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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 28 luglio 2017

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPADONI, BASILIO, CANCELLERI, GRANDE, MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, DI BATTISTA e DEL GROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (Committee on the elimination of discrimination against women – Cedaw) è stata adottata a livello internazionale nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ed è entrata in vigore il 3 settembre 1981;
   la Convenzione Cedaw prevede l'istituzione di un Comitato per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione e che è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 Paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli Stati firmatari della Convenzione;
   le 23 componenti di tale Comitato svolgono le loro funzioni a titolo personale, non in qualità di delegate o rappresentanti del proprio Paese d'origine;
   ogni Stato che ratifica la Convenzione, o vi aderisce, ha l'obbligo di presentare al Comitato Cedaw dei rapporti periodici in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo Stato in questione per dare applicazione alle norme contenute nella suddetta convenzione;
   il primo Rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente, i rapporti vanno presentati ogni quattro anni;
   a seguito dell'analisi del Rapporto, a carattere quadriennale, presentato a Ginevra dal Governo italiano il 4 luglio 2017, il suddetto Comitato ha deciso che l'Italia, invece di preparare un nuovo report per il 2021, debba rispondere tra due anni su vari punti critici dal Comitato stesso evidenziati nel suo giudizio finale;
   il Comitato ha pubblicato il « Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», datato 21 luglio 2017, nel quale ha esplicitato le propri perplessità e lacune alle quali il Governo italiano dovrà provvedere e rispondere con un nuovo rapporto fra due anni, in particolare riguardo ad alcune criticità: a) la mancanza di un quadro completo e armonizzato, comprese procedure chiare, linee guida e standard, per l'individuazione e l'assistenza a persone con esigenze e vulnerabilità specifiche, in particolare le donne e le ragazze che cercano asilo e rifugiati; b) il numero insufficiente di centri di accoglienza e il sovraffollamento e le condizioni non conformi a causa del crescente numero di rifugiati e richiedenti asilo che entrano nel Paese; c) l'assenza di una politica globale e integrata sulla parità di genere a livello nazionale; d) il rinvio costante dell'esame della proposta di legge con cui si intenda istituire un'istituzione nazionale per i diritti umani;
   il Comitato evidenzia che per l'Italia è necessario rafforzare la consapevolezza delle donne circa i loro diritti ai sensi della Convenzione e i rimedi a loro disposizione per denunciare le violazioni di tali diritti;
   nello stesso tempo, si afferma anche che il Governo italiano dovrà impegnarsi a rendere fruibili le informazioni sulla Convenzione, sul protocollo facoltativo e sulle raccomandazioni generali del Comitato a tutte le donne, nessuna esclusa;
   dal rapporto si evince che in Italia manca il coordinamento tra le varie componenti regionali e locali e una chiara definizione dei mandati e delle responsabilità;
   il Comitato suggerisce di aumentare le risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità e di istituire un Ministero ad hoc necessario per avviare, coordinare e attuare le politiche di uguaglianza di genere –:
   quali iniziative intenda assumere, il Governo, anche di tipo normativo, per compensare nel breve periodo le gravi lacune del sistema italiano evidenziate dal rapporto Concluding observations on the seventh periodic report of Italy di cui in premessa. (4-17513)


   GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web della Commissione adozioni internazionali, il 12 luglio 2017 è stata pubblicata la seguente notizia: «Si comunica che sono in corso i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell'anno 2011 che saranno integralmente liquidati entro la fine del corrente anno 2017, nel rispetto dei criteri fissati dal DPCM del 4 agosto 2011. Si informa altresì che, successivamente al DPCM del 4 agosto 2011, non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, attualmente non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011»;
   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, il Coordinamento «Care» (Coordinamento delle associazioni familiari adottive e affidatarie in rete) ha avviato una petizione, (in pochi giorni sono state raccolte oltre 6.500 firme), per chiedere al Governo di intervenire immediatamente per venire incontro alle istanze delle circa 14 mila famiglie che, dal 2012, sono in attesa di ricevere il dovuto rimborso per le spese sostenute per concludere l’iter di una adozione internazionale. Le famiglie adottive chiedono al Presidente del Consiglio dei ministri e al presidente della commissione adozioni Internazionali di rispettare gli accordi. Gli accordi prevedevano un rimborso delle spese adottive sostenute e certificate fino al 50 per cento;
   la Ministra per le riforme e i rapporti con il Parlamento, in risposta ad un atto di sindacato ispettivo, aveva dichiarato, nel 2016, una disponibilità di risorse sul fondo adozioni fino a 20 milioni di euro. La mancata erogazione del rimborso è imputabile, quindi, all'inerzia del Governo nel varare il relativo decreto attuativo;
   le spese per l'adozione internazionale sono ingenti: variano tra i 15.000 e i 30.000 euro, oltre ai costi fissati dall'ente autorizzato, le famiglie devono sostenere anche i costi per le pratiche all'estero, che sono comunque variabili, e le spese necessarie per il trasferimento, vitto ed alloggio nel Paese estero. Molte famiglie hanno acceso mutui dedicati all'adozione o hanno chiesto prestiti a amici e parenti per poter raggiungere i propri figli, pensando di veder restituito parte di questo esborso;
   occorrerebbe garantire, sul piano ordinamentale, la rimozione di ogni ostacolo economico e sociale che possa rendersi di impedimento all'accesso all'adozione –:
   quali iniziative, il Governo stia adottando per far sì che le famiglie adottive possano finalmente accedere ai rimborsi dovuti. (4-17522)


   ALBERTO GIORGETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Gualtiero Walter Ricciardi, medico, accademico e politico italiano è stato nominato presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) a decorrere dal 1o settembre del 2015;
    Istituto Superiore di Sanità è un organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale (sotto vigilanza del Ministero della salute) che ha svolto un ruolo significativo nella predisposizione del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019;
   in relazione al suo ruolo di consulente svolto nell'elaborazione del «decreto vaccini», il professore Ricciardi ha precisato che, contemporaneamente all'assunzione della guida dell'istituto, si è messo in aspettativa dall'università Cattolica e si è dimesso dagli incarichi assunti, compresi quelli compatibili, proprio per potersi dedicare esclusivamente all'Istituto Superiore di Sanità;
   dal giorno dell'assunzione della guida dell'Istituto Superiore di Sanità però, si sono sviluppati a giudizio dell'interrogante potenziali conflitti di interessi e posizioni che necessitano chiarimenti;
   in primis, la questione relativa al finanziamento effettuato dalla «Merck Sharp & Dohme» (una delle maggiori aziende farmaceutiche al mondo) a favore dell'Istituto di sanità pubblica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma per la chiamata diretta di un professore di prima fascia;
   l'istituto destinatario del finanziamento è stato diretto dal 2002 dal Ricciardi, all'epoca professore universitario ordinario di igiene generale ed applicata (dal 1o settembre 2015 in aspettativa senza assegni) e non dispone, ad oggi, di alcun altro professore ordinario;
   la posizione è ancora più delicata per il ruolo svolto dall'Istituto Superiore di Sanità nella predisposizione del Piano vaccinale 2017-2019, con Ricciardi consulente per il Ministero della salute;
   il bando per la cattedra finanziata dalla Merck Sharp & Dohme è stato approvato il 7 giugno 2017, lo stesso giorno dell'adozione del cosiddetto «decreto vaccini» ed il profilo di un caso di conflitto d'interessi appare secondo l'interrogante evidente;
   inoltre il 29 luglio 2016, con decreto direttoriale n. 1531, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato la «Procedura per la formazione delle Commissioni nazionali per il conferimento dell'Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia», con partecipazione dei professori ordinari delle università italiane alla procedura di formazione delle commissioni (articolo 2). Al comma 1 dell'articolo 2, però, viene specificato che «possono presentare domanda di partecipazione alla procedura di formazione delle liste di cui all'articolo 1, comma 2, i professori ordinari in servizio nelle università italiane»;
   all'articolo 3, comma 2, lettera g) del decreto direttoriale n. 1531, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca specifica che, nella domanda di partecipazione, deve essere presente la dichiarazione di essere in servizio quale professore ordinario, mentre alla lettera e), viene richiesta, pena l'esclusione, «dichiarazione di non essere in una delle situazioni di incompatibilità con la partecipazione alle Commissioni per il reclutamento dei professori universitari derivanti dal collocamento in aspettativa ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 o da altre specifiche ed espresse disposizioni normative»;
   nonostante ciò, nella «Lista degli Aspiranti Commissari sorteggiabili del settore 06/M1 (Igiene generale e applicata, scienze infermieristiche e statistica medica)» figura il profilo di Walter Gualtiero Ricciardi –:
   se il Governo non intenda accertare la posizione del professor Gualtiero Walter Ricciardi in relazione a quello che appare all'interrogante un possibile profilo di conflitto di interessi riguardante la vicenda del finanziamento effettuato dalla Merck Sharp & Dohme e se non intenda adottare le opportune iniziative, laddove necessario, affinché siano eliminate le situazioni di possibile conflitto di interessi;
   se il Governo non ritenga opportuno fare chiarezza sulla effettiva compatibilità del ruolo ricoperto dallo stesso professor Ricciardi in relazione alla partecipazione alla «Procedura per la formazione delle Commissioni nazionali per il conferimento dell'Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia», avviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed espressamente riservata a professori ordinari in servizio e non in aspettativa. (4-17523)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alla luce dei recenti terremoti nel Centro Italia e con l'avvio del nuovo anno scolastico 2017-2018, cresce la preoccupazione di studenti, insegnanti e famiglie delle zone terremotate di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo per quanto riguarda la sicurezza degli edifici scolastici;
   tale preoccupazione, è già stata motivo di ulteriore atto di sindacato da parte dell'interrogante, ove si segnalava che, secondo i dati pubblicati da Cittadinanzattiva, solo l'8 per cento degli edifici scolastici risultavano adeguati alla normativa sismica;
   l'ultimo «decreto terremoto» prevede un Piano straordinario per ripristino «attività scuole» mediante l'elaborazione di uno o più piani straordinari diretti per l'anno scolastico 2017-18 delle condizioni necessarie per la ripresa, nelle aree terremotate del Centro Italia, della «normale» attività educativa e didattica;
   alla Conferenza unificata del 1o ottobre 2013, l'Anci aveva espresso parere favorevole al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'università e della ricerca, sulla definizione delle modalità di impiego delle risorse della Protezione Civile destinate a interventi di adeguamento strutturale degli edifici scolastici e alla costruzione di nuovi edifici dove necessario con uno stanziamento pari a 40 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015;
   tali risorse, dopo la legge n. 107 del 2015, sono confluite nel Fondo unico per l'edilizia scolastica gestito dal Ministero dell'università e della ricerca con apposito decreto-legge n. 154 del 2015 recante «Disposizioni urgenti in materia economico-sociale» cosiddetto «Scuole Belle»;
   l'articolo 1, del suindicato decreto dispone che «Per la celere prosecuzione degli interventi relativi al piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici, di cui alla delibera CIPE 30 giugno 2014, n. 21, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 22 settembre 2014, è disposto l'immediato utilizzo delle risorse già assegnate dal Cipe nella seduta del 6 agosto 2015, nell'importo di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 10 milioni di euro per l'anno 2016, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020. È autorizzata la spesa di ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2015, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, di cui all'articolo 18 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»;
   ad esempio, a Senigallia, (Ancona) – classificata zona a rischio sismico – non vi è nessun dato concreto e preciso riguardo alle reali condizioni di sicurezza anti-sismica delle scuole e sullo stato di messa a norma degli edifici scolastici del territorio, poiché mancano le risorse necessarie finalizzate alle verifiche e agli adeguamenti e tale situazione è comune a gran parte delle scuole del Paese –:
   se il Governo intenda chiarire quante siano le scuole che, ad oggi, hanno eseguito le procedure previste dalle norme vigenti in materia di vulnerabilità sismica;
   se il sistema di catalogazione dei fabbricati scolastici, che consente di fotografare qual è il grado di rischio in caso di terremoto, sia stato già definito e, in caso contrario, quali siano le motivazioni che avrebbero portato a ritardi nel provvedere a detta catalogazione;
   quante siano le scuole che attualmente non rispondono alle principali norme antincendio e di sicurezza;
   quali siano i fondi stanziati per la messa in sicurezza degli edifici pubblici e per contrastare la loro vulnerabilità sismica, e quanti risultino ancora non erogati nonostante le richieste pervenute dalla  pubblica amministrazione;
   quale sia lo stato di ripristino «attività scuole» come previsto dal cosiddetto «decreto terremoto»;
   quali siano le iniziative che intenda assumere il Governo affinché le pubbliche amministrazioni presenti nel territorio nazionale siano nelle condizioni di adempiere alla normativa vigente in materia di sicurezza e vulnerabilità sismica. (4-17525)


   BIANCOFIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi in Trentino, nel comune di Terlago, si è verificata da parte di un'orsa un'aggressione ad un uomo che passeggiava col proprio cane, fortunatamente le condizioni del ferito pare non siano particolarmente gravi;
   cronache meno recenti segnalano che, anche in passato, ci sono stati alcuni episodi (si ricorderà il più famoso quello dell'orsa Daniza) che hanno visto aggressioni di orsi verso esseri umani (per la precisione agosto 2014 a Pinzolo, maggio 2015 vicino alla città di Trento e pochi giorni dopo nei pressi di Cadine);
   il progetto Life Ursus nasce nel 1996 con lo scopo di salvare dall'estinzione l'orso bruno del Brenta e ha avuto l'avvio con, l'immissione nel territorio trentino di 9 esemplari – tra maschi e femmine — importati dalla Slovenia, ad oggi, si stimano circa 70 esemplari. Sembrerebbe che la maggioranza degli orsi non sia radiocollarata e, di contro, la parte informativa/formativa riservata alla popolazione sia stata molto trascurata per non dire ignorata;
   la politica in questi anni ha letteralmente dimenticato il progetto, abbandonandolo a se stesso, «snobbando» il fatto che gli orsi si sono moltiplicati in un territorio fortemente antropizzato e non pronto ad una convivenza consapevole con tali animali;
   la giunta provinciale trentina, governata da un presidente dello stesso partito che avrebbe promosso l'avvio di un progetto rivelatosi superficiale e pericoloso e vorrebbe poter intervenire, in maniera drastica su alcuni esemplari catturandoli o, peggio, abbattendoli. Soluzioni inutili ed estreme che evidenziano l'incapacità di gestione della situazione, lasciando il problema immutato, senza considerare il fatto che altri episodi di contatto non pacifico avverranno sicuramente prima o poi –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo al fine di garantire l'incolumità dei cittadini in relazione a quanto evidenziato in premessa – in assenza di soluzioni pratiche e tangibili — e se intenda sospendere il progetto «Life Ursus»;
   se il Governo intenda accogliere la proposta formulata dalla Commissione paritetica, di cui all'articolo 107 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, composta da dodici membri, circa la norma di attuazione dello Statuto concernente le competenze che potrebbero essere riconosciute alla Provincia autonoma di Trento in materia di gestione e controllo della diffusione di orsi e lupi nel territorio;
   se il Governo intenda promuovere, con urgenza, un piano di intervento di installazioni di radiocollari su tutti gli esemplari di tali animali;
   se si ritenga opportuno avviare urgentemente percorsi di informazione e formazione nelle scuole e per tutti i cittadini, tramite la diffusione, in maniera organizzata e capillare, della conoscenza di regole basilari per una convivenza innocua tra esseri umani e orsi;
   se intenda chiarire di quali risarcimenti possano beneficiare le persone vittime degli attacchi degli orsi per i danni subiti sia sotto un profilo fisico/psicologico che economico, e se ciò possa avvenire in tempi brevi e certi. (4-17527)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa, si apprende che le indagini della direzione distrettuale antimafia, della squadra mobile di Latina e della Polstrada di Aprilia, hanno consentito di rinvenire una maxi discarica abusiva nella periferia di Aprilia e di smascherare l'organizzazione che trafficava illecitamente i rifiuti;
   grazie alle telecamere installate per le operazioni investigative, sono stati documentati centinaia di sversamenti illeciti;
   durante l'operazione sono stati sottoposti a sequestro preventivo di 9 società, 11 quote societarie, sette fabbricati ad uso civile e otto fabbricati a uso industriale, sette, locali adibiti a deposito, 37 appezzamenti di terreno, 60 tra autovetture e attrezzature, conti correnti bancari riconducibili agli indagati, ai loro familiari e prestanome per un valore di circa 15 milioni di euro;
   il giudice per le indagini preliminari di Roma ha disposto 15 arresti ed emesso 5 ordinanze di custodia cautelare che prevedono il divieto di dimora dei comuni di Aprilia, Ardea e Velletri e l'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Le persone finite sotto inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Roma dovranno rispondere a vario titolo dei reati di traffico illecito di rifiuti, fittizia intestazione di beni, autoriciclaggio e vari reati ambientali con l'aggravante dell'associazione a delinquere. In particolare, gli imprenditori apriliani Antonio e Riccardo Piattella sono accusati di essere al centro dell'illecita filiera sorta attorno alla cava di pozzolana dismessa, utilizzata per l'occultamento di centinaia e centinaia di carichi di rifiuti tossici, dal 2016 ad oggi, allo scopo di un consistente risparmio di spese per lo smaltimento legale;
   inoltre, sono stati avviati controlli e verifiche sulla qualità delle acque di un torrente e di una sorgente di acqua minerale che si trovano a poche centinaia di metri dalla cava. Si tratta di acqua che non viene imbottigliata ma utilizzata costantemente dai residenti;
   durante la primavera-estate del 2017 si sono sviluppati numerosi roghi in diversi impianti di rifiuti della regione Lazio, causati probabilmente per smaltire, in modo illecito, rifiuti anche speciali e nocivi, dovuti pure al fatto che le gare di appalto vengono aggiudicate sulla base della proposta economicamente più conveniente;
   considerate le diverse metodologie e verifiche sia per l'esame degli impianti dei rifiuti, sia per i controlli delle emissioni e scarichi dagli stessi, l'emergenza rifiuti riempie quotidianamente le cronache di stampa, forse anche per aumentare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'opportunità e necessità di nuovi impianti o invasi non necessari e dannosi per la salubrità delle comunità e dell'ambiente –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga necessario intraprendere iniziative di competenza volte a promuovere l'installazione di strumenti tecnologici per monitorare le aree di cui in premessa e prevenire azioni che possano recare danno alla salute della popolazione locale, nonché alla salubrità dell'acqua, del terreno e dell'aria;
   se il Governo non ritenga opportuno avviare accurate ispezioni nell'area, per il tramite del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di poter stabilire quali siano, ad oggi, i livelli di inquinamento del sito e quale sia il livello di contaminazione delle falde acquifere sottostanti, nonché al fine di valutare se sia possibile inserire l'area nei Siti di interesse nazionale;
   quali iniziative urgenti si intendano adottare in relazione ai fatti sopra descritti per tutelare la salute della popolazione coinvolta e garantire la salubrità dell'aria nella zona in questione;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere la disciplina in materia di autorizzazione per la realizzazione di impianti per rifiuti, al fine di evitare eventuali disparità di trattamento nell'esame dei progetti. (5-12006)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, DI VITA, NUTI, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   i bagni di Cefalà Diana, ovvero le terme arabe risalenti al basso Medioevo, fanno parte dell'omonima Riserva naturale orientata, istituita nel 1997 dall'assessorato dell'ambiente del territorio della regione Siciliana;
   l'area protetta è ampia circa 140 ettari e ha l'obiettivo di tutelare la serie di sorgenti fredde che sgorgano nelle immediate vicinanze dell'unica calda, alle falde di Pizzo Chiarastella, e la componente algale termofila dei condotti e dei serbatoi delle acque termali;
   i bagni di Cefalà sono uno dei luoghi che ogni anno vengono visitati da turisti durante le visite guidate e rappresentano una rara testimonianza dell'architettura del periodo arabo con riprese in epoca normanna;
   in passato è stato condotto un progetto di restauro dalla Soprintendenza di Palermo, sezione beni P.A.U.;
   alcune vasche riconducibili al XII secolo sono state ricoperte da cumuli di terra;
   in data 18 maggio 2016 è stata presentata interrogazione (n. 3851), a prima firma La Rocca, in assemblea regionale siciliana, chiedendo spiegazioni in merito ai lavori di restauro intrapresi dalla Soprintendenza di Palermo e in merito alla copertura e all'interramento delle vasche su citate. Attualmente, l'interrogazione risulta ancora senza risposta;
   l'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede forme di cooperazione tra Stato e regioni in materia di tutela del patrimonio culturale, al fine di garantire sempre un livello di governo unitario e adeguato al fine da perseguire;
   altresì si prevede che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo eserciti il potere di indirizzo e vigilanza e il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza da parte delle regioni;
   allo stesso modo, l'articolo 5 del codice dei beni culturali e del paesaggio della regione Siciliana prevede lo stesso potere sostitutivo in capo al Ministero dei beni e delle attività culturali qualora vi sia inerzia o inadempienza da parte della regione competente –:
   se il Ministro interrogato intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative di competenza al fine di tutelare il complesso termale dei bagni di Cefalà, ed in particolare ai fini della tutela delle vasche riconducibili al XII secolo le quali risultano essere state interrate. (5-11999)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, FRUSONE, PAOLO BERNINI, RIZZO e BASILIO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in esito alle riunioni del gruppo di lavoro congiunto del Ministero della difesa e della regione Sardegna, nel corso della quale, i rappresentati dal Ministro pro tempore della difesa, Parisi e del Presidente pro tempore della regione Sardegna, Soru, si è giunti, nel marzo 2007, ad un protocollo di intesa relativamente agli immobili militari ubicati in Sardegna;
   da tale intesa si è giunti alla individuazione degli immobili militari presenti nella regione Sardegna da sottoporre a dismissione da parte del Ministero della difesa e per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze, con il contestuale impegno della regione di provvedere alla ricollocazione delle attività e delle funzioni espletate negli immobili per i quali si procederà alla dismissione;
   il suddetto gruppo di lavoro risulta essere fondamentale nell'espletamento di tali attività, in quanto la Sardegna è la regione italiana con la più alta percentuale di servitù militari presenti sull'intero territorio nazionale. Si rende quindi necessario procedere al riequilibrio delle servitù e delle attività militari in conformità, con le linee guida tracciate dal Ministro della difesa nell'ottobre 2006 presso la Commissione difesa della Camera dei deputati;
   da questo gruppo di lavoro sono stati già individuati:
   a) gli immobili già dismessi, in quanto trasferiti ad altra amministrazione, ovvero restituiti ai proprietari originari;
   b) gli immobili immediatamente dismissibili, per i quali essendo venute meno le esigenze istituzionali, possono essere avviate da subito le procedure per la loro dismissione;
   c) gli immobili permutabili, per i quali possono essere avviati negozi di permuta in relazione alla richiesta della regione di disporre di tali strutture;
   d) gli immobili contestati, ossia immobili militari il cui utilizzo è oggetto di contestazione da parte della regione;
   e) gli immobili in uso e non richiesti dalla regione, che la difesa continuerà ad utilizzare per fini istituzionali e per i quali non vi sono particolari esigenze da parte dell'amministrazione locale;
   f) gli immobili in corso di approfondimento, il cui status è tuttora in corso di verifica –:
   come il Governo intenda procedere al fine di dare attuazione agli accordi raggiunti di concerto con la regione Sardegna;
   quale sia l'elenco completo dei beni «immediatamente dismissibili» già trasferiti alla regione Sardegna e di quelli non trasferiti, e in quest'ultimo caso, per quali ragioni;
   con riferimento ai «mobili permutabili», quali siano quelli trasferiti e quali quelli in trattativa e di quali elementi disponga circa le spese sostenute dalla regione Sardegna per realizzare le infrastrutture necessarie al loro utilizzo per ogni singolo bene. (4-17524)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, ROMANINI, SALVATORE PICCOLO, MARIANI, AMATO, FRAGOMELI, PRINA, VALIANTE, DE MENECH, CAPONE, GRIBAUDO e PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha introdotto una specifica procedura per la modifica della categoria catastale degli immobili, volta al riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133;
   la citata normativa ha disposto l'obbligo di presentazione di un'apposita domanda di variazione della categoria catastale all'Agenzia del territorio, con autocertificazione attestante i requisiti richiesti dalla legislazione vigente per il riconoscimento del carattere rurale sugli immobili posseduti continuativamente per cinque anni;
   l'articolo 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, al comma 14, lettera d-bis), ha previsto l'abrogazione della citata normativa facendo salvi, ai sensi del comma 14-bis, gli effetti delle domande di variazione della categoria catastale già presentate, previsti in relazione al riconoscimento di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo;
   il successivo comma 14-ter del citato articolo 13 ha inoltre previsto l'obbligo, per i titolari di diritti reali sui fabbricati rurali ancora censiti al catasto dei terreni e su quelli che hanno perso i requisiti di ruralità, di dichiararli al catasto dei fabbricati entro il 30 novembre 2012;
   per gli immobili già censiti come rurali al catasto dei fabbricati, ai fini dell'annotazione della sussistenza o della cancellazione riferita alla ruralità, il soggetto obbligato è tenuto a presentare apposita richiesta all'amministrazione finanziaria entro il termine di 30 giorni da quello in cui sull'unità immobiliare si è verificata la variazione dei previsti requisiti;
   in caso di omessa dichiarazione, qualora il comune non abbia già chiesto agli intestatari catastali di presentare la dichiarazione di aggiornamento, gli uffici provinciali dell'amministrazione finanziaria avviano l'accertamento e quando verificano che il soggetto obbligato è inadempiente, procedono alla regolarizzazione catastale dell'immobile con oneri a carico del soggetto stesso, applicando le sanzioni previste dalla legge;
   con comunicato stampa in data 16 gennaio 2017 e uno nuovo in data 25 maggio 2017, l'Agenzia delle entrate ha reso noto che i proprietari che non hanno adempiuto all'obbligo di variazione catastale, possono regolarizzare la loro posizione e che a tal fine sarebbero state inviate nei giorni successivi oltre un milione di comunicazioni per consentire ai contribuenti di conoscere la propria posizione e verificare quali fabbricati rurali sono soggetti all'obbligo di dichiarazione;
   come anche le lettere inviate confermano, il ravvedimento operoso permette un'adesione al percorso indicato a costi contenuti, mentre, in caso di ulteriori controlli sugli inadempienti, le sanzioni potrebbero arrivare a più di 8.000 euro;
   sarebbe opportuna una verifica prima di ulteriori fasi di accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, per evitare inutili contenziosi e ingenti oneri a carico del bilancio dello Stato nei casi di errori nella rilevazione, come, ad esempio, le serre di coltivazione che, secondo quanto previsto dalla circolare n. 3 del 9 settembre 1993 del Ministero delle finanze devono essere inserite nel catasto terreni, oppure con riferimento ai fabbricati che, in base all'articolo 3 del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28, non devono essere accatastati, quali casotti per gli attrezzi e simili oppure fabbricati abbandonati situati in zone inaccessibili o fabbricati «collabenti» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente effettuare le necessarie verifiche, anche a campione, eventualmente anche in collaborazione con le associazioni di rappresentanza dei comuni, prima di assumere ulteriori iniziative, al fine di evitare l'insorgere di inutili e costosi contenziosi in caso di errata identificazione degli immobili. (5-12004)

Interrogazione a risposta scritta:


   SAMMARCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 23 del 2011 ha previsto in capo a persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di impresa o autonomo, la facoltà di applicare, in alternativa alle regole di dichiarazione ordinaria del reddito fondiario, il regime della «cedolare secca» in caso di locazione di unità immobiliare destinata ad uso abitativo (articolo 3, commi 1 e 6);
    il decreto legislativo non prevedeva alcun requisito in capo al conduttore. Per l'Agenzia delle entrate (circolare n. 26 del 2011) la facoltà in esame era consentita soltanto nelle ipotesi di conduttore non imprenditore, cioè, persona fisica soggetto privato, ente pubblico o ente privato non commerciale. Tale conclusione non era avallata dalle Commissioni tributarie (CTP Reggio Emilia, n. 470/3/14, CTP Milano, n. 3529/25/15, CTP Terni, n. 7/2/2016, CTR Milano, n. 754/19/2017);
   il decreto-legge n. 47 del 2014 ha poi inserito all'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011 il comma 6-bis, a mente del quale «L'opzione di cui al comma 1 (cedolare secca) può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del codice civile, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni, con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione»;
   con riguardo alla nuova norma, l'Agenzia delle entrate (circ. n. 12/E/2016, quesito n. 3.2.) ha sostenuto che «La circostanza che il legislatore abbia individuato in maniera puntuale le ipotesi in cui è possibile estendere l'ambito applicativo della “cedolare secca”, definendo le condizioni, esclude che detta estensione possa essere effettuata in via interpretativa e, pertanto, deve ritenersi confermato il principio indicato con la predetta circolare, secondo cui è escluso dal regime della “cedolare secca” il contratto di locazione stipulato con conduttori che operano nell'esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo»;
   l'opinione espressa dall'Agenzia delle entrate si pone in contrasto, per l'interrogante con il dato letterale dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011. Come rilevato dalla giurisprudenza, il testo del decreto legislativo prevede: il requisito soggettivo della non imprenditorialità solo in capo al locatore, non anche in capo al conduttore e il requisito oggettivo della natura e della destinazione ad uso abitativo dell'immobile;
   in tale contesto, il nuovo comma 6-bis sembra doversi intendere come una restrizione all'applicazione della cedolare secca alle locazioni stipulate con le cooperative edilizie per la locazione e con gli enti senza scopo di lucro, per i quali si richiede che l'immobile sia sublocato a studenti universitari e messo a disposizione dei comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone;
   la diversa interpretazione dell'Agenzia delle entrate risulta, secondo l'interrogante contraddittoria rispetto al testo dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, posto che, per gli enti non commerciali locatari, la possibilità dell'applicazione della cedolare secca era già compresa dalla norma, come ricordato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare n. 26 del 2011;
   essa risulta discriminatoria nei confronti dei locatori, posto che introduce una ingiustificabile disparità di trattamento, escludendo dal ricorso al regime più favorevole alla cedolare secca coloro che hanno come controparti imprenditori o lavoratori autonomi che destinano l'unità immobiliare all'uso abitativo –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire quanto disposto dall'articolo 3, commi 1 e 6, del decreto legislativo n. 23 del 2011, recante il regime della cedolare secca, specificando se si applica anche nelle ipotesi di locazioni stipulate a tutte le cooperative universitarie che stipulino contratti ad uso abitativo per studenti universitari. (4-17518)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2014 diciassette persone sono state rinviate a giudizio con l'accusa di aver smaltito in maniera irregolare rifiuti classificati come speciali, soprattutto detriti, rocce e materiale derivante dalla demolizione del Pastificio Amato, interrandoli sotto piazza della Libertà a Salerno, durante la realizzazione della struttura di base; pietre e rocce del cantiere della piazza, per i quali il comune pagava i costi di smaltimento, sarebbero inoltre finite in discariche illegali;
   per queste due vicende c'era stato il rinvio a giudizio anche per due società: la Esa Costruzioni, che ha eseguito i lavori per la piazza, e la Meca srl, accusata di gestire sversatoi illegali;
   nei giorni scorsi la sentenza di primo grado ha sancito il decorso della prescrizione e alla fine, del processo per smaltimento illecito di rifiuti a Piazza della Libertà, resta solo il lavaggio di una betoniera nel piazzale del cantiere;
   ad essere condannati, insieme agli imprenditori Enrico e Armando Esposito della Esa, sono il responsabile di cantiere Nicola Giuseppe Grimaldi e l'operaio Salvatore Costantino della Euro Beton, che nel giugno del 2012 fece scivolare via le acque di lavaggio della betoniera con cui aveva trasportato il calcestruzzo;
   tutti gli altri imputati sono usciti dal processo con l'assoluzione sull'ipotesi di organizzazione di traffico di rifiuti e una dichiarazione di non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, sullo smaltimento illecito dei resti di scavi e abbattimenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il tribunale di Salerno. (4-17512)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la variante di Nova Siri (Matera) sulla strada statale 106, con i relativi svincoli e complanari, risulta completa ed aperta al traffico dal novembre 2014. Ad oggi, rimangono da ultimare, da parte dell'appaltatore, lavori riguardanti essenzialmente la protezione di alvei minori; il completamento di opere in verde; il montaggio degli impianti fotovoltaici; il completamento delle barriere di sicurezza; la predisposizione delle documentazioni e certificazioni previste dalle normative vigenti. In particolare, sono stati predisposti dei progetti per interventi di sistemazione idraulica e di riqualificazione ambientale del Torrente San Nicola (comune di Rocca Imperiale) e la realizzazione di tre rotatorie per la razionalizzazione dei flussi di traffico sul vecchio tratto della strada statale 106;
   nell'ambito di tali lavori sono state previste opere compensative per i comuni di Rocca Imperiale e Nova Siri sulla base delle raccomandazioni contenute nella delibera approvativa del CIPE n. 91 del 2006;
   nel 2009 (delibera n. 20 del 2009) veniva previsto un importo di euro 3.000.000 da destinare alle suddette opere. Venivano pertanto siglate apposite convenzioni con i citati comuni volte a demandare la progettazione e realizzazione degli interventi, con relativa spesa a carico delle somme a disposizione incluse nel progetto originario;
   nel novembre 2015 è stato emesso il 24o stato di avanzamento lavori (Sal) per l'importo progressivo di euro 45.293.453,78 e sono state iscritte riserve per un importo di euro 16.472.784,38;
   nel luglio 2016 le due amministrazioni locali interessate hanno condiviso la ripartizione di ulteriori risorse, resesi disponibili per importo complessivo di euro 1.700.000, mentre una successiva richiesta da parte del comune di Nova Siri per euro 400,000 da destinarsi a nuove opere compensative non è stata accolta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quanto lo stesso ha ritenuto necessario che tutte le economie rinvenute venissero accantonate per far fronte alle riserve citate iscritte dall'impresa appaltatrice dei lavori principali;
   va inoltre ricordato come, nel frattempo, la convenzione stipulata con il comune di Nova Siri sia scaduta senza che i lavori in essa previsti fossero realizzati, ed è quindi necessario attendere la stipula di un nuovo accordo;
   non tutte le opere incluse nel progetto originario di variante Nova Siri e nelle prescrizioni approvate dal Cipe e dalle autorità locali, risultano essere state eseguite, a partire dal ponte sul torrente San Nicola, collegamento decisivo per razionalizzare e connettere il nuovo assetto viario del comprensorio –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, in particolare degli incomprensibili ritardi e della mancata esecuzione di opere importanti, dopo anni dall'apertura della nuova strada;
   quali siano gli orientamenti del Governo circa l'iscrizione di riserve da parte dell'impresa esecutrice per circa 16 milioni di euro, su 45 milioni di lavori contabilizzati, trattandosi per l'interrogante di un elemento che getta ombre sulla gestione del cantiere ed oggi si trasforma in un'ipoteca sulla fattibilità delle opere di compensazione a favore del comune di Nova Siri e del comprensorio, attualmente tutte bloccate. (3-03198)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, SANNICANDRO, MELILLA e DURANTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 luglio 2017 si è verificata una nuova giornata nera per la tratta ferroviaria Ancona-Roma, con ritardi che hanno superato anche le due ore e mezza;
   il treno Intercity 541 Ancona-Roma, partito alle ore 15.32 è arrivato, infatti, alle ore 21.32, invece che all'orario previsto delle ore 19.02;
   il treno è stato cancellato a Orte ed ai passeggeri sul treno è toccato attendere per ore un treno che li trasportasse sino alla destinazione prevista;
   nel corso della giornata di ieri si sono verificati, inoltre, altri ritardi sulla stessa tratta, a partire dal treno regionale 2326 Roma-Ancona (arrivato con 22 minuti di ritardo), al Frecciabianca per Falconara-Ravenna delle ore 17,38 – che già a Terni aveva accumulato più di due ore di ritardo –, per finire con il regionale veloce 2328, previsto in partenza da Roma alle ore 18,35, ma partito con 70 minuti di ritardo;
   all'origine dei consistenti ritardi segnalati vi sarebbe un problema di alimentazione della linea ferroviaria a Settebagni;
   la tratta ferroviaria Roma-Ancona, fondamentale per pendolari e passeggeri che hanno necessità di recarsi nella capitale e di farvi ritorno, presenta numerose criticità segnalate in diversi atti di sindacato ispettivo, anche dalla prima firmataria del presente atto;
   nonostante le rassicurazioni su prossime attività di intervento sulla tratta ferroviaria, la situazione appare ben lontana dall'essere migliorata –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato in merito alla persistente situazione di criticità della tratta ferroviaria Ancona-Roma. (5-12000)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la riforma del sistema portuale italiano rappresenta una delle tante prove della capacità riformatrice espressa dal Parlamento dell'attuale compagine governativa;
   l'economia italiana ha bisogno di una visione «di sistema» che sappia cogliere le opportunità del nostro Paese e individuare linee strategiche di sviluppo. A queste finalità è stata ispirata l'azione sul sistema portuale avviata già dal 2013 dall'allora Ministro Lupi e portata a compimento dal Ministro Delrio nel 2016;
   uno degli effetti positivi della riforma è stato quello di richiamare l'attenzione del Paese sulle enormi potenzialità della portualità del Mezzogiorno: è evidente che una visione strategica del «sistema portuale italiano» – nell'interesse del Paese – non può restringersi ai due grandi bacini del Nord Tirreno e del Nord Adriatico; questa visione riduttiva viene imposta solo dalla pressione di gruppi economici già consolidati e non interessati ad allarga e i mercati di riferimento della nostra portualità e logistica;
   inoltre, il processo di riforma sta facendo capire che, nel Mezzogiorno, la nuova governance non deriva semplicemente dalla casuale aggregazione di realtà portuali economicamente irrilevanti. Al contrario, in diversi casi, sono proprio ubicate nel Mezzogiorno le aree più ricche di potenzialità di sviluppo;
   la logica di sistemi portuali deve quindi tradursi in concreta semplificazione e sburocratizzazione e in efficace promozione dei traffici e dell'iniziativa economica;
   all'interno delle linee indicate dalla riforma, l'accorpamento di Messina con Milazzo e Gioia Tauro è stata una scelta lungimirante, conforme alla filosofia della riforma, poiché ha messo in sinergia impianti e aree portuali tra loro complementari in termini di competenze ed eccellenze: Gioia Tauro, primo porto italiano per container con Messina e Milazzo, votati ai traffici crocieristici, al trasporto passeggeri a corto raggio, alle autostrade del mare e alla cantieristica. Messina ha, inoltre, un polo nel settore della costruzione e manutenzione e Milazzo un polo petrolchimico oltre ad avere assunto in questi anni una posizione di rilievo nel settore del diporto nautico;
   questi tre importanti porti italiani, insieme con gli altri che fanno parte dell'Autorità di sistema portuale del mar Tirreno meridionale e dello Stretto Messina offrono quell'insieme di competenze che ogni sistema portuale interregionale dovrebbe avere;
   duole quindi constatare come, a distanza di tanti mesi dalla riforma, viga ancora una forte incertezza in merito alle regole dell'accorpamento: tali regole dovrebbero garantire a ciascuna delle due precedenti autorità portuali una rappresentatività nella assunzione delle decisioni corrispondente alla loro dimensione, valutata sia in termini di bilancio, che di capacità e potenzialità economiche;
   le regole relative a passaggi importanti – quali la scelta del presidente e del segretario generale dell'Autorità di sistema portuale – non devono essere declassate a questioni di interesse locale: solo una soluzione soddisfacente di questi punti sbloccherà lo stallo delle nomine perché solo la certezza delle regole può assicurare un equilibrio e un percorso efficace di attuazione della riforma ed è ciò che farà la differenza perché la riforma diventi uno strumento concreto di rilancio dell'economia della portualità italiana;
   quali  iniziative il Ministro interrogato abbia già intrapreso o stia per intraprendere per risolvere l'attuale situazione di stallo e definire regole certe per la governance dell'Autorità del sistema portuale del Tirreno meridionale e dello Stretto di Messina;
   e se trovi conferma l'ipotesi circolata circa la proroga dell'autonomia gestionale dell'Autorità portuale di Messina fino al 31 dicembre 2017, a suo tempo richiesta da più parti anche per consentire verifica delle reali condizioni economico-finanziarie del porto di Gioia Tauro. (4-17526)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PANNARALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 luglio 2017, l'operazione «Pura defluit» del nucleo di polizia tributaria e dei carabinieri del comando provinciale di Bari ha fatto emergere un sistema di corruzione di pubblici ufficiali e di alterazione delle procedure di affidamento degli appalti pubblici in alcuni comuni della provincia di Bari;
   nell'ambito di questa operazione è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari il sindaco di Altamura, Giacinto Forte, per una presunta tangente di 15 mila euro data da una azienda che avrebbe dovuto partecipare ad una gara pubblica avente come oggetto il depuratore di Altamura;
   in data 13 luglio 2017 il prefetto di Bari Marilisa Magno, in ottemperanza alla cosiddetta «legge Severino», ha sospeso il sindaco dalle sue funzioni e trasferito i poteri al vicesindaco Enzo Rifino;
   il sindaco, che nell'interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere, non ha ritenuto di dimettersi e lo stesso hanno fatto i consiglieri di maggioranza;
   la particolare circostanza che all'atto di nomina in giunta del dottor Rifino il sindaco abbia fissato il termine del 31 luglio 2017 per la scadenza della delega di vicesindaco, ha indotto il prefetto Magno, dopo un incontro tenuto coi rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione, a nominare un commissario che dal 1o agosto 2017 assumerà le funzioni di sindaco e giunta, ma lasciando in carica il consiglio comunale;
   la compresenza di un commissario di nomina prefettizia e di un consiglio comunale in carica rischia di determinare per l'interrogante un'anomalia istituzionale e politica, di paralizzare la vita democratica di un grande centro come Altamura e di ledere il diritto di rappresentanza e di partecipazione dei cittadini e delle cittadine;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno valutare, nell'interesse della cittadinanza, se sussistano le condizioni per disporre lo scioglimento del consiglio comunale di Altamura, in modo tale che si possa pervenire al ripristino della legittima e democratica rappresentanza attraverso nuove elezioni amministrative nella prima tornata utile. (3-03196)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARROCU, CANI, MARCO MELONI, MURA, PES, PINNA, GIOVANNA SANNA, FRANCESCO SANNA e SCANU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra mercoledì 26 luglio e giovedì 27 luglio, intorno alle 2.30 della notte ignoti hanno fatto esplodere un ordigno in località «Su Babbu mannu» presso il centro di prima accoglienza per migranti di Dorgali;
   suddetto centro, gestito dalla cooperativa «The Others», ha subito ingenti danni;
   sul posto sono accorsi immediatamente i carabinieri della locale Stazione e della Compagnia di Siniscola;
   al momento dello scoppio erano presenti 64 stranieri e due operatori della cooperativa e solo due nigeriani hanno riportato lievi contusioni;
   il centro è sprovvisto di un sistema di videosorveglianza e questo complica sicuramente la ricostruzione degli accadimenti;
   si tratta di un fatto assolutamente inquietante, da non sottovalutare, su cui è necessario fare piena luce anche in considerazione del ripetersi di episodi simili che da tempo interessano i centri presenti su tutto il territorio sardo –:
   se il Governo possa confermare quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di monitorare con attenzione la situazione del citato centro di prima accoglienza, nonché di tutti i centri presenti sul territorio regionale, garantendo sicurezza agli ospiti e agli operatori. (5-12002)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPADONI, SARTI, FERRARESI, DELL'ORCO, PAOLO BERNINI, DALL'OSSO, DADONE e D'UVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2016 viene «bocciato» nel consiglio comunale di Modena un ordine del giorno presentato dal gruppo consiliare del M5S in merito all'acquisto da parte della dirigente del comune di Modena Maria Sergio della propria casa da un imputato nel processo «Aemilia»; il 30 maggio 2016 il M5S in consiglio comunale presenta un'interrogazione;
   nel maggio 2012 la Sergio acquista al grezzo l'attuale abitazione sua e della sua famiglia dall'azienda M&F General Service srl con sede in via Saragat 15/E a Reggio Emilia, azienda il cui amministratore unico e legale rappresentante al momento della compravendita, era Francesco Macrì;
   sugli organi di stampa si apprende che tale Francesco Macrì è stato arrestato nell'ambito dell'operazione «Aemilia» il 28 gennaio 2015: il giudice per le indagini preliminari di Bologna ha disposto per il Macrì la misura cautelare degli arresti domiciliari per concorso in reimpiego di beni illeciti in attività lecite, con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa; in particolare, per i magistrati Macrì sarebbe stato il prestanome dei fratelli Vertinelli di Montecchio Emilia;
   in questi articoli si evince come nell'autunno 2012, sia Maria Sergio che l'allora sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, sono stati ascoltati dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna come persone informate sui fatti nel corso delle indagini che il 28 gennaio 2015 hanno portato a 117 arresti contro la ’Ndrangheta. Rispondendo alle domande del pubblico ministero, nell'ambito dell'inchiesta «Aemilia», nelle vesti di persona informata sui fatti, l'ex dirigente del comune di Reggio Emilia dichiara di conoscere solo pochi imprenditori cutresi e di ricordarne solo tre nomi;
   nell'accesso agli atti del M5S di Reggio Emilia emerge che dal 2003 al 2012 La Fratelli Macrì si è aggiudicata 12 appalti pubblici nel comune di Reggio Emilia per un controvalore di oltre 300.000 euro; dal primo gennaio 2004 al 30 settembre 2014 l'ingegnere Maria Sergio occupa la posizione di dirigente del servizio pianificazione e qualità urbana del comune di Reggio Emilia;
   in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 15 aprile 2016 viene citata anche la presenza di un rapporto dell'Aisi, Agenzia informazioni e sicurezza interna, (ex Sisde) ove si legge: «Il racconto di un informatore dei Servizi sui presunti “favoritismi” di un dirigente all'Urbanistica del comune di Reggio verso imprenditori calabresi del mattone anche indagati per ‘ndrangheta. Un documento depositato tra le carte del processo Aemilia sulla criminalità calabrese nel Reggiano. Oggi riemerge perché quel dirigente è Maria Sergio, moglie dell'attuale sindaco Luca Vecchi (Pd)»;
   poi la nota prosegue: «I funzionari Aisi scrivono che dei “favoritismi” della Sergio avrebbe beneficiato, tra gli altri, un imprenditore edile cutrese, marito della nipote del defunto capo cosca Antonio Dragone» e che «L'informativa definisce Sergio “influente nelle attività dell'assessorato” anche “perché moglie del capogruppo Pd in Comune, Luca Vecchi”, diventato sindaco dopo Delrio, nel 2014»;
   in un articolo della Gazzetta di Reggio Emilia del 15 aprile 2016 si scrive: «Secondo un rapporto di polizia dell'autunno 2013 tornato all'attenzione degli investigatori dopo il caso del villino acquistato da un presunto affiliato alla cosca (Francesco Macrì), la Sergio avrebbe commesso illeciti in due occasioni, sfruttando la sua posizione di alto funzionario a Palazzo municipale sotto le giunte guidate da Graziano Delrio, attuale Ministro alle infrastrutture»;
   Francesco Macrì è ancora imputato nel processo «Aemilia», in fase di dibattimento;
   l'ingegnere Sergio è diventata dirigente del settore pianificazione territoriale e trasformazioni edilizie del comune di Modena il 30 settembre 2014 attraverso un atto diretto (prot. N. 120750/II.10) del sindaco Muzzarelli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per assumere le iniziative di competenza, ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. (4-17514)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 24 luglio 2017 alcune decine dei circa cinquecento ospiti del centro d'accoglienza «Mondo migliore» sito a Rocca di Papa hanno inscenato una manifestazione di protesta bloccando la via dei laghi;
   il blocco stradale, messo in atto in un orario di punta di percorrenza dell'arteria stradale che collega la zona dei Castelli romani con la capitale, ha dato luogo a tensioni e scontri tra gli stessi immigrati e i cittadini esasperati perché bloccati per ore;
   due giorni dopo la protesta, nella notte, è stata lanciata una bomba carta contro il muro del centro d'accoglienza in questione –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per rimpatriare gli immigrati che hanno inscenato la protesta e se intenda assumere iniziative per contribuire a fare piena luce sulla dinamica dei fatti in modo tale da chiarire come si sia potuto attuare il blocco stradale, nonché al fine di ripristinare la sicurezza e il rispetto della legalità nella zona. (4-17517)


