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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 14 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    il Lazio e la Campania ma anche tutto il resto del centro sud Italia, come ogni anno, vivono drammaticamente i mesi estivi relativamente alla possibilità dei cittadini di ricevere un servizio idrico adeguato ad un Paese del G7;
    solo nel Lazio i cittadini coinvolti dalla crisi idrica saranno circa 1 milione e la responsabilità non è esclusivamente dei cambiamenti climatici e della diminuzione delle piogge, ma anche di 15 anni di mancati investimenti nella manutenzione delle reti e sulle quali si sta cercando di intervenire;
    inoltre quest'anno a causa della estrema scarsità delle piogge si ipotizzano danni all'agricoltura per almeno 1 miliardo di euro;
    l'Onu, con risoluzione dell'Assemblea generale del 28 luglio 2010, GA/10967, dichiara il diritto all'acqua un diritto umano universale e fondamentale e tale risoluzione sottolinea ripetutamente che l'acqua potabile e per uso igienico, oltre ad essere un diritto di ogni uomo, concerne la dignità della persona, è essenziale al pieno godimento della vita ed è fondamentale per tutti gli altri diritti umani, e raccomanda agli Stati di attuare iniziative per garantire a tutti un'acqua potabile di qualità, accessibile, a prezzi economici;
    i beni comuni, come l'acqua, il territorio, l'energia e i rifiuti e servizi pubblici essenziali come quelli deputati a garantire un welfare locale di qualità, appartengono alla comunità e non possono in alcun modo essere sottratti alla stessa, condizionandone la fruizione da parte di tutti i cittadini e limitandone la piena partecipazione al loro governo e alla loro gestione democratica;
    il lago di Bracciano, nel Lazio, fa parte della rete di aree protette Natura 2000. L'emergenza procurata dal basso livello delle acque del lago di Bracciano è divenuto un fenomeno estremamente preoccupante. Il lago è soggetto a captazione d'acqua per il fabbisogno di Roma e dei comuni limitrofi secondo una concessione siglata nel 1990 tra il gestore del servizio idrico integrato dell'Ato2 e l'allora Ministero dei lavori pubblici. Una captazione costante e giornaliera, che è di 1.100 litri /secondo, ma che può arrivare addirittura a 5000 litri/secondo quando si è in emergenza, ai quali si devono aggiungere, poi i 450 litri secondo dell'acquedotto Paolo che porta l'acqua ai giardini della Città del Vaticano. Uno scenario da disastro ambientale che rischia oltretutto di determinare sanzioni da parte dell'Unione europea, perché non si tutelano i siti di interesse comunitario lacustri. Il lago di Bracciano ha una ricchezza ecologica unica al mondo, ed è ricco di biodiversità di fauna e di flora che ora rischia l'estinzione. Solo negli ultimi dodici mesi la riduzione delle acque ha superato un metro (come nel 2003) e le conseguenze sia per l'ecosistema lacustre sia per l'uomo che ne fa uso, sono evidenti. Molta la vegetazione scomparsa e con essa sono venute meno le aree di riproduzione dei pesci foraggio (indispensabili alla nutrizione dei pesci di valore commerciale) e gran parte delle potenzialità autodepurative dovute alle macrofite emergenti. Tale tendenza potrebbe portare al depauperamento della risorsa idrica, destabilizzando l'ecosistema fino al collasso;
    l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi) è un'autorità indipendente, istituita con la legge 14 novembre 1995, n. 481, con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo. L'Autorità svolge, inoltre, una funzione consultiva nei confronti di Parlamento e Governo ai quali può formulare segnalazioni e proposte; presenta ammainate una relazione annuale, sullo stato dei servizi e sull'attività svolta. Con il decreto n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011 all'Autorità sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici. Infatti, l'articolo 21, comma 19, prevede che: «con riguardo all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481»;
    il 22 marzo 2017 in occasione della giornata mondiale dell'acqua, l'Istat ha presentato uno studio riguardante anche le perdite idriche delle reti di distribuzione di acqua potabile nei comuni capoluogo di regione dal quale si evince che nel 2015 è andata dispersa una media del 38,2 per cento delle acque immesse in rete a fronte del 35,6 per cento del 2012, il che mostra una situazione di enorme degrado degli acquedotti e delle reti in tutto il Paese,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere, in accordo con le regioni, una revisione dei termini di eventuali concessioni siglate con i gestori del servizio idrico integrato al fine di sospendere o ridurre la captazione dai bacini idrici e di evitare danni ambientali nel rispetto delle normative dell'Unione europea;
   ad avviare, per quanto di competenza, un tavolo di «crisi» in cui siano coinvolti i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, e delle politiche agricole alimentari e forestali, con l'obiettivo di trovare soluzioni al progressivo depauperamento delle acque del lago di Bracciano, ma anche delle altre principali fonti di approvvigionamento idrico in tutta Italia;
   a promuovere iniziative volte al risparmio idrico a partire dalle strutture della pubblica amministrazione;
   a promuovere l'attivazione di misure e progetti per ampliare la capacità di depurazione delle acque reflue in modo tale che possano essere reimmesse nel lago di Bracciano e non disperse nel fiume Arrone senza essere state depurate come accade oggi;
   ad assumere iniziative normative per rafforzare i poteri di regolazione e vigilanza dell'Aeegsi, in ordine all'operato dei gestori sulla base delle convenzioni in essere;
   ad assumere iniziative normative per impegnare i gestori a riservare una adeguata percentuale degli utili derivanti dalla gestione del servizio idrico integrato, ante imposte, da inserire a investimento per l'anno, in interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle tubazioni di mandata dell'acqua potabile.
(7-01287) «Daga, Zolezzi, Terzoni, De Rosa, Busto, Micillo, Vignaroli».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la gestione degli stock di pesce spada presente nel Mediterraneo e nell'Atlantico presenta criticità riconducibili a due fattori principali quali la mancata tracciabilità delle catture e l'uso di reti illegali;
    secondo un recente report di Oceana, l'organizzazione internazionale per la conservazione dell'ambiente marino, durante il periodo dal 1990 fino al 2012 in Marocco si sono registrate catture di pesce spada proveniente dal Mediterraneo pari a sette volte quelle consentite nello stock riservato all'Atlantico;
    da quando nel 1997 è entrato il vigore il piano di gestione del pesce spada atlantico, risulta triplicata la quantità di pesce pescato nel Mediterraneo, anomalia che evidenzia come queste catture si riferiscano in realtà agli stock atlantici e che tuttavia il Paese magrebino non riporta come tali;
    con la raccomandazione ICCAT 03-04 si è vietato a tutte le Parti contraenti l'utilizzo di reti pelagiche derivanti d'altura nel mare Mediterraneo;
    a seguito della valutazione di overfishing dello stock di pesce spada del Mediterraneo, con la raccomandazione ICCAT 16-05 si sono istituite le quote massime di cattura (TAC); il piano di recupero prevede una quota annuale complessiva di catture consentite che sarà limitata a 10.500 tonnellate nel 2017, per poi essere ridotta del 15 per cento nei cinque anni successivi 2018-2022), al ritmo del 3 per cento all'anno;
    secondo alcuni contraenti l'utilizzo di reti derivanti ancora consentito nel Mediterraneo renderebbe inattendibili dati di cattura; pertanto, il suddetto piano non risulta condiviso da tutti gli interessati,

impegna il Governo:

  ad assumere iniziative nelle opportune sedi al fine di:
   a) adottare ogni utile misura per migliorare la tracciabilità delle catture ed evitare non soltanto sovrasfruttamenti degli stock presenti nel Mediterraneo ma anche pratiche di commercio sleali posto che alcuni Paesi terzi, quali il Marocco, risultano primi esportatori di pesce spada fresco nel mercato unionale, senza che tuttavia sia certa la provenienza mediterranea o atlantica di tale prodotto;
   b) proporre per tutti i Paesi contraenti interessati dalle quote massime di cattura l'inasprimento delle misure per la pesca illegale, quali, in particolare, la revoca delle quote per gli operatori fermati a pescare con reti derivanti ed altri attrezzi vietati.
(7-01288) «Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ALTIERI, PALESE, CAPEZZONE, CHIARELLI, CIRACÌ, CORSARO, DISTASO, FUCCI, LATRONICO e MARTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato da organi di stampa, il Governo starebbe pensando di «sdoppiare» i ruoli di presidente e amministratore delegato nelle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   occorre ricordare che il decreto legislativo in materia di società partecipate emanato dal Ministro per a semplificazione e la pubblica amministrazione nell'agosto 2016 prevedeva per una serie di società pubbliche (escluse le quotate e altre non quotate tra le quali il Poligrafico, Anas, Invimit, Invitalia, Expo e Arexpo) la figura dell'amministratore unico, con conseguente risparmio sugli emolumenti dei consigli di amministrazione;
   dopo la sentenza della Corte costituzionale, che nello scorso autunno ha «bocciato» parti della riforma della pubblica amministrazione, nel mese di febbraio 2017 si è arrivati a una nuova stesura che ripristinava la possibilità di istituire un consiglio di amministrazione a tre o cinque membri con «una delibera motivata» dell'assemblea;
   il consiglio di amministrazione a tre componenti si fondava sull'accorpamento del ruolo di presidente e amministratore delegato in un solo componente con gli altri due di provenienza ministeriale, così come stabilito dal cosiddetto «decreto spending review» del luglio 2012;
   a quanto si apprende, nella versione definitiva del decreto sarebbe stato inserito nuovamente lo sdoppiamento delle citate cariche, in linea con la volontà del Governo di ampliare il numero dei posti disponibili –:
   se quanto riportato dai mezzi d'informazione corrisponda al vero;
   quali siano i motivi di una tale decisione proprio in un momento in cui bisogna insistere sulla strada della semplificazione e della spending review. (3-03080)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO e MANLIO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   fino a qualche tempo fa gli Emirati Arabi, non essendoci alcun accordo con l'Italia per l'estradizione, costituivano una meta di molti soggetti latitanti che lì trovavano un rifugio sicuro. Tra questi alcuni personaggi di spicco italiani, protagonisti di inchieste giudiziarie e quindi indagati o condannati per reati gravi, come l'ex parlamentare di Alleanza Nazionale, Amedeo Matacena, condannato per associazione mafiosa, il costruttore Andrea Nucera, finito sotto la lente di ingrandimento della procura di Savona per il crack delle sue società e la lottizzazione della cosiddetta zona T1 di Ceriale, l'ex amministratore delegato di Eutelia, Samuele Landi e il superboss Raffaele Imperiale, per i quali le autorità di giustizia emiratine hanno denegato l'estradizione, stante la mancanza di accordi in materia;
   a fronte di questa situazione il Governo italiano pro tempore si è attivato per concludere i trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra il nostro Paese e gli emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015;
   consta agli interroganti che gli Emirati Arabi abbiano, già nel mese di febbraio del 2017, ratificato il trattato di cooperazione giudiziaria con l'Italia, ma ciò non è avvenuto da parte del nostro Paese, poiché il Governo pro tempore non ha deliberato e presentato ai due rami del Parlamento, con urgenza, il disegno di legge per l'autorizzazione alla ratifica dei suddetti trattati, adducendo giustificazioni per gli interroganti inaccettabili tra cui le perplessità circa la presenza della pena di morte in tale Paese, visto che il medesimo accordo è vigente con Paesi (tra cui gli Usa), in cui è prevista la pena capitale;
   la situazione sopra descritta evidenzia la necessità di un intervento tempestivo da parte del Governo italiano al fine di consentire l'applicazione dell'estradizione per soggetti autori di reati gravi e condannati per gli stessi in via definitiva, secondo quanto previsto dai relativi trattati –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di presentare, in maniera urgente e tempestiva, il disegno di legge di ratifica degli accordi di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi Uniti. (5-11568)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, DEL GROSSO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la flotta aerea Canadair CL415 nel 2011 del dipartimento della protezione civile è composta da 19 velivoli disponibili e trasferita al dipartimento vigili del fuoco per effetto del decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 2013, n. 40;
   con bando di gara dell'agosto 2011, il 3 febbraio 2012 è stata affidata la gestione dei Canadair per una durata di tre anni prorogabile per un ulteriore triennio;
   la flotta aerea di Canadair è gestita dal raggruppamento temporaneo d'imprese costituito dalla società Inaer Aviation Italia s.p.a. e la società Inaer Aviones Anfibios S.A.U. con sede in Spagna, ceduta a Babcock International Italia nel Marzo 2014, in forza del contratto stipulato con la Presidenza del Consiglio dei ministri relativo alla gestione operativa e logistica della flotta aerea Bombardier CL-415, la cui scadenza è prevista in data 3 febbraio 2018;
   le risorse destinate alla protezione civile per la gestione dei 19 velivoli Canadair CL-415 è pari a 64 milioni di euro annui, ai sensi dell'articolo 21, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
   il contratto prevede l'impegno, da parte della società vincitrice, di garantire la gestione operativa e logistica della flotta CL-415, il cui compito operativo primario si identifica con l'espletamento del servizio aereo antincendio boschivo (AIB) e di attività operative secondarie;
   il mezzo aereo è adatto a svolgere anche attività sussidiarie quali il pattugliamento marittimo delle coste italiane (criticità immigratoria), e il trasporto squadre di soccorso in luoghi impervi per esigenze di emergenze e/o calamità naturali (previe opportuni accorgimenti tecnico-operativi);
   attualmente il contratto prevede, a fronte di 19 aeroplani disponibili, di garantire la disponibilità operativa di minimo 6 velivoli per il periodo autunnale-invernale-primaverile (ottobre-maggio) e di minimo 14 velivoli operativi nel periodo di massimo impegno operativo nei mesi di luglio e agosto; prevede, altresì, l'impegno da parte della società vincitrice di garantire l'attività operativa, addestrativa e tecnica per 360 ore di volo « block» l'anno per ogni velivolo di gestione;
   l'attuale disciplinare tecnico del contratto prevede specifici requisiti per i piloti che la società vincitrice può impiegare; in particolare, il comandante deve possedere almeno 2000 ore di volo di cui almeno 200 in attività su aeromobili CL-415 impiegati per la lotta agli incendi boschivi, mentre il copilota almeno 1000 ore di volo. Il contratto prevede anche un «gradimento» sull'utilizzo dei piloti che viene espresso dal dipartimento della protezione civile; tale gradimento può inibire l'uso di piloti e si basa sulle ore di volo su velivoli CL-415, sulle eventuali qualifiche aggiuntive di pilota e co-pilota, sul numero di ore di volo totali e sul tipo di contratto di impiego (se stagionale o per tutta la durata del contratto);
   ad avviso degli interroganti, in considerazione dello scadere dell'appalto, è concreta e auspicabile la possibilità, da parte dello Stato, di gestire direttamente i Canadair attraverso propri piloti e nel contempo valorizzare le esperienze maturate nel corso di questi anni nella gestione degli incendi boschivi –:
   se il Governo intenda valutare la possibilità affidare al dipartimento dei vigili del fuoco il servizio e la gestione operativa e tecnica-manutentiva della flotta antincendio boschiva;
   se il Governo intenda avviare iniziative con il fine di valorizzare il patrimonio strumentale della flotta dei Canadair, il personale manutentore e le esperienze acquisite, con particolare attenzione alle professionalità maturate sia in caso di affidamento esterno del servizio, che in caso di gestione diretta;
   quali siano i livelli addestrativi dei piloti utilizzati e se siano compatibili con gli standard sufficienti a garantire livelli di sicurezza del volo nelle operazioni di soccorso. (4-16930)


