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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 8 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    dal 14 al 21 novembre 2016 si è svolto, a Faro in Portogallo, il 20omeeting dell'Iccat;
    in occasione di tale incontro è stata adottata la raccomandazione 16-05 per «l'istituzione di un Piano pluriennale di ricostituzione per il pesce spada del Mediterraneo»;
    tale piano introduce un tac (totale ammissibile di cattura) pari a 10.500 tonnellate per il Mediterraneo a partire dall'anno 2017;
    l'entità del totale ammissibile di cattura previsto dall'Iccat per gli Stati membri dell'Unione europea è, da quanto apprende l'interrogante, anche superiore alla quota che aveva previsto la delegazione dell'Unione europea e che era stata presentata in sede di trattativa presso l'Iccat;
    l'Iccat prevede, inoltre, una riduzione della quota del 3 per cento annuo dal 2018 al 2022 ed il congelamento dello sforzo di pesca, con periodi di chiusura a scelta delle Parti contraenti: l'Italia ha scelto di vietare la pesca del pesce spada dal 1o gennaio al 31 marzo con il decreto ministeriale del 16 febbraio 2017;
    il 18 aprile 2017, il gruppo di lavoro dell'Iccat ha riconosciuto all'Unione europea il 70,75 per cento della quota complessiva relativa al 2017 pari a 7.428,75 tonnellate, sulla base delle catture medie registrate negli anni 2010-1014;
    notizie recenti, invece, fanno sapere che questa scarsissima quota di pescato è stata ulteriormente abbassata di oltre 200 tonnellate;
    a seguito della ripartizione tra le Parti contraenti dell'Iccat, sono stati avviati i negoziati all'interno dell'Unione europea per definire le quote da attribuire ai singoli Stati membri;
    da qualunque lato si osserva la vicenda, sia dal punto di vista del ripopolamento dello stock di pesce spada del Mediterraneo che dal punto di vista dei pescatori italiani e mediterranei, non si può che esprimere forti perplessità sull'esito di tale ulteriore trattativa in sede comunitaria;
    è di tutta evidenza che i lavori preparatori, sia in sede comunitaria all'atto della presentazione della proposta all'Iccat, che presso la stessa Iccat dove l'Italia ha un solo rappresentante a difendere gli interessi dei pescatori comunitari;
    il presidente della 4a subcommissione dell'Iccat, quella che si occupa anche della tutela del pesce spada, è brasiliano;
    a giudizio del firmatario del presente atto vi sono state, in questa occasione come in tutte le altre precedenti, da parte della rappresentanza politica, istituzionale e diplomatica comunitaria e, soprattutto, italiana molta superficialità e sicura mancanza di tutela dei reali interessi delle economie di pesca degli Stati che si affacciano sul Mediterraneo;
    adesso la sede di trattativa si è spostata in ambito europeo, al fine di ripartire la quota comunitaria tra gli Stati membri e sono già iniziate le prime schermaglie, soprattutto con la Spagna, per una maggiore ripartizione a favore o a sfavore dell'Italia;
    la presenza, in sede comunitaria, di una delegazione autorevole e determinata è indispensabile al fine di portare a un successo che tutta la marineria nazionale attende da molti anni,

impegna il Governo:

   ad assumere idonee iniziative al fine di dare indicazioni precise alla delegazione italiana che si occupa della trattativa in sede comunitaria;
   a partecipare, attraverso la massima autorità istituzionale possibile, alle trattative in sede comunitaria al fine di ottenere una maggiore ripartizione della quota di pesce spada in favore della marineria nazionale.
(7-01281) «Catanoso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   anche con l'entrata in vigore dell'orario estivo dei trasporti ferroviari per la Puglia annunciato in questi giorni da Trenitalia, sembra arrivare l'ennesima batosta che colpisce il trasporto ferroviario regionale e che rende la Puglia sempre più isolata, come a tal proposito è ben evidente dalle prese di posizione di sindacati, amministratori locali ed istituzioni regionali;
   il presidente della regione Puglia, nella giornata del 31 maggio 2017, ha inviato una nota all'amministratore delegato di Trenitalia, con la quale ha chiesto un incontro per discutere del tema dei collegamenti ferroviari tra la Puglia e Roma;
   si è sottolineato al riguardo che il sistema economico regionale pugliese non può prescindere da un'integrazione nel network multimodale europeo del trasporto passeggeri, mentre i processi di infrastrutturazione del sistema ferroviario sono necessariamente lenti e complessi e, nel caso della Puglia, ricadono nelle regioni confinanti (Campania per la linea Napoli-Bari e Molise per l'Adriatica) e, quindi, non sono direttamente governabili dalla regione Puglia, meritando un interessamento strategico di rilevanza nazionale;
   con lo scopo di assicurare comunque al proprio tessuto territoriale ed economico un approccio di governance multimodale, la Puglia ha sostenuto con 100 milioni di euro l'intervento di infrastrutturazione della linea alta capacità/alta velocità Bari-Napoli, imprimendo un'accelerazione alla risoluzione del «collo di bottiglia» della linea ferroviaria Adriatica;
   per la regione Puglia è irrinunciabile allacciarsi alle reti di trasporto trans europee, in particolare per quanto riguarda la competitività dell'offerta ferroviaria, fin quanto questa contribuisce ad irrobustire tutte le opportunità che i mercati possono offrire con collegamenti rapidi ed efficaci agli utenti;
   nell'immediato, sarebbe necessario ridurre l'attuale divisione tra Roma e Foggia, in particolare durante le ore del mattino, risultando urgente prevedere un nuovo collegamento tra le due città tale da garantire l'arrivo di un convoglio nella capitale intorno alle 9,30 del mattino;
   i pugliesi lamentano una scarsa offerta di treni per la capitale, peraltro sempre colmi e sostituiti da una rete di autobus triplicata negli ultimi anni;
   numerosi parlamentari pugliesi hanno avuto diversi incontri con Trenitalia con promessa di almeno un treno in più verso Roma, mai realizzata, oltre alla disponibilità di un collegamento notturno ed uno di primo mattino per la Capitale;
   l'ultimo treno da Roma per la Puglia parte alle ore 18, il primo per Roma arriva alle ore 11,20;
   il PON infrastrutture e reti 2014-2020, presentato dal Governo pro tempore nel 2015 persegue il riequilibrio modale, favorendo il decongestionamento delle aree metropolitane e del sistema autostradale e ha l'obiettivo di rafforzare l'integrazione fra il sistema di trasporto locale e regionale, la rete nazionale e le grandi direttrici europee e transeuropee Ten-T. Tale piano è stato approvato dalla Commissione europea con decisione C(2015) 5451 del 29 luglio 2015 ed interviene nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e prevede investimenti, cofinanziati dall'Unione europea, per 1.843.733.334 euro in tre settori, tra cui quello delle infrastrutture ferroviarie;
   far rientrare già da subito tra gli interventi di ordine prioritario del predetto PON 2014-2010 anche l'obiettivo del rafforzamento e dell'ampliamento della rete ferroviaria pugliese, promosso dal presidente della regione Puglia, potrebbe rappresentare una delle possibili soluzioni atte a soddisfarlo –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla rilevante questione del potenziamento competitivo e di ambito ultra-regionale del sistema ferroviario pugliese;
   se il Governo non intenda farsi parte attiva nell'ambito dell'iniziativa promossa dal presidente della regione Puglia di avviare un confronto tra la regione medesima e Trenitalia, al fine di favorire l'individuazione delle soluzioni più appropriate, tra cui le possibili opzioni di incremento dei collegamenti regionali con Roma.
(2-01830) «Mongiello, Massa, Grassi, Cera, Marroni, Vico, Chaouki, Ventricelli, Dambruoso, Mariano, Cariello, Pelillo, Boccia, Palma, Sannicandro, Capone, Valiante, Monaco, Distaso, Taranto, D'Ottavio, Duranti, Carra, Famiglietti, Carella, Fucci, Matarrelli, Di Gioia, Ginefra, Michele Bordo, Buttiglione, Galati».

Interrogazioni a risposta orale:


   DALL'OSSO, COLONNESE e BASILIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 della Carta Costituzionale recita testualmente: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
   l'articolo 2 sempre della stessa Costituzione italiana afferma: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
   il codice di Norimberga del 1946 all'articolo 1 dice che: 1. «Il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale. Prima di accettare una decisione affermativa da parte del soggetto dell'esperimento lo si debba portare a conoscenza della natura, della durata (...) e di tutte le complicazioni e rischi che si possono aspettare e degli effetti sulla salute o la persona che gli possono derivare dal sottoporsi dell'esperimento»;
   la dichiarazione di Helsinki del 1964 dice testualmente: A.2 «È dovere del medico promuovere e salvaguardare la salute delle persone»;
   A.5 «Nella ricerca su soggetti umani, le considerazioni correlate con il benessere del soggetto umano devono avere la precedenza sugli interessi della scienza e della società»;
   A. 7 «Nella pratica medica corrente e nella ricerca medica, la maggior parte delle procedure preventive (NdR: leggasi anche Vaccinazioni), diagnostiche e terapeutiche implicano rischi e aggravi»;
   C. 5 «Nel trattamento di un paziente, laddove non esistano comprovati metodi preventivi, diagnostici e terapeutici o questi siano inefficaci, il medico, con il consenso informato del paziente, deve essere libero di usare mezzi preventivi, diagnostici e terapeutici non provati o nuovi, se a giudizio del medico essi offrono speranza di salvare la vita, ristabilire la salute o alleviare la sofferenza»;
   l'articolo C. 5 della dichiarazione di Helsinki 1964 (Associazione medica mondiale), l'articolo 32 della Costituzione italiana e la legge 8 aprile 1998, n. 94, sanciscono di fatto il sacrosanto diritto di ciascuno a farsi curare come ritiene giusto;
   con l'approvazione del decreto-legge in tema di vaccinazioni obbligano di fatto i genitori di fanciulli e fanciulle tra 0 e 16 anni a sottoporre gli stessi a delle vaccinazioni secondo lo schema seguente: i nati tra il 2000 e il 2011 dovranno aver fatto l'esavalente e l'anti morbillo, parotite e rosolia (9 vaccini); i nati tra il 2012 e il 2016 dovranno fare i vaccini dei nati negli anni precedenti più il meningococco C (10 vaccini); i nati nel 2017 dovranno fare i vaccini dei nati negli anni precedenti più quello contro il meningococco C e la varicella (12 vaccini);
   molta opinione pubblica è fermamente contraria a sottoporre i propri figli a vaccinazioni obbligatorie;
   le ripercussioni sui bambini sono tali da creare forti imbarazzi se non addirittura discriminazioni –:
   quale ratio abbia portato il Governo ad approvare tale normative, considerato che la volontà delle persone a farsi curare, secondo gli interroganti, non deve essere indotta;
   se, quali e quante risorse il Governo abbia previsto di destinare alle vaccinazioni gratuite per i figli di famiglie con redditi cosiddetti bassi. (3-03065)


   LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE LORENZIS e GRILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo de « Il Fatto Quotidiano», pubblicato il 6 giugno 2017, sul monitoraggio interno dell'Agid (Agenzia italiana per il digitale), emergerebbe l'assenza di documentazione atta a giustificare la spesa di numerosi progetti dell'Agenzia. Secondo la fonte stampa, il 2 maggio 2015, il direttore generale dell'Agid, Antonio Samaritani, avrebbe avviato una procedura «per l'accertamento dei residui» utile alla chiusura del bilancio 2015. Il controllo di questi fondi sarebbe stato affidato all'Area studi, ricerca e pareri dell'Agid;
   nel mese di giugno 2016, il responsabile dell'area succitata avrebbe scritto nel monitoraggio che «In molti casi non è pervenuta o è pervenuta parzialmente la documentazione richiesta ai referenti interni del progetto. In molti casi ci sono state lettere dei dirigenti che [...] non hanno trasmesso alcun documento tecnico che consentisse una qualsivoglia forma, anche la più minima, di valutazione tecnica delle medesime»;
   il suddetto ufficio avrebbe poi scoperto che le iniziative non giustificate non sarebbero state 70 come inizialmente riportato ma «oltre 210», riconducibili a ognuna delle forme assunte da Agid dal 2000 in poi (Cnipa, Dit, DigitPA). I finanziamenti, «nell'ordine di oltre 700-800 milioni di euro, i cui residui (...) variano da un minimo di 158 milioni di euro a oltre 200», sarebbero stati concessi soprattutto con la stipula dei cosiddetti Apq (accordi di programma quadro) con le regioni. Nella relazione sarebbe riportato che «La sensazione è che, nella migliore delle ipotesi, c’è stata una gestione di detti fondi non particolarmente rigorosa. A tale convinzione si è giunti a seguito di un'analisi a campione sulla documentazione che è pervenuta dalle linee interne, specificando che in molti dei casi questa è mancante»;
   secondo l'articolo, molti progetti sarebbero finiti in altri progetti e in molti casi i referenti non avrebbero riconosciuto il progetto, la responsabilità per competenza o avrebbero dichiarato che «non è stata condivisa alcuna documentazione»;
   da uno scambio di mail sulla verifica del progetto «Rete dei medici di medicina generale» emergerebbe che la regione siciliana avrebbe assegnato ad Agid nel 2005 (con un Apq) 5 milioni di euro. Nelle mail, secondo il quotidiano, si riferisce che non ci sono né allegati né spese tecniche e per questo «non è possibile effettuare alcuna valutazione tecnica. Lo svolgimento del progetto è stato affidato direttamente a Sicilia e-Servizi Spa e non è disponibile la documentazione né contrattuale né i progetti da svolgere». La regione siciliana avrebbe effettuato secondo questo rendiconto pagamenti per oltre 3,8 milioni di euro non giustificati;
   sempre secondo « Il Fatto Quotidiano», l'ufficio pareri avrebbe rilevato dei risultati «preoccupanti», tanto da chiedere un approfondimento da parte dell'Agenzia, affinché questa trasmettesse i risultati del monitoraggio alla Corte dei Conti e all'Anac;
   l'Agid, in risposta ai chiarimenti sul monitoraggio richiesti dal giornale, avrebbe risposto che «La determina in oggetto ha avviato un percorso di analisi i cui primi risultati emergeranno nella relazione di bilancio 2016 sulla quale siamo al lavoro con i revisori. All'interno si troverà evidenza i delle attività di mappatura, riclassificazione e collocazione dei residui passivi»;
   il documento strategico 2017-2019 stilato da Agid e Team Digitale godrà di un investimento di 4,6 miliardi di euro –:
   alla luce di quanto emerso in premessa, come il Governo intenda intervenire affinché venga chiarito l'uso dei fondi impiegati in passato da Agid e quali iniziative intenda porre in essere per monitorare il corretto uso dei futuri investimenti per la digitalizzazione del Paese. (3-03066)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO, BASSO, CAROCCI, MARCO MELONI, MICCOLI, MURA, RIBAUDO e LAURICELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 maggio 2017 presso la sede di Unindustria a Roma vi è stato un incontro tra le organizzazioni sindacali per la presentazione del piano industriale di Wind 3;
   Wind 3 nel confermarsi quale primo operatore mobile in Italia dopo la fusione tra i due gruppi, ha ribadito la positività dei risultati raggiunti, in termini economici e di organizzazione e ha annunciato investimenti per 7 miliardi di euro, per modernizzare la rete e renderla ancora più efficiente e capillare, portando a regime il 4g e puntando anche sulla innovativa tecnologia 5g;
   dall'inizio del processo di fusione ad oggi sono fuoriuscite dall'azienda con esodo incentivato 668 persone, in particolare nelle sedi di Roma e Milano, 70 nella sede di Genova;
   nel corso dell'incontro con l'azienda il servizio clienti è stato presentato come un elemento centrale per garantire un duplice obiettivo: sostenere lo sviluppo dell'azienda attraverso la qualità e consolidare il livello di eccellenza;
   l'attenzione e la centralità riservata al « customer care» appaiono contraddittorie rispetto alla scelta che l'azienda ha comunicato alle organizzazioni sindacali nell'incontro citato di esternalizzare il servizio clienti EX3 (133), nella sua componente operativa attraverso lo strumento giuridico della cessione del ramo di azienda, ad una realtà outsourcer che deve essere ancora individuata;
   l'operazione su cui Wind 3 vuole procedere anche unilateralmente coinvolgerebbe 900 lavoratori, nei siti di Genova, Cagliari, Palermo, Roma. Tale procedura appare contraddittoria rispetto alla premessa dichiarata all'atto della fusione di mantenere l'azienda unica e unita, e soprattutto non si comprende come tale processo di esternalizzazione si possa conciliare da parte dell'azienda con gli obiettivi dichiarati di tutela occupazionale;
   le preoccupazioni dei lavoratori e delle loro famiglie sono legittime viste le precedenti esperienze di esternalizzazione nel campo della telefonia e non solo –:
   se il Governo sia a conoscenza del piano industriale di Wind 3, che prevede la possibilità della cessione di un ramo di azienda, «servizio clienti» ex3 (133), che coinvolge circa 900 lavoratori;
   quali iniziative intendano adottare per la tutela occupazionale dei lavoratori coinvolti. (5-11534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle giornate dell'11-12 giugno 2017 si terrà a Bologna il cosiddetto G7 Ambiente, che vedrà la presenza in città di numerose personalità politiche ed intellettuali;
   nelle stesse giornate una vasta rete di associazioni e movimenti sociali e ambientalisti ha promosso un fitto calendario di appuntamenti, con lo scopo di far emergere un punto di vista diverso rispetto a quello dei sette grandi;
   in particolare, per domenica 11 giugno 2017 dalle ore 15 è prevista una manifestazione preannunciata da settimane, che nelle intenzioni degli organizzatori avrebbe dovuto attraversare le vie del centro storico, per ragioni di visibilità, ma soprattutto per rendere evidente l'esistenza di una piattaforma politica alternativa;
   nei giorni scorsi sono avvenuti numerosi contatti fra organizzatori e questura finalizzati a condividere il percorso, con l'idea di passare in prossimità di Palazzo Re Enzo, dove in serata è prevista la cena di gala del G7, ma in orari che non rendano possibile la coincidenza fra i due eventi;
   un'ordinanza del sindaco Virgilio Merola ha disposto la non accessibilità veicolare e pedonale di una parte significativa del centro storico, comprese le vie che avrebbero dovuto essere interessate dalla manifestazione, dalle ore 12 alle ore 20 di domenica; 
   si tratta di un provvedimento che appare all'interrogante lesivo della libertà di manifestazione, oltre che di difficile gestione, posto che l'area di cui si parla è abitualmente molto frequentata da cittadini e turisti e intensamente abitata –:
   se il Governo ritenga di dover assumere iniziative per garantire, per quanto di competenza, che le doverose misure di sicurezza siano contenute in modo tale da non pregiudicare il pieno esercizio dei diritti politici, la libera circolazione dei cittadini e l'ordinario svolgimento delle attività economiche. (4-16878)


   ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il dibattuto tema dell'obbligatorietà dei vaccini ha instaurato un clima in cui, complice una scarsissima informazione sull'argomento, è stato ingenerato il caos sociale, gettando nella paura molte famiglie italiane, preoccupate di perdere la responsabilità genitoriale qualora non avessero effettuato i 12 vaccini obbligatori, senza che vi sia stata adeguata motivazione della misura e senza che vi sia alcuna emergenza epidemica in corso;
   in un contesto in cui mancano da anni i dati Aifa sulle segnalazioni delle reazioni avverse, Walter Ricciardi, figura apicale dell'Istituto superiore di sanità, in data 31 maggio 2017, durante il talk show «La Gabbia» andato in onda nella fascia della prima serata sulla emittente La Sette, ha affermato che: mai in Italia si è verificata nella storia moderna della medicina alcuna morte in conseguenza di una vaccinazione, dichiarazione, a giudizio dell'interrogante, non solo destituita di fondamento ma aggravata dal ruolo che il dottor Ricciardi ricopre come presidente dell'Istituto superiore di sanità;
   basterebbe citare il caso dei fratelli Tremante, morti a seguito di un vaccino e ai quali è stata anche dedicata una piazza nella loro città;
   inoltre, in un'altra occasione il dottor Ricciardi aveva diffuso ingiustificato allarmismo: in data 18 novembre 2016 il quotidiano « La Repubblica.it» pubblicava un articolo nel quale si descriveva: «Ricciardi (Iss): la difterite è tornata in Italia [...] si è già verificato un primo caso di insulto difterico, l'ho già detto pubblicamente, ma non posso dire dove». Lo ha dichiarato il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, parlando dei rischi connessi al calo dei vaccini, nel corso del suo intervento a un congresso di pediatria a Firenze, caso mai verificatosi che ha spinto il Codacons a segnalare il procurato allarme depositando una denuncia presso la procura di Torino;
   rispetto alla figura del dottor Ricciardi, in seno allo stesso Parlamento, sono state chieste delucidazioni in occasione «della sua nomina a presidente dell'Istituto superiore di sanità, in quanto succedendo a se stesso come commissario straordinario, ha dato vita ad una pratica fortemente discutibile. Vi è inoltre da segnalare come il professor Ricciardi abbia continuato a ricoprire la carica di professore ordinario di igiene presso la facoltà di medicina e chirurgia «Gemelli» dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ad avviso dell'interrogante in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo n. 106 del 2012 (articolo 4, comma 2) che prevede che il Presidente se «professore universitario, è collocato in aspettativa», e come ricopra diverse altre cariche fra cui quella di presidente della terza sezione del Consiglio superiore di sanità dal settembre 2013;
   risulta, ancora, come da curriculum vitae pubblicato sul sito dell'Istituto, essere componente di diversi organismi di carattere scientifico e/o medico la cui attività presenta numerosi collegamenti con materie afferenti all'Istituto superiore di sanità, ad avviso dell'interrogante dando luogo a situazioni di conflitto di interesse e di incompatibilità con il ruolo ricoperto –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non reputi, in base a quanto descritto, di dover assumere le iniziative di competenza per rimuovere il professore dalla carica ricoperta presso l'Istituto superiore di sanità, sia per la situazione di allarmismo sul tema dei vaccini generatasi, come denunciato anche dal Codacons, per effetto della divulgazione di informazioni attraverso i media che appaiono all'interrogante destituite di fondamento, sia per le dubbie modalità di nomina presso l'Istituto superiore di sanità, già oggetto di atti di sindacato ispettivo e di richieste di audizione in ambito parlamentare. (4-16880)


   LIUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di dicembre 2013 il comune di Montescaglioso (Matera), situato in Basilicata, è stato colpito da un evento franoso. La vicenda, ripresa anche dalle cronache nazionali ed internazionali, è stata definita dai luminari del settore come «una delle frane più grandi d'Europa». Tale catastrofe ha prodotto gravissimi danni alle infrastrutture, al patrimonio edilizio privato e all'economia locale, mettendo in ginocchio tutto il sistema produttivo, turistico e commerciale. In particolare, la calamità ha colpito le contrade «Cinque bocche», «Costa del Fico» e la strada a scorrimento veloce «Montescaglioso-Piani Bradano»;
   subito dopo la catastrofe, dai primi rilievi effettuati dagli esperti giunti in loco da tutta Italia, sono stati quantificati danni per circa 60 milioni di euro. Nei momenti successivi all'evento la Protezione civile nazionale e regione Basilicata sono intervenute con uno stanziamento di circa 4.700.000 euro per le prime operazioni emergenziali e di messa in sicurezza;
   la fase successiva che prevede il ripristino del sistema idrografico dell'intero versante, necessita di una risorsa di circa 2.600.000 euro. La redazione della progettazione esecutiva di questa seconda fase ha evidenziato, tuttavia, che, oltre alla somma succitata, servirebbero ulteriori 2.000.000 euro;
   inoltre, è stato predisposto un progetto per gli interventi di consolidamento definitivo dell'intero versante, da intendersi come terzo ed ultimo step, di 7.000.000 euro da candidare nel progetto nazionale sul dissesto idrogeologico « ReNDis» (repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo) che, se finanziato, potrebbe risolvere le problematiche e prevenire ulteriori criticità;
   in tema di ristori ai privati, la delibera del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2016 ha riconosciuto ai proprietari di abitazione la possibilità di ottenere un'agevolazione economica, con un tetto massimo legato al valore della proprietà. Tuttavia, tanti altri cittadini, legittimi proprietari di unità edilizie in corso di costruzione o con altra destinazione d'uso, ad oggi risultano esclusi da qualsivoglia provvedimento di riconoscimento dei danni subiti. Questa situazione ha generato una disparità di trattamento con tensioni tra cittadini stessi;
   inoltre, le unità produttive, nonostante siano inserite tra i soggetti da ristorare nel provvedimento del Governo (delibera del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2016), al momento subiscono il divieto alla delocalizzazione e, conseguentemente, non possono accedere in alcun modo alle risorse previste;
   il 13 maggio 2017, il sindaco della città di Montescaglioso insieme al Comitato Cottam, con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri ha evidenziato che la mancanza di risorse comporta l'impossibilità dell'esecuzione degli interventi definitivi di consolidamento con il rischio di portare la situazione esistente sino ad una catastrofe dall'esito imprevedibile –:
   se il Governo intenda porre in essere tutte le iniziative di competenza volte a stanziare risorse sufficienti a completare il secondo e il terzo step necessari al consolidamento definitivo dell'abitato, modificando quanto disposto con la delibera del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2016 per consentire la delocalizzazione delle unità produttive presenti nell'area franata o, in alternativa, promuovendo un provvedimento che permetta di risolvere le problematiche sopra riportate. (4-16881)


   SECCO e BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la società spagnola Abertis, che possiede il controllo di Infracom Italia, acquisita tramite l'acquisto della rete autostradale della Serenissima, ha deciso di cedere la stessa Infracom. Sul campo, si sono segnalati come possibili acquirenti:
    Equinix, azienda statunitense che opera nel settore dei datacenter e dei servizi correlati;
    Searchlight, fondo d'investimento privato americano che opera anche in Europa;
    Accelero Capital, fondo d'investimento, di origine egiziana, specializzato nei settori delle telecomunicazioni, del digital media e della technology;
    F2i, Fondo italiano per le infrastrutture che annovera, fra le principali partecipazioni al capitale, Cassa depositi e prestiti, Intesa San Paolo ed Unicredit Group;
   da quanto si apprende, sembra che in attesa dell'esito dell'asta, gestita da Banca Imi, sarebbe già pronto un progetto preciso per Infracom: F2i starebbe studiando, infatti, la fusione tra la stessa Infracom e Cloud Italia, società aretina attiva nei servizi di telecomunicazioni, nata sulle ceneri di Eutelia, contribuendo in maniera decisiva alla creazione di un polo italiano nel settore;
   l'importanza di Infracom – che opera da 1999 sul mercato nazionale dei servizi di Information and communication technology, offrendo alle pubbliche amministrazioni e alle aziende di medie e piccole dimensioni servizi e piattaforme tecnologiche abilitanti per accedere all'innovazione – è data dal fatto che essa possiede e gestisce, in piena autonomia, una rete a banda ultra larga che corre per 9.000 chilometri lungo tutto l'arco autostradale nazionale, tre datacenter a Milano, Assago e Verona, nonché la Avalon Telehouse, la più grande meet-me room privata italiana per l'accesso ad Internet con ingresso privilegiato al Mix. Inoltre, Infracom Italia è titolare di licenze individuali ed autorizzazioni ministeriali per l'erogazione sul territorio italiano di servizi di telecomunicazioni considerati di pubblica utilità ed è membro di Aiad, la Federazione delle aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la Sicurezza;
   il decreto-legge n. 21 del 15 marzo 2012, convertito, con modificazioni dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, richiede che, prima di procedere alla vendita, le aziende che detengono asset strategici di telecomunicazione siano sottoposte all'obbligo di notificazione preventiva alla Presidenza del Consiglio dei ministri di ogni risoluzione, azione o transazione suscettibile di comportare il trasferimento dei citati asset;
   attraverso il citato decreto-legge n. 21, l'Italia si è dotata di una disciplina innovativa in materia di poteri di intervento dello Stato in caso di operazioni straordinarie riguardanti imprese attive, a seconda dei casi, nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale, nonché delle comunicazioni, dell'energia e dei trasporti –:
   se il Governo intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alla vicenda esposta in premessa, specificando quali strategie di azione intenda porre in essere al fine di proteggere l'italianità di Infracom, considerato che, da un lato, essa è l'unica azienda italiana proprietaria di una dorsale di reti in grado di fornire tutti i necessari servizi agli enti pubblici e, dall'altro lato, che riveste una conseguente importanza strategica nel settore delle telecomunicazioni che sarebbe necessario salvaguardare allo scopo di favorire la creazione di un polo italiano. (4-16885)


   CENTEMERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con delibera del consiglio comunale n. 7 del 17 marzo 2015 di Francavilla Fontana (Br) è stata istituita, presso il medesimo comune, la Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna con contestuale approvazione del regolamento;
   la commissione citata è istituita con lo scopo di contribuire alla effettiva attuazione dei principi di parità e di uguaglianza tra i cittadini, sanciti dall'articolo 3 della Costituzione, nonché dallo statuto del medesimo ente comunale;
   successivamente, con delibera n. 30 del 21 aprile 2016 si è provveduto, ai sensi dell'articolo 3 del suddetto regolamento, alla nomina della commissione sopra citata composta da: 3 membri eletti tra i consiglieri comunali dal consiglio comunale con la maggioranza assoluta; 7 membri facenti parte delle associazioni professionali, culturali e di volontariato e delle cooperative del privato e del sociale che perseguono direttamente o indirettamente finalità legate alle attività di pari opportunità; dal sindaco, o suo delegato, ovvero l'assessore alle pari opportunità, quale membro di diritto;
   a quanto risulta all'interrogante il comune di Francavilla Fontana con una nota ha specificato che, in merito alla posizione di uno dei membri della commissione per le pari opportunità, tale ente non può procedere al rimborso per cariche pubbliche, ai sensi degli articoli 79 e 80 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
   ad avviso dell'interrogante quanto appena riportato mostra una evidente discriminazione nei confronti dei componenti della commissione citata alla luce di quanto stabilito dall'articolo 3 del regolamento, adottato con atto consiliare n. 7 del 17 marzo 2015, ai sensi del quale «i membri facenti parte delle associazioni professionali, culturali, di volontariato e cooperative del privato e del sociale che perseguono direttamente e indirettamente finalità legate alle attività delle pari opportunità»;
   la commissione per le pari opportunità è stata istituita nel rispetto non soltanto dei principi stabiliti dalla Carta costituzionale, ma anche dallo statuto dell'ente comune di Francavilla Fontana e, nello specifico ai sensi della legge 22 giugno 1990 n. 164, della legge 10 aprile 1991, n. 125, e della legge regionale della Puglia 4 maggio 1987, n. 26 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda assumere iniziative per fornire gli opportuni chiarimenti circa lo status dei componenti degli organi permanenti dei consigli comunali e delle giunte, specificando se agli stessi possa applicarsi quanto stabilito dagli articoli 79 e 80 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e dagli articoli 17 e 18 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198. (4-16886)


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o giugno 2017 il viceministro Bubbico, nel rispondere alla interrogazione n. 4-15233 del sottoscritto, sosteneva che a proposito di Forza Nuova «non esistano pronunce giurisdizionali che abbiano accertato il concretizzarsi della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista»;
   in data 7 giugno 2016 il quotidiano La Repubblica dava notizia che a Milano il suddetto movimento, presso la propria sede, festeggiava il compleanno del segretario di Lodi con una torta recante il simbolo del Nsdap, ovvero una svastica, e la scritta Sieg Heil, motto del medesimo partito nazista;
   l'esibizione continua ed ostentata di simbologie nazifasciste ad avviso dell'interrogante non può essere derubricata a innocua rievocazione –:
   quali iniziative di competenza il Governo, intenda assumere – alla luce dei 240 deferimenti ad autorità giudiziaria in 5 anni, che secondo l'interrogante rappresentano un elemento probante della pericolosità dell'organizzazione – per rafforzare il monitoraggio sulle attività di Forza nuova e dei movimenti e delle associazioni che si richiamano ostentatamente a principi incompatibili con i valori costituzionali, anche alla luce delle implicazioni di ordine pubblico spesso derivanti dagli eventi e dalle manifestazioni dai medesimi organizzati o promossi. (4-16887)


   ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'11 ottobre 2013 a 60 miglia da Lampedusa è avvenuto un naufragio in cui morirono 268 siriani, di cui 60 erano bambini. La nave Libra, il pattugliatore della Marina italiana, era ad appena un'ora e mezzo di navigazione dal barcone che stava affondando, ma i comandi militari italiani erano preoccupati di dover poi trasferire i profughi sulla costa più vicina, decidendo di non mettere a disposizione la loro unità, nonostante le numerose telefonate di soccorso e la formale e ripetuta richiesta delle Forze armate maltesi di dare istruzioni alla nave italiana perché intervenisse;
   il peschereccio, partito dalla Libia con almeno 480 persone, stava imbarcando acqua perché era stato colpito dalle raffiche di mitra di miliziani che su una motovedetta volevano rapinare o sequestrare i passeggeri, quasi tutti medici siriani;
   Lampedusa distava dal barcone appena 61 miglia, ma il Cincnav, la centrale operativa dello Stato maggiore di Roma, ordinava al tenente di vascello Catia Pellegrino, comandante della Libra, di allontanarsi e «non farsi vedere» e ai profughi di rivolgersi a Malta che è molto più lontana, a 118 miglia. Dopo cinque ore di attesa e di inutili solleciti da parte delle autorità maltesi ai colleghi italiani, il barcone si rovesciava;
   la comandante Pellegrino è tra i quattro ufficiali della Marina e della Guardia costiera indagati per omicidio con dolo eventuale, con provvedimento coatto del tribunale di Agrigento che pochi giorni fa ha trasmesso gli atti dell'inchiesta alla procura di Roma. Da quello che risulta dalle indagini, però, a differenza degli altri ufficiali della sala operativa della Marina e della Guardia costiera, Catia Pellegrino non era stata informata delle reali condizioni di pericolo a bordo del barcone;
   ad avviso dell'interrogante il 17 maggio scorso la Marina militare ha fornito al Ministro della difesa, che rispondeva ad un'interrogazione in Assemblea, ad una versione che non appare rispondente ai fatti. La registrazione delle comunicazioni tra i comandanti in servizio quel giorno rivela oggi cosa è realmente successo: Nel video diffuso dall’Espresso inerente alle registrazioni si apprende quanto segue: «Ore 15,34 il comando della Marina Militare chiama nave Libra, “il coordinamento dell'eventuale evento è di Malta [...] per cui non vi avvicinate, tenetevi a 17 miglia non vi fate vedere non vi preoccupate” ore 15,37 il Dott. Mohamad Jammo chiama la guardia costiera italiana “Stiamo andando giù ! Ed abbiamo circa 100 bambini” Ore 15,37 comando della Marina Militare comunicazioni interne “Il Libra deve continuare il pattugliamento ma senza farsi vedere dalle motovedette maltesi” 15,41 il comando della Marina Militare chiama il Libra “Se Malta invia la motovedetta voi dovete evitare di essere sulla congiungente [...] perché vi vede gira e se ne va”» –:
   se il Governo non reputi, alla luce di quanto descritto in premessa, di dover verificare, per quanto di competenza, se sia stato adempito l'obbligo di salvataggio in mare e se nulla sia stato tralasciato nelle operazioni per evitare la tragedia.
   (4-16894)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane è morto nelle carceri peruviane un cittadino italiano di nome Gennaro Basile, di 68 anni, che dopo aver trascorso in detenzione il periodo necessario per ottenere la libertà dietro cauzione, aveva provveduto a tale adempimento, ottenendo nel contempo dal giudice competente il provvedimento che autorizzava la scarcerazione;
   il Basile aveva segnalato in diverse occasioni di attraversare un precario stato di salute per il quale aveva richiesto il ricovero in ospedale allo scopo di essere curato in modo tempestivo ed adeguato;
   di tale stato di cose il consolato era stato tempestivamente informato da un fiduciario dello stesso Basile tant’è che aveva richiesto alle autorità carcerarie la visita e il ricovero del connazionale, avvenuti però con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto comunicato prima dai responsabili del carcere e poi dai rappresentanti consolari italiani;
   la direzione del carcere, in sostanza, si sarebbe limitata a far visitare il nostro connazionale presso il «topico», vale a dire il centro sanitario interno allo stesso istituto, che avrebbe dimesso il paziente dopo la somministrazione di una semplice iniezione;
   il nostro connazionale era in attesa di un tardivo provvedimento di espulsione, in seguito al quale sarebbe stato accompagnato in aeroporto per un imbarco verso l'Italia, il cui biglietto sarebbe stato pagato da un funzionario di un patronato italiano operante a Lima, al quale lo stesso Basile aveva dato incarico di riscuotere la sua pensione italiana con l'impegno a sopperire alle più impellenti necessità e a custodire le somme residue in vista di una restituzione da effettuare a liberazione avvenuta;
   nonostante le reiterate assicurazioni da parte del patronato affidatario a provvedere agli adempimenti necessari all'espatrio e gli interventi del locale consolato, le autorità locali non avrebbero proceduto tempestivamente al provvedimento di espulsione né a curare adeguatamente il Basile, nonostante le sue dichiarazioni di malessere e le sue insistenti richieste di aiuto –:
   se non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, un'attenta ricostruzione dei fatti e una rigorosa verifica delle responsabilità che sono alla base di questo evento, avanzando nel contempo alle autorità peruviane competenti, tramite la rappresentanza diplomatica e consolare italiana, una richiesta di più approfondito accertamento delle ragioni che hanno determinato il ritardo negli adempimenti di espulsione del Basile e delle cause che hanno determinato la morte del nostro connazionale, al fine di pervenire ad un quadro più chiaro di quanto accaduto e di dare alla famiglia almeno il conforto della verità per un accadimento che probabilmente si sarebbe potuto evitare con una maggiore accortezza e tempestività da parte di chi aveva la responsabilità di intervenire. (4-16895)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   le alluvioni a Genova e in Liguria hanno provocato dal 1970 ottantadue vittime e danni ingentissimi; il 25 ottobre 2011 tredici decessi furono causati dall'alluvione nelle Cinque Terre e in Val di Vara; il 4 novembre 2011 esondarono il Bisagno, il Rio Fereggiano ed il Rio Mermi a Genova, causando la morte di 6 persone;
   secondo lo studio di Silvestro e altri (pubblicato su Natural Hazard 2016) la stima dei danni indica un numero probatorio che può arrivare fino a 18.000 persone ferite, 700 vittime, 230 milioni di euro di danni materiali, generati nel corso di un evento estremo simile alle precipitazioni dell'ottobre 2011 nelle Cinque Terre, se riversato su Genova e il Bisagno;
   alcune opere realizzate nell'ultimo quinquennio o in corso di realizzazione secondo gli interroganti sono discutibili dal punto di vista della sicurezza idraulica e del rispetto dei problemi idrogeologici che affliggono la Val Bisagno;
   sulla foce del citato Rio Mermi è stato recentemente realizzato l'imponente edificio del Bricoman all'interno della piana alluvionale dello stesso Rio costringendone il corso in una sorta di «toboga»;
   alla confluenza tra il Bisagno e il torrente Geirat (Molassana) (esondazioni 2011-2014) è stato costruito un parcheggio interrato per più livelli, ad avviso degli interpellanti, senza alcuna considerazione della realtà idrica dell'area che è allagabile;
   sempre lungo il tratto terminale del torrente Geirato nelle ex aree della Boero è in costruzione un centro residenziale e commerciale che vede la realizzazione di alcuni piani, secondo quanto risulta agli interroganti, al di sotto della quota di scorrimento del torrente medesimo, in area allagabile; 
   l'opera di rifacimento della copertura del Bisagno secondo il citato studio di Silvestro non è propedeutica a sopportare una piena quale quelle verificatesi nelle ultime alluvioni, (in concomitanza di un evento come quello delle Cinque Terre), ma la portata in transito di incidenza su Genova sarebbe circa il doppio di quella smaltibile a fine lavori;
   le opere di manutenzione nel territorio comunale di Genova appaiono carenti, con un pilone scalzato dell'autostrada nel corso del Bisagno in piena città; in Lungobisagno Dalmazia gli argini appaiono a rischio; il Ponte Feritore, in Valbisagno, appare avere i piloni praticamente sul vuoto e si notano briglie torrentizie sospese sul vuoto (in zona Staglieno);
   i lavori di messa in sicurezza del Fereggiano prevedono la realizzazione di uno scolmatore: il primo progetto presentato dall'assessore ai lavori pubblici, Crivello, era stato «bocciato» dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nel 2014;
   in particolare la portata di dimensionamento dell'opera era stata «definita in maniera convenzionale senza sviluppare un apposito studio idrologico riferito ai bacini idrografici di interesse»; inoltre non teneva adeguatamente conto dei processi di cambiamento climatico in atto da diversi anni sul territorio ligure tanto che «le stime del tempo di ritorno della portata di progetto definiscono in modo non sufficientemente preciso il rischio residuo di inondazione e, per incapacità dell'opera di scolmo, la portata in arrivo da monte»;
   da notizie di stampa di inizio 2017 sono stati intrapresi i lavori per la realizzazione, dello scolmatore secondo un nuovo progetto, con una serie di attività di scavo mediante piccole cariche di esplosivo nel tunnel in corrispondenza dell'attuale fronte, sotto le aree del padiglione specialità pronto soccorso e monoblocco dell'ospedale San Martino;
   i lavori hanno di sicuro procurato notevoli allarmi per le vibrazioni e il rumore. Questi sono stati finanziati dal comune di Genova con il contributo del «piano nazionale per le città» pari a 25 milioni di euro;
   il recente decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il programma «Italia sicura», ha poi permesso uno stanziamento di 5 milioni di euro (in sostituzione al contributo regionale previsto in precedenza) tale da raggiungere l'importo di 45 milioni di euro necessari alla realizzazione dell'opera; il termine dei lavori è previsto ad agosto 2018;
   i lavori di realizzazione della galleria sono attualmente completati al 25 per cento mentre le opere di sostegno dello sbocco al mare sono al 45 per cento. I lavori delle opere di presa avranno inizio dalla fine del mese di giugno 2017;
   lo scolmatore del Fereggiano permette di convogliare a mare le acque di piena derivate dalle opere di presa collocate sui rii Fereggiano, Rovare e Noce; prende avvio dall'opera di presa sul rio Fereggiano e, dopo un'ampia curva di raggio 140 e 250 metri, si sviluppa in direzione nord-sud verso lo sbocco a mare collocato nei pressi del stabilimento balneare Benvenuto, collegandosi alla porzione già realizzata del deviatore Fereggiano realizzato negli anni ’90. La costruzione dello scolmatore Fereggiano è costituita in una prima fase dall'adeguamento del tratto di galleria esistente, realizzata negli anni ’90 per 909 metri; e nel suo successivo allungamento sino all'opera di presa per un totale di 3.717 metri. Il già citato studio di Silvestro pone seri dubbi sull'utilità di quest'opera –:
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a eseguire verifiche sulla sicurezza idrogeologica a Genova in relazione alla manutenzione delle infrastrutture esistenti, ai manufatti realizzati e in corso di realizzazione in aree esondabili, alla sicurezza alluvionale post-operam dello scolmatore del Ferreggiano/Bisagno e alla eventuale necessità di opere alternative e di decostruzione;
   se non intendano verificare l'appropriatezza della destinazione dei fondi statali finora assegnati e spesi.
(2-01828) «Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Vignaroli, Battelli, Mantero, Simone Valente».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 22 giugno 2016 è avvenuto uno sversamento di gasolio – per l'ammontare di circa 30 mila litri – nella zona del Trinese e del Basso Monferrato, sulla strada statale 455 per Pontestura, all'altezza del cavalcavia che costeggia l'abitato di Trino, tale da provocare l'invasione della carreggiata e dei campi circostanti (tra cui le risaie) e il danno ambientale da penetrazione del liquido nel suolo;
   appare dolosa la natura di tale evento, il quale, secondo fonti stampa, non rappresenterebbe un episodio isolato ma piuttosto l'ennesimo caso di furto di carburante nel territorio piemontese e lombardo;
   pochi giorni fa (27 maggio 2017), sono stati annunciati in conferenza stampa dai carabinieri di Pavia 16 ordini di custodia cautelare nell'ambito dell'operazione «Enigma»: una banda altamente specializzata, composta da italiani e lettoni, ha messo a segno numerosi furti ai danni di Eni, Sarpom e Sigemi nelle province di Pavia, Piacenza, Lodi, Milano, Novara e Alessandria. Alla banda appartenevano ex-militari del Patto di Varsavia ed ex-dipendenti di società petrolifere dell'Europa dell'est, mentre gli italiani si occupavano principalmente delle attività di intermediazione e logistica;
   il fenomeno di furto e traffico illecito di carburante espone a rischio i 2.690 chilometri di oleodotti, soprattutto in Lazio, Toscana, Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto, di cui 857 portano greggio; 1.833 chilometri sono pieni di carburanti, come benzina, gasolio o cherosene per aerei;
   rimane ancora senza responsabili e movente accertati l'episodio avvenuto a Trino ai danni del territorio e dell'oleodotto Sannazzaro – Volpiano –:
   se il Governo non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, un monitoraggio dell'area vercellese colpita, con l'acquisizione di tutti i dati disponibili al fine di valutare il danno ambientale sul territorio;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di potenziare la vigilanza degli impianti, in modo da sottrarli al fenomeno in espansione del furto e del traffico illecito di carburanti;
   se il Governo non intenda assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire una messa in sicurezza degli impianti tale da favorire la tutela ambientale, compromessa dai frequenti sversamenti di carburante. (5-11538)

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 febbraio 2015 TGS-NOPEC Geophysical Company ASA (TGS.OL), società norvegese specializzata in acquisizioni di dati geofisici multi-client, ha presentato istanza ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) del progetto di prospezione geofisica al largo della costa nord-occidentale della Sardegna – zona marina E, denominato «d 2 E. P-. TG». Tale progetto prevede l'acquisizione di circa 7.818 chilometri di linee sismiche 2D e la successiva acquisizione di dati attraverso indagini geofisiche 3D su un'area di circa 6000 chilometri quadrati nel mar di Sardegna – zona E;
   l'ampia area di mare interessata è poco distante dal santuario Pelagos per la protezione dei mammiferi marini nel Mediterraneo, iscritto nel 2001 nell'elenco dell'Aspim (aree specialmente protette di importanza mediterranea) del Protocollo relativo alle aree specialmente protette e alla diversità biologica della convenzione di Barcellona;
   secondo importanti studi gli effetti della tecnica dell’airgun, che la società avrebbe intenzione di utilizzare per la realizzazione del progetto presentato, sarebbero devastanti per le specie di cetacei e tartarughe presenti nell'area marina sia sul piano uditivo sia per l'orientamento. Gli spari, infatti, hanno una cadenza ravvicinata e una intensità sonora compresa tra 240 e 260 decibel, superata in natura soltanto da terremoti ed esplosioni di vulcani sottomarini. Ci sarebbero inoltre anche danni ingenti per il settore della pesca che è di grande rilevanza per l'economia della Sardegna;
   il gruppo istruttore della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via e Vas, incaricato dell'istruttoria tecnica, con nota prot. CTVA-2015-0002687 del 4 agosto 2015, acquisita con prot. DVA-2015-0020599 del 5 agosto 2015, ha comunicato la necessità di acquisire chiarimenti e approfondimenti relativi alla documentazione prodotta fino ad allora dalla società norvegese;
   con nota del 29 ottobre 2015 (prot. DVA-2015-0027108) è stata concessa una proroga di 60 giorni per la consegna delle integrazioni e, successivamente, con nota del 14 marzo 2016 (prot. DVA-2016-0006961) è stata concessa una proroga di 8 mesi per la consegna delle integrazioni a partire dal 24 novembre 2015;
   in data 22 luglio 2016 la società norvegese ha presentato la richiesta documentazione integrativa;
   la regione autonoma della Sardegna, in seguito alle integrazioni fornite dalla società, ha ribadito nei confronti del progetto presentato il parere negativo già espresso, ritenendo l'intervento proposto fortemente critico, con effetti difficilmente prevedibili. Forti critiche nei confronti del progetto sono state espresse anche da molti comuni della Sardegna, da associazioni e da comitati attivi nel territorio per la difesa dell'ambiente e da numerosi cittadini;
   con decreto n. 240 del 12 novembre 2015 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale relativo a un progetto analogo, presentato dalla società Schlumberger italiana spa nel 2014;
   all'inizio del 2017 la direzione generale valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe inviato alla società norvegese il preavviso di rigetto dell'istanza di pronuncia di compatibilità ambientale –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire informazioni sulle tempistiche previste per la conclusione del procedimento di cui in premessa;
   quali siano gli orientamenti in riferimento al giudizio di compatibilità sul progetto della società norvegese di cui in premessa, considerando che i pareri già espressi sono fortemente negativi.
(4-16877)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHIRÒ. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con il piano strategico del turismo 2017-2022, avviato per la prima volta in Italia dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la programmazione in materia di economia del turismo è tornata al centro delle politiche nazionali, con l'obiettivo di agire su leve fondamentali come l'innovazione tecnologica e organizzativa, la valorizzazione delle competenze e la qualità dei servizi, attraverso l'integrazione e la sinergia del settore, che ha al suo centro le regioni e le imprese;
   è dei giorni scorsi la notizia del ritiro anticipato dei dipinti di Antonello da Messina esposti a Taormina a palazzo Corvaja, in occasione del meeting internazionale del G7 dello scorso 26 e 27 maggio 2017;
   considerata l'importanza dell'evento e delle opere esposte – quattro capolavori assoluti, tre Antonello da Messina ed un Caravaggio – e grazie al volano dell'eco mondiale del G7, risultano già prenotate diverse visite;
   la chiusura anticipata della mostra sembrerebbe essere stata determinata da problemi burocratici tra la regione siciliana e il comune di Taormina: allestita la mostra, la regione per parecchi giorni avrebbe richiesto al comune di Taormina un documento, la delibera in cui veniva indicato il periodo dell'esposizione dal settembre 2016 fino al 30 giugno 2017, e in assenza di risposta ha deciso di ritirare le opere in anticipo;
   la Beni culturali srl – la società ideatrice dell'evento – risulta essersi rivolta alla magistratura per comprendere le reali motivazioni che hanno causato la chiusura anticipata della mostra;
   si concorda nel merito della questione con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che ha tempestivamente dichiarato la mancanza della propria competenza e l'impossibilità di intervento da parte del Ministero;
   infatti, la proprietà delle opere e la responsabilità dell'intero processo di autorizzazione alla loro esposizione nell'ambito della mostra organizzata è della regione siciliana; l'articolo 116 della Costituzione italiana riconosce infatti alla regione siciliana la piena autonomia e competenza in materia di beni culturali;
   la chiusura anticipata della mostra, oltre a determinare un danno a tutti i visitatori già prenotati, avrà una risonanza negativa sull'immagine del Paese e sugli impegni assunti dal Governo ad avviare e sostenere il settore turistico –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda avviare al fine di favorire una positiva soluzione della vicenda in ragione dell'interesse culturale mostrato dai tanti turisti che hanno già acquistato il biglietto di ingresso per ammirare i capolavori di Antonello da Messina alla mostra multimediale Unescosites a palazzo Corvaja, e confermare gli impegni assunti a sostenere e promuovere il patrimonio storico, artistico, archeologico e paesaggistico del Paese. (5-11536)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO, RIZZO e GRILLO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge da fonti di stampa, in Italia nel 1994 erano presenti proiettili all'uranio impoverito in uso alle forze armate italiane, non solo negli scenari bellici, ma anche sul territorio nazionale;
   simili inquietanti rivelazioni di stampa si baserebbero sulle dichiarazioni di un ex maresciallo della Guardia di finanza ora in congedo, Giuseppe Carofiglio, il quale asserisce di aver rinvenuto questo tipo di munizionamento in un deposito della Marina militare di Montagna Spaccata (Napoli), senza che risultasse in carico nei registri della base, e dopo che per un periodo era stato custodito nell'armeria della caserma Zanzur di Napoli;
   si tratterebbe di rivelazioni clamorose, soprattutto alla luce del fatto che le risultanze delle commissioni parlamentari d'inchiesta istituite nel 2006 e nel 2010 non riuscirono mai ad accertare che in territorio italiano sia stato effettivamente utilizzato munizionamento contenente uranio impoverito;
   l'articolo di stampa getta invece qualche dubbio su quanto sin qui istituzionalmente noto anche perché l'uranio depleto non è un metallo acquistabile su libero mercato e senza autorizzazioni e vigilanza governativa, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, ovvero la legge n. 185 del 1990;
   dai documenti prodotti da Carofiglio (una relazione prodotta dall'ANPA, agenzia nazionale protezione ambiente dell'epoca) e riportati nell'intervista rilasciata alla stampa, si deduce che sulle casse che contenevano le munizioni vi era scritto «isotopo 238» (l'uranio impoverito per l'appunto) e che i proiettili ritrovati erano stati prodotti dall'azienda italiana Breda Meccanica Bresciana di Peschiera del Garda (Brescia) poi acquistata da Finmeccanica oggi Leonardo, il cui maggior azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze italiano;
   Carofiglio avrebbe dichiarato non solo che quei proiettili erano in dotazione a due pattugliatori del gruppo navale di Napoli per essere utilizzati nel mar Tirreno, ma anche che, per eliminare queste munizioni contaminate, fu svolta una esercitazione straordinaria che egli sospetta essersi svolta tra Ponza e Ventotene dove generalmente si recavano a sparare le unità navali;
   si tratta di dichiarazioni sulle quali bisognerebbe fare piena luce e che gettano un'ombra inquietante, dal momento che tutti i Ministri della difesa hanno sempre in tutte le sedi escluso l'impiego e lo stoccaggio in Italia di proiettili all'uranio impoverito da parte delle forze armate italiane –:
   se le notizie riportate dalla stampa e citate in premessa trovino conferma;
   se si intenda promuovere, per quanto di competenza, l'avvio di un'indagine ministeriale atta a tutelare le istituzioni e se non si reputi opportuno assumere iniziative per interdire l'accesso al deposito della Marina militare di Montagna Spaccata e a tutti gli altri depositi ove risulti siano state conservate munizioni contaminate dall'uranio impoverito, sino alla chiara definizione delle circostanze riportate dall'ex maresciallo Giuseppe Carofiglio;
   se si sia provveduto a tracciare l'eventuale acquisto e trasformazione dell'uranio impoverito da parte della Breda, oggi Leonardo spa, e se esso sia avvenuto rispettando le disposizioni previste dalla legge n. 185 del 1990. (4-16890)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge di bilancio 2017, all'articolo 1, comma 429, ha stabilito che a partire dall'anno 2017 sia riassegnato il 30 per cento dei versamenti effettuati per la domanda di riconoscimento di cittadinanza italiana (pari a 300 euro) allo stato di previsione della spesa dell'esercizio in corso del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Tali risorse devono essere trasferite agli uffici dei consolati di ciascuna circoscrizione consolare che hanno operato la percezione del predetto contributo, in proporzione delle percezioni realizzate. Tali somme sono destinate al rafforzamento dei servizi consolari per i cittadini italiani residenti o presenti all'estero, con priorità per la contrattualizzazione di personale locale da adibire, sotto le direttive e il controllo dei funzionari consolari, allo smaltimento dell'arretrato riguardante le pratiche di cittadinanza presentate presso i medesimi uffici consolari;
   tale misura si è resa necessaria per fronteggiare le gravi difficoltà di accesso ai servizi consolari che incontrano i nostri connazionali e chiunque voglia usufruire di tali servizi, soprattutto nei Paesi del Sud America dove i tempi di attesa degli appuntamenti e del trattamento delle pratiche si sono allungati al punto da vanificare in molti casi il diritto ad ottenere in tempi ragionevoli una risposta da parte della pubblica amministrazione;
   nel corso del 2016, a testimonianza della situazione di disagio degli utenti, è stata presentata ad esponenti di Governo una petizione sottoscritta da diverse migliaia di concittadini nella quale si chiedeva di operare un intervento specifico e mirato al fine di frenare la spirale delle ormai insostenibili attese e di superare la situazione di emergenza che si è determinata. Altre iniziative di sollecitazione e protesta si sono succedute nei mesi successivi;
   il meccanismo di riassegnazione prima al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e poi ai consolati delle percezioni del tributo collegato alle domande di riconoscimento di cittadinanza è complesso e tale da proiettare nel tempo i suoi effetti, in quanto la rendicontazione delle percezioni da parte dei consolati avviene, per ogni cadenza trimestrale, a distanza di due mesi dalla scadenza del trimestre, dopodiché è necessario attendere i tempi di assegnazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale –:
   quali iniziative il Ministro interpellato ritenga di adottare al fine di accelerare i tempi di assegnazione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale delle risorse previste dalla legge di bilancio 2017 e in quali tempi lo stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ne potrà disporre in modo che gli stessi consolati possano effettivamente utilizzare tali risorse al fine di fronteggiare una situazione di emergenza non più sostenibile.
(2-01829) «Porta, Albanella, Malisani, Preziosi, La Marca, Capozzolo, Casellato, Fedi, Garavini, Misiani, Petrini, Rampi, Baruffi, Scuvera, Moscatt, Malpezzi, Magorno, Manzi, Lodolini, Patriarca, Peluffo, Berretta, Aiello, Boccadutri, Sberna, Paris, Vezzali, Salvatore Piccolo, Ribaudo, Giuditta Pini, Minnucci, Cassano, Fitzgerald Nissoli, Piepoli, Schirò, Pinna, Tacconi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRATTI, ROMANINI, ARLOTTI, GHIZZONI, PAOLA BOLDRINI, IORI, MONTRONI e LATTUCA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi due anni e mezzo il Governo ha dovuto far fronte a gravi crisi bancarie, a partire, alla fine del 2015, dalla messa in risoluzione di Carichieti, Carife, Banca Etruria e Banca Marche: nelle scorse settimane, a seguito di un processo laborioso e complesso, si è chiusa la procedura di cessione di tre delle quattro banche e per la quarta il processo è in via di conclusione;
   prosegue inoltre il delicato confronto tra le autorità italiane ed europee per la ricapitalizzazione pubblica precauzionale, strumento previsto dalla direttiva sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi bancarie, della Banca Monte dei Paschi di Siena, della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca;
   come anche sottolineato dal Governatore della Banca d'Italia Visco nelle considerazioni finali della relazione annuale per il 2016, i processi di gestione delle richiamate crisi bancarie sono stati caratterizzati da un certo grado di lentezza, anche a causa della la frammentazione dei poteri tra un numero elevato di autorità che ha finito col rendere difficile l'individuazione delle misure da prendere e rallentato azioni che, per essere efficaci, richiederebbero invece estrema rapidità;
   prima dell'Unione bancaria europea, la Banca d'Italia poteva infatti decidere in autonomia come agire in questi casi, senza limiti per l'utilizzo dei fondi pubblici — così determinando il rischio di far ricadere in modo eccessivo e incontrollato i costi delle crisi sui cittadini tutti — ma anche attraverso il coinvolgimento del fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), alimentato dai contributi obbligatori degli istituti nazionali, per procedere con le necessarie ricapitalizzazioni;
   nei mesi precedenti l'adozione del decreto di recepimento della direttiva europea sul risanamento e sulla risoluzione delle banche, entrato in vigore il 16 novembre 2015, le autorità italiane hanno preso in esame soluzioni della crisi delle «quattro banche» basate proprio sull'intervento del Fitd, che non sono state ritenute compatibili con la disciplina sugli aiuti di Stato dalla Commissione europea;
   anche se il Fitd utilizza solamente risorse fornite dal sistema bancario, secondo la Commissione europea esso adempie a una funzione pubblica e pertanto il suo intervento costituisce un aiuto di Stato; se l'intervento del Fitd non fosse stato configurato come aiuto di Stato, l'operazione di salvataggio delle «quattro banche» da parte del Fitd non avrebbe comportato il sacrificio dei diritti dei creditori subordinati e sarebbe avvenuta valutando le sofferenze delle banche a valori di bilancio;
   secondo le autorità italiane, invece, l'intervento del Fitd non può essere assimilato a un aiuto di Stato vietato dai Trattati europei: in primo luogo, le risorse del Fitd provengono dal sistema bancario, quindi hanno natura privata; inoltre il fondo ha autonomia decisionale e la possibilità di effettuare interventi alternativi al rimborso dei depositanti è esplicitamente contemplata dalla direttiva europea sugli schemi di garanzia dei depositi (direttiva 2014/49/UE) –:
   quale sia lo stato delle trattative a livello europeo in materia di aiuti di Stato relativamente all'intervento del fondo interbancario di tutela dei depositi per la gestione delle crisi bancarie e se possano, in tal senso, aprirsi spazi per ampliare la tutela dei diritti degli obbligazionisti subordinati e degli azionisti colpiti dalla messa in risoluzione delle «quattro banche». (5-11539)