   NESCI, DIENI e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, è stata già denunciata e sottoposta all'attenzione del Governo la situazione estremamente grave in cui versa l'amministrazione comunale di Reggio Calabria, con particolare riferimento a condizionamenti della criminalità organizzata;
   sembrano emergere ulteriori elementi in questa direzione;
   in una nota di un ufficio di sorveglianza si fa riferimento a un detenuto per l'espiazione di reati, quali tra gli altri, associazione di stampo mafioso, sette omicidi aggravati dall'agevolazione mafiosa, quattordici violazioni della disciplina sulle armi e sulle munizioni e due violazioni sulla disciplina sugli esplosivi e danneggiamento, tutti egualmente riconducibili a motivi di mafia;
   nell'ambito delle ultime elezioni comunali di Reggio Calabria figurava un candidato verosimilmente, per quanto consta agli interroganti, in rapporti col predetto detenuto, in una lista civica a sostegno della candidatura a sindaco di Giuseppe Falcomatà, attuale sindaco del predetto comune anche in virtù dei consensi ricevuti dalla medesima lista;
   in un articolo del direttore Paolo Pollichieni, apparso su  Corriere della Calabria in data 23 luglio 2017 e intitolato «Chi ha chiesto la testa di Marcianò ? Falcomatà faccia i nomi», viene analizzata la recente estromissione di Angela Marcianò, delegata alla trasparenza, dall'attuale giunta comunale di Reggio Calabria, in rapporto alle specifiche giustificazioni rese proprio dal sindaco Falcomatà al quotidiano Gazzetta del Sud;
   in particolare, il giornalista Pollichieni, osserva, riferendosi al sindaco Falcomatà, che questi «sapeva bene che con alcuni pezzi della politica e con alcuni pezzi della burocrazia comunale Angela Marcianò non avrebbe mai accettato di “fare squadra”»;
   su Falcomatà Pollichieni aggiunge: «Eppure l'ha scelta, ha insistito perché accettasse, le ha conferito una delega pesantissima. Una scelta che si è rivelata anche indovinata visto che è solo grazie a Marcianò (ha rifiutato di fare squadra con Marcello Camera e i suoi referenti politici) se oggi a Reggio non c’è una Commissione d'accesso»;
   sul proprio profilo Facebook, l'ex assessore Marcianò ha elencato una serie di gravi questioni sulla tenuta della legalità nel comune di Reggio Calabria, riprese dalla stampa locale;
   pertanto, rispetto all'interrogazione risposta scritta n. 4-13901, presentata nel luglio 2016 dalla prima firmataria del presente atto, il quadro dei rapporti tra politica e burocrazia nel comune di Reggio Calabria, ufficialmente città metropolitana dal 2 febbraio 2017, suscita ancora maggiori perplessità in ordine alla gestione amministrativa del municipio, in quanto caratterizzato, ad avviso digli interroganti, da nuove, possibili situazioni di condizionamento degli uffici, che peraltro dovranno gestire i fondi per la città metropolitana –:
   se, alla luce di quanto premesso e anche in considerazione di quanto già rappresentato nell'interrogazione n. 4-13901 non intenda promuovere d'urgenza l'accesso al comune di Reggio Calabria ex articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(4-17519)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIOTTO, CAMANI, NACCARATO, ROSTELLATO, NARDUOLO e ZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 28 giugno 2017 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 477 riguardante le modalità ed i contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle professioni sanitarie per l'anno accademico 2017/18. Al decreto è allegata la tabella provvisoria di ripartizione dei posti disponibili per singolo ateneo che tiene conto del rapporto fra numero dei posti definiti in sede programmatoria ed offerta formativa potenziale delle università. Con successivo decreto, di imminente approvazione sarà decisa la ripartizione definitiva dei posti da attivare in ciascun ateneo;
   alla notizia del decreto predetto sono emersi immediatamente in Veneto diffusi malumori espressi sia da ambienti accademici, ma anche dagli esponenti istituzionali regionali perché sono apparse incomprensibili le riduzioni dei posti disponibili previste dal decreto ministeriale, ancorché provvisorio, a motivo del fatto che il livello quali-quantitativo della sanità veneta abbisogna dei profili professionali che erano stati oggetto di intesa fra regione e università del Veneto;
   in particolare, rispetto allo scorso anno accademico, nell'università di Padova, verrebbero ridotti da 98 a 81 i posti di fisioterapia, da 27 a 25 i posti di logopedia, da 20 a 15 i posti di terapia occupazionale, da 125 a 116 i posti di tecniche audio protesiche, da 35 a 30 i posti di igiene dentale, da 20 a 13 i posti di dietistica, da 23 a 15 i posti di tecnici di laboratorio, da 63 a 38 i posti di tecnico di radiologia, da 10 a 8 i posti di tecnico di neurofisiopatologia, da 30 a 21 i posti dei tecnici della prevenzione. Analoghe riduzioni sono indicate anche per l'università di Verona;
   tali riduzioni appaiono inoltre meno giustificabili a fronte di un sensibile aumento della dotazione nazionale in alcune professioni dell'area tecnica;
   nei giorni scorsi le regioni, nella consueta interlocuzione con il Governo sulla questione, hanno avanzato le richieste di rettifica del decreto n. 477 del 27 giugno 2017 nello spirito di leale collaborazione che contraddistingue le relazioni istituzionali –:
   se il Ministro interrogato intenda accogliere le richieste di modifica del decreto n. 477 del 27 giugno 2017, al fine di corrispondere a quelle che appaiono agli interroganti le giuste esigenze rappresentate dalle università venete ed in particolare dall'università di Padova, formulate d'intesa con la regione, al fine di garantire il mantenimento dei livelli quali-quantitativi dei servizi sanitari regionali. (5-12001)


   SENALDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il programma per la razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione nasce con l'obiettivo di ottimizzare gli acquisti pubblici di beni e servizi e contribuire, con la sua attività, allo sviluppo di modelli di approvvigionamento basati su processi e tecnologie innovative;
   al fine di rendere il mercato della spesa pubblica sempre più efficiente e aperto, il programma mette a disposizione di amministrazioni e imprese modalità e strumenti innovativi di acquisto;
   il sistema del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa) prevede che le aziende che si rendono disponibili a fornire materiale alla pubblica amministrazione debbano abilitarsi sul portale elettronico dedicato. La procedura richiede circa un mese e non e consentito alla pubblica amministrazione fare ordini a ditte che non siano registrate sul sito Mercato elettronico della pubblica amministrazione;
   nel sito sono presenti una serie di categorie all'interno delle quali le ditte possono inserire prodotti e prezzi. Se una categoria (o sottocategoria) è presente in Mercato elettronico della pubblica amministrazione, la pubblica amministrazione deve ordinare i prodotti appartenenti a quella categoria attraverso Mercato elettronico della pubblica amministrazione;
   se tutti i prodotti da ordinare sono già registrati sul sito Mercato elettronico della pubblica amministrazione ad un prezzo considerato accettabile, si può procedere ad emettere un buono di ordinazione – BO. Se invece uno o più prodotti non sono presenti sul sito del Mercato elettronico della pubblica amministrazione, oppure hanno un prezzo considerato troppo alto, si deve presentare, tramite il sito, una richiesta di offerta (RDO) con l'elenco dei prodotti e un importo complessivo massimo per l'acquisto. Se la ditta (o una serie di ditte non risponde alla RDO entro la data di scadenza (3-4 giorni lavorativi), bisogna presentare una nuova RDO. Quando la ditta risponde alla RDO con un'offerta, l'ente ordinante può decidere se accettarla. Una volta accettata l'offerta, si considera perfezionato l'ordine che può essere evaso;
   stando a informazioni raccolte in diversi atenei, tale sistema può risultare inefficace e inefficiente per gli enti, come i laboratori di ricerca universitari, che devono effettuare ordini frequenti, per un'ampia gamma di prodotti specialistici (per esempio reagenti chimici, computer da utilizzare nella modellistica molecolare e così via), al fine di garantire attività di ricerca non standardizzabili;
   le caratteristiche di questi prodotti fanno sì che difficilmente siano immediatamente reperibili sul sistema Mercato elettronico della pubblica amministrazione. Occorre dunque procedere a RDO con allungamento dei tempi (spesso ulteriormente aggravato dalla lentezza del sito, con scadenza dei termini e necessità di fare ripartire il processo) e conseguente intralcio all'attività di ricerca;
   non è inoltre possibile ordinare i prodotti di ditte con sedi solo all'estero che praticano prezzi inferiori rispetto a quelle con sede in Italia prima di avere individuato e comparato tutte le offerte delle ditte con sedi in Italia e accreditate su Mercato elettronico della pubblica amministrazione. Spesso la necessità di ordinare nel minor tempo possibile comporta l'accettazione delle offerte presenti da subito su Mercato elettronico della pubblica amministrazione, con innesco di una dinamica economicamente svantaggiosa;
   la summenzionata certificazione di Mercato elettronico della pubblica amministrazione ha lo scopo di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'organizzazione in modo esplicito e misurabile, anche attraverso una rilevazione annuale della soddisfazione degli utenti del programma –:
   se esistano rilevazioni specifiche sulla soddisfazione dei clienti che, come i laboratori universitari, devono effettuare ordini frequenti, per un'ampia gamma di prodotti specialistici e necessari ad attività di ricerca non standardizzabili ed in generale, esistono dati su efficacia ed efficienza del sistema Mercato elettronico della pubblica amministrazione nel rapporto con i laboratori di ricerca;
   se non si ritenga di rivedere il sistema Mepa, con riguardo alle specifiche esigenze di ricerca all'interno dell'università (5-12005)

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCANI e BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, con il quale è stato adottato il Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento, a norma dell'articolo 64, comma 4, lettera a), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha affidato l'insegnamento della chimica nel primo biennio degli istituti tecnici, oltre che alla classe di concorso A-34, anche alla classe di concorso A-50;
   con la nota n. 5499 del 19 maggio 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fa presente che è stato adottato il decreto ministeriale n. 259 del 9 maggio 2017, che dispone la revisione e l'aggiornamento della tipologia delle classi di concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado come previste dal decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19;
   poiché gli interventi correttivi in esso contenuti sono direttamente funzionali allo svolgimento di tutte le operazioni propedeutiche all'avvio del prossimo anno scolastico 2017/2018, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha trasmesso le tabelle in allegato al decreto sopra indicato che individuano, altresì, la corrispondenza tra le discipline contenute nei quadri orari di cui ai decreti del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009, n. 87 del 2010, n. 88 del 2010 e n. 89 del 2010 e le classi di concorso di cui al previgente ordinamento ed al decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 (ciò proprio in considerazione della necessita di consentire nell'immediato la definizione dell'organico dell'autonomia e di assicurare conseguentemente l'ordinato svolgimento delle procedure di reclutamento del personale docente);
   anche a causa delle procedure di reclutamento introdotte con la legge n. 107 del 2015, le suddette modifiche comporteranno la perdita della maggior parte dei posti per la classe di concorso A-34 (già notevolmente ridotti dalle norme degli ultimi anni), con grave pregiudizio, degli studenti, che vedranno la chimica insegnata da docenti laureati in biologia o in possesso di lauree con scarsa affinità alle scienze chimiche, per gli interroganti senza dunque alcuna competenza specifica (in contraddizione con le specificità, per esempio, degli istituti tecnici che emergono dalla quota di autonomia a seconda del territorio e dei vari tipi di distretti industriali);
   la misura rischia di pregiudicare la conoscenza di un settore, quello della chimica, centrale per l'espansione del tessuto industriale del Paese –:
   quali iniziative la Ministra interrogata, per quanto di competenza, intenda intraprendere per assicurare la non estinzione della classe di concorso A-34, il potenziamento dello studio della chimica, necessario per lo sviluppo del tessuto economico del Paese. (4-17520)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a maggio 2015, il sito di Capodichino di Alenia Aermacchi viene ceduto ad Atitech Manufacturing Srl ai sensi dell'articolo 47 della legge n. 428 del 1990, come cessione di ramo d'azienda;
   il 27 maggio 2015 viene sancito un accordo sindacale dove vengono tutelati i 178 lavoratori Alenia e tutto l'indotto presente sul perimetro: Faia Logistic, Gaia Servizi, Ifm, Cisap Ponteggi;
   a dicembre 2016, 6 lavoratori di Cisap, che si occupavano di ponteggi e movimentazione di parti sbarcate dai velivoli, sarebbero stati licenziati in quanto, a quanto consta agli interroganti l'azienda avanzava un credito da parte di Atitech Manufacturing abbastanza alto e che Cisap si trovava in difficoltà economiche;
   la Faia Logistic Srl è una società preposta allo svolgimento di attività di gestione integrata di magazzini nel settore metalmeccanico;
   la stessa, controllata da Atitech Spa, procede all'incremento del suo organico aziendale per un totale di 28 lavoratori, presenti sul perimetro di Capodichino Nord per la gestione dei magazzini per conto di Leonardo Spa;
   di questi 28 lavoratori Faia Srl: 10 sono assunti con contratto a tempo determinato, e 18 sono assunti con contratto a tempo indeterminato;
   il 10 giugno 2017 Atitech Manufacturing, a fine turno, affiggeva un comunicato dove dichiarava che per i giorni 20/21 giugno era proclamata la chiusura collettiva e che inoltre, a partire dal 22 giugno, per i lavoratori iniziava la cassa integrazione straordinaria a 0 ore; inibendo i badge sia ai dipendenti Atm che agli indotti;
   gli stessi lavoratori nel giorno 19 giugno davano inizio ad un presidio permanente fuori lo stabilimento, in quanto Atitech Manufacturing non aveva mantenuto fede all'accordo del 27 maggio 2015, in quanto non poteva ricorrere ad ammortizzatori sociali per la durata temporale che va dall'anno 2015 al 2020;
   il 19 giugno 2017 l'organizzazione tutta dei lavoratori dell'indotto partecipano al presidio permanente ad oltranza; tale partecipazione viene giustificata dalla volontà dei lavoratori tutti, di manifestare il proprio dissenso alla situazione di precarietà, che si è venuta a creare per i 178 lavoratori ex Alenia Aermacchi;
   il giorno 6 luglio 2017, i lavoratori di Faia Logistic insieme ai lavoratori Leonardo, scortati dalla pubblica sicurezza, dovevano entrare in azienda per prendere parte al trasferimento dei magazzini Leonardo dal perimetro di Capodichino Nord, diretti a Caselle (Torino);
   la rappresentanza sindacale unitaria di Atitech Manufacturing e tutti i lavoratori, in modo del tutto pacifico, si sono incatenati ai cancelli del sito di Capodichino, per sensibilizzare i lavoratori entranti, affinché prendessero coscienza che con il loro ingresso «disarmavano» i presenti togliendo alla rappresentanza sindacale unitaria la possibilità di poter chiedere un incontro con Leonardo, con lo scopo di far applicare la clausola di salvaguardia presente nell'accordo del 27 maggio 2015;
   i lavoratori di Faia, data la situazione di disagio venutasi a creare, mossi da solidarietà, non si sono sentiti di riprendere ad esercitare il proprio lavoro, schierandosi con i lavoratori di Atitech Manufacturing per la tutela della dignità e del posto di lavoro di tutti i lavoratori presenti sul sito di Capodichino Nord –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario convocare un tavolo con le parti interessate al fine di evitare, con riferimento ai lavoratori Faia, la comunicazione di licenziamento collettivo delle 30 risorse e favorendo un esito positivo della trattativa, attraverso un accurato esame della vertenza e considerato che la stessa Faia è presente su altri siti di Leonardo in cui quindi potrebbe essere impiegato eventualmente il personale che sarebbe oggetto del licenziamento, ridando dignità e serenità ai lavoratori ed alle loro rispettive famiglie. (4-17516)


