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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 22 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    è stata esaminata la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «L'anello mancante – Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare» (COM (2015) 614 def);
    è stata esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM (2015) 593 def);
    è stata esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM (2015) 594 def);
    è stata esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM (2015) 595 def);
    è stata esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM (2015) 596 def);
    si richiamano i contenuti della risoluzione (Doc. XVIII, n. 80), approvata il 19 novembre 2014, sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti (COM (2014) 398 definitivo);
    si richiamano i contenuti della risoluzione (Doc. XXIV, n. 51), approvata il 30 luglio 2015, a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sugli esiti della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un'economia circolare: Programma per un'Europa a zero rifiuti» e della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2008/98/CE relativa ai rifiuti, 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
    si è preso atto delle risultanze della consultazione pubblica istruita dalla Commissione ambiente del Senato volta ad acquisire informazioni e valutazioni delle istituzioni pubbliche e dei portatori di interesse privati in relazione al pacchetto di misure sull'economia circolare;
    l'obiettivo di dare vita a un sistema di economia circolare rappresenta un cambiamento di paradigma che coinvolge aspetti normativi, produttivi, organizzativi e distributivi, e richiede anche un approccio culturale. La rilevanza di questo cambiamento radicale implica infatti una ricaduta significativa sulla vita quotidiana dei cittadini europei e sulle abitudini di milioni di consumatori. Uno dei fattori di successo del paradigma risiede pertanto nella capacità di informare i cittadini – a partire dalla scuola – e di renderli partecipi e protagonisti di questo percorso per renderli disponibili ad adeguare i loro stili di vita e di consumo;
    si valuta favorevolmente l'obiettivo di armonizzare le definizioni presenti nelle direttive in materia di rifiuti per allinearle al catalogo europeo dei rifiuti (CER), al fine di evitare ambiguità e disporre di dati comparativi sui progressi compiuti da Stati membri ed enti locali e regionali;
    la proposta di armonizzare i requisiti minimi della responsabilità estesa del produttore è essenziale per aumentare le prestazioni dei regimi di responsabilità negli Stati membri e che i colegislatori dovrebbero rafforzare tali requisiti mantenendo disposizioni volte a garantire trasparenza e piena copertura dei costi da parte dei produttori;
    va evidenziata l'esigenza di precisare i requisiti minimi di qualità per gli alimenti e di definire una procedura standard minima per il loro recupero a garanzia della sicurezza alimentare, applicabile uniformemente negli Stati membri;
    va ribadita la richiesta di stabilire ulteriori obiettivi in materia di riutilizzo che siano vincolanti, indipendenti e definiti per flussi specifici di rifiuti, in particolare per i mobili, i tessuti e i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);
    va sottolineata l'importanza di prevedere l'obbligo per gli Stati membri di riferire sui rifiuti industriali e per l'Agenzia europea per l'ambiente di monitorare e riferire a tale riguardo entro il 2020, definendo obiettivi di preparazione al riutilizzo e al riciclaggio di tali rifiuti;
    va riconosciuta la necessità di decise restrizioni allo smaltimento in discarica e di sostenere il divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti oggetto di raccolta differenziata e dei rifiuti organici;
    appare essenziale confermare il mantenimento dell'obbligo di presentazione di piani di attuazione con calendari dettagliati delle azioni necessarie per conseguire gli obiettivi prescritti, anche nel caso delle deroghe sugli obiettivi per i rifiuti urbani e lo smaltimento in discarica per taluni Stati membri;
    va rilevata l'assenza di una disposizione che preveda l'obbligo per le imprese dell'industria e del commercio di tenere un registro dei rifiuti non pericolosi che esse trattano e, su richiesta, mettere tali dati a disposizione delle autorità competenti;
    le proposte di direttiva conferiscono un'ampia delega alla Commissione europea nell'adottare atti delegati, invitando i colegislatori a limitarne l'impiego;
    i risultati positivi conseguiti dal Patto dei sindaci per il clima e l'energia suggeriscono di istituire un Patto dei sindaci sulla gestione dei rifiuti, al fine di coinvolgere gli enti locali e regionali, e di intensificare gli sforzi verso una maggiore efficienza nell'impiego delle risorse in ambito urbano;
    sarebbe auspicabile coinvolgere le istituzioni nazionali e territoriali in attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema dell'economia circolare, anche attraverso strumenti quali quello ad esempio attivato da alcune regioni con l'istituzione di «Forum dell'economia circolare»;
    il pacchetto dell'economia circolare proposto alla Commissione europea appare rispettoso del principio di sussidiarietà, pur presentando aspetti di criticità rispetto alla puntuale applicazione del criterio di proporzionalità;
    già nel 2014 la Commissione europea aveva presentato un'ambiziosa iniziativa che prevedeva l'obbligo di riciclare il 70 per cento dei rifiuti urbani e l'80 per cento dei rifiuti di imballaggio entro il 2030, vietando il conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili a partire dal 2025;
    a seguito delle obiezioni e delle perplessità manifestate da alcuni Stati membri, la Commissione europea ha ritirato le proposte iniziali e, successivamente, il 2 dicembre 2015 ha presentato una nuova Comunicazione;
    rispetto alle proposte del 2014, gli obiettivi indicati nel 2015 per quanto riguarda la gestione dei rifiuti sono stati rivisti: la quota di rifiuti urbani da riciclare è passata dal 70 per cento al 65 per cento e dall'80 per cento al 75 per cento quella dei rifiuti di imballaggio. Il divieto di conferimento in discarica entro il 2025 è stato sostituito dalla limitazione al 10 per cento entro il 2030 dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani;
    l'obiettivo di incrementare la produttività delle risorse del 30 per cento entro il 2030 è stato eliminato e non figura più l'obiettivo di ridurre i rifiuti alimentari di almeno il 30 per cento entro il 2025. Sono state inoltre introdotte deroghe per alcuni Stati membri (Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia), in considerazione delle particolari difficoltà cui essi dovranno far fronte per conseguire i risultati prospettati;
    sebbene meno ambiziose negli obiettivi specifici relativi ai rifiuti, le nuove proposte della Commissione europea ampliano l'ambito della materia oggetto dell'intervento che non è più limitato alla sola gestione dei rifiuti, ma è finalizzato a porre in essere una politica di portata generale che ha come obiettivo il perseguimento di un’«economia circolare», quella che la Ellen MacArthur Foundation definisce come «un'economia pensata per potersi rigenerare da sola»;
    la proposta della Commissione europea che definisce il piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare prefigura un disegno organico di obiettivi da perseguire e individua, sia pure in linea di massima, gli interventi e le misure da adottare per la loro realizzazione;
    il fine di dare vita a un sistema di economia circolare rappresenta un cambiamento che coinvolge aspetti normativi, produttivi, organizzativi e distributivi, richiede un nuovo approccio culturale e implica una ricaduta significativa sulla vita quotidiana dei cittadini europei e sulle abitudini di milioni di consumatori;
    l'economia mondiale, basata sul modello economico della «economia lineare» (estrai-produci-usa-getta), denota chiari segni di criticità che hanno assunto le caratteristiche di una triplice emergenza: l'insostenibilità ecologica, quella economica e quella sociale;
    oggi, globalmente, si consumano risorse e si generano rifiuti oltre la capacità dell'ecosistema tanto che nel 2016, l’Earth Overshoot day, il giorno del sovra sfruttamento della terra, è stato l'8 agosto; ciò significa che, in meno di otto mesi, l'umanità ha consumato completamente il budget di beni e servizi (vegetali, frutta, carne, pesce, legna, cotone, capacità di assorbimento di CO2 e di altri inquinanti, e altro) che il nostro pianeta può fornire in un intero anno;
    una veloce transizione dall'economia lineare ad una circolare è auspicabile per i seguenti ordini di motivi:
     a) le risorse del pianeta sono limitate e l'attuale modello economico è insostenibile; per diverse risorse non rinnovabili, come i combustibili fossili, le riserve sono già fortemente intaccate e, per parecchi metalli, si stanno esaurendo i depositi più abbondanti e più facili da utilizzare;
     b) l'Unione europea è il continente più povero di materie prime critiche e, i Paesi come l'Italia basati su un sistema produttivo manifatturiero e sull’high tech, affrontano gravi problemi di approvvigionamento (l'Italia importa il 99 per cento delle materie prime critiche e in alcuni casi da Paesi caratterizzati da forte instabilità politica e sociale). L'alta incidenza dei costi delle materie prime, che aumenta sempre più nel tempo, incide pesantemente sulla competitività del sistema produttivo europeo;
     c) il costo delle materie prime e la loro incidenza sul costo finale dei prodotti impongono iniziative eco-innovative in grado di aumentare la produttività delle risorse impiegate e di favorire l'ecoinnovazione di processo, di prodotto e delle modalità di consumo;
    il modello di economia circolare deve fondarsi su un approccio sistemico che favorisca i cosiddetti «fattori abilitanti», con particolare riguardo all'approccio di simbiosi industriale che favorisce e promuove il trasferimento di risorse tra industrie difformi; a nuovi strumenti legislativi per l’End of Waste; alla rivalutazione delle città come «miniere a cielo aperto» per il recupero delle materie prime; allo sviluppo di market place quale luoghi standardizzati di raccolta e reperimento delle materie prime; allo sviluppo della sharing economy e dell'ecodesign e alla diffusione di filiere produttive che partano dai materiali e non dal prodotto;
    secondo un recente studio della Green Alliance, una strategia ambiziosa per l'economia circolare potrebbe creare numerosi posti di lavoro; solo in Italia la piena implementazione dei principi dell'economia circolare lungo l'intera catena del valore – che comprende progettazione, produzione, uso e gestione del fine vita dei prodotti – potrebbe creare 541 mila nuovi posti di lavoro a fronte di soli 35 mila in uno scenario business as usual;
    nel documento di «Analisi annuale della crescita» la Commissione europea (AGS 2016) ha sottolineato la necessità di rafforzare le misure che consentano la ripresa economica europea in un'ottica di sostenibilità, promuovendo investimenti, produttività e accelerando il processo di convergenza. Tra queste, figurano misure volte a preservare e mantenere il valore di prodotti, materiali e risorse nell'economia il più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti;
    il Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare COM(2015)614 costituisce pertanto il progetto più articolato, ambizioso e organico in materia di politica ambientale ed economica tra quelli presentati negli anni più recenti dalla Commissione europea;
    secondo un recente studio l'economia europea è tuttora un modello di spreco nella creazione di valore a causa del suo sistema di produzione e smaltimento (modello «usa-e-getta»); nel 2012, il 60 per cento dei materiali di scarto è stato conferito in discarica o incenerito, mentre solo il 40 per cento è stato riciclato o riutilizzato. In termini di valore, l'Europa ha perso il 95 per cento del materiale e del valore energetico, mentre il riciclaggio dei materiali e il recupero energetico dai rifiuti ha recuperato solo il 5 per cento degli originali valori delle materie prime. Anche il riciclaggio più efficiente, come quello dell'acciaio e della carta, perde tutt'oggi dal 30 al 75 per cento del valore materiale incorporato nel ciclo prima dell'uso. In pratica, l'Europa utilizza materiali una volta sola;
    per quanto riguarda i rifiuti alimentari, si stima che nell'Unione europea si sprechino ogni anno circa 180 chilogrammi di alimenti pro capite, per un totale di 100 milioni di tonnellate, che un terzo del cibo sia perso o trasformato in rifiuto e che nelle case venga gettato via il 25 per cento del cibo acquistato;
    la costruzione e la demolizione sono, invece, i settori che generano in Europa i maggiori volumi di rifiuti: ogni anno se ne producono 1.000 kg pro capite, circa 500 milioni di tonnellate in tutta l'Unione europea ed i materiali di valore che contengono non sempre sono identificati e recuperati;
    utilizzando come indicatore di circolarità il rapporto tra il totale di materiale recuperato e il totale di materiale consumato, risulta che l'Europa nel 2015 è stata «circolare» solo per il 20 per cento;
    la situazione attuale evidenzia, pertanto, che ci sono ampi margini di miglioramento e che l'attenzione posta dalla Commissione europea con il piano è pienamente meritoria in quanto suscettibile di assicurare rilevantissimi progressi all'Unione europea;
    con il piano d'azione per l'economia circolare la Commissione europea mira anche a conseguire considerevoli vantaggi economici attraverso la promozione di ingenti risparmi per l'acquisizione, presso fornitori esterni, di materie prime e risorse da impiegare nei processi produttivi, nonché ad offrire enormi opportunità di avanzamento tecnologico, per la maggiore domanda che il piano può alimentare di tecnologie «di frontiera» e di attività ad elevato valore aggiunto che implicano competenze non facilmente disponibili, in assenza di politiche adeguate di formazione e nuovi opportunità occupazionali;
    deve essere apprezzata l'introduzione di condizioni minime operative per l'applicazione della responsabilità estesa del produttore (EPR), strumento efficace per la gestione dei rifiuti, dal momento che contribuisce a favorire il riutilizzo, la prevenzione, riciclo e recupero degli stessi, fermo restando che va posta estrema attenzione nell'individuare un «modello unico ed ideale» di EPR da poter applicare uniformemente a livello europeo;
