Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 20 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, meglio conosciuta come «direttiva Bolkestein», presentata dalla Commissione europea con riferimento ai servizi nel mercato europeo comune, ha come obiettivo quello di facilitare la circolazione di servizi all'interno dell'Unione europea;
    l'Italia ha dato attuazione alla direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, applicando la direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche;
    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante oltre alla Spagna;
    il recepimento della «direttiva Bolkestein» nell'ambito dei mercati ambulanti comporta, fra le altre cose, l'apertura del settore a nuove imprese, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni e l'assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi con divieto di favorire il prestatore uscente, come previsto dagli articoli 11, 16, comma 4, e 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010;
    il 5 luglio 2012 la Conferenza unificata ha raggiunto un accordo, in attuazione dell'articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010, che prevede una proroga della situazione esistente fino al 7 maggio 2017, proroga poi estesa ulteriormente attraverso il decreto-legge «milleproroghe» fino al 31 dicembre 2018 e seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i nove e i dodici anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tale mercato;
    le misure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2010, nonostante il regime transitorio approvato dalla Conferenza unificata, non tengono conto delle peculiarità di queste attività, quasi sempre imprese individuali a dimensione familiare, che difficilmente potrebbero competere in un mercato troppo aperto. Inoltre, il decreto legislativo menzionato fa venire meno quei requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore;
    non bisogna dimenticare, inoltre, che questa tipologia di mercati, che conta circa 195 mila imprese e 530 mila addetti a livello nazionale, fa parte del tessuto economico delle città italiane, nonché della loro immagine turistica e tradizionale, ed anche per questo necessita di maggior tutela;
    alcune associazioni che rappresentano gli interessi dei commercianti ambulanti hanno richiesto che venga rivista la decisione di applicare la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante, o che quantomeno si preveda l'estensione della durata del regime transitorio delle concessioni per un tempo abbastanza ampio da permettere l'ammortamento degli investimenti realizzati;
    alcuni comuni hanno già provveduto ad emettere i bandi, violando, in certi casi, gli accordi raggiunti in sede di Conferenza Stato-regioni ed innescando una serie di ricorsi,

impegna il Governo:

1) a convocare appositi tavoli di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche al fine di migliorare, anche attraverso le loro proposte, la condizione di un settore molto importante per l'economia del nostro Paese;

2) a valutare la possibilità di assumere iniziative per rivedere il decreto legislativo n. 59 del 2010, nel senso di escludere il commercio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva 2006/123/CE;

3) ad assumere tutte le iniziative di competenza per modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010, al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone;

4) ad adoperarsi al fine di prevedere, per quanto attiene alla «direttiva servizi», una deroga in favore delle concessioni demaniali marittime, elementi essenziali di un settore importante per l'economia nazionale, data la posizione geografica dell'Italia e la rilevanza turistica di buona parte delle coste della penisola e delle maggiori isole;

5) ad adottare le iniziative, per quanto di competenza, volte a far sì che non si emettano bandi per l'assegnazione degli spazi, o siano ritirati quelli eventualmente già emessi, nelle more della proroga del regime transitorio;

6) a valutare la possibilità di assumere iniziative per prorogare il regime transitorio delle concessioni attualmente fissato al 31 dicembre 2018, fino a quando non si escluda dall'ambito di applicazione della così detta direttiva Bolkestein la categoria degli ambulanti.
(1-01672) «Abrignani, Francesco Saverio Romano, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Sottanelli, Merlo, Marcolin, Rabino, Parisi».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    il 6 giugno 2017 l'amministratore delegato della «Nestlé Italia» Leo Wencell, dopo un incontro con i sindacati tenutosi lo presso la sede di Confindustria Umbria, nell'ambito di un piano di rinnovamento dello stabilimento Perugina sito in località San Sisto (Perugia) che prevedeva la cassa integrazione a rotazione degli operai, ha reso esplicita la volontà unilaterale dell'azienda di procedere, a decorrere dal giugno del 2018, ad un riassetto dell'organico attraverso un riequilibrio occupazionale che contemplerebbe il taglio di 340 dei circa 870 posti di lavoro attualmente attivi presso il medesimo sito industriale ed ai quali sarà possibile assicurare la continuità occupazionale solo in funzione della stagionalità tipica delle produzioni dolciarie;
    tale decisione interviene, ad un anno dalla firma di un accordo siglato il 7 aprile 2016, dopo un'estenuante trattativa con le rappresentanze sindacali, che aveva la finalità di riassorbire gli esuberi e di gestire eventuali situazioni di criticità senza impatti sociali, dietro la promessa da parte del management dell'azienda di un piano di rilancio che prevedeva un investimento pari a 60 milioni di euro in tre anni destinati al rinnovamento tecnologico, produttivo ed organizzativo, e allo studio di nuovi programmi di marketing. Nella stessa sede fu definito un percorso valido per il biennio 2017-2018, che oltre a prevedere investimenti che rendessero lo stabilimento di San Sisto più performante e supportassero il marchio Perugina nel mondo, ricorresse alla Cigs come strumento per la gestione della forza lavoro;
    sebbene la multinazionale prometta di ricollocare in altri stabilimenti tutti i lavoratori interessati dal piano di esubero, i sindacati non abbassano la guardia, soprattutto per salvaguardare il destino di un marchio fortemente legato al capoluogo umbro e di uno stabilimento che, oltre ad esprimere una forte connessione con l'identità cittadina, rappresenta per l'intera regione Umbria un fondamentale riferimento di equilibrio economico e sociale. Per questo, in sede di accordo, si era anche convenuto di dare immediato avvio a percorsi formativi che avrebbero dovuto coinvolgere, a vario titolo, i lavoratori e prioritariamente rivolti a perseguire la ricollocazione professionale all'interno del Gruppo Nestlé o presso altre aziende del territorio;
    la volontà di ridimensionare i livelli occupazionali del sito di San Sisto è giunta nonostante i dati confortanti relativi all’export del settore del cioccolato registrati dalla multinazionale. Infatti, la crisi che aveva interessato lo stabilimento, addebitata soprattutto alla carenza di investimenti e di innovazione dei suoi sistemi di produzione, è stata efficacemente arginata dal nuovo piano industriale, avendo determinato la crescita delle vendite dei prodotti del sito, tra cui i famosi «baci» e le tavolette di cioccolato, con un incremento a doppia cifra in molti Paesi stranieri con punte fino al 60 per cento in Canada e Cina;
    nel 1988 Perugina, per oltre ottant'anni noto marchio storico dell'industria dolciaria italiana, è confluita nella Nestlé Italiana spa, la multinazionale svizzera del gruppo, continuando fino ad oggi e senza soluzione di continuità ad investire nel sito produttivo umbro, mantenendo inalterato lo spirito ed i valori che da sempre hanno contraddistinto l'azienda storica e grazie ai quali, in Europa, il gruppo Nestlé detiene uno dei principali stabilimenti per la produzione del cioccolato;
    al momento dell'acquisizione la sede direzionale del gruppo IBP/CIR contava, in Umbria, tre stabilimenti produttivi: Perugina di San Sisto, un'area di 287.400 metri quadri con circa 3.500 addetti alla produzione di cioccolato; Perugina di Castiglione del Lago, ove si producevano lievitati con i marchi Ore Liete e Perugina; Buitoni di Sansepolcro, ove si producevano pasta, fette biscottate e sostitutivi del pane;
    tale radicamento sul territorio della realtà industriale aveva, inoltre, generato un considerevole indotto legato alle arti grafiche e fotografiche, alla produzioni di macchinari industriali, alla fornitura di servizi di distribuzione e di materiali di packaging, dando così lavoro a centinaia di lavoratori;
    a partire dal 1996 il gruppo Nestlé, che, nel frattempo aveva acquisito i marchi Motta, Alemagna, Maxibon, Antica Gelateria del Corso e Valle degli orti, ha cominciato a ridimensionare ed a chiudere alcuni stabilimenti storici (come quelli di Castiglione del Lago e Sansepolcro), trasferendo le relative produzioni in quello di San Sisto, a cedere la linea gelati, il comparto caramelle, compresa la storica «Rossana», e quello delle Strenne, ma, soprattutto, a distruggere l'intera rete di vendita acquisita e radicata, per quasi un secolo, sul territorio italiano;
    vertenze di questa portata, che si prospettano lunghe e difficili, trovano la loro sede naturale di risoluzione nel contesto nazionale;
    durante precedenti incontri istituzionali promossi dal Ministero dello sviluppo economico con il management della multinazionale Nestlé, utili per ricevere informazioni più precise rispetto agli obiettivi del gruppo, non risultano essere state definite strategie volte a dare garanzie occupazionali, attraverso il riassorbimento degli esuberi, ad implementare la capacità industriale del sito di San Sisto e ad evitare che la paventata riorganizzazione del personale si traduca nella concreta perdita di posti di lavoro capace di innescare una vera e propria emergenza sociale;
    a margine di un tavolo istituzionale tenutosi il 15 giugno 2017 con la presidente della regione Umbria Catiuscia Marini, il sindaco di Perugia Andrea Romizi ed i rappresentati della Nestlé, le segreterie nazionali e territoriali di Flai Cgil, Fai Cisl, Uila Uil, oltre ai rappresentanti confederali e alla rappresentanza sindacale unitaria di San Sisto, hanno ribadito la loro totale contrarietà e ferma opposizione al piano di esuberi esternato dal gruppo Nestlé, chiedendo di spostare la discussione ad un livello istituzionale più alto che coinvolga, oltre a comune e regione, anche il Governo, rappresentato non solo dal Ministero dello sviluppo economico, ma anche dai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e trasporti, anche al fine di ricondurre la vertenza «Perugina», uscendo da una discussione incentrata solo sulla logica di costi e di tagli, in un contesto adeguato, ovvero nell'ambito di un ragionamento sulle prospettive di Nestlé in Italia e sul ruolo della città di Perugia nello scacchiere europeo;
    in una nota congiunta, al termine della medesima riunione, presidente della regione Umbria ed il sindaco di Perugia hanno dichiarato di voler proporre anch'essi un «tavolo nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico, che serva a definire un accordo che metta in campo strumenti per investimenti in ricerca e sviluppo e nuove politiche industriali che siano in grado di offrire una prospettiva di nuova occupazione, traducendo in sostanza in nuovi posti di lavoro quelli che attualmente rappresentano esuberi»;
    con l'accordo di un anno fa il gruppo Nestlé si impegnava al rilancio del marchio Perugina sia in Italia che all'estero, allo sviluppo del sito di San Sisto e ad utilizzare a pieno l'articolazione tecnologica dello stabilimento migliorandone l'efficienza operativa, ma di tutto ciò, ad oggi, si è visto solo un risparmio economico realizzato sulla pelle di quei lavoratori che hanno sottoscritto i contratti di solidarietà;
    nell'ambito di una serie di iniziative di mobilitazione i sindacati, per la giornata del 19 luglio 2017 hanno indetto otto ore di sciopero al fine di consentire ai lavoratori di partecipare personalmente al presidio organizzato davanti all'ingresso del Ministero dello sviluppo economico. Per tutta la giornata del 20 luglio 2017 sono invece previste assemblee, una per ogni turno, all'interno dello stabilimento di San Sisto;
    qualora il gruppo Nestlé perseverasse sulla linea dei preannunciati licenziamenti, l'impatto sociale per il territorio umbro sarebbe pesantissimo,

impegnano il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza affinché la multinazionale Nestlé garantisca il pieno rispetto dell'accordo dell'aprile 2016, ritirando il piano dei preannunciati 340 esuberi;
   ad assumere tutte le necessarie iniziative volte al mantenimento presso lo stabilimento di San Sisto della Perugina degli attuali livelli occupazionali, attraverso l'implementazione del piano di rilancio siglato nell'aprile del 2016, la cui completa attuazione richiede tempi più lunghi rispetto alla prefissata scadenza a giugno del 2018 degli ammortizzatori sociali e l'attivazione di interventi di integrazione salariale in deroga.
(7-01317) «Airaudo, Civati, Marcon, Fratoianni».


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    nel 2016 Nestlè presentava il proprio piano industriale alle istituzioni umbre (regione e comune di Perugia) e alle organizzazioni sindacali;
    il piano industriale è divenuto operativo con la firma dell'accordo tra l'azienda e le organizzazioni sindacali, avvenuta il 7 aprile 2016;
    tale accordo prevede un investimento per 60 milioni di euro in tre anni con la promozione del prodotto di punta il «Bacio», nessun esubero, una nuova struttura manageriale, l'innovazione delle tecnologie produttive e del modello organizzativo e lo spostamento della produzione di alcune tipologie di gelati al fine di ovviare al fisiologico calo della domanda della cioccolata nei mesi più caldi;
    lo stesso piano prevedeva la dismissione della produzione di alcuni marchi tra i quali Ore Liete e Rossana senza però ricorrere ad esuberi di personale e a decisioni unilaterali dell'azienda su questo, per tutta la durata del piano e, quindi, almeno fino al 2018, seppure fosse già chiara la necessità di dover ricorrere agli ammortizzatori sociali;
    l'accordo relativo al piano industriale è stato ratificato a larga maggioranza anche dai lavoratori nelle assemblee di fabbrica;
    il 24 febbraio 2017 la Nestlè, nel corso di un'audizione parlamentare aveva reso noti i primi dati sul buon andamento del Bacio e delle tavolette di cioccolato, sia per quanto riguarda il mercato interno che per l’export;
    la crescita percentuale delle vendite del Bacio negli Stati Uniti, in Canada, Brasile, Cina e Australia è risultata in doppia cifra; in Canada e in Cina, in particolare, si è registrato un aumento del 60 per cento, risultato che, però, secondo la multinazionale non è sufficiente per il rilancio e sarebbe alla base della modifica del piano di rilancio;
    a fine luglio 2016 l'azienda ha presentato anche il proprio piano di marketing, che prevedeva un forte rilancio del marchio Perugina, legato al valore aggiunto del territorio e del made in Italy e, di conseguenza, un forte supporto commerciale strutturato nel tempo e innovativo nelle forme e nel packaging;
    le maggiori vendite non si sono tradotte, secondo quanto rappresentato dalle organizzazioni sindacali, in un conseguente aumento della produzione e, anzi, la Nestlè Perugina ha presentato unilateralmente, ad inizio maggio 2017, un progetto di riassetto organizzativo degli organici che prevedrebbe 300 esuberi;
    le organizzazioni sindacali hanno da subito dimostrato la loro contrarietà a tale progetto, tanto da convocare nella giornata del 24 maggio 2017 tre assemblee sindacali dei segretari e dei delegati di categoria di Cgil, Cisl e Uil;
    a seguito del comunicato di Leo Wencel, capo mercato del gruppo Nestlé in Italia, nel quale si conferma che al termine della cassa integrazione guadagni straordinaria per 340 lavoratori non ci sarà garanzia del futuro in Perugina, le rappresentanze sindacali unitarie hanno dichiarato lo stato di agitazione;
    attualmente, lo stabilimento della Perugina occupa complessivamente circa 1.000 dipendenti, ma al termine dell'utilizzazione degli ammortizzatori sociali dovrebbe ridimensionarsi a poco più di 600 unità, determinando un forte contraccolpo sul tessuto sociale della città di Perugia e suscitando un'immediata e preoccupata reazione dell'amministrazione cittadina e regionale nonché delle organizzazioni sindacali, le quali, dopo l'ennesimo incontro con la dirigenza del gruppo dal quale non sono emersi ripensamenti, hanno indetto lo stato di agitazione;
    a fronte dell'interessamento del comune di Perugia e della regione Umbria e delle iniziative sindacali, la dirigenza della Nestlè ha prospettato non meglio definite soluzioni di ricollocamento all'interno del gruppo, che al momento consisterebbero in solo 86 posizioni libere sui 340 esuberi, l'incarico ad una società di placement per ricercare soluzioni sul territorio, nonché possibili incentivi all'esodo e programmi di prepensionamento;
    con tali numeri, gli effetti del piano, così come interpretato dalla dirigenza del gruppo Nestlè, rischiano di tradursi in un ridimensionamento dello stabilimento di San Sisto, vanificando i sacrifici economici che i lavoratori hanno dovuto sopportare e l'utilizzo di risorse pubbliche finalizzate all'erogazione della cassa integrazione,

