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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 25 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,
   premesso che:
    l'Italia ha firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011;
    si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;
    il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica con la legge n. 77 del 2013; pertanto la Convenzione è in vigore dal 1o agosto 2014;
    l'articolo 3 della Convenzione precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne; una volta recepita, il suo testo è stato ovviamente tradotto in lingua italiana, a differenza del cosiddetto « Explanatory Report», fondamentale per comprendere correttamente il significato di tutti i termini utilizzati nella stessa;
    ai sensi della Convenzione, è stato istituito un gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence – Grevio), incaricato di monitorare l'attuazione della stessa da parte degli Stati aderenti;
    il Grevio è tenuto a pubblicare i report valutativi degli strumenti adottati dalle Parti per attribuire efficacia alle previsioni contenute nella Convenzione;
    allo stato attuale sono due gli Stati che, sulla base del timetable stabilito dallo stesso Consiglio, hanno sottoposto i propri report al controllo del Grevio: l'Austria e il Principato di Monaco, che hanno inviato il questionario il 1o settembre 2016;
    il questionario è stato adottato dal Grevio l'11 marzo 2016, e prevede, al punto C, intitolato « State obligations and due diligence», che i report debbano contenere tutte le informazioni rilevanti affinché sia possibile un monitoraggio sufficiente a prevenire, investigare, punire e garantire la riparazione per qualsiasi atto di violenza di cui alla Convenzione, perpetrato da parte dei soggetti non statali; esso prevede, inoltre, che le Parti reagiscano a tutte le forme di violenza descritte dalla stessa, in modo tale da permettere alle autorità di agire in modo conforme agli obblighi convenzionali;
    il questionario del Grevio è stato elaborato esclusivamente in lingua francese e inglese;
    l'Italia sarà chiamata alla trasmissione del proprio report nel gennaio 2018; pertanto, a partire da questa data, sulla base della compilazione effettuata, sarà possibile verificare l'efficacia degli strumenti utilizzati per l'attuazione dei precetti contenuti nella Convenzione;
    nelle amministrazioni pubbliche italiane potrebbe non esserci un'adeguata traduzione del questionario, in particolare per le parti normative che si riferiscono a un modello di ordinamento giuridico differente (common law),

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per provvedere in maniera celere alla traduzione del questionario del gruppo di esperti in tema di lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica – Grevio – rivolto alle amministrazioni pubbliche italiane;
   ad assumere iniziative per la traduzione dell’Explanatory Report della Convenzione di Istanbul.
(7-01324) «Spadoni, Dadone, Manlio Di Stefano, Grande, Del Grosso, Scagliusi, Di Battista».


   Le Commissione X e XI,
   premesso che:
    Perugina è uno storico marchio della produzione dolciaria italiana. Fondata a Perugia nel 1907 è stata acquisita dalla multinazionale svizzera Nestlé nel 1988;
    l'azienda ha da sempre rappresentato una realtà economica significativa per il territorio umbro, sia sotto il profilo occupazionale – attualmente con oltre mille dipendenti – sia per l'indiscutibile prestigio del marchio;
    attualmente, in Umbria, la produzione è concentrata nello stabilimento di San Sisto, in provincia di Perugia;
    alla Perugina sono 850 gli occupati a tempo indeterminato tra tempo pieno e part-time, e 150 stagionali;
    nel corso degli ultimi anni la produzione ha subito importanti perdite di volumi, con conseguenti ripercussioni sui livelli occupazionali;
    nel 2014, a seguito della previsione di esuberi per lo stabilimento perugino, la Nestlé e la rappresentanza sindacale unitaria hanno sottoscritto un contratto di solidarietà, in sede Confindustria, valido sino al 2016, al fine di scongiurare il rischio che gli esuberi dichiarati si trasformassero in licenziamenti; le organizzazioni sindacali ritengono che il calo dei volumi produttivi non dipenda esclusivamente dalla condizione di mercato, ma anche da scelte strategiche errate da parte della multinazionale svizzera, che ha nel corso del tempo ridimensionato il ruolo dello stabilimento nelle strategie del gruppo;
    nel 2016, in assenza di un cambio di rotta sui presupposti illustrati, i lavoratori, attraverso le rispettive rappresentanze sindacali, hanno sollevato l'allarme circa il futuro dello stabilimento;
    la Nestlé, in risposta alle criticità ed agli allarmi citati, ha annunciato per lo stabilimento di San Sisto la fine dei contratti di solidarietà e volumi produttivi in linea con quelli del 2014, ribadendo l'impegno a sostenere lo sviluppo della fabbrica e «un piano di riposizionamento per favorire il rilancio delle produzioni, in uno scenario comunque negativo in termini di consumi» (Ansa, 31 agosto 2015); i sindacati, tuttavia, ritengono che al di là di tali dichiarazioni, volte a rassicurare i lavoratori, la Nestlé non stia mostrando alcun segnale concreto sul piano di rilancio per l'azienda, ed insistono per conoscere i dettagli del piano industriale;
    nel corso degli anni il settore ha subito una costante diminuzione degli stabilimenti e dei livelli occupazionali;
    appaiono più che fondati i timori sul futuro dello storico marchio dolciario e sull'eventualità che l'azienda ridimensioni ulteriormente il ruolo produttivo dello stabilimento visto che, nei giorni scorsi, la Nestlé ha annunciato 340 esuberi;
    i sindacati chiedono al Governo di richiamare la Nestlé al rispetto dell'accordo del 2016, che prevedeva il rilancio della fabbrica e non certo un taglio di 340 posti di lavoro, un piano anche con investimenti tecnologici e strategie di marketing per l’export e la controstagionalità, «che hanno bisogno di un periodo congruo per andare a regime. Ecco perché – hanno precisato infine i sindacati Flai, Fai, Uila e rappresentanza sindacale unitaria» – «abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali, in scadenza il 30 giugno 2018, che coprano un periodo più lungo di quello previsto dall'attuale normativa»,

impegnano il Governo

ad assumere iniziative urgenti volte alla salvaguardia dei profili industriali e di tutti livelli occupazionali dell'insediamento produttivo della Perugina, garantendo il rispetto degli accordi già stipulati nonché il rilancio degli investimenti al fine di potenziare una delle filiere più importanti all'interno dell'industria alimentare italiana.
(7-01322) «Ricciatti, Zappulla, Epifani, Ferrara, Giorgio Piccolo, Martelli, Scotto, Melilla, Nicchi, Piras, Quaranta, Franco Bordo, Folino, Laforgia».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il Gazometro sito nei pressi della via Ostiense a Roma, non lontano dalla Piramide Cestia, ha avviato le proprie attività nel 1937 ed è in disuso da quasi 50 anni;
    esso fa parte del patrimonio ambientale e culturale dei quartieri Garbatella, Ostiense e Marconi a ridosso del fiume Tevere, in un quadrante di Roma che comprende molte aree meritevoli di valorizzazione e riqualificazione:
     gli ex mercati generali, che aspettano da più di un decennio la giusta riqualificazione e fruizione, una delle grandi «incompiute» della città;
     la centrale Montemartini, primo impianto pubblico di produzione di elettricità a Roma, sorto agli inizi del 1900 sulla Via Ostiense;
     la vasta ed inaccessibile area Italgas che aspetta da molti anni una bonifica dagli inquinanti ed un nuovo utilizzo;
     i resti archeologici dell'antico Porto Fluviale, principale nodo di rifornimento della Roma imperiale;
     infine, l'area, sull'altra sponda del Tevere, alla fine del ponte pedonale delle Scienze, del teatro India e del «parco Papareschi», nel quartiere Marconi;
    oggi il Gazometro, posto in un'area privata, non ha più le finalità originarie di infrastruttura energetica, ma rappresenta uno straordinario esempio di archeologia industriale, unico a livello europeo e di valore progressivamente accresciuto per la cittadinanza di Roma, sia per le citazioni letterarie sia per le raffigurazioni nella pittura contemporanea, così come per il fatto che diversi film lo hanno ritratto e magnificato in modo esplicito e magistrale, come «Le fate ignoranti» di Ozpetek;
    il Gazometro, tuttavia, è in un cattivo stato di conservazione, con diversi ed evidenti punti di pesante arrugginimento, ove quindi la struttura rischia lesioni serie e forse anche non reversibili;
    considerato che il Comitato «Luci sul Gazometro» ha promosso una riuscitissima iniziativa pubblica con i cittadini del territorio, anche mediante una petizione popolare rivolta al Governo per chiedere che il Gazometro venga riconosciuto come monumento dell'archeologia industriale della città, elemento caratteristico dell'identità e del paesaggio urbano di Roma Capitale, con conseguenti garanzie conservative e anche fruitive per la relativa valorizzazione,

impegna il Governo:

   a promuovere un tavolo di confronto con le istituzioni territoriali interessate (regione Lazio e comune di Roma Capitale), con il Comitato «Luci sul Gazometro» e con la proprietà per attivare con immediatezza tutte le procedure volte a verificare i presupposti per la dichiarazione d'interesse di cui agli articoli 10 e seguenti del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004;
   ad assumere le iniziative di competenza per prevedere i conseguenti vincoli e le misure di recupero e di conservazione;
   a promuovere adeguata tutela, valorizzazione e fruizione del Gazometro, anche alla luce dei risvolti sul piano turistico, come volano economico e occupazionale per i territori interessati.
(7-01323) «Nicchi, Roberta Agostini, Miccoli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   GIGLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa si è dimesso il Ministro per gli affari regionali Costa, che tra le sue deleghe aveva anche quelle relative alle politiche della famiglia;
   senza entrare nel merito delle questioni politiche che hanno portato alle dimissioni, preoccupano i tempi della decisione che rischia di mettere in secondo piano gli interessi dei cittadini, ed in particolare quelli delle famiglie, vero cardine sociale del Paese;
   infatti, si è nella fase immediatamente precedente l'annunciata ed attesa Conferenza nazionale sulla famiglia che, a distanza di quasi sette anni dall'ultima del novembre 2010, dovrebbe tenersi a Roma il 28 e 29 settembre 2017, e dalla quale ci si attende una chiara inversione di tendenza per quel che riguarda la priorità delle politiche familiari;
   quest'ultime, infatti, non possono più limitarsi a « bonus», a interventi « spot» o a misure assistenziali per il contrasto alla povertà, ma necessitano di piani coordinati pluriennali e di equità fiscale attraverso l'introduzione del fattore famiglia;
   senza di ciò sarà difficile per i giovani mettere su famiglia e sarà impossibile la ripresa dall’«inverno» demografico che mette a rischio previdenza, sanità e welfare;
   benché il Presidente del Consiglio Gentiloni abbia assunto le deleghe lasciate dall'ex Ministro Costa, resta auspicabile la rapida nomina di un Ministro per le politiche della famiglia per meglio portare avanti, tra l'altro, le esigenze della famiglia nel prossimo disegno di legge di bilancio, anche attraverso la valutazione d'impatto familiare di tutti i provvedimenti –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Presidente del Consiglio, in attesa dell'auspicata, rapida, nomina di un Ministro per le politiche della famiglia, per confermare le date della ricordata Conferenza nazionale sulla famiglia, alla quale il Governo dovrebbe partecipare con piena assunzione di responsabilità, tenuto conto che l'associazionismo e la società civile, da tempo e con grande impegno, stanno lavorando, insieme al Governo, per la sua realizzazione e sarebbe inaccettabile sprecare quanto fatto sinora. (5-11968)


   D'ATTORRE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in un contesto di generale crisi economica, ove il nostro Paese si caratterizza per una crescita stentata, una performance che ci attesta agli ultimi posti tra i principali Paesi europei, appare assolutamente condivisibile l'apertura del Governo agli investimenti, «decisivi per dare ossigeno alla ripresa», come riferito dallo stesso Presidente del Consiglio;
   è del tutto evidente, infatti, che in fasi di contrazione del ciclo economico, l'austerità non è mai espansiva, distrugge la domanda interna e innesca un circolo vizioso che conduce, poi, ad un ulteriore accrescimento del debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo senza alcuno spazio per la ripresa economica;
   la politica economica italiana continua fondamentalmente ad essere condizionata in maniera incisiva dai vincoli europei definiti dai Trattati, come il cosiddetto « Fiscal Compact», e dalle procedure di controllo da parte della Commissione europea sul bilancio dello Stato e su altre politiche italiane;
   il « Fiscal compact» è stato introdotto nella Costituzione italiana, con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che in particolare ha disposto il principio dell'equilibrio strutturale delle entrate e delle spese del bilancio. Una modifica costituzionale che, per il sistema economico italiano, ha rappresentato una scelta drastica, in quanto il vincolo imposto sul bilancio ha impedito di usare la spesa pubblica e, in particolare, gli investimenti, come strumento per rilanciare l'economia;
   la politica e gli effetti derivanti dal cosiddetto « Fiscal compact» sono in questi giorni oggetto di riflessione e discussione, anche rispetto ad una sua eventuale rinegoziazione;
   in un simile contesto, l'introduzione di una sorta di « golden rule», ossia lo scomputo delle spese di investimento dal calcolo del deficit, potrebbe aiutare la situazione economica del nostro Paese, in quanto consentirebbe l'indebitamento per spese di investimento, alleggerendo la portata di quel rigido vincolo del pareggio di bilancio, previsto dall'articolo 81 della Costituzione, che, in sede di esame delle riforme costituzionali, il Governo pro tempore aveva escluso di voler modificare –:
   quali sia l'orientamento del Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, in relazione a una eventuale iniziativa di modifica dell'articolo 81 della Costituzione, tesa all'introduzione, nello stesso articolo, del principio relativo alla cosiddetta « golden rule». (5-11969)


   TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, DIENI e D'AMBROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la stampa ha divulgato gli esiti del sondaggio condotto dall'Osservatorio Demos-Coop sul presente ed il futuro visti dai giovani e giovani-adulti italiani;
   il responso è assolutamente sconfortante: emerge chiaro un quadro generazionale di giovani privi del senso vitale della speranza e dell'immaginazione del proprio futuro, in modo più marcato nei cosiddetti giovani-adulti (25-34 anni);
   la disillusione appare imperante, soprattutto in termini di riconoscimento dei meriti personali nella vita in generale e nel mondo del lavoro in particolare, questione che risulta essere alla base dell'oscuramento della fiducia in ciò che deve venire; la famiglia appare restare l'unico cardine stabile, ma «offre protezione, non proiezione» e, sostanzialmente, ciò che risulta è una generazione ferma, che pensa a «resistere» e ad andare «altrove», fuori dal nostro Paese;
   a tale panorama desolante occorre aggiungere i dati di una società, che non si rinnova: il dato di figli per coppia è da molto tempo pari a 1,3; ciò significa che è già saltato l'equilibrio generazionale;
   ad avviso degli interroganti, la responsabilità della politica è enorme: la classe politica si misura sulla lungimiranza e sulla capacità di offrire una visione del futuro, ma tutti i Governi susseguitisi negli ultimi anni hanno preferito basare scelte ed azioni sul consenso immediato, cancellando prospettive ed annullando speranze;
   spettano al dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale le competenze relative alla promozione e al raccordo delle azioni di Governo volte ad assicurare l'attuazione delle politiche in favore della gioventù –:
   se sia a conoscenza degli esiti del sondaggio indicato in premessa e come intenda invertire il suddetto scenario per restituire futuro e stabilità al Paese, anche attraverso il coordinamento delle politiche di settore ritenute strategiche nell'ambito dell'attuazione del programma di Governo e il potenziamento delle strutture amministrative ad esse deputate, con ciò evitando che giovani e giovani-adulti siano costretti a riporre le loro speranze al di fuori del nostro Paese. (5-11970)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, ha istituito il fondo per le politiche della famiglia;
   l'articolo 1, commi 1250 e 1251, della legge n. 296 del 2006, ha previsto disposizioni per il sostegno delle adozioni internazionali;
   l'articolo 1, comma 411, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha istituito uno specifico fondo per le adozioni internazionali e ridotto per lo stesso importo il fondo per le politiche per la famiglia;
   la gestione del fondo per le adozioni internazionali è competenza del segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) presso la Presidenza del Consiglio è l'autorità preposta a garantire che le adozioni avvengano nel rispetto della Convenzione dell'Aja del 1993;
   il 12 luglio, sul sito della CAI, è stata pubblicata la notizia che «sono in corso i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell'anno 2011 che saranno integralmente liquidati entro la fine del corrente anno 2017, nel rispetto dei criteri fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2011 (...)» ma che «non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, attualmente non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011»;
   i minori stranieri adottati dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2015 sono stati 10.353 e le famiglie adottanti non avrebbero diritto ad alcun rimborso, pur avendo fatto affidamento su di essi –:
   quali siano le motivazioni del mancato rimborso per le adozioni concluse dopo il 2011 e se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per garantire, tramite lo specifico fondo esistente, alle famiglie che hanno adottato bambini stranieri dal 1o gennaio 2012 lo stesso trattamento di coloro che hanno effettuato adozioni internazionali prima di tale data. (5-11957)


   CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20 del decreto-legge n. 189 del 2016 ha previsto la concessione di agevolazioni, nella forma del contributo in conto interessi, alle imprese, con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni colpiti dal sisma dal 24 agosto 2016 che hanno subito danni per effetto degli eventi sismici;
   sono comprese tra i beneficiari anche le imprese agricole la cui sede principale non è ubicata nei territori dei comuni del cosiddetto «cratere», ma i cui fondi sono situati in tali territori;
   le risorse stanziate possono essere utilizzate anche per agevolazioni nella forma di contributo in conto capitale alle imprese che realizzino, ovvero abbiano realizzato, a partire dal 24 agosto 2016, investimenti produttivi nei territori dei comuni del «cratere»;
   i criteri, anche per la ripartizione, e le modalità per la concessione dei contributi in conto interessi sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia, e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, su proposta delle regioni interessate;
   l'articolo 24 del medesimo decreto-legge 189 del 2016, per sostenere il ripristino ed il riavvio delle attività economiche già presenti nei territori dei comuni colpiti dal terremoto, ha inoltre previsto la concessione alle micro, piccole e medie imprese danneggiate dagli eventi sismici di finanziamenti agevolati a tasso zero a copertura del cento per cento degli investimenti fino a 30.000 euro, nonché per sostenere la nascita e la realizzazione di nuove imprese e nuovi investimenti nei settori della trasformazione di prodotti agricoli, dell'artigianato, dell'industria, dei servizi alle persone, del commercio e del turismo, la concessione di finanziamenti agevolati, a tasso zero, a copertura del cento per cento degli investimenti fino a 600.000 euro;
   a distanza di oltre dieci mesi dai primi eventi sismici il decreto ministeriale, previsto dall'articolo 20 del decreto-legge n. 189 del 2016, non è stato ancora emanato –:
   quali siano i motivi dei suddetti ritardi e quando siano previste l'adozione e la relativa pubblicazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 20 del decreto-legge n. 189 del 2016 e dei provvedimenti attuativi recanti la disciplina dei criteri, delle condizioni e delle modalità di concessione delle agevolazioni sopra richiamate, di cui all'articolo 24 del medesimo decreto. (5-11963)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 31 marzo 2007 la regione Molise è in regime di rientro dal debito sanitario e dal 29 luglio 2009 e in regime di commissariamento. Il 21 marzo 2013 il Consiglio dei ministri ha nominato il presidente pro tempore della regione Molise, architetto Paolo di Laura Frattura, commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Molise;
   il 28 febbraio 2017, il commissario ad acta Frattura ha adottato il decreto n. 14 «Programma operativo straordinario 2015-2018. Programma 11 “riequilibrio ospedale territorio” – Intervento 11.1 “Riassetto della rete ospedaliera regionale. Provvedimenti”»;
   la legge n. 189 del 2012, prescrive per gli ospedali di 2o livello, dotati di tutte le discipline comprese le alte specialità, un bacino di utenza di 0,6/1,2 milioni di abitanti, senza tenere conto delle esigenze delle aree interne, montane e svantaggiate con bassa densità demografica per chilometro quadrato e tempi di percorrenza più lunghi accentuati nei periodi invernali stante i tratti orografici dei 3/4 del territorio molisano;
   il decreto n. 14 del 2017 del Commissario ad acta Frattura, declassando il presidio ospedaliero regionale «Antonio Cardarelli» sulla base dei criteri della normativa «Balduzzi», non garantisce nemmeno un ospedale pubblico regionale di IIo livello per l'intera regione Molise;
   il decreto n. 14 del 2017 non contempla, difatti, per il presidio ospedaliero regionale «Antonio Cardarelli» nemmeno un posto letto per unità operativa di rilievo vitale per la rete dell'emergenza-urgenza per le patologie neurochirurgiche, cardiochirurgiche ed oncologiche. Tale declassamento comporta l'impossibilità di garantire un'adeguata assistenza ai pazienti che, arrivando presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero «A. Cardarelli», in codice rosso dovuto a casi di urgenza o traumi, non avranno la certezza di sapere in quale struttura pubblica e/o privata, regionale e/o extraregionale, saranno ricoverati;
   la decisione di declassare il presidio ospedaliero rappresenta, secondo l'interrogante, una violazione del diritto alla salute dei cittadini molisani, garantito dall'articolo 32 della Costituzione italiana, penalizzando ulteriormente le fasce sociali più svantaggiate, deboli e fragili che vivono nelle aree interne, aspetto che dovrebbero indurre sia il commissario ad acta sia il Governo a garantire parità di trattamento con gli altri cittadini italiani, concreta esigibilità dei livelli essenziali di assistenza e certezza di assistenza dignitosa da parte di un servizio sanitario regionale pubblico di qualità, capace di garantire gli interventi di emergenza-urgenza su tutto il territorio molisano secondo gli schemi garantiti e attivati in altre aree del Paese;
   risulta evidente che la normativa «Balduzzi», che per la classificazione dei presidi ospedalieri prende a riferimento solo criteri numerici rispetto al bacino di utenza senza considerare il territorio, la sua vastità, la sua geomorfologia, la sua densità abitativa, è inadeguata a salvaguardare il diritto alla salute di tanti cittadini che vivono in territori con determinate caratteristiche e talvolta anche disagiati economicamente –:
   come si intenda garantire, per quanto di competenza, ai cittadini molisani il diritto alle cure sanitarie al pari degli abitanti delle altre regioni italiane;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per accogliere un'istanza di deroga ai parametri numerici previsti dal «decreto Balduzzi» sancendo con un atto formale il diritto dei cittadini molisani a disporre di almeno un presidio ospedaliero pubblico regionale, quale Dea di IIo livello dotato di tutte le unità operative semplici e complesse, nonché delle discipline, delle strumentazioni salvavita della rete dell'emergenza-urgenza della neurochirurgia, della cardiochirurgia e delle altre unità operative più significative;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire il superamento urgente del blocco del turn over per personale medico specializzato, primari, paramedici, tecnici e personale infermieristico e ausiliario, visto che da un decennio si sono persi circa 1.000 posti di lavoro per pensionamenti mai sostituiti. (4-17456)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal 15 giugno all'11 luglio 2017 gli interventi realizzati dai vigili del fuoco sono stati 18.185, con una netta prevalenza di episodi nelle regioni del Centro e del Sud. Tra le regioni maggiormente colpite vi è la Campania dove, alla data del 12 luglio, su un totale di 445.274 ettari di boschi e foreste, sono stati incendiati 2.461 ettari: oltre 100 soltanto nell'area vesuviana;
   anche in Campania, gli incendi, ai quali si è aggiunta nelle ultime ore una vittima, non sono soltanto provocati dalle temperature elevate e dalla siccità, ma da azioni delittuose e della criminalità organizzata che sistematicamente approfittano del periodo per innescare roghi per loschi e speculativi affari;
   in Campania non bruciano soltanto boschi e terreni: gli incendi divampano anche tra i rifiuti delle discariche di Chiaiano, di Caivano, di Afragola, nei siti di smaltimento illegale di rifiuti come l'ex discarica di Pianura, nell'ex piattaforma per lo smaltimento di rifiuti speciali a Bellona. Senza dimenticare che negli incendi nel parco nazionale del Vesuvio stanno bruciando anche i rifiuti tossici interrati, rivelati dai camorristi pentiti. All'enorme danno ambientale si aggiunge quindi il rischio per la salute dei cittadini;
   in questo quadro, appaiono perciò agli interroganti incomprensibili e irresponsabili i ritardi della regione Campania sugli interventi per far fronte all'emergenza; 
   soltanto il 4 luglio 2017 la regione ha emanato il decreto n. 33 «Dichiarazione dello stato di grave pericolosità per gli incendi boschivi anno 2017», con il quale ha reso noto «lo stato di grave pericolosità per gli incendi boschivi sull'intero territorio della regione Campania» dal 4 luglio al 30 settembre 2017, trasferendo le competenze alla protezione civile, senza però accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi; 
   tale data coincide con quella dell'ordinanza della Corte costituzionale che, in seguito alle modifiche apportate dalla regione, proprio il 4 luglio si pronunciata, dichiarando l'estinzione del processo sulla legge regionale campana n. 20 del 13 giugno 2016, «Norme per l'applicazione pianificata del fuoco prescritto», impugnata nel 2016 dal Governo pro tempore in quanto si riteneva che alcune disposizioni invadessero la potestà legislativa esclusiva statale. Il 12 luglio la pronuncia è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e nella stessa data, in piena emergenza incendi, la regione ha approvato il piano «AIB» (antincendi boschivi) 2017, partendo conseguentemente in ritardo con l'apposita convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate;
   da fonti di stampa si apprende che il 5 luglio il direttore regionale dei vigili del fuoco della Campania, attraverso un documento ufficiale, avrebbe comunicato dell'indisponibilità della regione a stipulare una convenzione per il coinvolgimento dei vigili del fuoco nelle attività di lotta attiva e prevenzione degli incendi boschivi e, anzi, della richiesta da parte della regione di una collaborazione limitata al loro intervento solo in caso di pericolo per beni e persone. Notizie che sono state prontamente smentite dal presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se non ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, le cause, sul piano materiale e amministrativo, che hanno provocato la devastazione del territorio campano e la morte di un cittadino e messo a rischio la salute degli abitanti della regione Campania;
   quali elementi intenda fornire il Governo circa le motivazioni dei ritardi nell'affrontare tempestivamente l'emergenza incendi in Campania;
   se il Governo non ritenga urgente intervenire, per quanto di competenza, affinché siano messe in campo misure adeguate più incisive per prevenire i rischi, proteggere i cittadini e il patrimonio ambientale della Campania e di tutti i territori italiani maggiormente a rischio. (4-17469)


