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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 2 maggio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 157 del 1992, all'articolo 4, comma 6, dispone che «Le regioni emanano norme in ordine al soccorso, la detenzione temporanea e alla successiva liberazione della fauna selvatica in difficoltà»;
    in base a tale principio, nonché a quanto previsto dalla normativa comunitaria – in particolare, la direttiva «Uccelli» (n. 409/CEE 2 maggio 1979) e la direttiva «Habitat» (n. 43/CEE 21 maggio 1992) – ogni regione ha organizzato la propria attività a tutela della fauna in difficoltà, sia attraverso normative specifiche, sia attraverso la creazione di sezioni specifiche all'interno degli uffici regionali e provinciali, sia favorendo la nascita dei, cosiddetti CRAS (centri di recupero della fauna selvatica);
    nella maggior parte dei casi i CRAS sono gestiti da associazioni animaliste o gruppi di volontari; non mancano tuttavia centri coordinati dai dipartimenti di veterinaria delle università, mentre più rari sono quelli gestiti direttamente da enti istituzionali come Asl, Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare carabinieri (CUTAAF), enti parco, regioni o province;
    con il decreto legislativo n. 177 del 2016, sono assorbite nel Cutaaf le strutture del Corpo forestale dello Stato, tra le quali quelle per l'attuazione della convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (C.I.T.E.S.), organizzate in 26 servizi territoriali e 26 nuclei operativi più 3 distaccamenti; tra queste, il «Centro di recupero fauna selvatica Formichella» in Umbria, la struttura più grande d'Italia, dove trovano accoglienza le specie sequestrate durante l'attività di controllo, oltre 1.500 animali vivi esotici ed autoctoni, sequestrati ogni anno;
    i CRAS possono svolgere diversi tipi di attività, fondamentali per la tutela della fauna selvatica quale patrimonio indisponibile dello Stato, che potrebbero essere così riassunte: a) recupero e riabilitazione con conseguente rilascio (quando possibile) di animali autoctoni a vita libera; b) conservazione ex-situ di specie in via di estinzione e regionale e/o a rarefazione numerica di interesse regionale o, se richiesto, anche nazionale e/o internazionale; c) custodia giudiziaria temporanea di animali sottoposti a sequestro per reati di varia natura; d) gestione a lungo termine di animali considerati pericolosi per legge sottoposti a confisca o ritrovati sul territorio nazionale che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica; e) gestione a lungo termine di animali esotici e/o autoctoni non liberabili confiscati da parte dello Stato per violazione delle norme Cites o per reati di maltrattamento od altro (CRASE);
    non tutti i centri presenti in Italia svolgono tutte queste attività, alle quali, compatibilmente con quanto disciplinato per i giardini zoologici, può affiancarsi anche quella didattica e di divulgazione;
    è evidente che ognuna di queste azioni comporti un impegno ed un dispendio di energie non indifferente, ma è soprattutto evidente la necessità che a fare da base all'attività dei Cras o dei Crase, ci sia una sorta di «rete» con le strutture sanitarie veterinarie, con le procure, con le diverse istituzioni che si occupano del benessere animale;
    allo stato attuale non esiste una fotografia delle realtà esistenti sul territorio nazionale, né una definizione univoca di cosa dovrebbe essere un Cras (o Crase), di quali caratteristiche, anche a livello di personale indispensabile debba avere e di quale tipo di struttura e gestione sia necessaria a seconda delle diverse attività che è chiamato a svolgere;
    la gestione di queste strutture è quindi lasciata all'autonomia delle associazioni o dei singoli cittadini, che possono essere più o meno all'altezza di far fronte alle diverse situazioni che si possono verificare;
    anche le risorse economiche a disposizione, per lo più derivanti da finanziamenti regionali, spesso non risultano sufficienti a far fronte alle esigenze dei centri, che si reggono molto spesso sull'attività di volontariato, ma che hanno bisogno costante di cibo, medicinali e attrezzatura adeguata al ricovero e alla gestione degli animali nel pieno rispetto del loro benessere e delle normative attuali;
    anche la sola attività di recupero, alla base del funzionamento dei centri è estremamente delicata sia dal punto di vista dell'approccio assistenziale alle persone che si rivolgono all'ente pubblico per un animale ritrovato in difficoltà, sia dal punto di vista sanitario con elevati rischi zoonotici, sia per la gestione ottimale degli animali che, in caso di impossibilità di liberazione, non devono costituire degli ospedali permanenti di individui menomati;
    molto particolare è poi la gestione degli animali esotici, o provenienti da circhi posti sotto sequestro, che spesso hanno come prospettiva quella di un lungo periodo di custodia e quindi di una tipologia di assistenza particolare, o anche la gestione di animali malati che hanno bisogno di particolari cure o di periodi di quarantena;
    anche la distribuzione sul territorio nazionale delle strutture appare disomogenea, con alcune regioni che contano un solo centro di recupero fauna selvatica, e altre che ne hanno decine, senza probabilmente avere a monte la conoscenza del fabbisogno reale di quella zona o regione;
    alla luce di quanto esposto è evidente che la situazione dei centri di recupero fauna selvatica/esotica in Italia appare estremamente lacunosa, sia dal punto di vista normativo, sia, di conseguenza, dal punto di vista organizzativo e sanitario, con il concreto rischio di affidare gli animali a strutture non in grado di prendersene adeguata cura,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per fotografare la situazione dei Centri di recupero della fauna selvatica e dei Centri di recupero di animali selvatici esotici in Italia con la collaborazione di regioni, province, e altri enti e associazioni che gestiscono tali strutture, al fine di:
   a) elaborare un elenco ufficiale delle strutture presenti sul territorio nazionale e riconosciute da Ministeri, regioni, province o comuni e classificate come centri di recupero fauna selvatica e/o esotica;
   b) definire le diverse attività svolte all'interno delle singole strutture, anche in base alle relazioni eventualmente prodotte dai centri;
   c) mettere in luce le criticità più rilevanti nella gestione delle diverse attività esposte in premessa e quindi i bisogni e le esigenze delle singole strutture;
   d) valutare, in base a quanto emerso dalle analisi di cui alle lettere precedenti, se l'attuale distribuzione dei centri risponda al reale fabbisogno di tutela della fauna selvatica ed esotica nelle diverse regioni;
2) ad intervenire, anche con iniziative di carattere normativo, al fine di:
   a) prevedere l'istituzione di un fondo destinato al funzionamento di tali strutture, calibrato anche a seconda delle diverse attività svolte, che, affiancandosi ai contributi provinciali e regionali, possa sopperire alle esigenze dei Cras e dei Crase italiani;
   b) prevedere la collaborazione diretta tra le strutture di recupero della fauna e le aziende sanitarie veterinarie competenti sul territorio, così da garantire sempre, alla stregua di quanto avviene per i giardini zoologici, l'assistenza sanitaria adeguata agli animali ricoverati;
   c) valutare la possibilità di adottare, di concerto con le regioni, le province, gli enti e le associazioni che attualmente gestiscono i Cras e i Crase, delle linee guida che individuino caratteristiche di base alle quali ciascuna struttura debba attenersi – volume degli spazi, zone di isolamento, norme igieniche – al fine di garantire nella maniera più adeguata lo svolgimento delle attività di cui in premessa;
3) a promuovere la stipula, in tempi certi, delle convenzioni tra Cutaaf e gli organi di governo nazionali e regionali preposti, volte a garantire la continuità operativa di tutti i centri di recupero della fauna selvatica ex-Corpo forestale dello Stato per l'attuazione della Convenzione di Washington, attualmente assorbiti dall'Arma dei carabinieri.
(1-01617) «Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Massimiliano Bernini, Lupo, Gallinella, Daga, Terzoni, De Rosa, Zolezzi, Micillo, Busto».


   La Camera,
   premesso che:
    rispetto agli anni precedenti, nel 2016 si è registrato un vero e proprio record degli ingressi irregolari via mare dalla rotta del Mar Mediterraneo centrale, precisamente ben 181.436, un record destinato, però, alla luce dell'esponenziale incremento degli sbarchi del 29,31 per cento nei primi tre mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, a essere superato quest'anno, con almeno 250 mila arrivi stimati;
    come diverse inchieste giornalistiche hanno riportato e come denunciato, altresì, dalla stessa Agenzia Frontex, a produrre, di fatto, un effetto moltiplicatore (pull factor) delle partenze dalla Libia sarebbero le sempre più numerose unità navali gestite da diverse organizzazioni non governative, pare fino a 14 più un aereo, che da più di un anno, al di fuori delle operazioni «SAR» Coordinate dalle diverse missioni nazionali e internazionali, pattugliano il mare a ridosso delle coste libiche, con interventi occasionali di recupero anche all'interno delle stesse acque territoriali della Libia;
    inoltre, potendo contare sull'immediato intervento di recupero dei barconi a ridosso e, in alcuni casi, anche all'interno delle acque libiche da parte delle navi di queste Organizzazioni non governative, dotate anche di sofisticati droni per le attività di ricerca, i trafficanti utilizzerebbero imbarcazioni sempre più fatiscenti, tanto che, sempre nel 2016, si è registrato anche un altro record, quello delle vittime dei naufragi nel Mediterraneo (circa 5.000);
    nel rapporto di Frontex « Risk Analysis for 2017» del febbraio di quest'anno viene, infatti, sottolineato che, mentre nel 2015 e nei mesi primi mesi del 2016, i gruppi di trafficanti avevano istruito i migranti a effettuare telefonate satellitari al centro di coordinamento per il salvataggio marittimo (MRCC) a Roma e le operazioni di «SAR» erano gestite in prevalenza dalle navi Eunavfor Med o Frontex, da giugno ad ottobre 2016, invece, le telefonate satellitari al Mrcc Roma sarebbero drasticamente diminuite al 10 per cento e le operazioni di soccorso delle Ong sarebbero aumentate più del 40 per cento;
    ancora nel sopra citato rapporto, la stessa Frontex precisa che da giugno 2016 un numero significativo di imbarcazioni sarebbe stato intercettato o salvato da navi delle Ong «senza alcuna precedente chiamata di soccorso e senza informazioni ufficiali in merito alla località di salvataggio»;
    inoltre, il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, come riportato recentemente da numerosi quotidiani, avrebbe dichiarato che vi sarebbero «evidenze che tra alcune Ong e i trafficanti di uomini che stanno in Libia ci sono contatti diretti» e che «telefonate che partono dalla Libia verso alcune Ong, fari che illuminano la rotta verso le navi di queste organizzazioni, navi che all'improvviso staccano i trasponder sono fatti accertati»;
    la procura di Catania, avendo competenza territoriale in Sicilia nella zona in cui si affacciano i porti di Pozzallo, Augusta, Catania e Messina che da soli assorbono il maggior numero di arrivi di immigrati, per prima ha cominciato ad indagare sul proliferare e sul ruolo delle Ong nelle operazioni di intervento nel Mediterraneo, seguita da altre procure, come quella di Palermo, Cagliari e Reggio Calabria che stanno svolgendo analoghe inchieste;
    difatti, secondo quanto si è appreso nel corso audizione del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, innanzi al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione nella seduta del 22 marzo 2017, l'attenzione della procura da tempo si sarebbe rivolta al ruolo e al proliferare delle unità navali delle Ong, oltre che per le segnalazioni di Frontex, anche per le interferenze negative delle attività di intervento delle stesse sulle indagini per individuare e arrestare i soggetti coinvolti nella tratta degli esseri umani e sul lavoro del gruppo costituito nel 2013 all'interno della procura con lo specifico compito di occuparsi gel contrasto al fenomeno migratorio clandestino;
    le Ong coinvolte nelle attività di intervento sono diverse e alcune già note (SOS Mediterranée, Moas, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchteling, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch Foundation Sea-Eye, Life boat), ma pare si assista ad un continuo proliferare di nuove organizzazioni, anche piccole, dotate però tutte di ingenti capitali alle spalle e di notevoli mezzi tecnologici a disposizione;
    difatti, sempre nella medesima audizione, si è appreso che i costi mensili o giornalieri che affrontano queste Ong sono estremamente elevati (ad esempio 11.000 euro al giorno stimati per la missione della nave Acquarius della SOS Mediterranée) e che pertanto la successiva fase della indagine conoscitiva della procura di Catania sarà quella di appurare i canali di finanziamento di tali organizzazioni e se dietro a qualcuno dei finanziatori ci possano essere gli stessi trafficanti;
    pare però, da quanto emerso durante l'audizione, che «la circostanza per cui alcune di queste ONG possano contare anche sulla donazione del 5 per mille detraibile fiscalmente anche in Italia, oltre che in altri Paesi, rende più difficile individuare in tutti i modi tutte le forme di finanziamento possibili»;
    inoltre, secondo quanto appurato dalla procura di Catania, negli ultimi tempi i gommoni partirebbero quasi tutti da Zuara, in Tripolitania, zona non controllata dal Governo di Fayez al Serraj, con il quale, invece, questo Governo aveva sottoscritto il 2 febbraio 2017 un accordo per fermare i flussi migratori, il quale, peraltro, sarebbe già più non operativo per effetto della recente sentenza della corte di appello libica;
    sempre da quanto emerso nell'audizione del 22 marzo 2017, poiché tutti gli immigrati intercettati dalle unità navali delle Ong verrebbero sistematicamente condotti nei porti italiani, potrebbero anche emergere elementi per valutare l'attività di queste ultime in contrasto con le convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione di Ginevra che imporrebbe di portare le persone soccorse in mare nel porto più vicino;
    pertanto, le inchieste condotte dalla procura di Catania e dalle altre procure richiederanno tempi inevitabilmente lunghi mentre è necessario un immediato intervento per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani e per far piena luce sulle problematiche e sui profili di liceità delle attività poste in essere dalle unità navali delle Ong che operano nel Mediterraneo;
    infine, lo stesso procuratore della Repubblica di Catania ha dichiarato alla stampa che il numero sempre più consistente di arrivi «sta creando problemi di ordine pubblico e crisi di carattere criminale che potrebbero influire sul tessuto sociale delle popolazioni. Catania a proposito dei reati di tratta, e di tratta minorile in particolare, ha più procedimenti di Roma, anzi ha il dato più alto in Italia; e poi ci sono i problemi del caporalato, quelli della gestione del denaro per l'accoglienza e l'ospitalità, che lasciano intravvedere fatti gravi»,

impegna il Governo

1) ad adottare le più opportune iniziative, anche alla luce e nelle more delle inchieste e delle indagini da parte delle procure già citate sul ruolo e sulle attività delle organizzazioni non governative nell'ambito delle attività di recupero e ricerca dei migranti nel Mediterraneo centrale e più specificatamente a ridosso delle coste libiche, al fine di individuare criteri e limiti per l'accesso delle unità navali delle Ong coinvolte alle acque territoriali italiane e, conseguentemente, soprattutto ai porti delle coste italiche e di garantire che nessun tipo di finanziamento pubblico sia alle stesse destinato e che siano sospesi quelli in corso.