   CARLONI, D'INCECCO, IMPEGNO, MANFREDI e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Azienda napoletana mobilità (Anm s.p.a.), partecipata totalmente e indirettamente, per il tramite di Napoli Holding, dal comune di Napoli, è affidataria in « house providing» dei servizi di trasporto pubblico su gomma e ferro e servizi complementari alla mobilità su tutto il territorio cittadino di Napoli;
   ogni anno, l'Anm s.p.a. eroga servizi per circa 13 milioni di bus/chilometro sul servizio urbano, 5,5 milioni di bus/chilometro sul servizio extraurbano, e 5,5 milioni di treni/chilometro di servizio su ferro, composto da due linee metropolitane e quattro funicolari. Tale servizio è erogato attraverso l'impiego di una forza lavoro attiva di 2.642 unità, di cui oltre 800 in età superiore ai 55 anni (situazione al febbraio 2016);
   l'azienda detiene un parco mezzi pari a 661 fra autobus, filobus e tram, di cui circa 380 attivi (dati 2015), con un'età media di 15 anni. Per le linee su ferro, l'azienda dispone di 44 motrici per l'esercizio della linea metropolitana 1, di cui 24 disponibili, e 6 treni per la linea metropolitana 6, attualmente chiusa al traffico, oltre ad 8 treni funicolari;
   secondo il comune di Napoli (delibera di giunta comunale n. 132 del 15 marzo 2017) l'ANM s.p.a. presenta una significativa perdita d'esercizio, stimata, secondo il preconsuntivo del 2016, in oltre 27 milioni di euro, con un patrimonio netto residuo pari a circa 8,3 milioni di euro. Tale situazione, secondo il comune di Napoli, delinea la non reversibilità con azioni ordinarie del quadro di deficitarietà dell'azienda;
   a fronte di tale difficile situazione, il comune di Napoli ha varato un nuovo piano industriale per l'azienda, prevedendo diverse misure quali: l'aumento dei titoli di viaggio aziendali del 30 per cento in tre anni (2017-2019); l'aumento delle tariffe di sosta, sia nei parcheggi dell'azienda che in strada; aumento di capitale di 65 milioni di euro tramite il conferimento di beni immobili;
   l'Anm s.p.a. rileva, tramite nota interna n. 996 del 27 aprile 2017, che i valori di spesa corrente previsti nel suddetto piano per il 2017 dal comune di Napoli siano pari a soli 257.694,98 euro, al contrario di quanto previsto per il 2018 (55,7 milioni) ed il 2019 (54 milioni). Inoltre, sempre secondo l'azienda, il comune non ha manifestato alcuna reale intenzione di sanare la precedente esposizione debitoria nei confronti dell'ANM s.p.a., stimata in circa 100 milioni di euro;
   l'esigua cifra per il 2017 è ipotizzabile possa essere integrata dalla messa a reddito, da parte dell'azienda, dei beni immobili conferiti dal comune di Napoli. Tuttavia, si rileva che tale conferimento è lungi dall'essere avvenuto, e che l'eventuale messa a reddito non può essere basata su previsioni certe, in quanto dipendente da un fattore esterno come l'andamento del mercato immobiliare. Attualmente, dunque, i beni immobili conferiti ad Anm rappresenterebbero di fatto solo spese (manutenzione ordinaria e straordinaria, atti di perizia necessari alla vendita, guardiania, e altro), spese attualmente a carico del comune;
   secondo organi di stampa, la qualità del servizio offerto ai cittadini è largamente deficitario. Ciò trova riscontro anche nel report gestionale dell'azienda di aprile 2017, che segna una differenza fra le corse su gomma effettuate rispetto alle corse programmate pari a circa il 25 per cento –:
   se il Governo sia al corrente di quanto descritto in premessa e se non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per promuovere verifiche da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione agli effetti sulla situazione finanziaria e contabile del comune di Napoli derivanti dalle evidenti criticità che caratterizzano la gestione dell'Azienda napoletana mobilità;
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata a sostenere il comparto del trasporto pubblico locale, con particolare attenzione alla realtà di Napoli, eventualmente incrementando i trasferimenti di risorse statali, in modo da salvaguardare il diritto dei cittadini ad una mobilità sicura e decorosa. (5-11540)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il commissario europeo alla concorrenza e la direzione generale per la concorrenza (Dg Comp) della Commissione europea hanno dichiarato che per dare il «via libera» alla ricapitalizzazione precauzionale da 6,4 miliardi di euro di Popolare Vicenza e Veneto Banca, deve essere versato un ulteriore miliardo di euro da parte di privati;
   Atlante ha comunicato ai vertici delle banche che «non si riscontrano le condizioni per qualsiasi ulteriore investimento nelle vostre banche da parte dei fondi da noi gestiti». Con queste parole riportate da Milano Finanza, il Fondo chiude la porta a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca;
   tale ricapitalizzazione preventiva da parte di privati è necessaria per il «via libera» al salvataggio delle citate banche. Inoltre, trattandosi di ricapitalizzazione preventiva non è chiaro come verrebbe considerata la quota di partecipazione;
   il presidente di Banca popolare di Vicenza, riferendosi all'interesse e al coinvolgimento del Ministro Padoan sulla questione, ha dichiarato: «Noi siamo totalmente allineati con Padoan (...) ci ha chiesto fiducia e non vi sono ragioni per dubitarne. Abbiamo avuto un lungo incontro con il ministro del Tesoro le sue posizioni (...) sono nette... sta seguendo con grande attenzione la vicenda e ci rimettiamo a lui. Ho letto la posizione di chiusura degli azionisti a una ricapitalizzazione del fondo Atlante. Ma a questo punto la questione è in mano alla politica, alla quale ci rimettiamo»;
   le fondazioni associate in Acri non intendono «mettere più un euro» come ha dichiarato il presidente di Cariplo e dell'Acri;
   escludendo il « bail-in», il Ministro Padoan non ha chiarito quale strada sarà praticata per impedire il fallimento delle banche venete e gli stessi correntisti hanno auspicato l'intervento privato di altre banche;
   risulta impossibile quantificare l'impatto che produrrebbe un eventuale fallimento delle due banche sia nel sistema economico in cui operano maggiormente (effetto locale), sia nel cosiddetto «sistema Paese» (effetto sistemico);
   i capitali privati potrebbero essere versati in un arco temporale congruo da permettere alle banche di attrarre investitori (tale ipotesi è in linea con il parere della Dg Comp della Commissione europea che ha chiesto alle due banche di muoversi in uno scenario concorrenziale). Il miliardo di euro privato potrebbe infatti servire per compensare i minori ricavi attesi dal piano e garantire così la competitività prospettica. In aggiunta, le nuove risorse potrebbero in parte tamponare le ulteriori svalutazioni sui « non performing loans», che potrebbero essere ceduti al 20 per cento anziché al 25 per cento come inizialmente ipotizzato –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro e se stia operando, per quanto di competenza, per evitare il bail in o altre forme di rientro di capitale dai correntisti e debitori;
   se ritenga di adottare, per quanto di competenza, per le banche venete, iniziative di salvaguardia analoghe a quelle adottate nei confronti di altri istituti bancari italiani;
   quali prospettive vi siano di una partecipazione delle banche estere operanti nel nostro Paese, con partecipazioni o meno in istituti di credito italiani, al fondo di ricapitalizzazione privato;
   se si intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire la partecipazione al costituendo fondo di ricapitalizzazione privato anche da parte degli azionisti della banca d'Italia acquirenti delle quote cedute dalle banche precedenti proprietarie a seguito della legge del 2014 e che ammontano a circa 300 milioni per l'anno 2016 (distribuiti nell'aprile del 2017), in modo da far compartecipare al pagamento tutti gli attori coinvolti;
   se sia stata valutata l'ipotesi di assumere iniziative volte a favorire la partecipazione a tale fondo anche di altri operatori del settore finanziario a qualunque titolo coinvolti nel processo di raccolta del risparmio privato;
   in quali tempi il Ministro stimi di poter fornire, per quanto di competenza, chiarimenti sul destino delle due banche al fine di tranquillizzare mercato, cittadini e lavoratori in tempi compatibili con la durata della legislatura, in modo da non esporre a ulteriori incertezze il sistema del credito italiano. (4-16889)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i giornali locali hanno riportato alcune problematiche relative alla casa circondariale di Rovigo che, data la realizzazione recentissima della struttura, lasciano adito a preoccupazione sulle modalità con le quali essa sia stata portata a termine;
   questo carcere infatti, costato 50 milioni di euro e terminato nel febbraio 2016, avrebbe dovuto essere un modello e invece cadrebbe già a pezzi;
   la casa circondariale di Rovigo, secondo il sindacato Uil, che segue la polizia penitenziaria, sarebbe interessata da crolli e infiltrazioni che ne hanno danneggiato gravemente la struttura;
   il 15 maggio 2017 i vertici regionali della Uil polizia penitenziaria hanno effettuato una visita nella casa circondariale, particolarmente significativa, visto che avrebbero assistito in diretta all'intervento dei vigili del fuoco per la messa in sicurezza di una parete dalla quale si erano staccate, da un'altezza rilevante, una fila di circa otto metri di piastrelle di rivestimento;
   esponenti del sindacato denunciano anche altri problemi: «i cancelli non funzionano, uno è letteralmente caduto, i dispositivi di sicurezza ci lasciano davvero perplessi, ci sono infiltrazioni d'acqua e stiamo parlando solo dei problemi strutturali»;
   il prefetto di Rovigo Enrico Caterino il 29 maggio 2017 ha visitato il carcere e fatto il punto della situazione, che appare, secondo la stampa e gli esponenti dei lavoratori, molto problematica;
   tutto questo rappresenta un grave problema, anche alla luce dell'annunciato aumento del numero dei detenuti, pari a circa 50 unità;
   d'altra parte, dal sito del Ministero della giustizia vengono dichiarati 2013 posti regolamentari e solo 113 detenuti presenti a fine 2016 e, nella situazione di cronica carenza di strutture carcerarie di cui soffre storicamente il Paese, non poter disporre interamente e in piena sicurezza di un carcere nuovo, realizzato con un ingente esborso di denaro pubblico, rappresenta un fatto grave che richiede un immediato intervento da parte del Ministero interrogato per indagare eventuali responsabilità e individuare soluzioni –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se risultino confermate le problematiche agli stabili afferenti alla casa circondariale di Rovigo denunciati dai sindacati, a chi siano imputabili le responsabilità delle stesse e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di porre celermente rimedio alle criticità evidenziate per usufruire pienamente e in piena sicurezza della struttura per le finalità cui è destinata. (4-16879)


   CAPEZZONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso la casa circondariale di Biella sussiste uno stato di agitazione del personale penitenziario dovuto ad una cattiva gestione dello stesso nelle sezioni detentive;
   nello specifico, il personale della polizia penitenziaria è costretto a garantire servizi di fondamentale importanza, per i quali sarebbero previste un minimo di 7/8 unità, con una unica unità operativa, visto che nella maggior parte dei casi lo stesso risulta impiegato in servizi di minore rilevanza lasciando, contemporaneamente, scoperti servizi di maggior rilevanza;
   tale cattiva gestione coinvolge anche i turni di servizio, che spesso verrebbero modificati senza il minimo preavviso al personale stesso, in violazione dell'accordo quadro nazionale;
   le criticità riguarderebbero anche l'affidamento di fondamentali mansioni a personale di grado inferiore rispetto a quello previsto dalla legge 395 del 1990, oltre a numerose segnalazioni di disservizi avanzate dal personale di polizia penitenziaria, a quanto risulterebbe, mai prese in considerazione dai vertici dell'istituto biellese;
   a ciò si aggiunga che numerose note sindacali dell'organizzazione Alsippe, relative ad aspetti di fondamentale importanza in merito alla sicurezza del personale di vigilanza, non sarebbero mai state prese in considerazione e, di conseguenza, non avrebbero mai ottenuto alcuna risposta da parte della direzione dell'istituto biellese –:
   se il Ministro sia a conoscenza del contesto di difficoltà del personale di polizia penitenziaria presso la casa circondariale biellese e, se del caso, quali iniziative intenda intraprendere al fine di porre rimedio a tale situazione che, evidentemente, incide negativamente sulla sicurezza e sulla incolumità dello stesso personale di vigilanza. (4-16893)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 30 ottobre 2015 da Tronzano Vercellese (VC) l'aeromobile convertiplano sperimentale AugustaWestland AW609 marche N609AG decollava da Cascina Costa (VA), luogo di produzione e sede dell'azienda costruttrice, per un volo di prova programmato e pianificato, che prevedeva il trasferimento in uno spazio aereo riservato nei pressi della città di Santhià (VC). Durante l'esecuzione di una discesa ad alta velocità (la terza dall'inizio del volo prova denominato T664), l'aeromobile entrava inizialmente in condizioni di volo incontrollato dovuto a una serie di oscillazioni latero-direzionali, che ne causava la distruzione in volo seguita da incendio, con successivo impatto al suolo. I due piloti sperimentatori presenti a bordo Pietro Venanzi e Herb Moran) perdevano la vita nell'incidente. In particolare, negli ultimi minuti fatali l'intervento dei piloti è stato determinante per evitare una strage nel centro abitato sfiorato dal mezzo che stava precipitando in fiamme;
   il 2 novembre 2005 il primo firmatario del presente atto ha inviato una segnalazione alla procura di Vercelli circa la sospensione di eventuali altri voli di collaudo o similari in attesa dei risultati dell'inchiesta giudiziaria aperta presso la stessa procura;
   a maggio 2016 la procura di Vercelli ha sequestrato il progetto dell'AW609 in quanto le indagini in corso pare abbiano individuato carenze strutturali come causa dell'esplosione mortale;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha pubblicato la relazione d'inchiesta sull'incidente «occorso all'aeromobile AgustaWestland AW609 marche N609AG, in località Tronzano Vercellese (VC), il 30 ottobre 2015»;
   la causa dell'incidente appare sostanzialmente riconducibile alla combinazione di tre fattori che hanno portato al superamento dei limiti strutturali dell'aeromobile, ovvero: allo sviluppo di oscillazioni latero-direzionali, alle leggi di controllo del FCS (Flight Control System), che non hanno consentito le condizioni di volo controllato, e al simulatore di progetto (SIMRX), che non era in grado di prevedere in alcun modo l'evento;
   le grandi aziende aeronautiche, in particolare i colossi Airbus e Boeing, come le nostrane Aermacchi e Alenia conoscono perfettamente le criticità progettuali dei limiti strutturali, avendone un'indicazione realistica attraverso la galleria del vento e delle prove a fatica e la ridondanza degli impianti dei comandi di volo, volti a contrastare in automatico, fenomeni come il dutch roll;
   le attuali conoscenze dell'ingegneria aeronautica e le procedure di pilotaggio hanno minimizzato, se non annullato, gli incidenti derivanti da questi due fattori anche in condizioni meteorologiche fortemente avverse;
   si ritiene impossibile che un'adeguata ridondanza di comandi di volo abbia avuto un collasso su tutti gli impianti contemporaneamente –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per sospendere tutti i voli sperimentali che non abbiano garantito di aver sfruttato, in fase progettuale e di collaudo, tutte le migliori tecniche di simulazione attraverso software, modelli in scala e prove distruttive;
   se il Governo intenda assumere iniziative affinché riguardo a tutti i voli sperimentali, in particolare i voli nei quali viene raggiunta la velocità massima, si testino nuovi software, si applichino modifiche strutturali significative, siano effettuate tutte le prove simulate, in relazione alle conoscenze ingegneristiche e procedurali del periodo, e non si effettuino voli in zone abitate prima della certificazione finale dell'aeromobile (utilizzando aree come i poligoni militari usati dall'Aeronautica, ad esempio a Decimomannu).
(4-16883)


   PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la scorsa estate, sull'onda di una mobilitazione popolare senza precedenti di tutto il Salento, Trenitalia istituì in via sperimentale, da giugno 2016 a gennaio 2017, un collegamento Frecciarossa da Milano a Lecce (e viceversa) prolungando fino al capoluogo salentino il collegamento veloce che si fermava a Bari;
   quei treni veloci dal Nord Italia al Salento hanno costantemente registrato il «tutto esaurito» specie in estate, a riprova del fatto che la domanda da parte degli utenti era molto alta, con conseguente ritorno economico per l'azienda;
   nell'autunno 2016 in occasione della presentazione del piano industriale e dell'orario invernale, fu garantito da Ferrovie dello Stato italiane, che il collegamento sarebbe stato confermato anche nel nuovo orario invernale, ma così non è stato;
   all'inizio di questa nuova stagione estiva, quindi, pur in presenza – per fortuna – di una enorme richiesta da parte di turisti italiani e stranieri di collegamenti dal Centro-nord per il Salento, il territorio è di fatto isolato e privo di servizi di trasporto adeguati;
   i collegamenti diretti Milano – Lecce garantiti da Trenitalia sono con Frecciabianca e con tempi di percorrenza superiori alle 9 ore. L'alternativa è il Frecciarossa da Milano a Bari, con cambio a Bari e tempi di percorrenza non inferiori alle 8 ore e trenta. In entrambi i casi il prezzo del biglietto singolo supera i 100;
   ne deriva che una famiglia di 4 persone che da Milano vuole raggiungere il Salento per turismo, si ritrova a spendere come minimo 800 euro per un viaggio di andata e ritorno che dura in totale quasi venti ore. E, nonostante questo i treni sono sempre pieni;
   a fronte delle continue, reiterate e rinnovate richieste da parte delle istituzioni e delle categorie produttive salentine, Trenitalia ha sempre risposto che il prolungamento del Frecciarossa da Bari a Lecce, quindi un diretto Milano – Lecce, risulta antieconomico a causa della scarsa domanda, nonostante i fatti dicano esattamente il contrario –:
   se il Ministro non ritenga di dover fornire, acquisendoli da Trenitalia, i dati reali di traffico sulla tratta Milano-Lecce, relativi sia ai Frecciarossa istituiti l'anno scorso, sia ai collegamenti attualmente esistenti, con relativi costi/ricavi da parte dell'azienda;
   se il Governo non ritenga di dover garantire al Salento non solo il diritto alla mobilità, ma anche la facoltà di beneficiare a pieno della enorme richiesta turistica da parte di cittadini italiani che attualmente non sono messi nelle condizioni di raggiungere quel territorio;
   se il Ministro non ritenga di dover promuovere, con il coinvolgimento della regione Puglia, un tavolo di confronto con Trenitalia e Ferrovie dello Stato italiane per esaminare la possibilità di cofinanziare, anche tramite fondi europei e con procedure legittime e trasparenti, i collegamenti eventualmente non ritenuti utili da Ferrovie dello Stato italiane ma che per il prodotto interno lordo turistico e culturale della Puglia risultano vitali.
(4-16884)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 7 giugno 2017 si è sviluppato un grosso incendio in località Fusina, destando panico in tutta Venezia e nei comuni limitrofi;
   l'allarme è scattato intorno alle 10,30 dopo che una nube nera si è alzata in cielo;
   la causa è un incendio scoppiato nel capannone del riciclo rifiuti dell'azienda Ecoricicli partecipata di Veritas spa, società a capitale interamente pubblico detenuto da enti locali;
   nell'impianto lavoravano 10 persone di cui quattro intossicate e ricoverate in ospedale. Nell'azienda lavorano in tutto 50 persone;
   al momento del rogo, l'impianto stava triturando materassi e legno di armadi e letti quando nel trituratore è finita anche una bomboletta contenente del gas che ha fatto esplodere l'incendio;
   nel piazzale dell'azienda c'era materiale plastico, che pare però non sia stato coinvolto nel rogo;
   con una nota l'azienda Veritas fa sapere: «Le fiamme sono divampate per un residuo incandescente finito nel trituratore, che stava sminuzzando materassi e legno. A causa della presenza di materiali facilmente infiammabili l'incendio si è velocemente esteso a tutto il capannone. Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco e i responsabili di Arpav. Le fiamme sono state circoscritte e non si sono allargate alle linee che trattano i materiali derivanti dalle raccolte differenziate. I materiali coinvolti nel rogo sono esclusivamente materassi, legno, ingombranti di vario genere»;
   in altre occasioni, come nell'incendio dell'azienda Eco X di Pomezia nel maggio 2017, dopo iniziali rassicurazioni è seguita la notizia della presenza di materiali pericolosi presenti sul luogo dell'incidente –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di accertare eventuali rischi per la salute, a seguito dell'incendio dell'azienda Ecoricicli, e di limitare le conseguenze di tale evento. (4-16882)


