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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 5 maggio 2017

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sull'imposizione degli oneri di servizio pubblico per la continuità territoriale aerea da e per la Sardegna;
   dall'analisi e dalla comparazione dei due allegati tecnici alla base dell'imposizione dell'onere del servizio pubblico del 2011 e del 2017 emerge una modifica sostanziale del contenuto e delle voci di costo, ad avviso dell'interpellante, del tutto ingiustificate e abnormi;
   dall'esame comparativo emerge:
    a) il costo del carburante risulta rispetto al 2011 dimezzato, mentre il costo finale del biglietto è solo leggermente ribassato ma con un incremento della compensazione di 30.000.000 di euro all'anno;
    b) rispetto al 2011 scompare dall'allegato tecnico del 2017 il costo dell'ammortamento degli aeromobili, mentre i prezzi dei biglietti restano sostanzialmente invariati e aumenta la compensazione di 30 milioni di euro all'anno;
    c) le spese generali passano dal 9 del 2011 al 14 per cento del 2017 e si aumenta la compensazione di 30 milioni di euro all'anno;
    d) l'utile d'impresa nel calcolo del costo dell'ora volata passa dal 4 per cento del 2011 al 5,6 per cento del 2017, mentre si aumenta di 30 milioni di euro all'anno l'elargizione delle compensazioni;
   nel 2011 i costi indiretti annui erano di 2.814.935 euro, nel 2017 ammontano a 3.675.486;
   nel calcolo dei costi indiretti nel 2011 vengono sommate tre voci di costo: premi assicurativi, personale, ammortamento. Inspiegabilmente nel 2017 la rilevantissima voce di costo (5.000.000 euro) calcolata nel 2011 viene quasi dimezzata, a conferma dell'incongruità del precedente costo. Nonostante questa eliminazione, stranamente i costi indiretti annui aumento di 860.551 euro;
   nel 2011 il costo dell'ora volata indiretta era di 1.287 euro, mentre nel 2017 diventa di 1.516 euro con un incremento di 228 euro;
   nel 2011 i costi dell'ora volata ammontavano a 3.278 euro, mentre nel 2017 ammontano a 1.758. Si tratta di costi quasi dimezzati per via della drastica riduzione del costo del carburante. Il costo diretto dell'ora volata viene, dunque, ridotto di 1.520 euro rispetto al 2011;
   i costi aeroportuali e di tratta nel 2011 erano 1.646 euro, nel 2017 1.653 euro;
   il riepilogo di costi indiretti più costi diretti fa emergere: nel 2011 5.282 euro, nel 2017 4.699 euro. A questi costi diretti e indiretti sono stati aggiunti due elementi incrementali: spese generali e margine d'utile di impresa;
   per quanto riguarda le spese generali nel 2011 erano state stabilite nel 9 per cento sull'intero ammontare del riepilogo costi, mentre nel 2017 si passa dal 9 al 14 per cento;
   a questa definizione di costi (costi diretti + costi indiretti + spese generali) viene sommato l'utile di impresa che passa dal 4 per cento del 2011 al 5,6 per cento del 2017;
   nella comparazione del costo medio dell'ora di volo emerge che nel 2011 si aveva un costo di 6.822 euro, nel 2017 è di 6.052 euro. Tale riduzione è solo apparente, perché in realtà il costo dell'ora di volo avrebbe dovuto essere di 5.068 euro;
   dalla valutazione comparata tra riduzioni oggettive e incrementi discrezionali emerge come siano stati discrezionalmente incrementati i costi medi indiretti di 860.551, ad avviso dell'interpellante senza nessuna consistente motivazione e altrettanto è avvenuto sia per le spese generali che per l'utile d'impresa;
   tale discrezionale e ingiustificato incremento comporta un costo aggiuntivo dell'ora volata di ben 984 euro;
   tale costo aggiuntivo è calcolato con l'eliminazione dell'incremento discrezionale dal 2011 al 2017 di 228 euro sui costi indiretti per ora volo, con l'applicazione delle spese generali al 9 per cento (già di per se eccessive) e l'utile d'impresa comunque non andrebbe certamente calcolato anche sui costi per spese generali che, secondo l'interpellante, sono di fatto un ulteriore utile d'impresa mascherato;
   il costo dei biglietti nel bando 2017 è di 39,53 euro su Roma e 48.31 su Milano;
   se si applicasse un load factor del 100 per cento su una base di 180 posti il risultato sarebbe il seguente:
    a) su ROMA: un'ora di volo 5068: 180 = 28,15 euro;
    b) su MILANO: un'ora e trenta 7.602: 180 = 42,23 euro;
   oltre ad un guadagno evidente sul costo del biglietto prefissato, si ipotizza una compensazione che andrebbe ben oltre il concetto di riequilibrio dei costi operativi anche se venisse ridotto il load factor;
   esiste la discriminazione verso i cittadini europei nell'applicazione per due mesi all'anno di tariffe notevolmente superiori a quelle ordinarie  –:
   se il Governo non ritenga di dover valutare questi elementi comparativi e sottoporli con urgenza ad un'analisi che coinvolga, per quanto di competenza, la regione Sardegna e la Commissione europea, onde evitare quelle che appaiono evidenti violazioni in materia di aiuti di Stato e discriminazioni;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per uniformare i parametri dei costi dell'ora volata al fine di evitare valutazioni discrezionali.
(2-01788) «Pili».

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi le cronache di alcuni giornali editi nella Repubblica Dominicana hanno riportato la notizia che un giovane italiano di 29 anni, A. G., residente a Genova, si sarebbe suicidato lanciandosi da una finestra del Recidence Cocotal di Bàvaro;
   la notizia dalla stessa stampa locale è stata data con esplicite riserve, dal momento che si è scritto di «apparente» e «supposto» suicidio e si è usato ripetutamente il condizionale per descrivere la dinamica dell'atto che ha comportato la morte del giovane turista italiano, che stava concludendo un lungo percorso di conoscenza di diversi Paesi del Sud America;
   nelle settimane precedenti, le stesse fonti hanno parlato, con analoga incertezza, di un altro «apparente suicidio» di un italiano, il pensionato abruzzese F. R., trovato impiccato alla maniglia della porta del suo appartamento di Boca Chica in Santo Domingo poco prima di fare ritorno in Italia;
   anche in questo caso, le circostanze denunciate, in particolare le inspiegabili tumefazioni riscontrate sul volto, sono tali da indurre a sollevare giustificati dubbi sul referto di «suicidio» che sembrerebbe frettolosamente emesso dalla polizia locale;
   i familiari del pensionato abruzzese, a loro volta, testimoniano di uno stato di completa normalità del loro congiunto, che dunque non avrebbe avuto alcun motivo per un gesto così estremo;
   la comunità italiana di Santo Domingo è giustamente allarmata per la ricorrenza di questi casi e dubbiosa per la celerità delle archiviazioni delle indagini relativi a questi eventi, che avrebbero meritato accertamenti e verifiche più approfonditi e convincenti di quelli esperiti –:
   se non ritenga necessario e urgente dare mandato alla rappresentanza italiana di richiedere alle autorità dominicane una ricostruzione più approfondita dei fatti accaduti e una ricerca più precisa di eventuali responsabilità da perseguire;
   se siano state definite misure concrete ed efficaci di prevenzione e sicurezza per gli italiani che si trovano nel Paese, stabilmente o temporaneamente, in modo da evitare che episodi di questa natura, se dovuti a terzi, abbiano a ripetersi.