(1-01618) «Fedriga, Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    i robot, in tutto il mondo, sono circa 1,8 milioni di unità, il 70 per cento dei robot è utilizzato in 5 Paesi: Germania, Usa, Cina, Giappone e Corea del Sud;
    tra il 2002 e il 2010, le unità vendute sono passate dalle 69.000 alle 121 mila e la previsione è che, nel 2018, i robot acquistati dalle aziende saranno oltre 400.000, con un incremento del 500 per cento delle vendite globali rispetto al 2002;
    in Cina, ogni 100 operai sono presenti in media 0,3 robot o cobot, mentre, in Corea del Sud, la media è di 4,3 robot ogni 100 operai;
    l'80 per cento dei robot presenti nelle industrie opera per il 43 per cento nel settore automotive, per il 21 per cento, nell'elettronica, per il 9 per cento, nell'industria del metallo e per il 7 per cento nel settore chimico industriale; si stima che, entro il 2020, il valore del mercato dei robot e dell'intelligenza artificiale raggiungerà 150 miliardi di euro;
    in Asia la domanda di robot è 3 volte superiore rispetto al resto del mondo: le previsioni per il 2018 riportano una richiesta di ben 275 mila unità solo nel continente asiatico. L'Europa e gli Stati Uniti, invece, si fermano rispettivamente a 66 mila e 48 mila. Si prevede che, entro il 2099, il 70 per cento degli attuali lavori saranno totalmente automatizzati;
    uno studio svolto in Francia afferma che dall'utilizzo dei robot e dell'intelligenza artificiale potrebbe derivare la perdita di 3 milioni di posti di lavoro; lo studio segnala come i settori nei quali si prevede una riduzione degli occupati sono i seguenti: agricoltura, costruzioni, industria, settore alberghiero, pubblica amministrazione, esercito;
    i ricercatori di Bruegel di Bruxelles hanno ipotizzato che tra il 45 per cento e il 60 per cento della forza lavoro presente in Europa potrebbe essere sostituita dai robot entro pochi decenni;
    nel rapporto Man and Machine in Industry 4.0, analizzando 23 settori diversi dell'economia tedesca, gli analisti hanno previsto che l'impatto dell'automazione sarà positivo, di circa 350 mila unità in un decennio, ma questo dato deriva dall'aumento di occupati nel settore dell'informatica di poco inferiore al milione di nuovi posti di lavoro, e dal decremento dei lavoratori impiegati nella catena di montaggio e in altri settori della produzione che vedranno una contrazione di oltre 600 mila lavoratori;
    Pew Research, con una accurata inchiesta dal titolo « Future of the internet», svolta tramite interviste che hanno coinvolto quasi duemila esperti, analisti e costruttori di prodotti tecnologici, ha evidenziato che i robot e l'intelligenza artificiale interverranno entro il 2025 nei settori della salute, dei trasporti, della logistica, dei servizi ai consumatori e della manutenzione della casa; mentre ritardi sono segnalati nella formazione scolastica e universitaria, che non appare oggi in grado di preparare adeguatamente le persone alle sfide occupazionali del prossimo decennio ed oggi appare improrogabile intervenire in tale situazione;
    la robotica e l'intelligenza artificiale imporranno il ripensamento del concetto di lavoro, dal quale deriveranno modalità di produzione con, a lungo termine, ripercussioni sull'orario di lavoro e sul tempo libero;
    secondo alcune stime, otto milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti e 15 milioni in Gran Bretagna sono a rischio per l'automazione; le occupazioni più in pericolo sono quelle meno retribuite, il rischio è quindi che l'introduzione dei robot e dell'intelligenza artificiale possa ampliare il divario sociale tra lavoratori;
    in sede di Unione europea si è avviato un ampio dibattito, valutando al contempo soluzioni, sul rischio, come evidenziato da numerosi studi, che dalla robotica e dall'intelligenza artificiale possa derivare l'espulsione dal lavoro di milioni di persone, alle quali dovranno, in ogni caso, essere garantite forme di tutela del reddito, tutele previdenziali e garanzia di servizi sociali di sostegno; tra le ipotesi vi è la possibilità di tassare i robot per finanziare un fondo di solidarietà per i disoccupati, ovvero garantire un reddito minimo;
    è di tutta evidenza che se l'utilizzo dei robot e dell'intelligenza artificiale genera profitti, derivanti, in particolare, anche da risparmi sul costo del lavoro, è necessaria una revisione complessiva della fiscalità legata al lavoro al fine di non penalizzare ulteriormente il lavoro umano e da garantire il finanziamento degli ammortizzatori sociali e delle misure di sostegno al reddito;
    non a caso il 16 febbraio 2017 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invita la Commissione europea ad avviare un'analisi e un monitoraggio dell'impatto dell'uso dei robot in particolare relativamente alla creazione e alla perdita di posti di lavoro e sulla capacità di sostenibilità dei sistemi di protezione sociale dei Paesi aderenti;
    uno studio dell'università di Harvard, firmato dall'economista James Besson e rilanciato dal sito del World economic forum, afferma che sarà automatizzato il 73 per cento dei servizi alberghieri e di ristorazione, il 60 per cento dei lavoratori dell'industria manifatturiera, delle attività agricole, nonché del settore dei trasporti e dell'edilizia; il 41 per cento di sostituzioni nel settore dell'arte, intrattenimento e ricreazione, il 43 per cento delle attività nei servizi finanziari;
    sempre secondo lo studio dell'università di Harvard, le sostituzioni di personale con robot e intelligenza artificiale interesserà meno i seguenti settori: gli insegnanti, con una previsione del 27 per cento di indice di sostituzione, dei dirigenti e dei manager con una previsione di sostituzione del 35 per cento, dei professionisti con una previsione di sostituzione del 35 per cento e il personale medico e sanitario con una previsione di sostituzione del 36 per cento;
    va, altresì, riconosciuto il potenziale in termini di innovazione e di economia che questo balzo tecnologico può rappresentare, se adeguatamente accolto e preparato, sia in termini sociali che di tessuto imprenditoriale ed economico, e che è fondamentale, in quest'ottica, riconoscere e supportare adeguatamente le molte realtà di eccellenza nella ricerca legata proprio al mondo della robotica e dell'intelligenza artificiale, settori per altro riconosciuti di primaria importanza anche dal Piano nazionale per la ricerca, e il ruolo chiave che queste possono ricoprire nello sviluppo culturale e tecnologico del nostro Paese;
    al momento non può non segnalarsi come da parte del Governo non sussista alcuna previsione programmatica di definizione di un quadro complessivo che risponda né alle problematiche, né alle opportunità derivanti dall'utilizzo dei robot e dell'intelligenza artificiale, di quella che molti definiscono la «quarta rivoluzione industriale»;
    in materia di robotica e di intelligenza artificiale è necessario affrontare, in tempi brevi, questioni rilevanti relative: agli investimenti nel nostro sistema di ricerca e formazione, alla revisione del sistema di sicurezza sociale, che sia in grado di affrontare i nodi quali la tutela dei lavoratori che potranno essere espulsi dai luoghi di produzione; le questioni dell'imposizione fiscale da ripensare; l'esigenza di pensare a un futuro di medio/lungo termine che porti ad una effettiva riduzione dell'orario di lavoro; l'innovazione complessiva del sistema produttivo italiano per prepararlo ad accogliere in maniera virtuosa il cambiamento in essere; questioni che vanno affrontate con interventi legislativi che non si limitano ai piani industria 4.0, in forma di forti incentivi fiscali, senza che questi siano inseriti in un contesto strutturale,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, che si pongano l'obiettivo di fornire un quadro di riferimento per l'utilizzo dei robot e dell'intelligenza artificiale e che affrontino questioni rilevanti quali la definizione di un quadro di sicurezza sociale, capace di affrontare le problematiche derivanti dall'impatto negativo sull'occupazione, attraverso la formazione permanente, la riduzione dell'orario di lavoro, l'imposizione fiscale, da ripensare rispetto al mondo del lavoro, l'istituzione di un reddito minimo garantito;
2) ad assumere iniziative, anche in sede comunitaria, che portino a una maggiore giustizia fiscale nei confronti dei grandi gruppi multinazionali che adottano pratiche elusive, spesso coincidenti proprio con i colossi dell'Information & Communication Technology (Ict), che sono gli attori principali della transizione in corso verso l'automazione e l'intelligenza artificiale;
3) ad assumere iniziative per dare il reale supporto finanziario ai settori della ricerca relativi alla robotica e all'intelligenza artificiale, considerati prioritari dallo stesso programma nazionale per la ricerca 2015-2020;
4) ad avviare, a livello nazionale, anche attraverso l'istituzione di un apposito Osservatorio, l'analisi e il monitoraggio permanente dell'impatto dell'uso dei robot e dell'intelligenza artificiale, in particolare individuando i settori produttivi dove si verifichino o possano verificarsi la creazione ovvero la perdita di posti di lavoro e la loro quantificazione, nonché della sostenibilità del sistema di protezione sociale del nostro Paese in relazione all'impatto della «quarta rivoluzione industriale», coinvolgendo tanto gli attori politici, sociali ed economici, quanto quelli della ricerca, al fine di individuare un quadro di azioni e di soluzioni innovative in grado di rispondere alle criticità e di creare opportunità reali per il nostro Paese;
5) a promuovere e sostenere, nelle scuole, la cultura tecnico-scientifica, nonché a promuovere e sostenere nelle università e nei centri di ricerca i già esistenti percorsi di formazione di profili professionali che siano in grado di progettare e utilizzare robot e intelligenza artificiale, in tutti i settori produttivi, che sono attualmente penalizzati dai pesanti tagli subiti nel corso degli anni;
6) ad assumere iniziative volte a prevedere, nel prossimo disegno di legge di bilancio, adeguate risorse per le forme di sicurezza sociale, di tutela del reddito dei lavoratori, della promozione della formazione di personale altamente specializzato, di finanziamento della ricerca nei settori della robotica e dell'intelligenza artificiale, di politiche industriali orientate alla riconversione tecnologica.
(1-01619) «Civati, Airaudo, Brignone, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Andrea Maestri, Marcon, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pastorino, Pellegrino, Placido».

Risoluzioni in Commissione:


    La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 30, comma 3, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante il Testo unico in materia di imposta sul valore aggiunto, prevede che il contribuente possa chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a euro 2.582,28, all'atto della presentazione della dichiarazione, limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;
    secondo l'interpretazione dell'amministrazione finanziaria, ai fini della detrazione d'imposta e quindi del rimborso, è necessario che la spesa sostenuta riguardi beni strumentali i quali, utilizzati nel ciclo produttivo direttamente dall'imprenditore, siano da questo posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale e, in quanto tali, fiscalmente ammortizzabili. Per cui deve trattarsi di immobilizzazioni materiali (articolo 102 TUIR) o immateriali (articolo 103 TUIR), ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, mentre le spese incrementative su beni di terzi rientrano nella diversa categoria degli oneri pluriennali quali semplici spese relative a più esercizi (articolo 108, comma 3, TUIR);
    l'amministrazione finanziaria si rifà quindi alla distinzione tra ammortamento dei beni materiali e immateriali, da un lato, e deduzione delle «spese relative a più esercizi», ricavando la conclusione che solo quelle ammortizzabili ai sensi del Tuir consentono il rimborso dell'Iva assolta per l'acquisto dei relativi beni materiali e immateriali, diversamente dai costi con utilità pluriennale che, sempre secondo il Tuir, sono deducibili ma non ammortizzabili;
    tuttavia, la Corte di giustizia ha in più occasioni ribadito che per il principio di neutralità dell'imposta, l'obbligo del fisco nazionale di rimborsare l'eccedenza dell'Iva si riconnette al diritto del contribuente all'immediato diritto alla detrazione (sentenza C-286/94 del 18 dicembre 1997, Molenheide Bvba), secondo un sistema diretto ad esonerare interamente l'imprenditore dall'Iva dovuta o pagata nell'ambito delle sue attività economiche (sentenza C-110/98 del 21 marzo 2000, Gabalfrisa SL);
    in tale prospettiva, si è detto nella dottrina italiana, «le modalità stabilite dai Paesi membri in funzione del rimborso, ovvero del riporto, dell'eccedenza..., non possono violare il principio fondamentale della neutralità, mediante restrizioni poste all'immediatezza ed all'integralità della deduzione, in modo da far gravare sul soggetto passivo una parte degli oneri (anche di natura finanziaria) dell'IVA, mentre gli stessi dovrebbero gravare esclusivamente sul patrimonio del consumatore finale, al termine dalla catena produttiva e distributiva dei beni e dei servizi»;
    la Corte di Lussemburgo ha ribadito che, ai fini di stabilire se sia detraibile o meno un'attività di acquisto o di ristrutturazione di un bene da adibire all'esercizio dell'impresa, deve aversi riguardo all'intenzione del soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali; il che consente di determinare se, nel momento in cui procede all'operazione a monte, detto soggetto passivo agisca come tale, e debba dunque poter beneficiare del diritto a detrazione dell'IVA;
    la Corte di cassazione, con la sentenza n. 6200 del 27 marzo 2015, ha sancito, respingendo il ricorso dell'Agenzia delle entrate, la possibilità per il locatore di detrarre l'Iva per i lavori di ristrutturazione di un immobile non di proprietà costituente bene destinato all'esercizio dell'attività di impresa,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, nel più breve tempo possibile, per chiarire la disciplina concernente il rimborso dell'Iva assolta sul costo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condotto in locazione dalla parte contribuente e costituente bene destinato all'esercizio dell'attività di impresa della stessa parte, in quanto risulterebbe essere un'eccedenza formatasi in relazione a costi per migliorie di beni di terzi eseguite al fine di migliorare la redditività dell'impresa, uniformandosi così all'orientamento giurisprudenziale da ultimo ribadito dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6200 del 27 marzo 2015.
