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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 13 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la scienza è chiara: il 97 per cento degli scienziati concorda sul fatto che i cambiamenti climatici in atto sono determinati dall'attività umana e in particolare dall'uso dei combustibili fossili e cioè carbone, petrolio e gas in ordine di inquinamento che producono;
    è la stessa comunità scientifica a ritenere necessario contenere entro 1,5 gradi l'aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale e in ogni caso non superare la soglia dei 2 gradi di aumento della temperatura media globale oltre la quale, secondo gli scienziati dell'Ipcc, organismo che risponde all'Onu, si verificheranno effetti catastrofici nel pianeta come scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello dei mari, desertificazione, eventi meteorologici estremi;
    l'umanità sta già subendo i drammatici impatti di un aumento della temperatura media globale pari a 1 grado ed è ormai stata superata l'ennesima soglia critica di 410 parti per milione di CO2 in atmosfera che ci avvicina drammaticamente alla barriera dei 2 gradi di aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
    i cambiamenti climatici sono tra le più grandi minacce alla sicurezza globale perché possono portare, soprattutto per il venire meno delle risorse naturali necessarie alla sopravvivenza, ad un aumento del rischio dei conflitti e ad una maggiore instabilità in diverse regioni; inoltre, i cambiamenti climatici, di nuovo per il venire meno delle risorse naturali, possono determinare spostamenti di popolazioni e provocare quindi, secondo le stime dell'Unhcr, l'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, 250 milioni di rifugiati ambientali entro il 2050;
    l'accordo di Parigi sul clima, raggiunto il 12 dicembre 2015 da 195 Paesi nell'ambito della Cop 21 ed entrato in vigore il 4 novembre 2016 in anticipo rispetto a quanto previsto grazie alla rapidità delle ratifiche da parte degli Stati aderenti, definisce, all'articolo 2, l'obiettivo da raggiungere nel contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale puntando a contenere l'aumento entro un grado e mezzo e con esso a garantire il processo di monitoraggio e revisione periodica degli obiettivi necessario a indirizzare i singoli contributi nazionali determinati volontariamente verso l'obiettivo condiviso di ridurre le emissioni climalteranti in modo da rimanere ben al di sotto di 2 gradi di aumento e di puntare a 1,5 gradi;
    l'accordo di Parigi realizza per la prima volta l'impegno congiunto di Paesi industrializzati, di quelli in rapida crescita e di quelli in via di sviluppo e, unito all'agenda di sviluppo sostenibile al 2030, definisce una cornice entro la quale assicurare la trasformazione dell'economia verso uno sviluppo a bassissimo impatto di carbonio e il rispetto della giustizia ambientale e della dignità di ogni essere umano;
    all'uscita dall'accordo di Parigi annunciata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump è seguito un rinnovato impegno della comunità internazionale guidato in particolare dall'Unione europea e dalla Cina per l'attuazione di quanto previsto dall'accordo per il clima; immediata è stata la dichiarazione congiunta da parte dei Capi di Stato e di Governo di Italia, Francia e Germania per ribadire l'irreversibilità e la centralità dell'accordo di Parigi;
    per l'attuazione dell'accordo di Parigi è decisiva la trasformazione dell'energia con l'abbandono dei combustibili fossili a favore della energia pulita, visto che dall'energia e dai suoi usi finali dipendono due terzi delle emissioni di gas clima alteranti; di particolare importanza è la definizione di un abbandono graduale del carbone dal quale deriva il 40 percento della energia prodotta ma oltre il 70 per cento delle emissioni di gas serra;
    è dunque di particolare rilievo la definizione da parte del Governo della nuova strategia energetica nazionale che sarà integrata al piano clima-energia e dovrà assicurare il rispetto degli obiettivi europei già definiti nel pacchetto clima energia al 2030 approvato nell'ottobre 2014 nel semestre di turno di presidenza italiana e insieme delineare uno scenario di più ampio respiro verso il 2050 per assicurare il rispetto degli obiettivi condivisi a Parigi con target di riduzione delle emissioni di gas serra più ambiziosi;
    decisivi sono anche lo sviluppo della mobilità sostenibile, l'affermazione di un modello di economia circolare, le politiche per rendere le città sempre più intelligenti e resilienti, così come le politiche per la decarbonizzazione in ogni settore economico;
    l'impegno nella lotta ai cambiamenti climatici è una sfida che deve vedere uniti i Governi, le istituzioni politiche a tutti i livelli, le forze economiche e sociali, le associazioni, i cittadini perché riguarda il futuro stesso del pianeta e le condizioni di vita nostre e delle generazioni future,

impegna il Governo:

1)  ad assumere iniziative per essere protagonista, anche rafforzando e sostenendo il ruolo dell'Unione europea, nell'attuazione dell'accordo di Parigi sul clima, promuovendo alleanze con altri Stati che condividono gli obiettivi di decarbonizzazione;
2)  a definire e attuare le politiche necessarie alla riduzione delle emissioni di gas serra per rispettare gli impegni contenuti nell'accordo di Parigi per il clima e a promuovere ogni azione utile in ambito internazionale per assicurare l'attuazione dell'accordo stesso;
3)  a definire la Strategia energetica nazionale in coerenza con il «piano clima energia» rispettare gli obiettivi assunti con il pacchetto clima energia 2030 a livello europeo e definire uno scenario al 2050 che consenta il rispetto degli obiettivi di contenimento dell'aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2o e di puntare a 1o e mezzo come previsto nell'accordo di Parigi;
4)  a promuovere politiche volte a migliorare l'efficienza energetica anche con strumenti nuovi, che si affianchino agli incentivi rilevanti già previsti con l'ultima legge di bilancio, come l'istituzione di un fondo di garanzia che possa sostenere e favorire gli investimenti delle famiglie per interventi di ampia scala negli edifici privati;
5)  a promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili favorendo una maggiore semplificazione e uniformità delle procedure amministrative e puntando sulla auto-produzione con una distribuzione equa degli oneri di sistema;
6)  a promuovere tutti gli investimenti necessari per l'adeguamento delle reti di distribuzione dell'energia in modo da consentire il pieno sviluppo delle fonti rinnovabili;
7)  a promuovere, con gli strumenti opportuni, l'innovazione tecnologica, in particolare nei settori decisivi per favorire l'energia pulita e la decarbonizzazione, come lo sviluppo degli accumuli e delle batterie;
8)  a promuovere la sostituzione graduale al 2025 del carbone nella produzione di elettricità con combustibili fossili meno inquinanti, come il gas o le fonti di energia pulita;
9)  a sostenere, in sede europea e nelle forme opportune, il processo di riforma del sistema di scambio delle quote di emissione (Ets) per assicurare la definizione di un prezzo del carbonio adeguato a favorire la transizione verso forme di energia pulita;
10) a promuovere la mobilità sostenibile aumentando del 30 per cento la quota di popolazione servita dall'alta velocità, migliorando il trasporto per i pendolari, aumentando il trasporto ferroviario delle merci del 50 per cento al 2021 e puntando sulla mobilità ciclo-pedonale e sul miglioramento del trasporto pubblico nella mobilità urbana; ad assumere iniziative per dare impulso alla diffusione dei veicoli elettrici e ibridi anche rafforzando le infrastrutture dedicate a tale scopo e a incentivare il rinnovo del parco auto con vetture più efficienti e con minori emissioni;
11) a sostenere il processo di transizione verso un modello di economia circolare, in coerenza con il pacchetto di misure in via di definizione a livello europeo, che punti su un uso più efficiente delle risorse, sulla riduzione degli sprechi e della produzione di rifiuti, sul recupero di materia ed energia e sulla creazione di nuova occupazione nei settori dell'economia verde;
12) a promuovere politiche che rendano le città sempre più intelligenti e resilienti con l'adozione delle necessarie azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
13) a promuovere un'agricoltura sempre più sostenibile e di qualità che contribuisca, insieme ad una gestione attenta del territorio e a politiche di forestazione, al contrasto dei cambiamenti climatici e all'adattamento;
14) a promuovere tutte le opportunità di creazione di nuova occupazione che si aprono con la trasformazione dell'economia attuale in una economia a bassissimo impatto di carbonio.
(1-01643) «Stella Bianchi, Braga, Borghi, Realacci, Bergonzi, Bratti, Carrescia, Cominelli, De Menech, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini».


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione ambientale e sanitaria della provincia di Brescia presenta criticità peculiari e necessita, quindi, di un'attenzione e di interventi da parte delle istituzioni nazionali;
    il territorio bresciano, segnato da troppi anni di sottovalutazione del problema ambientale, potrebbe diventare a livello nazionale un laboratorio per sperimentare buone pratiche di bonifica, per risanare l'ambiente e ricostruire un territorio nel segno della legalità e della tutela dell'ambiente;
    la provincia di Brescia è tra le aree nazionali una di quelle di più antica industrializzazione ed è la terza a livello europeo per intensità di imprese industriali che vi operano. Per questa ragione ha subito le conseguenze e le eredità di un'industria pesante che ha operato senza le necessarie norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Una situazione che ha generato benessere economico, ma anche gravi danni alla salute delle persone e dell'ambiente;
    alle situazioni industriali pregresse, come dimostrato dalle numerose indagini delle forze dell'ordine – concluse e in corso – si è aggiunto un allarmante fenomeno di illegalità diffusa che ha visto il territorio bresciano terra di azione della criminalità organizzata e delle ecomafie: dai traffici di rifiuti, alle discariche illegali, fino agli interramenti di rifiuti tossici;
    nella relazione conclusiva della scorsa legislatura della Commissione bicamerale d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nell'intero capitolo dedicato alla provincia di Brescia vengono analizzati numerosi aspetti critici: dalle indagini della procura di Brescia relative all'autostrada Bre.Be.Mi, alle problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti industriali, dalla proliferazione delle cave e dal connesso problema delle discariche di rifiuti speciali, alla critica situazione del comune di Montichiari dei comuni limitrofi, dalle difficili situazioni delle discariche e dell'utilizzo delle scorie, alla situazione delle bonifiche a cominciare dal sito inquinato di interesse nazionale (Sin) della Caffaro e dallo stato della contaminazione;
    sempre sulla situazione della Caffaro il terzo rapporto dello studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, indica Brescia come la città con la maggior incidenza dei tumori rispetto alla media del Nord Italia;
    sempre grazie alle analisi dell'incidenza oncologica e dei ricoverati, a Brescia nell'area della Caffaro sono stati osservati eccessi per le sedi tumorali che la valutazione della IARC del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella, linfomi non-Hodgkin) con i Pcb (policlorobifenili), principali contaminanti nel sito;
    lo studio epidemiologico condotto dalla Ats di Brescia di analisi di mortalità nel quartiere S. Polo di Brescia nel periodo 2004-2008 ha evidenziato nella popolazione maschile eccessi di mortalità per il tumore alla vescica e per malattie respiratorie non tumorali, in particolare per le polmoniti, rispetto ai tassi rilevati nei residenti nel resto del comune di Brescia. Nelle donne si è rilevato un eccesso di mortalità, rispetto ai valori attesi, per il tumore al fegato e per la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). Infine, per quanto riguarda le malattie respiratorie non tumorali, si osserva un eccesso di morti per queste patologie in entrambi i sessi e, in particolare, per le polmoniti negli uomini (17 morti verso 9 morti attese) e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nelle donne (14 morti osservate verso circa 7 attese), tra i residenti a S. Polo rispetto al resto della città;
    vanno poi ricordati i territori di Vighizzolo e Montichiari che hanno quotidianamente a che fare con l'emergenza «cattivi odori» che ha portato anche al ricovero di alunni delle elementari. Una situazione che si va ad aggiungere a quella delle discariche con 11 siti abusivi e 11 autorizzati (di cui 4 ancora in gestione e 7 in post gestione), oltre che una richiesta in sospeso in regione per una discarica di amianto di oltre 1 milione di metri quadrati rifiuti e due ampliamenti. Una situazione molto rischiosa per la salute degli abitanti della zona e dell'ambiente, denunciata da anni dalle associazioni ambientaliste, dai comitati di cittadini e dai genitori degli alunni;
    non risulta ancora adottato il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, ai sensi dell'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di cui l'articolo 2, comma 4-ter, del decreto-legge n. 136 del 2013 prevedeva l'adozione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione;
    ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, sarebbe necessario valutare l'introduzione di un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma anche le altre ricadute ambientali e gli impatti cumulativi, attraverso una modifica al comma 1 dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, nell'ambito delle competenze statali concernenti l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, tenga conto in particolare del fattore di pressione per le discariche, inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
    sarebbe, altresì, necessario subordinare la realizzazione di nuovi impianti o ampliamento di impianti esistenti finalizzati allo smaltimento dei rifiuti ad una concreta diminuzione del fattore di pressione come definito nel precedente capoverso,

impegna il Governo:

1) ad adottare al più presto il regolamento citato in premessa, relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento;
2) ad assumere iniziative per stanziare le risorse per avviare, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa), nella provincia di Brescia la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, come emerso dalle indagini e dalle segnalazioni delle agenzie ambientali e delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, e fine della classificazione degli stessi in base al grado di contaminazione;
3) a promuovere un aggiornamento dello studio Sentieri, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (ISS), avviando nella provincia di Brescia indagini epidemiologiche sullo statuto di salute della popolazione a partire da quella maggiormente esposta come emerso dalle indagini delle agenzie ambientali e dell'azienda di tutela della salute di Brescia;
4) a definire, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopracitate e prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, per quanto di competenza, necessarie alla sua attuazione;
5) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma sia inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
6) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta diminuzione del predetto fattore di pressione;
7) a valutare l'opportunità di promuovere forme di coinvolgimento delle popolazioni interessate dalla realizzazione d nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, anche nella forma del dibattito pubblico, sulla scorta di quanto prevede l'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini.
(1-01644) «Sberna, Cominelli, Alberti, Lacquaniti, Bazoli, Berlinghieri, Romele, Sorial, Basilio, Borghesi, Cominardi, Gitti, Caparini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VII e X,
   premesso che:
    la «Richard – Ginori» è un'azienda famosa in tutto il mondo per la porcellana, la cui produzione è ancora localizzata a Sesto Fiorentino (Firenze), nonostante la fusione avvenuta col gruppo industriale del milanese Augusto Richard, risalente al 1896, e deve la sua origine alla «Manifattura di Doccia», fondata nel 1735 dal marchese Carlo Ginori nella frazione di Doccia (Pontassieve);
    l'azienda, dopo anni di attivo e costante crescita del prodotto, ha subito un duro fallimento, apparentemente risolto grazie al concorso delle istituzioni (nazionali e locali), dei sindacati e grazie all'interesse dei nuovi proprietari, sia per il rilancio della stessa, sia per l'importanza dell'area in cui è ubicata;
    accanto all'azienda sorge, infatti, l'antico museo di Doccia, museo di fabbrica che espone capolavori creati nella manifattura dal 1600 ad oggi, considerato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il più antico museo d'impresa d'Europa;
    il 18 maggio 2017 è stata inaugurata a Firenze una mostra dedicata alla produzione artistica della celebre manifattura Richard Ginori e, nel percorso espositivo al Museo nazionale del Bargello (attivo dal 18 maggio al 1o ottobre 2017) saranno visibili le più importanti sculture prodotte nel primo periodo dalla celebre manifattura, insieme ad opere della collezione permanente del museo, per raccontare al grande pubblico un capitolo straordinario della produzione scultorea fiorentina;
    la mostra ha, però, anche un altro scopo, altrettanto importante: quello di riaprire il dibattito tra istituzioni ed opinione pubblica (nazionale ed internazionale) sulle sorti dello stesso museo di Doccia che è chiuso oramai dal maggio 2014 ed il cui destino resta ancora un interrogativo;
    nella struttura che ospita il museo ci piove dentro, le vetrine di legno si gonfiano e si rischiano conseguenze drammatiche ed il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, in occasione del «G7 Cultura» tenutosi a Firenze il 30 marzo 2017, ha confermato che, entro l'estate (luglio probabilmente), ci sarà l'acquisizione del museo da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo stesso attraverso la «legge Guttuso», che consente la conversione in opere d'arte dei crediti fiscali vantati verso l'azienda, e in parte con l'esborso di fondi pubblici;
    le difficoltà attuali per il marchio Richard – Ginori partono da lontano, ovvero dal dicembre del 2004, quando la società proprietaria della fabbrica all'epoca, la «Pagnossin srl», costituì un'altra società, la «Ginori Real Estate Spa», alla quale cedette la proprietà immobiliare dello stabilimento, circa 130.000 metri quadrati;
    la nuova società rimase indebitata per 21 milioni di euro e venne messa in liquidazione nel 2009 con tre istituti di credito: Unicredit, Popolare di Vicenza e Banca nazionale del lavoro, attuali proprietari dei terreni e degli immobili in cui opera la fabbrica;
    nel gennaio del 2013 anche la società «Richard Ginori 1735» fallisce e viene rilevata, a maggio del 2013, dalla Holding francese «Kering», (la stessa che detiene marchi di lusso italiani, come Gucci, Bottega Veneta e Pomellato);
    i 260 lavoratori, le istituzioni e la proprietà non riescono da allora a trovare un accordo con le banche – alle quali si è aggiunta) ad inizio 2017 la «DoBank» – per l'acquisto della parte immobiliare;
    il rischio che incombe è che la proprietà sia costretta a spostare la produzione da Sesto Fiorentino ad altra ubicazione, in assenza di accordi, lasciando incompleto e abbandonato a sé stesso lo storico museo;
    fino a pochi mesi fa la vicenda sembrava avviata ad una rapida e positiva soluzione, invece, ad oggi, la nuova proprietà non ha ancora riacquisito la titolarità dei terreni su cui sorgono lo stabilimento e il museo, e nonostante, nei mesi scorsi, sembrava raggiunto un accordo con le tre banche creditrici a seguito della liquidazione del 2009, formalizzato a dicembre 2016 in una proposta d'acquisto;
    purtroppo, Unicredit, come precedentemente accennato, col fine di realizzare un'operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati da essa detenuti, ha ceduto alla banca Dobank la propria quota di credito legata ai terreni sopra menzionati;
    questo ha complicato notevolmente l’iter, mettendo a rischio la conclusione del percorso di rilancio della storica azienda, di salvaguardia delle competenze, delle conoscenze artigianali e manifatturiere di centinaia di lavoratori;
    la nuova proprietà, infatti, prima di procedere agli investimenti necessari al rilancio dell'azienda, intende assicurarsi, a quanto risulta ai presentatori del presente atto, oltre ogni ragionevole dubbio, l'acquisizione della proprietà dei terreni su cui l'azienda e il museo sorgono;
    il 26 aprile 2017 si è svolto, presso il Ministero dello sviluppo economico, un incontro tra la nuova proprietà e gli istituti di credito in questione (incontro aggiornato successivamente a maggio 2017) che ha sostanzialmente lasciato inalterato lo stato dell'arte della vicenda e dal quale non sembrano emergere alternative che ne preannuncino una risoluzione favorevole,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative di competenza per promuovere e perseguire una favorevole risoluzione della vicenda, di chiaro interesse pubblico, culturale, sociale ed economico;
   a valutare la possibilità di adottare opportune iniziative di competenza per sbloccare la trattativa tra la storica azienda e le banche creditrici che possiedono il terreno dove sorgono la manifattura ed il museo, condizione necessaria per la permanenza o meno dello stabilimento a Sesto Fiorentino (Firenze), e nell'area adiacente al museo;
   a dar seguito a quanto dichiarato pubblicamente dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, in occasione del «G7 Cultura» tenutosi a Firenze, sull'acquisizione del museo da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo stesso e agli investimenti annunciati per il rilancio e la riqualificazione di tutta l'area;
   ad adottare tutte le iniziative di competenza per scongiurare il rischio che l'intera operazione di rilancio possa essere destabilizzata da pretese di soggetti privati che vadano a ledere l'interesse pubblico.
(7-01283) «Palmieri, Polidori, Bergamini».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici COP 21 i 196 Stati partecipanti hanno sottoscritto un accordo per la riduzione delle emissioni come parte del metodo per la riduzione dei gas serra;
    nel documento di 12 pagine i membri hanno concordato di ridurre la loro produzione di ossido di carbonio «il più presto possibile» e di fare del loro meglio per mantenere il riscaldamento globale «ben al di sotto di 2 oC» in più rispetto ai livelli pre-industriali;
    gli impegni dell'accordo non sono giuridicamente vincolanti per i contraenti e non lo saranno fino a quando almeno 55 Paesi che producono oltre il 55 per cento dei gas serra non avranno ratificato l'accordo;
    l'Unione europea ha recepito gli obiettivi del protocollo di Kyoto e si appresta a dare seguito agli impegni di Parigi principalmente con il sistema Emission trading scheme (ETS) che fissa un tetto massimo alle emissioni, a livello di impianti produttivi localizzati nel territorio europeo, e consente ai partecipanti di acquistare e vendere quote di emissione secondo le loro necessità all'interno di tale limite;
    l'assenza di disposizioni vincolanti nell'accordo di Parigi ha prodotto squilibri nella concorrenza sul piano mondiale, poiché alcune aree del mondo non competono sul mercato mondiale con regole uniformi a quelle europee. Tale situazione rischia di aggravarsi ulteriormente a seguito della denuncia formale degli accordi sul clima da parte della amministrazione statunitense, annunciata il 3 giugno 2017 dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump;
    tra le varie asimmetrie competitive, una riguarda i diversi limiti alle emissioni e i diversi costi dei vettori energetici utilizzati nella produzione industriale;
    le emissioni di anidride carbonica sono divenute uno dei parametri della competitività produttiva, perché, se si usa energia altamente inquinante e a costo relativamente basso come il petrolio o il carbone, senza limiti derivanti da politiche ambientali, si ottiene un vantaggio competitivo rispetto a chi si approvvigiona con gas o con fonti rinnovabili. I bassi costi energetici producono costi di produzione più contenuti, maggiore competitività sul mercato e, di fatto, uno svantaggio per chi produce con un basso impatto di carbonio;
    la produzione industriale europea è gravemente penalizzata dal costo energetico e ambientale nei confronti dei competitori internazionali; a dimostrarlo sono le crescenti delocalizzazioni degli impianti e le percentuali dell'importazione di beni prodotti da nazioni ormai industrializzate, che sono, di fatto, anche dei «paradisi emissivi»;
    la bilancia commerciale europea, nel decennio 2002-2012, ha più che raddoppiato la propria negatività, importando 2,2 volte quello che importava all'inizio millennio; la Cina ha incrementato le proprie esportazioni del 459 per cento e la Russia del 253 per cento. La Cina, con quasi il doppio della popolazione congiunta di USA e Unione europea, rappresenta solo il 12 per cento delle importazioni mondiali;
    tendenzialmente, i Paesi industrializzati esportano nei Paesi in via di sviluppo percentuali significative di servizi, cioè attività con un basso impatto di inquinamento e beni prodotti con alti livelli di efficienza energetica e percentuali significative di fonti rinnovabili. Diversamente, importano soprattutto beni fabbricati da opifici non efficienti e che si approvvigionano con vettori energetici fossili: la Cina, ad esempio, produce oltre l'80 per cento della propria elettricità con il carbone;
    gli stessi produttori europei, pur continuando ad avere come sbocco il mercato continentale, scelgono di spostare i propri opifici in Paesi il cui costo dei lavoratori, i loro diritti, gli adempimenti amministrativi e di tassazione sono di molte volte inferiori a quelli europei, ma soprattutto dove la differenza di costi dell'energia crea un vantaggio competitivo sul costo finale del bene;
    l'Unione europea sta delocalizzando la produzione dei beni che le necessitano e i dati, apparentemente confortanti, in merito alla bassa intensità emissiva delle produzioni interne non compensano il suo declino produttivo;
    nel momento in cui si pongono limiti e obiettivi su un'area economica come l'Europa, è ovvio che vengano favoriti indirettamente comportamenti che basano la loro concorrenzialità sulla mancanza di tali limiti;
    la cosa meno evidente, e per taluni aspetti peggiore, è che, con questo trend economico, le attuali politiche europee sui vincoli ambientali premiano l'industria extra Unione europea e i consumatori europei di fatto incentivano l'aumento delle emissioni globali acquistando beni prodotti in aree ad alta intensità emissiva. Infatti, se per produrre un determinato bene si emette un chilogrammo di anidride carbonica, acquistando quel bene prodotto in un Paese al di fuori della Unione europea si emettono con buona approssimazione 2 chilogrammi di anidride carbonica;
    in altri termini, l'Europa sta adottando una politica basata sul sostegno delle economie emergenti anche attraverso l'acquisto di beni prodotti con l'utilizzo di vettori energetici inquinanti e a basso costo;
    occorre ripensare la competitività dell'industria europea alla luce di una perequazione dei costi energetici e ambientali: non attenuando i limiti ambientali, ma rifiutando di accogliere passivamente nel proprio mercato interno beni e materie che godono di un vantaggio competitivo basato su bassi costi energetici e bassi standard ambientali;
    tra i Paesi più virtuosi, quindi paradossalmente più colpiti, c’è proprio l'Italia che, con una leadership su efficienza energetica e produzione rinnovabile, vede i propri settori energivori, come acciaio, carta, cantieri navali, vetro e alluminio, perdere costantemente competitività sul mercato mondiale,

impegna il Governo

   ad assumere iniziative per individuare misure direttamente applicabili a livello nazionale che agiscano come leva di fiscalità ambientale tramite la modulazione delle aliquote Iva con l'obiettivo, non di aumentare il gettito fiscale, ma di incentivare le produzioni più pulite e disincentivare le altre, a prescindere da dove i beni vengano prodotti;
   ad adottare iniziative presso le competenti sedi europee al fine di superare l’Emission trading scheme e di introdurre un'imposta sull'intensità carbonica dei prodotti, da applicare in modo non discriminatorio sia ai prodotti dell'Unione europea che a quelli importati, sulla base del contenuto di anidride carbonica emesso per la produzione di tali beni, in modo da riconoscere i meriti ambientali delle produzioni manifatturiere dell'Unione europea senza discriminare quelle extra Unione europea che rispettano gli stessi standard ambientali, innescando così un meccanismo virtuoso di miglioramento della qualità ambientale dei prodotti e accelerando il raggiungimento degli obiettivi globali di decarbonizzazione.
(7-01285) «Zoggia, Zaccagnini».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la legge 21 dicembre 1999, n. 508, ha istituito il sistema dell'alta formazione artistica e specializzazione artistica e musicale (Afam), del quale fanno parte le accademie di belle arti, gli istituti superiori di studi musicali e coreutici, comprendenti i conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli istituti musicali pareggiati, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA);
    la predetta legge definisce le istituzioni Afam come sedi primarie di alta formazione, di specializzazione, di ricerca e di produzione nel settore artistico e musicale, dotate di personalità giuridica e di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile;
    la medesima legge riforma inoltre gli ordinamenti didattici delle istituzioni Afam e stabilisce che ad esse si acceda solo dopo il completamento della scuola secondaria di secondo grado e che esse rilascino diplomi accademici di primo e secondo livello al termine dei relativi corsi accademici, rinviando ad un successivo regolamento i criteri generali per l'istituzione e l'attivazione dei corsi e per i relativi ordinamenti didattici, regolamento da emanarsi ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla base dei princìpi e criteri direttivi elencati nell'articolo 2, comma 8, della legge n. 508 del 1999;
    tale regolamento è stato poi emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, ma si è limitato a dettare le norme relative agli ordinamenti didattici, rinviando ad un atto successivo, mai emanato, quelle relative all'istituzione e all'attivazione dei corsi di studio;
    l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 stabilisce, in parallelo alla normativa universitaria e in accordo con il cosiddetto «processo di Bologna» attuato nell'Unione europea, che i corsi accademici di primo e di secondo livello siano in serie tra loro e che la loro durata sia, rispettivamente, triennale per quelli di primo livello e biennale per quelli di secondo;
    l'articolo 5, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005, pur in mancanza delle norme regolamentari sull'istituzione e attivazione dei corsi accademici, ha stabilito che presso le istituzioni Afam, potessero essere regolarmente istituiti e attivati corsi di diploma di primo livello mediante trasformazione dei corsi già attivati, anche in forma sperimentale, previa autorizzazione del Ministero;
    per quanto riguarda invece i corsi di diploma di secondo livello, l'articolo 5, comma 4, ne autorizza l'attivazione ma esclusivamente in via sperimentale, nelle more che sia emanato il regolamento sull'istituzione e attivazione dei corsi previsto dalla legge n. 508 del 1999;
    l'articolo 2, comma 5, della legge n. 508 del 1999 stabiliva che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono dichiarate le equipollenze tra i titoli di studio rilasciati dalle istituzioni Afam e i titoli di studio universitari, al fine esclusivo dell'ammissione ai pubblici concorsi per l'accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso;
    non essendo mai stato emanato tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è nuovamente intervenuto il legislatore che, con l'articolo 1, commi 102 e 103, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha determinato l'equipollenza dei diplomi Afam di primo livello con le lauree universitarie e dei diplomi Afam di secondo livello con le lauree magistrali, naturalmente al fine esclusivo dell'ammissione ai pubblici concorsi per l'accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso;
    al fine di superare la mancata attivazione in via ordinaria dei corsi di diploma di secondo livello, protrattasi dal 2005 a tutt'oggi, il comma 104 del sopra citato articolo 1 della legge n. 228 del 2012 ha stabilito che le istituzioni Afam dovessero concludere la procedura di messa a ordinamento di tutti i corsi accademici di secondo livello, ma questa previsione, a distanza di quasi cinque anni dall'approvazione della legge, non è stata finora rispettata in assenza di indicazioni del Ministero riguardo ai criteri da rispettare per gli ordinamenti didattici dei corsi accademici di secondo livello;
    l'unica eccezione alla mancata messa a ordinamento dei corsi accademici di secondo livello è costituita da quelli di didattica della musica e dello strumento, istituiti dal decreto ministeriale 28 settembre 2007, n. 137, in seguito riordinati dal decreto ministeriale 8 novembre 2011, da attivare in conservatori sedi di dipartimenti di didattica della musica, i cui ordinamenti didattici erano stati determinati nelle tabelle 8 e 9 allegate al decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249;
    l'articolo 2, comma 4, del sopra citato decreto ministeriale 8 novembre 2011 stabilisce, in accordo con la normativa allora vigente, che i corsi accademici di secondo livello di didattica della musica e dello strumento abbiano accesso a numero programmato nel «rispetto della programmazione in ambito regionale del fabbisogno di personale docente delle istituzioni scolastiche e dei contingenti stabiliti per ciascuna classe di abilitazione»;
    sarebbe necessario e urgente un rinnovato impegno governativo per completare l'attuazione della riforma dettata dalla legge n. 508 del 1999 la quale, pur riguardando il settore artistico e musicale in cui l'Italia gioca un indiscusso ruolo storico di primo piano a livello internazionale e attira molti studenti e artisti da tutte le parti del mondo, manca ancora, a distanza di oltre diciassette anni dalla emanazione, di molti strumenti operativi e attuativi tra i quali, in particolare, si menzionano i regolamenti su: l'istituzione e l'attivazione dei corsi accademici; i requisiti di qualificazione didattica, scientifica e artistica dei docenti nonché le procedure di reclutamento del personale; le procedure, i tempi e le modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica nel settore Afam; la valutazione dell'attività delle istituzioni Afam;
    sono ormai molte migliaia coloro che hanno conseguito un diploma accademico di secondo livello, ma, a causa della mancata messa a ordinamento dei relativi corsi, non dispongono ancora di un titolo di studio equipollente ad una laurea magistrale, contrariamente a quanto disposto dalla legge n. 228 del 2012, pur essendo ampiamente scaduto il periodo previsto per l'adeguamento dei regolamenti didattici;
    con l'emanazione del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, è stata profondamente modificata la disciplina riguardante la formazione e l'accesso al ruolo degli insegnanti di scuola secondaria per cui non sussiste più la necessità di programmare gli accessi ai corsi accademici di didattica della musica e dello strumento,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per completare nel più breve tempo possibile la procedura di messa a ordinamento dei corsi accademici di secondo livello presso le istituzioni Afam, provvedendo a rendere ordinamentali tutti i corsi attualmente attivati;
   ad adottare iniziative per completare, di conseguenza, le procedure per l'equipollenza dei diplomi accademici di secondo livello con la laurea magistrale, ai sensi dell'articolo 1, comma 104, della legge n. 228 del 2012;
   ad assumere iniziative per avviare, contestualmente, una solida e accurata procedura di accreditamento che permetta di adeguare la qualità di questi corsi alle migliori esperienze nazionali e internazionali e di disattivare i corsi che eventualmente non superino positivamente la procedura di accreditamento;
   ad adottare le iniziative di competenza per autorizzare l'attivazione, sin dall'anno accademico 2017/18, dei bienni accademici di secondo livello di didattica della musica e dello strumento presso i conservatori sedi di dipartimento di didattica della musica, sulla base degli ordinamenti introdotti dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 e senza la necessità di accesso a numero programmato correlato al fabbisogno di docenti della scuola secondaria.
(7-01282) «Ghizzoni, Coscia, Crimi, Bonaccorsi, Carocci, Manzi, Rocchi, Malisani, D'Ottavio, Iori, Dallai, Malpezzi, Blazina, Narduolo, Ascani, Pes».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    appare quanto mai urgente introdurre nuove disposizioni nel codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, in forza delle quali diventi obbligatorio adottare un sistema di allarme che segnali la presenza del bambino nel seggiolino del veicolo e scongiuri possibili e inspiegabili tragedie, come quella accaduta a Castelfranco di Sopra (Arezzo), che ha visto la morte di una neonata di soli 18 mesi;
    una ricerca condotta da Gene Weingarten, giornalista del Washington Post, spiega che questo tipo di misfatti sono aumentati dagli anni ’90 (dal 1998 a oggi più di 600 piccole vittime nel mondo, il 90 per cento sotto i 3 anni di età): da quando la diffusione dell’airbag anteriore lato passeggero – che oggigiorno è disattivabile sulla maggior parte delle auto – ha spinto gli automobilisti a posizionare i seggiolini dei propri pargoli sul divanetto posteriore della vettura, spesso al di fuori del campo visivo del genitore. Ad aggravare la situazione ci sono anche altri fattori di rischio, come il bambino che si addormenta e «sparisce» acusticamente dall'attenzione di genitori sempre più alle prese con le frenesie, gli stress e la mancanza di riposo tipici della società moderna. Amnesia dissociativa, dicono gli esperti;
    contro gli abbandoni involontari viene in aiuto anche la tecnologia: proprio recentemente l'app per smartphone di «Waze», il GPS social di Google (studiato per evitare il traffico grazie ai feedback della comunità di utenti più numerosa al mondo), è stata arricchita di una funzione gratuita di «Promemoria bimbo in auto»; si tratta di una notifica accompagnata da un segnale sonoro che ricorda al guidatore di controllare con cura l'abitacolo una volta giunti a destinazione. Il suo obiettivo è quello di sostituirsi idealmente alla voce di chi sta dormendo o giocando nel seggiolino posteriore (ma è utile anche per salvaguardare gli animali). Per usufruirne è sufficiente abilitare la ricezione dei promemoria nel menù delle impostazioni (impostazioni, impostazioni avanzate, generale, promemoria bimbo in auto);
    ma la prima applicazione al mondo nata per aiutare i genitori a scongiurare il suddetto pericolo si chiama «Infant Reminder» ed è stata ideata dal messinese Giuseppe Ferrito: è totalmente gratuita e, oltre a funzioni simili a quelle di Waze, permette anche di inviare Sms e email di promemoria precedentemente memorizzati, oltreché allarmi sonori e visivi durante il tragitto pianificato col GPS e all'arrivo a destinazione. «Kars4Kids Safety» invece collega lo smartphone al sistema infotelematico dell'auto e lancia un avviso sonoro quando la connessione si interrompe per ricordare a chi sta scendendo dall'auto il prezioso carico sul divanetto posteriore,

