerita la chiusura di numerose scuole di specializzazione medica su tutto il territorio nazionale, che non soddisferebbero i necessari requisiti didattici o di percorso formativo;
   in particolare, tra le scuole destinate alla chiusura, figurerebbe quella di nefrologia dell'università di Cagliari, attualmente aggregata con sede amministrativa a Genova;
   tale «bocciatura», indipendente dai volumi assistenziali e dalla garanzia dei percorsi formativi, pienamente soddisfatti, sarebbe invece dovuta al ritardo con cui l'ateneo cagliaritano sta provvedendo al reclutamento dei docenti di ruolo, indispensabili alla piena soddisfazione dei parametri di accreditamento di qualità;
   la scuola di nefrologia di Cagliari rappresenta una peculiarità assoluta nell'intero panorama formativo medico isolano (peraltro è l'unica in Sardegna) perché da sempre funziona (secondo parametri di altissima qualità) grazie all'impegno di docenti provenienti dal mondo ospedaliero, con comprovate esperienze di ricerca e didattica;
   la domanda di assistenza nefrologica e dialitica in Sardegna è altissima: attualmente è presidiata da circa 130 professionisti, la metà dei quali è destinata ad andare in pensione nel prossimo quinquennio, con conseguenti, gravissimi problemi per la garanzia del fisiologico turn over;
   è del tutto evidente come l'assenza di formazione specialistica nefrologica nell'isola renderebbe ancora più difficile ipotizzare qualsiasi turn over professionale specialistico, creando una drammatica voragine nell'assistenza in grado di mettere in discussione la stessa erogazione dei livelli essenziali di assistenza in Sardegna;
   l'ateneo cagliaritano, ben consapevole di tale situazione, ha già provveduto ad inviare ad Anvur specifica dichiarazione d'intenti in cui si impegna a sanare entro il prossimo anno accademico la carenza di docenti della materia, normalizzando il parametro ancora carente per l'accreditamento di qualità –:
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per concedere all'ateneo cagliaritano la proroga dell'accreditamento provvisorio della scuola di specializzazione in nefrologia in modo da permettere un'immissione in ruolo dei docenti della materia, che consenta la piena soddisfazione dei requisiti sostanziali indispensabili per il definitivo accreditamento di qualità. (4-17726)


   VARGIU. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di informazione nazionale, in data 21 agosto 2017, hanno dato notizia di un verbale «secretato» dell'Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica che, in data 8 agosto 2017, avrebbe espresso il proprio parere sulla qualità delle scuole di specializzazione medica in Italia;
   secondo gli stessi organi di stampa, l'Osservatorio si sarebbe avvalso della consulenza di Anvur e di Agenas per la formazione dei propri giudizi;
   sempre secondo le stesse fonti di stampa, i pareri dell'Osservatorio sarebbero stati redatti secondo parametri oggettivi e algoritmi matematici in grado di certificare in modo assoluto la qualità delle scuole mediche esaminate;
   per quanto attiene all'ateneo cagliaritano, tra le scuole «bocciate», verrebbe citata quella in chirurgia generale;
   tale «bocciatura», se fosse vera, apparirebbe assolutamente immotivata: all'interno del polo universitario cagliaritano operano oggi ben tre reparti universitari di chirurgia generale, tutti di ottimo livello qualitativo, con numeri assoluti e pesatura degli interventi del tutto congrui e con docenti di riconosciuta fama e prestigio;
   l'eventuale sospensione di tale specifica attività formativa rappresenterebbe pertanto una mutilazione assolutamente immotivata dell'offerta didattica dell'ateneo cagliaritano, con disastrose ricadute sull'alta formazione medica regionale e, conseguentemente, sulla futura copertura della domanda chirurgica da parte della popolazione sarda;
   è del tutto evidente che l'assenza di offerta formativa medica post universitaria, in particolare nelle discipline di base, rischierebbe di desertificare la stessa disponibilità delle corrispondenti professionalità, che appaiono invece pilastri assolutamente indispensabili per il buon funzionamento del sistema sanitario della regione Sardegna –:
   se trovi conferma l'indiscrezione diffusa dalla stampa sulla valutazione negativa – che apparirebbe del tutto incomprensibile – relativa alla scuola di specializzazione in chirurgia generale dell'università di Cagliari;
   quali siano stati i «parametri oggettivi» e «gli algoritmi matematici» utilizzati dall'Osservatorio per stilare la propria valutazione di qualità sulle scuole di specializzazione mediche italiane;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per sospendere qualsiasi decisione di merito in relazione ad eventuali soppressioni di scuole mediche, in attesa di verificare la effettiva congruità dei parametri utilizzati e delle valutazioni espresse dall'Osservatorio. (4-17736)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che i manager e, in generale, i soggetti individuati dal Partito Democratico per ricoprire incarichi in società partecipate ed enti regionali e locali, vengono onerati del versamento di una quota per finanziare il partito;
   addirittura tale impegno viene formalizzato prevedendo, specificamente, che una percentuale del compenso ricevuto in virtù della nomina venga devoluto al Partito Democratico. Infatti, a quanto è dato sapere, la previsione di un'erogazione fissa al partito si ritrova di frequente nei vari documenti che regolano gli incarichi attribuiti;
   ad esempio, il regolamento finanziario del Partito in Friuli Venezia Giulia prevede che: «I designati e nominati in qualità di presidenti, amministratori, consiglieri di indirizzo, revisori dei conti ecc., in enti, società, consorzi, aziende, autorità, fondazioni ecc., sono tenuti a versare al Partito democratico del rispettivo livello di nomina una percentuale dell'indennità lorda percepita pari al 10 per cento»;
   quindi, quella che dovrebbe essere un'erogazione del tutto volontaria, sembra essere diventata a tutti gli effetti obbligatoria. Ciò, tra l'altro, anche per ruoli come quelli dei revisori contabili che dovrebbero essere «terzi» per definizione;
   pertanto, tale pratica appare all'interrogante illegittima, poiché fa venire meno le garanzie di imparzialità a cui dovrebbe impegnarsi chi riceve l'incarico e fa presupporre che la scelta delle nomine avvenga in base a criteri non meritocratici ed attinenti alle competenze, ma anche alla disponibilità a procedere ai versamenti per finanziare il Partito e ad essere, di conseguenza, politicamente manovrabile;
   come ha già da tempo segnalato l'interrogante, già la pubblica amministrazione è afflitta da illegittime pratiche di attribuzione degli incarichi, poiché assegnati discrezionalmente e non in virtù delle competenze accertate nel rispetto della normativa in materia. Se poi a tali procedure si aggiunge la previsione di una devoluzione monetaria al Partito, vengono, quanto meno, gravemente violati quei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, che dovrebbero essere alla base degli incarichi assunti a tutti i livelli –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intenda assumere per contrastare le pratiche in questione. (5-12114)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'8 giugno 2016 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 97 del 2016, recante «Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza,» correttivo della legge n. 190 del 2012 e del decreto-legge n. 33 del 2013, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 124 del 2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
   la rivista online di diritto amministrativo www.giurdanella.it, nell'articolo del 9 giugno 2016, ha spiegato come il decreto «introduca anche in Italia il Freedom Information Act (FOIA), una nuova forma di accesso civico ai dati e ai documenti pubblici, equivalente a quella presente nei sistemi anglosassoni. Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge;
   si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione originaria dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere anche ai dati e ai documenti per i quali non esiste l'obbligo di pubblicazione e che l'amministrazione deve quindi fornire al richiedente»;
   secondo quanto riportato dal sito online Key4biz nell'articolo del 31 luglio 2017, alcuni componenti dell'iniziativa del gruppo Facebook «Trasparenza siti web pubblica amministrazione», impegnati nel promuovere il rispetto delle norme sulla trasparenza amministrativa, hanno presentato un ricorso nei confronti del Ministero della giustizia, presso la prima sezione del Tar Lazio;
   l'avvocato Andrea Lisi, esperto in diritto dell'informatica e anch'egli componente del gruppo, ha spiegato che la ricorrente Carmela Pace ha avviato l'iniziativa, presentando ricorso al Tar, in seguito alla sua istanza di accesso civico presentata per ottenere dal Ministero la pubblicazione in formato aperto, come la normativa prevede, delle tabelle relative all'albo degli amministratori giudiziari, secondo modalità idonee alla indicizzazione, alla rintracciabilità tramite motori di ricerca web e al riutilizzo;
   la sentenza n. 9076 del 28 luglio 2017, «ha riconosciuto l'inadempimento da parte del Ministero agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, trasgredendo, in particolare, al disposto dell'articolo 15-ter del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (cosiddetto FOIA) e condannandolo a riscontrare l'istanza di accesso e/o a provvedere alla pubblicazione dell'albo degli amministratori giudiziari entro 30 giorni dalla notifica della sentenza»;
   Lisi ha sottolineato, nell'articolo del Fatto Quotidiano pubblicato sul sito il 31 luglio 2017, come sia «assurdo che proprio il Ministero della Giustizia vada a violare una legge che viene invece definita rivoluzionaria dai suoi stessi propugnatori. (...) Inoltre, non si possono sottovalutare gli aspetti economici che invece finiscono con il limitare fortemente le concrete possibilità dei cittadini di vedere riconosciuto il loro diritto a ricevere informazioni dettagliate e trasparenti sulla gestione della cosa pubblica»;
   in ultimo, «occorre considerare che non è facile esperire azioni a tutela dei diritti all'informazione e alla trasparenza dell'agire amministrativo, nonostante siano diritti della collettività. I costi di un giudizio innanzi al Tar, infatti, rimangono elevati anche per far valere innanzi al giudice tali fondamentali diritti. Oltre a tale aspetto, la complessità e la scarsa chiarezza dell'attuale normativa (come modificata con l'introduzione del Foia) finiscono con il disorientare non solo i cittadini, ma talvolta confondono anche gli stessi giudici che, come in questo caso, decidono di compensare le spese di giudizio, considerata la novità e delicatezza della questione. Anche questo rappresenta di fatto un deterrente di natura economica per l'esercizio del diritto alla trasparenza e all'informazione sull'operato della pubblica amministrazione» –:
   alla luce dei fatti sopraesposti, quali iniziative si intendano assumere affinché siano garantiti, da parte della pubblica amministrazione, la trasparenza e l'accesso alle informazioni in conformità alla normativa in materia;
   se, e secondo quali modalità, si ritenga di intervenire al fine di rendere accessibile le informazioni della pubblica amministrazione ai cittadini, senza dover sostenere degli oneri sproporzionati e gravosi anche in sede giudiziale per far valere tale diritto. (4-17624)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


  LATRONICO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il giacimento petrolifero di Tempa Rossa si estende tra Corleto Perticara (Potenza) e Guardia Perticara, a cavallo tra la Val Camastra e la Val d'Agri. Il progetto prevede lo sviluppo del giacimento nella concessione Gorgoglione nella Valle del Sauro in Basilicata e, a regime, saranno operativi 8 pozzi, un centro olio, un centro di stoccaggio gpl e infrastrutture di servizio. La capacità produttiva giornaliera sarà di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di gpl e 80 tonnellate di zolfo;
   il petrolio dovrebbe essere trasportato tramite condotta interrata fino all'oleodotto «Viggiano-Taranto», che collega le installazioni petrolifere della Val d'Agri alla raffineria di Taranto. Un anno fa la regione Puglia ha negato l'intesa Stato-regione per i lavori di adeguamento del punto di approdo del greggio alla raffineria di Taranto;
   bloccata dai ritardi autorizzativi e dalla forte opposizione sul versante pugliese, la compagnia petrolifera francese, per non rischiare di trovarsi a impianti finiti con l'impossibilità di produrre (il programma lavori approvato fissa l'avvio del giacimento di Tempa Rossa entro il 31 dicembre 2017), tenta un'altra via, che prevede il trasporto del petrolio su gomma;
   si parla di 170 mezzi che trasporteranno 20 mila barili di greggio ogni giorno dalla Basilicata verso le Marche, diretti alla raffineria di Falconara Marittima, e/o verso la capitale, alla raffineria di Roma, percorrendo circa duemila chilometri sulle strade italiane, le cui condizioni sono a tutti ben note;
   entrambi gli itinerari porterebbero ad un considerevole incremento percentuale di traffico veicolare che in alcuni tratti sfiorerebbe l'80 per cento, con grave nocumento al traffico locale, aumento dei pericoli per la sicurezza stradale, nonché aumento delle emissioni inquinanti –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere, non solo per escludere che possa essere percorsa una tale soluzione, evitando improponibili congestioni delle viabilità, in primo luogo lucana, ma anche per porre rimedio definitivo al paradosso che vede la presenza di un oleodotto già potenzialmente in grado di convogliare il greggio a Taranto, facente parte di un progetto, quello di Tempa Rossa, approvato dal Cipe e su cui sono stati investiti 1,6 miliardi di euro (1,3 miliardi di euro sulla parte lucana e 300 milioni di euro su quella tarantina). (3-03228)