(5-11297)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dopo i siriani, gli eritrei sono i primi al mondo per numero di richiedenti asilo. In migliaia fuggono ogni giorno dal proprio Paese, nonostante non ci sia all'interno dello stesso una vera e propria guerra civile, ed essendo quella con la vicina Etiopia congelata da circa venti anni;
   le condizioni che portano migliaia di eritrei a fuggire riguardano pertanto ed eminentemente le pesanti, continue e costanti violazioni dei diritti umani;
   nel giugno del 2015 l'ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani di Ginevra ha pubblicato un'inchiesta sull'esercizio dei diritti e delle libertà civili in Eritrea che descrive il sistema repressivo usato dal governo per controllare, mettere sotto silenzio, isolare le persone. Come conseguenza di questo controllo di massa – si legge nel rapporto – gli Eritrei vivono in costante timore che la loro condotta sia o possa essere posta sotto controllo dalla polizia e che le informazioni ottenute possano essere usate contro di loro portando ad arresti arbitrari, torture, sparizione e morte;
   ogni cittadino o cittadina eritreo è obbligato a prestare servizio militare a diciassette anni. La leva dovrebbe teoricamente durare 18 mesi, ma in realtà si sviluppa a tempo indeterminato. Concluderla è l'unico modo per ottenere un passaporto e avere così la possibilità di lasciare il Paese in maniera legale. In realtà, la gran parte dei militari viene costretta ai lavori forzati. Particolarmente alto è per le donne durante il servizio il rischio di finire vittime di violenza sessuale. Non solo i militari ma anche altre categorie di cittadini, ad esempio detenuti e studenti, sono sottoposti a lavoro forzato: «l'uso del lavoro forzato è così prevalente in Eritrea – prosegue il rapporto – che tutti i settori dell'economia si affidano ad esso e tutti gli Eritrei ne saranno probabilmente soggetti a un punto della loro vita»;
   relativamente al ruolo geopolitico svolto nella regione del Corno d'Africa, le Nazioni Unite hanno giudicato destabilizzante il comportamento dello Stato eritreo, tanto da approvare prima la risoluzione 1907/2009, che stabilisce il divieto di vendita o fornitura di qualsiasi tipo di arma all'Eritrea nonché il divieto di addestramento o assistenza alle forze armate eritree da parte di qualsiasi Stato membro, quindi la risoluzione 2023/2011 che vieta l'utilizzo dei proventi del settore minerario da parte eritrea per destabilizzare i Paesi confinanti;
   la risoluzione 2111/2013 ribadisce l'embargo imposto dalla risoluzione 1907;
   nonostante tali provvedimenti il Governo eritreo continuerebbe a sostenere gruppi armati che operano negli Stati vicini e, in particolare, in Etiopia, così come sarebbero state denunciate forze eritree impegnate nella guerra civile in Yemen;
   al riguardo, risulta che alcuni Stati della regione avrebbero trasferito truppe ed armi in Eritrea per condurre la guerra in Yemen, rendendo lo stato del Corno d'Africa una sorta di hub di forze militari e materiale bellico;
   il Governo eritreo, a quanto consta all'interrogante, avrebbe acquistato sistemi d'arma dalla Corea del nord, violando il regime di embargo deciso dalle Nazioni Unite;
   la posizione strategica dell'Eritrea – a stragrande maggioranza mussulmana e prossima geograficamente alla penisola araba – nonché il passato coloniale dell'Italia impongono all'Italia medesima una speciale attenzione verso questo Paese per le dinamiche interne e internazionali che lo riguardano –:
   quali iniziative intenda assumere il nostro Paese, come membro non permanente del consiglio di sicurezza dell'ONU, in vista della discussione che si terrà il 17 maggio 2017 in seno al medesimo relativamente al rinnovo e al rafforzamento dell'embargo militare all'Eritrea, nonché per l'adozione di ulteriori misure di pressione internazionale finalizzate al ripristino del rispetto dei diritti umani in quel Paese. (4-16505)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un imprenditore è stato condannato perché, nel 2010, avrebbe sparato ed ucciso un rapinatore e ferito il complice; i due stavano rapinando la sua stazione di servizio a Palo del Colle (vicino Bari);
   inizialmente, è stato ritenuto responsabile di omicidio volontario, poi è stato condannato per omicidio preterintenzionale e, dopo aver trascorso diversi mesi in carcere, sta scontando il resto della pena ai servizi sociali;
   il rapinatore ferito, attualmente in carcere, avrebbe già saccheggiato in passato un supermercato;
   i familiari del rapinatore ucciso, che avrebbero intanto percepito una provvisionale di 90 mila euro alla fine del processo penale, si sarebbero presentati presso il tribunale civile per chiedere un risarcimento per «danno da perdita parentale» pari ad un milione di euro;
   il giudice che presiedeva la causa avrebbe tentato una mediazione, invitando l'imprenditore a versare 120 mila euro; in assenza di tale versamento, l'azienda dell'imputato avrebbe corso il rischio di essere sottoposta a sequestro conservativo, con il conseguente rischio per circa 50 posti di lavoro;
   la somma stabilita, accettata dall'imprenditore, non sarebbe bastata ai familiari del rapinatore che ritenevano di avere diritto ad una somma superiore ed il giudice avrebbe proceduto con il sequestro, bloccando beni per circa 170 mila euro;
   il giorno successivo al provvedimento, l'imputato avrebbe depositato in cancelleria un libretto bancario per l'equivalente della somma stabilita, chiedendo contestualmente la conversione del sequestro dalla pluralità dei suoi beni ed attività alla somma contenuta nel libretto;
   nell'udienza fissata per l'eventuale conversione del sequestro, il difensore dell'imprenditore avrebbe chiesto al magistrato delucidazioni circa la differenza degli importi tra quanto proposto in sede di eventuale conversione (euro 120.000) e quanto contenuto nel provvedimento di sequestro (euro 170.000). Il magistrato, per quanto consta all'interrogante, avrebbe affermato, in risposta, di non aver approfondito l'argomento;
   l'imprenditore, rispetto quanto accaduto, ha presentato un esposto al Csm –:
   se non intenda valutare se sussistono i presupposti per avviare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza. (4-16504)


   GALPERTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è noto che il presidente del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Giovanni de Marco, insediatosi il 25 febbraio 2016, ha segnalato lo scorso anno che «la situazione in cui versa il tribunale di Barcellona può essere definita disperata: per volume di arretrato, carichi di lavoro, vacanze e inadeguatezza della pianta organica»;
   emblematica di questa situazione deve essere considerata la vicenda inerente alla procedura di liquidazione dell'eredità di Hauner Carlo accettata, con beneficio d'inventario, il 19 agosto 1996;
   in relazione alla predetta procedura di accettazione dell'eredità e alla relativa liquidazione, risalente ripetesi al 1996, in data 19 gennaio 2002 il tribunale nominava Scolarici Carmelo, notaio in Messina, per assistere gli eredi nella procedura;
   in seguito al decesso dello Scolarici, pur avendo il tribunale incaricato diversi altri notai per il prosieguo della procedura, si sono registrate una lunga serie di rinunce agli incarichi da parte dei professionisti di volta in volta individuati, nonché numerose problematiche procedurali che di fatto hanno bloccato il procedimento;