impegnano il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a promuovere la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali nello stabilimento Perugina di San Sisto (Perugia);
   a promuovere la costituzione di un tavolo istituzionale con la partecipazione dei vertici aziendali della società Nestlè, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni degli enti territoriali interessati, che miri all'individuazione di soluzioni che scongiurino il prodursi di una riduzione dell'occupazione che inciderebbe in modo significativo sul tessuto sociale del territorio umbro, in considerazione del rilievo che il polo industriale di San Sisto riveste per tale territorio;
   a monitorare dettagliatamente le fasi attuative di detto piano industriale, in coerenza con gli obiettivi annunciati di trasformare lo stabilimento di San Sisto nel polo di eccellenza per la produzione dei Baci Perugina e del cioccolato Perugina, per l'Italia e per l'estero, escludendone un ridimensionamento produttivo ed occupazionale;
   a valutare, d'intesa con le amministrazioni regionali e comunali, la possibilità di iniziative volte a migliorare l'infrastrutturazione logistica degli impianti perugini, a fronte di seri e verificabili impegni sul piano produttivo ed occupazionale.
(7-01318) «Impegno, Boccuzzi, Sereni, Ascani, Verini, Giulietti, Damiano, Gnecchi, Patrizia Maestri, Baruffi, Miccoli, Incerti, Paris, Gribaudo, Tinagli, Arlotti, Albanella, Giacobbe, Casellato».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    la legge 28 giugno 2015, n. 132, ha istituito il sistema nazionale a rete per la protezione, dell'ambiente (Snpa), di cui fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell'ambiente, con l'obiettivo di assicurare omogeneità ed efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente a supporto delle politiche di sostenibilità ambientale, e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica;
    la legge opera nella direzione di un chiaro rafforzamento delle politiche ambientali, consolidando e completando il percorso riformatore avviato oltre venti anni fa, dalla legge n. 61 del 1994 che ha istituito l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e demandato alle regioni e alle province autonome l'istituzione dell'agenzia territoriale per la protezione ambientale, ponendo le basi per la costruzione di un patrimonio importante di strutture e di competenze professionali e tecnologiche acquisite attraverso lo studio, l'analisi, il monitoraggio e il controllo dei dati ambientali;
    in tale contesto, con l'approvazione della legge n. 132 del 2016, alla cui stesura hanno contribuito in uno spirito di grande collaborazione tutte le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione, e che è frutto del dialogo costante con gli stessi soggetti interessati, si è inteso perseguire un livello sempre più alto di tutela dell'ambiente, con la definizione di un sistema integrato e coordinato, volto a superare la disomogeneità dei risultati sul territorio, anche attraverso l'introduzione di sostanziali innovazioni organizzative e di funzionamento comprendenti: la costruzione di un sistema a rete che consentirà uno scambio di informazioni e di direttive tecniche uniche in tutto il Paese; la definizione dei livelli minimi di prestazioni tecniche ambientali che costituiscono standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale; l'organizzazione di una rete nazionale di laboratori accreditati che consentirà di creare dei poli di specializzazione nel Paese; il riconoscimento dell'ufficialità del dato ambientale; l'attribuzione di un ruolo di indirizzo e coordinamento all'Ispra che assume funzioni tecniche e scientifiche per una più efficace pianificazione e attuazione delle politiche di sostenibilità ambientale;
    si tratta dunque di un intervento legislativo fondamentale per rafforzare la credibilità del sistema nazionale dei controlli ambientali e per alimentare l'indispensabile circuito di fiducia fra i cittadini e le istituzioni, rendendo possibile la costruzione di un servizio pubblico del nostro Paese, in grado di erogare prestazioni di controllo e monitoraggio ambientale di eccellenza in ogni area del territorio nazionale, secondo i migliori standard normativi e tecnico-scientifici nazionali ed internazionali, nonché attività di ricerca finalizzata anche a migliorare l'attività, di controllo e monitoraggio soprattutto in riferimento alle autorizzazioni ambientali e all'attività ispettiva;
    una seria attività di controllo delle fonti di inquinamento, nonché della qualità dei processi produttivi rappresenta lo strumento indispensabile per una concreta e corretta attuazione della cosiddetta legge sugli ecoreati – legge 22 maggio 2015, n. 68 – che opera sul versante del controllo repressivo e sanzionatorio dei delitti contro l'ambiente;
    a un anno dalla sua approvazione, si evidenziano ritardi e difficoltà nel completamento degli adempimenti normativi prescritti, necessari a consentire la piena attuazione della legge e a garantire all'Ispra l'indispensabile pienezza di mandato;
    in particolare non risultano ancora adottati:
     il decreto del Presidente della Repubblica, di cui all'articolo 16, comma 3, che entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale (entro il 16 settembre 2016), avrebbe dovuto indicare espressamente le disposizioni del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, che risultano incompatibili rispetto alle disposizioni della legge n. 132 del 2016;
     il regolamento, di cui all'articolo 14, che entro il 13 febbraio 2017 avrebbe dovuto stabilire le modalità di individuazione e le competenze del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito delle funzioni di controllo nonché il codice etico, i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive e le modalità per la segnalazione di illeciti ambientali da parte di enti e di cittadini;
     il decreto ministeriale che, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5, dovrebbe individuare le funzioni che sono trasferite dagli organismi collegiali già operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (di cui all'articolo 12, comma 20, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. In assenza di tale intervento, l'Ispra è impossibilitata a procedere al prescritto adeguamento statutario della struttura organizzativa (articolo 5, commi 1 e 2), sulla base delle funzioni trasferite dal decreto ministeriale;
     il decreto ministeriale (di cui all'articolo 15, comma 4) che entro il 15 aprile 2017 avrebbe dovuto individuare le modalità di assegnazione alle agenzie degli introiti conseguenti al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di valutazione ambientale, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti inquinati;
     il decreto ministeriale, di cui all'articolo 15, comma 2, che entro il 13 giugno 2017 avrebbe dovuto fissare le tariffe nazionali per le spese poste a carico dei gestori per le attività sopra specificate;
    oltre alla mancata adozione dei citati provvedimenti, va rilevata analoga difficoltà da parte delle regioni, nessuna delle quali allo stato appare aver avviato l’iter per il recepimento (entro il 13 luglio 2017) delle disposizioni dello strumento normativo nazionale attraverso norme regionali di riforma delle agenzie per la protezione dell'ambiente, auspicabilmente armonizzate tra loro;
    a tutt'oggi non risulta ancora essere stato avviato il tavolo di lavoro trilaterale Stato/regioni/sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente che è stato proposto dalle regioni al Ministro competente e che, pur non previsto dalla legge, costituisce tuttavia un fondamentale momento di raccordo operativo, volto a favorire azioni di integrazione e coordinamento, soprattutto in considerazione della disomogeneità del quadro contrattuale e organizzativo delle diverse componenti del sistema;
    con riguardo al quadro economico e finanziario che, in particolare per quanto riguarda l'Ispra, presenta un deficit strutturale che il collegio dei revisori dei Conti in sede di approvazione del rendiconto 2016 ha quantificato in 6 milioni di euro, si evidenziano forti criticità, che – anche in considerazione della clausola di invarianza finanziaria introdotta dall'articolo 17 della legge – richiederebbero l'individuazione di nuove fonti di finanziamento autonomo, che potrebbero provenire dalla corretta applicazione del principio «chi-inquina-paga», nonché da un adeguato riparto del gettito generato dalle sanzioni ambientali previste dalla citata n. 68 del 2015 sugli ecoreati;
    in considerazione delle nuove funzioni e prestazioni richieste all'Snpa, ulteriori criticità potrebbero emergere con riguardo alle necessità di integrazione ed aggiornamento tanto del personale quanto delle dotazioni delle componenti del sistema, considerati i vincoli esistenti al turnover e all'acquisto di beni e servizi (operanti anche nei, confronti di realtà territoriali che dispongono delle necessarie risorse economiche); a questo proposito è necessaria la stabilizzazione ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 del personale precario per rafforzare anche le attività relative all'applicazione della legge n. 132 del 2015 con particolare attenzione a quelle ispettive, di controllo relativamente al settore dei rifiuti e delle bonifiche, nonché del danno ambientale;
    nel corso dell'audizione informale del direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dottor Stefano Laporta e del presidente dell'Associazione delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (Assoarpa), dottor Luca Marchesi, svoltasi il 14 giugno 2017 presso la Commissione ambiente, con riguardo allo stato di attuazione della legge n. 132 del 2016, è stata altresì manifestata l'esigenza di un chiarimento dei rapporti dell'Istituto con i diversi interlocutori, dal Ministero competente alle regioni e alle agenzie regionali, al mondo degli enti pubblici di ricerca,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per emanare i decreti attuativi sopra citati entro l'anno in corso;
   ad assumere iniziative per prevedere stanziamenti di fondi adeguati per garantire il corretto funzionamento del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e il conseguente assolvimento delle funzioni previste dalla legge, con particolare riferimento al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali;
   ad assumere iniziative per mettere a disposizione le risorse adeguate a consentire il pareggio di bilancio dell'Ispra, in modo da assicurare anche la stabilizzazione ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 del personale precario, a fronte di una rendicontazione da predisporre attraverso una relazione annuale che consenta alle Commissioni parlamentari competenti di verificare come sono impiegati i fondi assegnati dal Ministero vigilante;
   a monitorare attentamente la convenzione triennale tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Ispra al fine di verificare che da parte dell'Istituto vengano rispettate le direttive della convenzione, nonché sia garantita l'applicazione della legge n. 132 del 2015;
   ad assumere iniziative per indirizzare l'attività di ricerca, per quanto determinante, all'espletamento delle funzioni di cui alla legge n. 132 del 2015, nonché dell'attività di supporto al Ministero vigilante;
   ad assumere un'iniziativa normativa volta a prevedere che i proventi introitati nell'applicazione della legge n. 68 del 2015 siano assegnati agli enti predisposti al controllo.
(7-01315) «Realacci, Bratti, Borghi, Manfredi, Tino Iannuzzi, Grimoldi, Labriola, Zaratti, Pastorelli, Segoni, Giovanna Sanna, Pellegrino».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    l'economia italiana è entrata rapidamente nell'epoca caratterizzata dal dominio del digitale; accanto a nuove possibilità offerte nel mondo del lavoro, si sono diffuse anche nuove pratiche di ipersfruttamento dei lavoratori che sono rese possibili dall'evoluzione tecnologica;
    accanto alla sharing economy o economia della condivisione, è nata anche la gig economy, cioè l'economia del lavoretto on demand, che ha trasformato molte attività lavorative. In questo modo, accanto alla crescita dei servizi prestati ai clienti, sono diminuiti i salari e le tutele dei lavoratori;
    l'esempio più clamoroso, che ha fatto deflagrare anche in Italia i problemi della gig economy, è quello di Foodora, società attiva nel servizio di consegna a domicilio di pasti preparati in ristoranti convenzionati, mediante l'utilizzo di una app, cioè di una piattaforma digitale. All'interno di Foodora, ad inizio ottobre 2016, circa 50 lavoratori di Torino hanno avviato la prima forma di protesta collettiva per chiedere tutele e diritti. Più di recente a Milano, il 15 luglio 2017, i rider di Deliveroo, azienda attiva nello stesso settore di Foodora, hanno organizzato anche loro una mobilitazione per protestare contro condizioni di impiego capestro;
    la dottrina giuslavoristica ha utilizzato come definizione di sharing economy la monetizzazione di risorse sottoutilizzate o non utilizzate, che punta ad abbattere i costi attraverso la condivisione di azioni che si farebbero comunque. L'esempio del noto servizio blablacar aiuta a comprendere: l'automobilista che ha pianificato un viaggio e ha posti liberi in macchina per contenere le spese mette a reddito i posti liberi condividendo il viaggio con terzi;
    la gig economy, invece, è stata definita come un sistema di lavoro apparentemente free lance, facilitato dalla tecnologia, che ha a che fare con esigenze generazionali e sociali. È una forma efficiente di impresa capitalistica, su lavori che scontano flessibilità e intermittenza. È questo il caso dei fattorini di Foodora o Deliveroo, pagati a consegne, oppure del servizio Uber. Quest'ultimo, a differenza di blablacar, non rappresenta un servizio di condivisione messo a disposizione da un automobilista che avrebbe comunque fatto un viaggio, ma è un servizio prestato da un autista che si sposta su chiamata, come un taxista;
    pertanto, nella gig economy non si rinvengono significativi elementi di condivisione (sharing): nel servizio a pagamento di consegna del cibo a domicilio non si condividono bicicletta, smartphone o altro; nel servizio di taxi non si condividono le automobili o la benzina, così come nel servizio di pulizie di Helping (altro esempio di gig economy), gli addetti non condividono spazzolone e strofinaccio. In questi esempi di attività lavorative l'unico elemento in comune con la sharing economy è il fatto che basano le proprie operazioni su piattaforme digitali, ma la somiglianza finisce qui;
    il problema dell'inquadramento dei lavoratori della gig economy è globale. Negli Stati Uniti d'America hanno fatto molto notizia i numerosi processi incardinati contro Uber con l'obiettivo di fare luce sulle condizioni di lavoro degli autisti e di stabilire se siano lavoratori autonomi o no. Nell'estate 2016, a Londra hanno scioperato i lavoratori di Deliveroo e di UberEats, per contrastare il tentativo delle aziende di passare da una retribuzione oraria a una a cottimo;
    le stesse ragioni sono alla base delle proteste dei lavoratori di Foodora Italia e Deliveroo. Inizialmente il lavoratori di Foodora Italia hanno avviato un contenzioso sulle biciclette, che i lavoratori sono tenuti a fornire a proprie spese, facendosi carico anche della manutenzione dei mezzi. La stessa cosa vale per smartphone e costi telefonici. Successivamente il contenzioso è stato, esteso al passaggio da una retribuzione oraria di 5,40 euro a una retribuzione a cottimo (2,70 euro per consegna), che l'azienda ha previsto per tutti i neo assunti, fino a estendersi progressivamente all'intera forza lavoro;
    i lavoratori hanno messo in discussione anche il tipo di contratto: i fattorini e i promoter (ossia coloro che si occupano di fare pubblicità all'azienda) che lavorano per Foodora Italia o Deliveroo non sono dipendenti, ma liberi professionisti assunti con un contratto di collaborazione coordinata. Non hanno quindi alcun diritto a ferie, copertura per infortuni o malattie pagate;
    in risposta alla vertenza aperta dai lavoratori nel 2016, gli amministratori di Foodora Italia hanno comunicato la disponibilità a colloqui individuali, escludendo a priori qualsiasi possibilità di rappresentanza collettiva, con ciò ad avviso del firmatario del presente atto ponendosi fuori da ogni volontà di instaurare corrette relazioni industriali;
    in più, pochi giorni dopo la protesta tenuta a Torino a inizio ottobre 2016, si è diffusa la notizia che due promoter della società sono state «licenziate» per aver solidarizzato con la protesta. Il licenziamento di fatto e istantaneo è avvenuto bloccando loro l'accesso all’app tramite la quale si organizzano i turni di lavoro, senza alcuna formalizzazione e nessuna possibilità di tutelare i loro diritti, tra i quali anche quello di mettere in atto una vertenza per migliorare le proprie condizioni di lavoro;
    in quest'attività lavorativa, che si colloca in una zona grigia tra il lavoro da freelance e quello da dipendente, gli elementi di subordinazione sono numerosi, come il fatto di essere tenuti a indossare un'uniforme aziendale, di avere un orario concordato, turni stabiliti e un luogo prefissato di partenza per le consegne (per essere «connesso al sistema» un lavoratore deve trovarsi in una determinata piazza), senza trascurare l'elemento del controllo a distanza operato mediante la geolocalizzazione costante e in tempo reale dell'operatore. Tutti questi elementi evidenziano che i lavoratori sono sottoposti a una organizzazione del lavoro stabilita dall'azienda;
    sulla base dei contratti oggi esistenti sarebbe possibile definire l'indispensabile inquadramento dei lavoratori della gig economy di Foodora, Deliveroo e altro, ma questo viene negato, non riconoscendo diritti e tutele;
    occorre intervenire, pertanto, per restituire dignità alle persone e al lavoro e contrastare l'idea, che pure è stata espressa, che l'attività di fattorino sia «un'opportunità per andare in bici, guadagnando anche un piccolo stipendio», negando la professionalità, la responsabilità, la fatica fisica e i rischi che questo e gli altri lavori della gig economy richiedono e comportano;
    vanno introdotte misure di contrasto all'ultra precarietà di lavori con un livello di retribuzione troppo basso per permettere a un lavoratore di sopravvivere lavorando esclusivamente nella gig economy. In Foodora, ad esempio, lo stipendio difficilmente supera i 400-500 euro al mese;
    la logica che accomuna le prestazioni lavorative della gig economy, nelle quali sono esternalizzate sui lavoratori il rischio e i costi dei tempi morti, è la stessa per cui in Italia si è fatto un ricorso massiccio ai voucher, il cui utilizzo è cresciuto a dismisura ed esponenzialmente nel volgere di pochissimi anni;
    come già avvenuto a Londra nel caso di UberEats, le imprese della gig economy all'inizio dell'attività utilizzano un compenso orario. Ma il sistema di consegne a domicilio sul modello di Foodora o di Deliveroo utilizza il meccanismo dell'algoritmo per gestire la fluttuazione della domanda: si basa sull'avere a disposizione una forza lavoro flessibile, che può venire mobilizzata o smobilizzata a seconda della domanda dei consumatori. La decisione delle imprese di passare a un sistema di compensi stabilito a prestazione piuttosto che a ora permette alle piattaforme di esternalizzare totalmente i costi dei potenziali tempi morti o di bassa domanda sui lavoratori stessi, operando dunque una stretta al ribasso sui costi del lavoro;
    occorre intervenire, infine, per impedire che siano aggirate molte delle regolamentazioni previste dai contratti collettivi di lavoro, come le tutele in caso di malattia;
    i contratti di lavoro della gig economy, poiché si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, vanno ricondotti alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Occorre escludere, pertanto, che le attività svolte dai lavoratori come quelli di Foodora Italia o Deliveroo possano essere inquadrate come collaborazioni continuative e coordinate, espressamente fatte salve dall'articolo 52, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, che richiama l'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile. La sopravvivenza delle collaborazioni continuative e coordinate, consentita dal Governo con modalità che al firmatario del presente atto paiono di dubbia compatibilità con quanto disposto dalla delega legislativa, riconosce nuovamente all'autonomia privata individuale il potere di regolare, anche al di fuori delle ipotesi tipiche previste dal codice civile e delle eccezioni espresse, forme di lavoro autonomo coordinato e continuativo (senza progetto) a tempo indeterminato, legittimando la continuazione di numerosi abusi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche normative, al fine di definire un quadro di tutele e diritti in riferiti ai lavoratori della gig economy e, in particolare, al fine di:
   a) precisare che la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, di cui all'articolo dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, si applica anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, chiarendo, inoltre, che in tale fattispecie rientrano anche quelle attività di lavoro non solo organizzate, ma – per evitare abusi – anche «coordinate» dal committente, che richiedano un'organizzazione, sia pure modesta, di beni e di strumenti di lavoro da parte del lavoratore, come ad esempio l'uso del proprio computer o di qualunque dispositivo in grado di generare un trasferimento di dati o di voce, oppure del proprio mezzo di trasporto, anche se rese prevalentemente o esclusivamente al di fuori della sede dell'impresa;  
   b) estendere la possibilità di utilizzo del contratto subordinato di lavoro intermittente eliminando i limiti di età e di durata massima stabiliti dall'articolo 13, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 81 del 2015, al fine di consentire che i lavori di cui all'articolo 1, del medesimo decreto ovvero della gig economy, vengano fuori dalla precarietà assoluta nella quale versano, consentendo al committente di fare ricorso al contratto di lavoro intermittente, senza limiti, qualora non ritenga di procedere all'assunzione facendo ricorso alle altre tipologie di contratto subordinato previste dalla legge;
   c) stabilire, mutuando, con adattamenti, quanto previsto per il contratto di lavoro a tempo determinato, il diritto di precedenza per i contratti stipulati dall'azienda nei successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già esercitate dal lavoratore in esecuzione di precedenti rapporti di lavoro svolti per un periodo complessivamente superiore a tre mesi;
   d) prevedere che il committente riconosca al lavoratore un'indennità per l'utilizzo di beni e di strumenti di proprietà del lavoratore medesimo per lo svolgimento delle prestazioni lavorative, facendo sì che l'indennità sia dovuta anche per le spese di manutenzione sui medesimi beni e strumenti e commisurata all'utilizzo per lo svolgimento delle attività lavorative;
   e) stabilire che i rapporti di lavoro della gig economy possano essere svolti con modalità di telelavoro, nonché secondo altre modalità di lavoro «smart» o «agile», individuate dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al fine di favorire modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative – già oggi regolamentate o regolamentabili – che si svolgano parzialmente o interamente al di fuori della sede dell'azienda, presso l'abitazione del lavoratore, presso i clienti o in giro per la città;
   f) prevedere che i contratti debbano sempre definire le misure tecniche e organizzative necessarie per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro al di fuori delle fasce orarie di reperibilità, per tutelare la salute del lavoratore e per assicurare adeguati tempi di riposo.
(7-01316) «Airaudo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   da report di viaggio dell'aeronautica militare emerge che nel mese di maggio 1986 sono stati trasportati verso la Sardegna 89.065 chili di potentissime bombe, 1141 colli esplosivi, 15 carri con esplosivi; un carico partito dalla Sicilia il 25 maggio 1986;
   si trattava del primo grande carico devastante, di una lunghissima serie durata sino al 2008, destinato nell'isola dai vertici militari;
   si trattava di materiale pericolosissimo, come lo definiscono i report della Difesa;
   si tratta di documenti che dovevano scomparire tra gli atti di Stato e che, invece, ora emergono in tutta la loro virulenza dal lavoro della Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito;
   si tratta della prima grande prova che lo Stato ha concepito la Sardegna come una grande «discarica di Stato», da devastare a suon di esplosioni tese a far sparire materiale bellico di ogni genere;
   il carico conteneva centinaia di bombe micidiali da 1000 libre, oltre 500 chilogrammi di esplosivo da far sparire in un solo modo: facendole esplodere in Sardegna;
   evidentemente, della devastazione ambientale, delle nanoparticelle, degli effetti su militari e civili a questo Stato niente importava;
   dagli atti emerge di tutto: dalle relazioni incalzanti dei vertici ai dispacci di fatto reclusi a tutti per la movimentazione di tutto il materiale da smaltire in Sardegna;
   si trattava di smaltimenti a giudizio dell'interpellante illegittimi, «fuori legge», devastanti per l'ambiente e per la salute umana;
   non si spiega diversamente perché tali operazioni non siano state gestite nei luoghi dove erano stoccati quei materiali;
   ci si deve porre il quesito per quale motivo dal 115o deposito sussidiario di Vizzini, in Sicilia, i citati carichi siano stati trasportati sino a Livorno, imbarcati per la Sardegna, sino ad Olbia in nave, poi al deposito dell'aeronautica di Serrenti e infine con quotidiane colonne marcianti verso Quirra;
   si tratta di uno Stato che ha devastato la Sardegna, generando disastri ambientali e conseguenti «morti di Stato», ancor oggi impuniti;
   i documenti inchiodano sotto ogni punto di vista il comportamento dei vertici governativi e in particolare della Difesa che sino al 2008 hanno proseguito con quella che l'interrogante ritiene una illegittima e devastante utilizzazione dei poligoni militari della Sardegna;
   si tratta di un utilizzo nefasto sempre negato da Ministri e generali;
   ora che questi documenti sono stati resi pubblici nessuno potrà sottrarsi all'accertamento del disastro ambientale ancora in essere, insieme alle mancate bonifiche delle aree e alle «morti di Stato»;
   l'interpellante nel corso di una diretta su Facebook dalla base militare di Serrenti ha divulgato i documenti che inchiodano la Difesa sull'utilizzo illegittimo dei poligoni della Sardegna;
   dai documenti citati emerge una relazione legata all'ispezione tecnica presso il 115o deposito sussidiario di Vizzini (Sicilia) dalla quale si evince non solo il quantitativo e la tipologia dei materiali da smaltire ma anche l'urgenza dell'azione a dir poco illegittima. Si tratta, è scritto, di: «materiali dichiarati fuori uso e destinati alla distruzione in quanto pericolosi, ragioni di riservatezza ne sconsigliano l'alienazione con metodologie diverse che non siano il brillamento in ambito forze armate»;
   quelle che sino al 2008 si sono svolte a Quirra non erano, dunque, esercitazioni ma smaltimento fuori legge di devastanti bombe e simili;
   emerge un quadro devastante con la distruzione di ogni genere di armamenti, dalle bombe da 100 lbs a testate esplosive per motobombe, da bombe MK sino a razzi di ogni genere;
   si trattava di materiale da distruggere a Quirra;
   il tragitto seguito dal carico emerge nei fonogrammi e nei dispacci che l'interrogante ha reso pubblici: da Vizzini in treno sino a Messina, poi si procedeva al carico su nave, e all'attraversamento dello stivale sino al Livorno, quindi si procedeva in nave verso Olbia e Serrenti, prima delle operazioni di spostamento e smaltimento a Quirra;
   dai fonogrammi emergono tutti i dettagli, le macroscopiche scorte messe in campo per un'operazione di distruzione che secondo i vertici militari si doveva svolgere solo ed esclusivamente nella «colonia» Sardegna;
   questi documenti non divulgati sino ad oggi, sono a disposizione della commissione d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito e costituiscono il fondamento di un «capitolo verità» che deve essere ancora scritto;
   l'ultimo fatto risale al 2008, quindi non è prescritto, e soprattutto permane la mancata bonifica, che integrerebbe secondo l'interpellante un illecito pienamente in essere;
   la Sardegna deve essere risarcita senza perdere altro tempo, con iniziative sia sul piano penale che civile –:
   se non intenda il Governo assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire al risarcimento dei danni causati all'ambiente e alla salute;
   se non intendano promuovere una autorevole indagine ministeriale al fine di ricostruire sul piano documentale le vicende nefaste legate allo smaltimento di materiale bellico in Sardegna dal 1986 al 2008;
   se non intendano promuovere, per quanto di competenza, un serio e articolato piano di bonifica e di risarcimento dei danni per le comunità locali nonché un piano di sviluppo per restituire tali ambiti al pieno utilizzo ambientale e naturalistico con attività economiche compatibili e in grado di creare occupazione stabile e non occasionale.
(2-01898) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   GEBHARD. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 17 luglio 2017 sono partite le richieste per il bonus asilo nido di cui all'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo che, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 febbraio 2017 sono state introdotte le disposizioni attuative della norma e l'Inps ha pubblicato la circolare n. 88 del 22 maggio 2017 recante le istruzioni operative per la presentazione della domanda telematica;
   l'Inps ha specificato che l'ambito di applicazione riguarda le rette per asili nido pubblici o privati o per forme di supporto presso la propria abitazione per bambini sotto i 3 anni con gravi patologie croniche e questo ha comportato che in provincia di Bolzano siano state respinte le istanze delle famiglie per il pagamento delle tagesmutter di cui alla legge provinciale 9 aprile 1996, n. 8, che hanno le caratteristiche di una prestazione erogata presso un asilo nido privato, ovvero in presenza di una struttura organizzativa idonea a garantire l'educazione e l'assistenza alla prima infanzia continuativamente;
   con decreto del Presidente della giunta della provincia autonoma di Bolzano 30 dicembre 1997, n. 40, il servizio delle tagesmutter è assimilato, a tutti gli effetti, a quello degli asili nido;
   tale aspetto è stato recentemente ribadito con nota della provincia di Bolzano al Ministero dell'economia e delle finanze, in virtù della quale è ora possibile detrarre dall'Irpef il 19 per cento delle spese sostenute per le tagesmutter di cui alla legge provinciale n. 8 del 1996 (circolari dell'Agenzia delle entrate 11/E/2014 e 7/E/2017);
   recentemente con la legge delega sul lavoro autonomo si è già intervenuti in materia, per consentire alle tagesmutter della provincia autonoma di Bolzano, che sono per la maggior parte socie lavoratrici di cooperative, di essere assicurate con lo stesso regime previdenziale dei soci lavoratori dipendenti, anche se svolgono questo tipo di attività a casa propria gestendo micro-nidi domiciliari (articolo 24 della legge 22 maggio 2017, n. 81) –:
   se il Governo non ritenga di assumere un'apposita iniziativa, al pari di quanto accaduto per la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di asilo nido, per chiarire che il bonus asilo nido di cui all'articolo 1, comma 355, della legge di bilancio 2017, spetta anche per il contributo corrisposto alle tagesmutter della provincia autonoma di Bolzano, di cui alla legge provinciale n. 8 del 1996. (3-03175)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, BASILIO, TERZONI e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   prima della sua soppressione, per effetto della legge 7 agosto 2015, n. 124, il Corpo forestale dello Stato possedeva una propria flotta di aeromobili gestita centro operativo aereo (Coa) coordinata con gli altri mezzi aerei nazionali impiegati nell'attività antincendio, dal dipartimento della protezione civile, tramite il Centro operativo aereo unificato;
   il centro operativo aereo con sede presso l'aeroporto di Roma Urbe, disponeva di 8 elicotteri Breda Nardi NH500D, 17 elicotteri Agusta Bell AB412 con matricole civili e militari, 4 Erickson S64F, 3 elicotteri AW 109N e un aereo Piaggio P180 Avanti 1 in leasing: in totale 33 aeromobili, ripartiti nelle basi di Roma Urbe, Roma Ciampino, Cecina, Belluno, Pescara, Rieti e Lamezia Terme, senza contare le 12 basi temporanee estive per l'antincendio boschivo;
   con il decreto legislativo n. 177 del 2016, il Coa è ripartito tra carabinieri e Corpo nazionale dei vigili del fuoco; vanno ai carabinieri n. 5 AB412 EP (con matricola militare), n. 3 AW109N, n. 8 NH500D e il P180 Avanti per un totale di 17 aeromobili; transitano, invece, ai vigili del fuoco 16 elicotteri;
   le basi aeree risultano così ripartite: Belluno, Pescara, Rieti e Roma Urbe ai carabinieri, mentre Cecina, Lamezia Terme e Ciampino ai vigili del fuoco; le basi di Belluno e di Pescara erano le uniche ad essere dimensionate per ospitare gli elicotteri antincendio Erickson S64F transitati ai vigili del fuoco;
   il Corpo forestale dello Stato allestiva inoltre su tutto il territorio nazionale, in concomitanza con la stagione degli incendi boschivi, 12 basi aeree temporanee estive; nel 2016 ne erano state attrezzate 4 in Sicilia, a Palermo, Comiso (Ragusa), Val d'Erice (Trapani) e Randazzo (Catania), una in Basilicata, a Viggiano (Potenza), una in Calabria, a Reggio Calabria, 3 nel Lazio, all'Aeroporto dell'Urbe — un elicottero in convenzione con la regione Lazio —, a Vicovaro (Roma) e Sabaudia (Latina), una nelle Marche, ad Ancona, una in Umbria, a Foligno (Perugia), una in Emilia Romagna, a Rimini;
   si annoveravano anche le basi aeree «doppia funzione» dell'Aquila e quella manutentiva a San Fratello (Messina);
   a partire dal 12 luglio 2017 sono state attivate solo due basi temporanee estive dei vigili del fuoco a Palermo (aeroporto Boccadifalco) e Viggiano (elisuperficie) –:
   quali siano le ragioni per le quali non sono state attivate le basi temporanee estive per gli aeromobili adibiti alle attività di spegnimento;
   in che modo si supplirà al servizio in precedenza svolto dalle basi temporanee degli aeromobili dell'ex-Corpo forestale dello Stato che non sono state attivate;
   vista l'emergenza incendi nella presente stagione estiva, se non si intendano impiegare gli elicotteri e gli equipaggi dell'ex-Corpo forestale transitati nei carabinieri, per le attività di spegnimento aereo;
   se gli orari di volo degli equipaggi impiegati nelle basi aree temporanee ad oggi attive, rispettino quelli stabiliti dall'Enac e garantiscano pienamente la sicurezza aerea. (5-11916)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quando riportato nel comunicato del 12 luglio 2017 la Commissione adozioni internazionali assicura che «i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell'anno 2011 saranno integralmente liquidati entro la fine del corrente anno 2017, nel rispetto dei criteri fissati dal DPCM del 4 agosto 2011»;
   «successivamente al DPCM del 4 agosto 2011- prosegue il comunicato – non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, attualmente non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011»;
   non è difficile immaginare quanto questa informazione abbia suscitato preoccupazioni e timori nel mondo degli enti e delle famiglie adottive che hanno accolto bambini dopo il 2011. Sono forti i timori circa una presunta assenza di risorse da destinare ai rimborsi;
   a tale proposito, rileva qui menzionare che già con l'Ordine del giorno Patriarca del 30 novembre 2014 si impegnava il Governo pro tempore a «predisporre risorse adeguate per un sostegno economico alle famiglie che intraprendono il percorso adottivo»;
   conseguentemente, la legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), all'articolo 1, comma 132, disponeva che «il Fondo per le politiche della famiglia di cui comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 5 milioni di euro dal 2015 al fine di sostenere le adozioni internazionali ai sensi dell'articolo 1, comma 1250, della legge 27 dicembre 2006, n. 296»;
   anche la legge di bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) all'articolo 1, comma 590, prevedeva che: «al fine di assicurare il sostegno alle famiglie che hanno concluso le procedure di adozione internazionale, il Fondo per le adozioni internazionali, di cui al comma 411 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è incrementato di 5 milioni di euro per l'anno 2017»;
   se ne deduce che da oltre tre anni vengono quindi stanziate risorse nel bilancio statale per sostenere famiglie che hanno concluso procedure di adozioni internazionali –:
   se trovi conferma quanto sostenuto dalla Commissione per le adozioni internazionali di cui in premessa e se intenda assumere le iniziative di competenza per garantire i rimborsi alle famiglie adottive per gli anni successivi al 2011. (5-11927)