  MARCON, CIVATI, FASSINA, AIRAUDO, PAGLIA e PLACIDO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 121 del 15 marzo 2017 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha stabilito che per la telefonia fissa la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione deve essere su base mensile o suoi multipli, mentre per la telefonia mobile la stessa non può essere inferiore a quattro settimane e che, in caso di offerte convergenti con la telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest'ultima;
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è giunta a tale determinazione avendo ravvisato la necessità, determinata anche dal venir meno di un parametro temporale certo e consolidato per la cadenza del rinnovo delle offerte e della fatturazione, ossia il mese, di garantire una tutela effettiva degli utenti in termini di trasparenza e comparabilità delle informazioni in merito ai prezzi vigenti, attraverso un periodo minimo di invarianza delle condizioni economiche dell'offerta poiché il passaggio da una tariffazione su base mensile a quella su quattro settimane comporta per gli utenti problemi di esatta comprensione delle bollette ed una maggiore difficoltà nel raffronto tra offerte di diversi operatori;
   il medesimo provvedimento intima agli operatori di telefonia di conformarsi alle nuove previsioni entro novanta giorni dalla sua pubblicazione sul sito web istituzionale dell'Autorità, avvenuta il 24 marzo 2017, pena l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 98, comma 16, del codice delle comunicazioni elettroniche. Di contro gli stessi operatori, che nel frattempo hanno preannunciato una lunga battaglia legale a tutela del loro libero esercizio dell'attività di impresa presentando ricorso al tribunale amministrativo regionale, sembrano solo marginalmente preoccuparsi delle sanzioni e, contravvenendo alla nuova disciplina, continuano a perseverare nella loro pratica commerciale, provvedendo all'addebito dei canoni pattuiti con gli utenti ogni quattro settimane, con un aggravio annuo del costo a carico di questi ultimi pari all'8,6 per cento;
   secondo l'Asstel-Assotelecomunicazioni l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel disciplinare il contenuto dei rapporti contrattuali fra operatori telefonici e clienti, avrebbe abusato delle sue prerogative istituzionali, che dovrebbero piuttosto limitarsi alla vigilanza sul funzionamento del libero mercato e sul livello di trasparenza informativa dei cambiamenti apportati alle offerte, assumendo una decisione priva di adeguato fondamento giuridico, stante la piena legittimità da parte degli operatori, ribadita dal tribunale amministrativo regionale, di introdurre modifiche unilaterali al contratto, fatto salvo il diritto di recesso del cliente –:
   se non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, adottando iniziative normative atte ad impedire agli operatori telefonici di applicare ai contratti di telefonia, sia fissa che mobile, la fatturazione a quattro settimane. (3-03229)


  BENAMATI, CAMANI, BARGERO, VICO, CANI, BECATTINI, MONTRONI, IACONO, PELUFFO, IMPEGNO, SENALDI, DONATI, ARLOTTI, TENTORI, BINI, BASSO, GINEFRA, MARTELLA, SCUVERA, TARANTO e CINZIA MARIA FONTANA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   la relazione annuale della Commissione europea sui progressi nel settore digitale in Europa (Edpr), che fa seguito alla pubblicazione a marzo dell'indice digitale (Desi), segnala che il piano Industria 4.0 andrebbe nella direzione auspicata di raggiungere l'obiettivo rappresentato dalla progressione del settore industriale italiano nella catena globale del valore;
   l'ultima rilevazione trimestrale, diffusa da Ucimu-Sistemi per produrre, indica un aumento del 5,1 per cento della raccolta ordini di macchine utensili, rispetto allo stesso periodo del 2016, evidenziando come sia particolarmente significativo che questo risultato sia determinato dall'incremento degli ordinativi raccolti sul mercato nazionale cresciuti del 22,2 per cento, rispetto all’export extra Unione europea che è cresciuto del 12 per cento;
   la crescente domanda interna pare quindi collegarsi strettamente alle attività connesse al piano Industria 4.0;
   nella relazione della Commissione europea si segnala, inoltre, che «la capacità di sensibilizzare le piccole e medie imprese in merito alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e, in ultima analisi, il successo della strategia Industria 4.0 dipenderanno dal corretto coordinamento tra i vari attori»;
   nel piano è previsto che lo sviluppo e la diffusione delle attività di Industria 4.0 siano basati sull'istituzione di «competence center» e la conseguente creazione di «digital innovation hub», con il coinvolgimento di poli universitari di eccellenza, di grandi player privati e con il contributo di stakeholder chiave come centri di ricerca o start-up;
   le attività principali che tali centri dovranno portare a compimento sono assicurare formazione e conoscenza su Industria 4.0, presentare «live demo» su nuove tecnologie e consentire l'accesso alle best practice, effettuare la «advisory tecnologica per piccole e medie imprese», seguire il lancio e l'accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo tecnologico, sostenere il supporto alla sperimentazione e produzione «in vivo» di nuove tecnologie ed effettuare il coordinamento con centri di competenza europei;
   i digital innovation hub potranno coinvolgere le associazioni di categoria e dovranno essere il ponte tra imprese, ricerca e finanza al fine di sensibilizzare le imprese sulle opportunità esistenti in ambito Industria 4.0;
   per la selezione dei competence center e dei digital innovation hub sarebbe opportuno prevedere procedure competitive –:
   quale sia complessivamente lo stato di avanzamento del piano Industria 4.0, in relazione alle diverse misure di incentivazione ed in relazione all'attuazione delle misure connesse ai competence center ed ai digital innovation hub. (3-03230)

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto la disponibilità della centrale di Enel «Pietro Vannucci» di Bastardo, per emergenza della rete nazionale a gennaio 2017, riconfermando tale disposizione a marzo per tutta la durata dell'anno 2017;
   il giorno 4 agosto 2017, le rappresentanze sindacali unitarie dell'impianto hanno pubblicamente sottolineato come la notte del 3 agosto 2017, per una nuova emergenza della rete nazionale conseguente all'ondata di caldo che ha investito il Paese, numerosi impianti sono stati chiamati in produzione, tra i quali la centrale di Bastardo, disponibile con 2 gruppi, per scongiurare eventuali distacchi o black-out;
   come avvenuto durante la stagione invernale, quindi, l'impianto umbro si è dimostrato nuovamente strategico rispetto alla necessità di soddisfare l'aumentato fabbisogno di energia elettrica e, dunque, nel garantire la sicurezza della rete nazionale;
   per esigenze di Terna legate alla rete è stato, quindi, disposto che il sito umbro entrasse in produzione chiedendo di avviare il gruppo 1 alla produzione per entrare in parallelo la mattina del 3 agosto;
   successivamente – come evidenziato dalle rappresentanze sindacali unitarie – è stata disposta l'interruzione della procedura di avviamento del gruppo 1 della centrale umbra e poi di nuovo riconfermata la richiesta di parallelo, creando di fatto uno sbilanciamento che, oltre alla mancata produzione, comporta anche una penalizzazione economica per l'impianto di Bastardo;
   va sottolineato come, a causa dell'emergenza caldo, mentre nel sito umbro si susseguivano richieste di avvio e blocco della produzione, sono stati chiamati in servizio impianti fermi da anni e quindi economicamente molto meno convenienti;
   è bene ribadire anche che la centrale «Pietro Vannucci» è perfettamente disponibile, funzionale, affidabile e in regola con tutte le autorizzazioni ambientali Aia fino al 2023 –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato presso Enel e Terna per accertare quali siano state le cause delle comunicazioni che si sono susseguite nella notte del 3 agosto 2017 e che, oltre a determinare lo sbilanciamento sopra richiamato, con conseguente penalizzazione del sito Enel umbro, evidenziano di fatto strategie mirate a penalizzare la centrale di Bastardo, nonostante il Ministero dello sviluppo economico abbia indicato per tutto il 2017 tale impianto come strategico per il sostentamento ed il bilanciamento della rete elettrica nazionale. (3-03207)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TRIPIEDI, GALLINELLA, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con una nota del 6 luglio 2017 prot. n. 55 PP/cz la Cisl regionale e la Flaei-Cisl dell'Umbria hanno posto all'attenzione delle istituzioni «l'evidente fase di smobilitazione dei presìdi presenti sul territorio regionale della più grande Azienda Italiana del settore elettrico: l'ENEL Spa»;
   secondo la nota, già nel 2014 con il nuovo modello organizzativo di infrastrutture e reti, ENEL passa in Umbria da tre zone di presidio territoriale (Perugia, Terni e Foligno) a una unica zona regionale e da sette unità operative a cinque;
   nel marzo – giugno del 2016 il sito di produzione Enel di Bastardo (Perugia) viene inserito tra gli impianti marginali con conseguente ridimensionamento della struttura e trasferimento del personale in altre aziende del gruppo;
   nel giugno del 2016 viene ridimensionato l'impianto di Pietrafitta (Perugia) nell'ambito della riorganizzazione nazionale della filiera olio/gas;
   nel novembre del 2016 all'interno della divisione di infrastrutture e reti, Enel nell'ambito di un processo riorganizzativo nazionale, annuncia di voler accentrare la gestione della rete elettrica di alta tensione presso i soli 11 siti di direzione territoriale, togliendo di fatto il controllo diretto al centro operativo di Perugia;
   nel maggio del 2017 Enel mercato annuncia la chiusura a livello nazionale di 9 punti Enel, tra cui quello di Terni;
   eppure l'Enel proprio nelle aree colpite dai recenti eventi sismici in Umbria è chiamata a gestire per lungo tempo in maniera organica e sistematica le criticità nelle predette aree, tanto che l'azienda potrebbe trovarsi in difficoltà per far fronte ai numerosi impegni con la sola attuale forza lavoro; l'effetto di tale «riorganizzazione» è il conseguente rischio di perdita di numerosi posti di lavoro che si aggiungerebbero ai tanti già persi nel corso degli ultimi anni;
   forte è l'incertezza delle ripercussioni delle scelte aziendali dell'Enel sia sulla qualità del servizio elettrico in Umbria sia sul mantenimento dei livelli occupazionali dei siti produttivi dell'Enel in Umbria –:
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere i Ministri interrogati al fine di chiarire le intenzioni di Enel spa e, nel dettaglio, le strategie aziendali della medesima in Umbria, con l'obiettivo di favorire l'elaborazione di un progetto industriale condiviso anche dalle organizzazioni dei lavoratori che abbia come fine prioritario il mantenimento dei presìdi produttivi di Enel in Umbria, a garanzia della qualità del servizio elettrico nella regione, e la tutela degli assetti occupazionali dei siti produttivi. (5-12069)


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 2 maggio 2017 è stata disposta l'ammissione della società Alitalia – Società aerea italiana spa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39;
   tale provvedimento è stato adottato su istanza dell'impresa, la quale preso atto della sopravvenuta impossibilità di dare corso alle iniziative di risanamento prefigurate dai soci, anche in tema di ricapitalizzazione e di rifinanziamento della società, a seguito dell'esito negativo della consultazione dei lavoratori sulle misure occupazionali previste, ha deliberato, su proposta del management, la richiesta di ammissione all'amministrazione straordinaria;
   nel 2008 il Governo pro tempore ha approvato un decreto per la concessione di un prestito ponte ad Alitalia di 300 milioni di euro;
   successivamente, la Commissione europea ha dichiarato illegittimo tale «prestito ponte» perché «aiuto di Stato» –:
   se la società in questione abbia restituito tale prestito e, qualora così non fosse, se i commissari straordinari abbiano rilevato eventuali responsabilità civili e gestionali a carico del management aziendale succedutosi dal 2008 ad oggi e quali eventuali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo. (5-12079)


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 agosto 2017 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto 9 agosto 2017 «Adeguamento del decreto 7 dicembre 2016, recante: disciplinare tipo per il rilascio e l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, alla sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 2017»;
   con tale decreto, il Ministero dello sviluppo economico modifica il decreto ministeriale 7 dicembre 2016;
   all'articolo 2 del già citato decreto, si va a riformare in parte la partecipazione delle regioni riguardo ai processi decisionali relativi alle concessioni dei titoli minerari;
   tale partecipazione, già in precedenza viziata da un principio di intesa debole o comunque potenzialmente sfavorevole per le regioni (se non si trovasse un'intesa fra Stato e regione, sarebbe il primo ad avere comunque l'ultima parola), ora si vede ulteriormente minata e depotenziata;
   con il decreto in questione, infatti, le regioni parrebbero essere del tutto ignorate, limitando il loro coinvolgimento nella definizione delle modalità di assegnazione di un eventuale titolo concessorio unico, procedimento di cui al momento non si hanno evidenze di rilascio da parte dei Ministri interrogati –:
   se e con quali criteri e strumenti i Ministri interrogati andranno a modificare il principio dell'intesa e i poteri delle regioni in tutti i casi di rilascio di un titolo concessorio non unificato, come nel caso del pozzo esplorativo «Carpignano Sesia 1 dir» nell'ambito del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «Carisio», cioè in tutti i casi non previsti dal decreto ministeriale 9 agosto 2017. (5-12088)


   MICCOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Alfasigma spa è una società farmaceutica che produce e distribuisce farmaci per una larga varietà di aree terapeutiche: da quelli da prescrizione fino all'automedicazione, molti di essi rappresentano il risultato di un'attività di ricerca iniziata fin dai primi anni ’60;
   Alfasigma spa nasce nel 2015, unendo in un unico progetto alcuni importanti gruppi farmaceutici nazionali: Alfa Wassermann, Sigma-Tau e Biofutura. È una importante realtà italiana, la terza del settore, con un fatturato di oltre 1 miliardo e 3.100 addetti;
   la sua attività si svolge presso il sito produttivo di Alanno (PE), la sede operativa e il sito produttivo di Pomezia, la sede amministrativa di Bologna e quella legale di Milano. L'attività di informazione scientifica del farmaco è svolta su tutto il territorio nazionale dagli operatori Isf, coordinati dall'area management di Milano;
   in data 6 settembre 2017, Alfasigma ha comunicato l'avvio di una procedura di riduzione collettiva di personale di cui alla legge n. 223 del 1991, articoli 24 e 4, e successive modificazioni. I dipendenti interessati risultano 456 (su 1626) di cui 274 informatori scientifici e 182 amministrativi, in tutte le sedi aziendali. I numeri più pesanti investono la sede di Pomezia, che rischia dai 250 ai 300 licenziamenti;
   le motivazioni addotte dall'azienda in relazione agli esuberi sono state: «la dimensione critica in termini finanziari e dell'assetto produttivo per poter agire nel complesso contesto competitivo globale»; «il lieve decremento del mercato farmaceutico nel canale retail, nel quale si concentra il fatturato Alfasigma»; «la spesa nazionale farmaceutica nazionale inferiore del 30 per cento rispetto agli altri grandi Paesi Europei»; «il contenimento della spesa nel settore» come ad esempio nella revisione del prontuario avvenuta nel 2015»; infine, ma non ultima come causa della crisi, «la duplicazione» di alcune figure professionali che si è determinata con la definitiva maxi-fusione, conclusasi formalmente il primo agosto di quest'anno;
   nel corso della presentazione pubblica del nuovo gruppo – che si è tenuta il 6 settembre 2017 nella sede di Assolombarda a Milano nello stesso giorno in cui venivano annunciati gli esuberi – Alfasigma ha presentato il proprio piano industriale evidenziando le scelte strategiche tese a sviluppare le potenzialità di crescita della società attraverso lo sviluppo della ricerca, l'incremento della produttività dei siti e l'espansione verso i mercati esteri. Ma al termine della presentazione, l'azienda ha espresso freddamente la necessità di procedere ad una «riorganizzazione» che passerà attraverso la procedura di licenziamento collettivo;
   a fronte di questa situazione, le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione di tutto il gruppo con il blocco delle attività supplementari, oltre a un pacchetto di ore di sciopero da definire. Tuttavia, è già deciso che le prime due ore – insieme ad altrettante di assemblea per informare i lavoratori – si svolgeranno entro il 15 settembre con modalità stabilite a livello locale, mentre per gli informatori del farmaco le assemblee si terranno la settimana successiva;
   l'interrogante condivide l'allarme e la preoccupazione dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali in merito alla vertenza. Allo stesso appare inaccettabile che un rilancio aziendale passi attraverso il taglio del costo del lavoro, metodo ormai noto e logoro –:
   se il Ministro interrogato intenda convocare immediatamente le parti, con l'apertura di un tavolo di confronto presso il proprio dicastero, al fine di salvaguardare l'occupazione nel pieno rispetto dell'operazione di rilancio aziendale e di settore. (5-12112)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla situazione della ex-Lucchini di Piombino, a causa del mancato rispetto del precedente accordo firmato nel 2015, recentemente è stata sottoscritta una nuova intesa tra Cevital-Aferpi ed il commissario Piero Nardi;
   all'interno di questo accordo, che, come il precedente, prevede tutta una serie di impegni per il rilancio dell'area di Piombino, è presente un addendum i cui contenuti non sono pubblici né divulgabili;
   dalle informazioni rese note il nuovo accordo tra Cevital-Aferpi e commissario straordinario prevede la ripresa dell'attività di laminazione ad agosto 2017 per rotaie, e a ottobre 2017 per barre e vergella, lo smantellamento degli impianti piccoli con fine lavori a settembre, l'assegnazione dell'ordine per lo smantellamento dei grandi impianti entro lo stesso mese di ottobre 2017, con fine lavori per ottobre 2019, l'impegno a individuare entro ottobre 2017 una partnership per la parte siderurgica o a presentare un piano industriale con evidenza delle fonti di finanziamento certe;
   durante l'ultimo consiglio comunale di Piombino è stato approvato un ordine del giorno che richiede di rendere pubblico l’addendum sopracitato;
   in merito alla situazione produttiva ed agli impegni del gruppo Cevital il sindaco di Piombino ha comunicato di aver preso atto di «un ritardo che si potrebbe prospettare nelle attività di laminazione previste per agosto»;
   non ci sono notizie positive «verificate e verificabili» rispetto alla ricerca della partnership industriale, mentre sul piano degli smantellamenti, l'azienda, sempre secondo l'amministratore comunale di Piombino avrebbe iniziato la demolizione, «a spot», di piccoli impianti, per i quali ha richiesto regolari autorizzazioni edilizie;
   l'amministrazione comunale, nonostante Cevital-Aferpi ad oggi non stia rispettando gli impegni, ha approvato le controdeduzioni alle 24 osservazioni sulla variante Aferpi che concede un ulteriore parte importante di territorio, il Quagliodromo (area adiacente agli attuali laminatoi) a Cevital-Aferpi;
   è notizia di pochi giorni fa che il Governo algerino avrebbe ufficialmente informato le autorità italiane sul diniego al gruppo Cevital di trasferire fondi all'estero;
   con il nuovo accordo il rapporto con i lavoratori si è ulteriormente complicato in quanto una parte di essi, in realtà pochi lavoratori che lavorano a tempo pieno, viene retribuita direttamente da Aferpi, un'altra parte lavora solo alcuni giorni e per il resto sarà pagata dall'Inps ed un'altra ancora che sarà pagata per due giorni da Aferpi e per il resto dall'Inps;
   di fatto questa modalità di pagamento punisce alcuni rispetto ad altri che rischiano di attendere più del dovuto per ricevere il proprio salario e conseguenza divide i lavoratori;
   sarebbe opportuno rendere pubblico l’addendum collegato all'accordo da poco stilato al fine di conoscere nel dettaglio gli impegni che le parti hanno sottoscritto e che riguarda la vita di un intero territorio, quello di Piombino e di migliaia di lavoratori della ex-Lucchini e dell'indotto –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per rendere pubblico l’addendum dell'accordo sottoscritto con Cevital-Aferpi;
   se il Governo intenda e fornire un aggiornamento sugli impegni presi da Cevital-Aferpi e sul rispetto delle scadenze previste rispetto alla ripresa della produzione e di tutte le attività connesse al rilancio dell'area di crisi di Piombino. (4-17615)


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi economico-occupazionale nel nostro Paese non sembra terminare: la Comital di Volpiano, storica fabbrica che produce laminato in alluminio per l'industria farmaceutica e alimentare, chiude lo stabilimento e licenzia 140 dipendenti;
   la decisione, tanto temuta dai lavoratori che nelle scorse settimane avevano scioperato e fatto presidi davanti allo stabilimento per indurre la proprietà francese (il gruppo Aedi, che l'aveva acquistata appena tre anni orsono) ad uscire allo scoperto dichiarando i propri piani, è stata comunicata dalla proprietà stessa alle rappresentanze sindacali unitarie aziendali il 29 luglio 2017;
   la chiusura della Comital di Volpiano è il triste epilogo di moltissime altre aziende del Piemonte (ad esempio la Savio, la Pmt di Pinerolo, la Sandretto e altro), completamente abbandonate dal Governo e dalla regione, che a giudizio dell'interrogante nulla hanno fatto per scongiurarne la cessata attività ed i conseguenti licenziamenti di centinaia di lavoratori –:
   se non si ritenga di dover avviare un tavolo in sede ministeriale con la regione Piemonte per individuare percorsi di salvaguardia dei livelli occupazionali;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare al fine di evitare il ripetersi di fenomeni di licenziamento di massa e di perdita di produttività e posti di lavoro a seguito dell'acquisizione e successiva chiusura di aziende italiane da parte di proprietà straniere;
   se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative, in occasione della prossima manovra economica, per intervenire in maniera strutturale sulla tassazione aziendale e sul costo del lavoro, al fine di rendere le aziende italiane più competitive e resistenti alla concorrenza straniera. (4-17621)


   FASSINA e MARCON. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Cevital attuale proprietario di Aferpi, strategico stabilimento siderurgico a Piombino in amministrazione straordinaria, ha comunicato che il treno rotaie ad agosto 2017 non avrebbe ripreso l'attività produttiva;
   Cevital, quindi, non ha adempiuto al primo punto dell’addendum al piano industriale sottoscritto nel mese di giugno 2017 al Ministero dello sviluppo economico;
   le rappresentanze sindacali unitarie e Fim, Fiom, Uilm hanno denunciato che l'inadempienza di Cevital, dopo appena due mesi dalla firma dell’addendum, implica l'impossibilità di garantire la laminazione di 80.000 tonnellate di ordini di rotaie da qui a fine dicembre e rischia di far perdere anche le commesse di clienti storici;
   i sindacati, ritenendo la situazione venutasi a creare ormai intollerabile hanno richiesto un incontro urgente al Ministero dello sviluppo economico, nonché la risoluzione del contratto con Cevital;
   è improrogabile che il Governo acceleri e intensifichi i rapporti con i soggetti interessati ad Aferpi e al polo industriale di Piombino con l'obiettivo di tornare a produrre acciaio, così come è altresì necessario che il Governo si assuma l'obbligo di garantire la piena occupazione dei lavoratori interessati sia diretti che dell'indotto;
   nella fase di transizione è necessario che il Governo assuma tutte le iniziative di propria competenza al fine di garantire la continuità produttiva dei tre treni di laminazione per la integrale salvaguardia dei livelli occupazionali e di presenza sul mercato, condizioni che vanno garantite, unitamente agli investimenti necessari;
   si deve tenere in considerazione, in tale contesto, che a livello internazionale aumenta la domanda d'acciaio e il polo industriale di Piombino ha tutte le professionalità e le caratteristiche per tornare a produrre acciaio e competere in maniera adeguata nel mercato siderurgico;
   i lavoratori sono estremamente preoccupati per l'assenza di informazioni sia in riferimento agli investimenti sia sul piano finanziario, così come non si hanno riscontri ufficiali in merito alle notizie su eventuali gruppi siderurgici interessati allo stabilimento –:
   se non ritenga improrogabile convocare in tempi brevissimi i sindacati e la rappresentanza sindacale unitaria per valutare, in qualità di firmatario dell’addendum con Cevital, la situazione e procedere al superamento di Cevital, nonché assumere le iniziative necessarie ad avviare la produzione di acciaio, a partire dalla continuità produttiva dei tre treni di laminazione, e a garantire i livelli occupazionali sia diretti che indiretti;
   se non ritenga, in qualità di garante dell'accordo di programma, di assumere tutte le iniziative di propria competenza al fine di individuare i soggetti interessati ad Aferpi e al polo industriale di Piombino e a riprendere la produzione, tenuto conto delle prospettive derivanti dalla ripresa della domanda di acciaio a livello internazionale. (4-17664)


