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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 24 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    le armi nucleari mettono in pericolo la sopravvivenza della specie umana e del Pianeta, un rischio tutt'altro che remoto in un mondo non pacificato;
    tra pochi giorni, il 6 agosto, ricorrerà l'anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e, nonostante la conoscenza di quanto accaduto e le minacce continue della Corea del Nord e del terrorismo internazionale, i Governi del mondo e soprattutto quelli delle potenze nucleari non sono pervasi dalla consapevolezza che è arrivato il momento di perseverare con determinazione nel bandire le armi nucleari;
    già dal 1968 l'articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), ratificato dal nostro Paese nel 1975, impegna ciascuna parte a perseguire in buona fede negoziati per definire nel più breve tempo possibile misure effettive che conducano alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e quindi al disarmo nucleare;
    ciascuno degli Stati militarmente non nucleari che hanno sottoscritto il TNP «si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi», ma l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in contrasto con tale impegno e con l'articolo 26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio del 1969, ratificata nel 1974 ed entrata in vigore nel 1980, continua a mettere a disposizione il proprio territorio per l'installazione, il transito, la detenzione e l'uso di armi nucleari;
    ciò avviene in base all'accordo Nato di condivisione nucleare «Nuclear sharing agreements» che prevede una serie di impegni di condivisione di strutture ed infrastrutture: oltre allo stoccaggio delle bombe, che sono sotto il controllo degli Stati Uniti, è previsto l'addestramento di piloti italiani per il possibile uso delle armi e la partecipazione italiana alle riunioni del Nuclear Planning Group della Nato;
    l'Italia è la nazione con il più alto numero di ordigni nucleari Usa stoccati sul suolo europeo: secondo i dati della Federation of American Scientists, ad Aviano e a Ghedi sono stoccate settanta delle centottanta bombe presenti in Europa e il nostro è l'unico Paese in Europa con due basi nucleari: quella dell'Aeronautica militare di Ghedi e quella statunitense di Aviano (Pordenone);
    è noto da tempo, che il Pentagono ha stanziato ingenti risorse per ammodernare il proprio arsenale di bombe atomiche, comprese quelle depositate nelle basi all'estero o in quelle di Paesi alleati. In questo contesto, le bombe atomiche stoccate in Italia saranno presto sostituite dalle nuove bombe B61-12;
    su questo arsenale nucleare il Governo italiano ha sempre rifiutato di fornire informazioni. Le poche informazioni di cui si dispone provengono in gran parte dai rapporti delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari, rilasciati dal Pentagono, che possono indicare se ci sono stati problemi con il personale che maneggia gli armamenti nucleari, se ce ne sono stati con l'equipaggiamento tecnico o con altri aspetti dello stoccaggio delle armi;
    è di pochi giorni fa, tuttavia, la notizia che, per effetto di una decisione della US Air Force e del Joint Chiefs of Staff, gli USA hanno deciso di secretare anche tali report, rendendo impossibile l'accesso anche a queste informazioni minime, per sapere se le bombe di Aviano e a Ghedi hanno falle di sicurezza, emerse grazie alle ispezioni ufficiali dello stesso Governo americano;
    l'accesso a queste informazioni non ha mai comportato un rischio, dal momento che i report non contengono dati classificati, e ora che si parla dell'arrivo in Italia della nuova bomba termonucleare B61-12, che ha il sistema di puntamento digitale, compatibile con i sistemi elettronici dell'F35-A, l'esigenza di un controllo minimamente efficace di questi armamenti è più cruciale che mai;
    l'Italia partecipa, altresì, al progetto per la realizzazione del Joint Strike Fighter (F-35), cacciabombardiere capace di trasportare anche ordigni nucleari con caratteristiche stealth e net-centriche. Ciascun velivolo F-35 potrà trasportare due bombe nucleari di tipo B61-12;
    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvando il 23 dicembre 2016 la risoluzione n. 41, ha avviato un nuovo percorso per attuare l'obiettivo del Trattato di non proliferazione (TNP), mediante la predisposizione di strumenti giuridicamente vincolanti per la proibizione delle armi nucleari;
    il 7 luglio 2017 l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato il Trattato per il bando definitivo delle armi nucleari, sotto la pressione della società civile internazionale, che ha preso parte attivamente ai negoziati, diventando l'agente determinante per il raggiungimento di questo obiettivo;
    a favore hanno votato 122 Paesi, ma purtroppo tra questi non c’è l'Italia, che non ha partecipato al voto. A pesare molto fortemente è stata l'assenza ai negoziati delle maggiori potenze nucleari (USA, Russia, Francia), nonché dei Paesi aderenti alla NATO. L'Italia, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, si è di fatto adeguata al volere degli altri Paesi, soprattutto degli Stati Uniti e della NATO;
    nonostante il ruolo dell'ONU in materia nucleare sia stato sovrastato dall'unilateralismo, dalla Nato e dall'instabile gioco delle grandi potenze, il Trattato per il bando definitivo delle armi nucleari è un passo importante in avanti per il rilancio dell'azione di disarmo e l'adozione di misure efficaci. Per tali ragioni serve che anche l'Italia lo sottoscriva e lo ratifichi, consentendo al Trattato di entrare in vigore al raggiungimento della cinquantesima ratifica,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per sottoscrivere e ratificare, dopo la data del 20 settembre 2017, quando inizierà il processo di ratifica, il Trattato dell'ONU per la messa al bando delle armi nucleari, anche al fine di garantire la sua effettiva entrata in vigore che avverrà solo dopo la ratifica da parte di 50 Paesi;

2) ad attivarsi presso la Nato e gli Stati Uniti, anche nel rispetto dell'impegno a non ospitare armi nucleari assunto con il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, incluso il divieto di installazione, transito, detenzione e uso di armi nucleari, per chiedere un'immediata rimozione di qualsiasi ordigno nucleare presente sul territorio italiano, liberando gli italiani dalla minaccia che essi rappresentano;

3) ad assumere iniziative per opporsi alla decisione degli USA di secretare i report delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari in Italia che renderebbe impossibile per l'opinione pubblica avere accesso a informazioni minime sulla sicurezza della popolazione che abita vicino alle basi e dell'Italia;

4) a non procedere all'acquisizione dei componenti hardware e software necessari per equipaggiare le varie versioni del velivolo F-35 delle capacità necessarie per trasportare e sganciare armi nucleari del tipo B61-12, il cui schieramento operativo sul territorio europeo è previsto a partire dalla fine del presente decennio nell'ambito dei programmi di condivisione nucleare dell'Alleanza Atlantica;

5) a promuovere in tempi rapidi un'attenta ridefinizione del modello di difesa italiano sulla base del dettato costituzionale e della politica estera italiana, affermando un ruolo centrale per la politica europea e sostenendo il ruolo di peacekeeping per le Forze armate;

6) a subordinare qualsiasi decisione sui sistemi d'arma da acquisire alla definizione del modello di difesa.
(1-01673) «Marcon, Airaudo, Brignone, Civati, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Andrea Maestri, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pastorino, Pellegrino, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione internazionale non accenna a migliorare, continuando piuttosto a caratterizzarsi per la numerosità e complessità dei teatri di crisi, su molti dei quali le maggiori potenze mondiali e regionali si misurano attraverso vere e proprie forme di guerra per procura;
    dal 1945 ad oggi, le armi nucleari hanno contribuito a mantenere la pace tra le maggiori potenze del pianeta, anche se costituisce motivo di preoccupazioni crescenti l'interesse dimostrato nei confronti della loro acquisizione da parte di Paesi che spesso non condividono la medesima cultura e razionalità strategica occidentale;
    le ragioni di fondo che indussero l'Alleanza Atlantica a poggiare la propria strategia di mantenimento della pace sul possesso e la disponibilità ad usare le armi nucleari degli Stati Uniti non sono ancora venute meno. La proliferazione delle armi di distruzione di massa sembra anzi aggiungerne di nuove;
    furono gli europei ad esigere a suo tempo lo stazionamento nel nostro Continente delle armi nucleari americane e non gli Stati Uniti ad imporlo;
    l'intenzione annunciata dal Presidente americano Donald Trump di riorientare la Nato in modo tale da renderne più agevole l'impiego a sud e sud-est dell'Europa, non necessariamente contro la Federazione Russa, ma, anzi, anche in collaborazione con la Russia, offre ulteriori incentivi al mantenimento delle armi nucleari americane nel nostro Continente;
    dubbi concernenti la presunta diminuzione dell'interesse degli Stati Uniti alla sicurezza europea hanno già provocato in Germania l'apertura di un dibattito sull'opportunità che la stessa Repubblica federazione tedesca si doti di un proprio deterrente nucleare nazionale;
    esiste quindi il rischio potenziale che il ritiro delle armi nucleari americane dall'Europa provochi una corsa al riarmo nucleare anche fra alleati europei della Nato, dalle conseguenze politiche e strategiche imprevedibili ma sicuramente dannose per la coesione complessiva dell'Occidente;
    in seguito alla «Brexit», il nostro Paese si trova oggi a disporre di una posizione geopolitica che potrebbe permettergli di assumere un ruolo di mediazione tra gli Stati Uniti e la Germania, ed in senso più ampio l'Unione europea, tra i quali sta emergendo un'evidente contrapposizione di interessi e visioni;
    il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza in Estremo Oriente potrebbe spingere anche il Giappone a riconsiderare la propria opzione contraria all'acquisizione delle armi nucleari;
    in assenza dell’«ombrello» nucleare americano anche l'Italia sarebbe chiamata ad effettuare nuove ed impegnative scelte sul piano della propria politica di sicurezza;
    non è chiara la posizione del nostro Paese per il caso in cui si giungesse effettivamente a pervenire ad un'integrazione europea anche nel campo della difesa e, conseguentemente, all'europeizzazione del deterrente nucleare francese,

impegna il Governo:

