Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 3 luglio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il ricorso a strumenti finanziari quali i contratti derivati da parte dello Stato Italiano non è un fenomeno recente, bensì strutturale e di lungo periodo, che ha avuto inizio tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta. Finalità del ricorso agli strumenti di finanza derivata era essenzialmente quella di contrastare il rischio di cambio monetario in un periodo fortemente segnato da ampie fluttuazioni della lira;
    tali operazioni sono state di segno positivo, producendo dunque dei guadagni che hanno avuto effetti positivi di riduzione dell'indebitamento netto, nel periodo che va dal 1998 al 2005. Dopo tale anno si registra una netta inversione di tendenza, dovuta in gran parte a fattori di natura macro economica e al ciclo economico internazionale, con un aumento della spesa per interessi che ha prodotto effetti negativi sul debito;
    il ricorso agli strumenti finanziari derivati è stato molto ampio anche da parte degli enti locali a partire dalla metà degli anni Novanta con risultati in gran parte non positivi e che hanno successivamente indotto il legislatore ad intervenire più volte a partire dal 2001 proprio al fine di regolare e limitare il ricorso degli enti locali all'investimento in contratti derivati;
    la gestione dei contratti derivati è materia estremamente complessa in particolare da parte dell'amministrazione pubblica centrale, perché impone attente analisi al fine di valutare la remuneratività dell'investimento, ai fini dei conti pubblici e del bilancio statale, in un arco temporale molto esteso che va ben oltre il periodo di vigenza dell'amministrazione pro tempore che stipula il contratto o decide di avvalersi delle clausole o delle opzioni che alcuni strumenti derivati prevedono nel tempo;
    in tal senso, è estremamente indicativa la vicenda che nel 2012 vide il Governo italiano dover pagare 3,1 miliardi di euro alla banca Morgan Stanley per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute. Il Governo dell'epoca, a quanto si apprese, non poté esimersi da tale ingentissimo esborso di risorse pubbliche in forza dell'applicazione di una clausola inserita nel 1994 nei contratti stipulati con Morgan Stanley e dell'esistenza della quale i membri del Governo e i dirigenti del Tesoro nel 2012 sembra non avessero piena contezza;
    proprio su tale vicenda è in corso un procedimento per danno erariale avviato dalla Corte dei Conti nell'ambito del quale la richiesta complessiva di danni ammonta a più di quattro miliardi di euro;
    al di là del procedimento giudiziario-contabile, del quale è doveroso attendere la conclusione definitiva, la vicenda del 2012 ha rappresentato un forte shock per l'opinione pubblica ed ha squarciato il velo che avvolgeva la materia relativi ai contratti derivati dello Stato;
    come rilevato da un documento redatto dall'Ufficio parlamentare di bilancio del 9 febbraio 2015 sull'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte dell'amministrazione centrale vi è stata e perdura un'assenza di informazione pubblica e di piena trasparenza sulla natura dei prodotti detenuti e sulle operazioni stipulate;
    gli elementi di rischio insiti nella natura degli strumenti finanziari derivati, la loro estensione temporale, e soprattutto l'utilizzo di risorse pubbliche e gli effetti che si possono produrre sul bilancio statale, richiedono di fornire un livello minimo di trasparenza, costituito da informazioni periodiche inerenti alle operazioni già stipulate e ancora in essere, quelli di nuova stipula, relativamente al valore nozionale del contratto e all'ammontare complessivo delle risorse coinvolte, alla durata, alle controparti, al loro merito di credito e al valore di mercato. Per gli strumenti di nuova stipula, dovrebbero essere fornite informazioni, almeno aggregate per tipologia e durata dei derivati, riguardanti il valore nozionale, il merito di credito delle controparti e il valore di mercato, come peraltro avviene in molti Stati europei, al fine di consentire una valutazione sulle scelte operate e sulle strategie poste in essere dal decisore pubblico;
    tale trasparenza è stata già da tempo prevista dal legislatore per gli enti locali in relazione ai contratti derivati detenuti;
    continua invece ad essere non adeguata per quanto riguarda il Governo, fatti salvi i dati forniti saltuariamente in occasione di risposte ad atti di sindacato ispettivo;
    appare condivisibile quanto sostenuto dal Ministro dell'economia e delle finanze sul livello di disclosure in riferimento agli strumenti derivati, anche in risposta ad atti di sindacato ispettivo, in ordine alla necessità di tutelare lo Stato da uno svantaggio competitivo che si potrebbe produrre nei confronti di altri operatori di mercato; purtuttavia, tale necessità può trovare un punto di equilibrio con l'esigenza di fornire strumenti basilari di conoscenza e trasparenza al fine di consentire ex post una valutazione ed un controllo sulla gestione di risorse pubbliche operata,

impegna il Governo

1) ad individuare gli strumenti e le forme di pubblicità che riterrà opportune al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata.
(1-01653) «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Zoggia, Scotto, Kronbichler, Roberta Agostini, Zaccagnini».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi tempi l'attività in strumenti derivati dello Stato è stata oggetto di particolare attenzione da parte del Parlamento e degli organi di informazione;
    l'indagine conoscitiva avviata dalla VI Commissione della Camera il cui programma di audizioni si è concluso nella prima metà del 2015 ha posto in luce la necessità di maggiori informazioni in materia, su cui il livello di trasparenza risultava inferiore al resto delle attività legate alla gestione del debito pubblico;
    nel corso delle suddette audizioni è stata in larga parte colmata tale lacuna informativa e, al tempo stesso, è stato formalmente preso l'impegno da parte direttore generale del tesoro a rendere regolare il flusso informativo in un rapporto annuale sulla gestione del debito pubblico;
    si è apprezzato il rispetto di tale impegno, che ha visto una cospicua mole di dati fornita nel rapporto annuale sul debito pubblico, in cui si è dato conto delle strategie sottostanti all'utilizzo degli strumenti derivati nell'ambito della gestione complessiva e si sono illustrate in dettaglio le operazioni concluse nell'anno di riferimento, in modo tale da rendere chiari obiettivi perseguiti e risultati conseguiti in un contesto organico di integrazione delle varie attività gestionali;
    il livello di trasparenza raggiunto è ormai paragonabile a quello dei Paesi che divulgano il più ampio set di Informazioni al riguardo, senza che nessuno si spinga alla pubblicazione dei singoli contratti, viste le evidenti controindicazioni in termini di potenziali impatti di mercato;
    sono stati rispettati gli adempimenti richiesti dalla riforma della legge di contabilità (legge 4 agosto 2016, n. 163), con l'ottemperanza del dispositivo di cui all'articolo 10, comma 3, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, attraverso l'inserimento nella sezione II del documento di economia e finanza (DEF) di una disamina degli effetti dei flussi di cassa correlati alla gestione in strumenti derivati, sia con riferimento ai dati di consuntivo, sia esplicitando gli impatti attesi nell'orizzonte di previsione del DEF;
    permane, tuttavia, una difficoltà di lettura di taluni impatti, come recenti articoli di stampa hanno evidenziato, lasciando margini ad interpretazioni soggettive che rischiano di non essere del tutto corrette;
    il quadro complessivo richiede comunque ulteriori sforzi nel senso della trasparenza, che la rilevanza degli importi impone: in particolare, appare necessario spiegare meglio i diversi impatti non solo finanziari, ma anche di natura contabile secondo la normativa statistica europea, su saldi e stock di finanza pubblica, e utile la pubblicazione di chiarimenti su come si collegano fra loro le diverse pubblicazioni in materia, auspicabilmente integrandole ove la loro lettura non appaia di immediata comprensione,

impegna il Governo:

1) a rendere disponibile sul sito web del dipartimento del tesoro relativo al debito pubblico con maggiore frequenza, preferibilmente su base trimestrale, l'aggiornamento dei dati, oggi disponibili solo annualmente, relativi a: nozionali e valori di mercato del portafoglio derivati, stock dei titoli di Stato valorizzato non solo al valore nominale ma anche al valore di mercato, indicatori di rischio con e senza impatto dei derivati;
2) a chiarire nel rapporto annuale sul debito i legami fra le diverse pubblicazioni statistiche in materia di derivati, dando contezza dei relativi impatti su saldi e stock di finanza pubblica, integrando l'informazione ove necessario.
(1-01654) «Marchi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard, Giampaolo Galli, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato».


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti su strumenti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze con controparti bancarie hanno generato, negli ultimi anni, perdite enormi per lo Stato italiano e che, in base a dati dell'Istat pubblicati nell'aprile 2016, nel solo 2015 i contratti su strumenti derivati hanno generato perdite per complessivi 6,8 miliardi di euro;
    la posizione negativa complessiva dello Stato in contratti derivati al 31 dicembre 2016 ammonta a circa 37,8 miliardi di euro;
    la procura generale presso la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, ha recentemente aperto un procedimento istruttorio circa l'avvenuto pagamento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze italiano di 2,5 miliardi di euro alla banca di affari americana Morgan Stanley per la chiusura di strumenti derivati, definiti «speculativi» dalla stessa Corte, conclusosi con l'invito a fornire informazioni alle parti interessate, in particolare, all'attuale direttrice della direzione debito pubblico del Tesoro, Maria Cannata, al suo predecessore e attuale direttore generale del tesoro, Vincenzo La Via e agli ex direttori generali del tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, ai quali è stato contestato un danno allo Stato quantificabile in 4,1 miliardi di euro, dei quali circa 1 miliardo alla sola Cannata;
    nel suddetto atto di citazione, la Corte ha riconosciuto come il Tesoro abbia versato nelle casse della banca d'affari Morgan Stanley 3,1 miliardi di euro pubblici per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute;
    come riconosciuto dalla predetta Corte, per una commissione di 47 milioni di euro nel 2004, Morgan Stanley nel 2012 ha incassato un miliardo di euro su un solo derivato;
    nel 2011, Morgan Stanley aveva 19 contratti derivati aperti con lo Stato italiano, in diverse valute, pari a oltre 10 miliardi di euro, 2,2 miliardi di sterline, 1,1 miliardi di franchi svizzeri e 2 miliardi di dollari, con maturity dai 10 ai 40 anni e, su alcuni di questi, la predetta Corte ha riconosciuto l'esistenza di «palesi violazioni dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione contrattuale»;
    dall'inchiesta della predetta Corte è emerso che il Tesoro non solo non era capace di predispone i collaterali sui contratti sottoscritti, ma aveva perfino «carenza di risorse strumentali e di personale adeguato», tanto da non essere in grado di ponderare il rischio dei contratti che andava sottoscrivendo;
    nel 2016 le controparti hanno esercitato quattro swaptions con effetto complessivo sul debito dello Stato pari a circa 3,2 miliardi di euro;
    nel 2016 lo Stato ha subìto altresì l'esercizio di una clausola di early termination inserita in un contratto di interest rate swap e, per effetto dell'estinzione anticipata del contratto, ha dovuto corrispondere alla controparte l'importo di un miliardo di euro circa;
    il decreto legislativo n. 97 del 2016 ha introdotto significative modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2013, recante disposizioni in materia di trasparenza, e il nuovo articolo 5 del suddetto decreto ha disposto il diritto di accedere incondizionatamente a tutte le informazioni e dati che le amministrazioni sono tenute a rendere pubbliche tramite inserimento sui propri siti web, prevedendo che: «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis»;
    il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 13 ottobre 1995, n. 561 – Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni del Ministero del tesoro e degli organi periferici in qualsiasi forma da questi dipendenti sottratti al diritto di accesso all'articolo 3 non prevede che i contratti di diritto privato sottoscritti dal Tesoro con banche specialiste siano sottratti al diritto d'accesso,

impegna il Governo

1) a rendere pubblici, in versione integrale, tutti i contratti derivati in essere ed estinti dello Stato italiano, con tutte le controparti bancarie, nonché tutti gli accordi quadro (« master agreement» e « schedules»), le conferme degli ordini (« confirmation»), i decreti ministeriali autorizzativi e relativi all'apertura/ristrutturazione/novazione dei contratti, le attestazioni dei titoli sottostanti alle singole operazioni di copertura, i « term sheet» e il materiale illustrativo forniti dalle controparti, la documentazione che possa attestare contributori, soluzioni informatiche e modellistiche adottate per il « pricing», strutture dei tassi, di volatilità e curve di sconto « intraday», ovvero ogni documento che possa permettere o essere utile per la verifica di congruità puntuale dei prezzi negoziati con le controparti e, quindi, degli oneri e rischi preventivamente stimati dagli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze.