(7-01249) «Ribaudo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la legge 24 dicembre 2004, n. 313, «Disciplina dell'apicoltura» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 2004, recita all'articolo 1: « (Finalità). 1. La presente legge riconosce l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale ed è finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine». Attualmente, la produzione di api, famiglie di api e api regine italiane, risulta spesso circoscritta e/o insufficiente rispetto alle richieste del mercato nazionale ed estero e necessita pertanto di essere maggiormente valorizzata, anche al fine di ostacolare l'introduzione di materiale genetico da altri Paesi incentivando gli agricoltori all'impiego di api regine allevate e selezionate in Italia;
    le cause della forte perdita di biodiversità delle popolazioni di Apis mellifera ligustica in Italia hanno almeno due diverse origini, con evidente effetto sinergico negativo:
     la prima riguarda il fatto che il parassita Varroa destructor a partire dal 1981, anno in cui è entrato in Italia, ha annientato, nel giro di pochi anni, praticamente la totalità delle colonie selvatiche che popolavano i nostri boschi e le campagne, lasciando la selezione dell'ape non più in mano della natura ma delegandola alle scelte umane;
     la seconda attiene alla circostanza che, seguendo la stessa logica dell'aumento di produttività, negli ultimi anni si è sempre più diffuso in Italia l'uso degli ibridi tra sottospecie (provenienti anche dal Medio Oriente) diverse, (che gli apicoltori chiamano « Buckfast») che, sfruttando il fenomeno dell'eterosi, hanno delle caratteristiche che, nella prima generazione, possono apportare un qualche vantaggio produttivo. Tali vantaggi svaniscono poi nelle generazioni successive obbligando gli apicoltori che non volessero rinunciarvi a sostituire regolarmente le nuove regine nate negli alveari con altre regine ibride;
    la sostituzione degli ecotipi locali che albergano negli alveari italiani, molto stabili dal punto di vista genetico, con ibridi commerciali che rappresentano il massimo dell'instabilità genetica, sta portando ad una rapida distruzione della biodiversità che, se non arrestata in tempo, avrà senz'altro conseguenze catastrofiche e irrimediabili. Infatti, in pochi anni non solo si rischia di giungere ad allevare soltanto pochissime linee genetiche ritenute più interessanti per gli apicoltori, con un impoverimento del patrimonio genetico delle popolazioni di Ligustica, ma addirittura si rischia la scomparsa di tale sottospecie dal territorio italiano (lo è già in ampi territori a forte vocazione produttiva) a causa delle continue ibridazioni con le altre sottospecie che si nascondono dietro gli ibridi;
    già il legislatore, con la legge n. 313 del 24 dicembre 2004 ha intravisto il pericolo, e all'articolo 5 ha disposto la «salvaguardia e selezione in purezza dell'ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e dell'Apis mellifera e incentivazione dell'impiego di api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica». Anche il decreto ministeriale n. 18354 del 27 novembre 2009 impone agli apicoltori biologici di «privilegiare le razze autoctone secondo la loro naturale distribuzione geografica: Apis mellifera ligustica, Apis mellifera sicula (limitatamente alla Sicilia) e, limitatamente alle zone di confine, gli ibridi risultanti dal libero incrocio con le razze proprie dei paesi confinanti». Non avendo previsto nessun obbligo né sanzione, ma solo incentivi, gli apicoltori si sono sentiti liberi di sostituire le loro regine con quelle ibride o di razze non autoctone e recentemente questo fenomeno sta divenendo sempre più diffuso, tanto da rendere legittimo il dubbio circa l'appartenenza in purezza alla sottospecie Ligustica delle api allevate nella gran parte del territorio italiano. Quindi, la normativa vigente non è riuscita a frenare il proliferare degli ibridi e permane forte il rischio di perdere rapidamente la sottospecie italiana Apis mellifera ligustica. Questo fenomeno potrebbe costituirebbe un danno di inestimabile portata per le generazioni future di apicoltori e per gli stessi produttori di ibridi, dato che per sue caratteristiche la Ligustica è la sottospecie più utilizzata nella formazioni degli incroci e, alla lunga, causare una gravissima situazione ambientale mettendo a rischio la conservazione di una parte della flora spontanea italiana;
    la moria delle api che si è verificata in questi ultimi anni in tutto il mondo ha raggiunto dimensioni tali da poter essere considerata un fattore che mette a repentaglio l'intera agricoltura mondiale. Nella Carolina del Sud, in seguito a un trattamento effettuato con il mezzo aereo contro la zanzara Aedes aegypti, vettore del virus Zika, è stata segnalata una moria di circa 2,5 milioni di api (46 colonie, a circa 50.000 individui per colonia, imenottero più, imenottero meno). L'episodio si è verificato dopo l'irrorazione con il mezzo aereo di un insetticida a base di Naled, un fosforganico normalmente utilizzato negli Stati Uniti in ambito civile, per controllare gli adulti dell'insetto vettore; la pratica è normalmente ammessa dall'Epa, Agenzia ambientale americana, in quanto la scarsa tossicità per i mammiferi e la sua limitata persistenza ambientale ne fanno, agli occhi delle autorità d'oltreoceano, un mezzo tecnico idoneo per questo tipo di interventi. La sua elevata tossicità nei confronti delle api, nota all'Agenzia e correttamente riportata nell'etichetta dei relativi formulati, è stata giudicata mitigabile, tuttavia Bayer e Syngenta sono finite sotto accusa grazie a una rigorosa indagine di Greenpeace: in sostanza industria e scienziati sanno da tempo che questi prodotti possono danneggiare le api; eppure nonostante questo, hanno continuato a difendere i loro pesticidi;
    dal sito del Ministero della salute nel gennaio 2016 veniva divulgata la seguente notizia: lunedì 19 gennaio diventa operativa l'anagrafe delle api, con la possibilità, per gli apicoltori di registrarsi sul portale del Sistema informativo veterinario accessibile dal portale del Ministero della salute. Operatori delle Asl, aziende e allevatori potranno accedere all'anagrafe per registrare l'attività, comunicare una nuova apertura, specificare la consistenza degli apiari e il numero di arnie o le movimentazioni per compravendite. Sul sito www.vetinfo.sanita.it, una sezione pubblica dedicata all'Apicoltura consentirà di avviare la procedura online di richiesta account. Tracciabilità e salvaguardia «Si tratta di un passo in avanti decisivo – ha dichiarato il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin – sia per il lavoro degli apicoltori che per la salute dei cittadini consumatori. La nuova anagrafe – ha proseguito il Ministro – ci consentirà di garantire la tracciabilità degli apiari e del miele, la legittimità dei contributi finanziari pubblici agli apicoltori e, soprattutto, favorirà il controllo sulle malattie delle api e la gestione delle emergenze come quella recente dovuta all'infestazione esotica da Aethina tumida, il parassita delle api che lo scorso settembre ha procurato danni ingenti all'intera apicoltura nazionale». La direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della salute rimane in contatto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le associazioni degli apicoltori per una tempestiva e corretta implementazione dell'anagrafe che va ad aggiungersi a quelle già esistenti per le altre specie zootecniche. «L'anagrafe delle api italiane è una importante innovazione per garantire maggiore trasparenza attraverso la rintracciabilità in un settore dove quest'anno si registra il dimezzamento dei raccolti a causa dell'andamento climatico anomalo e delle malattie» – afferma la Coldiretti nel commentare l'avvio dell'anagrafe delle api. «La produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, di agrumi e mille fiori è quasi dimezzata (-50 per cento) per effetto del clima ed è allarme per l'arrivo in Italia dell'insetto killer delle api, il coleottero Aethina tumida, che mangia il miele, il polline e, soprattutto la covata annientando la popolazione di api o costringendola ad abbandonare l'alveare. Al crollo dei raccolti nazionali ha fatto seguito l'aumento del 17 per cento delle importazioni dall'estero di miele naturale mentre le esportazioni sono crollate del 26 per cento, sulla base dei dati Istat relativi ai primi 9 mesi del 2014. Il risultato – denuncia la Coldiretti – è che in Italia due barattoli di miele su tre venduti nei negozi e supermercati contengono in realtà miele straniero»;
    a preoccupare l'associazione di categoria è il fatto che più di 1/3 del miele importato proviene dall'Ungheria e quasi il 15 per cento dalla Cina ma anche da Romania, Argentina e Spagna dove sono permesse coltivazioni ogm che possono contaminare il polline senza alcuna indicazione in etichetta. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni ogm, è tuttavia riconoscibile attraverso l'etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti; le api svolgono, oltretutto, un ruolo di prioritaria importanza in quello che è il biomonitoraggio, che consiste nella valutazione ambientale globale, attraverso l'utilizzo di bioindicatori, cioè di organismi capaci di avvertire con certezza le alterazioni ecologiche dell'ambiente in cui vivono, alterazioni causate da vari tipi di inquinamento o da fattori di stress ambientale. Un indicatore biologico, infatti, è un organismo che reagisce in maniera osservabile, macroscopicamente o microscopicamente, alle modificazioni della sua nicchia ecologica o più in generale del suo biotopo. L'ape è considerata un eccellente organismo indicatore dello stato di inquinamento di un determinato territorio, perché oltre alla facile reperibilità e all'economicità di impiego, è dotata di un efficace apparato sensoriale. L'ape si può definire un sensore viaggiante a differenza di altri bioindicatori perlopiù immobili. In questi suoi viaggi di andata e ritorno dall'alveare, che coprono un'area di circa 6 chilometri quadrati, è instancabile nella sua attività di raccolta. Se si considera, per fare un calcolo empirico, che in un alveare in buono stato vi sono circa 10.000 bottinatrici e che ogni bottinatrice visita giornalmente circa un migliaio di fiori, si può dedurre che una colonia di api effettua 10 milioni di microprelievi ogni giorno, senza considerare il trasporto di acqua che nelle giornate calde può raggiungere anche il mezzo litro (Pinzauti e Felicioli, 1998). Di conseguenza l'ape frequenta attivamente il territorio, preleva dei campioni di sostanze eventualmente contaminate, si contamina a sua volta e torna a casa; l'insetto stesso diventa così un possibile campione da sottoporre alle analisi di laboratorio. Nel biomonitoraggio, però, oltre alle api possono venir utilizzati anche i prodotti dell'alveare come indicatori dello stato di salute ambientale;
    occorre prevedere areali dove tutti gli alveari siano abitati da Apis mellifera ligustica; i territori con queste caratteristiche potrebbero essere individuati nelle aree protette per le quali, tra l'altro, la legge quadro, 394 del 6 dicembre 1991, e successive modificazioni, prevede all'articolo 11 – Regolamento del parco, comma 3: Salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:
     1. a. la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l'equilibrio naturale; (..)»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per la salvaguardia della sottospecie Ligustica, limitando o arrivando a vietare, attraverso nuovi accordi in seno all'Unione europea di sottospecie diverse, compresi gli ibridi (se non naturali), nel territorio italiano, attuando altresì una strategia per la tutela della biodiversità di tale sottospecie, prevedendo delle zone di accoppiamento sufficientemente estese (almeno 200 chilometri quadrati) in areali dove tutti gli alveari allevati o naturali, siano abitati da Apis mellifera ligustica;
   a portare avanti un coordinamento fra Paesi europei interessati alla salvaguardia delle specie autoctone finalizzato all'ottenimento di deroghe alle attuali normative comunitarie riguardo la libera movimentazione e commercializzazione fra i Paesi membri di animali, in modo da poter limitare o vietare l'introduzione di specie non autoctone;
   ad assumere iniziative per mettere in campo forme di finanziamento ed incentivi fiscali, solo per quegli apicoltori i quali utilizzino specie autoctone dando piena applicazione alla legge 24 dicembre 2004, n. 313, «Disciplina dell'apicoltura», così come indicato in premessa;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici finanziamenti per progetti finalizzati alla salvaguardia dei ceppi autoctoni;
   ad assumere iniziative per rivedere la legge inerente all'apicoltura, riconoscendo solo quegli apicoltori che utilizzino specie autoctone;
   ad assumere un'iniziativa normativa sull'utilizzo dei prodotti fitosanitari più stringente, rispetto a quella oggi in vigore, che introduca, a livello nazionale, divieti ed eventuali sanzioni, superando la logica delle raccomandazioni, sancendo distanze certe e determinate tra i luoghi oggetto di irrorazione con fitofarmaci e le aziende apistiche, le coltivazioni biologiche e biodinamiche, al fine di garantire la tutela degli insetti impollinatori e la salubrità dei prodotti apistici e delle produzioni agroalimentari biologiche e biodinamiche;
   ad attivare un coordinamento maggiore fra Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Ministero della salute e regioni, affinché si possano affrontare le problematiche inerenti alla moria delle api, con maggiore incisività e tempestività, individuando anche lo stanziamento di fondi ad hoc non solo per formare il personale in loco, ma anche al fine di consentire agli apicoltori la possibilità di ottenere un risarcimento per le perdite subite negli alveari;
   a promuovere, nell'ambito della riorganizzazione del Crea, un piano di ricerca pubblica che cerchi di approfondire le cause principali dello spopolamento delle api e dell'indebolimento genetico delle stesse, incentivando, attraverso fondi specifici, i progetti di biomonitoraggio con le api e i progetti di apicoltura naturale per l'allevamento delle api senza l'utilizzo di prodotti di sintesi, avvalendosi anche del contributo scientifico di esperti entomologi;
   ad incentivare i controlli sulla produzione del miele, nonché sulla commercializzazione e sulla distribuzione in Italia dello stesso proveniente dall'estero;
   ad assumere iniziative per favorire le produzioni di qualità, garantendo il consumatore e tutelando i produttori italiani da pesanti fenomeni di concorrenza sleale estera, estendendo a tutti i prodotti alimentari apistici (nello specifico pappa reale e polline) l'obbligo, attualmente in vigore per il miele, di indicare in etichetta il Paese d'origine del prodotto confezionato e per tutte le categorie di prodotti la provenienza dei pollini utilizzati, e promuovendo l'etichettatura obbligatoria per i prodotti apistici europei al fine di superare quanto previsto dal regolamento (UE) n. 1169/2011 (relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori);
   ad assumere iniziative per aumentare il numero dei controlli sulle merci e la qualità di tali controlli (in particolare, sul legname da ardere e sui prodotti affini importati), prevedendo eventualmente il blocco delle importazioni di determinate merci ritenute altamente pericolose, perché potenzialmente vettori di parassiti alieni;
   a dare continuità al progetto «Beenet» con opportuni stanziamenti finanziari.