impegna il Governo

a valutare di assumere iniziative urgenti, anche normative, volte alla modifica del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, al fine di dotare il parco auto circolante in Italia di dispositivi di allarme anti-abbandono.
(7-01284) «Franco Bordo, Melilla, Mognato, Folino».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nella campagna 2015/2016 in Europa sono state importate 1.335.702 tonnellate di riso lavorato (con un aumento del 65 per cento rispetto alla campagna 2008/2009 e del 14 per cento rispetto a quella 2014/2015) delle quali 369.678 tonnellate dai Paesi meno avanzati (Pma) (con un aumento del 7 per cento rispetto alle 345.969 tonnellate della campagna 2014/2015), di cui il 20 per cento proveniente unicamente dalla Cambogia, primo fornitore di riso dell'Unione europea;
   l'Italia, primo produttore di riso in Europa, ha un territorio di 234.300 ettari, con 140 varietà di riso e circa 1.500.000 tonnellate di prodotto. La Lombardia ed il Piemonte rappresentano, rispettivamente, il 50 e 43 per cento della superficie coltivata a riso in Italia. Nella filiera operano 4.265 aziende risicole, con una estensione media di 55 ettari, e gli addetti al settore sono circa 5.000. Le industrie risiere sono circa 100, delle quali 6 detengono complessivamente più del 50 per cento del mercato, il tutto per un volume di affari di circa 1 miliardo di euro;
   le importazioni dai Pma nel 2026 arriveranno a coprire il 50 per cento dell’import dell'Unione europea totale. La concorrenza del riso asiatico è particolarmente concentrata sulla varietà Indica e le importazioni crescenti (in particolare da Cambogia, India, Pakistan, Vietnam e Tailandia) stanno provocando lo spostamento delle semine verso la varietà Japonica, con gravi squilibri di mercato per entrambe le tipologie di prodotto;
   il sistema di preferenze tariffarie generalizzate (Spg), istituito nel 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo, è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda ad alcuni Paesi un accesso preferenziale al mercato interno, mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi, o perfino a dazio zero, all'importazione. L'Spg comprende un regime EBA (everything but arms) che concede l'accesso in esenzione da dazi e contingenti per tutti i prodotti importati, ad eccezione di armi e munizioni, dai Paesi meno sviluppati. Sono 49 i Paesi meno sviluppati che beneficiano del regime Eba per un periodo illimitato;
   l'Spg prevede meccanismi di sorveglianza e salvaguardia che permettono di ripristinare i normali dazi, qualora si verifichino determinate condizioni. Infatti, l'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate e che abroga il regolamento (CE) n. 732/2008 del Consiglio, prevede che «Qualora un prodotto originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali di cui all'articolo 1, paragrafo 2, sia importato in volumi e/o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell'Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti, i normali dazi della tariffa doganale comune possono essere ripristinati per detto prodotto». Inoltre, il regolamento prevede che in presenza di elementi che provano questo rischio, la Commissione europea avvia un'inchiesta e se è necessario può decidere di ristabilire i normali dazi delle tariffa doganale comune;
   nel 2014, il nostro Paese aveva avviato la procedura per la richiesta dell'attivazione della cosiddetta «clausola di salvaguardia», di cui all'articolo 22 del suddetto regolamento (UE) n. 978/2012, ma purtroppo questa richiesta è stata respinta senza tenere in considerazione gli enormi danni per il settore risicolo italiano;
   l’import di riso lavorato dai Paesi meno avanzati determina effetti negativi, che si concretizzano in una marcata riduzione delle superfici investite a riso;
   gli agricoltori, infatti, condizionati dai bassi prezzi di mercato a causa delle importazioni da Paesi terzi in esenzione di prelievo, hanno scelto di seminare in prevalenza varietà Japonica, riducendo quella Indica;
   i produttori italiani registrano una forte caduta dei margini reddituali della coltivazione, con un mai tanto forte approssimarsi del limite di abbandono della coltivazione di riso;
   il riso importato da questi Paesi, oltre ad essere esente da dazi, non è neppure soggetto a tutta una serie di regole fondamentali per la commercializzazione in Italia;
   il sistema rapido di allerta per gli alimenti e i mangimi europei (Rasff), istituito in ambito europeo per la notifica in tempo reale dei rischi diretti o indiretti per a salute dei consumatori connessi all'uso di alimenti o mangimi, nel 2016 in Europa ha segnalato ben 12 allerte sanitarie da contaminazione per riso e prodotti a base di riso, provenienti da Paesi extra comunitari;
   nelle partite fuorilegge sono state riscontrate più presenze irregolari e pericolose per la salute dei consumatori: antiparassitari, aflatossine cancerogene o altre tossine oltre i limiti, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti e presenza di Ogm proibiti in Italia e in Europa;
   quello che preoccupa e penalizza gli operatori della filiera risicola è anche la mancanza di trasparenza in etichetta sull'origine del riso, che, pur se non essenziale all'economia generale del settore, partecipa a rendere il quadro complessivo gravissimo;
   il regolamento (UE) n. 1169/2011, entrato in vigore a partire dal 13 dicembre 2014, relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori, richiama esplicitamente quali debbono essere i principi guida e la tipologia di informazioni che gli operatori devono adottare relativamente agli alimenti commercializzati;
   l'inserimento dell'indicazione obbligatoria in etichetta dell'origine del riso – le norme attuali prevedono solo l'obbligo di indicazione del Paese di confezionamento – è una forma di tutela fondamentale per i consumatori, che devono poter conoscere l'origine della materia prima, così da poter identificare il riso « Made in Italy» e fare una scelta consapevole durante l'acquisto, ma è anche una tutela per i risicoltori italiani;
    il 13 aprile 2017 si è riunito il tavolo di filiera del riso dove sono stati analizzati: l'andamento del mercato del settore del riso e la crisi dei prezzi. Il Ministro Martina, in quella sede, ha annunciato una serie di misure volte a tutelare il reddito dei produttori agricoli del riso e la valorizzazione delle produzioni italiane, in particolare, prevedendo, tra l'altro, l'inserimento in etichetta dell'origine del riso e la richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia;
   sembra che il Governo abbia inviato per l'esame alla Commissione europea i decreti dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico per l'introduzione in Italia dell'obbligo di indicazione della materia prima per riso e grano per la pasta, che dovrebbe avere le stesse caratteristiche di quanto stabilito nel decreto interministeriale sui prodotti lattiero-caseari entrato in vigore il 19 aprile 2017,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative affinché la Commissione europea consenta l'attivazione della «clausola di salvaguardia», prevista dall'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012, per il ripristino dei dazi doganali verso i Paesi meno avanzati;
2) ad attivarsi in sede europea, allo scopo di fissare regole reciproche di importazione tra gli Stati membri dell'Unione europea e i Paesi terzi in ambito fitosanitario e commerciale, al fine di favorire un mercato trasparente e controllato anche alla luce delle diverse allerte sanitarie da contaminazione per riso e prodotti a base di riso riscontrate nel 2016;
3) a fornire ai competenti organi parlamentari ogni utile elemento circa il contenuto del decreto interministeriale per l'introduzione in Italia dell'obbligo di indicazione della materia prima per il riso nonché ad assumere iniziative affinché la Commissione europea dia anche per questo decreto il «via libera» come è avvenuto per quello sul latte e i prodotti lattiero-caseari, al fine di tutelare la salute dei consumatori e preservare e valorizzare il riso « made in Italy».
(7-01286) «Fedriga, Simonetti, Guidesi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   la Sacal spa è a capitale misto, il cui 54,72 per cento delle azioni è detenuto da enti pubblici e il rimanente da investitori privati;
   la recente operazione della procura della Repubblica di Lamezia Terme denominata «Eumenidi» ha svelato che gestori della società erano e sono sottoposti a indagini per varie ipotesi di reato;
   per conseguenza tutti gli indagati si sono dimessi dai propri incarichi;
   l'ultima assemblea dei soci Sacal ha nominato i cinque componenti che nel prossimo triennio faranno parte del consiglio di amministrazione, ovvero il dottor Arturo De Felice, l'ingegner Manlio Guadagnuolo, il dottor Marziale Battaglia, i signori Renato e Adele Caruso;
   il designato dottor De Felice è stato successivamente eletto presidente della società;
   la designazione effettuata in rappresentanza del socio pubblico regione Calabria sembra – a parere degli interpellanti – essersi svolta in contrasto con le regole di cui si è dotata la regione stessa con proprio regolamento, vigente, approvato il 17 marzo 2013 e secondo il quale, ex articolo 4, «le nomine e le designazioni di cui all'articolo 1 sono effettuate previa pubblicazione di un avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria e sul sito istituzionale della Regione», non avvenuta nel caso di specie;
   ulteriore violazione sembrerebbe ravvisarsi nella composizione di genere del nuovo consiglio d'amministrazione, in quanto la legge n. 120 del 12 luglio 2011 e il regolamento attuativo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251, prescrivono per le società controllate da pubbliche amministrazioni che «la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, ove a composizione collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo»;
   in difformità da quanto previsto, nella fattispecie, i tre rappresentanti dei soci pubblici appartengono, tutti, al genere maschile;
   l'articolo 4, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012, prevede, quindi, che in caso di inosservanza delle suddette norme, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità, diffidino la società a ripristinare l'equilibrio tra i generi entro sessanta giorni e, in caso di perdurante inadempienza, decorso inutilmente un nuovo termine di pari lunghezza, «i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si provvede alla ricostituzione dell'organo nei modi e nei termini previsti dalla legge e dallo statuto» –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con gli enti territoriali interessati, il Governo intenda assumere in ordine al pieno rispetto della normativa vigente con riguardo all'organizzazione di Sacal e di analoghe realtà.
(2-01834) «Nesci, Dieni, Parentela, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Toninelli, Dell'Orco».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il 23 maggio 2017 è stato approvato con modalità di dubbia legittimità il piano delle esercitazioni militari del prossimo semestre con un vero e proprio «blitz» Contro la Sardegna e contro le istituzioni sarde;
   i generali del Ministero della difesa, componenti del Comitato misto paritetico per le servitù militari, hanno approvato in assenza del numero legale e di tutti i rappresentanti della regione il piano delle esercitazioni del prossimo semestre;
   tale grave situazione si evince anche dalla nota ufficiale trasmessa il 6 giugno 2017 a tutte le autorità preposte dai componenti regionali del Comipa;
   si tratta di un fatto di una gravità inaudita e senza precedenti;
   l'atto compiuto conferma, a giudizio dell'interpellante, la spregiudicatezza di questi apparati dello Stato che appaiono totalmente irrispettosi delle più elementari regole istituzionali e giuridiche;
   aver approvato il piano delle esercitazioni in assenza di tutta la componente regionale costituisce un precedente gravissimo nei rapporti tra Stato e regione;
   il comitato formato da 14 membri ha deliberato con soli 7 voti, anziché 8, e quindi con un voto nullo sotto ogni punto di vista;
   ad avviso dell'interpellante si registra un comportamento arrogante di questi generali e della Ministra che traspare da queste forzature inaudite è e che si aggiunge alla circostanza che il presidente delle regione appare totalmente inadeguato e incapace di far rispettare anche le più elementari regole comportamentali;
   si è dinanzi ad una spregiudicatezza dello Stato che calpesta ogni minima autonomia regionale sino a cancellare il valore stesso di un comitato misto paritetico che risulta già privo di strumenti decisionali vincolanti ma che con questo atto perde qualsiasi tipo di funzione;
   l'interpellante ha pubblicamente denunciato tale situazione chiedendo l'immediato annullamento del provvedimento;
   si registra il vergognoso silenzio delle istituzioni tutte e della stessa presidenza della regione costituendo di fatto il più grave avallo a quanto è accaduto;
   i componenti regionali hanno messo nero su bianco, con un documento inviato a Governo e regione, la violazione messa in atto dal presidente del Comipa, generale Pintus;
   si tratta di un generale che, secondo l'interpellante, ha con spregiudicatezza sostanzialmente disatteso il dettato statutario e costituzionale e della stessa norma che disciplina il Comipa;
   si è trattato di un gesto ad avviso dell'interpellante di fatto avallato dalla Ministra della difesa e che i rappresentanti ministeriali hanno compiuto senza tentennamenti calpestando l'autonomia della regione e il patto di lealtà tra istituzioni;
   non vi era nessuna ragione per approvare in quella seduta il programma delle esercitazioni e se i delegati regionali avevano ritenuto di non partecipare era evidente che ci fosse una ragione di fondo;
   queste nuove esercitazioni approvate con modalità di dubbia legittimità, fuori dal contesto autorizzato e negoziato, costituiscono secondo l'interpellante nuove gravissime decisioni unilaterali del Ministero della difesa contro la Sardegna;
   si è dinanzi ad una regione incapace di imporre qualsiasi tipo regola e che, ad avviso dell'interpellante, subisce silenziosamente tutto quello che il Ministro della difesa decide con l'acquiescenza del presidente della regione;
   è semplicemente inaccettabile che lo Stato faccia in Sardegna quello che vuole;
   questo governo regionale non è stato in grado per l'interpellante di tutelare e negoziare la dismissione delle esercitazioni cruente e devastanti;
   non ci possono essere esercitazioni illegittime sia sul piano giuridico che sostanziale;
   è incredibile il carattere, a giudizio dell'interpellante autoritario, delle decisioni del Ministero della difesa che agisce ancora una volta senza coinvolgere, anzi escludendo, la regione, che del resto non ha assunto alcuna minima azione di contrasto su questo atteggiamento «padronale» verso la Sardegna –:
   se non ritengano di dover assumere iniziative per revocare immediatamente il provvedimento adottato;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per revocare l'incarico a coloro che hanno violato le più elementari regole comportamentali e di lealtà istituzionale verso la regione Sardegna;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per bloccare ogni genere di esercitazione e indire una nuova conferenza sulle servitù militari per definire la dismissione dei poligoni dove si sono verificate gravi violazioni ambientali che hanno mettono a rischio la stessa incolumità dei militari;
   se non ritengano di dover promuovere un piano organico, compiuto e finanziato per la bonifica dei territori con la garanzia di attivare processi concreti di riconversione di tali aree funzionalmente anche alle nuove esigenze di sicurezza civile.
(2-01837) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna agricola è in ginocchio da nord a sud;
    si registrano bacini idrici a secco, sono inutilizzate le connessioni esistenti, sono fermi i collegamenti mancanti tra le dighe del nord e del sud;
   nel nord della Sardegna gli invasi del Temo, del Cuga e del Bidighinzu sono al 25 per cento della capacità di invaso, nel Sulcis iglesiente la diga di Punta Gennarta ad Iglesias è al 18 per cento mentre Medau Zirimillis al 30 per cento;
   nella piana della Nurra l'acqua è razionata tre volte alla settimana nonostante gli agricoltori avessero avuto assicurazioni per le colture estive come il mais, dal 1° aprile al 31 agosto. Si stima una perdita di almeno il 40 per cento delle produzioni;
   nel Sulcis gli agricoltori non hanno potuto nemmeno seminare il mais, perché manca ancora il piano irriguo che, secondo l'interrogante vergognosamente, il consorzio e la rione non hanno ancora approvato;
   si è dinanzi ad una gestione scandalosa della risorsa idrica sia per la scarsa o inattendibile pianificazione sia per la superficialità con la quale ci si rapporta al sistema agricolo;
   manca sia la gestione ordinaria che quella strategica della risorsa idrica. Governo e regione devono avviare le procedure urgenti per dichiarare lo stato d'emergenza e pagare i danni di questa gravissima gestione della risorsa idrica;
   è indispensabile che venga sottoposto al Consiglio dei ministri il provvedimento per la dichiarazione di stato di calamità naturale;
   si rischiano danni rilevanti in tutta la Sardegna e anche in alcune zone interne la mancata pianificazione delle risorse idriche sta provocando danni rilevanti;
   tutto questo accade nonostante anche quest'anno siano stati riversati in mare milioni e milioni di metri cubi d'acqua;
   la mancanza di programmazione ha generato un deficit nella gestione ordinaria ma ancor peggio sul piano strategico;
   da 14 anni a questa parte è stato bloccato quel grande progetto di interconnessione dei bacini idrici che aveva consentito di collegare i due più grandi bacini idrografici della Sardegna, il Tirso con il Flumendosa e il sud dell'isola tra Cagliari e le aree minerarie dell'iglesiente;
   il caso del Sulcis è emblematico: nonostante esista il collegamento bidirezionale tra la diga di Genna is Abis, piena, con tutti i comprensori irrigui del Cixerri, si continua a non dare l'acqua a migliaia di aziende agricole impedendogli anche la programmazione estiva delle coltivazioni;
   il consorzio del Cixerri avrebbe approvato solo qualche giorno fa il piano irriguo con gravissimo ritardo e lo avrebbe trasmesso alla regione che dal canto suo non lo ha ancora approvato;
   il caso della Nurra è altrettanto emblematico. Nonostante fossero stati assegnati i quantitativi d'acqua per le colture estive, le restrizioni imposte dal consorzio della Nurra stanno mettendo sul lastrico tantissime aziende che avevano fatto affidamento proprio sulla pianificazione preannunciata;
   il Governo deve immediatamente valutare lo stato di calamità e nel contempo occorre attivare le interconnessioni esistenti a partire dalla diga di Genna is Abis con il comprensorio irriguo del Sulcis e del Cixerri;
   il fatto che le aree in crisi siano quelle non connesse tra loro dimostra l'esigenza di far ripartire le opere in grado di collegare i bacini;
   si tratta di un piano strategico bloccato da troppo tempo e che deve ripartire immediatamente senza perdere altre occasioni per lo sviluppo agricolo e non solo della Sardegna –:
   se non intendano assumere le iniziative di competenza per la dichiarazione dello stato di emergenza nelle aree colpite dalla siccità in Sardegna;
   se non intendano assumere iniziative, in considerazione delle esigenza infrastrutturali dell'isola, per finanziare un piano straordinario volto a far fronte all'emergenza idrica per collegare i diversi bacini idrografici della Sardegna ancora non connessi;
   se non intendano assumere iniziative per reperire le risorse necessarie a risarcire i danni causati dalla siccità al mondo delle campagne. (5-11556)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta all'interrogante nella giornata del 9 giugno 2017 si è registrato dal porto canale di Cagliari, per l'occasione deserto, il passaggio di un nuovo carico di bombe che durante la stessa notte ha lasciato lo scalo merci di Cagliari verso l'Arabia Saudita;
   si è trattato dell'ennesima operazione condotta con la massima riservatezza, nel sostanziale silenzio dello Stato italiano, iniziata all'alba e conclusasi nella notte del 9 giugno poco dopo le 23,00;
   per portar via dalla Sardegna quel carico di esplosivo è stata fatta arrivare una nave apposita, l'ennesima;
   i reali sauditi stanno acquisendo un arsenale senza precedenti destinato a destabilizzare una delle aree più delicate del mondo;
   si tratta di bombe, come si rileva dai siti internazionali specializzati, utilizzate contro gli ospedali dello Yemen che continuano ad uccidere migliaia di civili e bambini;
   la gigantesca nave araba la Bahri Jedda ha attraverso i mari dall'Arabia Saudita sino a Cagliari per caricare oltre 2.000 ordigni, a quanto consta all'interrogante, prodotti da un'impresa tedesca in agro di Domusnovas;
   si tratterebbe di un carico da 14 container issati a bordo con la supervisione di tecnici, addetti alla vigilanza e vigili del fuoco come ampiamente documentato dall'interrogante;
   l'operazione di carico ha avuto inizio alle 18,00 e si è conclusa nella nottata quando la nave container ha preso il largo;
   si tratta di un carico di morte senza precedenti, nonostante tutti i richiami dell'Onu a fermare questa devastante guerra dei sauditi contro la popolazione yemenita;
   i vigili del fuoco hanno presidiato sin dal pomeriggio ogni manovra dentro il porto terminal di Cagliari;
   l'interrogante ha pubblicato le immagini delle operazioni del carico di morte, dello schieramento della sicurezza e della nave saudita sui propri profili facebook;
   si è trattato dell'ennesimo «blitz» italo-saudita pianificato in ogni dettaglio;
   tale ulteriore trasporto, ad avviso dell'interrogante, non può essere stato pianificato ed organizzato senza il sostanziale avallo del Governo; va peraltro considerato che, recentemente, esponenti del Governo hanno incontrato le autorità del Governo saudita;
   risulta inoltre che imprese italiane abbiano ottenuto la licenza per esportare armi in Arabia Saudita; si rileva anche che le autorità italiane consentono di fatto ad imprese tedesche di produrre bombe in Italia e di trasportarle in Arabia Saudita, benché la stessa Germania ufficialmente condanni il regime saudita;
   si tratta di affari in cambio di strumenti di morte;
   si tratta ancora una volta dell'alleanza dei ricchi contro i poveri. La ricca Germania sfrutta la povertà di un territorio, il Sulcis, per produrre armi micidiali e rivenderle ai ricchi dell'Arabia Saudita, che poi le scaricano sui poveri dello Yemen;
   le micidiali serie Mk, made in Sardinia, prodotte dalla RWM e caricate a Cagliari ora sono in viaggio verso l'Arabia Saudita;
   resta il tema del lavoro legato a questa fabbrica di morte;
   occorrono leggi e provvedimenti ad hoc perché nessuno perda un solo posto di lavoro;
   occorre un provvedimento per garantire la ricollocazione dei lavoratori impegnati in queste nefaste produzioni;
   l'area mineraria in cui sorge la fabbrica costituisce uno degli esempi di degrado ambientale legato alla crisi mineraria;
   occorrono progetti seri e urgenti di bonifica per ricollocare quei lavoratori –:
   se non ritenga di chiarire che tipo di autorizzazioni il Governo abbia dato per quello che l'interrogante giudica un nuovo carico di morte;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per interrompere questo trasporto in virtù delle leggi italiane che lo vietano, della condanna dell'Onu rispetto al conflitto in Yemen e delle possibili collusioni esistenti nella regione saudita con Al Qaida. (5-11557)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 novembre 2016, alla presenza del Presidente del Consiglio precedentemente in carica, Matteo Renzi, sono state firmate tutte le convenzioni attuative inerenti ai settantasette interventi previsti nel «Masterplan Abruzzo – patti per il Sud», che rappresenta lo strumento predisposto al fine di favorire un rilancio economico della regione;
   con una successiva delibera della giunta regionale abruzzese n. 864 del 20 dicembre 2016, sono state approvate le sopra citate convenzioni tra la regione Abruzzo ed i diversi soggetti attuatori – comprensivi dei relativi importi economici – per procedere alla concreta attuazione, entro l'anno 2017, delle misure ivi previste, ossia:
    realizzazione del centro di eccellenza per la vista;
    realizzazione della rete irrigua dell'intera piana del Fucino – 50 milioni di euro;
    valorizzazione dell'ex ospedale psichiatrico di Collemaggio – 10 milioni di euro;
    valorizzazione di villa Torlonia e del parco Torlonia – 4,7 milioni di euro;
     mobilità multimodale dell'area Alto Sangro, completamento del centro turistico integrato di Castel di Sangro – 28,5 milioni di euro;
    bacino sciistico di Ovindoli – Magnolia – 10 milioni di euro;
    completamento degli interventi sul porto di Ortona e prolungamento della diga sud – 40,5 milioni di euro;
    messa in sicurezza permanente del SIR di Chieti scalo e Saline Alento – 10 milioni di euro;
    realizzazione del parcheggio antistante la stazione ferroviaria – 12 milioni di euro;
    intervento di valorizzazione dell'ex manicomio di Teramo 35 milioni di euro;
   si sono apprese da diverse fonti giornalistiche le ripetute rassicuranti dichiarazioni da parte del presidente della giunta regionale, Luciano D'Alfonso, in merito alle diverse verifiche concernenti gli interventi previsti nel citato masterplan Abruzzo che sono state effettuate negli ultimi tempi, nonché la volontà di mettere in atto iniziative improntate al rilancio della realtà amministrativa abruzzese –:
   se il Governo intenda fornire una puntuale rappresentazione dello stato attuale degli interventi sopracitati, e in che modo intenda, per quanto di competenza, monitorare, con precisione, l'attuazione dei menzionati programmi al fine di favorire la realizzazione e scongiurare dilazioni temporali che, se sottovalutate, potrebbero vanificare il significato e gli scopi perseguiti dal masterplan Abruzzo.
(4-16897)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 dicembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 275, riporta che «entro il 30 aprile di ogni anno, la Fondazione Articolo 34, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, bandisce almeno 400 borse di studio nazionali, ciascuna del valore di 15.000 euro annuali, destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, al fine di favorirne l'immatricolazione e la frequenza a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, nelle Università statali, o a corsi di diploma accademico di I livello, nelle istituzioni statali dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, aventi sedi anche differenti dalla residenza anagrafica del nucleo familiare dello studente»;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 2 giugno 2017, ha ricordato come «il 30 aprile sia passato ma il bando non si è visto e così nemmeno le 400 borse di studio che erano state annunciate da Palazzo Chigi. Manca tutto, anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto dare avvio ad una cabina di regia che aveva il compito di attivare le procedure per l'emanazione del bando e procedere all'assegnazione delle borse di studio. Una cabina che sarebbe decaduta automaticamente al momento della nomina dell'organo di amministrazione della Fondazione»;
   il quotidiano ha evidenziato come «erano destinate agli studenti meritevoli ma privi di mezzi, iscritti all'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, con un Isee inferiore ed uguale a ventimila euro e medie di voti almeno di 8/10 in tutte le materie negli scrutini finali del penultimo e terzultimo anno della scuola e in quelli intermedi dell'ultimo anno. Un bell'aiuto per i ragazzi vincitori che dopo l'immatricolazione avrebbero ricevuto la cifra in rate semestrali»;
   «Tutto rinviato. Al Ministero dell'Istruzione alzano le mani le 400 borse di studio previste arriveranno appena verrà insediata la cabina di regia e verrà fatto pertanto il decreto previsto. Per quest'anno i finanziamenti non vanno persi ma sono andati nel fondo per il diritto allo studio con informativa del Ministero agli organismi di rappresentanza degli studenti che sono stati tempestivamente informati»;
   infine, «sui soldi che verranno attribuiti alla Fondazione, ci sono già polemiche». Elisa Marchetti dell'Unione degli Universitari ha spiegato che «per gestire 400 borse di studio sono previsti tre milioni di euro per il funzionamento. Quante persone devono impiegare ? Siamo di fronte ad una spesa non giustificata» –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Governo intenda chiarire le tempistiche necessarie per l'istituzione della cabina di regia con il compito di emanare il bando e procedere all'assegnazione delle borse di studio;
   se intendano chiarire le modalità con cui saranno gestiti i fondi attribuiti all'associazione Articolo 34. (4-16901)


   BRIGNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 2 giugno 2017, presso l'Adriatic Arena di Pesaro, si svolgeva l'incontro di volley tra Iran e Italia – World League di Volley;
   Darya Safai, iraniana, ma esule in Belgio, è un'attivista che si batte per i diritti delle donne e che, nel 2014, ha fondato l'associazione « Let iranian women enter the stadiums» (lasciate entrare le iraniane negli stadi), poiché le donne iraniane, oltre all'imposizione del velo e ad altri diritti negati, sono soggette anche al divieto di seguire gli eventi sportivi negli stadi;
   Safai, a Pesaro, durante l'incontro di volley ha mostrato davanti alle telecamere presenti uno striscione con la scritta « Let iranian women enter the stadiums»;
   per le sue battaglie di civiltà in favore delle donne non è gradita dai dirigenti della pallavolo iraniana che hanno intimato al giudice internazionale di farla allontanare immediatamente dal palazzetto, pena il ritiro dei propri giocatori e quindi la conseguente sospensione della partita, poiché, a loro dire, le immagini trasmesse nel loro Paese sarebbero state «infangate» dalla scritta riportata sullo striscione;
   la richiesta di allontanamento da parte dei dirigenti iraniani attraverso il giudice internazionale, sarebbe stata di fatto accolta dalla federazione internazionale di volley;
   pertanto la polizia in servizio intimava alla Safai di rimuovere lo striscione che teneva tra le mani, ma dopo circa trenta minuti, non riuscendo a persuaderla, la polizia ha rimosso lo striscione e identificato l'attivista –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e di quali ulteriori informazioni disponga su quanto occorso all'Adriatic Arena di Pesaro durante la partita di volley, Italia-Iran;
   considerato che il gesto della Safai ad avviso dell'interrogante non rientrava nel divieto previsto dalle organizzazioni sportive in merito all'esposizione di scritte o slogan politici, religiosi o personali, trattandosi piuttosto di messaggio volto alla tutela di diritti umani, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per esprimere il sostegno del mondo sportivo italiano alla Safi, per le sue battaglie di civiltà ed, eventualmente, valutare la possibilità di assumere ogni altra iniziativa di competenza per il superamento di un divieto sessista, discriminatorio e di negazione dei diritti umani imposto dall'Iran nei confronti delle donne;
   quali iniziative si intendano assumere per promuovere, anche nell'ambito delle attività sportive, il principio della pari dignità tra uomo e donna e per evitare ogni forma di discriminazione fondata sul genere. (4-16917)


   FEDRIGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   su proposta del prefetto di Udine, Vittorio Zappalorto, il 2 giugno 2017 è stato conferito il cavalierato della Repubblica a sette sindaci friulani;
   i sette sindaci friulani – Monica Bertolini di Campoformido, Daniele Chiarvesio di Fagagna, Franco Menegon di Enemonzo, Romano Polonia di Villa Santina, Igor Treleani di Santa Maria la Longa, Nicola Turello di Pozzuolo e Andrea Venchiarutti di Magnano in Riviera – sarebbero stati proposti per il cavalierato della Repubblica in ragione della presenza nei rispettivi comuni di centri d'accoglienza per migranti irregolari richiedenti asilo o altra forma di tutela internazionale;
   la circostanza ha determinato reazioni di segno negativo che hanno coinvolto anche numerosi sindaci preposti all'amministrazione di altri comuni friulani;
   in particolare, commentando la decisione del prefetto di Udine ed esprimendo un punto di vista largamente diffuso tra i suoi concittadini, il sindaco di Tarvisio, Renato Carlantoni, ha sottolineato come riconoscimenti di questa natura spettino agli operatori della Protezione Civile, piuttosto che ad esponenti politici;
   altri amministratori locali e primi cittadini hanno altresì evidenziato come l'attribuzione dei cavalierati abbia generato la diffusa sensazione che esistano emergenze giudicate politicamente più importanti di altre, ricordando inoltre come siano finora mancati riconoscimenti paragonabili in favore dei sindaci che hanno gestito la ricostruzione post-terremoto del Friuli Venezia Giulia, malgrado la ricorrenza del quarantesimo anniversario delle scosse del 1976 avesse offerto l'anno scorso l'occasione per attribuirne –:
   se la proposta di conferire il cavalierato della Repubblica sia stata effettivamente avanzata sulla sola base della disponibilità dimostrata dai sette sindaci decorati ad ospitare dei centri di accoglienza sul territorio dei rispettivi comuni;
   se la scelta fatta dal Governo in questa circostanza non rappresenti una forma di misconoscimento dei meriti degli altri sindaci, che fronteggiano ogni giorno emergenze di non minore importanza con risorse umane e materiali decrescenti. (4-16925)


   OCCHIUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile del 2014 i consigli comunali di Trenta, Casole Bruzio, Pedace, Spezzano Piccolo e Serra Pedace hanno deliberato all'unanimità l'intenzione di indire un referendum consultivo per la fusione in un unico comune;
   la legge della regione Calabria n. 13 del 1983, in vigore al momento delle suddette deliberazioni, all'articolo 44 prevedeva: «1. S'intende che il parere popolare su quanto sottoposto a referendum sia favorevole qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e la maggioranza dei voti validamente espressi sia a favore della proposta. 2. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale di proclamazione del risultato della votazione da parte dell'ufficio regionale per il referendum, dispone la pubblicazione dei risultati nel Bollettino Ufficiale della Regione»;
   l'articolo 1 della legge della regione Calabria n. 9 del 2016 ha modificato l'articolo 44 così: «1. Salve le ipotesi indicate al successivo comma 2, s'intende che il parere popolare su quanto sottoposto a referendum sia favorevole qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e la maggioranza dei voti validamente espressi sia a favore della proposta. 2. Nelle ipotesi di referendum consultivo obbligatorio disciplinate dall'articolo 40, la proposta referendaria si intende accolta nel caso in cui la maggioranza dei voti complessivi dell'intero bacino elettorale validamente espressi sia favorevole alla medesima, anche qualora non abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto. 3. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale di proclamazione del risultato della votazione da parte dell'ufficio regionale per il referendum, dispone la pubblicazione dei risultati nel Bollettino Ufficiale della Regione»;
   il referendum (marzo 2017) ha visto prevalere il sì sul no in 4 dei 5 comuni (a Casole Bruzio di 8 voti), mentre a Spezzano Piccolo ha prevalso il no (481 a 471 voti);
   il 4 maggio 2017 il consiglio regionale della Calabria ha approvato la legge regionale n. 11 del 2017 istitutiva del nuovo municipio della presila cosentina (Casali del Manco) che accorperà in un unico soggetto istituzionale i cinque comuni, in totale spregio del diniego di Spezzano Piccolo all'annessione;
   la legge istitutiva risulta ad avviso dell'interrogante di dubbia legittimità perché non ha tenuto conto della volontà popolare dei cittadini di Spezzano Piccolo e perché le norme regionali in materia di referendum consultivo, in vigore al momento delle delibere comunali (adottate nell'anno 2014), stabilivano che, alla fusione dei comuni si poteva procedere solo se al referendum avesse partecipato la maggioranza degli aventi diritto e, nella fattispecie, su 9.793 aventi diritto, i votanti sono stati solo 4.635 (47,32 per cento);
   in ogni caso, una legislazione regionale che non contempli la necessità di un quorum per la validità del referendum, in linea con quanto stabilito dall'articolo 75 della Costituzione, non appare rispondente ai principi costituzionali in materia e potrebbe pertanto essere oggetto di valutazione da parte del Governo ai fini della promozione della questione di legittimità costituzionale;
   i cittadini di Spezzano Piccolo hanno comunicato ai media l'intenzione di contrastare in tutte le sedi l'annessione forzata, sia per l'espressione della volontà popolare, sia per l'inspiegabile e frettolosa decisione del consiglio regionale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda valutare se sussistano i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, avverso la legge della regione Calabria n. 11 del 2017. (4-16926)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


  RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il vertice dei Paesi del G7 svoltosi il 26 e il 27 maggio 2017 a Taormina non ha prodotto risultati soddisfacenti in ordine a nessuno dei quattro temi principali all'ordine del giorno: terrorismo, immigrazione, protezionismo commerciale e accordo sul clima di Parigi;
   sul terrorismo ci si è accontentati di quello che il Presidente del Consiglio dei ministri ha definito «un impegno comune» per sconfiggerlo e di un generico riferimento alla necessità che i social network più diffusi aumentino concretamente gli sforzi per bloccare la propaganda e l'attività di proselitismo via web;
   per quanto riguarda la questione dei migranti, questione centrale per il nostro Paese, il comunicato finale si limita a riaffermare «il diritto sovrano degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i loro confini e a stabilire politiche nel loro interesse nazionale e per la sicurezza nazionale», prescindendo completamente dal tema della prevenzione delle migrazioni attraverso il sostegno dei Paesi di origine;
   sul tema del cambiamento climatico il Presidente degli Stati Uniti non si è nemmeno pronunciato, chiedendo una settimana di tempo per confermare o meno la partecipazione agli accordi contro il cambiamento climatico siglati a Parigi nel 2015 e confermando una distanza profonda rispetto alle posizioni degli altri Stati del G7, unanimi nel sostenere il cosiddetto Cop 21 per evitare il surriscaldamento della terra;
   l'Italia è particolarmente esposta alle problematiche derivanti dai cambiamenti climatici, sia a causa della sua conformazione territoriale, sia a causa della fragilità che le deriva dalle problematiche legate al dissesto idrogeologico;
   infine, anche sul tema del protezionismo commerciale nell'ambito del G7 non si sono registrati particolari progressi rispetto alla posizione di chiusura americana e il comunicato non va oltre l'impegno di mantenere i mercati aperti e di combattere il protezionismo, respingendo al contempo tutte le pratiche commerciali sleali –:
   in che modo l'Italia intenda proseguire la propria azione sui temi esposti in premessa, visti gli scarsi risultati ottenuti nell'ambito del vertice di Taormina e in considerazione dell'estrema rilevanza in ambito nazionale delle questioni trattate.
(3-03071)

Interrogazione a risposta scritta:


   TRIPIEDI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, PESCO, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, FRUSONE, DALL'OSSO, VILLAROSA, ALBERTI, SPESSOTTO, SCAGLIUSI, GRANDE, DEL GROSSO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, ZOLEZZI, PARENTELA, GRILLO, LOREFICE, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CARINELLI, CANCELLERI, BUSTO, DE ROSA, D'UVA, D'AMBROSIO, DAGA, TONINELLI, BASILIO, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, COZZOLINO, LIUZZI, BARONI, DA VILLA, VALLASCAS, CRIPPA, DELLA VALLE, SIBILIA, CECCONI, BATTELLI, PETRAROLI, AGOSTINELLI, COLLETTI, LUIGI GALLO, MARZANA, FERRARESI, VIGNAROLI, CASO, MICILLO e TOFALO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Cristian Provvisionato, 43enne residente a Cornaredo (Milano) dal 1o settembre 2015 è trattenuto in Mauritania dalle autorità dello Stato. Dopo circa due settimane dal suo arrivo nel Paese, dove si era recato per conto della Vigilar Group, con sede a Milano, che lo aveva assunto a marzo 2015, società italiana che commercializza prodotti tecnologici per le intercettazioni e il controllo remoto di dispositivi elettronici, Provvisionato è tuttora trattenuto all'interno di un'accademia di polizia nella capitale Nouakchott;
   Provvisionato, di professione bodyguard, ad agosto 2015 fu contattato da Davide Castro, titolare insieme al padre Francesco della Vigilar Group, per partire in Mauritania e sostituire un esperto di open source intelligence, Leonida Reitano, che doveva rientrare in Italia. Provvisionato avrebbe dovuto partecipare ad un meeting con il governo locale per la presentazione della Wolf Intelligence, azienda tedesca dello stesso settore della Vigilar Group, il cui titolare è l'indiano Manish Kumar. Provvisionato, non avendo alcuna conoscenza nel campo del cyberspionaggio, venne rassicurato da Castro riguardo alla sua che sarebbe dovuta essere una presenza di facciata al meeting che però non si è mai tenuto. Dopo questo evento, Provvisionato è stato trattenuto dalle autorità mauritane senza alcuna reale motivazione;
   del tutto particolare risulta essere tutta la vicenda giuridica vissuta da Provvisionato. Solo dopo sei mesi dal suo arresto sarebbe stata formulata nei suoi confronti l'accusa di far parte di una banda internazionale finalizzata alla truffa informatica ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. A distanza di poco più di un anno, a quanto consta agli interroganti, tale accusa sarebbe stata annullata dal giudice che sta seguendo il caso e che ha portato Provvisionato ad essere, allo stato attuale, trattenuto in Mauritania senza alcun capo d'accusa. Provvisionato non è mai stato interrogato alla presenza di un avvocato e non è mai comparso davanti a una corte. I differenti avvocati difensori mauritani ed italiani che si sono susseguiti nel corso del tempo, hanno considerato la vicenda da loro seguita una sorta di scambio di ostaggi ed un sequestro di persona;
   destano particolari preoccupazioni le condizioni di salute di Provvisionato, da anni diabetico e che quindi necessita di insulina e medicinali specifici. Nel primi mesi di detenzione, Provvisionato ha perso 30 chili di peso. La madre di Cristian Provvisionato, la signora Doina Coman, insieme al marito si è recata a febbraio 2016 in Mauritania per andarlo a trovare, ma è stato riconosciuto dai genitori solo dopo essersi alzato in piedi a causa delle sue precarie condizioni di salute. I genitori hanno chiesto al Governo della Mauritania di rilasciare loro figlio quanto prima. Considerano sia necessario farlo perché ritengono sia innocente ma soprattutto perché le sue condizioni di salute si stanno rapidamente aggravando. I genitori hanno la convinzione che il figlio sia stato volutamente coinvolto in un'azione tesa a suo discapito;
   la madre di Provvisionato a fine aprile 2017 ha iniziato, partendo da Siena, una marcia verso Roma con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica;
   Cristian Provvisionato ha annunciato di voler iniziare dal 1o maggio 2017, nel caso non venga liberato prima di questa data, uno sciopero della fame come forma di protesta per la sua ingiusta detenzione;
   in data 26 aprile 2017, il Ministro interrogato ha incontrato a Roma la signora Coman per discutere della vicenda che coinvolge suo figlio;
   diverse sono state le missioni diplomatiche italiane in Mauritania allo scopo di individuare la miglior strada per liberare Provvisionato dalla sua prigionia. Gli interroganti ritengono che l'azione diplomatica svolta dai preposti rappresentanti istituzionali in Italia e in Marocco sia stata costante e molto intensa, ma poco concreta. Considerano necessario fare uno sforzo determinante per poter riportare al più presto in Italia il signor Cristian Provvisionato, soprattutto a causa del suo essere trattenuto, e quindi privato della libertà, senza alcun capo d'imputazione e per le sue condizioni di salute sempre più precarie –:
   se dalla Mauritania siano state trasmesse rogatorie e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano fornito le autorità italiane;
   nel caso siano state ricevute eventuali rogatorie dalle autorità italiane preposte, quali siano gli indicati attuali capi di imputazione per cui si sta trattenendo il signor Provvisionato in Mauritania e se il procedimento esistente riguardi solo Provvisionato o anche altri soggetti;
   riguardo alla vicenda, che vede coinvolto il sopracitato signor Provvisionato, se siano state avviate indagini dalla autorità giudiziaria italiana;
   nel caso sia stata ricevuta, quale sia la risposta alla rogatoria trasmessa dall'Italia e, in caso di mancata risposta, quali iniziative intenda intraprendere il Governo in merito;
   se dall'Italia siano state inviate rogatorie nei confronti della Germania o di altri dei Paesi coinvolti nella vicenda sopraindicata e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano dato le autorità straniere;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di assicurare le regolari cure in Mauritania per la patologia diabetica di cui soffre il signor Cristian Provvisionato che, se non curata adeguatamente, può portare a danni fisici permanenti;
   quali ulteriori iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo al fine di arrivare alla liberazione o alla richiesta di estradizione del signor Cristian Provvisionato, in funzione del fatto che quelle sinora adottate non hanno ancora sortito gli effetti sperati. (4-16900)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   intorno alle ore 10,30 del 7 giugno 2017 si è registrato un incendio di vastissime dimensioni in località Fusina nei pressi di Venezia;
   suddetto rogo si sarebbe sviluppato in un capannone dell'azienda Ecoricicli, società partecipata Veritas e che tratta rifiuti da riciclo;
   nell'azienda lavorano in tutto 50 addetti e 4 persone hanno dovuto ricorrere alle cure mediche causa intossicazione per le esalazioni dei materiali bruciati;
   i vigili del fuoco accorsi immediatamente con rinforzi anche da altri comandi hanno iniziato da subito le operazioni di messa in sicurezza dell'area;
   le operazioni di soccorso per il completo spegnimento e svuotamento del materiale residuo del capannone stanno proseguendo;
   è importantissimo procedere ad una attenta analisi della qualità dell'aria e verificare l'eventuale presenza di agenti inquinanti;
   il comune di Mira ha diramato una nota raccomandando di mantenere a scopo cautelativo le finestre chiuse e il sindaco di Venezia ha rassicurato attraverso i social circa la non pericolosità della situazione per la popolazione;
   occorre che intervengano subito tutti gli enti competenti –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere con celerità al fine di acquisire elementi sulla salubrità dell'aria e procedere al supporto delle iniziative finalizzate alla messa in sicurezza dell'area che ricade in un sito ampiamente sensibile dal punto di vista ambientale. (5-11550)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI, LOCATELLI e LO MONTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta si deve parlare dell'inquinamento e dei rischi per la salute e l'ambiente presenti nel lago di Vico, in provincia di Viterbo: è stata emessa un'ordinanza di divieto di balneazione dai comuni di Ronciglione e di Caprarola. L'Arpa, Agenzia regionale per l'ambiente, ha rivelato una presenza di cianobatteri superiore ai limiti consentiti dalla legge nel bacino;
   si ricorda che il lago, oltre a dover rispettare gli standard ordinari di qualità delle acque superficiali (obbligatori dal 31 dicembre 2008), è un'area protetta per specifiche destinazioni ai sensi della direttiva 2000/60/CE (come specificato nell'allegato 9 al decreto legislativo n. 152 del 2006), in quanto è acqua destinata al consumo umano, acqua destinata a specie acquatiche economicamente significative per la pesca ed è un corpo idrico utilizzato a scopo ricreativo (acque di balneazione);
   ma il rischio non è solo per la stagione turistica: in uno studio dell'Istituto superiore di sanità sui cianobatteri nelle acque destinate al consumo umano si legge: «L'eccessiva fertilizzazione dei bacini idrici ha portato allo sviluppo massiccio di alcuni organismi, quali cianobatteri e alghe, che nella fase massima della loro crescita causano le fioriture algali o algal bloom. La componente algale che incide maggiormente sulla frequenza di queste fioriture in acque dolci è costituita dai cianobatteri, tra cui le diverse specie produttrici di cianotossine rappresentano un serio pericolo, sia per l'uomo sia per gli animali»;
   il lago rappresenta la fonte primaria di approvvigionamento idrico dei comuni limitrofi, inoltre è collocato in un'area designata a livello europeo alla protezione degli habitat delle specie (direttiva 79/409/CE), è anche zona di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici, nonché ai sensi della direttiva 92/43/CE, che è relativa alla conservazione degli habitat, è Sito di importanza comunitaria IT6010024, ed infine è una riserva naturale regionale istituita con legge regionale al fine di «preservare l'equilibrio biologico del lago e l'effettiva potabilità delle sue acque»;
   sulla vicenda ha indagato anche la magistratura ed attualmente si sta svolgendo un procedimento nei confronti degli ex sindaci dei comuni sopra citati i cui capi di imputazione sono disastro colposo, omissione in atti di ufficio e somministrazione di acqua nociva –:
   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intenzione di assumere, per quanto di competenza, al fine di far fronte a questa grave emergenza ambientale e sanitaria per tutelare non solo l’habitat naturale, ma anche la salute dei cittadini nel rispetto delle norme nazionali ed europee. (4-16920)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALERIA VALENTE, MANFREDI, CARLONI, COCCIA, FAMIGLIETTI e PIRAS. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto internazionale di Napoli Capodichino, sito a ridosso del centro abitato cittadino, costituisce già di per sé un'eccezione urbanistica tra gli aeroporti internazionali italiani, con oltre 6 milioni di passeggeri ogni anno ed una posizione collocata in una zona ad alta densità abitativa che coinvolge la città di Napoli ed il suo popoloso hinterland;
   inoltre, la reggia di Capodimonte, con il suo prezioso parco ed una tra le collezioni museali di maggior rilievo nazionale, dista circa tre chilometri in linea d'aria dalla pista dell'aeroporto di Capodichino, risultando così esposta nello spazio aereo ad essa soprastante ad un intenso traffico aereo in fase di decollo e di atterraggio ed ai rischi di impatto ambientale che ne derivano;
   i rischi provenienti dall'esposizione al rumore dei siti circostanti lo scalo aeroportuale, compresi tra essi anche il museo di Capodimonte e la zona circostante, sono monitorati da apposite centraline di rilevamento che misurano il rumore prodotto dal traffico aereo in ottemperanza ai metodi disposti dalla normativa vigente (decreto ministeriale 31 ottobre 1997);
   inoltre, allo scopo di ridurre al minimo la pressione acustica verso il museo e gli edifici circostanti, la Gesac, società di gestione dell'aeroporto Napoli Capodichino, ha sviluppato per gli aeromobili in decollo verso Napoli una procedura antirumore che evita il sorvolo della reggia di Capodimonte e della città;
   le misurazioni dei livelli di esposizione al rumore condotte fino ad oggi da parte dell'ufficio servizio prevenzione e protezione del museo di Capodimonte, pur non mettendo in evidenza profili di rischio eccedenti la media consentita, ai sensi del capo II, titolo VIII, del decreto legislativo 81 del 2008, non hanno consentito un approfondimento su un arco temporale prolungato né sembrano in grado di pervenire ad analisi strumentali sufficientemente precise;
   inoltre, rispetto al periodo di bassa stagione, da novembre a marzo, il traffico aereo sullo scalo di Capodichino vede un sostanzioso incremento, sia in fase di decollo che in fase di arrivo, nel periodo di alta stagione, tra aprile e ottobre, e durante quest'ultimo periodo in particolare nei giorni tra il venerdì e il lunedì, a causa dell'elevata intensità del traffico a scopo turistico;
   soprattutto nei frequenti periodi di elevata offerta, l'esigenza di gestire la gran mole dei traffici aerei rischia di sottoporre anche il corridoio aereo Camaldoli/Capodimonte/Capodichino ad un eccezionale sfruttamento, da cui invece dovrebbe essere protetto secondo la procedura antirumore sopra citata –:
   se, per quanto riguarda il museo di Capodimonte, siano state predisposte o siano in previsione iniziative specifiche di indagine dirette a monitorare l'impatto del traffico aereo sulla conservazione del patrimonio della reggia, di quello museale e di quello naturalistico;
   se, con riferimento all'esposizione al rischio di rumore dell'area riferibile al corridoio aereo Camaldoli/Capodimonte/Capodichino, siano state previste procedure specifiche per un approfondimento più circostanziato e preciso, come ad esempio l'installazione di una stazione di rilevamento fonometrico che monitori le condizioni di rumore su un periodo di tempo complessivo più esteso e con una frequenza maggiore. (4-16912)


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto emanato dall'allora Ministro per i beni e le attività culturali Bondi ha istituito il tavolo nazionale per la promozione della musica popolare e amatoriale «Bande Musicali, Cori e Gruppi Folklorici»;
   sul territorio nazionale ci sono circa 5.500 bande musicali, 9.700 cori e 850 gruppi folklorici che, da un lato, sono intesi come espressione culturale tipica dei territori e, dall'altro lato, come bacini di aggregazione sociale e culturale che favoriscono relazioni tra diverse generazioni, sviluppano le attitudini alla conoscenza e all'esecuzione musicale, avvicinano un ampio pubblico alla fruizione della musica colta e valorizzano la ricca tradizione locale e regionale;
   in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, è stato registrato, da tre gruppi di musica popolare e amatoriale, un compact disc «Invito all'Ascolto,» presso l'istituto centrale dei beni sonori del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e pubblicato dalla direzione generale per i beni librari e inviato agli 8.107 sindaci d'Italia;
   il 18 gennaio 2011 alle ore 17,30, si sono riuniti i consigli o giunte comunali aperti, con i gruppi di musica popolare e amatoriale esistenti nei territori comunali per parlare della musica popolare e amatoriale dal 1861 ad oggi e, al termine dell'incontro, gli organi esecutivi hanno riconosciuto, con atti deliberativi, i gruppi di interesse comunale;
   il presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni, Giuliano Amato e l'allora Ministro Bondi, hanno firmato il riconoscimento di interesse nazionale per le bande, le corali e i gruppi folklorici in occasione della ricorrenza del Centocinquantesimo anno dell'Unità d'Italia, promosso dal tavolo nazionale per la musica popolare presieduto da Antonio Corsi, a cui è proseguita la consegna degli attestati con un percorso itinerante su tutte le Regioni d'Italia;
   il 1o dicembre 2011, su indicazione del nuovo Ministro, il capo di gabinetto, improvvisamente non ha rinnovato l'incarico ad Antonio Corsi interrompendo il proseguo dei lavori del tavolo nazionale per la musica popolare e amatoriale;
   alla richiesta di spiegazioni da parte di Antonio Corsi, in data 13 gennaio 2012 l'allora capo di gabinetto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha risposto: «(...) che non sussiste al momento alcun rapporto funzionale e lavorativo tra la S.V. e questa Amministrazione, Le confermo, al contempo, restando la disponibilità della Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo a mettere a disposizione alcune strutture per l'organizzazione di incontri inerenti manifestazioni dello spettacolo dal vivo» senza spese per l'amministrazione e con il fine esclusivo di collaborare allo sviluppo e alla promozione delle attività culturali;
   in data 28 febbraio 2012, presso la direzione generale dello spettacolo dal vivo, si è riunito il tavolo nazionale, che doveva approvare un corposo e delicato ordine del giorno, e le comunicazioni del presidente in cui metteva a conoscenza dei presenti al tavolo quanto accaduto;
   da tale incontro è emersa l'esigenza di un colloquio chiarificatore con il Ministro interrogato per stabilire le sorti del tavolo stesso, ma Antonio Corsi non è stato ricevuto dal Ministro;
   il suddetto tavolo ad oggi è sospeso e 2.015 comuni d'Italia e circa 10.000 associazioni di musica popolare e amatoriale che hanno avuto il riconoscimento di interesse nazionale, continuano a richiedere notizie e documenti sull'attività del tavolo nazionale per la musica popolare e amatoriale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi che hanno portato a interrompere l'attività del tavolo nazionale per la musica popolare e amatoriale, considerato che negli anni di lavoro 2010/2011 e in parte 2012 esso ha rappresentato una immagine positiva a favore di questa nobile arte radicata su tutto il territorio nazionale. (4-16915)


   BASILIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, il golfo di Maderno, comune di Toscolano Maderno, sul lago di Garda, è caratterizzato dalla presenza di un manufatto di particolare pregio, darsena per ospitare barche e motoscafi, risalente ad un periodo antecedente al 1926 e conservata piuttosto integralmente fino all'attualità; vi sono alcune superfetazioni facilmente eliminabili;
   l'opera in parola, che rappresenta una pertinenza della rinomata Villa Bianchi, già «Hotel Golfo», reca in sé un indiscutibile valore artistico ed una certa gradevolezza, con ornamenti di merli, pietre ben tagliate e posizionate, a suo tempo lampione in ferro e altro, come da documentazione fotografica allegata agli esposti di cui in prosieguo;
   l'Autorità di bacino del Garda, di concerto con il comune di Toscolano-Maderno, ha progettato una passerella in cemento ed acciaio, la cui realizzazione renderebbe di fatto invisibile al pubblico ed inaccessibile detta darsena; anzi, stravolgerebbe la darsena, ma anche l'immagine del golfo, come è comprovato dalla documentazione fotografica allegata ad alcuni esposti presentati da cittadini alla soprintendenza competente, per protestare contro la realizzazione del progetto;
   rispetto a tale progetto, che causerebbe un notevole danno paesaggistico alla città ed all'intero golfo (c’è vincolo ambientale paesaggistico dal 1955), il 26 gennaio ed il 13 febbraio 2017 alcuni cittadini hanno presentato esposti alla Soprintendenza territorialmente competente, oltre che all'associazione «Italia Nostra» ed al «FAI – Fondo Ambiente Italiano», per segnalare la compatibilità della nuova passerella con il vincolo paesaggistico della zona e l'immagine complessiva del Paese;
   nelle predette istanze gli interessati rilevavano l'incongruità tra il nuovo progetto architettonico moderno e lo stile antico e pregiato della vecchia darsena, nonché con la complessiva immagine e visione del golfo;
   con nota del 7 marzo 2017, ripresa da una seconda missiva del 17 maggio 2017, il Soprintendente per le province di Bergamo e Brescia, architetto Giuseppe Stolfi, affermava che il progetto contestato doveva ritenersi coerente con l'immagine del Golfo di Maderno, considerato che la stessa era stata già da tempo modificata nel suo rapporto con l'acqua da una serie di interventi succedutisi negli anni;
   in realtà, la realizzazione di una nuova costruzione moderna lungo il golfo di Maderno rischia di snaturare il paesaggio del lungolago ed il valore artistico insito nell'antica darsena, ridimensionando nel tempo anche l'impatto turistico della stessa;
   peraltro, da una prima stima dei costi, si evince che la passerella che l'amministrazione intende realizzare, della lunghezza di circa 30-40 metri, dovrebbe comportare una spesa pubblica di circa 400 mila euro, oltre alle varianti in corso, con una incidenza notevole per le casse pubbliche –:
   se i fatti descritti in premessa corrispondano al vero e di quali elementi disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa i tempi e le modalità di realizzazione della nuova passerella nel golfo di Maderno, comune di Toscolano Maderno;
   se non ritenga opportuno assicurare, per quanto di competenza, una forma di tutela in favore dell'antica darsena, anche promuovendo una modifica del progetto iniziale per uniformare la passerella in costruzione allo stato originario dei luoghi;
   come si concili con la normativa vigente in materia di beni storici e di manufatti di pregio anteriori al 1930, e con il vincolo ambientale-paesaggistico vigente a Toscolano-Maderno, quella che è di fatto una distruzione di un bene storico di rilevante pregio, deturpato in particolare dall'installazione di pali in acciaio all'ingresso della darsena. (4-16927)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


  ZANETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro interrogato, a seguito del parere favorevole della Conferenza unificata Stato-regioni (espresso nella seduta dell'8 giugno 2017) ha nominato Ernesto Maria Ruffini direttore dell'Agenzia delle entrate, in sostituzione della direttrice uscente Rossella Orlandi;
   da fonti di stampa si apprende che nei giorni scorsi il comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate, un organismo di vertice presieduto dalla direttrice uscente, la dottoressa Rossella Orlandi, il cui mandato è scaduto lunedì 12 giugno 2017, e formato da 6 persone (due alti funzionari dell'Agenzia in pensione, esperti esterni, la responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze), si è riunito e ha dato alla stessa Orlandi l'incarico di vicedirettore dell'Agenzia, con la competenza del coordinamento dell'ufficio territoriale;
   nonostante sul sito ufficiale dell'Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it) non sia stata reperibile dall'interrogante la determina con cui è avvenuta la nomina, fonti autorevoli di stampa hanno confermato la notizia, senza che a ciò sia seguita smentita alcuna;
   pare inoltre che nella medesima seduta del comitato di gestione presieduto dalla direttrice uscente Orlandi sia stata deliberata anche l'assegnazione di altri incarichi dirigenziali di vertice, con riferimento ai quali sarebbe stato auspicabile maggiore trasparenza –:
   dando per scontato che la nomina della dottoressa Orlandi come vicedirettore dell'Agenzia delle entrate, così come le altre nomine di cui in premessa e di cui si chiede conferma, sia stata previamente condivisa e autorizzata sul piano politico dal Ministro interrogato, perché tale determinazione non sia stata rimessa alla valutazione del nuovo direttore e del nuovo comitato di gestione, evitando così un increscioso caso di vera e propria «autonomina», a pochi giorni dalla cessazione dall'incarico di direttore, che contribuisce ulteriormente a gettare ombre sull'immagine di un'Agenzia delle entrate con percorsi di carriera dirigenziali che sono al centro di polemiche ormai da anni per la nota sentenza della Corte costituzionale e la perdurante assenza più totale di concorsi pubblici. (3-03075)


  BRUNETTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la scarsa trasparenza sui titoli derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze è un tema che è stato più volte portato all'attenzione del Ministro interrogato;
   in risposta agli atti di sindacato ispettivo formulati (ben sei, dal marzo 2015, tra interpellanze e interrogazioni a risposta immediata), il Ministro interrogato non ha mai rilevato anomalie, affermando la piena correttezza e legalità delle operazioni sui derivati, peraltro opponendosi alle numerose richieste di accesso agli atti;
   ma qualcosa evidentemente non torna, perché è dei giorni scorsi la notizia di un «invito a fornire deduzioni» (una sorta di atto di citazione con richiesta di chiarimenti) recapitato dalla procura del Lazio della Corte dei conti ai più alti dirigenti (attuali ed ex) del Ministero dell'economia e delle finanze, cui è stato contestato il 30 per cento di un danno erariale di circa 4,1 miliardi di euro, cagionato allo Stato italiano per effetto di quello che potrebbe definirsi un «indebito pagamento» alla banca Morgan Stanley (cui è stato contestato il restante 70 per cento del danno) della somma stratosferica di circa 3,1 miliardi di euro, effettuato per chiudere contratti derivati riconosciuti sostanzialmente dalla Corte dei conti come speculativi;
   un esborso intervenuto tra fine 2011 ed inizio 2012, durante la nota crisi dello spread, a cavallo dei ripetuti declassamenti dell'Italia decretati dalle agenzie di rating e a ridosso del doppio downgrade deciso da Standard & Poor's – il cui azionista di controllo, la società Mc Graw Hill, è partecipata proprio da Morgan Stanley – alla stregua di dati e valutazioni che il tribunale di Trani ha ritenuto in sentenza quantomeno errate (dunque «colposamente» manipolative);
   la «colpa» della banca d'affari è di essersi approfittata del suo ruolo di specialista: dopo cinque anni, Morgan Stanley continua a far parte dell'elenco degli specialisti che, insieme con il Ministero dell'economia e delle finanze, gestiscono il debito pubblico e il direttore del dipartimento è ancora Maria Cannata, uno dei dirigenti coinvolti, assieme al suo predecessore Vincenzo La Via e agli ex direttori del Ministero dell'economia e delle finanze, Domenico Siniscalco (poi approdato proprio in Morgan Stanley) e Vittorio Grilli –:
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intende intraprendere nei confronti di Morgan Stanley e dei dirigenti coinvolti, se intenda chiarire le situazioni «a rischio» per le casse dello Stato simili a quella da ultimo rilevata dalla Corte dei conti e quali azioni intenda portare avanti per assicurare massima trasparenza nella gestione del debito, anche attraverso la pubblicazione in versione integrale di tutti i contratti derivati in essere dello Stato italiano. (3-03076)


  PAGLIA, MARCON, FASSINA e ANDREA MAESTRI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il ciclone giornalistico e giudiziario che si è abbattuto negli ultimi anni sui contratti derivati sottoscritti dal Governo italiano a partire dal 2000, che, peraltro, ne ha disvelato tutta la loro vischiosità nel tutelare il debito pubblico in situazioni di grande instabilità finanziaria, negli ultimi giorni si è arricchito di un nuovo tassello: l'atto di citazione con il quale la Corte dei conti contesta al dipartimento del tesoro italiano un danno erariale pari a 4,1 miliardi di euro;
   secondo la magistratura contabile il 70 per cento del suddetto danno (pari a 2,9 miliardi di euro) è addebitabile all'istituto Morgan Stanley, in qualità di incaricato a gestire il debito nel tempo, mentre del rimanente 30 per cento (pari a 1,2 miliardi di euro) dovrebbero risponderne tutti i direttori che negli ultimi anni si sono avvicendati alla guida del dipartimento del tesoro ed alla gestione dei titoli di Stato;
   oltre al danno economico la Corte dei conti contesta alla banca statunitense l'aver approfittato della sua posizione di «specialista» e l'aver violato gli obblighi di buona fede e di correttezza nell'esecuzione contrattuale che gli derivano, per legge, dal privilegio di essere un incaricato delle aste sul mercato primario dei titoli del debito pubblico, mentre ai dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze contesta l'aver assunto nella vicenda, nonostante fosse loro riconosciuta da talune clausole la facoltà di annullare o rinegoziare i suddetti contratti, una condotta speculativa e negligente. Inoltre al dipartimento del tesoro viene contestata una «carenza di risorse strumentali e di personale adeguato», che non l'avrebbero messo in grado di ponderare il rischio dei contratti che, di volta in volta, andava sottoscrivendo;
   nonostante quanto premesso e gli esiti dell'ultima rivisitazione dell'elenco delle banche specialiste effettuata nel 2016 dal Ministero dell'economia e delle finanze a spese del Crédit Suisse e Commerzbank, l'istituto americano Morgan Stanley risulta, a tutt'oggi, essere ancora uno dei dealer incaricati per le aste del debito pubblico italiano;
   anche l'attuale direttore generale responsabile del debito pubblico, nonostante il danno erariale, peraltro preponderante, e le gravi responsabilità che le sono state contestate dalla Corte dei conti nell'ambito dell'intera vicenda, continua a parere degli interroganti in maniera imperturbabile ad occupare il suo incarico presso il dipartimento del tesoro –:
   se non ritenga di dover adottare provvedimenti urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di rimuovere dagli attuali ruoli tutti gli attori che si sono resi responsabili di quanto esposto in premessa. (3-03077)


  BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno da poco richiesto la garanzia pubblica su bond di nuova emissione pari, per ciascuno dei due istituti, rispettivamente a 2,2 miliardi e 1,4 miliardi di euro e in merito alla quale la Corte dei conti ha dato parere positivo;
   il Ministro interrogato, a riguardo, avrebbe escluso per entrambe la possibilità del ricorso al bail-in ed ha rassicurato sulla disponibilità di liquidità delle due banche, in quanto coperte da garanzia pubblica;
   organi di stampa ipotizzano che il Ministero dell'economia e delle finanze e la Commissione europea stiano studiando un piano simile a quello attuato per Monte dei Paschi di Siena al fine di tutelare depositanti e obbligazionisti senior, scaricando il costo della ripatrimonializzazione forzata su azionisti e obbligazionisti istituzionali;
   in realtà, la situazione patrimoniale delle banche in oggetto non sembra affatto rassicurante: già un mese fa, Alessandro De Nicola, rappresentante di Atlante, l'azionista di maggioranza che detiene il controllo delle due banche con più del 99 per cento, ha confermato che molto probabilmente il fondo, a breve, non sarà più azionista di riferimento dei due istituti e che si rendono necessarie nuove e ingenti ricapitalizzazioni non più alla portata di investitori privati;
   a chiusura dei bilanci d'esercizio 2016, infatti, Banca popolare di Vicenza ha registrato una perdita di 1,9 miliardi di euro (a fronte di 1,4 nel 2015) e Veneto Banca di 1,5 miliardi di euro (erano 881,9 milioni di euro nel 2015);
   nonostante i 3,5 miliardi di euro già stanziati dal fondo Atlante dal 2015, si stima in 6,4 miliardi di euro l'ammontare della ricapitalizzazione necessaria per scongiurare il default dei due istituti veneti;
   si considerino i danni incalcolabili che la prospettiva di default dei due istituti di credito provocherebbe in una delle aree più industrializzate del Paese, oltre alle gravissime perdite già subite dalle decine di migliaia di risparmiatori truffati, risultando chiaramente improponibile il ricorso preventivo all'intervento privato per 1 miliardo di euro, come chiesto dalla Commissione europea, e il poco tempo disponibile per scongiurare l'esito peggiore –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, e con quali tempi, volte direttamente alla ricapitalizzazione delle due popolari venete per la somma richiesta al fine di scongiurare l'applicazione del bail-in. (3-03078)


  MORETTO, GINATO, PELILLO, BARBANTI, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARELLA, COLANINNO, CURRÒ, DE MARIA, MARCO DI MAIO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GITTI, GUTGELD, LODOLINI, PETRINI, PINNA, RIBAUDO, SANGA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI, CAMANI, CASELLATO, CRIMÌ, CRIVELLARI, DAL MORO, D'ARIENZO, DE MENECH, MIOTTO, NACCARATO, NARDUOLO, ROSTELLATO, ROTTA, RUBINATO, SBROLLINI, ZAN e ZARDINI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2017 si è svolto un incontro tra il Ministro interrogato e i vertici di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca per un'analisi congiunta della situazione delle due banche, anche alla luce della riunione con le autorità europee tenutasi a Bruxelles il giorno precedente;
   il dialogo fra il Governo e le autorità europee prosegue con il dichiarato obiettivo di concordare in tempi celeri la soluzione che garantisca, nel rispetto delle regole, la stabilità delle due banche e salvaguardi integralmente i risparmiatori;
   il Ministro interrogato, oltre a sostenere che sotto il profilo della liquidità Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca dispongono di tutte le garanzie pubbliche necessarie, ha dichiarato di escludere il ricorso al bail-in, regime di condivisione delle perdite entrato in vigore il 1o gennaio 2016 e non ancora sperimentato a livello europeo, che determinerebbe un pesante deterioramento del grado di fiducia degli investitori, con potenziali effetti fortemente negativi per la stabilità del sistema bancario, nazionale e continentale;
   al contrario, lo schema di ricapitalizzazione precauzionale programmato per i due istituti veneti costituisce la soluzione auspicata da tutti i soggetti interessati, anche alla luce della richiesta da parte della divisione antitrust dell'Unione europea di 1,25 miliardi di euro addizionali di capitali privati quale condizione per utilizzare le risorse di cui al decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2017;
   da fonti stampa si apprende che i vertici delle due banche nazionali più grandi, Intesa Sanpaolo e Unicredit, sarebbero disposte a collaborare al fine di reperire l'ammontare di capitale aggiuntivo, chiedendo il contributo di diversi istituti in base alle proprie dimensioni; tale soluzione «di sistema» consentirebbe di procedere alla ricapitalizzazione precauzionale delle due banche venete –:
   quale sia lo stato attuale delle trattative con le autorità europee nella definizione dello schema di ricapitalizzazione precauzionale di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca e dei conseguenti strumenti di intervento, anche in relazione all'eventuale soluzione di sistema che prevede il coinvolgimento delle banche nazionali maggiori, al fine di scongiurare qualunque ipotesi di messa in risoluzione tramite ricorso alla procedura del bail-in. (3-03079)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Design Manufacturing spa, nota come Dema, è un'azienda innovativa attiva nel settore aerospaziale dal 1993. Si dedica alla progettazione, all'industrializzazione e all'assemblaggio di strutture aeronautiche complesse. I suoi stabilimenti produttivi e gli uffici di ingegneria sono a Somma Vesuviana (Napoli), Paolisi (Benevento) e Brindisi, mentre lo stabilimento Dema Aeronautics di Montréal (Canada) è dedicato alla progettazione. Nel 2016 il gruppo ha registrato un fatturato di circa 40 milioni di euro e un organico di circa 800 dipendenti con un indotto di 200 lavoratori;
   da alcuni anni si protrae la crisi e, nel febbraio 2016, è stata portata all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il fondo di investimento inglese Bybrook Capital LLC e Morgan Stanley avrebbero mostrato interesse a rilevare l'80 per cento del capitale di Dema al costo di 45 milioni di euro, ma a condizione che prima venga approvato da tutti i creditori il piano di ristrutturazione del debito che oggi ammonta a circa 100 milioni di euro;
   da questo punto di vista, secondo quanto riportato dalla stampa, un cammino complesso è stato fatto: sono state svolte le prime verifiche e due diligence e i potenziali investitori hanno confermato l'interesse all'ingresso nel capitale di Dema mediante un processo di ristrutturazione, nel quale sono stati coinvolti tutti gli stakeholder aziendali (soci, clienti, fornitori, creditori finanziari, fisco ed Inps), oltre a studi legali ed advisor (quali EY, Delfino Wilkie) e due asseveratori. Il percorso è stato svolto applicando la norma della legge fallimentare che consente di negoziare il debito, mettendo al riparo la società da azioni che possano compromettere la continuità aziendale (l'articolo 182-bis del Regio decreto n. 267 del 1942). Secondo fonti sindacali e Dema stessa, tale percorso è ormai in dirittura di arrivo con banche, enti e società che rappresentano il 91 per cento circa dell'esposizione debitoria totale;
   il piano, in sintesi, secondo quanto riportato dalla stampa, prevede dilazioni varie e stralci (in media del 40 per cento) di ciascuna voce di debito (22 milioni di euro verso le banche, 15 milioni verso Agenzia delle entrate, altrettanti verso Inps e 38 milioni nei confronti di fornitori e società del gruppo). Per quanto riguarda il debito verso il ceto bancario (composto da Unicredit, Intesa, Mps, Bpm, Bnl, Bper), l'accordo è stato definito in una lettera preliminare all'intesa definitiva, mentre non è stata fornita alcuna risposta da Agenzia delle entrate e dall'Inps. Questi accordi si sarebbero dovuti concludere entro il 22 maggio 2017, ma ciò non è avvenuto;
   sempre secondo quanto riportato dalla stampa, la società debitrice ha depositato una istanza alla magistratura per chiedere una proroga del termine per il deposito degli accordi e, allo stesso tempo, ha chiesto l'autorizzazione, con il favore dei creditori, ad utilizzare nella produzione un finanziamento «ponte» offerto dal fondo Bybrook. Il Fondo inglese infatti è disposto ad anticipare la somma necessaria a Dema per mantenere gli impegni assunti con i propri clienti: Leonardo, Bombardier, Pratt&Whitney Canada, e altri. Tuttavia, in assenza di una tempestiva immissione di denaro, la società campana non potrebbe onorare gli impegni e le commesse andrebbero perse;
   è di tutta evidenza l'importanza che l'Agenzia delle entrate e l'Inps diano una risposta, indispensabile per il buon esito della vicenda utile ad evitare il fallimento e quindi a tutelare i livelli occupazionali –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e se non ritengano, per quanto di competenza, di attivarsi affinché l'Agenzia delle entrate e l'Inps rispondano alla proposta di accordo. (4-16898)


   VILLAROSA, ALBERTI, PESCO, GRANDE e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 gennaio 2017 si è letta su varie testate la notizia: «Notte in auto per vendere azioni Bapr» nell'articolo si riporta: «Hanno trascorso la fredda notte nelle loro automobili, alla stregua dei terremotati, alcuni cittadini ragusani azionisti della Banca Agricola Popolare di Ragusa. Un disagio non da poco che gli interessati hanno deciso di vivere per potersi svegliare in tempo utile stamani ed essere i primi a poter entrare, appena aperti gli uffici, all'interno delle varie filiali. Tutto questo per vendere le azioni della stessa Bapr. In alcuni casi già martedì pomeriggio si sono formate code alimentate da quanti hanno deciso di vendere le proprie azioni Bapr, sulla scorta di quanto avvenuto ad altre banche popolari italiane, ad esempio la Veneta Banca e la Popolare Vicenza, dove le azioni comprate a 40 euro, adesso valgono pochi centesimi». Banca popolare oggi ha un capitale sociale pari a 739.430.000 euro e comunica, nel sito istituzionale, un indice di patrimonialità molto affidabile: «Il valore del CET 1 della Banca Agricola Popolare di Ragusa, ulteriormente in aumento al 31 dicembre 2015, è pari al 24,31 per cento e la conferma tra le banche più solide nel panorama non solo nazionale, ma anche europeo»;
   dai prospetti contabili individuali dell'azienda Banca agricola popolare di Ragusa del semestre al 30 giugno 2016 si riscontrano attivi patrimoniali pari a 4,646 miliardi di euro e utili per 6.233.007; nonostante queste comunicazioni confortanti, sembra essersi creata, anche a seguito delle crisi di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, una sorte di psicosi collettiva che ha indotto un'enorme numero di azionisti a richiedere la vendita;
   Banca agricola popolare di Ragusa ha comunicato alla propria clientela di poter convertire solo una determinata percentuale di azioni e questo ha contribuito ad aumentare la paura nei piccoli risparmiatori. L'azione ordinaria di Banca agricola popolare di Ragusa (strumento finanziario emesso dalla stessa Banca agricola popolare di Ragusa e non quotato in mercato regolamentato) in passato veniva ricollocata in pochi giorni lavorativi, consentendo la restituzione pressoché immediata del controvalore in denaro all'azionista. Il rapporto stretto con il territorio permetteva alla banca di ricevere tanta fiducia dai cittadini/risparmiatori che vedevano la presenza dell'Istituto in funzione di garanzia del loro investimento portandoli, talvolta, a sorvolare sul rischio connesso all'acquisto di strumenti finanziari illiquidi;
   in un articolo del Sole 24 ore del 4 aprile 2017 continuano le attestazioni di impopolarità sulla Banca agricola popolare di Ragusa: «Popolare Vicenza e Veneto Banca sono “impopolari” da tempo, almeno da un paio d'anni. Ma ora, dopo l'azzeramento del valore delle azioni, una proposta di transazione che sa di elemosina (ma ciononostante accettata dal 70 per cento dei soci) il rischio concreto di una penalizzazione degli obbligazionisti subordinati in nome dell'Europa del Burden Sharing, lo sono diventate ancora di più. E non sono le uniche: i timori di ieri dei soci dei due istituti veneti sono gli stessi che oggi si trovano a vivere decine di migliaia di risparmiatori che negli anni hanno acquistato (e ora non riescono a vendere) le azioni di Banca Popolare di Bari, di Ragusa o di tante altre banche sparse per l'Italia»;
   i dati di bilancio, illustrati dal direttore generale Giambattista Cartia, evidenziano una perdita di 339 mila euro. Il dato risulta penalizzato, si legge nella relazione di bilancio, dai contributi straordinari al Fondo nazionale di risoluzione ed al Fondo interbancario di tutela dei depositi, destinati alle banche in crisi. Infatti, il risultato d'esercizio «normalizzato», ovvero dedotti gli oneri per i salvataggi bancari, sarebbe stato positivo per 1,366 milioni di euro;
   nonostante questo risultato, la banca ha egualmente distribuito ai soci un dividendo di 0,90 euro per azione attingendo a fondi precedentemente accantonati –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e, in particolare, se trovi conferma che la perdita risultante dal bilancio della banca sia stata causata dai contributi straordinari al Fondo nazionale di risoluzione e al Fondo interbancario di tutela dei depositi, destinati alle banche in crisi;
   se, nei limiti delle proprie competenze, intenda assumere iniziative anche normative, per rafforzare gli strumenti di tutela del risparmio pubblico, con particolare riguardo a quello investito nelle banche popolari, come la Banca agricola popolare di Ragusa, nell'ottica del contenimento preventivo del danno e, non da ultimo, nell'interesse dell'intera Nazione che è strettamente correlato al livello di fiducia del popolo dei risparmiatori più volte messo duramente alla prova.
   (4-16904)


   PETRAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Banca Barclays, la seconda banca del Regno Unito, lascerà il mercato creditizio italiano entro il 2018 ed è pronta a cedere il portafoglio dei prestiti (performanti e non), pari a 15 miliardi di dollari (13 miliardi di euro). Dopo aver lasciato già Spagna e Portogallo, la banca ha scelto di uscire dal mercato consumer italiano per focalizzarsi sul settore degli investimenti e del corporate banking e riposizionarsi sui mercati statunitensi e inglesi. Si tratta di una strategia già anticipata dalla cessione a dicembre 2015 delle 89 filiali italiane a Che Banca! (gruppo Mediobanca);
   secondo quanto dichiarato da Alessandra Perrazzelli, responsabile Barclays per l'Italia, al quotidiano «www.repubblica.it» in un articolo del 15 aprile 2016 dal titolo «Barclays lascia il mercato creditizio italiano», tra i motivi che hanno portato Barclays e altri istituti stranieri a ritirarsi dall'Italia c’è la mancanza di trasparenza e le zone grigie nelle regole della governance;
   da un articolo del giornale online «www.varesepress.info» del 29 maggio 2017 dal titolo «Busto, proteste degli ex clienti Barclays che non possono prelevare i loro soldi», banca Barclays annunciava ai suoi correntisti, attraverso una comunicazione scritta, il passaggio definitivo a Che Banca!;
   secondo quanto comunicato ai correntisti, le operazioni di transizione si sarebbero dovute effettuare nel week-end del 27-28 maggio 2017, con la disponibilità di accedere ai conti correnti in Che Banca! dal giorno successivo;
   in data 29 maggio la filiale Barclays di Busto Arsizio è rimasta aperta fino alle ore 11, così come comunicato su di un cartello posto all'entrata della filiale, senza purtroppo che i risparmiatori potessero accedere ai propri conti correnti a causa di non meglio precisati inconvenienti di natura tecnica dei terminali;
   sul sito web di Che Banca! si comunicava, invece, la «Finalizzazione del processo di integrazione informatica e operativa», senza fare alcun cenno ai problemi tecnici incontrati dai correntisti di banca Barclays della filiale di Busto Arsizio;
   non è noto se e quali eventuali iniziative abbia intrapreso la Banca d'Italia in merito all'acquisizione, da parte di Che Banca! (Gruppo Mediobanca), delle attività di retail di Banca Barclays in Italia –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto descritto in premessa e delle cause del disservizio subito da parte dei correntisti di Banca Barclays e se non ritenga di assumere iniziative normative per disciplinare in modo più rigoroso le operazioni di cessione delle attività di retail tra istituti di credito, prevedendo maggiori garanzie e tutele per i risparmiatori coinvolti nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza. (4-16905)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la giunta municipale e il consiglio comunale di Ragusa hanno rispettivamente approvato e confermato quattro variazioni di bilancio mediante la procedura d'urgenza prevista dall'articolo 175, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000 nell'ottobre e nel novembre del 2016;
   la giunta suddetta ha avviato la procedura d'urgenza senza tuttavia addurre le motivazioni che la giustificassero e senza contare che le variazioni in corso d'esercizio, anche se motivate, vanno comunque ratificate dall'organo consiliare entro i sessanta giorni successivi all'adozione da parte dell'organo esecutivo;
   la giunta di Ragusa invece ha di fatto «by-passato» l'organo consiliare per più volte senza motivazioni che giustificassero l'urgenza;
   l'illegittimità della procedura seguita dal comune di Ragusa è stata denunciata dai consiglieri anche nel corso della seduta consiliare svoltasi il 30 dicembre 2016 durante la quale sono stati richiesti più volte dati e documenti utili alla comprensione della deliberazione che non sono stati mai forniti;
   il consiglio comunale ha poi adottato la deliberazione «di approvare nella forma e nella sostanza i provvedimenti di variazione al bilancio come adottati con le deliberazioni della Giunta Municipale, confermando la modifica degli stanziamenti risultati dagli allegati degli atti medesimi», approvando, in via surrettizia e d'intesa con la giunta, non una disciplina dei rapporti insorti, ma una nuova variazione di bilancio dal contenuto sostanzialmente identico a quella decaduta in seguito al voto espresso dal consiglio nel dicembre 2016, avendo fatti salvi i rapporti sorti e le obbligazioni scaturenti a seguito delle deliberazioni della giunta municipale del 20 e 24 ottobre 2016, e dell'11 e 28 novembre del 2016 non ratificate dal consiglio stesso nel dicembre 2016 –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, se intenda promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in merito alla situazione amministrativo-contabile del comune di Ragusa e quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare alla luce delle criticità sopra descritte e dei profili di dubbia legittimità che sarebbero stati segnalati.
(4-16913)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli è una delle quattro Agenzie che svolgono funzioni tecnico-operative al servizio del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di fornire informazioni e assistenza ai contribuenti, ed è sottoposta, secondo l'articolo 1 del suo statuto, «all'alta vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze e al controllo della Corte dei conti»;
   l'Agenzia, che ha personalità giuridica di diritto pubblico, deve attenersi ai principi di trasparenza e non discriminazione in materia di avanzamento di carriera per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
   un gruppo di dipendenti dell'Agenzia ha portato a conoscenza dell'interrogante un fatto che potrebbe evidenziare, una gestione problematica delle politiche del personale che richiede un intervento del Ministero vigilante, non fosse altro che per il fatto che essa si porrebbe in senso opposto ad una precisa disposizione di legge;
   i suddetti dipendenti partecipavano infatti alla selezione interna dell'Agenzia delle dogane n. 4109/2001 del 13 luglio 2001 per il passaggio verticale all'area C, posizione economica C1, non collocandosi in posizione utile ma con punteggio superiore ai dipendenti di qualifica B3, a cui però veniva riconosciuta precedenza con accordo sindacale;
   i suddetti dipendenti impugnavano l'accordo sindacale chiedendo parità di trattamento e instauravano un contenzioso ancora in essere;
   a seguito della sentenza del Tar del Lazio 2955/2005 venne stabilito che i concorrenti che avevano contenziosi pendenti fossero ammessi con riserva allo svolgimento del percorso formativo, di 72 ore di formazione e l'elaborazione di un elaborato finale, e con ordinanza del Consiglio di Stato n. 2060/2008 ottenevano di concludere l’iter concorsuale e di sostenere l'esame finale;
   a seguito dello stesso, con determina 28678 del 29 luglio 2009, acquisivano ciascuno un punteggio e venivano inseriti in un apposito elenco, in luogo di una graduatoria, scelta che li avrebbe penalizzati;
   l'articolo 1, comma 269, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, come modificata dall'articolo 1, comma 990, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha previsto che «L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in via straordinaria, per gli anni 2015 e 2016, ai fini della copertura dei posti vacanti, è autorizzata allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente»;
   in esecuzione di tale disposto, l'Agenzia emanava alcune determinazioni, escludendo tuttavia dalla copertura dei posti vacanti in terza area i dipendenti di cui sopra e preferendo l'assunzione di personale esterno privo di esperienza presso l'agenzia;
   l'Agenzia ha infatti interpretato la norma, come da determinazione prot. n. 29914/RI/2016 del 15 dicembre 2016, nel senso di dar seguito allo scorrimento delle sole graduatorie di merito, differentemente da ciò che veniva previsto dal dettame della legge secondo la quale «...è autorizzata allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite...»; 
   d'altra parte, da ciò che emerge tanto dall'atteggiamento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, quanto dalla documentazione presentata dalla stessa in ambito giudiziario (prot. n. 31023/RU/2017) risulterebbe palese l'atteggiamento preclusivo della stessa a dar seguito all'avanzamento di carriera dei citati dipendenti, che peraltro non comporterebbe alcun aumento di spesa, nonostante la strategia in materia di risolse umane preveda l'incremento della consistenza dell'area 3a per l'anno in corso;
   tutto ciò si porrebbe in contrasto con le prescrizioni costituzionali che proibiscono la disparità di trattamento e che prescrivono il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, nonché con il principio europeo di non discriminazione –:
   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza per verificare se la situazione descritta in premessa possa aver comportato l'adozione di atti discriminatori nei confronti di alcuni dipendenti pubblici dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, vigilata dal Ministero dell'economia e delle finanze, e, in caso affermativo, per evitare il protrarsi di tale situazione. (4-16922)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


  GALGANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   con sentenza 8 novembre 2016, n. 286, pubblicata nella Gazzetta ufficiale, serie speciale n. 52, del 28 dicembre 2016, inviata alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla questione di costituzionalità sollevata dalla corte di appello di Genova, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma di sistema «nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno», estendendo la pronuncia anche ai figli nati fuori dal matrimonio o adottati;
   la sentenza ha una portata storica perché segna il superamento dell'attribuzione automatica del cognome paterno, già definita dalla stessa Corte costituzionale come «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» (sentenza n. 61 del 2006);
   come evidenziato nella stessa sentenza «in assenza dell'accordo dei genitori, residua la generale previsione dell'attribuzione del cognome paterno, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità»;
   nonostante le numerose proposte di legge d'iniziativa parlamentare avanzate sin dagli anni ’80, la condanna nel 2014 della Corte di Strasburgo e la conseguente presentazione di un disegno di legge governativo, il Parlamento non ha approvato alcuna norma al riguardo: l'atto Senato 1628, già approvato dalla Camera dei deputati, è da oltre due anni all'esame del Senato della Repubblica unitamente ad altri disegni di legge;
   a due mesi dalla data di pubblicazione della sentenza, le problematiche connesse alla fase di sua prima e concreta applicazione risultano in gran parte non risolte;
   oltre alle necessarie misure amministrative ed organizzative, si impone un urgente adeguamento del quadro normativo, affinché sia dato doveroso seguito alle perentorie e chiarissime conclusioni della Corte costituzionale sopra riportate –:
   se il Governo intenda adottare opportune iniziative, per quanto di competenza, allo scopo di eliminare la persistente discriminazione dell'attuale disciplina di cui in premessa e dare piena attuazione, in linea con quanto emerge dalla sentenza della Corte costituzionale, ai principi di cui agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione, in modo da garantire il «diritto del minore all'identità personale unitamente al riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione di tale identità», come rilevato nella sentenza n. 286 del 2016 della Corte costituzionale. (3-03072)


  BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   ancora una volta nel pomeriggio del 24 maggio 2017 un'adolescente è stata prelevata con la forza dalla sua casa, in cui vive da tempo insieme alla madre e al nonno, per essere portata presso la casa famiglia Rosa Luxemburg a Capranica;
   al momento del prelievo la ragazza G. J. di 13 anni era sola perché la madre e il nonno si erano recati dai loro avvocati per chiedere una sospensiva del provvedimento, che prevedeva la possibilità di un eventuale spostamento in casa famiglia, annunciato da tempo ma senza alcuna data precisa;
   sarebbero stati mobilitati, a quanto risulta agli interroganti, un'autoambulanza, una macchina dei vigili del fuoco con una lunga scala per raggiungere da fuori l'appartamento, almeno altre 4 automobili e una quindicina di persone, per lo più uomini;
   la ragazza non avrebbe aperto la porta, avendo ricevuto questa indicazione dalla madre, ma qualcuno, servendosi della scala dei vigili, sarebbe entrato dalla finestra, con ciò spaventando enormemente la ragazza;
   gli interroganti non intendono avanzare nessun giudizio sulle ragioni per cui un'adolescente, dopo aver trascorso diversi mesi in una casa famiglia, da cui è uscita ad agosto 2016, debba essere sottratta alla sua famiglia per essere condotta nuovamente in una casa famiglia;
   si vuole però sottolineare come la ragazza, coinvolta in una serie di eventi familiari di cui è vittima, sia stata nuovamente «violentata» dai fatti recentemente accaduti;
   si è trattato di un prelievo forzato, che ha messo in moto un dispiegamento di forze di dimensioni sproporzionate a quelle necessarie per prelevare una bambina di 13 anni;
   la normalità di una vita, faticosamente riconquistata, è ciò che più sta a cuore a G. J. I suoi amici, la sua musica, i suoi hobby di tredicenne. Invano, la ragazza ha scritto al giudice, ai vari servizi, per chiedere di essere ascoltata e manifestare i suoi legittimi desideri;
   nei mesi appena trascorsi, a quanto consta agli interroganti, nessuno l'ha ascoltata e ciò è tanto più grave, in quanto più volte, parlando del rapporto tra giustizia e minori, si è sottolineato non solo l'obbligo di ascolto del minore, ma anche la necessità di intervenire sempre e solo nel supremo interesse del minore stesso –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per evitare che si verifichino questi ripetuti fatti incresciosi che sottraggono un minore violentemente alla sua famiglia, al suo ambiente e al suo naturale processo di sviluppo. (3-03073)


