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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 8 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    Agile S.r.L. è un'azienda specializzata nella fornitura di servizi per il settore dell’Information Technology. Nel 2009 è stata dichiarata insolvente e successivamente commissariati (20 aprile 2010) fino alla dichiarazione di fallimento con sentenza del tribunale di Roma. Nel 2015, per il reato di bancarotta fraudolenta, sono stati condannati in primo grado gli allora vertici e proprietari dell'azienda (comminati 9 anni di reclusione per Samuele Landi, ex amministratore delegato, 5 anni Angiolo ed Isacco Landi, 3 anni e 4 mesi per Sauro Landi, tutti membri della famiglia e con ruoli dirigenziali a vario titolo);
    dalla custodia giudiziaria e del successivo commissariamento dell'azienda è derivata la cassa integrazione per i circa 1.200 lavoratori;
    nel 2011, si è aperta la vertenza presso il Ministero dello sviluppo economico. Dopo lo svolgimento di una serie di incontri (4-26 ottobre e 24 novembre 2011) si è proceduto alla sottoscrizione (20 febbraio 2012) di un accordo quadro con regioni, Ministeri competenti, rappresentanti aziendali di Agile, con la società di prodotti elettromedicali TBS group, la quale si è impegnata a ricollocare parte dei dipendenti Agile, circa 220, che sarebbero arrivati a 500 nei due anni successivi al raggiungimento di determinati obiettivi commerciali e di riqualificazione. Altri punti all'ordine del giorno del verbale di intesa: la riqualificazione del personale, mediante corsi finanziati dal Feg (Fondo europeo globalizzazione) su temi inerenti l’Information & communication technology (Ict); l'impegno nel perseguire soluzioni normative tali da prevedere effetti premiali per le imprese che, nell'ambito di gare ad evidenza pubblica, assumano personale proveniente da aziende interessate da procedure concorsuali; infine, la possibilità per alcuni di raggiungere la pensione una volta conclusi gli ammortizzatori sociali;
    con la cosiddetta «legge Fornero» legge n. 214 del 2011, il requisito anagrafico necessario per ritirarsi dal mondo del lavoro si è spostato in avanti, determinando una nuova categoria di lavoratori – nella quale rientrano molti degli ex-lavoratori Agile-Eutelia – i cosiddetti «esodati», senza pensione, né lavoro: un bacino pur tutelato dal Governo, con otto salvaguardie ma non ancora esaurito;
    ad aggravare la condizione dei dipendenti citati – oltre all'endemica crisi di settore – il 12 dicembre 2012, in un successivo verbale al Ministero dello sviluppo economico, sono state esposte alcune criticità nell'espletamento dell'accordo quadro sottoscritto in precedenza. In particolare, la società TBS, in una nota, evidenziava le difficoltà commerciali e i costi superiori al previsto dell'operazione; inoltre, in riferimento al progetto Feg, venivano annunciati ritardi nell'approvazione del progetto da parte della Comunità europea, a causa della mancanza di risorse finanziarie comunitarie sul bilancio 2012. Infine, in merito agli ammortizzatori sociali, si dichiarava la disponibilità ad un ulteriore confronto;
    nel 2013, è stato infatti approvato il prolungamento della cassa integrazione fino al 31 dicembre 2014, senza prospettive di ricollocamento. Alla fine di tale periodo, 740 lavoratori sono stati messi in mobilità dopo l'avvio di un procedimento di licenziamento collettivo;
    il 16 dicembre, 2014, in un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, presieduto da Claudio De Vincenti, Sottosegretario pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il Governo ha manifestato l'impegno alla riapertura del tavolo di crisi Agile-Eutelia, al fine di coinvolgere altri Ministeri ed istituzioni: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della giustizia ed Enea;
    il 2 febbraio 2015, data dell'ultimo incontro ufficiale al Ministero dello sviluppo economico, è stata posta la firma per la realizzazione di un successivo protocollo di intesa con l'associazione Infratel per lo sviluppo della banda larga (poi sottoscritto a settembre 2015), nel quale era prevista la possibilità di concludere accordi con l'associazione Libera, circa il reimpiego di personale nelle imprese sottratte alle mafie, e con Enea, nell'ambito dell'efficienza/recupero energetico;
    il 3 marzo 2015 il Consiglio dei ministri, a dimostrazione degli impegni in materia di Ict, ha approvato il Piano di azione denominato «Strategia italiana per la banda ultralarga» per il conseguimento organico del potenziamento della rete di telecomunicazioni del Paese e per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Agenzia digitale europea;
    il 15 settembre 2015, presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato firmato l'annunciato Protocollo d'intesa per il lavoro e la legalità, alla presenza anche del presidente di Infratel Italia spa Domenico Tudini, del presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel Dina Ravera, dei presidenti delle altre aziende non associate Asstel e dei segretari nazionali di settore di Cgil, Cisl e Uil;
    quest'ultimo atto ha impegnato le aziende al rispetto della legalità e al contrasto del lavoro irregolare, estendendo gli obblighi di trasparenza anche alle imprese sub-appaltatrici e alla tutela delle situazioni di crisi occupazionale dando la priorità, per almeno il 10 per cento dei nuovi assunti, a personale in cassa integrazione straordinaria e/o in deroga, in mobilità o in disoccupazione. Il protocollo prevede anche la costituzione di un Osservatorio con il coinvolgimento di tutte le parti firmatarie per monitorare la concreta applicazione degli impegni previsti nel documento;
    l'impellenza della richiesta è determinata dalla scadenza a dicembre 2017 degli ammortizzatori sociali per una platea di circa 400 lavoratori,

impegna il Governo

in considerazione della grave ricaduta sociale della vertenza Agile-Eutelia, ad assumere iniziative affinché siano garantite nuove prospettive occupazionali agli ex lavoratori dell'Agile-Eutelia, assicurando: il monitoraggio dell'accordo Infracom, rispetto al reimpiego di personale nel progetto di estensione della «banda larga», così come presso le imprese sottratte alle mafie e nei progetti con l'Enea, nell'ambito del risparmio energetico; la valutazione di tutte le possibilità circa la stabilizzazione dei lavoratori che hanno svolto attività di tirocinio presso i tribunali; l'applicazione di ulteriori salvaguardie ai lavoratori più vicini alla pensione e affinché vengano assicurate forme di reddito a chi ha perso qualsiasi sostegno.
(7-01252) «Damiano, Tripiedi, Gnecchi, Giorgio Piccolo, Airaudo, Miccoli, Rizzetto, Polverini, Boccuzzi, Zappulla, Albanella, Martelli, Giacobbe».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro per gli affari regionali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nella costa del sud Sardegna dal giorno 5 maggio 2017 si registra una vera e propria occupazione militare;
   sulla costa cagliaritana, da Pula a Villasimius sono vietati per 15 giorni in immensi specchi acquei i bagni, e le attività di surf, vela, pesca e navigazione;
   decine di navi da guerra, portaerei e sommergibili si fronteggeranno davanti ai luoghi incontaminati delle vacanze del sud dell'isola;
   la Sardegna risulta ancora una volta interdetta, vietata e trattata come una «colonia» di Stato;
   si tratta di veri e propri «giochi di guerra» decisi con grande riservatezza dal Ministero della difesa a quanto consta all'interpellante senza informare il Comipa;
   una decisione senza precedenti quella di utilizzare specchi acquei davanti a Pula, Cagliari – Quartu Terra Mala e Villasimius;
   l'ordinanza della capitaneria di porto è esplicita: gli specchi acquei sono interdetti al fine di consentire lo svolgimento in sicurezza di una esercitazione;
   la capitaneria aggiunge che è necessario interdire l'area al fine di tutelare la navigazione e la vita umana in mare;
   non è un caso che le zone delle esercitazioni in mare avranno le denominazioni anonime dei teatri di combattimento: zona Alfa a Pula, zona bravo a Terra Mala, zona Charlie a Villasimius;
   è sconosciuta la natura dell'esercitazione, ma è altrettanto vero che sull'area cagliaritana stanno convergendo decine di navi da guerra;
   è un vero e proprio affronto alla Sardegna e sardi che si vedono ancora una volta, nel totale silenzio della regione, depredati della propria terra e del proprio mare per «giochi di guerra» che ancora una volta prendono di mira l'isola;
   qualsiasi tipo di esercitazione, secondo l'interpellante, deve essere interdetta e fermata immediatamente, considerato che tale interdizione è grave, perché incide in aree mai sottoposte ad intese e accordi in tal senso;
   si tratta di quello che l'interpellante giudica un vero e proprio abuso da parte dello Stato con il silenzio complice della regione;
   l’«arroganza» dello Stato emerge ancora una volta in tutta la sua gravità sino inibire a maggio inoltrato una porzione di Sardegna rilevantissima sia da un punto di vista turistico che produttivo, vista l'attività di pesca che viene interdetta gravemente su tutta la costa;
   l'esercitazione scattata il 5 maggio 2017 si protrarrà secondo quanto è scritto nell'ordinanza della capitaneria sino al 20 maggio a mezzanotte;
   si tratta di un atto che, a quanto risulta all'interpellante, non è mai pervenuto al Comipa, Comitato misto paritetico, che ha il compito di autorizzare le esercitazioni;
   si tratta di una esercitazione che non risulterebbe mai sottoposta all'attenzione dell'organismo paritetico;
   ciò si configura, secondo l'interpellante, come un atto di una gravità inaudita e che mette in evidenza una regione sistematicamente in balia delle determinazioni del Ministero della difesa e delle gerarchie militari che decidono sulla testa della Sardegna e dei sardi; 
   non era mai successo prima che si utilizzassero aree e porzioni di mare esterne alle già vaste delimitazioni dei poligoni militari;
   il Comitato paritetico è stato letteralmente tagliato fuori da questa decisione che non risulta nell'elenco della programmazione semestrale delle esercitazioni approvata a novembre 2016. Un vero e proprio lesione delle competenze di quelle che appaiono ormai inefficaci istituzionali regionali;
   una regione autorevole chiederebbe l'immediata sospensione di questa vergognosa gestione delle esercitazioni; lo dovrebbe fare per le vie politiche, se avesse credibilità e autorevolezza, ma anche sul piano giudiziario impugnando la stessa ordinanza che stabilisce il divieto di fruizione di arenili e specchi acquei di rilevante importanza;
   è incredibile pensare che a maggio inoltrato si possano interdire anche specchi acquei fuori dai divieti dei poligoni;
   si tratta di un atto che va contrastato sia sul piano istituzionale che giudiziario –:
   se non ritengano di dover fornire chiarimenti su quanto sta accadendo nella costa sud della Sardegna;
   se non si ritenga di dover revocare, in sede di autotutela, il provvedimento di interdizione degli specchi acquei, considerato che, a giudizio dell'interpellante, lede i poteri e le competenze regionali;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per risarcire immediatamente i pescatori per il fermo della pesca imposto;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per fermare ogni genere di esercitazione in Sardegna, in attesa della definizione delle intese con la regione e soprattutto sino alla conclusione delle indagini in corso per i danni ambientali e non solo nei poligoni sardi, da Capo Frasca a Capo Teulada sino ad arrivare a Quirra e Capo San Lorenzo.