   FEDI e PORTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'audizione tenutasi il 19 luglio 2017 presso la Commissione esteri della Camera, rispondendo a domande poste dal Comitato per gli italiani nel mondo costituito presso la stessa Commissione, il Presidente dell'Inps Tito Boeri ha quantificato in circa 100.000 le pratiche di prestazioni indebite relative a residenti all'estero titolari di pensioni in regime convenzionale;
   60.000 di queste sono in corso di recupero; l'importo da recuperare è di circa 270 milioni di euro; la maggior parte degli indebiti è in Argentina (27,5 per cento), seguono Australia (quasi 15 per cento), Francia, Canada e Usa (con il 9 per cento);
   le pensioni dell'Inps in pagamento all'estero sono circa 380.000; ciò significa che sono oggetto di ripetizione di un indebito più di un quarto delle pensioni erogate all'estero;
   si tratta, ovviamente, di una situazione clamorosa, ma di difficile decifrazione e che appunto lascia molto perplessi visto che non può essere il dolo da parte dei pensionati debitori la causa degli indebiti;
   è quindi presumibile che il costituirsi di questo elevato numero di indebiti sia da ascrivere alle modalità e alle procedure adottate dall'Inps ai fini della attribuzione dei diritti previdenziali legati a limiti di reddito ed alla verifica, durante l'erogazione delle prestazioni, del mantenimento di tale diritto da parte dei pensionati italiani residenti all'estero –:
   quanti siano complessivamente i pensionati residenti all'estero che devono restituire somme indebitamente percepite dall'Inps e quale sia il numero disaggregato per ciascun Paese di residenza dei debitori;
   quali siano le cause di un numero così obiettivamente elevato di indebiti pensionistici vista l'alta percentuale (25 per cento rispetto al numero complessivo delle pensioni erogate all'estero;
   quali siano esattamente le modalità adottate dall'Inps per il recupero degli indebiti in termini di frequenza;
   quali siano esattamente le modalità di recupero adottate dall'Inps in termini di trattenute sulle pensioni in pagamento e di salvaguardia del trattamento minimo;
   quali siano esattamente le modalità di recupero adottate dall'Inps in termini di pagamento con rimesse di denaro e di durata dei piani di recupero;
   a quanto ammontino finora le somme recuperate rispetto ai 270 milioni di euro che l'Inps sostiene di dover recuperare;
   se il Ministro interrogato non ritenga utile ed opportuno valutare la possibilità di assumere iniziative per introdurre una sanatoria degli indebiti pensionistici per i pensionati italiani residenti all'estero i quali siano titolari di redditi complessivi inferiori agli importi della «No Tax Area» Irpef italiana. (4-17521)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   NARDUOLO, ZARDINI e ROTTA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) è il principale ente di ricerca pubblico dedicato all'agroalimentare ed è vigilato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   è attivo in tutti i settori dell'agroalimentare, con grande attenzione anche all'innovazione tecnologica, nonché alla sostenibilità ambientale e socio-economica delle produzioni; è il terzo ente di ricerca più grande d'Italia (con circa 2000 dipendenti di ruolo), ottavo ente di ricerca in Europa, un'eccellenza nel settore dell'agroalimentare;
   il Crea conta 755 lavoratori precari (circa il 20 per cento del personale totale): di essi l'83 per cento ha un'anzianità superiore ai 5 anni, il 30 per cento supera i 10 anni, con picchi massimi di 28 anni. Nel corso degli anni le forme contrattuali attivate sono state svariate: dagli assegni di ricerca, alle borse di studio, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ai contratti interinali ed esternalizzati, ai contratti a tempo determinato. Questa difformità di forme contrattuali, legata a esigenze progettuali e soprattutto alle disponibilità economiche dei gruppi di ricerca, ha comportato una disparità non solo nelle retribuzioni, ma soprattutto nei diritti di cui i lavoratori hanno potuto o meno godere. In aggiunta, molto spesso tra un contratto e l'altro, si sono verificate sospensioni anche di vari mesi, dando luogo quindi a periodi di disoccupazione;
   l'articolo 20 del Testo unico della riforma sul Pubblico Impiego di recente approvazione (decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 75) ha delineato gli strumenti per superare il precariato nelle pubbliche amministrazioni; nello specifico, il comma 1 del presente articolo prevede che, per essere assunto a tempo indeterminato, il personale deve possedere tutti i requisiti specificati nelle lettere a), b) e c);
   in particolare, la lettera c) del comma 1 del suddetto articolo dispone che il personale deve avere «maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni». Non appare tuttavia alcuna puntualizzazione in merito alla tipologia di contratto a cui si fa riferimento, come invece chiaramente specificato nelle lettere a) e b) (contratto a tempo determinato) –:
   se il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ritenga di emanare una circolare esplicativa riferita al comma 1 dell'articolo 20 del decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 75, dando un'interpretazione estensiva della norma e tenendo conto delle peculiarità contrattuali dei lavoratori degli enti pubblici di ricerca come il Crea vale a dire considerando validi per il raggiungimento del requisito di tre anni di servizio previsto dalla lettera c) del suddetto articolo, anche contratti di lavoro diversi dal tempo determinato (assegno di ricerca, borsa di studio, contratto di collaborazione coordinata e continuativa e altro), in quanto ciò permetterebbe di allargare la platea di personale precario con possibilità di stabilizzazione che può avere accesso a quanto previsto dal comma 1, riducendo peraltro notevolmente i costi per l'avvio di procedure concorsuali riservate necessarie per l'attivazione della disposizione di cui al comma 2 del suddetto articolo. (4-17515)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BASSO e GIACOBBE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Piaggio Aerospace è un gruppo aeronautico attivo nella progettazione, costruzione e supporto di velivoli per aviazione d'affari e da pattugliamento, di sistemi a pilotaggio remoto e di motori aeronautici ad alta tecnologia, operante sia in ambito civile sia in ambito Difesa&Sicurezza;
   Piaggio Aerospace, fondata nel 1884 a Genova Sestri Ponente rappresenta oggi una delle più importanti realtà italiane nel settore delle costruzioni aeronautiche e un tassello fondamentale del tessuto produttivo ligure e nazionale;
   nel 1998 sono cambiati gli asset del Gruppo che sono passati dalla famiglia Piaggio ad un gruppo di imprenditori; successivamente, nel 2013, Mubadala Development Company ha partecipato a un aumento di capitale, incrementando il patrimonio netto a sostegno di un piano industriale incentrato sullo sviluppo delle attività core esistenti e sull'introduzione di nuovi programmi, arrivando a detenere il 100 per cento del capitale sociale di Piaggio Aerospace;
   già il 15 aprile 2015, come segnalato nelle interrogazioni a risposta in Commissione Giacobbe e altri n. 5-07588, e Basso e altri n. 5-07915, le rappresentanze sindacali unitarie degli stabilimenti di Villanova e Sestri Ponente, unitamente alle segreterie provinciali, erano state ricevute dal prefetto di Genova, per avere risposte alle preoccupazioni derivanti da un articolo di stampa che riportava notizie su documenti riguardanti il piano industriale della società che gettavano ombre sull'accordo siglato al Ministero dello sviluppo economico, relativamente al sito di Sestri Ponente; il prefetto ha fornito rassicurazioni ed evidenziato che, durante un incontro tra l'amministratore delegato della Piaggio, il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro della difesa, in data 14 aprile 2015, erano state fornite garanzie da Piaggio Aerospace sulla validità e sulla prosecuzione degli impegni siglati al Ministero;
   con l'interrogazione n. 5-07588 del 1o febbraio 2016 e n. 5-07915 del 25 febbraio 2016 era stato chiesto al Governo di sapere quali azioni intendesse adottare per garantire il mantenimento da parte dell'azienda degli impegni presi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali, considerato il livello strategico delle attività svolte da Piaggio Aerospace per cui la Presidenza del Consiglio dei ministri ha già in passato (29 aprile 2014) esercitato i poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale (ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56), e in considerazione delle risorse fin qui messe in campo dallo Stato sia in termini di contributi alle aziende aeronautiche (legge n. 808 del 1985) sia in termini di ammortizzatori sociali;
   a seguito delle preoccupazioni manifestate, martedì 9 agosto 2016, rappresentanze dei lavoratori sono state convocate a Palazzo Chigi dove è stato sottolineato come il piano presentato dall'amministratore delegato di Piaggio Logli il 28 luglio al Ministero dello sviluppo economico non era e non è frutto di condivisione con il Governo e che, per quanto riguarda quest'ultimo, si riparte da una puntuale verifica circa le condizioni dettate dall'accordo di programma del 2014. Il Ministro Calenda si è assunto l'impegno di fare queste verifiche con l'azienda e di riconvocare i sindacati e le parti sociali. Il Governo ha ribadito il proprio impegno a seguire una vertenza fondamentale per il sistema Paese e ancora di più per il nostro territorio –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per garantire che l'azienda mantenga gli impegni presi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali, considerato il livello strategico delle attività svolte da Piaggio Aerospace;
   di quali elementi disponga il Governo circa l'esito dell'annuncio dell'ex amministratore delegato di Leonardo che, il 7 marzo 2013 nel corso dell'audizione presso la Commissione attività produttive della Camera, aveva dichiarato «Abbiamo già fatto un'offerta per la parte motori di Piaggio». (3-03197)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si sta assistendo allo scontro tra Italia e Francia sull'acquisizione da parte di Fincantieri dei cantieri di Saint-Nazaire. Il Governo francese ha, infatti, messo in discussione l'intesa raggiunta sotto la presidenza francese di Hollande che prevedeva la maggioranza assoluta degli azionisti italiani. Di contro, il Ministro dell'economia francese Bruno Le Maire ha, di fatto, lanciato un ultimatum all'Italia: se Fincantieri non acconsentirà ad avere il 50 per cento del capitale del gruppo di Saint Nazaire, e quindi una gestione condivisa, lo Stato francese eserciterà il suo diritto di prelazione e nazionalizzerà i cantieri in questione pur di non cedere il controllo al gruppo triestino;
   l'amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha già espresso una posizione netta di chiusura dinanzi a tali richieste, non ritenendo di dover cedere alle pressioni del Governo francese, poiché gli accordi iniziali erano, come predetto, ben diversi e, soprattutto, ritenendo che una realtà così grande e complessa sarebbe arduo gestirla in comproprietà al 50 per cento. Tra l'altro, non si comprende l'intransigenza delle richieste del Governo francese a non volere consentire la maggioranza agli azionisti italiani, considerando che, a vendere il cantiere, è stata una multinazionale coreana cui faceva capo il 66 per cento del capitale;
   questo episodio si unisce ad ulteriori vicende politiche che lasciano l'interrogante seriamente perplesso e contrariato per la condotta dei Governo francese, sotto la presidenza di Emmanuel Macron, nei confronti dello Stato italiano, a cui si ritiene debbano seguire delle iniziative del Governo italiano volte a dare al nostro Paese il peso che gli è dovuto, anche da un punto di vista diplomatico – 
   quali siano gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative si intendano assumere. (5-12003)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in commissione Duranti e altri n. 5-11987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ricciatti, Nicchi, Sannicandro, Matarrelli, Fontanelli, Melilla, Lacquaniti, Folino, Piras.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in commissione Garavini n. 5-00220 del 30 maggio 2013;
   interrogazione a risposta in commissione Garavini n. 5-00449 del 26 giugno 2013;
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-05075 del 10 giugno 2014;
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-14546 del 18 ottobre 2016.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, BENEDETTI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari europei, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2013, la direzione generale ambiente della Commissione europea ha scritto alla Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione alla procedura di infrazione 2004/4926 riguardante la caccia in deroga nella regione Veneto, evidenziando che se l'Italia non smette di autorizzare, in deroga alle leggi comunitarie, l'uccisione di milioni di piccoli uccelli protetti «la Commissione europea non avrà altra scelta che presentare un secondo ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia UE proponendo l'imposizione di sanzioni pecuniarie contro la Repubblica italiana»;
   nella stessa lettera, la Commissione europea offriva al Ministro Moavero tutte le indicazioni per superare i punti problematici al fine di risolvere la procedura d'infrazione ed evitare pesanti conseguenze all'Italia;
   il 31 luglio 2013 la Camera dei deputati ha approvato, in via definitiva, la legge europea 2013 che, pur modificando la legge n. 157 del 1992 proprio in relazione alla caccia in deroga, non ha tuttavia ed evidentemente recepito tutte le puntuali indicazioni comunitarie;
   la Commissione ha ribadito, infatti, che «qualunque provvedimento di deroga, per essere compatibile con l'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della cosiddetta direttiva Uccelli, deve contenere una motivazione adeguata e dimostrare l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti», le deroghe adottate dal Veneto fino al 2011 hanno, al contrario, consentito la deroga al divieto di caccia esclusivamente con la necessità di mantenere una tradizione culturale fortemente radicata sul territorio;
   allo stesso tempo, sempre nella lettera della Commissione, si evince l'obbligo di registrazione dei capi immediatamente dopo l'abbattimento, unico modo per verificare che il cacciatore esercitante la deroga non superi il massimale di capi giornalieri previsti dalla deroga stessa;
   l'Europa ribadisce inoltre che l'esercizio della deroga di cui alla lettera c) possa avvenire in un periodo di tempo brevissimo, per un numero limitato di cacciatori e in un numero altrettanto limitato di luoghi e, allo stesso tempo, ribadisce la fondamentale importanza del parere dell'istituto superiore per la sicurezza e la protezione ambientale, nel rilascio delle deroghe;
   diverse associazioni ambientaliste – CABS, ENPA, LAV, LEGAMBIENTE, LIPU e WWF – hanno segnalato il mancato recepimento delle indicazioni della Commissione europea da parte del nostro Paese e «il risultato è che oggi ci ritroviamo una riforma della legge sulla caccia in deroga che non soddisfa se non una piccola parte delle precise richieste comunitarie e, soprattutto, lascia pericolosamente aperta una serie di finestre perché le infrazioni possano continuare, con il rischio più che concreto che si giunga alla seconda e definitiva condanna per l'Italia»;
   gli ambientalisti denunciano, inoltre, una mancanza di chiarezza da parte del Governo circa il non aver comunicato chiaramente ciò che l'Europa stava chiedendo al Paese in merito alla questione della caccia in deroga;
   il Veneto non è l'unica regione a trovarsi in queste condizioni e il sopraggiungere di un secondo discorso della Commissione europea di fronte alla Corte dell'Unione europea non è affatto da escludere, per la palese e ripetuta violazione della sentenza dell'11 novembre 2010, causa C-164/09 –:
   quali siano le ragioni della mancata comunicazione al Parlamento relativamente alle richieste della Commissione europea sull'annosa questione della caccia in deroga nel nostro Paese, posto che nella legge europea 2013, appena approvata in via definitiva dal Parlamento italiano, avrebbero potuto essere inserite norme per chiudere definitivamente la questione della caccia in deroga in Italia e non solamente;
   se il Governo intenda realmente promuovere una revisione della normativa in materia di attività venatoria, anche attraverso la modifica della legge n. 157 del 1992. (4-01617)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, con riferimento alla possibilità di applicare il regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE per attuare l'esercizio venatorio nei confronti di specie di uccelli non cacciabili in Italia, quali lo storno, il fringuello e la peppola, l'Ispra, considerato che esistono soluzioni alternative, ritiene non soddisfatta la condizione necessaria per l'attuazione di tale regime di deroga. Il fatto che le tre specie per cui si chiede la deroga verrebbero cacciate con modalità differenti e in luoghi e orari diversi rispetto agli altri passeriformi cacciabili in Italia non rappresenta, secondo l'Ispra, motivazione sufficiente per giustificare l'attuazione di detta deroga. L'Istituto ha precisato, infatti, che il regime di deroga, nel caso specifico, avrebbe di fatto come principale conseguenza l'aumento del numero di specie cacciabili sul territorio nazionale, includendone due non cacciabili in Europa, ossia il fringuello e la peppola, tenuto conto che lo storno è specie cacciabile in alcuni Paesi europei ed un suo eventuale inserimento nell'elenco delle specie cacciabili in Italia è stato già in passato valutato tecnicamente accettabile dall'Ispra.
  L'Istituto sottolinea che anche la Commissione europea ha evidenziato in più occasioni come la necessità di mantenere attività legate alla tradizione culturale di uno Stato membro, o di regioni ad esso appartenenti, non costituisca condizione sufficiente per giustificare il regime di deroga. È necessario considerare inoltre che in Italia la caccia a specie passeriformi è, comunque, già consentita, anche attraverso l'uso di richiami vivi e da appostamento.
  Per quanto concerne, inoltre, la definizione di «piccola quantità», si fa presente che l'Ispra ha più volte evidenziato che tale concetto, così come inteso nella «Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici», non risulti applicabile alla gran parte delle specie appartenenti all'ordine dei passeriformi, e in particolare a quelle migratrici. A conferma dell'interpretazione tecnica di Ispra, anche la Commissione europea si è espressa in diverse occasioni su questi temi, come ad esempio nell'ambito della procedura di infrazione 2006/2131, archiviata nel dicembre 2013, nel corso della quale la Commissione precisava, circa la possibilità da parte dello Stato Italiano di riattivare il regime di «caccia in deroga», che «nel caso di un'eventuale adozione di una deroga che non rispettasse tutte le condizioni imposte dall'articolo 9 della Direttiva, ciò costituirebbe una nuova violazione della sentenza della Corte di giustizia dell'11 novembre 2010 nella causa C-164/2009, se venissero adottate in Italia deroghe illegittime, e ove il Governo italiano non intervenisse in modo efficace e tempestivo per impedire che tali deroghe producano i loro effetti, la Commissione europea non avrà altra scelta che presentare un secondo ricorso dinanzi alla Corte EU proponendo l'imposizione di sanzioni pecuniarie contro la Repubblica Italiana».
  Si segnala, inoltre, che il Ministero dell'ambiente ha predisposto un «Piano d'azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici», attualmente all'esame della Conferenza Stato regioni, e che la prima seduta tecnica per la valutazione del Piano si è tenuta il 7 febbraio 2017 con un generale apprezzamento del documento.
  Punto centrale del Piano è la problematica connessa al nuovo assetto organizzativo derivante dall'abolizione delle province e dalla creazione del Comando unità tutela forestale dello Stato, nonché dalla carenza delle risorse da dedicare alle attività di prevenzione e repressione del bracconaggio.
  Si fa presente altresì che, in relazione a segnalazioni specifiche, vengono regolarmente inviate richieste di intervento al nuovo ufficio per la biodiversità-riserve naturali dello Stato, Comando unità tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri (Oaio) che ha sostituito il Nucleo operativo antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato. Tale ufficio continuerà ad occuparsi anche dei reati contro il patrimonio faunistico tutelato da direttive comunitarie e convenzioni internazionali. Analogamente a quanto in precedenza svolto dal Corpo forestale dello Stato, è previsto che, in caso di illeciti contro la fauna selvatica, vengano posti sotto sequestro gli attrezzi per la caccia vietati, i richiami vivi detenuti illegalmente, armi e munizioni e la fauna abbattuta illegalmente, comminando sanzioni penali ed amministrative ai trasgressori. È, in ogni caso, da ricordare il ruolo determinante svolto dalle regioni sulle materie in questione e, in particolare, le azioni da intraprendere per arginare il fenomeno sopra descritto.
  Ad ogni modo, si fa presente che questo Ministero monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, valutando il raggiungimento delle finalità degli atti normativi, nonché gli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
  L'analisi richiede il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di interessi, in modo da raccogliere dati e opinioni da coloro sui quali la normativa in esame ha prodotto i principali effetti. Lo scopo è quello di ottenere, a distanza di un certo periodo di tempo dall'introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull'impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina in vigore.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore senza ridurre in alcun modo lo stato di attenzione su tali tematiche.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che il dipartimento di pubblica sicurezza avrebbe presentato alle organizzazioni sindacali, un documento, che nell'ambito di un piano complessivo volto alla razionalizzazione dei presidi di polizia, prevede la soppressione, tra le altre, della sezione polizia postale di Pistoia;
   il Ministero, per adeguarsi alle nuove necessità operative e alla trasformazione che ha subito il settore, avrebbe rappresentato la necessità di operare una vasta razionalizzazione, nelle province nelle quali non vi sarà più la sezione di polizia postale sarà istituita nelle questure una «sezione reati informatici» all'interno delle squadre mobili;
   la polizia postale sarà composta da 20 compartimenti regionali, 8 sezioni distrettuali e solo da 21 sezioni provinciali in tutta Italia;
   la razionalizzazione troverebbe la sua ratio nella necessità di fare economia; non appare, tuttavia, corretto, affermare che la chiusura delle sezioni di polizia postale possa comportare risparmi economici, dal momento che esse vengono sovvenzionate dalla società Poste Italiane s.p.a., società privata che assume sul proprio bilancio tutti i costi di gestione;
   la chiusura comporterebbe un aggravio ulteriore di spesa per dotare il personale, trasferito ad altra sede, di computer, attrezzature tecnologiche ed informatiche, arredi, autovetture di servizio (anche quelle con colori di istituto), consumi di energia, affitti dei locali ed altro, il cui costo, ad oggi, è a carico della società privata Poste Italiane s.p.a.;
   non è corretto affermare che la chiusura delle sezioni porti ad una razionalizzazione delle risorse umane, poiché non si utilizzerà al meglio il personale già specializzato, ma esso verrà disperso in attività di carattere generale, vanificando quella esperienza e professionalità acquisita nel corso degli anni anche attraverso numerosi e di corsi di specializzazione;
   il personale potrebbe essere dirottato presso le locali squadre mobili dove dovrebbe svolgere il medesimo lavoro: mancano, però, elementi che permettano di individuare il coordinamento tra le varie attività;
   l'attuale assetto consente un tempestivo ed ordinato flusso delle informazioni tra il centro e la periferia a vantaggio del coordinamento spedito e dell'immediato intervento su tutto il territorio;
   le sezioni della polizia postale svolgono nelle province un'attività specifica di prevenzione e repressione volte ad osteggiare i reati informatici e quei reati che si avvalgono delle tecnologie informatiche, attraverso il rapporto diretto con il cittadino, con la quotidiana attività di front office per acquisire denunce, esposti, richieste di ogni genere, incontri e convegni con le scolaresche, i genitori, gli insegnanti ed i comitati, per informare e svolgere attività di sensibilizzazione che, alla luce dei recenti accadimenti, appare sempre più indispensabile;
   per quanto riguarda l'attività di repressione, in caso di indagini specifiche nel campo informatico è evidente che la presenza sul territorio consente di acquisire immediatamente la notitia criminis ed attivare di indagini, ponendo immediato contrasto alla consumazione del reato, come la possibilità di fermare flussi di denaro da frodi informatiche, estorsioni, clonazioni di carte di credito e truffe in genere;
   si è in un'epoca nella quale le truffe on line, l'adescamento minorile tramite i social network, le sex extorsion, la pedopornografia e il cyberbullismo, sono reati informatici in crescita esponenziale, e contro i quali l'azione della polizia postale, sempre più specializzata, costituisce un presidio fondamentale –:
   se il Ministro non ritenga di dovere ripensare radicalmente il piano di razionalizzazione suesposto nella parte che riguarda la chiusura dei presidi della polizia postale in Toscana, con particolare riferimento alla sezione della polizia postale di Pistoia, anche al fine di garantire un'adeguata lotta al crescente crimine informatico sul territorio, nonché per salvaguardare le professionalità acquisite. (4-17079)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si richiama l'attenzione sulla ventilata chiusura di una serie di sezioni della polizia postale e delle comunicazioni sul territorio nazionale, con particolare riferimento alla sezione di Pistoia.
  La questione della chiusura di alcune sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014.
  Il piano è ancora in attesa di definizione, anche a causa dell'approvazione della legge n. 124 del 2015, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare importanti misure di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Per quanto attiene in particolare al riordino del sistema della pubblica sicurezza, il legislatore ha chiarito che il nuovo assetto organizzativo dovrà essere volto ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia, nonché favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Tali principi sono stati recepiti nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, con cui è stato stabilito che la razionalizzazione della dislocazione delle Forze di polizia sul territorio sarà determinata con decreto del Ministro dell'interno, privilegiando l'impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti, presso il dipartimento della pubblica sicurezza, appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Più in generale, si rappresenta che anche la polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'organizzazione alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, caratterizzate da spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Muovendo da tale constatazione, il piano di razionalizzazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle Sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si assicura, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le Sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del «prodotto» sicurezza né la prossimità con i luoghi di residenza dei nostri cittadini.
  È impensabile, d'altra parte, che il Ministero dell'interno possa depauperare un servizio, quello della Polizia postale e delle comunicazioni appunto, deputato a presidiare, oltreché i settori di attività criminale citati nell'interrogazione (truffe on line, adescamento minorile, sex extorsion, pedopornografia, cyber bullismo eccetera) un ambito di interesse strategico per il Paese.
  L'informatica e i sistemi di comunicazione sono, infatti, diventati strumenti di uso abituale delle associazioni criminali di tipo mafioso e di tipo terroristico, e il contrasto di tali sodalizi su internet richiede, nella logica di corrispondere simmetricamente alla minaccia, l'adeguamento costante delle tecnologie in uso, oltreché – ovviamente – dei livelli di professionalità delle risorse umane in dotazione.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   BORGHESI, GRIMOLDI e GUIDESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea chiede agli Stati membri, con il regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio approvato il 22 ottobre 2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive, di intervenire per l'eradicazione e il controllo delle specie aliene invasive, considerate una grave minaccia per la conservazione della biodiversità nel territorio dell'Unione europea;
   in seguito il 13 luglio 2016, la Commissione europea con il regolamento di esecuzione (UE) 2016/1141 adotta un elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale in applicazione del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio;
   tra le specie vi è la nutria, già oggetto di precedenti interrogazioni, lo scoiattolo grigio, numerose piante e altri e animali. Tra questi vi è l'Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus), diffuso ormai con migliaia di soggetti in Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna;
   questo uccello esotico compete con gli Ardeidi per i luoghi riproduttivi, scacciando le specie autoctone, e con altri uccelli acquatici nelle aree di alimentazione come risaie, marcite e prati;
   la presenza dell'Ibis Sacro sta quindi danneggiando le specie di uccelli europei e italiani, tra i quali molti sono inclusi nell'allegato 1 della direttiva 147/2009/CE;
   a oggi, nessun provvedimento di controllo numerico, né di eradicazione per questa specie è in atto nelle regioni sopra citate. Questo configura una violazione degli obblighi comunitari, che prevedono interventi degli Stati membri per l'eradicazione o il controllo numerico delle specie aliene invasive, insieme alla tutela e conservazione delle specie autoctone;
   i regolamenti sopra citati prevedono la preparazione di un Piano nazionale per il controllo e l'eradicazione di queste specie –:
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda intraprendere per mettere in pratica i dettami dei regolamenti comunitari, tenuto conto che le disposizioni sono obbligatorie a tutti gli effetti onde evitare di incorrere in eventuali procedure di infrazione europea.
(4-16313)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla diffusione di specie esotiche invasive, tra cui, l'Ibis Sacro, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
  Il regolamento (UE) 1143/2014 e il regolamento di esecuzione 2016/1141 della Commissione del 13 luglio 2016, recante il primo elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, individua l'Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus) tra le specie invasive di rilevanza unionale; sono stati infatti accertati impatti significativi sulla avifauna autoctona sia in Francia sia in tempi più recenti nel Nord Italia, ove la specie, dopo un periodo di relativa rarità, ha visto aumentare significativamente la sua consistenza numerica divenendo col tempo una vista familiare nelle zone umide e durante il periodo della nidificazione nelle aree di nidificazione coloniale degli ardeidi, con problemi di competizione per le risorse trofiche, per il sito di nidificazione e per la possibile predazione di pulli.
  Il recente aumento degli effettivi di Ibis Sacro impone di attivare al più presto ogni utile iniziativa per un primo controllo della specie ed una sua successiva rimozione dall'ambiente naturale. Le azioni di eradicazione in Francia, iniziate nel 2005-2006, hanno prodotto buoni risultati. Tale esperienza operativa potrà essere ripresa in Italia, dove la specie fino a tempi recenti era in numero ridotto e non destava particolari preoccupazioni.
  In relazione agli obblighi comunitari e a quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, della legge n. 157 del 1992, con il supporto tecnico di Ispra, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta avviando i contatti con le regioni, affinché vengano messe in atte le necessarie misure di eradicazione dell'Ibis Sacro, in conformità a quanto previsto dall'articolo 19 della citata legge n. 157 del 1992.
  Il Ministero, per quanto di competenza, continuerà a svolgere la propria attività di monitoraggio mantenendo alto il livello di attenzione sulla questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa emerge che, con l'entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia per la stagione invernale, il 16 gennaio 2017, sarà cancellata la coppia di treni Intercity notturni ICN 734 e ICN 735 che servono la tratta Trieste centrale – Venezia Mestre, in particolare il primo con partenza dal capoluogo giuliano alle 22,06 e arrivo allo snodo ferroviario veneto alle 00,05 e il secondo in senso contrario in partenza alle 5,50 e arrivo a destinazione alle 7,21;
   si ricorda che i treni Intercity, servendo stazioni minori, in particolare del basso Friuli e del Veneto orientale, offrono un servizio complementare a quello dei treni regionali e sono utilizzati quindi da una utenza anche di tipo «pendolare». In particolare, i treni Intercity ICN 734 e 735 sono utilizzati da lavoratori specialmente turnisti e studenti universitari;
   le regioni, nella programmazione dell'offerta locale, hanno considerato la presenza di detti Intercity notturni. Una loro soppressione – specie se non anticipata adeguatamente da Trenitalia alle istituzioni del territorio – comporterebbe quindi nell'immediato una carenza di servizi a danno dell'utenza sopra indicata;
   con la soppressione dell'ICN 735, infatti, non vi sarebbe più modo di raggiungere la stazione di Trieste prima delle ore 8 della mattina, orario di inizio delle lezioni e di apertura di diversi uffici. L'offerta regionale in quella fascia oraria prevede, infatti, sulla linea Cervignano-Latisana-Portogruaro solamente una soluzione con cambio composta da due regionali con arrivo finale a Trieste alle 8,18;
   diversamente, con la soppressione dell'ICN 734 non ci sarebbe più alcun collegamento da Trieste centrale a Venezia Mestre sulla linea Cervignano-Latisana-Portogruaro dopo le ore 19 (molte attività universitarie, diversi uffici ed esercizi commerciali chiudono dopo tale orario);
   le soluzioni indicate da Trenitalia – una coppia di autobus che impiegano più di 3 ore e con orari notevolmente differenti da quelli degli Intercity – non sono compatibili con le esigenze di questa utenza di tipo «pendolare»: l'autobus LP 735 sostitutivo dell'ICN 735 partirebbe da Venezia Mestre alle 5,50 giungendo a Trieste alle 9, mentre l'autobus LP 734 sostitutivo dell'ICN 734 partirebbe da Trieste alle 20,50 per arrivare a Venezia Mestre dopo la mezzanotte;
   all'interrogante risulta che questa decisione di Trenitalia non sarebbe stata concordata con la regione Friuli Venezia Giulia, che ha già manifestato la propria contrarietà all'operazione, e non sarebbe stata mai comunicata ufficialmente, impedendo alle istituzioni del territorio di valutare per tempo effetti ed azioni correttive volte a non danneggiare i cittadini –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare affinché Trenitalia riveda la propria offerta Intercity ripristinando gli ICN 734 e ICN 735;
   in alternativa, quali iniziative di competenza intenda promuovere il Ministro affinché siano comunque tutelate le esigenze dell'utenza di tipo «pendolare» che sarebbero compromesse dalle cancellazioni descritte in premessa. (4-15146)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni comunicate dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero e dalla società Ferrovie dello Stato italiane.
  I treni intercity (IC) rientrano nel contratto di servizio stipulato tra Trenitalia e lo Stato: la caratteristica dei treni oggetto del contratto è quella di non essere economicamente sostenibili da parte di Trenitalia e, quindi, lo Stato eroga corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel piano economico-finanziario inserito anch'esso nel contratto. La programmazione dei servizi contrattualizzati (che comprende, fra l'altro, numero, tipologia, tariffe e itinerari dei collegamenti), viene gestita presso i competenti uffici di questa Amministrazione.
  Recentemente è stato definito il nuovo contratto di servizio per gli anni 2017-2026 e, nell'ambito delle azioni mirate alla razionalizzazione della spesa, sono stati effettuati una serie di interventi sui collegamenti a bassissima frequentazione, tra i quali rientrava anche la coppia di intercity 734-735 che presentava, dai dati comunicati dalla società Trenitalia, un volume di viaggiatori di circa 30 persone per treno, svolgendo, peraltro, un servizio a carattere esclusivamente locale e non a media e lunga percorrenza. Per tale motivo era stata prevista la sostituzione dei predetti due treni con un servizio bus.
  A seguito delle intese intervenute successivamente tra Trenitalia e la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, si è pervenuti alla determinazione di inserire – a partire dallo scorso 23 gennaio – una nuova coppia di treni regionali con gli stessi orari e fermate degli IC precedentemente programmati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i laboratori ARPA (Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale) rappresentano una preziosa ed insostituibile fonte di vigilanza ambientale su acqua, aria, terreni, rifiuti e bonifiche, a garanzia della salute dei cittadini e della tutela del territorio, attraverso una costante ed attenta attività di monitoraggio e controllo finalizzata a ridurre l'esposizione del territorio e delle popolazioni interessate ai fattori di rischio ambientale;
   ad oggi il sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, costituito dalle agenzie regionali e provinciali di protezione ambientale (le ARPA e le APPA) e dall'ISPRA, nel quale lavorano circa 11.0000 operatori e che compie un'intensa attività di controllo e monitoraggio, rappresenta una rete di fondamentale importanza, soprattutto in un momento storico in cui i temi e le emergenze legate all'ambiente e alla salute entrano spesso in conflitto con realtà socio-economiche locali;
   i lavoratori di ciascuna ARPA sono caratterizzati da un'attività di controllo molto diversificata in ogni regione e da una diffusa esiguità di risorse a fronte del gravoso e sovente complesso lavoro svolto;
   a titolo esemplificativo, il piano strategico 2012-2014 dell'Arpa Veneto, approvato dalla giunta regionale del Veneto con DGR 613/2012, prevede una notevole riduzione dei laboratori territoriali per le analisi ambientali e la chiusura di numerosi sedi periferiche dell'Agenzia, al fine di ridurre i costi e gli sprechi che si sono susseguiti nel tempo;
   la conseguente chiusura dei laboratori di analisi di Belluno, Rovigo, Vicenza e la preannunciata chiusura della sede di Padova, laboratorio peraltro promosso, nel 2013, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come unico centro nazionale per l'analisi dell'aria, oltre a vanificare la mission istitutiva di Arpa Veneto, ovvero il controllo della qualità dell'ambiente a supporto della prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica, penalizza gravemente le numerose professionalità impiegate nei laboratori di analisi, svilendo così le competenze maturate negli anni presso tale struttura;
   sembrerebbe, a quanto consta all'interrogante, che sia a rischio di chiusura anche il laboratorio di analisi di Verona, in cui operano diverse figure professionali di vario livello, che contribuiscono a rendere l'attività dell'Arpav Veneto una delle eccellenze del nostro Paese;
   a giudizio dell'interrogante è doveroso ed improcrastinabile impedire l'ulteriore chiusura dei laboratori di analisi facenti capo ad Arpa Veneto e valorizzare in maniera adeguata le professionalità impiegate, anche al fine di rendere l'Ente un competitor privato in settori come l'impiantistica e le specifiche attività di laboratorio;
   anche in altre realtà regionali, segnatamente la Sicilia, il funzionamento dell'ARPA di competenza risulta condizionato da carenza di risorse e di personale;
   bisogna sottolineare che la legge 15 dicembre 2014, n. 308, recante: «Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione», all'articolo 11, comma 8, lettere b) ed h) prevede, tra i criteri direttivi a cui debbono ispirarsi i relativi decreti legislativi, «... il conseguimento di maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali, nonché certezza delle sanzioni in caso di violazione delle disposizioni a tutela dell'ambiente» (lettera b)); e: «...la previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali, incentivando in particolare i programmi di controllo sui singoli impianti produttivi, anche attraverso il potenziamento e il miglioramento dell'efficacia delle autorità competenti» (lettera h)) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo e sulla base di intese in Conferenza Stato-regioni, intenda intraprendere per potenziare il sistema dei controlli ambientali, impedendo il drastico ridimensionamento dei servizi, delle strutture operative e delle professionalità, anche al fine di tutelare pienamente il diritto alla salute dei cittadini, costituzionalmente garantito così evitando casi come quello del Veneto;
   se non ritenga altresì opportuno intervenire, per quanto di competenza, anche attraverso l'operato dell'Ispra, a garanzia dell'uniformità e della capillarità dei controlli in materia ambientale su tutto il territorio nazionale, con una razionalizzazione del sistema che non si traduca in tagli o riduzione di importanza degli enti di protezione ambientale ma in una omogeneizzazione del sistema di enti, spesso troppo frammentati e deboli, così da potenziarli e renderli più efficienti, attraverso un maggiore coordinamento, maggiori risorse finanziarie e chiarezza nelle competenze. (4-08672)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La recente approvazione della legge 28 giugno 2016 n. 132 istituisce un sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, finalizzato ad armonizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo le attività delle agenzie sul territorio, nonché a realizzare un sistema integrato di controlli coordinati dall'istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
  Attraverso un Sistema nazionale a rete in cui un ruolo strategico è attribuito a Ispra, e con i cosiddetti «Lepta», ovvero i livelli essenziali delle prestazioni ambientali cui dovranno adeguarsi le agenzie, si attua un vero e proprio ripensamento dell'attuale sistema, fino ad oggi scandito da una diversità di approcci da regione a regione e da una grande frammentarietà che indeboliva di fatto la protezione dell'ambiente.
  Altre importanti novità introdotte dal provvedimento sono il Sistema informativo nazionale ambientale e la rete dei laboratori accreditati: si rafforzano dunque in maniera evidente la trasparenza e la qualità scientifica dei controlli.
  Il lavoro più complesso che spetta alle agenzie nei prossimi anni è quello di contribuire alla definizione di quei meccanismi di misurazione degli sforzi degli stati nel perseguire gli obiettivi ambientali.
  Sarà necessario individuare metodi inattaccabili per rendere comparabili misure e interventi molti diversi e, in questo ambito, per misurare progressi, battute d'arresto, stati di avanzamento per valutare, sia in termini di singolo paese che globali, i progressi fatti e quanto manca ai target concordati.
  In questo percorso un ruolo chiave è affidato alle agenzie per la protezione dell'ambiente, che sono chiamate alla responsabilità di fornire ai decisori politici gli strumenti necessari per definire soluzioni politiche efficaci, informate, scientificamente solide, sia a scala territoriale sia a scala internazionale.
  In ogni caso, si evidenzia che questo Ministero monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, valutando il raggiungimento delle finalità degli atti normativi, nonché gli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
  L'analisi richiede il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di interessi, in modo da raccogliere dati e opinioni da coloro sui quali la normativa in esame ha prodotto i principali effetti.
  Lo scopo è quello di ottenere, a distanza di un certo periodo di tempo dall'introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull'impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina in vigore.
  Quanto riferito testimonia che le problematiche rappresentate dall'interrogante sono tenute in debita considerazione da parte di questo Ministero, il quale ha provveduto, e provvederà per il futuro, alle attività e valutazioni di competenza in materia con il massimo grado di attenzione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di stampa di queste ore, che una fuoriuscita d'idrocarburi da uno dei serbatoi di stoccaggio del greggio stabilizzato, dal Centro olio Eni Val d'Agri (COVA), in Basilicata, sta inquinando le acque del lago Pertusillo e i terreni limitrofi;
   il 3 febbraio 2017, l'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro un pozzetto nell'area industriale di Viggiano e, nei giorni scorsi, la procura di Potenza ha avviato un'indagine;
   in via precauzionale, l'Eni ha avviato le operazioni di svuotamento del serbatoio mettendolo fuori servizio per tutti i necessari interventi; tuttavia, è confermata dalla stessa società la presenza d'idrocarburi sul terreno in prossimità dei pozzetti della rete fognaria e, su richiesta dei sindaci dell'Alta Val d'Agri, sono state eseguite le analisi dei campioni sull'invaso del Pertusillo per accertare l'eventuale contaminazione del terreno;
   inoltre, forte è l'allarme per quanto accaduto, perché il lago Pertusillo è l'invaso che alimenta l'acquedotto pugliese e finisce direttamente nelle case dei cittadini;
   va segnalato inoltre che in Basilicata, negli anni addietro, ci sono stati episodici sversamenti di petrolio nel lago Pertusillo, compromettendo gravemente la risorsa più importante come l'acqua;
   il parco nazionale della Val d'Agri ospita venticinque pozzi petroliferi attivi e le acque del lago sono usate per scopo irriguo e potabile, sia in Lucania sia in Puglia; inoltre, sono presenti numerose fertili aree agricole;
   il petrolio in quelle zone sta creando seri danni alla salute delle persone, degli animali da reddito e all'agricoltura; infatti, gli abitanti lamentano un aumento delle patologie legate ai giacimenti e ai loro sversamenti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   considerata la gravità dell'accaduto, se non ritengano necessario rendere pubbliche le informazioni sulla situazione generale dell'invaso del Pertusillo e sui risultati delle analisi condotte sulla qualità delle sue acque;
   se siano state effettuate specifiche verifiche in relazione alla situazione in atto nella regione Puglia e quali esiti siano emersi sull'acqua distribuita nella rete idrica pugliese derivata dall'invaso del Pertusillo;
   se il Governo, – considerato che i giacimenti di petrolio e gli eventuali sversamenti sono un enorme danno per l'ambiente e un rischio concreto per la salute umana – non intenda promuovere la predisposizione di un dossier, in riferimento alle conseguenze dello sfruttamento del petrolio nel nostro Paese e ai danni all'ambiente, agli animali, all'agricoltura e alla salute umana, assicurando ampia pubblicità alle relative risultanze.
   (4-15722)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente, in via preliminare, che le attività di controllo, prevenzione e contrasto agli illeciti ambientali, compresa l'irrogazione delle relative sanzioni, sono poste in capo agli enti territoriali. Ad ogni modo, si rappresenta che il lago artificiale del Pertusillo rientra sia nel parco nazionale dell'appennino lucano-Val d'Agri-Lagonegrese, sia nel sito Natura 2000 SIC «Lago Pertusillo», individuato ai sensi della direttiva «Habitat» (92/43/CEE). Nell'ambito della relativa attività di vigilanza condotta dal Ministero dell'ambiente, e in relazione ad ulteriori indagini, è stato acquisito il rapporto dell'ente Parco Nazionale nel quale sono riportate notizie in merito alle iniziative correlate all'inquinamento delle acque del bacino lacustre. In particolare, viene riferito che con determina dirigenziale del 5 luglio 2013, la regione Basilicata ha disposto di affidare all'ente parco l'incarico per il controllo degli affluenti dell'invaso del Pertusillo. L'ente Parco, di concerto con le autorità preposte, ha provveduto a porre in essere una serie di controlli mirati a prevenire, ed eventualmente reprimere, i fenomeni di sversamenti illeciti nel lago. L'attività di controllo delle aziende zootecniche è stata coordinata, invece, dal comando provinciale dell'ex corpo forestale dello Stato di Potenza il quale sta svolgendo approfondimenti anche sulle analisi relative alla presenza di idrocarburi nei fanghi e sedimenti dell'invaso. Ulteriori controlli vengono svolti dal gestore del servizio idrico integrato, acquedotto pugliese (AQP) che effettua regolarmente i controlli sull'acqua grezza derivata dal Pertusillo. Prima della potabilizzazione, l'Aqp effettua, oltre i controlli previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 necessari per la classificazione della qualità delle acque, ulteriori analisi di controllo per meglio gestire i processi di potabilizzazione. L'impianto di potabilizzazione dell'Aqp è dotato di sezioni di trattamento adeguate alla tipologia di acque da trattare e di una stazione finale di trattamento a carboni attivi che rappresenta una ulteriore cautela rispetto ad eventuali presenze di microinquinanti.
  Per quanto concerne il presunto recente sversamento accidentale di idrocarburi da un serbatoio del COVA si fa presente che sulla questione si è attivata la Procura di Potenza la quale ha evidenziato che il 3 febbraio scorso i militari del NOE, a seguito di segnalazione, hanno rinvenuto uno scarico in aree prospicienti al COVA di Viggiano attinto da reflui di origine ignota aventi le caratteristiche organolettiche degli oli minerali. Procedevano quindi al sequestro del pozzetto ove confluiva il predetto scarico e al campionamento del refluo, con sequestro dei relativi campioni. Sono state immediatamente avviate indagini al fine di individuare la natura dei reflui e l'eventuale propagazione di sostanze inquinanti. In particolare, sono stati disposti accertamenti tecnici ai sensi dell'articolo 360 codice di procedura penale sui campioni in sequestro, di cui sono attesi gli esiti. Peraltro, le prime analisi condotte da Arpa Basilicata hanno confermato la presenza nel pozzo di idrocarburi e di ammine filmanti, dato quest'ultimo che rende certa la provenienza dei reflui dal COVA.
  Inoltre, come riferito dagli Uffici giudiziari procedenti, il 4 febbraio scorso ENI ha dato avvio alla procedura di messa in sicurezza d'emergenza e sta realizzando sondaggi e piezometri, sia all'interno che all'esterno del COVA, campionamento dei terreni investigati e loro analisi, campionamento delle acque sotterranee e loro analisi, nonché l'emungimento degli idrocarburi che fuoriescono, da avviare a smaltimento. Il 6 marzo scorso, l'ENI ha trasmesso il piano di caratterizzazione del COVA a tutte le autorità ed enti competenti.
  È stata, inoltre, conferita delega al NOE per acquisire eventuali accertamenti effettuati dall'Arpab in relazione al bacino del Pertusillo. In particolare l'Arpab ha segnalato di aver individuato per l'invaso un punto di campionamento situato il più possibile vicino al «Punto Presa» che è un punto in prossimità della condotta idrica che trasporta le acque superficiali verso il potabilizzatore. In base alle risultanze delle determinazioni analitiche effettuate, l'invaso del Pertusillo è classificato nella categoria A2 che prevede un trattamento chimico-fisico e disinfezione delle acque da potabilizzare e un numero minimo di campionamenti annuali pari a 8. L'ARPAB ha inoltre eseguito campionamenti presso lo «Sbarramento» e presso la Località Traversiti, su richiesta dei Comuni interessati. Le analisi condotte di iniziativa dall'ARPAB presso l'invaso e acquisite dalla procura di Potenza tramite il NOE hanno mostrato che in tutti i campioni prelevati e analizzati a tutt'oggi le concentrazioni dei vari parametri sono sempre risultate inferiori al limite di determinazione analitico.
  L'ARPAB ha fatto presente, inoltre, di aver eseguito in data 27 febbraio scorso una campagna mirata sull'intero invaso individuando, in particolare, 5 stazioni di indagine. Le analisi ecotossicologiche sulla matrice acqua e sedimenti non hanno evidenziato fenomeni di tossicità. L'agenzia ha fatto presente, altresì, che le indagini sinora condotte hanno evidenziato la presenza di microalghe. È stato, peraltro, eseguito un ulteriore campionamento di acque e le analisi sia chimiche che biologiche sono in corso. Si rappresenta, comunque, che il primo rapporto tecnico dell'Arpab è stato pubblicato sul sito istituzionale dell'agenzia in data 21 marzo 2017.
  La procura di Potenza segnala, altresì, che allo stato proseguono le indagini per accertare le responsabilità penali e la propagazione nel terreno e nelle acque superficiali e sotterranee di sostanze inquinanti che potrebbero avere interessato l'invaso del Pertusillo.
  L'Arpab ha rappresentato, inoltre, che i propri tecnici ed i ricercatori dell'ISPRA, con i responsabili dell'ENI, stanno attivando tutte le analisi di competenza per una mappatura in dettaglio del livello della contaminazione sia dal punto di vista dell'estensione che della profondità, al fine di indagare sull'eventuale interessamento delle falde acquifere.
  Occorre, inoltre, evidenziare che l'agenzia ha svolto anche attività di controllo sulle misure di messa in sicurezza d'emergenza nelle aree interne ed esterne al centro Oli Val D'Agri. In particolare, l'8 marzo scorso è stato effettuato un sopralluogo nei luoghi interessati dall'evento di contaminazione e alla verifica e valutazione delle attività di messa in sicurezza. A seguito di tale ricognizione, sono state formulate ad ENI alcune richieste, allo scopo di ottimizzare le attività programmate. Il 9 marzo l'ARPAB ha svolto un ulteriore sopralluogo. Nell'area interna al COVA sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee mentre nell'area esterna al COVA sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee e 4 campioni di terreno. L'agenzia è in attesa dei risultati analitici. A seguito di tali sopralluoghi e delle successive valutazioni da parte dei tecnici, l'Arpab ha chiesto ad ENI di realizzare 3 sondaggi aggiuntivi all'esterno e all'interno del centro COVA. Inoltre, in data 12 marzo 2017, il personale dell'Agenzia ha svolto un ulteriore sopralluogo e campionamento nelle aree esterne al centro Oli, prelevando 3 campioni di acque sotterranee, di cui si attendono i risultati analitici.
  Si segnala, peraltro, che il 13 marzo si è tenuto un incontro, presso l'ARPAB, durante il quale i rappresentanti ENI hanno assicurato la massima collaborazione e ribadito la disponibilità a mantenere gli impegni, già assunti e concordati nell'ambito del Tavolo tecnico indetto dalla Regione Basilicata il 28 febbraio scorso, di consentire ai tecnici dell'agenzia di effettuare i carottaggi ed altri eventuali campionamenti all'interno e all'esterno del COVA, e ulteriori tre sondaggi integrativi all'attività di messa in sicurezza d'emergenza, come richiesto dalla stessa ARPAB durante l'incontro.
  Si fa presente, altresì, che il 21 marzo scorso si è svolto presso la Procura della Repubblica di Potenza un incontro dei magistrati requirenti con i funzionari dell'ARPAB e dell'Ispra, al fine di coordinare le rispettive attività di competenza. In tale occasione, è stato convenuto che l'Arpab svolgerà i propri accertamenti in stretto contatto con il Consulente tecnico nominato dalla Procura, mentre l'Ispra svolgerà, in altro settore di indagine, compiti di ausiliario di polizia giudiziaria.
  Nel pomeriggio del 15 aprile scorso, si è tenuta presso la prefettura di Potenza una riunione per esaminare le criticità createsi a seguito dell'aumento dei valori di contaminazione nelle acque superficiali prossime al COVA, in relazione ai più recenti risultati delle analisi prescritte dall'Arpab ad ENI. Nel corso dell'incontro, i rappresentanti della regione Basilicata e dell'Arpab hanno, infatti, sottolineato che i risultati relativi al monitoraggio effettuato nel periodo dal 22 febbraio al 6 aprile 2017, comunicati da ENI con nota dell'11 aprile scorso hanno evidenziato un trend crescente del parametro «solventi organici aromatici» in quantità superiori a quelle previste, tali da ipotizzare la «migrazione» della contaminazione. Al termine dell'incontro, è stata quindi concordata la necessità di porre in essere ogni azione utile per il contenimento del fenomeno e la salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente circostante.
  Successivamente, l'Ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata, autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ha predisposto la deliberazione di sospensione, per un periodo pari a 90 giorni – salvo ulteriore sospensione qualora permangano i presupposti previsti dalla normativa vigente – dell'attività del Centro Olio Val d'Agri che la Giunta regionale ha recentemente adottato con DGR del 15 aprile 2017, tenuto conto del principio di precauzione e delle esigenze di prevenzione che impongono di svolgere approfondimenti e opportune ispezioni, al fine di verificare la reale portata dell'inquinamento e di evitare un aggravamento della contaminazione. Con successivo provvedimento del 18 aprile, l'ufficio prevenzione e controllo ambientale della regione ha dettato ulteriori prescrizioni.
  Peraltro, il 16 aprile il sindaco di Grumento Nova ha emesso ordinanza contingibile ed urgente di divieto di uso del terreno agricolo oggetto della potenziale contaminazione e delle acque provenienti dalla rete drenante di scolo nell'area industriale di Grumento-Viggiano.
  Con nota del 18 aprile, ENI ha comunicato di aver avviato le operazioni di chiusura graduale dei pozzi e degli impianti del COVA con la conseguente sospensione temporanea della produzione, precisando che durante il periodo di chiusura proseguiranno le attività di MISE e sarà assicurata l'ottemperanza delle prescrizioni delle competenti Autorità.
  Ad ogni modo, al fine di supportare le attività degli Enti di sorveglianza e controllo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato mandato ad Ispra, nell'ambito del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di svolgere un ruolo di coordinamento finalizzato ad armonizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo le attività delle agenzie sul territorio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 dicembre 2016 è stato pubblicato sui siti del Ministero dello sviluppo economico e sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un avviso di selezione pubblica per l'istituzione di un elenco di esperti per l'affidamento di incarichi di supporto alla difesa erariale nell'ambito di arbitrati internazionali;
   gli esperti selezionati con tale bando saranno interpellati per l'affidamento di incarichi di supporto all'Avvocatura generale dello Stato nei procedimenti arbitrali internazionali in materia di investimenti nel settore energetico;
   l'Avvocatura generale dello Stato, tra i suoi compiti, rende consulenza giuridica e assistenza in favore delle Amministrazioni statali con riferimento a tutti i giudizi civili, penali, amministrativi, comunitari e internazionali e nelle procedure arbitrali contro la Repubblica italiana instaurate davanti al Centro internazionale per la soluzione delle dispute relative agli investimenti ed alle camere di commercio europee per ipotesi di violazione dell’Energy charter treaty;
   nelle intenzioni del già citato avviso vi sarebbe quella di selezionare esperti che dovrebbero svolgere un ruolo di parte terza come indipendenti rispetto alle parti ed estranei alle controversie;
   a pagina 3 del già citato avviso di selezione, si può leggere come uno dei requisiti fondamentali per partecipare alla gara sia quello di «[...] non essere a conoscenza di una situazione di conflitto di interesse tale da compromettere, anche solo potenzialmente, l'indipendenza, l'autonomia e la professionalità richieste a coloro che siano chiamati a rendere delle prestazioni intellettuali che, finalizzate a supportare le argomentazioni sviluppate negli scritti defensionali dell'Avvocatura generale dello Stato, risultano connotate da rilevante tasso di tecnicismo e da elevata complessità di studio teorico e pratico.»;
   appare quanto meno bizzarro che fra i requisiti venga riportato quello di non essere a conoscenza di anche solo potenziali conflitti di interessi ma non quello della loro effettiva sussistenza;
   a pagina 8 del bando si può leggere come, fra le condizioni contrattuali dell'incarico specificate «Il MiSE e il MATTM stipuleranno con il soggetto individuato, nelle forme previste dal presente avviso, apposito contratto di affidamento dell'incarico, a seguito di [...] accertamento dell'insussistenza di sopraggiunte cause di incompatibilità e/o conflitti di interesse[...]», senza però specificare in alcun modo con quali criteri e modalità tale verifica verrà effettuata –:
   come siano stati valutati i criteri di selezione, dato che non viene riportato alcun elemento circa punteggi e criteri assegnati al possesso dei requisiti citati nell'avviso di selezione;
   per quale motivo i requisiti previsti dal bando in premessa richiesti ai giuristi siano i medesimi di quelli previsti per gli economisti;
   come mai dal verbale pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico, sia desumibile che tra i curriculum vitae degli economisti nessuno tra quelli pervenuti è stato ritenuto idoneo;
   se si possano conoscere i nominativi dei componenti che hanno composto la commissione che ha esaminato le domande pervenute e di quali competenze siano in possesso;
   se i Ministri interrogati possano specificare le modalità con cui sono stati verificati i requisiti previsti nell'avviso di selezione;
   se sia prevista una riapertura dei termini per l'aggiornamento dell'elenco dei professionisti ammessi ad essere utilizzati nelle procedure di arbitrato;
   quali siano le modalità con cui verrà verificata l'inesistenza di conflitto di interessi in previsione dei possibili ricorsi di clienti privati contro lo Stato. (4-16860)


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 dicembre 2016 è stato pubblicato sui siti del Ministero dello sviluppo economico e sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della tutela del territorio e del mare un avviso di selezione pubblica per l'istituzione di un elenco di esperti per l'affidamento di incarichi di supporto alla difesa erariale nell'ambito di arbitrati internazionali;
   gli esperti avrebbero lo quindi dovuto essere selezionati per l'affidamento di incarichi di supporto all'Avvocatura generale dello Stato nei procedimenti arbitrali internazionali in materia di investimenti nel settore energetico;
   in data 1o febbraio 2017 la commissione di valutazione istituita ai sensi dell'avviso di selezione del 5 dicembre 2016, in fase di formazione del primo elenco ha ritenuto non idonei i curricula di tutti i candidati alla sezione II e alla sezione III dell'elenco esperti;
   successivamente il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha deciso di provvedere all'aggiornamento dell'elenco consentendo la presentazione di nuove domande di ammissione all'elenco di esperti per l'affidamento di incarichi di supporto alla difesa erariale nell'ambito di arbitrati internazionali –:
   da chi sia composta la commissione valutatrice di cui in premessa;
   se i colloqui ai candidati previsti per la selezione nel bando di selezione debbano essere intrapresi dalla commissione valutatrice;
   quale istruttoria seguirà l’iter di valutazione. (4-16861)

  Risposta. — Si risponde congiuntamente agli atti in esame essendo gli stessi riferibili allo stesso argomento.
  Come noto all'interrogante, infatti, dal 2014 sono state promosse numerose procedure arbitrali contro la Repubblica italiana dinanzi al Centro internazionale per la soluzione delle dispute riguardanti gli investimenti (ICSID) ed alle camere di Commercio europee per la pretesa violazione dell’Energy charter Treaty (ECT).
  Viene contestato alla Repubblica italiana di non aver garantito alle società ricorrenti un trattamento « fair and equitable», principio alla base del diritto degli investimenti e del «ECT» in particolare, per aver ridotto gli incentivi cui beneficiava la produzione di energia fotovoltaica in Italia negli anni in cui esse hanno fatto gli investimenti in Italia e su cui avevano fatto un ragionevole affidamento.
  Tra l'altro vengono contestate anche alcune norme fiscali, alcune misure dell'Autorità dell'energia e il decreto spalma incentivi, che secondo le ricorrenti avrebbe di fatto ridotto gli incentivi con effetto retroattivo anche a detrimento di coloro che avevano già ottenuto legittimamente il diritto ad incentivi più elevati.
  Nell'ambito di tali procedure arbitrali, l'avvocatura generale dello Stato, con proprie note del 25 maggio 2016 e del 24 novembre 2016, ha segnalato la necessità che le tesi difensive della Repubblica italiana siano supportate da expertise, elementi essenziali per la loro importanza e decisiva valenza probatoria nei procedimenti arbitrali.
  È stata predisposta, pertanto, a cura delle amministrazioni tecniche di settore del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (di seguito Ministeri), una procedura di selezione preliminare di soggetti esperti, muniti dei requisiti di specializzazione professionale indicati dall'avvocatura generale dello Stato.
  L'avviso di selezione pubblica del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare per l'istituzione di un elenco di esperti per l'affidamento dei predetti incarichi è stato pubblicato in data 5 dicembre 2016 sul sito web dei predetti Ministeri.
  La procedura di selezione di detti esperti, è stata improntata nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.
  Tutti i passaggi sono stati concertati tra le due Amministrazioni e gli incarichi finora affidati hanno ricevuto il visto di legittimità della Corte dei Conti, a conferma della correttezza dell'operato dei due Dicasteri in tutte le articolate fasi della procedura di selezione.
  Va evidenziato, inoltre, che l'avviso indica in modo puntuale i requisiti per l'iscrizione al predetto elenco e non vi sono dunque margini di discrezionalità nella verifica della loro sussistenza. Non si tratta, in altre parole, di una procedura concorsuale, dove l'ammissione di uno può determinare l'esclusione di un altro a causa di un punteggio inferiore.
  Si vuole precisare che i requisiti in questione sono stati recepiti nell'avviso di selezione su precisa indicazione dell'avvocatura generale dello Stato la quale con nota del maggio 2016 sopra indicata, ha enucleato le competenze professionali per ciascuna categoria di esperti.
  L'articolo 3 del bando individua i requisiti generali e di moralità che sono richiesti necessariamente a tutti i professionisti, sia ai giuristi che agli economisti.
  Tra l'altro è richiesto al professionista di dichiarare di «non essere a conoscenza di una situazione di conflitto di interesse, tale da compromettere, anche solo potenzialmente, l'indipendenza, l'autonomia e la professionalità...» (articolo 3 paragrafo 2 punto 5). Si tratta dunque di una previsione ben più ampia che comprende anche la dichiarazione di conflitto di interesse effettivamente sussistente.
  Il successivo articolo 4 dell'avviso prescrive che i candidati siano in possesso di requisiti specifici tecnici e professionali) per le diverse sezioni individuate dall'avviso stesso.
  Si tratta di requisiti diversi che tengono dunque in conto la specifica professionalità chiesta dall'avvocatura a seconda che si tratti di expertise giuridica, economica e finanziaria.
  Trattandosi di un avviso di selezione e non di una procedura concorsuale, la valutazione operata dalla commissione è consistita nella semplice verifica della sussistenza dei requisiti previsti dall'avviso e dichiarati ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 da ciascuno dei partecipanti.
  A tutti i professionisti è richiesto inoltre il possesso di una matura e «documentata esperienza nel gestire con equilibrio e reattività, le varie forme di pressione e le dinamiche incalzanti che contraddistinguono i meccanismi di cross-examination»; quest'ultimo requisito è stato previsto al fine di recepire la precisa indicazione e richiesta dell'avvocatura generale dello Stato.
  Infatti, l’expert witness che supporta la difesa erariale ha un ruolo rilevante, poiché gli arbitri fanno particolare affidamento sia sulle loro conoscenze specifiche sia sulla loro reputazione generale. Ciò deriva dal meccanismo arbitrale stesso che pone in rilievo la persuasività delle tesi esposte. Poiché si tratta di esperti di parte che ricevono uno specifico quesito cui debbono rispondere e che fanno affidamento in via di principio sulla documentazione che ricevono dal «cliente», benché ciascuno di essi abbia giurato di essere indipendente dalla parte stessa e di essersi espresso in piena libertà di coscienza, la loro esperienza e credibilità può essere messa in discussione dalla controparte. Ciò avviene nella fase orale del procedimento ove le parti – oltre a discutere i punti in diritto delle proprie posizioni – fanno una cross examination sia di coloro che rendono testimonianza sui fatti sia appunto degli esperti.
  Per quanto qui rileva, la verifica circa l'assenza di situazioni di conflitto di interessi, è svolta, ai sensi dell'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, mediante dei controlli, anche a campione.
  Quanto al quesito posto, sulla circostanza che nessuno dei curriculum vitae degli economisti sia ritenuto idoneo, non sembra derivare dalla oggettiva difficoltà di reclutare esperti in possesso di tale competenza (sezione II-economica; sezione III-tecnico-finanziaria), ma sembra piuttosto riconducibile al ridotto numero di candidature pervenute per tali discipline.
  Si fa presente, altresì, che l'elenco degli esperti è aperto e periodicamente la commissione appositamente istituita esamina le istanze ai fini del suo aggiornamento (articolo 5 dell'avviso). Finora, si sono svolte due sessioni d'esame (concluse il 1o febbraio e il 18 aprile 2017).
  Riguardo alla commissione esaminatrice, si informa che la stessa è nominata con decreto interdirettoriale del 26 gennaio 2017 (assunto di concerto tra il direttore generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica, il nucleare del Ministero dello sviluppo economico e il direttore generale per il clima e l'energia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). La stessa è composta dalla dottoressa Paola Arbia, dirigente della direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e per le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni di presidente, dal dottor Mauro Patatini del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'ingegner Mauro Rossini del gestore dei servizi energetici s.p.a. con funzioni di componenti.
  La composizione della Commissione riflette le amministrazioni maggiormente coinvolte nei contenziosi internazionali di cui trattasi, fondati prevalentemente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento ad opera di disposizioni legislative in materia di incentivi alle fonti rinnovabili.
  In particolare si precisa che la dottoressa Arbia, dirigente del Ministero dello sviluppo economico dal 2000, è stata incaricata della direzione della divisione sviluppo energetico sostenibile e ricopre, attualmente, anche l'incarico di capo dell'ufficio relazioni comunitarie in materia di energia. L'ingegnere Rossini ha conseguito notevole esperienza nell'ambito delle gare ad evidenza pubblica e il dottor Patatini, economista, ha maturato una decennale esperienza professionale in materia energetico-ambientale, con la gestione tecnico/economica e il monitoraggio di programmi per la promozione delle fonti rinnovabili.
  Per rispondere all'ultima delle questioni poste, vale a dire «quale istruttoria seguirà l’iter di valutazione» si fa presente che a seguito della verifica della commissione di cui si è detto e del colloquio, le Amministrazioni provvedono di concerto a selezionare per gli incarichi in questione i soggetti maggiormente rispondenti alle specifiche questioni di volta in volta affrontate dai ricorsi internazionali e relative expertise.
La Viceministra dello sviluppo economicoTeresa Bellanova.


