Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 3 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 aprile 2013 durante il mandato del «Governo Monti» è stata emanata una direttiva con protocollo n. 5646 finalizzata a rafforzare i presidi statutari atti a garantire un elevato standard di requisiti soggettivi utili a ricoprire e mantenere la carica di amministratore in considerazione del preminente interesse pubblico all'onorabilità degli amministratori delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, anche con riferimento ai profili di salvaguardia dell'immagine del socio pubblico. La direttiva aveva introdotto l'ineleggibilità ovvero la decadenza automatica dalla carica di amministratore, in presenza di un provvedimento che dispone il rinvio a giudizio relativo a determinate fattispecie di reato o a illeciti amministrativi dolosi inerenti, inter alias, violazioni delle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati, valori mobiliari e di strumenti di pagamento;
    in data 19 giugno 2013 – durante il mandato del «Governo Letta» – l'assemblea del Senato ha approvato, con voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari, la mozione Tomaselli (e altri) n. 1-00060, con la quale si è impegnato il Governo «a prevedere l'adozione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze di specifiche direttive che individuino criteri e modalità per la nomina e la decadenza dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate, direttamente o indirettamente, con l'introduzione di una specifica causa di ineleggibilità in caso di rinvio a giudizio o condanna per gravi fattispecie di reato e l'attivazione di una valutazione dei requisiti professionali basata su esperienza, autorevolezza ed assenza di conflitti di interesse» (Senato della Repubblica, 45a seduta pubblica, mercoledì 19 giugno 2013). In attuazione del dispositivo della suddetta mozione, è stata emanata una nuova direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze n. 14656 del 24 giugno 2013, la quale ha ribadito la necessità di garantire la correttezza, la trasparenza e la migliore funzionalità degli organi sociali e di proseguire nel processo di riforma avviato negli ultimi anni attraverso ulteriori interventi, volti, in particolare, ad assicurare la massima trasparenza e qualità delle procedure di designazione dei componenti degli organi sociali, rafforzando, altresì, i requisiti di onorabilità e di professionalità degli amministratori. In particolar modo, la medesima ha previsto quanto segue:
     a) la conferma della causa di ineleggibilità nel caso di «notifica del decreto che dispone il giudizio» per delitti previsti «dalle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari», che era stata introdotta dalla direttiva del 24 aprile 2013;
     b) l'introduzione di un nuovo obbligo rispetto alla direttiva del 24 aprile 2013, ovvero quello di subordinare le candidature del Ministero dell'economia e delle finanze all’«acquisizione di un parere positivo relativo al rispetto dei criteri e delle procedure indicati nella presente Direttiva da parte di un Comitato di garanzia, costituito con carattere di stabilità e composto da personalità di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia giuridica ed economica»;
    pertanto, adempiendo alle deliberazioni assunte dal Senato il 19 giugno 2013, la direttiva del 24 giugno 2013 riaffermava il principio di mantenere, per le società partecipate dallo Stato, requisiti di onorabilità più stringenti di quelli già richiesti e rafforzava il principio della competenza, trasparenza ed indipendenza per le nomine degli amministratori, grazie all'introduzione di un Comitato di garanzia al cui vaglio le nomine dovevano essere sottoposte. Si trattava di un significativo passo in avanti nel percorso volto a scardinare l’«intreccio torbido tra politica e affari» di cui le controllate pubbliche sono state, spesso, un mefitico snodo;
   in data 16 marzo 2017 durante il mandato del «Governo Gentiloni» – in palese contrasto con la volontà espressa il 19 giugno 2013 in sede di voto al Senato della Repubblica – il Ministero dell'economia e delle finanze ha predisposto una nuova direttiva con nuovi criteri. In particolar modo:
     a) sono stati cancellati i requisiti di onorabilità stabiliti dalla direttiva del 24 giugno 2013 (la quale a sua volta aveva mantenuto i criteri indicati nella direttiva del 24 aprile 2013), con cui era stato recepito il voto del Senato del 19 giugno 2013;
     b) è stato eliminato l'obbligo previsto dalla direttiva del 24 giugno 2013 di assoggettare le nomine ad un «parere positivo» reso da apposito Comitato di garanzia composto «da personalità di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza ed esperienza in materia giuridica ed economica»;
    la ratio della nuova direttiva è emersa, a parere dei firmatari del presente atto, il 18 marzo 2017 quando il Governo Gentiloni ha comunicato la designazione ad amministratore delegato di Leonardo spa (ex Finmeccanica) di un manager che:
     a) risulterebbe ineleggibile in base alla direttiva del 24 giugno 2013, in quanto persona rinviata a giudizio il 1o marzo 2017 per un caso di usura bancaria;
     b) non avrebbe ragionevolmente potuto ottenere il parere positivo di un Comitato di garanzia indipendente chiamato ad accertare l'adeguatezza dell'esperienza professionale commisurata alla natura dell'incarico, perché la quarantennale esperienza professionale unicamente di banchiere (da ultimo, come presidente del Monte dei Paschi di Siena – incarico ricoperto su designazione della Fondazione MPS, «storico feudo» del Partito democratico – da cui si è dimesso nell'agosto 2015, lasciando una banca che, oggi, si ritrova ancora una volta a chiedere aiuti di Stato nel tentativo di evitare il dissesto) contrastava con i criteri indicati dalla società a cui era stato designato (Leonardo Spa) secondo cui il nuovo amministratore delegato doveva aver «maturato adeguate esperienze nell'area di uno o più business del settore dell'Aerospazio, Difesa & Sicurezza o in altri settori aventi con quest'ultimo attinenze per livello tecnologico e innovazione, caratteristiche industriali, internazionalità e rilevanza geopolitica, per ampiezza dei mercati e dimensione dei maggiori competitor e per analogie di criticità strategiche» (Orientamenti del consiglio di amministrazione di Leonardo S.p.A. ed azionisti sulla dimensione e composizione del nuovo consiglio di amministrazione (26 gennaio 2017));
    in termini generali, si ritiene inaccettabile qualunque atto di governo che incida negativamente su principi fondamentali quali l'onorabilità, la competenza, la trasparenza e l'indipendenza nell'amministrazione della res publica, in cui rientra, a ragione, la nomina degli amministratori delle società partecipate, direttamente o indirettamente, dallo Stato. Nel merito si ritiene un fatto di inaudita gravità che il Governo abbia di fatto mortificato la volontà del Senato della Repubblica espressa con voto pressoché unanime dei gruppi parlamentari, arrivando finanche ad emanare quella che appare una direttiva ad personam, per rendere eleggibile come amministratore di Leonardo spa chi eleggibile non era in quanto:
     a) non rispettava la «causa di ineleggibilità in caso di rinvio a giudizio» (Senato della Repubblica, 45a Seduta pubblica, mercoledì 19 giugno 2013) essendo stato rinviato a giudizio il 1o marzo 2017 per un caso di usura bancaria;
     b) non poteva superare il vaglio di una «valutazione dei requisiti professionali basata su esperienza» (Senato della Repubblica, 45a seduta pubblica, mercoledì 19 giugno 2013), in quanto sprovvisto di qualunque esperienza nei settori aerospaziale, difesa e sicurezza (ed in vero di qualsivoglia esperienza di tipo industriale);
    in data 21 aprile 2017 il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Milano dottor Livio Antonello Cristofaro ha sciolto la riserva sull'opposizione all'archiviazione per l'ex amministratore delegato e l'ex presidente del Monte Paschi di Siena Fabrizio Viola ed Alessandro Profumo, depositando il provvedimento di imputazione coatta nei confronti dei due manager per falso in bilancio e manipolazione del mercato. La procura della Repubblica ne aveva richiesto l'archiviazione, nell'ambito dell'inchiesta relativa alla presunta non corretta rappresentazione dei derivati «Alexandria e Santorini» – da cui sarebbero derivate perdite quantificabili in oltre 700 milioni di euro – nei bilanci della Banca dal 2011 al 2014;
    la vigilanza della Banca d'Italia sembrerebbe esser stata particolarmente carente. In relazione ai conseguenti danni patrimoniali ed al sussistere di un eventuale mancato corretto esercizio dei compiti di vigilanza da parte della Banca d'Italia, il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto procedere alla revoca del Governatore della Banca d'Italia ai sensi del comma 8 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005;
    il rinvio a giudizio a carico di Profumo implicherebbe un aggravamento della presunta ineleggibilità – ai sensi delle disposizioni della direttiva del 24 giugno 2013 – qualora dovesse essere ripristinata la sovranità popolare espressa dal Senato ed annullata quella che appare una probabile direttiva ad personam 16 marzo 2017;
    la direttiva del 16 marzo 2017 avendo carattere generale, ad avviso dei firmatari del presente atto, si presta altresì a ben peggiori «misfatti» con conseguenze pregiudizievoli ancora peggiori per gli interessi economici, e non, dello Stato italiano,

per tali motivi:

     visto l'articolo 94 della Costituzione;
     visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
     esprime la sfiducia al Ministro dell'economia e delle finanze e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-01621) «Sibilia, Fico, Alberti, Pesco, Pisano, Ruocco, Villarosa, Brugnerotto, Cariello, Caso, Castelli, D'Incà, Sorial, Crippa, Agostinelli, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Busto, Cancelleri, Carinelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Parentela, Petraroli, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Sarti, Scagliusi, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Zolezzi».

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
    lo sviluppo tecnologico, in particolare nei settori dell'elettronica e dell'intelligenza artificiale, con capacità di acquisizione di grandi quantità di dati, loro elaborazione ed analisi in tempo reale con miglioramento delle performance mediante sistemi di autoapprendimento, consente di realizzare sistemi con facoltà di assumere decisioni autonome;
    uno dei settori di applicazione di tali tecnologie riguarda il settore degli armamenti, in particolare nei cosiddetti AWS – Autonomous Weapons Systems, ovvero sistemi d'arma che, una volta attivati, possono selezionare e ingaggiare bersagli senza ulteriore intervento di un operatore umano;
    l'esistenza degli AWS abilita, pertanto, la possibilità di eliminare l'operatore umano dal campo di battaglia, ponendo i presupposti di una trasformazione nella struttura delle operazioni militari qualitativamente diversa da precedenti innovazioni tecnologiche in tale ambito,

impegna il Governo:

1) a promuovere a livello europeo una moratoria internazionale dello sviluppo di sistemi d'arma di tipo AWS;
2) ad assumere iniziative per introdurre nella normativa nazionale la previsione di un divieto dello sviluppo e della commercializzazione di sistemi AWS.
(1-01620) «Quintarelli, Monchiero, Catalano, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    la robotica, l'intelligenza artificiale e l'automazione in generale hanno dato un forte contributo al raggiungimento del livello di benessere di cui oggi si può beneficiare, non solo in termini di produttività, ma anche di diminuzione dei pericoli per gli esseri umani (ad esempio nei mestieri ad alto rischio infortunio). Ciò è evidente da anni nel settore privato, mentre nella pubblica amministrazione la digitalizzazione e l'automazione non hanno ancora raggiunto livelli paragonabili;
    la progressiva sostituzione dell'uomo con meccanismi automatici – unitamente al drastico snellimento e semplificazione delle norme – è razionalmente considerabile come l'unica soluzione alle piaghe della corruzione, del clientelismo e dell'inefficienza burocratica, che a loro volta rappresentano il principale ostacolo al progresso economico e sociale del Paese;
    la comprensibile volontà di tutelare posti di lavoro, nonché il permanere di forti interessi politico-clientelari, hanno finora impedito di affrontare questo tema nell'ottica dell'interesse collettivo;
    lo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale farà sì che gran parte del lavoro attualmente svolto dagli esseri umani possa essere svolto da robot, senza la possibilità di un totale recupero dei posti di lavoro persi, sollevando preoccupazioni quanto al futuro dell'occupazione; l'introduzione di una forma di reddito di esistenza dovrebbe essere presa in considerazione, al fine di mantenere la coesione e il benessere sociali;
    è evidente la crescita delle diseguaglianze, con una sempre maggiore concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di quei pochissimi colossi mondiali che operano nel settore del web e della tecnologia (Google, Facebook, Amazon), oltre che della cosiddetta Gig Economy (Uber, Foodora);
    una parte consistente di tali profitti proviene, peraltro, dalla raccolta e vendita dei cosiddetti Big Data, ossia di tutte quelle informazioni personali che gli utenti; più o meno consapevolmente, cedono ogni giorno gratuitamente;
    l'estrazione di valore nei confronti degli utenti da parte delle piattaforme private ha accelerato la velocità di accentramento della ricchezza nelle mani di pochi, generando squilibri pericolosi per la democrazia stessa;
    è quanto mai necessario sospingere la creazione di piattaforme libere – siano esse pubbliche o «comuni» – che non estraggano valore ma lo mantengano e lo distribuiscano all'interno delle comunità che lo hanno generato;
    è fondamentale che gli Stati incoraggino e diano visibilità ad alcuni nuovi fenomeni emergenti, «dal basso», che cercano di ripristinare i valori di solidarietà sociale e dignità del lavoro, in un settore che viaggia pericolosamente verso estremi opposti come, in particolare, il fenomeno delle cooperative di piattaforma (platform cooperativism), ossia quelle imprese che utilizzano piattaforme informatiche analoghe a quelle dei «grandi marchi» sopra citati e forniscono gli stessi servizi (trasporto urbano, servizi alla persona), essendo, tuttavia, direttamente e collettivamente gestite dai lavoratori, che redistribuiscono i profitti in modo equo. Tale fenomeno, teorizzato a livello internazionale, ha tratto forte ispirazione dall'Italia, e segnatamente dalla tradizione cooperativa della regione Emilia Romagna;
    gli Stati dovranno muoversi, negli anni a venire, su due «binari» servendosi, da un lato, della tecnologia per ridurre il più possibile sprechi e costi, snellendo le pratiche burocratiche e, dall'altro, intraprendendo profonde riforme fiscali ispirate a principi di redistribuzione della ricchezza (assumeranno ovviamente fondamentale importanza gli accordi internazionali in materia di contrasto ai paradisi fiscali e ad ogni forma di evasione/elusione);
    l'andamento attuale, che tende a sviluppare macchine autonome e intelligenti, in grado di apprendere e prendere decisioni in modo indipendente, genera nel lungo periodo, non solo vantaggi economici, ma anche una serie di preoccupazioni circa gli effetti diretti e indiretti sulla società (capacità o incapacità di controllo su questa, gestione verticalistica di strumenti a diffusione di massa) nel suo complesso;
    tra le possibilità di sviluppo dell'Intelligenza artificiale e, quindi, nel conseguente ventaglio di scelte dovranno, ad esempio, esser escluse tutte quelle che comportino discrimine verso persone o culture e l'ulteriore sviluppo e il maggiore ricorso a processi decisionali automatizzati ed algoritmici avranno un sempre maggiore impatto sulle scelte compiute da privati, da autorità amministrative o giudiziarie e da autorità politiche;
    sarà indispensabile garantire la possibilità di controlli e verifiche dei suddetti processi e l'inserimento di dispositivi di sicurezza al fine di essere certi che vengano rappresentati e rispettati gli intenti e le decisioni finali degli utenti;
    l'impiego dell'automazione rende necessario che tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo e nella commercializzazione delle intelligenze artificiali integrino nel loro lavoro, fin dalla fase di progettazione, gli aspetti relativi alla sicurezza e all'etica, riconoscendo, pertanto, d'esser legalmente responsabili della qualità della tecnologia sviluppata;
    altrettanto critica è la situazione dal punto di vista della difesa della sicurezza e della privacy dei cittadini, soprattutto alla luce dell'imminente avvento del cosiddetto «Internet delle cose», in cui ad essere connessi alla rete non saranno più soltanto i dispositivi per le telecomunicazioni (computer, tablet, cellulari), ma potenzialmente qualunque strumento;
    negli ultimi due anni, si sono registrati diversi scandali di intrusione ed estrazione di dati privati da sistemi informatici vari, mostrando le carenze dell'attuale regolamentazione della rete per salvaguardare la sicurezza dei cittadini;
    adottare misure tecnologiche preventive è l'unica protezione efficace dal momento che le estrazioni di dati sono difficilmente rivelabili a posteriori e sarebbe quindi necessario muoversi in questa direzione per garantire un'efficace cybersicurezza;
    l'estrazione massiva e l'utilizzo di dati personali rappresentano un rischio per la qualità stessa della democrazia, a causa di due fattori: la rete diventerà sempre più il canale principale di informazione per la maggioranza dei cittadini e molti motori di ricerca e Social Network utilizzano i dati personali per filtrare risultati di ricerche e notizie, in modo che l'utente visualizzi solo ciò che più si confà alle proprie opinioni;
    internet, i big data e più in generale i cittadini del mondo non amano i confini, ma talvolta si rende necessario utilizzarli per proteggere le normative più evolute in termini di privacy e tutela delle collettività dagli attacchi di entità straniere o transnazionali che siano soggette a normative più rilassate o abbiano obbiettivi non compatibili con la democrazia ed il benessere dei cittadini italiani ed europei (si vedano ad esempio le rivelazioni di Snowden sulla National Security Agency o l'utilizzo dei dati degli utenti da parte di Facebook, Amazon, Apple),

impegna il Governo:

1) a valutare la possibilità di far ricorso a sistemi di intelligenza artificiale negli uffici della pubblica amministrazione, anche qualora ciò comportasse una riduzione del turn-over, al fine di migliorare la user experience dei cittadini e di impedire ab origine episodi di corruzione e clientelismo;
2) a incentivare e considerare prioritarie la ricerca e lo sviluppo di soluzioni aperte e collaborative nell'ambito della robotica e dell'intelligenza artificiale, quando esse avvengano da parte di soggetti pubblici o tramite iniziative collettive finalizzate a generare piattaforme gestite come beni comuni;
3) a privilegiare soluzioni generative di valore nei confronti della collettività, nell'ambito della robotica e dell'intelligenza artificiale;
4) ad assumere iniziative per avviare un programma di valutazione e sperimentazione di una profonda riforma del sistema economico, tributario, finanziario e del welfare per disegnare una società nuova, non più incentrata solo sul lavoro, in cui tutti gli esseri umani godano di un reddito di esistenza sovvenzionato dalla produzione industriale, in modo che chi lavora ottenga di più, ma chi non può trovare lavoro trascorra una vita degna e libera da paure esistenziali;
5) ad assumere iniziative per obbligare i produttori di automi a rispettare la privacy dei cittadini, ad utilizzare una cifratura adeguata nella loro trasmissione (garantendo loro l'accesso ai dati generati e praticando la parsimonia nell'utilizzo degli stessi; definendo una serie di limitazioni per gli automi connessi ad internet e in grado di effettuare registrazioni audio e video);
6) ad assumere iniziative per stabilire chiaramente per legge la responsabilità dei produttori di automi in caso di danni arrecati da questi ad esseri umani;
7) a promuovere, all'interno della scuola dell'obbligo, gli insegnamenti atti a comprendere il funzionamento della rete, i suoi sistemi di protezione e le sue fragilità, a chiarire gli attuali ordinamenti in termini di privacy, a fornire gli strumenti base per la comprensione di un algoritmo e dunque a incentivare un percorso formativo che si ponga come scopo ultimo quello di dar strumenti al cittadino per scegliere in materia con consapevolezza e che assicuri la fattiva democraticità del dibattito;
8) a farsi portavoce e sostenitore anche in sede europea delle proposte contenute nella presente mozione.
(1-01622) «Baldassarre, Segoni, Artini, Bechis, Turco, Prodani, Furnari, Labriola, Lo Monte, Cristian Iannuzzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 aprile 2017 è stato pubblicato un avviso pubblico per la selezione di esperti per il conferimento di n. 5 incarichi di lavoro autonomo, ex articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 per lo svolgimento di attività del Punto focale nazionale del dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio;
   l'ambito I, cui saranno assegnate due unità di personale, prevede le seguenti attività: «Supporto nella gestione dei flussi documentali e dei contatti e/o relazioni istituzionali varie tra il Punto Focale Nazionale e l'EMCCDA – Elaborazione di documenti tecnici in lingua inglese (workbooks e standard tables) – Traduzione/analisi dei dati inerenti gli atti europei nel settore delle dipendenze.»;
   rispetto al suddetto ambito, i candidati devono possedere, pena l'esclusione, i seguenti requisiti specifici:
    a) laurea magistrale o vecchio ordinamento in giurisprudenza, scienze sociali, scienze politiche ed equipollenti;
    b) comprovata esperienza in materia di attività e progetti internazionali nel settore delle politiche sociali rivolte in particolare al fenomeno delle dipendenze alcol-droga correlate;
    c) ottima conoscenza della lingua inglese;
   l'elaborazione di documenti tecnici (workbook e standard table) comporta il possesso di specifiche competenze statistiche, ma la laurea in statistica non solo non è prevista come un requisito essenziale, ma è non è neppure compresa tra i titoli ammissibili dei candidati; nella sostanza, si tratta di un bando per un lavoro da compiere adeguatamente con competenze statistiche a cui gli statistici non possono concorrere –:
   se il Governo non ritenga urgente bandire l'assegnazione di detti incarichi diversamente dall'avviso in questione, stabilendo un rapporto coerente tra l'attività richiesta e i titoli posseduti dai candidati e quindi comprendendo le lauree in matematica e in statistica come requisiti specifici. (4-16450)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   Cristian Provvisionato, 43enne residente a Cornaredo (Milano) dal 1o settembre 2015 è trattenuto in Mauritania dalle autorità dello Stato. Dopo circa due settimane dal suo arrivo nel Paese, dove si era recato per conto della Vigilar Group, con sede a Milano, che lo aveva assunto a marzo 2015, società italiana che commercializza prodotti tecnologici per le intercettazioni e il controllo remoto di dispositivi elettronici, Provvisionato è tuttora trattenuto all'interno di un'accademia di polizia nella capitale Nouakchott;
   Provvisionato, di professione bodyguard, ad agosto 2015 fu contattato da Davide Castro, titolare insieme al padre Francesco della Vigilar Group, per partire in Mauritania e sostituire un esperto di open source intelligence, Leonida Reitano, che doveva rientrare in Italia. Provvisionato avrebbe dovuto partecipare ad un meeting con il governo locale per la presentazione della Wolf Intelligence, azienda tedesca dello stesso settore della Vigilar Group, il cui titolare è l'indiano Manish Kumar. Provvisionato, non avendo alcuna conoscenza nel campo del cyberspionaggio, venne rassicurato da Castro riguardo alla sua che sarebbe dovuta essere una presenza di facciata al meeting che però non si è mai tenuto. Dopo questo evento, Provvisionato è stato trattenuto dalle autorità mauritane senza alcuna reale motivazione;
   del tutto particolare risulta essere tutta la vicenda giuridica vissuta da Provvisionato. Solo dopo sei mesi dal suo arresto sarebbe stata formulata nei suoi confronti l'accusa di far parte di una banda internazionale finalizzata alla truffa informatica ai danni dello Stato mauritano nel settore della sicurezza. A distanza di poco più di un anno, a quanto consta agli interpellanti, tale accusa sarebbe stata annullata dal giudice che sta seguendo il caso e che ha portato Provvisionato ad essere, allo stato attuale, trattenuto in Mauritania senza alcun capo d'accusa. Provvisionato non è mai stato interrogato alla presenza di un avvocato e non è mai comparso davanti a una corte. I differenti avvocati difensori mauritani ed italiani che si sono susseguiti nel corso del tempo, hanno considerato la vicenda da loro seguita una sorta di scambio di ostaggi ed un sequestro di persona;
   destano particolari preoccupazioni le condizioni di salute di Provvisionato, da anni diabetico e che quindi necessita di insulina e medicinali specifici. Nel primi mesi di detenzione, Provvisionato ha perso 30 chili di peso. La madre di Cristian Provvisionato, la signora Doina Coman, insieme al marito si è recata a febbraio 2016 in Mauritania per andarlo a trovare, ma è stato riconosciuto dai genitori solo dopo essersi alzato in piedi a causa delle sue precarie condizioni di salute. I genitori hanno chiesto al Governo della Mauritania di rilasciare loro figlio quanto prima. Considerano sia necessario farlo perché ritengono sia innocente ma soprattutto perché le sue condizioni di salute si stanno rapidamente aggravando. I genitori hanno la convinzione che il figlio sia stato volutamente coinvolto in un'azione tesa a suo discapito;
   la madre di Provvisionato a fine aprile 2017 ha iniziato, partendo da Siena, una marcia verso Roma con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica;
   Cristian Provvisionato ha annunciato di voler iniziare dal 1o maggio 2017, nel caso non venga liberato prima di questa data, uno sciopero della fame come forma di protesta per la sua ingiusta detenzione;
   in data 26 aprile 2017, il Ministro interpellato ha incontrato a Roma la signora Coman per discutere della vicenda che coinvolge suo figlio;
   diverse sono state le missioni diplomatiche italiane in Mauritania allo scopo di individuare la miglior strada per liberare Provvisionato dalla sua prigionia. Gli interpellanti ritengono che l'azione diplomatica svolta dai preposti rappresentanti istituzionali in Italia e in Marocco sia stata costante e molto intensa, ma poco concreta. Considerano necessario fare uno sforzo determinante per poter riportare al più presto in Italia il signor Cristian Provvisionato, soprattutto a causa del suo essere trattenuto, e quindi privato della libertà, senza alcun capo d'imputazione e per le sue condizioni di salute sempre più precarie –:
   se dalla Mauritania siano state trasmesse rogatorie e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano fornito le autorità italiane;
   nel caso siano state ricevute eventuali rogatorie dalle autorità italiane preposte, quali siano gli indicati attuali capi di imputazione per cui si sta trattenendo il signor Provvisionato in Mauritania e se il procedimento esistente riguardi solo Provvisionato o anche altri soggetti;
   riguardo alla vicenda, che vede coinvolto il sopracitato signor Provvisionato, se siano state avviate indagini dalla autorità giudiziaria italiana;
   nel caso sia stata ricevuta, quale sia la risposta alla rogatoria trasmessa dall'Italia e, in caso di mancata risposta, quali iniziative intenda intraprendere il Governo in merito;
   se dall'Italia siano state inviate rogatorie nei confronti della Germania o di altri dei Paesi coinvolti nella vicenda sopraindicata e, nel caso ve ne siano state, quali riscontri abbiano dato le autorità straniere;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di assicurare le regolari cure in Mauritania per la patologia diabetica di cui soffre il signor Cristian Provvisionato che, se non curata adeguatamente, può portare a danni fisici permanenti;
   quali ulteriori iniziative diplomatiche intenda intraprendere il Governo al fine di arrivare alla liberazione o alla richiesta di estradizione del signor Cristian Provvisionato, in funzione del fatto che quelle sinora adottate non hanno ancora sortito gli effetti sperati.
(2-01785) «Tripiedi, Di Battista, Pesco, Ciprini, Chimienti, Lombardi, Frusone, Dall'Osso, Villarosa, Alberti, Spessotto, Scagliusi, Grande, Del Grosso, Mantero, Silvia Giordano, Zolezzi, Parentela, Grillo, Lorefice, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Cancelleri, Busto, De Rosa, D'Uva, D'Ambrosio, Daga, Toninelli, Basilio, Paolo Bernini, Massimiliano Bernini, Cozzolino, Liuzzi, Baroni, Da Villa, Vallascas, Crippa, Della Valle, Sibilia, Cecconi, Battelli, Petraroli, Agostinelli, Colletti, Manlio Di Stefano, Luigi Gallo, Marzana, Ferraresi, Vignaroli, Caso, Micillo, Tofalo».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO, MARCON, ANDREA MAESTRI, DANIELE FARINA, FRATOIANNI, CIVATI e COSTANTINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha promesso, ed in parte erogato, fondi e mezzi ai Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie, tuttavia non vi è chiarezza sulla provenienza e sulle modalità di utilizzo dei predetti fondi;
   è molto elevato il rischio che i fondi italiani diventino lo strumento per finanziare accordi con regimi e governi che praticano politiche aggressive di controllo delle frontiere e contenimento dei flussi, come ha dimostrato l'accordo dell'Unione europea con la Turchia, che ha azzerato gli ingressi in Europa dai Balcani, lasciando di fatto spazio a violazioni dei diritti umani, violenza e razzismo e incentivando le migrazioni sulla rotta via mare che, da anni, provoca morti e dispersi nelle acque del Mediterraneo. Ad arricchirsi sono ancora una volta scafisti e trafficanti di vite umane;
   nello specifico, l'Italia ha istituito con la legge di bilancio un Fondo per l'Africa che dispone di una dotazione di 200 milioni di euro per il 2017, con la finalità dichiarata nella legge – di rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie;
   ad oggi, però, il Governo italiano ha già annunciato:
    un contributo di 200 milioni di euro al Governo libico, che si vanno ad aggiungere ai milioni di euro dei Fondi fiduciari dell'Africa attribuiti dalla Commissione europea, in risposta alla richiesta del premier libico Al Sarraj di mezzi ed infrastrutture per un totale di 800 milioni di euro. L'ammontare totale del contributo italiano ai Fondi fiduciari per l'Africa, istituiti in occasione del Summit della Valletta, nel novembre 2015, tuttavia, non è noto;
   la consegna di 4 motovedette alla guardia costiera libica, che, secondo fonti giornalistiche, sarebbero quelle già consegnate al Governo Gheddafi, ristrutturate dopo la loro distruzione durante il conflitto libico del 2011. Altre 6 motovedette, per un totale di 10, dovrebbero essere consegnate a fine giugno;
    l'erogazione di 50 milioni di euro al Niger per rinforzare le operazioni di controllo alla frontiera nord del Paese;
   dall'esposizione che precede emerge, secondo gli interroganti, una discrasia quantitativa tra i fondi stanziati e gli interventi annunciati –:
   quale sia l'ammontare totale del contributo italiano alla Libia nell'ambito della migrazione;
   su quale voce di bilancio sia stato attributo il contributo finanziario del Governo al Governo di Al Serraj, anche secondo quanto previsto dal Memorandum of Understanding firmato il 2 febbraio 2017;
   quale sia il costo delle 4 motovedette già consegnate alla guardia costiera libica e a quale voce di bilancio sia stato imputato;
   a quanto ammonti il costo totale delle 10 motovedette promesse alla guardia costiera libica e a quale voce di bilancio questi fondi siano imputati;
   da quale voce di bilancio specifica provengono i 50 milioni di euro riconosciuti al Niger e in quale modo saranno utilizzati i fondi, se questi saranno erogati direttamente al Governo Nigerino, se saranno destinati a progetti di formazione alla polizia nigerina o per la realizzazione di infrastrutture, o per quali altri progetti;
   quale sia il dettaglio dell'utilizzo dei 200 milioni di euro del Fondo per l'Africa stanziati nella legge di bilancio 2017;
   quale sia l'ammontare totale del contributo italiano ai fondi fiduciari per l'Africa, istituiti in occasione del Summit della Valletta, nel novembre 2015. (4-16458)


   GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2017 si è svolta a Marsiglia, davanti al consolato generale d'Italia, una manifestazione pacifica alla quale hanno partecipato oltre 150 persone, organizzata dal Comites di Marsiglia in collaborazione con la Società italiana di beneficenza ed assistenza, l'Unione italiani nel mondo della circoscrizione consolare di Marsiglia, l'Associazione regionale piemontesi ed amici del Piemonte, il collettivo degli ex-studenti dell'Istituto italiano di cultura di Marsiglia, professori di italiano; l'iniziativa è stata promossa essenzialmente per due motivi: 1) per contestare la decisione del consolato italiano di non concedere più i locali alla Società italiana di beneficenza; si tratta di una istituzione caritatevole che dalla sua fondazione, nel 1864, ha aiutato migliaia e migliaia di emigrati italiani; 2) per contestare il licenziamento del corpo insegnante da parte dell'Associazione Amerigo Vespucci, a seguito del diniego circa l'aggiudicazione concernente i corsi d'italiano erogati dall'Istituto italiano di cultura; nel corso della manifestazione hanno preso la parola, tra gli altri, il presidente del Comites di Marsiglia Gerardo Landolo e il rappresentante del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), Sebastiano Urgu, i quali hanno criticato severamente l'operato del consolato circa la situazione determinatasi, non solo in merito alla decisione di negare utilizzo dei locali consolari da parte della S.I.B.A e del licenziamento dei docenti di italiano, ma anche per quanto riguarda i servizi consolari, in particolar modo, il rilascio di carte di identità e passaporti, e l'inoperosità del servizio di stato di famiglia; nell'intervento del presidente del Comites, Gerardo Landolo, si faceva riferimento anche a metodi operativi del console generale dottor Fabrizio Mazza, privi di dialogo e confronto; dette disfunzioni erano state segnalate da parte del Comites locale al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; il caso di Marsiglia ha portato ad un incontro tra gli ispettori ministeriali giunti appositamente al consolato di Marsiglia e il presidente del Comites Gerardo Landolo per un maggiore chiarimento sullo stato dei fatti, dato che non era stato possibile giungere ad un chiarimento con il console generale stesso; in seguito a particolari frasi pronunciate nel corso della manifestazione da parte del presidente del Comites Gerardo Landolo e del consigliere del CGIE, Sebastiano Urgu, il console generale d'Italia in Marsiglia dottor Fabrizio Mazza ha ritenuto di essere stato «offeso e diffamato» e ha avviato una procedura di mediazione, pesantissima, con la richiesta di risarcimento per l'offesa subita pari ad un importo di 250 mila euro, nei confronti degli stessi Landolo e Urgu, unitamente alla GESIM (Gestione Servizi Informazione Multimediale) e alla signora Maria Ferrante, direttore responsabile della testata giornalistica internet italiannetwork.it per aver riportato a mezzo stampa le frasi incriminate –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative per evitare che in futuro il «caso di Marsiglia» possa rappresentare un precedente tale di fatto da intimidire i rappresentanti della comunità italiana che in particolari casi si trovano a difendere i servizi consolari in numerose circoscrizioni consolari di tutto il mondo;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per favorire l'armonia e il rispetto reciproco tra le istituzioni italiane, da una parte, e i rappresentanti delle comunità italiane dall'altra, per il bene e l'immagine del nostro Paese all'estero;
   se il Ministro intenda assumere iniziative al fine di ridimensionare la portata del caso, adoperandosi affinché il console dottor Fabrizio Mazza ritiri la procedura di mediazione, considerando che le frasi ritenute offensive, pronunciate da Landolo e Urgu e pubblicate da Italian Network, sono riconducibili a dialettica politica che non ha nociuto all'immagine del consolato generale d'Italia e all'onorabilità personale e professionale del console generale d'Italia in Marsiglia. (4-16465)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'inceneritore di Montale (Pistoia), attivo dal 1978, fu al centro di un processo penale, in seguito agli sforamenti dei limiti di legge delle emissioni di diossina nell'estate del 2007, conclusosi con condanne e liquidazioni di risarcimenti a carico dell'azienda che lo gestiva;
   l'impianto, costantemente al centro di roventi polemiche, ha dato luogo a reiterati incidenti nel 2007, 2015 e nel 2016, emettendo sostanze micro inquinanti;
   inoltre, esso fu sottoposto il 14 ottobre 2015 ad un'ispezione dell'Arpat, all'esito della quale venivano rilevate «preoccupanti condizioni di scarsa affidabilità». A distanza di 16 mesi, il 6 maggio 2016 l'Agenzia confermava la sua determinazione (si veda il sito del comune di Montale (Pistoia);
   il 18 gennaio 2017, dinanzi alla commissione ambiente del comune di Montale, il responsabile Arpat confermò sostanzialmente, enumerando le deficienze gestionali dell'impianto, quanto espresso nella menzionata relazione;
   nell'ottobre 2015 all'impianto in questione veniva concessa l'AIA (Aut. Int. ambientale) alla «massima saturazione termica», senza alcun dato aggiornato sulla situazione sanitario-ambientale (dati aggiornati al 2008/2009), come invece ribadito dal Consiglio di Stato (sentenza n. 163 del 2015) che bloccò per motivi analoghi l'inceneritore di Scartino (Grosseto);
   inoltre, l'articolo 35 del decreto-legge «Sblocca Italia» concede la «massima saturazione termica» di utilizzo di un impianto a patto che esista la «compatibilità ambientale» basata su dati aggiornati;
   per di più, l'Asl 3 certificava (delibera n. 63 del 19 febbraio 2013) la sussistenza nell'area in questione di «eccessi di mortalità statisticamente significativi per singoli tumori nei Comuni aggregati e non, nei due sessi» e con successive comunicazioni, che si registravano dal 2005 al 2014, incrementi di patologie oncologiche nell'ordine di oltre il 140 per cento nella popolazione dei comuni circostanti all'impianto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa allarmante situazione;
   se, in applicazione del generale «Principio di precauzione» previsto anche dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea all'articolo n. 191, non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per verificare, anche attraverso il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, la situazione dei luoghi e il livello di inquinamento nell'ottica di tutelare la salute pubblica e nell'auspicio di pervenire alla chiusura tempestiva dell'impianto. (3-03000)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   davanti al golfo di Orosei, risulta all'interrogante che la nave Minerva Uno del gruppo Sopromar ha svolto nella giornata di mercoledì 3 maggio 2017 ripetute strisce di perlustrazione;
   tra i suoi clienti la società marittima vanta l'Agip, Gas Srl, D'Apollonia (USA), l'istituto nazionale di fisica nucleare;
   non è dato sapersi cosa stesse facendo in quello straordinario specchio d'acqua a due passi dalla battigia;
   occorrerebbe conoscere le ragioni che giustifichino questo sistematico pattugliamento della costa;
   i pescatori calabresi nei mesi scorsi li hanno cacciati di malo modo;
   sono accusati di usare il micidiale strumento di « air gun», bombe sismiche vere e proprie;
   negli stessi giorni in cui ha operato nella costa Flegrea, l'Osservatorio Vesuviano ha registrato scosse anomale;
   si tratta di pratiche nefaste che danneggiano l’habitat marino generando gravi ripercussioni soprattutto sul patrimonio ittico dell'intera area;
   la segnalazione sulla presenza dell'imbarcazione fatta da pescatori, preoccupati per il chiaro tracciato funzionale all'uso di apparecchiature rifrangenti, è risultata non nota ai più –:
   se siano a conoscenza di queste perlustrazioni e attività e di quali ne siano le ragioni. (5-11262)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   diverse fonti stampa hanno riportato la notizia dell'ennesimo atto di bracconaggio nella regione Toscana: l'uccisione e lo scuoiamento, in data 28 aprile, di un lupo, il quale è stato ritrovato appeso ad un cartello stradale a Suvereto, in provincia di Livorno;
   la questione delle corretta convivenza uomo-lupo è stato oggetto di discussioni negli ultimi mesi, a fronte dei molteplici casi di bracconaggio avvenuti nella penisola italiana, delle lamentele degli agricoltori e degli allevatori e della presentazione da parte del Ministro Galletti del «piano-lupo»;
   la situazione risulta molto tesa come dimostra il verbale della seduta n. 81 del 2 marzo 2017 della regione Toscana in cui si può leggere la dichiarazione del dottor Banti favorevole ai piani di abbattimento per il lupo nelle aree non vocate, prevedendo l'abbattimento anche dell'80 per cento degli animali censiti. Nello stesso verbale l'assessore Remaschi espone la posizione della regione Toscana favorevole all'approvazione del piano lupo corredato della clausola di abbattimento del 5 per cento degli animali anche se la ritiene una percentuale insufficiente;
   come già indicato nella risoluzione in commissione n. 7-00928 il lupo è patrimonio indisponibile dello Stato ed una specie particolarmente protetta da numerose normative nazionali ed internazionali quali la Convenzione di Berna, la direttiva «Habitat» (direttiva 92/43/CEE, recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997), la Convenzione di Washington (1973) sul commercio delle specie animali e vegetali minacciate di estinzione (Cites, recepita dal nostro Paese con la legge n. 874 del 19 dicembre 1975);
   nei rilievi effettuati nell'ambito del progetto Life medwolf (LIFE11 NAT/IT/069) risulta che sul territorio toscano i fenomeni delle predazioni sono messe in atto da cani mal gestiti. Tra le aziende zootecniche che hanno subito predazioni nel 2014 il 98 per cento non era sorvegliata dal pastore, l'85 per cento non aveva recinti anti predatore, il 57 per cento non aveva cani da guardia, il 41 per cento aveva solo 2 cani ogni 500 pecore. Il medesimo progetto Life medwolf, inoltre, sulla base del registro ufficiale delle predazioni, indica in appena 0,3 per cento la percentuale del patrimonio zootecnico ovino colpito dalle predazioni nel 2014;
   molti metodi risultano efficaci al fine della tutela degli allevatori/agricoltori quali: azioni dissuasive e di disturbo attivi anche per evitare la cronicizzazione degli attacchi, corretta applicazione delle norme vigenti previste dalla legge n. 281 del 1991 con controllo del randagismo canino, interventi gestionali quali recinzioni elettrificate e finanziamenti agli allevatori per l'adozione di misure volte alla prevenzione degli attacchi;
   il lupo è un inequivocabile segnale positivo per tutto l'ecosistema e per la biodiversità, è quindi un indicatore biologico, in qualità di top predator, di un ambiente ecologicamente sostenibile;
   a differenza di quanto può avvenire in altre specie l'abbattimento dei lupi non può essere selettivo, in quanto ogni singolo individuo del branco ha un ruolo sociale molto preciso. La presenza di ognuno garantisce la sopravvivenza del branco stesso, pertanto andando a rimuovere un qualunque individuo si potrebbero generare squilibri e ripercussioni tanto sulla sopravvivenza del branco quanto sulla sua capacità riproduttiva, la quale, potrebbe addirittura aumentare –:
   quali iniziative di prevenzione alla predazione, diverse dall'abbattimento, il Governo intenda assumere e quali e quante risorse economiche intenda predisporre per i piani coesistenza uomo-lupo e quale sia lo status del «piano lupo» presentato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per fare chiarezza sulla vicenda di Suvereto (Livorno), per inasprire la lotta al bracconaggio, contrastare il randagismo e uniformare gli strumenti previsti per la tutela degli allevatori.
(4-16464)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il promontorio più rilevante del compendio naturalistico di Capo Caccia – comune di Alghero – è stato letteralmente sventrato con un'incessante opera di demolizione eseguita con mezzi meccanici di imponente portata per realizzare quella che l'interpellante ritiene un'inutile strada che non ha nessun interesse pubblico e tantomeno costituiva soluzione esclusiva, considerato che la strada esistente e storicamente fruibile è franata in due punti solo per l'incuria e l'abbandono in cui è stata lasciata dagli enti preposti alla sua manutenzione;
   occorre valutare eventuali danni gravi contro l'ambiente e il paesaggio, oltre che il grave rischio di instabilità geologica generato da tale intervento, considerata la delicatezza statica dello stesso compendio rilevata nello stesso piano di gestione dell'area;
   chi ha rilasciato le necessarie autorizzazioni ambientali, che ciò sia avvenuto, per la realizzazione dell'intervento ha del tutto ignorato i vincoli di quell'area tutelata da un vincolo paesaggistico integrale e ha trascurato che la stessa fascia dei metri 300 dalla battigia marina è sottoposta ad un sistema di tutele integrali;
   si tratta di un'area ad elevatissima sensibilità ambientale inquadrata nella zona di protezione speciale – ZPS ITB013044 e nel sito di importanza comunitaria – SIC «Capo Caccia (con le Isole Foradada e Piana) e Punta del Giglio», ai sensi della direttiva n.92/43/CEE, e nel parco naturale regionale «Porto Conte» e nell'area marina protetta «Capo Caccia – Isola Piana»;
   la strada preesistente risulta da anni in totale stato di abbandono senza alcun tipo di manutenzione e i due crolli, tecnicamente e paesaggisticamente rimediabili, sono frutto di una mancata cura dell'assetto viario di quell'area;
   è fin troppo evidente che lo stato di abbandono e la mancata manutenzione non possono essere il presupposto per aprire trincee e nuovi varchi con la demolizione di imponenti porzioni del compendio naturalistico-ambientale;
   va segnalato che il reato ex articolo 733-bis codice penale introdotto con il decreto legislativo n. 121 del 7 luglio 2011 da rilevanza nel titolo II del libro III del codice penale all'interesse dello Stato al mantenimento dello stato di conservazione di un habitat;
   il nuovo articolo del codice penale tutela l'interesse della collettività a godere ed usufruire delle aree protette ed, in particolare, degli habitat considerati nella loro piena integrità ed incontaminatezza;
   l'illecito penale si consuma anche quando viene alterato lo stato di conservazione dell’habitat;
   emerge, secondo l'interrogante, in tutta evidenza nel sito di Capo Caccia un intervento immotivato e non funzionale ad alcun interesse pubblico che ha determinato la distruzione o il deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto; 
   la strada di accesso esisteva e non è stata mantenuta;
   da anni il faro è gestito automaticamente dal presidio di La Maddalena;
   gli interventi di manutenzione della struttura sono stati sempre eseguiti, nonostante i due tratti di strada risultano interrotti da anni;
   da anni la struttura del faro non è abitata e l'amministrazione militare ha sostanzialmente derubricato la struttura alla sola gestione automatizzata;
   è vietato l'accesso a qualsiasi privato cittadino e nessuna fruizione del compendio è consentita alla collettività;
   il ripristino della strada esistente non solo era possibile tecnicamente ma era assolutamente necessario considerato che il nuovo tracciato rischia di gravare staticamente sul precedente tracciato, aggravando le condizioni di staticità e determinando il pericolo di crollo del preesistente;
   il compendio di Capo Caccia oggetto dell'intervento che ha comportato evidenti segni di distruzione e demolizione di una porzione rilevante del promontorio, e considerata la sua unicità e omogeneità dell'intero bene sottoposto a tutela, è sottoposto ad ulteriore tutela dalla legge regionale 26 febbraio 1999, n. 4, recante Istituzione del parco naturale regionale «Porto Conte»;
   al Titolo V (norme di tutela e sanzioni) della richiamata normativa regionale è previsto all'articolo 26:
    «Divieti: nel territorio del Parco sono vietate in generale le attività e le opere che possono compromettere la conservazione del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat»;
   il compendio rientra nel decreto ministeriale 20 settembre 2002 con l'istituzione dell'area marina protetta denominata «Capo Caccia – Isola Piana» (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 285 del 5 dicembre 2002) –:
   se non intendano promuovere urgenti interventi tesi a valutare l'esistenza di qualsivoglia danno, distruzione o deturpamento del compendio indicato in questione e se non si configurino gravi reiterate violazioni delle norme di tutela integrale tali da dover con urgenza assumere iniziative per sospendere i lavori in corso e valutare immediate soluzioni di ripristino e attenuazione del danno cagionato all'area;
   se non ritengano di dover segnalare, in tutte le sedi competenti, tale grave nocumento ad un sito sottoposto a massima tutela da normative statali e comunitarie, posto che gli interventi per assicurarne il rispetto rientrano nelle competenze esclusive del Governo.
(2-01784) «Pili».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   gli sforzi che il Ministero sta facendo per la promozione del libro e della lettura mal si conciliano con le polemiche che, a partire da una nota trasmissione televisiva, stanno coinvolgendo anche sulla stampa, il premio letterario «Strega», il più prestigioso d'Italia;
   il vincitore del premio, per quanto si è potuto capire, verrebbe scelto in modo non meritocratico e non in base alla qualità del libro, ma secondo logiche di mercato e accordi a tavolino fra editori. Sempre secondo il servizio e le sue fonti, dietro questi concorsi ci sarebbero «meccanismi occulti» giustificati da «interessi commerciali» e, nonostante una giuria composta da 660 votanti, pare che il vincitore sia appannaggio di «una ristretta élite»;
   l'Italia ha nel settore editoriale dei numeri importanti. Nel 2016 sono stati pubblicati ben 66 mila nuovi titoli di cui 18 mila di narrativa. Si sono moltiplicate le autoproduzioni e il libro cartaceo ha sfidato anche gli e-book, riuscendo a tenere la sua fetta di mercato, a dispetto dei nuovi e tecnologici supporti per la lettura;
   il premio «Strega», secondo le informazioni reperibili sul sito istituzionale, annovera tra i suoi promotori anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, oltre al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, alla Commissione europea e al comune di Roma –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il corretto svolgimento dei concorsi letterari, in particolar modo di quelli promossi da Ministeri e da altre istituzioni pubbliche, considerato che proprio il premio «Strega» ha una sezione destinata a ragazze e ragazzi che, grazie alla collaborazione del Centro per il libro e la lettura (Cepell), prevede il coinvolgimento di giovanissimi lettori e giurati, iscritti nelle scuole primarie e secondarie italiane di volta in volta selezionate. (5-11267)


   PALMIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 3 novembre 2016 il Parlamento ha approvato la legge n. 220 del 2016 recante disciplina del cinema e dell'audiovisivo;
   la legge prevede tre deleghe al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di tutela dei minori, di promozione delle opere europee e italiane, di rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo;
   la legge prevede inoltre, per essere attuata, l'emanazione di 25 decreti attuativi –:
   a che punto sia la predisposizione degli schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe nonché dei numerosi decreti ministeriali previsti dalla legge n. 220 del 2016. (5-11268)


   COSCIA, BONACCORSI, RAMPI, MANZI, MALISANI, NARDUOLO, COCCIA, ASCANI, BLAZINA, IORI, CAROCCI, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALPEZZI, PES, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 220 del 14 novembre 2016, recante «disciplina del cinema e dell'audiovisivo», ha introdotto nuovi strumenti di sostegno al cinema e all'audiovisivo e ha abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2017, il sistema degli incentivi previsto e disciplinato dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni;
   la medesima legge ha anche abrogato la norma relativa ai crediti d'imposta al settore cinematografico ed audiovisivo (legge n. 244 del 2007 – decreto-legge n. 91 del 2013), ma ha previsto che i decreti attuativi vigenti mantengano la loro validità fino all'emanazione dei nuovi decreti attuativi –:
   quale sia ad oggi lo stato di attuazione della legge n. 220 del 14 novembre 2016, con particolare riguardo ai decreti ivi previsti. (5-11269)


   GIANCARLO GIORDANO e MARCON. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 3-02669, del 20 dicembre 2016 gli interroganti chiedevano come il Governo intendesse rispondere entro il 1o febbraio 2017 alle richieste avanzate dall'Unesco, con particolare riferimento alla soluzione del problema della navigazione delle grandi navi nella laguna di Venezia, onde scongiurare il minacciato declassamento della città lagunare ed il suo inserimento tra i siti patrimonio dell'umanità in pericolo, esiti che avrebbero connotato l'Italia come un Paese incapace di tutelare il proprio patrimonio;
   la stessa Unesco il 13 luglio 2016 ha elaborato un documento nel quale ha evidenziato la condizione di forte rischio a cui è esposta la città lagunare, immersa in uno degli ecosistemi più complessi e fragili in assoluto, sempre più compromesso da dinamiche di sfruttamento invasive e pericolose, prima fra tutte quella del transito quotidiano delle grandi navi passeggeri e commerciali all'interno della laguna, che da anni mette a repentaglio l'ecosistema circostante;
   il Comitato Unesco, riunito in sessione plenaria annuale a Istanbul, approvando all'unanimità le raccomandazioni della commissione a suo tempo inviata a Venezia per esaminare le condizioni del sito, aveva avanzato tra le richieste più urgenti la proibizione per le « largest ship» (le più grandi navi) di transitare in laguna;
   una serie di articoli apparsi sui media, tra cui quello apparso il 24 gennaio 2017 sul Corriere della Sera a firma Paolo Conti, dal titolo «Brugnaro e la pace fatta con l'Unesco (che non declasserà più Venezia)» e quello pubblicato sul sito internet OfcsReport a firma Agostino Ingenito, dal titolo «Unesco, Venezia evita le sanzioni. Napoli e Pompei a rischio», riferiscono di un incontro avvenuto verso la fine del mese di gennaio 2017, in vista dell'approssimarsi del suddetto termine del lo febbraio, a Parigi tra il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ed il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova che, alla fine del colloquio, avrebbe dichiarato: «Ho percepito la forza dell'impegno portato avanti dalla città e dal Governo», una frase che a detta dei giornalisti avrebbe suonato come la decisione dell'Unesco di soprassedere sulla minacciata sanzione –:
   se quanto riferito dai suddetti articoli corrisponda al vero e sulla base di quali elementi e soluzioni prospettate, con particolare riguardo all'emergenza concernente la navigazione delle grandi navi in laguna, l'Unesco avrebbe deciso di tornare sui suoi passi e di «liberare» la città di Venezia dal rischio del declassamento nell'ambito della lista di tutela. (5-11270)


   DI BENEDETTO, SIMONE VALENTE, BRESCIA, D'UVA, VACCA, LUIGI GALLO e MARZANA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli eventi sismici che hanno colpito il Centro Italia a far data da 24 agosto 2016, è stato emanato il decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229;
   l'articolo 14 del decreto-legge citato dispone finanziamenti a favore della ricostruzione, riparazione e ripristino degli edifici pubblici, in particolare per interventi sui beni del patrimonio artistico e culturale. Al fine dell'attuazione di tali interventi, si provvede alla predisposizione di un piano dei beni culturali, articolato per le quattro regioni interessate, che quantifica il danno e ne prevede il finanziamento in base alle risorse disponibili;
   in data 25 febbraio 2017, il Ministero ha pubblicato il documento denominato «Cultura e turismo. Tre anni di Governo». All'interno del capitolo dedicato al patrimonio culturale, si può leggere dell'attività di recupero dei beni danneggiati dal sisma messa in atto dalle squadre del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri del Comando tutela patrimonio culturale, con oltre 5.000 verifiche effettuate a fronte delle 4.000 segnalazioni di danno. Si evidenzia anche che più di 11.000 opere sono sinora state rimosse e spostate nei depositi temporanei in Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo, dove sono stati allestiti centri di pronto intervento per il primo restauro. Infine, nello stesso documento, vengono dichiarati 164 interventi di messa in sicurezza già realizzati;
   se l'attività di recupero dei beni danneggiati è a uno stadio così avanzato, come sostenuto dal Ministero, dovrebbe essere di prossima emanazione anche il piano dei beni culturali;
   allo stesso modo non vi è una mappatura dei beni culturali danneggiati che aggreghi tutti i dati relativi a ciascuno di essi, come quelli sui danni subiti, sul tipo di intervento di cui necessitano, sulla loro collocazione temporanea e su quella definitiva;
   sul sito web del Ministero è visibile, soltanto un archivio dei comunicati stampa che racconta di singoli reperimenti di beni culturali e degli interventi di restauro sugli stessi, ma non è, ad avviso degli interroganti, sufficiente –:
   di quali azioni consti il piano di interventi di cui all'articolo 14, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 189 del 2016, di quali e quante risorse si avvalga, e quando sarà emanato. (5-11271)