(2-01789) «Pili».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'interpellante è venuto in possesso di immagini interne allo stabilimento Keller di Villacidro che testimoniano il gravissimo stato di abbandono degli impianti;
   si tratta di immagini eloquenti di una distruzione costante e continua delle linee produttive, con lo smantellamento di reparti e macchinari di una gravità inaudita uno stato totale di abbandono causato da quella che l'interpellante giudica l'inadeguatezza di amministratori, Governo e regione;
   il 20 gennaio 2015 il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi faceva divulgare uno spot televisivo in cui risultava che la vertenza Keller fosse stata risolta;
   la società nel frattempo era fallita secondo l'interpellante per l'insipienza e l'incapacità proprio del Governo Renzi;
   si trattò di comunicazioni destituite di ogni fondamento proprio per la fine drammatica della società Keller;
   si è assistito inoltre a un'improvvida quanto vana visita prereferendaria del sottosegretario pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri Lotti il quale sabato 24 settembre 2016 teneva davanti allo stabilimento della Keller una conferenza stampa in cui affermava che avrebbe trasferito la vertenza addirittura a Palazzo Chigi;
   il 15 marzo 2017 sono scaduti i termini oltre i quali è prevista la vendita «a spezzatino» della fabbrica di Villacidro, un tempo fiore all'occhiello nella costruzione e nella manutenzione delle carrozze ferroviarie italiane;
   gli impegni e le parole si sono sprecate a tal punto che il presidente del consorzio industriale di Villacidro nei giorni scorsi, nel solco delle improbabili previsioni dei rappresentanti di Palazzo Chigi e della stessa regione, ha immaginato di destinare il sito alla manutenzione dei blindati militari nei carriponte ferroviari proprio della Keller;
   lo stesso segretario della Cgil segnalava l'inverosomiglianza di tutto ciò;
   la Keller Elettromeccanica spa era una tra le più importanti aziende private, interamente italiane, attive nella progettazione, costruzione e revamping di materiale rotabile nell'area industriale di Villacidro, nella provincia del Medio Campidano, nella regione Sardegna;
   negli stabilimenti della Keller, la produzione di materiale rotabile spaziava dal trasporto passeggeri a quello merci, veniva effettuata in due stabilimenti produttivi – il più grande in Sardegna, il secondo in Sicilia – ed impiegava oltre 500 addetti;
   la collocazione strategica dei due stabilimenti situati nell'area centrale del Mediterraneo, l'esperienza, gli specialisti qualificati, i sistemi produttivi di ultima generazione, le apparecchiature di controllo ed il continuo aggiornamento del personale, rendevano la Keller una realtà altamente competitiva;
   la Keller aveva posto obiettivi di rilancio principalmente verso il Nord Africa, comunità di Stati indipendenti (ex URSS), regioni Balcaniche e regioni del Medio ed Estremo Oriente. In questi Paesi, infatti, il tasso di sviluppo del mercato ferroviario atteso per il prossimo futuro è in continuo aumento, grazie ad alcuni importanti fattori, primi tra tutti la crescita della popolazione, l'aumento degli indici di urbanizzazione e l'incremento dell'economia che potrà sostenere investimenti nelle infrastrutture, al pari degli aspetti ecologici; nello stabilimento di Villacidro è attiva la cassa integrazione guadagni straordinaria, in accordo col piano di ristrutturazione aziendale, presentato ai primi di luglio 2010. Il ripristino della piena attività per lo stabilimento sardo di Villacidro era stato previsto per gennaio 2011;
   la Keller ha predisposto e presentato al Ministero dello sviluppo economico il piano industriale dell'azienda per la relativa approvazione con il seguente «via libera» all'accesso al credito bancario di 15 milioni di euro concesso dalle banche; l'erogazione del credito consentirebbe la ripresa della produzione e, di conseguenza, di quel ciclo economico fondamentale per garantire occupazione e sviluppo –:
   se il Governo non ritenga, con somma urgenza, di dover assumere ogni iniziativa di competenza, anche straordinaria, per la Keller e avviare un serio piano di risanamento e rilancio produttivo dell'azienda con la piena ricollocazione di tutto il personale ora senza futuro.
(2-01790) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   GAGNARLI, BONAFEDE, L'ABBATE, BENEDETTI, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, LUPO e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale ha bocciato la riforma della regione Toscana in termini di ampliamento degli ambiti territoriali di caccia (Atc) che scendevano a nove, corrispondenti ai territori delle ex province (con accorpamento di Firenze e Prato), dichiarandola «illegittima»;
   la riforma toscana degli ambiti di caccia prevedeva altresì che, con il piano faunistico venatorio, potessero essere istituti dei sottoambiti, privi di organi, per garantire una zonizzazione più omogenea;
   la Corte costituzionale, con sentenza n. 124 del 2016, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 11, commi 2 e 3 della legge regionale n. 3 del 1994, come modificato dalla legge n. 32 del 2015 in quanto contrasta con la finalità del legislatore statale di volere, attraverso la ridotta dimensione degli ambiti stessi, pervenire ad una più equilibrata distribuzione dei cacciatori nel territorio e conferire specifico rilievo alla dimensione della comunità locale, più ristretta e più legata sotto il profilo storico e ambientale alle particolarità del territorio. Il carattere provinciale dell'ambito voluto dal legislatore toscano, quindi, al quale si lega l'istituzione di sottoambiti privi di funzioni amministrative, tradiva secondo la consulta questa finalità;
   la Consulta indica poi uno standard minimo di tutela della fauna, cui le regioni non possono derogare al fine di valorizzare il ruolo delle comunità ivi insediate e di costituire aree dai confini naturali, anziché soltanto amministrativi;
   successivamente, la regione Toscana si è adeguata alla pronuncia della Corte costituzionale con la legge regionale n. 39 del 29 giugno 2016, recante nuove disposizioni in materia di ambiti territoriali di caccia, che modifica la precedente legge regionale n. 3 del 1994, disponendo quale regime transitorio che ai comitati di gestione degli Atc già esistenti venga affidata la gestione commissariale dei singoli sottoambiti ricadenti nei territori di riferimento, evitando così i profili di incostituzionalità segnalati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota del 21 luglio 2016;
   tuttavia non disponendo nulla in via transitoria sulla ripartizione del patrimonio e dei rapporti giuridici attivi e passivi dai vecchi Atc ai rispettivi sottoambiti di riferimento, di fatto, continuano a rimanere operativi i vecchi Atc oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale. Pertanto, invece di correggere il suo operato, attualmente la regione Toscana lascia tutto invariato quantomeno fino al 31 dicembre, cioè praticamente quasi l'intera stagione, consentendo quindi, di fatto, che si cacci in condizioni di contrasto con la legge quadro (legge 11 febbraio 1992 n. 157) e con una recente sentenza della Corte costituzionale –:
   quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda intraprendere il Governo, per quanto di competenza, con riferimento agli ambiti territoriali di caccia, alla luce di quanto esposto in premessa e in relazione alla citata sentenza della Corte costituzionale. (3-03002)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende che il ristorante «Il Vecchio Mulino» di Casavecchia, Pieve Torina (Macerata), è stato uno dei pochi punti di ristoro rimasti sempre aperti dal 26 ottobre 2016 nella zona gravemente colpita dal sisma;
   all'arrivo dei soccorsi, tale struttura è stata invasa da molte persone che vi hanno trovato ristoro a pranzo e a cena. Tra queste molti erano pompieri giunti da tutta Italia per far fronte all'emergenza e che godono di una convenzione speciale secondo la quale è lo Stato a pagare il vitto;
   sempre da fonti stampa si apprende che le stesse proprietarie del ristorante sono state contattate dai vigili del fuoco per fare la convenzione con i pasti e raccontano le difficoltà che hanno dovuto affrontare per procurarsi le materie prime, anche alla luce del numero dei pasti da preparare quotidianamente;
   le spese sostenute sono state affrontate grazie alle donazioni ricevute. Solo a novembre 2016 sarebbe arrivato il primo e unico pagamento delle fatture, consentendo di rimborsare i fornitori e pagare il personale;
   sembrerebbe, tuttavia, che dopo il pagamento di novembre 2016 più nulla sia stato versato dallo Stato al ristorante –:
   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti, se risulti essere vero quanto appreso da fonti di stampa e quali iniziative di competenza si intendano adottare, in primo luogo, per far fronte al pagamento del debito e, poi, per evitare che si continuino a verificare ritardi nei successivi pagamenti; 
   se vi siano strutture – ed, eventualmente, quante e quali siano – che lamentano la medesima situazione e quali iniziative si intendano adottare anche per queste. (5-11298)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2017 è scoppiato un incendio presso lo stabilimento della «Eco X», Ecoservizi per l'ambiente dal 2014, l'azienda di Pomezia, autorizzata dalla regione come impianto di stoccaggio rifiuti industriali e speciali, pericolosi e non, oltre che di lavorazione della plastica rifiuti speciali, regolarmente dotata di perizia, certificazioni di mezzi e strutture e concessione decennale;
   nel cortile della ditta sarebbero stati presenti anche dei fusti pieni di gasolio per il rifornimento;
   il rogo, di proporzioni gigantesche, ha creato una nube tossica tale da far temere un disastro ambientale e ha mandato il traffico in tilt: è stata chiusa al traffico via Pontina nel tratto che collega Ardea con Pomezia per consentire ai mezzi di soccorso di passare;
   la Asl Rm6 ha chiesto, per ragioni di salute di evitare spostamenti se non strettamente necessari, di tenere chiuse le finestre di abitazioni, scuole, uffici e ospedali, di lavare con molta accuratezza frutta e verdura di propria produzione;
   il sindaco di Pomezia ha immediatamente firmato un'ordinanza di evacuazione di residenti e aziende nel raggio di centro metri e ordinato la chiusura delle scuole entro i due chilometri. È stato vietato il pascolo degli animali che devono essere tenuti al chiuso;
   i dati diffusi dalla Asl hanno confermato la presenza di amianto sul tetto dei capannoni della Eco X di Pomezia;
   l'Ona presenterà un esposto denuncia per il reato di disastro ambientale e assisterà gratuitamente tutti quei cittadini che intenderanno costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni;
   sembra che la pericolosità di questo sito fosse già stata segnalata mesi prima e che lo stabilimento fosse privo di un servizio antincendio all'interno;
   anche nei giorni a seguire, a causa dei continui incendi, è restata alta l'emergenza non solo a Pomezia ma anche sul litorale romano e nella Capitale. È stato evacuato per ore il centro di Castel Romano e sono state sospese le visite guidate alla tenuta di Castelporziano con scuole, ancora chiuse lunedì 8 e martedì 9 a Pomezia;
   la situazione rischia di diventare un'incognita sia per il settore agro-alimentare che per quello turistico-balneare;
   gli effetti sulla salute si vedranno nei prossimi 20-30-40 anni a causa della lunga latenza delle patologie asbesto correlate (mesotelioma, tumore al polmone e altri cancri delle vie aeree e del tratto gastrointestinale) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa; se intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per chiarire le cause dell'incendio e gli effetti sulla popolazione coinvolta, anche in considerazione dello spostamento della nube tossica provocata dai movimenti d'aria atmosferici;
   se la popolazione che vive nelle zone adiacenti all'area dell'impianto sia stata informata preventivamente sui comportamenti da adottare durante le fasi di un incendio e nello specifico cosa sia stato fatto nelle fasi più critiche del rogo di venerdì 5 maggio 2017 e dei giorni a seguire, anche in merito alla viabilità;
   se si ritenga opportuno adottare iniziative precauzionali, in particolare il di vieto di consumo dei cibi prodotti nelle zone circostanti, la pulizia delle strade e dei locali pubblici con getti d'acqua per combattere le fibre di amianto e la dotazione di maschere con il filtro di protezione P3 per evitare l'inalazione delle fibre, come indicato dall'Osservatorio nazionale amianto;
   se ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza per intensificare le verifiche sulla presenza di amianto anche in tutti gli altri siti a rischio, in particolare della città di Pomezia e del territorio circostante;
   quali iniziative intendano adottare in merito alla tutela del settore agro-alimentare e di quello turistico-balneare delle zone interessate e limitrofe;
   se si intendano pubblicare e tenere aggiornati i dati relativi all'inquinamento dell'aria sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (5-11306)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAUSIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 in materia di acque all'articolo 2, punto 33, definisce come inquinamento: «l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana di sostanze che possano nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente» e, al punto 35, definisce come standard di qualità ambientale: «la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente»;
   la medesima direttiva 2000/60/CE, in particolare, prevede quali obiettivi quanto di seguito esposto: all'articolo 1a) è previsto di impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico; all'articolo 1c) è previsto di mirare alla protezione rafforzata e al miglioramento dell'ambiente acquatico, anche attraverso misure specifiche per la graduale riduzione degli scarichi, delle immissioni e delle perdite di sostanze prioritarie e l'arresto o la graduale eliminazione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze pericolose prioritarie;
   la problematica dell'inquinamento da «mercurio e suoi composti» dei sedimenti e del biota della laguna di Grado e Marano, è nota per i suoi effetti ormai da anni (sentenza di danno ambientale all'ambiente lagunare nelle sue diverse matrici emessa dalla Corte di appello di Trieste, contro la Saici di Torviscosa, oggi Caffaro, passata in giudicato già nel 1968);
   il decreto ministeriale n. 367 del 2003 (emanato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, relativo al «Regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose») ha fissato un opportuno valore di concentrazione di mercurio quale standard di qualità ambientale per i sedimenti delle lagune, mentre il decreto ministeriale n. 56 del 2009 ha fissato i «criteri tecnici per il monitoraggio dei corpi idrici» e infine il decreto ministeriale n. 260 del 2010 ha sostituito, adeguandolo al decreto legislativo n. 152 del 2006, il decreto ministeriale n. 367 del 2003, si evidenzia che il valore dello standard di qualità ambientale come sopra definito per il mercurio, ancora oggi previsto, è stato mantenuto di 0,3 mg/kg;
   nel «Manuale per la sedimentazione dei sedimenti marini» edito da Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e redatto a cura di Icram e Apat (2007), ove al punto «criteri di classificazione qualità» per il parametro mercurio è riportato, oltre il livello chimico di base (0,2-0,4 mg/kg), il livello chimico limite che è indicato pari a 0,8 mg/kg, con una possibilità di scostamento del 20 per cento che porta tale valore a un massimo di circa 1,0 mg/kg, per cui per sedimenti con concentrazioni superiori a tale valore non sono previste soluzioni gestionali del loro spostamento tal quali;
   la valenza sanitaria di tale fenomeno di inquinamento da «mercurio e suoi composti» della laguna di Grado e Marano è emersa dalla documentazione esistente, prodotta, in particolare nel maggio 2012 da ISS ove si suggerisce «l'utilizzazione di un range di valori di riferimento per i sedimenti a tutela della salute umana ....», si afferma «in relazione alle specie ittiche, in considerazione dell'elevata capacità di biomagnificazione del mercurio...» e si indica «di adottare un valore di 0,8 mg/kg (strato superficiale-primi 5 cm)»;