   FASSINA e MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riferiscono alcune associazione impegnate nella lotta al razzismo e nel cosiddetto hate speech, il 4 giugno dall’account twitter del sindacato di polizia Coisp è apparso un messaggio alquanto inquietante a giudizio dell'interrogante: «Dire non tutti i musulmani son terroristi» è come liberare 10 leoni in città e dire: «Tranquilli, solo 4 sbranano. Gli altri son innocui...»;
   si tratta di un messaggio che danneggia l'onore e il rispetto delle forze dell'ordine, nonché contrasta con i principi di libertà e multiculturalismo della Repubblica italiana –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare l'immagine della polizia di Stato e promuovere i valori di libertà e multiculturalismo che dovrebbero improntare l'attività delle forze dell'ordine.
(4-16891)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in via Crema a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi, dallo scorso anno all'interno di uno stabile un tempo utilizzato dall'Enel, appena oltre la stazione ferroviaria, nella zona Lever, è operativo un centro culturale islamico, che ha adibito l'edificio a luogo di culto e di preghiera;
   secondo quanto noto anche da notizie di stampa, tale edificio fu acquistato nel 2010 da una associazione culturale islamica, in gran parte grazie ad una donazione, pare di circa 150 mila euro, di un ente benefico qatariota, veicolata tramite l'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche d'Italia;
   i lavori di ristrutturazione dell'edificio sarebbero iniziati già nel 2012, contestualmente al suo utilizzo per alcune iniziative di preghiera; la struttura avrebbe dovuto essere ufficialmente inaugurata il 25 maggio 2016, alla presenza di rappresentanti dell'Ucoii, di una delegazione diplomatica del consolato del Qatar e di rappresentanti dell'ente benefico qatariota che ha finanziato l'opera;
   nonostante la contestazione di abusi edilizi, riguardo già alla precedente sede del centro culturale islamico di Casalpusterlengo, in via Fugazza, anche per i lavori di ristrutturazione della nuova «moschea» di Casalpusterlengo, successivamente ad un sopralluogo della polizia locale, venne contestato l'avvio di attività edilizie senza alcun titolo abilitativo, con la conseguente condanna dell'allora presidente dell'associazione a cui appartiene il centro culturale islamico di via Crema;
   secondo quanto riportato anche dalla stampa, sempre lo scorso anno, pare che lo stesso comune abbia fatto pervenire una lettera ai responsabili del centro islamico di via Crema nella quale si segnalava come la struttura, oltre a non rispettare la normativa relativa alla distanza minima dalla ferrovia, fosse incompatibile, per le attività culturali, ricreative e associative in essa svolte, con la destinazione urbanistica del terreno sulla quale insiste, che secondo il piano di governo del territorio è zona S1 (area servizi tecnologici);
   è notizia di questi giorni che Arabia Saudita, Egitto, Bahrein e Emirati Arabi, a cui si sono aggiunti anche Yemen e Maldive, hanno approvato congiuntamente la chiusura delle frontiere e l'interruzione di ogni rapporto diplomatico col Qatar, in quanto ritenuto finanziatore e fomentatore del terrorismo islamico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e riportati anche dalla stampa e, alla luce di quanto sopra, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di monitorare le attività svolte nel centro islamico e tutelare la sicurezza dei cittadini;
   se non sussistano i presupposti per assumere iniziative normative volte alla chiusura immediata di centri culturali che si trovino in situazioni analoghe a quello di Casalpusterlengo. (4-16892)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI, POLVERINI, MOTTOLA, LOMBARDI, PRATAVIERA, AIRAUDO, AUCI, RIZZETTO, SIMONETTI, INCERTI, BARUFFI, DI SALVO, PARIS, GIACOBBE, CASELLATO, ALBANELLA, PATRIZIA MAESTRI e BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, commi da 1 a 7-ter, della legge n. 92 del 28 giugno 2012, rubricata «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», così come modificata dal decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevede la possibilità, nei casi di eccedenza di personale, di stipulare accordi tra i datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello aziendale, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori più prossimi al trattamento di pensione (isopensione);
   il meccanismo consente un anticipo dell'età pensionabile sino ad un massimo di 4 anni rispetto alla normativa vigente, a patto che l'azienda esodante corrisponda, con oneri interamente a suo carico, un assegno ai lavoratori per l'intero periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti per il pensionamento. L'azienda dovrà versare, oltre all'assegno, anche la relativa copertura contributiva (cioè la contribuzione correlata), utile a garantire ai lavoratori la copertura pensionistica fino al raggiungimento del diritto all'assegno di quiescenza definitivo, senza dunque che la procedura determini alcuna penalità sulla pensione per il lavoratore e alcun costo per l'Inps;
   l'Inps ha ritenuto di escludere dall'accesso all'isopensione/assegni straordinari, coloro che durante il suddetto periodo perfezionerebbero il diritto a pensione con:
    opzione sperimentale donne con il sistema contributivo di cui alla legge n. 243 del 2004;
    totalizzazione di cui al decreto legislativo n. 42 del 2006 (sia vecchiaia che anzianità);
    cumulo ex lege n. 228 del 2012 e legge n. 232 del 2016 (sia vecchiaia che anzianità);
    computo ai sensi del decreto ministeriale n. 282 del 1996;
    cumulo ai sensi della legge n. 184 del 1997;
   tutti i relativi costi e la contribuzione correlata sono interamente a carico delle aziende;
   l'interpretazione dell'istituto è, a giudizio degli interroganti, veramente incomprensibile perché neanche 1 euro tra l'uscita dall'azienda e la maturazione del diritto a pensione è pagato dall'Inps, che deve certificare il diritto a pensione entro i 4 anni. L'Inps nega quindi la certificazione del diritto a pensione se il lavoratore ha contributi in diversi fondi, ma se il lavoratore lavorasse, anziché accedere all'isopensione, l'Inps la liquiderebbe;
   come è noto, rispetto al passato, sono sempre di più i lavoratori e le lavoratrici che hanno la necessità di valorizzare contributi versati in diversi fondi previdenziali per accedere al trattamento pensionistico ed è quindi evidente che questi soggetti risultano ancor più penalizzati dal comportamento dell'istituto;
   resta altresì da chiarire, se la posizione assunta dall'Istituto andrà a penalizzare anche coloro che accedono anticipatamente alla pensione attraverso i fondi di solidarietà previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2015, con oneri interamente a carico delle aziende, così come previsto per l'isopensione –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire per superare la problematica segnalata, che nega l'accesso all'isopensione e ai fondi di solidarietà proprio a quei soggetti che, nella maggior parte dei casi, hanno dovuto cambiare forzatamente attività lavorativa e quindi obbligatoriamente versare i contributi in diverse gestioni previdenziali. (5-11535)


   COMINARDI, CIPRINI e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ripetutamente il tema della precarietà dei ricercatori italiani e del continuo espatrio all'estero assurge alle cronache dimostrando come i lavoratori della conoscenza continuino a scontare le gravi inefficienze delle politiche pubbliche messe in atto dai Governi che stanno condannando l'Italia non solo a perdere attrattività verso l'estero, ma soprattutto a perdere risorse umane, investimenti e ricchezza. Tali criticità sono emerse anche di recente, in occasione della giornata della ricerca, svoltasi il 23 maggio 2017;
   solo a titolo esemplificativo si segnalano due casi tipici del «cervello in fuga»: quello di Benedetta Bodini, under 40, vincitrice del premio Rita Levi Montalcini 2017, attualmente impiegata presso l’Institut du Cerveau et de la Moelle épinière di Parigi e quello del «cervello rimasto in Italia» Elena Jachetti, 34enne, immunologa dell'Istituto nazionale dei tumori che ha ricevuto il premio giovane ricercatore condannato alla precarietà o, ancor peggio alla disoccupazione;
   dal dato delle borse di ricerca assegnate dallo European Research Council emerge che nell'anno 2016 su oltre trecento ricerche sovvenzionate, per un ammontare di 650 milioni di euro, appena quattordici sono state svolte in Italia, eppure al di fuori del nostro Paese sono quasi il doppio, venticinque, le borse assegnate a ricercatori italiani espatriati. I ricercatori italiani, inoltre, risultano essere tra quelli con maggiori pubblicazioni scientifiche sul piano internazionale e sempre secondo gli indici di rilevazione della qualità scientifica nel 2014 erano ben otto gli italiani presenti tra i primi 400 del mondo;
   ai sensi dell'articolo del decreto legislativo n. 81 del 2015, adottato in attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), i contratti di collaborazione in essere al 31 dicembre 2015 avrebbero dovuto essere trasformati in contratti di lavoro subordinato a partire dal primo gennaio 2016. Una disposizione che, pur se condivisibile in linea di principio, nei fatti si è dimostrata debole, con una efficacia a tempo che ha dimostrato presto i limiti e le molteplici problematiche connesse. Problematiche che ricadono in primo luogo sui lavoratori e in subordine sui datori di lavoro ingenerando sull'intero mercato del lavoro effetti negativi;
   ai limiti concreti della richiamata disposizione si è cercato di dare soluzione, in via del tutto marginale e incompleta, con ben tre distinti interventi nel corso del 2016: in particolare, con l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 244 del 2016 si è disposto che le pubbliche amministrazioni possono ricorrere ai contratti flessibili fino al 31 dicembre 2017. Per tale termine è stata poi disposta una espressa deroga, ai sensi dell'articolo 1, comma 410, legge n. 232 del 2016, per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli Istituti zooprofilattici sperimentali che, con riguardo al personale addetto alla ricerca in servizio alla data del 31 dicembre 2016, possono ricorrere ai contratti flessibili anche dopo il primo gennaio 2018;
   si tratta di una «non soluzione» che oggi conduce ricercatori di qualità a denunciare il paradosso della propria condizione: premiati, stimati e apprezzati scienziati, ridotti nei fatti ad uno status di continua precarietà grazie a un sistema e a una normativa che lasciano due opzioni: continuare in deroga una collaborazione, con una precarietà a tempo indeterminato, o perdere il lavoro;
   le disposizioni contenute nel cosiddetto Jobs Act, e le successive modificazioni, stanno conducendo il mercato del lavoro, in particolare nella ricerca scientifica, a espellere i lavoratori invece che premiarli e valorizzarli –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se e quali iniziative intenda adottare per tutelare figure strategiche come quelle dei lavoratori della conoscenza, salvaguardandone l'occupazione e al tempo stesso valorizzandone le competenze. (5-11541)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento a quanto disposto dall'articolo 17 del regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014 della Commissione del 17 luglio 2014 reca modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo, le misure di sviluppo rurale e la condizionalità;
   in base alle disposizioni dell'Unione europea gli Stati membri già dall'anno 2016 dovevano provvedere a mettere a disposizione sistemi atti a permettere ai beneficiari di contributi di cui al fondo FEAGA di presentare domande di aiuto basate su strumenti geospaziali;
   l'AGEA, attraverso SIN s.p.a., affidataria del complesso dei servizi di gestione e sviluppo del sistema informativo agricolo nazionale (Sian), nel corso del 2016 ha realizzato un software finalizzato alla presentazione del piano colturale grafico e domanda unica grafica;
   dopo i primi utilizzi, probabilmente anche a seguito delle risultanze di audit della Commissione europea avvenuti nel 2016, l'applicativo «piano colturale grafico e domanda grafica» dell'Agea ha subito una rivisitazione anche in termini di logica sistemistica;
   il nuovo applicativo, come già avvenuto per il 2016, anche per il 2017 è stato acquisito in riuso dall'Agea da alcune regioni che hanno un proprio organismo pagatore e viene ovviamente utilizzato anche da tutte le regioni che hanno come organismo pagatore la stessa Agea;
   la fornitura dell'applicativo è avvenuta solo nel febbraio 2017 e si tratta ancora di un software in continuo aggiornamento e sviluppo di nuovi servizi (Agea/Sin periodicamente fornisce aggiornamenti dell'applicativo base per eliminare problemi di sistema e per inserire nuove funzionalità);
   la fornitura tardiva e le consistenti modifiche in corso d'opera stanno causando un ritardo di apertura della campagna 2017 e la necessità di adeguare in tempi impossibili le strutture informatiche locali alle nuove esigenze e logiche del tool grafico. Inoltre, il ritardo accumulato rispetto ai tempi logici della fornitura si riflette negativamente anche sull'efficacia dei necessari momenti di informazione e di formazione per gli agricoltori e per i centri di assistenza agricola sui nuovi strumenti operativi –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano i motivi che hanno determinato il ritardo con cui in Italia è stato tecnicamente affrontato il momento di introduzione della domanda grafica, considerato che l’iter di presentazione della stessa avrebbe dovuto proceduralmente concludersi entro il 15 maggio 2017;
   come si spieghi che, nonostante la normativa dell'Unione europea sugli obiettivi del 2017 in merito alla domanda grafica di aiuto sia nota fin dal 2014, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali abbia proposto i suoi strumenti operativi (peraltro ancora in continuo aggiornamento) solo nel 2017, mettendo in grave difficoltà gli agricoltori e creando seri rischi per l'Italia di infrazione e rettifica finanziaria da parte della Commissione europea;
   se il Ministro non ritenga opportuno chiedere alla Commissione europea una proroga dei termini della presentazione della domanda grafica, per non scaricare sugli agricoltori il peso economico delle riscontrate criticità di sistema. (4-16876)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il trattamento del diabete con sulfaniluree (SU), introdotte in commercio negli anni ’50, è noto da tempo per l'alto rischio di gravi episodi di ipoglicemia, che possono richiedere l'ospedalizzazione e nei pazienti anziani determinarne persino il decesso;
   alcuni studi condotti in Svezia e Gran Bretagna nel corso degli ultimi anni evidenziano inoltre effetti negativi della terapia con sulfaniluree su morbilità, mortalità cardiovascolare;
   si tratta di elementi ancora più evidenti se comparati alla terapia con metformina+DPP-4I;
   nonostante tali evidenze, recepite anche dalle principali linee guida nazionali ed internazionali, l'utilizzo delle SU/glinidi è ancora ampiamente diffuso in Italia;
   le SU rappresentano ancora la principale opzione terapeutica che medici di medicina generale possono prescrivere dopo la metformina, essendo loro ancora preclusa la possibilità di prescrivere terapie innovative e di comprovata efficacia e sicurezza come ad esempio le terapie orali che agiscono sul sistema incretinico quali i DPP-4I, presenti sul mercato da ben otto anni;
   l'Italia è l'unico Paese europeo in cui non è possibile la prescrizione di questa classe di farmaci;
   sul tema sono intervenute pubblicamente anche le principali società scientifiche e i sindacati di medicina generale quali: Fimmg, Simg e Snamid, evidenziando come questa disparità di accesso per i malati diabetci in Italia, comporti rischi per la salute dei loro pazienti;
   il trattamento con DPP-4 comporta anche un tangibile vantaggio economico in termini di HTA, come confermato da una serie analisi di cost-consequence, sviluppate nella prospettiva nazionale su coorti di pazienti non controllate con la sola metformina;
   suddetti vantaggi consistono nella minore frequenza di automonitoraggi glicemici, nella minore incidenza di eventi avversi, nelle ridotte complicanze macro e micro vascolari, nel ritardo nel passaggio a terapia insulinica legato alla maggiore durabilità nonché a minori, costi indiretti come assenze da lavoro e/o ore di lavoro perse;
   inoltre, l'eventuale aggravio di spesa iniziale per questa terapia verrebbe compensato dai risparmi ottenibili dal loro impiego sull'intero sistema, sempre se confrontato con l'utilizzo delle sulfaniluree;
   si evidenzia un rapporto costo/beneficio a favore di questa classe di farmaci soprattutto per quanto riguarda l'incidenza relativa agli accessi al pronto soccorso e i conseguenti costi dei ricoveri ospedalieri per episodi ipoglicemici;
   appare indifferibile l'apertura della prescrizione delle terapie orali innovative alla medicina generale, non solo per incontrovertibili e comprovate ragioni scientifiche e di appropriatezza prescrittiva, ma anche per una questione etica, che non crei disuguaglianze di accesso, e a beneficio di tutti i pazienti con diabete di tipo 2 e con conseguente risparmio per il servizio sanitario pubblico;
   si apprende con favore la riapertura del tavolo di confronto tra AFA, i sindacati e le società scientifiche della medicina generale –:
   quali iniziative il Ministero della salute e l'AIFA intendano attivare al fine di rendere immediatamente accessibile la suddetta classe di farmaci al medico di medicina generale per dare le necessarie risposte terapeutiche nel trattamento di una patologia quale quella del diabete che interessa milioni di cittadini italiani e che vede oggi solo un paziente su tre avere un adeguato piano sanitario di controllo.
(5-11533)


   BECATTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il piede diabetico è, tra le complicanze croniche del diabete mellito, quella a maggior impatto medico, sociale ed economico: si associa spesso a neuropatia, arteriopatia obliterante periferica, deformità al piede, comparsa di lesioni ulcerative e, nei casi più gravi, può rendere necessaria l'amputazione dell'arto;
   ad oggi la cura ottimale di questa patologia prevede in prevenzione primaria e secondaria l'utilizzo di calzature e plantari ortopedici che permettono la protezione e lo scarico dei piedi a rischio ulcerazione,
   i presidi terapeutici fino ad oggi utilizzati sono prodotti in serie, di alta qualità, e dotati di marchio di garanzia CE. Solo nei casi più gravi, in presenza di gravi deformità (5-10 per cento) vengono prescritte scarpe realizzate su misura, sensibilmente più costose;
   il 18 marzo 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione e aggiornamento dei livelli minimi di assistenza;
   i nuovi livelli essenziali di assistenza hanno escluso dalla lista delle protesi e ortesi garantite dal servizio sanitario nazionale le calzature e i plantari di serie che in precedenza venivano erogate alle persone affette da piede diabetico (in base alle classi di rischio ulcerativo, scientificamente validate). Sono invece incluse le calzature ortopediche su misura;
   la presenza nei livelli essenziali di assistenza delle calzature ortopediche di serie permetteva l'utilizzo di tali ortesi anche nei casi di piede diabetico in prevenzione primaria e secondaria (classi II-III), in modo da prevenire l'insorgere di complicazioni;
   la scelta di escludere le calzature di serie dai, livelli essenziali di assistenza rischia di causare un calo delle prescrizioni, sia perché le calzature su misura sono considerate un presidio da prescrivere solo in casi di particolare gravità, sia perché il loro costo è circa tre volte superiore a quello delle calzature di serie;
   tale scenario causerebbe un sensibile aumento delle complicazioni del piede diabetico, con un grave danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario nazionale;
   inoltre, mentre le calzature di serie hanno la garanzia di qualità CE, le calzature su misura non hanno alcuna garanzia di qualità, in quanto sono prodotte artigianalmente. Per questo molti diabetologi ne consigliano l'utilizzo solo nei casi strettamente necessari, in modo da evitare che un difetto di produzione comporti inutili complicazione per il paziente –:
   quale sia il motivo della decisione di escludere le calzature e i plantari di serie dall'elenco delle ortesi garantite nei nuovi livelli essenziali di assistenza;
   se sia stato considerato il rischio che la situazione sopra esposta si traduca in un minor numero di prescrizioni;
   se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative affinché, al prossimo aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, siano reinserite le calzature ortopediche di serie fra le ortesi garantite dal servizio sanitario nazionale. (5-11537)

Interrogazione a risposta scritta:


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dell'ospedale di Anagni è allarmante e quanto finora è rimasto in funzione per fornire ai cittadini un servizio ai limiti minimi dell'assistenza di base rischia la chiusura;
   la quotidiana destinazione dei rimanenti spazi disponibili alla realizzazione del distretto sanitario territoriale sottrae a quello che residua dei servizi dell'ospedale le ultime risorse;
   occorrerebbe inoltre spiegare ai cittadini che cosa è e come verrà organizzato l’«ospedale ambientale» e in quale delibera regionale sia riportato il finanziamento di 1 milione 600 mila euro per la sua realizzazione (tanto è dovuto in rispetto ai princìpi di collaborazione democratica e di trasparenza nelle scelte e nelle decisioni);
   i cittadini di Anagni e della zona nord della provincia di Frosinone, il sindaco e i consiglieri comunali di Anagni, i sindaci dei comuni del territorio firmatari della delibera di riattivazione dell'ospedale di Anagni, il presidente della provincia, il presidente della regione Lazio e li assessori alla salute e all'ambiente e il direttore generale della Asl di Frosinone, nonché i rappresentanti sindacali e dei partiti e dei movimenti politici chiedono che l'ospedale possa fornire assistenza alla popolazione e soddisfare le reali esigenze di soccorso prevedendo:
    un reparto di 20 posti letto di medicina generale con un proprio organico di medici e infermieri;
    un pronto soccorso presidiato da un organico medico dedicato all'emergenza-urgenza;
    una chirurgia elettiva ridotta che effettua interventi in Day surgery;
    una unità operativa di anestesia e sala operatoria;
    un servizio di radiologia per indagini radiologiche con trasmissione di immagine collegata in rete allo specialista di turno;
   un servizio di laboratorio per indagini laboratoristiche in pronto soccorso –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione dell'ospedale di Anagni e se si intenda promuovere, anche tramite il commissario ad acta per l'attivazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, una verifica in ordine alla situazione sanitaria del suddetto ospedale. (4-16888)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la casa finlandese Nokia ha siglato un'intesa per l'acquisizione dell'azienda di telecomunicazioni Alcatel-Lucent che, tra i siti produttivi, annovera anche quello di Trieste considerato dalla stessa azienda «strategico per il busines dell'impresa, poiché produce tecnologie ottiche a livello mondiale con un altissimo livello di competenze specialistiche». Con questo accordo Nokia diventerà top seller mondiale di attrezzature e servizi di telecomunicazione, superando Ericsson, Huawei e ZTE;
   dall'articolo di stampa del 27 marzo 2015 de «Il Piccolo» si apprende che il 13 marzo 2015 in un incontro avvenuto presso il Ministero dello sviluppo economico sulla cessione del sito di Battipaglia, la direzione di Alcatel-Lucent non abbia dato risposta sulla possibile cessione dello stabilimento di Trieste, mentre il funzionario del Ministero abbia preso l'impegno di procedere ad una verifica su tale punto;
   il 27 marzo 2015 le rappresentanze sindacali unitarie Fiom e Uilm, a seguito delle notizie allarmanti circolanti in merito all'incertezza sul futuro del sito, avevano proclamato lo sciopero dei tre turni di lavoro dello stabilimento e organizzato un presidio davanti alla sede dello stabilimento di strada Monte d'Oro;
   la conferma di una possibile dismissione dell'impianto triestino è stata data dall'amministratore delegato della società, Michele Combes, durante un incontro avuto giorni scorsi a Parigi con il coordinamento europeo dei rappresentanti sindacali dell'azienda. L'intenzione di Nokia sarebbe di mantenere gli impianti localizzati in Francia, ma di dismettere alcuni altri siti produttivi, compreso quello di Trieste dove operano 318 dipendenti a tempo indeterminato e 400 somministrati; la forza lavoro ammonta a quasi 900 addetti se si aggiunge il personale dei servizi aziendali che sul piano produttivo coinvolge anche la Mw-Fep di Ronchi dei Legionari;
   secondo fonti sindacali, lo stabilimento triestino potrebbe essere venduto alle società statunitensi Flextronics e Jabils, che operano nella produzione di componenti elettrici con impianti situati in Paesi in cui il lavoro ha un costo minore che in Italia. Il rischio, quindi, potrebbe essere rappresentato da un'acquisizione di un soggetto terzo e dalla successiva delocalizzazione della produzione;
   secondo Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm, è «inconcepibile che un gruppo mondiale leader delle telecomunicazioni voglia privarsi di un asset così prezioso come quello rappresentato dal sito produttivo di Trieste che non manca di commesse e di clienti»;
   dall'articolo de «Il Piccolo» del 20 aprile si apprende che, dopo le notizie giunte da Parigi, i lavoratori, riunitisi in assemblea, stiano programmando una serie di azioni di sensibilizzazione delle istituzioni, tra i quali un incontro con i capigruppo del consiglio comunale di Trieste, mentre il sindaco di Trieste Cosolini avrebbe scritto una lettera al Ministro per chiedere un intervento a favore dello stabilimento di Trieste e la presidente della regione Serracchiani avrebbe già stimolato il Ministro interrogato ad un interessamento sulla questione –:
   se sia a conoscenza della situazione allarmante venutasi a creare dopo le dichiarazioni di intento della Nokia in merito allo stabilimento di Trieste e quali nuovi elementi abbia in suo possesso;
   se abbia già aperto una trattativa diretta con l'azienda per scongiurarne la chiusura e la perdita di posti di lavoro delle circa 850-900 persone interessate;
   quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare la dismissione del sito di Trieste e secondo quali modalità e tempistiche. (4-16875)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Romanini e altri n. 7-01255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  La interpellanza urgente Fregolent e altri n. 2-01824, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 giugno 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Falcone.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Busto e Mantero n. 4-16565, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benedetti, Lorefice, Colonnese, Nesci, Silvia Giordano, Baroni.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Busto n. 4-16565, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 795 del 12 maggio 2017.

   BUSTO, MANTERO, BENEDETTI, LOREFICE, COLONNESE, NESCI, SILVIA GIORDANO e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da fonti stampa tra cui Agi.it il 7 giugno 2017 l'Italia non ha ancora un Piano Nazionale contro l'antibiotico-resistenza, nonostante la Ministra Lorenzin da mesi annunci la sua imminente approvazione;
   l'Italia è il primo Paese europeo per uso di antibiotici umano secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e dall’European Surveillance of Antimicrobial Consumption Network, (Esac-Net) e il terzo per l'utilizzo sugli animali negli allevamenti intensivi, secondo i dati dell'Agenzia europea per i medicinali, European Medicine Agency (EMA);
   il 31 maggio è stata inviata una lettera alla Ministra Lorenzin firmata da circa 20 associazioni per la tutela del cittadino e dell'ambiente volta a chiedere un incontro con la Ministra della salute Lorenzin sul Piano d'azione contro la resistenza antibiotica, come previsto dal manuale per redigere i Piani d'Azione Nazionali prodotto da OMS, Word Organization for Animal Health (01E) e la FAO;
   un report di AMP Capital, una delle più grandi società di investimenti australiane «Gli allevamenti intensivi ci fanno ammalare ?» ha stimato intorno ai 15 morti al giorno solo in Italia (7 mila all'anno) per l'antibiotico-resistenza, 700 mila morti nel mondo nel 2016, 10 milioni di morti entro il 2050;
   una relazione del 2016 commissionata dal Governo britannico Review on Antimicrobial Resistance, ha stimato che l'impatto economico della resistenza agli antibiotici provocherebbe una riduzione dal 2 per cento al 3,5 per cento del prodotto interno lordo mondiale entro il 2050: circa 100 trilioni di dollari USA;
   secondo molti studi all'origine di questa emergenza ci sarebbe principalmente l'utilizzo spropositato di antibiotici negli allevamenti intensivi che da soli consumano oltre il 70 per cento degli antibiotici prodotti nel mondo;
   le pessime condizioni igieniche e sanitarie degli allevamenti intensivi, il sovraffollamento dei luoghi, le escoriazioni e le infezioni dilaganti tra il bestiame e l'alto livello di stress si traducono in un calo delle difese immunitarie degli animali negli allevamenti e ad un aumento delle dosi di antibiotici utilizzati, speso, a scopo puramente preventivo;
   molti studi scientifici tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità parlano su di una vera e propria emergenza sanitaria globale, una nuova pandemia, definita pericolosa al pari dell'Aids e dell'ebola nonché del rischio di un'era post-antibiotica;
   alcuni Paesi del nord Europa quali Danimarca, Svezia, Finlandia, Islanda e Norvegia hanno scelto di introdurre restrizioni e controlli all'interno degli allevamenti intensivi. Inoltre, l'Olanda in soli 5 anni ha ridotto del 70 per cento l'uso degli antibiotici negli allevamenti e, ad oggi, è una delle nazioni al mondo con il più basso indice di infezioni antibiotico resistenti;
   diversi atti politici si sono rivolti su questo argomento, tra cui la mozione a prima firma Mantero, già approvata alla Camera, tesa ad impegnare il Governo ad adottare varie iniziative per prevenire lo sviluppo e la trasmissione delle malattie all'interno degli allevamenti e per incentivare sistemi di allevamento estensivo e allevamenti con metodi biologici, che garantiscano maggior rispetto del comportamento e del benessere animale, nonché una minore incidenza delle infezioni;
   l'Unione europea ha bandito l'uso di antibiotici al fine di stimolare la crescita degli animali da allevamento sin dal 2006 –:
   di quali dati disponga il Ministro interrogato relativamente alla tendenza nell'uso di antibiotici, alla frequenza di isolamento di batteri resistenti negli allevamenti, nonché alla mortalità umana dovuta all'antibiotico-resistenza;
   quali siano i cambiamenti intervenuti a fronte del divieto dell'uso di antibiotici per stimolare la crescita degli animali all'interno degli allevamenti e quali le iniziative predisposte dal Ministero della salute dal 2006 ad oggi sul controllo e sulla regolamentazione dell'uso degli antibiotici all'interno degli allevamenti intensivi, con particolare attenzione al piano d'azione nazionale che dovrebbe essere presentato entro la metà di luglio 2017;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per incentivare un diverso sistema di allevamento, più rispettoso del benessere degli animali ed in grado di mantenere standard di qualità elevati nella produzione di carne ed altri derivati animali. (4-16565)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-11508 del 6 giugno 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Prodani e Rizzetto n. 5-05385 del 21 aprile 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16875.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno diffuso la notizia che, domenica 24 maggio, il sindaco di Bolzano ha stabilito di far issare negli uffici pubblici la bandiera italiana a mezz'asta;
   la decisione del sindaco Luigi Spagnolli viene subito dopo «aver preso atto della circolare del Presidente del Consiglio e della successiva indicazione del Presidente della Regione»;
   anche il presidente della provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, aveva duramente criticato il contenuto della circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri affermando che «esporre la bandiera tricolore, per l'Alto Adige è un'imposizione da Roma e che ricordare così l'inizio della guerra è una scelta sbagliata e irragionevole»;
   sempre il sindaco di Bolzano Spagnolli ha dichiarato che «l'inizio di quella guerra, come pure di tutte le guerre, costituisce già di per sé una sconfitta per l'umanità e per chi crede come noi nell'ideale della convivenza pacifica»;
   in occasione del centenario dell'ingresso in guerra dell'Italia, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha diramato una nota nella quale si invitano gli enti pubblici, e quindi anche i comuni, a esporre sia la bandiera italiana che quella europea. In Alto Adige l'ordine di esporre il tricolore ha però destato indignazione, in primo luogo da parte degli Schützen, che hanno diramato una dura nota, nella quale si spiega che «l'Italia festeggia così non solo la conquista del Tirolo ma pure la morte di mezzo milione di soldati italiani»;
   «Questo invito è incomprensibile, soprattutto per la popolazione di lingua tedesca e ladina», così ha dichiarato il presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher;
   a questo coro di dichiarazioni vergognose ed inaccettabili si è aggiunto anche il presidente della provincia autonoma di Trento ed attuale presidente della regione Ugo Rossi, il quale dichiara che «Le bandiere dell'Italia e dell'Europa le esporremo, ma a mezz'asta, perché l'inizio di quella guerra, come pure di tutte le guerre, è già di per sé una sconfitta per l'umanità»;
   questo atteggiamento nasconde, a giudizio dell'interrogante, invece un atteggiamento di odio e di intolleranza nei riguardi di tutto quanto rappresenti l'Italia e l'italianità nelle terre irredente, per la liberazione delle quali sono morti centinaia di migliaia di nostri connazionali e che devono essere ricordati ed omaggiati come dovrebbe fare una qualunque nazione meriti di definirsi tale;
   risulta ancor più intollerabile questo spirito anti-italiano da parte degli abitanti dell'Alto-Adige dopo che gli stessi godono di benefici che ad altri italiani sono sconosciuti grazie allo statuto dell'autonomia di cui godono dalla fine della seconda guerra mondiale –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alle modalità secondo le quali si sono svolte le celebrazioni del 24 maggio alla luce delle dichiarazioni ricordate in premessa. (4-09317)