1) ad intensificare i propri sforzi in tutte le sedi competenti affinché venga progressivamente depotenziata la spinta ad allargare e modernizzare gli arsenali nucleari militari;
2) a favorire il dialogo tra le maggiori potenze nucleari del pianeta, quale miglior precondizione della progressiva e bilanciata riduzione degli ordigni atomici nel mondo;
3) a confermare l'impegno del nostro Paese a scoraggiare il fenomeno della proliferazione nucleare tra le potenze emergenti ed altresì nei confronti di Stati alleati, come la Germania ed il Giappone, che starebbero riflettendo sull'opportunità o meno di dotarsi di propri arsenali atomici;
4) a non rinunciare, data la criticità dell'attuale situazione internazionale, alla garanzia comunque ancora offerta dalla disponibilità statunitense a proteggere anche nuclearmente l'Europa, ed il nostro stesso Paese, non necessariamente rispetto alla Russia ma più in generale contro qualsiasi aggressore potenziale;
5) a chiarire la posizione del nostro Paese in merito all'eventualità che in futuro la Force de Frappe francese divenga il nucleo del deterrente nucleare di un'Europa integrata, anche dal punto di vista militare.
(1-01674) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    lo stabilimento Perugina Nestlé, con sede in località di San Sisto di Perugia, è una delle realtà imprenditoriali più significative dell'Umbria per l'occupazione e l'economia del territorio, impiega attualmente un migliaio di dipendenti, di cui 850 nei livelli produttivi, ed è legato indissolubilmente all'identità e alla storia di Perugia e della regione;
    nello stabilimento di San Sisto si producono importanti marchi, quali Baci e Nero Perugina esportati in 55 Paesi;
    dopo una lunga vertenza, il 2 marzo 2016 Nestlé ha ufficializzato il piano industriale di rilancio dello stabilimento Perugina in cui si prevedevano investimenti per 60 milioni di euro in tre anni per fare del prodotto «Bacio» un brand di livello internazionale. Nel documento non si faceva alcun accenno ad esuberi, mentre si parlava di una nuova struttura manageriale e di processi di innovazione delle tecnologie produttive;
    nel piano, inoltre, la multinazionale affermava di voler fare dello stabilimento di San Sisto il centro di produzione di riferimento per la fornitura di biscotti per gelato alle consociate della zona Emena, comprese eventuali articolazioni in « joint venture» per intensificare un'attività fortemente contro-stagionale rispetto alle produzioni a base cioccolato con investimenti tecnici per complessivi 15 milioni di euro;
    Nestlé ha, a questo proposito, ufficializzato il contratto di fornitura alla Froneri dei biscotti per il Maxibon della durata di tre anni con un iniziale quantitativo di circa 930 tonnellate;
    nel piano, l'azienda prevedeva, inoltre, per il periodo tra gennaio 2017 e giugno 2018 una richiesta di trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell'articolo 21 e seguenti del decreto legislativo n. 148 del 2015 per riorganizzazione aziendale con la previsione di una serie di misure di riconversione e ricollocazione professionale interno ed esterno del personale. La cassa di integrazione straordinaria è stata già concessa dal Governo;
    il 24 febbraio 2017 sono stati resi noti i primi dati sul buon andamento del Bacio e delle tavolette, sia sul mercato interno che sull’export: «purtroppo – si legge nella nota – sull’export l'aumento del 44 per cento non si traduce in volumi importanti, tali da assicurare un conseguente aumento produttivo». In Usa, Canada, Brasile, Cina ed Australia la crescita del Bacio è a doppia cifra. In Canada e Cina l'aumento è del +60 per cento;
    la rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento di San Sisto aveva dato un giudizio positivo per quanto riguarda l'andamento del piano, ma «ora servono le ore di lavoro» – avevano detto – visto che, da aprile, è appunto partita la cassa integrazione per 867 dipendenti che scadrà a giugno 2018;
    a giugno 2017 è stata ufficializzata, con una nota a firma dell'amministratore delegato di Nestlé Italia, Leo Wencel, la volontà della multinazionale di tagliare 340 posti di lavoro in Perugina. Una «doccia fredda» soprattutto alla luce dei dati positivi relativi al settore cioccolato annunciati in precedenza;
    il 27 luglio 2017 è stato convocato un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico cui parteciperanno i vertici aziendali della società Nestlé, le organizzazioni sindacali e le istituzioni regionali e locali interessate per avviare un confronto rispetto all'annuncio degli esuberi e al possibile ridimensionamento del sito della Perugina;
    sempre a luglio il fondo d'investimento americano Third Point ha comunicato di essere diventato uno degli azionisti più importanti della società Nestlé dopo aver acquisito oltre 40 milioni di azioni, pari all'1,3 per cento di tutto il capitale;
    in conseguenza di ciò, il consiglio di amministrazione di Nestlé, guidato dal nuovo amministratore delegato Ulf Mark Schneider, ha ufficializzato che la società riacquisterà titoli per circa 20 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Una mossa in linea con le richieste di Third Point ma che sottrae enormi risorse da possibili progetti d'investimento per destinarle ad un uso solo finanziario;
    inoltre, Schneider ha anche affermato che il focus di Nestlé sarà sulle categorie caffè, petcare, healthcare, acqua e cibi per l'infanzia ovvero sui settori commerciali considerati « healthy». Il confectionary, ovvero il cioccolato e le caramelle, non è stato menzionato e la società ha annunciato di aver messo in vendita una serie di marchi americani di snack che fatturano circa 920 milioni di dollari;
    intanto, tramite la Nestlé Health Science, con un organico di 3 mila persone dislocate in tutto il mondo, l'azienda sta puntando sul settore delle soluzioni nutrizionali scientificamente formulate. Tra le mission della società viene indicata quella «di investire e innovare anche in scoperte e piattaforme tecnologiche rivoluzionarie che ci aiuteranno a sviluppare quella che chiamiamo “nutriterapia” o “Novel Therapeutic Nutrition”», «collaborando con società imprenditoriali del campo delle biotecnologie per aiutare a creare sul mercato terapie trasformazionali, come il microbioma»;
    la città di Perugia ha un legame identitario forte con lo stabilimento Perugina di San Sisto tanto da essere considerata la capitale italiana del cioccolato dove sono presenti iniziative culturali, gastronomiche e museali che contribuiscono ulteriormente a caratterizzarne l'immagine in questo senso;
    il possibile ridimensionamento dell'attività dello stabilimento di San Sisto e i conseguenti 340 esuberi comporterebbero, inoltre, pesanti ricadute economiche e sociali nel contesto specifico del territorio umbro-perugino già duramente colpito dalla crisi industriale in atto e dalle conseguenze indirette derivante dagli ultimi eventi sismici,

impegna il Governo:

   ad avviare, nell'ambito del tavolo istituzionale previsto per il 27 luglio 2017, un serio confronto sulla definizione di tutte le misure possibili volte a garantire il mantenimento delle produzioni e dei livelli occupazionali del sito di San Sisto di Perugia compresa la possibilità di prorogare la scadenza, oggi fissata a giugno 2018, della cassa integrazione straordinaria;
   a mettere in campo le iniziative di competenza per favorire il trasferimento nello stabilimento di San Sisto delle produzioni che Nestlé ha definito « healthy», come il caffè o i prodotti per l'infanzia, e sulle quali il consiglio di amministrazione ha annunciato di voler investire, così da frenare il progressivo ridimensionamento del ruolo produttivo dello stabilimento perugino;
   ad assumere iniziative, per quanto di competenza volte a favorire l'instaurarsi di una collaborazione tra Nestlé Health Science con il dipartimento di medicina sperimentale dell'università degli studi di Perugia che costituisce un'eccellenza a livello internazionale per quanto riguarda le ricerche sui rapporti tra microbioma e nutrizione, un campo nel quale la multinazionale sta investendo in tutto il mondo, avviando anche rapporti con società imprenditoriali nel campo delle biotecnologie;
   ad assumere iniziative per destinare parte dei fondi derivanti dal riconoscimento del danno indiretto provocato dagli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia, alla promozione di progetti di attrattività turistica incentrati sul brand «Perugia città del cioccolato».
(7-01321) «Galgano, Bombassei, Catalano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   alla regione Marche sono stati destinati 17,5 milioni di euro della somma raccolta con gli sms solidali inviati subito dopo le scosse di agosto e ottobre dell'anno 2016, pari nel complesso a trentadue milioni di euro;
   i quotidiani nazionali e locali hanno riportato la notizia che la giunta regionale marchigiana ha deciso di spendere ben 5 milioni e 450mila euro, vale a dire circa un terzo del totale, per la realizzazione del primo lotto della pista ciclabile tra Civitanova e Sarnano;
   il protocollo d'intesa siglato nel giugno 2014 tra il dipartimento della protezione civile e i principali operatori di telefonia mobile e le maggiori emittenti televisive nazionali prevede che «le regioni colpite dall'evento, sulla base delle esigenze manifestate dal territorio, mediante la predisposizione di un piano generale dei danni subiti, formulano le proposte da sottoporre, tramite il Dipartimento, al Comitato dei garanti di cui all'articolo 6 al termine della raccolta»;
   tale Comitato, istituito dal medesimo protocollo d'intesa «al fine di valutare le iniziative e di garantire la gestione trasparente delle risorse raccolte», «verifica che le somme raccolte siano utilizzate nel rispetto dei principi di efficacia, trasparenza ed economicità di cui all'articolo 1 della legge 4 agosto 1990, n. 241»;
   la destinazione di parte dei fondi raccolti con le donazioni alla realizzazione di una pista ciclabile appare all'interrogante del tutto incongrua rispetto alle finalità originarie dei cosiddetti sms solidali, i cui introiti dovrebbero essere impiegati in toto per la ricostruzione, per la ripresa del tessuto produttivo e per il sostegno alle attività economiche, nonché per le necessità della popolazione: rimozione delle macerie, ristoro per le famiglie ancora senza abitazione, azzeramento delle tasse nei comuni terremotati –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito. (4-17434)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'area del cratere del terremoto, nel tratto tra Matelica nord e CastelRaimondo (Macerata), è in corso di definizione il progetto esecutivo per la costruzione della Pedemontana – l'asse viario ideato circa 40 anni fa, che avrebbe dovuto consentire l'espansione del comparto industriale e della piccola e media impresa, mediante un sistema di infrastrutture viarie che prevedeva il raccordo dell'asse Foligno-Civitanova strada statale 77 all'asse Perugia-Ancona strada statale 76 e strada statale 318;
   tale progetto fu avanzato dalla Società Quadrilatero che presentò un'analisi di valorizzazione, ipotizzando un volano sull'economia dell'area in questione, tanto da prevedere effetti economici, in termini di valore aggiunto, che ammontavano a circa 200 milioni di euro;
   il sistema viario, disciplinato dal Pav (il piano di area vasta), prevedeva l'attivazione di fonti di finanziamento, tra cui principalmente il contributo trentennale delle camere di commercio interessate dalle opere viarie e i canoni di concessione per la realizzazione e gestione delle iniziative imprenditoriali nelle «aree leader», con una occupazione diretta e indiretta negli anni successivi alla realizzazione dell'opera pari ad oltre 8000 unità l'anno, per arrivare a 90.000 unità in 10 anni;
   il progetto è stato autorizzato dal comune di Matelica, dalla regione Marche e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al punto da diventare un progetto strategico di rilievo nazionale;
   tuttavia, nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 2017 è stata pubblicata la delibera del CIPE del 1o dicembre 2016, in cui dall'esame di uno schema di «piano di valorizzazione» delle aree leader, trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 24 marzo 2016, lo stesso Ministero rilevava che, nonostante la previsione di ulteriori elementi incentivanti per la valorizzazione delle aree, permanevano criticità e incertezze che non avrebbero consentito l'attivazione delle successive fasi procedurali; pertanto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intendeva rinunciare al progetto;
   dal 2002, molti sono stati gli eventi che hanno impattato sull'area in questione, modificandone il tessuto economico-sociale: la crisi delle piccole e medie imprese e il collasso del «modello imprenditoriale marchigiano», la chiusura di industrie e il relativo effetto domino su tutte le aziende satelliti, il bail in di Banca delle Marche, fino al terremoto del 30 ottobre 2016;
   l'area interessata dalla Pedemontana è un territorio che convive con le macerie del sisma e nessun avvio della ricostruzione è ancora iniziato;
   nonostante una concomitanza di eventi avversi, la popolazione sta cercando con enormi difficoltà di ripartire dalle risorse dei luoghi, anche mediante una « soft economy» delle attività ricreative, agrituristiche e enogastronomiche, che proprio dall'ambiente traggono fonte di sostentamento;
   la ricostruzione non può passare attraverso infrastrutture viarie che, oltre a rivelarsi completamente inutili in questa particolare fase economica, porteranno ulteriore distruzione, decretando la desertificazione di tutto il territorio che invece dovrebbe ripartire dalla comunità, dalle case, dalle stalle, dai laboratori e dalle fabbriche;
   strade come la Pedemontana progettate in un'altra epoca dovrebbero essere oggetto di revisione ad esempio con l'ottimizzazione e l'ampliamento dei tracciati esistenti –:
   quale sia la posizione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relativamente ai fatti sopra esposti e in particolare alla luce di quanto riportato nella delibera del CIPE del 1o dicembre 2016 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 2017;
   quali siano le analisi economiche in possesso del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il progetto suindicato;
   se vi siano e quali siano le previsioni di investimento nell'area;
   quale sia il settore di potenziale sviluppo economico previsto dalle analisi di settore per l'area in questione;
   quali siano le motivazioni della velocità estrema di esecuzione dei lavori citati in premessa e se le analisi e le valutazioni sull'effettivo valore della realizzazione di tale opera siano stati più rivisti e aggiornati dal 2002. (4-17435)


   TAGLIALATELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Campania è tra le regioni più fortemente colpite dalla vastità di incendi che in queste settimane hanno danneggiato in maniera seria ed irrimediabile il patrimonio ambientale in numerose zone d'Italia;
   tra le aree più colpite da tale tragedia vi è, infatti, la zona del Vesuvio, che ha visto migliaia di ettari di bosco bruciati e danneggiati in maniera irrimediabile;
   tra le cause, molte ancora da accertare, vi è, ad avviso dell'interrogante, la carenza del lavoro di manutenzione e prevenzione affidato in Campania alla società partecipata regionale «SMA Campania»;
   la natura di tale società è interamente pubblica e tra i suoi compiti e prerogative vi sono, come si legge sul sito internet della stessa, attività «finalizzate alla prevenzione e contrasto degli incendi nelle aree boschive, al risanamento ambientale, al monitoraggio del territorio, al riassetto idrogeologico, alla prevenzione e mitigazione dei rischi naturali ed antropici, all'accrescimento del pregio ambientale, al potenziamento dell'azione di bonifica dei siti inquinati sul territorio regionale, al miglioramento dei sistemi di gestione del rischio e di supporto alla pianificazione strategica e territoriale, al miglioramento delle reti depurative»;
   a parere dell'interrogante, nel caso di specie degli incendi divampati sul Vesuvio, tali attività di prevenzione non sono sicuramente state messe in essere in maniera adeguata, visto che il sottobosco, caratteristico dei territori della regione, è risultato colmo di sterpaglie e rifiuti che hanno agevolato il propagarsi delle fiamme;
   la società «SMA Campania», come tutte le società a partecipazione pubblica, riceve finanziamenti pubblici al fine di svolgere determinate attività in relazione alle quali opera però poi in completa autonomia;
   non è chiaro l'impiego delle risorse devolute alla società «SMA Campania», né di quanto personale e di quanti mezzi strumentali disponga e quale sia il numero di sedi operative dislocate sul territorio;
   su un piano più generale, le criticità che riguardano la società «Sma Campania» evidenziano in modo emblematico, ad avviso dell'interrogante, la necessità di pervenire a una profonda rivisitazione del sistema delle società in house e della galassia di partecipate dagli enti territoriali, nell'ottica di assicurare una pubblica amministrazione più efficiente e orientata al risultato che garantisca un proficuo e corretto utilizzo delle risorse della collettività –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e, in particolare, se l'inadeguatezza dell'attività di prevenzione degli incendi e di manutenzione del patrimonio boschivo sia stata tra i principali fattori che hanno contribuito al divampare dei roghi in Campania;
   se e come l'attività della sopra menzionata società concorra al raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del sistema nazionale a rete della protezione ambientale e si raccordi con quella delle istituzioni e degli enti statali che si occupano della tutela dell'ambiente e della salvaguardia del territorio campano (Ente parco nazionale del Vesuvio, protezione civile, vigili del fuoco e altre forze dell'ordine), con particolare riguardo all'emergenza incendi;
   se non ritenga — alla luce delle criticità sopra descritte che potrebbero riguardare anche altre aree del territorio nazionale e coinvolgere soggetti istituzionali con analoghe caratteristiche — di assumere iniziative normative, previa concertazione con le regioni e gli enti locali, al fine di promuovere una razionalizzazione del sistema delle società partecipate e in house delle amministrazioni pubbliche secondo criteri di efficienza, economicità e trasparenza, con particolare riferimento al settore ambientale, nell'ottica di evitare disfunzioni, duplicazioni, e sovrapposizioni, nonché sprechi di risorse e di garantire il conseguimento di obiettivi precisamente individuati. (4-17440)


   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il capo della protezione civile Fabrizio Curcio, nel corso del suo intervento nella Commissione ambiente del Senato sui recenti incendi che hanno interessato il territorio nazionale, con particolare riferimento alla Sicilia, ha evidenziato come la medesima regione, risulti maggiormente esposta ad un rischio di incendi boschivi, essendo, fra l'altro, priva della flotta antincendio regionale;
   il responsabile del suddetto dipartimento ha altresì sostenuto che gli incendi sviluppatisi diffusamente su tutto il centro-sud del Paese, inclusa la Sicilia dal 10 al 17 luglio 2018 (fino a divenire di livelli emergenziali), sono causati principalmente dall'aumento del deficit delle risorse idriche dovuto alla scarsità delle precipitazioni atmosferiche, che da settembre 2016 ha interessato la quasi totalità territorio, aggiungendo che le risorse finanziarie previste e disciplinate dalla legge-quadro del 21 novembre 2000, n. 353, in materia di incendi boschivi, nel corso degli anni si sono azzerate, a seguito dell'introduzione di successive previsioni normative, approvate per far fronte alla crisi economica;
   le suesposte osservazioni, a giudizio dell'interrogante, destano sconcerto e preoccupazione, se si valuta come la situazione che sta caratterizzando i mesi estivi di quest'anno, per il numero di incendi boschivi così elevati, in particolare nella regione siciliana (delle 325 richieste di intervento che ci sono state nella settimana 10-17 luglio, addirittura 72 hanno interessato l'isola pari al 22 per cento complessivo) rischi di diventare ulteriormente più grave, considerato che gli interventi di soccorso sul territorio isolano (sprovvisto come già detto della flotta aerea antincendio regionale) incidono in modo determinante sul volume delle richieste di intervento della flotta aerea di Stato, come peraltro, rilevato dal dirigente della protezione civile;
   al riguardo, risulta evidente a parere dell'interrogante che il quadro complessivo che emerge da quanto reso noto dalla protezione civile in relazione alla regione Sicilia, appare più grave e pericoloso rispetto agli altri territori regionali, inclusi quelli del Mezzogiorno, con riferimento sia alle misure d'intervento per lo spegnimento degli incendi boschivi, che potrebbero risultare tardive e carenti a causa dell'assenza di mezzi d'intervento, sia alle misure di prevenzione;
   i relativi finanziamenti, infatti, attributi dalla legge-quadro in materia di incendi boschivi, per attuare le attività di prevenzione, sorveglianza, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei, si sono assottigliati;
   la necessità d'introdurre misure urgenti e indifferibili, finalizzate a rivedere le attuali strategie di programmazione per fronteggiare il fenomeno degli incendi boschivi (particolarmente rilevante nella stagione estiva in corso) nella regione Sicilia, in considerazione dei rilievi particolarmente critici e negativi espressi nel corso dell'audizione da parte del dipartimento della protezione civile, appare quanto mai evidente, a giudizio dell'interrogante, specie nella fase estiva attuale; il fenomeno, infatti, oltre ad espandersi su aree urbane-rurali, rischia di coinvolgere anche le strutture turistiche e alberghiere dell'isola, con gravi conseguenze ambientali ed economiche –:
   quali orientamenti il Governo intenda esprimere, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se il Governo non ritenga urgente ed opportuno, in considerazione della situazione di gravità esistente nella regione Sicilia, evidenziata dal dipartimento della protezione civile, in tema di misure di contrasto agli incendi boschivi, assumere iniziative normative ad hoc volte a potenziare il sistema organizzativo e d'interventi per il soccorso antincendio;
   se non si ritenga urgente ed opportuno assumere iniziative per prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio per il 2018, il rifinanziamento della legge-quadro 21 novembre 2000, n. 353, per le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, posto che le risorse per tale finalità, come esposto in premessa, risultano essere di evidente necessità. (4-17441)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica italiana (articolo 37 della Costituzione) «tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione»;
   secondo quanto denunciato dalla scrittrice Flavia Piccinni nel libro-inchiesta «Bellissime. Baby miss, giovani modelli e aspiranti lolite» (edizioni Fandango), ben poco della circolare n. 67 del 1989 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (che regola la partecipazione di minori a sfilate di moda o anche a spot pubblicitari), viene rispettato;
   la suddetta circolare stabilisce prescrizione in base all'età dei minori, per cui, ad esempio, per un bambino fino a tre anni «deve essere posto a disposizione dei genitori o del tutore un locale idoneo atto a garantire il soddisfacimento delle principale esigenze fisiologiche del bambino» e «l'impegno lavorativo non potrà in alcun modo superare le tre ore giornaliere e deve avvenire in presenza del genitore o del tutore o di persona da questi espressamente delegata»;
   nel libro-inchiesta sono raccolte diverse testimonianze che attestano «come puntualmente le tempistiche non vengano rispettate, e spesso anche la presenza dei genitori sia difettante»;
   nell'evento dell'anno per la moda bimbo — la sfilata di Pitti Bimbo — ai genitori sarebbe vietato andare dietro le quinte e dunque gli stessi sono costretti a lasciare in solitudine i propri figli tanto che, secondo quanto dichiarato da un insider e riportato nel libro-inchiesta, «a tutelare i bambini non c’è nessuno»;
   in una nota riservata e inviata dagli organizzatori di Pitti Bimbo alle agenzie, si legge: «Per evitare disagi, malumori e problemi, si ricorda che alle manifestazioni è sempre consentito l'ingresso di un solo adulto e del bambino oggetto della sfilata. I fratellini, gli amici, le carrozzine, il secondo genitore, ma anche fratelli, sorelle, zie, nonne, nonni, cugini e varie possono attendere al bar vicino o in macchina perché non avranno in alcun modo ingresso allo spazio»;
   desta sconcerto quanto racconta Flavia Piccinni in un altro passo del libro: «I bambini sono sul set (di Pitti Bimbo, nda) dalle sette di questa mattina, e da due giorni vivono qui dentro [...] Oggi ai genitori è stato concesso di vederli per pochi minuti. I malumori sono esplosi nel primo pomeriggio, quando dei bimbi hanno raccontato di non aver ricevuto né la merenda né dell'acqua»;
   urge precisare che la «pratica» di non fornire bottigliette d'acqua non sarebbe nuova nel mondo della moda bimbo: «molto spesso — si legge ancora nel libro Bellissime — sui set non viene concesso di bere per evitare di bagnare inavvertitamente i vestiti o di rovinare il trucco, e soprattutto per limitare al minimo le richieste di andare in bagno»;
   altrettanto stupore desta il fatto che, nonostante la moda bimbo assicuri un business miliardario (nel 2016 ha raggiunto un fatturato di 2,7 miliardi di euro), le paghe sono irrisorie: «Per due giorni di lavoro denuncia Piccinni — vengono proposti 130 euro, che con il costo dell'agenzia e le tasse diventano 66 euro netti. Per tre giorni invece il brand che paga di più ne propone 300 lordi, e in tasca alle famiglie ne vanno poco meno di 150 netti»;
   è evidente che per le famiglie diventa impossibile coprire le spese dei tre o quattro giorni per le trasferte, senza dimenticare che spesso i marchi evitano tout-court i pagamenti, omaggiando i partecipanti con mere t-shirt;
   se il Governo non ritenga opportuno promuovere iniziative ispettive, per quanto di competenza, al fine di verificare se ci sia uno sfruttamento dei minori;
   quali urgenti iniziative intendano intraprendere per scongiurare che episodi come il «divieto della bottiglietta d'acqua» accadano ancora;
   quali iniziative intendano intraprendere affinché il principio costituzionale della tutela dei minori venga costantemente garantito. (4-17442)


