Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 30 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, contiene varie disposizioni finalizzate a dare concreta attuazione alla legge di bilancio per il 2017 e agli accordi assunti dal Governo con gli enti locali;
    le questioni più rilevanti tra queste disposizioni interessano il comparto delle province e delle città metropolitane e consentono di gestire una fase finanziaria provvisoria e delicata, rispetto alla quale appare inevitabile una riflessione sul ruolo e sulle funzioni delle province delle regioni a statuto ordinario alla luce del risultato del referendum del 4 dicembre 2016, fermi restando i punti di forza della riforma adottata nel 2014;
    con la legge n. 56 del 2014, infatti, si è passati da un'amministrazione locale basata su due livelli di governo separati ad una concezione dell'amministrazione locale in cui i sindaci (e gli amministratori comunali) si fanno carico, per effetto della riforma del 2014, sia delle esigenze di governo di prossimità, sia delle esigenze di governo territoriale;
    le nuove province, quali enti di governo di area vasta di secondo livello, sono diventate, dunque, una sorta di «case dei comuni», all'interno delle quali vengono ricercate le soluzioni più efficienti e funzionali per rispondere alle domande dei territori, consentendo così lo sviluppo di nuove pratiche di collaborazione tra enti locali per l'erogazione di servizi di qualità ai cittadini e alle imprese, in un'ottica di semplificazione amministrativa e di riduzione dei costi;
    in tale contesto, per il 2017 e il 2018 e stato aumentato il finanziamento per l'esercizio delle funzioni fondamentali delle province fino a 180 milioni di euro e confermato quello di 80 milioni di euro a decorrere dal 2019. Per la medesima finalità sono stati attribuiti 12 milioni di euro alle città metropolitane per ciascuno degli anni 2017 e 2018, tenendo conto che dal 2019 non sarà più dovuto il contributo di 516,7 milioni di euro annui di riduzione della spesa corrente richiesto, anche per gli anni 2017 e 2018, ai sensi dell'articolo 47, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
    inoltre, per l'anno 2017, sono stati autorizzati contributi di 170 milioni di euro per l'attività di manutenzione straordinaria delle strade provinciali e 79 milioni di euro finalizzati agli interventi sull'edilizia scolastica di province e città metropolitane;
    un contributo di 10 milioni di euro è stato attribuito per il 2017 alle province che hanno dichiarato il dissesto entro il 31 dicembre 2015 e che non sono state escluse dal contributo al risanamento della finanza pubblica;
    con riguardo alla finalità di favorire l'approvazione dei bilanci da parte delle province e delle città metropolitane, è stata prevista l'estensione al 2017 di talune misure, operanti in deroga alla disciplina contabile, già introdotte in precedenti esercizi finanziari tra cui consentire di predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2017 e di applicarvi al medesimo bilancio di previsione l'avanzo libero e destinato. È stata introdotta, inoltre, la possibilità di utilizzare i proventi delle contravvenzioni per finanziare oneri relativi alle funzioni di viabilità e polizia locale per migliorare la sicurezza stradale;
    in relazione al divieto posto in capo alle province delle regioni a statuto ordinario di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, è stata consentita la possibilità di procedere alla copertura delle posizioni dirigenziali che richiedono professionalità tecniche e tecnico finanziarie e contabili non fungibili in relazione allo svolgimento delle funzioni fondamentali;
    infine, sono state eliminate le sanzioni a carico delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario, nonché della regione siciliana e della regione Sardegna che non hanno rispettato il vincolo del saldo non negativo tra le entrate e le spese finali nell'anno 2016;
    il provvedimento, pur non risolvendo tutti i problemi aperti su questo versante, segnala la volontà di dare risposte che consentano alle province di vivere questa fase di transizione, in vista di un nuovo assetto, sia dal punto di vista istituzionale che dal punto di vista delle possibilità e delle competenze finanziarie, più stabile e definito,

impegna il Governo:

1) a proseguire nello sforzo intrapreso al fine di garantire le risorse necessarie ad assicurare l'effettivo esercizio delle funzioni fondamentali da parte delle province e delle città metropolitane, anche promuovendo le opportune modifiche alla legislazione vigente;
2) ad individuare le risorse adeguate a copertura delle funzioni statali assegnate in base all'analisi reale dei fabbisogni standard, nel rispetto dell'articolo 119 della Costituzione;
3) a verificare, per quanto di competenza, che il processo di riordino delle funzioni regionali assegnate dalle regioni alle province e città metropolitane sia garantito da una copertura finanziaria in base all'analisi dei fabbisogni standard;
4) ad adottare ogni iniziativa di competenza utile a favorire il ripristino dell'autonomia organizzativa degli enti, anche attraverso l'abrogazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 420, lettere c), d) ed e), nei limiti di quanto previsto dal comma 421; della legge n. 190 del 2014;
5) ad adottare ogni utile iniziativa di competenza che consenta, a partire dal 2018, di ristabilire la piena autonomia economica, finanziaria e organizzativa delle province e delle città metropolitane attraverso la garanzia della piena copertura delle funzioni fondamentali, superando la logica emergenziale del bilancio annuale e garantendo la corretta programmazione prevista dall'articolo 151 del Testo unico sugli enti locali;
6) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a favorire le modifiche più opportune della legge n. 56 del 2014, e un adeguamento del Testo unico sugli enti locali e delle conseguenti leggi regionali in materia di funzioni provinciali e metropolitane, salvaguardando il principio della natura di enti di secondo livello degli organi delle province («casa dei comuni») – la cui legittimità è stata confermata dalla Corte costituzionale – e valorizzando ulteriormente il modello di cooperazione orizzontale tra istituzioni locali, nel riconoscimento a province e città metropolitane del compito di attivare pratiche di collaborazione che favoriscano un nuovo modello di cooperazione anche tra i comuni.
(1-01652) «Rosato, Gasparini, Marchi, Fiano, Ferrari, Carbone, Cuperlo, De Menech, Marco Di Maio, Fabbri, Famiglietti, Giorgis, Lattuca, Lauricella, Mauri, Marco Meloni, Naccarato, Nardi, Piccione, Pollastrini, Richetti, Francesco Sanna, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Giampaolo Galli, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni IV e XI,
   premesso che:
    legge 23 dicembre 1998, n. 448, all'articolo 26, comma 20, ha previsto l'istituzione di forme pensionistiche integrative per il personale del comparto sicurezza e difesa, attraverso procedure di negoziazione e di concertazione;
    il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e successive modificazioni, all'articolo 24, comma 18, ha previsto di adottare, «con regolamento da emanare entro il 31 ottobre 2012», «le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti»;
    persistendo l'inerzia delle amministrazioni nel concludere, mediante l'adozione di un provvedimento espresso, il procedimento relativo alla instaurazione della pensione complementare sono stati promossi ricorsi contro il silenzio della pubblica amministrazione da parte di militari, con varie qualifiche, appartenenti alle Forze armate volti a sollecitare la conclusione del procedimento amministrativo concernente la costituzione di forme pensionistiche complementari, così come previsto dalle vigenti normative in materia pensionistica;
    si tratta in primis della sentenza del 5 ottobre 2011, n. 9186/2011, e poi delle sentenze 21 marzo 2013, n. 2907/2013 e n. 2908/2013 pronunciate dalla sezione I-bis del TAR per il Lazio, nella quale i ricorrenti, militari delle forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, hanno ottenuto il riconoscimento dell'obbligo per le amministrazioni resistenti di concludere, mediante l'emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo all'introduzione della previdenza complementare;
    il Tar del Lazio, nel rendere esecutiva la sentenza, ha nominato un commissario ad acta, al quale veniva riconosciuto «soltanto un onere minimo indispensabile che è quello di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, senza tralasciare di diffidare il Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplificazione ad avviare le procedure di concertazione/contrattazione per l'intero Comparto Difesa e Sicurezza»;
    nella sentenza n. 02907/2013 veniva disposto che il commissario «ad acta» ponesse in essere entro 180 giorni tutti gli opportuni provvedimenti per l'esecuzione della sentenza;
    a distanza di anni non risultano intraprese azioni concrete e definitive per procedere all'introduzione del previdenza complementare;
    tale inerzia rappresenta un danno economico per i militari appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare che si ripercuote negativamente sul trattamento economico previdenziale di quanti andranno in pensione con il sistema contributivo,

impegnano il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per concludere immediatamente, mediante l'emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo alla introduzione della previdenza complementare integrativa per i militari delle Forze armate;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie per garantire la massima informazione, assistenza tecnica/amministrativa e trasparenza nei confronti degli utenti interessati.
(7-01304) «Basilio, Dall'Osso, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2013 regione Lombardia ha autorizzato lo svolgimento dei lavori straordinari di manutenzione, attualmente in corso, presso l'inceneritore Silla II, ubicato nel comune di Milano (zona S. Siro QT8-Gallaratese), per accrescere la sua potenza termica nominale complessiva a 212,6 Megawatt;
   l'impianto, che non tratta rifiuti pericolosi, solo nel 2015 ha bruciato 497.672 tonnellate di rifiuti (circa 1.363,5 t/g);
   stando al gestore «l'impianto è stato autorizzato con procedure di emergenza e in sede AIA ha prodotto uno studio di impatto ambientale come indicato dalla regione: (http://www.a2aambiente.eu);
   tuttavia, a quanto risulta agli interroganti, ad oggi non è stato emesso alcun provvedimento ordinario di Valutazione di impatto ambientale;
   tra gli atti autorizzativi in vigore menzionati da A2A Ambiente non compare alcun provvedimento di Valutazione di impatto ambientale;
   secondo le norme vigenti per gli impianti di incenerimento di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno occorre la procedura di Valutazione di impatto ambientale;
   la vicenda dell'inceneritore Silla II potrebbe rivelarsi analoga a quella dell'inceneritore di Brescia (inceneritore ASM), dove la mancanza di Valutazione di impatto ambientale (che pare una costante per questo tipo di impianti) ha portato alla messa in mora e condanna per l'Italia da parte della Corte di giustizia della Unione europea, causa C-255/05, sentenza 9 luglio 2007;
   in Lombardia, ad oggi, vi è una sovraccapacità di incenerimento e non sussistono situazioni emergenziali –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per evitare di esporre l'Italia a una eventuale procedura di infrazione, con le relative sanzioni, per mancata osservanza delle disposizioni riguardanti la Valutazione di impatto ambientale, per l'impianto di incenerimento Silla II, con particolare riferimento al rispetto della direttiva 2011/92/UE, come emendata dalla direttiva 2014/52/UE, e delle direttive 2008/98/CE e 2000/70/CE. (4-17141)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Castello di Sammezzano si trova nell'omonima località nei pressi di Leccio, nel comune di Reggello, provincia di Firenze e risale al 1605;
   l'edificio è unico per stile, il più importante esempio di architettura orientalista in Italia. Si tratta di una costruzione eclettica in stile moresco che il suo proprietario, Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona, riprogettò tra il 1853 e il 1889. Il castello è circondato da un parco storico, patrimonio botanico di inestimabile valore, al quale appartengono anche alcune specie arboree indigene;
   l'intero immobile e il suo parco sono i vincitori dell'ottava edizione del censimento «I Luoghi del cuore», l'iniziativa promosso dal Fai, il Fondo per l'Ambiente Italiano;
   nel 1999 il castello è stato acquistato da una società italo-inglese, la Sammezzano Castle srl, che però è stata sottoposta a fallimento con conseguente vendita all'asta del bene e delle proprietà collegate;
   la procedura di vendita del Castello si è conclusa il 9 maggio 2017, al terzo tentativo. Le precedenti aste, tenutesi nel 2015, erano risultate deserte e quella prevista per il 2016 era stata rinviata;
   il castello è stato aggiudicato ad una società araba, la Helitrope Limited con sede a Dubai, che ha offerto 15,4 milioni di euro e l'amministratore legale del gruppo, Puneet Gope Shahani, ha depositato il primo assegno della International Bank of Qatar;
   si apprende da recenti articoli di stampa, tra cui Valdarnopost.it del 28 giugno 2017, che il tribunale di Firenze avrebbe annullato la suddetta vendita accogliendo il ricorso della società Kairos s.r.l;
   sono state numerose le iniziative popolari volte ad attirare l'opinione pubblica e le istituzioni su questo bene di immenso valore, oggi chiuso e abbandonato;
   lo Stato può esercitare il diritto di prelazione dei beni nel termine di sessanta giorni dalla ricezione della denuncia dell'atto di trasferimento prevista dall'articolo 59 del codice dei beni culturali, ovvero entro centottanta giorni se essa è presentata tardivamente o risulti incompleta (articolo 61, comma 2, del codice) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga opportuno attivare il diritto di prelazione sul bene affinché il Castello di Sammezzano rimanga nel patrimonio pubblico;
   se non ritenga necessario intraprendere le iniziative di competenza affinché venga garantita la fruibilità pubblica del Castello. (5-11715)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SECCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del regolamento del più alto istituto di formazione interforze della Difesa (IASD), approvato il 17 febbraio del 2016 dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, stabilisce il principio secondo il quale gli ufficiali che superano il corso IASD conseguono il «Titolo IASD», ricevendo anche i relativi diploma e distintivo;
   il conseguimento del «Titolo IASD», oltre a costituire motivo d'orgoglio per il selezionato numero di frequentatori, rappresenta un elemento distintivo e di prestigio nel percorso formativo e di carriera degli ufficiali delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, in quanto certifica la partecipazione del richiamato personale ad un corso la cui organizzazione impegna significative risorse finanziarie della Difesa e coinvolge personalità d'eccellenza nazionali, europee ed internazionali;
   la previsione di cui all'articolo 14 del regolamento IASD, pur avendo una sua rilevanza giuridica, andrebbe comunque inserita anche nel Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica 90 del 2010) che attualmente si limita a stabilire, all'articolo 619, che «Agli ufficiali che superano il corso ISSMI sono rilasciati il diploma di corso superiore di Stato maggiore interforze e il relativo distintivo ed è conferito il titolo “Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze”». Analoga previsione non è dunque contemplata in relazione al superamento del più alto corso svolto presso il predetto Istituto alti studi per la difesa (IASD);
   l'articolo 679 del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 non risulta coordinato con l'articolo 8 del regolamento IASD nella nuova edizione del 2016, la quale stabilisce che gli ufficiali candidati ai moduli dello IASD devono essere «in possesso di ottimi precedenti di servizio» e devono, «preferibilmente, svolgere o essere pianificati per un incarico presso gli organi centrali o internazionali» –:
   quali iniziative intenda adottare affinché, anche alla luce della formulazione del nuovo regolamento IASD, si introduca nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 il principio secondo il quale gli ufficiali che superano il corso IASD conseguono il «Titolo IASD» e, più in generale, se non intenda avviare iniziative normative volte alla piena valorizzazione del titolo IASD ai fini dell'avanzamento dell'impiego della dirigenza militare della Difesa, in linea con le iniziative in materia di formazione e aggiornamento della dirigenza militare previste dal Libro bianco e in analogia a quanto già previsto dall'articolo 751 del decreto legislativo n. 66 del 2010 per il Titolo ISSMI.
(5-11717)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato il 21 settembre 2016 sul sito blog di Biagio Ciccone, già segretario generale di Assofondipensione, la Mefop spa, società fondata nel 1999 che, al suo interno raccoglie un ampio panorama di fondi pensione (circa 90 soci) e la partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze, il quale detiene la maggioranza assoluta delle azioni, in realtà non offre alcun tipo di servizio pubblico e non rappresenta gli interessi degli iscritti ai fondi pensione;
   il medesimo sito internet evidenzia inoltre, come la suesposta società, costituita per favorire lo sviluppo dei fondi pensionistici e delle altre forme di previdenza (avente per oggetto sociale l'attività di formazione, studio, assistenza e promozione, in materie attinenti alla previdenza complementare e settori affini), a distanza di quasi venti anni, non persegua effettivamente alcun obiettivo d'interesse della collettività e dei soci tale da giustificarne l'esistenza e, addirittura, la presenza nella galassia delle partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   la conferma di quanto detto, prosegue il blog, si rinviene da una lettura delle relazioni sul controllo eseguito dalla Corte dei conti (in particolare, le determinazioni n. 120/2012 e n. 111/2015) che rilevano che, per attribuire alla Mefop compiti istituzionali di rilievo per la collettività, le si riconoscono generiche collaborazioni con Covip, con la direzione IV del dipartimento del tesoro e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il blog, ponendosi il quesito se la Mefop sia riuscita davvero nel corso di questi anni a sviluppare la previdenza complementare, disciplinata dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e se conseguentemente sia necessario proseguire l'attività di una società del genere, risponde negativamente, in quanto nessuno si è accorto di un contributo fattivo e reale allo sviluppo della previdenza complementare;
   l'assenza di un apporto in tal senso, si rinviene negli stessi servizi che, ad un prezzo «imposto» e non confrontabile con quello di mercato, Mefop offre ai soci, in quanto trattasi di servizi (ad esempio formazione e pubblicazioni) che potrebbero essere forniti pacatamente dalle associazioni già costituite dai fondi oppure dal mercato e, in tal caso, ad un prezzo per giunta frutto delle opportune ricerche di mercato;
   in tale contesto, sostiene il blog, considerando l'evoluzione normativa, nonché gli interventi organizzativi posti in essere dai singoli fondi, non vi è alcuna necessità di consentire il proseguimento dell'attività di Mefop per ulteriori sviluppi della previdenza complementare, se si valuta che anche questa attività, ove ancora necessaria, può essere esercitata dalle associazioni dei fondi e dalle parti sociali;
   per avere un quadro complessivo sui motivi per i quali la Mefop prosegue l'attività, occorre precisare che la società è amministrata da un consiglio composto da 7 membri, presieduto da Mauro Marè che insegnava all'università della Tuscia di Viterbo, (attualmente a Tor Vergata) al quale è corrisposto un compenso annuale di circa 100 mila euro, nonché da 14 dipendenti (tra cui un direttore generale e un vice direttore generale, il cui costo complessivo (che non ha subito come i dipendenti pubblici il blocco degli stipendi) è aumentato negli ultimi anni di circa il 7 per cento, con un costo medio di 90 mila euro per unità;
   l'interpellante evidenzia a tal fine, che la Corte dei Conti, nell'ultima relazione pubblicata, auspica che: «le politiche relative alla remunerazione del personale aderiscano maggiormente al generale orientamento restrittivo manifestato nel settore pubblico», aggiungendo inoltre che: «esaminare i bilanci semplificati della società non consente di acquisire ulteriori informazioni né sul costo del personale, né sui ricavi»;
   a tal fine, sostiene il blog di Biagio Ciccone, si è di fronte ad una società che risulta arroccata e ripiegata su se stessa; si aggiunge inoltre che, in tale situazione, è naturale concludere che Mefop sia servita soltanto a far «sopravvivere», nonostante i cambiamenti epocali, una sorta di «aristocrazia» della previdenza complementare, con il concorso di qualche università commerciale, ovvero a dare lustro e potere a quale personaggio di sistema;
   risulta conseguentemente chiaro che la Mefop rappresenta una macchina improduttiva, in quanto orientata a mantenere il «sistema» con costi unicamente a carico degli iscritti ai fondi (tenuti a corrispondere anche una quota annuale, oltre al prezzo dei servizi offerti) e della collettività (si pensi al controllo della Corte dei conti);
   a giudizio dell'interpellante, i fatti suesposti, ove confermati, risulterebbero gravi e inquietanti in ordine ai risultati effettivamente conseguiti dalla Mefop, nonché allo spreco di risorse di denaro pubblico in quasi venti anni;
   è necessario attivare iniziative in tempi rapidi, ad avviso dell'interpellante, al fine di porre in essere ogni approfondimento volto a garantire la massima trasparenza in relazione all'operato della Mefop, nonché all'impiego delle risorse pubbliche effettivamente utilizzate dalla società per lo sviluppo dei fondi pensionistici –:
   se trovino conferma le circostanze esposte in premessa e, in caso affermativo, se non intenda avviare in tempi rapidi un'indagine ministeriale volta a verificare quale sia effettivamente l'andamento gestionale della Mefop, oltre che i risultati conseguiti nel corso di questi anni dalla stessa, in ordine all'attività di promozione dei fondi pensionistici;
   quali iniziative di competenza, il Ministro interpellato, intenda intraprendere al fine di rivedere ruolo e funzioni della Mefop, nel caso in cui fossero accertate le criticità esposte, considerato che tale società partecipata non offre un servizio pubblico idoneo e non rappresenta l'interesse degli iscritti ai fondi pensione.
(2-01869) «Francesco Saverio Romano».

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   TARTAGLIONE, PALMA, CARLONI, DI LELLO, IMPEGNO, MANFREDI, SALVATORE PICCOLO, CAPOZZOLO, VALIANTE, FAMIGLIETTI, PALLADINO, COVELLO, SBROLLINI, PES, BARGERO, LA MARCA, SANNICANDRO, GIULIANI, CARDINALE e CARRESCIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la magistratura di pace ha assunto un ruolo molto rilevante nell'amministrazione della giustizia, con oltre un milione di procedimenti trattati in un anno, spesso con tempi particolarmente celeri;
   unitamente ai giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari, i giudici di pace trattano circa il 65 per cento dei procedimenti e l'amministrazione della giustizia può difficilmente fare a meno dalla magistratura di pace ed onoraria, pena il blocco totale della giurisdizione;
   con riferimento allo status giuridico-economico di giudici di pace, vice procuratori onorari e giudici onorari di tribunale in regime transitorio, non solo l'Associazione nazionale giudici di pace e le altre associazioni di onorari, ma anche, i capi delle procure della Repubblica e numerosi presidenti di tribunale della penisola hanno sottolineato il rischio che, alla ulteriore precarizzazione delle funzioni, delineata dalla bozza di decreto legislativo, con un radicale taglio delle retribuzioni, consegua la paralisi dell'esercizio della giurisdizione;
   il Comitato europeo dei diritti sociali presso il Consiglio d'Europa il 16 novembre 2016 ha accertato la violazione da parte del nostro Paese della Carta sociale europea, affermando che l'Italia ha operato una discriminazione nei confronti dei giudici di pace, non prevedendo in loro favore alcuna tutela previdenziale ed assistenziale;
   è da ritenersi auspicabile, per evitare il collasso del sistema, anche alla luce del cospicuo aumento delle competenze attribuite dalla legge delega, la soluzione prospettata dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 854 del 7 aprile 2017 – parere richiesto dal Ministro della giustizia – secondo cui «può concepirsi un'ulteriore ipotesi astrattamente sussumibile nel termine stabilizzazione», per cui, per i giudici onorari in servizio, può prevedersi la «conservazione dell'incarico in corso» sino al conseguimento della età pensionabile, sul modello della legge 18 maggio 1974, n. 217 relativa ai vice pretori onorari;
   lo stesso Ministro Orlando nella risposta all'interrogazione a risposta immediata del 1o marzo 2017 concludeva affermando che «la volontà politica, inequivoca, è quella di andare verso una stabilizzazione che riconosca il percorso che è stato fino a qui svolto al servizio dello Stato»;
   in occasione dell'approvazione della legge 28 aprile 2016, n. 57 è stato accolto quale raccomandazione da parte del Governo un ordine del giorno con cui l'Esecutivo si è impegnato a «riconoscere per i magistrati onorari in regime transitorio una retribuzione lorda annua non inferiore a euro 36.000,00 come importo minimo della componente fissa, ferma la quota incentivante ..., al fine di garantire lo svolgimento della libera e autonoma attività giurisdizionale in modo dignitoso.» (n. 9/3672/8 dei deputati Tartaglione, Giuseppe Guerini, Greco) –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare per procedere alla stabilizzazione dei giudice di pace e della magistratura onoraria, come suggerito nel predetto parere dal Consiglio di Stato;
   quali iniziative normative intenda adottare, e con quali tempistiche, per garantire le tutele previdenziali ed assistenziali richieste dal Consiglio d'Europa e un regime retributivo, successivo al quadriennio in corso, che consenta ai magistrati di pace ed onorari attualmente in servizio di esercitare l'attività giurisdizionale in modo dignitoso, ovvero in piena autonomia ed indipendenza e senza rischi per l'efficienza dell'attività. (3-03122)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il tunnel del Tenda collega l'Italia alla Francia ed, in particolare, la provincia di Cuneo con il dipartimento Alpes Maritimes. Nel novembre 2013, considerati i gravi problemi strutturali e di sicurezza e al fine di per adeguare lo stesso alle normative europee furono avviati i lavori per il suo raddoppio e la messa in sicurezza;
   il progetto, finanziato per il 58 per cento dall'Italia e per la restante parte dalla Francia (per un importo complessivo di 206 milioni di euro) prevede la realizzazione di un nuovo tunnel per il traffico diretto verso la Francia e l'allargamento e l'ammodernamento dell'attuale tunnel, destinato al traffico diretto verso l'Italia;
   l'interpellante già a gennaio 2016 segnalava, mediante un atto di sindacato ispettivo, senza ricevere risposta, la necessità che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verificasse le condizioni e lo stato dei lavori che sembravano bloccati;
   il 24 maggio 2017 si svolgeva una maxi operazione della Guardia di finanza finalizzata a contrastare una serie di reati contro la pubblica amministrazione e di frodi nella spesa pubblica che riguardano la realizzazione del Tenda bis. Secondo quanto riportato da La Stampa, edizione di Cuneo, i reati contestati sono «furto aggravato e frode in pubbliche forniture»;
   l'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Chiara Canepa, durata nove mesi ha permesso di scoprire il furto di 200 tonnellate di ferro destinati al cantiere, rivendute poi come materiale di scarto, per un valore di 100 mila euro. L'indagine ha condotto a misure cautelari nei confronti di nove persone nelle società costruttrici del raddoppio del tunnel per la Francia: la Grandi lavori Fincosit, la Galleria Tenda scarl, e Anas. Il cantiere è stato sequestrato e altre otto persone risultano indagate;
   il fermo dei lavori e il sequestro del cantiere hanno portato 55 lavoratori al licenziamento con l'avvio di procedure di mobilità;
   la questione principale per il cantiere ancora aperto dal 2013 è rappresentato dai dubbi sulla sicurezza dell'opera, specificatamente del muro di protezione della Rd 6204, come segnalato dalla procura di Cuneo che ha voluto ascoltare i tecnici Anas per avere maggiori informazioni. Nei primi di giugno 2017 la stessa Anas, per il tramite del responsabile dell'area Nord ovest, sosteneva che «quel muro è sicuro, i mattoni danneggiati sono solo un difetto estetico. Lo monitoriamo da un anno e si è spostato di solo 2 millimetri, resistendo a pioggia e neve»;
   nonostante le rassicurazioni di Anas, la procura di Nizza ha comunque chiesto lo svolgimento di verifiche sullo scavo del Tenda bis e sul muro di protezione della Rd 6204. Al termine delle stesse, le autorità francesi hanno deciso di avviare i lavori di realizzazione di un muro sul proprio versante «contro rischi di crollo» sostenendo, come riporta il quotidiano La Stampa, edizione di Cuneo, del 22 giugno 2017, di aver solo anticipato i costi che sarebbero a carico dell'Italia;
   il 20 giugno 2017 la Conferenza intergovernativa delle Alpi del Sud è stata audita dalla 8o Commissione lavori pubblici e comunicazioni del Senato ed in tale sede sono state chiarite la posizione dell'Anas e le informazioni circolanti a seguito del blitz delle Fiamme Gialle. In tale occasione è stato ribadito che l'Anas si ritiene parte lesa nella vicenda e che sono stati eseguiti tutti i lavori necessari per la tenuta e la sicurezza del muro di protezione e dell'opera in corso;
   in data 23 giugno 2017, su La Stampa, edizione di Cuneo, è riportata la notizia che la procura di Cuneo avrebbe trasmesso all'Anas, già il 25 maggio precedente, cioè il giorno successivo all'operazione della Guardia di finanza, una perizia appositamente richiesta a due ingegneri lombardi dai contenuti fortemente critici nei confronti dell'opera. La perizia con riguardo al muro di protezione è «in condizioni di instabilità. Non rispetta il minimo coefficiente di sicurezza. Va rifatto», suggerendo «la chiusura al traffico veicolare della strada sottostante»;
   da quanto emerge, quindi, Anas avrebbe sostenuto la sicurezza dei lavori realizzati nonostante la perizia che la stessa procura di Cuneo aveva fatto predisporre –:
   se il Ministro interpellato intenda approfondire le informazioni riportate al fine di chiarire, per quanto di competenza, le effettive responsabilità di Anas, anche con riguardo alle dichiarazioni a giudizio dell'interpellante contrastanti rilasciate a partire dal maggio 2017;
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda adottare con riferimento a quanto esposto.
(2-01866) «Dadone».

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda terminalista Medcenter Container Terminal che controlla il terminal container di Gioia Tauro, ha annunciato il 28 giugno 2017 l'invio delle lettere di licenziamento per circa 400 dipendenti in esubero;
   nel giorno stesso in cui Gioia Tauro vedeva questo significativo ridimensionamento della forza lavoro attiva nel suo porto, la stampa dava la notizia della firma del decreto attuativo per il porto franco internazionale di Trieste da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   le misure a favore di Gioia Tauro appaiono, invece ben più esigue: l'ultima di queste corrisponderebbe alla possibilità di istituire una Zona economica speciale, come previsto dal decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, che, tuttavia, tanto per le tempistiche – dato che oltre ai tempi di conversione, se ne presuppongono in aggiunta altri per l'adozione di ulteriori atti di attuazione previsti dal decreto –, quanto per i suoi contenuti, dato che l'atto consente l'accesso a benefici di natura fiscale non paragonabili a quelle messi in campo per Trieste, appare all'interrogante non idoneo a poter determinare un'inversione di rotta rispetto alla crisi in cui versa il porto calabrese –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Governo per conservare gli attuali livelli occupazionali, frenare il declino del porto di Gioia Tauro e promuoverne lo sviluppo, anche al fine di tutelare la crescita economica dei territori limitrofi. (4-17140)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIGNAROLI e MICILLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge dall'ultimo censimento dell'U.O. sicurezza pubblica ed emergenziale della polizia locale di Roma Capitale, svolto da inizio gennaio a febbraio 2017, nel comune di Roma esistono numerosi villaggi attrezzati e campi «tollerati», i quali ospitano popolazioni rom, sinti e caminanti per un totale di 4.503 persone;
   in tali campi, definiti anche con il termine «villaggi della solidarietà» o «campi nomadi», oltre all'impegno finanziario da parte dell'amministrazione capitolina per ciò che concerne l'allestimento e la conseguente dotazione delle infrastrutture delle suddette aree, nonché la manutenzione e la gestione ordinaria e straordinaria, sono costantemente svolte attività ed interventi di emergenza per lo spegnimento di incendi dolosi e per i soccorsi di emergenza medica, finalizzati alla sicurezza fisica delle persone e al controllo di pubblica sicurezza;
   come rilevato in occasione di numerosi interventi dalla U.O. gruppo sicurezza pubblica ed emergenziale della polizia di Roma Capitale, nei pressi dei campi si svolgono, infatti, ricorrenti attività di smaltimento illegale di materiale di vario genere e il fenomeno dei cosiddetti «roghi tossici» è divenuto, purtroppo, una triste quotidianità per gli abitanti di molti quartieri romani come – Tor Sapienza, Colli Aniene, Settecamini, Tiburtino, Ponte di Nona – che, oramai da molto tempo, sono obbligati a vivere tenendo in casa le finestre continuamente chiuse;
   dense nubi di fumo nero si sprigionano costantemente nei pressi dei villaggi attrezzati e numerosi incendi di plastica (per liberare il rame), di rifiuti di vario genere e di pneumatici in disuso quasi tutti i giorni inquinano l'aria e minano pesantemente la salute sia dei cittadini delle zone interessate sia degli abitanti dei campi, che da anni sono costretti a respirare, quasi a cadenza giornaliera, combustioni pericolose di materiali plastici e cumuli di rifiuti diversi;
   i rispettivi comitati di quartiere, esasperati dai continui roghi tossici e preoccupati per la propria salute, sono intervenuti presso i vertici romani delle forze dell'ordine territoriali, dei vigili del fuoco, del Corpo forestale, nonché presso i responsabili di asl, Ama, Arpa, Protezione civile, cercando di porre fine a questa grave condizione di malessere, ma ad oggi, purtroppo, non è stata trovata alcuna soluzione risolutiva al problema;
   i roghi tossici integrano la fattispecie di reato di «combustione illecita di rifiuti» prevista dall'articolo 3 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, come convertito dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6;
   le direttive comunitarie, in particolare la direttiva 2008/98/CE, prevedono misure volte a proteggere l'ambiente;
   il fenomeno per la sua complessità, vastità e pericolosità non può essere compiutamente ed efficacemente contrastato con le sole risorse umane, finanziarie e tecnologiche fino ad ora messe a disposizione, con notevole dispendio di energie, da Roma Capitale –:
   quali necessarie iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano porre in essere, nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione, affinché sia tutelata la salute pubblica, prevenendo, al contempo, lo smaltimento illegale dei rifiuti e i relativi roghi tossici, attraverso l'impiego di presidi, composti da unità della Guardia di finanza, del Comando per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei carabinieri e dell'Esercito, alle quali dovranno essere necessariamente attribuite le funzioni di agente di pubblica sicurezza, nonché di polizia giudiziaria, al fine di verificare che nei villaggi e nei campi sopracitati non vengano illegalmente introdotti rifiuti e materiali di vario genere potenzialmente incendiabili e pericolosi. (5-11714)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 giugno 2017 a Bologna, presso il centro sociale Baraccano, si è svolta la presentazione di un libro su Sergio Ramelli, con la presenza di esponenti di formazioni neofasciste;
   tale evento è per l'interrogante in evidente contrasto con la memoria antifascista della città e offende tante e tanti cittadini, che hanno chiesto di impedirne lo svolgimento;
   per ragioni che dovrebbero essere spiegate, vengono invece inviati blindati delle forze di polizia presso il centro sociale Làbas, distante circa 500 metri dal Baraccano, dove era in corso di svolgimento il consueto mercato del mercoledì, frequentato da numerose famiglie della zona;
   all'uscita di alcune persone dal centro sociale Làbas, scattano inoltre cariche da parte della «celere», che colpiscono con violenza ripetuta;
   non è accettabile, a parere dell'interrogante che anziché tutelare la democrazia da forze che si dichiarano apertamente neofasciste, si garantisca loro la piena agibilità politica, mentre si utilizzano le forze dell'ordine in contesti pacifici, con modalità che a giudizio dell'interrogante non possono trovare alcuna giustificazione –:
   quali siano le ragioni che abbiano indotto ad inviare camionette e unità del reparto «celere» presso il centro sociale Làbas;
   perché si siano autorizzate cariche di polizia in un contesto frequentato da famiglie e bambini;
   quali iniziative di competenza si stiano adottando a Bologna per contrastare la propaganda e l'iniziativa politica di matrice neofascista. (4-17138)


   IMPEGNO, CARLONI e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Napoli ha adottato delibere consiliari e di giunta municipale finalizzate esclusivamente ad avanzare richieste di denaro ai cittadini come presunto corrispettivo di una indennità occupativa dovuta al comune di Napoli, a seguito dell'utilizzo, da parte dei proprietari, di immobili in attesa di condono/demolizione o anche già condonati, ma con intervalli temporali di 10/20 anni tra la domanda di condono ed il conseguimento della concessione in sanatoria;
   per attuare siffatto procedimento, a parere degli interroganti, assolutamente illegittimo e lesivo dei diritti dei cittadini che, per più versi, politici e giudiziari, si stanno opponendo alla infondata pretesa, il comune di Napoli ha sovvertito, altresì, ogni riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di condono edilizio;
   in particolare, con il procedimento previsto, il comune di Napoli imporrebbe/consentirebbe ai cittadini la presentazione di istanze e documentazioni ad avviso degli interroganti, assolutamente precluse a norma di legge oltre che del tutto inutili e contrarie a norme imperative statali;
   a seguito di tali presunte domande (una sorta di richiesta di cancellazione delle acquisizioni sancite mediante trascrizioni nei registri immobiliari per attuare la demolizione d'ufficio in carenza dell'ottemperanza dell'ordine di demolizione entro 90 giorni), il comune garantisce un sovvertimento nell'ordine di rilascio delle concessioni in sanatoria, senza considerare che l'ultimo termine per i rilasci vigente in regione Campania, è ormai definitivamente spirato;
   l'articolo 1, comma 72, della legge della regione Campania 7 agosto 2014, n. 16, modificando la legge regionale n. 10 del 2004 aveva, infatti, prorogato al 31 dicembre 2015 il termine assegnato ai comuni per definire le domande di condono ancora pendenti;
   il Governo Renzi aveva già contestato la violazione degli articoli 3, 9 e 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione, affermando che la norma impugnata permetteva irragionevolmente di «integrare» e «modificare» le domande di condono e allargava l'area della sanatoria in danno dei valori ambientali;
   la Corte Costituzionale ha ritenuto la questione infondata perché basata su erronei presupposti interpretativi, evidenziando che la disposizione censurata, con ogni evidenza, si limitava a formulare un termine entro cui i comuni dovevano definire le domande pendenti, ma in nessun modo consentiva che le domande pendenti potessero essere modificate o integrate;
   la Corte ha affermato: «il termine indicato dall'articolo 9, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2004 per inoltrare la documentazione è oramai spirato e non viene riaperto per effetto della disposizione impugnata»;
   quindi con la sentenza 25 giugno 2015, n. 117, la Corte, ritenendo legittimo l'intervento della regione Campania, ha sancito altresì l'immodificabilità delle domande ed un termine finale per l'istruttoria di rilascio al 31 dicembre 2015 –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare, anche sotto il profilo normativo e nei deputati sedi di raccordo con le regioni, per assicurare il primo rispetto della disciplina in materia di condono edilizio, considerando, per quanto concerne il caso di Napoli, i disagi dei cittadini e i vigenti principi più volte sanciti dalla Corte Costituzionale, in presenza di una assoluta inefficienza, ad avviso degli interroganti, nella gestione della lotta all'abusivismo, ma anche, nella risposta alle legittime aspettative dei proprietari di immobili già condonati o ancora condonabili.
   (4-17139)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Rimini è il centro nevralgico della Riviera romagnola, il più popoloso, nonché la seconda città per numero di abitanti di tutta la Romagna (dopo Ravenna). Località turistica di fama mondiale per tutta la bella stagione, si affaccia sul mare Adriatico offrendo una grande varietà di hotel, locali, attrezzature balneari, impianti sportivi ed eventi con afflussi record di turisti nel periodo giugno-settembre;
   anche quest'anno l'estate a Rimini sarà caratterizzata da eventi di grande richiamo, con copiosa affluenza di turisti e, memori delle esperienze passate e delle lacune nel mantenimento di standard di sicurezza, l'organizzazione degli eventi ha provveduto a stipulare un piano d'azione con la questura di Rimini per garantire la massima serenità durante lo svolgimento degli eventi, primo fra tutti «La Molo Street Parade» che ospita ogni estate centinaia di migliaia di persone;
   la «Molo Street Parade» è iniziata ufficialmente il 24 giugno 2017, ed, in parallelo con le serate della « Summer Beach Arena», col palco allestito a ridosso della spiaggia libera, ha inaugurato un ciclo di eventi e dj-set, la cui programmazione coprirà l'intera stagione;
   nell'ottica di questa programmazione il Sindacato italiano appartenenti polizia (Siap) di Rimini ha lanciato l'allarme per l'insufficienza delle misure concordate tra organizzazione e Questura di Rimini e avallate dall'amministrazione locale;
   i rinforzi, fa sapere il Siap, arriveranno solo il 20 luglio 2017, quando tanti degli eventi in programma per la « Molo Street Parade», per la notte rosa, per le fiere o per altre kermesse saranno passati;
   le misure ad hoc previste per l'estate riminese saranno attive, in sostanza, solo tra il 20 luglio ed il 20 agosto 2017. Il Siap ha lanciato un appello alle istituzioni, rimasto ancora senza risposta, con un passaggio preciso relativo alla mancanza di numeri utili per garantire la sicurezza sulla Riviera romagnola: «Ci addolora constatare che i problemi legati agli organici della Questura di Rimini non vengono mai risolti. La mortificazione che noi abbiamo come rappresentanti della categoria non riguarda solo e prettamente gli operatori della sicurezza, ma maggiormente le ripercussioni negative che possono generare nella percezione di sicurezza sui cittadini. Da parte dei parlamentari locali non si è mai riscontrato un sincero impegno a risolvere le problematiche legate alla logistica e al personale della Questura di Rimini»;
   a giudizio dell'interrogante, non è in discussione il numero dei rinforzi previsti (80), ma il periodo di disponibilità, ristretto ad un solo mese;
   ad oggi il controllo del territorio, in attesa dell'arrivo dei rinforzi, nelle 24 ore è affidato solo a due equipaggi di volanti, ognuna composta di due operatori;
   per garantire la sicurezza nel corso degli eventi, gli scorsi anni, l'esiguo personale della polizia di Stato è stato costretto ad effettuare doppi turni di servizio, e, a quanto dichiarato dal Siap, senza che ciò sia stato riconosciuto adeguatamente a livello retributivo;
   nonostante il problema sia stato sollevato a livello locale e regionale, nessun provvedimento o azione sono stati intrapresi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del disagio cui è sottoposto il personale della polizia di Stato incaricato di garantire la sicurezza sulla Riviera romagnola nel periodo estivo ed, in particolare, nel comune di Rimini e se non intenda adottare, ogni iniziativa di competenza affinché venga rivisto al più presto il piano di rinforzo della sicurezza per l'estate del 2017, per evitare che tutto il periodo antecedente al 20 luglio 2017, contraddistinto da eventi di grande richiamo e quindi di grande pressione per le forze dell'ordine, risulti pericolosamente scoperto in termini di uomini e risorse.
   (4-17142)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a quanto emerge da notizie riportate sulla stampa locale, tra cui nell'articolo «Eroina “in saldo” mentre a Mestre arriva anche il crack» apparso ne Il Gazzettino del 29 giugno 2017, sarebbe in atto nella località citata una guerra per il monopolio del mercato della droga tra individui di origine nigeriana e tunisina che starebbe causando degrado e insicurezza nell'area limitrofa alla stazione ferroviaria;
   dopo che tale scontro si è consumato in passato a Padova, nella zona di via Anelli, assurta all'attenzione delle cronache per fenomeni di diffusa illegalità e di incuria, esso si sarebbe spostato nella città lagunare dove la piazza, prima occupata dai tunisini, sarebbe ora contesa nuovamente dai nigeriani;
   in questo quadro la stazione di Mestre si starebbe trasformando in un'area di spaccio, caratterizzata da scontri, accoltellamenti e violenze;
   Mestre sarebbe arrivata a contendere il primato come principale piazza dello spaccio a Verona e Padova, data la presenza di eroina di buona qualità e a prezzi contenuti, fatto che incrementerebbe i rischi per i fruitori;
   i casi di overdose sarebbero pari a tre negli ultimi tre mesi, dopo anni che non se ne registravano;
   nella sfida tra tunisini e nigeriani si starebbe aprendo il mercato anche a nuove sostanze come il crack, droga che incentiva l'aggressività e che quindi porta a incrementare i problemi di ordine pubblico;
   non si starebbe peraltro rispondendo adeguatamente alla minaccia derivante dalla diffusione dello spaccio e del degrado nella zona di Mestre dato che i controlli predisposti non sarebbero efficaci a debellare e neppure a frenare il fenomeno –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali azioni stiano attuando le forze dell'ordine per evitare la diffusione dello spaccio e dei problemi di ordine pubblico sopra descritti nella zona limitrofa alla stazione di Mestre (Venezia);
   se siano stati riscontrati effetti sul miglioramento della sicurezza urbana, e segnatamente sul contrasto allo spaccio di stupefacenti, a seguito dell'attuazione delle misure previste nel decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14 convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. (4-17143)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto A. Vegni-Capezzine di Cortona è un istituto statale di istruzione superiore che comprende un istituto tecnico agrario con tre indirizzi e due istituti professionali;
   l'ufficio scolastico regionale (USR), in data 6 giugno 2017, ha notificato a questo istituto un sottodimensionamento con conseguente perdita di autonomia per il mancato raggiungimento del numero minimo di 600 alunni frequentanti, il tutto, a quanto risulta agli interroganti, a mezzo e-mail senza possibilità di interlocuzione con la scuola interessata e senza un contraddittorio;

   tale dato numerico non risulta condiviso dall'istituto che, infatti, in data 12 giugno 2017, ha comunicato all'ufficio provinciale di Arezzo, da questo poi trasmesso all'ufficio scolastico regionale, i dati relativi agli organici di diritto degli alunni frequentanti degli ultimi 3 anni, la cui media è pari a 623, al di sopra, dunque, del valore soglia considerato esiziale per il sottodimensionamento, come stabilito dalla normativa regionale vigente per gli uffici procedenti (deliberazione di giunta regionale n. 828 del 26 agosto 2016);
   l'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dall'articolo 4, comma 69, della legge n. 183 del 12 novembre 2011, stabilisce che: «Negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome»;
   il provveditore, evidentemente, a giudizio degli interroganti, sembrerebbe aver inteso determinare il sottodimensionamento solo sulla base del mero dato dell'organico di diritto a marzo 2017, termine previsto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che per l'Istituto A. Vegni era pari a 597 alunni, senza considerare in affiancamento, come negli anni passati, anche il dato storico grazie al quale si sarebbero fatti pesare anche i cosiddetti «passaggi o passerelle», cioè i cambi di iscrizione che avvengono fino a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico, che nel caso dell'Istituto A. Vegni-Capezzine sono sempre avvenute, anche perché la scuola è al confine tra 3 provincie: Arezzo, Siena e Perugia;
   non si comprende per quali motivi il provveditore e l'ufficio scolastico regionale abbiano deciso di sottrarre la figura del preside stabile e della segreteria all'Istituto A. Vegni, interpretando quest'anno la normativa in maniera restrittiva, a differenza degli anni passati e senza che nel frattempo sia intervenuta alcuna norma modificatrice, agendo quindi, secondo gli interroganti, in contrasto con la ratio della normativa (decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998 n. 233; articolo 19, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 e successive modifiche ed integrazioni) che rimane quella di ottimizzare l'organizzazione degli istituti scolastici ma tenendo tuttavia sempre presente il buon funzionamento dell'istituto, quindi le molteplici e complesse esigenze locali;
   la situazione dell'istituto A. Vegni, infatti, è fortemente particolare e strategica nel territorio in cui è collocata; l'istituto è inoltre uno dei pochi istituti agrari italiani dotati di azienda agricola e convitto, con la contestuale reperibilità del dirigente anche nelle ore notturne;
   l'istituto in questione, infatti, presenta un convitto maschile ed uno femminile in cui gli alunni permangono 24 ore dal lunedì al sabato; gestisce 125 ettari di terreno coltivato, tra cui 20 ettari di vigneto da cui si producono oltre 13 etichette di vino Doc e Igt; è capofila di un Polo tecnico professionale «Agribusiness Valdichiana e Alta valle del Tevere» nell'ambito delle Reti di scuole e aziende; è fondatore dell'unico Istituto tecnico superiore sull'agroalimentare presente in Toscana che avrebbe attivato nel prossimo autunno il percorso «farmer 4.0 » sull'agricoltura di precisione; è dotato di ampi spazi esterni usati come laboratori didattici, una serra, un pollaio, un campo di calcio ed altre strutture sportive; possiede un parco macchine per l'azienda agricola e del personale ATA dedicato; –:
   se intenda chiarire quale sia la corretta interpretazione del quadro normativo attuale in base al quale si determina il sottodimensionamento di un istituto scolastico superiore autonomo;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché il sottodimensionamento prenda in considerazione, oltre che il dato dell'organico di alunni, accompagnato dal dato storico al fine di valutare anche i cambi di iscrizione, anche le molteplici e complesse esigenze locali, che nel caso di specie devono essere tenute in conto nella gestione di uno dei pochi istituti agrari italiani dotato di azienda agricola e convitto. (5-11713)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la legge n. 112 del 24 giugno 2016 recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», ha la finalità di inserire nel sistema giuridico un apparato di protezione dei soggetti portatori di handicap;
   la legge intende favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone diversamente abili, individuando e riconoscendo specifiche tutele per le persone con disabilità quando vengono a mancare parenti che si sono presi cura di loro fino a quel momento;
   in tal modo, si intende garantire, l'autonomia e l'indipendenza, consentendo loro di continuare a vivere proprie case o in strutture gestite da associazioni. Ad oggi, questi complessi di accoglienza per disabili risultano concentrati al Nord, ma anche al Centro e al Sud Italia c’è le necessità di avere queste strutture;
   il 23 novembre 2016 è stato firmato il decreto attuativo che fissa requisiti per l'accesso alle prestazioni a carico dell'apposito fondo istituito dalla legge n. 112 del 2016 e stabilisce la ripartizione tra le regioni delle risorse;
   i finanziamenti previsti sono: 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro il 2017 e 56,18 milioni di euro per 2018, vale a dire meno di 400 euro l'anno per ogni persona portatrice di handicap che, accolta in strutture idonee, costerebbe allo Stato 200 euro al giorno;
   non esiste un'anagrafe per i disabili, perciò le stime in Italia sono approssimative (all'incirca due milioni sono le persone con problemi gravi); non c’è un'analisi qualitativa, che individui quali sono le difficoltà che affrontano quotidianamente i portatori di handicap. Ad esempio, le necessità di un ragazzo autistico sono diverse da uno affetto da sindrome di down;
   l'Associazione nazionale famiglie riferisce che sono oltre duecentomila le persone con queste problematiche. Da recenti dati dell'Istat risulta che nei prossimi dieci anni i disabili gravi che rimarranno senza parenti saranno 160 mila –:
   quali iniziative si intendano assumere affinché venga garantita in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale la distribuzione dei fondi di cui alla legge n. 112 del 24 giugno 2016.
(2-01868) «Monchiero, Galgano».