   dalla situazione testé descritta emergono, pertanto, l'inusuale ed eccezionale durata di un procedimento di liquidazione, nonché l'anomalia delle reiterate rinunce da parte dei notai del distretto incaricati;
   peraltro, fra i beni rientrati nel compendio ereditario sussistono terreni siti in Brescia di rilevante entità, la cui vendita ristorerebbe i debiti della massa ereditaria, nonché fabbricati e terreni siti in comune di Carpineti, provincia di Reggio Emilia, di facile esitazione, tale da rendere possibile il pagamento forse di tutti, o comunque in gran parte dei debiti ereditari;
   per converso, nell'arco di 20 anni, per quanto consta all'interrogante, i creditori hanno assistito al depauperamento sistematico e continuativo della massa ereditaria per oltre euro 5.000.000, nonché all'accrescimento di debiti nei confronti di erario, fornitori e istituti di credito privilegiati, per oltre euro 3.500.000;
   tra i creditori vi sarebbero lavoratori, ex dipendenti dell'azienda agricola Hauner Carlo Sr., che da più di 20 anni reclamano legittimamente di essere pagati; inoltre, vi sono debiti erariali su cui maturano interessi e more tali da compromettere la perfetta riuscita della liquidazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative per ridurre i tempi del processo civile così evitando che possano ripetersi situazioni incomprensibili e al limite del paradossale come quella descritta nel rendere giustizia ai cittadini;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la piena funzionalità del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e per dotarlo delle risorse umane e logistiche indispensabili, affinché possano essere risolte le criticità sopra menzionate e possa essere fornito un servizio efficiente in tempi congrui. (4-16507)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   con la legge n. 443 del 2001 «legge obiettivo» e la relativa deliberazione del CIPE n. 121 del 2001, la strada statale 675 «Umbro-Laziale» ex raccordo Civitavecchia-Orte, veniva compresa tra le opere strategiche da realizzarsi ai sensi di detta legge;
   a seguito dell'intesa generale quadro», siglata tra la regione Lazio ed il Governo il 20 marzo 2002, ai sensi e per le finalità di detta legge n. 443 del 2001, in data 8 novembre 2006, è stata sottoscritta «un'intesa» tra la regione Lazio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed A.N.A.S. spa, con la quale ci si impegnava reciprocamente alla realizzazione dell'opera, anche ricercando le necessarie risorse finanziarie;
   la strada statale 675 o «trasversale nord», si inserisce nel più ampio itinerario Civitavecchia-Orte-Terni, il cui completamento fra Orte e Civitavecchia consentirà di collegare, con strada a 4 corsie, il porto civitavecchiese con la A1, l'itinerario internazionale E45-E55 e il polo industriale di Terni;
   si tratta di un'infrastruttura inserita nella Comprehensive Network della rete europea TEN-T e del corridoio europeo 5sud fino a Kiev;
   essa rientra nel 1o programma delle infrastrutture strategiche – sistemi stradali e autostradali del corridoio plurimodale tirrenico Nord-Europa – trasversale nord Orte-Civitavecchia;
   per terminare l'intera infrastruttura viaria, una volta completato questo tratto, dovranno ancora essere realizzati i circa 18 chilometri che da Monte Romano est portano alla strada statale 1 Aurelia;
   questo tratto durante il suo percorso si pone inoltre in affiancamento alla strada statale 1-bis, alla, strada provinciale 42 per Blera e all'attuale strada provinciale 97 di Montericcio nella valle del Mignone;
   il completamento del tracciato viario tra Monte Romano Est e la strada statale 1 Aurelia e così per il porto di Civitavecchia, è di primaria importanza per la rete viaria dei territori interessati e strategica per l'economia dello scalo portuale laziale, risulta fondamentale scegliere un tracciato che consenta una razionalizzazione dei costi, mantenendoli in linea con la media europea, al fine di evitare un dispendio di denaro pubblico come pregresse esperienze italiane stanno ad attestare sia in termini economici che in tempistiche di realizzazione;
   la trasversale Orte-Civitavecchia ha un'importanza vitale per lo sviluppo economico-sociale dell'area, anche perché rappresenta un'infrastruttura in grado di unire il mar Tirreno con il mar Adriatico;
   essa, peraltro, eliminerebbe il « bottleneck» al porto di Civitavecchia, permettendo quindi la distribuzione di merci e persone dal porto di Civitavecchia destinata al centro-nord Italia e una razionale e moderna viabilità per gli spostamenti di persone, lavoratori e studenti, ora complessivamente concentrato su un tratto stradale a due corsie la cui pericolosità è confermata dalla quantità di sinistri stradali occorsi in tale situazione;
   con la sua ultimazione si creerebbero i presupposti per l'insediamento nell'area di Civitavecchia, della Tuscia e dell'Etruria di nuovi siti produttivi che al momento non hanno mai avuto start-up a causa di mancanza di infrastrutture, consentendo allo stesso tempo il transito dei mezzi di trasporto in sicurezza, al contrario di quanto avviene oggi;
   dalla fine degli anni ’90 ad oggi, lo Stato italiano ha speso oltre 1.500.000.000 di euro per l'attuazione del piano regolare generale del porto di Civitavecchia, sforzo economico che sarebbe vanificato circa le attese al mancato completamento degli ultimi 18 chilometri della trasversale in questione;
   la regione Lazio e l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta ora autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centro-settentrionale hanno espresso la volontà di realizzare una «zona franca» nel porto di Civitavecchia;
   l'infrastruttura in questione detiene il triste primato nazionale di grande opera incompiuta, poiché sono più di quarant'anni che se ne attende l'ultimazione;
   è del tutto evidente la necessità di accelerare l’iter burocratico per avviare al più presto il completamento di un'infrastruttura, la cui realizzazione non è più rinviabile ed i cui fondi sono già stati stanziati e disponibili –:
   quanti e quali pareri abbia ricevuto il tracciato Monteromano est. Strada statale 1 Aurelia presentato da Anas spa in sede di conferenza di servizi;
   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di sbloccare la vicenda di cui in premessa e garantire un rapido completamento di un'opera, fondamentale per lo sviluppo e la sicurezza dell'intera area;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative affinché il tratto viario Vetralla (località Cinelli-Monte Romano, in corso di realizzazione, non si interrompa come da progetto prima del centro urbano di Monte Romano, ma si utilizzino sia le somme che le economie disponibili nel quadro economico, per una variante in corso d'opera finalizzata a poterlo bypassare, ciò al fine di evitare il transito degli automezzi commerciali e degli autoveicoli, che ancora oggi avviene obbligatoriamente tramite la via principale, con afflusso-deflusso attraverso l'antico arco delle mura perimetrali di Monteromano, peraltro di dimensioni sottodimensionate rispetto alle attuali e moderne esigenze viarie.
