Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 della Costituzione riconosce che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, stabilendo che i loro rapporti siano regolati su base paritetica secondo il principio concordatario;
    la scelta della forma pattizia, ancorché svolgentesi al livello dell'autonomia e non della sovranità, è confermata per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica dall'articolo 8 della Costituzione, che prevede a tal fine lo strumento dell'intesa;
    rientra tra i princìpi fondamentali del nostro ordinamento, in nessun modo derogabili neppure da altre fonti costituzionali, il principio della laicità dello Stato, «che implica, tra l'altro, equidistanza e imparzialità verso tutte le religioni, secondo quanto disposto dall'articolo 8 della Costituzione, ove è appunto sancita l'eguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge» (ex plurimis Corte costituzionale n. 168 del 2005), per quanto non sia da intendere «come indifferenza dello Stato di fronte all'esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espansione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità» (ex plurimis Corte costituzionale n. 67 del 2017);
    in ragione della particolare natura dell'ordinamento canonico, possono verificarsi situazioni di concorrenza tra esso e l'ordinamento dello Stato italiano nell'ambito delle materie regolate dall'uno e dall'altro per le sfere di rispettiva competenza (materie miste);
    in tali casi, l'attuazione del principio concordatario si esplica pienamente attraverso la collaborazione leale e paritaria tra le due istituzioni nel perseguimento dei rispettivi fini, concorrenti al pieno sviluppo della persona umana nell'ordine che a ciascuna è proprio;
    nell'ambito delle materie miste, l'individuazione di mezzi e forme regolate di cooperazione rappresenta non soltanto uno strumento di prevenzione e risoluzione di interferenze reciproche, ma anche un efficace mezzo per armonizzarne l'azione, con utilità per le istituzioni medesime e per l'intero corpo sociale, nel rispetto dei distinti ma non contrapposti fini, in conformità al principio pattizio sancito dalla Carta costituzionale;
    lo stesso esercizio delle funzioni di natura amministrativa e giurisdizionale degli ordinamenti civile e canonico, nelle situazioni concrete in cui si realizza, può comportare momenti di interazione o di opportuna cooperazione, in particolare in casi nei quali l'accertamento di condotte penalmente rilevanti per l'ordinamento dello Stato italiano, come per il diritto canonico, tenute da soggetti sottoposti a entrambe le giurisdizioni potesse giovarsi di atti e materiale probatorio eventualmente esistenti presso il giudice ecclesiastico;
    a questo riguardo si può richiamare l'articolo 4, numero 4, dell'accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121, il quale, riproducendo sostanzialmente l'articolo 7 del Concordato dell'11 febbraio 1929, stabilisce che «gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero»;
    tale disposizione costituisce, per gli ecclesiastici cattolici, norma speciale – quanto al diritto processuale penale dello Stato – rispetto alla disciplina del segreto professionale regolata dall'articolo 200 del codice di procedura penale, in forza del quale «non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria:
     a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano;
     b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
     c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
     d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale»;
    l'esposta disciplina, che garantisce in particolare, ma non esclusivamente, il segreto sacramentale della confessione, certamente intangibile in quanto pertinente in modo proprio e riservato all'ordine spirituale della Chiesa, potrebbe altresì venire in rilievo nei riguardi dell'ecclesiastico il quale – in virtù del principio di territorialità – fosse soggetto alla giurisdizione dello Stato italiano, in relazione a fatti conosciuti nell'ufficio di giudice ecclesiastico da esso rivestito, ossia nell'esercizio di una funzione connessa alla potestas ordinis et iurisdictionis;
    in particolare, la necessità di una maggiore collaborazione, rispetto alla messa a disposizione delle autorità competenti (anche) nell'ordinamento dello Stato italiano delle notizie acquisite dall'ecclesiastico, nei limiti appena indicati, è emersa in relazione ai reati di pedofilia, particolarmente odiosi e diffusi anche negli ambienti ecclesiastici;
    rispetto a questo fenomeno, le reazioni degli ambienti ecclesiastici sono state molto diverse, per quanto si debba riconoscere, negli ultimi anni, una maggiore sensibilità favorita anche dall'attenzione degli ultimi Pontefici. In particolare, Papa Francesco, nel 2014, ha istituito la Pontificia Commissione per la protezione dei minori, presieduta dal cardinale di Boston, il cappuccino Sean Patrick O'Malley, che ha precisato poche settimane fa come «I crimini e i peccati degli abusi sessuali sui bambini non devono essere tenuti segreti mai più. Garantisco la zelante vigilanza della Chiesa per proteggere i bambini e la promessa della piena responsabilità per tutti», precisando altresì che «Noi, il Presidente e gli altri Membri della Commissione, desideriamo affermare che i nostri obblighi ai sensi del diritto civile devono essere rispettati, certamente, ma anche al di là di tali vincoli, abbiamo tutti la responsabilità morale ed etica di denunciare gli abusi presunti alle autorità civili che hanno il compito di proteggere la nostra società»;
    la corretta applicazione del principio costituzionale d'indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa nei rispettivi ordini richiederebbe di ricercare la soluzione per tali casi nella prospettiva interordinamentale e internazionalistica nella quale si esplica l'istituto concordatario;
    il mezzo proprio e idoneo a una coerente e compiuta regolazione degli aspetti sopra descritti si rinviene nello strumento dell'accordo di mutua assistenza e di cooperazione giudiziaria, ampiamente ed efficacemente impiegato nei rapporti tra gli ordinamenti statuali;
    tale strumento, con iniziativa certamente innovativa, ma perfettamente coerente con l'assetto concordatario previsto dalla Costituzione, ben potrebbe adottarsi per regolare i rapporti tra gli organi della giurisdizione dello Stato e della Chiesa, limitatamente alle materie in cui possa verificarsi un concorso di competenze, sia quanto all'esecuzione delle sentenze, sia quanto all'assistenza in relazione ai procedimenti penali;
    l'articolo 13, numero 2, del citato accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, prevede che «ulteriori materie per le quali si manifesti l'esigenza di collaborazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato potranno essere regolate (...) con nuovi accordi tra le due Parti»;
    nel rispetto della complessità e del pluralismo che caratterizza le società moderne, lo sviluppo di forme di cooperazione tra le istituzioni civili e religiose, nei limiti posti dalla rispettiva autonomia e salva la fondamentale distinzione dei fini che a ciascuna appartengono, può contribuire a garantire i diritti inviolabili dell'uomo secondo l'articolo 2 della Costituzione e l'ordinato soddisfacimento delle esigenze della persona e all'evoluzione armonica della convivenza civile e dello sviluppo umano nei suoi aspetti morali e culturali, favorendo il libero concorso di ogni individuo al progresso materiale o spirituale della società;
    sussistono casi e situazioni di comune competenza e potenziale interferenza tra gli ordinamenti civile e canonico, tra i quali emergono, con particolare riferimento alla sfera penale, fattispecie che sono o possono divenire rilevanti per ambedue gli ordinamenti, quali – a titolo di esempio – i delitti di omicidio (articoli 575 e seguenti del codice penale; Codex iuris canonici, can. 1397), di violenza sessuale (articoli 609-bis del codice penale; Codex iuris canonici, can. 1395, § 2), commessi da ecclesiastici, ovvero il delitto di falso (Codex iuris canonici, can. 1391), qualora l'atto pubblico ecclesiastico falso o alterato sia impiegato a fini o in circostanze rilevanti per il diritto dello Stato (articoli 482 e 489 del codice penale);
    tra questi delitti emergono, come abbiamo già ricordato, i casi di abuso sessuale commessi in danno di minori, non solo per la riprovazione e il disorientamento suscitati nell'opinione pubblica, ma anche per la gravità dei danni psicologici e morali che ne derivano a carico delle vittime, con ferite interiori profonde e durevoli che possono talora segnarne la vita intera, tanto più reprensibili, se commessi da ecclesiastici, sia per la violazione della fiducia riposta nella rettitudine della loro condotta, sia per il discredito che ne proviene, sia per la dolorosa antitesi con la dottrina e la morale evangelica, ai quali l'ordinamento penale canonico ha progressivamente reagito attraverso la più precisa ed estesa definizione delle fattispecie, l'aggravamento delle pene e il notevole ampliamento del termine di prescrizione (da ultimo con gli articoli 6 e 7 delle Normae de gravioribus delictis approvate con rescritto del Pontefice Benedetto XVI il 21 maggio 2010);
    con riferimento a tali casi e situazioni, l'instaurazione concordata di forme di collaborazione tra l'ordinamento dello Stato e quello della Chiesa può risultare utile e opportuna, sia per agevolare l'esercizio delle funzioni dei rispettivi organi, sia per conseguire la piena tutela dei valori giuridici e dei diritti delle persone coinvolte, specialmente delle vittime di reati la cui punibilità sia prevista da entrambi gli ordinamenti secondo le competenze a ciascuno proprie,

impegna il Governo

1) ad assumere le necessarie iniziative, in conformità all'articolo 13, numero 2, dell'accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato ai sensi della legge 25 marzo 1985, n. 121, per promuovere la negoziazione di un accordo con la Santa Sede, nella qualità di supremo organo di governo della Chiesa cattolica, che, nel rispetto dell'indipendenza degli ordinamenti civile e canonico e della distinzione della sfera propria a ciascuno riservata secondo i princìpi della Costituzione, disciplini – eventualmente, ove ritenuto congruo dalle Parti, mediante protocollo aggiuntivo al vigente Concordato secondo le procedure di cui all'articolo 7, secondo comma, della Costituzione – gli aspetti della cooperazione e della mutua assistenza giudiziaria tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica nell'esercizio delle funzioni dei rispettivi organi giurisdizionali e, per quanto attiene in particolare alla materia penale, limitatamente alle fattispecie di doppia incriminazione rilevanti per entrambi gli ordinamenti, ferma restando comunque la vigente disciplina del riconoscimento civile delle sentenze ecclesiastiche in materia matrimoniale.
(1-01628) «Civati, Andrea Maestri, Brignone, Pastorino, Marcon».


   La Camera,
   premesso che:
    un elevato livello di protezione dei consumatori e in particolare della salute umana è uno degli obiettivi dell'Unione europea, come sancito anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
    il suddetto obiettivo è perseguito anche attraverso una particolare attenzione alla sicurezza dei prodotti di consumo a disposizione nel mercato interno, ancorché questo comporti alcuni obblighi imposti a fabbricanti, importatori e distributori;
    garantire l'identificazione e la tracciabilità dei prodotti lungo la catena di fornitura è elemento indispensabile a consentire l'individuazione degli operatori economici e l'eventuale adozione di misure correttive efficaci contro i prodotti non sicuri, quali i ritiri mirati;
    i prodotti dovrebbe, pertanto, recare informazioni atte a consentire l'identificazione del fabbricante e, se del caso, dell'importatore;
    l'indicazione del Paese di origine si aggiunge ai requisiti di base di tracciabilità relativi al nome e all'indirizzo del fabbricante. In particolare, essa aiuta ad identificare il luogo effettivo di fabbricazione nel caso in cui il fabbricante non sia rintracciabile o l'indirizzo fornito sia diverso da quello del luogo effettivo di fabbricazione;
    le succitate informazioni danno un significativo contributo alle autorità di vigilanza del mercato nel reperimento del luogo di fabbricazione effettivo e rendono possibili i contatti con le autorità del Paese d'origine nel quadro della cooperazione bilaterale o multilaterale sulla sicurezza dei prodotti di consumo al fine di intraprendere eventuali azioni di monitoraggio;
    la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei prodotti di consumo in discussione a Bruxelles COM(2013)78, prevede, all'articolo 7, l'obbligo, in carico ai fabbricanti e agli importatori, dell'indicazione dell'origine dei prodotti, secondo quanto dispone il codice doganale comunitario;
    l’iter legislativo necessario all'approvazione della proposta, in corso dal 2013, ha evidenziato fin dall'inizio più di una criticità sul suddetto articolo, tanto che, nonostante un primo voto favorevole dell'europarlamento nel 2014, il Consiglio «competitività» per di più presieduto dal Governo italiano, deliberò di procedere ad uno studio tecnico sui costi/benefici dell'obbligo di indicazione dell'origine;
    al fine di superare l’empasse legato alla reticenza di alcuni Stati membri e di evitare lo stallo del provvedimento, sono state avanzate, senza alcun seguito, diverse proposte relative sia ad un'applicazione temporanea e settoriale dell'articolo 7, sia alla possibilità di avviare una discussione su una proposta di compromesso riguardante l'introduzione dell'etichettatura obbligatoria, per un periodo limitato di 3 anni, in 5 settori manifatturieri (calzature, tessile abbigliamento, ceramica, legno arredo e oreficeria) ovvero quei settori che trarrebbero più vantaggi dall'introduzione del « made in» obbligatorio;
    il progetto di un marchio ad uso volontario noto come «contrassegno made in Italy» in discussione presso il Ministero dello sviluppo economico, pur presentando indubbi profili positivi, non può in alcun modo ovviare alla mancanza di una norma comunitaria sull'indicazione del made in;
    in materia di indicazione dell'origine le sensibilità degli Stati membri sono molto diverse, tanto che un numero significativo di essi si è sempre dichiarato a favore dell'introduzione del made in e considerato che l'articolo 20 del Trattato sull'Unione europea prevede la possibilità di instaurare una cooperazione rafforzata nel quadro delle competenze non esclusive dell'Unione;
    con la dichiarazione di Roma adottata il 25 marzo 2017, gli Stati membri hanno ribadito il loro impegno a continuare ad agire congiuntamente, ma se necessario a ritmi e con intensità diversi, procedendo nella stessa direzione, in linea con i Trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desidereranno associarsi successivamente,

impegna il Governo

1) a verificare con urgenza la disponibilità di altri Stati membri ad instaurare una cooperazione rafforzata, aperta a tutti gli altri, nel settore della sicurezza di alcuni prodotti di consumo, con l'obiettivo di introdurre l'obbligo dell'indicazione dell'origine nei settori delle calzature, del tessile-abbigliamento, della ceramica, del legno per arredo e dell'oreficeria e di trasmetterne formale richiesta alla Commissione europea, a norma dell'articolo 329 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(1-01629) «Gallinella, Vallascas, Da Villa, Cancelleri, Fantinati, Gagnarli, L'Abbate, Cariello, Battelli, Parentela, Terzoni, Cecconi».