   GALLINELLA, COZZOLINO, GAGNARLI, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diverse fonti stampa è emersa la notizia che i Canadair utilizzati in questi giorni per spegnere i numerosi incendi che interessano il nostro Paese – 27 quelli importanti, dal Vesuvio, alla Maremma grossetana, da Castelfusano pineta di Roma, ai roghi di Catanzaro e Genova e Arenzano – sono gestiti da privati e costano circa 14 mila euro l'ora;
   la flotta di 19 Canadair così come la maggior parte della flotta di elicotteri per il salvataggio e la lotta agli incendi (31 mezzi in totale, di proprietà dello Stato) sarebbe data ogni anno in appalto, da vigili del fuoco e protezione civile, ad alcune aziende private;
   in particolare, si parla di sole sette aziende che, dal 2000, si aggiudicano le gare di utilizzo di questi fondamentali mezzi di soccorso il cui solo costo di utilizzo si aggira intorno ai 55 milioni di euro l'anno, a cui vanno aggiunte le ore di volo: quest'anno nel periodo 15 giugno-13 luglio i Canadair hanno fatto interventi per 2.146 ore (+378 per cento rispetto al 2016), costando fin qui quattro milioni e mezzo di euro;
   nel 2016, dopo alcune segnalazioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha avviato un'indagine con l'ipotesi, per tutte le sette aziende, di «turbativa d'asta»;
   si tratta di sette imprese, sei italiane e una multinazionale britannica con capitale spagnolo: Babcock Mission Critical Services Italia S.p.A. (già Inaer Aviation Italia S.p.A.), Airgreen S.r.l., Elifriulia S.r.l., Heliwest S.r.l., Eliossola S.r.l., Elitellina S.r.l., Star Work Sky S.a.s.;
   è necessario ricordare che, dopo la crisi della protezione civile a partire dal 2012 e ancor più dopo l'entrata in vigore della «riforma Madia», che ha smantellato il Corpo forestale dello Stato, figura fondamentale nella gestione degli incendi boschivi, la gestione dei roghi è stata rivoluzionata, e personale e mezzi oggi a disposizione non risultano agli interroganti impegnati in maniera efficace nello svolgimento di questa fondamentale attività di protezione dello Stato –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, specie sulla base di quanto rilevato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla luce dell'elevato costo di utilizzo dei mezzi per lo spegnimento degli incendi, non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per rivedere il sistema ed ipotizzare, in particolare, una internalizzazione del servizio di gestione degli incendi nel nostro Paese.
   (5-11931)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8 del decreto legislativo n. 228 del 2011 prescrive che i Ministeri predispongano, ciascuno per quanto di propria competenza, le linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche, finalizzate alla redazione del documento pluriennale di pianificazione;
   le linee guida standardizzate per la valutazione degli investimenti nelle opere di competenza definiscono, in particolare, i criteri e le procedure per la valutazione ex ante ed ex post dei fabbisogni di infrastrutture e servizi e per il coinvolgimento degli organismi indipendenti di valutazione;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2012, è stato definito il modello di riferimento per la redazione da parte dei Ministeri di linee guida standardizzate relative alla valutazione degli investimenti pubblici, in attuazione dell'articolo 8 del suddetto decreto legislativo n. 228 del 2011;
   entro novanta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto ciascun Ministero avrebbe dovuto adottare le linee guida e trasmetterle al Cipe per la relativa presa d'atto;
   risulta all'interrogante che alla data attuale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia l'unico dicastero ad aver provveduto, sebbene con ampio ritardo, a redigere le suddette linee guida, approvate dal Cipe con la delibera n. 68 del 1o dicembre 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 2017;
   quali opportune iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di garantire il rispetto della disposizione di legge di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 228 del 2011 in merito alla redazione da parte dei Ministeri delle linee guida standardizzate per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche;
   in assenza dell'emanazione delle suddette linee guida, in quale modo siano valutati e selezionati gli interventi infrastrutturali che si ritengono oggi urgenti e rilevanti in quella che è stata definita una «agenda per la crescita sostenibile». (4-17382)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in queste settimane l'Italia sta attraversando una vera e propria emergenza di incendi boschivi soprattutto nei territori del centro-sud;
   il 13 luglio 2017 l'associazione Legambiente è intervenuta su questa grave questione con la pubblicazione del dossier «Incendi 2017» nel quale si legge testualmente: «Il 15 giugno 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato e trasmesso alle Regioni l'annuale direttiva per le attività antincendio boschivo relativa all'Individuazione dei tempi di svolgimento e raccomandazioni per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia e ai rischi conseguenti; azione che per essere del tutto efficace sarebbe dovuta essere accompagnata da altri interventi a livello nazionale che però ancora non sono stati messi in campo»;
   il Governo, infatti, avrebbe dovuto emanare alcuni decreti molto importanti per rendere pienamente operativo il decreto legislativo di assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altre amministrazioni;
   innanzitutto, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e altri Ministri, avrebbe dovuto emanare entro il 14 novembre 2016 un decreto ministeriale per definire le risorse finanziarie, i beni immobili in uso ascritti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, gli strumenti, i mezzi, gli animali, gli apparati, le infrastrutture e ogni altra pertinenza del Corpo forestale dello Stato che sono trasferiti alle altre amministrazioni, tra cui quelle da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per le attività di antincendio boschivo; il decreto attuativo tuttavia non è arrivato causando difficoltà operative negli interventi;
   un altro adempimento che avrebbe dovuto essere assicurato ma che ancora non è stato assolto riguarda il Ministro dell'interno che, d'intesa con pubblica amministrazione e il Ministero dell'economia e delle finanze, avrebbe dovuto emanare entro il 13 dicembre 2016 un decreto ministeriale per l'individuazione, nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del servizio antincendio boschivo disciplinando la sua articolazione in strutture centrali e territoriali e l'attività di coordinamento dei nuclei operativi speciali e dei centri operativi antincendio boschivo del Corpo forestale dello Stato, trasferita al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tramite le direzioni regionali;
   ed ancora: «Ma i ritardi più gravi si registrano a livello territoriale, considerando che le Regioni sono le istituzioni centrali che devono redigere l'annuale Piano AIB, coordinare e gestire tutte le operazioni e gli enti coinvolti nelle azioni di prevenzione e contrasto, con mezzi di terra e aerei, agli incendi boschivi, attivare la Sala Operativa Unificata Permanente per tutto il periodo di maggiore criticità e dei Centri Operativi Provinciali per gestire il servizio di prevenzione e spegnimento degli incendi boschivi in ambito provinciale, oltre a quello di raccordarsi con la stessa SOUP per gli eventi che richiedono un supporto interprovinciale» –:
   se non ritengano di approfondire quanto riportato in premessa e, considerata la gravità dei fatti, se non si intenda convocare un tavolo tecnico tra Ministero dell'interno, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Ministero della difesa, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dipartimento della protezione civile e Conferenza delle regioni che affronti la questione incendi nel suo insieme, anche alla luce dell'avvenuto assorbimento del Corpo forestale dello Stato;
   se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza per l'adozione dei decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 177 del 2016, «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», così come previsto dalla richiamata legge n. 124 del 2015. (4-17393)


   SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante «Approvazione del testo unico sulle imposte dei redditi», prevede la deducibilità del 50 per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184;
   l'articolo 1, comma 152, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, prevede la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali», «finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel capo I del titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184»;
   l'articolo 1, comma 1250, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) stabilisce, fra l'altro, che l'incremento del fondo per le politiche della famiglia viene utilizzato per sostenere le adozioni internazionali;
   con una nota del 19 maggio 2017 pubblicata sul proprio sito istituzionale, la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) comunica che: «Tutte le domande di rimborso delle famiglie che hanno completato le procedure adottive nel 2011 sono state esaminate dalla Commissione per le adozioni internazionali. Tutte le pratiche sono state istruite. La Commissione ha trasmesso i decreti riguardanti l'erogazione dei rimborsi alla Presidenza del Consiglio dei ministri per gli aspetti di competenza»;
   sempre sul sito istituzionale, la CAI, con una nota del 12 luglio 2017, scrive che: «Si comunica che sono in corso i rimborsi delle spese sostenute per le adozioni conclusesi nell'anno 2011 che saranno integralmente liquidati entro la fine del corrente anno 2017, nel rispetto dei criteri fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2011. Si informa altresì che, successivamente al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2011, non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011. Pertanto, attualmente non verrà dato seguito ad ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011 –:
   quali iniziative intenda mettere in atto per garantire i rimborsi per le famiglie che hanno completato l’iter adottivo negli anni successivi al 2011, al fine di ridare fiducia al sistema delle adozioni internazionali, gravemente danneggiato dalla gestione monocratica della passata gestione. (4-17394)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che la regione Umbria e il comune di Norcia hanno deciso di far costruire un centro commerciale ai piedi del rilievo di Castelluccio, nel Piano Grande, cuore dei Monti Sibillini;
   nei giorni scorsi è stato presentato dall'architetto «ambientalista» Francesco Cellini, il progetto per la realizzazione di un centro commerciale che dovrebbe assumere la forma di un deltaplano con coperture in verdure per ambientarlo al meglio sul Pian Grande di Castelluccio di Norcia;
   il progetto di delocalizzazione di Castelluccio prevede moduli per gli esercizi commerciali da assegnare nella piazza del paese, tre strutture attrezzate che conterranno una decina di ristoranti, bar e alcuni spazi ricreativi in cui saranno ospitati la Pro loco, la scuola di volo libero Prodelta e uno sportello bancomat, e saranno realizzati dei moduli destinati ai tre caseifici di Castelluccio;
   il costo stimato per la realizzazione del solo centro commerciale si aggira intorno ai 2 milioni e mezzo di euro a carico della protezione civile;
   la regione Umbria nella persona del vicepresidente della Regione Fabio Paparelli, a tale proposito, ha dichiarato: «Le procedure di affidamento dei lavori per l'urbanizzazione delle aree – da effettuare entro luglio – e poi per la realizzazione delle strutture, avverrà in tempi brevi. Con questo atto, si conclude la fase progettuale dell'intero pacchetto di delocalizzazioni delle strutture commerciali e di servizi dell'area di Norcia che prevede, già appaltate o in fase di realizzazione, le opere relative a negozi a ridosso del centro storico per piccoli esercizi commerciali rivolti ai turisti e lo spazio destinato alle attività dei professionisti allocato nella zona industriale, dove nascerà anche una galleria commerciale e artigianale per la quale sono in corso le procedure per l'attivazione della gara d'appalto»;
   la piana di Castelluccio, famoso per la coltivazione di lenticchie e di altri cereali, detiene un immenso valore paesaggistico e storico-ambientale; pertanto, a giudizio degli interroganti, è irragionevole sostenere nuove e ulteriori occupazioni di suolo, invece di tutelare un paesaggio che dovrebbe essere riconosciuto come patrimonio dell'umanità;
   la semina dei cereali sul Pian Grande, sotto al monte Vettore, assicurava la fioritura alle migliaia di turisti che ogni anno accorrevano da ogni parte del mondo, per assistere a quello spettacolo naturale, e quindi favorivano un indotto economico fondamentale per il territorio;
   tuttavia, va segnalato che Castelluccio è stato raso al suolo dai terremoti che si sono susseguiti a partire dal 24 agosto 2016 e le prime demolizioni degli edifici non più recuperabili risalgono a poco tempo fa, lasciando quindi vana la possibilità di tornare a lavorare e far ripartire l'economia agricola di Castelluccio nell'imminente;
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   considerato che, secondo gli interroganti, i fondi in dotazione della protezione civile andrebbero spesi per il recupero delle abitazioni della popolazione colpita dal sisma e per consentire il ritorno dei residenti, se non si ritenga opportuno preferire il finanziamento di progetti volti alla tutela del paesaggio della Piana di Castelluccio e al rilancio dell'attività di coltivazione di cereali, su cui si basa principalmente l'economia del territorio;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda fornire maggiori informazioni circa i due milioni e mezzo di euro esclusivamente a carico della protezione civile, stimati per la realizzazione del solo centro commerciale. (4-17395)


   BRIGNONE, CIVATI, PASTORINO e ANDREA MAESTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la prima firmataria del presente atto ha già sottoposto al Governo la questione dell'utilizzo dei 17,5 milioni di euro destinanti alla regione Marche – fondi raccolti con gli sms solidali dopo il sisma che ha colpito il centro Italia – poiché la stessa regione intendeva usare parte dei fondi, per un importo pari a 5 milioni e 450.000 euro, per la realizzazione di una pista ciclabile da l'Abbadia di Fiastra a Sarnano (collegamento mare-monti), anziché destinarli al finanziamento della ricostruzione;
   a seguito delle numerose proteste di cittadini e rappresentanti istituzionali, la regione abbandonava il progetto di costruire una pista ciclabile e dichiarava che i fondi sarebbero stati destinati alla ricostruzione di scuole e del municipio di Arquata del Tronto, mentre la pista ciclabile si sarebbe realizzata attraverso i fondi europei;
   tuttavia, si scopre che circa 3 milioni su 17,5 milioni di euro verranno destinati al restauro di una grotta sudatoria ad Acquasanta non danneggiata dal sisma e il 15 luglio 2017 venivano pubblicati e diffusi dalla regione, a distanza di poche ore, due distinti elaborati molto simili tra loro del piano operativo regionale (Por);
   tra le tipologie di interventi e i relativi piani finanziari venivano individuate diverse azioni, tra cui due particolarmente singolari: l'azione 6.8.3, che intende promuovere lo sviluppo della mobilità ciclo-pedonale, l'azione 5.3.2, per interventi di messa in sicurezza sismica degli edifici strategici e rilevanti pubblici, ubicati nelle aree maggiormente a rischio;
   nella versione ultima del piano operativo regionale, i fondi riferiti all'azione 5.3.2 si ridurrebbero da 65 a 55 milioni di euro, cioè 10 milioni di euro che vanno a confluire nell'azione 6.8.3, che promuove lo sviluppo della pista ciclabile –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa in merito all'utilizzo nella regione Marche di parte dei fondi europei destinati alla riduzione del rischio sismico per finanziare il progetto della pista ciclabile sopra indicata;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per far fronte alle necessità reali del territorio a fronte dell'emergenza post sisma e dei conclamati ritardi nell'operazione di rimozione delle macerie e di ricostruzione. (4-17402)