(2-01787) «Scotto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Parigi, il 31 gennaio 2017, è stato firmato da nove Ministri europei dei trasporti un documento denominato « Road Alliance – Alleanza dell'Autotrasporto» che contiene la volontà politica — istituzionale per un piano d'azione comune di promozione del mercato unico dell'autotrasporto che assicuri meglio i diritti sociali fondamentali e controllo più efficaci;
   questa «Road Alliance – Alleanza dell'Autotrasporto», nel rispetto del diritto comunitario vigente, permetterà di:
    1. far convergere certe misure di applicazione delle normative europee, in particolare quelle sociali, per facilitare la loro attuazione da parte degli operatori;
    2. migliorare le pratiche di controllo sulla base delle reciproche esperienze e rafforzare;
    3. rendere maggiormente efficace la lotta contro le frodi nei confronti delle regole sociali, della sicurezza del lavoro e contro le pratiche abusive;
    4. definire posizioni comuni per il futuro della politica europea sul trasporto stradale con lo scopo di lottare contro il dumping sociale e promuovere una concorrenza leale;
   la « Road Alliance – Alleanza dell'Autotrasporto» comprende la messa in essere di otto azioni tendenti, da un lato, ad armonizzare talune misure nazionali di regolamentazione proprie di ognuno degli stati che partecipano all'Alleanza e, in secondo luogo, a coordinare e migliorare le pratiche di controllo al fine di combattere in modo più efficace contro le frodi;
   in particolare, la misura 8 «Difendere una posizione comune in seno agli organi dell’International Transport Forum (ITF – CEMT) per garantire il mantenimento di un dispositivo per un'evoluzione regolata del mercato», la misura 6 «rafforzare gli scambi sulle pratiche nazionali di controllo nella lotta contro le frodi facendo leva sulle strutture multilaterali esistenti» e la misura 1 «implementare provvedimenti per garantire il diritto del conducente a conciliare tempi di lavoro e vita privata» sono di vitale importanza per un settore colpito dalla crisi economica e dalla concorrenza insostenibile dei vettori dell'Est europeo –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per adempiere, in particolare, alle misure 8, 6 e 1 e, più in generale, a tutte quelle previste dalla « Road Alliance – Alleanza dell'Autotrasporto» sottoscritta dal medesimo Ministro. (5-11293)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante segnala come da diversi mesi, il viadotto Akragas (Morandi) di Agrigento, sia chiuso al traffico, nonostante le rassicurazioni da parte dell'Anas, sui tempi della riapertura della viabilità, secondo i quali i lavori si sarebbero conclusi in tempi celeri;
   al riguardo, l'interrogante evidenzia che la decisione di avviare i lavori di consolidamento del viadotto Morandi sulla strada statale 115 a causa dello stato di estremo degrado è stata presa a seguito delle denunce da parte di un'associazione ambientalista, che hanno indotto la magistratura di Agrigento ad avviare un'indagine al fine di stabilire se il viadotto costituisca effettivamente un pericolo per la pubblica incolumità;
   le conseguenze negative e penalizzanti derivanti, oltre che dal divieto di circolazione, dalla chiusura del viadotto e dalla deviazione del traffico su percorsi alternativi costituiti dalla viabilità locale tra gli svincoli di Villaseta e quello per via Dante o in alternativa, dalla strada statale 115 e dalla strada statale 640 sino allo svincolo di San Leone, per proseguire sulla strada statale 118 fino al centro abitato di Agrigento, incidono pesantemente sulla mobilità delle comunità locali, che già subiscono (da troppi anni) ritardi cronici in termini di gap di efficienza infrastrutturale negli spostamenti;
   a giudizio dell'interrogante, accelerare i tempi d'intervento, per il ripristino della sicurezza della viabilità del ponte Morandi di Agrigento, risulta urgente e indispensabile, in considerazione del fatto che il viadotto costituisce un'arteria stradale di rilevanza strategica negli spostamenti da parte degli agrigentini e i turisti, i quali in prossimità dell'avvio della stagione estiva, aumenteranno in maniera inevitabile, rischiando di essere fortemente e ingiustamente sfavoriti dai ritardi nei lavori di riapertura della viabilità del ponte, i cui livelli di sicurezza peraltro erano stati da tempo garantiti dall'Anas –:
   quale sia attualmente lo Stato dei lavori relativi agli interventi di manutenzione già programmati da parte dell'Anas;
   se sia a conoscenza dei tempi per la riapertura del viadotto Morandi di Agrigento, la cui infrastruttura rappresenta un'opera stradale importante e fondamentale per i collegamenti del territorio agrigentino e siciliano;
   quali iniziative urgenti e necessarie il Ministro interrogato intenda intraprendere, nei confronti dell'Anas, al fine di accelerare i lavori che risultano fortemente in ritardo, posto che i disagi della viabilità sono fortemente avvertiti dalla popolazione agrigentina, anche a causa dell'incertezza delle dichiarazioni da parte dell'ente responsabile sui tempi della riapertura definitiva, oltre che sullo stato del ponte interessato. (4-16502)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia, costruito per ospitare gli sfollati dopo il terremoto del 2002, si preparerebbe ad accogliere 500 immigrati di cui 450 adulti e 50 minorenni non accompagnati, secondo quanto riferito dalla prefettura ai sindaci del circondariato;
   in realtà, la ristrutturazione di quel villaggio prevedrebbe 1.200 posti letto;
   le casette del villaggio si trovano in aperta campagna senza vie di comunicazione lontano da San Giuliano di Puglia circa 4 chilometri, vicinissime al comune di Santa Croce di Magliano dal quale dista 2 chilometri e dal comune di Colletorto dal quale dista 6 chilometri circa;
   nella zona mancano le strutture sanitarie; l'ospedale più vicino si trovava nel comune di Larino, ma lo stesso è stato smantellato quasi completamente dalla Giunta regionale; mancano le strutture di pubblica sicurezza, le uniche due stazioni di carabinieri si trovano a Colletorto e Santa Croce di Magliano, mentre il posto fisso dei carabinieri che si trovava nel villaggio è stato chiuso e il personale spostato a Colletorto;
   il comune di San Giuliano di Puglia ha una popolazione di circa 900 unità, mentre tutto il comprensorio è composto da circa 7.000 unità;
   un documento recante un'intesa del 2014 tra Governo, regioni ed enti locali esclude la possibilità di ospitare per i paesi colpiti da calamità naturali;
   è stata bandita una gara d'appalto di circa 3 milioni di euro per la gestione del villaggio; una somma particolarmente consistente e, ad avviso dell'interrogante, a rischio di intrecci pericolosi per il reclutamento di personale;
   al comune di San Giuliano di Puglia sembrerebbe, poi, saranno elargite ingenti somme di danaro annuali per l'affitto del villaggio, mentre per gli altri comuni del circondario al momento non sarebbe previsto nulla; sembrerebbe che non siano stati minimamente coinvolti;
   il Molise è una delle regioni con più alto tasso di immigrati ospiti nei centri d'accoglienza in rapporto alla popolazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti ritenga opportuno adottare per garantire sicurezza ai cittadini ed evitare che, con la realizzazione di un vero e proprio centro abitato di immigrati, la situazione già particolarmente complessa diventi ingestibile. (4-16498)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 aprile 2017 si è tenuto l'incontro sulla «Razionalizzazione dei presìdi della polizia postale e delle comunicazioni e sul rinnovo della convenzione con Poste italiane», al quale hanno partecipato il prefetto Roberto Sgalla, il direttore del servizio polizia postale e delle comunicazioni, Nunzia Ciardi, e il direttore dei rapporti sindacali Tommaso Ricciardi;
   all'inizio dei lavori il prefetto Sgalla ha informato i presenti che l'incontro era da ritenersi interlocutorio e la bozza ancora provvisoria con possibilità di modifica della stessa;
   secondo quanto affermato dallo stesso, la razionalizzazione delle sezioni di polizia postale si ispira all'omologo organismo di polizia dell'Fbi americano che ha 54 uffici sull'intero territorio nazionale;
   partendo dal presupposto che può essere paragonata alla polizia scientifica e non ad una specialità deputata al presidio del territorio, il prefetto Sgalla avrebbe dichiarato che la stessa può essere impiegata anche senza la necessaria presenza di un ufficio di ogni provincia;
   i criteri considerati per la soppressione di una sezione di polizia postale sarebbero stati: produttività, posizione geografica ed esigenze di Poste italiane;