   FASSINA, PELLEGRINO e MARCON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   da giorni la città di Messina è funestata da vasti incendi che stanno interessando gran parte delle zone boschive del centro città;
   se è doveroso lodare l'impegno eroico delle guardie forestali, dei vigili del fuoco, della protezione civile e di tutti gli organi che, instancabilmente ma ormai allo stremo, stanno lavorando in maniera incessante e senza soluzione di continuità, è altrettanto importante sottolineare la totale inadeguatezza dei servizi di prevenzione e della macchina dei soccorsi predisposti per le calamità naturali, in particolare sul fronte degli incendi;
   da giorni, Messina si trova in uno stato di calamità di tale dimensione che non sembra possa cessare in tempi brevi e le responsabilità sono da imputare, oltre alla scelleratezza criminale dei piromani, ai tagli ai fondi destinati alla guardia forestale, che hanno impedito di fronteggiare al meglio e con efficacia gli incendi catastrofici che si sono succeduti;
   il presidente della regione siciliana Crocetta ha firmato due «Patti» con il Governo Renzi, che ad avviso dell'interrogante hanno comportato incoerenze nel bilancio regionale, tra l'altro «bocciato» dalla Corte dei conti. Tutto ciò è intollerabile, tenuto conto che, in Sicilia, l'emergenza incendi non è una novità di quest'anno, ma purtroppo una situazione che annualmente, nel periodo estivo, si ripresenta;
   alle citate problematiche si aggiungono quelle intervenute a seguito del passaggio del Corpo forestale all'Arma dei carabinieri che non solo ha comportato ritardi negli atti amministrativi per il passaggio di mezzi e uomini, ma ha determinato anche un taglio dei fondi che ha di fatto impedito le attività di prevenzione –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere affinché vi sia una dotazione adeguata di mezzi, uomini e risorse in grado di provvedere alle attività di prevenzione e ad interventi efficaci ed immediati a fronte di incendi il quasi sempre dovuti atti criminali;
   se non ritengano necessario assumere le iniziative di competenza per la dichiarazione dello stato di emergenza, anche al fine di sostenere e porre in essere tutte le attività e le opere di prevenzione e contrasto degli incendi, nonché gli interventi di rimboschimento e di contrasto al rischio idrogeologico di carattere strutturale sempre più improrogabili. (4-17474)


   MOLTENI e FEDRIGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   sul portale online dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) è stato pubblicato un bando di gara europea per l'affidamento del servizio di gestione di contact center e di supporto all'ufficio medesimo. L'importo a base d'asta è di euro 1.900.000 iva esclusa. Più specificatamente il servizio dovrà garantire la funzionalità delle seguenti macroaree, punto di contatto nazionale, elaborazione e trattazione dei casi, monitoraggio e reporting, comunicazione e informazione formazione, nonché provvedere alla gestione applicativa e all’hosting del sistema;
   l'Unar è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 CE ed opera nell'ambito del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'Unar, nell'esercizio delle proprie funzioni, è stata più volte soggetta a critiche per aver travalicato le proprie competenze. La Presidenza dei Consiglio dei ministri è stata più volte interessata, in modo ufficiale, con lo strumento del sindacato ispettivo, in merito ad una gestione non sempre coerente delle attività istituzionali dell'Unar;
   l'Unar, più volte, è stata al centro di inchieste giornalistiche per essersi occupata e per aver finanziato con fondi pubblici iniziative che di fatto sforano le sue competenze e che, per alcuni aspetti, andavano a foraggiare associazioni che operano nell'illegalità;
   da quanto riportato nel sito del dipartimento si apprende che «secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, inerente la costituzione e l'organizzazione interna dell'Unar, l'Ufficio per l'attuazione dei propri compiti si avvale di un contingente composto da personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio e di altre amministrazioni pubbliche, nonché di esperti anche estranei alla pubblica amministrazione, dotati di elevata professionalità nelle materie giuridiche, nonché nei settori della lotta alle discriminazioni, dell'assistenza materiale e psicologica ai soggetti in condizioni disagiate, del recupero sociale, dei servizi di pubblica utilità, della comunicazione sociale e dell'analisi delle politiche pubbliche» –:
   quale sia il personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio e di altre amministrazioni pubbliche di cui si avvale l'Unar, chi siano gli esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, che lavorano e collaborano a diverso titolo con l'Unar, con indicazione di qualifica, tipologia del contratto, compenso e professionalità per ciascuno di essi;
   quali siano stati i costi complessivi, negli anni dal 2011 ad oggi, per le iniziative, le pubblicazioni, i bandi, il personale e i consulenti dell'Unar;
   quali iniziative il Governo abbia assunto a fronte di quello che appare un utilizzo improprio di denaro pubblico, speso appunto per progetti che di fatto sarebbero andati a finanziare attività illegali e altre iniziative che esulano dalle competenze dell'Unar;
   se non ritenga opportuno, all'interno di una politica di contenimento dei costi e di razionalizzazione delle risorse, assumere le iniziative di competenza per l'immediata soppressione dell'Unar. (4-17475)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'INCÀ e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   recentemente si è tenuto a Amburgo il summit del G20, caratterizzato anche questa volta purtroppo da scontri tra manifestanti (140 fermati) e agenti (196 feriti);
   vi sono anche dei cittadini italiani tra gli oltre 140 manifestanti fermati dalle forze dell'ordine tedesche, perché coinvolti negli scontri di Amburgo; tredici dei 16 connazionali sono stati rilasciati nella serata di domenica 9 luglio, mentre altri sei sono stati rinviati a giudizio. In particolare, risultano coinvolti due cittadini italiani originari di Feltre, Maria Rocco, detenuta ormai da più di due settimane, e Fabio Vettorel, che invece è stato trasferito fin dal primo momento nel carcere minorile di Hahnofersand, dal momento che ha appena 18 anni ma in quel Paese si diventa maggiorenni a 21;
   i legali della famiglia Rocco stanno esplorando tutte le strade per riportarla in Italia, compreso un ricorso; nel frattempo il suo primo difensore Serrangeli si è attivato per chiedere un intervento deciso delle istituzioni («La nostra diplomazia non si è proprio mossa e siamo di fronte a una grossa ingiustizia che riguarda dei cittadini italiani. Bisogna che le coscienze si sveglino, affinché Rocco e Vettorel possano tornare a casa, insieme ai quattro italiani.») e avviare una petizione postata in internet «Maria e Fabio liberi subito»;
   da quel che si legge sul quotidiano Corriere delle Alpi, Maria Rocco non ritiene di dover ammettere le circostanze che le vengono addebitate, perché afferma di non avere niente da confessare: «Manifestare rimane un diritto, ma prende le distanze dalla violenza che ci può essere stata, nel senso che non era sua intenzione sostenere una manifestazione di quel tipo. Quella mattina ha soccorso una ragazza che aveva una frattura esposta alla gamba sinistra. Le contestano di non essersi allontanata, ma se l'avesse fatto, le sarebbe stata addebitata l'omissione di soccorso. Non poteva andarsene, allo stesso tempo non poteva restare. Non si sarebbe mai aspettata una reazione così pesante e di finire in un tritacarne» ha affermato il suo difensore;
   l'avvocato Serrangeli prosegue affermando anche che qualcosa non tornerebbe nei verbali d'interrogatorio: «Mi dice di non aver mai pronunciato parole che pure sono state trascritte nell'interrogatorio di garanzia del 7 luglio: non era in alcun modo travisata, anche se indossava un foulard per difendersi, eventualmente, dal gas dei lacrimogeni, e non si è messa a lanciare oggetti. Adesso abbiamo meno di dieci giorni, per convincere la Corte d'Appello a scarcerare i due ragazzi, prima delle vacanze di agosto. Non possiamo più aspettare: bisogna per forza muoversi –:
   come il Ministro interrogato stia seguendo la vicenda evidenziata in premessa e quali iniziative diplomatiche siano state adottate, o si intendano adottare, affinché la situazione giunga al più presto alla sua conclusione con il ritorno in patria dei connazionali fermati. (5-11961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia veniva visitata in media, ogni anni, da circa 200 tibetani della diaspora, monaci e laici, che venivano per visitare i buddhisti del nostro Paese, per partecipare a conferenze e incontri interreligiosi o semplicemente per trovare i loro parenti che lavorano qui;
   si tratta dei tibetani che, dopo l'invasione cinese del 1949, vivono in esilio in India e hanno come «capitale» Dharamsala, dove vive anche il Dalai Lama;
   queste persone viaggiano con un documento rilasciato dal Governo indiano che è riconosciuto come passaporto valido dalla maggioranza dei Paesi dell'area Schengen, dal Canada, dagli Usa e dall'Australia, oltre che da molti Paesi asiatici;
   fino a poche settimane fa tale documento veniva accettato senza problemi anche dall'Italia per il rilascio dei visti temporanei delle persone in visita nel nostro Paese;
   ora, improvvisamente e senza motivazioni contingenti, l'Italia ha deciso di non riconoscere più questo documento, lo stesso con cui viaggia in tutto il mondo il Dalai Lama;
   quindi l'ambasciata italiana a Delhi e il consolato di Mumbai non rilasciano più visti ai tibetani residenti in India. Germania, Francia, Spagna, Austria, Olanda e gli altri paesi dell'area Schengen continuano ad accettare come valido, invece, il loro documento di viaggio;
   uno dei paradossi della situazione che si è venuta a creare è che l'Italia riconosce il buddismo come religione, tanto che nel 2015 più di 70 mila contribuenti hanno scelto l'Unione buddhista italiana per la destinazione dell'8 per mille, ma allo stesso tempo impedisce ai suoi maestri di venire a parlarne in Italia –:
   per quali ragioni non venga più concesso il visto ai tibetani della diaspora in India;
   come si intenda assicurare ai tibetani della diaspora il rilascio del visto per entrare nel nostro Paese. (4-17449)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese ha da sempre sostenuto una politica di particolare vicinanza e apertura nei confronti dei cittadini tibetani costretti alla fuga dal proprio Paese a causa dell'occupazione cinese;
   questo approccio di apertura e vicinanza si è concretizzato, nel caso dei profughi ospitati in India, nel riconoscimento della libera circolazione di coloro che si trovassero in possesso del cosiddetto «Identity Certificate», un documento rilasciato dal Governo indiano e riconosciuto come documento di viaggio valido a numerosi paesi dell'area Schengen, Stati Uniti, Canada, Australia e altri Paesi asiatici;
   tale politica di apertura ha permesso ai protagonisti della diaspora tibetana, monaci e laici, di incontrare i buddhisti del nostro Paese e di altri Paesi, per conferenze e incontri religiosi, ma anche semplicemente per ragioni famigliari e affettive;
   delle possibilità connesse al possesso dell’« Identity Certificate» ha beneficiato, tra gli altri, il Dalai Lama, insignito del premio Nobel per la pace nel 1989, e cittadino onorario di numerose e importanti città italiane (tra cui Roma, Milano, Palermo, Padova, Torino, Firenze, Venezia), il quale è protagonista di un instancabile sforzo di diffusione della cultura della nonviolenza e del metodo del dialogo per la risoluzione dei conflitti;
   mediamente circa 200 cittadini tibetani ogni anno beneficiano di tale possibilità facendo ingresso nel nostro Paese, distinguendosi sempre per comportamenti coerenti con l'insegnamento buddista;
   la comunità tibetana in Italia, insieme alla «Associazione donne tibetane», alla «Associazione Italia-Tibet», alla «Unione Buddhista Italiana», a numerose altre associazioni e istituti, ha denunciato con un comunicato stampa in data 20 luglio 2017 un cambiamento nella politica dei visti nei confronti dei cittadini tibetani che, come confermato dall'ambasciata di Delhi e dal consolato di Mumbai, non riconosce più l’identity Certificate quale documento di viaggio valido;
   il cambiamento nella politica italiana non sembra essere in alcun modo legato a fatti gravi e urgenti –:
   per quali motivi il Governo abbia deciso di non riconoscere più validità all’Identity Certificate, nonostante l'universalmente accertata condizione di persone perseguitate che contraddistingue profughi tibetani;
   se siano avvenuti cambiamenti nelle relazioni internazionali tra il nostro Paese e, in particolare, Cina e India e, nel caso, di quale natura;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire a persone alle quali l'Italia, ad avviso degli interroganti, potrebbe molto probabilmente riconoscere lo status di rifugiato la possibilità di domandare asilo nel nostro Paese in maniera sicura. (4-17450)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   le alluvioni a Genova e in Liguria hanno provocato dal 1970 ottantadue vittime e danni ingentissimi; il 25 ottobre 2011 tredici decessi furono causati all'alluvione nelle Cinque Terre e in Val di Vara; il 4 novembre 2011 esondarono il Bisagno il Rio Fereggiano ed il Rio Mermi a Genova, causando la morte di 6 persone;
   secondo lo studio di Silvestro e altri (pubblicato su Natural Hazard 2016) la stima dei danni indica un numero probatorio che può arrivare fino a 18.000 persone ferite, 700 vittime, 230 milioni di euro di danni materiali, generati nel corso di un evento estremo simile alle precipitazioni dell'ottobre 2011 nelle Cinque Terre, se riversato su Genova e il Bisagno;
   alcune opere realizzate nell'ultimo quinquennio o in corso di realizzazione secondo gli interpellanti sono discutibili dal punto di vista della sicurezza idraulica e del rispetto dei problemi idrogeologici che affliggono la Val Bisagno;
   sulla foce del citato Rio Mermi è stato recentemente realizzato l'imponente edificio del Bricoman all'interno della piana alluvionale dello stesso Rio costringendone il corso in una sorta di «toboga»;
   alla confluenza tra il Bisagno e il torrente Geirat (Molassana) (esondazioni 2011-2014) è stato costruito un parcheggio interrato per più livelli, ad avviso degli interpellanti, senza alcuna considerazione della realtà idrica dell'area che è allagabile;
   sempre lungo il tratto terminale del torrente Geirato nelle ex aree della Boero è in costruzione un centro residenziale e commerciale che vede la realizzazione di alcuni piani, secondo quanto risulta agli interpellanti, al di sotto della quota di scorrimento del torrente medesimo, in area allagabile;
   l'opera di rifacimento della copertura del Bisagno secondo il citato studio di Silvestro non è propedeutica a sopportare una piena quale quelle verificatesi nelle ultime alluvioni (in concomitanza di un evento come quello delle Cinque Terre), ma la portata in transito di incidenza su Genova sarebbe circa il doppio di quella smaltibile a fine lavori;
   le opere di manutenzione nel territorio comunale di Genova appaiono carenti, con un pilone scalzato dell'autostrada nel corso del Bisagno in piena città; in Lungobisagno Dalmazia gli argini appaiono a rischio; il Ponte Feritore, in Valbisagno, appare avere i piloni praticamente sul vuoto e si notano briglie torrentizie sospese sul vuoto (in zona Staglieno);
   i lavori di messa in sicurezza del Fereggiano prevedono la realizzazione di uno scolmatore: il primo progetto presentato dall'assessore ai lavori pubblici, Crivello, era stato «bocciato» dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nel 2014;
   in particolare, la portata di dimensionamento dell'opera era stata «definita in maniera convenzionale senza sviluppare un apposito studio idrologico riferito ai bacini idrografici di interesse»; inoltre, non teneva adeguatamente conto dei processi di cambiamento climatico in atto da diversi anni sul territorio ligure, tanto che «le stime del tempo di ritorno della portata di progetto definiscono in modo non sufficientemente preciso il rischio residuo di inondazione e, per incapacità dell'opera di scolmo, la portata in arrivo da monte»;
   da notizie di stampa di inizio 2017 sono stati intrapresi i lavori per la realizzazione, dello scolmatore secondo un nuovo progetto, con una serie di attività di scavo mediante piccole cariche di esplosivo nel tunnel in corrispondenza dell'attuale fronte, sotto le aree del padiglione specialità pronto soccorso e monoblocco dell'ospedale San Martino;
   i lavori hanno di sicuro procurato notevoli allarmi per le vibrazioni e il rumore. Questi sono stati finanziati dal comune di Genova con il contributo del «piano nazionale per le città» pari a 25 milioni di euro;
   il recente decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il programma «Italia sicura», ha poi permesso uno stanziamento di 5 milioni di euro (in sostituzione al contributo regionale previsto in precedenza) tale da raggiungere l'importo di 45 milioni di euro necessari alla realizzazione dell'opera; il termine dei lavori è previsto ad agosto 2018;
   i lavori di realizzazione della galleria sono attualmente completati al 25 per cento, mentre le opere di sostegno dello sbocco al mare sono al 45 per cento. I lavori delle opere di presa avranno inizio dalla fine del mese di giugno 2017;
   lo scolmatore del Fereggiano permette di convogliare a mare le acque di piena derivate dalle opere di presa collocate sui rii Fereggiano, Rovare e Noce; prende avvio dall'opera di presa sul rio Fereggiano e, dopo un'ampia curva di raggio 140 e 250 metri, si sviluppa in direzione nord-sud verso lo sbocco a mare collocato nei pressi dello stabilimento balneare Benvenuto, collegandosi alla porzione già realizzata del deviatore Fereggiano realizzato negli anni ’90. La costruzione dello scolmatore Fereggiano è costituita, in una prima fase, dall'adeguamento del tratto di galleria esistente, realizzata negli anni ’90 per 909 metri e dal suo successivo allungamento sino all'opera di presa per un totale di 3.717 metri. Il già citato studio di Silvestro pone seri dubbi sull'utilità di quest'opera –:
   se i Ministri interpellati non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a eseguire verifiche sulla sicurezza idrogeologica a Genova in relazione alla manutenzione delle infrastrutture esistenti, ai manufatti realizzati e in corso di realizzazione in aree esondabili, alla sicurezza alluvionale post-operam dello scolmatore del Ferreggiano/Bisagno e alla eventuale necessità di opere alternative e di decostruzione;
   se non intendano verificare l'appropriatezza della destinazione dei fondi statali finora assegnati e spesi.
(2-01902) «Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Vignaroli, Battelli, Mantero, Simone Valente, Cecconi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il TAR del Lazio, con ordinanza collegiale n. 7610/2017 del 7 giugno 2017, ha ritenuto, per poter meglio valutare il ricorso sull'affidamento all'associazione temporanea di impresa Almaviva, Telecom Italia e Agriconsulting del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri) di disporre una consulenza tecnica d'ufficio, nominare un team di esperti e rinviare al 24 gennaio 2018 la discussione del ricorso;
   l'estrema complessità della questione comporta un'inevitabile ulteriore dilatazione dei tempi per quanto riguarda la piena entrata in vigore del Sistri in quanto, in ogni caso (conferma o meno all'associazione temporanea di impresa Almaviva), per il passaggio dal vecchio al nuovo affidatario, sono previsti dal capitolato di gara ben sei mesi dall'affidamento;
   la scadenza di fine anno 2017 non potrà quindi essere rispettata;
   l'attuale assetto normativo, ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del 2013, così come da ultimo modificato dall'articolo 12 del decreto-legge n. 244 del 2016 («Milleproroghe»), prevede che fino alla data del subentro del gestore del servizio da parte del concessionario individuato con le procedure di cui al comma 9-bis, «e comunque non oltre il 31 dicembre 2017»:
    non sono applicabili le sanzioni ex articolo 260-bis, commi da 3 a 9 del codice ambientale, cioè quelle che puniscono l'omesso e erroneo tracciamento del Sistri;
    continuano ad applicarsi, ma con la riduzione del 50 per cento, le sanzioni ex articolo 260-bis, commi 1 e 2, del testo unico ambientale, cioè quelle per la mancata iscrizione e/o omesso versamento del contributo;
    continuano ad applicarsi gli obblighi di tracciamento tradizionale, quali il registro, Fir, Mud e le relative sanzioni previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006, nella versione «pre Sistri», cioè secondo le norme precedenti alle modifiche del decreto legislativo n. 205 del 2010;
   i tempi giudiziari andranno in ogni caso oltre il 31 dicembre 2017 e, non essendo maturato il passaggio al nuovo sistema, il termine attualmente previsto va adeguato e, alla luce dell'esperienza di questi anni, posposto al 31 dicembre 2018 per dare certezze agli operatori per evitare se non altro l'applicazione delle sanzioni previsto per un sistema che ancora non sarà a regime –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per prorogare oltre il 31 dicembre 2017 le disposizioni transitorie oggi vigenti relative al Sistri. (5-11966)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO, CRIPPA, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i rifiuti radioattivi liquidi dell'impianto Eurex costruito dall'Enea negli anni Sessanta del secolo scorso costituiscono, nell'ambito dei rifiuti radioattivi e a parte il combustibile irraggiato, l'inventario di radioattività più cospicuo dell'intero territorio nazionale;
   al fine di mettere in condizioni di sicurezza tali liquidi radioattivi è necessario provvedere alla loro solidificazione, come risulta da apposita prescrizione ministeriale emessa nel 1977 (insieme con la licenza di esercizio dell'impianto Eurex), che fissava il termine di tale operazione. Tale scadenza, nel corso degli anni è stata più volte prorogata;
   nel 2000, in seguito a una piena della Dora il fiume arrivò a sfiorare i serbatoi. Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia lanciò l'allarme per lo stato di conservazione delle scorie affermando che pochi centimetri di piena in più avrebbero provocato il travaso radioattivo nella Dora, con la conseguente contaminazione del fiume stesso, del Po di cui è affluente e di parte dell'Adriatico dove il Po sfocia;
   nell'ottobre 2012 furono rilevate due fessure nella vasca di stoccaggio WP179 dell'impianto. Solo l'anno dopo l'Arpa confermò che le perdite, seppur circoscritte, riguardavano materiale radioattivo;
   secondo la Sogin, per Eurex «le attività di decommissioning termineranno fra il 2028 e il 2032 [...] con la data centrale più probabile come anno di fine dei lavori». Tale data è però influenzata dagli attuali pesanti ritardi nella pubblicazione della carta Cnapi e nella costruzione del deposito unico nazionale per le scorie;
   nell'impianto in questo periodo sono in corso i lavori per completare lo spostamento dei sottoservizi presenti nell'area dove si sta realizzando complesso Cemex. Il 3 luglio 2017 durante la realizzazione di un nuovo pozzetto per ospitare le valvole di manovra di una linea di scarico degli effluenti liquidi, è stata riscontrata una fessura nella condotta e un accumulo di acqua sul fondo del vecchio pozzetto, risalente agli anni Settanta;
   la Sogin ha informato l'Ispra, rimosso l'acqua e ripristinato la condotta. I risultati delle analisi finora effettuate dalla Sogin – che non sono stati resi pubblici – escluderebbero impatti radiologici per l'ambiente e la popolazione;
   gli organi tecnici dell'Ispra e dell'Arpa Piemonte hanno eseguito un sopralluogo il 6 luglio. Il 14 luglio l'Arpa Piemonte ha siglato un report finale in cui esclude contaminazioni, ma annuncia che «integrerà la sua rete di monitoraggio straordinario dell'acqua di falda superficiale del sito nucleare di Saluggia con l'inserimento di due pozzi di controllo a valle del pozzetto»;
   in data 8 luglio 2017, il Comitato di vigilanza sul nucleare, Legambiente e Pro Natura del Vercellese hanno richiesto, alla Sogin, all'Ispra, alla regione Piemonte e all'Arpa Piemonte di avere: conoscenza della funzione della condotta in questione e della tipologia e radioattività dei liquidi che vi transitano abitualmente, copia di fotografie del pozzetto con accumulo di acqua e del tratto di condotta fessurato, copia della comunicazione inviata dalla Sogin spa all'autorità di controllo Ispra, con data e ora della trasmissione, nonché copia delle analisi svolte (sia dalla Sogin che dall'Arpa) sull'acqua prelevata nel pozzetto e sul terreno circostante –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra riportato e non ritenga di rendere completamente pubblici, e in forma comprensibile, i dati citati dalla Sogin e tutti quelli futuri circa questo ultimo incidente presso l'impianto Eurex così come richiesto dalle associazioni di cui in premessa;
   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intrapreso per eliminare gli ostacoli che hanno determinato uno stallo nell'attività della Sogin e nella sua operatività; se non ritengano opportuno assumere iniziative per recuperare i ritardi, onerosi per i consumatori e rischiosi per ambiente e salute pubblica. (4-17455)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 6 giugno 2017 il Ministro dello sviluppo economico ha firmato il decreto che autorizza i commissari straordinari dell'Ilva a procedere all'aggiudicazione degli asset del gruppo Ilva ad Am Investco (cordata formata da ArcelorMittal e la Marcegallia), facendo leva su di un piano industriale competitivo, un piano ambientale composto da più sottoelementi, da un impiego di risorse pubbliche per investimenti ambientali nei limiti consentiti dalla normativa nazionale e comunitarie e da un canone d'affitto e prezzo di acquisto favorevole;
   la Am Investco avrebbe garantito un investimento complessivo di 2,4 miliardi di euro per rilanciare la produttività, divisi: in 1,5 miliardi di euro per il risanamento ambientale della fabbrica, fra cui 300 milioni per la copertura dei parchi minerari, e 1,25 miliardi di euro di investimenti per le nuove tecnologie per ammodernare gli impianti ed il conseguente sviluppo industriale degli stessi;
   con il «decreto Ilva», varato a fine anno 2016, si è previsto che l'azione dell'amministrazione straordinaria proseguirà anche nei prossimi anni, occupandosi degli investimenti relativi al risanamento ambientale al di fuori dell'area perimetrale dello stabilimento e, per effetto della cessione ed in base al piano ambientale della cordata vincitrice, l'attività dei commissari proseguirà fino al 2023;
   nello specifico, il piano di decontaminazione dovrebbe consistere una serie di interventi ambientali (bonifiche, smaltimento rifiuti, discariche, demolizioni e altro) al fine di prevenire i danni sia all'ambiente che alle risorse naturali presenti sul sito dello stabilimento dell'Ilva, a salvaguardia della salute pubblica, e dovrebbe concludersi dunque nel 2023 –:
   se il Governo, nelle more dell'attuazione del piano ambientale e per accelerare le attività di prevenzione a tutela della salute pubblica e dell'ambiente, intenda chiarire quali siano le nuove tecnologie e le metodologie di ammodernamento per gli impianti dell'Ilva di Taranto e fornire garanzie circa i tempi e i modi previsti per gli interventi finalizzati alla copertura dei parchi minerari. (4-17460)


   SIMONETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 58 del 2015 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, della legge della regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24, relativo agli obblighi dei gestori di discariche di corrispondere ai comuni che ospitano gli impianti un contributo annuo; in particolare il comma 4 citato si riferisce agli impianti di pretrattamento e trattamento di rifiuti di scarti animali;
   tale sentenza incide sulla legittimità del sistema di contribuzione a carico dei titolari di impianti, nei confronti dei comuni sede di discarica, di impianti di trattamento di rifiuti o di piattaforme di smaltimento di rifiuti urbani, assimilati agli urbani e speciali pericolosi e non pericolosi;
   la Corte ha dichiarato la natura tributaria, e non commutativa, del contributo, avente quali soggetti passivi i soggetti che gestiscono impianti, quali soggetti attivi i comuni sede degli impianti, quale presupposto economicamente rilevante la gestione di detti impianti e quale base imponibile una entità monetaria commisurata a «ogni 100 chilogrammi di materiale riutilizzato nell'anno»;
   a seguito alla dichiarazione della natura tributaria del contributo, la Corte ha ritenuto sussistere la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto la regione Piemonte ha istituito un tributo gravante sul presupposto dello svolgimento di attività rientrante nella gestione dei rifiuti, materia su cui sussiste riserva di legge statale di cui all'articolo 117 della Costituzione; in particolare, la Corte ha ritenuto che la riserva di legge statale «deve essere applicata nell'accezione che consenta di preservare il bene giuridico “ambiente” dai possibili effetti distorsivi derivanti da vincoli imposti in modo differenziato in ciascuna Regione»;
   sulla base di tale sentenza la regione Piemonte, in sede di revisione della disciplina di gestione dei rifiuti e del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, non prevede più tale tipologia di indennizzo;
   i comuni che ospitano sul loro territorio una discarica o un impianto di trattamento rifiuti sono sempre stati destinatari di compensazioni economiche, dirette ad indennizzare i disagi e gli impatti sul territorio e sui cittadini provocati dalla presenza di tali impianti, e hanno destinato tali risorse all'erogazione di servizi essenziali per i residenti;
   la preclusione di tali trasferimenti crea preoccupazione tra le amministrazioni comunali;
   dal sito internet della regione Piemonte si apprende che, sul possibile indennizzo ai comuni, sede di impianto di discarica, la regione Piemonte sta procedendo a interessare della questione i ministeri competenti –:
   alla luce della sentenza n. 58 del 2015 della Corte costituzionale e della competenza dello Stato in materia, se il Ministro non ritenga opportuna l'apertura di un tavolo di confronto con le regioni, ai fini dell'assunzione di iniziative volte a definire una disposizione a carattere nazionale che ristabilisca la possibilità di introduzione di indennizzi in favore dei comuni sede di impianti di discarica o di trattamento di rifiuti, e che eviti discriminazioni sul territorio nazionale. (4-17462)


   NACCARATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Sesa spa (società estense servizi ambientali) ha sede nel comune di Este (Padova) in via Comuna;
   Sesa è al 51 per cento di proprietà del comune di Este e al 49 per cento di proprietà della società Finam Group spa di Angelo Mandato, che è anche vice presidente del consiglio di amministrazione di Sesa;
   l'azienda si occupa di raccolta, lavorazione, trasformazione, smaltimento di diverse tipologie di rifiuti;
   i cittadini dei comuni interessati dal servizio di Sesa lamentano la presenza di forti odori che provengono dagli impianti di via Comuna e dai terreni agricoli presenti, nella zona;
   gli stessi cittadini manifestano forti preoccupazioni per l'aumento del volume di rifiuti trattati negli impianti gestiti da Sesa e l'arrivo di ingenti quantità di rifiuti anche dal Sud Italia;
   inoltre, i comitati e le associazioni di cittadini hanno segnalato in più occasioni lo sversamento di «digestato» (fertilizzante che si ottiene dalla fermentazione anaerobica di biomasse con liquami o letami di origine animale) da parte del socio privato di Sesa sui terreni agricoli della bassa padovana;
   secondo i cittadini, in particolare, l'espansione di Sesa ha incrementato il fenomeno degli odori e lo spargimento di ingenti quantità di digestato nelle campagne;
   in questo territorio sono presenti diversi insediamenti quali mangimifici, aziende avicole e soprattutto impianti per la produzione di biomasse e impianti deputati alla biodigestione che concorrono alla produzione di odori ed esalazioni;
   oltre agli odori, le comunità locali hanno più volte denunciato pubblicamente una serie di fenomeni spiacevoli quali irritazioni cutanee, problemi respiratori, acque inquinate;
   gli stessi cittadini dubitano che il digestato sversato nei terreni sia in quantità conforme ai limiti di legge;
   i cittadini e le associazioni nelle quali si sono costituiti sono preoccupati per la salubrità dell'aria, per la qualità dell'acqua e per la salute pubblica;
   nel corso degli anni più volte cittadini ed amministratori locali si sono rivolti alle autorità competenti per la verifica del rispetto delle norme e della tutela della salute;
   recentemente l'attività di mobilitazione e protesta dei cittadini si è intensificata –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se e quali iniziative intenda assumere per quanto di competenza, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente per verificare lo stato dei luoghi, a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini di Ospedaletto Euganeo (Padova), Este (Padova) e della bassa padovana, promuovendo altresì controlli mirati a verificare il rispetto delle norme in relazione agli sversamenti di digestato nei terreni agricoli interessati. (4-17472)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di un'intensa attività di indagine ed investigazione dei militari dell'Arma dei carabinieri appartenenti al nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale di Foggia, ad aprile 2017 è stato posto sotto sequestro per gestione illecita di rifiuti un terreno di proprietà del signor Francesco Annunziata;
   il 29 maggio 2017 era previsto che l'Arpa dovesse procedere alla caratterizzazione dei rifiuti presenti nel sito e qualche giorno prima, il 24 maggio, deposito è stato dato alle fiamme;
   il 25 maggio 2017 il DAP di Foggia inviava al sindaco di Foggia, all'Asl e alla prefettura un’e-mail in cui a seguito di intervento di personale ARPA Puglia, nell'ambito dei profili ambientali di competenza dell'Agenzia e nelle more dei riscontri del monitoraggio dell'aria, in corso, per quanto rilevabile in situ e considerata la natura presunta dei rifiuti in combustione, si proponeva alle autorità competenti di valutare l'opportunità di adottare, per il principio di massima precauzione, misure urgenti a salvaguardia della salute dei residenti nell'area interessata dalla scia di fumo in emissione, come da modello previsionale pertanto già inviato a codesti enti;
   in seguito alla missiva dell'Arpa, l'Asl alle 22,40 inviava una richiesta di adottare un'ordinanza sindacale ai fini precauzionali con la quale si invitava ad adottare delle misure precauzionali fino a un raggio di 400 metri dall'area dell'incendio; tali misure sono state inserite nell'ordinanza sindacale n. 20 del 25 maggio 2017 dal sindaco di Foggia;
   le attività di monitoraggio e campionamento da parte dell'Arpa sono tecnicamente iniziate il giorno 25 e gli esiti sono stati quelli di individuare valori di PM10 di entità molto variabile nelle zone con abitazioni, con picchi fino a circa 1000 μg/m3;
   da quanto esposto emerge chiaramente che, nell'immediatezza dell'incendio, non è stato preso nessun provvedimento in funzione del principio di massima precauzione;
   il 5 giugno 2017 dall'Arpa sarebbe stata trasmessa la scheda di emergenza ambientale al comune di Foggia in cui i valori rilevati non corrisponderebbero a quanto trasmesso mediante e-mail precedentemente dalla direttrice del DAP di Foggia;
   malgrado i dati tardivi emersi dall'Arpa, l'Asl con nota del 10 giugno 2017, a firma del direttore SIAP sud dottor Pasquale Gelsi, confermava la bontà del provvedimento già preso dal sindaco di Foggia;
   a differenza dell'incendio dell'impianto EcoX avvenuto a Pomezia il 5 maggio, dove l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana e gli altri enti coinvolti regione Lazio, Arpa, Asl si sono riuniti lo stesso 5 maggio e hanno convenuto una serie di misure precauzionali, confermate da una nota del Ministero della salute che vietava di raccogliere e commercializzare ortaggi e foraggi in un buffer di 5 chilometri dal luogo dell'incendio, nel caso dell'incendio della discarica di Foggia, dove i valori di PM 10, dopo un giorno d'incendio, erano notevolmente più alti di quanto era stato rilevato a Pomezia, l'azione di concertazione tra gli enti è totalmente mancata;
   tale disastro ambientale è stato sottovalutato mettendo a rischio sia i residenti, sia i consumatori –:
   se il Governo non intenda chiarire le motivazioni per le quali non siano state adottate, per quanto di competenza, iniziative volte a verificare, contenere e riparare il danno ambientale, nonché a stimare gli effetti sulla salute dell'incendio sviluppatosi, al fine di tutelare la popolazione, e quali iniziative intenda assumere, anche sul piano normativo, per meglio definire le procedure da applicare in questi casi. (4-17476)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nel comune di Due Carrare (provincia di Padova), in data 17 maggio 2017 la società Deda s.r.l. ha protocollato in municipio il progetto di un nuovo centro commerciale, da realizzarsi in un'area situata a sud della strada provinciale n. 9 – via Mincana e a ridosso del casello autostradale di Terme Euganee;
   la nuova struttura occuperebbe una superficie di 32.000 metri quadrati per 12 metri di altezza (due piani), con una superficie destinata ai negozi di oltre 60.000 metri quadrati, configurandosi così come il più grande centro commerciale della provincia;
   l'area di intervento è attualmente utilizzata a fini agricoli e ricade nella zonizzazione «D4 Centro Commerciale integrato», ove è consentito l'insediamento di una grande struttura di vendita;
   l'operazione sarebbe finanziata dal fondo di investimento estero Orion European Real Estate Fund IV;
   la nuova struttura in progetto è stata da più parti denunciata come dannosa per il territorio da numerosi punti di vista:
    culturale-paesaggistico: la struttura sorgerà in un contesto tipicamente rurale caratterizzato da presenze architettoniche importanti, come il cinquecentesco castello del Catajo (ubicato a soli 500 metri) e la villa Dolfin-Dal Martello (risalente al XVII secolo), e da zone di interesse storico-ambientale. Nelle immediate vicinanze dell'area di progetto si estende il Parco regionale dei Colli Euganei (istituito nel 1989), ambito di pregio paesaggistico e inserito nella lista dei siti di importanza comunitaria (SIC), e a circa 800 metri scorre il Canale di Battaglia, inserito nella rete dei canali storici;
    economico-commerciale: in una provincia come quella di Padova, in cui negli ultimi anni la presenza della grande distribuzione ha raggiunto 536 metri quadrati ogni 1000 abitanti, un ipermercato delle dimensioni prospettate dal progetto costituirebbe un colpo mortale alla rete di piccoli e medi esercizi commerciali presenti nei centri storici dei paesi, attività queste già in grandissima crisi proprio a causa della concorrenza inaffrontabile di supermercati e centri commerciali (i dati evidenziano che per ogni nuovo posto di lavoro creato dalla futura struttura se ne perderebbero quattro in altri settori);
    viario: il grande afflusso di traffico che una simile struttura richiamerebbe avrebbe effetti deleteri sulla viabilità di una zona già pesantemente interessata da un volume intenso che, in particolare nelle ore di punta, è causa di quotidiani ingorghi sia nella SP 9 sia nella vicina Strada statale 16 – Adriatica;
    ambientale: la costruzione di una simile struttura rischia di vanificare l'obiettivo di ridurre il consumo di suoli in un'territorio già pesantemente compromesso. Peraltro la zona è stata soggetta ad allagamenti (si veda l'alluvione che colpì il limitrofo comune di Battaglia Terme nel 2014) e l'impermeabilizzazione di un'area tanto vasta costituirebbe un ulteriore vulnus al delicato assetto idrogeologico dell'area;
   in relazione alle caratteristiche della zona ed alle descritte emergenze rilevabili nel contesto, l'area individuata non appare pertanto idonea alla presenza di una grande struttura di vendita, né le opere di mitigazione previste dal progetto sembrano adeguate a ridurne l'impatto ambientale;
   inoltre, il comune di Due Carrare rientra nell'area interessata alla proposta di candidatura MaB Unesco lanciata dalla Strada del Vino dei Colli Euganei a fine 2016, un modello per valorizzare l'area dei Colli e Terme Euganee e della Bassa Padovana attraverso la conservazione delle risorse e lo sviluppo sostenibile, col pieno coinvolgimento delle comunità locali, allo scopo di promuovere una relazione equilibrata fra le comunità umane e gli ecosistemi. Quella proposta rappresenterebbe la più vasta area MaB in Europa dedicata alla salute preventiva e alla qualità della vita;
   gli interroganti ritengono che l'intervento descritto abbia un impatto negativo sul piano ambientale ed economico, perché metterà in grave difficoltà le attività commerciali dei comuni limitrofi, già in crisi da diversi anni, contribuendo ad aumentare il problema della viabilità stradale dell'area con conseguenti danni all'ambiente e alla salute dei residenti –:
   quali iniziative intendano mettere in atto, per quanto di competenza, i Ministri interrogati per tutelare l'integrità paesaggistica ed ambientale del territorio interessato dal progettato nuovo centro commerciale nel comune di Due Carrare;
   se i ministeri interrogati intendano assumere iniziative finalizzate a non concedere, per quanto di competenza, le autorizzazioni e gli assenzi necessari alla realizzazione del centro commerciale alla luce dei profili paesaggistici e idrologici e della necessità di tutelare un'area limitrofa ad un sito di interesse comunitario e nella quale sono presenti beni di notevole interesse culturale che potrebbero essere pesantemente compromessi dall'opera.
(2-01901) «Narduolo, Naccarato, Miotto, Camani».

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come riportato sul sito online wifi.italia.it, «il Progetto WiFi Italia ha come obiettivo principale quello di permettere a cittadini e turisti, italiani e stranieri, di connettersi gratuitamente e in modo semplice a una rete WiFi libera e diffusa su tutto il territorio nazionale. Tutto ciò è possibile grazie all'utilizzo di una APP per dispositivi mobili che permette a ciascun utente di accedere in maniera trasparente e immediata a tutta la federazione di reti WiFi Italia it, e di usufruire sia della connettività che dei contenuti e dei servizi dell'ecosistema del Turismo che via via verranno messi a disposizione»;
   in data 26 luglio 2016, di intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e l'Agenzia per l'Italia digitale, il Ministero dello sviluppo economico ha firmato il protocollo di intesa per la creazione di un ecosistema digitale del turismo in grado, da un lato, di facilitare l'accesso dei cittadini e dei turisti al patrimonio culturale sull'intero territorio nazionale e, dall'altro, di consentire ai privati di sviluppare applicativi e servizi a valore aggiunto. «Gli impegni prioritari del Protocollo prevedono la diffusione della banda ultralarga per collegare tutti i siti turistici e culturali, una rete wi-fi diffusa e federata con un sistema di accesso unico, nonché dati pubblici e privati aperti, con standard e regole di utilizzo che consentano lo sviluppo di servizi»;
   a distanza di un anno dalla firma del protocollo, la nota stampa del Ministero dello sviluppo economico del 13 luglio 2017 ha evidenziato come «(...) al momento siano stati sottoscritti protocolli d'intesa tra Mise e le Regioni Emilia Romagna, Toscana e la provincia di Trento, mentre nelle scorse settimane siano partiti progetti pilota a Roma, Milano, Firenze, Prato e Bari»;
   inoltre, «il progetto, presentato nella stessa giornata a Roma presso lo Spazio Europa della Commissione europea, ha dato il via ad un percorso di collaborazione tra l'Italia e la Commissione europea che nelle prossime settimane dovrebbe portare alla firma di un protocollo d'intesa. WiFI.Italia.it rientra infatti nel progetto comunitario WiFi4EU volto a creare un mercato unico digitale offrendo wi-fi gratuito per gli europei. Obiettivo di WiFi4EU è quello di offrire accesso a Internet di alta qualità a residenti e visitatori in tutta l'Europa nei principali centri della vita comunitaria»;
   il sottosegretario per lo sviluppo economico Antonello Giacomelli ha dichiarato che «ancora una volta, così come con il 5G, l'Italia fa da apripista in Europa e avvia la costruzione di una rete federata nazionale che potrà essere il primo tassello del mosaico per l'individuazione di una rete federata europea in grado di abbattere gli ostacoli digitali tra i cittadini comunitari e accelerare l'utilizzo della rete e dei servizi digitali»;
   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini ha dichiarato che «la nuova app Wifi.Italia.lt sia uno strumento indispensabile per il turismo, settore in crescita esponenziale, che può e deve essere governato tramite il digitale. Il Wifi può essere uno straordinario strumento per aiutare a promuovere un turismo diffuso, segnalando i siti sovraffollati e suggerendone altri in prossimità, e per fare sempre più dell'Italia una meta di un turismo colto, sostenibile e intelligente»;
   secondo il sito online www.itespresso.it «il progetto, curato da Infratel Italia, è decisamente ambizioso, anche se ampiamente lacunoso»;
   della stessa opinione anche il sito www.webitmag.it che, nell'articolo del 17 luglio 2017, ha evidenziato come «il progetto, che prevede l'attivazione di un'unica rete wi-fi, con 28 mila access point per navigare gratis in tutti i luoghi pubblici italiani: piazze, musei, ristoranti, alberghi e stazioni, sia molto lontano da una distribuzione capillare: l'unica città ben coperta dal servizio è Milano. A Venezia nulla, a Firenze ci molti punti di accesso ma solo una dozzina in centro città, a Roma solo 6 access point e a sud di Roma solo uno a Bari» –:
   alla luce dei fatti sopraesposti, se i Ministri interrogati intendano indicare le tempistiche di attuazione del progetto di rete WiFi Italia su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento ai luoghi pubblici ubicati nei centri di maggiore attrazione turistica, al fine di permettere a cittadini e turisti di connettersi alla rete internet gratuitamente e in modo semplice. (4-17464)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   vi sono evidenze scientifiche che dimostrano che l'uso di sonar a bassa frequenza impiegati dalle marinerie abbia un impatto devastante sui cetacei pelagici. Molte specie di cetacei sono sensibili a forti emissioni acustiche quali quelle generate dai sonar militari e dagli air-gun. L'esposizione a tali rumori può produrre emorragie fino a provocare effetti letali;
   questo tipo di emissione acustica può impaurire gli animali sino ad indurli a un'emersione rapida senza adeguata decompressione, con morte per embolia;
   inoltre, è stato possibile trovare una connessione indiretta tra l'uso dei sonar e lo spiaggiamento di 7 esemplari di capodoglio nel 2009 in prossimità delle coste a nord del Gargano. Lo stesso è accaduto per esemplari di Zifio sull'isola di Corfù e sul litorale calabrese, nel 2011, in concomitanza ad attività di prospezione geosismica mediante sorgente energetica di tipo air-gun da parte di tre navi provenienti da Malta e ad esercitazioni militari con l'utilizzo di sonar;
   tali attività proseguono per giorni e permangono per anni e costituiscono un ostacolo e disturbano, compromettendolo, il già precario stato di salute e di conservazione dei cetacei, specialmente se le navi operano in un vasto territorio nel quale i cetacei vivono da sempre;
   consentire queste attività senza seguire in maniera trasparente, completa e corretta tali disposizioni e senza coinvolgere la comunità tecnico-scientifica che possa intervenire nello studio, nella documentazione e nel recupero dell’habitat e degli episodi di spiaggiamento di cetacei, significa giocare pericolosamente d'azzardo con un grande rischio annunciato per l'intero ecosistema, talvolta irreversibile, che si rifletterà inevitabilmente sulla biodiversità marina;
   la Nato utilizza i sonar (Lfas) anche in Mediterraneo. Tali sonar, come sopra evidenziato, possono spiegare il loro effetto anche oltre i 100 chilometri e causare danni all'organismo dei cetacei pelagici e non solo;
   numerose ricerche scientifiche dimostrano il grave impatto causato dai sonar a bassa frequenza;
   sono numerose le raccomandazioni internazionali suggerite dai ricercatori circa il pericolo che l'uso del Lfas, determina sui cetacei. In particolare, raccomandazioni sono state formulate durante la riunione della IUCN;
   è notizia recente che la Nato nelle acque della Turchia, Grecia e Italia stia operando per garantire la sicurezza;
   il Santuario Pelagos per i mammiferi marini del Mediterraneo è un'area marina protetta che si estende nel Mediterraneo nord-occidentale fra Italia, Francia e Sardegna. Con l'istituzione del Santuario, le parti si sono impegnate a:
    garantire uno stato di conservazione favorevole dei mammiferi marini proteggendoli, insieme al loro habitat, dagli impatti negativi diretti o indiretti delle attività umane;
    valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi marini, le cause di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat;
    esercitare la sorveglianza nel Santuario e intensificare la lotta contro ogni forma di inquinamento, di origine marittima e tellurica;
    adottare strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli scarichi di sostanze tossiche nel Santuario;
    vietare ogni cattura deliberata e qualsiasi forma di disturbo intenzionale dei mammiferi;
   l'inserimento del Santuario per i mammiferi marini nella lista di aree specialmente protette di importanza mediterranea, impegna i 17 Stati e gli organismi internazionali aderenti al protocollo «SPA» al rispetto dei vincoli di cui sopra –:
   quanti e quali siano gli esperimenti di tipo militare che prevedono l'uso dei Lfas e che sono attualmente in corso o previsti nel Mar Mediterraneo;
   se non sia da considerare la necessità di coinvolgere ricercatori internazionali in operazioni che prevedano l'uso dei Lfas;
   se, in ragione dell'alto valore ecologico del Mediterraneo, della presenza del Santuario dei Cetacei e della sua biodiversità marina, non si ritenga necessario assumere iniziative per prevedere una apposita commissione di valutazione di tutte le operazioni che comprendano l'uso dei Lfas, anche in considerazione di tutte le aggressioni di tipo antropico cui l'ambiente marino è già sottoposto e che mettono a rischio la presenza di molte specie. (5-11958)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2209-septies del decreto legislativo n. 66 del 2010 reca: «Disposizioni transitorie intese ad estendere l'istituto dell'aspettativa per riduzione di quadri al personale militare non dirigente dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare» e dispone: «1. Sino all'anno 2024 ovvero al diverso termine stabilito ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 244, il personale militare non dirigente dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, ivi compreso quello di cui all'articolo 2210, comma 1, lettere a), b), c), d), f) e g), non altrimenti riassorbibile con le modalità di cui all'articolo 2209-quinquies, qualora si trovi nelle condizioni di cui al comma 2 del presente articolo, è collocato in aspettativa per riduzione di quadri, indipendentemente dal grado rivestito, dalla Forza armata, dalla categoria e dal ruolo di appartenenza. – 2. Il personale di cui al comma 1 è collocato in aspettativa per riduzione di quadri in ragione della maggiore anzianità anagrafica, secondo il seguente ordine di priorità: a) a domanda al 31 dicembre di ciascun anno, per il personale che al 1o gennaio dell'anno di riferimento sia a non più di sette anni dal raggiungimento del limite di età previsto per il grado e il corpo di appartenenza»;
   alla data odierna, nonostante il provvedimento legislativo sia in vigore da oltre un anno, non sono state emanate disposizioni applicative per consentire al personale che si trovi nelle condizioni anagrafiche previste dal disposto di legge di presentare domanda per il collocamento in aspettativa per riduzione quadri;
   a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 94 del 2017 risultano, ai sensi della tabella allegata a tale decreto, di cui all'articolo 11, comma 5, una eccedenza di circa 1.195 unità per quanto riguarda i primi marescialli, nonché un'eccedenza di 1.640 unità relative ai marescialli delle tre Forze armate;
   va constatato che l'attivazione della aspettativa per riduzione quadri nei confronti del personale non dirigente comporterebbe una notevole riduzione di spesa vista la riduzione del 5 per cento degli emolumenti fissi e continuativi che rimarrebbe a carico del personale, unitamente alla riduzione delle spese per l'addestramento, il vestiario ed il vitto dello stesso;
   si rileva inoltre che, in data 7 luglio 2017, in attuazione delle norme previste dal decreto legislativo n. 94 del 2017, sono state conferite, con 3 decreti dirigenziali, emessi dalla direzione generale per il personale militare, 7.400 promozioni al grado di luogotenente dell'Esercito, della Marina e della Aeronautica, aumentando in maniera esponenziale le consistenze numeriche nei gradi del ruolo marescialli delle Forze armate –:
   se il Ministro interrogato non intenda al più presto assumere iniziative per applicare le disposizioni di cui all'articolo 2209-septies del decreto legislativo n. 66 del 2010, in modo da dare attuazione alla previsione che prevede l'aspettativa per riduzione di quadri nelle Forze armate, che rappresenta un fondamentale strumento di contrazione dei volumi organici e delle spese conseguenti. (4-17457)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


  PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   sono state recentemente adottate disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio;
   tali misure consistono innanzitutto nella vendita, al costo simbolico di un euro, di parte delle attività delle due banche, compreso il trasferimento del relativo personale, ad un acquirente, individuato in Intesa Sanpaolo, nonché nella cessione alla Società per la gestione di attività dei crediti deteriorati e di altri attivi non ceduti o retrocessi;
   sotto il profilo finanziario, le misure adottate consistono in iniezioni di liquidità pari a 4,8 miliardi di euro, a cui si aggiungono circa 400 milioni di euro, quale eventuale costo da sostenere per le garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro;
   sono altresì previsti, per coloro che al momento dell'avvio della liquidazione coatta amministrativa detenevano strumenti finanziari di debito subordinato emessi dalle medesime banche, meccanismi di rimborso analoghi a quelli introdotti dal decreto-legge n. 59 del 2016 per gli istituti di credito posti in risoluzione nel novembre 2016. Tali obbligazionisti potranno accedere alle prestazioni del fondo di solidarietà purché i suddetti strumenti finanziari siano stati sottoscritti o acquistati entro il 12 giugno 2014;
   migliaia di piccoli azionisti, contribuenti, risparmiatori e lavoratori di Veneto Banca e di Banca popolare di Vicenza, che tanto avevano confidato sulla solidità finanziaria di questi istituti di credito, sono rimaste improvvisamente vittime di gravi illeciti da parte di amministratori e dirigenti responsabili del dissesto economico delle suddette banche venete;
   ancora una volta, dopo neanche due anni dal triste epilogo delle quattro banche regionali del novembre 2015, i cittadini sono chiamati a pagare per la negligenza e gli errori commessi da alcuni vertici che hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite –:
   se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, affinché, sul piano delle responsabilità penali e patrimoniali, gli amministratori colpevoli siano puniti in modo esemplare per i reati commessi nella loro funzione dirigenziale bancaria e se non ritenga di aumentare le misure di protezione a favore dei piccoli azionisti e correntisti fortemente danneggiati dal dissesto di tali banche, anche estendendo la platea degli ammessi alle procedure di ristoro, nonché di salvaguardare i livelli occupazionali e i diritti dei lavoratori delle banche in questione. (3-03189)


  GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   secondo i dati del Ministero dell'interno, il numero degli immigrati sbarcati in Italia è in crescita esponenziale: comparando i dati dal 1o gennaio 2017 al 21 giugno 2017 con il medesimo periodo del 2016, si è registrato un aumento del 26,77 per cento (56.329 nel 2016 e 71.409 nel 2017);
   il numero degli immigrati richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale presenti nel sistema di accoglienza, in linea con l'aumento degli ingressi via mare, è aumentato in modo allarmante: il numero delle presenze registrate al suo interno e distribuite tra i diversi centri previsti dalla vigente normativa è passato da 66.066 nel 2014 a 103.792 nel 2015, fino ad arrivare a 176.554 al 31 dicembre 2016;
   ai sensi del dell'articolo 1, comma 2, e dell'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 142 del 2015 beneficiano delle misure di accoglienza tutti i cittadini stranieri dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale e per la durata del procedimento di esame della domanda, nonché, ai sensi della circolare del 7 luglio 2016 dello Sprar, i titolari di protezione internazionale o umanitaria per sei mesi prorogabili, e comunque, in caso di diniego, fino al grado di appello;
   la legislazione vigente assicura l'erogazione dei servizi di cura e assistenza sanitaria da parte del servizio sanitario nazionale sia ai cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno che a quelli stranieri non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno in Italia;
   a seguito dell'emergenza migratoria in atto, pare che l'intero sistema sanitario delle regioni sia ormai al collasso, anche per casi sempre più diffusi di malattie infettive o patologie anche conseguenti ai viaggi per raggiungere le coste italiane, e che gli stanziamenti statali come «rimborso per le spese degli enti del servizio sanitario regionale per l'assistenza e le rette di spedalità agli stranieri bisognosi» siano ben inferiori al fabbisogno reale –:
   quali siano i costi complessivi nell'anno 2016 ed in quello in corso, finora sostenuti dal nostro Paese, e quelli previsti per il 2017 per l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e di coloro che abbiano ricevuto la protezione internazionale o umanitaria, nonché i costi per l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri sostenuti dalle regioni ed i relativi rimborsi ed infine le spese sostenute dai comuni per i servizi di assistenza e inclusione sociale a favore degli stranieri. (3-03190)


  PAGLIA, MARCON, FASSINA e CIVATI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la Confedercontribuenti da circa un anno segnala a diverse autorità e pubbliche amministrazioni (inclusi Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle entrate ed Ente per la riscossione) la necessità di consentire alle aziende di poter compensare i crediti già inseriti e certificati nella piattaforma del Ministero dell'economia e delle finanze, con i debiti nascenti dalla presentazione di istanze di adesione alla cosiddetta «rottamazione dei ruoli», cioè alla definizione agevolata di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, possibilità attualmente preclusa dalla normativa;
   Confedercontribuenti, che ha più volte denunciato l'ingente mole di crediti vantata dalle imprese associate fornitrici della pubblica amministrazione, con atto d'interpello del 6 aprile 2017 ha rivolto alle suddette autorità chiarimenti sull’iter procedurale della rottamazione, senza, peraltro, ottenere alcun riscontro nonostante la data di presentazione delle istanze prevista per legge sia scaduta il 21 aprile 2017. La stessa confederazione ha inoltre assistito un'azienda nell'ambito di un ricorso che quest'ultima ha presentato contro Riscossione Sicilia per vedersi riconosciuto il diritto alla compensazione, diritto che dovrebbe essere scontato, riguardando somme iscritte a ruolo e per le quali non vi sarebbero ragioni per non riconoscerla;
   con sentenza pubblicata il 12 luglio 2017 la Commissione tributaria di Catania ha riconosciuto all'azienda ricorrente il diritto alla compensazione, sospendendo il diniego avanzato da Riscossione Sicilia ed Equitalia a rottamare i ruoli con i crediti certificati al Ministero dell'economia e delle finanze che la stessa vantava;
   nonostante sia intervenuta la suddetta pronuncia, a tutt'oggi si registra l'assoluta assenza di risposta del Governo all'interpello, ancor più grave se si pensa che interessa le migliaia di aziende creditrici dello Stato, in molti casi in crisi di liquidità anche per colpa del significativo ritardo con cui la pubblica amministrazione le rimborsa;
   il tema del ritardo nei pagamenti da parte della pubbliche amministrazioni alle imprese fornitrici di beni e servizi, stante i rilevanti effetti negativi che è capace di determinare sul loro equilibrio finanziario e sulla loro capacità di resistere sul mercato, effetti peraltro rafforzati dall'attuale marcato rallentamento del ciclo economico, assume un ruolo cruciale nella discussione sulle leve da utilizzare per riavviare una fase di crescita dell'economia –:
   se non ritenga di dover colmare la lacuna normativa con interventi regolamentari che consentano alla aziende fornitrici di compensare, con i crediti vantati verso la pubblica amministrazione, la loro posizione debitoria. (3-03191)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 99 del 2017 il Governo ha dettato regole e modalità di esecuzione della liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza;
   in particolare, questo processo ha significato l'acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo spa degli asset dei due istituti, ad esclusione di quelli deteriorati, destinati a GSA, e di alcune società ritenute non appetibili da Intesa, rimaste in capo al liquidatore;
   fra gli obiettivi dichiarati dal Governo c'era la salvaguardia dei lavoratori impegnati nelle banche venete, per la quale sono stati impegnati 1,25 miliardi di euro di risorse pubbliche, finalizzate a gestire gli esuberi del gruppo consolidato;
   si parla, in particolare, di uno «scivolo» fino a 7 anni per 4.000 lavoratori, 1.000 dei quali provenienti dalle due banche venete e gli altri da Intesa Sanpaolo;
   deve essere rimarcato, quindi, che l'operazione, pur in modo indolore, comporta nell'immediato una significativa contrazione occupazionale;
   due sono inoltre i problemi che permangono, secondo quanto appreso da fonti sindacali e di stampa;
   il primo è relativo alla sorte dei lavoratori delle società non ricomprese nel perimetro della fusione con Intesa Sanpaolo;
   si parla di circa 700 persone, attualmente non ricomprese negli accordi, che potrebbero anche avere le condizioni soggettive utili a godere dell'uscita anticipata garantita dai fondi pubblici;
   il secondo problema attiene ai 200 giovani lavoratori precari dei due istituti, cui non è stata prospettata alcuna soluzione diversa dalla mancata riconferma del contratto, e per i quali la fusione coincide quindi con il licenziamento;
   è opinione dell'interrogante che il primo sia un caso di patente discriminazione, mentre il secondo evidenzi come a pagare gestioni dissennate e scelte politiche tardive e pasticciate siano ancora una volta i più giovani –:
   se i numeri riportati in premessa trovino conferma;
    perché si sia scelto di non affrontare la questione occupazionale nel suo complesso, limitandosi a destinare 1,25 miliardi di euro a Intesa Sanpaolo perché gestisca in proprio gli esuberi;
   se e come intenda adoperarsi per garantire parità di trattamento a tutti i lavoratori interessati dalla liquidazione delle due banche venete;
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché Intesa Sanpaolo si faccia carico del futuro lavorativo degli ex precari delle due venete, già ampiamente formati e professionalizzati. (4-17467)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   numerosi agenti della polizia penitenziaria del carcere di Montorio/Verona hanno denunciato un grave episodio: un detenuto ha tentato di ucciderli con una lama costruita in carcere in maniera rudimentale, inneggiando ad Allah; il fatto ripropone il tema della sicurezza dei poliziotti penitenziari e della tenuta dell'istituto penitenziario veronese rispetto a questo tipo di detenuti radicalizzati e integralisti;
   risulterebbe che il detenuto in questione sia stato oggetto nel tempo di alcune verbalizzazioni per le sue espressioni tipiche del radicalismo di stampo islamico;
   la direttrice dell'istituto penitenziario ha, però, smentito gli accadimenti denunciati dalle organizzazioni sindacali degli agenti penitenziari;
   si corre il rischio che questo singolare confronto possa aver come conseguenza la delegittimazione agli occhi dei detenuti tutti della credibilità e della professionalità degli agenti interessati e di tutta la categoria;
   l'interrogante ritiene doveroso fare chiarezza, non fosse altro perché certe situazioni mettono in pericolo, anche di vita, gli agenti della polizia penitenziaria che espletano il loro dovere –:
   se il fatto denunciato corrisponda al vero; in particolare se corrisponda al vero che il detenuto citato in premessa fosse monitorato costantemente proprio per i suoi comportamenti radicali e quali iniziative intenda assumere per evitare che episodi simili, ivi compresa la singolare contrapposizione tra agenti penitenziari e direttrice, possano ripetersi. (4-17466)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 84 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ha previsto un sistema unico di qualificazione degli esecutori di contratti pubblici articolato in rapporto alle tipologie e all'importo dei lavori;
   l'articolo 83 del medesimo ha stabilito che per i lavori, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare, su proposta dell'Anac entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice degli appalti, anche al fine di favorire l'accesso da parte delle microimprese e delle piccole e medie imprese, sono disciplinati il sistema di qualificazione, i casi e le modalità di avvalimento, i requisiti e le capacità che devono essere posseduti dall'impresa concorrente;
   la normativa oggi vigente richiede la produzione di identica documentazione per tutte le categorie per ottenere la certificazione S.o.a., anche quella «ridondante» come la planimetria autenticata dei lavori (laddove sarebbe sufficiente una dichiarazione di conformità rilasciata dal direttore dei lavori e/o progettista), oppure la copia dei modelli DM-10-Uniemens, documento superabile con la presentazione di un più semplice e regolare documento unico di regolarità contributiva;
   la complessità del procedimento e la documentazione da produrre comportano spese rilevanti che non favoriscono l'accesso alla S.o.a. da parte delle microimprese e delle piccole e medie imprese;
   le micro e piccole e medie imprese del settore edile, soprattutto nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, sono molto numerose e finiscono di conseguenza per essere penalizzate nella partecipazione alle gare di appalto che richiedono il possesso della S.o.a. –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative normative per la revisione della documentazione da produrre per ottenere la certificazione S.o.a. e la conseguente introduzione di una procedura semplificata con una più contenuta produzione di atti almeno per le prime due classifiche (258.000 e 516.000 euro) previste dalla disciplina vigente e per le micro, piccole e medie imprese del settore dell'edilizia, al solo fine della partecipazione alle gare connesse alla ricostruzione nei comuni dell'Italia centrale colpiti dal 24 agosto 2016 dagli eventi sismici. (5-11954)


   CARLONI, MANFREDI e TARTAGLIONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Trenitalia, azienda del gruppo Ferrovie dello Stato italiane (FS), ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, è titolare di licenza ferroviaria n. 1 rilasciata dal Ministero dei trasporti in data 23 maggio 2000;
   Trenitalia garantisce tutti i giorni, secondo l'orario ferroviario attualmente in vigore, il treno alta velocità Frecciarossa n. 9512 (catalogato anche come 9514), con partenza dalla stazione di Salerno alle ore 06:12 ed arrivo a Milano Centrale alle ore 11:40;
   il suddetto convoglio effettua le seguenti fermate intermedie nelle stazioni di: Napoli Centrale (partenza ore 07:00), Napoli Afragola (07:14), Roma Termini (08:20), Roma Tiburtina (08:29), Firenze Santa Maria Novella (10:00), Bologna Centrale Sotterranea AV (10:38);
   in data martedì 17 luglio 2017, il Frecciarossa parte in orario dalla stazione di Salerno, percorrendo la linea fino a Firenze con le fermate previste, per poi lasciare la stazione di Firenze Santa Maria Novella con circa 13 minuti di ritardo sulla tabella di marcia;
   nel tratto fra Firenze e Bologna, nella galleria Vaglia, ubicata tra la stazione di Firenze Castello ed il posto di movimento (PM) di San Piero a Sieve, il suddetto convoglio si ferma a causa di un guasto poco dopo le ore 10:00, per poi essere soccorso circa tre ore dopo da un apposito locomotore, e riportato così alla stazione di Firenze Santa Maria Novella;
   durante le tre ore di attesa, a causa del guasto al sistema ausiliario di alimentazione, il treno è rimasto al buio e senza aria condizionata. I passeggeri, presi dal panico e sofferenti a causa del calore, che ha causato anche diversi malori, hanno aperto le porte del convoglio, riversandosi nella galleria Vaglia, percorsa dai treni AV a grande velocità, con rischi gravissimi per la loro incolumità;
   tale comportamento è verosimilmente dovuto a quanto riportato da diversi organi di stampa, che lamentano la totale mancanza di informazioni diffuse dal personale di bordo, che avrebbero dovuto essere diffuse a voce, a causa del malfunzionamento dell'impianto di diffusione sonora;
   ciò ha indotto il Codacons a considerare una «class action» contro la società Trenitalia, anche e soprattutto qualora non vengano risarciti i biglietti alla totalità dei viaggiatori, compresi i biglietti per le coincidenze eventualmente perse. Fattispecie non prevista dalla corrente legislazione in materia, ma che rappresenterebbe un gesto di buona volontà da parte dell'azienda, anche a parziale risarcimento per lo shock subito da parte dei passeggeri;
   in data 18 luglio 2017, l'Autorità di regolazione dei trasporti (Art) ha comunicato di aver avviato una verifica finalizzata ad accertare il rispetto delle procedure previste dal «prospetto informativo della Rete» per le operazioni di soccorso in linea, nonché l'idoneità del materiale rotabile utilizzato per il servizio, atteso che lo stesso treno, prima dell'avaria, risultava aver già accumulato 13 minuti di ritardo;
   l'episodio è l'esempio recente più eclatante di ritardi che si vanno ad accumulare sull'interezza delle linee dell'alta velocità, dove sempre più convogli registrano ritardi, anche di modesta entità, ma che segnalano un chiaro stato di sofferenza del sistema dell'alta velocità, che desta preoccupazione data l'importanza dell'infrastruttura –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati e se non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti al fine di individuare, per quanto di competenza, le responsabilità di quanto accaduto anche sul piano tecnico, garantire livelli adeguati di informazione ai passeggeri in caso di disservizi e verificare lo stato dell'infrastruttura delle linee ad alta velocità ed i relativi snodi presso le principali stazioni ferroviarie del Paese, così da garantire il diritto alla mobilità dei cittadini secondo quanto stabilito dall'articolo 16 della Costituzione italiana e dall'articolo II, paragrafo 105, della Carta dei diritti dell'Unione europea. (5-11960)


   FRUSONE, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO e CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015 con l'interrogazione n. 5-05301, si richiedeva di verificare insieme alla commissione interna d'indagine dell'Enac, eventuali irregolarità riguardanti il caso della Società HFD e quali provvedimenti il Ministro avrebbe adottato, per ovviare alla situazione di incertezza creatasi;
   il 2 luglio 2015 la risposta alla suddetta interrogazione concludeva: «Ferma restando la rilevanza della decisione nel merito del TAR anche per la vicenda riguardante la società HFD, assicuro che le competenti strutture del MIT seguiranno gli ulteriori sviluppi della questione in collaborazione con l'ENAC»;
   oggi, dopo quasi 12 anni, l'Enac non ha ancora proceduto all'accatastamento degli immobili dati in concessione all'Hfd, nonostante i solleciti dell'Agenzia del demanio pregiudicando la possibilità della Hfd di esercitare;
   a giugno 2015 l'Enac iniziano degli incontri per arrivare ad una risoluzione della controversia;
   l'Hfd su richiesta dell'Enac, invia tutta la documentazione in suo possesso compresa di perizia giurata dei lavori effettuati presso l'Aeroporto di Aquino che sarà verificata dagli ingegneri dell'Enac il 27 settembre 2015 in loco;
   si arriva ad una proposta di un ristoro di 750.000 euro all'Hfd, a fronte di una perizia giurata delle opere realizzate del valore di 1.765.422 euro con la rinuncia della società ad essere risarcita di tutte le spese e i danni subiti per il mancato esercizio;
   l'Enac scrive che la questione deve essere sottoposta all'Avvocatura dello Stato e, in caso di parere positivo all'organo consiliare dell'Enac;
   l'Avvocatura dello Stato in data 1o luglio 2016 dà il suo parere legale positivo alla transazione non esprimendosi sulla congruità del quantum che sarà valutata dai professionisti delle direzioni dell'Enac che eseguiranno prontamente;
   a settembre 2016 si insediano i nuovi membri del consiglio di amministrazione di Enac ed il nuovo collegio dei revisori, e il dottor Legnante, rinviato a giudizio per la questione dell'aeroporto dell'Urbe, viene reintegrato come dirigente nella sede centrale dell'Enac;
   l'Ufficio legale dell'Enac, scrive al collegio dei revisori per richiedere un parere sulla transazione, nonostante non fosse richiesto nel parere dell'Avvocatura dello Stato;
   a gennaio 2017 il collegio dei revisori giudica, non si sa su quali parametri, non congruo l'importo stabilito nella transazione e richiede ulteriore documentazione che verrà inviata ma non presa in considerazione e non ci sarà un nuovo parere, tanto che il 21 aprile 2017 il consiglio di amministrazione dell'Enac decide di non deliberare sulla transazione visto il parere negativo dato dal collegio dei revisori;
   il consiglio dell'Enac si atterrà al solo parere del collegio dei revisori, per deliberare su una questione transattiva complessa che, come da parere della stessa Avvocatura dello Stato, avrebbe potuto portare l'Ente a risarcire l'Hfd per danni subiti, con importi molto superiori a quello della transazione concordata, costando molto di più ad Enac e di conseguenza ai cittadini –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato, intenda adottare nei confronti di Enac in relazione ai fatti descritti relativi all'impossibilità per Hfd di esercitare i diritti concessori e come intenda intervenire per evitare una risoluzione in danno per inadempimento, nei confronti di Enac medesimo. (5-11965)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1933 sino agli anni sessanta lungo il percorso della linea FL7 del servizio ferroviario regionale del Lazio che collega Roma Termini con Formia era in funzione la stazione denominata «Divino Amore», meta di numerosi pellegrinaggi nell'omonimo santuario;
   successivamente, fu preferito il trasporto su gomma che consentiva di raggiungere diversi quartieri e «raccogliere» l'utenza vicino alle abitazioni, ma negli ultimi anni, nonostante diversi interventi di fluidificazione sia all'interno che all'esterno del grande raccordo anulare, il congestionamento del traffico sulla via Ardeatina ha raggiunto livelli insostenibili;
   il protocollo d'intesa siglato il 14 febbraio 2006 tra la società Rete ferroviaria italiana spa (Rfi) e la regione Lazio prevedeva la realizzazione di una nuova fermata o stazione denominata «Divino Amore»;
   il municipio IX di Roma Capitale sin dal 2009 ha attivato un tavolo di confronto tra municipio, Rfi e regione Lazio, nell'ambito dei cui lavori è emerso che una fermata, e non una stazione, è tecnicamente realizzabile in località Falcognana;
   in data 23 luglio 2010 Rfi ha presentato un progetto di massima della fermata proprio in località Falcognana, quantificando la spesa in due milioni di euro e prevedendo una durata dei lavori di diciotto mesi;
   con delibera 7 agosto 2013, n. 260, la giunta della regione Lazio ha adottato gli indirizzi per la stesura del piano regionale della mobilità, dei trasporti e della logistica;
   con la delibera di giunta comunale 28 marzo 2014, n. 70, è stato adottato il nuovo piano del traffico urbano;
   gli indirizzi per il piano regionale della modalità, di trasporti e della logistica individuano tra i settori strategici rispetto ai quali intervenire, il sistema ferroviario, con l'obiettivo di garantire una maggiore frequenza dei treni e, quindi, liberare le arterie viarie fortemente congestionate con la previsione della riorganizzazione del servizio regionale e di interventi sulle stazioni;
   il piano generale del traffico urbano suddivide il territorio di Roma Capitale in sei zone, e l'area in questione rientra nella zona 5 – area extra grande raccordo anulare; l'obiettivo di questa zona è l'aumento delle condizioni di accessibilità al trasporto pubblico su ferro e la razionalizzazione della rete stradale attraverso interventi di riconnessione e di fluidificazione della viabilità;
   la riapertura della fermata in località Falcognana consentirebbe di servire la parte periferica della città e dei Castelli romani e permetterebbe di raggiungere la stazione Termini in poco più di un quarto d'ora a fronte di un attuale tempo di percorrenza del trasporto su gomma che ammonta a circa un'ora e mezza, realizzando un vero collegamento delle zone periferiche al centro della città;
   il territorio del municipio IX-Eur presenta grandi difficoltà nella gestione del traffico cittadino, che crea pesanti disagi in particolare nei quartieri periferici, congestionati dai grandi movimenti verso la città;
   le linee dell'Atac non sono sufficienti a garantire un servizio regolare ed efficiente che permetta, in tempi ragionevoli, di raggiungere scuole e luoghi di lavoro, costringendo i cittadini ad utilizzare il mezzo privato e aggravando, quindi, la condizione del traffico;
   il passaggio della linea ferroviaria regionale FL 7 nel territorio del municipio IX, in corrispondenza della via Ardeatina, non agevola la mobilità, perché le fermate più vicine non sono comunque abbastanza funzionali all'utenza del quadrante, nel quale abitano circa ventitremila persone –:
   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte a favorire la rapida realizzazione da parte di Rete ferroviaria italiana della prevista fermata lungo il percorso della linea ferroviaria di cui in premessa. (4-17451)


   POLIDORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 17 luglio 2017, il Frecciarossa 9514, ripartito poco dopo le 10 da Firenze Santa Maria Novella, è rimasto fermo per ben tre ore in galleria nel tratto fra Castello e San Pietro a Sieve a causa di un guasto alla linea elettrica;
   a bordo vi erano centinaia di passeggeri, rimasti al buio, senza aria condizionata e informazioni per un tempo lunghissimo, prima di essere tratti in salvo da un locomotore che ha agganciato il treno e lo ha trainato, a velocità ridotta, indietro, fino alla stazione di Santa Maria Novella;
   le cronache riferiscono di rallentamenti alla circolazione, ma soprattutto di forti disagi, tanta, comprensibile, apprensione e malori tra i passeggeri, alcuni dei quali, durante la lunga «sosta» in galleria sono addirittura scesi dal convoglio per portarsi sui marciapiedi e piazzole di emergenza –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che tali pericolosi incidenti si ripetano, dal momento che le cronache riportano notizie di frequenti guasti, i quali creano forti disagi e a volte mettono in pericolo l'utenza;
   quali iniziative siano state messe in atto per verificare le attività di manutenzione e la sicurezza della rete ad alto transito di convogli. (4-17454)