   la problematica ambientale di tale fenomeno di inquinamento da «mercurio e suoi composti» da quanto affermato da Arpa del Friuli Venezia Giulia, nei periodici rapporti sullo stato dell'ambiente (2002, 2005, 2012), sino a quanto da ultimo affermato, e di seguito riportato, nella relazione agenziale di caratterizzazione ambientale del settembre 2012 afferma che «...una delle maggiori problematiche attuali è l'impossibilità di traslocare il materiale dragato ai lati dei canali in ottemperanza alla legislazione nazionale», allegata alla delibera di giunta regionale n. 1737 di richiesta di de-perimetrazione dell'area lagunare del sito di interesse nazionale laguna di Grado e Marano da parte della regione Friuli Venezia Giulia al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla base del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 12 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2013;
   la problematica ambientale di tale fenomeno di inquinamento in laguna di Grado e Marano da «mercurio e suoi composti» è stata confermata nel 2012 dall'Ispra che ha testualmente affermato al riguardo che si identifica «uno stato di criticità ambientale diffusa», con percentuale presente solo del 30 per cento, nella forma di mercurio più stabile e meno solubile, «mentre il rimanente risulta di origine diversa, con possibilità più elevate di essere rimesso in circolazione da fenomeni di risospensione e trasferito così alla matrice biotica»;
   dalla medesima citata relazione di caratterizzazione ambientale dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia di settembre 2012 per quanto attiene la concentrazione del mercurio in alcune specie alieutiche, tipicamente lagunari, con riguardo al limite previsto per la commercializzazione di 0,5 mg/kg, i valori medi (0,41 mg/kg) del latterino sono risultati leggermente al di sotto e, nel caso delle orate (0,67 mg/kg), essi sono risultati al di sopra di tale limite per oltre il 20 per cento; al riguardo la deviazione standard ottenuta rispettivamente di +/-0,22 e di +/- di 0,27, ha confermato la significativa presenza di campioni oltre il citato limite nella popolazione analizzata;
   a fronte del valore di SQA indicato per il biota dalla direttiva 2008/105/CE, per il mercurio pari a 20 ug/kg, i valori medi di concentrazione di mercurio sono risultati, nei latterini e nelle orate rispettivamente di 410 ug/kg e di 670 ug/kg, sono superiori nella misura di oltre 20 e 33 volte;
   tra l'altro, a seguito del citato decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 12 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2013, che ha previsto, all'articolo 2, che sono di competenza della regione Friuli Venezia Giulia «le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica della porzione di territorio già compreso nella perimetrazione del sito «laguna di Grado e Marano» non più incluso nella nuova perimetrazione; tali operazioni non risultano formalizzate se non anche realizzate, con conseguente mancata restituzione agli usi legittimi di ampie porzioni areali della laguna, in questi anni in molti punti oggetto di dragaggio dei canali con spostamento di sedimenti inquinati da mercurio tal quali;
   la comunicazione del 10 gennaio 2013 del direttore generale della direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affermava che «si ritiene evidente che una valutazione dello stato chimico per una sostanza idrofoba come il mercurio, effettuata solo sulla base della qualità dell'acqua, non risulta appropriata a causa della spiccata affinità della sostanza per il sedimento, come testimoniato dalla diffusa contaminazione ampiamente documentata da dati storici e sperimentali;
   d'altra parte la stessa direttiva 2008/105/CE sulle sostanze prioritarie introduce il principio secondo cui il monitoraggio dei sedimenti e del biota contribuisce a migliorare la conoscenza dei dati disponibili sulle sostanze prioritarie e sui modi in cui si verifica l'inquinamento... Detto principio recepito nella normativa nazionale, viene ulteriormente recepito nella proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2000/60/CE, stabilendo SQA solo per il biota per alcune sostanze estremamente idrofobe, tra cui il mercurio, che si accumulano nel biota e nei sedimenti e difficilmente vengono rilevate nell'acqua, anche utilizzando le tecniche analitiche più all'avanguardia»;
   la direttiva 2013/39/CE del 12 agosto 2013 che, formalizzando i contenuti di quanto sopra asserito, dal rappresentante ministeriale, afferma che «le conoscenze scientifiche sul destino e sugli effetti degli inquinanti nelle acque hanno subito una profonda evoluzione. Sono disponibili maggiori informazioni sul comparto dell'ambiente acquatico (acqua, sedimenti o biota, di seguito «matrice») in cui è probabile che si trovi una sostanza, e quindi dove si hanno maggiori probabilità di poterne misurare la concentrazione. Alcune sostanze estremamente idrofobe si accumulano nel biota e difficilmente sono rilevabili nell'acqua, anche utilizzando le tecniche analitiche più all'avanguardia. Per tali sostanze è necessario fissare SQA per il biota»;
   la commissione italo-slovena sulla idro-economia dell'Isonzo», nell'ottobre 2014, ha confermato che «l'inquinamento da mercurio» della laguna di Grado e Marano è uno dei maggiori al mondo (come già certificato dalle Nazioni Unite in un documento del 2013), con un intrappolamento di almeno 250 tonnellate di mercurio provenienti dalla località di Idria in Slovenia, cui vanno aggiunte anche le 186 tonnellate scaricate dall'impianto Cloro-Soda di Torviscosa, come riaffermato nel 2012, da Arpa del Friuli Venezia Giulia nel suo rapporto sullo stato ambiente regionale, per un totale di oltre 400 tonnellate complessive scaricate e nella quasi totalità pervenute nella laguna di Grado e Marano;
   non è dato conoscere quali iniziative operative formali di interesse transfrontaliero, oltre le attività ordinarie della commissione italo-slovena sull'idro-economia dell'Isonzo, siano state condotte dal Governo italiano e dalla regione Friuli Venezia Giulia per contenere, ridurre ed eliminare, l'inquinamento da mercurio dei sedimenti dal fiume Isonzo provenienti in Italia dalla Repubblica di Slovenia e causa di inquinamento della laguna di Marano e Grado, avendo ravvisato evidentemente insufficiente, per il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla direttiva 2000/60/CE, il solo monitoraggio degli effetti peraltro preoccupanti sulla matrice biota, come in realtà avviene;
   riguardo l'attuazione in Italia della direttiva 2000/60/CE, nella recente richiesta Eu Pilot 7304/15/ENVI, del 22 gennaio 2015 in materia di «incompleto monitoraggio ed incompleta valutazione dello stato di qualità delle acque» sono state evidenziate le seguenti carenze in particolare: «metodo fauna ittica non ancora elaborato e non intercalibrato», «monitoraggio carente e mancata valutazione degli inquinanti specifici», «insufficiente monitoraggio delle sostanze prioritarie», «SQA per il mercurio» e, inoltre, riguarda, «SQA per il mercurio» per le acque:
    «la procedura con la quale è stato comparato il livello di protezione dello SQA delle acque pari a 0,03 ug/l con il SQA del biota definito dalla Direttiva è discutibile; la metodologia utilizzata per convertire il mercurio totale in metilmercurio nella colonna d'acqua sembra ignorare il processo ben documentato, di metilazione che avviene nell'ambiente. Inoltre il presunto rapporto percentuale di 0,5-5 per cento metilmercurio sul mercurio totale nella colonna d'acqua è pari a metà di quello riportato nella scheda tecnica del 2005 (1-10 per cento) sulla base del quale è fissato lo standard UE»;
    «il fattore di bioconcentrazione usato è il più basso del largo range che appare nella scheda tecnica del 2005 (rif: pag. 15 della scheda tecnica del 2005 ...»;
    «quanto sopra riportato rende estremamente discutibile la scelta di tale standard di Qualità Ambientale delle acque per il mercurio ...»;
   riguardo ai fenomeni di inquinamento da «mercurio e sua composti» in essere nel Friuli Venezia Giulia, dove nella laguna di Grado e Marano si sommano due fonti puntuali di origine antropica, di cui una transfrontaliera, non paiono essere esaminati analiticamente i processi, oltreché di tossicità acuta, anche di cronicità degli effetti;
   proprio per il grave stato di inquinamento da «mercurio e suoi composti» riscontrato in tale laguna era stata perimetrata al suo interno una ampia area come Sin laguna di Grado e Marano, già nel 2003, e che tale area è stata riconfermata (nel 2011) all'interno del piano dei siti inquinati della regione Friuli Venezia Giulia, ancora oggi vigente, con obbligo di risanamento dei sedimenti lagunari inquinati, cui invece ad oggi non è stato dato alcun seguito;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 84 del 15 maggio 2015 indica quale riferimento in materia di dragaggi il citato documento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini», definita «unica fonte statale recante la disciplina del semplice spostamento di sedimenti in ambiente sommerso», ribadendo, così e anche in più punti, il ruolo dello Stato e dei suoi organismi tecnici di riferimento riguardo la competenza esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente»;
   tali norme tecniche contenute nel citato manuale si propongono di «sintetizzare le azioni da intraprendersi per una gestione ecosostenibile della materia relativa alla movimentazione di materiale sedimentario in ambito costiero», tenuto conto della «diffusa presenza di contaminanti contenuti nei sedimenti dei fondali» che impone «una approfondita conoscenza della natura e dell'origine dei sedimenti e un'attenta analisi delle loro caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche»; esse acconsentono inoltre allo spostamento dei sedimenti tal quali solo in presenza di determinati valori di concentrazione dell'inquinante, che, nel caso dei sedimenti oggetto dei dragaggi condotti recentemente nella laguna di Grado e Marano, per il parametro mercurio, risultano largamente superati;
   nella laguna di Grado e Marano sono in corso, da oltre due anni, dragaggi di sedimenti inquinati da mercurio con loro spostamento tal quali all'interno della stessa laguna, in applicazione dell'articolo 185, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 non acconsentiti ai sensi del citato manuale per le alte concentrazioni presenti di «mercurio e suoi composti»;
   tali interventi di dragaggio sono per l'interrogante in palese contrasto a quanto previsto, oltreché dal già citato manuale per la movimentazione dei sedimenti marini del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche dal piano dei siti inquinati del Friuli Venezia Giulia ad oggi vigente e che, a giustificazione dell'operare in difformità a un tanto richiamato fatto della «non pericolosità» di tali sedimenti, nulla rileva, a quanto consta all'interrogante, riguardo le indicazioni tecniche di riferimento e le, cogenti, norme di attuazione del piano di settore, sopra citati;
   i documentati valori di concentrazione di «mercurio e suoi composti» nel biota, sono stati rilevati oltre il limite previsto per la commercializzazione per alcune specie di pescato;
   è stato affermato dal Sottosegretario di Stato all'ambiente, il 9 giugno 2015 nella sua risposta scritta alle interrogazioni degli onorevoli Pellegrino e onorevole Causin, ultime di diverse interrogazioni parlamentari sul tema, che si riteneva necessario impegnarsi al riguardo a «valutare con le proprie strutture tecniche, con l'ausilio di ISPRA, la correttezza della gestione dei sedimenti dragati in relazione sia agli interventi realizzati che a quelli in programma di realizzazione»;
   il decreto legislativo n. 172 del 2015 di recepimento della direttiva 2013/39/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, ha previsto all'articolo 1 la modifica dell'articolo 78 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che riguarda gli standard di qualità ambientale, per le acque superficiali che si applicano come indicato alla tabella 1/A per la colonna d'acqua e il biota, e alla tabella 2/A per i sedimenti, standards per i quali per la sostanza «mercurio e suoi composti» sono indicati rispettivamente i valori di 0,07 ug/l, di 20 ug/kg e di 0,3 mg/kg s.s;
   al riguardo in particolare il citato valore 0,3 mg/kg s.s. di standard di qualità ambientale previsto per i sedimenti riguardo la concentrazione dell'inquinante «mercurio e suoi composti» si perpetua immutabilmente nella normativa nazionale, come derivato da quella comunitaria, da ormai oltre 10 anni;
   anche la legge n. 221 del 2015 («Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali») e, in particolare, l'articolo 78 (Modifica all'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di dragaggio), dove anche per sedimenti non pericolosi è previsto il «refluimento all'interno di casse di colmata, di vasche di raccolta, o comunque in strutture di contenimento o di conterminazione realizzate con l'applicazione delle migliori tecniche disponibili in linea con i criteri di progettazione formulati da accreditati standard tecnici internazionali adottati negli Stati membri dell'Unione europea e con caratteristiche tali da garantire, tenuto conto degli obiettivi e dei limiti fissati dalle direttive europee, l'assenza di rischi per la salute e per l'ambiente»;
   ancora ad oggi non è stato licenziato lo schema di decreto recante «modalità per il rilascio dell'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini o salmastri ai sensi dell'articolo 109, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152»;
   l'interrogante rileva la oggettiva debolezza scientifica e amministrativa dei pareri redatti dall'Agenzia per l'ambiente del Friuli Venezia Giulia, in questo ultimo triennio, riguardo il dragaggio dei sedimenti inquinati in laguna di Grado e Marano, espressi, per l'interrogante, ignorando la abbondante documentazione scientifica disponibile in materia con riguardo specifico ai luoghi della laguna di Grado e Marano, come anche le norme giuridiche e finanche la sopra citata sentenza n. 84 della Corte costituzionale;
   a giudizio dell'interrogante la suddetta agenzia opera un'interpretazione burocratica del suo ruolo, sembrando più impegnata a garantire l'effettuazione rapida degli interventi di dragaggio che gli effetti sull'ambiente e la salute causati dalla rimovimentazione tal quali in loco o a breve distanza di sedimenti inquinati dar mercurio; si rileva, in particolare, l'unico richiamo di tali pareri all'articolo 183, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006, evidentemente difforme al corpo normativo vigente se non palesemente errato e certamente non allineato ai recenti princìpi in materia di green economy come di economia circolare di recente emanazione a livello comunitario come nazionale;
   la sentenza n. 84/2015 della Corte costituzionale nemmeno cita l'articolo 183, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 di cui sopra, assumendo come unico riferimento «le norme tecniche contenute nel citato Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini redatto per conto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare», che non si ritiene possano essere ancora ignorate, con il rischio concreto, per l'interrogante che gli interventi di dragaggio citati siano stati causa di danno ambientale agli ambiti della laguna di Grado e Marano, in gran parte protetti da norme internazionali e comunitarie di alta valenza ambientale;
   in conclusione, il complesso delle normative nazionali e comunitarie di valenza ambientale e sanitaria, vigenti in materia di dragaggi e qualità delle acque, e in particolare la legge n. 68 del 22 maggio 2015, all'articolo 1, comma 1, all'articolo 452-quater e all'articolo 452-quinquies, si riferiscono a «disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente», con particolare, riferimento ai delitti di inquinamento ambientale, quali disastro, compromissione e alterazione dello stesso ambiente, in generale; nel caso particolare, tali norme possono essere applicate con riferimento alla situazione della laguna di Grado e Marano –:
   se, alla luce dei documenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (2007) dell'Istituto superiore di sanità (2012) dell'Ispra (2012) e dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia (2012) e della normativa vigente, e, in particolare, agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE, e successive modificazioni e integrazioni che appaiono all'interrogante reiteratamente non considerati, gli interventi di dragaggio condotti da quasi tre anni in laguna di Grado e Marano, previsti con spostamento di sedimenti tal quali in diverse aree della stessa, come recentemente eseguiti e in atto, come assicurato dalla Sottosegretario di Stato all'ambiente siano stati valutati dalle strutture tecniche del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in quali forme tempi e metodi, e quale esito e iniziative ne siano sortite, anche in relazione alla citata recente sentenza n. 84 della Corte costituzionale.