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella località di Sant'Atto (Teramo) opera la storica azienda produttrice di sanitari Hatria spa;
   dalla fine degli anni ’80 la società era parte del gruppo Marazzi, che nel 2013 viene interamente acquisito da Mohawk Industries inc, colosso statunitense dei prodotti per pavimentazione;
   nel gennaio 2014 la corporation statunitense cede Hatria spa al fondo di investimento Cobe Capital LLC, specializzato nell'acquisizione di disinvestimento di società ritenute non-core;
   negli ultimi 10 anni Hatria ha subito un importante calo di fatturato, dovuto certamente alla crisi che ha investito il comparto dell'edilizia nel suo complesso, passando dai 33 milioni del 2007 ai 14 del 2016;
   a questo si aggiungano i mancati investimenti dell'attuale proprietà, che hanno portato l'azienda più volte sull'orlo della crisi di liquidità;
   d'altra parte i 181 dipendenti usufruiscono da tempo di ammortizzatori sociali e sono attualmente in regime di cassa integrazione straordinaria, che scadrà a settembre 2017;
   in questo quadro, il 6 agosto 2017 la proprietà annuncia la disdetta del contratto integrativo, già precedentemente ridefinito al ribasso, e la procedura di mobilità per 55 lavoratori;
   la questione appare particolarmente incomprensibile alla luce del recente accordo con la multinazionale tedesca Grohe, leader mondiale nella produzione di rubinetteria di alta gamma, che proprio in Hatria aveva trovato un partner all'altezza dei propri standard qualitativi;
   si erano create così le condizioni di un potenziale rilancio, anche in considerazione della ripresa nel settore delle costruzioni e del forte investimento del Governo italiano in quello delle ristrutturazioni domestiche;
   non può quindi essere accettato che dopo anni di ammortizzatori sociali scattino i licenziamenti proprio nel momento della ripresa –:
   se il Governo sia a conoscenza della procedura di mobilità avviata da Hatria spa;
   se intenda adoperarsi, anche attraverso l'attivazione di un tavolo presso il Ministero, per favorire una soluzione che tuteli fino in fondo l'occupazione, insieme al rilancio dell'azienda. (4-17669)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 26 luglio 2017 si è svolto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per «gruppo Tuo Dì/Dico» a seguito dell'istanza di Filcams-Fisascat e Uiltucs di avviare un tavolo di confronto sulla difficile situazione economica del gruppo;
   in data 13 luglio 2017 Dico s.p.a. chiedeva di accedere al concordato preventivo in continuità e da parte del tribunale di Roma veniva nominato il commissario giudiziale nella persona dell'avvocato Marco Bussoletti;
   in tale confronto presso il Ministero dello sviluppo economico, il dottor Valentino Fabbian (consulente incaricato di elaborare il piano necessario per ottenere dal tribunale l'omologa al concordato in continuità, di cui alle norme di legge) ha preannunciato sommariamente le intenzioni dell'impresa, additando le responsabilità della crisi ad inadempienze contrattuali della vecchia società (dal 2015 è scaturito un contenzioso arbitrale) e dichiarando la volontà di procedere alla riapertura graduale dei 123 punti vendita chiusi temporaneamente e ufficializzando l'intenzione di accedere allo strumento della cassa integrazione guadagni per crisi;
   Filcams Fisascat e Uiltucs hanno ribadito che quanto dichiarato non dissolve le preoccupazioni per la sorte dell'occupazione e hanno sottolineato la necessità di valutare concretamente le azioni utili a garantire la continuità delle attività;
   il Ministero dello sviluppo economico, nella persona del dottor Castano, ha incalzato l'azienda sulla necessità di tutti i soggetti al tavolo di avere un preciso perimetro dell'azienda e degli occupati quant'anche riferiti a forme terze o in appalto al fine di poter garantire un corretto supporto del Ministero stesso;
   le risposte della folta delegazione in rappresentanza del gruppo Tuo Dì/Dico ricevute sono risultate ancora generiche;
   l'assenza del commissario giudiziale, che appare ingiustificata, lascia intendere che l'approfondimento delle problematiche è tuttora in corso;
   le organizzazioni sindacali hanno anche rilevato una ancora insufficiente conoscenza degli attuali rappresentanti dell'impresa sulla reale natura e consistenza dello stato dei rapporti contrattuali in essere o recentemente rotti con terzi per la gestione di interi reparti e della sorte della relativa forza occupazionale e per i nuovi punti vendita aperti affidati direttamente a cooperative; inoltre, sono state sollevate precise richieste riguardanti il fitto di ramo d'azienda che è in essere nella regione Puglia, e anche altri territori. A seguito di vari incontri, le sigle sindacali si sono dichiarate contrarie alla soluzione del fitto del ramo di azienda, con la creazione di più società ad hoc, con forma giuridica di società a responsabilità limitata semplificata, soluzione che, per le sigle sindacali, crea solo un enorme spacchettamento che va a danno dei lavoratori, senza garantire a tutti e tutte lo stesso futuro lavorativo e la sicurezza di aver risolto definitivamente la questione legata al mantenimento del posto di lavoro;
   a seguito della richiesta di concordato in continuità da parte dell'impresa si è determinata altresì la condizione per la quale parte della retribuzione del mese di luglio 2017, parimenti alla 14 mensilità, risulta «congelata» e in attesa della decisione del tribunale rispetto all'erogazione dei debiti, mentre la parte di retribuzioni maturande dall'11 luglio sarà regolarmente pagata nelle scadenze di legge e contratto;
   le organizzazioni sindacali e l'azienda in data 4 settembre 2017 hanno sottoscritto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo di Cassa integrazione guadagni straordinaria per 12 mesi;
   per sostenere la Dico s.p.a. nel tentativo di risollevarsi, valutato il forte impatto sociale che scaturirebbe dall'eventuale fallimento che coinvolgerebbe centinaia di aziende fornitrici e migliaia di lavoratori, si chiede, nella misura in cui è consentito al Governo, di verificare lo stato dell'arte del contenzioso arbitrale, potendo risalire anche al contratto di compravendita avvenuto nel 2013 tra il gruppo Tuo e le sette «sorelle» cooperative, contenzioso a cui l'attuale proprietà imputa lo stato di insolvenza verso terzi –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo affinché si possa garantire a tutti i lavoratori l'erogazione delle cifre spettanti come compenso del lavoro svolto per far sì che le procedure di vendita o le prospettate cessioni di ramo d'azienda vadano a buon fine e risultino veramente efficaci a tutelare tutti i posti di lavoro e a garantire una sicura e dignitosa vita lavorativa a tutti i dipendenti. (4-17686)


   PASTORELLI e LOCATELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dopo le compagnie telefoniche anche Sky passa alla fatturazione ogni quattro settimane. A comunicarlo è la stessa società che sul proprio sito spiega anche che cosa comporterà per i clienti questo passaggio, in vigore dal 1o ottobre 2017;
   grazie a questa nuova modalità di tariffazione, come peraltro è già avvenuto per la telefonia mobile, i clienti pagheranno alla fine dell'anno un totale di 13 fatturazioni e non più 12 con un rincaro dell'8,6 per cento sul servizio reso;
   le compagnie telefoniche erano partite con la fatturazione 28 giorni già nel 2015 e l'Antitrust è anche intervenuta con sanzioni per i 3 principali operatori;
   sul tema della fatturazione a quattro settimane un punto fermo ha cercato di metterlo l'Agcom con la delibera 121/17/Cons, imponendo l'abolizione delle tariffe per tutte quelle offerte sulla rete fissa, telefono, adsl e fibra ottica, intimando gli operatori ad adeguarsi, entro 90 giorni, alle nuove disposizioni;
   dal 24 giugno 2017 non se ne sarebbe dovuta avere più traccia. Eppure, basta dare uno sguardo ai siti delle compagnie telefoniche per costatare che la fatturazione a 4 settimane per le offerte di telefonia è ben lungi dall'essere stata riposta nel dimenticatoio, come invece era stato deliberato dall'Agcom a marzo;
   la decisione delle compagnie telefoniche di non adeguarsi è stata forse presa anche nell'attesa di conoscere quale sarà la determinazione del Tar del Lazio, cui tutte si sono rivolte impugnando la delibera 121/17/Cons;
   l'Agcom, con la pubblicazione della delibera 252 del 2016 «Misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica», ha avviato una consultazione tra operatori e associazioni di consumatori al fine di stabilire regole trasparenti per il confronto tra le tariffe e prevedere nello stesso tempo che eventuali modifiche alle attuali cadenze di fatturazioni possano essere effettuate solo ad invarianza di spesa a carico dell'utente;
   l'autorità, nell'allegato B alla delibera 252/16 non nasconde affatto che il rinnovo ogni quattro settimane si risolve in un danno per il cliente: «Tali modifiche, oltre a determinare un aumento dei prezzi delle offerte coinvolte, hanno compresso la libertà di scelta degli utenti e vanificato, anche considerate le tempistiche ed il contesto del mercato, la ratio sottesa all'esercizio del diritto di recesso nel caso di mancata accettazione di modifiche contrattuali, così come statuito dall'articolo 70, comma 4, del Codice delle comunicazioni elettroniche» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover avviare tutte le iniziative di competenza, anche normative, al fine di tutelare i diritti degli utenti e dei consumatori anche alla luce dei recenti principi contenuti nelle disposizione della legge 4 agosto 2017, n. 124, che regolamenta il mercato e la concorrenza;
   se non ritenga di dover acquisire elementi sulla situazione di cui in premessa adottando eventualmente le necessarie normative atte a tutelare gli utenti dall'evidente pregiudizio derivante dalla tariffazione basata su 4 settimane.
(4-17688)


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è di queste ore la notizia della volontà espressa da Trevi spa di procedere a partire dal 16 ottobre 2017 alla messa in mobilità di 123 lavoratrici e lavoratori, fra operai, tecnici e impiegati;
   la decisione segue anni di utilizzo di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, prossima alla scadenza dei 12 mesi;
   Trevi spa è parte del gruppo Trevi, partecipato tra l'altro da FSI con il 16,8 per cento delle azioni, e si occupa di ingegneria di sottosuolo, in Italia e all'estero;
   fra le ultime e più note commesse, si ricorda l'appalto per il consolidamento della diga di Mosul in Iraq, attualmente in corso;
   la società affronta un calo sensibile di fatturato, dovuto al calo della spesa per investimenti nel nostro Paese e alla crisi del settore oil e gas, oltre a una certa tensione finanziaria, che ha portato nel maggio 2017 l'assemblea della holding Trevi finanziaria industriale spa a deliberare l'avvio di trattative per un accordo di stand still con le banche finanziatrici;
   si sta parlando, in estrema sintesi, di una realtà molto significativa dell'apparato industriale italiano; capace negli anni di contribuire in modo significativo all'innovazione di settore, che deve essere messa nelle condizioni di superare un momento di difficoltà;
   appare evidente all'interrogante che questo deve significare il mantenimento dei posti di lavoro in essere, al netto di eventuali uscite volontarie. Lo Stato è peraltro indirettamente il secondo azionista, per il tramite di Cassa depositi e prestiti, e questo deve determinare un impegno ulteriore per impedire che la crisi venga scaricata sulle spalle dei lavoratori;
   in data 7 settembre 2017 sono state proclamate 2 ore di sciopero, che ne anticipano altre 6 nei prossimi giorni, finalizzate a portare l'azienda ad una trattativa rispettosa dei diritti dei lavoratori;
   nella settimana che si apre l'11 settembre è previsto un primo tavolo in regione Emilia Romagna e il 19 settembre un incontro fra la società e le organizzazioni sindacali;
   è opinione dell'interrogante che sarebbe importante un interessamento non formale anche del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, finalizzato a verificare quali passi si possano compiere per tutelare l'occupazione e garantire il rilancio dell'attività, nonché l'esito positivo della trattativa con le banche –:
   se il Governo sia al corrente della vertenza Trevi e se ritenga di dover intervenire, con la massima rapidità, per scongiurare i 123 licenziamenti e favorire il rilancio di un'azienda ricca di storia e di capacità, anche eventualmente consentendo l'utilizzo in deroga di ammortizzatori sociali. (4-17695)