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, disciplina «misure straordinarie per accelerare l'utilizzo delle risorse e l'esecuzione degli interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio nazionale e per lo svolgimento delle indagini sui terreni della Regione Campania destinati all'agricoltura»;
   il comma 2-ter del citato articolo 10 dispone che «per l'espletamento delle attività previste nel presente Articolo, il Presidente della Regione può delegare apposito soggetto attuatore il quale opera sulla base di specifiche indicazioni ricevute dal presidente della Regione e senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica. Il soggetto attuatore, se dipendente di società a totale capitale pubblico o di società dalle stesse controllate, anche in deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro delle società di appartenenza, è collocato in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio dalla data del provvedimento del conferimento dell'incarico e per tutto il periodo di svolgimento dello stesso. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
   in ragione di quanto previsto dal citato articolo 10, a far data dal 23 novembre 2014, il presidente della giunta regionale della Calabria, Gerardo Mario Oliverio, è subentrato nelle funzioni di commissario;
   con decreto commissariale n. 127 del 9 marzo 2015, il presidente della regione Calabria, in qualità di commissario per il dissesto idrogeologico, ha nominato soggetto attuatore l'ingegner Carmelo Gallo, libero professionista;
   il decreto di nomina prevede che al soggetto attuatore venga riconosciuto un compenso annuo fissato in 110.000 euro, oltre oneri e ritenute, e che tali oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi, nell'ambito delle somme di cui al comma 4 dell'articolo 10 della citata legge n. 116 del 2014, vale a dire gli importi di cui al comma 5 dell'articolo 92 della legge n. 163 del 2006;
   sul sito istituzionale del commissario per il dissesto idrogeologico in Calabria (www.dissestocalabria.it) sono pubblicati i decreti con i quali il soggetto attuatore dispone la liquidazione e il pagamento dei compensi relativi ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2017 pari a 34.891,94 euro, iva e oneri inclusi spettanti al medesimo soggetto attuatore, ingegner Carmelo Gallo –:
   di quali elementi disponga in merito alla legittimità della nomina dell'ingegner Carmelo Gallo, ingegnere libero professionista non dipendente della pubblica amministrazione, quale soggetto attuatore per la mitigazione del rischio idrogeologico in Calabria e quale sia stata la procedura utilizzata per la selezione del suddetto professionista esterno;
   se ritenga coerente con il quadro normativo che al soggetto attuatore sia riconosciuto il compenso di cui al decreto commissariale n. 127 del 9 marzo 2015, posto che i relativi oneri sono a carico della finanza pubblica;
   se non intenda chiarire se il soggetto attuatore possa adottare atti aventi natura finanziaria e, in particolare, atti riguardanti la determinazione e liquidazione dei propri compensi;
   se sussistano altri casi di soggetti attuatori non dipendenti della pubblica amministrazione. (4-17410)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, CIPRINI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, LOMBARDI, VILLAROSA, PESCO, ALBERTI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, RIZZO, MANLIO DI STEFANO e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Cristian Provvisionato, 43enne italiano residente a Cornaredo (Milano), è stato fermato dalle autorità della Mauritania nella capitale Nouakchott nell'agosto 2015, dopo circa due settimane dal suo arrivo nel Paese, dove si era recato per conto della Vigilar Group, società italiana con sede a Milano di security e investigazioni, entrata in affari con società estere di cyber-sicurezza;
   Provvisionato è stato trattenuto per 21 mesi all'interno di diverse caserme di polizia nella capitale mauritana per una presunta truffa informatica, a distanza di mesi sostituita da una nuova accusa di far parte di una banda criminale internazionale finalizzata alla truffa informatica ai danni dello Stato della Mauritania nel settore della sicurezza e di riciclaggio di denaro, a cui si è aggiunta l'accusa di attentato alla sicurezza nazionale, tutte poi annullate;
   in data 12 maggio 2017, Cristian Provvisionato è stato liberato in funzione della grazia concessa dal presidente della Mauritania. Tale decisione è del tutto singolare visto che la grazia viene concessa a chi è condannato o, quantomeno, è detenuto con capi d'accusa a suo carico che Provvisionato non aveva al momento della sua liberazione;
   nel corso dei 21 mesi di detenzione, la famiglia di Cristian Provvisionato ha dovuto sobbarcarsi consistenti spese per i legali italiani e mauritani, per i viaggi di andata e ritorno dall'Italia in Mauritania, per i diversi viaggi da Milano a Roma quando convocati dalle istituzioni, per le spedizioni dei pacchi con viveri e medicinali a Nouackhott (Provvisionato nei primi mesi di detenzione ha ricevuto razioni di viveri del tutto insufficienti tanto da avere perso in breve tempo 30 chili di peso e, pur soffrendo di diabete, non ha mai ricevuto medicinali da parte dello Stato mauritano se non in rari casi);
   il giorno della liberazione, Provvisionato è stato prelevato a Nouackhott dal Sottosegretario Vincenzo Amendola e cinque funzionari del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con un aereo di Stato italiano. Sino all'ultimo non era stato reso noto né a Cristian Provvisionato né ai suoi familiari se sarebbero atterrati a Roma o a Milano, quest'ultimo aeroporto più comodo perché vicino al domicilio di Provvisionato e dei familiari. Solo in volo è stato deciso di optare per Roma, atterrandovi in tarda serata. Ciò ha comportato un rapido spostamento dei familiari e della compagna da Milano a Roma e il loro pernottamento nella capitale per poi riprendere un treno il giorno dopo per tornare a Milano, il tutto a loro spese;
   allo stato attuale, Provvisionato non è a conoscenza del fatto se nello Stato mauritano vi siano o meno capi d'accusa rivolti alla sua persona;
   ad oggi a Cristian Provvisionato non sono ancora stati restituiti perché trattenuti dallo Stato mauritano senza alcuna motivazione, il passaporto, il computer e il cellulare personali –:
   se al Ministro interrogato risulti se, allo stato attuale, nello Stato della Mauritania vi siano uno o più capi d'accusa nei confronti del signor Cristian Provvisionato e, in caso affermativo, quali risultino essere;
   se non ritenga di dovere assumere contatti con le autorità mauritane affinché al più presto il signor Cristian Provvisionato possa riavere il passaporto, il computer e il cellulare personali;
   se non ritenga opportuno, viste anche le attuali difficoltà finanziarie della famiglia e dello stesso Cristian Provvisionato, di dover assumere iniziative per rimborsare per intero le spese per i viaggi di andata e ritorno da Milano a Roma e il pernotto in hotel che il signor Cristian Provvisionato, i suoi familiari e la compagna hanno dovuto sostenere nelle giornate del 12 e 13 maggio 2017. (5-11929)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPI, COMINELLI e MANZI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da diverse fonti si apprende che il Governo italiano avrebbe negato l'ingresso di personalità e monaci buddisti tibetani che devono recarsi in Italia per assemblee ed eventi religiosi che tradizionalmente si svolgono in questo periodo dell'anno al Monastero Buddista di Pomaia;
   la motivazione, a quanto consta agli interroganti, sarebbe la facilità con la quale i titoli di viaggio che abilitano i monaci buddisti a viaggiare in Europa potrebbero essere facilmente contraffatti –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
   quali ne siano le motivazioni;
   come questa decisione nazionale sia compatibile con le norme europee e con le convenzioni internazionali sul riconoscimento di passaporti e lasciapassare, tenuto conto della difficile posizione della piccola comunità tibetana i cui membri vivono da molti anni o sono nati in India, ma dispongono solo di una sorta di passaporto per rifugiati valido solo per l'India e del fatto che le autorità di tale Paese non concedono altro documento riconosciuto da tutti i Paesi europei, compresa l'Italia, come valido per ottenere regolari visti Schenghen per l'Europa;
   come sia compatibile tale decisione con la tutela dei diritti fondamentali riguardanti la libertà di culto, di associazione e di espressione e la parità di trattamento che deve essere assicurata a tutte le confessioni religiose.
(4-17408)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZARDINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Costermano è dotato di piano di assetto del territorio, ratificato dalla giunta regionale con delibera n. 4 del 9 gennaio 2013, rispetto al quale è stata operata una prima variante, approvata dalla giunta regionale con delibera n. 886 del 13 luglio 2015 — Bollettino ufficiale della Regione n. 72 del 22 luglio 2015 e una seconda variante, approvata dal presidente della provincia di Verona con delibera n. 79 del 15 giugno 2016 – Bollettino ufficiale della Regione n. 63 del 1o luglio 2016;
   con deliberazione di consiglio comunale n. 33 del 2016 l'amministrazione comunale di Costermano ha approvato il settimo piano degli interventi del comune e successivamente, con deliberazione di consiglio comunale n. 20 del 31 maggio 2017, ha approvato l'ottavo piano degli interventi del comune;
   il settimo piano  degli interventi prevedeva 25 interventi, corrispondenti ad una volumetria di oltre 40.000 metri quadrati in area che costituisce sito di interesse comunitario (sic) del comune di Costermano e aree adiacenti «Val dei Mulini, Senge di Marciaga e Rocca di Garda» IT 3210007 e «Monte Luppia e Punta San Vigilio» IT 321004, autorizzando interventi in zone soggette a vincolo, idrogeologico-forestale e/o paesaggistico in ambiti naturalistici come previsti all'articolo 19 del Piano territoriale regionale di coordinamento – aree sottoposte a dissesto idrogeologico;
   l'ottavo piano degli interventi ha autorizzato aumenti volumetrici nelle medesime zone; tali interventi comportano la sottrazione di superficie agricola utilizzata e aree boscate, spostando le volumetrie previste dal piano di assesto del territorio, da Ato interni del territorio comunale ad Ato in ambito naturalistico prospicienti il golfo di Garda; tale migrazione di cubature in aree SIC N2000, è determinata dalla ricerca della «preziosa vista lago», causando un ulteriore grave danno ad un ambito di grande pregio naturalistico, ambientale e paesaggistico; 
   la relazione «Vinca», a quanto risulta all'interrogante, ha rilevato numerosi elementi di criticità, non fornendo, tuttavia, una valutazione complessiva degli effetti cumulativi degli interventi edilizi previsti dal settimo piano degli interventi, ma si limita ad una valutazione puntuale dei progetti prima del rilascio del permesso di costruire, non consentendo in alcun modo di considerare l'impatto complessivo del piano sul territorio comunale di Costermano;
   i pareri tecnici, sia di compatibilità urbanistica che di carattere ambientale, richiamati nelle deliberazioni di giunta comunale di approvazione del settimo e dell'ottavo piano di interventi, risultavano favorevoli con specifiche indicazioni, in considerazione dei vincoli esistenti;
   in particolare, il parere di carattere ambientale riporta per la maggior parte degli interventi la seguente richiesta: «dovrà essere valutata la compatibilità con gli habitat di specie mediante redazione della Vinca» e ancora che: «l'area appare sensibile per la presenza di vincolo destinazione forestale, vincolo idrogeologico-forestale e aree di rete ecologia che andranno opportunamente valutate e trattate al fine di garantire la sostenibilità dell'istanza», nonostante questa prescrizione la giunta ha proceduto all'approvazione –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere, per quanto di competenza, iniziative, anche nel rispetto della direttiva «habitat», volte a tutelare le aree sopracitate che costituiscono siti di interesse comunitario e che sono soggette a vincoli idrogeologici e paesaggistici, alla luce del danno che potrebbe derivare dalla realizzazione degli interventi di cui in premessa. (5-11925)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, PRODANI e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Fluorsid, industria chimica ricompresa tra le attività a rischio d'incidente rilevante, ubicata nell'agglomerato industriale dell'area vasta di Cagliari (Macchiareddu), è balzata recentemente agli onori della cronaca per l'azione investigativa da parte della procura di Cagliari che ipotizza un «disastro ambientale provocato da emissioni in aria non controllate di polveri (con una caratterizzazione chimica particolare) e di anidride solforosa e illecito smaltimento (sotterramento non autorizzato) di rifiuti industriali anche pericolosi». Attualmente, risulta autorizzata con un provvedimento di autorizzazione integrata ambientale emanato nel mese di luglio 2015 (Dec-Min-0000131-9/7/2015) a seguito di modifiche impiantistiche e di un riesame della precedente autorizzazione (Gab-Dec-2011-0233-12/11/2011);
   il decreto legislativo n. 152 del 2006, oltre a dettare i criteri per le autorizzazioni ambientali citate, tratta anche della valutazione della compatibilità ambientale (VIA) di opere/progetti/impianti. Tutte queste disposizioni legislative dovrebbero condurre ad un quadro di prescrizioni e limiti per un esercizio compatibile con l'ambiente e la salute umana delle attività antropiche;
   antecedentemente al provvedimento di autorizzazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato nel mese di agosto 2012 un provvedimento di compatibilità ambientale (Dva-Dec-2012-0000431-7/8/2012), che permette alla società Fluorsid di raddoppiare la produzione di acido solforico da 170.000 t/a 340.000 t/a e quindi anche dei processi produttivi e delle materie prime correlate e, di conseguenza, anche delle emissioni di polveri e gas;
   dall'esame del provvedimento di compatibilità ambientale, si evincono delle prescrizioni di monitoraggi aggiuntivi (nei nuovi punti di emissione e con centraline di rilevamento economicamente gestite dalla società), che discendono anche da un quadro ambientale della qualità dell'aria, descritto dalla regione Sardegna, già critico a quel tempo e attualmente confermato dalla relazione annuale per il 2015 dell'Arpas –:
   quali siano le motivazioni che hanno condotto a non recepire tutte le prescrizioni del provvedimento di valutazione di impatto ambientale all'interno dell'autorizzazione integrata ambientale nonostante la valutazione di impatto ambientale, predisposta sempre all'interno del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sia preliminare e obbligatoria soprattutto nei suoi contenuti prescrittivi anche alla luce della situazione della qualità dell'aria della zona interessata;
   se non ritenga necessario, in relazione agli ultimi eventi di cronaca, valutare l'esigenza di promuovere un riesame approfondito in ordine alle prescrizioni (per esempio, altezze dei punti di emissione, applicazione delle prescrizioni della valutazione di impatto ambientale, analisi più attenta delle emissioni ex-dichiarazione INES) dell'autorizzazione integrata ambientale attuale. (4-17392)


   PLACIDO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento ex Mythen, sito nella zona industriale di Ferrandina (Matera), produceva olio di soia epossidato (ESO) e biodiesel;
   a seguito del fallimento dell'azienda, dichiarato con sentenza del 18 marzo 2014, esso viene rilevato dalla Greenswitch s.r.l. che ne prevede la riattivazione a seguito di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di bonifica del sito;
   il progetto di riattivazione, candidato ad un finanziamento regionale, ottiene un cospicuo contributo in conto capitale, di oltre 5 milioni di euro, pur prevedendo interventi di bonifica assai esigui, di fatto limitati alla rimozione dell'amianto presente all'interno dei capannoni;
   la valutazione del progetto ignora evidentemente la situazione ambientale pregressa, dando per acquisita la bonifica, mai avvenuta, del sito produttivo;
   l'area ex Mythen, di proprietà privata, è inclusa nel sito di interessa nazionale – Val Basento per il quale la delibera Cipe n. 87 del 2021 disponeva interventi di bonifica per un importo superiore a 23 milioni di euro;
   non appare congrua l'erogazione di un finanziamento pubblico prima ancora che i necessari interventi di bonifica siano stati effettuati;
   nemmeno è accettabile che venga rilasciata un'Autorizzazione unica ambientale da parte della provincia di Matera in assenza di valutazione di impatto ambientale ed autorizzazione integrata ambientale che impongano precise e rigorose prescrizioni e tappe di monitoraggio in linea con i rilievi puntuali già elencati nella nota Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2 dicembre 2011;
   non appare infine sufficiente che l'Arpab possa limitarsi, come risulta dal verbale della conferenza di servizio del 9 maggio 2017, ad una pronuncia notarile circa le emissioni in atmosfera, a fronte delle verifiche puntualmente richieste dalla citata nota ministeriale in ordine al tema assai più complesso dell'inquinamento da piombo rilevato nelle acque di falda –:
   quali elementi intenda fornire in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-17404)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Giugliano, terza città della Campania, è il comune non capoluogo di provincia più vasto e popoloso d'Italia;
   la situazione ambientale di Giugliano è nota a livello nazionale per l'inquinamento del suolo e del sottosuolo a opera di eco-camorre che, attraverso un'attività iniziata già a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, fino al 2004, hanno smaltito illegalmente 30.700 tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti anche dalla bonifica dell'Acna di Cengio;
   la criticità in cui versa la situazione ambientale del territorio di Giugliano è dovuta alla presenza di oltre quaranta discariche (tra abusive e non), molte delle quali non bonificate e/o non messe in sicurezza, e di numerosi siti di stoccaggio provvisorio delle cosiddette ecoballe, tra cui quella del sito di Taverna del Re, nonché alle attività collegate alla presenza dello Stir per il trattamento dei rifiuti;
   a questo scempio si è unito l'inquinamento dell'aria e del suolo per la ricaduta delle particelle derivanti da fenomeni di autocombustione e dagli incendi dolosi di materiali plastici e di depositi abusivi che si succedono ininterrottamente; di recente, proprio nel sito di Taverna del Re, sono andati a fuoco quasi 200 quintali di ecoballe;
   considerato il drammatico protrarsi del fenomeno dei roghi tossici di rifiuti che avvengono soprattutto di notte e che avvelenano l'aria che respirano gli abitanti di Giugliano, è necessario conoscere le attuali, reali condizioni di inquinamento dell'area e gli inquinanti in essa presenti;
   risulta sia stata posta in essere da parte della società Sogesid un'attività di ricerca e studio dei flussi del sottosuolo della cosiddetta area vasta di Giugliano, di cui non si conoscono gli esiti;
   la circolazione delle informazioni sui dati ambientali dell'area vasta sono indispensabili al fine di poter valutare la situazione e fornire ai cittadini e alle istituzioni informazioni che rispecchino la verità, smentendo quanti sminuiscono o amplificano la drammaticità della situazione –:
   quali siano i risultati delle indagini svolte dalla società Sogesid e dal commissariato per le bonifiche relativamente alla presenza di inquinanti nelle falde acquifere e nel sottosuolo della cosiddetta area vasta di Giugliano;
   se siano stati effettuati ulteriori rilievi, negli ultimi mesi, dopo i recenti incendi e, in caso affermativo, quali ne siano gli esiti;
   quali informazioni intendano fornire in ordine alle bonifiche, con particolare riguardo all'attivazione dei fondi stanziati dal Governo;
   se i Ministri interrogati intendano porsi l'obiettivo di avviare un'attività di prevenzione relativa ai casi di ipotetica autocombustione delle ecoballe e agli incendi dolosi e quali siano le iniziative di competenza poste in essere per contrastare tali fenomeni criminosi. (4-17405)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GIANCARLO GIORDANO, PANNARALE, PELLEGRINO, MARCON, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Avellino ha bandito un concorso per artisti per realizzare un'opera d'arte nella nuova «piazza della libertà» in applicazione della legge n. 717 del 1949, recante «Norme per l'arte negli edifici pubblici»;
   il bando condiziona la partecipazione al versamento della cauzione provvisoria di cui all'articolo 93 del nuovo codice degli appalti, decreto legislativo n. 50 del 2016, per un importo garantito del 2 per cento del valore della gara, sotto forma di cauzione o di fideiussione;
   il concorso fornisce, l'occasione per fare il punto sulla necessità che negli edifici pubblici continuino a trovare spazio le opere d'arte, non come oggetti meramente esornativi, ma quali fondamentali elementi degli spazi pubblici, costitutivi della cultura e della tradizione italiana;
    il codice degli appalti del 2006 era stato emendato nel 2011, anche su parere del Consiglio di Stato, richiamando la legge n. 717 del 1949, all'articolo 141;
   tuttavia, la legge n. 717 ha subito nei decenni numerose modifiche che hanno in gran parte alterato la regola del 2 per cento riducendola in molti casi ed escludendo troppe tipologie di edifici pubblici (scuole, università, ospedali e altri) dalla sua applicazione, laddove invece la presenza delle opere d'arte è – se possibile – più significativa;
   la situazione si è fatta ancora più complessa a seguito della riforma costituzionale del 2001, rientrando la materia tra quelle concorrenti, e per l'inattività di varie regioni;
    tutte queste ragioni hanno spinto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali ad adottare nel 2006 delle linee guida per la corretta applicazione della legge n. 717. Ulteriori linee guida sono state poi adottate con la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 28 maggio 2014, n. 3728;
   infine, nel nuovo codice degli appalti è scomparso il richiamo alla legge n. 717, la cui applicazione non dovrebbe comunque essere messa in dubbio, ma non si è provveduto ad escludere gli artisti, persone fisiche, dall'applicazione dell'istituto della cauzione provvisoria, che crea una seria barriera alla possibilità che gli artisti partecipino ai bandi –:
   come intenda procedere il Governo al fine di adottare nuove e necessarie linee guida per l'attuazione della legge in materia di opere d'arte negli edifici pubblici, alla luce del nuovo codice degli appalti, e se intenda assumere iniziative, anche normative, per escludere gli artisti dall'applicazione della cauzione provvisoria e ampliare le tipologie di edifici pubblici cui si applica la legge n. 717 del 1949. (3-03177)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, DI BENEDETTO, BRESCIA, SIBILIA e CARIELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con delibera di giunta comunale di Torre del Greco n. 103 del 16 febbraio 2017 i fabbricati B-C-D-E-F-G-H-I-L-S-T e relative aree pertinenziali del complesso «ex Molini Meridionali Marzoli» – M. M. M. – risalenti al 1911 e acquisiti dal comune nel 1989 sono inseriti nel «piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari» – articolo 58 del decreto-legge n. 122 del 2008 – per l'anno 2017;
   in un articolo de Il Mattino del 3 marzo 2017, Francesca Raspavolo descrive l'area come «Complesso che sorge sul basamento lavico di Calastro, con una visuale mozzafiato sull'intero golfo di Napoli: 12 mila metri quadrati di storia che da un secolo dominano il waterfront di Torre del Greco» e sostiene che «la situazione delle finanze comunali non giustificherebbe la scelta di vendere» dato che «il bilancio di previsione 2017» mostra «un avanzo di amministrazione di almeno due milioni di euro»;
   come riportato da Alberto Dortucci su www.metropolisweb.it il 17 marzo 2017, è nato un fronte popolare contrario alla vendita riunito in prima assemblea il 9 marzo 2017 su iniziativa di Antonio Crispino, presidente del Polo artistico torrese;
   basandosi su numerose pubblicazioni – vedasi «I Mulini Meridionali Marzoli» di Izzo Pinto – il primo firmatario del presente atto ha richiesto alla Soprintendenza di Napoli in data 16 marzo 2017 delucidazioni in merito ai vincoli dell'area, evidenziando come «I M.M.M. costituiscono uno dei pochi esempi del passato industriale di Torre del Greco e rappresentano un'insostituibile testimonianza materiale delle forme di organizzazione tecnologica e di vita lavorativa di un periodo storico. Sono un contenitore di scienza, di tecnologia, di capacità imprenditoriale, di fatica [...] che può migliorare le strutture cittadine esistenti e rivitalizzare e rivalutare una porzione di città»;
   concetti simili in merito ai M.M.M. sono espressi nel «Piano di gestione del sito UNESCO aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata»;
   ai sensi dell'articolo 54 del decreto-legge n. 42 del 2004, codice dei beni culturali e del paesaggio, si ritengono beni inalienabili gli immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali la cui costruzione risalga ad oltre settant'anni, in quanto la «culturalità» di tali beni si ritiene presunta fino ad eventuale esito negativo del processo di verifica di cui all'articolo 12 del codice da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il quale è tenuto a dare previo parere positivo prima di qualsiasi intervento sui beni;
   il consigliere comunale Ludovico D'Elia in una lettera al segretario comunale del 15 maggio 2017 ha denunciato l'eventuale vendita a privati dei fabbricati, in quanto, tra le opere pubbliche realizzate con risorse comunitarie – POR FESR Campania 2007/2013, asse 6, O.O. 6.1 – e comunali vi sono interventi che riguardano tutti gli spazi aperti del complesso, come il «Centro formativo per attività velistiche» e la «riqualificazione e sistemazione degli spazi aperti dei M.M.M.» aventi, come dichiarato sul sito del comune, l'obiettivo del recupero della visione unitaria del complesso e organizzati ad accogliere visitatori, utenti e operatori impegnati nelle attività che saranno svolte –:
   se siano state svolte le procedure di verifica di cui all'articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se il Ministro interrogato abbia fornito l'autorizzazione, per quanto di competenza, affinché gran parte del sito archeologico industriale Molini Meridionali Marzoli di Torre del Greco venga inserito nel Piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari;
   in che modo il Ministro intenda intervenire per garantire il rispetto dell'articolo 12 del codice dei beni culturali, qualora il relativo procedimento amministrativo non sia stato correttamente osservato. (5-11913)


   LUIGI GALLO, TOFALO, BRESCIA, BATTELLI, SIBILIA e RUOCCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'isola di Ischia (Napoli) è tra le più note per la bellezza del paesaggio e le sue tradizioni culturali;
   in particolare, una delle peculiarità che contraddistingue l'isola per il patrimonio artistico culturale, è rappresentato dall'antico acquedotto del Buceto, noto come «I Pilastri», realizzato intorno al XVI secolo per ovviare alla penuria d'acqua, situato lungo la strada che collega il comune di Ischia Porto con quello di Barano;
   l'acquedotto è costituito da due ordini di archi sovrapposti. Gli archi inferiori presentano due ordini di mattoni, mentre gli archi superiori solo uno. Al centro, è caratterizzato da una sola grande arcata;
   tale patrimonio artistico culturale che, come un imperativo, dovrebbe rappresentare un vanto per l'isola e i suoi cittadini, valorizzato nel modo più alto possibile ai fini turistici e istruttivi, versa invece in condizioni di abbandono, circondato dal degrado, dall'immondizia e dall'incuria, nonché in condizioni di precarietà statica note da tempo all'amministrazione comunale e agli isolani, come attestano numerosi articoli giornalistici che denunciano la caduta di mattoni e calcinacci pericolosi altresì per l'incolumità dei passanti;
   l'acquedotto del Buceto necessita di un'urgente messa in sicurezza per scongiurare il pericolo immediato di ulteriore caduta di materiali che danneggiano il patrimonio artistico culturale ma creano rischi anche per l'incolumità fisica dei turisti e residenti che percorrono la strada ove si trova l'acquedotto;
   inoltre, si rinviene la necessità di valutare un'opera di ristrutturazione e restauro della struttura stessa;
   alla fine del 2016, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, unitamente alle regioni Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Toscana, Sardegna, Sicilia e l'Ancim – Associazione nazionale comuni isole minori –, ha stipulato un contratto di sviluppo per i beni culturali e il turismo nelle isole italiane del mediterraneo;
   in particolare, all'articolo 2 n. 2, tale contratto prevede testualmente di «recuperare il patrimonio storico ed edilizio esistente a funzioni turistiche e culturali»;
   tale obiettivo è perseguibile, rifacendosi all'articolo 4 del contratto di sviluppo, il quale prevede la copertura finanziaria per gli obiettivi da perseguire nel contratto stesso, tra l'altro per mezzo del fondo per le isole minori – Dupim –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dello stato di degrado dell'acquedotto del Buceto e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di garantire la tutela e il recupero di tale bene architettonico. (5-11915)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la giunta comunale di Rimini in data 29 novembre 2016, con la delibera n. 352, ha approvato il «Progetto Tiberio — Comparto 4 — Canale-Progetto esecutivo», per un importo pari a novecentomila euro, per la realizzazione di alcuni interventi a valle del Ponte di Tiberio;
   di recente è stato avviato il primo intervento, con i lavori di realizzazione della passerella sospesa sulla sponda destra del Porto Canale di Rimini, lato centro storico che hanno comportato realizzazione delle prime perforazioni nelle Mura malatestiane, previste dal progetto;
   dopo una spesa di 1,5 milioni di euro sostenuta nel 2009 per consolidare la sovrastante via Bastioni Settentrionali poggiante senza gravare sulle adiacenti Mura storiche che, anzi, sono state consolidate, oggi è in corso la creazione di circa un centinaio di buchi nelle medesime mura;
   in data 18 novembre 2016 la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forli-Cesena e Rimini si è espressa favorevolmente sul progetto, affermando che «esaminata la documentazione tecnica relativa al progetto definitivo relativo alla riqualificazione del Porto Canale a valle del Ponte di Tiberio, questa Soprintendenza ritiene gli interventi compatibili con le norme di tutela e per quanto di competenza, autorizza l'intervento illustrato nella documentazione pervenuta. Per quanto concerne il procedimento di verifica preventiva dell'interesse archeologico (articolo 25 decreto legislativo n. 50 del 2016), ricevuta ed esaminata la relazione finale redatta dalla Ditta AdArte Snc, acquisita agli atti di questa Soprintendenza con prot. 4581 del 9 novembre 2016, non essendo rilevabili elementi archeologicamente significativi tali da richiedere l'attivazione della fase successiva dell'indagine ai sensi del comma 8 del citato articolo 25, si esprime, per quanto di competenza, parere favorevole alla realizzazione dei lavori in programma»;
   la verifica preventiva dell'interesse archeologico da parte della Soprintendenza è stata interamente effettuata, a quanto risulta all'interrogante, sulla base della relazione finale redatta dalla ditta «AdArte Snc», dalla stessa acquisita agli atti il 9 novembre 2016, la quale, stando alla Soprintendenza non conteneva «elementi archeologicamente significativi»;
   a partire dai primi giorni di luglio 2017, la ditta esecutrice dei lavori ha cominciato ad utilizzare apposite macchine tagliamuro ad acqua per forare le mura storiche con vistosi buchi di mezzo metro quadro attraverso i quali saranno fatte passare le piastre di ancoraggio per realizzare la passerella –:
   se il suddetto intervento di perforazione delle Mura malatestiane, erette nel 1400 e oggetto di restauro nel 1751, sia compatibile con quanto disposto dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che, all'articolo 20, stabilisce che «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione»;
   se non ritenga di assumere iniziative per un approfondimento in ordine alla sopra descritta verifica preventiva dell'interesse archeologico da parte della Soprintendenza che, ad avviso dell'interrogante, appare carente in ordine a una indagine sull'interesse archeologico delle mura storiche, necessario al fine di preservare le medesime e conservare l'integrità del contesto monumentale e paesaggistico;
   se non ritenga, per quanto di competenza, di assumere iniziative atte a bloccare i descritti interventi sulle mura storiche e a revocare immediatamente l'autorizzazione alla realizzazione della passerella di cui in premessa. (4-17409)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari di Milano che assolve gli amministratori delegati e il consiglio di amministrazione di El Towers vi sono argomentazioni utili al legislatore per rafforzare la tutela pubblica delle infrastrutture radiotelevisive;
   secondo le motivazioni del giudice per le indagini preliminari, l'offerta pubblica di acquisto e scambio che la società del gruppo Mediaset lanciò su RaiWay nel febbraio 2015 non fu una manipolazione di mercato e quindi è da considerarsi legittima;
   in particolare, emerge che l'obbligo di mantenere una maggioranza pubblica nella società di antenne tv è previsto solo nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che regolamenta le modalità di privatizzazione di RaiWay;
   questo rappresenta un limite nella reale capacità di evitare «scalate» ostili anche da parte di aziende concorrenti private nei confronti di RaiWay;
   vanno considerate la delicatezza della materia e la strategicità della stessa società per le infrastrutture pubbliche radiotelevisive –:
   se il Governo intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere una modifica della normativa in essere che garantisca la maggioranza pubblica nella società RaiWay, attraverso una esplicitazione di quanto previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in una specifica norma di legge. (5-11922)