(1-01655) «Brunetta, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco, Alberto Giorgetti, Palese, Milanato, Prestigiacomo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 giugno 2017 è stato attivato un presidio davanti alla fabbrica degli operai di Ottana Polimeri, l'azienda che nel centro Sardegna produce il pet per le bottiglie di plastica;
   gli 88 lavoratori sono in cassa integrazione da tre anni, ma a settembre la cassa integrazione guadagni scade;
   nei giorni scorsi l'interrogante ha incontrato nel presidio i lavoratori dello stabilimento;
   i lavoratori hanno manifestato l'intenzione di proseguire ad oltranza, finché Governo e regione non daranno certezze sull'incontro a Roma, presso la Presidenza del Consiglio, per verificare la fattibilità del progetto di rilancio della chimica del pet;
   nello stesso incontro devono essere date risposte certe e definite anche sulla proposta di una nuova centrale elettrica a gas metano, condizione per evitare la morte del sito di Ottana;
   in cassa integrazione risultano essere anche i lavoratori di Ottana Energia;
   la vicenda Ottana è tutta riconducibile a precise responsabilità della giunta regionale e del Governo nazionale che, ad avviso dell'interrogante, hanno sistematicamente illuso i lavoratori con promesse destituite di fondamento, soprattutto mettendo in atto provvedimenti lesivi della continuità produttiva del sito di Ottana;
   la decisione di escludere la centrale elettrica di Ottana dai provvedimenti relativi, a giudizio dell'interrogante, è stato un vero e proprio «golpe energetico»;
   già allora l'interrogante con ripetuti atti di sindacato ispettivo aveva denunciato nel silenzio di regioni e forze politiche la decisione di eliminare il regime di essenzialità, portando tali centrali verso la dismissione;
   erano stata Terna su mandato del Governo a formalizzare la proposta di revocare il regime di essenzialità per le centrali sarde decisione poi concretizzatasi con provvedimento legislativo;
   dopo la comunicazione da parte di Terna che l'Enel si era aggiudicata l'intero ammontare dei cosiddetti contratti di servizio per il riequilibrio dei costi energetici della Sardegna, la centrale di Ottana era stata «fatta fuori»;
   si è trattato di una gara che, secondo l'interrogante, sostanzialmente ha scritto sin dall'inizio il nome del vincitore, con Terna che ha attribuito ad Enel oltre 60 milioni di euro per le sue centrali;
   il bando era stato scritto, infatti, con modalità tali che di fatto l'Enel non ha avuto concorrenti;
   nel caso di Ottana, con la decisione di negare il regime di essenzialità a Ottana Energia, il risultato sta diventando catastrofico;
   la chiusura della centrale sta di fatto pregiudicando anche il futuro di Ottana polimeri, compreso l'acquisto dell’asset Eni di Sarroch necessario a chiudere la filiera del pet in Sardegna;
   in questa direzione appare evidente il rischio della fine di qualsiasi tipo di attività industriale nella Sardegna industriale;
   la «complicità» tra Governo e regione rispetto alle decisioni assunte, secondo l'interrogante, è gravissima, così come è insostenibile il silenzio delle forze politiche sarde, a giudizio dell'interrogante, sempre più succubi di quelle romane;
   è necessario ed urgente, ad avviso dell'interrogante, che il Governo adotti ogni iniziativa di competenza, anche seguendo le modalità procedurali e di interlocuzione con l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico già adottate in precedenza, affinché si pervenga con urgenza al ripristino, proprio per le condizioni insulari della Sardegna, del regime di essenzialità per le centrali escluse a partire da quella di Ottana –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, nel senso indicato dall'interrogante, compresa l'interlocuzione con l'Eni per la cessione degli impianti di Sarroch, al fine di unificare e razionalizzare la filiera produttiva del pet;
   se non si ritenga di dover attivare iniziative utili ad assicurare, proprio nell'ottica della ripresa produttiva, le garanzie sociali necessarie a tutelare i lavoratori ora in cassa integrazione. (5-11720)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un carico di esplosivi accompagnato dalle forze dell'ordine risulterebbe all'interrogante partito la notte del 30 giugno 2017 dal porto industriale di Olbia;
   tre tir anonimi, con una scorta di camionette di carabinieri e vigili del fuoco, hanno protetto all'imbarco il carico;
   il carico ha percorso circa 270 chilometri lungo la 131 e la diramazione centrale nuorese;
   mezzi scortati dalle forze dell'ordine a bordo di due discovery risulterebbero aver attraversato tutta la Sardegna, dall'estremo sud, Domusnovas, sino all'estremo nord, il porto industriale di Olbia per caricare su una nave cargo della Moby i suddetti esplosivi prodotti da una nota impresa tedesca destinati presumibilmente all'Arabia Saudita;
   si tratta dell'ennesima nuova spedizione di bombe dalla Sardegna alla penisola con una nave partita da Olbia nella notte; il carico di ordigni Mk segue quelli dei giorni scorsi dal porto canale di Cagliari;
   ancora una volta si è agito con un fare che è apparso clandestino: nascosti in un angolo del porto industriale, il più marginale del nord della Sardegna, lontano da occhi indiscreti per compiere l'ennesima inaccettabile operazione con il coinvolgimento dello Stato;
   si tratta di un comportamento che conferma, secondo l'interrogante, tutte le complicità del Governo Gentiloni su questa operazione ad avviso dell'interrogante illegittima, ove confermata: vendere bombe ad uno Stato in guerra in contrasto con quanto previsto dalle leggi italiane e dalle stesse Nazioni Unite;
   l'interrogante ha documentato il tutto con una diretta del trasbordo dal porto industriale testimoniando il presunto carico delle bombe scortate da carabinieri e vigili del fuoco;
   la diretta ha smascherato quello che l'interrogante giudica un vergognoso e scandaloso tentativo di nascondere questo carico;
   si è trattato di un'operazione che l'interrogante ha segnalato alla procura di Tempio, proprio perché si è trattato di un carico che appare all'interrogante in contrasto con la legge per giunta su una nave civile;
   si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un vero e proprio comportamento clandestino messo in atto sin dal pomeriggio quando alle 14 i tir sono usciti scortati dallo stabilimento di Domusnovas: questa volta niente vigilanza privata ma direttamente le forze dell'ordine a significare la pericolosità del carico stesso;
   la presenza di carabinieri e vigili del fuoco e le stesse modalità di carico testimonierebbero quello che l'interrogante ritiene un sostanziale avallo dello Stato italiano a un'attività finalizzata a operazioni di guerra, quella dell'Arabia Saudita contro lo Yemen;
   il carico di bombe alle 22 ha lasciato l'isola con un cargo diretto a Piombino dove il trasbordo è stato poi affidato probabilmente ad altra nave;
   si tratta ancora una volta dell'alleanza dei ricchi contro i poveri con l'Italia che risulterebbe di fatto coinvolta in operazione finalizzate alla guerra in cambio di denaro. La ricca Germania sfrutta la povertà di un territorio, il Sulcis, per produrre armi micidiali e rivenderle ai ricchi dell'Arabia Saudita, che poi le scaricano sui poveri dello Yemen;
   resta il tema del lavoro che va salvaguardato con leggi e provvedimenti ad hoc per garantire la ricollocazione dei lavoratori impegnati in queste nefaste produzioni;
   l'area mineraria in cui sorge la fabbrica costituisce uno degli esempi di degrado ambientale legato alla crisi mineraria; per questo motivo occorrono progetti seri e urgenti di bonifica per ricollocare quei lavoratori –:
   se e chi abbia autorizzato l'utilizzo di forze dell'ordine, carabinieri e vigili del fuoco per quel carico di morte;
   se lo Stato italiano abbia messo a disposizione gratuitamente quelle risorse o se fosse pagato un onere e quale per quel servizio;
   se il carico di esplosivi verso l'Arabia saudita sia stato autorizzato, e da chi, nonostante l'esplicito divieto di legge a vendere armi a Stati in guerra. (5-11723)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 giugno 2017 il Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni e il Ministro Delrio hanno inaugurato la stazione dell'alta velocità «Porta del Sud» di Afragola (Napoli);
   da fonti di stampa (http://www.corriere.it) si apprende che dopo circa dieci giorni vi sia stato l'intervento dei nuclei Antisofisticazioni e sanità dell'Arma;
   la medesima fonte di stampa riporta il contenuto del verbale dei Nas secondo il quale: la caffetteria della stazione risulterebbe priva di licenza, con la relativa comminazione di una multa di 5 mila euro; il parcheggio non sarebbe stato collaudato, funzionando dunque abusivamente e incassando somme non dovute; l'impianto di condizionamento dell'aria sarebbe privo di motore; le uscite di sicurezza sarebbero insicure, perché prospicienti su cantieri in cui ancora ci sono lavori in corso; mancherebbero il defibrillatore e il kit di pronto soccorso e, infine, sull'impianto antincendio sarebbero ancora attesi gli atti autorizzatori dei competenti vigili del fuoco –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito, con particolare riferimento alle irregolarità e alle criticità sopra evidenziate;
   se il Governo intenda chiarire nel dettaglio la spesa pubblica sostenuta per la realizzazione di detta infrastruttura.