   VARGIU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la giunta della regione autonoma della Sardegna, in data 2 febbraio 2016 ha approvato la delibera 6/15 recante «Proposta di ridefinizione della rete ospedaliera della Regione Autonoma della Sardegna»;
   la legge regionale sarda n. 21 del 2012, comma 4, dell'articolo 4, dispone che il contenuto di tale atto diventi efficace soltanto al momento della sua ineludibile approvazione da parte del consiglio regionale;
   la legge regionale n. 17 del 2016 ha disposto l'istituzione della ATS Sardegna, attraverso l'accorpamento delle precedenti 8 Asl;
   la giunta ha recentemente approvato le linee guida per la redazione dell'atto aziendale che, ovviamente, non possono contenere indicazioni sulle attività di programmazione della rete ospedaliera che sono invece affidate alla potestà legislativa;
   a distanza di quasi un anno e mezzo dall'approvazione della delibera 6/15 del 2 febbraio 2016, il provvedimento riguardante il riordino della rete ospedaliera non è ancora uscito dalla fase istruttoria presso la commissione sanità del consiglio regionale della Sardegna;
   un atto di programmazione sanitaria complessiva manca in Sardegna da oltre 15 anni, atteso che l'ultimo documento approvato (Piano sanitario regionale 2006-2008) venne annullato dal TAR della Sardegna, proprio nella parte attinente al riordino della rete ospedaliera;
   l'assenza di attività di programmazione sanitaria da parte della regione è causa del disastro nella gestione della spesa di settore che in Sardegna raggiunge cifre che si aggirano intorno ai 350 milioni di euro rispetto alle assegnazioni del Cipe, con un disavanzo che supera il 10 per cento delle assegnazioni;
   nonostante tale disavanzo nella spesa sanitaria/anno, la Regione autonoma Sardegna non viene obbligatoriamente assoggettata né a piano di rientro, né a commissariamento;
   la situazione del disavanzo sanitario sardo, in assenza di azioni di riordino, è destinata a peggiorare non appena andrà a regime l'attività del nuova ospedale Mater Olbiae, che prevede un innalzamento di circa 60 milioni di euro/anno del tetto della spesa per la sanità accreditata;
   l'attivazione del Mater Olbiae si poggia sulla deroga biennale (2015-2017) al tetto sui posti letto e sull'incremento della spesa per la sanità accreditata, consentita con l'articolo 16 della legge 164 del 2014. Tale norma impone però alla regione autonoma della Sardegna di presentare il programma di riorganizzazione della rete ospedaliera che deve decorrere dal 1o gennaio 2018, consentendo di riassorbire tale eccedenza di posti letto;
   la regione autonoma della Sardegna appare inoltre in evidente ritardo anche nella organizzazione delle attività di emergenza-urgenza: in particolare l'Areus istituita con la legge del 2014, avrebbe dovuto avere un proprio direttore entro il 31 dicembre 2016;
   non soltanto non vi è traccia del direttore dell'Areus, ma persino il bando di gara per la copertura dell'elisoccorso regionale sta slittando al mese di settembre, lasciando scoperta la Sardegna proprio nel periodo stagionale più delicato;
   le inadempienze normative e di programmazione, con il disavanzo di bilancio, stanno determinando una disastrosa situazione di collasso della sanità regionale sarda, che si sta traducendo in una sequela di inquietanti episodi di inadeguatezza, a cui non riesce più a sopperire lo spirito di abnegazione delle risorse umane professionali e volontarie operanti in sanità;
   tale situazione comporta inevitabilmente tagli lineari delle prestazioni sanitarie, con pesante rischio di negazione del diritto alla salute e dei livelli essenziali di assistenza per le fasce sociali meno protette –:
   se il Governo sia conoscenza di quelle che l'interrogante giudica inadempienze normative, carenze di attività programmatoria e situazione di disavanzo economico della sanità sarda;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere per monitorare le attuali criticità della sanità sarda e per garantire il diritto alla fruizione dei livelli essenziali di assistenza dei cittadini sardi;
   se il Governo non ritenga sussistenti le condizioni per assumere le iniziative di competenza per avviare le procedure di immediato commissariamento della sanità sarda. (4-16931)


   KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento al tema della prevenzione vaccinale il consiglio della provincia autonoma di Bolzano con la votazione n. 83/17 ha sottolineato l'esigenza di evitare misure coercitive — quali divieto di accesso ad asili nido e scuole dell'infanzia, aumento drastico delle multe e ricorso al tribunale dei minori con relativi provvedimenti fino alla sospensione della potestà genitoriale — e di favorire misure idonee a garantire il rispetto delle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità per un'efficace protezione da pericolose malattie infettive;
   quindi, al di là della definizione di nuove norme in materia, appare in ogni caso necessario aumentare il livello di informazione e di consapevolezza da parte della popolazione su tutti gli aspetti concernenti le vaccinazioni –:
   se il Governo non intenda tempestivamente intraprendere una ampia ed equilibrata campagna di sensibilizzazione per aumentare la copertura vaccinale. (4-16939)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano è proprietario di un immobile nella città di Salonicco, in Grecia, denominato «Villa Olga»;
   negli anni l'immobile è stato sede del consolato italiano in quella città, ma da tempo è ormai inutilizzato per attività istituzionali;
   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, proprio in considerazione del perdurante inutilizzo, anche al fine di ottemperare agli obblighi finanziari imposti dalle recenti leggi di bilancio, ha incluso l'immobile nel piano di dismissioni e ne ha quindi decretato l'alienazione o la permuta;
   a quanto consta all'interrogante vi sarebbero espressioni di interesse all'acquisto da parte di imprenditori ed istituzioni locali che avrebbero presentato offerte in linea con i prezzi di mercato e con lo stato di manutenzione dell'edificio, che, comprensibilmente, dopo anni di abbandono e di incuria, necessità di importanti lavori di ristrutturazione e ripristino, che apparentemente l'amministrazione non avrebbe intenzione di effettuare avendone decretato la dismissione;
   il perdurare di tale stato di incuria, tuttavia, rischia di compromettere ulteriormente lo stato e il decoro dell'edificio con conseguente possibile diminuzione del suo valore commerciale;
   parallelamente si ha notizia che la scuola italiana di Atene, a cui guardano con crescente interesse anche ambienti privati ed istituzionali greci, occupa un edificio in locazione annuale, proprietà della Santa Sede, anch'esso bisognoso di importanti interventi di manutenzione straordinaria, e che, inoltre, i locali della cancelleria consolare, oltre che carenti dal punto di vista della sicurezza, sono del tutto inadeguati ad una decorosa situazione lavorativa del personale e all'offerta dei servizi richiesti dall'utenza –:
   se, tenuto conto del mercato immobiliare greco, non si ritenga di dover valutare quanto prima le manifestazioni d'interesse all'acquisto fin qui pervenute per finalizzare la vendita nel più breve tempo possibile;
   se non si ritenga, di assumere iniziative volte a utilizzare i proventi della vendita per riadattare i locali della cancelleria consolare e per garantire, eventualmente in un edificio di nuova acquisizione in permuta, la piena agibilità dei locali della scuola italiana di Atene e la sicurezza degli alunni e degli insegnanti. (5-11561)


   TACCONI, PORTA, FEDI e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 4/13889 del 21 luglio 2016 si chiedeva al Governo se non fosse stato opportuno rivedere il piano di dismissioni di beni demaniali all'estero approntato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con particolare riferimento all'edificio di cui lo Stato è proprietario a Lucerna, denominato «Casa d'Italia»;
   nella interrogazione succitata si rimarcava come, a motivo del notevole contributo che la collettività italiana di Lucerna aveva offerto sia per l'acquisto, per circa il 40 per cento del prezzo di vendita, sia per far fronte al pagamento dei mutui ipotecari, la comunità italiana aveva ricavato il convincimento che la Casa d'Italia di Lucerna fosse, in qualche modo, anche proprietà della stessa e che, comunque, la stessa ne potesse usufruire «in perpetuo»;
   nel sua risposta scritta alla suddetta interrogazione il Governo assicurava che nessuna decisione definitiva sulla vendita era stata fino ad allora adottata e che, prima di assumere una decisione definitiva sul futuro dell'immobile, «si sarebbe tenuto conto degli interessi della comunità italiana di Lucerna»;
   gli interroganti sono venuti a conoscenza del fatto che, allo scadere della concessione che lo Stato aveva stipulato con la «Fondazione Casa d'Italia», il 27 gennaio 2017, l'edificio è stato definitivamente chiuso obbligando anche il corrispondente consolare, che ancora utilizzava un locale all'interno dell'edificio, a cercare una diversa sistemazione;
   pur comprendendo le motivazioni delle Autorità diplomatico-consolari, non si può non constatare come tutto ciò avvenga in aperto contrasto con le assicurazioni fornite, senza che la comunità stessa sia stata minimamente interpellata almeno per cercare soluzioni intermedie in attesa di decisioni definitive;
   si registra un forte interesse all'interno della collettività di Lucerna a tenere aperta e rilanciare la Casa d'Italia perché continui ad essere il centro della sua vita culturale e associativa e affinché ne sia curata l'ottimale manutenzione;
   la chiusura dello stabile, oltre a privare la collettività italiana del suo punto di riferimento storico, avrà come conseguenza, nel breve e medio periodo, il naturale deperimento del bene demaniale, come, purtroppo, avvenuto in altri casi ben presenti all'Amministrazione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative affinché sia emesso quanto prima un bando di gara per la stipula di una nuova concessione per la gestione dello stabile di cui in premessa affinché sia preservato il ruolo che organismi fondamentali per la comunità italiana all'estero, come quello sopra richiamato hanno fin qui avuto e si possa venire incontro alle esigenze e agli interessi della collettività italiana di Lucerna. (5-11564)