   è stata dura la posizione dell'UGL Polizia di Stato sulla questione: «le sezioni di Polizia postale rappresentano l'unico presidio di polizia che i cittadini cercano e vedono come principale punto di riferimento per il web»;
   contrarietà è stata espressa anche dal segretario nazionale Marco Cervellini: «Si tratta di un progetto poco convincente, perché diversamente da come la vede la nostra amministrazione, mentre noi arretriamo lasciando sempre più pezzi di territorio e presidi di legalità, i Carabinieri aprono nuovi uffici di polizia telematica sul territorio»;
   l'Ugl Polizia ha poi manifestato contrarietà perché, al di là dei paragoni esaltanti poco accostabili, la specialità postale è l'unico organismo di Polizia di Stato che non ha oneri a carico dell'amministrazione, se non per quanto riguarda il costo del personale che resterebbe ugualmente e che è fatto da uomini e donne che questi anni si sono specializzati e, se trasferito, vedrebbe quell'insieme di saperi dispersi;
   a subire i tagli sarà, in particolar modo, la regione Toscana, con la chiusura di 7 uffici su 10 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per scongiurare «tagli» indiscriminati che andrebbero a colpire personale specializzato e, dopo le scelte degli ultimi anni, ad eliminare ulteriori presìdi di legalità e sicurezza, punti di riferimento fondamentali per i cittadini sui territori. (4-16500)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2017, mentre prestava servizio al pronto soccorso dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania, una dottoressa è stata picchiata da una paziente. Lo riferisce e denuncia la Federazione sindacati indipendenti aderente alla Confederazione unione sindacati autonomi europei, come riporta il sito quotidianosanità.it;
   la donna che ha aggredito la dottoressa, sempre secondo quanto riferiscono il sindacato ed il sito in questione, pretendeva di effettuare degli accertamenti non urgenti nello stesso ospedale e subito;
   sarebbe stata aggredita anche una infermiera intervenuta in soccorso del medico;
   a giudizio dell'interrogante e del segretario territoriale dell'Fsi-Usae, Calogero Coniglio, è inconcepibile che, ancora oggi, dopo appelli, denunce, richieste di incontri con i prefetti e comunicati stampa, gli infermieri, medici e tutto il personale sanitario dei pronto soccorso e dei reparti che operano, in prima linea, per la tutela del cittadino, siano oggetto di aggressioni;
   a coloro i quali conoscono solo il linguaggio della violenza, i medici possono solo opporre la propria competenza, serietà e professionalità. A difenderne l'integrità fisica ed il loro diritto/dovere di prestare cure adeguate a tutta la cittadinanza dovrebbero bastare le forze dell'ordine –:
   se il Governo non intenda convocare il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, allargato ai rappresentanti delle strutture sanitarie cittadine e provinciali, al fine di concordare misure per una maggiore e più efficace tutela dell'incolumità fisica dei medici ospedalieri della città e della provincia di Catania. (4-16503)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, FRATOIANNI, AIRAUDO, BRIGNONE, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, MARCON, PELLEGRINO, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 maggio 2017, alla stazione centrale di Milano il prefetto ha ordinato il primo «maxi blitz» della nuova era Minniti nella gestione della sicurezza urbana;
   uno sproporzionato dispiegamento di agenti, a piedi e a cavallo, unità cinofile, camionette e un elicottero, ha circondato piazza Duca d'Aosta, chiuso i cancelli della stazione, bloccato la metropolitana ed effettuato un vero e proprio rastrellamento di migranti e richiedenti asilo, trasferendone in questura 52;
   l'associazione MilanoInMovimento ha testimoniato di aver assistito a vere e proprie scene da pulizia etnica, dove «i biondi e chiari di carnagione passavano tranquilli, mentre tutte le persone scure venivano fermate per almeno venti minuti»;
   l'assembramento di migranti è stato conseguenziale anche alla riduzione della disponibilità di accoglienza dell’hub di via Sammartini, punto di «smistamento» dei richiedenti asilo: nella notte tra lunedì e martedì, da oltre 300, gli ospiti del centro sono scesi a 204, senza che per gli esclusi fosse stata predisposta una dignitosa soluzione alternativa. Chi è rimasto fuori, infatti, ha cercato sistemazioni di emergenza e il più possibile sicure, diventando così vittima del blitz, al quale, purtroppo, ne seguiranno altri nei prossimi mesi;
   sull'esito del rastrellamento, le notizie diffuse sono contrastanti: non si conosce con certezza né il numero delle persone con regolare permesso di soggiorno, né quelle per le quali sarà valutato il rimpatrio immediato. È certo che un numero imprecisato, che il comune non è in grado di ospitare in altro modo, sarà mandato al centro di permanenza di Torino;
   le maggiori associazioni attive sul territorio hanno diramato un comunicato congiunto, deprecando l'operazione considerata un grave passo in avanti nel processo di «criminalizzazione dell'immigrazione» e «unico metodo con il quale le istituzioni affrontano il fenomeno migratorio, che si aggiunge al recente tentativo di “criminalizzazione” delle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo»;
   le associazioni chiedono che su quanto accaduto l'amministrazione comunale assuma una posizione chiara, intraprendendo iniziative per garantire che nessuna persona che vive sul territorio rischi di essere espulsa sulla base della sua condizione di «clandestinità»: soprattutto a pochi giorni dalla manifestazione del 20 maggio, dove, per le strade di Milano, sfilerà un corteo a sostegno dell'accoglienza, indetto dall'assessore comunale alle politiche sociali, che vuole contrastare qui, com’è successo a Barcellona, il rifiuto di una buona accoglienza dei migranti;
   operazioni come quella di Milano l'unica soluzione messa in atto dal Governo che, appare forte con i deboli e debole con i forti, alimenta la guerra tra poveri, di fatto finendo per alimentare sentimenti di xenofobia e razzismo, ed è però incapace di «pretendere» dall'Europa di assumere decisioni responsabili ed egalitarie verso il fenomeno delle migrazioni, contravvenendo ai diritti inviolabili internazionali, costringendo milioni di persone all'illegalità e al rimpatrio forzato, rischiando di provocare un moderno crimine contro l'umanità –:
   se il Governo fosse a conoscenza del blitz descritto e quali siano le ragioni per cui ne abbia consentito lo svolgimento;
   se intenda fornire elementi su presupposti, responsabilità, finalità ed esito dell'operazione;
   se condivida simili modalità di controllo etnico sui cittadini di origine straniera;
   se il blitz sia stato disposto dal Ministero dell'interno e se esistano direttive, formali o informali, per replicare tale nuovo modello di «controllo» del territorio e se ritenga di individuare modalità meno muscolari e più rispettose della dignità delle persone controllate;
   se intenda adoperarsi per contrastare, anche con iniziative normative e finanziarie, i fattori di fragilità economica e marginalità sociale, anche incrementando le risorse a disposizione degli enti locali per il contrasto alla povertà. (4-16506)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NESCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha già trasmesso il testo definitivo del contratto collettivo nazionale integrativo per la mobilità della scuole e avviato la presentazione delle domande di mobilità;
   all'articolo 8, comma 12, tale contratto stabilisce che «per la mobilità professionale verso i posti delle nuove classi di concorso dei licei musicali, di cui al comma 9 dell'articolo 4 sono riservati il cinquanta per cento di tutti i posti interi vacanti e disponibili. In caso di posto unico o resto dispari il posto residuo viene assegnato alla mobilità professionale»;
   il bando del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 febbraio 2016 indiceva «su base regionale, concorsi per titoli ed esami finalizzati alla copertura di n. 16.147 posti comuni nelle scuole secondarie di primo grado e di n. 17.232 posti comuni di insegnamento nelle scuole secondarie di secondo grado che si prevede risulteranno vacanti e disponibili per il triennio 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019»;
   nel conteggio dei posti a concorso rientravano pure le nuove materie caratterizzanti dei licei musicali, A55, A53, A63, A64;