  D'INCÀ, VILLAROSA, CASTELLI, SORIAL, SIBILIA, CASO, COZZOLINO, SPESSOTTO, BUSINAROLO e BRUGNEROTTO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dal Corriere del Veneto, dal Gazzettino, dall’Espresso, dalla Tribuna di Treviso e dal Mattino di Padova, i tremila esposti e denunce presentati da circa centomila azionisti di Veneto Banca nei confronti dei relativi esponenti aziendali in primis sono trasferiti dalla procura di Treviso alla procura di Roma al fine di riunirli ai filoni d'inchiesta aperti per le ipotesi di reato di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza bancaria, e successivamente sono stati riassegnati alla procura di Treviso;
   in tali esposti e denunce si ipotizzano i reati di truffa ed estorsione relativamente alle modalità di collocamento e sottoscrizione delle azioni della medesima Veneto Banca e relativamente alla verifica della compatibilità del grado di rischio dello strumento finanziario in oggetto con il profilo di rischio personale dei «soci-risparmiatori»;
   il trasferimento degli atti processuali dalla procura di Treviso alla procura di Roma nel 2015 e la successiva riassegnazione alla procura di Treviso ha implicato un infruttuoso decorso di tempo. Altresì – da quanto si apprende dalle suddette fonti stampa – sembrerebbe che la procura di Treviso sia impreparata ad esaminare compiutamente e celermente gli atti depositati dai centomila azionisti di Veneto Banca. Tanto più che, in questa prospettiva, lo stesso procuratore di Treviso il 4 febbraio 2017 ha denunciato al Corriere del Veneto la grave carenza, nel proprio ufficio, di magistrati, assistenti amministrativi e di polizia giudiziaria, con, in particolare, una scopertura del 41 per cento di sostituti procuratori, che vedeva sette magistrati, in luogo dei dodici previsti dalla pianta organica, occuparsi di oltre mille fascicoli cadauno;
   circostanze che, evidentemente, potrebbero incidere negativamente sul termine di prescrizione relativo alle citate ipotesi di reato, pari a 6 anni per il reato di truffa e 10 anni per il reato di estorsione, laddove l'eventuale sopraggiungere della prescrizione potrebbe definitivamente pregiudicare la giusta tutela dei soci di Veneto Banca, con conseguenti ricadute negative sul tessuto sociale ed economico del territorio –:
   in ragione della straordinaria complessità e delicatezza dell'inchiesta in premessa, se non ritenga opportuno, quantomeno, adoperarsi per quanto di competenza al fine di completare la pianta organica della procura di Treviso, sia nei ruoli di magistratura che amministrativi, al fine di consentire a tale procura di esaminare celermente e compiutamente la documentazione processuale relativa ai tremila esposti e denunce sottoscritti da circa centomila azionisti di Veneto Banca, evitando ogni possibile ritardo dal quale possa conseguire il sopraggiungere della prescrizione normativamente prevista per le ipotesi di reato oggetto delle indagini.
(3-03074)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'area dello zoccolo della Sicilia sudorientale ha tutte le caratteristiche per rappresentare la piattaforma energetica e logistica del Mediterraneo al servizio dell'economia nazionale e continentale;
   la particolare proiezione dell'isola all'interno del mare Mediterraneo ne amplifica e potenzia il ruolo, anche in conseguenza dell'espandersi del traffico delle merci a livello globale;
   l'interesse al potenziamento infrastrutturale di quest'area, anche a seguito dell'ampliamento del canale di Suez, dovrebbe crescere con il rilancio della «via della seta»;
   i rappresentanti del Governo della Cina hanno recentemente incontrato il Governo nazionale che, a quanto si apprende da note di stampa, invece di indicare nel porto di Augusta la logica sede principale per il traffico delle merci ha segnalato per tale ruolo le portualità di Genova, Trieste e Venezia, a giudizio degli interpellanti mortificando il sistema portuale-marittimo siciliano e con esso le imprese e i lavoratori interessati, vanificando una concreta possibilità di sviluppo economico ed occupazionale e rendendo evidente una certa disinformazione sulle caratteristiche geografiche dell'Italia e dell'Europa;
   il Governo italiano ha annunziato lo stanziamento di un miliardo di euro a favore del porto di Genova indicato come uno dei terminali della cosiddetta via della seta;
   le navi portacontainer che escono dal canale di Suez provenienti dall'Asia si trovano davanti naturalmente le coste della Sicilia orientale e il porto di Augusta in particolare;
   il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, ha dichiarato alla stampa che nessuno, Governo nazionale e siciliano, ha parlato del porto di Augusta proponendolo come naturale approdo della cosiddetta via della seta e dei nuovi traffici merci del Mediterraneo;
   agli interpellanti appare incomprensibile e gravissimo il clamoroso ostracismo nei confronti del porto di Augusta e dell'intera Sicilia orientale, poiché naturalmente dovrebbero rappresentare per il Governo italiano il punto di riferimento principale da valorizzare per i traffici del Mediterraneo e del Canale di Suez;
   il porto di Augusta, in sinergia con Catania e l'intera portualità della Sicilia orientale, mantiene tutti i servizi, gli spazi, le banchine, i fondali, le strutture e le infrastrutture adeguate a gestire tale traffico che possono essere ulteriormente potenziati con mirati interventi e investimenti;
   la cancellazione del porto di Augusta è un atto di incomprensibile miopia economica che sembra rispondere alla geografia politica e non alla logica del mercato e dello sviluppo;
   il Governo nazionale, in stretta sinergia con quello siciliano, ha sferrato un durissimo e inopinato attacco al porto di Augusta «scippandolo» del ruolo di guida della nuova autorità portuale di sistema –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di questa incresciosa situazione e se non intenda porvi rimedio indicando nel porto di Augusta e nella Sicilia orientale la piattaforma logistica portuale e marittima principale per i nuovi traffici, per la cosiddetta via della seta e per quanto transiterà dal canale di Suez;
   se non ritenga, allo scopo, di assumere iniziative per potenziare ulteriormente gli scali portuali siciliani e quello di Augusta in particolare.
(2-01833) «Zappulla, Laforgia».

Interrogazione a risposta orale:


   PARENTELA, DIENI e NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti apprendono da notizie a mezzo stampa che «i lavori per la realizzazione dell'aviosuperficie di Scalea (CS), invece che essere definitivamente sospesi, procedono a ritmo spedito, tanto che nel 2017 ne è prevista l'ultimazione»;
   l'aeroporto di Scalea srl svolge un'attività di deposito aerei in un hangar e deposito carburanti, senza licenza per vendere al pubblico. L'opera pubblica, finanziata dalla regione Calabria per 2,1 milioni di euro a valere su fondi Por/Fesr Calabria 2007-2013 è stata costruita col contributo privato di 3 milioni di euro, mediante lo strumento del project financing (a fronte di una concessione della durata di 25 anni);
   da quanto si legge su un articolo apparso sulla stampa locale calabrese del 16 settembre 2016, lo scalo aereo sarebbe infatti già parzialmente operativo, visto che «a luglio scorso sono atterrati diversi turisti svizzeri in transito, a dimostrazione dello stato di avanzamento dei lavori.». Sul sito di Enac si può, tuttavia, constatare che l'autorizzazione, rilasciata in data 5 giugno 2008, sarebbe, in realtà, scaduta in data 4 giugno 2011 e che le attività di trasporto pubblico ad aeroscolastica sarebbero state sospese con nota Enac 4356/AON del 16 gennaio 2014 su richiesta del gestore;
   molte sono le criticità dell'opera:
    a) l'aviosuperficie è costruita nel letto del fiume Lao, in una zona soggetta ad alluvione, e già dichiarata a «elevata pericolosità idraulica» (P3) nonché a «elevato rischio idraulico» (R4) dall'autorità di bacino della regione Calabria, tale per cui «sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni relativi al patrimonio ambientale»;
    b) l'aviosuperficie ricade per buona parte all'interno del sito di interesse comunitario «Valle del fiume Lao» a motivo della varietà di habitat naturali di interesse scientifico internazionale, mentre per la restante parte non esiste alcuna «zona cuscinetto» intorno al sito di interesse comunitario, nonostante le evidenti «interferenze ecologiche» dovute alla presenza dell'avio-superficie in prossimità di habitat naturali pregiati, già definiti ad «alto grado di vulnerabilità dovuto agli insediamenti antropici vicini» nel documento «piano di tutela delle acque» della regione Calabria;
   inoltre, l'infrastruttura è prossima alla zona di protezione speciale «Pollino e Orsomarso» e alla «riserva naturale statale Valle del Fiume Lao», che ospita numerosi specie di uccelli rapaci, tra cui «l'Aquila Reale Aquila chrysaetos, il Gufo reale Bubo bubo e il Capovaccaio Nephronpercnopterus», che sono definiti come caratterizzati da popolazione a status conservazionistico sfavorevole;
    c) l'aviosuperficie è costruita secondo gli interroganti in contrasto con i vincoli di cui all'articolo 42 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che prevede «aree di rispetto di 150 metri dalle sponde dei fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle Acque Pubbliche, e di 300 metri dalla linea di battigia costiera del mare e dei laghi»;
    d) l'area è interessata da fenomeni di erosione costiera media, con un arretramento dalla linea di costa che nel comune di Scalea nel «tratto in corrispondenza della foce del Lao» è calcolata in circa 136 metri. –:
   come si giustifichi che – nell'ambito del PISL «Riviera dei Cedri sostenibile, accessibile e competitiva» — sia stata consentita la costruzione dell'aviosuperficie di Scalea ad avviso degli interroganti in contrasto con i vincoli di cui all'articolo 42 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ed in una zona soggetta ad alluvione con seri problemi per l'incolumità delle persone;
   se il Governo non ritenga urgente avviare, per quanto di competenza, una verifica sui fatti avvenuti in questi ultimi anni in relazione sviluppo dell'aviosuperficie di Scalea. (3-03069)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2007 è stato sottoscritto lo schema di convenzione unica tra l'Anas e la Società Satap s.p.a. del gruppo Gavio, per la gestione della tratta autostradale A21 Torino – Piacenza, per un totale di 164,9 chilometri in esercizio;
   la concessione per la A21, di cui Satap s.p.a. risulta titolare – oltre di quella della A4 Torino — Milano, giungerà a scadenza il 30 giugno 2017;
   per tale concessione in scadenza si prospetta l'ipotesi dell'emanazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un bando di gara unica per Ativa (Autostrada Torino Ivrea Valle d'Aosta) e Satap A21, ipotesi che, ad avviso dell'interrogante, avvantaggerebbe il gruppo Gavio rispetto ad altri possibili offerenti, considerato che il gruppo già gestisce lei tratte contigue della A4 Torino-Milano e la A6 Torino-Savona;
   per quanto di conoscenza, la Satap avrebbe iscritto a bilancio 340 milioni di euro di rivalutazione monetaria della sua autostrada, come maggior capitale investito da ammortizzare e remunerare in tariffa e da rimborsare poi, alla scadenza della concessione, come prezzo di subentro per la quota non ancora ammortizzata;
   il NARS (Nucleo di consulenza per la regolazione dei servizi di pubblica utilità) ha espresso parere negativo, in via generale, avverso il riconoscimento delle rivalutazioni monetarie come maggior capitale investito;
   l'amministratore delegato di Astm (la holding del gruppo Gavio), Alberto Rubegni, nella conference call con gli analisti del 14 marzo 2017, ha ricordato che il gruppo non teme le gare per le autostrade, anzi considera le concessioni vinte con gara più stabili e solide, e che «negli ultimi anni siamo gli unici ad aver vinto gare autostradali, la Asti-Cuneo e la A21 Piacenza-Brescia» (ex Centropadane);
   le concessioni autostradali sono soggette a controlli dell'ispettorato di vigilanza sulle concessioni autostradali, ufficio incardinato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che vigila sulla regolarità ed il buon andamento della gestione, nonché sul rispetto degli impegni assunti con gli atti convenzionali dalle società concessionarie –:
   se il Ministro possa fornire ulteriori ed aggiornate informazioni circa il presunto riconoscimento al gruppo Gavio, in qualità di concessionaria della Satap A21, di una rivalutazione monetaria pari a 340 milioni di euro a titolo di indennizzo come maggiore capitale investito alla prossima scadenza della concessione per la tratta autostradale A21 Torino — Piacenza, fissata al 30 giugno 2017;
   se il Ministro intenda chiarire quali sono le motivazioni alla base dell'ipotizzata gara unica per Ativa (Autostrada Torino Ivrea Valle d'Aosta) e Satap A21, ipotesi che, a giudizio dell'interrogante, avvantaggerebbe il gruppo Gavio rispetto ad altri possibili offerenti. (5-11546)


   CATALANO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i dipendenti delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane ed i loro familiari (mogli e figli infraventicinquenni), come anche i pensionati e relativi familiari, hanno diritto ad usufruire di speciali concessioni di viaggio ferroviarie, che consentono loro di usufruire, senza limiti chilometrici, dei trasporti ferroviari offerti da Trenitalia gratuitamente o, nel caso dei servizi Frecce, pagando un diritto di ingresso fisso di euro 15;
   come emerso sulla stampa (si veda il Fatto Quotidiano del 26 aprile 2017) i beneficiari, ad oggi, ammonterebbero a ben 500.000;
   secondo l'inquadramento dato da Ferrovie dello Stato italiane all'istituto, esso si risolverebbe in una forma di welfare aziendale, frutto di contrattazione sindacale e rispondente al fisiologico pendolarismo dei lavoratori dei servizi di trasporto ferroviario;
   come si legge nella nota inoltrata dal sindacato Cat in risposta al citato articolo, il diritto in questione «venne allargato al coniuge ed ai figli (sino al compimento del venticinquesimo anno di vita) dei dipendenti nonché agli ex dipendenti in quiescenza al tempo del rinnovo contrattuale del 1990 in vece di un aumento salariale di circa 100.000 lire mensili dovuto in virtù di un aumento di produttività richiesto dall'azienda»;
   ad oggi, le concessioni di viaggio spettano di diritto a tutti i pensionati del gruppo, ma se il beneficiario in seguito torna a lavorare per soggetto diverso, e quindi verosimilmente concorrente alle società del gruppo, il diritto decade, con conseguenti possibili effetti anticoncorrenziali;
   per i treni locali, regionali e alcuni intercity, Trenitalia risulta legata alle regioni da contratti con i quali queste ultime acquistano un servizio a catalogo, scegliendo, fra l'altro, il tipo di treno, il numero e l'anzianità delle carrozze;
   sulla base di tali scelte, si determina il valore del corrispettivo dovuto dalla regione al fornitore del servizio, dal quale sono sottratti gli incassi provenienti dai biglietti in relazione al relativo ambito territoriale;
   nel momento in cui Trenitalia consente ad alcuni soggetti di viaggiare gratuitamente su tali convogli, si determina quindi una diminuzione degli incassi provenienti dai biglietti con conseguente, speculare aumento degli importi versati all'operatore ferroviario dalle regioni;
   in tal modo, il mancato introito conseguente a tale benefit aziendale verrebbe scaricato sugli enti pubblici regionali, il che potrebbe costituire, a giudizio degli interroganti, un indebito aiuto di Stato per l'ex monopolista ferroviario –:
   se quanto premesso corrisponda al vero;
   quale sia l'esatto inquadramento giuridico dell'istituto delle convenzioni di viaggio, e come venga computato, specialmente in relazione a soggetti pensionati, a livello di bilancio aziendale;
   quale valore economico equivalente sia riconosciuto, in ragione delle convenzioni di viaggio, per ciascun dipendente e quale sia quindi il relativo onere annuale;
   anche alla luce della natura apparentemente integrativa della retribuzione assunta dall'istituto, a quale genere di trattamento fiscale siano soggetti i lavoratori che ne beneficiano e, in particolare, se trovi applicazione la norma di cui all'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché il regime Iva relativo ai titoli di viaggio;
   quale sia la motivazione di cessazione del beneficio per i pensionati che vadano a lavorare per altre imprese ferroviarie e se i titoli di viaggio gratuiti costituiscano parte integrante dello stipendio e della pensione, e ciò in particolare per i dipendenti di Rete ferroviaria italiana società che, per definizione, ha un ruolo di terzietà nei confronti di tutte le imprese ferroviarie;
   se sia stato tenuto conto degli eventuali effetti anticoncorrenzionali dei fatti esposti in relazione alla normativa europea sugli aiuti di Stato. (5-11548)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   già nella interpellanza n. 2-01042 del 31 luglio 2015 l'interrogante aveva espresso riserve e preoccupazione per l'istituendo monopolio privato delle rotte marittime da e per la Sardegna, derivante dall'acquisto di Tirrenia da parte del gruppo Onorato;
   le riserve vertevano sugli effetti derivanti su tariffe e servizio;
   il Governo pro tempore, in sede di risposta, rassicurò circa le tariffe basandosi in particolare sulle promesse fatte dalla nuova proprietà circa la riduzione ad euro 14 a persona;
   ad oggi — considerando anche l'inizio della stagione estiva che rende ancora più stretta l'offerta di trasporti — risulta l'applicazione di prezzi completamente diversi da quelli promessi e che non garantiscono in alcun modo il rispetto della «continuità territoriale»;
   nello specifico, come facilmente riscontrabile dal sito Tirrenia in sede di prenotazione e come denunciato da più parti, le tratte «tipo» da e per la Sardegna hanno costi così riassumibili:
    Civitavecchia — Cagliari andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 514,56 euro;
    Genova — Porto Torres andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 579,77 euro;
   Civitavecchia — Olbia andata e ritorno (simulazione 12 — 19 giugno 2017), due adulti e un bambino con macchina standard e cabina doppia interna: 355,99 euro;
   il mantenimento di queste tariffe rischia di arrecare un serio danno alla economia dell'isola tutta, rendendone il raggiungimento troppo oneroso per gli standard economici dei turisti;
   la compagnia di navigazione Tirrenia usufruisce annualmente dello stanziamento dallo Stato di diversi milioni di euro per garantire il servizio pubblico essenziale in regime di continuità territoriale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda porre in essere immediatamente ogni iniziativa — per quanto di competenza – per abbattere le tariffe in questione in modo da non penalizzare l'economia turistica sarda. (4-16909)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante sin dall'inizio del proprio mandato, insieme alle decine di migliaia di pendolari, usufruisce quasi quotidianamente della linea FL3 del servizio ferroviario regionale del Lazio che collega Viterbo Porta Fiorentina con Roma Tiburtina e che è gestita da Trenitalia;
   l'interrogante, a partire dal 2013, insieme agli altri pendolari della Tuscia, ha subito le conseguenze di svariati ritardi e disservizi del servizio ferroviario di cui si annoverano tra quelli più rilevanti: la soppressione del treno regionale 24051 il 5 maggio 2015, i gravi ritardi anche di 45 minuti su tutta la linea del 25 e 26 maggio 2016, i 67 minuti di ritardo del treno RV 24049 il 16 settembre 2016, i 25 minuti di ritardo del treno RV 24057 il 5 ottobre 2016, i 22 minuti di ritardo del regionale 24051 il 12 ottobre 2016, i 13 minuti di ritardo del RV 24051 il 13 ottobre 2016, i 45 minuti di ritardo del regionale 24049 il 15 novembre 2016, i 30 minuti di ritardo su tutta la linea del 21 novembre 2016, i 24 minuti di ritardo del regionale 24063 il 20 dicembre 2016, i 31 minuti di ritardo del treno regionale 24057 il 10 maggio 2017, i 29 minuti di ritardo del regionale 24088 il 10 maggio 2017, i 20 minuti di ritardo del regionale 24074 il 18 maggio 2017, i 38 minuti di ritardo del regionale 24051 il 31 maggio 2017;
   queste inefficienze sono di nocumento in modo particolare per quanti si spostano quotidianamente dalla provincia di Viterbo alla capitale per motivi di lavoro o studio o per effettuare visite mediche presso i presidi ospedalieri romani; per alcuni si tratta dell'interruzione dell'attività didattica in modo particolare delle prime ore di scuola, mentre, per i datori di lavoro dei pendolari e per i lavoratori, il ritardo può determinare perdite economiche e disfunzioni organizzative; 
   l'interrogante il 23 giugno 2016 incontra l'assessore alla mobilità della regione Lazio, riportando le molteplici istanze provenienti dai cittadini e dai comitati dei pendolari della tratta ferroviaria FL3. Tra queste: una petizione promossa dal comitato Pendolari di Capranica-Sutri sottoscritta da 330 cittadini, il potenziamento della flotta dei treni «Vivalto» e la maggiore tutela del pubblico interesse attraverso l'applicazione di congrue sanzioni per gli eventuali disservizi;
   l'interrogante il 17 maggio 2015 scrive all'Autorità di regolazione dei trasporti in merito ai ritardi del 10 maggio 2017, ossia 30 minuti del treno 24057 Viterbo P.F.-Roma Ostiense ed altrettanti al ritorno, con il treno 24088 Roma Tiburtina-Viterbo P.F.;
   per quanto attiene il nuovo contratto di programma RFI – parte investimenti 2016-2021, non si è attualmente a conoscenza dei contenuti di tale nuovo accordo, nonostante l'intercorsa scadenza del precedente contratto, relativo agli anni 2012-2016 –:
   se sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se per quanto di propria competenza, non reputi necessario procedere ad approfondite verifiche in ordine alle cause che determinano tali disservizi al fine di evitare il ripetersi di analoghi fenomeni;
   se il Ministro possa fornire elementi in merito al contenuto del nuovo, contratto di programma – parte investimenti 2016-2021, con particolare riferimento alle previsioni di spesa aggiornate per la tratta in questione. (4-16910)


   CAPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'area marina protetta di Capo Carbonara, ricadente nella giurisdizione del comune di Villasimius, è caratterizzata da un territorio di alto pregio ambientale, con accentuata vocazione turistico/marittima;
   la citata area è stata istituita nel 1998 e, nel 2012 è stata sancita una nuova perimetrazione, nonché la zonizzazione dell'area marina, con il passaggio da una a quattro «zone A – protezione integrale», mentre viene introdotta una «zona D – riserva sperimentale»;
   dal 2015 tutte le attività esercitate nel territorio di Villasimius sono soggette a contingentamento per la protezione dell'area, con un evidente necessità di maggior controllo da parte dei corpi preposti alla sorveglianza;
   le caratteristiche dell'area esercitano un fortissimo richiamo antropico, prevalentemente legato al turismo della stagione estiva, che fa sì che il comune di Villasimius debba porre in essere un'attività programmatica, finalizzata alla corretta e sostenibile fruizione del territorio;
   a rafforzare il livello di pregio dell'area si ricorda che di essa fanno parte varie zone di protezione speciale, che si estendono per oltre novemila ettari, e che tutta quest'area si trova nel comune di Villasimius;
   a ciò si aggiunge il fatto che la zona, per effetto della particolare posizione geografica, è punto di incrocio strategico dei traffici marittimi che insistono sulla stessa area marina protetta, ubicata in prossimità delle rotte utilizzate dalle navi in arrivo e partenza dal porto di Cagliari e dal polo petrolchimico di Sarroch;
   appare evidente, quindi, il grave rischio ambientale che corre l'area marina protetta, e appare anche evidente all'interrogante come non sia sufficiente la presenza solo stagionale di un organo/ente capace di coniugare le peculiarità dell'attività d'informazione/prevenzione con quelle tipiche delle attività di repressione e che si concentri in particolare sugli ambienti costieri, oltre che sul mare, e sulle attività ad esso collegate;
   è quindi necessaria l'attivazione di un organismo/ente che garantisca la presenza annuale e non stagionale sul territorio, salvaguardando anche la vita umana potendo intervenire costantemente in tutte quelle situazioni, e non sono poche, che mettono a rischio in mare la vita umana, anche per comportamenti scriteriati e irresponsabili che non si verificano per altro solo nella stagione estiva;
   appare, quindi fondamentale per l'interrogante l'attivazione annuale in Villasimius del presidio della Capitaneria di porto – Guardia Costiera, ad oggi, come detto, solo stagionale;
   il comune di Villasimius ha già dato la disponibilità a coprire parte dei costi necessari che la Capitaneria di Porto dovesse sostenere per l'attivazione del presidio annuale;
   si rileva inoltre che, nel 2016, l'area marina protetta di Capo Carbonara si è fatta carico di stipulare una convenzione con la direzione marittima di Cagliari per l'apertura di 9 mesi (30 marzo-22 dicembre 2016) della Sezionemare di Villasimius, con un costo complessivo di 20 mila euro;
   i risultati ottenuti possono essere considerati molto positivi, ed appare opportuno rinnovare la convenzione sopra citata;
   infine, si osserva che avere il corpo della Capitaneria di porto tutto l'anno a Villasimius garantirebbe una serie di servizi che potrebbero giovare a tutta la cittadinanza ed ai turisti, e consentirebbe di combattere con efficacia abusi ed attività illecite e di proteggere la delicatissima area protetta sopra ricordata –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per contribuire alla soluzione della problematica ricordata in premessa, da un lato favorendo così la protezione della fondamentale area marina di Capo Carbonara e dall'altro garantendo sicurezza ai cittadini e ai turisti presenti in gran numero, soprattutto ma non solo in estate, nell'area citata. (4-16918)


   FANTINATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   due recenti pareri (dicembre 2016 e marzo 2017) del massimo organo tecnico dello Stato – il Consiglio superiore dei lavori pubblici – rilevano gravi inadempienze nei progetti Tav nella tratta Brescia/Verona e Padova;
   nel parere del 15 dicembre 2016 il Consiglio superiore dei lavori pubblici sostiene che: «il progetto definitivo relativo alla Tratta AC/AV Milano-Verona. Convenzione del 15 ottobre 1991 e Atto Integrativo del 19 aprile 2011 – articoli 2-3 Residua Tratta Milano-Verona. Lotto Funzionale Brescia-Verona, allo stato degli atti, debba essere rivisto, modificato e integrato/adeguato nel pertinente livello progettuale previsto dalla normativa vigente, sulla base delle prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni, di cui ai Considerato che precedono, e comunque prima dell'espletamento delle procedure per l'esecuzione dei lavori»;
   sono pesanti i rilievi formulati dal Consiglio che riguardano la mancata applicazione di norme tecniche (decreto ministeriale 14 gennaio 2008) e ciò per quanto «attiene tutti gli aspetti progettuali, sia, ad esempio, quelli riferiti all'azione sismica, sia quelli concernenti la compatibilità idraulica dei ponti»;
   l'inadempienza suddetta riguarda anche quanto disposto dal Cipe: «il progetto dovrà essere conforme a quanto prescritto nelle norme tecniche di cui all'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri del 20 marzo 2003, n. 3274, che definisce la nuova classificazione sismica del territorio nazionale»;
   appare rilevante, inoltre, quanto scrive il Consiglio superiore dei lavori pubblici in merito al progetto definitivo ove si fa riferimento al: «carattere di illogicità e di non opportunità che porta a prendere a riferimento ancora nella fase di progetto definitivo, un impianto di normativa tecnica superato da oltre un decennio, senza tener conto in forma compiuta degli aggiornamenti della sismicità di base, rivalutata con conseguente accresciuta gravità delle sollecitazioni in presenza di sisma, nonché di aggiornate indicazioni in termini di progettazione, sia in presenza dell'azione sismica sia in riferimento alla compatibilità idraulica delle opere»;
   a parere del citato organismo, adeguare il progetto al nuovo quadro normativo «potrebbe determinare, per i soli viadotti ferroviari, un incremento dei costi nell'ordine del 50-60 per cento». Non poco, considerato che la Brescia-Verona potrebbe costare fino a 4 miliardi di euro: il costo dichiarato di 3 miliardi e 461 milioni è un altro degli aspetti sui quali il Consiglio si dice scettico;
   i rilievi espressi dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, a parere dell'interrogante, avrebbero dovuto indurre la struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a svolgere quel ruolo che il codice degli appalti ad essa attribuisce per la revisione della progettazione, monitoraggio, valutazione e alta sorveglianza;
   relativamente alle prescrizioni previste dall'autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Brenta-Bacchiglione congiuntamente con l'Autorità di bacino dell'Adige, prescrizioni alla cui attuazione viene subordinato il parere positivo della regione veneto, il Consiglio superiore dei lavori pubblici rileva che «tutte le osservazioni/prescrizioni, riportate nel Bur 102 del 25 ottobre 2016, non no state recepite nella documentazione di progetto in esame. Nel corso dei successivi sviluppi dovrà essere prevista l'acquisizione delle parere dell'Autorità di bacino responsabili dei territori interessati dalla tratta AV/AC, in termini di verifica di ottemperanza a quanto da queste richiesto» –:
   se, alla luce delle osservazioni espresse dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, non si ritenga di dover sospendere l'inizio dei lavori e quindi il finanziamento dell'intervento di cui in premessa. (4-16921)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta all'interrogante, come è emerso da fatti di cronaca riportati dalla stampa della provincia di Brindisi, il 16 maggio 2017 il coordinatore locale del Movimento «Noi con Salvini» ha comunicato su Facebook che, nel capoluogo, era stata consumata una «tentata violenza», spiegando che «ancora una volta a Brindisi un extracomunitario cerca di violentare una donna al Rione Cappuccini» e che «l'immediato intervento della polizia» aveva «provveduto ad arrestarlo», invocando subito dopo la «castrazione chimica» per il presunto reo;
   sempre nel medesimo giorno, lo stesso personaggio politico rincarava la dose commentando: «Quanto dobbiamo attendere ancora per capire cosa è successo ai Cappuccini ? Una tentata violenza su una minorenne italiana da parte di un extracomunitario e tutti zitti !», in qualche maniera invitando a reagire con forza;
   il 17 maggio l'edizione brindisina della Gazzetta del Mezzogiorno, riportando l'accaduto, così titolava: «Immigrato molesta minore: ma è una bufala di “noi con Salvini”», esplicitandone il senso all'interno dell'articolo: «Nessuna violenza carnale e nessun arresto per un presunto caso di molestie..., è una bufala totale la notizia lanciata dal Movimento Noi con Salvini»;
   sempre il 17 maggio la testata Brindisi Report, a chiosa di tali fatti, scriveva nell'articolo intitolato «Essere innocente non basta a un immigrato per essere “assolto” su Facebook»: «Chi stava per fare degenerare la situazione sono i terzi intervenuti, quelli pronti a menare le mani, a mandare in ospedale una persona che, secondo i commenti di oggi, alla notizia dell'accertata innocenza continua comunque ad essere ritenuta colpevole perché è un immigrato, e per giunta africano», evidenziando così il pericolo reale di un linciaggio fisico –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato sulla dinamica dei fatti e della ricostruzione delle forze dell'ordine intervenute;
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere per prevenire ed evitare situazioni di tensione collegate all'accoglienza degli immigrati, nonché possibili rischi per l'ordine e la sicurezza pubblica derivanti dalla diffusione incontrollata di notizie infondate, come nel caso di cui in premessa, intensificando gli sforzi destinati all'integrazione e all'inclusione contro ogni forma di razzismo. (4-16914)


