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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 6 giugno 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in Venezuela è in corso un vera e propria crisi umanitaria;
    l'emergenza sociale ed economica ha provocato un’escalation di violenze alle quali l'Esecutivo guidato da Nicolas Maduro ha risposto con inaudita violenza;
    dall'inizio degli scontri si registrano oltre 50 morti negli scontri di piazza tra manifestanti e forze dell'ordine, che appoggiano con la repressione il Governo;
    Maduro ha accentrato tutto il potere nelle proprie mani, annullando il ruolo del Parlamento, reprimendo le opposizioni e imbavagliando la stampa ufficiale e i dissidenti attivi in rete;
    si registrano numerosi casi di detenzione e tortura (sui quali è intervenuto anche il Santo Padre) di prigionieri politici ostili al Governo;
    il Governo ha annullato le elezioni regionali e il referendum che era stato chiesto per la destituzione di Maduro;
    dal punto di vista economico, l'inflazione ha raggiunto la cifra astronomica del 709 per cento (il tasso più alto al mondo, ma si prevede che nel 2017 possa arrivare al 1600 per cento, sempre che lo Stato non fallisca prima);
    i supermercati aggiornano costantemente i prezzi, che salgono a vista d'occhio, diventando inaccessibili alla gente comune;
    si calcola che 9 milioni di persone non possano permettersi due pasti al giorno; secondo l'Osservatorio venezuelano per la salute, l'82 per cento dei venezuelani vive in povertà;
    sempre più venezuelani per mangiare si affidano ai prodotti a prezzi calmierati distribuiti dall'esercito;
    dall'elezione di Maduro il prodotto interno lordo venezuelano è crollato del 23 per cento e nel corso del 2017 si prevede un ulteriore rallentamento del 4,5 per cento;
    dal 1998, anno dell'elezione di Chavez, hanno chiuso nel Paese oltre 500 mila aziende e l'unico bene che garantiva forti esportazioni al Paese, il petrolio, ha visto il proprio prezzo crollare a causa della congiuntura economica mondiale;
    tra il 2014 e il 2016 le esportazioni sono crollate del 62 per cento;
    nel giro di un decennio la produzione automobilistica è passata da 12 mila veicoli al mese a meno di 200;
    lo zucchero, la cui produzione fino a qualche anno fa era in grado di soddisfare il fabbisogno dell'intero Paese, oggi deve essere importato per l'80 per cento a causa di espropri e nazionalizzazioni del settore agricolo;
    secondo la Federazione dei farmacisti, nel Paese mancano oltre l'85 per cento delle medicine necessarie;
    l'aumento della mortalità infantile ha segnato un drammatico +30 per cento mentre quella materna nel 2016 è cresciuta del 65,79 per cento rispetto all'anno precedente;
    sono ricomparse malattie come difterite e malaria, da tempo scomparse;
    oltre 130 mila medici (circa il 20 per cento di tutta la manodopera sanitaria del Paese) sono fuggiti all'estero;
    nel Paese vivono, tra gli altri, oltre 15 mila friulani e l'uscita dal Paese per rientrare in Italia è resa difficile dalla situazione politica ed economia e dalla distanza geografica;
    un grido di aiuto per i friulani residenti in Venezuela è giunto dalla gran parte dei cittadini del Friuli Venezia Giulia,

impegna il Governo:

1) a predisporre quanto prima un piano di rientro dei concittadini italiani accompagnato da un sistema di accoglienza e sostegno a quanti ne abbiano bisogno, attraverso accordi con le istituzioni territoriali, l'aiuto di associazioni di volontariato e la collaborazione della società civile;
2) ad assumere iniziative per offrire la possibilità di un affidamento temporaneo di minori venezuelani di origine italiana presso famiglie italiane residenti in Italia, al fine di sottrarre i ragazzi, i cui genitori non possono abbandonare il Venezuela, ai pericoli presenti e sempre più concreti del Paese;
3) a tenere monitorata la condizione sanitaria ed economica dei connazionali italiani attraverso la collaborazione di organizzazioni non governative presenti sul territorio.
(1-01642) «Sandra Savino, Milanato, Polverini, Laffranco, Fabrizio Di Stefano, Occhiuto, Biancofiore, Garnero Santanchè, Polidori, De Girolamo».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IV e VIII,
   premesso che:
    eventi calamitosi di varia natura come i terremoti, gli incendi, le inondazioni, le frane e le esondazioni interessano purtroppo frequentemente il nostro Paese;
   tali eventi hanno ragioni e cause diverse, quali ad esempio il dissesto idro-geologico relativamente alle frane e alle esondazioni, o i movimenti tettonici, per quanto riguarda soprattutto i terremoti. Infatti, la penisola italiana è una delle aree a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, in quanto si trova nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella euro asiatica che avvicinandosi progressivamente generano forti spinte compressive sulla crosta terrestre;
   il rischio di calamità naturali è, inoltre, non solo frequente nel nostro Paese, ma spesso si presenta con i tre indici più significativi molto elevati: quello della «pericolosità», in ragione dell'alta probabilità e della alta intensità dell'evento dannoso, quello della «vulnerabilità», cioè, la capacità di sopportarne gli effetti in presenza o meno di costruzioni antisismiche e, infine, quello dell’«esposizione», correlata alla densità abitativa del territorio;
   l'insieme di queste ragioni rende necessario garantire in ogni momento un intervento tempestivo ed efficace sia nell'opera di primo soccorso che nelle fasi successive di assistenza alle popolazioni;
   la normativa in vigore individua nelle Forze armate una delle strutture operative nazionali designate ad intervenire, fornendo il proprio concorso negli interventi che si rendono di volta in volta necessari nei casi di calamità naturali;
   le Forze armate, con tutte le loro componenti, sono state più volte impiegate in attività di soccorso alle popolazioni colpite da eventi catastrofali;
   fino a quando era in vigore il servizio di leva obbligatorio, le Forze armate, ed in particolare l'Esercito italiano, erano in grado di mettere a disposizione, anche in queste circostanze straordinarie, risorse umane numerose e ben organizzate;
   con la sospensione del servizio di leva obbligatorio è divenuto decisivo mettere a punto dispositivi meno numerosi ma in grado di corrispondere ugualmente alle esigenze che di volta in volta debbono essere fronteggiate, nella considerazione che il ripetersi ormai ciclico di questi eventi evidenzia che l'esigenza di intervento permane ed, anzi, è aumentata come dimostra con evidenza quanto accaduto in Abruzzo, Lazio e Marche, dove eventi catastrofali di natura diversa, probabilmente anche concatenati (scosse sismiche, frane, valanghe, esondazioni) hanno determinato un bilancio tragico in termini di vite umane ed hanno condannato all'isolamento per giorni e giorni migliaia e migliaia di cittadini;
   negli ultimi venti anni le Forze armate professionalizzate hanno assunto impegni nuovi che assorbono mezzi e uomini, a sostegno della pace in attività fuori area e, sul territorio nazionale, collaborando con l'operazione «strade sicure» alle attività antiterrorismo;
   a fronte di un quadro complessivo così profondamente modificato, il «Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa» affronta l'argomento in quella che viene definita la «quarta missione», più precisamente nel paragrafo 81, così come il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, elenca nel dettaglio le molte situazioni in cui è espressamente previsto l'intervento delle Forze armate, rimettendo ad altra sede il tema delle risorse necessarie;
   è da valutare positivamente l'iniziativa assunta dalla Ministra della difesa Roberta Pinotti con l'inaugurazione a L'Aquila del nuovo reparto del nono reggimento alpini dedicato agli interventi per calamità naturali con un battaglione multifunzionale e con capacità specialistiche, cui si affiancherà una ulteriore compagnia dei fucilieri, che andrà ad incrementare la componente di manovra dello stesso reggimento,

impegnano il Governo:

   ad avviare una ulteriore riflessione sulla situazione in atto, alla luce delle nuove condizioni determinate dagli ultimi eventi sopra descritti, chiarendo la disponibilità complessiva di uomini e mezzi delle Forze armate, anche al fine di andare oltre le misure adottate per potenziare il nono reggimento alpini, in una logica interforze che coinvolga le tre forze armate;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per consentire alle Forze armate di essere impegnate anche nelle attività di prevenzione del rischio, collaborando alla messa in sicurezza del territorio, e per garantire interventi prolungati per assistere le popolazioni delle zone colpite da gravi calamità naturali, oltre lo stretto lasso di tempo dell'emergenza.
(7-01278) «Fusilli, Ginoble, Bolognesi, Paola Boldrini, Scanu, Zanin, D'Incecco, Amoddio, Massa».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    pur essendo già passati 17 mesi da quando anche per il personale delle Forze armate è stato previsto il cedolino unico NoiPa, da numerosi mesi si registrano pesanti ritardi nei pagamenti a tale personale;
    tali ritardi producono gravi effetti negativi per la vita del personale interessato e per le relative famiglie, sia dal punto di vista economico sia sotto il profilo dello stress psicologico, con possibili ripercussioni anche sullo svolgimento dell'attività lavorativa;
    inoltre, risultano numerose segnalazioni e proteste da parte degli utenti che nel corso degli ultimi mesi, hanno evidenziato gravi carenze tecniche, oltre che scarsa informazione e trasparenza relativamente al funzionamento e alla gestione del sito NoiPa;
    tali segnalazioni riguardano anche la voce «conguagli», che vengono trattenuti dagli stipendi, senza nessuna giustificazione, con quote che arrivano anche al 99,9 per cento dell'importo netto;
    comunque, le trattenute e le varie misure che gli utenti si ritrovano sui propri stipendi non vengono mai giustificati, segno evidente, anche in questo caso, di una grave mancanza di informazione e trasparenza, requisiti invece necessari;
    le disfunzioni tecniche e i ritardi amministrativi, hanno ormai raggiunto una frequenza notevole, tale da causare conseguenze pesanti sul personale interessato;
    da ultimo, il 18 maggio 2017, sul sito NoiPa, veniva annunciata l'emissione del cedolino della rata di maggio 2017 per la giornata di lunedì 22 maggio, per tutti i dipendenti ad eccezione del personale delle aziende sanitarie;
    tale emissione avveniva, comunque, con numerosi giorni di ritardo rispetto a quanto disposto per regolamento nello stesso portale NoiPa, ovvero metà mese;
    il giorno 22 maggio migliaia di utenti interessati hanno provato a collegarsi con il sito NoiPa per prendere visione del loro cedolino;
    tale possibilità è stata loro negata, in quanto durante l'intera giornata il sito non è risultato accessibile sia da pc sia da terminali mobili;
    più volte e da ripetuto tempo è stato sollecitato al Ministro della difesa un deciso intervento per risolvere nell'immediato i problemi burocratici che attanagliano il personale militare,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per implementare immediatamente le capacità tecniche del sistema, recependo anche i sistemi precedenti che le Forze armate utilizzavano per l'elaborazione e l'emissione dei cedolini, in modo tale che NoiPa possa finalmente funzionare a pieno regime senza causare disfunzioni e pesanti conseguenze al personale militare interessato e comunque al personale della pubblica amministrazione;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie per garantire la massima informazione, assistenza tecnica/amministrativa e trasparenza nei confronti degli utenti.
(7-01277) «Basilio, Rizzo, Corda, Frusone, Tofalo».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    la cosiddetta ottava salvaguardia in materia di deroghe ai requisiti previdenziali introdotti dalla nota «legge Fornero» di cui alla legge di stabilità per l'anno 2017 (legge n. 232 del 2016), oltre a non aver garantito una soluzione definitiva alla questione esodati, ha destinato ad altri impieghi le risorse del fondo appositamente istituito con la legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 235, a favore delle categorie di soggetti «non più lavoratori attivi» come definiti dall'articolo 24 comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011;
    conseguenza di questo provvedimento è l'esclusione e la discriminazione di ex lavoratori e lavoratrici legittimati alla tutela e il cui status è stato riconfermato dai vari ispettorati del lavoro territoriali, che alle istanze presentate per accedere alla salvaguardia hanno riscontrato: «Le verifiche di rito e la documentazione allegata confermano i requisiti necessari per i benefici previsti dall'articolo 1, comma 214, della legge 11 dicembre 2016, n. 232»;
    in particolare, sarebbero state escluse dalla salvaguardia, pur avendone diritto, un gruppo di donne esodate cosiddette «postali», della cui categoria non vi è ancora una quantificazione certa sebbene vi siano tutti gli strumenti per individuarla; al riguardo, sarà compito delle istituzioni appurarla attraverso i dati in possesso dell'INPS e, ad ogni modo, vi è già una stima che si aggira attorno alle 40 unità;
    in data antecedente il 15 luglio 2011, le esodate in questione avrebbero sottoscritto con Poste Italiane spa accordi di incentivo all'esodo, facendo affidamento alla normativa vigente alla data degli accordi che prevedeva il raggiungimento del diritto previdenziale al compimento dei 60 anni;
    le dimissioni delle ex postali non sarebbero avvenute per atto unilaterale, ma sarebbero state la conseguenza del piano industriale di Poste Italiane, finalizzato ad una riduzione dei costi e attuato attraverso due differenti tipologie di accordi: una denominata «progetto Mix» che prevedeva l'assunzione di un figlio con contratto a tempo indeterminato e la contestuale risoluzione del rapporto di lavoro del genitore, l'altra, con accordo all'esodo, incentivato con una somma monetaria, appena sufficiente a soddisfare il minimo vitale e rapportata all'arco temporale intercorrente tra la risoluzione e la maturazione del requisito anagrafico per accedere all'assegno pensionistico. In relazione a quest'ultima tipologia di uscita dal lavoro, il verbale di conciliazione in sede sindacale è stato preceduto dal verbale di accordo con il dettaglio dell'incentivazione;
    l'esigua contribuzione, per alcune di tali esodate, persino inferiore ai 30 anni, è sufficiente per l'accesso alla pensione di vecchiaia ma non consente loro di aderire al regime sperimentale di opzione donna, né consentirà di accedere alla cosiddetta APE Socia in caso di sua proroga;
    nessun ammortizzatore sociale ha fatto seguito all'esodo e, fatta eccezione per occasionali prestazioni lavorative, la prospettiva di inserimento nel mercato del lavoro per queste persone è nulla. Alcune esodate riescono a trovare occupazioni saltuarie con forme contrattuali spesso al limite della legalità;
    la violazione del diritto alla pensione è secondo i firmatari del presente atto, un evento grave e ingiusto per tutte le categorie di esodati;
    a ciò si aggiunge la discriminazione che hanno dovuto subire alcune categorie come quella in questione anche rispetto a coloro che sono stati salvaguardati. Si pensi, inoltre, che tale situazione pesa drammaticamente su tutto il nucleo familiare, soprattutto, laddove i figli studenti e/o disoccupati non avendo potuto neppure beneficiare del «progetto Mix» attuato da Poste Italiane restano a carico, non potendo dare il loro contributo per alleviare il disagio economico;
    pertanto, la costrizione ad attendere anni per poter raggiungere il diritto alla pensione emargina queste donne esodate, cagionando loro gravi danni anche psicologici;
    la peculiarità degli accordi ha ridotto tale categoria in «stato di bisogno» e non è possibile attendere il trascorrere degli anni per il raggiungimento del diritto previdenziale. È necessario un intervento a tutela di queste persone potendo, tra l'altro, fare ricorso ai fondi che residueranno dall'ottava salvaguardia;
    con la legge di bilancio sono state previste un numero massimo di domande accoglibili. Sono 30.700 i lavoratori interessati, suddivisi come segue:
     11 mila lavoratori destinatari dell'indennità di mobilità ordinaria o dello speciale trattamento edile;
     10.400 lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione IVS entro il 4 dicembre 2011;
     7.800 lavoratori cessati dal servizio con o senza accordi con il datore di lavoro;
     700 lavoratori che hanno fruito del congedo straordinario per l'assistenza ai disabili;
     800 lavoratori il cui contratto a tempo determinato è cessato entro il 2011;
    il primo monitoraggio effettuato dall'INPS evidenzia la disponibilità di posti che residuano dall'ottava in generale e dalla tipologia dei cessati in particolare e rende possibile riservare parte di questi alla categoria delle esodate postali il cui stato di bisogno richiede una tutela specifica,