  Risposta. — In occasione del centesimo anniversario dell'ingresso dell'Italia nella Grande Guerra celebrato il 24 maggio 2015, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha disposto l'esposizione delle bandiere italiana ed europea sugli edifici pubblici. Come di consueto, la disposizione è stata ripresa dal commissariato del Governo per la provincia di Bolzano e rivolta, tra gli altri, anche ai vertici degli enti locali.
  L'iniziativa ha suscitato le immediate reazioni di partiti e movimenti politici appartenenti all'estrema destra di lingua tedesca secessionista (in particolare il «Südtiroler Freiheit»), nonché della Lega Schuetzen (corpo paramilitare di fucilieri connotato da elementi di elevata matrice nazionalista di stampo pantirolese).
  A sua volta il presidente della provincia autonoma di Bolzano ha comunicato di non ritenere il 24 maggio «un giorno di festa, ma un giorno di commemorazione», anticipando l'intenzione di far svolgere un approfondimento in ordine alla fonte giuridica posta alla base della richiamata disposizione della Presidenza del Consiglio dei ministri e di inviare, all'esito dell'approfondimento medesimo, l'invio di una «comunicazione» chiarificatrice ai sindaci altoatesini con precise indicazioni in merito.
  A ruota, il segretario politico della Sudtiroler Volkspartei, Philipp Achammer, nell'ambito di dichiarazioni rese al quotidiano di lingua tedesca «Dolomiten», ha ribadito il proprio consiglio a «non dare seguito all'invito di esporre le bandiere». Lo stesso presidente della provincia autonoma ha annunciato con un comunicato stampa che nessun edificio provinciale avrebbe esposto le bandiere.
  In tale contesto, atteso che la data di esposizione delle bandiere – 24 maggio – ha coinciso con la domenica in cui ha avuto luogo un delicato turno di ballottaggio per l'elezione dei Sindaci nei principali centri urbani della provincia (Bolzano, Merano e Laives), si sono registrate analoghe posizioni anche da parte dei tre Sindaci uscenti, verosimilmente riconducibili al periodo pre-elettorale.
  Il 24 maggio si è, dunque, registrata in provincia la quasi totale adesione dei sindaci all'iniziativa che la stampa – anche nazionale – ha definito lo «sciopero del Tricolore», fatti salvi i vessilli regolarmente esposti all'esterno degli Uffici elettorali di sezione dei comuni interessati dal turno di ballottaggio (con qualche isolata eccezione nel comune di Laives).
  Hanno aderito alle disposizioni impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri i sindaci di Vipiteno, Campo di Trens, Santa Cristina di Val Gardena, Lagundo, Campo Tures, Brunico, La Valle e Corvara in Badia. Le amministrazioni comunali di Bolzano e Laives – rappresentate dai sindaci uscenti di lingua italiana – hanno esposto le bandiere a mezz'asta, mentre le altre amministrazioni comunali non hanno esposto alcuna bandiera.
  Per completezza di informazione, si rappresenta che lo stesso 24 maggio 2015 si sono svolte ad Innsbruck, capoluogo della confinante regione austriaca del Tirolo, solenni cerimonie celebrative del centenario della Prima Guerra mondiale – accompagnate da scariche a salve da parte delle compagnie Schutzen schierate –, cui hanno preso parte, tra gli altri, i tre cosiddetti «governatori» dell'Euregio (Tirolo-Alto Adige-Trentino).
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 aprile 2017 si è tenuto l'incontro sulla «Razionalizzazione dei presìdi della polizia postale e delle comunicazioni e sul rinnovo della convenzione con Poste italiane», al quale hanno partecipato il prefetto Roberto Sgalla, il direttore del servizio polizia postale e delle comunicazioni, Nunzia Ciardi, e il direttore dei rapporti sindacali Tommaso Ricciardi;
   all'inizio dei lavori il prefetto Sgalla ha informato i presenti che l'incontro era da ritenersi interlocutorio e la bozza ancora provvisoria con possibilità di modifica della stessa;
   secondo quanto affermato dallo stesso, la razionalizzazione delle sezioni di polizia postale si ispira all'omologo organismo di polizia dell'Fbi americano che ha 54 uffici sull'intero territorio nazionale;
   partendo dal presupposto che può essere paragonata alla polizia scientifica e non ad una specialità deputata al presidio del territorio, il prefetto Sgalla avrebbe dichiarato che la stessa può essere impiegata anche senza la necessaria presenza di un ufficio di ogni provincia;
   i criteri considerati per la soppressione di una sezione di polizia postale sarebbero stati: produttività, posizione geografica ed esigenze di Poste italiane;
   è stata dura la posizione dell'UGL Polizia di Stato sulla questione: «le sezioni di Polizia postale rappresentano l'unico presidio di polizia che i cittadini cercano e vedono come principale punto di riferimento per il web»;
   contrarietà è stata espressa anche dal segretario nazionale Marco Cervellini: «Si tratta di un progetto poco convincente, perché diversamente da come la vede la nostra amministrazione, mentre noi arretriamo lasciando sempre più pezzi di territorio e presidi di legalità, i Carabinieri aprono nuovi uffici di polizia telematica sul territorio»;
   l'Ugl Polizia ha poi manifestato contrarietà perché, al di là dei paragoni esaltanti poco accostabili, la specialità postale è l'unico organismo di Polizia di Stato che non ha oneri a carico dell'amministrazione, se non per quanto riguarda il costo del personale che resterebbe ugualmente e che è fatto da uomini e donne che questi anni si sono specializzati e, se trasferito, vedrebbe quell'insieme di saperi dispersi;
   a subire i tagli sarà, in particolar modo, la regione Toscana, con la chiusura di 7 uffici su 10 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per scongiurare «tagli» indiscriminati che andrebbero a colpire personale specializzato e, dopo le scelte degli ultimi anni, ad eliminare ulteriori presìdi di legalità e sicurezza, punti di riferimento fondamentali per i cittadini sui territori. (4-16500)

  Risposta. — La questione segnalata dall'interrogante, relativa all'ipotesi di chiusura di una serie di sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, in particolare nella regione Toscana, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014, ma a tutt'oggi non ancora definito.
  Ciò in quanto è sopravvenuta la legge n. 124 del 2015 – cosiddetta legge Madia – che, nel delegare al Governo l'emanazione di una serie di decreti legislativi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha individuato alcuni importanti criteri direttivi proprio in tema di riordino del sistema della sicurezza e cioè: evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia; favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai princìpi di efficienza della spesa pubblica.
  Sulla base di tali linee direttrici, l'articolo 3 del decreto legislativo delegato n. 177 del 2016 ha statuito che, in sede di razionalizzazione dei presidi di polizia, dovrà essere privilegiato l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Si dovrà tenere conto, altresì, dei provvedimenti di riorganizzazione degli uffici di polizia di livello provinciale, nonché della revisione delle articolazioni periferiche dell'amministrazione della pubblica sicurezza.
  La stessa disposizione ha previsto poi che la ridislocazione dei presidi di polizia, risultante dall'applicazione di tali indirizzi di fondo, sarà recepita in un decreto del Ministro dell'interno da emanarsi ai sensi della legge n. 121 del 1981.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti, presso il dipartimento della pubblica sicurezza, appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la Polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'operatività alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, con spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Tale rinnovata modulazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si assicura fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del prodotto sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vigili del fuoco, come previsto dall'articolo 1, comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, non sono compresi tra i lavoratori per i quali è prevista l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro che garantisce il diritto alle prestazioni INAIL;
   gli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco usufruiscono, tramite l'Opera nazionale assistenza (ONA), di una copertura assicurativa per i ricoveri, gli infortuni in servizio e le malattie professionali;
   il rischio di infortuni sul lavoro al quale sono esposti i vigili del fuoco, per la tipicità della loro professione, renderebbe necessaria una garanzia dinamica che si faccia carico della tutela dell'infortunato fin dal momento dell'evento, per tutto quello che possa occorrere per il recupero completo e tempestivo dell'integrità fisica e della salute in generale;
   tale garanzia dinamica non sembra assicurata ai vigili del fuoco dall'attuale quadro normativo vigente –:
   se il Governo intenda intervenire, anche con iniziative normative, per ricomprendere i vigili del fuoco tra i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965. (4-14491)

  Risposta. — Come osservato dall'interrogante, il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non è assoggettato all'obbligo di copertura assicurativa presso l'Inail. L'articolo 1, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, infatti, pur comprendendo tra le «attività protette» quelle dirette all'estinzione di incendi, espressamente esclude il personale del Corpo nazionale dall'obbligo di tutela assicurativa presso l'Inail.
  Per il suddetto personale sono, invece, previsti gli istituti del riconoscimento della causa di servizio per infermità e malattia dipendenti dall'attività di servizio, ai fini della concessione dell'equo indennizzo, per la perdita dell'integrità fisica subita ed, inoltre, della pensione privilegiata qualora l'infermità e la malattia abbiano causato l'inidoneità al servizio d'istituto.
  Si ricorda che i predetti istituti – a tutt'oggi in vigore per il personale del Corpo nazionale – sono stati, invece, abrogati per tutti i dipendenti civili dello Stato ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
  Per quanto riguarda il rimborso delle spese mediche sostenute per accertamenti sanitari, acquisto di medicinali, cure, ricoveri e protesi relativamente ad infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, il personale dei vigili del fuoco usufruisce di una copertura assicurativa tramite l'Opera nazionale di assistenza (O.n.a.) per il personale del Corpo nazionale, in conformità alle previsioni statutarie della stessa.
  Per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, l'O.n.a. viene finanziato, dal 2008, mediante il trasferimento di risorse provenienti dal fondo istituito ad hoc nel bilancio del Ministero dell'interno.
  Il 30 maggio 2016, a seguito di gara europea, l'O.n.a. ha stipulato con l'Unisalute s.p.a. un contratto per l'affidamento triennale della copertura assicurativa di rimborso delle spese sanitarie per il personale in servizio del Corpo nazionale e delle coperture assicurative integrative.
  Il piano sanitario prevede una polizza base, interamente a carico dell'O.n.a., che assicura tutto il personale in servizio del Corpo nazionale, compreso il personale del Corpo permanente dei vigili del fuoco di Trento, per un totale di 33.612 unità di personale alla data del bando di gara.
  L'Unisalute s.p.a., congiuntamente al broker dell'O.n.a., AON s.p.a., ha elaborato un «piano sanitario A», operante in caso di malattia e di infortunio per le seguenti garanzie: indennità giornaliera per ricovero in istituto di cura, prestazioni di alta specializzazione, malattie oncologiche, malattie cardiovascolari, prevenzione, chirurgia refrattiva corneale con laser ad eccimeri o laser in genere per il recupero dell'acutezza visiva, trasporto, servizi di consulenza.
  Inoltre, sono previste garanzie aggiuntive per infortuni avvenuti durante lo svolgimento dell'attività lavorativa relativa ai compiti istituzionali, compreso il rischio in itinere, ed in particolare: terapia fisica e riabilitazione, grandi ustioni di secondo o di terzo grado che interessino almeno il 9 per cento della superficie corporea, avvelenamenti, intossicazioni, shock e traumi anche psichici, perdita dell'udito e/o della vista anche monolaterale a seguito di infortunio, traumi dentari.
  Per quanto detto, per il personale del Corpo nazionale è in vigore un articolato sistema di misure di sostegno, comprendente istituti di natura previdenziale-privilegiata, assistenziale e indennitario-risarcitoria aventi carattere di particolare rilevanza, a cui si aggiungono, ricorrendo i requisiti di legge, i benefici assunzionali.
  Nel complesso, dunque, i vigili del fuoco godono, sotto i predetti profili, di una tutela certamente adeguata e comunque di livello superiore a quello riconosciuto dall'Inail ai propri iscritti.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   COZZOLINO, DA VILLA, SPESSOTTO e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge la propria attività con mezzi aerei fin dal 1954;
   la legge n. 124 del 2015, ha conferito al Governo un'ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, prevedendo tra l'altro, per quanto attiene al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre al trasferimento delle competenze del Corpo forestale dello Stato in materia di incendi boschivi e di spegnimento di incendi con mezzi aerei, l'ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale, mediante modifiche al decreto legislativo n. 139 del 2006, in relazione alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario e conseguente revisione del decreto legislativo n. 217 del 2005;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si trova a gestire una tra le più importanti componenti aeree dello Stato, composta da 6 linee di volo, tra elicotteri ed aerei, per un totale di oltre 75 aeromobili;
   a tale ruolo, tuttavia, non è stato corrisposto un adeguato inquadramento giuridico ed economico, contrariamente a quanto previsto per il perso le delle forze armate e delle forze di polizia;
   al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non sono corrisposte tutta una serie di indennità attinenti le attività di volo;
   il recente ingresso del personale aeronavigante del Corpo forestale dello Stato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco rende maggiormente evidente tale incongruità relativa alla coesistenza nella stessa amministrazione di personale con così differente trattamento retributivo;
   tale situazione ha generato nel personale della componente aerea dei vigili del fuoco quella condizione di forte disagio e demotivazione che ha determinato iniziative di protesta tra piloti e specialisti del nucleo elicotteri di tutta Italia; tra le quali la decisione di rassegnare le proprie dimissioni dall'incarico per essere reintegrati nel settore operativo dei vigili del fuoco. Da ultimo, ha aderito a questa forma di protesta anche il gruppo elicotteristi dei vigili del fuoco di Venezia, di base all'aeroporto di Tessera –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per rispondere alle istanze manifestate dal personale aeronavigante del Corpo dei vigili del fuoco e al fine di sanare disparità stipendiali createsi all'interno dello stesso corpo con gli elicotteristi transitati dal Corpo forestale dello Stato. (4-15913)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede di conoscere quali iniziative si intendano adottare affinché venga riconosciuto al personale pilota e specialista di aeromobili del Corpo nazionale dei vigili del fuoco lo stesso inquadramento giuridico, economico e pensionistico del restante personale aeronavigante dello Stato.
  Si premette che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai fini dell'assolvimento dei propri compiti istituzionali, dispone di personale dotato di particolari capacità tecniche e professionali, attestate dal possesso di brevetti o certificazioni rilasciate dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, a seguito del superamento di corsi di formazione specialistica, per svolgere le funzioni di piloti e specialisti di aereo e di elicotteri, di sommozzatori, di nautici e di addetti alle telecomunicazioni.
  L'esercizio di tali funzioni, fondamentali per le attività di soccorso tecnico urgente volte a salvaguardare l'incolumità delle persone e l'integrità dei beni, determina il riconoscimento di specifiche indennità sulla base di quanto previsto dalle norme legislative e contrattuali.
  In particolare, al personale aeronavigante è attualmente corrisposta un'indennità di volo, contrattualmente determinata con accordo sindacale del 22 novembre 2004, ammontante a circa 8 mila euro all'anno per i piloti e a circa 6 mila 800 euro per gli specialisti, erogata nella stessa misura indipendentemente dalla qualifica professionale posseduta o dall'anzianità di servizio. Tale indennità risulta sicuramente inferiore a quelle riconosciuta all'omologo personale delle altre organizzazioni dello Stato ad ordinamento militare e civile.
  Peraltro, l'ingresso di parte della flotta aerea del Corpo forestale dello Stato e del relativo personale specialista nel dipartimento dei vigili del fuoco, a seguito dell'assorbimento disposto dalla legge n. 124 del 2015 (cosiddetta legge Madia) ed attuato con il decreto legislativo n. 177 del 2016, ha reso ancora più immediata ed evidente tale disparità di trattamento economico.
  Per quanto riguarda i riflessi del citato assorbimento del Corpo forestale dello Stato, si informa che, con ulteriori provvedimenti attuativi, l'Amministrazione dell'interno, oltre a definire l'organizzazione del servizio antincendio boschivo nell'ambito del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e ad articolare lo stesso servizio in strutture centrali e territoriali, provvederà anche alla riorganizzazione del servizio aereo del Corpo nazionale.
  Tale riorganizzazione è indispensabile, in quanto, a seguito dell'emanazione del citato decreto legislativo n. 177 del 2016, la componente aerea del Corpo nazionale dei vigili del fuoco si è accresciuta con il trasferimento di 96 piloti e specialisti di elicottero e 16 mezzi aerei del Corpo Forestale dello Stato, che si sono andati ad aggiungere ai 19 aerei Canadair acquisiti nel 2013 per effetto del passaggio dal dipartimento della protezione civile.
  Per quanto appena detto, l'Amministrazione dell'interno è certamente motivata a valorizzare il personale aeronavigante del Corpo nazionale, anche sotto i profili oggetto dell'interrogazione.
  Ovviamente la questione non potrà essere affrontata senza considerare anche le altre specialità del Corpo nazionale – cioè i sommozzatori, i nautici e i radioriparatori –, il che comporterà anche un maggior impegno finanziario e la necessità di avviare un percorso per reperire le risorse necessarie allo scopo, alla realizzazione del completo allineamento agli altri corpi dello Stato.
  Uno strumento utile in tal senso potrebbe rinvenirsi nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 8 della già citata legge n. 124 del 2015, preordinata all'ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale, anche attraverso il riordino degli attuali ruoli e qualifiche del personale.
  Nella seduta del 24 maggio 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva lo schema di decreto legislativo delegato, che è ora in via di pubblicazione. L'articolo 15 del provvedimento istituisce il fondo per l'operatività del soccorso pubblico e prevede che le risorse ivi allocate siano utilizzate con le modalità individuate con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo. Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per espressa previsione dello stesso articolo 15, potrà riservare una quota delle risorse stanziate a finanziare ulteriori interventi di riordino delle carriere e dei ruoli del Corpo nazionale.
  Si evidenzia, al riguardo, che nella seduta del 3 maggio 2017, la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in questione, tra le altre osservazioni aveva chiesto al Governo di valutare «l'opportunità ... di rivedere in un'ottica di valorizzazione, nell'ambito delle specializzazioni del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, le alte qualificazioni/specialità in possesso del personale di ruolo».
  Per esaminare questa osservazione e, più in generale, per approfondire tutte le questioni aperte in tema di ordinamento del personale dei vigili del fuoco, l'Amministrazione ha già aperto un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, nella prospettiva dell'attivazione del meccanismo di revisione previsto dalla stessa legge Madia, che consente di adottare disposizioni interpretative e correttive del decreto legislativo entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore.

  Proprio questo decreto correttivo appare il «veicolo» normativo più appropriato ad avviare e sostenere il percorso di armonizzazione delle indennità di tutto il personale specialista del Corpo nazionale, compreso quello aeronavigante.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un articolo pubblicato dalla versione online del quotidiano « La Stampa» del 16 febbraio 2017, l'attuale regolamento dei battelli sul Lago Maggiore dell'ente Gestione navigazione laghi non tenderebbe a favorire il trasporto di biciclette da parte degli utenti sulle imbarcazioni;
   secondo il regolamento sopracitato infatti, il trasporto delle biciclette sarebbe «a discrezione del comandante»;
   oltre che inibire il singolo ciclista, tale norma impedirebbe di fatto anche l'organizzazione di tour sul lago che prevedano formule «bicicletta più battello»;
   tale limitazione sarebbe un notevole freno per lo sviluppo del ciclo-turismo;
   si fa presente che, come si apprende dall'articolo già citato de La Stampa, i regolamenti dei laghi di Como e di Garda, per quanto a loro volta di competenza della stessa Gestione navigazione laghi, proprio nel caso dell'imbarco delle biciclette, sarebbero diversi e più permissivi rispetto a quello del Lago Maggiore;
   al momento, non sarebbe possibile per gli utenti sottoscrivere abbonamenti «passeggero più bicicletta», che sarebbero molto utili per i pendolari che ogni giorno fanno la spola tra le sponde del Lago Maggiore;
   la Gestione navigazione laghi è un ente governativo istituito con legge n. 614 del 1957 attraverso la quale il legislatore ha affidato ad un funzionario dell'amministrazione dello Stato, nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'esercizio delle linee di navigazione –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative affinché l'ente di Gestione navigazione laghi possa modificare il regolamento di cui in premessa, rendendo il trasporto biciclette condizionato al traffico contingente, favorendo, per quanto di competenza, la creazione di abbonamenti per i battelli «passeggero + bicicletta» e tour ciclo-turistici sul Lago Maggiore e rendendo gratuito il trasporto della bicicletta per i residenti dei comuni rivieraschi;
   come si intenda agire al fine di equiparare i regolamenti di navigazione dei laghi Maggiore, Como e Garda, considerando che tutti e tre sono di competenza della gestione governativa navigazione laghi, e al fine di permettere a tutte le realtà di sviluppare al meglio le proprie potenzialità sia da un punto di vista di servizi ai cittadini, che turistico-economico.
(4-15754)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne di questo Ministero che ha interessato direttamente la gestione governativa per i laghi Maggiore, di Como e di Giarda.
  Occorre premettere che il perimetro dell'attività di servizio pubblico di trasporto lacuale erogato dalla gestione governativa è sottoposto ai dettami del Codice della navigazione, quale fonte di diritto primario, il quale, al titolo III, capo IV, articolo 292, identifica nella figura del comandante la professionalità munita della prescritta abilitazione cui attribuire potestà di carattere disciplinare nella regolamentazione della vita collettiva a bordo individuando al successivo articolo 297 precise responsabilità in capo allo stesso, specificando che prima della partenza il comandante deve di persona accertarsi che la nave sia idonea al viaggio da intraprendere, bene armata ed equipaggiata. Deve, altresì, accertarsi che la nave sia convenientemente caricata e stivata.
  La gestione governativa laghi fa sapere che il codice della navigazione è stato recepito internamente, in maniera specifica, in ordine al servizio pubblico di linea sui laghi, mediante il regolamento d'esercizio approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota NI/1716 nel novembre 2004, si tratta, aggiunge la suddetta gestione, di un documento unico e valido per tutte e tre le direzioni di esercizio dei laghi Maggiore, Garda e Como.
  Il predetto regolamento specifica nel dettaglio i doveri e le responsabilità del personale, il traffico, le regole di navigazione (precedenze, rotte, approdi), le registrazioni e segnalazioni ed aggiunge anche le indicazioni per l'equipaggio e per la gestione delle emergenze a bordo.
  In particolare al punto 1.2 precisa che il comandante quando ha in consegna una nave ne assume la piena responsabilità; a lui è affidata la buona riuscita del viaggio durante il proprio servizio e la sua attività è improntata al rispetto di quanto previsto da Codice della navigazione, inoltre, è responsabile dell'incolumità dei passeggeri, dell'equipaggio, del personale addetto ai servizi complementari di bordo, della nave e della conservazione dei bagagli e delle merci. A bordo può avvalersi della sua autorità, sia sui passeggeri che sul personale in servizio a lui subordinato, ogni qualvolta è necessario. Dirige personalmente ogni manovra e dispone opportunamente l'imbarco dei viaggiatori, il carico del materiale trasportabile ammesso al seguito, delle merci e degli automezzi a bordo delle motonavi traghetto.
  In merito al trasporto delle biciclette, la gestione sottolinea che al punto 2.8, il regolamento di esercizio stabilisce che l'imbarco delle biciclette è di norma consentito sulle navi della navigazione laghi; il numero delle biciclette imbarcabili è determinato in funzione del tipo di motonave e del traffico contingente secondo le modalità stabilite dalle direzioni di esercizio. Sarà cura del personale di terra informare il comandante della nave in transito per ottenere la disponibilità al passaggio delle stesse, mentre l'imbarco delle biciclette sui mezzi veloci (aliscafi e catamarani) è regolato da disposizioni delle singole direzioni di esercizio.
  Pertanto, è di tutta evidenza che l'imbarco a bordo di passeggeri, merci, veicoli e biciclette, non può che essere condizionato dalla discrezionalità del comandante che opera di volta in volta una scelta immediata, condizionata da diversi fattori, tra i quali, non ultimo la fruibilità agli scali successivi, a tutela generale del servizio e della sicurezza di trasporto.
  La gestione rappresenta, infatti, che i collegamenti di linea per il trasporto dei passeggeri sono concepiti generalmente per il trasferimento di persone e sono serviti da battelli strutturati di conseguenza, a bordo dei quali le vie d'accesso, gli spazi e le condizioni meteo contingenti legate all'eventuale instabilità tipica del lago non permettono di assicurare a priori l'accoglienza a bordo delle biciclette.
  La gestione evidenzia, altresì, che la discrezionalità di imbarco in capo al comandante debba essere percepita quale garanzia a favore dell'utente in relazione alla sicurezza nell'esercizio del servizio ed al comfort di viaggio e non come limite allo sviluppo del cicloturismo. Tale ultima affermazione, specifica la gestione, non tiene in debito conto l'elevata frequenza delle corse su alcune tratte, la gestione navigazione lago Maggiore trasporta annualmente oltre 12.000 biciclette.
  Per ciò che concerne le considerazioni relative alla tassazione del trasporto biciclette, la gestione governativa laghi, ha fatto presente di avere allo studio possibili soluzioni per incontrare le esigenze su tale questione, fermo restando che l'imbarco con biciclette, in virtù di quanto specificato in termini di discrezionalità del comandante, non può in alcun modo essere garantito con assoluta certezza all'utenza interessata, nonostante il possesso di un titolo di viaggio regolare.
  Relativamente alla richiesta di gratuità del trasporto di biciclette per i residenti dei comuni rivieraschi del lago Maggiore, la gestione comunica, infine, che pur condividendo lo spirito della proposta ritiene non percorribile attualmente questa soluzione poiché, i potenziali minori introiti derivanti potrebbero riflettersi sull'equilibrio dell'andamento economico della gestione stessa.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diverse fonti di stampa hanno riportato la notizia secondo la quale nella bozza di riordino della polizia postale e delle telecomunicazioni diffusa dal dipartimento di pubblica sicurezza in Piemonte sarebbe previsto solo il mantenimento degli uffici di Torino e Novara, con la conseguente chiusura del dipartimento di Cuneo;
   più in generale, tale bozza prevederebbe il mantenimento di un solo ufficio nei capoluoghi di regione e la chiusura di circa 50 sezioni provinciali (dalle 80 attuali) con il conseguente quasi dimezzamento dell'organico;
   è circostanza nota come il personale della polizia postale sia altamente qualificato ed i suoi compiti spazino dalla lotta ai reati informatici e telematici, al contrasto alla pedopornografia e al terrorismo, fino a fronteggiare lo spregevole fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, materie queste assegnate in via prioritaria per legge, e per taluni aspetti di competenza esclusiva, a questa specialità della polizia di Stato;
   proprio la sua presenza capillare sul territorio, attraverso una ramificazione provinciale, è risultata essere in questi anni un modello vincente, consentendo di conseguire numerosi risultati positivi, riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale, nei confronti di una dilagante criminalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato, se condivida tale riorganizzazione che, oltre a comportare riduzione degli uffici e del personale, non potrà non riverberarsi sulla sicurezza dei cittadini e se intenda assumere iniziative per modificare tale bozza. (4-16377)