   DAGA, BUSTO, TERZONI, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 dispone che la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199 del medesimo decreto, nel rispetto delle linee guida statali di cui all'articolo 195 del citato decreto;
   al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, era, altresì, previsto che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, disciplinassero le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo a tal fine che gli stessi costituissero le autorità d'ambito (AATO); tale autorità d'ambito veniva definita come una struttura dotata di personalità giuridica costituita in Ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente;
   la Legge 244 del 2007 (finanziaria 2008) con il dichiarato intento di coordinare la finanza pubblica secondo criteri di efficienza e per ridurre i centri di spesa ha disposto la soppressione delle Autorità di ambito territoriale ottimale (AATO), come definite dagli articoli 148 e 201 del citato Decreto legislativo 152 del 2006;
   essendo rimasta tale legge sostanzialmente inattuata, il legislatore con l'articolo 2 comma 186-bis della legge finanziaria per il 2010 (Legge 191 del 2009), ha riproposto, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, la soppressione delle autorità d'ambito, stabilendo altresì che «decorso detto termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d'ambito territoriale è da considerarsi nullo» e che «le Regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità nel rispetto dei principi di sussidiarietà differenziazione e adeguatezza». Il termine per la soppressione degli Aato è stato poi prorogato fino al 31 dicembre 2012;
   la citata legge 191 del 2009 all'articolo 2 comma 186, lettera l) disponeva, altresì, «la soppressione dei Consorzi di funzioni tra gli enti locali a decorrere dal 2011»;
   in tale contesto è poi intervenuto l'articolo 19, comma 1, lett. f) del decreto-legge 95 del 2012, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha collocato «l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi» tra le funzioni fondamentali dei comuni;
   la volontà del legislatore è apparsa, dunque, quella di eliminare tutti gli organismi che duplicassero le funzioni e che avessero creato, secondo il legislatore, maggiori costi e maggiore burocrazia, come le AATO e i consorzi di funzioni tra enti locali al fine di semplificare e ridurre la spesa pubblica;
   tale duplice e contestuale intervento normativo, rispettivamente finalizzato alla soppressione delle AATO e alla espressa volontà di affidare ai comuni e non a un soggetto terzo le funzioni essenziali connesse alla gestione dei rifiuti ha prodotto parecchi dubbi di carattere interpretativo;
   infatti, talune regioni italiane, soppresse le AATO, hanno provveduto ad istituire enti molto simili, a volte identici, alle precedenti autorità, compiendo una scelta che solo formalmente risulta essere in linea con le determinazioni del legislatore, ma che sicuramente non ne persegue i fini che, come più volte affermato dallo stesso legislatore, andavano ricercati nella volontà di semplificazione e riduzione della spesa pubblica;
   a titolo esemplificativo di un elenco particolarmente abbondante di tale casistica, si riporta il caso della regione Toscana che, pur avendo dato atto che «a decorrere dal 1° gennaio 2012 le funzioni già esercitate, secondo la normativa statale e regionale, dall'autorità di ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 201 del d.lgs. 152/2006, sono trasferite ai comuni», ha di fatto sostituito la preesistente autorità di ambito territoriale, istituita dalla Legge regione Toscana n. 6 del 2007, con altro ente del tutto analogo al precedente denominato Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, dotato di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile ed avente personalità giuridica di diritto pubblico; tale Autorità non erogando direttamente il servizio ma essendo chiamata a svolgere unicamente funzioni amministrative, si configura al pari delle precedenti AATO, quali consorzi di funzioni tra Enti locali, configgendo pertanto anche con il richiamato articolo 2 comma 186, lettera 1) legge 191 del 2009;
   ulteriori casi emblematici si possono rinvenire anche nelle regioni Marche, Abruzzo e Puglia che hanno individuato soggetti a svolgere le funzioni di servizio integrato per acque e rifiuti sostanzialmente analoghi alla situazione antecedente alla soppressione delle AATO potenzialmente in grado di provocare sprechi ed inefficienze;
   deve infatti ritenersi accettato il principio per cui, nel settore dei rifiuti, la titolarità delle funzioni è prerogativa propria dei Comuni che devono procedere congiuntamente al suo esercizio;
   pertanto l'unico modulo organizzativo conforme alle scelte legislative ed ai principi costituzionali non può che risultare essere la convenzione obbligatoria tra enti locali ex articolo 30 TUEL;
   i principi qui sopra esposti sono stati ribaditi anche nelle linee guida per gli affidamenti dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (Presidenza del Consiglio dei ministri aprile 2013) –:
   se, considerato che nel dare applicazione all'articolo 2 comma 186-bis della legge 191 del 2009 (Finanziaria 2010) talune regioni hanno approvato leggi regionali che sembrerebbero discostarsi dai principi richiamati nella normativa statale ed europea assunta a fondamento della disposta soppressione delle AATO di cui agli articoli 148 e 201 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, finalizzata a ridurre sprechi e duplicazioni di enti, non ritenga necessario assumere iniziative normative integrative oppure interpretative, che individuino con esattezza le specifiche caratteristiche dei soggetti che possano essere i destinatari delle funzioni già esercitate dalle autorità d'ambito;
   se intenda assumere iniziative per intervenire sugli articoli 202 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 per confermare che la titolarità, nonché la responsabilità per i servizi legati alla gestione dei rifiuti, a seguito dell'articolo 19, comma 1, lett. f) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, è in capo ai comuni. (4-08201)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed in particolare l'articolo 200 dispone che la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati dal piano regionale e deve ispirarsi, tra gli altri, ai seguenti criteri: superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti; conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative; ricognizione di impianti di gestione dei rifiuti già realizzati e funzionanti.
  Pertanto, la principale finalità della legislazione nazionale di settore è il superamento della frammentazione gestionale, da conseguire attraverso una gestione unitaria che abbia riguardo a fattori fisici, demografici, tecnici e di ripartizione politico-amministrativa e che si concili con l'autosufficienza nello smaltimento, da realizzare almeno su scala regionale.
  Al riguardo, si segnala che ai sensi del comma 3 del citato articolo 200 sono le regioni, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, a dover provvedere alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e all'eventuale sub-articolazione.
  Conseguentemente, sono le regioni, esercitando le competenze attribuite dal legislatore, a determinare, secondo i criteri elencati al comma 1 dell'articolo 200, le dimensioni degli ambiti territoriali ottimali per l'affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti.
  Si fa presente, inoltre, che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha individuato una serie di proposte migliorative che impattano sulla tematica delle dimensioni dei bacini per l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti nonché sulla durata temporale e sulla governance dei predetti affidamenti.
  A fronte del sistema normativo vigente, è auspicabile che, in primo luogo, siano le regioni a considerare le proposte migliorative suggerite dall'AGCM durante l'esercizio delle competenze attribuite loro dal legislatore.
  Occorre evidenziare altresì che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato avvio ad una fase di confronto con tutte le regioni al fine di poter svolgere, in materia di gestione dei rifiuti, le attività di cui all'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  In tale contesto, il Ministero, tenendo conto di quanto stabilito dalla legislazione di settore e dalle caratteristiche tecnico produttive del ciclo dei rifiuti, ha riservato particolare attenzione all'organizzazione dei servizi di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani (cosiddetto governance) nonché ai criteri fondamentali di cui le regioni, caso per caso, si sono avvalse per effettuare la perimetrazione degli A.T.O. fornendo ove necessario indicazioni per evitare il ricorso alle forme di gestione frammentate.
  Inoltre, particolare attenzione viene posta all'eventuale disallineamento tra l'ampiezza dei bacini di affidamento e la dimensione ottimale del servizio il quale si riflette anche sull'assetto industriale del mercato nonché alla scelta del modello di organizzazione dell'attività di raccolta la quale rileva non solo sul piano delle performance raggiunte in termini di capacità di intercettare i rifiuti in maniera differenziata, ma anche in relazione ai costi che essi generano.
  Pertanto, si evidenzia che il Ministero ha intrapreso iniziative finalizzate anche ad evitare, quanto più possibile, criticità concorrenziali nel settore della gestione dei rifiuti e ad incentivare un'economia circolare in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto quanto più a lungo possibile e la produzione di rifiuti è ridotta al minimo. Infatti, si è consapevoli che la gestione dei rifiuti riveste un ruolo preminente nell'economia circolare, la quale concorre a dare impulso alla competitività del Paese contribuendo a creare sia nuove opportunità commerciali sia modalità di produzione e consumo innovativi e più efficienti.
  In ogni caso, nell'ambito delle proprie competenze, questo Ministero monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, valutando il raggiungimento delle finalità degli atti normativi, nonché gli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni. L'analisi richiede il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di interessi, in modo da raccogliere dati e opinioni da coloro sui quali la normativa in esame ha prodotto i principali effetti.
  Lo scopo è quello di ottenere, a distanza di un certo periodo di tempo dall'introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull'impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina in vigore.
  Quanto riferito testimonia che le problematiche rappresentate dagli interroganti sono tenute in debita considerazione da parte di questo Ministero, il quale ha provveduto, e provvederà per il futuro, alle attività e valutazioni di competenza in materia con il massimo grado di attenzione, e a svolgere un'attività di monitoraggio e supporto, tenendosi informato anche attraverso gli altri enti istituzionali competenti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   DAGA, ZOLEZZI, TERZONI, MANNINO, DE ROSA, BUSTO, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'emergenza procurata dal basso livello delle acque del lago di Bracciano è divenuto un fenomeno estremamente preoccupante;
   uno scenario da disastro ambientale che rischia oltretutto di determinare sanzioni dall'Europa perché non si tutelano i siti di interesse comunitario lacustri. Il lago di Bracciano ha una ricchezza ecologica unica al mondo, ricco di biodiversità di fauna e di flora e che ora rischia l'estinzione;
   la concessione siglata da Acea con l'allora Ministero dei lavori Pubblici, per quello che doveva restare un acquedotto d'emergenza per Roma, è stata stilata nel 1990, quando l'Acea era interamente pubblica; oggi sulla base di questa vecchia convenzione Acea Ato 2 spa capta acqua dal lago giornalmente, per far fronte al consumo idrico di Roma e degli altri comuni che fanno dell'ATO. Una captazione costante e giornaliera, che è di 1100 litri/secondo, ma che può arrivare addirittura a 5000 litri/secondo quando si è in emergenza, ai quali si devono aggiungere, poi i 450 litri secondo dell'acquedotto Paolo che porta l'acqua ai giardini del vaticano e alle fontane di Roma. Inoltre, la stessa Acea Ato 2 spa ha ribadito al tavolo tecnico regionale, che l'acqua del lago di Bracciano viene immessa nel circuito del sistema idrico di Roma e dei comuni che sono sotto gestione Acea, questo comporta che se la pressione dovesse diminuire da altre sorgenti come il Peschiera o l'acqua marcia la captazione del lago avrà un aumento, come è stata a dicembre 2016, quando si è dovuto intervenire per manutenzione sull'acquedotto del Peschiera e quindi la captazione al Lago è stata di 1500 litri/secondo;
   questo perché l'acqua del lago di Bracciano entra del circuito del Servizio idrico integrato che fornisce oltre a Roma anche gli altri comuni, una problematica rilevante è se un acquedotto del servizio ha una perdita di pressione o di mancanza di litri questi vengono recuperati pompando più acqua dal Lago. L'abbassamento del livello del lago, che ha annullato il contributo alla portata del fiume Arrone, genera un inquinamento specie nel suo tratto iniziale, come segnalato anche nell'interrogazione Daga, per la quale si attende ancora risposta;
   solo negli ultimi dodici mesi la riduzione ha superato un metro (come nel 2003) e le conseguenze sia per l'ecosistema lacustre sia per l'uomo che ne fa uso, sono evidenti. Molta la vegetazione scomparsa e con essa, le aree di riproduzione dei pesci foraggio (indispensabili alla nutrizione dei pesci di valore commerciale) e gran parte delle potenzialità autodepurative dovute alle macrofite emergenti. Tale tendenza potrebbe portare al depauperamento della risorsa idrica, destabilizzando l'ecosistema fino al collasso –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente rivedere i termini della concessione adottata con decreto ministeriale e sottoscritta nel 1990, e adoperarsi presso tutti gli organismi competenti affinché si possa sospendere o, perlomeno ridurre notevolmente il livello di captazione dal bacino idrico del Lago di Bracciano, sollecitando inoltre l'attivazione di misure e progetti per ampliare la capacità di depurazione delle acque reflue, in modo tale che possano essere reimmesse nel lago e non disperse nel fiume Arrone senza essere state depurate come accade oggi.
  (4-16079)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare, occorre evidenziare che l'Italia, ai sensi della direttiva quadro sulle acque, è impegnata a garantire il raggiungimento dell'obiettivo del «buono» stato di qualità ambientale per il lago di Bracciano.
  Nello specifico, sulla base degli elementi forniti dalla regione Lazio, si segnala che risulta aperto un tavolo tecnico, presso la sede del consorzio lago di Bracciano, per affrontare le criticità del fenomeno dell'abbassamento di livello dell'acqua verificatosi negli ultimi mesi nel lago ed individuare le possibili soluzioni e gli interventi necessari, secondo quanto stabilito nel protocollo d'intesa sottoscritto nel maggio del 2015 per la regimandone dei livelli idrici del lago di Bracciano.
  Tale protocollo (Progetto Small) nasce dall'esigenza di tutelare il territorio e di programmare i provvedimenti necessari per la definizione dei livelli minimi e massimi delle acque del lago. Al predetto tavolo partecipano il presidente del Consorzio Lago di Bracciano, i sindaci dei comuni lacustri, l'Acea Ato 2, il parco naturale regionale di Bracciano e Martignano, la regione Lazio e l'Hydra Ricerche.
  In considerazione dell'importanza di avere un'unica autorità di monitoraggio dei livelli idrici, al fine di ottenere un sistema di rilevazione attendibile, sistematico, pubblico e di previsione, le parti hanno, peraltro, confermato al consorzio lago di Bracciano la realizzazione, presso la sede consortile, della «Sala Small», in collaborazione con ACEA, Hydra Ricerche ed istituzioni accademiche e scientifiche quali ENEA ed Università, come previsto dal Protocollo d'Intesa, per la gestione ed il continuo e regolate monitoraggio dei livelli idrici da divulgare nel territorio, in modo da avere dati indispensabili per far fronte ad eventuali situazioni d'emergenza.
  Sempre secondo quanto riferito dalla regione, considerato che Acea, ad oggi, non può bloccare i prelievi, vanno individuate tutte le possibili strade alternative da realizzare nel medio e lungo termine. In particolare, Acea ha proposto di attuare un progetto di separazione delle acque chiare da quelle nere, in modo che le chiare possano confluire nel lago alimentandolo, così da incidere inoltre in misura inferiore sulla pressione esercitata nelle condotte del Cobis; di effettuare, altresì, gli interventi strutturali necessari sugli altri acquedotti, ma si tratta di lavori da realizzare nel corso degli anni e da programmare con la regione Lazio.
  Tenuto conto dell'intervenuta fase di pericolo ambientale che si sta manifestando sul sistema floro-faunistico lacustre, l'Acea ha preannunciato e messo in atto una riduzione dei prelievi per l'approvvigionamento idropotabile di Roma capitale e di n. 76 comuni.
  Si fa presente, comunque, che il perdurare della mancanza di precipitazioni atmosferiche sta comportando su tutto l'insieme dei bacini idrici sotterranei un'accentuata diminuzione della quantità di risorsa pregiata e ciò rende ancora più difficile andare a sostituire i prelievi dal lago di Bracciano.
  La regione, pertanto, ha da tempo predisposto azioni di monitoraggio finalizzate alla valutazione dei processi e delle dinamiche in corso sui delicati ecosistemi ripariali lacustri.
  Naturalmente, qualora dal monitoraggio dovessero emergere profili di rischio, la regione, quale autorità idraulica, potrà, se necessario, e se perdurerà tale stagione siccitosa, intervenire nei limiti consentiti per ottenere una ulteriore limitazione dei prelievi idropotabili a servizio delle comunità.
  Per completezza di informazione, con riferimento alla concessione, si fa presente che la stessa è stata rilasciata nel 1986 dal Ministro dei lavori pubblici per una durata di 70 anni, che la stessa è transitata nella competenza regionale a seguito del decentramento amministrativo attuato dallo Stato nei primi anni 2000, e, precisa la regione, che non sono intervenute modifiche o integrazione degli atti concessori statali originari.
  Si segnala, comunque, che il concessionario ha l'obbligo di assicurate il mantenimento delle escursioni del lago nell'ambito di quelle naturali nonché di attenersi a tutte le indicazioni impartite dall'Amministrazione concedente per impedire infiltrazioni di acque, franamenti di sponde nonché intralci o pericoli per gli altri usi delle acque del lago.
  Sulla base delle informazioni esposte, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvederà a sensibilizzare la regione Lazio e l'ente di governo d'ambito ai fini dell'adozione delle opportune iniziative utili a garantire il miglioramento delle condizioni ambientali lacustri, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   DE ROSA, CARINELLI, LIUZZI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con interpello prot. 25294 del 29 maggio 2017 è stata avviata presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la procedura di interpello per il conferimento di 24 incarichi dirigenziali di I fascia (direttori generali), ai sensi dell'articolo 20, del contratto collettivo nazionale di lavoro 2002/2005 per il personale dirigenziale dell'area 1 (Ministeri);
   con successiva integrazione prot. 28746 del 13 giugno 2017 è stata esclusa dall'interpello la posizione di direttore generale presso l'organismo interno di valutazione, da attribuirsi a soggetto esterno;
   il quadro normativo di riferimento per il conferimento di incarichi dirigenziali prevede una procedura di valutazione comparativa dei curriculum inviati dai dirigenti, al fine della scelta del soggetto dotato della più adeguata professionalità (articolo 20 del contratto collettivo nazionale di lavoro 2002/2005; articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001; articoli 1 e 2 del decreto ministeriale n. 266 del 2014);
   a fini di trasparenza dovrebbero essere necessariamente definiti e resi noti: il soggetto valutatore; i criteri specifici di valutazione dei curriculum rispetto alla specificità della posizione dirigenziale in conferimento; la graduatoria finale della procedura comparativa con le relative motivazioni;
   nella procedura ministeriale, tuttavia, a quanto risulta agli interroganti, non sono stati resi noti né il soggetto valutatore, né i criteri di valutazione, né la graduatoria finale, ma solamente il nome dell'incaricato;
   inoltre, gli incarichi sono stati attribuiti a soggetti i cui curriculum, ad avviso degli interroganti, non dimostrano affatto il possesso delle competenze e delle esperienze necessarie per l'incarico rivestito, a detrimento della funzionalità ed operatività della struttura ministeriale;
   le nomine eseguite, a giudizio degli interroganti con modalità di dubbia legittimità, avranno ripercussioni sul buon andamento dell'azione amministrativa, impattando negativamente sulla realizzazione dei programmi e degli obiettivi ministeriali;
   deve essere pertanto garantito, anche con azioni di contrasto alle nomine che non assicurano totale trasparenza, il pieno rispetto e la corretta applicazione delle norme che disciplinano l'attribuzione di incarichi dirigenziali, con selezioni obiettive delle migliori risorse e professionalità dirigenziali;
   ciò è possibile con la trasparenza, ovvero con la conoscenza dei soggetti preposti alla valutazione dei curriculum per il conferimento degli incarichi e dei criteri di valutazione e delle graduatorie, garantendo una struttura ministeriale efficace, efficiente, gestita con competenza e professionalità –:
   se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative volte a verificare che la condotta dell'amministrazione sia stata conforme alle vigenti normative per il conferimento di incarichi dirigenziali;
   quali iniziative intenda adottare per porre rimedio alle criticità rilevate e per vigilare sulla corretta attuazione delle relative procedure. (4-17162)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione del personale e degli affari generali.
  Gli interroganti chiedono chiarimenti in merito alla procedura di interpello del 29 maggio 2017, successivamente integrata il 13 giugno scorso, attivata da questa amministrazione per il conferimento di n. 23 incarichi dirigenziali di livello generale.
  Per quanto concerne 1‘attività di trasparenza richiamata nell'interrogazione, il citato interpello ha fatto espresso riferimento come sua finalità ad una attività di programmazione e valutazione di eventuali avvicendamenti e rotazione degli incarichi, come peraltro previsto dall'articolo 6 del decreto ministeriale 266 del 3 giugno 2014 ed indicato tra le disposizioni impartite dal piano triennale per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, adottato con decreto ministeriale 218 del 23 maggio 2017.
  Con il citato piano viene fatto espresso riferimento alla rotazione degli incarichi, mentre non vengono date particolari indicazioni sui criteri di valutazione dei curricula dei dirigenti per i quali, ai fini dei singoli conferimenti, si tiene conto delle disposizioni di cui all'articolo 2 del citato decreto n. 266 del 2014.
  Quanto sopra premesso, appare prematura ogni valutazione sull'esito della procedura – per la quale hanno presentato istanza n. 25 dirigenti generali, n. 5 dirigenti di seconda fascia con incarico di prima fascia e n. 89 dirigenti di seconda fascia – anche nella considerazione che ad oggi non è stato conferito da parte del Ministro alcun incarico dirigenziale generale tra quelli ricompresi nell'interpello in argomento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FANTINATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 6 marzo 2017, un 15enne livornese si è suicidato, gettandosi dalla terrazza del grattacielo più alto della sua città;
   dietro questa morte, secondo gli inquirenti che stanno cercando di ricostruire quanto accaduto, potrebbero esserci collegamenti con blue whale, la sfida online che usa paura e minacce per guidare le persone al suicidio o a danneggiarsi;
   la giovane vittima toscana potrebbe essere dunque il primo caso italiano se, come riferiscono voci raccolte all'interno della cerchia delle amicizie del giovane, avrebbe mostrato una balena azzurra, il simbolo che i partecipanti a blue whale sono costretti a marchiarsi sulla pelle;
   blue whale è una nuova «moda» virale che arriva dalla Russia. Il «gioco» fa proseliti soprattutto fra gli adolescenti (ma anche tra i giovanissimi) che vengono spinti ad affrontare prove disumane, fino al suicidio, per la durata di 50 giorni;
   secondo fonti di stampa russe, sono oltre 130 i giovani rimasti vittime della sfida;
   morti si sono registrati anche in Brasile e ci sono sospetti che il gioco sia già in corso in Ucraina, Romania, Spagna, Portogallo e Francia;
   l'ideatore, il 22enne russo Philipp Budeikin, studente di psicologia, reo confesso ma non pentito, è stato arrestato nei giorni scorsi e rinchiuso nel carcere di San Pietroburgo –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato sull'argomento;
   considerata la complessità e l'estrema pericolosità del tema, se non ritenga urgente predisporre tutte le iniziative di competenza per tutelare la salute e la vita dei giovani italiani, scongiurando così il verificarsi di casi di emulazione che si sono già verificati in alcuni Paesi.
   (4-16615)

  Risposta. — Come riportato nel preambolo dell'interrogazione in esame, il 6 marzo 2017, nella città di Livorno, un quindicenne si è tolto la vita gettandosi dal tetto a terrazza di un grattacielo, dopo aver forzato alcuni lucchetti per accedere all'esterno della struttura. Poco prima del salto nel vuoto il minore ha inviato un sms con espressioni rabbiose sul cellulare del padre, invitandolo ad andare a riprenderlo all'obitorio.
  Sulla base di quanto riferito dai genitori, il gesto sarebbe da ricondurre a sentimenti di rancore nutriti dal giovane verso il padre, con il quale sarebbe avvenuta una lite, nei giorni precedenti, per via di un voto scolastico.
  Gli accertamenti svolti dalle forze di polizia, supportati anche da numerose informazioni testimoniali, conducono ad escludere che il suicidio del ragazzo sia riconducibile al fenomeno internettiano denominato blue whale.
  Tale ipotesi era stata sostenuta da alcuni media, tra i quali il noto programma televisivo «Le Iene» che aveva trasmesso un'intervista ad un ragazzo con il volto oscurato, riconosciuto come uno dei compagni di classe del suicida.
  Lo stesso giovane, sentito subito dopo il tragico avvenimento dagli operatori, ha invece escluso di avere mai parlato del gioco blue whale con l'amico, anche in considerazione del fatto che quest'ultimo non seguiva più il social facebook dal settembre 2016.
  Sembra opportuno evidenziare, al riguardo, che l'autore del servizio de Le Iene ha confermato, sulla stampa, la sostanziale inattendibilità delle interviste diffuse sul fenomeno blue whale.
  Peraltro, il pubblico ministero titolare del fascicolo sull'evento, all'esito delle indagini, ha chiesto ed ottenuto l'archiviazione del relativo procedimento.
  Su un piano più generale, si rappresenta che la polizia postale e delle comunicazioni in questi ultimi mesi è impegnata, tanto d'iniziativa che sulla base di specifiche segnalazioni, a valutare, attraverso il monitoraggio della rete Internet, l'effettiva portata del fenomeno del «blue whale», che desta allarme sociale e ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione.
  Tale pratica avrebbe come obiettivo, per chi la conduce in rete in qualità di «curatore», di coinvolgere i partecipanti in atti di autolesionismo, inducendo comportamenti sempre più pericolosi fino a determinare nelle vittime intenzioni suicide.
  L'attività della polizia postale e delle comunicazioni mira ad identificare persone o gruppi di persone eventualmente coinvolti in tale fenomeno, per prevenire l'esposizione di bambini e ragazzi ad un rischio per la loro incolumità connesso alla frequentazione della rete. Nel contempo, ai medesimi fini, viene svolta una raccolta centralizzata delle segnalazioni.
  La polizia postale e delle comunicazioni ha ricevuto finora circa 170 segnalazioni relative al fenomeno. Gli accertamenti disposti, volti alla tempestiva localizzazione delle vittime, hanno fatto emergere che la percentuale dei casi qualificanti ipotesi di reato, come l'istigazione al suicidio o il procurato allarme, è inferiore al 5 per cento delle segnalazioni pervenute.
  Si informa che nel portale del commissariato di pubblica sicurezza on line è stata resa operativa una stanza virtuale dedicata, per rivolgere consigli ai genitori e ai ragazzi e illustrare i pericoli emergenti in rete, agevolare le segnalazioni e sensibilizzare gli utenti, anche grazie all'ausilio specialistico di psicologi della polizia di Stato.
  È peraltro evidente che la prevenzione di qualsiasi forma di uso distorto e pericoloso del web, che costituisca espressione di disagio e vulnerabilità giovanile – compreso il fenomeno qui in esame – richiede anche il coinvolgimento attivo del mondo della scuola, delle famiglie e dell'associazionismo. In tal senso, la tematica della «balena blu» è stata inserita nella campagna che gli uffici della citata struttura specialistica della polizia di Stato svolgono nelle scuole per un uso consapevole del web.
  In conclusione si ribadisce il costante impegno per prevenire e contrastare la diffusione di tale fenomeno, assicurando che i contenuti di rilevanza penale ad esso eventualmente connessi, rinvenuti all'interno degli spazi e servizi di comunicazione online, saranno prontamente riferiti all'autorità giudiziaria.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   FRUSONE e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Inail – Istituto nazionale infortuni sul lavoro ha fornito un'esplicitazione di mobbing lavorativo definendolo come costrittività organizzativa: la definizione risulta applicabile anche nell'ordinamento militare;
   le possibili fattispecie di mobbing stabilite dall'Inail possono riguardare: marginalizzazione dell'attività lavorativa; svuotamento delle mansioni; mancata assegnazione dei compiti lavorativi o degli strumenti di lavoro; ripetuti trasferimenti ingiustificati; attribuzione – per lungo tempo – di compiti dequalificanti e/o esorbitanti in relazione anche ad eventuali condizioni fisio-psichiche; impedimento sistematico all'accesso alle notizie; inadeguatezza delle informazioni inerenti l'attività di lavoro; esclusione da qualsivoglia iniziativa formativa; controllo esasperato dell'attività lavorative;
   finalmente una sentenza (del giugno del 2015) della Suprema Corte di cassazione sancisce un principio di civiltà giuridica (ovverosia la punibilità di fatti costituenti mobbing a titolo di reato) fornendo così uno strumento ai militari vessati e alle procure della Repubblica investite della questione;
   il mobbing costituisce per il nostro ordinamento – e quindi anche per quello militare – una «malattia professionale». Il decreto legislativo n. 38 del 2000 all'articolo 13, comma 1, prevede il mobbing come lesione dell'integrità psico-fisica suscettibile di valutazione medico legale. La copertura dell'Inail e dunque dell'assegno erogato riguarda dunque sia il danno patrimoniale (perdita di capacità lavorativa generica) che il danno alla salute (lesione dell'integrità fisio-psichica). Sono per questo risarcibili, a mente del decreto ministeriale del 12 luglio 2000 (che disciplina i gradi percentuali di invalidità corrispondenti a ciascuna singola menomazione) le menomazioni comprese tra il 6 per cento ed il 15 per cento (somma capitale rapportata al grado della menomazione) e quelle superiori al 16 per cento (somma corrisposta a titolo di rendita in relazione alla percentuale di menomazione che alla perdita di capacità lavorativa);
   la condotta mobbizzante può consistere nel reiterato e scriteriato uso, da parte dei superiori, del potere disciplinare. Nel mondo militare delineare questa fattispecie è più complesso che altrove, visto che tutto l'ordinamento militare si fonda sulla subordinazione gerarchica. Come scritto nella richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari dal pubblico ministero, dottoressa Giorgia De Ponte, della procura della Repubblica presso il tribunale di S. Maria C.V. (procedura n. 316/11 R.G.mod 21, redatto in data 29 novembre 2012) «ci sono pure altri ostacoli che si frappongono al riconoscimento del mobbing in ambito militare: in primo luogo è difficile provare l'intento persecutorio del mobber, poi il confine tra disciplina rigida ed abusi è sottile, infine tali ambienti sono caratterizzati da una profonda omertà che impedisce l'acquisizione di qualsivoglia elemento di riscontro, specie quando a compiere le vessazioni sono gli Ufficiali» –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per contrastare il fenomeno del mobbing dentro le Forze armate e, in particolare, se non reputi di dover inserire nei programmi di formazione di ufficiali e sottufficiali anche una parte specifica sul tema. (4-15753)

  Risposta. — La violenza in ogni sua manifestazione – verbale, fisica e psicologica – deve costituire uno dei fattori di massima attenzione in un ambito, quello della difesa, caratterizzato da una necessaria impronta gerarchico-funzionale e da una oramai consolidata composizione pluri-genere. Per questo motivo il dicastero è, da sempre, concretamente attivo nel monitorare il fenomeno e perentorio nel contrastarlo in ogni sua forma.
  In particolare, l'azione di controllo e contrasto condotta in ambito Forze armate si esprime in tre direzioni: la formazione del personale, la sua gestione e il monitoraggio della situazione con adozione di eventuali misure correttive.
  La formazione del personale rientra a pieno titolo nei programmi addestrativi, in continuo aggiornamento e costantemente ricettivi alla necessità di diffondere fra i cittadini in armi la «cultura del rispetto» della persona. Durante la fase d'istruzione e aggiornamento professionale, i militari di ogni ordine e grado vengono infatti formati e sensibilizzati al riguardo attraverso lezioni teoriche e la partecipazione a seminari/conferenze.
  Particolare attenzione viene inoltre posta affinché i comandanti, ad ogni livello, conducano la propria azione nella tutela della salute, dignità e professionalità del militare con lo scopo di garantire un ambiente di lavoro sicuro, sereno, favorevole alle relazioni interpersonali e fondato su principi di solidarietà, trasparenza, cooperazione e mutuo rispetto.
  Inoltre, le Forze armate si sono dotate di figure professionali, i Gender Advisor, che supportano i comandanti militari nel compito di rendere il mondo militare sempre più aderente ai principi delle pari opportunità e dell'uguaglianza di genere.
  In merito al monitoraggio della situazione ed al contrasto del fenomeno in questione sono impiegati, a tutti i livelli di comando, strumenti differenziati:
   l'Osservatorio permanente sul nonnismo, istituito nel 1998 al fine di individuare ogni possibile precauzione e azione per contrastare un fenomeno le cui manifestazioni, con il decorso del tempo, si sono frazionate in altre tipologie di comportamenti. Dal 2008, in particolare, vengono tenuti sotto osservazione atti e fatti riconducibili al « mobbing» ed alle «molestie sessuali» in quanto comportamenti di per sé deprecabili oltre che nocivi alla funzionalità e alla coesione delle Forze armate. A partire dall'anno 2011 è stata inoltre posta sotto osservazione anche la fattispecie dello « stalking».
  Annualmente lo Stato maggiore della difesa raccoglie tutte le segnalazioni rilevate dagli Stati maggiori di forza armata e dal comando generale dei carabinieri; tali elementi concorrono a formare la «Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate» presentata ogni anno in Parlamento ai sensi dell'articolo 10 del codice dell'ordinamento militare;
   la costituzione, nell'ambito del I reparto personale dello Stato maggiore della difesa, di una sezione «Pari opportunità e prospettiva di genere», con il compito di monitorare l'eventuale presenza di mobbing con particolare riferimento alla dimensione di genere;
   la costituzione del «Consiglio Interforze sulla prospettiva di genere», con il compito di assistere il capo di Stato maggiore della difesa nell'azione di indirizzo, coordinamento e valutazione sui temi afferenti alle pari opportunità e il contrasto alle devianze comportamentali nelle relazioni interpersonali tra cui mobbing e stalking;
   la revisione delle direttiva «Linee guida in tema di parità di trattamento, rapporti interpersonali, tutela della famiglia e della genitorialità» (ed. dicembre 2012), alla luce delle novelle legislative intervenute in materia, in cui un'ampia sezione è dedicata alla tematica del mobbing ed alle azioni che i comandanti devono intraprendere al presentarsi di tali casistiche negative;
   la realizzazione dei corsi annuali per Gender Advisor finalizzati ad abilitare ufficiali di tutte le Forze armate, dell'Arma dei carabinieri, funzionari e dirigenti civili della difesa quali consulenti dei comandanti, ove è svolta formazione qualificata, da parte del personale della sezione «Atti Persecutori» del reparto crimini violenti del raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (RaCIS), per la materia del mobbing e stalking.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaDomenico Rossi.


   GALGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 112 del 24 giugno 2016 recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», ha la finalità di inserire nel sistema giuridico un apparato di protezione dei soggetti portatori di handicap;
   la legge intende favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone diversamente abili, individuando e riconoscendo specifiche tutele per le persone con disabilità quando vengono a mancare parenti che si sono presi cura di loro fino a quel momento;
   in tal modo, si intende garantire l'autonomia e l'indipendenza, consentendo loro di continuare a vivere nelle proprie case o in strutture gestite da associazioni. Ad oggi, questi complessi di accoglienza per disabili risultano concentrati al Nord, ma anche al Centro e al Sud Italia cè le necessità di avere tali strutture;
   il 23 novembre 2016 è stato firmato il decreto attuativo che fissa i requisiti per l'accesso alle prestazioni a carico dell'apposito fondo istituito dalla legge n. 112 del 2016 e stabilisce la ripartizione delle risorse tra le regioni;
   i finanziamenti previsti sono: 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e 56,18 milioni di euro per il 2018, vale a dire meno di 400 euro l'anno per ogni persona portatrice di handicap che, accolta in strutture idonee, costerebbe allo Stato 200 euro al giorno;
   non esiste un'anagrafe per i disabili, perciò le stime in Italia sono approssimative (all'incirca due milioni sono le persone con problemi gravi); non c’è un'analisi qualitativa che individui quali sono le difficoltà che affrontano quotidianamente i portatori di handicap. Ad esempio, le necessità di un ragazzo autistico sono diverse da uno affetto da sindrome di down;
   l'Associazione nazionale famiglie riferisce che sono oltre duecentomila le persone con queste problematiche. Da recenti dati dell'Istat risulta che nei prossimi dieci anni i disabili gravi che rimarranno senza parenti saranno 160 mila –:
   quali iniziative si intendano assumere affinché venga garantita in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale la distribuzione dei fondi di cui alla legge 24 giugno 2016, n. 112. (4-17175)

  Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente all'applicazione della legge n. 112 del 2016 (cosiddetto Dopo di noi), si rappresenta quanto segue.
  In attuazione di quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, della legge n. 112 del 2016, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze – ha emanato 23 novembre 2016 che fissa i requisiti per l'accesso alle prestazioni a carico del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, stabilendo altresì la ripartizione, per l'anno 2016, delle risorse tra le regioni, per un importo complessivo pari a 90 milioni di euro. Il predetto decreto è stato registrato, il 13 febbraio 2017, alla Corte dei conti e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il 23 febbraio 2017.
  Ai fini dell'erogazione del finanziamento, le regioni adottano – ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto ministeriale 23 novembre 2016 – le linee di indirizzo dei programmi (cosiddetti indirizzi di programmazione) per l'attuazione degli interventi e dei servizi per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare. Tali indirizzi di programmazione sono comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, all'esito di una attenta e accurata istruttoria, procede all'erogazione delle risorse spettanti a ciascuna regione.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, dunque, richiesto alle regioni di predisporre gli atti di programmazione di competenza da far pervenire allo stesso entro la fine dello scorso mese di febbraio ai fini del prescritto esame. Ad oggi, tutte le regioni hanno provveduto all'invio degli indirizzi programmatici richiesti, fatta eccezione per la Valle d'Aosta. Quest'ultima, più volte sollecitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha rappresentato che il ritardo nell'elaborazione della programmazione è stato determinato dalla riorganizzazione degli uffici competenti e dal conseguente avvicendamento del personale ivi impiegato. La predetta regione ha comunque precisato che le procedure finalizzate alla predisposizione del documento in parola sono state avviate e sono tutt'ora in corso di svolgimento.
  Si rappresenta inoltre che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha concluso positivamente le istruttorie relative alle programmazioni di 18 regioni alle quali ha pertanto provveduto ad erogare – sulla base della ripartizione di cui al decreto ministeriale 23 novembre 2016 – le relative risorse per un importo totale di 89.820.000,00 di euro pari al 99,8 per cento delle risorse complessivamente stanziate per l'anno 2016 (90 milioni di euro).
  Si precisa inoltre che, nell'ambito del decreto ministeriale 23 novembre 2016, sono state individuate – in conformità a quanto previsto dalla legge n. 112 del 2016 – modalità attuative volte a garantire su tutto il territorio nazionale l'omogeneità degli interventi e la loro coerenza con gli indirizzi di programmazione adottati dalle regioni.
  Nello specifico – in relazione alle cinque tipologie di interventi previste dall'articolo 5, comma 4, del decreto ministeriale 23 novembre 2016 – le regioni hanno destinato le risorse alle stesse erogate nelle seguenti percentuali:
   oltre il 27 per cento ai percorsi di accompagnamento per l'uscita dal nucleo familiare di origine e agli interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative con determinate caratteristiche;
   circa il 14 per cento ai percorsi di accrescimento della consapevolezza e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile;
   oltre il 27 per cento agli interventi per la realizzazione di innovative soluzioni alloggiative;
   circa il 4 per cento agli interventi per la permanenza temporanea al di fuori del contesto familiare.

  Si rappresenta inoltre che, al fine di accelerare le procedure e di scongiurare soluzioni di continuità, i ministeri interessati hanno elaborato – sulla base dei criteri sperimentali previsti per l'anno 2016 – il decreto di riparto, per l'anno 2017, delle risorse del Fondo per le persone con disabilitò grave prive del sostegno familiare per un importo complessivo pari a 38,3 milioni di euro. Il decreto – sottoscritto, lo scorso 21 giugno, dai ministri competenti – è attualmente all'esame degli organi di controllo.
  Da ultimo, con riferimento a quanto evidenziato dall'interrogante in ordine alla istituzione di una anagrafe per i disabili, occorre precisare che l'articolo 6, comma 5, del decreto ministeriale 23 novembre 2016 stabilisce che le informazioni sulla presa in carico e gli interventi attivati per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare sono messe a disposizione del casellario dell'assistenza istituito presso l'INPS, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 78 del 2010, anche al fine di migliorarne la programmazione, il monitoraggio e la rendicontazione. Tali informazioni sono inoltre utilizzate ai fini della validazione del numero complessivo dei soggetti beneficiari delle misure a carico del Fondo per le persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Parimenti, ai sensi dall'articolo 3, comma 6, del decreto ministeriale 26 settembre 2016 (di riparto delle risorse del Fondo nazionale per le non autosufficienze, per l'anno 2016) sono trasmesse al casellario dell'assistenza le informazioni sulla presa in carico e sulle prestazioni erogate alle persone con disabilità gravissima assistite nei territori regionali. Anche in questo caso, le informazioni sono utilizzate ai fini della validazione del numero complessivo di tali soggetti.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiLuigi Bobba.


   GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo i programmi della Rete ferroviaria italiana, dall'11 giugno al 10 dicembre 2017, sulla linea Luino – Sesto Calende – Gallarate, verranno effettuati i lavori di adeguamento e potenziamento infrastrutturale dell'asse ferroviario Alptransit;
   infatti, l'apertura del nuovo tunnel del Gottardo crea un progressivo incremento dei convogli merci sulla linea a binario unico di Luino che dovrà raggiungere nei prossimi anni, secondo le indicazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i 90 treni merci al giorno;
   tale sostenuto aumento del traffico ferroviario incrementa notevolmente le problematiche relative alla sicurezza del territorio e all'impatto ambientale, soprattutto in termini di impatto acustico e vibrazioni, nonché le problematiche relative alla sicurezza del trasporto di merci pericolose, in considerazione dell'attraversamento di un territorio fragile come quello del Lago maggiore;
   le amministrazioni locali chiedono notizie sui progetti in programma e sul numero dei treni, e il sindaco del comune di Luino ha anche inviato una nota ai Ministri interrogati e alle autorità locali, esponendo le preoccupazioni della popolazione interessata;
   le questioni più emergenti riguardano la necessità dello svolgimento di una procedura di valutazione dell'impatto ambientale, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, soprattutto per gli impatti a regime che produrrà il potenziamento dell'infrastruttura, nonché la necessità dell'organizzazione e gestione di un piano per la sicurezza della linea ferroviaria e per il pronto intervento in caso di incidente da merci pericolose, con riguardo ai presidi speciali del Nucleo operativo nel settore del nucleare, biologico, chimico e radiologico (NBCR) del Comando dei vigili del fuoco;
   occorre divulgare sul territorio tutte le opportune notizie in merito al numero e alla frequenza notturna e diurna dei treni merci e alla pericolosità delle merci trasportate per infiammabilità ed esplosività, al programma delle mitigazioni dell'inquinamento acustico con installazione di barriere antirumore nella frazione di Colmegna di Luino e a Luino centro, già previste per il 2014 e non ancora installate, nonché in merito alle garanzie circa il mantenimento, l'efficientamento e il miglioramento del trasporto passeggeri verso Milano, Malpensa e Svizzera;
   in fine, occorre aggiornare la popolazione locale sullo stato dei programmi per la realizzazione della cosiddetta «gronda ovest» per la realizzazione di una ferrovia in galleria, secondo quanto già previsto nei programmi della Svizzera e da Rete ferroviaria italiana, e per il superamento dei centri abitati lungo la sponda del Lago maggiore –:
   se i Ministri interrogati intendano fornire alla popolazione locale risposte immediate, per quanto di competenza, sulle questioni sollevate nelle premesse, soprattutto in merito all'espletamento delle procedure in materia di valutazione d'impatto ambientale previste dalle leggi vigenti e dalle direttive comunitarie, relativamente al progetto dell'adeguamento e potenziamento della linea ferroviaria Luino – Sesto Calende – Gallarate, e, in caso di mancato espletamento fino ad oggi di tali procedure, provvedere al differimento dell'inizio dei lavori fino alla conclusione del relativo procedimento di valutazione di impatto ambientale. (4-15928)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero e dalla società Ferrovie dello Stato.
  La convenzione stipulata con la Confederazione svizzera il 18 settembre 2014, nell'ambito del potenziamento delle linee per l'accesso al Gottardo, prevede per la linea di Luino la realizzazione degli interventi di adeguamento prestazionale allo standard previsto per i corridoi merci, con incremento della sagoma (PC80410) e del modulo (750 metri) entro il 2020, nonché il correlato adeguamento degli impianti di sicurezza in galleria.
  A seguito del finanziamento da parte dello Stato con il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 e di Rete ferroviaria italiana (RFI), su cinque impianti della linea Luino (Ispra. Laveno. Luino. Porto Valtravaglia e Pino Tronzano) sarà garantito l'adeguamento a modulo dei binari di stazione.
  In parallelo a ciò, è stata stipulata mediante la realizzazione di sottopassi in sostituzione di passaggi a livello (PL), secondo un ordine di priorità stabilito dai sottoscrittori. È prevista l'eliminazione di 15 passaggi a livello su un totale di 35.
  In merito al rispetto e all'osservanza delle procedure in materia di valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 si fa presente che gli interventi di adeguamento a sagoma e modulo non prevedono la realizzazione di nuove gallerie e relativi scavi, ma interventi sulle opere esistenti. Pertanto, trattandosi di interventi di manutenzione straordinaria su opere, impianti e manufatti ferroviari esistenti, non sono sottoposti alla valutazione di impatto ambientale (V.I.A.). Nel corso del 2015 e 2016 sono state conseguite sulle singole opere tutte le necessarie autorizzazioni (paesaggistiche, monumentale e conformità urbanistiche).
  Circa l'organizzazione e la gestione di un piano per la sicurezza della linea e per il pronto intervento in caso di incidente da merci pericolose con particolare riguardo ai presidi speciali Nucleare-Biologici-chimico-radiologico del comando dei Vigili del fuoco si fa presente quanto segue.
  La gestione delle merci pericolose trasportate tramite ferrovia avviene in ottemperanza alle normative internazionali in materia (Dangerous Goods Regulation, RID). Tali norme prevedono specifici obblighi sia per i caricatori che per i trasportatori e il gestore infrastruttura. Per rispettare tali regole Rete ferroviaria italiana si è dotata di un sistema informatico integrato con i software di gestione della circolazione che consente di monitorare in ogni momento la posizione lungo linea di treni trasportanti merci pericolose da parte degli operatori della circolazione. In particolare si dispone per ogni treno della precisa ubicazione nella composizione dei carri contenenti/trasportanti merci pericolose per i quali inoltre è definito il relativo codice di pericolo e il codice Onu. Tutto questo consente di gestire eventuali emergenze o vincoli di circolazione (per le linee in cui non è consentito il passaggio di queste merci) in tempo reale ma soprattutto di fornire le informazioni necessarie ai Vigili del fuoco (VVFF) e ai mezzi di soccorso che dovessero intervenire per la gestione di una emergenza.
  È fatto obbligo alle Imprese ferroviarie di fornire la composizione di dettaglio di ogni treno Rete ferroviaria italiana agisce secondo quanto prevedono le procedure per la gestione delle emergenze coordinate dalle sale operative territoriali e centrali 24 ore su 24. Eventuali prolungate soste sono gestite in emergenza con il coinvolgimento delle Imprese ferroviarie interessate e nel caso di alcune specifiche merci pericolose (ad esempio GPL) anche dei Vigili del fuoco. Nell'ambito delle stazioni e delle gallerie esistono piani di emergenza specifici che prevedono compiti e organizzazione della gestione dell'emergenza.
  Rete ferroviaria italiana segnala che Luino non è uno scalo merci terminale, pertanto, all'interno della stazione non sono effettuate manovre per la composizione dei treni, non sono effettuate soste dei treni merci senza il presenziamento del personale di bordo e la durata di tali soste varia da 10 a 60 minuti al massimo. In ingresso e in uscita dalla stazione di Luino è installato il sistema di rilevamento automatico di anomalo riscaldamento delle boccole e di anomala frenatura degli assi dei treni ammessi a circolarvi (sistema RTB) che oltre alla segnalazione dell'anormalità prevede anche l'arresto del treno.
  Rete ferroviaria italiana fa presente, altresì, che in concomitanza con i lavori a Luino verrà installato un sistema di misura dei carichi verticali (SMCV) per valutare il corretto posizionamento del carico sui convogli.
  Inoltre, in riferimento agli obblighi di legge, sono stati redatti i piani di protezione civile comunali, coordinati dalla comunità montana, e per i rischi relativi al trasporto ferroviario i progettisti hanno assunto le necessarie informazioni dagli organi ed enti competenti; il piano di Luino è previsto in approvazione da parte del Consiglio comunale previo confronto in commissione territorio. L'autorità responsabile nella gestione della protezione civile in materia di rischi legati al trasporto ferroviario è la prefettura, alle quale Rete ferroviaria italiana fornisce i piani di emergenza (PEI e PGE) di stazione, galleria e scali:
   PEI galleria di Laveno – aggiornato e trasmesso il 22 luglio 2014 (il piano verrà nuovamente aggiornato in seguito ai lavori di adeguamento sagoma);
   PGE galleria di Laveno – trasmesso nel mese di settembre 2014;
   PGE stazione di Luino – aggiornato il 2 marzo 2011.