impegna il Governo

ad adottare idonee e urgenti iniziative normative per salvaguardare le esodate postali intervenendo anche sul pregiudicante meccanismo degli incrementi anagrafici e dell'aspettativa di vita.
(7-01279) «Rizzetto, Nastri».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nelle foreste sarde è in atto un vero e proprio disastro ambientale, paesaggistico e naturalistico;
   migliaia di ettari sono stati devastati, nessun intervento preventivo è stato messo in atto e la devastazione avanza senza ostacoli;
   un disastro senza precedenti sta distruggendo migliaia di ettari di forestazione e macchia mediterranea senza che la regione muova un dito per arginare l'invasione di devastante bruco « killer»; dal monte Minni Minni di Castiadas per arrivare alle foreste di Orbai, passando per le zone interne sino al compendio esclusivo della «reliquia vegetale» dell'Asinara dove sotto attacco è l'unico residuo di bosco di leccio esistente nell'isola;
   il disastro sta letteralmente distruggendo le foreste dell'iglesiente sino ad arrivare al compendio forestale di Santadi;
   danni ingenti sono segnalati anche nelle zone interne dell'isola;
   tutto questo sta avvenendo con un disinteresse catastrofico visto che la ciclicità di questo fenomeno va arginati tempestivamente per evitare danni economici rilevanti al comparto sugheriero ma anche e soprattutto di natura ambientale e naturalistico;
   l'interpellante ha effettuato diversi sopralluoghi in diverse aree dell'isola accompagnato da tecnici forestali, riscontrando personalmente la gravità della situazione;
   in tutte le aree richiamate l'assenza di qualsiasi intervento è totale, con la devastazione che avanza a vista d'occhio, con intere montagne che hanno drammaticamente cambiato colore, passando dal verde al giallo, per via dell'incedere della Lymantria Dispar, un lepidottero infestante in grado di distruggere migliaia di ettari di forestazione e macchia mediterranea;
   all'Asinara, segnalano i tecnici, a rischio è lo straordinario bosco di Elighe Mannu, duramente colpito e debilitato da questo lepidottero devastante;
   il rischio è uno stress senza precedenti del sistema forestale della Sardegna con una propagazione incontrollabile del fenomeno che sta generando un depauperamento gravissimo delle chiome con defoliazioni evidentissime anche a distanza;
   la valutazione compiuta dai tecnici con il riscontro del fitofago sulla stessa corteccia delle piante fa temere per la stessa sopravvivenza degli impianti forestali colpiti;
   occorre un vero e proprio «piano Marshall» in grado di debellare questo attacco al patrimonio vegetale, naturalistico ed ambientale della Sardegna. Occorre porre rimedio con interventi immediati già messi a punto negli anni passati attraverso il Foray 48 B a base di Bacillus thurigensis Kurstaki (Btk), un prodotto naturale in grado di contrastare naturalmente il lepidottero anche allo stato larvale;
   aver smantellato le strutture provinciali antisetti e cancellato le risorse necessarie alla lotta parassitaria a tutela delle foreste della Sardegna è la dimostrazione di quella che appare all'interpellante un'inadeguatezza strutturale di questa giunta regionale che riesce persino ad abbandonare il già depauperato patrimonio forestale dell'isola;
   servono urgenti interventi di difesa attiva contro i parassiti delle sugherete e delle querce per affrontare senza ulteriori perdite di tempo un disastro di così grande rilevanza per la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del patrimonio ambientale e produttivo della sughera in Sardegna;
   si tratta, secondo l'interpellante, di un'irresponsabilità gravissima considerato che la Sardegna gode di un patrimonio di 1.200.000 di ettari di superficie boscata, è la seconda regione italiana per patrimonio forestale, con la quasi totalità della forestazione italiana della quercia da sughero che rappresenta un valore economico e ambientale unico;
   continuare a tergiversare è un atto grave e irresponsabile che va condannato senza se e senza ma;
   si tratta di un atto contro il grande patrimonio forestale della Sardegna che va perseguito in ogni sede –:
   se il Governo non intenda intervenire con somma urgenza, per quanto di competenza, al fine di predisporre azioni immediate per fermare la gravissima devastazione in atto nel sistema forestale sardo;
   se, considerata l'importanza del sistema forestale sardo, non si ritenga di dover valutare l'assunzione di ogni iniziativa in relazione all'emergenza, anche ricorrendo alla nomina di un commissario di Governo ove ne sussistano i presupposti, per tutelare e salvaguardare l'immenso patrimonio forestale ed unico della Sardegna.
(2-01822) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   i cittadini utenti di grandi compagnie di telecomunicazioni continuano a segnalare situazioni gravi e tese a rendere sempre difficile un rapporto corretto e trasparente tra utente e compagnie;
   la società Enosis Cristalli Srl ha segnalato all'interpellante una procedura di abuso e pratica commerciale scorretta a seguito di un disservizio causatole dalla Telecom Italia spa contro la quale aveva promosso un procedimento per accertamento tecnico preventivo (ATP) al fine di stabilire e quantificare il danno grave subito;
   nonostante il procedimento per ATP abbia acclarato l'inadempimento in maniera solare, Telecom, nel corso del procedimento, teneva un comportamento difensivo alquanto singolare: in primo luogo, riteneva fin dal principio di non procedere alla nomina di alcun consulente tecnico di parte;
   in secondo luogo e ancora più sorprendentemente, decideva di non formulare alcuna osservazione alla perizia, nonostante questa le fosse gravemente sfavorevole;
   in terzo luogo, reagiva alla proposta conciliativa formulata da Enosis rifiutandola senza tuttavia formulare alcuna controproposta, finanche di valore minimo, dimostrando di non avere alcuna intenzione di procedere ad una conciliazione;
   appare evidente all'interpellante che il comportamento di Telecom si fonda sullo sfruttamento del consapevole vantaggio derivante dalla posizione di sudditanza economica della grande maggioranza dei consumatori lesi da comportamenti di dubbia legittimità ad essa imputabili;
   per effetto di tale strategia, Telecom avrebbe assunto come prassi aziendale quella di rifiutare a priori di transigere o conciliare qualsiasi controversia, indipendentemente dal merito delle pretese dei consumatori;
   le compagnie, infatti, confidano nel fatto che, nella maggioranza dei casi, i consumatori lesi nei loro diritti non avranno né il tempo né i mezzi necessari per intraprendere procedure giudiziarie che richiedono anni prima di essere concluse;
   ciò è in particolare vero nei casi come quello di Enosis, in cui l'inadempimento è stato talmente grave da porre in pericolo la stessa sopravvivenza dell'azienda: in questo caso, Telecom sa benissimo di trovarsi in una posizione di assoluta preminenza, posto che, mentre Telecom si può permettere di rischiare di pagare un ammontare ben più considerevole delle richieste transattive al termine dell'eventuale procedura giudiziaria instaurata dal consumatore (che comunque richiederebbe anni prima di essere conclusa), quest'ultimo sarà invece costretto, pur di scongiurare il fallimento a proporre una somma irrisoria oppure a rinunciare tout court ad azionare i propri diritti di difesa, anche per evitare le ingenti spese che questa scelta comporterebbe;
   il comportamento di Telecom nelle proprie scelte difensive, ad avviso dell'interpellante, rende completamente illusoria la prospettiva offerta dai rimedi giuridici, che rimangono al livello della pura forma e potenza, senza tradursi mai in sostanza;
   il comportamento di Telecom, denunciato nella segnalazione all'interpellante sembrerebbe particolarmente lesivo dei diritti dei consumatori nella misura in cui, come è avvenuto nel caso di Enosis, Telecom si guarda bene dall'informare sin dal principio la controparte della propria politica aziendale, ma, al contrario, a parole, si dichiarerà sempre disposta a trovare una soluzione conciliativa, salvo poi comportarsi in maniera del tutto incompatibile con tale intendimento;
   ciò è particolarmente evidente nel caso di Enosis, ovvero in un caso in cui, lo si ribadisce, a fronte di un inadempimento che appare solare ed acclarato, Telecom addirittura non formula una controproposta alla proposta conciliativa presentata dal consumatore leso;
   questo comportamento finisce di fatto, ad avviso dell'interpellante, per indurre il consumatore ad esperire inutilmente procedure defatiganti e sopportarne i costi, confidando nel fatto che il consumatore, una volta stremato ed esaurite le sue limitate risorse, a un certo punto desista e si rassegni;
   occorrerebbe chiarire se tali comportamenti siano rispondenti ad una vera e propria politica aziendale e quindi siano verosimilmente posti in essere in una grande quantità di casi, tenuto conto che Telecom ha probabilmente in corso centinaia di vertenze simili a quella proposta da Enosis;
   il caso di specie, ad avviso dell'interpellante, non differisce da quello di quasi tutte le aziende che possono usufruire della propria posizione di predominio economico a discapito di altri soggetti che, non godendo di uguali capacità, vedono frustrati i propri diritti ed interessi;
   è chiaro che la prassi aziendale di Telecom, fondata sull'aprioristica preclusione di ogni transazione/conciliazione, induce i consumatori a reputare opportuno soprassedere dal coltivare in giudizio, con notevole dispendio di denaro, energie e di tempo, le proprie fondate pretese e, pertanto, a ritenere preferibile rinunciare a far valere le proprie ragioni;
   appare all'interpellante, evidente la gravità della situazione discriminatoria che si produce tra aziende e cittadini consumatori, come descritto in premessa –:
   quale sia l'orientamento del Governo in merito alla necessità di una regolamentazione delle tattiche defatiganti delle grandi aziende nei confronti dei cittadini consumatori;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per istituire un apposito osservatorio per valutare la reiterazione di tali pratiche;
   se non intenda, per quanto di competenza, esaminare il caso segnalato e altri eventuali casi analoghi, anche alla luce del regime concessorio di cui godono tali aziende.
(2-01826) «Pili».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARANTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la questione circa il peso degli italiani nelle istituzioni europee e il posizionamento dei funzionari nazionali nelle più alte cariche negli organismi dell'Unione europea, può diventare cruciale in futuro anche in relazione agli scenari apertisi con il negoziato «Brexit», laddove insieme alla pars destruens occorrerà ripensarne la costruens, per una decisa ripresa del progetto europeo;
   il protagonismo dell'Italia in ambito europeo si misurerà anche sul posizionamento del nostro Paese, non solo numerico, in posti chiave delle istituzioni comunitarie. Una forte rappresentanza degli interessi italiani contribuirebbe a rispondere alla disaffezione dei cittadini italiani sempre più propensi a vedere l'Unione europea come matrigna e non come la propria casa;
   in occasione dell'audizione (XIV Commissione, Camera 18 gennaio 2017) il rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari, ha fotografato la presenza italiana in alcune istituzioni europee (Parlamento europeo, SEAE e Commissione), ricordando come in seguito alla nomina a presidente del Parlamento europeo dell'Onorevole Tajani, gli italiani risultano nelle tre massime cariche (Parlamento europeo, Banca centrale europea e Alto rappresentante per la politica estera); nella Commissione europea l'Italia è seconda, dopo la Germania per quanto riguarda le posizioni apicali, con 4 direttori generali, 2 vicedirettori generali (di cui uno acquisito in una posizione molto importante, presso la Direzione generale del bilancio) 30 direttori e 116 capi unità. Anche al Parlamento europeo siamo secondi dopo la Germania, con 3 direttori generali, 4 direttori e 30 capi unità. Per quanto riguarda il SEAE, il Servizio relazioni esterne presieduto dall'Alto rappresentante Mogherini, siamo sempre secondi, in questo caso dopo la Francia, con 2 direttori generali, 2 direttori, 13 capi missione nelle varie delegazioni dell'Unione europea nel mondo, e 4 di questi 13 provengono dalla Farnesina;
   da tale quadro emerge, almeno dal punto di vista numerico, una rappresentazione dell'Italia soddisfacente, il miglior risultato dalla fine del 2014. E tuttavia, va sottolineata l'esigenza di consolidare i successi, più che sulla quantità, sulla qualità delle posizioni ricoperte – su cui lo stesso ambasciatore Massari si è soffermato – per far sì che i funzionari italiani nelle posizioni apicali siano più presenti in quelle direzioni generali della Commissione maggiormente delicate per gli interessi nazionali (come la direzione generale home, che si occupa di affari interni o la Direzione generale per la concorrenza, che si occupa dell'Unione economica e monetaria);
   tra le numerose conseguenze della «Brexit», con l'avvio della procedura ex articolo 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE), va segnalata anche quella relativa alle posizioni occupate dagli alti funzionari britannici che vedranno il venir meno, nei prossimi anni, il requisito per ricoprire tali ruoli, ossia «essere cittadino di uno degli stati membri»;
   anche se le istituzioni europee non hanno ancora affrontato, almeno pubblicamente, la questione per le evidenti incertezze, in qualche modo un riposizionamento della burocrazia europea sta già avvenendo; secondo un recente studio del Think-tank Bruegel.org, a Bruxelles sono tedeschi il 16 per cento dei capi e dei capi vicegabinetto, il 12 per cento dei direttori generali, il 18 per cento dei presidenti di commissione del Parlamento europeo e il 20 per cento dei coordinatori di commissione nominati dai gruppi politici. Con l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, si aprirà la questione circa i possibili e ulteriori riposizionamenti e l'incertezza sugli orientamenti già in atto –:
   quali siano a tutt'oggi tutte le posizioni dei funzionari italiani a livello apicale nelle istituzioni e negli organismi europei, nelle diverse articolazioni, comprensive di uffici e agenzie europee, quali quelle occupate attualmente da funzionari britannici e quali di queste rientrino fra gli interessi strategici del nostro Paese.
   (5-11513)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Dimensione di Grugliasco (Torino) opera in Italia e all'estero da oltre 30 anni, tramite numerose società;
   dichiara un fatturato di gruppo che supera i 40 milioni di euro, 170 addetti e vanta un importante portafoglio commesse, con clienti importanti nel pubblico e nel privato;
   dall'11 aprile 2017 ha attivato sul proprio canale web e sulla stampa una ricerca di lavoro per la posizione di ingegnere edile, con disponibilità a trasferte estere, proponendo uno stipendio netto di 600 euro mensili;
   le mansioni proposte sono evidentemente di responsabilità, andando dal supporto alla partecipazione a gare internazionali all'analisi dei costi, dalla collaborazione nella progettazione alle visite in cartiere;
   in considerazione del fatto che il contratto collettivo nazionale di lavoro per l'edilizia non prevede per i laureati retribuzione inferiore ai 1.100 euro mensili, ci si chiede sulla base di quale considerazione sia stata fatta la suddetta offerta –:
   se non si ritenga di valutare se sussistano i presupposti per avviare una verifica, anche tramite ispezione, circa la correttezza dei rapporti di lavoro e gli inquadramenti contrattuali presso il gruppo di cui in premessa. (4-16823)


   LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per il 6 giugno 2017 è prevista l'inaugurazione della stazione Alta velocità «Porta del Sud» di Afragola (Napoli);
   l'opera è costata nel complesso circa 100 milioni di euro. I lavori, avviati nel 2003, con inaugurazione inizialmente prevista per il 2008, negli ultimi 14 anni sono stati interrotti ripetutamente, per mancanza di fondi prima e per un'inchiesta sulla ditta che aveva in mano i lavori dopo. Si sono protratti così a lungo che l'autrice del progetto, l'architetta angloirachena Zaha Hadid, è mancata prima di poter vedere il suo lavoro realizzato;
   dubbi vi sono anche sull'utilità di un'opera che apparirebbe come l'ennesima «cattedrale nel deserto», al momento scollegata dal restante traffico ferrroviario della regione, non raggiunta né dalla metropolitana, né dalla Circumvesuviana. Inoltre, bisognerebbe parlare dell'inaugurazione di un binario più che di una stazione, poiché numerose fonti sottolineano l'assenza di negozi e di efficienti infrastrutture stradali di collegamento;
   se la storia della stazione Alta velocità di Afragola fosse solo questa, sembrerebbe l'ennesima saga di un'opera pubblica dai costi faraonici e già finita sotto l'occhio della magistratura ordinaria e contabile;
   tuttavia, l'ombra della camorra incombe sulla realizzazione: il 16 febbraio 2017, con l'interrogazione n. 4-15626, l'interrogante aveva chiesto al Governo chiarimenti sui terreni utilizzati come deposito dei mezzi di lavoro per la costruzione della stazione;
   in un'ordinanza del tribunale di Roma, infatti, risultava che tali terreni, collocati a 4 chilometri dal cantiere, sarebbero di proprietà delle mogli di due esponenti di un noto clan attivo sul territorio afragolese;
   nelle ultime settimane, in questo territorio, sembra essere scoppiata una vera e propria guerra tra clan, legata, secondo alcune fonti di stampa, proprio alla realizzazione delle opere compensative;
   infatti, mentre ancora la procura di Napoli indaga sull'efferato omicidio di due pregiudicati fatti a pezzi e sepolti dentro dei sacchi neri avvenuto nel febbraio 2017, il 26 maggio 2017 è stato ucciso nella sua auto un noto esponente del clan Moccia, Salvatore Caputo, vittima di un agguato che secondo la stampa darebbe «sostanza alle ipotesi di infiltrazione camorristica nei cosiddetti lavori di “contorno” alla stazione Tav» e che «ha fatto scattare un allarme rosso alla DDA che da tempo monitora le attività del clan»;
   il 3 giugno 2017, in pieno giorno sullo stesso territorio di Afragola un altro uomo, Remigio Sciarra, appartenente ad un altro clan della zona ha ricevuto analoga esecuzione, che sembrerebbe seguire, ancora, il filone dei fondi stanziati per le opere di compensazione dell'Alta velocità di Afragola;
   paiono eloquenti, da questo punto di vista, le dichiarazioni del coordinatore del pool anticamorra della procura di Napoli, dottor Giuseppe Borrelli, il quale – secondo quanto riportato da stampa – ha dichiarato che la procura «ha effettuato un attento monitoraggio dei lavori di realizzazione della stazione di Afragola» i cui esiti «sono coperti da segreto e si conosceranno a tempo debito». Sul territorio c’è fibrillazione criminale: «questo è evidente»;
   è in un simile contesto che, il 6 giugno 2017, viene inaugurata per la quinta volta la stazione Alta velocità di Afragola alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dei massimi dirigenti di Trenitalia e RTI –:
   se siano a conoscenza della situazione della stazione che si va a inaugurare e del fatto che questa si collochi nel bel mezzo di una guerra tra clan;
   se il Ministro dell'interno non intenda instaurare presso la prefettura una task force per monitorare, per quanto di competenza, l'assegnazione degli appalti e se sussistano adeguate condizioni di sicurezza per i cittadini e i futuri passeggeri in una zona dove è in corso una guerra tra clan camorristici. (4-16837)


   BOCCADUTRI, BRUNO BOSSIO e COPPOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il cloud compunting, secondo la definizione fornita dal NIST – Istituto nazionale degli standard e della tecnologia degli Stati Uniti, è «un modello per abilitare accessi a network ubiqui, convenienti e ondemand di un bacino condiviso di risorse configurabili di computazione che possono essere rapidamente acquisiti e rilasciate con il minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore dei servizi»;
   i servizi di cloud computing possono essere di tipo «privato o community», che prevede l'utilizzo di infrastrutture ICT (Information and communication technology) dedicate internamente a singole organizzazioni o per un gruppo limitato di organizzazioni, oppure di tipo «pubblico», che fa riferimento a infrastrutture ICT comuni e condivisibili da un numero non predefinito di organizzazioni, garantendo allo stesso tempo l'isolamento ad ogni singola organizzazione;
   sempre più aziende e pubbliche amministrazioni stanno utilizzando il cloud computing, la cui efficacia ed efficienza è ampiamente documentata nella letteratura scientifica e nelle analisi di mercato. Molti Stati hanno già implementato politiche « cloud first»: in questo modo ottengono ottimi risultati dal punto di vista prestazionale, garantendo al tempo stesso significativi risparmi di spesa, il tutto nella massima sicurezza, di gran lunga superiore a quella offerta dai singoli data center. Da tempo, infatti, tutte le analisi nell'ambito della sicurezza cibernetica segnalano la riduzione della base d'attacco, e quindi dei data center, come uno degli interventi principali per limitare i rischi;
   ad oggi, le pubbliche amministrazioni possono acquisire servizi di cloud computing tramite la cosiddetta «Gara SPC – lotto 1», sulla base delle linee guida emanate dall'Agenzia per l'Italia Digitale sul cloud computing. I servizi di cloud offerti sono limitati alla tipologia « cloud privato», mentre non sono previsti servizi di « cloud pubblico»: a quanto risulta agli interroganti, i servizi offerti nell'ambito della gara SPC sarebbero obsoleti e di difficile utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni che, infatti, stanno acquisendo dalla gara SPC in maniera estremamente ridotta;
   nella memoria depositata da Consip, nel corso dell'audizione davanti alla Commissione d'inchiesta parlamentare sui livelli di digitalizzazione della pubblica amministrazione della Camera dei deputati del 24 novembre 2016, è possibile leggere che «l'accesso ai servizi su cloud pubblico deve essere garantito dal punto di vista tecnologico e opportunamente regolamentato»;
   ad oggi, l'Agenzia per l'Italia Digitale non ha ancora pubblicato il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, previsto in attuazione della legge n. 208 del 28 dicembre 2015, articolo 1, comma 513, con il quale si intende definire, tra le altre cose, l'elenco dei beni e servizi informatici la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica: il riconosciuto valore innovativo ed economico del cloud computing suggerirebbe una sua inclusione nell'ambito di tale definizione;
   alla data odierna, non è mai stata bandita una gara d'appalto per una Convenzione o un accordo quadro per l'acquisizione di « cloud pubblico», e le pubbliche amministrazioni non hanno quindi una procedura semplificata per acquisire questo tipo di servizi, ad eccezione di alcune convenzioni già esistenti da diversi anni per servizi offline, e che hanno progressivamente inserito anche la fornitura di servizi online (è il caso, ad esempio, della Convenzione Microsoft Enterprise Agreement, ma non solo), configurando il rischio di una significante distorsione nel mercato del public cloud della pubblica amministrazione –:
   se ritengano prioritario implementare politiche « cloud first»;
   se ritengano opportuno dare un indirizzo a Consip affinché attivi la necessaria procedura per predisporre strumenti idonei per l'acquisizione di public cloud pubblico da parte della pubblica amministrazione;
   quali iniziative urgenti intendano mettere in atto per evitare il potenziale consolidarsi di situazioni non concorrenziali nel settore del « cloud pubblico». (4-16839)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VENITTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio della regione Molise da tempo si verificano gravi fenomeni di dissesto idrogeologico;
   emblematico è il caso di Civitacampomarano: in uno dei borghi più belli del Molise, che ha dato i natali a Vincenzo Cuoco e Gabriele Pepe, con il magnifico castello angioino del Trecento che si erge sul crinale della collina, si è aperta una faglia nella roccia con un fronte di 300 metri nel cuore del centro storico; l'intero abitato rischia di scivolare a valle, trascinato da 400 mila tonnellate di terra in movimento, su uno strapiombo di 100 metri; la frana viene monitorata con «sensori a onde», posizionati in punti strategici per individuare la direzione, il fronte e le caratteristiche della faglia; numerose sono state le ordinanze di sgombero per abitazioni inagibili; anche la storica sede del comune è stata dislocata;
   servono consistenti fondi per fronteggiare l'emergenza e contrastare il gravissimo dissesto con efficaci interventi di consolidamento, disponendo altresì continue indagini geognostiche per il monitoraggio del terreno e un sistema di allerta permanente coordinato dalla regione;
   nella frazione di «S. Vittorino», nel comune di Cerro al Volturno, l'intera zona è interessata da un imponente movimento franoso con spostamento verso valle del terreno che provoca cedimento di fondazioni, lesioni nelle murature portanti e nelle tamponature, fratture profonde nei cantonali e nei comuni di sostegno, pareti fuori piombo, avvallamenti di pavimentazioni, e altro sia nelle abitazioni private sia negli edifici che sono sede di servizi essenziali, come le scuole;
   lo scivolamento del piano stradale verso valle lungo la strada comunale S. Croce provoca cedimenti della piattaforma stradale;
   l'Autorità di bacino, sin dal 2010 ha classificato ad alto rischio la zona di Cerro al Volturno in provincia di Isernia; parimenti, in base alla perimetrazione di cui al decreto n. 180 del 1998, l'area rientra nella categoria «Rischio molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture»;
   numerosi cittadini hanno sottoscritto un'istanza per sollecitare l'amministrazione comunale ad attivarsi in breve tempo con interventi urgenti;
   da un'attenta ricognizione sia sul versante orientale del Monte S. Croce, che all'interno del nucleo abitato di S. Vittorino, in particolare lungo il tratto interessato dalla strada provinciale Cerreta-Foci, si rileva la presenza di frane attive anche a ridosso delle abitazioni; causa principale del fenomeno – secondo i geologi – è la non corretta regimentazione delle acque meteoriche che, ruscellando ed infiltrandosi nei terreni sottostanti, creano fenomeni di instabilità del versante ed a valle dello stesso; la situazione risulta aggravata anche da impedimenti al regolare deflusso delle acque meteoriche verso valle come cunette interrate, tombini ostruiti, banchine impraticabili ricoperte da vegetazione e terra, muretti di contenimento privi di drenaggio, impluvi naturali in completo abbandono;
   le risultanze delle indagini e il monitoraggio dell'area segnalano l'urgenza di interventi di consolidamento strutturale e inserimento di micropali in fondazione nei fabbricati fessurati; realizzazione di impianti fognari di acque bianche per la raccolta delle acque meteoriche verso valle in corrispondenza di impluvi naturali; realizzazione di trincee drenanti a monte per intercettare l'acqua meteorica proveniente dal versante per incanalarla verso impluvi naturali e smaltirla verso valle; pulizia degli impluvi e/o dei fossi e risagomatura di alvei; interventi di ingegneria naturalistica con sistemazione scarpate per rallentare i processi erosivi delle acque e consolidare il terreno –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per utilizzare le ingenti risorse disponibili per la difesa del suolo e il contrasto del dissesto idrogeologico, destinando con priorità tali risorse alle aree a più alto rischio di frana, come i comuni in premessa della regione Molise. (5-11504)