  Risposta. — La questione segnalata dall'interrogante, relativa all'ipotesi di chiusura di una serie di sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, in particolare nella regione Piemonte, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014, ma a tutt'oggi non ancora definito.
  Ciò in quanto è sopravvenuta la legge n. 124 del 2015 – cosiddetta legge Madia – che, nel delegare al Governo l'emanazione di una serie di decreti legislativi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha individuato alcuni importanti criteri direttivi proprio in tema di riordino del sistema della sicurezza e cioè: evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia; favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai princìpi di efficienza della spesa pubblica.
  Sulla base di tali linee direttrici, l'articolo 3 del decreto legislativo delegato n. 177 del 2016 ha statuito che, in sede di razionalizzazione dei presidi di polizia, dovrà essere privilegiato l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Si dovrà tenere conto, altresì, dei provvedimenti di riorganizzazione degli uffici di polizia di livello provinciale, nonché della revisione delle articolazioni periferiche dell'amministrazione della pubblica sicurezza.
  La stessa disposizione ha previsto poi che la ridislocazione dei presidi di polizia, risultante dall'applicazione di tali indirizzi di fondo, sarà recepita in un decreto del Ministro dell'interno da emanarsi ai sensi della legge n. 121 del 1981.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti, presso il dipartimento della pubblica sicurezza, appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la Polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'operatività alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, con spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Tale rinnovata modulazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le Sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si assicura fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della Polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del prodotto sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 1992 è avvenuta la riforma più importante della storia dei nautici, con la quale sono stati rivoluzionati i programmi del percorso di studio. In particolare, è stato istituzionalizzato il progetto cosiddetto «nautilus» secondo alcuni lavoratori del settore, che hanno contattato l'interrogante, tali variazioni hanno indebolito la preparazione fornita agli allievi nautici;
   pertanto, prima della riforma il titolo dei diplomi era «aspirante al comando di navi mercantili» e «aspirante alla direzione di navi mercantili», Successivamente, la denominazione della loro, qualifica è cambiata rispettivamente, per i due indirizzi, in «perito per il trasporto marittimo (TM)» con l'indirizzo Orione e «perito per gli apparati e impianti marittimi (AIM)» con l'indirizzo Nautilus;
   così facendo, coloro che erano già in possesso delle posizioni professionali a cui si è fatto riferimento, risultavano non avere un'adeguata preparazione scolastica e professionale. Quindi, sono nate le cosiddette «accademie del mare», istituti che compensavano la mancata preparazione fornita dagli istituti nautici prima delle riforme citate;
   prima delle citate riforme, pertanto, chi conseguiva il diploma, dopo esser stato esaurito da una commissione ministeriale, aveva due alternative: a) intraprendere l'attività professionale marittima (avendo comunque conseguito le competenze necessarie); b) proseguire gli studi accademici, aggiungendo così alla scolarizzazione nautica altre competenze;
   chi intraprendeva la strada professionale marittima, navigava con il ruolo di allievo ufficiale di coperta per un periodo di addestramento pari a 18 mesi, trascorsi i quali – previo superamento di un esame dinanzi ad una commissione con sede in una direzione marittima – potevano conseguire titolo di «capitano di navi mercantili inferiore a 1600 tonnellate di stazza lorda». Invece, chi navigava per quattro anni, di cui uno fuori dagli stretti di Suez e di Gibilterra, poteva sostenere l'esame per conseguire il titolo di «capitano di lungo corso senza limiti di tonnellaggio». Tali soggetti, nel corso della loro carriera, svolgevano numerosi corsi addestramento, per quel che concerne le varie strumentazioni di ausilio navigazione (radar X, radar S, radar ARPA, ECDIS, GMDSS) e per quel che concerne le problematiche in cui si incorre vivendo su di una nave (formazione in materia di medical care, antincendio, sicurezza contro gli attentati ed altri);
   con decreto ministeriale 25 luglio 2016, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto l'obbligatorietà dei corsi per il livello direttivo (settore coperta e macchina) per loro che intendono acquisire o rinnovare i titoli;
   pertanto, chi aveva conseguito titoli prima del luglio 2016 deve partecipare ad un corso direttivo per «comandanti», «direttori e primi Ufficiali di coperta e di macchina», di durata pari a 300 ore di preparazione scolastica per la sezione di coperta (comandante e I ufficiale) e di durata pari a 570 ore per la sezione macchina (direttore e I ufficiale);
   in questo modo, però, non vengono considerati, secondo l'interrogante, le competenze acquisite negli anni da lavoratori con molti anni di esperienza sul campo che vengono paragonati a chi sta iniziando gli studi;
   peraltro, sempre secondo quanto disposto dal decreto ministeriale 25 luglio 2016, i marittimi di «vecchia preparazione» si debbono adeguare alla normativa entro dicembre 2018 previa perdita dei propri titoli, si parla, quindi, di un numero molto considerevole di posti di lavoro a rischio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per disporre, che coloro i quali hanno fino ad ora esercitato le professioni marittime, perché in possesso dei precedenti requisiti, possano continuare ad esercitare tali professioni senza alcuna interruzione. (4-15791)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, circa l'opportunità di dispensare i marittimi già in possesso di certificati di competenza a livello direttivo di effettuare il corso direttivo di cui al decreto direttoriale 3 dicembre 2013, la Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne ha comunicato che il corso direttivo è stato istituito al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2012/2210, aperta dalla Commissione europea a seguito dell'Audit di implementazione della direttiva 2008/106/EC effettuato dall'Emsa nel novembre 2007.
  Nel corso del suddetto Audit, l'Emsa rilevò che i programmi degli istituti nautici (progetti Orione e Nautilus) non garantivano tutte le competenze richieste dalla convenzione Stcw'78, come emendata.
  Inoltre, il conseguimento del diploma degli ex Istituti tecnici nautici (oggi Istituti tecnici logistica e trasporti) consentiva solamente l'iscrizione nelle matricole della gente di mare con la qualifica «allievo ufficiale di coperta o di macchina» che è il primo gradino della carriera marittima.
  Pertanto, dopo l'acquisizione di tale qualifica, il marittimo doveva (e ancora deve effettuare un periodo di navigazione a bordo (12 mesi) e sostenere un esame presso la direzione marittima al fine di ottenere il certificato di competenza da ufficiale, di coperta o di macchina.
  Una volta ottenuto il suddetto certificato da ufficiale, che consente all'ufficiale di esercitare le proprie funzioni a livello operativo, deve effettuare un ulteriore periodo di navigazione e sostenere un ulteriore esame al fine di ottenere un certificato che lo abilita alle funzioni di I ufficiale, di coperta e di macchina a livello direttivo.
  Con il decreto ministeriale 30 novembre 2011, l'amministrazione aveva considerato come acquisita la competenza a livello direttivo, semplicemente con il periodo di navigazione. Tale disposizione, però non è stata ritenuta sufficiente dalla Commissione europea che ha aperto la procedura di infrazione succitata.
  Con il decreto dirigenziale a firma del comandante generale del corpo delle capitanerie di porto del 4 dicembre 2013 no 1365 recante: Disciplina del corso di formazione per il conseguimento delle competenze di livello direttivo per gli ufficiali di coperta e di macchina, venivano definiti i programmi per l'acquisizione delle competenze direttive come previste dalla regola II/2 e III/2 della convenzione Stcw nella sua versione aggiornata.
  La Commissione europea riteneva, quindi, soddisfacente per quanto attiene il gap di formazione l'emanazione del decreto sopra citato, entrato in vigore in Italia in data 14 gennaio 2014; da tale data tutti gli ufficiali di navigazione e di macchina accedono al «corso» al fine di conseguire l'abilitazione di livello direttivo e, quindi, essere arruolati con la qualifica di primo ufficiale (coperta e macchina).
  Successivamente, alla luce di una rilevata incertezza circa l'obbligatorietà della frequenza ed al fine di dare compiuta risposta ai quesiti posti dalle associazioni sindacali e dal cluster marittimo, il comando generale del corpo delle capitanerie di porto – 6o reparto – formulava specifico quesito alla Commissione europea che in data 6 marzo 2017, comunicava quanto segue:
   la non conformità evidenziata da Emsa si riferisce al rilascio della certificazione di competenza di livello direttivo senza che i candidati avessero completato il relativo programma di formazione (quindi il periodo di imbarco non può sostituire la formazione);
   né l'Emsa né la Commissione hanno raccomandato un'applicazione retroattiva per il conseguimento dei requisiti del livello direttivo (il termine «retroattiva» è inteso come applicazione prima dell'entrata in vigore degli emendamenti 95 alla convenzione Stcw);
   i marittimi provenienti da altri Stati membri sono stati sottoposti ai requisiti di formazione e certificazione rilevanti molti anni fa (a far data infatti dalla data di entrata in vigore degli emendamenti 95 alla convenzione Stcw);
   i marittimi europei subiscono uno svantaggio concorrenziale sleale rispetto ai loro colleghi italiani.

  Il comando generale delle capitanerie di porto fa presente che dallo scambio di email con la Commissione appare chiaro che la formazione del personale marittimo con ruoli dirigenziali avrebbe dovuto coinvolgere gli stessi dalla entrata in vigore degli emendamenti 95 entrati in vigore a livello internazionale nel 1997. L'Italia, invece, avvalendosi della regola transitoria 1/15 della convenzione Stcw/95, ha posticipato l'entrata in vigore dei citati emendamenti al 2 febbraio 2002.
  Pertanto, con la circolare titolo: personale marittimo – serie: formazione no 033 del comando generale del corpo delle capitanerie di porto non si è estesa l'applicazione in modo retroattivo ma si è esclusivamente colmata la mancata formazione dei marittimi che hanno conseguito il titolo tra il 2 febbraio 2002 (data a partire dalla quale tutti i marittimi avrebbero dovuto conformarsi agli emendamenti Stcw del ’95) e fino alla sessione estiva di esami dell'anno 2014 per il conseguimento delle abilitazioni di cui sopra.
  Pertanto sono esclusi, sia dalla frequenza del percorso formativo che dall'esame finale, coloro i quali hanno conseguito la certificazione prima del 2 febbraio 2002.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Tolmezzo opera ininterrottamente dal 1948 un distaccamento della polizia stradale che pattuglia la viabilità a nord della linea Udine-San Daniele, percorsa da intenso traffico anche internazionale, legato alle intense attività industriali ed artigianali locali;
   il distaccamento della polizia stradale di Tolmezzo opera peraltro anche al di là della sopra menzionata zona di competenza, vigilando spesso su tutta la viabilità ordinaria della provincia di Udine e raggiungendo località situate anche a cento chilometri di distanza dalla propria sede;
   a dispetto delle sue onerose attività, il distaccamento della polizia stradale di Tolmezzo ha in organico solo 11 unità, compreso il suo comandante, che movimentano due pattuglie giornaliere;
   circolano da tempo indiscrezioni relative all'accorpamento del distaccamento della polizia stradale di Tolmezzo con la sottosezione autostradale di Amaro, sull'A 23, ampiamente raccolte dalla stampa locale;
   a riprova della credibilità delle indiscrezioni al riguardo, nel mese di agosto 2016 al distaccamento di Tolmezzo vennero sottratte 4 unità, allo scopo di aggregarle alla sottosezione di Amaro;
   se davvero si procedesse all'accorpamento con la sottosezione di Amaro, di fatto il distaccamento della polizia stradale di Tolmezzo verrebbe chiuso, privando di sorveglianza tutta la viabilità ordinaria del medio ed alto Friuli, nella Carnia e nella Val Canale;
   nel contempo, la sottosezione di Amaro non riuscirà neppure accorpando il distaccamento di Tolmezzo ad assicurare le 8 pattuglie giornaliere pattuite nella convenzione tra Ministero dell'interno e società Autostrade;
   una soluzione alternativa all'accorpamento che starebbe prendendo corpo è quella di trasferire il personale in entrata nella polizia stradale verso entrambe le strutture, il distaccamento di Tolmezzo e la sottosezione di Amara –:
   quali ragioni spingano il Governo nella direzione dell'accorpamento del distaccamento di Tolmezzo alla sottosezione di Amaro della polizia stradale e per quale motivo non trovino considerazione istanze che puntano al rilancio di entrambi.
   (4-14910)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, nel sottolineare l'efficienza e la professionalità del distaccamento della polizia stradale di Tolmezzo, chiede di adottare le iniziative necessarie a scongiurarne la paventata chiusura, evidenziando gli effetti negativi che questa misura produrrebbe sulla sicurezza della circolazione nella zona interessata.
  Si osserva preliminarmente che il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, avvalendosi delle prerogative riconosciutegli dall'articolo 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2001, n. 208 («Regolamento per il riordino della struttura organizzativa delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza») sta adottando provvedimenti di adeguamento organizzativo delle specialità della Polizia di Stato alle mutate esigenze operative.
  In tale ambito, con decreto del 31 marzo 2017, il predetto ha disposto la chiusura, tra gli altri, del posto di Polizia stradale di Tolmezzo, con contestuale rideterminazione della dotazione organica della sottosezione autostradale di Amaro.
  Con il provvedimento, il capo della polizia ha disposto anche che la predetta sottosezione autostradale estenda l'area di giurisdizione sulla viabilità ordinaria già di pertinenza del Posto di polizia in questione medesima.
  Le misure appena riferite si inquadrano nella necessità di adeguare l'assetto organizzativo della Polizia stradale alle mutate esigenze operative in relazione all'evoluzione del traffico viario, al fine di ottimizzare l'impiego delle risorse a disposizione secondo criteri di efficienza e di economicità.
  Su un piano più generale, si soggiunge che il futuro assetto della specialità stradale è oggetto, oltreché di specifiche misure organizzative da parte del Capo della polizia, di analisi e di approfondimento anche nell'ambito del piano di razionalizzazione dei presidi della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri su tutto il territorio nazionale, in via di elaborazione alla luce dei criteri direttivi dettati dalla cosiddetta legge Madia.
Tale progettualità sarà poi trasposta, come indicato nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2016, in un decreto ministeriale da emanarsi ai sensi della legge n. 121 del 1981.
  Anche la polizia stradale è coinvolta da tale riordino, essendo evidente la necessità di adeguarne l'operatività alle notevoli trasformazioni registratesi nella sicurezza dei traffici stradali, legati all'aumento dei volumi di traffico e ai cambiamenti delle direttrici principali.
  Per giungere a una compiuta definizione del predetto piano di razionalizzazione, sono in fase di elaborazione – da parte di appositi gruppi interforze istituiti presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno – i criteri volti a rimodulare la rete dei presidi in rapporto alle specifiche realtà dei territori, secondo una logica che consenta di coniugare efficienza ed efficacia, evitando diseconomie di scala.
  Si assicura, fin da ora, che ogni possibile opzione sarà oggetto di attenta valutazione, che sarà coerente sia con un sistema della sicurezza più aderente ai mutati scenari di rischio sia con le esigenze di efficientamento e adeguamento organizzativo connesse alla trasformazione tecnologica e infrastrutturale del Paese.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il 14 dicembre a Roma nei pressi degli uffici dei gruppi parlamentari, l'ex deputato Osvaldo Napoli è stato circondato e strattonato da una cinquantina di attivisti dichiaratosi appartenenti all'autodefinito «Movimento dei Forconi»;
   al grido di «arrestiamo i politici, basta, dignità», diversi soggetti partecipanti all'azione hanno cercato di immobilizzare e strattonare l'ex parlamentare che liberatosi, dopo aver chiesto l'intervento dei carabinieri presenti, si è divincolato e riparato entrando nella sede dei gruppi parlamentari di via Uffici del Vicario;
   da quanto si apprende per questa azione le forze dell'ordine hanno poi provveduto ad identificare 11 persone;
   secondo i primi accertamenti, l'assalto condotto nel cuore di Roma è da attribuire a militanti del gruppo «9 Dicembre Forconi». Gli attivisti si erano dati appuntamento in piazza Montecitorio per protestare contro il governo e con l'intento di «arrestare» un politico. Il cosiddetto «movimento dei Forconi» era salito alla ribalta circa 5 anni fa, tra fine 2011 e inizio 2012, nascendo come associazione di agricoltori, pastori, allevatori che si definisce «apartitica», nonostante la presenza al suo interno di vari esponenti di Forza Nuova e delle destre estreme;
   con riferimento all'episodio che ha coinvolto come vittima l'ex deputato Napoli, risultano particolarmente gravi, ad avviso dell'interrogante, la presenza e le successive dichiarazioni di Antonio Pappalardo, ex generale dei carabinieri e già deputato della XI legislatura;
   da quanto si apprende dal web, il movimento starebbe organizzando per il 16 gennaio 2017 una o più manifestazioni in una o più città italiane, senza specificare la data e il luogo dell'evento –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e come intenda intervenire prontamente, per quanto di competenza, per evitare fenomeni emulativi di atti come quello che ha visto vittima l'ex deputato Napoli ed eventuali manifestazioni in piazza caratterizzate da azioni di lotta violenta. (4-15028)

  Risposta. — Come riferito nell'atto di sindacato ispettivo in esame, la mattina del 14 dicembre 2016 una decina di aderenti al movimento dei «Forconi» ha avvicinato l’ex deputato di «Forza Italia» Osvaldo Napoli, attuale consigliere comunale della città di Torino. Uno di loro gli si è posto di fronte e ha letto un comunicato nel quale tutti i parlamentari venivano definiti meritevoli di essere arrestati, quali usurpatori dei diritti politici dei cittadini.
  In un primo tempo, si è pensato che si trattasse dell'intervista di una delle numerose
troupes che quotidianamente si aggirano nei pressi del Palazzo di Monte Citorio ma, dopo la lettura del comunicato, il gruppo ha tentato di bloccare Osvaldo Napoli, non riuscendo nell'intento grazie ai carabinieri in servizio di vigilanza in via degli uffici del Vicario, il cui immediato intervento consentiva all’ex deputato di raggiungere la sede dei gruppi parlamentari sita in quella stessa via.
  Nella circostanza, due militari hanno avuto una colluttazione con alcuni manifestanti, mentre il resto del gruppo si è diretto verso la sede dei gruppi parlamentari, inveendo contro Osvaldo Napoli e, più in generale, contro tutti i parlamentari.
  L'assembramento è stato sciolto tempestivamente dagli operatori della Polizia di Stato, che hanno poi accompagnato undici persone responsabili della suddetta manifestazione non preavvisata presso il commissariato di pubblica sicurezza sezionale «Trevi-Campo Marzio», per l'identificazione e il successivo deferimento alla competente autorità giudiziaria per violazione dell'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
  Il soggetto che aveva letto il volantino, entrando in colluttazione con i militari dell'Arma dei carabinieri, è stato deferito all'autorità giudiziaria per violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale.
  I successivi approfondimenti di indagine hanno consentito di identificare e denunciare, ai sensi del predetto articolo 18 del T.U.L.P.S., altri due responsabili che hanno partecipato attivamente alla manifestazione; in particolare, uno è stato segnalato all'Autorità giudiziaria per resistenza a pubblico ufficiale, in considerazione dell'aggressione verbale e fisica all'ex deputato.
  In seguito all'episodio e nel quadro delle ulteriori misure finalizzate a tutelare le sedi istituzionali, sono state assunte – anche alla luce dei profili di rischio connessi a possibili iniziative di matrice terroristica – misure aggiuntive al dispositivo di vigilanza dell'area interessata, già attuato in via continuativa mediante rinforzi di aliquote di operatori di polizia e a mezzo di pattuglie appiedate, con particolare attenzione ai punti di accesso. Inoltre, è al vaglio la possibilità di costituire, nella zona interessata, un'area di sicurezza con afflussi controllati mediante varchi presidiati dalle Forze di polizia.
  Per quanto concerne invece la giornata del 16 gennaio 2017, si comunica che non si sono registrate manifestazioni di rilievo da parte del movimento in questione, le cui dinamiche sono state – e rimangono tuttora – oggetto di attento monitoraggio da parte delle Forze dell'ordine, allo scopo di impedire eventuali derive violente.
  Al riguardo, si assicura che le autorità di pubblica sicurezza e le forze di polizia pongono la massima attenzione, sull'intero territorio nazionale, alla prevenzione e al contrasto delle iniziative dei gruppi di qualunque estrazione e orientamento che, nel manifestare il proprio dissenso attraverso comportamenti violenti o comunque illeciti, possono finire con il ledere i diritti costituzionalmente garantiti.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2016 aveva stanziato 20 milioni di euro per la continuità territoriale della regione Sicilia. L'emendamento presentato dall'interrogante e approvato consentiva un efficace ed efficiente sistema di collegamenti da e per la Sicilia che garantisse la riduzione dei disagi derivanti dalle condizioni di insularità e assicurasse la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti;
   è da sottolineare come da oltre un anno e mezzo i fondi stanziati nella legge di stabilità non siano stati ancora spesi e risulti pertanto necessario un chiarimento da parte del Ministero sull'effettiva destinazione dei predetti fondi che sono determinanti per la regione Sicilia;
   occorre, infatti, conoscere con esattezza e dettaglio tutti i diversi «passaggi» burocratici che finora non hanno prodotto alcun risultato evidente per l'isola, relegandola in un ruolo di marginalità;
   così come è opportuno sapere come mai le risorse economiche già stanziate non siano state spese e quali siano le eventuali responsabilità e a chi vadano addebitate (ovvero se la responsabilità in questo caso sia da imputarsi al Ministero o se la regione non abbia adempiuto regolarmente alla spesa dei predetti fondi) –:
   se non intenda chiarire quale sia l’iter che devono seguire il Ministero e la regione nell'erogazione dei fondi;
   quali siano le problematiche emerse in sede di destinazione e spesa delle risorse economiche che la legge di stabilità aveva previsto per la continuità territoriale della regione Sicilia;
   se non sia opportuno verificare, per quanto di competenza, eventuali inadempienze che allo stato non sembrano chiare, al fine di capire come mai a distanza di un anno e mezzo dalla legge di stabilità non si sia provveduto a destinare le risorse economiche per la continuità territoriale della regione Sicilia. (4-16385)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo ed internazionale per l'aviazione civile (Enac), si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Le risorse cui si riferisce l'interrogante sono state impegnate dalla citata Direzione generale competente con decreto direttoriale n. 10/3146 del 25 maggio 2016, proprio per la finalità prevista dalla norma di «garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia, che consenta la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione di insularità e assicuri la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti».
  Per quanto concerne la concreta utilizzazione delle stesse, sulla base di quanto determinato nell'ambito della conferenza di servizi che ha concluso i propri lavori in data 26 ottobre 2016, si evidenzia quanto segue.
  Al fine di assicurare la continuità territoriale aerea per le isole di Lampedusa e Pantelleria, per il periodo 1° luglio 2017/ 30 giugno 2018, è stato stabilito che venga esperita una gara europea mediante bando da adottarsi alle medesime previsioni agevolative in atto vigenti a tale fine sono destinate risorse pari ad euro 11.564.717,69 (iva inclusa) che trovano copertura per euro 6.043.145,12 sui fondi Enac, per euro 3.854.905,90 sui fondi della regione, e per euro 1.666.666,67 sui fondi dell'articolo 1, comma 486, della legge n. 208 del 2015.
  Nell'ambito della citata conferenza di servizi è stato altresì previsto che con successivo bando, della durata minima di anni 2 a decorrere dal 1o luglio 2018, da emanarsi a seguito di una nuova conferenza dei servizi, sarà istituito un nuovo regime onerato da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria che terrà conto delle agevolazioni richieste per le specifiche categorie di passeggeri indicate e per le tratte specificate nel verbale della prima seduta dell'anzidetta conferenza.
  Infine, la conferenza, si è impegnata ad assicurare anche il diritto alla mobilità delle popolazioni che gravitano sugli aeroporti di Comiso e Trapani prevedendo interventi in loro favore nel rispetto dei vincoli di legge e comunitari in materia di oneri di servizio pubblico.
  In linea con le anzidetto determinazioni, è stata esperita la gara europea annuale di cui sopra (cfr. Guee C 442 del 29 novembre 2016) per esercire in esclusiva i collegamenti da e per le isole minori in argomento. La gara è stata aggiudicata alla società
Mistral air che opererà i servizi aerei onerati per il predetto periodo 1o luglio 2017-30 giugno 2018.
  Il 17 maggio 2017 si è svolta, in prima seduta, una nuova conferenza di servizi con lo scopo di individuare il contenuto degli oneri di servizio pubblico da imporre sui collegamenti aerei da e per le isole di Lampedusa e Pantelleria a far data dal 30 giugno 2018 e su quelli da e per gli scali di Trapani e Comiso.
  Al riguardo occorre far presente che ulteriori risorse – per un importo pari a euro 30 milioni – derivanti dalla delibera Cipe n. 54/16 sono state destinate alla continuità territoriale da e per la Sicilia.
  Pertanto, le risorse totalmente disponibili per far fronte alle esigenze di continuità territoriale sono di gran lunga maggiore rispetto a quelle previste dalla legge di stabilità 2016 e si attestano, tenuto conto delle risorse messe a disposizione dalla regione e dall'Enac, a circa 70 milioni di euro. È evidente come l'intendimento di assicurare un efficace programmazione della continuità territoriale da e per la Sicilia con l'assegnazione di risorse significative abbia comportato un allungamento dei tempi delle procedure, atteso il coinvolgimento di una pluralità di soggetti istituzionali, ivi compresi i competenti uffici della Commissione europea, per la corretta definizione delle stesse.

Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PAGANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   esistono macchinari salvavita che non possono essere trasportati nella stiva degli aerei. Nello specifico, l'apparecchiatura elettromedicale per la dialisi peritoneale è un macchinario molto delicato che deve necessariamente essere trasportato in cabina come bagaglio speciale;
   il macchinario in questione è un bagaglio fuori misura sia per dimensione (70x60x22), sia per peso (21kg), del quale molte compagnie aeree come Iberia, British Airways e Ryanair, consentono il trasporto in cabina a titolo gratuito con semplice, preavviso di 48 ore;
   un passeggero, a quanto risulta all'interrogante, avrebbe segnalato che Alitalia chiede che venga pagato un biglietto anche per il trasporto del suddetto macchinario salvavita in cabina, come bagaglio speciale;
   il paziente in dialisi peritoneale dipende, per la propria sopravvivenza, da questa apparecchiatura, che sostituisce la funzione renale e che viene utilizzato ogni notte per almeno 8 ore. Saltare una notte, significa avere delle grossissime ripercussioni sulla salute, dunque è assolutamente necessario che il macchinario viaggi sempre con il paziente. La terapia può essere interrotta solo in caso di trapianto, nei casi in cui il trapianto è possibile –:
   se il Ministro sia a conoscenza del fatto che Alitalia richiede il pagamento di un biglietto per il trasporto di macchinari salvavita;
   quali iniziative di competenza possano adottare, con la massima urgenza, affinché si garantisca la gratuità del trasporto di tali macchinari. (4-13185)

  Risposta. — Con riferimento alla problematica esposta nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha preliminarmente evidenziato che l'articolo 10 del regolamento (CE) n. 1107/2006 prevede che il vettore aereo fornisca assistenza senza oneri aggiuntivi alle persone con disabilità o alle persone a mobilità ridotta in transito, in arrivo o in partenza da un aeroporto. Infatti, l'allegato II del medesimo regolamento prevede, tra l'altro, il trasporto in cabina degli apparecchi medici previo preavviso di quarantotto ore e limitatamente allo spazio disponibile a bordo dell'aeromobile, nonché nel rispetto della pertinente normativa alle merci pericolose.
  Quanto al vettore Alitalia, Enac riferisce di aver ricevuto un primo reclamo avente ad oggetto il trasporto di apparecchiatura elettromedicale per la dialisi peritoneale che lamentava un presunto comportamento del citato vettore non in linea con il predetto regolamento europeo. Il reclamo è stato gestito e risolto positivamente dallo stesso Enac; infatti, il vettore ha assicurato emissione di biglietto e imbarco del passeggero e dell'apparecchiatura senza oneri aggiuntivi. A fine anno 2016, da parte della stessa passeggera è pervenuto un secondo reclamo, anch'esso chiuso con esito positivo da Enac unitamente ad Alitalia.
  Il caso cui viene fatto riferimento comporta il trasporto a bordo di un macchinario per la dialisi peritoneale le cui misure non consentono l'uso della cappelliera o il posizionamento sotto il sedile di fronte a quello occupato dal proprietario e, per volontà del passeggero, non può trovare sistemazione in stiva. Quindi, qualora nell'aeromobile impiegato per il volo richiesto non vi siano spazi (esempio armadietti dedicati al personale di cabina) non è possibile acconsentire al trasporto se non tramite l'utilizzo di un sedile di bordo.
  Questa ipotesi comporla ovviamente un impegno commerciale da parte del vettore scelto dalla passeggera e, in considerazione della delicatezza della questione. L'Enac ha ritenuto opportuno confrontare la propria interpretazione delle disposizioni del regolamento con quella della Commissione europea. Sulla base del riscontro pervenuto, secondo le disposizioni del regolamento (CE) 1107/2006 – articolo 10 e allegato II – non è previsto l'obbligo per il vettore aereo di trasportare gli apparecchi medici in cabina consentendo l'utilizzo di un secondo posto a titolo gratuito se, per ragioni di configurazione della cabina o per ragioni di
safety, non vi sia uno spazio idoneo nella cabina stessa.
  Quindi l'obbligo previsto dal regolamento in parola è di trasportare, senza costi aggiuntivi, apparecchi medici e sino a due ausili per la mobilità nella stiva, dove comunque debbono essa e sempre rispettati i criteri di spazio e di sicurezza intesa come saliti. A titolo di esempio, si evidenzia che alcuni tipi di batterie per le sedie a rotelle elettriche non sono trasportabili a bordo degli aerei perché classificate come materiale pericoloso assimilabile all'esplosivo.
  I menzionati casi di avvenuto precedente trasporto in cabina dello stesso tipo di apparecchio medicale salvavita sono dovuti solo e unicamente alla disponibilità dimostrata dal vettore Alitalia a cercare di sistemare detti apparecchi in zone dedicate ad altre finalità e che, comunque, soddisfacevano i requisiti di
safety.
  Infine, Enac assicura di effettuare una costante azione di monitoraggio e controllo, oltre che di sensibilizzazione, sugli operatori aerei e, in particolare, ha già chiesto al vettore di studiare la possibilità di applicare tariffe dedicate per l'eventuale trasporto in cabina di apparecchio medico con l'utilizzo di un sedile fornendo adeguata informazione sulle relative modalità e costi per tale eventualità.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata dell'11 ottobre 2016 è stato effettuato uno sgombero dalle forze dell'ordine in relazione a un'occupazione a scopo abitativo in via De Maria a Bologna;
   l'occupazione, su iniziativa del collettivo Social Log, era in corso dal marzo 2014, in un immobile proprietà di privati, allora inutilizzato da anni;
   al momento dello sgombero, risiedevano nella palazzina 16 nuclei famigliari, corrispondenti a 65 persone, di cui 25 minori;
   secondo l'assessore ai servizi sociali del comune di Bologna, le operazioni si sarebbero svolte senza creare problemi alle famiglie che erano all'interno della struttura;
   altre fonti parlano tuttavia di uno sgombero violento, che avrebbe comportato il ferimento di alcune persone all'interno della propria abitazione;
   la cronaca locale riporta anche di ostacoli posti dalle forze dell'ordine ai giornalisti presenti nello svolgere il loro dovere di cronaca;
   nelle cariche che hanno contraddistinto l'ultima fase dello sgombero, indirizzate a manifestanti esterni, a quanto consta all'interrogante sarebbe rimasto ferito anche un consigliere di quartiere giunto sul posto come altri pubblici amministratori per favorire un esito non cruento dell'intervento;
   alla sola consigliera comunale presente è stato inoltre impedito, nonostante le reiterate richieste, di entrare nell'immobile, per verificare il corretto svolgimento delle operazioni e il coinvolgimento dei servizi sociali;
   la presenza significativa di minori doveva infatti consigliare di metterli al riparo da qualsiasi trauma, diretto e indiretto –:
   se e come intenda attivarsi per verificare che tutte le procedure adottate dalle forze di polizia siano state corrette e che non ci sia stato alcun tipo di uso della forza nei confronti delle famiglie occupanti. (4-14473)

  Risposta. — In relazione all'operazione di sgombero su cui verte l'interrogazione indicata in oggetto, la prefettura di Bologna ha riferito che, effettivamente, l'11 ottobre 2016, personale della Digos, unitamente a reparti di rinforzo, ha dato esecuzione al decreto di sequestro, emesso il 28 gennaio 2015 dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Bologna, degli immobili ubicati in via De Maria nn. 5/7, nella città felsinea.
  Tali edifici, di proprietà della società Mario De Maria srl, erano stati occupati abusivamente il 6 marzo 2014 da esponenti del locale collettivo antagonista Social Log e da cittadini extracomunitari, nel quadro delle loro rivendicazioni concernenti problematiche abitative.
  Nel corso delle attività di sgombero, il personale intervenuto ha rimosso tutto ciò che bloccava gli accessi ai due edifici, mentre gli occupanti hanno dato luogo ad un fitto lancio di oggetti, anche di grosse dimensioni, dalle finestre, proiettando all'indirizzo degli operatori acqua mista a detergenti.
  In tale contesto, le Forze di polizia sono riuscite ad accedere all'interno dello stabile, attraverso una finestra posta al quarto piano, servendosi dell'autoscala dei Vigili del fuoco.
  Va osservato che, sin dall'inizio dello sgombero, il personale operante ha posto in essere un'intensa opera di mediazione con gli occupanti, rivelatasi proficua dal momento che questi ultimi, dopo la rimozione degli ostacoli fissi, sono usciti all'esterno e sono stati aiutati dal medesimo personale di polizia a portar fuori i propri effetti personali.
  Le operazioni di sgombero si sono svolte senza particolari problemi in raccordo con il personale dei servizi sociali del comune di Bologna, che ha registrato la presenza e, all'occorrenza, assistito 78 persone, di cui 29 minori appartenenti a 16 nuclei familiari. È stata, inoltre, garantita la necessaria assistenza sanitaria a tre persone bisognose di cure.
  Nella circostanza, è stata consentita la presenza, nell'area strettamente riservata alle operazioni di sgombero da parte dei vigili del fuoco, di personale dell'Enel e dell'Hera, che hanno operato in condizioni di sicurezza, pur a fronte dei ripetuti lanci di oggetti da parte degli occupanti.
  Si sottolinea che, durante le operazioni, circa sessanta esponenti riconducibili a gruppi della locale area antagonista si sono radunati in prossimità degli edifici da sgomberare e hanno tentato più volte di forzare lo sbarramento delle Forze dell'ordine schierate a protezione delle attività in corso, venendo tuttavia respinti dai reparti di rinforzo.
  Successivamente, gli stessi manifestanti si sono mossi in corteo fino a giungere davanti agli uffici comunali di via Fioravanti, dove hanno dato luogo ad un presidio statico di protesta protrattosi fino al pomeriggio.
  In conclusione, dalla ricostruzione dei fatti non sembrano emergere elementi tali da ipotizzare che le forze di polizia abbiano tenuto una condotta contraria alla legge o ai moduli operativi ispirati a criteri di equilibrio e prudenza.
  Si rappresenta, infine, che nulla risulta in ordine alle circostanze riguardanti il consigliere comunale di cui si fa cenno nel testo dell'interrogazione.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 14 gennaio 2017 l'organizzazione politica Forza Nuova ha promosso a Milano, all'Arco della Pace, una manifestazione a carattere nazionale dal titolo «Per la sovranità», propagandandola con un manifesto in cui veniva riprodotto un frammento del Polittico della Rivoluzione fascista di Gerardo Dottori del 1934, in cui si ritraggono schiere di squadristi degli anni Venti con bandiere nere, baionette e fez;
   la stessa Forza Nuova non fa mistero di ispirarsi sia al ventennio fascista, sia alla Guardia di Ferro rumena fondata da Corneliu Zelea Codreanu, uno dei più sanguinari movimenti antisemiti che l'Europa abbia mai conosciuto, attivo negli anni Trenta e Quaranta del novecento, che arrivò a collaborare con i nazisti e praticare l'azione terroristica su larga scala;
   Forza Nuova è stata più volte oggetto di attenzioni da parte della magistratura fin dal suo sorgere il 29 settembre 1997;
   moltissimi sono stati, nel corso degli anni, gli episodi riportati dalla stampa che hanno visto militanti e dirigenti di Forza Nuova, o che vi avevano fatto parte, condannati per aggressioni violente;
   l'elenco sarebbe lunghissimo;
   solo per citarne alcuni, si va: dall'arresto a Padova, il 1° dicembre del 2000, di un gruppo di neofascisti, tra i quali figura un candidato alle elezioni comunali per Forza Nuova, in possesso di armi ed esplosivi, in un quantitativo tale da «devastare un intero quartiere», come scrisse allora il quotidiano Il Mattino; ai mandati di cattura per alcuni esponenti di Forza Nuova per l'irruzione il 10 gennaio 2003 negli studi televisivi di Telenuovo a Verona con pestaggio in diretta di Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia; al gravissimo episodio avvenuto nella notte tra il 24 ed il 25 settembre 2007 quando a Rimini furono arrestati 13 esponenti di Forza Nuova (tra cui il responsabile provinciale), con le accuse di violazione della legge antiterrorismo, tentato sequestro di persona, possesso di armi e materiale inneggiante al Terzo Reich, per aver cercato di assaltare Lab. Sociale Paz. con piedi di porco, spranghe e 14 litri di nitro-diluente antinebbia infiammabile e nocivo, pistole a gas, dieci coltelli a serramanico, tirapugni, due catene di ferro, due bastoni in legno, due pugnali, tre manganelli, e anche tre baionette;
   riguardo alla natura di questa organizzazione di particolare rilevanza vi sono stati due pronunciamenti della Corte di cassazione. Quello del 10 febbraio 2011 (sentenza n. 4938 della quinta sezione penale) con cui si affermava che «alla luce dei dati storici e dell'assetto normativo vigente durante il ventennio fascista, segnatamente delle leggi razziali», la qualità di fascista «non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall'accostamento al nazismo». Con ciò ribadendo il contenuto di un'altra precedente sentenza dell'8 giugno 2010, sempre della Corte di Cassazione, che ritiene invece «pienamente giustificato l'uso delle espressioni» «nazifascisti» e «neofascisti» nei confronti di Forza Nuova –:
   quali siano le ragioni per le quali a Forza nuova venga data, nonostante i suoi esponenti si siano macchiati di sistematiche e ripetute violenze, la possibilità di tenere pubblicamente comizi e cortei nelle città italiane;
   se il Governo possa fornire un quadro statistico esatto e completo sul numero e sulla tipologia di procedimenti penali che hanno interessato e interessano esponenti di Forza Nuova dalla sua fondazione ad oggi. (4-15233)

  Risposta. — L'interrogante, nel richiamare l'attenzione su alcune aggressioni ed episodi di violenza di cui si sarebbero resi responsabili esponenti di Forza nuova, chiede a questa amministrazione per quale ragione venga ancora consentito a tale movimento di tenere comizi e cortei pubblici nelle città italiane e quali siano il numero e la tipologia dei procedimenti penali a carico degli esponenti del sodalizio.
  In particolare, l'interrogante fa riferimento a un raduno di militanti di Forza nuova, provenienti da varie città italiane, che il pomeriggio del 14 gennaio 2017 si sono riuniti a Milano, in piazza Sempione, dando vita a una manifestazione regolarmente preavvisata dal titolo «Per la sovranità».
  Al riguardo, si informa che all'iniziativa hanno aderito circa 150 partecipanti che, a ridosso dell'Arco della Pace, hanno esposto le bandiere di Forza nuova e di Lotta studentesca, oltre ad alcuni striscioni con scritte varie, e hanno intonato slogan quali «Casa Lavoro solo agli italiani», «Italia agli italiani», «Europa agli europei» ed «Europa cristiana mai musulmana».
  Si precisa che, nel corso della manifestazione, non si sono registrati gesti o discorsi apologetici del disciolto partito fascista, né ha avuto luogo alcun tipo di reato o di turbativa per l'ordine pubblico.
  Quanto alla richiesta di non consentire al movimento in questione di tenere comizi e cortei, è evidente come il tema presenti connotati di particolare delicatezza, in quanto incide sul diritto di riunione costituzionalmente garantito.
  Si tratta, com’è noto, di un diritto che può essere compresso soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità ed è per questo che, a fronte di ciascuna manifestazione (sia essa organizzata da forza nuova o da altro movimento di analoga od opposta tendenza), le Autorità di pubblica sicurezza sono chiamate a operare di volta in volta un equo contemperamento tra i vari interessi e valori in gioco, valutando le circostanze e le condizioni che appaiono necessarie a consentire la manifestazione oppure, al contrario, inducono a vietarla o a farla svolgere secondo modalità differenti. In ogni caso, sono predisposti adeguati servizi di ordine pubblico.
  D'altra parte, nei riguardi di Forza nuova non risultano pronunce giurisdizionali che abbiano accertato il concretizzarsi della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista. Si rileva inoltre che le liste del movimento vengono regolarmente ammesse alle competizioni elettorali.
  È anche vero, tuttavia, che nel movimento, o in ambienti ad esso vicini, sono presenti elementi inclini all'uso della violenza, coinvolti in risse ed aggressioni contro elementi di opposto orientamento politico e in altre condotte illegali a carattere estemporaneo. Nell'arco temporale compreso tra il 2011 e 2016 sono stati 240 i deferimenti all'autorità giudiziaria e 10 gli arresti nei confronti di militanti o persone contigue a Forza nuova.
  In relazione a ciò, si assicura che le forze di polizia svolgono nei confronti del movimento una costante e accurata attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni, finalizzata a prevenire e reprimere le iniziative che possano sfociare in episodi di violenza o di aggressività.
  Sono costantemente controllati anche i luoghi di aggregazione degli aderenti al movimento e le iniziative assunte dai medesimi, che vengono perseguite con fermezza e segnalate all'Autorità giudiziaria ove si traducano in comportamenti illeciti.
  Si evidenzia, per completezza, che si tratta di attività di prevenzione e contrasto che le forze di polizia attuano nei riguardi di tutti i gruppi estremisti qualunque ne sia l'orientamento.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PARISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 aprile 2017 i vertici del Ministero dell'interno hanno presentato alle organizzazioni sindacali il documento «Nuova architettura polizia postale e delle telecomunicazioni»;
   il Ministero, per adeguarsi alle nuove necessità operative e alla trasformazione che ha subito il settore, ha rappresentato la necessità di operare una vasta razionalizzazione che interesserà tutto il territorio nazionale in base al genere dei reati che vengono perseguiti dalla polizia postale;
   attualmente il servizio di polizia postale e delle comunicazioni, con sede a Roma, coordina l'attività dei 20 compartimenti di polizia postale, localizzati in tutti i capoluoghi di regione ad esclusione della Valle d'Aosta, che rientra nelle competenze del compartimento di Torino. La regione Sicilia, invece, è stata suddivisa da alcuni anni in due compartimenti aventi rispettivamente sede a Palermo (Sicilia Occidentale) e Catania (Sicilia Orientale);
   i compartimenti hanno competenza regionale e sono generalmente diretti da un primo dirigente della polizia di Stato. I compartimenti coordinano a loro volta le rispettive sezioni all'interno del proprio territorio di competenza;
   le sezioni di polizia postale sono in totale 76 e hanno competenza provinciale. I responsabili delle sezioni sono generalmente appartenenti al ruolo ispettori;
   la nuova architettura prevede la seguente organizzazione: 20 compartimenti regionali, 8 sezioni distrettuali, e 21 sezioni provinciali;
   nelle province nelle quali non sarà più presente la sezione di polizia postale sarà istituita nelle questure una «sezione reati informatici» all'interno delle squadre mobili;
   è quindi prevista la chiusura di 55 sezioni provinciali;
   il personale della polizia postale è altamente qualificato ed i suoi compiti vanno dal contrasto alla pedopornografia e al terrorismo alla lotta ai reati informatici e telematici;
   la presenza capillare della polizia postale sul territorio, con le sue sezioni provinciali, ha consentito di conseguire risultati positivi unanimemente riconosciuti, e rappresenta quindi un modello;
   ogni tipo di riorganizzazione deve porsi l'obbiettivo di tutelare l'attività svolta al servizio dei cittadini, il personale e le sue professionalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato, se condivida la riorganizzazione prospettata o se intenda assumere iniziative per modificarla.
(4-16452)

  Risposta. — La questione segnalata dall'interrogante, relativa all'ipotesi di chiusura di una serie di sezioni della polizia postale e delle comunicazioni, è legata, al pari della proposta di soppressione di altri uffici di polizia sul territorio nazionale, all'attuazione di un piano di razionalizzazione sottoposto al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza nei primi mesi del 2014, ma a tutt'oggi non ancora definito.
  Ciò in quanto è sopravvenuta la legge n. 124 del 2015 – cosiddetta legge Madia – che, nel delegare al Governo l'emanazione di una serie di decreti legislativi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, ha individuato alcuni importanti criteri direttivi proprio in tema di riordino del sistema della sicurezza e cioè: evitare duplicazioni e sovrapposizioni dispersive nell'esercizio delle funzioni di polizia; favorire la gestione associata dei servizi strumentali in adesione ai principi di efficienza della spesa pubblica.
  Sulla base di tali linee direttrici, l'articolo 3 del decreto legislativo delegato n. 177 del 2016 ha statuito che, in sede di razionalizzazione dei presidi di polizia, dovrà essere privilegiato l'impiego della polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'arma dei carabinieri nel restante territorio, fatte salve specifiche deroghe per particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Si dovrà tenere conto, altresì, dei provvedimenti di riorganizzazione degli uffici di polizia di livello provinciale, nonché della revisione delle articolazioni periferiche dell'amministrazione della pubblica sicurezza.
  La stessa disposizione ha previsto poi che la ridislocazione dei presidi di polizia, risultante dall'applicazione di tali indirizzi di fondo, sarà recepita in un decreto del Ministro dell'interno da emanarsi ai sensi della legge n. 121 del 1981.
  Per giungere alla compiuta definizione di tale disegno di valenza strategica, sono stati istituiti, presso il dipartimento della pubblica sicurezza, appositi gruppi interforze che non hanno ancora terminato la loro attività.
  Tanto detto in linea generale, si rappresenta che anche la polizia postale e delle comunicazioni è coinvolta nel riordino in questione, essendo evidente la necessità di adeguarne l'operatività alle notevoli trasformazioni registratesi nel settore.
  Infatti, alle tradizionali mansioni di scorta e tutela di beni e servizi postali se ne sono affiancate e sostituite altre del tutto differenti, con spiccate connotazioni di alta specializzazione tecnologica e orientate al contrasto del crimine informatico nelle sue forme più variegate.
  Tale rinnovata modulazione punta a concentrare le più spiccate e qualificate risorse professionali nei compartimenti dei capoluoghi regionali e nelle Sezioni provinciali in cui operano procure distrettuali con ampia competenza in tema di reati informatici.
  Si sottolinea, comunque, che le professionalità attualmente in servizio presso le Sezioni continueranno a operare sul territorio, prevedendo tale rimodulazione un loro impiego nei reparti investigativi delle locali questure.
  Si assicura fin d'ora che il nuovo assetto organizzativo della polizia postale e delle comunicazioni sarà ispirato ad esclusive esigenze di efficientamento e di adeguamento alla trasformazione tecnologica del Paese, senza che ne venga a soffrire la qualità del prodotto sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la gravissima aggressione avvenuta ai danni di un dipendente di Trenord nell'esercizio delle sue funzioni di capotreno nella serata dell'11 giugno 2015 è soltanto l'ultimo di una serie di atti violenti ed intimidatori compiuti ai danni del personale, in particolare quello viaggiante, e dei viaggiatori;
   appena il 7 giugno le organizzazioni sindacali avevano proclamato uno sciopero regionale in Liguria di sensibilizzazione rispetto al tema della sicurezza;
   con il verbale di incontro del 15 giugno 2015 fra Ferrovie dello Stato spa, Trenitalia spa, Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Ugl Taf e Fast Ferrovie si chiede l'istituzione di una sede di monitoraggio e di individuazione delle possibili iniziative presso i Ministeri dell'interno e infrastrutture e trasporti, con le imprese ferroviarie e le organizzazioni sindacali, anche in considerazione della convenzione tra Ministero dell'interno — dipartimento Pubblica Sicurezza — e ferrovie dello Stato spa del 7 novembre 2007, rinnovata il 17 luglio 2012;
   è necessario:
    a) garantire l'incolumità e le massime condizioni di sicurezza dei lavoratori e dei cittadini che usufruiscono del servizio ferroviario;
    b) scongiurare la paventata soppressione, a decorrere dal 26 giugno 2015, di quindici treni, sulla base degli elementi già acquisiti dal Comitato ferrovie dello Stato — Polfer, rispetto ai quali non sono al momento garantite le condizioni minime di sicurezza;
    c) favorire la massima partecipazione istituzionale, con il coinvolgimento dei Ministeri interessati, dell'Inail, delle Imprese ferroviarie e delle organizzazioni sindacali –:
   se il Ministro, anche in considerazione delle risultanze della citata convenzione, intenda istituire una sede di monitoraggio e di individuazione delle possibili iniziative da attuare, in collaborazione con i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e del lavoro e delle politiche sociali, con l'Inail, con le imprese ferroviarie e con le organizzazioni sindacali, al fine di assicurare l'incolumità del personale ferroviario e dei passeggeri, sui convogli e nelle stazioni. (4-09508)

  Risposta. — L'aggressione segnalata dall'interrogante ha avuto luogo l'11 giugno del 2015 su un treno regionale di Trenord, nella tratta Rho-Milano Rogoredo, e si è conclusa con il ferimento grave di un capotreno e di un altro ferroviere.
  La polizia ferroviaria, prontamente intervenuta sul posto, ha provveduto a isolare la scena del crimine, anche per facilitare il lavoro del personale sanitario. Sono stati subito sentiti i testimoni e le descrizioni degli aggressori sono state fornite ai competenti uffici della questura milanese.
  Particolarmente utili per le indagini si sono rivelate le immagini fornite dall'impianto di videosorveglianza presente all'interno della vettura interessata. In tal modo, è stato possibile ricostruire con certezza la dinamica dei fatti, accertando le singole responsabilità degli autori del crimine. Le indagini, a cura della squadra mobile della questura, si sono concluse in pochi giorni con l'arresto di quattro cittadini sudamericani.
  Più in generale si assicura che la sicurezza dei viaggiatori e del personale in servizio sui treni rappresenta un argomento di massima rilevanza per questa Amministrazione, perfettamente consapevole dell'importanza strategica del trasporto ferroviario per la mobilità nel Paese. Su base giornaliera sono infatti più di 3,5 milioni le persone che transitano nelle oltre 2.500 stazioni italiane, e più di 8.000 i convogli circolanti sulla linea ferroviaria nazionale.
  Si informa, al riguardo, che la sicurezza di queste persone viene garantita dalle 4.400 unità della polizia ferroviaria attraverso assidui e mirati controlli, in coordinamento con le altre forze di polizia territorialmente presenti.
  Nel corso del 2016 sono stati effettuati 205.000 servizi di vigilanza presso le stazioni ferroviarie, 44.000 servizi di scorta a bordo treno con 96.000 treni scortati, 17.000 servizi antiborseggio in abiti civili, oltre 26.000 pattugliamenti lungo le linee ferroviarie e poco meno di 2.000 servizi straordinari di controllo del territorio.
  Sono stati inoltre assicurati servizi quotidiani a bordo dei convogli notturni ed è stata intensificata la vigilanza su quei convogli e in quelle tratte ove si sono rilevate maggiori criticità.
  Si sottolinea che, durante i servizi descritti, sono state controllate 941.000 persone, di cui 1.245 arrestate e 11.360 deferite in stato di libertà all'autorità giudiziaria. Sono state altresì elevate 14.000 contravvenzioni. Grazie alle misure messe in campo, nel 2016 si è registrata una riduzione degli episodi di criminalità predatoria, con un calo dei furti del 27 per cento rispetto al 2015.
  Anche gli altri indici di delittuosità fanno emergere una diminuzione della quasi totalità dei fenomeni: con una diminuzione delle rapine del 37 per cento, dei danneggiamenti del 9 per cento, dei furti di rame del 47 per cento, del lancio di oggetti contro i treni del 24 per cento, con un aumento delle sole frodi ai danni delle imprese ferroviarie.
  Si è registrato, infine, un calo delle aggressioni, tanto di quelle al personale delle imprese ferroviarie, con una diminuzione del 5 per cento, quanto di quelle ai viaggiatori, con una diminuzione del 13 per cento. Riguardo a quest'ultimo aspetto – cioè le aggressioni – vi è un altro dato che si ritiene rassicurante: nel 67 per cento dei casi, i responsabili di condotte criminose sono stati tratti in arresto e deferiti all'autorità giudiziaria.
  Nel contesto appena delineato, risultano essenziali le sinergie informative ed operative instaurate con le diverse imprese ferroviarie. Al riguardo, si segnala che, con cadenza mensile o all'insorgere di problematicità, la polizia ferroviaria individua, congiuntamente alle predette imprese, i treni ritenuti critici sulla base dell'indice di delittuosità e dell'esposizione degli stessi a potenziale rischio di aggressioni.
  In relazione agli elementi di conoscenza così acquisiti, vengono effettuate scorte mirate sui convogli segnalati, nonché servizi negli scali ferroviari interessati dal transito dei convogli medesimi, realizzando in tal modo un efficace dispositivo di filtraggio già all'atto della partenza. Inoltre, dal 2008 è attivo il numero telefonico di emergenza 1600 per il collegamento terra-treno, che consente al personale ferroviario di mettersi in contatto diretto con la sala operativa della polizia ferroviaria più vicina per garantire un intervento immediato delle pattuglie.
  D'altra parte, nel settore svolgono un ruolo importante anche le tecnologie a disposizione. È sempre maggiore infatti il numero delle stazioni ferroviarie e dei treni dotati di dispositivi di videosorveglianza. Si tratta di una tendenza senz'altro da consolidare, trattandosi di impianti basilari, tanto come fattore deterrente quanto per l'individuazione di eventuali responsabili di atti illeciti.
  Si ritiene che il quadro delle misure e dei risultati appena illustrati testimoni l'attenzione che l'amministrazione dell'interno rivolge alla sicurezza lungo la rete ferroviaria nazionale. L'obiettivo è quello di raggiungere standard sempre più elevati, sia facendo leva sul rafforzamento della collaborazione con le imprese ferroviarie sia attraverso la riorganizzazione della Polizia ferroviaria, alla luce del mutato scenario dei traffici, la cui fisionomia – come noto – è venuta fortemente a evolversi in ragione di molteplici fattori di cambiamento, a cominciare dallo sviluppo dell'alta velocità per arrivare alla separazione della rete di traffico dai gestori di servizio e alla trasformazione delle grandi stazioni, divenute, da semplici luoghi di transito, punti di incontro e di allocazione di attività commerciali.
  Si informa infine che, allo scopo di fronteggiare, in particolare, il fenomeno dell'evasione, delle vendite abusive e dei furti a danno dei viaggiatori e dei reati a danno del personale ferroviario, Rete ferroviaria italiana ha avviato un progetto di istituzione di appositi varchi di accesso nelle principali stazioni.
  I predetti varchi, ubicati in prossimità dei binari, vengono monitorati da personale di sicurezza del gruppo ferrovie e, consentendo un maggior controllo nella zona di arrivo/partenza dei treni, contribuiscono a ridurre in maniera determinante i fenomeni illeciti in stazione ed a bordo treno.
  Considerato che circa il 90 per cento delle aggressioni si verifica a bordo in conseguenza della mancanza del titolo di viaggio, Trenitalia ha anche costituito uno specifico «pool antievasione», composto da personale debitamente formato che, muovendosi su tutto il territorio e coadiuvato all'occorrenza dalla polizia ferroviaria, offre supporto al personale di front-line sia a terra che a bordo treno, intervenendo in modo particolare sui convogli ritenuti maggiormente a rischio.
  Questa attività contribuisce in maniera significativa alla prevenzione delle aggressioni ai clienti e al personale ferroviario.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   QUARANTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi la cronaca ha più volte evidenziato casi di aggressioni che si sono verificate su vari treni in più regioni e che hanno visto coinvolto il personale dedicato al controllo dei biglietti;
   oltre al caso eclatante di Milano, in cui il capotreno è stato aggredito con un machete ed è stato gravemente ferito, sono moltissimi i casi in cui il personale ferroviario subisce minacce e aggressioni verbali;
   Ferrovie dello Stato e i sindacati hanno stilato una lista di 15 treni, in 7 regioni diverse, particolarmente pericolosi su cui chiedono sia garantita la presenza di personale della Polfer;
   il Ministero dell'interno ha garantito che questi convogli saranno scortati dalla Polfer, e un secondo sciopero, previsto a cavallo tra l'11 e il 12 luglio è stato sospeso dai sindacati a fronte delle rassicurazioni ricevute;
   in Liguria la Filt CGIL in un documento con cui proclamava sciopero per il 7 di giugno ha denunciato la situazione in regione, ricordando l'aggressione a un capotreno a Diano Marina che è stato ricoverato con una prognosi di sette giorni;
   i sindacati liguri hanno inoltre evidenziato che Trenitalia ha rifiutato il confronto con i lavoratori non affrontando adeguatamente il tema della sicurezza che porta una minore qualità del servizio oltre che una situazione di disagio per chi lavora;
   un'inchiesta de Il Secolo XIX ha inoltre evidenziato, attraverso interviste a passeggeri e personale, come alcuni dei treni indicati «pericolosi» siano in realtà piuttosto tranquilli e che i principali problemi di sicurezza si individuano sui treni che viaggiano in orari notturni. Intervistati da Il secolo XIX vari capotreno in servizio sui treni «pericolosi» hanno dichiarato che la soluzione più semplice sarebbe aumentare il personale, com'era fino a pochi anni fa, con almeno un controllore e un capotreno per ogni convoglio –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per garantire non solo la sicurezza del personale delle ferrovie ma anche un servizio di qualità e sicuro per tutti;
   se abbiano a disposizione una mappatura delle situazioni di disagio e criminalità, non solo sui treni ma anche nelle stazioni, o se intendano dotarsi di tale strumento per avere un quadro preciso ed evidente della situazione. (4-09656)

