Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 2017, n. 96, il Governo e il Parlamento hanno adottato misure urgenti in materia di finanza locale, finalizzate sia alla attuazione della legge di bilancio 2017 che a onorare impegni assunti dal Governo con gli enti locali;
    in tal modo, si è data una prima risposta alla necessità di gestire una fase finanziaria delicata, in attesa di una riflessione più ampia e a tutto tondo sia sul ruolo delle province che delle città metropolitane;
    non vi è dubbio, infatti, che la riforma contenuta nella legge n. 56 del 2014, pur pienamente compatibile col testo costituzionale, sia nel momento in cui fu adottata che nella fase presente, fu pensata scontando anche un mutamento di quadro istituzionale che il referendum del 4 dicembre 2016 ha bloccato;
    appare dunque necessario e utile che si avvii una nuova fase di riflessione che, muovendo dal tessuto normativo e ordinamentale di fondo contenuto nella legge n. 56 del 2014, dia a tutto il sistema di governo locale, dalle regioni fino ai comuni, un assetto più stabile e coerente, anche alla luce dell'attuazione della stessa legge n. 56 del 2014;
    in questo quadro, mentre deve essere confermata la scelta fatta in merito alle città metropolitane, badando però a rafforzarne ruolo, funzioni e modalità di raccordo con le regioni e i comuni, una riflessione più profonda può essere fatta circa le province;
    rispetto a questi enti, infatti, vanno ripensate sia le funzioni fondamentali ad esse assegnate, definite in un quadro che prevedeva che in prospettiva esse perdessero la copertura costituzionale, sia i raccordi tra le province e le regioni;
    la confermata natura delle province come articolazioni necessarie della Repubblica comporta obbligatoriamente un ripensamento del loro ruolo, sia dal punto di vista delle funzioni fondamentali ad esse assegnate ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sia dal punto di vista del loro raccordo con le regioni e gli stessi comuni che, nel quadro della legge n. 56 del 2014, ne costituiscono componenti essenziali;
    si ritiene comunque utile confermare, sia per le città metropolitane che per le province, la natura di enti a struttura sostanzialmente associativa dei comuni che ne fanno parte, mantenendo forte il raccordo tra questi enti di secondo livello e i comuni che fanno parte del loro territorio;
    questo comporta che anche eventuali modifiche alla formazione dei loro organi, che possano rivelarsi opportune, specialmente se connesse a scelte rimesse agli statuti delle province, in analogia con quanto la legge n. 56 del 2014 prevede per le città metropolitane, non dovranno comunque mettere in discussione il fatto che la funzione delle città metropolitane è essenzialmente quella di promuovere e attuare il piano di sviluppo del proprio territorio in una visione di sviluppo dell'intero sistema Paese, mentre lo scopo essenziale delle province è di assicurare una forma permanente di coordinamento e di unità di indirizzo rispetto alle scelte di area vasta che riguardano i comuni ricompresi nel loro territorio;
    infine, anche il ruolo delle regioni dovrà essere ripensato, all'interno di una revisione organica dell'intero sistema di governo locale;
    gioverà a tale fine distinguere nettamente il ruolo delle regioni rispetto alle città metropolitane. Queste ultime, infatti, sono enti territoriali di secondo livello finalizzate a promuovere lo sviluppo del territorio in una visione di interesse anche nazionale della quale le regioni interessate sono inevitabilmente coprotagoniste;
    rispetto alle province dovrà essere trovato un giusto equilibrio fra il loro ruolo nei confronti dei comuni che ne fanno parte, e le regioni, che devono poter trovare in esse enti di area vasta capaci di esercitare in modo coordinato e coerente anche funzioni di interesse regionale;

impegna il Governo:

1) a proseguire nello sforzo in atto, garantendo anche in questa fase le entrate necessarie affinché città metropolitane e province possano svolgere le loro funzioni, e in particolare quelle fondamentali, al servizio dei cittadini;
2) ad assumere iniziative per predisporre già a partire dalla manovra finanziaria per il 2018 e dai disegni di legge collegati un quadro organico e coerente di modifiche organizzative, funzionali e finanziarie che consenta di dare maggiore stabilità a questi enti e maggiore attenzione all'attuazione delle legge n. 56 del 2014 nel confermato quadro costituzionale;
3) a utilizzare il metodo dei fabbisogni standard per definire, nel rispetto dell'articolo 119 della Costituzione, le risorse adeguate a copertura delle funzioni fondamentali assegnate a città metropolitane e province, nonché alle eventuali funzioni statali ad esse delegate;
4) ad adottare ogni iniziativa opportuna a favorire una più ampia autonomia organizzativa delle città metropolitane e delle province, anche parificando l'autonomia statutaria dei due tipi di enti in ordine alle possibili alternative circa la formazione dei loro organi;
5) ad assumere iniziative per valorizzare ulteriormente il modello di cooperazione orizzontale tra istituzioni locali, attribuendo a città metropolitane e province anche il compito di favorire forme di collaborazione tra i comuni, anche tramite la programmazione dell'attuazione di forme istituzionali di cooperazione, coinvolgendo in tale attività anche le regioni;
6) a promuovere una legislazione che attribuisca alle province il fondamentale ruolo di coordinamento in area vasta per i servizi essenziali, quali il servizio idrico e il ciclo integrato dei rifiuti, intervenendo sulla governance delle realtà consortili comunali.
(1-01656) «Tancredi, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'articolo 114, primo comma, della Costituzione «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»;
    le province, secondo l'articolo 114 della Costituzione, secondo comma, sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni;
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha trasformato le province in enti territoriali di area vasta di secondo livello, amministrate da sindaci e consiglieri comunali;
    con la medesima legge sono state istituite nove città metropolitane, corrispondenti ai territori delle ex province di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria;
    le province, secondo la riforma del 2014, mantengono le seguenti funzioni:
     a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
     b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale;
     c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
     d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
     e) gestione dell'edilizia scolastica;
     f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;
    alle città metropolitane sono attribuite le funzioni delle province e quelle attribuite nell'ambito del riordino delle funzioni provinciali ai sensi dell'articolo 1, commi da 85 a 97, della legge 7 aprile 2014, n. 56;
    il progetto complessivo di riordino delle funzioni statali decentrate si è interrotto all'esito del referendum del 4 dicembre 2016, rendendo necessario un intervento sulla legge 7 aprile 2014, n. 56, che ad oggi, secondo l'articolo 1, comma 5, disciplina la materia «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione»;
    le province e le città metropolitane vivono in una difficile situazione finanziaria, leggermente migliorata con l'entrata in vigore delle misure di cui al decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per garantire le risorse necessarie al funzionamento delle province e delle città metropolitane nonché all'esercizio delle funzioni loro assegnate;
2) ad assumere nuove e specifiche iniziative a favore delle province colpite dagli eventi sismici del 2016;
3) a favorire la piena operatività del principio costituzionale dell'autonomia organizzativa delle province, attraverso la revisione dell'articolo 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
4) a favorire l'adozione di norme volte a garantire la possibilità agli amministratori di province e città metropolitane di svolgere il loro mandato con i tempi e le garanzie riconosciuti ai consiglieri comunali;
5) ad adottare le necessarie iniziative per una revisione del testo unico sugli enti locali al fine di adeguarlo ai contenuti della legge 7 aprile 2014, n. 56, con le opportune modifiche, confermando l'identificazione delle province in enti di secondo livello;
6) a valutare l'ipotesi di favorire, per quanto di competenza e in considerazione delle importanti funzioni affidate alle città metropolitane, l'adozione di un sistema elettorale a suffragio universale e diretto per gli organi politici di tali enti.
(1-01657) «Parisi, Francesco Saverio Romano, Vezzali, Merlo, Sottanelli, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Marcolin, Rabino, Zanetti».


   La Camera,
   premesso che:
    è comunemente noto che la maggiore componente del debito, pari circa all'84 per cento, è costituita dai titoli obbligazionari, che includono titoli di Stato, ossia tutti i titoli obbligazionari emessi dal Ministero dell'economia e delle finanze, sia sul mercato interno (BOT, CTZ, CCT, CCTeu, BTP, BTP€I e BTP Italia), sia sul mercato estero (programmi Global, MTN e Carta commerciale);
    l'Italia accede ai mercati esteri con differenti modalità: attraverso il programma «Global bond», la modalità di finanziamento più importante, con il quale sono emessi titoli diretti ad investitori di ogni parte del mondo anche se il mercato di riferimento principale è quello degli Stati Uniti che consente di soddisfare la gran parte della propria provvista sui mercati internazionali; attraverso il programma di prestiti a medio termine, «Medium Term Note Program», attivato sin dal 15 luglio 1998, rivolto principalmente ad investitori europei ed asiatici; nonché attraverso il programma di carta commerciale, cui costantemente ha fatto ricorso il Dipartimento del tesoro negli ultimi anni che, grazie alle sue caratteristiche di estrema flessibilità, permette al nostro Paese di finanziarsi emettendo titoli a sconto, di durata inferiore all'anno;
    sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze si legge che gli strumenti derivati, nonostante siano utilizzati per attività speculative – e questo uso è stato tra le cause della crisi, prima finanziaria e poi economica, cominciata nel 2007 – «possono però essere utilizzati come strumenti di protezione da rischi finanziari. Questo è l'uso che ne fa il Dipartimento del tesoro, che utilizza i contratti derivati per mettere il servizio di gestione del debito al riparo da eventi sfavorevoli sui mercati finanziari (per esempio, un'impennata dei tassi d'interesse) e sui mercati valutari (per esempio, una dinamica sfavorevole nei rapporti con altre valute di emissione di titoli di debito)»; in questa ottica, servirebbero a diversificare la base degli investitori internazionali per contenere il costo complessivo della provvista ed il rischio connesso al rifinanziamento del debito;
    in sede di audizione presso la Camera, nel febbraio 2015, il Dipartimento del tesoro ha spiegato che si sottoscrivono contratti derivati per assicurarsi una copertura che «minimizzi l'impatto di eventi sfavorevoli»: quest'ultima, però, presenta dei costi, come in tutte le assicurazioni, qualora non si verifichi l'evento sfavorevole. Sempre sul sito è riportato che «il valore di mercato di un contratto derivato non è, quindi, una perdita, ma una fotografia, date le condizioni di mercato del momento in cui la foto è scattata. Il costo effettivamente sostenuto anno per anno è registrato come costo di gestione del debito, al pari degli interessi pagati sui titoli di Stato»;
    sicuramente l'atteggiamento del Governo risulta altalenante: da un lato, si ammette che i derivati siano stati la causa della pesantissima crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 – che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers – e che poi si è riversata sull'economia reale del mondo intero ed in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese e sullo stato di salute dei bilanci pubblici; dall'altro, però, si difendono i derivati, sostenendo che «una corretta valutazione nella gestione dei derivati può essere effettuata soltanto mettendo il costo sostenuto per i contratti in relazione con il costo sostenuto per gli interessi sul debito sottostante» e che «poiché il costo dei derivati tipicamente sottoscritti dal Tesoro cresce quando scendono i tassi di interesse, e diminuisce quando gli stessi crescono, il risultato conseguito grazie ai derivati è di contenere il costo della gestione del debito in un perimetro ragionevolmente pianificabile»;
    è opportuno, quindi, ricordare che la «bolla» finanziaria che ha poi portato alla conseguente crisi è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli «tossici», al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte dell'investimento di un capitale di base minimo. Tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano proprio i derivati associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in mercati al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC;
    la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa, in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti da qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
    nel caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario in questo gioco di speculazione espone al rischio di default dell'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e la conseguente necessità di intervento degli Stati con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto anche nel nostro Paese;
    i derivati causano inoltre altri effetti negativi sul debito pubblico: secondo quanto dichiarato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze presso la Camera dei deputati nel febbraio 2017, in sede di risposta ad un atto di sindacato ispettivo, il Tesoro ha sborsato 5,2 miliardi di euro per contratti derivati in essere con le banche internazionali, ammettendo che le perdite e i debiti prodotti da tali strumenti finanziari erano in continuo peggioramento (alla fine del 2016 il flusso negativo era pari a 37,8 miliardi di euro a fronte di 36,6 miliardi alla fine del 2015). Inoltre, nello stesso anno, 3,2 miliardi di euro di aumento del debito è imputabile alla maturazione delle swaption, ossia dei contratti di opzione su un interest rate swap. Si rammenta che lo swap, appartenendo alla categoria degli strumenti derivati, consiste nello scambio di flussi di cassa tra due controparti e si presenta come un contratto nominato (ma atipico in quanto privo di disciplina legislativa), a termine, consensuale, oneroso e aleatorio. Quest'ultimo, pur essendo annoverato come uno dei più moderni strumenti di copertura dei rischi, è comunque irrazionalmente costoso;
    lo scorso anno, infatti, quando le banche hanno deciso di esercitare le proprie opzioni – perché gli swap erano loro convenienti – il Tesoro ha dovuto pagare nel tempo un flusso netto d'interessi pari a 3,2 miliardi di euro;
    tenuto conto che il valore di mercato dei derivati corrisponde al flusso netto dei pagamenti attesi in futuro, è presumibile che le perdite potenziali sui derivati, di cui, come detto, 5,2 miliardi di euro sono stati già pagati nel 2016, possano ulteriormente peggiorare. Infatti, il Ministro dell'economia e delle finanze, nella stessa sede della Camera, ha reso noto che le ristrutturazioni di nuovi swaption avrebbero comportato un incremento del debito superiore a quello registrato;
    in particolare, inchieste di autorevoli organi di stampa hanno rivelato che i contratti con clausola di riservatezza influenzerebbero in maniera corposa l'andamento negativo del debito pubblico; stando alle stesse inchieste, simili contratti, accordati con la Morgan Stanley, sono costati al bilancio del nostro Paese ben 3,1 miliardi nel 2012. Sulla vicenda si è anche espressa la Corte dei Conti che ha quantificato in 4,1 miliardi di euro i danni erariali che potrebbero essere chiesti all'istituto americano e ad alcuni dirigenti del Tesoro;
    ancor più esosi risultano i costi complessivi di tali strumenti: da un report pubblicato dal Tesoro nel 2015, su 2.199 miliardi di debito pubblico, 160 miliardi erano riconducibili ai derivati, per cui si presume, che dal 2012 al 2016 lo Stato italiano abbia sostenuto costi per 16,9 miliardi di euro (con una perdita potenziale di 40 miliardi) solo per questi contratti;
    nonostante il tentativo di rendere più trasparente l'operato del Governo in questo ambito, attraverso l'inserimento nella seconda sezione del documento di economia e finanza (Def), di informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, almeno per il triennio successivo, con particolare riferimento a quelli relativi all’«ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati», sarebbe ancora necessario intervenire al fine di aumentare la responsabilità degli agenti contabili che si occupano di tali investimenti e di individuare con precisione i centri di responsabilità amministrativa a cui imputare eventuali gestioni poco oculate,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative in tema di trasparenza al fine di rendere noto l'ammontare degli stock in essere relativi ai contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze, da un lato, informando trimestralmente le Camere sui contratti che contengono clausole di riservatezza, compresi i relativi costi sostenuti dal bilancio dello Stato e l'incidenza di questi sul debito e, dall'altro, a fini conoscitivi generali dei cittadini, pubblicando semestralmente sul sito istituzionale del Ministero medesimo i dati relativi ai contratti derivati senza clausola di riservatezza, corredati, ugualmente, dai relativi costi sostenuti e dai dati sull'incidenza di questi sul debito;
2) ad adottare, tenuto conto che i derivati sono strumenti costosi e aleatori connessi al rischio di rifinanziamento del debito, maggiori misure di trasparenza in sede di scelta degli istituti con cui contrattare i derivati, anche sulla base di indirizzi espressi dalle commissioni parlamentari competenti, al fine di stabilire con certezza quale sia l'agenzia che offre le condizioni economiche più convenienti ed abbattere, nella maggior misura possibile, il costo delle commissioni.
(1-01658) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