   NICCHI e ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere a che punto sia l'esame della situazione degli stabilimenti di cinecittà a Roma e che prospettive vi siano al riguardo per il loro passaggio in mano pubblica. (5-11272)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FAUTTILLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con accordo di programma del 21 settembre 2009 tra regione Lazio, provincia di Latina, comuni di Latina e Sabaudia, è stato approvato l'intervento «Progetto Porto Canale Rio Martino», per un importo complessivo pari a 19.581.183,00 euro;
   tale progetto, che rispondeva ad una esigenza da lungo tempo avvertita, per la sua complessità e per l'impegno economico, è stato suddiviso in tre stralci funzionali autonomi ed indipendenti;
   relativamente al primo stralcio, volto ad assicurare la messa in sicurezza del tratto di sbocco a mare del canale, le opere oggetto del primo stralcio dei lavori (2011-2013) sono terminate, compresi i collaudi;
   all'epoca dell'accordo citato fu deliberato che il secondo stralcio fosse realizzato con finanziamento dell'allora dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   successivamente, la giunta provinciale di Latina ha approvato il documento progettuale relativo al secondo stralcio, per un importo complessivo pari a 7.800.000,00 euro;
   successivamente il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri ha ridotto di 281.667,81 euro il finanziamento statale previsto per il secondo stralcio, ridimensionando il costo generale del suddetto secondo stralcio ad euro 7.518.332,19 di cui 6.125.042,47 a carico dello Stato;
   di conseguenza, la regione Lazio ha provveduto a trasmettere al dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri il 15 ottobre 2012, il progetto del secondo stralcio citato, nonché la formale richiesta dell'anticipazione del 40 per cento (6.125.042,47 euro) del contributo statale citato;
   in data 2 maggio 2013 sono stati avviati i lavori per la realizzazione del «Progetto di eccellenza denominato Progetto Porto Canale Rio Martino»;
   con note del 18 gennaio 2017, la provincia di Latina ha inviato all'Agenzia regionale del turismo della regione Lazio, le relazioni per il trasferimento previsto delle risorse finanziarie previste dall'accordo di programma sottoscritto con il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per una cifra pari a 3.062.521 euro, come previsto dall'accordo di programma sottoscritto tra il dipartimento per lo sviluppo e la competitività della Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio il 21 febbraio 2013;
   all'interrogante, però, non risulta che la provincia abbia ricevuto nulla di quanto previsto, nonostante le reiterate richieste al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ora competente in materia, di incontri da parte dei responsabili della provincia di Latina per poter affrontare le eventuali problematiche che impedivano l'erogazione del previsto contributo;
   nessuna assicurazione, infatti, è arrivata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per una imminente erogazione delle quote di finanziamento a carico dello Stato previste;
   viste le condizioni finanziarie dell'amministrazione provinciale di Latina che non è in grado di anticipare i fondi necessari per il proseguimento dei lavori da parte dell'azienda esecutrice dei lavori previsti, è stato indispensabile sospendere i lavori stessi (provincia di Latina, settore viabilità ordine di sospensione dei lavori, prot. n. 1707, del 13 aprile 2017) che dovevano terminare a maggio 2017;
   la citata sospensione comporta evidenti gravissimi danni per l'amministrazione e, soprattutto, per i cittadini che da tempo attendono la concreta realizzazione di un'opera importante per tutto il territorio –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per risolvere rapidamente la questione sopra esposta, procedendo, per quanto di competenza, allo sblocco dei finanziamenti previsti per la realizzazione del citato secondo stralcio del progetto in questione. (4-16451)


   LOCATELLI, PASTORELLI e LO MONTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   «La Ciociara», famoso film del 1960 diretto da Vittorio De Sica e adattato da Cesare Zavattini, tratto dall'omonimo libro scritto da Alberto Moravia, nonostante le vicende siano romanzate, narra degli stupri di guerra, le cosiddette «marocchinate», perpetrati contro circa 60.000 tra donne e bambini, solo nel territorio della Ciociaria, alla fine della seconda guerra mondiale;
   la pellicola ripercorre una delle pagine più buie e brutali della seconda guerra mondiale descrivendo l'orrore degli stupri di massa sulla popolazione da parte delle truppe coloniali francesi in seguito alla «battaglia di Cassino»;
   quotidiani e social, in queste ultime settimane, hanno riportato la notizia che è in lavorazione un film intitolato «La Ciociara, liberamente ispirato al romanzo di Alberto Moravia»: una versione pornografica del film diretta da un noto registra di film hard;
   si tratta di una vicenda dolorosa, dunque, che ancora ferisce le famiglie delle vittime di quelle violenze; raccontata in chiave pornografica non è altro che mancanza di rispetto per tutte coloro che hanno subito quegli atroci episodi e, per le tante, troppe donne che sono state vittime di abusi sessuali e di stupro durante altri conflitti, per tutte quelle donne che ancora subiscono tale infamia, per chi ancora ne porta i segni, per chi oggi continua ad essere stuprata;
   invece di promuovere una sensibilizzazione per non dimenticare gli orrori del passato, invece di contribuire a costruire una società fondata sul ripudio della guerra in qualsiasi sua forma, compresa quella delle violenze sui bambini e sulle donne: una guerra nella guerra; una mostruosità di cui le cronache sono piene: ex Jugoslavia, Rwanda, Nigeria, Siria, Somalia, India e tanti altri Paesi dove l'uomo non è più essere umano, ma solo il male; si produce un film che, secondo gli interroganti, rappresenta l'ennesima offesa, l'ennesima umiliazione;
   una lettera aperta, indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, agli altri Ministri competenti e ai parlamentari, chiede di intervenire; essa è firmata già da più di 600 cittadine e cittadini, da molti sindaci della Ciociaria e dal consiglio comunale di Aprilia, che giudica, non una forma di libertà di espressione ma un insulto grave alla memoria di una comunità e della nazione tutta, una pellicola hard su vicende che rappresentano una ferita indelebile non ancora rimarginata e che si cerca di affrontare, grazie soprattutto al lavoro delle associazioni femminili e femministe insieme alle amministrazioni locali, a ricercatrici e ricercatori, a docenti di ogni ordine e grado, ricostruendo quei fatti perché non si ripetano in nessuna parte del mondo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda promuovere per diffondere, anche attraverso campagne di informazione e di sensibilizzazione, una corretta ricostruzione di quei tragici avvenimenti e una nuova presa di coscienza per il ripudio di ogni forma di violenza sessuale, in particolare quella perpetuata all'interno dei conflitti armati, che assume il carattere di stupri di massa, un'arma potente e strategica per annientare il nemico – o l'etnia, o la religione, o le popolazioni considerate nemiche – violando e annientando le donne del nemico e la loro comunità. (4-16467)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le caserme dei carabinieri di via Leonetto Cipriani, via San Savino e via Agucchi a Bologna sono un punto di riferimento importante per i residenti del quartiere Navile, in particolare per la parte più anziana della popolazione. La presenza radicata sul territorio permette, infatti, ai militari dell'Arma di conoscere a fondo i problemi e le situazioni di criticità, dando così risposte precise come avvenuto negli ultimi mesi con un maggior controllo del territorio;
   il nuovo «Patto sulla Sicurezza della Città di Bologna», firmato il 17 febbraio 2012 dal Ministro degli interni, dal prefetto e dal sindaco di Bologna, prevede un coinvolgimento dei presidenti dei quartieri interessati da specifiche problematiche in tema di sicurezza urbana, cura e manutenzione del territorio;
   il decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, introduce le nozioni di: a): sicurezza integrata, ossia l'insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonché da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all'attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali; b): sicurezza urbana, ossia il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso una serie di interventi, quali quelli di riqualificazione – anche sociale, culturale e urbanistica – delle aree o dei siti degradate, l'eliminazione dei fattori di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l'affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato e gli enti territoriali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni;
   da tempo, questo presidio, competente per il quartiere Bolognina, soffre una carenza di organico, inoltre per esigenze di tipo economico, la sede della stazione è stata spostata da via Francesco Barbieri (dal cuore della Bolognina) a via Leonetto Cipriani, a margine dei viali di circonvallazione di Bologna, vicina alla Galleria Mambo ed a Porta Lame: di fatto, al di fuori del quartiere Navile, con competenze territoriali più ampie e con un organico ridotto rispetto alla precedente situazione;
   tra le altre, la stazione ha assorbito anche la competenza della soppressa stazione dei Carabinieri Scalo Ferroviario, le cui unità previste non sono confluite nell'odierno Comando Stazione Navile;
   va ricordato che Bolognina è un rione storicamente operaio che negli ultimi 20 anni, ha subito un importante processo di deindustrializzazione e, attualmente, sta attraversando una fase di importante rigenerazione urbana. A partire dagli anni 2000, inoltre, l'area si è arricchita della nuova sede amministrativa del comune di Bologna, e del nuovo accesso alla stazione ferroviaria dell'alta velocità, che cambiano in parte la fisionomia e il paesaggio cittadino. Oggi, il quartiere è crogiolo di presenze etniche (almeno 30 diverse provenienze) e, dal punto di vista della sicurezza, è percepita come realtà preoccupante;
   residenti e commercianti hanno espresso la loro preoccupazione per il timore di perdere degli importanti presidi territoriali e forti punti di riferimento per la sicurezza pubblica;
   numerose sono state sia le iniziative che gli ordini del giorno approvati per chiedere con forza il potenziamento della Stazione dei Carabinieri di Navile –:
   se il Governo non reputi necessario, nel rispetto dell'autonomia di gestione interna dell'Arma dei carabinieri e della conseguente propria riorganizzazione, di assumere iniziative, tenendo in considerazione le legittime preoccupazioni, nonché le necessità di sicurezza pubblica della cittadinanza, per un potenziamento delle risorse umane preso le stazioni carabinieri citate in premessa. (5-11257)

Interrogazione a risposta scritta:


   VELLA e VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda della caserma di Pratosardo (piccolo comune sito nei pressi di Nuoro), a distanza di 20 anni dall'accordo di programma tra comune, regione e Ministero della difesa del 1997, non ha ancora avuto esito positivo;
   ci sono voluti 19 anni di lavori per l'ultimazione dei lavori, con la consegna al Ministero della difesa del certificato di completamento del presidio militare (dicembre 2016), con la realizzazione delle opere aggiuntive richieste dallo Stato maggiore dell'Esercito;
   a tutt'oggi, però, l’iter non è affatto concluso, perché la struttura, già completa di diverse forniture, di un sofisticato impianto di videosorveglianza e pronta per l'attivazione delle operazioni di collaudo e la consegna alle autorità militari, rimane senza soldati;
   l'accordo di programma prevede la consegna alla «Brigata Sassari», con l'arrivo di circa 300 militari, tutti sardi di rientro dopo lunghi periodi trascorsi lontani da casa in altre brigate e reggimenti;
   nel giugno del 2016, rispondendo all'interrogazione n. 3-02347, nella quale si chiedeva proprio conferma dell'arrivo dei militari della Brigata Sassari nella nuova caserma, il Ministro Pinotti aveva dichiarato che la struttura «in tempi brevi sarà occupata e sarà occupata da personale delle Forze armate», scongiurando in partenza le voci su un possibile utilizzo diverso dell'area rispetto a quello militare;
   le dichiarazioni rassicuranti del Ministro della difesa sull'utilizzo del complesso edilizio di Pratosardo di un anno fa a giudizio degli interroganti stonano con la realtà dei fatti, perché i militari ancora non sono arrivati e la minaccia che questa struttura venga usata per altri scopi, come l'accoglienza dei migranti, non pare affatto scongiurata;
   la struttura è stata collaudata a gennaio di quest'anno e sempre a gennaio è stato avviato di un piano di reclutamento della Brigata Sassari per l'impiego di militari nel presidio di Pratosardo;
   la presenza dei militari resta fondamentale per la sicurezza e l'economia nuorese, ed è necessario affrettare i tempi delle operazioni per evitare ulteriori complicazioni, sociali ed economiche –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare tutte le iniziative di competenza per verificare se i procedimenti relativi alla realizzazione dell'opera si siano effettivamente conclusi e quali passaggi debbano ancora essere compiuti affinché la caserma possa essere occupata dai militari della Brigata Sassari, come da accordo di programma, e se non intenda fare luce sugli ultimi sviluppi della vicenda che, fino a pochi mesi fa prevedeva l'imminente arrivo dei militari nella caserma di Pratosardo e che oggi vede una situazione di stallo con il moltiplicarsi di voci sull'utilizzo della struttura per l'accoglienza dei migranti o per scopi differenti. (4-16456)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GEBHARD. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 238 del 2010 ha introdotto un incentivo fiscale volto al rientro dei lavoratori in Italia per contribuire allo sviluppo del Paese, che consiste in una parziale imponibilità del reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa;
   tali incentivi, introdotti in un primo momento fino al 2013, sono poi stati prorogati fino al 31 dicembre 2015 dall'articolo 29, comma 16-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 e, da ultimo, fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147;
   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 giugno 2011, in attuazione dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 238 del 2010, ha poi individuato le categorie dei soggetti beneficiari dell'incentivo, specificando, all'articolo 2, comma 2, lettera b), che l'agevolazione spetta anche ai cittadini dell'Unione europea che «negli ultimi due anni o più, hanno risieduto fuori dal proprio Paese d'origine e dall'Italia conseguendovi un titolo di laurea o una specializzazione post lauream»;
   dal tenore letterale dell'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge, e nella circolare esplicativa n. 14/E/2012 dell'Agenzia delle entrate, per i cittadini dell'Unione europea che vogliano usufruire dell'agevolazione fiscale sembra necessaria la continuità del rapporto di lavoro all'estero antecedente al rientro in Italia solo per i lavoratori, mentre per coloro che hanno studiato all'estero prima di rimpatriare in Italia la ratio dell'agevolazione sembra affidarsi ai consueti ritmi previsti dagli anni accademici – con le conseguenti interruzioni delle lezioni per le sessioni d'esame tra un semestre e l'altro, nei periodi estivi, e altro – non andando dunque a richiedere una continuità che, nel caso degli studi, comunque non sarebbe desumibile dai calendari accademici universitari usuali –:
   se un cittadino italiano il quale ha studiato all'estero, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge n. 238 del 2010 e successive modificazioni, e che, nei periodi di intervallo di studio dell'anno accademico universitario, ha svolto attività di lavoro dipendente sporadiche in Italia finalizzate al pagamento delle spese universitarie, possa comunque usufruire del beneficio fiscale previsto per il rientro dei lavoratori in Italia con riguardo al raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge per poter usufruire del beneficio fiscale. (5-11274)


   SOTTANELLI e ZANETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione telematica delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche relativa all'Iva, adempimento che vede la sua prima scadenza il 31 maggio, sembra necessiti di un software specifico, che potrebbe costare ai professionisti fino a mille euro all'anno;
   numerose sono state le preoccupazioni espresse dall'associazione dei commercialisti italiani, non ultima quella del suo presidente Massimo Miani che ha più volte sottolineato come questa situazione stia facendo montare nella categoria una grave e crescente insoddisfazione;
   gli aspetti che destano maggiore preoccupazione sono legati alla firma e soprattutto all'invio telematico dei modelli, in considerazione del fatto che la trasmissione sembra seguire una strada del tutto nuova, non essendo utilizzabile per questo adempimento il tradizionale servizio Entratel;
   utilizzando il portale web dell'Agenzia delle entrate, sembra venga imposto l'invio di un distinto file per ciascun contribuente, determinando perciò una criticità inesplicabile per i professionisti –:
   per quale motivo la trasmissione telematica delle comunicazioni periodiche Iva non possa essere attuata attraverso modalità tradizionali già in uso per gli altri adempimenti e cosa intenda fare il Governo per risolvere questa complessa situazione. (5-11275)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato ha dimostrato quella che all'interrogante appare una certa reticenza nel divulgare i dati relativi alla spesa degli italiani per il gioco;
   con un comunicato stampa del 13 febbraio 2017 l'Agenzia ha dichiarato che, con riferimento all'anno 2016, gli italiani avrebbero speso per il gioco circa 19 miliardi di euro (di cui 10 miliardi costituiscono entrate erariali, mentre i rimanenti 9 miliardi i ricavi complessivi della filiera commerciale, spese e tasse comprese), cifra da non confondersi però con quella della «raccolta», che raggiungerebbe i 96 miliardi di euro; il medesimo comunicato precisa che la «raccolta» comprende l'insieme delle puntate, mentre la «spesa», che in altri termini corrisponde a quanto la collettività dei giocatori perde nel periodo di riferimento, si ottiene sottraendo dall'ammontare della raccolta annua il totale delle vincite del periodo corrispondente, e che nel 2016 sarebbe stata pari a 77 miliardi di euro; l'Agenzia ha tenuto a precisare anche che: «Un ammontare così elevato di vincite, la maggior parte di importo non elevato, tende a ripartirsi tra una moltitudine di vincitori»;
   l'intervento dell'Agenzia, che scaturisce in «riferimento alle inesattezze che caratterizzano talvolta i dati oggetto di commento relativi al gioco legale», sembra aver creato più confusione di quanta ne avrebbe dovuto evitare; la stessa Agenzia, infatti, con scarsa trasparenza circa i veri numeri che fotografano il devastante fenomeno dell'azzardo legale italiano che, negli ultimi dieci anni, è cresciuto del 191 per cento, non rende pubblici, finalmente, i dati sulla raccolta monetaria per tipologia di gioco e, per ciascuna tipologia, l'ammontare della quota trattenuta e destinata ai concessionari, e della quota trattenuta destinata all'Erario, oltre alla racconta monetaria comune per comune;
   al fine di fare più chiarezza e comprendere la reale dimensione di un fenomeno sociale in continua espansione, che riguarda i cittadini di ogni età e condizione economica e che l'interrogante non esita a definire «azzardo legale» piuttosto che «gioco legale», ed individuare i reali flussi di denaro circolanti sui territori, occorrerebbe conoscere i suddetti dati in forma «spacchettata» e scomposta –:
   quali siano i dati sulla raccolta monetaria ed il numero dei punti di offerta del gioco, raggruppati per provincia e per ciascuno dei comuni italiani. (5-11276)