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in un'intervista rilasciata all'Ansa, il Ministro della salute, esponendo alcune anticipazioni sui risultati dei livelli essenziali di assistenza 2015 e della spesa 2016, ha osservato che «i conti in questi anni sono migliorati, anche se le regioni commissariate sono troppe. Ma se possiamo dire che i piani di rientro e i commissariamenti hanno funzionato sotto il profilo economico, lo stesso non può dirsi per le cure. Il punteggio minimo da raggiungere per essere adempienti è 160, ma dai primi risultati del 2015, anche se non ufficiali, sono ancora sotto soglia la Calabria, il Molise, la Puglia, la Sicilia e la Campania»;
   in tutte le regioni commissariate si è assistito ad un peggioramento della performance. In molte regioni ci sono difficoltà nel potenziamento della assistenza territoriale. In particolare, nell'assistenza domiciliare, numero dei posti letto per assistenza residenziale, assistenza ai disabili, coperture vaccinali, screening del tumore a colon-retto, mammella e cervice uterina;
   la Calabria, con 147 punti, dopo sette anni di commissariamenti è ancora abbondantemente al di sotto della soglia minima dei livelli essenziali di assistenza. Il sistema sanitario non è più in grado di garantire, in molte aree della Calabria, l'universalità del diritto di cura della salute. Si registrano pesanti inefficienze e un sensibile abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza dei servizi ospedalieri e territoriali. Il presidente della regione Calabria, Mario Oliverio, intervenendo sulle dichiarazioni rilasciate dal Ministro tramite un comunicato dell'ufficio stampa della giunta, ha osservato che tali dichiarazioni confermano le preoccupazioni e le analisi da mesi sostenute dalla regione. Le gestioni commissariali si sono rivelate un vero fallimento, perché hanno attivato processi meramente ragionieristici, eludendo la missione principale del servizio sanitario che è quella di garantire cure e tutela della salute ai cittadini. Lo stesso parziale risanamento economico è il frutto della fuoriuscita di circa 5 mila operatori dall'interno del sistema sanitario calabrese. E ciò dimostra che non è stato messo in campo nessun processo di risanamento e riorganizzazione strutturale. Non è stato raggiunto l'obiettivo del rientro dal disavanzo finanziario pregresso; l'Asp di Reggio Calabria, per esempio, ha ricevuto 250 milioni di euro ed ha pagato solo 35 milioni di euro, pari al 14 per cento delle somme trasferite, e non risultano misure di intervento adottate per superare le criticità;
   si è addirittura aggravata la criticità del bilancio regionale del settore sanitario;
   si è protratta una gestione burocratica che invece di tagliare gli sprechi ha ridotto i servizi. L'incremento del tasso di mobilità sanitaria passiva è la manifestazione più evidente della perdita di fiducia dei calabresi verso il servizio sanitario regionale. In questa fase, il pesante fallimento della gestione commissariale è connotato, inoltre, da una perdurante paralisi dell'attività dell'ufficio del commissario. Si manifesta, ormai in maniera insanabile, un contrasto tra la funzione del commissario e quella del suo sub, entrambi nominati dal Governo nazionale; il sub commissario è diventato, tra l'altro, direttore generale del Ministero della salute;
   una riprova di questo si è avuta recentemente con la «bocciatura» da parte del Ministero della salute del decreto n. 50 del 2017 adottato dal commissario ad acta della regione Calabria Massimo Scura con cui viene autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato di circa 600 figure, personale medico, tecnico, infermieristico e amministrativo, nelle aziende sanitarie e ospedaliere della regione. Il Ministero ha infatti ritenuto che il decreto non può essere considerato valido, in quanto non è stato sottoscritto dalla struttura commissariale nella sua interezza. Mancherebbe, in particolare, la sottoscrizione del sub commissario Andrea Urbani. Peraltro l'allarme sulla possibile illegittimità del decreto era stato già lanciato dal dirigente generale del dipartimento «tutela della salute» della regione, Riccardo Fatarella. Quest'ultimo, preso atto del provvedimento del Ministero, ha scritto all'ufficio del commissario evidenziando come a questo punto spetti alle aziende del servizio sanitario regionale che, incautamente, hanno dato seguito ad un provvedimento non valido, porre in essere i dovuti provvedimenti di autotutela con la massima sollecitudine;
   «Dire che sono previste 600 assunzioni», ha sottolineato Fatarella, «vuol dire creare confusione, anche non volendolo. E in una regione come la Calabria non ce lo possiamo permettere»;
   nelle sue dichiarazioni il Ministro Lorenzin ha sottolineato che i piani di rientro e i commissariamenti così come sono oggi hanno funzionato, almeno sul versante economico, ormai hanno anche fatto il loro tempo e vanno sostituiti. La soluzione prospettata dal Ministro è semplice: ridare alle regioni la capacità decisionale completa, «senza alibi». Ma lo Stato centrale dovrà «tempestivamente intervenire commissariando le singole aziende sanitarie a fronte di standard bassi di erogazione dei servizi sanitari ai cittadini. Vuol dire che il direttore generale, amministrativo, sanitario lo decidiamo noi – ha concluso Lorenzin – dando un tempo definito per la riorganizzazione della singola azienda ed esercitando poteri sostitutivi completi» –:
   se il Ministro, nel rispetto delle competenze regionali in materia, intenda farsi promotore di un intervento di riforma, con la presentazione di un disegno di legge governativo che, modificando l'attuale vigente normativa in tema di piani di rientro e commissariamento delle regioni inadempienti, preveda e disciplini misure in grado di attribuire nuovamente piena capacità decisionale alle regioni, facendo salvo il controllo dello Stato sulle singole aziende sanitarie ed il potere statale di commissariamento delle stesse di fronte a bassi standard di erogazione dei livelli di assistenza;
   se il Governo, sempre nel rispetto delle competenze regionali in materia, intenda verificare la legittimità dell'operato dell'attuale commissario ad acta della regione Calabria, considerato, anche, che a consuntivo 2016, il bilancio regionale della sanità ha prodotto un debito pari a 54 milioni di euro e se, nella medesima direzione, possa intervenire per favorire la rapida messa a punto di un nuovo decreto commissariale diretto a consentire le 600 assunzioni di personale sanitario nella regione necessarie anche per dare piena attuazione al piano di rientro;
   per quale ragione il Governo non ritenga di applicare la norma che consente di individuare come commissario ad acta il presidente della regione, quale autorità di riferimento del governo del servizio sanitario.
(2-01867) «Magorno, Oliverio, Covello, Bruno Bossio, Censore, Barbanti, Battaglia, Manfredi, Piccione, Cuomo, Falcone, Currò, Morassut, Pilozzi, Tino Iannuzzi, Carloni, Anzaldi, Pagani, Losacco, Manciulli, Greco, Cani, Melilli, Mura, Berlinghieri, Garofani, Bonomo, Coscia, Moretto, Francesco Sanna, Fiano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, GRILLO, NESCI e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno è classificata come dipartimento d'emergenza e accettazione (DEA) di III livello e, come tale, rappresenta il punto di riferimento dell'intera provincia di Salerno; l'ospedale in questione conta circa 1000 parti l'anno;
   circa sei anni fa sono iniziati i lavori di riorganizzazione del reparto di ginecologia e ostetricia del presidio ospedaliero Ruggi D'Aragona, diretti all'attivazione del percorso nascita e rooming in. Si definisce rooming-in la possibilità di tenere nella propria stanza dell'ospedale il bambino appena nato, giorno e notte, senza limiti di orario, con un lettino posizionato accanto a quello della madre;
   all'interrogazione a risposta in commissione n. 5-09246 presentata dalla prima firmataria del presente atto in merito all'apertura del reparto rooming-in, il Sottosegretario Faraone rispondeva «la direzione generale dell'Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona di Salerno, per il tramite della prefettura di Salerno, ha fatto sapere che i lavori, attualmente in fase di avanzata realizzazione, saranno prevedibilmente ultimati entro la fine di marzo 2017»;
   il 25 maggio 2017 il reparto rooming in dell'azienda ospedaliera universitaria salernitana è stato inaugurato alla presenza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, del presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, e del direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona, Nicola Cantone;
   attualmente agli interroganti il reparto rooming-in risulta chiuso, nonostante l'inaugurazione;
   il direttore generale Nicola Cantone ha dichiarato alla stampa che, in relazione al nascente reparto di rooming in, «Arriveranno anche le ostetriche per il primo funzionamento, così mettiamo pure a tacere qualcuno che ha detto che è stata fatta solo una inaugurazione di facciata. Queste cose non le facciamo. Portiamo i fatti, non le parate» –:
   di quali elementi disponga il Ministro, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in relazione all'effettiva apertura del reparto rooming-in presso l'azienda ospedaliera universitaria Ruggi D'Aragona di Salerno;
   se il Ministro interrogato disponga di informazioni, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in merito alle ragioni della mancata attivazione del percorso nascita e rooming-in presso l'azienda ospedaliera e universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona di Salerno;
   se sia vero che il mancato funzionamento del reparto « rooming in» è da attribuirsi a note carenze di personale e quali siano le ragioni dell'anticipata inaugurazione dello stesso reparto. (5-11716)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-03038 del 23 maggio 2017.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALBANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   basta leggere quanto scrive, nell'ultima relazione letta per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, il presidente della corte d'appello di Catania Alfio Scuto, proprio in tema di tribunale lavoro, per rendersi conto del livello di degrado cui si è arrivati;
   nella sezione lavoro del tribunale di Catania si mantiene la condizione di assoluta inadeguatezza del numero di magistrati addetti. Infatti, l'organico è composto da dieci unità, ma, allo stato, sono effettivi solo sei. Tutto questo è accentuato dal trasferimento ad altri uffici giudiziari di ben tre unità e dal collocamento in quiescenza, nel dicembre 2001, del presidente titolare;
   permane senz'altro la situazione di estrema urgenza in cui operano i singoli magistrati addetti all'ufficio, essendo questo caratterizzato con evidenza da un carico lavorativo che può senz'altro definirsi assolutamente intollerabile;
   nello specifico dalla relazione del presidente Scuto emerge che sono pendenti oltre 10.000 procedimenti per quanto riguarda il settore lavoro, mentre in materia di previdenza la pendenza è di oltre 12.000 procedimenti; in queste condizioni una causa di lavoro dura in media sette anni;
   questo comporta gravi problemi ai lavoratori licenziati, ai precari e a tutti coloro che si rivolgono alla giustizia per vedere affermati i loro diritti, in quanto nel frattempo, non hanno di che sopravvivere –:
   stante la situazione di grande criticità, quale soluzione intenda fornire il Governo e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia integrato l'organico della sezione lavoro del tribunale di Catania. (4-00715)

  Risposta. — Mediante l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante chiede di conoscere quali siano le iniziative intraprese dal Ministero della giustizia per assicurare il pieno funzionamento della sezione lavoro del tribunale di Catania, del quale si denunziano carenze di organico del personale di magistratura.
  Dalle informazioni acquisite presso la competente articolazione ministeriale, risulta che l'organico dei magistrati del tribunale di Catania si compone di novantotto giudici, oltre a tredici presidenti di sezione, al presidente della sezione G.I.P. ed al capo dell'ufficio.
  In particolare, la sezione lavoro prevede in organico nove giudici, oltre al presidente di sezione.
  Tale primo dato rappresenta il risultato delle politiche di rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura addetto al tribunale ed alle procure della Repubblica, attuate con l'approvazione del decreto ministeriale del 1o dicembre 2016.
  Con il citato decreto, la determinazione di quattro unità aggiuntive a beneficio del tribunale di Catania è stata effettuata, come in altri casi, sulla base di specifici parametri statistici, integrati da indicatori qualificativi della domanda di giustizia, quali il numero di imprese presenti sul territorio e la loro concentrazione per circondario, l'incidenza della criminalità organizzata, l'accessibilità del servizio per i cittadini. Sul punto, è stato acquisito il concorde parere del Consiglio superiore della magistratura.
  Tanto premesso, si evidenzia che l'organico complessivo presenta, allo stato, la scopertura del posto capo dell'ufficio, di 3 posti di presidente di sezione, del posto di presidente della sezione lavoro e la vacanza di 7 unità di giudice, non afferenti però l'aliquota dei giudici del lavoro, il cui organico risulta, pertanto, ad oggi, totalmente coperto.
  Sono stati, infatti, assegnati al tribunale catanese, con funzioni di giudice del lavoro, tre magistrati di nuova nomina – immessi in possesso il 17 febbraio 2014 a seguito di delibera dell'organo di autogoverno del 22 gennaio 2014 – e, all'esito della procedura di interpello pubblicata in data 30 luglio 2014, un altro giudice, immesso in possesso il 2 febbraio 2015.
  Si tratta, pertanto, di un ufficio che evidenzia, nel suo complesso, un indice di scopertura contenuto e fisiologico nel contesto delle dinamiche delle procedure di assegnazione e tramutamento, di competenza del Consiglio superiore della magistratura.
  I dati statistici relativi ai carichi della sezione lavoro del tribunale di Catania, per quanto comunicato dalle competenti articolazioni ministeriali, non appaiono tali da discostarsi in maniera significativa delle medie statistiche disponibili di tribunali assimilabili per bacino d'utenza e dotazioni organiche. Si rileva, da questo punto di vista, che tra il 30 giugno 2015 ed il 30 giugno 2016, si è assistito ad una riduzione delle pendenze pari al 9,76 per cento.
  Quanto, invece, alle attuali scoperture, si segnala, in primo luogo, la copertura del posto di capo dell'ufficio, nonché di un presidente di sezione e di un presidente della sezione lavoro.
  Si registra, inoltre, la pubblicazione delle ulteriori due scoperture dei posti di presidente di sezione, rispettivamente in data 13 luglio 2016 e 14 dicembre 2016.
  In linea generale, comunque, le politiche volte al tendenziale completamento delle coperture degli organici si sono di recente tradotte nella pubblicazione di un nuovo bando di concorso per l'assunzione di 360 magistrati ordinari (decreto ministeriale 19 ottobre 2016, pubblicato in
Gazzetta ufficiale il 15 novembre 2016), nello svolgimento di un ulteriore concorso per la selezione e reclutamento di 350 magistrati ordinari (decreto ministeriale 22 ottobre 2015), nonché nella conclusione delle procedure concorsuali per l'assunzione di 348 magistrati che, a breve, prenderanno servizio negli uffici di destinazione.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   ATTAGUILE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la stampa riporta notizie circa un'impennata di casi di malattie infettive che ha colpito la provincia di Agrigento;
   tra gli ultimi trecento migranti sbarcati a Porto Empedocle a fine settembre 2016 sono registrati 133 casi di scabbia che non hanno potuto ricevere le cure adeguate;
   nello stesso periodo al pronto soccorso dell'ospedale «San Giovanni di Dio» di Villaseta (AG) si è recata una cinquantenne con una sospetta meningite batterica che è stata subito trasferita in una struttura sanitaria più adeguata;
   un caso di tubercolosi che ha colpito tre bambini rumeni si è verificato nella scuola materna di Villafranca Sicula (AG), ha destato grande preoccupazione tra il personale scolastico e le famiglie dei bambini –:
   di quali elementi disponga il Governo circa la capacità dell'ospedale di Agrigento, non dotato di un reparto di malattie infettive, di garantire la tutela della salute pubblica in un territorio teatro di sbarchi di migranti che spesso necessitano di cure tempestive e mirate, al fine di evitare la diffusione di patologia da tempo scomparse nel nostro Paese;
   se siano stati attuati tutti i protocolli sanitari al fine di diagnosticare tempestivamente eventuali malattie infettive, debellare i casi accertati e contenere la diffusione della patologia. (4-14338)

  Risposta. — In merito alle reali capacità operative dell'ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento, l'Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Agrigento, per il tramite della locale prefettura – ufficio territoriale del Governo, ha comunicato quanto segue.
  Presso l'ospedale «S. Giovanni di Dio» di Agrigento è prevista l'istituzione, come Unità operativa complessa (Uoc), di un reparto di malattie infettive, inserito in sede di programmazione regionale nella rimodulazione della rete sanitaria regionale, di cui al decreto assessoriale n. 46 del 14 gennaio 2015.
  Al riguardo, la direzione dell'ASP ha provveduto all'adozione dell'atto aziendale (delibera n. 398 del 29 marzo 2016) e della pianta organica aziendale (delibera n. 496 del 20 aprile 2016), con inserimento nell'ospedale «S. Giovanni di Dio» di Agrigento dell'U.O.C. di malattie infettive e stesura di specifico cronoprogramma, sia per quanto riguarda gli adeguamenti strutturali e l'acquisizione delle necessarie attrezzature, che per quanto attiene alla previsione di reclutamento del personale medico e di comparto, funzionale all'attivazione del reparto.
  Tuttavia, il blocco dei concorsi non consente l'assunzione di personale a tempo indeterminato ed il limite di spesa ed il piano di rientro non consentono all'Azienda sanitaria provinciale di Agrigento l'assunzione di personale a tempo determinato, e quindi l'acquisizione dell'organico funzionale al reparto malattie infettive.
  L'Asp ha, altresì, comunicato che è in corso una rivalutazione della rete sanitaria regionale, finalizzata all'allineamento del decreto assessoriale n. 46 del 14 gennaio 2015 con decreto ministeriale del 2 aprile 2016, il quale prevede, al punto 3, gli «standard minimi e massimi di strutture per singola disciplina», secondo i quali è prevista una struttura di malattie infettive per un bacino di utenza da 600.000 a 1.200.000 abitanti, a fronte dei circa 450.000 abitanti afferenti all'Asp di Agrigento.
  Pertanto, la prosecuzione dell’iter finalizzato all'attivazione dell'unità operativa complessa di malattie infettive nell'Asp di Agrigento risulta subordinato alla conferma definitiva nelle rete sanitaria regionale e all'eventuale attivazione delle procedure concorsuali.
  Per quanto concerne il contenimento delle infezioni di scabbia e di malattie dermatologiche, ad integrazione dell'ambulatorio di dermatologia già operante presso il distretto sanitario di Agrigento, è stato attivato presso l'ospedale «S. Giovanni di Dio» di Agrigento un ambulatorio di dermatologia, per fornire una risposta «in loco» anche ai soggetti che vi afferiscono tramite pronto soccorso.
  La direzione aziendale dell'Asp di Agrigento ha, inoltre, rappresentato di aver incentivato tutte le procedure per il biocontenimento, in linea con i protocolli nazionali, adattate alle singole situazioni ambientali, in relazione alle dotazioni a disposizione, ponendo in essere tutti gli atti necessari, in funzione della «Emergenza sbarchi» e dell’«Adozione del piano di contingenza sanitario regionale migranti» e provvedendo, con delibera n. 689 del 21 ottobre 2014 all’«Istituzione di un comitato di crisi per l'emergenza Ebola».
  Infine, nell'ambito del piano attuativo aziendale, l'Asp di Agrigento ha elaborato diversi protocolli diagnostico-terapeutici aziendali, e in particolare le «linee-guida malattie infettive: gestione di caso sospetto o conclamato di meningite e di malattia meningococcica», la «procedura per la gestione delle segnalazioni dei casi sospetti e delle notifiche dei casi accertati di tubercolosi», la «procedura per la prevenzione della scabbia» e le «linee-guida per la gestione di casi sospetti di malattia da virus Ebola», dandone diffusione anche sul proprio sito web.
  A carattere generale, riguardo ai protocolli sanitari in atto nel nostro Paese per il controllo delle malattie infettive, si rappresenta che le attività di sorveglianza e prevenzione sanitaria non si esauriscono al momento dello sbarco dei migranti ma continuano, sotto la responsabilità delle strutture del servizio sanitario nazionale e in collaborazione con il Ministero dell'interno, per tutta la durata della loro permanenza nel territorio nazionale.
  Al fine di mantenere attivi i flussi informativi nelle fasi successive alla prima accoglienza dei migranti, il Ministero dell'interno ha adottato la circolare n. 3159 del 12 marzo 2014, con la quale sono state date indicazioni alle prefetture riguardo le modalità di comunicazione al Ministero della salute del numero di immigrati ospitati presso i centri di accoglienza governativi ordinari e temporanei, e di ogni altro riferimento utile a garantire la sorveglianza sanitaria.
  Il decreto ministeriale 20 ottobre 2014 del Ministero dell'interno ha, tra l'altro, definito gli aspetti relativi all'accertamento delle condizioni di salute degli ospiti dei centri per l'immigrazione, con particolare riguardo al collegamento tra le predette strutture e le aziende sanitarie locali competenti per territorio.
  Il 20 dicembre 2012 è stato approvato un accordo Stato-regioni ai fini della corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera, ovvero i migranti regolari, irregolari e i soggetti temporaneamente presenti per motivi diversi in Italia.
  Il documento oggetto dell'accordo è finalizzato ad assicurare alla popolazione immigrata un uniforme accesso alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti, nonché, nell'ottica di tutela della collettività, le prestazioni di medicina preventiva, quali vaccinazioni e la terapia antitubercolare.
  Attraverso il sistema routinario di sorveglianza delle malattie infettive e il sistema di sorveglianza sindromica, attivato dal 2011, si può affermare che in Italia, nonostante i massicci flussi migratori irregolari, non sono stati evidenziati aumenti dell'incidenza e della prevalenza di malattie infettive che richiedono interventi di sanità pubblica.
  La pluriennale esperienza della regione Sicilia nella gestione dei flussi migratori e nella prima accoglienza, nonché i dati registrati dal sistema nazionale di notifica delle malattie infettive e da sistemi di sorveglianza complementari, indicano che non si è verificato un aumento dei casi di malattie infettive nella popolazione autoctona in relazione alla presenza di immigrati.
  Si precisa che la tubercolosi è una malattia endemica nel nostro Paese, anche se è una patologia relativamente rara.
  Nel 2015 sono stati notificati n. 3808 casi di tubercolosi, con una incidenza di 6,3 casi di malattia/100.000 abitanti.
  Dal 1998 al 2015, la regione Sicilia ha notificato complessivamente n. 67 casi di tubercolosi occorsi in provincia di Agrigento, di cui n. 9 a carico di persone nate all'estero.
  Da ultimo, è opportuno ricordare che i casi di parassitosi, quali scabbia e pediculosi, osservate negli immigrati e dovute alla condizioni disagiate di vita prima dell'arrivo in Italia, non costituiscono un rischio di contagio per la popolazione autoctona, in quanto malattie facilmente controllabili e trattabili con semplici misure di profilassi e terapia.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   BARGERO e FIORIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la giurisdizione del giudice di pace di Moncalvo (Asti) investe comuni del versante astigiano: Moncalvo, Calliano, Penango, Grazzano Badoglio e Tonco, nonché del versante alessandrino: Ottiglio, Sala, Cereseto, Serralunga di Crea, Ponzano, Castelletto Merli, Odalengo Piccolo, Alfiano Natta, Villadeati, Murisengo, Odalengo Grande, Cerrina, Mombello e Solonghello;
   il 25 aprile 2013 scade il termine utile perché i comuni interessati alla sede locale del giudice di pace possano formulare proposte per sostenere i costi di gestione della sede evitando la chiusura di questo presidio per 1'amministrazione della giustizia del territorio;
    mancando questa sede i cittadini dei comuni sopra evidenziati dovrebbero rivolgersi alle sedi di Alessandria od Asti, affrontando costi e disagi per ottenere giustizia;
    il ricorso al giudice di pace si è reso obbligatorio secondo quanto previsto dalla riforma –:
   quali siano gli effetti stimati sul servizio giustizia di tale eventuale chiusura. (4-00088)

  Risposta. — Il tema oggetto dell'atto ispettivo in esame, pur riguardando specificamente l'ufficio del giudice di pace di Moncalvo, si inserisce nell'ambito del più ampio quadro di riforma che ha portato alla ridefinizione della geografia giudiziaria ed alla conseguente rimodulazione delle piante organiche della magistratura in generale.
  In attuazione della legge del 14 settembre 2011 n. 148, che ha conferito la delega al governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari di primo grado, con i decreti legislativi adottati il 7 settembre 2012 e, poi, il 19 febbraio 2014 è stata realizzata la razionalizzazione delle sedi e dei territori degli uffici di tribunale, delle sezioni distaccate e di procura della Repubblica nonché degli uffici del giudice di pace.
  L'intervento normativo ha, in particolare, determinato la soppressione di 666 degli 846 uffici del giudice di pace esistenti.
  In tale contesto di riorganizzazione, ispirato alla necessità di restituire efficienza al sistema giustizia nel suo complesso e di adottare le misure strutturali più idonee allo scopo, i citati decreti legislativi hanno previsto la soppressione anche dell'ufficio del giudice di pace di Moncalvo e l'integrale assegnazione del relativo territorio, composto da 19 comuni per un bacino di utenza complessivo pari a circa 16.000 abitanti, al corrispondente ufficio di Casale Monferrato.
  Per le sedi soppresse, peraltro, lo stesso decreto legislativo n. 156 del 2012, all'articolo 3, aveva previsto la facoltà per gli enti locali interessati di chiedere il mantenimento del presidio giudiziario, assumendo a proprio carico le spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia, con la sola esclusione di quelle inerenti al personale di magistratura.
  Con il decreto ministeriale marzo 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 14 aprile 2014, si è quindi provveduto alla individuazione delle sedi mantenute con oneri a carico degli enti locali richiedenti, con previsione per gli stessi, a fronte della facoltà di revoca dell'istanza, di una serie di adempimenti, da realizzare necessariamente secondo una tempistica definita, idonei a dare effettività alle dichiarazioni di intenti formulate nelle istanze.
  La data di cessazione del funzionamento degli uffici soppressi, per i quali non fosse stata presentata istanza di mantenimento, è stata, invece, individuata in coincidenza con l'entrata in vigore del medesimo provvedimento.
  Proprio quest'ultima è la situazione riferibile all'ufficio del giudice di pace di Moncalvo per il quale, a seguito del mancato inoltro di specifica richiesta da parte dei comuni interessati, le disposizioni soppressive sono divenute operative dal 29 aprile 2014.
  Successivamente, la legge 27 febbraio 2015, n. 11, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, ha consentito agli enti locali interessati, alle unioni di comuni nonché alle comunità montane di richiedere, entro il 30 luglio 2015, il ripristino degli uffici del giudice di pace soppressi, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio della giustizia, ivi compreso il fabbisogno di personale amministrativo.
  Anche questa ulteriore occasione riconosciuta agli enti locali, che ha portato al ripristino di 50 uffici, non è stata colta nel caso in esame: il decreto ministeriale 27 maggio 2016, attuativo della predetta disposizione normativa, infatti, non include la sede del giudice di pace di Moncalvo tra le sedi ripristinate, non essendo state inoltrate specifiche istanze al riguardo.
  Occorre sottolineare, peraltro, in linea generale, come l'adeguatezza delle scelte operate sia stata, in più occasioni, vagliata positivamente dalla Corte costituzionale, in particolare nella sentenza n. 237 del 2013 e nell'ordinanza n. 15 del 2014 in cui, tra l'altro, è stato rilevato che «... si è in presenza di una misura organizzativa, in cui la soppressione dei singoli tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di spesa e un incremento di efficienza; che tale valutazione è stata effettuata sulla base di un'articolata attività istruttoria, come si desume dalla relazione che accompagna il decreto legislativo n. 155 del 2012 e dalle schede tecniche allegate – le quali, con specifico riferimento alle singole realtà territoriali, illustrano le modalità di applicazione dei criteri – nonché dalle relazioni e dai pareri, in particolare delle commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sottoposti all'attenzione del Governo e del Parlamento; che, alla stregua di tale quadro di riferimento per l'esercizio della delega, non si ravvisa violazione da parte del decreto legislativo n. 55 del 2012 dei relativi criteri, né si evidenzia una irragionevolezza della loro applicazione».
  Invero, la revisione complessiva degli uffici giudiziari ha rappresentato una delle più rilevanti riforme strutturali degli ultimi anni, comportando un significativo incremento di efficienza del sistema giudiziario attraverso il recupero di economie di scala e, anche, il miglioramento dei tempi e della qualità delle decisioni giudiziarie in virtù della promozione del principio di specializzazione.
  La riforma ha, certamente, avviato anche un significativo processo di risparmio di spesa.
  Proprio i principi ispiratori della complessiva riforma ordinamentale della geografia giudiziaria e della coerente ridefinizione delle piante organiche hanno influito sul metodo di lavoro prescelto, caratterizzato da una approfondita raccolta di ogni dato rilevante, dal confronto analitico tra organico e bacino d'utenza, dal costante monitoraggio dei flussi di lavoro di ogni ufficio e dalla sistematica ed ininterrotta interlocuzione con il Consiglio superiore della magistratura.
  La valutazione degli effetti della riforma è, dunque, costantemente monitorata attraverso un'apposita Commissione con lo specifico compito di verificare lo stato della sua realizzazione, osservare gli effetti dell'applicazione del nuovo assetto territoriale sulla operatività degli uffici giudiziari e proporre soluzioni organizzative e normative per superare le eventuali criticità riscontrate.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   BERGONZI e BONACCORSI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto per la scienza dell'amministrazione pubblica nel 2017 è giunto al 58° anno di vita;
   è istituto scientifico di livello internazionale ed è l'unico istituto culturale (riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica del 1964) costituito e retto da enti locali, che sono comune e provincia di Milano (ora città metropolitana). Ha ricevuto fino al 2012-2014 un contributo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Pubblica la rivista «Amministrare» (giunta al 47° anno) e l'annale «Storia Amministrazione Costituzione», presso l'editore Il Mulino;
   presso la sede di Piazza Castello 3 gestisce una biblioteca aperta al pubblico – che figura nell'elenco delle biblioteche del comune di Milano – con circa 16 mila volumi di storiografia, diritto, sociologia, economia-finanza e con la collezione (dal 1960 ad oggi) di 602 testate di periodici, cui 331 italiane e 271 straniere. Attualmente, ne sono attive 106, 52 italiane e 54 straniere;
   nella biblioteca sono conservate anche tutte le pubblicazioni dell'istituto, dalla fondazione. Alla conservazione della biblioteca è riferita specificatamente la legge regionale della Lombardia 13 luglio 1984, n. 37, che prevedeva uno stanziamento annuo di 150 milioni di lire, ora ridotto a 10 mila euro;
   in data 5 dicembre 2016 è stata notificata un'ordinanza del direttore del servizio gestione contratti dell'area patrimonio immobiliare del comune di Milano che impone il rilascio della sede e lo sgombero dei locali della biblioteca entro la data del 20 gennaio 2017;
   nel procedimento è stato omesso qualsiasi coinvolgimento della stessa città metropolitana e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che ha riconosciuto ISAP come istituto di ricerca di interesse nazionale –:
   se la situazione dell'ISAP sia all'attenzione dei competenti uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e se intenda assumere al riguardo tempestive iniziative, per quanto di competenza, per evitare la dispersione dei volumi ed il venir meno dell'adeguata conservazione e fruibilità del suo patrimonio culturale. (4-15361)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, con riferimento all'ordinanza del comune di Milano, del 5 dicembre 2016, che impone il rilascio della sede e lo sgombero dei locali della biblioteca dell'Istituto per la scienza dell'amministrazione pubblica (Isap), chiede quali iniziative il Ministero intenda assumere per evitare la dispersione del patrimonio librario e il venir meno della conservazione e della fruibilità di detto patrimonio.
  L'Isap è stato costituito per iniziativa della provincia di Milano e del comune di Milano con decreto del Presidente della Repubblica n. 1298 del 18 agosto 1964.
  Con deliberazione rep. 4/2017 il consiglio metropolitano di Milano, nella seduta del 18 gennaio 2017, ha deliberato di «conferire mandato all'area affari istituzionali di porre in essere quanto necessario per addivenire nel corso del 2017, in accordo con il comune di Milano, allo scioglimento e messa in liquidazione dell'Isap».
  Fino al triennio 2012-2014, la direzione generale biblioteche ha erogato all'Istituto contributi pari ad euro 25.000 annui, essendo inserito nell'apposita tabella triennale emanata ai sensi dell'articolo 1 della legge 17 ottobre 1996, n. 534, Nuove norme per l'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali.
  In data 15 febbraio 2017, il Soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia, ha effettuato un sopralluogo presso l'Istituto in oggetto, al termine del quale ha redatto una relazione, inviata alla competente direzione generale biblioteche (nota n. 837 del 27 febbraio 2017), nella quale si ribadisce l'importanza dell'Istituto e della sua biblioteca, ricca di circa 16.000 volumi e si relaziona circa la verifica della situazione dei locali ove è attualmente conservata la biblioteca e ha sede l'Istituto stesso. L'ordinanza di sgombero riguarda i locali concessi a titolo gratuito dal comune di Milano al piano terra e al secondo piano, mentre non interessa i locali di deposito al piano terra dove è sistemata parte del patrimonio bibliografico.
  Il Soprintendente ha evidenziato come l'archivio e la biblioteca, in quanto appartenenti a un istituto di proprietà del comune e della provincia (ora città metropolitana) di Milano, abbiano natura pubblica e siano soggetti alle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  A salvaguardia dell'importante patrimonio bibliografico, il Soprintendente ha inviato, in data 27 febbraio 2017, alla Direzione cultura, alla Direzione area biblioteche e alla Direzione area patrimonio immobiliare del comune di Milano, nonché all'Isap, la nota n. 838, con la quale si informa che l'archivio e la biblioteca dell'ISAP hanno natura pubblica e pertanto, risultano soggetti alle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Il Soprintendente, pertanto ha richiesto all'Istituto, titolare dell'archivio e della biblioteca, e al comune di Milano, proprietario dell'immobile e in particolare dei locali in cui l'archivio e la biblioteca stessi sono conservati, di far conoscere alla Soprintendenza quale sia la destinazione prevista degli stessi, tale da consentirne la migliore tutela ai sensi della vigente normativa.
  Il Soprintendente ha, altresì, richiesto di far conoscere quale sia lo stato di catalogazione della biblioteca e lo stato di inventariazione dell'archivio, anche al fine di poter meglio valutare i progetti in corso di realizzazione, per quanto di competenza.
  La situazione segnalata dall'interrogante, pertanto, è attentamente seguita da questa Amministrazione, attraverso la competente direzione generale biblioteche e la Sovrintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia, al fine di evitare la dispersione del prezioso patrimonio librario e archivistico di proprietà dell'Istituto e di assicurarne la conservazione e la fruizione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.


   BIASOTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il sistema penitenziario della Liguria presenta condizioni operative che pregiudicano la sicurezza, a causa della carenza di organico della polizia penitenziaria e sovraffollamento carcerario, con conseguenze ampiamente rese note dal sindacato di categoria SAPPe;
   nel 2016 è stato dismesso l'istituto penitenziario di Savona e il provveditorato regionale ligure è stato accorpato con quello del Piemonte: tale provveditorato interregionale, alla data del 1° settembre 2016, gestisce 5.077 detenuti;
   i 6 istituti penitenziari liguri registrano una presenza di 1.407 detenuti su una capienza regolamentare di 1.109 posti: il sistema penitenziario ligure è al quarto posto in Italia per tasso di affollamento;
   in Liguria su 1.121 poliziotti penitenziari ve ne sono solo 894 e, fra questi, vi sono 275 persone con distacchi fuori sede. Questi dati non tengono conto del personale assente per malattia;
   negli istituti penitenziari vi sono gravi condizioni sanitarie: al 1° maggio 2016, i detenuti con Hiv erano 40, in epatite C 204, i tossicodipendenti 462; a farvi fronte vi sono 33 medici generici e 11 psicologi; il centro clinico di Marassi, unico in Liguria, non riesce a soddisfare le esigenze provenienti anche dagli altri istituti;
   vi è una cospicua presenza di detenuti con problemi psichiatrici, detenuti nelle celle comuni poiché la Liguria è sprovvista delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza sanitaria (REMS);
   gli eventi critici determinati da tale popolazione detenuta sono in aumento e vengono arginati solo dalla tenacia e professionalità della polizia penitenziaria, spesso non valorizzata;
   nel 2015, solo in Liguria, la polizia penitenziaria ha salvato 45 detenuti dal suicidio e ha affrontato due suicidi, 606 atti di autolesionismo (con impiego suppletivo di unità per garantire la sicurezza nei luoghi esterni), 170 episodi violenti tra risse, colluttazioni ed aggressioni con 26 ferimenti, 11 incendi e 50 celle danneggiate;
   dal 1° gennaio al 31 giugno 2016 si sono già registrati 270 atti di autolesionismo, 89 colluttazioni, 49 danneggiamenti a celle e 19 tentativi di suicidio; la polizia penitenziaria ha intercettato e bloccato due coltelli, 10 telefoni cellulari e sventato 6 tentativi di introdurre sostanze stupefacenti;
   per contrastare gli eventi critici e prestare maggiore attenzione ai fenomeni cagionati dalla popolazione detenuta, per lo più quella a maggiore rischio, soggetta a problemi psichiatrici ed indebitamente ancora custodita in carcere, è necessaria una maggiore presenza delle forze di polizia penitenziaria e, soprattutto, di strumenti idonei, come corsi di formazione ed aggiornamento mirati alla quotidianità penitenziaria, alla profilassi, alla dotazione di protezioni individuali;
   con la chiusura dell'istituto di Savona e la riduzione della capienza da 78 a 46 posti dell'istituto di Chiavari l'aumento della popolazione detenuta incide maggiormente sugli altri istituti;
   Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti, ha indicato l'istituto penitenziario di Genova Marassi, come tra i più grandi d'Italia, mantenendo una presenza media giornaliera della popolazione detenuta di 690 reclusi a fronte di una capienza di 541 posti, tanto da essere collocato tra i primi 10 istituti più problematici, ma, nonostante questo, l'organico della polizia penitenziaria di Marassi è carente di 100 unità –:
   quali controlli e verifiche siano state effettuate in merito alle denunce riportate in premessa provenienti dal sindacato di categoria SAPPe e portate a conoscenza degli uffici ministeriali, in particolar modo sulla situazione carceraria ligure;
   quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere, con particolare riferimento alla richiesta di rientro in sede del personale distaccato ovvero del monitoraggio sull'effettiva sussistenza delle motivazioni del distacco;
   quali iniziative intenda adottare per la sicurezza degli istituti liguri, ovvero quale piano d'intervento sia stato predisposto per contrastare gli eventi critici in Liguria;
   quali indicazioni intenda impartire per la gestione dei detenuti psichiatrici. (4-14558)

  Risposta. — Mediante l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante rappresenta situazioni di criticità degli istituti penitenziari della Liguria a causa di carenze dell'organico della polizia penitenziaria e del sovraffollamento, chiedendo quali iniziative – sotto plurimi e convergenti profili – si intendano assumere per risolvere le evidenziate problematiche.
  Con riferimento alla popolazione detenuta, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che, alla data del 12 febbraio 2017, risultavano presenti, presso gli istituti liguri, complessivamente 1.388 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 1.104 unità.
  In particolare, la casa di reclusione di Chiavari ospitava 53 persone detenute, la casa circondariale Genova Marassi 678, la casa circondariale Genova Pontedecimo 133, la casa circondariale di Imperia 92, la casa circondariale di La Spezia 189 e la casa circondariale di Sanremo 243.
  Allo stato, nonostante l'esubero dei presenti rispetto alla capienza regolamentare, il dipartimento ha evidenziato come risultino comunque rispettati i parametri previsti dalla Cedu.
  Il dipartimento ha, peraltro, sottolineato come la capienza regolamentare degli istituti penitenziari sia calcolata in base ad un decreto del Ministero della salute del 1975, relativo alle abitazioni civili, che prevede una superficie minima di metri quadrati per la stanza singola, più 5 metri quadrati per ogni ulteriore posto letto.
  I predetti coefficienti sono oggetto di proposte modificative nell'ambito dei lavori del comitato paritetico con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Nella prospettiva di contenere ed equilibrare le presenze detentive e nel rispetto del principio di territorialità, il Provveditorato interregionale del Piemonte, Liguria e Val D'Aosta provvede, periodicamente, ad assumere interventi deflativi, anche disponendo il trasferimento in istituti del Piemonte, in considerazione anche della tipologia di alcune sedi liguri, che postulano assegnazioni vincolate: la casa di reclusione di Chiavari è, difatti, istituto «a custodia aperta», riservato ai soli detenuti condannati alla pena della reclusione in misura infraquinquennale ed avviati ad un percorso avanzato, che prevede la sottoscrizione del cosiddetto «patto trattamentale»; la casa circondariale di Genova Pontedecimo è, invece, Istituto destinato esclusivamente a detenuti cosiddetti «sex offenders».
  Quanto alle dotazioni del personale della polizia penitenziaria, presso gli istituti della regione Liguria risultano, a fronte di una previsione organica di 1236 unità, coperti 1110 posti ed effettivamente in servizio 984 unità, tenuto conto dei distaccati, disposti dall'amministrazione, in numero di 138, mentre 12 unità risultano distaccate in entrata.
  La maggior carenza riguarda i ruoli intermedi degli ispettori e sovrintendenti (pari al 58 per cento), mentre nel ruolo degli agenti e assistenti, allo stato, risulta una sofferenza organica di 107 unità, pari all'11 per cento dell'organico previsto.
  La situazione degli organici assegnati agli istituti penitenziari della Liguria sarà tenuta in debita considerazione in occasione delle nuove assegnazioni,
  A tale riguardo si evidenzia che, in attesa della riattivazione delle procedure concorsuali per l'assunzione di 300 unità maschili e 100 femminili, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 ottobre 2016 l'amministrazione penitenziaria è stata autorizzata ad assumere n. 887 unità di agenti già vincitori di concorso.
  E, nell'ambito di tale quadro, il decreto-legge n. 244 del 30 dicembre 2016 (decreto «milleproroghe»), convertito con legge 27 febbraio 2017, n. 19, ha previsto la proroga, sino al dicembre 2017, della validità delle graduatorie dei concorsi banditi ai sensi dell'articolo 2199 del codice dell'ordinamento militare, pubblicate in data non anteriore al 1o gennaio 2012.
  Tale intervento normativo consentirà, dunque, all'amministrazione di attingere alle predette graduatorie per avviare le procedure finalizzate all'assunzione, nell'anno in corso, di 887 donne e uomini, che andranno a colmare, in parte, il vuoto in organico del corpo di polizia penitenziaria.
  Si tratta di un primo passo, ma molto importante, che dimostra la costante attenzione riservata dal Governo a tale questione e che intende migliorare le condizioni di lavoro negli istituti, garantirne maggior sicurezza ed assicurare un miglior trattamento per le persone detenute.
  Nella medesima direzione vanno, inoltre, gli interventi tendenti a limitare al minimo la possibilità che il personale della polizia penitenziaria sia assegnato ad attività diverse da quelle proprie dell'istituzione. In questo senso, presso il Gabinetto del Ministero della giustizia, proprio in questi giorni, sono state organizzate apposite riunioni sul tema con la partecipazione dei vertici di tutte le articolazioni ministeriali interessate.
  Il potenziamento dei personale della polizia penitenziaria, unito alla continua formazione, è obiettivo finalizzato al complessivo miglioramento della vita detentiva ed a minimizzare anche il rischio di eventi critici e, in particolare, di atti di autolesionismo.
  L'argomento investe, evidentemente, un tema di estrema delicatezza, su cui è concentrato il massimo impegno da parte del Ministero della giustizia.
  Nella consapevolezza dell'importanza delle condizioni delle strutture penitenziarie per il benessere di quanti sono ivi ristretti e vi lavorano, evidenzio che il tema mi vede direttamente impegnato in ogni iniziativa, necessaria ed utile, alla prevenzione del rischio di gesti di autolesionismo in ambiente carcerario.
  Finalità alla cui attuazione certamente concorre l'istituzione e la nomina, con decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2016 e decreto del Presidente della Repubblica del 3 marzo 2016, del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
  Nella consapevolezza della drammaticità di ogni atto di autolesionismo, occorre osservare, sotto il profilo statistico, che a partire dal 2013 il numero di suicidi all'interno degli istituti penitenziari ha avuto un sensibile decremento.
  Tra il 2009 e il 2012, infatti, il numero di casi è stato sempre annualmente superiore a 55, con un picco di 63 nel 2011, mentre pari a 45 e 46 sono stati gli eventi degli anni 2007 e 2008.
  Grazie al miglioramento della situazione nei nostri penitenziari, il numero si è ridotto in maniera significativa, registrandosi 42 casi di suicidio nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2016 e 10 sino al 28 febbraio 2017.
  Sul piano comparativo, poi, l'Italia, secondo le statistiche ufficiali del Consiglio d'Europa, registra uno dei tassi più bassi di casi di suicidio. Nell'ultima rilevazione del 2013, si registra un tasso di 6,5 su 10.000 in Italia, di 12,4 in Francia, di 7,4 in Germania, di 8,9 nel Regno Unito.
  I dati restano, in ogni caso, allarmanti e impongono un eccezionale sforzo dell'amministrazione penitenziaria, cui è demandata l'attuazione dei modelli di trattamento necessari alla prevenzione di ogni pericolo.
  In questa prospettiva ed alla luce delle analisi e delle riflessioni maturate nell'ambito degli Stati Generali dell'esecuzione della pena, il 3 maggio 2016 ho adottato una specifica «Direttiva sulla prevenzione dei suicidi», indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prescrivendo la predisposizione di un organico piano d'intervento per la prevenzione del rischio di suicidio delle persone detenute o internate, il puntuale monitoraggio delle iniziative assunte per darvi attuazione e la raccolta e la pubblicazione dei dati relativi al fenomeno.
  In attuazione della direttiva, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto un «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidiarie in ambito penitenziario», cui hanno fatto seguito circolari attuative trasmesse ai provveditorati regionali.
  Le misure adottate dall'amministrazione penitenziaria attengono alla formazione specifica del personale, alla raccolta ed elaborazione dei dati ed all'aggiornamento progressivo dei piani di prevenzione. Sono state, inoltre, impartite istruzioni ai provveditorati regionali ed alle direzioni penitenziarie per la conclusione di intese con regioni e servizi sanitari locali, al fine di intensificare gli interventi di diagnosi e cura, nonché l'attuazione di misure di osservazione e rilevazione del rischio.
  L'amministrazione ha anche operato sul piano dell'organizzazione degli spazi e della vita penitenziaria, con incentivazione di forme di controllo dinamico volte a limitare alle ore notturne la permanenza nelle celle, in modo da rendere agevole l'osservazione della persona in ambiente comune e ridurre le condizioni di isolamento. Allo stesso scopo, sono state adottate misure volte a facilitare, anche attraverso l'accesso protetto ad Internet, i contatti con i familiari.
  Lo scorso 3 marzo, inoltre, si è svolta presso il Ministero della giustizia una riunione nel corso della quale ho incontrato, con il capo di Gabinetto, tutti i referenti centrali e periferici dell'amministrazione penitenziaria, al fine di fare il punto sulle modalità di esecuzione, al livello locale prossimo agli istituti penitenziari, delle disposizioni contenute nella direttiva sulla prevenzione dei suicidi e sollecitarne, ove necessario, la completa e rapida attuazione.
  Sono state, inoltre, programmate attività di monitoraggio e verifica periodica degli interventi di prevenzione delineati, attività che saranno svolte istituto per istituto.
  Con la riunione del 3 marzo si è dato l'avvio ad un tavolo in convocazione permanente che esaminerà costantemente i dati relativi allo stato di attuazione della direttiva che ogni referente è tenuto a raccogliere ed a trasmettere attraverso apposito monitoraggio.
  Per quanto attiene, invece, alla tutela del diritto alla salute, l'amministrazione penitenziaria è impegnata nella promozione, sul territorio, della collaborazione tra regioni ed Asl per la costruzione di presidi sanitari adeguati ai bisogni delle persone detenute, alla luce delle linee guida in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti, approvate dalla Conferenza unificata in data 22 gennaio 2015, opportunamente diffuse alle articolazioni periferiche ed alla magistratura.
  In particolare, al fine di sperimentare e di implementare il modello di assistenza sanitaria nelle carceri attraverso l'adozione della telemedicina, sono state adottate specifiche iniziative in attuazione dell'accordo, sottoscritto in data 4 agosto 2016, con federsanità ed Anci, coinvolgendo le diverse istituzioni interessate nella definizione di un modello innovativo di gestione della salute all'interno degli istituti di pena che prevede, tra l'altro, l'adozione di un diario clinico informatizzato.
  Con riferimento agli istituti liguri e nell'ambito dei servizi sanitari affidati alle aziende locali del servizio sanitario e dalle stesse organizzati secondo le esigenze dei singoli istituti, il carcere di Genova Marassi evidenzia il maggior fabbisogno per la presenza del più rilevante numero dei detenuti.
  Secondo quanto riferito dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il servizio di guardia medica è ivi garantito ventiquattrore ore su ventiquattro e gli specialisti presenti assicurano le branche di dermatologia, infettivologia, oculistica, odontoiatria, diabetologia, radiologia, Sert, psichiatria, psicologia.
  Nel centro clinico – secondo i dati al 12 febbraio 2017 comunicati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – erano ospitati 60 detenuti, 20 dei quali affetti da gravi patologie infettivologiche, un detenuto in osservazione psichiatrica (5 sono i posti disponibili) e 20 con gravi patologie cliniche e disabilità motorie, che richiedono frequenti accessi in ambito ospedaliero.
  Anche negli istituti di Sanremo e La Spezia il servizio medico è assicurato giorno e notte, mentre a Imperia, Chiavari e Pontedecimo la copertura sanitaria è prestata nell'arco delle ore diurne.
  Nell'ambito, poi, della tutela della salute mentale e del processo di superamento degli O.P.G., si segnala che, dal mese di giugno 2015, presso il SAI dell'istituto penitenziario di Genova Marassi è presente una «Articolazione per la tutela della salute mentale», con 5 posti distribuiti in due camere detentive per i soggetti sottoposti ad osservazione psichiatrica, mentre altra camera detentiva, con la disponibilità di due posti letto, è destinata ai detenuti con infermità psichica sopravvenuta ed ai detenuti condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente.
  Entro il 2017, inoltre, è prevista la realizzazione definitiva della REMS nel territorio del comune di Calice al Comoviglio (SP), prevista con delibera della regione Liguria n. 364 del 2013. In attesa della conclusione dei lavori, è stato sottoscritto un accordo con la Rems di Castiglione delle Stiviere che riserva 10 posti per gli internati liguri. Con delibera della giunta regionale 822 del 13 settembre 2016 è stata, inoltre, prevista l'attivazione di una Rems provvisoria sul territorio dell'Asl 3 di Genova, già sede di una comunità terapeutica psichiatrica.
  Grazie ad un impegno politico intenso e costante, articolato in contestuali interventi di carattere normativo ed organizzativo, di edilizia penitenziaria e di politiche del personale, le complessive condizioni detentive, in ambito regionale così come sul piano nazionale, sono decisamente migliorate.
  Il riconoscimento a livello europeo dei risultati raggiunti dall'Italia nel settore del sovraffollamento carcerario, diminuito in maniera sensibile e non episodica, rappresenta la conferma della bontà della strada intrapresa nel contribuire a mutare in senso migliorativo le condizioni di vita in carcere.
  L'azione sin qui svolta risulterà ulteriormente rafforzata dalle misure contenute nella riforma dell'ordinamento penitenziario, appena approvata dal Senato, che permetterà di introdurre strumenti adeguati per garantire una autentica funzione recuperatoria e risocializzante, in chiave costituzionalmente orientata, all'esecuzione penale.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato in data 30 giugno 2016 dal quotidiano Corriere del Mezzogiorno, si sarebbero verificati alcuni crolli nella chiesa di Santa Brigida, a Napoli; in particolare, dal Soffitto sarebbero caduti alcuni stucchi, mentre gli affreschi si starebbero incrinando; la parte centrale della navata è stata transennata con barriere di ferro e nastro biancorosso per garantire la sicurezza dei fedeli e dei visitatori;
   la chiesa di Santa Brigida è un piccolo gioiello di arte e cultura; è del Seicento, ospita capolavori di Luca Giordano, Massimo Stanzione e Paolo De Matteis;
   un destino simile tocca, in questi giorni, anche alla basilica di Santa Maria degli Angeli, nella zona di Pizzofalcone, che è stata chiusa al pubblico dopo alcuni crolli all'altezza della seconda cupola della navata laterale destra, con evidenti lesioni agli altari della navata laterale sinistra e alcune crepe sull'affresco principale che sovrasta l'ingresso della chiesa;
   la chiusura della Basilica è stata decisa per evitare possibili danni alle persone; sull'origine dei crolli sarebbero in corso accertamenti e alcune ipotesi conducono ai lavori della vicina Metropolitana;
   sarebbero 360 gli edifici storici di Napoli in questo momento sotto osservazione speciale per rischio di crolli o cedimenti; 160 di essi sono ritenuti grandi monumenti o sono chiese storiche; si tratta di pezzi importanti del patrimonio culturale della città;
   sono quasi 200 le chiese monumentali di Napoli in rovina e chiuse al pubblico per interventi da realizzare e mai partiti;
   tra queste, la chiesa di San Carlo alle Mortelle, sventrata da una voragine, la chiesa di San Pietro Martire al Corso Umberto, chiusa per pericolo crolli da qualche anno e altri importanti edifici di culto come Santa Maria di Betlemme, San Biasiello alla Vicaria, Sant'Onofrio a Capuana, Sant'Agostino alla Zecca, conosciuta anche come Sant'Agostino Maggiore, quest'ultima chiusa addirittura dal terremoto del 1980 e mai più recuperata;
   si tratta di decine di edifici di culto che conservano dipinti, affreschi, pezzi di storia della città che non solo sono negati ai tanti turisti che affollano Napoli, e che li cercano, ma rischiano letteralmente di crollare nell'incuria e nell'abbandono;
   esiste sugli edifici di culto e sui pazzi monumentali storici una complessità riguardo alle competenze: c’è un incrocio tra comune, curia, soprintendenza, a volte anche proprietà private, e non sempre si riesce a capire con precisione chi deve fare cosa, con il risultato di non riuscire neppure a individuare le responsabilità dell'abbandono;
   si tratta, in ogni caso, di un tesoro della collettività; pezzi straordinari di un centro storico considerato patrimonio dell'umanità nel 1995 dall'Unesco e che non vede un progetto organico di recupero e valorizzazione;
   si avverte le necessità di un grande progetto per il centro storico di Napoli e per il suo patrimonio di chiese e palazzi monumentali, che metta insieme più attori istituzionali e costruisca un percorso certo, pianificato, di recupero e valorizzazione –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, nell'ambito e nei limiti delle sue competenze, di attivarsi per una iniziativa al fine di garantire interventi, concertati con i livelli istituzionali locali, sul centro storico di Napoli e sulle chiese chiuse e abbandonate, che vanno considerate una grande questione nazionale, in considerazione dell'indiscusso valore artistico e culturale.
(4-13698)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, con riferimento al patrimonio di chiese e palazzi monumentali, presente nella città di Napoli, chiede se non si ritenga opportuno attivare iniziative e interventi sul centro storico del capoluogo partenopeo, in considerazione dell'indiscusso valore artistico e culturale.
  In primo luogo per quanto riguarda la chiesa di Santa Brigida si rappresenta che la proprietà è del Ministero dell'interno – Fondo edifici culto (Fec) con il quale la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il comune di Napoli sta attualmente e formalmente interloquendo per conseguire mezzi finanziari adeguati, da impegnare in somma urgenza, almeno per la messa in sicurezza di strutture e apparati decorativi. La Soprintendenza ha peraltro di recente formalizzato una richiesta, elaborando uno schema progettuale, finalizzata all'ottenimento delle prime risorse occorrenti.
  La basilica di Santa Maria degli Angeli, nella zona di Pizzofalcone, risulta allo stato essere di proprietà del demanio dello Stato e, più specificatamente, nella gestione dell'Agenzia del demanio – Campania. Nel recente passato, si conferma, si è reso necessario procedere ad inibire l'accesso in ragione del prevenire, a causa di avvenuti ed ipotizzabili distacchi di intonaci e/o stucchi, problematiche connesse all'incolumità dei fedeli e dei visitatori.
  Tra le altre chiese citate, quella di San Agostino alla Zecca, superate solo di recente alcune difficoltà di carattere amministrativo, sarà interessata a breve dalla conclusione dei lavori a suo tempo finanziati e in corso di esecuzione; lavori, va precisato, non trascurabili sia come impegno economico che di scelte di restauro.
  Per la chiesa di San Pietro Martire al Corso Umberto, di proprietà della Diocesi di Napoli sono previste opere comprendenti il restauro architettonico e dei beni artistici, al fine di restituire alla città l'importante manufatto, risalente al XIII secolo, e implementare la sua fruizione anche al fine dello svolgimento e sviluppo delle attività sociali ed assistenziali della comunità di Sant'Egidio, ente beneficiario.
  Le opere, di cui il comune di Napoli è ente committente, sono state aggiudicate nel 2015 su gara con procedura aperta dalla stazione unica appaltante, il Provveditorato interregionale della Campania-Puglia-Molise e Basilicata alle opere pubbliche. Da notizie acquisite presso il responsabile unico del procedimento del comune di Napoli, il contratto risulta essere in fase di stipula.
  La chiesa di San Pietro Martire al Corso infine è stata nel recente passato oggetto di un parziale intervento per la messa in sicurezza del prospetto; intervento posto in essere dalla Soprintendenza sopra citata.
  In relazione alle considerazioni più generali fatte dall'interrogante si deve precisare che molti palazzi storici sono di proprietà privata, e le chiese sono di proprietà, per lo più, del Fec, dell'Arcidiocesi di Napoli, di varie arciconfraternite e/o dell'Agenzia del demanio, allo stato è molto problematico assicurare un intervento diretto da parte del Mibact.
  Questa Amministrazione comunque proseguirà le iniziative intraprese, in piena collaborazione con le Amministrazioni coinvolte e gli enti privati ed ecclesiastici interessati, per la piena tutela e valorizzazione delle chiese del centro storico di Napoli, nella consapevolezza che si tratti di un patrimonio di indiscusso valore artistico e culturale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.


   BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 novembre 2016, la direzione generale dello spettacolo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha emanato il decreto direttoriale n. 1413, con cui si procede al riparto dei contributi statali ai sensi del decreto ministeriale 1° luglio 2014 per le attività teatrali del 2016 in favore di organismi che avevano presentato progetti, poi approvati, per il triennio 2015/2017;
   riguardo alla città di Napoli, ha avuto accesso alla contribuzione, nel terzo sottoinsieme dell'articolo 2, il teatro stabile napoletano per una cifra superiore al milione di euro;
   sempre per la città di Napoli, nessun teatro di rilevante interesse culturale accede al riparto dei contributi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 1° luglio 2014 sopracitato;
   accedono, per la città di Napoli, al riparto di altre voci, alcune imprese di produzione teatrale per cifre che vanno dai 90 ai 300 mila euro;
   sono esclusi da qualunque forma di contribuzione statali nell'ambito del decreto di cui sopra, teatri e imprese teatrali storiche, che hanno fatto la cultura della città nei decenni;
   non ricevono contributi, a quanto consta all'interrogante, teatri come l'Augusteo, il Cilea, il Totò, il Sannazaro, il Trianon Viviani, il Delle Palme, il Bracco, il Troisi, l'Elicantropo, il Sancarluccio, il Nuovo Teatro Sanità, il Teatro area nord, la Galleria Toledo;
   si tratta di strutture attive, che fanno cultura anche in quartieri difficili, che operano in condizioni di crisi, senza sostegno, che fanno i conti anche con ritardi nei versamenti di contributi da altri enti;
   da più parti, nella realtà teatrale napoletana, dopo la pubblicazione del decreto di cui sopra, si sono avute voci di preoccupazione e timore;
   secondo quanto riportato dal quotidiano la Repubblica, in data 16 novembre 2016, tra gli operatori teatrali napoletani ci sono rabbia e paura; in alcuni casi, si paventa addirittura la chiusura delle strutture –:
   se sia a conoscenza della situazione critica in cui versano molte strutture culturali e in particolari teatrali della città di Napoli e quali siano le ragioni della esclusione di gran parte delle strutture operanti dalle contribuzioni ministeriali ai sensi del decreto menzionato in premessa e da altre forme di sostegno economico. (4-14891)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, richiamato il decreto del direttore generale dello spettacolo n. 1413, del 7 novembre 2016, con il quale si è proceduto all'assegnazione dei contributi del Fondo unico per lo spettacolo (Fus), con riferimento alle risorse da esso destinate alle attività teatrali della città di Napoli, chiede quali siano «le ragioni della esclusione di gran parte delle strutture operanti dalle contribuzioni ministeriali».
  In riferimento a quanto richiesto si precisa che con il decreto direttoriale del 7 novembre 2016, la Direzione generale spettacolo ha disposto le assegnazioni dei contributi per attività di spettacolo a valere sui fondi Fus per l'anno 2016, relativamente a quegli organismi i cui progetti triennali erano già stati approvati ed ammessi a contributo per il triennio 2015/2017.
  Il decreto ministeriale 1o luglio 2014, recante Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1965, n. 163, ha innovato il metodo e il dispositivo di calcolo per individuare i beneficiari e l'entità dei contributi, ma soprattutto ha valorizzato l'identità e la capacità progettuale degli organismi richiedenti, superando il criterio della storicità degli stessi e modificando i requisiti di accesso, al fine di qualificare e potenziare il sistema nel suo complesso.
  La triennalità costituisce un asse portante delle nuove modalità di finanziamento statale al sistema dello spettacolo. Essa persegue l'obiettivo di assicurare agli organismi ammessi al contributo per un triennio, migliori e più stabili condizioni di programmazione, di rispondere all'esigenza di certezza e di sostenibilità più volte reclamata come indispensabile dagli operatori di settore e, di conseguenza, si propone di assicurare una offerta più organica e costante al pubblico, ovvero al fruitore delle attività di spettacolo che il finanziamento statale sostiene e promuove.
  Gli organismi, insomma, i cui progetti triennali presentati sono stati valutati positivamente dalle commissione di esperti preposta ad ogni ambito di attività (musica, teatro, danza, circo), hanno, nel triennio, la sicurezza del contributo statale, a condizione che rispettino i requisiti e le condizioni richieste dalla norma e gli standard qualitativi previsti, verificati sulla base delle attività svolte, attraverso la documentazione di consuntivi d'esercizio di attività e la presentazione dei programmi relativi a ogni anno del triennio.
  Il decreto ministeriale 1o luglio 2014 prevede che, per poter accedere ai contributi Fus del triennio, si ottenga almeno un punteggio pari a 10 su 30, nella valutazione qualitativa, punteggio che ogni anno viene verificato, alla luce dell'attività svolta, dalle commissioni di cui sopra, composte da membri nominati dal Ministro dei beni e delle attività culturali, tra i quali due membri, per ogni ambito, designati rispettivamente dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
  Il finanziamento statale ha previsto che il punteggio di qualità artistica sia attributo in relazione a una griglia di fenomeni e di obiettivi operativi, discendenti dagli obiettivi strategici definiti dal decreto ministeriale 1o luglio 2014, stabilendo quindi criteri uniformi di valutazione che si riferiscono a tutto territorio nazionale.
  Nel merito delle richieste relative al territorio menzionato nell'interrogazione si precisa che nel triennio 2015/2017 nell'ambito teatro, oltre al teatro della città di Napoli, teatro nazionale, hanno ricevono contributi i seguenti organismi:
   due centri di produzione teatrale: la fondazione Napoli del Mediterraneo e il teatro Diana Oris (ai sensi dell'articolo 15 del decreto ministeriale 1o luglio 2014);
   le seguenti imprese di produzione: Elledieffe s.r.l., Ente teatro cronaca Vesuvioteatro s.c.a.r.l.; Khora s.r.l., Teatri uniti società cooperativa a.r.l., Gli Ipocriti soc. coop., Gitiesse artisti riuniti s.c.a.r.l. Teatro segreto s.r.l. T.t.r. – Il teatro di Tato Russo coop., il Nuovo teatro s.r.l., Il Teatro soc. coop., l'Associazione i Teatrini (ai sensi dell'articolo 14 del decreto ministeriale);
   la galleria Toledo, menzionata nell'interrogazione come organismo escluso dal contributo, è invece finanziata tra le imprese di produzione con la denominazione Il Teatro soc. coop.

  Per quanto riguarda gli organismi citati nell'interrogazione si precisa che:
   il teatro Sancarluccio è stato escluso in quanto privo dei requisiti minimi indispensabili relativamente alle giornate lavorative e recitative;
   il teatro Cilea, il teatro Totò ed il nuovo teatro Sanità sono stati esclusi dal triennio 2015/2017 per insufficiente punteggio di qualità artistica. I primi due teatri, comunque, non avevano beneficiato di contributi nemmeno nel 2014, annualità precedente all'entrata in vigore della normativa che ha introdotto nuovi criteri e modalità di attribuzione dei contributi.

  Analogamente non sono stati ammessi, in quanto hanno ottenuto punteggi inferiori alla soglia di accesso (fissata in dieci punti) il teatro Augusteo e il teatro Elicantropo (quest'ultimo sostenuto, nel 2014, tra gli organismi di promozione).
  Gli altri organismi menzionati quali: il teatro Sannazaro, il Trianon Viviani, il Teatro delle Palme, il teatro Bracco, il teatro Troisi, il teatro area nord non risultano, aver presentato domanda di contributo per il triennio 2015/2017.
  Si precisa infine, a corredo e integrazione di quanto sopra esposto, anche al fine di fornire un più completo quadro delle iniziative sostenute dalla Direzione generale spettacolo nella città di Napoli, che sono state oggetto di finanziamento specifico due altre azioni con le quali si è voluto prestare la massima attenzione al territorio e alle sue necessità sul piano dell'offerta artistica, della crescita culturale e del rafforzamento delle stesse professionalità tecniche e artistiche.
  La prima azione è costituita dagli Atelier teatrali dedicati a far conoscere la testimonianza e la figura artistica e umana di Eduardo De Filippo. Gli Atelier, realizzati da organismi selezionati tramite una manifestazione di interesse indetta dal comune di Napoli e promossa in condivisione progettuale con questa Amministrazione e altre istituzioni cittadine, hanno rappresentato una importante attività che si è svolta nel periodo ottobre-dicembre 2016. Il progetto, destinato a bambini e bambine, ragazzi e ragazze abitanti nelle zone più disagiate della città, è nato con lo scopo di favorire processi di inclusione, di socializzazione di riappropriazione delle proprie radici, da parte di giovani delle zone più disagiate della città, partendo dalla testimonianza attuale e viva del grande autore, regista e interprete, attraverso gli strumenti propri del linguaggio del teatro.
  La seconda azione, invece, si è mossa nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 45 del decreto ministeriale 1o luglio 2014 e dell'Accordo interregionale conseguente, e ha riguardato il sostegno alle residenze artistiche realizzate da Teatri associati di Napoli, frutto della collaborazione tra due realtà artistiche napoletane: Libera scena ensemble e Interno 5.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoIlaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.


   BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il triclosan è un disinfettante introdotto negli anni ’70 per combattere e prevenire le infezioni negli ospedali, successivamente inserito nella composizione di molti cosmetici per l'igiene quotidiana della persona, quali detergenti intimi e dentifrici;
   l'FDA (Food and Drug Administration statunitense) ha recentemente vietato la circolazione di 19 principi attivi da uso cosmetico tra cui l'antibatterico triclosan, a fronte della dubbia utilità e dei forti sospetti di impatto negativo sulla salute dei consumatori. La decisione ha coinvolto ben 2.100 prodotti, che dovranno essere riformulati o ritirati dal commercio entro l'anno;
   l'uso del triclosan continua ad essere ammesso in Europa, nonostante diversi studi scientifici lo considerino un interferente endocrino associandolo allo sviluppo di antibiotico-resistenza, a fronte di un uso prolungato e continuo che vada ad alterare la normale fiore batterica cutanea, favorendo la crescita di batteri potenzialmente nocivi e resistenti ai farmaci;
   il triclosan è un biocida che va a bioaccumularsi nel grasso umano, comportando una esposizione permanente, tale da alterare le funzioni ormonali, riproduttive, muscolari e cardiache, nonché favorire il rischio di allergie, asma ed eczemi soprattutto infantili;
   in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, gli scienziati della University of California, hanno osservato l'effetto del triclosan sul cervello, facendo registrare un preoccupante aumento dei livelli di calcio nei neuroni, un effetto che ostacola il normale sviluppo mentale;
   un ulteriore rischio del triclosan risiede nel danno ambientale provocato dal suo bioaccumulo in quanto sostanza non facilmente degradabile, tale da essere associato ad una contaminazione delle acque superficiali, di sedimenti e del suolo, nonché all'intossicazione degli organismi acquatici secondo un recente studio canadese;
   l'accumulo di triclosan nell'organismo è confermato dal suo ritrovamento in differenti campioni umani: tracce di triclosan sono state trovate, secondo lo Scientific American, nel latte materno, nel sangue, nelle urine; tracce sono nel 75 per cento dei campioni di urine secondo uno studio dell’Environmental Health Perspectives (EHP);
   l'Unione europea regolamenta il triclosan nella lista dei deodoranti e conservanti del regolamento comunitario 1223 del 2009 (allegato 5 «Elenco dei conservanti ammessi nei prodotti cosmetici», applicato in Italia secondo quanto stabilito da un apposito decreto del Ministro della salute) stabilendone una concentrazione massima dello 0,3 per cento. A partire dal marzo 2010, con la decisione 2010/169/UE è stato vietato l'uso del triclosan nei prodotti che vengono a contatto con gli alimenti, a fronte di una sospetta tossicità per l'uomo;
   sulla base di questo nuovo parere, la Commissione europea ha proposto una modifica della regolamentazione del triclosan, votata dal Comitato permanente dei prodotti cosmetici in data 10 ottobre 2013 e recepita con il regolamento (UE) n. 358 del 9 aprile 2014, tale da modificare l'allegato V e permettere l'uso del triclosan solo in dentifrici, saponi per le mani e saponi per il corpo/gel doccia, deodoranti (non spray), ciprie e correttori e prodotti per la pulizia delle unghie, prima dell'applicazione di unghie artificiali, a una concentrazione massima dello 0,3 per cento, e in colluttori a una concentrazione massima dello 0,2. Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal 30 ottobre 2014 per l'immissione nel mercato, e a decorrere dal 30 luglio 2015 per la messa a disposizione nel mercato dei prodotti cosmetici nel territorio della UE –:
   se, alla luce di quanto descritto, i Ministri non intendano attivarsi, per quanto di competenza, affinché siano rivisti i limiti d'uso del triclosan, stabiliti dal regolamento europeo, ai fini di giungere ad un completo divieto dell'antibatterico, così come disposto in altri Paesi, quali gli Stati Uniti d'America. (4-14414)

  Risposta. — Il triclosan è un agente antibatterico, riconosciuto come ingrediente con funzioni di conservante e deodorante nei prodotti cosmetici.
  Lo « Scientific committee on consumer Safety» (Sccs), Comitato Scientifico per la sicurezza dei consumatori, istituzione dell'Unione Europea, il quale fornisce pareri sui rischi per la salute e riguardo alla sicurezza dei prodotti di consumo non alimentari, tra cui cosmetici e loro ingredienti, sulla base di nuovi dati presentati ed in accordo all'articolo 31 del Regolamento (CE) 1223/2009, ha rivisto e valutato il profilo di sicurezza d'uso in varie categorie di prodotti ed ha emesso un parere in data 22 marzo 2011, che costituisce un « addendum» alla precedente « opinion» del gennaio 2009.
  Secondo tale parere, l'impiego di triclosan ad una concentrazione massima dello 0,3 per cento in dentifrici, saponi, saponi per il corpo/gel doccia e deodorante stick, è considerato sicuro, cosi come l'uso aggiuntivo di triclosan nelle ciprie e correttori di macchia a questa concentrazione.
  L'uso di triclosan in altri prodotti (ad esempio, lozioni per il corpo) non è considerato sicuro per il consumatore a causa delle conseguenti elevate esposizioni.
  L'esposizione per inalazione di triclosan da prodotti spray (ad esempio, deodoranti) non è stata valutata.
  Per quanto concerne l'uso di triclosan in collutori a un limite di concentrazione di 0,15 o 0,2 per cento esso è considerato sicuro per il consumatore dal punto di vista tossicologico; non è considerato invece sicuro l'uso a più alte concentrazioni (0,3 per cento).
  L'esposizione dei consumatori ad un utilizzo ulteriore del triclosan in prodotti per unghie ad una concentrazione di 0,3 per cento è considerato trascurabile (sicura), in base alle disposizioni della destinazione d'uso e frequenza (ogni 3 a 4 settimane, o ogni 2 settimane come caso peggiore).
  Sulla base di tale parere, con il recente Regolamento (Ue) n. 358/2014 della Commissione europea del 9 aprile 2014, il triclosan è stato normato come sostanza soggetta a restrizioni d'uso nei prodotti cosmetici, alla voce numero 25 dell'allegato V del Regolamento (CE) 1223/2009.
  Sulla base di quanto ivi previsto, il triclosan è ammesso esclusivamente ad una percentuale non superiore allo 0,3 per cento in dentifrici, saponi per le mani, per il corpo/gel doccia, deodoranti (non spray), ciprie e correttori, prodotti per le unghie, per la pulizia delle unghie delle mani e dei piedi prima dell'applicazione di unghie artificiali, ed in una percentuale non superiore allo 0,2 per cento nei collutori.
  L'impiego in altre tipologie di cosmetici o a percentuali superiori a quelle ora indicate non è consentito.
  Queste restrizioni sono state adottare proprio per garantire il rispetto dei criteri di sicurezza dei prodotti come indicati dal Sccs, per assicurare l'uniformità di regolamentazione per questa tipologia di prodotti, nel rispetto dell'articolo 9 del Regolamento (CE) 1223/2009 («Gli Stati membri non rifiutano, vietano o limitano, per motivi inerenti alle esigenze contenute nel presente regolamento, la messa a disposizione sul mercato di prodotti cosmetici conformi ai requisiti stabiliti nel presente regolamento»).
  È necessario evidenziare che il provvedimento restrittivo dell'Autorità statunitense, di cui all'interrogazione parlamentare in esame, è riferibile ad una tipologia di prodotto diversa dai cosmetici: il provvedimento, infatti, concerne prodotti aventi funzione antisettica ed antibatterica (ad esempio, saponi antibatterici), non rientranti nella disciplina del Regolamento (CE) 1223/2009.
  In ogni caso, in presenza di rischi potenziali per la salute umana e/o sulla base del progresso tecnico e scientifico, l'articolo 31 del Regolamento (CE) 1223/2009 consente sempre, previo parere del Sccs, la modifica dei propri allegati che disciplinano le restrizioni o i divieti di utilizzo delle sostanze nei prodotti cosmetici; in tal senso, con specifico riguardo al triclosan, il Ministero della salute, quale Autorità competente italiana in materia di prodotti cosmetici, parteciperà attivamente e con la dovuta cura a tutte le iniziative che saranno instaurate a livello comunitario per valutare eventuali nuovi dati per la sicurezza di tale sostanza.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   CAPARINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   su il « Giornale di Brescia» del 16 febbraio 2016 (pagina 22) un articolo dal titolo «Superstrada, salti e scossoni per un'odissea lunga 27 chilometri Da Pisogne all'uscita di Ceto e Cimbergo sono molti i tratti di asfalto dissestato» mette in luce l'attuale situazione disastrosa del manto stradale della variante a scorrimento veloce della strada statale 42 nella Valle Camonica;
   come riporta il giornale, dal chilometro 67 al chilometro 94 della superstrada della Val Camonica, il manto stradale è talmente invecchiato, indebolito e spezzato che causa estenuanti problemi agli automobilisti, con ripetuti rimbalzi delle ruote dei veicoli in affossamenti, avvallamenti e spaccature;
   dal bivio della strada provinciale 510 di Pisogne fino all'uscita di Ceto e Cimbergo, ripetuti cartelli – il giornale ne conta 14 – mettono in guardia gli automobilisti sulla «strada dissestata e/o deformata»;
   in particolare, a Pian Camuno, nei pressi della doppia area di sosta Total-Tamoil, un cartello posizionato dall'ANAS annuncia 3 chilometri di strada dissestata, dove gli automobili viaggiano su un fastidioso solco inclinato e rattoppato e dove ondeggiano i rimorchi e rischiano di perdere l'equilibrio i mezzi a due ruote;
   al chilometro 70, sul rettilineo che divide e unisce Pian Camuno, Artogne, Gianico e Rogno altri due cartelli in entrambi i sensi di marcia segnalano il fondo pericoloso e impongono il limite dei 50 chilometri orari;
   al chilometro 72, allo svincolo che porta al centro commerciale Adamello, la situazione è peggiore: un ulteriore cartello prolunga l'agonia degli automobilisti segnalando un dissesto per ulteriori tre chilometri che bypassano l'abitato di Darfo fino a Boario Terme;
   la stessa situazione si riscontra dal chilometro 76 fino alla «Sosta-Toroselle» di Esine, al chilometro 78-79, nei pressi dello svincolo incompiuto, dell'ospedale, al chilometro 85, sul cavalcavia fino allo svincolo di Breno e, con problematiche minori, al chilometro 91 e 92 –:
   se il Ministro, nell'ambito dei programmi di manutenzione della rete stradale gestita dall'ANAS spa, intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per assicurare le occorrenti risorse finanziarie dirette alla realizzazione di tutti i lavori di manutenzione della variante a scorrimento veloce della strada statale 42, cosiddetta superstrada della Val Camonica dal chilometro 67 al chilometro 94, e al ripristino delle condizioni di sicurezza sulla strada statale. (4-12117)

  Risposta. — Con riferimento all'atto, di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali, di questo Ministero e dalla società Anas.
  Gli interventi di manutenzione effettuati dalla società Anas sulla strada statale 42 «del Tonale e della Mendola», consistenti nel ripristino della pavimentazione stradale ammalorata, in tratti saltuari dal chilometro 67 al chilometro 94 sono stati ultimati; così come è stato ultimato anche l'intervento di manutenzione programmata per un importo di 260 mila euro.
  Anas informa, altresì, che sono stati completati aliti due interventi, realizzati mediante l'istituto dell'accordo quadro, che hanno interessato in particolare i tratti segnalati dall'interrogante:
   distese generali in tratti saltuari, da Zanica (Bergamo) a Darfo Boario Terme (Brescia), per un importo di circa 1,1 milioni di euro;
   distese generali in tratti saltuari, da Darfo-Boario Terme (Brescia) al passo del Tonale (confine regionale), per un importo di circa 1,2 milioni di euro.

  Infine, Anas segnala che al fine di elevare gli standard prestazionali della pavimentazione stradale continuerà ad effettuare i necessari interventi di manutenzione straordinaria, da realizzare compatibilmente con le risorse finanziarie che verranno rese disponibili.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   COLONNESE, LUIGI GALLO e FICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio 2015 è avvenuta una frattura in uno dei viali interni del Real Bosco di Capodimonte che ha provocato lo smottamento di uno dei muri di contenimento del parco all'altezza del «regresso», all'incrocio tra via Capodimonte e via Miano; l'area interessata è pertinenza del museo di Capodimonte, struttura museale già appartenente alla ex soprintendenza speciale per il Polo museale di Napoli e la Reggia di Caserta ed ora dotata di autonomia speciale ed elevata a ufficio di livello dirigenziale generale dall'articolo 30, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171 (regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo). All'epoca dei fatti non era ancora avvenuta la nomina dei dirigenti e degli organi di gestione del nuovo organismo museale, e l'amministrazione del museo e del parco di Capodimonte era curata dal segretariato regionale, che attivò l'impresa Lande s.r.l., già presente sui luoghi in quanto affidataria della manutenzione del verde del parco di Capodimonte. La Lande srl ha effettuato le operazioni di transennamento dell'area del franamento e ha provveduto a posare in opera le tirantature provvisionali in acciaio. Successivamente la medesima impresa ha integrato quanto realizzato con ulteriori opere provvisionali, costituite da contrafforti scalettati di calcestruzzo, realizzati in blocchi modulari, chiamati in gergo «barbacani». La Lande srl con sede legale a Napoli, è citata in molte indagini che riguardano i lavori pubblici; fino al luglio 2015 è stata amministrata da Marco Cascella, poi si è trasformata in società per azioni e Cascella è stato allontanato pro- prio a seguito dell'inchiesta denominata Medea relativa agli scavi di Pompei con reati ipotizzati di corruzione e turbativa d'asta aggravata dal metodo camorristico;
   nella risposta all'interrogazione n. 4-09618 (presentata nel giugno 2015 a prima firma dell'interrogante) è riportato che, al fine di attuare un programma di opere definitive per mettere stabilmente in sicurezza il versante interessato dall'evento franoso e consentire di «smontare» i contrafforti, il museo di Capodimonte ha predisposto una proposta di intervento per la messa in sicurezza della cinta muraria, per un importo pari a 600.000 euro, per il triennio 2016-2018, da finanziare nell'ambito dei programma triennale del fondo per la tutela del patrimonio culturale, fondo istituito dall'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2015); a tutt'oggi i barbacani non sono stati ancora rimossi;
   secondo le dichiarazioni del nuovo direttore del Museo, Sylvain Bellenger, riportate da fonti di stampa, «la soluzione è stata eccessiva (...) nei mesi scorsi sono arrivati anche i soldi dal Mibac, 450 mila euro» –:
   quale sia stato il costo effettivo e totale per la messa in sicurezza temporanea del muro di cinta del sito museale, e quale sia stato il costo dei barbacani nello specifico;
   quali fondi siano stati utilizzati per il pagamento delle suddette opere alla Lande srl;
   quando si intendano rimuovere detti muri di sostegno e ripristinare lo stato dei luoghi secondo il loro valore storico/culturale;
   quali siano le modalità e i criteri di scelta della ditta appaltatrice a cui la direzione del museo affiderà i lavori di rimozione dei contrafforti e di ripristino dei luoghi e quale sia il budget attualmente a disposizione per effettuare i suddetti lavori;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per acquisire elementi in merito alla programmazione dei fondi che saranno destinati alla riqualificazione e al risanamento dell'area di cui in premessa, al fine di assicurare un più efficace controllo del livello di professionalità degli operatori e della sussistenza dei requisiti di legge degli assegnatari dei bandi. (4-14884)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, con riferimento allo smottamento di un muro di contenimento del parco del Real Bosco di Capodimonte e agli interventi programmati per la messa in sicurezza della cinta muraria, chiede di conoscere il costo effettivo e totale per la messa in sicurezza temporanea del muro di cinta del sito museale e per i barbacani; quali fondi siano stati utilizzati per il pagamento delle suddette opere; quando si intendano rimuovere i muri di sostegno e ripristinare lo stato dei luoghi secondo il loro valore storico e culturale; le modalità e i criteri di scelta della ditta appaltatrice a cui la direzione del museo affiderà i lavori di rimozione dei contrafforti e di ripristino dei luoghi e quale sia il budget attualmente a disposizione per effettuare i suddetti lavori; elementi in merito alla programmazione dei fondi che saranno destinati alla riqualificazione e al risanamento dell'area.
  In riferimento al primo e al secondo quesito, ovvero il costo effettivo e totale per la messa in sicurezza temporanea del muro di cinta del sito museale e per i barbacani e quali fondi siano stati utilizzati per tali opere, si rappresenta che gli interventi di somma urgenza atti a scongiurare danni alla pubblica incolumità, richiesti con diffida n. 137923 del 13 febbraio 2015 dal Servizio di protezione civile del comune di Napoli, ammontano a euro 75.089,17 oltre oneri di legge.
  I lavori effettuati comprendono: transennamento di sicurezza delle aree interessate sul versante superiore della scarpata e sulla sottostante sede stradale; disattivazione della torre evaporativa, scavo con mezzi meccanici per mettere a nudo le tubazioni di collegamento con la centrale termica danneggiate ed eliminazione delle stesse; ancoraggio con cavi di acciaio della torre evaporativa coinvolta nel dissesto alla struttura portante della retrostante centrale termica; alleggerimento e imbracatura di tutta la vegetazione di alto fusto per tutto il settore di pendio interessato dal dissesto. Questi primi 4 interventi, iniziati appena segnalato il dissesto, venerdì 13 febbraio 2015, si sono conclusi domenica 15 febbraio 2015 e hanno permesso, una volta certificato il cessato pericolo, di ripristinare la circolazione veicolare per una carreggiata stradale.
  Successivamente sono stati realizzati n. 6 contrafforti scalettati provvisionali (barbacani) con blocchi modulari in calcestruzzo di dimensione di metri 3,50x1,20x5,00 di altezza, necessari per stabilizzare il muro di cui i tecnici del Servizio di protezione civile del comune di Napoli avevano periziato l'instabilità. Il costo per la realizzazione dei 6 contrafforti ammonta a euro 20.257,14 oltre Iva. Questo intervento è terminato il 13 marzo 2015 e ha consentito, trasmessa agli organi comunali la dichiarazione di eliminato pericolo, la riapertura anche dell'altra metà della carreggiata stradale, ancora chiusa al traffico.
  I fondi per questi interventi sono stati messi a disposizione e gestiti dal Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la Campania.
  In risposta al terzo quesito, ovvero quando si intendano rimuovere i muri di sostegno e ripristinare lo stato dei luoghi secondo il loro valore storico/culturale, si informa che, a seguito dell'autorizzazione della spesa di euro 450.000,00, è stato stilato un progetto di messa in sicurezza definitiva della scarpata e del muro di contenimento con l'eliminazione dei contrafforti provvisionali (barbacani).
  Il progetto prevede i seguenti interventi di consolidamento del muro di contenimento e della scarpata, con realizzazione di due ordini di tiranti attivi, con testata a scomparsa, per una profondità di circa 10 metri e realizzazione sulla scarpata di una paratia, a scomparsa, di micropali tirantati; rimozione dei barbacani provvisionali e ripristino totale della viabilità stradale; ripristino della vegetazione sulla scarpata con piantumazione delle originali essenze e rifacimento delle viminate di contenimento; ripristino del vialetto interno al parco.
  Il 24 maggio 2016 il progetto ha ottenuto l'autorizzazione della Soprintendenza Belle arti e paesaggio per il comune e la provincia di Napoli. Il competente ufficio del Genio civile di Napoli ha rilasciato l'autorizzazione sismica il 27 settembre 2016.
  Il progetto prevede un cronoprogramma dei lavori di quattro mesi, con ultimazione degli stessi e ripristino dello stato dei luoghi prevista, presumibilmente, tra il mese di aprile/maggio del 2017. Il budget disponibile è di euro 450.000,00, comprensivo di Iva, imprevisti e oneri di legge.
  Per quanto riguarda il quarto quesito, riguardante modalità e criteri di scelta della ditta appaltatrice cui affidare la rimozione dei contrafforti e di ripristino dei luoghi e l'ammontare del budget a disposizione per tali lavori, si comunica che, in data 10 novembre 2016, ricorrendone i presupposti di legge, è stata indetta procedura negoziata ai sensi dell'articolo 63 comma 2, lettera c) e comma 6 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) con consultazione di almeno cinque soggetti (ne sono stati consultati dieci), in possesso dei requisiti di categoria e classifica necessari per l'esecuzione dei lavori in questione (categoria OG2, classifica II), individuati dagli elenchi di operatori economici della stazione appaltante, da esperirsi mediante il criterio di aggiudicazione del minor prezzo, determinato mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 95, comma 4 e 97, comma 2 del citato decreto legislativo.
  Circa l'ultimo quesito posto dall'interrogante, concernente la programmazione dei fondi che saranno destinati alla riqualificazione e al risanamento dell'area, si rappresenta che la direzione del Museo di Capodimonte ha presentato una proposta di intervento nell'ambito del procedimento di definizione del Programma triennale 2016-2018, relativo al Fondo per la tutela del patrimonio culturale, previsto dall'articolo 1, comma 10, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, destinato a realizzare interventi prioritari avvalendosi delle risorse finanziarie. Per il triennio 2016-2018, il Fondo aveva una dotazione di euro 300.000.000.

  L'intervento proposto prevedeva opere per la risistemazione dell'intero muro di cinta del parco e bosco di Capodimonte in modo da ripristinare l'equilibrio e l'efficienza di tutta la fascia perimetrale (struttura muraria di confine, retrostante scarpata e sistema di regimentazione delle acque meteoriche), con l'obiettivo di eliminare il potenziale pericolo nel suo insieme, ed evitare il verificarsi di ulteriori emergenze.
  Il programma triennale 2016-2018 ha ripartito le risorse disponibili fra 239 interventi specifici per la conservazione del patrimonio culturale, distribuiti in 19 regioni (esclusa la Valle d'Aosta) e relativi a 8 settori (archeologia, arti, biblioteche, archivi, istituti centrali, istituti dotati di autonomia speciale, Istituti e musei di rilevante interesse nazionale, poli museali) e 2 interventi speciali: progetto speciale per la sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura e Progetto speciale per il cofinanziamento di interventi finanziati ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014 (legge n. 106 del 2014), cosiddetto Art-Bonus.
  Nella regione Campania sono stati finanziati sette interventi per un importo nel 2016 di euro 1.471.000,00, nel 2017 di euro 4.315.000,00 e nel 2018 di euro 2.845.000,00.
  Il progetto presentato dalla direzione del museo di Capodimonte, che prevedeva interventi per euro 6.000.000, non ha potuto trovare copertura finanziaria ma la direzione del museo ne rinnoverà la richiesta per il prossimo piano.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.


   COSTANTINO, MARCON, DURANTI, RICCIATTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra il 23 e il 24 ottobre 2016 Youssef Mouhcine, 31 anni, marocchino, si suicida nella casa circondariale di Paola, in provincia di Cosenza, inalando il gas di una bomboletta che aveva in dotazione, avvolgendosi la testa in un sacchetto di plastica, a 15 giorni dalla sua scarcerazione;
   i familiari di Mouhcine vengono avvertiti, a tumulazione avvenuta a spese dell'amministrazione, tramite telefonata che li raggiunge a Casablanca in Marocco, solo alcuni giorni dopo il decesso, il 27 ottobre, dove risiedono, nonostante la legge sull'ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 (articolo 29, comma 2) ed il relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (articolo 63, comma 1) preveda che, in casi del genere, debba esserne data immediata notizia ai familiari con il mezzo più rapido e con le modalità più opportune;
   la famiglia non può perciò riavere il corpo per seppellirlo in Marocco con il tradizionale rito islamico, come essa stessa aveva richiesto, nonostante l'ordinamento penitenziario (articolo 44, comma 3) ed il regolamento di esecuzione (articolo 92, comma 7) preveda che la salma debba essere messa immediatamente a disposizione dei congiunti e che questa venga sepolta dall'amministrazione nel caso in cui i congiunti non vi provvedano;
   il pubblico ministero della procura di Paola aveva disposto l'esame autoptico sulla salma del detenuto affidato ad un medico legale;
   Mouhcine, secondo quanto riferito dai familiari, nel corso della sua detenzione a Paola, sarebbe stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, essendo stato allocato in una cella liscia e costretto a dormire per terra sul pavimento; egli, infine, riferiva di aver subito non meglio definiti «maltrattamenti» e che non gli veniva consentito di intrattenere, con regolarità, corrispondenza telefonica con la sua famiglia;
   sul decesso di Mouhcine il consolato generale del Regno del Marocco di Palermo ha chiesto delucidazioni in merito alla direzione della casa circondariale di Paola, su sollecitazione dei familiari. Ancora nessuna risposta è stata fornita dalla direzione;
   nella stessa casa circondariale, nei mesi scorsi, è morto il detenuto Maurilio Pio Morabito, reggino di 46 anni, anche lui in prossimità del fine pena; il detenuto, nonostante avesse già compiuto atti autolesionistici e posto in essere gesti autosoppressivi, era stato allocato in una cella liscia nel reparto di isolamento, ove si sarebbe impiccato con una coperta alla grata della finestra; su tale fatto, la procura della Repubblica di Paola ha avviato un procedimento penale, al momento nei confronti di ignoti;
   nella casa circondariale di Paola, alla data del 31 ottobre 2016, a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti, erano ristretti 218 detenuti (36 in esubero), 84 dei quali stranieri; nell'istituto, come più volte denunciato dai Radicali italiani all'esito di alcune visite effettuate, non vi sono mediatori culturali, nonostante la rilevante presenza di stranieri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   con quale modalità fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto e se fosse presente il medico penitenziario al momento del decesso;
   per quali motivi i familiari di Mouhcine non siano stati tempestivamente avvisati dell'avvenuto decesso e perché l'istituto abbia provveduto a spese dell'amministrazione alla sepoltura del detenuto straniero presso il cimitero di Paola e se, per tutti questi motivi, non si ritenga opportuno adottare opportune iniziative disciplinari nei confronti del direttore;
   se nella casa circondariale di Paola, alla data odierna, vengano ancora utilizzate «celle lisce» così come recentemente attestato da una visita effettuata da una delegazione di Radicali italiani. (4-14951)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti segnalano le vicende di Youssef Mouhcine e di Maurilio Pio Massimiliano Morabito, deceduti rispettivamente il 24 ottobre 2016 ed il 29 aprile 2016, mentre si trovavano detenuti presso la casa circondariale di Paola.
  L'argomento investe, evidentemente, un tema di estrema delicatezza, su cui è concentrato il massimo impegno da parte del Ministero.
  Sugli episodi segnalati la competente articolazione ministeriale ha avviato le opportune attività di accertamento ispettivo, parallelamente alle indagini preliminari disposte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Paola.
  L'attività ispettiva, secondo quanto comunicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha consentito di ricostruire la vicenda relativa alla morte di Youssef Mouhcine nei seguenti termini.
  Il detenuto, tratto in arresto il 5 marzo 2016 ed associato presso la casa circondariale di Paola il successivo 29 aprile, stava scontando una pena definitiva a 10 mesi di reclusione, con fine pena fissato al 15 novembre 2016.
  Fin dall'accesso in istituto, il detenuto aveva manifestato problematiche relazionali, era stato, su sua richiesta, collocato in una camera detentiva singola e aveva mantenuto contatti telefonici, sia pur sporadici, con il padre.
  Lo stesso era stato seguito dai servizi sanitari e di supporto all'interno dell'istituto e la psicologa ha relazionato i risultati della osservazione nei seguenti termini:
   il detenuto ha riferito un passato di abusi di alcol, eroina e cocaina, in relazione ai quali era stato preso in carico dal Sert di Bassano del Grappa;
   ha manifestato, durante la detenzione, fluttuazioni del tono dell'umore, con fasi di innalzamento dei livelli di ansia nel corso delle quali ha messo in atto gesti autolesionistici che, tuttavia, non sono mai parsi sintomatici di un reale desiderio suicidiario, ma «connessi ad un transitorio discontrollo dell'impulsività»;
   in concomitanza di tali eventi, è stata intensificata l'attività di supporto e la frequenza delle visite psicologiche e psichiatriche, anche con prescrizione di terapia psicofarmacologica;
   nel corso dei colloqui più recenti, l'ultimo dei quali del 20 ottobre 2016, aveva raggiunto un «buon equilibrio psicoemotivo», anche in vista della prossima scarcerazione.

  La mattina del 24 ottobre 2016 il personale di polizia penitenziaria, aprendo la sua cella e facendovi ingresso, ha rinvenuto Youssef Mouhcine privo di vita, con la testa avvolta in una busta di plastica al cui interno si trovava il fornellino in uso con inserita una bomboletta del gas.
  Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, all'esito degli accertamenti ispettivi, ha comunicato che «non sono emerse responsabilità in capo al personale».
  La procura della Repubblica presso il tribunale di Paola, dal canto suo, ha comunicato di essere ancora in attesa delle risultanze della consulenza medico legale disposta per l'accertamento di cause e mezzi del decesso nell'ambito del procedimento penale, iscritto a carico di ignoti, al n. 3385/1 R.G.N.R. mod. 44.
  Quanto agli ulteriori aspetti della vicenda messi in luce nel corpo dell'interrogazione, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che la direzione dell'istituto penitenziario ha notiziato dell'evento il consolato del Marocco, non riuscendo a raggiungere direttamente al numero disponibile i congiunti, i quali venivano finalmente contattati il 27 ottobre per la partecipazione della notizia.
  In quella sede – ha comunicato l'amministrazione penitenziaria – i familiari avrebbero rappresentato difficoltà economiche per il trasporto della salma in Marocco, prestando assenso alla sepoltura del congiunto in Italia, con oneri sostenuti dal comune di Paola.
  Il Ministero degli esteri, al quale sono state richieste informazioni, non ha riferito ulteriori elementi a riguardo.
  Ancora il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che non risulta che il detenuto sia mai stato sottoposto a maltrattamenti o a trattamenti degradanti o inumani, né risulta che presso la casa circondariale di Paola siano utilizzate «celle lisce».
  Per quanto attiene alla vicenda relativa al decesso del detenuto Maurilio Pio Massimiliano Morabito, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che lo stesso, già associato alla casa circondariale di Reggio Calabria in data 1o marzo 2016, era stato trasferito presso la casa circondariale di Paola il 1o aprile 2016 in seguito a spontanee dichiarazioni con le quali il Morabito aveva manifestato timori per la propria incolumità.
  All'ingresso presso l'istituto di Paola, il detenuto aveva confermato tali timori e, conseguentemente, era stato collocato in una cella singola, con divieto di incontro con il resto della popolazione detenuta.
  In data 11 aprile, il Morabito appiccava il fuoco al materasso in dotazione, dichiarando poi al Comandante di reparto come il gesto avesse rappresentato il tentativo estremo di attirare l'attenzione sui suoi timori per l'incolumità personale in quanto – riferisce testualmente l'amministrazione penitenziaria – «temeva che i compagni di detenzione avessero intenzione di ucciderlo e di far apparire tale gesto come un suicidio».
  Dopo tale evento, la direzione della casa circondariale aveva avanzato al Provveditorato regionale richiesta di trasferimento del detenuto per motivi di ordine, sicurezza ed incolumità personale.
  La competente articolazione ministeriale ha, inoltre, comunicato che il Morabito era stato preso in carico dagli operatori penitenziari e sanitari e che durante un colloquio con lo psichiatra e lo psicologo, in data 13 aprile 2016, lo stesso aveva manifestato uno «stato di ansia diffusa, paura, tensione e un atteggiamento di circospezione e di sospettosità nei confronti dell'ambiente circostante», esprimendo il desiderio di essere trasferito in un istituto dotato di sezioni per appartenenti alla categoria «protetti» e negando, altresì, l'intenzione di non voler compiere atti di autolesionismo.
  In data 22 aprile 2016 era stato, invece, sventato un tentativo di suicidio ed in merito il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito di aver invitato la direzione della casa circondariale «all'applicazione delle circolari in materia di prevenzione dei suicidi, in particolare nella parte relativa alle corrette modalità di allocazione dei soggetti che manifestano situazioni di criticità o disagi psichiatrici».
  Riferisce, ancora, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che nei giorni antecedenti alla morte il detenuto «è stato oggetto di molteplici interventi sanitari quotidiani».
  Il 29 aprile 2016, alle ore 00.50 circa, tuttavia, il personale penitenziario, durante il giro di controllo, dava l'allarme ed il medico di turno, dopo aver praticato le manovre rianimatorie, non poteva che constatare, alle ore 01.25, il decesso per impiccagione del Morabito.
  Sul caso, l'amministrazione penitenziaria non ha ravvisato elementi di responsabilità a carico del personale addetto alla Casa circondariale.
  La procura della Repubblica presso il tribunale di Paola, per quanto comunicato dalla competente articolazione ministeriale, ha aperto sulla vicenda il procedimento penale n. 1167/16 R.G.N.R. mod. 44 che, dopo il deposito della relazione di consulenza medico legale ed all'esito degli accertamenti disposti, è stato oggetto di richiesta di archiviazione, non avendo la Procura ravvisato responsabilità di terzi ed essendo emersa una condotta suicidaria del detenuto.
  Al 22 febbraio 2017, la predetta richiesta di archiviazione risultava pendente presso l'ufficio del giudice per le indagini preliminari di Paola.
  Con riguardo alle condizioni di vita detentiva presso la predetta casa circondariale, l'amministrazione penitenziaria ha comunicato che al 16 febbraio 2017 il numero di detenuti presenti era pari a 219, a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti detentivi, ma che, ciononostante, risultano rispettati i parametri previsti dalla CEDU per garantire lo spazio vitale di ogni detenuto.
  Presso l'istituto penitenziario la sorveglianza è garantita così come il servizio di guardia medica, presente ventiquattrore su ventiquattro.
  In considerazione dell'elevato tasso di presenza di stranieri detenuti presso il carcere di Paola (in numero di 83), in maggioranza appartenenti alla comunità islamica, l'amministrazione penitenziaria ha riferito che è prossima l'adozione di un protocollo con il mondo associativo che, oltre al progetto di mediazione culturale, possa offrire ulteriori strumenti di collaborazione.
  L'iniziativa si inscrive nel solco dell'attuazione del protocollo d'intesa fra il Ministero della giustizia e l'unione delle comunità ed organizzazione islamiche italiane (U.C.O.I.I.), siglato in data 5 novembre 2015 con l'obiettivo di migliorare il modo di interpretare la fede islamica in carcere, fornendo un valido sostegno religioso e morale ai detenuti attraverso l'accesso negli istituti di persone adeguatamente preparate.
  Il progetto, attualmente in fase di sperimentazione presso otto istituti penitenziari, da un lato ha l'obiettivo di agevolare l'integrazione dei detenuti di fede mussulmana e garantire l'esercizio del diritto di culto, dall'altro intende stabilire proficue sinergie tra gli operatori volontari e gli operatori penitenziari, anche nella prospettiva del contrasto alla radicalizzazione.
  Nel mese di settembre 2016, inoltre, è stato rivolto al presidente della conferenza dei rettori delle università italiane, alla luce della convenzione appositamente stipulata dal Ministero il 27 gennaio 2016, l'invito ad interpellare gli istituti di arabistica e di scienze islamiche delle università degli studi della Repubblica per raccogliere la disponibilità di ricercatori e dottorandi di ricerca, ad operare, quali volontari, negli istituti penitenziari al fine di accrescere la comprensione e migliorare le relazioni umane con i ristretti di lingua e cultura araba.
  I casi di Youssef Mouhcine e Maurilio Pio Morabito, pur con le loro specificità, rappresentano tristi manifestazioni di un fenomeno che è alla mia costante attenzione e che mi vede direttamente impegnato in ogni iniziativa, necessaria ed utile, alla prevenzione del rischio di gesti di autolesionismo in ambiente carcerario.
  Finalità alla cui attuazione certamente concorre l'istituzione e la nomina, con decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2016 e del Presidente del Presidente della Repubblica 3 marzo 2016, del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
  Nella consapevolezza della drammaticità di ogni atto di autolesionismo, occorre osservare, sotto il profilo statistico, che a partire dal 2013 il numero di suicidi all'interno degli istituti penitenziari ha avuto un sensibile decremento.
  Tra il 2009 e il 2012, infatti, il numero di casi è stato sempre annualmente superiore a 55, con un picco di 63 nel 2011, mentre pari a 45 e 46 sono stati gli eventi degli anni 2007 e 2008.
  Grazie al miglioramento della situazione nei nostri penitenziari, il numero si è ridotto in maniera significativa, registrandosi 42 casi di suicidio nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2016 e 10 sino al 28 febbraio 2017.
  Sul piano comparativo, poi, l'Italia, secondo le statistiche ufficiali del Consiglio d'Europa, registra uno dei tassi più bassi di casi di suicidio. Nell'ultima rilevazione del 2013, si registra un tasso di 6,5 su 10.000 casi in Italia, di 12,4 in Francia, di 7,4 in Germania, di 8,9 nel Regno Unito.
  I dati restano, in ogni caso, allarmanti e impongono un eccezionale sforzo dell'amministrazione penitenziaria, cui è demandata l'attuazione dei modelli di trattamento necessari alla prevenzione di ogni pericolo.
  Nella delineata prospettiva e alla luce delle analisi e delle riflessioni svolte nell'ambito degli Stati Generali dell'esecuzione della pena, il 3 maggio 2016 ho adottato una specifica «Direttiva sulla prevenzione dei suicidi», indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prescrivendo la predisposizione di un organico piano d'intervento per la prevenzione del rischio di suicidio delle persone detenute o internate, il puntuale monitoraggio delle iniziative assunte per darvi attuazione e la raccolta e la pubblicazione dei dati relativi al fenomeno.
  In attuazione della Direttiva, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto un «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidiarie in ambito penitenziario», cui hanno fatto seguito circolari attuative trasmesse ai Provveditorati regionali.
  Le misure adottate dall'amministrazione penitenziaria attengono alla formazione specifica del personale, alla raccolta ed elaborazione dei dati ed all'aggiornamento progressivo dei piani di prevenzione. Sono state, inoltre, impartite istruzioni ai provveditorati regionali ed alle direzioni penitenziarie per la conclusione di intese con regioni e servizi sanitari locali, al fine di intensificare gli interventi di diagnosi e cura, nonché l'attuazione di misure di osservazione e rilevazione del rischio.
  L'amministrazione ha anche operato sul piano dell'organizzazione degli spazi e della vita penitenziaria, con incentivazione di forme di controllo dinamico volte a limitare alle ore notturne la permanenza nelle celle, in modo da rendere agevole l'osservazione della persona in ambiente comune e ridurre le condizioni di isolamento. Allo stesso scopo, sono state adottate misure volte a facilitare, anche attraverso l'accesso protetto ad Internet, i contatti con i familiari.
  Al fine di verificare lo stato di attuazione delle misure intraprese e delle modalità di esecuzione, al livello locale prossimo agli istituti penitenziari, delle disposizioni contenute nella direttiva sulla prevenzione dei suicidi e sollecitarne, ove necessario, la completa e rapida attuazione, lo scorso 3 marzo si è svolta presso il Ministero della giustizia una riunione nel corso della quale ho incontrato, con il capo di Gabinetto, tutti i referenti centrali e periferici dell'amministrazione penitenziaria. Sono state, inoltre, programmate attività di monitoraggio e verifica periodica degli interventi di prevenzione delineati, attività che saranno svolte istituto per istituto.
  Con la riunione del 3 marzo si è dato l'avvio ad un tavolo in convocazione permanente che esaminerà costantemente i dati relativi allo stato di attuazione della direttiva che ogni referente è tenuto a raccogliere ed a trasmettere attraverso apposito monitoraggio. Le successive riunioni del tavolo, a partire dalla prima, si svolgono con stringente cadenza periodica.
  Il tema è stato, inoltre, affrontato anche nella riunione con i referenti dei tavoli tematici degli Stati generali dell'esecuzione penale che, nell'ambito delle attività di monitoraggio dell'attuazione delle linee di intervento ivi declinate, si è tenuta il 22 marzo 2017.
  L'azione sin qui intrapresa risulterà ulteriormente rafforzata dalle misure contenute nella riforma dell'ordinamento penitenziario, appena approvata dal Senato, che permetterà di introdurre strumenti adeguati per garantire una funzione davvero recuperatoria e risocializzante, in chiave costituzionalmente orientata, all'esecuzione penale.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 settembre 2014 il treno RV (regionale veloce) della tratta Novara-Milano delle ore 9,05 ha regolarmente sostato presso la stazione della città di Novara;
   al momento dell'arrivo del treno si poteva notare come le prime 3 carrozze fossero vuote e con le porte bloccate;
   a quel punto il capo treno ha provveduto ad informare i passeggeri in procinto di salire a bordo del treno di tornare indietro nelle carrozze precedenti alle 3 di testa dicendo che avrebbero potuto esserci posti a sedere;
   salendo sulle carrozze indicate, si poteva spiacevolmente notare come tutti i posti fossero occupati e come già diversi passeggeri fossero costretti a viaggiare in piedi;
   la situazione, come facilmente immaginabile, è andata peggiorando esponenzialmente con l'incremento di passeggeri dovuto alle soste presso le stazioni ferroviarie di Magenta e Rho;
   credendo che il trasporto pubblico ferroviario possa essere una delle soluzioni più sostenibili, si ritiene che l'utente debba essere incentivato all'utilizzo del mezzo pubblico, senza essere costretto ad optare a soluzioni di trasporto alternative sicuramente più impattanti su traffico e ambiente al fine di evitare disagi e stress a causa dei numerosi disservizi –:
   se sia noto al Ministro interrogato quali siano le motivazioni che possono spingere Trenitalia a chiudere con frequenza allarmante diverse carrozze passeggeri su una tratta particolarmente utilizzata quotidianamente da pendolari abbonati e non al servizio;
   se tale limitazione delle carrozze utilizzabili sia imputabile ad un limite imposto ad ogni capo treno da Trenitalia sul numero di carrozze gestibili dagli stessi, indipendentemente dal numero effettivo di passeggeri che fruiscono del servizio. (4-06032)