(4-16508)


   LEVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comitato «Volturno Valley», con riferimento al progetto di costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Volturno, si è rivolto alla regione Molise, alla Soprintendenza archeologica per le belle arti e il paesaggio (Sabap) del Molise, nonché alla direzione del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise;
   nel testo della nota si afferma: «È noto che, il decreto ministeriale 28.7.1976 ha dichiarato “di notevole interesse pubblico” una zona che include, tra gli altri Comuni, anche Cerro al Volturno e Rocchetta la Volturno. Ciò comporta che occorre presentare alla Soprintendenza qualunque progetto di opere che possano modificare l'aspetto della località. Sappiamo, dunque, che codesta Soprintendenza dovrà esprimere il parere di sua competenza non appena l'Arpa Molise avvierà l’iter procedurale relativo alla richiesta della ditta SEA che intende costruire una centrale idroelettrica. È da notare che il progetto della centrale ricade nell'ambito del “Sito di Interesse Comunitario” (SIC) IT212128 denominato “Fiume Volturno dalle sorgenti al fiume Cavaliere”, cioè un corridoio ecologico che si sviluppa lungo il tratto superiore del fiume Volturno, del quale va considerata l'importante funzione, con possibile necessità anche di procedure di Valutazione Impatto Ambientale (VIA). Un apposito cartellone è stato affisso a cura della Regione nei pressi della strada statale 158 a poche decine di metri dal fiume Volturno: “REGIONE MOLISE – Area contigua Del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise – versante molisano prov. di Isernia – articolo 32 legge 6.12.1991 n. 394 – delib.G.R. 802 del 29.7.2008 – AREA DI ECCEZIONALE PREGIO AMBIENTALE”»;
   tale materia ha dei collegamenti con l'attuale procedimento di avvio dell'auspicato parco archeologico di San Vincenzo al Volturno. Infatti, la costruenda centrale si troverebbe, qualora venisse costruita, a qualche centinaio di metri dalla abbazia e dal parco che sarà realizzato intorno ad essa. Del resto, la competente 4a commissione consiliare della regione ha posto tra gli obiettivi del costituendo parco archeologico, anche la tutela ambientale del territorio di riferimento, il miglioramento dell'ecosistema naturale, il rispetto ecologico, naturalistico e paesaggistico, nonché quello del sistema idrico del Volturno;
   i cittadini della valle del Volturno, con una vasta mobilitazione, hanno presentato alla regione Molise una petizione popolare, firmata da quasi la metà degli elettori di Cerro, per bloccare l’iter che autorizza la costruzione della centrale;
   la realizzazione della centrale lederebbe irreversibilmente tutte le peculiarità ambientali ed il microclima della zona di intervento. Occorre tenere conto delle caratteristiche idro-morfologiche del fiume Volturno tra il punto di prelievo e il punto di restituzione dell'acqua: questo tratto del Volturno è caratterizzato da una varietà del letto del fiume, con scivoli, piccoli bacini di calma, sponde naturali, letto sassoso e sabbioso, vegetazione selvaggia e versanti impervi che formano rifugi ideali per la fauna e danno luogo ad una eccezionale biodiversità;
   la costruzione della centrale inciderebbe negativamente sull'ecosistema acquatico. Le associazioni ambientaliste esprimono preoccupazione per gli effetti negativi sul paesaggio e sulla fauna, per le varie specie animali che utilizzano il fiume per i loro spostamenti indisturbati. Invece, la zona in questione andrebbe valorizzata sfruttando tutte le potenzialità turistico-ambientali –:
   se il Governo non ritenga necessario ed urgente convocare un tavolo con i soggetti istituzionali interessati, compresa la competente Soprintendenza, al fine di evitare una irreversibile compromissione dell'ecosistema situato all'interno di una zona che è riconosciuta «Sito di interesse comunitario». (4-16512)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da alcuni quotidiani locali, nazionali e da media online, quali il Corriere della Sera, il Messaggero, LatinaOggi e Latina24Ore.it, tra la notte di sabato 6 maggio e domenica 7 maggio 2017 si è registrata a Sabaudia una moria di pesci, forse dovuta ad agenti chimici inquinanti nell'acqua. Stavolta non nel lago costiero di Paola ma all'interno del «Canale romano», che collega il bacino alla foce di Torre Paola e quindi al mare;
   sono stati infatti notati moltissimi animali morti, anguille, cernie e molte altre specie acquatiche;
   anche nel recente passato, l'area del parco del Circeo, così come il lago di Paola sono stati purtroppo al centro di episodi di grave inquinamento, tra le cause potrebbe esserci lo scarico abusivo o irregolare di case e fabbricati nel lago o in mare, il conferimento di fitofarmaci, la presenza di tensioattivi, alghe, nitrati provenienti dalle coltivazioni agricole;
   il lago di Paola (detto anche «laguna di Sabaudia» o «lago di Sabaudia») è uno dei pochi esempi nazionali di lago salmastro costiero, ha una superficie di circa 3,9 chilometri quadrati (completamente compresa all'interno del comune di Sabaudia e del parco nazionale del Circeo) ed è un sito di alto interesse ambientale e paesaggistico da preservare e valorizzare, minacciato da continui episodi di contaminazione dolosa –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda e se, per quanto di competenza, non intenda assumere iniziative per verificare le cause della sopracitata vicenda di inquinamento, anche per tramite degli istituti di indagine ambientale che fanno capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare compreso il Nucleo operativo ecologico dell'Arma dei Carabinieri. (4-16516)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   presso la Biblioteca nazionale di Roma, a quanto risulta all'interrogante, lavora da anni un gruppo di giovani formalmente inquadrati come volontari ma che di fatto opera continuativamente per la struttura;
   l'inquadramento come volontari fa sì che essi ricevano meramente una sorta di contributo spese sotto forma di scontrini alimentari, e li priva di tutti i diritti, quali una retribuzione commisurata al lavoro svolto, la malattia, le ferie e il versamento dei contributi previdenziali;
   tale deprecabile situazione dimostra ancora una volta che, a fronte dei molti proclami lanciati dal Governo in merito alla valorizzazione e fruizione dell'immenso patrimonio culturale e architettonico italiano, in realtà si sta continuando ad agire secondo la logica del massimo ribasso, privando i siti culturali delle professionalità necessarie e senza riconoscerle neanche laddove presenti, e continuando, al contrario, a porre rimedio alle carenze di personale con il volontariato o con assunzioni del tutto insufficienti a garantire tutti i servizi;
   invece di stabilizzare il personale già operante all'interno di musei, siti archeologici e biblioteche, riconoscendo le professionalità di chi vi opera, si continua a ricorrere a interventi una tantum senza riconoscere il valore essenziale di questi istituti e senza riuscire a valorizzare il patrimonio e garantire una buona qualità dei servizi erogati all'utenza, peraltro sempre più insoddisfatta;
   le biblioteche, in particolare, soprattutto in un Paese ricco di storia come l'Italia, sono luoghi in cui dovrebbe essere celebrata la cultura, nel rispetto della dignità del lavoro –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e in che modo intenda adoperarsi per garantire l'impiego delle necessarie professionalità nel settore dei beni culturali, assicurandone la giusta cura e, al contempo, la fruizione da parte del pubblico. (4-16515)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in Italia è assente un vero servizio meteorologico nazionale (SMN), dato che le competenze relative sono assegnate a una pluralità di enti. Di fatto, è stata l'Aeronautica militare a farsi carico dello sforzo maggiore nel garantire un servizio pubblico essenziale, scontando tuttavia negli anni difficoltà crescenti a sostenere i costi in un quadro di razionalizzazione degli impegni finanziari;
   nel febbraio 2011 è stato realizzato all'interno dello Stato maggiore dell'Aeronautica uno studio di settore relativo allo «Sviluppo futuro del servizio meteo operativo di F.A. nell'ottica del trasferimento in ambito civile delle responsabilità connesse al servizio meteorologico nazionale»;
   constatato che la commistione fra esigenze militari e civili comportava numerose criticità, tali da esporre l'Aeronautica militare a contenziosi per interruzione di pubblico servizio, si suggeriva di trasferire 633 unità operative ad un servizio meteorologico nazionale civile, trattenendone invece 270 per un servizio meteorologico operativo (SMO) per esigenze militari;
   i meteorologi impiegati dall'Aeronautica militare sono inquadrati a tutti gli effetti come personale militare. Possono quindi essere congedati qualora sviluppino problemi fisici incompatibili con la vita militare, ma certo non con un lavoro «da ufficio» come il loro;
   essi devono inoltre sostenere corsi prolungati su argomenti militari. A ciò si aggiungono servizi di reparto, cerimonie, prove fisiche, tiri. Inoltre, personale di categoria «meteo» viene diffusamente utilizzato in mense, stabilimenti balneari, difesa, o per il settore aerospaziale;
   complessivamente, risorse umane pari numericamente a meno del 50 per cento di quelle di cui dispongono altri servizi meteorologici europei, vengono utilizzate nella meteorologia solo in misura limitata;
   la legge n. 100 del 2012 dispone che «Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione si provvede all'attuazione del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (SMND). I compiti del SMND sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica»;
   tale mutato quadro normativo non confliggeva, tuttavia, con la prospettiva delineata nel sopra citato studio di settore. Una componente maggioritaria destinata ad esigenze civili avrebbe dovuto comunque separarsi dall'Aeronautica militare, ma, invece di costituire autonomamente un servizio meteorologico nazionale, sarebbe confluita a fianco delle componenti meteo delle Arpa regionali in Servizio meteorologico nazionale distribuito;
   per quanto, a cinque anni di distanza, il Governo non abbia ancora provveduto ad approvare il decreto del Presidente della Repubblica in questione, disattendendo le numerose sollecitazioni ricevute, fra cui l'interrogazione n. 4-04611 del 23 aprile 2014, presentata dal sottoscritto, il cammino è stato tracciato inequivocabilmente dalle legge n. 100 del 2012;
   risulta quindi incomprensibile come nel 2015 l'Aeronautica militare abbia invece deciso di procedere a una diversa riorganizzazione, che ha visto il servizio meteorologico rimanere interamente nell'ambito dell'Aeronautica militare con l'attribuzione alla parte operativa di quasi 900 unità e alla parte per esigenze civili di appena 20 unità;
   in questo modo, oltre a prescindere completamente dalle conclusioni dello studio del 2011, si andava a rafforzare il carattere militare del servizio e a mettere in mora qualsiasi ipotesi di trasferimento in ambito civile –:
   quali siano le ragioni che abbiano consigliato di procedere in modo del tutto diverso da quello ipotizzato dallo studio citato;
   se non ritenga di dover intervenire per seguire le ragionevoli indicazioni dello studio di settore ed ancor più della legge n. 100 del 2012, pur in attesa dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica attuativo, separando una parte maggioritaria del servizio da destinare ad esigenze civili da una parte minoritaria per esigenze militari ed esentando i primi da corsi ed altri obblighi militari, di modo che possano dedicarsi unicamente alla loro professione ed alla collaborazione scientifica con le altre realtà della meteorologia italiana, migliorando così il servizio fornito alla Nazione, nell'ottica giustificata ed ineluttabile del costituendo Servizio meteorologico nazionale distribuito. (4-16511)


   BASILIO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2017 il Corpo forestale dello Stato è stato assorbito dall'Arma dei carabinieri, così come previsto dal decreto legislativo n. 177 del 2016;
   tale decreto sancì che il Corpo forestale dello Stato fosse riorganizzato come «Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare», all'interno dell'Arma dei carabinieri, cui vengono attribuite le funzioni in materia di «tutela dell'ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare»;
   nel mese di aprile 2017 sono state ufficializzate le piante organiche del Comando unità tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei carabinieri e dei reparti sotto ordinati;
   con le nuove piante organiche è stata prevista la pesante riduzione di personale rispetto agli 8.500 unità dell'ex Corpo forestale dello Stato;
   questo atto provocherà, secondo gli interroganti, una grave e pericolosa diminuzione delle risorse umane impegnate in generale per la tutela e la difesa della natura e specificatamente schierate nella lotta contro la criminalità ambientale e le ecomafie;