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in merito al progetto di ampliamento alla terza corsia dell'autostrada A1 nei tratti Barberino di Mugello – Firenze nord e Firenze sud – Incisa Valdarno, Autostrade spa ha ricevuto approvazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo sul territorio calenzanese nel parco delle Carpugnane. Le terre e rocce derivanti dalla realizzazione dell'opera, in particolare quelle provenienti dall'escavazione della nuova galleria Santa Lucia, potranno avere caratteristiche chimiche in colonna B oltre a quelli già certificate in colonna A, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, ossia contenere sostanze contaminanti in concentrazioni tali da determinarne una destinazione d'uso per siti ad uso industriale e commerciale. Quindi tali terre e rocce saranno riportate direttamente nel parco, in un'area che diventerà di proprietà di Autostrade per l'Italia con una destinazione d'uso a pertinenza autostradale: infatti, il piano di utilizzo prevede nella stessa area del rimodellamento morfologico un sito di deposito per i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di cantiere;
   il progetto di ampliamento dell'autostrada, in ottemperanza a quanto imposto dalla normativa vigente e dagli enti di controllo, prevede la realizzazione di un piano di monitoraggio ambientale per controllare gli impatti delle opere nella fase di costruzione e per verificare l'efficacia delle mitigazioni previste in progetto. In particolare, i rifiuti prodotti in fase di cantiere e di esercizio dovranno essere opportunatamente raccolti ed avviati a recupero e/o a smaltimento secondo le norme di legge (decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni). Per quanto riguarda le terre e rocce di scavo prodotte in fase di cantiere, risulta che il proponente ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quale autorità competente, il piano di utilizzo ai sensi del decreto ministeriale n. 161 del 2012;
   al riguardo, sono previste per la fase esecutiva di esercizio modalità costruttive tali da non determinare drenaggi significativi nei confronti della risorsa idrica disponibile e, in caso di eventuali impatti negativi su approvvigionamenti pubblici e/o privati, dovrà essere garantito anche l'approvvigionamento sostitutivo di risorsa idrica in tempi brevi. Le relative letture monometriche di monitoraggio ed i rapporti periodici dovranno essere trasmessi al comitato di controllo per eventuali ulteriori interventi ritenuti necessari per la tutela della risorsa idrica;
   a tutt'oggi non risultano pubblicati i controlli dell'inquinamento nelle terre sul sito del comitato di controllo –:
   se, anche in relazione a quanto stabilito dall'articolo 49 del decreto-legge n. 1 del 2012 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 e dalle relative disposizioni attuative, per l'opera citata siano state rispettate le procedure e le modalità da adottare affinché l'utilizzo dei materiali da scavo avvenga senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente;
   se il Governo, intenda assumere iniziative per garantire la pubblicazione delle letture monometriche di monitoraggio ed i rapporti periodici per conoscere se ci siano stati interventi per la tutela della risorsa idrica;
   se i Ministri interrogati intendano promuovere ogni necessaria verifica sull'area del parco al fine di rassicurare la popolazione allarmata dalla progettata trasformazione del territorio e dai rischi di compromissione dell'ambiente e attivare le iniziative di competenza affinché sia tutelata un'area di straordinaria rilevanza naturalistica e paesaggistica. (5-11512)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 92/34/CEE, nota come «habitat», costituisce la norma quadro nell'ambito dei Paesi dell'Unione europea per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;
   nell'ambito di questa direttiva è istituita la rete Natura 2000, per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell'Unione europea ed, in essa, in particolare, vengono indentificate le zone speciali di conservazione (ZSC), la cui istituzione passa per l'individuazione preliminare dei siti di interesse comunitario (SIC);
   l'Italia ha attuato le norme di cui alla direttiva 92/43/CEE «habitat» con il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» e successive modifiche e integrazioni;
   l'articolo 3 «Zone speciali di conservazione» del citato decreto del Presidente della Repubblica prevede che la designazione delle zone speciali di conservazione (ZSC) avvenga mediante decreto ministeriale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni;
   tra queste zone speciali nella regione Calabria, in provincia di Cosenza, è riconosciuta la Secca di Amendolara (codice IT9310053), a circa 12 miglia da Amendolara Marina, ad una profondità di soli 20 metri;
   l'articolo 4 «Misure di conservazione» del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 prevede che le regioni assicurano per i siti di importanza comunitaria (Sic) e le zone di protezione speciale (Zps) le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie per cui le zone sono state designate;
   la regione Calabria, con deliberazione della giunta n. 277 della seduta del 19 luglio 2016, pubblicata sul bollettino ufficiale della regione Calabria n. 94 del 16 settembre 2016 ha approvato ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica, sulla base di quanto stabilito dall'articolo 6, commi 1 e 2, della direttiva «Habitat» 92/43/CEE, le misure di conservazione dei siti di interesse comunitario ricadenti nelle zone speciali di conservazione (ZSC) dei siti di importanza comunitaria ricadenti nella provincia di Cosenza, tra cui la Secca di Amendolara;
   da fonti di stampa si apprende che nella Secca di Amendolara, nonostante le prescrizioni contenute nel menzionato atto regionale, si registra un'attività di pesca che per le modalità poste in essere sta determinando gravi ripercussioni sull’habitat e sulla conservazione della biodiversità comportando la distruzione dell'ecosistema della fauna e della flora dello Ionio cosentino;
   in particolare, nonostante le denunce effettuate negli scorsi anni dall'amministrazione locale e gli inviti rivolti ai sindaci e alle capitanerie di porto del limitrofo comune di Corigliano Calabro e del comune di Gallipoli, risulta che la pratica illegale della pesca nella Secca attraverso l'utilizzo di reti e di sostanze urticanti per stanare le prede, sia tuttora in essere;
   ciò starebbe determinando la desertificazione della Secca di Amendolara con distruzione delle specie ivi conservate di corallo, pinna nobilis, aragosta, scorfano rosso e, in generale, di tutti gli esseri viventi legati a tale habitat;
   si tratta, in sostanza, di una pratica altamente dannosa, in una zona protetta per il suo importante patrimonio di biodiversità marina, una pratica che nuoce anche alle attività turistiche di Amendolara, dato che la Secca è meta, quotidianamente, di escursioni subacquee –:
   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in tal caso, quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire la tutela dell’habitat naturale e della biodiversità, nella Secca di Amendolara che costituisce un importante sito di riproduzione del Mediterraneo e, in particolare, del Mar Ionio. (4-16832)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Tar della Puglia, con sentenza del 3 marzo 2016, ha stabilito che «l'approvazione del piano finanziario – ivi incluso il piano tariffario — non può essere oggetto di acritico recepimento da parte dell'organo assembleare del Comune. Il Consiglio Comunale è chiamato, pertanto, a delineare le coordinate programmatiche della fiscalità locale, della quale la TARI costituisce parte preponderante, sulla base di una adeguata ponderazione di elementi valutativi la cui disamina non può essere devoluta in toto al gestore del servizio (di igiene urbana, n.d.r.), pur essendo questo in possesso di cognizioni tecniche», affermando dunque una volta di più non solo il dovere civile, ma l'obbligo legale di esercitare un controllo effettivo sull'operato del gestore del servizio di igiene urbana;
   il recente decreto ministeriale 22 dicembre 2016 sul piano nazionale delle ispezioni negli stabilimenti, intermediari e commercianti, spedizioni di rifiuti e relativo recupero o smaltimento non comprende alcuna forma di controllo sistematico sull'operato quotidiano dei gestori affidatari del servizio di igiene urbana (ad esempio, rispetto del contratto di servizio, controllo sulle pesate, sul numero di viaggi effettuati dai mezzi, sulle ore di presenza del personale e altro) che, a parere degli interroganti, dovrebbe essere compito dei comuni;
   alle Agenzie regionali per la protezione ambientale e al Corpo forestale spetta solo il compito di effettuare controlli sporadici su specifiche e circoscritte questioni riguardanti i rifiuti, ma non quello di vigilare costantemente su un determinato gestore;
   l'assenza di criteri di controllo sull'operato dei gestori del servizio di igiene urbana oggettivi e uniformi su tutto il territorio nazionale ha comportato e sta tuttora comportando una serie di storture nella contabilità dei rifiuti, fra cui una percentuale non veritiera di raccolta differenziata ed una produzione abnorme di rifiuti urbani a scapito dei rifiuti speciali, il cui dato risulterebbe di conseguenza sottostimato nelle regioni a più alto grado di assimilazione: a titolo esemplificativo, si cita il caso dell'Emilia Romagna, dove il calcolo dei dati di produzione dei rifiuti, raccolta, avvio a riciclaggio, smaltimento è interamente delegato ai gestori dei rifiuti, senza che, ad avviso degli interroganti, da parte dei comuni vi sia una adeguata forma di verifica dei dati o di controllo sull'operato del gestore –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto e intenda promuovere, per quanto di competenza, iniziative per la definizione di criteri di controllo sull'operato dei gestori affidatari del servizio di igiene urbana da parte della pubblica amministrazione e nell'interesse dei cittadini e dell'ambiente. (4-16833)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del dirigente della P.F. Rete elettrica regionale, autorizzazioni energetiche, gas ed idrocarburi n. 55-ter del 20 giugno 2012 la regione Marche ha autorizzato il potenziamento dell'impianto di produzione di energia elettrica da biogas sito in Castelbellino (Ancona) – località Scorcelletti – dalla potenza di 249 kWe a 999 kWe, di proprietà della Società Agricola 4c s.s.;
   si tratta di autorizzazione rilasciata previo parere positivo della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle Marche del 4 giugno 2012, dopo che lo stesso ufficio aveva in precedenza espresso preavviso di provvedimento negativo in data 28 febbraio 2012 (nota prot. n. 3010);
   la Soprintendenza ha dato parere favorevole, dopo che la società proponente ha trasmesso delle osservazioni ed integrazioni progettuali, ex articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, con nota acquisita agli atti al prot. n. 4077 del 16 marzo 2012 e dopo che, a seguito di ulteriori chiarimenti da parte della stessa Soprintendenza, sono stati prodotti elaborati grafici esplicativi, con nota acquisita al prot. n. 7290 del 10 maggio 2012. I nuovi elaborati recepiscono le modifiche suggerite dalla Soprintendenza prevedendo l'allontanamento degli elementi costitutivi dell'impianto dal margine dei confini di proprietà, al fine di poter realizzare perimetralmente all'area di intervento un'efficace barriera verde (con alberature già adulte all'impianto). Nella «relazione integrativa mitigazione paesaggistica» del 7 maggio 2012, commissionata dalla società Agricola 4c, si legge: «una prima modifica è quella di una traslazione verso Ovest, con conseguente allontanamento dal confine di proprietà (posto ad Est) e dai fabbricati di alcuni manufatti facenti parte dell'impianto (...). La seconda e più importante modifica del progetto concerne la sistemazione a verde dell'area perimetrale dell'impianto, con intense piantumazioni, alberature di notevole impianto, con uso di sempre verdi e realizzazione di barriere plurime e sfalsate, tali da celare completamente la vista dell'area e dei manufatti. Nella zona Sud-Est tra il lago ed il confine si prevede la realizzazione di un bosco su un'estensione di circa 200 metri quadrati e, nell'angolo verso il fiume, un accumulo di terreno, una sorta di collinetta di circa 1,5 metri di altezza massima, opportunamente inerbita e piantumata con cespugli (...) la sponda meridionale del lago sarà dotata di una barriera multipla di alberature d'alto fusto (pioppi e lecci). Le barriere verdi saranno impiantate anche sul lato Est (...) con 4 strati di alberature, ed anche sul lato Ovest ed a Nord verso il rilievo ferroviario (...) Questa fascia verde (...) assumerà, oltre alla funzione di mera mitigazione e protezione, anche un senso (...) in chiave didattica e dimostrativa. Si prevede infatti come ulteriore intervento di miglioramento progettuale, la realizzazione di un percorso pedonale, con pavimentazione in ghiaia lavata, perimetrale all'impianto che (...) avrà la principale funzione di percorso didattico. (...) il prodotto raccolto viene stoccato in trincee coperte e movimentato mediante tramogia sia nelle prevasche sia nella fase di caricamento. Tutti i manufatti sopra menzionati sono realizzati con una copertura con teli a membrane sovrapposte montati sul bordo esterno superiore della vasca (...) la tenuta stagna è indispensabile». Da rilievi aereofotografici sembrerebbe che le opere di mitigazione indicate nella relazione non siano state realizzate. In particolare, non risulterebbe essere stato realizzato nessun percorso didattico –:
   se si intendano assumere iniziative per verificare se le tutte le opere di mitigazione ambientale previste per ottenere il parere favorevole della Soprintendenza siano state effettivamente realizzate ed, in caso di esito negativo, quali consequenziali misure di competenza si intendano promuovere. (5-11514)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Museo archeologico nazionale di Altino (MANA), situato all'interno dell'area archeologica altinate, è un piccolo museo, tra i più importanti del Veneto e del territorio nazionale, che offre una straordinaria testimonianza archeologica della città romana di Altinum, situata lungo l'antica strada romana della via Annia, e in prossimità della laguna veneta;
   nel luglio 2015 è stato inaugurata la nuova sede museale, che accoglie due sezioni archeologiche – preromana e romana – e che ospita circa 3 mila reperti tra frammenti architettonici provenienti dall'abitato, reperti lapidei e iscrizioni funerarie, corredi tombali, monete, vasi, vetri e resti di decorazioni musive pavimentali databili tra la fine del I e l'inizio del II secolo dopo Cristo;
   nonostante il patrimonio storico-archeologico di altissimo pregio conservato all'interno del museo, il Museo archeologico nazionale di Altino risulta ancora oggi sprovvisto, a quanto consta all'interrogante, delle rampe per il superamento dei gradini all'ingresso, così come di un'area di ristoro, di un servizio guardaroba e della caffetteria;
   quello su cui sorge il Museo archeologico nazionale di Altino è un luogo di assoluto pregio e interesse storico-archeologico, tanto da far ipotizzare un sito paragonabile a quello di Pompei per estensione e importanza, ma non risulta all'interrogante che sia stato ad oggi inserito all'interno di un piano di rilancio e valorizzazione, finalizzato anche al recupero dei resti dell'epoca romana –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di valorizzare, anche attraverso un opportuno piano di rilancio, il comprensorio archeologico museale di Altino, e l'intera area archeologica circostante, al fine di ridare il giusto valore al museo e all'area in cui esso si inserisce. (4-16828)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'attuale legislatura i Governi in carica hanno varato provvedimenti in cui erano presenti norme per assunzioni straordinarie per il comparto sicurezza (in particolare, con i decreti denominati «Giubileo», «Expo Milano» ed «Anti-terrorismo»). Beneficiari di tali assunzioni straordinarie sono stati esclusivamente la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, il Corpo della polizia penitenziaria e quello della Guardia di finanza, oltre al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   il Corpo forestale dello Stato è l'unica forza di polizia a non esser stata interessata da tali assunzioni, pur avendo una graduatoria per «allievi vice ispettori» (del concorso effettuato nel 2011) in corso di validità, composta da circa 500 giovani. La motivazione di tale esclusione è stata attribuita all'ormai imminente accorpamento con altra forza di polizia, poi individuata nell'Arma dei carabinieri;
   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 177 del 2016, il Corpo forestale dello Stato è stato infatti soppresso e, a decorrere dal 1o gennaio 2017, le relative funzioni di polizia ambientale sono state affidate all'Arma dei carabinieri, mentre il relativo personale è stato ridistribuito tra i vari Corpi di polizia statali oltre che in altre amministrazioni individuate da successivi decreti ministeriali;
   la suddetta graduatoria «allievi vice ispettori CFS», nonostante abbia validità sino al 31 dicembre 2017 (per effetto della proroga avvenuta con l'articolo 1, comma 368, della legge n. 232 del 2016), è stata ritenuta inutilizzabile dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri (Generale Tullio Del Sette) il quale, in una lettera, indirizzata al Vice Ministro dell'interno Filippo Bubbico, specificava come «il Decreto legislativo n. 177/2016 non ha introdotto specifiche disposizioni con riferimento ai concorsi banditi dal Corpo forestale dello Stato prima del transito nell'Arma»;
   si evince quindi che l'attuale normativa precluderebbe all'Arma dei carabinieri la possibilità di utilizzare la graduatoria «allievi vice ispettori CFS», per effettuare nuove assunzioni nel ruolo ispettori del «comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare»;
   il Governo pro tempore, in data 17 luglio 2015, ha accolto ordini del giorno (n. 9/03098-A/013 e n. 9/03098-A/009) che lo impegnavano a tenere in considerazione l'esistenza della graduatoria «Allievi Vice Ispettori CFS» durante la fase di redazione del citato decreto legislativo n. 177 del 2016;
   il Corpo forestale dello Stato, nelle sue consuetudini, ha sempre utilizzato (ed esaurito) le proprie graduatorie prima di indire nuovi concorsi;
   sarebbe conseguentemente auspicabile un tempestivo intervento normativo finalizzato ad autorizzare espressamente l'Arma dei carabinieri ad effettuare lo scorrimento della graduatoria «allievi vice ispettori CFS» per reclutare nuovo personale entro la fine dell'anno corrente;
   in questo contesto va inoltre ricordato come la normativa vigente permetta la possibilità di utilizzare la graduatoria «allievi vice ispettori CFS» per amministrazioni diverse dall'Arma dei carabinieri (come, ad esempio, la polizia di Stato, la quale ad oggi risulta essere sotto organico di circa 11.000 unità di personale all'interno del corrispondente ruolo ispettori). La facoltà di utilizzare le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni per profili analoghi o equivalenti è infatti espressamente prevista dall'articolo 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, in combinato disposto con l'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013 –:
   se intendano chiarire se la normativa vigente permetta all'Arma dei carabinieri ed alle altre forze dell'ordine di effettuare lo scorrimento della graduatoria «allievi vice ispettori CFS» per reclutare nuovo personale e, nel caso ciò non sia consentito, se intendano assumere iniziative urgenti, in relazione a quanto espresso in premessa, per l'assunzione degli aspiranti presenti nella suddetta graduatoria.
(5-11521)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la cassa di previdenza delle Forze armate è un organo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico non economico istituito nell'ambito della struttura organizzativa del Ministero della difesa tramite decreto del Presidente della Repubblica, del 4 dicembre 2009;
   questo organo, nato ufficialmente il 1o luglio 2010, deriva dall'accorpamento delle varie casse militari costituite negli anni Trenta per le esigenze previdenziali degli ufficiali e sottoufficiali di ogni Forza armata italiana;
   la cassa di previdenza delle Forze armate è sottoposta alla vigilanza del Ministro della difesa supportato dal Capo di Stato maggiore della difesa e dai dirigenti della Amministrazione;
   il compito della cassa è di corrispondere agli iscritti le prestazioni previdenziali integrative una volta raggiunta la pensione;
   sono pervenute all'interrogante numerose segnalazioni da parte di militari riguardo a mancate erogazioni e gravi ritardi, oltre i termini previsti dalle normative, nella corresponsione della liquidazione della cassa di previdenza e delle indennità relative, già oggetto, in ultima analisi, di interrogazione a risposta scritta n. 4-16362 che, peraltro, non ha ancora ricevuto risposta dal Governo;
   tali ritardi risulterebbero essere di numerosi mesi, con gravi ripercussioni per i militari interessati e per i loro famigliari;
   nessuna comunicazione sarebbe mai stata effettuata agli interessati riguardo al pagamento degli interessi sulle prestazioni previdenziali corrisposte in ritardo –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per procedere al calcolo e al successivo pagamento degli interessi sulle prestazioni previdenziali integrative corrisposte in ritardo ai militari interessati;
   quali urgenti iniziative il Ministro intenda assumere per garantire la massima comunicazione agli interessati, fornendo loro i calcoli precisi e aggiornati relativamente agli interessi da corrispondere, secondo il principio di trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione. (4-16825)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PESCO, SIBILIA, ALBERTI, VILLAROSA, RUOCCO, PISANO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa (Il Fatto Quotidiano del 24 maggio 2017, «La lobby del credito — Crediti fiscali, le banche fanno i bilanci a spese dello Stato») si apprende di un contrasto tra «Palazzo Chigi» ed Unicredit che «non sarebbe riuscita a ottenere norme per poter sfruttare più agevolmente le famose DTA»;
   lo stesso articolo rileva che le deferred tax asset (DTA) dei 15 maggiori istituti di credito italiani nel «2016 ammontano a 50,6 miliardi, a fronte di un patrimonio netto di 162 miliardi (un terzo del totale). Si va dai 13,8 miliardi di Unicredit ai 12,2 di Intesa Sanpaolo, dai 4 di Mps ai 2 di Carige. Sono crediti con il fisco che si trasformeranno in minori entrate per l'Erario. In questo modo probabilmente le banche recuperano parte delle svalutazioni fatte sui crediti non più esigibili (tipo Unicredit)...»;
   la normativa delle DTA è da tempo oggetto di attenzione del Governo. Si rammenta la decisione di escludere gli istituti di credito dalla riduzione dell'IRES dal 27,5 per cento al 24 per cento, che li avrebbe penalizzati riducendo il valore delle DTA iscrivibili al bilancio. Analoga incidenza sulle DTA, ma in positivo, si è verificata a seguito della modifica dell'ACE, da ultimo introdotta con il decreto-legge n. 50 del 2017;
   secondo il regolamento (UE) n. 549/2013, capitolo 20, paragrafo 168, i crediti di imposta non pagabili rappresentano una riduzione del gettito fiscale; per contro, questo non vale per quelli pagabili, che devono essere classificati come spesa e registrati come tali per il loro importo totale;
   al riguardo, appare necessario conoscere i seguenti dati:
    a) la quantificazione esatta dell'ammontare del saldo residuo dei crediti d'imposta delle banche con sede in Italia nei confronti dello Stato italiano, con dettaglio degli importi relativi a DTA residue al 31 dicembre 2016 suddivise per categorie: importo DTA pagabili e importo DTA detraibili, con evidenza della loro corretta quantificazione nel bilancio pubblico come da regolamento (UE) n. 549 del 2013, anche ai fini di competenza;
    b) la consistenza delle DTA maturate dal sistema bancario dal 2008 al 2016 e la stima per anni dal 2017 e seguenti;
    c) l'ammontare di DTA utilizzate dal sistema bancario in detrazione di imposte e/o rimborso dal 2008 al 2016 e la stima per anni dal 2017 e seguenti –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire i dati indicati in premessa. (5-11501)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in qualità di sostituto d'imposta, l'Inps opera conguagli fiscali sulle pensioni. Precisamente, entro il 28 febbraio dell'anno successivo, l'Inps effettua il conguaglio tra l'ammontare delle ritenute operate sulle somme e i valori corrisposti in ciascun periodo di paga e l'imposta dovuta sull'ammontare complessivo delle somme e i valori corrisposti nel corso dell'anno, tenendo conto delle detrazioni eventualmente spettanti per familiari a carico e lavoro;
   il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, all'articolo n. 38, comma 7, ha previsto che le imposte dovute in sede di conguaglio di fine anno, per importi complessivamente superiori a 100,00 euro, relative a redditi di pensione non superiori a 18.000,00 euro, sono prelevate in un numero massimo di undici rate, senza applicazione di interessi, a partire dal mese successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre;
   per i redditi di pensione superiore a 18.000,00 euro, invece, la trattenuta sul rateo di pensione è operata per l'intero ammontare. In una nota emessa dall'Inps, a seguito delle contestazioni sollevate della associazioni di rappresentanza e dai sindacati, l'istituto ha precisato che per i redditi di pensione annui di importo superiore a 18.000 euro e per quelli di importo inferiore a 18.000 euro, ma con debito inferiore a 100 euro, il debito d'imposta è stato applicato sulle prestazioni in pagamento alla data del 1o marzo, «con azzeramento delle cedole laddove le imposte corrispondenti siano risultate pari o superiori alle relative capienze»;
   in sintesi, l'applicazione della trattenuta a seguito del conguaglio ha comportato, per molti pensionati, l'azzeramento della pensione, pregiudicando gravemente le condizioni essenziali di sopravvivenza;
   si rammenta che proprio in riferimento alla possibilità di aggredire le somme dovute a titolo di pensione, sono state di recente introdotte diverse e sostanziali novità. È il caso dei pignoramenti di pensioni e stipendi per i quali è stato modificato il limite «storico» fissato dall'articolo 545 c.p.c. e sono state individuate (in rialzo) sia le soglie di impignorabilità della pensione in generale, che quelle di stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente pignorato. In particolare, con riferimento al pignoramento delle pensioni, l'articolo 13 del decreto-legge n. 83 del 2015 ha introdotto un nuovo comma all'articolo 545 c.p.c, prevedendo che «le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge»;
   la misura è stata introdotta con il chiaro intento di garantire al debitore pignorato il cosiddetto minimum vitale, come riconosciuto dalla sentenza n. 506 del 2002 della Corte costituzionale, evitando l'integrale azzeramento della pensione;
   in un tal contesto, appare irragionevole, oltre che chiaramente in contrasto con i principi costituzionali, l'attribuzione all'Inps della possibilità di operare una trattenuta fiscale fino alla completa capienza del rateo di pensione –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritengano opportuno assumere iniziative normative al fine di limitare, in sede di conguaglio fiscale, la trattenuta dell'Inps sui ratei di pensione per assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita quotidiane, analogamente a quanto previsto in tema di pignorabilità delle somme percepite a titolo di pensione. (5-11505)


   CAROCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la struttura delle aliquote iva vigente nell'Unione europea prevede un'aliquota ordinaria/standard non inferiore al 15 per cento, e due aliquote ridotte, non inferiori del 5 per cento, che gli Stati membri possono applicare a determinate categorie di beni concordate di volta in volta;
   con riferimento ai prodotti di protezione igienica assorbenti, si rileva che la direttiva iva include i «prodotti di protezione dell'igiene femminile» nella categoria di beni assoggettati alle aliquote ridotte mentre non è stato ritenuto estendere un'aliquota agevolata ai «prodotti di protezione igienica assorbenti»;
   si evidenzia che il regime attuale dell'iva, basato sulle disposizioni transitorie della direttiva 2006/112/CE, è caratterizzato da una grande disparità. Alcuni Stati membri, sulla base di deroghe specifiche, applicano già aliquote ridotte e speciali (cosiddetta super-reduced);
   a fronte di una serie di richieste avanzate dagli Stati membri, la Commissione europea si è impegnata a rivedere la direttiva iva entro il 2016 dando più potere agli stessi in materia;
   inoltre, il 7 aprile 2016, la Commissione europea ha presentato il piano d'azione per un regime definitivo dell'iva con l'obiettivo di aggiornare l'attuale sistema dell'iva nell'Unione europea;
   in Italia, l'iva super-ridotta al 4 per cento è applicata sui beni alimentari di prima necessità degli adulti, quali pane e latte, mentre sugli identici beni destinati ai bambini, quali omogenizzati e latte in polvere o vegetale viene applicata un'aliquota del 10 per cento, i prodotti sanitari assorbenti per l'infanzia e per l'igiene femminile sono invece tassati al 22 per cento;
   tuttavia, i prodotti igienico-sanitari femminili (tra cui la moon cup che è un assorbente altamente ecologico) e per l'infanzia devono essere considerati per ciò che sono e cioè beni essenziali, la cui spesa inevitabile ha evidenti impatti economici –:
   quali siano gli orientamenti in merito alla riduzione dell'iva sui prodotti di protezione dell'igiene femminile e i prodotti assorbenti per l'infanzia in Italia;
   se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a portare l'aliquota iva al 10 per cento sia per i prodotti di protezione dell'igiene femminile che per i prodotti assorbenti per l'infanzia;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per inserire la cosiddetta mooncup fra i dispositivi medici per cui è prevista la detraibilità. (5-11509)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il progetto, denominato H-Campus, prevede la realizzazione – in un unico sistema integrato – di un campus scolastico e universitario nei comuni di Roncade e Quarto d'Altino, con nuove strutture, in grado di ospitare oltre 3 mila persone;
   l'operazione immobiliare prevede l'ampliamento della già estesa superficie occupata da H-FARM, che oggi insiste su 14 mila metri quadri edificati e ben 12 ettari di parco, con l'aggiunta di ulteriori 31 ettari di terreno, all'interno dei quali verranno realizzati i 26 mila metri quadri di nuovi edifici, per un controvalore complessivo di 69 milioni di euro;
   la realizzazione del progetto è resa possibile dalla proposta di accordo di programma, prevista dall'articolo 32 della legge regionale Veneto n. 35 del 2001, presentata dalla ditta Cà Tron Real Estate S.r.l., d'intesa con la società Cattolica di Assicurazione Socc. Coop., alla quale oggi è subentrata la Società Cattolica Beni Immobili S.r.l., e il cui schema di accordo è stato sottoscritto il 19 gennaio 2017 da parte dei rappresentati della regione Veneto, della Città metropolitana di Venezia, dei comuni di Roncade e Quarto d'Altino e del soggetto proponente;
   il promotore e gestore del fondo finalizzato alla realizzazione dell'H-Campus è il «Cà Tron H-Campus», un fondo immobiliare riservato istituito in forma chiusa e con durata venticinquennale targato Finint Investments SGR, nato dalla collaborazione tra Finint Investments SGR, Cassa depositi e prestiti Investimenti SGR, Cattolica Assicurazioni e H-Farm;
   il fondo, sottoscritto dalla Società Cattolica di Assicurazione per il 56 per cento, da CDP Investimenti SGR per il 40 per cento e da Cà Tron Real Estate per il 4 per cento delle quote, dovrebbe contare a regime su un totale attivo immobiliare pari a 101 milioni di euro, costituito da 32 milioni di asset esistenti, acquisiti da Ca’ Tron Real Estate e 10 milioni di euro di terreni di proprietà di Cattolica dove sorgerà il nuovo campus scolastico ed universitario, con un investimento di ulteriori 59 milioni di euro circa di liquidità;
   uno degli attori principali coinvolti nell'investimento per la realizzazione dell'H-Campus risulta essere Cassa depositi e prestiti, società per azioni con il 70 per cento del capitale detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   Cdp ha una storia centenaria di raccolta e reinvestimento del risparmio postale sia nei grandi settori produttivi del Paese, che in un'ottica di sostegno agli investimenti degli enti locali e dello Stato, e detiene oltre 400 miliardi di euro di attivo e 250 miliardi di risparmi dei cittadini italiani –:
   se il Governo – in qualità di azionista di maggioranza, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, di Cassa depositi e prestiti – ritenga opportuno un investimento, a favore di una iniziativa privata quale quella di H-Campus, considerata la portata di tale investimento per la capacità creditizia di Cassa depositi e prestiti e per la conseguente tutela dei risparmiatori, e vista l'importante e delicata funzione, svolta da Cassa depositi e prestiti, di raccolta e gestione del risparmio nazionale nella forma del risparmio postale. (4-16822)


   VILLAROSA, PESCO, ALBERTI, MARZANA e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione cassa risparmio Civitavecchia recentemente si è trovata coinvolta in uno strano episodio che ha messo a forte rischio buona parte del capitale della stessa Fondazione. La Cariciv infatti ha «investito» ben 25 milioni di euro tramite un singolo operatore finanziario, Danilo Larini di Lugano;
   la notizia è citata più volte riportata dalla testata Il Tempo ed all'inizio del 2017 anche la Guardia di finanza, su mandato della procura, ha acquisito tutti gli atti a questa vicenda che probabilmente potrà a breve essere denominata con il termine truffa;
   in un articolo del 16 maggio 2016 apparso nella testata etrurianews.it si legge dell'investimento della Fondazione per 10 milioni di euro (poi diventati 25 milioni di euro) per una polizza Nucleus con advisor LP Swisse e si riporta che il gestore (LP Swisse) è stato nominato da Nucleus su indicazione della Fondazione stessa. L'investimento, o presunto tale, consisteva in una polizza united linked basata su sottostanti obbligazioni Blackgold, quindi un'assicurazione basata sul rendimento dei titoli sottostanti;
   i 25 milioni erano stati investiti da Fondazione Cariciv dietro la promessa di un rendimento alto, con tassi del 6,5 per cento; Blackgold s.a. risulta essere fallita dal 18 gennaio 2016 e, da una ricerca, il dominio blackgold.lu risulta essere registrato da Sabrina Princigalli per conto di Hooray Group S.A. La Princigalli era socio unico di LP Group Enterprise LTD, la società di Londra con capitale di 5 milioni di sterline mai versate che è a sua volta proprietaria di LP Suisse Advisory di Stefano Costantini. Oltre a ciò, la testata etrurianews.it riconduce la Princigalli in maniera diretta a Larini;
   la polizza selezionata dalla fondazione, tra 17 diverse offerte d'investimento, era quindi basata su obbligazioni di una società fittizia che fa capo allo stesso soggetto a cui è riconducibile la società di advisory, e anche grazie a questa geniale intuizione finanziaria, a giudizio dell'interrogante, la Cariciv approva un bilancio con 21 milioni di euro di perdite con l'aggravante che tale perdita, dovuta all'infausto «investimento» sarà definitiva;
   preoccupano inoltre le informazioni che si ritrovano sul web in merito alla gestione operativa della fondazione; si apprende infatti: «altro personaggio dove probabilmente la Procura concentrerà le indagini il commercialista Iovino e i suoi colleghi di studio. Gli alchimisti contabili che hanno fatto di tutto per nascondere l'indifendibile e senza denunciare ufficialmente il tutto. Dai soldi regalati a Sintagma alla ridicola operazione della televisione commerciale Mecenate Tv. Dall'asilo e scuola dell'infanzia del “preside” Cacciaglia ai nuovi soci della Fondazione cooptati tra ex pizzicaroli e macellai “di casa”»;
   la fondazione ha riferito al quotidiano Il Tempo: «Siamo vittime di una truffa indiretta... in quanto il capitale era stato da noi affidato non al Larini ma a una compagnia di assicurazione di Vaduz, la Nucleus Life AG, che ha già provveduto a restituirci 6 milioni. Sono state attivate procedure per recuperare da loro il resto del capitale, comunque garantito da clausole stipulate al momento dell'investimento» –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative siano state poste in essere, per quanto di competenza e alla luce dei poteri di vigilanza attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze sulle fondazioni bancarie, per ridurre adeguatamente il rischio, anche in maniera preventiva, e assicurare che l'investimento descritto in premessa fosse compatibile con una sana e prudente gestione orientata alla tutela del risparmio così come previsto dall'articolo 47 della Costituzione;
   se trovino conferma le risposte della fondazione alla testata il Tempo di cui in premessa e se il recupero immediato dei restanti 19 milioni di euro investiti possa considerarsi un'ipotesi realizzabile.
   (4-16843)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della giustizia con una formale comunicazione ha sostanzialmente previsto chiusura del carcere San Daniele di Lanusei;
   nella comunicazione è scritto: «Non utilizzate fondi per la messa a norma della struttura perché oggetto di probabile dismissione»;
   il contenuto della lettera ha messo in allarme amministratori e avvocati dell'intero foro ogliastrino;
   tutto questo nonostante le reiterate ma inutili e non verificate rassicurazioni giunte nei mesi scorsi da Roma;
   le affermazioni del vice capo di gabinetto del Ministro interrogato sono risultate, ad avviso dell'interrogante, in totale contrasto con quanto scritto nella comunicazione ufficiale del Ministero;
   il sindaco di Lanusei Davide Ferreli ha dichiarato: «Non c’è nessuna volontà di creare allarmismi ma sul carcere non siamo neanche disposti a sottostare al gioco delle smentite continue. A Roma ci dissero chiaramente che il nostro carcere non era interessato da nessun progetto di riorganizzazione. Ora non possiamo più accettare tentennamenti: che la parte politica di competenza si pronunci definitivamente accollandosi una posizione in merito al futuro del San Daniele»;
   durissima la presa di posizione di Gianni Carrus, presidente dell'ordine degli avvocati di Lanusei che ha affermato: «Se questa notizia dovesse essere confermata sarebbe l'ennesimo impegno mancato dopo le rassicurazioni provenienti dalla politica nazionale e locale. Non possiamo accettarlo, anche le toghe saranno in prima linea per evitare la chiusura»;
   il carcere è una vecchia struttura che ospita una quarantina di detenuti, si tratta per lo più di « sex offender», persone condannate per reati di natura sessuale;
   da convento francescano risalente al 1700 è stato trasformato in carcere nel 1874 ed ora rischia, nuovamente di cambiare destinazione;
   il territorio ogliastrino sta cercando in tutti i modi di fronteggiare questo continuo attacco ai servizi essenziali, da quelli giudiziari a quelli sanitari;
   lo scorso anno ci fu la mobilitazione, comprese le interrogazioni del firmatario del presente atto contro il disegno di una nuova geografia giudiziaria che prevedeva la chiusura del tribunale di Lanusei –:
   se non ritenga di dover fornire ampie rassicurazioni sul mantenimento in esercizio della struttura carceraria;
   se non si ritenga di dover avviare, con somma urgenza, i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria e di adeguamento della struttura al fine del suo mantenimento in pieno esercizio;
   se non si ritenga di dover incontrare gli amministratori locali e le rappresentanze forensi per definire l'assetto della giustizia nel territorio ogliastrino.
(5-11515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 4-16693 si ponevano all'attenzione del Ministro interrogato alcune problematiche sorte nella procedura concorsuale per 800 assistenti giudiziari; 
   successivamente alla pubblicazione dell'atto di sindacato ispettivo di cui sopra, l'interrogante ha ricevuto ulteriori notizie in merito ad altre problematiche occorse durante la procedura concorsuale;
   con comunicazione del 26 maggio 2017, il Ministero ha riconvocato più di 4 mila concorrenti alle prove preselettive che avevano avute consegnate delle prove con alcune domande e/o risposte tronche, con parti mancanti;
   tale decisione penalizza palesemente, secondo l'interrogante, tutti coloro che non hanno raggiunto il punteggio massimo per una sola domanda: il candidato cui è capitata una domanda tronca, e abbia risposto correttamente a tutte le altre, come chi ha totalizzato 48,85/65, sarebbe rispetto a questi, avvantaggiato;
   nel caso in cui superassero la prova preselettiva solo coloro che hanno raggiunto il punteggio di 50, e tra questi non risulta all'interrogante nessuno che abbia raggiunto tale punteggio grazie alla convalida della domanda tronca, ragioni di equità ed imparzialità imporrebbero di estendere l'ammissione alle altre prove di concorso anche a chi ha ottenuto il punteggio di 48,85-48,65;
   sono facilmente prevedibili ed auspicabili possibili e, a parere dell'interrogante giustissimi, ricorsi qualora non venisse garantita l'equità nella valutazione;
   sono accadute anche altre anomalie nei giorni della prova pre-selettiva: a molti candidati è stata fornita «direttamente» dal personale addetto ad identificazione e accesso, la busta col codice identificativo che invece doveva essere sorteggiata dal candidato; numerosi sono stati i disguidi, specie nei primi giorni, causati dal blocco di alcuni computer (il concorso si è svolto con modalità telematica); in data 25 maggio è stato pubblicato on-line un file contenente identificativo e voto di ogni candidato;
   a causa dell'elevato numero di partecipanti e della ristretta quantità di persone ammesse alla seconda prova, la preselezione si è rivelata essere non una prima scrematura, ma la selezione delle «eccellenze»;
   molte persone con i test somministrati incompleti si sono viste attribuire dalla commissione un punto per ogni domanda incompleta, con un iniquo vantaggio facilmente comprensibile;
   contrariamente a quanto statuito ai sensi della normativa vigente, al principio di equità e di pari opportunità tra i candidati, il 26 maggio 2017 il Ministero della giustizia ha riconvocato, per il successivo 31 maggio 2017, circa 5 mila concorrenti per far ripetere la prova e molti tra loro avevano ottenuto, a fronte di una o due domande tronche, punteggi irrisori (frutto di almeno 5, 6 o 9 errori);
   ancora più scandaloso di quanto fin qui esposto è, ad avviso dell'interrogante, che a questa nuova ed ingiusta convocazione avranno facoltà di partecipare alcuni candidati che non hanno lamentato anomalie durante la somministrazione del test e che, a differenza di altri, hanno commesso un numero di errori decisamente elevato;
   quelli che, con test regolari, hanno commesso 1, 2 o 3 errori trovano ingiusto vedersi superare in graduatoria da persone palesemente avvantaggiate, in un modo o nell'altro dall'elargizione ingiustificata di punti o dall'altrettanto ingiustificata concessione di una seconda chance come quelli che, a fronte di una bassa votazione, vedono altri avere comunque nuova opportunità che a loro non viene concessa –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-16826)