   La Camera,
   premesso che:
    in questa legislatura, la Commissione finanze ha svolto un'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, compiendo un monitoraggio ad ampio raggio, sia con riferimento al comparto pubblico, sia con riferimento al comparto privato, su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente articolato e controverso, in ragione della complessità dei meccanismi contrattuali con cui sono costruiti, del carattere speculativo caratterizzante alcuni di tali strumenti, nonché delle dimensioni della leva finanziaria ad essi sottostante;
    in questo contesto è emerso come il fenomeno del ricorso agli strumenti finanziari derivati, in particolare da parte dello Stato e degli enti locali, debba essere inquadrato anche all'interno del più ampio tema della complicata gestione della nostra finanza pubblica: in breve occorre «guardare la foresta, non solo l'albero», ovvero il tema rappresentato dagli strumenti finanziari derivati è a maggior ragione preoccupante se si considera il «contesto» del debito pubblico italiano; il debito italiano è infatti il terzo debito pubblico del mondo, con oltre 2 mila miliardi di euro, ed è questa la madre di tutte le anomalie: appare dunque con chiarezza come la gestione di una simile massa debitoria porti con sé tutta una serie di altre anomalie, tra cui appunto l'uso massiccio degli strumenti finanziari derivati, per valori e perdite ritenute «accettabili» non paragonabile all'uso che ne fanno gli altri Paesi europei;
    è questo primo aspetto, nella metafora, la «foresta», il vero e proprio fallimento della politica italiana, che chiama in causa partiti e classe dirigente sia della Prima Repubblica, per aver generato questa incredibile mole di debito pubblico, inseguendo il consenso di breve-medio termine ma scaricando sulle future generazioni (che non potevano votare, ne scioperare, né protestare) un fardello immenso, sia della Seconda Repubblica, per essersi limitati a gestire lo status quo, senza avere il coraggio e la forza di tentare operazioni per abbattere, o almeno ridurre significativamente, questo debito, nemmeno quando le condizioni politiche e macro-economiche erano più favorevoli, per esempio negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore dell'euro, quando i tassi di interesse sui titoli di Stato toccarono i minimi storici grazie all'implicita garanzia europea;
    dal confronto tra l'Italia e gli altri. Paesi dell'Unione europea nell'uso degli strumenti finanziari derivati emerge un'anomalia che non può che destare forti preoccupazioni, in quanto nessun Paese e esposto ai derivati come lo e l'Italia: l'Italia e il primo Paese in Europa per perdite potenziali da derivati, con un valore di mercato negativo per circa 42 miliardi di euro; anche in rapporto al prodotto interno lordo il valore di mercato dei derivati italiani è tra i peggiori (peggio di noi solo la Grecia); è vero che rispetto al debito pubblico le distanze si riducono, che le dimensioni del debito italiano spiegano almeno in parte il massiccio ricorso ai derivati, e che bisogna tener conto dei benefici ricevuti dall'assicurazione sui movimenti sfavorevoli dei tassi di interesse, ma tutto ciò non rende meno anomala e allarmante la situazione;
    desta altresì forte preoccupazione la presenza in alcuni contratti derivati attualmente in essere, o chiusi nel recente passato, di clausole particolarmente onerose, definite addirittura «uniche nel loro genere»;
    non si può inoltre ignorare che permane un quadro di estrema incertezza e debolezza della economia italiana e dei tassi di interesse sui titoli di Stato: in tale contesto, ci si deve chiedere se basteranno le decisioni assunte dalla BCE a mantenere bassi i tassi, anche di fronte a dati di crescita deludenti, oppure se essi torneranno ad alzarsi, e in tale caso di quanto;
    non ci si può permettere di sottovalutare – o comunque di non considerare come possibile scenario di « worst case» – l'eventualità che l'Eurozona precipiti in una nuova crisi finanziaria: al riguardo l'andamento dei credit default swap (CDS) sul debito italiano – in un momento, come oggi, di relativa calma – dimostra che l'Italia continua ad essere considerata come potenziale «anello debole» in caso di crisi; occorre dunque chiedersi cosa accadrà alla scadenza del Quantitative Easing, quando i mercati dovranno tornare a giudicare la sostenibilità del debito pubblico italiano in relazione alla salute e alle potenzialità della economia, al netto delle condizioni favorevoli del Quantitative Easing;
    di fronte a questo quadro però, non sarebbe né utile né responsabile abbandonarsi a un approccio scandalistico: al contrario, seguendo l'appropriato approccio già adottato dalla Commissione in occasione della richiamata indagine conoscitiva, occorre innanzitutto realizzare una seria analisi e una fotografia accurata e nitida della situazione e, in secondo luogo, individuare possibili piste di lavoro per uscire dall'emergenza;
    è innanzitutto inaccettabile l'idea che il Parlamento sia tenuto all'oscuro della gestione di strumenti finanziari così delicati come i derivati, in quanto la loro complessità e le comprensibili ragioni di cautela non possono far sì che il Parlamento sia l'ultimo a sapere quando in gioco ci sono la tenuta dei conti pubblici, il denaro dei contribuenti e il livello di benessere e servizi pubblici che lasceremo in eredità alle future generazioni;
    la posta in gioco è altissima: per comprendere meglio di quali grandezze si tratti, basti pensare che con quello che il Paese spende ogni anno sui derivati si potrebbe cancellare una rilevante massa di tassazione sui cittadini, per non parlare delle perdite potenziali;
    se, da un lato, non si possono dimenticare le competenze maturate in materia dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella gestione sia del debito pubblico in generale sia in particolare di strumenti così complessi come i derivati, dall'altro non ci si può nemmeno cullare nell'illusione che tutto vada sempre per il meglio e che non possano, al contrario, verificarsi degli shock finanziari; ad esempio, e impari il confronto tra i desk delle maggiori banche (capaci di condurre analisi mark to market minuto per minuto) e un ufficio pubblico, per quanto preparato ed esperto; inoltre, appaiono molto meno trasparenti le modalità, e ancor più elevate le criticità, nella gestione degli strumenti finanziari derivati da parte delle autonomie locali,

impegna il Governo:

1) a presentare in Parlamento proposte normative volte ad un reale abbattimento del debito pubblico, di natura non «cosmetica», che avrebbe, tra i suoi effetti positivi, anche quello di riportare su livelli fisiologici il ricorso agli strumenti finanziari derivati;
2) a garantire piena accountability, nei confronti del Parlamento e dell'opinione pubblica, circa tali operazioni finanziarie, assicurando trasparenza, totale conoscibilità almeno delle operazioni in strumenti derivati concluse, nonché un quadro informativo completo, con rapporti semestrali per valutare nell'insieme il profilo di rischio di tali operazioni;
3) per il futuro, a presentare in Parlamento una proposta di linee-guida dettagliate, recanti soprattutto una netta distinzione tra operazioni finanziarie in derivati consentite allo Stato e agli enti territoriali (quelle di carattere essenzialmente «assicurativo» e di tutela), e quelle che non dovranno essere più consentite ai soggetti pubblici (quelle a carattere «speculativo» o eccessivamente rischiose);
4) a presentare in Parlamento una proposta di normativa-quadro relativa alla definizione di adeguate e fattibili procedure di controllo su tali operazioni finanziarie, sia interno alle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze sia esterno, da parte della Corte dei conti, sia preventivo che successivo alle operazioni stesse;
5) a presentare in Parlamento una proposta normativa per prevedere che le figure impegnate presso il Ministero dell'economia e delle finanze nella gestione degli strumenti finanziari derivati non possano, per un adeguato numero di anni successivo al cessare di questo loro impegno pubblico, trasferirsi presso le banche o le altre istituzioni private che siano state fino a quel momento loro controparti di tali tipo di operazioni.
(1-01659) «Capezzone, Latronico, Altieri, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese, Vargiu».

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    l'istituto della riserva selezionata è disciplinato dal combinato disposto degli articoli 674 e 987 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
    la riserva selezionata è costituita da un bacino di personale composto da uomini e donne in possesso di particolari professionalità di interesse per le Forze armate e l'Arma dei carabinieri non compiutamente disponibili nell'ambito delle stesse;
    il Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa 2015 considera la componente della riserva come una delle componenti essenziali dello strumento militare nazionale di natura professionale e prefigura la costituzione di una «riserva operativa» prontamente impiegabile e efficace;
    in particolare, nel Libro bianco si afferma che «in termini di capacità operative, la componente di forze di riserva dovrà consentire di disporre di capacità specialistiche che non sono normalmente parte delle forze permanenti o lo sono in quantità non sufficienti. È il caso, ad esempio, di professionalità mediche (...)»;
    la Difesa presta particolare attenzione alle condizioni di vita del personale militare, con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica. A tal riguardo, nel Libro bianco si legge «Per gli aspetti generali di attenzione al personale, il Governo intende assumere un obbligo prima di tutto morale verso gli appartenenti alla Difesa affinché sia assicurato rispetto, sostegno e un equo trattamento per coloro i quali, sacrificando affetti e diritti, affrontano particolari pericoli per tener fede al loro giuramento (...). Fra gli aspetti da considerare vi sono certamente le condizioni di servizio e un trattamento economico dignitoso, l'assistenza sanitaria (...)»;
    a livello territoriale i presidi militari in grado di assicurare l'assistenza psicologica sanitaria al personale militare non risultano sufficienti a coprire le effettive richieste,

impegna il Governo

ad assumere iniziative immediate per incrementare il bacino della riserva selezionata con figure professionali specializzate in ambito psicologico-sanitario, in modo tale da poter assicurare la prestazione di questo importante servizio sanitario in quelle aree territoriali dove tali figure professionali risultino carenti in ambito militare.
(7-01305) «Basilio, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione per sapere – premesso che:
   gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono ospedali di eccellenza che perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico e, al contempo, in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari effettuando anche prestazioni di ricovero e cura di alta specialità;
   gli IRCCS assolvono pertanto una doppia funzione di ricerca e di assistenza sanitaria e sono definiti normativamente dal Decreto Legislativo 16 ottobre 2003, n. 288; a differenza degli altri centri di ricerca e delle università, che fanno capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rispondono per le loro attività di ricerca al Ministero della salute, mentre per le attività di assistenza sanitaria sono soggetti anche alla competenza delle regioni;
   delineandosi come istituzioni particolari e uniche anche nel panorama internazionale, lo statuto speciale degli IRCCSS è verificato periodicamente dal Ministero della salute che attualmente ne riconosce 49 di cui 21 pubblici, che ricoprono un ruolo fondamentale per la ricerca sanitaria nazionale;
   agli IRCCS sono destinati, con criteri di produttività definiti dal Ministero della salute, contributi variabili che derivano dal finanziamento ministeriale della ricerca corrente; ogni IRCCS può al contempo partecipare a molteplici forme di finanziamento, previa partecipazione a bandi pubblici per progetti di ricerca (e.g. bando ricerca finalizzata del Ministero della salute, bandi europei, bandi internazionali) e privati (e.g. fondazioni bancarie, associazioni scientifiche), nonché beneficiare di donazioni ed elargizioni di privati cittadini; i finanziamenti agli IRCCS derivanti dal fondo per la ricerca corrente si sono drasticamente ridotti del 20 per cento tra il 2008 il 2015;
   attualmente, negli IRCCS pubblici lavorano circa 3500 ricercatori, tecnici e amministrativi altamente qualificati, impiegati con contratti atipici (borse di studio, contratti di collaborazione coordinata e continuative, collaborazioni professionali e partite IVA); così, pur presentando un'anzianità media di 10 anni, il personale si scontra con le evidenti limitazioni dei diritti (malattia, maternità, contributi a fini pensionistici, ferie/orari) e con il problema di una difficoltosa programmazione lavorativa per i progetti a medio e lungo termine che mina le basi per la necessaria continuità delle ricerche;
   l'articolo 5 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 ha recentemente introdotto un espresso divieto per le amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro; tale disposizione, che mira virtuosamente ad eliminare la precarietà nella pubblica amministrazione, tuttavia, rischia di mettere in serio pericolo gli IRCCS, che non sono dotati di finanziamenti strutturali e non sono autorizzati a bandire concorsi per l'assunzione di personale di ruolo;
   il 20 giugno 2017 i ricercatori degli IRCCS pubblici hanno annunciato lo stato di agitazione per rendere note la loro condizione di lavoro e le preoccupazioni che ne derivano;
   come emerso nel quadro dell'esame dell'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-11631 presentata dai deputati Donata Lenzi e altri, le procedure di stabilizzazione previste dall'articolo 20, comma 10, del testo unico sul pubblico impiego recentemente approvato potrebbero risolvere il problema soltanto in minima parte, atteso che il personale di ricerca degli IRCCS non è assunto sulla base della pianta organica ma per specifiche esigenze dell'attività di ricerca, con contratti atipici, nel tempo rinnovati, per la conduzione di ulteriori approfondimenti nelle stesse linee di ricerca; né si rende facile addivenire ad un ipotetico ampliamento della pianta organica degli Istituti in esame attesa la necessità di mantenere per tale personale un certo grado di flessibilità, mobilità e competitività che rappresentano caratteristiche connaturate al contesto della ricerca, in piena sintonia con il sistema internazionale altamente concorrenziale in cui agiscono gli enti di ricerca; infine, la possibilità che pure è ancora prevista dallo stesso Testo Unico di ricorrere a forme di lavoro flessibile, è riferita al solo personale medico, infermieristico e tecnico professionale del servizio sanitario nazionale; ciò, peraltro, nell'esclusiva finalità di far fronte a condizioni di criticità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
   sempre in risposta all'interrogazione parlamentare summenzionata, il Governo ha tuttavia comunicato che il Ministero della salute avrebbe avviato una proposta normativa volta al definitivo riconoscimento del personale di ricerca sanitaria che ha ormai acquisito notevole competenza nel settore della ricerca, delineando per tale personale un percorso di sviluppo professionale che permetta l'ingresso nei ruoli del servizio sanitario nazionale;
   per assicurare che l'impegno profuso dal Ministero della salute possa raggiungere l'obiettivo è necessario che lo stesso sia condiviso dalle altre amministrazioni interessate, in particolare dal dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, per ciò che attiene la compatibilità della disciplina con il testo unico del pubblico impiego e con gli obiettivi generali della riforma della pubblica amministrazione, e dal Ministero dell'economia e delle finanze, per garantire lo stanziamento dei finanziamenti strutturali necessari;
   la competitività e la qualità dei servizi delle strutture sanitarie e di ricerca pubbliche si determinano anche in funzione della capacità di gratificare e valorizzare le elevate competenze che vi prestano servizio –:
   come il Governo intenda intervenire per scongiurare la paralisi degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici che si determinerebbe qualora al divieto, introdotto con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, di impiegare i ricercatori mediante la stipula dei contratti di collaborazione attualmente in essere, non seguisse, con estrema urgenza, l'individuazione di modalità e correttivi da parte di tutte le amministrazioni interessate per la stabilizzazione del personale, dotando gli istituti di un fabbisogno organico e dei relativi finanziamenti strutturali.
(2-01874) «Quartapelle Procopio, Ascani, Bruno Bossio, Campana, Carrozza, Cassano, Covello, Marco Di Maio, Fedi, Gadda, Galperti, Giacobbe, Guidesi, Iacono, Impegno, Iori, La Marca, Locatelli, Lodolini, Pierdomenico Martino, Miotto, Narduolo, Palmieri, Porta, Realacci, Scuvera, Sereni, Tacconi, Tidei, Venittelli, Zampa, Zanin».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   come è noto nell'anno 2012, a seguito di azione giudiziaria della procura della Repubblica di Taranto che disponeva il sequestro penale di parte degli impianti produttiva dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, si apriva un lungo periodo di crisi per il territorio ionico, allo stato non ancora superato;
   una delle più importanti conseguenze della vicenda innescata dai provvedimenti giudiziari è da ritenersi l'attivazione dell'amministrazione straordinaria, con ogni conseguenza sul piano delle sofferenze in capo ad un numero significativo di creditori;
   in particolare, tale gravame riguarda centinaia di piccole aziende dell'appalto, autotrasportatori soprattutto, e piccoli fornitori;
   nell'anno 2015 anche a seguito delle proteste degli autotrasportatori, fu siglato un accordo con i commissari Gnudi, Carruba e Laghi, in virtù del quale, a fronte della riduzione dell'anticipo di alcuni pagamenti correnti, si prospettava un canale preferenziale in riferimento a quanto rientrato nella massa passiva;
   nei giorni scorsi il giudice delegato ha negato la prededuzione rispetto ad un ammontare complessivo di 25 milioni di euro;
   diverso orientamento è scaturito invece per debiti nei confronti di importanti istituti di credito e per importi decisamente più significativi;
   è ancora noto che le procedure in atto di cessione ai privati della gestione dell'Ilva, comporterà una sensibile ulteriore riduzione della occupazione, stimata per tutto il gruppo in circa 4.200 unità rispetto all'attuale organico occupato. Trattasi di personale diretto e dunque sono da valutare le ulteriori riduzioni per l'indotto;
   nel contesto generale di grave crisi economica del territorio il provvedimento che nega la prededuzione per i crediti pregressi degli autotrasportatori tarantini rischia di creare le condizioni per un generalizzato default delle aziende;
   è ipotizzabile che nei prossimi giorni siano programmate nuove azioni di protesta degli autotrasportatori, con ogni possibile conseguenza anche sul piano dell'ordine pubblico –:
   se ritengano di assumere iniziative straordinarie atte a sostenere in generale l'economia del territorio ionico attraverso lo stanziamento di fondi che anticipino e garantiscano i crediti degli autotrasportatori e piccoli fornitori dell'appalto Ilva;
   se ritengano di assumere iniziative normative per sospendere i procedimenti esecutivi e/o il pagamento di imposte e tributi per le aziende coinvolte.
(2-01871) «Chiarelli».