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il grave episodio accaduto il 3 giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino, che ha riunito centinaia di migliaia di tifosi juventini per la visione, attraverso un maxischermo, dell'incontro di calcio della finale della Champion league Juventus- Real Madrid a Cardiff, provocando il ferimento di circa 1.500 persone, ripropone il tema della sicurezza e dell'ordine pubblico nelle città, in particolare nell'attuale fase caratterizzata dagli avvenimenti legati al terrorismo internazionale;
   le indagini avviate dalla magistratura e dalle autorità preposte alla vigilanza per individuare i responsabili degli incidenti e del panico tra la folla, evidenziano allo stato attuale gravi falle nel sistema organizzativo e della sicurezza preventiva, nonché nell'autorizzazione a consentire l'accesso nella piazza per un numero di persone esorbitante;
   l'interrogante segnala, al riguardo, che anche la Confederazione sindacale autonoma di polizia — Consap, attraverso una nota ufficiale della segreteria nazionale di coordinamento del Nord Italia, ha espresso la netta contrarietà alla decisione da parte dell'amministrazione comunale di Torino di autorizzare un evento del genere, in piazza San Carlo, la cui eccessiva concentrazione di persone ha innalzato oltre misura, i livelli di pericolosità per l'incolumità e la sicurezza pubblica;
   a giudizio della Consap, l'utilizzo dello Juventus stadium avrebbe consentito la programmazione dell'evento calcistico suesposto, nella più evidente tranquillità, considerando la grandezza dell'impianto calcistico che è idoneo ad ospitare tanti tifosi e tenuto conto del periodo particolarmente delicato e dei tragici avvenimenti accaduti in altre città europee;
   organizzare adeguate riunioni preventive in occasione delle prossime manifestazioni pubbliche, coinvolgendo con maggiore rigore le forze di pubblica sicurezza, evidenzia ancora la Consap, risulta urgente ed indispensabile, alla luce di quanto accaduto il 3 giugno a Torino; la Consap aggiunge inoltre la necessità di potenziare i sistemi di controllo e vigilanza, considerando il numero di venditori abusivi presenti prima della trasmissione della partita di calcio Juventus-Real Madrid, che commerciavano bevande alcoliche in bottiglie di vetro non autorizzate –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se condivida quanto rilevato dalla Consap e in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda assumere, al fine di stabilire adeguate misure preventive per i prossimi avvenimenti legati a manifestazioni pubbliche, non soltanto a Torino, potenziando i livelli di sicurezza e di tutela per i partecipanti nonché il dispositivo di ordine pubblico all'interno delle città. (4-16916)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni del 10 e 11 giugno 2017 si è tenuto a Bologna il G7 ambiente;
   a partire dal 9 giugno 2017 una vasta coalizione di soggetti ambientalisti e sociali, territoriali e nazionali, denominata G7M, ha proposto un calendario di iniziative politiche e culturali, con una manifestazione di chiusura prevista per le 15 di domenica 11 giugno 2017;
   in una prima fase, era previsto che il vertice G7 si concludesse con una cena di gala a palazzo Re Enzo, in piazza del Nettuno;
   questo aveva portato il sindaco di Bologna, su sollecitazione del comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, a disporre un'ordinanza che precludeva l'accesso pedonale ad una vasta area del centro storico di Bologna per l'intero pomeriggio di domenica 11 giugno;
   la difficoltà di garantire il rispetto di un provvedimento che avrebbe richiesto una mobilitazione straordinaria di forze dell'ordine e un sacrificio significativo ai cittadini e agli operatori economici bolognesi, aveva poi portato allo spostamento della cena di gala in periferia, all'Hotel Savoia Regency;
   l'ipotizzata chiusura del centro storico aveva creato problemi anche con il percorso della manifestazione indetta da G7M, che nelle intenzioni degli organizzatori avrebbe dovuto tenersi nella zona interdetta, come da tradizione cittadina;
   si riteneva tuttavia erroneamente che il ritiro dell'ordinanza avrebbe consentito il normale svolgimento delle attività, compreso l'esercizio del diritto di manifestazione;
   con propria prescrizione, il comitato per l'ordine pubblico e quindi il questore autorizzavano infatti un percorso che escludeva il passaggio dalla cosiddetta zona T, ovvero lo snodo centrale di Bologna;
   inutili si rivelavano a quel punto tutti i canali di trattativa, compreso un appello per la libertà di manifestazione firmato da sindacati, associazioni, parlamentari ed esponenti di forze politiche locali e nazionali;
   si deve a questo punto sottolineare che l'autorizzazione era stata richiesta per una manifestazione di circa 1.000 partecipanti e che analoghe iniziative avevano attraversato Bologna nei mesi precedenti senza alcun problema significativo di ordine pubblico;
   appare quindi tuttora incomprensibile all'interrogante quali siano le ragioni che abbiano indotto un atteggiamento di chiusura da parte delle autorità competenti, se non si vuole dare credito a chi ipotizza una ripicca politica per la mancata cena a palazzo Re Enzo;
   ancora più incomprensibile appare la scelta di blindare e rendere inaccessibile un'area di Bologna che si era appena deciso di liberare, essendo cessata la necessità di garantire la sicurezza dei partecipanti al vertice, solo per evitare il passaggio di una manifestazione annunciata quale assolutamente pacifica e quindi rivelatasi tale, a cui avevano annunciato la propria partecipazione anche esponenti istituzionali locali e nazionali;
   tutti hanno potuto notare peraltro il grande dispiego di uomini e mezzi, disposti al solo fine apparente di impedire l'accesso a vie cittadine abitualmente percorse da cortei politici –:
   per quali ragioni si sia deciso di vietare il percorso richiesto dagli organizzatori, in assenza secondo l'interrogante di qualsiasi obiettivo sensibile da tutelare e nonostante le evidenti problematicità derivanti dalla chiusura della zona T per l'intero pomeriggio di domenica;
   quali siano le ragioni che abbiano indotto ad adottare misure di sicurezza eccezionali, a fronte di una manifestazione di 2.000 persone, che si è rivelata pacifica nelle intenzioni e nelle pratiche;
   quanti siano stati complessivamente le donne e gli uomini delle forze dell'ordine impiegati nel controllo della manifestazione, con quali mezzi e con quale costo complessivo a carico della collettività. (4-16919)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 giugno 2017, nonostante il silenzio elettorale precedente il voto per le elezioni amministrative nella città, previsto per il giorno successivo, sul sito istituzionale del comune di Palermo sono stati pubblicati i dati di un sedicente spoglio dai quali risultava che tra i candidati a sindaco si attestasse primo il sindaco uscente, Leoluca Orlando;
   tale avvenimento rappresenta, a giudizio dell'interrogante, una violazione gravissima delle norme che regolano le competizioni elettorali e un abuso atto a influenzare il voto attraverso il sito istituzionale del comune –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative normative per definire una disciplina sanzionatoria più stringente per la violazione delle norme in materia di comunicazione politica e istituzionale in periodo elettorale. (4-16924)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'Agenzia spaziale italiana (Asi) è un ente di ricerca pubblico nazionale avente il compito di promuovere, sviluppare e diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale e lo sviluppo di servizi innovativi, nonché di coordinare e gestire i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei e internazionali con una particolare attenzione al mantenimento della competitività del comparto industriale italiano;
   stando ai dati relativi al budget 2017 riportati sul sito web dell'Esa, l'Italia è attualmente il terzo maggior partner della European Space Agency dopo Germania e Francia, con un contributo di 550 milioni di euro pari al 14,6 per cento del totale;
   fino al 2015 l'Italia dirigeva tre diversi direttorati Esa: direttorato strategia, direttorato lanciatori e direttorato tecnologia e qualità da cui dipendono i laboratori di Estec in Olanda. Salvo comprovate incapacità, al direttore uscente è solitamente riconfermato il direttorato di competenza;
   nel 2015 vengono sostituiti dieci direttori Esa in scadenza: la Germania (primo finanziatore Esa) ottiene la nomina del direttore generale Esa, la Francia (secondo finanziatore Esa) si aggiudica due direttorati, mentre all'Italia è riconfermato soltanto il direttorato tecnologia e qualità nella persona di Franco Ongaro;
   a fine 2015 non erano ancora stati assegnati i direttorati lanciatori e osservazioni della terra, entrambi prestigiosi e importanti, poiché strettamente legati al settore industriale. Considerati il notevole contributo italiano al budget dell'Esa e i tre incarichi prima ricoperti, l'Italia avrebbe potuto riottenere il direttorato lanciatori. Tuttavia, a giudizio degli interpellanti ignorando l'ottima candidatura con la quale l'Italia avrebbe concorso al direttorato lanciatori, il presidente dell'ASI sceglie di puntare al direttorato osservazioni della Terra;
   nella selezione del marzo 2016 il direttorato lanciatori è assegnato alla Svizzera, mentre i nominativi dei candidati italiani per il direttorato osservazioni della Terra proposti dal presidente dell'ASI vengono scartati nel corso di ben due selezioni. Il direttorato osservazioni della Terra è infine attribuito all'Austria;
   ciò implica una posizione di netto svantaggio per l'Italia che, pur essendo il terzo maggior contributore dell'Esa, ricopre una posizione inferiore non solo rispetto a Germania e Francia, ma anche rispetto a Svizzera e Austria, Paesi membri che finanziano l'Esa in minima parte;
   alla questione direttorati si aggiunge «ExoMars», missione effettuata ad ottobre 2016, di cui l'ASI è il primo contributore, con un impegno economico pari al 33 per cento del costo totale. ExoMars mirava al lancio del Lander Schiapparelli su Marte con lo scopo di eseguire misure scientifiche sulla superficie del pianeta. La missione è riuscita solo parzialmente, poiché una volta entrata nell'orbita marziana il Lander si è schiantato al suolo distruggendosi;
   a fronte dell'insuccesso, la dirigenza dell'Asi ha accusato l'Esa di aver affidato i test decisivi a un'organizzazione non dotata di competenza specifica sufficiente. In realtà, avendo finanziato con una cospicua cifra la missione, la dirigenza dell'Asi ne deteneva la leadership;
   ciò implica che del monitoraggio regolare della missione in tutte le sue parti, compresa quella dei test e delle simulazioni, avrebbe dovuto occuparsene l'Asi che invece ha preferito delegare l'Esa. Inoltre, ancora prima che si conoscessero i dettagli del fallimento della missione, il presidente dell'Asi ha assunto un ulteriore impegno economico pari al 45 per cento della totale copertura finanziaria per una seconda missione ExoMars 2020 –:
   se intendano verificare, per quanto di competenza, quale prassi operativa sia stata eseguita dalla dirigenza dell'Asi, nella presentazione delle candidature italiane ai direttorati dell'Esa, ovvero se le nomine siano state discusse, concordate e negoziate con lo stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con la direzione generale per la mondializzazione e le questioni globali e con l'ambasciatore presso l'Ocse, e se i candidati italiani proposti fossero provvisti di qualificate competenze spaziali;
   quali iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda intraprendere in qualità di Ministero vigilante, al fine di sostenere l'Asi nelle relazioni con gli altri Paesi membri dell'Esa e di difendere gli interessi sia economici che industriali dell'Italia dato che, nonostante le notevoli risorse investite, l'Agenzia spaziale italiana ha perso le nomine in posizioni apicali e, come nel caso del quinto astronauta, continua ad essere penalizzata rispetto a Germania e Francia o addirittura rispetto a Paesi che contribuiscono solo al 5 per cento del finanziamento totale dell'Esa;
   se intenda chiarire i motivi che hanno portato la dirigenza dell'Asi a delegare l'Esa nel monitoraggio della missione ExoMars, ovvero a non assumersi quelle che gli interroganti giudichino le responsabilità di primo finanziatore, quindi leader della missione.
(2-01831) «Brescia, Vacca, Crippa».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 31 maggio 1974, n. 416 istituisce, a livello di circolo di istituto, distrettuale, provinciale e nazionale, gli organi collegiali;
   il fine è «la partecipazione nella gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta collettività sociale e civica»;
   secondo l'articolo 25, comma 6, del decreto-legge 30 marzo 2001, n. 165, «il consiglio d'istituto rappresenta l'organo con poteri di indirizzo politico e di controllo, si occupa dell'assetto organizzativo e strutturale della scuola a cui il Dirigente presenta periodicamente motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa, al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi dell'istituzione scolastica»;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 28 maggio 2017, ha riportato come «in Italia ci siano ancora circa novanta scuole che non hanno, nonostante il decreto del Presidente della Repubblica 416/1974 ne preveda l'istituzione, l'organo di rappresentanza dei genitori, degli insegnanti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario statale (ATA) oltre che del dirigente. Si tratta degli istituti omnicomprensivi creati con decreto del Presidente della Repubblica 233 del 1998, caratterizzati da tre a quattro differenti ordini di scuola, da quella dell'infanzia al liceo e, secondo la Circolare Ministeriale 192 del 2000, e circolari simili per gli anni scolastici successivi, non sono dotati del Consiglio di Istituto»;
   «A 19 anni dalla loro istituzione, non vi è, dunque, una normativa che regoli la composizione dei Consigli di Istituto nelle scuole menzionate. Infatti, in alcuni casi viene nominato un commissario dagli uffici scolastici regionali»;
   il 4 maggio 2017, i genitori dell'istituto omnicomprensivo musicale statale di Milano hanno scritto una missiva al Ministro Valeria Fedeli, sottolineando come «l'assenza del consiglio d'istituto discrimini l'utenza di tali scuole rispetto a tutti gli altri, stridendo in maniera evidente con quanto sancito a partire dai Decreti Delegati circa la partecipazione dei genitori alla vita scolastica e con il principio democratico di interazione tra dirigente e altre componenti». Un ruolo importante che i genitori di questi istituti ora rivendicano;
   secondo il Fatto «il ministro è a conoscenza della problematica, nonostante sembri che, ad oggi, la lettera dei genitori non sia mai arrivata» –:
   se il Ministro sia informato dei fatti esposti in premessa;
   secondo quali modalità e tempistiche intenda dare seguito a quanto sollecitato nell'appello dei genitori della scuola musicale statale di Milano;
   come intenda vigilare per garantire l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 416 del 1974;
   quali iniziative normative intenda assumere per regolamentare la composizione dei consigli di istituto di cui in premessa;
   come intenda assicurare in tutti gli istituti la reale partecipazione e garantire la democrazia necessaria nella comunità scolastica. (4-16902)


   CIVATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è interesse dello Stato e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca promuovere e potenziare le università pubbliche, tra le quali si colloca nei posti di eccellenza l'università degli studi di Milano (UniMi), la più consistente università lombarda con oltre 60.000 studenti iscritti e 4.000 lavoratori tra docenti e personale tecnico;
   UniMi è interessata da un progetto di delocalizzazione di alcune facoltà nei terreni sui quali è stato realizzato Expo 2015;
   le principali università europee non sono mai state trasferite dall'originario sito, ma si sono potenziate a partire da questo, così come le università private di Milano. Al contrario, quelle di Genova e Siena hanno effettuato investimenti immobiliari «esterni», ricavandone forti crisi gestionali;
   a «Città studi» sta per essere completato il nuovo dipartimento di informatica, dal costo previsionale di circa 21 milioni di euro, mentre i dipartimenti che necessitano di importanti ristrutturazioni o nuove collocazioni si limitano a farmacologia e chimica. Circa la possibile ristrutturazione o nuova costruzione in loco non è stato prodotto alcun prospetto di comparazione economica rispetto al trasferimento in area ex-Expo, nonostante nelle zone limitrofe esistano varie aree adeguate. Queste aree sono quelle che si libererebbero dal trasferimento dell'Istituto Besta e dell'Istituto dei tumori e dalla dismissione dello scalo ferroviario di Lambrate, nonché i terreni di proprietà di UniMi siti in Via San Faustino;
   il progetto di trasferimento di UniMi nell'area ex-Expo comporterebbe un restringimento della superficie usufruibile dagli attuali 250.000 metri quadrati ai previsti 150.000 metri quadrati con una conseguente ferrea limitazione del futuro sviluppo dell'università;
   le aree ex-Expo sono state bonificate a «livello B», mentre per un insediamento universitario si prevede il «livello A»: a oggi non sono stati definiti i costi e i tempi di tali bonifiche;
   a seguito del trasferimento delle facoltà di veterinaria e la costruzione del nuovo dipartimento di informatica si sono evidenziati numerosi limiti nella capacità gestionale da parte di UniMi;
   lo spostamento nell'area ex-Expo comporta un investimento ingente da parte di UniMi che provoca la possibilità di ulteriori e imprevisti costi in corso d'opera. Nelle previsioni di spesa, inoltre, non sono incluse quelle per gli arredi tecnici di laboratori didattici e scientifici, fondamentali per le facoltà in via di trasferimento;
   le disponibilità finanziarie di UniMi si basano su alienazioni immobiliari per nulla definite e alquanto aleatorie, anche alla luce del fatto che l'immobile di farmacologia di viale Abruzzi, la cui asta iniziale prevedeva la vendita per 9,6 milioni di euro, non si è conclusa e ha portato a un ribasso a 7,5 milioni di euro;
   si configura un'operazione di dimensioni ingenti e assolutamente complessa in assenza della dovuta programmazione col conseguente rischio di ricadute negative di tipo finanziario (coinvolgendo anche i finanziamenti che UniMi riceve annualmente dallo Stato, di circa 270 milioni di euro nel 2016) e gestionale, oltre che sull'attività didattica e scientifica;
   negli anni passati UniMi e il Politecnico, col progetto «Campus sostenibile», hanno dialogato con le realtà del quartiere e del territorio per una proficua integrazione socio-culturale tra la città e le sue università;
   si è manifestata una forte opposizione di docenti, studenti, personale tecnico e cittadini al trasferimento in esame;
   dovrebbe essere prioritaria la riduzione delle tasse universitarie, dal momento che, attualmente, queste superano i limiti previsti dalla legge –:
   se il Governo intenda rendere noto l'indicatore di indebitamento dell'università degli studi di Milano che, per legge, deve essere documentato entro il mese di marzo di ogni anno;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di analizzare, preventivamente e attentamente, tutti gli aspetti riguardanti l'impegnativa operazione di trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale nell'area ex-Expo;
   se non si ritenga, dato che con l'impegno finanziario richiesto per il trasferimento è facilmente ipotizzabile il superamento della soglia massima di indebitamento di dover controllare, per quanto di competenza, che i risvolti finanziari di tale operazione non superino tali soglie, previste dal decreto legislativo n. 49 del 2012 e pari al 15 per cento delle entrate non vincolate in bilancio;
   quali elementi il Governo possa fornire circa le possibili ricadute negative sul futuro gestionale di UniMi di un investimento tanto ingente;
   se il consiglio di amministrazione e il Senato accademico di UniMi abbiano richiesto un parere in merito da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in relazione a un impegno che avrà delle ripercussioni vincolanti per l'università per almeno i prossimi vent'anni. (4-16903)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la circolare dell'Inps n. 154 del 17 settembre 2015 concernente l'articolo 1, commi 113, 258, 623, 708, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» disciplina i riflessi sui trattamenti di fine servizio e trattamenti di fine rapporto dei dipendenti pubblici determinando i termini di pagamento degli stessi dalla cessazione del rapporto di lavoro;
   tale circolare evidenzia che, se la data di maturazione del requisito contributivo ai fini della pensione va dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2017, il termine di pagamento del trattamento di fine servizio e trattamento di fine rapporto è di 6 mesi con diritto a pensione maturato entro il 31 dicembre 2013, a prescindere dalle penalizzazioni, o 12 mesi con diritto a pensione maturato dopo il 31 dicembre 2013, a prescindere dalle penalizzazioni;
   se la data di maturazione del requisito contributivo ai fini della pensione è a partire dal 1o gennaio 2018, allora il trattamento di fine servizio e trattamento di fine rapporto saranno erogati 12 mesi dopo con trattamento pensionistico senza penalizzazioni e 24 mesi se il trattamento pensionistico è erogato con penalizzazioni;
   in questa legislatura è stata approvata una serie di misure finalizzate a ridurre gli effetti negativi della cosiddetta legge Fornero, da ultimo con l'approvazione dei decreti concernenti l'Ape (anticipo pensionistico);
   il permanere di misure così restrittive nell'ambito della erogazione del trattamento di fine servizio e trattamento di fine rapporto rappresentano una ingiustificata penalizzazione per questi lavoratori –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere tali disposizioni e procedere ad una rimodulazione dei termini di liquidazione del trattamento di fine servizio e trattamento di fine rapporto declinando termini più favorevoli al lavoratore e comunque abbassando il tetto dei 24 mesi. (5-11543)


   PELLEGRINO, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del gruppo Dimensione con sede a Grugliasco (To), azienda specializzata nel settore dei servizi, in particolare in campo ospedaliero per la progettazione e realizzazione di camere operatorie mobili, con 50 milioni di euro di fatturato, l'11 aprile 2017 è apparso un annuncio di offerta di lavoro;
   il candidato doveva possedere i seguenti requisiti: laurea magistrale in ingegneria civile oppure edile; un'età compresa tra i 24 e i 30 anni; saper parlare e scrivere correttamente francese (B2 o superiore, gradite esperienze all'estero); avere un'ottima conoscenza di programmi di progettazione e dimensionamento (Autocad 2D/3D, Edilclima, e altro); conoscere MS Project è considerato un plus; manifestare la disponibilità per trasferte in Svizzera (Ginevra); avere un background tecnico e predisposizione al lavoro di gruppo; era richiesta anche la capacità di interagire con autonomia nei confronti dei progettisti, dei capi-tecnici e dei clienti/fornitor;
   il candidato era chiamato a fornire supporto alla partecipazione di gare internazionali e all'analisi dei costi, collaborazione nella progettazione, nei sopralluoghi e nelle visite di cantiere, affiancamento nella fase di realizzazione degli stati avanzamento lavori, nella predisposizione dei Gantt e nella reportistica; sarebbe stato incaricato di seguire inoltre la produzione nei diversi ambiti e in tutte le fasi di progetto (preventivazione, progetto esecutivo), nonché il coordinamento delle squadre operative;
   la retribuzione proposta era, ad avviso degli interroganti, assolutamente non all'altezza delle mansioni richieste e delle competenze in possesso da parte del candidato, e sarebbe stata di 600 euro netti/mese, con un ticket restaurant per ogni giorno effettivamente lavorato e, in caso di trasferta all'estero, con il pernottamento a carico dell'azienda e il vitto indennizzato in busta;
   in realtà più che una retribuzione, la proposta di lavoro sembra agli interroganti remunerata con un rimborso spese per uno stage, non certo per un lavoro professionale e in particolare per un lavoratore con eccellenti requisiti;
   il Corriere della Sera ha chiesto conto dell'inserzione all'azienda che ha risposto scusandosi per l'errore, in quanto si trattava di uno stage, non a caso il gruppo Dimensione ha modificato la dicitura relativa alla retribuzione con «in linea con la retribuzione prevista dalla normativa regionale», ma solo successivamente alla vasta eco suscitata dai media dall'annuncio;
   quanto avvenuto non è un caso isolato, è la normalità che si trovano ad affrontare professionisti altamente qualificati ai quali non viene dato, in alcun modo, il giusto e adeguato riconoscimento retributivo; si tratta del frutto di politiche del lavoro tese a produrre anche tra i professionisti precarietà, riduzione dei diritti e mancata valorizzazione del lavoro svolto –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare le attività di lavoratori dotati di altissima qualifica e professionalità rispetto a offerte di lavoro che non tengono in alcun conto né le competenze acquisite, né, tantomeno, i contratti di lavoro; in riferimento ai fatti citati in premessa, se non ritenga sussistano i presupposti per promuovere una ispezione da parte delle competenti strutture territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di verificare la conformità dei rapporti di lavoro presso il gruppo Dimensione con la normativa vigente. (5-11545)


   DALL'OSSO, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dell'azienda Breda di Bologna continua, secondo le notizie apprese, ad essere in bilico ovvero non serena per i lavoratori; 
   nel dicembre del 2014 a seguito di un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico erano stati prefissati ben tre obiettivi ovvero: dare nuovo impulso alla produzione di autobus in Italia, rilanciare l'occupazione e valorizzare la professionalità dei lavoratori di Bologna e Valle Ufita con il sostegno all'utilizzo del trasporto pubblico;
   il nuovo amministratore delegato Stefano Del Rosso ha annunciato il 6 maggio 2017 ai dipendenti l'avvio delle procedure di licenziamento per 46 persone su 184 ancora impiegati nella fabbrica di via San Donato, a causa del mercato in crisi e del mancato finanziamento da parte del Governo del fondo per il trasporto pubblico;
   nell'ultimo incontro al Ministero dello sviluppo economico è stata descritta una situazione di tranquillità lavorativa, che garantiva la saturazione degli organici attraverso la costruzione di 220 veicoli certi in forza di contratti e a portafoglio ordini 2016; allo stato attuale le cose non sembrano funzionare come promesso;
   a Torino sono entrati in servizio autobus usati, nel caso specifico Solaris Urbino 12, passati attraverso l'intermediazione dell'azienda comasca Basco Bus: 44 veicoli provenienti dalla Polonia; 
   più volte i lavoratori ovvero le organizzazioni sindacali hanno partecipato a incontri in sede ministeriale;
   già in altre occasioni si è interrogato il Governo in merito alla vicenda di Breda –:
   cosa intenda fare il Governo, allo stato attuale, per preservare i posti di lavoro nelle due sedi italiane. (5-11547)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che la società Nestlé intenda diminuire la produzione dei noti cioccolatini «Baci» e, contestualmente, in dispregio agli accordi presi un anno fa con il piano di rilancio dello stabilimento Perugina di San Sisto, voglia procedere ad un taglio di 340 posti di lavoro;
   l'accordo sottoscritto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali non prevedeva esuberi, ma la concessione della cassa integrazione per 819 lavoratori, legata al rilancio aziendale, una nuova struttura manageriale, nonché l'innovazione delle tecnologie produttive e del modello organizzativo. Tale piano sembrava efficace, considerando che nel mese di febbraio 2017, la Nestlé, in sede di audizione parlamentare, aveva comunicato dati positivi delle vendite, sia sul mercato interno che sull’export;
   di contro, sembra che si stia per riaprire il tavolo di crisi, considerate le recenti dichiarazioni del capo mercato Nestlé che ha comunicato che alla fine della cassa integrazione guadagni straordinaria per 340 lavoratori non ci sarà più un futuro certo in Perugina;
   la Nestlé, dunque, in danno ai lavoratori, non intende mantenere fede al piano concordato che aveva la finalità di riassorbire gli esuberi e di gestire eventuali situazioni di criticità senza alcun impatto sociale;
   non è ammissibile, ad avviso dell'interrogante, consentire a Nestlé una tale condotta aziendale, considerando che non è conforme a principi di responsabilità e correttezza aver sottoscritto un preciso piano industriale per poi disattenderlo senza alcun ragionevole motivo –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti in premessa;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché siano salvaguardati i posti di lavoro e la società Nestlé rispetti il piano industriale concordato a tutela dei lavoratori.
(5-11549)


   FEDRIGA e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è notizia riportata anche a mezzo stampa quella di un bando del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per concedere contributi ad imprese di neo costituzione, purché straniere;
   si tratta di 89 beneficiari di finanziamento nel Lazio, 30 in Campania e 32 in Sicilia, per un totale di 1.392.000 euro erogati in favore di start up avviate nel 2016 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con un bando che esclude i cittadini italiani;
   c’è chi ha aperto una scuola di musica, chi ha creato una community online per disegnatori, chi ha preferito il pony express e chi l’e-commerce; molti hanno anche aperto negozi di frutta e verdura, autolavaggi, barberie o Baobab street food, proponendo prodotti tipici senegalesi a 14 euro;
   due migranti, col finanziamento di quasi 20 mila euro, hanno avviato il REHbnb, una catena di bed & breakfast «nuovo» modello, la cui promozione «rilassante come una spa, economico come un B&B, completo come un hotel» è pubblicizzata sul sito della regione Lazio Il Lazio innovatore;
   il bando del Ministero, denominato «Giovani 2g» è rivolto a giovani di età compresa tra i 18 e 30 anni, purché stranieri cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea, per l'assegnazione a 160 giovani di un contributo a fondo perduto ad personam a sostegno della nascita di nuove realtà imprenditoriali o di autoimpiego, con la messa a disposizione di prestazioni di accompagnamento, consulenza e tutoraggio in capo a Italia lavoro;
   l'iniziativa, infatti, è finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione con il fondo nazionale politiche migratorie attraverso Italia lavoro, ente strumentale del Ministero, più volte sul punto di essere soppresso ed ora assorbito, almeno sulla carta, dall'Anpal;
   il termine di richiesta di erogazione del contributo fissato perentoriamente al 30 novembre 2016 (articolo 7 dell'avviso del 2 novembre 2015) è stato, invece, ripetutamente prorogato fino all'ultima data del 31 maggio 2017;
   sul sito www.giovani2g.it è pubblicato l'elenco idonei beneficiari ove è possibile leggere, tra i tanti, un finanziamento di 10.000,00 per il progetto «chirurgia orale- prestazioni d'opera» nel Lazio ed uno di 19.321,00 per il progetto «lavoro e inclusione» in Sicilia –:
   se il Governo abbia mai emanato bandi di finanziamento a sostegno di progetti e servizi promossi e/o rivolti, esclusivamente a giovani cittadini italiani;
   se ci sia un monitoraggio dell'esito delle cosiddette « start up», ovvero una certezza della loro effettiva operatività, posto che il finanziamento è a fondo perduto e che si tratta di una vera e propria dote individuale di massimo 10.000 euro che, dunque, non dovrà essere restituita;
   quali siano le motivazioni alla base della decisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche sociali di emanare il bando di cui in premessa e specificatamente per il Lazio, la Campania e la Sicilia;
   quali siano le ragioni di uno spostamento del termine perentorio di richiesta del contributo fissato al 30 settembre 2016, prima al 31 gennaio 2017, poi al 31 marzo 2017 ed infine al 31 maggio 2017 e se sia intenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche sociali prorogare ulteriormente tale termine. (5-11551)


   RICCIATTI, FERRARA, MARTELLI, ZAPPULLA, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO, NICCHI e DURANTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalle ultime stime di Ires-Cgil Marche, elaborate sui dati dell'Istat relativi al primo trimestre 2017, emerge un ulteriore e preoccupante calo dell'occupazione nella regione; secondo le rilevazioni richiamate, nelle Marche il numero degli occupati è diminuito di 5 mila unità (- 0,9 per cento) rispetto all'anno precedente, facendo scendere il totale di lavoratori attivi a 604 mila unità;
   nel dettaglio, il calo interessa sia i lavoratori autonomi che i lavoratori dipendenti; allargando lo spettro temporale dell'analisi, si osserva come dal 2010 ad oggi i posti di lavoro persi siano 40 mila, più della metà dei quali (24 mila) tra i lavoratori dipendenti; altrettanto gravi sono i dati relativi alla disoccupazione, che vede un aumento di poco inferiore al dato nazionale, assestandosi all'11,5 per cento, ma che segna un arretramento mai visto prima nella regione Marche, che ha generalmente goduto di buoni livelli occupazionali;
   è ancora più preoccupante il dato della disoccupazione femminile che supera, invece, il dato nazionale (13,3 per cento) con una percentuale del 14,3 per cento;
   nel corso dell'ultimo anno sono cresciute del 10 per cento le persone che hanno cercato un lavoro senza trovarlo, con un numero complessivo di 78 mila unità;
   l'aumento della disoccupazione ha interessato diversamente i principali settori produttivi. In particolare, si sono registrate perdite significative di posti di lavoro nei settori del commercio e del turismo (-4 mila unità, -3,6 per cento e in quello agricolo, che ha perso circa 2000 addetti, con un dato in termini percentuali del -15,3 per cento della forza lavoro. Meno pesanti i dati relativi all'industria manifatturiera, dove si è registrato un calo del -0,3 per cento mentre in flessione leggermente positiva è l'occupazione nel settore dei servizi (+ 0,5 per cento) e nell'edilizia, con un aumento del + 1,8 per cento anche se in un contesto caratterizzato negli scorsi anni da una pesantissima crisi occupazionale –:
   quali iniziative di competenza, intendano assumere i Ministri interroganti per contrastare l'aumento della disoccupazione, con particolare riferimento al contesto economico e sociale della regione Marche, particolarmente gravato anche dagli eventi sismici dello scorso anno.
   (5-11553)