(5-11725)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 giugno 2017 è risultato vincitore del turno di ballottaggio delle elezioni amministrative del comune di Taranto Rinaldo Melucci;
   all'interrogante consta che il medesimo sia raccomandatario marittimo della Melucci Shipping srl e numero 53 dell'elenco provinciale dei raccomandatari marittimi di Taranto, accreditato cap. 1.3.1. IMDG code 34 – 2008 (Circ. 23/ 2009 – comando generale del Corpo delle capitanerie di porto – reparto 6o) che opera all'interno del porto di Taranto ed è anche, Presidente di un Consorzio di agenzie marittime, lo Ionian Shipping Consortium, sempre operante all'interno del medesimo Porto;
   la normativa vigente, tuttavia, prevede numerose ipotesi di ineleggibilità, inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni sia al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali sia al più recente decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, recante le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico;
   nel caso di specie, pare venire in rilievo, ad avviso dell'interrogante, l'ipotesi di cui all'articolo 4 dell'ultimo decreto citato che prevede espressamente l'inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati. In particolare, a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti:
    a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
    b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
    c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento;
   pare venire in rilievo anche l'ipotesi di cui al successivo articolo 7 che regola espressamente l'inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale essendo previsto, tra l'altro, che a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per inoltrare all'Autorità nazionale anticorruzione una segnalazione ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in ordine al conferimento dell'incarico sopraindicato;
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per implementare la normativa su ineleggibilità, inconferibilità, incompatibilità e incandidabilità, in modo da evitare che possano ripetersi situazioni come quella indicata in premessa.
(5-11726)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2015, è stata presentata dall'Enac istanza per l'avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale concernente la realizzazione dell’«Aeroporto di Firenze – Master Plan aeroportuale 2014-2029» e, in data 2 dicembre 2016, la commissione incaricata ha reso parere favorevole (recante il n. 2235/2016) nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale. A tutt'oggi il relativo decreto di valutazione di impatto ambientale non è stato emanato;
   in ordine alla mancata pubblicazione e nel merito delle numerose ed impegnative prescrizioni l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10974 cui non è stata data ancora nessuna risposta;
   in riferimento a detto parere di valutazione di impatto ambientale, il Coordinamento dei comitati per la salute della Piana di Prato e Pistoia, con note dell'8 febbraio 2017 (protocollo n. 3003/DVA del 9 febbraio 2017) e del 26 febbraio 2017 (protocollo n. 4395/DVA del 27 febbraio 2017), ha presentato (anche) al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare formale istanza di accesso, ai sensi della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni;
   in data 8 marzo 2017 il Ministero medesimo, in risposta, differiva l'accesso ma, ad avviso dell'interrogante, senza addurre alcuna legittima motivazione del medesimo, come invece imposto dalla legge, bensì apoditticamente adducendo che fosse ancora in corso la fase di predisposizione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale e richiamando l'applicabilità, non meglio precisata, degli articoli 24 della legge n. 241 del 1990 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 184 del 2006;
   dal medesimo soggetto sarebbe stata reiterata istanza di accesso e il Ministero avrebbe formulato nuovamente un provvedimento di ulteriore differimento senza motivazione alcuna, se non le medesime già esposte supra;
   nelle more si è appreso da fonti di stampa che Enac avrebbe presentato due istanze di chiarimenti: la prima pare afferente alla circostanza che la procedura di valutazione di impatto ambientale ha chiesto uno studio di risk assessment, ossia una valutazione del rischio in caso che un aereo cada, fatta da soggetti terzi e non da Enac, che avrebbe proprie competenze di ente dello Stato posto a un controllo sicurezza. Il secondo chiarimento riguarderebbe l'Osservatorio previsto dalla valutazione di impatto ambientale per Peretola;
   non potendo avere contezza di dette istanze formulate da Enac, oltre alle notizie di stampa l'interrogante ritiene che, se il proponente l'opera avesse reiterato la richiesta di modifica del quadro prescrittivo che accompagna il parere positivo espresso dalla commissione VIA, ciò potrebbe costituire un elemento di novità «sostanziale e rilevante per il pubblico», ai sensi dell'articolo 24, commi 9 e 9-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006 tale da comportare il deposito dei relativi atti e documenti e rendere necessaria una riapertura della procedura partecipativa;
   ne deriva, ad avviso dell'interrogante, una situazione del tutto anomala e di dubbia legittimità con quella che appare una violazione dei termini imposti agli organi competenti per emettere il decreto di VIA;
   in data 15 giugno 2017 è stata discussa anche in commissione a Firenze la mozione presentata dalla consigliera del Movimento 5 Stelle Silvia Noferi al consiglio comunale di Prato volta ad impegnare il sindaco a sollecitare in forma scritta il Ministro Galletti affinché renda pubblico il parere 2235 della commissione di valutazione di impatto ambientale ai fini di una pianificazione urbanistica razionale. In quella sede, fonti di stampa (http://www.nove.firenze.it) riferiscono che l'ingegner Giacomo Parenti – convocato in Commissione – illustrando la procedura abbia affermato che il Ministro può rilasciare un decreto favorevole alla costruzione del nuovo aeroporto, anche ignorando il parere della plenaria di valutazione di impatto ambientale e le prescrizioni della commissione tecnica preposta alla valutazione dei progetti infrastrutturali –:
   se si intenda chiarire se il provvedimento di valutazione di impatto ambientale richiamato in premessa sia stato effettivamente emanato e, in tal caso, quando si intenda provvedere alla relativa pubblicazione o se, invece, sia ancora in fase di preparazione, precisando le motivazioni puntuali, come imposto dalla legge, di tanto inusuale lasso temporale per l'emanazione del medesimo;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza e anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 24, comma 9-bis, del codice dell'ambiente, intenda adoperarsi al fine di richiedere il deposito degli atti e dei documenti presentati da Enac, ai fini della riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni e al fine di garantire la piena partecipazione del pubblico al procedimento;
   se, in merito al rilascio del decreto finale della procedura di valutazione di impatto ambientale per la costruzione del nuovo aeroporto, ci si intenda conformare al parere e alle prescrizioni della commissione tecnica preposta alla valutazione dei progetti infrastrutturali o, diversamente, a quali elementi intenda attenersi. (5-11718)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 febbraio 2016 è stata pubblicata la risoluzione presentata dal primo firmatario del presente atto n. 7-00925 che tratta l'argomento della gestione dei fanghi di depurazione con specifico riferimento alla possibile contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS);
   in data 8 febbraio 2017 è stata approvata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (istituita con legge 7 gennaio 2014, n. 1) la relazione sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in alcune aree della regione Veneto, che affronta i gravi aspetti sanitari correlati all'esposizione a PFAS e riporta i dati tedeschi del 2006 in cui un grave inquinamento delle acque da PFAS fu dovuto allo sversamento di fanghi di depurazione contaminati;
   in data 27 giugno 2017 è stata pubblicata la risoluzione presentata dal primo firmatario del presente atto finalizzata a impegnare il Governo anche in relazione allo «stop» alla produzione di PFAS e all'inquinamento, e alla richiesta di stato d'emergenza per le aree intorno alla Miteni di Trissino (VI), responsabile del 97 per cento delle emissioni PFAS secondo la relazione ecomafie;
   i dati dell'Arpa Vicenza in merito al depuratore della Valle dell'Agno, a Trissino, gestito da Alto vicentino servizi (AVS) mostrano concentrazioni di PFAS totali di 269 microgrammi/chilogrammo di sostanza secca nei fanghi di depurazione civile catalogati CER 190805;
   sono stati inviati alla discarica di Mariana Mantovana (MN), gestita da Tea s.p.a. (autorizzazione integrata ambientale regione Lombardia AD 21/101 del 30 maggio 2013), nel 2013: 2272,74 tonnellate, nel 2014: 2229,98 tonnellate nel 2015: 2196,46 tonnellate nel 2016: 2210,98 tonnellate di fanghi, in totale 8.910,16 tonnellate, che potrebbero equivalere a circa 2,396 chilogrammi di PFAS, in maggioranza PFOS (la molecola più pericolosa) e non risulta alcun trattamento specifico dei percolati di tale discarica;
   pensando al limite di 500 ng/litro di PFAS della normativa nazionale sulle acque (decreto legislativo n. 172 del 2015), questa quantità di fanghi potrebbe potenzialmente portare a soglia di contaminazione 5 miliardi di metri cubi di acqua, dopo un chilogrammo circa di PFAS giunto all'azienda Indecast di Castiglione delle Stiviere (Mantova) che ha portato a soglia due miliardi di metri cubi di acqua;
   il primo articolo di stampa locale sulla questione risulta sia stato quello pubblicato sulla Gazzetta di Mantova, pubblicato il 21 febbraio 2016 relativo alla risoluzione presentata dal primo firmatario del presente atto in Commissione ambiente alla Camera; altri articoli di stampa veneta furono pubblicati già nel 2013, quindi i tecnici di settore dovrebbero essere informati, soprattutto quelli di una società come TEA s.p.a. che aspira a diventare il gestore unico dell'acqua della provincia di Mantova –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per fermare quello che agli interroganti appare un «turismo» dei fanghi contaminati da PFAS, nonché per garantire adeguata gestione dei rifiuti contaminati da PFAS e adeguati controlli nelle aree della provincia di Mantova potenzialmente contaminate. (4-17150)


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la ditta Ecologica sud servizi srl, con sede in Castrovillari (CS), in data 13 marzo 2017, ha presentato richiesta per l'ottenimento dell'autorizzazione Integrata ambientale (Ippc) con contestuale procedura di valutazione di impatto ambientale per il progetto di una piattaforma per il trattamento, la valorizzazione e lo smaltimento di rifiuti non pericolosi;