   TACCONI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano è proprietario a Zurigo di un immobile sito in Erissmannstrasse 6, denominato «Casa d'Italia»;
   l'immobile risale agli anni ’30 del secolo scorso, quando la locale comunità dei nostri connazionali volle costruire, in collaborazione con lo Stato italiano, un edificio da destinare alle sue numerose attività;
   in tale spirito, l'edificio è diventato negli anni una vera casa per la collettività italiana, fulcro della sua vita associativa, culturale e sociale, a cui hanno guardato e guardano con simpatia anche le autorità locali;
   la casa offre attualmente spazio a molte attività qualificanti della collettività italiana attraverso le numerose associazioni che in essa hanno il loro punto d'incontro;
   vi hanno sede, tra gli altri, organismi quali il Comites, il Casli (l'Ente gestore dei corsi di lingua e cultura italiana) l'Unitre (Università delle Tre Età) oltre che il polo scolastico italiano, vero fiore all'occhiello della presenza culturale italiana a Zurigo, che raccoglie sotto lo stesso tetto la scuola primaria statale con annessa scuola dell'infanzia, la scuola media paritaria «Enrico Fermi» e il liceo paritario «Pier Martire Vermigli»;
   l'amministrazione ha recentemente deliberato di procedere ad una ristrutturazione profonda dell'edificio, e, a tal fine, ha comunicato ai suddetti enti la necessità di liberare l'edificio entro il termine perentorio del 7 luglio 2017;
   nel corso di un'assemblea pubblica tenuta il 23 maggio il console generale a Zurigo ha informato i presenti sugli intendimenti dell'amministrazione relativamente al futuro utilizzo dell'immobile;
   mentre si guarda con favore ed interesse ad un radicale risanamento e ad una profonda ristrutturazione dell'edificio per farne decorosa sede del consolato generale, dell'istituto italiano di cultura e, nelle intenzioni di principio, della scuola elementare statale e della scuola media paritaria, grande preoccupazione è stata espressa dall'assemblea pubblica e dai rappresentanti degli enti presenti sul destino del polo scolastico e sugli spazi da riservare al mondo dell'associazionismo, in primo luogo al Comites e al Casli;
   l'esclusione del liceo paritario, da un lato, non solo farebbe perdere al polo scolastico quella naturale attrattiva derivante da un'offerta formativa ampia che coinvolge i diversi gradi del sistema scolastico italiano, ma metterebbe in grave difficoltà la stessa sopravvivenza del liceo che, al costo del personale assunto in loco, dovrebbe aggiungere gli oneri di locazione a prezzi di mercato che nella città di Zurigo sono ormai diventati proibitivi;
   sul lato dell'associazionismo si verrebbe a perdere quel luogo di riferimento che nel corso degli anni ha rappresentato la Casa d'Italia, mentre enti come il Comites, organismo elettivo di rappresentanza, e il Casli, di cui è noto l'impegno e la dedizione nella promozione della lingua e cultura italiana, si ritroverebbero senza sede –:
   se non ritenga, nella pianificazione degli spazi della «nuova» Casa d'Italia, di prevedere che la sistemazione del liceo Vermigli, la permanenza degli uffici del Comites e del Casli un locale riunioni per le associazioni e se, nelle more del completamento dei lavori di risanamento e ristrutturazione dell'immobile – che si presume dureranno tre o quattro anni – non intenda venire incontro agli enti suddetti con adeguati contributi finanziari per far fronte alle mutate condizioni operative;
   se non ritenga qualora non fosse possibile una sistemazione all'interno della Casa d'Italia anche del liceo Vermigli, di assumere iniziative per destinare alla predetta scuola almeno due unità di docenti da scegliere nell'ambito del contingente di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64, recentemente incrementato di 50 unità. (5-11565)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 31 maggio 2012 la Commissione europea ha inviato un parere motivato all'Italia in merito alla procedura 2011-4021, dove si legge: «quand'anche le previste unità di trito – vagliatura da istallare presso la discarica di Malagrotta fossero nel frattempo entrate in funzione, esse, secondo quanto indicato nella suddetta nota della Regione Lazio del 2 marzo 2011, consentono di tritare i rifiuti e di recuperare metalli ferrosi prima della collocazione dei rifiuti stessi in discarica. Poiché tale trattamento non comprende un'adeguata selezione delle diverse frazione dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica, esso, pur rappresentando un miglioramento, non varrebbe a soddisfare l'obbligo di pre-trattamento previsto dall'articolo 6 comma a), della direttiva 1999/31/CE come interpretato dalla Commissione». Tale interpretazione, il 15 ottobre 2014, diventa diritto attraverso la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nella causa no C-323/13;
   il 6 agosto 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Andrea Orlando, in relazione al punto di cui sopra, ha inviato una circolare indirizzata a tutte le regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, chiarendo quali siano le attività di trattamento alle quali devono essere sottoposti i rifiuti urbani per poter essere ammessi e smaltiti in discarica. Con questa circolare – ha commentato il Ministro Orlando – viene definitivamente chiarito quali sono i trattamenti necessari per il conferimento dei rifiuti in discarica dove non potrà arrivare mai più il cosiddetto «tal quale», anche se sottoposto a trito-vagliatura;
   per quanto riguarda i rifiuti solidali urbani che subiscono trattamento il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 settembre 2010 – recante definizione dei criteri di ammissibilità in discarica (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 281 del 1o dicembre 2010) aggiornato con il decreto ministeriale del 24 giugno 2015 – ne riporta la possibilità di smaltimento in discarica come previsto dall'articolo 6, tabella 5, lettera g), come i «rifiuti derivanti dal trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani, individuati dai codici 190501, 190503, 190604, 190606 purché sia garantita la conformità con quanto previsto dai Programmi regionali di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 36/2003 e presentino un indice di respirazione dinamico (determinato secondo la norma UNI/TS 11184) non superiore a 1000 mgO2/kgSVh)»;
   il direttore generale di Arpa Lazio, Marco Lupo, dinanzi alla Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, nell'audizione del 13 ottobre 2016, ha dichiarato: «Una seconda tipologia di controllo straordinario che abbiamo avviato sempre su richiesta della regione Lazio dai primi del mese di agosto riguarda invece la funzionalità e l'efficacia dei trattamenti attuati dagli impianti di trattamento meccanico-biologico di tutta la regione. [..] È chiaro che questa è una verifica più complessa, perché necessita non solo di sopralluoghi e verifiche documentali, ma anche di verifiche analitiche e laboratoristiche, quindi richiederà tempi più lunghi, però posso anticiparvi che laddove abbiamo effettuato controlli anche parziali sono state riscontrate criticità relative all'indice respirometrico dinamico potenziale raggiunto dal trattamento, che non rispetta quello della normativa per l'ammissibilità dei rifiuti in discarica. Sapete che l'indice respirometrico dovrebbe essere al di sotto di 1.000, mentre noi abbiamo rilevato valori anche superiori a 4.000» –:
   se i rifiuti speciali – con codici CER 191212, 190501, 190503 – smaltiti presso le discariche italiane abbiano un indice di respirazione dinamico non superiore a 1000 mgO2/kgSVh così come previsto dal decreto ministeriale 27 settembre 2010 e successive modificazioni e integrazioni;
   se non ritenga opportuno avviare un'indagine ministeriale che riguardi tutte le discariche italiane al fine di accertarsi che, dopo il trattamento, i rifiuti solidi urbani conseguano un indice respirometrico dinamico non superiore a 1000 mgO2/kgSVh. (4-16936)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la società «Novamusa» detiene in concessione il servizio di biglietteria e bookshop a Ravenna per i monumenti del Polo museale;
   la società versa da mesi in situazione debitoria nei confronti dello Stato. Il debito accumulato ha raggiunto i 500 mila euro;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha diramato un ordine di servizio in data 31 maggio 2017 per chiudere le rivendite di libri e souvenir, esonerando Novamusa dal servizio di gestione della biglietteria ed affidandolo ai custodi;
   la società Novamusa ha risposto all'ordine di servizio del Ministero con una diffida ed un ricorso al Tar contro la rescissione del contratto ed ha inoltre proseguito la sua attività lavorativa, con i 10 dipendenti regolarmente presenti sul posto di lavoro;
   oltre ai gravi disservizi per i turisti, il futuro dei dipendenti di Novamusa è oggetto di una lettera inviata dai sindacati al Ministero, alla stessa società e all'amministrazione locale con richiesta di un incontro urgente per tentare di dirimere la delicata questione;
   l'oggetto del contendere verte su una precedente pronuncia dello stesso Ministero in cui si prospettava un rientro del debito di Novamusa attraverso una rateizzazione con scadenza fissata al 30 giugno 2017;
   Novamusa ha regolarmente pagato la prima rata concordata, ma nonostante ciò il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha optato per quella che appare all'interrogante un'incomprensibile presa di posizione;
   oltretutto, in un incontro coi sindacati per regolamentare la situazione dei dipendenti Novamusa (prima del sopraggiungere della grave condizione debitoria), si era stabilita una clausola attraverso la quale, a fine contratto con Novamusa (ottobre 2017), gli stessi dipendenti sarebbero confluiti nella società «RavennAntica» (società che rileverà la concessione per il polo museale), clausola che salterebbe se il contratto venisse superato prima di ottobre –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare immediate iniziative, per quanto di competenza, per garantire la continuità dei servizi a cittadini e turisti che vogliano accedere al Polo museale di Ravenna e se non ritenga opportuno fornire chiarimenti circa le motivazioni che hanno portato all'ordine di servizio del 31 maggio 2017 che non tiene conto della scadenza fissata al 30 giugno 2017 per il rientro della somma del debito accumulato da Novamusa, trattandosi di una circostanza che mette a forte rischio il futuro dei dipendenti di Novamusa a cui deve essere garantita per l'interrogante, come da accordi precedenti con sindacati ed amministrazione, stabilità lavorativa indipendentemente dall'esito della disputa tra Novamusa e Stato. (4-16940)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLAROSA, BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Il Fatto Quotidiano, il 6 giugno 2010 pubblica una lettera del signor G.D.P., di Terme Vigliatore (Messina), in cui viene evidenziato che: «Da 40 e più anni chiedo giustizia a causa di un errore di valutazione medica del Consiglio navale di Messina, al momento della visita di leva. Avviato alle armi, si accorsero dell'errore dopo 115 giorni, venni riformato ma intanto la mia patologia si era aggravata. Sono passati 44 anni e ancora il riconoscimento pensionistico a cui ho diritto non viene accettato. Sono ancora fiducioso perché, cresciuto a pane e diritto, credo che il rapporto fra i cittadini e governanti sia sempre supportato dalla certezza del diritto, dai diritti e doveri come scritto sulla nostra Carta costituzionale. Mi sono rivolto alle sedi amministrative e giudiziarie competenti, ma nonostante le prove documentali, non mi è stata ancora resa giustizia e, pur confidando nella speranza di vita, non credo di poter attendere ulteriori 40 anni !»;
   in un referto del 5 marzo 1966 si può chiaramente leggere che il su citato G.D.P., nonostante informasse la commissione di soffrire di artropatia lombare dal 1962, veniva considerato idoneo al servizio di leva;
   nel 1970, dopo numerosi ricoveri ospedalieri, viene dichiarato «non idoneo» al servizio di leva;
   dopo varie visite mediche nel 1972 una commissione rigetta la richiesta di riconoscimento di pensione per «causa di servizio». Nella relazione della commissione del 1972 si legge chiaramente come A.P.R. (anamnesi patologia remota), che già prima del servizio di leva il soggetto fosse affetto dal problema (a cui pare non sia stata data la giusta importanza durante il primo accertamento prearruolamento del 1966) che poi, aggravandosi, ha portato alla sua «non idoneità» al servizio con conseguente «riforma»;
   una commissione medico-legale per la sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha evidenziato che:
    entrambe le patologie che hanno portato alla riforma erano preesistenti sia all'arruolamento che alla visita di leva;
    una più meticolosa visita nel 1966 avrebbe evidenziato le suddette infermità ed avrebbe portato ad una diversa valutazione del profilo sanitario che avrebbe esentato il «ricorrente» dallo svolgere la stessa attività addestrativa di altri commilitoni;
    in assenza di una diagnosi corretta e completa il signor G.D.P. è stato sottoposto ad una attività che può aver agito positivamente nell'aggravamento della malattia o almeno nella sua manifestazione –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere affinché i diritti del signor G.D.P. siano finalmente riconosciuti. (4-16944)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOGGIA e ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha avviato in data 6 giugno 2017 la procedura per la nomina del nuovo direttore dell'Agenzia delle entrate proponendo il nome di Ernesto Maria Ruffini attuale amministratore delegato di Equitalia;
   la nomina di Ernesto Ruffini a direttore dell'Agenzia delle entrate risulta in evidente violazione dell'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 39 del 2013 «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche Amministrazioni e presso enti privati di controllo pubblico, a norma dell'articolo 1 commi 49 e 50 della legge 190/2012»; recita, infatti, l'articolo 4:
    «4. Inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati;
   1. A coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti:
    a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali»;
   Nel caso di Ernesto Ruffini si trova esattamente nella previsione di inconferibilità:
    a) è amministratore delegato quindi ricopre cariche;
    b) Equitalia è ente di diritto privato, controllato da pubbliche amministrazioni (51 per cento Agenzia delle entrate; 49 per cento Inps);
    c) Equitalia è finanziata dalla Agenzia delle entrate;
    d) l'Agenzia delle entrate è una pubblica amministrazione;
   quanto sopra è ulteriormente ribadito dall'articolo 1 commi 3 e 4 del decreto-legge n. 193 del 2016 convertito dalla legge n. 225 del 2016 «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili» Che nei commi sopracitati recita:
    «3. Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, è istituito, a far data dal 1o luglio 2017, un ente pubblico economico, denominato “Agenzia delle entrate-Riscossione”, ente strumentale dell'Agenzia delle entrate sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze. L'Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l'attività dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità. L'ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. (...)
    4. Il comitato di gestione è composto dal direttore dell'Agenzia delle entrate, che è il presidente dell'ente, e da due componenti nominati dall'Agenzia medesima tra i propri dirigenti. Ai componenti del comitato di gestione non spetta alcun compenso, indennità o rimborso spese»;
   anche la legge n. 193 del 2016 ribadisce la natura del nuovo soggetto controllato e finanziato da una pubblica amministrazione;
   in ragione di ciò non si intravedono motivi per la non applicazione del divieto di conferibilità di incarichi di vertice nell'amministrazione statale –:
   se il Governo, nell'avvio della procedura di nomina, abbia valutato tale ipotesi di inconferibilità e, in caso positivo, quali siano state le motivazioni che hanno portato a ritenere che il divieto ex articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 39 del 2013 non sia applicabile alla nomina di Ernesto Ruffini a direttore dell'Agenzia delle entrate. (4-16937)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BERGONZI e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 9 giugno 1998 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa fra la regione Emilia Romagna, l'Anas, la provincia di Piacenza, il comune di Piacenza, il comune di Podenzano, il comune di San Giorgio Piacentino, e la Società Autostrade Centro Padane s.p.a., che sanciva l'impegno in capo alla società stessa, alla realizzazione di alcuni interventi finalizzati al miglioramento della viabilità di adduzione al nodo autostradale di Piacenza tra cui, in particolare, la riqualificazione di una tratta della strada provinciale n. 6 di Carpaneto;
   in ottemperanza a quanto sopra esposto, la Società Autostrade Centro Padane s.p.a. ha inserito tali opere nella convenzione di rinnovo della concessione relativa all'esercizio dell'autostrada A21 (Piacenza-Cremona-Brescia);
   il 29 gennaio 2004 tra la provincia di Piacenza, il comune di Podenzano, il comune di San Giorgio Piacentino, e la Società Autostrade Centro Padane s.p.a., è stata sottoscritta una convenzione per la realizzazione di interventi sulla viabilità di adduzione all'autostrada A21 in Piacenza, variante della strada provinciale n. 6 di Carpaneto;
   la Società Autostrade Centro Padane s.p.a. ha iniziato, pertanto, a realizzare la variante della strada provinciale n. 6 di Carpaneto, facendo regolarmente fronte ai propri impegni sino alla scadenza della concessione, il 30 settembre 2011, dopo di che, con l'infrastruttura realizzata per oltre il 30 per cento, i lavori si sono bloccati completamente, in quanto, a partire da tale data, come previsto dal bando di gara, «gli investimenti necessari per il completamento delle opere sono a carico del Concessionario subentrante»;
   nel mese di maggio 2016, la SATAP s.p.a. (Società Autostrada Torino-Alessandria-Piacenza s.p.a.) si è aggiudicata la gara, ma, a tutt'oggi, non si hanno notizie in merito alla ripresa dei lavori della strada provinciale n. 6 di Carpaneto;
   in tal modo il territorio piacentino subisce un ulteriore ritardo nella realizzazione di un'infrastruttura attesa da oltre quindici anni, che incide nel sempre più grave ammaloramento delle opere già realizzate, con un evidente ed inaccettabile spreco di risorse –:
   se il Ministro, attesa la necessità di fornire puntuali risposte agli enti locali e ai cittadini interessati, intenda fornire il cronoprogramma per la ripresa dei lavori e per il completamento dell'opera. (5-11574)


   DAGA, ZOLEZZI, BUSTO, MICILLO, DE ROSA, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale di edilizia abitativa approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009 (la cui dotazione complessiva ammonta ad oltre 800 milioni di euro) consente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di proseguire nell'attività istituzionale di riduzione del disagio e di incrementare l'offerta abitativa a canoni sostenibili mediante programmi costruttivi orientati alla sostenibilità ambientale ed energetica, promuovendo, al contempo, la partecipazione di soggetti pubblici e privati;
   il piano si configura come un complesso di interventi (edilizia residenziale pubblica, project financing, agevolazioni alle cooperative edilizia oltre ad un sistema integrato di fondi immobiliari) da attivare con il cofinanziamento degli enti locali (regioni, comuni, ex Iacp) da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica; il sistema degli interventi è, pertanto, riconducibile alle seguenti tre macro-aree di intervento:
    interventi di edilizia residenziale pubblica (200 milioni di euro);
    accordi di programma con le regioni (377,8 milioni di euro, +112,2 milioni di euro);
    sistema integrato dei fondi immobiliari (150 milioni di euro);
   i dati del monitoraggio del piano nazionale di edilizia abitativa, pur essendo ormai a metà del 2017, sono fermi al 31 dicembre del 2014 –:
   quale sia la causa di questo ritardo di due anni e mezzo nell'aggiornamento dei dati, quali siano i tempi previsti per l'aggiornamento almeno al 31 dicembre 2016 e se vi sia la possibilità di accedere ai dati, anche in forma non aggregata e rielaborata, relativi al 2015. (5-11575)


   MATARRESE e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il «nodo stradale di Perugia» si articola nei tratti Madonna del Piano-Corciano, con affidamento a contraente generale, e Madonna del Piano-Collestrada, incluso nella proposta di finanza di progetto per il corridoio di viabilità autostradale, dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre, tratta E45-E55 Orte-Mestre;
   è un semianello di circonvallazione dell'area perugina e raccorda la E45, il raccordo Perugia-Bettolle, la Perugia-Ancona e la Perugia-Foligno-Flaminia;
   il progetto del tratto Madonna del Piano-Corciano, di circa 7 chilometri approvato con delibera del Cipe n. 150 del 17 novembre 2006 che costituisce una variante rispetto al raccordo Perugia-Bettolle, prevede 3 svincoli, una strada urbana per collegarlo con l'ospedale «Santa Maria della Misericordia» un'area industriale e una strada extraurbana di allaccio alla strada statale «Pievaiola»;
   il progetto del secondo tratto, di circa 15,2 chilometri approvato con delibera del Cipe n. 156 del 22 dicembre 2006 in variante alla E45, prevede 2 svincoli, due viadotti, una galleria naturale e un collegamento tra la località Ferriera e la zona industriale di Ponte San Giovanni con nuovo ponte sul Tevere;
   l’iter per la realizzazione è iniziato nel 2001 ed è stata approvata la sola progettazione preliminare del primo tratto. Il soggetto titolare è Anas, il termine dei lavori è oltre il 2025 e il costo di poco superiore al miliardo di euro;
   il 31 maggio 2017 il consiglio regionale dell'Umbria ha approvato una mozione per impegnare la Giunta «ad intraprendere le azioni necessarie, nei confronti del Governo, per l'immediata realizzazione della viabilità di raccordo tra Madonna del Piano e l'area di Sant'Andrea delle Fratte-Polo ospedaliero regionale», chiedendo che i lavori partano subito anche in vista della realizzazione del nuovo store di Ikea;
   il «nodo di Perugia» insiste su uno dei punti più congestionati e la realizzazione diventa ancora più urgente con il completamento della «Quadrilatero» e l'adeguamento della E45;
   il primo tratto stradale consentirebbe di allontanare da Perugia i flussi di attraversamento e di realizzare un nuovo accesso al polo ospedaliero regionale e alla zona industriale di Sant'Andrea delle Fratte –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per favorire l'avvio dei lavori del primo stralcio del nodo di Perugia, anche alla luce dei 73 milioni di euro stanziati per riqualificare l'area di Collestrada e degli 1,6 miliardi di euro destinati alla messa in sicurezza della Orte-Mestre. (5-11576)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   recentemente un incidente tra due treni delle Ferrovie sud-est nel Salento sulla tratta Lecce-Otranto ha fatto temere una vera e propria tragedia, come già nella tragedia di Corato di un anno fa, il cui epilogo è stato in ogni caso estremamente rilevante: dieci persone contuse 5 feriti immediatamente trasportati nell'Ospedale «Vito Fazzi» di Lecce;
   al momento la dinamica dell'incidente, così come riportato dalla stampa, si presenta incerta: si è trattato di uno schianto frontale dovuto «forse a un problema tecnico, forse a un problema umano»;
   di certo si sa che intorno alle 17 del pomeriggio sulla linea ferroviaria Lecce-Otranto, passando per Zollino, nel tratto tra San Donato e la frazione di Galugnano, binario unico, un treno era fermo, mentre l'altro viaggiava a velocità contenuta. «Stando alla ricostruzione fornita dalle Ferrovie dello Stato», si legge negli articoli di stampa, «pare che uno dei due convogli fosse fermo in attesa del segnale che lo autorizzasse a procedere verso la stazione di Galugnano, quando l'altro treno, non rispettando il “rosso”, sarebbe partito in direzione Lecce. Su quel tratto di rettilineo il binario è unico, quindi lo schianto è stato inevitabile. Al vaglio però anche altre ipotesi, legate per esempio a un malfunzionamento del sistema di bloccaggio e sbloccaggio dei freni e al freno a mano di emergenza, oltre che alla pendenza dei binari di Galugnano»;
   sul luogo dell'incidente, dove la macchina dei soccorsi si è allertata immediatamente, sono giunti il procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone de Castris, insieme con il pubblico ministero di turno, Giovanni Gagliotta, che hanno disposto il sequestro delle scatole nere dei due treni coinvolti nello scontro. Nell'indagine avviata al momento non è ipotizzato nessun reato, in attesa dell'acquisizione dei primi elementi di prova;
   il gravissimo incidente testimonia, ancora una volta, la necessità e l'urgenza di eliminare qualsiasi tipo di inefficienza ed evidente criticità sulla rete – soprattutto nel Salento – delle Ferrovie sud-est, il cui passaggio a Ferrovie dello Stato italiane, dopo il periodo della positiva gestione commissariale, ha indotto l'intero territorio a immaginare un suo rilancio e la trasformazione della rete in metropolitana di superficie –:
   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti sopra esposti; se non ritengano di dover fornire circostanziati elementi su quanto accaduto; se siano in atto iniziative da parte del Governo, e di quale natura, perché il rilancio legato al passaggio di Ferrovie del Sud Est alle Ferrovie dello Stato, nonché le risorse erogate a sostegno dell'efficientamento della rete e del servizio questi anni, possano dare i risultati attesi in questo modo ponendosi al servizio del territorio salentino e del suo rilancio. (5-11569)