   DI SALVO, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DAMIANO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GNECCHI, GRIBAUDO, LAVAGNO, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, ROSTELLATO, ROTTA e SIMONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   meritoriamente, in occasione della definizione della manovra di bilancio 2017, l'allora Governo propose che, a decorrere dal 1o gennaio 2017, fosse riconosciuto a tutte le madri un premio alla nascita o all'adozione di minore dell'importo di 800 euro, senza fissare alcuna limitazione soggettiva o reddituale. Tale disposizione fu accolta, senza modificazioni, durante l'esame parlamentare ed ora la si ritrova all'articolo 1, comma 353, della legge n. 232 del 2016;
   nonostante la chiara valenza universalistica della lettera e dello spirito della misura in questione, l'Inps, con la circolare 27 febbraio 2017, n. 39, successivamente ribadita da altre due circolari, ha ritenuto di dover introdurre per le cittadine non comunitarie il discrimine del possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, oppure di una delle carte di soggiorno per familiari di cittadini UE previste dagli articoli 10 e 17 del decreto legislativo n. 30 del 2007;
   tale pronunciamento sarebbe stato assunto, per analogia, mutuando quanto a suo tempo disposto con riferimento al bonus natalità dall'articolo 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014. Tuttavia, la differenza sostanziale tra le due disposizioni è che, mentre la norma legislativa del 2014 esplicitamente disponeva il riferimento al possesso di detti titoli di permanenza sul territorio italiano, la norma dell'ultima legge di bilancio non indica alcun requisito soggettivo, indipendentemente dalla nazionalità e dalla natura del titolo di soggiorno;
   a parere degli interroganti, un intervento di tale natura, incidendo sul diritto stesso di accesso al beneficio in questione, non può essere rimesso alla discrezionalità amministrativa, ma deve essere prerogativa esclusiva del legislatore;
   a fronte di tali scelte, in grado di escludere almeno il 45 per cento delle donne straniere (tante sono ad oggi le donne straniere prive di permesso di soggiorno di lungo periodo, rispetto al totale delle donne con cittadinanza extra UE), molte neomadri non comunitarie si sono rivolte ai legali dell'Asgi, i quali hanno annunciato ricorso contro l'ente previdenziale;
   secondo quanto si apprende dagli organi di informazione, prima dell'emanazione delle suddette circolari, l'Inps avrebbe chiesto una valutazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al dipartimento per le politiche della famiglia –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di assicurare la corretta applicazione delle disposizioni della legge di bilancio 2017 che hanno istituito il premio alla nascita o all'adozione di minore, scongiurando ogni interpretazione restrittiva che rischierebbe di determinare condizioni discriminanti, in contrasto con la lettera delle norme in questione, nonché il moltiplicarsi dei ricorsi giudiziali. (5-11554)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROCCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è presente da tempo uno stato di forte tensione sociale in larga parte del Paese derivante dal fatto che decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori hanno terminato le coperture degli ammortizzatori sociali senza aver ancora potuto trovare nuova occupazione. La situazione è particolarmente pesante nelle aree di crisi complessa tra le quali l'area livornese e quella di Piombino, nelle quali anche in queste settimane centinaia di lavoratori hanno perso ogni forma di copertura sociale e sostegno al reddito;
   già con precedenti atti di sindacato ispettivo l'interrogante rappresentava al Ministro del lavoro e delle politiche sociali la situazione delle aree a crisi complessa di Livorno e di Piombino e richiedeva con quali tempi e misure si intendeva dare corso alla dichiarata intenzione di alleviare lo stato di centinaia di famiglie private di sostegno al reddito;
   l'articolo 44, comma 6-bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 (come modificato dal decreto legislativo n. 185 del 2016) prevede che le Regioni abbiano facoltà di destinare le risorse, oggetto delle decretazioni del 2014, 2015, e 2016 relative agli ammortizzatori in deroga per interventi di politica attiva, interventi che potrebbero sostenere i lavoratori verso il rientro nel mondo del lavoro, assicurando al contempo un supporto durante la fase di erogazione delle politiche attive;
   risulta che gran parte delle regioni hanno deliberato entro il termine, previsto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, del 31 marzo 2017 l'utilizzo di tali risorse e, tra queste, anche la regione Toscana che ha approvato il piano integrato per l'occupazione che, come ricorda il presidente Rossi in una lettera inviata il 29 maggio 2017 al Ministro interrogato, prevede 30 milioni di euro destinati ad assegni di ricollocazione, incentivi all'assunzione e indennità di partecipazione;
   a distanza di alcuni mesi dall'approvazione di questo piano e di analoghi atti da parte delle altre regioni, e nonostante diversi incontri con le strutture del Governo e solleciti della Conferenza delle regioni, anche con la lettera del presidente Bonaccini del 4 maggio 2017 al Ministro interrogato, non risulta che da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali siano ancora state fornite risposte definitive che permettano l'utilizzo delle risorse e l'avvio dei progetti;
   non si può attendere oltre per far partire tali piani –:
   quali indicazioni intenda dare nell'immediato per superare gli impedimenti e le lentezze burocratiche che stanno bloccando progetti regionali che potrebbero dare respiro e risposta a migliaia di lavoratrici e lavoratori del nostro paese.
(4-16896)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Viadana è aperta da settimane una dura vertenza che oppone gli ex soci lavoratori della cooperativa Viadana Facchini e la proprietà di Composad srl, già documentata dell'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-16606;
   l'occasione è il mancato rispetto dell'accordo firmato da tutte le parti coinvolte in prefettura nel febbraio 2016, che chiudeva un ciclo di lotte con l'impegno a garantire il rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro e la continuità occupazionale per 24 mesi;
   tale accordo viene violato a causa del fallimento di Viadana Facchini e della decisione di Composad di rinnovare l'appalto, scaduto il 31 maggio 2017, per un numero di lavoratori inferiore a quello previsto precedentemente;
   in particolare, il consorzio CLO, già impegnato in associazione temporanea di imprese con Viadana Facchini nell'appalto precedente, tramite la neocostituita cooperativa 3L si impegna all'assunzione di 150 lavoratori a tempo indeterminato e 50 a tempo determinato fra quelli precedentemente impegnati, lasciando così senza lavoro 71 persone;
   tale ipotesi trova il consenso della Cgil, ma viene respinto a larghissima maggioranza dai lavoratori, che, assistiti dai sindacati Adl Cobas e Cisl, iniziano un confronto duro con Composad, finalizzato ad ottenere la riassunzione di tutti i lavoratori anche in condizioni di riduzione dell'orario individuale di lavoro;
   nei giorni scorsi si arriva anche al blocco dei cancelli di Composad e all'intervento in data 12 giugno delle forze dell'ordine, con denunce e testimonianze video che dimostrerebbero la forza usata nei confronti dei lavoratori, che formavano un blocco che coinvolgeva anche minori;
   la situazione in città sta d'altronde raggiungendo picchi di tensione, con i lavoratori ex Viadana Facchini, prevalentemente di origine extra UE, impegnati a difendere il proprio posto di lavoro, Composad che denuncia la difficoltà ad operare in condizioni di blocco dei cancelli e i lavoratori della stessa che temono per la propria continuità occupazionale;
   appare del tutto evidente all'interrogante come sia assolutamente indispensabile trovare rapidamente una soluzione che permetta la ripresa della piena operatività di Composad, ma al contempo garantisca una soluzione soddisfacente per i lavoratori, garantita da tutte le rappresentanze sindacali e che coinvolga anche Consorzio Clo, coop 3L e Legacoop;
   tale soluzione, a parere dell'interrogante, può essere trovata lavorando contestualmente sul numero degli occupati, eventualmente anche su altri siti produttivi, e su forme di buonuscita, ma necessita un intervento attivo delle istituzioni con intensità maggiore di quella fin qui adoperata;
   è tuttavia urgente che si arrivi ad una soluzione, prima che la tensione cresca ulteriormente –:
   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per scongiurare una crisi che può mettere a dura prova la tenuta di un'intera comunità. (4-16923)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   LACQUANITI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia sono attualmente presenti oltre 70.000 apicoltori con 1,3 milioni di alveari, per un fatturato complessivo superiore ai 60 milioni di euro;
   secondo alcuni studi di settore e i dati forniti dalle associazioni di categoria l'84 per cento delle specie di piante e il 76 per cento della produzione alimentare in Europa dipende dall'impollinazione delle api;
   nel 2012 è apparsa per la prima volta in Italia, a Loano in Liguria, la vespa velutina, o calabrone asiatico, pericoloso insetto alieno di origine cinese predatore di api e altri impollinatori, che dopo la penetrazione in Liguria di ponente e Piemonte meridionale e centrale (in provincia di Cuneo e Torino) si sta spingendo sempre più verso il Veneto (in provincia di Rovigo), la Lombardia e l'Emilia;
   comparsa in Europa per la prima volta nel 2004 in Francia, la vespa velutina è stata responsabile, secondo i dati forniti dalla Francia stessa, della perdita di alveari pari al 50 per cento con un avanzamento potenziale di 100 chilometri all'anno. Oltre a cacciare direttamente le api all'ingresso dell'arnia calabrone impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire;
   forte è l'allarme nel mondo dell'agricoltura per la presenza di questo insetto che sta causando gravi danni economici agli apicoltori italiani essendo in grado di ridurre fino al 75 per cento la produzione degli alveari;
   a inizio di maggio un esemplare adulto di calabrone asiatico è stato intrappolato in una centralina nel mantovano, all'interno del centro abitato di Borgofranco sul Po (MN), sulla riva destra del fiume. Il ritrovamento è stato confermato dall'Associazione apicoltori di Mantova e realizzato da Lover, la neonata rete di monitoraggio di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Segno che il nido di velutina trovato nel 2016 nel sud del Veneto è riuscito a gemmare nuove colonie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga, anche alla luce di quanto descritto, di assumere le iniziative di competenza volte ad arginare il fenomeno che sta causando così tanti danni economici agli apicoltori italiani, a sostenere gli apicoltori colpiti dall'invasione di questo parassita, ad approntare una rete di monitoraggio scientifica efficiente, in grado di valutare la capacità di penetrazione e diffusione del parassita nel territorio, e a delineare, insieme con gli apicoltori, le associazioni, i rappresentati d enti competenti e delle regioni, una strategia per tentare di eradicare o quantomeno contenere i focolai della vespa velutina. (3-03067)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si registra una paralisi totale per i fondi agricoli del piano di sviluppo regionale della Sardegna;
   all'appello manca l'intera annualità dei fondi destinati alle singole misure del programma di sviluppo rurale, dal benessere animale all'insediamento dei giovani in agricoltura;
   dei bandi avviati nel 2016 nessuno è stato ancora attivato, considerato che i fondi erogati nei mesi scorsi erano il risultato dell'effetto trascinamento di vecchie risorse;
   si tratta di una situazione che sta mettendo in ginocchio le imprese agricole che non avendo avuto il pagamento di quanto dovuto in molti casi hanno dovuto far ricorso all'indebitamento, finendo ancora una volta nelle maglie pericolose del sistema bancario;
   sono centinaia le segnalazioni che arrivano dal nord al sud dell'isola di mancati pagamenti delle misure messe a bando lo scorso anno per il quale il mondo agricolo ha effettuato gli investimenti previsti;
   sarebbero oltre 50.000 le pratiche ancora da istruire per il 2016, altrettante ne arriveranno per l'annualità 2017 i cui termini sono fissati al 15 giugno;
   il rischio è quello di un effetto domino con l'accumulo di oltre 100.000 pratiche negli uffici di Argea e poi, con un doppio passaggio, in quelli di Agea la struttura di pagamento nazionale a cui si è affidata la regione;
   a tutt'oggi il sistema risulta ancora bloccato, perché Agea non ha ancora fornito ad Argea, la struttura regionale dedicata all'istruttoria delle pratiche, gli applicativi informatici per gestire le procedure;
   si tratta di un danno incalcolabile che mette ulteriormente in sofferenza il sistema agricolo della Sardegna già gravemente colpito dalla crisi del latte e del sistema zootecnico;
   gli incontri dei giorni scorsi al Ministero tra regione e responsabili sono risultati vani proprio perché non solo non è stato preso alcun impegno sulla tempistica dei pagamenti, ma anche perché si è sottaciuto sul vero motivo del blocco delle procedure;
   il rischio di un accumulo di pratiche all'Argea e, conseguentemente, all'Agea rischia di bloccare anche l'effetto di «trascinamento» nel pagamento del pregresso creando un vuoto economico-finanziario nelle anticipazioni che il mondo agricolo ha dovuto sopportare per questi ulteriori e ingenti ritardi;
   ad oggi mancherebbero ancora gli applicativi delle misure 4-6-10-13-14, che vanno dall'investimento infrastrutturale al primo insediamento dei giovani in agricoltura, dall'indennità compensativa al benessere animale;
   i pochi acconti erogati sono nulla rispetto a quanto dovuto al mondo delle campagne sarde e sono ad un punto morto le stesse procedure per la costituzione dell'organismo pagatore regionale;
   risultano in alto mare le stesse procedure per la formazione degli organici e le stesse autorizzazioni allo svolgimento della funzione finanziaria del nuovo organismo regionale;
   a tutto questo si aggiunge che il refresh (misurazione delle superfici) messo in campo dall'Agea con il ricalcolo delle aree agricole ha nuovamente azzerato moltissime situazioni costringendo ad un'ulteriore perdita di tempo con ritardi che continuano ad accumularsi;
   la burocrazia regionale e statale non può continuare ad essere un ulteriore e grave limite e costo allo sviluppo del settore agricolo sardo –:
   se non ritenga di assumere le iniziative di competenza per l'immediato e urgente pagamento di tutti gli arretrati relativi al programma di sviluppo rurale Sardegna;
   se non ritenga dover assumere iniziative per rimuovere ogni qualsivoglia ostacolo alla definizione delle procedure inerenti alle annualità 2016 e 2017 con la consegna degli applicativi informatici ancora negati alla struttura regionale;
   se non ritenga di dover implementare le risorse al fine di definire in tempi immediati il ricalcolo del refresh garantendo il pagamento, senza ulteriori ritardi, di quanto dovuto alle aziende agricole.
   (5-11555)

Interrogazione a risposta scritta:


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, contenente misure urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e infrastrutture aveva previsto, all'articolo 63, l'attivazione dei nuovi «contratti di filiera», finanziati e gestiti a livello nazionale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, grazie ai quali si prevedeva la possibilità di promuovere investimenti nel settore agricolo e alimentare;
   sulla base delle notizie diffuse in precedenza dagli ambienti ministeriali, si era prospettata l'imminente pubblicazione di un bando contenente tutte le indicazioni per la raccolta delle domande di partecipazione dei potenziali beneficiari, ai programmi interprofessionali di rilevanza nazionale riguardanti le maggiori filiere produttive, ivi compresa quella energetica;
   la preannunciata pubblicazione del bando coincideva con una fase di transizione, all'interno della quale i programmi di sviluppo rurale (P.S.R.) 2007-2013 erano entrati nel periodo finale della loro programmazione, con un conseguente esaurimento delle relative risorse finanziarie, alle quali si affiancava la nuova programmazione per gli anni 2014-2020;
   successivamente, in data 8 gennaio 2016 il Ministero ha pubblicato il decreto n. 1192, con il quale ha disciplinato i criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione dei «contratti di filiera» e dei «contratti di distretto», nonché le relative misure agevolative per la realizzazione di progetti proposti dai soggetti della filiera aderenti ad un accordo di filiera o dai soggetti del distretto aderenti ad un accordo di distretto;
   al sopracitato decreto ministeriale n. 1192, ne è seguito un altro, pubblicato in data 3 agosto 2016 e recante «Condizioni economiche e modalità di concessione dei finanziamenti agevolati per i contratti di filiera e i contratti di distretto», nel quale testualmente si stabilisce che «Fermo restando quanto stabilito dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con il Decreto dell'8 gennaio 2016, per i Contratti di filiera e i Contratti di distretto attivabili a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca, trovano applicazione le disposizioni del presente decreto»;
   ad oggi non risulta che i bandi di accesso alle agevolazioni, menzionati nei citati decreti ministeriali, siano stati ancora pubblicati, causando di fatto un cospicuo ritardo rispetto ai tempi previsti –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle tempistiche entro le quali abbia intenzione di procedere all'emanazione dei suddetti bandi, considerando che l'urgenza più volte manifestata per tali interventi trova il proprio fondamento nella consapevolezza dell'importanza di agire per lo sviluppo di settori agricoli e agroalimentari che storicamente rappresentano un tassello fondamentale delle regioni italiane, culminato nel riconoscimento da parte dell'Unesco della «dieta mediterranea», e che potrebbero essere gravemente compromessi dal mancato intervento, il quale contribuirebbe ad una riduzione della competitività delle aziende e delle imprese italiane. (4-16911)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


  LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   più di 3 milioni di persone, su iniziativa della Cgil, hanno chiesto un referendum per l'abolizione dei voucher che si sarebbe dovuto svolgere il 28 maggio 2017;
   per stessa ammissione del Governo, al fine di evitare un'ulteriore spaccatura del Paese dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, è stato varato in tempi brevissimi un decreto-legge teso a prevenire il referendum sui voucher, poi annullato dalla Corte di cassazione;
   ma recentissimamente, il Governo ha, di fatto, resuscitato lo scontro politico sui voucher senza alcun confronto con il sindacato che aveva promosso il referendum, creando un precedente che deve considerarsi di eccezionale gravità, perché uccide l'istituto del referendum, consentendo alla maggioranza di turno di poter abrogare norme oggetto del quesito referendario e con esso il referendum, per poi ripristinarlo sotto mentite spoglie nel giro di pochi giorni, tanto da costringere la Cgil ad annunciare un ricorso alla Corte costituzionale per violazione dell'articolo 75 della Costituzione e a giugno 2017 una manifestazione nazionale con una mobilitazione pari a quella avvenuta per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori;
   in tale contesto, quello che viene in evidenza, purtroppo, non è solo il tentativo di aggirare la Cgil, ma quello di aggirare centinaia di migliaia di persone che avevano firmato un referendum, se lo avevano visto autorizzare e sono state poi private della possibilità di potersi esprimere e decidere come cittadini liberi;
   appare necessario evitare scelte che, con tutta evidenza, a parere degli interroganti sono fatte «sulla testa» dei cittadini, non sono supportate da alcun confronto con il sindacato che aveva promosso il referendum sui voucher, esacerbano se non distruggono la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e, soprattutto, fomentano l'antipolitica, perché avvengono senza rispetto dei principi democratici della Costituzione, minando istituti di democrazia diretta quali il referendum –:
   quali iniziative si intendano assumere per evitare le criticità esposte in premessa.
(3-03070)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la ricerca scientifica degli ultimi anni ha dimostrato come la pratica regolare di esercizio fisico costituisca un fattore decisivo per il mantenimento di un buono stato di salute e per la prevenzione di numerose malattie croniche, con particolare riferimento alle patologie cardiovascolari;
   l'istituzione del corso di laurea triennale in «Scienze motorie e sportive» e del corso specialistico in «scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate» dimostra come l'interesse verso il movimento corretto sia sempre maggiore proprio per le sue strettissime relazioni con la salute e il benessere dell'individuo;
   secondo le linee guida elaborate dall'Organizzazione mondiale della salute definite «Strategia sull'attività fisica per la regione europea 2016-2020», l'inattività fisica è divenuta tra i principali fattori di rischio per la salute: nella regione europea dell'Organizzazione mondiale della sanità l'inattività è ritenuta responsabile ogni anno di un milione di decessi (il 10 per cento circa del totale) e di 8,3 milioni di anni persi al netto della disabilità; a livello collettivo, l'inattività non solo ha un pesante impatto negativo in forma di costi diretti per il sistema sanitario, ma ha anche un elevato costo indiretto in termini di aumento dei congedi per malattia, delle inabilità al lavoro e delle morti precoci. Si calcola che per una popolazione di dieci milioni di persone per metà insufficientemente attive, il costo dell'inattività sia di 910 milioni di euro l'anno;
   alla luce di tali considerazioni, si è consolidata negli anni l'idea di introdurre la possibilità per il personale sanitario di prescrivere ai pazienti l'esercizio fisico come farmaco e di affidare alla figura professionale del laureato in scienze motorie la sua somministrazione in luoghi adeguati e sicuri; in base a questo orientamento, persone con disabilità stabilizzata da eventi patologici e persone con malattie cardiovascolari verrebbero assistite e monitorate da laureati in scienze motorie opportunamente formati e con la supervisione del personale sanitario all'interno di palestre funzionali al trattamento terapeutico;
   a livello nazionale emerge che alcune regioni hanno già avviato dei percorsi di sensibilizzazione diretti ad educare i cittadini a svolgere esercizio fisico per evitare l'insorgenza di malattie croniche ma solo poche regioni hanno avviato una sperimentazione effettiva che preveda l'attività fisica come farmaco;
   a livello regionale, l'Emilia Romagna è stata capofila di un progetto promosso e finanziato dal Ministero della salute volto a sperimentare programmi di prescrizione di attività fisica attraverso la costruzione di percorsi assistenziali integrati al cui interno i centri di medicina dello sport delle Aziende Usl svolgono un ruolo centrale; già nel 2004, attraverso la delibera della giunta regionale Emilia-Romagna n. 775 del 26 aprile 2004 concernente il «Riordino delle attività di medicina dello sport che indicava tra i compiti dei servizi di medicina dello sport presenti in ogni azienda Usl la promozione dell'attività fisica nella popolazione generale e il recupero funzionale di soggetti affetti da patologie croniche, l'Emilia Romagna risulta tra le prime regioni ad essersi impegnata nella lotta alla sedentarietà e nella promozione di stili di vita attivi;
   altro caso emblematico si ritrova in Umbria dove a Perugia pazienti obesi diabetici sono stati inclusi in un percorso di cura che prevede anche un'attività fisica strutturata di gruppo; tale modello è risultato così positivo da essere inserito tra le migliori pratiche europee riconosciute per la prevenzione e la cura del diabete; giova segnalare anche il caso dalla regione Piemonte, dove lo scorso dicembre 2016 è stata presentata una proposta di legge che rende agevole la prescrizione dell'esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia da praticare in strutture pubbliche e private, accreditate dalle Asl per favorire la guarigione o il recupero di migliori condizioni di benessere psico-fisico;
   nonostante i positivi esempi sopra citati, rimane il fatto che l'introduzione dell'esercizio fisico nella pratica clinica nonché l'individuazione dei ruoli e delle professionalità chiave come attori principali della prescrizione e somministrazione richiedono la strutturazione di concreta modalità organizzative all'interno delle quali possano avvenire sia la prescrizione di attività fisica adattata alle caratteristiche dell'individuo, sia la sua somministrazione tutorata grazie a percorsi terapeutici che permettano il raggiungimento dei livelli di attività prescritta;
   attualmente, questa tipologia di attività alternativa all'uso del farmaco risulta molto frammentaria e variegata; se da un lato, le regioni si sono rivelate sensibili al tema della promozione dell'attività sportiva e in linea con le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della salute, dall'altro lato non tutte sono state in grado di far partire i progetti di sperimentazione, ciò comportando una disarmonia e un mancato coordinamento infraregionale; sarebbe auspicabile, pertanto, un raccordo a livello ministeriale e statale che renda omogenee le diffuse esperienze regionali al fine di individuare un comune modello di sperimentazione da mettere successivamente a regime;
   gli obiettivi sarebbero quindi duplici: selezionando i progetti e integrandoli fra di loro, si potrebbe dar vita ad un piano generale d'insieme che individui una disciplina comune; individuando progetti sperimentali efficaci, potrebbero realizzarsi programmi regionali sostenibili sul piano organizzativo ed economico –:
   se non ritenga indispensabile assumere iniziative per realizzare e mettere a regime un modello organizzativo su base nazionale per la prescrizione dell'attività fisica a persone con fattori di rischio o affette da patologie, coinvolgendo i medici dello sport, gli specialisti di riferimento e i laureati in scienze motorie;
   se non intenda assumere iniziative per avviare a livello nazionale un'implementazione di strutture o palestre della salute che siano adeguatamente funzionali alla somministrazione di attività fisica adattata e che siano concepite per promuovere l'esercizio fisico non soltanto ai fini della prevenzione ma soprattutto il trattamento di malati cronici.
(2-01835) «Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Brescia, D'Uva, Luigi Gallo, Vacca, Nesci, Silvia Giordano, Colonnese, Grillo, Lorefice, Mantero, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   nel corso della XV legislatura dell'assemblea regionale siciliana, l'assessore per la salute pro tempore della regione siciliana ha rinnovato di volta in volta un incarico retribuito ad una docente del policlinico universitario di Palermo per una consulenza su problematiche afferenti la rete laboratoristica pubblica e privata, la professoressa Francesca Di Gaudio;
   lo stesso incarico, si sarebbe concretizzato nella predisposizione di atti e adempimenti tesi ad attribuire competenze e ruoli alla struttura del Policlinico palermitano diretta dalla stessa consulente;
   con il decreto assessoriale del 30 dicembre 2010 è stato istituito il centro regionale per la qualità (CRQ) per il coordinamento degli uffici periferici aziendali per l'assicurazione e il controllo della qualità, al quale i laboratori privati avrebbero potuto rivolgersi per i programmi di verifica esterna della qualità (VEQ), per le verifiche metrologiche e per le tarature;
   con il decreto assessoriale del 29 giugno 2011, sono stati individuati sei componenti del CRQ e due strutture laboratoristiche di supporto. Il primo dei componenti in ordine di elencazione è la consulente dell'assessore alla quale viene affidata la direzione del CRQ, mentre una delle due strutture di supporto individuate corrisponde alla unità operativa di controllo della qualità dei laboratori e del rischio chimico (CQRC) del Policlinico di Palermo diretta dalla stessa consulente;
   con il decreto del 28 dicembre 2011 il CQRC diretto dalla consulente dell'assessore viene designato per la preparazione dei campioni per la realizzazione dei programmi VEQ. Ma poiché, nei fatti, la struttura diretta dalla consulente non era in condizioni di preparare e certificare materiali di riferimento, lo stesso CQRC è stato designato per la individuazione dal commercio dei campioni più idonei. Il decreto prevede, inoltre, che il CQRC deve curare gli aspetti organizzativi, economici, e amministrativi delle VEQ regionali sebbene lo stesso centro, ad avviso dell'interrogante, non disponga di competenze e organici in grado di assolvere a funzioni contabili e amministrative;
   con la delibera n. 1067 del 19 ottobre 2011 il direttore generale del Policlinico di Palermo autorizzava la stipula della convenzione con il Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna;
   con decreto assessoriale 22 ottobre 2014, l'assessore regionale per la salute ha autorizzato il trasferimento de CQRC dall'Azienda ospedaliera universitaria «Paolo Giaccone» all'Azienda ospedali riuniti «Villa Sofia – Cervello», motivando tale decisione sia per l'indisponibilità di locali presso il Policlinico necessari al potenziamento dell'attività di indagini chimico cliniche di II livello in cromatografia e spettrometria di massa, sia per indisponibilità di locali presso il policlinico a causa dei lavori di ristrutturazione;
   con il medesimo decreto è stata istituita presso l'Azienda ospedali riuniti «Villa Sofia – Cervello» l'unità operativa complessa – U.O.C., denominata anch'essa CQRC, prevedendo pertanto una nuova posizione apicale;
   appare all'interrogante piuttosto incomprensibile la ratio alla base di tale provvedimento, perché se da un lato l'attività autorizzata presso il Policlinico non fosse idonea alle spettanze previste ne deriverebbe che già all'atto istitutivo del servizio vi fossero carenze tecnico – strutturali tali da ricorrere all'esternalizzazione e ciononostante senza raggiungere gli obiettivi fissati, dall'altro invece con il trasferimento si riconosce l'attività svolta e addirittura la si struttura in unità complessa;
   il laboratorio diretto dalla professoressa Di Gaudio è stato ipoteticamente indicato come futuro centro di riferimento per tutta la Sicilia con competenza estesa a tutte le analisi di campioni biologici oggetto d'indagini forensi, ciò però a fronte di un servizio che appare inadeguato e della mancanza di capillarità (attualmente la competenza è provinciale) che tale genere di servizio meriterebbe;
   la professoressa Di Gaudio è tutt'oggi responsabile del CRQ. Quest'ultima, inoltre, autocertifica nel proprio curriculum vitae di svolgere in atto ulteriori attività presso l'assessorato alla salute della regione siciliana, non comprendendosi tuttavia a che titolo, considerato il fatto che la stessa ricopra già l'incarico di responsabile di struttura complessa e, d'altro canto, non risultando all'interrogante più iscritta nel registro dei consulenti e dei collaboratori della regione siciliana;
   preme rilevarsi infine che la vicenda è stata oggetto di una interrogazione all'assemblea regionale siciliana a prima firma dell'onorevole Bernadette Grasso, datata 11 dicembre 2014, ad oggi però priva di riscontro –:
   se, anche per il tramite delle strutture preposte al monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, si intenda verificare la situazione che ha portato all'istituzione di una nuova unità operativa complessa, e che ha determinato di fatto un aumento dei costi aziendali e quindi del servizio sanitario regionale, in un momento in cui il Governo ha annunciato di voler intervenire sui costi della sanità anche attraverso il taglio delle unità operative complesse;
   se non ritenga di assumere iniziative normative per implementare la disciplina in materia di incompatibilità tra incarichi pubblici, in modo da evitare per il futuro quelle che appaiono all'interrogante inopportune sovrapposizioni di ruoli come nel caso di cui in premessa, che ha visto una consulente all'epoca retribuita dall'assessorato alla salute siciliano svolgere funzioni di responsabile del controllo della qualità dei laboratori e del rischio chimico del Policlinico di Palermo destinatario di provvedimenti che lo stesso consulente ha predisposto per la firma dell'assessore o dei dirigenti generali;
   posto che il controllo della qualità dei laboratori e del rischio chimico potrebbe diventare il futuro centro di riferimento per tutta la Sicilia in merito alle analisi di campioni biologici oggetto di indagini forensi, se risulti al Governo che simili provvedimenti siano già stati assunti in altre regioni e con quali risultati, se sussistano già in tal senso indicazioni ministeriali finalizzate a rendere le procedure omogenee su tutto il territorio nazionale e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere al riguardo.
(2-01832) «Di Vita».