   GAGNARLI, SPESSOTTO e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i fenomeni di aggressione consumati sugli ottocento treni regionali che viaggiano ogni giorno in Toscana continuano periodicamente a verificarsi; il più delle volte a pagarne i danni sono i capotreni, come nel caso accaduto il 18 luglio 2017 all'altezza di Certaldo, sul regionale n. 6876 Siena-Firenze, poi cancellato nella tratta Poggibonsi-Firenze Santa Maria Novella;
   da quanto è stato ricostruito il capotreno è stato picchiato da un passeggero di origine ivoriana al quale era stato chiesto il biglietto. Quest'ultimo non aveva il titolo di viaggio ed ha iniziato a discutere fino a quando non ha cominciato a tirare pugni e calci contro il capotreno che lo aveva invitato a scendere a Poggibonsi. Il passeggero è stato poi arrestato dalla polizia ferroviaria di Poggibonsi e portato nelle camere di sicurezza della questura di Siena;
   purtroppo, casi di questo tipo sono sempre più frequenti non solo in Toscana: il 19 gennaio 2016 un altro capotreno era stato aggredito alla stazione di Firenze Castello da una donna che tentava di salire sul convoglio senza biglietto; sul regionale in partenza da Empoli per Siena il 27 dicembre 2016 si era registrato un altro caso, un altro capotreno era stato aggredito verbalmente da una dozzina di persone che non volevano pagare il biglietto, caso conclusosi poi con l'arresto di una donna di 35 anni che si è scagliata anche contro i carabinieri arrivati in soccorso;
   nel territorio toscano sono stati disposti presidi presso le biglietterie automatiche e la chiusura dei binari dell'alta velocità, ma l'allarme si è spostato sui treni regionali, soprattutto sui binari più defilati. La regione avrebbe sottoscritto una convenzione con Trenitalia, secondo la quale gli agenti di sicurezza possono spostarsi sui treni gratuitamente con l'impegno di avvertire il capotreno della loro presenza;
   il 17 dicembre 2014 la prima firmataria del presente atto ha depositato una prima interrogazione, rimasta senza risposta, per segnalare che gli attacchi e le minacce gravi contro il personale in servizio sui treni in Italia erano raddoppiati rispetto al dato complessivo del 2013, con Toscana, Veneto e Piemonte al vertice di questa classifica di rischio –:
   se e quali iniziative, il Governo intenda adottare, nell'ambito delle attività di competenza finalizzate a garantire il livello di sicurezza globale dei convogli in movimento, a seguito degli ultimi episodi di aggressione al personale dei treni regionali in Toscana, posto che la problematica ha una ricaduta nazionale. (4-17468)


   LABRIOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un comunicato stampa dell'autorità portuale di Taranto riporta che il 19 giugno 2017, il Comitato di gestione dell'autorità di sistema portuale del Mar Ionio abbia deliberato, all'unanimità, l'approvazione del «Piano Operativo Triennale 2017-2019 e Vision 2030 del porto di Taranto. Tale piano presenterebbe un approccio strategico tale da contribuire ad allineare la programmazione dell'ente a quella comunitaria e alle principali milestones introdotte dal piano strategico nazionale della portualità e della logistica;
   con il nuovo piano l'ente intende «guardare al futuro e tracciare una vision al 2030, con l'obiettivo di definire l'agenda dello sviluppo dello scalo jonico attraverso un approccio business-oriented volto alla promozione dei traffici, attraverso una politica di sostenibilità economica-ambientale e nell'ottica di rafforzare e valorizzare l'identità territoriale della città di Taranto nella sua veste di città-porto»;
   il presidente dell'Autorità di sistema portuale, nel sottolineare l'orientamento dettato dalla sua nuova programmazione avrebbe dichiarato: a stesura del documento si inserisce in un momento storico molto importante per il porto di Taranto che oggi si presenta in costante trasformazione e nel quale il territorio e tutto il cluster portuale possano intravedere scenari di crescita e sviluppo»;
   per il rilancio del porto di Taranto si sta lavorato da tempo, in particolare, come si legge nella relazione annuale 2014, l'autorità portuale di Taranto ha portato nel 2013 le attività connesse all'accordo (Memorandum of Understanding — MoU) siglato il 19 aprile 2012, con la PORInt, Port of Rotterdam International;
   tale apertura a Rotterdam rappresenta sicuramente una grande opportunità per il futuro del porto di Taranto e per l'intera comunità, soprattutto nell'ottica di una espansione nel Mediterraneo ed oltre;
   il Mezzogiorno e particolarmente la Puglia potrebbero avere un ruolo strategico per la realizzazione delle nuove «vie della seta», grazie alla loro posizione geografica favorevole in aggiunta ai porti già individuati del nord Italia (Genova e Venezia), soprattutto a seguito alla realizzazione del nuovo corridoio per il passaggio di navi di grandi dimensioni nel canale di Suez –:
   quali iniziative, di competenza alla luce di quanto espresso in premessa, intenda assumere il Governo per sostenere i progetti già programmati o in via di definizione a favore del porto di Taranto e assicurare il rilancio infrastrutturale del porto stesso, che andrebbe a dare ossigeno alla comunità locale già duramente colpita da una crisi economica senza precedenti. (4-17470)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, BASILIO, TERZONI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la stagione estiva 2017 si è aperta all'insegna di gravi e ripetuti incendi boschivi che imperversano in tutto il Paese: tra i fattori scatenanti la prolungata siccità ma anche la disorganizzazione delle attività di coordinamento, ad avviso degli interroganti tra le conseguenze della soppressione del Corpo forestale dello Stato per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016, il Corpo forestale dello Stato è assorbito nell'Arma dei carabinieri, la quale esercita le funzioni già svolte dal Corpo forestale dello Stato ad eccezione delle azioni contro incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei, attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   secondo l'articolo 9 del decreto sopracitato spetta ai vigili del fuoco il coordinamento delle operazioni di spegnimento, d'intesa con le regioni, anche per quanto concerne l'impiego dei gruppi di volontariato antincendio;
   fondamentale per il coordinamento delle operazioni di spegnimento, la figura del direttore delle operazioni di spegnimento (Dos) degli incendi boschivi, responsabile unico di tutte le attività inerenti lo spegnimento;
   gran parte delle quasi 8.000 persone, donne e uomini, del Corpo forestale dello Stato era in possesso della qualifica di Dos, e garantivano una copertura capillare del territorio italiano grazie alla presenza di comandi stazione comunali o intercomunali, mentre i Dos dei vigili del fuoco hanno una dislocazione provinciale o nei distaccamenti;
   attraverso specifiche convenzioni tra il Corpo forestale e le regioni veniva garantito lo svolgimento delle attività di antincendio boschivo e di direzione delle operazioni di spegnimento, su tutto il territorio nazionale;
   ad oggi, solo 5 regioni risultano aver stipulato le convenzioni col Corpo nazionale dei vigili del fuoco che è subentrato al dissolto Corpo forestale dello Stato;
   rispetto al 2016, oggi, il numero di Dos «in campo» è drasticamente ridotto;
   rispetto ai direttori delle operazioni di spegnimento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, quelli del Corpo forestale dello Stato avevano una preparazione specifica in materia di propagazione degli incendi boschivi sulla base delle caratteristiche del soprassuolo, e di coordinamento dei mezzi aerei e terrestri, nonché di gestione delle squadre di intervento; altresì nei vigili del fuoco, la qualifica di Dos si sovrappone a quella del Responsabile delle operazioni di soccorso (Ros), rivelando un approccio nella lotta agli incendi boschivi completamente diverso rispetto a quello, fin qui dimostratosi efficace, degli ex-Forestali;
   risulta agli interroganti che sia ridottissimo il numero di Dos dell'ex Corpo forestale dello Stato transitati nei vigili del fuoco ed effettivamente impiegati con questa mansione, venendo piuttosto relegati allo spegnimento attivo anche in ambiente urbano o in sala operativa –:
   quali siano le regioni che non abbiano ancora stipulato le convenzioni di cui in premessa;
   quale il numero effettivo di Dos attualmente operativi in ogni regione;
   se quanto disposto dalla nota n. 85/32 del 7 luglio 2017 dell'Arma dei carabinieri, inerente le procedure operative per gli interventi nel caso di incendi boschivi, che prevede la messa a disposizione dei direttori delle operazioni di spegnimento e dei responsabili delle operazioni di soccorso di tutte le conoscenze e i dati di esperienza che saranno richiesti, da parte degli ex-forestali transitati nell’«Arma», abbia contribuito a migliorare le attività antincendio;
   come si concilii la nota sopra richiamata con le disposizioni del decreto legislativo n. 177 del 2016 concernenti il riparto delle competenze tra carabinieri e vigili del fuoco in materia di lotta agli incendi;
   in che modo si intendano valorizzare le competenze acquisite dagli ex forestali che hanno ricoperto il ruolo di direttori delle operazioni di spegnimento, all'interno del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di potenziare l'attività di prevenzione e lotta agli incendi nel Paese;
   quali azioni siano state messe in campo per la prevenzione degli incendi boschivi sul territorio nazionale;
   rispetto al 2016 quale sia il numero degli incendi avvenuti fino ad oggi sul territorio nazionale e quale sia la superficie percorsa dal fuoco. (5-11962)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è di pochi mesi fa la decisione di istituire a Verona più sedi dei vigili del fuoco e inviare più personale, a garanzia della pronta reazione in caso di soccorso in ogni parte della provincia;
   Verona ha una copertura del territorio notevolmente inferiore alle altre province venete e rispetto alle esigenze: solo tre sedi di servizio operative a fronte di una media di 6 sedi di servizio per ogni altra provincia della regione; il personale è insufficiente: un vigile del fuoco ogni 4.016 veronesi, contro una media regionale di una unità ogni 2.548 abitanti;
   a seguito di insistenze a più livelli, sono stati destinati a Verona 16 nuovi vigili del fuoco, sarà realizzato il nuovo comando provinciale in via Apollo (zona motorizzazione civile/Genovesa), con autorimessa all'avanguardia, ed è stato deciso un nuovo distaccamento in zona S. Michele Extra, nell'ex caserma dei carabinieri di via Aldo Fedeli messa a disposizione dal comune di Verona;
   a fronte di questa ultima decisione, numerosi comuni della parte est della provincia hanno avanzato una specifica richiesta di avere in prossimità un presidio dei vigili del fuoco;
   l'interrogante ritiene che il nuovo distaccamento di Verona/S. Michele Extra non sia risolutivo per due motivi: l'importante e necessario intervento di ristrutturazione/adeguamento dell'immobile per soddisfare le esigenze funzionali dei vigili e la necessità che il presidio sia ancora più spostato verso est, in particolare nei pressi delle grandi vie di comunicazione;
   i lavori di adeguamento sull'ex caserma sono abbastanza dispendiosi e lunghi da realizzare, ma, soprattutto, a parere dell'interrogante, il limite è la collocazione geografica, dentro il tessuto urbano;
   sarebbe opportuna una sede più vicina a tangenziali e autostrada, in modo da consentire l'immediato raggiungimento di diverse località del territorio –:
   se non si ritenga utile ripensare alla scelta di insediare un distaccamento a S. Michele Extra a Verona e valutare un nuovo e sostitutivo distaccamento permanente in zona S. Martino Buon Albergo/Caldiero, ovvero a ridosso della città e dentro l'area est (vallate comprese) come, peraltro, già chiesto nel tempo dai vigili del fuoco veronesi nelle loro programmazioni strategiche;
   se si intenda avviare un confronto con i comuni della parte est della provincia di Verona, al fine di valutare la concreta possibilità da parte di questi di farsi carico di individuare un immobile nella zona e di adeguarlo alle esigenze, in modo da raggiungere l'obiettivo posto. (4-17453)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la cosiddetta riforma Madia, il Corpo forestale dello Stato è stato soppresso ed il suo personale fatto transitare principalmente nell'Arma dei carabinieri e nei vigili del fuoco, nella misura di 6.400 unità nei carabinieri e 360 unità nei vigili del fuoco;
   anche i trenta elicotteri appartenenti al Corpo forestale e utilizzati per gli interventi di spegnimento incedi, sono stati assegnati nella misura di tredici velivoli ai carabinieri e diciassette ai vigili del fuoco;
   il Corpo forestale dello Stato era preposto al controllo e alla tutela delle aree verdi e boschive e della fauna del territorio italiano, e al suo interno erano previste competenze e professionalità specifiche nell'intervento per lo spegnimento degli incendi;
   in particolare, il Corpo forestale poteva contare sui direttori operativi degli spegnimenti, ora interamente transitati nei vigili del fuoco;
   come dichiarato dal capo della protezione civile l'Italia si trova attualmente stritolata nella morsa degli incendi, sia di origine dolosa sia a causa della grave siccità che sta interessando il territorio nazionale, in modo più grave degli anni passati;
   a quanto risulta all'interrogante, sembrerebbe che sia l'Arma dei carabinieri che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco abbiano dato disposizioni in merito al non utilizzo del personale ex Corpo forestale e dei direttori operativi degli spegnimenti per fronteggiare gli incendi (salvo che per piccoli focolai), anche perché in attesa dei decreti attuativi della riforma;
   la stragrande maggioranza degli elicotteri trasferiti all'Arma dei carabinieri e ai vigili del fuoco risultano essere interamente fermi o inutilizzati, e quelli assegnati ai carabinieri sembrano addirittura essere stati convertiti ad altre finalità;
   l'emergenza incendi sta interessando tutto il territorio nazionale e mettendo rischio vite umane, fauna e flora –:
   quali iniziative intendano assumere per sbloccare questa grave paralisi degli organi preposti alla tutela del territorio e allo spegnimento degli incendi, anche portando a compimento il processo di accorpamento del Corpo forestale all'Arma dei carabinieri e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al fine di rilanciare l'operatività delle singole unità;
   se non ritengano di rafforzare l'organico del personale specializzato nello spegnimento degli incendi in modo da affrontare con successo l'emergenza in atto. (4-17458)


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un agente della polizia di Stato è stato sospeso dal servizio, subendo contestualmente il dimezzamento dello stipendio e la convocazione da parte di una commissione disciplinare che potrebbe anche disporne il congedo, per aver postato un video nel quale viene mostrato uno straniero extracomunitario che percorre un tratto d'autostrada in sella ad una bicicletta, indossando contestualmente delle cuffie che lo isolavano da qualsiasi rumore esterno;
   nel medesimo video, che dura 51 secondi, il poliziotto cita nel proprio commento anche la Presidente della Camera, peraltro inserendola, nel più vasto insieme delle personalità che maggiormente si sono spese per rendere più accondiscendente la politica italiana di gestione dei flussi migratori;
   il video era stato inizialmente postato in una chat privata, in modo tale da esser fruibile soltanto da un limitato numero di persone, e solo successivamente è stato pubblicato sui social media di maggior rilevanza;
   il poliziotto sospeso vanta un record professionale di tutto rispetto e mantiene una famiglia in cui vi sono tre figli;
   in ragione delle sue difficili condizioni economiche attuali, il Sap, Sindacato autonomo di polizia, ha messo a disposizione del poliziotto sospeso un proprio avvocato, con l'incarico di assisterlo di fronte alla commissione disciplinare che dovrà decidere del suo futuro;
   a favore del poliziotto sospeso si è schierato anche il Siulp, rilevando l'assenza di qualsiasi intento razzista nel video postato ed evidenziando come fosse volto a dar voce ad un malessere diffuso, in nome della promozione della legalità;
   in segno di solidarietà, il Coisp ha a sua volta promosso una pedalata collettiva per manifestare la propria vicinanza all'agente –:
   quali siano i motivi per i quali è stato disposto nei confronti dell'agente generalizzato in premessa un provvedimento tanto drastico quanto economicamente pregiudizievole per le sorti della sua famiglia;
   entro quali limiti, nell'età dei social media, gli agenti di polizia possono esercitare il proprio diritto alla libera manifestazione del pensiero;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative in relazione alla vicenda sopra richiamata affinché siano revocati i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti del poliziotto. (4-17461)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 169 del 2008 ha introdotto, a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, una sperimentazione nazionale dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse, e ha previsto azioni di sensibilizzazione e formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle relative conoscenze e competenze; analoghe iniziative sono state assunte anche nella scuola dell'infanzia;
   l'introduzione di questo insegnamento ha rappresentato l'occasione per implementare il fondamentale rapporto che lega la scuola alla Costituzione e a sottolineare come l'ordinamento giuridico, che trova nella Costituzione il suo nucleo generativo e organizzativo, possa rappresentare per la vita delle ragazze e dei ragazzi, uno «strumento per capire, accettare e trasformare la realtà, per impostare relazioni, per affrontare e risolvere in modo non violento i conflitti a tutti i livelli e per immaginare e promuovere nuove regole, coerenti con quei princìpi e con le linee portanti dell'ordinamento democratico»;
   l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», definita nella circolare ministeriale n. 86 del 2010 obiettivo irrinunciabile per tutte le scuole, deve trovare un tempo e uno spazio dedicati per essere conosciuto e gradualmente approfondito sia in una dimensione integrata all'area storico-geografico-sociale, sia in una dimensione trasversale a tutte le discipline;
   tale insegnamento non prevede un voto distinto, ma una valutazione che concorre al voto complessivo delle discipline di area storico-geografica e storico-sociale, nonché alla definizione del voto di comportamento, «per le ricadute che determina sul piano delle condotte civico-sociali espresse all'interno della scuola, così come durante esperienze formative al di fuori dell'ambiente scolastico»;
   le indicazioni nazionali per il secondo ciclo dispongono che, al termine del quinquennio liceale, lo studente conosca bene i fondamenti del nostro ordinamento costituzionale, quali esplicitazioni valoriali delle esperienze storicamente rilevanti del nostro popolo e precisano che «le attività e gli insegnamenti relativi a Cittadinanza e Costituzione coinvolgono gli ambiti disciplinari dell'istruzione tecnica e si sviluppano, in particolare in quelli storico-giuridico e giuridico-economico», interessando però anche le esperienze di vita e, nel triennio, le attività di alternanza scuola-lavoro;
   affinché quanto su indicato non rimanga nel campo delle nobili aspirazioni sarebbe forse auspicabile prevedere una verifica soprattutto in sede di esame finale;
   tra le finalità della scuola primaria, la legge n. 53 del 2003 ha indicato l'educazione ai princìpi fondamentali della convivenza civile, i cui obiettivi di apprendimento sono: educazione alla cittadinanza, stradale, ambientale, alla salute, alimentare e all'affettività; obiettivi attraverso i quali il ragazzo diventa consapevole di essere soggetto di diritti così come di doveri per lo sviluppo qualitativo della convivenza civile;
   nel 2012 la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un'etica della responsabilità sono stati indicati quali «obiettivi irrinunciabili dell'educazione alla cittadinanza»;
   la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, comma 7, nell'ambito della disciplina dell'individuazione del fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia in relazione all'offerta formativa che le istituzioni scolastiche intendono realizzare, nonché a iniziative di potenziamento della stessa, individua come prioritari le attività progettuali volte al raggiungimento di alcuni obiettivi formativi tra i quali lo sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica da perseguire mediante la valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture, il sostegno dell'assunzione di responsabilità, nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri; il potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all'autoimprenditorialità; lo sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali; la prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, di ogni forma di discriminazione e del bullismo, anche informatico;
   la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, comma 16, stabilisce che l'attuazione dei princìpi di pari opportunità sono assicurati prevedendo nel piano triennale dell'offerta formativa la promozione all'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni;
   le scuole concorrono inoltre ad informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche di cui al Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere di cui all'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013;
   sulla promozione all'educazione alla legalità ed alla convivenza civile, misure ribadite recentemente per fronteggiare l'intensificarsi di episodi di bullismo e cyberbullismo, sono intervenuti numerosi provvedimenti ministeriali;
   l'insegnamento «Cittadinanza e Costituzione», la promozione dell'educazione alla legalità, sono iniziative importanti per incentivare la partecipazione attiva dei giovani alla costruzione nazionale ed europea, alla comprensione delle diversità culturali, al riconoscimento dei valori della libertà, dell'uguaglianza, della parità tra donne e uomini, della legalità, del rispetto dei diritti umani e alla lotta contro le mafie, il razzismo, la xenofobia e il sessismo –:
   quali iniziative intenda mettere in atto la Ministra interpellata per verificare e monitorare se e come l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», nelle forme previste dalla normativa, sia stato, attuato in tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione e formazione di tutti gli ordini ed i gradi; quali iniziative intenda assumere per assicurare che la materia «Cittadinanza e Costituzione» venga insegnata in tutte le scuole di tutti gli ordini e gradi e per rendere pienamente applicabile da tutti gli istituti scolastici la normativa in materia.
(2-01900) «Centemero».

Interrogazioni a risposta immediata:


  SOTTANELLI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, PARISI e VEZZALI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   la tabella degli organici 2017/2018 continua ad allarmare il mondo della scuola e le famiglie residenti nel territorio abruzzese. Per il prossimo anno scolastico, in Abruzzo sono previsti 69 docenti in meno, 18 solo nella provincia di Teramo;
   la riduzione del personale docente appare difficilmente conciliabile con la più volte manifestata volontà di non impoverire l'offerta scolastica in una regione come l'Abruzzo, duramente colpita dagli eventi sismici e dalle calamità naturali con il rischio di un ulteriore spopolamento delle aree interne;
   tale tetto di organico è del tutto insufficiente a garantire il rispetto dei parametri del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, considerando che sono presenti scuole nel cratere con classi di 33 alunni, classi con disabili fino a 28 e alcune classi in zona di montagna o nel cratere non sono state autorizzate non rispettando la circolare ministeriale del 15 maggio 2017, portando alla chiusura di corsi unici a livello provinciale e regionale;
   si sta generando una situazione di grave criticità nelle scuole specialmente nei comuni del cratere sismico, ad esempio a Colledara dove non è stata autorizzata la classe di prima media con 12 alunni e nel liceo artistico «F.A. Grue» di Castelli, istituto unico in Abruzzo ed eccellenza italiana nello studio della tradizione storica della ceramica, non è stata autorizzata la prima classe con 13 alunni e un portatore di handicap;
   le previsioni della tabella degli organici appaiono inoltre in contraddizione con la nota ministeriale 21315/17 della direzione generale per il personale scolastico dove viene esplicitamente previsto che: «Per quanto riguarda le aree interessate dai recenti eventi sismici sono mantenute le classi attivate nei comuni colpiti, anche con parametri inferiori a quelli previsti dalla normativa vigente ed è possibile attivare ulteriori classi nei comuni che hanno accolto gli studenti delle zone terremotate, nei limiti delle norme specifiche in via di definizione» –:
   se il previsto taglio agli organici del personale docente in Abruzzo sia confermato e come il Governo intenda garantire la stabilità dell'offerta scolastica, in particolare nei comuni del cratere come Castelli e Colledara. (3-03183)