   l'impianto sembrerebbe essere destinato a trattare «rifiuti pericolosi e non pericolosi». A ciò si aggiunga che la quantità di rifiuti in ingresso, previsti dal progetto, secondo l'interrogante è, con ogni evidenza, esorbitante e del tutto incompatibile con l'attuale organizzazione dello smaltimento dei rifiuti in atto nella regione Calabria, nonché con quanto previsto nel piano regionale di gestione dei rifiuti (Prgr) 2016. Le previste, complessive 402.500 tonnellate annue di rifiuti in ingresso, rappresentano addirittura oltre la metà della quantità di rifiuti solidi urbani (ivi compresi quelli da raccolta differenziata) prodotti nel 2015 nella intera regione Calabria (cfr. il rapporto rifiuti urbani 2016 dell'Ispra). Il trasferimento da altre regioni di una così rilevante quantità di rifiuti contrasta con tutta una serie di principi di base del corretto smaltimento dei rifiuti medesimi. È anzitutto contrario ai principi di autosufficienza e di prossimità, fissati sia a livello europeo che nazionale. In particolare, dalla lettura dell'articolo 182-bis del codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), sembra che quello di autosufficienza miri a garantire un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani che sia territorialmente circoscritto e specificatamente riferito allo smaltimento di quelli non pericolosi;
   la regione Calabria è uscita solo in epoca recente da un quasi ventennale commissariamento nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti ed è cosa ben nota, inoltre, che seppur terminata la fase commissariale, i problemi legati allo smaltimento dei propri rifiuti siano una quotidiana emergenza che interessa l'intero territorio regionale. Non è certo un caso che una quota dei rifiuti calabresi venga addirittura smaltita fuori regione, con costi elevati per la collettività;
   secondo l'interrogante, il progetto di cui viene richiesta l'autorizzazione, oltre a risultare inammissibile a causa degli ingenti quantitativi di rifiuti di provenienza extra-regionale, risulta anche vago e indeterminato. Manca, infatti, una dettagliata elencazione delle tipologie di rifiuti che si intende trattare. Lo smaltimento dei rifiuti è un ambito in cui vi è una massiccia infiltrazione da parte della criminalità organizzata ed è, dunque, necessario avere riferimenti precisi e univoci circa l'origine, oltre che la natura, dei rifiuti che si intende trattare;
   il sito dell'impianto, a giudizio dell'interrogante in aperto contrasto con l'articolo 21 del decreto legislativo n. 228 del 2001 che tutela i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, ricadrebbe nel cuore stesso del distretto agro-alimentare di qualità (Daq) di Sibari, istituito con specifica legge regionale (la n. 21 del 13 ottobre 2004). L'area del distretto agro-alimentare di qualità rappresenta appena il 10 per cento del ter- ritorio calabrese, eppure da essa dipende il 45 per cento della produzione agro-alimentare della regione, il 70 per cento della quale esportata all'estero. Nella sola piana di Cammarata-Sibari (esattamente dove dovrebbe insediarsi l'impianto di trattamento dei rifiuti in questione) sono circa 5.000 gli occupati nel settore agro-alimentare. Il progetto di cui trattasi determinerebbe, inevitabilmente, un afflusso di rifiuti tanto massiccio, in un'area così delicata e vocata alla produzione agro-alimentare di qualità, da determinare, con assoluta certezza, danni gravi e irreparabili che porterebbero, a loro volta, ad una crisi economica ed occupazionale tale da mettere in ginocchio l'economia di un intero e vasto territorio;
   l'area dove dovrebbe essere ubicato l'impianto è limitrofa al parco nazionale del Pollino; pertanto le attività per il trattamento dei rifiuti realizzate in tale struttura potrebbero avere effetti nocivi sulla tenuta degli equilibri dell'ecosistema del parco –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative di competenza volte a verificare che le attività sopra richiamate non si rivelino dannose per la tenuta degli equilibri naturali del Parco nazionale del Pollino;
   quali iniziative di competenza, anche normative, intendano adottare per tutelare dalla contaminazione i prodotti agricoli e alimentari con marco DOP e IGP e le produzioni biologiche, che potrebbero essere danneggiate dal funzionamento di impianti come quello descritto. (4-17152)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il primo Gran Premio della formula E a Roma si correrà da sabato 14 aprile 2018 su un circuito cittadino disegnato sulle strade del quartiere Eur e sarà la settima prova del campionato mondiale delle auto elettriche 2017-2018, come stabilito dal consiglio automobilistico mondiale della Fia, che ha approvato il calendario del mondiale delle monoposto elettriche;
   il campionato di formula E si corre su 12 circuiti cittadini dislocati nei cinque continenti elettrici; le scuderie vantano colossi come Audi, Renault, Citroën e Jaguar e in futuro sembra anche Porsche e Ferrari;
   la sindaca Raggi ha detto fermamente «no» alle Olimpiadi a Roma, mentre ha assunto rapidamente la decisione ospitare la formula E;
   peccato che la formula E, ad avviso dell'interrogante, non sarà un investimento per la città, perché non comporta l'utilizzo di un impianto che durerà nel tempo, bensì un esborso a fondo perduto per la posa delle strutture necessarie per un solo giorno;
   l'indotto dell'evento così come i ricavi dai biglietti (mediamente i biglietti più costosi, sono di circa 80-90 euro) sono decisamente irrisori se comparati a quello che è il costo di allestimento della pista, delle tribune, dei box e del paddock;
   finora sono pochissime le municipalità che, dopo avere organizzato la formula E una prima volta, hanno replicato gli anni successivi: generalmente, quando analizzano il bilancio costi-ricavi decidono di non partecipare nuovamente;
   sembra che l'evento, ideato nel 2012, non sia altro che una iniziativa mirata ad acquisire gli ingenti contributi che l'Unione europea stanzia per la ricerca e lo sviluppo delle energie alternative;
   agonisticamente la formula E non ha nessun appeal: vetture silenziose, che hanno una autonomia minima (gare di 45 minuti con cambio di vettura a metà gara perché le batterie non riescono a coprire tutta la durata) e che costringono i piloti a privilegiare il risparmio energetico alla guida sportiva;
   oltre a ciò, per poter caricare le batterie, malgrado la partnership con Enel, il backstage di ogni gara ospita generatori che producono un inquinamento notevole se si pensa al messaggio di salvaguardia dell'ambiente che il progetto mira a diffondere;
   inoltre, il progetto ha già suscitato le prime proteste, in particolare da parte dei residenti della zona interessata. La principale critica mossa alla nuova amministrazione arriva dal coordinamento dei comitati di cittadini, che denuncia la mancata consultazione della sindaca con gli abitanti del quartiere Eur. Un atteggiamento che dovrebbe essere insito nella filosofia del Movimento 5 Stelle, ma che, ad avviso dell'interrogante, evidentemente la prima cittadina ha dimenticato: i cittadini temono le ricadute dell'evento per quanto riguarda la viabilità e l'edilizia del quartiere, in particolare per quanto riguarda i parchi e le aree verdi della zona;
   già nel 2011, a seguito del progetto del sindaco Alemanno, il quartiere si era dichiarato contrario al Grand Prix, con una vasta raccolta di firme di residenti, commercianti e comitati –:
   se risultino contributi statali appositamente destinati all'evento e se, anche in considerazione del fatto che lo Stato destina notevoli fondi a Roma Capitale, la manifestazione non rischi di gravare pesantemente sulla già critica situazione di bilancio dell'ente;
   di quali elementi disponga circa la copertura economica dell'evento e se, in particolare, risultino anche altri finanziatori;
   visto che nel 2016, Enel ha siglato un accordo di due anni con opzione di rinnovo, per essere « global power partner», se possa essere questo il motivo che spiegherebbe l'approdo a Roma della manifestazione. (4-17151)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   Ester Pasqualoni, un'oncologa dell'ospedale Val Vibrata di Sant'Omero, in provincia di Teramo è stata uccisa nei giorni scorsi davanti all'ospedale, alla fine del suo turno di lavoro;
   stava andando verso la sua auto quando è stata aggredita dal killer, fuggito poi secondo alcuni testimoni a bordo di un'auto;
   l'aggressione è stata feroce: «L'hanno sgozzata, uno spettacolo straziante» hanno raccontato i colleghi accorsi attorno al corpo a terra;
   la dottoressa ha lasciato due figli di 14 e 16 anni;
   ad aspettarla, con in mano una roncola, c'era il suo assassino. Un delitto premeditato, compiuto lucidamente: nessuno ha potuto aiutare il medico che prima di finire a terra in una pozza di sangue, ha chiesto aiuto;
   il suo presunto omicida, Enrico Di Luca è stato trovato suicida: negli ultimi anni la vittima lo aveva denunciato due volte, poiché la perseguitava dopo averla conosciuta perché parente di un paziente della dottoressa Pasqualoni, per stalking;
   l'uomo, dice un'amica, la perseguitava «da diversi anni», la «osservava e seguiva, sempre e dappertutto. Si era intrufolato nella sua vita non sappiamo neanche come, con artifici e raggiri. Non era un suo ex, non avevano niente a che fare, era solo ossessionato da lei»;
   Ester da tempo aveva paura tanto che quasi mai, terminato il turno di lavoro, usciva dall'ospedale da sola. Alla macchina si faceva accompagnare sempre da qualcuno. Su Facebook aveva rimosso tutte le sue foto e pare vivesse in uno stato costante di angoscia;
   le denunce effettuate, però, a quanto si apprende dalla stampa, erano state archiviate;
   al fine di assicurare una più adeguata protezione alla vittima del reato, in seguito all'introduzione del reato di atti persecutori, il legislatore ha ravvisato l'opportunità di ampliare lo spettro delle misure cautelari coercitive, inserendo la nuova misura del «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa» (articolo 282-ter c.p.p.), misura che pare sia stata prevista per il De Luca, ma in breve revocata;
   in questi casi occorrerebbe altresì garantire la formazione specifica, interdisciplinare e capillare del personale di presidio e della magistratura inquirente; la creazione di nuclei specializzati sia presso gli organi di polizia che presso gli uffici giudiziari soprattutto di procura; sulla base delle buone prassi già sperimentate, la definizione di linee guida o protocolli d'indagine e di azione da applicarsi sull'intero territorio nazionale al fine di rendere effettiva, omogenea, efficace e tempestiva la tutela preventiva delle vittime e la repressione dei reati di stalking e di violenza di genere anche alla luce della gravità e della rilevanza del fenomeno; l'attivazione di un registro elettronico delle denunce per stalking e violenza di genere effettuate presso la polizia giudiziaria, che vada a confluire in una banca dati in rete accessibile in tempo reale da parte degli operatori coinvolti (forze di polizia e magistratura), presso il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno, al fine di garantire un adeguato monitoraggio delle iniziative e dei tempi di intervento a tutela della vittime, nonché per proporre azioni positive correttive o integrative ed eventualmente, ove necessario, integrazioni di organico o dotazioni di mezzi –:
   se i Ministri interpellati non ritengano, anche in considerazione dei fatti esposti, di dover assumere ogni iniziativa di competenza per far piena luce sulla sostanziale inattività delle istituzioni nei confronti delle denunce fatte dalla donna che in seguito è stata barbaramente uccisa e se non considerino opportuno quanto urgente mettere in campo tutte le iniziative necessarie, quali quelle indicate in premessa, per evitare il ripetersi di tali episodi.