Interrogazione a risposta orale:


   LACQUANITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel settembre 2015 l'amministrazione comunale di Prevalle, in provincia di Brescia, fece proiettare sul pannello elettronico all'esterno del palazzo comunale, normalmente dedicato alla trasmissione dei messaggi di servizio rivolti alla cittadinanza e ai turisti, la scritta: «L'amministrazione comunale è contraria all'ideologia gender»; in quell'occasione il sindaco di Prevalle, Amilcare Ziglioli, spiegò che si trattava di «un messaggio per far capire da che parte sta l'amministrazione»; Fabio Rolfi, vicecapogruppo leghista al Pirellone, invitò allora «tutti gli altri sindaci, della Lega e non, a fare la stessa cosa nei rispettivi comuni», con l'intento di «tenere fuori dalle nostre scuole teorie ideologiche e pericolose per bambini e adolescenti» e in effetti, in alcuni comuni, quali ad esempio Capriolo, Croce sull'Arno e altre, tale moda si era diffusa;
   si apprende in questi giorni da fonti giornalistiche che il sindaco di Prevalle Amilcare Ziglioli ha annunciato l'apertura dal 1o luglio negli uffici del comune, di un cosiddetto « sportello no gender», attivo ogni sabato mattina di luglio e di agosto, con l'intento, spiega, di «prevenire, prima che curare»;
   lo sportello sarebbe gestito da un'insegnante della scuola primaria del medesimo comune e sarebbe stato ideato dall'Associazione «Il Popolo della Famiglia» riconducibile al «Movimento Politico Autonomo» fondato da Mario Adinolfi, Gianfranco Amato e Nicola di Matteo come si apprende dalla pagina Facebook dello stesso;
   a giudizio dell'interrogante pertanto, l'iniziativa appare non solo di stampo omofobo, ma va a realizzare una struttura di dubbia legittimità da parte del sindaco di Prevalle: non è accettabile infatti che un amministrazione comunale faccia uso improprio di strumentazioni pubbliche o, come nel caso in questione, decida di aprire sportelli pubblici per diffondere teorie sull'istituto familiare prive di reali basi scientifiche, oggetto di proprie convinzioni politiche, e inoltre, con il predetto sportello pubblico, pretenda di invadere lo spazio personale dei cittadini e l'esercizio di diritti della persona, quale l'orientamento di genere –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, anche alla luce di quanto descritto, di assumere le iniziative di competenza volte ad assicurare una corretta informazione sull'argomento, a evitare soprattutto da parte delle istituzioni ogni forma di discriminazione e a garantire pari diritti e uguale dignità, nel pieno rispetto della Costituzione che, all'articolo 3, afferma che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (...) senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione». (3-03126)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 30 giugno 2017 nei pressi del comune di Chiaramonte Gulfi, situato a 15 chilometri da Ragusa (Sicilia), è divampato un incendio in contrada Rossa e San Marco, in una zona boschiva nei pressi di molte aziende del territorio;
   in una prima fase nessun canadair era disponibile per l'intervento e le fiamme sono state fronteggiate solo dal personale a terra;
   ciò, unito alla presenza di un forte vento e di un caldo intenso, ha di fatto permesso all'incendio di avanzare fino a più di 150 ettari di Pineta, che sono andati completamente distrutti, mettendo in ginocchio decine delle aziende zootecniche presenti sul territorio, provocando la morte di centinaia di animali e arrivando a pochi metri dal centro abitato;
   all'interno del centro abito, in particolare in via Ciano e zona San Giovanni, è arrivata una forte coltre di fumo denso, ben visibile anche dai comuni di Ragusa e Comiso;
   l'intervento pronto di vigili del fuoco, protezione civile e squadra antincendio della forestale e poi finalmente di 4 canadair ha impedito che l'incendio avesse conseguenze ancor più pesanti;
   in 40 ore, però, il territorio ha subito danni per milioni e milioni di euro ed è chiaro che la natura dell'incendio è stata dolosa;
   il bilancio per i privati è di danni ingentissimi (tra aziende e case) e per questo la macchina della solidarietà si è messa in moto fin dalle prime ore; il presidente della sezione Coldiretti di Chiaramonte Gulfi (Sebastiano Giaquinta), per esempio, ha consegnato il fieno regalato dagli agricoltori di Agrigento che erano partiti sabato appena appreso della tragedia a Chiaramonte. Il fieno è stato consegnato a Giovanni Tumino, proprietario di una delle aziende praticamente rase al suolo dall'incendio;
   oltre alla solidarietà doverosa, a breve verranno resi noti i provvedimenti finalizzati a garantire gli aiuti necessari alle aziende ed ai territori, falcidiati dalle fiamme;
   purtroppo, solidarietà ed impegno regionale non sono sufficienti per fronteggiare una situazione così drammatica –:
   se il Governo non ritenga doveroso assumere le iniziative di competenza per proclamare il prima possibile lo stato di emergenza per le zone colpite dall'incendio che ha devastato il territorio, le aziende e le famiglie del Libero consorzio comunale di Ragusa al fine di fronteggiare adeguatamente gli ingenti danni economici, sociali ed ambientali. (4-17154)


   DE ROSA, COLONNESE, GRILLO, MANTERO, NESCI, LOREFICE e SILVIA GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 maggio 2017 si è verificato un grave incendio presso l'azienda di trattamento di rifiuti speciali Aboneco Recycling, sita in Parona Lomellina (Pavia);
   in seguito all'incendio, l'Arpa Lombardia ha riscontrato quantitativi di diossine e furani quattro volte superiori alla soglia di non pericolosità suggerita dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   in data 9 giugno 2017 (Cod. 1.7.01 – prot. 28501), Ats Pavia, a firma del direttore generale, dottoressa Anna Pavan, ha dichiarato per iscritto di aver provveduto ad informare il comune di Vigevano (area particolarmente impattata dalla colonna di fumo) e, per conoscenza, anche ai comuni di Mortara e Parona, sulla necessità di prescrivere a titolo precauzionale l'astensione della raccolta e successivo consumo di prodotti alimentari (sia ad uso umano che animale);
   i sindaci di Vigevano, Mortara e Parona hanno pubblicamente dichiarato di non aver mai ricevuto la suddetta informativa da parte di Ats Pavia (http://laprovinciapavese.gelocal.it);
  nessuno dei tre sindaci citati ha infatti ricevuto la comunicazione di Ats Pavia e, di conseguenza, non ha emesso alcuna ordinanza e/o informativa alla cittadinanza;
   la stessa Ats Pavia ha successivamente dichiarato alla stampa locale, in data 24 giugno 2017 (http://laprovinciapavese.gelocal.it) di essersi dimenticata di trasmettere l'informativa ai sindaci. La dottoressa Tiziana Legnani, direttore sanitario di Ats Pavia, ha infatti dichiarato alla stampa quanto segue: «Avevamo preparato la lettera ma per un mero errore materiale non è partita»;
   nel campo della salute e tutela della sicurezza della cittadinanza non sono ammissibili da parte degli enti pubblici come Ats, errori materiali che possano comportare un rischio per la pubblica incolumità. Il principio di precauzione è infatti fondamentale per tutelare la popolazione, a maggior ragione in presenza di gravi incidenti come quello avvenuto presso la ditta Aboneco Recycling;
   allo stesso modo è, secondo gli interroganti, fonte di grave responsabilità quanto dichiarato dal direttore generale di Ats Pavia, dottoressa Anna Pavan, ovvero di aver provveduto ad inviare l'informativa precauzionale al sindaco di Vigevano e, per conoscenza, ai sindaci di Mortara e Parona sulla necessità di prescrivere, a titolo puramente precauzionale, l'astensione della raccolta e successivo consumo di prodotti alimentari (ad uso umano e animale) in un'area ben definita;
   indipendentemente dai risultati dei campionamenti resi e comunicati via stampa da Ats Pavia in data 24 giugno 2017, cioè contestualmente alle dichiarazioni di «dimenticanza», sussiste, ad avviso degli interroganti, una grave responsabilità amministrativa in capo ad Ats Pavia che non può passare inosservata, anche con possibili risvolti giudiziari, e rispetto alla quale si ritiene opportuno valutare le dimissioni del direttore generale di Ats Pavia –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se e quali iniziative di competenza intenda avviare, anche sul piano normativo e di concerto con gli enti territoriali interessati, al fine di assicurare un'implementazione del dispositivo finalizzato a fronteggiare eventuali situazioni di emergenza che mettono a rischio l'incolumità della popolazione, ottimizzando la modalità procedurali e gli strumenti di comunicazione tra i soggetti pubblici coinvolti, rafforzando il sistema della responsabilità ed evitando che possano ripetersi gravi omissioni con quelle verificatesi nel caso di specie. (4-17169)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   LAFORGIA, ZARATTI, KRONBICHLER, NICCHI, FORMISANO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FOSSATI, CARLO GALLI, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA e ZOGGIA. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   le importanti attività affidate all'Ispra sono sia conoscitive, di controllo, monitoraggio e valutazione (attività di consulenza strategica, assistenza tecnica e scientifica, informazione, divulgazione, formazione in materia ambientale ed altro), sia attività di supporto tecnico-scientifico al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ad altre amministrazioni pubbliche in materia di tutela dell'ambiente e di pianificazione territoriale;
   nel tempo i compiti assegnati all'Ispra sono aumentati, ma ad essi non ha fatto seguito un incremento né delle risorse assegnate all'istituto e alle agenzie ambientali, né del personale impiegato. Al contrario, negli anni il bilancio dell'istituto ha subito tagli al contributo ordinario dello Stato e una diminuzione delle entrate inerenti alla fornitura di ricerca e servizi a soggetti pubblici e privati;
   peraltro, con la legge n. 132 del 2016 si è provveduto all'istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (Snpa), per assicurare omogeneità ed efficacia all'azione di controllo pubblico della qualità dell'ambiente a tutela della salute pubblica. E in questo nuovo sistema diventano ancora più centrali le funzioni d'indirizzo e di coordinamento tecnico dell'Ispra. Nonostante questo, la medesima legge n. 132 del 2016 dispone che dette nuove attività debbano essere svolte senza maggiori oneri per la finanza pubblica e questo, conseguentemente, acuisce ancor di più la crisi dell'istituto, già vicino al collasso economico;
   come ha ricordato una lettera di una ricercatrice dell'Ispra, pubblicata da la Repubblica del 20 giugno 2017 «dal 22 maggio siamo in occupazione: la politica (...) ci ha ridotto al collasso economico. Tra un mese, se non si agisce rapidamente, i 1.200 dipendenti saranno costretti all'inattività per mancanza di fondi. Circa un centinaio di precari storici saranno licenziati (...). Lottiamo e occupiamo anche e soprattutto da cittadini che vogliono che siano enti pubblici a garantire la tutela ambientale e non società private come Sogesid. (...) Turniamo 24 ore su 24 per presidiare l'occupazione (...). Il nostro Paese ha bisogno di un istituto indipendente per una corretta azione di prevenzione, controllo, gestione del territorio e delle emergenze ambientali» –:
   se non si intenda assumere iniziative per stanziare nuove e maggiori risorse finanziarie a favore dell'Ispra e delle agenzie ambientali, al fine di garantire loro di poter svolgere efficacemente i sempre maggiori e più delicati compiti istituzionali, e conseguentemente se non si ritenga indispensabile adottare iniziative volte a prevedere, anche in deroga alla normativa vigente, un piano di assunzioni nonché di stabilizzazione del personale precario, operante presso l'Ispra e le agenzie ambientali. (3-03128)


   CAPELLI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   è in discussione da tempo la realizzazione di una centrale termica solare a concentrazione da 55 megawatt nei terreni agricoli del comune di Gonnosfanadiga;
   il progetto è stato proposto dalla società Gonnosfanadiga limited ed è stato approvato con il parere n. 2320 del 3 marzo 2017 dalla commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale;
   il progetto era stato originariamente presentato alla regione Sardegna, con richiesta di verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale, dato che la centrale doveva essere in origine di potenza inferiore ai 300 megawatt, limite sopra al quale la competenza passa allo Stato;
   in seguito minime variazioni hanno portato ad un aumento di potenza, che non pare all'interrogante basato su dati effettivi, oltre i 400 megawatt, con conseguenze passaggio all'esame da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   molto grave appare all'interrogante il fatto che l'impianto previsto dovrebbe occupare una superficie complessiva di 232 ettari, nella pianura del Medio Campidano, caratterizzata da importanti aziende agricole, con una produzione olivicola di altissimo pregio;
   nel progetto vengono dichiarate due aree lorde impegnate dai collettori solari, una di 227 e una di 232 ettari, a seconda del tipo di collettore che si intende utilizzare. Quale che sia la scelta, appare chiaro che la realizzazione della centrale non potrà che impattare pesantemente sulla zona, nonostante la commissione affermi che solo il 10 per cento del terreno sarebbe sottratto alla produzione agricola, mentre il resto sarebbe compensato da un'area coperta dal campo solare dotata di colture intensive;
   si tratta di una mera ipotesi senza nessuna pratica realizzazione già concretata in nessuna situazione analoga, come mostra l'esperienza di tutti gli impianti analoghi nel mondo;
   appare chiaro, invece, lo spropositato uso del suolo, così come la micidiale riduzione delle risorse idriche locali, causati da un'opera che andrebbe realizzata in area industriale dismessa e non agricola;
   non è poi vero, come mostrano i dati più recenti, che la centrale sia necessaria per compensare la scarsità di energia prodotta da fonti rinnovabili;
   anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si è espresso in senso contrario alla realizzazione della centrale, opera che secondo l'interrogante interessa solo chi intende accedere a incentivi statali, per produrre quella che appare un'inutile «megacentrale» –:
   quali siano le iniziative di competenza che intende intraprendere per sanare una situazione che appare potenzialmente gravissima. (3-03129)