    la leva fiscale ha potenzialità enormi per stimolare un modello di sviluppo basato sulla circolarità ed è perciò importante che le politiche fiscali degli Stati membri orientino i modelli di produzione e consumo secondo gli obiettivi contenuti nel piano d'azione per l'economia circolare;
    le piccole e medie imprese rappresentano più del 98 per cento delle imprese europee, forniscono oltre il 67 per cento dell'occupazione totale nell'Unione e il 58 per cento del valore aggiunto lordo e sono driver essenziali per la crescita economica dell'Europa e la creazione di posti di lavoro nel settore dei beni e servizi ambientali per cui è opportuno prevedere strumenti che possano essere compatibili con le loro caratteristiche ed esigenze;
    nell'ottica del superamento del modello di economia lineare in favore di quello circolare la normativa comunitaria necessita di essere adeguata cogliendo concetti basilari quali quello di «prodotto come servizio», co-uso del prodotto, riutilizzo, ricondizionamento del prodotto, rigenerazione dei singoli componenti, riciclo, estensione della vita dei prodotti (opposto a quello di obsolescenza programmata e della progettazione circolare), downcycling (processo di conversione di materiali esistenti in materiali di minore qualità o con funzionalità ridotta), upcycling (processo di conversione biochimica di materiali in nuovi materiali di qualità più elevata e maggiore funzionalità), compostaggio, digestione anaerobica, simbiosi industriale per disegnare un sistema caratterizzato da rapporti di interdipendenza funzionale in cui i prodotti di scarto di una linea di lavoro diventano un prezioso input per le altre linee;
    si è preso atto delle risultanze della documentazione pervenuta alla Commissione ambiente della Camera dei deputati da parte di portatori di interesse pubblici e privati in relazione al complesso di misure sull'economia circolare,

impegna il Governo:

  a sostenere, in sede di negoziato europeo, le seguenti posizioni:
   1) con riferimento alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE, relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori, e 2012/19/UE, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM(2015) 593 final):
    a) valutare di adottare un approccio integrato che si estenda all'intero ciclo di vita del veicolo, anziché alla mera fase finale della vita del prodotto;
    b) valutare di adottare le misure necessarie al fine di ridurre il numero dei veicoli fuori uso che vengono oggi esportati illegalmente in luoghi sconosciuti, facendo perdere all'industria del riciclo grandi quantità di materie prime;
    c) valutare di ridefinire la tracciabilità dei veicoli fuori uso e dei materiali derivanti dal loro trattamento che appare incompleta, a causa della mancata previsione dell'obbligo per i concessionari e per gli impianti di demolizione di dotarsi di sistemi di pesatura del veicolo prima e durante i vari trattamenti che subisce, con conseguente inesattezza dei dati riportati dai registri di carico e scarico rifiuti;
    d) valutare di intervenire in merito alla qualificazione della filiera dei veicoli fuori uso che vengono talora consegnati ad impianti di demolizione di piccolissime dimensioni che si occupano anche del trattamento di altri tipi di rifiuti e non effettuano tutti i trattamenti necessari;
    e) valutare di sfruttare, attraverso impianti idonei dedicati, il potenziale di recupero energetico del residuo derivante dalla frantumazione dei veicoli (fluff) che include guarnizioni, tessuti, plastiche, residui di pneumatici, che ad oggi viene conferito in discarica;
    f) valutare l'opportunità di assumere iniziative per portare l'obbligo di rendicontazione dei dati su base almeno biennale;
    g) valutare di assumere iniziative per eliminare nella direttiva 2000/53/ CE il termine «trianciatura» dalla definizione di «trattamento»;
    h) valutare di assumere iniziative per prevedere che i rifiuti identificati con i codici CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose), 16.01.22 (motori e organi di trasmissione non contenenti liquidi né altre componenti pericolose) e 16.01.17 siano avviati a recupero «R4» (riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici) esclusivamente presso impianti che effettuano le operazioni di frantumazione e che siano dotati delle migliori tecniche disponibili individuate nel Best Available Technology Reference Documents (BREF);
    i) assumere iniziative per precisare, all'articolo 6 della direttiva 2000/53/CE), che le operazioni di trattamento per la depurazione dei veicoli fuori uso di cui all'allegato I, punto 3, siano effettuate entro un termine certo e definito;
    j) valutare l'opportunità che gli Stati membri adottino i provvedimenti necessari per stabilire criteri e modalità al fine di garantire la tracciabilità dei rifiuti provenienti dal trattamento dei veicoli fuori uso;
    k) valutare l'opportunità di inserire, nell'ambito delle prescrizioni tecniche minime per il trattamento, contenute nell'allegato I della direttiva 2000/53/CE, la previsione che il sito di trattamento sia dotato di un adeguato sistema di pesatura;
    l) valutare l'opportunità di aumentare la quantità del materiale riciclato da pile e accumulatori, unitamente all'introduzione di un meccanismo che permetta ai produttori di assicurare la qualità del materiale riciclato, e di definire politiche di sinergia industriale dalla produzione alla distribuzione, dalla raccolta al recupero, nel settore della comunicazione, per spostare le preferenze di cittadini e imprese verso le scelte più sostenibili;
    m) valutare l'opportunità di incentivare per alcuni materiali presenti nei rifiuti di pile e accumulatori, come lo zinco concentrato ed il nichel, il recupero e il riutilizzo in altri prodotti o in processi produttivi, come quelli della produzione di acciaio inossidabile o industriali di elettrolisi;
    n) valutare l'opportunità di incoraggiare la progressiva sostituzione delle batterie a zinco-carbone e zinco-cloride per pile maggiormente performanti con l'obiettivo di produrre più energia con minor impiego di materiali;
    o) valutare l'opportunità di favorire azioni che agevolino la possibilità di raccolta di pile portatili attraverso il circuito della GDO (grande distribuzione organizzata), riducendo e semplificando gli adempimenti amministrativi;
   2) con riferimento alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM(2015)594):
    a) valutare l'opportunità di assumere iniziative per reintrodurre un divieto giuridicamente vincolante a livello europeo di conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili e recuperabili;
    b) al fine di disincentivare la realizzazione di nuove discariche, all'articolo 1, dopo il numero 3), valutare l'opportunità di assumere iniziative per inserire disposizioni volte a definire agevolazioni per la chiusura delle discariche, prevedendo che gli Stati membri non possano concedere finanziamenti o sussidi per la realizzazione di nuove discariche e che siano tuttavia ammessi finanziamenti per interventi finalizzati alla chiusura delle discariche o all'avvio e alla conclusione delle bonifiche di siti di discariche preesistenti;
    c) valutare l'opportunità di individuare tutti gli strumenti utili a consentire la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per promuovere la creazione di un sistema efficace di raccolta differenziata e per la realizzazione degli impianti necessari al trattamento dei rifiuti raccolti;
    d) valutare l'opportunità di promuovere l'utilizzo dei sistemi, ivi compresi quelli satellitari, di monitoraggio dei rifiuti, fin dalla fase produttiva e di uniformare le modalità di tracciabilità, al fine di un più efficace controllo della movimentazione nazionale e transnazionale dei rifiuti;
    e) valutare gli effetti, sul sistema complessivo di smaltimento dell'Unione europea, della moratoria per il conseguimento degli obiettivi in favore di taluni Stati membri, e quelli derivanti dalla eventuale modifica o soppressione all'articolo 1, numero 2), lettera c), del paragrafo 6;
    f) in merito all'allineamento delle definizioni, in linea con le modifiche da apportare alla direttiva quadro sui rifiuti, valutare di assumere iniziative per precisare in termini chiari e inequivoci alcune definizioni, in particolare quella di «trattamento» prima del conferimento in discarica, fondamentale ai fini della corretta applicazione della direttiva;
    g) valutare l'opportunità di assumere iniziative per modificare la periodicità del sistema di rendicontazione, in quanto quella annuale appare eccessivamente gravosa per le amministrazioni competenti e, a tale scopo, all'articolo 1, numero 6), e all'articolo 15, sostituire il termine di «18 mesi» con quello di «6 mesi»;
    h) assumere iniziative per implementare un sistema di controllo delle garanzie finanziarie prestate per la gestione post mortem delle discariche finalizzate alla bonifica e al ripristino ambientale del sito, al fine di verificare la consistenza finanziaria nonché la solvibilità del soggetto fideiussore;
   3) con riferimento alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM(2015) 594 final) e alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM(2015) 595 finale allegato):
    a) valutare attentamente la possibilità di assumere iniziative per ripristinare, anche parzialmente, gli obiettivi del pacchetto originario in materia di trattamento dei rifiuti, eventualmente ipotizzando il ricorso a tutti gli strumenti utili anche sotto il profilo finanziario, attraverso un sistema di incentivi/disincentivi, in modo da indurre gli Stati membri a realizzare uno sforzo aggiuntivo, premiando i progressi più consistenti;
    b) nell'ottica di un percorso circolare dei rifiuti, valutare di sviluppare cicli produttivi corti, multipli e a cascata, dove i primi attuino il recupero dei materiali derivanti dai prodotti a fine vita, i secondi puntino a mantenere i prodotti in uso più a lungo – mediante il riuso, la riparabilità e la manutenzione – e i terzi colleghino imprese diverse, per cui gli scarti di una impresa diventano materiali per un'altra;
    c) valutare misure dispositive con riferimento a tutte le risorse necessarie all'informazione rivolta a tutti i soggetti che producono rifiuti, al fine di promuovere comportamenti virtuosi ed in modo da diffondere la consapevolezza dei vantaggi di una gestione dei rifiuti razionale compatibile sotto il profilo dell'impatto ambientale nell'ottica di ridurre gli sprechi;
    d) valutare misure che configurino un sistema che responsabilizzi pienamente cittadini e imprese in base al principio del «chi inquina paga» e, agendo sul piano della fiscalità ambientale, assumere iniziative per incentivare gli investitori privati e istituzionali a porre in essere investimenti sostenibili di lungo periodo a favore delle imprese più innovative ed efficienti, migliorare la pianificazione dell'uso delle risorse e delle scelte di materiali sostenibili durante l'intero ciclo di vita, favorire l'uso di risorse ambientali rinnovabili penalizzato quello da fonti fossili, prestando particolare attenzione, con incentivi economici, agli investimenti indirizzati all'adozione degli standard stabiliti dalle best practice;
    e) valutare l'opportunità di assumere iniziative per configurare la leva tributaria in termini tali da massimizzare i risultati conseguibili, in coerenza con gli obiettivi previsti, incentivando la prevenzione, il riutilizzo e il riciclo; di conseguenza, in materia di fiscalità ambientale, occorre valutare l'opportunità di istituire un regime di Iva agevolata per i manufatti riutilizzabili che siano stati realizzati con una percentuale significativa di materiale riciclato;
    f) valutare iniziative per incentivare la condivisione delle best practice relative alle diverse attività connesse sia alla produzione di beni e servizi sia alla gestione dei rifiuti;
    g) valutare l'opportunità di rendere obbligatoria, entro il 2025, la raccolta separata di tutte le frazioni, e non soltanto dell'organico, come era previsto nella proposta originaria;
    h) valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre misure specifiche per valorizzare i rifiuti organici e definire uno specifico obiettivo di riciclaggio per sostenere la crescita del mercato per il compost a partire dall'applicazione dello strumento dei Green Public Procurement (GPP) e dal conseguente rispetto dei criteri ambientali mimi (CAM) obbligatoriamente inseriti nei bandi pubblici delle stazioni appaltanti, a tal fine rendendo obbligatoria entro il 2020 la raccolta differenziata dei rifiuti organici, valutata con specifica metodologia di calcolo per determinare il tasso di riciclaggio e supportata da adeguati strumenti economici;
    i) valutare l'opportunità di assumere iniziative per definire il concetto di riuso e inquadrarlo quale operazione di trattamento e come misura di prevenzione e incentivarlo da parte degli Stati membri attraverso i piani di prevenzione nazionale, tenendo conto che per favorire la loro efficacia è necessario definire a livello comunitario obiettivi minimi armonizzati (30 per cento in meno di cibo in spazzatura entro il 2025 rispetto ai valori del 2017 e riduzione del 50 per cento entro il 2030 degli sprechi alimentari e dei rifiuti marini) e indicatori con cui valutare le performance dei diversi Stati;
    j) valutare l'opportunità di assumere iniziative per precisare che l'esclusione dalla nuova definizione di «rifiuto urbano», che non include i «rifiuti da costruzione e demolizione», è circoscritta a quelli «di origine non domestica»;
    k) valutare l'armonizzazione, al fine di poter comparare i risultati degli Stati membri, della definizione di rifiuti urbani con quella elaborata a fini statistici da Eurostat e dall'Ocse in un unico metodo di calcolo armonizzato per tutti gli Stati membri, basato sull’input del processo finale di riciclaggio e sostenuto da un efficace sistema di rendicontazione che impedisca di indicare i rifiuti smaltiti (mediante collocamento in discarica o incenerimento) come rifiuti riciclati;
    l) valutare di assumere iniziative per prevedere che deroghe agli Stati membri, che nel 2013 hanno riciclato meno del 20 per cento dei rifiuti, per consentire loro di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020 e 2025 per la preparazione al riutilizzo e riciclaggio, siano possibili solo previa presentazione di piani di attuazione da valutare da parte della Commissione sulla base di specifici parametri;