(7-01250) «Zaccagnini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per lo sport, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   il palazzo del podestà fu costruito il 1227, committente, il bresciano Laudarengo Martinengo nominato podestà di Mantova. Unitamente alla torre civica, il palazzo rappresentò il centro amministrativo del comune di Mantova;
   con il programma triennale delle opere pubbliche 2008-2010 e l'elenco annuale 2008, approvato con delibera di consiglio comunale n. 22 del 17 marzo 2008, il comune di Mantova ha previsto la realizzazione dei lavori di recupero, valorizzazione e riuso funzionale del complesso monumentale, denominato «Palazzo del Podestà»;
   il progetto preliminare è stato approvato con delibera di giunta comunale n. 247 del 18 novembre 2008;
   la gara pubblica vide, in data 23 novembre 2011, l'offerta del Consorzio operative Costruzioni C.C.C. Soc. Coop di Bologna aggiudicarsi l'appalto per l'importo di 11.125.794,84 euro (prima fase dei lavori);
   le condizioni del complesso monumentale, dopo le scosse sismiche che colpirono il comune di Mantova nel maggio 2012 hanno reso improrogabile l'intervento di urgenza, sia per tutelare la salute e la pubblica incolumità, sia per rispettare il protocollo Unesco. Quindi, con determinazione dirigenziale n. 1925 del settore lavori pubblici, in data 24 settembre 2012, sono stati approvati i verbali di gara e le risultanze in essi contenute aggiudicandosi, in via definitiva, i lavori all'Ati costituita da C.C.C. soc. Coop di Bologna e Piacenti s.p.a. di Prato;
   in tale determina si è precisato che l'appalto viene suddiviso in due fasi, impegnando l'importo complessivo di 12.347.274,32 euro, relativo alla sola fase I, a favore del C.C.C. Soc. Coop di Bologna: l'imputazione è riferita ai capitoli di bilancio relativi a «realizzazione sedi uffici comunali» e «nuove sedi degli uffici comunali»;
   con delibera di giunta comunale n. 247 del 10 dicembre 2013, è stato approvato il progetto definitivo;
   nelle premesse della delibera di giunta, tra le altre considerazioni, viene «accertata la necessità di rimodulare il progetto definitivo, dando priorità a lavorazioni di consolidamento e miglioramento sismico dell'intero edificio, senza oneri aggiuntivi rispetto alle risorse complessivamente assegnate per la Fase I, pari a 13.925.000,00 euro, di cui 10.135.794,84 euro per lavori»;
   tali risorse risultano dal quadro economico, anch'esso approvato con la delibera n. 247 del 2013 ed «aggiornato a seguito delle spese già effettivamente sostenute e dell'adeguamento IVA, dando atto che si darà corso alla sola Fase I»;
   nelle premesse deliberative (secondo capoverso, pagina 7) si considera «che, ad oggi (10 dicembre 2013), sono già stati liquidati complessivi euro 717.768,03...». Successivamente, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, segretariato regionale per la Lombardia, con provvedimento n. 1989 del 17 marzo 2016, ha autorizzato il comune di Mantova ad eseguire i lavori;
   sulla Gazzetta di Mantova, in data 1o dicembre 2016, si legge: «Il Cipe ha appena deliberato 9 milioni per sbloccare il cantiere del Palazzo del Podestà – scrive in una nota del tardo pomeriggio il sindaco di Mantova Mattia Palazzi»;
   il progetto doveva procedere senza oneri aggiuntivi rispetto alle risorse complessivamente assegnate per la fase 1, pari a 13.925.000,00 euro, di cui 10.135.794,84 euro per lavori. Dal marzo 2016 ad oggi, i lavori non sono iniziati;
   non è noto se il Cipe abbia stanziato i nove milioni di euro con adeguata istruttoria;
   da una richiesta del consigliere comunale Giuliano Longfils, risulta che non è stato acquisito alcun fascicolo istruttorio presso il settore «Gestione del territorio e dell'ambiente» del comune di Mantova;
   in una nota del 21 dicembre 2016, inviata dal Ministro Lotti, al sindaco di Mantova Mattia Palazzi, comunica la decisione presa nella seduta del Cipe del 1o dicembre 2016 dell'utilizzazione «delle risorse derivanti da revoche già operate con la delibera del CIPE n. 21/2014 per le obbligazioni giuridicamente vincolanti non assunte nei termini, a favore di Comuni ed Enti Pubblici che presentino un livello di progettazione disponibile tale da consentire il rapido avvio della spesa ovvero che richiedano un cofinanziamento del costo residuo per poter essere rapidamente avviati. Tra gli interventi approvati, Ti confermo la presenza del progetto presentato dal Comune di Mantova relativo al recupero, la valorizzazione e il riuso funzionale del complesso del Palazzo del Podestà per un importo complessivo di 9 milioni di euro. La delibera è attualmente nella fase di formalizzazione presso il Dipartimento per la Programmazione economica e verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica dopo l'avvenuto controllo preventivo di legittimità operato dalla Corte dei Conti». Non è chiaro a quale «progetto» si riferisca il Ministro Lotti, considerato che il settore lavori pubblici del comune di Mantova, a quanto consta agli interpellanti, non ha inoltrato al Cipe alcun progetto definitivo, che, come già espresso, ha una sua conclamata autonomia finanziaria, né, tantomeno, il progetto esecutivo, relativo alla fase A1, revisione 1o ottobre 2015; i lavori non sono mai iniziati e, comunque, l'importo di tali lavori non può eccedere il finanziamento di 13.925.000,00 euro, già citato sopra;
   risulta agli interpellanti che, ad oggi, non sia stata resa pubblica alcuna istruttoria degli specifici atti di finanziamento del Cipe nella seduta del 1o dicembre 2016;
   da ultimo, il sindaco Palazzi, nella seduta di consiglio comunale del 21 dicembre 2016 ha esibito un documento che avrebbe comprovato il finanziamento di 9 milioni di euro d parte del Cipe: si trattava verosimilmente, secondo gli interpellanti, della nota del Ministro Lotti. Il che ha generato la ricerca finora infruttuosa degli atti al riguardo da parte del consigliere Longfils, con particolare attenzione alla richiesta del comune di Mantova del finanziamento summenzionato –:
   se il Governo intenda chiarire, per quanto di competenza, quali decisioni siano state assunte nella seduta del Cipe del 1o dicembre 2016 in merito al recupero ed al riuso funzionale del palazzo del podestà del comune di Mantova;
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere per impedire che siano destinate risorse economiche da parte del Cipe senza che sia stata svolta un'adeguata ed approfondita istruttoria preventiva.
(2-01778) «Zolezzi, Alberti, Businarolo, De Rosa, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il commissariato straordinario per il sisma che colpì Napoli e l'Irpinia nel 1980 affidò alcuni lavori di ricostruzione al Consorzio ricostruzione 8, ai sensi della legge n. 219 del 1981;
   la cifra spettante al Consorzio ricostruzione 8 per l'esecuzione dei lavori (circa 82 milioni di euro) non è stata mai liquidata né dal commissariato di Governo né dalle giunte che si sono susseguite dal 1996 (anno in cui la competenza è tornata in capo al comune di Napoli);
   a seguito di un lungo e complesso iter giudiziario, quest'estate è stato riconosciuto il credito vantato dal Consorzio ricostruzione 8 nei confronti del comune di Napoli, cosicché il Consorzio in questione ha chiesto un pignoramento di circa 125 milioni di euro presso la tesoreria comunale;
   un pignoramento così corposo, emesso nei confronti di un comune che, lo si ricorda, solo pochi anni fa era ad un passo dal dissesto economico, ha portato allo «stop» di tutti i pagamenti (compresi i fornitori) e ha messo a rischio gli stipendi dei dipendenti comunali;
   il lavoro di mediazione da parte del comune ha permesso il raggiungimento di un accordo con il Consorzio ricostruzione 8 per la rinuncia parziale al pignoramento inizialmente ottenuto;
   questo accordo ha consentito all'amministrazione comunale di liberare già nelle prossime ore 70 degli oltre 90 milioni di euro accantonati dalla tesoreria comunale; i restanti 20 milioni di euro resteranno pignorati fino alla data del prossimo 30 giugno, entro la quale l'amministrazione si è impegnata a provvedere al pagamento;
   gli addebiti mossi riguardano nella massima parte (circa il 90 per cento) il periodo in cui il concedente era lo Stato, che quindi dovrebbe rivalere il comune dei relativi oneri;
   allo stato attuale dei fatti, gli effetti di questo debito risalente ad oltre trent'anni fa e responsabilità del commissariato governativo rischiano di mettere in ginocchio l'economia della più grande città del Mezzogiorno;
   a partire dall'emissione della sentenza, sono stati avviati contatti sia con il commissariato straordinario di Governo per il contenzioso ed il trasferimento delle opere ex legge n. 219 del 1981, sia, successivamente, con la Presidenza del Consiglio dei ministri, perché venisse favorevolmente valutata la richiesta dell'ente di accollo degli oneri finanziari della sentenza de qua, ai sensi dell'articolo 42, comma 3, della legge 144 del 1999, ovviamente nei limiti della parte della condanna pecuniaria imputabile all'amministrazione statale, per il segmento esecutivo della concessione anteriore alla successione in universum ius dell'ente, mediante iniziative di carattere transattivo che, se del caso, vedessero coinvolto anche il Consorzio;
   tali contatti si sono intensificati negli ultimi tempi, in particolare a partire da una riunione indetta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 25 gennaio 2017, che ha visto la partecipazione del direttore generale, dell'Avvocatura e del ragioniere generale. Gli stessi sono proseguiti, per quanto consta agli interpellanti, nei mesi successivi, ad iniziativa del direttore generale;
   negli scorsi giorni, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha manifestato l'intenzione di incontrare il Governo per chiedere un intervento urgente, attraverso il quale la parte di debito relativa all'amministrazione da parte del commissariato governativo venga coperta dall'ente che ne fu responsabile –:
   se non ritengano doveroso ed urgente organizzare un tavolo di confronto con l'amministrazione comunale di Napoli al fine di discutere della possibilità di un impegno diretto da parte del Governo per coprire la parte di debito nei confronti del Consorzio ricostruzione 8 che fu responsabilità del commissariato governativo.
(2-01780) «Scotto, Laforgia».