   IORI e MORANI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le Rems (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza) sono strutture previste dalla legge n. 81 del 2014, la stessa che ha fissato per il 31 marzo 2015 la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e la conseguente dimissione di tutti gli internati ritenuti in grado di proseguire il loro cammino terapeutico-riabilitativo all'esterno o nelle Rems stesse;
   allo stato dell'arte le trenta Rems attivate sul territorio nazionale non sembrano, sia per numero sia per tipologia, rispondere alle necessità rilevate per accogliere pazienti psichiatrici con misure di sicurezza detentiva;
   la natura non ospedaliera delle Rems e la necessità che si costituiscano in maniera efficace rendono necessaria una riflessione sul mandato riabilitativo specifico. Si è evidenziata infatti la necessità di non far riferimento ad un'unica tipologia generalizzata di Rems perché ad oggi sono necessari diversi livelli assistenziali di Rems che tengano conto delle seguenti caratteristiche:
    possibile differenziazione delle strutture rispondenti alle tipologie cliniche;
    differenziazione di genere che possa permettere l'attivazione di spazi adeguati non solo per posti letto ma soprattutto per gli spazi sociali e riabilitativi;
    differenziazione dei livelli di sicurezza: si considera necessario avere strutture con un più alto livello di sicurezza per pazienti particolarmente «difficili», particolarmente nella gestibilità;
    strutture per pazienti con misure di sicurezza detentive destinate solo ai provvisori;
    pazienti detentivi trattabili per infermità sopravvenuta (articolo 148);
   la consistenza del fenomeno e una valutazione di opportunità sollecitano una riconsiderazione organizzativa;
   il numero di pazienti ancora detenuti e non avviati al percorso delle Rems e quanto esplicitato in precedenza strutturano la necessità di sondare le regioni disponibili a proposte residenziali differenziate e ad un'accoglienza che supplisca alle carenze organizzative di alcune regioni fino ad ora inadempienti –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario effettuare una valutazione generale sulla applicazione della normativa in materia di Rems, con particolare attenzione agli aspetti relativi alla collocazione dei pazienti, al numero dei pazienti non allocati, ai problemi di genere e di differenziazione dei livelli assistenziali, ed eventualmente quali iniziative intendano adottare in merito, nell'ambito delle proprie competenze. (4-16840)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   BERGAMINI e BIASOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la tratta Roma-Napoli è, in termini di flusso, una delle maggiori italiane ed è servita dalle aziende Trenitalia e NTV-Italo;
   sulla tratta Roma-Napoli, Trenitalia impiega 37 Frecciarossa, 2 Frecciargento e 1 Frecciabianca. Sono 19 i Frecciarossa 1000; da Napoli a Roma la situazione è meno agevole per i pendolari: ogni giorno viaggiano 32 Frecciarossa (di cui 14 Frecciarossa 1000), 2 Frecciabianca e 2 Frecciargento. I tempi di percorrenza sono simili, ma l'ultimo Frecciarossa parte alle 19,30; chi vuole raggiungere Roma dalla stazione «Napoli Centrale» è costretto a partire con treni che impiegano più di due ore;
   il nuovo orario è coinciso, inoltre, con aumenti sui prezzi dei biglietti che, dal mese di febbraio 2017, hanno subìto incrementi medi sino al 35 per cento, condizione difficilmente sostenibile per lavoratori, turisti e pendolari;
   successivamente, Trenitalia è tornata parzialmente sui suoi passi, riducendo la percentuale dell'aumento dei prezzi, ma è chiaro che, per chi utilizza il trasporto ferroviario tutti i giorni, permane una situazione di grave disagio;
   il 21 aprile 2017, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane, Renato Mazzoncini, su La Stampa, ha dichiarato: «Alcuni treni, soprattutto al mattino, sono al 92 per cento occupati da pendolari sulla Torino-Milano o sulla Napoli-Roma. Le tariffe con cui questi pendolari viaggiano sono scontate dell'80 per cento: se hai un treno così, quel treno è in perdita, e questa è la ragione per cui Ntv (Italo) ha tolto gli abbonamenti. Noi viaggiamo in un mercato liberalizzato e se il treno non sta in piedi è un problema, non c’è nessuno che lo paga. Abbiamo ritenuto di aumentare gli abbonamenti che per tanti anni, tranne sulla Milano-Torino, non erano toccati dal 2011. Mi rendo conto che un aumento del 35 per cento sia stato vissuto molto male [...] e alla fine abbiamo trovato un compromesso per il momento per noi accettabile, abbiamo ridotto gli aumenti del 50 per cento, e ci siamo detti con il Ministro Delrio che bisogna affrontare questa tematica»;
   Trenitalia, ad avviso dell'interrogante, rischia di compromettere la corretta erogazione del servizio pubblico comprimendo i diritti dei cittadini, con conseguenze sulle economie dei territori –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare tutte le iniziative di competenza affinché siano ripristinati i vecchi prezzi della tratta Roma-Napoli e sia garantita la stessa disponibilità di orari e servizi anche da Napoli a Roma, per superare i notevoli disagi riscontrati dai pendolari. (5-11516)


   FRANCO BORDO, MOGNATO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in una recente intervista al Corriere Economia, l'amministratore delegato e direttore generale di Ferrovie dello Stato italiane, Renato Mazzoncini, ha ribadito, ancora una volta i suoi orientamenti strategici relativamente allo spostamento del core business e del perimetro industriale del gruppo ferroviario dal trasporto su treno a quello su gomma;
   si tratta di una scelta, che, a parere degli interroganti, presenta una serie di criticità, tra le principali quelle legate all'impatto di sostenibilità ambientale, così come quelle legate alla concentrazione del mercato, anche in considerazione delle recenti disposizioni normative che danno il «via» alla fusione tra il gruppo delle Ferrovie dello Stato italiano e Anas Spa;
   nel frattempo continuano i disagi per il trasporto pendolare su tutto il territorio nazionale e a detta della stessa presidente di Ferrovie dello Stato italiane, Barbara Morgante, bisognerà aspettare il 2020 per ottenere nuovi treni a trazione diesel per i pendolari da impegnarsi sulle linee non elettrificate –:
   se ritenga coerenti con gli obiettivi della politica nazionale dei trasporti, in particolare con il sistema nazionale delle infrastrutture di trasporto, i recenti orientamenti strategici assunti dai vertici del gruppo Ferrovie dello Stato italiano.
(5-11517)


   MINNUCCI e TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 298 del 1974 ha istituito l'albo nazionale degli autotrasportatori con il fine di individuare, e qualificare correttamente, gli operatori del trasporto che svolgono specifiche attività di elevato contenuto professionale;
   la citata legge ha avuto, tra l'altro, il pregio di individuare anche i requisiti necessari per l'iscrizione all'albo che devono consistere nell'attitudine dell'organizzazione aziendale e nella idoneità professionale, da accertarsi mediante esame, e in particolari garanzie assicurative connesse con la natura dell'attività da svolgere;
   la legge n. 298 del 1974, e la legislazione successiva in materia, non ha previsto l'inserimento nell'albo di una particolare categoria di autotrasportatori, i «traslocatori», categoria che è stata addirittura esclusa dai servizi di trasporto dall'articolo 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno;
   l'assenza di una specifica disciplina di definizione della categoria e di individuazione dei requisiti necessari per appartenere alla stessa ha creato confusione e incertezza e ha permesso, di fatto, a molti di intraprendere tale attività senza possedere i requisiti essenziali previsti per gli autotrasportatori dalla legge n. 298 del 1974, in danno di quelle imprese che, al contrario, operano nel settore traslochi nel pieno rispetto delle norme in materia di autotrasporto;
   di recente, l'Associazione imprese traslocatori italiani si è fatta portatrice, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della proposta di istituire un'apposita sezione speciale per le attività di trasloco nell'albo dell'autotrasporto, al fine di superare la situazione esposta in premessa e regolare, in modo univoco e preciso, il settore dando così la possibilità alla categoria, di avere pieno riconoscimento giuridico –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda assumere, anche attraverso l'apertura – in tempi brevi – di un tavolo di confronto, affinché il settore dei traslochi possa trovare pieno riconoscimento giuridico, anche mediante l'istituzione di una sezione speciale per l'attività di trasloco nell'ambito dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi.
(5-11518)


   OLIARO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come previsto dagli articoli 142 e 208 dal codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e ribadito anche dalla Corte dei Conti in diverse pronunce, le somme derivanti dalle quote dei proventi derivanti dalle multe stradali dovrebbero essere destinate alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, e al potenziamento delle attività di controllo in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale;
   nei giorni scorsi le principali associazioni dei consumatori Aeci – Codacons – Codici – Konsumer Italia – Primo Consumo hanno firmato un appello alle istituzioni volto a scongiurare una deroga per le province e le città metropolitane al rispetto dei vincoli di destinazione previsti dalla normativa in vigore, che riporterebbe di fatto il codice della strada indietro di circa 10 anni. Infatti, la legge n. 120 del luglio 2010, da ultimo intervenuta in materia, aveva come scopo proprio quello di evitare interpretazioni di comodo, chiarendo in modo vincolante le destinazioni d'uso dei proventi contravvenzionali alle sole voci che possono realmente migliorare la sicurezza stradale;
   secondo quanto riportato dalle associazioni dei consumatori di cui sopra ogni anno, sulle strade italiane, muoiono circa 3.000 persone (nel 2015, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, le vittime per incidenti stradali sono stati 3.428) con costi sociali enormi. Nel 30 per cento dei casi una corretta manutenzione delle strade e dei presidi di sicurezza potrebbero contribuire alla riduzione dell'incidentalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per far sì che vengano rispettati tutti gli obblighi puntuali di manutenzione delle strade e delle relative dotazioni di sicurezza previsti dagli articoli 142 e 208 del codice della strada. (5-11519)