   inoltre, come conseguenza della previsione delle nuove piante organiche, anche le vecchie strutture investigative del Corpo forestale dello Stato ed i nuclei operativi Cites, sono stati ulteriormente ridimensionati, con conseguenti pesanti ripercussioni sulla capacità di azione nell'ambito delle loro importanti competenze –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per porre rimedio a tale riduzione di personale e prevedere altresì una dotazione di risorse umane in linea con le importanti competenze attribuite al Comando per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri. (4-16513)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MUCCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le regole minime per il trattamento dei detenuti stabiliscono, all'articolo 22, comma 1, che «ogni stabilimento penitenziario deve disporre almeno dei servizi di un medico qualificato, che deve avere conoscenze psichiatriche. I servizi medici devono essere organizzati in stretto collegamento con l'amministrazione generale del servizio sanitario della comunità e della Nazione. Devono comprendere un servizio psichiatrico per la diagnosi e, dove occorra, per il trattamento dei casi di anormalità psichica»;
   le regole penitenziarie europee prevedono, all'articolo 40 comma 3, che «i, detenuti devono avere accesso ai servizi sanitari disponibili nel Paese senza nessuna discriminazione fondata sulla loro situazione giuridica»; all'articolo 40 comma 5, si stabilisce che «ogni detenuto deve beneficiare delle cure mediche, chirurgiche e psichiatriche richieste comprese quelle disponibili nella società libera»;
   l'ordinamento penitenziario, all'articolo 11, indica come necessaria per il funzionamento di ogni Istituto la presenza di almeno uno specialista in psichiatria;
   in data 24 marzo 2017, una delegazione dei Radicali Italiani ha fatto ingresso nella casa circondariale di Cosenza «Sergio Cosmai» per una visita rivolta alla verifica delle condizioni di vita dei detenuti;
   la delegazione avrebbe riscontrato che l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza non garantisce ai detenuti la dovuta ed adeguata assistenza sanitaria specialistica psichiatrica;
   il monte ore di tale servizio da 30 ore settimanali è stato ridotto a 6 ore settimanali e lo stesso non è stato organizzato mediante la nomina di uno o al massimo due specialisti psichiatri ma attraverso la rotazione di 5 specialisti psichiatri;
   il direttore dell'istituto, il dirigente del servizio sanitario penitenziario, il provveditore regionale della Calabria ed il magistrato di sorveglianza di Cosenza, hanno chiesto ai vertici dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza un intervento per la problematica in questione;
   per iniziativa del direttore dell'istituto, presso la casa circondariale di Cosenza, si è tenuto un incontro con il direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza cui è stato chiesto di riassegnare le 30 ore settimanali, con incarico ad uno o al massimo a due professionisti;
   come dal verbale di riunione dell'8 settembre 2016, il direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza, «prende atto della situazione e, condividendo le esigenze prospettate circa il fabbisogno settimanale della branca psichiatrica pari a 30 ore settimanali, fa presente che si attiverà per l'autorizzazione a pubblicare le stesse»;
   dopo un sollecito da parte del magistrato di sorveglianza di Cosenza, il direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale di Cosenza in data 20 dicembre 2016 ha reso noto che, presso la casa circondariale di Cosenza, sono disponibili i turni di attività specialistica ambulatoriale (25 ore di psichiatria e 5 di otorinolaringoiatria). Agli specialisti ambulatoriali è stato chiesto di inviare la propria disponibilità al Comitato consultivo nazionale della provincia di Cosenza;
   l'azienda sanitaria provinciale di Cosenza, in data 31 gennaio 2017, a quanto consta all'interrogante, ha disposto per il periodo febbraio-maggio 2017, che 5 specialisti psichiatri avrebbero dovuto prestare servizio di 3 ore nella casa circondariale fino a quando, all'interno della medesima, non fosse arrivato lo specialista ambulatoriale psichiatra, ad avviso dell'interrogante non tenendo in alcuna considerazione quanto rappresentato dall'amministrazione penitenziaria circa l'inadeguatezza di tale modello organizzativo;
   nonostante il notevole lasso di tempo trascorso, la situazione sarebbe rimasta invariata –:
   se siano a conoscenza dei fatti in premessa descritti;
   come ed entro quali tempi intendano adoperarsi, per quanto di competenza, affinché alla popolazione detenuta nella casa circondariale di Cosenza, venga finalmente reso effettivo il godimento del diritto fondamentale alla tutela della salute.
   (4-16522)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o maggio la circolazione ferroviaria tra Campomarino e Ripalta, lungo la linea ferroviaria Termoli-Foggia, a causa di una rotaia rotta tra Campomarino (Campobasso) e Chieuti (Foggia), è rimasta sospesa dalle ore 13,45 fino alle ore 19 circa;
   il treno Frecciabianca 8803 Milano-Lecce, infatti, è rimasto fermo tra le stazioni di Campomarino e Chieuti dopo che i macchinisti, al passaggio del treno, si sono accorti di un problema sui binari. Alle ore 16,40 è terminata la manovra di sgancio delle prime tre vetture dal treno che è ripartito alle ore 16,56 da Chieuti, con a bordo tutti i 150 viaggiatori dell'intero convoglio e un ritardo di 194 minuti. Le restanti sette vetture del treno rimaste vuote e ferme in linea, sono state spostate a Termoli;
   sulla stessa linea si sono accumulati ritardi fino a 4 ore, in numerosi treni a lunga percorrenza dalla Puglia a Milano e Torino;
   da alcuni rilievi fotografici resi disponibili sui social network è possibile evincere come sia stato asportato all'incirca un metro di binario;
   l'accaduto si è svolto su un tratto a binario unico, ostacolando la circolazione dei treni su tutta la dorsale Adriatica dove circola Trenitalia. Il tratto ferroviario Termoli - Lesina della linea Pescara - Bari, che interessa le regioni Molise e Puglia, è l'unico tratto a semplice binario della direttrice ferroviaria adriatica Bologna-Lecce, e si estende per circa 33 chilometri;
   il Cipe con la delibera del 21 dicembre 2001, n. 121, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2002, serie ordinaria, ai sensi del richiamato articolo 1 della legge n. 443 del 2001, ha approvato il primo «Programma delle opere strategiche», nonché il relativo allegato 1, che include, nell'ambito dei sistemi ferroviari del «Corridoio plurimodale adriatico», la voce «Asse ferroviario Bologna-Bari-Lecce-Taranto»;
   dalla rilevazione dell'Anac sullo stato di attuazione delle opere comprese nel Piano infrastrutture strategiche (PIS), al 31 dicembre 2016, risulta avviata a novembre 2016 la progettazione definitiva dei lotti 2 e 3 in cui è suddivisa la richiamata opera. Per il 1o lotto risulta invece disponibile la progettazione definitiva ed è in corso l’iter di approvazione da parte del Cipe. Il termine dei lavori è previsto per il 2026 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e possa fornire elementi sull'accaduto, precisandone le dinamiche, le cause, i tempi di intervento, i treni cancellati ed i ritardi complessivi;
   se il Ministro interrogato ritenga che con riguardo al problema verificatosi possa trattarsi di un sabotaggio e quali iniziative intenda porre in esser al fine di garantire la necessaria sicurezza;
   se il Ministro interrogato sia in grado di riferire se la situazione sia tornata alla normalità e in sicurezza, quali iniziative urgenti di propria competenza intenda adottare al fine di verificare che siano compiute le dovute operazioni di manutenzione e quali iniziative di tutela e di ristoro per gli utenti siano state attuate;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per la completa realizzazione del raddoppio della Lesina-Termoli nel rispetto dell'ambiente, dei beni paesaggistici/archeologici e, soprattutto, con i più stringenti accorgimenti contro i problemi dovuti al dissesto idrogeologico del territorio;
   quale sia lo stato delle risorse stanziate ed erogate con riferimento all'opera richiamata. (5-11299)


   CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 19 febbraio 2002 viene costituita la società Tangenziali esterne di Milano spa (T.E.M. spa), partecipata da Autostrade per l'Italia spa (32 per cento), Milano Serravalle-Milano Tangenziali (32 per cento), provincia di Milano (15 per cento), Autostrada To-Al-Pc (8 per cento), Autostrade Lombarde (8 per cento) e Banca Intesa (5 per cento). L'oggetto sociale e la promozione, progettazione, costruzione e gestione della nuova Tangenziale est esterna di Milano (Teem);
   il progetto dell'opera Teem prevede la realizzazione di un asse autostradale che collega l'autostrada A4 «Milano-Brescia» all'altezza di Agrate Brianza con l'autostrada A1 «Milano-Bologna» all'altezza di Melegnano, per uno sviluppo complessivo di circa 32 chilometri, oltre a circa 38 chilometri di opere connesse e compensative;
   il progetto definitivo di Teem viene approvato dal Cipe con delibera n. 51 del 3 agosto 2011;
   il 19 febbraio 2007 viene costituita la società Concessioni autostradali lombarde spa (CAL), composta al 50 per cento da Anas e al 50 per cento da Infrastrutture lombarde spa, con il compito di accelerare la realizzazione delle tre grandi opere per la viabilità stradale in Lombardia: Pedemontana, direttissima Milano-Brescia (Brebemi) e Teem;
   il 5 novembre 2007 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, le province di Milano e Lodi, Cal, Anas e una rappresentanza dei comuni interessati sottoscrivono un accordo di programma per garantire la realizzazione della Tangenziale est esterna di Milano e il potenziamento della viabilità dell'est milanese e del nord lodigiano;
   il 23 luglio 2014 entra in funzione il primo tratto Pozzuolo Martesana-Liscate, denominato Arco Teem, funzionale a Brebemi;
   il 16 maggio 2015 viene ufficialmente inaugurata l'apertura dell'intero tracciato della Tangenziale est esterna di Milano (32 chilometri);
   il bilancio d'esercizio di T.E.M. spa chiuso al 31 dicembre 2015 presenta una perdita di 2.308.908 euro –:
   quali opere connesse e compensative della Tangenziale est esterna di Milano siano state realizzate;
   quali titolari dei fondi espropriativi per la costruzione di Teem siano stati indennizzati;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a sanare il deficit di bilancio che ha caratterizzato gli esercizi 2015 e 2016 di T.E.M. spa. (5-11301)


   CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2007 viene sottoscritto, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, la provincia e il comune di Milano, un protocollo di intesa per la realizzazione della rete metropolitana dell'area milanese. Il protocollo individua come intervento prioritario il prolungamento della linea M3 a Paullo;
   il Cipe, con delibera n. 142 del 21 dicembre 2007, approva il progetto preliminare del prolungamento della «Linea M3 della metropolitana di Milano — tratta San Donato Paullo» la cui progettazione definitiva è finanziata per l'importo di 8,6 milioni di euro, a carico dei fondi stanziati dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 159 del 2007;
   nel 2008 la Corte dei conti ricusa il visto alla delibera del Cipe n. 142 del 2007;
   il 1o marzo 2010 viene emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «Modifiche agli allegati del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 ottobre 2008, recante “Interventi necessari per la realizzazione dell'EXPO Milano 2015”» che ridefinisce il quadro finanziario delle opere dell'Expo aggiornando alcune voci di spesa. L'opera M3, prolungamento San Donato-Paullo, è inclusa tra le opere connesse rete metropolitana da finanziare;
   il Cipe con delibera n. 36 del 2010 approva il progetto preliminare del prolungamento della linea metropolitana di Milano M3, tratta San Donato — Paullo;
   il 9 dicembre 2010 la Corte dei Conti ricusa il visto alla delibera Cipe n. 36 del 2010 dichiarando la non legittimità della stessa, in particolare per la carenza di idonea copertura dell'importo necessario ai fini della realizzazione dell'opera;
   in base al monitoraggio del «tavolo Lombardia» del 17 marzo 2014 l'intervento M3 fino a Paullo è parte delle opere, con realizzazione oltre l'orizzonte dell'Expo;
   nel 2015 il piano urbano della mobilità sostenibile di Milano esclude la possibilità di realizzare il prolungamento entro il breve/medio termine;
   nel 2016 la regione Lombardia inserisce il prolungamento della linea M3 fino a Paullo nel piano regionale della mobilità e dei trasporti –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa la realizzazione del prolungamento della linea M3 da San Donato fino a Paullo. (5-11302)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015 l'Anas ha approvato una nuova procedura straordinaria per la definizione del contenzioso giudiziale e stragiudiziale e degli accordi bonari. Il nucleo centrale della procedura è rappresentato da appositi gruppi istruttori e da un comitato valutatore, coinvolti nella fase di analisi e di valutazione delle proposte di transazione;