    m) valutare di adottare iniziative per apportare modifiche all'articolo 3 della direttiva 2008/98/CE, in modo che nella definizione di «Municipal waste» tra le esclusioni siano annoverati anche i rifiuti che si formano nelle aree produttive (magazzini compresi), ad eccezione di quelli derivanti da mense, spacci aziendali, uffici e locali aperti al pubblico;
    n) adottare iniziative per prevedere, nella formulazione di «Preparation for re-use», che i rifiuti siano preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento «in conformità alle norme applicabili a tutela dei consumatori, in particolare in tema di salute e sicurezza», valutando inoltre l'inserimento di una specifica operazione di recupero nel relativo Allegato («R14: preparazione per il riutilizzo») e mantenendo la precisazione presente nella definizione vigente: «componenti di prodotti diventati rifiuti»;
    o) valutare l'opportunità di adottare iniziative per meglio puntualizzare la nuova definizione «Final recycling process» per salvaguardare la continuità con l'attuale direttiva, in base alla quale dal processo di riciclo dei rifiuti possono derivare oltre che prodotti, anche materiali o sostanze, tenendo conto che la definizione dell'articolo 3, paragrafo 11, dovrebbe essere integrata precisando che il trattamento specifico va finalizzato al riciclaggio;
    p) relativamente alla definizione «Backfilling», valutare uno sforzo di chiarimento ulteriore sul significato del termine «idoneo», tramite il riferimento alle norme esistenti (anche di natura tecnica, esempio norme UNI);
    q) in relazione ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 5 della direttiva 2008/98/CE, adottare iniziative per precisare che il potere degli Stati va esercitato in maniera limitata a specifici flussi «di particolare complessità», integrando il paragrafo 2 con il riferimento esplicito a «particolare complessità tecnica»;
    r) in relazione all'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE ad adottare iniziative per fissare, almeno in fase di recepimento, scadenze brevi per emanare le disposizioni attuative necessarie e attivare un meccanismo di monitoraggio periodico delle situazioni esistenti nei diversi Paesi;
    s) in relazione all'articolo 8 della direttiva 2008/98/CE ad adottare iniziative per aggiungere, alla fine del paragrafo 1, la previsione a tal fine di opportune forme di consultazione e partecipazione degli stessi operatori; per quanto riguarda la «parità di trattamento» e la «non discriminazione», ad adottare iniziative affinché esse riguardino solo i produttori, ma anche i fornitori di servizi alle organizzazioni istituite per adempiere all’«EPR» per conto dei produttori stessi e tutti gli operatori che fanno parte dello schema «EPR»;
    t) considerato che al paragrafo 2, lettera a) dell'articolo 11 della direttiva 2008/98/CE gli obiettivi di riciclaggio restano riferiti al 2020 «come minimo a carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici», mentre nelle successive lettere c) e d) gli obiettivi per il 2025 e per il 2030 sono riferiti genericamente alla «preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani» e che ciò determina, alla luce dei criteri per il calcolo degli obiettivi introdotti al successivo articolo 11-bis, innanzitutto un aggravio di procedure per il reperimento dei dati necessari e un'indeterminatezza sulle specifiche frazioni merceologiche dei rifiuti da considerare per il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio, ad assumere iniziative per adottare lo stesso livello di dettaglio indicato alla sopraindicata lettera a);
    u) in relazione all'articolo 22 della direttiva 98/2008/CE, a valutare di assumere iniziative per una diversa formulazione, al fine di rendere la raccolta della frazione organica obbligatoria;
    v) in merito al raccordo tra normativa «Reach» e sostanze recuperate, ad adottare iniziative per aggiungere un ulteriore «considerando» per un approccio organico che tenga conto delle interazioni con il regolamento (CE) 1907/2006 (Reach) che rappresenta il quadro di riferimento per la gestione delle sostanze chimiche, precisando che ai fini dell'attuazione di tale regolamento un numero sempre maggiore di sostanze chimiche, rintracciabile nei rifiuti da recuperare, potrebbe essere sottoposto a procedure autorizzative o di restrizione e che è essenziale, in tale contesto, evitare oneri sproporzionati a carico dei recuperatori e semplificare il quadro generale degli adempimenti per tali attività al fine di perseguire la priorità del recupero dei rifiuti in luogo dello smaltimento in discarica;
    w) valutare l'opportunità di adottare iniziative per riferire l'obbligo di rendicontazione dei dati ad un arco temporale triennale, in quanto il sistema di rendicontazione annuale appare eccessivamente gravoso per l'amministrazione pubblica;
    x) in relazione al settore della carta, a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre ulteriori misure specificamente volte ad incentivare il suo riciclo e puntare non solo sulla quantità del riciclo ma anche sulla sua qualità;
   4) con riferimento alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM(2015) 596 final) e allegato:
    a) adottare iniziative per migliorare il metodo di calcolo dell'obiettivo di riciclaggio e portare l'obbligo di rendicontazione dei dati almeno su base biennale;
    b) puntare sullo sviluppo del mercato di materiali e polimeri compostabili (cellulosa, Pla, Mater-bi e altri derivati di amido) che possono essere avviati a riciclo unitamente alla frazione organica, al contempo, aumentando i controlli e le verifiche sugli imballaggi terziari cosiddetti shopper non rispondenti allo standard tecnico (UNI EN 13432) previsto dalla legge.
(7-01267) «De Rosa, Vignaroli, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Luigi Di Maio, Fraccaro, Baroni, Petraroli, Battelli».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   con l'emanazione del decreto direttoriale n. 29 del 13 febbraio 2017 della direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, in ottemperanza alle previsioni contenute nella direttiva 2000/60/CE ed alle richieste della Commissione europea «di conoscere le eventuali indicazioni contenute negli aggiornamenti dei piani di gestione dei distretti idrografici italiani, circa modalità e procedimenti autorizzativi su nuove concessioni di derivazione, in particolare per l'uso idroelettrico, ed in riferimento alla necessità di assicurare il non deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici ed il raggiungimento degli obiettivi di qualità per essi fissati», vengono adottate le linee guida per le valutazioni d'impatto ambientale ex-ante delle derivazioni idriche in relazione agli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di renderle omogenee, su tutto il territorio nazionale;
   si prevede che le autorità di bacino distrettuali adeguino, ai criteri stabiliti, gli approcci metodologici da utilizzare per le valutazioni di impatto ambientale ex-ante delle derivazioni idriche, assicurandone la coerenza con le misure assunte nei piani di gestione delle acque; le regioni, entro 6 mesi dall'entrata in vigore, costituiscono e aggiornano le banche dati, funzionali all'applicazione dei predetti criteri rendendole disponibili ai soggetti istituzionali e le metodologie per le valutazioni di impatto ambientale delle derivazioni idriche già elaborate dalle regioni (nell'ambito delle proprie competenze legislative e di pianificazione) sono fatte salve «a condizione che siano supportate da una esplicita ed adeguata valutazione delle Autorità di Bacino Distrettuali che prenda in considerazione l'effetto di un'alterazione della combinazione delle misure assunte negli attuali piani»;
   con l'interrogazione n. 4-02819 del 4 dicembre 2013 il primo firmatario del presente atto già segnalava le problematiche relative all'eccessivo sfruttamento delle risorse idriche del bacino del Piave, dovuto alla massiccia presenza di impianti mini-idroelettrici, dove oltre il 90 per cento dell'acqua viene utilizzata per uso idroelettrico ed irriguo, con conseguenze drastiche dal punto di vista paesaggistico, faunistico ed impoverimento della qualità ecosistemica dei corpi idrici interessati. Peraltro, si segnalava l'eccessiva richiesta di concessioni nella sola provincia di Belluno, dove sono presenti molti siti Unesco, e che molti di questi progetti ricadessero nell'area Rete 2000 (zone SIC e ZPS, direttive n. 2009/147/CE e n. 92/43/CEE), nonché il mancato recepimento del principio della direttiva 60/2000 di non peggioramento dello stato qualitativo dei corpi idrici da parte della regione Veneto;
   la problematica riemerge in questi giorni in merito alla richiesta di realizzazione ulteriori tre centraline a Belluno e Ponte nelle Alpi, per le quali è chiamata ad esprimersi la provincia, ed in merito alla concessione rilasciata nel 2014 dalla regione Veneto alla società Elettroconsult srl per la realizzazione di una centrale idroelettrica sul torrente Grisol (torrente che attraversa l'omonima Valle che è rimasto uno dei luoghi più integri ed incontaminati del bellunese), annullata nel mese di ottobre 2016 dal tribunale superiore delle acque pubbliche, in seguito ad un ricorso di cittadini ed associazioni ambientaliste dei comuni di Zoldo e Longarone, che riconosce la salvaguardia dei corsi d'acqua ancora integri. Su questo provvedimento però pende il ricorso in Cassazione, presentato dalla società, che potrebbe mettere in discussione la sentenza del tribunale superiore delle acque pubbliche, consentendo di fatto la costruzione di detto impianto –:
   se intendano intraprendere le iniziative urgenti di competenza per assicurare il tempestivo recepimento dei princìpi indicati nel decreto n. 29 del 2017 in tutte le realtà regionali e verificare, anche tramite le tempestive valutazioni delle autorità di bacino competenti, eventuali alterazioni e difformità presenti nei vigenti piani gestione delle acque, per evitare che la concessione di nuove autorizzazioni avvenga in contrasto con le norme comunitarie e nazionali, promuovendo una moratoria delle valutazioni dei progetti fin quando le linee guida non saranno pienamente operative. (3-03035)

Interrogazione a risposta scritta:


   STELLA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 224 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che i produttori e gli utilizzatori degli imballaggi partecipino al Conai (Consorzio nazionale imballaggi), il cui statuto è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, per il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio;
   il contributo ambientale Conai (CAC) è ripartito tra i produttori e gli utilizzatori degli imballaggi, in proporzione alla quantità, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale;
   dal 1o gennaio 2018 il CAC sarà diversificato per gli imballaggi in plastica in quanto — come si legge sulla «Guida tecnica» pubblicata dal Consorzio — «...la finalità della diversificazione è di incentivare l'uso di imballaggi maggiormente selezionabili e riciclabili, collegando il livello contributivo all'impatto ambientale delle fasi di fine vita/nuova vita...». Da maggio 2017 è stata avviata una prima fase di sperimentazione per consentire alle aziende di affrontare i cambiamenti previsti dal nuovo sistema di contribuzione;
   a questo scopo sono state definite tre categorie di imballaggi in plastica con tre diverse fasce contributive, che saranno definite entro l'estate, corrispondenti ad imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito «commercio e industria», da circuito «domestico» e imballaggi non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali. Le prime due saranno agevolate rispetto alla terza categoria;
   nella terza fascia sono inserite le stoviglie monouso, nonché i sacchi per ortofrutta. Tra questi sono inclusi anche stoviglie e sacchi realizzati in plastica biodegradabile e compostabile che vengono conferiti direttamente agli impianti di compostaggio con un fine vita quindi ben definito come ammendante per i terreni e ai quali risulta ciononostante applicato un contributo ambientale Conai particolarmente oneroso;
   un contributo ambientale Conai così oneroso per beni realizzati in plastica biodegradabile e compostabile rischia di penalizzare una delle produzioni virtuose del nostro Paese –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per rivedere il nuovo sistema di tariffazione sopra citato, considerato che esso rischia, contrariamente al suo proposito, di incentivare l'uso e la ricerca di materiali maggiormente sostenibili, di penalizzare la produzione di imballaggi e manufatti prodotti con bioplastiche compostabili, altamente compatibili dal punto di vista ambientale al punto di avere il proprio fine vita negli impianti di compostaggio e non in quelli di riciclo meccanico. (4-16672)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la giunta comunale di Napoli, con delibera del 1o giugno 2016, n. 446, ha deciso di mettere a disposizione di non meglio precisati soggetti alcuni immobili appartenenti al demanio comunale, tra i quali l'ex convento delle Teresiane, l'ex Lido Pola, Villa Medusa, l'ex monastero di Sant'Efremo, l'ex convento delle Cappuccinelle, già sede del carcere minorile Filangieri, l'ex conservatorio di Santa Maria della Fede e la ex scuola Schipa;
   la messa a disposizione degli immobili è prevista, come si legge nella delibera, «con il sistema dell'autoregolamentazione dell'accesso, della programmazione delle attività e del funzionamento messi a punto dalla relative comunità civiche», in «assenza di un regolamento d'uso civico»;
   secondo la giunta la motivazione dei provvedimenti consiste nella fruizione collettiva e civica dei beni patrimoniali dell'ente locale, ma, in realtà, attraverso il meccanismo della concessione a privati, secondo l'interrogante, le proclamate finalità collettive, verrebbero vanificate;
   concedendo i propri beni patrimoniali a soggetti che li detengono per i loro scopi privati, infatti, perfino precludendone l'accesso generalizzato alla cittadinanza, si impedirebbe, per l'interrogante, la fruizione pubblica degli stessi;
   tradizionalmente, l'utilità pubblica cui sono destinati i beni pubblici può essere perseguita mediante distinte modalità: un uso esclusivo da parte della stessa pubblica amministrazione, un uso generale da parte di qualsiasi soggetto pubblico o privato, ovvero un uso particolare da parte di soggetti pubblici o privati;