(2-01870) «Fabbri, Ferranti, Ermini, D'Ottavio, Gnecchi, Di Salvo, Marchi, Montroni, Pagani, Morani, Casellato, Lenzi, Patrizia Maestri, Giacobbe, Paola Boldrini, Malisani, Giovanna Sanna, Ferrari, Mariani, Braga, Incerti, Bargero, Fanucci, De Maria, Pollastrini, Cinzia Maria Fontana, Ghizzoni, Giuliani, Carnevali, Cenni, Lattuca, Gasparini, Nardi, Giuditta Pini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con relazione risalente al 10 maggio 2017 il medico dell'istituto penitenziario di Rebibbia, a Roma, ha descritto il quadro clinico di Marcello Dell'Utri come assolutamente critico, con patologie che rendono la sua condizione non compatibile con la permanenza in carcere;
   il magistrato di sorveglianza, a seguito della presentazione dell'istanza di sospensione della pena per motivi di salute, avvenuta nel mese di aprile 2017, da parte dei legali di Dell'Utri, l'ha rigettata, in via provvisoria;
   l'udienza per la decisione definitiva è stata fissata per il 21 settembre 2017, quindi quasi tre mesi nei quali le condizioni potrebbero ulteriormente aggravarsi;
   il Garante per i detenuti del Lazio Stefano Anastasia nonché il Garante nazionale, Mauro Palma, hanno ufficialmente chiesto l'anticipo della udienza concernente la decisione sulla sospensione o meno della pena nei confronti di Dell'Utri –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta a fronteggiare i gravi rischi per la salute del detenuto esposti in premessa, nell'auspicio di una decisione, quanto più rapida possibile, in ordine alla compatibilità del regime carcerario. (5-11724)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, dopo un sopralluogo degli operai, è stato chiuso al traffico dall'Anas, in entrambe le direzioni, il Raccordo autostradale «Sicignano-Potenza», compreso tra lo svincolo di Balvano (chilometro 25,500) e lo svincolo di Vietri di Potenza (chilometro 20,800) per alcune lesioni al Viadotto Marmo;
   la strada statale n. 407 Basentana, che congiunge il raccordo autostradale Sicignano-Potenza alla strada statale 106 Jonica rappresenta una delle principali arterie stradali dell'intero Mezzogiorno. Nonostante la sua strategicità, per anni, non è stata adeguatamente tenuta in sicurezza e il combinato disposto della peculiarità del tracciato, con numerosi viadotti e gallerie, e delle condizioni climatiche l'hanno resa fragile;
   è da oltre 8 anni che sul tratto autostradale Sicignano — Potenza, si riscontrano problemi strutturali sui viadotti e sono in corso diversi lavori di manutenzione straordinaria che interessano alcuni tratti per i quali è già prevista la demolizione degli impalcati;
   tutto il traffico anche dei mezzi pesanti viene deviato attraverso il percorso alternativo sulla ex strada provinciale n. 94 e nelle contrade comunali di Vietri di Potenza che presenta, purtroppo, un tracciato irregolare e la segnaletica non è indicata visibilmente;
   gli interventi sono assolutamente necessari ed evidenziano oggettive difficoltà che riguardano l'intero comprensorio in relazione alla sostenibilità del traffico di un importante raccordo autostradale –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per assicurare il ripristino della viabilità nei collegamenti per consentire la riapertura del tratto autostradale al fine di evitare situazioni di criticità e rischi per l'incolumità degli automobilisti. (3-03123)


   FOLINO, FRANCO BORDO e MOGNATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come si legge sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il nuovo tratto che gli automobilisti in transito sul raccordo autostradale Sicignano-Potenza sono costretti a percorrere tra gli svincoli Balvano e Vietri, a causa della chiusura del tragitto originale, in conseguenza di una lesione comparsa sul viadotto Marmo (Potenza) è un coacervo di strade provinciali e comunali assolutamente impraticabili;
   il raccordo autostradale, compreso tra gli svincoli vietresi situati in contrada San Vito e Cugni, è completamente chiuso e tutto il traffico è deviato attraverso il percorso alternativo della strada provinciale n. 94 e nelle contrade vietresi, fino ad una settimana fa, utilizzato solo dai mezzi pesanti. Il tutto a causa di due lesioni riscontrate su una trave del viadotto «Marmo» in direzione nord;
   tantissime sono le segnalazioni dei cittadini; in particolare viene segnalato che, in alcuni tratti, di sera, si viaggerebbe totalmente al buio, mentre, in altri, la carreggiata sarebbe particolarmente disconnessa, con la presenza di numerose buche non segnalate;
   l'Anas, ente proprietario del raccordo, ha dato risposte totalmente insufficienti a giudizio degli interroganti, comunicando, per il tramite del proprio ufficio stampa: «entro metà di aprile verrà aperta al traffico una bretella di circa 600 metri, attualmente in disuso, ma sulla quale Anas sta lavorando per rimetterla in uso» –:
   quali iniziative urgenti s'intendano avviare al fine di garantire il ripristino di una corretta e sicura viabilità per un tratto fondamentale e al fine di garantire un pezzo della viabilità nazionale nel contesto del Mezzogiorno;
   se, in particolare, s'intendano fornire maggiori dettagli in merito al crono programma di ripristino e alla tipologia degli interventi che sono stati messi in atto da Anas sui tratti di viabilità di cui in premessa. (3-03124)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'amministratore unico della Thetis società veneziana di ingegneria che sviluppa progetti e applicazioni in ambito ambientale, nel corso di un incontro in regione Veneto, ha annunciato il rischio di esuberi a causa di una difficile situazione finanziaria;
   suddetti esuberi sarebbero circa una cinquantina su 116 dipendenti;
   il piano industriale della società risulta condizionato anche da una serie di crediti che purtroppo non vengono recuperati;
   l'azienda, infatti, pur avendo un passivo di 3,5 milioni di euro, vanta un credito di 8 milioni di euro dal Consorzio Venezia Nuova e di 5 milioni di euro da Roma Tpl scarl;
   le organizzazioni sindacali si sono dette incredule di fronte al rischio di richiesta di mobilità per i dipendenti di Thetis, proprio in considerazione di tale situazione;
   l'azienda risulta avere commesse importanti e di qualità e rappresenta una eccellenza nel proprio settore –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché, attraverso l'apertura di un tavolo di confronto in sede istituzionale, si possa pervenire al recupero dei crediti da parte di Thetis, scongiurando ogni contrazione sul piano occupazionale e consentendo il varo di un piano industriale che valorizzi il know how di una eccellenza del territorio. (5-11719)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la compagnia di trasporti navali tedesca Hapag-Lloyd ha annunciato la cancellazione dal 29 giugno 2017 degli scali al porto di Cagliari nell'ambito dei collegamenti con il subcontinente Indiano e il Nord Europa, realizzati con le denominazioni Europe Pakistan India Consortium (Epic) e Indian Ocean Service (Ios);
   l'annuncio ha destato legittime preoccupazioni per il futuro dell'importante infrastruttura portuale del capoluogo sardo, in considerazione soprattutto delle dimensioni del traffico di container generato dalla Hapag-Lioyd che si aggirerebbe, secondo alcune stime degli operatori del settore, attorno all'80 per cento della movimentazione di Cagliari;
   la notizia acquisterebbe una rilevanza straordinaria in relazione alle prospettive di crescita del gruppo tedesco anche in relazione all'operazione di fusione, in fase di conclusione con la United Arab Shipping Company (Uasc), destinato a fare diventare la Hapag-Lloyd il quinto vettore al mondo nel settore del trasporto container, con un valore di circa 8 miliardi di euro;
   l'abbandono del porto cagliaritano si inserirebbe in un contesto di grave crisi dell'infrastruttura portuale, con una riduzione del traffico merci del 15 per cento dall'inizio dell'anno e con l'uscita di altre due operatori, la già citata Uasc e la Oocl;
   secondo diversi osservatori del settore marittimo dei container, la decisione della Hapag-Lloyd sarebbe conseguenza di alcune situazioni di crisi e incertezza che caratterizzano il comparto, quali l'eccesso di capacità rispetto a una domanda sempre più debole e a noli in continuo ribasso, circostanze che spingerebbero gli armatori ad aumentare l'efficienza dei servizi e a razionalizzare l'offerta, evitando sprechi di capacità e abbattendo costi e oneri;
   secondo le organizzazioni sindacali e gli osservatori delle dinamiche del settore, le principali cause dell'uscita del porto di Cagliari dalle grandi rotte e dai principali mercati internazionali sarebbero da individuare nella tasse portuali troppo elevate;
   la circostanza citata, in un contesto in cui il settore è alla ricerca di standard qualitativi elevati con un contestuale abbattimento dei costi, rischia di rappresentare un ostacolo, non solo allo sviluppo, ma alla stessa sopravvivenza della struttura portuale di Cagliari;
   questa situazione è aggravata dal contesto internazionale di riferimento del trasporto marittimo di container e dello stesso bacino del Mediterraneo, in cui sono presenti numerosi scali e strutture portuali straniere, in grado di abbattere gli oneri per effetto di una più contenuta politica fiscale;
   la situazione suesposta sta suscitando molteplici preoccupazioni per gli operatori del settore e per la sorte dei numerosi lavoratori attualmente impiegati;
   all'avvio del porto canale di Cagliari, anche per le ingenti risorse pubbliche investite, era stato attribuito un ruolo strategico nello sviluppo economico dell'isola, in considerazione soprattutto della centralità della Sardegna nei traffici commerciali del Mediterraneo;
   tra le cause del declino della struttura, acquisiscono particolare rilevanza quelle relative all'incertezza nella governance del porto, determinata dalla lunga stagione commissariale, dalla quale non è ancora uscito, e le ripetute nomine dell'Authority, ad avviso dell'interrogante legate a dinamiche e logiche politiche che nulla hanno a che fare con una moderna e dinamica gestione di una delle più importanti infrastrutture portuali del Mediterraneo –:
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare il declino del porto canale di Cagliari e pianificare uno sviluppo dell'infrastruttura in relazione delle dinamiche del settore del trasporto marittimo di container;
   se non ritenga opportuno farsi promotore, nell'ambito delle proprie competenze, di iniziative normative volte a sostenere la competitività degli scali marittimi di container italiani, anche con l'abbattimento degli oneri fiscali e delle tasse portuali. (4-17145)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   San Giuliano di Puglia è un comune di 1.050 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise;
   il 31 ottobre 2002 un terribile terremoto provocò la morte di 27 bambini e un'insegnante nel crollo della scuola Francesco Jovine;