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 133 del 2014, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), previo parere favorevole dell'autorità di distretto territorialmente competente, provvede alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate alle regioni e agli altri enti, dai decreti in attuazione del decreto-legge n. 180 del 1998 e sue integrazioni e aggiornamenti, per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non è stato pubblicato il bando di gara o non è stato disposto l'affidamento dei lavori, nonché per gli interventi che risultano difformi dalle finalità suddette. L'Ispra assicura l'espletamento degli accertamenti ed i sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014;
   le risorse rinvenienti dalle suddette revoche confluiscono in un apposito fondo, istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sono riassegnate per la medesima finalità di mitigazione del rischio idrogeologico, secondo i criteri e le modalità di finanziamento degli interventi, definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 11 dell'articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare doveva e deve monitorare, per il tramite di Ispra, lo stato di avanzamento di tali interventi, al fine di valorizzare le risorse impegnate, ma proprio in base a quanto disposto dell'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 133 del 2014, si ammette di fatto che molti interventi ritenuti urgenti e indifferibili per garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, finanziati con risorse statali, non siano stati utilizzati e debbano, quindi, essere revocati;
   in questa fase storica di particolare difficoltà finanziaria ed economica per il nostro Paese, costretto ogni giorno a dover far fronte a costanti crisi ambientali come quelle causate dal dissesto idrogeologico, risulta inaccettabile non impiegare al meglio le poche risorse economiche messe a disposizione –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire il numero, la quantificazione economica e la relativa motivazione delle revoche delle risorse assegnate alle regioni e agli altri enti e a quali interventi siano stati destinati i fondi revocati. (3-03130)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   diversi media nei giorni scorsi hanno pubblicato la notizia del business milionario che ruoterebbe intorno alla raccolta dei vestiti usati depositati negli appositi cassonetti gialli sparsi in tutte le città d'Italia;
   la normativa in materia di rifiuti speciali — IV parte del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni — che regolamenta la raccolta differenziata dell'abbigliamento e dei prodotti tessili, li classifica come rifiuto urbano;
   il comune è colui che gestisce la prima parte dell’iter, cioè la raccolta; successivamente i comuni appaltano lo smaltimento ad aziende private, cooperative, onlus e altri soggetti che si occupano di gestire il procedimento di raccolta;
   tuttavia, grazie al gesto caritatevole a vantaggio dei più poveri e alla rete della solidarietà, i cittadini, anziché gettare gli abiti dismessi usati, li conferiscono nei cassonetti per la raccolta specifica destinata ai meno abbienti;
   parrebbe invece che il procedimento della raccolta purtroppo venga gestito molto spesso dalla criminalità organizzata, addirittura risulterebbe essere una delle voci di profitto più importanti del potere economico mafioso;
   è emerso, anche da una recente indagine condotta da L'Espresso, che le organizzazioni mafiose acquistano gli indumenti raccolti e li rivendono con un giro di affari smisurato;
   è infatti opportuno ricordare uno dei molti casi legati al traffico illecito di indumenti usati, quello di «Mafia Capitale 2015», e il ruolo di Salvatore Buzzi, presente con le sue cooperative anche nel settore della raccolta degli abiti usati;
   solo nella città di Roma ci sono circa 1800 cassonetti distribuiti sul territorio e secondo uno studio Inspra, la raccolta degli stracci nella Capitale ha un valore di oltre 2 milioni di euro, mentre il giro d'affari nel Paese si aggira intorno ai 200 milioni di euro, grazie alle 110mila tonnellate di vestiti raccolte mediamente ogni anno;
   il business illegale avverrebbe grazie a società di comodo, o finte onlus, che prendono in carico gli abiti dai cassonetti gialli e li rivendono nei mercati abusivi o all'estero senza alcun controllo e alcuna sanificazione ma con guadagni illeciti enormi;
   va ricordato che le operazioni di raccolta dei cassonetti gialli da parte di personale della Caritas e Humana e di altre onlus certificate e accreditate dalle pubbliche amministrazioni sono le sole a essere condotte secondo regolari procedure con il fine di controllare, trattare e sanificare gli indumenti usati che poi vengono destinati ai più poveri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   ove quanto detto trovi conferma, quali iniziative intendano mettere in campo affinché venga garantito che il gesto caritatevole ed ecologico del cittadino non si trasformi in un lucroso affare per la criminalità organizzata e le ecomafie;
   quali iniziative si ritengano necessarie per impedire quanto sopra descritto e assicurare una filiera trasparente che consenta di sapere il destino dei vestiti conferiti nei cassonetti gialli;
   quali iniziative si intendano assumere per evitare che dietro il traffico illegale della raccolta di indumenti usati vi sia anche l'evasione fiscale per milioni di euro. (4-17164)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta all'interrogante l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, Ispra, ente pubblico vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si è visto ridurre di 13 milioni di euro il contributo ordinario; da luglio 2017, dunque, 1200 dipendenti dell'Ispra saranno costretti alla inattività per mancanza di fondi; circa un centinaio di precari storici, con anzianità di servizio fino a 17 anni, saranno licenziati. L'Ispra è il principale ente pubblico di riferimento per le tematiche ambientali nel nostro Paese, svolge anche attività di ricerca funzionale all'implementazione dei numerosi compiti attribuiti allo stesso per legge e garantisce il supporto tecnico-scientifico alle istituzioni. Si tratta di un ente cosiddetto «strumentale» alle azioni del Ministero in tema di politiche ambientali;
   così come riportato dal quotidiano La Stampa con un articolo dal titolo «L'ISPRA ? Da luglio chiuderà i battenti»: «[...] Le ultime settimane hanno visto le tematiche ambientali ritornare sulle prime pagine dei giornali per le importanti dichiarazioni di politici, italiani e esteri, che hanno confermato l'impegno e la determinazione nella lotta ai cambiamenti climatici e nella salvaguardia dell'ambiente, [...] succedeva, però, che ricercatori e tecnologi dell'ISPRA organizzati da USB, insieme ai tecnici e al personale amministrativo, entrassero in occupazione. [...] I numeri parlano chiaro: meno 13 milioni di euro al contributo ordinario dell'Ente da parte dello Stato operati in ragione della razionalizzazione della spesa; meno 43 per cento registrato per i fondi esterni; un disavanzo di bilancio di 6,3 milioni di euro, come dichiarato pubblicamente dallo stesso direttore generale nonché presidente incaricato dott. Stefano Laporta; una contrazione delle unità di personale scese dalle 1650 del 2008 alle attuali 1200, compresi i precari, a fronte di sempre più numerosi e gravosi compiti attribuiti per legge senza ulteriori aggravi per il bilancio dello Stato. Le conseguenze immediate saranno il blocco delle attività per mancanza di fondi e il licenziamento di precari storici. Ebbene, nonostante sia nelle prerogative del Ministero dell'Ambiente intervenire fattivamente, con integrazioni al contributo annuale elargito dal MEF, questo non ha mai voluto effettuare ulteriori passaggi stabili di finanziamento, se non per piccole attività aggiuntive, preferendo invece la ben più costosa società privata Sogesid. La Sogesid è una società in House del ministero dell'ambiente, oggetto di attenzione della procura e di numerose interrogazioni parlamentari, nata sotto la Prestigiacomo e, di fatto, un doppione dell'Ispra –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di tutelare i posti di lavoro dei dipendenti dell'Ispra, tenuto conto, dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, il testo unico della pubblica amministrazione promosso dalla Ministra Madia, che li considera stabilizzabili;
   se i Ministri interrogati non reputino opportuno e necessario assumere iniziative per tutelare l'ente considerato che i controlli dei grandi impianti industriali, come l'Ilva di Taranto, gli adempimenti del protocollo di Kyoto e degli accordi di Parigi, le attività nelle zone terremotate e lo studio del territorio, i controlli e le valutazioni ambientali, le certificazioni di qualità ambientale Emas e Ecolabel, la gestione delle emergenze ambientali, l'accertamento del danno ambientale, la supervisione sugli interventi di ripristino dei fondali dell'Isola del Giglio colpiti dal naufragio della Costa Concordia e la “ricerca finalizzata” alla protezione ambientale potrebbero subire una brusca battuta d'arresto e che a rischiare il collasso sarebbe anche il sistema nazionale di protezione ambientale (ex legge n. 132 del 2016) che ha l'ambizione di mettere a rete l'Ispra e le agenzie regionali così da garantire controlli e monitoraggi adeguati in tutto il territorio nazionale. (4-17168)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOMBASSEI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il convento dei Neveri, è una prestigiosa struttura artistica sita a Bariano, in provincia di Bergamo;
   questo antichissimo complesso monumentale ha vissuto una lunga fase di restauri, con una conduzione di cantiere articolata su 13 anni che ha permesso di riportare alla luce un insediamento romano del Io secolo, con numerose tombe e sepolture di diversi periodi storici, dall'età romana appunto fino a quella rinascimentale;
   di particolare importanza e significato culturale, sociale e religioso è poi il recupero della chiesa di S. Maria inscritta nell'ex Convento, un gioiello architettonico e artistico medioevale su impianto di epoca romana;
   l'intenzione della proprietà è quella di realizzare una struttura museale che possa essere messa a disposizione della collettività, con l'esposizione di tutti i reperti originali ritrovati nell'ex convento, oggi in possesso della Soprintendenza regionale;
   necessaria ai fini della migliore riuscita di questo progetto è proprio la concessione dell'esposizione dei beni ritrovati possibilmente nella loro totalità, o almeno in modo parziale;
   a tal proposito, un'istanza-progetto finalizzata alla formazione di una «zona museale» all'interno dell'ex Monastero dei Neveri, a quanto consta all'interrogante, è stata indirizzata alla Soprintendenza nel maggio 2013, ma è purtroppo rimasta finora senza alcun concreto riscontro;
   occorre sottolineare che questa iniziativa della famiglia Suardi, che ha interamente sopportato gli ingenti costi del restauro senza beneficiare di alcun contributo pubblico, sia sostenuta sia dal comune di Bariano che dalla regione Lombardia, in un'ottica di valorizzazione della vocazione turistica della provincia con influssi benefici evidenti sulla comunità –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di dare riscontro all'istanza-progetto per la formazione della zona museale in tempi veloci e contribuire allo sviluppo e alla valorizzazione della provincia bergamasca. (4-17160)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il codice della strada, decreto legislativo n. 285 del 1992 e successive modificazioni, prevede e all'articolo 7 sulla regolamentazione della circolazione nei centri abitati, l'istituzione delle zone a traffico limitato (Ztl, comma 9); Ie Ztl sono autorizzate dai comuni, con deliberazione della giunta, o in caso di urgenza da un'ordinanza del sindaco, e l'ingresso o la circolazione dei veicoli a motore in queste aree può essere subordinato al pagamento di una somma;
   l'introduzione dei ticket turistici in molte città d'arte italiane, come riportato dal sito online di Federmobilità, «si presenta come soluzione ai problemi relativi sia alla congestione del traffico e sia ambientali. In realtà, sembra avere più la finalità di procurare ai Comuni entrate extra, non correlate in termini di migliore accoglienza nei confronti dei turisti che giungono con gli autobus, a partire dalla messa a disposizione di apposite strutture o dalla fornitura di materiale informativo»;
   inoltre, gli onerosi ticket turistici influiscono sui viaggiatori «sia nella scelta della destinazione che sulla preferenza del mezzo utilizzato per raggiungerla con riflessi immediati e pesanti, non solo sulle aziende di noleggio autobus con conducente ma su tutta la filiera turistica, visto che il costo del biglietto ricade sull'utente finale. In ultimo, questo comporta un costante e crescente calo nella scelta della destinazione Italia, in considerazione del fatto che l'autobus svolge una funzione fondamentale sull'intera filiera turistica, con riflessi immediati e pesanti, non solo sulle aziende di noleggio autobus con conducente, ma sull'economia del Paese. L'andamento della mobilità turistica ha, infatti, sensibili ricadute su altri settori, quali l'industria alberghiera, la ristorazione, le attività culturali, il pellegrinaggio religioso, insomma sull'intera filiera turistica che incide sul PIL nazionale in misura del 12,5 per cento»;
   secondo Federmobilità «le imprese di noleggio che fanno parte integrante della filiera del turismo, hanno forti legami con le agenzie di viaggio, e per questo motivo potrebbero svolgere un ruolo importante nella promozione del turismo, soprattutto nei comuni virtuosi e nelle città d'arte, contribuendo alle esigenze di programmazione dei flussi turistici, di contrasto del turismo “mordi e fuggi”, di pubblicizzazione di eventi ed iniziative commerciali»;
   negli ultimi anni, come ripetutamente denunciato dalle associazioni di categoria e come illustrato dal primo firmatario del presente atto nelle interrogazioni n. 4-14551 e n. 5-10107, ancora senza risposta, «le delibere comunali sui ticket bus contrastano con le norme fondamentali dell'ordinamento comunitario, violando il principio di proporzionalità ed ostacolando la libera prestazione di servizi ed il corretto funzionamento del mercato interno. (...) Le abnormi ed illegittime imposizioni tariffarie imposte agli autobus da numerosi comuni italiani sono dettate da esigenze di cassa dei comuni, che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi di miglioramento della mobilità urbana, della decongestione del traffico e o della tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico e che appaiono distorsive della concorrenza modale»;
   a giudizio degli interroganti; inoltre, le tasse di ingresso nelle Ztl rappresentano, per i turisti che utilizzano i veicoli pubblici non di linea, un ulteriore aggravio alle già ampiamente diffuse tasse di soggiorno, e la loro disomogeneità può costituire un grave ostacolo e un freno al turismo nazionale e internazionale –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per quanto concerne lo sviluppo della mobilità turistica;
   se intendano, nel rispetto delle autonomie locali, assumere le iniziative di competenza per garantire per il servizio pubblico non di linea una disciplina omogenea e razionale delle zone a traffico limitato nei centri urbani, tale da incentivare il turismo nazionale e internazionale. (4-17161)

COESIONE TERRITORIALE E MEZZOGIORNO

Interrogazione a risposta orale:


   PALESE. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per la coesione territoriale nasce nel 2013 come cabina di regia per coordinare e velocizzare la spesa dei fondi comunitari, promuovendo programmi e progetti mirati a favorire sviluppo e coesione nelle regioni del Mezzogiorno, in stretto raccordo tra regioni e Commissione europea;
   si apprende da notizie di stampa (Panorama del 29 giugno 2017) che a metà della programmazione 2014-2020, in base ai dati forniti dalla Commissione europea, la spesa dei fondi dell'Unione europea da parte dell'Italia sarebbe appena all'1,2 per cento (880 milioni di euro su circa 74 miliardi tra fondi di Bruxelles e cofinanziamento nazionale), mentre non sarebbero disponibili i dati del Ministro dell'economia e delle finanze;
   a fronte di questo, sempre in base a notizie di stampa, l'Agenzia avrebbe un organico di 200 dipendenti ed uno stuolo di consulenti e collaboratori che sarebbero arrivati a circa 150 con compensi medi superiori ai 50mila euro annui e contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche di 7 anni;
   sulla vicenda i Cobas dell'Agenzia avrebbero presentato denunce ed esposti fino ad arrivare alla procura regionale della Corte dei Conti denunciando, tra l'altro, che vi sarebbe stata una selezione tra dipendenti candidati per un aumento retributivo che avrebbe visto gli stessi candidati sedere sui banchi della commissione esaminatrice –:
   quali siano i tassi di impegno e di spesa dei fondi comunitari della programmazione 2014-2020 in possesso del Ministro dell'economia e delle finanze e perché non risultino disponibili;
   se quanto denunciato in premessa rispetto alla gestione del personale ed ai numeri di consulenti e collaboratori ascrivibili all'Agenzia per la coesione territoriale corrisponda al vero e, in caso affermativo, come si giustifichino un così ampio ricorso a consulenze esterne ed una spesa così alta per i costi di funzionamento dell'Agenzia, rispetto agli esigui risultati ottenuti sul fronte della spesa dei fondi;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover fornire chiarimenti non solo sui tassi di spesa dei fondi della programmazione 2014-2020, ma anche sul reale impatto che i fondi della vecchia programmazione hanno avuto sulla qualità della vita dei cittadini e delle imprese delle regioni meridionali e se il Governo non ritenga di dover completamente ripensare alle politiche di coesione e le misure per garantire efficacia ed efficienza della spesa dell'enorme volume di fondi comunitari che spesso vengono adoperati più per finanziare l'esercito di consulenti e collaboratori delle varie agenzie nazionali e regionali che non per investimenti sul territorio a cui sono destinati. (3-03125)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CORDA, BASILIO, RIZZO, TOFALO, FRUSONE e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna ha la più alta percentuale di servitù militari presenti sull'intero territorio di qualsiasi altra regione italiana. Tra queste si annoverano i tre più grandi poligoni d'Europa. La regolamentazione di tali aree e delle attività in esse esercitate è affidata al Co.Mi.Pa. (Comitato misto paritetico sulle servitù militari) istituito in ogni regione con il compito precipuo di esaminare i programmi delle installazioni militari per conciliarli con i piani di assetto territoriale della regione e per rendere meno invasivo il loro impatto sull'economia della zona e la vita quotidiana della popolazione;
   nell'ultima seduta del Co.Mi.Pa., riunitosi per deliberare sulla programmazione delle esercitazioni militari in Sardegna per il prossimo semestre, con una forzatura del regolamento ed in modo del tutto unilaterale, è stato approvato un fitto calendario di esercitazioni, coperto tra l'altro dal segreto d'ufficio come mai era accaduto in passato. La segretezza di tale documento contenente l'elenco delle esercitazioni, oltre che non fornire i quantitativi e la tipologia di armamenti e munizioni utilizzate, impedisce anche una razionale programmazione sul territorio capace di minimizzare i disagi per la popolazione;
   seri dubbi riguardano la legittimità stessa di quanto deliberato dal Co.Mi.Pa. Infatti, la composizione del comitato prevede una struttura paritaria tra rappresentanti dell'amministrazione dello Stato e rappresentanti della regione per un plenum di 14 componenti. È accaduto, invece, che i rappresentanti del Ministero della difesa (7 su 14) hanno varato ufficialmente il programma di esercitazioni (considerato il maggior evento addestrativo dell'anno per la difesa) in assenza del numero legale e di tutti i rappresentanti della regione. Si tratta di un atto unilaterale, contrario allo spirito e alla lettera della legge che ha istituito il Co.Mi.Pa., di fatto ignorando ogni coinvolgimento e confronto con chi rappresenta il territorio e la popolazione civile, oltretutto, senza tener in alcun conto le osservazioni e le controproposte avanzate dai rappresentati civili del Co.Mi.Pa. che, vista l'assoluta chiusura e indisponibilità al confronto della parte militare, a quanto risulta agli interroganti sarebbero stati costretti ad abbandonare la seduta;
   si è davanti, a giudizio degli interroganti, ad un fatto gravissimo e senza precedenti che rischia di minare le relazioni tra l'amministrazione della difesa e la regione Sardegna, cancellando il principio di reciproca collaborazione con il rischio di prefigurare, durante le esercitazioni, possibili incidenti e incomprensioni con la popolazione civile indisponibile a subire prepotenze ed atti d'imperio non concordati democraticamente –:
   alla luce della gravità dei fatti sopra esposti, se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire nella vicenda, valutando una revisione delle decisioni in questione, in particolare promuovendo una mediazione con la regione Sardegna;
   quali istruzioni siano state impartite ai rappresentanti dello Stato nei Co.Mi.Pa. affinché la collaborazione con la «parte civile» di questi organismi sia effettiva e non formale, contribuendo a gestire attività sensibili per la difesa italiana senza che queste entrino in aperto contrasto con le esigenze dell'economia e della vita civile delle popolazioni interessate. (5-11730)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   LOCATELLI, LO MONTE, PASTORELLI e MARZANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni si è parlato molto della riforma del codice penale, approvata definitivamente dal Parlamento, per via delle conseguenze che avrebbe sul reato di stalking: così sindacati e alcuni giuristi affermano che vi sarebbe una depenalizzazione dello stalking;
   il Ministro interrogato, intervistato sulla questione, ha affermato che «le preoccupazioni risultano non fondate» ma che comunque la legge sullo stalking sarà modificata per evitare dubbi di interpretazione;
   la questione riguarda, come previsto dalla riforma, l'estinzione di alcuni tipi di reati «a seguito di condotte riparatorie», che avrebbe dato la possibilità ai condannati per stalking di cancellare la pena legata alla propria condanna «pagando una somma se il giudice la riterrà congrua, versandola anche a rate» e «senza il consenso della vittima»;
   la parte della riforma del codice penale che è stata criticata è il primo comma dell'articolo 162-ter: «Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato»;
   si rammenta che lo stalking, previsto dall'articolo 612-bis del codice penale, prevede che il delitto sia punito a querela della persona offesa, la remissione può essere soltanto processuale e la querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma;
   il combinato disposto di tale comma e dell'articolo 612-bis del codice penale potrebbe portare a sostenere che la nuova norma si applica solo quando la querela è rimettibile –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere affinché possa essere fugata qualsiasi possibilità di equivoco interpretativo in merito alla possibile estinzione del reato per condotta riparatoria e si ritorni dunque all'interpretazione originaria della fattispecie così come disciplinata dalla legge del 2009. (3-03131)