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, SIBILIA, RUOCCO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA e BASILIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle entrate, a quanto risulta agli interroganti, non ha ancora provveduto ad applicare il deliberato articolo 1, comma 540, della legge n. 228 del 2012 e quindi non ha disposto l'annullamento di diritto dei ruoli e delle cartelle in caso di mancata risposta entro i 220 giorni da parte dello stesso ente impositore;
   nonostante la legge sia palesemente chiara, nella sua lettera e nel suo spirito, la stessa non pare rispettata dall'ente creditore che continua nell'attività di recupero forzoso, attraverso l'agente di riscossione, delle somme su crediti non più esigibili, senza provvedere alla sospensione del procedimento prevista non solo verbalmente, ma anche attraverso una circolare interna del direttore regionale prot. n. 6469 del 2017 del 15 marzo 2017 –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla mancata applicazione da parte dell'Agenzia delle entrate della legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 540, in merito all'annullamento dei ruoli spettante di diritto per effetto della legge sopracitata. (4-17389)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   scrive il quotidiano online Veronasera che il 18 luglio 2017, il carcere veronese di Montorio è stato teatro di due gravi episodi di violenza che hanno provocato il ferimento di alcuni agenti di polizia penitenziaria;
   una rissa tra detenuti stranieri, albanesi da una parte e nordafricani dall'altra, è all'origine dell'aggressione. «Gli agenti di polizia penitenziaria intervenuti – riferiscono in un comunicato due sigle sindacali – hanno sedato la rissa, ma sono stati aggrediti “in nome di Allah” dai nordafricani: tra loro, un marocchino noto per le idee integraliste e fondamentaliste, ma che è incredibilmente protagonista di costanti intemperanze durante la detenzione. L'attacco sferrato è stato micidiale, i detenuti volevano uccidere gli agenti: non ci sono riusciti, per fortuna, ma cinque poliziotti penitenziari sono finiti in ospedale con prognosi di 25 giorni, 15 giorni, 10 giorni e il più grave con il braccio rotto»;
   negli ultimi dieci anni c’è stata un'impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, con la percentuale in aumento dal 33,2 per cento del 2015 al 34,1 per cento di oggi. Sono, inoltre, 356 i detenuti su cui si concentrano i timori connessi alla radicalizzazione;
   in costante aumento sono anche le aggressioni ai danni del personale in servizio negli istituti penitenziari che si registrano in molte realtà del territorio nazionale;
   a parere dell'interrogante e mutuando le parole dei sindacati, «è una vergogna che vi siano detenuti che credono di fare nelle carceri italiane quel che vogliono, complice anche una gestione assai precaria dell'ordine e della sicurezza interna da parte di Direttore e Comandante. Ed è grave ed inquietante che le violenze assurde ed inaccettabili contro la polizia penitenziaria di Verona siano state commesse in nome di Allah da parte di detenuti affascinati dal radicalismo integralista islamico. Torniamo a denunciare la gravità della situazione in atto nelle carceri italiane nelle quali gli eventi critici si verificano con sconcertante periodicità» –:
   se non si ritenga opportuno valutare l'eventualità di un'ispezione ministeriale al carcere di Montorio, al fine di accertare quali siano le condizioni generali all'interno della struttura penitenziaria veronese;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative volte al potenziamento dei livelli di sicurezza all'interno del carcere di Montorio, il cui grado di protezione, per gli agenti penitenziari in particolare, sembra essere carente e precario. (4-17388)


   PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le misure alternative alla detenzione consentono al soggetto condannato in via definitiva di scontare, in tutto o in parte, la pena detentiva fuori dal carcere e, con esse, si cerca di facilitare il reinserimento del condannato nella società civile sottraendolo all'ambiente carcerario;
   tra le misure alternative alla detenzione si ricorda la detenzione domiciliare, misura che richiede la presenza di una casa come presupposto giuridico;
   considerato che, talvolta, taluni soggetti condannati non sono in possesso di una vera e propria casa ma di domicili precari inseriti in contesti non consoni al recupero sociale degli stessi, pare non idonea e non utile nei loro confronti la misura alternativa –:
   se esista un monitoraggio rispetto al numero delle persone detenute con misure alternative presso baracche, campi e attendamenti abusivi;
   se esistano linee guida ufficiali circa le misure di detenzione alternativa per coloro che non sono domiciliati presso immobili rispondenti ai criteri di abitabilità. (4-17397)


   PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 maggio 2017 Laura Sulejmanovic, 21 anni, residente al campo nomadi di Strada dell'aeroporto, in Torino, è stata arrestata con l'accusa di omicidio stradale e omissione di soccorso, poiché risulterebbe fuggita dopo aver causato un incidente mortale, mentre era alla guida di un camper in strada dell'Aeroporto, in direzione Caselle. L'altra persona coinvolta, rimasta uccisa nell'incidente, era Oreste Giagnotto, 58 anni, che si trovava alla guida di una moto, ed è stato travolto dal camper in fase di inversione «ad U»;
   l'incidente mortale è avvenuto nei pressi del campo nomadi in cui Sulejmanovic vive; la stessa, dopo essere inizialmente fuggita, sarebbe tornata sul luogo della tragedia per costituirsi, suscitando sospetti sulla possibilità che la donna coprisse qualcuno;
   come accade in questi tristi casi di cronaca, la vicenda ha causato una recrudescenza del clima negativo nei confronti degli abitanti dei campi rom, da parte dei cittadini residenti nei pressi dei campi stessi, con ampio coinvolgimento dei media;
   la signora Sulejmanovic, sottoposta a misura cautelare con detenzione presso la struttura Icam, in data 19 giugno 2017 è riuscita ad evadere dalla suddetta sezione Icam – struttura con attenuata sorveglianza riservata alle madri detenute – del carcere di Torino, dove ha anche abbandonato la figlia di pochi mesi –:
   se intenda verificare le condizioni di sicurezza della struttura, onde evitare che simili episodi si possano ripetere in futuro, considerato che, pur essendo gli Icam studiati appositamente per consentire ai minori di vivere all'interno di un sistema di vigilanza attenuato, pare stupefacente la facilità con cui è stata possibile l'evasione;
   se quanto accaduto presso la struttura di Torino, da sempre all'avanguardia sia per la sicurezza che per i progetti di inserimento e i percorsi educativi, evidenzi carenze di personale cui è necessario provvedere onde non compromettere la sicurezza della casa circondariale e di chi presso la struttura lavora ogni giorno, tenendo conto che ad oggi, l'organico risulta essere di 731 unità, duecento unità in meno rispetto a quelle previste da pianta organica. (4-17400)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal sito www.stradeanas.it si evince come i lavori di ammodernamento della strada statale 4 «Via Salaria», dal chilometro 113,200 al chilometro 117,000 sono stati affidati all'impresa appaltatrice Tecnis s.p.a. ed hanno raggiunto uno stato di avanzamento del 78,8 per cento;
   l'intervento, per un investimento complessivo di 46.577.327,80 euro, riguarda un tratto di quasi 4 chilometri e prevede, in particolare, l'allargamento della sede stradale dagli attuali 6 metri a 10,5 metri, l'eliminazione delle tortuosità del tracciato tramite la realizzazione di due gallerie, la protezione della sede stradale dal rischio di caduta massi tramite la messa in sicurezza del versante roccioso e la realizzazione del nuovo svincolo di Micigliano;
   da autorevoli fonti di stampa inoltre si evince come sia stato completato lo scavo della galleria «San Quirico», principale opera prevista nell'ambito dei lavori di ammodernamento della strada stata 4 «Via Salaria» tra bivio di Micigliano e la galleria «Gola del Velino», in provincia di Rieti;
   la consegna all'impresa è stata affidata il 28 marzo 2012, mentre non è dato sapere il termine dei lavori che attualmente dal sito dell'Anas sono in «via di ridefinizione»;
   migliorare i collegamenti sulla direttrice Salaria Roma-Rieti-Ascoli Piceno è quanto di più urgente soprattutto a seguito del terremoto che ha colpito le popolazioni tra la provincia di Rieti e quella di Ascoli Piceno al fine di valorizzare l'interscambio tra l'Adriatico ed il Tirreno –:
   di quali informazioni il Ministro interrogato sia a conoscenza in merito ai fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti abbia intenzione di intraprendere, per quanto di competenza, in merito alla realizzazione degli interventi necessari alla messa in sicurezza di questo tratto importantissimo della strada statale Salaria e del suo manto e se non ritenga di promuovere un'accelerazione dell'avanzamento dell'opera pubblica definendo in maniera risolutiva le tempistiche per la conclusione dei lavori. (5-11914)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che l'Enac – l'Ente nazionale per l'aviazione civile – avrebbe rilasciato parere favorevole al progetto preliminare per la riapertura dell'aeroporto di Cortina d'Ampezzo-Fiames, chiuso a seguito dell'incidente mortale del Cessna del 31 maggio 1976, incidente che costò la vita a sei persone;
   il progetto, presentato da una cordata di imprenditori, capeggiata da Fabrizio Carbonera e riuniti nella società denominata «Cortina Airport», avrebbe ricevuto il «via libera» dall'Enac, con l'indicazione di alcune linee guida da seguire per la realizzazione del progetto definitivo;
   tra le indicazioni fornite, l'Enac avrebbe stabilito, in particolare, che a Fiames possa sorgere un general aviation airport aperto solo a jet privati fino a 19 posti, turboelica fino a 29 aerotaxi e voli charter, ma il numero di posti previsto potrebbe essere ampliato in futuro in base all'evolversi delle normative;
   per quanto di conoscenza, la posizione della pista di Fiames verrebbe spostata, passando da 1.280 a 1.520 metri, più 75 metri per lato, a soli 500 metri dal parco naturale di Cortina, che rientra in una zona definita dall'Unesco patrimonio dell'umanità;
   secondo quanto appreso da fonti di stampa, la revisione di spesa per la riapertura dell'aeroporto si aggirerebbe tra i 10 e i 15 milioni di euro, con una stima annuale di circa 16 mila persone trasportate, ma allo stato attuale non sono ancora stati resi noti né il progetto preliminare sottoposto a parere dell'Enac, né il piano economico e finanziario dell'opera;
   il Presidente della regione Veneto Luca Zaia si è espresso pubblicamente a favore dell'ipotesi di una riapertura dell'aeroporto di Cortina, auspicando la sua l'inaugurazione in occasione dei mondiali di sci del 2021 –:
   se il Ministro interrogato intenda acquisire, anche per il tramite dell'Enac, ulteriori elementi di informazione in merito al progetto preliminare e al piano economico finanziario dell'opera in questione, con particolare riguardo all'analisi costi-benefici relativi alla riapertura della pista;
   se il Ministro intenda chiarire, in base alle raccomandazioni ed alle prescrizioni redatte dall'Enac, se e attraverso quali previsioni e misure di sicurezza possano ritenersi superate quelle criticità morfologico-ambientali proprie del territorio alpino di Cortina che hanno portato alla chiusura dell'aeroporto di Flames nel 1976. (5-11920)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CULOTTA e RIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 16 luglio 2017 senza alcun preavviso l'aliscafo «Tiziano» della compagnia Ustica Lines è stato dirottato su una linea diversa da quella Ustica-Palermo;
   lo stesso aliscafo «Tiziano» era tornato in servizio dopo diversi mesi di manutenzione straordinaria;
   l'aliscafo «Tiziano» veniva sostituito nella giornata del 16 luglio da un'altra imbarcazione, l'aliscafo «AliJumbo Messina», che si è dimostrata inadatta ad affrontare la tratta;
   l'aliscafo AliJumbo Messina ha ritardato la corsa delle 15,30, in partenza da Palermo, spostandola alle 17,00;
   in ripartenza da Ustica lo stesso aliscafo AliJumbo Messina è ripartito alle 19,00 (orario di partenza previsto 17,15);
   lo stesso aliscafo durante la tratta, secondo le testimonianze dei passeggeri a bordo, ha sostato in mare aperto per ragioni non note attraccando al porto di Palermo alle 21,30 con 2 ore e 30 minuti di viaggio, rispetto ad 1 ora e 25 minuti previsti da contratto;
   il disservizio di cui sopra ha causato la cancellazione della corsa prevista per domenica 16 luglio per le 19,00 e della corsa del 17 luglio 2017, da Ustica-Palermo delle ore 6,45 causando ulteriori disagi;
   ad aggravare i disservizi vi è stata l'inspiegabile anticipata partenza della motonave «Sibilia», da Ustica verso Palermo, alle 15,30, anziché all'orario prestabilito delle 17,00 determinando sia disagi che proteste per la scarsa informazione sul cambio orario;
   tali disservizi si sommano a quelli registrati durante l'anno nell'ambito di tutto il trasporto marittimo da e per le isole minori;
   tutto questo ha prodotto notevoli disagi ai cittadini, alle imprese turistiche e alla comunità usticese tutta con un notevole danno di immagine in una stagione estiva ormai a pieno regime;
   il sindaco di Ustica ha denunciato pubblicamente quanto accaduto facendo riferimento ad un regime di monopolio nel trasporto marittimo ormai nel caos e informando dei fatti accaduti e sopra descritti tutte le autorità competenti –:
   se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto accaduto;
   di quali elementi disponga circa le motivazioni che hanno prodotto i suddetti disservizi;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e di concerto con la regione siciliana, al fine di prevenire tali disagi e danni di immagine ad un'isola che vivendo di turismo fa della qualità dei collegamenti marittimi una sua priorità.
(4-17381)


   SQUERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 ottobre 2016, durante il transito di un mezzo pesante, il cavalcavia al chilometro 41,00 in corrispondenza della strada provinciale 49, tra Cesana e Annone Brianza (Lecco), è collassato e il drammatico crollo ha provocato una vittima e cinque feriti;
   da quel momento, l'attività di rilascio delle autorizzazioni al trasporto eccezionale, con particolare riguardo ai transiti sulla viabilità degli enti locali, ha subito una sostanziale paralisi dovuta principalmente alla preoccupazione dei predetti enti circa la tenuta delle infrastrutture di propria competenza;
   al fine di sbloccare il rilascio di queste autorizzazioni, in sede di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato presentato un emendamento presso la Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, che ha introdotto modifiche sostanziali all'articolo 10 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dirette a consentire la ripresa dell'attività di trasporto eccezionale in condizioni di sicurezza;
   con l'obiettivo di sbloccare l’empasse sul rilascio delle autorizzazioni al trasporto eccezionale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva predisposto un testo di direttiva di cui, tuttavia, a tutt'oggi, non si hanno più notizie;
   il protrarsi di queste incertezze sta avendo pesantissime ripercussioni non solo sulle imprese del trasporto eccezionale, ma anche sul mondo industriale che, come dimostrato anche da una serie di articoli pubblicati su autorevoli organi di stampa, sta perdendo commesse di milioni di euro da parte di operatori esteri per l'impossibilità di far trasportare la loro produzione sulle nostre strade;
   il perdurare di questa indeterminatezza nelle procedure di rilascio delle autorizzazioni, inoltre, ha dato adito a comportamenti di alcuni enti locali che sono ai limiti della vessazione per l'autotrasportatore e, comunque, certamente censurabili sotto il profilo giuridico. In particolare, risulta all'interrogante che la provincia di Pavia, per il transito su un manufatto di sua competenza di un trasporto eccezionale per massa, avrebbe chiesto all'impresa di autotrasporto di eseguire, a sue spese, una verifica di sicurezza indicando anche il nominativo di un professionista disponibile ed abilitato ad effettuare tali perizie il quale, interpellato da detta impresa, avrebbe presentato un preventivo di spesa di ben 70.000 euro –:
   come intenda il Governo intervenire per evitare la chiusura delle attività non solo di molte imprese di autotrasporto, ma anche di imprese del settore della produzione, con la conseguente perdita di posti di lavoro;
   se non ritenga utile adottare una iniziativa normativa d'urgenza che, in attesa della mappatura delle strade attraverso una riduzione della portata complessiva, come proposto dai tecnici della Motorizzazione civile, consenta la ripresa dello svolgimento dei trasporti eccezionali. (4-17391)


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da diverse fonti stampa del gennaio 2017, la Soprintendenza ai beni culturali avrebbe imposto un adeguamento rispetto al progetto presentato da Rete ferroviaria italiana riguardante il futuro sottopasso ferroviario che dovrà sorgere a Borgomanero (Novara);
   le infrastrutture da realizzare sono una nella frazione San Marco per consentire il successivo smantellamento del passaggio a livello di via Verdi e via monsignor Cavigioli, e una, la più importante, nella zona tra via Fratelli Maioni (nella zona del Ponte Rosso) e il cavalcavia di via Arona. Proprio a questo sottopasso, che cambierà profondamente la viabilità della città, è riferita la richiesta imprevista della Soprintendenza;
   secondo quanto richiesto dalla Soprintendenza, il progetto dei sottopassi andrebbe modificato per tutelare manufatti «storici»;
   l'adeguamento sopradescritto rischierebbe, secondo l'interrogante, di fare slittare ancora i tempi di realizzo e soprattutto di perdere i finanziamenti già stabiliti;
   come si apprende dalle fonti stampa, infatti, il comune di Borgomanero e Rete ferroviaria italiana hanno già siglato tutti gli accordi per la costruzione dei due sottopassi che permetteranno di chiudere i passaggi a livello in città;
   la Soprintendenza richiederebbe, nel dettaglio, che la strada venga spostata di quindici metri a nord, per tutelare meglio i manufatti esistenti, cioè le pensiline del Foro Boario, costruito negli anni ’30 e quindi incluso negli immobili sotto tutela storica. Una variazione tale, secondo quanto dichiarato dagli amministratori locali, da rischiare di stravolgere l'intero progetto;
   il costo complessivo dell'opera si aggirerebbe intorno ai 9,5 milioni di euro, di cui 1,8 milioni a carico del comune e che lo stesso afferma di aver già stanziato;
   da quanto si apprende da un recente articolo pubblicato sul quotidiano «La Stampa» in data 15 luglio 2017, il sindaco di Borgomanero Sergio Bossi ha dichiarato come, a seguito di un incontro con alcuni rappresentanti della regione Piemonte, sia emerso il fatto che le problematiche sorte nel mese di gennaio nascessero da un'interpretazione «soggettiva» della Soprintendenza. Lo stesso sindaco si è detto poi ottimista riguardo al fatto che ogni dubbio sarebbe stato chiarito e che Rete ferroviaria italiana sarebbe riuscita a far partire l'opera con un bando di gara entro fine anno –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti di cui in premessa;
   se trovi conferma che, come dichiarato dal sindaco di Borgomanero, le prescrizioni presentate dalla Soprintendenza siano ormai superate;
   se trovi conferma che, entro la fine del 2017 sarà pubblicato un bando di gara riferito all'opera in oggetto. (4-17401)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 agosto 2016 n. 169 modifica la legge 28 gennaio 1994 n. 84 recante «Riordino della legislazione in materia portuale»;
   con il suddetto decreto legislativo si istituiscono le autorità di sistema portuale, tra cui quella alla lettera i) del nuovo articolo 6 denominata «del Mare di Sicilia Orientale» che comprende i porti di Augusta (Siracusa) e Catania (allegato A del decreto legislativo);
   al comma 3 dello stesso articolo si legge «Sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP» e in tale regolamento si indica quello di Augusta come porto «Core», pertanto, inserito nella rete trans europea TEN-T in ragione del suo potenziale di espansione e del traffico totale di merci (26.342,608 per 1000 tonnellate di Augusta contro 7.557,779 per 1000 tonnellate di Catania nel 2015 secondo una elaborazione di Assoporti);
   potere discrezionale da parte del Ministero vi è solamente nel caso in cui vi siano due porti centrali così come previsto dal comma 3 dell'articolo 6, del suddetto decreto legislativo, ma nell'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia Orientale soltanto quello di Augusta è classificato come tale;
   nonostante ciò, il presidente della regione siciliana, con nota ufficiale del 12 settembre 2016, richiedeva come sede Catania per l'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale;
   con lettera del 27 ottobre 2016 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad avviso degli interroganti contrariamente a ciò che è prescritto dalla legge, comunicava al presidente della regione siciliana la scelta di Catania quale sede dell'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale;
   dopo la firma avvenuta il 25 gennaio 2017, solamente in data 7 luglio 2017, il decreto ministeriale è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
   alla medesima data, in seguito al ricorso di Assoporto Augusta, il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ha sospeso il decreto per «sufficienti elementi di fumus boni juris» –:
   se il Governo, a seguito della sospensione dell'efficacia del decreto, intenda assumere iniziative per modificare la scelta della sede dell'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale.
   (4-17403)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 («Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato»), affida, tra l'altro, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco – oltre alle competenze già previste dalla normativa vigente – nuove e ulteriori competenze in materia di contrasto attivo degli incendi boschivi, come definite dall'articolo 7, comma 1, della legge 21 novembre, n. 353 («legge quadro in materia di incendi boschivi»);
   la carenza di organico che riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce un fattore di evidente preoccupazione;
   gli incendi che anche in queste settimane colpiscono vaste aree del Paese costituiscono una vera e propria emergenza di carattere nazionale;
   la legge di bilancio 2017 ha previsto una serie di stanziamenti finalizzati ad assunzioni straordinarie per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco pari a 23 milioni di euro per il 2017 e pari a 80 milioni di euro a decorrere dal 2018;
   il Governo ha parimenti annunciato di voler esaurire la graduatoria del concorso pubblico 814 (decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008) –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di potenziare stabilmente gli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e prorogare la validità della graduatoria del concorso pubblico 814, garantendo il suo esaurimento. (3-03174)