   VILLAROSA, SIBILIA, ALBERTI, PESCO, PISANO e RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i dati forniti nell'interrogazione a risposta immediata n. 5/11177 a prima firma del deputato Villarosa non sono esaustivi e non soddisfano la richiesta presentata;
   con la presente interrogazione si intende conoscere il volume complessivo, disaggregato anno per anno, della moneta creata dalla Banca centrale italiana ed europea (quantificata in lire ed in euro) dal 1981 ad oggi ed il volume complessivo disaggregato anno per anno della moneta creata dal sistema bancario mediante gli strumenti monetari e di pagamento, cosiddetta moneta bancaria (quantificata in lire ed in euro) dal 1981 ad oggi –:
   quale sia il volume complessivo anno per anno della moneta creata dalla banca centrale italiana ed europea («cosiddetta moneta fiat» quantificata in lire ed in euro) dal 1981 a oggi e quale sia il volume complessivo anno per anno della moneta creata dal sistema bancario («cosiddetta moneta bancaria» quantificata in lire ed in euro) dal 1981 ad oggi. (5-11277)


   SANGA, RUBINATO e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i granuli PET sono suddivisi in due categorie in base all'indice di viscosità: superiore a 78 ml/g identifica i granuli usati per la produzione di bottiglie, inferiore a 78 ml/g identifica i granuli usati per la produzione di pellicole;
   per quanto riguarda l'importazione dall'India, i granuli usati per la produzione di pellicole sono classificati con due diverse nomenclature della tariffa doganale d'uso integrata (TARIC), aventi due imposte diverse: la nomenclatura 3907690040, esente da imposta, individua i granuli PET con densità compresa tra 1,23 e 1,27 e contenenti, in peso, non più del 10 per cento di altri agenti modificanti o additivi e la nomenclatura 3907690090, che individua altri granuli di poliesteri primari con imposta del 3 per cento;
   la discriminante tra l'esenzione o il pagamento dell'imposta è la densità e la possibilità di contenere additivi sino a un massimo del 10 per cento;
   tuttavia, le schede tecniche dei granuli non indicano la densità, perché è un valore impreciso e privo di interesse per identificare le qualità di un granulo; inoltre, la densità reale dei granuli di PET è intorno a 1,32-1,33;
   un'azienda italiana leader nel settore ha avviato nel 2015 un innovativo processo, su cui ha depositato un brevetto, per la produzione di pellicole di PET spalmate con resine siliconiche con applicazioni nel mercato delle etichette e dei condensatori ceramici, nell'elettronica, nel medicale, per la cui produzione usa resine siliconiche di produzione EU e granuli di PET importati da JBF, una multinazionale indiana;
   suddetta azienda importa con nomenclatura Taric 3907608040, esente da imposta, alla luce dell'imprecisione dei test di densità e del fatto che il fornitore JBF è in grado di emettere una certificazione di densità tra 1,23-1,27;
   nel 2016, a quanto consta agli interroganti la Dogana di Venezia ha contestato alla sopracitata azienda l'uso della nomenclatura 3907608040, perché la densità misurata in modo accurato sarebbe di 1,31-1,33 e non 1,23-1,27 e, pertanto, l'azienda si è vista costretta ad adottare la tariffa con imposta pari al 3 per cento –:
   se nel periodo 2014-2016 sia stato usato in altri Paesi europei per importare granulo di PET il codice TARIC 3907608040 (dal 1o gennaio 2017 cambiato in 3907690040), se la densità 1,23-1,27 esista solo in virtù di test specifici e se sia possibile conoscere tali test, cosicché anche l'Agenzia delle dogane possa adottarlo. (5-11278)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VILLAROSA, SIBILIA, ALBERTI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'articolo pubblicato su wallstreetitalia.com in data 2 febbraio 2017 si apprendono le notizie rassicuranti del direttore generale di UniCredit, dottor Gianni Papa, e del direttore finanziario di UniCredit, dottor Mirko Bianchi, i quali tranquillizzano i risparmiatori, attraverso le dichiarazioni fornite in risposta alle domande esposte in sede di audizione presso la Camera dei deputati in merito alla preoccupante questione dei bond subordinati precisando che l'istituto che rappresentano fin dal dicembre 2015 ha provveduto ad informare la propria clientela dell'entrata in vigore, in Italia, delle procedure di burden sharing e bail-in, e che, conseguentemente, UniCredit non ha più venduto questo tipo di prodotto finanziario alla clientela retail;
   in seguito alle segnalazioni pervenute agli interroganti risulta che quanto dichiarato dai due esponenti di UniCredit sia effettivamente vero, ma, esiste un fondato dubbio che tali prodotti siano stati sostituiti da altri strumenti finanziari che rientrerebbero nel capitale di rischio delle banche e quindi anche nelle eventuali procedure di burden sharing e bail-in;
   dal 2015 non sono stati più emessi bond subordinati, in quanto sostituiti da strumenti finanziari ancora più complicati rientranti nel capitale di rischio della banca e quindi nelle regole del burden sharing e del bail in. Trattasi prevalentemente dei cosiddetti « certificate» utilizzati già da tempo da Banca Intesa, mentre Unicredit ne ha avviato una consistente campagna di sottoscrizione anche sul canale retail tra fine 2015 e 2016 (in particolar modo, si fa riferimento ai certificates « Express» con possibilità di estinzione anticipata e «Protetto» – si fa per dire – dove è prevista teoricamente la protezione del capitale ma solo se non fallisce l'istituto di credito in questione) –:
   se sia a conoscenza del valore complessivo dell'incremento delle sottoscrizioni di certificate da parte di Unicredit e degli altri istituti di credito italiani, se sia a conoscenza del livello di informazioni destinate alla clientela retail in merito ai richiamati, complicatissimi e rischiosi, strumenti finanziari e se reputi sufficienti tali informazioni, anche in relazione alla rilevante circostanza che tali «prodotti» potrebbero (se non lo siano già) finire nel portafoglio dei piccoli risparmiatori e cittadini italiani. (5-11263)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI GALLO, MICILLO, TOFALO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   già con interpellanza urgente n. 2-00357 presentata in data 10 gennaio 2014 e con interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01961 presentata in data 26 gennaio 2016, il primo firmatario del presente atto ammoniva il Governo sulle criticità della gestione della società Consip spa, de facto unica centrale di committenza per la pubblica amministrazione, ai sensi del comma 22 della legge 23 dicembre 2005, ai danni della collettività e del Ministero dell'economia e delle finanze;
   nei succitati atti ispettivi, il primo firmatario del presente atto ha tentato di portare all'attenzione del Governo le gravissime circostanze legate al cosiddetto «sistema Romeo» e alla presunta «sinergia» esistente, per quanto concerne le vicende allora riportate, tra la cooperativa Fiorita e la Manutencoop, che si era aggiudicata 3 dei 13 lotti appaltati nel 2012 da Consip per la fornitura di servizi di pulizia per le scuole di tutto il territorio nazionale (nell'ambito del progetto cosiddetto «Scuole belle»), alimentando già da allora il sospetto di trovarsi dinanzi ad uno scenario torbido di possibili accordi anticoncorrenziali oltreché alla scarsa capacità del Ministero di vigilare sull'operato della Consip;
   l'Anac, dinanzi all'evidente creazione di veri e propri «cartelli di imprese» capaci di manipolare l'ampia fetta di mercato della pubblica amministrazione, ha nel 2015 sanzionato il Consorzio nazionale servizi per euro 56.190.090, Manutencoop per euro 48.510.000, Roma Multiservizi per euro 3.377.910, Kuadra per euro 5.763.882, annullando infine le rispettive aggiudicazioni;
   negli ultimi giorni la stampa sta svelando un possibile «sistema Manutencoop», in quanto Pietro Coci, il titolare di «Euroservizi Group» (l'impresa che con Manutencoop si è aggiudicata in associazione temporanea l'appalto triennale di pulizia e sanificazione dell'ospedale pediatrico Santobono Pausillipon e dell'Azienda per il diritto agli studi universitari di Napoli da euro 11 milioni e 500 mila all'interno di una gara: bandita nel 2014 da Consip del valore totale di euro 2 miliardi e 692 milioni e suddivisa in 18 lotti geografici di cui la ditta del succitato Romeo si è aggiudicata tre lotti e Manutencoop altri quattro), avrebbe deciso di collaborare con la procura di Napoli descrivendo nei dettagli come due dirigenti di Manutencoop, Francesco Sciancalepore e Crescenzo Tirone, avrebbero svelato che la «prassi era di pagare sistematicamente nel settore degli appalti il 2-2,5 per cento di tangente», dando a Coci, sempre stando alle dichiarazioni fornite dallo stesso alla procura di Napoli, il via libera a elargire tangenti a funzionari coinvolti nell'aggiudicazione della gara d'appalto;
   in seguito alle indagini scaturite dalle dichiarazioni di Coci, Giorgio Poziello, caposala di chirurgia dell'ospedale Santobono, è stato arrestato il 4 aprile 2017 e altri cinque funzionari, tra cui l'avvocato Guglielmo Manna, consulente legale del Santobono e marito del giudice Anna Scognamiglio, sono finiti agli arresti domiciliari accusati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà degli incanti e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso;
   per i motivi di cui sopra, la procura di Napoli ha inoltre avanzato la «richiesta di applicazione di misura interdittiva» per responsabilità amministrativa ai danni di Manutencoop, ai sensi degli articoli 45 e 47 del decreto legislativo n. 331 del 2001 –:
   se, nelle more di svolgimento delle procedure giudiziarie, il Ministro interrogato, in qualità di azionista unico e in un'ottica di «massima trasparenza ed efficacia delle iniziative» come si legge sul sito della stessa azienda, non ritenga, per quanto di competenza, di richiedere urgentemente a Consip una relazione dettagliata circa le aggiudicazioni sospette di cui in premessa. (4-16462)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   TERZONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nelle regioni Umbria e Marche è in corso di esecuzione il progetto Quadrilatero, il quale prevede la realizzazione di un sistema di infrastrutture viarie, i cui assi rappresentano idealmente i quattro lati di un quadrilatero;
   il progetto viario della Quadrilatero consiste nel completamento e nell'adeguamento di due arterie principali (l'asse Foligno-Civitanova Marche strada statale 77 e l'asse Perugia-Ancona statali 76 e 318), della Pedemontana Fabriano-Muccia/Sfercia e di altri interventi viari, idonei ad assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti e, più in generale, a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate;
   dal punto di vista strategico-logistico il progetto infrastrutturale viario ha l'obiettivo di inserirsi nel sistema delle principali dorsali del Paese, potenziando gli assi viari di attraversamento delle regioni Marche e Umbria, al fine di migliorare il collegamento con le regioni circostanti e verso l'Europa;
   il progetto viario è suddiviso in due maxilotti in merito ai quali il Governo il 6 ottobre 2016, in risposta ad una precedente interrogazione, aveva fornito un quadro dettagliato degli espropri in fase di realizzazione –:
   se il Governo intenda fornire un quadro aggiornato e dettagliato dei pagamenti realmente effettuati, tenuto conto dell'avanzato stato dei lavori dell'intera opera. (5-11264)


   VELLA e LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2016 l'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annunciava in pompa magna l'apertura della Perugia- Ancona (nonché della Foligno-Civitanova), promettendo il completamento dell'opera entro il 2017;
   la Perugia-Ancona è una direttrice lunga circa 15 chilometri che va da Pianello a Sospertole; l'investimento per la realizzazione delle opere ha sfiorato i 225 milioni di euro;
   il tratto è stato aperto per consentire una riduzione dei tempi di percorrenza da 30 a 10 minuti, con un accorciamento del percorso di 6,5 chilometri e un abbattimento della produzione di anidride carbonica di 17 tonnellate al giorno;
   all'apertura del transito ufficiale, il Presidente del Consiglio pro tempore Renzi dichiarò: «Questa strada è il paradigma del rilancio del Paese. Accade che imprese che sembravano impossibili a un certo punto si realizzano. Oggi l'Italia ha deciso di smettere di arrivare in ritardo sulle infrastrutture. Smettere con rinvii e ritardi, questo è il senso dell'inaugurazione...»;
   l'opera è di indubbia necessità, se funzionante, non è così. Già all'inaugurazione, l'interrogante aveva precisato che la giunta regionale di sinistra fece ricorso contro la «legge obiettivo» (voluta dal Governo di centrodestra), poi promosse un ricorso al Tar del Lazio contro il progetto di ampliamento delle due strade di collegamento delle Marche con l'Umbria;
   in questi primi mesi di operatività del tratto si sono registrati innumerevoli disagi: a gennaio 2017, durante una copiosa nevicata, la strada è stata chiusa per una settimana, senza comunicazione ufficiale, per interventi di natura straordinaria sul tratto Casacastalda-Valfabbrica;
   a febbraio 2017 c’è stata una nuova chiusura del tratto Valfabbrica-Casacastalda, a causa di giunti difettosi;
   per tutto il 2017 s’è resa necessaria una manutenzione del tratto Branca-Schifanoia, a causa di dissesti importanti;
   quanto alla galleria Picchiarella, alla galleria Casacastalda e al viadotto Calvario, inseriti nel piano pluriennale dell'Anas per 100 milioni di euro, si è appreso che la progettazione è prevista solo in estate ed il bando per l'appalto nel 2018;
   a marzo 2017 il maltempo ha bloccato la circolazione. Un fiume di pioggia si è abbattuto sulla galleria di Pianello, allarmando gli automobilisti –:
   quali immediate ed urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per accelerare il completamento delle opere e la manutenzione, affinché il nuovo tratto sia effettivamente una miglioria per la circolazione degli automobilisti e non un ulteriore inconveniente, come nel recente passato, e se intenda fare chiarezza sui motivi che hanno prodotto così tanti disagi dalla data dell'inaugurazione della Perugia-Ancona ad oggi. (5-11265)


   MATARRESE e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i lavori per il collegamento veloce della superstrada Orte-Civitavecchia, tratto laziale della strada statale 675 che parte da Terni diretta verso il litorale tirrenico, sono iniziati nel 1975 e ancora non sono terminati. Il percorso è lungo circa 75 chilometri e devono essere completati 24,4 chilometri;
   il lotto fra Cinelli e Monte Romano (6,4 chilometri) è in corso di completamento, con consegna prevista nel 2018. Il cantiere, affidato all'associazione temporanea di imprese Donati spa, Ircop spa, Salc srl, Ietto spa, Demo costruzioni srl, si sviluppa nel territorio dei comuni di Vetralla e Monte Romano (provincia di Viterbo) in prosecuzione del tratto aperto nel 2011 tra Cinelli e Vetralla;
   il progetto per i 18 chilometri conclusivi (Monte Romano – Tarquinia), approvato dalla regione Lazio, è stato «bocciato» dai tecnici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che hanno redatto una relazione, nella quale è stata evidenziata la mancata valutazione dei rischi connessi all'inquinamento atmosferico e acustico;
   in base a tale documento redatto dal dicastero la progettazione andrebbe nuovamente riconsiderata, come anche l’iter autorizzativo, e quindi salterebbe il cronoprogramma che prevedeva la realizzazione dell'infrastruttura entro il 2020;
   la superstrada Orte-Civitavecchia è stata inserita nella rete Ten-T europea, quale itinerario di livello comprehensive network e nel piano pluriennale degli investimenti stradali 2015-2019;
   il collegamento tra Orte e Civitavecchia necessita di una superstrada, che secondo le stime potrebbe vedere il transito di 15-20 mila vetture al giorno;
   è un'infrastruttura strategica per logistica e trasporto, permettendo il collegamento diretto del porto di Civitavecchia con l'autostrada A1 Milano-Napoli, l'A12 Roma-Genova, l'area industriale di Terni, l'interporto di Orte, l'itinerario internazionale E45-E55 Orte-Mestre e con il porto di Ancona tramite la direttrice Perugia-Ancona;
   la superstrada Orte-Civitavecchia è parte integrante del rilancio economico di un vasto territorio del Centro Italia, comprendente l'alto Lazio e parte dell'Umbria, che continua a subire disagi proprio per la mancanza di una rete stradale moderna;
   tale completamento costituirebbe un investimento determinante non solo ai fini dell'incremento dei flussi turistici e del commercio, ma anche in termini di sicurezza stradale. Il conseguente decongestionamento del traffico permetterebbe, in effetti, tempi di percorrenza più rapidi –:
   quale impegno il Governo intenda garantire per il prosieguo dei lavori d'ora in avanti e quale possa essere la reale tempistica per la definitiva realizzazione dell'opera. (5-11266)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è di pochi giorni fa la notizia che una motonave mercantile battente bandiera dello Stato del Tuvalu si è arenata in mare, poco oltre Porto Buso, all'interno del tratto marittimo del canale navigabile del Fiume Corno che conduce allo scalo di Porto Nogaro;
   la motonave di oltre 4 mila tonnellate, con un pescaggio di poco inferiore ai 6 metri, era appena partita dalla banchina Margreth con un carico di circa 4500 tonnellate, con direzione Alessandria d'Egitto, quando, per cause ancora da accertare, si è appoggiata ai fondali del canale, arenandosi;
   Porto Nogaro è di recente tornato operativo dopo le opere di dragaggio che hanno interessato il fiume Corno a San Giorgio di Nogaro, costate 14,2 milioni di euro e finalizzate a ripristinare la profondità storica di 7,5 metri di tutto il canale marittimo di accesso allo scalo commerciale di Porto Nogaro-bacino Margreth, dall'asta marittima all'asta lagunare fino all'asta fluviale;
   in risposta a un'interrogazione presentata dal consigliere regionale M5S del Friuli Venezia Giulia Cristian Sergo in merito alla effettiva operatività di Porto Buso, l'assessore alle infrastrutture, Mariagrazia Santoro dichiarava che, a seguito del completamento – il 31 gennaio 2017 – dei lavori urgenti per il dragaggio del Fiume Corno, finalizzati – tra le altre cose – a garantire la sicurezza della navigazione del canale, questo era tornato alla sua piena operatività;
   per quanto di conoscenza il tratto di canale commerciale interessato dall'incidente sarebbe ancora in attesa della certificazione necessaria, da parte dell'Istituto idrografico della Marina di Genova, a seguito del rilevamento delle batimetrie da parte di una società privata, ad attestare come l'intero canale navigabile del fiume Corno abbia raggiunto i 7,5 metri di profondità –:
   se il Ministro intenda fornire ulteriori e aggiornate informazioni in merito alle cause dell'incidente che hanno portato una nave con un pescaggio inferiore ai sei metri ad incagliarsi in un tratto di canale navigabile, recentemente tornato alla piena operatività, dopo l'esecuzione di lavori urgenti di dragaggio completati il 31 gennaio 2017, che avrebbero portato il canale al raggiungimento di 7,5 metri di profondità. (5-11254)