  VACCA, DI BENEDETTO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO e SIMONE VALENTE. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   così come riportato dai principali organi di stampa, tra cui l'agenzia consultabile online Adnkronos, si apprende come il «Movimento per la dignità della docenza universitaria» coordinerà azioni di protesta sottoscritte da oltre 5.000 docenti universitari italiani, di cui più di trecento tra Università e Politecnico di Torino, per «far saltare dal 28 agosto al 31 ottobre prossimi la sessione autunnale degli appelli»;
   tale astensione è stata determinata al fine di ottenere l'adozione di un provvedimento di legge, in base al quale le classi e gli scatti stipendiali dei professori e dei ricercatori universitari, nonché dei ricercatori degli enti di ricerca italiani aventi pari stato giuridico, vengano sbloccati a partire dal 1o gennaio del 2015, anziché, come attualmente previsto, dal 1o gennaio 2016;
   si richiede, inoltre, che il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici solo a partire dallo sblocco delle classi e degli scatti dal 1o gennaio 2015;
   tali rivendicazioni si aggiungono alla drammatica questione dei precari nell'università, del pre-ruolo e del reclutamento in ruolo, che, a partire dal blocco del turn-over, ha provocato la contrazione dell'organico dei docenti di ruolo, deciso dal Governo Berlusconi e proseguito con la «riforma Gelmini» attraverso la cancellazione del ricercatore a tempo indeterminato, il quale ha messo seriamente in crisi l'intero sistema universitario, sia sotto il profilo della ricerca che dell'offerta formativa;
   a fronte di questa drammatica situazione il Governo ha già dimostrato come si consenta l'adozione di provvedimenti economicamente impegnativi, quali, ad esempio, l'istituzione delle «cattedre Natta», ma non si intende in nessun caso intervenire per rendere il sistema più efficiente, dignitoso e realmente competitivo;
   si consideri, tra l'altro, che a partire dal 2009 il fondo per il finanziamento ordinario, il quale rappresenta la parte sostanziale delle risorse delle università, ha subito una costante diminuzione, tant’è che dai 7.513,1 milioni di euro previsti per quell'anno si è passati ai 6.919,5 milioni di euro stanziati nel 2016 –:
   quali iniziative intenda assumere per riconoscere le istanze sin qui esposte, al fine di garantire la dignità della docenza universitaria, anche attraverso l'accoglimento delle proposte avanzate dalle organizzazioni richiamate in premessa, assicurando, inoltre, l'effettiva risoluzione del problema del precariato nell'università italiana. (3-03184)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARZANA, DI BENEDETTO, D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, CHIMIENTI, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 13 luglio 2015, al comma 114 dell'articolo 1, ha disposto: «(...) un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente (...) per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio (...)»; la procedura concorsuale ha avuto carattere regionale ed ha previsto 3 bandi, per un totale di 63.712 posti;
   al termine di quasi tutte le procedure concorsuali i vincitori sono in numero inferiore rispetto ai posti messi a disposizione; nonostante ciò, i posti disponibili sembrano essersi volatilizzati: in Sicilia diverse centinaia di vincitori del concorso sono rimasti senza cattedra;
   ad esempio, per il concorso di italiano, storia e geografia alla scuola media nell'isola sono stati messi in palio 433 posti, ma i vincitori sono solo in 267. Poiché in tutta la Sicilia i posti accantonati per le assunzioni a tempo indeterminato sanno 100 da dividere con i precari inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento (Gae), nell'anno scolastico 2017/2018 i vincitori di concorso potranno fruire di sole 50 cattedre;
   stesso discorso vale per i 149 vincitori della selezione per insegnare tecnologia. Anche in questo caso i posti (219 in tutto) messi a concorso superano i vincitori, ma per le immissioni in ruolo sono disponibili soltanto 51 cattedre;
   il gap maggiore risulta per la scuola dell'infanzia e primaria: per la scuola materna delle 449 cattedre messe a concorso, i posti accantonati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per le assunzioni a decorrere da settembre 2017 sono appena 88 in tutta la Sicilia. Situazione simile per la scuola primaria: a superare il concorso a cattedra sono stati in circa 700 su 1096 posti messi a concorso, ma anche in questo caso i posti, disponibili per l'anno scolastico 2017/18 potrebbero essere appena 180, da dividere anche in questo caso con i docenti inseriti nelle Gae. Si aggiunga che in Sicilia per queste due classi di concorso le prove sono state espletate completamente nel giugno 2017 e che quindi le assunzioni dello scorso anno non sono potute avvenire; 
   è probabile che tali posti siano stati utilizzati per la mobilità straordinaria, a carattere nazionale, del precedente anno scolastico: nel 2016/17, secondo le stime del dossier Tuttoscuola, si sono trasferiti 207 mila docenti, pari al 30 per cento dell'organico di ruolo complessivo degli insegnanti statali con un tasso di mobilità di docenti triplicato rispetto agli anni precedenti;
   stando così le cose, appare irrealistica la prospettiva di esaurire le stabilizzazioni sui posti messi a bando nell'anno scolastico 2018/19, anche perché, si è anche ridotto il numero di docenti che lasceranno il lavoro a causa dei nuovi requisiti pensionistici stabiliti dalla «riforma Fornero», che hanno fortemente rallentato il turnover;
   inoltre, su diverse classi di concorso ci sono i docenti di ruolo soprannumerari che, in caso di turnover, hanno la precedenza per andare a coprirli: è il caso della ex classe di concorso A039, trasformata nella A21 (geografia), per la quale in Sicilia sono stati banditi 29 posti e sono stati individuati i vincitori, ma a oggi è tutto fermo in attesa di sentenza, poiché ci sono 4 soprannumerari di ruolo;
   un'ordinanza del mese di febbraio 2017 del Tar impone al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di spiegare le modalità con cui intende garantire la futura copertura dei posti messi a bando –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire dati dettagliati circa l'effettiva sussistenza dei posti banditi nel triennio 2016/19 e quindi circa la consistenza organica regionale per ogni singola classe di concorso;
   con quali modalità si intendano assumere, nell'arco del triennio, tutti i vincitori di concorso, con particolare riguardo a quelli della scuola dell'infanzia e primaria, nei posti d'insegnamento su cattedre comuni e di sostegno messi a bando. (5-11959)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 189 del 2016 impone l'obbligo, a tutte le imprese impegnate nei lavori per il terremoto, di iscrizione alle Casse edili, le quali, per rilasciare il «nuovo» Durc Dol, devono verificare i versamenti di ogni singola impresa riferiti al penultimo mese antecedente la richiesta di iscrizione stessa;
   la richiesta di Durc ha validità di 120 giorni, periodo in cui l'impresa potrebbe però non effettuare i versamenti sociali dovuti;
   con il nuovo Durc Dol le Casse edili non hanno la possibilità di verificare i versamenti a Inail e Inps e Cassa edile stessa;
   il nuovo Durc Dol non consente neppure di acquisire informazioni sul singolo lavoro e, nei 120 giorni di validità, a partire dalla prima richiesta, su quelle ulteriori, siano esse di privati o di enti pubblici;
   con il «vecchio Durc» rilasciato dagli sportelli unici previdenziali, in vigore fino al luglio 2015, era possibile invece controllare i lavori pubblici di ogni singolo cantiere;
   i lavori per la ricostruzione conseguenti agli eventi sismici del 24 agosto 2016 e successivi sono equiparati a lavori pubblici in quanto finanziati dallo Stato;
   con il «Durc Dol» si assiste purtroppo, ad una recrudescenza degli infortuni e di morti nei cantieri edili;
   il «vecchio Durc» veniva inoltre rilasciato su carta filigranata, mentre ora, visualizzazione a video a parte, può essere stampato su un semplice foglio di carta bianca con conseguente aumento esponenziale di falsificazioni;
   sarebbe opportuno che Inps e Inail rivedano le loro procedure informatiche per consentire alle Casse edili del cosiddetto «cratere» di poter vedere: tutti i Durc ed i dati di tutti coloro che richiedono il Durc per ogni ditta nel corso dei quattro mesi di validità del documento e non solo di chi fa la prima richiesta;
   nel Durc Dol rilasciato dal sistema dovrebbe poi essere riportata la Cassa edile alla quale è iscritta la ditta e non, come accade oggi, solo l'acronimo C.n.c.e. – Commissione nazionale Casse edili – posto che sussiste l'obbligo di iscrizione ad una Cassa del territorio;
   anche nelle more di una riforma, più complessa ed organica, che dovrebbe interessare il sistema Durc-Dol di tutta Italia e non solo i comuni del «cratere sismico», devono essere evitati abusi e infiltrazioni di imprese legate alla criminalità organizzata –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità che nelle aree colpite dal sisma comporta l'applicazione del «Durc Doll» e se intenda assumere iniziative affinché l'Inps e l'Inail procedano a una sollecita modifica delle procedure in essere per consentire alle Casse edili di poter svolgere efficacemente azioni di verifica. (5-11953)


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi del comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 142 del 2015, ai richiedenti asilo è consentito di svolgere «attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente»;
   il successivo comma 2 esplicita che tale permesso di soggiorno per richiesta di asilo non può esser convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro  –:
   quale sia la tipologia contrattuale applicata per la fattispecie di cui in premessa;
   quale sia il numero dei lavoratori stranieri richiedenti asilo impiegati con tale forma contrattuale;
   quali oneri il datore di lavoro debba sostenere in caso di chiusura anticipata del contratto di lavoro per sopravvenuto diniego del permesso di soggiorno per richiesta di asilo da parte delle commissioni competenti –:
   se non intenda assumere iniziative per rivedere la previsione di cui al comma 1 dell'articolo 22 citato in premessa escludendo la possibilità di svolgere attività lavorativa per i migranti che hanno presentato domanda di asilo, fintanto che non sia conclusa, con esito positivo, la procedura in merito. (5-11964)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   non è la prima volta che si solleva un'attenzione pubblica su episodi discutibili e lesivi della dignità dei lavoratori per quel che concerne lo stabilimento Belleli, di Mantova;
   è infatti di poche settimane fa una interrogazione a risposta scritta del firmatario del presente atto rimasta senza risposta, circa il licenziamento di un operaio «bollato» ingiustamente come «assenteista»;
   gli episodi di prevaricazione da parte della proprietà nei confronti dei sindacati e dei lavoratori si stanno sommando in maniera preoccupante, andando ora a toccare il tema delicatissimo della sicurezza sui luoghi di lavoro;
   in data 6 luglio 2017 il responsabile della sicurezza della Fiom-Cgil, sindacato maggiormente rappresentativo in fabbrica, nonché rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e componente della rappresentanza sindacale unitaria, si recava ad ispezionare una postazione di lavoro durante la pausa pranzo, perché insospettito da un elemento;
   il sospetto appariva fondato, giacché si rilevava che la piattaforma aerea utilizzata dai carroponti, stava lavorando con un peso superiore alla sua portata, comportando dunque un pericolo per l'incolumità dei lavoratori; nello specifico l'osservazione effettuata riguardava la piattaforma con braccio sviluppabile usata per interventi migliorativi del carroponte;
   in occasione dell'ispezione, il rappresentante della sicurezza e rappresentanza sindacale unitaria veniva notato da due ingegneri di cui uno membro del consiglio di amministrazione e l'altro responsabile della produzione, i quali richiamavano il lavoratore intimandogli di presentare un'osservazione scritta, circostanza che veniva messa subito in atto con una segnalazione formale al capo-reparto;
   qualche giorno dopo l'azienda ha contestato al delegato della Fiom-Cgil l'insubordinazione per abbandono del posto di lavoro senza avvisare il capo reparto e non per avere richiesto 24 ore prima il permesso sindacale; nonostante le controdeduzioni, il 20 luglio 2017 è stato disposto il provvedimento disciplinare consistente in due giorni di sospensione dal lavoro e dallo stipendio;
   la natura del provvedimento appare all'interrogante intimidatoria, data anche la rilevanza della questione sollevata che ha a che fare direttamente con la sicurezza dei lavoratori –:
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per approfondire la situazione interna alla Belleli, in special modo riguardo al corretto svolgimento delle relazioni sindacali;
   se non ritenga di dovere assumere le iniziative di competenza per assicurare da parte della proprietà il rispetto di diritti fondamentali e mai troppo considerati dei lavoratori, come quello alla sicurezza sui luoghi di lavoro. (4-17463)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante già con precedenti atti di sindacato ispettivo ha denunciato la situazione di disagio ed incertezza che vivono i lavoratori della Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro (Udine);
   tra piani industriali non rispettati e ulteriori provvedimenti che hanno compromesso i diritti dei lavoratori, la proprietà dell'azienda ha troppo spesso portato avanti una politica, a giudizio dell'interrogante, ambigua e scorretta e, ad oggi, a quanto si apprende, continua ad esserci una grave situazione di malessere tra i lavoratori nei confronti del management locale dello stabilimento di San Giorgio di Nogaro;
   i 108 lavoratori dell'impianto sono ormai stremati per quanto stanno subendo, ossia: buste paga inesatte, abolizione della quota mensa, mancanza di comunicazione tempestiva per il consumo di ferie e permessi in assenza di lavoro o di straordinari e mancato riconoscimento delle legittime rappresentanze sindacali;
   come rilevano le rappresentanze sindacali, la situazione è tesa, poiché l'azienda ha disatteso gli accordi stipulati per riavvio dell'impianto e rifiuta ogni confronto;
   uno dei problemi più gravi riguarda la questione relativa alla controversa interpretazione delle busta paga, che dà luogo a degli errori sui pagamenti in danno ai dipendenti: nonostante la richiesta di chiarimenti all'azienda, quest'ultima non ha mai risposto, né ai sindacati né ai lavoratori; inoltre, non è mai intervenuta per il mancato rispetto del contratto di solidarietà; 
   ebbene, è insostenibile la situazione che si è venuta a creare a causa di quelli che all'interrogante appaiono abusi del management dell'azienda, che, oltre a non rispettare gli accordi e a disattendere i diritti dei lavoratori, ha assunto anche una condotta che, a giudizio dell'interrogante, di fatto lede i diritti sindacali. Un tale comportamento fa temere anche un imminente taglio dei posti di lavoro –:
   alla luce dei fatti esposti, se e quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato affinché siano garantiti i diritti dei lavoratori e salvaguardati i livelli occupazionali della Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro;
   se il Ministro interrogato non intenda aprire un tavolo di confronto con le parti sociali considerando l'atteggiamento a giudizio dell'interrogante non corretto e non rispettoso dei diritti sindacali da parte dell'azienda. (4-17473)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:


  MURGIA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   ad oggi le perdite provocate alle coltivazioni e agli allevamenti dalla siccità e dalle condizioni climatiche anomale che hanno caratterizzato il 2017 ammontano a oltre due miliardi di euro;
   il dato emerge da un'analisi della Coldiretti, che ha evidenziato come, ad esempio, il Lago di Garda sia appena al 34,4 per cento di riempimento del volume e il fiume Po in alcuni punti sia oltre tre metri al di sotto dello zero idrometrico;
   circa due terzi dei campi coltivati lungo tutto il territorio nazionale sono senz'acqua e la Coldiretti ha stigmatizzato come per gli agricoltori sia sempre più difficile ricorrere all'irrigazione di soccorso per salvare le produzioni;
   la produzione di latte è crollata di circa il quindici per cento e si sta verificando un drastico crollo della produzione di fieno, arrivata nelle zone del Centro Italia a una diminuzione del 60 per cento, che sta mettendo a rischio la sopravvivenza degli allevamenti di bestiame;
   ben dieci amministrazioni regionali hanno già avviato le verifiche e stanno per chiedere la dichiarazione di stato di calamità naturale, al fine di attivare il fondo di solidarietà nazionale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
   ai danni della siccità si aggiungono anche i numerosissimi incendi che stanno devastando campagne e boschi d'Italia;
   dal 1994 in avanti, con l'adozione della cosiddetta legge Galli, è stato introdotto il concetto di servizio idrico integrato, suddiviso territorialmente negli ambiti territoriali ottimali, ciascuno dei quali è affidato ad un gestore che dovrà curare, nel proprio territorio di competenza, gli acquedotti e la captazione, adduzione e distribuzione delle risorse idriche per tutte le utenze, siano esse private, pubbliche, commerciali, agricole o industriali;
   nel 2006, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ha stabilito che il servizio pubblico integrato deve essere «gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie»;
   tuttavia, le problematiche derivanti dalla siccità in questi ultimi mesi, che stanno colpendo anche l'approvvigionamento idrico di numerose città, stanno mettendo in luce le inefficienze proprie del sistema di gestione del servizio idrico e l'ingente quantità d'acqua dispersa a causa della scarsa manutenzione degli acquedotti –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere con riferimento alle problematiche di cui in premessa, anche attraverso una revisione del sistema di gestione del servizio idrico integrato. (3-03193)

Interrogazione a risposta scritta:


   GUIDESI e FEDRIGA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il registro dell'Unione europea conta, per il solo comparto food, ben 1.357 Dop e lgp; l'Italia contribuisce con il più alto numero di indicazioni geografiche, pari a 291, che assicurano una produzione di 6,35 miliardi di euro ed un export superiore ai 3 miliardi;
   il settore agroalimentare italiano è sempre stato attento ad evitare l'immissione sul mercato di prodotti agricoli ottenuti con l'uso di sostanze proibite in Europa, come ad esempio l'utilizzo di glifosato nella fase di pre-raccolta del grano duro, vietato in Italia, perché accusato di essere cancerogeno o ancora con l'uso degli OGM;
   il nostro Paese, ad esempio, è il principale produttore europeo di grano duro, destinato alla pasta, con 4,9 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari. Nonostante ciò sono ben 2,3 milioni le tonnellate di grano duro che arrivano dall'estero in un anno, senza che questo venga reso noto ai consumatori in etichetta, perché non sussiste ancora l'etichettatura d'origine che consenta l'identificazione delle materie prime impiegate per la produzione della pasta;
   a tutela dei prodotti del made in Italy agroalimentare, gustati e consumati in tutto il mondo, è opportuno, pertanto, non indebolire le norme e le regolamentazioni concernenti la sicurezza degli alimenti e dei prodotti, nonché la protezione dei consumatori;
   massima attenzione bisogna prestare al fenomeno cosiddetto dell’«agropirateria», che colpisce quasi due su tre dei prodotti italiani (i più contraffatti sono il parmigiano-reggiano, il prosciutto di Parma ed il San Daniele, gli oli extravergini);
   si evidenzia, inoltre, che nei primi mesi del 2017 si è registrata una crescita dell’export agroalimentare made in Italy del + 10 per cento che continua a crescere su tutti i principali mercati del mondo, dal Nordamerica all'Asia, fino all'Oceania;
   a breve potrebbero diventare operative le norme contenute nell'Accordo tra il Canada e l'Unione europea, il Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA), che desta non poche preoccupazioni e ha suscitato contestazioni anche da parte delle associazioni di categoria –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non ritenga di dover intraprendere ogni utile iniziativa volta a salvaguardare le eccellenze agricole italiane, tutelandone la qualità contro ogni forma di concorrenza sleale e di contraffazione, incluse quelle che possono scaturire dal quadro normativo che si va delineando in ambito internazionale.
(4-17459)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


  LACQUANITI, LAFORGIA, FRANCO BORDO, MARTELLI, ROBERTA AGOSTINI e NICCHI. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   nel settembre 2015 l'amministrazione comunale di Prevalle, in provincia di Brescia, fece proiettare sul pannello elettronico all'esterno del palazzo comunale, normalmente dedicato alla trasmissione dei messaggi di servizio rivolti alla cittadinanza e ai turisti, la scritta: «L'amministrazione comunale è contraria all'ideologia gender»; in quell'occasione il sindaco di Prevalle, Amilcare Ziglioli, spiegò che si trattava di «un messaggio per far capire da che parte sta l'amministrazione»; Fabio Rolfi, vicecapogruppo della Lega Nord al Consiglio regionale della Lombardia, invitò allora «tutti gli altri sindaci, della Lega e non, a fare la stessa cosa nei rispettivi comuni», con l'intento di «tenere fuori dalle nostre scuole teorie ideologiche e pericolose per bambini e adolescenti» e in effetti, in alcuni comuni, quali, ad esempio, Capriolo, Croce sull'Arno e altri, tale moda si era diffusa;
   si apprende in questi giorni da fonti giornalistiche che il sindaco di Prevalle Amilcare Ziglioli ha annunciato l'apertura dal 1o luglio 2017 negli uffici del comune di un cosiddetto «sportello no gender», attivo ogni sabato mattina di luglio e di agosto 2017, con l'intento, spiega, di «prevenire, prima che curare»;
   lo sportello sarebbe gestito da un'insegnante della scuola primaria del medesimo comune e sarebbe stato ideato dall'associazione «Il Popolo della Famiglia» riconducibile al «Movimento politico autonomo» fondato da Mario Adinolfi, Gianfranco Amato e Nicola di Matteo, come si apprende dalla pagina Facebook dello stesso;
   a giudizio degli interroganti, pertanto, l'iniziativa appare non solo di stampo omofobo, ma va a realizzare una struttura di dubbia legittimità da parte del sindaco di Prevalle: non è accettabile infatti che un'amministrazione comunale faccia uso improprio di strumentazioni pubbliche o decida di aprire sportelli pubblici per diffondere teorie sull'istituto familiare prive di reali basi scientifiche, oggetto di proprie convinzioni politiche, e inoltre, con il predetto sportello pubblico, pretenda di invadere lo spazio personale dei cittadini e l'esercizio di diritti della persona, quale l'orientamento di genere –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte ad assicurare una corretta informazione sull'argomento, a evitare soprattutto da parte delle istituzioni ogni forma di discriminazione e a garantire pari diritti e uguale dignità, nel pieno rispetto della Costituzione che, all'articolo 3, afferma che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (...) senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione». (3-03192)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


  PIEPOLI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   il regolamento europeo 178/2002 impone di immettere in commercio alimenti sicuri;
   il regolamento europeo 1169/2011 definisce quali siano le sostanze o i prodotti che provocano allergie e che devono essere inseriti in etichetta in modo visibile ed evidenziati rispetto agli altri ingredienti, definendo la necessità della permanenza dell'ingrediente/sostanza allergenica nel prodotto finito ai fini dell'obbligo della sua dichiarazione in etichetta, mentre non contempla l'obbligo di indicare in etichetta sostanze non volontariamente aggiunte al prodotto;
   la soia può essere un contaminante accidentale del frumento e quindi delle semole, tecnicamente non eliminabile, nonostante l'adozione delle migliori e più moderne tecnologie e di tutte le possibili ed idonee misure di controllo da parte dell'industria molitoria;
   molti Paesi hanno fissato una soglia, al di sotto della quale, non va riportato in etichetta la presenza della soia;
   l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha osservato che, in relazione alla presenza non intenzionale di sostanze allergeniche, per quanto riguarda la soia nel 2014 si è avuta incidenza pari a zero sia nei bambini sia negli adulti e che l'attività allergenica di un estratto è data per la soia a 1 milligrammo di dose di proteine e ciò classifica la soia come livello medio-basso fra le sostanze che scatenano allergie;
   la task force sull'etichettatura precauzionale da allergeni ha evidenziato la volontà comune di definire i metodi di valutazione e gestione e comunicazione della presenza non intenzionale di allergeni e ha interpellato il Centro comune di ricerca (Jrc) di Ispra, per la metodica analitica e il campionamento e per verificare l'ipotesi di un'armonizzazione delle modalità a livello europeo;
   nei singoli Stati dell'Unione europea per la determinazione e la quantificazione degli allergeni vengono usati metodi diversi con conseguenti possibili risultati non univoci;
   lo stesso accade nel documento «Allergie alimentari e sicurezza del consumatore» del Ministero della salute;
   mancando un indirizzo univoco, molte aziende sono orientate all'utilizzo di metodi di rilevazione assai differenti che possono non tutelare il consumatore –:
   quale sia il metodo standard, utilizzato nei sistemi di controllo ufficiali per la rilevazione della soia nella pasta e di conseguenza utilizzabile dalle aziende per la rilevazione della soia nella pasta, nei sistemi di controllo interni, chiarendo al contempo se, in caso di «probabile» presenza di soia dovuta a contaminazione accidentale, debba essere riportato in etichetta e con quale dicitura. (3-03185)


  CARNEVALI, LENZI, AMATO, ARGENTIN, BENI, PAOLA BOLDRINI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CASATI, D'INCECCO, GELLI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, SBROLLINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in data 18 marzo 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 65 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»;
   i precedenti livelli essenziali di assistenza erano stati definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 e da allora i tentativi di aggiornare i contenuti dei nomenclatori, primi fra tutti quelli dedicati alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica erogabili dal sistema sanitario nazionale, erano stati, anche se senza successo, molto numerosi;
   in particolare, si introduce il nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed eliminando quelle ormai obsolete; si rinnova il nomenclatore dell'assistenza protesica; si revisiona l'elenco delle malattie rare, inserendo più di 110 nuove entità tra singole malattie rare e gruppi di malattie; si revisiona l'elenco delle malattie croniche, si introducono nuovi vaccini; si introducono nuovi accertamenti per patologie neonatali, quali la sordità congenita e la cataratta congenita; viene previsto l'inserimento dell'endometriosi nell'elenco delle patologie croniche ed invalidanti, negli stadi clinici «moderato» e «grave», della celiachia, dei disturbi sullo spettro autistico; si riconosce la procreazione medicalmente assistita;
   l'impatto economico-finanziario della revisione dei livelli essenziali di assistenza è stato quantificato dalla legge di stabilità per il 2016 in 800 milioni di euro;
   nonostante il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza sia stato pubblicato ormai più di tre mesi fa, rimane ancora problematica l'erogazione delle nuove prestazioni previste, in particolare i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e protesica sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale senza le corrispondenti tariffe e quindi non fruibili fino a quando non sarà emanato il decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, che fissi le tariffe massime delle prestazioni, così come previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   quale sia ad oggi l’iter sullo stato di attuazione degli atti previsti nei nuovi livelli essenziali di assistenza e, in particolare, quelli previsti all'articolo 64 relativi alla definizione delle tariffe massime previste per l'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, al fine di fornire certezze a cittadini e pazienti sulla reale fruibilità dei nuovi livelli essenziali di assistenza in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. (3-03186)


  MOTTOLA, LAINATI e SAMMARCO. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si è appreso dell'esistenza di un'imminente emergenza idrica nel comune di Roma;
   il 20 luglio 2017 è stata adottata dalla regione Lazio un'ordinanza urgente con la quale viene proibito, per vari motivi, alla Acea ato 2 s.p.a., a decorrere dal 28 luglio 2017 e fino al 31 dicembre 2017, di prelevare acqua dal Lago di Bracciano;
   per i motivi indicati, l'Acea ato 2 s.p.a. non è in grado di far fronte alle esigenze idriche del comune di Roma e tale situazione determinerà, dal 28 luglio 2017, una razionalizzazione e carenza dell'acqua nel comune;
   nel comune di Roma sono presenti numerosi ospedali, pronto soccorsi e strutture socio-sanitarie (hospice, rsa, centri diurni per anziani ed altro), nonché studi medici (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, odontoiatri), che non potrebbero svolgere l'attività sanitaria alla quale sono preposti, pregiudicando in tal modo l'erogazione dell'assistenza sanitaria e mettendo così a serio rischio la tutela della salute dei pazienti;
   allo stesso modo, negli uffici pubblici, negli alberghi e in tutte le strutture adibite alla ristorazione sarebbe impossibile porre in essere tutte quelle misure che consentono di mantenere un sufficiente livello igienico-sanitario;
   inoltre, tutte le strutture che ospitano animali (come, ad esempio, i servizi veterinari, gli allevamenti zootecnici e i canili), a seguito dell'attuazione del richiamato provvedimento, sarebbero impossibilitate a garantire le risorse minime per il sostentamento degli stessi;
   il provvedimento viene adottato, per di più nel periodo estivo, con un notevole incremento delle temperature, nonché in presenza di un aumento dell'afflusso turistico, che già da soli richiedono un particolare impegno da parte delle strutture sanitarie;
   tale provvedimento suscita grande preoccupazione, in quanto può concretamente mettere a rischio la salute umana e la salute animale, determinando allo stesso tempo sia una possibile interruzione dell'assistenza sanitaria per coloro che, a qualunque titolo, si trovano nel comune di Roma, sia l'impossibilità di garantire le misure minime per la sopravvivenza degli animali stessi –:
   quali iniziative urgenti il Governo (che non appare chiaro per gli interroganti se abbia collaborato con la regione Lazio ed il comune di Roma alla definizione di azioni volte alla gestione della descritta emergenza idrica) abbia adottato al fine di scongiurare il verificarsi di situazioni di pregiudizio per la salute, come quelle descritte in premessa. (3-03187)