   RICCIATTI, SCOTTO, MELILLA, ZARATTI, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, DURANTI, SANNICANDRO, D'ATTORRE e MARTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in un recente convegno nel comune di Caldarola (ne dà notizia la testata Cronache Maceratesi.it, del 20 luglio 2017 con l'articolo «Casette e scuole, settembre si allontana: 20 tecnici per 18 mila sopralluoghi») il preside dell'istituto comprensivo di Pieve Torina (MC) Giorgio Gentili ha sollevato diverse criticità in merito all'avvio dell'anno scolastico e alla dislocazione di scuole e alunni;
   nel suo intervento il dirigente scolastico ha sottolineato come vi siano scuole, come quella di Visso, che apriranno a settembre, ma saranno probabilmente vuote, perché nel frattempo le famiglie sono state spostate dai camping della zona in diverse località, rendendo difficoltosa la possibilità che gli stessi dalle nuove collocazioni possano raggiungere e frequentare le scuole nel frattempo realizzate. Il rischio è che vi siano classi composte da tre o quattro alunni;
   in sostanza, in molte aree delle Marche si è di fronte al paradosso di avere scuole dove non sono ancora pronti i moduli abitativi provvisori e viceversa;
   oltre il problema delle scuole, a preoccupare i sindaci dell'area sono anche i significativi ritardi nei sopralluoghi per redigere le schede «Fast» e «Aedes», relative alle verifiche delle condizioni di stabilità degli edifici danneggiati dal sisma;
   nella regione Marche restano ancora da effettuare 18.000 sopralluoghi, ma si registrano gravi carenze numeriche del personale tecnico che dovrebbe eseguire le operazioni;
   attualmente, sono disponibili, infatti, solo dieci squadre con venti tecnici in totale; una delle ragioni della carenza di personale risiederebbe nel fatto che i tecnici incaricati sarebbero pagati male e spesso in ritardo;
   è d'obbligo pertanto segnalare come nella fase post-sisma la regione Marche sia sensibilmente in ritardo, nelle attività di competenza, rispetto ai tempi previsti e, inspiegabilmente, molto più delle altre regioni colpite dal sisma –:
   se, sulla base delle informazioni acquisite dal commissario straordinario alla ricostruzione, non intenda fornire chiarimenti in merito ai fatti illustrati in premessa; 
   se sia in grado di fornire una stima aggiornata sui tempi di ultimazione dei rilievi «Fast» ed «Aedes» nell'area del cratere, con riferimento ai comuni che ricadono nella regione Marche. (4-17444)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende che la Commissione europea, a settembre 2017, aprirà una procedura di infrazione contro l'Italia sulla gestione dei diritti d'autore. Il motivo risiede nel fatto che, nonostante una direttiva precisa dell'Unione europea, la cosiddetta «direttiva Barnier», disponga che i Paesi membri uniformino le legislature nazionali sulla raccolta e sulla gestione dei diritti d'autore, al fine di garantire la concorrenza in questo mercato, è stato definito un decreto legislativo che non liberalizza affatto il mercato, lasciando il monopolio della gestione collettiva dei diritti d'autore in mano alla Siae;
   in particolare, in Italia, la situazione è particolarmente complessa per effetto di una vecchissima legge, la n. 633 del 1941, che istituisce il monopolio e della quale si fa scudo la Siae;
   infatti, ogni qual volta spuntano operatori concorrenti della Siae, come l'italo-britannica Soundreef oppure la startup italiana Patamu, vengono instaurati procedimenti giurisdizionali che dissuadono artisti ed emittenti dal rivolgersi ad altri soggetti. Questi ultimi rispondono presentando esposti alla Commissione europea e all'Antitrust per denunciare l'impossibilità di operare sul mercato. Così tra un esposto e un ricorso, mentre in Europa i monopoli spariscono, quello italiano resiste. E sopravvive anche al decreto legislativo n. 35 licenziato nel marzo 2017, tre anni dopo l'invito di Bruxelles. Nelle intenzioni il provvedimento avrebbe dovuto recepire le indicazioni europee, ma in pratica non risolve i problemi. Questo perché se, da un lato, la riforma apre all'ingresso di nuovi operatori, dando la possibilità ai titolari dei diritti di affidarsi «a un organismo di gestione collettiva o a un'entità di gestione indipendente di loro scelta», dall'altro lascia nelle mani della Siae la raccolta di tali profitti poiché prevede che questa venga svolta «in via esclusiva»;
   il risultato è un «cortocircuito» che genera problemi di interpretazione, paralizza gli operatori del settore e scontenta gli artisti in uscita dal sistema tradizionale;
   a mero titolo esemplificativo, si segnala che, durante il Festival di Sanremo, molti dei cantanti sul palco (tra cui Gigi D'Alessio) decidono di non farsi rappresentare dalla Siae, ma gli organizzatori non possono saldare quanto dovuto in materia di diritti, perché la legge li obbliga a operare con la società che detiene il monopolio;
   di recente anche il cantautore Fedez, dopo aver affidato la gestione dei suoi diritti a Soundreef, si è visto negare i proventi di nove delle 20 tappe del suo tour estivo –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare per consentire una effettiva liberalizzazione del settore e favorire la concorrenza tra i vari soggetti che si occupano della raccolta e della gestione dei diritti d'autore, al fine di uniformare la normativa nazionale a quella europea ed evitare così una procedura d'infrazione. (5-11951)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con comunicazione prot. n. 0229472 del 12 luglio 2017 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, ha inviato una comunicazione al presidente e al procuratore della Repubblica del tribunale di Lagonegro, prospettando la riapertura, alternativamente, dell'ex casa mandamentale di Chiaromonte o dell'ex casa circondariale di Lagonegro;
   nella nota prot. n. 007867 del 4 novembre 2016 del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia – allegata alla comunicazione del 12 luglio 2017 – le spese prospettate per la ristrutturazione della casa circondariale di Lagonegro ammonterebbero a 5.442.910,00 euro nella prima ipotesi e a 6.329.950,00 euro nella seconda ipotesi mentre quelle per il ripristino funzionale della casa mandamentale di Chiaromonte ammonterebbero a 1.091.750,00 euro;
   la struttura di Lagonegro potrebbe ospitare al massimo n. 36 detenuti, mentre quella di Chiaromonte n. 17 detenuti;
   con sentenza del 12 ottobre 2016, il Tar Campania – sezione Salerno – ha accolto l'impugnazione del consiglio comunale di Sala Consilina avverso il decreto ministeriale 27 ottobre 2015 rilevando che il ricorso «è fondato, in maniera dirimente a cagione del grave vulnus al principio fondamentale della territorialità dell'esecuzione penale, che lo stesso, inevitabilmente, finisce per determinare nella specie». I giudici hanno inoltre ritenuto che la soppressione della casa circondariale di Sala Consilina ha privato un vastissimo territorio, coincidente con il circondario del tribunale di Lagonegro, di un istituto penitenziario con ingiustificato pregiudizio per la comunità locale e per gli operatori del diritto, oltre che per gli stessi detenuti e per le loro famiglie. Secondo il Ministero della giustizia, la soppressione del carcere è stata la naturale conseguenza della soppressione del Tribunale di Sala Consilina «argomento fallace se si tiene mente all'unicità del carcere di Sala Consilina, anche nel circondario del Tribunale di Lagonegro, cosicché, con buona pace del principio fondamentale della territorialità della pena, s’è venuta a creare, per effetto dell'adozione del decreto ministeriale impugnato, la paradossale situazione, ben descritta in narrativa, nei termini seguenti: L'impugnata soppressione costringe l'Autorità Giudiziaria di Lagonegro ad utilizzare una delle seguenti strutture penitenziarie, tutte esterne al circondario del Tribunale: – casa circondariale di Castrovillari (CS), distante circa 75 km e con tempi di percorrenza di 1 ora e 15; – casa circondariale di Potenza, distante oltre 100 km e raggiungibile in 1 ora e 30.; – casa circondariale di Vallo della Lucania (SA), distante circa 100 km e raggiungibile in 1 ora e 10; casa di reclusione di Eboli, distante 100 km, con tempi di percorrenza superiori a un'ora; mentre la Casa circondariale di Sala Consilina distava, dal Tribunale di Lagonegro, solo 40 km e i tempi di percorrenza erano inferiori ai 30 minuti» –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa, e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo, anche in considerazione della destinazione pubblica dei fondi per la ristrutturazione delle due case circondariali, nonché quali iniziative intenda assumere per l'utilizzo della casa mandamentale di Sala Consilina. (5-11950)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come emerge da un articolo pubblicato sul sito www.newsbiella.it, di recente presso la casa di reclusione di Biella è accaduto l'ennesimo episodio che palesa l'insicurezza dei luoghi di lavoro in cui operano gli agenti di polizia penitenziaria e nello specifico: «Non sono ancora chiari i motivi che hanno spinto un detenuto di origine Somala ad appiccare un incendio nella propria cella della Casa Circondariale di Biella. L'episodio è accaduto nella giornata di ieri, 29 giugno, intorno alle 17,30: l'uomo, di circa trent'anni, al termine del colloquio telefonico con il proprio avvocato è rientrato in cella, ha rotto la televisione e ha appiccato fuoco alla stanza e a tutti gli arredi. Prontamente sono intervenuti i poliziotti penitenziari che hanno tratto in salvo il detenuto. Nel corso dell'intervento, sembrerebbe che un agente sia rimasto intossicato per salvare il detenuto. Il poliziotto è stato quindi accompagnato al Pronto Soccorso, dove si trova ricoverato per le cure e gli accertamenti del caso. (...) Da oggi infatti, il personale di Polizia Penitenziaria inizierà per protesta l'astensione dalla consumazione della MOS – mensa obbligatoria di servizio proprio perché la gestione dell'Istituto è fallimentare e nel caos, più totale. “Il personale – commentano i responsabili delle OO.SS. di Biella – teme per la propria incolumità, è esausto, chiede aiuto. La situazione è insostenibile, tanto da indurre gli agenti ad una manifestazione unitaria di protesta. L'amministrazione continua a non intervenire, lasciando il carcere in balia degli eventi. Il primo passo sarebbe l'avvicendamento dei vertici per ridare serenità e fiducia agli operatori penitenziari, visti gli ultimi gravi accadimenti pericolosi per l'ordine e la sicurezza”»;
   le organizzazioni sindacali del Sappe, Osapp, Sinappe e Uspp, che già da diversi giorni si trovano in stato di agitazione, da tempo denunciano le criticità della casa circondariale di Biella, e chiedendo di poter lavorare in sicurezza;
   i gravi fatti descritti danno un quadro allarmante sia dell'insicurezza dei luoghi di lavoro, che delle gravi carenze gestionali ed organizzative in cui versa il corpo di polizia penitenziaria; problematiche che evidentemente secondo l'interrogante non consentono al personale di poter svolgere con diligenza i ruoli e i compiti a loro affidati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza, anche di natura emergenziale, intenda adottare, in particolare per garantire che vengano immediatamente ripristinate le condizioni di sicurezza nell'istituto penitenziario di Biella, nonché per verificare che la gestione e l'organizzazione delle attività e delle risorse presenti nella suddetta casa di reclusione siano confacenti al buon andamento di un'amministrazione pubblica che si occupa dell'ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari.
(4-17443)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Conetta, ormai denominata «il distretto del profugo», si apprende dell'aumento di capienza del centro di accoglienza con la costruzione dell'undicesimo capannone della struttura di accoglienza esistente, che aumenterà la disponibilità di posti letto per altri migranti in arrivo. Tali provvedimenti contraddicono di fatto quanto aveva annunciato il Governo sulla riduzione delle presenze;
   in tale territorio i profughi si concentrano nonostante la presenza dei pochi servizi esistenti. Agli estremi dell'area c’è l'ex base militare di Conetta che con i suoi 197 abitanti ospita quasi 1.500 richiedenti asilo. Di seguito, c’è il centro di San Siro di Bagnoli di Sopra, nel Padovano, che con 415 abitanti ospita 870 migranti. Si tratta dei due centri di accoglienza più grandi di tutto il Veneto e Agna, che si trova nel mezzo, risulta assediata da oltre 2 mila profughi in attesa di regolarizzazione;
   si aggiunge una grave situazione sanitaria con l'allarme di un presunto caso di meningite di uno dei richiedenti asilo;
   addirittura vi sono state proteste e contestazioni da parte degli stessi richiedenti asilo, già presenti nei centri di accoglienza, contro l'arrivo di altri richiedenti, motivate dalla difficoltà di convivenza in spazi ristretti e dalle condizioni di alloggio. Ciò ha generato un serio problema di sicurezza, poiché si sono anche create delle opposte fazioni tra i migranti accolti;
   ebbene, i residenti di Conetta, Agna e Bagnoli vivono una condizione di estremo disagio, considerando che in un'area molto ristretta sono stati accolti oltre 2000 migranti –:
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, in particolare per garantire la sicurezza e far fronte ad un'eventuale emergenza sanitaria;
   se intenda ancora consentire l'accoglienza di una moltitudine di richiedenti asilo in aree ristrette e non attrezzate adeguatamente. (5-11947)


   RUBINATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto ha indetto per il 22 ottobre, dalle ore 7 alle 23, un referendum consultivo, il cui quesito, sulla base dell'articolo 2, comma 1, numero 1), della legge regionale Veneto n. 15 del 19 giugno 2014, è volto a chiedere agli elettori regionali se vogliono «che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia»;
   tale referendum ha passato il vaglio di ammissibilità della Corte costituzionale, con la sentenza 25 giugno 2015, n. 118, in quanto si fonda sulla possibilità – finora mai praticata – riconosciuta alle regioni ordinarie dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione di vedersi attribuire in determinate materie, con legge dello Stato, su iniziativa delle regioni interessate, e sentiti gli enti locali, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia;
   da notizie apprese a mezzo stampa, il presidente della giunta regionale del Veneto, Luca Zaia, avrebbe lamentato una mancanza di «cooperazione tecnica» da parte degli uffici elettorali presso le prefetture, in particolare per quanto inerente l'utilizzo di timbri, la custodia del materiale e la revisione delle liste elettorali;
   da agenzie di stampa si apprende che, al contrario, il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, che pure ha indetto analogo referendum consultivo, per la medesima data del 22 ottobre, ha firmato con i prefetti di Milano e delle altre province della regione il testo di un'intesa tra la regione e il Ministero dell'interno che definisce le procedure e le responsabilità per lo svolgimento della predetta consultazione –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se siano state attivate tutte le ordinarie procedure volte a garantire l'attuazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e la regione Veneto, nonché il diritto di voto degli elettori del Veneto alla prossima consultazione referendaria. (5-11949)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 giugno 2017 il capo della Polizia ha diramato una circolare ai competenti soggetti istituzionali contenente le indicazioni per la tutela della pubblica incolumità in occasione di eventi pubblici e per l'ordinato svolgimento delle manifestazioni;
   la circolare individua le competenze spettanti a ciascuna istituzione, a tal fine distinguendo gli interventi di safety, posti in capo alla responsabilità di comuni, vigili del fuoco, polizia municipale, prefetture e privati, da quelli di security, esclusivamente riservati alla responsabilità del questore;
   stando alla circolare «il modello organizzativo delineato presuppone lo scrupoloso riscontro delle garanzie di safety e security necessariamente integrate, in quanto requisiti imprescindibili di sicurezza senza i quali pertanto le manifestazioni non potranno avere luogo»;
   nell'ambito della safety, i comuni dovranno valutare la «capienza delle aree» delle manifestazioni, individuare gli spazi di soccorso, emettere i provvedimenti di divieto di vendita di alcolici e di bevande in vetro e lattine «che possano costituire un pericolo per la pubblica incolumità», ai vigili del fuoco spetterà il compito dei piani di emergenza e antincendio, i responsabili della sanità avranno la responsabilità dell'emergenza e dell'urgenza sanitaria, la prefettura dovrà esercitare il suo ruolo di controllo e supervisione mediante «sopralluoghi per una scrupolosa verifica della sussistenza dei previsti dispositivi di safety e l'individuazione delle cosiddette vulnerabilità» e dovrà presiedere il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, coinvolgendo anche la polizia municipale, «per la vigilanza attiva nelle aree urbane»;
   i soggetti organizzatori privati dovranno, invece, «regolare e monitorare gli accessi» con «sistemi di rilevazione numerica progressiva ai varchi di ingresso fino all'esaurimento della capacità ricettiva», fase nella quale la polizia sarà «di ausilio», prevedere percorsi separati di accesso e di deflusso del pubblico con indicazione dei varchi, e garantire la presenza di personale preparato per l'assistenza al pubblico;
   tra le responsabilità della questura nell'ambito della security figurano lo «sviluppo di una mirata attività informativa per valutare una eventuale minaccia»; le forze dell'ordine dovranno «mappare la videosorveglianza al fine di collegarla con la sala operativa», svolgere una «intensa attività di prevenzione» sul territorio, svolgere «controlli e bonifiche» nei luoghi in cui potrebbero «essere celate insidie», individuare «aree di rispetto» per effettuare eventuali perquisizioni, e allestire un blocco del traffico per evitare l'ingresso di veicoli;
   la circolare, di fatto, delega alla responsabilità dei comuni e degli organizzatori dei singoli eventi numerosi e onerosi compiti, tradizionalmente riservati agli apparati di sicurezza dello Stato, basandosi su una discutibile interpretazione della supposta diversità dei termini safety e security, entrambi traducibili in italiano con la parola sicurezza, e sta causando la disdetta di molti eventi già programmati dai comuni o dal mondo delle associazioni –:
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a rivedere l'impianto della circolare di cui in premessa, riconducendo le responsabilità per le manifestazioni in luoghi pubblici o aperti al pubblico sotto la regia e il controllo degli enti e organismi dello Stato a ciò espressamente preposti. (4-17432)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano Il Tempo del 21 luglio 2017 riporta la notizia che alcune migliaia di immigrati irregolari sarebbero destinati ad essere accolti nei locali dell'ex centro polifunzionale di via Prato della Corte, nel quindicesimo municipio di Roma Capitale, all'interno del Parco di Veio;
   la sistemazione sarebbe frutto di un accordo tra il Ministero dell'interno, che ha fatto richiesta per verificare la disponibilità di utilizzare il complesso immobiliare per ospitare i profughi nell'ambito del piano di accoglienza del Governo, e l'amministrazione regionale del Lazio;
   il centro polifunzionale di via Prato della Corte è un complesso di cinque edifici dislocati su una superficie di circa cinque ettari all'interno di un'area interamente di proprietà della regione Lazio, che sarebbero stati ristrutturati nell'ottica di realizzare un centro operativo della protezione civile che potesse ospitare le funzioni direttive e operative regionali, di formazione permanente del volontariato e una colonna mobile regionale di primo intervento in grado di attivarsi in tempi rapidissimi e raggiungere, grazie all'ubicazione strategica del complesso, qualsiasi zona del Lazio entro due-tre ore;
   le cronache degli ultimi giorni, con l'emergenza incendi in vaste aree della regione stanno dimostrando più che mai quanto l'impiego del centro polifunzionale da parte della protezione civile potrebbe essere di massima importanza nelle operazioni condotte dalla stessa;
   la città di Roma e le aree limitrofe ad essa sono ormai al collasso per quanto riguarda l'alto numero di immigrati presenti e desta sconcerto la decisione del Governo di volerne sistemare altre migliaia;
   oltre ai numeri ufficiali, infatti, è evidente a chiunque che nella Capitale trovano rifugio migliaia di immigrati irregolari che non si trovano all'interno delle strutture preposte ma vivono in baraccopoli, tendopoli, o addirittura all'addiaccio, e non risultano quindi nelle statistiche ufficiali che utilizza il Governo per ripartirli tra i singoli comuni;
   anche questi immigrati, invece, dovrebbero essere contati e considerati ai fini dell'assegnazione di ulteriori quote di migranti alla città di Roma –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, se del caso, quali urgenti iniziative intenda assumere per scongiurare tale eventualità e restituire il centro polifunzionale alla sua destinazione originaria;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per assicurare un conteggio complessivo degli immigrati irregolari presenti nel territorio di Roma Capitale, al fine di effettuare la ripartizione di quelli in arrivo basandosi su numeri reali senza escludere quelli che vivono al di fuori delle strutture ufficiali per l'accoglienza. (4-17433)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la nuova carta di identità elettronica è il documento personale che attesta l'identità del cittadino, realizzata in materiale plastico, dalle dimensioni di una carta di credito e dotata di sofisticati elementi di sicurezza e di un microchip a radiofrequenza (RF) che memorizza i dati del titolare;
   la carta si basa su un supporto in policarbonato personalizzato mediante la tecnica del laser engraving con la foto e i dati del cittadino e corredato da elementi di sicurezza (ologrammi, sfondi di sicurezza, micro scritture, guilloches e altro) e un microprocessore a radio frequenza;
   la foto in bianco nero è stampata al laser, per garantire un'elevata resistenza alla contraffazione;
   sul retro della carta, il codice fiscale è riportato anche come codice a barre;
   la nuova carta di identità elettronica si può richiedere alla scadenza della propria carta d'identità (o in seguito a smarrimento, furto o deterioramento) presso il comune di residenza o di dimora nel caso questo abbia attivo il servizio di emissione della carta d'identità elettronica;
   la carta è spedita direttamente al cittadino che la riceverà entro 6 giorni dalla richiesta, presso il comune o presso un indirizzo da lui indicato;
   il costo della carta è di euro 16,79 (oltre i diritti fissi e di segreteria, ove previsti) e comprende anche le spese di spedizione;
   il progetto persegue gli obiettivi di copertura dei maggiori comuni e il raggiungimento di circa tre quarti della popolazione entro il 2017 e di completamento della copertura di tutti i comuni entro la metà del 2018;
   tra gli attori istituzionali coinvolti nella progettualità, vi è il Ministero dell'interno che è titolare del progetto e garante della sicurezza del sistema di emissione e rilascio della carta e dell'autenticità dei dati dei cittadini, e il Ministero dell'economia e delle finanze cui spettano compiti di vigilanza e controllo sull'Istituto poligrafico e zecca dello Stato in materia di carte valori e stampati a rigoroso rendiconto, mentre l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato S.p.a. è responsabile della produzione e della spedizione delle carte;
   da parte di diversi cittadini sono giunte agli uffici dei comuni, che anno attivato il servizio di emissione della carta d'identità elettronica segnalazioni circa il rapido deterioramento e scollamento del supporto, nonché l'erronea stampa di alcuni dati (nello specifico numeri capovolti, come il numero 8 con il cerchio inferiore più piccolo del superiore), con la conseguente mancata accettazione del documento all'estero;
   attualmente non è possibile per i cittadini richiedere la sostituzione gratuita del documento deteriorato –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei problemi verificatisi nell'uso della carta d'identità elettronica e in particolare causati dal rapido deterioramento del supporto;
   se non ritengano necessario assumere iniziative affinché le carte d'identità elettroniche siano realizzate con materiali e modalità che ne garantiscano la durata e la resistenza;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per consentire ai cittadini di sostituire gratuitamente le carte deteriorate. (4-17437)


   BARGERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   per vent'anni il circolo del PD (allora PCI/PDS/DS) ha organizzato nel circolo di Monteverde (Avellino) la Festa dell'Unità, nei giorni 15 e 16 agosto, cogliendo l'occasione della presenza di molti concittadini che durante l'anno risiedono in altre zone d'Italia o all'estero;
   da dodici anni il diritto di poter svolgere la Festa dell'Unità nei giorni 15 e 16 agosto viene negato dal sindaco di Monteverde con motivazioni che appaiono all'interrogante pretestuose e lesive del diritto costituzionale di associazione garantito dagli articoli 18 e 49 della Carta;
   anche quest'anno con motivata istanza inoltrata anche al prefetto di Avellino e assunta al protocollo del comune di Monteverde al n. 785 del 20 marzo 2017 i signori Sciretta Rocco e Pizza Antonio Guglielmo, nelle rispettive e dichiarate qualità di segretario del PD e di capogruppo di minoranza, hanno chiesto di poter svolgere la 21esima festa dell'Unità nei giorni 15 e 16 agosto 2017, indicando in modo puntuale i luoghi e i tempi ove svolgere l'evento;
   dopo 109 giorni la anzidetta richiesta è stata evasa ed il sindaco di Monteverede ha, per la dodicesima volta consecutiva, negato l'autorizzazione a causa del concomitante ciclo di manifestazioni, realizzato dal comune in collaborazione con la pro loco dal 10 al 16 agosto che interessa «l'intero centro storico» di Monteverde; ad avviso dell'interrogante la pretestuosità della reiezione della domanda avanzata dal PD locale è evidente –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali risposte abbia fornito o intenda fornire il prefetto in relazione alle richieste dei sopra citati consiglieri comunali di Monteverde e alle loro legittime doglianze e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al riguardo; in particolare, se risultino ragioni di ordine pubblico o di tutela della sicurezza della cittadinanza tali da rendere necessaria una decisione drastica come quella di impedire lo svolgimento della Festa dell'Unità nelle giornate del 15 e del 16 agosto 2017;
   se il Ministro interrogato non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative normative volte a disciplinare in modo più stringente i presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali è possibile vietare o differire lo svolgimento di eventi o manifestazioni – specie se di carattere politico o celebrativo, ovvero espressione della tradizione e della storia locale e nazionale, come nel caso di cui in premessa – al fine di tutelare pienamente i diritti, costituzionalmente protetti, di riunione e di associazione e la libertà di pensiero, evitandone ogni ingiustificata conculcazione. (4-17439)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in merito al Festival della non umanità di Santarcangelo di Romagna (Rimini), oggetto già di una precedente interrogazione presentata dal sottoscritto, si rileva che la brochure di presentazione riporta tutti gli sponsor e i finanziatori della manifestazione;
   risultano 5 enti locali soci dell'ente promotore, fra cui il sindaco del comune di Rimini;
   sono 5 i partner istituzionali, quali la Commissione europea, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la regione Emilia-Romagna e 2 enti finlandesi;
   sono 10 gli sponsor «principali», fra i quali due multiutility partecipate dagli enti locali, come Hera e Amir funeral service;
   fra i sostenitori vi sono 3 fra le più grosse banche locali e regionali;
   tra gli altri sostenitori, «amici del festival», risultano altre multiutility o aziende quasi completamente pubbliche (si vedano Start Romagna, Amir, Caar, Romagna Acque-Società delle Fonti);
   fra le collaborazioni di cui gode il Festival, vi sono numerose altre realtà pubbliche (si vedano Apt Servizi, ATER, Cineteca Bologna, Università di Urbino, La Notte Rosa, addirittura il Ministero dell'interno, con il programma SPRAR-Sistema di protezione di richiedenti asilo e rifugiati) –:
   se sia stato corrisposto un finanziamento dal Ministero dell'interno al Festival della non umanità di Santarcangelo di Romagna;
   in caso affermativo, a quanto ammonti tale contributo e per quale motivo il Festival sia rientrato nei finanziamenti previsti per il programma SPRAR promosso dal Ministero dell'interno. (4-17445)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PANNARALE, MARCON, GIANCARLO GIORDANO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la nota n. 22165 del 19 maggio 2017, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dettato agli uffici scolastici regionali istruzioni per la costituzione delle cattedre nei licei musicali, stabilendo espressamente che all'insegnamento di esecuzione ed interpretazione del primo strumento, vengano dedicate due ore settimanali di lezione frontale in entrambi gli anni del primo biennio, in luogo delle tre previste dal piano orario definito dalla Tabella E del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, con una decurtazione pari a 33 ore annuali rispetto alle 99 previste dal piano di studio, dando indicazione di sostituire l'ora mancante con un'ora di ascolto partecipativo, previsione anch'essa non contemplata dalla normativa;
   tale orientamento, oltre a risultare in contrasto con la normativa vigente, è, secondo gli interroganti, lesiva dei diritti di studenti e docenti e comporterà inevitabilmente i seguenti effetti: 1) non garantirà agli studenti l'offerta formativa prevista dagli ordinamenti e comunicata alle famiglie in fase di iscrizione alla classe prima; 2) gli studenti che frequenteranno nell'anno 2017-2018 la classe seconda subiranno una inopinata riduzione delle ore di lezione frontale, rispetto a quelle dell'anno precedente; 3) il personale docente subirà un'ingiustificata contrazione dell'organico d'istituto;
   con sentenza n. 01731/2017 il Tar del Lazio ha dichiarato illegittimo l'atto con cui l'ufficio scolastico territoriale di Roma, anticipando di fatto la suddetta previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aveva disposto per un liceo musicale la riduzione per l'anno 2015 dell'organico di insegnamento di esecuzione ed interpretazione, rilevando in esso, da un lato, la violazione delle aspettative delle famiglie rispetto al quadro orario prospettato dalla scuola, e dall'altro una disparità di trattamento tra i licei musicali del Lazio, visto che alcuni garantivano il piano orario vigente, nonché l'inosservanza delle norme contenute nel suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, laddove prevede «un tempo scuola dovuto, sia per la classe I, sia per la classe II, di n. 99 ore di lezione articolate sul primo strumento e sul secondo strumento». Per il Tar, inoltre, il provvedimento era privo di una concreta motivazione giuridica e violava il diritto dei docenti ricorrenti all'insegnamento;
   gli stessi giudici hanno espresso un giudizio di merito rispetto all'importanza didattica dell'insegnamento frontale di esecuzione ed interpretazione, sostenendo che: «la riduzione ad un'ora a settimana di lezione con riferimento al primo strumento equivale ad una preparazione approssimativa, dilettantistica e ben lontana dal profilo professionalizzante richiesto dalle competenze in uscita dal Liceo per l'accesso al triennio di primo livello del Conservatorio», confermando, in tal modo, una corretta visione di curriculum verticale dei licei musicali nella filiera musicale;
   la richiamata sentenza individua elementi ineludibili della organizzazione dei licei musicali; pertanto, qualsiasi cambiamento operato nel piano orario, nell'ambito di una definizioni dell'organico di diritto degli stessi, deve essere preceduto da una profonda rivisitazione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico, come prospettato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 e consolidato nei successivi sette anni di vigenza, posto che lo stesso prepara ad una formazione necessariamente di alto livello, in quanto consente l'accesso diretto al conservatorio ed all'Afam;
   a parere degli interroganti la suddetta riduzione di orario disposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto ad una materia caratterizzante come lo studio dell'esecuzione dello strumento, è inaccettabile, poiché snatura l'indirizzo di una scuola altamente specializzante quale è il liceo musicale, pensato nella prospettiva di offrire un'adeguata preparazione per la successiva prosecuzione ed il completamento degli studi musicali al conservatorio –:
   se non ritenga di dover ad assumere tempestive iniziative volte a rettificare la nota richiamata in premessa, affinché in tutti i licei musicali siano adottati i piani orari vigenti e sia garantita l'offerta formativa. (5-11944)