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   suscitano perplessità i criteri adottati dalla società Enel spa per la definizione del novo assetto organizzativo del settore idroelettrico nel perimetro di Brescia-Vallecamonica Sebino; 
   dal nuovo assetto organizzativo emerge, infatti, una evidente penalizzazione della provincia di Brescia, all'interno dell'area nord, con la suddivisione della stessa area su due province (Unità territoriale Cadegolo e Unità territoriale Bergamo), diversamente da tutte le altre unità territoriali, che hanno invece un perimetro almeno provinciale;
   attualmente, nel perimetro della sola provincia di Brescia esistono 4 reparti UE/PU con circa 85 risorse, 23 impianti con una potenza installata di circa 1800 megawatt ed una producibilità pari a 1100 GWh. Tali numeri potrebbero essere paragonati a quelli di altre aree, ad esempio area nord est e area centro nord, dove si è scelto di mantenere un perimetro almeno provinciale;
   dal nuovo piano di perimetrazione emerge inoltre l'accorpamento delle unità esercizio Malengo e Cedegolo, nonostante il territorio di Malengo possieda tutte le caratteristiche per continuare ad essere un'unità autonoma: 14 impianti per un totale di circa 55 megawatt di potenza installata ed una produzione annua prossima a 200 GWh; 4 tecnici e 7 operativi presso la sede di UE e 2 operativi presso la sede distaccata di Brescia;
   è opportuno ricordare che in caso di criticità del sistema elettrico nazionale, l'impiantistica della Vallecamonica è in grado di riattivarsi autonomamente, modulando i parametri elettrici e facendo affidamento sulla presenza di personale competente ed efficiente; in tal senso, appare prioritario garantire una buona distribuzione territoriale delle UT e UE, che possa assicurare una capillare presenza di personale (tecnico e operativo) sul territorio, sia per la gestione elettrica giornaliera che per le emergenze;
   inoltre, con il decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959, n. 1363, che contiene i riferimenti normativi per la costruzione e l'esercizio delle dighe e con la circolare esplicativa e integrativa del Ministero dei lavori pubblici n. 352 del 1987, in riferimento all'esercizio di sbarramenti di determinata dimensione e capienza di invaso, è fatto obbligo al gestore di assicurare la vigilanza continua delle dighe;
   la società Enel spa ha fino ad oggi sviluppato l'attività di guardiania esclusivamente con personale proprio, organizzato in turni tesi ad assicurare il presidio continuativo per tutti i giorni dell'anno, in attività ordinaria ed attraverso il servizio di reperibilità speciale;
   la società per ridurre i costi ha adottato in via sperimentale un progetto per la gestione con risorse in appalto delle attività di guardiania delle dighe;
   tale scelta, se dovesse andare a regime comporterebbe seri rischi per il territorio; il sistema di vigilanza, infatti, per essere sostenuto necessità del coinvolgimento di manutentori elettromeccanici che si avvicendano in diga con cadenza periodica, garantendo con la loro professionalità la corretta gestione degli impianti e la sicurezza delle popolazioni che vivono a valle di questi bacini;
   la guardiania è un'attività delicatissima per il mantenimento della sicurezza ambientale e, a parere dell'interrogante, viste anche le condizioni meteorologiche sempre più caratterizzate da eventi estremi, da presidiare con personale altamente qualificato, è necessario che sia svolta in forma diretta –:
   se il Governo intenda assumere ogni iniziative di competenza affinché Enel spa riveda le proprie scelte strategiche in merito alla definizione geografica delle Unità territoriali e Unità di esercizio, in modo da tenere il più possibile in considerazione le caratteristiche del territorio bresciano e le esigenze delle unità lavorative;
   se il Governo non ritenga opportuno valutare la possibilità di assumere ogni iniziativa di competenza nei confronti di Enel spa per far sì che il servizio di guardiania delle dighe continui ad essere svolto in forma diretta, a garanzia del mantenimento di elevati livelli di sicurezza nella gestione degli impianti ubicati nel territorio bresciano. (4-17701)


   MELILLA, SCOTTO, FRANCO BORDO, NICCHI, KRONBICHLER, SANNICANDRO, ZARATTI, FERRARA, RICCIATTI, PIRAS e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo una indagine dell'Ivass, l'istituto che vigila sulle compagnie di assicurazione, le polizze vita scadute negli ultimi 5 anni e non ancora pagate ai beneficiari, cioè i titolari o i loro eredi, ammonterebbero alla stratosferica cifra di 145 miliardi di euro;
   una parte di queste, quelle cioè non reclamate per dieci anni dalla scadenza, è destinata a finire nelle casse dello Stato, dopo essere stata utilmente nelle casse delle assicurazioni per 10 anni;
   lo Stato ha un conto speciale dove affluiscono tutti i cosiddetti rapporti dormienti: conti correnti, depositi postali, e altri prodotti finanziari non movimentati per 10 anni;
   la suddetta indagine ha messo in luce il comportamento scorretto delle assicurazioni che, sin dalla stipula delle polizze, non mettono in atto le misure per rendere agevole l'individuazione degli eredi: nella maggior parte dei casi i beneficiari delle polizze sono genericamente «eredi», «figli», «genitori» e la ricerca è difficoltosa;
   le assicurazioni nella maggior parte dei casi non attivano nessuna procedura per la reale ricerca dei beneficiari. Il fenomeno è imponente: le polizze vita in vigore sono 9.311.427, le somme assicurate sono 341,77 miliardi di euro, le polizze non liquidate per mancanza informazioni sono 3.912.632 per un importo di 145,09 miliardi di euro –:
   se tali notizie trovino conferma;
   se non ritenga necessario assumere iniziative per regolare questa realtà con una normativa che dia più garanzie ai cittadini e ai beneficiari delle polizze vita. (4-17727)


   VARGIU. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le spiagge sarde rappresentano un inestimabile patrimonio di bellezza naturale, la cui tutela è assai viva nella cultura della Sardegna, anche per la forte valenza identitaria ed economica che tale patrimonio riveste;
   in tal senso, la Sardegna si è da tempo data un regime di regole di tutela che tendono ad orientare ogni attività che coinvolga i litorali all'interno dei parametri dell'interesse comune e della inalienabilità del bene;
   è del tutto evidente come, all'interno di un simile quadro di garanzia, appaiano del tutto intollerabili le attività di spoliazione della risorsa ambientale, un tempo messe in essere in modo superficiale e grossolano da parte dei turisti poco educati al rispetto della risorsa ambientale;
   nonostante le attività di comunicazione e prevenzione messe in campo dagli enti locali e dai gestori delle concessioni delle spiagge sarde, anche quest'anno, i media locali hanno riferito di attività di prelievo di sabbia dai litorali sardi, giustificate nei modi più incredibili (dalla volontà di «riportare a casa un souvenir» alla necessità di «rinnovare l’habitat dell'acquario di casa»);
   tale atteggiamento dei turisti «predatori di sabbia» appare sicuramente grossolano e poco educato al rispetto dell'ambiente, ma è certamente superato in quanto a spregio delle regole dall'attività commerciale dei veri e propri «ladri di sabbia», che sfacciatamente mettono in vendita il loro «bottino» nei siti d'aste online;
   è sufficiente entrare nel sito www.ebay.de per verificare quanto sia attivo e sprezzante dei controlli questo vigliacco mercato del collezionismo che offende tutti i sardi: l'11 agosto è stata venduta sabbia proveniente dallo scoglio di Peppino (Costa Rei) per 5,99 euro; il 9 agosto, la sabbia venduta (per 2,50 euro) proveniva da Cala Sinzias, da Sant'Elmo, da Maria Pia (Alghero) e dal Poetto di Cagliari;
   nello stesso sito di www.ebay.de, al 16 agosto era in vendita (con un «compralo subito» a 9,99 euro) la sabbia proveniente da Porto Pollo;
   oltre allo sfregio di qualsiasi norma di ospitalità e di civile e rispettosa convivenza, la vendita di sabbia sarda nei siti di e-commerce rappresenta una sollecitazione indiretta alla predazione, trasmettendo un senso di impunità assoluta per i trasgressori della norma che possono pubblicamente mettere in vendita il frutto del furto;
   sarebbe intollerabile se le autorità preposte alla tutela della norma non intervenissero immediatamente perché cessi l'impunità che sembra tutelare i ladri internazionali di sabbia, sia attraverso un'azione diretta nei confronti dei siti di e-commerce che consentono il commercio fraudolento, che attraverso l'identificazione fisica dei responsabili delle inserzioni e la loro punizione secondo gli estremi di legge –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per impedire che nei siti internazionali di e-commerce, e in particolare sul sito www.ebay.de, avvenga liberamente il commercio della sabbia sottratta dolosamente alle spiagge sarde e quali iniziative intenda intraprendere perché sia contrastato il commercio fraudolento. (4-17735)


   AIRAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i titoli del gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA) sono stati al centro dell'interesse degli investitori dopo le indiscrezioni giunte dalla Cina per un interessamento alle attività del gruppo automobilistico italo-americano;
   secondo informazioni pubblicate dalla stampa, Great Wall Motor Co. (GWM) sarebbe interessato ad acquistare il marchio Jeep e avrebbe contattato Fiat Chrysler Automobiles per sapere se un accordo può essere negoziato;
   lo stesso presidente di Great Wall ha scritto che il gruppo intende acquistare Jeep, indiscutibilmente la parte più preziosa del portafoglio FCA, e «sta contattando FCA» per iniziare i negoziati;
   entrambe le aziende hanno successivamente smentito o ridimensionato le affermazioni sull'esistenza della trattativa, ma tanto è bastato alle borse di Milano e Shangai per registrare un notevole balzo del valore delle azioni di FCA e GWM;
   per una serie di motivi analizzati dal sito laVoce.info, è abbastanza improbabile che l'acquisizione dell'intera FCA venga condotta da GWM. A causa però delle difficoltà finanziare di FCA e della fase stessa che il settore attraversa, questa sembrerebbe trovarsi costretta a ricercare una ricapitalizzazione;
   le «ombre» dei cinesi non sembrano voler abbandonare del tutto FCA. Data la struttura economica della Cina, dove gli interessi dei singoli attori economici sembrano essere subordinati a quelli della politica, risulterebbe che GWM abbia i mezzi finanziari necessari per condurre in porto l'operazione, e che vi sia una volontà politica del Governo cinese a concludere positivamente la trattativa;
   il settore automobilistico in Italia pesa sul Pil tra il 5 per cento e 6 per cento; il 10 per cento della ricerca nazionale viene dall’automotive; 2.500 sono le imprese della componentistica per un totale complessivo di 1,2 milioni di addetti (260 mila gli occupati diretti);
   tali numeri dimostrano che per l'Italia l'auto è più che un settore merceologico, è parte dell'identità industriale del Paese ed è quindi strategico per il Pil il lavoro e la ricerca nazionale, nonostante l'internazionalizzazione di Fiat e la delocalizzazione della sua produzione;
   le vicende dell’automotive devono essere al centro della politica e delle iniziative del Governo che dovrebbe far propri gli interessi di un'azienda strategica per il Paese e difenderne i progetti industriali –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per tutelare tale comparto dell'economia italiana intervenendo nel settore dell’automotive, seguendo la vicenda delle alleanze o delle cessioni che riguardano Fiat Chrysler Automobiles (FCA), e interloquendo con la suddetta azienda. (4-17745)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Donati e altri n. 1-01542, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariano.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Daga e altri n. 5-02911, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Silvia Giordano;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Massimiliano Bernini e altri n. 5-08498, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gagnarli;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-08728, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nesci;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Fanucci n. 5-11192, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Burtone, Beni.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Laffranco n. 1-01610, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 782 del 20 aprile 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE, cosiddetta direttiva Bolkestein, approvata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo, e dal Consiglio dell'Unione europea al fine di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    tra le categorie commerciali, per le quali è prevista l'applicazione della direttiva in Italia, rientra quella del commercio al dettaglio su aree pubbliche, per il quale sono introdotti l'obbligo di applicazione da parte delle autorità competenti di una procedura di selezione tra i candidati potenziali, la durata limitata delle autorizzazioni, il divieto del rinnovo automatico delle concessioni e il divieto di accordare vantaggi al prestatore uscente;
    l'attuale situazione, per il settore e per le amministrazioni interessate da mercati, appare ad avviso dei proponenti del presente atto di indirizzo ampiamente confusa, in quanto le norme di attuazione della direttiva non hanno ancora trovato piena applicazione. In sede di Conferenza unificata era stata stabilita una proroga delle concessioni al 7 maggio 2017, successivamente ridefinita con il decreto-legge 30 dicembre 2016, n.  244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n.  19, che prevede il termine delle concessioni in essere al 31 dicembre 2018, invitando poi le amministrazioni ad avviare le procedure di selezione pubblica;
    la direttiva Bolkestein, recepita nell'ordinamento italiano con il citato decreto legislativo n.  59 del 2010, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche ed estendendo l'esercizio del commercio su area pubblica anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone, di fatto, ostacola la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando, soprattutto, i piccoli operatori del settore, già in difficoltà nel fronteggiare la maggior forza finanziaria delle predette società, in grado di detenere, anche indirettamente, un maggior numero di autorizzazioni;
    inoltre, le disposizioni della direttiva non tengono pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, costituito da attività di commercio, svolte su posteggio fisso ed attività svolte in forma itinerante e con turnazioni, svolte, non solo nei centri storici e nei tradizionali mercati rionali, ma anche nelle aree periferiche;
    tra le categorie per le quali è prevista l'applicazione della direttiva in Italia, rientra quella delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative: sulla questione si è intervenuti a livello legislativo varie volte, da ultimo con il decreto-legge n. 179 del 2012 che, all'articolo 34-duodecies, proroga sino al 31 dicembre 2020 le concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
    in Italia, il settore dell'attività turistico-balneare consta di oltre 30.000 piccole e medie imprese che occupano circa 300.000 persone, alle quali vanno aggiunti i lavoratori degli esercizi pubblici e commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
    nel marzo 2015 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un documento sulla revisione e sul riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, in cui si chiede che la Commissione europea faccia chiarezza sulla possibilità di adottare un regime transitorio delle attuali concessioni demaniali marittime, così come già accaduto in altri Paesi europei come Spagna, in cui tali concessioni sono state prolungate di 30, 50 e 75 anni, e Portogallo, in cui il concessionario uscente ha il diritto di prelazione in caso di riassegnazione della concessione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n.  59 del 2010, che ha recepito la direttiva 2006/123/ CE, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della stessa, ovvero a delimitarne l'applicazione mediante l'individuazione di criteri per la concessione delle autorizzazioni, che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori, al fine di contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, e a tutela dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante e degli operatori intestatari delle licenze e che lavorano direttamente o con personale dipendente nei mercati;
2) ad assumere iniziative per prevedere una proroga al 31 dicembre 2020 delle concessioni in essere, al fine di omogeneizzare la situazione su tutto il territorio nazionale;
3) ad assumere iniziative per ottenere, nell'ambito della direttiva 2006/ 123/CE «Bolkestein», una deroga in favore delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, in modo da escluderle dall'applicazione della medesima direttiva, anche alla luce del fatto che tali concessioni si configurano più come concessioni di «beni» che come concessioni di «servizi».
(1-01610)
(Nuova formulazione) «Laffranco, Brunetta, Occhiuto, Bergamini, Alberto Giorgetti».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Costantino n. 4-15208, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 724 del 16 gennaio 2017.