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2003, a seguito della gara europea in ambito autostradale il raggruppamento Autostrade s.p.a. – Toto s.p.a. subentra alla precedente gestione per conto dell'Anas nella concessione di costruzione ed esercizio di A24 e A25; la nuova società è denominata Strada dei Parchi;
   nel 2004 apre al traffico la nuova stazione di Settecamini, mentre nel 2007 è aperta al traffico la nuova stazione di Ponte di Nona;
   la convenzione tra Strade dei Parchi s.p.a. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prevede il pagamento di un pedaggio per i transiti che hanno origine o destinazione all'esterno del grande raccordo anulare (svincoli di Settecamini, Ponte di Nona e Lunghezza);
   sulla piattaforma di petizioni online change.org è pubblicata una lettera di richiesta rivolta a Strada dei Parchi s.p.a., al presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti e al sindaco di Roma Capitale, Virginia Raggi, per il miglioramento della viabilità sulla A24 Strada dei Parchi tratta Roma-Settecamini;
   l'interrogante condivide l'istanza dei cittadini associati a «IV Municipio Case Rosse», «Mure a dritta Settecamini», «Caop Ponte di Nona», i quali lamentano l'elevato costo del pedaggio, un euro per le automobili, richiesto ai caselli delle zone Settecamini e Ponte di Nona;
   secondo un calcolo delle associazioni «IV Municipio Case Rosse», «Mure a dritta Settecamini», «Caop Ponte di Nona» una famiglia può arrivare a spendere anche cento euro mensili a fronte del pagamento del pedaggio per uscire dal grande raccordo anulare sulla A24 verso le zone indicate;
   l'attuale riconfigurazione della viabilità su corsia laterale complanare, destinata al traffico locale entro il grande raccordo anulare, comporta tempi maggiori di percorrenza e altresì disagi in caso di mancato assorbimento del traffico su viabilità ordinaria –:
   quali siano i motivi per cui non sia possibile utilizzare la corsia centrale dell'autostrada A24 a scorrimento veloce oppure creare uno svincolo/interconnessione per la zona Settecamini;
   per quale motivo, in alternativa, non si ritenga di assumere le iniziative di competenza per abolire il pedaggio nella tratta Roma-Settecamini, dato che vige l'obbligatorietà di percorrere la corsia laterale complanare. (4-16929)


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto ha dichiarato il direttore generale dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, Alessio Quaranta, in occasione della presentazione del rapporto e del bilancio sociale 2016 di Enac, l'Italia avrebbe ricevuto dalla Libia una richiesta di assistenza per consentirle di ristabilire i collegamenti aerei con l'Unione europea;
   l'occasione per l'Italia di inserirsi in attività strategiche libiche, rivestono grande importanza sia per le positive ricadute economiche, sia per il posizionamento geo-strategico del Paese;
   ove le istituzioni italiane fossero state più accorte e presenti, si sarebbe potuto aiutare, con i relativi guadagni in termini di prestigio internazionale, ricchezza nazionale e, ci si consenta, di orgoglio per le capacità tecniche e professionali degli esperti aeronautici italiani, l'aviazione civile libica a riprendere i voli commerciali con l'Unione europea;
   alla richiesta della Libia non si è dato corso, sempre secondo il direttore generale dell'Enac, perché l'Ente non ha personale a sufficienza;
   senza le nuove risorse di personale non è stato possibile rispondere positivamente alla richiesta della Libia che, stanca di aspettare, si è poi rivolta alla Francia;
   al danno si è aggiunta la beffa, in quanto le autorità aeronautiche francesi hanno contattato l'Enac perché collabori a questa loro «nuova» attività;
   si dovrebbero mettere a disposizione di altri, anche se Stati alleati e dalle ottime relazioni internazionali, la competenza italiana perché l'Italia non può garantire direttamente tale servizio;
   l'interrogante condivide la proposta del presidente dell'Enac Vito Riggio e del direttore generale dello stesso ente Alessio Quaranta di poter, almeno, utilizzare l'avanzo di amministrazione per assumere nuovo e qualificato personale;
   da ben 12 anni consecutivi l'Enac ha bilanci in attivo ed il 2016 si è chiuso con un avanzo di amministrazione di 30 milioni di euro;
   l'Enac rappresenta un ente pubblico con una gestione amministrativa, contabile e professionale eccellente e da anni chiede di poter utilizzare gli avanzi di bilancio, almeno in parte, per assumere personale specializzato;
   la presidenza e la direzione generale dell'Enac hanno avanzato anche la proposta di rinunciare ai contributi statali, pur di avere la possibilità di assumere personale specialistico, necessario ad aumentare l'avanzo di amministrazione –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa ed, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere la problematica. (4-16933)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   FIANO, NACCARATO, CAMANI, MIOTTO, NARDUOLO, ROSTELLATO e ZAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Alice Bulgarello, sindaca di Polverara in provincia di Padova, ha ricevuto il 25 maggio 2017 per la terza volta una lettera con pesanti minacce;
   le precedenti lettere minatorie erano arrivate nei mesi di febbraio e marzo 2016;
   le intimidazioni sono finalizzate a condizionare l'azione del comune di Polverara. Infatti la sindaca ha contribuito a fare emergere le numerose irregolarità delle gestioni precedenti;
   le denunce della sindaca hanno determinato un'indagine della procura di Padova;
   l'indagine si è conclusa con il rinvio a giudizio degli ex sindaci, Sabrina Rampin e Olindo Bertipaglia, insieme ai titolari di alcune imprese, accusati di gravi reati contro la pubblica amministrazione;
   il comune di Polverara si è costituito parte civile e ha chiesto un risarcimento per il danno di immagine;
   i fatti risalgono al periodo compreso tra il 2010 e il 2012 e sono confluiti in diversi processi;
   la prima lettera minatoria è stata inviata nel febbraio 2016 in occasione dell'apertura del primo processo e conteneva evidenti riferimenti alle indagini, invitando la sindaca a non costituirsi parte civile;
   la seconda lettera è stata inviata nel mese successivo dopo un'iniziativa pubblica di solidarietà verso la sindaca. All'iniziativa, promossa dai sindaci del territorio, hanno partecipato il prefetto e il Sottosegretario per l'interno, Bocci, che hanno manifestato l'attenzione e l'impegno del Governo per tutelare la sindaca e individuare i responsabili delle minacce;
   purtroppo, il 21 aprile 2017, il tribunale di Padova ha comunicato il rinvio del processo al 27 novembre 2017;
   pochi giorni dopo, con una tempistica che sembra evidentemente riconducibile al rinvio del processo, è stata inviata la terza lettera intimidatoria;
   appare evidente che, anche in questa occasione, gli autori intendano esercitare pressioni sulla sindaca –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare l'incolumità della sindaca. (5-11577)


   DIENI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni la polizia stradale di Villa San Giovanni (Reggio Calabria) lamenta l'inadeguatezza degli spazi ad essa destinati;
   lo stabile in cui trova sede la Polstrada, infatti, è un normale condominio, e riguardo a questa collocazione già dal 2008 si lamentavano diverse criticità: oltre allo stato di degrado, si metteva in evidenza come gli spazi fossero condivisi con abitazioni civili, studi professionali, esercizi commerciali e un bed&breakfast che rendevano impossibile garantire minimali condizioni di sicurezza, di accessibilità e di decoro;
   tale situazione veniva denunciata anche nel 2013, quando veniva convocata una riunione tecnica d'urgenza tra i vertici della polizia stradale ed il comune di Villa San Giovanni;
   il comunicato emanato a seguito della stessa, oltre a rilevare «l'urgenza di trasferire ad altra sede gli uffici della polizia stradale di Villa San Giovanni per l'evidente inidoneità dei locali», riportava la dichiarazione del dirigente del compartimento polizia stradale Calabria che affermava che «qualora questa annosa problematica anche questa volta non trovi risoluzione, proporrà al superiore ministero la chiusura della polizia stradale di Villa San Giovanni»;
   tra i bandi di gara dell'ufficio per l'Autostrada Salerno-Reggio Calabria di Cosenza di Anas spa del 26 agosto 2016 compariva quello per «lavori di adeguamento locali in uso alla Polizia Stradale di Reggio Calabria per l'accorpamento del distaccamento di Villa San Giovanni»;
   una decisione del genere risulta incomprensibile dato che comune di Villa San Giovanni risulta interessato da intensa attività criminale, specialmente del crimine organizzato, e l'eliminazione di un presidio sul territorio avrebbe come conseguenza diretta l'indebolimento della presenza dello Stato;
   ciò risulta tanto più inaccettabile in relazione al fatto che sono presenti nel comune di Villa San Giovanni diversi stabili tra i beni sequestrati alla mafia che potrebbero ospitare la polizia stradale;
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se trovi conferma la decisione di accorpare il distaccamento della polizia stradale attivo presso Villa San Giovanni alla sezione di Reggio Calabria. (5-11578)


   COSTANTINO, ANDREA MAESTRI e MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con comunicato stampa del 22 maggio 2017, l'Unione sindacale di base dei vigili del fuoco provinciale ha denunciato la grave situazione in cui versa il porto di Ravenna per la mancanza di controllo a garanzia di misure adeguate di sicurezza;
   dagli anni ’90 nel porto di Ravenna, dopo la tragedia della Mecnavi in cui morirono 13 persone durante le operazioni di manutenzione straordinaria della nave gasiera Montanari, il comando provinciale dei vigili del fuoco ha sempre garantito l'operatività di una squadra terrestre che, in ausilio del personale specialista nautico, garantisse la sicurezza nell'area;
   la presenza continuativa di vigili del fuoco ha permesso maggiori controlli nel porto, soprattutto in considerazione della notevole presenza di traffico marittimo e mercantile – il porto è dotato anche di terminal passeggeri – e di tante attività soggette alla normativa «Seveso III» che costituiscono quasi il 50 per cento delle attività soggette a rischio rilevante esistenti in tutto il territorio regionale;
   nel comunicato si evidenziano le difficoltà conseguenti alla chiusura del distaccamento terrestre operante al porto, provocata dal progetto di riordino del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ha ridotto del 33 per cento il numero di personale specialista nautico nella sede di Ravenna (da 36 unità a 24), e dalle carenze di organico del 15 per cento (da 24 unità a 20), oltre che dalla modifica dell'assetto organizzativo territoriale, che ha portato alla nascita del distaccamento permanente di vigili del fuoco a Cervia;
   il solo distaccamento specialistico riesce con estrema difficoltà – e non sempre – a garantire il soccorso in mare aperto, mentre per quel che riguarda gli interventi in porto (dove sono collocate tutte le aziende ad alto rischio) non vi è più la possibilità di intervenire prontamente e bisogna attendere l'arrivo della squadra operativa dalla sede centrale che, se disponibile, arriva dopo oltre 20 minuti, oppure di altre squadre provenienti da altre località più lontane;
   non è noto se il Governo sia a conoscenza della grave situazione creatasi nell'area del porto di Ravenna e come intenda porvi rimedio per garantire la sicurezza della popolazione, delle imprese e del territorio –:
   come intenda intervenire per garantire il reintegro del personale specialista nautico e del personale organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la riapertura del distaccamento terrestre operante al porto di Ravenna e il pieno ripristino della situazione di pronto intervento in tutta l'area. (5-11579)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, QUARANTA, D'ATTORRE, ROBERTA AGOSTINI, SANNICANDRO, SCOTTO, FERRARA, PIRAS, MARTELLI, DURANTI, NICCHI e MELILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   per il giorno 15 giugno 2017 è stato indetto lo sciopero nazionale dei vigili del fuoco, come forma di protesta per il mancato rinnovo del contatto nazionale di lavoro, scaduto già nel 2009, per altre fondamentali questioni come il riconoscimento della categoria professionale come altamente usurante, per la copertura Inail, per l'adeguamento degli stipendi e non ultimo il rinnovo del parco mezzi che, secondo la sigla sindacale Usb, hanno una età media di venti anni;
   la qualità e la dedizione dei vigili del fuoco, nello svolgimento delle attività di istituto, è riconosciuta unanimemente ed apprezzata in particolare modo nel corso di eventi drammatici e calamità, come il recente sisma che ha colpito il Centro Italia;
   le competenze del Corpo si sono gradualmente estese nel corso degli anni e comporteranno un ulteriore impegno a seguito dell'accorpamento del Corpo forestale dello Stato ai carabinieri, con il conseguente passaggio delle competenze sugli incendi boschivi totalmente in capo ai vigili del fuoco;
   all'estensione delle competenze non è tuttavia seguito un incremento del personale, né del parco mezzi, rendendo l'attività di soccorso estremamente gravosa, un'attività svolta solo grazie al lavoro straordinario dei vigili del Fuoco;
   un membro dell'Unione sindacale di base della provincia di Macerata, Edoardo Scialbini, con una nota stampa ha denunciato la gravissima situazione che si trovano ad affrontare gli uomini del Corpo attivi nella provincia, sostenendo che se entro luglio 2017 non verranno adeguatamente integrate le piante organiche, si rischia il collasso dell'organizzazione del soccorso;
   la denuncia richiamata è estremamente grave, posto che l'area della provincia di Macerata è una delle più colpite dagli eventi sismici del 2016;
   a quanto riferisce la sigla sindacale, inoltre, il 12 giugno 2017 molti vigili del fuoco impegnati nella provincia di Macerata sarebbero rientrati nei comandi di appartenenza, lasciando l'area del cratere, con le prevedibili conseguenze per le operazioni da porre in essere nella fase post sisma –:
   quali iniziative di urgenza intenda assumere il Ministro interrogato per far fronte alla gravissima situazione illustrata in premessa. (5-11563)