   svolto il concorso, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha rinviato l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 – in relazione alle discipline caratterizzanti dei licei musicali – al 1o settembre 2017;
   poi, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha previsto nell'organico di diritto relativo all'anno scolastico 2016/2017 alcuna cattedra per le classi di concorso del suddetto indirizzo, con conseguente impossibilità delle immissioni in ruolo nell'anno scolastico corrente;
   dalla stampa si apprende non sarebbe definito il numero di cattedre in organico di fatto che passeranno in organico di diritto;
   le cattedre dei licei musicali dovrebbero essere trasformate in organico di diritto, essendo istituzioni di recente formazione per le quali non è mai esistito il predetto organico;
   a parere dell'interrogante, che non può entrare nel merito delle contrattazioni sindacali, dei diritti maturati e delle diverse azioni legali, il personale utilizzato e vincitore di concorso ha il diritto di conoscere il numero di cattedre di diritto a disposizione in ogni regione per ciascuno strumento –:
   quali urgenti iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda assumere per garantire ai licei musicali un corpo docente definitivo e stabile sin dal 1o settembre 2017;
   quali iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda adottare per rendere noti l'organico di diritto dei licei musicali e i numeri definitivi di cattedre per specifica disciplina, nonché la loro esatta distribuzione sul territorio;
   quali siano le precise determinazioni del Ministro dell'economia e delle finanze circa la trasformazione delle cattedre di fatto in organico di diritto. (5-11294)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la storica azienda logistica di Cornegliano Laudense, la Otil Spa, con alle dipendenze 140 addetti, è chiusa dall'ottobre 2013;
   il colpo di grazia per l'azienda, già fortemente provata dalla difficile situazione dovuta alla crisi dei consumi, è stata la perdita di un grosso cliente storico come l'Esselunga;
   con la chiusura, l'azienda era riuscita a saldare i compensi arretrati che ancora doveva corrispondere ed avviare una rateizzazione del trattamento di fine rapporto in pagamento per coloro che erano andati subito in mobilità volontaria, mentre circa 60 dipendenti erano entrati in cassa integrazione straordinaria di un anno, aperta a settembre 2013 e, quindi, entrati in mobilità a fine estate 2014, avrebbero dovuto ricevere i primi pagamenti del trattamento di fine rapporto in autunno;
   invece, la ditta, già in liquidazione, va in fallimento e, di conseguenza, non ha più erogato alcuna somma, né i lavoratori riescono ad accedere al fondo di garanzia Inps;
   in un rimbalzo di responsabilità tra curatela fallimentare e l'Inps circa 19 ex dipendenti della Otil attendono oramai da tre anni il proprio trattamento di fine rapporto;
   la normativa vigente, infatti, prevede che una volta riconosciuto dal tribunale il credito – e nel caso Otil oltre un anno fa – si possono avviare le procedure presso l'Inps per ottenere l'erogazione della somma dovuta a valere sul fondo di garanzia, ma nel caso specifico la curatela si sarebbe dichiarata impossibilitata ad attivarle per un problema al sistema Inps, mentre l'istituto, dal canto suo, si limiterebbe a dire che la curatela non ha avviato la procedura di richiesta –:
   se il numero di 19 ex dipendenti Otil in attesa di ricevere il trattamento di fine rapporto trovi conferma, ovvero quale sia il numero esatto di coloro che ancora attendono di ricevere il pagamento di somme dovute e, per quanto di competenza, se non intenda urgentemente far luce sulle eventuali responsabilità per il mancato accesso al fondo di garanzia Inps.
   (5-11295)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni che vanno dal 19 al 23 aprile 2017 si sono verificate delle avversità atmosferiche che hanno duramente colpito le colture agrarie del Lazio, in modo particolare della provincia di Latina e Roma;
   il ritorno di freddo ed i conseguenti sbalzi termici hanno causato ingenti danni ai germogli della vite e del kiwi, e alle altre colture orticole;
   per queste ragioni il 27 aprile 2017 è stata convocata una riunione urgente presso il comune di Cisterna di Latina per l'avvio di ogni attività di sostegno possibile agli agricoltori locali per far fronte ai gravi danni subiti dalle produzioni; oltre al sindaco e all'assessore per le politiche agricole e ai rappresentanti dei comuni di Sermoneta e Velletri, hanno partecipato i rappresentanti provinciali della Coldiretti, Confagricoltura, Confederazione italiana agricoltori e Aspalazio, nonché il delegato dell'area decentrata di Latina del dipartimento agricoltura della regione Lazio;
   secondo il consiglio direttivo dell'ASPAL (Associazione produttori agricoli) Lazio, i danni ammonterebbero ad oltre dieci milioni di euro in entrambe le province, mentre l'assessore per le politiche agricole di Cisterna stima le perdite ad una quota superiore al 35 per cento della produzione lorda vendibile;
   in presenza di avversità atmosferiche eccezionali e di calamità naturali che incidono sulla produzione lorda vendibile annuale delle singole aziende agricole interessate, in misura non inferiore al 30 per cento della produzione ordinaria, possono essere attivati gli interventi contributivi e creditizi ex post del fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004;
   i danni di cui sopra si sommano a quelli delle gelate del mese di gennaio 2017 e al continuo crollo dei prezzi alla produzione che rischiano di mettere in ginocchio l'intero settore –:
   se si intendano adottare urgentemente tutte le iniziative normative volte a far fronte alla straordinaria necessità e urgenza per garantire gli interventi di sostegno e di risarcimento dei danni, in favore del comparto agricolo delle provincie laziali colpite dalle eccezionali avversità climatiche;
   quali iniziative urgenti si stanno adottando per permettere alle imprese agricole colpite, l'accesso alle misure a favore della ripresa dell'attività produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a valere sul fondo di solidarietà nazionale. (4-16499)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOMBARDI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2016, in attuazione della cosiddetta riforma Madia (in particolare ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124), è stato approvato il decreto legislativo n. 97 in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza (correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33), che contiene l'obbligo per i vertici della pubblica amministrazione di pubblicare online, oltre agli stipendi, anche i propri redditi e patrimoni (modificando l'articolo 4 del decreto legislativo n. 33 del 2013), al fine di evitare gli arricchimenti verificatisi in passato in favore dei dirigenti pubblici; l'elaborazione delle relative linee guida viene demandata all'Autorità anticorruzione;
   il 14 novembre 2016 e, successivamente, il 15 dicembre 2016, il segretario generale Garante per la protezione dei dati personali ha invitato funzionari e dirigenti a preparare i documenti necessari a soddisfare le imminenti richieste dell'Anac relative alla pubblicazione delle ricchezze possedute dal management pubblico;
   tale provvedimento è stato immediatamente impugnato da parte dei sindacati dei dirigenti pubblici e di alcuni dirigenti della stessa Autorità che tutela i dati personali; il Tar Lazio, il 28 febbraio 2017, ha dunque emesso una ordinanza di sospensione degli effetti dei suddetti atti del segretario generale del Garante (motivando con riferimento alla «consistenza delle questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate nel ricorso e valutata l'irreparabilità del danno paventato dai ricorrenti discendente dalla pubblicazione on line, anche temporanea, dei dati per cui è causa») e ha fissato l'udienza di merito al 10 ottobre 2017;
   a seguito della sospensiva del Tar Lazio, l'Anac richiedeva preventivamente al Garante per la protezione dei dati personali e alla Presidenza del Consiglio dei ministri se intendessero proporre impugnazione nei confronti dell'ordinanza cautelare. Ricevuta risposta negativa, il 12 aprile 2017 l'Anac ha a sua volta sospeso l'efficacia delle linee guida emanate l'8 marzo (con determina 241/2017) in cui individuava il 30 aprile come termine ultimo per la pubblicazione dei suddetti dati, anche per «evitare alle amministrazioni pubbliche situazioni di incertezza e disparità di trattamento (...) tra dirigenti appartenenti ad amministrazioni diverse»;
   la sospensione riguarda i dirigenti delle pubbliche amministrazioni dello Stato, degli enti locali, delle regioni e delle asl;