   MARROCU, CANI, MURA, PES, PINNA e SCANU. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso con molto sconcerto la notizia della decisione da parte del dirigente scolastico dell'Ipsia «A. Volta» di Guspini, provincia Medio Campidano, di sopprimere ben cinque classi dei corsi di manutentori e servizi sociali in vista dell'avvio del prossimo anno scolastico;
   questa decisione avrebbe come conseguenza immediata quella di impedire ai 70 studenti attualmente iscritti di proseguire in questi indirizzi;
   si apprende inoltre che a diversi ragazzi sarebbe stata di fatto impedita l'iscrizione ai corsi mattutini per obbligarli ad iscriversi a quelli per lavoratori;
   sorprende che sia il dirigente scolastico dell'istituto ad avere assunto unilateralmente la decisione di sopprimere suddetti corsi;
   si tratta di un duro colpo inferto all'offerta formativa di tutto il Medio Campidano, essendo l'Ipsia di Guspini l'unica scuola ad offrire quel profilo di corsi professionali;
   molti studenti sarebbero costretti ad interrompere gli studi per l'impossibilità a raggiungere altri istituti con questo tipo di corsi, perché troppo lontani e quindi onerosi per le proprie condizioni economiche;
   questo alimenterebbe una pericolosa dispersione scolastica, fenomeno su cui il Governo ha investito molto nell'azione di contrasto;
   il sindaco del comune di Guspini si è immediatamente rivolto alle istituzioni competenti chiedendo il ripensamento rispetto a tale incomprensibile ipotesi;
   le organizzazioni sindacali hanno posto in essere iniziative al fine di evitare la fine dei citati corsi –:
   se Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare la situazione in essere presso l'Ipsia di Guspini, scongiurando la soppressione dei corsi di manutentori e servizi sociali e consentendo agli studenti di proseguire i propri studi e ad altri di potersi iscrivere. (5-11945)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i 54 conservatori di musica statali e i 19 non statali hanno indetto più di un anno fa, il 13 febbraio 2016, una «Giornata nazionale dell'alta formazione», organizzando per tale evento e, a seguire, per tutto il mese di febbraio, concerti e momenti di riflessione e sensibilizzazione sullo stato dell'Afam (il sistema nazionale dell'Alta formazione artistica e musicale, costituito da conservatori, accademie e istituti superiori di industrie artistiche);
   tale Giornata nazionale è stata organizzata a seguito del fatto che, per la prima volta, insieme, presidenti, direttori e studenti dei conservatori statali e non statali italiani hanno votato all'unanimità una mozione per chiedere maggiore attenzione verso il sistema Afam, per garantire ai giovani e al Paese la necessaria qualità formativa e per realizzare un ulteriore sviluppo del sistema;
   nel testo, licenziato dall'assemblea congiunta delle conferenze nazionali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali, veniva espressa la più grande preoccupazione per la situazione del sistema dei conservatori statali e non statali italiani e, più in generale, per la formazione musicale nel nostro Paese e veniva sollecitata la completa attuazione della riforma del sistema di alta formazione artistico-musicale, attesa ormai da oltre 16 anni (la legge di riforma del settore del 1999 è ancora in itinere), e vengono richiesti in particolare, entro il 2016, un nuovo sistema di reclutamento, l'ordinamento di tutti i corsi di studio, la statalizzazione degli istituti musicali, l'incremento delle risorse;
   in particolare, si lamentava il blocco, in atto ormai da anni, del processo di riforma del sistema avviato dalla legge n. 508 del 1999 cui si accompagna una grave carenza di risorse pubbliche, nonché una problematicità costante nella interlocuzione con il livello politico-istituzionale;
   le Conferenze nazionali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali denunciavano inoltre il persistere di un'assenza di progettualità politica e culturale riguardo al sistema formativo musicale, che si colloca nel quadro di una costante sottovalutazione di fatto del valore della musica nel contesto culturale e sociale complessivo del Paese visto che, a distanza di sedici anni dalla promulgazione della legge n. 508 del 1999, mancano ancora fondamentali passaggi normativi, quali il decreto sul reclutamento del personale docente e la messa a ordinamento dei bienni, un dato cui si aggiunge l'effettiva inesistenza dell'organo consultivo di sistema (CNAM), scaduto da tre anni e non ancora rinnovato;
   le conferenze ribadivano la necessità di essere riconosciute e considerate come previsto dai decreti ministeriali istitutivi «quali organismi stabili di interlocuzione tra l'amministrazione e i conservatori», statali e non statali e chiedevano, dunque, di fornire, non oltre il mese di febbraio 2016, immediate risposte alle istanze poste e azioni concrete, da realizzarsi in tempo utile per garantire l'efficacia delle procedure per l'avvio del prossimo anno accademico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, a partire dal febbraio 2016, siano state assunte iniziative nella direzione indicata dalle conferenze nazionali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali, per il completamento del processo di riforma avviato dalla legge n. 508 del 1999 e per la valorizzazione, anche in termini di attribuzione di risorse, del sistema nazionale dell'Alta formazione artistica e musicale, costituito da conservatori, accademie e istituti superiori per le industrie artistiche. (4-17438)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   POLVERINI e LAFFRANCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo statuto dell'Enpaia, Ente nazionale di previdenza e assistenza degli impiegati agricoli, prevede che il consiglio di amministrazione, con deliberazione assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti, assume il direttore generale e stabilisce il relativo trattamento normativo ed economico;
   posto che, nel concetto di trattamento normativo, rientra senza dubbio anche la cessazione del rapporto di lavoro, appare evidente che la decisione sull'interruzione del rapporto di lavoro debba essere adottata a maggioranza qualificata del consiglio di amministrazione;
   orbene, in data 13 luglio 2017, il consiglio di amministrazione di Enpaia avrebbe licenziato il direttore generale adottando, a giudizio degli interroganti in violazione delle disposizioni statutarie richiamate, una delibera a maggioranza semplice;
   la delibera poi assegnerebbe, seppure temporaneamente, al presidente dell'ente le funzioni di direttore generale, creando una sovrapposizione dei ruoli apicali non prevista dalle norme statutarie e, ad avviso degli interroganti, non compatibile con la ripartizione di competenze stabilita dallo stesso statuto e dal regolamento di contabilità della Cassa di previdenza;
   ciò vale soprattutto nella materia degli investimenti dove al direttore generale spetta la funzione di proposta, mentre il presidente ha i poteri decisori. Orbene, in data 18 luglio 2017, il presidente, a quanto consta agli interroganti, avrebbe convocato per il 26 luglio 2017 l'apposita commissione sugli investimenti, concretizzando così il rischio di danno per gli interessi patrimoniali dell'ente;
   sempre a quanto risulta agli interroganti tale deliberazione sarebbe stata assunta con l'astensione del consigliere di amministrazione nominato in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale non solo non avrebbe eccepito il vizio, ma avrebbe anche sostenuto le ragioni del licenziamento del direttore generale, licenziamento che sembrerebbe presentare non trascurabili vizi di legittimità e di merito, che rischiano, nel caso di un possibile contenzioso giudiziario, di arrecare un danno al patrimonio dell'ente, patrimonio destinato all'erogazione delle prestazioni previdenziali agli iscritti;
   la delibera è stata, peraltro, assunta dinanzi al collegio sindacale dell'ente presieduto da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e composto anche da un membro del Ministero dell'economia e delle finanze, i quali, a quanto consta agli interroganti, non hanno formulato alcuna osservazione in merito a quella che appare una violazione dello statuto dell'ente –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di ripristinare la legalità all'interno della Cassa di previdenza, assicurare una corretta amministrazione delle risorse destinate alla soddisfazione di finalità di natura pubblicistica, nonché garantire il corretto ed imparziale svolgimento della funzione di vigilanza cui sono preposti i rappresentanti ministeriali in seno al collegio sindacale dell'ente e dell'operato degli stessi in seno all'organo di amministrazione. (5-11948)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   ROMANINI, BARUFFI, GHIZZONI, GANDOLFI, IORI, MARCHI, PATRIZIA MAESTRI, ARLOTTI, MONTRONI, DE MARIA, PAGANI, FABBRI e ZAMPA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di prossima emanazione il decreto ministeriale contenente la XVII revisione dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;
   tale elenco, aggiornato annualmente, viene pubblicato sulla base delle disposizioni dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del decreto ministeriale 8 settembre 1999, n. 350, di alcune circolari ministeriali, nonché, da pochi mesi, dell'articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238;
   le denominazioni inserite in elenco riguardano produzioni le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono praticate sul territorio regionale in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni;
   si ritiene altresì che le denominazioni inserite nell'elenco debbano essere compatibili con le vigenti disposizioni comunitarie e nazionali, in particolare quelle che regolano l'uso delle denominazioni e la produzione ed etichettatura di determinati generi alimentari;
   tale XVII revisione dell'elenco conterrebbe, in seguito all'istruttoria eseguita per propria competenza dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la denominazione «aceto balsamico trentino»;
   attualmente sono registrate, ai sensi della normativa comunitaria sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, le seguenti dop e igp, elaborate nel territorio emiliano: aceto balsamico tradizionale di Modena dop, aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia dop, aceto balsamico di Modena igp;
   è noto inoltre che sono in corso varie vertenze con giudizio civile pendente sul corretto uso dei termini «aceto balsamico» e «balsamico» per prodotti comparabili alla Igp aceto balsamico di Modena. Tali vertenze incidono anche sulla protezione e tutela delle denominazioni di origine protette aceto balsamico tradizionale di Modena e aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia;
   sulla legittimità dell'uso dei singoli elementi di una denominazione composta, come stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, è chiamato a decidere il giudice nazionale che applica la normativa comunitaria e, in ultima istanza, la stessa Corte di giustizia dell'Unione europea;
   inoltre, la legge 12 dicembre 2016, n. 238, all'articolo 49, stabilisce che la denominazione «aceto» sia seguita all'indicazione della materia prima da cui deriva. Ciò fa presumere che il prodotto che utilizza la parola «aceto» debba avere le caratteristiche indicate dal suddetto articolo di legge, e in quel caso debba essere seguito dall'indicazione della materia prima;
   considerazioni, in tal senso, sono state espresse dal Consorzio di tutela dell'aceto balsamico di Modena (Ctabm), chiamato a esprimere eventuali osservazioni nel corso dell'istruttoria ministeriale;
   sulla base di evenienze storiche e documentali, il Consorzio di tutela dell'aceto balsamico di Modena sostiene infatti che non sussistano elementi tali da comprovare che le metodiche di produzione del cosiddetto aceto trentino siano state praticate, ai sensi del decreto ministeriale n. 350 del 1999, «in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni» –:
   se il Ministro interrogato, in attesa di decisioni in merito al corretto uso dei termini «aceto balsamico» e «balsamico» e nel dubbio sul possesso delle caratteristiche di «aceto» e sul corretto uso anche di tale termine in relazione al prodotto contraddistinto dalla denominazione «aceto balsamico trentino», non ritenga opportuno evitare che tale denominazione sia inserita nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, nelle more di una pronuncia definitiva dei giudici nazionali e, in ultima analisi, della Corte di giustizia dell'Unione europea.
(3-03182)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, STUMPO, SCOTTO, LACQUANITI, NICCHI, DURANTI, SANNICANDRO, PIRAS, QUARANTA e MELILLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la testata Il Corriere Adriatico (edizione di Pesaro, 22 luglio 2017) riporta la notizia della conclusione di una nuova indagine sul falso biologico che ha riguardato il territorio del Pesarese, insieme alla Lombardia;
   l'indagine ha portato al sequestro di 45 tonnellate di pasta, eseguito dal Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale, immesse sul mercato come prodotto biologico, senza averne però i requisiti;
   le prime verifiche con i relativi sequestri sono stati effettuati in alcuni punti vendita della provincia di Pesaro nei primi giorni di giugno, ma la maggior quantità di sequestri è stata effettuata in Lombardia. Le verifiche sono ancora in corso;
   dalle analisi effettuate sui campioni sequestrati è emerso, inoltre, che il contenuto proteico era inferiore ai limiti di legge; 
   a quanto riferisce il capitano del gruppo dei carabinieri forestali competente sul territorio che ha diretto le indagini, l'azienda produttrice ha ritirato il prodotto dal commercio e, ad indagini concluse, ha fatto richiesta di poterla utilizzare come prodotto alimentare per animali;
   sono state comminate sanzioni per oltre 6 mila euro complessive –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di intensificare il contrasto alle frodi alimentari, che interessano in particolare le filiere di prodotti commercializzati come biologici;
   se non intenda promuovere una campagna informativa, rivolta ai consumatori, al fine di migliorare il livello di attenzione degli stessi sui requisiti dei prodotti biologici e per incentivare acquisti più consapevoli. (5-11946)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, PASTORINO e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la stagione venatoria 2015-2016 sta per concludersi;
   la caccia, ogni anno, costa la vita a milioni di animali, causando inoltre morti e feriti accidentali tra le persone;
   la stima d'incidenti causati dall'attività venatoria 2015-2016, parla di 16 morti e 64 feriti, tra cui tre minori, nel solo arco di cinque mesi;
   tra gli ultimi casi quello di un 12enne, in provincia di Salerno, con un polmone perforato da un proiettile di un'arma usata per la caccia;
   l'attività venatoria nel nostro Paese è priva di qualsiasi piano di controllo a giudizio degli interroganti poiché la polizia provinciale è stata sminuita nel proprio ruolo e nelle proprie funzioni conseguentemente all'abolizione delle province e il Corpo forestale dello Stato si appresta all'accorpamento definitivo con altre forze di polizia, determinandosi così la perdita dell'importantissimo compito che il corpo forestale svolgeva, tra gli altri, di controllo e tutela della fauna selvatica; pertanto, i controlli relativi all'attività di caccia risultano agli interroganti pressoché inesistenti;
   laddove i controlli sono effettuati, è solo grazie al volontariato messo in atto dalle guardie zoofile che tuttavia, non riescono a garantire controlli capillari in tutto il territorio –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di adottare le misure in grado di garantire, effettivamente, la sicurezza nell'ambito dell'attività venatoria, attività che in soli cinque mesi ha causato morti e centinaia di feriti;
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative volte a modificare la normativa vigente in materia di caccia al fine di garantire maggiormente la sicurezza delle persone che durante l'attività venatoria sono vittime di incidenti mortali o feriti;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per la modifica dell'articolo 842 del codice civile che, al momento, consente ai cacciatori il libero accesso alle proprietà private e, contestualmente, per modificare la legge sulla custodia delle armi. (4-17436)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   in data 24 gennaio 2014 il quotidiano la Repubblica pubblicava il seguente articolo dal titolo: «L'allarme del Cocer: “Troppi vaccini e protocolli inapplicati”», nel quale si descriva come: «La sentenza contro il ministero della Salute sui vaccini mal somministrati ai militari potrebbe riaprire la strada a inchieste giudiziarie civili e penali. A lanciare un nuovo allarme è il Cocer dell'Aeronautica, ovvero la rappresentanza del personale in divisa»;
   dopo le inchieste di Repubblica sono stati cambiati parzialmente i protocolli vaccinali e assicurati maggiori controlli. Il sergente maggiore Antonsergio Belfiori che rappresenta l'Aeronautica nel Cocer interforze ha affermato: «In passato c'era una gravissima mancanza di informazione sui rischi legati ai vaccini, un problema grave che rimane ancora. Nulla è stato fatto per allertare il personale militare. E inoltre i protocolli vengono ancora applicati a macchia di leopardo, non in tutte le caserme. Ci siamo chiesti la reale necessità di questi vaccini. Non sappiamo perché se ne facciano tanti anche su chi è nel territorio nazionale. Speriamo che il ministro della Difesa faccia un passo indietro, limitando al massimo l'utilizzo di questi vaccini in particolare per chi è in servizio in Italia. [...] Numerosi studi scientifici (come il progetto Signum, di cui Repubblica ha parlato nelle sue inchieste) dimostrano che, arrivati a cinque vaccini somministrati nello stesso periodo, il sistema immunitario va in tilt e le difese si abbassano di oltre il 70 per cento. Sarebbero oltre tremila i giovani che si sono ammalati in questo modo: sottoposti a troppe vaccinazioni in poco tempo e poi mandati in giro con le difese immunitarie menomate. Non ci sono statistiche ufficiali perché il ministero della Difesa non ha mai ammesso gli errori fatti dentro le caserme. Perché i nomi dei medici militari, che c'erano o avrebbero dovuto esserci, difficilmente vengono fuori. E perché questi giovani, alle prime avvisaglie di malattia, vengono congedati e tornano tra i civili»;
   il progetto Signum era uno studio nato per cercare di capire se alcune malattie dei militari andati in Iraq fossero riconducibili all'uranio impoverito, ma si rilevò che la presenza di questo era quasi impercettibile. Invece, si aprì una nuova traccia: si scoprì che dopo 5 vaccinazioni a volte si sviluppavano ossidazioni cellulari che portavano a tumori; nel progetto redatto nel 2011 si legge: «[...] La frequenza di alterazioni ossidative al Dna e di cellule micronucleate è risultata incrementata al termine della missione, in particolare per i soggetti a prevalente attività outdoor o sottoposti a vaccinazioni di numero superiore a 5 o con vaccini viventi attenuati. Tale incremento non riferibile ad esposizione o a specifici xenoelementi è verosimilmente riconducibile a fenomeni adattativi a carico funzionale psicofisico». I risultati dello studio indicano la necessità, tra le altre, di indagare sul carico vaccinale cui i militari sono sottoposti –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non reputino opportuno assumere iniziative volte a garantire che sia pienamente applicato il principio del consenso informato per tutti i militari che debbano essere sottoposti o meno a vaccinazioni;
   se i Ministri interpellati non reputino necessario un'anagrafe vaccinale dei militari e per assicurare maggiori forme di tutela delle condizioni di salute dei militari italiani;
   se i Ministri interpellati, alla luce di quanto descritto in premessa, non reputino opportuno assumere iniziative affinché i militari, o qualsiasi altro cittadino che possano subire danni per un carico vaccinale eccessivo, non debbano essere sottoposti preventivamente ad anamnesi e test immunologici ed anticorpali;
   se i Ministri interpellati non intendano assumere iniziative per dare seguito a quanto indicato nelle conclusioni della relazione sul «progetto Signum» sopra richiamato, in cui si richiede di proseguire l'approfondimento medico scientifico riguardo al carico vaccinale eccessivo e alle conseguenti alterazioni ossidative del Dna causate in una parte statisticamente rilevante dei militari;
   se il Ministro della difesa non reputi necessario assumere iniziative disciplinari nei confronti di coloro che non applicano con correttezza i protocolli di vaccinazione;
   se non reputino opportuno assumere iniziative normative volte a ricomprendere i militari danneggiati dai vaccini tra i lavoratori che hanno subito un infortunio sul lavoro e che dunque hanno diritto ad un giusto e proporzionato indennizzo, riconducendo la tutela previdenziale del personale delle forze armate nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dell'Inail.
(2-01899) «Zaccagnini».