   LUIGI GALLO, LIUZZI, MICILLO, TOFALO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Ente Autonomo Volturno srl (EAV) è una società avente come unico socio la regione Campania che, con atto di fusione del 27 dicembre 2012, ha incorporato le società Circumvesuviana, MetroCampania NordEst e Sepsa, iniziando così a svolgere molteplici funzioni, tra cui: esercitare il servizio ferroviario e funiviario regionale; curare la realizzazione di opere di manutenzione, ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria regionale; gestire il patrimonio infrastrutturale e fornire supporto alla Regione Campania nelle attività di programmazione e controllo di progetti e investimenti regionali nel campo della mobilità e del trasporto;
   in virtù di tali funzioni, la regione Campania, di concerto con la società EAV srl, ha programmato una serie di interventi di revisione generale e revamping relativi a 25 elettrotreni della serie T21 utilizzati sulle linee della ferrovia ex Circumvesuviana (operazione 5A, 5B, 5C, 5D), finanziati in favore di EAV srl a valere sui fondi POR FESR 2007-2013, oggetto di appalto aggiudicato da EAV in data 18 novembre 2014 alla società Firema spa in amministrazione straordinaria e ammessi a finanziamento in overbooking tramite misure di salvaguardia con decreto dirigenziale n. 75 del 1o agosto 2016 sulle risorse del FSC 2007-2013, per l'importo complessivo di euro 40.419.139,38;
   tali interventi hanno previsto anche revisione generale e revamping di n. 12 ETR Fe220 Linee ex Circumvesuviana, Operazione 4 (lotti 4a e 4b), oggetto di appalto aggiudicato da EAV alla Società Euromint finanziati in favore di EAV srl a valere sui fondi POR FESR 2007/2013 e ammessi a finanziamento in overbooking tramite misure di salvaguardia a valere sulle risorse del FSC per un importo massimo pari a euro 24.718.788,66;
   in base a quanto pubblicato online sul sito www.sorrentopress.it in data 20 agosto 2016, le commesse relative ai succitati interventi hanno subito un brusco ritardo, a seguito, secondo EAV, di un adeguamento normativo che ha interessato l'impianto-porte, e sull'argomento il consigliere regionale Tommaso Malerba ha presentato un'interrogazione al consiglio regionale della Campania per venire a conoscenza dello stato di attuazione dei succitati interventi programmati nel rispetto del cronoprogramma dei lavori trasmesso all'autorità di gestione FESR;
   più di recente, con protocollo n. 005 del 3 aprile 2017, Tommaso Malerba e l'ingegner Vincenzo Viglione hanno richiesto un'audizione relativa ai temi di cui sopra al fine di conoscere i problemi che hanno impedito di rispettare il cronoprogramma previsto per l'ammodernamento e il potenziamento del parco rotabile EAV srl;
   ciò malgrado, il Governo pro tempore, con l'articolo 11 del decreto-legge del 22 ottobre 2016, n. 193, ha concesso alla regione Campania un ulteriore contributo straordinario, nel limite di 600 milioni di euro, per far fronte ai propri debiti verso la società EAV, di cui è socio unico, mediante utilizzo del FSC 2014-2020, previa rimodulazione degli interventi già programmati a valere sulle stesse risorse;
   ictu oculi, con risorse finanziarie dello Stato che avrebbero dovuto essere destinate all'accrescimento e alla riduzione degli squilibri territoriali fino al 2020, si è stabilito di sanare la società EAV, gravando dunque sui contribuenti –:
   se il Governo non ritenga necessario e doveroso intraprendere, insieme alla regione Campania, iniziative, per quanto di competenza, per il controllo e la vigilanza delle risorse statali destinate alla società EAV srl e delle commesse in attuazione, specie per quanto concerne lo stato di attuazione degli interventi di revamping del parco rotabile regionale. (5-11258)


   MASSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo concernente «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50», nel testo approvato in esito al Consiglio dei ministri del 13 aprile 2017, contiene la soppressione – articolo 123 del decreto legislativo – del comma 2 dell'articolo 211 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
   la norma soppressa prevedeva, in capo ad Anac, il potere di invito, nei confronti delle stazioni appaltanti, ad agire in autotutela per l'annullamento di atti delle procedure pubbliche per l'aggiudicazione di contratti di appalto viziati da gravi illegittimità, nonché l'irrogazione di una sanzione al funzionario inadempiente;
   la previsione di sopprimere il comma 2 dell'articolo 211 del decreto legislativo n. 50 del 2016 non è mai stata sottoposta all'esame delle competenti commissioni parlamentari e, per quanto dichiarato dal Ministro competente, non ha avuto il consenso di alcuno dei Ministri;
   la previsione soppressa, sia pure modificata sulla base delle puntuali indicazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato, per la funzione di prevenzione di attività illegittime e/o illecite nell'ambito degli appalti pubblici cui la stessa era finalizzata, merita di essere ripristinata –:
   visto quanto esposto in premessa e considerate le circostanze non lineari nelle quali è maturata la soppressione, quali iniziative si intendano porre in essere, con la necessaria tempestività, per il reinserimento della norma soppressa, con le correzioni indicate nel parere del Consiglio di Stato, nel codice dei contratti pubblici. (5-11259)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'11 aprile 2016 in partenza da S. Teresa di Gallura, probabilmente per un guasto, un traghetto della Moby Lines si è incagliato pochissimi metri dalla costa senza riportare conseguenze gravi né alla nave né ai circa 60 passeggeri a bordo in quell'istante;
   il 24 aprile 2017 diverse centinaia di passeggeri sono rimasti bloccati a Bonifacio, a causa della sospensione delle corse del traghetto «Giraglia» della Moby;
   la motonave ha avuto un problema ai motori ed è finita contro uno scoglio e le autorità francesi hanno imposto una serie di accurati accertamenti sul «Giraglia», consentendo il viaggio di rientro solo per i controlli che saranno effettuati a Santa Teresa di Gallura;
   l'urto, pare nella manovra di attracco a Bonifacio, per il traghetto «Giraglia» della Moby che collega Santa Teresa di Gallura con la Corsica, è l'ennesimo incidente che occorre a questa motonave;
   da una prima indagine, svolta dalla Guardia costiera corsa, c’è stato un malfunzionamento al motore, ma le autorità francesi hanno imposto alla compagnia di navigazione italiana di fare rientro a Santa Teresa senza trasportare passeggeri, che sono stati riprotetti sui traghetti dell'altra compagnia che effettua il medesimo collegamento, la Blu Navy;
   la capitaneria di porto di La Maddalena ha avviato un'indagine amministrativa sul «Giraglia» che esattamente un anno fa aveva avuto un altro incidente a Santa Teresa;
   la mattina del 2 maggio 2017, per un guasto alle pompe del carburante è stata costretta a tornare in porto a Santa Teresa;
   arrivato all'altezza di Capo Testa il traghetto per evidenti problemi al motore della imbarcazione ha dovuto inserire l'indietro tutta per evitare il peggio;
   vi sono stati gravi disagi per i passeggeri del traghetto Giraglia della Moby Lines che stava effettuando la tratta Santa Teresa di Gallura – Bonifacio. La nave ha avuto un problema in mezzo al mare e ha dovuto fare marcia indietro;
   si tratta del secondo caso in poche settimane;
   si tratta di capire chi abbia autorizzato il traghetto a prendere il largo;
   è indispensabile comprendere per quale motivo ancora una volta quella che l'interrogante giudica una «carretta» del mare si sia bloccata in mezzo al tratto più pericoloso del Mediterraneo;
   in tutti i casi reiterati gli incidenti si sono svolti nelle Bocche di Bonifacio, notoriamente uno dei tratti di mare più pericolosi del Mediterraneo;
   ormai non si contano più gli incidenti e i guasti in un collegamento fondamentale come quello tra la Sardegna e la Corsica;
   tutti quanti, compresi gli organismi della sicurezza, secondo l'interrogante continuano ad affrontare con superficialità questi episodi;
   l'incolumità dei passeggeri è costantemente posta a rischio;
   la nave, costruita a Pietra Ligure, nel 1981 è un traghetto adibito quindi al trasporto di auto e passeggeri;
   è lunga all'incirca 75 metri per una stazza lorda di 2.041 tonnellate ed in grado di raggiungere una velocità di 18 nodi; nel 1981 la Giraglia entra in servizio sulla tratta Piombino – Portoferraio, collegando l'Isola d'Elba all'Italia. Dal 2010 si sposta sulla tratta Piombino – Cavo, da poco inaugurata dalla compagnia come rotta low cost. Successivamente scambia con la gemella la rotta di servizio, spostandosi sulla tratta Bonifacio – Santa Teresa di Gallura;
   i ripetuti incidenti dovrebbero indurre, secondo l'interrogante, al ritiro delle autorizzazioni all'uso –:
   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, con il coinvolgimento delle strutture deputate alla sicurezza marittima e navale, per valutare il ritiro della motonave Giraglia dalle tratte interessate al fine di scongiurare il pericolo di ben più gravi incidenti, considerata anche l'instabilità del mare in quel tratto tra la Sardegna e la Francia;
   se non ritenga di dover valutare la cronologia degli episodi denunciati e adottare ogni conseguente iniziativa di competenza. (5-11261)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 aprile 2017 i vertici del Ministero dell'interno hanno presentato alle organizzazioni sindacali il documento «Nuova architettura polizia postale e delle telecomunicazioni»;
   il Ministero, per adeguarsi alle nuove necessità operative e alla trasformazione che ha subito il settore, ha rappresentato la necessità di operare una vasta razionalizzazione che interesserà tutto il territorio nazionale in base al genere dei reati che vengono perseguiti dalla polizia postale;
   attualmente il servizio di polizia postale e delle comunicazioni, con sede a Roma, coordina l'attività dei 20 compartimenti di polizia postale, localizzati in tutti i capoluoghi di regione ad esclusione della Valle d'Aosta, che rientra nelle competenze del compartimento di Torino. La regione Sicilia, invece, è stata suddivisa da alcuni anni in due compartimenti aventi rispettivamente sede a Palermo (Sicilia Occidentale) e Catania (Sicilia Orientale);
   i compartimenti hanno competenza regionale e sono generalmente diretti da un primo dirigente della polizia di Stato. I compartimenti coordinano a loro volta le rispettive sezioni all'interno del proprio territorio di competenza;
   le sezioni di polizia postale sono in totale 76 e hanno competenza provinciale. I responsabili delle sezioni sono generalmente appartenenti al ruolo ispettori;
   la nuova architettura prevede la seguente organizzazione: 20 compartimenti regionali, 8 sezioni distrettuali, e 21 sezioni provinciali;
   nelle province nelle quali non sarà più presente la sezione di polizia postale sarà istituita nelle questure una «sezione reati informatici» all'interno delle squadre mobili;
   è quindi prevista la chiusura di 55 sezioni provinciali;
   il personale della polizia postale è altamente qualificato ed i suoi compiti vanno dal contrasto alla pedopornografia e al terrorismo alla lotta ai reati informatici e telematici;
   la presenza capillare della polizia postale sul territorio, con le sue sezioni provinciali, ha consentito di conseguire risultati positivi unanimemente riconosciuti, e rappresenta quindi un modello;
   ogni tipo di riorganizzazione deve porsi l'obbiettivo di tutelare l'attività svolta al servizio dei cittadini, il personale e le sue professionalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato, se condivida la riorganizzazione prospettata o se intenda assumere iniziative per modificarla.
(4-16452)


   RIZZETTO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o maggio 2017 nella città di Trieste, si è svolto il tradizionale corteo dedicato alla Festa dei lavoratori organizzato dalle sigle sindacali Cgil Cisl e Uil regionali;
   il 14 aprile 2017 i capigruppo di maggioranza del consiglio comunale di Trieste, come si apprende a mezzo stampa (http://www.triesteprima.it) avevano presentato e approvato una mozione che chiedeva di «impegnare il sindaco a trasmettere il sentimento del consiglio comunale di Trieste al prefetto, al questore e agli organizzatori della manifestazioni per il Primo maggio, invitando questi ultimi a non ammettere episodi simili sino a isolare ed espellere dalle proprie manifestazioni le persone che si macchiassero di tali inqualificabili comportamenti e, qualora tali fatti si dovessero ripetere anche quest'anno in alcune manifestazioni, a invitare prefetto e questore a vietarle per l'anno 2018»;
   gli episodi menzionati nella suddetta mozione, nello specifico, riguardavano l'esposizione durante il corteo di vessilli e bandiere che nulla hanno a che fare con il lavoro, ma che sono stati ritenuti: «simboli offensivi per la memoria storica della città e di insulto per il ricordo di quanti subirono persecuzioni, torture, infoibamenti e omicidi a partire dal 1o maggio 1945»;
   nonostante ciò, durante la manifestazione numerosissimi sono state invece le bandiere o altri oggetti esposti in cui era rappresentata la cosiddetta «stella rossa di Tito» (http://ilpiccolo.gelocal.it);
   sembrerebbe che lo stesso vicesindaco di Trieste si sia unito al coro di denuncia accusando il prefetto di non aver impedito questa ennesima provocazione (http://www.triesteprima.it) –:
   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo abbia assunto o intenda assumere in relazione alle istanze formulate dal consiglio comunale di Trieste. (4-16459)