  In merito alle informazioni circa il numero e la frequenza notturna e diurna dei treni merci che si prevede di fare transitare dalla linea di Luino e la pericolosità delle merci trasportate, Rete ferroviaria italiana informa che la linea, al termine degli interventi di adeguamento, sarà in grado di gestire, in aggiunta al traffico regionale, fino a 90 treni merci nell'arco di 24 ore. Il numero e la collocazione oraria dei treni che transiteranno effettivamente seguirà le fluttuazioni caratteristiche delle necessità industriali, in relazione alla stagionalità ed alla congiuntura economica: il numero di treni non potrà in nessun caso superare il limite indicato.
  La linea è attrezzata in conformità al regolamento internazionale Rid, pertanto è previsto il transito delle varie tipologie di merci pericolose con le limitazioni eventualmente prescritte.
  Per quanto riguarda i termini per l'attuazione del programma per il posizionamento delle protezioni foniche lungo la linea di Luino, Rete ferroviaria italiana conferma che il piano degli interventi di contenimento ed abbattimento dei rumori ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente 29 novembre 2000 prevede nel territorio del comune di Luino 9 interventi con barriera antirumore (2 nella frazione di Colmegna e 7 a Luino centro), programmati tra il 7o e il 15o anno di piano. In merito ai tempi di realizzazione, tali interventi potranno essere avviati a valle dell'approvazione dei successivi stralci di piano da parte del Ministero dell'ambiente e della Conferenza unificata Stato-regioni che, nell'intesa del 1o luglio 2004, ha approvato solo gli interventi relativi al primo quadriennio di piano.
  Circa le garanzie per il mantenimento, l'efficientamento e il miglioramento del trasporto passeggeri verso Milano, Malpensa e la Svizzera, Ferrovie dello Stato fa sapere che il 22 dicembre 2016 Rete ferroviaria italiana e regione Lombardia hanno firmato l'accordo quadro per i servizi di trasporto pubblico locale che vincola i due soggetti, per tutto il territorio regionale, rispettivamente alla messa a disposizione e all'acquisto per servizi regionali della capacità ferroviaria indicata nell'atto. Per la linea di Luino, è stato confermato il mantenimento dell'offerta attuale tra Luino e Gallarate, comprese le corse attualmente prolungate su Milano Porta Garibaldi. Inoltre. Ferrovie dello Stato ha comunicato che a causa di lavori sulla tratta Laveno-Luino-confine di Stato il servizio da Gallarate è attestato a Laveno Ferrovie nord per consentire un migliore interscambio con gli autoservizi sostitutivi.
  Per quanto riguarda la realizzazione della cosiddetta «gronda ovest» per la realizzazione di una ferrovia in galleria, secondo quanto già previsto nei programmi della Svizzera e da Rete ferroviaria italiana per il superamento dei centri abitati lungo la sponda del lago Maggiore Rete ferroviaria italiana evidenzia che i programmi e i piani attualmente in vigore completano l'ammodernamento della linea di Luino con l'adeguamento del tracciato su sede storica.
  Rete ferroviaria italiana comunica, infine, che lo scorso 28 aprile su richiesta dei sindaci della linea Gallarate-Sesto Calende-Luino, è stato convocato dal prefetto di Varese un apposito incontro in cui Rete ferroviaria italiana ha illustrato ai suddetti Sindaci lo stato di avanzamento dei lavori di potenziamento della linea.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   GRECO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sono in corso lavori nella zona Cibali di Catania inerenti alla ferrovia di Catania e alla stazione Cibali durante i quali nel condominio di via Galermo 106 si sarebbero manifestati danni documentati nel verbale dei vigili del fuoco del 30 agosto 2016 e, in particolare, si è creata una cavità con pericolo di dissesto e conseguenti danni per la pubblica e privata incolumità;
   i lavori di cui trattasi hanno danneggiato il fabbricato di via Galermo 106 e altri tre immobili anche per la possibile deviazione delle acque sotterranee –:
   quali siano le cautele adottate e le misure attuate per garantire l'incolumità pubblica e privata e il completamento dei lavori nella galleria sotterranea atti a realizzare la stazione di Catania lungo il percorso della nuova ferrovia leggera-metropolitana e se la ferrovia circumetnea abbia operato nel pieno rispetto della legislazione vigente, anche in relazione al rischio idrogeologico e alla deviazione delle acque sotterranee. (4-16616)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi e il trasporto pubblico locale di questo Ministero.
  Durante il corso dei lavori relativi alla realizzazione della stazione metropolitana di Cibali, afferenti l'appalto per la costruzione della tratta ferroviaria metropolitana Borgo-Nesima, in data 30 agosto 2016 il comando provinciale dei Vigili del fuoco di Catania è intervenuto presso il condominio di via Galermo 106 ed ha accertato la presenza di lesioni in alcune parti dell'edificio, non registrando al momento del sopralluogo danni sulle strutture portanti dell'edificio.
  Successivamente, in data 27 settembre 2016, il comando provinciale dei vigili del fuoco di Catania è nuovamente intervenuto presso il condominio di via Galermo 106, per un cedimento dell'asfalto. Il personale tecnico dei vigili del fuoco intervenuto sui luoghi ha rilevato il quadro fessurativo dell'edificio senza registrare danni alla struttura portante dell'edificio.
  Relativamente ai danni causati all'edificio dai lavori di realizzazione della stazione di Cibali, si fa presente che sono in corso giudizi da parte del tribunale di Catania riferiti a due contenziosi non definiti. In particolare, in uno dei detti contenziosi il consulente tecnico d'ufficio (CTIJ) nominato dal tribunale non ha ravvisato danni alle strutture portanti dell'edificio condominiale, prevedendo altresì interventi che sono oggetto di valutazione di ulteriore CTU.
  In merito alle cautele adottate per garantire l'incolumità pubblica e privata e il completamento dei lavori, con nota protocollo n. 764 del 23 gennaio 2017. la gestione governativa ferroviaria circumetnea ha dato evidenza del proprio operato per garantire il completamento dell'opera pubblica e la tutela dell'incolumità pubblica e privata. Con nota del 30 settembre 2016 il direttore dei lavori, in relazione al verbale di sopralluogo del 27 settembre 2016 del comando provinciale dei vigili del fuoco con il quale è stato segnalato un cedimento dell'asfalto, ha impartito disposizioni all'impresa per le necessarie attività di monitoraggio e di messa in sicurezza. Ad oggi vengono effettuati dall'impresa esecutrice i monitoraggi strumentali sul fabbricato e sull'area limitrofa con trasmissione di report settimanali alla direzione dei lavori.
  L'impresa esecutrice ha trasmesso alla direzione dei lavori la relazione tecnica sul piano delle indagini e le analisi dei risultati ottenuti redatta dalla Società di Ingegneria «CM Ingegneri srl».
  In merito al rispetto della legislazione vigente. La direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi e il trasporto pubblico locale ha riferito che la ferrovia Circumetnea, prima dell'inizio dei lavori, ha ottenuto tutte le autorizzazioni previste dalla normativa. In particolare, relativamente agli aspetti connessi all'infrastruttura in argomento sono state acquisite le relative autorizzazioni riguardanti la compatibilità ambientale e l'interazione tra le opere strutturali e il sottosuolo.
  Concludendo, la ferrovia Circumetnea ha operato nel rispetto delle legislazione vigente, anche in relazione al rischio idrogeologico e alla deviazione delle acque, in quanto il progetto definitivo ed esecutivo della tratta Borgo-Nesima ha ottenuto i relativi pareri dagli enti preposti alla data di redazione dei suddetti progetti.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il consueto e consistente rientro estivo di persone di cittadinanza e di origine italiana è legato agli adempimenti amministrativi necessari per perfezionare la documentazione di viaggio, soggetta per motivi di sicurezza a controlli sempre più complessi ed esigenti;
   le pratiche amministrative sono solitamente avviate presso i consolati italiani nei primi mesi dell'anno in vista dei viaggi estivi, in considerazione dell'allungamento dei tempi per il disbrigo delle stesse pratiche e delle difficoltà esistenti nei contatti diretti con gli uffici consolari, soprattutto nelle zone più distanti dalle sedi dei consolati;
   negli USA, ad esempio, nell'area coperta dal Vice Consolato di Rochester (Rochester, Buffalo, Syracuse e Ithaca), al 13 marzo 2017 erano 91 le persone in attesa di poter rinnovare il proprio passaporto;
   molte di queste persone hanno difficoltà, per ragioni di età, a recarsi di persona negli uffici consolari di New York e diverse altre incontrano impedimenti non minori per ragioni di permesso di lavoro o di natura economica, poiché per il ritiro del passaporto è necessario il pernottamento in città;
   i disagi indicati sono in genere alleviati dalla visita di un impiegato del consolato, delegato a compiere le operazioni richieste per il rilascio del passaporto, ma la carenza di personale ha diluito fortemente la periodicità di tali visite, che non sempre risultano compatibili con i tempi di utilizzazione dello stesso passaporto;
   il Consolato generale di New York ha risposto infatti alle sollecitazioni del vice console di Rochester, annunciando la visita del funzionario itinerante per la seconda metà di giugno, un periodo per molti incompatibile con le prenotazioni di viaggio già effettuate;
   il Consolato onorario del New Jersey, ove risiedono 1.587.000 persone di origine italiana, pari al 18 per cento degli italodiscendenti degli Usa, e 18.000 cittadini registrati all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, oltre a molti altri non iscritti, che incontrano serie difficoltà di collegamento con il Consolato generale di New York dovute al traffico e all'attraversamento oneroso di alcuni ponti, riceve ogni giorno circa cento chiamate telefoniche e venti, e-mail per richiesta di informazioni e trattamento di pratiche relative al rilascio di passaporti;
   in un altro importante consolato del Nord America, come quello di Toronto, l'intera attività amministrativa sarebbe rimasta nelle mani di una sola impiegata di ruolo a causa della carenza di personale, con un conseguente appesantimento dei tempi di evasione delle pratiche;
   sono evidenti, da un lato, i disagi che devono affrontare i nostri concittadini residenti in Nord America, dall'altro, il danno che per la lentezza della macchina amministrativa si arreca all'economia nazionale in conseguenza della limitazione che ne deriva per il potenziale flusso turistico proveniente dal Nord America;
   da recenti dichiarazioni di esponenti di Governo, si è appreso che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale si appresterebbe a realizzare un programma di captazione e trasmissione, tramite canale telematico «securizzato», dei dati biometrici necessari per il rilascio dei passaporti anche da parte dei Consoli onorari, nonché ad ampliare il numero dei Consoli onorari –:
   se il Ministro interrogato non intenda considerare la possibilità, finché le misure annunciate non diventino pienamente operative, di ripristinare il diretto intervento della rete dei vice consolati nelle operazioni di trattamento delle pratiche, di richiesta di passaporto o, in alternativa, di favorire la presenza nei consolati di personale adeguato quantomeno ad assicurare un'accettabile periodicità nelle visite itineranti di funzionari consolari;
   se possa annunciare quali siano i tempi necessari all'entrata a regime del programma innovativo relativo all'acquisizione e trasmissione dei dati biometrici, in particolare nei Paesi di più ampia estensione e di più accertata necessità.
   (4-16236)

  Risposta. — Vorrei innanzitutto premettere che, nonostante la razionalizzazione degli organici pubblici abbia portato nel corso degli anni ad una diminuzione del personale della rete diplomatico-consolare del 23 per cento, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) ha sempre garantito l'offerta dei servizi consolari ai connazionali all'estero, ricorrendo anche a soluzioni innovative. La Farnesina è impegnata a proseguire in tal senso ed ha anche promosso un programma di assunzioni di personale a cui, in raccordo con il Dipartimento della funzione pubblica e il Ministero dell'economia e delle finanze, sta lavorando.
  Con particolare riferimento alle problematiche sollevate dall'interrogante, il Maeci ha potenziato l'attività della rete diplomatico-consolare con l'istituzione del cosiddetto funzionario itinerante e facendo ricorso ai consoli onorari.
  Attraverso il primo, i connazionali possono ottenere il rilascio del passaporto in tempi brevi in loco potendo, ove possibile, chiedere la trasmissione del documento direttamente al proprio domicilio.
  Quanto al secondo caso, la Farnesina dal luglio del 2014 ha dotato 36 consoli onorari di postazioni mobili per la captazione delle impronte. Ciò ha consentito, nel corso del primo anno, di raccogliere i dati di oltre 8000 connazionali, ed ha portato a dare inizio alla seconda fase, cioè la realizzazione di un'infrastruttura informatica per la trasmissione telematica dei dati dalla sede del consolato onorario all'ufficio consolare di carriera. Questa soluzione realizza indubbi vantaggi sui costi e sull'abbreviazione dei tempi di rilascio del passaporto. La proposta tecnica elaborata a metà 2016 dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato (Ipzs), è poi passata al vaglio dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, al fine di ottenere il necessario parere. Nel contempo, è stata avviata una ricerca presso le sedi consolari per poter allargare il progetto ad altri consoli onorari, giungendo alla selezione di altri 75. Intanto, a gennaio 2017 è stato acquisito il parere positivo del Garante che ha anche suggerito alcune migliorie tecniche all'infrastruttura informatica proposta. L'Ipzs sta procedendo ad approntare quanto suggerito dal Garante e prevede di terminare entro il corrente anno.
  Quanto al consolato generale d'Italia in Toronto, si precisa che gli sportelli dedicati all'erogazione dei servizi consolari sono aperti al pubblico tutti i giorni, dal lunedì al venerdì. Le richieste per il rilascio del passaporto vengono ricevute – senza previo appuntamento – da otto impiegati che si alternano con turni settimanali in modo da garantire il funzionamento di almeno tre sportelli.
  Al momento della presentazione della domanda di rilascio del passaporto vengono acquisiti i dati biometrici. Si procede poi alla spedizione del passaporto, effettuata di norma entro 5/12 giorni, al domicilio mediante busta raccomandata prepagata, evitando così al richiedente di dover tornare in Consolato per il ritiro.
  Quanto alla raccolta delle domande di rilascio del passaporto e l'acquisizione dei dati biometrici tramite postazione portatile, detto Consolato effettua già da cinque anni le missioni sia presso le sedi dei vari Consolati onorari dislocati già sul territorio della circoscrizione di competenza, sia nell'area metropolitana di Toronto.
  Analogo quadro può essere fornito con riferimento al consolato generale d'Italia in New York. Gli sportelli per l'erogazione dei servizi consolari sono aperti al pubblico dal lunedì al venerdì. In particolare, l'ufficio passaporti riceve in media 45 persone al giorno, sia su appuntamento (tramite il sistema prenota on-line) sia, in casi di comprovata urgenza senza appuntamento.
  La procedura prevede tempi di rilascio di una settimana, salvo il caso del pagamento dei diritti di urgenza che prevede il rilascio immediato. In alternativa, possono essere inviati, a mezzo posta prioritaria, entro 12 giorni dal momento in cui viene presentata la richiesta. Anche qui sono attuate missioni del funzionario itinerante presso le sedi dei vari consolati onorari e vice consolati onorari dislocati sul territorio della circoscrizione di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   LA RUSSA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Cassano d'Adda, in provincia di Milano, risiedono quasi ventimila abitanti e da un centinaio d'anni vi ha sede una compagnia dei carabinieri;
   circa tre anni fa, per ragioni di contenimento della spesa è stato deciso di non rinnovare il contratto di affitto della caserma e, anche a causa di una accresciuta esigenza di sicurezza in quella zona, la compagnia è stata trasferita nel limitrofo comune di Pioltello;
   al trasferimento avrebbe dovuto, tuttavia, fare seguito la collocazione a Cassano di almeno una tenenza o semplice stazione a presidio della città, fatto sin qui non avvenuto a causa della mancata individuazione, da parte dell'amministrazione comunale, di locali adeguati;
   un sito recentemente proposto dall'amministrazione all'Arma dei carabinieri è stato immediatamente scartato a causa sia della sua ubicazione all'interno di un condominio, sia per la scarsa accessibilità dei locali;
   i locali che sino a poco tempo fa ospitavano la pretura, attualmente non utilizzati, potrebbero costituire una valida soluzione per collocare la sede dei carabinieri;
   di recente, a Cassano, è avvenuto l'arresto di un sospetto terrorista islamico, come anche nei paesi limitrofi di Inzago e Vaprio –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere le opportune iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere la ricollocazione della stazione dei carabinieri di Cassano in locali idonei al fine di garantire la sicurezza dei residenti e del territorio. (4-16316)

  Risposta. — L'Arma dei carabinieri pianifica la dislocazione dei propri presìdi ispirandosi al duplice criterio di mantenere un dispositivo territoriale efficiente ed adeguato per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali e salvaguardare, nel contempo, l'esigenza di contenimento della spesa pubblica.
  In tale contesto, si colloca l'ipotesi del trasferimento della compagnia carabinieri dalla sede di Cassano d'Adda, sovradimensionata ed onerosa in termini di costi di locazione e di utenze, a quella del limitrofo comune di Pioltello, attualmente occupata dalla tenenza dell'Arma.
  A seguito di tale trasferimento, il comando compagnia di Cassano d'Adda verrebbe dislocato a Pioltello e l'attuale Tenenza riconfigurata in Stazione «capoluogo», mentre a Cassano d'Adda rimarrebbe un presidio dell'arma dei carabinieri, a livello di Stazione, con possibilità di elevazione a Tenenza.
  In tale ottica, il sindaco di Cassano d'Adda ha avanzato alcune soluzioni strutturali – attualmente in corso di valutazione da parte dell'Arma – utili a garantire la permanenza, presso il proprio comune, di un presidio dell'Arma (tenenza o stazione).
Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, PASTORINO, PANNARALE e PAGLIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il Ministero degli affari esteri e della in virtù di interventi motivati dal recupero del gettito programmato nella tabella VI del bilancio dello Stato, ha cominciato ad alienare beni demaniali all'estero rimasti vuoti in seguito alla chiusura di sedi di rappresentanza consolare e di istituti di cultura, come le sedi consolari di Monaco di Baviera, di Lugano, di Marsiglia, della casa d'Italia di Lucerna e di ulteriori immobili sparsi nel mondo e contenuti in una lista, che ne prevede oltre quaranta, dove sarebbero presenti anche immobili pienamente utilizzati e considerati veri e propri «gioielli di famiglia», come la storica e splendida maison de maître, sede dell'Istituto Italiano di Cultura e del Consolato di Bruxelles, in rue de Livourne 38;
   mentre l'operazione di dismissione dei numerosi immobili all'estero, prevista nell'arco di tre anni, porterebbe allo Stato un'entrata di circa 20 milioni di euro annui, per un solo edificio di proprietà di, Monte dei Paschi di Siena, dove trasferire a Bruxelles l'Istituto Italiano di Cultura, il Consolato è l'Ambasciata, lo Stato italiano avrebbe speso l'esorbitante cifra di 13,5 milioni di euro;
   l'acquisto è già stato bollato come un «soccorso rosso» a Monte dei Paschi e funzionale al reperimento della quantità di capitale necessaria, provvisoriamente fissata dalla Bce in 8,8 miliardi, per il salvataggio della banca, per la quale il Governo con il decreto Salvarisparmio ha previsto la ricapitalizzazione preventiva, ma che deve essere ovviamente utilizzata in base a regole europee molto chiare. Tra queste, come riporta un articolo pubblicato il 21 marzo (http://worldnewz.altervista.orgicategory/monte-dei-paschi-di-siena/), in seguito al recente incontro tra la Commissaria europea alla Concorrenza e il Ministro dell'economia, occorre evitare in tutti i modi che l'intervento pubblico nel capitale dell'istituto senese possa configurarsi come un aiuto di Stato e introdurre dunque elementi distorsivi della concorrenza;
   la diffusione della notizia della vendita dell'Istituto Italiano di Cultura ha portato alla reazione indignata di stampa, intellettuali e connazionali che si sono subito attivati con diverse petizioni per chiedere al Ministro degli esteri di salvare il più importante istituto culturale estero di Bruxelles e di evitare questa operazione «gravemente lesiva dell'immagine del nostro Paese, oltre che dell'offerta culturale destinata ai nostri connazionali e ai tanti amici della cultura italiana, di ogni nazionalità» –:
   se il Governo non ritenga opportuno rivedere la decisione di cedere la sede dell'istituto italiano di cultura a Bruxelles, al fine di evitare un obiettivo depauperamento del patrimonio storico, artistico e culturale italiano nel mondo;
   se intenda riferire quali siano state, le motivazioni che abbiano indotto all'acquisto dell'immobile di proprietà del Monte dei Paschi di Siena e come sia stato quantificato il corrispettivo della cessione.
(4-16120)

  Risposta. — Si coglie l'occasione per fornire chiarimenti sulla situazione riguardante il programma di dismissione delle proprietà immobiliari dello Stato all'estero, con particolare riguardo ai beni demaniali situati a Bruxelles.
  Razionalizzare le proprietà immobiliari dello Stato all'estero è una delle priorità che la legge ha assegnato alla Farnesina. Una priorità che comporta obiettivi impegnativi che coinvolgono il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel raggiungimento dei previsti saldi di finanza pubblica e nella riduzione del debito, imponendo esplicitamente una revisione della politica sugli immobili demaniali.
  Dapprima, la legge di stabilità 2016 ha stabilito che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale versi all'entrata del bilancio dello Stato 20 milioni di euro per il 2016 e 10 milioni di euro sia per il 2017 sia per il 2018, tramite operazioni di dismissione immobiliare di beni non più utili per le finalità istituzionali. Successivamente, la legge di bilancio 2017 ha incrementato tali cifre, stabilendo che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dovrà conseguire dalle dismissioni immobiliari proventi per 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, mentre per il 2019 è stato inserito un target di 16 milioni di euro. La manovra deve essere accompagnata, in un'ottica di riduzione delle spese fisse, da una politica di razionalizzazione degli immobili demaniali attraverso accorpamento di uffici, condivisione di servizi, inclusi quelli relativi alla sicurezza, e realizzazione di aree comuni.
  Con le medesime disposizioni, la legge ha altresì previsto che, nel caso di mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi, siano decurtati i fondi, per un ammontare corrispondente, destinati all'Agenzia italiana per la cooperazione alla sviluppo. Poiché a nessuno sfugge l'importanza che l'attività di cooperazione ha per la politica di questo ministero, si comprende come la dismissione del patrimonio immobiliare abbia conseguenze ben più ampie di quanto si possa immaginare.
  Per quanto riguarda l'istituto italiano di cultura di Bruxelles, esso è ospitato in rue de Livourne 38, nello stesso edificio demaniale che ospita anche la Cancelleria consolare dell'ambasciata. L'edificio non è in vendita, come risulta dal sito istituzionale della Farnesina, dove nella sezione amministrazione trasparente sono consultabili le aste pubbliche in corso.
  L'immobile, costruito nel 1890, necessita di importanti interventi di recupero, messa a norma e sicurezza, poiché presenta oggettive carenze logistiche (accesso pedonale e carraio unificato), funzionali (impianti obsoleti, percorsi e vie di fuga a rischio, mancanza di accesso per disabili) e strutturali.
  Per quanto riguarda il complesso immobiliare di Rue Joseph II, il ministero lo ha acquistato dalla banca Monte Paschi Belgio, una banca di diritto belga del gruppo Monte dei Paschi di Siena. Il decreto di approvazione del contratto è stato registrato dalla Corte dei conti il 28 marzo 2017 e l'amministrazione entrerà in possesso dell'immobile nella sua interezza nel marzo 2018. L'immobile è adiacente a quello che già ospita la rappresentanza permanente presso l'Unione europea, in rue du Marteau. Con il suo acquisto si intende creare un «polo Italia», ove insediare vari uffici dell'amministrazione pubblica nella capitale belga, con significativi risparmi sui costi di gestione e funzionamento. Il nuovo complesso immobiliare che deriverà dall'accorpamento dei due edifici è ispirato alla logica del «sistema Paese», posto che al suo interno potranno trovare spazio, oltre agli uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale anche altre amministrazioni dello Stato, attratte dalla vicinanza alle istituzioni europee e dalle ottime condizioni dell'edificio.
  Il prezzo dell'operazione è di 13.500.000 euro, da pagare in tre rate, per circa 5.000 metri quadrati. Una perizia indipendente ha stimato il valore del complesso tra 14.976.000 euro e 15.765.000 euro per cui si tratta di un buon investimento immobiliare, peraltro ammortizzabile nell'arco degli anni grazie ai predetti risparmi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, LOREFICE e CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema dei trasporti italiano – ed in particolare quello del Mezzogiorno presenta una rilevante carenza di connessioni sia per gli spostamenti dei passeggeri da e per i centri di maggiore attrazione sia tra ferrovie, porti, aeroporti e strade ed un limitato sviluppo dell'intermodalità strada-rotaia e mare-rotaia; più nello specifico, le reti di trasporto ferroviario rispetto a quelle degli altri Paesi dell'Unione europea – non sono attualmente in grado di soddisfare, in termini di qualità, le aspettative ed i bisogni della popolazione con il risultato di una scarsa propensione all'utilizzo del mezzo ferroviario soprattutto nel campo del trasporto delle merci;
   nel nostro Paese, d'altra parte, persiste un sistema in larga misura ancora basato sul trasporto su gomma (80 per cento nel traffico di passeggeri e 87 per cento in quello delle merci) che, tuttavia, mal si concilia con un adeguato sistema di infrastrutture e servizi di trasporto che dovrebbe essere caratterizzato da un graduale trasferimento del trasporto di merci dalla modalità su gomma ad altre modalità (trasferimento per il quale è previsto che entro il 2030 il 30 per cento delle merci che percorre più di 300 chilometri dovrà viaggiare su ferrovia o sulle vie navigabili, con l'obiettivo di arrivare, nel 2050, sino al 50 per cento;
   la rete ferroviaria della Sicilia in particolare – interamente gestita da Rete ferroviaria italiana (RFI), ad eccezione della linea Catania-Randazzo-Riposto gestita dalla Ferrovia Circumetnea pur rappresentando la rete ferroviaria insulare più estesa del bacino mediterraneo presenta, nella maggior parte dei casi, dei tracciati obsoleti nonché linee dismesse, smantellate o incompiute, che appaiono del tutto inadeguate alle attuali esigenze sociali ed economiche del territorio siciliano;
   gli interventi e le opere di ammodernamento riguardanti la sopra citata rete ferroviaria rispetto alla quale non può che registrarsi una grave mancanza di offerta di servizi veloci regionali di collegamento tra i vari capoluoghi – sono stati piuttosto limitati nel corso degli ultimi anni e non hanno contribuito a ridurre in modo considerevole il gap infrastrutturale esistente tra il Nord ed il Mezzogiorno, ad oggi ancora fortemente penalizzato da una rete complessivamente meno moderna ed efficiente;
   con riferimento alla situazione nella regione Sicilia è opportuno poi, ricordare in questa sede che su una rete ferroviaria di 1.379 chilometri, solo poco più del 13 per cento (ovvero, circa 190 chilometri) ha il doppio binario (presentando la restante parte un binario unico) e, per ciò che concerne l'alimentazione, l'isola può contare su 800 chilometri di linee elettrificate ed addirittura 578 chilometri di linee non elettrificate, senza considerare la vetustà del materiale rotabile e la presenza dei treni in servizio, ormai troppo vecchi;
   in più, in ordine alle condizioni della suddetta rete, si rilevano, purtroppo, numerose problematiche, la maggior parte delle quali sono da ricollegarsi ad un diffuso, e ad oggi non ancora risolto, stato di abbandono, malfunzionamento, degrado e pericolosità dei tracciati, spesso privi di qualsivoglia attività manutentiva e di ristrutturazione: difatti, oltre il 20 per cento della rete (equivalente a circa 300 chilometri) risulta interrotto e, complessivamente, sono ben 28 le linee ferroviarie presenti sul territorio rispetto alle quali emergono particolari criticità e che sono chiuse al traffico o, addirittura, incompiute;
   di non poco conto, peraltro, le criticità connesse a profili di natura geologico-ambientale e di protezione civile: buona parte delle infrastrutture ferroviarie della regione Sicilia, infatti – e, più precisamente, quelle che sono state progettate e realizzate prima dell'entrata in vigore delle norme per le costruzioni nelle zone sismiche di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, – debbono considerarsi come opere dall'elevato grado di vulnerabilità su un territorio, quello siciliano, che di per sé già risulta caratterizzato da un alto indice di franosità e sul quale si verifichino, anche molto frequentemente, fenomeni di dissesto idrogeologico;
   in considerazione del fatto che, a livello europeo, l'industria dei trasporti rappresenta un segmento piuttosto rilevante dell'economia, contribuendo al 5 per cento del prodotto interno lordo, appare di fondamentale importanza, per lo sviluppo delle politiche infrastrutturali, il perseguimento di obiettivi di efficientamento e potenziamento tecnologico delle infrastrutture; a tal fine, il DEF 2016 individua tra le linee di azione sia interventi per il miglioramento funzionale e prestazionale delle infrastrutture esistenti, sia iniziative per la digital transformation delle infrastrutture;
   occorre sottolineare, d'altro canto, come l'indirizzo politico ed economico del nostro Paese (anche alla luce di quanto delineato, da un lato, dal programma operativo infrastrutture e reti 2014-2020 che individua una strategia finalizzata a migliorare la mobilità delle merci e delle persone nelle regioni meno sviluppate attraverso l'estensione della rete ferroviaria meridionale ed azioni a favore dell'intermodalità per le merci e, dall'altro, dal nuovo contesto regolatorio della programmazione del fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020 a sostegno del completamento delle grandi direttrici di traffico ferroviario e del miglioramento dell'offerta dei servizi di trasporto su rotaia) debba essere in grado di favorire maggiori stanziamenti finanziari per il mantenimento del servizio ferroviario – e l'acquisto dei beni prodotti funzionali a quest'ultimo – in particolare, attraverso l'impiego di risorse per il monitoraggio infrastrutturale al fine di offrire un servizio più completo ed efficiente che tenga conto delle esigenze delle persone, dei rapporti commerciali e del turismo –:
   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere – di concerto con Rete ferroviaria italiana e con la regione siciliana – per risolvere le criticità esposte in premessa e quali interventi specifici abbia già programmato e/o intenda promuovere – ed in che tempi – al fine di assicurare il ripristino della funzionalità, il potenziamento e la messa in sicurezza delle linee ferroviarie che attualmente risultano in stato di abbandono e chiuse al traffico. (4-13925)

  Risposta. — Con riferimento al Patto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi ed il trasporto pubblico locale di questo Ministero, e la società Ferrovie dello Stato.
  In merito alle questioni poste dall'interrogante, concernenti la situazione infrastrutturale delle ferrovie della regione Sicilia, si elenca di seguito lo stato degli interventi previsti nei documenti di programmazione nazionale (contratto di programma 2012-2016 e successivi aggiornamenti stipulato tra lo Stato e il gestore della rete ferroviaria), con indicazione dei rispettivi importi pianificati per la realizzazione degli stessi.
  Dagli interventi pianificati, si evince l'impegno concreto di questa amministrazione, finalizzato a risolvere le criticità esposte dall'interrogante.

RADDOPPIO BICOCCA – CATENANUOVA

Descrizione

  Costituisce la prima fase funzionale del nuovo collegamento ferroviario veloce tra Palermo e Catania. Il progetto prevede il raddoppio della linea tra la stazione di Bicocca (inclusa) e Catenanuova (inclusa) per un estesa pari a 38,3 chilometri, di cui circa 21 chilometri in affiancamento al binario esistente e circa 17 chilometri in variante.

Stato di attuazione

  Progetto definitivo approvato dal commissario il 20 marzo 2017 con ordinanza n. 28, è in corso l'affidamento dei lavori la cui consegna è prevista entro l'anno in corso.
  Opere anticipate (Soppressione PL al chilometro 3+639 in comune di Centuripe).

  Costi: 415 milioni di euro (interamente disponibili).

  Tempi: l'attivazione è prevista nel 2020 per una prima fase a semplice binario, da completare con il doppio binario entro il 2022.

RADDOPPIO CATENANUOVA – RADDUSA AGIRA

Descrizione

  Costituisce una ulteriore fase del nuovo collegamento a doppio binario PA-CT che si sviluppa da Catenanuova parte in variante e parte in affiancamento all'attuale linea per circa 16 chilometri fino alla stazione ferroviaria di Raddusa – Agira.

Stato di attuazione

  Il progetto preliminare è stato approvato con ordinanza del commissario n. 13/2015 del 5 agosto 2015. Il progetto definitivo è stato adeguato per mantenere l'esercizio nel corso dei lavori. L'intervento, assieme alla tratta Fiumetorto – Raddusa, è oggetto di nuova proposta progettuale per prima fase tra Catania e Palermo che prevede un primo singolo binario velocizzato e interoperabile.
  Opere anticipate (nuova viabilità al chilometro 13+000 in comune di Catenanuova). La realizzazione dell'opera anticipata è stata conclusa.

Costi: 324 milioni di euro (interamente disponibili).

RADDOPPIO RADDUSA AGIRA – FIUMETORTO

Descrizione dell'intervento

  Estensione dell'intervento: 129 chilometri (corridoio linea storica).
  Vmax di tracciato: 200 chilometri orari.
  Variazione tempi di percorrenza PA-CT: da 2 ore e 47 minuti (attuale miglior tempo di percorrenza) a 1 ora e 43 minuti (con V=200km/h previsto nello studio di fattibilità).
  Fasi funzionali: n. 7.
  Costo Vita Intera 5.277 milioni di euro (finanziati 64 milioni di euro).
  Attivazione 2027 (ordinanza n. 5/2014 del commissario).
  Project Review e stato di attuazione

  Il collegamento Palermo – Catania, e in particolare la tratta Fiumetorto – Raddusa e la successiva Raddusa Catenanuova di cui si è detto in precedenza, è oggetto di una project review finalizzata a ottimizzare i risultati e l'impegno economico.
  È stata messa a punto una soluzione che prevede entro il 2024 un primo singolo binario completo tra Fiumetorto e Catenanuova (lotti Fiumetorto – Raddusa e Raddusa – Catenanuova), velocizzato, interoperabile secondo standard europei, con miglior tempo di percorrenza (1 ora e 55 minuti rispetto a 2 ore e 47 minuti attuali) e con un primo investimento inferiore a 4.000 milioni di euro.
  Una seconda macrofase consentirà di adeguare anche il secondo binario entro il 2027, rispettando il costo complessivo a vita intera, previsto per 5.277 di euro.
  Tale soluzione è stata già condivisa nelle linee generali con Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regione siciliana, è stato sviluppato uno studio di fattibilità dell'intero tracciato che a breve sarà presentato a regione e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prima di avviare le progettazioni definitive.
  Costi: 5.277 milioni di euro (di cui disponibili 64 milioni di euro per progettazioni e 350 milioni di euro per realizzazione primo lotto funzionale tra Fiumetorto – Montemaggiore).

RADDOPPIO TRATTA FIUMETORTO – CASTELBUONO

Descrizione

  Il raddoppio ha lunghezza totale di circa 32 chilometri. Da Fiumetorto a Lascari (14,2 chilometri) il nuovo tracciato è in variante per circa 5 chilometri (Himera) quindi si affianca all'attuale binario fino a Lascari. Nel tratto Lascari-Cefalù-Ogliastrillo (5,7 chilometri) la nuova linea è in galleria (4 chilometri), poi procede per un breve tratto allo scoperto per attraversare il torrente Carbone, quindi in trincea in prossimità di Ogliastrillo.
  Da Ogliastrillo (Cefalù) a Castelbuono (circa 13 chilometri) il tracciato è previsto in galleria a doppia canna di circa 6,9 chilometri: in tale tratto verrà realizzata la nuova fermata di Cefalù. Segue quindi un tratto allo scoperto e due ulteriori tratti in galleria (S. Ambrogio circa 4 chilometri) e Malpertugio (180 metri). La maggior parte del tracciato sarà quindi sotterraneo, consentendo di eliminare 7 passaggi a livello.

Stato di attuazione

  È in corso di realizzazione il raddoppio fra Fiumetorto e Ogliastrillo. Ad oggi è già stato attivato il nuovo doppio binario fra Fiumetorto e Campofelice, nonché il nuovo binario dispari tra Campofelice e Lascari. A fine luglio è prevista l'attivazione del nuovo binario dispari tra Lascari e Ogliastrillo, e entro il 2017 l'attivazione a doppio binario da Lascari a Ogliastrillo.
  È in corso di realizzazione il raddoppio fra Ogliastrillo e Castelbuono con le opere propedeutiche agli imbocchi delle gallerie.
  Costi: 939 milioni di euro (disponibili: 914 milioni di euro).

  Tempi – sono previste le seguenti fasi di attivazione:
   raddoppio Lascari – Ogliastrillo: 2017;
   tratta Cefalù (Ogliastrillo) – Castelbuono: 2022.

RADDOPPIO TRATTA GIAMPILIERI – FIUMEFREDDO

Descrizione

  Il progetto rientra nella direttrice ferroviaria ME-CT-PA inserita nella legge 164/2014 (cosiddetto decreto «Sblocca Italia») e successive modificazioni e integrazioni per la quale l'AD di RFI è stato nominato commissario. L'intervento consiste nel:
   raddoppio in variante tra Giampilieri e Fiumefreddo per un'estesa di circa 42 chilometri;
   la realizzazione delle nuove fermate di Fiumefreddo e di Sant'Alessio-Santa Teresa, Alcantara, Taormina, Nizza-Alì e Itala-Scaletta.

  Sono previste due fasi funzionali:
   1a fase: raddoppio Fiumefreddo – Taormina – Letojanni;
   2a fase: raddoppio Taormina – Giampilieri.

Stato di attuazione

  Il progetto preliminare è stato approvato dal Cipe il 27 maggio 2005 con prescrizioni vincolanti. A settembre 2013 è stata ufficializzata dalla regione siciliana la chiusura del tavolo tecnico istituito in ottemperanza alle prescrizioni Cipe.
  A luglio 2014 è stato completato l'adeguamento del progetto preliminare alle risultanze del tavolo tecnico e alle normative intervenute soprattutto in materia di sicurezza in galleria. A seguito del finanziamento 1a fase, a settembre 2016 è stato avviato il progetto definitivo dell'intera tratta per l'avvio conferenza di servizi e per il successivi appalti dei lavori, previsti per la 1a fase nel 2018 e, a seguire, l'anno successivo per la 2a fase.

Tempi e Costi:
  CVI 2.300 milioni di euro (finanziati 46 milioni di euro).
  1a fase Fiumefreddo – Taormina – Letojanni = 846 milioni di euro già inserita in CdP 2016.
  2a fase Taormina – Giampilieri = 1.454 milioni di euro.

Tempi:
   attivazione 1a fase al 2026 (ordinanza n. 5/2014 del commissario);
   attivazione 2a fase al 2028 (ordinanza n. 5/2014 del commissario).

Benefici:
   riduzione tempi di percorrenza miglior treno da 1 ora e 15 minuti a 45 minuti;
   aumento capacità da singolo a doppio binario.

RADDOPPIO TRATTA CATANIA OGNINA – CATANIA C.LE e completamento tratte Fiumefreddo – Giarre e Targia – Siracusa

Descrizione

  Il progetto prevede:
   il raddoppio, in affiancamento, della tratta Catania Ognina – Catania Centrale;
   la realizzazione di tre fermate di tipo metropolitano (Europa, Picanello e Ognina) poste all'interno del tessuto urbano della città di Catania;
   velocità di tracciato di 85 chilometri orari;
   regime di circolazione con distanziamento automatico dei treni (BAB).

Stato di attuazione

  L'intervento si è sviluppato in due fasi:
   1a Fase: è stato realizzato il nuovo semplice binario (futuro binario dispari) ad est della linea attuale. L'appalto integrato per realizzazione delle opere civili è stato consegnato nel 2005, i lavori sono stati completati nel dicembre 2010;
   2a Fase: comprende l'adeguamento della sede attuale (futuro binario pari) e quindi l'attivazione del doppio binario. Le attività realizzative hanno subito un rallentamento a causa di problematiche nelle fasi di allargamento della galleria esistente che hanno prodotto cedimenti su alcuni fabbricati sovrastanti.

Costi:

  La realizzazione degli interventi unitamente al raddoppio Fiumefreddo – Giarre e Targia – Siracusa ha un Costo a Vita Intera di 120 milioni di euro (disponibili).

Tempi:
   1a Fase: il 19 dicembre 2010 attivazione del nuovo binario dispari;
   2a Fase: il completamento dei lavori e attivazione è prevista per il 2017.

SISTEMAZIONE NODO DI CATANIA: interramento stazione centrale e completamento raddoppio Catania C.le – Catania Acquicella

Descrizione

  Il progetto rientra nella direttrice ferrovia ME-CT-PA inserita nella leggi n. 164 del 2014 (cosiddetto decreto «Sblocca Italia»), per la quale l'amministratore delegato di RFI è stato nominato Commissario.
  Consiste nel completamento del raddoppio tra Catania Centrale e Catania Acquicella, attualmente a semplice binario, e l'interramento della stazione centrale al fine di liberare le aree fronte mare attualmente occupate dall'impianto.

Stato di attuazione

  Il Cipe ha approvato nel 2004 il progetto preliminare di interramento del nodo di Catania. La PD, avviata nel 2012, per la fase funzionale raddoppio Bivio Zurria – Catania Acquicella è stata sospesa per la richiesta del comune di modifica del tracciato impattante sul tessuto urbano del centro storico, recepita dalla regione siciliana e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In conseguenza di ciò RFI ha sviluppato uno studio comparativo tra tre soluzioni di tracciato, consegnato a luglio 2013. Il comune di Catania ha chiesto la soluzione in totale variante rispetto a quella approvata dal Cipe, sulla quale si è avuto la condivisione della regione.
  RFI ha avviato nel mese di dicembre 2015 lo Studio di Fattibilità di un tracciato compatibile con le richieste del comune di Catania e ha sviluppato di concerto con il comune un tracciato che minimizza gli impatti sul territorio e che prevede l'interramento della stazione di Catania Centrale e il tratto in raddoppio con una galleria a canne separate tra Catania C.le e Catania Acquicella.