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCECCO, SBROLLINI, PATRIARCA, BENI, CAPONE, AMATO, GRASSI e MARIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Adhd, disturbo da deficit di attenzione e iperattività è uno dei più comuni disturbi del neurosviluppo (DSM V), caratterizzato da difficoltà di attenzione, incapacità di controllo della motricità e impulsività con esordio nell'infanzia. L'Adhd può perdurare durante tutto l'arco di vita delle persone, con diverse traiettorie evolutive, sia a seconda delle eventuali comorbilità, sia principalmente per l'appropriatezza per l'inappropriatezza della presa in carico terapeutica;
   persone con Adhd possono avere autismo, disabilità intellettiva, Dsa, disturbi di ansia, dell'umore o altri disturbi, e quando la componente Adhd, viene adeguatamente riconosciuta/diagnosticata e presa in carico dai servizi secondo interventi terapeutici multimodali (neuropsicomotricità, psicoterapia cognitivo-comportamentale singola e di gruppo per bambini e ragazzi, parent training per i genitori, teacher training per insegnanti, logopedia quando necessaria, psicoeducativi e farmacologici nei casi più gravi), si arriva più frequentemente ad una complessiva consapevolezza e capacità di gestione del disturbo evitando derive di disagio, sofferenza e fallimenti, per i pazienti, le loro famiglie e con costi sociali e sanitari altissimi;
   in particolare, per ciò che riguarda la salute mentale dall'infanzia all'età adulta, la mancanza di appropriata presa in carico terapeutica porta all'aumento del rischio di esito disastroso verso le dipendenze e comportamenti antisociali;
   dal 2007 è stato istituito il Registro nazionale per la diagnosi e cura dell'Adhd tenuto dall'Istituto superiore di sanità, che garantisce appropriatezza diagnostica e terapeutica ai minori tra i 6 e i 18 anni;
   nel corso della riunione del 28 febbraio 2017 presso l'Istituto superiore di sanità, cui sono stati invitati a partecipare i centri di riferimento per l'Adhd di tutte le regioni italiane, momento condivisione dei risultati di 10 anni di attività del Registro italiano per l'Adhd dal 2007 al 2016, risultato strumento di farmacovigilanza che ha consentito di verificare la sicurezza dei farmaci per l'Adhd, è stato deciso di somministrare un questionario sull'opportunità o meno di continuare tale esperienza;
   con la probabile chiusura del Registro italiano per l'Adhd l'Italia rischia di trovarsi senza indicazioni per la diagnosi e la presa in carico terapeutica delle persone con Adhd. Ciò accadrà perché l'unico atto istituzionale che le contiene è il decreto pubblicato dall'Agenzia italiana del farmaco nella Gazzetta Ufficiale n. 106 del 27 aprile 2007 che verrebbe a essere caducato insieme al Registro nazionale per l'Adhd. I pazienti e le famiglie che convivono con il disturbo da deficit di attenzione e iperattività rischiano di rimanere senza punti di riferimento;
   quotidianamente famiglie con bambini, ma anche giovani e adulti, con Adhd sono costrette ad estenuanti peripezie nel tentativo di arrivare alla diagnosi ed alla presa in carico terapeutica, nella quasi totalità dei casi assente nei servizi territoriali di salute mentale per l'età evolutiva e gli adulti, e nella sanità privata completamente a carico economico delle famiglie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se intenda intervenire per evitare la soppressione del Registro nazionale per la diagnosi e cura dell'Adhd e per garantire la completa presa in carico delle persone affette da Adhd nel Servizio sanitario nazionale italiano;
   quali strategie intenda portare avanti per assicurare alle persone con Adhd le stesse tutele messe in atto in questi ultimi anni, con leggi e linee guida, per gli alunni con disturbi di apprendimento e per le persone con disturbi dello spettro autistico. (3-03068)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI e LOREFICE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   rispondendo in Aula alla Camera all'interrogazione del primo firmatario del presente atto n. 3-02772, la Ministra della salute, in data 8 febbraio 2017, in merito alla somministrazione di farmaci oncologici per via locoregionale, intendendo con questo termine la somministrazione endoarteriosa di chemioterapici, ha evidenziato che:
    l'Aifa ha comunicato che le vigenti linee guide nazionali dell'Associazione italiana di oncologia medica e quelle internazionali non considerano questa modalità di terapia locoregionale uno standard terapeutico in alcuna fase della malattia oncologica;
    da una ricognizione effettuata nella banca dati dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dei medicinali, non risultano essere state autorizzate, a far data dal 10 ottobre 2014, sperimentazioni sul tumore del pancreas con terapia locoregionale;
    anche l'Istituto superiore di sanità ha sottolineato che per la patologia oncologica non esiste nelle linee guida delle società scientifiche nazionali ed internazionali una raccomandazione alla somministrazione locoregionale dei farmaci chemioterapici, né risultano attualmente in corso studi clinici con trattamento chemioterapico regionale per il carcinoma del pancreas esocrino;
    al momento attuale, pertanto, anche per l'Istituto superiore di sanità non sussistono evidenze scientifiche forti che giustifichino l'avvio di studi clinici sui trattamenti chemioterapici per via locoregionale;
   nelle risposte alle interrogazioni presentate nei consigli regionali della Toscana, dove in precedenza lavorava il dottor Cantore, primario di oncologia di Mantova, e della Lombardia, i rispettivi assessori alla sanità hanno condiviso tale metodologia pur non riportando dati di letteratura che possano suffragare tale pratica. In Lombardia il parere di un collegio di sanitari ha affermato che «Il trattamento locoregionale dei tumori del pancreas è un'opzione terapeutica offerta ai pazienti selezionati in base a precisi parametri clinici, con un favorevole impatto sia sulla tollerabilità che sulle aspettative di sopravvivenza»: in tale sede si è discusso anche del tema delle terapie locoregionali del tumore del pancreas. Al collegio hanno partecipato, come esperti e in ragione dello specifico ruolo istituzionale, il professor Claudio Bassi, professore ordinario di chirurgia generale dell'Università di Verona e direttore dell'Istituto del pancreas di Verona, un dirigente regionale, la direzione sanitaria dell'ATS Val Padana e il presidente dell'Ordine dei medici di Mantova. Da ultimo l'assessore al welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera avrebbe sottolineato che il costo dei farmaci rimane invariato sia se essi sono somministrati per via sistemica sia se sono somministrati per via locoregionale ed è riconosciuto all'interno della tariffa prevista dal ricovero stesso;
   a parere degli interroganti questa affermazione è decisamente opinabile, visto che la somministrazione intrarteriosa prevede costose prestazioni interventistiche;
   in Toscana risultano eseguiti presso il reparto di oncologia di Massa Carrara, anche dopo il trasferimento a Mantova del dottor Cantore nell'aprile 2014, in 20 anni, 1.400 cicli di terapia locoregionale;
   non sono ancora noti gli esiti dell'inchiesta della procura di Mantova che vedrebbe secondo la stampa locale contestati i reati di omicidio colposo e danno erariale per truffa per il primario di oncologia di Mantova Cantore –:
   se il Governo sia al corrente di quanto esposto in premessa e se intenda fornire dai sull'evoluzione del monitoraggio presso l'ospedale di Mantova;
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per promuovere un monitoraggio nell'appropriatezza delle terapie presso l'ospedale di Massa Carrara anche in relazione all'adeguatezza della spesa per il servizio sanitario nazionale. (5-11552)

Interrogazione a risposta scritta:


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 7 giugno 2017 è stato pubblicato il decreto-legge, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, che rende obbligatorie 12 vaccinazioni. Alcune di queste come ad esempio l'antidifterica (dal 1939), antitetanica (dal 1963), antipoliomielitica (dal 1966) e antiepatite virale B (dal 1991) erano già obbligatorie, altre invece lo sono diventate con questo decreto: anti-pertosse, anti-meningococco B e C, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella e il vaccino contro l’Haemophilus influentiae;
   il carattere obbligatorio, vincolante per l'iscrizione a scuola, per le prime 4 vaccinazioni, aveva raggiunto una copertura complessiva del 95 per cento, che diventava del 97-98 per cento per la poliomielite, per cui si può ben dire che tutti i bambini godevano della tutela vaccinica: la cosiddetta immunità di gregge. Le altre vaccinazioni venivano caldamente raccomandate, ma l'indice di copertura variava da regione e regione, anche a seconda che fossero più o meno a carico della famiglia. Il 19 gennaio 2017 la Conferenza Stato-regioni ha approvato il nuovo piano vaccini, che tende ad uniformare le vaccinazioni sull'intero territorio nazionale: come e quali fare, a carico di chi, e perché;
   il decreto prevede che tutti i dirigenti scolastici chiedano ai genitori al momento dell'iscrizione una documentazione dell'avvenuta vaccinazione, oppure presentino una documentazione sulle ragioni dell'esonero o del differimento delle vaccinazioni. La presentazione costituisce requisito per l'accesso alla scuola per l'infanzia, ma non comporta immediate sanzioni di tipo amministrativo. Per i più grandi, dai 6 ai 16 anni, è comunque garantito l'accesso alla scuola dell'obbligo, ma le famiglie saranno sollecitate sia dalla scuola che dalla Asl a spiegare il perché della mancata vaccinazione, dei figli ma anche chiamate ad ottemperare all'obbligo di vaccinazione entro un tempo prestabilito;
   il decreto sarà in vigore già dal prossimo anno scolastico, ma, è prevista «una norma transitoria per questa prima fase del 2017, che eviterà qualsiasi tipo di problema burocratico alle famiglie, alle Asl e alle scuole». Il Ministro della salute ha garantito che sarà reso disponibile un vademecum sulle modalità e sui tempi necessari. Suzanna Jakab, direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha affermato che «L'Oms approva le recenti iniziative italiane del ministro Lorenzin. Siamo pronti a sostenerla nel suo lavoro e felici di conoscere il nuovo Piano vaccinale 2017-2019, che identifica l'eradicazione del morbillo e della rosolia come obiettivo politico del Paese»;
   in molte città sono scesi in piazza migliaia di genitori, che considerano l'obbligatorietà della legge un ricatto che mina la libertà di scelta delle famiglie. Genitori che rivendicano il loro ruolo e la loro responsabilità. Chiedono informazione, trasparenza e tutela della salute, controlli sulla composizione dei vaccini, un riconoscimento a sostegno delle vittime di danno vaccinale e analisi post-vaccinali. Ma prima di tutto una riflessione ad personam per ogni bambino. Alle proteste ha risposto il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, sottolineando come queste proteste, legittime, sono però sbagliate. I vaccini hanno salvato milioni di vite, per cui occorre continuare a vaccinare. Inoltre, sembra si voglia ignorare che l'obbligatorietà dei vaccini è legittimata dalla competenza legislativa in materia di profilassi, dalla competenza concorrente in materia di istruzione e di tutela della salute e dalla competenza trasversale della determinazione dei livelli essenziali di assistenza –:
   se non ritenga opportuno promuovere una vasta operazione di informazione sull'efficacia dei vaccini, senza ignorarne i possibili rischi, sottolineando come l'obbligatorietà delle misure previste dal decreto, da un lato, ha la sua ragione primaria nella tutela della salute individuale, soprattutto dei più piccoli nella delicati fase dell'inserimento scolastico, mentre dall'altro ha come obbiettivi la prevenzione e la tutela della salute pubblica che il Ministero della salute stesso ha l'obbligo di garantire per ottemperare al mandato costituzionale. (4-16907)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCECCO e FUSILLI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   a poche settimane dalla vicenda che ha coinvolto il calciatore del Pescara Muntari, oggetto di insulti a sfondo razziale durante una partita del campionato nazionale di serie A, si rileva, dai resoconti di stampa, un altro increscioso episodio avvenuto il 1o giugno 2017 al termine della gara 1 della finale di calcio a 5 Pescara-Luparense;
   sempre dalle cronache, si apprende che, al termine dell'incontro, si sarebbe sviluppata una rissa tra i partecipanti con riferiti insulti a sfondo territoriale da parte dei tesserati della squadra ospite, anche nei confronti della popolazione abruzzese vittima dei recenti eventi sismici;
   anche in questa circostanza, come nel caso del calciatore Muntari, sono stati sanzionati società e tesserati, in particolare quelli del Pescara calcio a 5, mentre nessuno specifico provvedimento è stato adottato per i riferiti insulti a sfondo territoriale –:
   se, alla luce dei fatti di cui in premessa, il Governo intenda assumere iniziative per promuovere i valori del rispetto reciproco, dell'inclusione e del tifo non violento che dovrebbero informare l'attività sportiva a tutti i livelli, incentivando e favorendo un modello culturale che rifiuti ogni forma di aggressione e di discrimi
nazione, inclusa quella basata sulla provenienza geografica. (4-16906)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il 29 maggio 2017 si è svolto in piazza De Ferrari a Genova, un sit in davanti al negozio di telefonia Wind organizzato dai sindacati, per protestare contro la paventata cessione del ramo aziendale dei call center della Tre;
   la preoccupazione deriva dal fatto che la cessione del ramo d'azienda avverrebbe con gare d'appalto al massimo ribasso ed esternalizzando il lavoro;
   Wind Tre ha intenzione di cedere il suo ramo d'azienda e, in tal modo, circa 900 dipendenti dei call center in tutta Italia rischieranno di perdere il posto di lavoro; di questi circa 200 sono inseriti nel call center di Genova;
   con l'esternalizzazione dei call center, i lavoratori non saranno più dipendenti di Wind Tre e per loro si aprirà un vuoto a livello normativo e contrattuale con un datore di lavoro che in realtà non esisterà più;
   Wind e Tre sono incorporati e, mentre mantengono separati i marchi a livello commerciale, la partita Iva identica;
   l'operazione coinvolge un bacino di 900 risorse sui quattro siti impattati: Genova, Cagliari, Palermo, Roma. Non si comprende come si possano conciliare con tale esternalizzazione, gli obiettivi dichiarati di tutela del futuro occupazionale dei lavoratori, ma soprattutto questo progetto appare inconciliabile con la premessa dichiarata all'atto della fusione di mantenere l'azienda unica ed unita;
   i ricavi commerciali di Wind e Tre sono in costante crescita; appare quindi incomprensibile il motivo per cui i lavoratori vengano penalizzati in modo così pesante infatti il 2016 si è chiuso con ricavi in aumento (+1,3 per cento) pari a 6.491 milioni di euro, un Ebitda pari a 2.184 milioni di euro, (più del 6,8 per cento rispetto al 2015 e più 7,5 per cento nell'ultimo trimestre del 2016) e generazione di cassa operativa di 1.012 milioni di euro, (+9,5 per cento);
   i ricavi da servizi mobili sono stati pari a 4.392 milioni di euro (+1,7 per cento) mentre quelli da internet mobile sono stati pari a 1.329 milioni di euro (+10 per cento) e quelli da fisso pari a 586 milioni di euro (+4,2 per cento). Wind Tre ha 31,3 milioni di clienti e il 37 per cento di market share;
   attualmente è in atto anche una campagna di incentivazione all'esodo volontario con forti pressioni da parte dell'azienda Wind Tre;
   è di tutta evidenza che è assente una progettualità a livello industriale e una strategia organizzativa a favore del personale; questo mentre in Italia sono state investite enormi risorse per potenziare e sviluppare la banda ultra larga;
   positivo ed in crescita, risulta anche il cash flow, mentre è in costante diminuzione l'indebitamento, grazie al costante impegno degli azionisti sulla sostenibilità dell'azienda;
   tutto ciò in un mercato in forte difficoltà e che si conferma in contrazione e non in crescita. Per rimanere aggressiva e perciò leader nel mercato, l'azienda ha deciso di mantenere entrambi i marchi, avendo gli stessi una forte caratterizzazione commerciale;
   il 22 maggio 2017 sono state convocate, presso la sede di Unindustria a Roma, le segreterie nazionali di SLC CGIL, FISTel CISL e UILCOM UIL, unitamente alle segreterie territoriali ed al coordinamento delle rappresentanze sindacali unitarie per la presentazione del piano industriale di Wind Tre;
   l'azienda ha comunicato che, dopo l'operazione di fusione, si è confermata quale primo operatore mobile in Italia, vantando la migliore rete sul territorio nazionale e che, tale risultato positivo raggiunto, ha trovato riconoscimento anche sul mercato;
   per quanto riguarda le torri, sulle 26.000 di Wind Tre l'azienda ha dichiarato l'obiettivo di mantenerne 21.000 (18.000 in media quelle dei competitor) e saranno oggetto di miglioramento grazie alle tecnologie innovative offerte da Zte;
   obiettivo dichiarato dell'azienda è dismettere le torri eccedenti. Nei prossimi 6 anni, l'azienda ha comunicato che intende investire 7 miliardi di euro, per modernizzare la rete e renderla ancor più efficiente e capillare, portando a regime il 4G e puntando sulla innovativa tecnologia 5g;
   nella relazione dell'azienda il servizio clienti è stato presentato come un elemento che si innesta in maniera unica in questo piano industriale, per sostenere lo sviluppo dell'azienda attraverso la qualità, con il duplice obiettivo di consolidare il livello di eccellenza e realizzare un servizio clienti efficiente;
   alla luce delle premesse aziendali sopra illustrate, e della rilevanza strategica che, in questo quadro, si è voluta attribuire, almeno a parole, al customer care, pur con grande sforzo, non si riesce a comprendere la comunicazione a sorpresa nel corso dell'incontro, ossia che è intenzione di Wind Tre, procedere all'esternalizzazione del servizio clienti consumer ex 3 (133), nella sua componente operativa mediante lo strumento giuridico della cessione del ramo di azienda ad azienda outsourcer che deve ancora essere individuata. Restano fuori da questo percorso le attività di business, credito, controllo di gestione e i processi core;
   il consigliere regionale della Liguria Pastorino ha segnalato come la situazione sia gravissima, anche in relazione all'azienda Ericsson di Genova, laddove la perdita di un appalto sulla manutenzione della gestione delle reti ha determinato la procedura di licenziamento di circa 350 dipendenti in Italia e 65 a Genova. Il timore è che si replichi anche all'interno di Wind Tre. La tipologia lavorativa nelle telecomunicazioni è di alta professionalità e specializzazione che deve essere considerata un valore aggiunto e non svilita nel processi di delocalizzazione;
   la vicenda si inserisce in un quadro, nel settore delle telecomunicazioni in Italia, dove, a enormi ricavi, corrispondono preoccupanti contrazioni occupazionali e perdite di diritti e tutele contrattuali;
   le vicende di Ericsson e Wind Tre riguardano un settore strategico dell'economia italiana che dovrebbe essere osservato con particolare attenzione da parte del Governo a tutela degli interessi nazionale di quelli delle lavoratrici e dei lavoratori interessati –:
   se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa che evidenziano una grave decisione di esternalizzazione da parte di Wind Tre;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere o abbia già intrapreso per evitare una cessione di ramo d'azienda da parte di Wind Tre che, allo stato attuale, non fornisce nessuna garanzia occupazionale e contrattuale ai circa 900 dipendenti.
(2-01836) «Pellegrino, Marcon, Civati, Airaudo, Placido, Palazzotto, Paglia».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIMBRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le società cooperative possono effettuare raccolta di risparmio tra i soci, i quali depositano su un libretto aperto presso la cooperativa somme; di denaro entro un limite massimo stabilito dalla legge. Dal 1o gennaio 2016 i nuovi limiti massimi dei prestiti sociali, per il triennio 2016-2018 per i soci delle cooperative edilizie di abitazione risultano pari a euro 73.054,21. Le somme sono «garantite» unicamente dagli immobili posseduti dalla cooperativa e non dalla Banca D'Italia; pertanto, in caso di insolvenza della società cooperativa, i risparmiatori «rischiano» di perdere il capitale investito, ove, il patrimonio immobiliare fosse insufficiente. La cooperativa, in altri termini, non essendo riconosciuta come ente dedito alla raccolta e alla gestione del risparmio, attività riconosciuta ad enti come banche e società di gestione del risparmio, non può aderire al fondo di garanzia. A livello nazionale vi sono 1,2 milioni di soci, per un ammontare di risparmi pari a 12 miliardi di euro;
   purtroppo l'attuale sistema legislativo non contempla, per i soci «prestatori» delle cooperative, forme di garanzia previste, invece, per i depositi bancari. Anche le recenti modifiche introdotte dalla Banca d'Italia l'8 novembre 2016 ad entrate in vigore il 1° gennaio 2017, sebbene cerchino di contemperare le istanze di tutela del risparmio, per le cooperative con un elevato numero di soci, non paiono sufficienti a tutelare i risparmiatori in caso di insolvenza della cooperativa. In particolare, per le società cooperative con più di 50 soci, è previsto che il ricorso al prestito sociale sia soggetto ad un limite quantitativo massimo equivalente a tre volte il patrimonio della società, che si innalza fino a cinque volte il patrimonio nel caso in cui il complesso dei prestiti sociali sia assistito, per almeno il 30 per cento, da garanzia rilasciata da soggetti vigilati ovvero la società aderisca a uno schema di garanzia dei prestiti sociali promosso in ambito cooperativo;
   la cooperativa Unacoop, nata dalla fusione di due storiche cooperative, Urbanistica Novate, L'Avvenire di Musocco, con sede a Milano e a Bollate, in data 14 dicembre 2016 è stata posta in liquidazione coatta amministrativa (procedura concorsuale tipica per le società cooperative), ed è stato nominato il commissario liquidatore che sta ora procedendo alla formazione dello stato passivo. Sono circa 350 i soci risparmiatori, coinvolti, per un ammontare complessivo di risparmi pari a 15 milioni euro –:
   se il Governo non ritenga quanto mai utile e necessario assumere iniziative normative in tempi brevi per una riforma finalizzata a introdurre maggiori tutele per i soci delle cooperative con disposizioni che, in particolare, garantiscano la trasparenza e la vigilanza sulla raccolta del risparmio sociale, nonché a costituire un fondo di garanzia che possa rifondere i risparmi dei soci risparmiatori in caso di insolvenza delle stesse cooperative, prevedendo forme di tutela anche per i soci delle cooperative che oggi si trovano in stato di insolvenza;
   se il Governo non ritenga che sussistano presupposti per aprire un tavolo di confronto volto a individuare soggetti che possano concretamente e seriamente percorrere la strada del risanamento della cooperativa Unacoop con la proposta di un piano industriale da presentare nelle forme previste e consentite nell'ambito della liquidazione coatta amministrativa.
   (5-11542)


   RICCIATTI, ZOGGIA, RAGOSTA, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, FERRARA, MELILLA, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, SANNICANDRO e ALBINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 maggio 2017 è stata perfezionata la cessione ad Ubi Banca di Nuova Banca Marche (insieme agli istituti Nuova Banca Etruria e del Lazio e di Nuova Cassa di Risparmio di Chieti);
   da quanto si apprende da fonti, di stampa, l'acquisizione di Nuova Banca delle Marche potrebbe comportare per l'istituto marchigiano – secondo i sindacati, che affronteranno con Ubi tali questioni nel tavolo fissato a Bergamo per il 15 giugno 2017 – oltre mille esuberi e la cessione di circa cento filiali su trecento;
   nonostante le rassicurazioni del vertice di Ubi Banca, secondo il quale gli esuberi verranno gestiti con esodi volontari e altre modalità in accordo con i sindacati, permangono forti preoccupazioni per l'elevato numero di lavoratori interessati dalla riorganizzazione aziendale e per la sorte dei centri direzionali di Nuova Banca delle Marche di Pesaro e Macerata e, in seconda battuta, per quello di Jesi;
   tali tagli rischiano di avere ripercussioni drammatiche nell'economia del territorio, se si considera che nel corso degli ultimi anni si è già proceduto ad una riduzione di oltre 500 posti di lavoro nell'istituto (350 con il meccanismo del prepensionamento e 150 attraverso i mancati rinnovi dei contratti a tempo determinato). A tali numeri si aggiungono i 327 lavoratori che nel mese di aprile 2017 hanno aderito al «Fondo esuberi» –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati, al fine di salvaguardare livelli occupazionali ed economia del territorio marchigiano a seguito dell'acquisizione di Nuova Banca delle Marche da parte di Ubi Banca. (5-11544)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane, con alcuni provvedimenti del 1o luglio 2015 disponeva la chiusura, a partire dal 7 settembre 2015, degli uffici postali situati in diversi comuni italiani, per ragioni di disequilibrio economico, sempre del 1o luglio 2015 e per motivi di disequilibrio economico, aveva rimodulato l'orario di apertura al pubblico di alcuni uffici, riducendolo. I provvedimenti di chiusura e di modifica dell'orario venivano impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili;
   secondo la sentenza del Consiglio di Stato (sez. VI del 10 maggio 2017 n. 2140), che annulla gli atti impugnati di chiusura – e di riduzione dell'orario di apertura al pubblico – adottati da Poste italiane, il servizio postale universale deve essere garantito e l'equilibrio economico non può essere elevato a parametro esclusivo per decidere la chiusura o variazione d'orario di apertura degli uffici postali; inoltre, il confronto preliminare con gli enti locali interessati dalle proposte di razionalizzazione della rete degli uffici postali non solo deve essere effettivo, ma anche considerato come obbligatorio da parte di Poste italiane;
   il piano di riorganizzazione di Poste italiane ha determinato la chiusura di decine di sportelli presenti in Lombardia, soprattutto nelle zone periferiche e di provincia, creando disagi soprattutto alle fasce più deboli della popolazione;
   considerevole, inoltre, è il numero di edifici utilizzati da Poste italiane che sono costituiti da prefabbricati in amianto. Da un articolo di stampa pubblicato sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno in data 16 marzo 2013 dal titolo «Gli Uffici postali imbottiti di amianto», i responsabili dei sindacati Ugl Poste e Confsal della Puglia spiegano che gli edifici incriminati sono quelli realizzati da Italposte spa del gruppo IRI, società nata il 18 dicembre 1974 come concessionario dello Stato per i programmi di edilizia postale del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, sviluppando per conto di esso un programma per la costruzione non solo di uffici postali ma anche di centri-operativi e, Centri di meccanizzazione postale;
   ad oggi risultano scarsi gli interventi di bonifica predisposti da Poste italiane;
   Poste italiane, infine, benché sollecitate ad intervenire per affrontare e risolvere la questione riguardante la disattivazione degli sportelli bancomat presenti in Provincia di Taranto, nelle ore pomeridiane e serali, oltre che nei giorni festivi, continuano ad essere sorde alle richieste, incuranti dei disagi che crea ai cittadini e in particolar modo ai pensionati. Da un articolo apparso sul quotidiano online www.tarantobuonasera.it del 15 marzo 2017 avente il seguente titolo «Poste, sportelli Atm chiusi la sera e nei festivi, la rabbia dei pensionali», si apprende che tale chiusura è dovuta a causa di alcune rapine avvenute presso alcuni sportelli Atm –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza e in conformità alla decisione del Consiglio di Stato sez. VI del 10 maggio 2017, n. 2140, per la riapertura degli uffici postali della Lombardia interessati dai provvedimenti di chiusura del 2015;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda avviare nei confronti di Poste italiane per la riapertura degli sportelli postamat della provincia di Taranto nelle ore pomeridiane e serali, oltre che nei giorni festivi;
   quanti edifici postali costituiti da prefabbricati in amianto restano ancora da bonificare nel territorio italiano e se sia stato predisposto un cronoprogramma di interventi, con particolare riferimento agli edifici situati in Lombardia e Puglia.
(4-16899)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il piano nazionale «Industria 4.0» è stato presentato a Milano il 21 settembre 2016 dall'ex Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi e dal Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, e prevede un insieme di misure organiche e complementari in grado di favorire gli investimenti per l'innovazione e per la competitività;
   tra le direttrici strategiche, il progetto prevede l'investimento delle infrastrutture abilitanti, assicurando adeguati impianti di rete, garantendo la sicurezza e la protezione dei dati e collaborando alla definizione di standard di interoperabilità internazionali;
   secondo quanto riportato da un articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore il 30 maggio 2017, «il Governo sta cercando di investire attraverso il Piano Industria 4.0, che ha, tra i suoi pilastri, anche l'agevolazione degli investimenti delle imprese in cyber sicurezza»;
   la cybersicurezza è un insieme di discipline impiegate per garantire i sistemi informatici dall'intrusione di hacker o di ospiti indesiderati. In particolare, si tratta delle tecnologie, dei processi e delle pratiche elaborate per proteggere reti, computer e dati da attacchi informatici, danni o accessi non autorizzati;
   Giorgio Mosca, Presidente della Sterring Committee Cybersecurity di Confindustria digitale, associazione che sta lavorando alla creazione di un framework di passaggi necessari per mettere in cybersicurezza un'azienda, ha spiegato che «il Piano presentato dal MISE è fondamentale per l'evoluzione del sistema industriale italiano. Sarebbe però altrettanto importante, trovare le modalità con cui gestire anche servizi continuativi, come l'ingaggio di esperti di sicurezza, che sono particolarmente importanti e non sono coperti dalle modalità di incentivazione introdotte da Industria 4.0»;
   «Una recente indagine dell'Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano ha evidenziato che il mercato delle soluzioni di information security ha raggiunto in Italia nel 2016 un giro d'affari di 972 milioni: più 5 per cento rispetto al 2015. Tuttavia, a spendere risultano essere per il 74 per cento le grandi imprese. Il che vuol dire che alle piccole e medie imprese resta solo un 26 per cento: poco più di 250 milioni»;
   il quotidiano ha evidenziato come «proprio sulle Pmi, un altro dato dello studio del Politecnico di Milano risulta particolarmente preoccupante: il 93 per cento delle imprese ha dedicato un budget alle soluzioni di Information security nel 2016, ma senza un utilizzo maturo e consapevole. A pesare è soprattutto l'adeguamento normativo (48 per cento) con solo il 9 per cento delle piccole aziende (fra i 10 e il 49 addetti) che ha specifici programmi di formazione»;
   Giancarlo Turati, ex presidente di Aib ha affermato che «nel mondo della metallurgia si sono già registrati, per esempio, episodi di hackeraggio di colate, attraverso l'alterazione dei parametri di temperatura richiesti. In casi meno estremi, si rischia il furto di informazioni sui processi produttivi»;
   in ultimo, secondo Stefano Linari ceo di Alleantia, azienda che fornisce soluzioni cloud, «il tema della concorrenza oggi preoccupa di più di un cyber attacco. Cedendo i dati in rete, i potenzia i clienti temono di essere esposti a un furto di know how da parte dei competitor. Ma, anche in questo caso, è sufficiente seguire pochi accorgimenti. È come installare Facebook sul proprio telefonino: bisogna privilegiare soluzioni che consentono una cessione graduale delle informazioni»;
   gli interroganti hanno analizzato il tema della cybersicurezza nell'interrogazione n. 4-15701, pubblicata in allegato ai resoconti della seduta n. 747 della Camera dei deputati del 23 febbraio 2017, ancora senza risposta –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per rendere la cybersicurezza una priorità nelle aziende, garantendo, soprattutto, un adeguato livello di formazione dei dipendenti, al fine di prevenire e individuare le violazioni;
   secondo quali modalità intendano contrastare gli attacchi informatici più avanzati;
   se, nell'ambito dell'incentivazione introdotta dal piano Industria 4.0, si intendano assumere iniziative per prevedere anche l'ingaggio, da parte delle piccole e medie imprese, di esperti di sicurezza. (4-16908)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Mongiello e altri n. 2-01830, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Binetti.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Castelli n. 4-16811, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dell'Orco.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-02949 del 13 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-03871 del 6 marzo 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-02313 del 10 marzo 2014;
   interrogazione a risposta scritta Dieni n. 4-16103 del 30 marzo 2017;
   interpellanza Tripiedi n. 2-01791 del 9 maggio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-11363 del 17 maggio 2017;
   interpellanza Argentin n. 2-01807 del 18 maggio 2017.

Ritiro di una firma da una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Mongiello e altri n. 2-01830, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2017: è stata ritirata la firma del deputato Cariello.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Parentela e altri n. 5-09555 del 21 settembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-03069.