   RONDINI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella società attuale, si accresce la preoccupazione e la riprovevolezza per l'uso di tutte le droghe. Il consumo che desta maggiore preoccupazione tra la popolazione è, innanzitutto, l'uso di eroina, seguito dalla cocaina ed infine, dalla cannabis;
   per quanto riguarda eroina e cocaina la condanna dell'uso è indiscriminato per tutte le fasce d'età, mentre la disapprovazione della cannabis diminuisce per le fasce più giovani: dal 93-92 per cento dei 55-64enni al 61-67 per cento di 15-24enni. In sostanza, la maggior parte dei ragazzi e circa un terzo delle ragazze non manifestano disapprovazione all'utilizzo di cannabis;
   si assiste, altresì, ad un incremento della cannabis, per cui all'incirca 14 italiani su 1.000, compresi in una fascia di età tra i 15 e i 64 anni, la consumano di frequente; la stragrande maggioranza, ne ha consumata nell'ultimo mese, e quasi tutti l'hanno sperimentata, almeno una volta nella vita;
   oltre un terzo della popolazione, con età compresa tra i 15 ed i 64 anni ha fatto uso di cannabis, una o più volte corso della propria vita. Una percentuale, pari al 20 per cento, l'ha provata a 15 anni o meno; il 50 per cento, con età compresa tra i 16 e i 20 anni, e il restante 30 per cento dopo i 20;
   tutti gli operatori che si occupano del recupero dalle tossicodipendenze ricordano come il passaggio alle cosiddette droghe pesanti sia una conseguenza naturale del consumo di cannabis e derivati;
   pur in presenza di tali dati allarmanti dal giorno 20 aprile 2017 a Milano si è svolta la Hempfest che si è presentata con l'ambizione di essere una via di mezzo tra una festa e una giornata di studio e approfondimento essendo il «primo, ufficiale e unico Cannabis day italiano», come spiegato dagli organizzatori, sulla scia del mito del 20 aprile, data simbolo che dagli anni ’70 rappresenta l'appuntamento annuale per celebrare la «cultura della cannabis»;
   tale evento ha di fatto ricevuto il pieno sostegno del sindaco di Milano, che dovrebbe essere tra i garanti della legalità;
   all'interno degli eventi della manifestazione è prevista distribuzione ai cittadini «con istigazione alla coltivazione» di semi di cannabis, semi piantati con l'intenzione poi di mandare un messaggio al Parlamento e al consiglio regionale della Lombardia –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se siano stati effettuati, per quanto di competenza, tutti i controlli necessari affinché, tra le pieghe del programma della manifestazione, non si svolgessero eventi o attività finalizzate a propagandare e incentivare l'uso di cannabis in violazione delle norme di legge vigenti. (4-16461)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'attuazione della legge n. 107 del 2015, cosiddetta «buona scuola», oltre a svariati disagi per gli studenti, sta creando e rischia di creare nuovamente a breve una situazione intollerabile per molti docenti del Sud, tale da configurare un danno incalcolabile per le regioni meridionali;
   com’è noto nel 2016/2017 sono 207 mila i docenti trasferiti, pari al 30 per cento dell'organico di ruolo complessivo degli insegnanti statali e di questi, in 60 mila hanno lasciato la cattedra vacante al Centro-nord per rientrare al Centro-sud, usufruendo dell'istituto dell'assegnazione provvisoria introdotto dal decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2016, con lo scopo di prorogare anche al 2016/2017 le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 108, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del Movimento 5 Stelle n. 3-02728, il 25 gennaio 2017 il Ministro interrogato rispondeva che «la disponibilità di questo numero rilevante di posti rende ragionevole consentire a tutti, per il solo anno scolastico 2017-2018, di far domanda di mobilità seppure nella limitata misura del 40 per cento, in luogo del 100 per cento dello scorso anno e del 50 per cento di prassi. A partire dal prossimo anno scolastico, la continuità didattica verrà assicurata anche dall'applicazione delle disposizioni ordinarie in materia di assegnazioni provvisorie, venuto meno il regime transitorio di cui al richiamato comma 108, che valeva solo per l'anno scolastico 2016-2017, con la conseguenza che per l'anno scolastico 2017-2018 le assegnazioni provvisorie potranno essere richieste solo come già definite per alcune categorie di docenti»;
   se è discutibile che si riducano in tal modo le negatività riscontrate sulla continuità didattica, non si risolvono tuttavia le problematiche dei docenti meridionali assegnati al Nord Italia;
   l'allontanamento di questi docenti dalle province di residenza, anche attraverso modalità di assegnazione spesso non chiare, non ha conseguenze esclusivamente sulle vite di molte persone, allontanate dalle proprie famiglie, ma ha ricadute sulla stessa continuità didattica nel Mezzogiorno, incrementando in questo modo il gap formativo tra gli studenti del Nord e quelli del Sud;
   come spiegano alcune associazioni di docenti tra cui il gruppo «Docenti in MobilitAzione» «il piano straordinario di immissione in ruolo promosso con la Legge Giannini-Renzi, detta la “Buona Scuola”, ha provocato gravi disparità di trattamento tra i docenti e nondimeno decidendo arbitrariamente – attraverso l'uso di un algoritmo misterioso – le sorti di molti noi che, dopo anni di onorato lavoro nella provincia di appartenenza, sono stati trasferiti in ogni angolo d'Italia con conseguente smembramento di famiglie ed allontanamento forzato dai cari»;
   va rilevato inoltre che il Consiglio di Stato, con ordinanze nn. 1399/17 e 1401/17 del 28 marzo 2017, ha disposto acquisirsi, a carico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, documentati chiarimenti in ordine a natura, scopo e buon funzionamento dell'algoritmo che sovrintende alla mobilità dei docenti, nonché all'effettiva sussistenza della circostanza della disomogenea copertura di posti nei territori di alcune regioni, rispetto all'ambito territoriale di provenienza degli appellanti, gettando ombre sull'intero processo di assegnazione –:
   se non intenda promuovere una maggiore trasparenza e conoscenza, anche al di là delle richieste della magistratura, dei criteri che sovrintendono al raggiungimento dello scopo e al funzionamento dell'algoritmo che regola la mobilità dei docenti. (4-16463)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, FERRARA, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, MELILLA, SANNICANDRO, QUARANTA e PIRAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'Inps del primo bimestre 2017, elaborati da Ires-Cgil Marche, fotografano l'ennesimo brusco calo di assunzioni a tempo indeterminato, conseguente alla cessazione degli incentivi per le aziende alle assunzioni;
   nello specifico, le assunzioni a tempo indeterminato sono state nelle Marche 3.494, un numero inferiore in termini percentuali del 20,5 per cento rispetto a quelle effettuate nel 2016 e quasi dimezzato rispetto al 2015, anno in cui erano in pieno vigore gli sgravi alle aziende per le assunzioni a tempo indeterminato (più precisamente il –44,4 per cento);
   a fronte di tale significativo calo delle assunzioni, con contratti stabili, si registra un aumento del lavoro precario (19.691 unità) pari al 78,5 per cento del totale delle assunzioni effettuate in regione, con un incremento rispetto al 2015 dell'11 per cento;
   i dati citati sono l'ulteriore dimostrazione di quanto il Jobs Act, privato della misura degli sgravi alle assunzioni a tempo indeterminato alle aziende, sia una legge incapace di incentivare lo sviluppo del lavoro a tempo indeterminato, avendo, anzi, l'effetto di aumentare il lavoro precario –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione ai dati richiamati, alla luce degli obiettivi dichiarati del Jobs Act;
   quali iniziative intenda adottare al fine di sostenere le assunzioni a tempo indeterminato, le sole idonee a garantire ai lavoratori una vita dignitosa per loro e le relative famiglie, consideriate anche le numerose difficoltà di accesso al credito per i lavoratori con contratti a tempo determinato. (5-11256)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'agosto 2016 l'imprenditore napoletano Giuseppe Palumbo ha rilevato la società Isa Yacht srl di Ancona, salvandola dal fallimento, investendo 4 milioni di euro ed avviando la produzione di due yacht. È nata, così, la società Palumbo Ancona Shipyard Isa Yacht srl, azienda specializzata nella produzione di yacht di lusso;
   attualmente nello stabilimento lavorano 50 operai in cassa integrazione su un totale di 85, con la possibilità di reintegrare fino a 60-70 lavoratori in caso di un'eventuale terza commessa;
   in data 18 aprile 2017 l'azienda ha notificato il licenziamento in tronco ad Emiliano Fava della Fiom, unico rappresentante Rsu e referente per la sicurezza dello stabilimento;
   a portare al licenziamento di Fava sono state tre sanzioni disciplinari comminate dall'azienda al lavoratore, l'ultima lo scorso 27 marzo. La prima sanzione è stata accettata dal dipendente, con tre giorni di sospensione dal lavoro, le altre sono state impugnate (una innanzi al tribunale, l'altra innanzi al collegio arbitrale dell'ufficio del lavoro). A far scattare i provvedimenti sono state alcune mail inviate da Fava, considerate minacciose dall'azienda, oltre ad alcuni commenti su una pagina Facebook;
   licenziando Fava, Palumbo ha praticamente azzerato le relazioni sindacali all'interno del cantiere. Secondo Fiom «la legge prevede che in ogni posto di lavoro ci siano almeno uno o più rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. (...) Inoltre il delegato è stato preso di mira dall'agosto dell'anno scorso con la dichiarata volontà da parte dell'azienda di farlo fuori prima o poi»;
   il lavoratore licenziato, aveva più volte denunciato, nel corso della propria attività sindacale, l'impossibilità di svolgere le sue mansioni di controllo sulla sicurezza del cantiere, a causa del comportamento dell'azienda;
   tra le verifiche che Fava aveva chiesto di poter fare c'erano quelle relative alle procedure per l'abbattimento di alcuni capannoni interni allo stabilimento che potrebbero presentare amianto;
   Fava è anche tra quegli otto lavoratori in cassa integrazione a zero ore e senza rotazione che si sono rifiutati di sottoscrivere gli accordi sulle buone uscite, firmati da 27 lavoratori su 35;
   il licenziamento segue ad una fase di tensione delle relazioni sindacali, aggravatesi quando l'azienda ha rifiutato un tavolo di confronto con la regione Marche e le organizzazioni sindacali;
   i motivi di tensione riguardano la mancata applicazione della rotazione per la cassa integrazione, la mancanza di certezze sulle commesse, i contatti diretti tra azienda e personale per favorirne l'esodo;
   la Fiom ha annunciato di voler impugnare in sede giudiziaria il licenziamento e di denunciare l'azienda per condotta antisindacale ex articolo 28 dello statuto dei lavoratori –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda sopra riportata, se siano stati rispettati gli accordi sindacali e se si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere, per quanto di competenza, una verifica presso l'azienda tramite le competenti strutture ministeriali, anche in relazione alla normativa concernente la sicurezza sul luogo di lavoro. (5-11273)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 21 febbraio 2017 la giunta comunale del comune di Pisa ha deliberato, per l'anno 2017, il progetto «Integrazione e territorio» per lavori socialmente utili rivolti a richiedenti asilo proposto dalla Croce rossa italiana, con «l'obbiettivo di favorire l'integrazione dei richiedenti asilo ospitati dalla Croce Rossa italiana all'interno delle comunità locali facendo loro svolgere, a titolo volontario, attività di pubblica utilità su tutto il territorio comunale»;
   tale possibilità è stata recentemente strutturata dal decreto-legge n. 13 del 2017, convertito dalla legge 13 aprile 2017, n. 46 sul contrasto dell'immigrazione illegale, che ha disposto modifiche all'articolo 22-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 142 del 2015, dando facoltà ai prefetti di promuovere d'intesa con i comuni «ogni iniziativa utile all'implementazione dell'impiego di richiedenti protezione internazionale, su base volontaria, in attività di utilità sociale» e, al comma 2, di promuovere la diffusione con i comuni e le organizzazioni del terzo settore «delle buone prassi, e di strategie congiunte», attraverso la stipula di appositi protocolli di intesa;
   emergerebbe, quindi, un quadro dove la partecipazione alle attività di lavoro socialmente utile diventerebbe un prerequisito fondamentale per ottenere lo status di rifugiato ma, come sottolinea il consiglio italiano rifugiati, «non si può assolutamente legare il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria al presupposto di un lavoro del richiedente o del suo impiego in lavori socialmente utili. Questi sono principi incompatibili con le normative internazionali e nazionali». Inoltre, evocherebbe la logica dello sfruttamento: lavoratori senza tutele, né garanzie, né sicurezza, né tantomeno una formazione adeguata da permettere loro, una volta concluso il periodo dell'accoglienza, di cercare un'occupazione alternativa;
   ad ogni persona che presta il lavoro, la Repubblica italiana dovrebbe riconoscere e garantire diritti inviolabili, anche e soprattutto nella dimensione lavorativa, come fissato dagli articoli 1, 2, 35, 36 della Costituzione e come stabilito a monito dall'articolo 28: «I funzionari e i dipendenti lo Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici»;
   in un suo intervento sull'argomento il Ministro dell'interno ha specificato che «non si creerà una duplicazione nei mercati del lavoro, perché non sarà un lavoro retribuito»;
   è bene ricordare però che, fino ad oggi, i lavori socialmente utili sono stati svolti da chi beneficia di prestazioni di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni, contratti di solidarietà, fondi di solidarietà) e che, per tali attività, percepiscono mensilmente un assegno di 580,14 euro;
   se le attività gratuite richieste ai migranti prevalessero su quelle retribuite dei lavoratori italiani finora utilizzati, gli effetti sulle comunità locali sarebbero esattamente l'opposto di quelle auspicate e si verificherebbero tensioni sociali prevedibili e devastanti. Questa ipotesi non è peregrina poiché le convenzioni che garantiscono le coperture per i lavori socialmente utili sono a scadenza annuale e i rinnovi vengono siglati sempre con mesi di ritardo, costringendo gli enti locali o a interrompere le attività dei lavoratori, oppure le regioni competenti a sostituirsi al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per garantire le relative coperture finanziarie per la continuità salariale dei lavoratori socialmente utili –:
   come il Governo intenda rispondere ai rilievi sollevati dal Consiglio italiano rifugiati in merito a quanto stabilito dall'articolo 22-bis del decreto legislativo n. 142 del 2015, modificato dal decreto-legge n. 13 del 2017, convertito dalla legge 13 aprile 2017, n. 46;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere l'articolo in questione, affinché sia scongiurata ogni possibile tensione sociale tra i migranti e i lavoratori socialmente utili, e affinché siano individuati strumenti finanziati con i fondi europei, diretti alla formazione lavorativa dei migranti e per favorire forme di inclusione con le comunità locali più efficaci e rispettose dei diritti dei richiedenti protezione internazionale.
(4-16449)