Costi e Tempi:
   costo a Vita Intera 626 milioni di euro (finanziati 13 milioni di euro per attività progettuali);
   tempi Attivazione 2027 (ordinanza n. 5/2014 del commissario).

Benefici

  Aumento di capacità con l'eliminazione del «collo di bottiglia» rappresentato dall'attuale semplice binario.
  Miglioramento regolarità della circolazione e del servizio, metropolitano nel nodo ferroviario di Catania C.le.
  Miglioramenti urbanistici-territoriali dovuti alla liberazione delle aree di superficie fronte-mare attualmente occupate dai binari della stazione di Catania C.le.

Interramento linea di fronte aeroporto Fontanarossa per prolungamento pista.

  Con delibera n. 54/2016 il Cipe ha approvato il Piano operativo infrastrutture FSC 2014-2020 di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del quale è previsto, e finanziato per 235 milioni di euro, l'interramento della linea ferroviaria tra le stazioni di Bicocca e Lentini Diramazione per il prolungamento della pista dell'aeroporto Vincenzo Bellini di Catania-Fontanarossa.
  Per la stretta correlazione di quest'intervento con il progetto di sistemazione del nodo di Catania, prevede una integrazione al perimetro originario di quest'ultimo per cui il costo complessivo e aggiornato dell'investimento sarà pari a 861 milioni di euro.

VELOCIZZAZIONE CATANIA – SIRACUSA

Descrizione

  Il progetto prevede la velocizzazione della tratta a semplice binario tra Bicocca e Targia, di circa 68 chilometri, comprendente la realizzazione di variante di tracciato, la correzione di curve, interventi di stabilizzazione della sede ferroviaria e nelle stazioni di Lentini, Brucoli e Augusta la sistemazione dei marciapiedi, sottopassi, pensiline e l'eliminazione delle barriere architettoniche.

Stato di attuazione

  La progettazione definitiva è stata trasmessa da RFI al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 4 giugno 2012. In data 18 aprile 2014 il Cipe ha approvato il progetto definitivo e la relativa delibera è stata pubblicata in data 18 dicembre 2014. Le prescrizioni contenute sono state recepite nella progetto esecutivo.
  A seguito dell'incremento di costo delle opere registrato in sede di sviluppo della progettazione definitiva ed in carenza dei finanziamenti complessivi, l'intervento è stato suddiviso in due fasi funzionali:
   1a Fase funzionale: Bicocca – Augusta;
   2a Fase funzionale: Augusta – Targia.

  La prima fase funzionale, tra Bicocca e Augusta, da realizzare con i finanziamenti già disponibili, copre oltre i 2/3 dell'intervento complessivo (estesa pari a 48,6 chilometri su 68) e consente di ottenere, da sola, gli obiettivi di velocizzazione assegnati per l'intera tratta. Per la prima fase i lavori sono stati affidati e consegnati nel novembre 2015.
  Costi: 125 milioni di euro (di cui disponibili 44 milioni di euro).
  Tempi: L'attivazione del primo lotto funzionale (Bicocca-Augusta) è prevista nel primo semestre 2018.

FERMATA A SERVIZIO DELL'AEROPORTO DI FONTANAROSSA DI CATANIA

  Il collegamento ferroviario con l'aeroporto di Catania Fontanarossa sarà assicurato attraverso la realizzazione di una nuova fermata sulla linea esistente Catania – Bicocca, in prossimità dell'aeroporto. Il collegamento con il terminal aeroportuale sarà garantito da un servizio di bus gestiti dalla società aeroporti Catania.
  Il CVI complessivo dell'intervento è stimato in 15 milioni di euro con una prima fase funzionale di 5 milioni di euro per la realizzazione di una semplice fermata. Si prevede di realizzare l'opera entro 2 anni dalla stipula della convenzione con ENAC, prevista per luglio 2017, che consentirà l'utilizzo di aree, in corso di acquisizione da parte di ENAC, da parte del Ministero della difesa e di SAC per i servizi di fermata.

VELOCIZZAZIONE PALERMO – AGRIGENTO

Descrizione

  Nell'accordo di programma quadro – trasporto ferroviario – sottoscritto tra i Ministeri del tesoro, dei trasporti, le ferrovie dello Stato e la regione è prevista la velocizzazione della tratta Fiumetorto – Agrigento Centrale. L'intervento prevede la rettifica delle curve e il contenimento delle pendenze massime, nonché l'adeguamento degli impianti tecnologici e delle opere civili (fabbricati, sottopassi ecc.). Sarà favorito lo scambio modale ferro-gomma per il traffico viaggiatori nelle stazioni di Roccapalumba, Cammarata e Aragona Caldare.

Stato di attuazione

  Tutte le opere sono state completate ad eccezione della variante di Lercara che è in corso di realizzazione a seguito del riaffido; sono in corso di esecuzione anche le attività di attrezzaggio tecnologico e per l'adeguamento per la sicurezza della galleria.
  Costi: 168 milioni di euro (disponibili).
  Tempi: l'attivazione della variante di Lercara è prevista nel corrente anno (2017).

NODO DI PALERMO

Descrizione

  Il progetto prevede il raddoppio della linea Palermo-Trapani nel tratto urbano Palermo C.le/Brancaccio-Carini, da dove si diparte il nuovo collegamento a doppio binario elettrificato per l'aeroporto Falcone-Borsellino già da tempo in esercizio.
  Il progetto originario prevedeva l'ammodernamento degli impianti tecnologici di linea e di stazione ed il raddoppio della linea prevalentemente in affiancamento al binario esistente, con sede in pane in superficie ed in parte interrata.
  Nel corso dell’iter autorizzativo il comune di Palermo ha chiesto l'interramento profondo del tratto centrale del raddoppio. Nell'accordo istituzionale sottoscritto il 13 dicembre 2006 è stata recepita la variante progettuale richiesta ed il progetto è stato suddiviso nelle tratte:
   tratta A: Palermo C.le/Brancaccio-Notarbartolo;
   tratta B: Notarbartolo-La Malfa (in variante);
   tratta C: La Malfa-Carini.

  L'intervento si sviluppa per circa 27,4 chilometri, di cui 4,3 chilometri verso Messina e 23,1 chilometri verso Trapani.

Stato di attuazione

  Sono in corso i lavori di realizzazione in tutte le tratte.
  Tratta A: la tratta A è attualmente in esercizio sul singolo binario.
  Da Palermo C.le fino ad Orleans le opere sono quasi ultimate, ed è prevista l'attivazione a doppio binario entro il 2017.
  Tra Orleans e Notarbartolo resta da completare lo scavo della nuova sede in galleria «Giustizia – Lolli», il cui completamento è stato condizionato da imprevisti idrogeologici. Ad oggi è stato approvato da parte di tutti gli enti preposti il progetto per la risoluzione della problematica idrogeologica, comportante anche la demolizione di alcuni manufatti, è stato emesso dall'Arta il relativo decreto di approvazione della variante urbanistica, e sono state avviate le conseguenti attività di pubblicizzazione.
  Tratta B: le attività sono in corso di esecuzione.
  Entro il 2017 è prevista la riapertura all'esercizio sul singolo binario.
  Tratta C: le opere sono in avanzato stato di esecuzione. È prevista la riapertura all'esercizio a doppio binario entro il 2017.
  Costi: 1.152 milioni di euro (disponibili).

  Tempi:
  Attivazione a doppio binario da PA C.le a Orleans entro il 2017.
  Attivazione nuovo singolo binario da Notarbartolo a San Lorenzo entro il corrente anno (2017).
  Attivazione a doppio binario da S. Lorenzo a Carini entro il 2017.
  Attivazione a doppio binario Orleans – Notarbartolo – S. Lorenzo entro 2020.

Riapertura linea Alcamo Diramazione via Milo

  Dal mese di febbraio 2013 la linea è stata sospesa all'esercizio per carenze dell'infrastruttura ferroviaria.
  RFI ha redatto una progettazione preliminare degli interventi necessari per la riattivazione dell'esercizio ferroviario, il cui costo complessivo è stato quantificato in circa 104 milioni di euro, finanziato per circa 75 milioni di euro, che comprende essenzialmente gli interventi al corpo stradale e all'armamento, nonché gli impianti di comando e controllo in stazione, il sistema di controllo della marcia dei treni e l'adeguamento alla sicurezza per la galleria Barbaro.
  Da ultimo, relativamente all'elevato grado di vulnerabilità del territorio siciliano, RFI riferisce di condividere pienamente la necessità di mettere in campo tutte le azioni tese a garantire la tutela del territorio, da prevedere nell'ambito della più ampia attività di pianificazione regionale del quadro di interventi per la difesa del suolo e per la mitigazione del rischio idrogeologico.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 675 «Umbro-Laziale», ex raccordo Civitavecchia-Orte (tra il chilometro 86,000 della strada statale 1 «Aurelia» e il chilometro 21,500 della strada statale 1 bis) è un'arteria di fondamentale importanza nel complesso delle infrastrutture viarie e di trasporto del Corridoio Tirrenico;
   la suddetta tratta si inserisce nel progetto di completamento della direttrice Civitavecchia-Orte-Terni-Rieti, opera strategica di interesse nazionale, segmento essenziale dell'itinerario Civitavecchia-Orte-Mestre;
   la strada statale 675 è compresa nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera CIPE del 21 dicembre 2001 n. 121, in conformità a quanto previsto dalla «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001) e rientra nel protocollo d'intesa per favorire lo sviluppo del polo industriale di Terni e Narni nonché per la salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori delle acciaierie ThyssenKrupp;
   il progetto definitivo complessivo costituito da 3 lotti, e in particolare dai lotti 1 e 2 del tronco 2 e il lotto 1, stralcio B del tronco 3, è stato già approvato nella riunione consiliare dell'8 marzo 2007;
   la nuova sede stradale sarà costituita da due corsie per ogni senso di marcia da 3,50 metri, due banchine laterali di 1,75 metri e uno spartitraffico centrale di 1,10 metri, per una larghezza complessiva della piattaforma stradale di 18,60 metri;
   il completamento dei lavori (avviati da oltre trent'anni) della strada statale 675 è parte integrante del rilancio economico di un vasto territorio del Centro Italia che (comprende l'Alto Lazio e parte dell'Umbria e che continua a subire disagi proprio per la mancanza di una adeguata infrastrutturazione stradale;
   la realizzazione di suddetta opera, non solo costituirebbe un investimento determinante ai fini di incremento turistico e commerciale, ma anche in termini di sicurezza stradale;
   il conseguente decongestionamento del traffico permetterà, in effetti, di adeguarsi alla crescente mobilità, abbattendo i tempi di percorrenza e creando un più rapido collegamento con il porto di Civitavecchia, l'Autostrada del Sole, l'itinerario internazionale E45 e il nuovo tratto autostradale in costruzione Civitavecchia-Livorno;
   la regione Lazio, per la tratta Cinelli – Monte Romano (6,6 chilometri), ha stipulato un'apposita convenzione (che avrà validità fino al 31 dicembre 2016) con l'ANAS al fine di disciplinare gli impegni che i soggetti sottoscrittori assumono ai fini del finanziamento, il cui importo viene determinato nella somma comprensiva di euro 117.000.000,00, comprendente ogni spesa relativa all'intervento;
   l'ANAS spa assume la competenza e la responsabilità dell'attività di progettazione e di esecuzione dell'opera pubblica, impegnandosi a porre in essere tutti gli adempimenti onde consentire la sua realizzazione, nonché è l'unico responsabile delle procedure di affidamento delle attività di progettazione esecutiva, dell'appalto e dell'esecuzione dei lavori;
   l'opera è realizzata interamente con finanziamento della regione Lazio;
   al fine di coordinare le azioni dei soggetti coinvolti nell'attuazione dell'intervento, di monitorare lo stato dei lavori e l'andamento degli stessi, è previsto un tavolo istituzionale di coordinamento presieduto dalla direzione regionale infrastrutture della regione Lazio;
   nei giorni scorsi è avvenuta l'aggiudicazione della gara d'appalto per lo svincolo Cinelli-Monte Romano –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il rispetto dei tempi di realizzazione di un'opera così attesa e se, in riferimento al completamento dell'ultima tratta, di 15 chilometri, compresa tra Monte Romano e la strada statale Aurelia, siano previsti progetti e corrispettivi finanziamenti. (4-03557)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade, e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e da Anas s.p.a., si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come già riferito il 4 luglio 2017, in occasione dello svolgimento di interrogazioni in aula Camera, la procedura autorizzati va, compresa la valutazione di impatto ambientale del progetto preliminare della tratta Monte Romano est – Civitavecchia, è stata avviata il 29 luglio 2015.
  Il tracciato, oggetto, della fase autorizzativa, è il risultato dell'analisi multicriteria elaborata dalla società Anas sulla cui base è stato individuato un percorso ottimale sia da un punto di vista ambientale – relativamente agli aspetti vincolistici, ambientali, archeologici ed idrogeologici – che da un punto di vista economico, in termini di rapporto costi – benefici.
  Il 15 marzo scorso si è chiusa la Conferenza dei servizi; in tale sede sono stati acquisiti i pareri favorevoli degli enti interessati ad eccezione del parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), del comune di Tarquinia e del Consorzio di bonifica della maremma etrusca.
  I competenti uffici di questo ministero – considerato il parere negativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al fine di pervenire ad una concorde definizione del dissenso manifestato tenuto conto della rilevanza dell'opera e preso atto dell'analisi multicriteria alla base dell'individuazione del tracciato – hanno chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri di attivare la procedura prevista dall'articolo 183, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006, demandando la composizione del dissenso alla prima seduta utile del Consiglio dei ministri.
  Inoltre, a seguito della riunione del 29 maggio 2017 presso il dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, lo stesso dipartimento il successivo 31 maggio ha provveduto ad inoltrare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nota con la quale invitava il ministero a fornire, entro il termine di 45 giorni, eventuali prescrizioni o misure di mitigazione concernenti il «tracciati verde» oggetto della conferenza dei servizi; ciò al fine di consentire al Consiglio dei ministri di adottare il provvedimento di compatibilità ambientale e permettere a questo ministero di sottoporre il progetto al Cipe prima della pausa estiva.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MELILLA, FRANCO BORDO, SCOTTO, QUARANTA, KRONBICHLER e SANNICANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'orario invernale in vigore dall'11 dicembre 2016 non vi sono cambiamenti per la «Freccia Rossa» che collega Pescara a Milano in 4 ore nonostante da più parti, dai sindacati alla Federconsumatori Abruzzo, si sia evidenziato a ragione che sarebbe necessario che tale treno partisse da Pescara la mattina in direzione Milano per consentire il rientro in serata;
   invece succede il contrario, costringendo chi lo utilizza a pernottare a Milano; in questo modo gli utenti sono scoraggiati ad utilizzarlo per i costi derivanti dallo stare a Milano due giorni e non uno;
   la soluzione più volte proposta è far partire la Freccia Rossa 9592 non da Ancona alle 6,10 ma da Pescara alle 5,20, con arrivo a Milano sempre alle 9,30. Per gli utenti marchigiani non cambierebbe niente, mentre per quelli abruzzesi si avrebbe la possibilità di andar e tornare da Milano in giornata –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché Trenitalia possa migliorare il collegamento tra Pescara e Milano, accettando la suesposta proposta. (4-14856)

  Risposta. — In merito alla problematica posta, occorre premettere che i servizi ferroviari denominati Frecce (Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca), sono gestiti dall'impresa ferroviaria in piena autonomia commerciale, pertanto, non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico.
  Tuttavia, al fine di dare una risposta all'atto di sindacato ispettivo in esame, in particolare sui disservizi relativi ai treni FR9500 e FR9555, sono state chieste informazioni alla società ferrovie dello Stato che ha comunicato quanto segue.
  Con il nuovo orario in vigore dall'11 giugno 2017 è stato attuato il prolungamento su Pescara dell'attuale coppia di «Frecciarossa» Ancona-Milano e viceversa.
  In particolare, in direzione nord, è prevista la partenza da Pescara (Frecciarossa 9802) alle ore 5,00 con arrivo a Milano alle 9,20, mentre in direzione sud la partenza da Milano (Frecciarossa 9811) è alle ore 17,40 con arrivo a Pescara alle 22,00.
  Ferrovie dello Stato evidenzia che tra Ancona e Milano gli orari sono rimasti invariati, eventuali modifiche, infatti, avrebbero determinato conflitti di circolazione non risolvibili con i servizi già programmati nei territori interessati.
  L'attivazione del nuovo servizio su Pescara è stata resa possibile dall'individuazione di soluzioni atte a compatibilizzarne la traccia con quella degli altri treni in circolazione sulla tratta Pescara-Ancona.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 7 aprile 2017 davanti alle sedi dei consolati italiani dell'America Latina si sono tenute numerose manifestazioni, sit in, cortei (denominate #7A) per richiamare l'attenzione del Governo sul catastrofico stato in cui si trova la rete consolare italiana in America Latina;
   i cittadini italiani e gli oriundi, che hanno preso parte alla manifestazione #7A svoltasi contemporaneamente in Argentina, Brasile, Venezuela, Uruguay, Perù, Paraguay, Bolivia, Repubblica dominicana, Messico, Costa Rica, Cile, Bolivia hanno inteso richiamare l'attenzione del Governo italiano anche attraverso le lettere, consegnate ai consoli e agli ambasciatori italiani, in cui si manifesta la preoccupazione che, senza un intervento immediato per aumentare le risorse, in termini umani ed economici, la rete consolare è destinata a deflagrare;
   nelle lettere, presentate ai consoli e agli ambasciatori italiani disponibili a ricevere le delegazioni dei connazionali organizzatori delle manifestazioni, si denunciano, tra le altre cose:
    l'insufficienza di personale idoneo a garantire servizi adeguati ai nostri connazionali, un problema che ha una ricaduta sulle condizioni di lavoro dei consoli e sui lavoratori consolari, che non riescono a soddisfare la domanda di servizi;
    le attese, a volte di anni, per ottenere il diritto di cittadinanza e di mesi per fare un passaporto;
    la lentezza nelle comunicazioni di dati tra la rete consolare e comuni di origine dei connazionali residenti all'estero;
    la mancanza di uno sportello di informazione efficiente, soprattutto di un servizio per i disabili, anziani e indigenti che non hanno né la conoscenza né la possibilità accedere a internet;
    la lentezza sull'assistenza sociale e sanitaria ai connazionali in stato di bisogno, prodotto di questa situazione, in particolare in un Paese come il Venezuela, che vive una grave crisi economica e umanitaria;
    l'esiguo contributo economico ai consoli onorari, che pur svolgono una lodevole missione con risorse minime, spesso personali, totalmente insufficienti;
    le file in alcune sedi consolari, che danno un'immagine miserevole dei nostri connazionali, e mettono a rischio loro sicurezza in Paesi dove la delinquenza è dilagante;
    l'eliminazione urgente della tassa dei 300 euro sulla cittadinanza italiana nel caso del Venezuela, Paese del Sud America che vive una gravissima crisi economica, politica, sociale e istituzionale;
    la questione sulla riapertura urgente del consolato di Montevideo in Uruguay, dove risiedono più di 120 mila italiani;
    i salari inadeguati dei contrattisti e del personale di ruolo che non è all'altezza della funzione che ricopre –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo a sostegno del potenziamento ed efficientamento della rete consolare italiana, per assicurare un dignitoso funzionamento delle sedi consolari e per far sì che la rete consolare sia la rappresentazione di un'Italia più veloce, moderna, efficiente e al passo con la sempre maggiore globalizzazione. (4-16330)

  Risposta. — L'insufficienza di personale presso la rete diplomatico-consolare italiana e quindi anche in America latina, è dovuto al fatto che negli ultimi dieci anni il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), ha dovuto far fronte a una diminuzione del personale di ruolo del 29 per cento necessario per il contingentamento del « turn-over» nella pubblica amministrazione. La Farnesina ha cercato di concentrare i tagli in quelle circoscrizioni consolari dove i nostri connazionali sono maggiormente integrati, cercando di lasciare inalterata la situazione in quelle sedi dove esiste una forte concentrazione della comunità italiana. In America latina attualmente si contano 17 ambasciate (tra cui Santo Domingo recentemente riaperta), e 17 uffici consolari.
  Questo ministero, inoltre, sta lavorando in raccordo con il dipartimento della funzione pubblica e il Ministero dell'economia e finanze, a un mirato programma di assunzioni, che consenta di rafforzare gli organici degli uffici all'estero. Per le assunzioni del personale a contratto, possibili nei limiti del contingente previsto ai sensi dall'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, giova rilevare che attualmente la quota è esaurita.
  Sui consoli onorari, occorre preliminarmente osservare che il conferimento dell'incarico per l'esercizio delle funzioni consolari onorarie non costituisce rapporto di pubblico impiego né rapporto di lavoro subordinato, ma rapporto di servizio volontario per l'espletamento delle funzioni onorarie in favore dello Stato. Essendo quindi l'incarico del funzionario consolare onorario del tutto onorifico e gratuito (articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967), gli eventuali contributi corrisposti dallo Stato rappresentano solo un parziale rimborso per la gestione di uffici, le cui spese sono a carico del funzionario che ne ha la titolarità. In effetti, tra i requisiti che devono essere posseduti dai candidati ad una carica onoraria vi è proprio la possibilità di far fronte con mezzi propri alle spese derivanti dalle funzioni onorarie. Ciò premesso, nell'evidenziare che la rete consolare onoraria italiana è composta di 543 uffici, di cui 133 in America latina, si precisa che nel 2016 lo stanziamento complessivo di contributi a loro favore è stato di 950.000 euro circa, di cui 206.600 euro destinati ai 126 uffici dell'area latinoamericana.
  Per Montevideo, Uruguay, la decisione presa nel 2014 di trasformare l'ufficio consolare in cancelleria all'interno dell'ambasciata, non ha inciso minimamente sul livello dei servizi erogati e ha fatto seguito ad analoghi provvedimenti di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare finalizzati alla riduzione della spesa pubblica, che dal 2006 al 2015 ha comportato la chiusura di oltre 60 uffici.
  Quanto al livello stipendiale dei contrattisti e del personale di ruolo, si rammenta che la retribuzione annua è suscettibile di revisione secondo i parametri previsti dall'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in base alla quale le retribuzioni sono fissate «tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali». La Farnesina è tenuta a vagliare ogni richiesta di adeguamento salariale proveniente dalla rete all'estero alla luce dei criteri normativi e ovviamente nei limiti delle risorse a disposizione, la cui limitatezza rende necessaria la considerazione di una scala di priorità delle situazioni più critiche.
  Gli uffici della rete in America latina riescono a garantire un buon livello di efficienza, nonostante siano impegnati a riassorbire le giacenze di domande per il riconoscimento della cittadinanza italiana. La normativa, infatti, come noto non pone vincoli al numero di generazioni cui la cittadinanza può essere tramandata e per questo vi è stato un incremento di richieste eccezionale in tal senso.
  Sui tempi di rilascio del passaporto, giova infine precisare che l'utilizzo degli attuali sistemi di prenotazione (cosiddetta prenota online) garantisce un'erogazione dei servizi improntata all'imparzialità, trasparenza ed efficienza.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   MICILLO e DE ROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   San Vitaliano, comune in provincia di Napoli, riferisce in data 19 aprile 2015 il quotidiano on line «Il Mattino» nell'articolo «Campania. Giallo a San Vitaliano: fumi killer come in Cina, nessuno sa perché», «è il Comune più avvelenato dalle polveri sottili: record italiano, primato europeo e nella top ten dei luoghi più avvelenati del mondo»;
   dalla citata fonte giornalistica si apprende che «si registrano questi impressionanti dati d'avvelenamento dell'aria semplicemente perché l'amministrazione del piccolo centro del Nolano è stata l'unica ad attivarsi per ospitare una centralina di rilevamento»;
   il dato impressionante riguarderebbe la misura del Pm10, «se ce ne sono più di 50 microgrammi per metro cubo, scatta l'allarme. Ogni comune d'Italia può superare questa soglia solo 35 volte in un anno, se non vengono presi provvedimenti, scatta il deferimento alle autorità; a San Vitaliano quel limite è stato superato 51 volte in 100 giorni»;
   per ben 18 volte sarebbe stato superato il limite di 100 e sarebbero stati registrati addirittura picchi di 182, quasi quattro volte superiori alla norma;
   nel servizio si riporta come esempio indicativo a completamento del descritto quadro «che le malattie respiratorie sono in aumento»;
   da indagini dell'Arpac la centralina di rilevamento risulterebbe correttamente e regolarmente funzionante;
   i dati di rilevamento sono disponibili e consultabili (www.arpacampania.it);
   il sito del comune di San Vitaliano ha informato i cittadini testualmente: «Si porta a conoscenza che la centralina di rilevazione della qualità dell'aria posta in Via Risorgimento a San Vitaliano, sta registrando dati recanti valori inquinanti superiori ai limiti fissati dalla legge. Questa amministrazione comunale si è attivata ponendo in essere ogni azione tesa all'individuazione certa delle cause e alla risoluzione del problema in accordo con ASL ed ANPAC. Dato il permanere della criticità, l'amministrazione comunale ha convocato una Conferenza di Servizi invitando l'ASL competente territorialmente, l'ARPAC, i Sindaci dei comuni confinanti e le Associazioni Ambientaliste che ne facciano preventivamente richiesta e che risultino ammesse, per il giorno 24 aprile 2015 alle ore 11.00, presso la Casa Comunale» (http://hosting.soluzionipa.it)
   i dati sono consultabili sul sito web dell'ARPAC;
   comprensibile preoccupazione vi è al momento da parte della popolazione locale circa la situazione esposta in premessa;
   la direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria fissa il limite di tolleranza giornaliero di concentrazione nell'aria del particolato fine PM10 a 50 ug/m3, valore che non deve essere superato per più di 35 giorni all'anno;
   la medesima direttiva ha reso definitivamente obbligatorio anche il monitoraggio del PM2,5, il particolato ultrafine che rappresenta la parte più nociva delle polveri sottili;
   la convenzione di Aarhus sottoscritta sotto l'egida dell'UN/-ECE (United Nations Economic Commission for Europe) nel 1998, entrata in vigore il 30 ottobre 2001 e ratificata dall'Italia con la legge n. 108 del 2001 assicura l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche, favorisce la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente ed estende le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale –:
   se il Ministro sia a conoscenza della descritta situazione, di quali dati disponga con particolare riguardo alle cause dell'inquinamento alla base di questi dati;
   se il Governo non ritenga opportuno adottare delle iniziative, nell'ambito di propria competenza, al fine di evitare che l'Italia incorra in ulteriori sanzioni della Commissione europea, a causa del mancato rispetto dei previsti standard comunitari sulla qualità dell'aria. (4-09306)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La legislazione comunitaria in materia di qualità dell'aria (direttiva 2008/50/CE e direttiva 2004/107/CE) prevede che gli Stati debbano assicurare, entro specifiche date, il rispetto di determinati obiettivi di qualità dell'aria per una serie d'inquinanti, grazie alla pianificazione di misure ed interventi di risanamento.
  Per la normativa nazionale (decreto legislativo n. 155 del 2010 e successive modificazioni e integrazioni) le regioni e le province autonome sono le autorità competenti in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria. A queste compete quindi il monitoraggio degli inquinanti atmosferici, la predisposizione dei piani per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria (compresa l'individuazione dei soggetti deputati all'attuazione di tali piani quali ad esempio la regione stessa o i sindaci), nonché la trasmissione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle relative informazioni per l'invio alla commissione Europea.
  Nel nostro Paese, il mancato rispetto dei limiti imposti dalle norme comunitarie, in particolare relativamente al materiale particolato PM10 ed al biossido di azoto NO2, riguarda ampie aree del territorio nazionale, situate presso la maggior parte delle regioni.
  Tale situazione è però differenziata sul territorio nazionale: infatti, mentre per le regioni del centro-sud il mancato rispetto dei valori limite è localizzato in piccole aree, appartenenti per lo più ai principali centri urbani, nel bacino padano i superamenti, anche a causa di condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli, sono diffusi su tutto il territorio.
  Si fa presente che tale situazione non è specifica per l'Italia, in quanto risulta che siano state aperte procedure di infrazione per almeno 16 Stati membri in merito ai superamenti dei valori limite del PM10 e per 10 Stati a causa dei superamenti del biossido di azoto NO2.
  In merito ai dati ed alle informazioni in possesso del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relative alla valutazione della qualità dell'aria dell'intero territorio italiano, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 27 della direttiva 2008/50/CE e dell'articolo 5 della direttiva 2004/107/CE, gli Stati membri sono tenuti a svolgere specifici adempimenti di comunicazione alla Commissione europea in merito alla valutazione della qualità dell'aria svolta annualmente sul proprio territorio. Nello specifico, le regioni hanno provveduto regolarmente a comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati e le informazioni relative alla valutazione della qualità dell'aria fino all'anno 2015 e tali dati sono consultabili sul sito del Ministero e sui siti delle varie agenzie ambientali regionali (ARPA) e provinciali (APPA) e pubblicati su quello dell'agenzia europea dell'ambiente.
  L'analisi dei dati di qualità dell'aria sull'intero territorio italiano evidenzia come negli ultimi anni i livelli degli inquinanti si siano ridotti, per quanto tale miglioramento non abbia permesso di garantire il rispetto dei limiti di qualità dell'aria. In particolare tra il 2002 ed il 2015 si registra un trend di riduzione del numero di zone di superamento del valore limite annuale degli inquinanti PM10 e NO2. Per il PM10 si ha una riduzione delle zone di superamento che va dal 48 per cento circa del 2002 del totale delle zone presenti sul territorio nazionale al 14 per cento circa del 2015. Per l'NO2 si passa dal 44 per cento circa nel 2002 al 30 per cento circa nel 2015.
  Per fronteggiare il problema dell'inquinamento atmosferico, si segnala che a livello nazionale, stante la competenza primaria delle regioni in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato da tempo una strategia condivisa con gli altri ministeri aventi competenza su settori emissivi quali trasporti, energia, inclusi gli usi civili, attività produttive ed agricoltura, per l'individuazione di misure da attuare congiuntamente nel territorio nazionale al fine di contrastare i reiterati superamenti delle concentrazioni limite di materiale particolato PM10 e di biossido di azoto NO2 registrati in ampie zone del territorio nazionale.
  In tale contesto, il 18 dicembre 2013, è stato sottoscritto un Accordo di Programma tra i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole, della salute e le regioni e province autonome del bacino padano (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Provincia autonoma di Trento e Provincia autonoma di Bolzano), finalizzato all'individuazione e attuazione di misure coordinate e congiunte per il miglioramento della qualità dell'aria nel bacino padano. In particolare tale accordo ha previsto l'istituzione di appositi gruppi di esperti con il compito di analizzare i principali settori produttivi (trasporto merci e passeggeri, riscaldamento civile, risparmio energetico, industria e agricoltura) e di individuare, per ogni settore, specifiche misure di intervento analizzate anche in relazione alle ricadute ambientali e agli effetti socio economici. Inoltre si evidenzia, per l'adozione delle misure individuate, l'impegno delle regioni nell'ambito del citato Accordo ad adeguare i propri vigenti piani regionali di qualità dell'aria.
  Contestualmente all'attuazione del citato accordo, il Ministero ha altresì avviato una interlocuzione con le regioni del centro e Sud finalizzata a porre in essere soluzioni mirate e condivise, sul modello del suddetto accordo di programma delle regioni del bacino padano, per l'individuazione di misure congiunte per il miglioramento della qualità dell'aria dei territori di tali regioni.
  Infine si segnala che il 30 dicembre 2015 è stato sottoscritto un importante protocollo d'intesa tra il Ministero dell'ambiente, la conferenza delle regioni e province autonome e l'associazione nazionale dei comuni italiani per definire ed attuare misure omogenee su scala di bacino per il miglioramento e la tutela della qualità dell'aria e la riduzione di emissioni di gas climalteranti, con interventi prioritari nelle città metropolitane. In particolare tale protocollo prevede tra le misure urgenti, da attivare dopo reiterati superamenti delle soglie giornaliere massime consentite delle concentrazioni di PM10 (di regola 7 giorni) le seguenti: abbassamento dei limiti di velocità di 20 chilometri orari nelle aree urbane estese al territorio comunale e alle eventuali arterie autostradali limitrofe, previo accordo con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; attivazione di sistemi di incentivo all'utilizzo del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa; riduzione di 2 gradi delle temperature massime di riscaldamento negli edifici pubblici e privati; limitazione dell'utilizzo della biomassa per uso civile dove siano presenti sistemi alternativi di riscaldamento.
  Tale Protocollo prevede importanti misure di sostegno agli interventi regionali e locali di risanamento, come la destinazione di circa 12 milioni di euro al finanziamento di misure dirette ad incentivare il trasporto pubblico locale e la mobilità alternativa al trasporto privato. Il decreto del Ministro dell'ambiente, di indirizzo circa la destinazione e l'utilizzo delle risorse, così come quello direttoriale di fissazione della regolamentazione del programma sono stati già pubblicati sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (decreto ministeriale DEC-2016-316 del 10 novembre 2016 e decreto direttoriale RIN-DEC-2016-0000125 del 22 novembre 2016).
  Nel protocollo si prevede inoltre un impegno a precisare le attività da finanziare con strumenti di incentivazione esistenti (fondo per la mobilità sostenibile, fondo per la realizzazione di reti di ricarica elettrica, fondo per la riqualificazione energetica delle scuole e degli edifici pubblici), per un importo totale di circa 350 milioni di euro. In tale ambito sono già stati attivati 6 milioni di euro per il finanziamento di interventi di mobilità sostenibile ed efficienza energetica nelle città di Bologna, Roma, Milano e Torino, nonché 35 milioni di euro destinati al programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro al fine di finanziare progetti predisposti da uno o più enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilità urbana alternative all'automobile privata.
  Un ulteriore contributo, infine, è atteso dall'attuazione della nuova direttiva sui tetti alle emissioni.
  Lo scorso 14 dicembre è stata adottata infatti la direttiva 2016/2284/UE, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, la cosiddetta direttiva Nec (National emission ceilings). Tale direttiva stabilisce obiettivi di riduzione delle emissioni nazionali per gli inquinanti biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), ammoniaca (NH3) e polveri PM2,5 da raggiungere entro il 2020 e il 2030.
  Tali obiettivi sono individuati come percentuali di riduzione delle emissioni dei singoli inquinanti rispetto ai valori registrati nel 2005 e mirano a garantire una riduzione generalizzata dell'inquinamento atmosferico sul territorio dell'Unione europea.
  La riduzione delle emissioni, necessaria a raggiungere gli obiettivi, deve essere perseguita tramite la predisposizione, l'adozione e l'attuazione di specifici «programmi di controllo» nazionali. Il programma dovrà, in particolare, definire le priorità politiche ed il loro rapporto con le priorità stabilite in altri settori d'intervento pertinenti, compresi i cambiamenti climatici, l'agricoltura, l'industria e i trasporti; dovranno, infine, essere chiarite le responsabilità attribuite alle diverse autorità (nazionali, regionali e locali).
  Tale rilevante programma, di carattere nazionale e che dovrà essere elaborato in collaborazione con tutti i Ministeri aventi competenza su settori emissivi (trasporti, industria ed agricoltura) costituirà un ulteriore tassello, rispetto a quanto già sopra citato, dell'azione portata avanti a livello centrale per la lotta all'inquinamento atmosferico. Tenuto conto che il recepimento della direttiva Nec dovrà avvenire entro la metà dell'anno 2018, un primo programma dovrà essere adottato entro la metà del 2019, da aggiornare, secondo quanto previsto dalla direttiva, ogni 4 anni.
  Al riguardo, si segnala che si è svolto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, promotore dell'iniziativa, un confronto tra i Ministeri a vario titolo coinvolti (infrastrutture e dei trasporti, sviluppo economico, politiche agricole) per un punto della situazione sulle misure messe in campo di contrasto allo smog.
  L'obiettivo dei ministeri è accelerare il percorso di attuazione della direttiva europea Nec, che come detto prevede la definizione di un programma di misure nazionali per la qualità dell'aria e, allo stesso tempo, arrivare alla chiusura dei tavoli tecnici istituiti per nuove misure di contrasto allo smog nell'area del bacino padano.
  Quanto riferito testimonia che le problematiche rappresentate dagli Interroganti sono tenute in debita considerazione da parte di questo Ministero, il quale ha provveduto, e provvederà per il futuro, alle attività e valutazioni di competenza in materia con il massimo grado di attenzione, anche attraverso il costante e fondamentale supporto alle amministrazioni locali.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   MICILLO, DAGA, FICO, DE ROSA e SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Pianura, noto quartiere di Napoli, in località «Contrada Pisani», in linea d'aria a 50 metri dalla riserva naturale degli Astroni (Oasi WWF), all'interno del Parco regionale dei Campi Flegrei, vi è un'area adibita negli anni passati a sito di raccolta della frazione secca non riciclabile dei rifiuti solidi urbani, «riempita» stando alle cronache degli anni ed on line «anche con rifiuti industriali e speciali generici provenienti dalle regioni del Nord Italia»;
   un'area con circa 120 mila abitanti;
   insistevano due discariche di lunga data. La prima, una discarica comunale, attiva dalla seconda metà degli anni 50 e chiusa nel 1984, fu utilizzata fino al riempimento dell'intero cratere (detto Senga) parte integrante dei Campi Flegrei. La seconda, di proprietà dell'azienda Di.fra.Bi. (acronimo dei cognomi dei gestori), fu una discarica privata di seconda categoria adiacente alla più vecchia discarica comunale, operante su una vecchia cava di piperno;
   riferisce l'Atlante Italiano dei Conflitti Ambientali che, dal 1989 al 1993, la Di.fra.Bi. fu autorizzata a smaltire rifiuti tossici, speciali e nocivi in quantità pari al 23 per cento del totale rifiuti smaltiti, fanghi assimilabili per il 5-10 per cento, rifiuti ospedalieri e scarti di lavorazione provenienti dall'Acna di Cengio. A questi si aggiungono i rifiuti pericolosi sversati illegalmente come riscontrato da indagini della magistratura napoletana. Nel 1996 la Di.fra.Bi. fu chiusa;
   si è stimato che nei 41 anni di attività sarebbero stati sversati tra i 35 e i 42 milioni di m3 di rifiuti di vario genere;
   un'inchiesta della Commissione parlamentare sui rifiuti del 2000 ha messo in luce il fatto che probabilmente fanghi dell'ACNA di Cencio siano stati smaltiti nella discarica di Pianura, per un ammontare, secondo notizie di stampa, di almeno ottocentomila tonnellate;
   il 14 marzo 2016 il sito Altrimondinews informa che: «La prima settimana di aprile prenderanno il via le operazioni di caratterizzazione ambientale del sito di interesse regionale ed ex Sin (Sito di interesse nazionale). Le aree interessate riguardano i suoli che corrispondono all'ex discarica comunale, all'ex discarica Di.Fra.Bi., all'ex discarica Citet, alla località Spadari e alla discarica abusiva in località Caselle Pisani. Il piano di caratterizzazione, riavviato grazie alla sinergia tra il Comune di Napoli e la Sogesid, dovrebbe durare sette mesi e mezzo e, dunque, concludersi prima della fine dell'anno». E che «Il piano, come da convenzione tra il ministero dell'Ambiente e la Sogesid, prevede lo svolgimento di attività di indagini indirette per verificare, ad esempio, la presenza di bidoni interrati e scoli di percolato e di indagini ambientali dirette attraverso sondaggi e carotaggi continui. Inoltre è prevista la realizzazione di piezometri per il monitoraggio delle acque di falda, dal prelievo di campioni di top soil, suolo e sottosuolo, rifiuti e acqua di falda, analisi chimiche di laboratorio sui campioni prelevati. Le attività riguarderanno un'area di 156 ettari, che per due terzi ricade nel Comune di Napoli e per la restante parte in quello di Pozzuoli»;
   un articolo della testata Pressreader del 30 dicembre 2016 riferisce le preoccupazioni dei residenti secondo cui: «le amministrazioni non avrebbero ottemperato ai compiti di salvaguardia del territorio per preservare la salute dei cittadini che vivono vicino a siti ritenuti potenzialmente pericolosi per la salute. “Ai sensi della direttiva Seveso gli stessi cittadini andrebbero correttamente informati dei rischi rilevanti a cui sono esposti«». «(...) Un sistema di crateri concentrici nell'area di Contrada Pisani dove negli anni sarebbero state sversate tonnellate di rifiuti tossici. I comitati locali ritengono che l'incremento delle patologie tumorali nell'area siano comunque legate alla presenza di tonnellate di materiali inquinanti» –:
   di quali elementi disponga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in relazione ai fatti esposti in premessa;
   se i tempi citati in premessa siano stati rispettati per la caratterizzazione, ricerche ed analisi e con quali esiti e se vi siano rischi;
   se il Ministro della salute non ritenga di promuovere uno screening mirato sulla popolazione dell'area in cui insistevano le due ex discariche citate o quali iniziative intenda assumere per la tutela della salute dei cittadini, o per acquisire dati indicativi relativi alle patologie locali. (4-15770)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dagli enti territoriali competenti, si rappresenta quanto segue.
  Sulle aree ex Sin Napoli Pianura era prevista l'esecuzione, da parte di Sogesid spa, del piano di caratterizzazione, redatto da Arpac ed approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nella Conferenza dei servizi tenutasi il 6 giugno 2008, in quanto a quella data era ancora vigente la perimetrazione dell'area di Pianura denominata Sin Napoli Pianura.
  Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale ambiente n. 7 del 2013, il sito di Pianura è stato declassato da Sito di interesse nazionale a Sito di interesse regionale, con conseguente trasferimento delle competenze dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla regione Campania. Quest'ultima ha provveduto ad approvare le Norme tecniche di attuazione del piano bonifiche della regione Campania, valide su tutto il territorio regionale a far data dal 16 settembre 2016 e con le quali è stato stabilito che le aree subperimetrate negli ex Sin e non indagate devono essere sottoposte, in primis, ad indagini preliminari (e non direttamente alla caratterizzazione).
  Rientrano tra queste anche le aree in argomento, incluso il sito di discarica Di.Fra.Bi. (in quanto, anche se già oggetto di indagini che hanno evidenziato superamenti delle Csc per la matrice suolo/acque di falda, la sentenza del Tar Lazio del 26 maggio 2010 e il successivo grado di giudizio in Consiglio di Stato, hanno annullato la predetta Conferenza dei servizi del 6 giugno 2008 e tutti gli atti consequenziali, comprese le indagini già effettuate Sogesid, in quanto eseguite senza il coinvolgimento dei privati. Al riguardo, vi è, poi, la necessità di comunicare formalmente ai proprietari delle aree l'obbligatorietà delle indagini preliminari e la possibilità di aderire al piano di indagini ex Sin Napoli Pianura, che dovranno essere realizzate da Sogesid, fermo restando in capo ai proprietari/gestori delle aree l'obbligo di provvedere, in caso di accertati superamenti delle Csc, agli adempimenti discendenti dalla normativa vigente (articolo 242, decreto legislativo n. 152 del 2006).
  Si fa presente, altresì, che sono in corso le necessarie interlocuzioni tra regione Campania, gli enti locali interessati, la Sogesid ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di coordinare e adeguare le modalità operative di attuazione degli interventi già disciplinati e avviati nel periodo precedente alla declassificazione del sito rispetto al nuovo contesto normativo e procedurale.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero continuerà a svolgere la propria attività di monitoraggio e sollecito nei confronti degli enti territoriali competenti, mantenendo alta l'attenzione su tali problematiche.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   NACCARATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   Etra è una società per azioni a capitale pubblico, formata da 75 comuni veneti, che si occupa dei servizi di igiene ambientale e idrici;
   Etra è governata da un consiglio di sorveglianza e da un consiglio di gestione;
   la gestione della società è oggetto di inchieste della magistratura penale e contabile;
   sono contestati affidamenti di servizi in contrasto con le normative sulla concorrenza e il ricorso artificioso alla proroga dei contratti;
   si evidenzia che il 31 dicembre 2015 è scaduto il servizio di raccolta e trasporto rifiuti in vari comuni;
   il consiglio di gestione ha deliberato il 20 luglio 2015 di approvare la gara per l'affidamento del servizio in scadenza per un importo di 42 milioni di euro, prevedendo il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso con obbligo di motivazione e disponendo che i bandi fossero pubblicati entro un termine tale da consentire il completamento degli affidamenti contrattuali entro il 31 dicembre 2015;
   il consiglio di sorveglianza il 5 ottobre 2015 ha modificato il criterio di aggiudicazione, preferendo l'offerta economicamente più vantaggiosa con clausole sociali per l'inserimento di persone svantaggiate;
   il bando è stato pubblicato il primo luglio 2016 in linea con le decisioni del consiglio di sorveglianza;
   il 29 luglio il direttore generale di Etra ha revocato in autotutela il bando e il servizio è stato prorogato;
   la proroga appare all'interrogante immotivata perché i ritardi nella predisposizione e nella revoca del bando hanno consentito alle aziende che stanno gestendo il servizio di proseguire l'attività senza gara;
   a metà novembre 2016 le autorità giudiziarie hanno acquisito documenti presso la società rendendo note le inchieste in corso;
   nonostante ciò, il 17 novembre è stato pubblicato il bando per il servizio descritto, nel frattempo, aumentato a più di 64 milioni di euro;
   il consiglio di sorveglianza, composto per la stragrande maggioranza da sindaci assessori di comuni soci di Etra è intervenuto nella redazione del bando per l'affidamento del servizio, ad avviso dell'interrogante in contrasto con le norme sugli appalti che vietano un ruolo diretto degli amministratori con cariche elettive;
   inoltre, Etra, mediante altre società, partecipa in alcuni comuni soci alla gestione di servizi di rilevanza economica che sono sottratti alla concorrenza e al mercato;
   è il caso di Asi, di proprietà per il 40 per cento di Etra e per il 60 per cento dei comuni della zona di Camposampiero, che si occupa di contabilità, sanzioni al codice della strade, sistemi informatici e che ha totalizzato un passivo di 185 mila euro;
   sarebbe opportuno che l'Anac esamini prontamente le proroghe e i bandi di gara in cui in premessa, al fine di verificarne la regolarità –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti descritti;
   se e in che modo il Governo nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire per rendere più stringenti le norme sugli appalti di servizi pubblici e sulla concorrenza; in modo da evitare il ripetersi di casi come quello riportato in premessa. (4-14944)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, concernente la gestione degli appalti da parte della società a capitale pubblico ETRA S.p.A., sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la regolazione e i contratti pubblici di questo Ministero e dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Va premesso che le modalità di gestione degli appalti pubblici, sotto il profilo della corretta applicazione della normativa ed il rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, attengono alla sfera di responsabilità delle singole Stazioni appaltanti, fatto salvo il coinvolgimento dell'ANAC quale soggetto deputato a vigilare sulla corretta applicazione della vigente normativa sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi del decreto legislativo n. 50 del 2016.
  ANAC, interessata al riguardo, ha evidenziato che il 13 giugno 2017, preso atto dell'interrogazione parlamentare in esame e tenuto conto di altro esposto riconducibile alle medesime criticità segnalate nella suddetta interrogazione, ha avviato il procedimento di vigilanza nei confronti di ETRA s.p.a. al fine di accertare l'eventuale violazione della normativa ratione temporis applicabile nel caso di specie relativamente alle modalità di affidamento e di gestione dei servizi di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti ed altri servizi di igiene urbana.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PAGANO, ATTAGUILE, BUSIN e INVERNIZZI. CASTIELLO, SALTAMARTINI, ALLASIA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'8 maggio 2017 scadeva il termine per la registrazione alla 70° sessione della Assemblea mondiale della sanità (AMS) e quest'anno, a differenza dei precedenti 8 anni, Taiwan non ha ricevuto l'invito per parteciparvi;
   nel 2009, dopo aver ottenuto un vasto sostegno internazionale – nell'ambito del quale si ricorda la mozione approvata dalla Camera dei deputati nel maggio 2004 – Taiwan è stata invitata, quale «Osservatore», alla 62° sessione della Assemblea mondiale della sanità e, da allora, tale partecipazione si è regolarmente e proficuamente ripetuta fino al 2016;
   il contributo di Taiwan ai lavori della Assemblea mondiale della sanità, e agli incontri tecnici e operativi dell'organizzazione mondiale della sanità, è stato unanimemente giudicato come positivo sia per la concreta collaborazione alle attività proprie della organizzazione mondiale della sanità sia per il generoso e importante contributo alla cooperazione sanitaria con Paesi in via di sviluppo dell'Asia-Pacifico, America Latina e Africa;
   dal maggio 2016, con la democratica vittoria elettorale del presidente Tsai Ing-wen e del suo Partito democratico progressista (DPP), i rapporti tra il Governo taiwanese e quello cinese si sono raffreddati a motivo della ostilità di Pechino nei confronti della nuova amministrazione taiwanese e della sua mancata accettazione del cosiddetto «consenso del 1992» sulla base del quale, dal 2008 al 2016, si erano sviluppate le relazioni con il precedente governo del Partito nazionalista KMT;
   l'esclusione di Taiwan dalla Assemblea mondiale della sanità/organizzazione mondiale della sanità potrà determinare rischi a livello sanitario – nella prevenzione, profilassi e cure di malattie ed epidemie – e a livello alimentare, essendo l'Isola il 17° Paese esportatore al mondo e il 18° quale importatore, secondo i dati del 2015, e transitando annualmente, dai suoi scali aeroportuali, 60 milioni di persone;
   quanto sta accadendo tra l'Assemblea mondiale della sanità e Taiwan è, inoltre, molto grave perché smentisce i doveri, le responsabilità e le finalità che l'Assemblea mondiale della sanità, in base al suo atto costitutivo, si prefigge di promuovere e di difendere. Infatti, il mancato invito a Taiwan alla riunione annuale e l'ostracismo imposto dalle autorità cinesi, nei confronti di un libero e democratico Paese di 23 milioni di pacifici cittadini, ha per stessa pubblica dichiarazione del Ministro cinese della sanità – una motivazione politica inerente agli esclusivi interessi di parte del suo Governo, motivazione che, rappresenta una scandalosa violazione dei predetti doveri, responsabilità e finalità della Assemblea mondiale della sanità e della organizzazione mondiale della sanità;
   la gravità e l'assurdità dell'evento è, poi, a tutti evidente per il fatto che malattie, virus ed epidemie non conoscono né confini nazionali, territoriali, marittimi ed aerei, né il colore dei Governi e dei regimi politici come invece irrealisticamente pretende e impone il Governo cinese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione e se non ritengano doveroso intervenire – come hanno già fatto le autorità di Stati Uniti, Australia, Germania, Canada e di molti altri Paesi di ogni continente – a difesa del carattere apolitico e super partes della Assemblea mondiale della sanità e della organizzazione mondiale della sanità, nonché per sostenere il diritto di Taiwan di partecipare alle loro attività umanitarie, in rappresentanza e a tutela dei suoi 23 milioni di cittadini e nell'interesse globale del genere umano. (4-16746)