   DE MITA, BINETTI, BUTTIGLIONE e CERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in Maremma, in provincia di Grosseto, da gennaio ad oggi sono bruciati 1200 ettari di bosco, 280 di campi e 1000 di sterpaglie, per un totale di oltre 1500 interventi con una evidente recrudescenza del fenomeno come facilmente riscontrabile negli ultimi anni dal numero sempre crescente dei focolai accesi e dall'aumento esponenziale delle superfici coinvolte e danneggiate;
   in tutto lo scorso anno in Toscana c'erano stati 1600 i roghi;
   dalle ultime ricostruzioni appare sempre più probabile che l'origine dei roghi sia dolosa dato il rinvenimento, anche nelle ultime ore, di tracce evidenti ed inequivocabili di inneschi che lasciano presagire la possibilità di un disegno criminale dietro ai suddetti fenomeni –:
   quali siano le informazioni più recenti in possesso del Ministro interrogato rispetto ad un fenomeno in evidente crescita che desta preoccupazione tra le comunità locali, con particolare riferimento alla natura degli incendi;
   se la questura e la prefettura della provincia di Grosseto abbiano sufficienti uomini e mezzi per far fronte all'emergenza o se siano necessari ulteriori rinforzi. (3-03176)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è consumata una nuova aggressione a bordo di un treno; la vittima è un capotreno che alla stazione marittima di Porto Torres, in provincia di Sassari, è stata molestata da un gruppo di nigeriani;
   la donna, secondo quanto riportato da fonti dei media, sarebbe stata aggredita durante un controllo dei biglietti; i ragazzi erano saliti a bordo senza titolo di viaggio e così hanno deciso di accerchiare la donna per poi aggredirla e palpeggiarla;
   la polizia ferroviaria ha identificato gli aggressori, ma al momento non risultano provvedimenti di fermo;
   è stata dura la reazione dei rappresentanti sindacali: «Non si può più continuare così, con i lavoratori dei trasporti in balia dei violenti. Ormai registriamo un episodio di violenza al giorno e le lavoratrici e i lavoratori non possono essere lasciati soli»;
   a parere dell'interrogante, si tratta di episodi molto gravi, purtroppo molto frequenti, e che meritano la massima attenzione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative urgenti abbia inteso e intenda adottare, a tutela dei lavoratori e degli stessi passeggeri a bordo dei treni, e per assicurare una vigilanza più attiva dopo le riduzioni dei servizi di polizia ferroviaria sul territorio nazionale. (4-17385)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel quadro della complessa gestione del fenomeno migratorio, uno dei punti di maggiore criticità è rappresentato da molti mesi dalla frontiera italo-francese di Ventimiglia;
   qui infatti vengono a concentrarsi numerosissimi migranti, nel tentativo di passare il confine per poter continuare il loro viaggio verso i paesi del Nord Europa;
   nonostante i numerosi richiami alla solidarietà europea nella gestione dei flussi, la Francia non si è mai dimostrata collaborativa, procedendo dal 2015 a un blocco di fatto della frontiera, limitatamente ai passaggi dei richiedenti asilo, in violazione del regolamento europeo 2006/562;
   secondo un'indagine di Open Migration, risultano essere già 11 in pochi mesi gli incidenti mortali causati della chiusura della frontiera francese a Ventimiglia. «Annegati, investiti, precipitati, fulminati, i migranti muoiono tentando di attraversare, oppure si perdono e si feriscono in luoghi pericolosi», si legge nell'inchiesta;
   in questo quadro – come denunciato dalla Caritas di Ventimiglia – riveste particolare gravità il trattamento riservato ai minori stranieri non accompagnati (Msna) che in virtù della loro condizione avrebbero diritto a un trattamento di specifica tutela, e che invece risultano oggetto di respingimenti illegali da parte delle autorità di frontiera francesi;
   ciò che accadrebbe è che la polizia francese controlli sistematicamente tutti i treni transitanti, e laddove riscontri la presenza di Msna, proceda a farli scendere e risalire immediatamente su un convoglio diretto in Italia;
   la situazione risulta essere talmente grave – con centinaia di casi di Msna illegittimamente respinti dal 2015 ad oggi – che la prefettura di Imperia ha pensato di allestire una sezione del Campo Roya di Ventimiglia (gestito insieme alla Croce rossa) da dedicare all'accoglienza specifica dei Msna, con personale apposito;
   a tale proposito sono state notevoli le problematiche seguite alla pulizia e allo sgombero della zona adiacente al greto del fiume Roya – secondo la denuncia delle associazioni umanitarie che qui prestano soccorso – effettuata a fine giugno 2017 su ordinanza del sindaco loculano, tanto da avere determinato una disordinata e caotica fuga di massa da parte dei rifugiati, timorosi di un rastrellamento;
   in questi ultimi giorni appare in crescita il numero di Msna transitati provvisoriamente al Campo Roya; risulta, infatti, in fase di ultimazione l'area destinata a donne, famiglie e bambini che dovrebbe portare alla chiusura delle Gianchette e a uno spostamento strutturale degli ospiti della Chiesa di Sant'Antonio presso il campo gestito da prefettura e Croce rossa –:
   come mai la locale prefettura, la questura e gli altri soggetti istituzionali preposti non si siano coordinati con le associazioni umanitarie (e anzi abbiano in taluni casi ostacolato il loro operato) che prestano soccorso presso il greto del fiume Roya, nel preparare, realizzare e comunicare adeguatamente le operazioni di pulizia e sgombero;
   quali iniziative si intendano adottare affinché la Francia rispetti il regolamento europeo 2006/562 e soprattutto per impedire che siano respinti oltre frontiera dei minori non accompagnati, con tutti i problemi per la sicurezza personale di ciascuno di loro che una decisione del genere comporta;
   quali soluzioni si intendano apportare per evitare respingimenti su larga scala (non di soli minori stranieri non accompagnati), che pongono i migranti in situazioni di grave disagio psicologico o che li inducono a tentare vie alternative ed illegali, pericolose per la loro incolumità;
   come si intenda garantire piena e dignitosa accoglienza a ciascun minore non accompagnato da parte del nostro Stato, nel caso specifico a Ventimiglia, considerando che per legge il minore dovrebbe essere preso in carico dalle autorità per una sistemazione in struttura protetta, e non promiscua, come specifica la recente «legge Zampa», per poi attivare ricerche atte a comprendere se abbia o meno parenti nel nostro Paese. (4-17396)


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 gennaio 2015, il Parlamento ha approvato la legge n. 2 del 2015 che ha abolito i limiti di altezza di 165 centimetri per il sesso maschile e 161 centimetri per il sesso femminile, sino quel momento adottato per consentire l'accesso agli organici delle forze del ordine e dei vigili del fuoco;
   tale provvedimento legislativo, molto sollecitato ed atteso, andava incontro a raccomandazioni europee in tale senso, ma soprattutto assecondava l'evidenza che suggeriva di modificare i requisiti fisici di tale specifica concorsualità in modo più moderno ed adeguato alle effettive esigenze delle professionalità di riferimento;
   la legge n. 2 del 2015 demandava l'identificazione dei nuovi requisiti fisici di idoneità ad un successivo decreto attuativo, da trasmettere a le Camere per il necessario parere entro 6 mesi rispetto all'entrata in vigore della norma;
   dopo un delicato e complesso iter formativo, il decreto attuativo della legge n. 2 del 2015 entrava effettivamente in vigore con decorrenza dal 13 gennaio 2016, sostituendo il parametro di idoneità dell'altezza con la più ragionevole valutazione combinata dei requisiti relativi alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolica attiva;
   pochi giorni prima dell'entrata in vigore del decreto, il Ministero dell'interno, in data 17 dicembre 2015 pubblicava un bando di concorso per 320 posti di allievo vice ispettore di polizia che, all'articolo 2, prevedeva ancora il possesso dei requisiti di altezza previsti dalla normativa che era stata appena cancellata;
   i concorrenti che presentarono domanda di partecipazione a tale bando lo fecero dunque con la ragionevole convinzione che, nella successiva fase di valutazione concorsuale, l'idoneità fisica sarebbe stata automaticamente determinata sulla base dei nuovi requisiti discendenti dalla legge approvata quasi un anno prima e di imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
   tali nuovi requisiti erano dunque pienamente vigenti nel momento in cui i concorrenti di tale concorso effettuarono effettivamente le prove di idoneità fisica;
   ciò nonostante, il Ministero dell'interno non ha ritenuto di tenere conto delle nuove norme approvate e ha giudicato i partecipanti esclusivamente sulla base del requisito dell'altezza, escludendo così numerosi concorrenti che, all'atto della valutazione, erano pienamente idonei ai sensi della nuova normativa vigente;
   tale anomalia della gestione di tale concorso rischia di ingenerare un vasto contenzioso nei tribunali amministrativi che, oltre a rallentare le stesse procedure concorsuali, è suscettibile comportare pesanti costi legali per l'amministrazione;
   al di là di qualsiasi interpretazione formale, dalla data di approvazione della legge n. 2 del 2015 (12 gennaio 2015) appare assolutamente chiara la volontà del legislatore di sostituire i previgenti criteri idoneità fisica legata all'altezza con i nuovi, più adeguati parametri, effettivamente divenuti operativi in data 13 gennaio 2016 e cioè meno di un mese dopo la pubblicazione del bando per vice ispettore di polizia e ben prima che iniziassero effettivamente le relative attività di selezione concorsuale –:
   se non si ritenga opportuno, in sede di autotutela, rivedere eventuali giudizi di inidoneità relativi al concorso per 320 posti di allievo vice ispettore di polizia che fossero basati sul parametro fisico dell'altezza, riformulandoli sulla base della normativa introdotta con la legge n. 2 del 2015, peraltro effettivamente vigente al momento dell'espletamento del concorso stesso. (4-17398)


   INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Castione della Presolana, in provincia di Bergamo, risultano ospitati nel sistema di accoglienza temporaneo ben 56 immigrati, di cui non è nota la nazionalità né si sa se gli stessi abbiano già formalizzato una richiesta di protezione internazionale o se sulle domande di asilo si sia già pronunciata la commissione territoriale competente;
   Castione della Presolana conta una popolazione di 3.416 abitanti e, pertanto, è di tutta evidenza che il numero di immigrati ivi allocati è cinque volte superiore rispetto a quanto previsto dal protocollo di intesa Governo-Anci, che stabilisce una quota di 2,5/3 immigrati ogni 1.000 abitanti residenti;
   oltre a quanto sopra, pare che mesi fa il sindaco di Castione della Presolana, con lettera del 2 maggio 2017 protocollo n. 3732, avesse comunque già chiesto che il proprio comune venisse escluso dai «bandi di servizio accoglienza migranti», ma che a tale richiesta la prefettura di Bergamo non abbia dato seguito né effettivo riscontro;
   secondo quanto riportato anche dalla stampa, recentemente il sindaco di Castione della Presolana ha nuovamente scritto al prefetto di Bergamo, oltre che per ribadire l’«assoluta contrarietà» dell'amministrazione comunale all'eventuale ospitalità di immigrati nel proprio territorio, anche per evidenziare l'eccessivo numero dei migranti già inviati e allocati rispetto a quanto previsto dal sopra citato accordo Governo-Anci e, infine, per evidenziare le preoccupazioni, anche a nome della popolazione residente, per la criticità della situazione creatasi a seguito delle decisioni finora assunte in tema di accoglienza –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, sulla base di quali criteri e presupposti sia stato deciso dal prefetto di Bergamo di alloggiare ben 56 immigrati nel comune di Castione della Presolana, e se tale decisione sia conforme alla normativa vigente, anche avuto riguardo all'accordo Ministero-Anci sopra citato; se, alla luce delle considerazioni sopra esposte, non ritenga opportuno assumere iniziative per l'immediata revoca della decisione assunta dallo stesso prefetto e la chiusura del centro di accoglienza a Castione della Presolana.
   (4-17399)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 luglio 2017 Padova è stata teatro di due diversi presidi tenuti in contemporanea;
   il primo era indetto per protestare contro lo ius soli da Forza Nuova, organizzazione di matrice neofascista i cui esponenti sono stati più volte coinvolti in episodi di violenza contro persone;
   il secondo, convocato da centri sociali, associazioni e movimenti sindacali di base, manifestava contro la presenza in piazza dei fascisti;
   stando a quanto riportato dagli organi di informazione, la questura avrebbe autorizzato entrambi ad una presenza fissa, escludendo la possibilità di corte;
   numerosi testimoni e fonti online, fra cui una diretta su Facebook, riportano che Forza Nuova abbia invece dato vita ad un corteo per alcune decine di metri, senza trovare un'adeguata reazione degli organi preposti, innescando così la reazione dell'altro presidio, degenerata poi in scontri con le forze dell'ordine;
   se confermata, questa ipotesi dimostrerebbe che ci siano stati errori nella gestione della piazza, al punto da permettere libertà di movimento ai neofascisti, ad avviso dell'interrogante già eccessivamente tutelati dalla concessione del presidio –:
   se trovi conferma che le autorizzazioni riguardassero presidi stabili e non cortei;
   se risponda al vero che Forza Nuova abbia voluto le disposizioni originarie e, nel caso come sia potuto accadere;
   se non ritenga di dover disporre una verifica volta a chiarire perché sia stato consentito di manifestare a un soggetto neofascista che, come tale, all'interrogante appare incompatibile con il dettato costituzionale. (4-17406)


   VILLAROSA, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, FERRARESI, FRUSONE, RIZZO, CORDA e LUPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come prevedibile data l'ordinarietà del fenomeno migratorio, nei primi mesi del 2017 si sono susseguiti sbarchi di migranti sulle coste europee pari a 110.374 arrivi di cui 93.213 sulle sole coste italiane;
   la risposta europea assunta con l'Agenda sulle migrazioni di maggio 2015 ha introdotto, in deroga temporanea al regolamento (UE) n. 604/2013, e a norma delle decisioni (UE) 2015/1523 e (UE) 2015/1601 lo strumento della ricollocazione per distribuire un totale previsto di 160.000 migranti dall'Italia e dalla Grecia verso altri Stati membri entro settembre 2017;
   stando ai dati disponibili aggiornati al 13 luglio 2017 risultano ricollocati dall'Italia solo 7.615 migranti, decretando così il fallimento della misura prevista;
   il 30 giugno 2017 la prefettura di Messina ha indetto una procedura di gara, in scadenza al 24 luglio 2017, per l'affidamento dei servizi di accoglienza ed assistenza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale sul territorio della provincia di Messina, per strutture con capienza non superiore a 300 posti, per un numero di richiedenti asilo stimato in 1.656 unità;
   il bando prefettizio, coerentemente con quanto disposto dal piano nazionale di accoglienza Governo-ANCI e dalla Conferenza Stato-regioni del luglio 2014, prevede che nei comuni con popolazione sino a 4.000 abitanti, il numero dei migranti ospitati nelle strutture non deve essere complessivamente superiore a 20 unità;
   secondo fonti di stampa del 15 luglio 2017 si apprende della protesta attuata dal sindaco di Castell'Umberto, comune di 3.128 abitanti, riguardo all'imminente trasferimento di circa 50 migranti da accogliere presso la struttura denominata «hotel Canguro» e situata nel comune limitrofo di Sinagra, che conta 2.705 abitanti, trasferimento che a quanto pare sarebbe stato disposto prima del termine delle regolari procedure di gara;
   il sindaco denuncia la mancanza di giusto preavviso da parte della prefettura, nonché l'inagibilità della struttura individuata che risulterebbe sprovvista di luce con una morosità relativa alla fornitura di acqua risalente al 2012 per cui vi è in corso un procedimento giudiziario;
   in data 15 luglio 2017 lo stesso iter procedurale stava interessando il comune di Merì, piccolo paese di 2.338 abitanti, dove la prefettura aveva l'intenzione di trasferire circa 30 migranti che sarebbero stati ospitati in un complesso residenziale, anch'esso privo dei necessari requisiti strutturali ed abitativi, iter sospeso grazie all'intervento del sindaco che ha potuto mettere in evidenza tali criticità e carenze;
   l'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 dispone che l'accoglienza presso centri di accoglienza straordinaria sia limitata al tempo strettamente necessari al trasferimento presso strutture di accoglienza ordinaria ex articolo 14 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (Sprar) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare per accertare quali siano i criteri seguiti dalla prefettura nella scelta dei luoghi assegnati alla prima accoglienza dei migranti sul territorio messinese ed, in particolare, in relazione ai requisiti strutturali, urbanistici e socio-ambientali delle strutture individuate necessari a garantire la sicurezza dei migranti ospitati;
   se e quali iniziative intenda adottare affinché venga garantita una più equa distribuzione sul territorio dei migranti, così come previsto nell'accordo stipulato fra Anci e Ministero dell'interno, nel rispetto del rapporto medio di 2,5 migranti ogni 1.000 abitanti, e affinché venga favorito l'ampliamento della rete Sprar. (4-17407)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, LUIGI GALLO e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 1o giugno 2017, n. 374, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stata disposta la riapertura delle graduatorie di circolo e di istituto del personale docente ed educativo di II e III fascia – triennio scolastico 2017/20;
   la procedura per l'aggiornamento delle graduatorie prevedeva la presentazione della domanda di inclusione nelle graduatorie entro il 24 giugno 2017, mentre per la scelta delle sedi delle istituzioni scolastiche si rimandava ad una seconda fase effettuabile esclusivamente attraverso il sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   l'istanza per la scelta delle sedi è stata avviata il 14 luglio 2017 e scade il 25 luglio 2017;
   da notizie di stampa del 18 luglio 2017 si apprende che il sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è in tilt e non permette, nella maggior parte dei casi, l'inserimento delle scelte;
   non è la prima volta che un servizio on line del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca va in tilt. Può essere citato, ad esempio, cosa accadde nel gennaio 2013 in occasione dell'obbligo di iscrizione on line nelle scuole statali per tutti gli studenti: il servizio messo in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca andò in tilt;
   i sindacati e tutti gli utenti interessati consigliano una proroga della data di scadenza, in quanto, probabilmente, molti iscritti alle graduatorie di circolo e istituto non riusciranno a presentare la scelta delle sedi prima della scadenza prefissata;
   nonostante la notizia sul tilt del sito internet per presentare le istanze on line sia esplosa solo il 18 luglio 2018, già dal 14 luglio si riscontravano notevoli problemi per il completamento delle istanze per cui, con molta probabilità, molti iscritti non riusciranno a completare l'istanza –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per prorogare la data di scadenza prevista per la scelta delle sedi. (4-17384)


   VIGNALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto dirigenziale del dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, n. 106 del 23 febbraio 2016 è stato indetto un concorso finalizzato al reclutamento del personale docente per la scuola di primo e secondo grado. Con decreti ministeriali prot. n. 93, n. 94 e n. 95 del 23 febbraio 2016 sono stati individuati gli ambiti disciplinari, i titoli valutabili e le prove d'esame relative al citato concorso;
   con decreto 27 maggio 2016, n. 420, è stata costituita la commissione giudicatrice destinata ad esaminare i candidati ammessi al concorso n. 106; i compensi dei componenti della commissione sono stati stabiliti ai sensi del decreto interministeriale (Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca-Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione) 12 marzo 2012;
   le prove di commissione si sono svolte tra maggio e novembre 2016, per un totale di oltre 150 ore a commissario; a tutt'oggi ai suddetti commissari non risultano essere stati erogati i compensi, già esigui, stabiliti dal citato decreto 12 marzo 2012 –:
   per quali motivi non siano stati ancora erogati i compensi spettanti ai componenti della commissione giudicatrice del concorso per il reclutamento del personale docente destinato alla scuola di primo e secondo grado, di cui al decreto dirigenziale del dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 106 del 23 febbraio 2016. (4-17390)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'autrice del libro « Weapon of math destruction», letteralmente «armi di distruzione matematica» ha evidenziato come gli algoritmi sempre più usati per assumere decisioni e selezionare personale, da aziende e amministrazioni pubbliche, ritenuti sicuri e non influenzabili, non consentono, invece, di evitare errori, anzi producono discriminazioni di razza, di genere, di ceto sociale;
   fatto grave è che chi ne fa uso non si preoccupa del loro risultato;
   gli stessi dubbi sono emersi dai lavori di un congresso organizzato a Boston. Le conclusioni dell'incontro hanno indotto alcune associazioni per i diritti civili americane a organizzarsi per scoprire le intelligenze artificiali «razziste»;
   le prime ricerche hanno dimostrato che più si investiga più se ne trovano. Si tratta di un fenomeno, quindi, tutto da studiare;
   alcuni esempi di razzismo nelle intelligenze artificiali sono stati già svelati da studi scientifici. L'università di Bath, ad esempio, ha dimostrato sulla rivista «Science» che gli algoritmi che si utilizzano per interpretare il linguaggio hanno acquisito molti dei «bias» verificati nell'uomo dagli esperimenti di psicologia. Le parole «femmina» e «donna» vengono associate maggiormente ad occupazioni «umanistiche» e legate alla cura della casa, mentre i corrispondenti maschili a professioni matematiche;
   se a questi programmi viene chiesto di selezionare dei curriculum per un lavoro, sarà più probabile che scelgano quelli di maschi per un posto da ingegnere;
   negli Stati Uniti stanno comparendo persino algoritmi che valutano i professori o che aiutano i giudici a stabilire chi può avere la libertà sulla parola. Secondo alcuni esperti, i rischi che i pregiudizi «umani» vengano ripetuti o addirittura enfatizzati sono molto alti;
   anche in Italia si sta diffondendo l'uso di algoritmi per decidere trasferimenti di personale e assunzioni e, in non pochi casi, i risultati ottenuti hanno provocato contestazioni e ricorsi;
   a quanto si apprende la trasparenza di tali algoritmi è da verificare –:
   se non ritenga utile assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare se effettivamente l'utilizzo di algoritmi possa produrre errori e discriminazioni e che tipo di controlli si intendano promuovere e da parte di quali autorità;
   se, sulla base dei dati in possesso del Governo, sussistano elementi per escludere che errori e discriminazioni possano essere stati commessi da quelli già utilizzati. (5-11917)