   CARFAGNA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   la legge di riforma al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario approvata il 14 giugno 2017 introduce nel codice penale l'articolo 162-ter;
   l'articolo citato stabilisce che, nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato;
   la disposizione specifica, altresì, che nel momento in cui l'imputato dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine stabilito, può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento;
   l'articolo 162-ter rappresenta un forte indebolimento delle tutele previste dal decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, che ha introdotto in Italia il reato di stalking, poiché permette in alcuni casi l'estinzione del medesimo reato mediante il semplice pagamento di una somma di denaro;
   il decreto-legge n. 11 del 2009 ha significato un passo in avanti fondamentale, che ha potenziato il sistema dei diritti e delle tutele e ha fornito, nel contempo, uno strumento giuridico efficace contro la violenza sessuale e gli atti persecutori –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di prevedere che le disposizioni in materia di estinzione del reato per condotte riparatorie, introdotte dall'articolo 162-ter del codice penale, non si applichino alle fattispecie di reato di cui all'articolo 612-bis del medesimo codice riguardante atti persecutori. (3-03132)


   MAROTTA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   in ambito forense si definisce equo compenso la «corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto, alle caratteristiche della prestazione legale»;
   la sentenza dell'8 dicembre 2016 n. c-532/15 della Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato la legittimità in ambito europeo dei minimi tariffari inderogabili;
   la riforma dell'ordinamento forense, introdotta con legge n. 247 del 2012, intervenendo sulla materia dei compensi, prevede, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale, anche tenuto conto dei compensi previsti dal decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 13 ed aggiornati periodicamente;
   il Consiglio nazionale forense da anni segnala l'esistenza di convenzioni che presentano un eccessivo squilibrio contrattuale in favore del committente e non rispettose della proporzione tra compenso pattuito e qualità e quantità del lavoro svolto dal legale su mandato;
   tali convenzioni sono proposte dagli iscritti all'ordine degli avvocati dai cosiddetti «clienti forti»: banche assicurazioni, grandi gruppi economici, Equitalia, nonché taluni bandi «al ribasso» promossi da alcuni comuni, poi rigorosamente bloccati dai giudici amministrativi, e presentano clausole di natura vessatoria e compensi irrisori, in particolare a danno dei giovani avvocati;
   già dai primi mesi del 2017 il Ministro interrogato ha avanzato la proposta di un disegno di legge «sull'equo compenso», il cui punto focale del provvedimento è il rapporto dei professionisti con i grandi committenti. Il contenuto del disegno di legge è il risultato del tavolo di lavoro avviato tra il Ministero della giustizia e il Consiglio nazionale forense;
   il disegno di legge sopra illustrato non risulta al momento approvato dal Consiglio dei ministri e quindi presentato alle Camere. Architetti, ingegneri e avvocati hanno organizzato una manifestazione a Roma nel di maggio 2017, nella quale hanno unito «le voci dei professionisti per chiedere al Governo l'introduzione di una normativa sul giusto compenso per la qualità delle prestazioni e su altri temi importanti, quali l'equità fiscale e il diritto/dovere a una formazione qualificata di alto livello» –:
   quali intendimenti abbia il Ministro interrogato sulla questione evidenziata in premessa, con particolare riferimento alla presentazione del disegno di legge sull'equo compenso dei professionisti. (3-03133)


   AUCI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e PARISI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015 un uomo, eludendo tutti i controlli, è entrato armato nel palazzo di giustizia di Milano e ha ucciso tre persone e ferito gravemente altre due. Vennero uccisi il giudice Fernando Ciampi, l'avvocato Lorenzo Claris Appiani ed il signor Giorgio Erba;
   il fatto suscitò un'ondata di commozione e di cordoglio, ma anche indignazione e preoccupazione per la scarsa sicurezza del tribunale di Milano;
   mentre l'assassino è stato preso e condannato all'ergastolo, per quanto riguarda l'ingresso dell'arma la procura della Repubblica ha indagato esclusivamente il vigilante addetto al tunnel radiogeno apposto al varco cui passò l'assassino, imputandogli di non aver visto l'arma nella borsa, mentre passava nel tunnel;
   da tutti gli elementi raccolti nel processo contro il vigilante è emersa la completa assenza di prove sulla responsabilità dell'imputato, che è stato assolto da ogni accusa nel maggio 2017. Viceversa si è palesato un sistema di sicurezza «sottovalutato e definito solo per approssimazione», come ha ricordato la procura di Brescia al termine delle indagini. Nello specifico: metal-detector vecchi e poco revisionati, immagini delle telecamere di controllo di scarsa qualità, addetti ai controlli degli istituti di vigilanza che hanno l'appalto poco istruiti su come controllare e su cosa fare in caso di pericolo;
   dalla lettura delle osservazioni della procura di Brescia si può desumere che tutte le persone che dovevano farsi carico del sistema di sicurezza, posto a sua volta sotto il controllo di una commissione di manutenzione composta dalle più alte cariche del tribunale, poco hanno fatto, nel periodo precedente il 9 aprile 2015, per eliminare la trascuratezza, l'inaffidabilità, l'impreparazione e la negligenza evidenziata –:
   se a livello di indagini interne siano state individuate le responsabilità della trascuratezza e della negligenza nei controlli e quali misure abbia adottato o intenda adottare per garantire la sicurezza delle migliaia di persone che quotidianamente frequentano il tribunale di Milano.
(3-03134)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, VERINI, MANCIULLI, AMODDIO, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, DI LELLO, ERMINI, GIULIANI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, MAGORNO, MATTIELLO, MORANI, GIUDITTA PINI, ROSSOMANDO, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   combattere il terrorismo significa anche contrastare l'indottrinamento on line e liberare gli individui che hanno subito forme di manipolazione;
   la Commissione europea ha costruito una prima cornice continentale di cooperazione con le principali società di servizi informatici e ha varato un codice di condotta con un elenco di impegni per combattere la diffusione dell'illecito incitamento all'odio on line che impegna le aziende a perseguire l'obiettivo di contrastarlo attraverso l'elaborazione di procedure volte a esaminare entro le 24 ore i contenuti d'odio segnalati e a rafforzare il rapporto con la società civile, al fine di sviluppare adeguate contro-narrazioni;
   numerose inchieste e studi italiani e di altri Paesi europei evidenziano, tuttavia, come la propaganda terroristica di matrice islamista continui ad essere veicolata attraverso vari canali, come i social network;
   nella dichiarazione di Taormina il G7 ha richiesto ai fornitori di servizi di comunicazione e alle società di social media di aumentare gli sforzi per contrastare la diffusione dei contenuti terroristici; la sollecitazione è stata ripresa anche nelle conclusioni dell'ultima riunione del Consiglio europeo che ha invitato il settore privato a fare la sua parte per combattere il terrorismo e la criminalità on line;
   la scorsa settimana è stata approvata al Bundestag la proposta di legge del Ministro della giustizia tedesco per attivare nuove forme di responsabilizzazione dei social network e delle piattaforme di contenuti on line, con la previsione di sanzioni fino a 50 milioni di euro nel caso in cui mancassero sistematicamente di rimuovere i contenuti illegali;
   nelle principali sedi internazionali ed europee il Governo italiano si è sempre pronunciato in favore di una stretta cooperazione con i grandi player del web per preservarlo come spazio di libertà ed evitando che rappresenti una crescente minaccia per la sicurezza –:
   come intenda assicurare progressi nella cooperazione con i principali servizi di rete sociale al fine di contrastare la diffusione sul web dei contenuti illeciti e, in particolare, della propaganda terroristica. (3-03135)


   CATALANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   attualmente non esiste una banca dati telematica pubblica delle sentenze dei giudici di merito e gli archivi risultano frammentati a livello di singolo tribunale;
   è emerso che la maggior parte degli atti processuali archiviati in Italia sono ancora conservati unicamente in formato cartaceo e che i relativi fascicoli, alcuni risalenti a molti decenni fa, stanno andando incontro al deperimento del loro supporto fisico;
   questo fenomeno risulta tanto più grave, a parità di tempo e di condizioni di conservazione, quanto più bassa è la qualità e la grammatura della carta e quindi, nel caso dei documenti incorporati sulle cosiddette veline, il degrado è tragicamente rapido;
   alcuni dei fascicoli che rischiano di andare incontro a un sostanziale macero riguardano casi di grande importanza storica, sociale e politica per il nostro Paese: grandi casi di cronaca, sentenze significative per l'evoluzione giurisprudenziale in alcuni ambiti, storici processi di mafia e di terrorismo;
   i funzionari dell'archivio di Milano hanno trasmesso un elaborato comprendente il monitoraggio dei procedimenti penali di interesse storico, con la quale hanno rappresentato la qualità degli atti e la priorità degli interventi da realizzare in base alle condizioni di oggettivo degrado chimico e strutturale del complesso processuale;
   prendendo a parametro i costi che l'archivio suddetto ha già effettivamente ed autonomamente sopportato per preservare alcuni fascicoli in stato di degrado, si può stimare in circa euro 0,4+iva a pagina il costo di digitalizzazione dei documenti;
   se neppure l'archivio del tribunale di Milano, con le risorse attualmente disponibili, è in grado di provvedere autonomamente alla completa digitalizzazione dei fascicoli di processi storici in suo possesso, risulta impensabile che vi provvedano da soli archivi di tribunali con minori capacità economiche, organizzative o con una minore sensibilità e consapevolezza della tematica;
   se si vuole salvare questa ingente quanto cruciale documentazione, centralizzarla e renderla poi disponibile per via telematica a tutti i soggetti interessati, è necessaria una somma stimabile in 15 milioni di euro per tutta Italia, frazionabile in più anni –:
   se non intenda assumere opportune iniziative, al fine di reperire risorse necessarie per la realizzazione del progetto di digitalizzazione dei fascicoli di cui in premessa, attraverso la realizzazione di una banca dati pubblica delle sentenze di interesse storico, dotata di diversi livelli di accesso per la consultazione e l'estrazione di informazioni da parte dei soggetti interessati. (3-03136)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da più di una settimana risultano interrotti e/o sospesi i lavori di manutenzione sul ponte posto in località Cannavino in provincia di Cosenza sulla strada statale 107 Silana-crotonese, in gestione all'Anas spa;
   la suddetta strada statale rappresenta l'unica arteria di collegamento a scorrimento veloce tra le provincie di Crotone e Cosenza;
   la chiusura di detta arteria rischia di apportare un danno economico irreparabile a tutti i territori interessati, vista l'imminente stagione estiva e considerata la vocazione turistica degli stessi territori;
   le popolazioni interessate stanno subendo dei pesantissimi disagi dovuti all'aumento dei tempi di percorrenza tra le diverse località, atteso che l'inesistenza di percorsi alternativi impone l'attraversamento dei centri abitati con rischi a cose e persone –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di risolvere le descritte problematiche.
(4-17155)


   DE ROSA, CARINELLI, LIUZZI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con interpello prot. 25294 del 29 maggio 2017 è stata avviata presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la procedura di interpello per il conferimento di 24 incarichi dirigenziali di I fascia (direttori generali), ai sensi dell'articolo 20, del contratto collettivo nazionale di lavoro 2002/2005 per il personale dirigenziale dell'area 1 (Ministeri);
   con successiva integrazione prot. 28746 del 13 giugno 2017 è stata esclusa dall'interpello la posizione di direttore generale presso l'organismo interno di valutazione, da attribuirsi a soggetto esterno;
   il quadro normativo di riferimento per il conferimento di incarichi dirigenziali prevede una procedura di valutazione comparativa dei curriculum inviati dai dirigenti, al fine della scelta del soggetto dotato della più adeguata professionalità (articolo 20 del contratto collettivo nazionale di lavoro 2002/2005; articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001; articoli 1 e 2 del decreto ministeriale n. 266 del 2014);
   a fini di trasparenza dovrebbero essere necessariamente definiti e resi noti: il soggetto valutatore; i criteri specifici di valutazione dei curriculum rispetto alla specificità della posizione dirigenziale in conferimento; la graduatoria finale della procedura comparativa con le relative motivazioni;
   nella procedura ministeriale, tuttavia, a quanto risulta agli interroganti, non sono stati resi noti né il soggetto valutatore, né i criteri di valutazione, né la graduatoria finale, ma solamente il nome dell'incaricato;
   inoltre, gli incarichi sono stati attribuiti a soggetti i cui curriculum, ad avviso degli interroganti, non dimostrano affatto il possesso delle competenze e delle esperienze necessarie per l'incarico rivestito, a detrimento della funzionalità ed operatività della struttura ministeriale;
   le nomine eseguite, a giudizio degli interroganti con modalità di dubbia legittimità, avranno ripercussioni sul buon andamento dell'azione amministrativa, impattando negativamente sulla realizzazione dei programmi e degli obiettivi ministeriali;
   deve essere pertanto garantito, anche con azioni di contrasto alle nomine che non assicurano totale trasparenza, il pieno rispetto e la corretta applicazione delle norme che disciplinano l'attribuzione di incarichi dirigenziali, con selezioni obiettive delle migliori risorse e professionalità dirigenziali;
   ciò è possibile con la trasparenza, ovvero con la conoscenza dei soggetti preposti alla valutazione dei curriculum per il conferimento degli incarichi e dei criteri di valutazione e delle graduatorie, garantendo una struttura ministeriale efficace, efficiente, gestita con competenza e professionalità –:
   se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative volte a verificare che la condotta dell'amministrazione sia stata conforme alle vigenti normative per il conferimento di incarichi dirigenziali;
   quali iniziative intenda adottare per porre rimedio alle criticità rilevate e per vigilare sulla corretta attuazione delle relative procedure. (4-17162)


   BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul sito www.autostradadelmediterraneo.it si legge testualmente: «Il 22 dicembre 2016 l'Anas, presieduta da Gianni Vittorio Armani, ha aperto al traffico, con oltre un anno di anticipo sulla data di consegna dei lavori, la Galleria Larìa. Era l'ultimo grande cantiere: la A3-Salerno Reggio Calabria è finita»;
   è stata appena presentato il volume «Autostrada del Mediterraneo – Guida per viaggiare con gusto 2017» realizzato da « La Repubblica», in collaborazione con Anas, in edicola da mercoledì 28 giugno 2017 per pubblicizzare il turismo enogastronomico lungo la tratta;
   il 22 dicembre 2016 l'inaugurazione aveva visto la presenza del premier Paolo Gentiloni e dello stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e in un post dell’ex premier Matteo Renzi si leggeva: «dieci mesi fa i giornalisti della stampa estera si misero a ridere. Avevo appena annunciato, che la Salerno-Reggio Calabria sarebbe stata inaugurata il 22 dicembre 2016. Grazie al lavoro del Ministero, dell'Anas, dei tecnici e degli straordinari lavoratori questo impegno domani diventerà realtà...»;
   ad oggi questi annunci sembrano alquanto improvvidi, sfiorando l'offensività per chi, come avviene in queste ore, resta incolonnato per molto tempo a oltre 40 gradi in lamiere arroventate lungo l'Autostrada del Mediterraneo;
   il 25 giugno 2017 si è verificato un incidente mortale, in cui ha perso la vita anche un bambino di 8 anni, proprio lungo l'autostrada in un tratto a corsia unica parrebbe per lavori in corso tra Laino Borgo e Mormanno;
   sembra che perfino il Codacons abbia presentato una denuncia alla magistratura chiedendo di verificare tutte le eventuali responsabilità e capire come sia stata collaudata quell'opera, per larghi tratti già sotto sequestro;
   ogni giorno, da quattro mesi, tra gli svincoli di Altilia e Cosenza Sud (e oltre) per i lavori di rifacimento del manto stradale e di alcuni giunti, gli automobilisti sono costretti a viaggiare per lunghi tratti su una sola corsia, con enormi disagi e, a tal proposito, i sindaci dell'area del Savuto hanno inviato una missiva ai vertici dell'Anas per segnalarne il problema e avere rassicurazioni in merito;
   in vista della stagione estiva e quindi dell'aumento del flusso dei viaggiatori la situazione rischia solo di peggiorare;
   la tanto pubblicizzata «Autostrada del Mediterraneo» in poche parole non è sicura, non è terminata perché ci sono cantieri ovunque e, in molti punti, dove non ci sono cantieri, il manto stradale è sconnesso e pericoloso, non è l'autostrada del futuro come ci raccontano gli spot di questi giorni e nonostante lo Stato abbia investito ben oltre 8 miliardi di euro nel corso degli anni rimane una grande opera incompiuta –:
   come il Ministro interrogato intenda rispondere alle istanze del territorio e se non ritenga di assumere iniziative affinché l'Anas garantisca almeno gli standard minimi di sicurezza. (4-17166)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   si configura in modo sempre più critico la presenza dei campi nomadi nelle città italiane, posto che al loro interno si verificano con grande frequenza episodi di illegalità e violenza;
   all'interno dei campi aumentano le presenze di immigrati irregolari, soprattutto provenienti dall'Europa orientale, e si verificano frequenti liti e aggressioni tra i medesimi, di solito basati sull'appartenenza a etnie diverse;
   inoltre, si verifica con sempre maggiore frequenza il posizionamento di immigrati irregolari in strutture contigue ai campi nomadi, come avvenuto proprio un paio di giorni fa nella capitale dove cinquanta profughi sono stati accolti all'interno di un edificio distante pochi metri dal «Camping river», campo che ospita circa quattrocento nomadi e che da anni, a dispetto di tutte le promesse di chiusura, funziona in regime di prorogatio, entrambi gestiti dalla medesima cooperativa;
   all'interno di numerosi campi nomadi hanno luogo con allarmante frequenza roghi che, data la natura dei materiali bruciati, esalano fumi tossici anche a poca distanza dai centri abitati e rispetto ai quali le forze di polizia sembrano avere una sorta di indicazione tacita a non intervenire, seppure l'individuazione dei fuochi sia del tutto agevole e spesso vengono segnalati anche dai cittadini delle zone circostanti;
   negli ultimi anni, infatti, anche a causa dell'impunità con cui questi avvengono, il fenomeno dei roghi ha assunto una dimensione preoccupante, posto anche il fatto che ai campi nomadi vengono trasportati rifiuti per il cui smaltimento andrebbero seguite procedure speciali, per farli invece bruciare all'aperto a un terzo del costo e questo sta facendo sì che intorno ai campi si stiano creando delle vere e proprie «terre dei fuochi», siti ad alto inquinamento ambientale che contaminano i terreni e le acque e nelle zone di campagna mettono a rischio la produzione di generi alimentari –:
   quali effettive indicazioni o direttive siano state date alle forze dell'ordine rispetto ai roghi tossici nei campi nomadi e quali iniziative intenda assumere per assicurare il rispetto della legalità nei campi.
(3-03137)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la pregressa carenza di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco viene quantificata dalle tre sigle confederali dei vigili del fuoco in circa 3.500 unità rispetto alla dotazione organica teorica; per i prossimi anni è prevedibile inoltre un consistente numero di pensionamenti;
   il Corpo nazionale, dopo la soppressione del Corpo forestale dello Stato e l'acquisizione delle competenze in materia di lotta attiva agli incendi boschivi, si ritrova con tali competenze in più, ma con uomini e mezzi in meno, ed esigenze in termini di risorse umane reali e tangibili;
   l'acquisizione delle competenze per le attività antincendi boschivi ha determinato infatti un incremento della dotazione organica teorica di sole 390 unità rispetto alle 1.000 quantificate in fase di stesura del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177;
   la quota parte del 10,25 per cento quantificata dal criterio della dotazione organica teorica delle diverse forze di polizia e riconosciuta ai vigili del fuoco, del fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, destinato al finanziamento delle assunzioni straordinarie di tutte le Amministrazioni dello Stato, risulta per gli interroganti riduttiva rispetto a particolari necessità che non possono essere valutate mediante l'esclusivo ricorso ad un dato meramente statistico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario incrementare la percentuale della dotazione organica destinata al Corpo nazionale dei vigili del fuoco dal 10,25 per cento ad almeno il 21 per cento;
   se intenda assumere iniziative per un potenziamento extra di numero 1000 unità per far fronte alle competenze per lo svolgimento delle attività antincendi boschivi passate ai vigili del fuoco dall'ex Corpo forestale dello Stato;
   se per l'anno corrente 2017 saranno assunte le 900 unità attese dalle sigle confederali dei vigili del fuoco;
   se non ritenga necessario assumere iniziative volte a prorogare la graduatoria di concorso pubblico per 814 vigili del fuoco (decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008) al 31 dicembre 2018, assicurandone il suo esaurimento come più volte annunciato dal Governo.
(5-11729)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i locali della sottosezione polizia stradale di Buonfornello (Campofelice di Roccella) dall'ottobre 2017 risultano essere interessati da lavori di adeguamento strutturale che riguardano la ridefinizione dell'involucro e del sistema impiantistico, sostituzione di elementi usurati dal tempo e la bonifica di pannelli contenenti amianto;
   a quanto consta all'interrogante, la presenza di amianto nei locali in questione è stata confermata dai controlli effettuati dall'azienda appaltatrice dei lavori e dal compartimento polizia stradale Sicilia occidentale e ciò genera preoccupazioni tra il personale operante nella struttura stessa;
   in una nota del 5 giugno 2017 del Sindacato Coisp si legge che i locali attualmente agibili sono gli uffici del piano terra, l'androne e la mensa. Per questi motivi sul piazzale sono stati installati 5 moduli abitativi, 3 destinati agli alloggi e 2 a spogliatoi, quest'ultimi insufficienti per le esigenze delle 40 persone che devono utilizzarli;
   la struttura appare come un cantiere in pessime condizioni da ben otto mesi e ad aggravare tutto ciò si apprende che i lavori sono sospesi da maggio 2017 e non si sa se e quando riprenderanno, generando un malessere diffuso tra i lavoratori che operano nella sottosezione di Buonfornello i quali, giustamente, vorrebbero prestare servizio per lo Stato italiano in strutture non pericolose per la salute e per la sicurezza delle persone;
   dalla stessa nota del 5 giugno si apprende la notizia dell'imminente soppressione del distaccamento di Polizia stradale di Cefalù che, nelle intenzioni ministeriali, determinerebbe il trasferimento del personale proprio nella sottosezione di Buonfornello cioè nella struttura in oggetto che risulta assolutamente non idonea ad ospitare un ufficio di polizia –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   quali iniziative intenda adottare per la messa in sicurezza, in tempi brevi, della sottosezione di Buonfornello in modo da garantire le giuste condizioni, previste dalla normativa attualmente in vigore, in materia di sicurezza del lavoro, igiene e salute pubblica;
   se corrisponda vero quanto riportato nella nota del Coisp in merito alla soppressione del distaccamento di polizia stradale di Cefalù e al trasferimento del personale nella già precaria sottosezione di Buonfornello. (4-17159)