Interrogazione a risposta scritta:


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da un servizio trasmesso da Rai3 nell'edizione di «Buongiorno Regione» della regione Marche del 20 aprile 2017 si apprende che la Ciip, società per azioni a capitale interamente pubblico che gestisce il servizio idrico integrato del territorio dell'Ambito territoriale ottimale (ATO) numero 5 della regione Marche, sta eseguendo dei lavori di manutenzione straordinaria sull'acquedotto di Pescara del Tronto danneggiato dall'evento sismico del 25 agosto 2016;
   in particolare, stanno operando l'esclusione di una delle due condutture che compongono l'acquedotto in quanto i danni riportati non lo rendono idoneo al trasporto delle quantità di acqua per il quale solitamente viene utilizzato. Attualmente, infatti, risulta essere già in funzione per meno di un quarto della sua portata;
   il sistema dell'acquedotto di Pescara del Tronto garantisce, nel periodo estivo, la distribuzione di acqua potabile a circa 200 mila persone;
   per l'esecuzione di questi lavori la ditta sta anticipando una somma pari a circa 800 mila euro;
   lo stato dell'acquedotto era stato messo a conoscenza del Governo pro tempore già a settembre del 2016 con interrogazione 5-09463 a prima firma Terzoni. In quella occasione, era stata riportata anche la segnalazione che la Ciip aveva inviato, tramite email, alla Protezione civile per segnalare i guasti che erano stati rilevati lungo le infrastrutture presenti nell'area interessata dal sisma –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se il Governo intenda assumere iniziative, nell'ambito degli interventi volti a far fronte ai danni prodotti dall'evento sismico, per sostenere le spese attualmente anticipate dall'ente gestore dell'acquedotto per evitare che il costo dei lavori possa essere addebitato agli utenti in bolletta;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative volte a prevedere dei finanziamenti per consentire all'ente gestore di eseguire delle opere di messa in sicurezza e di adeguamento sismico delle intere condotte di distribuzione e delle opere di captazione che, nei comuni di Arquata del Tronto e Acquasanta Terme, oltre a trovarsi in un territorio a forte rischio sismico risultano essere state realizzate negli anni cinquanta. (4-16442)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la gravità della situazione umanitaria nel golfo di Sicilia persiste: secondo quanto riportato dall'UNHCR, il 2016 è stato l'anno record per il numero di vittime nella traversata del Mediterraneo. Dai 3.771 morti e dispersi nel 2015, si è passati agli oltre cinquemila del 2016. La situazione risulta ancora più grave se si esamina la rotta del Mediterraneo centrale, ossia quella che mette in comunicazione il Nord Africa con il nostro Paese. In questo caso si passa dai 2.913 decessi del 2015 ai 4.527 del 2016, mentre è di 1.002 il numero di decessi dall'inizio del 2017;
   questi dati testimoniano ciò che numerosi esperti ed osservatori internazionali, tra cui la portavoce dell'UNHCR in Italia Carlotta Sami, non esitano a definire come una «crisi umanitaria senza precedenti». Questa crisi richiede la continuazione e il rafforzamento di tutte le operazioni e dei programmi di ricerca e salvataggio;
   nel solo 2016, sono stati tratti in salvo e portati in sicurezza in Italia un totale di 181.436 migranti; tra questi, la maggior parte sono stati tratti in salvo dalla Guardia costiera, dalla Marina italiana e dalle navi di Frontex (85.575), mentre 49.796 sono stati soccorsi dalle imbarcazioni delle organizzazioni non governative (Ong) coinvolte nelle operazioni di Search&Rescue;
   il lavoro degli operatori di soccorso e gli sforzi combinati delle Ong nel Mediterraneo centrale sono quindi essenziali per salvare decine di migliaia di vite umane. Ciononostante, è stata data una lettura parziale di queste operazioni, ipotizzando che i trafficanti che operano in Libia stiano approfittando dell'obbligo internazionale di salvare vite in mare per aumentare il traffico e i relativi introiti;
   tale lettura che identifica nei programmi di ricerca e salvataggio un «fattore di attrazione che incita la migrazione» è stata respinta tra gli altri dal capo dell'ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), Federico Soda, il quale ha ricordato che le stesse osservazioni furono fatte all'avvio dell'Operazione Mare Nostrum, ma che nei fatti, quando l'Operazione venne portata a termine senza essere sostituita da altre missioni di salvataggio, fu registrato un aumento delle partenze dei migranti dalla Libia e conseguentemente un aumento delle morti in mare;
   alla fine di marzo 2017, in una sede politica, ossia nel quadro di un'audizione al Comitato di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, il procurato capo di Catania Carmelo Zuccaro confermava l'apertura di una «indagine» sulle Ong che partecipano nel canale di Sicilia, dichiarando di volere appurare da un lato se le modalità operative delle navi umanitarie finiscano con il favorire i trafficanti e dall'altro le fonti di finanziamento di alcune Ong;
   in recenti dichiarazioni rilasciate ad alcuni organi di stampa, il procuratore Zuccaro ha dichiarato che «a mio avviso alcune ONG potrebbero forse essere finanziate dai trafficanti» trovandosi poi a dover precisare di avere raccolto «materiale probatorio non utilizzabile giudiziariamente». Ciò ha indotto il vice presidente del Consigliò superiore della magistratura, Giovanni Legnini, ad annunciare l'opportunità di attivare un accertamento sulle modalità con cui il procuratore capo di Catania sta gestendo l'indagine sulla presunta collusione tra alcune Ong e i trafficanti di esseri umani;
   in un momento in cui l'attenzione mediatica è concentrata sul tema, anche le dichiarazioni di alcuni esponenti politici hanno contribuito a gettare un'ombra sulla genuinità dell'operato delle Ong impegnate nelle attività di Search & Rescue nel Golfo di Sicilia, rischiando di compromettere la capacità di risposta alla sfida umanitaria, senza contribuire in alcun modo alla sfida fondamentale del contrasto ai trafficanti di esseri umani;
   il Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale (CIPSI), l'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione (AOI) e altre reti di Ong italiane hanno espresso indignazione e condanna in merito alle gravi dichiarazioni e accuse nei confronti delle organizzazioni umanitarie che soccorrono in mare i naufraghi provenienti dalle coste libiche, vittime dei trafficanti;
   in relazione alla questione è intervenuto in sede parlamentare anche il Ministro dell'interno Marco Minniti che, in risposta all'interrogazione n. 3-02977, ha ricordato che «le attività di ricerca e soccorso non possono prescindere dal rispetto del principio fondamentale della salvaguardia della vita umana», sottolineando l'esigenza di «evitare generalizzazioni e i giudizi affrettati» e attenendosi quindi ad una rigorosa valutazione degli atti delle indagini ancora in corso da parte della procura della Repubblica di Catania, nonché del Comitato parlamentare Schengen e della Commissione difesa del Senato, che stanno svolgendo attività di indagine sull'impatto delle attività delle organizzazioni non governative e sui flussi migratori; posizioni analoghe sono state espresse dal Ministro della giustizia Andrea Orlando, dal segretario del Partito Democratico Matteo Renzi e anche dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che ha sottolineato come l'attività delle organizzazioni di volontariato sia da considerarsi «preziosa e benvenuta» per salvare vite in mare;
   diverso è sembrato l'orientamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale che ha dichiarato alla stampa di dare «cento per cento di ragione al procuratore Zuccaro perché ha posto una questione vera. Tutti coloro i quali devono sapere sanno che questo rischio c’è»;
   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale fornisce contributi per lo svolgimento di attività di cooperazione promosse dalle Ong e cura l'elenco delle Ong riconosciute idonee ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, ed è pertanto il Ministero che lavora più direttamente con le Ong italiane e internazionali –:
   quali siano gli elementi che inducono il Ministro interrogato a esporre il Governo italiano in merito a una vicenda che è oggetto di un'indagine giudiziaria in corso, mettendo in dubbio la genuinità e la legittimità delle operazioni di salvataggio in mare di migliaia di migranti effettuate da alcune organizzazioni non governative
in stretta collaborazione con la Guardia costiera, la Marina italiana e Frontex.
(2-01781) «Quartapelle Procopio, Zampa, Amato, Becattini, Beni, Stella Bianchi, Blazina, Boccadutri, Paola Boldrini, Braga, Paola Bragantini, Bruno Bossio, Capone, Capozzolo, Carnevali, Carrozza, Cassano, Causi, Coccia, Cominelli, Coppola, Culotta, Marco Di Maio, Gianni Farina, Fedi, Cinzia Maria Fontana, Fregolent, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Giuliani, Gnecchi, Gribaudo, Giuseppe Guerini, Incerti, La Marca, Lodolini, Patrizia Maestri, Manzi, Mariani, Minnucci, Miotto, Morani, Moretto, Nicoletti, Parrini, Patriarca, Peluffo, Pes, Petrini, Prina, Realacci, Rocchi, Romanini, Rostellato, Rubinato, Tacconi, Taricco, Tidei, Vazio, Vico, Giampaolo Galli, Lavagno, Gadda, Manfredi, Carella, Albanella, Arlotti, Senaldi, Sereni».

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA, FEDI e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha stipulato negli anni ’70 e ’80 convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con alcuni importanti Paesi dell'America Latina (Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela);
   tali convenzioni hanno garantito e continuano a garantire (anche se necessiterebbero di un aggiornamento) una soddisfacente tutela socio-previdenziale ai cittadini dei Paesi contraenti che si sono spostati e si spostano per lavorare e vivere da un Paese all'altro;
   la Colombia (ma anche Cile e Perù) è tra i Paesi dell'America Latina esclusi dalla rete di accordi bilaterali;
   attualmente, tra italiani e discendenti di italiani si arriva ad una presenza in Colombia di circa 13 mila persone (molti arrivati recentemente) che per la stragrande maggioranza dei casi fanno valere la doppia cittadinanza;
   anche se gli italiani in Colombia non hanno mai raggiunto le cifre di altri Paesi come l'Argentina, il Brasile o il Venezuela, essi rappresentano una importante comunità che ha favorito le attività di scambi commerciali, industriali e culturali con l'Italia;
   di converso, attualmente vivono in Italia più di 20.000 cittadini colombiani, in buona parte donne che lavorano nel settore dell'assistenza familiare;
   a fronte di queste reciproche e consistenti presenze di cittadini emigrati nei due Paesi, lo Stato italiano non ha ancora stipulato con la Colombia né un accordo di sicurezza sociale né un accordo contro le doppie imposizioni fiscali;
   l'assenza di una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni fiscali con la Colombia non solo crea problemi di potestà impositiva e di doppia tassazione per le numerose collettività di emigrati, lavoratori e pensionati, che si spostano o si sono già spostati dall'Italia in Colombia e viceversa, ma può compromettere e limitare anche l'avvio di attività economiche e finanziarie di imprese italiane e colombiane che rischiano un'applicazione incerta o penalizzante di norme che se invece fossero regolate da una convenzione eliminerebbero le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti e contrasterebbero l'elusione e l'evasione fiscale;
   altrettanto importante è la stipula di un accordo di sicurezza sociale con la Colombia anche e soprattutto per il fatto che si ha a che fare con recenti migrazioni sia in entrata che in uscita di cittadini che hanno versato contributi in entrambi gli Stati e che quindi rischiano di perdere tali contributi e comunque di non maturare un diritto a prestazione autonoma o in convenzione –:
   se i Ministri interrogati siano sufficientemente consapevoli che la mancanza di accordi bilaterali priva decine di migliaia di cittadini, italiani e colombiani, e decine di migliaia di imprese italiane, di una giusta e necessaria tutela previdenziale e fiscale, perpetuando così una situazione diseguale e discriminatoria rispetto ai cittadini italiani più fortunati i quali sono emigrati nel Paesi convenzionati;
   cosa intendano i Ministri interrogati per avviare al più presto i negoziati per la stipula degli accordi fiscali e previdenziali con la Colombia in modo tale da dimostrare concretamente interesse per quelli che devono essere considerati sacrosanti diritti dei cittadini italiani che vivono in Colombia e dei cittadini colombiani che vivono in Italia. (4-16439)

AFFARI REGIONALI

Interrogazione a risposta immediata:


   MENORELLO. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   la legge regionale del Veneto 28 febbraio 2017, n. 7, ha modificato la precedente n. 15 del 2014, consentendo alla regione di organizzare autonomamente un referendum per l'autonomia regionale, qualora non si fosse previamente raggiunta un'intesa col Governo;
   il Governo non ha impugnato entro il 29 aprile 2017 la citata legge n. 7 del 2017, così rispettando le indicazioni in materia già fornite dalla storica sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2015, che ha ammesso, in limiti ben precisi, simili referendum regionali, dopo aver mutilato il testo originale delle precedenti leggi venete n. 15 e 16 del 2015;
   il 24 aprile 2017, vigilia della festa di San Marco, il presidente della regione Veneto ha firmato il decreto di indizione del referendum sull'autonomia per il 22 ottobre 2017, approvando il seguente quesito: «Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?»;
   sulla stampa lo stesso presidente della regione Veneto ha dichiarato: «Vogliamo essere come Trento e Bolzano. Vogliamo tutte le competenze scritte in Costituzione: il federalismo fiscale». E ancora «Vogliamo diventare pienamente autonomi (...) tutto il residuo fiscale deve restare qui: significa 4 miliardi l'anno»;
   il 21 aprile 2017 anche il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ha annunciato un analogo e concomitante referendum per la maggiore autonomia della Lombardia;
   per molte popolazioni – certamente per quella veneta – le aspirazioni a una reale maggiore autonomia legislativa, amministrativa e, soprattutto, fiscale rappresentano addirittura un tratto identitario e tuttavia l'ipotesi che il «residuo fiscale» sia interamente assegnato alla regione appare impraticabile;
   la scontata plebiscitaria vittoria dei «sì» ai referendum «lombardo-veneti» del 22 ottobre 2017 avvierà, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il percorso verso «intese» fra lo Stato e le regioni interessate che, se approvate dalle Camere, consentiranno, appunto, «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia»;
   è, pertanto, necessario che, per rispetto delle popolazioni coinvolte, si faccia da subito chiarezza sui limiti entro i quali potrà essere ottenuta tale maggior autonomia di Veneto e Lombardia, evitando prospettive demagogiche fondate su obiettivi illusori o oggettivamente non perseguibili o sui quali il Governo non sia comunque disponibile –:
   quali siano le specifiche nuove competenze – con particolare riguardo a quelle fiscali, nonché inerenti alle entrate finanziarie – sulle quali il Governo è disponibile a pervenire a «intese», nell'ambito della procedura di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per una maggior autonomia delle regioni veneta e lombarda. (3-02999)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il programma di riqualificazione energetica della pubblica amministrazione centrale (PREPAC) ha l'obiettivo di efficientare almeno il 3 per cento annuo della superficie utile del patrimonio edilizio dello Stato;
   le risorse a disposizione sono pari a 355 milioni di euro;
   il coordinamento e monitoraggio dello stato di avanzamento del programma è affidato a una cabina di regia composta dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il decreto interministeriale del 16 settembre 2016 definisce le modalità di attuazione del programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale;
   il decreto interministeriale (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 5 dicembre 2016 approva il programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale relativamente agli anni 2014 e 2015;
   il programma, definito a seguito dell'istruttoria tecnica sulle proposte progettuali presentate, condotta da un apposito gruppo di lavoro, ENEA-GSE, nonché delle verifiche dell'Agenzia del demanio, prevede il finanziamento di 68 progetti, per un ammontare complessivo di circa 73 milioni di euro. Queste proposte erano state presentate sulla base dell'articolo 5 del decreto legislativo 102 del 2014;
   il decreto ministeriale 16 settembre 2016 (efficientamento energetico delle pubbliche amministrazioni centrali) fa riferimento all'articolo 5 del decreto legislativo 102 del 2014 dove al comma 6, lettera c), si dice che sono esclusi dall'incentivo «gli immobili destinati a scopi di difesa nazionale, ad eccezione degli alloggi individuali o degli edifici adibiti a uffici per le forze armate e altro personale dipendente dalle autorità preposte alla difesa nazionale»  –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di indicare la lista dettagliata degli immobili esclusi dall'incentivo specificando i criteri di valutazione. (5-11251)


   FRUSONE, MICILLO, BASILIO, CORDA, TOFALO e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 febbraio 2017, il sito di informazione locale « Il Meridiano News» informava i lettori che: «L'esercito italiano utilizza le spiagge del litorale giuglianese come poligono di tiro per le esercitazioni. Una pratica nota e consolidata da tempo ma che sta facendo infuriare i gestori dei lidi, e i cittadini della zona che rischia di trasformarsi in un caso di rilevanza nazionale»;
   lo stesso riportava ancora: «Fin dalle prime luci dell'alba, il bagnasciuga è popolato da persone che fanno jogging o cavalcano in sella ai cavalli. Pratiche che sconsiglierebbero di utilizzare una spiaggia come poligono di tiro», «utilizzare questo tratto di costa come un terreno dismesso sul quale sparare non aiuta a rilanciare la zona»;
   all'articolo «denuncia» del sito si accompagna anche un video dal quale si può constatare, mediante le immagini riprese da un drone, fatto sorvolare al momento del tiro con le armi, le centinaia di colpi che, dalla spiaggia, sono sparati nelle contigue acque marine;
   in data 28 marzo 2017, nonostante l'interrogazione a risposta scritta a prima firma dell'onorevole Micillo del 10 marzo 2017, un nuovo video, e stavolta a distanza ravvicinata, testimonia che, sulla spiaggia si continua a sparare: «Un poligono di tiro situato all'altezza del lido balneare di proprietà delle Forze armate in località Varcaturo e situato tra decine di altri lidi pubblici» (http://www.internapoli.it);
   i bossoli conterrebbero tra l'altro anche ferro, mercurio e piombo;
   già il 2 maggio 2013 il programma «Striscia la Notizia» intitolava «Un mare di piombo» un servizio di Luca Abete su queste esercitazioni mostrando bossoli a bella vista tra la sabbia;
   la legge 22 maggio 2015, n. 68, recante disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 122 del 28 maggio 2015) è entrata in vigore il 29 maggio 2015;
   il Titolo XX del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea fissa i princìpi della precauzione e dell'azione preventiva e il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente;
   va tenuto conto altresì della direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale e della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, al fine di proteggere l'ambiente e la salute umana, impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti, giusta il disposto dell'articolo 36, paragrafo 1;
   la direttiva 2008/56/CE (Marine Strategy Framework Directive), nell'elaborare strategie coordinate per la tutela dell'ambiente marino, pur stabilendo l'inapplicabilità della direttiva alle attività il cui unico fine sia la difesa o la sicurezza nazionale, vincola gli Stati ad adoperarsi affinché tali attività vengano condotte «in modo compatibile, nella misura del possibile e del ragionevole, con gli obiettivi della presente direttiva», giusta il disposto dell'articolo 2, paragrafo 2 –:
   se il Ministro non reputi necessario escludere il ripetersi di esercitazioni sulla costa giuglianese, anche in considerazione delle gravi ripercussioni di immagine e sul piano economico, sociale e anche ambientale nonché dei danni arrecati alla flora e alla fauna marina. (5-11252)


   SECCO e VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   già dal 2015, nell'ambito dell'operazione «Mare Sicuro», unità della Marina militare sarebbero venute a conoscenza di informazioni riguardanti l'attività delle navi del MOAS e di altre organizzazioni non governative, concernenti il business dell'accoglienza –:
   se il Ministro interrogato sia venuto a conoscenza di tali informazioni. (5-11253)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 27 aprile 2017 l'Agenzia di stampa Agenparl ha diffuso un comunicato dal quale l'interrogante ha potuto apprendere dell'instaurazione di procedimenti disciplinari nei confronti di ex sindacalisti già in forza al disciolto Corpo forestale dello Stato ed ora confluiti nell'Arma dei carabinieri; «L'azione punitiva sarebbe stata avviata per questioni che non riguardano il servizio né la disciplina militare, ma la libertà di espressione su Facebook»;
   ad avviso dell'interrogante questo fatto, se confermato, determinerebbe una gravissima limitazione dei diritti costituzionali come affermato dal segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari, «L'eventuale sanzione disciplinare lederebbe irrimediabilmente quel poco che resta dei diritti dei lavoratori dell'ex Corpo forestale dello Stato dopo la forzata militarizzazione, avvenuta a seguito dell'entrata in vigore, di una discutibile riforma della pubblica amministrazione voluta dal governo Renzi su iniziativa della Ministra Madia»;
   l'interrogante teme che «le entusiastiche parole con cui il vertice dell'Arma accolse i nuovi carabinieri forestali siano state già dimenticate e che la situazione stia sfuggendo di mano» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga di dover promuovere un immediato intervento dell'Arma dei carabinieri al fine di fare chiarezza sulla vicenda e per superare i timori espressi in premessa. (4-16444)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con una prima sentenza, nel 2007, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che l'Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti; nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti»;
   nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, la Corte è arrivata alla conclusione che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione europea. Di conseguenza, la Corte ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato poi che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo è ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma, conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. La Corte ha condannato quindi l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità è calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo sono detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 euro per ogni altra discarica messa a norma;
   le 200 discariche oggetto della sentenza del 2 dicembre 2014 sono ubicate nelle regioni seguenti: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto; l'Italia ha pagato 40 milioni di euro come multa forfettaria e 39.800.000, 33.400.000, 27.800.000 euro come multe relative al primo, secondo e terzo semestre successivo alla sentenza;
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 all'articolo 1, comma 813, riporta: «All'articolo 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il comma 9-bis è sostituito dal seguente: “9-bis. Ai fini della tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di, giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 260, paragrafi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, al pagamento degli oneri finanziari derivanti dalle predette sentenze si provvede a carico del fondo di cui all'articolo 41-bis, comma 1, della presente legge, nel limite massimo di 50 milioni di euro per l'anno 2016 e di 100 milioni di euro annui per il periodo 2017-2020. A fronte dei pagamenti effettuati, il Ministero dell'economia e delle finanze attiva il procedimento di rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, anche con compensazione con i trasferimenti da effettuare da parte dello Stato in favore delle amministrazioni stesse”»;
   il procedimento di cui al punto precedente è stato attivato dal Ministero dell'economia e delle finanze con nota del 1o aprile 2016, recante «procedure di infrazione P.I. 2003/2077. Esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia UE, del 2 dicembre 2014, resa nella causa C – 196/13 relativa alla condanna della Repubblica Italiana per inadempimento e mancata esecuzione della direttiva in materia – sanzioni pecuniarie ai sensi dell'articolo 260 TFUE – azione di rivalsa nei confronti degli enti responsabili», nella parte in cui considera il Comune «ente responsabile»;
   il Tar del Lazio, pochi giorni fa, con una serie di sentenze con le quali ha accolto i ricorsi proposti dalla regione Friuli Venezia Giulia e dai comuni di Leonforte, Paternò, Siculiana, Racalmuto e della Spezia, ha disposto che nessuna azione di rivalsa dovrà essere esperita dallo Stato su regioni e comuni dopo la condanna milionaria inflitta al nostro Paese dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per non essersi adeguato alla direttiva rifiuti sulle discariche «abusive» situate nel territorio italiano. Tale giudizio è giustificato poiché con chiara evidenza il corpus normativo in materia richiede lo svolgimento di una fase propedeutica a quella dell'esercizio dell'azione di rivalsa, vale a dire l'individuazione delle relative responsabilità, che postulano il mancato esercizio del potere di provvedere, e che possono astrattamente sussistere sia in capo allo Stato sia in capo alle regioni sia in capo agli enti locali –:
   a che punto sia il procedimento di rivalsa – ai sensi dell'articolo 1, comma 813, della legge 23 dicembre 2015, n. 208 – nei confronti delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, anche alla luce delle recenti sentenze del Tar Lazio richiamate in premessa.
(2-01779) «Mannino, Nuti, Schullian, Lo Monte, Palese, Pisicchio».

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIULIANI e GRIBAUDO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato da la Repubblica, edizione di Torino, oggi, 28 aprile 2017, si apprende di una vicenda che coinvolge una donna, Elena, e suo figlio maggiore, che secondo quanto esposto dall'articolo, si troverebbero in grave pericolo in quanto vittime di gravissime violenze, minacce ed intimidazioni da parte del ex marito e padre del ragazzo, che avrebbe anche tentato di ucciderlo, come dimostrato anche da un video effettuato dalle videocamere di sorveglianza del bar della madre del ragazzo, pubblicato sull'edizione on line del quotidiano;
   Luigi Garofalo è, in seguito ad una quindicina di denunce, destinatario di numerose misure cautelari, tra le quali quella prevista per lo stalking, introdotta dalla legge n. 119 del 2014, che prevede il divieto di avvicinamento: non avrebbe dovuto dunque avvicinarsi a nessuno dei luoghi frequentati dal figlio 19enne, dopo che l'8 marzo, 2017 ha tentato di sparargli e non ci è riuscito solo perché la pistola si è inceppata;
   Garofalo è infatti uscito dal carcere per decisione del giudice per le indagini preliminari, che ha disposto per lui gli arresti domiciliari, e ha impiegato appena 40 minuti prima di presentarsi in uno dei bar che la sua ex moglie e il figlio gestiscono a Barriera di Milano;
   quando è arrivato armato, nel locale c'era anche il figlio tredicenne: la madre denuncia: «Il ragazzino ha cercato di difendere me e il fratello, si è avventato sul padre e ha preso l'arma, ha rischiato di farsi ammazzare»;
   arrestato nuovamente per l'aggressione a mano armata, Garofalo sarebbe rimasto in cella due giorni, e successivamente scarcerato con un divieto di avvicinamento emesso dal gip, divieto che ha violato alcuni giorni dopo e ripetutamente, fino a quando, il 28 marzo 2017, gli agenti del commissariato Barriera di Milano lo hanno arrestato, per la seconda volta, per aver disatteso le prescrizioni del giudice;
   Garofalo attualmente è di nuovo in carcere, arrestato per evasione dal momento che, dopo aver lasciato il carcere delle Vallette, sarebbe andato nuovamente a cercare la donna e il maggiore dei suoi figli;
   la vita di Elena e dei suoi quattro ragazzi, uno appena tredicenne, è diventata nel tempo una fuga continua, hanno dovuto cambiare casa per fare perdere le loro tracce, ma, riferisce la donna, che intende lasciare anche il lavoro al bar per la disperazione, l'ex marito ha sempre trovato il modo di rintracciarli –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda suesposta e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per tutelare e proteggere le vittime di tali condotte in questo come in ogni altro caso analogo. (5-11250)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO, NARDUOLO, ROSTELLATO e ZAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso il tribunale di Padova è aperto un procedimento penale che vede imputati gli ex sindaci del comune di Polverara, in provincia di Padova, Sabrina Rampin e Olindo Bertipaglia, per i reati di falso ideologico, abuso d'ufficio e peculato, insieme ai titolari di alcune ditte che sono accusati di aver ricevuto pagamenti per lavori pubblici mai eseguiti;
   i fatti risalgono al periodo compreso tra il 2010 e il 2012;
   le indagini, chiuse già nel 2015, sono state svolte con grande attenzione da parte dei magistrati del tribunale di Padova e il comune di Polverara si è costituito parte civile nel processo numero 3105/15 avanti il medesimo tribunale;
   l'amministrazione comunale, dal giugno 2014 guidata dal sindaco Alice Bulgarello, ha chiesto la restituzione del denaro indebitamente saldato e il risarcimento per il danno di immagine subito dal comune di Polverara;