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 settembre 2014 l'interrogante ha presentato l'atto di sindacato ispettivo a risposta scritta n. 4-06032 (ad oggi ancora senza risposta) avente come oggetto la ripetuta chiusura di diverse carrozze dei treni sui tragitti Torino – Milano e Milano – Torino causando spesso, vista l'alta concentrazione di pendolari che utilizzano la linea, un sovraffollamento inaccettabile;
   da diverse fonti stampa si apprende come parrebbe che le chiusure delle carrozze siano dovute alla mancanza di organico attivo sui treni;
   tali situazioni, come facilmente riscontrabile da diverse testate online locali, non solo si ripetono sul tratto ferroviario citato con una frequenza preoccupante, ma pare stiano vedendo protagoniste anche linee considerate minori (più che per l'importanza, per numero di treni attivi);
   si parla in particolar modo delle linee da e per la stazione ferroviaria di Domodossola (VCO), che negli ultimi mesi stanno vedendo ritardi dovuti a maltempo, inspiegabili chiusure di carrozze e guasti;
   credendo ancora che il trasporto pubblico ferroviario possa essere una delle soluzioni più sostenibili, l'interrogante ritiene che l'utente debba essere incentivato all'utilizzo del mezzo pubblico, senza essere costretto ad optare per soluzioni di trasporto alternative sicuramente più impattanti su traffico e ambiente al fine di evitare disagi e stress a causa dei numerosi disservizi –:
   se trovino conferma le motivazioni citate secondo cui Trenitalia e Trenord chiuderebbero indiscriminatamente diverse carrozze passeggeri su una tratta particolarmente utilizzata quotidianamente da pendolari abbonati con una frequenza allarmante per mancanza di personale attivo sui treni;
   come si pensi di risolvere tale situazione al fine di incentivare quanto più possibile l'utilizzo dei mezzi a rotaie per i pendolari a discapito degli autoveicoli.
(4-13355)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto ad impianti fissi e il trasporto pubblico locale di questo Ministero e dalla società Ferrovie dello Stato.
  Occorre premettere che i collegamenti ferroviari di interesse locale sulla relazione Torino-Milano e viceversa la cui programmazione rientra nelle competenze delle singole regioni sono disciplinati da contratti di servizio stipulati tra la società Trenitalia e le regioni in applicazione del disposto di cui al decreto legislativo n. 422 del 1997.
  Tuttavia, detti servizi sono oggetto di un processo di razionalizzazione ed efficientamento previsto dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012 così come modificato ed integrato dall'articolo 1 comma 301 della legge di stabilità 2013.
  Tale processo di efficientamento e razionalizzazione è oggetto di verifica da parte di questo Ministero.
  Qualora gli obiettivi di miglioramento del rapporto ricavi-costi e del load factor dei servizi in parola non fossero raggiunti, questa Amministrazione provvederà ad applicare una penalizzazione alla regione nei limiti massimi del 10 per cento delle risorse assegnatele sul fondo dal richiamato articolo 16-bis.
  Per quanto riguarda in particolare le problematiche poste dall'interrogante la società Ferrovie dello Stato ha comunicato che nel periodo indicato in conseguenza di una ridotta disponibilità di personale di accompagnamento ai treni. Trenitalia ha effettuato una temporanea rimodulazione dei turni del personale di bordo che ha comportato, talvolta, la chiusura al servizio commerciale di alcune carrozze sui treni regionali in servizio tra Torino e Milano.
  Dalla metà del mese di ottobre 2016 tale criticità è stata risolta dall'impresa ferroviaria attraverso l'immissione in servizio di nuovo personale (capi servizio treno) che era stato assunto non appena riscontrato il problema, assicurando in tal modo per tutti i treni in servizio la disponibilità della piena composizione di 11 carrozze.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   D'UVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 113 «Settentrionale Sicula» (S.S. 113) è un'arteria stradale gestita dalla società Anas che collega i centri abitati compresi tra Trapani e Messina lungo la costa settentrionale della Sicilia;
   frequenti interruzioni, tuttavia, si sono determinate, nel corso degli ultimi anni, a causa di importanti eventi franosi i quali, oltre a creare disagi per la viabilità, hanno più volte messo a rischio l'incolumità degli automobilisti;
   il comune di Piraino (Messina), in particolare, risulta essere la località più colpita dai cedimenti dei costoni presenti nei pressi della strada statale, a causa delle preoccupanti condizioni di dissesto idrogeologico in cui questi versano;
   in data 28 gennaio 2015 la società Anas comunicava «che sulla strada statale 113 «Settentrionale Sicula» un tratto è provvisoriamente chiuso al traffico a causa di una frana al km 92,800, a Piraino, in provincia di Messina. Alcuni massi sono caduti sul piano viabile e non hanno comportato danni a persone o veicoli in transito»;
   a quasi un anno di distanza, un nuovo evento franoso veniva riportato dal quotidiano consultabile online «La Repubblica – Palermo», con articolo pubblicato in data 13 marzo 2016;
   secondo quanto riferito dall'articolo «due frane nella notte, a pochi chilometri una dall'altra, lungo la strada statale 113 Settentrionale sicula» hanno causato, infatti, una nuova interruzione dell'arteria stradale;
   il quotidiano riporta come «prima l'Anas ha chiuso al traffico un tratto al chilometro 81, tra Patti e Gioiosa Marea, in provincia di Messina. La circolazione è ora provvisoriamente deviata, tra il chilometro 80,750 e il chilometro 81,350, all'interno della frazione di San Giorgio. Poi, per l'altra frana dovuta alle intense piogge della scorsa notte, l'Anas ha chiuso un secondo tratto della statale 113 al chilometro 91,700, a Piraino. La circolazione è adesso provvisoriamente deviata su strade secondarie segnalate sul posto»;
   nonostante la frequenza degli avvenimenti franosi, non risultano all'interrogante operazioni di messa in sicurezza dei tratti interessati nel corso degli ultimi mesi, se non limitatamente al ripristino della viabilità stradale;
   le attuali condizioni di dissesto del costone sottostante la strada statale 113 a Gliaca di Piraino pongono con urgenza la necessità di verificare eventuali nuovi pericoli per l'incolumità degli automobilisti, ponendo in essere interventi di messa in sicurezza, ove necessari, del tratto di territorio interessato –:
   se siano a conoscenza dell'attuale stato di dissesto idrogeologico dei costoni rocciosi attigui alla strada statale 113 in località Piraino (Messina), condizione che nel corso degli ultimi anni ha determinato il verificarsi numerosi eventi franosi lungo il tratto della «Settentrionale Sicula», con grave rischio per l'incolumità degli automobilisti che la percorrono;
   se si intenda verificare se siano stati effettuati interventi strutturali dalla società Anas al fine di garantire la pubblica sicurezza nel tratto della strada statale 113 «Settentrionale Sicula» in località Piraino (Messina). (4-15686)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si comunica quanto pervenuto da Anas S.p.A e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM).
  Il tratto della strada statale (SS) 113 settentrionale sicula, compreso tra il km 91 +700 e il km 94+650, in località Gliaca nel territorio comunale di Piraino (ME), risulta classificato, nel vigente piano di assetto idrogeologico (P.A.I), quale zona ad elevato rischio di dissesto.
  A seguito di alcuni smottamenti dei costoni rocciosi posti a monte della citata statale, Anas si è tempestivamente attivata al fine di ripristinare la transitabilità viaria, con ripetuti interventi di rimozione dei detriti dal piano stradale oltre ad effettuare la bonifica ed il disgaggio del materiale instabile presente lungo le pendici in frana, ancorché ubicate in aree poste al di fuori del confine stradale.
  Peraltro, ANAS riferisce che la notevole complessità geomorfologica dei siti in argomento, necessita, di interventi ambientali che prevedono lavori a carattere definitivo, mediante opere di consolidamento dei versanti tali da contrastare il fenomeno di erosione delle coste. Attività, queste, che richiedono necessariamente il coinvolgimento degli enti preposti alla tutela del territorio.
  Per quanto riguarda, invece, gli interventi di competenza Anas, la medesima società fa sapere di aver deliberato nell'aprile 2016, un impegno di spesa pari a circa 40.000 euro, finalizzato al ripristino della transitabilità sulla strada statale 113, a seguito della frana che ha interessato la statale nel tratto compreso tra il chilometri 91+750 e il chilometri 91+900 e ha programmato, nel Piano 2016-2018 un investimento di circa 2,4 milioni di euro per il tratto di statale compreso tra i chilometri 80+700 e 125+000 e per altri tratti saltuari.
  Anas riferisce che tale intervento potrà essere confermato nel Contratto di programma 2018, in funzione delle risorse finanziarie disponibili.
  Inoltre, Anas fa saper di esser disponibile, d'intesa con il comune di Gioiosa Marea e la regione Sicilia, per la costituzione di un tavolo tecnico finalizzato alla programmazione di attività di monitoraggio da svolgere sui territori soggetti a fenomeni franosi.
  In merito poi agli aspetti ambientali, il Mattm fa sapere che, consapevole delle criticità idrogeologiche che interessano il territorio nazionale, sta operando al fine di rispondere alle esigenze rappresentate dal territorio.
  A tal riguardo, il Mattm ferisce che è stato avviato il Piano operativo nazionale per il periodo 2015-2020, definito dalle proposte di finanziamento di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico presentate dalle regioni attraverso l'utilizzo del sistema/repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo (ReNDiS).
  Con riferimento al suddetto Piano, da una verifica effettuata nel sistema ReNDiS in data 1o marzo 2017, risultano presenti quattro proposte di finanziamento validate dalla regione siciliana, di cui si riporta il dettaglio nella seguente tabella, relative ad interventi ricadenti nel territorio comunale di Piraino.

Immagine prelevata dal resoconto

  Il Mattm fa presente che tutte le richieste avanzate e validate dalla regione saranno valutate al fine della loro ammissibilità secondo la procedura prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 maggio 2015 relativo alla «Individuazione dei criteri e delle modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico», qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie.
  In tal modo sarà garantita la necessaria trasparenza nella programmazione delle risorse finanziarie rese disponibili e la migliore efficacia del loro utilizzo rispetto agli obiettivi di protezione dell'incolumità di persone e beni esposti a rischio idrogeologico.
  Il Mattm riferisce, inoltre, che nella seduta del 1o dicembre 2016 il comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) ha approvato il Piano operativo ambiente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che prevede, tra l'altro, interventi a tutela del territorio e delle acque per un totale di 1,6 miliardi di euro, di cui oltre 273 milioni di euro per rischio idrogeologico, parte dei quali destinati alla realizzazione di interventi nella regione Sicilia.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il lavoro notturno deve godere di particolari tutele come espresso a norma di legge;
   i servizi espletati per la tutela di terzi durante la notte sono fondamentali anche a garantirne l'incolumità e la risposta a necessità assistenziali di diversa natura;
   il trasporto passeggeri notturno è un servizio fondamentale per numerosa utenza che si sposta lungo l'Italia per lavoro;
   il servizio passeggeri su rotaia è effettuato di notte solamente da Trenitalia con i vari ICN (Intercity Notte), che offre un numero limitato di posti a sedere, circa poco più di un centinaio, e alcune carrozze dedicate alle cosiddette cuccette nell'ordine di un minimo di quattro a scompartimento;
   il servizio a bordo delle stesse è espletato da personale appaltato da Trenitalia a cooperative di servizi;
   il personale in servizio indossa divise ben confondibili con quelle di Trenitalia pur non essendone dipendente e quindi non percependo le stesse indennità dei lavoratori ex Ferrovie dello Stato;
   i turni del personale in servizio sono spesso estenuanti –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia garantita una migliore condizione di lavoro ai lavoratori delle cooperative appaltate da Trenitalia per il servizio notturno. (4-16818)

  Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente alle condizioni di lavoro del personale di cooperative di servizi impiegato da Trenitalia per l'espletamento del servizio notturno — si rappresenta quanto segue.
  Trenitalia spa effettua il servizio Intercity Notte in base al contratto di servizio stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'economia e delle finanze. Tra le attività necessarie all'esercizio di tale servizio vi sono quelle relative al così detto «servizio di accompagnamento», affidate da Trenitalia spa in appalto al Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) composto dalla cooperativa Angel Service Scarl e dalla società Ge.com spa. Il servizio è svolto dall'appaltatore a proprio rischio, con proprio personale e nel rispetto della vigente normativa in materia di lavoro.
  Ciò posto, occorre evidenziare che la materia degli appalti nel settore ferroviario è regolata dall'articolo 16 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) della mobilità/area contrattuale attività ferroviarie, stipulato tra l'agenzia confederale dei trasporti e servizi (aderente a Confindustria) e le organizzazioni sindacali. Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha reso noto che tale contratto è applicato anche da Trenitalia spa in quanto società appartenente al gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
  In particolare, il predetto articolo stabilisce che «le aziende appaltanti, al fine di consentire una più efficace tutela dei lavoratori, inseriranno nei contratti di appalto apposite clausole che impegnino le imprese appaltatrici al rispetto di tutte le normative vigenti in materia di sicurezza e igiene del lavoro, nonché all'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro del settore merceologico di riferimento».
  Conseguentemente, al personale del raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Angel Service Scarl e Ge.com spa deve essere applicato il predetto Contratto collettivo nazionale di lavoro della mobilità/area contrattuale attività ferroviarie, sia per la parte normativa che per quella economica.
  Da ultimo, con riferimento a quanto rilevato dall'interrogante, si ritiene opportuno precisare che il personale che svolge il «servizio di accompagnamento» è dotato di divise fornite dall'appaltatore le cui caratteristiche sono in linea con la brand image (immagine della marca) degli Intercity Notte.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiMassimo Cassano.


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Cipe, con propria deliberazione n. 91 del 6 dicembre 2011, «Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa», ha approvato il «Piano di riparto delle risorse stanziate dall'articolo 63, commi 12 e 13, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008», che vede al primo posto della graduatoria degli interventi da finanziare quello relativo alla «Riqualificazione della tranvia extraurbana Milano-Limbiate, 1° lotto funzionale Milano Comasina-deposito Varedo», prevedendo un finanziamento erogabile pari a 58.934.983,20 euro;
   oltre al Cipe, anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha considerato fortemente strategico e valutato meritevole di finanziamento il progetto, rispondendo inoltre favorevolmente a tre interpellanze nelle quali si chiedeva conferma dello stanziamento dei fondi governativi;
   nel documento condiviso di Anci e regione Lombardia presentato al Governo, tra gli interventi strutturali previsti si evidenziano quelli contenuti al punto 8: «Finanziare prioritariamente e realizzare le infrastrutture del trasporto pubblico locale previste dalla pianificazione regionale (Piano regionale mobilità e trasporti, dicembre 2015) e dalla programmazione locale e spostare progressivamente gli incentivi del trasporto merci su gomma al trasporto merci su ferrovia»;
   l'articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 185 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, ha disposto la revoca delle risorse finalizzate alla realizzazione della riqualificazione tranvia extraurbana Milano-Limbiate, 1° lotto funzionale, e la loro destinazione, al fine di accelerarne la messa a disposizione e l'effettiva utilizzabilità, anche in attuazione dell'articolo 1, comma 101, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, alla società Expo s.p.a. per fare fronte al mancato contributo della provincia di Milano;
   l'intervento infrastrutturale è inserito in un'area ad elevata domanda di mobilità e rientra nel programma di potenziamento del complessivo sistema di trasporto pubblico locale in sede protetta (metropolitane, tranvia o mezzi che viaggiano su corsie dedicate);
   Milano è la città italiana con la peggiore qualità dell'aria. Nel 2015, per 86 giorni la concentrazione di particolato nell'aria (Pm10) ha fatto registrare livelli due volte superiori ai limiti di legge (50 microgrammi per metro cubo) –:
   se e con quali tempistiche, anche in ottemperanza all'ordine del giorno in Assemblea n. 9/03495/031 accolto dal Governo, si intendano adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare le risorse finalizzate alla realizzazione della riqualificazione della tranvia extraurbana Milano-Limbiate. (4-14911)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi e il trasporto pubblico locale di questo ministero.
  Occorre premettere che per l'intervento relativo alla riqualificazione della tranvia extraurbana Milano-Limbiate 1o lotto funzionale: Milano Comasina-deposito Varedo, con delibera Cipe del 6 dicembre 2011 n. 91, l'allora provincia di Milano è risultata assegnataria di risorse pari a 58,94 milioni di euro ai sensi della legge n. 133 del 2008.
  Il decreto-legge 25 novembre 2015 n. 185, convertito dalla legge il 22 gennaio 2016 n. 9, ha revocato il suddetto contributo statale e tali risorse sono state destinate alla società Expo S.p.A. per fare fronte al mancato contributo della provincia di Milano.
  La suddetta direzione generale ha segnalato che già alla fine del 2014, l’iter procedurale per la conferma del finanziamento era stato sospeso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in mancanza del perfezionamento dei provvedimenti necessari alla conferma delle fonti finanziarie per il cofinanziamento dell'opera e del completamento della documentazione progettuale già sollecitata con la numerosa corrispondenza intercorsa.
  Attualmente, l'intervento è stato inserito tra quelli da cofinanziare con le risorse del fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020, nell'area tematica «lnfrastrutture» – settore metropolitane, con un contributo di 59,00 milioni di euro (importo pari a quanto revocato nel gennaio 2016) ripartito secondo il seguente piano della spesa:

Immagine prelevata dal resoconto

  A completamento dei fondi sviluppo e coesione la copertura finanziaria per la realizzazione dell'intervento del costo complessivo di 98,22 milioni di euro è garantita da quanto previsto dall'accordo interistituzionale del 3 agosto 2012 sottoscritto fra i vari enti locali interessati all'intervento sottoriportati:

Immagine prelevata dal resoconto

  Il soggetto attuatore sulla base del protocollo di intesa del 26 maggio 2006 era la provincia di Milano (ora città metropolitana di Milano). Alla luce delle recenti modifiche istituzionali le parti intendono modificare lo schema di accordo iniziale, individuando il comune di Milano quale soggetto attuatore in luogo della provincia.
  Il Cipe nella seduta del 1o dicembre 2016 ha approvato il piano operativo infrastrutture nel quale, è inserito, il finanziamento dell'opera in questione, la delibera è in corso di formalizzazione.
  Successivamente alla pubblicazione Gazzetta Ufficiale della suddetta delibera, questa amministrazione procederà alla stipula di una Convenzione con il comune di Milano.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   diversi cittadini segnalano al deputato interrogante l'incresciosa situazione di disservizio a cui sono sottoposti i pendolari ferroviari della tratta Caserta-Cassino;
   secondo tali cittadini le ragioni di questi disservizi sono da ricercarsi nelle pessime condizioni dei convogli e della linea, laddove la motivazione ufficiale sarebbe invece legata a non meglio precisati furti di cavi di rame tra le stazioni di Teano e Vairano Scalo;
   a tale furto – sempre secondo quanto segnalano alcuni pendolari – sarebbero seguiti ipotetici e mai provati ripristini del materiale mancante. Tuttavia, alla luce del protrarsi dei pesanti ritardi, è lecito che sorga il dubbio che il materiale non sia mai stato sostituito o che la reiterazione dei furti sia causata da una cattiva sorveglianza degli impianti o, peggio ancora, ad una organizzazione dedita alla continua sottrazione di tali cavi;
   peraltro, occorre segnalare che l'inconferenza tra i fatti e la motivazione ufficiale è ulteriormente dimostrata dalla circostanza per cui i ritardi non sono omogenei, ma casuali (ad esempio il treno X viaggia con cinque minuti, il treno Y con due ore ed il treno Z in perfetto orario, pur circolando nella stessa fascia oraria sullo stesso percorso);
   nonostante gli impegni e l'elevato numero di pendolari, la sensazione dei cittadini è che si provveda a «stancare» gli utenti per costringerli ad adottare mezzi privati alternativi ed inquinanti, ben consci che né la regione Campania né la regione Lazio, a differenza di altri enti territoriali, chiederanno mai il pagamento delle dovute penali o impugneranno i contratti di servizio a causa dell'interruzione immotivata dei servizi stessi e di una gestione allegra degli orari –:
   quali siano i progetti per il pubblico servizio di trasporto passeggeri della rete ferroviaria tra le stazioni di Caserta e Cassino a vantaggio degli utenti dell'area denominata Terra di Lavoro (famosa anche per gli interramenti di materiale tossico);
   se, in considerazione del fatto che Trenitalia avrebbe annunciato l'intenzione di dismettere la tratta al fine di favorire la linea tirrenica AV, sia possibile avviare subito le procedure per l'individuazione di gestore alternativo per il servizio pubblico ferroviario in Terra di Lavoro;
   quale sia la destinazione a bilancio delle somme che Trenitalia recupera dalla soppressione di treni sulla tratta Caserta-Cassino;
   quali ulteriori informazioni sulla vicenda siano in possesso del Ministro interrogato e quali ulteriori intenzioni abbia il Governo, per quanto di sua competenza, al fine di migliorare le condizioni di viaggio di migliaia di cittadini pendolari.
(4-03129)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo ai disservizi sulla tratta ferroviaria Caserta-Cassino, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la direzione generale per i sistemi di trasporto ad impianti fissi ed il trasporto pubblico locale di questo Ministero e la società ferrovie dello Stato.
  Preliminarmente occorre premettere che la programmazione dei servizi regionali, che assicurano principalmente la mobilità della clientela pendolare, è di competenza delle singole regioni i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalle regioni stesse, nonché i relativi standard qualitativi e i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dai parametri contrattualmente stabiliti.
  Per quanto riguarda, in particolare, la situazione del materiale rotabile utilizzato per il servizio ferroviario regionale in Campania Ferrovie dello Stato evidenzia che con il recente rinnovo del contratto di servizio sino al 31 dicembre 2023, è previsto il finanziamento da parte della regione dell'acquisto di ulteriori 12 convogli di nuova generazione, che andranno ad aggiungersi ai 12 già consegnati nel 2016. La possibile prosecuzione del rapporto contrattuale con Trenitalia sino al 2032 – alla quale si sta lavorando nel rispetto del Regolamento CE 1370/2007 – comporterebbe, peraltro, la disponibilità delle risorse necessarie per il rinnovamento pressoché completo del parco rotabili regionale.
  Ferrovie dello Stato, inoltre, fa presente che l'offerta regionale sulla relazione Napoli-Caserta-Cassino e viceversa è costituita da 12 coppie di collegamenti giornalieri per un totale di oltre 13.500 posti/giorno complessivi a fronte di una media di circa 10.000 viaggiatori/giorno. Il materiale rotabile attualmente impiegato sulla direttrice in questione (convogli «Minuetto», TAF e Carrozze Media Distanza) è conforme ai requisiti di qualità e sicurezza previsti dalla normativa vigente e viene regolarmente sottoposto ad operazioni di manutenzione programmata secondo piani manutentivi che ciclicamente si ripetono, in base alla percorrenza chilometrica e/o alla scadenza temporale prevista, con varie fasi di controllo, verifiche ed interventi effettuati a livelli differenti.
  Per quanto riguarda i ritardi comunica, altresì, che sulla relazione Napoli-Caserta-Cassino la puntualità registrata nel primo bimestre 2017 è stata pari al 90,8 per cento con un apprezzabile incremento rispetto al valore del 2016.
  In merito ai furti di cavi di rame, l'impresa ferroviaria evidenzia che l'azione congiunta portata avanti dalle forze di polizia e dal personale ferroviario ha consentito di limitare al massimo gli episodi di furti di cavi di rame lungo la linea ferroviaria con conseguente riduzione delle anormalità di circolazione derivanti da tali eventi: l'indice di affidabilità del servizio tra Napoli e Cassino, infatti, nel trascorso mese di febbraio ha registrato un livello di soppressione delle corse inferiore all'1 per cento del volume del servizio.
  Secondo quanto stabilito dal nuovo contratto di servizio, in caso di soppressione, per responsabilità del Gruppo FSI, di treni regionali superiore allo 0,5 per cento dei volumi programmati, in sede di monitoraggio della qualità dei servizi erogati, la regione applica a Trenitalia le penali previste dal contratto stesso.
  Con riferimento, infine, alla possibilità di una dismissione del servizio sulla relazione Napoli-Caserta-Cassino, Trenitalia comunica che la regione Campania, committente del servizio alla quale compete la relativa programmazione, non ha manifestato alcun intendimento in tal senso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante sono giunte alcune segnalazioni relative alla vicenda del punto vendita della Mercatone Uno di Arzano in provincia di Napoli. Di seguito sono sinteticamente ripercorsi gli eventi che hanno riguardato tale questione negli ultimi mesi;
   il 19 gennaio 2015 vi è stata l'ammissione al concordato preventivo che prevedeva la sospensione di 35 punti vendita. Ciò è avvenuto nonostante i bilanci degli anni 2012, 2013 e 2014 fossero stati positivi;
   il 1° marzo del 2015, secondo quanto segnalato all'interrogante, viene assunta una prima decisione vissuta dai dipendenti come una «forzatura»: nonostante i dipendenti del punto vendita di Arzano siano inseriti nel gruppo degli esclusi, l'azienda decide di inserire nell'organico del citato punto vendita 7 unità in quel momento in cassa integrazione guadagni in seguito alla chiusura del punto vendita di Capodrise (Caserta) chiuso nel marzo 2014; in seguito a tale decisione, i successivi 7 e 8 marzo i lavoratori hanno indetto uno sciopero, in seguito al quale non viene ottenuta l'auspicata sensibilizzazione delle, organizzazioni sindacali, che di fatto non hanno reagito in alcun modo alla sopra descritta decisione vissuta dai dipendenti come una «forzatura»; lo sciopero viene confermato dal 21 marzo al 26 aprile, in seguito alla richiesta di svendita totale della merce. Il 7 aprile il Governo concede la cassa integrazione guadagni straordinaria, in applicazione del cosiddetto «decreto Marzano»;
   dal 27 aprile 2015 riprendono le attività del punto vendita con una svendita della merce; nel frattempo, vengono impiegati alcuni dipendenti del punto vendita di Mirabella Eclano (Avellino);
   il 15 giugno 2015 il punto vendita è sospeso e tutti i dipendenti sono collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria fino al 6 aprile 2016 (in seguito prorogata di un altro anno fino al 6 aprile 2017);
   nei mesi successivi, in seguito ad alcuni incontri presso il Ministero dello sviluppo economico, il punto vendita di Arzano viene inserito nell'elenco di quelli di prossima riapertura. Mentre tutti riaprono con il riassorbimento di tutta la forza lavoro, solo per il punto vendita di Arzano vengono poste delle condizioni: viene richiesto un accordo in deroga a quello nazionale; l'azienda richiede la cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per 15 dipendenti per tutta la durata della Cassa;
   nel gennaio 2016, in seguito ad una riunione presso una sede sindacale di Napoli alla quale presenziano circa 25 dipendenti, viene annunciato che verranno richiamate al lavoro solo 20 persone per un inventario della durata di 2 giorni alla fine del mese; due giorni dopo l'azienda contatta alcuni dipendenti invitandoli a presentarsi a lavoro il 15 gennaio;
   in tale data, viene annunciato che l'inventario si protrarrà per 15 giorni e per tale attività vengono utilizzati anche alcuni lavoratori precedentemente in servizio presso il citato punto vendita di Mirabella Eclano, con evidente discriminazione dei 23 lavoratori del punto vendita di Arzano in cassa integrazione guadagni straordinaria. Anche in questo caso non risulta alcuna reazione da parte sindacale;
   il 21 marzo 2016, si tiene una ulteriore riunione presso una sede sindacale di Napoli tra il sindacato e l'azienda, con la partecipazione di due dipendenti. In tale occasione, l'azienda opera qualche piccola modifica alle sue richieste: anziché 15 dei dipendenti fissi in cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore, chiede la rotazione ogni 10 mesi per 6/9 persone. Il sindacato propone una rotazione su 6/8 mesi. A tal proposito, occorre sottolineare come non sia chiaro: a) il senso di una rotazione ogni 10 mesi se ne sono previsti ancora 12 di cassa integrazione guadagni straordinaria; b) quali sarebbero i criteri di scelta per la rotazione; c) per quale ragione il sindacato abbia fatto una controproposta in contraddizione con le richieste dei lavoratori rappresentati che vanno nella direzione del reintegro di tutta la forza lavoro;
   da ultimo, il 25 marzo 2016, 25 dipendenti del punto vendita di Arzano, che rappresentano la maggioranza dei lavoratori, sottoscrivono un documento nel quale si chiede il rispetto degli accordi firmati da tutti i sindacati in sede ministeriale, che prevede la cassa integrazione a rotazione per tutti ed in modo equo –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di doversi attivare, per quanto di competenza, affinché, nell'ambito dei tavoli tecnici, si sottoponga all'azienda l'opportunità di accettare l'illustrata proposta dei lavoratori che consentirebbe di distribuire il sacrificio su tutti i dipendenti, salvaguardando i livelli occupazionali; se i Ministri interrogati non ritengano di dover vigilare con maggiore attenzione sull'applicazione degli ammortizzatori sociali concessi all'azienda in questione. (4-12959)

  Risposta. — Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, rappresentando quanto segue.
  In data 2 aprile 2015, il gruppo Mercatone Uno ha presentato istanza per l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 recante «Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza».
  La procedura è stata aperta in data 7 aprile 2015 e sono stati nominati commissari straordinari i quali hanno presentato un programma di cessione delle aziende, ai sensi dell'articolo 27, comma 2 del decreto legislativo n. 270 del 1999. Il Programma autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico in data 14 gennaio e 20 maggio 2016, è stato recentemente prorogato sino al 15 gennaio 2018.
  Il primo bando per la raccolta di offerte vincolanti per l'acquisto dei complessi aziendali è andato deserto. I commissari sono stati, pertanto, autorizzati lo scorso 10 febbraio 2017 a dare corso ad una nuova procedura di vendita, tuttora in corso di svolgimento.
  I commissari hanno riferito che durante il periodo in A.S. sono stati riaperti al pubblico alcuni punti vendita della M. Business S.r.l. in A.S., la cui attività era stata sospesa dalla società in bonis.
  Nel programma di cessione è stata prevista la riapertura dei punti vendita di Arzano (NA), Mappano (To), Pessano con Bornago (Mi) ma, a causa della perdurante situazione di crisi economica e finanziaria e dell'entità delle somme necessarie per la relativa ristrutturazione e per l'approvvigionamento delle merci, non è stato ancora possibile provvedere a tali riaperture.
  Fermo quanto sopra segnalato, si sottolinea che le prospettive di continuità produttiva dell'azienda Mercatone Uno sono strettamente legate alla attuazione del programma di cessione aziendale in corso di esecuzione. La cessione avverrà in continuità di gestione e tutte le offerte dovranno dare concrete prospettive di continuità delle attività c di mantenimento dell'occupazione.
  Il prossimo incontro del tavolo tecnico di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico (l'ultimo si è svolto il 19 gennaio ultimo scorso) si terrà allorché sarà possibile verificare l'andamento della cessione alla luce delle manifestazioni di interesse e delle offerte che perverranno.
  In merito alla questione posta dall'interrogante circa le problematiche occupazionali della società Mercatone Uno (M BUSINESS SRL) inerenti il punto vendita di Arzano (Napoli), si rappresenta che il competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha reso noto che, a seguito dell'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della società con decreto direttoriale del 27 luglio 2015 ha autorizzato, ai sensi dell'articolo 10-ter della legge n. 236 del 1993, la corresponsione per il periodo dal 7 aprile 2015 al 06 aprile 2016, del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti della società in parola, dislocati nelle diverse sedi sul territorio nazionale per complessive 3071 unità, ivi inclusa la sede di Arzano (Napoli) che occupava 45 dipendenti.
  Inoltre, con successivi decreti direttoriali, rispettivamente dell'8 febbraio 2017 e del 22 febbraio 2017, a seguito dei decreti del Ministero dello sviluppo economico con i quali è stata autorizzata prima la prosecuzione e, successivamente la proroga del termine di esecuzione del programma proposto dal commissario straordinario, è stato prolungato il trattamento di integrazione salariale sino al 4 gennaio 2018, a favore del personale occupato nella sede di Arzano (Napoli), nel frattempo ridotto a 44 unità lavorative.
  Questo Ministero, comunque, continuerà a monitorare attentamente la vicenda e si riserva di fornire ulteriori informazioni all'esito dello svolgimento della procedura di gara per la cessione dei complessi aziendali, tutt'ora in corso.
Il Ministro dello sviluppo economicoCarlo Calenda.


   MARCO DI MAIO e MOLEA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un'ondata di maltempo tutt'altro che eccezionale ha colpito il territorio della provincia di Forlì-Cesena nelle giornate di lunedì 6 e martedì 7 marzo 2017;
   le piogge hanno causato una frana, avvenuta alle 4.30 del 7 marzo, sulla strada statale n. 67 del Muraglione Forlì-Firenze, in località Campaccio, in comune di Portico e San Benedetto, nel medesimo punto, ovvero il chilometro 148+600;
   l'evento ha prodotto l'immediata chiusura della strada statale con i conseguenti disagi al traffico e portando all'isolamento di fatto l'intero abitato di San Benedetto;
   la frana è avvenuta nel medesimo punto in cui esattamente 4 anni fa si è verificato un fenomeno analogo, con le stesse conseguenze in termini di disagi;   sono stati programmati da parte di Anas cospicui investimenti per la sistemazione del tratto toscano della strada statale n. 67 mentre non sono previsti interventi di particolare rilievo (fatte salve le ordinarie manutenzioni) nel tratto romagnolo della medesima arteria, nonostante i progetti da tempo presentati e la sua funzione strategica per la viabilità del centro-Italia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno verificare la qualità dei lavori effettuati sullo stesso punto in cui quattro anni fa si era già verificata una frana di queste dimensioni;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere investimenti strutturali di adeguato importo sul tratto romagnolo della strada statale n. 67 per rendere più fluido il traffico veicolare e prevenire altri fenomeni legati al dissesto idro-geologico. (4-15839)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas.
  Alle ore 4.30 del 7 marzo 2017 una frana si è riversata al chilometro 148+600 della strada statale 67 «Tosco Romagnola» a causa delle persistenti precipitazioni piovose che si sono abbattute sul territorio, provocando la rottura del pozzetto di raccolta delle acque e il crollo di materiale detritico sul piano viabile.
  La società Anas ha comunicato di avere immediatamente chiuso al traffico la suddetta statale dalle ore 5,00 alle ore 21,00 per procedere allo sgombero del materiale franato e alla conseguente ripulitura del manto stradale.
  Inoltre, la predetta Anas, ha evidenziato che al fine di evitare il ripetersi di eventi simili, sono stati previsti lavori di rifacimento del pozzetto, con dimensioni maggiori rispetto a quello danneggiato, e lavori di ampliamento della rete di raccolta delle acque.
  Detti lavori, recentemente aggiudicati, sono stati consegnati all'appaltatore e sono in fase di ultimazione.
  Si segnala, infine, che nello schema di Piano pluriennale Anas 2016-2020, per il tratto di statale ricadente nella regione Emilia Romagna, è previsto un intervento di adeguamento della SS 67, dallo svincolo di classe fino al porto di Ravenna, con ampliamento di circa 3,20 metri della sezione stradale, già a due corsie per senso di marcia, in conformità al tipo B del decreto ministeriale del 5 novembre 2001.
  L'importo stimato dell'intervento è di 20 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo coesione 2014-2020, con appaltabilità prevista nel 2019.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in relazione alla riorganizzazione dei compartimenti dell'Anas in macro aree, che prevede una razionalizzazione generale su tutto il territorio nazionale dell'Ente nazionale per le strade, l'Abruzzo è stato accorpato nella macro area Abruzzo-Molise-Puglia;
   a parere dell'interrogante, si tratta di una decisione che non tiene in considerazione il contesto, l'emergenza e le peculiarità attuali del territorio abruzzese e quindi totalmente inopportuna;
   l'Abruzzo, infatti, si trova in una situazione di convalescenza territoriale, economica e sociale, in cui il recupero e la programmazione degli interventi sulla rete viaria rivestono un ruolo decisivo per la ripresa e la ripartenza del territorio;
   in tale delicata fase di transizione è fondamentale che i presidi di controllo, monitoraggio, intervento e pianificazione restino ancorati ai territori in emergenza e, nel caso di recupero della rete viaria, la presenza «esclusiva» di Anas assume vitale importanza per il sostegno alle economie dei borghi e per contrastare lo spopolamento delle aree interne;
   l'accorpamento del compartimento abruzzese dell'Anas nella macro area che comprende anche il Molise e la Puglia si rivelerebbe un segnale pericoloso, nettamente in controtendenza rispetto alla strategia di sostegno e rilancio delle zone devastate da terremoti e maltempo negli ultimi mesi –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire in tutte le sedi opportune per evitare l'accorpamento nella macro area del territorio abruzzese, valutando anche la possibilità di una deroga per l'Abruzzo, affinché la regione sia messa nelle condizioni ottimali per fronteggiare e rimediare allo stato di grave emergenza che, oramai, perdura da mesi. (4-15540)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla società Anas, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La struttura organizzativa di Anas è stata oggetto di una profonda revisione, fin dall'estate del 2015, finalizzata al raggiungimento dei tre obiettivi individuali dal piano industriale, ovvero: razionalizzazione delle attività, miglioramento del servizio offerto e, nel medio termine, raggiungimento dell'autonomia finanziaria.
  In tale ottica, dallo scorso 9 gennaio, è stato adottato un modello che prevede la suddivisione del territorio in otto strutture denominate coordinamenti territoriali, mediante l'accorpamento di più regioni in apposite macrostrutture: in tale configurazione la regione Abruzzo è confluita, unitamente al Molise e alla Puglia nel coordinamento territoriale adriatica, con sede a Bari.
  Il nuovo modello prevede, in sostanza, l'accentramento delle funzioni amministrative, per esempio l'esperimento degli appalti, il controllo di gestione, il service e il patrimonio) che, tuttavia, mantengono i relativi presidi sul territorio. Anche le funzioni progettuali inerenti alle nuove costruzioni prevedono un centro direzionale presso la sede del coordinamento.
  Anas precisa, a riguardo, che, invece, rimane radicato nell'ambito locale il proprio principale compito istituzionale, ovvero la gestione e la manutenzione – ricorrente e programmata – della rete stradale in concessione, con tutti gli altri enti coinvolti.
  La mission fondamentale di Anas, è stata, quindi, mantenuta in completa aderenza alle esigenze regionali, garantendo la manutenzione e la tutela del patrimonio, la sicurezza della circolazione stradale, la continua sorveglianza della rete ed il tempestivo intervento nei casi di emergenza.
  In termini economici, ciò si traduce in investimenti per mantenimento, ammodernamento e ricostruzione.
  I coordinamenti territoriali sono a loro volta articolati in aree compartimentali finalizzate ad assicurare l'efficace presidio sul territorio di riferimento: in tale ottica il tutore locale di tale mission resta il responsabile area compartimentale (già capo compartimento), massimo dirigente periferico e responsabile di tutti i dipendenti delle sedi regionali, nonché interfaccia diretta delle istanze regionali, Il responsabile dell'area compartimentale Abruzzo mantiene la sua collocazione operativa a l'Aquila, unitamente a tutto il personale – in particolare afferente all'area esercizio – del cui supporto di avvale.
  Con particolare riguardo al territorio abruzzese Anas evidenzia che il nuovo riassetto aziendale – oltre a garantire che la propria presenza capillare sia stabilmente ancorata al territorio – consente, in realtà, di assicurare un legame ancor più diretto tra periferia e territorio: il responsabile del coordinamento territoriale adriatica ha infatti una dipendenza diretta dal vertice aziendale di Anas.
  La stessa società stradale riferisce che le criticità territoriali dell'Abruzzo, come quelli di Puglia e Molise, sono trattate in maniera paritaria e valutate secondo armonici criteri di priorità, indipendentemente dall'estensione delle rispettive reti stradali.
  Anas evidenzia che l'efficacia del nuovo riassetto è stata immediatamente testata durante l'emergenza neve del gennaio scorso, occasione nella quale, grazie al potenziamento della sinergia tra centro e periferia, le strutture aziendali dell'area compartimentale Abruzzo, con sede a L'Aquila, hanno operato garantendo il costante mantenimento in esercizio, non solo delle arterie abruzzesi di competenza di Anas, ma anche della viabilità locale, ripristinando la percorribilità di oltre 50 chilometri di strade comunali e provinciali.
  Da ultimo, Anas segnala che la sede dell'Aquila, pienamente operativa, risulta già impegnata nell'attuazione dei programmi di ripristino della viabilità nei territori dell'Abruzzo (oltre 1000 chilometri quadrati) coinvolti dagli eventi sismici del 2016, ai sensi dell'articolo 4 dell'ordinanza capo dipartimento della protezione civile n. 408 del 15 novembre 2016 recante «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali eventi sismici che hanno colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche. Umbria e Abruzzo a partire dal giorno 24 agosto 2016».
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   DISTASO, CHIARELLI e CIRACÌ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la S.S. 172 (c.d. «dei Trulli») è una importante via di comunicazione che unisce Taranto a Casamassima, ove si raccorda alla S.S. 100 che da Taranto conduce Bari. Tale strada, nel suo primo tratto (Taranto-Orimini), è già stata oggetto, ormai molti anni fa, di lavori di adeguamento ed allargamento della sede e, attualmente, si presenta a quattro corsie; il restante percorso, invece, nonostante l'intenso traffico che lo attraversa, soprattutto durante i mesi estivi, è tuttora a due sole corsie ed è appunto oggetto dei lavori di allargamento e messa in sicurezza finanziati con la convenzione sopra citata, lavori attualmente in fase di avanzata progettazione;
   in data 21 novembre 2003 veniva sottoscritta fra la Regione Puglia e l'ANAS una convenzione che prevedeva tra l'altro due importanti interventi sulla S.S. 172, ovvero l’«adeguamento e ammodernamento in sede ed in variante – IV corsia Orimini superiore», dell'importo di 15,494 milioni di euro, nonché i «lavori di costruzione della variante di Martina Franca e del tronco Casamassima-Putignano» dell'importo di 35,537 milioni di euro, entrambi con finanziamento ad intero carico dell'ANAS;
   l'ANAS ha previsto per la strada statale 172 tre interventi:
    a) adeguamento ed ammodernamento in sede e in variante costruzione della quarta corsia sull'Orimini superiore e variante all'abitato di Martina Franca;
    b) lavori di ammodernamento ed adeguamento relativi al tronco Casamassima-Puttignano;
    c) adeguamento della strada statale 172-dir da Fasano a Laureto, in particolare nel tratto compreso dal chilometro 6 al chilometro 9,5;
   l'adeguamento ed ammodernamento in sede e in variante costruzione della quarta corsia sull'Orimini Superiore e la variante all'abitato di Martina Franca, hanno un costo stimato in 70 milioni di euro e la delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011 ha assegnato complessivamente 51 milioni di euro così articolati:
    a) 36 milioni di euro per l'adeguamento e ammodernamento in sede ed in variante, costruzione della quarta corsia tra i chilometri 56 e 60,5 ed asse di penetrazione a Martina Franca;
    b) 15 milioni di euro per il superamento del centro di Martina Franca;
   l'adeguamento della strada statale 172-dir da Fasano a Laureto, in particolare nel tratto compreso dal chilometro 6 al chilometro 9,5, ha un costo di 15 milioni di euro ed è integralmente finanziato con fondi messi a disposizione dalla regione Puglia;
   il CIPE nella seduta del 24 marzo 2012 ha assegnato 20 milioni di euro per il finanziamento del primo stralcio funzionale dell'intervento e finalmente ora si procederà all'approvazione del progetto preliminare;
   il CIPE nella seduta del 31 maggio 2013 ha infine rimodulato un finanziamento di 10 milioni di euro, già deciso nel 2012, per specifiche opere e misure compensative dell'impatto territoriale e sociale della Nuova linea ferroviaria Torino-Lione nei territori su cui insiste l'opera in questione, anticipando al 2014 l'assegnazione di 8 milioni di euro precedentemente prevista per il 2016. Tale anticipazione ha comportato il posticipo al 2016 di parte dei finanziamenti stanziati per la strada statale 172 «dei Trulli», già previsti al 2014;
   l'articolo 3, comma 6, lettera d-sexies), del decreto-legge n. 133/2014 (cosiddetto «Sblocca Italia») ha previsto che la tratta Putignano-Turi-Casamassima della strada statale 172 dei trulli può essere finanziata a valere sul fondo revoche istituito dallo stesso articolo;
   i dati statistici elaborati dall'ACI e dall'ANAS per il periodo 2006-2010 evidenziano che sul tratto Putignano-Turi-Casamassima si rileva un tasso di incidentalità e di mortalità particolarmente elevato, peraltro in aumento nel corso degli ultimi anni;
   la regione Puglia ha destinato 15 milioni di euro per il finanziamento della strada statale 172 DIR, 51 milioni di euro di Fondi FAS di competenza regionale per la costruzione e l'adeguamento della quarta corsia sull'Orimini Superiore e la variante all'abitato di Martina Franca;
   la regione Puglia, con delibera n. 1643 del 18 settembre 2015, ha ribadito la strategicità dell'asse stradale strada statale 172 dei trulli inserendolo tra l'elenco delle opere prioritarie;
   la regione Puglia, con nota 021/2850 del 16 maggio 2016, ha inviato al Sottosegretario De Vincenti gli elenchi degli interventi da inserire nel patto per la Puglia, approvato dalla giunta-regionale nella seduta del 16 maggio 2016, e non è stata prevista la strada statale 172 dei trulli nel tratto Casamassima-Putignano;
   l'ammodernamento del tratto Casamassima-Putignano consente di migliorare le condizioni di sicurezza della circolazione, l'adeguamento degli svincoli e la regolarizzazione degli accessi ai fondi anche con l'introduzione di viabilità di servizio. Sull'infrastruttura in progetto è stimato un traffico giornaliero medio pari a circa 21.570 veicoli/giorno –:
   quali siano le motivazioni per cui non è stato ancora approvato da parte del CIPE il progetto preliminare della strada statale 172 relativo al Tronco Casamassima-Putignano, atteso che a marzo 2012 il Governo, in risposta ad una interrogazione sottoscritta anche dal primo firmatario del presente atto in Commissione, affermava che l'assegnazione definitiva delle risorse sarebbe avvenuta in sede di approvazione del progetto preliminare;
   quali siano state le motivazioni del mancato inserimento dell'intervento nell'ambito del atto per il Sud in istruttoria tra il Governo e la regione Puglia;
   quando sarà approvato dal CIPE il progetto relativo alla strada statale 172 dei trulli nel tratto compreso tra Cassamassima e Putignano. (4-13462)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas.
  L'intervento sulla strada statale 172 dei Trulli, tronco Casamassima – Putignano è stato inserito tra le infrastrutture ritenute strategiche e di preminente interesse nazionale (delibera Cipe n. 121/2001).
  Nel dicembre 2008, il progetto preliminare è stato trasmesso al CIPE, con la richiesta dei necessari finanziamenti e per l'avvio delle procedure approvative.
  Ad oggi il procedimento approvativo non si è ancora concluso: sono stati espressi i pareri da parte degli enti e delle amministrazioni interessate all'opera e la competente direzione generale di questo Dicastero sta procedendo alla disamina della documentazione al fine di poter valutare se proporne l'eventuale sottoposizione al Cipe.
  L'intervento inserito nella bozza di contratto di programma 2016-2020, in corso di stipula tra questo Dicastero e la società Anas, è totalmente finanziato per un importo pari a 58,17 milioni di euro con appaltabilità al 2018 attraverso le seguenti fonti finanziarie:
   delibera CIPE 29/2012 di assegnazione programmatica pari a ridotti a 7,2 milioni a seguito di un taglio di 1,8 milioni dalla delibera Cipe 36/2016;
   delibera Cipe 137/2012 di assegnazione programmatica pari a 11 milioni di euro;
   fondo unico (legge di stabilità 2016 – legge 208/2015) euro 39,97 milioni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 28 luglio 2016, con l'apertura del tratto Foligno-Muccia, tutta la strada statale 77 var, della Val di Chienti, di 23 chilometri per il compartimento Marche dell'ANAS e 17 chilometri per il compartimento dell'Umbria, è diventata una superstrada con caratteristiche autostradali così, come prevedeva il progetto Quadrilatero;
   la nuova strada, che si distingue per la sequenza di 18 attrezzatissime gallerie interrotte da viadotti, presenta alcuni inconvenienti che comportano disagi per gli utenti;
   venendo da Foligno, in direzione Camerino, per circa 50 chilometri non risultano stazioni di servizio con distribuzione di carburante e questa situazione diventa ancora più problematica per l'assenza di segnale di telefonia mobile nelle gallerie;
   la carenza dei sopraesposti servizi potrebbe incidere sulla sicurezza stradale e creare seri pericoli per gli automobilisti, in caso di fermo delle vetture –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare, affinché, tramite l'ANAS, si provveda alla realizzazione di stazioni di servizio con distribuzione carburante sulla nuovissima strada statale 77 var, della Val di Chienti, ovvero, all'installazione, nell'immediato, all'inizio e alla fine della superstrada, di una segnalazione che avvisi gli automobilisti per quanti chilometri occorre essere in autonomia di carburante. (4-14858)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo dicastero e dalla società Anas.
  Il tratto della strada statale 77 variante «Val di Chienti» tra Foligno e Pontelatrave, in direzione Camerino, di circa 37 chilometri, rientra nel progetto Quadrilatero Marche Umbria e da luglio 2016 risulta aperto al traffico, con il contestuale trasferimento della gestione dalla Società Quadrilatero Marche Umbria all'Anas.
  Detta statale è classificata come strada di tipo B strada extraurbana principale (decreto legislativo n. 285 del 1992): «strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione».
  Per tale motivo, la richiesta di soggetti privati relativa alla realizzazione di impianti di distribuzione automatica di carburanti e il relativo esercizio è sottoposta all'autorizzazione del Sindaco competente per territorio, come previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.
  Anas, in qualità di ente gestore della strada rilascia esclusivamente le autorizzazioni agli accessi stradali nel rispetto dell'osservanza delle prescrizioni di natura tecnica emanate ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela del patrimonio stradale.
  L'assenza di impianti di carburanti sul tratto di strada statale 77 aperto al transito lo scorso luglio è determinata dalla mancata richiesta di installazione dei medesimi da parte di soggetti privati interessati a tale attività.
  Per il tratto Muccia-Foligno (compreso nel più ampio tratto Pontelatrave-Foligno) Anas fa sapere che esiste un'ipotesi progettuale che prevede la realizzazione di un'area di servizio bifronte nel l'ambito territoriale del comune di Serravate di Chienti. La scelta di tale luogo risponde alle esigenze manifestate dagli enti e dalle istituzioni territoriali, durante la fase realizzativa dell'infrastruttura e alle richieste provenienti dai locali distretti produttivi.
  La localizzazione prescelta permetterebbe di contenere l'intervallo chilometrico rispetto all'ultima area esistente (Frazione di Sfercia) entro i 15 chilometri, mantenendo, cosi, un adeguato livello di offerta dei servizi carburante e ristoro sull'intera tratta, nonché di rispondere alle esigenze espresse dal territorio (in particolare dall'amministrazione di Serravalle di Chienti), in quanto si potrebbe utilizzare tale area anche per la promozione delle eccellenze enogastronomiche locali, coniugando il miglioramento della dotazione dei servizi con la valorizzazione dei distretti produttivi.
  L'ipotesi progettuale appare, tra l'altro, come una delle poche praticabili sul tracciato Pontelatrave-Foligno, a causa dei numerosi tratti in galleria, poiché in base alla vigente normativa sul rispetto delle distanze minime tra l'entrata e l'uscita delle gallerie e le aree di servizio e in considerazione del profilo altimetrico della tratta, il territorio di Serravalle sembra essere quello più adatto a tale destinazione. Anas, tuttavia, ha comunicato che sta valutando ulteriori alternative che risultino compatibili con le prescrizioni tecnico-giuridiche sopra specificate.
  Per quanto attiene, infine, alla segnaletica di preavviso delle stazioni di carburante a carico dell'ente gestore della strada, anche se non è prevista dalla vigente normativa, Anas informa, comunque, che per venire incontro alle esigenze dell'utenza stradale sta valutando l'opportunità di autorizzare, ove richiesto dai titolari degli impianti di distribuzione di carburante, la posa in opera di cartelli stradali che indichino, sulla tratta in argomento, la distanza chilometrica dalla successiva area di servizio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FRACCARO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della difesa ha avviato un processo di razionalizzazione dello strumento militare e di riorganizzazione degli enti e del personale di tutte le Forze armate a seguito dell'adozione dei seguenti provvedimenti normativi: legge 31 dicembre 2012, n. 44 «Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia»; decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 7 «Disposizioni in materia di revisione in senso riduttivo dell'assetto strutturale e organizzativo delle Forze armate (...)»; decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8 «Disposizioni in materia di personale militare e civile del Ministero della difesa, nonché misure per la funzionalità della medesima amministrazione (...); decreto legislativo 26 aprile 2016, n. 91 «Disposizioni integrative e correttive ai decreti legislativi 28 gennaio 2014, n. 7 e 8»;
   lo scopo dei succitati provvedimenti legislativi è di ridurre le spese a carico dello stesso Ministero, procedendo alla chiusura di reparti operativi e non sul territorio nazionale, con conseguente trasferimento di personale – militare e civile – presso altre sedi, e senza oneri a carico della pubblica amministrazione;
   in data 30 giugno 2015 si è provveduto alla chiusura del 2° reggimento artiglieria terrestre alpino «Vicenza», stanziato in Trento, con reimpiego del personale a costo zero sui due reparti esistenti nella stessa sede;
   in data 5 luglio 2016 è stata disposta la soppressione del Comando militare dell'Esercito «Trentino Alto Adige», con reimpiego di parte del personale presso la sede di Bolzano. Tale operazione comporterà esborsi addizionali che sommati nel tempo potrebbero raggiungere un importo prossimo a euro 500.000, relativamente all'indennità di trasferimento da corrispondere al personale reimpiegato. L'operazione risulta peraltro essere l'unico caso in Italia in cui sia stato soppresso un Comando militare dell'Esercito presso un capoluogo di regione;
   buona parte del personale interessato al provvedimento di reimpiego su Bolzano e Trento è, per motivi di età, prossimo alla maturazione dei requisiti richiesti per la cessazione dal servizio e/o il collocamento in ausiliaria;
   senza tenere in considerazione i disagi causati al personale reimpiegato e senza entrare nel merito delle motivazioni che hanno originato la predetta decisione, l'interrogante ritiene che il provvedimento del 5 luglio 2016, oltre a determinare un dispendio addizionale di risorse pubbliche per corrispondere le indennità di trasferimento e una dispersione di capacità professionali per destinarle, in apparenza, allo svolgimento delle medesime funzioni presso altra sede, possa determinare una carenza di competenze presso gli uffici distaccati del Comando truppe alpine di stanza a Trento. Tra le altre conseguenze, ciò comporterebbe un critico rallentamento delle attività della componente territoriale, la quale, come noto, svolge la delicata funzione di collegamento fra l'organizzazione militare e le istituzioni civili –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti menzionati in premessa e se, in considerazione dei motivi di riduzione dei costi che hanno ispirato la riorganizzazione, intenda valutare iniziative per verificare la disponibilità degli interessati al reimpiego presso la sede di Trento, al fine di assicurare le competenze necessarie al buon funzionamento degli uffici e di raggiungere contestualmente i target individuati dalla spending review. (4-13827)

  Risposta. — Al fine di assicurare le competenze necessarie al buon andamento della delicata funzione di collegamento tra l'organizzazione militare e le istituzioni civili, nella sede di Trento è stato disposto il mantenimento di una Unità organizzativa deputata ad interfacciarsi con il pubblico.
  Ciò detto, si evidenzia come il provvedimento di soppressione del comando militare esercito «Trentino Alto Adige» sia stato preso proprio nella direzione indicata dalla legge n. 244 del 2012 (e provvedimenti da essa discendenti), citata dall'interrogante.
  Infatti, è con lo scopo di razionalizzare i costi e, conseguentemente, ridurre la spesa, che le funzioni del citato CME sono state allocate nell'ambito della componente territoriale del riorganizzato comando truppe alpine.
  Peraltro, ciò si è realizzato con una serie di azioni che non hanno comportato alcun esborso «addizionale» per la pubblica amministrazione, disponendo un numero limitatissimo di trasferimenti «a titolo oneroso» e non dando seguito al reimpiego di nessun militare con meno di 5 anni di servizio da compiere per raggiungere i limiti di età.
Il Sottosegretario di Stato per la difesaDomenico Rossi.