   La Camera,
   premesso che:
    il 5 maggio 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo che completa l'attuazione della legge delega di riforma organica della magistratura onoraria, n. 57 del 2016;
    il contenuto del decreto era stato in parte anticipato nella relazione sullo stato della giustizia del 2016, provocando come reazione la richiesta di un incontro rivolta al Ministro Orlando da parte di 110 procuratori, intervenuti a tutela della dignità dei magistrati onorari e al fine di individuare misure utili a rendere efficiente l'amministrazione della giustizia;
   il Ministro della giustizia, dopo avere ricevuto la delegazione dei 110 procuratori, ha formulato una richiesta di parere al Consiglio di Stato, chiedendo se fosse stata possibile la soluzione individuata nell'incontro con i procuratori, ovvero procedere a misure di stabilizzazione dei magistrati onorari «con attribuzione dello statuto di pubblico impiegato»;
    alla richiesta di parere, il Ministro allegava una relazione dell'ufficio legislativo, dando atto che «nel giugno u.s. scorso la Commissione Europea ha chiuso negativamente il caso EU-PILOT 7779/15/EMPL nei confronti dell'Italia in merito alla compatibilità con il diritto UE della disciplina nazionale relativa al servizio prestato dai magistrati onorari» (come denunciato da anni dalla categoria), elencando di seguito gli specifici rilievi;
    il Consiglio di Stato rispondeva che l'assunzione a tempo indeterminato nei ruoli dei funzionari della pubblica amministrazione doveva essere attentamente verificata, essendo ammessa dall'articolo 97, comma quarto, della Costituzione in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico;
    nel caso dei magistrati onorari, le condizioni indicate dal Consiglio di Stato ricorrono, in considerazione dei rilievi formulati dalla Commissione europea e delle peculiari necessità funzionali al buon andamento dell'amministrazione, tenuto anche conto che i magistrati onorari sono stati reclutati con un concorso per titoli, di natura tecnico-amministrativa, ovvero di natura aperta e con carattere imparziale e che, nel caso dei precari della scuola, per evitare la sanzione della Commissione europea, l'Italia ha previsto un'assunzione straordinaria anche degli insegnanti entrati nelle graduatorie a esaurimento con un concorso per titoli, proprio come i magistrati onorari;
    il decreto approvato, invece, trasforma tutti i magistrati onorari in lavoratori part-time, impegnati, sulla carta, due volte a settimana, ma, prevedibilmente, di fatto, impegnati anche nel resto della settimana nello studio dei fascicoli e nella redazione delle sentenze per mantenere la produttività attuale, in considerazione dell'organico previsto (8.000 unità), con la conseguenza che si ritiene non sia centrato l'obiettivo della natura occasionale dell'esercizio delle funzioni, a fronte di una retribuzione non solo insufficiente «ad arrivare a fine mese», ma nemmeno proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro svolto (come prescritto dall'articolo 36 della Costituzione), e a fronte del mancato riconoscimento della previdenza tipica dei lavori dipendenti e delle altre tutele sociali (assistenza per malattia e maternità);
    il decreto a giudizio dei presentatori del presente atto di indirizzo si pone in contrasto con il diritto europeo, perché continua a classificare come onorari magistrati che non lo sono, imponendo loro esclusivamente di trovare altre fonti di reddito, attraverso l'ulteriore riduzione della retribuzione e la liquidazione della stessa con frequenza trimestrale, mentre le funzioni onorarie sarebbero tali in quanto diverse da quelle dei magistrati di carriera, come tali idonee a limitare effettivamente l'impegno a non più di una giornata lavorativa alla settimana per un tempo determinato;
    il decreto, pertanto, si ritiene non valga a superare i rilievi della Commissione europea, in particolare non superando secondo i presentatori del presente atto il problema della violazione della clausola 5, punto 1, lettera a) dell'Accordo quadro della direttiva 1999/70/CE (in quanto, a fronte della previsione di procedure concorsuali per il reclutamento di magistrati «di ruolo», per un numero di gran lunga inferiore ai ruoli effettivamente necessari a rispondere al carico di lavoro della magistratura italiana nel suo complesso, autorizza l'impiego dei magistrati onorari in modo reiterato, per svolgere funzioni sovrapponibili a quelle dei magistrati «di ruolo», in risposta a fabbisogni permanenti), né la disparità di trattamento rispetto ai magistrati professionali in materia di retribuzione, di indennità di fine rapporto e di regimi di sicurezza sociale (sempre in violazione della medesima direttiva);
    la giustizia italiana versa in stato di crisi cronica, e si ritiene che il decreto avrebbe una ricaduta senz'altro negativa sulla qualità del servizio, perché prevederebbe una retribuzione insufficiente a fronte dell'impegno richiesto e allo stesso tempo incentiva a raggiungere obiettivi di produttività;
    i giudici onorari in servizio presso i tribunali e i vice procuratori onorari avrebbero annunciato a quanto consta ai presentatori del presente atto di dovere immediatamente ridurre il proprio impegno lavorativo, costretti dalla necessità di trovare altre fonti di reddito per evitare lo stato di indigenza prospettato dal decreto, e i giudici di pace hanno proclamato un mese di sciopero, con la conseguenza imminente di blocco della giustizia, considerato che ai magistrati onorari è devoluta la metà della giurisdizione di primo grado,

impegna il Governo

1) a valutare l'opportunità di ritirare lo schema di decreto attuativo, e, tendendo conto della soluzione individuata dalla delegazione dei 110 procuratori, che prevede la stabilizzazione, creando una figura diversa dal magistrato di carriera, con le attuali funzioni e attribuzione dello statuto di pubblico impiegato, ad assumere iniziative normative affinché siano apportate le relative modifiche alla legge delega in modo da prevedere per il futuro uno statuto del magistrato onorario corrispondente alla natura della funzione, così come prospettata nei lavori dell'Assemblea costituente, ovvero un'attività «che si presta non come attività professionale, ma come una partecipazione spontanea che esce dalle normali occupazioni della propria vita».
(1-01630) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Pastorino, Marcon».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la produzione di pomodoro da industria in Italia si mantiene mediamente intorno ai 5,5 milioni di tonnellate per anno;
    la produzione del pomodoro da industria risulta fortemente concentrata in due zone del Paese: al Sud, nella provincia di Foggia, ed a Nord, nell'area padana (Piacenza, Ferrara, Parma, Mantova, Ravenna e Cremona);
    la provincia di Foggia concentra un quarto della superficie nazionale a pomodoro da industria e circa un terzo della produzione nazionale. In quest'area si coltiva prevalentemente pomodoro a bacca allungata destinato per lo più alla produzione di pomodori pelati;
    nell'ambito del settore aggregato del pomodoro da industria, l'Italia è leader assoluto nell'Unione europea per quanto riguarda il prodotto trasformato ed il relativo valore aggiunto, rimanendo all'avanguardia per la qualità, nell'innovazione di prodotto e di packaging;
    le industrie italiane di trasformazione del pomodoro contano circa 200 imprese con oltre 15.000 addetti e sono distribuite in due principali distretti: il distretto Centro-nord, localizzato tra Toscana e Lombardia, e il distretto del Sud, localizzato principalmente in Campania. Esse trasformano circa l'80 per cento del pomodoro prodotto in Italia ed esportano pelati, passata, polpa, sughi e concentrati, per oltre 750 milioni di euro nei Paesi dell'Unione europea;
    negli ultimi anni il settore ha registrato numerose problematiche, soprattutto a causa della mancanza di programmazione della produzione e per l'assenza di effettivi coordinamenti tra settore agricolo e imprese di trasformazione;
    la mancanza di programmazione ha consentito un aumento delle importazioni di pomodoro dell'11,5 per cento solo negli ultimi due anni, raggiungendo nel 2015 la cifra di 151,5 milioni di chilogrammi, favorendo la diffusione di prodotto di dubbia qualità, anche in ragione della mancanza di trasparenza riguardo all'origine;
    le importazioni rappresentano ormai quasi il 23 per cento del pomodoro italiano se si considera che solo nel 2016 sono state importate 168.443 tonnellate di triplo concentrato di pomodoro (oltre la metà proveniente dalla Cina), e che per ottenere un chilogrammo di tale prodotto sono necessari almeno 9 chilogrammi di pomodoro fresco;
    le criticità del settore si evidenziano soprattutto nel Sud dell'Italia dove è forte il rischio della «fuga» degli operatori. I prezzi sono crollati negli ultimi anni e non di rado i produttori hanno dovuto minacciare di non seminare per le annate di riferimento;
    a rischio è l'intera filiera che nel Sud Italia coinvolge decine di migliaia di agricoltori e quasi un centinaio di stabilimenti di trasformazione, per un giro d'affari annuo compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro;
    il problema più consistente è rappresentato, in gran parte, dalla mancanza di programmazione della coltivazione e spesso i contratti con l'industria di trasformazione non si stabiliscono nei tempi corretti, ossia possibilmente entro il 31 gennaio, lasciando nell'incertezza ed in balia di gravi asimmetrie produttive il relativo comparto agricolo;
    in tali condizioni la parte industriale gioca la sua forza riuscendo ad imporre prezzi spesso non remunerativi alla parte agricola. Quest'ultima è particolarmente debole, perché esposta alle manovre speculative che alcune industrie attuano, riducendo le quantità di prodotto ritirato;
    il Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, prevede, tra l'altro, la possibilità per gli Stati membri di riconoscere le organizzazioni interprofessionali, le quali possono svolgere un ruolo importante facilitando il dialogo fra i diversi soggetti della filiera e promuovendo le migliori prassi e la trasparenza del mercato;
    per essere riconosciute, le organizzazioni interprofessionali devono essere costituite da rappresentanti delle attività economiche connesse alla produzione e ad almeno una delle seguenti fasi della catena di approvvigionamento: trasformazione o commercio, compresa la distribuzione, di prodotti di uno o più settori;
    esse devono essere costituite per iniziativa di tutte o di alcune delle organizzazioni o delle associazioni che le compongono. Inoltre, devono perseguire una finalità specifica, tenendo conto degli interessi dei loro aderenti e dei consumatori. In particolare, esse possono adottare misure atte a prevedere il potenziale di produzione e rilevare i prezzi pubblici di mercato, nonché a contribuire ad un migliore coordinamento delle modalità di immissione dei prodotti sul mercato allo scopo redigendo contratti tipo compatibili con la normativa dell'Unione per la vendita di prodotti agricoli ad acquirenti o la fornitura di prodotti trasformati a distributori e rivenditori al minuto, tenendo conto della necessità di ottenere condizioni concorrenziali eque e di evitare distorsioni del mercato;
    tale normativa è stata da ultimo recepita e ridisciplinata dallo Stato italiano ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91;
    sarebbe auspicabile che anche per il settore del pomodoro da industria del Centro-Sud Italia fosse costituita e riconosciuta una pertinente organizzazione interprofessionale, capace di fare sintesi delle varie problematiche esistenti nei settori della relativa filiera, segnatamente nel comparto della produzione agricola, e di sviluppare misure atte a risolverle e a fare crescere e rendere maggiormente competitive le produzioni agricole ed i relativi prodotti trasformati,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le occorrenti iniziative per fare fronte alle crescenti problematiche che attraversano il sistema della produzione e della trasformazione del pomodoro da industria del Centro-Sud Italia ed, in tale ambito, a favorire la costituzione ed il riconoscimento di un'organizzazione interprofessionale per il relativo settore Centro-meridionale;
   ad adottare una forte iniziativa a livello comunitario per un sistema di etichettatura obbligatoria dell'origine del pomodoro utilizzato in tutti i derivati, compresa la polpa, valido in ambito europeo;
   ad intraprendere le opportune iniziative volte a sostenere il vero made in Italy attraverso la creazione di una filiera agricola italiana, con l'obiettivo di combattere le inefficienze e le speculazioni, di assicurare acquisti convenienti alle famiglie e di sostenere il reddito degli agricoltori.
(7-01259) «Mongiello, Ginefra, Grassi, Cera».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso da diverse fonti di stampa, il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 3 maggio 2017, ha ricevuto a Palazzo Chigi l'imprenditore George Soros;
   il finanziere è ricordato come lo speculatore che nel 1992 costrinse la Banca d'Inghilterra a svalutare la sterlina, guadagnando 1,1 miliardi di dollari e come il protagonista, nello stesso anno, delle speculazioni che causarono una svalutazione della lira del 30 per cento;
   il miliardario, 29o uomo più ricco al mondo per Forbes, avrebbe chiesto allo staff del suo gruppo di investimento uno studio approfondito sull'Italia dal punto di vista finanziario, economico, industriale e politico, teso a valutare eventuali investimenti;
   nonostante l'incontro si sia tenuto in forma ufficiale a Palazzo Chigi, il sito istituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri non ne ha dato alcuna notizia –:
   se il Governo non ritenga opportuno fornire elementi sulla natura dell'incontro e su quali siano stati i temi trattati. (4-16592)