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, LIUZZI, DELL'ORCO, DE LORENZIS e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 208 del codice della strada, le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione del codice della strada, hanno una destinazione parzialmente vincolata, con riferimento a specifiche finalità inerenti soprattutto alla sicurezza stradale;
   risulta agli interroganti che l'amministrazione comunale di Campobasso, in data 20 aprile 2016, abbia immatricolato un veicolo con la dicitura «autoveicolo ad uso esclusivo del comune di Campobasso – Polizia Municipale», acquisto motivato dall'esigenza di usare la vettura «per servizi particolari come accompagnamento di minori presso strutture fuori dal territorio comunale e per tutti gli altri usi che potrebbero richiedere un veicolo civile»;
   l'acquisto della suddetta autovettura è avvenuto con fondi a destinazione vincolata di cui al citato articolo del codice della strada, attingendo dal capitolo 8950/1 del bilancio comunale anno 2015, come confermato dagli atti amministrativi nonché dai documenti contabili dell'ente approvati con delibera di consiglio comunale n. 15 del 26 maggio 2016 avente ad oggetto «Rendiconto esercizio finanziario 2015. Approvazione»;
   come segnalato agli interroganti, la suddetta vettura veniva però ufficialmente utilizzata esclusivamente come auto di servizio del comune, e mai per servizi di polizia stradale o attinenti alla stessa, almeno fino alla data del 31 agosto 2016, così come si evince dalle schede di servizio nelle quali vengono indicati, come autisti, sia personale della polizia municipale, che dipendenti dell'amministrazione con qualifica di autista;
   tale condotta, secondo gli interroganti, può considerarsi elusiva della norma di cui al citato articolo 208 del codice della strada in relazione al vincolo di destinazione dei proventi delle sanzioni per violazione al citato codice, oltre che contraria alle norme sulla circolazione stradale afferenti ai titoli abilitativi per la conduzione di veicoli ad uso esclusivo della polizia municipale;
   in seguito alla pubblica denuncia a mezzo stampa ed al successivo interessamento della prefettura di Campobasso e del Ministero dell'interno, l'amministrazione, per il tramite del dirigente dell'area organizzazione, dottor Iacobucci, variava la destinazione del veicolo procedendo alla modifica dei libretto di circolazione, libretto che oggi non reca più «l'uso esclusivo polizia municipale» –:
   quali iniziative il Ministro intenda promuovere per accertare, nel caso citato e in quelli analoghi, eventuali irregolarità in merito all'utilizzo dei fondi vincolati ex articolo 208 del codice della strada, evitando il rischio di future inadempienze da parte dei comuni in relazione al vincolo di destinazione dei proventi delle sanzioni per violazione al citato codice. (5-11520)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   il porto di Gioia Tauro è il principale porto mediterraneo di trashipment e per capacità portuale, con 2,8 milioni di container movimentati nel 2016 è primo in Italia e sesto nel «mare nostrum». Soprattutto dopo il raddoppio del Canale di Suez nel 2015, per la sua centralità, Gioia Tauro è un punto chiave nella geografia economica del Mediterraneo: ma, nonostante queste premesse, i lavoratori vengono licenziati e il porto, che vive una crisi infinita, non è stato purtroppo un elemento di traino per lo sviluppo di attività produttive e di servizi del territorio;
   crisi economica, cattiva gestione e ’ndrangheta sono alla base della paralisi del porto, ma il problema della piana di Gioia Tauro è soprattutto la mancanza di una programmazione che elimini il divario tra la realtà mondiale del porto con quella disagiata dell'entroterra che soffre della mancanza di un adeguamento della rete infrastrutturale oggi insufficiente (su gomma, ferroviaria, aerea), che porterebbe a un rafforzamento delle sue strutture imprenditoriali con ricadute positive occupazionali su tutta la regione;
   le politiche economiche dei diversi Governi che si sono succeduti nei decenni, la mancata realizzazione di una zona economica speciale (ZES) e gli insufficienti investimenti, hanno portato la Calabria a diventare la regione europea con il più basso tasso di occupati dell'Unione europea (dati Eurostat 2015);
   in questo drammatico scenario una speranza era rappresentata dal colossale progetto « One Belt, One Road» o «Nuova Via della Seta», elaborato e lanciato dalla Repubblica Popolare Cinese nel 2013 e ideato per favorire lo scambio rapido commerciale e di interconnessione tra la Cina e l'Europa. Per l'attuazione di questo progetto il Governo cinese ha creato, nel 2014, il fondo di investimento statale Silk Road Fund destinato agli investimenti nei Paesi lungo la «Nuova Via della Seta». Fino ad oggi la Cina ha investito, oltre cinquanta miliardi di dollari nei Paesi toccati dall'iniziativa di sviluppo infrastrutturale e sono state create 56 aree di cooperazione economica e commerciale che hanno generato 1,1 miliardi di dollari di ricavi fiscali, contribuendo a creare 180 mila posti di lavoro a livello locale;
   dopo l'acquisizione del porto del Pireo da parte della compagnia statale cinese Cosco nel 2016, Gioia Tauro per la sua centralità nel Mediterraneo, sarebbe potuto diventare per i cinesi un altro 4, porto ideale sul quale investire;
   il porto calabrese ha le condizioni logistiche e strutturali per essere l’hub di riferimento dei commerci cinesi via mare: ha ancora banchine da sfruttare e altre potrebbero essere rinvenute; ha un retroporto che potrebbe ospitare non solo depositi di merce, ma anche semilavorazioni. Tuttavia, recentemente a Pechino, durante il « Belt and Road Forum for International Cooperation» sulle prospettive di sviluppo futuro della strategia, il Premier italiano ha comunicato di voler puntare soltanto sui porti dell'Italia settentrionale, Trieste, Venezia e Genova, ignorando quindi Gioia Tauro, e ampliando ulteriormente il divario socio-economiche tra Nord e Sud. In risposta alle proteste per questa ingiusta e incomprensibile scelta, il Ministro per le infrastrutture e i trasporti ha assicurato che le opportunità di un porto «si riverberano sugli altri» –:
   se il Governo intenda rendere noti i motivi dell'esclusione del porto di Gioia Tauro dalle prospettive di sviluppo futuro della strategia «Nuova via della seta»;
   se non si ritenga opportuno rendere pubblico il piano industriale per il potenziamento del porto di Gioia Tauro e disponibili le risorse destinate all'adeguamento infrastrutturale e dei servizi del territorio così da permettere una veloce ripresa dell'attività economica e occupazionale della regione Calabria;
   quale sia l'orientamento del Governo riguardo alla realizzazione di una zona economica speciale (Zes) nell'area del porto di Gioia Tauro. (4-16824)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si richiama l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10596 del 15 febbraio 2017, tuttora senza risposta, relativa alla «bocciatura» del project financing della strada di collegamento dal porto di Ancona alla grande viabilità (cosiddetta uscita ovest) e alla successiva stipula di un protocollo di intesa per individuare un per corso alternativo;
   come riportato dalla stampa, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe fatto un tentativo per «scaricare» sul comune di Ancona responsabilità inesistenti, esponendo in tal modo i cittadini di Ancona ad affrontare un contenzioso di proporzioni inimmaginabili e compiendo comunque un atto a giudizio dell'interrogante inqualificabile in pieno contrasto con i principi di leale collaborazione che dovrebbero orientare gli atti del Ministero e degli altri enti pubblici;
   nel frattempo è stata trasmessa la documentazione del caso, acquisita dai consiglieri comunali di Ancona mediante richiesta di accesso agli atti;
   dalla lettura dei documenti emerge con chiarezza che l'Architetto Coletta aveva inviato una bozza di protocollo di intesa dove, tra le premesse, si sarebbe preso atto «che il Comune di Ancona ritiene superata la proposta progettuale denominata Uscita Ovest», frase che avrebbe attribuito al comune di Ancona la responsabilità della mancata realizzazione dell'opera ed esposto lo stesso comune a richieste risarcitorie da parte del concessionario;
   a seguito della richiesta del comune di Ancona di modificare la suddetta premessa, il testo del protocollo definitivo l'ha sostituita con la seguente: «che il progetto definitivo del collegamento tra il Porto di Ancona e l'autostrada A14, denominato «Uscita Ovest», ed il connesso piano economico-finanziario di cui alla proposta di finanza di progetto presentata dalla «Società Passante Dorico», non è stato oggetto di approvazione da parte degli organi all'uopo preposti» –:
   come sia possibile che un funzionario dello Stato possa aver tentato di inserire una premessa non rispondente al vero, che avrebbe potuto dare l'opportunità al concessionario di intentare una causa milionaria ai danni di un ente pubblico con grave danno per le casse pubbliche e per i cittadini;
   come si giustifichi che lo stesso funzionario continui a ricoprire un ruolo così importante e delicato all'interno del Ministero;
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro nei confronti dell'architetto Coletta;
   se la Passante Dorico spa abbia comunque aperto un contenzioso nei confronti dello Stato;
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, abbia avviato le procedure per escutere la fideiussione a suo tempo prestata da Passante Dorico spa in quanto il progetto di finanza non si è concretizzato poiché il piano economico finanziario, predisposto dalla concessionaria, si è rivelato del tutto inaffidabile. (4-16847)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nella serata di sabato 3 giugno 2017, in occasione della proiezione su un maxischermo della finale di Champions League, si è verificato, in piazza San Carlo a Torino, un gravissimo episodio di ordine pubblico;
   tale episodio ha causato il ferimento di migliaia di cittadini: si sono registrati 1.527 feriti medicati negli ospedali, 50 ricoveri e 4.000 segnalazioni alle forze dell'ordine;
   secondo le prime ricostruzioni, ad oggi al vaglio degli inquirenti, l'episodio sarebbe stato causato da un falso allarme bomba che avrebbe causato una improvvisa evacuazione della zona. La procura ha aperto un'inchiesta per procurato allarme;
   gli organi di informazione riportano che la gravità dell'episodio sarebbe stata notevolmente aggravata: da moltissime bottiglie di vetro presenti in piazza San Carlo le cui schegge hanno causato ferite; dalla presenza di venditori abusivi di bevande ed alcolici; dalla mancanza di vie di esodo visibili, sicure ed efficaci che hanno creato un effetto «imbuto» nella fuga; da controlli non capillari agli ingressi della piazza che hanno permesso, ad esempio, la presenza di centinaia di ultrà già soggetti a «daspo»; da una logistica incomprensibile dell'evento dove era presente soltanto un maxischermo (e non due come nelle precedenti occasioni), che ha facilitato l'afflusso massiccio dei cittadini verso una unica direzione e che ha poi reso conseguentemente difficile l'accesso dei soccorsi;
   sempre secondo fonti di informazione, l'amministrazione comunale non avrebbe emanato la consueta ordinanza, d'obbligo per questo tipo di eventi, che prevede il divieto di mettere in vendita e di somministrare alcolici in recipienti di vetro;
   tale episodio appare ancor più grave in relazione ai numerosi attentati ad opera del terrorismo internazionale che stanno colpendo in tutta Europa prevalentemente eventi di massa o luoghi centrali ed affollati delle metropoli;
   nei prossimi mesi sono in programma nelle piazze e nei luoghi pubblici di Torino numerose manifestazioni di ogni tipologia che attireranno centinaia di visitatori –:
   quali siano state le dinamiche che hanno causato l'episodio richiamato in premessa e se la mancanza di adeguate precauzioni di carattere amministrativo, logistico e di pubblica sicurezza abbia aggravato il bilancio dei feriti.
(2-01824) «Fregolent, Giorgis, Paola Bragantini, Boccuzzi, Damiano, D'Ottavio, Cinzia Maria Fontana».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nella sera del 3 giugno 2017, in piazza San Carlo a Torino, un evento presumibilmente accidentale è stato sufficiente a provocare un'ondata di panico che alla fine si è tradotta nel ferimento di ben 1.527 persone, di cui otto ricoverate in codice rosso, tra le numerose che erano convenute sul posto per assistere alla trasmissione della telecronaca della finale di un'importante manifestazione calcistica europea;
   il grosso dei ferimenti è stato determinato dall'impatto delle persone in fuga con i frammenti vitrei del gran numero di bottiglie abbandonate dai tifosi in fuga;
   tra le ipotesi che si fanno, oltre a quella del petardo e del gesto di un irresponsabile, vi è anche quella del cedimento di alcune recinzioni o barriere;
   non è chiaro se l'amministrazione comunale di Torino abbia adottato tutte le precauzioni del caso, tenuto conto anche del recente verificarsi di un'ondata di attentati jihadisti in Europa, che ha oggettivamente accresciuto la percezione d'insicurezza tra i cittadini, inclusi i tifosi convenuti in Piazza San Carlo –:
   se siano state adottate in vista del raduno dei tifosi a Piazza San Carlo tutte le misure precauzionali imposte dal particolare momento storico attraversato dall'Europa;
   se le infrastrutture permanenti e temporanee presenti a Piazza San Carlo a Torino la sera del 3 giugno 2017 potessero sopportare la pressione di una gran moltitudine di persone o fossero invece vulnerabili e a rischio di improvvisi cedimenti;
   se risultino ancora adeguate, sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, le prassi cui si uniformano gli enti locali di fronte ad eventi che comportino la concentrazione di un gran numero di persone in spazi comunque circoscritti e se si intendano assumere iniziative, anche in vista degli spettacoli della stagione estiva, per pervenire all'adozione di misure più incisive, ad esempio vietando temporaneamente la vendita di alcoolici nelle città interessate, come in occasione di partite di calcio a rischio, o comunque impedendo il consumo locale di bevande imbottigliate in confezioni di vetro;
   se, di fronte alla gravità degli effetti che si sono prodotti, il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per l'inasprimento delle pene e delle sanzioni previste per il procurato allarme.
(2-01823) «Allasia».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, ROBERTA AGOSTINI, QUARANTA, D'ATTORRE, PIRAS, MELILLA, NICCHI, FOSSATI, SCOTTO, SANNICANDRO, DURANTI, KRONBICHLER, ZARATTI, FRANCO BORDO e FOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa riportano negli ultimi giorni numerose notizie e segnalazioni sul possibile legame tra suicidi, o atti di autolesionismo, e il fenomeno del cosiddetto « Blue Whale», una sorta di sfida rilanciata tra ragazzi attraverso i social network, che spingerebbe gli stessi ad affrontare una prova estrema al giorno per cinquanta giorni, sino al suicidio;
   a quanto si apprende dalla stampa, sono numerose le segnalazioni di casi sospetti pervenuti alla polizia postale;
   il fenomeno è stato segnalato per la prima volta nel maggio del 2016 dal quotidiano russo Novaya Gazeta che, con una inchiesta, riportava il possibile legame di 80 morti avvenute tra il 2015 e il 2016 con delle comunità sviluppatesi sul web, dove i ragazzi sarebbero stati istigati al suicidio;
   secondo quanto riporta la testata Repubblica.it (in un articolo del 31 maggio 2017 a firma della giornalista Rosita Rijtano) non sono ancora accertate le ragioni alla base della diffusione di tale fenomeno, né tantomeno le motivazioni che spingono gli «istigatori» a spingere al suicidio adolescenti psicologicamente fragili;
   nonostante la diffusione di tale fenomeno ed il presunto legame con il suicidio di adolescenti presenti numerosi aspetti non verificati o non verificabili, l'allarme sollevato dai media sta generando numerose preoccupazioni sia per eventi probabilmente legati a questa pratica, sia per il rischio che la diffusione di tali notizie generi emulazione tra gli adolescenti;
   solo nelle Marche, negli ultimi giorni, sono stati segnalati una decina di casi di ragazzi coinvolti in questa pratica;
   il procuratore presso il tribunale dei minori di Ancona, Giovanna Lebboroni, ha precisato che, allo stato, le segnalazioni pervenute sarebbero ad «uno stadio di coinvolgimento iniziale o intermedio. Ma il gioco è molto pericoloso, e può attrarre, anche dietro minacce, i più fragili fra gli adolescenti» (Ansa, 30 maggio 2017) –:
   se il Ministro interrogato sia grado di fornire elementi in merito al fenomeno illustrato in premessa, anche al fine di offrire una corretta informazione ed evitare che la diffusione di notizie non verificate o verificabili aggravi il rischio di emulazione;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per contrastare la diffusione del cosiddetto « Blue Whale»;
   considerato il ruolo fondamentale svolto dalla polizia postale in ordine al contrasto di fenomeni come quello illustrato in premessa, non solo mediante attività investigative ma anche attraverso il contatto diretto con i cittadini con iniziative educative, di formazione ed informazione, se non intenda potenziare i presidi territoriali della polizia postale, rivedendo il piano nazionale di razionalizzazione della polizia di Stato. (5-11502)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che il comando provinciale dei vigili del fuoco di Varese, che si sviluppa in una sede centrale a Varese e cinque distaccamenti locali di permanenti e due di volontari, è interessato da tempo da una grave carenza di personale che inficia le attività di soccorso; detto personale è spesso inviato in altri comandi e non sostituito con altre risorse. Ciò determina anche la chiusura di importanti presìdi territoriali;
   ulteriore criticità è rappresentata dall'assenza di personale qualificato. In particolare, sarebbero necessari circa 50 capi squadra. Al riguardo, si evidenzia che il capo squadra è una figura di vitale importanza, poiché dirige la squadra di soccorso sugli interventi ed è un ufficiale di polizia giudiziaria. Allo stato attuale i pochi rimasti, pur di garantire il servizio minimo, hanno un carico di lavoro pesantissimo con turni massacranti;
   e ancora, vi è una grave carenza, sia qualitativa che quantitativa, di automezzi da soccorso e di autovetture. Addirittura, sono in servizio auto del 1995 con oltre 400.000 chilometri e veicoli da soccorso del 1989, pertanto, non solo si effettuano i soccorsi con mezzi non adeguati, ma si affrontano costi esorbitanti per la continua manutenzione e i reiterati guasti che li riguardano;
   altra problematica, più volte segnalata a chi di competenza, è quella relativa al distaccamento permanente di Luino (Varese): il territorio di competenza del distaccamento dei vigili del fuoco di Luino si estende su 29 comuni dell'area dell'alto Verbano e copre 226,47 chilometri quadrati terrestri per una popolazione di 57.843 abitanti. Quest'area è attraversata dalla linea ferroviaria Gallarate-Zenna, linea cardine del AlpTransit, dove transitano ogni giorno circa 70 convogli merci; la tratta verrà utilizzata dai nuovi «super treni» da 750 metri trasportanti, tra l'altro, tonnellate di prodotti chimici pericolosi. È evidente che per affrontare eventuali emergenze in tale area sono necessari mezzi antincendio su rotaia, di cui ad oggi il distaccamento è sprovvisto, Nonostante si tratti di un territorio molto esteso a cui il personale è chiamato ad intervenire, al distaccamento sono assegnati 28 vigili e sette unità a turno e il servizio viene garantito da cinque unità un vigile del fuoco ogni 12.000 abitanti contro medie europee che contano un vigile ogni mille abitanti. L'attuale classificazione del distaccamento è SD 2 (risposta minima 5 unità a turno); aumentando la categoria a SD 4 (risposta minima 7 unità a turno) si avrebbe un notevole miglioramento della risposta del dispositivo di soccorso. Anche la sede del distaccamento di Luino presenta serie problematiche trattandosi di un edificio vetusto ed inadeguato, che, tra l'altro, si trova in una zona alluvionale nei pressi del fiume Tresa e il personale è stato costretto più volte all'evacuazione durante i periodi di emergenza. La realizzazione di una nuova struttura sarebbe dovuta iniziare nel 2017, ma, per disposizione di una nota ministeriale (U 0034945 del 21 dicembre 2016), la progettazione è stata posticipata al 2018, generando un'ulteriore e ingiustificata attesa di almeno due anni –:
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per evitare la chiusura dei presìdi sul territorio e garantire il necessario numero di unità di personale per riparare all'attuale carenza dell'organico;
   se e quali iniziative intenda porre in essere affinché vengano assegnati automezzi per sanare la grave carenza esposta in premessa e venga stabilito un limite di tempo di utilizzo per i mezzi di soccorso, superato il quale gli stessi devono necessariamente essere sostituiti (come già avviene per le autoambulanze del servizio sanitario nazionale) per garantire un adeguato soccorso;
   se e quali iniziative intenda promuovere per quanto concerne il distaccamento di Luino, in particolare affinché con decreto sia aumentata la categoria da SD2 a SD4, vengano assegnati automezzi idonei all'intervento su rotaia e automezzi con materiale N.B.C.R. (nucleare batteriologico chimico e radiologico), e si proceda nel minor tempo possibile alla costruzione della nuova sede. (5-11522)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il tavolo di concertazione attualmente in corso tra l'Amministrazione competente per il Corpo nazionale vigili del fuoco e le organizzazioni sindacali afferenti alla categoria dei vigili del fuoco non ha dato, sinora, i risultati auspicati;
   la distribuzione delle risorse economiche disponibili a favore della categoria non sembra infatti sufficientemente equa e ragionevole, in particolare per la discordanza della proposta rispetto alla valorizzazione dei compiti di natura operativa del Corpo nazionale vigili del fuoco, così come previsto nell'ambito dell'istituzione del fondo per l'operatività del soccorso pubblico, ovvero rispetto a quanto stabilito nel protocollo di intenti del 5 aprile 2017 nella parte in cui si è concordato di ripartire le risorse nel rispetto dei principi di equità distributiva e di valorizzazione del rischio delle diverse professionalità di tutto il personale del corpo;
   ciò andrebbe, peraltro, valutato anche in relazione alla necessità perequativa connessa all'assorbimento del personale proveniente dal Corpo forestale dello Stato;
   la bozza di progetto per il riordino delle strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco presentata dall'Amministrazione prevede poi l'incremento della dotazione organica del ruolo dei capi squadra e capi reparto di sole 120 unità rispetto all'incremento ipotizzato di 2.000 unità e nessun riconoscimento dell'anzianità per il personale operativo;
   tale bozza di proposta dell'Amministrazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sembra chiaramente irricevibile poiché, secondo gli interroganti, strutturata ad esclusivo vantaggio delle figure apicali a scapito della maggior parte del personale operativo, più esposto al rischio e usura per i servizi operativi resi alla cittadinanza;
   con questa proposta si rischia di vanificare la scelta, da parte del Ministero dell'interno, di acquisire risorse aggiuntive a favore dei vigili del fuoco più esposti al rischio, perché la rimodulazione delle risorse economiche disponibili proposta sembra unilateralmente favorire chi non è operativo;
   ciò va contro il principio che dovrebbe ispirare questa contrattazione, ovvero la valorizzazione di chi è esposto a gravi rischi per la propria salute –:
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso ed urgente proporre la ripartizione delle risorse economiche disponibili sull'indennità di rischio scaglionata con 15, 22 e 28 anni di anzianità, venendo incontro alle richieste delle organizzazioni sindacali di categoria;
   se non ritenga di dover garantire, attraverso un corretto utilizzo delle risorse economiche disponibili, la valorizzazione del personale operativo maggiormente esposto a rischi, usura e malattie professionali (come, ad esempio, tumori, malattie cardiovascolari e malattie collegate all'apparato respiratorio);
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere i ruoli degli ispettori antincendio, aumentandone la pianta organica, per permettere un maggiore scivolamento delle qualifiche dei vigili del fuoco permanenti, capi squadra e capi reparto;
   se non ritenga doveroso assumere iniziative per aumentare le garanzie ai fini pensionistici dei lavoratori vigili del fuoco, penalizzati dal nuovo sistema previdenziale di tipo contributivo. (4-16827)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 ottobre 2016 il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile attraverso il decreto n. 676 bandiva un concorso pubblico, per titoli ed esami, a 250 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 il 45 per cento dei posti veniva riservato ai volontari in ferma prefissata delle forze armate, il 25 per cento dei posti al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, alla data di indizione del bando, fosse iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni ed avesse effettuato non meno di centoventi giorni di servizio e il 20 per cento dei posti a coloro che avessero svolto per almeno dodici mesi il servizio civile nelle attività istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   nonostante tali riserve, si candidavano a partecipare alle prove preselettive circa 120 mila persone;
   oltre alle difficoltà derivanti da questo alto numero di candidati, secondo la testata Il Fatto quotidiano del 2 giugno 2017, sarebbero state segnalate svariate irregolarità;
   in almeno un caso sarebbe stata trovata una scheda già precompilata consegnata nelle mani di un concorrente;
   alcuni candidati si sarebbero in seguito lamentati su Facebook dichiarando: «sta succedendo veramente di tutto, le persone si recano dopo l'inizio della prova senza nessun controllo, scattano fotografie e consultano come se niente fosse il proprio telefono cellulare» e aggiungendo: «dov’è la sorveglianza in questo concorso ? È così facile copiare e consultare un telefono. Si possono visionare le fotografie della scheda-risposte già compilata»;
   sarebbero inoltre state riscontrate delle anomalie nell'attribuzione dei punteggi, dato che ad alcune prove preselettive sarebbero stati assegnati zero punti, risultato che si otterrebbe, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'interno il 22 maggio 2017, non rispondendo ad alcuna risposta in modo esatto –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, che tipi di accertamenti siano stati disposti per verificare eventuali irregolarità, se sussistano impedimenti alla regolare conclusione del concorso e quali iniziative di competenza intenda adottare per completare la procedura di selezione.
   (4-16831)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un comunicato del Coisp, Sindacato indipendente di polizia, il dipartimento della pubblica sicurezza si appresterebbe a chiudere tantissimi uffici della polizia postale sul territorio;
   contemporaneamente, questa specialità della polizia di Stato è chiamata ad intervenire in ogni parte d'Italia per i tanti interventi necessari e di cui è altamente specializzata, non ultimo il fenomeno cosiddetto Blue Whale, così come il contrasto alle varie forme di cyberbullismo;
   la polizia di Stato, insieme all'Arma dei carabinieri, è tra le Istituzioni quella verso cui i cittadini hanno più fiducia;
   quando polizia e carabinieri arretrano da spazi così importanti, il danno maggiore è per la comunità ed è dimostrato dal fatto che c’è qualcun altro pronto a occuparli;
   a giudizio dell'interrogante occorre rivedere, ove fosse vera la notizia comunicata dal Coisp, il piano di razionalizzazione degli uffici della polizia di Stato, ed in particolare della polizia postale, sul territorio –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-16841)


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è stato bandito un «Concorso Pubblico, per titoli ed esami, a 250 posti per l'assunzione a tempo indeterminato di personale altamente qualificato per l'esercizio di funzioni di carattere specialistico, appartenente al profilo professionale di funzionario amministrativo, area funzionale terza, posizione economica F1, del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno, da destinare esclusivamente alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale ed alla Commissione nazionale per il diritto d'asilo», indetto con decreto ministeriale 26 aprile 2017, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana 4a serie speciale «Concorsi ed esami», numero 33 del 2 maggio 2017;
   nel bando di concorso si sottolinea che lo stesso è volto ad accertare la specifica conoscenza delle materie afferenti alle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale nonché la conoscenza della lingua inglese;
   nella prova preselettiva del concorso sono previsti quiz in lingua inglese, una delle due prove scritte previste è incentrata solo sull'accertamento della conoscenza della lingua inglese con lettura e uso della lingua, componimento, comprensione e svolgimento di esercizi e, all'interno della prova orale, è previsto un colloquio finalizzato all'accertamento della conoscenza della lingua inglese dei candidati attraverso il commento e lettura di un articolo di stampa su argomenti attinenti la protezione internazionale;
   la conoscenza delle lingue comporta il possesso di specifiche competenze linguistiche e non solo, come si può verificare dagli obiettivi formativi, ad esempio, della classe delle lauree nelle scienze della mediazione linguistica comprendenti discipline economiche, giuridiche, sociologiche che si trovano nei titoli di studio ammessi;
   a quanto consta all'interrogante, la laurea in lingue non solo non è prevista, ma non è neanche compresa nel bando tra i titoli di studio ammissibili per partecipare al concorso. Nella sostanza si tratta di un bando per un lavoro da svolgere con competenze linguistiche a cui i laureati in lingue non possono concorrere. Ciò vale per molte altre lauree escluse quali quelle ad indirizzo economico;
   per alcuni dei titoli ammessi, sembra non esserci un rapporto coerente tra l'attività richiesta e titoli posseduti dai candidati e non sono stati inseriti nel bando titoli di studio adeguati e pertinenti al lavoro da svolgere come quelli citati sopra, dei quali non vi è traccia tra quelli indicati nel bando di partecipazione;
   la conoscenza delle lingue appare necessaria allo svolgimento dei compiti peculiari relativi al riconoscimento della protezione internazionale e al diritto d'asilo, che sono la ragione primaria ed esclusiva del bando suddetto;
   non ammettere candidati in possesso di titoli di studio assolutamente pertinenti all'attività da svolgere, significa non solo non contribuire a selezionare professionalità migliori e adeguate al lavoro richiesto, come d'obbligo in particolare per le pubbliche amministrazioni, ma anche operare discriminazioni per numerosi laureati che hanno speso anni per conseguire titoli di studio e poi si ritrovano a non potersi candidare a lavori che riguardano le loro competenze specifiche –:
   come siano stati scelti dall'amministrazione dell'interno i titoli di studio riportati all'articolo 2 «Requisiti per l'ammissione», punto g) del bando di cui sopra, per partecipare al concorso sopraindicato e quali siano state le motivazioni per le quali è stata effettuata questa scelta e sono stati esclusi titoli pertinenti e oggetto di prove ed esami specifici nel bando, come quelli linguistici ed economici;
   se il Ministro interrogato non ritenga sia doveroso assumere iniziative per una rettifica del bando di cui sopra con l'inserimento dei titoli di studio mancanti e pertinenti al lavoro da svolgere e, in particolare, quelli linguistici ed economici, anche al fine di evitare che detto bando possa essere dichiarato illegittimo.
(4-16842)


   RAMPI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha rigettato, nel mese di maggio 2017, la richiesta avanzata dal comune di Vimercate di affidare il Servizio di prevenzione della corruzione e della trasparenza del comune medesimo ad un soggetto esterno, la «Ong Transparency International Italia»;
   in particolare, da fonti di stampa locale, emerge la denuncia di alcuni consiglieri dell'opposizione secondo cui l'assessore al bilancio, avrebbe «caldeggiato» l'affidamento del servizio alla sopracitata organizzazione, nonostante l'aggravio di costi per il comune e nonostante lo stesso avesse relazioni di collaborazione con la medesima società incaricata;
   a seguito di tali contestazioni, avvalorate dalla decisione dell'Anac, la maggioranza consiliare ha presentato un ordine del giorno con il quale impegna il sindaco e la giunta ad assumere «provvedimenti conseguenti e necessari a tutelare la legalità, il buon nome e l'onorabilità dell'Ente e di chi ci lavora»; si tratta di un atto, a giudizio dell'interrogante comunque gravissimo, che rischia di compromettere la legittima azione e dialettica delle forze rappresentate e che potrebbe sfociare in un contenzioso giudiziario, con inevitabili e indesiderabili aggravi finanziari, anche per il comune –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda sommariamente illustrata in premessa, se intenda assumere iniziative normative per definire una disciplina più puntuale dei requisiti e delle procedure per l'affidamento degli incarichi in materia di prevenzione della corruzione e di tutela della trasparenza amministrativa e quali siano, per quanto di competenza, gli orientamenti in ordine alla problematica che è stata sollevata. (4-16848)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, DI LELLO, GHIZZONI, IACONO, MANFREDI, RUBINATO, VENITTELLI, BOSSA, CARLONI, CARRA, CARELLA e CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i docenti della scuola dell'infanzia sono stati esclusi dalla fase C del piano straordinario di immissioni in ruolo, poiché per la scuola dell'infanzia non è stato previsto dalla legge n. 107 del 2015 l'organico di potenziamento;
   numerose, al riguardo, sono state le preoccupazioni espresse da parte dei docenti interessati, soprattutto dei tanti precari storici che speravano uno svuotamento o quanto meno in una significativa riduzione del numero di iscritti nelle graduatorie ad esaurimento;
   per attuare gli obiettivi del sistema integrato di educazione e di istruzione di cui al decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 65, recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, d norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107, è stata assegnata alla scuola dell'infanzia statale una quota parte delle risorse professionali definite dalla tabella 1, allegata alla legge 13 luglio 2015 n. 107, relativa all'organico di potenziamento;
   pertanto, una parte dei posti di potenziamento, indicata nella tabella, avrebbe dovuto essere assegnata alla scuola dell'infanzia, al fine di facilitare il conseguimento degli obiettivi, che il sistema integrato si propone;
   tuttavia, nonostante il dettato della norma, nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulle dotazioni organiche 2017/2018 la scuola dell'infanzia è rimasta esclusa dall'attribuzione dei posti per il potenziamento –:
   quali sono le ragioni per cui i docenti della scuola dell'infanzia siano stati esclusi dal potenziamento;
   se si intenda procedere a un piano pluriennale di immissioni in ruolo.
(5-11507)


   VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni ormai in Puglia viene svolto il progetto regionale «Diritti a scuola», rifinanziato con risorse del Fondo sociale europeo nell'ambito del programma operativo 2014-2020, allo scopo di «realizzare interventi per qualificare il sistema scolastico e prevenire la dispersione, favorendo il successo scolastico, con priorità per gli studenti svantaggiati»;
   il 16 dicembre 2015 è stato sottoscritto l'accordo tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la regione Puglia per la «realizzazione di interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di apprendimento della popolazione scolastica pugliese, da realizzarsi attraverso azioni di recupero e/o rafforzamento delle conoscenze e delle competenze per l'anno scolastico 2015-2016»;
   il 3 marzo 2016, in esecuzione dell'accordo, l'assessorato regionale alla formazione e lavoro – politiche per il lavoro, diritto allo studio, scuola, università, formazione professionale ha emanato l'avviso pubblico n. 1/2016, diretto alle scuole pugliesi per l'elaborazione di progetti volti a potenziare i processi di apprendimento e sviluppo delle competenze degli allievi con maggiori difficoltà delle scuole appartenenti al primo ciclo d'istruzione e del primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, finanziabili con risorse del fondo sociale europeo PO Puglia 2014-2020;
   il progetto, pur avendo come punto centrale gli interessi degli alunni, aveva altresì l'obiettivo di farsi carico delle condizioni di precarietà del personale amministrativo tecnico e ausiliario e di docenti delle graduatorie ad esaurimento o di istituto, facendo sì che questi ultimi affiancassero i docenti curricolari nel supportare i ragazzi con difficoltà di apprendimento nelle materie base;
   nei decorsi anni scolastici le convenzioni stipulate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dalla regione Puglia contenevano l'espressa previsione della valutabilità del servizio svolto sia a beneficio del personale docente che del personale amministrativo tecnico e ausiliario come desumibile dal protocollo d'intesa sottoscritto da regione Puglia e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 15 gennaio 2015 per lo svolgimento delle attività progettuali nel corso dell'anno scolastico 2014/15;
   all'articolo 9, ultimo periodo, del protocollo d'intesa, si legge che «il servizio prestato dal personale docente non dà diritto ad alcuna valutazione del servizio ai fini delle graduatorie ad esaurimento»;
   sembra che, a ridosso dell'aggiornamento delle graduatorie d'istituto, si stia diffondendo un'interpretazione estensiva, che si tradurrebbe nel mancato riconoscimento del punteggio per tutti i docenti (anche quelli di seconda e terza fascia) che hanno svolto il progetto «Diritti a scuola» 2015/2016, rinunciando in tal modo anche a supplenze ordinarie;
   il progetto «Diritti a scuola» 2015/2016 ha impegnato un totale di 773 unità –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato in relazione alla situazione prima dell'aggiornamento delle graduatorie di seconda e terza fascia. (5-11510)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il piano «alternanza scuola-lavoro» da 200 ore per ogni studente del liceo e da 400 ore per gli studenti degli istituti tecnici e professionali, con l'obiettivo di portare i ragazzi in azienda, è stato introdotto con la riforma della scuola di cui alla legge n. 104 del 2015;
   l'alternanza scuola-lavoro è stata avviata lo scorso anno con 653 mila alunni; nel 2018 una volta a regime il programma riguarderà un milione e mezzo di studenti;
   tuttavia, da un'inchiesta pubblicata nei giorni scorsi dal settimanale L'Espresso, emerge che l'alternanza scuola lavoro non ha prodotto i risultati desiderati in termini di occupazione dopo il conseguimento del diploma di maturità;
   inoltre, viene evidenziato che solo nelle regioni del Nord, in qualche caso, i neo diplomati sono riusciti a inserirsi nel mondo del lavoro, mentre nelle regioni del Centro-sud, i giovani, sono costretti a dover ripiegare su una occupazione che non consente né garanzie future di lavoro né tanto l'ottenimento dei diritti dei lavoratori;
   in quasi tutti i casi di alternanza scuola-lavoro, gli studenti vengono impiegati per mansioni superflue o vengono loro affidati compiti di bassissimo rilievo che quindi non consentono di acquisire le conoscenze e l'approfondimento necessario per introdursi nel mondo del lavoro;
   va sottolineato che la legge n. 104 del 2015, in merito all'alternanza obbligatoria tra studi ed esperienze lavorative per gli enti degli ultimi tre anni delle superiori, dall'anno scolastico 2017/2018, sarà materia dell'esame di Stato;
   pur accogliendo positivamente la decisione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di mettere a disposizione circa cento milioni di euro per la formazione dei professori-tutor inserendo, tra l'altro, tra le strutture che possono ospitare i ragazzi associazioni del terzo settore, enti ecclesiastici e sportivi, che si vanno ad aggiungere ad aziende, camere di commercio e ordini professionali, purtroppo ad oggi gli effetti non sono stati quelli prefissati –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se trovi conferma quanto emerso dall'inchiesta pubblicata dall’Espresso per quanto attiene all'alternanza scuola-lavoro introdotta con la legge n. 104 del 2015;
   quali siano i motivi che hanno fatto emergere un divario tra Nord e Centro-sud in riferimento alle opportunità di occupazione post diploma di maturità;
   se non si ritenga opportuno avviare uno studio sull'effettivo svolgimento dell'alternanza scuola-lavoro, in modo da garantire agli studenti la giusta attribuzione di mansioni in relazione al tipo di studio scelto finalizzata all'acquisizione dell'esperienza e delle conoscenze necessarie per l'avviamento nel mondo del lavoro;
   quali iniziative intenda intraprendere per consentire alla scuola di valorizzare e valutare le competenze, considerato che gli insegnanti devono effettuare una valutazione sulle competenze, ma, allo stato attuale, ciò risulta quasi impossibile, poiché l'attuale alternanza scuola-lavoro non offre gli strumenti necessari ai docenti per dare valutazioni nel merito. (4-16834)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recentemente si è appreso che il numero delle immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2017/18 sarà di 52 mila unità;
   tale numero, qualora fosse reale, potrebbe porre rimedio ai danni prodotti dalla cosiddetta «Buona scuola» sul personale docente, sia neoassunto che precario;
   analizzando come sono distribuite le 52 mila assunzioni, emerge che 15 mila e 100 sono i posti cosiddetti «consolidati», cioè che passano da organico di fatto ad organico di diritto; 21 mila derivano dai pensionamenti dei docenti di ruolo, quindi turn over, e 16 mila sono quelli rimasti liberi lo scorso anno per mancanza di aspiranti nelle graduatorie;
   dall'analisi di questi dati, appare evidente che i nuovi assunti saranno di ben lunga inferiori ai 52 mila annunciati dal Governo;
   innanzitutto, i 16 mila posti rimasti liberi lo scorso anno non potranno essere dati al ruolo nemmeno quest'anno, perché se le graduatorie da cui attingere erano vuote lo scorso anno lo sono anche adesso;
   i 21 mila posti da pensionamenti sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e molti di essi ricadono in province con graduatorie già esaurite e non potranno essere soggette a turn over;
   parte dei 15 mila posti consolidati seguiranno lo stesso destino, in quanto verranno distribuiti equamente su tutto il territorio nazionale;
   altra considerazione da fare è che il 30 per cento dei posti annunciati saranno destinati alla mobilità, ovvero riservati quasi per intero a docenti che lasceranno le cattedre del Nord per rientrare al Sud, liberando così cattedre inassegnabili perché ricadenti in province con graduatorie ad esaurimento (GaE) già esaurite;
   pur non sapendo con esattezza in quali province, per quali ordini di scuola e classi di concorso, verranno ripartiti i posti annunciati, appare evidente che la reale consistenza delle nuove immissioni difficilmente supererà le 20-25 mila unità e rimarranno insoluti i problemi creati dallo scriteriato piano assunzionale della legge n. 107 del 2015 di cui continueranno a pagare le conseguenze docenti neoimmessi, docenti precari e, soprattutto, alunni e famiglie;
   quello a cui si sta assistendo è l'ennesimo annuncio da parte di un Governo che non ha stanziato maggiori risorse per le assunzioni (così come richiesto dall'interrogante nel corso dell’iter di approvazione dell'ultima legge di bilancio), ma ha annunciato numeri fuori dalla realtà;
   a giudizio dell'interrogante, occorre modificare la legge n. 107 del 2015 affinché le cattedre non assegnabili in quanto ricadenti in province con Graduatorie ad esaurimento esaurite, vengano dirottate nelle classi di concorso e nelle province a maggiore criticità –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-16838)


   PAGLIA.— Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 2 giugno 2017 sui cancelli della scuola elementare Rodari di San Pietro in Casale (Bologna) è stato appeso uno striscione recante la scritta «La vostra cultura è contro natura»;
   il gesto, di chiara natura intimidatoria nei confronti del corpo docente, portava la firma di Forza Nuova e seguiva un articolo de Il Giornale che ipotizzava la messa in scena di una recita scolastica, avente ad oggetto un matrimonio gay;
   tale notizia era stata diffusa senza alcun riguardo alle fonti ed era stata smentita dalla scuola, che è diventata comunque bersaglio di gruppi estremisti e neo-fascisti;
   è compito dello Stato garantire che progetti didattici che promuovono l'uguaglianza possano essere portati avanti con serenità, tutelando insegnanti, famiglie e studenti –:
   se si intenda intervenire a tutela del corpo insegnante della scuola Rodari di San Pietro in Casale, sostenendone le scelte educative e contrastando l'affermazione di gruppi neo-fascisti usi all'intimidazione e alla violenza. (4-16845)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   in data 14 giugno 2016 è stata approvata in via definitiva la legge 22 giugno 2016, n. 112, «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», lungamente attesa e che promuove un processo concreto di deistituzionalizzazione aprendo una nuova prospettiva esistenziale per le persone con disabilità e per i loro familiari;
   il 10 novembre 2016 Stato e regioni hanno approvato il riparto dei fondi (90 milioni per il 2016). Il decreto attuativo è stato firmato il 23 novembre 2016 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio 2017 e entro il 20 aprile il Ministero del lavoro e delle politiche sociali avrebbe dovuto esaminare tutti i piani regionali e le regioni che hanno completato la fase istruttoria avrebbero dovuto ricevere le risorse;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge n. 112 del 2016, le modalità attuative per l'utilizzo delle risorse del Fondo erano da determinarsi con decreto interministeriale, previa intesa in Conferenza unificata, da emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, cioè entro il 24 dicembre 2016. Pur trattandosi di termine cosiddetto «ordinatorio», il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva già in ottobre predisposto il decreto attuativo, inviato alla Conferenza unificata per l'intesa, accordata il 10 novembre. Il decreto è stato poi firmato il 23 novembre e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 febbraio. Nelle more della pubblicazione, è stato richiesto alle regioni – a cui è rimessa l'attuazione sul territorio regionale – di predisporre gli atti di programmazione necessari, ai fini dell'esame del Ministero, entro la fine di febbraio. Le prime regioni per le quali l'esame istruttorio si è chiuso positivamente hanno già ricevuto le risorse, con erogazioni effettuate in aprile per oltre metà del budget complessivo. Sono in corso, con alcune regioni, ulteriori interlocuzioni e man mano si procede a ulteriori erogazioni: si confida che entro la fine del mese si possa procedere all'erogazione di tutte le risorse;
   ad oggi circa due terzi delle regioni hanno ottenuto i fondi previsti dalla legge e si auspica – come detto – di poter procedere presto all'erogazione di tutte le risorse;
   a undici mesi dall'approvazione della legge, tutti gli strumenti attuativi richiesti per renderla operativa sono stati approvati, compreso il necessario chiarimento sulle agevolazioni fiscali e tributarie previste all'articolo 6 della legge, a cominciare dal fatto che i beni e diritti conferiti in trust o gravati da vincoli di destinazione, o destinati a fondi speciali disciplinati da contratto di affidamento fiduciario, istituiti in favore delle persone con disabilità grave, sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni;
   secondo gli ultimi dati Istat, si stima che il fenomeno della disabilità riguardi circa 3,2 milioni di individui, di cui 2 milioni e 500 mila anziani. Più alta la quota tra le donne, circa il 70 per cento contro il 30 per cento circa tra gli uomini. Un milione e 800 mila persone sono disabili gravi. Circa 540 mila hanno meno di 65 anni. Circa la metà dei disabili gravi con meno di 65 anni grava completamente sui familiari conviventi. Rispetto alle circa 52 mila persone che vivono sole, una quota del 19 per cento – pari a circa 10 mila persone – non può contare su alcun aiuto. La platea dei potenziali beneficiari della legge «Dopo di noi» è di circa 127 mila disabili, con meno di 65 anni privi di sostegno familiare, di cui circa 38 mila mancanti di entrambi i genitori e 89 mila con genitori anziani;
   la legge ha l'obbiettivo di favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità grave, e soprattutto la deistituzionalizzazione, l'autonomia e l'indipendenza una volta cessato il supporto familiare, o quando già si tratta disabili soli. Per questi ultimi è previsto il fondo pubblico di assistenza, con una dotazione triennale di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e 56,1 milioni di euro dal 2018, che è gestito dagli enti locali. Per chi invece può ancora godere di un supporto familiare, sono previsti alcuni strumenti di tutela del patrimonio, con l'obiettivo di mettere a disposizione i fondi necessari a garantire il mantenimento dello standard di vita e di assistenza, una volta persi i genitori;
   la legge finanzia i progetti predisposti ed approvati dalle singole regioni per la costruzione di percorsi di emancipazione e di autonomia dalla famiglia finalizzati alla realizzazione di politiche abitative in piccole residenze che riproducano le condizioni abitative e relazionali delle famiglie e non prevede assolutamente alcun finanziamento cosiddetto «a pioggia»;
   l'articolo 7 della legge prevede «campagne informative al fine di diffondere la conoscenza delle disposizioni della presente legge e delle altre forme di sostegno pubblico previste per le persone con disabilità grave», in modo da consentire un più diretto ed agevole ricorso agli strumenti di tutela previsti per l'assistenza delle persone con disabilità prive del sostegno familiare. È, infatti, necessario individuare in maniera chiara e univoca i soggetti coinvolti nella gestione dei fondi e i rispettivi ruoli e stabilire le attività da mettere in atto in funzione del progetto di vita delineato dai genitori per il futuro dei propri figli –:
   quale sia ad oggi la effettiva applicazione della legge n. 112 del 2016, quali siano le regioni che abbiano già avviato i progetti di cui in premessa e con quali misure e modalità, nonché quali siano le regioni ancora non operative e per quali motivi;
   quali iniziative di competenza il Ministro abbia intrapreso in relazione a eventuali regioni inadempienti;
   se il Ministro abbia predisposto appositi strumenti per raccogliere tutti gli elementi utili ad una conoscenza approfondita del fenomeno e quando sia in grado di renderli noti, anche in previsione della prima relazione annuale al Parlamento prevista entro il 30 giugno di ogni anno, così come stabilito dall'articolo 8 della suddetta legge;
   se il Governo non ritenga urgente predisporre delle campagne informative anche attraverso i sistemi audiovisivi sulle opportunità offerte dalla legge.
(2-01825) «Carnevali, Casellato, Pes, Marrocu, D'Ottavio, Paola Bragantini, Rossomando, Carella, Giuditta Pini, Bergonzi, Carrescia, Cardinale, Casati, Miotto, Luciano Agostini, Cenni, Fregolent, Montroni, Carocci, Lenzi, Marchi, Romanini, Prina, Ventricelli, Lavagno, Cominelli, Cova, Stella Bianchi, Culotta, Piazzoni, Beni, Patriarca, D'Incecco, Paola Boldrini, Miccoli».