   in data 6 dicembre 2016, durante un'audizione in Commissione lavori pubblici in Senato, il presidente dell'Anas, ingegnere Armani, forniva i primi dati del piano straordinario di componimento del contenzioso: risultavano 134 contenziosi oggetto di procedura di accordo bonario (per un petitum complessivo di circa 1,7 miliardi di euro a fronte di un importo lavori di 3,2 miliardi di euro). I gruppi istruttori avevano esaminato 46 contenziosi (per un petitum complessivo di circa 0,5 miliardi di euro su 1,2 miliardi di lavori). Di questi, 29 erano stati esaminati anche dal comitato valutatore composto da esterni all'azienda. Per quanto riguarda i casi di contenzioso giudiziale, erano 411 per un petitum complessivo di circa 5,2 miliardi di euro; di questi, 45 erano stati assegnati all'esame dei gruppi istruttori, per un petitum complessivo di circa 3,6 miliardi di euro, pari a circa il 70 per cento dei contenziosi giudiziali. I fondi necessari per poter proporre transazioni alle imprese e risolvere gran parte del problema, erano stimati in 700 milioni e sarebbe bastato consentire ad Anas di utilizzare i fondi di pari importo già stanziati con le delibere del CIPE nn. 96/2002, 14/2004 e 95/2004, eccedenti il fabbisogno risultante dalla realizzazione degli interventi previsti;
   in data 22 aprile 2017 il Fatto Quotidiano pubblicava un articolo dal titolo: «Le nozze fra Ferrovie dello Stato e Anas sono appese ad una perizia. Quella che dovrà valutare la capacità della società autostradale di far fronte ad un'enorme mole di contenziosi (9 miliardi) senza pesare sui conti delle Fs»;
   una parte dell'analisi dei contenziosi e stata già espletata dai gruppi istruttori e dal comitato valutatore composto da esterni –:
   quali elementi il Governo intenda fornire, anche rendendo disponibile la relativa documentazione, circa:
    a) il volume completo, suddiviso per «procedure di accordo bonario» e «contenziosi giudiziari», di tutti i contenziosi e l'importo di ciascuno di essi;
    b) le «procedure di accordo bonario» e i «contenziosi giudiziari», aggregati per controparti (numero contenziosi ed importo complessivo per controparte);
    c) le «procedure di accordo bonario» e i «contenziosi giudiziari», già esaminati dai gruppi istruttori e, per ciascuno di essi, l'importo dei lavori, del petitum e l'importo proposto per la transazione;
    d) le «procedure di accordo bonario» e «contenziosi giudiziari», già esaminati dal comitato valutatore, per ciascuno di essi, indicando se l'importo proposto per la transazione dai gruppi istruttori sia stato validato o modificato e, se modificato, per quale importo;
   quanti contenziosi, e per quali importi, siano oggetto di arbitrati, e quanti e per quali importi siano affidati alla giustizia ordinaria;
   se il bilancio dell'Anas sia in grado di sostenere le spese previste per le transazioni definite; in caso contrario se nell'ambito della fusione con le Ferrovie dello Stato italiano sia stato valutato l'onere di tali transazioni che finirebbe per gravare sui conti di quest'ultima;
   se in qualità di organo di vigilanza, intenda fornire un indirizzo affinché l'Anas eviti arbitrati (nei quali è stata pressoché totalmente soccombente nel corso degli anni) e si rivolga alla magistratura ordinaria;
   a quanto ammonti l'importo delle competenze maturato ad oggi dal comitato valutatore. (5-11307)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Rutino è un piccolo centro in provincia di Salerno che a seguito di scioglimento, l'11 giugno 2017 è chiamato a votare per il rinnovo del consiglio comunale;
   nel corso delle amministrative del 5 giugno 2016 le elezioni erano state vinte da una lista civica con Gerardo Immerso candidato sindaco;
   a distanza di 3 mesi dal voto la prefettura, in ottemperanza delle disposizioni previste dalla cosiddetta legge Severino, lo ha dichiarato incandidabile perché condannato in appello per ricettazione;
   suddetta condanna era stata emessa il 14 novembre del 2012 e poi passata in giudicato il 28 gennaio del 2013;
   con la sospensione dal ruolo di sindaco il comune è stato retto dal vicesindaco;
   il primo cittadino decaduto ha fin da subito dichiarato di non essere a conoscenza della condanna a lui ascritta in quanto il tribunale non gli ha mai notificato la sentenza e per questa ragione non si sarebbe difeso ricorrendo in Cassazione per il terzo grado di giudizio;
   come riportato dagli organi di informazione la corte d'appello di Napoli ha ammesso che mancano le prove dell'avvenuta notifica, in quanto secondo gli organi di giustizia competenti, anche con il supporto di Poste Italiane, non vi sarebbero le prove che lo accertino;
   questo elemento comporta che per l'imputato si sono riaperti i termini temporali per proporre ricorso alla Corte di Cassazione;
   la conseguenza politica di questa complessa vicenda è che Immerso era a tutti gli effetti candidabile e quindi non avrebbero dovuto avere luogo né la sospensione e né il successivo scioglimento –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali saranno le conseguenze della vicenda per la comunità di Rutino in riferimento al suo futuro amministrativo. (5-11303)


   TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa («Primarie PD, i migranti portati ai seggi: “Ci hanno detto di votare per Renzi”» su Fanpage.it, 2.5.10; «Primarie piene di brogli, tre giorni per i dati ufficiali» sul Fatto quotidiano del 3 maggio 2017) riferiscono che ad Ercolano, in provincia di Napoli, nel corso delle elezioni primarie del Partito democratico svoltesi il 30 aprile 2017, alcuni immigrati del centro di accoglienza locale sarebbero stati indotti a partecipare e a votare per il candidato Matteo Renzi dagli stessi responsabili del centro, che avrebbero fornito loro i documenti necessari, i due euro e il passaggio in auto per arrivare ai gazebo nei quali si svolgevano le votazioni. Un testimone, in particolare, ha riferito di aver ritenuto che l'adempimento alla richiesta sarebbe stato dovuto in ragione dell'accoglienza offerta e che ciò avrebbe agevolato l'ottenimento del permesso di soggiorno. La gravità delle affermazioni documentate, così come la partecipazione nella sede in questione, del tutto anomala, se si considera che dalle precedenti primarie dell'8 dicembre 2013 a quelle del 30 aprile 2017 si è passati da 1.853 votanti dichiarati a 5.137, inducono a chiedere che il Ministro interrogato svolga urgentemente tutti gli accertamenti necessari a far chiarezza sulla vicenda presso la struttura pubblica interessata –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se intenda adottare celermente iniziative, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza relativamente alle gravi accuse ivi riportate. (5-11305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, QUARANTA, SCOTTO, PIRAS, MARTELLI, D'ATTORRE, FERRARA, MELILLA, NICCHI, DURANTI, SANNICANDRO e FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la testata Il Corriere Adriatico nell'edizione del 7 maggio 2017, nell'articolo intitolato «Armi e omicidio Rocchelli, una pista porta nelle Marche» a firma della giornalista Maria Teresa Bianciardi, riporta le risultanze di una indagine sul presunto trafficante d'armi ascolano, Franco Giorgi, attualmente detenuto in Libia;
   secondo l'articolo, l'indagine sul traffico internazionale d'armi che coinvolgerebbe Giorgi, sulla quale stanno indagando i carabinieri del Ros di Ancona, si intreccerebbe con quella dell'omicidio del fotoreporter Andrea Rocchelli e del suo interprete russo Andrej Mironov, che hanno perso la vita in Ucraina il 24 maggio 2014; indagine, quest'ultima, coordinata dalla procura di Pavia;
   pur non essendoci a carico di Giorgi elementi che lo leghino direttamente all'omicidio in Ucraina, emergerebbero, secondo il Ros di Ancona, possibili contatti dello stesso Giorgi con soggetti coinvolti nella morte del fotoreporter italiano. Ipotesi che disegna inquietanti scenari e presenze sul territorio italiano;
   secondo la ricostruzione effettuata dal Ros e accolta nell'ordinanza di custodia cautelare, Giorgi avrebbe trattato per la fornitura in Libia di mille pistole Rx9 millimetri, di cui 800 munite di laser e attacco per silenziatore; 45 fucili « sniper» di diverse dimensioni; 500 silenziatori 9 millimetri, 15 silenziatori « sniper», mille munizioni 9 millimetri, mille munizioni 7.62 millimetri; giubbotti antiproiettile e accessori. Il tutto per un valore complessivo di 1,1 milioni di euro; trattativa che sarebbe stata estesa alla fornitura di ulteriori armamenti per un controvalore di 16 milioni di euro;
   i pagamenti sarebbero avvenuti attraverso un portiere d'albergo, di origine egiziana, impiegato a Roma, che avrebbe fatto da intermediario e avrebbe, secondo le indagini, consegnato solo una parte dell'anticipo costituito da due tranche di 100 e 190 mila euro –:
   di quali elementi dispongano, per quanto di competenza, i Ministri interrogati in relazione ai fatti richiamati in premessa;
   se non intendano fornire elementi e dati sulla portata del fenomeno criminale del traffico internazionale di armi in Italia;
   quali iniziative stiano adottando al fine di contrastare il traffico d'armi internazionale nel nostro Paese. (4-16518)


   ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 26 enne marocchino, S.M., studente universitario, con regolare permesso di soggiorno per studio, in data 9 aprile 2017, presso la mensa universitaria del politecnico di Palermo, avrebbe messo in allarme i commensali, proferendo frasi confuse, alzando la voce e intimando ad alcuni colleghi di uscire dalla stanza;
   pur non avendo avuto luogo alcun atto violento, gli altri studenti — in un clima generale di allarme terrorismo – si sono spaventati, ma da testimonianze, anche riportate dalla stampa, sembrava che il ragazzo volesse semplicemente «convincere i presenti di non essere pericoloso in quanto musulmano», tanto è vero che una poliziotta, dopo averlo scortato fuori, avrebbe invitato tutti a tornare a mensa, affermando – sempre come emergerebbe dalla testimonianza, riportata da notizie stampa – che le sue intenzioni fossero «l'esatto opposto di quelle a cui abbiamo pensato»;
   lo studente, giunto minorenne a Palermo, ove risiede dal 2008 per ricongiungimento familiare, a partire dal 2011, si è trasferito presso il centro Astalli di Palermo e, dopo aver svolto e terminato nel nostro Paese il corso di studi superiori, ha conseguito nel 2016 la maturità presso l'istituto tecnico industriale statale «Vittorio Emanuele III» di Palermo, per poi iscriversi, nel novembre 2016, con borsa di studio, all'università di Palermo, presso la facoltà di economia e commercio;
   il ragazzo, in realtà, ha un disagio mentale, come anche certificato dall'Asp di Palermo, trattasi dunque di un soggetto vulnerabile, affetto da una patologia psichiatrica che necessita di cure urgenti, che erano state interrotte per un breve tempo;
   nonostante le forze dell'ordine abbiano messo a verbale che non sia stato trovato nulla di pericoloso durante le perquisizioni, e nonostante l'ampia documentazione sanitaria depositata, il ragazzo, in data 13 aprile, è stato portato nel Centro di identificazione ed espulsione di Caltanissetta, con un decreto di espulsione per motivi di pericolosità sociale;
   le associazioni e le istituzioni palermitane ritengono assolutamente infondata tale accusa e, contro il provvedimento di espulsione, è in corso una mobilitazione da parte degli studenti universitari e delle associazioni di volontariato, frequentate da S.M., tanto che, su tale delicatissimo caso, sono intervenuti, sulla stampa, sia il sindaco di Palermo, sia gli organismi di partecipazione dello stesso comune;
   a parere di Daniele La Barbera, psichiatra e docente dell'ateneo palermitano, nonché direttore della scuola di specializzazione in psichiatria, «addolora che un soggetto affetto da un disturbo psichico debba ancora oggi essere considerato socialmente pericoloso piuttosto che bisognevole di cure»;
   peraltro nei Centri di identificazione ed espulsione non sono garantite le cure cui deve sottoporsi il ragazzo, come non lo sarebbero con ogni probabilità, anche in caso di rimpatrio forzato, esponendo conseguentemente lo stesso a rischi gravi per la sua salute;
   a giudizio dell'interrogante non può non apparire preoccupante ed inaccettabile che una persona con disagio mentale venga trattata da «terrorista» e, pur in possesso di regolare permesso di soggiorno, inserita socialmente e con in atto un percorso universitario, venga ristretta in un Centro di identificazione ed espulsione, quando invece sarebbe necessario un percorso sanitario in un ambiente protetto e tutelante –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa le ragioni per le quali, in riferimento al caso riportato in premessa, sarebbe stato adottato il provvedimento di espulsione, posto che la detenzione dello studente in un Centro di identificazione ed espulsione – ossia di un ragazzo che era in possesso di regolare permesso di soggiorno per studio, integrato socialmente, ma con un disturbo psichico e che non aveva dato luogo, in ogni caso, ad alcuna azione violenta – appare inadeguata, in considerazione delle finalità di tale struttura e delle cure di cui lo stesso necessita;