   RUBINATO e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti sindacali della polizia di Stato che, nell'ambito di un progetto di riorganizzazione dei presìdi territoriali predisposto da parte del dipartimento della pubblica sicurezza di cui si era parlato già alcuni anni fa e che sarebbe tornato d'attualità in queste settimane, sarebbe prevista anche la soppressione della sezione di polizia postale e delle comunicazioni di Treviso;
   si pone in evidenza che la citata sezione ha svolto e svolge una attività significativa e di riconosciuta professionalità che costituisce un servizio necessario per una realtà dalle dimensioni sociali ed economiche come la Marca trevigiana;
   il lavoro di tale sezione risulta particolarmente apprezzato dai cittadini, nonché dagli uffici giudiziari e dalle forze dell'ordine della provincia trevigiana;
   procedere ad una soppressione di tale specialità va contro anche alle evidenti richieste di potenziamento dell'attività delle forze dell'ordine soprattutto in riferimento al monitoraggio della rete in chiave antiterrorismo e nel contrasto ai reati informatici e fenomeni, quali il cyber bullismo, su cui la pubblica opinione presta grande attenzione, atteso l'inquietante e recente fenomeno denominato «Blue Whale» che sta coinvolgendo pericolosamente numerosi adolescenti anche nel territorio della Marca; in tale area i cui genitori si stanno rivolgendo, per richieste di aiuto e consulenza, al personali della sezione in questione –:
   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare il mantenimento dell'ufficio di specialità della polizia postale e delle comunicazioni di Treviso e il suo pieno funzionamento, in considerazione della rilevante attività svolta quotidianamente per la cittadinanza. (5-11567)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI e MURGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2017, nell'ambito dell'operazione «Doppio cielo», la polizia di Cagliari ha smantellato una cellula algerina che operava in Sardegna specializzata nel traffico di esseri umani, attiva già dal 2015;
   il gruppo criminale forniva agli algerini che sbarcavano sulle coste della Sardegna meridionale supporto logistico e documenti falsi che permettevano loro di rimanere sul territorio oltre due mesi, identici a quelli che vengono normalmente rilasciati ai richiedenti asilo;
   molti algerini che avevano acquistato i documenti falsi risultano essere stati arrestati per furti e rapine, reati commessi proprio per recuperare il denaro necessario a pagare i documenti;
   nei mesi di ottobre e novembre 2016 in diverse zone della Sardegna gruppi di immigrati hanno organizzato delle manifestazioni di protesta accusando lo Stato italiano di inadempienze nei loro confronti, nell'ambito delle quali in diverse occasioni hanno bloccato la circolazione stradale per ore;
   una delle manifestazioni di protesta ha visto protagonisti i migranti ospitati all'interno di un albergo ridestinato a centro di accoglienza a Terrubia, dove alcuni mesi prima era stato accertato lo spaccio di stupefacenti;
   solo nel 2016 sono stati circa 1100 i migranti provenienti dalle coste algerine sbarcati in Sardegna;
   in questo quadro desta forte preoccupazione la carenza di uomini (basta ricordare che solo la sede di Cagliari in cinque anni ha perso centoventi poliziotti), mezzi e risorse denunciata a più riprese dai sindacati di polizia dell'isola, oramai palesemente insufficienti a garantire la sicurezza del territorio, il contrasto alla crescente microcriminalità e anche il disbrigo delle pratiche presso l'ufficio immigrazione;
   il sindacato di polizia Sap denuncia da mesi le criticità in merito alla gestione degli immigrati e le inadempienze delle istituzioni rispetto agli impegni assunti per fronteggiare l'emergenza sbarchi in Sardegna: dalla realizzazione di un hub regionale di prima accoglienza, all'individuazione di un'area ad hoc all'interno del porto per le prime fasi di intervento fino alla creazione a Carbonia di un luogo per la vigilanza dei migranti destinati ai centri di identificazione ed espulsione della terraferma;
   in una lettera trasmessa alla prefettura il segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia di Cagliari ha sottolineato che «la tratta dal Nord Africa è più che aperta e crea molte preoccupazioni sia di immediata gestione dello sbarco che di sicurezza e ordine pubblico. Il flusso non conosce sosta, se non climatica, e permette a migliaia di giovani di poter ottenere un foglio di espulsione che consente loro il via libera per poter raggiungere la Penisola o rimanere in condizioni di clandestinità in Sardegna»; lo stesso segretario provinciale ha ricordato, in particolare, i problemi legati agli sbarchi diretti sulle coste del Sulcis –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere immediate iniziative al fine di potenziare le risorse di uomini e mezzi della polizia in Sardegna. (4-16928)


   BOSCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di maggio 2017 si è appreso di un'aggressione subita da una dottoressa del pronto soccorso del «Vittorio Emanuele» di Catania, da parte di una paziente che, dopo essere stata visitata, pretendeva di effettuare immediatamente accertamenti non urgenti nello stesso ospedale;
   anche un'infermiera, accorsa in soccorso della dottoressa, è stata aggredita;
   da ultimo, il 7 giugno 2017, un medico ed un infermiere sono stati aggrediti da un paziente che pretendeva la somministrazione di un farmaco;
   si tratta dell'ennesimo sconcertante episodio di violenza mosso nei confronti degli operatori sanitari che va a sommarsi a quelli che nel recente passato hanno sconvolto la provincia di Catania;
   la Fp Cgil di Catania, a seguito di questi gravissimi episodi di violenza ed aggressione nei confronti di lavoratori del comparto sanitario (ed altre violenze sono state mosse anche nei confronti di cittadini inermi), si è immediatamente rivolta alle autorità chiedendo di risolvere questa incresciosa situazione che non assicura la necessaria serenità al personale sanitario, già chiamato a svolgere un delicato lavoro che merita di essere eseguito nelle condizioni ambientali e psicologiche migliori;
   l'azienda ospedaliera universitaria «policlinico Vittorio Emanuele» di Catania è al collasso: in particolare, oltre ai motivi legati alla sicurezza, nelle strutture più antiche, da anni senza ristrutturazione, si è in presenza di mura piene di crepe, impianti che richiedono una rivisitazione globale, ascensori che si bloccano, disagi all'utenza ed agli operatori stessi (che in alcuni casi sono costretti a perdere minuti preziosi nel trasferimento dei pazienti all'interno di un presidio e tra un presidio e l'altro), letti per degenza e carrozzine obsoleti che non garantiscono né il paziente né il personale sanitario, nonché camere di degenza con più pazienti di quelli che possono contenere;
   la Federazione sindacati indipendenti, aderente alla Confederazione unione sindacati autonomi europei, ha evidenziato come si sia ormai giunti a ben oltre cinquanta aggressioni negli ultimi 5 anni negli ospedali siciliani: segnale di una emergenza e della necessità di un rafforzamento della sicurezza e della presenza delle forze dell'ordine non più rinviabile –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di garantire all'utenza ed al personale dell'azienda ospedaliera universitaria «policlinico Vittorio Emanuele» e di altre strutture sanitarie presenti in Sicilia, le condizioni di sicurezza che luoghi dediti alla cura della persona inevitabilmente richiedono;
   se non sia opportuno, anche alla luce dei recenti gravi episodi di violenza di cui in premessa, assumere le iniziative di competenza per verificare, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela della salute, le condizioni di abbandono in cui versano le strutture che quotidianamente ospitano pazienti e personale ospedaliero. (4-16941)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Sermide e Felonica, in provincia di Mantova, in quattro successive tornate elettorali amministrative (2002, 2007, 2012 e 2017) è stata presentata una lista chiaramente inneggiante al fascismo e ai suoi simboli, che nell'ultima elezione ha eletto una consigliera comunale;
   la lista si chiama «Fasci Italiani del Lavoro» e ha come simbolo il fascio littorio. Il sito del movimento politico e la pagina Facebook dei «Fasci» sono piene di immagini del duce, citazioni di suoi discorsi e documenti fascisti per spiegare il programma della lista, gli iscritti sono chiamati «fascisti» e «camerati»;
   lo statuto del movimento politico dichiara all'articolo 2 che: «Sul piano storico gli aderenti al Movimento Fasci italiani del Lavoro negano l'asserita estraneità e avversione maggioritaria del popolo italiano verso il regime politico denominato “fascista”, che ha retto le sorti della Nazione in forma democratica fra il 1922 e il 1925 e in forma totalitaria fra il 1925 o il 1945. Negano l'asserito avvento al potere di tale regime come frutto della sola violenza esercitata contro il popolo italiano da una minoranza sopraffattrice denominata Partito Nazionale Fascista, prima, e Partito Fascista Repubblicano, poi, e la sua permanenza alla guida della Nazione per oltre venti anni come risultato unicamente della corruzione di massa dello spirito, manipolazione delle coscienze, coercizione, repressione, negazione dei diritti umani e civili, sfruttamento della classe lavoratrice. Negano l'asserita impossibilità di evoluzione delle originalissime istituzioni create da tale regime verso l'acquisizione piena e totale della forma democratica, elettiva e pluralistica; evoluzione stroncata dalla sconfitta militare della Nazione italiana. Negano che dopo l'8 settembre 1943, data infausta segnata dalla cessione della Nazione invasa nelle mani del nemico da parte della Monarchia, il Fascismo, riaffermatosi nella Repubblica Sociale Italiana, sia stato rovesciato da una sollevazione popolare e unitaria di massa. Affermano che, nonostante il tradimento consumato contro la Nazione l'8 settembre 1943, anche l'incarnazione repubblicana del Fascismo, sorretta da italiani fedeli alla Patria fino al sacrificio, fu annientata il successivo 25 aprile 1945 solo dal peso militare delle armate anglo-americane d'invasione. Affermano che il regime della cosiddetta “democrazia dei partiti”, succeduto al regime fascista dopo la distruzione militare di quest'ultimo, non è pertanto il frutto di una sofferta conquista del nostro popolo [...] bensì il frutto di una frattura nella storia unitaria del nostro Paese, generata dalla sconfitta militare e nel corso della quale la sovranità sul territorio nazionale non fu esercitata pienamente da un Governo Italiano ma dal Governo militare delle potenze straniere occupanti. Da quel periodo di sovranità non italiana sulla Nazione Italiana (e non da una volontà del nostro popolo liberamente maturata ed espressa), trae origine l'attuale sistema politico responsabile del degrado non più sopportabile della Nazione»;
   ad avviso dell'interrogante, non si poteva ammettere alle elezioni, sul piano giuridico, una lista che nega radicalmente i fondamenti dello Stato democratico e i principi costituzionali;
   il prefetto di Mantova ha revocato le designazioni dei funzionari componenti della settima sottocommissione elettorale circondariale di Mantova, competente per quel comune, ma ciò non è sufficiente a riparare al danno prodotto alla democrazia e alle istituzioni del Paese –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda mettere in atto:
    a) per prevenire la presentazione di liste neofasciste nel nome e nei simboli e disciplinare in maniera stringente gli effetti e i possibili rimedi di situazioni come quella descritta in premessa, ferme restando le possibili iniziative in sede giudiziaria;
    b) per arginare la crescita di movimenti neonazisti e neofascisti che, anche grazie all'utilizzo di internet e dei social media, facendo spesso ricorso all'utilizzo delle fake news, fanno propaganda di idee e conducono azioni in aperto contrasto con i principi della Repubblica. (4-16945)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIGNALI e BOSCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il centro di formazione nato all'interno dell'Accademia musicale «G. Marziali» alla fine degli anni ’90, ha avuto l'accreditamento ministeriale nel gennaio 2004 (decreto ministeriale n. 177 del 2000, ex direttiva n. 90 del 2003) presentando iniziative realizzate nei precedenti tre anni scolastici. Con decreto del 23 gennaio 2004, l'Ente è stato incluso nell'elenco dei soggetti accreditati. L'accreditamento ha avuto una durata di tre anni;
   allo scadere dei primi tre anni, dopo successiva richiesta di rinnovo di accreditamento da parte dell'Accademia marziali, e relativo invio di documentazione, cui è seguita visita ispettiva presso la sede di Seveso, la direzione generale per il personale della scuola ha confermato l'accreditamento in via definitiva, con decreto del 23 maggio 2007, sollevando l'ente da qualsiasi scadenza di rinnovo successivo;
   negli anni tra il 2007 e il 2016 l'Accademia ha regolarmente documentato tutte le iniziative di formazione realizzate nella griglia prevista dal Ministero chiamata «Scheda B Monitoraggio degli enti accreditati» dove è stato segnalato, come previsto dalla tipologia di rilevamento dati, tra altro, il numero dei corsisti, la tipologia di ordini di scuola cui appartenevano, durata del corso, sede e periodo di svolgimento;
   negli anni, l'Accademia ha collaborato stabilmente con più di 40 direzioni didattiche nel territorio della regione Lombardia per la formazione del personale scolastico e la promozione di percorsi musicali all'interno della scuola dell'obbligo ed è in convenzione con numerosi istituti musicali, tra i quali il conservatorio statale «Cantelli» di Novara, per attività di studio e ricerca nell'ambito della pratica strumentale e della didattica dello strumento;
   nel marzo 2016 il Ministero ha inviato agli enti accreditati una richiesta di adeguamento e di rinnovo dell'accreditamento, secondo i criteri della direttiva prot. n. 170 del 21 marzo 2016 dell'ufficio del gabinetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   tale richiesta, a quanto consta agli interroganti, sarebbe stata inoltrata per mail, non certificata, unica forma di comunicazione tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed enti, e la direzione dell'accademia ne è venuta a conoscenza solo dopo la sua scadenza, cioè dopo il 30 settembre 2016;
   considerando ormai perso l'accreditamento del 2016-2017, l'Accademia ha proceduto alla richiesta di accreditamento per l'anno 2017-2018 (pratica di accreditamento n. 2275 tramite piattaforma on-line del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca);
   l'11 maggio 2017 l'Accademia riceve comunicazione via mail che tale richiesta è stata respinta con la motivazione che: «non è significativamente rappresentato il personale della scuola a livello nazionale come prescritto dalla Direttiva 170/2016 (i tre corsi presentano rispettivamente 10, 9 e 21 corsisti, provenienti soprattutto da una Regione»;
   come prescritto dalla direttiva n. 170 del 2016, articolo 2, comma 3, lettera a), il primo requisito per ottenere l'accreditamento «è aver realizzato, nel corso del triennio precedente al termine fissato per la richiesta, almeno tre distinte iniziative di formazione relative agli ambiti di cui si richiede l'accreditamento, ciascuna della durata pari ad almeno 20 ore in almeno tre Regioni»;
   la direttiva non indica una percentuale di corsisti provenienti dalle tre regioni indicate, ma richiede solo genericamente «almeno tre regioni»;
   considerando la tipologia specifica degli ambiti entro i quali si sono proposti i corsi, la previsione di lezione frontali, il lavoro di gruppo e di laboratorio con formazione in presenza, oltre al lavoro individuale e alla ricerca, nonché il fatto che negli anni scolastici di svolgimento dei corsi, i docenti non usufruivano ancora di alcuna forma di riconoscimento economico a sostegno della formazione, è perfettamente comprensibile che la gran parte dei corsisti siano della medesima regione ove si trova la sede dell'Accademia;
   essendo stata respinta la richiesta con parere di non ammissibilità da parte del Comitato tecnico nazionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non è possibile controbattere all'esclusione dall'accreditamento, se non ricorrendo alla giustizia amministrativa –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per riconsiderare l'esclusione dell'Accademia musicale «G. Marziali» dall'accreditamento ex direttiva n. 170 del 21 marzo 2016, dovuta a quella che appare una errata interpretazione della direttiva medesima;
   se non ritenga opportuno procedere alle comunicazioni con gli enti accreditati tramite posta elettronica certificata. (4-16932)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sito online www.orizzontiscuola.it, nell'articolo «Dematerializzazione e registri elettronici», ha riportato come «negli ultimi tempi siano state introdotte diverse disposizioni che, intervenendo per razionalizzare la spesa pubblica, hanno promesso effetti dirompenti per l'organizzazione delle scuole, sia dal punto di vista amministrativo che didattico»;
   il decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012 ha previsto, all'articolo 7, comma 27, che il «Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca predisponga entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie»;
   il comma 31 del decreto-legge ha stabilito come «a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottino registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico.»;
   secondo quanto è stato riportato da un articolo pubblicato da wired.it il 5 giugno 2017, «l'adozione del registro scolastico elettronico ha rivelato alcune criticità. Marco Mancarella, docente di Informatica giuridica e informatica della Pubblica amministrazione presso l'Università del Salento e avvocato esperto in diritto dell'Amministrazione digitale e diritto delle nuove tecnologie ha ricordato come i registri adoperati nelle scuole sono considerati legalmente degli atti pubblici. Il Codice dell'amministrazione digitale, come modificato dal decreto legislativo 179/2016, ha precisato che gli atti pubblici sono nulli se privi di firma digitale o qualificata. E i registri elettronici in uso nelle scuole, che inglobano le funzioni del giornale di classe e del professore, non rispettano questo parametro essenziale per gli atti pubblici»;
   secondo Mancarella «l'assenza di firme qualificate o digitali dei docenti che li compilano li renderebbe di fatto nulli»;
   l'avvocato ha aggiunto, infine, come «un ulteriore problema formale è rappresentato dalle scarse dotazioni informatiche a disposizione dei docenti in diverse scuole, tali da impedire la compilazione dei registri in tempo reale. Se questa compilazione non avvenisse tempestivamente e, possibilmente, nella classe di riferimento, potrebbero esserci anche responsabilità penali»;
   inoltre, «i registri elettronici sono contenitori virtuali di dati personali, il che comporta la necessità di applicare la normativa sul loro trattamento». Francesco Modafferi, dirigente di ruolo del Garante per la privacy ha spiegato che «tutti i soggetti i cui dati sono presenti nei registri elettronici hanno il diritto alla correttezza e alla sicurezza di questi dati. Purtroppo, alla legge del 2012 non è seguito, da parte del Miur, un piano complessivo per la dematerializzazione dei registri, né si è interpellato al riguardo il Garante per la privacy. Una regola unitaria valida per tutte le scuole, ovvero un atto di indirizzo da parte del Miur, con il parere del Garante per la privacy, sarebbe senz'altro opportuna»;
   il decreto legislativo n. 196 del 2003 agli articoli 33-36, ha previsto misure minime di sicurezza in caso di trattamento con strumenti elettronici. Al riguardo, Modafferi ha sottolineato come «per un sistema come quello dei registri elettronici si tratta di uno standard di sicurezza insufficiente, se non affiancato da altre cautele. Si parla, per esempio, di password non inferiori a otto caratteri, da cambiare almeno ogni sei mesi». Nell'attuale contesto tecnologico, il Garante ha infatti spesso rafforzato tali misure nei propri provvedimenti diretti alla pubblica amministrazione, al fine di renderle più idonee in rapporto ai rischi. «Nella pratica, si può riscontrare come i registri oggi usati nelle scuole di tutta Italia non si siano dotati di particolari cautele»;
   un'ultima criticità è caratterizzata dall'errore umano che è sempre possibile, anche sui registri. Precedentemente per la correzione il docente lasciava traccia della revisione, magari evidenziando il proprio intervento, con un diverso colore di penna. «Si garantiva così la trasparenza, permettendo il controllo e l'ispezione. I registri elettronici attuali permettono la correzione, ma questa solitamente non lascia alcuna traccia nella visualizzazione dei dati. La scuola può decidere di limitare il tempo entro il quale attuare la sostituzione del dato, ma questo può essere alterato senza che l'intervento si noti» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per sopperire alle criticità riportate in premessa riguardanti l'utilizzo del registro elettronico nell'ordinamento scolastico nazionale;
   se intenda, di concerto con il Garante per la protezione dei dati personali, predisporre un piano complessivo per la dematerializzazione dei registri elettronici, tale da regolarizzare il loro corretto funzionamento. (4-16935)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie diffuse dai media che il 19 maggio 2017 l'europarlamentare Cécile Kyenge si è recata presso il municipio di Vigarano Mainarda, nel ferrarese, per tenere una sorta di «lezione» sul tema dell’«Europa prossima» davanti ad alcuni studenti dell'istituto «Alda Costa» facenti parte del consiglio comunale dei ragazzi, oltre che davanti ha una classe della scuola media;
   l'incontro avrebbe avuto lo scopo di spiegare ai giovani alunni, che saranno la futura classe dirigente, un progetto che riguarda la costruzione dell'Europa del domani in un momento in cui si parla prevalentemente di muri e confini;
   sarebbe stato il comune a inviare, in data 12 maggio 2017, all'istituto comprensivo «Alda Costa», un invito formale, rivolto al consiglio comunale dei ragazzi e a una delegazione di studenti, al fine di partecipare all'incontro istituzionale con l'europarlamentare Kyenge;
   il consiglio comunale dei ragazzi costituisce indubbiamente un'esperienza meritoria che nasce per consentire ai giovani di poter incidere in processi decisionali dai quali prima erano esclusi;
   in tutta Italia sono molteplici le esperienze di consigli comunali dei ragazzi che coinvolgono tantissimi studenti. Lo scopo di tali consigli è ben definito nel manuale alla legge n. 285 del 1997 a cura del Centro nazionale di documentazione e di analisi sull'infanzia e l'adolescenza dove si afferma: «I consigli dei ragazzi che possono operare a livello comunale, di circoscrizione o di quartiere, rappresentano una innovativa modalità di partecipazione dei ragazzi alla vita della collettività sociale in cui vivono, permettendo loro di contribuire alle scelte e alle decisioni dalle quali finora sono stati esclusi. La nascita di un consiglio dei ragazzi si sviluppa all'interno di un sistema di progettualità alla cui definizione contribuiscono l'amministrazione comunale, la scuola, i genitori e le agenzie educative territoriali, soggetti che responsabilmente garantiscono la possibilità di realizzare una vera partecipazione dei ragazzi, attraverso la consapevole considerazione di questa esperienza». E ancora: «Si devono pensare modelli di partecipazione non rigidi né formali, ma flessibili, pensati insieme ai ragazzi nei quali essi possano identificarsi, progetti quindi credibili, coinvolgenti, riconosciuti quale effettiva possibilità di agire concretamente nel contesto in cui vivono (...) Spesso si rendono eccessivamente visibili e importanti aspetti imitativi della esperienza adulta che poco significano per i bambini, come i partiti, i comizi, le elezioni e poi il piccolo sindaco, gli assessori, la fascia tricolore. Sarebbe opportuno evitare questi scimmiottamenti per valorizzare al massimo il contributo che i bambini possono dare alla vita della Città» («Infanzia e adolescenza, diritti e opportunità»);
   l'indirizzo, dunque, sembrerebbe quello di consentire al consiglio dei ragazzi di portare all'attenzione dell'amministrazione proposte che incidano direttamente sulla loro quotidianità, evitando quegli aspetti formali che sono propri della vita istituzionale che eventualmente si può essere chiamati ad affrontare in fase adulta. In ogni caso, senza negare la funzione del consiglio dei ragazzi di aprirsi anche all'approfondimento di tematiche più ampie, nel, caso specifico maggiormente opportuna sarebbe stata, la scelta di invitare anche altri europarlamentari, a rappresentanza di forze politiche diverse, per dare agli studenti – magari accompagnati dai genitori – una visione d'insieme su temi particolarmente attuali e sui quali il dibattito non è certo unilaterale e a senso unico –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
   posto che la presenza della sola europarlamentare Kyenge ad avviso dell'interrogante ha fatto venire meno i presupposti del dibattito democratico sul tema, se il Governo non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per evitare in futuro che i consigli comunali dei ragazzi siano coinvolti in logiche partitiche o oggetto di strumentalizzazione, anche velate, eventualmente elaborando, in raccordo con gli enti locali, linee guida specifiche linee guida in materia. (4-16943)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINAGLI, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DAMIANO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GNECCHI, GRIBAUDO, INCERTI, LAVAGNO, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, ROSTELLATO, ROTTA e SIMONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi, esistono numerosi incentivi nazionali di decontribuzione finalizzati all'assunzione di determinate categorie di lavoratori, nello specifico riguardanti:
    giovani tra 16 e 29 anni registrati al programma «Garanzia giovani» (Neet) ai sensi del decreto legislativo n. 150 del 2015;
    giovani in apprendistato ai sensi della legge n. 183 del 2011, del decreto-legge n. 34 del 2014, convertito dalla legge n. 78 del 2014, della legge n. 92 del 2012, della legge n. 190 del 2014, del decreto legislativo n. 81 del 2015, del decreto legislativo n. 150 del 2015 e del decreto legislativo n. 185 del 2016;
    giovani assunti a tempo indeterminato entro 6 mesi dall'acquisizione del titolo di studio e che abbiano svolto, presso lo stesso datore di lavoro, attività di alternanza scuola-lavoro, o periodi di apprendistato, ai sensi dei commi 308 e 309 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016;
    lavoratori disoccupati o in Cassa integrazione guadagni straordinari da almeno 24 mesi assunti a tempo indeterminato ai sensi dell'articolo 8, comma 9, della legge n. 407 del 1990, modificato dalla legge n. 92 del 2012, oppure di lavoratori che abbiano fruito della Cassa integrazione guadagni straordinari per almeno 3 mesi e dipendenti di aziende beneficiarie di Cassa integrazione guadagni straordinari da almeno 6 mesi ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 148 del 1993 convertito dalla legge n. 236 del 1993 e dell'articolo 8, comma 4, della legge n. 223 del 1991;
    lavoratori che beneficiano dell'indennità «Naspi», ai sensi dell'articolo 7, comma 5, lettera b), del decreto-legge n. 76 del 2013 convertito dalla legge n. 99 del 2013 e dell'articolo 2, comma 10-bis, della legge n. 92 del 2012;
    lavoratori di età pari o superiore a 50 anni che siano disoccupati da oltre 12 mesi, ai sensi dell'articolo 4, commi 8-11, della legge n. 92 del 2012;
    donne di qualsiasi età, ovunque residenti, e prive di un impiego da almeno 24 mesi, o da almeno 6 mesi ma impiegate in una professione o in un settore ad accentuata disparità occupazionale di genere o residenti in aree svantaggiate, ai sensi dell'articolo 4, commi 8-11, della legge n. 92 del 2012;
    genitori di figli minori o affidatari di minori che effettuano l'iscrizione presso l'apposita banca dati dell'INPS, ai sensi dell'articolo 1, comma 72, della legge n. 247 del 2007, del decreto del Ministro della gioventù di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2010;
    lavoratori che subentrano in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo di maternità/paternità, parentale e per malattia del figlio, ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 53 del 2000 e dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 151 del 2000;
    soggetti svantaggiati assunti nelle cooperative sociali (legge n. 381 del 1991), ai sensi dell'articolo 4, commi 1, 3, 3-bis, della legge n. 381 del 1991 come sostituito dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 193 del 2000;
    soggetti disabili, ai sensi della legge n. 68 del 1999 e del decreto legislativo n. 151 del 2015;
    persone detenute ai sensi dell'articolo 3-bis, della legge n. 381 del 1991 come sostituito dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 193 del 2000, del decreto del Ministro della giustizia n. 87 del 2002 e del decreto Ministro della giustizia n. 148 del 2014;
    giovani disoccupati con età compresa tra 16 e 24 anni, oppure lavoratori disoccupati con almeno 25 anni e privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, da parte di datori di lavoro ubicati nel Meridione, ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 20 marzo 2013 e del decreto legislativo n. 150 del 2015;
   a tali misure, si aggiungono quelle di natura fiscale, quali:
    agevolazioni per i laureati che abbiano esercitato negli ultimi 2 anni attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa all'estero e che decidano di lavorare in Italia trasferendovi il proprio domicilio e residenza;
    agevolazioni per i docenti e i ricercatori che abbiano svolto per almeno 2 anni consecutivi attività di ricerca o docenza all'estero (risiedendovi) e che entro 7 anni decidano di svolgere tale attività in Italia (trasferendovi la residenza) –:
   quali siano i dati relativi all'effettivo utilizzo di tali strumenti, nonché gli stanziamenti all'uopo previsti e quelli effettivamente utilizzati. (5-11560)

Interrogazione a risposta scritta:


   FASSINA e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Vodafone Italia s.p.a. è un'azienda che utilizza parecchie risorse per promuovere iniziative pubbliche e interne all'azienda a favore delle pari opportunità e contro ogni tipo di discriminazione e per dotarsi di un'autoregolamentazione etica. Sul sito della società si può leggere «La parità di trattamento delle persone di Vodafone Italia si concretizza nel garantire, a partire dalla fase di selezione e in tutte le attività svolte, la non discriminazione per motivi di razza, sesso, nazionalità, orientamento sessuale, status sociale, apparenza fisica, religione e orientamento politico»;
   in tutte le sue sedi Vodafone ha gruppi di lavoro nei quali non solo i responsabili, ma gli stessi colleghi, vivono e lavorano in nazioni diverse tra loro; l'impresa incentiva il ricorso allo smart working, che è lo svolgimento del proprio lavoro al di fuori dell'ufficio e senza orari imposti, così da migliorare il bilanciamento tra lavoro e vita personale;
   come riferiscono fonti sindacali e fonti stampa, nei mesi scorsi, l'azienda ha deciso di trasferire 13 lavoratrici con mansioni di Cde nella sede di Milano. L'azienda ha poi comunicato la decisione di trasferire da Ivrea a Milano altri 17 lavoratori in gran parte reintegrati da Comdata;
   l'annuncio dell'apertura di una procedura di trasferimento collettivo è stato dato dall'azienda nell'incontro con le organizzazioni sindacali del 29 maggio 2017 in Confindustria Canavese;
   tra i lavoratori coinvolti, come riferiscono i sindacati, vi sono anche 4 lavoratrici con problemi di salute;
   il sindacato Cobas ha già annunciato che impugnerà la procedura di trasferimento; lo stesso ha dichiarato la responsabile territoriale Slc-Cgil e, nel comunicato unitario delle segreterie, si legge: «È davvero inaccettabile che una multinazionale che produce utili considerevoli si accanisca contro i Lavoratori la cui unica colpa, se può esser considerata tale, è stata quella di portare avanti un proprio diritto soggettivo sino a vedersi riconosciuta la ragione da un tribunale di questo paese. Ora davvero la misura è colma» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire, nel caso in questione e in quelli analoghi, i diritti dei lavoratori e il rispetto della normativa in tema di pari opportunità e di tutela della salute. (4-16942)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, GNECCHI e ARLOTTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio del 2017 il Ministro interrogato, in collaborazione con il presidente Enrico Corali e con il direttore generale Raffaele Borriello per Ismea, ha presentato la prima assicurazione sui ricavi per il settore cerealicolo;
   si tratta di uno strumento sperimentale e innovativo per la gestione del rischio per produttori di grano duro e tenero;
   come si legge dal comunicato stampa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, attraverso questa assicurazione un produttore agricolo di grano può sottoscrivere la polizza ricavo, pagando un premio alle assicurazioni che viene coperto per il 65 per cento dall'agevolazione del Ministero. Nel caso il ricavo scenda del 20 per cento rispetto alla media triennale del ricavo per ettaro, l'agricoltore riceverà dalla compagnia assicurativa un indennizzo per la perdita di reddito;
   per avviare la sperimentazione è prevista la riassicurazione di Ismea, in modo da offrire alle compagnie assicurative una forma di protezione da eventuali perdite in questa prima fase di lancio delle polizze;
   questa polizza è aggiuntiva rispetto alle garanzie tradizionali contro le avversità come gelo, siccità alluvione o eccesso di neve, grandine o sbalzi termici;
   tale aiuto rappresenta uno strumento concreto di tutela del reddito per gli agricoltori che risponde in maniera efficente all'esigenza di proteggere le aziende rispetto al passato in una produzione come quella cerealicola, esposta a fluttuazioni di mercato e all'influenza di variabili internazionali; va inoltre rilevato che per l'avvio di tale strumento sono stati stanziati 10 milioni di euro al fine di agevolare la sottoscrizione dell'assicurazione da parte dei nostri agricoltori;
   agli interroganti risulta che non siano molte le compagnie assicurative che procedono alla stipula di tali polizze e per quelle poche che adempiono, non vi è un reale interessamento da parte degli agricoltori in quanto, ai fini dell'intervento, il limite minimo di prezzo fissato dalle compagnie è fin troppo basso rispetto al reale prezzo di mercato, per cui non risulta conveniente per gli imprenditori agricoli procedere alla stipula dell'assicurazione –:
   quali siano le compagnie assicurative che in Italia hanno proceduto ad attivare tali polizze e quanti siano dunque i contratti attivati;
   quali siano le ragioni per le quali tale strumento non sortisce l'effetto sperato problematiche che incontrano le compagnie assicurative per la stipula di tali polizze. (5-11562)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, GRILLO, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria;
   attualmente per il Riluzolo l'unico farmaco approvato dall'Ema somministrato ai pazienti affetti da Sla, l'autorizzazione risale a giugno del 1996;
   il 5 maggio 2017 la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato Radicava (edaravone) per il trattamento di pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla);
   l'efficacia di edaravone per il trattamento della Sla è stata dimostrata in uno studio clinico di sei mesi condotto in Giappone. Nello studio sono stati coinvolti 137 soggetti con sclerosi laterale amiotrofica sottoposti a trattamento con edaravone o placebo. Il farmaco viene somministrato con infusione endovenosa con un ciclo di trattamento iniziale di una dose al giorno per 14 giorni, seguito da altri 14 giorni senza farmaco. In seguito, la terapia continua con 10 dosi in 14 giorni seguite da 14 giorni liberi da farmaco. Dopo 24 settimane di trattamento i pazienti del gruppo edaravone hanno mostrato un minor peggioramento nella capacità di svolgere le funzioni quotidiane rispetto a quelli del gruppo placebo;
   L'AB Science SA (NYSE Euronext – FR0010557264 – AB), una società farmaceutica specializzata nella ricerca, nello sviluppo e nella commercializzazione di inibitori della protein chinasi (PKI), il 20 marzo 2017 ha annunciato che lo studio AB10015 di fase II/III sul Masitinib nella sclerosi laterale amiotrofica (Sla) ha raggiunto positivamente l'obiettivo primario del protocollo;
   AB10015 è stato uno studio in doppio cieco, controllato verso placebo, di fase II/III con l'obiettivo di confrontare l'efficacia e la sicurezza del Masitinib in combinazione con il Riluzolo rispetto al placebo in combinazione con Riluzolo, nel trattamento dei pazienti affetti da Sla;
   in accordo con il protocollo di studio, l'analisi finale è stata effettuata su 394 pazienti trattati per 48 settimane e assegnati casualmente a tre diversi trattamenti: 4,5 milligrammi per kilogrammi di peso corporeo di Masitinib al giorno, 3 milligrammi per kilogrammi di peso corporeo di Masitinib al giorno e placebo, ciascuno somministrato in aggiunta al Riluzolo;
   l'obiettivo (o endpoint) primario era basato sul cambiamento rispetto alla baseline a 48 settimane nella scala di valutazione funzionale per la sclerosi laterale amiotrofica (ALSFRS-R). Anche coerentemente con l'indicazione dell'EMA, la sopravvivenza senza progressione di malattia (PFS) è stata inclusa come endpoint secondario per la registrazione;
   in questo momento non sono noti i dati, tuttavia, la casa farmaceutica scrive nella nota stampa che i risultati hanno evidenziato che nel gruppo di pazienti trattato con Masitinib a 4,5 mg/kg/giorno:
    a) l'analisi primaria sul cambiamento del punteggio alla scala ALSFRS-R alla 48 settimana (metodologia MOCF) è statisticamente significativa con un P-value di 0.014 rispetto al gruppo placebo;
    b) l'analisi secondaria chiave per la sopravvivenza senza progressione di malattia è stata statisticamente significativa con un P-value di 0.016 rispetto al gruppo placebo;
    c) il punteggio sulla qualità della vita misurata con il test ALSAQ è stato statisticamente significativo con un valore di P <0,01 rispetto al gruppo placebo;
   il professor Olivie Hermine, presidente del comitato scientifico della AB Science ha dichiarato: «Forse la scoperta più impressionante di questo studio è che Masitinib ha generato una differenza significativa nella sopravvivenza senza progressione di malattia rispetto al trattamento con placebo. Analogamente a studi sul cancro in cui la sopravvivenza senza progressione di malattia migliora significativamente, questo indica un chiaro beneficio clinico a favore di Masitinib» –:
   se siano pervenute presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) richieste di inserimento dei suddetti farmaci nella lista di farmaci previsti dalla legge n. 648 del 1996 al fine di utilizzare i farmaci medesimi a carico del servizio sanitario nazionale;
   se siano pervenute presso l'Aifa richieste per l'uso compassionevole, disciplinate dal decreto ministeriale 8 maggio 2003, per i suddetti farmaci;
   se il Ministro, anche attraverso l'Istituto superiore di sanità, intenda avviare dei progetti di ricerca indipendenti che abbiano ad oggetto l'utilizzo del medicinali Radicava o Masitinib per la specifica indicazione terapeutica. (5-11558)


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   «Blue Whale», la cosiddetta «balena blu», è un gioco perverso che pone delle sfide pericolosissime ai ragazzi più giovani, una sfida social che spingerebbe i ragazzi ad affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, sfide sempre più terribili che alla fine arrivano all'invito al suicidio. Il gioco è presente sulle chat dei telefonini e ha allarmato polizia, magistrati ed intere famiglie. Sono già decine le segnalazioni di casi sospetti arrivati alla polizia postale, e altrettanti i messaggi di allerta inviati su WhatsApp, anche da parte di genitori preoccupati. Gli elementi raccontati quotidianamente dalla cronaca nazionale sembrano far emergere una situazione che è quasi una psicosi collettiva. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) indica che circa 800.000 persone muoiono per suicidio ogni anno, una ogni 40 secondi. Per ogni suicidio ci sono molte altre persone che tentano il suicidio; infatti, proprio l'emulazione di un gesto così estremo è il fattore di rischio più importante. I suicidi rappresentano la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni. Per quanto riguarda l'Italia il rapporto dell'Oms segnala il dato di 6 suicidi ogni 100.000 abitanti;
   le istituzioni politiche tutte, devono sempre vigilare sui fenomeni pericolosi che coinvolgono la popolazione ed occuparsene non solo in un'ottica repressiva, ma soprattutto con l'intento di prevenire fenomeni dannosi e potenzialmente emulabili. Sempre l'organizzazione mondiale della sanità infatti, indica chiaramente come il tema dei suicidi, soprattutto giovanili, vada affrontato con cautela anche dai media, al fine proprio di non innescare intenti di emulazione;
   con la nuova legge 29 maggio 2017, n. 71, (Gazzetta Ufficiale 3 giugno 2017) in materia di cyberbullismo si introduce, anche con riferimento all'utilizzo di strumenti informatici, l'obbligo del rispetto della legalità e responsabilità verso la propria vita e verso quella degli altri, in un'ottica, dunque, prettamente preventiva;
   l'associazione «I Woman», ha organizzato il 9 giugno 2017 un incontro dal titolo «Blue Whale»: contrastare il gioco del suicidio. L'interrogante come parlamentare, vicepresidente della Commissione affari sociali ha partecipato all'iniziativa per una prima importante occasione di confronto e dialogo tra la politica e gli esperti del settore. L'appuntamento ha visto la partecipazione anche di medici ed avvocati specializzati in diagnosi dei disturbi suicidari, comportamentali e in materia di diritto dei minori;
   la letteratura sportiva indica come la pratica sportiva possa essere uno strumento straordinario di prevenzione, di aiuto, di sostegno per i ragazzi. Costituisce un'occasione di relazione, di fiducia, di confronto con i propri coetanei, ed è capace di far sentire i ragazzi come soggetti coinvolti in una comunità. Incentivare i ragazzi allo sport è una strategia per una crescita psicofisica sana e lontana da contenuti digitali pericolosi. Così come lo sport, anche le attività musicali e culturali in generale risultano efficaci per la prevenzione da istinti autolesionistici. Alcuni Paesi (es. Islanda e Svezia) negli ultimi anni hanno sviluppato mirate politiche rivolte alle fasce più giovani della popolazione con investimenti di tipo culturale, sociale e di promozione delle buone pratiche utili a ridurre il disagio giovanile e a favorire la consapevolezza nei giovani della propria personalità e della relazione con gli altri, anche attraverso la mediazione di strumenti informatici;
   un fenomeno di tale complessità va affrontato fino in fondo ed in collaborazione tra istituzioni, politica, scuola, genitori, editori del mondo dei social network e del web –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per contrastare questo pericoloso fenomeno, anche alla luce della nuova normativa in materia di cyberbullismo approvata dal Parlamento. (5-11559)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZETTO e RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati dell'ISTAT, nell'anno 2011 sono decedute 173.636 persone a causa di patologie oncologiche;
   attualmente, secondo la stima effettuata dall'Associazione italiana registri tumori, ci sarebbero 3 milioni di pazienti affetti da cancro;
   nonostante i casi di guarigione aumentino, molti ospedali non hanno le risorse per provvedere alle cure dei pazienti e questo dà luogo ad un imponente fenomeno di migrazione sanitaria;
   pertanto, si è dimostrata gravemente carente l'attuazione del piano oncologico nazionale 2013/2016. Al riguardo, si consideri che le reti oncologiche sono operative soltanto in 6 regioni italiane;
   l'attuazione delle reti oncologiche, in considerazione del loro ruolo cruciale per l'efficacia, la qualità e l'appropriatezza delle cure, era già fra gli obiettivi di rilievo nazionale per gli anni 2014, 2015 e 2016, come pianificato ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
   l'Italia è capofila di una Joint Action sul cancro della comunità europea che sta producendo dei policy paper utili a supportare a livello tecnico le politiche nazionali;
   i livelli essenziali di assistenza sono stati recentemente ridefiniti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   ad oggi, non si hanno informazioni sulla eventuale adozione di un nuovo piano oncologico nazionale (PON);
   secondo la commissione tecnico scientifica del progetto «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» coordinato dall'associazione pazienti Salute donna onlus, un punto fondamentale che dovrebbe essere affrontato nella predisposizione del nuovo piano risiede nella mancata definizione per le regioni di obiettivi effettivamente misurabili attraverso indicatori predefiniti, oltre all'assenza di sanzioni per quelle regioni che non dovessero raggiungerli;
   il progetto «La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere» che intende, in particolare, contrastare i ritardi e le gravi disparità che ancora sussistono nell'assistenza e cura dei pazienti oncologici tra le diverse regioni italiane, si avvale anche della collaborazione di un intergruppo parlamentare che intende svolgere una specifica azione di stimolo sul Governo che, nell'ambito di questo progetto, è stato anche impegnato attraverso una mozione (n. 1-01327) a mettere a disposizione dei pazienti italiani i trattamenti oncologici più innovativi disponibili sul mercato –:
    se il Ministro interrogato abbia intenzione di definire il piano oncologico nazionale e, in caso affermativo, entro quali tempi;
   se esista una commissione tecnica che si stia occupando della stesura del piano e quali siano i suoi componenti;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per la definizione di obiettivi misurabili attraverso indicatori predefiniti da raggiungere a livello regionale, tali da consentire di calcolare con sufficiente verosimiglianza le spese sostenute dalle regioni e valutare compiutamente il fenomeno della migrazione sanitaria. (4-16934)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   GALGANO e BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 il Gruppo Novelli Srl, 500 dipendenti di cui 300 in Umbria, è stato ceduto al Gruppo IGreco al prezzo simbolico di un euro;
   i sindacati, avute le garanzie circa il passaggio di tutti i dipendenti alla Alimentitaliani srl con gli stessi contratti, si sono espressi favorevolmente;
   a febbraio 2017, dopo l'annuncio della famiglia Greco di circa un taglio del costo del lavoro per 4.800.000 euro e l'esternalizzazione dei servizi impiegatizi, i sindacati hanno indetto lo stato di agitazione presso la ex Novelli;
   dopo una lunga mediazione del Ministero dello sviluppo economico, a fine marzo 2017, è stata sottoscritta una bozza di accordo con la nuova proprietà che prevede investimenti per 17.200.000 euro sui siti di allevamento di Boscaccio, Le Lame, Builano e Valle Cupa da effettuare tra la fine del 2017 e il 2019; 8.230.000 euro per la ristrutturazione delle linee di panificazione del sito di Amelia in 24-36 mesi e 5.050.000 euro per quelle di Cisterna di Latina, da attuare dopo 24 mesi dagli interventi su Amelia ed entro i 24 mesi successivi, per un totale di 13.280.000 euro;
   nell'intesa il gruppo IGreco si impegna ad effettuare, entro tre anni, investimenti per oltre 30 milioni di euro sui siti della ex Novelli, rilanciando la produzione delle uova e la panificazione e reintroducendo il pet food a Terni, nonché accordi con la grande distribuzione organizzata e i fast food per i surgelati;
   nell'accordo si ufficializza un taglio di 79 unità lavorative, da mitigare con ammortizzatori per i siti ternani compresi nell'area di crisi, e un incentivo all'esodo per Cisterna di Latina e Spoleto (Fattorie Novelli). La cassa integrazione straordinaria riguarda anche gli esuberi dei dipendenti di Alimentitaliani degli altri siti, da assorbire nella sede di Terni. L'intesa prevede, inoltre, un impegno per gli ammortizzatori, se necessari, per Muggiò e un tavolo con regione Lombardia;
   tale accordo, sottoposto a referendum dai lavoratori, è stato approvato con 106 voti favorevoli, 93 contrari e 19 astenuti;
   il gruppo Novelli rappresenta il made in Italy e ha un peso determinante nell'economia locale umbra, garantendo lavoro anche all'indotto. Da qui la necessità di monitorare l'applicazione dell'accordo e l'effettiva copertura degli investimenti –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per monitorare il rispetto degli impegni assunti dalla nuova proprietà del gruppo Novelli, soprattutto alla luce delle misure di riduzione del costo del lavoro. (5-11570)