   durante le prime fasi dopo il terremoto fu costruito a circa un chilometro di distanza dall'abitato, nel sito del campo sportivo, un villaggio temporaneo di casette in legno per ospitare gli sfollati del paese con scuola, uffici comunali, caserma e negozi, che, in seguito alla ricostruzione, è rimasto disabitato;
   il sindaco di San Giuliano di Puglia ha sottoscritto nel 2013 una convenzione con la prefettura e il Ministero dell'interno, finalizzata all'ospitalità di 500 migranti da collocare nel villaggio provvisorio;
   a Santa Croce di Magliano, proprio sul tema dell'accoglienza al villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia, si è tenuta un'assemblea alla quale hanno partecipato amministratori del territorio, referenti regionali e parlamentari, durante la quale è stato approvato, un documento che chiede di fermare il progetto riguardante il villaggio provvisorio e l'incremento dei posti previsti per i migranti, nonostante le procedure siano in fase avanzata di appalto;
   nel documento conclusivo, si ricorda, tra le altre cose che «l'iniziativa non tiene in alcun conto la fragilità e la vulnerabilità dell'area interessata e l'assenza di infrastrutture stradali, sanitarie e di sicurezza», proponendo, inoltre, la costituzione di un organismo permanente con funzioni propositive e consultive composto dalla regione, dalla prefettura e dai comuni dell'area interessata per individuare un diverso utilizzo dell'ex villaggio di San Giuliano che vada nella direzione della ripresa economica e sociale dell'area del cratere con particolare riferimento ai giovani;
   va considerato che il Molise è sempre di più terra di accoglienza per i rifugiati e richiedenti asilo e per quanti a vario titolo arrivano in Italia. Nel giro di un anno (dati 2016) le persone accolte sono passate da 1.400 circa a 2.606 il rapporto dei profughi per ogni 10.000 residenti da 45 a 84, una delle percentuali più alte in Italia;
   i centri Sprar distribuiti sul territorio sono oltre venti, ospitano circa un quinto dei richiedenti asilo e hanno dato finora buona prova sotto il profilo dei rapporto con la popolazione locale, sia per l'impegno delle amministrazioni che per la migliore gestibilità dei piccoli gruppi. In continua evoluzione gli arrivi d'emergenza, distribuiti in un numero crescente di comuni;
   è, necessario, però, tenere in considerazione l'impatto su un territorio già così provato di un numero così elevato, in proporzione agli abitanti, di migranti da accogliere: si parla di un paese molto piccolo e le condizioni date non paiono adeguate a garantire gli standard per l'accoglienza e la tutela dei migranti indicati dallo stesso Ministero –:
   se il Ministro non ritenga opportuno adottare le iniziative necessarie al fine di garantire la sicurezza per le popolazioni residenti e per gli ospiti, e un presidio sanitario all'interno del villaggio provvisorio, nonché al fine di allineare le iniziative adottate alle previsioni del decreto sulla riforma del sistema dell'accoglienza, anche per giungere ad un utilizzo alternativo del villaggio per la ripresa sociale e produttiva (agricoltura e territorio), nonché per valorizzare l'accoglienza diffusa, considerata la presenza cospicua di centri Sprar sul territorio;
   se non ritenga necessario coinvolgere nel processo decisionale anche le comunità vicine, Colletorto, Montelongo, Larino, Rotello, Montorio nei Frentani, Bonefro, Casacalenda e Santa Croce di Magliano, per una migliore gestione del centro di accoglienza. (4-17144)


   TAGLIALATELA e CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa ad Avellino, nella centrale piazza Kennedy, si è consumato l'ennesimo episodio di violenza perpetrato da immigrati irregolari ai danni dei cittadini;
   il 25 giugno 2017, infatti, una coppia di fidanzati, e un pensionato accorso in loro difesa, sono stati aggrediti da tre extracomunitari senegalesi ospitati in un centro di accoglienza di un comune dell’hinterland, con una violenza tale, nonostante la ragazza fosse incinta al quarto mese, da costringerli al ricovero in ospedale;
   questa ennesima aggressione segue di poche settimane quella di cui è caduto vittima un giovane che, sempre a piazza Kennedy, passeggiava a torso nudo e per questo è stato picchiato da due immigrati, accusato di non rispettare le tradizioni della religione islamica;
   gli abitanti della città sono spaventati dal ripetersi delle aggressioni, e stanno ipotizzando di organizzare delle ronde per presidiare la piazza e prevenire altri episodi di violenza;
   inoltre, come denunciato in una nota dal portavoce provinciale di Fratelli d'Italia AN, nella cittadina campana, si assiste «quotidianamente a manifestazioni di migranti davanti la Prefettura, portati lì da chi li ha in carico ed usati per far pressione e sollecitare i pagamenti da parte del Governo. Caricati e scaricati come merce, in una moderna tratta degli schiavi, mascherata con una solidarietà di facciata che nasconde solo meri interessi economici»;
   in merito ai migranti presenti nella zona esiste, peraltro, il fondato motivo di ritenere che possano finire come manovalanza nelle file della criminalità organizzata, una problematica già esaminata con grande attenzione da parte della Commissione parlamentare antimafia;
   l'immigrazione non può prescindere dall'integrazione, ma questa deve passare attraverso il rispetto delle regole e la garanzia dei diritti di tutti, quelli dei migranti ma anche quelli dei cittadini che devono poter vivere in tranquillità la propria quotidianità, senza sentirsi minacciati da alcunché –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per potenziare il controllo del territorio nella città, nonché per realizzare una gestione dell'accoglienza che sia improntata al rispetto della legalità da parte di tutti e che passi attraverso l'immediata espulsione dei migranti che si rendono responsabili di fenomeni di violenza e criminalità. (4-17146)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO e RUBINATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione memoria condivisa denuncia le enormi difficoltà che numerosi docenti di ruolo italiani stanno incontrando nell'utilizzare lo Spid gestito da Poste Italiane per usufruire del bonus per le spese relative al proprio aggiornamento professionale;
   lo Spid è il nuovo sistema di login che permette a cittadini e imprese di accedere con un'unica identità, digitale, da molteplici dispositivi, a tutti i servizi online di pubbliche amministrazioni e imprese aderenti;
   il sistema elimina le miriadi di password, chiavi e codici necessari oggi per utilizzare i servizi online di «pubblica amministrazione» e imprese. L'identità Spid è costituita da credenziali con caratteristiche differenti in base al livello di sicurezza richiesto per l'accesso;
   dopo una prima fase dedicata alla registrazione degli esercenti e degli enti di formazione interessati, in via teorica i docenti potrebbero accedere al portale cartadeldocente.istruzione.it tramite credenziali. Spid e utilizzare i 500 euro che hanno a disposizione per l'aggiornamento professionale;
   la cifra può essere spesa generando sull'apposita piattaforma buoni di spesa che danno diritto ad ottenere il bene o il servizio presso gli esercenti o gli enti di formazione registrati. I 500 euro della carta del docente, in particolare, possono essere spesi in qualunque momento, durante tutto il corso dell'anno scolastico;
   nel caso denunciato dall'Associazione memoria condivisa si rimarca l'impossibilità di accedere allo Spid gestito dalle Poste Italiane per poter usufruire della parte restante dei 500 euro messi a disposizione dei docenti per le spese di aggiornamento. In particolare, si evidenzia come i docenti siano riusciti ad effettuare solo due ingressi nel sito web dedicato, ma poi non è stato più possibile. Avrebbero tentato ulteriormente con diversi tentativi ma senza esito, dovendosi rivolgere al numero verde 800.863.119, da cui non avrebbero fornito risposte risolutive, suggerendo quindi di contattare il numero 06/82888736. A tale recapito avrebbero tentato di accedere per circa una metà mattinata nella speranza di ricevere risposta, ma sarebbero stati invitati a lasciare un messaggio per essere contattati dopo 12 minuti. Da allora però nulla pare sia più accaduto  –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative si intendano adottare per fare in modo che il gestore dello Spid Poste Italiane garantisca un servizio efficace rimuovendo nell'immediato le problematiche che impediscono ai docenti che ne fruiscono di utilizzare prima che scadano, le cifre messe a disposizione dalla carta del docente. (5-11722)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 15 luglio 2015, nella seduta n. 484, in sede di esame del disegno di legge di Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR (A.S. 1993), il Governo pro tempore ha accolto l'ordine del giorno 9/1993/23 presentato dalla senatrice Nicoletta Favero;
   poiché il comma 3 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) interviene in favore dei lavoratori con un'invalidità superiore al 74 per cento, riconoscendo loro il beneficio di maggiorazione di due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di lavoro, ai fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva, l'ordine del giorno impegnava il Governo pro tempore di intervenire anche a favore della fascia di lavoratori invalidi compresa tra il 46 e il 74 per cento;
   accogliendo l'ordine del giorno il Governo quindi si impegnava «a valutare la possibilità di adottare iniziative anche normative volte al riconoscimento di benefici pensionistici ai lavoratori ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 46 per cento e inferiore al 74 per cento»;
   nonostante l'impegno preso, finora non è stata sanata questa situazione;
   anche nella legge di bilancio per il 2017, approvata a dicembre 2016, dove sono state introdotte nuove misure che agevolano la pensione anticipata per diverse categorie disagiate di lavoratori — attraverso l'anticipo pensionistico «Ape», la «Social», il cumulo gratuito per carriere discontinue, l'ottava salvaguardia per gli esodati e alcune nuove norme per i lavoratori che svolgono mestieri usuranti e per i lavoratori precoci — il Governo non è intervenuto a favore dei lavoratori con invalidità tra il 46 e il 74 per cento –:
   se e quali iniziative siano state assunte in relazione all'attuazione dell'ordine del giorno 9/1993/23;
   quali siano i motivi che impediscano il Governo di assumere iniziative per definire adeguate misure di agevolazione per l'accesso alla pensione anticipata a favore della summenzionata categoria di lavoratori invalidi. (4-17147)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi delle normative vigenti, alle associazioni venatorie – che sono sottoposte alla vigilanza del Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali – è fatto esplicito divieto di avere finalità diverse da quelle istituzionali e dunque esse non possono, nella forma e nella sostanza, avere fini di lucro;