   quali elementi intenda fornire circa la dinamica del fatto alla mensa universitaria, in particolare se risulti sia stato richiesto l'intervento di personale sanitario, e se sia stato fornito idoneo soccorso a fronte di un episodio evidentemente sintomatico della patologia, dello studente coinvolto;
   se S.M. sia stato oggetto di visita sanitaria all'arrivo al Centro di identificazione ed espulsione di Caltanissetta e, in caso affermativo, quali ne siano gli esiti;
   come il Governo ritenga che la detenzione presso un Centro di identificazione ed espulsione e l'espulsione di una persona nelle condizioni di salute di S.M., si conciliino con il rispetto del diritto alla salute, nonché del principio di eguaglianza, di cui agli articoli 32 e 3 della Costituzione. (4-16520)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 13 luglio 2015, la cosiddetta buona scuola, che ha riformato il sistema di istruzione e formazione, ha previsto anche la delega legislativa al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione;
   l'articolo 1, comma 181, lettera b), numero 2.1), prevede il riordino, l'adeguamento e la semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria anche mediante la determinazione di requisiti per l'accesso al concorso nazionale, anche in base al numero di crediti formativi universitari acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche, con il limite minimo di ventiquattro crediti conseguibili sia come crediti curricolari che come crediti aggiuntivi;
   tale criterio potrebbe stimolare gli appetiti di soggetti pubblici e privati interessati a erogare appositi percorsi formativi ai fini dell'acquisizione dei ventiquattro crediti formativi necessari per accedere al concorso nazionale per l'insegnamento;
   in data 7 aprile 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato i decreti legislativi di attuazione dell'articolo 1, commi 180 e 181, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ma ad oggi non sono stati ancora pubblicati in Gazzetta Ufficiale;
   nonostante manchi ancora tutta la fase attuativa ed, in particolare, non siano stati ancora individuati ufficialmente i settori scientifici delle discipline antropo-psico-pedagogiche e quelli concernenti le metodologie e le tecnologie didattiche, sono già state avviate iniziative da parte di soggetti privati per proporre l'acquisizione dei 24 crediti formativi universitari attraverso corsi a pagamento. In particolare:
    l'Università telematica Pegaso propone un corso al costo di 60 euro per l'acquisizione dei 24 crediti formativi universitari;
    la società I.CO.TE.A C.A.T. propone un master in cui sono inclusi anche i 24 crediti formativi universitari richiesti come requisito di accesso;
   anche le istituzioni universitarie possono trarre un notevole vantaggio economico attraverso l'erogazione di corsi liberi o specifici percorsi formativi come i master, innescando un vero e proprio mercato dei crediti formativi universitari;
   il sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente, di durata pari a 3 anni, è già un percorso formativo lungo che prevede al proprio interno anche l'acquisizione di competenze nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche;
   i laureati che aspirano ad accedere ai ruoli di docenza ma che sono già impegnati in altri percorsi formativi (dottorati, scuole di specializzazione e altri) o con contratti di lavoro, potrebbero trovarsi nell'impossibilità di frequentare i percorsi formativi necessari per acquisire i 24 crediti formativi universitari –:
   se Ministro non ritenga opportuno avviare iniziative volte a ostacolare ogni forma di mercato dei crediti formativi universitari anche promuovendo, in collaborazione con le università statali, percorsi ad hoc gratuiti per tutti i laureati, che permettano il conseguimento dei 24 crediti formativi universitari anche a chi è impegnato in altri percorsi formativi post laurea. (5-11304)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per lo sport, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'educazione motoria riveste una grande importanza ai fini della formazione integrale della persona sin dall'infanzia. Le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione riportano che nella scuola primaria l'educazione fisica promuove la conoscenza di sé e delle proprie potenzialità nella costante relazione con l'ambiente, gli altri e gli oggetti. Contribuisce, inoltre, alla formazione della personalità dell'alunno attraverso la conoscenza e la consapevolezza della propria identità corporea;
   nel 2014 l'Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato che «la mancanza di attività fisica è il quarto fattore di rischio di morte nel mondo. Praticare attività fisica fin da bambini riduce il rischio di malattie coronariche, ipertensione, infarto, diabete, cancro del colon e della mammella, depressione. Gli Stati membri dell'OMS si muoveranno per ridurre l'inattività fisica del 10 per cento entro il 2025»;
   la legge n. 107 del 2015 ha individuato alla lettera g) del comma 7, tra gli obiettivi formativi prioritari, il «potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione, all'educazione fisica e allo sport, e attenzione alla tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attività sportiva agonistica»;
   recentemente, l'Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un'analisi sui comportamenti relativi alla salute e al benessere dei bambini e degli adolescenti. Dallo studio, «i giovani italiani risultano i più pigri e obesi rispetto a quelli del resto d'Europa»;
   il Corriere della Sera ha diffuso, il 30 aprile 2017, un'inchiesta sulla forma fisica degli studenti italiani, descrivendoli «una generazione incapace dei più semplici gesti atletici», e riportando il punto di vista di alcuni professionisti del settore;
   in particolare, Sergio Dugnani, docente di scienze del movimento all'Università di Milano, ha raccontato come «due ragazzi su tre non sanno eseguire una capovolta in avanti. In passato quest'esercizio si apprendeva in maniera naturale giocando, tra i 6 e gli 8 anni. Doverla insegnare a ragazzi di 11-12 anni che pesano già 40 chili significa recuperare un ritardo»;
   inoltre, uno studio dell'IRRE del Lazio ha stimato che «le qualità aerobiche di un adolescente italiano stiano calando dell'1 per cento l'anno dal 2005». Sotto questo aspetto, Mario Bellucci, tra gli autori dell'analisi, ha precisato che molti quindicenni presentano una ridotta massa muscolare;
   il Centro capacità motorie presso l'Istituto tecnico Gobetti di Rimini ha elaborato un test per individuare le capacità motorie dei ragazzi adolescenti. Secondo l'ideatore Claudio Marchetti i risultati degli ultimi anni scolastici sono drammatici. Nello specifico «a 15 anni, 58 ragazzi su 100 hanno forza nelle braccia “insufficiente o scarsa”, 78 falliscono sul fronte gambe. Bocciati 68 studenti su 100 per la resistenza, 50 in velocità e 47 nella coordinazione»;
   l'analisi del Corriere ha riportato come «in atletica leggera in Italia solo il 30 per cento dei primati tra gli uomini (il 25 per cento tra le donne) nelle categorie giovanili (12-18 anni) è stato stabilito nel nuovo millennio. In Francia e Gran Bretagna i primati “giovani” sono il 50 per cento, negli Usa il 78 per cento tra gli uomini e il 90 per cento tra le donne. In passato i Giochi della Gioventù arrivarono a coinvolgere quasi due milioni di studenti, attualmente invece sono caratterizzati solo da piccole frazioni»;
   per quanto concerne la nomina dei docenti di educazione fisica nelle scuole primarie, il dossier ha evidenziato che «i fondi promessi per assumerli non sono mai arrivati»;
   infine, Dugnani, commentando la qualità dei laureati provenienti delle facoltà di scienze motorie, ha dichiarato come precedentemente, con l'istituzione dell'Istituto superiore di educazione fisica si accedesse all'università tramite il superamento della prova concorsuale, in base alle capacità atletiche. «Oggi alla facoltà di Scienze Motorie gli studenti accedono dopo il superamento di prove selettive caratterizzate dai quiz. I nostri laureati potrebbero essere buoni ricercatori, non necessariamente buoni insegnanti. Tra pochi anni mancherà quella figura di docente “pratico” che all'estero producono i licei sportivi. Quelli veri» –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intendano porre in essere per promuovere, in tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione, il potenziamento dell'attività motoria, fisica e sportiva;
   se intendano attuare programmi o corsi di sviluppo professionale continuo volti a migliorare l'insegnamento della disciplina e a promuovere una formazione qualificata dei docenti di educazione fisica;
   secondo quali tempistiche intendano garantire l'erogazione dei fondi relativi alle assunzioni dei docenti di educazione fisica nelle scuole primarie. (4-16521)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 aprile 2016 il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali pro tempore Massimo Cassano interveniva in commissione XI della Camera (lavoro pubblico e privato), con interrogazione a risposta in Commissione n. 5-07376, a prima firma dell'interrogante, veniva riportata la vicenda di alcuni lavoratori (dodici) assunti, tra il 2005 e il 2007, dalla società Serenissima Costruzioni spa e pressoché contestualmente distaccati presso la società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova (società controllante della Serenissima costruzioni spa), impegnati principalmente presso la direzione lavori di Autostrada spa nei cantieri della Valdastico Sud;
   al termine della realizzazione della Valdastico Sud i lavoratori distaccati sono stati interessati dalla procedura di mobilità, aperta con comunicazione del 5 novembre 2014;
   il 3 dicembre 2012, a seguito di ricorso presentato da alcuni dei lavoratori coinvolti, al tribunale di Verona per verificare la legittimità dei distacchi, lo stesso, con sentenza n. 497/2015 del 10 novembre 2015, ne accertava e dichiarava l'illegittimità, dichiarando i distacchi non conformi a quanto previsto in materia dall'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e disponeva quindi la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della società distaccata Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova, con decorrenza, per ciascuno di essi, dal primo provvedimento di distacco;
   in data 28 aprile 2016, il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali pro tempore Massimo Cassano, interveniva nella Commissione XI della Camera per rispondere all'interrogazione sopracitata e, in particolare, alla richiesta avanzata dalla sottoscritta di prevedere controlli presso le aziende protagoniste della vicenda, anche tramite l'ispettorato del lavoro, dirette a stabilire le attuali posizioni giuridico-lavorative dei lavoratori distaccati e di intraprendere eventuali iniziative a riguardo. Nell'occasione il Sottosegretario Cassano assicurava la disponibilità di effettuare accertamenti ulteriori, di carattere documentale, sugli adempimenti posti in essere dalla società distaccataria in ordine all'effettiva gestione del lavoro;
   in data 24 novembre 2016 l'interrogante presentava richiesta di accesso agli atti presso la Commissione per l'accesso i documenti amministrativi, riguardante in particolare la documentazione relativa ai lavori gestiti dalla Serenissima Costruzioni spa, successivamente negata dall'Ente autostradale Brescia, Verona, Vicenza, Padova;
   in data 13 dicembre 2016, l'interrogante presentava domanda di riesame sul diniego di accesso agli atti ma, ad oggi, la situazione è rimasta immutata e nessun elemento è stato fornito a chiarimento della situazione –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere, in maniera tempestiva ed urgente, al fine di fare chiarezza sulla situazione descritta in premessa, a tutela dei legittimi interessi dei lavoratori coinvolti, che hanno davanti a sé un futuro sempre più incerto per sé e per le proprie famiglie. (5-11300)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 81 del 2008 (Testo unico sulla sicurezza) definisce gli obblighi relativi alla formazione in materia di sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro. Nello specifico, l'articolo 37, comma 1, riporta che «il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda»;
   l'articolo 37, comma 12, indica che la «formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve venire in collaborazione con gli organismi paritetici», detti anche enti bilaterali, che rappresentano associazioni di imprese e lavoratori a livello nazionale;
   gli accordi in sede di «Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» hanno stabilito le modalità specifiche per l'attuazione di una formazione efficace, definendo le modalità, la durata, i contenuti minimi e l'aggiornamento della formazione delle figure professionalmente deputate alla gestione della sicurezza e dell'igiene nei luoghi aziendali; tali intese, proprio per evidenziare l'importanza di una formazione adeguata come strumento portante ed insostituibile del sistema di «prevenzione e protezione», stabiliscono anche le metodologie per l'erogazione dei diversi percorsi formativi;