   i dati che non dovranno essere più pubblicati, almeno fino alla definizione nel merito del giudizio, sono i seguenti:
    «i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica, gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici»; quindi sui siti delle amministrazioni non saranno più riportate indicazioni relative agli stipendi dei manager pubblici;
    «i diritti reali su beni immobili e su beni mobili registrati, le azioni e le quote di partecipazione a società» e i «redditi soggetti» a Irpef –:
   se il Ministro interrogato non reputi urgente assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo per rendere immediatamente applicabili le novità introdotte dall'articolo 13 del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, e se, a tale scopo, non ritenga opportuno procedere alla identificazione di dati, informazioni e documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. (4-16501)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, PIRAS, NICCHI, DURANTI, MELILLA, SANNICANDRO, D'ATTORRE, QUARANTA, ZARATTI, FOLINO e CARLO GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le piccole e medie imprese attive nella provincia di Fermo stanno attraversando da tempo un crisi economica che sta compromettendo la capacità di sviluppo dell'intero territorio, sia in termini produttivi che occupazionali;
   le diverse iniziative assunte dal Governo, in termini di strategie generali per lo sviluppo industriale, non sono apparse sino ad oggi idonee e sufficienti ad invertire questa tendenza;
   il territorio fermano ha cercato di rispondere a questa crisi con diverse iniziative sinergiche tra i vari attori del mondo produttivo, del lavoro e delle istituzioni territoriali, tra le quali l'istituzione di un tavolo per la competitività e sviluppo nel Fermano;
   l'ultima riunione, tenutasi in data 2 maggio 2017 ha visto la presenza dei rappresentanti di diverse realtà del territorio, da Confindustria, camera di commercio, Confcommercio Marche Centrali, Confartigianato Imprese e Cna, alle organizzazioni sindacali, oltre ai rappresentati delle istituzioni (assessori della giunta regionale delle Marche, sindaco del Comune di Sant'Elpidio a Mare) e funzionari regionali;
   l'obiettivo dell'incontro è stato quello di individuare, attraverso un confronto con le realtà produttive del territorio, strategie di medio e lungo periodo per affrontare la crisi che ha colpito negli ultimi anni le piccole e medie imprese – in particolare nel settore calzaturiero – e la ricostruzione post sisma;  
   dal tavolo sono emerse moltissime delle criticità che continuano ad interessare un panorama industriale sino a qualche anno fa fiorente ed oggi in forte difficoltà;
   dalla riunione citata sono emerse, inoltre, forti preoccupazioni per il progressivo allontanamento delle istituzioni dal territorio e dalle sue esigenze; preoccupazioni acuite dallo «svuotamento» di funzioni delle province e dal prossimo accorpamento delle camere di commercio, che privano i territori di fondamentali istituzioni di prossimità;
   gli eventi sismici del 2016 hanno accentuato, inoltre, le difficoltà già in essere, creando ulteriori scompensi a quella parte di mondo produttivo, le piccole e le medie imprese, che rappresenta storicamente la struttura portante dell'economia regionale;
   lo strumento delle aree di crisi complessa si è rivelato in diversi casi utile ad innestare un processo di ripresa delle attività produttive, soprattutto in territori caratterizzati dalla forte presenza di tipologie produttive omogenee –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce delle difficoltà illustrate in premessa, non intenda adottare iniziative per riconoscere al territorio fermano lo status di area di crisi complessa, assumendo le conseguenti misure che tale riconoscimento comporta. (5-11296)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Brunetta e Occhiuto n. 2-01777, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vito.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Scotto e altri n. 4-16457, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Laforgia, Rostan, Epifani, Ferrara.

  L'interrogazione a risposta in commissione Piazzoni e altri n. 5-11286, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gadda, Moretto.

  L'interrogazione a risposta scritta Laforgia e Martelli n. 4-16494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fontanelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Vargiu n. 1-01615, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 784 del 26 aprile 2017.

   La Camera,
    premesso che:
    la Camera dei deputati si è già più volte occupata dei fenomeni legati all'antibioticoresistenza, riprendendo il grido d'allarme delle organizzazioni sanitarie internazionali che mettono in guardia contro l'uso inappropriato delle terapie antibiotiche, che hanno l'effetto collaterale di selezionare un numero crescente di ceppi batterici resistenti, sempre più difficili da trattare con terapie specifiche e sempre più in grado di determinare gravi danni alla popolazione, in particolar modo in ambito ospedaliero o nei confronti degli individui defedati;
    l'Italia rappresenta uno dei territori europei a più alta criticità, per l'utilizzo inappropriato degli antibiotici e per la crescita del numero dei ceppi batterici resistenti;
    la lotta contro l'inappropriatezza prescrittiva prevede interventi di educazione culturale nei confronti della popolazione e dei sanitari prescrittori, nonché puntuali azioni di monitoraggio sulla catena del farmaco che consentano di misurare l'efficacia degli interventi messi in campo;
    l'approccio alla problematica non può peraltro essere circoscritto alla sola valutazione dell'appropriatezza dell'uso degli antibiotici nella terapia umana. Tali farmaci sono, infatti, utilizzati anche nel settore animale e vegetale per cui, oggi più che mai, è indispensabile un approccio «One health» al fenomeno, che consenta di garantire il corretto uso degli antibiotici e, più in generale, di tutti i farmaci che vengono regolarmente utilizzati per garantire la salute delle specie;
    la direttiva 2003/99 CE aveva già prospettato la necessità che gli Stati membri garantissero la raccolta e l'afflusso di dati comparabili relativi all'incidenza di casi di resistenza agli antibiotici (AMR);
    nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2012, il tema della resistenza antimicrobica era stato nuovamente al centro del dibattito, determinando l'adozione di una relazione che accoglieva il Piano d'azione quinquennale sulla lotta alla resistenza antimicrobica;
    in data 12 novembre 2013, l'Unione europea adottava la decisione di esecuzione della Commissione 2013/652, «, relativa al monitoraggio e alle relazioni riguardanti la resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali», che stabilisce regole dettagliate per il monitoraggio armonizzato e per le relazioni sulla resistenza antimicrobica (AMR);
     in Italia, il benessere animale è garantito da una forza di circa 6.500 veterinari pubblici del Servizio sanitario nazionale, a cui si devono aggiungere altre 1.500 figure professionali assunte in carico dalle regioni con più significativo patrimonio zootecnico. Tale struttura specialistica appare certamente congrua, in particolare se raffrontata con gli analoghi comparti pubblici presenti in Paesi europei con patrimonio zootecnico equiparabile al nostro (i veterinari pubblici sono circa 1.000 in Francia e meno di 1.500 in Germania);
    in Italia, i controlli sull'impiego dei farmaci veterinari vengono disposti sulla base del regolamento CE 882/2004 e prevedono la necessità di azioni di verifica e di vigilanza, la cui intensità è graduata in base al rischio, regolarmente monitorate per quanto attiene al loro effettiva attuazione e ai risultati che ne scaturiscono;
    i dati raccolti in questo modo dalle Asl vengono trasferiti ai servizi veterinari regionali che, sulla base del disposto dell'articolo 88, comma 3 del decreto legislativo 193 del 2006, trasmettono al Ministero della salute tutte le informazioni relative all'attività di commercio all'ingrosso e di vendita diretta, nonché i volumi di prescrizione registrati nelle singole aziende sanitarie locali. Tali dati vengono processati a livello ministeriale ai fini della programmazione di tutte le successive azioni di farmacovigilanza;