  Risposta. — L'aggressione segnalata dall'interrogante ha avuto luogo l'11 giugno del 2015 su un treno regionale di Trenord, nella tratta Rho-Milano Rogoredo, e si è conclusa con il ferimento grave di un capotreno e di un altro ferroviere.
  La polizia ferroviaria, prontamente intervenuta sul posto, ha provveduto a isolare la scena del crimine, anche per facilitare il lavoro del personale sanitario. Sono stati subito sentiti i testimoni e le descrizioni degli aggressori sono state fornite ai competenti uffici della questura milanese.
  Particolarmente utili per le indagini si sono rivelate le immagini fornite dall'impianto di videosorveglianza presente all'interno della vettura interessata. In tal modo, è stato possibile ricostruire con certezza la dinamica dei fatti, accertando le singole responsabilità degli autori del crimine. Le indagini, a cura della squadra mobile della questura, si sono concluse in pochi giorni con l'arresto di quattro cittadini sudamericani.
  Più in generale si assicura che la sicurezza dei viaggiatori e del personale in servizio sui treni rappresenta un argomento di massima rilevanza per questa Amministrazione, perfettamente consapevole dell'importanza strategica del trasporto ferroviario per la mobilità nel Paese. Su base giornaliera sono infatti più di 3,5 milioni le persone che transitano nelle oltre 2.500 stazioni italiane, e più di 8.000 i convogli circolanti sulla linea ferroviaria nazionale.
  Si informa, al riguardo, che la sicurezza di queste persone viene garantita dalle 4.400 unità della polizia ferroviaria attraverso assidui e mirati controlli, in coordinamento con le altre forze di polizia territorialmente presenti.
  Nel corso del 2016 sono stati effettuati 205.000 servizi di vigilanza presso le stazioni ferroviarie, 44.000 servizi di scorta a bordo treno con 96.000 treni scortati, 17.000 servizi antiborseggio in abiti civili, oltre 26.000 pattugliamenti lungo le linee ferroviarie e poco meno di 2.000 servizi straordinari di controllo del territorio.
  Sono stati inoltre assicurati servizi quotidiani a bordo dei convogli notturni ed è stata intensificata la vigilanza su quei convogli e in quelle tratte ove si sono rilevate maggiori criticità.
  Si sottolinea che, durante i servizi descritti, sono state controllate 941.000 persone, di cui 1.245 arrestate e 11.360 deferite in stato di libertà all'autorità giudiziaria. Sono state altresì elevate 14.000 contravvenzioni. Grazie alle misure messe in campo, nel 2016 si è registrata una riduzione degli episodi di criminalità predatoria, con un calo dei furti del 27 per cento rispetto al 2015.
  Anche gli altri indici di delittuosità fanno emergere una diminuzione della quasi totalità dei fenomeni: con una diminuzione delle rapine del 37 per cento, dei danneggiamenti del 9 per cento, dei furti di rame del 47 per cento, del lancio di oggetti contro i treni del 24 per cento, con un aumento delle sole frodi ai danni delle imprese ferroviarie.
  Si è registrato, infine, un calo delle aggressioni, tanto di quelle al personale delle imprese ferroviarie, con una diminuzione del 5 per cento, quanto di quelle ai viaggiatori, con una diminuzione del 13 per cento. Riguardo a quest'ultimo aspetto – cioè le aggressioni – vi è un altro dato che si ritiene rassicurante: nel 67 per cento dei casi, i responsabili di condotte criminose sono stati tratti in arresto e deferiti all'autorità giudiziaria.
  Nel contesto appena delineato, risultano essenziali le sinergie informative ed operative instaurate con le diverse imprese ferroviarie. Al riguardo, si segnala che, con cadenza mensile o all'insorgere di problematicità, la polizia ferroviaria individua, congiuntamente alle predette imprese, i treni ritenuti critici sulla base dell'indice di delittuosità e dell'esposizione degli stessi a potenziale rischio di aggressioni.
  In relazione agli elementi di conoscenza così acquisiti, vengono effettuate scorte mirate sui convogli segnalati, nonché servizi negli scali ferroviari interessati dal transito dei convogli medesimi, realizzando in tal modo un efficace dispositivo di filtraggio già all'atto della partenza. Inoltre, dal 2008 è attivo il numero telefonico di emergenza 1600 per il collegamento terra-treno, che consente al personale ferroviario di mettersi in contatto diretto con la sala operativa della polizia ferroviaria più vicina per garantire un intervento immediato delle pattuglie.
  D'altra parte, nel settore svolgono un ruolo importante anche le tecnologie a disposizione. È sempre maggiore infatti il numero delle stazioni ferroviarie e dei treni dotati di dispositivi di videosorveglianza. Si tratta di una tendenza senz'altro da consolidare, trattandosi di impianti basilari, tanto come fattore deterrente quanto per l'individuazione di eventuali responsabili di atti illeciti.
  Si ritiene che il quadro delle misure e dei risultati appena illustrati testimoni l'attenzione che l'amministrazione dell'interno rivolge alla sicurezza lungo la rete ferroviaria nazionale. L'obiettivo è quello di raggiungere standard sempre più elevati, sia facendo leva sul rafforzamento della collaborazione con le imprese ferroviarie sia attraverso la riorganizzazione della Polizia ferroviaria, alla luce del mutato scenario dei traffici, la cui fisionomia – come noto – è venuta fortemente a evolversi in ragione di molteplici fattori di cambiamento, a cominciare dallo sviluppo dell'alta velocità per arrivare alla separazione della rete di traffico dai gestori di servizio e alla trasformazione delle grandi stazioni, divenute, da semplici luoghi di transito, punti di incontro e di allocazione di attività commerciali.
  Si informa infine che, allo scopo di fronteggiare, in particolare, il fenomeno dell'evasione, delle vendite abusive e dei furti a danno dei viaggiatori e dei reati a danno del personale ferroviario, Rete ferroviaria italiana ha avviato un progetto di istituzione di appositi varchi di accesso nelle principali stazioni.
  I predetti varchi, ubicati in prossimità dei binari, vengono monitorati da personale di sicurezza del Gruppo ferrovie e, consentendo un maggior controllo nella zona di arrivo/partenza dei treni, contribuiscono a ridurre in maniera determinante i fenomeni illeciti in stazione ed a bordo treno.
  Considerato che circa il 90 per cento delle aggressioni si verifica a bordo in conseguenza della mancanza del titolo di viaggio, Trenitalia ha anche costituito uno specifico «pool antievasione», composto da personale debitamente formato che, muovendosi su tutto il territorio e coadiuvato all'occorrenza dalla Polizia ferroviaria, offre supporto al personale di front-line sia a terra che a bordo treno, intervenendo in modo particolare sui convogli ritenuti maggiormente a rischio.
  Questa attività contribuisce in maniera significativa alla prevenzione delle aggressioni ai clienti e al personale ferroviario.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe in stallo la firma della delibera per finanziare la prima tranche del contratto tra Aeroporti di Puglia e la compagnia irlandese «Ryanair», che prevede un contributo per la pubblicità sul sito web della compagnia e uno sconto del cinquanta per cento sui costi di handling, per un totale di circa dodici milioni di euro all'anno;
   attualmente la compagnia irlandese garantisce 33 rotte, venti da Bari e tredici da Brindisi, sulle quali movimenta oltre tre milioni di passeggeri l'anno, che per gli aeroporti di Bari e Brindisi equivale a più della metà del traffico totale;
   come rilevato anche dal Corriere del Mezzogiorno, gli operatori turistici del Salento temono che «senza l'apporto della compagnia low cost, lo scalo di Brindisi sarebbe destinato alla chiusura. Infatti, del restante milione di passeggeri in transito, la gran parte utilizza aerei Alitalia e l'ex compagnia di bandiera ha una propria società che gestisce i servizi di handling. Dimezzato il traffico a “reddito” i conti non quadrerebbero mettendo a rischio il posto di 72 dipendenti dell'aeroporto del Salento»;
   se Ryanair dovesse abbandonare i due scali pugliesi, e soprattutto quello salentino, questo avrebbe conseguenze disastrose per tutto il sistema del turismo locale;
   anche Federalberghi ha evidenziato come sia «impensabile rinunciare a una rete di collegamenti aerei così capillare perché gli operatori hanno pianificato investimenti tenendo presente l'aumento dei flussi di turisti incoming»;
   la decisione del presidente della regione Puglia di bloccare l'erogazione dei fondi è stata un fulmine a ciel sereno per la compagnia aerea, il cui accordo con Aeroporti Puglia copre l'intero periodo compreso tra il 1o novembre 2014 e il 30 ottobre 2019;
   mentre Ryanair sta valutando se intraprendere un'azione legale, uno studio condotto dall'università di Bari ha evidenziato che ogni euro investito sulla base del citato accordo avrebbe prodotto un ritorno sul territorio pari a 25 euro –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, in merito. (4-11597)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo di questo ministero e dall'Enac.
  In via preliminare si ricorda che lo stato di disagio dei settori economici afferenti il sistema del trasporto aereo ha da tempo indotto il legislatore nazionale a ricercare strumenti di rilancio delle condizioni di sviluppo dell'intera filiera aeroportuale, per garantire al paese quel salto di qualità necessario a reggere il confronto in ambito europeo ed internazionale.
  Tale processo ha portato ad adottare il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, modificato dalla legge di conversione 21 febbraio 2014. n. 9 che, all'articolo 13, commi 14 e 15, ha fissato principi rilevanti in tema di erogazione di risorse economiche per i vettori aerei, in funzione dell'avviamento e dello sviluppo di rotte destinate a soddisfare e promuovere la domanda nel rispettivo bacino d'utenza; quanto sopra, nell'assunto che i vettori aerei costituiscano una sorta di volano per l'economia del territorio e, quindi, un «moltiplicatore» di redditività.
  I requisiti per beneficiare di tali erogazioni devono tenere conto, necessariamente, dei limiti e delle condizioni previste dalle vigenti disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. In tal senso assume un ruolo fondamentale il gestore aeroportuale che, coerentemente con quanto indicato nell'articolo 705 del codice della navigazione, organizza l'attività aeroportuale al fine di garantire l'efficiente ed ottimale utilizzazione delle risorse per la fornitura di attività e di servizi di livello qualitativo adeguato, anche mediante la pianificazione degli interventi in relazione alla tipologia di traffico.
  Nell'ambito della normativa sopra richiamata, questo ministero ha dapprima adottato il decreto ministeriale n. 397 del 2 ottobre 2014 «Linee guida inerenti le incentivazioni per l'avviamento e lo sviluppo delle rotte aeree da parte dei vettori aerei, ai sensi dell'articolo 13, commi 14 e 15 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, come modificato dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9» e, da ultimo, il decreto n. 275 dell'11 agosto 2016, che ha sostituito il precedente introducendo alcuni correttivi destinati a meglio allineare la disciplina nazionale di settore ai prevalenti orientamenti dell'Unione europea.
  Con specifico riferimento al caso pugliese, si segnala che alcuni contenziosi di natura amministrativa e giudiziaria tuttora in corso hanno indotto la regione Puglia a condurre ogni necessario approfondimento istruttorio diretto a verificare il corretto espletamento delle fasi procedurali che portano all'erogazione di denaro pubblico per le finalità in esame.
  Lo stesso Enac, già dallo scorso anno, ha attivato una procedura di monitoraggio su tutti gli aeroporti, ivi compreso lo scalo di Brindisi, che ha evidenziato come la società Aeroporti di Puglia s.p.a. abbia da tempo avviato una nuova policy finalizzata al potenziamento delle attività degli scali pugliesi, segnatamente con finalità di promozione turistica.
  In particolare, con la delibera della giunta regionale n. 317 del 7 marzo 2017, pubblicata sul Bur n. 34 del 17 marzo 2017, è stata autorizzata la sottoscrizione della convenzione tra Aeroporti di Puglia s.p.a. e regione Puglia per la realizzazione del progetto di marketing «Campagna di comunicazione 2014/2019 per lo sviluppo del turismo incoming», per un importo complessivo di 63,5 milioni di euro destinati a favorire lo sviluppo del turismo in Puglia.
  Con specifico riferimento, infine, al gestore Ryanair, si evidenzia che con la medesima delibera sono siate autorizzate le liquidazioni per le attività svolte in attuazione degli interventi contrattualmente pattuiti tra Aeroporti di Puglia s.p.a. e Ryanair Airport Marketing Services per il periodo 1° novembre 2014/31 dicembre 2014, per un importo complessivo di 1.102.000 euro. Si segnala, inoltre, che il gestore Aeroporti di Puglia, con nota stampa del 27 marzo 2017 riferita alla prevista riduzione delle frequenze su Roma Fiumicino da Bari e Brindisi adottata dal vettore irlandese con l'entrata in vigore della vigente programmazione estiva, ha comunicato che la compagnia aerea intende contestualmente compensare della riduzione con la programmazione di nuovi voli internazionali, ovvero il Bari-Madrid e il Bari-Siviglia, nonché il Brindisi-Francoforte, in linea con gli obiettivi regionali di miglioramento della connettività aerea da e per l'estero. Tutti i nuovi collegamenti arriveranno alla piena operatività a decorrere dal prossimo mese di ottobre 2017.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.


   SCOPELLITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il commissariato di pubblica sicurezza di Palmi, il più vicino a Gioia Tauro, è afflitto diversi problemi che ne inficiano la piena operatività;
   in primo luogo, ha visto decrescere fortemente il proprio organico, che è passato in pochi anni dalle originarie 100 unità alle circa 43 attuali;
   in secondo luogo, il commissariato sta operando in una struttura di proprietà di Poste Italiane s.p.a. e quest'ultima ha in più di un'occasione dichiarato la volontà di rientrarne in pieno possesso. Si è posta dunque l'urgente necessità di trovare una nuova e adeguata sede per questo impostante presidio della legalità, in un'area estremamente sensibile sotto il profilo dell'ordine pubblico;
   la conseguente procedura è stata avviata nel marzo 2010; la provincia di Reggio Calabria ha individuato nell'immobile oggi sede dell'istituto professionale di Palmi una possibile nuova sede per il commissariato. Verificata la fattibilità tecnico-amministrativa, ha approvato già nel 2011 una delibera avente ad oggetto uno schema di protocollo di intesa finalizzato alla regolazione della concessione del comodato d'uso dell'immobile in questione al Ministero dell'interno;
   successivamente, l'istituto tecnico agrario — accorpato amministrativamente all'istituto professionale — è stato inoltre ampliato per ospitare gli studenti di quest'ultimo e consentire il trasferimento del commissariato. L'investimento messo in campo dalla provincia di Reggio Calabria, esclusivamente preordinato allo scopo, è stato pari circa 600.000 euro. Nel 2015 sono sopraggiunti ulteriori problemi logistici e pertanto su richiesta della prefettura di Reggio Calabria, il provveditorato alle opere pubbliche Sicilia e Calabria ha elaborato una relazione tecnica e di stima, quantificando la spesa necessaria per l'adeguamento della struttura in 1-1,5 milioni di euro, una somma forse eccessiva;
   tra pochi mesi inizieranno a Palmi i lavori per la realizzazione di importante struttura ospedaliera il cosiddetto ospedale della Piana di Gioia Tauro. Tale opera costituisce sicuramente un investimento di enorme portata per il tessuto socio-economico della regione; è quindi più che mai importante che sia garantito il rispetto della legalità in ogni fase della realizzazione della struttura;
   se i Ministri interrogati non ritengano prioritario assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad accelerare il più possibile il procedimento per la realizzazione delle opere di adeguamento del nuovo commissariato di pubblica sicurezza di Palmi, accertando puntualmente il fabbisogno necessario, raccordandosi con gli altri soggetti istituzionali interessati per l'individuazione e l'erogazione delle risorse e tenendo conto della necessità di adeguare l'organico alle esigenze operative. (4-15381)

  Risposta. — Il commissariato di pubblica sicurezza di Palmi è ubicato in un immobile concesso in uso gratuito da Poste italiane s.p.a. che, sebbene in passato abbia più volte rivendicato il pagamento dei canoni di locazione, a tutt'oggi non ha mai inviato la documentazione richiesta ai fini della stima da parte dell'agenzia del demanio e della stipula del contratto, né ha mai ricevuto alcun corrispettivo per l'occupazione dell'immobile.
  Lo stabile presenta alcune criticità sia sotto l'aspetto dimensionale che strutturale, ragion per cui da tempo sono state intraprese ricerche per il reperimento di una nuova sede idonea. La ricerca è stata a lungo infruttuosa, atteso che nel comune di Palmi non esistono strutture con caratteristiche idonee ad ospitare un commissariato.
  Nel 2011 è stata prospettata la possibilità di utilizzare un immobile sito in Via Antonio Basile, sede dell'istituto professionale IPSIA «Ferraris» di Palmi, di proprietà dell'amministrazione, provinciale che si è dichiarata disponibile a cedere in comodato la struttura.
  Per l'ampiezza dei locali e le condizioni manutentive, l'immobile risulterebbe idoneo ad ospitare il commissariato di Palmi, previa tuttavia – la realizzazione di una serie di interventi di adattamento.
  Per approfondire questa soluzione, nel mese di dicembre 2016 si è svolto, presso la prefettura di Reggio Calabria, un incontro, con la presenza di alcuni amministratori del comune di Palmi.
  Nel corso dell'incontro è emerso che la struttura potrebbe essere messa a disposizione anche in tempi brevi, disponendo la provincia dei fondi necessari per il trasferimento degli alunni presso un altro plesso.
  Tuttavia, a tutt'oggi, mancano le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione degli interventi di adeguamento della struttura scolastica a caserma, sotto il duplice profilo delle esigenze di operatività del reparto della Polizia di Stato e del rispetto della normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e di quella antisismica.
  Per l'esecuzione di tali lavori, il servizio tecnico-logistico e patrimoniale di Catania, pur non potendo disporre ai fini di un dettagliato computo metrico estimativo di un progetto organico, ha indicato una spesa complessiva stimabile fra 1.500.000 e 2.500.000 euro, basandosi su computi effettuati su tipologie similari di immobili per i lavori di adeguamento.
  Sono in corso valutazioni e contatti tra la prefettura di Reggio Calabria e il dipartimento della pubblica sicurezza per reperire le risorse finanziarie necessarie; tra le opzioni sul tappeto vi è quella finanziare gli interventi attraverso i fondi che fanno capo al piano di azione e coesione.
  Per completezza d'informazione, si rappresenta che nel 2016 il servizio tecnico-logistico di Catania ha segnalato, per l'eventuale allocazione del commissariato, la disponibilità e l'idoneità (attestata, quest'ultima, da un parere preliminare del dirigente del servizio medesimo) di un immobile sito nel comune di Palmi, oggetto di confisca ancora non definitiva.
  Per una definitiva valutazione di tale soluzione, il dipartimento della pubblica sicurezza è in attesa di notizie sulla conclusione del procedimento di confisca.
  Quanto alla situazione dell'organico del commissariato di Palmi, si conferma il dato di 43 unità di personale in servizio, di cui 42 appartenenti ai vari ruoli della Polizia di stato e 1 appartenente ai ruoli tecnici.
  Con riferimento al personale di polizia, la carenza di organico ammonta quindi a 10 operatori, atteso che la dotazione teorica è pari a 52 unità.
  In occasione delle future immissioni in ruolo di agenti di nuova nomina, potrà essere presa in considerazione l'assegnazione in incremento della forza organica attuale, compatibilmente con le risorse disponibili e sulla base di un'analisi comparativa delle esigenze di tutti gli uffici di polizia operanti sul territorio nazionale.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   VALIANTE. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i programmi «Piano Città» e «6000 Campanili» sono provvedimenti pensati per sbloccare cantieri, manutenzione reti e territorio, per il rilancio dell'economia e delle infrastrutture dei comuni più piccoli destinando per tale finalità un fondo specifico di 100 milioni di euro, dedicato integralmente, ai comuni con popolazione fino ai 5.000 abitanti;
   ad oggi si constata che tali piani, pur a distanza di molti mesi dall'introduzione della normativa di riferimento e della predisposizione delle graduatorie di assegnazione a seguito dei bandi di adesione previsti dalla normativa cui numerosi comuni hanno aderito, sono sospesi a causa della mancata assegnazione delle risorse, rendendo di fatto impossibile il decollo di molte iniziative a livello locale;
   nell'informativa sulla materia presentata dall'ex Ministro per la coesione territoriale Trigilia al Consiglio dei ministri lo scorso 27 dicembre 2013 con l'obiettivo di accelerare l'utilizzo delle risorse nazionali e dei fondi strutturali 2007/2013, si erano individuate risorse certe e disponibili, per l'assegnazione a tali progetti ma ad oggi risulterebbero non ancora nella disponibilità dei comuni;
   molti comuni sarebbero in condizione di appaltare da subito una serie di piccole opere che in questo particolare momento di grande difficoltà economica rappresenterebbero una concreta possibilità di poter attuare investimenti per dare respiro al tessuto economico sociale del territorio nonché per rilanciare l'occupazione –:
   quale sia allo stato attuale il reale iter dell'assegnazione delle risorse previste per i progetti «Piano Città» e «6000 Campanili»;
   se non ritengano opportuno dare seguito nel più breve tempo possibile allo sblocco dei finanziamenti rimasti inevasi e permettere così ai comuni interessati di eseguire le opere già individuate e progettate. (4-05091)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali e dalla direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali di questo ministero.
  Con riferimento al programma «6000 campanili» dedicato ai comuni con popolazione fino a 5000 abitanti deve in primo luogo precisarsi che tale programma è pienamente operativo ed in fase avanzata di attuazione.
  Le risorse rese disponibili, dapprima dall'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013 pari a 100 milioni di euro, successivamente dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) per ulteriori 50 milioni di euro ed infine dal decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, cosiddetto sblocca Italia, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 dell'11 novembre 2014, per altri 100 milioni di euro, sono state tutte assegnate a favore di 293 comuni i quali hanno avviato, ed in molti casi concluso, i relativi cantieri con richiesta della rata di saldo.
  Anche per il programma «Nuovi progetti di interventi», finanziato con 100 milioni di euro anch'esso dal citato decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, sono state assegnate le risorse a favore di 279 comuni ed i cantieri sono stati attivati e in alcuni casi conclusi i lavori.
  In entrambi i programmi, con il progredire delle attività dei cantieri, si sia procedendo ad erogare le risorse via via che le stesse vengono richieste dai comuni interessati.
  Per quanto attiene all'informativa, presentata dall'ex Ministro per la coesione territoriale al Consiglio dei ministri del 27 dicembre 2013, si evidenzia che la stessa fa riferimento a fondi gestiti dal Ministero per la coesione territoriale. Da tale informativa si desume che non si tratta di nuovi fondi, ma di un'ipotesi di riprogrammazione di risorse già assegnate dall'Unione europea alle regioni del Mezzogiorno e che rischiavano di non essere utilizzate, nei tempi previsti dall'Unione, per gli interventi oggetto della programmazione originaria.
  Per agevolare l'attuazione di tale ipotesi questo Ministero si è da subito reso disponibile a fornire la documentazione presentata dai comuni delle regioni del Mezzogiorno che non erano rientrati nelle assegnazioni previste dal Programma 6000 campanili. Ciò al fine di consentire alle regioni interessate: Campania. Calabria e Sicilia, di verificare la coerenza dei progetti disponibili e rapidamente cantierabili con i criteri di finanziamento dei fondi europei.
  L'esito di tale verifica è risultato negativo come comunicato formalmente dalla regione Sicilia. Le altre regioni non hanno fornito risposta scritta ma non hanno dato alcun seguito alle note di questo ministero.
  Infine, per quanto attiene all'assegnazione delle risorse previste dal «Piano Città» (articolo 12 decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134), la direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali ha comunicato che essa è avvenuta in base ad una selezione dei progetti maggiormente aderenti al principio dell'immediata cantierabilità e del maggior cofinanziamento pubblico, privato e pubblico locale.
  Attualmente i comuni selezionati hanno avviato i lavori e, in alcuni casi, sono in corso i collaudi delle opere oggetto dei progetti selezionati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasportiRiccardo Nencini.