   nonostante la legislazione vigente, come riportato da notizie apparse sugli organi di informazione, negli ultimi anni sono aumentate «ampie zone di elusione e/o evasione degli obblighi normativi relativi alla formazione con il frequente ricorso a soluzioni di mera apparenza»;
   di recente è cresciuto il mercato della Fad, con il rilascio online di attestati relativi alla sicurezza sul lavoro e il coinvolgimento di molte aziende e associazioni. In questo contesto si è sviluppato un «commercio» della formazione, privo di criteri inerenti alla qualità, all'efficienza e all'utilità. In alcuni casi, le certificazioni non hanno alcuna validità di legge, in quanto l'efficacia formativa di questi corsi non è confermata, in realtà, da un'organizzazione competente;
   con un articolo del 20 aprile 2017, Il Fatto Quotidiano ha evidenziato alcuni casi riscontrati dai responsabili dell'Agenzia di tutela della salute della città metropolitana di Milano. Tra i reati ipotizzati dagli ispettori compare la contraffazione, la truffa, fino a giungere anche all'associazione a delinquere;
   Cantoni, responsabile di sicurezza sul lavoro nella asl di Milano, ha sottolineato come sia frequente la falsificazione degli attestati di formazione, «con il risultato che, per esempio, può risultare specializzato nella rimozione dell'amianto un operaio che non ha mai superato la prova di abilitazione»;
   Il Fatto ha riportato come «a favorire la proliferazione degli illeciti, però, è anche e soprattutto la garanzia d'impunità. La legge impone di controllare appena il 5 per cento delle aziende. Alla scarsità dei controlli, poi, bisogna aggiungere le lentezze della giustizia»;
   un ulteriore meccanismo è caratterizzato dalla nascita di piccole associazioni sindacali ed enti bilaterali costituiti con il fine esclusivo di organizzare i corsi, dopo aver acquisito l'autorizzazione necessaria;
   Raoul Ortolani, responsabile della sicurezza per la Filcams-Cgil ha spiegato che «si tratta di organizzazioni talvolta create da ex sindacalisti, nate apposta per gettarsi in questo business. (...) E una volta che i contratti con le varie aziende vengono stipulati si innescano veri e propri processi di subappalto illecito». Queste strutture, infatti, attraverso specifiche convenzioni affidano a società private o a liberi professionisti privi di abilitazione il compito di svolgere i corsi di formazione. E a rimetterci sono soprattutto i lavoratori che si ritrovano con dei certificati privi di qualsiasi valore»;
   in ultimo, la legge prevede che, per una parte dei corsi, debba essere un medico a fornire gli elementi relativi alle proprie competenze, sui quali, al termine dei seminari, è prevista una prova pratica:
   secondo gli ispettori della Ats milanese «non solo proliferano i registri farlocchi su cui vengono registrate fittiziamente le presenze, talvolta ci si imbatte in titolari della società di consulenza che, senza alcuna preparazione medica specifica, tengono loro stessi lezioni sulle pratiche di primo soccorso» –:
   come intenda intervenire, sentiti tutti i soggetti competenti, per garantire approfonditi controlli in merito all’iter e alle modalità di accreditamento degli enti che forniscono i corsi di formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
   come intenda assicurare il rispetto della normativa vigente sulla formazione in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. (4-16519)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le campagne bolognesi sono state devastate la notte di Pasqua (tra il 16 ed il 17 aprile del 2017) da una grandinata che ha provocato pesanti danni: i campi sono stati colpiti da grandine da ovest verso est, con ripercussioni sugli alberi da frutta (che erano in periodo di piena fioritura), sugli ortaggi, sul grano, sulle barbabietole, sulle cipolle estive e primaverili e sui vigneti;
   la grandinata, di intensità fuori dall'ordinario, ha colpito Bologna e una larga parte della Romagna, il Modenese ed il Ferrarese;
   addirittura nel capoluogo emiliano in tanti si sono rifugiati sotto i portici e hanno assistito ai danni ingenti dei chicchi di grandine persino sulle automobili di proprietà;
   a testimoniare le conseguenze della grandinata sono numerose foto postate su siti, blog e social network da chi ha subito gli effetti del temporale;
   Coldiretti, individuate le probabili conseguenze sui futuri raccolti, si sta attivando per chiedere lo stato di calamità, avendo riscontrato il danneggiamento, in alcuni casi totale, anche delle reti antigrandine;
   i chicchi di ghiaccio hanno altresì spazzato via una quindicina di ettari coltivati a pisello nel Pesarese ed in alcuni casi hanno causato numerose frane e smottamenti di terreni collinari; 
   per dare l'idea della furia del maltempo, si riportano alcuni dati nel dettaglio: a Borgo Tossignano sono stati danneggiati tutti i frutteti di albicocche e ciliegie e il 70 per cento della produzione dei kiwi, a Castel del Rio il 50-60 per cento del raccolto delle ciliegie e ancora a Fontanelice il 97 per cento degli albicocchi –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare, con tutte le iniziative di competenza anche d'intesa con la regione, per prevedere le misure necessarie affinché venga accelerato il procedimento per il risarcimento delle aziende agricole, fortemente penalizzate dall'evento straordinario di maltempo descritto in premessa, dando precedenza alle realtà di Casalfiumanese, Castel del Rio, Borgo Tossignano e Fontanelice, località oltremisura danneggiate dalla grandinata della sera di Pasqua;
   se non ritenga opportuno riconoscere gli stessi eventi come conseguenti ad un evidente stato di calamità naturale, in modo da attivare le procedure ad hoc di risarcimento e sostegno alle aziende.
(4-16510)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro della salute, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   risulta che il Coni ha appaltato alla Federazione medico sportiva italiana (FMSI), erogandole milioni di euro, i seguenti servizi pubblici: gestione del laboratorio antidoping dell'Acquacetosa controlli in base a codice WADA nell'ambito dell'attività sportiva; analisi e controanalisi dei prelievi antidoping; controlli in base alla legge n. 376 del 2000 da parte del Ministero della salute;
   il presidente della FMSI è il dottor Maurizio Casasco, il quale risulta essere contemporaneamente: 1) presidente della stessa federazione che gestisce la medicina sportiva in Italia, ovvero i professionisti in campo medico che vogliano svolgere attività medico-sportiva; 2) presidente della federazione che sovrintende alle attività a questa delegate così come sopra specificate; 3) componente della sezione di vigilanza sul doping (già commissione vigilanza sul doping) istituita presso il Ministero della salute; 4) componente dell’advisory board di Herbalife nutrition, che risulta essere sponsor ufficiale del Coni;
   quindi, il dottor Casasco è contemporaneamente colui il quale gestisce fondi pubblici che riceve dal Coni, membro di una commissione governativa, presidente della federazione che gestisce i controlli antidoping per conto del Coni e del Ministero della salute e membro dell’advisory board di Herbalife nutrition sponsor del Coni, nonché società che riceve da parte del Ministero l'autorizzazione ad operare commercialmente come produttore di integratori e prodotti nutrizionali –:
   quali iniziative di vigilanza i Ministri interrogati abbiano assunto, per quanto di competenza, in ordine alla compatibilità dell'affidamento degli incarichi citati al dottor Maurizio Casasco in relazione sia all'affidamento dei controlli antidoping che alla sponsorizzazione della Herbalife in favore del Coni. (4-16517)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il salumificio Spiezia di San Vitaliano in provincia di Napoli è stato fondato nel 1907;
   da oltre un secolo rappresenta uno dei marchi più solidi e conosciuti in fatto di produzione di salumi di qualità e contribuisce, con il proprio know how ed una tradizione familiare che si tramanda di padre in figlio, a rafforzare il brand del made in Italy sui mercati nazionali ed internazionali;
   recentemente, proprio dal salumificio Spiezia è partita una campagna di sensibilizzazione per il riconoscimento della dop al salame Napoli, ricetta tipica del territorio sul quale opera l'azienda;
   attualmente nello stabilimento sono impegnati 90 lavoratori;
   nei giorni scorsi le maestranze hanno occupato la fabbrica per far conoscere all'opinione pubblica l'esistenza di una crisi che di fatto potrebbe provocare la chiusura della storica realtà produttiva;
   a determinare la situazione, che avrebbe provocato la sospensione delle attività sarebbe, un problema di liquidità generato, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, anche da una contrazione dei consumi di carni e salumi;
   al momento la proprietà sarebbe impegnata nella ricerca di una soluzione che non escluderebbe l'ipotesi di una cessione dell'attività ad altri gruppi imprenditoriali –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in campo, per quanto di competenza, per tutelare la storia di un marchio che è prima di tutto patrimonio italiano e dei lavoratori e per scongiurare la possibilità di una «deportazione» all'estero delle tradizioni agricole e produttive tipicamente nazionali. (4-16509)


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in un mercato profondamente cambiato negli ultimi anni e in continua evoluzione, caratterizzato da consumatori con nuove esigenze, anche le micro e piccole imprese artigiane hanno ampi margini di crescita e ottime chance per far crescere il proprio business, ma per farlo devono compiere al più presto un salto di qualità in termini di diffusione e utilizzo del digitale nei processi produttivi e nella comunicazione. Infatti, al fine di perseguire i nuovi livelli di produttività e flessibilità richiesti dal mercato, occorre far leva sulle potenzialità dell'Industria 4.0, cioè la capacità di integrare in modo armonico nuove tecnologie digitali e nuovi approcci manageriali con le tecnologie e i metodi tradizionali di fare impresa;
   l'Industria 4.0, sostenuta anche da una serie di incentivi fiscali, tra cui super e iperammortamento, per chi investe in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, rappresenta una vera e propria «rampa di rilancio» fondamentale soprattutto per le piccole realtà imprenditoriali;
   infatti, grazie all'Industria 4.0 anche i processi produttivi delle micro e piccole imprese artigiane possono migliorare in efficacia ed efficienza, consentendo all'impresa non solo di essere più competitiva sui mercati, ma anche di entrare a far parte di quell'economia del pezzo unico «su misura» che caratterizza la nuova manifattura nell'era della tecnologia e soddisfa le esigenze più sofisticate e particolari;
   ci sono straordinari e crescenti esempi di come le tecnologie digitali e il saper fare artigiano possano incontrarsi e produrre risultati straordinari, a prescindere dalle dimensioni delle imprese. La sfida, oggi, è rendere queste buone pratiche prassi comune e fare crescere la digitalizzazione dell'intero sistema produttivo;
   il sistema produttivo italiano è composto per il 99,4 per cento da micro e piccole imprese diffuse in ogni settore dell'economia, dalla manifattura ai servizi, dai settori tradizionali a quelli più innovativi. Alla luce di ciò è importante non solo digitalizzare le imprese esistenti ma anche preservare la biodiversità produttiva italiana. Industria 4.0 deve quindi saper valorizzare le varie eccellenze produttive nel mondo digita mantenendone sempre intatta la «biodiversità» e salvaguardando le specificità di ciascuna. Grazie alle tecnologie digitali, le straordinarie competenze e la flessibilità e creatività degli artigiani possono creare nuovi prodotti, conquistare nuovi mercati, raggiungere grazie alle reti obiettivi prima preclusi alle realtà di piccole dimensioni. Tutto senza perdere le loro specificità –:
   quali iniziative intenda il Governo intraprendere per sostenere e agevolare le piccole e medie imprese nello sviluppo del proprio potenziale di innovazione e guidarlo nei processi di trasformazione tecnologica e digitale che rappresenta per le medesime una vera occasione di rinascita e di crescita;
   quali iniziative intenda adottare, anche mediante un confronto con soggetti pubblici e privati, per orientare e implementare a tutti i livelli le politiche di Industria 4.0, perché possano realmente conseguire l'obiettivo della trasformazione digitale delle imprese artigiane italiane, precondizione per la trasformazione digitale della nostra economia. (4-16514)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Busto n. 4-16464, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benedetti.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale Causin n. 3-02107 del 15 marzo 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16508;
   interrogazione a risposta in Commissione Gagnarli e altri n. 5-09579 del 23 settembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-03002.