   SPADONI, FERRARESI, CHIMIENTI, DELL'ORCO, SARTI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Artoni, società italiana di trasporto merci e logistica che contava circa 560 dipendenti e 2500 impiegati indiretti, tra personale di cooperativa e padroncini, versa da tempo in una profonda situazione di crisi che ha portato al mancato pagamento degli stipendi dei dipendenti da oltre 3 mesi e il mancato pagamento delle fatture del personale indiretto da oltre 6 mesi;
   sempre per far fronte alla suddetta crisi, dopo svariate vicissitudini che hanno ulteriormente aggravato la situazione di incertezza dei lavoratori, il 23 marzo scorso il gruppo Artoni e l'azienda Fercam (azienda multinazionale di trasporti e logistica con sede a Bolzano) hanno sottoscritto un accordo per l'affitto, con vincolo di acquisto nell'aprile 2018, di solo alcuni rami operativi dell'azienda costituiti da 14 unità produttive e funzionali di Artoni Trasporti, per un totale di soli 136 lavoratori;
   per i restanti lavoratori, che attualmente ammontano a circa 290, a causa delle numerose dimissioni dovute naturalmente all'impossibilità per molti di prosegui un rapporto di lavoro senza stipendio, si è tenuto il 5 aprile 2017 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un incontro in cui il gruppo Artoni avrebbe dovuto presentare un piano formale per la richiesta di cassa integrazione straordinaria. Ma, secondo quanto riportato da fonti stampa, la richiesta, così come formulata dall'azienda, è stata considerata irricevibile dal Ministero che ha quindi rinviato la discussione al 26 aprile. Per ulteriori 3 settimane quindi i dipendenti rimasti non avranno certezze circa la possibilità di poter usufruire degli ammortizzatori sociali;
   l'azienda ha inoltre aperto la procedura di mobilità volontaria ma sufficiente a coprire solo 60 dipendenti: i lavoratori che si dimetteranno per giusta causa saranno retribuiti dall'Inps per i mancati stipendi degli ultimi 3 mesi e potranno accedere più velocemente alla «naspi» (indennità di disoccupazione);
   l'accordo con la Fercam dovrebbe portare più di 31 milioni di euro nelle casse del gruppo Artoni: oltre ai proventi dell'affitto delle attività di cui sopra, Fercam avrebbe infatti acquistato dal gruppo Artoni e Artoni Trasporti 7 immobili;
   nonostante ciò, la ditta Artoni ha già annunciato ai suoi dipendenti che potrebbe essere impossibile procedere al pagamento degli stipendi di aprile 2017 e che il 31 marzo 2017 è stata depositata presso il tribunale di Reggio Emilia, sezione fallimentare, istanza per la dichiarazione di insolvenza, finalizzata alla richiesta di una procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto legislativo n. 270 del 1999 –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché i proventi dell'accordo con la Fercam vengano utilizzati in primis per pagare gli arretrati dei lavoratori e garantire loro gli stipendi futuri; 
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per dare voce ai diretti interessati procedendo all'audizione di un comitato dei lavoratori che illustri nel dettaglio la situazione di chi da oramai quasi 4 mesi si trova senza stipendio. (4-16466)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOGGIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   molti agricoltori nel marzo 2000 avevano acquistato terreno agricolo con l'aiuto dello Stato tramite l'intervento della «Cassa per la formazione della proprietà contadina» (oggi «Ismea») con patto di riservato dominio (il bene lo acquistava lo Stato e l'agricoltore pagava a rate agevolate fino all'estinzione del debito);
   allora, la legge n. 817 del 14 agosto 1971, all'articolo 11, prevedeva un vincolo di indivisibilità trentennale del fondo acquistato;
   con la nuova normativa di orientamento decreto legislativo n. 228 del 2001, articolo 11, comma 5, si è ridotta la durata del vincolo di indivisibilità a 15 anni;
   le persone che hanno avuto accesso all'agevolazione possono sciogliere il patto di riservato dominio estinguendo il debito con lo Stato dal 5o anno successivo all'acquisto;
   il problema si pone per le persone che si sono rivolte recentemente al notaio per svincolarsi da Ismea liquidando il debito residuo con lo Stato e, magari a seguito di difficoltà familiari, vendendo parte di detto terreno;
   la formula con cui è stato elaborato il comma 5 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 228 del 2011, ha posto difficoltà interpretative nel mondo giuridico (sia per i notai che per gli avvocati) al punto che anche l'organo preposto allo scioglimento del vincolo di indivisibilità (Ismea) non si esprime in merito;
   per l'esattezza il comma 5 riporta quanto segue: «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del presente decreto»;
   da una interpretazione letterale significa che i soggetti che possono godere di questa riduzione del vincolo sono:
    coloro che hanno acquistato terreni con l'aiuto dello Stato in data successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 228 del 2001, quindi dopo il 1o luglio 2001;
    coloro che hanno acquistato terreni con l'aiuto dello Stato in data antecedente al 30 giugno 1996;
   rimane, dunque, un «buco» di cinque anni in cui tutti coloro che in quel periodo sono stati coinvolti in atti di acquisto con l'intervento della «Cassa per la formazione della proprietà contadina» (oggi «Ismea»), non possono godere di tale legge –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere urgentemente al fine di risolvere in via definitiva questa ambiguità e dare una risposta risolutiva alle persone che si trovano nella situazione esposta in premessa. (4-16455)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO, BOSSA e GIORGIO PICCOLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Asl Napoli 3 Sud, nata dalla fusione delle Asl 4 e 5, si estende lungo un vasto territorio che va dall'area nolana alla penisola sorrentina;
   con i suoi 8 presidi ospedalieri e 13 distretti è pertanto la più grande azienda sanitaria d'Europa per estensione e bacino d'utenza, servendo oltre un milione di utenti;
   negli ultimi anni, a causa delle politiche di riduzione della spesa sanitaria a livello centrale e del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania, utenti e lavoratori della sanità hanno dovuto fare i conti coi drammatici effetti di riduzione dei livelli essenziali di assistenza dovuti alla continua depauperazione delle risorse umane, al diffuso precariato acuito dagli incarichi di lavoro a tempo determinato in particolare per il personale medico e alla chiusura di servizi territoriali gestiti dai distretti con il conseguente allungamento delle liste di attesa e la riduzione dei servizi ospedalieri;
   tutto questo ha inoltre determinato la declassificazione dell'ospedale Maresca di Torre del Greco, la chiusura di reparti all'ospedale di Boscotrecase, gli accorpamenti di reparti di degenza dell'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia e del presidio di Gragnano;
   è ormai notizia quotidiana l'intasamento dei pronto soccorso degli ospedali dell'area, con gravi rischi per gli utenti che ricorrono a prestazioni in urgenza;
   i lavoratori e il personale medico sono costretti a svolgere il proprio servizio in condizioni di estrema precarietà: un caso estremo, riportato anche dalle cronache nazionali pochi mesi fa, è stato quello che ha visto coinvolto il pronto soccorso dell'ospedale di Nola, dove gli operatori sono stati costretti ad accogliere e a visitare i pazienti stesi a terra;
   di contro, a queste quotidiane criticità a cui devono far fronte i cittadini e gli operatori tutti della sanità, sono continuati ad emergere sconcertanti casi di spreco di danaro pubblico;
   da inchieste ampiamente riportate dalla stampa emergerebbe che centri privati dell'area vesuviana sarebbero stati pagati dall'Asl Napoli 3 Sud per cure di riabilitazione mai autorizzate o mai effettuate, ovvero sarebbero stati emanati più volte ordini di liquidazione per le stesse prestazioni, e che sarebbero anche state liquidate fatture relative ad esami in maniera generica senza alcuna specifica dettagliata;
   da un primo approssimativo calcolo emergerebbe un danno alle casse dello Stato di svariati i milioni di euro;
   il tutto sembrerebbe essere avvenuto senza che alcun organo di controllo aziendale si rendesse conto di tale anomalia;
   la Corte dei Conti ha già messo sotto il riflettore queste vicende di malasanità ed è già stata avviata un'indagine dalle forze dell'ordine, ma resta un grave problema amministrativo relativo ad un'Asl dove la mancanza di risorse finanziarie ha comportato e continua a comportare disagi e criticità che ricadono sulla qualità del servizio erogato, sugli operatori e sui cittadini;
   occorrerebbe, infatti, accertare quali siano le responsabilità dei vertici aziendali, degli uffici coinvolti e dei centri che hanno beneficiato di queste fatturazioni e se ci siano, inoltre, responsabilità o intrecci con parte della politica locale e regionale in uno scandalo che rappresenta un incredibile paradosso in un'Asl che molto spesso, per mancanza di fondi, interrompe finanche l'assistenza diretta costringendo i pazienti a pagare farmaci ed esami –:
   quali iniziative intenda prendere, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attivazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, al fine di verificare quanto stia accadendo nell'Asl Napoli 3 Sud e di porvi immediato rimedio.
(4-16457)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUCCI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la lettera e) dell'articolo 1 della legge delega n. 124 del 2015 (riforma della pubblica amministrazione) ha stabilito la necessità di «definire i criteri di digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance per permettere un coordinamento a livello nazionale»;
   in ottemperanza alla citata legge delega, il decreto legislativo n. 179 del 2016, all'articolo 60, comma 2, stabilisce che: «Entro 6 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto l'Agid stabilisce le modalità per la realizzazione, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, di una banca dati degli obiettivi e degli indicatori delle performance di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nell'ambito del Portale della performance, già Portale della trasparenza, di cui all'articolo 19, comma 9, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90»;
   l'Agid avrebbe, dunque, dovuto stabilire le modalità di realizzazione della banca dati entro il 14 marzo 2017 (data risultante dalla scadenza del termine di 6 mesi dall'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 179 del 2016, entrata in vigore avvenuta il 14 settembre 2016);
   a tutt'oggi, le menzionate modalità non sono ancora state stabilite;
   inoltre, con riferimento alle regole tecniche, è stata prevista una modifica al codice dell'amministrazione digitale, con la formulazione dell'articolo 71: «Con decreto del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, su proposta dell'AgID, di concerto con il Ministro della giustizia e con i Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, sono adottate le regole tecniche per l'attuazione del presente Codice»;
   tale decreto, in base a quanto stabilito dall'articolo 61 del decreto legislativo n. 179 del 2016, doveva essere emanato entro 4 mesi dall'entrata in vigore dello stesso decreto legislativo n. 179 del 2016, quindi le relative regole tecniche dovevano essere emanate entro il 14 gennaio 2017;
   le ricordate regole tecniche non sono parimenti state adottate –:
   se e quali iniziative concrete abbia intenzione di porre in essere affinché le disposizioni dettate dalla normativa richiamata possano trovare immediata e concreta applicazione. (5-11260)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 25 della legge regionale delle Marche 27 novembre 2012, n. 37 (assestamento del bilancio 2012), ha previsto che i soggetti di cui al comma 3 e, in particolare, la giunta regionale, l'Agenzia regionale sanitaria, l'Ente regionale per l'abitazione pubblica, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale, l'Agenzia per i servizi del settore agroalimentare, gli enti gestori dei parchi naturali regionali, i consorzi di bonifica e gli enti del servizio sanitario regionale, previa programmazione delle assunzioni, prima dell'indizione di un concorso pubblico e nei limiti della propria dotazione organica, ricoprono i posti vacanti e disponibili utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi indetti per pari o equivalente posizione contrattuale approvate dai medesimi soggetti;
   con determina n. 497/ZT10/DZONA del 31 agosto 2011 del direttore dell'area vasta n. 3 dell'azienda sanitaria unica regionale (Asur) delle Marche veniva indetto il concorso per la copertura a tempo indeterminato di 4 posti vacanti di dirigente psicologo;
   con determina n. 582 del 21 maggio 2015 veniva approvata la graduatoria di merito del suddetto concorso, avverso il quale, però, veniva presentato ricorso al TAR che, con sentenza n. 805 del 6 novembre 2015, annullava la graduatoria;
   il Consiglio di Stato, con successiva sentenza n. 523 del 6 febbraio 2017, ribaltava la decisione dei giudici amministrativi di primo grado, riconoscendo la legittimità della graduatoria di merito del concorso;
   con successiva determina n. 16 del 13 gennaio 2017 l'Asur Marche approvava la graduatoria degli idonei di un avviso pubblico per dirigente psicologo, bandito con determina n. 211/AV3 del 1o marzo 2016, per contratti a tempo determinato;
   tale ultima determina, ad avviso dell'interrogante, avrebbe aggirato il provvedimento del Consiglio di Stato, posto che la durata del contratto non sarebbe stata indicata nella determina di pubblicazione del bando di concorso, come previsto per legge, ma nella relativa determina di approvazione della graduatoria, stilata successivamente alla pronuncia dei giudici amministrativi;
   successivamente, il 16 gennaio 2017, l'Asur delle Marche indiceva un ulteriore avviso pubblico di selezione per la stabilizzazione del personale precario per 6 posti di dirigente psicologo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda assumere iniziative per ribadire il principio che debbano essere esaurite le graduatorie di concorso ancora vigenti prima di bandire nuovi concorsi pubblici per il reclutamento delle stesse categorie di personale, nonché iniziative normative per rafforzare il regime sanzionatorio nei confronti delle amministrazioni pubbliche inadempienti. (4-16460)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'impianto nucleare di Rotondella (Matera), situato all'interno del Centro di ricerca dell'ENEA-Trisaia di Rotondella (MT), è un impianto Itrec (Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) dove sono state condotte ricerche e attività sui processi di ritrattamento e rifabbricazione degli elementi di combustibile a base di uranio-torio;
   l'impianto è stato costruito tra il 1965 e il 1970 dal CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare), l'attuale ENEA. Tra il 1969 e il 1971 sono stati trasferiti nell'impianto 84 elementi di combustibile irraggiato a base di uranio-torio provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota). Nel 1987, a seguito del referendum sul nucleare, le attività sono state interrotte;
   vista l'impraticabilità del trasferimento negli Stati Uniti delle scorie radioattive, nel 2011 ha preso il via la disattivazione – o decommissioning – del centro Itrec, che dovrebbe concludersi tra il 2028 e il 2032;
   secondo quanto affermato dall'amministratore delegato di Sogin, la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, Luca Desiata, vi sarebbero «interferenze» di ordine «tecnico» a rallentare la strada allo smantellamento dell'Itrec di Rotondella:
    in particolare, l'interferenza più significativa è quella tra le attività di bonifica della fossa 7.1 (la cosiddetta «fossa del monolite») e la realizzazione dell'edificio di processo dell'impianto di cementazione prodotto finito (Icpf) in quanto il monolite, un blocco cementizio colmo di sostanze radioattive, che si trova, appunto, nella fossa 7.1 insiste sulla superficie sulla quale sarà costruita tale struttura;
    in base al progetto approvato dallo Stato, le scorie nucleari verranno trattate in loco e, a tal fine, è prevista la realizzazione di due edifici: un laboratorio in cui «neutralizzare» e «solidificare» i rifiuti liquidi radioattivi e un deposito;
    i rifiuti di bassa e media attività, dopo essere stati recuperati, saranno messi in sicurezza al fine di destinarli al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, la cui ultimazione è prevista nel 2025;
   ad oggi, nell'impianto sono ancora stoccati 64 elementi di combustibile irraggiato del ciclo uranio-torio che non possono seguire la via del riprocessamento, perché non esistono impianti industriali in grado di ritrattare tali quantità di questo tipo di combustibile. Sono in via di realizzazione due cask, in grado di ospitare 32 elementi ciascuno, abilitati allo stoccaggio in sicurezza e al successivo trasporto, in vista del loro trasferimento al deposito nazionale. Ne consegue quindi che, per almeno altri otto anni, le scorie radioattive rimarranno sul territorio lucano;
   stando alle cifre fornite da Sogin, allo stato attuale, i costi delle attività connesse allo smantellamento di Itrec sono pari a circa 70 milioni di euro, mentre il costo complessivo delle attività di smantellamento del sito di Trisaia è stimato in circa 250 milioni di euro;
   la direttiva 2011/70/Euratom del 19 luglio 2011, nell'istituire un quadro comunitario per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, imponeva agli Stati membri di predispone un programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi che andava trasmesso alla Commissione europea non oltre il 23 agosto 2015;
   nel 2016 la Commissione europea ha avviato una procedura d'infrazione, che prosegue, anche dopo le informazioni fornite dal Governo a seguito dell'ultima lettera di messa in mora dell'Unione europea, per il ritardo accumulato dal nostro Paese nell'invio del piano per la gestione delle scorie nucleari, pervenuto a Bruxelles nel febbraio 2016 a fronte della scadenza fissata ad agosto 2015. La Commissione, infatti, continua a nutrire seri dubbi sul testo del programma italiano –:
   quali tempi effettivi si possano prevedere per realizzare il progetto di decommisioning del centro di Trisaia rispettando i programmi già varati da anni;
   se sussistano ancora margini per un trasferimento del combustibile irraggiato a base di uranio-torio presso centri di stoccaggio specializzati situati in altri Stati;
   quali misure di sicurezza, con particolare riferimento a quelle relative agli assetti antiterrorismo, siano state e saranno predisposte per il deposito lucano;
   se non sia ormai giunta l'ora di rendere pubblica la carta delle aree dove sarebbe possibile ubicare il sito nazionale unico, per le necessarie operazioni di scelta pubblica e trasparente previste dall’iter.
(2-01783) «Latronico».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, FERRARA, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, MELILLA, SANNICANDRO, QUARANTA e PIRAS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istat nelle rilevazioni sul mercato del lavoro relative al primo trimestre 2017 ha registrato un aumento della disoccupazione dello 0,1 per cento rispetto alla rilevazione precedente, per un dato di disoccupazione complessivo dell'11,7 per cento nel periodo di rilevazione;
   a destare particolari preoccupazioni è il dato relativo ai disoccupati della fascia over 50, che segna un aumento di 59 mila unità nel periodo di riferimento;
   secondo Confcommercio i dati dell'Istat, che certificano nel complesso un arresto della crescita di occupazione, segnalano una incapacità dell'economia italiana di assumere una direzione di crescita sostenuta; situazione che esporrebbe a rilevanti fragilità il Paese nell'eventualità di un ritorno ad una fase di stagnazione –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro dello sviluppo economico in relazione ai dati dell'Istat richiamati in premessa, alla luce delle strategie di crescita economica poste in atto dal Governo, specificando quali ulteriori iniziative si intendano adottare per invertire il trend di mancata crescita dell'occupazione;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per agevolare il reinserimento nel mercato del lavoro degli ultracinquantenni che abbiano perso l'impiego, considerata anche la preoccupante crescita della disoccupazione per questa fascia di età. (5-11255)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in base agli ultimi dati Infocamere-Movimprese il primo trimestre del 2017 si chiude con un saldo negativo dello 0,8 per cento per l'artigianato ligure (in linea con l'andamento nazionale che registra un saldo di -0,9 per cento), pari a 372 imprese in meno (frutto di 933 nuove aperture e 1.305 chiusure);
   il trend messo in luce da questi dati mostra sì un artigianato in difficoltà, ma comunque meglio rispetto a risultati di un anno fa, quando l'andamento nei primi tre mesi era negativo dell'1,5 per cento;
   nel dettaglio, in Liguria si contano 43.796 micro e piccole imprese artigiane attive. I due principali settori, manifatturiero e costruzioni, registrano, rispettivamente, un calo dello 0,9 per cento e dello 0,8 per cento. Nel primo caso, su 7.212 microimprese totali, hanno aperto 145 e chiuso 212, per un saldo negativo di 67 unità. Il settore delle costruzioni ha invece perso 179 realtà in tre mesi, frutto di 480 nuove aperture, 659 chiusure, per un totale di 21.177 imprese attive. Il trend del settore delle costruzioni risulta migliore rispetto al dato nazionale (-1,2 per cento), mentre il manifatturiero risulta in linea;
   considerando i dati a livello provinciale, a Genova, su 22.526 micro e piccole imprese artigiane attive, nei primi tre mesi del 2017 hanno aperto 459 unità e chiuso 653, per un saldo negativo di 194 unità (-0,86 per cento). In provincia hanno sofferto sia le costruzioni (10.711 realtà), che hanno perso lo 0,9 per cento pari a 99 microimprese in meno, frutto di un saldo tra 224 aperture e 323 chiusure, sia il manifatturiero 3.774 realtà attive, 76 aperture, 105 chiusure e un saldo negativo dello 0,8 per cento (29 microimprese in meno). A Savona si contano complessivamente 9.030 realtà attive con 201 aperture e 274 chiusure, per un totale di 73 unità artigiane in meno (-0,8 per cento). Le costruzioni (4.578 unità) registrano un saldo negativo di 0,8 per cento tra nuove iscrizioni (106) e cessazioni (143), pari a 37 realtà in meno. Il manifatturiero con 1.426 realtà artigiane in totale registra 33 nuove aperture e 40 chiusure d'impresa, per un saldo negativo dello 0,5 per cento e 7 microimprese in meno. Ad Imperia, in cui si contano 6.992 micro e piccole imprese artigiane attive, nel primo trimestre 2017 le aperture sono state 149 e le chiusure 203, pari a 54 realtà in meno (-0,7 per cento): Le microimprese attive nelle costruzioni (3.672) si sono ridotte dello 0,6 per cento (- 22 unità), frutto di un saldo negativo tra 83 nuove aperture e 105 chiusure. Per ciò che riguarda la manifattura artigiana, nel primo trimestre 2017 si registrano 1.033 realtà imperiesi, 21 nuove aperture, 34 chiusure e un trend negativo dell'1,26 per cento. Infine, a La Spezia, su 5.248 microimprese totali, si contano 124 aperture e 175 chiusure d'impresa, pari ad un saldo negativo di 51 unità (-0,97 per cento) Nel dettaglio, le costruzioni (2.216 microimprese totali) registrano una contrazione pari allo 0,9 per cento (21 imprese in meno), derivato da 67 aperture e 88 cessazioni d'attività. Il manifatturiero (979 realtà) registra nel primo trimestre 15 nuove iscrizioni e 33 chiusure con saldo negativo dell'1,8 per cento (-18 unità) –:
   sebbene nel settore dell'artigianato ligure l'andamento registri nel primo trimestre 2017 un saldo negativo inferiore rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, quasi con un dimezzamento del calo, quali iniziative il Governo intenda mettere in atto al fine di contribuire all'inversione di tendenza dei dati, ancora purtroppo negativi, pena il depauperamento irreversibile di un settore fondamentale per l'economia. (4-16453)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia delle entrate precisa che il canone Rai che oggi viene inglobato nella bolletta della luce è dovuto anche dai residenti all'estero che possiedono un immobile sul territorio italiano;
   tale legge riesamina l'informativa sul trattamento dei dati personali (articolo 8, comma 3, del decreto n. 94 del 13 maggio 2016) che asserisce che i dati personali raccolti per la fornitura dell'energia elettrica sono utilizzati, in base alla tipologia di cliente domestico residente, anche ai fini dell'individuazione dell'intestatario del canone di abbonamento e del relativo addebito in bolletta;
   infatti, l'Agenzia delle entrate fornisce documenti sulla compilazione della dichiarazione sostitutiva che consente di richiedere l'esonero dal pagamento del canone Rai nella bolletta dell'energia elettrica, ma la procedura non rimane estremamente semplice e agevole da eseguire;
   varie associazioni per la tutela dei cittadini residenti all'estero hanno denunciato sui media e sui giornali il notevole costo della lettera raccomandata che i cittadini residenti dall'estero hanno inviato per la richiesta di esonero dal pagamento (peraltro spesso inefficace con conseguente richiesta di rimborso, sempre per raccomandata) nonché la sua ripetizione annuale;
   infatti, l'Agenzia precisa che la residenza in un Paese estero non esonera dal pagamento del canone Rai se, nell'immobile posseduto in Italia, ci sono apparecchi televisivi e, pertanto, il contribuente è tenuto al pagamento dell'abbonamento televisivo pur risiedendo su un territorio straniero, poiché, possedendo un dispositivo denominato tv, non può presentare la dichiarazione di mancato possesso;
   i cittadini italiani residenti all'estero, e quindi iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero), non dimorando negli immobili posseduti in Italia, non usufruiscono per l'intero periodo di imposta o per gran parte di esso delle trasmissioni radiotelevisive italiane;
   inoltre, considerato che gli stessi cittadini pagano un analogo canone nel Paese di effettivo domicilio, non si comprende per quali motivi debbano sostenere il servizio pubblico televisivo in Italia;
   di conseguenza, il canone dovrebbe essere abrogato, sia per ragioni di logica e giustizia fiscale, sia per venire incontro alle ragionevoli richieste dei connazionali, già assoggettati al pagamento di altre tasse sugli immobili di proprietà in Italia, considerati seconda casa –:
   quali posizioni il Governo intenda assumere in riferimento a quanto esposto per superare queste problematiche che complicano certamente la vita a tanti emigrati italiani, in particolare di prima generazione e, quindi, anziani, che continuano a possedere un'abitazione in Italia;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di abolire il canone televisivo per i cittadini italiani residenti all'estero sovraccaricati al momento di una doppia tassa, tenendo anche conto che sarebbe opportuno, per le utenze delle abitazioni in Italia degli iscritti all'Aire, non applicare le tariffe più elevate, ovvero quelle per le seconde case usate per le vacanze. (4-16454)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

  La mozione Vargiu e altri n. 1-01615, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bombassei.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Brunetta n. 2-01777, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Occhiuto.

  L'interpellanza urgente Zolezzi e altri n. 2-01778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Daga.

  L'interpellanza urgente Mannino e altri n. 2-01779, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupo, Di Vita.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Di Benedetto n. 5-10801 del 9 marzo 2017.