   CARFAGNA e VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la carenza di organico nel comparto della pubblica sicurezza è un fatto consolidato: per il solo ruolo di ispettore, le stime degli ultimi anni hanno registrato la mancanza di circa 13.000 unità per una copertura adeguata del territorio, circa il 55 per cento della forza effettiva rispetto alla dotazione organica tabellare;
   a tal proposito, il Ministero dell'interno, nel 2013, ha predisposto un bando di concorso riservato alla figura di vice ispettore, con l'intento di trovare altre 1400 unità da inserire nell'organico dell'amministrazione della pubblica sicurezza;
   nel mese di giugno del 2017 è stata pubblicata la graduatoria definitiva relativa ai vincitori del concorso, con una rimodulazione delle disponibilità di posizioni nelle varie province, resa possibile dall'incremento di 474 unità rispetto all'originario numero di posti messo a concorso;
   un'iniziativa condivisibile, come dichiarato dallo stesso capo della polizia, il prefetto Franco Gabrielli, in una delle riunioni relative alla rimodulazione, lasciando trasparire ottimismo sull'assegnazione dei posti per gli idonei al concorso, destinati alle province di provenienza in assenza di richieste e deroghe differenti;
   così non è stato, perché, a seguito della circolare sul concorso interno per vice ispettori del 13 giugno 2017, oltre all'elevazione del numero di posti da 1400 a 1874, la revisione delle sedi di servizio e di redistribuzione delle risorse, ci sono comunque province a cui non è stato assegnato alcun posto da riservare agli idonei al concorso;
   tra queste gli interroganti segnalano, con stupore, per importanza e necessità, la realtà di Salerno (e della stessa Benevento);
   non si capisce perché, sempre a giudizio degli interroganti, la provincia di Salerno in particolare venga ancora una volta non presa nella dovuta considerazione dal Ministero dell'interno, visto che risulta, da anni oramai, non assegnataria di alcuna nuova figura di ispettore;
   questa situazione ha portato, tra le altre cose, ad un innalzamento dell'età media dei poliziotti in servizio in tutta la provincia che, congiuntamente all'assottigliamento degli organici, dovuto ai numerosi pensionamenti non adeguatamente rimpiazzati, rende sempre più difficile riuscire a far fronte alle quotidiane esigenze di sicurezza che il territorio richiede;
   senza nulla togliere ad altre zone della regione Campania, si vuole portare l'attenzione sul fatto che il territorio di Salerno, dopo quello di Napoli, resta il centro di maggiore interesse sociale, economico, turistico ed ambientale, dove si verifica il maggior numero di reati e dove la densità di abitanti è maggiore;
   a giudizio degli interroganti un centro come Salerno necessitava di nuove unità da inserire nelle forze di polizia;
   lo sbilanciamento è evidente se si confrontano le assegnazioni ad altri territori meno soggetti al verificarsi di reati, Avellino su tutti, che ha visto incrementare i propri ranghi di ben 12 unità;
   gli stessi idonei al concorso per la partecipazione al corso per la formazione, provenienti dalla provincia di Salerno, secondo l'ultima rimodulazione, saranno sistemati fuori sede –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare, con tutti gli strumenti di competenza, le opportune misure affinché sia rivista la distribuzione delle nuove unità, in base anche a necessità ed importanza dei territori, a livelli di anzianità e a numero di reati statisticamente rilevati;
   se il Ministro interrogato non intenda chiarire i motivi per cui territori strategicamente importanti, come Salerno o Benevento, non risultino assegnatari di nuove unità, laddove la necessità di incremento appare evidente da tutti i motivi enunciati in premessa. (4-17167)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAROCCI e ROCCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sistema centrale Sidi è il portale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a cui possono accedere i dirigenti scolastici e il personale amministrativo per la gestione delle risorse umane e dei processi amministrativi;
   fin dall'inizio della sua attività, si sono registrate molte segnalazioni al dipartimento generale dei sistemi informativi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca circa le ricorrenti disfunzionalità del sistema che non consentono l'inserimento o la corretta registrazione delle informazioni richieste, con ricadute assai negative sui carichi di lavoro delle segreterie;
   il funzionamento del sistema è a macchia di leopardo e, dunque, non è assicurato in maniera uniforme in tutte le scuole e sono molti i disservizi registrati; in particolare, si segnalano le seguenti problematiche:
    a) l'apertura delle funzioni per periodi di tempo troppo ristretti provoca il contemporaneo accesso di tutti gli utenti nelle stesse fasce orarie e rallenta notevolmente fino a bloccare l'attività del sistema;
    b) inoltre, l'esportazione dei dati al Sicoge in prossimità delle scadenze diventa un'operazione assai complessa; il funzionamento intermittente e inaffidabile della procedura informatizzata della convocazione dei supplenti giornalmente espone le scuole a contenziosi con gli insegnanti e ritardi nella copertura dei docenti assenti;
   la conseguenza immediata della scarsa funzionalità del Sidi è che la maggior parte delle scuole fanno ricorso a software a pagamento e a piattaforme private;
   la mancanza di una piattaforma dati centralizzata in grado di gestire i procedimenti amministrativi, la segreteria digitale e il registro elettronico ha di fatto consegnato il flusso dei dati informatici delle istituzioni scolastiche del servizio pubblico nelle mani di gestori privati che detengono il controllo del sistema –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare per ripristinare e assicurare la piena operatività del sistema informatico e consentire un corretto lavoro delle segreterie;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per istituire il portale unico per tutte le scuole già previsto dalla legge n. 107 del 2015 per la messa a disposizione della documentazione, al fine di evitare la ripetizione di richieste da parte dei vari enti. (5-11727)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CIMBRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Ceme, fondata nel 1974, è un punto di riferimento per la produzione di pompe a vibrazione ed elettrovalvole, in Italia e nel mondo;
   la CEME è una società per azioni nettamente in utile e che esporta l'85 per cento dei propri prodotti;
   alcuni consiglieri regionali della Commissione attività produttive del Consiglio regionale della Lombardia, in occasione dell'audizione che si è svolta con le rappresentanze, sindacali, aziendali e territoriali della Ceme di Carugate, hanno chiesto il sostegno ai lavoratori e lo stop alla procedura dei licenziamenti;
   l'azienda, appartenente a un fondo finanziario da ormai alcuni anni, dopo essere passata attraverso alcune ristrutturazioni (non ultima quella che ha visto lo spostamento di parte della forza lavoro nel sito di Trivolzio), con lettera del 6 giugno 2017, ha annunciato il licenziamento collettivo di 97 lavoratori sullo storico sito di Carugate, addetti alla unità produttiva di Carugate, dichiarando di voler chiudere tale stabilimento per questioni di mancanza di competitività. In tale lettera di avvio della procedura la società dapprima ha dichiarato che: «l'attività principale dello stabilimento di Carugate è la produzione di elettrovalvole per le macchine del caffè espresso: attività che, in un'ottica di continua ricerca di efficienza produttiva (...) risulta essere scandita da una costante antieconomicità», salvo poi ammettere: «la valutazione della Società di cessare la relativa attività che, con la definitiva chiusura dello stabilimento in discussione non sarà ulteriormente svolta, e procedere alla sua esternalizzazione presso terzisti della società già attivi sul territorio». Per stessa ammissione della Società, quindi, la produzione delle elettrovalvole non cesserà con la chiusura dello stabilimento di Carugate, bensì proseguirà «presso terzisti della società già attivi sul territorio»;
   la Ceme con il bilancio al 31 dicembre 2015 ha avuto ricavi per euro 146.734.000 ed utile netto di euro 538.000; tali dati sono addirittura migliorativi rispetto al precedente bilancio al 31 dicembre 2014 che presentava ricavi per euro 151.494.000 ed utile netto di euro 59.000. Dall'esame dunque dei bilanci e dalla crescita esponenziale dell'utile netto, ad avviso dell'interrogante, è dimostrato che la società non sta patendo in alcun modo una situazione di difficoltà economica e/o pretesa «antieconomicità»;
   a parere dell'interrogante il licenziamento collettivo e la chiusura dello stabilimento producono solamente un risparmio sul costo del lavoro, non consentito dal nostro ordinamento, in quanto la società finisce di fatto per lucrare la differenza tra il costo del personale ora assunto direttamente e la spesa per i terzisti (beneficiando quindi delle forme di lavoro precario e meno remunerato che tali terzisti utilizzeranno); inoltre, si sta ponendo in essere una attività in contrasto con l'articolo 41 della Costituzione, ossia con il divieto di compromettere l'utilità sociale della iniziativa economica privata, nonché di recare danno alla libertà e dignità umana;
   il consigliere Pd Fabio Pizzul ha dichiarato: «L'occupazione in Ceme è prevalentemente al femminile, inoltre nel sito di Carugate lavorano, in alcuni casi, mariti e mogli, dunque stiamo parlando di famiglie che si ritroveranno da un giorno all'altro senza stipendio e di un territorio che si impoverirà drasticamente. L'azienda ha appreso oggi in Commissione che può accedere a bandi, misure e finanziamenti che Regione Lombardia può mettere a disposizione, in casi come questo, previsti dalla normativa vigente per favorire l'innovazione e la competitività... chiediamo dunque di fermare la procedura e di mettere da parte tutte le soluzioni che non contemplano la continuità occupazionale per i lavoratori in questione» –:
   se il Governo non ritenga urgente l'apertura di un tavolo istituzionale con le parti interessate al fine di aprire il confronto e favorire una soluzione condivisa che comprenda l'accesso agli strumenti di competitività previsti. (4-17158)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COVA, TARICCO, TERROSI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari è disciplinata dall'articolo 62, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che stabilisce che i relativi contratti sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento;
   in particolare, l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 51 del 2015 dispone che i contratti, stipulati o eseguiti nel territorio nazionale, aventi ad oggetto la cessione di latte crudo di cui all'articolo 148, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, devono avere una durata non inferiore a dodici mesi, salvo rinuncia espressa formulata per iscritto da parte dell'agricoltore cedente;
   tale norma è stata introdotta dal legislatore per proteggere e sostenere gli operatori del settore che, a seguito della fine del regime delle quote latte nel marzo 2015, si sono trovati esposti al crollo del prezzo del latte crudo, passato da 40 a 33 centesimi al litro — con un minimo di 30,47 centesimi/litro nell'agosto 2016 — anche per effetto del notevole aumento delle importazioni;
   nell'ultimo anno si segnala una ripresa dei mercati internazionali e il prezzo si aggira attualmente nel nostro Paese intorno ai 39 centesimi, vicino quindi a quello dell'ultimo periodo delle quote latte;
   va però sottolineato che, secondo i dati Ismea, la flessione degli acquisti di latte è divenuta ormai una componente strutturale del consumo nazionale; la domanda domestica di latte e derivati ha continuato a contrarsi, ad eccezione dei settori dello yogurt e del burro;
   in base all'articolo 62, comma 8, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è incaricata della vigilanza sull'applicazione delle disposizioni sopra descritte e dell'irrogazione delle sanzioni. L'Autorità può avvalersi del supporto operativo della Guardia di finanza e può procedere all'accertamento delle violazioni d'ufficio o su segnalazione dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali o di qualunque soggetto interessato;
   se vi siano dati aggiornati sulla situazione a livello nazionale dei contratti per la cessione del latte crudo, in particolare se essi risultino stipulati in forma scritta, e se non si ritenga utile e necessario, assumere ogni iniziativa di competenza per definire un quadro compiuto dei contratti stipulati tra i produttori di latte e l'industria di trasformazione. (5-11728)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il fermo pesca biologico, attivato nel nostro Paese in attuazione del regolamento (CE) n. 1198/2006 relativo al Fondo europeo per la pesca (FEP), è una misura utile a preservare gli stock ittici e a contribuire al ripopolamento della flora e della fauna acquatiche gravemente compromesse, nel corso degli anni, da catture eccessive e da sistemi di pesca inadeguati;
   in virtù di tale arresto temporaneo, comunemente detto «fermo biologico», per le navi da pesca autorizzate ad esercitare l'attività di pesca con il sistema strascico e/o volante, iscritte nei compartimenti marittimi nazionali, ogni anno viene disposta l'interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca per un periodo che va da 4 a 6 settimane, nel rispetto dei periodi contemplati nei piani di gestione;
   la normativa europea reca disposizioni specifiche in materia di aiuti pubblici per l'arresto temporaneo della pesca da erogare ai pescatori, tramite cassa integrazione in deroga, e agli armatori, tramite risorse comunitarie, a parziale indennizzo del mancato reddito derivante dall'interruzione della loro attività;
   sino ad oggi i lavoratori/pescatori operanti con natanti battenti bandiera italiana non hanno ancora ottenuto né il sostegno al reddito previsto per l'arresto temporaneo del 2015/2016, né il compenso agli armatori;
   la mancanza del detto sostegno, a distanza di oltre 24 mesi, sta determinando una pesante ricaduta sulle legittime spettanze dei lavoratori/armatori e, conseguentemente, sta provocando un crescente clima di preoccupazione tra gli operatori economici –:
   quali urgenti iniziative si intendano assumere al fine di assicurare la più sollecita conclusione dell'iter amministrativo per assicurare l'erogazione del sostegno al reddito per il fermo pesca per i lavoratori/armatori del settore ittico italiano;
   quali siano le risorse previste per dare copertura finanziaria al fermo pesca 2017;
   considerato che la cassa integrazione in deroga è terminata al 31 dicembre 2016, come il Ministro interrogato intenda attivarsi per la definizione dei tempi e delle modalità del fermo 2015/16. (4-17153)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo le organizzazioni degli olivicoltori, la prolungata assenza di piogge sta rischiando di compromettere in maniera definitiva la campagna olivicola 2017, prolungando una crisi produttiva che si protrae da tempo e che rischia di essere letale per le aziende del settore;
   da un incontro organizzato recentemente dall'Unasco, il Consorzio nazionale dei coltivatori e produttori olivicoli, che si è tenuto a Telese Terme con la presenza di produttori e frantoiani campani, è venuta la conferma che la siccità di questo ultimo periodo ha già provocato danni gravissimi;
   in molte aree del Sud del Paese, Campania e Calabria in particolare, non piove dal mese di ottobre 2016;
   il Consorzio Unasco ha rilevato che i pozzi e i corsi d'acqua sono a secco e la straordinaria fioritura degli ulivi dei mesi scorsi, che faceva presagire una campagna finalmente copiosa, vede ora gli alberi in grande sofferenza, con foglie ripiegate su se stesse e le olive che cadono prima di maturare;
   la giunta regionale della Campania, su proposta del presidente De Luca, ha chiesto al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali il riconoscimento dello stato di calamità per la siccità che ha colpito il territorio regionale nel periodo dicembre 2016 – giugno 2017;
   stando ai dati diffusi dagli uffici regionali, i dati pluviometrici registrati dalle diverse stazioni presenti in Campania hanno evidenziato che i millimetri di pioggia caduti dal mese di dicembre 2016, in particolare nelle aree pianeggianti della regione, sono prossimi allo zero;
   tale criticità perdura e risulta accentuata dalle elevate temperature che si stanno registrando nelle ultime settimane;
   il consigliere del presidente De Luca per l'agricoltura regionale ha dichiarato che «l'eccezionale protrarsi della siccità sta provocando notevoli danni alla produzione agricola regionale, che hanno superato notevolmente la soglia del 30 per cento, limite previsto dalla normativa vigente per dare corso alla richiesta di declaratoria dello stato di calamità»;
   gli uffici dell'assessorato regionale all'agricoltura della Campania sono al lavoro per qualificare e quantificare i danni subiti dalle imprese agricole e per delimitare il territorio interessato da questa grave emergenza;
   a giudizio dell'interrogante, si tratta di una vera e propria calamità che rischia di avere conseguenze non solo sugli ovicoltori, ma su tutte le produzioni agricole della Campania e del Sud –:
   se il Ministro interrogato intenda accogliere la richiesta di riconoscimento dello stato di calamità per la siccità che ha colpito la Campania e quali iniziative intenda adottare a sostegno degli ovicoltori e delle aziende agricole colpite dalla siccità. (4-17165)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   dal 2011 al 2016 le adozioni internazionali sono diminuite del 50 per cento. Le responsabilità sono attribuibili anche ad un'incapacità nel delineare una linea politica condivisa tra il Governo e l'organo deputato, la Commissione per le adozioni internazionali. È noto, infatti, stando alle notizie riportate dagli organi di stampa, che ad esempio le autorità bielorusse hanno bloccato le adozioni per non aver ottenuto i dovuti riscontri da parte della Commissione per le adozioni internazionali e che ci sono centocinquanta famiglie italiane in attesa che la Commissione firmi l'elenco dei bambini bielorussi adottabili;
   è paradossale scoprire soltanto oggi, dopo la protesta delle famiglie che aveva trovato il proprio culmine in una manifestazione pubblica davanti alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che il perpetrarsi dei ritardi nelle risposte alla e-mail ufficiali era dovuto al fatto che la dottoressa Della Monica, vice presidente della Commissione per le adozioni internazionali, destinataria delle missive, dall'agosto del 2016 non accedeva più alla propria casella di posta elettronica;
   inoltre è emerso, stando sempre alle informazioni riportate dai media, che la vice presidente Della Monica non ha mai convocato la Commissione nell'arco di tre anni di gestione sostanzialmente monocratica, rendendo di fatto molti degli atti sottoscritti inefficaci perché non ratificati dall'organismo collegiale;
   un atteggiamento così gravemente irresponsabile, se può essere ricollegato alla personale incapacità di ricoprire un ruolo di tale importanza è strettamente imputabile anche ad una cattiva gestione da parte del Governo su un tema di fondamentale importanza come quello delle adozioni internazionali che coinvolge migliaia di famiglie –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per far luce sui fatti esposti in premessa e come intenda in tempi rapidissimi ristabilire il buon andamento della Commissione per le adozioni internazionali, facendo sì che nessuna famiglia possa subire più tali disagi. (3-03138)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la psicologia dell'età evolutiva mostra in modo sempre più evidente la stretta relazione che lega lo sviluppo del bambino al proprio contesto ambientale, in cui la famiglia e la scuola svolgono un ruolo strutturante che con il tempo si estende anche ad altri ambiti più informali, ma non meno determinanti per lo sviluppo del bambino e dell'adolescente. Attraverso una serie di processi evolutivi il soggetto va conquistando una maggiore autonomia e matura nella comprensione e nella partecipazione affettiva a tutta la sfera della socializzazione;
   si tratta di un processo composito in cui il soggetto, proprio per la fragilità tipica dell'età evolutiva, può sentirsi ferito senza riuscire ad elaborare adeguatamente le sue esperienze dolorose, frustranti, o comunque non soddisfacenti. Tradizionalmente in Italia il neuropsichiatra infantile è il referente per lo sviluppo psicomotorio del bambino e per le difficoltà in cui si imbatte anche sul piano affettivo e relazionale. Ma il neuropsichiatra infantile, deve avvalersi nell'esercizio del suo ruolo di molte altre figure di riferimento, a cominciare dai genitori del bambino e dai suoi insegnanti. I gruppi di lavoro in neuropsichiatria infantile, o di salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza, sono costituiti normalmente da figure professionali esperte in età evolutiva, come lo psicologo dell'età evolutiva, il terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, il logopedista, l'educatore professionale, l'assistente sociale, l'infermiere, e altri. Nei gruppi di lavoro costituiti per l'integrazione scolastica, delle persone disabili, che si riuniscono periodicamente per la definizione e la verifica dei Pei (piani educativi individualizzati), è presente anche la figura dell'insegnante di sostegno e dell'assistente scolastico accanto a quella degli insegnanti curricolari, in ogni ordine di scuola;
   tra le problematiche riguardanti i problemi del neuro-sviluppo del bambino, sia sul piano cognitivo che relazionale, emergono spesso difficoltà adattative del bambino, che condizionano le sue capacità di apprendimento e la sua integrazione nel gruppo dei coetanei. Tra i sintomi più frequenti che possono presentare bambini con disturbi adattativi ci sono i disturbi dell'attenzione, impulsività, iperattività, aggressività, associati ad altri disturbi che riguardano il ritmo sonno-veglia, l'alimentazione ed altro. Quando la sintomatologia si accentua e diventa difficile da gestire nel contesto familiare e scolastico c’è la tendenza ad attribuirle la definizione di sindrome Adhd. Una delle caratteristiche tipiche di questa sindrome è che la rete di collaborazione (scuola, famiglia, sanitari), necessaria per il miglioramento della qualità della vita dei bambini affetti da un qualsiasi disturbo nella sfera cognitivo e relazionale, non riesce ad attivarsi per i motivi più diversi, ma soprattutto per una sostanziale diffidenza reciproca, in cui ciascuno considera l'altro responsabile del quadro sintomatico presentato dal bambino;
   nei casi di Adhd occorre mettere in atto una strategia che sia al tempo stesso terapeutica ed educativa, riabilitativa e didattica, sportiva e artistica. Un approccio multimodale di cui sono parte integrante: interventi diretti con i bambini, l'educazione genitoriale, il giusto mix di parent education e parent training, il coinvolgimento dei docenti, con il cosiddetto teacher training. Una serie di interventi in altri termini in cui psicologia e pedagogia, didattica e riabilitazione, si integrano reciprocamente, generando un progetto che è educativo prima ancora che terapeutico, terapeutico, ma non farmacologico, salvo casi estremi;
   la diagnosi in questi casi va fatta da un’équipe multidisciplinare composta da medici, psicoterapeuti e psicologi; ha carattere dinamico e osservazionale e per questo richiede più incontri con i genitori e gli insegnanti; è necessario somministrare dei test specifici per l'Adhd ai bambini, ai genitori e agli insegnanti. Solo dopo aver rielaborato tutti questi dati si può porre in modo ragionevolmente corretto la diagnosi di Adhd e i dati raccolti, adeguatamente documentati, possono essere inseriti nel registro nazionale Adhd gestito dall'Istituto superiore di sanità;
   i bambini con diagnosi esplicita di Adhd sono attualmente 3.696, lo 0,005 della popolazione. Ma probabilmente questo dipende anche dalla mancanza di linee guida ministeriali, per cui bambini e ragazzi con Adhd, comprese le loro famiglie, sono invisibili per la programmazione sanitaria ma anche per la programmazione didattica;
   nel 2007 il Ministero della salute ha elaborato un primo decreto (AIC del 27 aprile 2007 Gazzetta Ufficiale 106 parte prima) che costituisce ancora oggi l'unico documento istituzionale che contiene le linee guida per la diagnosi e cura per l'Adhd in età evolutiva. Contestualmente è stato istituito anche il registro per i soggetti affetti da Adhd, ma dopo 10 anni i centri di diagnosi e cura per l'Adhd, hanno chiesto di chiudere l'esperienza del registro, ritenendolo uno strumento inadeguato, troppo complesso da portare avanti;
   di fatto, la compilazione del registro pone un serio problema di metodo e uno ancor più serio di sostanza. Di metodo perché, per essere il più rigoroso possibile, prevede molti passaggi che rendono difficile l'applicazione di un protocollo che comprende interviste e test specifici somministrati a bambini, genitori ed insegnanti in un contesto di mancanza di risorse e di personale dedicato. Di sostanza, perché poi di fatto sono inseriti nel registro solo i casi che richiedono un trattamento farmacologico, mentre restano esclusi tutti quegli altri soggetti la cui sintomatologia è affrontata ricorrendo al giusto mix di misure psico-pedagogiche, riabilitative e di altra natura. In questo modo il registro dà ragione solo dei soggetti in trattamento farmacologico ed esclude il ben più vasto contesto di bambini in cui la sindrome di Adhd crea problemi adattativi in casa e a scuola, con conseguenze facilmente prevedibili. Oltre tutto in questo modo si calcola per difetto anche il personale di supporto da dedicare al sostegno di questi bambini a casa e a scuola; non si tiene conto della fatica del gestire soggetti con questo quadro e non si stimolano ricerche volte a documentare e a risolvere questo disturbo dello sviluppo –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere i criteri con cui viene compilato il registro Adhd, semplificando alcuni parametri, ma includendo anche soggetti che non sono in trattamento farmacologico e rendendo più completo l'aspetto epidemiologico di questa sindrome, per poter predisporre tutte le risorse necessarie ad affrontarla in modo adeguato.
(2-01872) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MIOTTO, CARNEVALI, AMATO, BENI, D'INCECCO, LENZI, PATRIARCA, CAPONE, MARIANO e PAOLA BOLDRINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 12, commi 10 e 11, del decreto-legge n. 179 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 sono stati istituiti i sistemi di sorveglianza e i registri di mortalità, di tumori e di altre patologie, di trattamenti costituiti da trapianti di cellule e tessuti e trattamenti a base di medicinali per terapie avanzate o prodotti di ingegneria tessutale e di impianti protesici ai fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell'assistenza sanitaria e di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico ed epidemiologico, allo scopo di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevante in una popolazione definita;
   i sistemi di sorveglianza e i registri di rilevanza nazionale sono stati istituiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 109 del 12 maggio 2017, su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
   il comma 13 del predetto articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 prevedeva che fosse emanato entro diciotto mesi dalla entrata in vigore del decreto medesimo, un regolamento da adottare su proposta del Ministro della salute, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, al fine di individuare i soggetti che possono avere accesso ai dati, i dati a cui accedere, e le misure per la custodia e la sicurezza dei dati;
   in data 29 giugno 2017 è stato approvato dalla Camera in prima lettura un progetto di legge per istituire la rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza;
   la possibilità di rendere accessibili i registri tumori per finalità di programmazione sanitaria nonché di ricerca e di organizzazione della rete assistenziale è condizionata alla emanazione del decreto citato, previsto dal comma 13 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, il cui termine è scaduto da oltre 36 mesi –:
   entro quale termine intenda predisporre il regolamento previsto dal comma 13 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, che risulta essenziale per consentire l'entrata in vigore delle norme succedutesi dal 2012 ad oggi riguardanti l'istituzione dei registri tumori. (4-17157)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a partire dalla fine degli anni ’80 ad oggi si è assistito al crescente aumento di interesse nei confronti dei dati riferiti al territorio e in particolare dei dati a livello locale. Questo anche grazie allo sviluppo contemporaneo di strumenti informatici, quali i sistemi informativi geografici (Geographical Information Systems — GIS), in grado di gestire questo tipo di informazione;
   secondo quanto riportato dal rapporto «Indagine sulla georeferenziazione dei dati nella statistica ufficiale» della Presidenza del Consiglio dei ministri e la Commissione per garanzia dell'Informazione statistica «con il termine georeferenziazione si intende la procedura mediante la quale le unità statistiche sono localizzate con precisione sul territorio mediante coordinate relative ad un sistema di riferimento predefinito. Tali procedure richiedono di acquisire le coordinate puntuali delle unità statistiche oggetto di studio o ricorrendo in fase di rilevazione, ad esempio, a strumenti quali i GPS o effettuando «ex post» procedure di associazione con archivi elettronici da cui siano identificabili, con un adeguato livello di precisione, le coordinate territoriali dell'unità statistica coinvolta»;
   nello specifico, la georeferenziazione tramite associazioni con archivi di indirizzi (address matching) richiede una fase di predisposizione degli archivi elettronici mirata alla normalizzazione, in base a formati standard, preliminare a quella di record linkage. È, inoltre, di fondamentale importanza la correttezza e l'aggiornamento dei dati toponomastici rilevati, nonché la qualità della base territoriale in termini di accuratezza posizionale;
   la possibilità di disporre di informazioni georeferenziate risulta di fondamentale importanza per affrontare analisi quantitative di fenomeni connessi con la qualità dell'ambiente e individuare le interazioni presenti fra i fenomeni ambientali e le attività umane. In tal modo, la valutazione epidemiologica potrà rappresentare lo scenario in cui ricercare i fattori di rischio per la salute collettiva e individuale;
   la relazione menzionata ha illustrato come «in base all'utilizzo di tale procedura, si possono identificare diverse tipologie di studi quali: esami mirati alla mappatura di indicatori ambientali, ivi comprese variabili ambientali legate alla manifestazione di fenomeni meteorologici, fisici e geologici; studi mirati alla stima delle esposizioni degli individui a fattori inquinanti o ambientali; identificazione dei cluster di fenomeni ambientali; pianificazione di rilevazioni campionarie e definizione di reti di monitoraggio ambientale. In particolare, la necessità di costruire mappe tematiche di indicatori ambientali è legata essenzialmente ad esigenze di monitoraggio relativo, ad esempio, alla qualità dell'aria o delle acque. Inoltre, questa attività di monitoraggio permette di conoscere le stime sulla quantità di sostanza presente nel terreno o sulla quantità di inquinante a cui è esposto un individuo residente in una determinata porzione di territorio o la popolazione presente in una determinata area, oppure le stime sulla numerosità della popolazione che vive entro una certa distanza dalla rete stradale o dalle traiettorie di decollo e atterraggio degli aerei ed è quindi esposta ad un determinato livello di rumore possono fornire un'informazione rilevante sia da un punto di vista epidemiologico o economico ma anche ai fini normativi»;
   nel territorio nazionale esistono esperienze e progetti attuati attraverso l'utilizzo del sistema di georeferenziazione dei dati oncologici, ossia di strumenti finalizzati a studiare le relazioni dei casi di tumore correlati con l'ambiente di riferimento nel quale vive un individuo, per rispondere a richieste da parte di decisori pubblici, istituzioni ed associazioni del territorio –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Governo intenda, con la collaborazione delle aziende sanitarie locali, adottare un sistema informatizzato e integrato ambientale-sanitario georeferenziato. (4-17163)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
    la regione Emilia Romagna, con la delibera numero n. 1481 del 19 settembre del 2016, determina di «esprimere, per quanto di propria competenza, l'assenso all'intesa per l'autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D con uso di vibratori meccanici 3D3372/2014 nei Comuni di Formigine, Sassuolo, Fiorano, Castelnuovo Rangone, Modena in provincia di Modena e Rubiera nella provincia di Reggio Emilia nel permesso di ricerca di idrocarburi “Bugia”. Con successiva delibera n. 1482 sempre del 19 settembre, autorizza analogo rilievo sismico 3D nell'area “Fantozza”, che insiste sui territori dei comuni di Guastalla, Novellara, Campagnola, Fabbrico, Reggiolo, Rolo, Rio Saliceto nella provincia di Reggio Emilia, nonché Novi e Carpi in provincia di Modena»;
   tali delibere sono intervenute a seguito della richiesta da parte del Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche – (ex divisione II – ufficio territoriale Unmig di Bologna) alla regione Emilia-Romagna di esprimere formale intesa in merito all'istanza di autorizzazione all'esecuzione del rilievo sismico 3D;
   la società Aleanna Resources è stata autorizzata anche sulla base del parere favorevole del responsabile del servizio valutazione impatto e promozione sostenibilità ambientale ad iniziare le attività di sondaggio nel sottosuolo del territorio modenese;
   gli enti locali coinvolti hanno più volte in passato espresso contrarietà all'effettuazione di questi sondaggi per la presenza, nel territorio suddetto, di un delicato equilibrio tra aree protette, città d'arte ed agricoltura di qualità e in considerazione al fatto che l'area di ricerca denominata Fantozza coincide con parte del cratere sismico che ha colpito il modenese e il reggiano nel maggio 2012;
   tale contrarietà è stata manifestata negli ultimi mesi con la nascita di specifici comitati di cittadini contro la ricerca avviata presso l'area «Fantozza» e l'approvazione, da parte dei consigli comunali di Reggiolo, Novellara, Guastalla e Carpi, di appositi ordini del giorno nei quali, oltre ad esprimere preoccupazione per l'azione di ricerca avviata e l'intenzione di esercitare ogni azione possibile per la tutela del territorio, si ribadisce la contrarietà a qualsiasi intervento che possa avere impatto negativo sull'ambiente;
   analoga preoccupazione per azione di ricerca annunciata e autorizzata relativamente alle attività di screening per idrocarburi è stata espressa da parte dei sindaci di Fiorano Modenese, Formigine, Sassuolo e Rubiera, che «ribadiscono la propria contrarietà a qualsiasi progetto e attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di gas naturale che prevedano impatti ambientali negativi sul territorio»;
   i sindaci sopracitati lamentano l'assenza di qualsiasi comunicazione anche solo per correttezza istituzionale da parte degli enti sovra-ordinati;
   nel caso della Fantozza prese di posizione simili a quella degli enti locali sono state adottate anche dalle associazioni di categoria dei proprietari dei fondi interessati, le prime ad essere contattate dalla società AleAnna Resources dopo lo sblocco dei permessi per la presentazione delle iniziative;
   le zone oggetto dello sblocco da parte della regione risultano essere già estremamente sfruttate, con decine di pozzi autorizzati e messi in produzione;
   a seguito del sisma che ha colpito il territorio modenese nel 2012, vi sono state mobilitazioni locali che hanno portato al blocco dei procedimenti di concessione al fine di indagare maggiormente sugli effetti della presenza di queste attività estrattive –:
   se il Ministro interpellato abbia intenzione di intervenire al fine di interrompere l’iter del procedimento in relazione al quale la regione Emilia-Romagna ha espresso il proprio assenso e, qualora non si volesse intervenire per il blocco dei procedimenti di autorizzazione, come abbia intenzione di agire – nell'ambito delle proprie competenze – in relazione alle esigenze espresse dagli amministratori locali e dalle associazioni di categoria del territorio nel corso di questo procedimento.
(2-01873) «Giuditta Pini, Richetti, Ghizzoni, Gribaudo, Cinzia Maria Fontana».