   PETRENGA, GIORGIA MELONI, RAMPELLI, RIZZETTO, NASTRI, MURGIA, TOTARO, LA RUSSA, TAGLIALATELA e CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di adozione definitiva il decreto legislativo che, in attuazione dell'articolo 15 della legge di delegazione europea 2015 (legge n. 170 del 2016) disciplina l'esercizio delle attività di «compro oro»;
   la nuova disciplina interviene in un settore delicato, che ha avuto un grande sviluppo negli ultimi anni, contrassegnati da una persistente crisi economico-finanziaria;
   nella regolamentazione del settore occorre operare un indispensabile e difficile bilanciamento tra le sue specificità e la sua contiguità con altre attività commerciali (tipicamente, le gioiellerie) e tenere conto della necessità di assicurare parità di trattamento a situazioni tra loro analoghe;
   lo schema di decreto legislativo sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari non è sembrato redatto in base ad un adeguato bilanciamento: da un lato, pretende di trattare alla stessa stregua attività tra loro molto diverse e, dall'altro, di trattare e in modo difforme attività in buona parte analoghe;
   in particolare:
    a) si assoggettano alla stessa disciplina sia i «compro oro» disciplinati dalle nuove disposizioni sia gli operatori professionali in oro che intendano esercitare tale attività, quando questi ultimi sono già disciplinati dalla legge n. 7 del 2000 e sottoposti ad obblighi amministrativi e di comunicazione in grado di assicurare la massima trasparenza. Tra l'altro, graverebbe pesantemente su tutti gli operatori l'obbligo imposto dal quinto comma dell'articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di poter disporre liberamente delle merci acquistate soltanto dieci giorni dopo l'acquisto, con evidenti ripercussioni sulla liquidità delle aziende interessate;
    b) le gioiellerie, che compiono in buona parte un'attività sovrapponibile a quella dei compro oro, manterrebbero l'attuale disciplina;
   riguardo alla disparità di trattamento, quello degli operatori «compro oro» sarebbe l'unico settore nel quale vigerebbe un limite all'uso del contante ridotto ad un terzo rispetto a quello vigente per la generalità delle transazioni (1.000 euro a fronte di 3.000) –:
   quali iniziative, nell'immediato, si intendano assumere per rivedere tale disciplina, tenendo conto di quanto esposto in premessa. (4-16595)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in data 9 maggio 2017 a seguito dei prelievi effettuati al Traforo del Gran Sasso, l'Arta ha giudicato l'acqua in uscita non conforme pertanto il Sian dell'Asl di Teramo ha disposto l'uso per soli fini igienici. Per poco più di 12 ore, 300 mila cittadini della provincia di Teramo non hanno potuto utilizzare l'acqua dei propri rubinetti;
   si è trattato per i cittadini della provincia di Teramo di un incubo interminabile, scandito da allarmi e corse ai supermercati, con i principali organi amministrativi e politici del Teramano e della regione mobilitati;
   alle 13,08 del 9 maggio 2017 il dirigente del Sian (servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione) Maddalena Marconi ha emanato l'ordinanza che dichiara non potabile l'acqua che esce dai rubinetti di 32 comuni e che impone a Ruzzo Reti s.p.a. gestore unico del ciclo integrato delle acque nell'ATO Teramano n. 5, la «messa a scarico» delle sorgenti a destra e sinistra del Traforo del Gran Sasso;
   alle 17,47 del 9 maggio 2017 Ruzzo Reti s.p.a. invia una nota alla stampa, informando della situazione e allegando l'ordinanza;
   all'1,56 della notte fra martedì e mercoledì il dirigente del Sian (servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione), Maddalena Marconi, firma una nuova ordinanza in cui revoca la disposizione precedente; pertanto l'acqua può essere destinata a uso potabile;
   le analisi vengono ripetute quattro volte per sicurezza a distanza di un'ora, confermando che i «parametri erano tutti nella norma». Per questi motivi viene emessa l'ordinanza all'1,56;
   in seguito ai fatti accaduti la magistratura ha aperto un'inchiesta per reati ambientali;
   i fatti accaduti però hanno un precedente importante: la prima denuncia fu fatta dal WWF sui problemi dell'acqua del Gran Sasso nel 2002: l'incidente più grave infatti si è verificato il 16 agosto 2002 durante il famoso esperimento Borexino;
   il 28 maggio 2003 la Presidenza del Consiglio dei ministri, all'epoca era Presidente del Consiglio Berlusconi, dispone la nomina del commissario delegato per il superamento della fase emergenziale che sarà di durata ultradecennale;
   gli obiettivi del commissario erano chiari: al primo punto figurava la «messa in sicurezza dei sistemi di captazione dei due acquedotti, per poter consentire la ripresa al più presto possibile all'interno dei laboratori di fisica nucleare degli esperimenti»; occorreva assicurare altresì «la messa in sicurezza dei laboratori» che comprendeva, oltre ai sistemi antincendio, quelli di «rilevazione e di controllo» e, soprattutto, la creazione di «un sistema di raccolta delle acque di percolazione e di scarico che prima finivano nelle fogne senza regimentazione»;
   altro obiettivo che il commissario doveva perseguire era quello della sicurezza delle gallerie autostradali;
   dalla documentazione e dalle descrizioni fornite nel report finale del commissario Balducci la cosa chiara che emerge è che i lavori da 84 milioni di euro servivano ad evitare che le acque, in qualche modo contaminate all'interno del laboratorio, poi, non potessero finire dentro le falde acquifere e dentro l'acquedotto gestito da Ruzzo Reti s.p.a.;
   è da tenere in considerazione che sono state anche apportate modifiche ai progetti definitivi ed effettuate molteplici e costose varianti proprio per migliorare ulteriormente quanto ipotizzato inizialmente prima di mettere mano al «sistema Gran Sasso»;
   il funzionamento dell'ufficio del commissario è costato poco più di 2 milioni di euro, gli studi e le progettazioni sono costate 3,4 milioni di euro, e le consulenze oltre un milione di euro;
   per quanto riguarda le somme erogate a enti terzi a Ruzzo Reti spa sono andati 132.000 euro, a Telecom 609.000 euro e a Strada dei Parchi 3,2 milioni di euro;
   le opere più costose sono quelle per complessivi 22,3 milioni di euro, che hanno riguardato gli interventi di carattere idraulico e ambientale delle gallerie, le opere di drenaggio e l'impermeabilizzazione. L'adeguamento delle reti impiantistiche elettriche è costato oltre 5 milioni di euro; le reti per la ventilazione quasi 10 milioni di euro; la pavimentazione 7 milioni di euro; il sistema antincendio quasi 5 milioni di euro per un totale di 84 milioni di euro;
   il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'articolo 94, prevede che per conservare le caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano, le regioni, individuino le aree di salvaguardia all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda. Ossia tre zone specifiche:
    1) la zona di tutela assoluta è costituita dall'area adiacente le captazioni o derivazioni; deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente a opere di captazione e infrastrutture di servizio;
    2) la zona di rispetto costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata;
    3) le zone di protezione delimitate dalle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico; esse individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree: a) di ricarica della falda; b) emergenze naturali e artificiali della falda; c) zone di riserva;
   è gravissimo che dopo tutti questi anni e le ingenti risorse investite accadano fatti del genere che lasciano molte ombre sulla bontà del lavoro svolto dal commissario e sulla tutela effettiva della salute dei cittadini che attingono a tale bacino idrico –:
   se sia stata valutata la compatibilità della captazione di acque ad uso umano dal bacino idrico di cui sopra con l'attività di ricerca dell'Istituto nazionale di fisica nucleare;
   quale sia lo stato dei lavori per assicurare la messa in sicurezza e la conformità dei locali e delle installazioni dei laboratori e per quali motivi, dopo un decennio di commissariamento e 84 milioni di euro spesi, si siano verificate situazioni come quelle descritte in premessa.
(2-01801) «Pellegrino, Marcon».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è stato rinvenuto un altro lupo ucciso, in questo caso, decapitato presso Pitigliano (Grosseto) e presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana è stata effettuata la necroscopia dello stesso;
   ad oggi il lupo appartiene ad una specie particolarmente protetta come sancito da normative nazionali ed internazionali e con esso tutti gli altri canidi, inclusi gli ibridi fino alle IV generazione, ancorché ibridati con domestici, come previsto dal regolamento (UE) n. 338/1997 così detta normativa Cites. Pertanto i lupi (e le altre specie incluse nella lista) sono da considerarsi protetti e quindi non catturabili, non detenibili in cattività, cacciabili e altro. I lupi quanto gli esemplari che esitano dall'accoppiamento di cani e lupi (i quali appartengono alla stessa specie), definiti ibridi, sono tutelati dalla predetta normativa, senza alcuna possibilità di diversa interpretazione normativa/ecologica;
   appare invece evidente che nel nostro Paese non si è stati in grado di far rispettare tale regolamento e tutte le normative di tutela, inclusa la direttiva «Habitat» in considerazione dei dati relativi alle uccisioni dei lupi: essi sono tutelati solo sulla carta, mentre il bracconaggio viene fomentato, a giudizio dell'interrogante, da inutili quanto costosissimi progetti e da politici, persone che ricoprono ruoli istituzionali e che, in primis, dovrebbero pretendere il rispetto delle normative vigenti;
   le uccisioni dei lupi e dei canidi registrate negli ultimi 4 anni sono moltissime e soprattutto rappresentano la minima parte, presumibilmente, dei lupi realmente uccisi, come riporta con dovizia di particolari e informazioni scientifiche il dossier di La Repubblica;
   a seguito di presunti piani di ricerca sono stati catturati numerosi esemplari di lupo e di ibrido, anche in tana e non si comprende, ancora una volta, con quale possibile autorizzazione in considerazione delle già citate normative vigenti;
   addirittura si parla di cattura di cuccioli in tana e ben prima dei 60 giorni sulla base di considerazioni fenotipiche –:
   se sia stato redatto un documento organico con l'indicazione del numero dei lupi o canidi uccisi per mano dell'uomo negli ultimi cinque anni, grazie alle perizie e alle indagini necroscopiche effettuate da medici veterinari forensi, esperti nel settore specifico;
   come i Ministri ritengano di assicurare il rispetto dei fondamentali valori etici, morali e di tutela contenuti nel principio cardine per cui la fauna selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato e pertanto è patrimonio di tutti e ogni singolo cittadino ne deve poter godere nel rispetto dell'ambiente e di tutta la biodiversità animale e vegetale;
   se i Ministri interrogati siano consapevoli del grave e potenziale conflitto generatosi per effetto di quella che l'interrogante giudica una inaccettabile gestione del problema che peggiorerà di certo se sarà approvato il «piano lupo», posto che potrebbe generarsi, anche un problema di ordine pubblico;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanti esemplari di lupi e ibridi siano stati catturati e costretti alla cattività e con quali metodi, in quali luoghi siano attualmente, con quali autorizzazioni, come siano avvenute queste operazioni e chi li mantenga economicamente ancora in condizioni di cattività, considerato che il tutto appare all'interrogante in evidente contrasto con quanto previsto dal regolamento (Ue) n. 338/1997 e dalle normative vigenti. (4-16582)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di reiterate disinfestazioni effettuate da privati in periodi come i mesi di giugno e luglio (quindi non con finalità di prevenzione sulle larve) e segnalateci da cittadini, in zona Fiumicino-Isola Sacra (in area di parco riserva del litorale) e che dovrebbero avvenire con i criteri stabiliti dal decreto ministeriale n. 274 del 1997, nonché in considerazione delle direttive CEE in materia di biocidi, e degli indirizzi del Ministero della salute sul tema, che prevedono l'utilizzo dei prodotti disinfestanti revisionati ed autorizzati solamente ad «operatori professionali appositamente formati»;
   il decreto 13 aprile 2007, emanato dal Ministero della salute, relativamente alla immissione di sostanze attive (di cui all'allegato I della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo) sul mercato dei biocidi, pone il problema di identificare quale sia la figura del «professionista adeguatamente formato», sia la direttiva comunitaria, sia il decreto del Ministro della salute indicano l'operatore competente e deputato all'uso delle sostanze biocida che sono in corso di autorizzazione alla immissione sul mercato della disinfestazione;
   in considerazione della normativa vigente, l'impresa che eserciti le attività di disinfestazione/derattizzazione deve avvalersi di personale idoneo per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio dell'attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione;
   la norma UNI EN 16636 offre dettagli sui requisiti e le competenze di coloro che forniscono servizi inerenti il controllo delle infestazioni;
   secondo l'ISPRA la deltametrina è tossica se ingerita (H301) e se inalata (H331). È inoltre altamente tossica per gli organismi acquatici (H400), molto tossica per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata (H410);
   numerose sono state e sono le disinfestazioni organizzate da privati cittadini che prevedono l'utilizzo di deltametrina e piretroidi;
   le proprietà oggetto della disinfestazione sopra richiamata insistono nell'area del Parco riserva del litorale laziale. Le disinfestazioni non controllate e non previste nelle modalità corrette esercitano un grave danno e hanno effetti dannosi sulla popolazione animale selvatica e domestica, presente in area parco;
   in considerazione della presenza di animali domestici – anche liberi – sul territorio, come per altro consentito dalla normativa vigente, legge n. 281 del 1991 e legge regionale n. 34 del 1997, si devono prendere le dovute precauzioni per la loro tutela e incolumità, garantendo che nessun animale domestico – sia esso libero o di proprietà – abbia alcun nocumento da simili interventi –:
   se i Ministri interrogati siano informati sul costante uso di queste sostanze nocive anche in aree protette di parchi naturali e della massiccia attività di disinfestazione ad iniziativa privata, non coordinata e non idonea posta in essere dai cittadini e quali iniziative di competenza intendano assumere in merito;
   quali iniziative, anche normative, intendano assumere i Ministri interrogati per garantire le dovute precauzioni a tutela della salute umana e degli animali – siano essi domestici o selvatici – di proprietà e liberi che insistono sul territorio;
   se i Ministri interrogati non intendano promuovere, per quanto di competenza, iniziative per verificare se, come segnalato più volte all'interrogante, tali sostanze tossiche per l'ambiente e tutta la biodiversità, siano state utilizzate in assenza di specifiche autorizzazioni, soprattutto in aree parco e quali siano i danni eventualmente causati da tali attività a persone e ad animali;
   se i Ministri interrogati, alla luce delle ampie e documentate informazioni fornite dall'Ispra e sopra riportate, non ritengano opportuno adoperarsi per comunicare ai cittadini la pericolosità sull'uso delle sostanze sopracitate e se non intendano promuovere un progetto nazionale per la pianificazione di interventi di prevenzione della presenza degli insetti dannosi che sia ecologico e sostenibile. (4-16589)