   GAGNARLI e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le segreterie regionali toscane delle sigle CUB, CAT e USB, sindacati di base dei ferrovieri, hanno presentato un esposto alla procura di Firenze sollevando un peggioramento degli standard di sicurezza del trasporto ferroviario nei treni Jazz, Swing e Minuetto in doppia composizione, anche noti come «treni doppi», cioè formati da due treni con due motrici, di cui una trainata, non fisicamente comunicanti tra di loro, sui quali è previsto un solo capotreno;
   i cosiddetti treni doppi sono una realtà nazionale; oltre alla Toscana viaggiano anche nel Veneto, in Umbria, in Sicilia e nel Lazio con il Leonardo Express da Termini a Fiumicino;
   secondo gli stessi ferrovieri dotare questi convogli di un solo capotreno, che in base ad una direttiva interna di pochi giorni fa deve stare nelle carrozze di testa salvo necessità di servizio, non basterebbe a coprire le zone isolate delle carrozze posteriori, oltre a rappresentare anche un problema di salvaguardia del personale;
   i sindacati di base hanno pertanto chiesto l'utilizzo di treni comunicanti tra loro o il raddoppio del personale, ricordando gli episodi successi negli ultimi mesi, come la mancata apertura delle porte nella parte posteriore, la sosta di un convoglio in galleria per oltre 20 minuti, ed in particolare il caso del regionale Lucca – Aulla accaduto a gennaio 2016: il convoglio si era fermato sulla linea per un guasto ai freni ed era dovuta intervenire la protezione civile, accorsa per soccorrere alcuni passeggeri con malori nelle carrozze di coda, senza che il capotreno avesse potuto raggiungerli perché lo Swing era in composizione multipla;
   Trenitalia ha tuttavia ribattuto alle accuse sostenendo che i «treni doppi» sarebbero perfettamente sicuri, perché dotati di citofono tra un convoglio e l'altro, ricordando che le corse fatte in doppia rappresenterebbero poco più del 2 per cento degli 800 viaggi fatti ogni giorno in Toscana e che i «treni doppi» sarebbero comunemente utilizzati anche nel resto d'Europa, dove addirittura in alcuni casi viaggerebbero senza la figura del capotreno;
   il paragone con gli altri Stati europei avrebbe maggior valore se effettuato sul livello generale delle condizione di sicurezza ed efficienza del trasporto ferroviario;
   l'azienda ha anche disposto che in caso di criticità, qualora il macchinista non possa arrestare il treno in zona idonea e tempestiva, e/o contestualmente il capotreno non sia nelle condizioni di poter scendere dal primo convoglio e passare al secondo, lo stesso dovrà attivarsi al fine di adempiere agli obblighi di «gestione tempestiva della sicurezza ai viaggiatori» solamente chiamando i soccorsi esterni alla ferrovia (VVFF, protezione civile, 118) ed attendere il loro arrivo e conseguente intervento, abbassando in maniera sostanziosa il livello di sicurezza d'esercizio in ambito ferroviario;
   nella lettera inviata dai sindacati dei ferrovieri in procura si legge, altresì, che l'azienda si sarebbe adoperata sul personale con atteggiamenti deterrenti e ritorsivi nei riguardi dei lavoratori che avrebbero tentato di opporsi, utilizzando pretesti per aumentare la pressione disciplinare sanzionatoria, intimando riqualificazioni professionali senza fondamento e minacciando conseguenze lavorative –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica legata alla categoria dei treni in composizione multipla e se non ritenga opportuno affrontare più approfonditamente la questione con i vertici di Trenitalia spa, al fine di tutelare il personale di bordo ed il livello di sicurezza dei passeggeri in tali tipologie di convogli. (4-13187)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni fornite dalla Direzione generale del trasporto ferroviario, dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e dalla società Ferrovie dello Stato italiane.
  Nel parco rotabili di Trenitalia sono presenti convogli di tipo bidirezionale, sia a trazione elettrica (Emu) che diesel (Dmu), progettati per circolare in sicurezza anche in composizione doppia.
  Tale modalità, opportunamente normata, è prevista dalle specifiche tecniche dei mezzi ed è possibile sui treni del tipo Minuetto, Jazz, Swing e Flirt.
  In particolare, i convogli accoppiabili, ai sensi della normativa dell'Ansf vigente, possono circolare in composizione doppia con un solo capotreno a condizione che siano dotati di un citofono intercomunicante che consenta la comunicazione tra le sezioni.
  Peraltro, è stato stabilito che, salvo specifiche esigenze di servizio, il capotreno sia presente sulla prima sezione del treno, in ottemperanza ad una richiesta dell'Ansf, che ha ravvisato l'opportunità di indicare dove, di norma, fosse possibile per i viaggiatori reperire il predetto agente.
  Per quanto riguarda specificatamente l'episodio descritto dagli interroganti, relativo al treno regionale Lueca-Aulla nel gennaio 2016, la società Ferrovie dello Stato ha riferito che si è trattato di un guasto in linea a causa di un'avaria al freno che ha reso necessario il trasbordo dei passeggeri.
  L'impresa ferroviaria riferisce, altresì, che la circostanza che i treni fossero accoppiati e vi fosse un solo capotreno non ha avuto alcuna ripercussione sulla regolare discesa dei viaggiatori e sul successivo trasbordo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia AGI del 19 novembre nel carcere di Como si è verificato il terzo suicidio in poco più di un mese; i primi due suicidi, verificatisi il 12 e il 31 ottobre, erano stati già oggetto di un atto di sindacato del primo firmatario del presente atto;
   secondo quanto riportato dall'AGI la notizia del tragico evento riguardante un uomo di sessant'anni è stata diramata da Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria che afferma: «L'ennesimo suicidio di un altro detenuto in carcere dimostra che i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze»: «La situazione nelle carceri resta allarmante – ha aggiunto Capece – altro che emergenza superata ! Per fortuna delle Istituzioni, gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio in carcere – come a Como – con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per il ripetersi di eventi critici. Ma devono assumersi provvedimenti concreti: non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria la gestione quotidiana delle costanti criticità del Paese» –:
   quali informazioni e chiarimenti intenda fornire su quanto rappresentato in premessa;
   se non ritenga di dover immediatamente avviare un'indagine amministrativa interna per accertare le cause che possono avere indotto ben tre detenuti in soli 37 giorni a suicidarsi nel carcere Bassone di Como;
   quanti siano i decessi che si sono verificati nel 2014 negli istituti penitenziari italiani e quanti fra essi sono stati i suicidi;
   se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti in carcere, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti;
   cosa si attenda e quali siano i motivi per i quali non è ancora avvenuta la nomina del garante nazionale delle persone private della libertà. (4-06954)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato indicato in esame, l'interrogante, richiamando il suicidio di tre persone detenute verificatisi, tra i mesi di ottobre e novembre 2014, all'interno della casa circondariale di Como, chiede quali iniziative si intendano intraprendere per scongiurare analoghi, drammatici eventi.
  L'argomento investe, evidentemente, un tema di estrema delicatezza, su cui è concentrato il massimo impegno da parte del Ministero della giustizia.
  Nella consapevolezza dell'importanza delle condizioni delle strutture penitenziarie per il benessere di quanti vi sono ristretti e vi lavorano, evidenzio che, con recente nota del mio ufficio di Gabinetto, è stata avanzata richiesta al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di comunicare quali siano gli interventi programmati e le iniziative attuate per il miglioramento e la manutenzione della casa circondariale di Como.
  Quanto ai casi che hanno riguardato specificamente l'istituto penitenziario, la competente articolazione ministeriale ha ricostruito gli atti di autolesionismo nei termini che seguono.
  In data 12 ottobre 2014 il detenuto Galvez Cuevas Ivan Andrei poneva in essere il gesto autosoppressivo, per impiccagione, all'interno della propria camera detentiva. Sebbene immediatamente soccorso dal personale addetto alla vigilanza e dal personale medico, i sanitari del 118 ne constatavano il decesso.
  Il Galvez risultava aver fatto ingresso in istituto il 2 ottobre 2014.
  In data 31 ottobre 2014, nel corso del controllo svolto dal personale addetto alla vigilanza della sezione osservazione, veniva rinvenuto, privo di sensi in seguito ad impiccagione, il detenuto Riunno Maurizio, legatosi alle sbarre della finestra con un lenzuolo.
  Il detenuto veniva immediatamente soccorso dal personale di polizia e dal medico di turno che, dopo aver posto in essere le manovre rianimatorie, ne constatata il decesso.
  Il detenuto aveva fatto ingresso presso l'istituto comasco il 21 ottobre 2014.
  In data 19 novembre 2014, il detenuto Rosa Massimo veniva rinvenuto dall'operatore addetto alla vigilanza della sezione privo di sensi, con al collo un laccio di scarpe legato alle sbarre della finestra del bagno della propria camera detentiva.
  Il detenuto aveva fatto ingresso in istituto il 17 luglio 2014.
  Alla luce dei tragici eventi, succedutisi nell'autunno 2014, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito di aver disposto un'indagine amministrativa, svolta con il coinvolgimento anche dei rappresentanti dei detenuti ed affidata al competente provveditorato regionale della Lombardia, finalizzata ad accertare le cause, le circostanze e le modalità dei fatti.
  Oltre ad attivarsi per l'attuazione delle relative visite ispettive e proprio in relazione alle ripetute criticità verificatesi nella sede comasca, consta che il Provveditore regionale, in data 28 novembre 2014, ha tenuto una conferenza generale con i ruoli apicali dell'istituto.
  I risultati degli accertamenti ispettivi, comunicati dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, hanno escluso elementi di responsabilità del personale penitenziario.
  Secondo quanto comunicato, risulta come gli interventi di soccorso siano stati definiti tempestivi, così come le attività di prevenzione sono state ritenute adeguate. In particolare, l'amministrazione ha evidenziato come i tre detenuti, dopo analisi degli staff multidisciplinari, fossero stati presi in carico dai servizi psicologici e, in un caso, psichiatrici.
  Lo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato, inoltre, che anche i procedimenti penali aperti dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Como sono stati archiviati, non essendo emerse responsabilità di terzi nella causazione dei decessi.
  Il fenomeno di cui i casi di Como sono manifestazione è alla mia costante attenzione, e mi vede direttamente impegnato in ogni iniziativa, necessaria ed utile, alla prevenzione del rischio di gesti di autolesionismo in ambiente carcerario.
  Finalità alla cui attuazione certamente concorre l'istituzione e la nomina, con decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2016 e decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 2016, del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
  Nella consapevolezza della drammaticità di ogni atto di autolesionismo, occorre osservare, sotto il profilo statistico, che a partire dal 2013 il numero di suicidi all'interno degli istituti penitenziari ha avuto un sensibile decremento.
  Tra il 2009 e il 2012, infatti, il numero di casi è stato sempre annualmente superiore a 55, con un picco di 63 nel 2011, mentre pari a 45 e 46 sono stati gli eventi degli anni 2007 e 2008.
  Grazie al miglioramento della situazione nei nostri penitenziari, il numero si è ridotto in maniera significativa, registrandosi 42 casi di suicidio nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2016 e 10 sino al 28 febbraio 2017.
  Sul piano comparativo, poi, l'Italia, secondo le statistiche ufficiali del Consiglio d'Europa, registra uno dei tassi più bassi di casi di suicidio. Nell'ultima rilevazione del 2013, si registra un tasso di 6,5 su 10.000 in Italia, 12,4 in Francia, 7,4 in Germania, 8,9 nel Regno Unito.
  I dati restano, in ogni caso, allarmanti e impongono un eccezionale sforzo dell'amministrazione penitenziaria, cui è demandata l'attuazione dei modelli di trattamento necessari alla prevenzione di ogni pericolo.
  Alla luce delle analisi e delle riflessioni degli Stati Generali dell'esecuzione della pena, il 3 maggio 2016 ho adottato una specifica «Direttiva sulla prevenzione dei suicidi» indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prescrivendo la predisposizione di un organico piano d'intervento per la prevenzione del rischio di suicidio delle persone detenute o internate, il puntuale monitoraggio delle iniziative assunte per darvi attuazione e la raccolta e la pubblicazione dei dati relativi al fenomeno.
  In attuazione della direttiva, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto un «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidiarie in ambito penitenziario», cui hanno fatto seguito circolari attuative trasmesse ai provveditorati regionali.
  Le misure adottate dall'amministrazione penitenziaria attengono alla formazione specifica del personale, alla raccolta ed elaborazione dei dati ed all'aggiornamento progressivo dei piani di prevenzione.
  Sono state, inoltre, impartite istruzioni ai provveditorati regionali ed alle direzioni penitenziarie per la conclusione di intese con regioni e servizi sanitari locali, al fine di intensificare gli interventi di diagnosi e cura, nonché l'attuazione di misure di osservazione e rilevazione del rischio.
  L'amministrazione ha anche operato sul piano dell'organizzazione degli spazi e della vita penitenziaria, con incentivazione di forme di controllo dinamico volte a limitare alle ore notturne la permanenza nelle celle, in modo da rendere agevole l'osservazione della persona in ambiente comune e ridurre le condizioni di isolamento.
  Allo stesso scopo, sono state adottate misure volte a facilitare, anche attraverso l'accesso protetto ad Internet, i contatti con i familiari.
  Il 3 marzo 2017, inoltre, si è svolta presso il Ministero della giustizia una riunione nel corso della quale ho incontrato, con il capo di Gabinetto, tutti i referenti centrali e periferici dell'amministrazione penitenziaria, al fine di fare il punto sulle modalità di esecuzione, al livello locale prossimo agli istituti penitenziari, delle disposizioni contenute nella direttiva sulla prevenzione dei suicidi e sollecitarne, ove necessario, la completa e rapida attuazione.
  Sono state, inoltre, programmate attività di monitoraggio e verifica periodica degli interventi di prevenzione delineati, attività che saranno svolte istituto per istituto.
  Con la riunione del 3 marzo si è dato l'avvio ad un tavolo in convocazione permanente, che esaminerà costantemente i dati relativi allo stato di attuazione della direttiva che ogni referente è tenuto a raccogliere ed a trasmettere attraverso apposito monitoraggio. Le successive riunioni del tavolo, a partire dalla prima, si svolgono con stringente cadenza periodica.
  L'azione sin qui intrapresa risulterà ulteriormente rafforzata dalle misure contenute nella riforma dell'ordinamento penitenziario, appena approvata dal Senato, che permetterà di introdurre strumenti adeguati per garantire una funzione davvero recuperatoria e risocializzante, in chiave costituzionalmente orientata, all'esecuzione penale.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 14 agosto 2015 una ragazza di 27 anni, Ramona Cortese, muore nel carcere Don Bosco di Pisa;
   secondo quanto riportato dalla stampa, la giovane donna si sarebbe suicidata impiccandosi con un lenzuolo alla sbarre della finestra della cella;
   il 20 ottobre 2015, la sorella della ragazza, Consuelo, si mette in contatto con l'ex deputata Radicale Rita Bernardini chiedendole aiuto per far chiarezza sulla morte di Ramona, in quanto il quadro del drammatico gesto ai suoi occhi e a quello della sua famiglia non risulta chiaro;
   il 22 ottobre, nel corso della trasmissione di Radio Radicale «Radio Carcere», viene trasmessa un'intervista del conduttore Riccardo Arena alla signora Consuelo Cortese, sorella di Ramona;
   ai fini dell'accertamento dei fatti, particolarmente interessanti sono alcuni passaggi dell'intervista, di cui si riporta la trascrizione:
  «Riccardo Arena: da quanto sapete voi familiari, come si sarebbe impiccata Ramona?
  Consuelo Cortese: si sarebbe impiccata con un lenzuolo... un lenzuolo appeso alla finestra del carcere... chi dice con una striscia, chi dice con un lenzuolo intero.
  Riccardo Arena: dal carcere non ci sono notizie univoche...
  Consuelo Cortese: no.
  Riccardo Arena: quand’è che Ramona è stata vista ancora viva in carcere?
  Consuelo Cortese: alle 16 del 14 agosto, l'ha vista la guardia che faceva il giro di ronda prima che staccasse di turno; l'agente dichiara che era in cella tranquillissima e che non dava segni di squilibrio...
  Riccardo Arena: a che ora sarebbe morta sua sorella?
  Consuelo Cortese: è stato fatto il secondo giro di ronda alle 16.05 ed è stata trovata appesa.
  Riccardo Arena: è stata trovata morta o ancora viva?
  Consuelo Cortese: penso morta perché l'hanno tirata giù con l'aiuto di un'altra detenuta perché la guardia stava facendo il giro di ronda assieme all'infermiera della terapia e quando passano davanti alla cella 109 di mia sorella trovano il blindo accostato, aprono per chiamarla e la trovano appesa...
  Riccardo Arena: trovano la porta della cella socchiusa?
  Consuelo Cortese: sì, socchiusa.
  Riccardo Arena: chi la trova appesa?
  Consuelo Cortese: l'infermiera e la guardia che aveva appena attaccato; l'infermiera scappa giù in infermeria per chiedere soccorsi e prendere un paio di forbici, mentre la guardia apre la cella 108 e si fa aiutare da una detenuta per tirarla giù e infatti dichiara che secondo lui il lenzuolo era intero perché il nodo era parecchio grosso.
  Riccardo Arena: voi familiari come avete saputo che Ramona si era uccisa?
  Consuelo Cortese: tramite telefono.
  Riccardo Arena: chi vi ha chiamato?
  Consuelo Cortese: la polizia penitenziaria ha chiamato i carabinieri di Scarlino e il comandante dei carabinieri di Scarlino ha chiamato la mia mamma tramite telefono: “signora, abbiamo da darle una brutta notizia, sua figlia si è impiccata, si è tolta la vita impiccandosi”...
  Riccardo Arena: sua madre si sarà sentita male, immagino.
  Consuelo Cortese: sì, certo. Mia madre è cardiopatica, ha avuto due infarti... abbiamo dovuto chiamare il 118 perché stava proprio male.
  Riccardo Arena: a che ora vi hanno telefonato per comunicarvi il decesso?
  Consuelo Cortese: verso le 6 (diciotto N.d.R.).
  Riccardo Arena: quindi passano due ore...
  Consuelo Cortese: sì perché prima hanno provato a rianimarla... c’è scritto nella relazione del carcere... e il decesso viene dichiarato alle 5 (diciassette N.d.R.) e due minuti.
  Riccardo Arena: quindi voi non avete ricevuto alcuna comunicazione da parte della direzione del carcere di Pisa?
  Consuelo Cortese: no, addirittura siamo andati a Pisa, il tempo di far riprendere mia madre con il 118 e tutto... si arriva a Pisa tra le 9 e le 10 di sera e il corpo non sapevano nemmeno dove l'avevano portato.
  Riccardo Arena: quindi nessun dirigente o funzionario del carcere di Pisa vi ha telefonato per comunicarvi il decesso di Ramona?
  Consuelo Cortese: no, né quel giorno né i giorni successivi.
  Riccardo Arena: e per di più non avete ricevuto una visita dei carabinieri, ma una telefonata secca, asettica.
  Consuelo Cortese: sì.
  Riccardo Arena: insistevo su questo punto perché l'articolo 63 del regolamento penitenziario prevede che, in caso di decesso di un detenuto, la direzione dell'istituto ne dà immediata comunicazione a un congiunto con il mezzo più rapido e le modalità più opportune... un'ennesima violazione di legge, mi sembra evidente, no? ...Noi scriviamo le leggi tanto per violarle. Ricevuta la notizia del decesso, voi prendete subito la macchina e da Follonica andate verso il carcere di Pisa, giusto?
  Consuelo Cortese: sì, arriviamo tra le 9 e le 10 (di sera), l'orario più preciso non me lo ricordo.
  Riccardo Arena: cosa vi hanno risposto alla portineria del carcere?
  Consuelo Cortese: che loro non sapevano nulla, non sapevano cosa fosse successo, non sapevano di questa persona morta e, solo dopo che io mi sono arrabbiata tanto, hanno fatto due chiamate e hanno detto che effettivamente c'era stato un suicidio nel reparto femminile ma che non sapevano dove fosse stato portato il corpo: “provi a vedere se è a Santa Chiara” – mi hanno detto – “se non è a Santa Chiara è a Cesanello”...
  Riccardo Arena: mi faccia capire: voi parenti disperati, vi recate da Follonica al Carcere di Pisa e in portineria vi dicono di non sapere nulla?
  Consuelo Cortese: sì, la guardia ha detto “guardi, io ho attaccato ora...”. Io ho urlato talmente tanto presa dalla rabbia e dal dolore che dalla portineria sono usciti quattro poliziotti e solo a quel punto mi hanno detto “se non è a Santa Chiara, è a Cesanello”.
  Riccardo Arena: e poi vi siete messi alla ricerca del corpo di sua sorella...
  Consuelo Cortese: sì, prima siamo andati al Santa Chiara, ma non riuscivamo ad entrare nella zona guidati dal navigatore... così siamo andati a Cesanello e lì per fortuna un'infermiera e una guardia giurata hanno fatto le ricerche tramite computer e ci hanno detto che mia sorella era all'obitorio del Santa Chiara che però era chiuso essendo la sera di ferragosto. Inoltre ci hanno detto che il corpo era sotto sequestro a disposizione del magistrato e perciò non si poteva vedere. Sono stati giorni tremendi perché alla fine, per via delle feste, ce l'hanno fatta vedere il 18 agosto.
  Riccardo Arena: nei giorni antecedenti il suicidio, lei è mai andata a trovarla in carcere?
  Consuelo Cortese: sì, ci sono andata. Mi diceva che ogni tanto aveva avuto discussioni con qualche detenuta. Un'altra volta mi ha detto che ha avuto una discussione con una guardia...
  Riccardo Arena: è stata picchiata?
  Consuelo Cortese: sì. Un'altra volta mi ha raccontato che le davano i tranquillanti e psicofarmaci... non cosa le davano... una volta ci hanno messo un'ora e mezzo per svegliarla perché non si svegliava più e le hanno dovuto fare un'iniezione di adrenalina...
  Riccardo Arena: insomma, a sua sorella una volta hanno dato talmente tanti psicofarmaci che non riusciva più a svegliarsi da quel sonno chimico, da quel sonno profondo, tanto che le hanno dovuto fare un'iniezione di adrenalina?
  Consuelo Cortese: sì.
  Riccardo Arena: quando il 18 agosto avete visto il corpo senza vita di Ramona, avete notato qualcosa di strano?
  Consuelo Cortese: sì, ho notato che mia sorella non aveva segni sul collo. Aveva solo un'escoriazione sul mento destro, come se avesse sbattuto o strusciato contro qualcosa, non so come se avesse ricevuto un cazzotto. Non aveva né segni sul collo, né labbra viola, né capillari rotti in faccia. Mia sorella sembrava che dormisse, addirittura aveva le gotine (guance ndr) rosa e due piccole lacrime negli occhi. Io non ci credevo fosse morta... perché era troppo bella per essere morta.
  Riccardo Arena: come capita sempre in questi casi, il pubblico ministero apre un'indagine e immediatamente dispone l'autopsia del cadavere. Ecco, ma l'autopsia che è stata disposta per comprendere le cause della morte di Ramona, è stata fatta sì o no?
  Consuelo Cortese: è stata fatta, ma noi non abbiamo ricevuto ancora notizia. Ci hanno dato 60 giorni per i risultati, ma ancora non abbiamo ricevuto niente...
  Riccardo Arena: e quando l'avrebbero fatta quest'autopsia, lo sa il giorno?
  Consuelo Cortese: il 18 agosto...
  Riccardo Arena: quindi i sessanta giorni sono passati e oggi che è il 22 ottobre, ancora non sapete niente.
  Consuelo Cortese: no.
  Riccardo Arena: so che avete nominato un vostro medico legale, un vostro consulente tecnico...
  Consuelo Cortese: sì, l'abbiamo contattato la settimana scorsa tramite avvocato e ci ha detto che il pubblico ministero e il medico legale del pubblico ministero non sono ancora pronti per andare avanti con gli esami perché hanno avuto altre cose più importanti da fare.
  Riccardo Arena: il corpo di Ramona quanto è rimasto nell'obitorio?
  Consuelo Cortese: quando ho visto il corpo di Ramona e mi sono convinta che non poteva essersi impiccata avendo quel viso così rilassato, io ho chiesto subito al nostro legale di presentare un'istanza di sequestro e di lasciare il corpo in cella frigorifera per ulteriori esami. L'istanza di sequestro è partita il 19 agosto mattina tramite email al pubblico ministero e, da quel momento, tutto tace fino al 4 settembre quando arriva la telefonata del Santa Chiara alle pompe funebri con la richiesta di andare a ritirare il corpo; non hanno chiamato a noi che siamo i familiari né al nostro avvocato. Il signore delle pompe funebri chiese se il cadavere era sotto sequestro e dal Santa Chiara risposero “questo corpo è pronto dal 18 di agosto!” Il nulla osta del Santa Chiara non è mai partito, se lo sono perso!
  Riccardo Arena: perciò mentre voi pensavate che il corpo di Ramona fosse sotto sequestro conservato in ospedale come era stato richiesto, invece, era lì come una valigia persa?
  Consuelo Cortese: certo, se l'erano perso...
  Riccardo Arena: quindi voi fate i funerali a Ramona a molta distanza di tempo?
  Consuelo Cortese: e certo! S’è fatto il 5 di settembre!
  Riccardo Arena: a distanza di tutto questo tempo ancora non avete avuto i risultati dell'autopsia?
  Consuelo Cortese: no!
  Riccardo Arena: e nessuno vi dice niente?
  Consuelo Cortese: no, tutto tace.
  Riccardo Arena: voi a un certo punto vi siete recati anche presso il carcere Don Bosco di Pisa per ritirare gli effetti personali di Ramona?
  Consuelo Cortese: Sì, ci hanno portato un sacchetto nero con tre quattro cianfrusaglie di panni e dicendo che quella era tutta la roba di mia sorella. Quando ho aperto il sacchetto, ho visto che più della metà della roba non era di mia sorella. “ È questo quello che ho trovato dentro la cella”, mi ha detto la portantina. Io le ho replicato che mia sorella era entrata con una valigia, un paio di scarpe, con dei pantaloni lunghi, con magliette a maniche corte: dov’è tutta la roba di mia sorella? La portantina mi ha risposto “nella stanza c'era questo”. Altra discussione, altro litigio e allora sono andati a fare le ricerche in magazzino e dopo un'ora che cercavano hanno trovato la valigia con tutti i suoi effetti personali.
  Riccardo Arena: è vero che avete grandi difficoltà a ricevere risposte dal PM che sta svolgendo le indagini?
  Consuelo Cortese: sì, non si fa sentire!
  Riccardo Arena: voi parenti avete dei dubbi sulle cause della morte di Ramona?
  Consuelo Cortese: io non penso che lei abbia avuto il coraggio di suicidarsi. Perché lei voleva la verità sulla denuncia che aveva avuto... voleva chiarezza.
  Riccardo Arena: cosa teme che sia successo?
  Consuelo Cortese: il mio sospetto è che l'abbiano imbottita di sedativi e che non si sia più svegliata...
  Riccardo Arena: e pensa alla messa in scena dell'impiccagione...
  Consuelo Cortese: sì, sì.
  Riccardo Arena: questa chiaramente è una sua ipotesi.
  Consuelo Cortese: sì, è una mia ipotesi.
  Riccardo Arena: la vostra famiglia non ha mai avuto nulla a che fare con il carcere e quindi non pensavate che una persona entrata in carcere si potesse impiccare, giusto?
  Consuelo Cortese: io pensavo fossero controllati, che ci fossero norme di sicurezza.
  Riccardo Arena: ora che ci siete passati e che sapete del rischio di morire in carcere, cosa si sentirebbe di dire ai cittadini liberi che restano indifferenti di fronte al collasso in cui versa la giustizia penale e la detenzione?
  Consuelo Cortese: che potrebbe succedere a tutti che una persona cara vada a finire in carcere... che non devono essere indifferenti, che devono lottare perché le persone se entrano in carcere ci entrano per uscire migliori, non per uscire cadaveri» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'accaduto e, nel caso, se disponga di ulteriori informazioni, e quali, anche sulla dinamica che ha portato alla morte della giovane Ramona Cortese;
   se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia disposto un'indagine interna al carcere Don Bosco;
   se Ramona Cortese abbia avuto colloqui con gli psicologi e gli psichiatri del carcere Don Bosco e se questi abbiano riscontrato elementi che potessero far presagire intenti suicidi; se la ragazza sia stata sottoposta a terapia con psicofarmaci e se corrisponda al vero il fatto che la ragazza un giorno, a seguito di un sovradosaggio, sia stata risvegliata con una iniezione di adrenalina;
   quale sia la ragione per la quale la porta della cella n. 109 dove Ramona si sarebbe impiccata fosse aperta a differenza di quella delle altre celle;
   se siano stati acquisiti filmati effettuati dalle telecamere di sicurezza;
   se il pubblico ministero abbia accolto la richiesta dei familiari di porre sotto sequestro il corpo della ragazza e, in caso negativo, se sia noto come mai il cadavere sia stato trattenuto così a lungo presso il Santa Chiara prima di rientrare nella disponibilità dei familiari per il funerale;
   se rientri nella norma il fatto che dopo oltre sessanta giorni, non siano stati ancora resi noti alla famiglia gli esiti all'autopsia;
   se rientri nella norma il fatto che, un evento così tragico sia comunicato ai familiari con una telefonata dei carabinieri anziché dalla Direzione del carcere «con il mezzo più rapido e le modalità più opportune» come prescrive il regolamento d'attuazione dell'ordinamento penitenziario;
   se rientri nelle normali prassi il comportamento del personale penitenziario riscontrato da parte dei familiari di Ramona Cortese quel 14 agosto del 2015 quando hanno chiesto dove si trovasse il corpo della loro congiunta;
   se rientri nelle normali prassi penitenziarie e di giustizia che i familiari siano messi nelle condizioni di poter vedere il proprio congiunto deceduto dopo ben quattro giorni dal tragico evento;
   quali siano le regole per la restituzione ai familiari degli effetti personali dei detenuti morti in carcere e se queste siano state rispettate da parte del personale in servizio del carcere Don Bosco di Pisa;
   se, infine, alla luce di questo drammatico episodio che coinvolge una giovane detenuta il Ministro interrogato non ritenga urgente avviare un'indagine ministeriale sui decessi che avvengono tra i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi. (4-11073)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante segnala la vicenda di Ramona Cortese, donna deceduta il 14 agosto 2015, mentre si trovava detenuta preso l'istituto penitenziario Don Bosco di Pisa, per suicidio.
  L'argomento investe, evidentemente, un tema di estrema delicatezza, su cui è concentrato il massimo impegno da parte del Ministero della giustizia.
  Sull'episodio segnalato la competente articolazione ministeriale ha avviato le opportune attività di accertamento ispettivo, parallelamente alle indagini preliminari disposte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Pisa.
  L'attività ispettiva, secondo quanto comunicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha consentito di ricostruire la vicenda nei seguenti termini.
  Ramona Cortese, associata alla casa circondariale di Pisa in data 16 aprile 2015 in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare, in data 5 giugno 2015 era stata ammessa agli arresti domiciliari presso l'abitazione dei genitori, ma il successivo 31 luglio era stata nuovamente ricondotta presso la casa circondariale di Pisa, in relazione a nuovi episodi delittuosi.
  All'atto della visita medica di primo ingresso, risulta che la detenuta avesse riferito un pregresso uso di sostanze stupefacenti ed abusi alcolici saltuari e, nel corso della visita psichiatrica svoltasi l'8 agosto, pur non essendo stati rilevati rischi di atti di autolesionismo, era stato comunque richiesto dal medico del reparto un approfondimento psichiatrico per riferita insonnia notturna.
  Anche in seguito al secondo ingresso in carcere, nei confronti di Ramona Cortese era stato confermato il provvedimento di grande sorveglianza, già disposto il 18 maggio 2015, che contemplava comunque la possibilità di fruire del regime aperto, unitamente alle compagne.
  Stante quanto riportato dalla direzione dell'istituto, rispetto al primo periodo di detenzione la Cortese aveva mostrato una maggiore tranquillità, migliorando le relazioni sia con le compagne di detenzione che con il personale.
  In riferimento al segmento temporale immediatamente precedente il tragico evento, l'amministrazione penitenziaria ha riferito come, il 14 agosto 2015, la detenuta si fosse recata ai passeggi, sia la mattina che nel pomeriggio, partecipando anche alle attività sportive, senza manifestare alcun segnale che potesse destare allarme.
  Secondo quanto riferito dall'agente in servizio nel turno meridiano, alle ore 15.50 circa la detenuta si trovava all'interno della sua cella sdraiata sul letto, probabilmente a guardare la televisione.
  Alle ore 16.05 il personale impiegato di vigilanza alla sezione femminile, insieme all'infermiera di turno che doveva procedere alla distribuzione della terapia, giunto dinanzi alla camera detentiva, aveva notato il blindo accostato e, al fine di verificare la presenza di Ramona Cortese all'interno, il medesimo personale aveva aperto il cancello della cella, al cui interno constatava che la detenuta era appesa alla grata della finestra tramite un lenzuolo legato intorno al collo.
  Veniva immediatamente chiamato il medico di guardia che provvedeva a contattare il 118, richiedendo un'ambulanza con medico a bordo: purtroppo, le manovre rianimatorie non sortivano esito alcuno e, alle 17.02, veniva constatato il decesso della detenuta.
  Relativamente, poi, alle altre richieste di notizie in ordine a quanto riferito dalla sorella della detenuta nel corso dell'intervista richiamata nel corpo dell'interrogazione, la competente articolazione ministeriale ha comunicato che:
   il cancello della camera all'interno della quale la Cortese si trovava era chiuso: le stanze detentive della sezione femminile sono, infatti, dotate di un doppio cancello e solo quello più esterno, il cosiddetto blindo, viene chiuso in orario notturno;
   il direttore dell'istituto penitenziario, appena giunto sul luogo, non avendo la disponibilità dei recapiti dei familiari della Cortese, si era rivolto alla competente stazione dei carabinieri, apprendendo successivamente che questi avevano autonomamente provveduto a comunicare telefonicamente alla famiglia la notizia del decesso;
   dal diario clinico non emerge la circostanza, riferita dalla sorella della detenuta, relativa alla presunta somministrazione di adrenalina per risvegliare la Cortese da uno stato soporoso indotto da psicofarmaci;
   con riferimento alla restituzione degli effetti personali della detenuta, la direzione aveva provveduto alla restituzione di quanto rinvenuto nella stanza e all'interno del magazzino, dove vengono conservati generi e oggetti di proprietà di detenute.

  Ha riferito, inoltre, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che dalle risultanze dell'indagine amministrativa, immediatamente disposta, non sono emersi profili di responsabilità del personale nella tragica vicenda che ha portato alla morte di Ramona Cortese.
  Sul versante degli accertamenti disposti, invece, dalla procura della Repubblica di Pisa, per quanto riferito dallo stesso ufficio inquirente, risulta che la salma di Cortese Ramona venne, nell'immediatezza, trasferita presso l'istituto di medicina legale dell'università di Pisa per i necessari approfondimenti medico legali, disposti anche con la partecipazione dei familiari della defunta, i quali sono stati autorizzati a visionare la salma prima delle operazioni autoptiche.
  Risulta, altresì, che il giorno 18 agosto 2015, non appena terminata l'autopsia, la Procura ha rilasciato il previsto nulla osta al seppellimento, con conseguente restituzione della salma ai congiunti.
  In particolare, la procura ha evidenziato di aver disposto ogni accertamento necessario a chiarire lo svolgersi degli accadimenti, anche secondo le prospettazioni del legale delle persone offese, e di aver autorizzato la proroga del termine inizialmente concesso al consulente medico legale per la stesura della relazione, del deposito della quale è stato dato tempestivo avviso al difensore dei prossimi congiunti di Ramona Cortese.
  La consulenza tecnica del medico legale e del tossicologo forense – riferisce ancora il pubblico ministero – rendevano conclusioni dalle quali non è emerso alcun elemento tale da fondare la ragionevole ipotesi della ricorrenza di fattori causali diversi dall'impiccamento suicidiario: non venivano rinvenute, in particolare, tracce sul corpo riconducibili ad ipotetiche aggressioni; così come sono state escluse situazioni invalidanti tali da limitarne le capacità fisiche o i movimenti necessari ad eseguire l'azione autolesionistica. L'indagine chimico tossicologica, inoltre, non evidenziava «la presenza di particolari sostanze alle quali poter ricondurre un eventuale stato di alterazione psicofisica o il decesso di Ramona Cortese o che comunque potrebbero averne concausato la morte».
  I risultati dell'indagine preliminare hanno, pertanto, indotto il pubblico ministero a richiedere l'archiviazione del procedimento penale, poi disposta dal giudice per le indagini preliminari in assenza, peraltro, di opposizione delle persone offese.
  Il caso di Ramona Cortese, pur con le sue specificità, rappresenta la triste manifestazione di un fenomeno che è alla mia costante attenzione e che mi vede direttamente impegnato in ogni iniziativa, necessaria ed utile, alla prevenzione del rischio di gesti di autolesionismo in ambiente carcerario.
  Finalità alla cui attuazione certamente concorre l'istituzione e la nomina, con decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2016 e decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 2016, del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
  Nella consapevolezza della drammaticità di ogni atto di autolesionismo, occorre osservare, sotto il profilo statistico, che a partire dal 2013 il numero di suicidi all'interno degli istituti penitenziari ha avuto un sensibile decremento.
  Tra il 2009 e il 2012, infatti, il numero di casi è stato sempre annualmente superiore a 55, con un picco di 63 nel 2011, mentre pari a 45 e 46 sono stati gli eventi degli anni 2007 e 2008.
  Grazie al miglioramento della situazione nei nostri penitenziari, il numero si è ridotto in maniera significativa, registrandosi 42 casi di suicidio nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2016 e 10 sino al 28 febbraio 2017.
  Sul piano comparativo, poi, l'Italia, secondo le statistiche ufficiali del Consiglio d'Europa, registra uno dei tassi più bassi di casi di suicidio. Nell'ultima rilevazione del 2013, si registra un tasso di 6,5 su 10.000 casi in Italia, di 12,4 in Francia, di 7,4 in Germania, di 8,9 nel Regno Unito.
  I dati restano, in ogni caso, allarmanti e impongono un eccezionale sforzo dell'amministrazione penitenziaria, cui è demandata l'attuazione dei modelli di trattamento necessari alla prevenzione di ogni pericolo.
  Nella delineata prospettiva e alla luce delle analisi e delle riflessioni svolte nell'ambito degli Stati Generali dell'esecuzione della pena, il 3 maggio 2016 ho adottato una specifica «Direttiva sulla prevenzione dei suicidi», indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prescrivendo la predisposizione di un organico piano d'intervento per la prevenzione del rischio di suicidio delle persone detenute o internate, il puntuale monitoraggio delle iniziative assunte per darvi attuazione e la raccolta e la pubblicazione dei dati relativi al fenomeno.
  In attuazione della direttiva, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto un «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidiarie in ambito penitenziario», cui hanno fatto seguito circolari attuative trasmesse ai provveditorati regionali.
  Le misure adottate dall'amministrazione penitenziaria attengono alla formazione specifica del personale, alla raccolta ed elaborazione dei dati ed all'aggiornamento progressivo dei piani di prevenzione. Sono state, inoltre, impartite istruzioni ai provveditorati regionali ed alle direzioni penitenziarie per la conclusione di intese con regioni e servizi sanitari locali, al fine di intensificare gli interventi di diagnosi e cura, nonché l'attuazione di misure di osservazione e rilevazione del rischio.
  L'amministrazione ha anche operato sul piano del l'organizzazione degli spazi e della vita penitenziaria, con incentivazione di forme di controllo dinamico volte a limitare alle ore notturne la permanenza nelle celle, in modo da rendere agevole l'osservazione della persona in ambiente comune e ridurre le condizioni di isolamento. Allo stesso scopo, sono state adottate misure volte a facilitare, anche attraverso l'accesso protetto ad Internet, i contatti con i familiari.
  Al fine di verificare lo stato di attuazione delle misure intraprese e delle modalità di esecuzione, al livello locale prossimo agli istituti penitenziari, delle disposizioni contenute nella direttiva sulla prevenzione dei suicidi e sollecitarne, ove necessario, la completa e rapida attuazione, il 3 marzo 2017 si è svolta presso il Ministero della giustizia una riunione nel corso della quale ho incontrato, con il capo di Gabinetto, tutti i referenti centrali e periferici dell'amministrazione penitenziaria. Sono state, inoltre, programmate attività di monitoraggio e verifica periodica degli interventi di prevenzione delineati, attività che saranno svolte istituto per istituto.
  Con la riunione del 3 marzo si è dato l'avvio ad un tavolo in convocazione permanente che esaminerà costantemente i dati relativi allo stato di attuazione della direttiva che ogni referente è tenuto a raccogliere ed a trasmettere attraverso apposito monitoraggio. Le successive riunioni del tavolo, a partire dalla prima, si svolgono con stringente cadenza periodica.
  Il tema è stato, inoltre, affrontato anche nella riunione con i referenti dei tavoli tematici degli Stati generali dell'esecuzione penale che, nell'ambito delle attività di monitoraggio dell'attuazione delle linee di intervento ivi declinate, si è tenuta il 22 marzo 2017.
  L'azione sin qui intrapresa risulterà ulteriormente rafforzata dalle misure contenute nella riforma dell'ordinamento penitenziario, appena approvata dal Senato, che permetterà di introdurre strumenti adeguati per garantire una funzione davvero recuperatoria e risocializzante, in chiave costituzionalmente orientata, all'esecuzione penale.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   GNECCHI, TINAGLI, BARUFFI, GRIBAUDO, INCERTI, GIOVANNA SANNA, PARIS, ROTTA, DI SALVO, BOCCUZZI, GIACOBBE, CASELLATO, ALBANELLA, MICCOLI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 53 del 2000, garantisce, da ormai 17 anni, ai padri il diritto soggettivo al congedo parentale, mentre fino a tale legge era possibile per i padri solo in alternativa alla madre; quindi il diritto doveva sussistere per la madre e qualora non lo utilizzasse poteva trasferirsi al padre; è stata una modifica legislativa molto importante, anche culturalmente;
   sempre nel 2000 l'articolo 80, comma 2, della legge n. 388 del 2000, ha introdotto una novità fondamentale a supporto delle famiglie, i congedi retribuiti biennali per assistere familiari disabili;
   il congedo di paternità obbligatorio e il congedo parentale sono stati introdotti per incentivare i padri a farsi carico della cura del neonato, con il preciso obiettivo di giungere alla parità delle responsabilità famigliari e professionali, come già previsto dal punto «e» dell'articolo 1 della legge n. 125 del 1991 e sgravare almeno in parte le donne dai lavori di cura, storicamente sempre a carico delle madri, con le conseguenti negative ripercussioni sull'occupazione, sulla possibilità di carriera, sulle retribuzioni e sulle prestazioni pensionistiche;
   per proseguire sul suddetto percorso di condivisione dei lavori di cura, occorrono ulteriori provvedimenti legislativi, che chiaramente comportano oneri di copertura ed è pertanto necessario avere un dettagliato monitoraggio sull'utilizzo effettivo delle disposizioni sopra richiamate sui costi effettivamente sostenuti e sugli oneri di copertura a suo tempo previsti –:
   quanti siano:
    a) i padri, suddivisi fra dipendenti pubblici e privati, che hanno usufruito del congedo parentale di cui alla legge n. 53 del 2000, ripartiti per anno, periodo medio e relativo onere, nonché i relativi oneri di spesa;
    b) i soggetti, suddivisi fra dipendenti pubblici e privati, sesso, anno, periodo medio e relativo onere, che hanno fruito dei congedi retribuiti biennali introdotti dall'articolo 80, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e successive modifiche. (4-16817)

  Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente l'utilizzo dei congedi parentali e per l'assistenza di familiari disabili, si forniscono i dati acquisiti dall'Inps, relativi ai lavoratori dipendenti del settore privato.
  In particolare, nella tavola 1 (disponibile presso il Servizio Assemblea) sono riportati i dati relativi ai beneficiari del congedo parentale, suddivisi per anno e per sesso. Per quanto concerne gli oneri economici, l'istituto ha precisato che i dati relativi alla spesa totale annua sostenuta per il 2016 e per gli anni precedenti sono tutt'ora in corso di elaborazione.
  Nella tavola 2 (disponibile presso il Servizio Assemblea) sono, invece, riportati i dati relativi ai beneficiari dei congedi facoltativi del padre per gli anni 2014, 2015 e 2016 e la relativa spesa sostenuta.
  Nella tavola 3 (disponibile presso il Servizio Assemblea), infine, sono riportati i dati relativi ai beneficiari del congedo straordinario per assistere familiari con disabilità grave nel corso degli anni 2013-2016 e la relativa spesa sostenuta (comprensiva di contribuzione figurativa).
  Al riguardo, l'Inps ha precisato che l'articolo 42, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 151 del 2001 prevede che durante i periodi di congedo straordinario il richiedente ha diritto a percepire una indennità, corrispondente all'ultima retribuzione, nei limiti di un importo massimo complessivo di contribuzione figurativa rivalutato annualmente. Tale importo per il 2017 è pari ad euro 47.445,82.
  Per quanto concerne, invece, i dipendenti del settore pubblico, il dipartimento della Funzione pubblica ha reso noto che non è presente un sistema di monitoraggio che consenta la rilevazione dei dati richiesti, tuttavia, il dipartimento ha fornito la tabella – che metto a disposizione degli Interroganti e della commissione – relativa al «conto annuale 2015» predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella quale è inserito il prospetto delle assenze nel quale sono conteggiati i giorni di assenza fruiti a vario titolo da tutti i dipendenti pubblici, suddivisi per comparto e per genere.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiMassimo Cassano.


   GULLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 dicembre 2003 la regione Sicilia ha sottoscritto con i Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, l'accordo di programma quadro per la realizzazione del centro oncologico di eccellenza presso l'ospedale Papardo di Messina, mediante l'utilizzo di fondi comunitari;
   la legge regionale n. 9 del 2009, tuttora in vigore, al comma 2 dell'articolo 23, recita che «il centro oncologico di eccellenza deve comunque essere realizzato a Messina»;
   in contrasto con quanto previsto da accordi di programma, leggi regionali, nazionali e comunitarie, in data 9 giugno del 2010, l'assessorato alla salute della regione Sicilia, ha deciso in piena autonomia, senza darne preventiva comunicazioni al Ministero della salute e dell'economia e delle finanze, né tanto meno alla Commissione europea, che i posti letto per l'oncologia sono previsti esclusivamente presso il policlinico universitario di Messina;
   le risorse finanziarie previste per la realizzazione del polo oncologico sono state destinate per la creazione delle condizioni logistiche atte a consentire l'accorpamento presso ospedale Papardo delle omologhe strutture operanti al Piemonte;
   alcune associazioni di tutela dei diritti del malato hanno segnalato la questione al Ministero della salute;
   il direttore generale dell'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte, dottor Michele Vullo, ha confermato la vicenda e dice di avere segnalato la questione alla Corte dei Conti e inviato una nota alla procura della Repubblica di Messina –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere perché sia realizzato il polo oncologico presso l'Ospedale Papardo di Messina;
   se si intenda verificare quale destinazione abbiano avuto le risorse di cui sopra se il «dirottamento» dei fondi comunitari sia avvenuto nel pieno rispetto della legge. (4-13417)

  Risposta. — In merito alla problematica delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, la prefettura – ufficio territoriale del Governo di Messina ha acquisito elementi informativi presso l'assessorato della salute della regione Sicilia.
  Detto assessorato ha ricordato che la realizzazione del «polo oncologico di eccellenza» presso l'azienda ospedaliera «Papardo» di Messina è stata prevista nell'ambito del piano di investimenti ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, che ha autorizzato l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.
  L'opera, finanziata al 95 per cento con fondi statali e per la restante parte a carico del bilancio regionale, per un importo complessivo di euro 30.987.413,95, di cui: euro 29.438.043,25 a carico dello Stato ed euro 1.549.370,70 a carico del bilancio regionale: nell'ambito dell'accordo di programma sanità, il finanziamento veniva integrato di complessivi euro 10.000.000, facendo lievitare la previsione complessiva della spesa ad euro 40.987.413,95, è stata approvata dal dipartimento regionale per la pianificazione strategica dell'assessorato della salute con decreto n. 4618 del 30 dicembre 2004.
  Successivamente, con le modifiche normative apportate dalla legge di riordino del servizio sanitario regionale (legge regionale 14 aprile 2009, n. 5), finalizzate anche ad attuare il piano di rientro e di riqualificazione della spesa, i posti letto destinati ai malati oncologici per la città di Messina sono stati previsti presso il policlinico universitario «Gaetano Martino».
  La legge regionale n. 5 del 2009 ha previsto, nel contempo, lo scioglimento delle tre fondazioni costituite per la gestione dei rispettivi centri di eccellenza regionali di pediatria, ortopedia ed oncologia.
  La nuova riorganizzazione della rete ospedaliera regionale ha previsto, per la città di Messina, la riunificazione in un unico presidio sanitario delle due aziende ospedaliere «Papardo» e «Piemonte».
  Conseguentemente, in coerenza con la predetta rimodulazione, il finanziamento per la realizzazione di un polo oncologico di eccellenza presso l'ospedale «Papardo» non ha rivestito più carattere di attualità e la regione Sicilia ha ritenuto di destinare l'investimento ai lavori di ristrutturazione degli spazi per i servizi della nuova azienda «Ospedali Riuniti Papardo – Piemonte» di Messina.
  La nuova struttura ospedaliera è stata riorganizzata mediante l'utilizzo delle opere già realizzate e destinando le risorse ancora disponibili all'esecuzione dei lavori necessari ad accogliere, presso il «Papardo», le unità operative e i servizi che dovevano essere trasferiti dall'ospedale «Piemonte».
  Gli interventi sono stati ritenuti compatibili con le nuove esigenze dell'istituita azienda «ospedali riuniti», consentendo in tal modo la perfetta coerenza delle opere con la rete ospedaliera prevista nel piano di rientro.
  L'azienda «Policlinico di Messina», nel contempo, è stata destinataria di specifici finanziamenti da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in favore di due interventi per i reparti di neuroncologia ed oncologia che, tra l'altro, prevedevano la realizzazione di un ciclotrone e di un laboratorio di radiochimica, nonché di laboratori finalizzati alla ricerca oncologica.
  In considerazione di ciò, la regione ha ritenuto che mantenere le originarie previsioni di realizzazione del polo oncologico presso l'ospedale «Papardo» avrebbe dato luogo ad un'irragionevole duplicazione di investimenti, in contrasto con le politiche di risparmio ed ottimizzazione della spesa sanitaria.
  Per quanto concerne l'andamento dell'appalto, la regione Sicilia riferisce che l'autorità di vigilanza dei contratti pubblici (ora autorità nazionale anticorruzione – Anac) ha disposto l'archiviazione dell'istruttoria avviata ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera a), del regolamento in materia di attività di vigilanza e accertamenti ispettivi sui lavori, i servizi e le forniture, di cui all'articolo 8, comma 3, decreto legislativo n. 163 del 2006, in quanto «non si rilevavano elementi per il prosieguo del monitoraggio».
  Conclusi i lavori, l'ente appaltante ha approvato, con deliberazioni n. 725 del 2013 e n. 942 del 2013, gli atti di contabilità finale, ed il certificato di collaudo dei lavori, con deliberazione n. 1051 del 2013.
  Secondo quanto riferito dall'assessorato regionale della salute, la dicitura «realizzazione del centro oncologico d'eccellenza», riferito agli interventi sopra citati, è rimasta immutata, nonostante i lavori abbiano avuto una finalità del tutto diversa.
  Ciò sulla base di un'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze per questioni inerenti la procedura del «sistema informativo sanitario», piattaforma informatica che segue l'andamento degli interventi finanziati con fondi statali, finalizzata a consentire l'erogazione da parte di detto Dicastero delle somme necessarie alla loro realizzazione.
  In merito ai risultati che l'intervento ha prodotto con riferimento agli «standard» delle prestazioni sanitarie, l'azienda ospedaliera «Papardo» ha evidenziato, con relazione del settembre 2015, un «trend» in netto miglioramento in ordine al flusso delle attività di ricovero per le neoplasie maligne, con un incremento del 29 per cento dei casi trattati nel periodo 2008-2014 e del 16 per cento per gli interventi chirurgici, grazie anche all'unificazione con l'ospedale «Piemonte», concretamente avvenuta nel 2010.
  Lo stesso Assessorato regionale della salute ha precisato che il decremento nella trattazione di alcune tipologie di neoplasie è da ricondurre alla strategia aziendale.
  Il « management» aziendale, infatti, ha ritenuto di indirizzarsi verso attività ospedaliere di alta complessità, specialmente di natura chirurgica.
  È stata, inoltre, evidenziata una notevole riduzione del fenomeno della mobilità passiva dei pazienti che, pur essendo residenti nella città di Messina, preferiscono ricorrere alle cure di strutture sanitarie di altre province siciliane o di altre regioni: il dato si attesta intorno al 20 per cento per la mobilità passiva fuori provincia e al 30 per cento per la mobilità passiva fuori regione.
  Tale flessione è ritenuta, dall'assessorato regionale della salute, un indicatore della capacità dell'ospedale «Papardo – Piemonte» di attrarre i cittadini residenti e, di conseguenza, della fiducia riposta dalla cittadinanza nelle capacità professionali e/o organizzative della stessa azienda ospedaliera.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   KRONBICHLER. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un giovane detenuto si è impiccato il 24 luglio 2014 nel carcere di Trento. L'uomo si chiamava Riccardo: soffriva di problemi di tossicodipendenza e pare gli avessero rigettato recentemente la domanda di inserimento in comunità terapeutica;
   da informazioni raccolte dal sottoscritto e dai suoi collaboratori tra i suoi compagni di sezione e dagli operatori emerge che si trattava di una persona in grosse difficoltà/disagio psichico;
   qualche tempo prima aveva avuto un colloquio per un lavoro dentro il carcere, che non era andato bene, perché non sarebbe stato in grado di svolgerlo, in quanto troppo sofferente e bisognoso di un intervento di cura;
   non si trattava del primo tentativo di suicidio: in precedenza Riccardo aveva già tentato di farsi del male, ingoiando delle batterie, ma era stato salvato in tempo ed era stato ricoverato all'ospedale. Stavolta Riccardo si è impiccato nella doccia con il lenzuolo durante l'ora d'aria. Lo hanno ritrovato i compagni al rientro in cella;
   i segnali di quanto poteva accadere c'erano tutti. Per il giovane suicida era stato chiesto l'affidamento terapeutico in comunità, ma il magistrato di sorveglianza lo aveva negato;
   nel carcere di Trento l'attività educativa e di supporto psicologico è carente; ci sono persone che attendono settimane prima di poter parlare con l'educatore e quasi mai ricevono aiuto per un reale percorso educativo e di supporto;
   gli agenti non sono – per la maggior parte – formati e consapevoli della loro responsabilità. Secondo il racconto che l'interrogante ha raccolto, l'agente di turno, dopo essere stato chiamato dalle urla dei compagni, è entrato nella cella, ha visto la scena, ha proferito un'imprecazione ed è uscito terrorizzato. Il giovane sarebbe stato tirato giù dal suo cappio dalla dottoressa che era casualmente nella sezione e da due persone detenute;
   non si vogliono evidentemente attribuire responsabilità dirette agli operatori, ma lo Stato è responsabile della morte di questo giovane, in quanto non destina al sistema carcerario italiano — condannato a livello internazionale perché non rispetta alcuno standard minimo — le risorse per garantire i servizi e la formazione per gli operatori e ambienti adeguati alla vita in detenzione;
   il trattamento di persone tossicodipendenti nelle strutture carcerarie italiane rappresenta un'emergenza nell'emergenza. La loro reclusione in condizioni di scarsa igiene, senza programmi mirati di sostegno e di recupero rappresenta un tradimento delle finalità della pena e una violazione dei principi di solidarietà e di dignità;
   il tribunale di sorveglianza di Trento è considerato (da detenuti, avvocati, operatori dell'UEPE) uno dei più restrittivi d'Italia sia nel concedere misure alternative, sia nel concedere permessi, sia nel concedere i giorni di liberazione anticipata previsti dall'ordinamento. Difficile dire quali ragioni giustifichino questa condotta, che — a parere dello scrivente – è grave in casi come quello del giovane che si è suicidato, ma è altrettanto insensata in altri casi di nostra conoscenza –:
   se per il giovane suicida in carcere a Trento fosse stato attivato un percorso terapeutico idoneo per la sua situazione; se chi si occupava di lui sotto il profilo del controllo abbia messo in atto le precauzioni necessarie perché non compiesse questo atto; se sia noto quali ragioni, data la situazione soggettiva del detenuto, hanno portato la magistratura di sorveglianza a non concedere la misura richiesta. (4-05726)

  Risposta. — L'atto ispettivo in esame, prendendo le mosse da un caso di decesso per suicidio avvenuto all'interno della casa circondariale di Trento, pone quesiti riguardanti un tema di particolare delicatezza che ha visto, anche in tempi molto recenti, il Ministero della giustizia impegnato in ogni iniziativa, necessaria ed utile, alla prevenzione del rischio di gesti di autolesionismo in ambiente carcerario.
  Con specifico riferimento al caso di suicidio presso l'istituto penitenziario di Trento, evocato nell'atto ispettivo, le competenti articolazioni ministeriali hanno fornito indicazioni nei seguenti termini.
  Il detenuto veniva trovato, esanime in seguito ad impiccagione, dal compagno di cella e veniva immediatamente soccorso dal personale di polizia penitenziaria e dal medico di turno, già presente sul piano. Dopo i primi interventi sanitari, prestati anche dal personale del 118 intanto sopraggiunto, e dopo vani ulteriori tentativi di rianimazione, si constatava il decesso.
  Per quanto comunicato dall'amministrazione penitenziaria, nonché da quanto comunicato dall'autorità giudiziaria che ha indagato sull'episodio, non risultano inerzie del personale penitenziario intervenuto in soccorso né «colpevoli omissioni» nel percorso trattamentale del detenuto.
  Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha evidenziato, in particolare, come nel corso della sua permanenza presso la casa circondariale di Trento, il detenuto era stato avviato a tutte le attività trattamentali, ordinariamente disponibili in istituto, oltre ad essere costantemente seguito dagli operatori penitenziari, a fronte di accertate criticità psichiche: risultano numerosi incontri e visite con l'educatore di riferimento e con gli psicologi, nonché la presa in carico del detenuto da parte del servizio psichiatrico operante in istituto. Proprio nel contesto di tali interventi, era stato adottato un mirato provvedimento di grande sorveglianza.
  La circostanze che il detenuto fosse assuntore, peraltro occasionale, di sostanze stupefacenti era emersa solo nell'ambito dei colloqui intercorsi tra lo stesso ed il personale di supporto.
  Per quanto attiene, invece, alla vicenda procedurale relativa alla richiesta di misura alternativa, il presidente del tribunale di sorveglianza di Trento, appositamente interpellato, ha precisato che l'istanza presentata dal difensore del detenuto, a carcerazione iniziata, aveva invocato, in via principale, l'affidamento ordinario – e non quello cosiddetto terapeutico per tossicodipendenti (ex articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) – e, in subordine, la semilibertà.
  In particolare, è stato sottolineato come la condizione di tossicodipendenza del detenuto non fosse stata dedotta nell'istanza del difensore, e che il detenuto neppure era conosciuto quale tossicodipendente dai servizi specialistici del territorio.
  L'attualità dello status di assuntore di sostanze stupefacenti non era stata, dunque, in alcun modo accertata.
  L'istanza – ha precisato, ancora, il presidente del Tribunale di sorveglianza – non era stata respinta, bensì la decisione era stata differita affinché il detenuto potesse reperire un'adeguata sistemazione abitativa e lavorativa, ovvero la disponibilità da parte di struttura idonea alla concessione del beneficio, non avendo ottenuto dalle comunità, contattate grazie alle indicazioni degli operatori penitenziari e dell'Ufficio esecuzione penale esterna, disponibilità all'accoglienza.
  Tutto ciò premesso in riferimento al tragico caso specifico e nella consapevolezza della drammaticità di ogni atto di autolesionismo, occorre osservare, sotto il profilo statistico, che a partire dal 2013 il numero di suicidi all'interno degli istituti penitenziari ha avuto un sensibile decremento.
  Tra il 2009 e il 2012, infatti, il numero di casi è stato sempre annualmente superiore a 55, con un picco di 63 nel 2011, mentre pari a 45 e 46 sono stati gli eventi degli anni 2007 e 2008.
  Grazie al miglioramento della situazione nei nostri penitenziari, il numero si è ridotto in maniera significativa, registrandosi 42 casi di suicidio nel 2013, 43 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2016 e 10 sino al 28 febbraio 2017.
  Sul piano comparativo, poi, l'Italia, secondo le statistiche ufficiali dei Consiglio d'Europa, registra uno dei tassi più bassi di casi di suicidio. Nell'ultima rilevazione del 2013, si registra un tasso di 6,5 su 10.000 in Italia, 12,4 in Francia, 7,4 in Germania, 8,9 nel Regno Unito.
  I dati restano, in ogni caso, allarmanti e impongono un eccezionale sforzo dell'amministrazione penitenziaria, cui è demandata l'attuazione dei modelli di trattamento necessari alla prevenzione di ogni pericolo.
  Alla luce delle analisi e delle riflessioni degli Stati Generali dell'esecuzione della pena, il 3 maggio 2016 ho adottato una specifica «Direttiva sulla prevenzione dei suicidi», indirizzata al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, prescrivendo la predisposizione di un organico piano d'intervento per la prevenzione del rischio di suicidio delle persone detenute o internate, il puntuale monitoraggio delle iniziative assunte per darvi attuazione e la raccolta e la pubblicazione dei dati relativi al fenomeno.
  In attuazione della direttiva, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha predisposto un «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidiarie in ambito penitenziario», cui hanno fatto seguito circolari attuative trasmesse ai Provveditorati regionali.
  Le misure adottate dall'amministrazione penitenziaria attengono alla formazione specifica del personale, alla raccolta ed elaborazione dei dati ed all'aggiornamento progressivo dei piani di prevenzione.
  Sono state, inoltre, impartite istruzioni ai provveditorati regionali ed alle Direzioni penitenziarie per la conclusione di intese con Regioni e servizi sanitari locali, al fine di intensificare gli interventi di diagnosi e cura, nonché l'attuazione di misure di osservazione e rilevazione del rischio.
  L'amministrazione ha anche operato sul piano dell'organizzazione degli spazi e della vita penitenziaria, con incentivazione di forme di controllo dinamico volte a limitare alle ore notturne la permanenza nelle celle, in modo da rendere agevole l'osservazione della persona in ambiente comune e ridurre le condizioni di isolamento.
  Allo stesso scopo, sono state adottate misure volte a facilitare, anche attraverso l'accesso protetto ad Internet, i contatti con i familiari.
  Il 3 marzo 2017, inoltre, si è svolta presso il Ministero della giustizia una riunione nel corso della quale ho incontrato, con il capo di Gabinetto, tutti i referenti centrali e periferici dell'amministrazione penitenziaria, al fine di fare il punto sulle modalità di esecuzione, al livello locale prossimo agli istituti penitenziari, delle disposizioni contenute nella direttiva sulla prevenzione dei suicidi e sollecitarne, ove necessario, la completa e rapida attuazione.
  Sono state, inoltre, programmate attività di monitoraggio e verifica periodica degli interventi di prevenzione delineati, attività che saranno svolte istituto per istituto.
  Con la riunione del 3 marzo si è dato l'avvio ad un tavolo in convocazione permanente, che esaminerà costantemente i dati relativi allo stato di attuazione della direttiva che ogni referente è tenuto a raccogliere ed a trasmettere attraverso apposito monitoraggio. Le successive riunioni del tavolo, a partire dalla prima, si svolgono con stringente cadenza periodica.
  L'azione sin qui intrapresa risulterà ulteriormente rafforzata dalle misure contenute nella riforma dell'ordinamento penitenziario, appena approvata dal Senato, che permetterà di introdurre strumenti adeguati per garantire una funzione davvero recuperatoria e risocializzante, in chiave costituzionalmente orientata, all'esecuzione penale.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   PATRIZIA MAESTRI e ROMANINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   decine di lavoratori pendolari, frequentatori dei treni della linea Parma-Bologna, hanno rappresentato, con la lettera che si riporta, la seguente situazione:
    «Ci risiamo, anche quest'anno Trenitalia ha comunicato che cancellerà dal prossimo gennaio alcuni treni Intercity dei quali noi pendolari usufruiamo per raggiungere le stazioni intermedie poste sulla tratta Milano Bologna ma anche per le altre destinazioni limitrofe. Tra i treni in questione vi sono anche gli Intercity 583 e 590 che attraversano i nostri territori nelle ore maggiormente interessate dallo spostamento di noi pendolari e sono inseriti nella offerta complessiva di trasporto della Regione Emilia Romagna, che partecipa alle spese con l'abbonamento “mi muovo tutto treno”. Al tempo del trasferimento degli Eurostar sull'Alta Velocità, il servizio prospettato dalla RER considerava sulla tratta Piacenza Bologna 4 treni ogni ora cadenzati (uno ogni quarto d'ora circa) dei quali due regionali (sempre orgogliosamente mantenuti dalla regione) e due a lunga percorrenza. La cancellazione del IC 583 comporta per esempio a Parma un ‘buco’ dalle 07.58 alle 08.30. Abbiamo assistito in questi anni al progressivo smantellamento del previsto servizio con la cancellazione di alcuni dei treni a lunga percorrenza, che di anno in anno sparivano dall'orario. Il problema dei continui ritardi e guasti alla rete o al materiale rotabile rende indispensabile la presenza di più treni per riuscire a limitare i ritardi sia all'andata che al ritorno e rendere il treno un mezzo utilizzabile da più persone, e se questi non possono essere intercity va bene anche che siano regionali ! Per quanto esposto l'ennesima notizia diffusa da Trenitalia di modifica unilaterale dell'offerta, senza giustificazioni accettabili per il nostro tipo di utenza e le nostre esigenze, evoca la necessità di utilizzare l'auto poiché aumenta il rischio di non giungere puntuali nei luoghi di studio o di lavoro. Per quanto esposto si chiede di rendere stabile il servizio per i pendolari mantenendo 4 treni all'ora per garantire un servizio di qualità e per limitare i ritardi sia all'andata che al ritorno e quindi di evitare le cancellazioni annunciate per il prossimo gennaio dei treni intercity tra i quali risultano il 583 e il 590»;
   la situazione riveste un oggettivo rilievo per tutti i lavoratori pendolari della linea Parma-Bologna con evidente rischio di peggioramento delle condizioni di lavoro di tante persone e di disagio per molte madri lavoratrici e per molte famiglie –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative affinché Trenitalia garantisca un servizio di qualità e funzionale alle esigenze dei pendolari lavoratori sulla linea Parma-Bologna, evitando, in particolare, la cancellazione dei treni intercity a partire dal 583 e 590. (4-15041)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso la Direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero e la società ferrovie dello Stato,
  Fino al 31 dicembre 2016 il contratto di servizio in essere tra Trenitalia e lo Stato comprendeva la quasi totalità dei servizi Intercity ad eccezione di cinque coppie, tra cui gli Intercity 583 e 590, che erano effettuate in regime di mercato da Trenitalia; come è noto i servizi a mercato non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico e pertanto la relativa programmazione si fonda su valutazioni di carattere commerciale.
  La società Ferrovie dello Stato ha evidenziato che da molti anni questi dieci treni registravano perdite economiche insostenibili per l'azienda e quindi ne aveva previsto la soppressione.
  Tuttavia, considerata la funzione prevalentemente sociale dei suddetti collegamenti, rivolta anche al traffico pendolari, questo Ministero ne ha disposto l'inserimento nel nuovo perimetro del contratto di servizio 2017-2026 (10 treni in totale per n. 5 coppie al giorno); conseguentemente, nessuno dei treni in questione è stato soppresso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MELILLA, QUARANTA, RICCIATTI, KRONBICHLER, PIRAS e NICCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in ordine alla riorganizzazione nazionale dei compartimenti dell'Anas, in un'ottica di razionalizzazione generale su tutto il territorio nazionale, l'Abruzzo è stato accorpato nella macro area Abruzzo-Molise-Puglia;
   tale accorpamento non tiene conto, a parere degli interroganti, della condizione peculiare in cui versa l'Abruzzo, insieme ad altre aree dell'Italia Centrale, in questa fase di grave emergenza territoriale, economica e sociale;
   infatti, in tale fase di emergenza, sarebbe fondamentale che i presidi di controllo e pianificazione restino ben ancorati ai territori di riferimento;
   di questi presidi è evidente che quello relative al recupero e alla programmazione della rete viaria – e quindi nel caso di specie il presidio dell'ANAS – diventa fondamentale per la rinascita e il sostegno delle economie dei borghi e per fronteggiare lo spopolamento delle Aree interne, così come anche evidenziato dalla strategia del Governo dopo le gravissime sciagure degli ultimi mesi, in Abruzzo in particolare, ma in Centro Italia più in generale –:
   se non ritenga di dover valutare la possibilità di una deroga in merito all'accorpamento di compartimenti di Anas in macro aree previsto per l'Abruzzo, stante lo stato di grave emergenza che la regione si trova a dover fronteggiare. (4-15518)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla società Anas, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La struttura organizzativa di Anas è stata oggetto di una profonda revisione, fin dall'estate del 2015, finalizzata al raggiungimento dei tre obiettivi individuati dal piano industriale, ovvero: razionalizzazione delle attività, miglioramento del servizio offerto e, nel medio termine, raggiungimento dell'autonomia finanziaria.
  In tale ottica, dallo scorso 9 gennaio, è stato adottato un modello che prevede la suddivisione del territorio in otto strutture denominate coordinamenti territoriali, mediante l'accorpamento di più regioni in apposite macrostrutture: in tale configurazione la regione Abruzzo è confluita, unitamente al Molise e alla Puglia nel coordinamento territoriale adriatica, con sede a Bari.
  Il nuovo modello prevede, in sostanza, l'accentramento delle funzioni amministrative, (per esempio l'esperimento degli appalti, il controllo di gestione, il service e il patrimonio) che, tuttavia, mantengono i relativi presidi sul territorio. Anche le finizioni progettuali inerenti alle nuove costruzioni prevedono un centro direzionale presso la sede del coordinamento.
  Anas precisa, a riguardo, che, invece, rimane radicato nell'ambito locale il proprio principale compito istituzionale, ovvero la gestione e la manutenzione – ricorrente e programmata – della rete stradale in concessione, con tutti gli altri enti coinvolti.
  La mission fondamentale di Anas, è stata, quindi, mantenuta in completa aderenza alle esigenze regionali, garantendo la manutenzione e la tutela del patrimonio, la sicurezza della circolazione stradale, la continua sorveglianza della rete ed il tempestivo intervento nei casi di emergenza.
  In termini economici, ciò si traduce in investimenti per mantenimento, ammodernamelo e ricostruzione.
  I coordinamenti territoriali sono a loro volta articolati in aree compartimentali finalizzate ad assicurare l'efficace presidio sul territorio di riferimento; in tale ottica il tutore locale di tale mission resta il responsabile area compartimentale (già capo compartimento), massimo dirigente periferico e responsabile di tutti i dipendenti delle sedi regionali, nonché interfaccia diretta delle istanze regionali, Il responsabile dell'area compartimentale Abruzzo mantiene la sua collocazione operativa a L'Aquila, unitamente a tutto il personale – in particolare afferente all'area esercizio – del cui supporto si avvale.
  Con particolare riguardo al territorio abruzzese Anas evidenzia che il nuovo riassetto aziendale – oltre a garantire che la propria presenza capillare sia stabilmente ancorata al territorio – consente, in realtà, di assicurare un legame ancor più diretto tra periferia e territorio: il responsabile del coordinamento territoriale adriatica ha infatti una dipendenza diretta dal vertice aziendale di Anas.
  La stessa società stradate riferisce che le criticità territoriali dell'Abruzzo, come quelli di Puglia e Molise, sono trattate in maniera paritaria e valutate secondo armonici criteri di priorità, indipendentemente dall'estensione delle rispettive reti stradali.
  Anas evidenzia che l'efficacia del nuovo riassetto è stata immediatamente testata durante l'emergenza neve del gennaio scorso, occasione nella quale, grazie al potenziamento della sinergia tra centro e periferia, le strutture aziendali dell'area compartimentale Abruzzo, con sede all'Aquila, hanno operato garantendo il costante mantenimento in esercizio, non solo delle arterie abruzzesi di competenza di Anas, ma anche della viabilità locale, ripristinando la percorribilità di oltre 500 chilometri di strade comunali e provinciali.
  Da ultimo, Anas segnala che la sede dell'Aquila, pienamente operativa, risulta già impegnata nell'attuazione dei programmi di ripristino della viabilità nei territori dell'Abruzzo (oltre 1000 chilometri quadrati) coinvolti dagli eventi sismici del 2016, ai sensi dell'articolo 4 dell'ordinanza capo dipartimento della protezione civile n. 408 del 15 novembre 2016 recante «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali, eventi sismici che hanno colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo a partire dal giorno 24 agosto 2016».
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   MOSCATT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la figura professionale del podologo e le relative mansioni sono oggi disciplinate dalla legge n. 666 del 1994 e dalle successive modifiche. Ai sensi della normativa vigente, il podologo è l'operatore sanitario che, in possesso di un diploma universitario abilitante, tratta, dopo esame obiettivo del piede, con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapeutici, gli stati algici del piede, anche assistendo i soggetti di portatori di malattie a rischio;
   la figura del podologo svolge la sua attività professionale in regime di indipendenza o libero-professionale, in strutture sanitarie, pubbliche o private, segnalando al medico le sospette condizioni patologiche che richiedono un approfondimento diagnostico o un intervento terapeutico;
   per rispondere ad esigenze di responsabilità condivisa, l'inserimento della figura professionale del podologo risulterebbe necessaria in tutti i luoghi, pubblici o privati, convenzionati e non, in cui si trattano patologie podaliche o ad esse correlate. Un esempio potrebbe essere dato dagli ambulatori per il trattamento e la prevenzione del piede diabetico di primo, secondo e terzo livello, o negli ambulatori specialistici di reumatologia, ortopedia, posturologia o medicina dello sport;
   all'interno del servizio sanitario pubblico, il livello di inquadramento iniziale, cui si accede tramite concorso, è attualmente il VI livello (collaboratore), con possibilità di sviluppo di carriera in relazione all'articolazione funzionale prevista dall'ordinamento del personale del servizio sanitario nazionale, in corso di ridefinizione in quanto l'Associazione italiana podologi (AIP) ha tentato nelle legislature precedenti, senza successo, di valorizzare al meglio questa figura; si è cercato di istituire con la legge n. 43 del 2006 un albo e un ordine professionale;
   sempre più spesso la figura del podologo si scontra con la sleale concorrenza di professioni che, non essendo in possesso delle necessarie nozioni podologiche-sanitarie, finiscono con l'espletare tali funzioni, in totale assenza di competenze sanitarie adeguate –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per il riconoscimento del podologo come figura professionale sanitaria a pieno titolo, tanto nelle strutture private, quanto in quelle pubbliche;
   se intenda, assumere iniziative per inserire la figura del podologo negli organici del servizio sanitario nazionale e delle Asp regionali, così qualificandone la professione e andando incontro alle esigenze di tutti i pazienti che si trovano nella condizione di non poter accedere ai servizi privati. (4-14442)

  Risposta. — Negli ultimi anni la figura professionale del podologo, è stata caratterizzata da una profonda evoluzione, in virtù dei diversi interventi normativi che si sono susseguiti in materia di professioni sanitarie.
  Il profilo del podologo, dapprima, è stato definito, nel suo contenuto professionale, dal decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 666, che all'articolo 1 ha previsto: «È individuata la figura professionale del podologo con il seguente profilo: il podologo è l'operatore sanitario che in possesso del diploma, universitario abilitante, tratta direttamente, nel rispetto della normativa vigente, dopo esame obiettivo del piede, con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici le callosità, le unghie ipertrofiche, deformi e incarnite, nonché il piede doloroso (...)».
  Successivamente, la legge 10 agosto 2000, n. 251, recante «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica», ha definito, nei suoi primi 4 articoli, la struttura generale attualmente utilizzata per la classificazione delle professioni sanitarie, inserendo l'operatore sanitario in esame nell'ambito delle professioni sanitarie riabilitative, e precisando che queste ultime svolgono «con titolarità e autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali».
  Successivamente, il decreto ministeriale 29 marzo 2001, recante «Definizione delle figure professionali di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni da includere nelle fattispecie previste dagli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto n. 251», ha elencato le figure professionali sanitarie, raggruppandole in 4 macro aree secondo le classi stabilite dalla legge n. 251 del 2000, ed ha confermato, in tal modo, l'inclusione del podologo nelle professioni sanitarie riabilitative.
  Con il decreto ministeriale 2 aprile 2001, poi sostituito dal decreto ministeriale 19 febbraio 2009, sono state definite le classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie, esplicitando, anche per la professione sanitaria del podologo, le attività formative indispensabili e gli obiettivi formativi qualificanti.
  Inoltre, con la predetta legge n. 251 del 2000, è stato riconosciuto l'accesso delle professioni sanitarie alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale.
  In particolare, l'articolo 6, comma 2, nell'istituire la qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica, ha previsto che tali dirigenti siano inseriti nel ruolo sanitario del personale del Servizio sanitario nazionale, a cui si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29.
  Pertanto, anche il podologo, se in possesso dei requisiti prescritti, può accedere alla qualifica dirigenziale.
  Sul versante contrattuale, la declaratoria dei profili professionali di cui all'Allegato 1 del Contratto collettivo nazionale di Lavoro integrativo del 20 settembre 2001 – Comparto sanità, ha provveduto a declinare il contenuto delle attribuzioni della figura professionale del podologo.
  Alla luce del quadro normativo sopra delineato, è evidente che la figura professionale del podologo ha ricevuto un pieno riconoscimento nel nostro sistema sanitario, al pari delle altre professioni sanitarie.
  Relativamente all'esercizio delle competenze di tale figura professionale da parte di altre professioni, si osserva che gli ambiti professionali delle figure professionali sanitarie sono determinati dagli specifici profili professionali e dai rispettivi percorsi formativi, così come previsto dalle norme in materia di professioni sanitarie, quali la legge n. 42 del 1999 e la legge n. 251 del 2000.
  Infatti, l'articolo 1 della legge n. 42 del 1999, al comma 2, prevede: «il campo proprio di attività e responsabilità delle professioni sanitarie di cui all'articolo 6 del decreto legislativo s.m. è determinato dai decreti ministeriali istitutivi dei profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario».
  La stessa legge n. 251 del 2000, nello specificare agli articoli 1, 2, 3 e 4 le attività poste in essere dagli operatori sanitari, fa espresso riferimento all'ambito definito dai relativi profili professionali.
  Di conseguenza, l'eventuale svolgimento delle competenze proprie del podologo da parte di altri operatori all'interno delle strutture sanitarie è, presumibilmente, ascrivibile a casi di « malpractice» locali, posto che le norme vigenti in materia delineano in modo chiaro ed inequivocabile le competenze di questa figura professionale.
  Da ultimo, in ordine all'opportunità di assumere iniziative volte all'inserimento del podologo negli organici delle aziende sanitarie, si osserva che spetta alle medesime strutture sanitarie prevederne l'inquadramento nella dotazione organica, per effetto dell'autonomia organizzativa ad esse riconosciuta e dell'effettivo fabbisogno di personale.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   NARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'organico del personale di polizia penitenziaria della casa di reclusione di Massa è stato fissato con decreto ministeriale del 2001 in 159 unità, poi modificato con decreto ministeriale del 2014 in 149 unità;
   a causa di riforme dal servizio, collocamenti a riposo per pensionamenti e assenze per malattia di lungo periodo le unità effettivamente in servizio presso la casa di reclusione di Massa sono circa 120;
   a fine 2015 la casa di reclusione di Massa è stata ampliata con l'apertura della sezione B che ha comportato un aumento dei posti di servizio e dei carichi di lavoro per il personale di polizia penitenziaria;
   nell'occasione dell'apertura della sezione B sono state inviate in missione presso la casa di reclusione di Massa 10 unità di personale di polizia penitenziaria provenienti da altri istituti della regione al fine di consentire la funzionalità della struttura;
   dal 15 gennaio 2016 sono terminati i provvedimenti di missione coi conseguenze negative sulla gestione complessiva dell'istituto: accorpamenti dei posti di servizio e turni di 8 ore per mantenere livelli di sicurezza che talvolta si attestano sotto i livelli minimi, considerato che le attività trattamentali e scolastiche si svolgono a prescindere dalla sorveglianza per non pregiudicare la caratteristica trattamentale dell'istituto;
   l'organico dell'istituto di Massa è carente anche di altre figure professionali di etti le sigle sindacali e la direzione hanno fatto più e più volte richiesta al provveditorato regionale: occorrono 2 contabili, il rientro alla sede di Massa di 4 tecnici amministrativi attualmente distaccati all'istituto minorile di Pontremoli e 2 funzionari pedagogici;
   sono già state richieste con urgenza le seguenti sostituzioni: un educatore distaccato a Secondigliano e un contabile addetto alla cassa dell'istituto (assente per problemi di salute) –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione, se intenda valutare la possibilità di far proseguire i servizi di missione di 10 unità operative come nel 2015 e se sia possibile avviare i lavori di ripristino dell'impianto anti-scavalcamento del muro di cinta e della sala regia per i quali risultano già impegnati specifici finanziamenti, dato che il ripristino di tali sistemi di sicurezza consentirebbe un utilizzo più flessibile del personale di polizia penitenziaria con possibilità di ottimizzazione delle risorse a disposizione. (4-12868)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in epigrafe indicato, l'interrogante lamenta la carenza di personale di polizia penitenziaria presso la casa di reclusione di Massa, nonché di altre figure professionali, tra cui educatori e funzionari contabili, anche in conseguenza dell'apertura di un nuovo padiglione detentivo.
  Su tali premesse, chiede di sapere se questo Ministero intenda valutare l'opportunità di mantenere le 10 unità di personale di Polizia penitenziaria, già assegnate in missione all'istituto alla fine del 2015, in seguito all'apertura della nuova sezione B.
  Chiede, inoltre, di conoscere se e quando saranno avviati i lavori di ripristino dell'impianto anti-scavalcamento del muro di cinta e della sala regìa, per i quali sarebbero già state impegnate le necessarie risorse finanziarie, trattandosi di sistemi automatici di sicurezza la cui funzionalità contribuirebbe ad agevolare le condizioni di lavoro della polizia penitenziaria.
  Dalla relazione trasmessa dal competente dipartimento dell'amministrazione penitenziaria emerge quanto segue.
  Il nuovo padiglione detentivo, aperto nel mese di settembre 2015, consta di tre piani: il piano terra è destinato al reparto infermeria, con sei stanze per degenti; gli altri due piani ospitano, invece, 34 stanze per 68 posti letto.
  Al 16 marzo 2017, risultano complessivamente presenti, presso l'istituto di Massa, 204 detenuti, 63 dei quali ospitati nel nuovo reparto.
  Sebbene il nuovo padiglione detentivo sia gestito con modalità di sorveglianza dinamica, che contribuiscono ad agevolare il quotidiano lavoro della polizia penitenziaria, al fine di assicurare il necessario sostegno al personale ivi in servizio, il provveditorato regionale, dal 1o settembre dell'anno 2015, ha inviato 10 unità presso l'istituto, di cui 2 a seguito di interpello ed 8 con provvedimento di missione.
  Tale incremento è stato mantenuto sino all'assegnazione di 4 nuove unità, disposta nel dicembre 2015, al termine del 170o corso allievi agenti e della connessa procedura di mobilità ordinaria.
  Al 16 marzo 2017, a fronte di una previsione organica di 149 posizioni, risultavano presenti 122 unità, suddivise nei vari ruoli.
  Al riguardo, giova rappresentare che, in previsione della soppressione della Casa Circondariale di Empoli e della intervenuta chiusura dell'Opg di Montelupo Fiorentino, la pianta organica regionale del personale di polizia penitenziaria è in fase di revisione e, in tale ambito, il Provveditorato regionale, tra le strutture proposte per un incremento dell'organico, ha inserito anche l'istituto di Massa, chiedendone l'incremento sino a 161 unità.
  Va comunque precisato che la carenza di personale, soprattutto nei ruoli degli ispettori e dei sovrintendenti, rappresenta una criticità che si ripropone in maniera analoga in tutti gli istituti penitenziari, per la cui risoluzione il competente dipartimento sta adottando ogni possibile iniziativa, al fine di migliorare le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria.
  In questa prospettiva, si provvede, tra l'altro, ad assegnare al personale in servizio ore di straordinario suppletivo, che corrispondono ad un «apporto lavorativo» di diverse unità al giorno: con specifico riguardo all'istituto di Massa, per l'anno 2016, sono state assegnate 6.254 ore di lavoro straordinario.
  Infine, preme rassicurare l'interrogante che le criticità specificamente rilevate per l'istituto di Massa saranno tenute nella più attenta considerazione in occasione delle nuove assegnazioni: infatti, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 ottobre 2016 l'Amministrazione penitenziaria è stata autorizzata ad assumere n. 887 unità di agenti vincitori di concorso.
  E, nell'ambito di tale quadro assunzionale, il decreto-legge n. 244 del 30 dicembre 2016 (decreto «milleproroghe»), di recente conversione, ha previsto la proroga, sino al dicembre 2017, della validità delle graduatorie dei concorsi banditi ai sensi dell'articolo 2199 del codice dell'ordinamento militare, pubblicate in data non anteriore al 1o gennaio 2012.
  Tale intervento normativo consentirà, dunque, all'amministrazione di attingere a tali graduatorie per avviare le procedure finalizzate all'assunzione, nell'anno in corso, di 887 donne e uomini, che andranno a colmare, in parte, il vuoto in organico del corpo di polizia penitenziaria.
  Si tratta di un primo passo, ma molto importante, che dimostra la costante attenzione riservata dal Governo a tale questione e che intende migliorare le condizioni di lavoro negli istituti, garantirne maggior sicurezza ed assicurare un miglior trattamento per le persone detenute.
  Con riferimento alla lamentata carenza di altre figure professionali, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha rappresentato che i 4 assistenti tecnico-amministrativi, già assunti nel ruolo di custodi presso la Casa mandamentale di Pontremoli, a seguito della soppressione di tale struttura, con provvedimento dell'8 maggio 2015, sono stati inseriti nell'organico dell'istituto di Massa e, solo provvisoriamente, assegnati all'Ipm di Massa ove tuttora prestano servizio, in virtù del provvedimento di rinnovo ottenuto dal competente Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità per le esigenze del predetto istituto. Esaurita detta fase transitoria, tale personale rientrerà nella sede di destinazione.
  Va, comunque, rappresentato come, nonostante le criticità prospettate nell'atto di sindacato ispettivo, la struttura di Massa si caratterizzi per una variegata offerta trattamentale: sul versante scolastico, sono attivi corsi di alfabetizzazione in lingua italiana, di scuola media inferiore e di scuola media superiore a indirizzo tecnico economico ed è operativo, inoltre, il laboratorio per la formazione professionale telematica T.R.I.O.; sul versante culturale, vi è un laboratorio di scrittura, un corso teatrale, un laboratorio di cinema, la redazione del giornalino «Il Ponte» e un corso di filosofia; la struttura dispone di una biblioteca molto fornita ed è attivo un corso di catalogazione libri; nello scorso mese di novembre le attività trattamentali sono state integrate con un corso di giornalismo e un corso di storia dell'arte e sono da tempo assicurati corsi di fotografia, di carta pesta, di pittura «Emozioni e colore», di scultura e di pittura su stoffa, di meditazione e di musica, di yoga, di consapevolezza e di catechesi. Nel mese di dicembre 2016, inoltre, si è concluso il corso per assistente bagnino con la certificazione, da parte della società nazionale di Salvamento, di 15 detenuti quali bagnini da piscina ed è già programmato il corso di formazione per raggiungere il brevetto di assistente bagnino anche per il mare; è attivo il Gruppo Ogap, per attività socioriabilitativa da alcooldipendenza; sono assicurate attività sportive e ricreative presso la palestra e la sala hobby dell'istituto.
  Pari attenzione è riservata al lavoro dei detenuti, gestito sia direttamente dall'amministrazione, attraverso l'attivazione di laboratori interni all'istituto (tra cui quelli di sartoria e laneria), sia da imprese esterne, previa assunzione dei detenuti ai sensi della legge n. 193 del 2000, per lavori di riparazione di macchine per caffè e servizi di prenotazione telefonica delle visite sanitarie (servizio Cuptel).
  Infine, in ordine agli interventi strutturali relativi all'impianto anti-scavalcamento del muro di cinta e della cabina di regìa, anch'essi sollecitati dall'interrogante, si rappresenta che si è conclusa la procedura di aggiudicazione della gara, a fronte della quale il competente Provveditorato regionale ha erogato fondi nella misura di 106.000,00 euro, ed è, nel breve periodo, prevista la stipula del contratto con l'impresa aggiudicataria, cui seguirà l'inizio dei lavori.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 31 maggio 2015 a Rovigo si sono tenute le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale;
   la commissione circondariale ha annullato lo spoglio di due seggi, il 37 Concadirame e il 44 Mardimago, per errori nella compilazione del verbale;
   nel primo caso infatti esso risultava in bianco, mentre nel secondo non erano stati riportati i voti di lista e quelli al sindaco;
   questo ha comportato la non attribuzione di 978 voti, pari al 4 per cento dei voti espressi, con le conseguenze immaginabili in termini di rispetto della volontà del corpo elettorale;
   non vale infatti la motivazione addotta che tali voti sarebbero ininfluenti ai fini della determinazione dei candidati sindaco ammessi al secondo turno, dato che le elezioni riguardano anche la composizione del consiglio comunale, sia in termini di composizione numerica che di candidati eletti tramite preferenze;
   è d'altronde evidente che deve essere tutelato soprattutto il diritto costituzionale ad un voto personale, libero, uguale e segreto per tutti i cittadini, che non può certo essere sospeso per l'errore di un presidente di seggio o la decisione di una commissione circondariale;
   della questione è stato investito il prefetto di Rovigo, che a tutela del corretto svolgimento del turno elettorale, anche in previsione di eventuali ricorsi al TAR, dovrebbe ad avviso dell'interrogante auspicabilmente intervenire per determinare il riconteggio dei voti, senza che valga la motivazione contraria dei tempi stretti, e prima che vengano proclamati gli eletti e insediato il nuovo consiglio comunale –:
   a partire dall'interessamento del Sottosegretario Bocci, di cui si ha notizia a mezzo stampa, come il Governo intenda attivarsi nei limiti di competenza, con la massima urgenza, in relazione ai fatti descritti in premessa. (4-09407)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in esame l'interrogante segnala, in relazione alle consultazioni amministrative del 31 maggio 2015, alcune criticità verificatesi a Rovigo durante le operazioni di scrutinio per il rinnovo degli organi elettivi del comune di Rovigo del 31 maggio 2015. I problemi hanno riguardato, in particolare, le sezioni n, 37 della frazione Concadirame e n. 44 di Mardimago.
  Al riguardo, la prefettura di Rovigo ha rappresentato che lo scrutinio dei voti relativi all'elezione del sindaco e del Consiglio di quel comune si è svolto con regolarità dalle ore 14,00 del giorno 1o giugno 2015, ancorché si siano registrate in alcune sezioni difficoltà nelle operazioni di spoglio, in relazione al problema del cosiddetto «voto disgiunto».
  Si è verificato, infatti, che alcuni presidenti di seggio non hanno completato i verbali, in quanto i dati complessivi non erano congruenti ed hanno consegnato al comune i relativi documenti, raccolti nei plichi e sigillati, con vistose omissioni.
  La Prefettura, avuta notizia dell'accaduto, ha interessato nell'immediato il commissario straordinario a capo del comune in quel periodo, il quale ha informato che, dopo aver sentito i competenti Uffici dei Ministero dell'interno, aveva provveduto a contattare, al fine di convocarli, i presidenti e i segretari dei seggi 11, 34, 37, 40, 46, 50. Ciò senza alcun esito, atteso che tutti i predetti erano risultati irreperibili, salvo uno dei presidenti che aveva risposto alla telefonata, rappresentando peraltro l'impossibilità di spostarsi per motivi familiari.
  Comunque, i plichi consegnati e i relativi verbali sono stati acquisiti dall'ufficio centrale di cui all'articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960 (Ufficio presieduto dal presidente del tribunale o da altro magistrato da lui delegato) che, nel tardo pomeriggio del 3 giugno 2015 ha avviato gli adempimenti di competenza.
  Dal verbale delle operazioni trasmesso alla prefettura si evince che sono stati convocati i presidenti delle sezioni i cui verbali di scrutinio presentavano anomalie.
  Laddove il collegio ha rinvenuto meri errori materiali, ha esercitato il potere di surroga.
  Per i verbali risultati incompleti, ma chiusi con la sottoscrizione da parte di presidente, scrutatori e rappresentanti di lista prima della scadenza delle 12 ore dalla chiusura dei seggi, il collegio non ha ritenuto di procedere con operazioni di surroga.
  A confusione del verbale delle operazioni lo stesso ufficio centrale, in data 5 giugno 2015, ha rilevato che «la somma dei voti validi quale risulta dall'apposito modello 301-AR ammonta a 25098. Tuttavia la somma algebrica dei dati assegnati a ciascuna lista è pari a 23821. Tale differenza appare determinata dai fatto che nei verbali delle sezioni 11, 37, 44 non sono stati attribuiti i voti, ma è stato inoltrato solo un totale nei rispettivi riepiloghi».
  Comunque, con i dati acquisiti l'ufficio centrale ha proceduto alla comunicazione dei candidati ammessi al ballottaggio ed alla determinazione della cifra elettorale di lista o di gruppo di liste collegate e della cifra individuale di ciascun candidato.
  Sulla base di tali elementi, successivamente al ballottaggio del 14 giugno 2015, sono state concluse le operazioni per la proclamazione del sindaco e dei consiglieri.
  Questi gli elementi di fatto.
  Su un piano generale, si evidenzia che, in occasione di ogni consultazione elettorale comunale, l'ufficio centrale opera attraverso i dati desunti dai verbali trasmessi dagli uffici elettorali di sezione, senza poterne modificare i risultati.
  Quanto all'auspicato intervento del Prefetto finalizzato al riconteggio dei voti prima della proclamazione degli eletti, si rappresenta che l'ordinamento non prevede la possibilità di svolgere legittimamente tali operazioni, se non su ordine della magistratura amministrativa, in sede di eventuale contenzioso promosso ai sensi dell'articolo 130 del decreto legislativo n. 104 del 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, FASSINA e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 novembre 2016 il Colosseo di Roma è stato chiuso alle ore 14,30, anziché alle 16,30, come da orario invernale;
   la giustificazione di tale chiusura anticipata è da collegarsi alla visita del Presidente del Vietnam, Tran Dai Quang al monumento;
   come riportato da diverse fonti giornalistiche, l'arrivo del Presidente vietnamita al sito museale e della sua folta delegazione al seguito, secondo quanto risulta agli interroganti avveniva alle 16.15, soltanto 15 minuti prima della chiusura effettiva dell'anfiteatro Flavio;
   la visita del Presidente vietnamita ha provocato non pochi disagi ai numerosi turisti che volevano visitarlo nel pomeriggio;
   della visita, a quanto consta agli interroganti, non venivano avvisati i tour operator e neppure i visitatori che avevano una prenotazione per la visita, i quali si vedevano respinti all'ingresso, e senza ulteriori spiegazioni gli veniva risposto «ci dispiace oggi è così»;
   poco più di un anno fa, il 18 settembre 2016, a seguito dello svolgimento di una legittima assemblea sindacale convocata a norma di legge, con il previsto preavviso e della durata di due ore e mezzo, a Roma presso il Colosseo, vi fu la netta opposizione del Governo ed in particolare del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, tant’è che il Governo, riunito d'urgenza, un decreto-legge in data 20 settembre 2016 (poi convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2015, n. 182) in cui dichiarava i musei e i luoghi della cultura «servizi pubblici essenziali»;
   dopo l'entrata in vigore del decreto richiamato, il Colosseo è già stato chiuso il 1° luglio 2016, per ben più di due ore, e nell'orario di apertura per due terzi inaccessibile anche a chi aveva prenotato, per organizzare la festa privata «vip» dello sponsor che ha contribuito alla pulitura dell'anfiteatro;
   secondo quanto si apprende, in occasione della visita del Presidente vietnamita, Tran Dai Quang, la decisione della chiusura del Colosseo sarebbe arrivata direttamente dal Governo, che attraverso la prefettura avrebbe sollecitato la questura di Roma;
   nel recente passato, in occasione di visite importanti si è trovata un'altra soluzione alla chiusura. Ad esempio, la Ministra della giustizia dell'amministrazione Obama, Loretta Lynch, ha visitato il Colosseo alle 6 del mattino. Harry d'Inghilterra ha chiesto di poter entrare nel monumento, perché arrivato all'improvviso, senza creare troppi disagi, pagando regolare biglietto per sé e per il suo staff. Ed in ultimo il presidente iraniano Rohani ha visitato l'Anfiteatro durante gli orari di apertura, tanto che i turisti lo hanno riconosciuto e hanno scattato foto con lui –:
   quali siano i motivi per i quali l'accessibilità al Colosseo, che si configura come servizio pubblico essenziale ai sensi della legge n. 182 del 2015, al pari dell'ingresso ai musei e agli altri luoghi di cultura, possa subire, a giudizio degli interroganti arbitrariamente e secondo una modalità privatistica, limitazioni durante l'orario di regolare apertura, come accaduto non solo per la visita in loco del Presidente del Vietnam, ma anche per la festa privata «vip» dello sponsor citata in premessa, quando invece nel settembre 2015 è stato contestato dal Governo lo svolgimento di una legittima assemblea sindacale, convocata a norma di legge, tenutasi nel medesimo luogo. (4-14878)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante, fatto riferimento alla chiusura al pubblico del Colosseo, avvenuta in data 22 novembre 2016, per consentirne la visita al Presidente del Vietnam e a quella del 1o luglio 2016 «per organizzare la festa privata “vip” dello sponsor che ha contribuito alla pulitura dell'anfiteatro», chiede «quali siano i motivi per i quali l'accessibilità al Colosseo, che sì configura come servizio pubblico essenziale ai sensi della legge n. 182 del 2915, ... possa subire ... interruzioni».
  Con riferimento alla chiusura del Colosseo in data 22 novembre 2016, in occasione della visita del Presidente del Vietnam si comunica che la soprintendenza speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma è stata informata, dalla Questura di Roma, solo il giorno precedente della visita del capo di stato vietnamita.
  La questura ha richiesto, «per evidenti motivi di sicurezza e al fine di effettuare una corretta bonifica dei luoghi interessati alla visita», di disporre la chiusura anticipata del monumento affinché il monumento, alle ore 15,30, fosse definitivamente libero da visitatori.
  Per quanto riguarda, invece, l'evento del 1o luglio 2016, la Soprintendenza speciale ha precisato che in tale data il Colosseo non è stato chiuso al pubblico. Nel corso della mattinata si è svolta, sul piano dell'arena, la conferenza stampa di chiusura dei lavori di cui al primo appalto Tod's, alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Nel pomeriggio è stata chiusa, esclusivamente al secondo ordine del monumento, parte dell'anello interno lungo il versante meridionale, lato Celio. Tale limitazione non ha comportato alcun disagio ai visitatori.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.


   PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema idroviario padano—veneto è stato inserito tra i grandi progetti di interesse comunitario per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti;
   nel settore della navigazione interna, il sistema idroviario padano-veneto la cui rete infrastrutturale, ben radicata all'interno del contesto economico-produttivo del territorio lombardo, rappresenta più del 60 per cento dell’export italiano con quasi 200 milioni di euro di valore e consentirebbe di prefigurare una domanda potenziale annua di trasporto che potrebbe raggiungere 20 milioni di tonnellate;
   la legge n. 380 del 1990 riconosceva al sistema idroviario padano-veneto un preminente interesse nazionale tanto da inserirlo all'interno del piano generale dei trasporti. Tale rilevanza è giustificata anche dalla reale possibilità di integrazione dell'idrovia con l'Adriatico, per la realizzazione di una rete non limitata al fiume e ai canali dell'entroterra, ma estesa alle linee marittime adriatiche e mediterranee. La stessa legge assegna al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la sua realizzazione, tramite la definizione di procedure particolari per la formazione del suo piano di attuazione al quale parteciparono le Regioni interessate;
   il tracciato del sistema idroviario padano-veneto è stato poi approvato, assieme al piano poliennale della sua attuazione, con decreto del Ministro dei trasporti del 25 giugno 1992, e comprende le seguenti tratte: Po da Casal Monferrato a foce del Ticino (chilometri 65); Po da foce del Ticino al mare (389); fiume Ticino da Pavia alla confluenza con il Po (7); fiume Mincio da Mantova alla confluenza con il Po (chilometri 21); canale Po-Brondolo (Chioggia) (19); idrovia Fissero-Tartaro-Bianco-Po di levante (chilometri 135); idrovia Litoranea veneta: da Portegrandi a foce dell'Isonzo (chilometri 130); canale Milano-Cremona (66,5); idrovia Ferrara-Ravenna («Ferrarese estesa», 87 chilometri); canale Padova-Venezia (28);
   il sistema è parte integrante del sistema nazionale integrato dei trasporti (SINT) e, con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, la sua gestione viene conferita alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto;
   le principali fonti di finanziamento a cui attingono le regioni per la realizzazione e per il potenziamento di opere infrastrutturali relative all'adeguamento dei canali navigabili, delle relative sponde, delle conche di navigazione e degli approdi e dei piazzali destinati alla movimentazione delle merci e, in generale, del sistema idroviario esistente, che consente la navigazione di chiatte di quinta classe europea come previsto dalla CEMT (Commissione europea tra i Ministeri dei trasporti), fanno riferimento alle leggi n. 194 e n. 413 del 1998 e alla legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004);
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva inoltre nominato un comitato tecnico—economico per il coordinamento degli studi di fattibilità per la realizzazione del succitato sistema idroviario e per la progettazione di tratte funzionali che avrebbero garantito una prima funzionalità di tale sistema;
   nel protocollo d'intesa firmato tra le regioni interessate ed il Ministero dei trasporti, nel 1999, si rileva, inoltre, vista l'importanza sul piano della forte coesione interregionale del progetto innovativo di tale sistema idroviario integrato con il sistema del corridoio Adriatico, che il Ministero avrebbe provveduto non solo alla definizione e localizzazione degli interventi ma anche alla ripartizione delle risorse;
   a distanza di quasi vent'anni dal primo stanziamento di risorse si è svolto il 15 marzo 2016, presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un incontro tra le regioni interessate ed i funzionari preposti alla realizzazione di tale sistema per discutere delle criticità emerse in questo periodo;
   innanzitutto, si è riflettuto sulla necessità di una verifica, e di una ricognizione/aggiornamento delle mappe riguardanti il tracciato e sulla necessità di una rivisitazione, da parte delle regioni coinvolte, al fine di meglio identificare i tracciati e i porti;
   a tal proposito, sono state evidenziate le criticità che interessano il tratto della laguna veneta, dei suoi canali e di quelli ad uso promiscuo con particolare riguardo alle infrastrutture da realizzare e ai requisiti tecnici delle navi;
   si è dunque convenuto di procedere, d'intesa con le regioni, ad un aggiornamento e ad una verifica del tracciato e dei porti di importanza internazionale rispetto alle norme statali e comunitarie di riferimento;
   neanche dal punto di vista delle risorse ancora a disposizione si ha, a distanza di tempo, un quadro aggiornato sia per quanto riguarda le opere ancora da realizzare sia per quanto concerne la suddivisione tra le regioni –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di verificare la disponibilità residua degli stanziamenti complessivi previsti per la realizzazione del sistema in questione e quale sia la disponibilità suddivisa per regione, anche alla luce della ricostruzione dello stato dell'arte dell'opera come esposto in premessa. (4-12931)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni trasmesse dalla Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne di questo Ministero.
  Gli interventi per la realizzazione del Sistema idroviario padano-veneto (regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Magistrato del Po) sono stati finanziati dalle seguenti leggi:
   legge n. 380 del 1990 – 130 miliardi di lire pari a 67.139.396,88 euro;
   legge n. 194 del 1998 – 79,7 miliardi di lire pari a 41.161.614,87 euro.

  I fondi (60.941.914,09 euro) sono stati totalmente impegnati e versati in appositi conti speciali vincolati istituiti presso la tesoreria centrale per essere utilizzati dietro presentazione da parte delle regioni di documentazione attestante lo stato di avanzamento lavori e i relativi titoli di spesa.
  Durante l'anno 2006 la somma di 23.402.757,92 euro è stata oggetto di pignoramenti e prelievi per far fronte a situazioni debitorie maturate nell'ambito di altri dipartimenti e derivanti da provvedimenti giurisdizionali e da lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva.
  Per bloccare tale emorragia di risorse i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel mese di aprile 2006, hanno chiesto ed ottenuto che l'Igepa (Ministero dell'economia) disponesse la modifica della denominazione dei conti mediante l'eliminazione del riferimento ai Ministero delle infrastrutture e l'intestazione alle singole regioni beneficiarie dei seguenti conti ed ha ripetutamente richiesto senza esito, all'ispettorato generale del bilancio il reintegro delle somme distratte.
  Per facilitare fa situazione contabile i totali delle due leggi di riferimento sono stati unificati.
  La regione Lombardia ha richiesto in data 29 gennaio 2016 lo svincolo della somma di 502,018,72 euro, ma non avendo prodotto l'idonea documentazione attestante lo stato di avanzamento dei lavori ed il relativo fatturato non è stato possibile procedere all'erogazione della somma richiesta.
  La situazione contabile attuale dei fondi depositati presso c/speciali della Banca d'Italia si può così riassumere:

Immagine prelevata dal resoconto

  Sono stati autorizzati al fine del risanamento del sistema idroviario padano veneto i seguenti ulteriori finanziamenti.
  Legge n. 413 del 1998: 309,874,125,00 euro (600 miliardi di lire) in limiti d'impegno.
  L'articolo 11 della legge n. 413 del 1998 ha autorizzato per gli interventi finalizzati al risanamento del sistema idroviario padano-veneto limiti di impegno per 40 miliardi di lire (pari a 20.658,275 euro) per 15 anni a partire dall'anno 2000.
  A causa del mancato utilizzo, gli stanziamenti relativi agli anni 2000 e 2001, ai sensi dell'articolo 54, comma 16, della legge n. 449 del 1997, sono stati rinviati agli esercizi terminali (2015-2016).
  Sulla base di quanto deciso con deliberazione n. 4 del 2002 del 20 novembre 2002 dall'intesa interregionale fra le regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte per l'esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di navigazione interna sul fiume Po e idrovie collegate, in data 20 dicembre 2002, è stato emanato il decreto ministeriale di localizzazione degli interventi da realizzare e di ripartizione delle risorse tra le regioni interessate. Con decreto ministeriale del 15 luglio 2004 sono stati rilocalizzati parte degli interventi della regione Lombardia con la seguente tabella:

   

Immagine prelevata dal resoconto

  L'emanazione del primo provvedimento ha consentito di impegnare, con decreto dirigenziale n. 239/01 del 30 dicembre 2002, i fondi stanziati dalla legge n. 413 del 1998 (esercizi finanziari 2002-2016) entro i termini previsti dall'articolo 7 del decreto-legge 6 settembre 2002, n. 194, convertito dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246.
  Tali fondi inizialmente gravavano sul capitolo di spesa 7799. Dal 2006 gravano sul capitolo di spesa 7700 articolato su tre piani gestionali. Successivamente le regioni hanno contratto mutui con istituti di credito ai quali vengono rimborsate con cadenza semestrale rate comprensive di quota capitale ed interessi sulla base dei relativi piani di ammortamento.
  Nel 2006 la Cassa depositi e prestiti, ha rinegoziato il mutuo contratto con la regione Emilia Romagna con il Ministero delle finanze, riducendo l'importo della rata e raddoppiando il periodo di rimborso facendo ascendere il fabbisogno annuale a 16.572.932,74 euro fino al 2016.
  La legge n. 388 del 2000 – 38.734.275,00 euro (75 miliardi di lire) in limiti d'impegno è nata per il superamento dell'Isola Serafini regione Emilia Romagna, ma nell'anno finanziario 2006 per errore materiale da parte del Mef sono state invertiti i piani gestionali e poi per porre rimedio sono state invertite le leggi di riferimento in quanto non è stato più possibile tornare alla situazione iniziale.
  Le rate di mutuo riferite alla legge n. 388 del 2000 riguardanti la regione Veneto si sono estinte al 31 dicembre 2016.
  Durante l'anno finanziario 2012 sono stati rimodulati gli impegni dei mutui rinegoziati.
  Attualmente (anno 2017) il fabbisogno annuale per quanto riguarda il capitolo 7700 denominato «spese per il sistema idroviario padano veneto» piani gestionali 1, 2 e 3 ammonta a 33.705.876 euro.
  La situazione contabile attuale, quindi, dei fondi stanziati sul capitolo di bilancio 7700 – P.G. 2 si può così riassumere:

   Legge n. 413 del 1998

Immagine prelevata dal resoconto

  Su questa legge a fronte di 281,575.020 euro totali assegnati sono stati rimborsati 64,470.511,52 euro. La differenza ancora da erogare è pari a 117.104.508,5 euro.
  Legge n. 388 del 2000 – la situazione contabile attuale dei fondi stanziati sul capitolo di bilancio 7700 – P.G. 1 si può così riassumere al 31 dicembre 2016.

   

Immagine prelevata dal resoconto

  Tutte le risorse sono state pagate.
  Legge n. 350 del 2003 – 309.874.125,00 euro in limiti d'impegno.
  Con ulteriore finanziamento dell'articolo 11 della legge n. 413 del 1998, sono stati da ultimo previsti dalla legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004) 300 milioni di euro in limiti d'impegno per 20.000.000 di euro/anno per quindici anni a decorrere dal 2005: essendo un rifinanziamento, tali fondi non potranno che seguire le finalità e le procedure della legge n. 413 del 1998.
  Pertanto, ai sensi del menzionato articolo 11, con decreto ministeriale 11 febbraio 2005, registrato dalla Corte dei conti in data 26 aprile 2005, le opere da realizzare sono state definite e localizzate in un accordo con le indicazioni espresse dall'intesa interregionale nella delibera n. 7 del 2004 ed è stata effettuata la ripartizione delle risorse tra le regioni interessate.

  

Immagine prelevata dal resoconto

  Con D.D. DEM1/62 del 25 maggio 2005 le somme in questione sono state completamente impegnate per gli A.F. 2005-2019.
  La situazione contabile attuale dei fondi stanziati sul capitolo di bilancio 7700 – P.G. 3 si può così riassumere:

Immagine prelevata dal resoconto

  Su questa legge a fronte di 300.000.000,00 euro totali assegnati sono stati rimborsati 220.000.000 euro. La differenza ancora da erogare è pari ad 80.000.000 euro.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dopo tre anni la strada di Monte Pinu, collegamento viario tra Olbia e Tempio è ancora spezzata in due;
   non si registra nessun cantiere attivo;
   non risulta a quanto consta all'interrogante, nessun cartello di inizio lavori dopo la tragedia di oltre mille giorni fa;
   lo scenario spettrale di Monte Pinu è un immagine ferma al 18 novembre del 2013;
   tre anni fa, in quell'alveo, morirono tre persone;
   la strada travolta dalla furia di quell'alluvione rimase devastata, ponte sradicato con sopra due macchine;
   oggi su quell'alveo tutto è rimasto come allora;
   sulla strada la voragine è rimasta intatta come tre anni fa;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in quest'ultimo periodo, è arrivato in Gallura frequentemente promettendo ogni volta qualcosa, ma puntualmente non arriva niente;
   è il caso dell'arteria viaria di Monte Pinu di connessione tra Tempio e Olbia;
   l'intervento sulla strada provinciale, posto in carico all'Anas, era stato preannunciato sin dal giorno dopo l'alluvione;
   i presidenti dell'Anas che si sono succeduti, accompagnati di volta in volta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di turno ad avviso dell'interrogante non hanno mai dispiegato tante parole a vuoto come per l'arteria stradale di Monte Pinu;
   le carcasse delle auto sono ancora adagiate sul letto del fiume a segnare, a giudizio dell'interrogante, il totale disinteresse dello Stato;
   una regione che «fiancheggia» uno Stato che, che tenta di carpire il consenso a suon di promesse;
   il caso di Monte Pinu è la dimostrazione evidente per l'interrogante delle promesse non mantenute dello Stato in relazione a quella devastante alluvione del 2013;
   i finanziamenti annunciati da Governo sono rimasti solo sulla carta;
   la vergogna di Monte Pinu si somma ai mancati risarcimenti e a nuove procedure a cui dovrebbero sottostare i cittadini colpiti dall'alluvione di tre anni fa;
   la vicenda dimostra per l'interrogante un atteggiamento dello Stato affatto attento a voler risolvere la grave situazione descritta –:
   se non ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, con somma urgenza, lavori di ripristino di quella importante arteria viaria;
   se non ritenga di dover assumere iniziative volte a destinare con urgenza le risorse necessarie per consentire l'immediato avvio delle opere necessarie per il ripristino dell'arteria viaria. (4-15072)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali di questo Ministero e dalla società Anas.
  L'articolo 1, comma 123 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha stabilito che al fine del ripristino della viabilità nelle strade statali e provinciali interrotte o danneggiate per gli eventi di cui al comma 118, il presidente della società Anas Spa, in qualità di commissario delegato per gli interventi di ripristino della stessa, provvede in via di anticipazione sulle risorse autorizzate per il programma di cui all'articolo 18, comma 10, del decreto-legge 11 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e successivi rifinanziamenti, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il commissario delegato di cui al presente comma opera con i poteri, anche derogatori, definiti con ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile.
  In tale ambito la provincia di Olbia Tempio comunicava al commissario delegato per l'emergenza le criticità presenti sulla strada provinciale 38 bis; veniva quindi redatto il progetto degli interventi di ripristino delle zone interessate dal dissesto che veniva approvato dal commissario con dispositivo n. 67 in data 5 agosto 2014, nonché oggetto di gara d'appalto pubblicata da Anas, in qualità di soggetto attuatore, il 20 agosto 2014.
  Successivamente alla pubblicazione della gara, con note del 1o dicembre 2014 e del 12 febbraio 2015, la gestione commissariale dell'ex provincia di Olbia Tempio evidenziava l'esigenza tecnica di aggiungere ai sei interventi di attraversamenti idraulici, originariamente previsti nel progetto, altri cinque per un totale di undici.
  L'Assessorato regionale ai lavori pubblici, con nota del 10 dicembre 2014, avanzava la richiesta di inserire, nell'ambito degli interventi, quello relativo all'adeguamento delle opere in progetto per l'ampliamento della sezione trasversale dell'itinerario di collegamento Tempio Olbia alla categoria C1, così come previsto nella programmazione regionale.
  La società Anas ha comunicato che per venire incontro a tale nuova richiesta, al fine di rendere compatibili gli interventi di ripristino con il futuro assetto della strada provinciale 38 bis, prima di redigere un nuovo progetto esecutivo, ha proceduto ad un approfondito riesame del progetto preliminare (elaborato dalla regione Sardegna) di ammodernamento di tutto l'itinerario, eseguito sulla base di rilievi cartografici estesi all'intero tratto e sviluppati dalla stessa Anas. Su tale studio sono stati programmati gli interventi di ripristino degli attraversamenti idraulici.
  Completata la redazione del nuovo elaborato progettuale esecutivo, il 20 dicembre 2016 il commissario delegato per l'emergenza ha disposto l'annullamento della gara, precedentemente sospesa a causa delle sopraggiunte richieste di variazioni, ha approvato il progetto esecutivo e autorizzato Anas, in qualità di soggetto attuatore, a procedere all'appalto dei lavori in questione mediante procedura aperta.
  La procedura di gara, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2016, si è conclusa e sono tuttora in corso le attività di valutazione delle offerte pervenute.
  Infine, Anas informa che l'importo complessivo dell'appalto è pari a 5.848.943,15 euro e che il termine per l'esecuzione dei lavori è fissato in 514 giorni a partire dalla consegna dei lavori.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PLACIDO e FOLINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il quartiere di Bucaletto, detto «La cittadella», è una contrada alla periferia di Potenza nata per ospitare temporaneamente gli sfollati del terremoto dell'Irpinia dei 1980, dove sono stati costruiti circa 500 prefabbricati che dovevano appunto essere alloggi temporanei per i cittadini in attesa di nuove abitazioni definitive;
   il 4 ottobre 2016, la trasmissione televisiva « Le Iene show» ha dedicato un servizio alla suddetta contrada di Bucaletto, e alla gravissima situazione in cui si trovano a vivere i suoi abitanti: oltre 2 mila residenti che vivono in uno stato di degrado e abbandono, e che non sono solamente persone colpite dal terremoto dell'80, ma anche cittadini più bisognosi collocati nei prefabbricati transitori adibiti negli anni a case popolari per far fronte a situazioni di emergenza abitativa;
   l'inviato delle « Iene» ha quindi raccolto le denunce dei residenti circa la presenza di amianto in molte abitazioni. L'incidenza delle patologie tumorali, secondo varie testimonianze, risulta essere molto alta tra i residenti;
   come scrive nel 2007 l'azienda sanitaria di Potenza in una lettera al sindaco, «i prefabbricati non rispondono ai requisiti igienico-sanitari [...] per i locali di civile abitazione» e, inoltre, l'amianto contenuto nel parametro esterno di alcune strutture «presenta lesioni, rotture e crepe», diventando così pericoloso per la salute;
   come se non bastasse Bucaletto è ubicata in prossimità della ferriera-acciaieria «Siderpotenza Ferriere Nord spa», conosciuta anche come «Ferriera», con conseguenti effetti sulla salute pubblica e l'ambiente –:
   quali iniziative immediate si intendano adottare, per quanto di competenza in coordinamento con gli enti territoriali coinvolti, per dare una definitiva soluzione, non più procrastinabile, alla gravissima situazione sanitaria e ambientale esposta in premessa;
   se non si intenda, d'intesa con regione e comune e con il coinvolgimento all'Istituto superiore di sanità e degli altri enti e strutture statali competenti, promuovere quanto prima uno screening sanitario per i cittadini residenti di Bucaletto, e un piano di controlli e di monitoraggio per verificare la presenza di amianto negli immobili e lo stato di inquinamento atmosferico conseguente alle emissioni della citata «Ferriera».
(4-14439)

  Risposta. — In merito alla problematica delineata nell'interrogazione parlamentare in esame, la prefettura – ufficio territoriale del Governo di Potenza ha trasmesso a questo Ministero i dati acquisiti presso il comune di Potenza e la regione Basilicata.
  Il sindaco del comune di Potenza ha riferito che l'amministrazione comunale si è occupata delle insufficienti condizioni abitative del quartiere Bucaletto a partire dal suo insediamento e che per lo stesso, in data 10 agosto 2016, è stato sottoscritto un apposito Protocollo d'intesa con la regione Basilicata.
  Il documento prevede la redazione, di concerto fra entrambi gli enti, di un « master-plan» finalizzato a riqualificare detto rione mediante la demolizione dei circa 500 prefabbricati ivi insediati, la costruzione di altrettante abitazioni e la dotazione delle attrezzature necessarie a riconnettere l'area al tessuto urbano, per farla uscire dalla condizione di isolamento in cui si trova.
  Il sindaco ha anche precisato che un progetto di riqualificazione urbana del quartiere è stato presentato nell'ambito del bando per la rigenerazione delle periferie degradate, ed ha avuto notizia dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che lo stesso è stato approvato e sarà finanziato nel 2017 con un contributo di 18 milioni di euro.
  Il comune di Potenza è inoltre destinatario di un contributo statale di circa 12 milioni di euro, nell'ambito del Piano Città, in parte utilizzato per l'acquisto di 25 alloggi di nuova costruzione, in fase di assegnazione ad altrettanti nuclei residenti a Bucaletto, e che sarà impiegato per costruire ulteriori n. 53 alloggi riservati sempre agli abitanti del quartiere.
  Il sindaco ha evidenziato che la regione Basilicata ha assicurato che si impegnerà a reperire le risorse finanziarie necessarie per completare gli interventi che scaturiranno dal redigendo « master-plan».
  In relazione alla richiesta della promozione di uno screening sanitario dei cittadini, il sindaco ha riferito che proporrà alla regione Basilicata ed all'Azienda sanitaria locale di Potenza di effettuare i controlli su tutti i residenti del rione, iniziando da coloro i quali vivono nei prefabbricati costruiti con materiali contenenti fibre di amianto.
  La regione Basilicata, oltre a confermare il proprio impegno riguardo al Protocollo d'intesa per la riqualificazione dell'area, ha reso nota la decisione dell'ente di stanziare 4,5 milioni di euro, da destinare al pagamento del canone di locazione in alloggi sfitti presenti nel territorio del comune di Potenza in favore degli abitanti di Bucaletto, per la durata di tre anni, al fine di consentire lo sgombero dei prefabbricati e la loro demolizione.
  Con riferimento alle condizioni ambientali del quartiere, la regione ha richiesto l'intervento dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpab) per il monitoraggio delle emissioni in atmosfera, stante la presenza dello stabilimento siderurgico «Siderpotenza» ubicato nelle vicinanze.
  La regione ha riferito, al riguardo, che a breve, come previsto dai provvedimenti autorizzativi, l'Arpab installerà una centralina per il monitoraggio dell'aria.
  Da ultimo, la regione si è dichiarata disponibile ad effettuare lo « screening» sanitario su tutti i residenti della zona, iniziando dai cittadini che abitano nei prefabbricati costruiti con materiali contenenti fibre di amianto.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 97 della Costituzione delinea i principi di accesso all'impiego pubblico, prevedendo l'espletamento della procedura concorsuale secondo modalità fissate dalla legge e dagli atti regolamentari. In base al principio costituzionale, il concorso pubblico risulta essere lo strumento idoneo a garantire i requisiti di efficienza e di imparzialità nella scelta del capitale umano attraverso il metodo comparativo;
   le finalità del concorso pubblico, in attuazione del suddetto precetto costituzionale, risultano, pertanto, pienamente conseguite soltanto qualora l'imparzialità e l'efficienza della macchina organizzativa dia luogo all'attuazione di una procedura che, mediante un efficace sistema selettivo, valorizzi esclusivamente il merito e le capacità professionali, garantendo conseguentemente una copertura dell'impiego nel modo più efficace, più utile per la collettività;
   la commissione esaminatrice è l'organo preposto in via esclusiva alle operazioni relative all'espletamento delle prove concorsuali e alla valutazione dei candidati partecipanti alla procedura;
   in relazione all'articolo 35 decreto legislativo n. 465 del 2001, le regole relative alla composizione delle commissioni esaminatrici assumono, quindi, significativa importanza. L'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 regolamenta nel dettaglio le modalità di nomina e composizione delle commissioni, stabilendo che i membri sono scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, purché non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, non ricoprano cariche politiche e non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
   il 19 febbraio 2017, il Mattino di Napoli ha riportato l'intervento di Valeria Fedeli, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, durante l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università degli Studi di Napoli Parthenope. Nello specifico, la Ministra ha annunciato «risorse importanti e misure innovative per rafforzare l'organico di ricercatrici e ricercatori e professoresse e professori, per promuovere il diritto allo studio e valorizzare il merito»;
   Fedeli ha anche aggiunto che, a breve, si concluderanno i due piani straordinari varati con la legge 11 dicembre 2016, n. 232 per l'assunzione, negli enti pubblici di ricerca, di 861 ricercatori universitari e di 216 ricercatori;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 9 marzo 2017, ha sottolineato come la stampa, i media e i social network riportino spesso, «notizia di casi di aggiramento delle regole nei bandi di concorsi non trasparenti e di condotta arbitraria delle commissioni, comprese quelle delle abilitazioni nazionali che hanno il compito di selezionare chi potrà diventare docente dell'università italiana. In merito, ha sollevato numerose polemiche la questione dei profili per i bandi di concorso dei ricercatori a tempo determinato di tipo b che, se in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale, dopo tre anni possono essere assunti come professori associati. Ciò che ha suscitato ampia discussione riguarda i bandi “anomali” che delineano il profilo del candidato idoneo a ricoprire quel ruolo. Questa «anomalia» non soltanto scoraggia la partecipazione alla procedura di valutazione di altri candidati, ma disattende anche l'articolo 24, comma 2, della legge 240 del 2010 secondo cui sia i bandi sia i regolamenti degli atenei devono garantire la più ampia partecipazione di concorrenti e non limitare e ridurre il numero degli aspiranti»;
   il giornale ha evidenziato, inoltre, che «in alcuni concorsi sia per ricercatore che per professore associato, le commissioni siano formate da membri che non solo hanno una consolidata collaborazione scientifica con i candidati e sono stati tutor della loro tesi di dottorato, ma hanno avuto un ruolo determinante nell'attività di ricerca e di didattica, e addirittura risultano cofirmatari di pubblicazioni e presenti in progetti comuni»;
   le commissioni dei concorsi universitari dovrebbero garantire i principi costituzionali (articolo 97) recepiti e sviluppati nella legge n. 241 del 1990 ed essere composte da membri che possano tutelare la parità di trattamento fra i diversi aspiranti ad un posto pubblico;
   secondo l'articolo 51, comma 3, del codice di procedura civile il conflitto di interessi si verifica «in tutte le ipotesi di assiduità nei rapporti personali, scientifici, lavorativi, di studio, rispetto ad un altro concorrente, in misura tale che possa determinare anche solo il dubbio di un sostanziale “turbamento” o “offuscamento” del principio di imparzialità» –:
   in merito ai fatti esposti in premessa, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la trasparenza nei bandi di concorso e il perseguimento degli obiettivi di imparzialità delle commissioni esaminatrici, al fine evitare episodi di corruzione, favoritismo e discriminazione nel reclutamento universitario. (4-16110)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame e relativa alla composizione e alla condotta delle commissioni giudicatrici nominate dalle università per l'espletamento delle procedure di valutazione comparativa volte al reclutamento dei professori e dei ricercatori universitari nonché delle commissioni nominate nell'ambito delle procedure di Abilitazione scientifica nazionale (Asn), si precisa quanto segue.
  La legge 30 dicembre 2010, n. 240, di riforma del sistema universitario, nel disciplinare le procedure di reclutamento sia dei professori universitari di I e di II fascia (articolo 18) sia dei ricercatori universitari (articolo 24), prevede espressamente che dette procedure debbano assicurare la valutazione comparativa dei candidati e rinvia, anche per quanto concerne le commissioni giudicatrici, ai regolamenti di ateneo da adottarsi ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168.
  Gli atenei, pertanto, sono chiamali ad adottare specifici regolamenti atti a disciplinare le procedure di reclutamento dei docenti universitari che, ai sensi della citata normativa, devono in ogni caso assicurare:
   a) pubblicità del procedimento di chiamata;
   b) ammissione al procedimento dei soggetti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b) (per i professori) e all'articolo 24, comma 1, lettera b) (per i ricercatori);
   c) valutazione dei candidati ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera c) (per i professori) e dell'articolo 24, comma 1, lettera c) (per i ricercatori);
   d) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e) (per i professori) e dell'articolo 24, comma 1, lettera d) (per i ricercatori).

  Il Ministero, al riguardo, con la nota protocollo n. 4656 del 5 maggio 2011 rivolta alle università, richiamava l'attenzione sulla necessità che «le commissioni di selezione siano composte da un congruo numero di membri, in modo da garantire una reale dialettica, e che in tutte le procedure di reclutamento sia previsto il coinvolgimelo maggioritario di studiosi appartenenti ad altri atenei, anche stranieri. Infatti, ferma restando la potestà decisionale ultima dell'ateneo presso il quale è incardinato il posto bandito, è essenziale che la valutazione dei candidati sia condotta in modo aperto e trasparente, anche, appunto, avvalendosi sistematicamente di qualificate competenze esterne. Al fine di favorire la doverosa internazionalizzazione del nostro sistema universitario, è importante che in queste procedure siano coinvolti anche autorevoli docenti di università straniere». A ulteriore precisazione di quanto sopra e con specifico riferimento alle commissioni giudicatrici, con la nota protocollo n. 3822 del 2 agosto 2011, il Ministero segnalava alle Università l'opportunità «che i Regolamenti universitari per il reclutamento del personale accademico prevedano che le commissioni di selezione siano composte da un congruo numero di membri, in modo da garantire una reale dialettica, e che in tutte le procedure di reclutamento sia assicurato il coinvolgimento maggioritario di studiosi appartenenti ad altri atenei, anche stranieri».
  A quanto sopra si aggiunga che sempre il Ministero, nell'adottare il decreto ministeriale 15 ottobre 2013, n. 827, recante «Linee generali di indirizzo della programmazione 2013-15». ha ulteriormente raccomandato alle università di intervenire sui regolamenti di ateneo ammettendo all'articolo 2, comma 2, punto III, la possibilità di incentivi a fronte della previsione nelle commissioni di selezione di cui agli articoli 18 e 24 della legge 240 del 2010 della presenza maggioritaria di docenti esterni all'ateneo, in possesso di un elevato profilo scientifico a livello internazionale e/o la presenza, almeno nelle commissioni di selezione dei professori ordinari di cui all'articolo 18 della legge n. 240 del 2010, di almeno, uno studioso di elevato profilo scientifico attivo in università o centri di ricerca di un Paese Ocse.
  Il Ministero ha, quindi, già provveduto tempestivamente a dare degli indirizzi alle università che, ad ogni modo, nell'ambito delle loro autonomia sono chiamate a disciplinare tali aspetti nei relativi regolamenti.
  Si rileva, inoltre, che le procedure di valutazione ex post del reclutamento, espressamente introdotte dalla legge n. 240 costituiscono ulteriore elemento di responsabilizzazione delle università, atteso che a tali valutazioni è collegata una parte significativa dei parametri che determinano l'assegnazione della quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario.
  Inoltre, si osserva che nell'ambito del «tavolo tecnico» costituito presso l'Anac, per l'aggiornamento del Piano nazionale anticorruzione in materia di università, sono allo studio ulteriori indirizzi anche con riferimento alla composizione delle commissioni giudicatrici nominate per l'espletamento delle procedure di reclutamento bandite a livello locale.
  In merito alla composizione delle commissioni nazionali, nominate dal Ministero nell'ambito delle procedure di Asn, va evidenziato che l'articolo 16, comma 3, lettera f), della legge n. 240 del 2010, espressamente prevede che tali commissioni siano formate attraverso apposito sorteggio effettuato all'interno di liste, una per ciascun settore concorsuale, e contenente i nominativi dei professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi inclusi. Il sorteggio in questione garantisce la rappresentanza fin dove possibile proporzionale dei settori scientifico-disciplinari all'interno della commissione c la partecipazione di almeno un commissario per ciascun settore scientifico-disciplinare compreso nel settore concorsuale al quale afferiscano almeno dieci professori ordinari.
  La suindicata normativa rinvia, quindi, ai relativi regolamenti attuativi (decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 e decreto ministeriale n. 76 del 2012 relativamente alle tornate di Asn 2012 e 2013: decreto del Presidente della Repubblica n. 95 del 2016 e decreto ministeriale n. 120 del 2016 relativamente all'Asn 2016-2018) per le procedure di formazione delle Commissioni di valutazione.
  L'individuazione dei componenti le suindicate Commissioni nazionali avviene, pertanto, attraverso un meccanismo non di scelta discrezionale ma di sorteggio all'interno di una lista di professori ordinari afferenti al settore concorsuale (per il quale viene nominata la commissione) rispetto ai quali sia stata accertata la qualificazione scientifica, per il tramite dell'agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della Ricerca (Anvur).
  In ordine, infine, alla collaborazione scientifica tra componenti delle commissioni in questione e i candidati, nonché alla circostanza che vede commissari c candidati essere coautori di pubblicazioni e/o progetti, deve osservarsi che, per costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, l'incompatibilità o l'astensione, nel caso in cui insistano collaborazioni scientifiche tra il commissario e il candidato oppure il commissario sia coautore anche dell'opera presentata dal candidato ai fini della valutazione, non operano automaticamente e non rientrano tra le tassative prescrizioni di cui al comma 1 dell'articolo 51 codice penale civile.
  Il generale principio propugnato dalla giurisprudenza amministrativa sul punto è, infatti, quello per il quale l'intrattenere collaborazioni scientifiche e l'essere coautori di un'opera di per sé non generano una compromissione del principio di imparzialità e non costituiscono oggettive cause di incompatibilità né obbligano il commissario all'astensione dalla valutazione, atteso che in ambito accademico tale prassi è frequente e attesta unicamente una collaborazione scientifica che come tale deve essere libera e incomprimibile.
  Ciò non toglie che, proprio a rigore di tale principio, il commissario è chiamato a valutare in concreto se, ai sensi del comma 2, dell'articolo 51 codice penale civile il caso specifico presenti dei connotati di particolare rilevanza tali da rendere opportuna e finanche doverosa l'astensione.
  Al riguardo il giudice amministrativo indica alcuni elementi sintomatici: la comunanza di interessi economici e non solo scientifici tra il candidato e il commissario, un sodalizio professionale attestato dalla collaborazione in più della metà delle opere sottoposte a valutazione ed altri indici da valutarsi in concreto.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaValeria Fedeli.


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo piano regolatore generale del comune di Trieste, adottato il 16 aprile 2014, al fine di riqualificare il centro cittadino e contenere l'inquinamento atmosferico, si propone di disincentivare l'uso del veicolo privato favorendo nel contempo la realizzazione di un sistema di trasporto pubblico integrato;
   nell'ambito di tale prospettiva di razionalizzazione del sistema della mobilità, ed a ulteriore conferma degli orientamenti stabiliti dal piano generale del traffico urbano approvato nel 2013, vengono previste adeguate azioni di potenziamento del trasporto pubblico su ferro;
   a parere dell'interrogante, non è assolutamente di poco conto il fatto che l'amministrazione comunale si esprima chiaramente nel senso della valorizzazione del trasporto pubblico su ferro all'interno del più importante strumento di pianificazione del territorio. Valorizzazione che è resa possibile grazie alla riattivazione e al riutilizzo in modo più efficiente rispetto all'attuale, delle linee ferroviarie esistenti ora in disuso o sottoutilizzate;
   a tale riguardo, gli elaborati di piano citano espressamente la necessità di un migliore funzionamento della linea che dalla stazione di Campo Marzio raggiunge Opicina via Rozzol e Guardiella – la cosiddetta linea «Transalpina» – sia per quanto riguarda il trasporto delle persone dalla città all'altipiano e viceversa sia in funzione del trasporto delle merci da e verso il Porto nuovo in caso di interruzione della galleria di circonvallazione e nel caso di incremento delle movimentazioni merci presso lo scalo giuliano;
   il piano afferma che la linea «Transalpina» può e deve garantire un servizio che si integra con quello metropolitano previsto dal progetto europeo Adria A, che ha per tema proprio la modernizzazione, e la velocizzazione dei collegamenti ferroviari nell'anello territoriale comprendente Trieste, Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Gorizia, in Italia, e Nova Gorica, Sesana, Divaccia e Capodistria, in Slovenia;
   si segnala, però, che questi positivi indirizzi di sviluppo vengono disattesi e contrastati dall'atteggiamento di assoluta chiusura messo in atto da Trenitalia che di fatto blocca la funzionalità del tratto italiano della linea «Transalpina» –:
   se il Ministro condiva gli indirizzi sulla mobilità sostenibile intrapresi dal comune di Trieste, e come ritenga che Trenitalia debba partecipare ad uno sviluppo del trasporto pubblico su ferro nel territorio provinciale di Trieste;
   come intenda intervenire presso Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana al fine di evitare la dismissione della linea «Transalpina», ed anzi, per favorire l'utilizzo della linea per i collegamenti merci e persone dalla città all'altopiano e viceversa;
   come intenda favorire l'utilizzo della linea cosiddetta «Transalpina» nell'ambito dello sviluppo infrastrutturale del porto di Trieste, atteso che la ferrovia in questione è un utile collegamento con il Carso, e quindi con l'entroterra. (4-06958)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali e il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne e da Ferrovie dello Stato italiane S.p.A.
  Come già riferito il 28 marzo 2017, in occasione dello svolgimento di interrogazioni a risposta in IX Commissione trasporti, l'autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale riferisce che la linea Transalpina presenta dei condizionamenti all'esercizio dei treni merci per le forti pendenze nella direzione Porto-Villa Opicina e per la sua portata dei treni inferiore alla media; la portata è tuttavia migliorabile con piccoli interventi e vanno rivisti i profili delle gallerie per consentire il transito dei container high cube (HC).
  Nei progetti della predetta autorità di sistema portuale c’è l'utilizzazione della linea Transalpina quale collegamento più breve tra il porto di Trieste e il transito internazionale di Villa Opicina e, proprio ai fini della riattivazione della linea, l'ente ha già iniziato un confronto con rete ferroviaria italiana (RFI), soggetto che ha in concessione la linea in qualità di gestore dell'infrastruttura nazionale. Inoltre, ritenendo che i tempi di ripristino della linea Transalpina non siano lunghi, l'autorità ha già dato indicazioni alle imprese ferroviarie per l'utilizzazione con locomotori di adeguata potenza per i treni merci.
  Inoltre, la società Adriafer, operatore di manovra dell'autorità portuale di sistema portuale del mare Adriatico, ha in corso la richiesta di certificazione come impresa ferroviaria presso agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF) per la tratta Trieste Campo Marzio – Villa Opicina di 15 chilometri per la tratta più lunga di 34 chilometri via Bivio Aurisina.
  Dal canto suo, RFI ha evidenziato che, nell'ambito dei progetti di potenziamento previsti nell'area, la regione Friuli Venezia Giulia ha un panorama di rilevanti interventi sulla rete esistente i cui principali sono: il nuovo piano regolatore di Trieste Campo Marzio e di Villa Opicina; l’upgrading della linea esistente Bivio Aurisina e Villa Opicina; il potenziamento della dorsale del porto (linea alta) con la realizzazione di nuovi impianti terminali in Sorvola e Aquilinia per avere la possibilità di inoltro diretto dei treni lungo la linea di cintura.
  In questo contesto, il ripristino della Transalpina rappresenta uno degli interventi che RFI sta analizzando, anche di concerto con le realtà locali, per ottenere un itinerario alternativo di uscita dal porto ma anche la chiusura di un sistema ad anello tra Campo Marzio – Villa Opicina e Aurisina da conseguire per mezzo di nuove bretelle di collegamento tra linee in ambito Villa Opicina.
  Non meno importante è anche la funzione retro portuale che l'impianto di Villa Opicina e Femetti hanno già oggi rispetto al porto di Campo Marzio e che potrebbe un domani trovare ulteriore sviluppo.
  Altre modalità di utilizzo di questa linea da parte di sistemi passeggeri o di tipo turistico sono in funzione degli accordi che regione e comune potranno stabilire con RFI per l'acquisizione di nuovi servizi.
  RFI conferma quindi la disponibilità ad una possibile riattivazione della linea, tenendo presente che il ripristino delle condizioni di circolazione su una linea che per lungo tempo è stata sospesa all'esercizio sarà subordinato alle opere di manutenzione delle strutture esistenti con un costo stimato di circa 2 milioni di euro e con tempi da definire in base alla disponibilità dei finanziamenti e a successivi approfondimenti progettuali.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione di Verona Porta nuova rappresenta uno snodo di importanza strategica come confluenza sia della direttrice est/ovest (Torino, Milano, Venezia) che nord/sud (Brennero, Bologna);
   lo scalo ferroviario di Verona Porta ricade, insieme ad altre importanti stazioni sul territorio nazionale, nella competenza gestionale della società Grandi Stazioni, partecipata al 60 per cento dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane;
   nonostante, sul sito di grandi Stazioni, lo scalo di Verona risulti tra quelli che hanno completato i lavori di ristrutturazione risulta all'interrogante un'oggettiva situazione di degrado e disagio per i viaggiatori;
   in particolare vi è l'assenza di una sala d'attesa per viaggiatori notturni che fanno scalo a Verona – ad esempio quelli che attendono i treni EN 485 Brennero-Bologna in partenza alle 3,05, 484 Bologna-Brennero in arrivo alle ore 1,11, 2084 in arrivo da Milano alle ore, 02,05 e altro) e, circostanza ancora più disagevole, non vi sarebbero servizi igienici disponibili nelle ore notturne, sia per la chiusura alle 22 della sala d'attesa sia perché i bagni chimici sono costantemente fuori servizio;
   un viaggiatore si trova quindi costretto a soggiornare diverse ore nella stazione di Verona – il traffico riprende infatti alle 5 del mattino – senza sala d'attesa e senza servizi igienici disponibili in una situazione di assoluto abbandono –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda alla condizione della stazione di Verona Porta Nuova e se il Ministro interrogato, per quanto di competenza e nel rispetto dell'autonomia della società che gestisce lo scalo, intenda intervenire presso Grandi Stazioni per il ripristino di una condizione di agibilità a favore dei viaggiatori notturni. (4-13864)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie di questo Ministero e dal gruppo ferrovie dello Stato italiane.
  In merito ai disagi dei viaggiatori in attesa in stazione in orario notturno Ferrovie dello Stato ha comunicato che al piano ferro della stazione, sono presenti 8 sale d'attesa sui marciapiedi dei binari, aperte al pubblico tutti i giorni h24, in cui sono disponibili complessivamente 128 sedute.
  Relativamente alla chiusura notturna dei servizi igienici, gestiti dalla società grandi stazioni retail, ferrovie dello Stato fa presente che, al line di evitare che i WC possano essere occupati da senza fissa dimora, come in analogia ad altre stazioni del network, stante la minima presenza di persone preferisce chiuderli, così da mantenere un livello di servizio corrispondente alle attese.
  Tuttavia, nelle ore notturne, tutti i giorni dalle 00:00 alle 06:00, è assicurata la disponibilità di un servizio igienico autopulente nel fabbricato prospiciente al marciapiede del binario 1 della Stazione.
  Per completezza d'informazione rete ferroviaria italiana ha comunicato che nella stazione di Verona Portanuova è stata ultimata, da poco, la nuova sala blu al servizio delle persone con mobilità ridotta.
  Nello scorso mese di aprile è stato inaugurato e aperto al pubblico, lato Viale Piave il nuovo accesso sud alla stazione. Inoltre, sono stati eseguiti lavori sui marciapiedi e sull'illuminazione interna dei sottopassi.
  Nel corso del corrente anno rete ferroviaria italiana procederà con il completamento dell'illuminazione a Led degli atri della stazione. Al termine dell'estate sarà attivato il cantiere per l'innalzamento a quota +55 del primo marciapiede e per la pavimentazione del terzo marciapiede. Per la fine del 2017 è prevista la sostituzione degli impianti elevatori interni alla stazione.
  Infine, rete ferroviaria italiana evidenzia che per l'anno 2018 sono previsti importanti interventi di restyling della stazione in questione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla lettera aperta inviata al Governo italiano dalla dottoressa Marinella Colombo – Responsabile dello Sportello Jugendamt del Centro servizi interdisciplinari C.S.IN. Onlus – nonché da altri documenti (articoli giornalistici ed istanze del comune di Nola), i coniugi Gallucci Leonardo e Guadagno Carmela, nati e residenti nella regione Campania, avevano deciso di trasferirsi nella città di Stoccarda (Germania) per motivi lavorativi. Durante il soggiorno in Germania, il 14 novembre 2015 nasce il loro primo figlio, C. che, a seguito di un incidente domestico, viene sottratto loro in ospedale, luogo in cui si erano recati;
   consecutivamente, con decreto del 7 luglio 2016, il tribunale tedesco sottrae ai coniugi Gallucci, in qualità di genitori, alcuni diritti sul loro figlio (salute, cura del patrimonio e diritto di chiedere provvedimento di aiuto), poi trasferiti allo Jugendamt, l'Amministrazione per la gioventù tedesca che è prevista dalla legge come parte in causa in tutti i procedimenti relativi ai minori;
   con successiva istanza lo Jugendamt, ritenendo che i coniugi Gallucci non fossero in grado di prendersi cura del minore, anche per via dell'insufficiente livello di lingua tedesca, ha stabilito che il piccolo C. fosse dato in affidamento ad una famiglia affidataria a lungo termine;
   nel mese di agosto 2016 la signora Guadagno Carmela ha lasciato la Germania, in avanzato stato di gravidanza, decisa a far nascere in Italia il suo secondo figlio, Alessandro, che, secondo quanto testimoniato dai Servizi sociali di Nola, ad oggi appare «in buono stato di salute, bene accudito e con normale sviluppo psico-fisico»;
   dopo la seconda nascita, i genitori di C. decidono, quindi, di non ritornare più a Stoccarda ma di rimanere in Italia e vivere stabilmente nella città di Nola, attendendo invano di ricongiungersi con il loro primogenito che, oramai da dieci mesi, continua a vivere lontano da loro;
   nonostante i numerosi contatti, intercorsi negli ultimi mesi, tra i Servizi sociali del comune di Nola ed il Consolato generale d'Italia a Stoccarda, a seguito dei quali è stato deciso che la famiglia avrebbe ricevuto aiuto e sostegno e che il comune di Nola si sarebbe impegnato nel prendersi cura di C. al suo rientro trasferendo, al contempo, la responsabilità di quest'ultimo ai suddetti servizi sociali, nonché i diversi colloqui tra questi e lo Jugendamt, nell'ambito dell'udienza del 10 febbraio 2017, la giudice di Stoccarda ha ritenuto che neppure i servizi sociali italiani ed il console sarebbero in grado di occuparsi del bambino –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di sua specifica competenza, intenda intraprendere ogni opportuna e tempestiva iniziativa volta a chiarire la vicenda esposta in premessa nonché a richiedere l'immediato rientro in Italia del piccolo C. per essere affidato ai genitori ed il rispetto effettivo della fiducia reciproca, fondamento delle convenzioni e dei regolamenti. (4-16258)

  Risposta. — La Farnesina per il tramite del consolato generale di Stoccarda, competente per territorio, ha seguito fin dal primo momento e con la dovuta attenzione la vicenda giudiziaria e umana dei coniugi Leonardo Gallucci e Carmela Guadagno e del loro bambino.
  Il consolato ha fornito assistenza alla famiglia Gallucci per far fronte alla vicenda giudiziaria che li ha coinvolti dinnanzi al tribunale di Stoccarda. Il console stesso, sperando in tal modo di facilitare una possibile soluzione della vicenda, si era offerto di farsi garante nei confronti delle autorità tedesche rispetto al possibile affido del minore ai servizi sociali del comune di Nola. Il sindaco e l'assessore del citato comune, a loro volta, si erano resi disponibili a divenire gli affidatari del minore garantendo l'attività di tutela e assistenza necessari. La possibilità e le capacità dei servizi sociali italiani erano state sostenute dal consolato generale, che si era rivolto direttamente al servizio tedesco per la protezione dei minori (Jugendamt).
  Nonostante ciò, il tribunale di Stoccarda – in occasione dell'udienza del 10 febbraio 2017 – ha accolto l'istanza dello Judendamt di revoca ai genitori italiani del diritto di scelta in merito al luogo di residenza del figlio, stabilendo di trattenere il minore in Germania. L'istanza dello Jugendamt si fonda sulla convinzione, suffragata da apposite perizie psichiatriche, che il reinserimento nel nucleo famigliare comporti rischi per il benessere del piccolo. Il perito cita una «riduzione della capacità da parte di entrambi i genitori di allevare il figlio e di proteggerlo da violenze». Il tribunale, nell'accogliere tale posizione, ha dunque ritenuto di disporre di sufficienti prove sulla portata e le cause delle lesioni che furono in origine riscontrate sul bambino e che ne determinarono l'allontanamento dai genitori.
  I coniugi Gallucci, che da tempo hanno lasciato la Germania per stabilirsi nuovamente a Nola, dove è poi nato il loro secondo figlio, stanno seguendo un percorso psico-sociale riabilitativo. Tuttavia, tale impegno, noto al tribunale di Stoccarda, non ha convinto le autorità tedesche. Il giudice tedesco non ha escluso la possibilità di una revisione in futuro delle abilità genitoriali della coppia. L'eventuale miglioramento dovrà però chiaramente essere documentato in modo esaustivo e supportato da perizie mediche adeguate.
  La sentenza tedesca del resto si basa sul principio, condiviso anche dall'ordinamento italiano, della sicurezza fisica del minore, il quale ha subito traumi fisici quando viveva con i genitori. Lo stesso legale rappresentante della famiglia, sentito dal consolato sulla decisione del tribunale di Stoccarda, ha scelto di non ricorrere in appello, in quanto ritiene che la sentenza sia dettagliata e ben argomentata, priva di ogni possibile eccezione di forma.
  Le autorità consolari italiane, in raccordo con la Farnesina, seguono la vicenda, nell'interesse superiore del minore che adesso vive in un ambiente sicuro e sereno.
  Del resto, giova precisare che l'autorità centrale designata per l'Italia ai sensi del regolamento CE 2201/03 (cosiddetta Bruxelles II-bis) è il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità presso il Ministero della Giustizia, che non è stata adita in quanto il decreto reso dal Tribunale tedesco in data 7 luglio 2016, è pienamente legittimo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   SCOTTO, NICCHI e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Parma sono usciti i primi risultati dell'indagine epidemiologica sull'epidemia di legionella che ha già colpito 37 persone, prevalentemente residenti nella zona del Montebello e che ha causato il decesso di due anziane;
   le indagini sono state avviate il 26 settembre 2016, non appena i casi si sono impennati rispetto alla media di 4 all'anno;
   le prime preoccupazioni e i primi interventi cautelari si erano concentrati sulla rete idropotabile, ma i risultati delle analisi sui campionamenti tendono ad escludere che il contagio provenga dall'acqua corrente;
   le colture dei 3 prelievi effettuati nella rete del pozzo Bizzozero sono risultate negative. Di 67 campionamenti in abitazioni di infettati, ad oggi sono disponibili 7 risultati negativi. C’è un campione provvisoriamente positivo a una legionella di tipo non patogeno, non infrequente nelle tubature e trattabile con la sanificazione delle tubature domestiche. Inoltre, anche la tipologia di contagio, così rapido a diffondersi in una zona in un tempo così limitato, fa pensare che non si tratti di inquinamento delle reti domestiche ma di contagio per via aerea;
   i principali «sospettati» dell'origine del contagio sono due impianti di «torri di evaporazione», sistemi di raffreddamento utilizzati in grandi edifici che ospitano attività lavorative. Si tratta degli impianti sul tetto delle Poste di via Pastrengo (disattivato a settembre con i condizionatori) e le 11 torri sul tetto del Centro di calcolo di Banca Intesa, tra via Po e via Langhirano. È stata acquisita la documentazione sulla manutenzione di tali impianti ed effettuati prelievi sulle acque di scolo, in relazione ai quali sono attesi i risultati delle colture. Le torri della banca non possono essere bloccate in via cautelare perché necessarie per il raffreddamento dei server e quindi per il funzionamento di tutto il sistema;
   il sindaco emetterà un'ordinanza perché tutti i possessori di tali impianti forniscano, entro un certo periodo, tutta la documentazione relativa al fine di avviare un monitoraggio e opere di sanificazione straordinaria. Saranno monitorati nei prossimi giorni gli impianti del Barilla Center, anche se si trova in un'area molto distante dal Montebello;
   il baricentro del focolaio epidemico è stato rilevato in piazzale Maestri, una zona molto frequentata anche da non residenti per questioni di lavoro;
   le persone comuni possono fare ben poco per difendersi dal contagio. Le «mascherine» da chirurgo non servono a nulla, quelle che potrebbero riparare dal batterio sono di tipo FFP2 utilizzate solitamente in ambiti di lavoro (smaltimento rifiuti, verniciature, costruzioni) e rendono piuttosto difficile la respirazione, dunque, per ora non resta che attendere gli esiti delle analisi e la manutenzione delle torri di evaporazione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere urgentemente per tutelare la salute e favorire l'accertamento delle cause della diffusione della legionella;
   se il Ministro interrogato non ritengano necessario promuovere un urgente accertamento sullo stato e sull'efficacia degli interventi disposti per fronteggiare l'epidemia di legionella in corso, anche alfine di prevenire un ulteriore diffondersi della patologia;
   se e quando si intenda attivare una campagna informativa rivolta ai cittadini;
   se il Ministro interrogato intenda promuovere nuove e più stringenti misure sanitarie al fine di tutelare i cittadini e gli operatori che vengono a contatto con le zone in cui sono stati riscontrati i casi di contagio;
   se il Governo abbia previsto lo stanziamento di fondi per iniziative di contrasto all'epidemia. (4-14645)