  Risposta. — La partecipazione di Taiwan in qualità di osservatore all'annuale Assemblea mondiale della sanità ha avuto luogo, dal 2009 al 2016, in virtù di un meccanismo di intesa tra la Repubblica Popolare Cinese e il Segretariato dell'Organizzazione mondiale della Sanità, in linea con il principio della «One-China Policy» e con le risoluzioni n. 2758 dell'Assemblea generale delle nazioni unite e n. 25.1 dell'Assemblea mondiale della sanità.
  Per quanto concerne la 70a assemblea, riunitasi dal 22 al 31 maggio 2017, la mancata partecipazione taiwanese è riconducibile alla presente contingenza dei rapporti tra le due sponde dello Stretto di Taiwan a seguito del voto a Taipei nel 2016. La netta vittoria riportata dal partito democratico progressista ha infatti accentuato la sensibilità di Pechino, anche in relazione alla circostanza che il partito democratico progressista non ha mai formalmente aderito, a differenza del partito nazionalista, al cosiddetto consenso del 1992 basato sulla formula «una Cina, due interpretazioni». Ne è derivato un irrigidimento delle relazioni tra i due lati dello Stretto, in contrasto con prolungata fase di distensione culminata nell'incontro al vertice del novembre 2015 a Singapore tra il presidente Xi ed il leader nazionalista Ma.
  L'Italia e l'Unione europea si adoperano da sempre affinché l'organizzazione mantenga un'agenda apolitica, come dimostrato dagli sforzi compiuti anche nel corso dell'ultima assemblea al fine di adottare per consensus una decisione sulle condizioni sanitarie nei territori palestinesi occupati, e sono consce dell'utilità della partecipazione dell'isola all'Assemblea mondiale della sanità per il rafforzamento del sistema sanitario globale.
  Allo stesso tempo vi è la consapevolezza che il Segretariato dell'organizzazione mondiale della sanità non è in condizione di procedere autonomamente all'invito nei confronti di Taiwan, dal momento che tale eventualità dipende dal suddetto meccanismo di intesa con la Repubblica Popolare Cinese.
  Pertanto, l'uscita dall'attuale fase di impasse nel dialogo tra le sponde dello Stretto potrebbe costituire la premessa per il superamento delle circostanze che quest'anno hanno impedito la partecipazione dell'isola di Taiwan all'Assemblea mondiale della sanità.
  Da parte nostra auspichiamo il ristabilimento di quel clima di fiducia necessario per lo sviluppo di rapporti di costruttiva collaborazione nei vari ambiti settoriali e continueremo a mantenere l'attenzione sulla questione, in considerazione della sua rilevanza non solo nell'ambito regionale ma anche per le potenziali implicazioni per il sistema sanitario globale.
  In particolare, il Governo, anche a seguito dell'approvazione di una mozione unitaria in materia al Senato, si impegna a considerare attivamente, insieme ai partner dell'Unione europea, modalità compatibili con la «One-China Policy» per consentire la partecipazione come osservatore di Taiwan nei contesti multilaterali (tra cui l'Assemblea mondiale della sanità), nei quali la sua presenza corrisponda all'interesse della popolazione taiwanese e della comunità internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   GIUDITTA PINI, RICHETTI, GHIZZONI, GRIBAUDO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    la regione Emilia Romagna, con la delibera numero n. 1481 del 19 settembre del 2016, determina di «esprimere, per quanto di propria competenza, l'assenso all'intesa per l'autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D con uso di vibratori meccanici 3D3372/2014 nei Comuni di Formigine, Sassuolo, Fiorano, Castelnuovo Rangone, Modena in provincia di Modena e Rubiera nella provincia di Reggio Emilia nel permesso di ricerca di idrocarburi “Bugia”. Con successiva delibera n. 1482 sempre del 19 settembre, autorizza analogo rilievo sismico 3D nell'area “Fantozza”, che insiste sui territori dei comuni di Guastalla, Novellara, Campagnola, Fabbrico, Reggiolo, Rolo, Rio Saliceto nella provincia di Reggio Emilia, nonché Novi e Carpi in provincia di Modena»;
   tali delibere sono intervenute a seguito della richiesta da parte del Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche – (ex divisione II – ufficio territoriale Unmig di Bologna) alla regione Emilia-Romagna di esprimere formale intesa in merito all'istanza di autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D;
   la società Aleanna Resources è stata autorizzata anche sulla base del parere favorevole del responsabile del servizio valutazione impatto e promozione sostenibilità ambientale ad iniziare le attività di sondaggio nel sottosuolo del territorio modenese;
   gli enti locali coinvolti hanno più volte in passato espresso contrarietà all'effettuazione di questi sondaggi per la presenza, nel territorio suddetto, di un delicato equilibrio tra aree protette, città d'arte ed agricoltura di qualità e in considerazione al fatto che l'area di ricerca denominata Fantozza coincide con parte del cratere sismico che ha colpito il modenese e il reggiano nel maggio 2012;
   tale contrarietà è stata manifestata negli ultimi mesi con la nascita di specifici comitati di cittadini contro la ricerca avviata presso l'area «Fantozza» e l'approvazione, da parte dei consigli comunali di Reggiolo, Novellara, Guastalla e Carpi, di appositi ordini del giorno nei quali, oltre ad esprimere preoccupazione per l'azione di ricerca avviata e l'intenzione di esercitare ogni azione possibile per la tutela del territorio, si ribadisce la contrarietà a qualsiasi intervento che possa avere impatto negativo sull'ambiente;
   analoga preoccupazione per azione di ricerca annunciata e autorizzata relativamente alle attività di screening per idrocarburi è stata espressa da parte dei sindaci di Fiorano Modenese, Formigine, Sassuolo e Rubiera, che «ribadiscono la propria contrarietà a qualsiasi progetto e attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di gas naturale che prevedano impatti ambientali negativi sul territorio»;
   i sindaci sopracitati lamentano l'assenza di qualsiasi comunicazione anche solo per correttezza istituzionale da parte degli enti sovra-ordinati;
   nel caso della Fantozza prese di posizione simili a quella degli enti locali sono state adottate anche dalle associazioni di categoria dei proprietari dei fondi interessati, le prime ad essere contattate dalla società AleAnna Resources dopo lo sblocco dei permessi per la presentazione delle iniziative;
   le zone oggetto dello sblocco da parte della regione risultano essere già estremamente sfruttate, con decine di pozzi autorizzati e messi in produzione;
   a seguito del sisma che ha colpito il territorio modenese nel 2012, vi sono state mobilitazioni locali che hanno portato al blocco dei procedimenti di concessione al fine di indagare maggiormente sugli effetti della presenza di queste attività estrattive –:
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire al fine di interrompere l’iter del procedimento in relazione al quale la regione Emilia-Romagna ha espresso il proprio assenso e, qualora non si volesse intervenire per il blocco dei procedimenti di autorizzazione, come abbia intenzione di agire – nell'ambito delle proprie competenze – in relazione alle esigenze espresse dagli amministratori locali e dalle associazioni di categoria del territorio nel corso di questo procedimento. (4-17217)

  Risposta. — Il permesso di ricerca per idrocarburi liquidi e gassosi «BUGIA» è stato accordato alla società AleAnna Resources LLC con decreto ministeriale 28 settembre 2010, per la durata di sei anni e ricadente nel territorio delle provincie di Reggio Emilia e Modena.
  Il permesso «FANTOZZA» è stato accordato alla società AleAnna Resources LLC con decreto ministeriale 12 novembre 2010, per la durata di sei anni e ricadente nel territorio delle provincie di Reggio Emilia e Modena.
  I due decreti di conferimento sono stati emanati a valle della acquisizione del giudizio positivo di compatibilità ambientale e dell'intesa della regione Emilia Romagna.
  Il programma dei lavori previsto dai due decreti di conferimento prevedeva, tra l'altro, l'esecuzione di un rilievo geofisico 3D, la cui realizzazione è subordinata al rilascio dell'autorizzazione dal parte dell'ufficio territoriale UNMIG di Bologna. Detta autorizzazione può essere rilasciata, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera a) dell'accordo procedimentale del 24 aprile 2001, solo a valle dell'intesa da parte della regione competente e previa verifica di compatibilità ambientale.
  La società AleAnna Resources LLC, con istanze presentate nel corso del 2014, ha, pertanto, chiesto al citato ufficio territoriale (UNMIG) di Bologna l'autorizzazione all'esecuzione del menzionato rilievo geofisico 3D per la quale è stata chiesta l'intesa alla regione Emilia Romagna ed avviata la procedura di verifica di compatibilità ambientale come previsto dalle normative vigenti.
  A seguito degli eventi sismici occorsi in Emilia nel corso del 2012, la regione Emilia Romagna con deliberazione della Giunta regionale n. 547 del 23 aprile 2014 aveva disposto, tra l'altro, «[...] la sospensione dei procedimenti regionali relativi all'espressione di pareri e valutazioni nonché all'adozione di atti di assenso comunque denominati tesi a consentire lo svolgimento sul territorio regionale di nuove attività di ricerca, prospezione, coltivazione e stoccaggio d'idrocarburi [...]»;
  Con successiva propria delibera (DGR n. 903) del 13 luglio 2015 la regione Emilia-Romagna ha poi revocato la sospensione disposta con il precedente provvedimento già riferito (provvedimento n. 547 del 23 aprile 2014).
  La sospensiva operata dalla regione Emilia-Romagna ha conseguentemente comportato un allungamento dei tempi per l'emanazione degli atti regionali necessari ai fini della richiesta autorizzazione.
  Il Ministero dello sviluppo economico, pertanto, ai sensi dell'articolo 6, comma 10, della legge 9 gennaio 1991, n. 9, con 4 specifici decreti ministeriali del 15 aprile 2015 e dell'11 ottobre 2016 per il permesso BUGIA e del 6 novembre 2015 e dell'11 ottobre 2016 per il permesso FANTOZZA, ha sospeso il decorso temporale dei due permessi ivi compresa l'intesa della regione Emilia-Romagna – quest'ultima necessaria ai fini dell'autorizzazione ad effettuare il rilievo geofisico 3D previsto nel programma dei lavori.
  Rappresento ancora che l'esito della valutazione ambientale e il rilascio di intesa da parte della regione competente hanno valore vincolante per ogni attività del Ministero dello sviluppo economico ai fini delle successive autorizzazioni dei progetti previsti nell'ambito dei titoli minerari conferiti.
  La regione Emilia-Romagna ha, da ultimo, assentito alla fattibilità del progetto di esecuzione del rilievo geofisico nei due permessi con delibere di giunta n. 1481 e n. 1482 del 19 settembre 2016 (esito positivo con prescrizioni).
  Dette delibere sono state trasmesse all'ufficio territoriale competente della direzione generale per la sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico (UNMIG di Bologna) che provvederà al rilascio delle autorizzazioni finali.
  In particolare la stessa regione Emilia-Romagna ha provveduto, ai fini dell'emanazione delle precitate delibere, attraverso la disamina di tutte le problematiche ambientali eventualmente rilevate, degli interessi coinvolti nonché delle opposizioni avanzate dalle istituzioni e/o dai comitati locali e dai Comuni interessati.
  Vorrei inoltre evidenziare che:
   il citato ufficio del Ministero dello sviluppo economico di Bologna non ha autorizzato nessun lavoro in campo in quanto, con nota del 26 novembre 2014 per il permesso Bugia e con nota del 20 ottobre 2016 per il permesso Fantozza, ha chiesto documentazione integrativa alle quali la società Aleanna non ha dato ancora risposta;
   la regione Emilia-Romagna, con nota del 22 maggio 2017, ha ritenuto utile, in risposta alle richieste fatte dagli enti locali interessati al progetto, proporre una sospensione del decorso temporale del titolo minerario al fine di consentire alla società Aleanna Resources LLC di avviare un adeguato programma di comunicazione e confronto con la cittadinanza in merito alle attività programmate e alle tutele previste nel corso delle attività medesime che ribadisco verranno effettuate sotto il diretto controllo del Ministero dello sviluppo economico;
   la società Aleanna Resources LLC, pertanto, in data 6 giugno 2017 ha presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ulteriori istanze di sospensione per i permessi «BUGIA» e «FANTOZZA»;
   Il Ministero dello sviluppo economico ha assentito alle predetta richiesta in data 20 giugno 2017.

  Alla luce di quanto riferito finora, comunico che per le prossime settimane sono in corso di programmazione degli incontri nei territori tra le amministrazioni competenti, la società, le istituzioni locali e la cittadinanza finalizzati alla ricerca di possibili soluzioni condivise sul tema in oggetto.
La Viceministra dello sviluppo economicoTeresa Bellanova.


   PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   già nella interpellanza n. 2-01042 del 31 luglio 2015 l'interrogante aveva espresso riserve e preoccupazione per l'istituendo monopolio privato delle rotte marittime da e per la Sardegna, derivante dall'acquisto di Tirrenia da parte del gruppo Onorato;
   le riserve vertevano sugli effetti derivanti su tariffe e servizio;
   il Governo pro tempore, in sede di risposta, rassicurò circa le tariffe basandosi in particolare sulle promesse fatte dalla nuova proprietà circa la riduzione ad euro 14 a persona;
   ad oggi — considerando anche l'inizio della stagione estiva che rende ancora più stretta l'offerta di trasporti — risulta l'applicazione di prezzi completamente diversi da quelli promessi e che non garantiscono in alcun modo il rispetto della «continuità territoriale»;
   nello specifico, come facilmente riscontrabile dal sito Tirrenia in sede di prenotazione e come denunciato da più parti, le tratte «tipo» da e per la Sardegna hanno costi così riassumibili:
    Civitavecchia — Cagliari andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 514,56 euro;
    Genova — Porto Torres andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 579,77 euro;
   Civitavecchia — Olbia andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 355,99 euro;
   il mantenimento di queste tariffe rischia di arrecare un serio danno alla economia dell'isola tutta, rendendone il raggiungimento troppo oneroso per gli standard economici dei turisti;
   la compagnia di navigazione Tirrenia usufruisce annualmente dello stanziamento dallo Stato di diversi milioni di euro per garantire il servizio pubblico essenziale in regime di continuità territoriale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda porre in essere immediatamente ogni iniziativa — per quanto di competenza – per abbattere le tariffe in questione in modo da non penalizzare l'economia turistica sarda. (4-16909)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne, di questo Ministero.
  In merito alla questione sollevata dall'interrogante si comunica che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), competente per la vigilanza sul livello tariffario praticato dalla società CIN, riferito ai noli offerti per i collegamenti stabiliti in convenzione, ha sottoposto ad opportune verifiche l'unica ipotesi tra le tre indicate dall'interrogante che poteva essere sottoposta a vigilanza, ovvero quella riferita alla simulazione sulla tratta Civitavecchia – Cagliari, linea che è vincolata alla disciplina convenzionale per tutto la durata dell'anno, mentre le altre due ovvero la Genova – Porto Torres e la Civitavecchia – Olbia, nel periodo prescelto per la simulazione di cui sopra, sono fuori convenzione (più precisamente dal 1o giugno al 30 settembre di ogni anno).
  Da tale verifica è emerso che il preventivo afferente alla rotta Civitavecchia – Cagliari, nel periodo e nei termini ipotizzati dall'interrogante, non si discosta dai principi tariffari convenzionali, in quanto il relativo valore di prezzo risulta al di sotto dell'importo della tariffa massima praticabile dalla società CIN per linea e tipologia di biglietto.
  Per quanto attiene, poi, al quesito specifico posto dall'onorevole interrogante, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non può che far presente che secondo la normativa vigente in materia di tariffe applicate dalla CIN s.p.a. l'articolo 6 della convenzione vigente – Rep. 54 del 2012 del 18 luglio 2012 – in ottemperanza ai criteri stabiliti dalla delibera CIPE 111 del 2007, emanata ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, commi 998 e 999, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), prevede un meccanismo tariffario basato sul limite di una tariffa massima, fissata per ogni linea e tipologia dall'allegato A della convenzione medesima.
  Tale meccanismo prevede che la tariffa, nell'ambito della tariffa massima, possa essere aggiornata in funzione della variazione dei prezzi del combustibile come stabilito e delineato nella predetta clausola convenzionale.
  L'aumento tariffario, in caso di rialzo dei predetti prezzi, potrebbe essere evitato solo se venissero decise misure compensative in termini di revisione degli assetti nautici, di differente articolazione tariffaria o di rideterminazione in diminuzione degli oneri di servizio pubblico, che facciano salvo l'equilibrio economico-finanziario determinato secondo i criteri fissati dalla citata delibera CIPE 111 del 2007.
  Pertanto, la società CIN s.p.a. nell'ambito del sistema vigente definisce le proprie tariffe nel limite massimo assentito in convenzione, il quale viene aggiornato in funzione di aumenti dei prezzi dei combustibili accertati dalle amministrazioni statali vigilanti secondo parametri tecnici fissati in convenzione.
  In particolare, il comma 2 dell'articolo 6 della citata convenzione stabilisce che perentoriamente entro il ventesimo giorno precedente l'inizio di ciascun bimestre, la C.I.N. s.p.a. trasmette ai ministeri vigilanti la rideterminazione delle tariffe massime di cui all'allegato A della convenzione medesima.
  Al riguardo la direzione generale competente fa presente che tali procedure di comunicazione dell'aggiornamento delle tariffe massime sono state regolarmente eseguite dalla società C.I.N.
  Da ultimo, ribadendo come le tariffe applicate dalla società in questione sulle tratte in convenzione non debbano superare quelle massime previste secondo i criteri convenzionali, la direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne, fa presente che ad oggi dai controlli effettuati non sono risultati scostamenti in tal senso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PLACIDO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo di giornale uscito in data 22 febbraio 2017 a firma del giornalista di radio radicale Maurizio Bolognetti riportata in data 23 gennaio 2017 in Basilicata i vertici dell'A.s.i. avevano registrato, all'interno dei depuratori di competenza, presenza di sostanze oleose (probabilmente idrocarburi) e avevano allertato non già gli organi inquirenti, ma i vertici dell'Eni che avevano provveduto alla rimozione dei liquami;
   in data 25 gennaio 2017 il fenomeno di ritrovamento dei liquami si era ripetuto e solo dopo una risposta negativa dei vertici dell'Eni, i vertici dell'Asi avevano allertato il Noe dei carabinieri;
   in data 3 febbraio 2017 i carabinieri del Noe avevano provveduto a sequestrare un pozzetto — posto nei pressi dello stabilimento di lavorazione del greggio e non censito maleodorante nel quale si notava acqua presumibilmente contaminata da idrocarburi;
   solo in data 12 febbraio 2017 l'Eni ha comunicato la scoperta — durante verifiche sulla rete fogniaria — di tracce di idrocarburi in un altro pozzetto a valle di quello posto precedentemente sotto sequestro dal Noe –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere affinché l'ENI adotti misure di sicurezza atte ad evitare il ripetersi (frequentissimo) di episodi simili a quelli sopra esposti e per chiarire qual è ad oggi la situazione eco-ambientale della Valle dell'Agri interessata dalle fuoriuscite di idrocarburi e quali pericoli minacciano la salute delle migliaia di cittadini che vi abitano.
(4-15702)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente, in via preliminare, che le attività di controllo, prevenzione e contrasto agli illeciti ambientali, compresa l'irrogazione delle relative sanzioni, sono poste in capo agli Enti territoriali. Ad ogni modo, si rappresenta che il lago artificiale del Pertusillo rientra sia nel parco nazionale dell'appennino Lucano-Vai d'Agri-Lagonegrese, sia nel sito Natura 2000 SIC «Lago Pertusillo», individuato ai sensi della Direttiva «Habitat» (92/43/CEE). Nell'ambito della relativa attività di vigilanza condotta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e in relazione ad ulteriori indagini, è stato acquisito il rapporto dell'ente parco nazionale nel quale sono riportate notizie in merito alle iniziative correlate all'inquinamento delle acque del bacino lacustre. In particolare, viene riferito che con determina dirigenziale del 5 luglio 2013, la regione Basilicata ha disposto di affidare all'ente parco l'incarico per il controllo degli affluenti dell'invaso del Pertusillo. L'Ente parco, di concerto con le autorità preposte, ha provveduto a porre in essere una serie di controlli mirati a prevenire, ed eventualmente reprimere, i fenomeni di sversamenti illeciti nel lago. L'attività di controllo delle aziende zootecniche è stata coordinata, invece, dal comando provinciale dell'ex corpo forestale dello Stato di Potenza il quale sta svolgendo approfondimenti anche sulle analisi relative alla presenza di idrocarburi nei fanghi e sedimenti dell'invaso. Ulteriori controlli vengono svolti dal gestore del Servizio Idrico Integrato, acquedotto Pugliese (AQP) che effettua regolarmente i controlli sull'acqua grezza derivata dal Pertusillo. Prima della potabilizzazione, l'AQP effettua, oltre i controlli previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 necessari per la classificazione della qualità delle acque, ulteriori analisi di controllo per meglio gestire i processi di potabilizzazione. L'impianto di potabilizzazione dell'AQP è dotato di sezioni di trattamento adeguate alla tipologia di acque da trattare e di una stazione finale di trattamento a carboni attivi che rappresenta una ulteriore cautela rispetto ad eventuali presenze di microinquinanti.
  Per quanto concerne il presunto recente sversamento accidentale di idrocarburi da un serbatoio del COVA si fa presente che sulla questione si è attivata la procura di Potenza la quale ha evidenziato che il 3 febbraio scorso i militari del NOE, a seguito di segnalazione, hanno rinvenuto uno scarico in aree prospicienti al COVA di Viggiano attinto da reflui di origine ignota aventi le caratteristiche organolettiche degli oli minerali. Procedevano quindi al sequestro del pozzetto ove confluiva il predetto scarico e al campionamento del refluo, con sequestro dei relativi campioni. Sono state immediatamente avviate indagini al fine di individuare la natura dei reflui e l'eventuale propagazione di sostanze inquinanti. In particolare, sono stati disposti accertamenti tecnici ai sensi dell'articolo 360 codice di procedura penale sui campioni in sequestro, di cui sono attesi gli esiti. Peraltro, le prime analisi condotte da ARPA Basilicata hanno confermato la presenza nel pozzo di idrocarburi e di ammine filmanti, dato quest'ultimo che rende certa la provenienza dei reflui dal COVA.
  Inoltre, come riferito dagli uffici giudiziari procedenti, il 4 febbraio scorso ENI ha dato avvio alla procedura di messa in sicurezza d'emergenza e sta realizzando sondaggi e piezometri, sia all'interno che all'esterno del COVA, campionamento dei terreni investigati e loro analisi, campionamento delle acque sotterranee e loro analisi, nonché l'emungimento degli idrocarburi che fuoriescono, da avviare a smaltimento. Il 6 marzo scorso, l'ENI ha trasmesso il Piano di Caratterizzazione del COVA a tutte le Autorità ed Enti competenti.
  È stata, inoltre, conferita delega al NOE per acquisire eventuali accertamenti effettuati dall'Arpab in relazione al bacino del Pertusillo. In particolare l'Arpab ha segnalato di aver individuato per l'invaso un punto di campionamento situato il più possibile vicino al «Punto Presa» che è un punto in prossimità della condotta idrica che trasporta le acque superficiali verso il potabilizzatore. In base alle risultanze delle determinazioni analitiche effettuate, l'invaso del Pertusillo è classificato nella categoria A2 che prevede un trattamento chimico-fisico e disinfezione delle acque da potabilizzare e un numero minimo di campionamenti annuali pari a 8. L'Arpab ha inoltre eseguito campionamenti presso lo «Sbarramento» e presso la Località Traversiti, su richiesta dei comuni interessati. Le analisi condotte di iniziativa dall'Arpab presso l'invaso e acquisite dalla procura di Potenza tramite il NOE hanno mostrato che in tutti i campioni prelevati e analizzati a tutt'oggi le concentrazioni dei vari parametri sono sempre risultate inferiori al limite di determinazione analitico.
  L'Arpab ha fatto presente, inoltre, di aver eseguito in data 27 febbraio scorso una campagna mirata sull'intero invaso individuando, in particolare, 5 stazioni di indagine. Le analisi ecotossicologiche sulla matrice acqua e sedimenti non hanno evidenziato fenomeni di tossicità. L'Agenzia ha fatto presente, altresì, che le indagini sinora condotte hanno evidenziato la presenza di microalghe. È stato, peraltro, eseguito un ulteriore campionamento di acque e le analisi sia chimiche che biologiche sono in corso. Si rappresenta, comunque, che il primo rapporto tecnico dell'Arpab è stato pubblicato sul sito istituzionale dell'agenzia in data 21 marzo 2017.
  La procura di Potenza segnala, altresì, che allo stato proseguono le indagini per accertare le responsabilità penali e la propagazione nel terreno e nelle acque superficiali e sotterranee di sostanze inquinanti che potrebbero avere interessato l'invaso del Pertusillo.
  L'Arpab ha rappresentato, inoltre, che i propri tecnici ed i ricercatori dell'Ispra, con i responsabili dell'ENI, stanno attivando tutte le analisi di competenza per una mappatura in dettaglio del livello della contaminazione sia dal punto di vista dell'estensione che della profondità, al fine di indagare sull'eventuale interessamento delle falde acquifere.
  Occorre, inoltre, evidenziare che l'agenzia ha svolto anche attività di controllo sulle misure di messa in sicurezza d'emergenza nelle aree interne ed esterne al Centro Oli Val D'Agri. In particolare, l'8 marzo scorso è stato effettuato un sopralluogo nei luoghi interessati dall'evento di contaminazione e alla verifica e valutazione delle attività di messa in sicurezza. A seguito di tale ricognizione, sono state formulate ad ENI alcune richieste, allo scopo di ottimizzare le attività programmate. Il 9 marzo l'ARPAB ha svolto un ulteriore sopralluogo. Nell'area interna al COVA sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee mentre nell'area esterna al COVA sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee e 4 campioni di terreno. L'Agenzia è in attesa dei risultati analitici. A seguito di tali sopralluoghi e delle successive valutazioni da parte dei tecnici, l'ARPAB ha chiesto ad ENI di realizzare 3 sondaggi aggiuntivi all'esterno e all'interno del centro COVA. Inoltre, in data 12 marzo 2017, il personale dell'Agenzia ha svolto un ulteriore sopralluogo e campionamento nelle aree esterne al centro oli, prelevando 3 campioni di acque sotterranee, di cui si attendono i risultati analitici.
  Si segnala, peraltro, che il 13 marzo si è tenuto un incontro, presso l'Arpab, durante il quale i rappresentanti ENI hanno assicurato la massima collaborazione e ribadito la disponibilità a mantenere gli impegni, già assunti e concordati nell'ambito del Tavolo tecnico indetto dalla Regione Basilicata il 28 febbraio scorso, di consentire ai tecnici dell'Agenzia di effettuare i carottaggi ed altri eventuali campionamenti all'interno e all'esterno del COVA, e ulteriori tre sondaggi integrativi all'attività di messa in sicurezza d'emergenza, come richiesto dalla stessa ARPAB durante l'incontro.
  Si fa presente, altresì, che il 21 marzo scorso si è svolto presso la procura della Repubblica di Potenza un incontro dei magistrati requirenti con i funzionari dell'Arpab e dell'Ispra, al fine di coordinare le rispettive attività di competenza. In tale occasione, è stato convenuto che l'Arpab svolgerà i propri accertamenti in stretto contatto con il Consulente tecnico nominato dalla Procura, mentre l'Ispra svolgerà, in altro settore di indagine, compiti di ausiliario di polizia giudiziaria.
  Nel pomeriggio del 15 aprile scorso, si è tenuta presso la Prefettura di Potenza una riunione per esaminare le criticità createsi a seguito dell'aumento dei valori di contaminazione nelle acque superficiali prossime al COVA, in relazione ai più recenti risultati delle analisi prescritte dall'Arpab ad ENI. Nel corso dell'incontro, i rappresentanti della regione Basilicata e dell'Arpab hanno, infatti, sottolineato che i risultati relativi al monitoraggio effettuato nel periodo dal 22 febbraio al 6 aprile 2017, comunicati da ENI con nota dell'11 aprile scorso hanno evidenziato un trend crescente del parametro «solventi organici aromatici» in quantità superiori a quelle previste, tali da ipotizzare la «migrazione» della contaminazione. Al termine dell'incontro, è stata quindi concordata la necessità di porre in essere ogni azione utile per il contenimento del fenomeno e la salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente circostante.
  Successivamente, l'ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata, autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ha predisposto la deliberazione di sospensione, per un periodo pari a 90 giorni – salvo ulteriore sospensione qualora permangano i presupposti previsti dalla normativa vigente – dell'attività del Centro Olio Val d'Agri che la giunta regionale ha recentemente adottato con DGR del 15 aprile 2017, tenuto conto del principio di precauzione e delle esigenze di prevenzione che impongono di svolgere approfondimenti e opportune ispezioni, al fine di verificare la reale portata dell'inquinamento e di evitare un aggravamento della contaminazione. Con successivo provvedimento del 18 aprile, l'Ufficio Prevenzione e Controllo Ambientale della Regione ha dettato ulteriori prescrizioni.
  Peraltro, il 16 aprile il Sindaco di Grumento Nova ha emesso ordinanza contingibile ed urgente di divieto di uso del terreno agricolo oggetto della potenziale contaminazione e delle acque provenienti dalla rete drenante di scolo nell'area industriale di Grumento-Viggiano.
  Con nota del 18 aprile, ENI ha comunicato di aver avviato le operazioni di chiusura graduale dei pozzi e degli impianti del COVA con la conseguente sospensione temporanea della produzione, precisando che durante il periodo di chiusura proseguiranno le attività di Ministero dello sviluppo economico e sarà assicurata l'ottemperanza delle prescrizioni delle competenti Autorità.
  Ad ogni modo, al fine di supportare le attività degli enti di sorveglianza e controllo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato mandato ad Ispra, nell'ambito del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di svolgere un ruolo di coordinamento finalizzato ad armonizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo le attività delle Agenzie sul territorio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) all'articolo 1 comma 618 dispone che il regime giuridico internazionale di punto franco del Porto Vecchio di Trieste sia spostato ad altre zone legate alle attività portuali per posizione, funzione e logistica;
   il successivo comma 619 stabilisce che: «... le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al demanio marittimo comprese nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera del Porto vecchio di Trieste, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il comune di Trieste aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti all'Autorità portuale di Trieste per gli interventi di infrastrutturazione del Porto nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di punto franco.»;
   si apprende da articoli di stampa locale (Il piccolo del 27 e 28 marzo 2015) che nel mese di marzo il sindaco Cosolini ed il commissario dell'autorità portuale Zeno D'Agostino abbiano raggiunto, alla presenza di rappresentanti della Direzione Generale e della Struttura Territoriale dell'Agenzia del territorio e di dirigenti della regione, un accordo formale per la sdemanializzazione dell'area del Porto Vecchio individuando le aree da destinare al patrimonio disponibile del Comune – magazzini storici, edifici ed aree scoperte – e quelle da lasciare al demanio marittimo – tutta la linea di costa, le banchine inclusa la stazione marittima del Molo Quarto, l'Adriaterminal, gli stabilimenti balneari del dopolavoro ferroviario e del Cral del porto e le società nautiche con sede sul terrapieno di Barcola;
   in particolare, nell'articolo del 28 marzo 2015 viene riportata l'intenzione del sindaco Cosolini di voler accelerare i tempi per la sdemanializzazione e di procedere allo spostamento del punto franco nonché alla vendita delle aree e degli immobili a investitori internazionali appena dopo l'estate;
   come riportato dal Il Piccolo del 9 luglio 2015, l'accordo per la delimitazione dei confini tra gli immobili dell'antico scalo da trasferire al patrimonio disponibile del comune e quelli di proprietà del demanio marittimo è stato firmato l'8 luglio dal direttore dell'agenzia del Demanio Roberto Reggi, dalla presidente regionale Debora Serracchiani, dal commissario straordinario del Porto Zeno D'Agostino, dal comandante della Capitaneria di porto Natale Serrano e dal dirigente del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche Giorgio Lillini;
   da un articolo de Il Piccolo del 20 agosto si apprende che la giunta Cosolini abbia approvato, con delibera, una convenzione con l'autorità portuale relativa all'espletamento in autunno di una gara per l'individuazione di un Advisor che abbia finzioni di consulenza in merito all'approvazione del Piano Strategico per la Valorizzazione del Porto Vecchio. Inoltre, l'articolo specifica che si sia individuata, per il vincitore della gara, la somma di 180 mila euro di cui 110 a carico del comune e 70 dell'autorità portuale;
   sul blog «F.A.Q. Trieste» è stato pubblicato il 2 settembre 2015 un commento in merito alla sdemanializzazione del Porto Vecchio ripercorrendo le tappe temporali dell’iter attuativo e mettendo in evidenza il ritardo dell'intero procedimento rispetto alle previsioni ottimistiche annunciate lo scorso marzo dal sindaco Cosolini; inoltre, vengono annotate una serie di riflessioni relative al passaggio delle aree e delle strutture dal demanio marittimo al patrimonio comunale, che mettono in risalto la necessità di interventi amministrativi e di passaggi burocratici specifici quali la registrazione, la valutazione, la catalogazione ed infine il trasferimento al comune dei beni e delle strutture. Viene anche evidenziato che per la realizzazione di tutti i procedimenti amministrativi si debbano sostenere delle spese, di cui non si conosce l'ammontare, e sia necessario del tempo che difficilmente si possa prevedere –:
   quali iniziative, anche normative, intendano adottare per garantire chiarezza e trasparenza nelle procedure amministrative necessarie per la realizzazione della sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste;
   se esista una stima dei costi e dei tempi reali dell'intero procedimento di sdemanializzazione dell'area e del trasferimento del Punto Franco internazionale e quale sia il valore effettivo del Porto Vecchio di Trieste;
   se reputino necessario prevedere dei controlli, di concerto con il comune di Trieste, la regione Friuli Venezia Giulia, l'autorità portuale di Trieste e l'Agenzia del demanio, per definire i costi dell'operazione ed evitare che lievitino eccessivamente a danno dei cittadini e dell'economia della città di Trieste. (4-10416)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante lo spostamento del porto franco di Trieste e la sdemanializzazione di alcune aree triestine come disposto dall'articolo 1, commi 618 e 619 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali e il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne di questo ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Preliminarmente, occorre precisare che in merito ai costi complessivi per l'operazione di sdemanializzazione delle aree ogni informazione potrà essere fornita dal comune di Trieste.
  Per quanto attiene un aggiornamento di carattere generale sull’iter di spostamento del porto franco di Trieste, la citata direzione generale riferisce che in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 1, commi 618-620 della citata legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), gli enti competenti hanno svolto gli adempimenti tecnico-amministrativi propedeutici alla sdemanializzazione prevista dalla legge di stabilità medesima, addivenendo, già in data 28 aprile 2015, all'individuazione di massima della nuova dividente demaniale, in seguito definitivamente identificata dall'agenzia del demanio mediante rilevazioni tecniche in loco.
  In data 9 luglio 2015 l'autorità portuale di Trieste, la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, l'agenzia del demanio, il provveditorato interregionale alle opere pubbliche (OO.PP.) per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige e la capitaneria di porto di Trieste hanno sottoscritto il verbale di individuazione della nuova dividente demaniale nel porto vecchio.
  Il comune di Trieste, previa stipula di una convenzione con l'autorità portuale in data 15 ottobre 2015, ha provveduto alla selezione pubblica (procedura negoziata ex articolo 125, commi 10 e 11, decreto legislativo, n. 163 del 2006 e successive modificazioni) di un consulente strategico di primario livello globale, ovvero con esperienze internazionali maturate nel settore della valutazione e programmazione strategica di interventi di trasformazione immobiliare a scala urbana, al quale affidare la redazione delle linee guida per l'impostazione di un piano strategico complessivo per la valorizzazione delle aree del porto vecchio di Trieste. La selezione è stata aggiudicata dalla Ernst&Young, primaria società mondiale nel campo dell’advisory.
  Poiché la legge di stabilità 2015 prevede che la sdemanializzazione del porto vecchio consegua all'adozione, da parte del commissario di Governo per il Friuli Venezia Giulia, previa intesa con il presidente della regione Friuli Venezia Giulia e d'intesa con le istituzioni competenti, dei provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di punto franco dal porto vecchio ad altre zone funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali, in data 4 dicembre 2015. L'autorità portuale ha formulato la propria proposta di individuazione di tali zone e il 26 gennaio 2016 il commissario di Governo ha sottoscritto il decreto di trasferimento (prot. 19/9-5/2016).
  Inoltre, si segnala che, in merito al trasferimento dell'area di porto vecchio al comune di Trieste, l'ente locale aveva dato avvio fin dal 2015 alle relative attività catastali e tavolari previste dalla normativa vigente. Queste sono proseguite fino al 22 novembre 2016, data del decreto con il quale il giudice tavolare ha portato a termine la procedura di completamento del libro fondiario, iscrivendo tutte le particelle catastali relative all'intera area di porto vecchio circoscritta dalla nuova dividente demaniale nelle pubbliche tavole ed intavolando il diritto di proprietà in capo al comune di Trieste con efficacia dal 31 dicembre 2016.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il problema dell'erosione della costa già da anni interessa lunghi tratti del litorale laziale, con pesanti ripercussioni sia dal punto di vista ambientale sia da quello dei danni molto ingenti sull'indotto;
   nella zona di Fregene sud, anche a seguito del prolungamento, del molo di Fiumicino e delle scogliere realizzate nella vicina Focene, il mare si è ritirato in modo talmente considerevole da mettere in pericolo l'esistenza stessa della spiaggia, ormai pressoché scomparsa, e delle strutture balneari, un tempo distanti svariate decine di metri dal bagnasciuga;
   sin dal 2013 intercorrono rapporti e si riuniscono tavoli tecnici congiunti tra i rappresentanti istituzionali del comune e della regione, i tecnici dei medesimi enti, rappresentanti dell'Agenzia del demanio, del consorzio di bonifica Tevere Agro Romano, della capitaneria di porto e i rappresentanti dei concessionari, per scongiurare danni al patrimonio naturale, immobiliare, imprenditoriale e culturale della zona;
   in accordo con i concessionari – e su progetto oneroso a carico degli stessi – la Regione aveva individuato un rimedio provvisorio per la tutela di questa parte della costa, al fine di scongiurare ulteriori danni alle strutture balneari, in attesa della soluzione definitiva, per la quale si dichiaravano messi in bilancio quattro milioni di euro;
   lo stato dell'erosione risulta talmente allarmante da far dichiarare già nel marzo 2016 all'Assessore regionale all'ambiente: «Fregene in questo momento per l'erosione è l'emergenza da risolvere della costa laziale, dobbiamo intervenire subito»;
   il 6 aprile 2016 è stato sottoscritto il «Protocollo di Intesa per la redazione di Linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici», tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e tutte regioni costiere italiane;
   in base al Protocollo tutte le amministrazioni sottoscrittrici s'impegnano a collaborare nell'ambito dei propri ruoli e competenze alla definizione della linee guida e all'individuazione di procedure comuni per una corretta e sostenibile gestione della fascia costiera;
   in risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 1393 presentata nell'agosto 2016 dal consigliere regionale Fabrizio Santori sulla problematica relativa all'erosione delle spiagge lungo il litorale laziale, erano stati asseriti la disponibilità e l'impegno per interventi nella zona di Fiumicino e Fregene per un importo di due milioni di euro a seguito della DGR 229/2016, oltre all'intervento emergenziale del geotubo i cui progetti esecutivi sarebbero stati realizzati entro il 31 dicembre 2016;
   le mareggiate degli scorsi mesi di febbraio e marzo hanno prodotto, ancora una volta, ingenti danni alle strutture balneari e commerciali che insistevano sulle spiagge, oltre a cancellare la duna di Focene, barriera naturale che proteggeva l'Oasi del WWF di Macchiagrande, senza che apparentemente nulla sia stato fatto dalle istituzioni preposte per scongiurare l'imminente tragedia;
   ad oggi, con le parole del Sindaco di Fiumicino Montino, «Gli unici interventi per difendere le strutture sono stati realizzati dai singoli operatori interessati che però, senza un intervento complessivo da parte della Regione, non sono risolutivi del problema» –:
   quali interventi di emergenza, per quanto di competenza, si intendano disporre per scongiurare nuovi imminenti danni al patrimonio della costa di Fregene, e quali si intendano promuovere nel lungo periodo per fronteggiare l'erosione delle coste, tutelando le strutture imprenditoriali e l'indotto turistico che producono;
   quali iniziative di competenza intenda assumere nell'ambito del citato Protocollo di Intesa, rispetto alla cui attuazione la Regione Lazio risulta, a parere dell'interrogante, gravemente inadempiente;
   quali siano gli interventi realizzati fino ad oggi dal tavolo tecnico per le regioni costiere istituito in seno al Ministero per l'ambiente. (4-16224)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa a problematiche di erosione della costa laziale, sulla base degli elementi acquisiti dalle competenti direzioni generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente, in via preliminare, che il 6 aprile 2016 tra le regioni rivierasche italiane e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato siglato un protocollo d'intesa per la redazione di «Linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici» ed è stato istituito il Tavolo nazionale per l'erosione costiera (TNEC). Le competenti direzioni generali del Ministero hanno svolto un ruolo di supervisione dei lavori al fine di garantire omogeneità di azione a scala nazionale, mentre il Geoportale nazionale ha assunto il ruolo di infrastruttura cartografica di sintesi nazionale delle attività svolte in materia di difesa delle coste.
  Si fa presente, altresì, che la Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, al fine di ottenere un quadro conoscitivo omogeneo a scala nazionale sull'assetto fisiografico delle coste italiane, ha eseguito una analisi sulle variazioni della linea di costa dal 1960 al 2012 e una serie di elaborazioni preliminari utili a inquadrare l'entità delle problematiche esistenti lungo i litorali.
  Le linee guida, l'analisi fisiografica e le informazioni cartografiche correlate sono disponibili al pubblico attraverso il sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Per il prossimo futuro occorrerà avviare il processo in coordinamento con le regioni rivierasche per la definizione di una norma nazionale che stabilisca le regole per una corretta pianificazione sulla difesa della costa coordinata a scala nazionale e che consenta la sua tutela e protezione in maniera omogenea.
  Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, economici e gestionali delle coste, sono oggetto della pianificazione per la Gestione integrata delle zone costiere (Gizc).
  I dati sulle variazioni della linea di costa del Lazio dal 1960 al 2012 indicano che lungo i complessivi 77,3 chilometri di tratti costieri si è avuto un arretramento di 2,4 chilometri quadrati, mentre lungo complessivi 131,4 chilometri di tratti costieri si è avuto un avanzamento di 4,9 chilometri quadrati. Il bilancio risulta positivo anche grazie a ripascimenti artificiali operati lungo le coste laziali per un complessivo volume di oltre 6.8 milioni di metri cubi di sabbie dal 1997 al 2011.
  Sul tratto costiero che va da Focene a Fregene dal 1960 al 1994 si sono registrati avanzamenti di 70-90 m. Fenomeni di contro tendenza si rilevano, invece, dal 1994 al 2012 che hanno interessato una parte del tratto costiero citato che va da Fregene sud a Focene nord, con maggiori arretramenti in corrispondenza della foce del «Collettore generale delle acque alte» all'altezza dell'oasi Wwf di Macchiagrande. La causa principale di tale fenomeno, probabilmente in evoluzione ancora oggi, è da individuare nel minore apporto dei sedimenti da parte del fiume Tevere e degli altri corsi d'acqua laziali. Infatti negli ultimi 50 anni la foce del fiume Tevere ha subito forti arretramenti dell'ordine di 80-150 m.
  Il dato nazionale, invece, indica che lungo i complessivi 1.534 chilometri di tratti costieri si è avuto un arretramento di 92 chilometri quadrati, mentre lungo i complessivi 1.306 chilometri di tratti costieri si è avuto un avanzamento di 57 chilometri quadrati. Il bilancio, che tiene conto dell'arretramento del delta del fiume Po pari a 27 chilometri quadrati, risulta negativo nonostante siano stati operati ripascimenti artificiali a scala nazionale per un complessivo volume di oltre 21 milioni di metri cubi di sabbie.
  Tra gli interventi operati dalla regione Lazio, nel 2003 è stato eseguito un intervento lungo la costa di Focene utilizzando, oltretutto, circa 500 mila metri cubi di sabbie per ripascimento artificiale dell'arenile.
  Infine, nella banca dati nazionale Rendis di Ispra sono caricati dalle regioni gli interventi di difesa del suolo, compresi quelli di difesa delle coste, individuati e proposti a finanziamento. Ad oggi non risultano caricati interventi di difesa della costa relativi al tratto di Fregene sud – Focene nord.
  A conclusione del processo per la definizione di una norma nazionale sulle regole per una corretta pianificazione sulla difesa della costa coordinata a scala nazionale e al fine di difendere e regolamentare l'uso del suolo delle zone costiere, relativamente agli aspetti fisici, occorrerà che le regioni si dotino dei Piani per la difesa delle coste.
  Nei piani saranno individuati tutti gli elementi necessari per la salvaguardia dei beni esposti a rischio e per evitare incremento del rischio, attraverso l'adozione di regole sull'uso del suolo e l'individuazione di interventi di difesa calibrati, però, a scala di unità fisiografica costiera.
  Si precisa infine che il Tavolo nazionale per l'erosione costiera aveva il solo compito di redigere «Le linee guida nazionali per la difesa della costa» che rappresentano uno strumento tecnico di riferimento che dovrà trovare idonea applicazione nelle fasi di costruzione degli strumenti di pianificazione costiera, quali strumenti ufficiali di settore. Il documento, pubblicato integralmente sul sito istituzionale www.minambiente.it, ha la finalità di affrontare le cause dell'erosione costiera e offrire possibili soluzioni di riequilibrio, protezione e adattamento in relazione al contesto fisiografico del territorio.
  Gli interventi di difesa delle coste sono comunque individuati, progettati e realizzati dalle regioni.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a svolgere le proprie attività con il massimo grado di attenzione sulla questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   RIBAUDO e CULOTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel pomeriggio del 16 gennaio 2017 tre pescherecci del distretto di Mazara del Vallo, il Principessa Prima, l'Antartide e il Grecale, regolarmente impegnati nell'attività di pesca in acque internazionali, sono stati affiancati e mitragliati da una imbarcazione con a bordo miliziani libici a circa 20 miglia dalle coste di Bengasi e Derna;
   fortunatamente le imbarcazioni sono riuscite a sfuggire all'attacco ed a un possibile sequestro che avrebbe avuto delle conseguenze imprevedibili, anche se l'attacco ha provocato ingenti danni ai pescherecci colpiti dal fuoco degli aggressori ed ha costretto gli equipaggi all'abbandono delle reti in mare, costringendo altresì le imbarcazioni all'abbandono della zona di pesca ed al conseguente fermo delle attività;
   non è la prima volta che la vita dei pescatori siciliani viene messa seriamente a rischio da veri e propri atti di pirateria: il grave incidente citato è l'ultimo in ordine temporale di una guerra che da oltre 50 anni affligge la marineria mazarese, la «guerra del pesce», con costi sia umani che economici altissimi;
   è necessario che le autorità regionali e nazionali mettano in campo tutti gli strumenti finalizzati a creare un clima di dialogo positivo e di cooperazione con le autorità di tutti i Paesi del Mediterraneo, garantendo così l'incolumità degli equipaggi e la sicurezza dei pescherecci –:
   se il Governo non ritenga necessario intraprendere iniziative urgenti, attivando tutti gli strumenti politici, diplomatici, economici e finanziari, nelle sedi comunitarie ed internazionali competenti, per evitare episodi come quello che ha coinvolto la marineria mazarese. (4-15356)