    tale attività di sorveglianza ha, dunque, importanza sia per la registrazione di eventuali interventi con farmaci di natura ormonale (o comunque non correlati con trattamenti terapeutici indispensabili), effettuati nel contesto degli allevamenti, sia per la diagnosi precoce e per il monitoraggio della evoluzione di eventuali malattie animali (in particolare a carattere epidemico), sia per la verifica dell'appropriatezza dei trattamenti farmacologici, per l'adeguatezza della cascata prescrittiva, per la corretta detenzione delle scorte farmacologiche e per la coerenza tra le esigenze degli allevamenti e la loro copertura sanitaria;
    in questo modo, le singole regioni sono considerate direttamente responsabili dei piani di farmacovigilanza animale, che devono peraltro essere portati ad omogeneità tra loro, attraverso l'osservanza delle linee guida europee e ministeriali;
    in questo modo, vengono compilate vere e proprie classificazioni della «situazione di rischio», da cui discende la frequenza dei relativi controlli;
    tale mappatura del rischio è ovviamente estesa alle attività di deposito e di commercio all'ingrosso e al dettaglio di farmaci veterinari, per la valutazione della correttezza del loro operato e della puntuale adempienza agli obblighi di legge e con l'obiettivo della piena tracciabilità del percorso del farmaco per uso animale, dal momento della sua produzione industriale, sino all'utilizzo finale;
    di particolare importanza appare l'attività di vigilanza diretta negli allevamenti che utilizzano farmaci. Tale attività ispettiva appare sottoposta ad obblighi normativi codificati nel caso che gli allevamenti di animali destinati alla produzione di alimenti (DPA) siano autorizzati a detenere scorte farmacologiche di impianto, mentre discende dalla classificazione del rischio (alto/medio/basso) in tutti gli allevamenti non DPA o senza scorta di impianto;
    in Italia, secondo i dati riportati dalla «Relazione annuale al PNI 2015», gli allevamenti che dichiarano di far uso di scorte di medicinali zooiatrici (e sono pertanto soggetti a controlli con cadenza quanto meno annuale) sono appena lo 0,5-5 per cento del totale. Ciò significa che il 95-98 per cento degli allevamenti italiani dichiara di lavorare senza scorte di farmaci e non è pertanto soggetto a controlli annuali sulla tracciabilità farmacologica e sulla appropriatezza prescrittiva e somministrativa se non nella misura prevista del 33 per cento di controlli/anno;
    in particolare, soltanto il 5 per cento degli allevamenti bovini dichiara di detenere scorte farmacologiche e, per quanto attiene agli allevamenti di medio-grande dimensione (tra 50 e 500 capi), a fronte di 26.000 allevamenti censiti, appena 6.000 riferiscono di far uso di scorte;
    anche il rilievo del numero delle ricette veterinarie emesse segnala dati che appaiono meritevoli di approfondimento perché fanno sospettare un utilizzo del farmaco non completamente tracciato e riscontrato: le 6.000 aziende che denunciano l'utilizzo di scorte emettono circa 93.000 ricette l'anno, mentre le 250.000 aziende che non utilizzano scorte farmacologiche (molte delle quali, come abbiamo visto, di dimensioni medie o grandi) utilizzando appena 5.600 ricette l'anno;
    tali rilevazioni inducono a ritenere che le prescrizioni delle direttive europee e delle linee guida ministeriali non siano riscontrate con identica puntualità nel territorio del nostro Paese, mettendo a rischio i sistemi di vigilanza e misurazione che sono deputati a segnalare situazioni di allarme nel caso di utilizzo non corretto del farmaco veterinario;
    tale rischio vale, in particolare, per le prescrizioni di farmaci antibiotici che, secondo le linee guida ministeriali del 26 gennaio 2012, «devono essere somministrati esclusivamente ad animali ammalati o a rischio concreto di ammalarsi» mentre «la presenza di trattamenti preventivi, in assenza di diagnosi etiologica, idonei requisiti strutturali, adeguato management aziendale e rispetto del benessere animale non è giustificabile e potrebbe mascherare un uso degli antibiotici come growth promoters»;
    le stesse linee guida ministeriali impongono adeguati controlli anche presso gli impianti produttori di alimenti zootecnici medicati in quanto appare accertato che la cross-contamination dei mangimi con sostanze farmacologicamente attive possa risultare tra le cause che favoriscono la crescita dell'antibioticoresistenza;
    il numero dei veterinari pubblici operanti nel nostro sistema sanitario parrebbe comunque coerente a garantire un sistema di sorveglianza adeguato, mentre, effettivamente, attende una più puntuale definizione normativa la figura del veterinario aziendale ex decreto legislativo n. 4117 del 2005, anche in ottemperanza al disposto del regolamento UE 2016/429;
    la recente comunicazione della Commissione europea 299/04 dell'11 settembre 2015, pur prodiga di raccomandazioni per tutti gli attori del sistema, ribadisce come «la responsabilità principale per l'uso prudente degli antimicrobici ricada su coloro che prescrivono e somministrano tali sostanze»;
    all'attività di controllo assegnata alle Asl e al sistema dei medici veterinari pubblici, si aggiunge quella esercitata dal Comando dei carabinieri per la tutela della salute, anch'essa finalizzata alla tracciabilità della filiera e al corretto uso del farmaco;
    le nuove frontiere della sanità elettronica rendono indispensabile la prospettiva della piena adozione della ricetta veterinaria elettronica, inserita nell'Agenda di semplificazione 2015-2017 («punto 5.11 – Azioni mirate in materia di sanità veterinaria e sicurezza degli alimenti tramite digitalizzazione»), con l'obiettivo della piena digitalizzazione della gestione dei farmaci veterinari e della completa tracciabilità della catena che va dalla prescrizione alla verifica dell'appropriatezza dell'uso sull'animale;
    l'utilizzo della ricetta elettronica veterinaria comporta la crescita di consapevolezza culturale dell'intero sistema e l'investimento di risorse economiche sia in tecnologia, che nella formazione del personale a cui sono affidate le attività di misurazione e di vigilanza;
    l'utilizzo del supporto informatico obbligatorio consentirebbe la piena tracciabilità del percorso del farmaco veterinario e, conseguentemente, l'emersione di una parte del sommerso prescrittivo e il superamento delle attuali discrasie nei controlli sulle aziende che dichiarano di utilizzare le scorte zooiatriche, rispetto a quelle che riferiscono di non farne uso;
    il sottosegretario Faraone, rispondendo recentemente ad una interrogazione in merito presso la XII commissione affari sociali della Camera ha dichiarato che è in fase di predisposizione il piano per la riduzione dell'utilizzo degli antibiotici e per la lotta contro l'antibioticoresistenza. Tale piano sarebbe in fase di elaborazione da parte di un gruppo di lavoro multidisciplinare che segue le indicazioni del WHO-Global Action Plan, con l'obiettivo stabilire obiettivi, azioni e indicatori di processo e di risultato per contrastare il fenomeno dell'antibioticoresistenza nel nostro Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per avviare ogni possibile azione di omogeneizzazione su tutto il territorio nazionale delle attività di verifica della tracciabilità del farmaco veterinario e dell'appropriatezza del suo utilizzo, dal momento della sua produzione industriale sino a quello dell'utilizzo finale, semplificando e rendendo più automatici ed efficaci i controlli sulle aziende di allevamento destinati alla produzione di alimenti (DPA);
2) ad assumere iniziative volte ad implementare l'utilizzo della ricetta elettronica veterinaria (come previsto nelle azioni della Agenda di Semplificazione 2015-2017), attualmente limitato a due-tre regioni italiane, con l'obiettivo della piena misurabilità della cascata prescrittiva del farmaco veterinario e dei fenomeni legati all'appropriatezza prescrittiva;
3) ad assumere iniziative per investire adeguate risorse nella formazione del personale veterinario e addetto alla catena dei controlli e delle verifiche del benessere animale, anche attraverso la miglior definizione dei ruoli e delle funzioni del veterinario aziendale nel sistema pubblico;
4) ad assumere iniziative per inserire i controlli sulla antibioticoresistenza animale nell'unico percorso di pianificazione e di sorveglianza che obbedisce alla filosofia «One health» e ha l'obiettivo di rispondere alle preoccupazione dell'Organizzazione mondiale della sanità che segnalano l'Italia tra i Paesi a maggior rischio di nuove epidemie legate alla diffusione ceppi batterici antibioticoresistenti.
(1-01615)
«Vargiu, Monchiero, Oliaro, Galgano, Matarrese, Dambruoso, Menorello, Librandi, Palladino, Catalano, Bombassei».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-11122 del 12 aprile 2017.