   all'inizio del 2016 il sindaco Alice Bulgarello, per il suo impegno in difesa della legalità nel territorio, ha ricevuto pesanti minacce legate a questa vicenda;
   in data 10 febbraio 2016 gli interroganti hanno presentato al Ministro dell'interno l'interrogazione n. 4-12037 per denunciare il grave atto di intimidazione e sollecitare l'intervento del Ministro;
   il 21 aprile 2017 il tribunale di Padova ha comunicato la decisione del presidente del collegio giudicante del 20 aprile 2017 di rinvio del processo al 27 novembre 2017;
   gli interroganti esprimono forte preoccupazione per il rischio che il rinvio del procedimento possa comportare la prescrizione dei reati, con la conseguenza che divenga impossibile tutelare i diritti dei cittadini e del comune di Polverara e si determini, di fatto, l'impossibilità di perseguire in modo efficace gli imputati;
   è opinione degli interroganti che un simile epilogo debba essere evitato per garantire la tutela della pubblica amministrazione ed escludere la possibilità che si diffonda nella comunità locale il senso di impunità per gli autori dei reati oggetto del procedimento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda assumere iniziative normative per ridefinire la disciplina della prescrizione per reati come quelli indicati in premessa al fine di evitare il rischio che possano restare impunite condotte di estrema gravità contro la pubblica amministrazione, cosa che dovrebbe essere esclusa, con ogni utile sforzo, a partire dal caso in questione. (4-16448)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SENALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a dicembre 2016 è entrata in funzione la galleria di base del San Gottardo che collega Erstfeld e Pollegio, permettendo l'attraversamento ai primi treni passeggeri e merci diretti a Lugano;
   la galleria fa parte del progetto Alptransit, fondamentale per l'ampliamento dell'asse ferroviario nord-sud che attraversa Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svizzera e Italia;
   il progetto risponde alla necessità di implementare la linea ferroviaria Rotterdam-Genova con il potenziamento del corridoio Reno-Alpi, il più importante d'Europa per volumi di merci trasportate;
   il Libro bianco sui trasporti della Commissione europea COM(2011) 144 definitivo prevede che «sulle percorrenze superiori a 300 chilometri il 30 per cento del trasporto di merci su strada dovrebbe essere trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili, entro il 2030. Nel 2050 questa percentuale dovrebbe passare al 50 per cento grazie a corridoi merci efficienti ed ecologici. Per conseguire questo obiettivo dovranno essere messe a punto infrastrutture adeguate»;
   il sostegno al trasporto su rotaia è funzionale alla riduzione di quello su gomma, più dannoso per l'ambiente e meno sicuro;
   l'avanzamento del progetto comporta importanti interventi anche sul territorio italiano, in particolare nei comuni attraversati dalla linea Luino-Gallarate e dalla linea Pino-Novara per le opere infrastrutturali necessarie a sostenere l'aumento del numero dei passaggi (si supereranno i 90 al giorno) e l'aumento della lunghezza dei convogli (fino a 750 metri per 1600 tonnellate);
   autorevoli studi condotti dall'università Bocconi prevedono che il «traffico combinato non accompagnato» (primo tratto su camion, lungo tragitto su treno, ultimo tratto di nuovo su camion) aumenterà notevolmente nella zona citata (le stime indicano un incremento fino al 68 per cento entro il 2030);
   la provincia di Varese, attraverso il coordinamento di un tavolo di lavoro con tutti i sindaci dei comuni interessati dalle tratte ferroviarie Gallarate-Laveno-Luino-Pino e Gallarate-Sesto Calende-Laveno su temi quali la sicurezza del trasporto merci, la soppressione dei passaggi a livello e le misure di mitigazione del rumore, ha individuato un elenco di opere prioritarie, oggetto di successivo accordo con RFI e regione Lombardia e ad ora parzialmente finanziate, con l'obiettivo primario di risolvere le interferenze tra la rete stradale e la rete ferroviaria sulle due tratte;
   i progressi di Alptransit suscitano preoccupazione nelle comunità interessate e negli amministratori locali per l'aumento del traffico su rotaia (inquinamento acustico, vibrazioni, incidenza sul rischio idrogeologico), per gli interventi sul sedime ferroviario, per la sicurezza (tipologie di merci trasportate, transito vicino ad abitazioni, zone frequentate e luoghi sensibili) e per la viabilità (eliminazione di passaggi a livello, modifiche stradali, alterazione del paesaggio) –:
   se siano previsti piani organici e/o puntuali per incrementare la sicurezza e gestire le emergenze e il pronto intervento nei tratti sensibili e, più in generale, lungo le linee in questione, con adeguamento e potenziamento delle strutture e dei mezzi dei corpi di soccorso (vigili del fuoco, Croce rossa) per la gestione del rischio legato agli incidenti ferroviari, anche in caso di trasporto di merci pericolose;
   se siano previste opere di mitigazione a tutela dell'ambiente e della qualità della vita della popolazione residente nelle vicinanze delle tratte ferroviarie;
   se sia previsto il ripristino per la tratta Laveno-Sesto Calende del trasporto passeggeri;
   se sia in programma l'organizzazione di un tavolo di confronto e di aggiornamento che coinvolga Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Varese, Rete ferroviaria italiana, gestori dei centri intermodali e sindaci dei comuni interessati dalla linea Luino-Gallarate e dalla linea Pino-Novara.
   (5-11249)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da diverse fonti giornalistiche, nei giorni scorsi è stata organizzata la manifestazione «Cannabis Parade», ossia una manifestazione nazionale antiproibizionista per la depenalizzazione dell'utilizzo ludico e medico della Cannabis, che si è svolta nel centro di Torino ed organizzata dal centro sociale del Gabrio, dall'area «dissidenti» e dal circuito di Radio Blackout;
   durante la suddetta manifestazione, sarebbe stata lanciata una provocazione da parte di alcuni attivisti anarchici: in particolare, sul furgone di altoparlanti portato in corteo lungo il percorso è stato simulato, sulla parte anteriore del mezzo, l'investimento di due fantocci raffiguranti agenti del reparto mobile della polizia, che rappresenta il personale impiegato in genere nei servizi di ordine pubblico (manifestazioni, cortei, incontri sportivi);
   la messa in scena dell'incidente dei «poliziotti-fantoccio» ha condotto, da un lato, la Digos ad avviare tempestivamente un'indagine per identificare gli autori di tale gesto e, dall'altro lato, a forti proteste da parte dei sindacati di polizia –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per chiarire i termini della grave vicenda esposta in premessa, nonché al fine di predisporre gli opportuni accorgimenti, anche tramite la predisposizione di maggiori controlli da parte delle autorità competenti, finalizzati a prevenire che in futuro si possano verificare simili rappresentazioni allegoriche che, nel simboleggiare il decesso di agenti delle forze dell'ordine, rappresentano una mancanza di rispetto nei confronti delle forze di polizia che presidiano l'ordine e la sicurezza di tutti i cittadini italiani e che, per tale ragione, non possono essere tollerate.
(2-01782) «Vito, Brunetta, Palmizio».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MARCON, COSTANTINO, ANDREA MAESTRI, DANIELE FARINA, PALAZZOTTO, CIVATI e FRATOIANNI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   il 27 aprile 2017 il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, è intervenuto alla trasmissione televisiva Agorà e il giorno precedente al Tgr Sicilia, denunciando possibili legami tra i trafficanti di persone che migrano e alcune organizzazioni non governative impegnate a salvare vite umane nel mar Mediterraneo;
   secondo il procuratore: «forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante: si perseguono da parte di alcune organizzazioni finalità diverse, ovvero destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi»;
   ha precisato però che ancora non ci sono prove per dimostrare il fenomeno: «c’è un'indagine conoscitiva sulle organizzazioni non governative che è ancora in corso. Di prove si può parlare soltanto a fronte di conoscenze che possano essere utilizzate processualmente e queste al momento mancano. Tra gli elementi raccolti ci sono i contatti diretti con soggetti che si trovano in Libia che annunciano la partenza di barconi. Non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma ci sono organizzazioni non governative che non rispettano le regole»;
   a sostenere il procuratore Zuccaro è intervenuto il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Alfano, dichiarando: «Io do cento per cento di ragione al procuratore Zuccaro perché ha posto una questione vera. Tutti coloro i quali devono sapere sanno che questo rischio c’è. Ha il cento per cento di ragione lui. Bisogna capire come fanno alcune organizzazioni non governative, e non tutte, a spendere tutti questi soldi solo con i finanziamenti dei sostenitori»;
   la situazione delle persone migranti è grave e dolorosa. Queste persone sfuggono a guerre e carestie, attraversano deserti, subiscono violenze d'ogni sorta da parte di trafficanti senza scrupoli;
   dinanzi all'incapacità della politica e delle istituzioni di realizzare interventi strutturali e ragionevoli per proteggere i diritti umani di chi migra, le organizzazioni non governative salvano migliaia di vite umane e sono le uniche ad aver creato corridoi umanitari;
   le opinioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e quelle del procuratore non sono basate su riscontri giudiziari o anche solo su indagini suffragate da solidi elementi probatori, come ha ammesso lo stesso procuratore;
   di contro, con le loro opinioni hanno gettato discredito su tutte le organizzazioni non governative, suscitando nell'opinione pubblica sospetto e sentimenti di rabbia, provocando conseguenze dannose e incalcolabili sull'azione svolta dalle organizzazioni non governative –:
   cosa intenda fare il Governo per sostenere e tutelare l'azione insostituibile delle organizzazioni non governative, nonché coordinarsi con esse, negli interventi a salvaguardia della vita e della dignità delle persone migranti che attraversano il Mare Mediterraneo. (3-02992)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   i dati relativi all'afflusso di migranti irregolari sulle nostre coste ne segnalano un continuo aumento rispetto agli anni precedenti e con l'arrivo della bella stagione si prevede l'ennesimo picco emergenziale;
   delle 123 mila richieste di protezione internazionale presentate in Italia nel 2016 due terzi hanno avuto esito negativo;
   a fronte di questi dati va evidenziato come, contestualmente, nel 2016 si sia registrato un aumento del numero delle persone identificate come irregolari sul nostro territorio nazionale, delle quali meno della metà, stando ai dati raccolti dal Ministero dell'interno, sono state allontanate, mentre alcune migliaia di soggetti non hanno ottemperato all'ordine di rimpatrio e sono riusciti a far perdere le proprie tracce;
   alcuna delle politiche adottate sin qui in ambito nazionale e internazionale rispetto all'emergenza migratoria sta dando risultati insoddisfacenti: il cosiddetto approccio hotspot si sta dimostrando inefficace, non ha funzionato il meccanismo delle ricollocazioni in ambito europeo, non si registrano progressi in merito alla stipula degli accordi di riammissione e tantomeno rispetto alla messa in pratica dell'accordo con la Libia che avrebbe dovuto arginare le partenze;
   a questo si è aggiunta, da ultimo, l'indagine condotta dalla procura di Catania circa il ruolo delle organizzazioni umanitarie nei salvataggi in mare dei migranti, sospettate di operare al di fuori delle procedure e di avere contatti diretti con gli scafisti –:
   a che punto siano le iniziative a contrasto dell'immigrazione irregolare programmate, con particolare riferimento al blocco delle partenze e alle procedure di rimpatrio. (3-02993)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il centro di prima accoglienza per richiedenti asilo «Villa dei Tigli», sito in via Tamuscia n. 6 a Colorina, in provincia di Sondrio, è tornato recentemente alla ribalta delle cronache per quanto emerso a seguito di una ispezione dei carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro di Sondrio, disposta circa sei mesi fa, precisamente il 15 ottobre 2016, ma di cui se ne è avuta notizia solo in questi giorni da articoli apparsi sulla stampa;
   in particolare, pare che, durante tale ispezione, i carabinieri abbiano riscontrato all'interno del centro di accoglienza la presenza di ben quattro lavoratori in posizione irregolare, di cui due italiani che prestavano la propria attività senza nessun contratto (uno addirittura con il ruolo di gestore della struttura e l'altro di addetto alla pulizia) e un terzo lavoratore italiano, in possesso di un contratto di assunzione, ma con mansioni diverse da quelle effettivamente svolte;
   secondo quanto anche confermato dal comunicato diffuso dal Comando provinciale dei carabinieri di Sondrio venivano raccolti «altresì, elementi utili ad accertare l'irregolare posizione di lavoro di un terzo lavoratore “in nero”, di nazionalità nigeriana» il quale risultava «ammesso al lavoro in qualità di interprete, accompagnatore e mediatore culturale»;
   si apprende, infine, secondo quanto riferito nel comunicato, che «seppur scaturendo i presupposti per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale ai sensi dell'articolo 14 del Dlgs 81/2008, non veniva adottato il predetto provvedimento» e che, invece, venivano solo disposti l'allontanamento dei lavoratori in posizione irregolare e cinque sanzioni amministrative a carico del gestore del centro di accoglienza, per un importo complessivo di euro 9.500;
   i residenti, a suo tempo, avevano organizzato anche una raccolta firma per contestare l'apertura del centro in una piccola frazione con un numero così elevato di stranieri ospitati: 70 su 1.400 abitanti, ovvero il 5 per cento, una percentuale ben al di sopra di quella fissata dal Ministero dell'interno di 2,5 profughi ogni mille abitanti;
   la sospensione dell'attività di accoglienza del centro Villa dei Tigli, con conseguente trasferimento degli ospiti ad altra struttura, pertanto, avrebbe potuto e dovuto essere disposta, anche alla luce dell'eccessivo numero di stranieri inviati dalla prefettura a Colorina;
   quanto avvenuto a Colorina è di evidente e assoluta gravità per il fatto che, per stessa ammissione delle istituzioni, siano state adottate misure sanzionatorie parziali e diverse rispetto a quelle previste delle disposizioni normative in vigore e sopra citate, e applicate nei confronti di qualsiasi altro imprenditore in caso di violazione delle stesse;
   non è oltre tollerabile che l'attuale sistema di accoglienza, ormai fuori controllo per i numeri e i costi, possa porsi, secondo l'interrogante, impunemente anche al di fuori di ogni regola;