  Risposta. — In merito a quanto rappresentato dall'interrogante, la difficoltà delle autorità libiche nell'assicurare il controllo delle coste è questione ben nota, in primo luogo per le ripercussioni in tema di traffico di esseri umani. Per questa ragione, il nostro Paese è da tempo impegnato per rafforzare in maniera visibile e rapida le capacità operative delle amministrazioni libiche che operano in mare, in primo luogo la Guardia costiera e la Guardia di polizia marittima. Il dialogo con le Istituzioni libiche è costante e fruttuoso e riguarda tutte le articolazioni del nostro Paese interessate, come dimostrato dal positivo esito della prima riunione del Comitato misto per l'attuazione dell'intesa sul traffico di esseri umani firmato dal Presidente Gentiloni e dal Presidente Serraj a Roma il 2 febbraio 2017. Il nostro impegno si esprime inoltre nella dimensione europea, in quanto la sicurezza nel Mediterraneo è un interesse di tutti i Paesi dell'UE, attraverso in primo luogo l'azione della Missione Eunavformed Sophia.
  Se l'obbiettivo più immediato e urgente della nostra azione nel settore è quello di assicurare la più efficace collaborazione nella lotta al traffico di esseri umani, è anche evidente che attraverso il rafforzamento delle Amministrazioni libiche competenti ad operare in mare è possibile prevenire gravi episodi di violenza come quello cui l'interrogante fa riferimento, che, in questo caso, hanno colpito, fortunatamente senza conseguenze, i tre motopescherecci di Mazara del Vallo.
  Il più recente episodio del peschereccio «Ghibli primo», fermato il 14 maggio 2017 al largo di Derna e rilasciato qualche ora dopo a seguito di un'intensa azione diplomatica condotta dalla Farnesina, rappresenta un'ulteriore testimonianza del forte impegno del Governo a tutela della sicurezza di pescherecci italiani nel Mediterraneo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Basilicata la risorsa più importante è l'acqua che viene usata per scopo irriguo e potabile;
   il lago del Pertusillo si trova in una zona ricca di risorse idriche, con fertili aree agricole, in gran parte nel Parco Nazionale della Val d'Agri, ma che ospita 25 pozzi petroliferi attivi. Nel lago scaricano infatti 3.200 tubature che riversano materiale inquinante (dato fornito dall'Arpab) e gli scarichi sono sia privati che pubblici;
   nei giorni tra il 7 e il 12 febbraio Eni ha dichiarato a mezzo stampa che proseguono gli interventi di messa in sicurezza e la realizzazione di sondaggi del terreno ed accertamenti ambientali interni ed esterni al Centro Olio Val d'Agri (Cova), tramite l'impiego di 5 unità per la realizzazione dei sondaggi. Sono stati effettuati, ad oggi, nel perimetro del Cova sei sondaggi a una profondità dai 6 fino ai 12 metri, e in uno dei carotaggi è stata riscontrata la presenza di tracce di idrocarburi. Infine, segnala che, nel corso delle ulteriori verifiche condotte sulla rete fognaria all'esterno del Cova, sono state riscontrate tracce di idrocarburi in un pozzetto posto a valle del primo già oggetto d'intervento e sequestro (http://www.quotidianodelsud.it);
   nella giornata di domenica 19 febbraio 2017, come riportato dalla stampa (https://fattodavoi.ilfattoquotidiano.it) è stato notato un anomalo cambio di colore delle acque del bacino del Pertusillo, da attribuirsi presumibilmente ad uno dei serbatoi di stoccaggio del greggio stabilizzato presenti nell'impianto del Centro Oli di Viggiano;
   le sostanze trattate all'interno della Raffineria sono per loro natura inquinanti e pericolose;
   quali iniziative si intendano assumere per controllare in modo puntuale l'invaso del Pertusillo ed evitare gli eventuali sversamenti non autorizzati, al fine di prevenire il grave rischio di inquinamento e danno ambientale e garantire conseguentemente lo stato qualitativo dell'acqua. (4-15878)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente, in via preliminare, che le attività di controllo, prevenzione e contrasto agli illeciti ambientali, compresa l'irrogazione delle relative sanzioni, sono poste in capo agli enti territoriali. Ad ogni modo, si rappresenta che il lago artificiale del Pertusillo rientra sia nel Parco nazionale dell'Appennino Lucano-Val d'Agri-Lagonegrese, sia nel sito Natura 2000 SIC «Lago Pertusillo», individuato ai sensi della direttiva «Habitat» (92/43/CEE).
  Nell'ambito della relativa attività di vigilanza condotta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e in relazione ad ulteriori indagini, è stato acquisito il rapporto dell'Ente parco nazionale nel quale sono riportate notizie in merito alle iniziative correlate all'inquinamento delle acque del bacino lacustre.
  In particolare, viene riferito che, con determina dirigenziale del 5 luglio 2013, la regione Basilicata ha disposto di affidare all'Ente parco l'incarico per il controllo degli affluenti dell'invaso del Pertusillo. L'Ente parco, di concerto con le autorità preposte, ha provveduto a porre in essere una serie di controlli mirati a prevenire, ed eventualmente reprimere, i fenomeni di sversamenti illeciti nel lago.
  L'attività di controllo delle aziende zootecniche è stata coordinata, invece, dal Comando provinciale dell'ex Corpo forestale dello Stato di Potenza il quale sta svolgendo approfondimenti anche sulle analisi relative alla presenza di idrocarburi nei fanghi e sedimenti dell'invaso. Ulteriori controlli vengono svolti dal gestore del Servizio idrico integrato, Acquedotto pugliese (Aqp), che effettua regolarmente i controlli sull'acqua grezza derivata dal Pertusillo. Prima della potabilizzazione, l'Aqp effettua, oltre i controlli previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 necessari per la classificazione della qualità delle acque, ulteriori analisi di controllo per meglio gestire i processi di potabilizzazione. L'impianto di potabilizzazione dell'Aqp è dotato di sezioni di trattamento adeguate alla tipologia di acque da trattare e di una stazione finale di trattamento a carboni attivi che rappresenta una ulteriore cautela rispetto ad eventuali presenze di microinquinanti.
  Per quanto concerne il presunto recente sversamento accidentale di idrocarburi da un serbatoio del Cova si fa presente che sulla questione si è attivata la Procura di Potenza la quale ha evidenziato che il 3 febbraio 2017 i militari del Noe, a seguito di segnalazione, hanno rinvenuto uno scarico in aree prospicienti al Cova di Viggiano attinto da reflui di origine ignota aventi le caratteristiche organolettiche degli oli minerali. Procedevano quindi al sequestro del pozzetto ove confluiva il predetto scarico e al campionamento del refluo, con sequestro dei relativi campioni. Sono state immediatamente avviate indagini al fine di individuare la natura dei reflui e l'eventuale propagazione di sostanze inquinanti. In particolare, sono stati disposti accertamenti tecnici ai sensi dell'articolo 360 codice di procedura penale sui campioni in sequestro, di cui sono attesi gli esiti. Peraltro, le prime analisi condotte da Arpa Basilicata hanno confermato la presenza nel pozzo di idrocarburi e di ammine filmanti, dato quest'ultimo che rende certa la provenienza dei reflui dal Cova.
  Inoltre, come riferito dagli uffici giudiziari procedenti, il 4 febbraio 2017 Eni ha dato avvio alla procedura di messa in sicurezza d'emergenza e sta realizzando sondaggi e piezometri, sia all'interno che all'esterno del Cova, campionamento dei terreni investigati e loro analisi, campionamento delle acque sotterranee e loro analisi, nonché l'emungimento degli idrocarburi che fuoriescono, da avviare a smaltimento. Il 6 marzo 2017, l'Eni ha trasmesso il Piano di caratterizzazione del Cova a tutte le autorità ed enti competenti.
  È stata, inoltre, conferita delega al Noe per acquisire eventuali accertamenti effettuati dall'Arpab in relazione al bacino del Pertusillo. In particolare, l'Arpab ha segnalato di aver individuato per l'invaso un punto di campionamento situato il più possibile vicino al «Punto Presa» che è un punto in prossimità della condotta idrica che trasporta le acque superficiali verso il potabilizzatore. In base alle risultanze delle determinazioni analitiche effettuate, l'invaso del Pertusillo è classificato nella categoria A2 che prevede un trattamento chimico-fisico e disinfezione delle acque da potabilizzare e un numero minimo di campionamenti annuali pari a 8. L'Arpab ha, inoltre, eseguito campionamenti presso lo «Sbarramento» e presso la località Traversiti, su richiesta dei comuni interessati. Le analisi condotte di iniziativa dall'Arpab presso l'invaso e acquisite dalla procura di Potenza tramite il Noe hanno mostrato che in tutti i campioni prelevati e analizzati a tutt'oggi le concentrazioni dei vari parametri sono sempre risultate inferiori al limite di determinazione analitico.
  L'Arpab ha fatto presente, inoltre, di aver eseguito in data 27 febbraio 2017 una campagna mirata sull'intero invaso individuando, in particolare, 5 stazioni di indagine. Le analisi ecotossicologiche sulla matrice acqua e sedimenti non hanno evidenziato fenomeni di tossicità. L'agenzia ha fatto presente, altresì, che le indagini sinora condotte hanno evidenziato la presenza di microalghe. È stato, peraltro, eseguito un ulteriore campionamento di acque e le analisi sia chimiche che biologiche sono in corso. Si rappresenta, comunque, che il primo rapporto tecnico dell'Arpab è stato pubblicato sul sito istituzionale dell'agenzia in data 21 marzo 2017.
  La procura di Potenza segnala, altresì, che allo stato proseguono le indagini per accertare le responsabilità penali e la propagazione nel terreno e nelle acque superficiali e sotterranee di sostanze inquinanti che potrebbero avere interessato l'invaso del Pertusillo.
  L'Arpab ha rappresentato, inoltre, che i propri tecnici ed i ricercatori dell'Ispra, con i responsabili dell'Eni, stanno attivando tutte le analisi di competenza per una mappatura in dettaglio del livello della contaminazione sia dal punto di vista dell'estensione che della profondità, al fine di indagare sull'eventuale interessamento delle falde acquifere.
  Occorre, inoltre, evidenziare che l'agenzia ha svolto anche attività di controllo sulle misure di messa in sicurezza d'emergenza nelle aree interne ed esterne al centro oli Val D'Agri. In particolare, l'8 marzo 2017 è stato effettuato un sopralluogo nei luoghi interessati dall'evento di contaminazione e alla verifica e valutazione delle attività di messa in sicurezza. A seguito di tale ricognizione, sono state formulate ad Eni alcune richieste, allo scopo di ottimizzare le attività programmate. Il 9 marzo l'Arpab ha svolto un ulteriore sopralluogo. Nell'area interna al Cova sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee mentre nell'area esterna al Cova sono stati prelevati 2 campioni di acque sotterranee e 4 campioni di terreno. L'agenzia è in attesa dei risultati analitici. A seguito di tali sopralluoghi e delle successive valutazioni da parte dei tecnici, l'Arpab ha chiesto ad Eni di realizzare 3 sondaggi aggiuntivi all'esterno e all'interno del centro Cova. Inoltre, in data 12 marzo 2017, il personale dell'agenzia ha svolto un ulteriore sopralluogo e campionamento nelle aree esterne al centro oli, prelevando 3 campioni di acque sotterranee, di cui si attendono i risultati analitici.
  Si segnala, peraltro, che il 13 marzo si è tenuto un incontro, presso l'Arpab, durante il quale i rappresentanti Eni hanno assicurato la massima collaborazione e ribadito la disponibilità a mantenere gli impegni, già assunti e concordati nell'ambito del tavolo tecnico indetto dalla regione Basilicata il 28 febbraio 2017, di consentire ai tecnici dell'agenzia di effettuare i carottaggi ed altri eventuali campionamenti all'interno e all'esterno del Cova, e ulteriori tre sondaggi integrativi all'attività di messa in sicurezza d'emergenza, come richiesto dalla stessa Arpab durante l'incontro.
  Si fa presente, altresì, che il 21 marzo 2017 si è svolto presso la procura della Repubblica di Potenza un incontro dei magistrati requirenti con i funzionari dell'Arpab e dell'Ispra, al fine di coordinare le rispettive attività di competenza. In tale occasione, è stato convenuto che l'Arpab svolgerà i propri accertamenti in stretto contatto con il Consulente tecnico nominato dalla procura, mentre l'Ispra svolgerà, in altro settore di indagine, compiti di ausiliario di polizia giudiziaria.
  Nel pomeriggio del 15 aprile 2017, si è tenuta presso la prefettura di Potenza una riunione per esaminare le criticità createsi a seguito dell'aumento dei valori di contaminazione nelle acque superficiali prossime al Cova, in relazione ai più recenti risultati delle analisi prescritte dall'Arpab ad Eni. Nel corso dell'incontro, i rappresentanti della regione Basilicata e dell'Arpab hanno, infatti, sottolineato che i risultati relativi al monitoraggio effettuato nel periodo dal 22 febbraio al 6 aprile 2017, comunicati da Eni con nota dell'11 aprile 2017 hanno evidenziato un trend crescente del parametro «solventi organici aromatici» in quantità superiori a quelle previste, tali da ipotizzare la «migrazione» della contaminazione. Al termine dell'incontro, è stata quindi concordata la necessità di porre in essere ogni azione utile per il contenimento del fenomeno e la salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente circostante.
  Successivamente, l'Ufficio compatibilità ambientale della regione Basilicata, autorità competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ha predisposto la deliberazione di sospensione, per un periodo pari a 90 giorni – salvo ulteriore sospensione qualora permangano i presupposti previsti dalla normativa vigente – dell'attività del centro olio Val d'Agri che la Giunta regionale ha recentemente adottato con DGR del 15 aprile 2017, tenuto conto del principio di precauzione e delle esigenze di prevenzione che impongono di svolgere approfondimenti e opportune ispezioni, al fine di verificare la reale portata dell'inquinamento e di evitare un aggravamento della contaminazione. Con successivo provvedimento del 18 aprile, l'Ufficio prevenzione e controllo ambientale della regione ha dettato ulteriori prescrizioni.
  Peraltro, il 16 aprile il sindaco di Grumento Nova ha emesso ordinanza contingibile e urgente di divieto di uso del terreno agricolo oggetto della potenziale contaminazione e delle acque provenienti dalla rete drenante di scolo nell'area industriale di Grumento-Viggiano.
  Con nota del 18 aprile, Eni ha comunicato di aver avviato le operazioni di chiusura graduale dei pozzi e degli impianti del Cova con la conseguente sospensione temporanea della produzione, precisando che durante il periodo di chiusura proseguiranno le attività del Ministero dello sviluppo economico e sarà assicurata l'ottemperanza delle prescrizioni delle competenti Autorità.
  Ad ogni modo, al fine di supportare le attività degli enti di sorveglianza e controllo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato mandato ad Ispra, nell'ambito del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di svolgere un ruolo di coordinamento finalizzato ad armonizzare da un punto di vista qualitativo e quantitativo le attività delle agenzie sul territorio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 4 aprile 1995 un'ordinanza del comune di Solofra (AV) fa divieto assoluto di utilizzo nel ciclo tecnologico di concia di alcune sostanze chimiche tra cui il tetracloroetilene e di provvedere all'istallazione di campionatore automatico per le aziende direttamente allacciate alla fognatura consortile;
   il 14 aprile 1995 c’è la dichiarazione da parte della Presidenza del Consiglio di ministri dello stato di emergenza in ordine alla situazione socio-economica ed ambientale che si è determinata nel bacino idrografico del fiume Sarno con intervento mirato al completamento dello schema depurativo dell'Alto Sarno e alla definizione di quello del Medio Sarno;
   nel 2009 da uno studio «Indirizzi ed azioni per la tutela della risorsa idrica e del paesaggio per il parco regionale dei monti Picentini» si evinceva, citando dati dell'Arpa Campania, che i pozzi di Chiusa (Montoro Superiore) e di Consolazione (Solofra) erano inquinati da tetracloroetilene;
   nel gennaio del 2014 viene sospesa l'erogazione di acqua potabile a Motoro e Solofra;
   il 12 febbraio 2014 lo scrivente presenta un'interrogazione a risposta in commissione, n. 5-02140;
   il 24 febbraio 2014 c’è l'approvazione da parte dell'Ato Calore Irpino del piano per la messa in sicurezza di emergenza da attuarsi per il contenimento della contaminazione da tetracloroetilene nella falda profonda dell'area Solofrana-montorese (articolo 245 e 304 del decreto legislativo n. 152 del 2006);
   il 30 ottobre 2014 lo scrivente presenta un'interrogazione a risposta scritta, n. 4-06677;
   il 21 gennaio 2015 il sindaco di Montoro scrive alla procura della Repubblica, alla prefettura di Avellino, al Ministero dell'ambiente, agli assessori regionali Romano e Cosenza, ad Arpac e Asl pregandoli di intervenire per quanto di competenza sulla vicenda ambientale torrente Solofrana;
   l'11 marzo 2015 a Montoro si riscontra la presenza di metalli pesanti superiori alla norma sui suoli interessati dall'esondazione della Solofrana il primo settembre 2014, accertata dai verbali dei rapporti di prova effettuati dall'Arpac. Il sindaco Mario Bianchino emette ordinanza di divieto ai fini cautelari della «coltivazione per derrate alimentari sui terreni invasi»;
   il 9 giugno 2015 a Montoro si vieta l'utilizzo ad uso umano dell'acqua dei pozzi Piazza di Pandola e Valchieria per concentrazione di nitrato superiore al valore consigliato;
   il 16 luglio 2015 c’è l'approvazione da parte dell'Ato del progetto esecutivo del piano di caratterizzazione delle aree interessate dal fenomeno dell'inquinamento da tetracloroetilene della falda Solofrana montorese in provincia di Avellino;
   il 21 agosto 2015 le analisi dell'Arpac effettuate sulle acque della Solofrana evidenziano la presenza di cromo e alluminio in valori al di sopra dei parametri fissati per legge;
   nel corso del 2016 si forma un comitato di cittadini attivi prevalentemente montoresi, che, spinti dal silenzio istituzionale e dall'esasperazione di subire sversamenti quotidiani, decidono di pattugliare fisicamente vari punti del fiume, coinvolgendo le forze dell'ordine, i sindaci, l'Arpac;
   il 21 dicembre 2016, con decreto dirigenziale 1031 la regione Campania stanzia 1 milione e 200 mila euro, attinti dal Por 2014/2020, per il piano di caratterizzazione comprendente l'area solofrana — montorese. L'intervento servirà a monitorare il processo della contaminazione della falda acquifera da tetracloroetilene, che portò alla chiusura di due pozzi a Solofra ed uno a Montoro;
   a fine marzo 2017 il comitato dei cittadini ambientalisti terrà una marcia per tenere alta l'attenzione sul problema degli sversamenti illeciti registrati anche in queste settimane nel fiume Solofrana –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere in via prioritaria ed urgente al fine di risolvere la grave situazione di inquinamento in cui versa la falda acquifera montorese — Solofrana.
(4-15843)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti dagli enti territoriali competenti, si rappresenta quanto segue.
  L'Arpac dipartimento di Avellino, interpellata anche dalla prefettura di Avellino, fa presente, in via preliminare, che, sin dalla sua istituzione, ha effettuato il monitoraggio delle acque del torrente Solofrana al fine di definire lo stato ambientale e fornire dati necessari all'adozione di provvedimenti e misure tecniche finalizzate alla riduzione degli elevatissimi impatti antropici derivanti prevalentemente dall'industria conciaria nei territori dei comuni di Solofra e Montoro.
  Per quanto concerne il torrente Solofra, segnala che, a seguito dei numerosi interventi effettuati sia nell'ambito del monitoraggio che del supporto alle forze dell'ordine, da tempo è stato acclarato che la contaminazione delle acque superficiali è essenzialmente connessa alla presenza di cromo in concentrazioni superiori ai limiti normati, riconducibile ai frequenti scarichi anomali di reflui conciari. Il torrente in questione, infatti, non è interessato da scarichi di depuratori di reflui urbani che vengono trattati nell'impianto consortile di mercato Sanseverino ove, da qualche anno, confluisce anche lo scarico del depuratore dell'area ASI di Solofra.
  Inoltre, al fine di aggiornare lo stato delle attività svolte dall'Arpac, da quest'anno la stazione di monitoraggio sul corso d'acqua è in Contrada Sala del comune di Montoro, dove il torrente ha una costante presenza di acqua in alveo. Lo spostamento del punto di monitoraggio si è reso necessario in quanto, in località Ponte San Pietro, l'alveo del corso d'acqua è frequentemente asciutto. I dati del monitoraggio chimico-fisico sulla qualità delle acque superficiali, per gli anni 2013-2015 per gruppi di inquinanti (metalli, composti organici volatili e idrocarburi policiclici aromatici), attestano quanto precedentemente descritto, ovvero che l'inquinamento del corso d'acqua ha natura industriale con ricadute sull'ecosistema acquatico, monitorato anch'esso nel 2015. Lo stato ecologico riscontrato è stato scarso.
  Gli impatti negativi derivanti dalle fonti di pressione citate sono stati riscontrati anche in un significativo fenomeno di inquinamento da tetracloroetilene rilevato durante campionamenti di pozzi ad uso industriale e potabile effettuati dall'Arpac nell'ambito di attività d'indagine disposte dall'autorità giudiziaria; inquinamento non riscontrato nella stazione ACC 7, unico punto di prelievo della rete di monitoraggio istituzionale, affidato al dipartimento di Avellino, localizzato a monte dell'area industriale.
  L'Arpac, infine, segnala che, in attesa dell'avvio delle attività di caratterizzazione, si è programmato di estendere l'attività di controllo sulla qualità delle acque sotterranee ad ulteriori tre pozzi nel territorio del polo conciario, in vista dell'incremento dei punti di monitoraggio nella rete regionale da parte della Direzione Tecnica Arpac.
  Secondo quanto riferito dalla regione Campania, con D.D. n. 474 del 10 luglio 2015, è stato approvato il piano di caratterizzazione per l'area Solofrana-Montorese, ricompresa nei comuni di Solofra e Montoro (AV) in ditta «ATO Calore IRPINO», con il quale è stato disposto l'invio degli esiti della Caratterizzazione entro il termine di sei mesi dalla data di rilascio del Decreto; trascorso detto termine, la U.O.D. 14 – Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di AV – con nota del 7 ottobre 2016, ha invitato l'ATO 1 a trasmettere gli esiti della Caratterizzazione e quest'ultimo, il 17 ottobre 2016, ha comunicato che, per carenza di finanziamento dell'intervento, non è stato possibile procedere alla stipula del contratto per l'attuazione del Piano di Caratterizzazione; pertanto, la direzione generale per l'ambiente e l'ecosistema ha reso noto la proposta di programmazione del finanziamento della caratterizzazione a valere sulle risorse del POR FESR Campania 2014/2020.
  La U.O.D. 14 – autorizzazioni ambientali e rifiuti di AV – ha sollecitato l'Ato1, in data 2 febbraio 2017, ad inviare gli esiti della caratterizzazione.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, questo Ministero continuerà a tenersi informato, tenendo alto il livello di attenzione sulla questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   TIDEI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'approvazione da parte del Cipe della realizzazione della Orte-Mestre sarà per Civitavecchia e il suo porto un importante collegamento con i corridoi europei, in special modo in questo momento in cui il più grande scalo passeggeri del mediterraneo si appresta a sviluppare anche la sua componente container;
   Civitavecchia può vantare un primato di infrastrutture cielo-terra-mare per la vicinanza all'aeroporto di Fiumicino, la linea ferroviaria Roma-Ventimiglia il porto con rotte che si dipanano verso i paesi del Nord Africa e dell'Europa mediterranea e che accoglie navi turistiche e commerciali da tutto il mondo;
   nel programma del Cipe non sono stati inseriti i 18 chilometri mancanti per il collegamento tra Civitavecchia e Orte, tratto logistico che potrebbe essere cruciale per tutto il centro Italia, permettendo di collegare uno dei porti più importanti del paese con la futura arteria;
   fonti giornalistiche relative al 19 Ottobre 2013 riportano i fatti accaduti nella conferenza Ten- T Days svoltasi a Tallin: «...Il meeting è stato l'occasione per un incontro tra il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi, il commissario Kallas e lo stesso Monti, Presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia. Al termine della riunione, è stato firmato il documento che assegna fondi europei delle reti Ten-t all'Autorità Portuale di Civitavecchia e all'Anas per la progettazione del completamento della superstrada trasversale Civitavecchia-Orte, per un importo pari a 2 milioni di euro. Durante l'incontro, sono stati anche evidenziati il ruolo e l'importanza del porto di Civitavecchia nella logistica europea...»;
   è di tutta evidenza che i 18 chilometri incompiuti potrebbero provocare a Civitavecchia e a tutto il comprensorio un notevole danno di carattere socioeconomico, sanabile con uno sforzo nella direzione del completamento del tratto Civitavecchia-Orte, che da molti anni rappresenta una delle richieste più urgenti di tutto il litorale della provincia di Roma –:
   se il Ministro interrogato, dopo aver verificato la situazione descritta in premessa, non intenda convocare un incontro con l'Anas, la regione e gli enti locali interessati al fine di assicurate la copertura economica sufficiente al completamento del tratto Civitavecchia-Orte.
(4-02604)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali e da ANAS s.p.a., si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come già riferito il 4 luglio 2017, in occasione dello svolgimento di interrogazioni in aula Camera, la procedura autorizzativa, compresa la valutazione di impatto ambientale del progetto preliminare della tratta Monte Romano est – Civitavecchia, è stata avviata il 29 luglio 2015.
  Il tracciato, oggetto della fase autorizzativa, è il risultato dell'analisi multicriteria elaborata dalla società Anas sulla cui base è stato individuato un percorso ottimale sia da un punto di vista ambientale – relativamente agli aspetti vincolistici, ambientali, archeologici ed idrogeologici – che da un punto di vista economico, in termini di rapporto costi-benefici.
  Il 15 marzo scorso si è chiusa la conferenza dei servizi; in tale sede sono stati acquisiti i pareri favorevoli degli enti interessati ad eccezione del parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), del comune di Tarquinia e del consorzio di bonifica della maremma etrusca.
  I competenti uffici di questo ministero – considerato il parere negativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al fine di pervenire ad una concorde definizione del dissenso manifestato tenuto conto della rilevanza dell'opera e preso atto dell'analisi multicriteria alla base dell'individuazione del tracciato – hanno chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri di attivare la procedura prevista dall'articolo 183, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006, demandando la composizione del dissenso alla prima seduta utile del Consiglio dei ministri.
  Inoltre, a seguito della riunione del 29 maggio 2017 presso il dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, lo stesso dipartimento il successivo 31 maggio ha provveduto ad inoltrare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nota con la quale invitava il Ministero a fornire, entro il termine di 45 giorni, eventuali prescrizioni o misure di mitigazione concernenti il «tracciato verde» oggetto della conferenza dei servizi; ciò al fine di consentire al Consiglio dei ministri di adottare il provvedimento di compatibilità ambientale e permettere a questo Ministero di sottoporre il progetto al Cipe prima della pausa estiva.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   TIDEI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione presentata dal deputato Moscatt, alla quale il Sottosegretario di Stato alla difesa, Gioacchino Alfano, ha risposto in data 12 gennaio 2017, presso la IV Commissione della Camera, si rilevava la particolare sensibilità in materia di sostenibilità ambientale e di salute pubblica che si è sviluppata nell'area di Civitavecchia, in ragione della presenza di diversi impianti a forte impatto ambientale;
   nella relativa risposta il Sottosegretario ha affermato con riferimento all'esistenza di «un confronto tecnico con le istituzioni regionali e locali, nell'immediato, per l'individuazione di una soluzione di rimozione dei monoliti cementizi», che «in coerenza con gli impegni assunti in sede di riunione con le Autorità locali è stata completata l'attività di valutazione e catalogazione dei monoliti» –:
   se sia già iniziata la procedura per lo smaltimento dei monoliti e, in caso affermativo, quali siano i tempi previsti per terminare l'attività. (4-16756)

  Risposta. — Riguardo allo smaltimento dei monoliti stoccati presso il Centro tecnico logistico interforze (CETLI) NBC di Civitavecchia, si conferma che tale tematica è costantemente all'attenzione del Dicastero; proseguiamo nel percorso intrapreso, rispettando gli impegni assunti, quale quello di dislocare altrove il materiale.
  Entrando nello specifico, a seguito di una analisi attenta delle possibili modalità esecutive, la Difesa ha incaricato la NATO
Support and Procurement Agency (NSPA), scelta per la sua consolidata esperienza nel settore, a livello internazionale, di elaborare un capitolato tecnico e, successivamente, di procedere all'esperimento di una gara per l'individuazione di una ditta abilitata e specializzata nelle attività di rimozione e smaltimento del materiale.
  Il requisito principale è quello di eseguire le attività nel pieno rispetto delle vigenti normative nazionali e internazionali di riferimento, sia per gli aspetti legati ai vincoli ambientali sia per quelli di sicurezza dei lavoratori.
  L'Agenzia ha pubblicato, quindi, il bando di gara, indicando il 20 giugno 2017 quale termine ultimo per la presentazione delle offerte commerciali, la cui valutazione è attualmente in corso.
  Secondo l'attuale cronoprogramma, il trasferimento dei monoliti inizierà nell'ultimo trimestre dell'anno corrente, considerando i tempi necessari per la l'accettazione dell'offerta e la stipula del relativo contratto.

Il Sottosegretario di Stato per la difesaGioacchino Alfano.


   TONINELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le province della Lombardia sono interessate da numerosi e gravissimi episodi di inquinamento ambientale, in particolare relativi alla presenza di numerose discariche abusive, indebitamente rimosse dall'intervento dello Stato nell'ambito delle procedure di infrazione avviate dall'Unione europea, fino a far parlare la stampa nazionale, relativamente a zone come quella del cremonese, del rischio che la presenza di discariche e rifiuti pericolosi trasformi le aree interessate in una nuova «terra dei fuochi», simile a quella più nota collocata nelle aree del napoletano e del casertano. Si possono ricordare, tra i casi più recenti, quelli del sequestro della discarica di Cavenago d'Adda (Lodi) dello scorso gennaio;
   a tali criticità si aggiungono tutte quelle derivanti dai sempre più frequenti rilievi di materiali altamente pericolosi nelle aree urbane: si pensi, per quanto riguarda alla sola città di Cremona, al sequestro preventivo un'area di 5.300 metri quadrati in via San Bernardo, confinante con una scuola frequentata da molti bambini le cui strutture erano già state oggetto di crolli risalente allo scorso ottobre, o i 26 garage sequestrati in via Giuseppina lo scorso gennaio, per limitarsi ai casi più recenti;
   si può fare riferimento, infine, al rapporto sugli illeciti ambientali di Legambiente «Ecomafia 2014», nel quale a fronte dei 29.274 infrazioni penali ambientali accertate negli ultimi 12 mesi, in calo del 14,2 per cento rispetto all'anno precedente su scala nazionale, vede un aumento del ciclo illegale del cemento nell'area di Brescia;
   a fronte di questa situazione, la struttura del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, con sede e Brescia e competente per le province di Brescia, Cremona, Mantova e Bergamo risulta essere attualmente composto da sole due unità operative. Questa situazione, è opportuno ricordarlo, fa riferimento ad un deficit di personale non solo riferito ad un arco temporale recente, ma lungamente risalente nel tempo –:
   quale sia nel dettaglio lo stato delle iniziative annunciate relativamente alla questione della carenze di personale presso la struttura del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Brescia;
   se intenda assumere con urgenza ogni provvedimento necessario all'incremento dell'organico presso le strutture del succitato Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Brescia. (4-08594)

  Risposta. — In merito al quesito posto dall'interrogante, preme innanzitutto rappresentare che il Nucleo operativo ecologico (N.O.E.) di Brescia non ha manifestato, nel periodo in riferimento, alcuna flessione in termini di attività sia ispettiva che investigativa, rispondendo più che adeguatamente alle varie esigenze istituzionali.
  Per ciò che attiene all'alimentazione di tali reparti speciali, essa è garantita attraverso specifiche «interpellanze» per la frequenza di un corso della durata di otto settimane, al termine del quale il personale idoneo è assegnato alle sedi deficitarie.
  I corsi di formazione sono pianificati solo a seguito dello stanziamento di appositi fondi da parte del Ministero dell'ambiente, dal quale dipende funzionalmente il comparto di specialità.
  Eventuali carenze di personale vengono, inoltre, ripianate dal dell'Arma dei Carabinieri tramite il trasferimento quando possibile delle unità già specializzate, in modo da bilanciare, senza ricadute sul piano operativo, le consistenze organiche nell'ambito degli stessi nuclei attivi sul territorio nazionale.
  Con particolare riguardo al N.O.E. di Brescia, si segnala che gli aspetti concernenti l'attività ordinativa e strutturale del reparto sono all'attenzione del comando generale.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaDomenico Rossi.