   nella regione Toscana l'associazione Federcaccia ha costituito da tempo, con proprio capitale, la società «Oikos», presente nel registro delle imprese della Camera di commercio di Firenze; l'Arcicaccia ha dato vita alla società «Gaia srl», iscritta anch'essa al registro delle imprese della Camera di commercio di Firenze. Gli statuti delle due società riconoscono le finalità di impresa e perciò l'esercizio di attività commerciale;
   snaturando le finalità perseguite dalla normativa nazionale, legge n. 157 del 1992 (articolo 23), nella regione Toscana l'introito della tassa di concessione regionale a cui sono sottoposti i cacciatori viene destinata per l'80 per cento agli ambiti territoriali di caccia;
   tali organismi sono stati istituiti con la legge succitata con la precisa finalità, infatti, di instaurare il legame del cacciatore con il territorio e dunque di costituire una forte forma di responsabilizzazione nei confronti di chi esercita l'attività venatoria, e non certo con quella di essere un bacino economico;
   tra i compiti degli ambiti territoriali di caccia figurano attività importanti, come la tutela della fauna selvatica e il ripristino degli habitat. Essi rappresentano infatti uno degli elementi fondanti e più innovativi della normativa nazionale: il loro snaturamento costituisce lo svuotamento del diritto stesso in materia;
   gli ambiti territoriali di caccia, inoltre, non possono divenire strumenti di lucro e neppure operare in conflitto di interesse, laddove i soggetti componenti i comitati di gestione operino poi anche attraverso società o enti in cui sono rappresentati;
   i bilanci degli ambiti territoriali sono generalmente rilevanti, a dispetto di quanto si sia portati a credere, e risulta, ad esempio, all'interrogante che i crediti dichiarati dalle quote cacciatori per ambiti territoriali di caccia Firenze-Prato, ammontano a circa 2,3 milioni di euro, o nel bilancio degli ambiti territoriali di caccia Siena, a 445 mila euro nel 2015 e addirittura a 1,55 milioni di euro nel preventivo 2016;
   la legge regionale della Toscana sull'attività venatoria, modificata a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2016, prevede la costituzione di una centrale unica di committenza, quale organismo di controllo della gestione del denaro pubblico circolante negli ambiti territoriali di caccia, ma al momento tale organo non sembra essere ancora stato attivato –:
   in quali forme, con quale frequenza e con quali esiti sia stata e sia esercitata la vigilanza sulle attività delle associazioni venatorie prevista dalla legge nazionale da parte del Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali. (5-11721)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUPI e VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per dispacciamento si intende la gestione dei flussi di energia elettrica necessaria a garantire la continuità e la sicurezza del servizio. I relativi oneri sono caricati sulle bollette elettriche di cittadini e imprese. In tale ambito sussiste una voce di spesa denominata «sbilanciamenti» consistente in una serie di assestamenti che serve per mantenere in equilibrio il sistema elettrico nazionale rispetto a quello che si programma con l'anticipo di un giorno, tramite i negoziati che formano i prezzi base (mercato del giorno prima, MGP);
   recentemente il coordinamento consorzi di Confindustria ha inviato una lettera aperta al Ministero dello sviluppo economico, all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico e alle forze politiche, invitandoli ad indagare i motivi per i quali, nella gestione del dispacciamento, la voce sbilanciamenti abbia creato 300 milioni di euro di extra costi per le piccole e medie dimensioni e per i consorzi, una super-addizionale assolutamente non giustificata;
   secondo la denuncia, alcune centrali «(...) situate in posizioni strategiche per Terna (la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale), non offrono energia nel mercato del giorno prima costringendo Terna a chiamarle nel mercato di dispacciamento» a prezzi enormemente maggiori, 400 euro/MWh con punte di 600 euro, contro i 40 dell'MGP. In tal modo «(...) il maggior costo per il sistema è stato nel solo mese di aprile di 230 milioni» a cui si aggiungono «almeno 60 milioni dovuti alle speculazioni dei traders»;
   nei giorni scorsi l'Autorità ha annunciato un incremento del costo dell'energia elettrica del 4,3 per cento, specificando che questo aumento è dovuto soprattutto alla «crescita dei costi del dispacciamento». I consumatori hanno denunciato oneri aggiuntivi ingiustificati pari a 1 miliardo di euro;
   il mercato elettrico concorrenziale è nato con l'obiettivo di offrire a cittadini e imprese l'energia elettrica al miglior prezzo possibile, non per dare spazio a manovre speculative sulla formazione delle componenti del prezzo dell'energia, replicando il modello di quelle architettate dalla americana ENRON nei primi anni 2000, nelle quali ad una carenza energetica artificialmente creata, seguiva una impennata dei prezzi praticati agli utenti finali;
   è chiaro che la gestione della domanda e dell'offerta sul mercato elettrico funziona ancora male; il Coordinamento consorzi di Confindustria dà atto a Terna di aver attuato un intervento correttivo, ma manca ancora una soluzione definitiva. Nuovi maggiori oneri stanno per essere scaricati sulle imprese nell'aggiornamento del corrispettivo unitario (uplift) di luglio –:
   se il ministro interrogato non ritenga opportuno approfondire le verifiche, anche per il tramite di Terna, sulla vicenda esposta in premessa, adottando le iniziative di competenza urgenti necessarie e se non ritenga di avviare con celerità l'auspicata riforma del mercato elettrico, sì da ridurre i conti per i cittadini e le imprese. (4-17148)


   ABRIGNANI e SQUERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva europea concernente la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28;
   il comma 1 dell'articolo 4 di detto decreto stabilisce che, al fine di favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il conseguimento degli obiettivi stabiliti, la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili siano disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione;
   il 23 giugno 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha emanato il decreto «incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico»; tale decreto ha aperto numerosi dubbi interpretativi che hanno portato all'apertura di diversi contenziosi di fronte ai tribunali amministrativi;
   a seguito dell'intervento di associazioni di settore, il Gestore dei servizi energetici (Gse) sta per emanare una circolare esplicativa;
   il citato decreto ministeriale estende gli incentivi previsti dalla normativa vigente al 29 giugno 2017 (purché gli impianti siano in funzione a tale data) e comunque fino al raggiungimento del tetto massimo stanziato pari a 5,8 miliardi di euro annui;
   fino al 1o dicembre 2017 vengono assicurati incentivi molto più bassi (passando da 268 a 190 euro a megawatt);
   secondo il Gse, il costo cumulato di tutte le tipologie di incentivo degli impianti a fonte rinnovabile è passate dai 5,8 miliardi di euro del 2016 agli attuali 5,4 miliardi, con proiezione al 2020 a 5,2 miliardi di euro;
   l’iter procedurale con E-distribuzione non è inferiore a dieci mesi a causa delle centinaia di domande di allaccio presentate ed alla carenza di personale negli organici della società, in parte dirottato in Abruzzo a seguito dell'emergenza sismica;
   tale situazione rischia di non consentire la certezza degli allacci entro il 29 giugno 2017, in particolare per gli impianti di «mini-eolico» di proprietà di una vasta platea di piccoli investitori;
   la realizzazione di impianti geotermici iscritti al Gse è invece fortemente minacciata da lunghissime tempistiche istruttorie autorizzative;
   il rischio è quello che il Paese non raggiunga le quote di energia da fonte rinnovabile concordate a livello comunitario –:
   se intenda emanare il decreto ministeriale in materia di incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per il triennio 2018/2020 al fine di assicurare i tempi minimi per la pianificazione degli investimenti privati e, se nell'ambito di tale decreto, saranno valorizzati e tutelati i settori della geotermia e del solare termodinamico. (4-17149)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Brunetta e altri n. 1-01560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carfagna, Centemero e Sarro e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Brunetta, Gelmini, Carfagna, Occhiuto, Russo, Sisto, Fabrizio Di Stefano, Centemero, Sarro».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Brunetta n. 1-01560, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 767 del 27 marzo 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    la Repubblica è composta dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato (articolo 114 della Costituzione);
    le province sono titolari di funzioni amministrative (articoli 117 e 118 della Costituzione);
    le province hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa; le risorse derivanti da queste fonti consentono di finanziare integralmente le funzioni attribuite (articolo 119 della Costituzione);
    la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio»), recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», non ha abolito le province, ma le ha trasformate in enti di secondo livello, governate da sindaci e amministratori comunali;
    infatti, l'articolo 1 della suddetta legge, al comma 85, dispone che le province, quali enti con funzioni di area vasta, mantengono l'esercizio delle seguenti funzioni fondamentali:
     a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
     b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale;
     c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
     d) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
     e) gestione dell'edilizia scolastica;
     f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;
    la «legge Delrio», del resto, era solo propedeutica all'eliminazione delle province dalla Costituzione, alla loro trasformazione in «enti di area vasta» e all'assegnazione a comuni e regioni, e solo residualmente agli enti di area vasta e alle città metropolitane, secondo il principio di sussidiarietà, anche delle funzioni fondamentali che la «legge Delrio» aveva mantenuto in capo alle province;
    tale progetto complessivo di riordino delle funzioni statali si è interrotto a seguito dell'esito negativo del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che ha avuto, fra le altre, la conseguenza di mantenere in capo alle province la loro autonomia istituzionale, finanziaria e organizzativa, in coerenza con il principio autonomistico sancito dall'articolo 5 della Costituzione, e tutte le competenze fondamentali;
    anche il trasferimento alle regioni delle competenze sottratte alle province dalla «legge Delrio» (caccia e pesca, acque, trasporto rifiuti oltre frontiera, autonomie e altro) ha visto risultati del tutto difformi da regione a regione: in quelle virtuose il trasferimento è completato, ma in molte altre il trasferimento è ancora in corso, con la conseguenza che alcune province si devono ancora occupare di funzioni che non dovrebbero essere più di loro competenza, con conseguente aggravio di costi e di personale;