   con la delibera n. 446 del 2016 si viene a configurare una concessione di valorizzazione, uno strumento di partenariato pubblico-privato che consente di sviluppare e valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico attraverso il riconoscimento in favore di operatori privati del diritto di utilizzare gli immobili per un periodo determinato di tempo, a fronte della loro riqualificazione, riconversione funzionale e manutenzione, ordinaria e straordinaria;
   di conseguenza, i soggetti beneficiari ai sensi della delibera n. 446 del 2016 avrebbero dovuto presentare un piano di investimento per la riqualificazione ed, eventualmente, la riconversione funzionale, ma ciò, a quanto consta all'interrogante, non è avvenuto finora;
   la delibera citata, per di più, non fa alcun riferimento alle modalità attraverso le quali avverrà la concessione dei cosiddetti «beni comuni» ai soggetti utilizzatori;
   inoltre, occorre rilevare che i costi di gestione di detti immobili, in assenza di esplicito accordo, benché gli stessi siano concessi a privati, dovrebbero rimanere a carico del bilancio comunale;
   alcuni degli immobili oggetto della citata delibera del comune di Napoli presentano un rilevante valore storico e architettonico e dovrebbero essere oggetto di peculiare attenzione da parte della competente soprintendenza –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare beni di notevole valore culturale come quelli sopra indicati, evitando che se ne comprometta la conservazione e la piena fruizione pubblica. (4-16674)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   lo stato maggiore della difesa – centro unico stipendiale interforze, ha emanato una circolare in data 10 maggio 2017, con le prime disposizioni per approntare la parte informatica e stipendiale del personale, onde recepire le nuove disposizioni contenute all'interno del decreto legislativo in fase di imminente approvazione;
   nella circolare si legge che «la corretta erogazione delle competenze stipendiali spettanti in applicazione dell'emanando provvedimento in oggetto, è strettamente dipendente dal corretto espletamento, ai vari livelli, di tutte le attività di natura amministrativa ed informatica necessarie»; ciò potrebbe incidere per gli interroganti sull'aumento del carico di lavoro in attesa che le nuove norme che riguardano il riordino delle carriere vengano approvate dal Governo sulla base del parere espresso dal Parlamento sull'atto n. 396 che potrebbero di conseguenza, mutare le stesse indicazioni da diramare a vari livelli amministrativi;
   altri documenti e circolari sono stati prodotti, anche a livello di Forze armate, al fine di provvedere ad avviare le procedure utili al recepimento dei dettami risultanti dal riordino delle carriere in fase di approvazione –:
   per quali motivi sia stata emanata una circolare che anticipi prematuramente adempimenti consumi a un decreto legislativo sul riordino delle carriere delle Forze armate non ancora emanato;
   quali interessi operativi o funzionali siano stati tenuti in considerazione, a livello di Ministero e di Forze armate, nell'impartire istituzioni operative utili all'attuazione di dettami normativi ancora in fase approvazione governativa e quali ne siano i vantaggi conseguenti. (5-11421)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Esercito italiano ha attivato un numero telefonico dedicato a migliorare la qualità della vita in Forza Armata con il contributo dell'esperienza del proprio personale;
   così come si può evincere dal sito internet dell'Esercito italiano, si garantisce e tutela con l'anonimato il personale che volontariamente decide di collaborare per il bene dell'Esercito rivolgendosi al servizio «Esercito Amico»;
   sulla base di quale lodevole iniziativa, un caporal maggiore scelto del Reggimento «Savoia Cavalleria» (3o), in data 20 dicembre 2016, chiedeva informazioni riguardo ad una problematica venutasi a creare in merito al mancato utilizzo della sovra giubba, precluso all'interno della guarnigione anche in presenza di rigide temperature;
   il 28 dicembre 2016, il comandante del reggimento comunicava al caporal maggiore D.B. di aver avviato un procedimento disciplinare di corpo per aver contravvenuto alle norme riguardanti i doveri generali dei militari, in particolare, a seguito di una comunicazione pervenuta presso il comando in data 21 dicembre da parte dell'ufficio affari generali del V Reparto affari generali dello stato maggiore dell'Esercito, si evinceva che D.B., il 20 dicembre, lasciava un messaggio vocale al numero dedicato a migliorare la qualità della vita in forza armata denominato «Esercito Amico», lamentando la disposizione della sopragiubba e se tale accadimento fosse conforme alle normative vigenti in materia. Tale comportamento di D.B. avrebbe violato il dovere del militare di osservare la via gerarchica nelle relazioni di servizio, i doveri attinenti al grado rivestito, i doveri relativi alla formazione del personale sull'uso e la disciplina delle uniformi;
   a parere degli interroganti, appare grave il fatto che, mentre il servizio di «Esercito Amico» avrebbe dovuto garantire l'anonimato del militare che ha contatto il call center, colui che ha comunicato al comandante di corpo il nome di D.B. è venuto meno al dovere di ufficio della riservatezza, della segretezza e della tutela dell'anonimato, contravvenendo quanto invece disposto dalle norme emanate dallo stesso stato maggiore dell'Esercito;
   il caporal maggior scelto D.B. riceveva, a conclusione del procedimento disciplinare, una punizione di sette giorni di consegna per i fatti ad egli contestati poi ridotti a tre giorni a seguito di istanza di riesame –:
   se la Ministra interrogata sia a conoscenza dei fatti esposti;
   quali risultati siano stati raggiunti dal servizio «Esercito Amico» in ordine a numero di segnalazioni e alla tipologia delle stesse, avvenute dall'avvio del servizio alla data più recente disponibile;
   come si concilii il comportamento tenuto dal responsabile del servizio «Esercito Amico» con la normativa in materia di doveri dei componenti delle Forze armate e con le disposizioni che il capo di Stato maggiore ha emanato per l'espletamento del servizio medesimo;
   se intenda, valutare se sussistono i presupposti per verificare ogni altro aspetto legato al comportamento dei soggetti coinvolti e del rispetto dell'intera linea gerarchica, in merito ai fatti esposti, al fine di promuovere eventuali iniziative disciplinari. (5-11422)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 206 del 2005, agli articoli dal 50 al 61, illustra i requisiti per stabilire, tra un operatore e un utente, un contratto a distanza, ossia quell'accordo che viene definito via telefono, ad esempio con compagnie telefoniche, gestori elettrici e altri. L'operatore deve fornire all'utente le informazioni in modo appropriato al mezzo di comunicazione a distanza impiegato, utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile e, nella misura in cui le informazioni sono presentate su un supporto durevole, esse devono essere leggibili. La normativa prevede che siano forniti telefonicamente tutti gli elementi essenziali del contratto, tra cui le modalità del diritto di recesso;
   il sito clientiesperti.it, il 6 novembre 2011, ha spiegato che «i contratti stipulati secondo la norma sono validi a tutti gli effetti, peccato che molto spesso i contratti telefonici che riceviamo non rispettano tutti i requisiti previsti. I termini vengono spiegati a voce e solo in generale, non c’è molta possibilità di dialogo e di addentrarsi nelle specifiche, si perfeziona con un semplice assenso a voce. Questa vaghezza delle norme contrattuali molto spesso porta ad incomprensioni ed alla sottoscrizione di contratti di cui non si sa nulla». Da notizie di stampa si evince come le truffe telefoniche colpiscano frequentemente persone anziane, ma anche giovani, disabili e perfino persone defunte. La Repubblica del 28 ottobre 2016 ha evidenziato come, secondo l'Adoc, siano state registrate 900 segnalazioni di truffe telefoniche riguardanti le bollette di luce e gas e che entro la fine dell'anno ne siano previste 1200. «Tre volte di più rispetto a quelle registrate nel 2015»;
   il Piccolo del 2 novembre 2016 ha riportato della denuncia dell'Otc in relazione a dei contratti eseguiti per la fornitura del gas siglati sia con persone defunte sia nei confronti di professionisti e persone anziane, registrando centinaia di casi solo nella città di Trieste;
   l'articolo ha informato dell'invio di un esposto dell'Otc all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nei confronti di alcuni casi irregolari segnalando comportamenti scorretti da parte, in particolare, di tre società. «In realtà, a combinarla grossa non sono direttamente le società che poi erogano il servizio, bensì le centinaia di agenti che operano nella nostra provincia, anche in maniera autonoma (...) in alcuni casi con mezzi tutt'altro che leciti»;
   la Società Green Network ha replicato spiegando che «le pratiche commerciali scorrette denunciate da Otc dipendono dall'attività di società terze, estranee a Green Network. Si tratta di agenzie che (...) hanno operato a loro discrezione, in maniera non conforme alle prescrizioni normative. Green Network (...) ha avviato azioni legali nei confronti di queste agenzie, dopo aver interrotto i rapporti con loro. (...) Auspichiamo un intervento del legislatore per disciplinare questa materia, ad esempio istituendo un albo delle agenzie, in modo da dare certezza a tutti gli operatori del settore»;
   il Piccolo ha anche riportato le dichiarazioni di Luisa Nemez, presidente dell'Otc di Trieste, la quale consiglia di «non fornire mai dati a sconosciuti e per siglare un nuovo contatto rivolgersi preferibilmente a chi in provincia di Trieste ha aperto almeno uno sportello che consente, anche in caso di reclami, un contatto diretto con un addetto della società»;
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha il compito di vigilare sull'applicazione delle norme e sanzionare le eventuali pratiche commerciali scorrette, in merito alla lacunosità della norma ha emanato il «Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche». L'articolo 3, comma 3, riporta che «gli operatori adottano tutte le misure necessarie ad evitare la fornitura di servizi in assenza di un contratto consapevolmente e liberamente concluso dall'utente, in particolare nel caso in cui il contratto comporti il passaggio ad altro operatore e la portabilità del numero. Se il cambiamento di operatore avviene contro la volontà dell'utente, l'operatore responsabile non pretende alcun corrispettivo per le prestazioni erogate e provvede in favore dell'utente, oltre alla corresponsione degli indennizzi dovuti, al rimborso delle somme da questi indebitamente corrisposte in ragione del trasferimento, ivi incluse quelle necessarie al ripristino delle condizioni tecniche e contrattuali preesistenti» –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per rivedere la regolamentazione in materia di contratti per la fornitura di acqua, gas ed elettricità e se intenda valutare la possibilità di istituire un albo delle agenzie citate in premessa, in modo da dare certezza a tutti gli operatori del settore;
   quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere per inasprire le sanzioni, così da evitare il più possibile le pratiche scorrette evidenziate e tutelare maggiormente i consumatori. (4-16669)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FEDI, CHAOUKI, GARAVINI, TIDEI, TACCONI e LA MARCA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 16 maggio 2017, SkyTG24 ha mandato in onda uno speciale di approfondimento nel quale evidenziava la facilità, soprattutto per chi parla arabo, di reperire tramite Youtube materiale di propaganda jihadista come ad esempio: tutorial sull'ideologia del Califfato, notiziari della radio ufficiale dell'Isis (Al Bayan), filmati di esecuzioni a freddo, decapitazioni di ostaggi, uccisioni sommarie con relativi hate speech nei confronti dell'occidente;
   la questione dei video di propaganda dell'ISIS caricati sulle principali piattaforme web e rilanciati attraverso i social network ha portato diversi media italiani e stranieri, da Rai a Mediaset a Sky Italia a le Monde e la Croix in Francia, ad adottare negli anni una linea di non diffusione dei medesimi sia per rispetto delle vittime, che per non agire da cassa di risonanza;
   nelle scorse settimane Youtube è stato criticato per aver inserito pubblicità dello Stato Islamico in mezzo alle clip, che sarebbero state rimosse solo dopo le proteste da parte degli utenti della rete, ma lasciando ancora disponibili i filmati;
   ciò che si imputa alla piattaforma è uno scarso controllo, una mancanza di intervento in casi di propaganda terroristica ovvero hate speech, mentre essa sarebbe rapidissima nel rimuovere video musicali o immagini che violino il copyright;
   allo stato, la procedura per bloccare questa tipologia di video si è rivelata palesemente inefficace, basandosi su segnalazioni degli utenti e su quelle della polizia che, una volta indicata la violazione, può solo aspettare che Youtube rimuova il video in questione senza aver alcun potere coercitivo o sanzionatorio;
   a seguito del servizio di SkyTg24, il 17 maggio 2017 il Codacons ha annunciato una denuncia alla procura di Roma e alla polizia postale nei confronti di Google (proprietaria di Youtube) per favoreggiamento del terrorismo, spiegando nel comunicato stampa, le ragioni della mancata rimozione dei video con un incremento delle entrate della società americana derivante dall'aumento dei visitatori;
   il 25 aprile 2017 la Camera dei comuni ha pubblicato un'inchiesta parlamentare sull’«hate crime» in cui si imputa a Twitter, Facebook e Youtube di fare «ingenti profitti continuando a ospitare contenuti illegali e pericolosi, contando poi che siano i contribuenti a pagarne le conseguenze». Ad oggi il parlamento inglese non ha ancora ricevuto alcuna risposta da parte delle major dell'economia digitale;
   sul medesimo tema, un Paese come la Germania si è detto pronto ad individuare norme più restrittive contro i social network perché non possono continuare a sottovalutare il problema;
   nell'audizione parlamentare del 2 febbraio 2017 il Ministro della giustizia Andrea Orlando ha confermato l'impegno da parte del Governo «all'implementazione, nel nostro Paese, delle misure previste dal Codice di condotta sull'illecito incitamento all'odio on line» adottato nel maggio 2016 dalla Commissione europea proprio su forte impulso tra gli altri, anche del nostro Paese;