   COSTANTINO, DURANTI, RICCIATTI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, PANNARALE e SANNICANDRO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Capo Colonna, in provincia di Crotone, in località Torre Scifo, ospita l'ultima delle 48 colonne doriche che costituivano il tempio di Hera Lacinia;
   il sito, edificato nel VI secolo a.C., è molto suggestivo per la sua posizione strategica lungo le rotte marittime che univano Taranto allo Stretto di Messina e fu uno dei santuari più importanti della Magna Grecia;
   il titolo V della legge 31 dicembre 1982, n. 979, che ha previsto la costituzione lungo le coste italiane di 20 riserve marine, tra le quali quella di «Capo Rizzuto», una riserva naturale che interessa l'area marina costiera antistante i comuni di Crotone e Isola Capo Rizzuto, lungo la quale, c’è il tratto da Torre Scifo verso località Alfiere, recita testualmente: «Le riserve marine sono costituite da ambienti marini dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora ed alla fauna marina costiera e per l'importanza scientifica, ecologica, educativa ed economica che rivestono»;
   in quest'area paesaggisticamente vincolata è sorta una struttura alberghiera composta da 79 bungalow per una ricezione di 237 ospiti, cui s'aggiungono un ristorante in via di realizzazione che appare in netto contrasto con l'edilizia circostante e un gioco d'acqua per bambini che diventa (in caso d'orticaria per l'acqua che qui è più salata che altrove) un'enorme piscina di 4 metri e mezzo di profondità, fronte mare, a ridosso del demanio; nel 2006, gli imprenditori e fratelli Scalise, promuovono su un terreno agricolo che da piano regolatore consente attività agrituristica la realizzazione di un «camping» presentato come strutture leggere amovibili che di fatto diventano villaggio turistico;
   gli sbancamenti per i lavori iniziano nel 2013, una sanatoria concessa dalla regione nel 2015 e il paesaggio visibilmente alterato, all'interno della riserva marina di Capo Rizzuto in una baia che custodisce 2 relitti romani tra cui il relitto Orsi, un cantiere a ridosso d'una masseria del ‘700, a pochi metri dalla Torre d'avvistamento Lucifero del ’600, in uno dei rari tratti di costa calabrese finora intatto. Con l'aggravante che questa operazione si tradurrà nella cementificazione di Capo Colonna (http:// www.ilfattoquotidiano.it);
   nonostante la mobilitazione di associazioni ambientaliste locali e della cittadinanza, ad oggi le sole opere visibili sono piattaforme di cemento, e sbancamenti, nonostante la Soprintendenza dichiari che i lavori sono stati già svolti. Il rischio è perciò quello di un'accelerazione dei lavori, così come richiesto dall'avvocato degli Scalise che li difende nella battaglia contro i vincoli paesaggistici, Domenico Grande Aracri, fratello di Nicolino al vertice della cosca di Cutro, protagonista dell'operazione Aemilia condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna;
    ha contribuito a portare alla luce lo scempio di Punta Scifo l'archeologa Margherita Corrado, la quale è stata querelata per diffamazione presso la procura di Torre Annunziata dal Soprintendente Mario Pagano. Secondo la legge, diretta a tutti i tecnici della Soprintendenza e ai funzionari archeologi, questo provvedimento renderebbe la professionista che tanto si è spesa per denunciare il caso incompatibile con qualsiasi lavoro la cui vigilanza spetti agli uffici cosentini –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intendano tutelare, per quanto di competenza, il patrimonio culturale e ambientale, garantendo la piena applicazione della legge sulle riserve marine e i vincoli paesaggistici di Torre Scifo e se non si intenda promuovere un'ispezione presso la Soprintendenza per dirimere un contenzioso che rischia di squalificare il lavoro svolto finora dai professionisti che hanno lavorato sul caso. (4-15208)

Pubblicazione di testi ulteriormente riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Ricciatti n. 1-01641, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 808 del 1o giugno 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, è entrata in vigore il 28 dicembre 2006, dopo quasi tre anni di lavoro e un iter legislativo particolarmente complesso, per i contrasti politici che ha incontrato e che ne hanno modificato la formulazione iniziale;
    essa viene anche denominata «direttiva servizi» o «direttiva Bolkestein», dal nome del commissario europeo per il mercato interno, Fritz Bolkestein, della Commissione presieduta da Romano Prodi, che ha curato e sostenuto questa direttiva. La direttiva «servizi» è basata sugli articoli 43-48 (Il diritto di stabilimento) e 49-55 (I servizi) del Trattato che istituisce la comunità europea e si pone l'obiettivo di facilitare la circolazione e la fruibilità dei servizi nell'Unione europea, secondo i criteri tracciati dalla Strategia di Lisbona;
    il comma 1 dell'articolo 1 chiarisce che la direttiva contiene «disposizioni generali che permettono di agevolare l'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Questo obiettivo è declinato nelle seguenti azioni strategiche: 1) facilitare la libertà di stabilimento dei servizi nell'Unione europea. A tal fine, gli Stati membri si impegnano ad eliminare gli ostacoli che impediscono o scoraggiano gli operatori di altri Stati membri a stabilirsi sul loro territorio; 2) facilitare la libertà di prestazione dei servizi nell'Unione europea. Per potenziare l'offerta transfrontaliera di servizi, la direttiva precisa il diritto dei destinatari ad utilizzare servizi di altri Stati membri; 3) promuovere la qualità dei servizi. La direttiva mira a rafforzare la qualità dei servizi incoraggiando ad esempio la certificazione volontaria delle attività o l'elaborazione di carte di qualità e incoraggiando l'elaborazione di codici di condotta europei, in particolare da parte di organismi o associazioni professionali; 4) stabilire una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati per favorire la crescita del mercato dei servizi, per garantire una protezione equivalente su questioni generali e per garantire un efficace controllo dei servizi;
    la direttiva servizi doveva essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 28 dicembre 2009. Il Consiglio medesimo ha riconosciuto che affinché il mercato dei servizi diventi una realtà, dovranno essere eliminati gli ostacoli legislativi, ma anche non legislativi presenti nei diversi Stati membri. Infatti, non è sufficiente una semplice legge per applicare la direttiva «servizi», ma sono necessari anche un impegno importante di razionalizzazione del diritto amministrativo e una serie di iniziative concrete, di carattere organizzativo e di sostegno delle azioni finalizzate ad assicurare le informazioni per i prestatori e per i destinatari;
    la direttiva «servizi» si presenta come una «direttiva quadro». Essa non mira a dettare norme specifiche per la regolamentazione della materia dei servizi, ma tratta le questioni con un approccio orizzontale, con l'obiettivo di perseguire l'armonizzazione della materia nel tempo;
    secondo la direttiva «servizi», gli Stati membri devono esaminare ed eventualmente semplificare le procedure e le formalità applicabili per accedere ad un'attività di servizi ed esercitarla. Le procedure autorizzative possono essere mantenute solo se rispettano i principi di non discriminazione e di proporzionalità; i requisiti richiesti per rilasciare le autorizzazioni possono essere mantenuti solo se siano giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di salute pubblica, di tutela dell'ambiente;
    con il decreto legislativo n. 59 del 2010, lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva comunitaria per la liberazione dei servizi nel mercato interno. Il decreto è diviso in tre parti. Nella prima si stabiliscono i principi generali a cui tutte le pubbliche amministrazioni dovranno attenersi nell'applicazione del decreto: l'ambito di applicazione, le definizioni, le modalità di accesso, i regimi autorizzatori, la semplificazione amministrativa, la tutela dei destinatari, la qualità dei servizi e la collaborazione amministrativa fra Stati. Nella seconda parte si disciplinano alcuni procedimenti riconducibili alla competenza di indirizzo e vigilanza di alcuni ministeri, gestiti in buona parte dai comuni. Nella terza parte, oltre a modifiche e abrogazioni, viene normato il rapporto tra la legge statale e le leggi regionali, in materia di applicazione della direttiva «servizi»;
    nel difficile rapporto tra governo del territorio e libertà d'iniziativa economica che pone al centro la potestà di conformazione dei suoli attribuita ai pubblici poteri il recepimento della direttiva Bolkestein nel nostro ordinamento con particolare riferimento alle attività commerciali incontra ancora forti resistenze a livello regionale/locale nel favorire lì dove non vi siano limiti ambientali, culturali o della sicurezza pubblica l'impulso comunitario diretto all'affermazione della libertà del mercato e nel mercato;
    si tratta di resistenze non incomprensibili se si pensa alla forte connessione tra la presenza di concessioni demaniali o di altro tipo e la generazione di economie locali che rappresentano spesso una delle poche fonti di reddito capaci di mantenere la coesione socio-economica, in un momento di estrema difficoltà sociale ed economica per il contesto italiano;
    le tensioni che si vengono a creare ogni qualvolta si reintroduce il tema della concreta applicazione della direttiva «servizi» nei vari contesti territoriali italiani non possono dunque essere ridotte ad una mera rigida presa di posizione a tutela di interessi economici incancreniti, ma anche all'incapacità degli attori coinvolti di trovare il corretto bilanciamento tra interessi economici e interessi lato sensu pubblici, riguardando in particolare le modalità attraverso le quali le amministrazioni operano le loro scelte di conformazione dei suoli e la loro destinazione edificatoria e d'impresa;
    presso questo ramo del Parlamento sono in discussione una serie di provvedimenti l'applicazione della direttiva Bolkestein su vari rami dell'economia. Tra questi, il disegno di legge che reca una delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo;
    anche le guide turistiche stanno correndo il rischio di non vedere più riconosciuta la loro qualificazione professionale, a seguito del processo di revisione della direttiva Bolkestein. La guida turistica, per definizione, è specializzata nell'illustrazione del patrimonio di un territorio. Le conoscenze e competenze acquisite nel paese di origine non sono automaticamente trasferibili nel Paese ospitante. La guida turistica sembra l'unica professione che, perdendo la competenza territoriale, perde la sua competenza specifica. L'adozione della tessera professionale europea per professioni come quella di guida turistica, in cui la formazione è diversa tra lo Stato di origine e quello ospitante, rischia di eliminare le prove compensative. La qualificazione verificata dallo Stato di origine non è sufficiente. Una guida che esercita in una città d'Europa potrebbe effettuare visite guidate ed illustrare l'identità culturale di 27 paesi, senza dimostrare di possederne la conoscenza;
    sono 190 mila le micro e piccole imprese operanti nel commercio ambulante, un indotto che dà lavoro a circa 320 mila tra lavoratrici e lavoratori del settore. Si tratta di un perimetro produttivo rilevante, che richiede l'interessamento di tutti gli attori istituzionali in campo,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte ad una revisione del decreto legislativo n.59 del 2010, garantendo l'estensione del regime del periodo di proroga transitoria con l'indicazione di un termine – delle concessioni demaniali, marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, al fine di contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale;
2) ad avviare iniziative volte a censire tutte le strutture destinate a regime concessorio demaniale nelle zone marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, al fine di garantire la trasparenza, il regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici e di valutare l'introduzione di una politica di revisione dei canoni concessori;
3) a valutare di assumere iniziative per l'esclusione del regime di applicazione della direttiva «servizi» per l'ambito professionale delle guide turistiche, a salvaguardia dell'interesse prevalente alla tutela del patrimonio artistico-culturale del Paese e delle alte competenze professionali che vi operano;
4) nel settore del commercio ambulante, ad istituire con tempestività un tavolo di confronto tra il Governo, le rappresentanze del settore, le organizzazioni sindacali, l'Anci e la Conferenza delle regioni.
(1-01641)
(Ulteriore nuova formulazione) «Ricciatti, Epifani, Ferrara, Bersani, Laforgia, Nicchi, Scotto, D'Attorre, Duranti, Sannicandro, Martelli, Albini, Fossati, Piras, Franco Bordo, Folino, Melilla, Quaranta, Carlo Galli, Zoggia, Matarrelli, Kronbichler, Zappulla, Mognato».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Busto n. 7-01158, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 721 del 10 gennaio 2017.