  LABRIOLA. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   il servizio di soccorso e allarme sanitario esercitato in sede extra ospedaliero è il «servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica» (Ssuem), che risponde al numero telefonico 118;
   da ultimo, il decreto ministeriale n. 70 del 2015 ha ridefinito la rete dell'emergenza-urgenza attraverso strutture di diversa complessità assistenziale che si relazionano secondo il modello «hub and spoke», integrato da strutture in grado di rispondere alle necessità d'intervento. In prima istanza viene ribadito che il sistema opera attraverso le centrali operative 118, la rete territoriale di soccorso e la rete ospedaliera;
   le centrali operative gestiscono i mezzi di elisoccorso, le ambulanze medicalizzate con medico e infermiere a bordo, le automediche e tutti gli eventuali altri mezzi medicalizzati;
   i dati raccolti sul territorio nazionale dimostrano che il servizio è diverso da provincia a provincia in riferimento sia al numero dei mezzi di soccorso, che a quello dei mezzi di soccorso con a bordo un medico: risulterebbe che Roma (popolazione servita pari a 4.335.00 abitanti) veda la presenza di 14 postazioni con medico e 86 senza medico, che un medico serva 309.714 abitanti e che il rapporto tra unità medicalizzate sia di una postazione su 6; in Molise la popolazione servita sarebbe di 320.000 abitanti, con 16 postazioni con medico, e ogni medico servirebbe 20.000 abitanti; a Taranto la popolazione servita sarebbe di 584.517 abitanti, con 13 postazioni con medico e 22 senza, e un medico servirebbe 44.963 abitanti, con una postazione con medico su 2 senza medico;
   la centrale operativa si distingue, rispetto alle altre strutture complesse, perché caratterizzata da parametri di complessità gestionale intrinseca di evidente valenza dipartimentale, dovendo, in modo unitario, articolare con efficacia ed efficienza su base provinciale la centrale operativa 118; pertanto, si ritiene che il servizio di emergenza territoriale 118, per l'elevata complessità gestionale intrinseca in ambito territoriale, debba essere inquadrato quale dipartimento del territorio –:
   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza per garantire i livelli essenziali di assistenza, di concerto con le regioni, le province e le aziende sanitarie locali, promuovendo l'istituzione di un dipartimento strutturale denominato dipartimento del Set 118, se abbia contezza del numero di autoambulanze con medico a bordo per numero di abitanti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di incrementare il numero delle autoambulanze medicalizzate per garantire assistenza immediata ed omogenea su tutto il territorio nazionale. (3-03188)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATRONICO, ALTIERI, CAPEZZONE, CIRACÌ e MARTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha annunciato che il disavanzo sanitario è stato quasi annullato essendo sceso a 164 milioni di euro (la metà rispetto al 2015) e, per il secondo anno consecutivo, al di sotto del 5 per cento del fondo sanitario regionale;
   lo stesso presidente della regione, come conseguenza di tali dati, ha auspicato l'uscita dal commissariamento dopo il necessario confronto tecnico con Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero della salute;
   la riduzione del disavanzo sanitario, tuttavia, non risulta dovuta a interventi organizzativi e gestionali di carattere strutturale, interventi che renderebbero auspicabile un'immediata uscita dal commissariamento, ma al fondo sanitario del 2016 che, rispetto al 2013, è aumentato di circa 500 milioni di euro (importo uguale alla cifra del contenimento del disavanzo), con una spesa sanitaria, invece, di 11 miliardi mai diminuita e in linea con la spesa del biennio 2007-2008, quando il disavanzo era di quasi 2 miliardi di euro;
   i cittadini del Lazio si sono fatti carico di un importante incremento della spesa destinata alla sanità, con gli aumenti fiscali destinati al risanamento finanziario della sanità regionale. Basti pensare che i cittadini laziali pagano l'addizionale Irpef più alta di tutte le altre regioni italiane, anche di quelle commissariate per la sanità e in piano di rientro. L'aliquota massima, infatti, è pari al 3,33 per cento contro il 2,3 per cento della Campania, l'173 per cento di Abruzzo, Puglia e Toscana e il 2,3 per cento dell'Emilia-Romagna;
   il costo complessivamente sostenuto da cittadini ed imprese del Lazio per il risanamento dei conti della sanità può essere stimato in 2,3 miliardi di euro; circa 1 miliardo grava direttamente sui cittadini sotto forma di addizionale regionale all'Irpef e spesa per farmaci, mentre le imprese sostengono il risanamento con 743 milioni di euro annui derivanti dall'aumento dell'aliquota ordinaria dell'Irap;
   l'addizionale fiscale viene spesa solo in minima parte per la sanità ed il resto soprattutto per i trasporti pubblici;
   le enormi carenze del servizio sanitario nei confronti dell'utenza sono aumentate in maniera esponenziale: oltre alla drammatica situazione delle infinite liste di attesa che, per alcune delicate analisi, arrivano a superare i 10 mesi, nel periodo 2006-2015, si è avuta una flessione dei posti letto di circa il 30 per cento nelle strutture ospedaliere regionali, con conseguenze ovviamente drammatiche per l'utenza come intasamenti dei pronti soccorso e lunghi stazionamenti in barella;
   a fronte di tali dati e con le aziende del servizio sanitario regionale che continuano a presentare, in termini complessivi, un risultato finanziario in pesante deficit è evidente che la riduzione del deficit medesimo non costituisce conseguenza di interventi strutturali migliorativi della capacità di gestione dell'attività;
   allo stato attuale e in queste condizioni, l'uscita dal commissariamento produrrebbe solo un disastro nei conti della nostra regione (il bilancio di una sanità non risanata né riformata sarebbe «liberato» dai vincoli ferrei di destinazione con imprevedibili conseguenze); lo sblocco necessario del turn over delle assunzioni farebbe lievitare ancora di più una spesa che pur essendo «sotto controllo», è cresciuta di quasi 400 milioni di euro e l'abolizione dell'aliquota fiscale sanitaria, provocherebbe immediatamente un buco enorme nei finanziamenti al trasporto pubblico locale –:
   se il Governo sia a conoscenza della effettiva situazione contabile della sanità laziale e se non ritenga opportuno, in attesa di una concreta riforma strutturale del sistema sanitario regionale, a partire da un più coerente riordino della rete ospedaliera e dei servizi sanitari di prossimità, assumere le iniziative di competenza per posticipare la cessazione del commissariamento della regione Lazio in tale comparto. (4-17447)


   CATANOSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta il sito «quotidianosanità.it» in un articolo del mese di ottobre 2016, tra i nuovi malati con Hiv, più di un italiano su due scopre l'infezione troppo tardi;
   questa denuncia è fatta dalla Società italiana di malattie infettive e tropicali;
   secondo la Simit, oltre 90 mila persone in Italia sono attualmente o in terapia o in contatto con i centri specializzati. Si stima, inoltre, che ce ne siano altre 20/30 mila che non sono consapevoli dell'infezione o non sono in contatto con i centri;
   delle circa 4 mila nuove diagnosi di infezione registrate ogni anno, oltre la metà è diagnosticata quando l'infezione medesima è già in uno stadio avanzato e, sempre secondo la Simit e le ultime rivelazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, i giovani maschi che fanno sesso con maschi hanno un rischio di infettarsi, se non si proteggono adeguatamente, circa 20 volte di più rispetto agli eterosessuali;
   recandosi in una farmacia romana nei giorni scorsi, l'interrogante ha avuto modo di notare all'interno della stessa un dépliant che pubblicizzava un « self-test» per rilevare la presenza degli anticorpi anti-HIV e l'antigene HIV p24;
   questo dépliant è stato stampato e distribuito dalla Fondazione Onlus «The Bridge» in collaborazione con la «NPS Italia Onlus» e con il contributo incondizionato di «Mylan»;
   nessuna istituzione pubblica, nazionale o regionale, è indicata in tale dépliant;
   da un lato, la Simit sostiene che decine di migliaia di sieropositivi non sono censiti e non sanno nemmeno di esserlo, dall'altro si favoriscono o si consentono iniziative private che favoriscono questo anonimato, appunto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'iniziativa della Fondazione «The Bridge» citata in premessa e se tale iniziativa sia in linea con la normativa in vigore in tema di controllo e di contrasto delle malattie sessualmente trasmissibili;
   quali iniziative sono state adottate o siano in corso di adozione nei riguardi delle problematiche denunciate dalla Simit e riportate dal sito quotidianosanità.it. (4-17465)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 26 maggio 2017 l'interrogante si è recato presso il canile sanitario e rifugio comunale di Bitonto (Bari);
   congiuntamente ai candidati del Movimento cinque stelle al consiglio comunale Isabella Mongiello, Vito D'Attoma e Dino Ciminiello con l'intento di verificare direttamente le condizioni di detenzione degli animali, nonché l'utilizzo dei fondi pubblici per la gestione della struttura, avendo ricevuto numerose segnalazioni di un non adeguato trattamento degli animali e di disservizi;
   nonostante si tratti di una struttura pubblica e quindi obbligata secondo la normativa vigente ad essere aperta al pubblico, inspiegabilmente è stato negato l'accesso nonostante l'interrogante e i suoi accompagnatori fossero lì in regolare orario di apertura;
   si è potuto verificare l'atteggiamento di ostilità da parte del titolare, il quale, solo dopo l'intervento dei carabinieri, ha consentito l'accesso alla struttura;
   le strutture (un ex macello) in cui sono accolti i cani non sembrano rispondere alla normativa vigente e soddisfare le esigenze socio-etologiche dei cani. Inoltre, non è presente un'adeguata area di sgambamento, una parte della struttura è sotto sequestro e le gabbie sono arrugginite e potenzialmente pericolose. Non vi è alcun accesso della luce del sole e, a causa del sovrannumero degli animali, vi era una eco assordante prodotta dall'abbaiare dei cani, altro elemento che non favorisce in alcun modo una corretta gestione etologica degli stessi. In ragione della scarsa ed inadeguata igiene l'area era irrespirabile al punto che si è riusciti con molta difficoltà a completare il sopralluogo;
   al termine del sopralluogo sono giunti anche i carabinieri forestali e i veterinari della asl ai quali è stata segnalata l'assenza di schede identificative dei cani che sono obbligatorie, nonché l'inadeguatezza e la pericolosità di alcuni box –:
   come si spieghi la presenza dei cani in tale struttura, che è in parte inidonea e pericolante e per la quale sono stati spesi fondi pubblici, in tal caso pari a 175 mila euro annui del comune, investiti per detenere i cani, riconosciuti dalla legge come esseri senzienti, in una struttura in simili condizioni di degrado ed anche, in parte, sotto sequestro;
   se e quali iniziative di competenza siano state assunte o si intendano assumere per verificare che tutti i precetti normativi della legge n. 281 del 1991 siano coerentemente applicati nel caso in questione, se e come sia garantita la salute e la tutela dei cani, in che modo sia svolta l'attività degli addetti e come sia garantita la sicurezza professionale degli operatori. (4-17471)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, BARONI, GRILLO, LIUZZI e NESCI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2016 è entrato definitivamente in vigore il cosiddetto «Foia» (Freedom of Information Act), la nuova disciplina contenuta nel decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, promosso dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, che regolamenta l'accesso agli atti amministrativi e permette a tutti i cittadini di visionare atti e documenti della pubblica amministrazione, anche senza un interesse diretto, eccezion fatta per alcuni casi, in particolare, in cui la pubblica amministrazione può rifiutarsi;
   l'espressione Freedom of Information Act si riferisce ad una legge statunitense risalente agli anni ’60 che garantiva l'accesso pubblico agli archivi di Stato. In Italia il termine è passato a connotare la normativa, tanto attesa, volta a consentire ai cittadini la possibilità di visionare tutti (o quasi) gli atti amministrativi che precedentemente non venivano pubblicati;
   la nuova normativa sulla trasparenza amministrativa ha fatto avanzare l'Italia nella graduatoria internazionale per quanto riguarda l'accesso alle informazioni, rispetto al passato in cui il nostro Paese occupava soltanto il 55esimo posto;
   l'introduzione della nuova normativa in materia di trasparenza non ha però prodotto gli effetti desiderati, ovvero garantire ai cittadini un vero e proprio diritto di accesso all'informazione amministrativa. Secondo quanto riportato da notizie di stampa (vedasi Il Fatto Quotidiano del 7 aprile 2017) lo studio realizzato dall'associazione «Diritto di sapere», con il supporto di altre organizzazione tra cui Transparency International e Legambiente, ha individuato le diverse ragioni delle difficoltà di attuazione della normativa. Con l'ausilio di 56 volontari, si è rilevato che su 800 richieste inoltrate nel 73 per cento dei casi non ci sono state risposte; uno su tre dei rifiuti opposti non ha chiarito la motivazione del rifiuto o ha sfruttato eccezioni non previste dal decreto; infine, aspetto gravissimo, è stata constatata la scarsa conoscenza del nuovo istituto da parte degli stessi addetti all'amministrazione;
   lo studio, titolato «Ignoranza di Stato» (titolo deciso dagli estensori e motivato dal fatto che a fronte delle richieste di accesso inoltrate dai volontari veniva chiesto loro se il Foa fosse un'azienda) è stato preso in considerazione dal dipartimento della funzione pubblica che, in accordo con l'Anac, il 6 giugno 2017 ha pubblicato una circolare per favorire un'attuazione uniforme dell'accesso civico generalizzato;
   la circolare, giunta dopo una consultazione pubblica svolta a metà maggio 2017 e a cui hanno preso parte privati, cittadini e amministrazioni, ha come obiettivo principale quello di chiarire dubbi sull'applicazione del «Foia», spiegando tutti gli adempimenti a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni. In particolare, tra i temi trattati dalla circolare, vi sono le modalità di accesso, gli uffici competenti, la gestione delle comunicazioni ai controinteressati, i rifiuti non consentiti;
   nella stessa circolare il dipartimento della funzione pubblica ha segnalato di essere a conoscenza di come «spesso le amministrazioni violano il termine di 30 giorni entro cui presentare una risposta al cittadino che ha inviato una richiesta Foia»;
   a giudizio degli interroganti, come si evince anche dalla fonte di stampa summenzionata, è necessario apportare alcune modifiche migliorative rispetto alla normativa introdotta dal «Foia» che, pur avendo finalità apprezzabili e condivisibili, presenta ancora diverse lacune, così come le linee guida fornite dall'Anac, che dovrebbero essere ancora più chiare e specifiche soprattutto sull'applicazione delle eccezioni –:
   alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative, anche di carattere normativo, la Ministra interrogata intenda assumere al fine di rendere più efficace la disciplina introdotta dal «Foia», garantendo la massima trasparenza circa l'operato delle pubbliche amministrazioni e dando la possibilità ai cittadini di conoscerne direttamente le attività, nell'ottica del contrasto ad ogni forma di corruzione e in nome della democrazia. (5-11952)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, introdotto dall'articolo 7-bis del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45 (in Gazzetta Ufficiale) 10 aprile 2017, n. 84), ha previsto per favorire la ripresa produttiva delle imprese del settore turistico, dei servizi connessi, dei pubblici esercizi e del commercio e artigianato, nonché delle imprese che svolgono attività agrituristica, insediate da almeno sei mesi antecedenti agli eventi sismici nelle province delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria nelle quali sono ubicati i comuni di cui agli allegati 1 e 2, quelli del cosiddetto «cratere», la concessione di contributi, a condizione che le stesse abbiano registrato nei sei mesi successivi agli eventi sismici una riduzione del fatturato annuo in misura non inferiore al 30 per cento rispetto a quello calcolato sulla media del medesimo periodo del triennio precedente;
   i criteri, le procedure, le modalità di concessione e di calcolo dei contributi e di riparto delle risorse tra le regioni interessate dovevano essere stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e cioè dall'11 aprile 2017;
   a distanza di oltre novanta giorni il decreto non è stato ancora emanato –:
   quali siano i motivi dei ritardi sopra evidenziati e quando siano previste l'adozione e la relativa pubblicazione del richiamato decreto ministeriale. (5-11955)


   CARRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18-quater, comma 1, del decreto-legge n. 8 del 2017 ha previsto che fino al 31 dicembre 2019 nei comuni colpiti dagli eventi sismici succedutisi dal 24 agosto 2016 il credito d'imposta di cui all'articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è attribuito nella misura del 25 per cento per le grandi imprese, del 35 per cento per le medie imprese e del 45 per cento per le piccole imprese;
   la disposizione di cui sopra è notificata, a cura del Ministero dello sviluppo economico, alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   la Confartigianato ha posto, in merito all'applicazione della norma di cui al citato comma 1, un quesito all'Agenzia delle entrate per sapere quali beni possano beneficiarne, se il bene debba o meno apportare una variazione di processo o di prodotto, se siano ammessi investimenti già effettuati e, in caso positivo, da quale data;
   l'Agenzia delle entrate ha risposto, senza entrare nel merito, precisando che il beneficio non sarà applicabile fino a quando il credito d'imposta, previsto dalla norma sopra richiamata non sarà stato autorizzato dalla Commissione europea a seguito dell'avvenuta notifica da parte del Governo italiano;
   il decreto-legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45 (in Gazzetta Ufficiale 10 aprile 2017, n. 84) –:
   quando la disposizione di cui all'articolo 18-quater, comma 1, del decreto-legge n. 8 del 2017, sia stata notificata, a cura del Ministero dello sviluppo economico, alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   quali beni possano essere ammessi al beneficio, se il bene debba o meno apportare una variazione di processo o di prodotto e se siano ammessi investimenti già effettuati e, in caso positivo, da quale data. (5-11956)


   GRILLO, VALLASCAS, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 257 del 2016, all'articolo 6, prevede: «1. Entro il 31 dicembre 2025, nei porti marittimi è realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la navigazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL (...); 3. Nell'ambito della sezione c) del Quadro Strategico Nazionale sono indicati i porti marittimi e i porti della navigazione interna che garantiscono, con sviluppo graduale, l'accesso ai punti di rifornimento per il GNL»;
   la figura a pagina 37 del quadro strategico nazionale suppone che i punti di rifornimento di LNG siano localizzati presso i principali porti e interporti della rete Ten-T; per la Sicilia le ubicazioni sono individuate a: Catania, Augusta, Siracusa, Gela, Trapani, Palermo, Termini Imerese, Milazzo, Messina;
   nell'allegato III, parte 2, del decreto legislativo n. 257 del 2016 sono contenute le varie definizioni a cui i porti e gli interporti possono rispondere in relazione al trattamento del GNL (ad esempio: trasferimento diretto di GNL da una nave ad un'altra; caricamento di GNL su navi bunker; caricamento di GNL su autobotti e altro);
   sul sito del Ministero dello sviluppo economico, nel documento relativo alla strategia energetica nazionale del 12 giugno 2017, a pagina 226 si legge: «Nel merito, sono stati avviati presso il MISE i procedimenti autorizzativi di tre distinti depositi costieri di GNL di piccolo volume – SSLNG (ciascuno di circa 10.000 m3) da realizzare nell'area di Oristano, presentati dalle Società HIGAS S.r.l., Edison S.p.A. e IVI Petrolifera S.p.A., per lo scarico del GNL da navi metaniere, lo stoccaggio e il successivo caricamento su navi bettoline (bunkeraggio) e su autocisterne criogeniche per il rifornimento di clienti civili e/o industriali e di stazioni di rifornimento carburanti»;
   il giornale Blog Sicilia il 26 giugno 2017 recensì i lavori di un convegno svoltosi a Catania sull'introduzione graduale dei motori a GNL (gas naturale liquefatto); all'appuntamento intervenne il sottosegretario per le politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, che annunciò nuovi investimenti nel settore del trasporto marittimo, con l'obiettivo di creare poli di stoccaggio per la produzione di gas naturale liquefatto in Sicilia; nello stesso articolo Mario Dogliani, coordinatore dei progetti Lng (liquefied natural gas, o Gnl all'italiana) per conto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dichiarò che era pronto un progetto globale in cui la Sicilia poteva fare la sua parte come player principale; per poter dare il gas liquefatto alle navi e ai camion c'era bisogno di depositi e di una rete di distributori, un network unico in Europa che abbia il suo baricentro proprio sull'isola –:
   se il Governo intenda chiarire quali siano i porti in Sicilia sedi di progetti infrastrutturali per la ricezione, per il deposito e per il rifornimento di navi e di veicoli con gas naturale liquefatto e quale sia l'ammontare degli investimenti previsti per tali progetti;
   quali siano concretamente i servizi previsti dai progetti infrastrutturali nei porti siciliani, vista la varietà della scelta dei servizi legati alla ricezione, al deposito e al rifornimento di gas per alimentazione di navi e di veicoli;
   di quali ulteriori dati disponga il Governo in relazione agli aspetti sopra evidenziati e, in particolare, rispetto al progetto della costruzione di una rete di depositi e di distributori di gas Gnl nella regione Sicilia. (5-11967)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   il 1o maggio 2016 il Cipe aveva assegnato 40 milioni di euro per il rifinanziamento della misura dell'autoimpiego nelle regioni del Mezzogiorno;
   la misura, disciplinata dal titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000, ad oggi è temporaneamente sospesa per esaurimento delle risorse finanziarie e dal 9 agosto 2015 non è possibile presentare nuove domande di ammissione alle agevolazioni per l'autoimpiego, che prevedeva contributi a favore di piccole iniziative imprenditoriali nelle regioni meridionali;
   lo stanziamento, a valere sul fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020, sarebbe stato utilizzato da Invitalia per riavviare l’iter di valutazione delle oltre 3 mila domande di finanziamento rimaste senza copertura, dopo la chiusura dello sportello agevolativo l'8 agosto del 2015;
   ad oggi, a distanza di oltre un anno dallo stanziamento ed ad oltre due anni dall'invio delle domande, centinaia di proponenti, giovani e disoccupati ma desiderosi di avviare un'attività, sono ancora in attesa di vedere definite le loro richieste;
   la scelta di Invitalia e della regione siciliana di abbandonare definitivamente il ricorso alle ex partecipate regionali di Invitalia, oggi partecipate delle regioni di appartenenza, e di avvalersi di consulenti, mediante la selezione tramite «Call», scarsamente qualificati, ha generato non pochi disservizi burocratici ed amministrativi che oggi ricadono solo ed esclusivamente sulle aziende e sui giovani che attendono una risposta o attendono ancor di più le erogazioni delle agevolazioni già concesse;
   in Sicilia tale scelta ha influito sul fallimento della partecipata regionale (ex gruppo Invitalia) Sviluppo Italia Sicilia S.p.A., fiore all'occhiello e punto di riferimento per tutti i giovani aspiranti imprenditori che oggi si ritrovano nell'oblio più assoluto, anche perché l'ufficio territoriale che Invitalia ha creato sul territorio non riesce ad offrire il servizio erogato in precedenza dalla ex partecipata, senza considerare il costo di gestione notevolmente più elevato;
   nonostante lo sbandierato rifinanziamento del Cipe, centinaia di società costituite e pronte ad avviare la propria attività sono ancora in attesa della delibera di approvazione, benché la legge prescriva un termine tassativo di sei mesi per la conclusione dell’iter valutativo;
   una nuova misura gestita da Invitalia si chiama «Resto al Sud», destinata ad incentivare i giovani all'avvio di attività imprenditoriali nelle regioni del Mezzogiorno; essa è rivolta agli imprenditori under 35 residenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
   le disposizioni di dettaglio sulla concessione degli incentivi e sulle modalità di ammissibilità saranno contenuti nell'apposito decreto attuativo a firma del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, previsto entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge istitutivo;
   quest'ultimo dispone di una dotazione finanziaria complessiva di 1.250 milioni di euro, a valere sul fondo sviluppo e coesione (programmazione 2014-2020);
   dopo la pubblicazione del decreto ministeriale di attuazione sarà possibile presentare le domande di accesso ai finanziamenti, fino ad esaurimento delle risorse stanziate, direttamente sul sito di Invitalia che valuterà il progetto proposto entro 60 giorni. L'Agenzia per l'attrazione degli investimenti provvederà alla relativa istruttoria, valutando anche la sostenibilità tecnico-economica della proposta progettuale – :
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per far sì che siano resi immediatamente disponibili i fondi necessari per l'approvazione delle domande, in attesa della delibera finalizzata all'avvio delle nuove iniziative imprenditoriali;
   in quali tempi si intenda adottare il decreto ministeriale per l'attuazione della misura «Resto al Sud»;
   per quali ragioni, a tre anni dall'esaurimento delle risorse finanziarie di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000, Titolo II – autoimpiego, il Ministero dello sviluppo economico non abbia più messo in agenda la calendarizzazione di un tavolo tecnico che trattasse il rifinanziamento della misura;
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-17448)


   D'ARIENZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Glaxo Smith Kleine (Gsk) ha annunciato di lasciare Verona presso la quale è presente dal 1932. In particolare, si tratta della Glaxo Manufacturing, dove lavorano oggi 300 persone, che produce gli antibiotici a base di cefalosporine;
   sette anni dopo l'annuncio della chiusura del centro ricerche, poi venduto all'americana Atpuit, un altro pezzo di Glaxo Smith Kleine rischia di lasciare Verona:
   i vertici di Gsk Italia hanno inviato una nota ai dipendenti per spiegare la strategia aziendale con la conferma che il sito produttivo di Verona potrebbe essere integralmente ceduto nel prossimo futuro;
   sebbene la comunicazione escluda ipotesi simili per quanto concerne la divisione Pharma, anch'essa presente a Verona, il timore è che anche questa possa però essere interessata da tagli nel prossimo futuro, anche perché molti brevetti sarebbero ormai in scadenza;
   la possibilità che la Glaxo lasci Verona non può essere affrontata come un fatto normale. È anche grazie ad aziende come queste che Verona è conosciuta nel mondo ed è grazie a Verona se la Glaxo è cresciuta;
   alla Glaxo sia il Ministro Calenda che il Presidente del Consiglio pro tempore Renzi nel settembre 2016 presentarono il programma Industria 4.0;
   è bene allontanare subito il timore di un effetto domino sull'altro sito Pharma, con i suoi 900 dipendenti;
   ci si chiede se sia davvero impossibile riconvertire il sito veronese per le nuove esigenze sanitarie e cosa accadrebbe se non ci fosse nessun compratore, oppure, e se chi è interessato non intenda investire;
   ci si domanda se si può immaginare una soluzione tipo quella che ha riguardato Aptuit (la multinazionale americana che comprò il centro ricerche) nella quale Glaxo si era impegnata a sostenere le spese per tre anni dopo la cessione;
   questo tipo di scelte mette in gioco anche le eccellenze nazionali e, quindi, coinvolge anche il Governo –:
   considerato sia il numero di dipendenti, sia il nome dell'azienda in gioco, se il Ministro non intenda aprire un dossier sul caso in modo da verificare ogni possibilità di soluzione positiva della vicenda;
   se non ritenga necessario avviare iniziative, e quali, al fine di approfondire il tema e di salvaguardare il sito veronese. (4-17452)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Donati e altri n. 1-01542, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

  La mozione Gadda e altri n. 1-01666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Giacobbe, n. 5-11499, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Basso.