   tale atto promuove un'azione congiunta tra le grandi piattaforme di internet, le autorità statuali e le organizzazioni della società civile per far fronte all'insieme degli illeciti che si realizzano sulla rete, visto che, come ha ammesso lo stesso Ministro Orlando nell'audizione: «gli strumenti della giurisdizione da soli non riescono» a causa dell’«incertezza delle competenze, l'indeterminatezza degli autori e infine per la velocità con la quale si diffondono a livello virale e permangono sul web» –:
   se risulti al Governo quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche di concerto con altri partner europei, perché Google, proprietaria di Youtube, ma anche altre piattaforme informatiche, non finiscano per moltiplicare la propaganda jihadista. (5-11412)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   CARLONI e TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo organi di stampa, in data 20 febbraio 2017, un uomo è stato aggredito da una « baby-gang» all'interno della stazione «Piazza Amedeo» della linea 2 della metropolitana di Napoli, gestita da Trenitalia secondo contratto di servizio 2015-2023, stipulato con la regione Campania in data 28 dicembre 2016;
   tale aggressione non risulta essere la prima, su una linea con buona parte delle stazioni in cui sono presenti tornelli installati ma inattivi, non consentendo un pre-filtraggio che protegga i passeggeri da eventuali vandali. Non risulta poi presente e/o operante un servizio di videosorveglianza e di controllo con polizia privata. Allo stato attuale, dunque, si può dire che tali stazioni siano nei fatti non presidiate;
   la totalità delle stazioni necessiterebbe di interventi di recupero strutturale, versando in condizioni precarie, ed insistendo su una linea inaugurata nel 1925. Inoltre, quasi nessuna è accessibile ai diversamente abili: a ciò dovrebbe porre rimedio un accordo stipulato fra comune di Napoli e Rete ferroviaria italiana (RFI) nel maggio 2015, ma ancora inattuato;
   tale situazione di disagio si somma alle frequenze del servizio non adatte ad una linea metropolitana che conta circa 77.000 passeggeri/giorno. Servizio effettuato con materiale rotabile vetusto (automotrici Ale 724, in servizio dal 1982), solo in parte supportato dai nuovi treni denominati «Jazz». Tale anzianità dei vettori comporta frequenti guasti, con conseguenti corse saltate, tempi di attesa prolungati, e relativo affollamento delle banchine, che comportano rischi in termini di sicurezza;
   inoltre, il progetto, del potenziamento del nodo di Napoli elaborato da Rete ferroviaria italiana (RFI) nel 2003 prevedeva l'attivazione sulla linea 2 di due ulteriori stazioni, denominate «Traccia» e «Galileo Ferraris». In particolare, la prima, praticamente completata, presenta due uscite: una a servizio del Rione Luzzatti, ed una, attraverso un tunnel pedonale, su via Traccia, rompendo così lo storico isolamento urbanistico del rione (circa 7000 cittadini). Lo stato di abbandono di un'opera pubblica quasi pronta all'uso rappresenta, secondo gli interroganti, un grave spreco di risorse pubbliche, nonché un sottoutilizzo delle potenzialità del servizio –:
   se il Ministro interrogato, stante la situazione descritta, intenda attivarsi, per quanto di competenza, affinché si predispongano le misure volte al potenziamento del servizio ferroviario, anche attraverso l'apertura delle stazioni «Traccia» e «Galileo Ferraris», e alla salvaguardia dei diritti di chi giornalmente usufruisce di un servizio ferroviario, garantendo condizioni di dignità e sicurezza. (5-11415)


   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il titolo IV, capo IV, dell'articolo 257, secondo comma, del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima), introdotto con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, prevede che il marinaio autorizzato alla pesca può assumere il comando di navi di stazza lorda, non superiore alle 200 tonnellate addette alla pesca mediterranea, nella zona compresa fra il 6o e il 20o meridiano;
   al riguardo, l'interrogante evidenzia come la suesposta disposizione (peraltro introdotta nel periodo antecedente la costituzione della Comunità economica europea – CEE, divenuta Unione europea) risulta anacronistica e soprattutto alimenta conflitti tra i Paesi rivieraschi appartenenti all'Unione, tra i quali ad esempio la Grecia, facente parte dei 28 Stati membri della stessa Unione europea, in considerazione degli effetti limitativi connessi alla libera circolazione delle merci, del trasporto e delle persone;
   a parere dell'interrogante, risulta pertanto necessario, in considerazione di quanto esposto, rivedere l'attuale normativa stabilita dal citato comma 2 dell'articolo 257, abrogando la limitazione riferita alla zona compresa tra il 6o e il 20o meridiano, se si valuta come tale disposizione sia (come in precedenza riportato) fuori tempo ed introdotta in un periodo storico ed internazionale risalente al secolo scorso e che, pertanto, si può ritenere superata per effetto dei più efficaci sistemi introdotti dalla normativa europea di riferimento sul trasporto marittimo, che hanno peraltro migliorato le norme di sicurezza della navigazione marittima –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo alla necessità di pervenire all'abrogazione della limitazione territoriale contenuta nel secondo comma dell'articolo 257 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, che consente al marinaio autorizzato alla pesca mediterranea di assumere il comando di navi di stazza lorda non superiore alle 200 tonnellate nella sola zona compresa tra il 6o e il 20o meridiano. (5-11416)


   OLIARO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Campello, rientrante nel potenziamento della linea Orte-Falconara, è un progetto complessivo di 9,7 chilometri, di cui circa 6,2 in affiancamento alla sede ferroviaria esistente e circa 3,5 in variante, in galleria artificiale;
   i lavori, iniziati nel 2001, hanno un costo complessivo, tra fallimenti, sospensioni e inadempienze delle tre ditte aggiudicatarie, di oltre 100 milioni di euro;
   per ultimarli, nel 2010 è stata individuata Ati-Tecnis spa di Catania, aggiudicataria dell'appalto da 37,6 milioni di euro, pubblicato da Italferr-Rete ferroviaria italiana;
   i lavori sarebbero dovuti terminare a giugno 2015, tuttavia a marzo 2016 la società viene coinvolta nell'indagine sugli appalti Anas e tra gli arrestati ci sono due noti imprenditori ai vertici dell'impresa;
   dopo l'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catania, l'azienda è commissariata e, a maggio 2016, rescinde il contratto di appalto per il raddoppio della Spoleto-Campello;
   i lavori, relativi ad appena 9,7 chilometri, vanno quindi avanti dal 2001, quando c’è stato il primo appalto da 57,8 milioni che si sarebbe dovuto concludere nel 2006. Tuttavia, ad aprile 2003 il fallimento della Coop costruttori di Argenta ha determinato il primo «stop»;
   nel 2005 è stato vinto dalla Cogel spa il secondo appalto da 37 milioni di euro, ma a settembre 2009 pesanti inadempienze hanno portato alla chiusura del cantiere;
   nel 2010 c’è stata l'indizione del nuovo bando e nel 2012 l'ultima assegnazione alla Tecnis spa, ancora una volta culminata con il commissariamento dell'azienda e con la sospensione dei lavori; 
   a marzo 2016, in risposta alla richiesta presentata dall'interrogante, il Governo dichiarava che «per la tratta Spoleto-Campello, Rfi riferisce che sono in corso i lavori per il raddoppio di circa 10 km, finanziati e con ultimazione prevista nel 2018»;
   attualmente i lavori sono fermi e, visto il rifiuto della commessa da parte della seconda azienda in graduatoria nel bando del 2010, sarà necessario indire una nuova gara, facendo slittare i tempi oltre il 2018;
   l'assenza del doppio binario sulla tratta Spoleto-Campello comporta notevoli ritardi alla circolazione ferroviaria locale dovuti all'incrocio dei convogli. Inoltre, il doppio binario è essenziale anche per il passaggio dei convogli alta velocità che potrebbero risolvere l'annoso problema dell'isolamento dell'Umbria –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare affinché Rete ferroviaria italiana completi i lavori di raddoppio della tratta Campello-Spoleto per cui sono stati spesi già 100 milioni di euro. (5-11417)


   BIASOTTI e LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto ferroviario in Umbria versa in condizioni, a dir poco, critiche. La situazione generale è preoccupante, con alcune situazioni croniche che gravano sulla qualità del trasporto (e della vita) dei cittadini delle zone interessate: si pensi ai cantieri di lavoro per il raddoppio del tratto Spoleto-Campello del Clitunno (aperti nel 2002) o ai lavori di raddoppio della tratta Spoleto-Terni, che intralciano da anni il regolare traffico di treni;
   un trasporto ferroviario così deficitario incide pesantemente sull'economia dell'Umbria a 360o sul turismo (già provato dal terremoto), sul benessere di cittadini e turisti stessi e sulla vivibilità della zona;
   da tempi non sospetti si ravvisa la necessità di un collegamento alla linea ad alta velocità per sopperire all'isolamento attuale del trasporto umbro, in special modo verso il Nord Italia;
   il collegamento alla linea Frecciarossa, ad esempio, di Perugia, quasi dimezzerebbe i tempi attuali di viaggio con Milano, come già fatto notare nell'atto di sindacato ispettivo n. 3-02709 svolto alla Camera il 18 gennaio 2017;
   il Ministro interrogato si è espresso in passato sulla questione, condividendo l'interesse strategico di un collegamento alla linea ad alta velocità anche per l'Umbria (sia verso Milano e il Nord del Paese, sia verso Napoli, in direzione Sud) e confermando la necessità di studi sulle possibilità di istituire questo collegamento, nonché l'intenzione di convocare Trenitalia e Ntv per valutare benefici e modalità dell'operazione;
   gli attuali snodi garantiti ai cittadini, ricordati dallo stesso Ministro (due coppie di intercity da Perugia su Roma, una coppia di treni intercity Roma-Firenze, via Terontola, una coppia di intercity Terni-Milano e due coppie di intercity Roma-Ancona, via Foligno, Spoleto e Terni, più i collegamenti Freccialink) non sono assolutamente sufficienti se rapportati all'importanza e alla strategicità dell'area;
   la regione Umbria si è recentemente espressa favorevolmente su questa ipotesi e ha annunciato di aver perso contatti coi vertici di Ferrovie dello Stato italiane –:
   come il Ministro interrogato, già espressosi favorevolmente sulla possibilità di attivare una linea Frecciarossa da e per Perugia, intenda procedere, per quanto di competenza, per far seguito a quanto dichiarato, perché per gli interroganti non si può perdere ulteriore tempo e lasciare la regione, i cittadini e i turisti nel disagio quotidiano. (5-11418)


   BRUNO e PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema delle infrastrutture ferroviarie rappresenta, per tutto il Paese, ed in particolare per alcune regioni come il Lazio, uno dei principali problemi legati alla mobilità;
   nonostante le poche risorse la regione Lazio aveva, con la giunta Marrazzo, effettuato una programmazione seria e compatibile con le esigenze dei territori;
   tra i progetti approvati vi era la linea ferroviaria Gaeta-Formia: si arrivò alla pubblicazione del bando, con stanziamento di circa 26 milioni di euro, che ne completava la realizzazione, permettendo così l'arrivo nel centro cittadino che ritornava ad essere collegato alla rete ferroviaria nazionale dopo decenni;
   fu anche firmato un protocollo d'intesa per la realizzazione della linea ferroviaria Gaeta-Vasto, nell'ambito del corridoio trasversale Tirreno-Adriatico, al fine di consentire una interazione tra le infrastrutture e giungere all'unione su ferro i due principali mari italiani;
   tale opera infrastrutturale avrebbe consentito di snellire notevolmente il traffico su ruote nel territorio del sud-pontino; inoltre, avrebbe consentito una soluzione ideale per tutti i viaggiatori pendolari. Allo stato attuale, però, questa linea ferroviaria è stata completata fino alla località di Bevano. Basterebbe realizzare gli ultimi 3 chilometri per arrivare fino al centro di Gaeta;
   ciò permetterebbe anche nuovi e più veloci collegamenti con le spiagge e con il porto commerciale di Gaeta, una riduzione dell'inquinamento acustico e ambientale e una soluzione al problema dei parcheggi. Inoltre, sarebbe certamente un volano per l'incremento del turismo e dell'economia del territorio, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro;
   purtroppo, la successiva amministrazione regionale, invece di promuovere la realizzazione di interventi infrastrutturali che, avrebbero fatto da volano per riuscire a riattivare le micro economie di quel territorio, ad avviso degli interroganti ha adottato una politica fatta di tagli che purtroppo hanno inciso in modo negativo nella zona del Sud – Pontino;
   nell'ultima legge finanziaria, adottata dall'amministrazione Polverini, furono tagliati i fondi necessari al completamento della littorina che da progetto immediatamente cantierabile e finanziato, diventò una ipotesi che si sarebbe dovuta realizzare con risorse non ben definite, probabilmente messe a disposizione dal Governo centrale –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, anche in collaborazione con la regione Lazio, intenda adottare per promuovere il completamento della tratta di cui in premessa, al fine non solo di dare un sensibile impulso alla ripresa economica di un territorio che oramai appare isolato ma anche per evitare una possibile lesione del diritto alla mobilità dei cittadini. (5-11419)


   SPESSOTTO, CARINELLI, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 26 aprile 2017, la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma ha formulato l'ordine di imputazione coatta richiesta per tre dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti De Grazia Alessandro, Di Santo Vito e Vitelli Maurizio Girolamo, per i reati di omissione e rifiuto in atti d'ufficio;
   il rinvio a giudizio per i tre alti funzionari del Ministero si riferisce alla vicenda delle presunte irregolarità rilevate nella procedura di omologazione dei filtri antiparticolato Fap, posto che l'utilizzo di questi filtri determinerebbe danni per l'ambiente e la salute pubblica;