   REALACCI e BRATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da articoli apparsi su stampa nazionale e locale e social media e da ripetuti allarmi lanciati da associazioni ambientaliste, come Legambiente, Legambiente Veneto, Greenpeace e dal comitato «Acqua Libera dai PFAS», a partire dal 2013, in seguito ad eventi verificatisi negli Stati Uniti in Ohio con il caso Dupont, anche in Europa vennero avviate ricerche su queste sostanze chimiche presenti nell'acqua ad uso umano e agricolo;
   secondo la relazione del febbraio 2017 sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, in Italia, tali sostanze sono da «tenere sotto controllo» per la loro pericolosità perché bio-accumulabili;
   uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche determinò la presenza di Pfas in molte aree d'Italia, ed in particolare in Veneto: regione maggiormente interessata dalla pericolosissima contaminazione da Pfas. È infatti emerso che ben trenta comuni distribuiti tra le province di Vicenza, Verona e Padova sono interessati dall'inquinamento delle acque superficiali e delle falde acquifere dovuto alla presenza di questi inquinanti. Per questo motivo la regione Veneto e l'Arpav sono state invitate illo tempore dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad intraprendere una campagna di determinazione di queste sostanze dannose per l'ambiente e per la salute umana e a svolgere un'attenta analisi della loro diffusione. I Pfas favoriscono neoplasie al rene, al testicolo, diabete, malattie cardiovascolari, Alzheimer;
   a seguito degli studi intrapresi è stata individuata l'azienda «Miteni», nel comune di Trissino, come principale fonte di contaminazione, essendo l'unica azienda in tutto il Nord Est d'Italia a produrre sostanze perfluoroalchiliche. Nel medesimo territorio insistono poi grandi insediamenti conciari e industrie farmaceutiche;
   secondo Legambiente e Greenpeace più di 200 mila persone in Veneto nel 2016 «sono state esposte ad acqua potabile che negli Stati Uniti non è considerata sicura per la salute umana» per la presenza dei composti chimici Pfas, le sostanze perfluoro-alchiliche che hanno inquinato le falde acquifere di gran parte della regione. Vi sono da 200 mila a 450 mila interessati lungo il bacino del fiume Fratta Gorzone se si considerassero i parametri ancor più restrittivi applicati in Svezia;
   in Svezia concentrazioni complessive superiori ai 90 ng/l di Pfas, anche sommando diversi tipi di composti, non sono considerate sicure. In Veneto invece sono consentiti fino a 1030 ng/l di Pfas nell'acqua potabile;
   la Miteni è tuttora in attività e, a quanto risulta agli interroganti, lo stabilimento non è stato oggetto di alcun intervento precauzionale da parte dell'autorità giudiziaria berica;
   anche la relazione sul «Veneto» elaborata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha confermato il grave inquinamento da Pfas delle zone del Vicentino e del Padovano –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare, di concerto con le regioni coinvolte, un'iniziativa urgente per individuare ed eventualmente vietare tutti gli scarichi di Pfas nelle aree colpite dalla contaminazione al di sopra di determinate concentrazioni;
   se non si intenda intervenire per assicurare altre fonti di approvvigionamento idrico ad uso potabile;
   se non si intenda mettere in campo un piano di controllo delle acque potabili e ad uso agricolo con la ricerca dei sopraddetti inquinanti, quali ad esempio Pfas, in tutto il territorio nazionale, estendendola anche ai fanghi di depurazione. (4-16591)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARATTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   circa un mese fa attraverso un'intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, il Ministro della difesa onorevole Roberta Pinotti ha annunciato che nell'area del parco archeologico di Centocelle, sito nel territorio nel municipio V di Roma Capitale, troverà sede il nuovo comando interforze denominato «PENTAGONO»;
   a Centocelle sarebbero in fase di trasferimento dal centro storico circa 2000 persone della Direzione generale degli armamenti che si andrebbero ad aggiungere al personale del comando operativo che gestisce tutte le missioni all'estero e in Italia;
   per la realizzazione del nuovo comando, sarebbero utilizzati parte degli spazi e cubature già disponibili, ma anche nuove strade e infrastrutture che andrebbero ad interferire con le attuali progettazioni ed opere in corso di realizzazione riguardanti il parco archeologico di Centocelle;
   con deliberazione n. 676 del 20 ottobre 2006 la giunta regionale ha approvato il «Piano Particolareggiato in variante al P.R.G. per l'attuazione del Comprensorio Direzionale Orientale di Centocelle, sub comprensorio “Parco di Centocelle” avente destinazione “I” articolo 4 – Legge regionale 36/87»;
   con deliberazione del consiglio comunale n. 220 del 5 novembre 2007 «articolo 2 Legge 15 dicembre 1990, n. 396 recante interventi per Roma Capitale della Repubblica» sono stati impegnati fondi per un importo pari a circa 6 milioni di euro per «la progettazione e realizzazione degli interventi previsti nei comprensori direzionali di Pietralata, Tiburtino e Centocelle – Quadraro, in attuazione degli strumenti esecutivi approvati – Parco di Centocelle» e per «la valorizzazione delle Ville romane» presenti nel parco;
   il parco archeologico di Centocelle rappresenta un ulteriore polmone verde all'interno del sistema ambientale di Roma Capitale, la cui valorizzazione è iniziata con la delimitazione dei primi 33 ettari dell'area, la realizzazione di un'importante zona boscata lungo la via Casilina, (500 alberi), la costruzione di una rete di percorsi ciclabili e di servizio, la sistemazione di oggetti di arredo come lampioni, panchine di legno, rastrelliere per biciclette, cestini portarifiuti, giochi per bambini, nel tempo oggetto di atti di vandalismo che ne hanno comportato una progressiva devastazione e distruzione;
   sull'area insistono vincoli archeologici – paesaggistici (legge n. 1497 del 1939) e di interesse storico-archeologico (legge n. 1089 del 1939) per le importanti preesistenze storiche rinvenute nel corso degli scavi guidati dalla (sovraintendenza comunale risalenti all'VIII, VII sec. a.C. fino al V, VI sec. d.C. che fanno di questa aerea un importante punto di attrazione archeologica e storica della periferia est di Roma –:
   se risultino fondate le notizie apprese a mezzo stampa della prossima localizzazione nell'area del parco archeologico di Centocelle, sito nel territorio del municipio V di Roma Capitale, del comando interforze denominato «PENTAGONO» e se opere ed infrastrutture ad esso connesse non possano pregiudicare i vincoli archeologici e paesaggistici gravanti sull'area, a tutela del suo fondamentale valore storico e culturale che la realizzazione del parco archeologico di Centocelle intende preservare e rendere fruibile. (5-11348)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è noto che l'industria bellica preveda l'utilizzo di animali impiegati a vari livelli e che tale settore sia protetto dal «segreto per ragioni di sicurezza»;
   numerose informazioni provengono da chi ha indagato il settore e da queste si rileva come vengano effettuati test con lanciafiamme, baionette, gas asfissianti e paralizzanti, armi nucleari;
   altrettanto terribile è la ricerca sulla guerra biologica o batteriologica. Lo sviluppo e la sperimentazione di ceppi virali e batterici per provocare epidemie sono tecniche tenute segrete su cui sarebbe il caso di indagare, anche perché cani, gatti e soprattutto primati vengono utilizzati in gran quantità per questi progetti;
   nel luglio del 1983 i giornali americani, a seguito di una approfondita indagine, avevano rese pubbliche le informazioni relative al piano del Pentagono nel quale era previsto l'impiego di circa 80 cani l'anno per la sperimentazione dell'effetto di armi esplosive ad alto potenziale per effettuare ricerche mediche presso l'Università militare di Betheseda (Maryland) e con l'impegno previsto di circa 70.000 dollari;
   anche la Commissione europea non lascia trapelare nulla sui dolorosi esperimenti sugli animali effettuati in Europa con scopi militari. Tra l'altro, la mancata comunicazione di questi impedisce, di fatto, il dovuto scambio di informazioni per evitare il reiterarsi di inutili e ripetitivi esperimenti, come per altro prevede la nuova direttiva europea;
   cavie umane sono utilizzate parimenti per essere irradiate nel corso di esperimenti segreti effettuati negli Usa. Nel 1997 in Usa ammisero che almeno 2.389 persone erano state irradiate a loro insaputa nel corso di esperimenti gestiti dalla USA Army. Scienziati riconobbero che gli esperimenti sugli animali non avevano alcun valore scientifico, tra questi il professor John Simpson, astrofisico, affermò: «Se le ricerche non fossero state intraprese su esseri umani, i danni della radioattività sarebbero attualmente ben più considerevoli»;
   più di recente, un report approfondito della Peta ha diffuso informazioni riguardo una serie di iniziative militari nelle quali gli animali sono utilizzati con diverse finalità. Tale indagine ha scosso anche il Governo al punto di sollecitare i parlamentari a promuovere l'impiego di simulatori in tutte le tipologie di sperimentazioni belliche;
   anche in ragione della recente proroga approvata dal Parlamento di altri tre anni per gli esperimenti su animali per alcol, tabacco, xenotrapianti e sperimentazione bellico-militare è opportuno venire a conoscenza del numero degli animali coinvolti negli esperimenti militari, in quale tipologia di esperimenti e con quali finalità –:
   se e quali iniziative i Ministri intendano assumere per ottemperare ai precetti premei della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, come recepiti dall'articolo 37 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26, secondo cui il Ministero della salute è chiamato «a promuovere lo sviluppo e la ricerca di approcci alternativi che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose, nonché la formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati»;
   se i Ministri non intendano assumere iniziative per risolvere l'evidente contrasto che esiste tra il previsto segreto militare sugli esperimenti in tale ambito e la direttiva che invece richiede la ricerca di approcci alternativi e la riduzione del numero degli animali impiegati negli esperimenti, dal momento in cui la segretezza dei primi impedisce lo scambio e il confronto di informazioni;
   se i Ministri non intendano fornire dati dettagliati e diffondere l'entità dei fondi utilizzati dallo Stato per sostenere la ricerca in ambito bellico e, più, in generale militare che coinvolge animali. (5-11352)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MORANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni articoli di stampa apprendiamo che il capitano del nucleo operativo ecologico dei carabinieri (N.O.E.), Gian Paolo Scafarto, sarebbe stato interrogato dai pubblici ministeri della procura di Roma che lo avrebbero iscritto nel registro degli indagati per il reato di falso ideologico e falso materiale in relazione ad una informativa nell'ambito dell'inchiesta cosiddetta «Consip» da lui redatta il 9 gennaio 2017;
   «mamma mia pure questo» sarebbe stata l'esclamazione che avrebbe utilizzato il capitano del Noe durante l'interrogatorio l'ufficiale del Noe Gianpaolo Scafarto all'ennesimo errore fatto notare dal procuratore Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi;
   se i fatti descritti corrispondessero al vero, ci si troverebbe di fronte ad imprecisioni ed omissioni evidenti che avrebbero, di fatto, compromesso l'intera indagine; molti infatti sarebbero, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, gli errori all'interno del capitolo 17, quello riguardante i servizi segreti: avrebbe, infatti, riferito ai pubblici ministeri della procura di Roma il capitano del N.O.E.: «Debbo riferire che la necessità di compilare un capitolo specifico, inerente al coinvolgimento di personaggi legati ai servizi segreti, fu a me rappresentata come utile direttamente dal dottor Woodcock che mi disse testualmente: “al posto vostro farei capitolo autonomo su tali vicende” che io condivisi»;
   nel corso dell'atto istruttorio il capitano dei N.O.E avrebbe esposto il suo metodo investigativo: «in considerazione delle tecniche di comunicazione dei protagonisti i quali spesso bisbigliavano, accendevano la tv così rendendo l'operazione di ascolto più complessa. Ho elaborato un protocollo di ascolto che dopo la registrazione della conversazione prevedeva tre fasi: un primo ascolto da parte di un operante che redigeva un sunto e le informazioni essenziali della conversazione. Un secondo ascolto da parte di altro operante che verificava contenuto dell'audio dall'altro integrava sunto della conversazione. Un terzo ascolto affidato ad un maresciallo che riascoltava e definiva il brogliaccio»;
   quelle riportate sono solo alcune delle dichiarazioni in merito alla vicenda trattata rilasciate dal capitano del N.O.E Paolo Scafarto durante l'interrogatorio riportate dalla stampa: se fossero confermate si comporrebbe un quadro decisamente grave e inquietante secondo cui potrebbe essere stato il pubblico ministero Woodcock a suggerire a Scafarto un capitolo, sul coinvolgimento dei servizi nella vicenda Consip, poi rivelatosi del tutto privo di fondamento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, adoperarsi, in particolare tramite l'esercizio dei propri poteri ispettivi, affinché sia fatta luce sulla vicenda esposta in premessa. (4-16594)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge del 1986, n. 41, articolo 32, commi 21 e 22, impone, fin dal febbraio 1987 agli enti pubblici sia centrali sia locali, l'adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche, così detti «Peba», strumenti di gestione urbanistica per pianificare gli interventi per rendere accessibili gli edifici pubblici in base alle rispettive competenze; alle persone con disabilità; 
   la citata normativa sui Peba, in particolare l'articolo 32 della legge n. 41 del 1986, comma 21, dispone: «Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle restrizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge»; al successivo comma 22 si stabilisce: «Per gli interventi di competenza dei comuni e delle provincie, trascorso il termine previsto dal precedente comma 21, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nominano un commissario per l'adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche presso ciascuna amministrazione». Detta normativa è stata modificata ed integrata dall'articolo 24, comma 9, della legge n. 104 del 1992 che estende i Peba agli spazi urbani, prevedendo percorsi accessibili e l'installazione di semafori acustici per non vedenti;
   con l'entrata in vigore in Italia della Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 e con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, il diritto alla mobilità, peraltro già sancito dell'articolo 16 della Costituzione della Repubblica italiana, si è qualificato ulteriormente come diritto all'accessibilità ed, in base all'articolo 9 della Convenzione, tale diritto è strettamente correlato alla realizzazione di alcuni dei più rilevanti principi, cui è finalizzata la Convenzione stessa, come sanciti all'articolo 3, vale a dire il diritto per le persone con disabilità alla vita indipendente ed all'inclusione sociale;
   è di tutta evidenza che, dopo 30 anni, oggi la normativa sui PEBA è disapplicata, in maniera rilevante da parte delle amministrazioni centrali e dagli enti locali competenti. Infatti, si stanno moltiplicando esponenzialmente da parte dei media e delle associazioni le denunce della presenza di ostacoli di natura architettonica e sensoriale, le cosiddette barriere architettoniche, che pregiudicano la mobilità delle persone con disabilità e quindi la loro libertà di spostamento in modo autonomo;
   in particolare, è allarmante il pressoché totale mancato rispetto dell'obbligo di redazione dei Peba da parte dei comuni, che viceversa, gestiscono la maggiore parte dei spazi pubblici ed un cospicuo numero di edifici pubblici. Per citare un solo esempio, né Roma né Firenze hanno il proprio Peba), come si evince dai recenti ricorsi, vinti dall'Associazione «Luca Coscioni», per la libertà di ricerca scientifica contro il comune di Roma in rappresentanza di persone con disabilità per discriminazione nei loro confronti per la presenza di barriere architettoniche;
   il comune di Roma non è stato in grado di produrre, nel procedimento, il piano di eliminazione delle barriere architettoniche e, per quanto riguarda Firenze, manca completamente il Peba, essendo individuate soltanto delle barriere senza un programma di abbattimento sistemico e scadenzato, nel tempo, secondo oggettive priorità, che è la precipua funzione di questo piano –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano tempestivamente intraprendere al fine di far rispettare l'obbligo di redazione del Peba previsto dall'articolo 32, commi 21 e 22, della legge n. 41 del 1986 sia da parte delle amministrazioni centrali della Stato sia da parte degli enti locali, prevedendo fornire di intervento sostitutivo ex articolo 120, secondo comma della Costituzione, posto che la materia attiene alla tutela delle prestazioni essenziali del diritto alla mobilità delle persone con disabilità, come sancito dalla Convenzione ONU del 2006.
   (4-16584)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   fonti giornalistiche riportano che il giorno 29 gennaio 2017 una tigre bianca sia fuggita dalla struttura circense (Circo Svezia) attendata presso Monreale, Palermo;
   la tigre, sempre secondo quanto riportato dall'articolo sopracitato e dalle immagini, ovviamente appariva in preda al panico, mentre correva sulla statale tra gli automobilisti. L'articolo riporta anche che il comune non era attrezzato in alcun modo per la cattura dell'animale che, com’è noto, secondo la legge n. 150 del 1992 e successive modificazioni, rientra tra le specie considerate pericolose per la salute e la tutela dell'incolumità pubblica;
   secondo quanto previsto dal regolamento della commissione scientifica Cites del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare redatto nel 2006 si legge: «ciascuna struttura circense o mostra itinerante che detenga specie pericolose deve essere dotata dell'idoneità prefettizia ai sensi della legge n. 150 del 1992»;
   l'idoneità stabilisce le specie ed il numero di animali pericolosi che possono essere ospitati e trasportati. Come richiamato, fanno inoltre parte integrante dell'idoneità, tutti i documenti che attestano il rispetto dei requisiti per il suo rilascio;
   ogni circo o mostra viaggiante deve mantenere un archivio delle cartelle cliniche, accurato e aggiornato per tutti gli animali ospitati, tale da consentire il monitoraggio delle condizioni di salute di ogni individuo;
   le strutture devono disporre di un piano di emergenza da attuare in caso di possibile fuga di tutti gli esemplari ospitati;
   il piano di emergenza dovrà essere concordato con il veterinario referente per la struttura, al fine di garantire l'adeguatezza dei sistemi da adottare e dei farmaci veterinari necessari per l'eventuale sedazione degli animali;
   l'uso dei farmaci anestetici è regolamentata dal decreto legislativo n. 193 del 2006 e possa essere effettuata quindi non solo da un veterinario, ma anche da un veterinario autorizzato ed in possesso del porto d'armi. La telenarcosi è strumento fondamentale per la cattura degli animali esotici-selvatici. Il fucile lancia siringhe per la narcosi è considerata arma da sparo (articolo 2 della legge n. 110 del 1975). Il relativo porto d'armi è pertanto subordinato al rilascio della licenza prevista dall'articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
   è quindi evidente che l'uso di armi da parte di personale non autorizzato, che non sia medico-veterinario è da considerarsi un abuso di professione, come da documento del Ministero della salute del dicembre 2004, con la proposta di una lista dei medici autorizzati;
   andrebbe riconsiderata l'utilità di queste strutture che per l'interrogante nulla hanno di scientifico, educativo, didattico e che, per loro natura, sono ormai obsolete ed evidentemente anche insicure e pericolose per le persone oltre che per gli stessi animali –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in ragione di tali pericolosi episodi per disporre una verifica su tutte le strutture circensi operanti al fine di tutelare la salute e l'incolumità pubblica, dato che questi episodi pericolosi non possono essere considerati incidenti e ovviamente, come la storia pregressa insegna, possono determinare anche gravi e deprecabili conseguenze per gli animali, come ad esempio nel caso della giraffa fuggita dal Circo Orfei ad Imola e barbaramente uccisa;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per contribuire a chiarire lo svolgimento dei fatti di Monreale, verificando che la struttura circense in questione sia in possesso dell'idoneità prefettizia sopracitata, rispetti la normativa in materia e risponda alle indicazioni contenute nel documento della commissione scientifica Cites 2006 per le attività circensi e le mostre faunistiche itineranti, anche alla luce del fatto che, per l'interrogante, la struttura e il comune non sono stati in grado di provvedere alla cattura dell'animale per come dovrebbe essere previsto dal piano di sicurezza del circo. (4-16585)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in seguito a una verifica sui dati relativi al sistema d'accoglienza migranti, sul sito del Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, gli interroganti hanno riscontrato con stupore la sostituzione di 4 dei 6 file – tutti denominati «cruscotto statistico»; seguito dalla variazione della data – presenti alla pagina dove sono rappresentati i dati relativi al fenomeno degli sbarchi e l'accoglienza dei migranti presso le strutture gestite dalla direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo. Ai quattro file sostituiti – relativi al 31 gennaio 2017, 28 febbraio 2017, 31 marzo 2017 e 30 aprile 2017 – originariamente composti da 12 pagine, sarebbero state rimosse tre pagine, che fino a poche settimane fa erano facilmente consultabili da chiunque attraverso il portale del dipartimento;
   la rimozione di dati fondamentali per la trasparenza del sistema di accoglienza in coincidenza delle ispezioni nei centri per supposte infiltrazioni mafiose, annunciate dal Ministro dell'interno, appare come un atto tale da oscurare informazioni relative ai problemi di pessima gestione e di sovraffollamento dei centri. Le pagine mancanti, infatti sarebbero proprie quelle che contenevano i dati inerenti alla suddivisione tra posti Cas e posti Sprar, dimostrando l'eccessivo utilizzo dei primi e l'insufficiente ricorso, invece, al sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati sistema che offre senza dubbio maggiori garanzie da tutti i punti di vista, anche quello della legalità;
   alla data del 12 maggio 2017 i file sulla pagina suddetta presentano al loro termine i caratteri «_0» e «_1», ma eliminando tali caratteri è ancora possibile accedere ai file originali, che evidentemente non sono stati ancora posti offline, ma sono diventati irraggiungibili ai cittadini attraverso il sito –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda chiarire i motivi che hanno indotto alla rimozione dei file originali relativi alla suddivisione tra posti Cas, e posti Sprar;
   se non ritenga opportuno, in linea con gli annunci di trasparenza e legalità, attivarsi per far sì che siano ricollocati sul sito del Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, i file originali completi di 12 pagine, così da permettere a qualsiasi cittadino una loro facile ed esauriente consultazione;
   ai fini di una comparazione dei trend di crescita delle presenze dei migranti nei centri e dei dati generali del sistema accoglienza, se si intendano integrare i documenti presenti riguardanti il 2017, con quelli degli anni precedenti a partire dal 2014. (4-16593)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XIII Commissione:


   ZACCAGNINI e STUMPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2017 un vasto rogo è divampato all'interno della Eco-X, società che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nel comune di Pomezia, sprigionando una colonna di fumo visibile a chilometri di distanza;
   l'Arpa ha registrato, nella giornata del 5 maggio 2017, valori del Pm 10 nell'aria pari a 130, mentre il valore massimo a legislazione vigente è fissato a 50;
   nella giornata del 7 maggio 2017 la procura di Velletri ha disposto il sequestro dell'impianto e ha incaricato l'Arpa di verificare anche il grado di diossina eventualmente sprigionatosi nell'aria;
   il 3 novembre 2016, il comitato di quartiere «Castagnetta Cinque Poderi» di Pomezia, aveva manifestato al sindaco Fucci, il timore che nel piazzale della Eco-X potessero svilupparsi incendi e che da questi potevano derivare danni alla salute e all'ambiente;
   malesseri si sono verificati fra i lavoratori e lavoratrici dell’outlet di Castel Romano, tanto che alcuni sono stati ricoverati e sottoposti a cura cortisonica;
   il sindaco di Pomezia, insieme al commissario straordinario del comune di Ardea, hanno emanato l'ordinanza di divieto di raccolta degli ortaggi e di pascolo degli animali in un raggio di 5 chilometri dal luogo dell'incendio dell'impianto;
   il sindaco Fucci ha firmato, altresì, un'ordinanza che dispone la chiusura di tutte le scuole e l'evacuazione delle case nel raggio di 100 metri dal luogo dell'incendio e di tenere le finestre chiuse nel raggio di 2 chilometri dal deposito andato a fuoco;
   il direttore del dipartimento prevenzione dell'Asl Roma 6 ha confermato la presenza di amianto nelle coperture del tetto dei capannoni andati a fuoco, ma ad oggi non si è a conoscenza di valutazioni degli effetti del calore sulla sostanza;
   fra gli agricoltori di una vasta area che non comprende solo Pomezia è molto forte la preoccupazione per le produzioni sia agricole che dell'allevamento e si fa pressante la richiesta di notizie certe e di azioni di tutela in relazione alla tossicità o meno delle stesse;
   in ogni caso dalla data dell'incendio la domanda dei prodotti agroalimentari e zootecnici è crollata, con conseguenze drammatiche per i produttori e gli allevatori della zona –:
   se non si intendano assumere iniziative per prevedere degli indennizzi o comunque delle compensazioni per quei produttori e allevatori che stanno subendo un crollo pesantissimo delle vendite dei loro prodotti. (5-11353)


   OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, FIORIO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, SANI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2017, nella zona di Pomezia, alle porte di Roma, è divampato un rogo all'interno del deposito di plastiche Eco X, che ha causato una grande nube di fumo nero;
   la procura di Velletri ha disposto il sequestro dell'impianto Eco X e ha incaricato l'Arpa di verificare il livello di diossina eventualmente sprigionatosi nell'aria. I controlli effettuati hanno stabilito che il 5 maggio i livelli di pm10 nell'aria erano quasi il triplo rispetto alla soglia limite;
   i successivi controlli ufficializzati il 12 maggio hanno rivelato una concentrazione di diossine e furani che si sono depositati nel terreno pari a 77,5 psicogrammi per metro cubo, oltre 700 volte la soglia di sicurezza indicata dalla Organizzazione mondiale della sanità;
   a Pomezia le scuole sono rimaste chiuse l'8 e il 9 maggio 2017 e sono stati vietati nelle mense ortaggi e frutta delle zone di Ardea e Pomezia: i due comuni, infatti, hanno emanato ordinanze di divieto di raccolta degli ortaggi e di pascolo degli animali in un raggio di 5 chilometri dal luogo dell'incendio;
   si tratta di un territorio di circa 4mila ettari in cui insistono oltre 150 aziende agricole: gli agricoltori si dicono pronti a distruggere i raccolti se risultassero contaminati, perdendo così il reddito delle coltivazioni e affrontando le spese per procedere alle nuove semine e piantagioni;
   la sicurezza e la qualità dei prodotti sono per queste aziende un fiore all'occhiello, ma il settore è già in difficoltà: la siccità della prima metà di aprile 2017 e il brusco crollo delle temperature a fine mese stanno mettendo a rischio i raccolti di frutta e verdura e i vigneti da Roma a Latina. Per la Coldiretti le perdite ammontano già a 15 milioni di euro e si teme un effetto «psicosi» tra i consumatori;
   l'incendio di Pomezia, insomma, rischia di mettere in ginocchio uno dei più importanti settori per l'economia da Roma a Latina: nell'agro pontino sono attive più di 50mila aziende agricole e oltre 50 cooperative di piccoli e medi produttori, con un fatturato che varia, in base alle dimensioni, da 20 milioni a 200mila euro l'anno –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per sostenere il reddito degli agricoltori colpiti dalla nube tossica che ha interessato la via Pontina e costretti a distruggere i raccolti per il rischio di contaminazione. (5-11354)


   MUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 e 17 aprile 2017 le zone del circondario di Imola sono state colpite da gravi eventi climatici, quali gelate e grandinate;
   i danni provocati dal maltempo sono stati ingenti;
   ad esempio, a Borgo Tossignano sono stati danneggiati tutti i frutteti di albicocche e ciliegie e il 70 per cento della produzione del kiwi, a Castel del Rio il 50-60 per cento del raccolto delle ciliegie e a Fontanelice il 97 per cento degli albicocchi;
   si tratta di numeri che spaventano, ma soprattutto che mettono in ginocchio le aziende che come è noto hanno margini bassissimi sulla vendita dei prodotti agricoli;
   la calamità nella zona del circondario imolese ha colpito oltre 700 ettari di terreno;
   le aziende agricole che sono state colpite gravemente dall'evento sono oltre 80;
   molte di queste aziende trovano difficoltà nell'assicurarsi contro danni di questo tipo, ma ciò non è causato solo da una mancanza di volontà degli imprenditori agricoli. Il problema principale è che assicurarsi è spesso troppo oneroso e le assicurazioni in campo agricolo sono mal gestite;
   il problema è quindi la troppa burocrazia che devono affrontare le aziende per la richiesta di contributi –:
   quali iniziative concrete intenda porre in essere per semplificare le procedure di richiesta contributi e per agevolare la stipula di assicurazioni da parte delle aziende agricole, in modo da permettere alle stesse di tutelarsi. (5-11355)


   MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a luglio 2016 è stata approvata definitivamente la legge 28 luglio 2016, n. 154, che, all'articolo 5, delega il Governo al riordino e alla semplificazione della normativa in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali e, in modo particolare, al comma 2, lettera h), prevede la revisione e l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in coerenza con la strategia nazionale definita dal programma quadro per il settore forestale, di cui al comma 1082 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e con gli impegni assunti in sede europea e internazionale;
   nell'ambito dell'esame parlamentare della stessa alla Camera dei deputati è stato accolto con riformulazione l'ordine del giorno 9/03119-A/016 con il quale si impegnava il Governo pro tempore ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che svolgesse le funzioni di rappresentanza internazionali e comunitarie, di coordinamento e indirizzo istituzionale, per le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia di gestione e programmazione forestale;
   nel maggio 2016, la Commissione agricoltura ha approvato una risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00183 a prima firma di Massimiliano Bernini (iniziative in materia di coordinamento forestale), con la quale si impegnava il Governo pro tempore ad istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una struttura permanente di livello adeguata, dotata di autonomo contingente, per la rappresentanza e la tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale, nonché per il raccordo con le politiche forestali regionali;
   al momento, non risulta agli interroganti che il personale di cui sopra abbia trovato una collocazione che dia ragione degli obiettivi suddetti e delle competenze e delle professionalità in esso riposte e, stando a dichiarazioni di alcuni membri interessati dal trasferimento, si troverebbero all'interno del Ministero senza un incarico definito, senza inquadramento giuridico ed economico e senza una direzione a cui fare riferimento;
   non risulta essere stato ancora adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 177 del 2016 –:
   quali siano i tempi previsti per la costituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di un'adeguata struttura organizzativa in materia di coordinamento forestale nazionale. (5-11356)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione dei veterinari europei (Fve) è un'organizzazione che raccoglie ben 44 organizzazioni di medici veterinari di 38 Paesi europei, per un totale di circa 240.000 veterinari;
   la predetta FVE ha recentemente pubblicato un « position paper» nel quale si richiede chiaramente di «porre fine alla sofferenza degli animali durante i lunghi trasporti»;
   nonostante i progressi compiuti è necessario che si attuino e si rispettino tali precetti che al momento sono, spesso, del tutto disattesi. Le alte temperature durante il giorno e la notte, aggravano ulteriormente la situazione – come riferisce la stessa FVE – e con viva preoccupazione, questa situazione non può andare avanti e l'azione è urgente. La FVE è convinta che, con la buona volontà e il pragmatismo necessario di tutte le parti coinvolte i progressi arriveranno e saranno evitati questi problemi sopraccitati;
   l'FVE suggerisce:
    ai trasportatori di animali di intraprendere un viaggio ben preparato e in conformità con i requisiti previsti del regolamento sul trasporto 1/2005iii. Correre il rischio deliberatamente per gravi problemi di salute e benessere degli animali nei viaggi a lunga distanza quando già all'inizio del viaggio è chiaro che i problemi si possono verificare, non è accettabile;
    alle autorità competenti dei Paesi esportatori di assumersi la responsabilità di una più rigorosa ed uniforme applicazione nonché del controllo del regolamento sul trasporto animali per raggiungere standard accettabili per la salute e il benessere degli animali durante il trasporto;
    alle autorità ai valichi di frontiera di adottare misure pratiche per ridurre il tempo richiesto per l'espletazione delle pratiche al confine per quanto possibile e creare impianti adeguati per lo scarico e la cura degli animali in caso di necessità;
    alle organizzazioni di trasporto degli animali le aziende di sviluppare un sistema di coordinamento per l'arrivo dei camion alla frontiera, ad esempio attraverso la creazione di un sistema di registrazione/prenotazione on-line;
    a tutte le parti coinvolte di scoraggiare il più possibile il trasporto a lunga distanza di bestiame, soprattutto di fronte a gravi problemi di congestione del traffico, con le alte temperature o altre circostanze che potrebbero costituire una minaccia per i requisiti di benessere animale;
    a tutte le parti interessate di prendere la loro parte di responsabilità nella protezione del benessere degli animali e di fare del loro meglio per evitare il riproporsi di problematiche ben note;
   la FVE intende quindi ribadire che gli animali devono essere allevati il più vicino possibile ai luoghi in cui sono nati e macellati il più vicino possibile al luogo di produzione –:
   se i Ministri interrogati intendano prendere in considerazione questo importante documento della Federazione dei veterinari europei e quali iniziative intendano intraprendere per mettere in atto tutti gli interventi necessari per evitare inutili sofferenze agli animali, in spregio alle normative vigenti e al sentimento comune verso gli animali;
   se i Ministri interrogati, in ragione delle sempre più numerose denunce relative alle condizioni di maltrattamento degli animali anche negli allevamenti e di cui la stampa riporta continuamente informazione, non intendano porre in essere uno specifico programma di controlli e verifiche del rispetto concreto dei precetti contenuti, nelle normative vigenti;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover agire in tutte le sedi opportune per evitare definitivamente questi lunghi viaggi della morte, esattamente come suggerisce nel documento la FVE, tenendo conto che il modo più efficace per risolvere il problema è quello di sostituire il trasporto di animali vivi con il trasporto delle carcasse/prodotti di origine animale e che gli animali devono essere allevati il più vicino possibile ai luoghi in cui sono nati e macellati il più vicino possibile al luogo di produzione. (4-16581)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 21 gennaio 2016, Giancarlo Ricci, psicologo e psicoterapeuta, ha partecipato alla trasmissione «Dalla vostra parte», condotta da Paolo Del Debbio su Rete 4. Il titolo della puntata era «Mentre il Parlamento discute la legge sulle unioni civili, il paese si riscopre omofobo ?». In tale contesto, il dottor Ricci veniva presentato come psicologo e si definiva come psicanalista. Nella trasmissione Ricci affrontava tematiche relative al ruolo dei genitori e alla convenienza per i bambini di avere un padre ed una madre;
   l'aver fatto presente la sua qualifica professionale è bastato a far dedurre ad alcuni colleghi che la sua presenza nella trasmissione non avvenisse a titolo personale, come un qualunque professionista, ma che di fatto rappresentasse l'intera categoria degli psicologi. Cosa che non solo non era affatto nelle intenzioni del Ricci, che parlava a titolo puramente personale esprimendo il proprio punto di vista in merito a questioni, che ben sapeva essere complesse e controverse;
   la seconda accusa che gli viene rivolta riguarda alcune cose dette in trasmissione, a proposito del ruolo che madre e padre hanno nello sviluppo psicologico dei figli;
   la terza accusa infine è quella di superficialità, per essere intervenuto in un format televisivo, i cui tempi sono notoriamente troppo brevi per consentire di approfondire le diverse questioni;
   per queste tre ragioni l'Ordine degli psicologi della Lombardia decide di avviare un procedimento disciplinare a carico di Ricci, accusandolo di non avere ammesso esplicitamente i limiti della propria competenza e quindi di non aver mostrato un livello adeguato di preparazione professionale. Il suo comportamento viene quindi definito come contrario al decoro, alla dignità e al corretto esercizio della professione, anche per avere distinto i soggetti in base al loro orientamento sessuale;
   appare piuttosto evidente, a giudizio degli interpellanti, l'artificiosità delle accuse che gli vengono mosse: in trasmissione il Ricci rappresentava solo se stesso e le proprie opinioni, altrimenti è come se ogni volta che un avvocato, un medico, un critico d'arte, intervengono in una trasmissione, ipso facto, rappresentassero le intere categorie corrispondenti ai rispettivi profili professionali;
   in quanto alle dinamiche televisive, ai ritmi e ai tempi con cui vengono condotte, secondo gli interpellanti queste in parte vanno attribuite al mezzo nella sua specificità e in parte al conduttore nella sua libertà e nella sua autonomia professionale. Riguardo alla terza accusa invece, in merito ai contenuti e alle idee espresse dal Ricci, evidentemente queste attendono alla libertà di pensiero e di espressione con cui ogni cittadino affronta le questioni che gli vengono poste;
   se Ricci si dichiara contrario all'ideologia gender e sostiene il ruolo dell'eterosessualità nella procreazione ed educazione dei figli, ad avviso degli interpellanti, questo fa parte del suo bagaglio culturale e probabilmente è il motivo stesso per cui è stato invitato nella trasmissione per esprimere una posizione diversa da quella di chi sostiene la teoria del gender con tutte le relative implicazioni;
   a meno che non si voglia optare per un sistema televisivo con un pensiero a senso unico, il pluralismo culturale resta ad oggi ancora una delle manifestazioni più concrete della democrazia e della libertà di opinione e di espressione, più profondamente tutelate dalla Costituzione –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere, anche di carattere normativo, per assicurare che a tutte le persone iscritte ad un ordine professionale si riconosca il diritto costituzionale di libertà di pensiero e di espressione, che include anche la possibilità di intervenire nelle trasmissioni televisive, se invitati, a titolo personale, senza essere discriminate se il loro pensiero non coincide con alcuni orientamenti del direttivo dell'Ordine e quindi senza correre il rischio che su di loro ricada un procedimento disciplinare.
(2-01800) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'INCECCO, ZAMPA, LENZI, AMATO, MIOTTO, PIAZZONI e GIUDITTA PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il virus respiratorio sinciziale (VRS) è la più frequente causa di infezione delle basse vie respiratorie nei bambini al di sotto dei 2 anni; secondo le linee guida prodotte dalla Società italiana di neonatologia, le patologie collegate al VRS, quale la bronchiolite, costituiscono la principale causa di ospedalizzazione al di sotto del primo anno di vita e comportano un'incidenza della mortalità, nei Paesi industrializzati, sino a nove volte superiore rispetto alle altre infezioni virali;
   la letteratura scientifica è concorde nell'identificare nei neonati prematuri una classe particolarmente esposta ad infezioni gravi da VRS, comportando tassi di ospedalizzazione sino a 4 volte superiori a quelli registrati per i nati a termine;
   nel 1999 l'Agenzia europea del farmaco (EMA) ha approvato la commercializzazione dell'anticorpo monoclonale palivizumab per la prevenzione di infezioni gravi delle basse vie respiratorie, che richiedono ospedalizzazione, causate da VRS, in neonati prematuri con età gestazionale inferiore o uguale alle 35 settimane e con un'età inferiore ai 6 mesi all'esordio dell'epidemia stagionale da VRS (oltre che per i bambini di età inferiore ai 2 anni che sono stati trattati per displasia broncopolmonare negli ultimi 6 mesi);
   su questa base, nel 2000 il Ministero della salute ha ammesso la rimborsabilità in Italia dell'anticorpo monoclonale palivizumab (decreto U.A.C./C. n. 96/2000 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 2000). Ad oggi, l'anticorpo monoclonale palivizumab rappresenta l'unica opzione per la profilassi di gravi affezioni delle basse vie respiratorie causate da VRS nei bambini nati prematuri;
   fino al 2016 – dunque per ben più di 15 anni – conformemente alle indicazioni terapeutiche dell'Ema, nonché alle sopramenzionate linee guida della Società italiana di neonatologia del 2015, il piano terapeutico dell'anticorpo monoclonale palivizumab prevedeva la profilassi per tutti i bambini nati con età gestazionale uguale o inferiore alle 35 settimane e con un'età inferiore ai 6 mesi all'esordio dell'epidemia stagionale da VRS;
   nel 2016, tale piano terapeutico è stato modificato dall'Aifa che, con determina n. 1234/2016 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2016, ha stabilito che la profilassi in Italia con palivizumab può essere rimborsata per i soli bambini nati prematuri con età gestazionale inferiore o uguale alle 29 settimane, entro il primo anno di vita;
   la suddetta modifica del piano terapeutico, che così come impostato si pone in contrasto con una pratica clinica consolidata nel nostro Paese da ormai più di 15 anni oltre che con la posizione e le linee guida delle società scientifiche di riferimento nei campi della neonatologia e della pediatria, non risulta peraltro preceduta da consultazioni con esperti clinici e con le stesse società scientifiche;
   la variazione repentina del piano terapeutico rischia di compromettere la profilassi per una categoria particolarmente fragile quale quella dei neonati prematuri, con circa 2.000 bambini potenzialmente interessati da una modifica della loro terapia e quindi nuovamente esposti al rischio di infezioni ed ospedalizzazioni;
   agli interroganti non risulta, inoltre, la predisposizione da parte delle autorità sanitarie di uno strumento di monitoraggio che consenta di osservare gli effetti della modifica del piano terapeutico in questione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano le ragioni che abbiano comportato la modifica del piano terapeutico per la profilassi dei nati prematuri a rischio di infezione da virus respiratorio sinciziale, senza un adeguato coinvolgimento delle società scientifiche di riferimento;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per garantire il monitoraggio delle terapie contro le infezioni da virus respiratorio sinciziale e la sicurezza di pazienti fragili, quali i bambini nati prematuri. (5-11347)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 24 settembre 2016 ha avuto inizio presso il comune di Lachiarella (Mi) la manifestazione denominata «Palio dell'Oca 2016» organizzata dalla Pro Loco e patrocinata dal comune di Lacchiarella;
   più precisamente in data 11 ottobre 2016 si è svolta una competizione tra le oche, consistente in una gara di velocità tra i detti animali rappresentanti i sette cantoni. Le oche sono costrette a correre in un contesto caotico ben lungi dall'idea di benessere e di rispetto dell'animale. Di fatto vengono inseguite tra ali di folla urlante che non possono che spaventare e sottoporre a stress, oltre che a rischio di lesioni fisiche;
   l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979 prevede che sia attribuita ai comuni singoli e associati la funzione di vigilanza l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e locali relativi alla protezione degli animali;
   a conferma di quanto sopra descritto è stata realizzata una petizione contro il palio dell'oca che ha raccolto oltre 3000 firme in pochi giorni;
   l'articolo 544-ter del codice penale prevede il reato di maltrattamento animale, che, come ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione sez III pen. n. 11606 può riguardare tutte le specie animali e come ampiamente decritto dall'articolo stesso: «chiunque per crudeltà e senza necessità cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche punito con la reclusione da tre mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro»;
   sottoporre l'animale ad una pratica come il palio, in una piazza gremita di gente urlante, certamente non rappresenta la manifestazione etologica del naturale comportamento dell'oca. E, senza dubbio, la partecipazione delle oche al palio ha come conseguenza sofferenze psico-fisiche. E, infatti, per come è noto, l'oca non corre per propria volontà ma incitata dalla folla e costretta con una pettorina, collegata al suo conduttore, a correre. È principio consolidato che «La stimolazione degli animali alla corsa prolungata può configurarsi come maltrattamento»;
   a ciò aggiungasi che l'articolo 47 del regolamento di polizia veterinaria del comune di Lachiarella vieta l'utilizzo degli animali in manifestazioni, spettacoli, gare e rappresentazioni pubbliche e/o private che comportino sevizie e maltrattamenti. Nel caso di ispecie, è pacifico che le oche non corrano di propria volontà ma sotto lo stimolo delle urla, e degli incitamenti della folla e per paura;
   l'interrogante ha presentato regolare esposto presso la procura competente, corredato da relazione peritale medico-veterinaria;
   la legge n. 317 del 2001 attribuisce al Ministro della salute «le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, di coordinamento del Sistema sanitario nazionale, di sanità veterinaria, di tutela della salute nei luoghi di lavoro, di igiene e sicurezza degli alimenti». Il Ministero opera nel contesto istituzionale sancito dalla riforma della Costituzione del 2001, in particolare dell'articolo 117, che ha introdotto la potestà di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni e la potestà regolamentare delle regioni in materia di tutela della salute e in altre discipline di carattere sanitario come la tutela e la sicurezza sul lavoro, l'ordinamento delle professioni, l'alimentazione, la ricerca scientifica –:
   se il Ministro non ritenga di dover intervenire e come per porre fine alla lunga lista di manifestazioni tradizionali, con l'uso di animali, poste in essere nel nostro Paese, spesso anche in spregio alla normativa vigente;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza per assicurare maggiori controlli e verifiche del rispetto della normativa vigente nazionale attenzionando il tema del benessere animale. (5-11350)


   BATTAGLIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da settimane si sta consumando un durissimo scontro all'interno della struttura commissariale per il superamento del debito sanitario della Calabria che paralizza il comparto creando disfunzioni e sgomento tra i cittadini calabresi;
   lo scontro nasce dal decreto emanato dal commissario, dottor Massimo Scura, il 14 marzo 2017 con il quale si autorizza l'assunzione a tempo indeterminato di 600 figure professionali nel sistema sanitario regionale;
   suddetto decreto non essendo stato controfirmato dal sub commissario Andrea Urbani ha aperto uno scontro interpretativo in ordine a poteri e funzioni che regolamentano i rapporti tra commissario e sub commissari che si accompagna evidentemente ad una diversa valutazione di merito in ordine al decreto in questione;
   questo scontro di legittimità e di merito è aggravato anche dal doppio ruolo rivestito da Urbani, recentemente inserito nei ruoli della dirigenza del Ministero della salute, ponendo gravi questioni in ordine alle funzioni della stessa struttura commissariale;
   il Ministero della salute non può assistere silenziosamente ai farraginosi e conflittuali sviluppi burocratici della vicenda, ma ha il dovere di assumere una forte e autorevole iniziativa politica finalizzata ad un definitivo chiarimento –:
   quali iniziative si intendano assumere al fine di superare tale gravissima controversia in atto all'interno della struttura commissariale assicurando l'effettiva attività di vigilanza nell'interesse dei cittadini calabresi che meritano una sanità efficiente e pienamente rispondente alla crescente domanda di salute. (5-11351)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella trasmissione andata in onda il giorno 22 marzo 2017 «Animali come noi», della giornalista Giulia Innocenzi, sono state trasmesse le immagini realizzate all'interno di un allevamento bufalino a seguito di un intervento che ha avuto luogo alla presenza dell'interrogante;
   tali immagini dimostravano come le denunce e gli appelli posti da tempo per un intervento delle istituzioni preposte al controllo e alla verifica della corretta applicazione della normativa vigente in merito non solo alla tutela del benessere animale e contro i maltrattamenti ma anche per la tutela della salute pubblica, non siano stati richiesti perché basati sul sentito dire, bensì su rilievi evidenti di cui andrebbe valutata la rilevanza anche penale;
   è fatto conosciuto che in Campania, ed in particolare nella provincia di Caserta, vi sia la più alta concentrazione di allevamenti di bufale destinate alla produzione per la realizzazione della mozzarella che è anche riconosciuto come prodotto dop;
   è fondamentale rammentare che sussiste, inoltre, una situazione inaccettabile relativamente al fenomeno dell'uccisione deliberata e anche dell'abbandono dei cuccioli maschi vivi di bufalo che non sono stati inseriti nella filiera della produzione zootecnica. La filiera della produzione bufalina prevede, infatti, l'utilizzo del latte prodotto dalle bufale le quali, evidentemente, devono essere ingravidate continuativamente;
   il numero delle nascite dei maschi e il loro inserimento in anagrafe, nel registro zootecnico obbligatorio, è evidentemente un passaggio non rispettato, poiché accanto alle circa 40.000 bufale regolarmente iscritte nell'anagrafe territoriale e munite di conseguente marchio auricolare dovrebbero essere presenti anche circa 15.000 maschi di bufalo negli allevamenti –:
   se, a seguito delle «immagini denuncia» mostrate dalla trasmissione «Animali come noi», i Ministri interrogati intendano promuovere, per quanto di competenza, iniziative immediate e, in caso affermativo, quali;
   se i Ministri siano a conoscenza del fenomeno dell'uccisione e dell'abbandono dei maschi di bufalo e della totale assenza di inserimento dei cuccioli di bufalo in anagrafe, nonostante le evidenze dimostrate anche dalle operazioni dei nas di cui la stampa riporta continue notizie;
   se e come i Ministri interrogati intendano agire per garantire che la produzione della mozzarella non sia causa di maltrattamenti animali e di violazioni evidenti della normativa vigente. (4-16579)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le nutrie provengono dalla fuga e/o dalla liberazione di animali allevati e destinati ad essere utilizzati per realizzare le pellicce «castorino». Quando il mercato si è indirizzato verso l'utilizzo di altre specie, intorno agli anni ‘80, gli allevatori hanno liberato gli animali in natura;
   volpi, lupi, linci, gatti selvatici, gatti randagi, cani randagi, rapaci diurni e notturni, ciconiformi, lucci e colubridi sono predatori naturali delle nutrie;
   le nutrie sono quindi state introdotte in Italia come specie alloctone (hanno origine dal sud America) e poi, una volta libere, si sono naturalizzate, ovvero perfettamente adattate alla vita selvatica e quindi, giuridicamente sono sottoposte alla normativa n. 157 del 1992;
   il collegato ambientale alla legge di stabilità 2016 pone fine agli stermini di nutrie con metodi cruenti come proposto nelle numerose ordinanze comunali poiché obbliga al rispetto dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 e, lo stesso collegato ambientale, passa la responsabilità della loro gestione alle provincie e alle regioni. Tale articolo dispone l'applicazione in via prioritaria dei metodi di controllo ecologici e non cruenti; quindi nessun metodo di uccisione è prevedibile o ipotizzabile. I metodi ecologici devono essere proposti dall'Ispra e, unitamente, l'ente stesso deve anche procedere ad una valutazione sui risultati da essi prodotti, circostanza per circostanza;
   la legge regionale del Veneto n. 15 del 26 maggio 2016 «Misure per il contenimento finalizzato alla eradicazione della nutria (Myocastor coypus)» contempla piani di eradicazione con metodi che prevedono l'uccisione degli animali;
   il concetto di animale inteso come «essere senziente» è contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del 12 dicembre 2007 (articolo 13), dove si afferma che «L'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti»;
   l'utilizzo delle trappole e la soppressione eutanasica degli animali, come già effettuato in passato, non hanno prodotto alcun risultato significativo e sono quindi attualmente vietati e ricadenti sotto le norme del codice penale;
   inoltre, le nutrie sono «incolpate» ingiustamente di distruggere gli argini e fare ingenti danni. La scienza dimostra che purtroppo ciò è dovuto agli ungulati che sono reintrodotti in massa, soprattutto a fini venatori. L'impatto che la nutria può esercitare sulle biocenosi dei luoghi in cui è stata introdotta è ancora poco studiato e non è possibile trarre conclusioni definitive;
   gli studi scientifici dell'Ispra nel 2008, mostrano come l'abbattimento periodico con armi da fuoco provochi una riduzione di capi nell'immediato, ma la popolazione torni poi ad aumentare nel tempo rendendo vane le spese sostenute. Inoltre, l'uccisione con armi da fuoco mette in atto una selezione naturale che fa sopravvivere gli individui più furbi, rendendo le generazioni future sempre più difficili da cacciare –:
   se i Ministri interrogati non intendano promuovere, come prevede la normativa, l'utilizzo di metodi che offrono soluzioni eticamente e scientificamente efficaci e biocompatibili;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno promuovere parallelamente queste azioni:
    a) impedire i ripopolamenti degli ungulati a fini venatori a causa dei danni che questi recano agli argini;
    b) ripristinare gli habitat e l'utilizzo dei metodi ecologici;
    c) favorire lo studio e la valutazione di programmi di sterilizzazione delle nutrie per il contenimento della specie;
   se i Ministri non ritengano opportuno intervenire, per quanto di competenza, per evitare una inutile strage e la diffusione di comportamenti pericolosi anche per la tutela della salute e dell'incolumità pubblica, in ragione della diffusione di progetti di uccisione che prevedono l'uso di armi da fuoco anche in «aree parco».
(4-16580)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono innumerevoli i festeggiamenti religiosi e laici che ancora oggi, in Italia, annoverano la presenza e l'uso di animali appartenenti a specie diverse tra sagre, palii e feste popolari. Gli animali sono forzati a compiere comportamenti innaturali, costretti a competizioni estenuanti o esibiti per essere venduti;
   tra le più note si ricordano la Festa della Madonna delle Galline di Pagani (Sa) nella quale uccelli di varie specie sono legati alla statua della Santa. Colombi, galline e pavoni vengono offerti in dono alla statua il week end successivo alla domenica di Pasqua, costretti ad esser detenuti in anguste gabbie e ricoveri di fortuna per tutta la durata della manifestazione e tra rumori assordanti, fuochi pirotecnici, folla urlante; immobilizzati per le ali, legati con nastri colorati, senza alcuna possibilità di riparo, fuga, accesso all'acqua e al cibo. Tra l'altro, da numerosi filmati è possibile verificare che le ali dei volatili sembrerebbero essere state tagliate per impedirne la fuga;
   nell'edizione 2016 mediante richiesta di accesso agli atti, l'Asl veterinaria di competenza ha asserito di non aver ricevuto dagli organizzatori nessuna richiesta, come sarebbe dovuto avvenire, per l'autorizzazione alla presenza di animali vivi, né di aver rilasciato alcun nulla osta;
   mentre nella «La Festa dei Serpari» che ha luogo il 1o maggio, serpenti appartenenti a diverse specie, vengono utilizzati senza il minimo rispetto delle esigenze proprie delle specie e «sventolati» al passaggio della statua di San Domenico, oppure gettati sulla suddetta statua fino a ricoprirla, senza alcuna possibilità di riparo, fuga, accesso all'acqua e al cibo. Tra l'altro, da numerosi filmati è possibile verificare che i serpenti mordono ripetutamente le mani di coloro che li detengono, nel tentativo di liberarsi, segno evidente del forte disagio sicuramente perché spaventati ed in cerca di una via di fuga. Per questo l'interrogante ha ritenuto opportuno diffidare tutte le autorità dall'uso dei serpenti per la festa dei Serpari del 1o maggio non soltanto per la tutela degli animali, ma anche per la salute e l'incolumità pubblica;
   la caratteristica che accomuna tutte queste manifestazioni è quella di riproporre e tramandare comportamenti nei confronti degli animali che cozzano decisamente con l'ormai consolidato quadro normativo che, oltre a riconoscere gli animali come esseri senzienti, ne configura il delitto di maltrattamento e uccisione;
   oltre che crudeli, tali manifestazioni sono altamente diseducative per i bambini e rappresentano costantemente quello che non dovrebbe essere il corretto rapporto uomo animali. In una società civile non c’è più spazio per manifestazioni in cui l'uso degli animali è legato a tradizioni del passato e da archiviare. Anche la normativa vigente si è infatti dovuta adeguare ad una sensibilità sempre maggiore verso di essi –:
   se il Governo non ritenga opportuno, alla luce del quadro normativo vigente, in armonia con esso e come già fatto per altre tematiche, assumere iniziative, anche mediante circolari e linee guida, per definire specifici criteri per lo svolgimento di tali manifestazioni;
   se il Governo non ritenga necessario, nel frattempo, promuovere una serie di controlli a tappeto per verificare che le manifestazioni e le sagre avvengano nel rispetto dei criteri di benessere animale e delle normative vigenti in virtù delle competenze attribuite al Ministero della salute, come già ampiamente argomentato durante la conferenza nazionale sul benessere animale tenutasi a Roma, il 13-15 aprile 2016. (4-16583)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno 2016 il fatto alimentare riportava gli esiti di alcune indagini poste in essere dal Ministero della salute relativamente alla salubrità delle carni di maiale;
   tali esiti hanno evidenziato: «abbiamo rilevato la presenza di contaminazioni in 300 campioni di carcasse suine esaminate su 5.641, cioè il 5,3 per cento del totale. I risultati ottenuti in fase di autocontrollo hanno dato 232 campioni positivi su 14.368, pari all'1,6 per cento del totale». In altre parole, due terzi dei campioni positivi alla salmonella non vengono individuati in fase di autocontrollo;
   è quindi evidente che il dato sia allarmante e che vi sia un reale rischio anche per la salute pubblica, oltre che per lo stato di salute e di maltrattamento degli animali negli allevamenti: il maltrattamento in senso stretto riconosciuto quale reato dall'articolo 544-ter del codice penale, punisce con la reclusione da tre mesi ad un anno o con la multa da euro 3.000,00 a euro 30.000,00 chi per crudeltà o senza necessità: cagiona una lesione a un animale o lo sottopone a sevizie o comportamenti, fatiche, lavori che siano insopportabili per le sue caratteristiche;
   la stessa pena è prevista per chiunque: somministra ad animali sostanze stupefacenti o vietate; li sottopone a trattamenti che procurano loro un danno alla salute;
   nonostante la citata normativa, secondo la giurisprudenza non è necessario, per la sussistenza del reato, che dai maltrattamenti sia derivata una vera e propria lesione all'integrità fisica dell'animale;
   la Corte di Cassazione, infatti, ha più volte affermato che per la commissione del reato di maltrattamento «non è necessario che si cagioni una lesione all'integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli palimenti» (Cass. Pen., sez. III, 21 dicembre 1998, n. 3914);
   pertanto il reato di maltrattamento può essere ravvisato anche nel caso in cui l'animale sia sottoposto a sofferenze di tipo ambientale, comportamentale, logistico ed operativo;
   la salmonella è una zoonosi che si sviluppa e si diffonde negli allevamenti e che può causare anche infezioni sistemiche rilevanti e molto pericolose, soprattutto per i soggetti più debilitati e fragili, sia per gli operatori degli allevamenti che per gli animali stessi che per i futuri e possibili consumatori;
   lo stesso Ministero della salute ha evidenziato che il sistema di autocontrollo in uso attualmente è del tutto insufficiente e non è in grado di garantire le carni animali suine e, evidentemente, nemmeno il sistema di allevamento;
   la mancata terapia e cura degli animali è da considerarsi un reato previsto dal nostro codice penale –:
   quali siano le iniziative normative urgenti che i Ministri intendano assumere in materia;
   se il Governo possa fornire elementi circa il sistema di prevenzione per la diffusione di zoonosi negli allevamenti italiani;
   quale siano le iniziative che i Ministri interrogati intendano intraprendere in considerazione del potenziale e probabile danno causato all'ambiente dagli allevamenti;
   quali siano le iniziative che i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che, all'interno degli allevamenti, si possano verificare fenomeni di maltrattamento animale;
   se il Governo possa fornire elementi circa la diffusione della salmonella negli allevamenti italiani, in considerazione della sua rilevanza e dei possibili effetti negativi sulla salute pubblica e degli animali. (4-16586)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è ormai diffusa la moda di diffondere in ambiente naturale farfalle acquistate on line in confezioni di esemplari ibernati, da utilizzare a scopo ludico per matrimoni, lauree e altro;
   tali animali quando escono dalla crisalide, vengono congelati e chiusi in bustine trasparenti per far sì che le loro ali non si danneggino. Le bustine sono sistemate in scatole raffreddate con ghiaccio e le farfalle restano lì, «addormentate». Una volta messe nel contenitore da cui saranno liberate, sono esposte al calore che le risveglia e le fa volare;
   questa pratica, diffusa soprattutto negli Stati Uniti si sta diffondendo pericolosamente e sempre di più anche in Italia –:
   quali iniziative si intendano assumere per vietare tale metodo di allevamento e di vendita e successivamente di liberazione in natura, anche in considerazione del fatto che gli animali vengono congelati e costretti in anguste scatole per essere spediti ovunque;
   se sia stato verificato che le specie introdotte in ambiente appartengano a specie autoctone e che la loro immissione sul territorio avvenga nel rispetto delle normative vigenti sulla tutela della biodiversità;
   se i Ministri interrogati abbiano verificato che la cessione a qualunque titolo di questi esemplari avvenga nel rispetto delle normative vigenti sia in ambito sanitario che commerciale e di tutela animale. (4-16587)


   PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i mass media riportano ampiamente le informazioni sul progetto di abbattimento delle capre presenti presso l'Isola Palmaria e voluto dal comune di Porto Venere in accordo con la regione;
   per attuare l'eradicazione delle capre, la regione Liguria ha stanziato 50 mila euro, 13 mila dei quali da riconoscere ad un professionista, che si occupi di confezionare l'operazione ad avviso dell'interrogante «edulcorandone» anche l'impatto;
   secondo il sopracitato progetto, le capre dovrebbero essere prima censite e poi, dopo l'abbattimento, se ne dovrebbe decidere la sorte: consumo umano, produzione di alimenti o lo smaltimento;
   come è noto, è evidente che la normativa vigente ne impedisce l'utilizzo a scopi alimentari, sia umani che animali, poiché gli animali sono privi di marchio auricolare e di regolare controllo sanitario;
   l'opinione pubblica, in gran parte contraria a questa inutile mattanza, ha espresso l'esigenza di poter ricollocare adeguatamente le capre senza dover ricorrere ad una operazione di abbattimento inaccettabile e di dubbia legittimità. In tale direzione, le numerose associazioni animaliste e zoofile nazionali e locali si sono offerte per collaborare alla ricollocazione adeguata degli animali –:
   se i Ministri non intendano assumere ogni iniziativa di competenza per scongiurare inutili azioni come quella descritta in premessa che prevedano l'uso della violenza, quando sarebbe possibile catturare e ricollocare gli animali, posto che tale piano di eradicazione non appare coerente con l'ampia normativa vigente;
   se i Ministri non intendano concertare, con le regioni e gli enti locali, piani di azione preventivi, e con quali strumenti e progetti, per evitare la gestione scorretta degli animali e l'introduzione di specie non presenti in determinati ecosistemi;
   se i Ministri, in ragione della normativa vigente che riconosce agli animali lo status «esseri senzienti», non intendano diffondere, in una specifica campagna, informazioni in merito alle garanzie di tutela del benessere e dei diritti animali che l'attuale normativa vigente prevede, come un Paese civile dovrebbe fare.
(4-16588)


   GAGNARLI, L'ABBATE e GALLINELLA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le aziende aderenti ad Unaitalia, l'associazione di categoria che rappresenta oltre il 90 per cento dell'intera filiera avicunicola, stanno applicando un piano di razionalizzazione dell'uso dei farmaci in allevamento che ha portato ad una riduzione degli antibiotici utilizzati nel settore avicolo;
   oggi è possibile trovare sulle etichette di prodotti avicoli la dicitura «allevato senza uso di antibiotici». Tale dicitura sarebbe riferibile al disciplinare di etichettatura volontaria delle carni di pollame (pollo, gallina, tacchino, faraona, anatra) autorizzato dal Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali nel 2005, di cui è titolare Unaitalia;
   Unaitalia, in risposta ad una domanda posta da un lettore su «il fatto alimentare», spiega che «la dicitura allevato senza uso di antibiotici, previsto dal disciplinare, significa che gli animali non hanno mai, fin dalla loro nascita, ricevuto alcun trattamento antibiotico “e che sia” il disciplinare che il relativo piano dei controlli sono visionati, prima della loro approvazione, anche dal Ministero della salute per gli aspetti di sua competenza (...) Tale circostanza è supportata dalla prova di mancanza di trattamenti nell'apposito registro ove devono essere annotati i farmaci (...) presente obbligatoriamente presso ogni allevamento»;
   da un successivo articolo sempre de «il fatto alimentare» si evince che anche Coop è entrata a far parte del crescente numero di marchi (Fileni, Guidi, Amadori), che propongono pollo allevato senza l'uso di antibiotici;
   il 27 aprile 2017 la stessa Coop a Roma ha presentato, in una conferenza stampa congiunta con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la campagna «Alleviamo la salute», con cui si impegna nel contrasto all'antibiotico-resistenza. L'iniziativa, che coinvolge 1.600 allevamenti avicoli in tutta Italia, prevede però che l'uso di antibiotici sia limitato ai casi di reale necessità ed escluda i farmaci più critici per la cura dell'uomo. I prodotti «senza antibiotici» sono già nei banchi frigo dei punti vendita Coop e comprendono, oltre ai polli, anche altri tipi di carni bianche; in totale, si stima che l'iniziativa riguarderà ogni anno 14 milioni di animali, tra polli e altri avicoli;
   si ritiene che si dovrebbe fare chiarezza tra l'assenza di residui di antibiotici nelle carni vendute e l'impiego di antibiotici durante il periodo di allevamento e che anche la risposta di Unaitalia al quesito del lettore de «il fatto alimentare» e l'annuncio di Coop e Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nella conferenza stampa del 27 aprile 2017 possano ingenerare confusione nel consumatore circa l'utilizzo della dicitura «allevato senza uso di antibiotici» –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno fare chiarezza sul corretto utilizzo della dicitura «allevato senza uso di antibiotici», anche alla luce della campagna «Alleviamo la salute» diffusa sui media, spiegando se la dicitura in etichetta si riferisce solo agli allevamenti in cui, fin dalla loro nascita, non viene mai somministrato alcun trattamento antibiotico, oppure se l'utilizzo della stessa dicitura sia comunque accettato quando c’è stato un uso di antibiotici anche se limitato a casi di reale necessità. (4-16590)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO, BASSO e CAROCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 14 marzo 2017 Ericsson Telecomunicazioni ha aperto la 14a procedura di licenziamento collettivo, in cui sono stati annunciati 315 esuberi in Italia, di cui 61 a Genova; dal 2007 a oggi da 1.200 lavoratori gli occupati sono 600;
   Ericsson sarebbe in corsa per il finanziamento dei seguenti progetti:
    a) Fenice, per un valore pari a euro 19.500.00, per attività di ricerca e sviluppo nel sito degli Erzelli di Genova (interrogazioni n. 5-08931 e n. 5-09272);
    b) FI-PI-LI3, finanziato dalla regione Toscana per un valore di euro 3.450.000 per il biennio 2016-18, che doveva garantire l'occupazione dei lavoratori del dipartimento di ricerca e sviluppo di Pisa, i quali sono stati trasferiti invece nel sito Ericsson di Genova nel gennaio 2017;
   Ericsson ha perso la gara per la gestione della rete Wind-Tre in Italia a favore della multinazionale cinese ZTE, che le potrebbe causare una perdita del 40 per cento del fatturato realizzato in Italia;
   alla presentazione del «piano industriale» di Ericsson alle organizzazioni sindacali il 6 febbraio 2017, l'amministratore delegato ha dichiarato, che, a causa della perdita della gara sopra citata, sarebbe stato necessario l'intervento del Governo, per trovare una soluzione concordata alla fuoriuscita dei lavoratori in esubero, dichiarazioni che appaiono agli interroganti contraddittorie visto che ad oggi Ericsson non apre un confronto con le istituzioni nazionali e locali, rifiutando la possibilità di utilizzare ammortizzatori sociali conservativi;
   questi ulteriori esuberi hanno creato legittime preoccupazioni per i lavoratori del gruppo, in particolare per quelli di Genova –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per avviare un tavolo di lavoro, che coinvolga ZTE, quale azienda vincitrice della gara sopra citata, nonché le istituzioni nazionali e quelle rappresentanti le regioni italiane in cui sono presenti siti della Ericsson, affinché si possa trovare una soluzione che permetta il riassorbimento nella stessa ZTE delle elevate competenze e professionalità che potrebbero uscire da Ericsson, necessarie allo sviluppo e alla gestione delle nuove reti Wind-Tre, in un settore strategico e delicato come quello delle reti dati nazionali e della sicurezza delle reti stesse;
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di acquisire elementi sulle strategie organizzative e di mercato che la multinazionale svedese intende assumere nel nostro Paese, fornendo una chiara indicazione della destinazione e della missione di ciascuno dei siti presenti sul suolo italiano, a partire da quello genovese degli Erzelli, per il quale era stato sottoscritto un accordo di programma. (5-11349)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Rostan n. 4-16558, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zoggia, Nicchi, Zaccagnini, Martelli, Kronbichler, Melilla.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Pastorelli n. 4-12528 del 15 marzo 2016.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Zaratti n. 4-16245 dell'11 aprile 2017 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-11348.