   RICCIATTI, PIRAS, FERRARA, EPIFANI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, NICCHI, MURER e FOSSATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la nuova realtà societaria, nata dalla fusione tra le società di TLC Wind e Tre, ha comunicato nel presentare il suo piano industriale alle forze sindacali, la volontà di esternalizzare alcuni servizi, tra cui quelli relativi alle attività di customer care;
   si tratta di una decisione che mette a repentaglio i profili occupazionali e industriali di una serie di impianti produttivi delle due società target di fusione in vari contesti italiani, tra i quali quelli di Genova, Palermo, Roma e Cagliari;
   la nuova realtà societaria nasce con obiettivi più che ambiziosi, diventare il primo operatore di telefonia in Italia, ottenendo una quota di mercato pari al 30 per cento, dati riferiti dagli stessi vertici alla stampa;
   al contrario, però, le decisioni del management sembrano andare in senso opposto con un progressivo snellimento degli insediamenti che rischia di depauperare il know-how tecnologico e industriale nel campo delle telecomunicazioni del nostro Paese a vantaggio di compagini societarie (Veon, già proprietaria di Wind vede capitali russi e norvegesi, ma è registrata in un paradiso fiscale come le Bermuda, mentre H3G è di proprietà del gigante finanziario cinese Hutchinson) alquanto opache;
   è interesse primario del Governo non solo tutelare i posti di lavoro messi a repentaglio dal piano industriale (circa 900), ma anche evitare che operazioni finanziarie contribuiscano a depredare conoscenza e competenza tecnologica per portarla altrove –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di salvaguardare i profili industriali ed occupazionali legati all'operazione di fusione di cui in premessa e di salvaguardare gli interessi nazionali di un settore strategico come quello delle telecomunicazioni, di cui al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56. (5-11571)


   BENAMATI e BARGERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 6 aprile 2017 la X Commissione ha approvato la risoluzione n. 8-00230 impegnando il Governo ad assumere iniziative per la realizzazione in Italia del Divertor Tokamak Test (DTT) facility, progetto finalizzato alla realizzazione di una infrastruttura destinata a risolvere il problema del controllo del calore generato dell'energia da fusione. Tale infrastruttura è essenziale per la realizzazione di DEMO (Demonstration Fusion Power Reactor) così come testimoniato dalla road map europea sulla fusione;
   la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a reperire le risorse nazionali necessarie per l'avvio e l'implementazione del progetto DTT e di mettere in atto tutte le azioni perché tale iniziativa sia realizzata in Italia;
   il presidente dell'Enea Federico Testa, nell'audizione presso la X Commissione il 1o febbraio 2017, ha dichiarato che l'investimento complessivo risulterebbe essere di circa 500 milioni di euro, con un ritorno altissimo in termini sociali, economici ed industriali: la ricaduta occupazionale annuale prevista è, per la fase di costruzione di 620 persone, per la fase operativa di 1.250 persone ogni anno (durata prevista 25 anni), e per la sperimentazione di altre 150 persone e il fattore di moltiplicazione dell'investimento è livello 4, circa 2 miliardi di euro a fronte di 500 milioni investiti;
   le fonti di finanziamento previste sono diversificate e coinvolgono: il «piano Juncker» attraverso la Bei o tramite il piano Innofin per 250 milioni di euro, alcuni soggetti privati nazionali ed internazionali per 60 milioni di euro, fondi regionali per 35 milioni di euro, fondi EUROfusion per 60 milioni di euro nell'ambito di Horizon 2020, la partecipazione dell'Agenzia per la coesione territoriale e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dello sviluppo economico;
   ad oggi, per la quota di finanziamento nazionale, sembrerebbe siano stati resi disponibili i fondi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   risulterebbe inoltre che Enea abbia avanzato la sua proposta in ambito internazionale, e che un workshop di presentazione si terrà in Italia a fine luglio 2017;
   diverse regioni italiane hanno dichiarato interesse per questa infrastruttura;
   la rilevanza della realizzazione è evidentissima per tutto il sistema della ricerca nazionale e per il comparto industriale come evidenziato nelle audizioni svolte –:
   quali iniziative di competenza abbia intrapreso il Ministro interrogato per dare seguito all'impegno assunto presso la Camera dei deputati e quale ne sia lo stato della situazione. (5-11572)


   CRIPPA, VALLASCAS, FANTINATI, DELLA VALLE, DA VILLA e CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in una nota stampa dello scorso 6 giugno ENI spa comunica di aver siglato un accordo di collaborazione con GSE spa, alla presenza del Ministro per la coesione territoriale, per analizzare gli impatti ambientali e socio-economici del «Progetto Italia» che Eni sta realizzando per il rilancio delle aree industriali dismesse;
   l'accordo siglato dalle due società riguarda principalmente la produzione di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili come prevede il «Progetto Italia» che dispone l'installazione, fino al 2022, di oltre 220 MWp di nuova capacità con un impegno di spesa di circa 230 milioni di euro;
   nell'ambito dell'accordo, il GSE si impegna a fornire il know-how acquisito nel settore delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica per effettuare l'analisi dei vantaggi ambientali e socio-economici del «Progetto Italia»; vi sarà pertanto l'affiancamento del GSE che effettuerà la valutazione delle iniziative in termini di sostenibilità ambientale, inclusione sociale, sviluppo economico e governance;
   ENI spa è uno dei principali player internazionali del mercato dell'energia e nel 2016 ha prodotto 21,78 terawattora, risultando tra i principali operatori del mercato elettrico in tutti i segmenti;
   il GSE, secondo il suo statuto, esercita le funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico e in particolare le attività di carattere regolamentare, di verifica e certificazione relativa al settore dall'energia elettrica di cui all'articolo 3, commi 12, 13 e 11, comma 3, del decreto legislativo n. 79 del 1999, nonché le attività correlate di cui al decreto legislativo n. 387 del 2003, in materia di promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, comprese le attività di carattere regolamentare e le altre competenze, diritti e poteri ad esse inerenti:
   la nuova SEN, attualmente in consultazione, prevede per i grandi impianti un progressivo abbandono dell'incentivo in favore di meccanismi di mercato, ad esempio contratti a lungo termine da attribuire mediante gara competitiva, utili a ridurre il rischio di mercato;
   ad oggi Eni è beneficiaria di incentivi regolamentati e controllati dal GSE –:
   se siano state effettuate verifiche, per quanto di competenza, sull'accordo descritto in premessa in merito a un eventuale conflitto d'interessi e alla eventuale lesione dei princìpi di concorrenza conseguenti al sostegno del GSE a un'unica società operante in concorrenza con le altre nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili. (5-11573)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TACCONI, FEDI, PORTA e LA MARCA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a decorrere dall'anno 2016 il canone per l'abbonamento ai servizi radiotelevisivi è automaticamente addebitato nella bolletta elettrica;
   la nuova modalità di pagamento, senza nulla innovare rispetto a quanto prevede l'articolo 1 del regio decreto n. 238 del 1938, introduce un'ulteriore presunzione di possesso di un apparecchio radiotelevisivo, vale a dire la titolarità di un contratto di utenza elettrica nel luogo di residenza;
   il modello per la dichiarazione sostituiva di non detenzione di apparecchi radiotelevisivi fornito dall'Agenzia delle entrate contempla esclusivamente i titolari di utenza elettrica domestica residenziale, nulla prevedendo per i titolari di utenze domestiche non residenziali;
   tale circostanza fa supporre che non vengono automaticamente addebitate le utenze domestiche non residenziali, quali sono la maggior parte delle utenze intestate a italiani residenti all'estero;
   il mancato addebito in bolletta potrebbe erroneamente generare la convinzione che il canone non è dovuto, mentre eventuali successivi accertamenti da parte delle autorità fiscali produrrebbero automatiche sanzioni per mancato pagamento;
   in sede di discussione della legge di stabilità per il 2016 l'interrogante presentava l'ordine del giorno n. 9/3444-A/36, accolto dal Governo pro tempore il 19 dicembre 2015, con il quale si impegnava l'Esecutivo a valutare la possibilità di considerare a favore dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero l'esenzione o la riduzione del canone Rai;
   in assenza di una qualsivoglia iniziativa al riguardo, la mozione n. 1-01208 a prima firma dell'On. Peluffo (PD), sulla quale il Governo pro tempore ha espresso parere favorevole e che è stata approvata dall'Aula il 6 aprile 2016, riproponeva ancora una volta all'attenzione del Parlamento e del Governo la peculiarità dei cittadini italiani permanentemente residenti all'estero rispetto all'obbligo del pagamento del canone TV –:
   se il Governo non intenda promuovere modifiche della normativa vigente intese a prevedere che gli italiani residenti all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, che non usufruiscono quindi del servizio radiotelevisivo, se non sporadicamente, in occasione delle vacanze in Italia, e che già pagano una simile tassa nei Paesi di residenza e uno specifico abbonamento per usufruire del canale Rai Italia, siano esentati dal pagamento del canone. (5-11566)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da diverse fonti giornalistiche, la multinazionale Nestlé avrebbe diramato una nota ufficiale, nella quale si afferma che «A giugno 2018 terminerà il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, che non sarà più rinnovabile. Data l'impossibilità di fare ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali emerge l'esigenza di procedere ad un riequilibrio occupazionale che, ad oggi, stimiamo possa coinvolgere circa 340 addetti alle attività di produzione e logistica, ai quali – nei prossimi anni – non sarà possibile assicurare la continuità occupazionale presso l'Unità di Perugia, se non in funzione della stagionalità tipica delle produzioni dolciarie»;
   in data 7 aprile 2016, la Nestlé ed i sindacati avevano proceduto con la firma di un accordo che prevedeva un investimento di 60 milioni di euro nei successivi tre anni, destinati all'innovazione tecnologica di macchinari e strutture (15 milioni) e politiche di marketing di marchi e prodotti legati al cioccolato (45 milioni). Lo stesso piano contemplava, inoltre, anche la dismissione della produzione di alcuni marchi, senza però la necessità di ricorrere ad esuberi di personale e a decisioni unilaterali dell'azienda per tutta la durata del piano, quindi almeno fino al 2018. Tale accordo era stato ratificato a larga maggioranza anche dai lavoratori;
   dal mese di maggio 2017, dopo un approccio più cauto, anche i sindacati hanno denunciato i citati esuberi previsti per lo stabilimento di San Sisto che metterebbero a rischio il futuro di circa 340 dipendenti; dal canto suo la regione Umbria ha convocato un «tavolo istituzionale», con la partecipazione delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori e rappresentanti dell'azienda, in programma per il 15 giugno 2017, al fine di discutere, acquisire le necessarie informazioni ed avere, conseguentemente, un quadro più organico rispetto alla vicenda complessivamente considerata;
   la Perugina non è soltanto un'azienda con un'importante produzione, un marchio conosciuto in tutto il mondo, ma anche una parte decisiva della storia e dell'identità recente di Perugia e dell'Umbria intera e, quindi, una circostanza come quella sopra descritta rappresenterebbe un evento drammatico per tutta la comunità regionale -:
   se i Ministri interrogati intendano fornire gli opportuni chiarimenti in merito alla vicenda esposta in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative abbiano intenzione di intraprendere al fine di tutelare i livelli occupazionali attuali dello stabilimento della Nestlé-Perugina, che rappresenta una realtà strategica per la regione Umbria e la città di Perugia, per lo sviluppo della quale è di fondamentale importanza procedere ad una difesa e ad un rilancio della citata fabbrica, nonché al fine di dare concreta attuazione al citato accordo del 2016. (4-16938)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lombardi n. 5-11461, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villarosa.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cominardi e altri n. 5-11541, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dall'Osso, Chimienti.

  L'interrogazione a risposta orale Lacquaniti n. 3-03067, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Martelli, Carra, Zanin, Franco Bordo, Piras.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta Commissione Cominardi n. 5-11541, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 811 dell'8 giugno 2017.

   COMINARDI, CIPRINI, LOMBARDI, DALL'OSSO e CHIMIENTI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ripetutamente il tema della precarietà dei ricercatori italiani e del continuo espatrio all'estero assurge alle cronache dimostrando come i lavoratori della conoscenza continuino a scontare le gravi inefficienze delle politiche pubbliche messe in atto dai Governi che stanno condannando l'Italia non solo a perdere attrattività verso l'estero, ma soprattutto a perdere risorse umane, investimenti e ricchezza. Tali criticità sono emerse anche di recente, in occasione della giornata della ricerca, svoltasi il 23 maggio 2017;
   solo a titolo esemplificativo si segnalano due casi tipici del «cervello in fuga»: quello di Benedetta Bodini, under 40, vincitrice del premio Rita Levi Montalcini 2017, attualmente impiegata presso l'Institut du Cerveau et de la Moelle épinière di Parigi e quello del «cervello rimasto in Italia» Elena Jachetti, 34enne, immunologa dell'Istituto nazionale dei tumori che ha ricevuto il premio giovane ricercatore condannato alla precarietà o, ancor peggio alla disoccupazione;
   dal dato delle borse di ricerca assegnate dallo European Research Council emerge che nell'anno 2016 su oltre trecento ricerche sovvenzionate, per un ammontare di 650 milioni di euro, appena quattordici sono state svolte in Italia, eppure al di fuori del nostro Paese sono quasi il doppio, venticinque, le borse assegnate a ricercatori italiani espatriati. I ricercatori italiani, inoltre, risultano essere tra quelli con maggiori pubblicazioni scientifiche sul piano internazionale e sempre secondo gli indici di rilevazione della qualità scientifica nel 2014 erano ben otto gli italiani presenti tra i primi 400 del mondo;
   secondo quanto riportato dal Corriere della sera del 30 maggio, i quattro Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico della Lombardia mostrano dati rilevanti: oltre 38 mila pazienti affetti da gravi patologie tumorali, cardiovascolari, neurologiche e infettive, oltre 1.600 progetti clinici in un anno e quasi 2.800 pubblicazioni complessive. A fare da contraltare a questi dati ci sono quelli sui precari in ciascun ente: il 57 per cento all'Istituto nazionale dei tumori, il 42 per cento all'Istituto neurologico Besta, oltre il 34 per cento al Policlinico di Milano e il 26 per cento al San Matteo di Pavia. Una problematica che, come denunciato dal coordinatore dei direttori scientifici, Giuseppe Ippolito, interessa tutti i 21 Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico d'Italia;
   ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, adottato in attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), i contratti di collaborazione in essere al 31 dicembre 2015 avrebbero dovuto essere trasformati in contratti di lavoro subordinato a partire dal primo gennaio 2016. Una disposizione che, pur se condivisibile in linea di principio, nei fatti si è dimostrata debole, con una efficacia a tempo che ha dimostrato presto i limiti e le molteplici problematiche connesse. Problematiche che ricadono in primo luogo sui lavoratori e in subordine sui datori di lavoro ingenerando sull'intero mercato del lavoro effetti negativi;
   ai limiti concreti della richiamata disposizione si è cercato di dare soluzione, in via del tutto marginale e incompleta, con ben tre distinti interventi nel corso del 2016: in particolare, con l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 244 del 2016 si è disposto che le pubbliche amministrazioni possono ricorrere ai contratti flessibili fino al 31 dicembre 2017. Per tale termine è stata poi disposta una espressa deroga, ai sensi dell'articolo 1, comma 410, legge n. 232 del 2016, per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli Istituti zooprofilattici sperimentali che, con riguardo al personale addetto alla ricerca in servizio alla data del 31 dicembre 2016, possono ricorrere ai contratti flessibili anche dopo il primo gennaio 2018;
   si tratta di una «non soluzione» che oggi conduce ricercatori di qualità a denunciare il paradosso della propria condizione: premiati, stimati e apprezzati scienziati, ridotti nei fatti ad uno status di continua precarietà grazie a un sistema e a una normativa che lasciano due opzioni: continuare in deroga una collaborazione, con una precarietà a tempo indeterminato, o perdere il lavoro;
   le disposizioni contenute nel cosiddetto Jobs Act, e le successive modificazioni, stanno conducendo il mercato del lavoro, in particolare nella ricerca scientifica, a espellere i lavoratori invece che premiarli e valorizzarli –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se e quali iniziative intenda adottare per tutelare figure strategiche come quelle dei lavoratori della conoscenza, salvaguardandone l'occupazione e al tempo stesso valorizzandone le competenze. (5-11541)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-10816 del 14 marzo 2017;
   interpellanza urgente Rizzetto n. 2-01814 del 26 maggio 2017;
   interpellanza urgente Vignali n. 2-01819 del 29 maggio 2017.