Interrogazione a risposta scritta:


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un incontro di lavoro a Campobasso del maggio 2017 tra alcuni movimenti nati sul territorio per difendere il diritto dei molisani ad una sanità pubblica di qualità è giunta la notizia che in Commissione bilancio della Camera il Governo avrebbe presentato un emendamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017 per attuare il piano sanitario regionale del Molise di fatto rendendolo pienamente operativo e sanando tutti gli atti posti fin qui già in essere dal Commissario ad acta e dall'Asrem;
   nell'ultima manovra economica, relativamente al programma operativo straordinario della regione Molise, si è ricondotta la gestione nell'ambito dell'ordinata programmazione sanitaria e finanziaria, in considerazione della necessità di assicurare la prosecuzione dell'intervento volto ad affrontare la grave situazione economico-finanziaria e sanitaria della regione, anche al fine di adeguare i tempi di pagamento al rispetto della normativa dell'Unione europea;
   è stato previsto che il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario del Molise dia esecuzione al programma operativo straordinario 2015-2018 recepito con decreto a settembre 2016 dallo stesso commissario al fine di garantire che le azioni di riorganizzazione e risanamento del servizio sanitario regionale programmate siano coerenti, nel rispetto dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
   il Forum per la difesa della sanità pubblica di qualità già nel febbraio del 2016, in un incontro con alcuni consiglieri regionali ed il presidente Cotugno, aveva sottolineato come si stesse operando a livello nazionale, fin dall'approvazione del «decreto Balduzzi» e poi con la nomina di un commissario ad acta, per assumere decisioni sulla sanità che tolgono di fatto ogni potere decisionale al consiglio regionale che è l'organo chiamato a gestire i servizi locali e ad assumere decisioni in merito;
   il suddetto Forum aveva chiesto ai consiglieri regionali, che si sono riuniti sul tema «Limitazioni dell'autonomia legislativa della Regione Molise in materia di tutela della salute: valutazioni e determinazioni», di assumere formalmente l'impegno a sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale circa le disposizioni della legge nazionale concernenti il programma operativo straordinario del commissario ad acta Frattura, per palese violazione del diritto all'autonomia legislativa del consiglio regionale del Molise su un tema strettamente inerente al diritto decisionale relativo all'assistenza sanitaria locale;
   in assenza di una tale deliberazione, si era chiesto altresì ai consiglieri, che si erano espressi manifestamente contro quanto previsto nell'articolo 34-bis del citato decreto-legge, che si dimettessero per dare un segnale sulla necessità del rispetto delle regole democratiche, impedendo di fatto l'esautoramento del consiglio regionale dalla facoltà di legiferare su un tema fondamentale come quello sanitario;
   il consiglio regionale del Molise non ha provveduto in tal senso per riappro- priarsi del diritto a legiferare su uno dei temi più importanti che riguarda la garanzia dei livelli essenziali di assistenza ai cittadini;
   vi sono ragioni elementari e sufficienti secondo il Forum per non riconoscere a tale organo istituzionale il diritto a continuare a rappresentare gli interessi legittimi di una popolazione che si ritiene non possa più dare credito a tali rappresentanti;
   i rappresentanti nelle istituzioni locali e nazionali sapevano benissimo che si stava procedendo verso una privatizzazione «strisciante» dei servizi sanitari, ma pochi hanno difeso la sanità pubblica, mentre si lavorava a mediazioni e compromessi sulla divisione dei posti letto e dei servizi, servendosi del sistema delle convenzioni;
   la situazione degli ospedali e sul piano territoriale è sotto gli occhi di tutti e non garantisce i livelli essenziali di assistenza;
   per quanto possa sussistere un problema nel bilancio regionale bisognerebbe comunque garantire la salute dei cittadini, rendendo anzitutto i cittadini medesimi titolari del diritto ad avere dei livelli essenziali di assistenza sicuri in qualsiasi territorio essi vivano perché questo è garantito loro dall'articolo 32 della Costituzione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per far fronte alla situazione esposta in premessa, anche per il tramite del commissario ad acta preposto alla riorganizzazione del sistema sanitario molisano. (4-17446)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-01315, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Rosa.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Basilio e altri n. 4-17275, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dieni.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale Brignone e altri n. 3-01956 del 26 gennaio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-17436;
   interrogazione a risposta in Commissione Romanini e altri n. 5-11447 del 26 maggio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03182.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Impegno e altri n. 7-01318 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 838 del 20 luglio 2017. Alla pagina 49094, prima colonna, alla riga trentaduesima deve leggersi: «(7-01318) “Boccuzzi, Impegno, Sereni,” e non come stampato.