Interrogazione a risposta immediata:


   PANNARALE, FRATOIANNI, AIRAUDO, MARCON, FASSINA e PLACIDO. – Al Ministro dello sviluppo economico – Per sapere – premesso che:
   la Bosch è una delle più grandi aziende del territorio barese, con circa 1890 dipendenti;
   l'azienda è gestita a doppia velocità: il centro ricerche, uno dei più evoluti d'Europa, sviluppa prodotti innovativi poi prodotti in Germania o altri Paesi; lo stabilimento, invece, produce vecchie pompe per motori diesel, destinate soprattutto a Brasile e Cina e in via di superamento, e componenti in crisi a seguito dello scandalo dieselgate;
   lo stabilimento barese ha continuato a lavorare solo volumi produttivi e non produzioni proprie, quindi da qualche anno utilizza per quanto consta agli interroganti indiscriminatamente il contratto di solidarietà, violandone anche il regime, perché spesso si è lavorato anche sabato e domenica, minacciando gli operai che non intendono fare lo straordinario;
   il 20 giugno 2017 l'azienda ha presentato un piano industriale che comporterebbe un esubero fino a 850 unità, ovvero la metà dei dipendenti dello stabilimento, in conseguenza di una previsione di mercato al ribasso;
   il piano prevede:
    a) rinnovo della solidarietà secondo i criteri del Jobs Act, quindi con una consistente diminuzione del salario;
    b) riduzione progressiva dell'orario di lavoro fino a 30 a ore;
    c) contratto di prossimità, in deroga a tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro e alle leggi in materia;
    d) retribuzione diretta e indiretta differita proporzionalmente in base all'orario di lavoro ridotto, quindi riduzione di tredicesima e indennità varie;
    e) maggiorazione turno e indennità di scorrimento congelate nel quinquennio 2018-2022;
   nel piano manca, quindi, un vero progetto industriale di sviluppo dello stabilimento barese e peggiora la situazione occupazionale e le condizioni di lavoro. Infatti, stabilisce un nuovo pericoloso precedente nella riduzione dei diritti del lavoro, legittimando la deroga al contratto collettivo nazionale di lavoro ed alle normative del lavoro;
   si tenga conto che negli ultimi anni le condizioni di lavoro alla Bosch di Bari sono già molto peggiorate, con aspetti di assai dubbia conformità rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro, in base a quanto appreso dagli interroganti;
   inoltre, la Bosch ha beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici, statali e regionali, per potenziare la produzione a Bari, ma le ha utilizzato all'estero –:
   se intenda realizzare un efficace intervento di politica industriale convocando urgentemente Bosch e parti sindacali per definire un diverso piano che contenga la riconversione della parte dell'automotive che in Italia è collocata sul diesel, determinando un salto di qualità della capacità produttiva e l'incremento della produzione e dell'occupazione nello stabilimento barese, valutando in caso contrario se ricorrano i presupposti per richiedere la restituzione dei finanziamenti erogati.
(3-03127)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea, nell'ambito dell’action plan per il 5G, ha richiesto agli Stati membri di individuare, entro il 2018, almeno una città per ogni Paese presso la quale avviare sperimentazioni sul 5G;
   il 20 dicembre 2016 la città di Torino deliberava lo schema di protocollo d'intesa sulla sperimentazione della rete 5G con Telecom s.p.a.;
   il 10 marzo 2017 la città di Torino e Telecom Italia s.p.a. siglavano l'accordo come completamento del protocollo di intesa di cui al punto precedente;
   l'accordo riportato faceva di Torino la «prima città 5G in Italia», come riportato anche largamente per mezzo stampa;
   il 16 marzo 2017 il Ministero dello sviluppo economico avviava il bando per le sperimentazioni sul 5G di cui all’action plan della Commissione europea individuando cinque città di riferimento: Milano e relativa area metropolitana, Prato, L'Aquila, Bari e Matera;
   la scelta delle città da parte del Ministero dello sviluppo economico avveniva sulla base di alcuni parametri: distribuzione geografica, capillarità di connettività ultraveloce, disponibilità di frequenze nella banda 3.7-3.8, appartenenza ai corridoi europei;
   la città di Torino rispondeva ai parametri presi in considerazione dal Ministero dello sviluppo economico e già prima della pubblicazione del bando ministeriale era riconosciuta quale «prima città 5G in Italia»;
   non sono chiare le motivazioni che hanno portato il Ministero dello sviluppo economico alla scelta di non includere la città di Torino all'interno delle città individuate per la sperimentazione del 5G;
   ad oggi la città di Torino ha avviato una roadmap strutturata fino al 31 dicembre 2018 per definire i casi d'uso, gli utenti e le aree della città in cui verrà sperimentata la tecnologia;
   delle cinque macroaree di sperimentazione (virtual reality, sicurezza pubblica, smart city, Industy 4.0 e assisted Driving), la prima è già stata avviata. Ad oggi infatti è possibile fare una visita virtuale di tutta la città di Torino –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, anche sul piano economico-finanziario, al fine di contribuire agli sforzi per introdurre una capillare rete 5G nella città di Torino e di stimolare la nascita e la crescita di nuove attività produttive sulla base delle nuove opportunità create. (4-17156)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Nesci e altri n. 1-01647, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crippa.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01652, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carnevali, Carra, Borghi, Scuvera, Amoddio, Capone, Antezza, D'Incecco, Malisani, Paola Boldrini.

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Marchi e altri n. 1-01654, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Tancredi e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard, Giampaolo Galli, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Sbrollini e altri n. 7-01177, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carnevali, Capone.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Nesci n. 1-01647, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 816 del 19 giugno 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    le decisioni e le misure che hanno interessato negli ultimi sei anni la sorte delle province è l'ulteriore prova che «La distanza più breve tra due punti è la retta. In Italia è l'arabesco», in quanto la soluzione più lineare, semplice, funzionale e veloce sarebbe stata, naturalmente, quella di sopprimere le province, mediante una legge costituzionale;
    dal primo tentativo di riduzione delle funzioni delle province, di cui al cosiddetto «decreto-legge Monti», poi dichiarato illegittimo, passando per la cosiddetta «legge Delrio», sono trascorsi sei anni e mezzo;
    si segnala che il riordino introdotto dalla stessa legge Delrio fu definito espressamente «provvisorio», nell'attesa dell'abolizione per via costituzionale, nonché privo di oneri per la finanza pubblica;
    non è peregrino pensare che, evidentemente, nonostante le buone parole e i lodevoli intenti, nessun Governo abbia mai voluto davvero abolire le province;
    si segnala che, in occasione dell'esame della cosiddetta «legge Delrio», la Corte dei conti aveva evidenziato la probabilità che il riordino prospettato avrebbe potuto comportare «aggravi di spesa, confusione ordinamentale e moltiplicazione di oneri» e sottolineato che «le procedure indicate mal si concilierebbero, per la durata e la complessità, con la provvisorietà del disegno organizzativo perseguito dal provvedimento»;
    la cosiddetta «legge Delrio» ha soppresso, delle province, solo la modalità di elezione degli amministratori, mantenendo loro le funzioni originarie, anzi, incrementandole, salvo prevedere un percorso successivo di trasferimento delle funzioni e del relativo personale per il tramite dell'intervento delle regioni;
    tale percorso non è stato e non è privo di «buche», in alcuni casi voragini: per molte delle province le cui funzioni non sono state trasferite le risorse finanziarie sono insufficienti, i bilanci sono sostanzialmente al collasso, soffocati dai mutui e, anche nel caso in cui siano trasferite risorse statali per il tramite del fondo di riequilibrio, queste sono trattenute dalle banche e ben poco o nulla rimane a disposizione per il pagamento degli stipendi del personale, per lo svolgimento delle funzioni proprie e dei connessi servizi ai cittadini – in particolare quelli riguardanti le scuole e le strade;
    la Costituzione italiana contiene una serie di disposizioni inerenti alle province, in particolare con riguardo all'autonomia e all'ambito economico, in quanto le risorse finanziarie devono consentire di finanziare integralmente le funzioni attribuite;
    con tale quadro mal si concilia, anzi, secondo i firmatari del presente atto, trattasi di vera e propria violazione di principi ordinamentali e costituzionali, il limbo giuridico nel quale le province versano e i tagli subiti, in forza, anche, della previsione, evidentemente troppo azzardata, della loro soppressione, «caduta» insieme all'intero progetto di revisione della Costituzione, respinto a seguito del referendum del dicembre 2016,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative di competenza per dotare immediatamente le province che non sono in grado di provvedervi delle risorse necessarie a garantire, in primis, il pagamento delle retribuzioni al personale, anche considerandolo creditore privilegiato e lo svolgimento delle funzioni proprie, in particolare quelle dedicate alle scuole e alle strade, nonché per attribuire entro il termine di sei mesi la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade e degli edifici scolastici di competenza delle province all'amministrazione centrale statale o alle amministrazioni regionali di riferimento;
2) in ordine alla ricollocazione del personale delle province in mobilità, conseguente al disposto trasferimento di funzioni delle province, a provvedere, ferma restando la vigente disciplina in materia, alla massima ottimizzazione delle assegnazioni del personale medesimo, tenendo nel debito conto le amministrazioni, centrali e periferiche, che risultino in carenza di organico, tra le quali, ad avviso dei firmatari del presente atto, sono da considerarsi le amministrazioni della giustizia, in particolare penitenziaria e dei tribunali;
3) ad adottare iniziative per introdurre misure sanzionatorie nei confronti delle regioni, a valere sui trasferimenti statali, fatti salvi il settore sanitario e dei trasporti, nel caso di loro inadempienza in ordine al trasferimento di funzioni delle province e nel caso di mancata erogazione delle risorse dovute a ciascuna provincia per l'esercizio delle funzioni alle stesse trasferite;
4) ad assumere iniziative per dare la possibilità agli enti provinciali di apportare le necessarie correzioni al proprio bilancio – in ottemperanza ai princìpi della veridicità, attendibilità, correttezza, e comprensibilità – nei casi in cui, anche per difficoltà di comprensione della complessa normativa sulla nuova contabilità, il riaccertamento straordinario del 2015 si sia rivelato incompleto o impreciso;
5) ad assumere iniziative per estendere alle province la disciplina della ristrutturazione del debito delle regioni di cui all'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito dalla legge n. 89 del 2014.
(1-01647) (Nuova formulazione) «Nesci, Dieni, Dadone, Cecconi, Cozzolino, D'Ambrosio, Toninelli, Lorefice, Crippa».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Marotta n. 4-16283 del 12 aprile 2017;
   interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-17029 del 21 giugno 2017;
   interpellanza urgente Monchiero n. 2-01868 del 30 giugno 2017.