   il gip rivela come i tre dirigenti fossero da anni a conoscenza delle gravissime situazioni di inquinamento dell'aria dovute alla struttura stessa dei Fap;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella persona dei tre dirigenti, ha rilasciato, senza prove di durabilità sui filtri o con prove di validazione non conformi alla legge, le omologhe ai filtri antinquinamento Iveco e Pirelli, nonostante i funzionari fossero da tempo a conoscenza che il sistema dei Fap, attualmente utilizzato nelle auto diesel, non è in grado di abbattere le emissioni di nanoparticolato, ma al contrario le aumenta;
   la conclusione cui arriva la Gip è che i tre indagati «preoccupati soltanto dalla copertura formale del loro ruolo apicale e da un miope quanto inutile rispetto delle regole di omologazione, peraltro del tutto divergenti dalle effettive esigenze della collettività e della tutela della salute cui queste sono finalizzate, non hanno ritenuto sino ad oggi di assumere alcuna fattiva di controllo, informazione e di prevenzione» nei confronti di nessun ente interessato dal problema, siano essi i Ministri coinvolti, l'Unione europea, i cittadini o gli enti locali;
   è stata depositata dalla prima firmataria del presente atto, presso le Commissioni ambiente e trasporti, la risoluzione n. 7-00939 che impegna il Governo ad effettuare una verifica sulla correttezza delle procedure ministeriali adottate negli ultimi anni dalle strutture competenti al rilascio dell'omologazione per i dispositivi antiparticolato e a rivedere al contempo le attuali procedure di omologazione dei veicoli al fine di evitare un nuovo scandalo «dieselgate» –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di provvedere quanto prima al trasferimento ad altro ruolo dei tre funzionari di cui in premessa, in considerazione dell'estrema rilevanza delle funzioni svolte e dei rischi per la salute della collettività legati ad una perdurante inazione da parte di organi della pubblica amministrazione deputati a verificare l'idoneità dei filtri antiparticolato. (5-11420)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2017, mentre prestava servizio al pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania, una dottoressa è stata picchiata da una paziente. Lo riferisce e denuncia la Federazione sindacati indipendenti aderente alla Confederazione unione sindacati autonomi europei, come riporta il sito quotidianosanità.it;
   la donna che ha aggredito la dottoressa, sempre secondo quanto riferiscono il sindacato ed il sito in questione, pretendeva di effettuare degli accertamenti non urgenti nello stesso ospedale e subito;
   sarebbe stata aggredita anche una infermiera intervenuta in soccorso del medico;
   a giudizio dell'interrogante e del segretario territoriale dell'Fsi-Usae, Calogero Coniglio, è inconcepibile che, ancora oggi, dopo appelli, denunce, richieste di incontri con i prefetti e comunicati stampa, gli infermieri, medici e tutto il personale sanitario dei pronto soccorso e dei reparti che operano, in prima linea, per la tutela del cittadino, siano oggetto di aggressioni;
   a coloro i quali conoscono solo il linguaggio della violenza, i medici possono solo opporre la propria competenza, serietà e professionalità. A difenderne l'integrità fisica ed il loro diritto/dovere di prestare cure adeguate a tutta la cittadinanza dovrebbero bastare le forze dell'ordine –:
   se il Governo non intenda convocare il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, allargato ai rappresentanti delle strutture sanitarie cittadine e provinciali, al fine di concordare misure per una maggiore e più efficace tutela dell'incolumità fisica dei medici ospedalieri della città e della provincia di Catania. (3-03033)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO e VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre 2016 il compartimento della polizia ferroviaria dell'Emilia Romagna ha comunicato il progetto di Trenitalia che prevede il ricollocamento del personale in servizio alla polizia ferroviaria di Bologna presso la nuova caserma nello scalo ferroviario di San Donato;
   nel gennaio successivo sono terminati i lavori di ristrutturazione di questo nuovo plesso ed è stata fissata al 28 febbraio la data per il trasferimento di tutti gli alloggiati nella caserma San Donato con l'abbandono della caserma Casarini;
   nel 2004, con atto ispettivo presentato al Senato, indirizzato al Ministro dell'interno, emerse che: «Il 10 agosto 2004, con prot. n. 58755/04, il servizio sanitario regionale, dipartimento di sanità pubblica dell'Ausl di Bologna, sosteneva che «la situazione dell'edificio di via Casarini 23 è stata relazionata alle competenti autorità già in data 19 febbraio 2003 evidenziando un grave rischio igienico, sanitario e di sicurezza. Da un sopralluogo eseguito in data 9 agosto 2004 s’è constatato il perdurare della situazione di degrado interno/esterno allo stabile e quindi s’è nuovamente provveduto ad informare gli organi competenti»;
   considerata la situazione di sostanziale illegalità e degrado evidenziata oltre dieci anni fa e successivamente allo sgombero degli occupanti abusivi dello stabile s'era inteso aprire una caserma delle forze dell'ordine per riqualificare il quartiere e aumentare il livello di sicurezza;
   l'ente ferroviario si sobbarcò l'onere economico dell'affitto dello stabile, così nacque la caserma della polizia ferroviaria; per dieci anni il quartiere ha ospitato un presidio di polizia con 50 uomini e donne in divisa che transitavano h24 nella via, a vantaggio della sicurezza;
   dieci anni dopo, per ragioni di ordine economico, viene certificata l'impossibilità per i poliziotti di continuare ad utilizzare lo stabile;
   i 50 poliziotti si ritroveranno a vivere nella periferia della città, dentro uno scalo ferroviario chiuso al pubblico, in uno stabile che si trova a diversi chilometri da strade e da fermate di mezzi pubblici;
   la scelta dell'ente ferroviario è volta solo al contenimento delle spese e pare essere stata avallata dai vertici della polizia ferroviaria;
   dal 1956, per legge, le Ferrovie dello Stato hanno l'onere di provvedere, d'intesa con il Ministero dell'interno, all'accasermamento del personale dei servizi di polizia ferroviaria;
   il Sindacato autonomo di polizia (Sap) non ha accettato la scelta imposta e ha chiesto ad autorità e soggetti responsabili di poter concertare un'altra soluzione alloggiativa («La decisione unilaterale di Trenitalia è stata effettuata per scelte puramente economiche come peraltro già annunciato da una circolare di un anno fa e di cui tutte le Sigle sindacali sono pienamente a conoscenza. Non è certo dovuta a delle segnalazioni riservate che questa organizzazione sindacale preoccupata della salute e del benessere dei colleghi (ai quali, lo ricordiamo ai più smemorati, mancava lo scorso inverno l'acqua calda ed il riscaldamento), in qualità di RSU, ha inviato al dg del Compartimento, in qualità di datore di lavoro (...). A noi del Sap questo non piace. Siamo certi che, con un impegno (finalmente) concreto della dirigenza del Compartimento, con l'interessamento della comunità e delle istituzioni bolognesi e con un serio e deciso cambio di rotta da parte del cartello sindacale sicuramente sarà possibile trovare delle valide alternative sulle quali, comunque, stiamo già lavorando»);
   le massime autorità felsinee hanno sposato la tesi del Sap assumendo l'impegno di trovare soluzione alternativa (dal sindaco Merola, con tutto il consiglio comunale, nel mese di ottobre, al Prefetto Sodano, impegnatosi il 25 gennaio ad indire un tavolo tecnico con sindaco e vertici ferroviari per evitare lo spostamento della caserma;
   il 28 febbraio 2017 il Sap (insieme ad altri sindacati) è stato convocato per un incontro dal prefetto, ma l'incontro, per stessa ammissione del Sap, si è concluso con un nulla di fatto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per risolvere la questione, considerando che a Bologna sussistono diversi luoghi nella disponibilità di Trenitalia per ospitare i poliziotti;
   se il Ministro interrogato, anche in considerazione dei delicati risvolti della vicenda, in particolare dell'esigenza di salvaguardare la dignità ed il decoro dei lavoratori e la sicurezza dei luoghi di transito ferroviario, intenda esaminare, per quanto di competenza, la ragionevolezza e l'opportunità dell'attuale determinazione in fase di adozione, che appare agli interroganti di mero stampo aziendalistico, e che di fatto tratta i lavoratori alla stregua di una sorta di merce di scambio. (4-16671)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 10 maggio 2017 la guardia costiera libica, con un intervento di forza, ha bloccato un vecchio peschereccio con a bordo 493 persone, impedendo un'operazione di soccorso già iniziativa da una nave della organizzazione non governativa tedesca Sea Watch e riportando in Libia i migranti;
   l'operazione, documentata da un video girato dalla organizzazione non governativa, è stata svolta con una spericolata manovra che ha tagliato la strada e sfiorato la prua della barca tedesca, violando i regolamenti internazionali di navigazione e mettendo in grave pericolo gli equipaggi di entrambe le navi e la vita dei migranti: un intervento segnale della mancanza di preparazione e professionalità della marina libica che ha rischiato di replicare il naufragio del 21 ottobre 2016, quando annegarono decine di persone a causa di un abbordaggio condotto dai libici;
   a giudizio degli interroganti, l'operazione condotta dalla Libia è stato un intervento pericoloso, male eseguito, che viola il divieto dei respingimenti di massa indiscriminati sancito dalle leggi internazionali e che invece il Ministero dell'interno ha «liquidato» con superficialità, commentando con soddisfazione che è «la dimostrazione che comincia a funzionare l'accordo siglato a febbraio»: un accordo, incoraggiato dall'Unione europea, molto discutibile dato che è stato sottoscritto dal Governo italiano con Fayez al-Sarraj, premier del Governo di accordo nazionale libico, insediato dall'Onu, ma ritenuto illegittimo dalla maggioranza della popolazione libica;
   dando notizia della prima operazione frutto dell'accordo, anche il portavoce della marina di Tripoli ha minimizzato l'incidente, mettendo anzi sotto accusa Sea Watch che avrebbe «cercato di interferire con la nostra operazione di recupero, tentando di sottrarre i migranti alla Guardia Costiera nonostante il barcone fosse all'interno delle acque territoriali libiche»;
   la ricostruzione fatta dall'organizzazione non governativa è tutt'altra ed è sostenuta da elementi di prova documentati. Infatti, smentendo quanto dichiarato dal generale Quassim, secondo il comandante della nave della organizzazione non governativa, il barcone è stato intercettato da Sea Watch a 20 miglia dalla costa, fuori dalle acque territoriali libiche che arrivano fino a 12 miglia, nella cosiddetta «zona contigua», una fascia compresa tra le 12 e le 24 miglia, che fa parte delle acque internazionali;
   la prova inconfutabile è che lo stesso comandante, come primo atto, si è messo in contatto con il coordinamento della guardia costiera italiana, segnalando la sua posizione e avvertendo che si apprestava alle operazioni di salvataggio. Alla risposta che il comando dell'intervento sarebbe stato assunto dalla guardia costiera libica, la nave della organizzazione non governativa si è quindi fermata. Proprio in quel frangente è arrivata a tutta velocità la motovedetta libica rischiando una collisione disastrosa: il barcone era stato già avvistato da un aereo da ricognizione e la centrale italiana, a giudizio degli interroganti noncurante della sorte dei migranti, aveva deciso di affidare ai libici il compito di obbligare gli scafisti a tornare in Libia;
   in base al diritto internazionale, i migranti intercettati in mare devono essere accompagnati nel più vicino «porto sicuro», che certamente non è la Libia dove continuano scontri da guerra civile, ragione per cui la Germania non ha più una sua rappresentanza diplomatica e molte organizzazioni non governative si sono ritirate;
   da testimonianze raccolte dall'agenzia Reuters, molti dei migranti riportati in Libia, per la provenienza e per le loro storie, avrebbero certamente ottenuto in Europa asilo politico o un'altra forma protezione internazionale, ma ciò è stato impedito con una operazione di respingimento di massa ad avviso degli interroganti in palese violazione della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale, che impongono di ascoltare una per una le storie dei richiedenti asilo, con istruttorie individuali, a prescindere dal Paese d'origine o di provenienza –:
   se le autorità europee siano state messe a conoscenza dell'azione di respingimento descritta in premessa e in che misura siano state coinvolte nell'operazione;
   se il Governo non ritenga urgente ribadire e sostenere, in ogni ambito, nazionale ed europeo, la priorità del rispetto dei diritti fondamentali internazionali e della legge del mare, in ogni azione di controllo delle frontiere e di respingimento dell'immigrazione clandestina;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza anche in virtù dell'accordo firmato con la Libia, perché sia assicurata dalle autorità di tale Paese un'adeguata preparazione della guardia costiera libica in relazione al diritto internazionale e alla legge del mare. (4-16673)


   DAGA, VIGNAROLI, TERZONI, BUSTO, MICILLO, ZOLEZZI e DE ROSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane si è appreso dalla stampa e dai dipendenti del servizio giardini di Roma Capitale di diversi danneggiamenti subiti nella notte nelle varie sedi dislocate in tutta Roma;
   si giunge, proprio nelle ultime ore, all'ottavo gravissimo episodio di questo tipo, il che fa pensare che dietro tali azioni ci sia una regia preordinata a tutto questo, quasi di stampo mafioso e intimidatorio nei confronti dell'amministrazione comunale e di chi lavora in questo importante servizio pubblico;
   e non si può ad avviso degli interroganti non chiedersi se dietro questi gravi episodi, ci sia un legame con la vicenda e l'inchiesta giudiziaria nota ai più come Mafia Capitale, che mostrò come uno dei maggiori appalti condizionati dai legami di Buzzi e Carminati con le giunte precedenti, era proprio quello dei servizi di gestione del verde pubblico a Roma (http://www.rainews.it). Per cui si ritiene doverosa la massima attenzione e vigilanza da parte degli organi preposti dello Stato relativamente a questa pericolosa escalation;