  Risposta. — Il genere legionella comprende 61 diverse specie e circa 70 sierogruppi, ma non tutte sono state associate a casi di malattia nell'uomo.
  Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi, ecc.
  Da questi ambienti esse raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana.
  «Legionellosi» è la definizione di tutte le forme morbose causate da legionella: la Legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento.
  Le goccioline si possono formare sia spruzzando l'acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide.
  Non è mai stata dimostrata la trasmissione interumana della malattia.
  Mentre i primi casi di legionellosi sono stati attribuiti a particelle di acqua aerodisperse, contenenti batteri provenienti da torri di raffreddamento o condensatori evaporativi o sezioni di umidificazione delle unità di trattamento dell'aria, successivamente numerose infezioni sono risultate causate anche dalla contaminazione di impianti di acqua potabile, apparecchi sanitari, fontane e umidificatori ultrasonici.
  Essendo il microrganismo ubiquitario, la malattia può manifestarsi con epidemie dovute ad un'unica fonte con limitata esposizione nel tempo e nello spazio all'agente eziologico, oppure con una serie di casi indipendenti in un'area ad alta endemia, o con casi sporadici senza un evidente raggruppamento temporale o geografico.
  Focolai epidemici si sono ripetutamente verificati in ambienti collettivi a residenza temporanea, come ospedali o alberghi, navi da crociera, esposizioni commerciali, ecc.
  I casi di polmonite da legionella di origine comunitaria si manifestano prevalentemente nei mesi estivo-autunnali, mentre quelli di origine nosocomiale non presentano una particolare stagionalità.
  Questo Ministero, dopo le «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi» (Gazzetta ufficiale 5 maggio 2000) ed i successivi accordi in conferenza Stato regioni su «Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico-recettive e termali» e su «Linee guida recanti indicazioni ai laboratori con attività di diagnosi microbiologica e controllo ambientale della legionellosi» (Gazzetta ufficiale n. 28 del 4 Febbraio 2005 e Gazzetta ufficiale n. 29 del 5 Febbraio 2005), ha aggiornato le stesse linee guida alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, con l'ausilio tecnico-scientifico dell'istituto Superiore di Sanità e di figure istituzionali esperte del settore.
  Il documento è stato sancito come accordo tra il Governo, le regioni e le province Autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta della conferenza Stato-regioni del 7 maggio 2015.
  Si precisa che le linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi del 2015 aggiornano ed integrano, in un unico testo, tutte le indicazioni riportate nelle precedenti linee guida nazionali e normative e, pertanto, le sostituisce integralmente.
  È possibile consultare l'intero documento alla seguente pagina web di questo Ministero: http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6–2–2–1.jsp ?lingua=italiano& id=2362.
  Per quanto attiene al focolaio di legionellosi nella città di Parma, si informa che a partire da agosto 2016 e fino al 20 ottobre scorso, le autorità sanitarie locali hanno segnalato 42 casi di legionellosi e due decessi.
  Tutti i casi sono di origine comunitaria e riguardano persone residenti, in particolare, nella zona urbana di Montebello.
  L'età media dei casi è 66 anni e il rapporto maschi/femmine è 1:1.
  Le date di inizio dei sintomi variano dal 22 agosto al 9 ottobre 2016.
  Successivamente, è stato segnalato il 43o caso, che riguarda una donna di 55 anni, italiana, la quale ha manifestato i sintomi dal 20 settembre 2016; la segnalazione è avvenuta solo un mese dopo.
  L'ultimo caso del « cluster», al momento attuale, rimane quello segnalato il 15 ottobre 2016, riguardante una persona che ha manifestato i sintomi a partire dal 9 ottobre 2016.
  Nessuno tra i casi confermati è di nazionalità straniera.
  Dopo la notifica del primo caso, la regione Emilia-Romagna ha istituito un'unità di crisi, composta da esperti delle Aziende Sanitarie di Parma, dei servizi regionali, di Arpae (Agenzia regionale per la prevenzione, l'ambiente e l'energia dell'Emilia-Romagna) e dell'istituto superiore di sanità (Iss), per avviare un'indagine epidemiologica e ambientale e per individuare le possibili fonti di esposizione.
  In particolare, sono stati analizzati campioni d'acqua prelevati dalla rete domestica al domicilio dei casi, dalla rete di distribuzione idro-potabile, dagli impianti di irrigazione e dalle torri di raffreddamento.
  Inoltre, sono state adottate misure precauzionali urgenti, quali la disinfezione aggiuntiva della rete acquedottistica interessata, la cui acqua era già sottoposta a trattamento di disinfezione con raggi UV, la disattivazione di impianti, e un provvedimento sindacale che ordina a tutti i possessori di torri di raffreddamento interventi straordinari di pulizia, manutenzione e disinfezione e la consegna della documentazione inerente alla gestione degli stessi impianti.
  La prefettura – ufficio territoriale del Governo di Parma ha acquisito dettagliate informazioni dall'azienda unità sanitaria locale e dall'agenzia prevenzione ambiente energia Emilia-Romagna.
  Il focolaio epidemico di Legionella ha interessato un'area residenziale del quartiere Cittadella di Parma, dal mese di settembre fino ai primi giorni di ottobre 2016.
  È stata fatta un'indagine epidemiologica su ogni caso, con raccolta dettagliata di informazioni su fattori di rischio individuali, su esposizione a fonti di rischio ambientali nei 10 giorni precedenti l'esordio dei sintomi, utilizzando l'apposita scheda di inchiesta epidemiologica (scheda di sorveglianza della legionellosi allegata alla delibera di giunta regionale del 21 luglio 2008, n. 1115 «Approvazione linee guida regionali per la sorveglianza e il controllo della legionellosi», più la scheda questionario per l'indagine di focolai epidemici allegata al documento di accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 7 maggio 2015 n. 79 «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi»).
  I casi confermati attribuiti al « cluster» sono 43 e l'ultimo caso è stato segnalato il 15 ottobre 2016: sono stati registrati due decessi.
  La curva epidemica settimanale relativa al comune di Parma evidenzia che il maggior numero di casi si è verificato nella 38a settimana (dal 19 settembre al 25 settembre) e nella 39a settimana (dal 26 settembre – 2 ottobre 2016) con, rispettivamente, 18 e 14 casi.
  Nella 40a settimana i casi registrati sono stati 5.
  Nella curva epidemica settimanale sono evidenziati anche i casi non correlati al focolaio, che costituiscono l'andamento di base della malattia; l'elevata sensibilizzazione alla diagnosi ha prodotto una maggiore concentrazione di casi non correlati subito dopo il picco epidemico.
  La maggior parte dei casi abita in zona o ha riferito di aver frequentato il quartiere cittadella.
  Nessuno tra i casi confermati è di nazionalità straniera.
  La diagnosi è stata posta sulla base degli esiti della ricerca dell'antigene urinario di legionella pneumophila siero gruppo 1, positiva in tutti i pazienti, e della ricerca di legionella pneumophila su materiale delle vie respiratorie, positiva in 8 pazienti su 24 indagati.
  Trentanove persone su quaranta tre sono state ospedalizzate (il 91 per cento).
  Il laboratorio di riferimento regionale dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Modena è riuscito a sequenziare il Dna di legionella del primo degli 8 pazienti risultati positivi. Il sotto tipo individuato (ST 146) è poco diffuso in Italia. Nonostante si tratti di un'unica identificazione sarà ora possibile iniziare il confronto con i ceppi isolati dall'ambiente.
  Le indagini ambientali hanno riguardato le abitazioni e altri luoghi frequentati dai pazienti, la rete acquedottistica, attività commerciali e di servizio dell'area interessata e torri di raffreddamento ubicate sia in prossimità dell'area sia a distanza di alcuni chilometri dalla stessa.
  Sono state acquisite dalla società Iren – Parma (Ente di gestione reti servizi) informazioni e cartografia dell'acquedotto Bizzozzero, una relazione su cantieri reti (idropotabile, fognaria, teleriscaldamento, gas) in area Cittadella-Montebello nel periodo luglio-settembre 2016.
  Sono stati eseguiti campioni di acqua in 3 punti di controllo dell'acquedotto Bizzozzero, negativi all'esame colturale. Eseguiti anche campioni di acqua al domicilio dei casi registrati, nei punti di ingresso della rete.
  Sono state acquisite dalla società Iren ambiente le modalità di pulizia e i tabulati dei percorsi di spazzamento stradale.
  L'esito delle indagini ha confermato l'assenza di legionella nella rete idro-potabile del Bizzozzero; l'assenza di lavori impattanti sulla rete con interruzione del flusso, corrette modalità di pulizia degli spazi pubblici con acqua a bassa pressione e operazioni analoghe a quelle delle altre aree cittadine.
  Sono state, altresì, effettuate ispezioni delle attività presenti nell'area: casa di cura «Città di Parma» e acquisizione dei documenti dei sistemi di condizionamento, con rilevazione dei campioni in vari punti delle Unità trattamento aria; attività commerciali e sportive presso piazzale Maestri, campioni di un pozzo e del sistema irriguo collegato utilizzato in un'area sportiva, verifica della presenza di apparecchiature a rischio, verifica delle altre attività entro raggio di 1 chilometro e oltre (centri commerciali, esercizi di quartiere, attività di servizio, attività produttive, strutture sanitarie, autolavaggi).
  Tutte queste azioni hanno confermato l'assenza di apparecchiature a rischio nelle varie attività; l'assenza di legionella nel sistema irriguo e nell'autolavaggio, l'assenza di legionella nei campioni presso la casa di cura.
  Sono stati eseguiti prelievi alla rete idrica al domicilio-lavoro dei casi: al 2 novembre 2016 erano stati prelevati 112 campioni al domicilio (in 43 casi) – luogo di lavoro (in 3 casi) – luogo di svago (in 4 casi).
  Gli esiti pervenuti sono negativi in 106 campioni. Solo una rete domestica è risultata positiva (per legionella pneumophila sg. 3).
  L'assenza di legionella in acqua fredda e calda fa escludere un'esposizione «epidemica» ad aerosol dalla rete idrica domestica e conferma l'assenza nella rete acquedottistica di cariche superiori al livello accettabile.
  Sono state controllate 36 torri evaporative in 8 siti, con 40 campioni. Si sono concluse le analisi colturali sui campioni prelevati dalle torri di raffreddamento delle sette ditte/aziende controllate. Si sono avuti isolamenti di ceppi di Lp1 e Lp8 in quattro campioni, su 40 complessivi, relativi alle torri di 3 ditte/aziende. La presenza di legionella pneumophila è stata rilevata in 19 campioni prelevati da 4 strutture, 3 delle quali sono le stesse che hanno positività alla coltura.
  Con determinazione n. 15703 del 7 ottobre 2016, la direzione generale cura della persona, salute e welfare della regione Emilia-Romagna ha istituito un'unità di crisi, finalizzata all'efficace e tempestivo controllo del cluster epidemico di legionellosi sostenendo ulteriormente le azioni già intraprese dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Ausl e dall'Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, con l'apporto di ulteriori competenze specialistiche rappresentante da Istituto superiore di sanità, Agenzia sanitaria e sociale della regione Emilia-Romagna, Arpae Bologna e Arpae Reggio Emilia.
  Il 7 ottobre 2016, il sindaco di Parma ha emesso ordinanza con la quale impone «ai proprietari e gestori delle attività presso le quali sono installate apparecchiature per il raffreddamento dell'acqua riconducibili alla tipologia torri di raffreddamento ad umido e condensatori evaporativi, installate nel territorio comunale, di comunicare immediatamente al comune di Parma e all'Ausl la presenza di tali apparecchiature, accompagnata dalla relazione tecnica descrittiva del funzionamento, planimetria e prospetti dell'insediamento, in cui sia messa in evidenza la collocazione delle suddette apparecchiature».
  Inoltre, ha ordinato di «provvedere ad immediati interventi di pulizia, disinfezione e trattamento finalizzato al controllo del rischio di diffusione del batterio legionella, avvalendosi di tecnici specializzati e nel rispetto della normativa di tutela dei lavoratori».
  Per completezza, si segnala che sono state effettuate ulteriori attività d'indagine epidemiologica:
   1) seguendo lo standard diagnostico: effettuazione di approfondimenti di laboratorio con un secondo esame sierologico a distanza di tempo adeguata, a cura dell'Azienda Usl;
   2) analisi della curva epidemica e approfondimento epidemiologico attraverso un questionario messo a punto dall'Agenzia sanitaria della regione Emilia-Romagna, a cura dell'Azienda Usl;
   3) raccolta di informazioni attraverso l'analisi delle cartelle cliniche, attraverso una griglia messa a disposizione dall'Istituto superiore di sanità, a cura dell'Azienda ospedaliero-universitaria;
   4) sviluppo sperimentale di modelli di dispersione al suolo dell'aerosol, a cura di Arpae Bologna:
    su torri con presenza di Legionella e in quelle in un raggio compatibile con le prime valutazioni anemologiche di screening;
    concentrando l'attenzione sulla meteorologia delle giornate che si sono rivelate unici momenti di esposizione di alcuni specifici pazienti;
   5) genotipizzazione: disponibile Dna estratto da 19 campioni ambientali (di 4 siti) per ulteriori indagini molecolari di sequenziamento e confronto con Dna estratto da campioni clinici (disponibile la sequenza genica di un caso), a cura del Centro nazionale di riferimento dell'Istituto superiore di sanità;
   6) controllo nel tempo delle torri evaporative a cura dell'Azienda Usl di Parma.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, CARINELLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 31 gennaio 2016, un velivolo della compagnia Ryanair, in fase di atterraggio presso l'aeroporto di Treviso «A. Canova», ha provocato la distruzione del tetto di alcune case del centro abitato del Comune di Quinto (Treviso);
   le cause dell'incidente, che ha provocato la caduta di diverse tegole in particolare in vicolo Marangon, non sono state ancora chiarite e una donna presente nella zona limitrofa ha rischiato di essere colpita dalle tegole, sbalzate in aria come proiettili dal vortice d'aria venutosi a creare a seguito dell'evento;
   dopo l'incidente, come riportato dalla stampa locale, il sindaco del comune trevigiano Mauro Dal Zilio ha immediatamente segnalato quanto accaduto alla società dello scalo trevigiano Aertre e alla direzione Nordest di Enac per denunciare la gravità dei danni subiti dalle abitazioni e il rischio per l'incolumità pubblica derivante da simili incidenti;
   non è la prima volta che si verificano episodi analoghi nella rotta di atterraggio sovrastante il comune di Quinto: già nel marzo del 2002 una puntata della trasmissione Report, intitolata «Perché gli aeroporti» aveva denunciato i rischi legati ai voli a bassa quota e i mancati risarcimenti per i danni riportati dalle case per effetto del cosiddetto «vortex strike»;
   nonostante le continue richieste di intervento inoltrate da cittadini e comitati locali, non risulta agli interroganti che per lo scalo di Treviso siano state mai compiute opere di mitigazione ambientale negli ultimi quindici anni né tantomeno che si sia mai proceduto all'erogazione di fondi a titolo di risarcimento a favore dei cittadini che hanno subito danni a causa dei voli a bassa quota;
   a fronte di tali gravi episodi, e in assenza di adeguate misure di sicurezza e mitigazione ambientale, particolare preoccupazione desta, ad avviso degli interroganti, la scelta compiuta dal gestore aeroportuale di ampliare ulteriormente il numero di passeggeri e di voli per lo scalo trevigiano, che nel 2015 ha fatto registrare il passaggio di 2.383.307 passeggeri, in incremento del 6 per cento rispetto all'anno precedente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche tramite l'ENAC affinché siano attivate nei confronti dei gestori aeroportuali e delle compagnie aeree procedure di risarcimento, sul modello degli scali londinesi, nei casi di eventuali danni provocati alle abitazioni dai cosiddetti «vortex strike», soprattutto in fase di atterraggio dei velivoli;
   con quali modalità il Ministro intenda procedere affinché i gestori degli scali aeroportuali siano tenuti a investire, come previsto dalla normativa vigente, parte dei propri introiti a favore delle opere di mitigazione ambientale, incluse le misure di riduzione del rischio di vortex strike. (4-12046)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni assunte presso l'ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e l'agenzia nazionale per la sicurezza al volo (ANSV).
  In relazione all'episodio descritto dagli interroganti, l'ENAC informa che dall'esame della documentazione acquisita agli atti dalla competente direzione aeroportuale nord-est sono emersi i seguenti elementi:
   1) in corrispondenza del tracciato al suolo del sentiero di discesa strumentale degli aerei in atterraggio per pista 07, dove si trova un quartiere residenziale del comune di Quinto di Treviso, l'avvicinamento degli aeromobili è avvenuto con procedura strumentale tipo «
Straight – in ILS»;
   2) la visura del tracciato
radar non ha evidenziato scostamento di rotta rispetto alla direzione strumentale stabilita;
   3) le quote riportate dagli aeromobili in avvicinamento, stanti anche le approssimazioni di sistema in tema di rilevazione strumentale, sarebbero compatibili con i dati stabiliti per procedura, quali quote di avvicinamento;
   4) dai dati fotografici dell'abitato antistante la soglia pista 05, emerge che le abitazioni coinvolte, ad un piano, precedono di alcune centinaia di metri dei palazzi a tre piani che non hanno riportato danno alcuno, evidenziando dunque un fenomeno che si sarebbe verificato nel luogo dove sarebbe dovuto essere minore l'impatto di un eventuale vortice d'aria.

  Per quanto riguarda gli ultimi due punti ENAC precisa che si tratta di considerazioni indicative, riservando alla perizia di un esperto del settore ogni eventuale interpretazione dei riscontri tecnici suddetti.
  In merito alla richiesta di un eventuale fondo atto a supportare spese derivanti da simili danni, il Gestore aeroportuale ha ribadito l'assenza di fondi per simili eventi, evidenziando l'assenza di obblighi in tal senso.
  In merito alla vigilanza sulla regolarità della circolazione aerea, si evidenzia che tutti gli Enti preposti alla vigilanza, (Autorità amministrative territoriali, ENAV, aeronautica militare, società di gestione ed ENAC), ciascuno per la parte di competenza, vigilano e operano al fine di verificare e contenere ogni comportamento illecito nel campo della circolazione aerea atto a compromettere la sicurezza e la salute del passeggero e del cittadino.
  Infine, si rappresenta che sull'episodio in questione l'agenzia nazionale per la sicurezza al volo (ANSV) ha comunicato che non emerge la sussistenza dei presupposti previsti dall'ordinamento nazionale, internazionale e dell'Unione europea per classificare l'evento come «Incidente» aeronautico o «mancato incidente». Conseguentemente l'ANSV non può aprire un'inchiesta di sicurezza, non sussistendo i presupposti di legge richiesti.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   TONINELLI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:

  il progetto dell'autostrada Tirreno-Brennero, ovvero il raccordo autostradale che dovrebbe collegare l'A15 con l'A22 noto come «Ti-Bre», risale a oltre quarant'anni fa, nel 1974, ma dei 68 chilometri previsti solo 9 sono passati dalla fase preliminare alla definitiva, e sono quelli che interessano il tratto parmense che collega Pontetaro a Trecasali. Qui la ditta che ha vinto l'appalto per la mini bretella, ha avviato i lavori propedeutici, sebbene, a quanto risulti all'interrogante, non ci sia ancora il via libera esecutivo per il progetto, mentre il resto dell'opera è triplicato in termini di costi arrivando a superare i 3 miliardi di euro;

  ci si trova in questo caso di fronte a un'opera evidentemente diseconomica, che difficilmente potrà essere completata per assenza di coperture finanziarie. Uno studio commissionato dalla stessa Ti-Bre S.r.l., società che coordina i progetti sul collegamento in questione, alla società Eidos, ha dimostrato infatti che l'investimento sullo stesso tratto su rotaie consentirebbe un notevole risparmio di risorse. Questo nuovo percorso, già individuato, collegherebbe infatti Parma a Mantova e Verona per un costo di 80 milioni di euro contro i 700 del tratto previsto precedentemente, con un risparmio di 25 chilometri;

  accanto all'investimento sulla linea ferroviaria il progetto prevede un potenziamento del tratto stradale già esistente della Pontremolese, che fa parte del corridoio Ti-Bre, che, evitando la realizzazione di una galleria che comporterebbe una riduzione dei costi, creerebbe uno sbocco efficiente per trasportare merci e persone dalla pianura Padana al nord Europa;

  anche per la copertura finanziaria, se si investisse in un percorso su rotaie anziché sul tratto autostradale, basterebbe accantonare una quota dei pedaggi autostradali di Autocisa, società che ha in concessione il tratto autostradale fino al 2031. A questo proposito si segnala che nel 2010 questa società aveva ottenuto dal Comitato interministeriale per la programmazione economica una determinazione favorevole agli aumenti tariffari del 7,5 per cento per otto anni, proprio alla luce del fatto che il primo tratto dell'infrastruttura era a suo carico –:

  se il Ministro sia a conoscenza dello studio di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere in relazione al progetto dell'autostrada Tirreno-Brennero e a quello alternativo illustrato nello studio medesimo. (4-10962)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali.
  Il progetto del raccordo autostradale A15 Fontevivo - A22 Nogarole Rocca, (cosiddetto Ti.Bre) previsto nel rapporto concessorio della società concessionaria autocamionale della Cisa interessa gli ambiti territoriali delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto per circa 85 chilometri, comprensivi di chilometri 2+350 di riqualificazione dell'attuale tracciato a sud dell'interconnessione con l'autostrada A1.
  Il CIPE, con delibera 22 gennaio 2010, n. 2 preso alto della valutazione positiva del progetto definitivo dell'intera opera (Fontevivo – Nogarole Rocca) per un costo pari a euro 2.730.965.654,5, ha approvato il progetto definitivo del 1o lotto Fontevivo-Trecasali Terre Verdiane, per un importo pari a euro 513.531.158,10, senza necessità di contributo pubblico né valore di subentro, della lunghezza complessiva di 9,5 chilometri circa, di cui 2,350 chilometri circa consistenti nel risezionamento dell'autostrada della Cisa esistente nonché delle opere di viabilità ordinaria e locale accessorie alla predetta tratta autostradale.
  L'importanza dell'intero collegamento del Ti.Bre. è rivestita dalla continuità che lo stesso assicurerebbe, oltre che alla viabilità autostradale esistente permettendo il raccordo al sistema autostradale con Autostrada A22, anche al sistema autostradale di nuova realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana.
  In particolare, per il collegamento Ti-Bre, nel novembre 2013 è stato sottoscritto il contratto di appalto integrato per l'esecuzione della progettazione esecutiva e dei lavori del 1o lotto tra l'Autocamionale della Cisa spa e l'impresa aggiudicataria Pizzarotti, a seguito di procedura di gara europea.
  Il progetto esecutivo (trattasi di appalto integrato) elaborato dall'appaltatore previa verifica e validazione del concessionario è stato trasmesso, nel mese di agosto 2015, a questa Ministero ed è stato approvato con dispositivo n. 12647 in data 21 luglio 2016 per un importo complessivo netto pari ad euro 423.861.926,23. I lavori sono stati consegnati all'impresa il 26 settembre 2016 e sono tuttora in corso.
  La realizzazione di tale lotto è legato ad un piano tariffario con aumenti dell'ordine del 7 per cento annuo per sette anni da applicarsi sull'autostrada in esercizio.
  Infine per quanto riguarda lo studio citato dall'interrogante si rappresenta che lo stesso non risulta essere stato sottoposto all'esame di questo Ministero.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   TRIPIEDI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, PESCO, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, FRUSONE, DALL'OSSO, VILLAROSA, ALBERTI, SPESSOTTO, SCAGLIUSI, GRANDE, DEL GROSSO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, ZOLEZZI, PARENTELA, GRILLO, LOREFICE, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CARINELLI, CANCELLERI, BUSTO, DE ROSA, D'UVA, D'AMBROSIO, DAGA, TONINELLI, BASILIO, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, COZZOLINO, LIUZZI, BARONI, DA VILLA, VALLASCAS, CRIPPA, DELLA VALLE, SIBILIA, CECCONI, BATTELLI, PETRAROLI, AGOSTINELLI, COLLETTI, LUIGI GALLO, MARZANA, FERRARESI, VIGNAROLI, CASO, MICILLO e TOFALO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Cristian Provvisionato, 43enne residente a Cornaredo (Milano) dal 1o settembre 2015 è trattenuto in Mauritania dalle autorità dello Stato. Dopo circa due settimane dal suo arrivo nel Paese, dove si era recato per conto della Vigilar Group, con sede a Milano, che lo aveva assunto a marzo 2015, società italiana che commercializza prodotti tecnologici per le intercettazioni e il controllo remoto di dispositivi elettronici, Provvisionato è tuttora trattenuto all'interno di un'accademia di polizia nella capitale Nouakchott;
   Provvisionato, di professione bodyguard, ad agosto 2015 fu contattato da Davide Castro, titolare insieme al padre Francesco della Vigilar Group, per partire in Mauritania e sostituire un esperto di open source intelligence, Leonida Reitano, che doveva rientrare in Italia. Provvisionato avrebbe dovuto partecipare ad un meeting con il governo locale per la presentazione della Wolf Intelligence, azienda tedesca dello stesso settore della Vigilar Group, il cui titolare è l'indiano Manish Kumar. Provvisionato, non avendo alcuna conoscenza nel campo del cyberspionaggio, venne rassicurato da Castro riguardo alla sua che sarebbe dovuta essere una presenza di facciata al meeting che però non si è mai tenuto. Dopo questo evento, Provvisionato è stato trattenuto dalle autorità mauritane senza alcuna reale motivazione;
   del tutto particolare risulta essere tutta la vicenda giuridica vissuta da Provvisionato. Solo dopo sei mesi dal suo arresto sarebbe stata formulata nei suoi confronti l'accusa di far parte di una banda internazionale finalizzata alla truffa informatica ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. A distanza di poco più di un anno, a quanto consta agli interroganti, tale accusa sarebbe stata annullata dal giudice che sta seguendo il caso e che ha portato Provvisionato ad essere, allo stato attuale, trattenuto in Mauritania senza alcun capo d'accusa. Provvisionato non è mai stato interrogato alla presenza di un avvocato e non è mai comparso davanti a una corte. I differenti avvocati difensori mauritani ed italiani che si sono susseguiti nel corso del tempo, hanno considerato la vicenda da loro seguita una sorta di scambio di ostaggi ed un sequestro di persona;
   destano particolari preoccupazioni le condizioni di salute di Provvisionato, da anni diabetico e che quindi necessita di insulina e medicinali specifici. Nel primi mesi di detenzione, Provvisionato ha perso 30 chili di peso. La madre di Cristian Provvisionato, la signora Doina Coman, insieme al marito si è recata a febbraio 2016 in Mauritania per andarlo a trovare, ma è stato riconosciuto dai genitori solo dopo essersi alzato in piedi a causa delle sue precarie condizioni di salute. I genitori hanno chiesto al Governo della Mauritania di rilasciare loro figlio quanto prima. Considerano sia necessario farlo perché ritengono sia innocente ma soprattutto perché le sue condizioni di salute si stanno rapidamente aggravando. I genitori hanno la convinzione che il figlio sia stato volutamente coinvolto in un'azione tesa a suo discapito;
   la madre di Provvisionato a fine aprile 2017 ha iniziato, partendo da Siena, una marcia verso Roma con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica;
   Cristian Provvisionato ha annunciato di voler iniziare dal 1o maggio 2017, nel caso non venga liberato prima di questa data, uno sciopero della fame come forma di protesta per la sua ingiusta detenzione;
   in data 26 aprile 2017, il Ministro interrogato ha incontrato a Roma la signora Coman per discutere della vicenda che coinvolge suo figlio;
   diverse sono state le missioni diplomatiche italiane in Mauritania allo scopo di individuare la miglior strada per liberare Provvisionato dalla sua prigionia. Gli interroganti ritengono che l'azione diplomatica svolta dai preposti rappresentanti istituzionali in Italia e in Marocco sia stata costante e molto intensa, ma poco concreta. Considerano necessario fare uno sforzo determinante per poter riportare al più presto in Italia il signor Cristian Provvisionato, soprattutto a causa del suo essere trattenuto, e quindi privato della libertà, senza alcun capo d'imputazione e per le sue condizioni di salute sempre più precarie –:
   se dalla Mauritania siano state trasmesse rogatorie e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano fornito le autorità italiane;
   nel caso siano state ricevute eventuali rogatorie dalle autorità italiane preposte, quali siano gli indicati attuali capi di imputazione per cui si sta trattenendo il signor Provvisionato in Mauritania e se il procedimento esistente riguardi solo Provvisionato o anche altri soggetti;
   riguardo alla vicenda, che vede coinvolto il sopracitato signor Provvisionato, se siano state avviate indagini dalla autorità giudiziaria italiana;
   nel caso sia stata ricevuta, quale sia la risposta alla rogatoria trasmessa dall'Italia e, in caso di mancata risposta, quali iniziative intenda intraprendere il Governo in merito;
   se dall'Italia siano state inviate rogatorie nei confronti della Germania o di altri dei Paesi coinvolti nella vicenda sopraindicata e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano dato le autorità straniere;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di assicurare le regolari cure in Mauritania per la patologia diabetica di cui soffre il signor Cristian Provvisionato che, se non curata adeguatamente, può portare a danni fisici permanenti;
   quali ulteriori iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo al fine di arrivare alla liberazione o alla richiesta di estradizione del signor Cristian Provvisionato, in funzione del fatto che quelle sinora adottate non hanno ancora sortito gli effetti sperati. (4-16900)

  Risposta. — Desidero innanzitutto ringraziare l'interrogante per consentirmi di ripercorrere una vicenda che, dopo mesi di costante impegno della Farnesina, si è recentemente conclusa in maniera positiva, il signor Cristian Provvisionato è rientrato in Italia il 12 maggio 2017, dopo essere stato rimesso in libertà dalle autorità giudiziarie mauritane.
  Ricordo che il signor Provvisionato era stato fermato dalle autorità di Nouakchott alla fine dell'agosto 2015, dopo circa due settimane dal suo arrivo in Mauritania, dove si era recato su richiesta di una società italiana che si occupa di vigilanza. Il signor Provvisionato era stato inviato nella capitale mauritana per rappresentare una ditta indiana che commercializza prodotti tecnologici finalizzati alle intercettazioni e al controllo remoto di dispositivi elettronici.
  Da allora, Cristian Provvisionato si trovava in stato di arresto preventivo con l'accusa di far parte di una associazione internazionale finalizzata alla truffa ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. Essendo un cittadino straniero e dunque, per le autorità mauritane, a rischio di fuga, il signor Provvisionato è rimasto in stato di arresto provvisorio in attesa che le indagini preliminari si concludessero. Per tutto questo tempo, grazie anche all'azione svolta dalla Farnesina, il nostro connazionale è stato trattenuto non in un carcere comune, ma all'interno di una struttura della polizia locale. Ciò gli ha consentito di ricevere un trattamento migliore di quanto avviene normalmente in casi analoghi, anche in considerazione delle sue condizioni di salute, dal momento che il signor Provvisionato è diabetico. Sempre grazie all'azione della Farnesina, il signor Provvisionato ha potuto ricevere regolarmente i pacchi inviati dalla famiglia, inclusi i medicinali di cui aveva bisogno.
  L'azione della Farnesina e dell'Ambasciata a Rabat è stata, fin dal primo momento, molto decisa, sia in Italia che a Nouakchott. Numerosissimi e continui sono stati, nei 20 mesi appena trascorsi, gli interventi effettuati a livello politico-diplomatico per rappresentare alle autorità locali la nostra viva aspettativa che la procedura giudiziaria potesse concludersi rapidamente.
  Costanti sono state anche le visite consolari rese al connazionale, il quale ha avuto contatti regolari con i suoi famigliari, che ha anche incontrato, grazie al sostegno offerto dall'Ambasciata. Sia la Farnesina che la rappresentanza a Rabat hanno mantenuto contatti continui con la famiglia Provvisionato in Italia, che è stata ricevuta molte volte al Ministero degli esteri. Da ultimo, il Ministro Alfano ha incontrato lo scorso 26 aprile la signora Doina Coman, madre di Cristian, assumendosi l'impegno, anche personale, di lavorare senza sosta per la liberazione del figlio.
  La tenace azione politico-diplomatica portata avanti anche personalmente dal Ministro Alfano sia in Italia che in Mauritania, è culminata nella mia missione a Nouakchott il 10 e 12 maggio 2017. Come noto, a conclusione di tale visita ho potuto accompagnare Cristian Provvisionato in Italia.
  Come dichiarato dal Ministro Alfano, si tratta di un risultato importante che dimostra la profonda amicizia della Repubblica islamica di Mauritania verso l'Italia nonché grande umanità verso Cristian, che con tale decisione ha potuto riabbracciare la sua famiglia.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta giornalistica di Ezio Cerasi sui problemi nelle gallerie della variante della strada statale 16 compresa tra Pescara e Francavilla al Mare (Chieti) viene trasmessa dal 9 al 12 giugno 2015 sul TGR Abruzzo della Rai, per sottolineare soprattutto la pericolosa presenza di acqua, detriti e pozzanghere stagnanti sulla carreggiata;
   tale problematica era stata già affrontata dal deputato Gianluca Vacca, il quale presentò l'interrogazione 4-01834 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in data mercoledì 4 giugno 2014, proprio relativamente alla situazione emergenza delle gallerie della variante della strada statale 16 compresa tra Pescara e Francavilla al Mare;
   nonostante i dubbi sollevati e minimizzati da rassicurazioni e promesse di lavori di manutenzione, si ritiene che la presenza di acqua sia dovuta a infiltrazioni costanti nel tempo e pertanto, trattandosi di perdite di una consistente entità, probabilmente non sia da attribuirsi a problemi di semplice manutenzione ordinaria, bensì da riconoscersi in criticità strutturali;
   i giudizi di rappresentanti della stessa Anas, raccolti dall'inchiesta giornalistica della Rai, non sono concordanti sulla situazione delle due gallerie: secondo Stefano Liani, direttore centrale nuove costruzioni Anas, il fenomeno non rappresenterebbe una situazione normale. Per Lelio Russo, invece, capo dipartimento Anas Abruzzo, non ci sarebbe nulla di così anomalo e le cause sarebbero da ricercarsi nell'aumento delle piogge e della loro intensità di questi ultimi anni;
   nell'interrogazione sopra menzionata si ricordava che:
    inaugurazione delle gallerie nel 2007: la San Silvestro (lunghezza di 3600 metri) e Le Piane (lunghezza di 1900 metri), entrambe a doppio senso di marcia;
    costo per la realizzazione dell'intera variante si approssima ai 180 milioni di euro;
    emissione, a carico dell'Anas abruzzese nel mese di agosto, di un bando del valore di quasi 1,7 milioni di euro per risanamento strutturale e messa in sicurezza delle gallerie;
    riscontro da parte della società appaltatrice, la TOTO S.p.a., di problemi non previsti in fase di progettazione a causa delle caratteristiche meccaniche dei terreni difformi dalle previsioni già durante la fase di realizzazione delle gallerie; si evidenzia inoltre come tali problematiche abbiano fatto lievitare il costo dell'opera di svariati miliardi di lire;
    necessità di opere aggiuntive durante la fase di realizzazione, che permettessero la reale fruizione della variante: non erano infatti stati previsti svincoli di ingresso e uscita nelle località urbane attraversate dalla variante; in particolare nel comune di Francavilla al Mare. Ciò a danno della reale fruizione dell'opera pubblica in fase di realizzazione;
    affidamento, da parte dell'ANAS, dei lavori di realizzazione delle modifiche che permettevano la fruizione della variante alla stessa ditta concessionaria dell'appalto, la TOTO S.p.a;
   ai quesiti posti dall'interrogante sulla richiesta dei reali problemi strutturali riguardanti l'opera pubblica in questione, concernenti le responsabilità in merito ai problemi immediatamente manifestati, relativamente all'ammontare del costo che lo Stato avrebbe affrontato per sanare i problemi esistenti e alla conoscenza del destinatario a cui sarebbero imputati i costi di eventuali interventi sulle gallerie (tenendo conto che l'opera è stata inaugurata nel 2007. «4-01834», il Ministero risponde dichiarando che:
    le gallerie «Le Piane» e «San Silvestro» sono state realizzate nell'ambito dei lavori di costruzione della Variante di Francavilla al Mare mediante il congiungimento della variante di Pescara con la variante di Ortona, 1o stralcio lotto funzionale, dalla variante di Pescara alla strada statale 263 «vai di Foro»;
    i lavori sono stati ultimati nel dicembre 2003 e regolarmente collaudati, come risulta dal verbale dell'ottobre 2004, che non ha evidenziato alcun vizio realizzativo;
    con il passare degli anni si sono manifestate alcune infiltrazioni d'acqua sul piano viabile a causa delle condizioni litostratigrafiche locali particolarmente complesse che hanno reso estremamente variabile la permeabilità dei terreni sui quali insiste l'opera;
    la galleria «Le Piane», in particolare, attraversa una falda acquifera sostenuta da argille impermeabili del substrato che fungono da «acquiclude» e che la capacità e la potenza della falda varia in funzione degli apporti meteorici e idrici provenienti dalle formazioni sabbiose-ghiaiose sommitali. Il Ministero aggiunge che i fenomeni descritti hanno fatto ritenere che la funzionalità del sistema drenante, realizzato nella citata galleria, sia stata inficiata dal rilascio di silicati trasportati dalle acque di drenaggio che ostruivano i fori della condotta posta sotto l'arco rovescio;
    per una definitiva soluzione delle criticità riscontrate è stata valutata positivamente la progettazione di un intervento mirato esclusivamente al ripristino integrale dell'intero sistema drenante sottostante la pavimentazione stradale e al rifacimento totale della pavimentazione stessa, senza interventi strutturali in galleria;
    i lavori, per quanto riguarda la galleria «Le Piane», sono stati consegnati il 19 novembre 2013 dalla società ANAS alla ditta Ricci Guido Srl e sono stati ultimati il 20 febbraio 2013. L'intervento è stato finanziato, per un importo complessivo di circa 2 milioni di euro comprensivo degli oneri di investimento, con le risorse previste dal decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 e relativa legge di conversione;
    per quanto concerne, invece, la galleria «San Silvestro», interessata dalle medesime criticità, il Ministero informava l'imminente esecuzione di un analogo intervento non appena si renderanno disponibili le relative risorse finanziarie;
   alla luce delle risposte ufficiali dell'allora Ministro Lupi, dall'inchiesta giornalistica della Rai si evidenzia un quadro molto diverso e da approfondire sulle responsabilità soggettive riguardo le infiltrazioni di acqua nella galleria. In sintesi è emerso che le dichiarazioni dell'ANAS e del Ministro delle infrastrutture sarebbero state smentite da esperti di geologia e ingegneria. In particolare, mentre da una parte l'ex Ministro Lupi e i vertici Anas affermano che la geologia dei territori attraversati dai tunnel è particolarmente complessa, dall'altra parte il professor Brozzetti dell'università d'Annunzio di Chieti, consultando le carte geologiche, illustra invece le condizioni geologiche banali e comuni esistenti sul sito e la scarsa potenza delle falde acquifere. Tesi confermata dall'ingegner Chiarelli, quando dichiara che in altre situazioni geologiche, ad esempio quella delle Alpi, le masse idriche sono davvero potenti e che nonostante ciò le infiltrazioni possono essere evitate. Di tutt'altro avviso, invece, l'ingegner Russo dell'ANAS che afferma che le infiltrazioni sono inevitabili;
   lo stesso ingegner Chiarelli evidenzia che le formazioni geologiche su cui insiste l'opera sono molto comuni nel centro e nel sud Italia e non procurano grossi problemi;
   nella stessa inchiesta giornalistica un ingegnere esperto in impermeabilizzazioni alle dipendenze di una nota azienda specializzata in gallerie che opera in campo internazionale, sostiene che sulla fattispecie della galleria di cui si sta parlando ci sono una serie di concause che hanno portato dopo 15 anni ad avere un «colabrodo» che va dall'inadeguata progettazione al risparmio sui materiali utilizzati alla sommaria esecuzione dei lavori. Ciò è confermato visionando il progetto delle gallerie da cui si nota che dalla sezione della galleria è possibile riscontrare che il manto in pvc di impermeabilizzazione si ferma 50 cm sopra il manto stradale e non si spinge al di sotto di esso;
   nonostante l'opera sia stata inaugurata nel 2007 e sia costata 170 milioni di euro, si era già a conoscenza delle problematiche legate alle infiltrazioni d'acqua, tant’è che da una lettera di Toto Costruzioni Generali all'ANAS spa si evince che quest'ultima avrebbe richiesto verbalmente alla TOTO il progetto inerente la risoluzione delle problematiche relative alle infiltrazioni registratesi nelle due gallerie; dalla stessa lettera si deduce che sarebbero stati eseguiti dei lavori per risolvere le problematiche legate alle infiltrazioni d'acqua; ciò che appare poco chiaro e anomalo, è che la richiesta dell'ANAS di lavori sulle infiltrazioni d'acqua venga fatta verbalmente e non con un documento ufficiale;
   ciò che appare evidente è che gli interventi di manutenzione non avrebbero risolto il problema delle infiltrazioni d'acqua;
   nonostante ciò il rappresentante dell'ANAS, interpellato dal giornalista, dichiara che i collaudi non hanno riscontrato vizi realizzativi;
   dopo i lavori di manutenzione del 2013 nella galleria «Le Piane» per un importo, di circa 2 milioni di euro, stanno per cominciare i lavori analoghi nell'altra galleria, «San Silvestro», per un importo di circa 4 milioni di euro da quello che si apprende dalla stampa;
   un comunicato del 12 giugno 2015 sul portale dell'Anas dichiara che la stessa ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'esito della gara d'appalto riguardante i lavori di manutenzione straordinaria della galleria «San Silvestro», situata lungo la strada statale 714 «Tangenziale di Pescara». L'appalto prevede:
    a) demolizione e ricostruzione della sovrastruttura stradale nella galleria;
    b) ripristino e/o sostituzione del sistema drenante centrale al di sotto del piano viabile;
    c) posa in opera di tratti di rivestimento in lamiera in acciaio inox al fine di intercettare le venute d'acqua dalla calotta e convogliarle nel sistema drenante in modo da eliminare ristagni d'acqua sul piano viabile;
   gli interventi sono finalizzati all'innalzamento degli standard di sicurezza per gli utenti in transito lungo la galleria. I lavori sono stati assegnati all'impresa Di Carlo spa, con sede a Casoli, in provincia di Chieti. Il termine stabilito per l'esecuzione dei lavori è di 120 giorni dalla data di consegna;
   appare chiaro che fare una galleria a regola d'arte, sia in fase di valutazione a livello geologico, sia nella fase di progettazione che in quella di esecuzione significherebbe non avere infiltrazioni d'acqua;
   ad avviso dell'interrogante è necessario e doveroso un intervento di manutenzione straordinaria che risolva definitivamente il problema e non soltanto che migliori i livelli di sicurezza stradali;
   è evidente che il costo dei continui interventi di manutenzione per garantire la sicurezza stradale ricadano sulla comunità dei cittadini, mentre sarebbe opportuno individuare i reali responsabili;
   a giudizio degli esperti interpellati nell'inchiesta giornalistica il problema delle infiltrazioni d'acqua erano risolvibili sia in fase di realizzazione che in fase di manutenzione straordinaria –:
   se il Ministro abbia intenzione di promuovere azioni che accertino le eventuali responsabilità dei difetti dell'opera, sia per i profili di competenza dell'ANAS quanto per quelli dell'impresa esecutrice dei lavori, anche verificando, attraverso perizie tecniche e carotaggi, la reale consistenza dell'opera;
   come si giustifichi la richiesta solamente verbale dell'Anas alla ditta TOTO del progetto degli interventi inerenti la risoluzione delle problematiche relative alle infiltrazioni registratesi nelle due gallerie;
   per quale motivo i lavori di manutenzione previsti, per un totale di circa 6 milioni di euro, non siano quelli risolutivi del problema delle infiltrazioni ma solo soluzioni – tampone che, eliminando la presenza di acqua in carreggiata, non risolvono però il problema definitivamente. (4-09495)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'ANAS, al fine di convogliare le infiltrazioni d'acqua presenti sul piano viabile della galleria «Le Piane» sulla strada statale 714 «Tangenziale di Francavilla», ha eseguito un intervento di ripristino del sistema di drenaggio e di posa in opera di un rivestimento in acciaio, per un costo totale di circa 1.17 milioni di euro.
  Analogo intervento è stato previsto per la limitrofa galleria «San Silvestro», per un importo di circa 3 milioni di euro, finanziato nel l'ambito del piano di manutenzione straordinaria previsto dal cosiddetto Sblocca Italia – decreto legge n. 133/2014 e relativa legge di conversione.
  I lavori di manutenzione straordinaria sono stati consegnati in data 22 luglio 2015.
  Durante il programmato periodo di chiusura della galleria è stato effettuato, altresì, un monitoraggio dell'intera superficie per rilevare, mediante prospezioni geofisiche, la presenza di eventuali irregolarità o discontinuità, nonché la stratigrafia del terreno.
  Tale controllo ha consentito di valutare e progettare la tipologia di intervento più idonea per risolvere definitivamente il problema delle percolazioni dall'alto della galleria.
  Detti lavori di manutenzione straordinaria sono stati regolarmente ultimati entro la data contrattualmente prevista e cioè il 19 ottobre 2015.
  Ad oggi, Anas riferisce che a fronte dei citati lavori della galleria San Silvestro il problema delle infiltrazioni d'acqua sul piano viabile di tale galleria non si è ripresentato.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   ZANIN e CASELLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la città di Montebelluna è tra le dieci finaliste per il conferimento del titolo di capitale italiana della cultura 2018, che verrà assegnato il 31 gennaio 2017. La città-simbolo della cultura sarà assegnataria di un premio pari un milione di euro da utilizzare sul proprio territorio per valorizzare i beni culturali e paesaggistici e migliorare i servizi rivolti ai turisti, con esclusione dal vincolo del patto di stabilità delle risorse investite nella realizzazione del progetto;
   il titolo di capitale italiana della Cultura, istituito dalla legge «Art Bonus» a seguito della candidatura di diverse realtà italiane per la selezione della Capitale europea della cultura, ha la finalità di «sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l'integrazione senza conflitti, la creatività, l'innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo»;
   il bando, nel definire criteri di scelta del vincitore, dispone che il progetto sia efficace come azione culturale diretta al rafforzamento della coesione e dell'inclusione sociale, che non può non far leva anche sul concetto di accoglienza;
   il 28 dicembre 2016 a Volpago del Montello il sindaco di Montebelluna Marzio Favero era presente in prima fila a una fiaccolata contro la decisione della prefettura di Treviso di aprire un centro d'accoglienza presso l'area dell'ex polveriera di Volpago del Montello che dovrebbe ospitare circa due centinaia di richiedenti asilo, dove sono apparsi striscioni con frasi del tipo «Il Piave mormora: non passa lo straniero». «Benvenuti sul Montello: sarà il vostro inferno». «Lo Stato tutela i clandestini: chi tutela donne e bambini ?» –:
   se il Governo non ritenga che quanto emerso in occasione della manifestazione di Montebelluna, che agli interroganti non appare conciliabile con il principio di coesione ed inclusione sociale rientrante tra i presupposti per il titolo di capitale italiana della cultura 2018, debba condurre a escludere la città, dall'assegnazione del premio. (4-15343)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, nel quale l'interrogante, richiamate la manifestazione svoltasi a Volpago del Montello, presente anche il sindaco della città, per protestare contro la decisione della Prefettura di Treviso di aprire un centro d'accoglienza per richiedenti asilo e le frasi ostili verso i richiedenti asilo contenute in alcuni striscioni, chiede se tutto ciò sia conciliabile con la candidatura della città di Montebelluna a capitale della cultura 2018.
  L'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, ha disposto che il Consiglio dei ministri conferisce annualmente il titolo di «Capitale italiana della cultura» a una città italiana, sulla base di un'apposita procedura di selezione definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
  L'iniziativa si propone di favorire progetti, iniziative e attività di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale italiano, anche attraverso forme di confronto e di competizione tra le diverse realtà territoriali, promuovendo la crescita del turismo e dei relativi investimenti.
  I progetti presentati dalla città designata «Capitale italiana della cultura» al fine di incrementare la fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale hanno natura strategica di rilievo nazionale ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, e sono finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel limite di un milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020.
  Con il decreto ministeriale 18 febbraio 2015 è stata disposta la disciplina della procedura di selezione per il conferimento del titolo di «Capitale italiana della cultura» per l'anno 2018.
  Le città che intendono partecipare alla selezione devono presentare un dossier di candidatura contenente, a pena di esclusione, il programma delle attività culturali previste, della durata di un anno; il modello di
governance e la struttura responsabile per la elaborazione e promozione del progetto, per la sua attuazione e per il monitoraggio dei risultati, con l'individuazione di una apposita figura responsabile; una valutazione di sostenibilità economico-finanziaria; gli obiettivi perseguiti, in termini qualitativi e quantitativi, e gli indicatori per la misurazione del loro conseguimento, con particolare riferimento sia allo sviluppo dell'offerta culturale sia alla crescita della inclusione sociale e al superamento del cultural divide.
  Le candidature sono valutate da una apposita giuria che individua i dieci progetti finalisti, invitando i comuni che li hanno presentati a un incontro di presentazione pubblica e di approfondimento.
  La città di Montebelluna è stata selezionata tra le dieci finaliste e ha partecipato alla fase conclusiva della selezione.
  La commissione esaminatrice di Capitale italiana della cultura 2018 ha valutato, nella riunione del 24 gennaio 2017, i fatti richiamati dall'onorevole interrogante, avvenuti il 28 dicembre 2016 ma ha ritenuto di non tener conto di tali avvenimenti, giudicando «irrilevanti» gli avvenimenti stessi ai fini del giudizio valutativo sul progetto culturale presentato.
  I lavori di selezione della commissione si sono conclusi il 31 gennaio 2017 e la commissione ha proposto al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, all'unanimità, Palermo quale Capitale italiana della cultura per l'anno 2018.
  Il titolo sarà successivamente conferito dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoAntimo Cesaro.