   Le Commissioni VIII e XII,
   premesso che:
    l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
    lo stato chimico delle acque superficiali è in «zona rossa» in quasi tutta la pianura Padana e non rispetta la direttiva dell'Unione europea 2000/60 neppure nei cronoprogrammi; le acque di falda usate per l'irrigazione stanno presentando caratteristiche peggiorative in maniera estensiva e possono mettere potenzialmente a rischio la sicurezza delle produzioni agroalimentari; le acque potabili stanno manifestando criticità sempre maggiori, in particolare si segnalano la presenza di nitrati oltre i 50 mg/litro in aree della provincia di Brescia e falde profonde con nitrati oltre i 100 mg/litro in provincia di Mantova, che a breve potranno determinare la contaminazione delle acque potabili;
    da diversi anni i cittadini italiani ed in particolar modo quelli residenti nelle quattro regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) sono esposti, soprattutto nei mesi autunnali ed invernali, ad alti livelli di inquinamento dell'aria oltre i limiti imposti dalle normative comunitarie (direttiva n. 2008/50/CE);
    gli enti locali e le regioni si trovano sempre più spesso a reagire, soprattutto nei periodi di allarme acuto per quanto riguarda gli sforamenti delle soglie, con provvedimenti tampone che si rivelano in larga parte inefficaci;
    l'annuario 2016 dei dati ambientali dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) riporta una diminuzione delle emissioni di PM10 nel periodo 1990-2014 del 34,5 per cento, con un aumento delle emissioni da combustione non industriale, un crollo delle emissioni da combustione industriale e una sostanziale riduzione delle emissioni da trasporto; le emissioni nazionali di ossidi di azoto dal 1990 al 2014 registrano un decremento pari a – 61,5 per cento;
    i dati dell'inventario nazionale delle emissioni come riconosciuto dalla stessa Ispra (paragrafo 1.8 dell'Italian Emission Inventory 1990-2016, Informative Inventory Report 2016), non sono stati sottoposti nella loro interezza all'analisi di incertezza delle stime come richiesto fin dal 2013 dalla competente Agenzia delle Nazioni Unite (Report for the Stage 3 in-depth review of emission inventories submitted under the UNECE LRTAP Convention and EU National Emissions Ceilings Directive for: STAGE 3 REVIEW REPORT ITALY); un'analisi parziale è stata svolta nel 2016, rivelando che le stime per le emissioni delle PM, specialmente quelle di minori dimensioni, metalli pesanti e POP risentono di una maggiore incertezza;
    tali statistiche sono costruite sostanzialmente a partire dal consumo di combustibili alla fonte e sui dati forniti dalle aziende e non già su verifiche a valle della combustione che tengano conto dello stato reale, compresa la loro efficacia e l'efficienza, degli impianti; basti pensare, tra l'altro, a quanto avvenuto recentemente sui dati dei test di emissione delle auto da parte di alcune aziende automobilistiche;
    i dati sulla qualità dell'aria riassunti dall'Environmental Europea Agency nel rapporto «Air Quality in Europe 2016 report» mostrano a) per l'Italia un marcato trend di decrescita della concentrazione di particolato nel periodo 2000-2014; b) valori molto elevati di particolato sostanzialmente concentrate in due aree europee, la Polonia, la Germania orientale e la Pianura Padana (mappa 4.1); c) diffusi superamenti dei valori di concentrazione per l'ozono atmosferico in Pianura Padana e Spagna meridionale con valori di concentrazione estremamente elevati (mappa 5.1); d) in Pianura Padana, dove, nonostante il trend negativo generale delle emissioni di queste sostanze, continuano ad evidenziarsi diverse centraline di monitoraggio con valori eccedenti i limiti imposti dalle normative comunitarie;
    in ogni caso, nonostante il trend positivo per quanto riguarda la riduzione degli inquinanti, l'Italia in generale e le regioni della pianura padana in particolare, presentano livelli di inquinamento superiori alle soglie fissate tanto che la Commissione europea ha aperto due procedure d'infrazione attualmente nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: una riguarda l'applicazione della direttiva n. 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed, in particolare, l'obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2) (procedura 2015/2043); l'altra, la cattiva applicazione della direttiva n. 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente superamento dei valori limite di PM10 in Italia (procedura 2014/2147);
    la pianificazione degli interventi necessari per l'ulteriore diminuzione dell'inquinamento per rientrare nei parametri fissati a livello comunitario non può esulare da una dettagliata analisi delle fonti di emissioni e della loro localizzazione, tenendo anche conto che in un contesto come quello padano le aree urbane e quelle rurali si influenzano a vicenda, ad esempio attraverso l'emissione di ammoniaca da parte delle aziende agricole che favoriscono la formazione di particolato ultra-fine; il decreto legislativo n. 155 del 2010, all'articolo 22, comma 3, prevede per questo che le regioni e le province autonome predispongano gli inventari delle emissioni con cadenza almeno triennale;
    secondo il recente documento dell'Ispra, recante «Inventari regionali delle emissioni in atmosfera e loro articolazione a livello locale» al 2015, (Figura 2), l'ultimo inventario redatto in Italia era quello della Val d'Aosta del 2013, mentre quelli relativi alle regioni della pianura padana erano risalenti nel tempo. In particolare la regione Lombardia lo aveva predisposto nel 2012; la regione Piemonte, la regione Emilia Romagna e la regione Veneto nel 2010;
    da un esame della documentazione reperibile sui siti istituzionali, ad oggi, solo il Veneto risulta avere in corso un aggiornamento ai dati del 2013, attualmente in fase di revisione esterna; per le altre tre regioni padane non risultano ulteriori aggiornamenti degli inventari e, pertanto, si può evidenziare una sostanziale inadempienza di queste istituzioni rispetto alle previsioni di legge per la cadenza degli aggiornamenti delle emissioni;
    quanto riguarda il Veneto, tra l'inventario del 2010 e quello del 2013 si segnala una limitata riduzione delle emissioni di polveri (variazioni percentuali: –3 per cento per le PTS, –4 per cento per le PM10 e –2 per cento per le PM 2.5), coincidente peraltro con una variazione negativa del PIL della regione nello stesso periodo;
    il limite annuale per le PM10 in Europa è fissato in 40 microgrammi/metro cubo, mentre il valore obiettivo fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità è di 20 microgrammi/metro cubo; tra l'altro, la stessa Organizzazione mondiale della sanità evidenzia che per quanto riguarda il particolato, non esiste un valore soglia sotto il quale non vi sono impatti sanitari;
    lo studio «Economic cost of the health impact of air pollution in Europe» (WHO, 2015) ha evidenziato che, nel 2010, i costi sanitari associati all'inquinamento dell'aria per l'Italia sarebbero di 97 miliardi di dollari annui, tenendo conto della sola esposizione al particolato (tabella 2.4 dello studio) e di 133,4 miliardi di dollari tenendo conto della VSL (value of statistical life) nel calcolo. Praticamente, i costi associati al particolato sarebbero pari al 4,7 per cento, del Pil. Tra l'altro, la stima delle morti premature per l'Italia calcolata dall'Organizzazione mondiale della sanità era più bassa (32.447 morti premature nel 2010 per il particolato) delle stime per il 2014 dell'European environment agency; pertanto, se si tenesse conto di quest'ultima stima, i costi sanitari sarebbero molto più elevati;
    esistono complesse interazioni tra i diversi inquinanti, come dimostra lo studio sull'aumento della mutagenicità del particolato a Torino in presenza di ossidi di azoto (Traversi et al. 2011, Involvement of nitrocompounds in the mutagenicity of urban Pm2.5 and Pm10 in Turin, Mutation Research);
    già nel 1998 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva commissionato all'Organizzazione mondiale della sanità Ufficio regionale per l'Europa una valutazione sull'impatto sanitario delle PM10. Nelle otto maggiori città italiane analizzate, circa 3.500 decessi e molte altre patologie erano attribuibili a livelli di PM10 superiori a 30 microgrammi/metro cubo (Health impact assessment of air pollution in the eight major Italian cities. Copenhagen, WHO, Regional Office for Europe);
    l'APAT nel 2007 aveva rinnovato e ampliato questo studio nel rapporto «Impatto sanitario di PM10 e Ozono in 13 città italiane» aveva evidenziato le gravissime conseguenze, con migliaia di morti premature su circa 9 milioni di abitanti, dell'inquinamento dell'aria e in particolare della presenza di ozono e PM10 sulla salute umana, analizzando i dati di 13 città, diverse delle quali situate nella pianura padana; nella sintesi del rapporto si poteva leggere «8.220 decessi l'anno, in media, sono attribuibili a concentrazioni di PM10 superiori ai 20 microgrammi/metro cubo. Tale valore equivale al 9 per cento della mortalità per tutte le cause, escludendo le cause violente (ICD IX 800-999), nella popolazione oltre i 30 anni. L'impatto è stimato considerando i soli effetti a lungo termine sulla mortalità. Considerando anche gli effetti a breve termine (entro una settimana dopo l'esposizione), l'impatto del PM10 superiore ai 20 microgrammi/metro cubo è di 1.372 decessi, equivalenti all'1,5 per cento della mortalità nell'intera popolazione;
    l'European Environment Agency nell’«Air Quality in Europe 2016 report» desume nella Tabella 10.1 una mortalità prematura di 91.050 persone in Italia nel 2013 direttamente collegate ai valori di inquinamento atmosferico per i parametri PM2,5 (66.630 morti premature), Ozono (3.380) e ossidi di azoto (21.040);
    nel medesimo rapporto si evidenzia (tabella 10.2) che l'Italia, con riferimento agli anni di vita persi x 100.000 abitanti per ogni sostanza inquinante è: all'undicesimo posto su 41 Paesi per le PM2,5, con 1.165 anni di vita persi x 100.000 abitanti; di gran lunga al primo posto su 41 Paesi con 368 anni di vita persi x 100.000 abitanti per gli ossidi di azoto, distanziando di 1/3 di ore in più il secondo Paese; al quarto posto su 41 Paesi con 61 anni di vita persi x 100.000 abitanti per l'ozono;
    secondo diversi studi, la concentrazione di polveri ultrasottili Pm 2.5 nella Pianura Padana, già da studi presentati nel 2005, riduce l'aspettativa di vita di 3 anni (http://www.ambientesalute.org);
    secondo uno studio «Impatto degli inquinanti atmosferici sul benessere umano» promosso dall'Università di Bologna e dell'Enea (https://www.arpae.it), nel 2005 a Reggio le Pm10 e il biossido d'azoto hanno tolto in totale tra morti e malattie 69.595 giorni di vita (49.042 le polveri e 20.553 il biossido), per un costo per abitante di 3.637 euro (1.672 Pm10 +1.965 biossido d'azoto). Nel distretto ceramico della stessa provincia di Reggio Emilia il costo per ogni cittadino è stato persino peggiore: 3.665 euro (1.678 per le polveri e 1.987 per biossido di azoto) come riportato su http://www.ambientesalute.org;
    lo studio Moniter, promosso nel 2011 dalla regione Emilia Romagna in collaborazione con Arpa, ha evidenziato come nelle vicinanze d'impianti d'incenerimento si sia registrato un incremento di nascite premature, confermando precedenti studi (https://www.arpae.it);
    in data 10 settembre 2007 l'Ordine dei medici e dei chirurghi dell'Emilia Romagna, avvalendosi del principio di precauzione, ha chiesto una moratoria sulla costruzione di nuovi impianti d'incenerimento nella regione Emilia Romagna che è una delle zone più inquinate d'Europa e del mondo e che quindi non può permettersi emissioni aggiuntive a quelle già esistenti (http://www.dire.it);
    secondo il quotidiano online ReggioReport dell'11 gennaio 2017 a seguito della acquisizione di consapevolezza del legame tra danni alla salute ed inquinamento atmosferico non ultimo il legame tra polveri sottili e demenza senile la regione ha predisposto un «piano aria integrato regionale» con l'obiettivo di: dimezzare il livello di polveri sottili entro il 2020, ridurre il traffico nelle città, aumentare le aree verdi e le zone pedonali, con un investimento di 300 milioni in quattro anni per migliorare la qualità dell'aria in Emilia-Romagna;
    a livello nazionale, sono in corso numerose procedure di V.I.A. presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che interessano l'area padana. Per l'Emilia Romagna sono attualmente in corso di valutazione diversi progetti nei seguenti settori: perforazione di pozzi per ricerca di idrocarburi, stoccaggio di gas, realizzazione dell'autostrada cispadana. Per la Lombardia: stoccaggi di gas e perforazione di pozzi per idrocarburi. Per il Piemonte: perforazione di pozzi per la ricerca di idrocarburi. Per il Veneto: il masterplan dell'aeroporto di Verona;
    sempre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, negli ultimi anni, ha emanato decine di decreti di compatibilità ambientale favorevoli per opere nelle quattro regioni padane che sono potenzialmente impattanti sotto l'aspetto della qualità dell'aria: si va dalla autostrade alle attività di sfruttamento degli idrocarburi, dalle centrali termoelettriche alle raffinerie. Le problematiche emissive possono riguardare non solo il normale funzionamento degli impianti o delle opere, ma anche gli incidenti, come avvenuto recentemente presso il nuovissimo impianto EST della raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi, vanificando anche eventuali sforzi in sede di autorizzazione per compensare le emissioni degli impianti;
    a mero titolo di esempio, per citare alcuni progetti, in Lombardia, si evidenziano l'impianto di biometano da rifiuti a Marcallo con Casone (proponente Green Power Marcallese Srl), con parere favorevole nel 2016, nonché, negli ultimi tre anni, numerosi impianti di trattamento dei rifiuti, strade e altro. A mero titolo di esempio in Veneto basterà ricordare l'impianto per la produzione di bio-BDO ad Adria (RO), proposto dalla società Mater-Biotech S.p.A., con impianti di produzione energetica turbogas e a biomassa con parere favorevole V.I.A.-A.I.A. del 2015; per la regione Emilia Romagna, l’«incremento della capacità produttiva dello stabilimento ceramico sito in comune di Fiorano modenese (Mo)», proposto da Ita S.p.a. nel 2016; per il Piemonte, il «piano particolareggiato di iniziativa pubblica per il parco commerciale e urbano attrezzato in Novara Veveri» nel comune di Novara presentato dalla società Amteco Spa;
    inoltre, tra il 2008 e il 2014, si è osservata una vera e propria esplosione di impianti per produzione energetica, quasi esclusivamente elettrico, da bioenergie che sono ovviamente responsabili di una certa quota di emissioni, primariamente da NOx. Tale impiantistica, secondo i dati relativi al 2014 pubblicati dal GSE nel rapporto «Energia da fonti rinnovabili 2014» è concentrata per il 63 per cento nelle quattro regioni padane: 657 impianti in Lombardia (26,5 per cento del totale italiano), 345 in Veneto (13,9 per cento), 289 in Emilia Romagna (11,7 per cento) e 274 in Piemonte (pari all'11 per cento). Per quanto riguarda la potenza installata, questi impianti rappresentano il 55,5 per cento dei 4.044 Mw installati in tutto il Paese, così suddivisi: 22,7 Lombardia, il 15,1 per cento in Emilia Romagna, l'8,9 per cento in Veneto e l'8,8 per cento in Piemonte. È interessante notare, dal punto di vista della produzione nazionale, in termini di Gwh/anno che oltre la maggior parte proviene da impianti a biogas (8.198 Gwh), seguiti dalle biomasse solide (6.192,9 Gwh) e infine da quelle liquide per 4.341,1 Gwh;
    circa il 70 per cento delle aziende in regime di autorizzazione integrata ambientale in Italia sono concentrate nelle quattro regioni padane. L'articolo 29-decies, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195;
    si evidenzia che la stragrande maggioranza di questi impianti sono di taglia minore di 1 Mw per potenza installata e che quindi, in larga parte, non sono stati sottoposti alle procedure di valutazione di assoggettabilità a V.I.A. o di V.I.A. diretta, con tutto quello che ciò comporta in termini di controllo e monitoraggio delle emissioni, di trasparenza delle stesse per la popolazione e, soprattutto, di valutazione, anche in termini cumulativi e sinergici, della reale compatibilità con un contesto territoriale in cui gli standard di qualità dell'aria da tempo non soddisfano i limiti fissati dalle normative comunitarie;
    l'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga alla pubblicazione sui siti web delle autorità competenti per le procedure di V.I.A. dei risultati dei monitoraggi ambientali condotti sulle opere autorizzate;
    l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga le autorità competenti a provvedere alla verifica di ottemperanza delle prescrizioni delle procedure di V.A. e V.I.A. nonché della corretta esecuzione degli interventi secondo gli elaborati presentati. Gli esiti dei controlli devono trovare pubblicità secondo quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005,