    senza aspettare la conclusione dell’iter della riforma costituzionale, e della conseguente eliminazione delle province, il Governo ha ritenuto, «in attesa della riforma costituzionale», di operare comunque tagli drastici ai bilanci provinciali;
    così, nella legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) ha operato, all'articolo 1, comma 418, un taglio di 3 miliardi di euro complessivi a regime del tutto insostenibile per i bilanci, così attuato: un miliardo di euro nel 2015 (decreto-legge n. 78 del 2015, articolo 1, comma 10, e tabella 2), cui si aggiunge un miliardo di euro nel 2016 (decreto-legge n. 113 del 2016, articolo 8, comma 1-bis, e tabella 1) e un miliardo di euro nel 2017 (provvedimento attuativo ancora da definire);
    la manovra finanziaria nei confronti delle province non ha operato solo un taglio, ma un vero e proprio prelievo di risorse dai loro bilanci: a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo si tratta di un prelievo incoerente, perché nega il principio di autonomia finanziaria degli enti sancito dall'articolo 119 della Costituzione, e di una sottrazione di risorse proprie (le entrate dai tributi locali) che avrebbero come destinazione, secondo il dettato costituzionale, la copertura integrale delle funzioni attribuite;
    dal 2013 al 2017 alle province è stato imposto un taglio complessivo alle risorse pari a 5,2 miliardi di euro, che derivano dall'applicazione delle seguenti disposizioni: decreto-legge n. 201 del 2011 (taglio di 415 milioni di euro), decreto-legge n. 95 del 2012 (taglio di 1.250 milioni di euro), decreto-legge n. 66 del 2014 (taglio di 58 milioni di euro), legge n. 190 del 2014 (taglio 3.000 milioni di euro);
    a seguito di queste manovre finanziarie, oggi vi è uno squilibrio nei bilanci delle province che come minimo ammonta a 650 milioni di euro, come certificato anche dal Sose – Soluzioni per il sistema economico spa, società per azioni costituita dal Ministero dell'economia e delle finanze (88 per cento) e dalla Banca d'Italia (12 per cento), in audizione in Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il 16 marzo 2017;
    il Governo ha quindi operato come se le province fossero già svuotate delle loro funzioni fondamentali (trasporti, strade, rete scolastica, tutela ambientale e altro), rimaste in realtà sotto la loro competenza, e i tagli di bilancio conseguenti a questa logica fanno sì che un intero comparto istituzionale costitutivo della Repubblica non sarà in grado né di approvare i bilanci, né di erogare i servizi: un'evenienza che non si è mai verificata nella storia del Paese;
    di conseguenza, si evidenziano, per esempio, profonde criticità ed emergenze sulla manutenzione degli edifici scolastici di competenza (oltre 5.000), a partire dalle più elementari regole di adeguamento alle norme antincendio (le cui scadenze vengono prorogate da oltre 20 anni) o all'acquisizione dei certificati di agibilità statico-sismica;
    anche la manutenzione dei circa 130.000 chilometri di strade provinciali subisce gli effetti della mancanza di fondi, considerando inoltre che, per la viabilità provinciale, è stata introdotta, con la normativa in materia di omicidio stradale, anche la responsabilità colposa a carico dei responsabili della manutenzione e costruzione delle strade, chiaramente indicata nella circolare del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno del 25 marzo 2016. Da ciò consegue il concreto pericolo di responsabilità non soltanto amministrativa, ma anche civile e penale, sia delle amministrazioni e sia, nel caso di responsabilità penali, dei funzionari e dirigenti addetti ai servizi;
    a tale proposito, occorre evidenziare che anche la Corte dei conti nella deliberazione n. 17 del 2015 della sezione delle autonomie, in cui si relaziona al Parlamento sul riordino delle province, nel richiamare l'attenzione sull'impatto delle misure conseguenti alla legge di stabilità n. 190 del 2014, le ritiene «suscettibili di generare forti tensioni sugli equilibri finanziari» ed afferma che «ancora più problematico si prefigura il taglio incrementale per il biennio 2016-2017, atteso che una volta riallocate le funzioni e le risorse a queste destinate, le province si troveranno a dover conseguire i risparmi richiesti su aggregati di spesa più ristretti e soprattutto vincolati alle funzioni fondamentali»;
    il direttore centrale della finanza locale del dipartimento degli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, dottor Giancarlo Verde, in un'audizione svoltasi in data 16 febbraio 2017 presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, attesta che la riduzione delle risorse, che ammonta a circa 4,8 miliardi di euro dal 2008 al 2016, «ha condotto ad uno stato generale di disagio finanziario delle province che ha portato ad una difficoltà nell'attendere alle funzioni assegnate che si evidenzia con la flessione qualitativa e, talvolta, perfino l'assenza di importanti servizi. In alcuni casi, è stato inevitabile il ricorso alla procedura di dissesto finanziario, 4 casi da sempre, ma solo 3 nell'ultimo quadriennio. Più significativo il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale previsto dall'articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, a cui sono ricorse nel quinquennio trascorso ben 14 province. Pertanto quasi il 20 per cento degli enti è ricorso a misure straordinarie, percentuale che spinge a riflettere sulla grave situazione che vivono tali enti locali»;
    successivamente anche la Corte dei conti – sezione autonomie locali, in un'audizione presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, il 23 febbraio 2017 ha ribadito che:
     a) con il venir meno, dunque, della «programmata soppressione delle province», almeno nel medio termine, sembra imporsi la necessità che, nelle politiche pubbliche di settore, l'operatività di detti enti – previsti tanto dall'articolo 114 che dall'articolo 118 della Costituzione come soggetti istituzionali destinatari di funzioni proprie e fondamentali e funzioni conferite – non risenta più degli effetti di questa prospettiva condizionata;
     b) per le funzioni fondamentali rimane, invece, la necessità di rivedere la coerenza e la congruità delle misure finanziarie adottate nell'ambito dell'intrapreso progetto di riforma, con le esigenze immediate delle amministrazioni provinciali;
     c) detti enti, nella cornice delle proprie responsabilità istituzionali e nel quadro delle proprie attribuzioni, devono poter disporre delle risorse finanziarie, di personale e strumentali necessarie per l'esercizio delle loro funzioni fondamentali e per la garanzia dei servizi essenziali per i cittadini ed i territori, sempre nell'ottica della massima razionalizzazione dell'uso delle risorse;
    i presidenti delle province, riuniti in assemblea generale alla presenza dei parlamentari della Repubblica nella giornata del 16 febbraio 2017, hanno denunciato a gran voce di trovarsi nella concreta impossibilità di erogare servizi fondamentali per la collettività, legati alle funzioni individuate dalla legge n. 56 del 2014 per province e città metropolitane;
    i presidenti delle province, nella medesima giornata, sono stati ricevuti dal Presidente della Repubblica, a cui hanno chiesto sostegno affinché il Governo agisca con tempestività e senza esitazioni e affronti e risolva le questioni di estrema emergenza che riguardano i territori, mettendo queste istituzioni nelle condizioni di garantire la sicurezza dei 130.000 chilometri di strade provinciali, delle 5.100 scuole superiori italiane in cui studiano 2.500.000 ragazzi, di realizzare gli interventi necessari a contrastare il dissesto idrogeologico;
    gli stessi presidenti delle province si sono sentiti costretti, per la prima volta nella storia, a rivolgersi alla procura della Repubblica con un esposto cautelativo, affinché si accerti di chi è la vera responsabilità di eventuali disservizi delle province;
    con il recente decreto-legge n. 50 del 2017, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», sono stati stanziati solo 180 milioni di euro di parte corrente per scuole e strade per il 2017 a fronte di un fabbisogno certificato di 650 milioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative urgenti, anche normative, necessarie per garantire alle province italiane, enti costitutivi della Repubblica, di far fronte alle proprie funzioni istituzionali, e in particolare volte:
   a) ad individuare le risorse adeguate a copertura delle funzioni assegnate in base all'analisi reale dei fabbisogni standard, nel rispetto dell'articolo 119 della Costituzione;
   b) a lasciare nei bilanci delle province i risparmi dei costi della politica determinati dalla gratuità totale dei presidenti e dei consiglieri provinciali, considerato che nelle province la politica ha costo zero, unico caso tra le istituzioni della Repubblica: questi risparmi devono essere messi a disposizione delle comunità locali;
   c) a ripristinare l'autonomia organizzativa degli enti, attraverso la soppressione del comma 420 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, con la possibilità di avere in organico quelle professionalità indispensabili per svolgere le funzioni che rimangono loro assegnate;
   d) in una prospettiva temporale più lunga, a promuovere una revisione della legge n. 56 del 2014 per disegnare un ordinamento locale delle province stabile e coerente con la Costituzione, considerato che a tal fine è necessario:
    1) consolidare le funzioni fondamentali previste dalla legge n. 56 del 2014, ampliare le funzioni amministrative territoriali e valorizzare con le funzioni di assistenza e di supporto ai comuni, le stazioni uniche appaltanti e i servizi pubblici locali previsti dai commi 88 e 90 dell'articolo 1, in modo da fornire indirizzi chiari anche per il riordino della legislazione regionale;
    2) semplificare la forma di governo degli enti, attraverso una revisione della disciplina relativa agli organi, alla loro durata, ripristinando un sistema di elezione diretta del presidente e del consiglio provinciale;
    3) conferire una delega per la revisione del testo unico degli enti locali, per adeguarlo alle novità in materia di comuni, province e città metropolitane.
(1-01560) (Nuova formulazione) «Brunetta, Gelmini, Carfagna, Occhiuto, Russo, Sisto, Fabrizio Di Stefano, Centemero, Sarro».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-17068 del 26 giugno 2017;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Abrignani n. 5-11649 del 26 giugno 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale Lupi e Vignali n. 3-02371 del 6 luglio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-17148;
   interrogazione a risposta in Commissione Folino e altri n. 5-11068 del 6 aprile 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03124;
   interrogazione a risposta in Commissione Latronico n. 5-11113 dell'11 aprile 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03123.