  L'interrogazione a risposta scritta Zan e altri n. 4-17224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Fusilli, Rostellato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Zolezzi n. 7-00925, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 572 del 18 febbraio 2016.

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    gli obiettivi della direttiva europea 2003/4/CE sull'accesso del pubblico alle informazioni ambientali, come recepita dal decreto legislativo n. 195 del 2005 sono i seguenti:
     a) garantire il diritto di accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base, nonché modalità pratiche per il suo esercizio;
     b) garantire che l'informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile, sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell'informazione ambientale. A tal fine, è promosso l'uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili;
    i fanghi sono classificati come rifiuti speciali, (articolo 184, comma 3, lettera g), decreto legislativo n. 152 del 2006). Di tali rifiuti, la stragrande maggioranza viene classificata come rifiuto speciale non pericoloso, in particolare CER 190805 (fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue). In quanto rifiuti speciali, detti fanghi non sono soggetti al principio di prossimità vigente per i rifiuti urbani di cui all'articolo 182-bis del citato testo unico ambientale;
    dal rapporto Ispra 2015 sui rifiuti speciali, a pagina 100, risulta che, nel solo 2013, sono state avviate a spandimento sul suolo oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti, che includono anche i fanghi utilizzati in agricoltura;
    nel rapporto dell'ARPA della regione Sardegna sull'utilizzo dei fanghi in agricoltura, riferito all'anno 2012 si afferma, a pagina 4, che: «Per quanto riguarda l'attendibilità dei risultati dell'indagine, occorre premettere che agli errori di misurazione, riconducibili a concetti statistici, devono essere sommati quelli derivanti dalle possibili disuniformità nelle modalità di misura (tonnellate trasformate in metri cubi o viceversa), nel momento della misura (al momento del prelievo dagli impianti o in fase di essiccazione più o meno avanzata), nelle possibili conversioni (misura effettuata sul fango tal quale e sostanza secca ricavata), eccetera. Si ritiene che queste incertezze, insite nel metodo di rilevazione adottato e nella natura dei rifiuti in questione, influiscano in modo indeterminato, sulla distanza tra il dato finale riportato nella presente relazione e il dato reale»;
    tale criticità è confermata a pagina 79 del progetto di piano di gestione dei rifiuti urbani e fanghi della regione Piemonte, dove si informa che: «Le informazioni raccolte dal MUD non consentono, per nessun tipo di rifiuto, fanghi compresi, di evidenziarne il contenuto in umidità: mentre nel caso dei rifiuti urbani in genere tale assenza di informazioni non riveste un'importanza sostanziale, nel caso dei fanghi questa carenza risulta determinante nel ridurre la significatività dei quantitativi: ne deriva pertanto un'impossibilità di confronto con altre banche dati che invece si basano sul quantitativo in sostanza secca di fango prodotto presso ogni singolo impianto di depurazione;
   a supporto della necessità di conoscere con esattezza la quantità di fango prodotto espressa sulla sostanza secca, si precisa che sia la direttiva 86/278/CEE (riguardante l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi di depurazione, recepita in Italia con il decreto legislativo 99/92), sia il regolamento n. 42150/2002 relativo alle statistiche sui rifiuti, sia infine i decreti ministeriali in materia di acque e fanghi, prevedono per i fanghi la conoscenza della sostanza secca in essi contenuta. Inoltre le dichiarazioni MUD non consentono di avere alcun tipo d'informazione riguardo agli aspetti agronomici, ambientali ed igienico-sanitari dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione»;
    la gestione dei fanghi è inoltre caratterizzata da criticità emergenti e di difficile soluzione, quali la presenza di elementi non normati (farmaci, metalli pesanti, sostanze chimiche varie), che non vengono neppure ricercati per valutarne la sicurezza e la gestione; tali carenze normative determinano una possibile amplificazione delle criticità collegate appunto al possibile turismo dei rifiuti a norma di legge, (i rifiuti speciali non sono soggetti a principio di prossimità per il citato articolo 182-bis del citato decreto-legge n. 152 del 2006);
    già nel 2006, il Joint Research Center della Commissione europea produsse un report in merito a questi aspetti (Background values in European soils and sewage sludges, Part III, Conclusions, comments and recommendations B. M. Gawlik, G. Bidoglio 2006, euro 22265, EN Results of a JRC-coordinated study on background values) realizzato in collaborazione con l'Ispra, segnalando che un certo numero di componenti (sostanze) non sono state incluse in tale report, in parte per mancanza di dati ma anche perché sono più difficili da analizzare e determinare. Questi «contaminanti emergenti» corrispondono in molti casi a contaminanti non regolati, ad esempio: tensioattivi, prodotti farmaceutici e prodotti per la cura personale (Ppcp) o additivi per carburanti, ma anche componenti organo-metallici. Esempi tipici sono organo-lattine, muschio chetone e xilene muschio, polielettroliti, metaboliti antibiotici e agenti di trattamento del cancro;
    i dati disponibili sono troppo scarsi ed i metodi analitici per rilevarli troppo costosi per produrre un quadro di regole applicabile ai fanghi da depurazione in questi casi; i nuovi regolamenti dovrebbero evidenziare i limiti per i microinquinanti organici che dovrebbero essere regolarmente analizzati e aperti al controllo dei governi nazionali. Se necessario, le autorità locali potrebbero stabilire restrizioni;
    secondo l'ufficio federale per l'ambiente tedesco (2013), i fanghi da depurazione sono uno dei fertilizzanti più comunemente usati e controllati. Detengono al momento la capacità di soddisfare parte della richiesta di nutrienti necessari ai raccolti. I fanghi possono anche migliorare il bilanciamento dell'humus per le aziende agricole che non generano i loro stessi concimi;
    sui fanghi da depurazione, utilizzati come fertilizzanti e probabilmente fonti di inquinamento per alcune loro componenti provenienti dai prodotti utilizzati a livello domestico, da alcune attività produttive ed altre fonti diffuse, non abbiamo dati certi sui loro probabili impatti ambientali. Il possibile livello di inquinamento dei suoli, piante, acque profonde e superficiali che risulterebbe da queste sorgenti è difficile da determinare; inoltre, nuovi prodotti derivanti dalla degradazione di farmaci vengono scoperti nei fanghi da depurazione ogni giorno. Questi prodotti si incorporano nei fanghi attraverso l'escrezione umana e in altri modi; è difficile sviluppare processi di rilevazione specifici e valutare l'impatto ambientale di tutte queste sostanze, il cui impatto combinato è particolarmente difficile da caratterizzare e valutare, si possono però stimare i rischi teorici posti da tali sostanze, tenendo conto che quando eventuali conseguenze saranno visibili gli inquinanti in questione avranno già trovato la loro strada nella biosfera;
    il Ministero dell'ambiente tedesco (settembre 2015) dichiara «Al fine di evitare possibili alte concentrazioni di inquinanti nei campi, nel lungo termine, stiamo facendo degli sforzi per permettere il solo utilizzo in agricoltura di fanghi di altissima qualità in futuro». In questo contesto, il Ministero dell'ambiente tedesco ha avviato la procedura di modifica dell'attuale ordinanza sui fanghi di depurazione, risalente al 1992 per stringere i valori limite degli inquinanti esistenti (si tratta di quello che il Tar Lombardia ha impedito su ricorso delle associazioni di categoria agricole). Alla luce dell'accordo di coalizione per il periodo legislativo 18, secondo il quale l'utilizzo dei fanghi di depurazione per la concimazione deve essere fermato per intraprendere invece il recupero di fosforo e altri nutrienti, Il Ministero dell'ambiente tedesco ha allargato la bozza di lavoro per includere prescrizioni concrete per il recupero di fosforo e la cessazione dell'utilizzo dei fanghi sui campi;
    secondo lo studio «Environmental, economic and social impacts of the use of sewage sludge on land Final Report (Feb. 2010)», la composizione dei fanghi in Italia è altamente variabile perché tutti gli impianti di depurazione (WWTPs) servono aree urbane dove le attività industriali contribuiscono a conferire inquinanti organici. Inoltre, molti impianti di medie e grandi dimensioni sono situati in distretti industriali come: il distretto della lana di Biella in Piemonte, il distretto della seta di Como in Lombardia, altri distretti tessili a Prato in Toscana, concerie in Veneto e Toscana, finiture di metalli in Piemonte e Lombardia e altri distretti minori;
    in questi casi, ovviamente, le caratteristiche dei fanghi dipendono fortemente dall'influenza degli scarichi industriali che, per esempio, contengono molti componenti organici recalcitranti che sono assorbiti dai fanghi (come idrocarburi e sulfonato lineare alchilbenzene) a metalli pesanti che di norma precipitano come idrossidi di metallo durante il trattamento e si accumulano nei fanghi;
    da circa un anno, sta assumendo contorni davvero preoccupanti la questione delle sostanze perfluoroalchiliche, trattate in Italia, in particolare dallo stabilimento Miteni di Trissino (VI) e dallo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (AL), visto che le sostanze perfluoroalchiliche o composti polifluorurati (PFC) sono prodotti chimici antropogenici, incorporati in una vasta gamma di prodotti commercializzati negli ultimi sei decenni; sono prodotti idrorepellenti all'olio e all'acqua, lo si trova nei trattamenti di moquette, cuoio, pelle, tessile e altro. Questa classe di composti include migliaia di sostanze chimiche, di cui le più conosciute sono il perfluorottano sulfonato (PFOS) e gli acidi perfluorocarbossilici (PFCAs) che includono l'acido perfluoroottanoico (PFOA);
    nella provincia di Vicenza si sono rilevati valori elevati di prodotti della degradazione e delle sostanze perfluoroalchiliche stesse nei corpi idrici superficiali, nelle falde e nelle acque potabili. È in corso in questi mesi, sulla base anche di istanze comunitarie, la valutazione di parametri di legge per stabilire limiti accettabili per la salute. Si segnalano dati epidemiologici non conclusivi, presenti nella letteratura internazionale, che identificano queste sostanze come fonte di incremento dell'incidenza di patologie oncologiche in particolare al rene, alle vie urinarie, alla prostata e di patologie cardio-cerebrovascolari e altre, in particolare per esposizione professionale, ma anche ambientale. Dal 2015, negli USA, la produzione di alcune molecole (PFOA e PFOS) è stata vietata; lo stesso sta avvenendo nelle attività produttive italiane, ma non è chiaro se le molecole sostitutive (a corta catena) garantiranno maggiore sicurezza. Si segnala l'enorme idrosolubilità di queste sostanze che si diffondono per decine di chilometri in particolare in pianura, nel ovest Vicentino e a sud di Trissino si individua un'area dove risiedono circa 340 mila persone pesantemente contaminata a livello ecosistemico (falde acquifere superficiali, cibi); le province interessate sono quelle di Vicenza e, in parte, di Verona e Padova. Studi epidemiologici e tossicologici sono in corso ma stentano a produrre risultati definitivi anche per gli scarsi finanziamenti. Questi dati comportano che tutto il contesto ambientale delle aree citate è pesantemente impattato;
    il documento della Commissione europea del titolo «Occurrence and levels of selected compounds in European Sewage Sludge Samples» del 2012 del titolo precisa che il processo di biodegradazione degli inquinanti organici inizia negli impianti di depurazione (waste water treatment plants – WWTPs), che fungono da fonti puntuali di PFASs sia per gli ecosistemi acquatici, che per l'ambiente terrestre attraverso l'applicazione dei fanghi di depurazione nel suolo e in agricoltura. L'applicazione di fanghi di depurazione come fertilizzante per agricoltura è ampiamente utilizzato in diversi Paesi. L'applicazione di fanghi di depurazione per il suolo può, quindi, essere una potenziale via per i PFASs per entrare nell'ambiente terrestre. Recenti studi hanno dimostrato che l'applicazione di PFASs biosolidi contaminati (fanghi di depurazione) può avere effetti importanti sugli ambienti locali. Sono conosciuti globalmente i gravi inquinamenti in Alabama (USA) con alti livelli di PFASs in campioni di terreno (PFOA fino a 320 ng/g; PFOS fino a 410 ng/g da PFASs), ma forse il più noto degli inquinamenti da PFASs è avvenuto in Germania (caso Sauerland): nello studio di Robert Loos, del Joint Research Centre, del 21 ottobre 2013, realizzato in collaborazione con l'Ispra, dal titolo «Perfluorinated Chemicals, especially Perfluorinated Alkyl Sulfonates and Carboxylats: European Distribution and legislation» furono pubblicati i risultati degli studi sulle acque superficiali lungo il fiume Mohne contaminate da PFC, la cui causa principale di inquinamento era rinvenibile nell'uso abnorme di inquinati ammendanti sui terreni agricoli. L'ammendante venne distribuito su più di 1.300 terreni agricoli tra il 2000 e il 2006, con la massima concentrazione di PFOA e PFOS, che si aggiravano tra i 2,4 e 33 mg/Kg; le matrici ambientali principalmente colpite furono la contaminazione di acqua potabile, mentre i campioni di suolo contenevano più PFOS che PFOA. Un biomonitoraggio umano ha rivelato 4-8 volte l'aumento delle concentrazioni ematiche di PFOA nei residenti esposti ad acqua potabile contaminata rispetto alla popolazione di riferimento;
    in pratica, anche i fanghi di depurazione civile prodotti in queste aree risentono della contaminazione, addirittura concentrando tali sostanze che verranno riversate nuovamente sui suoli con lo spandimento. Mancano dati sui fanghi industriali, per capire se anche altre attività di manifattura che utilizzano come matrici i materiali impermeabilizzanti prodotti a Trissino, producano fanghi o altri reflui contaminati;
    questa particolare questione pone l'accento sulla mancanza di definizione di gestione sostenibile dei fanghi, così come di un prezzario gestionale che possa, indirizzare alla tutela ambientale ed economica. In pratica, lo spandimento dei fanghi al suolo, in molti casi con pretrattamenti opinabili, determina un carico ambientale importante. Manca qualsiasi tutela per le aree vulnerate da nitrati o altre sostanze; da ciò deriva che, nonostante il fatto che la pianura padana ad esempio abbia indici di rischio importanti per tutte le falde e i suoli (vedi ad esempio lo studio Isonitrate dell'Ispra (2012) in cui è rilevato un indice Hi massimo per oltre il 90 per cento dell'area), non esiste alcuna forma di precauzione atta a garantire la qualità dell'acqua potabile e tantomeno la qualità dell'acqua di falda e di conseguenza le produzioni agroalimentari;
    assume un contorno ancora più inquietante, per i presentatori del presente atto di indirizzo, «il turismo dei fanghi», l'inaccettabile pratica per cui si gestiscono i fanghi solo in base al prezzo finale; i viaggi low cost dei fanghi portano a spendere meno di 20 euro a tonnellata per la gestione finale con spedizione anche in regioni lontane. Si segnala per esempio che la Lombardia, sulla base dei dati Ispra in particolare quelli presenti nel rapporto sui rifiuti speciali del 2014, vede una quantità di fanghi «sparsi sul suolo a beneficio dell'agricoltura ed ecologia» (R10) di 748.612 tonnellate su un totale nazionale di 5.046.626 tonnellate. Dai dati Arpal per il 2013 si evince che il 42,4 per cento dei fanghi trattati negli impianti della Lombardia è di provenienza regionale, mentre il restante 57,6 per cento proviene da altre regioni. Questa tendenza è stata confermata dall'Arpal anche per gli anni precedenti al 2013. L'esportazione dei fanghi dalla Lombardia verso altre regioni, secondo l'Arpal, sarebbe irrilevante, solo 1.660 tonnellate. Tali dati potrebbero essere sottostimati dalla disomogeneità di conteggio citata in premessa;
    dal Veneto provengono 103.567,81 tonnellate di fanghi intesi come «tal quale», il 13,34 per cento dei fanghi gestiti in regione Lombardia; questi dati impongono una riflessione in merito allo stato ambientale della pianura padana (vedi dati dello stato di contaminazione delle acque superficiali, Scas e il già richiamato studio Isonitrate dell'ISPRA), per cui oltre alla già elevata contaminazione, oltre alla pressione delle attività civili e industriali locali, si somma la pressione legata al turismo dei rifiuti speciali. Per quanto concerne i fanghi provenienti dal Veneto si pone anche il problema della presenza delle sostanze perfluoroalchiliche, che la normativa non impone al momento di dosare;
    nella pubblicazione scientifica dal titolo, «Effects of chain length and pH on the uptake and distribution of perfluoroalkyl substances in maize (Zea mays)» sono stati studiati i meccanismi di assorbimento delle sostanze perfluoroalchilici (PFASs) con il più diffuso dei grani coltivati: il mais. Dai test condotti risulta che il mais ha un alto tasso di assorbimento, tale da interessare tutta la pianta di mais partendo dalle radici fino ad arrivare ai germogli, difatti, l'acido perfluorobutanoic (PFBA) ha avuto il più alto tasso di assorbimento all'interno del gruppo di PFCAs, con una media di 2,46 mg g-1 e l'acido perfluorottano sulfonato (PFOS), e ha avuto il più alto tasso di assorbimento (3.63 mg g-1) all'interno del gruppo di PFSA. I PFASs a più breve catena sono trasferiti prevalentemente e in concentrazioni più elevate alle riprese/germogli. Al contrario, PFCAs a lunga catena sono accumulati in concentrazioni più elevate nel radici delle piante di mais;
    meritiamo inoltre di essere considerati i seguenti elementi:
     la mancanza di uno standard normativo e tecnico/procedurale sulla contabilizzazione dei fanghi rende difficoltoso, quando non addirittura impossibile, ricostruire i dati relativi ai movimenti, alla gestione sostenibile, all'utilizzo finale e ai costi di gestione di tali rifiuti;
     lo spandimento incontrollato sul suolo di tali fanghi può portare ad un accumulo di nitrati, oltre che di metalli pesanti ed altre tipologie di inquinanti persistenti, tale da compromettere la fertilità e la redditività dei suoli coltivati, la qualità delle acque di falda e idropotabili;
     informazioni relative a contabilità, circolazione e caratterizzazione dei fanghi, nonché gli aspetti economici riguardanti la loro gestione rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 195 del 2005;
     la mancanza di criteri di tutela delle aree già impattate, in particolare relativamente a parametri di sicurezza della qualità idrica, è inaccettabile; in pratica, nelle medesime aree vengono sparsi liquami, digestati da diverse matrici, rifiuti speciali compresi, fanghi di depurazione civile e industriale; questa carenza porta anche al fenomeno del «turismo dei rifiuti» che avviene solo in base a criteri di lucro immediato per cui anche aree già pesantemente impattate ricevono rifiuti provenienti anche da altri contesti territoriali;
     la mancanza di studi adeguati sugli effetti di sostanze inquinanti emergenti, come le sostanze perfluoroalchiliche, porta alla possibilità di esportazione interregionale di tali sostanze e alla possibile propagazione di tali inquinanti;
    si rileva la mancanza di controlli in merito allo spandimento dei fanghi o altre matrici in uscita da impianti a biogas o biomasse (digestati) che vengono trasformati in fertilizzanti in base al decreto legislativo 2010/75, (si vedano in particolare allegati 2 e 3) e perdono qualsiasi possibilità di tracciatura e mappatura di aree e tempi di spandimento in quanto escono dal ciclo dei rifiuti;
    si tratta in pratica di fertilizzanti con nomi fantasiosi come l'idrobios, provenienti da macellazione e/o concia delle pelli (si consideri al proposito la risposta del Governo all'interrogazione n. 5-02653, presentata alla Camera dal primo firmatario del presente atto relativa agli impianti a biogas di Curtatone e Rodigo, in provincia di Mantova) che potrebbero contenere cromo esavalente;
    lo stesso discorso vale per i gessi e i carbonati di defecazione che sono in generale ottenuti trattando banalmente fanghi di depurazione con calce e acido solforico;
    lo stesso dicasi per i gessi rossi della Tioxide Huntsman di Grosseto, dove risulta che siano state prodotte oltre 4.000 tonnellate di fertilizzante dai rifiuti del biossido di titanio sparso al suolo, nonostante l'ovvio rischio di radioattività; tale matrice usata per ottenere fertilizzante è autorizzata dalla registrazione 927/09 ottenuta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; il fertilizzante è denominato Agrigess;
    va rilevato che il decreto legislativo n. 72/2010, ha visto la luce nel periodo in cui era Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Giancarlo Galan; in quel periodo si è visto in Italia un proliferare di impianti di produzione di fertilizzanti, da 700 industrie produttrici di fertilizzanti a oltre 3200;
    si rileva la mancanza di criteri di filiera corta per quanto concerne la matrice mais per gli impianti a biogas,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per l'elaborazione di criteri di misurazione oggettivi ed uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di agevolare i controlli da parte delle autorità competenti e di consentire un'adeguata contabilizzazione e tracciabilità di fanghi, fertilizzanti e correttivi agricoli con particolare riferimento ai gessi e carbonati di defecazione e a fertilizzanti critici come l'agrigess e gli idrolizzai proteici animali;
   ad assumere iniziative per prevedere la pubblicazione dei dati raccolti in merito ai fanghi e correttivi agricoli sul sito web dell'Ispra in modo che siano facilmente accessibili, costantemente aggiornati e di pronto utilizzo da parte del pubblico e degli operatori del settore;
   ad assumere iniziative per definire criteri di tutela dei suoli e delle falde che prevedano:
    a) monitoraggi periodici della qualità dei suoli, delle falde, dei corpi idrici superficiali anche minori con valutazione delle principali sostanze chimiche normate e delle caratteristiche chimico fisiche di suoli e falde;
    b) realizzazione di mappe aggiornate in relazione alla presenza di inquinanti normati ed emergenti (pesticidi, farmaci, sostanze di utilizzo industriale);
    c) interruzione dello spandimento di specifiche sostanze in aree impattate al suolo o in falda dalle medesime e sostanze (ad esempio nitrati);
   a promuovere il monitoraggio dei principali inquinanti emergenti e l'esecuzione di studi in merito alla sicurezza ambientale e sanitaria;
   ad assumere iniziative per evitare il «turismo dei rifiuti speciali» verso aree già impattate, in particolare in caso di sospetta contaminazione da sostanze pericolose come le sostanze perfluoroalchiliche;
   ad assumere iniziative per destinare opportuni finanziamenti agli studi scientifici in merito agli effetti ambientali e sanitari delle sostanze perfluoroalchiliche e agli effetti ambientali delle nuove molecole a catena corta proposte nelle attività produttive;
   ad assumere iniziative per destinare finanziamenti alla bonifica delle aree impattate e alla fornitura di acqua di qualità adeguata alla popolazione interessata;
   a promuovere lo studio della filiera inquinante da sostanze perfluoroalchiliche in particolare in merito a fanghi, digestati da impianti a biogas, manifatture, in modo da tracciare con precisione la diffusione degli inquinanti e da ridurre gli impatti;
   a promuovere una filiera corta di approvvigionamento del mais utilizzato nelle centrali a biogas, e ad assumere iniziative per vietare l'utilizzo di mais proveniente dall'area impattata da sostanze perfluroalchiliche sia localmente che a distanza;
   ad adottare iniziative per definire un quadro normativo di riferimento per uniformare sul territorio nazionale le condizioni e le modalità di controllo e di utilizzo dei fanghi e dei correttivi in agricoltura, anche considerandone gli effetti cumulativi e sinergici derivanti dalla loro combinazione sugli stessi terreni;
   ad assumere iniziative per effettuare verifiche del rispetto della normativa e prevedere l'immediata interruzione dello spandimento di digestati da impianti a biogas che utilizzino con matrice rifiuti speciali, siero di latte, sottoprodotti di origine animale (SOA), fertilizzanti come l'idrobios e altri, potenzialmente contaminati da sostanze perfluoroalchiliche ed evitare che si protragga la gestione dei percolati di discarica senza misurare il contenuto Pfas e l'eventuale loro smaltimento non in sicurezza.
(7-00925)
«Zolezzi, Vignaroli, Businarolo, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Terzoni, Micillo, Kronbichler».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Zolezzi n. 2-01828 dell'8 giugno 2017.