impegnano il Governo:

   a valutare la sussistenza dei presupposti per deliberare lo stato di emergenza di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per l'intera area della Pianura Padana, predisponendo le risorse e fissando i tempi necessari per una bonifica dell'area e per la realizzazione degli interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio, tra cui una moratoria degli impianti più inquinanti nelle forme e nei modi individuati di seguito, nonché una pianificazione ecologica, ai fini della reale tutela della salute pubblica;
   ad avvalersi del Comitato tecnico e del Coordinamento di cui, rispettivamente, all'articolo 9 e 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, al fine di predisporre uno specifico programma di misure di carattere nazionale atto a fronteggiare le gravi condizioni di inquinamento atmosferico interregionale, valido fintanto che non siano correttamente applicate le previsioni in materia di monitoraggio e controllo della qualità dell'aria di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, che preveda, con specifico riferimento alle aree interregionali della Pianura Padana, il divieto di autorizzazione di nuovi stabilimenti industriali che comportino processi di combustione, ad esclusione di quelli che perseguano standard ambientali elevati e comprovati da una valutazione basata sul ciclo di vita, estendendo tale divieto anche agli interventi di ampliamento o modifica degli stabilimenti industriali esistenti, fatti salvi quelli che rispettino i predetti requisiti ambientali;
   ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettate su tutto il territorio nazionale le scadenze dettate dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2010, rispetto all'aggiornamento degli inventari delle emissioni;
   ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettate su tutto il territorio nazionale gli obblighi di pubblicazione dei dati di monitoraggio ambientale e di divulgazione delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
   per i progetti di competenza nazionale, ad assicurare che le strutture del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispettino gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi ai controlli degli impianti in regime di A.I.A. di competenza nazionale nonché dei dati del monitoraggio ambientale e delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
   ad assumere iniziative per mappare tutte le fonti di pressione ambientale esistenti in pianura Padana, in particolare quelle che interessino più matrici ambientali, orientando tutte le autorizzazioni ambientali a valutare l'impatto cumulativo dei progetti;
   a rendere pubblici tutti i dati relativi alla contaminazione di suoli e falde acquifere, con particolare riferimento alle acque potabili;
   ad assumere iniziative per ridurre la pressione ambientale su suoli e falde acquifere secondo le direttive dell'Unione europea 2000/16 e seguenti;
   ad assumere iniziative per provvedere, attraverso una concertazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero della salute e le quattro regioni padane, con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità e garantendo adeguate risorse, ad uno o più studi epidemiologici di dettaglio sia per tipologia di inquinante sia per contesto territoriale a scala sub-regionale, incluso un monitoraggio di medio-lungo periodo, facendo sì che tale attività sia indirizzata a stabilire eventuali ed ulteriori interventi puntuali per la prevenzione delle patologie connesse all'inquinamento atmosferico e all'esposizione a sostanze inquinanti;
   ad assumere iniziative per provvedere, con uno specifico finanziamento, ad uno o più studi relativi ai danni epigenetici derivanti dall'esposizione ai diversi inquinanti atmosferici in pianura padana;
   a promuovere nell'ambito del Coordinamento tra Ministero, regioni ed autorità competenti in materia di aria ambiente di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, l'istituzione di un tavolo tecnico per la redazione di un piano d'area tra le quattro regioni della pianura Padana, con il coinvolgimento delle città metropolitane e dei comuni maggiormente interessati per individuare interventi strutturali idonei a fronteggiate la grave situazione di inquinamento atmosferico nell'area della Pianura padana;
   a promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni e con il sistema delle agenzie ambientali, un programma di controlli a campione per le emissioni su almeno il 10 per cento degli impianti a bioenergie presenti nelle quattro regioni da svolgersi entro sei mesi.
(7-01158)
«Busto, Mantero, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Grillo, Baroni, Silvia Giordano, Colonnese, Lorefice, Di Vita, Nesci, Spadoni».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Mucci n. 5-11248 del 2 maggio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Kronbichler n. 5-11769 del 6 luglio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Quaranta n. 5-11975 del 26 luglio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Artini n. 4-17547 del 1o agosto 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Simonetti n. 4-16614 del 17 maggio 2017 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-12116.

Ripubblicazione di testi.

  Si pubblica di seguito il testo di due interrogazioni a risposta immediata in Commissione, già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 7 settembre 2017 in allegato al resoconto sommario della seduta della Commissione VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici:

ATTI DI CONTROLLO

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   DAGA, TERZONI, MICILLO, ZOLEZZI, BUSTO, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge dalle cronache dei giornali, il tema dell'emergenza abitativa è sempre più attuale, riguarda quei milioni di cittadini che nel nostro Paese vivono al limite della soglia di povertà, e necessita di trovare soluzioni quanto più rapide e definitive;
   solo per fare un esempio, in base ai dati pubblicati dal Ministero dell'interno nel maggio 2017, solo nel 2016 sono stati emessi più di 60 mila provvedimenti esecutivi di sfratto di cui il 90 per cento sono dovuti a morosità incolpevole;
   secondo i dati del Dipartimento patrimonio, solo nella città di Roma, ci sarebbero 20.000 famiglie in graduatoria per ottenere l'assegnazione di una casa popolare, e circa 250.000 immobili sfitti o invenduti, di cui 40.000 di recente costruzione;
   l'ultimo provvedimento del Governo, relativo al tema del disagio abitativo, risale al decreto-legge n. 47 del 24 marzo 2014, convertito dalla legge n. 80 del 2014;
   sempre dalla stampa si apprende che la circolare del Ministero dell'interno ai prefetti sulla gestione degli sgomberi è stata inviata, le linee guida sono state definite e sarebbero state individuate le risorse a cui fare riferimento per tamponare l'emergenza tra i Fondi europei 2014-2020 per la sicurezza –:
   in che modo sia coinvolto il Ministro interrogato, nell'attuale gestione dell'emergenza abitativa in Italia, quale sia lo stato di attuazione della legge n. 80 del 2014 e l'attuale disponibilità dei fondi da essa previsti e se il Governo intenda assumere iniziative per rifinanziare i fondi esistenti o prevedere nuovi fondi nella prossima legge di bilancio. (5-12082)


   BORGHI, TARICCO, GRIBAUDO, GNECCHI, REALACCI, GINEFRA e FALCONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tunnel del Colle di Tenda, ultimato nel 1898 è uno dei più vecchi in esercizio ed è il primo collegamento internazionale italiano tra due Stati;
   dal 2011, il tunnel si può attraversare solo a senso unico alternato, con attese di 27 minuti ai semafori;
   nel 2012 la Grandi Lavori Fincosit, si è aggiudicata i lavori per la costruzione di una canna mono-direzionale di carreggiata pari a 6,50 metri, iniziati nel novembre 2013 con ultimazione prevista entro febbraio 2020;
   in base ai dati forniti dall'Anas, attualmente sono stati predisposti solamente 144 metri sui 3283 totali della galleria, di cui 66 sul versante francese e 78 su quello italiano; le perforazioni avanzano quindi di circa 70 centimetri al giorno; a questa velocità servirebbero ancora 12 anni per scavare gli oltre 3000 metri mancanti;
   a seguito di intercettazioni disposte dalla procura di Cuneo e dalla Guardia di finanza, il cantiere del Tenda bis è stato posto sotto sequestro e, a seguito dell'avvio di un'inchiesta, la magistratura cuneese ha emesso numerose misure cautelari;
   secondo la stampa, otto persone sono state iscritte nel registro degli indagati con accuse di furto aggravato, frode in pubbliche forniture, detenzione illecita di esplosivi, tra costoro ci sarebbero responsabili e operai della Fincosit, un dirigente dell'Anas e consulenti esterni;
   a seguito delle predette intercettazioni sono state altresì richieste verifiche sul muro alto 11 metri che protegge la Rd 6204 (Route Départemental) a Tenda;
   nel mese di luglio 2017 i sindaci di Breil e Fontan hanno vietato, in Val Roja, con ordinanza, il passaggio dei mezzi di peso superiore alle 19 tonnellate sulla Rd 6204; la sospensione del transito, l'incertezza sui tempi del cantiere e del sequestro giudiziario e, infine, il divieto di transito per i mezzi pesanti stanno cagionando notevoli danni alla programmazione turistica delle valli e ai tantissimi lavoratori transfrontalieri cuneesi, oltre a incidere in modo pesante sui costi dell'interscambio commerciale del cuneese;
   valutazioni divergenti in merito alla sicurezza e, in generale, riguardo alla situazione del cantiere e della Route Départemental 6204 sono state espresse, nei giorni scorsi, dall'Anas e dalle autorità francesi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente intervenire per verificare l'effettivo stato dei lavori e dell'infrastruttura, per garantire la necessaria tranquillità e sicurezza ai cittadini, per evitare ulteriori danni al territorio, salvaguardandone la mobilità e l'indotto economico collegato a questa fondamentale opera stradale transfrontaliera. (5-12083)