   inoltre, nel mese di aprile 2017 è stato convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, sulla sicurezza urbana che dispone una serie di norme per l'attuazione della sicurezza delle città, che prevedono nuovi strumenti e un determinato approccio su questo annoso tema –:
   quali iniziative di competenza abbia assunto il Ministro interrogato per affrontare tale problematica e impedire che certi episodi si verifichino ancora;
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere le iniziative di competenza, anche in base a quanto previsto dalla legge n. 48 del 2017, per tutelare i vari uffici e servizi comunali;
   come gli organi dello Stato responsabili dell'ordine pubblico e della sicurezza, facenti parte del Comitato metropolitano istituito con la legge n. 48 del 2017, intendano affiancare Roma Capitale nel contrasto di questo tipo di atti gravissimi. (4-16676)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIZZONI, COSCIA, MALPEZZI, ROCCHI, SGAMBATO, CAROCCI, BLAZINA, IORI e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comma 109 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 13 luglio 2015 ha previsto un nuovo concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente;
   i posti messi a bando sono stati 63.712 con la previsione di assegnarli nel corso del triennio 2016/2018;
   il comma 110 della suddetta legge stabilisce che, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto, possono accedere alle procedure concorsuali esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento;
   successivamente allo svolgimento delle prove scritte, sono pervenute numerose ordinanze cautelari — spesso collettive — del Consiglio di Stato, le quali, riformando le ordinanze del Tar rese in favore dell'amministrazione e appellate dai ricorrenti, hanno ordinato all'amministrazione di indire prove scritte suppletive cui ammettere i ricorrenti;
   conseguentemente, con nota 835 del 9 gennaio 2017, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha attivato le procedure necessarie per lo svolgimento delle prove suppletive del concorso ordinario rivolto ai docenti in possesso di ordinanze o sentenze favorevoli;
   alcune di dette ordinanze hanno ammesso alle prove suppletive ricorrenti iscritti a classi di concorso per cui erano stati attivati, negli anni antecedenti l'indizione della procedura concorsuale, percorsi ordinari per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento, in particolare, le Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario e due cicli di Tirocinio formativo attivo: i ricorrenti, hanno quindi ottenuto una sentenza favorevole pur non dimostrando un effettivo «impedimento oggettivo» al conseguimento del pre-requisito normativamente richiesto (abilitazione);
   pertanto, l'ammissione di questi ricorrenti parrebbe disattendere la giurisprudenza del giudice amministrativo di prime cure e non sembrerebbe tener conto neppure della disciplina transitoria contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19;
   il Tar del Lazio impone l'inserimento «a pettine» dei ricorrenti che, a sentenza di merito eventualmente positiva, risultassero vincitori: questo orientamento sembrerebbe non tener conto del principio tempus regit actum in virtù del quale l'atto processuale è soggetto alla disciplina vigente al momento in cui viene compiuto, sebbene successiva all'introduzione del giudizio;
   stante la situazione di incertezza creatasi, parrebbe urgente una pronunzia del Consiglio di Stato a camere congiunte per dare risposte definitive in ordine alle attese dei vincitori delle prove ordinarie e dei ricorrenti  –:
   se, rispetto alla partecipazione di candidati alle prove suppletive non abilitati per classi di concorso per le quali siano stati svolti percorsi abilitanti, l'amministrazione abbia potere di verifica dei requisiti;
   quali iniziative intendano assumere nei confronti dei vincitori delle prove ordinarie (assunti o in attesa di immissione in ruolo) che si trovassero in numero eccedente rispetto ai posti messi a bando a seguito dell'inserimento dei vincitori delle prove suppletive, al fine di non vanificare le attese di tutti coloro i quali si sono sottoposti con esito favorevole a procedure concorsuali. (5-11410)


   COCCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 23 maggio 2017 per celebrare il 25o anniversario della strage di Capaci — presso il Teatro Biblioteca del Quarticciolo nel V municipio a Roma — si svolgerà un concerto dell'orchestra dell'indirizzo musicale dell'Istituto comprensivo via dei Sesami e dell'Istituto comprensivo via Luca Ghini a cui sono stati invitati a partecipare gli studenti e le famiglie;
   alla suddetta iniziativa interverranno, tra gli altri, esponenti nazionali e locali di un solo movimento politico;
   il programma dell'evento prevede un ingresso ad inviti e nessun altro esponente istituzionale, tranne quelli summenzionati, è stato invitato e, sempre secondo il programma, sono previsti interventi degli studenti e il dibattito sarà coordinato da una docente dell'Istituto comprensivo Luca Ghini;
   questa rappresenta un'iniziativa significativa e meritevole di grande attenzione: coinvolgere gli studenti su temi fondamentali come la legalità e il contrasto alle, mafie è fondamentale e, dunque, si ritiene assolutamente apprezzabile il lavoro svolto da insegnanti e studenti;
   proprio per queste ragioni appare grave che una giornata così significativa sia strumentalizzata da una parte politica;
   la comunità scolastica ha il compito di formare i futuri cittadini rispettando la libertà di pensiero e le opinioni di ognuno;
   in tal senso, l'attività formativa e di approfondimento che svolgono le scuole dovrebbe essere svolta secondo criteri di imparzialità e non all'insegna della propaganda politica  –:
   se sia a conoscenza dei fatti in questione e quali iniziative intenda mettere in campo per impedire che le scuole diventino terreno di propaganda politica garantendo l'imparzialità delle istituzioni scolastiche e salvaguardando l'obiettivo principale del sistema formativo che è quello di formare cittadini indipendenti e consapevoli. (5-11411)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è ormai da tempo che lo storico sugherificio «Ganau» di Tempio Pausania, uno dei maggiori operatori del comparto, vive una profonda crisi economica, coinvolgendo nella stessa un intero territorio come quello dell'Alta Gallura già dilaniato da eventi di tale portata che hanno contribuito ad una situazione di crisi disastrosa e a una ferita sociale profondissima. E infatti a farne le spese, come spesso accade, sono i lavoratori e le loro famiglie, gli unici su cui ricadono gli effetti della crisi e delle scelte manageriali;
   già da mesi lo scenario che si stava prefigurando per i lavoratori era critico, in quanto negli incontri tenutisi nel mese di marzo 2017 tra proprietà e sindacati sono stati disattesi, con una decisione unilaterale, gli accordi precedentemente raggiunti sul pagamento degli stipendi arretrati e senza alcuna consultazione preventiva degli operai. Una decisione inaccettabile che ha contribuito ad alimentare uno stato di incertezza e preoccupazione che sarebbe poi sfociato, come si è poi verificato, in una situazione ancor peggiore. È da rivedere per tale motivo anche la posizione assunta dalle organizzazioni sindacali, che dovrebbero difendere gli interessi della categoria, contro le quali si scagliano i dipendenti del sugherificio che sentendosi abbandonati e non rappresentati accusano le stesse di aver assunto una posizione favorevole all'azienda o almeno di essersi sottomessi alle decisioni unilaterali assunte della stessa, anziché provvedere alla tutela dei lavoratori;
   sono le stesse organizzazioni sindacali a comunicare ai lavoratori la notizia del licenziamento di ben 79 unità su 230 nell'aprile 2017, alle quali si sono aggiunte le dimissioni per giusta causa di altri 10 dipendenti per mancato pagamento degli stipendi; un numero di licenziamenti addirittura superiore a quanto era stato ipotizzato e preannunciato che incide sulla intera filiera di produzione. Sono 27 nel reparto taglio, 20 nel reparto selezione tappi naturali e tecnici, 5 in quello dell'incollaggio e della bollitura, 5 in quello delle spedizioni, degli elettricisti, del trattamento di sanificazione e 2 nei reparti del lavaggio, dell'essiccazione, della macinazione, delle pesatrici, della rettifica tappi e delle timbratrici;
   non si sottrae da responsabilità la politica locale e regionale che nel corso di questi mesi sembra essere rimasta ad osservare l'involuzione della situazione senza prendere alcun provvedimento concreto sia a tutela dei lavoratori che degli stessi imprenditori; pertanto esprimendo piena solidarietà e sostegno ai lavoratori coinvolti, si chiede all'amministrazione locale e regionale di dare un segnale forte intervenendo attivamente nella vicenda, al fine di porre in essere un piano con il quale si tenti di risolvere una crisi che, oltre a ripercuotersi sui lavoratori e sulle loro famiglie, generando un vero dramma sociale, sta mettendo a rischio un intero settore economico dell'Alta Gallura nonché dell'intera Sardegna –:
   se alla luce delle criticità e considerazioni sopra esposte il Governo abbia intenzione di assumere un ruolo attivo nella vertenza e con quali modalità intenda dare risposta alle necessità dei lavoratori cercando di scongiurare o quanto meno ridurre al minimo i licenziamenti;
   se il Governo abbia intenzione di aprire un tavolo tecnico-istituzionale per la realizzazione di una strategia che, di concerto con le autorità regionali e locali e gli stessi imprenditori, possa dar vita a un piano produttivo che consenta di risollevare le sorti dell'economia di questi territori già da tempo dilaniata da una profonda crisi. (4-16668)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   TENTORI e COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende, anche dagli organi di stampa, che sono in corso attività di riorganizzazione delle sedi delle associazioni allevatori provinciali sull'intero territorio nazionale, in un'ottica di razionalizzazione dei costi, conseguenti anche al ridimensionamento delle risorse pubbliche stanziate;
   questo passaggio in molti casi si traduce nella chiusura e/o accorpamento delle sedi provinciali, la cui funzione principale è la raccolta dei dati produttivi, degli eventi riproduttivi e delle genealogie presso gli allevatori che si associano, nonché il ritorno ai soci delle informazioni; infatti presso di esse sono attivi gli uffici provinciali dell'ufficio centrale dei controlli e gli uffici provinciali degli uffici centrali dei libri genealogici delle razze e specie allevate dai soci;
   tali chiusure e/o accorpamenti sembrano in alcuni casi non considerare le peculiarità e la virtuosità dei territori coinvolti e le realtà con maggior numero di capi, oltre a generare preoccupazione in merito al rischio di non riuscire a mantenere la continuità dei servizi di assistenza agli allevatori, soprattutto in aree montane, e al trasferimento del personale;
   la Lombardia, ad esempio, è la regione in cui si controlla la metà dei capi italiani iscritti ai libri genealogici, dove maggiore è la presenza di bovini da latte e si effettua il numero più elevato di controlli e analisi quantitative: in Lombardia sono presenti 450.000 capi bovini controllati, pari a circa il 41 per cento del totale nazionale; 10.000 caprini, pari al 13,4 per cento; 14.300 suini, pari al 57 per cento. I controlli riguardano, inoltre, quasi 5.500 aziende e 4,1 milioni di analisi del latte; il 90 per cento del latte lombardo proviene da vacche singolarmente sottoposte a controllo con prelievo mensile;
   il Ministro interrogato in data 15 aprile 2014 ha decretato una variazione di bilancio con un aumento di 2.169.212,38 euro per le associazioni di allevatori per la tenuta dei libri genealogici e di controlli funzionali –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra descritto e se non ritenga opportuno fornire elementi in merito alle modalità e ai criteri in base ai quali tali contributi pubblici vengono utilizzati, verificando che sia tenuto in considerazione il lavoro svolto dalle varie realtà provinciali e che siano rispettati i principi di proporzionalità ed efficienza. (3-03034)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   RONDINI e GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni al Ministero della salute una commissione di esperti sta preparando un nuovo tariffario delle prestazioni dei laboratori di analisi. Si tratta del prezzo riconosciuto dalle asl alle strutture private convenzionate per ogni esame svolto, cioè la remunerazione che i privati ricevono dal servizio pubblico per il loro lavoro;
   le vecchie tariffe risalivano al 1998. Con il Ministro pro tempore Balduzzi sono state ridotte di circa il 40 per cento, e nel nuovo progetto si parla di un ulteriore taglio del 20 per cento, il che risulterebbe insostenibile, essendo i costi sostenuti troppo alti rispetto alla remunerazione; il nuovo nomenclatore tariffario, di imminente adozione, sarebbe stato elaborato prendendo come riferimento i costi di quattro strutture pubbliche, tra l'altro di Emilia e Veneto, i cui volumi di prestazioni vanno da 5 a 11 milioni di esami all'anno. Tali strutture non sono assolutamente rappresentative del comparto dei laboratori accreditati: ci sono centri molto più piccoli, che fanno 200 o 300 mila esami l'anno e non possono contare sulle economie di scala possibili in contesti più grandi;
   appare evidente come la procedura con cui è stato rivisto il tariffario non sia conforme, poiché l’iter per raggiungere tale obbiettivo è stato concordato con il Ministero e prevedeva la costituzione di una commissione permanente, composta da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle associazioni di categoria. Questa commissione è stata convocata una sola volta un anno fa;
   nelle previsioni dell'accordo non risultano essere stati presi in considerazione i costi dei punti di raccolta (punti prelievi) che sono diversi tra le regioni in funzione delle politiche territoriali; ad esempio, la regione Lombardia ha facilitato le aziende ad aumentare i punti raccolta per agevolare i pazienti;
   era stato inoltre previsto un incarico, che è stato conferito, alla Gergas-Bocconi per elaborare i costi di produzione delle prestazioni estrapolati da alcune strutture di specialistica ambulatoriale operanti sul territorio nazionale, pubbliche e private, segnalate dalle regioni e dalle associazioni di categoria –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda intervenire al fine di evitare che un intero settore possa risentirne, sia per quanto riguarda l'offerta di servizi sia in merito ai livelli occupazionali, sospendendo la definizione del nuovo tariffario e convocando le associazioni di categoria per la predisposizione di un'analisi dei costi più oggettiva di quella attualmente delineata. (5-11413)