   TRIPIEDI, CIPRINI, DALL'OSSO, LOMBARDI, CHIMIENTI, VILLAROSA, PESCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, ALBERTI, RIZZO, DEL GROSSO e SCAGLIUSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Ceme spa, multinazionale nata e tuttora presente a Carugate (Milano) nel 1974, produce valvole, elettrovalvole e pompe per l'industria. È presente nel mondo con 4 stabilimenti e una rete di partner distributori in circa 50 Paesi, conta 900 dipendenti complessivi, esporta più dell'85 per cento della propria produzione e ha bilanci in attivo e fatturati di milioni di euro in continua crescita;
   in data 5 giugno 2017, l'azienda ha comunicato ai sindacati la decisione di chiudere il sito di Carugate e ha inviato lettera di licenziamento per ognuno dei 97 lavoratori dello stabilimento accompagnata dalla decisione di non voler fornire loro gli ammortizzatori sociali;
   l'azienda, che appartiene ad un fondo finanziario da diversi anni, ha specificato che non è prevista nessuna delocalizzazione ma una riorganizzazione necessaria per sopravvivere in un mercato sempre più esigente e improntato al contenimento dei costi e di avere già individuato i terzisti a cui affidare parte della produzione di Carugate;
   tra i progetti dichiarati dalla direzione, vi sono la riduzione operativa dello stabilimento di Carugate, il trasferimento di parte della produzione all'estero e l'ulteriore rafforzamento della produzione degli altri siti italiani, quest'ultimo fattore già avviato da tempo. L'ultima riorganizzazione avvenuta 11 mesi fa, aveva infatti visto 90 dipendenti del sito di Brugherio (Monza e Brianza), ora chiuso, costretti a spostarsi quotidianamente di 120 chilometri per andare nello stabilimento di Trivolzio (Pavia) che, con lo stabilimento di Tarquinia (Viterbo), concentra il grosso della manodopera italiana con un totale di 500 operai;
   in data 15 giugno 2017 si è tenuta in regione Lombardia un'audizione alla Commissione attività produttive sui licenziamenti annunciati a Carugate. Nonostante una disponibilità da parte dei lavoratori a diminuire i costi del lavoro, l'azienda non ha modificato la sua posizione già espressa nel comunicato del 5 giugno 2017;
   per i sindacati, la fabbrica di Carugate risulta avere numerose commesse e le potenzialità necessarie per rimanere aperta. Tale tesi è rafforzata dal fatto che sino a maggio 2017 i lavoratori erano impegnati in turni straordinari, lavorando anche nei weekend;
   i 97 lavoratori interessati dal procedimento di licenziamento sono persone di età compresa tra i 30 e i 55 anni e, quindi, nell'eventualità dovessero perdere il loro impiego, avrebbero oggettive difficoltà di ricollocazione nel mondo del lavoro –:
   se i Ministri interrogati non intendano istituire, qualora non l'abbiano già previsto, un tavolo nazionale di confronto con la società Ceme spa e le rappresentanze sindacali, al fine di evitare i licenziamenti dei 97 lavoratori sopraindicati e garantire la continuità aziendale e produttiva del sito di Carugate;
   nel caso non si raggiunga un esito positivo alla vicenda che consenta di evitare i licenziamenti dei lavoratori della sopraindicata azienda, se non si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere un piano di ricollocamento urgente per tutti i dipendenti licenziati. (5-11919)


   GNECCHI, BERRETTA, MINNUCCI, DAMIANO, SCHULLIAN e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'unica gradualità per l'accesso a pensione nell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 (la cosiddetta manovra «Salva Italia») è definita dal comma 15-bis: «15-bis. In via eccezionale, per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima: a) i lavoratori che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012 ai sensi della tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un'età anagrafica non inferiore a 64 anni; b) le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, ai sensi del comma 6, lettera a), con un'età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un'età anagrafica di almeno 60 anni»;
   le circolari dell'Inps 35 del 2012 e 196 del 2016 ne hanno limitato la possibilità di utilizzo; è stato previsto obbligatoriamente l'essere occupati nel privato il 28 dicembre 2011; con la successiva circolare è stato stabilito che per il raggiungimento del requisito contributivo sono esclusi dal computo i periodi di contribuzione volontaria, di contribuzione figurativa maturata per eventi al di fuori del rapporto di lavoro dipendente del settore privato e da riscatto non correlato ad attività lavorativa, limitazioni che non sono presenti nel testo della norma e quindi non corrispondono alla volontà del legislatore;
   di seguito si riportano casi concreti di respingimento di domanda di pensione presentata in via eccezionale e di revoche:
    signora P.I. – domanda n. 2186728100113 – età 64 anni – 20 anni di contribuzione (1041 settimane), esclusa perché ha 10 settimane di contribuzione volontaria, ha solo contribuzione da lavoratrice dipendente nel privato e contribuzione volontaria conseguente alla contribuzione obbligatoria nel settore privato;
    signor C.G. – n. richiesta 2002728800075 – età 64 anni – 38 anni di contribuzione, tutti nel settore privato, escluso perché ha 65 settimane di contribuzione per servizio militare obbligatorio;
    signor M.R. – Pensione VO 12581681 – ex dipendente Fondazione Policlinico Gemelli: in data 8 maggio 2017 l'Inps comunica la revoca della pensione liquidata con decorrenza dicembre 2016, chiedendo il recupero delle somme indebitamente percepite, con la motivazione che nei confronti del personale della suddetta Fondazione non trovano applicazione le disposizioni richiamate in premessa, nonostante nella circolare dell'Inps n. 149 del 2004 – punto 1.1 – inserisca le università private nel settore privato e la stessa fondazione dichiari si tratti di contratti di lavoro privati;
    signora C.M – Pensione VO 10076552 – in data 10 gennaio 2017 l'Inps comunica la liquidazione della pensione di vecchiaia (546 euro mensili) e, con successiva comunicazione del 28 giugno 2017, l'istituto comunica la revoca della pensione e l'indebito, motivando l'esclusione dal beneficio della norma in quanto non può essere presa in considerazione la contribuzione figurativa per disoccupazione, ovvia conseguenza del lavoro nel privato –:
   se intenda urgentemente assumere le iniziative di competenza nei confronti dell'Inps, affinché sia applicata correttamente la norma, posto che le liquidazioni delle pensioni e le revoche mostrano uno scostamento delle circolari applicative dalla norma primaria che comporta insostenibili sofferenze, soprattutto per coloro ai quali, la pensione prima è stata liquidata e poi revocata dallo stesso Istituto, lasciando persone senza alcuna fonte di reddito e chiedendo altresì la restituzione delle somme percepite. (5-11926)


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'audizione presso la Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate del presidente dell'Inps, Tito Boeri, in data 20 luglio 2017, è emerso il dato inquietante che, in fase di controlli a campione sulla regolarità occupazionale degli immigrati, 1 su 3 immigrati impiegati in aziende italiane è lavoratore in nero;
   sempre secondo quanto dichiarato dal presidente dell'Istituto, l'irregolarità della posizione lavorativa scaturirebbe dal fatto che l'immigrato è spesso in stato di clandestinità;
   tale dato di 1 clandestino su tre lavoratori immigrati, a parere dell'interrogante alquanto inquietante, come detto, emerge dai controlli a campione effettuati dall'ente previdenziale –:
   quale sia il numero dei controlli a campione effettuati sui lavoratori immigrati e con quale cadenza;
   se non ritenga necessario implementare ed intensificare i controlli, al fine di fare emergere in tutta la sua criticità e pericolosità il fenomeno del lavoro nero correlato alla clandestinità;
   se e quali ulteriori iniziative di competenza intenda urgentemente adottare per contrastare tale fenomeno e risolvere questa situazione. (5-11932)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA, QUARANTA, PIRAS, RICCIATTI, KRONBICHLER, FRANCO BORDO, SANNICANDRO, FERRARA, ZARATTI, DURANTI e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la riforma della normativa sugli ammortizzatori sociali attuata con legge delega n. 183 del 2014 e con decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, vi è stata una significativa riorganizzazione dell'istituto della Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria prevista a sostegno dei lavoratori in costanza di rapporto di lavoro per particolari casi di crisi aziendali o impossibilità oggettive di operare da parte delle aziende;
   la stessa riforma, con l'articolo 46 del decreto legislativo n. 148, ha abrogato le Commissioni provinciali della cassa integrazione guadagni del settore industria (istituite dall'articolo 8 della legge n. 164 del 1975) e quelle del settore edile e lapidei (articolo 3 della legge n. 427 del 1975), quest'ultime all'epoca composte dal direttore dell'ufficio provinciale del lavoro, che la presiedeva, da due rappresentanti dei lavoratori, da due rappresentanti dei datori di lavoro, dal direttore provinciale e da un funzionario dell'Inps;
   tali commissioni valutavano le richieste di cassa integrazione e quindi permettevano un necessario momento di confronto sulle reali condizioni e motivazioni poste a base delle richieste stesse presentate dalle ditte a beneficio dei lavoratori;
   venute meno le commissioni, è stata lasciata alla sola valutazione degli uffici dell'Inps la compatibilità delle richieste con le condizioni di accesso alla cassa integrazione;
   contemporaneamente le aziende e soprattutto i consulenti del lavoro, a fronte dell'appesantimento delle procedure di richiesta della Cassa integrazione guadagni ordinaria introdotto dalle norme, stanno rilevando una significativa riduzione dei canali di interlocuzione con l'istituto, che sta provocando una preoccupante rassegnazione ed abbandono del diritto di accesso agli ammortizzatori peraltro garantito, per il settore edile, da un contributo specifico versato dalle aziende che nell'ultimo decennio ha fatto registrare circa 4 miliardi di euro di eccedenza del fondo;
   nel quadro descritto le aziende, nonostante il contributo versato per l'istituto, saranno portate a non rischiare l'eventuale reiezione delle domande di cassa integrazione e quindi ad evitare l'onere del mantenimento dei posti di lavoro in occasione di interruzioni momentanee delle attività;
   sono quindi evidenti le ricadute sociali delle circostanze evidenziate, che porteranno le aziende ad intraprendere percorsi non conservativi del posto di lavoro, con un'ulteriore appesantimento degli oneri sociali riconducibile all'utilizzo del trattamento economico «Naspi» per periodi notoriamente più lunghi –:
   quali iniziative intenda assumere per affrontare la grave problematica evidenziata dalle organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl, Uil e dalle parti sociali. (4-17383)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 346 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dispone che per l'anno 2017 e nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il medesimo anno, sia riconosciuta per ciascun lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, un'indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro al fine di garantire un sostegno al reddito nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio;
   il comma 347 della stessa legge dispone che le modalità relative al pagamento dell'indennità di cui sopra, vengano disciplinate attraverso decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   attualmente non risulta emanato alcun provvedimento per la suddetta disposizione, né alcuna circolare esplicativa che ne disciplini l'erogazione e, nonostante le sollecitazioni delle parti sociali, non risultano ad oggi atti ufficiali in merito;
   a breve, il 29 luglio 2017, è previsto il periodo di arresto temporaneo obbligatorio, cosiddetto fermo pesca 2017 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di rendere al più presto operativa la disposizione contenuta nel comma 346 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, visto l'imminente periodo di fermo pesca previsto. (5-11918)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con l'entrata in vigore della nuova politica agricola comunitaria (Pac) per il periodo 2014-2020, sono state introdotte numerose novità per gli agricoltori italiani, tra cui acquistano particolare rilevanza i concetti di pagamenti diretti, greening e agricoltore attivo e sostenibile (Regolamento dell'Unione europea n. 1307-2013);
   le modalità di funzionamento della Pac prevedono l'obbligo da parte dell'agricoltore di presentare ogni anno, attraverso i centri assistenza agricoli (Caa), una domanda unica alla Agea, nella quale deve essere illustrata in maniera incontrovertibile la situazione dell'azienda al fine di determinare le provvidenze spettanti;
   in sede di determinazione dei titoli della Pac, la normativa prevedeva che in condizioni particolari con valori storici molto esigui, in termini di valore di titoli, gli agricoltori avrebbero avuto la possibilità di usufruire, di un immediato adeguamento per mezzo del ricorso alla media nazionale;
   nel maggio del 2015, molti Caa della Sardegna, a quanto risulta all'interrogante, hanno inoltrato le domande all'Agea omettendo di spuntare una casella all'interno della procedura informatica, che il programma faceva intendere dovesse essere utilizzata esclusivamente dai giovani agricoltori appena insediati, i cui terreni ricadessero in zone svantaggiate;
   la procedura informatica di Agea, gestita dal Sian (sistema informatico agricolo nazionale), avrebbe di fatto – a detta di molti operatori del settore – generato confusione, inducendo a compiere un'erronea valutazione in merito alla corretta predisposizione delle domande;
   questa situazione sarebbe stata confermata dal comportamento di molti centri di assistenza agricola che avrebbero interpretato erroneamente la possibilità di barrare la casella ritenendola automatica, per cui quasi nessuna azienda sarda ha effettuato questa specifica richiesta vanificando l'adeguamento e, conseguentemente, non potendo accedere alle provvidente supplementari;
   le maggiori organizzazioni di categoria hanno chiesto ad Agea, motivando le ragioni dell'erronea interpretazione, di riconsiderare quella scelta e di poterla rimodulare ed integrare ex post;
   è il caso di osservare, a questo proposito, che le procedure comunitarie si devono richiamare a princìpi di semplificazione enunciati nelle istruzioni di Agea n. 33 del 27 settembre 2016, in particolare considerando il Regolamento dell'Unione europea n. 809/2014;
   considerate le ragioni esposte al fine di garantire parità di trattamento ed evitare l'insorgere di possibili contenziosi, l'Agea, il 2 dicembre 2016 (protocollo n. 0052080), aveva autorizzato con apposita domanda l'accesso alla riserva nazionale relativamente alla fattispecie D (aziende situate in zona svantaggiata e montana);
   successivamente, il 5 giugno 2017, Agea, con la circolare n. 47589 ha fissato i titoli per l'anno 2016, vanificando l'opportunità che si era delineata per molte aziende sarde che rientravano nella casistica (valida solo per le imprese agricole operanti nelle zone svantaggiate e montante), non permettendo la correzione dell'errore formale compiuto nel 2015 in sede di compilazione della domanda e rigettando di fatto le istanze di correzione a suo tempo inoltrate;
   questa situazione controversa starebbe penalizzando soprattutto le aziende agricole sarde, in particolare quelle dell'interno dell'isola che, per tutta una serie di motivazioni sono maggiormente danneggiate dalla crisi del comparto;
   è il caso di osservare che le provvidenze comunitarie previste dalla media nazionale sono molto superiori alla media dei valori dei titoli riconosciuti alle aziende sarde e, purtroppo, continuano a premiare politiche agricole sostenute da regioni che risulterebbero più determinate nella tutela delle proprie economie in sede di Conferenza Stato-regioni –:
   se quanto esposto in premessa trovi conferma;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché le procedure di assegnazione dei titoli tengano adeguatamente conto degli errori formali compiuti e, conseguentemente, si possa procedere alla rideterminazione dei titoli da assegnare in modo da soddisfare il principio di equità. (4-17387)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal sito dell'azienda ospedaliero universitaria Policlinico Vittorio Emanuele di Catania, stazione appaltante dei lavori di costruzione dell'Ospedale San Marco di Librino, si accede allo stato di avanzamento dei lavori della costruzione del nuovo ospedale; da una verifica effettuata, sullo stato dei lavori, il 3 agosto 2016 con deliberazione n. 1270 è stato approvato lo schema di atto integrativo al contratto di appalto per la realizzazione dell'ospedale San Marco definendo, tra l'altro, l'ultimazione dei lavori entro il 9 febbraio 2017;
   i lavori per l'ospedale San Marco di Librino erano iniziati il 5 dicembre 2008 con una prima previsione della conclusione dell'opera ad ottobre 2011, poi slittata al 31 maggio 2015 e poi ulteriormente rimandata;
   la mancata apertura del nuovo ospedale di San Marco, nell'area sud di Catania, comprendente i popolosi quartieri di Librino e di San Giorgio, sta determinando rischiosi squilibri nella distribuzione territoriale delle strutture ospedaliere in tutta l'area del catanese;
   la regione siciliana attualmente è sottoposta al piano di rientro dal disavanzo sanitario;
   la Corte dei conti siciliana, nella sua relazione sul rendiconto generale della regione siciliana esercizio finanziario 2016, in tema di spesa per la sanità; si è espressa nel seguente modo: «uno specifico aspetto di criticità, ripetutamente evidenziato anche nelle periodiche verifiche ministeriali, è quello relativo al mancato rispetto da parte della regione della soglia minima relativa ai trasferimenti delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario regionale»;
   il giornale La Sicilia del 17 luglio 2017 recensisce un'iniziativa pubblica svolta Catania sui temi della sanità sulla realizza ne dell'ospedale San Marco di Librino, con la partecipazione della Ministra interrogata e di vari esponenti del Governo nazionale e della giunta regionale;
   nell'articolo sono contenute le seguenti notizie:
    a) «Un paio di mesi ancora e l'ospedale San Marco di Librino aprirà i battenti: il ministero della salute è pronto ad attivare un tavolo tecnico per far fronte alle ultime esigenze per completare l'opera»;
    b) il Sottosegretario Castiglione ha dichiarato: «con il completamento della rete ospedaliera e la convocazione del tavolo tecnico per l'ultimazione del San Marco (..)»;
   il giornale on-line Tribupress del 17 luglio 2017 riporta la notizia: «il prossimo 20 luglio (2017) il Ministro della salute Beatrice Lorenzin presiederà al Ministero un vertice sul nuovo Ospedale San Marco di Librino» –:
   di quali dati disponga la Ministra interrogata a proposito degli aspetti e delle notizie evidenziate in premessa riguardanti la realizzazione dell'ospedale San Marco di Librino;
   se la mancata operatività dell'ospedale di San Marco di Librino di Catania possa comportare un ulteriore aumento del disavanzo sanitario e quali siano le cause del notevole ritardo nella consegna del nuovo ospedale;
   se il Governo intenda fornire i dati richiamati dalla Corte dei conti siciliana relativi al mancato rispetto da parte della regione siciliana della soglia minima relativa ai trasferimenti delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario regionale; (5-11921)


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa evidenziano la situazione critica in cui versa l'ospedale Cardarelli di Napoli a seguito della visita fatta al nosocomio dal primo firmatario del presente atto;
   da molto tempo la situazione evidenziata è alle cronache e ciò che colpisce è la cronicità ormai consolidata con cui la struttura affronta le emergenze quotidiane grazie al personale dedito a soccorrere e curare un numero di persone sempre superiore alle capacità della struttura ospedaliera;
   i codici rossi, in special modo, vivono il disagio di pazienti gravi accomodati in barelle di fortuna nei corridoi senza privacy né assistenza adeguata per ore;
   la regione Campania è stata commissariata dal Governo proprio in materia sanitaria e l'incarico di commissario ad acta è stato affidato allo stesso presidente della regione De Luca che si era pubblicamente impegnato proprio sul caso Cardarelli, ma ad oggi, come è stato appurato e documentato, la situazione è cronicamente stabile nell'emergenza e nel disagio dei pazienti che vivono sulla propria pelle la disorganizzazione dell'ospedale;
   il manager del Cardarelli, Ciro Verdoliva, ha fornito alla stampa i dati relativi agli accessi della giornata di visita dell'interrogante: su 150 arrivi, i codici verdi sono stati trattati in 61 minuti, i codici gialli in 38 e tempi immediati per i codici rossi; di tutti questi casi 89 sono stati dimessi dall'ospedale. Le barelle sono, sempre a detta del manager, diminuite all'interno del plesso ospedaliero e il complesso governo degli iperafflussi causa episodi limitati di disagio per i pazienti. Tuttavia, la situazione documentata dalle immagini del «blitz» raccontano tutt'altro: pazienti anziani sanguinanti sulle barelle nei corridoi e lunghe attese anche per i codici rossi –:
   se non si ritenga urgente convocare il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari in Campania per verificare se siano state messe in atto tutte le misure necessarie a risolvere le criticità esposte in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di uscire dall'emergenza cronica nella quale versa l'ospedale Cardarelli di Napoli. (5-11930)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 24 luglio 1977 e alla legge n. 517 del 24 agosto 1977 negli anni ’80 con avvisi pubblici pubblicati da vari comuni calabresi venivano assunti diversi psicologi al fine di promuovere, sostenere e attuare un coordinato sistema di gestione del servizio socio-psico-pedagogico esercitato nell'ambito del territorio di competenza, dai comuni singoli o associati;
   con legge regionale n. 57 del 5 maggio 1990 è stato previsto che gli operatori dell’équipe socio-psico-pedagogica già utilizzati dai comuni singoli o associati, o che comunque avessero prestato servizio in regime di convenzione nel periodo 1o gennaio 1989-31 gennaio 1990 fossero mantenuti in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e diventassero dipendenti della regione nell'ambito dell'assessorato alla sanità, venendo inquadrati nel contratto collettivo nazionale del pubblico impiego categoria D (D3-D5);
   essi tuttavia non avrebbero mai svolto servizio presso gli uffici della regione, tantomeno da impiegati amministrativi, ma sarebbero stati sempre impiegati in qualità di psicologi presso le sedi dei servizi socio-sanitari comunali o le unità sanitarie;
   secondo l'articolo 37 della legge regionale n. 23 del 5 dicembre 2003, recante Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella regione Calabria, infatti, il personale di cui alla legge regionale n. 57 del 1990 e alla legge regionale n. 2 del 1997, previa ricognizione delle categorie e dei profili professionali di appartenenza, veniva destinato presso le strutture di cui agli articoli 9 e 13 della citata legge ed inserito nei ruoli degli enti presso cui presta servizio in sede di determinazione delle dotazioni organiche;
   con legge regionale n. 2 del 24 gennaio 1997 la regione Calabria bandiva un concorso che non veniva mai espletato;
   attraverso la legge regionale n. 9 dell'11 maggio 2007 detto personale veniva anche giuridicamente e definitivamente trasferito alle cinque aziende sanitarie provinciali calabresi;
   in tale posizione, come personale dipendente delle Asp a tempo indeterminato ed a tempo pieno con autonomia professionale e relative responsabilità, avendo i requisiti richiesti per l'accesso ai concorsi pubblici per psicologi del Servizio sanitario nazionale, tali operatori svolgono da allora il lavoro di psicologo, mantenendo attivi, con competenze complesse e specifiche, importanti servizi socio-sanitari ospedalieri e territoriali delle Asp calabresi che altrimenti dovrebbero chiudere anche per carenza di personale in organico: neuropsichiatria infantile, neuropsicologia, riabilitazione, psichiatria, consultori, igiene mentale, oncologia, riabilitazione;
   tale lavoro al momento non risulta tuttavia retribuito conformemente alla qualità del lavoro prestato, essendo privo dei necessari riconoscimenti relativi all'inquadramento e delle tutele dello specifico contratto della sanità per personale laureato sanitario non medico (quali farmacista-biologo-chimico-fisicopsicologo), applicato invece a coloro che svolgono la professione a tempo determinato o ai supplenti;
   i circa 80 psicologi interessati l'8 agosto del 2016 si incontravano con il commissario ad acta alla Massimo Scura e veniva in seguito avviato un gruppo di lavoro;
   nel frattempo il Ministro interrogato, a quanto risulta all'interrogante, avrebbe richiesto allo stesso dottor Scura una relazione sulla vicenda, che sarebbe stata puntualmente inviata da più di 5 mesi;
   il Ministero della salute avrebbe risposto in modo favorevole alle richieste degli operatori, ma al momento mancherebbero notizie ufficiali e dopo quasi un anno non c’è stato alcuno sviluppo –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda porre in essere ogni iniziativa di competenza per agevolare un inquadramento confacente alle mansioni svolte per gli psicologi dipendenti delle aziende sanitarie provinciali di cui in premessa. (4-17386)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, in prospettiva di una riforma costituzionale del titolo V della Costituzione italiana che, tra l'altro, avrebbe dovuto prevedere l'abolizione delle provincie, ha disposto una radicale riforma della struttura istituzionale, organizzativa, nonché delle funzioni svolte, dall'ente provincia trasformandolo in un ente di area vasta al quale in via transitoria sono comunque state demandate una serie di funzioni fondamentali quali: manutenzione, messa in sicurezza, gestione ordinaria e straordinaria delle strade provinciali; gestione ordinaria, manutenzione e messa in sicurezza, nonché spese di gestione delle utenze, per più di 5.000 istituti scolastici secondari di secondo grado; predisposizione di interventi e opere a difesa dell'ambiente e per il contrasto al dissesto idrogeologico; pianificazione territoriale e dei trasporti;
   sempre nelle more di un'abolizione delle provincie per via costituzionale, che veniva data per scontata, con la legge di stabilità per l'anno 2015 è stato operato un taglio anticipato di quasi tre miliardi di euro di risorse destinate ai bilanci delle province e delle città metropolitane;
   ulteriori tagli ai trasferimenti sono stati operati negli anni successivi costringendo le amministrazioni provinciali a versare in una difficilissima situazione economica che in più di un caso si è trasformata in dissesto finanziario; la condizione di grave difficoltà amministrativa delle province italiane è stata più volte richiamata dalla stessa Corte dei conti, anche nel corso di relazioni rivolte al Parlamento italiano;
   numerose amministrazioni provinciali non hanno le risorse per assolvere alle funzioni fondamentali che la legge assegna alle stesse. Inoltre, in molte di queste amministrazioni l'assenza di risorse economiche si è tradotta in una situazione di fortissimo disagio nei confronti dei lavoratori dipendenti delle provincie stesse e degli enti partecipati dalle province;
   nonostante il Governo in data 3 febbraio 2017, con un comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio del ministri, abbia dichiarato concluso con successo il processo di ricollocamento dei dipendenti provinciali in mobilità, molti lavoratori, in particolare nel meridione d'Italia, che invece sono rimasti alle dipendenze delle amministrazioni provinciali e delle aziende partecipate versano in una grave e inaccettabile situazione di disagio, svolgendo la propria attività senza percepire stipendio;
   il 4 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato una serie di mozioni che nel complesso impegnavano il Governo a trasferire nuove risorse alle province per l'esercizio delle funzioni fondamentali, tra queste la mozione n. 1-01648, presentata da deputati del gruppo Articolo 1– MDP, che prevedeva un impegno in merito ad una valutazione circa l'eliminazione progressiva dei vincoli che impediscono un'efficace gestione delle risorse umane –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con urgenza al fine di consentire alle provincie di garantire il pagamento regolare dei dipendenti rimasti in organico e di disporre delle risorse necessarie al pagamento dei dipendenti degli enti partecipati dalle amministrazioni provinciali. (5-11928)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BASSO, CAROCCI e TULLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Postel nasce a Genova nel 1997, dalla collaborazione tra Poste Italiane ed Elsag per la gestione della corrispondenza obbligatoria;
   Postel rappresenta oggi la più grande società industriale del gruppo Poste Italiane;
   Postel, nonostante si posizioni in un settore di mercato in crescita («sfruttare l'innovazione tecnologica per facilitare e rendere accessibili le comunicazioni aziendali, interne ed esterne», dal sito internet postel.it), soffre di un costante calo dei ricavi e dei volumi di produzione;
   le soluzioni proposte dal nuovo management per invertire tale tendenza negativa vertono quasi esclusivamente su tematiche di contenimento dei costi e di accentramento delle attività sia produttive sia amministrative, in particolare per queste ultime potrebbe prefigurarsi un accentramento presso la sede di Poste di Roma;
   in questo contesto i lavoratori della sede di Genova, pur distinguendosi per efficienza, esperienza e performance, potrebbero subire azioni di assorbimento/esubero;
   date le attuali tecnologie, non sussiste un interesse sostenibile di centralizzazione geografica con baricentro su Roma delle attività amministrative (nell'accezione più ampia del termine) svolte a Genova, non essendo infatti necessaria una contiguità fisica tra gli uffici e fra questi ed i clienti, i fornitori e la capogruppo;
   la situazione della gestione degli appalti da parte del gruppo Poste Italiane è oggetto di attenzione e preoccupazione;
   ciò considerato, sarebbe auspicabile la creazione di un centro avente competenza per le attività amministrative per tutto il gruppo Poste italiane basato su Genova –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali circostanze e quali iniziative intenda adottare, specialmente nell'ottica di salvaguardare la condizione dei lavoratori di Postel Genova. (5-11923)


   BORGHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la camera di commercio del Verbano Cusio Ossola rientra, con quella di Belluno e di Sondrio, tra le camere di commercio delle province montane di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 7 aprile 2014, n. 56, per le quali è stata prevista la possibilità di mantenimento nei casi di comprovata rispondenza a criteri di efficienza ed equilibrio economico;
   l’iter previsto prevede la delibera della camera di commercio richiedente il mantenimento della propria autonomia e il parere favorevole della regione di appartenenza;
   tale delibera è stata assunta sia dalla camera di commercio del Verbano Cusio Ossola che da quella di Sondrio così come si è avuto il parere favorevole sia di regione Piemonte che di regione Lombardia;
   la previsione del mantenimento dell'autonomia è stata confermata nella relazione del segretario generale di Unioncamere prodotta in sede di presentazione del piano di realizzazione;
   dai dati resi disponibili dalla dirigenza della camera di commercio del Verbano Cusio Ossola appare evidente come le prerogative richieste siano corrispondenti alla gestione attuale;
   nonostante sia la camera di commercio del Verbano Cusio Ossola che quella di Sondrio abbiano seguito la procedura prevista per legge per il mantenimento della propria autonomia, la proposta di riorganizzazione di Unioncamere prevede il mantenimento solamente di quella di Sondrio;
   nelle indicazioni che il Governo aveva dato a Unioncamere per procedere con la riorganizzazione territoriale esso aveva individuato in 60 camere commercio il numero limite da proporre. Unioncamere ha proposto una riorganizzazione che prevede 59 camere di commercio su tutto il territorio nazionale, lasciando di fatto spazio al mantenimento dell'autonomia di un'altra camera di commercio –:
   se non ritenga necessario assumere ogni iniziative di competenza utile a dare coerenza e continuità alla specificità montana della provincia del Verbano Cusio Ossola come previsto dalla legge n. 56 del 7 aprile 2014, favorendo il mantenimento dell'autonomia della camera di commercio del Verbano Cusio Ossola, così come previsto per quella di Sondrio. (5-11924)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Gadda e altri n. 1-01666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Fabbri e altri n. 7-01313, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zardini, Ginato, Albanella, Venittelli.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Mongiello e altri n. 2-01897, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Venittelli, Cenni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione D'Uva n. 5-11451, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Gallo.

  L'interrogazione a risposta scritta Zan e altri n. 4-17224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Taricco.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Incerti n. 5-11879, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gandolfi, Fabbri, Baruffi, Romanini, Patrizia Maestri.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Basilio n. 1-01081, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 537 del 16 dicembre 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    il Trattato di non proliferazione nucleare sancisce l'obbligo per l'Italia di non ospitare ordigni nucleari e per gli Stati nucleari, di non dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio; nello specifico, l'articolo 1 recita: «Ciascuno degli Stati militarmente nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare, né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni esplosivi»;
    secondo quanto affermato dall'Istituto affari internazionali nel documento «Il dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia» nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato, adottato a Lisbona il 19 novembre 2010, ribadisce che «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà una Alleanza nucleare». Ultimo caso di dispiegamento avanzato (forward deployment), cinque paesi dell'Alleanza atlantica – Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia continuano ad ospitare armi nucleari tattiche (Ant) statunitensi all'interno dei propri confini. Il tipo di arma nucleare a disposizione della Nato attualmente ospitata sul territorio europeo è la bomba B-61, che è comunemente classificata come tattica. Attualmente sono in servizio le versioni B61-3, B61-4 e B61-10, costruite tra il 1979 e il 1989, con varie opzioni di potenza da 0.3 a 170 chilotoni. Le bombe possono essere trasportate dagli aerei statunitensi F-15E e F-16C/D e dagli aerei delle forze europee come gli F-16 belgi, olandesi, turchi e i Tornado italiani e tedeschi. Le bombe sono custodite sotto il controllo americano dagli US Munitions Support Squadrons (Munss);
    svariati organi di stampa parlano di atomiche americane presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi, di esercitazioni svoltesi nelle stesse per valutare la sicurezza delle armi nucleari e di addestramento specifico rivolto al personale militare per fronteggiare emergenze di carattere nucleare in caso di incidenti con queste stesse armi;
    i siti Internet ufficiali dell'Aeronautica militare statunitense affermano che nella base di Aviano, esistono apparecchiature specifiche per il controllo e la manutenzione di questo genere di armamenti;
    anche nel bilancio 2018 dell'USAF si stanziano fondi per l'F-35A DCA (Dual Capable Aircraft) con capacità nucleare. In particolare, nel bilancio di ricerca e sviluppo 2018 per la US Air Force in discussione in questi giorni al Congresso statunitense sono previsti fondi aggiuntivi per lo sviluppo della versione DCA dell'F-35A Lightining II. La versione DCA è previsto possa portare nella stiva interna due bombe nucleari B61-12;
    il programma di sviluppo del velivolo DCA (identificato nel bilancio USAF con il numero 676011) è iniziato nell'anno fiscale 2014 e si concluderà verosimilmente nell'anno fiscale 2025;
    per il 2018 l'Usaf chiede uno stanziamento di 27.731 milioni di dollari, in aumento rispetto allo stanziamento 2017 di 25.743 milioni. Il trend della spesa per questa specifica versione dell'F-35A segnala ulteriori aumenti nei prossimi anni fino a toccare i 50.433 milioni dell'esercizio fiscale 2021, ultimo anno per il quale sono pubblicate le proiezioni, per un totale complessivo presunto di circa 250 milioni di dollari;
   questa spesa sarà sostenuta, oltre che dagli Stati Uniti, anche dai Paesi partner del programma F-35 che si doteranno di questa specifica versione. Tra questi vi sono certamente l'Italia, i Paesi Bassi e la Turchia. La Gran Bretagna non è coinvolta avendo finora acquisito soltanto la versione B del velivolo priva di capacità DCA. Ugualmente fuori dal programma nucleare è la Germania che non partecipa al programma F-35;
   come affermato dalla Corte internazionale di giustizia, mantenere una minaccia nucleare nei confronti di altri Paesi è un illecito e per di più le armi nucleari in territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita di chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare;
    in una risposta all'interrogazione n. 4-01188 della deputata Basilio (M5S), il Ministro della difesa pro tempore, Sen. Mauro, affermava che: «Anche l'Alleanza Atlantica ha aggiornato periodicamente la propria politica di difesa, inclusa la componente nucleare. Il processo di revisione è iniziato nel 2010 a Lisbona e ha portato all'approvazione, nel 2012, della Revisione della difesa e della deterrenza dell'Alleanza Atlantica (Defence and deterrence posture review – Ddpr), la quale delinea il mix ottimale (“appropriate mix”) di forze nucleari, convenzionali e di difesa missilistica necessarie per garantire la sicurezza e la difesa dell'Alleanza e per perseguire gli impegni annunciati nel nuovo concetto strategico relativi alla difesa collettiva, alla gestione delle crisi e alla sicurezza cooperativa. La Defence and deterrence posture review, nel ribadire che finché esisteranno armi nucleari la deterrenza nucleare rappresenterà un elemento indispensabile per la sicurezza dell'Alleanza e dei suoi Stati membri»;
    nella stessa risposta all'interrogazione il Ministro della difesa pro tempore affermava tra l'altro «Con riferimento alla questione della presenza di armi nucleari in Europa, si fa rilevare che l'Alleanza, pur mantenendo un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non può agire, tuttavia, a discapito della sicurezza di questo dispositivo e della riservatezza che è indispensabile avere in relazione ai siti, la loro dislocazione, i quantitativi e la tipologia di armamento in essi contenuti. Una riservatezza che non può essere violata unilateralmente da un singolo paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i Paesi alleati. La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è quindi una decisione politica collettiva ed unanime degli alleati, cui nessun Paese può sottrarsi, pena la violazione del patto di alleanza liberamente sottoscritto e del vincolo di riservatezza che da esso ne discende.» Questa affermazione appare, secondo gli interroganti, in contrasto però con il fatto che la presenza di armi nucleari tattiche nelle basi militari di Ghedi ed Aviano è stata resa nota unilateralmente evidentemente dal Congresso degli Stati Uniti d'America. Senatori e deputati degli USA, nonché semplici cittadini attraverso il Freedom of Information Act, evidentemente, godono di un potere di conoscenza superiore a quello degli altri Paesi membri;
    la legge 9 luglio 1990, n. 185, vieta espressamente la fabbricazione, l'importazione, di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia;
    il divieto di cui alla legge n. 185 del 9 luglio 1990 si applica anche agli strumenti e alle tecnologie specificamente progettate per la costruzione delle suddette armi;
    l'Italia ha da sempre dichiarato di non far parte del «club atomico» con tutti gli obblighi internazionali che ne derivano;
    per ben due volte il popolo italiano ha rifiutato, con due referendum, l'opzione nucleare, anche solo per fini civili,

impegna il Governo:

1) a relazionare al Parlamento sulla presenza in Italia di armi nucleari, sulla loro dislocazione e potenza non facendosi più «paravento» di un vincolo atlantico alla riservatezza inesistente per i cittadini ed i parlamentari USA;
2) a dichiarare l'indisponibilità dell'Italia ad utilizzare armi nucleari escludendo l'acquisizione, per i propri sistemi d'arma, di tecnologie in grado di rendere gli stessi atti all'impiego di armi nucleari;
3) a non procedere all'ammodernamento degli aerei Tornado attualmente abilitati al trasporto di bombe nucleari per renderli idonei all'impiego delle bombe nucleari B61-12 di prevista prossima introduzione nell'arsenale statunitense;
4) a non acquisire le componenti software e hardware necessarie per rendere gli aerei F-35 eventualmente destinati all'Aeronautica militare idonei al trasporto di armi nucleari;
5) ad assumere iniziative per prevedere il divieto di attracco in porti e moli nazionali di navi o sommergibili, anche di Paesi alleati, che abbiano a bordo armi nucleari.
(1-01081)
«Basilio, Frusone, Corda, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini, D'Incà, Sorial, Cozzolino, Crippa, Del Grosso, Brugnerotto, Pesco, Agostinelli, Alberti, Baroni, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Petraroli, Pisano, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Gallinella n. 7-01296, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 820 del 26 giugno 2017.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    le anomalie climatiche che si registrano ormai da tempo nel nostro Paese, ed in particolare l'incremento della temperatura e la scarsità di pioggia che segnano questo mese di giugno, determinano un aumento considerevole delle necessità irrigue degli allevamenti e delle coltivazioni, molte delle quali sono già irrimediabilmente devastate dal caldo e dalla siccità con una prima stima dei danni da parte di alcune associazioni di categoria che si attesta intorno al miliardo di euro;
    l'impiego dell'acqua in agricoltura è fondamentale per la produttività del settore nonché elemento imprescindibile per la qualità stessa delle produzioni ed è per questo che occorre promuovere un uso sostenibile delle risorse idriche; in relazione alle caratteristiche specifiche del settore agricolo, così come disposto dalla direttiva Acque (2000/60/CE), vanno meglio definite: quale percentuale di recupero dei costi è da considerare adeguata per il settore irriguo e in che misura le diverse voci di costo possono essere suddivise tra costo finanziario, costo ambientale e costo della risorsa;
    al fine di impiegare le risorse idriche in maniera sempre più efficiente il servizio Irriframe fornisce tutte le informazioni per un uso oculato ed efficiente dell'acqua, con l'obiettivo di giungere a consistenti risparmi mantenendo elevata, od addirittura migliorando, la produttività delle colture;
    la programmazione e la pianificazione in campo irriguo sono elementi indispensabili all'utilizzo razionale dell'acqua e il sistema informativo Sigrian dovrebbe essere ulteriormente potenziato in quanto in grado di registrare dati a livello di bacino, di regione e di ente irriguo; in esso sono presenti le seguenti informazioni: enti irrigui, aree con infrastrutture, dati gestionali ed economici (entrate, costi contribuenza), aree irrigate, metodi di irrigazione; schemi irrigui (fonti di approvvigionamento, corpi idrici e rete irrigua principale), con dettagli sulle disponibilità e sulle tipologie di rete; impianti di depurazione delle acque; informazioni territoriali;
    è indispensabile procedere al completamento delle infrastrutture necessarie all'irrigazione, come gli invasi, molti dei quali risultano ancora incompleti o non collaudati, e a tal fine va massimizzato l'impatto delle risorse del fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese destinate al rinnovo e alla manutenzione della rete idrica;
    al fine di fronteggiare l'emergenza causata dalla siccità di questi ultimi giorni il Governo ha accolto le richieste di stato di emergenza avanzate da molte regioni: secondo Coldiretti, in Emilia sono in sofferenza tutte le colture, dal pomodoro ai cereali, fino agli ortaggi; in Lombardia stessa situazione per le coltivazioni mentre il caldo sta provocando un taglio fino al 20 per cento della produzione di latte; in Sardegna l'assenza di piogge sta condizionando tutti i settori agricoli, con perdite nella produzione di oltre il 40 per cento;
    come è noto, i danni derivanti da siccità, quale avversità atmosferica, sono ammessi a copertura assicurativa agevolata, e pertanto le aziende agricole che hanno stipulato contratti assicurativi hanno diritto al risarcimento per la riduzione delle rete;
    il sistema assicurativo agevolato, elemento chiave per la gestione del rischio, risulta tuttavia ancora poco utilizzato dagli agricoltori e presenta alcune criticità legate alla eccessiva complicazione delle regole e ai ritardi nella erogazione dei contributi spesso derivanti dai tempi di decorrenza della garanzia;
    le risorse a valere sul Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, ancorché inattivabile per interventi compensativi per danni da siccità in mancanza di precise deroghe, non sono sufficienti a fronteggiare la crisi in cui versa gran parte delle aziende agricole, la legge di bilancio 2017, all'articolo 1, comma 140, istituisce un fondo per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, includendo tra le infrastrutture, le opere relative alla rete idrica nazionale,

impegna il Governo:

   promuovere ulteriormente il sistema assicurativo agevolato anche tramite i servizi Ismea e Rete Rurale per potenziarne la struttura informativa;
   ad assumere iniziative per migliorare il funzionamento del sistema assicurativo agevolato attraverso una più efficace organizzazione delle procedure e in particolare: a far sì che sia redatto il Piano assicurativo agricolo annuale e sia prevista la possibilità di presentare la Manifestazione di interesse o il Piano assicurativo individuale nel corso del mese di ottobre al fine di consentire, qualora anche le compagnie assicurative concordino le condizioni di polizza nello stesso mese, la sottoscrizione delle coperture assicurative già dai primi giorni di novembre; a prevedere la possibilità di validazione dei criteri di risarcimento delle polizze da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali al fine di evitare il silenzio-assenso ed eventuali mancati risarcimenti;
   a procedere con urgenza ad un monitoraggio degli invasi incompiuti, non funzionanti o non collaudati al fine di valutare le reali necessità dell'infrastruttura;
   ad assumere iniziative per velocizzare il completamento delle opere irrigue e a pubblicare ed aggiornare costantemente l'avanzamento dei lavori al fine di registrare i progressi compiuti;
   a promuovere ed incentivare l'uso di sistemi irrigui di precisione e della rete Irriframe e ad aggiornare i dati presenti nel Sigrian;
   ad assumere iniziative per rifinanziare adeguatamente il Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, posto che in casi di eccezionale gravità si è consentito l'accesso agli interventi compensativi anche da parte delle aziende che non hanno sottoscritto polizze agevolate a copertura dei rischi; ad adottare le iniziative di competenza per accelerare le procedure di erogazione delle risorse destinate alle opere irrigue dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la ripartizione del fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
(7-01296)
«Gallinella, L'Abbate, Parentela, Gagnarli, Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini».

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Massimiliano Bernini n. 5-11742, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 827 del 5 luglio 2017.

   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 è stata presentata dalla Geothermics Italy srl la sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale del progetto di ricerca «Lago Di Vico», per la realizzazione di quattro pozzi esplorativi, perforati da due differenti postazioni denominate LV1 e LV2, ubicate nel comune di Caprarola (Viterbo) nelle località «Li Piani» e «Servelli»;
   l'obiettivo dei pozzi è la conferma del modello geotermico ipotizzato che prevede la presenza, oltre la profondità verticale di circa 2.800-3.000 m, di un potenziate serbatoio profondo contenente fluidi geotermici con temperature superiori di 180 gradi centigradi, idonei per una successiva coltivazione per la generazione di energia geotermoelettrica;
   l'area del permesso di ricerca denominato «lago di Vico» comprende siti delle reti Natura 2000 e interferisce marginalmente con la zona di protezione speciale «Lago di Vico, M. Venere e M. Fogliano» e con i siti di importanza comunitaria «M. Fogliano, M. Venere» e «lago di Vico»;
   insistono altresì nella zona, le Faggete dei Monti Cimini e di Monte Raschio, riconosciute dall'UNESCO a luglio 2017, Patrimonio dell'Umanità;
   nella risoluzione n. 8-00103 del 15 aprile 2015 approvata nelle Commissioni VIII e X della Camera, si impegnava il Governo pro tempore a prevedere nella fase prerealizzativa un pieno coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazioni locali nel processo decisionale favorendo l'eventuale applicazione del principio di precauzione;
   si evidenzia inoltre la criticità della realizzazione dei pozzi geotermici a ridosso dei centri storici, dove la maggior parte delle costruzioni non sono antisismiche e anche piccole scosse di terremoto potrebbero provocare seri danni alle strutture e quindi alla popolazione;
   il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 219, nei criteri generali di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, stabilisce che, nell'autorizzare i progetti localizzati in zone agricole caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni, D.o.p., I.g.p., S.t.g., D.o.c., D.o.c.g.; produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, deve essere verificato che l'insediamento e l'esercizio dell'impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo;
   la provincia di Viterbo è a vocazione prettamente agricola e la corilicoltura e la castanicoltura ne rappresentano una indiscussa eccellenza, con le D.O.P. nocciola romana e castagna di Vallerano nel cui areale ricadono proprio le postazioni LV1 e LV2; nella provincia di Viterbo, secondo il registro delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, aggiornato al 20 aprile 2017; si contano ben otto D.O.P. e sei I.G.P.;
   le postazioni LV1 e LV2 della Geothermics Italy Srl sono inoltre attigue al comprensorio del bio-distretto AIAB della Via Amerina e delle Forre;
   la provincia di Viterbo è fortemente interessata dagli impianti geotermici visti gli otto permessi di ricerca rilasciati, le tredici istanze di ricerca pendenti e una autorizzazione di competenza governativa (Castelgiorgio e Torre Alfina) che interessa il bacino del lago di Bolsena –:
   se non intendano promuovere ogni iniziativa di competenza per assicurare che tutti i progetti di ricerca geotermica non danneggino produzioni agroalimentari di qualità e di particolare pregio come quelle della provincia di Viterbo;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per assicurare la piena realizzazione del principio di precauzione e del coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazioni locali nei processi decisionali nella fase prerealizzativa di progetti come quello sopra richiamato che insistono in aree ricadenti in zone di protezione speciale e siti di importanza comunitaria;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire che l'insediamento e l'esercizio di impianti come quello di cui in premessa non compromettano o interferiscano negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo. (5-11742)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Brunetta interpellanza urgente n. 2-01722 del 21 marzo 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Luigi Gallo e altri n. 4-16821 del 1o giugno 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11913.