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda mantovana Belleli Energy Epc – attiva nel settore della progettazione, costruzione e messa in opera e manutenzione di apparecchi statici di processo e impianti per l'industria termoelettrica, termonucleare, chimica, petrolchimica e siderurgica – entrata a far parte del gruppo Tosto (con ramificazioni in tutto il mondo per un giro d'affari sui 95 milioni di euro) dopo l'acquisto per 5 milioni di euro dal gruppo texano Exterran;
   dopo mesi di ripetute tensioni nelle relazioni tra la nuova proprietà e i sindacati, nello stabilimento si ha la presenza di uno sciopero a oltranza proclamato dalle rappresentanze sindacali unitarie dal giorno 1o giugno 2017, con il sostegno di Fiom e Fim-Cisl e la partecipazione massiccia di operai e impiegati;
   la motivazione consisterebbe in un provvedimento adottato dall'azienda in data 31 maggio 2017, il licenziamento in tronco di un lavoratore, a causa di due settimane di malattia non riconosciuta, portatore per altro di diverse patologie gravi;
   come si evince dalle dichiarazioni di dirigenti sindacali e lavoratori e dallo stesso invito all'azienda a riconsiderare la situazione da parte del sindaco di Mantova Palazzi, l'episodio assumerebbe contorni francamente inconcepibili e gravi nella loro motivazione, quella di offrire un gesto esemplare contro un presunto assenteismo;
   l'episodio contestato dall'azienda può essere ripercorso, con l'ausilio della cronaca della Gazzetta di Mantova e con le parole dell'operaio licenziato, 53 anni, in Belleli da 15, saldatore, sofferente di diabete e artrosi in attesa di biopsia per una nuova sospetta patologia: «Sono stato a casa in malattia 3 settimane. Al termine della prima l'ispettore Inps ha sancito che ero abile per rientrare al lavoro, ma quella successiva non mi sentivo ancora bene e il medico di base lo ha certificato. Il mio errore è stato non riferirgli del controllo Inps». Di qui la mancata comunicazione sul prosieguo della malattia. «Nessuno però mi ha avvertito e sono rimasto a casa convinto non ci fossero problemi». Certificati alla mano, sostiene inoltre la Fiom che durante un secondo controllo Inps «lo stesso ispettore ha poi constatato che era ancora inabile». E così arriviamo alla terza settimana «quando mi hanno messo alle costole un investigatore privato che ha dichiarato che l'ultima sera di malattia, dopo le 19 (ndr. orario limite per le visite fiscali), sono andato al bar». Era guarito e infatti il mattino successivo è rientrato al lavoro. Poi mercoledì 31 maggio la doccia fredda: «Lo hanno prelevato in reparto – racconta un collega – gli hanno fatto raccogliere i suoi effetti personali e l'hanno accompagnato ai tornelli con la lettera di licenziamento consegnata a mano». La causa: «L'Inps – conclude l'operaio – mi ha contestato due settimane su tre e per loro è venuto meno il rapporto di fiducia»;
   oltrepassato il ponte del 2 giugno, nella giornata del 5 giugno 2017 gli operai sono ridiscesi in sciopero; questa volta, come riportano le cronache, hanno dovuto scontrarsi con un atteggiamento ancora più duro da parte della direzione dell'azienda che avrebbe negato l'accesso alla saletta per le assemblee e chiuso i cancelli impedendo ai lavoratori di entrare a riprendersi le auto nel parcheggio. Questo permesso sarebbe stato negato anche ad un operaio che doveva correre dalla moglie incinta e accompagnarla in ospedale per una visita urgente. Dopo la mediazione da parte della digos, un dirigente ha concesso l'ingresso agli operai a gruppi di tre –:
   se non ritenga di dovere assumere ogni iniziativa di competenza, a seguito dell'insuccesso delle mediazioni proposte dal sindaco, per assicurare la positiva conclusione della vicenda e per favorire il reintegro immediato di un operaio malato per un elementare principio di buon senso. (4-16846)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Cia (Confederazione italiana agricoltori), sede di Catania, ha denunciato in un suo comunicato, del 30 maggio 2017, gravi disfunzioni dei sistemi informatici di Agea, (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) che eroga i finanziamenti previsti dalla politica agricola comune (Pac) dell'Unione europea e in particolare le misure di sostegno del Programma di sviluppo rurale (Psr);
   tali disservizi avrebbero messo in difficoltà economiche molte aziende agricole catanesi, che attendono i pagamenti degli aiuti comunitari previsti per l'agricoltura, in un contesto dove le responsabilità di tale situazione vengono rimandate tra la regione Siciliana e la stessa Agea;
   nella provincia di Catania le misure riguarderebbero centinaia di aziende agricole; mentre ben quattromila sarebbero le aziende agricole in Italia in difficoltà per il ritardo degli aiuti comunitari legati ai finanziamenti del Piano di sviluppo rurale e alle cosiddette domande uniche di sostegno; l'Agea non riuscirebbe a gestire lo smaltimento dei pregressi pagamenti degli anni passati;
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, è stata costituita con il decreto-legge n. 165 del 27 maggio 1999; l'articolo 3 stabilisce: «è responsabile nei confronti dell'Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, nonché degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo»;
   il Piano di sviluppo rurale rappresenta lo strumento di programmazione e di finanziamento del settore agricolo, forestale e rurale sul territorio regionale. Attraverso l'operato delle regioni, il Psr permette a ogni Stato membro dell'Unione europea di utilizzare le risorse economiche che l'Unione stessa mette a disposizione in ambito agricolo e rurale;
   in provincia di Catania, e in più in generale in Sicilia, l'agricoltura rappresenta un settore fondamentale per l'economia; l'attuazione delle misure di sostegno previste dal Psr sono volte a promuovere l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato presso l'Agea per verificare le responsabilità dei ritardi dei pagamenti legati al programma di sviluppo rurale riguardanti le aziende agricole in provincia di Catania e per quelle che operano in Sicilia;
   se sia a conoscenza dello stato dei pagamenti previsti in relazione al Psr dall'anno 2010 all'anno 2016;
   come si intenda evitare, per quanto di competenza, che i ritardi dei pagamenti degli aiuti comunitari previsti per l'agricoltura possano pregiudicare lo sviluppo economico nelle zone rurali della provincia di Catania e dell'intera Sicilia.
   (5-11503)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOSSA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione nazionale delle Cooperative italiane, nel comparto pesca, ha inviato al Governo e ad altri soggetti istituzionali, il 26 maggio 2017, una lettera-appello avente ad oggetto la richiesta di attivazione delle procedure per l'erogazione del regime « de minimis» alle imprese di pesca professionali a causa dei danni derivanti alle reti per attacco delfini;
   nell'appello si intendeva sottoporre alla attenzione degli attori istituzionali la problematica e le difficoltà che i pescatori professionali nelle varie marinerie italiane stanno attraversando da tempo, soprattutto a causa dei danni alle reti da parte dei delfini;
   si tratta di una questione che si somma ad altri fattori di crisi, alcuni dei quali riguardanti anche l'azione predatoria dello stesso delfino sui pesci di cattura, che rappresentano l'elemento vitale della pesca italiana;
   la presenza copiosa di tali specie marine predatorie sta provocando, infatti, ingenti danni sia alle attrezzature dei pescatori professionali italiani sia alle loro possibilità di pesca;
   i costi di ripristino delle reti sono ingenti e la bassa qualità del pescato, dopo l'attacco predatorio del «delfino», abbassano la commerciabilità del prodotto, rappresentando per i pescatori un doppio danno;
   il programma europeo relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) ha, tra i suoi obiettivi tematici, quello di contribuire e promuovere la competitività delle piccole e medie imprese e il settore della pesca, ma appare in grande ritardo rispetto alle esigenze stringenti del comparto in Italia;
   si rende, quindi, necessario, secondo quanto chiesto dall'Unci, che venga dichiarato lo stato di calamità naturale; che sia prevista una quota di de minimis forfettaria di rimorso per impresa da pesca; che si proceda all'attivazione della misura prevista all'articolo 40, paragrafo 1, lettera h) del Regolamento Unione europea n. 508/2014 concernente il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se intenda attivarsi nella direzione proposta dalla lettera-appello citata in premessa.
   (4-16830)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, NESCI, MANTERO e GRILLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e relativi allegati sono stati individuati i livelli essenziali di assistenza (Lea) assicurati dal servizio nazionale sanitario attraverso le risorse finanziarie pubbliche;
   all'articolo 17 di tale decreto viene stabilito che «il Servizio Sanitario Nazionale garantisce le prestazioni sanitarie che comportano l'erogazione di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell'ambito di un piano riabilitativo-assistenziale volto alla prevenzione, alla correzione o alla compensazione di menomazioni o disabilità funzionali conseguenti a patologie o lesioni, al potenziamento delle abilità residue, nonché alla promozione dell'autonomia dell'assistito»;
   al comma 2 la medesima norma demanda al «nomenclatore di cui all'allegato 5» di stabilire gli elenchi delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi provvisori, temporanei e di riserva erogabili dal servizio sanitario nazionale;
   il nomenclatore di qui all'allegato 5, citato dall'articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, inserisce nell'elenco 2A (ausili di serie che richiedono la messa in opera da parte del tecnico abilitato) alla classe 22 (ausili per comunicazione e informazione) gli ausili per l'udito (22.6), suddivisi nelle seguenti macro-tipologie: «Apparecchi acustici ad occhiale», «apparecchi acustici retroauricolari», con relativi accessori prescrivibili («accessori per applicazione via aerea» e «accessori per applicazione via ossea»), «apparecchi acustici connessi a dispositivi impiantati»;
   l'allegato n. 12, relativo alle modalità di erogazione delle prestazioni di assistenza protesica, stabilisce che «nelle more dell'istituzione del Repertorio dei dispositivi di serie di cui all'articolo 1, comma 292, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, per l'erogazione dei dispositivi di serie inclusi negli elenchi 2A e 2B di cui al nomenclatore allegato 5 al presente decreto, e per la determinazione dei relativi prezzi di acquisto le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali stipulano contratti con i fornitori aggiudicatari delle procedure pubbliche di acquisto espletate secondo la normativa vigente. I capitolati di gara prevedono che i soggetti aggiudicatari assicurino, quando prescritto dal medico e in ogni caso per la fornitura di apparecchi acustici, l'adattamento o la personalizzazione dei dispositivi da parte dei professionisti sanitari abilitati all'esercizio della specifica professione o arte sanitaria ausiliaria, nonché la manutenzione, la riparazione o la sostituzione di componenti dei dispositivi stessi»;
   ai sensi del comma 3, «la remunerazione del servizio di messa in uso è fissata nell'ambito delle convenzioni, dei contratti o dei capitolati di gara»;
   le persone con deficit uditivo costituiscono una popolazione estremamente eterogenea; infatti, allo stesso profilo, possono corrispondere diversi danni anatomo-patologici e conseguenze percettive variegate;
   tali dispositivi hanno una struttura tecnologicamente complessa e, pertanto, vengono singolarmente individuati, adattati («predisposti») e «personalizzati» per le specifiche problematiche audiologiche e gli stili di vita dell'assistito –:
   quali criteri saranno adottati, nelle procedure pubbliche di acquisto, al fine di conciliare l'acquisto in serie degli ausili per l'udito con la necessaria personalizzazione dei dispositivi alle specifiche problematiche audiologiche e agli stili di vita degli assistiti;
   se le modifiche intervenute con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza in merito all'acquisto dei dispositivi acustici determineranno un risparmio di spesa pubblica e se esso sia stato quantificato;
   se siano stati analizzati gli effetti che le modifiche apportate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 produrranno sul settore audio-protesico, costituito maggiormente da piccole e medie aziende. (5-11511)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'acufene è una patologia a causa della quale i soggetti colpiti percepiscono rumori, in un orecchio o in entrambi, oppure più in generale nella testa, che possono manifestarsi sotto forma di fischi o ronzii;
   è possibile classificare gli acufeni in due macro categorie: gli acufeni oggettivi, molto rari e che si presentano come suoni che si generano all'interno del corpo umano, come ad esempio quelli originati da un flusso vascolare particolare o da contrazioni muscolari e gli acufeni soggettivi i più comuni e che si individuano nei casi in cui il soggetto percepisce un suono che non è ascoltabile dall'esterno;
   nel nostro Paese circa 5 milioni di persone soffrono di acufene, di cui 100 mila solo nella regione del Friuli Venezia Giulia, e ad esserne maggiormente colpiti, oltre agli anziani, sono soprattutto i giovani;
   il disturbo dell'acufene, apparentemente banale, tende a creare un vero e proprio stato invalidante coinvolgendo l'assetto psicologico ed emozionale dell'interessato, la sua vita relazione, il ritmo del sonno, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione inducendo e potenziando stati ansioso-depressivi, interferendo notevolmente sulla qualità della vita;
   si tratta di una patologia che, nonostante la sua particolarità e nonostante ne sia affetto circa il 10 per cento della popolazione è del tutto, o quasi, ignorata quando invece una corretta informazione sarebbe essenziale per la tempestività di un intervento mirato;
   ancora oggi, per coloro che soffrono di acufene, non esistono rimedi efficaci e per tale motivo, ad avviso dell'interrogante, è di fondamentale importanza portare avanti un programma di studi e ricerche che sia in grado di individuare una concreta soluzione al problema –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno dare impulso a ricerche scientifiche e studi clinici sull'acufene e assumere iniziative per finanziare i centri di ricerca che hanno già avviato studi su tale patologia;
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non ritenga urgente assumere iniziative per riconoscere l'acufene come malattia cronica e invalidante, ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999, da ricomprendere nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di incrementare e potenziare le strutture atte ad aiutare le persone colpite da acufene, nonché per avviare una campagna di conoscenza e sensibilizzazione sulla patologia stessa. (4-16835)


   GAGNARLI e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia non esiste una normativa nazionale che regolamenti l'accesso degli animali domestici negli esercizi pubblici di vendita al dettaglio di alimenti;
   questo aspetto, ad oggi, è disciplinato in buona sostanza dal regolamento europeo 854/2004 che vieta «l'accesso degli animali nei luoghi dove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati», con la sola eccezione dei cani guida per non vedenti;
   da anni nel nostro Paese si pone la questione della possibilità di accesso degli animali domestici, in particolare cani, nei supermercati, poiché questi possono essere considerati dei luoghi «ibridi» relativamente alla vendita degli alimenti, in quanto, nello stesso contesto, si possono trovare sia prodotti confezionati, sia in preparazione (vedi banchi della pescheria, dei salumi e formaggi o della macelleria), sia sfusi (vedi frutta a verdure);
   lo stato attuale fotografa quindi, nel Paese una situazione disomogenea, in cui da regione a regione, da comune a comune, da Asl ad Asl ma anche da negozio a negozio, vigono disposizioni differenti che si basano di volta in volta su buon senso, sensibilità, esperienze e sperimentazioni; alcune catene di supermercati, ad esempio, stanno provando a regolamentare l'accesso agli animali domestici nei propri negozi, destinando parte dei carrelli della spesa proprio al trasporto di animali di piccola taglia;
   a marzo 2017 il Ministero della salute ha diffuso una nota – 27 marzo 2017, firmata dal direttore dell'ufficio igiene degli alimenti – volta a chiarire l'accesso degli animali domestici negli esercizi di vendita al dettaglio degli alimenti; una nota – a parere degli interroganti – poco chiara, in quanto in una prima parte, appellandosi al regolamento comunitario succitato, sembra stabilire il divieto di accesso dei cani negli esercizi di vendita al dettaglio in quanto potrebbero rappresentare una possibile fonte di contaminazione degli alimenti; dall'altra sempre riferendosi allo stesso regolamento, apre alla possibilità di accesso degli animali domestici laddove sussistano le condizioni «affinché l'animale non entri in contatto diretto con la fase di preparazione degli alimenti»;
   è evidente che una tale nota, pur con l'intento di fare chiarezza su questo tema, al quale la cittadinanza italiana si sta dimostrando sempre più attenta, genera una maggiore confusione, rischiando interpretazioni errate, specie nella direzione del divieto di accesso al quale potrebbero appellarsi coloro che hanno minore o alcuna sensibilità nei confronti degli animali;
   si richiama, infine, un'altra nota ministeriale – questa datata 30 maggio 2014 e firmata dal direttore generale del dipartimento di sanità pubblica veterinaria – che affronta la stessa problematica ma in termini ben diversi rispetto a quanto sopra esposto e anzi promuove iniziative volte a favorire l'accesso degli animali nei luoghi pubblici –:
   se, in base a quanto esposto in premessa nonché alle esperienze sia delle diverse catene di supermercati presenti in Italia sia delle realtà locali che finora sembrano aver garantito un importante equilibro nel rapporto tra animali domestici e gestione degli esercizi commerciali, non si intenda rettificare la nota ministeriale del marzo 2017. (4-16836)


   D'UVA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è stato prescritto il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di attribuire incarichi di studio, consulenza, dirigenziali o direttivi a soggetti collocati in quiescenza. È, tuttavia, concesso conferire incarichi, cariche e collaborazione a titolo gratuito per non più di un anno, periodo non prorogabile né rinnovabile;
   la citata disposizione rappresenta, giusta esplicita enunciazione della circolare del Consiglio dei ministri n. 6/2014 emanata in data 4 dicembre 2014, «un indirizzo di politica legislativa volto ad agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni»;
   con il citato atto di indirizzo, si è, peraltro, indicato che «La condizione del collocamento in quiescenza, ostativa rispetto al conferimento di incarichi e cariche, rileva nel momento del conferimento» e, soprattutto, si è espresso il monito secondo il quale «Le amministrazioni eviteranno peraltro comportamenti elusivi, consistenti nel conferire a soggetti prossimi alla pensione incarichi e cariche il cui mandato si svolga sostanzialmente in una fase successiva al collocamento in quiescenza. Per tali soggetti, le amministrazioni valuteranno la possibilità di conferire un incarico gratuito»;
   in seguito, con circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 4/2015 del 10 novembre 2015, il Governo ha inteso ribadire il divieto imposto con riguardo al conferimento degli incarichi, precisando che «Per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali, è escluso che essi possano essere conferiti a soggetti collocati in quiescenza che hanno compiuto i 65 anni», chiarendo ancora una volta che tali incarichi «possono essere conferiti anche oltre il limite dei 65 anni, purché gratuiti e per una durata non superiore a un anno»;
   nonostante la disciplina ex decreto-legge n. 95 del 2012, da interpretarsi così come indicato dalla stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, preveda un meccanismo che consente di favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, imponendo – o, quantomeno, indirizzando – l'amministrazione a non assumere soggetti prossimi al pensionamento, con decreto del 9 maggio 2016 il Ministero della salute ha nominato il professor Placido Bramanti, all'età di 66 anni (67 il 18 luglio 2016), direttore scientifico dell'Irccs «Centro Neurolesi Bonino Pulejo» di Messina per un periodo di cinque anni, con termine incarico ben oltre il compimento del settantesimo anno di età;
   la scelta di conferire un mandato quinquennale, piuttosto di uno triennale, determina che il collocamento in quiescenza del professor Bramanti interverrà prima del termine incarico –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire, anche alla luce delle circolari richiamate in premessa, in che modo potrà espletarsi l'affidamento di un incarico quinquennale per il ruolo di direttore scientifico dell'Irccs «Centro Neurolesi Bonino Pulejo» di Messina al professor Placido Bramanti, che sarà collocato in quiescenza in data 1o ottobre 2019, oltre un anno e sette mesi prima della data di termine incarico. (4-16844)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Giordano Vini s.p.a. con sede a Valle Talloria d'Alba (CN), con oltre 110 anni di storia, è uno dei principali attori in Italia e in Europa per il commercio di vini; assieme alla Provinco Italia s.p.a. costituisce il gruppo Italian Wine Brands, primo gruppo italiano del settore vitivinicolo ad essere quotato in borsa;
   dal momento della quotazione in borsa, l'azienda ha iniziato un percorso di ristrutturazione che ha portato al trasferimento di numerosi dipendenti in aziende esterne, attraverso la cessione del ramo post vendita di Valle Talloria e del Contact center di Torino per un totale di 82 lavoratori coinvolti, costretti in alcuni casi anche al trasferimento presso aziende fuori regione senza garanzie di stabilità dei posti di lavoro, provocando già a novembre 2016 lo sciopero dei dipendenti di Valle Talloria;
   a seguito delle cessioni di ramo d'azienda era stato mantenuto presso lo stabilimento di Valle Talloria il numero di 190 dipendenti;
   Italian Wine Brands ha annunciato nel corso del mese di maggio 2017 che, a causa di presunte contrazioni nei consumi e della concorrenza sui prezzi, saranno previsti 38 esuberi presso lo stabilimento della Giordano Vini a Valle Talloria d'Alba, necessari alla realizzazione di un «nuovo piano industriale improntato al raggiungimento di maggiori livelli di efficienza»;
   la Giordano Vini s.p.a. rappresenta un marchio di eccellenza per il commercio di vini in Italia e all'estero e una storica azienda simbolo della vocazione vitivinicola delle Langhe piemontesi –:
   quali iniziative intendano adottare, anche attraverso l'apertura di un tavolo di confronto che coinvolga la regione Piemonte, per la salvaguardia dei posti di lavoro della Giordano Vini s.p.a., allo scopo eventualmente utilizzando gli strumenti delle politiche attive del lavoro per la riqualificazione delle competenze dei lavoratori in esubero, nell'ottica della valorizzazione del capitale umano presente per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e miglioramento della produttività previsti dal nuovo piano industriale. (5-11506)


   GARAVINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'emanazione del decreto legislativo n. 37 del 2017 ha dato attuazione alla direttiva europea 2014/92 che prevede che tutti i cittadini residenti nell'Unione europea debbano avere il diritto di aprire un conto di pagamento con caratteristiche di base in qualsiasi Paese dell'Unione;
   gli effetti del decreto non riguardano gli italiani residenti in Paesi non facenti parte dell'Unione europea. Ad esempio, la Svizzera, Paese di area SEPA ma non membro dell'Unione europea;
   i cittadini italiani residenti nella Confederazione elvetica sono circa 600.000. Grazie ai forti legami identitari, ma anche a seguito della vicinanza geografica con l'Italia, molti connazionali possiedono proprietà o interessi nel nostro Paese e necessitano per tali ragioni di aprire un conto bancario o postale in Italia;
   l'Italia ha tutto l'interesse a garantire la possibilità di aprire un conto bancario o postale ai propri cittadini residenti all'estero. Costoro, infatti, mantengono uno stretto legame con il proprio Paese d'origine, investono spesso in immobili; frequentemente pianificano di tornare a stabilirvisi al momento della pensione;
   diversi istituti di credito italiani, molti dei quali di ambito locale, attualmente negano, come è loro facoltà, la possibilità di aprire un conto corrente a soggetti non residenti nell'Unione europea;
   Poste Italiane, che costituisce l'operatore bancario più diffuso sul territorio nazionale, con una presenza capillare anche nei centri di più piccole dimensioni, attualmente pone come requisito per l'apertura di un conto corrente postale non la residenza in Italia ma il possesso del passaporto italiano in corso di validità e della «tessera sanitaria/codice fiscale»;
   la «tessera sanitaria/codice fiscale», in uso a livello nazionale nel formato di una unica tessera, non è tuttavia in dotazione alla maggior parte degli italiani nel mondo, poiché essi, in quanto residenti all'estero, non godono del diritto all'assicurazione sanitaria italiana e, senati all'estero, non l'hanno mai posseduta;
   di conseguenza, gli italiani residenti in Svizzera, così come quelli residenti in Paesi non membri dell'Unione europea, si vedono negata la possibilità di aprire un conto postale presso le filiali di Poste Italiane;
   gli italiani residenti all'estero possono fare richiesta della tessera recante il codice fiscale –:
   se sia possibile per un italiano residente all'estero in possesso della citata tessera recante il codice fiscale aprire un conto corrente postale presso Poste italiane;
   ove questo non fosse possibile, se non ritenga, per quanto di competenza, di assumere iniziative affinché Poste Italiane s.p.a. possa rimuovere gli attuali ostacoli di natura burocratica all'apertura di un conto postale per cittadini italiani residenti all'estero in Paesi non membri dell'Unione europea. (5-11508)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 24 maggio 2017 il nuovo gestore Wind 3, nato dalla fusione tra Wind e 3, ha comunicato alle rappresentanze sindacali di Cgil, Cisl e Uil l'intenzione di procedere alla totale esternalizzazione del customer service del segmento consumer (ovvero del settore privato);
   questo processo coinvolgerà oltre 900 lavoratori afferenti alle diverse sedi di Roma, Genova, Cagliari e Palermo;
   tale comunicazione disattende quanto comunicato dall'azienda sin dal giorno dell'avvenuta fusione: essa, infatti, in ogni dichiarazione pubblica ed incontro con le rappresentanze dei lavoratori aveva sempre ribadito che la nascita di quello che di fatto è diventato il primo gestore di telefonia mobile in Italia avrebbe garantito il mantenimento degli attuali posti di lavoro ed avrebbe, anzi, portato a nuove assunzioni;
   anche l'accordo di armonizzazione stipulato con le organizzazioni sindacali nel febbraio 2017 (finalizzato a riunire in un unico contratto i due contratti di secondo livello di H3G e Wind) ed il protocollo d'intesa tra i committenti di attività di Contact Center ed il Ministero dello sviluppo economico, a cui Wind 3 ha aderito, non davano adito al pensare che vi fosse l'intenzione di cedere all'esterno il customer service o qualsiasi altra attività aziendale;
   la decisione comunicata il 24 maggio 2017, dunque, ha gettato nel più profondo sconforto i 900 lavoratori coinvolti e le loro famiglie, che vedono messo a repentaglio il proprio posto di lavoro: si parla peraltro, di dipendenti in buona parte sotto contratto da oltre 15 anni e con un'età media tra i 30 ed i 45 anni, molti dei quali con famiglie monoreddito a carico;
   le recenti esperienze di esternalizzazione di Vodafone in Comdata e di Almaviva dimostrano come, in situazioni analoghe, le cessioni di ramo d'azienda si traducano quasi sempre nel breve/medio termine in licenziamenti, conflitti legali tra dipendenti ceduti e azienda cedente o peggioramenti delle condizioni lavorative;
   questa decisione operata da Wind 3 non risulta neppure giustificata dall'attuale situazione economica dell'azienda, che nel primo trimestre del 2017 ha visto crescere i propri ricavi del 2,1 per cento ed il proprio margine operativo lordo addirittura del 9,7 per cento –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali in Wind 3 ed il rispetto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori;
   se non ritengano urgente e necessaria l'apertura di un tavolo di confronto con l'azienda e le organizzazioni sindacali al fine di trovare una soluzione soddisfacente. (4-16829)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ciracì n. 4-16739, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capozzolo, Vargiu.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Bergamini n. 4-16679 del 23 maggio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Pesco n. 5-11455 del 26 maggio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Spessotto n. 4-16389 del 26 aprile 2017;
   interrogazione a risposta scritta Minnucci n. 4-16725 del 26 maggio 2017.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Spessotto n. 4-16389 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 784 del 26 aprile 2017. Alla pagina 46865, prima colonna, dalla riga quarantunesima alla riga quarantaduesima, deve leggersi: «data 20 aprile 2016, abbia immatricolato un veicolo con la dicitura», e non come stampato.