   MONCHIERO e DAMBRUOSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le direttive 2005/36/CE e 2006/100/CE e il decreto legislativo n. 206 del 2007 prevedono il riconoscimento dei titoli professionali all'interno dell'Unione europea stabilendo che: «Se in uno Stato membro ospitante, l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l'autorità competente (...) dà accesso alla professione e ne consente l'esercizio, alle stesse condizioni dei suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell'attestato di competenza o del titolo di formazione prescritto, per accedere alla stessa professione o esercitarla sul suo territorio, da un altro Stato membro» (articolo 13 della direttiva 2005/36/CE) e che «per l'accesso o l'esercizio di una professione regolamentata sono ammessi al riconoscimento professionale le qualifiche professionali che sono prescritte da un altro Stato membro per accedere alla corrispondente professione ed esercitarla» (articolo 21 del decreto legislativo n. 206 del 2007);
   la Semmelweis University di Budapest organizza presso il campus L.U.de.S. S.A.G.L. di Lugano, un corso specialistico fuori sede di fisioterapia in lingua inglese. Il corso rilascia il titolo di laurea quadriennale in fisioterapia abilitante l'esercizio della relativa professione in Ungheria;
   l'istituto di studi L.U.de.S. è iscritto negli uffici del Canton Ticino ed è accreditato presso la Croce rossa svizzera con la facoltà di rilasciare diploma federale di fisioterapista abilitante in tutta la Confederazione elvetica;
   lo Stato italiano ha riconosciuto l'abilitazione alla professione di fisioterapista ai laureati della Semmelweis University presso il Campus L.U.de.S.;
   6 studenti italiani, che hanno conseguito il titolo di laurea in fisioterapia della Semmelweis University nell'aprile del 2016, hanno fatto domanda al Ministero della salute per il riconoscimento dell'abilitazione all'esercizio della professione di fisioterapista in Italia e aspettano ancora una risposta;
   6 studenti con titolo di laurea in un'università ungherese, a quanto consta agli interroganti, hanno svolto i propri tirocini presso strutture sanitarie pubbliche italiane e tali tirocini sono stati riconosciuti validi dalle competenti autorità ungheresi e svizzere –:
   a che punto siano i procedimenti di riconoscimento del titolo in questione avviati nell'aprile 2016 e per quale motivo i tempi si siano prolungati oltre i 30 giorni previsti. (5-11414)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sito di TG24 Sky del 2 maggio 2017 riporta la notizia di un'aggressione a una dottoressa del pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania;
   l'aggressione è stata messa in atto da una paziente che dopo le visite, pretendeva di effettuare degli accertamenti non urgenti nello stesso ospedale; anche un'infermiera intervenuta in soccorso della dottoressa sarebbe stata aggredita;
   non si tratta del primo episodio di aggressione a medici e al personale sanitario nei presidi ospedalieri di Catania; gli episodi si susseguono da anni, con una frequenza impressionante;
   un dossier del sito www.ienesiciliane.it elenca le aggressioni, in tempi recenti, ai medici di Catania e della Sicilia; di seguito gli episodi riguardanti gli ultimi due anni;
   nel capoluogo etneo nel 2015 si sono verificati vari episodi di violenza contro il personale sanitario:
    il 3 gennaio al pronto soccorso del Vittorio Emanuele un infermiere è stato minacciato con un coltello;
    il 26 febbraio al pronto soccorso del Vittorio Emanuele è stata picchiata un'infermiera;
    il 7 maggio al pronto soccorso dell'ospedale Cannizzaro un giovane di 28 anni prese a calci e pugni un'infermiera;
    il 30 luglio al pronto soccorso del Garibaldi, dopo il decesso di un ventenne, venne aggredito e ferito un infermiere ad un orecchio;
   nel 2016 gli episodi di violenza contro il personale sanitario continuano:
    il 23 luglio all'ospedale Cannizzaro due infermieri furono aggrediti da un paziente con problemi psichici presso il reparto di ortopedia e traumatologia;
    il 20 settembre al pronto soccorso del Vittorio Emanuele fu aggredita una dottoressa;
    il 5 ottobre al Vittorio Emanuele vi furono tre aggressioni in un giorno;
    il 6 ottobre Vittorio Emanuele scoppiò una rissa con una successiva aggressione ad un infermiere;
    il 10 ottobre al pronto soccorso del Vittorio Emanuele fu aggredito un medico;
   all'interno degli ospedali catanesi, a detta degli interroganti, le cause delle violenze ai danni del personale medico e sanitario sono da ricercare, da un lato, nella scarsa presenza di misure di sicurezza e di vigilanza a tutela del personale medico e sanitario ivi operante e, dall'altro lato, nelle condizioni difficili in cui versa la sanità nel nostro paese e a Catania, in particolare, in primo luogo per il taglio dei servizi e il blocco delle assunzioni –:
   quali iniziative s'intendano intraprendere, per quanto di competenza, per assicurare le necessarie condizioni di sicurezza, alla luce delle ripetute aggressioni nei presidi ospedalieri del capoluogo etneo ai danni del personale medico e sanitario;
   se ritengano di promuovere un piano specifico di vigilanza nei pronto soccorso degli ospedali catanesi, la dove si è riscontrato, in questi ultimi anni, il ripetersi frequente di aggressioni al personale medico e sanitario. (4-16670)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono noti, da anni, episodi che riguardano la deportazione di cani dalla Sicilia verso altre mete, prevalentemente al Nord, con scarsi o del tutto inefficaci controlli e verifiche all'arrivo e degli affidi;
   secondo gli organi di stampa si tratterebbe di un vero e proprio fenomeno di movimentazione massiccia di cani a titolo oneroso, avallato e favorito da numerose associazioni onlus, come riportano con dovizie di particolari numerosi articoli e documenti:
    in un articolo de il Fatto Quotidiano si legge dei cani di Palermo, «grazie» ad Enpa Bologna che ha stretto accordi con amministrazioni di mezza Italia, anche in collaborazione con Ernesto Zagni, titolare del San Prospero e gestore della struttura di Calderara di Reno (Bologna);
   si evidenzia che fa parte di tal Animal coop cooperativa il signor Zagni quanto ai dati finanziari di Animal Coop Cooperativa Sociale: l'ultimo bilancio depositato da Animal Coop Cooperativa Sociale nel registro delle imprese corrisponde all'anno 2015 e riporta un range e di fatturato di «meno di 300.000 euro». Il fatturato di Animal Coop Cooperativa Sociale durante il 2015 è aumentato del 1395,85 per cento rispetto al 2013. Il capitale sociale di Animal Coop Cooperativa Sociale durante il 2015 è aumentato del 12,5 per cento rispetto al 2013. Il risultato netto ottenuto da Animal Coop Cooperativa Sociale durante il 2015, dopo gli oneri finanziari, le tasse e gli ammortamenti è aumentato del 747 per cento rispetto al 2013;
   relativamente ai fatti di cronaca attuali relativi alla movimentazione dei cani dal canile di Palermo e che vedrebbero la signora Notaristefano e il signor Capizzi (suo compagno) come persone indicate dal comune di Palermo e preposte alla organizzazione e gestione della movimentazione dei cani di Palermo verso Siracusa e provincia si legge che la Notaristefano è presumibilmente responsabile di maltrattamento contestato in occasione di un sequestro ad opera del corpo forestale dello Stato;
   secondo quanto riferito, con l'incarico diretto conferito dal comune di Palermo al signor Capizzi e conseguentemente alla sua compagna la signora Notaristefano questi percepirebbero ben 480 euro a cane per la movimentazione e, considerato che si tratta di circa 50 cani, la cifra ammonterebbe a 19 mila euro destinati direttamente ai sopracitati;
   occorrerebbe fermare la movimentazione dei cani dal canile di Palermo per tramite della signora Notaristefano e del signor Stefano Capizzi (suo compagno) come indicato dal comune di Palermo, nonostante il diniego del preposto ufficio regionale che, per tramite del dottor Virga ha evidenziato le motivazioni con atti formali –:
   se il Ministro non intenda indagare sulla movimentazione dei cani dalla Sicilia verso il Nord Italia, in considerazione del fatto che i fondi destinati ogni anno ai sensi della alle legge n. 281 del 1991 devono essere finalizzati da chi li riceve per il 60 per cento alla sterilizzazione e non alla movimentazione di cani di cui spesso si perde anche traccia;
   se non si intenda anche considerare il rischio sanitario derivante dalla movimentazione dei cani non solo in considerazione del mancato rispetto delle linee guida del Ministero della salute ma anche per gli evidenti problemi legati alla positività alla leishmaniosi di un cane su due in Sicilia. (4-16677)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato italiano paralimpico (Cip) rappresenta la Confederazione delle federazioni sportive paralimpiche e delle discipline sportive paralimpiche da esso riconosciute. Partecipano, altresì, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate (le cui attività siano state individuate dal Cip alla data di entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124) riconosciute dal Coni;
   l'ente è posto sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché sotto quella del Coni esclusivamente per le attività di alto livello e di preparazione paralimpica, di partecipazione ai giochi paralimpici e per quelle previste dagli accordi internazionali;
   il decreto legislativo n. 43 del 27 febbraio 2017 ha previsto il riconoscimento delle peculiarità dello sport per persone affette da disabilità e ha delineato la trasformazione del Cip in ente autonomo di diritto pubblico;
   il Cip riceve finanziamenti pubblici dallo Stato e dal Coni, oltre che dall'Inail;
   il comma 302 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), ha istituito il fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili, destinando 6 milioni di euro per il 2014 al Cip;
   all'articolo 1, comma 190, della legge n. 190 del 2014 e all'articolo 1, comma 408, della legge n. 208 del 2015, lo Stato ha contribuito con 7,2 milioni di euro, sia per le attività annuali del Comitato italiano paralimpico, sia per l'attività sportiva e di alto livello. In particolare, dal 2016 ha previsto un incremento di 0,5 milioni di euro dello stanziamento da attribuire al programma internazionale Special Olympics Italia, destinato a soggetti con disabilità intellettiva;
   successivamente, il decreto ministeriale 102065 del 27 dicembre 2016 ha disposto, «in base al rifinanziamento dalla sezione II della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), euro 17,1 milioni sul cap. 2132 dello stato di previsione del MEF»;
   il Coni eroga al Comitato italiano paralimpico contributi annuali per un totale di 4,4 milioni di euro (comprensivo di circa 2,8 milioni di euro per il sostenimento dei costi di n. 57 risorse umane, compreso il segretario generale, e 1.470.000 euro per l'attività di alto livello e di preparazione paralimpica);
   attualmente, il Comitato italiano paralimpico riceve dall'Inail, sulla base di una convenzione quadro quadriennale, 3 milioni di euro annui per una serie di attività e iniziative promozionali e di avviamento allo sport, riferite principalmente agli assistiti dell'Istituto;
   per quanto concerne i compensi ai presidenti federali, il Coni ha riconosciuto, nella seduta n. 1019 dell'11 dicembre 2013, con deliberazione della giunta nazionale, in via strutturale ed esclusiva, un contributo alle Federazioni sportive nazionali (FSN) finalizzato alla corresponsione ai propri Presidenti di un'indennità annuale di carica pari ad euro 36.000, comportando contestualmente per le FSN l'eliminazione di qualunque altra eventuale forma di compenso di diaria, remunerazione o appannaggio a carico delle stesse e a favore dei propri Presidenti. Tale indennizzo è omnicomprensivo di tutti gli oneri connessi inclusi quelli previdenziali a carico del datore di lavoro;
   secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano nell'articolo del 4 maggio 2017, il Cip prevede un'indennità annuale di carica per i membri dei propri organi di funzionamento, la Giunta ed il Consiglio Nazionale. Solo che, in alcuni casi, questi coincidono con i presidenti delle Federazioni sportive, in quanto solo poche discipline paralimpiche hanno una Federazione autonoma;
   19 presidenti delle Federazioni sportive, già membri degli organi del Comitato paralimpico, hanno ricevuto negli ultimi anni, oltre all'indennità annuale, entrate derivanti dai fondi pubblici destinati al Comitato Italiano Paralimpico;
   tali maggiori entrate dei presidenti delle federazioni sportive derivanti dai fondi del Cip ammonterebbero, sempre secondo quanto riportato nel citato articolo, «a 150 mila euro» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in relazione a quanto riportato dal Fatto Quotidiano in merito alla destinazione dei fondi pubblici del Cip. (4-16675)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Zaccagnini n. 2-01644 del 7 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta orale Dambruoso n. 3-02783 del 9 febbraio 2017;
   interpellanza Palmizio n. 2-01690 del 3 marzo 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Tentori e Cova n. 5-03180 dell'8 luglio 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-03034;
   interrogazione a risposta in Commissione Prodani e Rizzetto n. 5-10100 del 6 dicembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16669;
   interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-11282 del 4 maggio 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16670;
   interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-16503 del 5 maggio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-03033.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Gagnarli e altri n. 4-13544 riformulata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 641 del 24 giugno 2016. Alla pagina 39019, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga ventitreesima deve leggersi: «GAGNARLI, TERZONI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO e MICILLO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:» e non come stampato.