   quanto avvenuto a Colorina potrebbe diventare un pericoloso precedente anche per altri gestori dei centri accoglienza, che, in caso disattendano o violino la normativa vigente, in materia di lavoro – in questo caso, ma potrebbe essere per qualsiasi altro settore –, potrebbero cavarsela solo con una semplice multa –:
   se i Ministri interrogati, intendano chiarire, per quanto di competenza, per quali motivi non sia stato adottato già a suo tempo un provvedimento di sospensione dell'autorizzazione per l'attività di gestione del centro di prima accoglienza Villa dei Tigli, nonostante, a giudizio dell'interrogante, vi fossero tutti i presupposti previsti dalla legge, e quale autorità abbia assunto tale decisione; se, in relazione alla vicenda, non si rilevino profili di responsabilità amministrativa e quali iniziative disciplinari si intendano eventualmente intraprendere; se, alla luce di quanto sopra, non si ritenga opportuno procedere, dunque, all'immediata chiusura del centro di accoglienza Villa dei Tigli di Colorina. (4-16440)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della puntata del 9 aprile 2017 del noto programma televisivo «Le Iene» è stato riproposto un servizio d'inchiesta di un inviato che, recatosi in alcune moschee non ufficiali di Roma, fingendosi un ragazzo di origini arabe, raccontava in confidenza di avere un coinquilino intenzionato ad arruolarsi nell'Isis;
   nel servizio, mentre alcuni imam intervistati con telecamera nascosta, consigliavano il silenzio o comunque di non denunciare l'accaduto, c’è stato anche chi, dopo alcuni minuti, non solo ha espresso approvazione e solidarietà nei confronti dei terroristi, ma ha anche auspicato l'uccisione del Presidente della Francia, del Primo ministro tedesco e del Premier d'Israele –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare ai fini del controllo sul proselitismo jihadista, provvedendo, per quanto di competenza, al censimento in tutta Italia delle moschee non ufficiali, con particolare riferimento alla loro conformità a tutti i requisiti di legge e ai titoli abilitativi previsti per i luoghi aperti al pubblico. (4-16446)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   numerose notizie di stampa hanno riportato lo stato di degrado in cui versa il centro d'accoglienza profughi di San Carlo presso il comune di Cesena;
   in particolare, oltre ai numerosi articoli di stampa nazionale e locale, è andato in onda un servizio del TgR Emilia-Romagna di Rai3 del 27 marzo 2017, che ha mostrato le condizioni di grave incuria del centro confermate, dalle dichiarazioni rilasciate, nel corso del servizio, da una deputata, recatasi in visita al centro insieme alla referente nazionale della campagna «LasciateCIEntrare», Yasmina Accardo;
   a questo servizio ha poi fatto seguito anche un approfondimento del programma «Dalla vostra parte», programma del Tg4 andato in onda nella giornata di mercoledì 29 marzo 2017 –:
   quali strumenti intenda utilizzare il Ministro interrogato per il caso specifico citato in premessa e per intensificare i controlli sulla gestione dei centri d'accoglienza al fine di evitare il ripetersi di tali episodi. (4-16447)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 indica tra gli obiettivi formativi prioritari lo «sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo al pensiero computazionale» prevedendo in tal senso l'adozione di un piano nazionale per la scuola digitale (PNSD) che si pone, tra i propri obiettivi, la realizzazione di attività volte allo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, alla formazione dei docenti e alla valorizzazione delle migliori esperienze delle istituzioni scolastiche anche attraverso la collaborazione con università, associazioni, organismi del terzo settore e imprese e la promozione di una rete nazionale di centri di ricerca e di formazione;
   in esecuzione dell'accordo triennale firmato il 16 ottobre 2014 tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Consorzio interuniversitario nazionale per l'informatica, per lo sviluppo di azioni educative sull'informatica (CINI), il Consorzio ha messo a punto l'iniziativa «Programma il futuro», che costituisce l'offerta di base per l'introduzione del pensiero computazionale nella scuola e che all'inizio di ogni anno scolastico, a partire dal 2014-15 viene presentata a tutte le scuole mediante circolare del Ministero;
   in sede parlamentare, il Governo si è impegnato a proseguire e rafforzare il sostegno al progetto «Programma il futuro», fornendo la massima diffusione dell'iniziativa nelle scuole e nella società;
   il progetto, che è stato riconosciuto come eccellenza europea per l'istruzione digitale nell'ambito degli European Digital Skills Awards 2016, nei primi quattro mesi dell'anno scolastico 2016-17 ha fatto registrare una partecipazione più che raddoppiata delle scuole di ogni ordine e grado, con un importante risposta anche da parte delle scuole del Sud, arrivando a coinvolgere più di 20.000 insegnanti, oltre 1.300.000 studenti, in oltre 5.400 scuole, per un numero di ore totali superiori alle 10.630.000;
   positiva è anche la significativa partecipazione di bambine e ragazze sin dalle scuole elementari che, confrontato con l'attuale dato della partecipazione delle studentesse ai corsi di laurea in discipline informatiche, conferma la validità di questa iniziativa anche come strumento di superamento degli stereotipi sociali –:
   quali iniziative intenda assumere affinché il progetto «Programma il futuro» riceva nei prossimi anni scolastici un livello di risorse adeguato ad estendere le sue iniziative didattiche a tutto il sistema scolastico italiano e affinché tale supporto si prolunghi per il tempo necessario a far sì che l'innovazione, in termini di formazione culturale sull'informatica, diventi permanente e strutturale sia per i docenti che per gli studenti. (5-11246)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 30 ed il 31 maggio 2016 si sono svolti, anche in Sicilia, i concorsi a cattedre della scuola dell'infanzia e della scuola primaria;
   bisogna innanzitutto sottolineare tra le varie «leggerezze» compiute, sia nella predisposizione che nell'attuazione di tale bando, il dequalificante trattamento professionale ed economico che, a giudizio dell'interrogante, hanno subito i commissari ai quali dovrebbe essere fatto un encomio per avere ricoperto incarichi di responsabilità e compiuto il proprio dovere con dedizione, abnegazione e professionalità;
   a quasi un anno dallo svolgimento dalla prova scritta finalmente, in Sicilia, sono stati pubblicati i risultati degli scritti e fissati gli orali per coloro che sono stati ritenuti idonei alla prima prova;
   nella scuola dell'infanzia i candidati ritenuti idonei a passare la prova scritta sarebbero stati il 16 per cento, mentre nella scuola primaria il 10 per cento. Nel resto d'Italia la percentuale dei candidati ritenuti idonei a superare la prova scritta è stata in media del 30 per cento in entrambe le classi;
   è da escludersi che la preparazione dei candidati docenti siciliani sia inferiore alla media del resto d'Italia, piuttosto è vero il contrario, tant’è che quando si recano nelle regioni del Nord trovano immediatamente il posto di lavoro nell'insegnamento e sono apprezzati per preparazione e capacità;
   il numero dei docenti della scuola primaria, che si abiliterà all'insegnamento al termine di tale bando, a seguito del numero così esiguo di candidati che ha passato lo scritto e che verosimilmente si assottiglierà con la prova orale, sarà insufficiente a coprire il numero dei posti banditi;
   i candidati che il 31 maggio 2016 hanno svolto la prova scritta a Catania nell'aula D22 saranno costretti a svolgere nuovamente la prova scritta per via della mancanza dell'anagrafica dei candidati e del codice di controllo, procedura che certamente darà origine a diversi ricorsi amministrativi e giudiziari di chi aveva già regolarmente svolto la prima volta lo scritto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle diverse anomalie che si sono succedute in relazione al bando di cui in premessa e quali iniziative abbia già assunto o intenda assumere, in merito all'organizzazione ed allo svolgimento del bando di concorso medesimo;
   se sia stata svolta una verifica per identificare le cause di un così lungo ritardo, rispetto ad altre regioni d'Italia, nella correzione degli elaborati, lungaggine che ha avuto come ulteriore conseguenza quella di impedire la ricostruzione e l'identificazione, anche tramite il Cineca, degli elaborati della famigerata aula D22 di Catania;
   se sia stata svolta una verifica nei confronti delle commissioni esaminatrici, che facesse emergere le ragioni di una così alta percentuale di candidati bocciati alla prova scritta e che verificasse le responsabilità di quanto accaduto nell'aula D22 di Catania relativa alla mancanza delle buste contenenti l'anagrafica ed il codice di controllo dei candidati;
   quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere nell'immediato futuro nei confronti della direzione scolastica regionale siciliana, in caso di un sua diretta responsabilità nei fatti esposti in premessa. (4-16435)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da vari organi di stampa e da una nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro interrogato avrebbe approvato il bilancio preventivo finanziario generale di competenza e di cassa ed economico-patrimoniale generale dell'Inps per l'esercizio 2017;
   si apprende inoltre che «L'approvazione è avvenuta a conclusione delle verifiche effettuate – anche attraverso un confronto con la Presidenza dell'Inps e gli organi dell'Istituto»;
   appare all'interrogante «curioso» e quanto mai inusuale quanto accaduto, considerato che esistono dei ruoli – interni all'Istituto stesso – adibiti a tale procedura e, altresì, degli organi deputati al controllo e alla verifica del bilancio;
   secondo gli organi di stampa, il CIV – Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps – avrebbe rilevato criticità in merito ai crediti contributivi e al patrimonio immobiliare;
   avrebbe inoltre preventivato per l'anno 2017 un risultato economico di esercizio dell'Inps in negativo per 6,152 miliardi di euro;
   risulta quanto mai inusuale la procedura con la quale il Ministro ha approvato il bilancio Inps suddetto e tale procedura potrebbe essere un precedente importante per quel che concerne il bilanciamento dei poteri di controllo all'interno dell'Istituto, considerato il fatto che ad avviso dell'interrogante, da oggi, il parere del Civ finirebbe di fatto per essere privato di tali procedure –:
   se il Ministro interrogato possa dichiarare con quali organi sia stato fatto il «confronto» – come detto in premessa – che ha portato all'approvazione del bilancio preventivo finanziario generale di competenza e di cassa ed economico-patrimoniale generale dell'Inps per l'esercizio 2017, dato che dagli organi di stampa sembrerebbe che è stato fatto con la presidenza – una persona sola – e gli organi dell'Istituto e che quelli deputati al controllo hanno bocciato il bilancio stesso;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso e urgente assumere iniziative al fine di promuovere una riforma della governance dell'Inps, viste anche le numerose indicazioni giunte dalle varie forze politiche con la presentazione di proposte di legge in tale direzione. (4-16436)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione provinciale allevatori (Apa) di Cremona risulta commissariata da parte dell'Associazione nazionale, a pochi giorni dall'assemblea dei soci che avrebbe dovuto eleggere, il 12 maggio: il nuovo consiglio di amministrazione e approvare il bilancio di esercizio del 2016;
   sulla stampa locale si ricostruisce ed espone la vicenda in merito al commissariamento dell'Apa di Cremona, definito immotivato dal punto di vista economico, poiché nonostante la riduzione dei fondi pubblici – che annualmente, attraverso il dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, vengono ripartiti da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alle associazioni di allevatori –, essa risulta solida dal punto di vista patrimoniale;
   dalla stampa emerge che, nonostante la riduzione di finanziamenti pubblici, l'Apa avrebbe mantenuto un bilancio di previsione in attivo, attraverso un taglio consistente al budget;
   l'istituto del commissariamento è un atto straordinario che, per essere attivato, presuppone gravi inadempienze da parte del soggetto interessato –:
   se il Ministro interrogato, visti i finanziamenti pubblici erogati al comparto dell'allevamento e direttamente all'Associazione italiana allevatori, sia a conoscenza di tale commissariamento e quali siano le motivazioni che hanno portato a tale atto, che, agli occhi degli allevatori cremonesi, appare del tutto ingiustificato.
   (4-16445)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   CATANOSO. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dalla stampa, a seguito di un recente sopralluogo della Sottosegretaria Maria Elena Boschi, la stessa ha riferito che i lavori per preparare le strutture di accoglienza dei delegati al prossimo G7 di Taormina stanno proseguendo bene e che la città sarà in grado di accogliere tutte le delegazioni;
   sebbene l'annuncio del G7 a Taormina sia stato dato dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri, come riporta il sito internet Livesicilia.it, il 4 luglio 2016 per un evento da svolgersi il 26 e 27 maggio 2047, i lavori, di qualunque entità ed importanza, sono iniziati soltanto il 3 aprile 2017 a nemmeno 60 giorni dall'evento;
   i lavori avviati, come risulta all'interrogante, riguardano solo ed esclusivamente l'ordinaria manutenzione di quanto già esistente;
   il centro congressi è, attualmente, in condizioni disastrose. La direzione dei lavori è stata affidata ai vigili del fuoco, che stanno facendo di tutto, ma che si ritrovano soli e con grandi difficoltà;
   i lavori al centro congressi sono di pura e semplice manutenzione ordinaria, niente è stato modificato o ricostruito per l'accoglienza ed i lavori delle delegazioni straniere;
   sono state previste due elisuperfici, anch'esse provvisorie ed una di queste sarà smontata al termine dei lavori;
   sia la Villa comunale che il Teatro antico sono oggetto di lavori di manutenzione ordinaria, quando avrebbero bisogno di ben altro tipo di lavori;
   l'autostrada Catania-Messina, nel tratto interessato dalla frana di due anni fa, ancora si percorre a doppio senso alternato. I lavori fatti nell'immediato della frana avevano un tempo di utilizzo di soli 14 mesi e dopo si sarebbe dovuti intervenire in maniera definitiva e stabile per ripristinare il tratto autostradale, a tutt'oggi chiuso;
   di tutti i lavori di manutenzione straordinaria e di nuove e più importanti opere pubbliche annunciate e previste non vi è neanche l'ombra: una su tutte, il previsto rifacimento della circonvallazione. Solo manutenzione e bitumazione straordinaria delle strade interessate alla percorrenza da parte delle delegazioni;
   insomma, si farà solo vetrina e si nasconderà alla vista delle delegazioni le reali condizioni infrastrutturali e monumentali del territorio interessato, nonostante sia trascorso quasi un anno dall'annuncio dell'evento: 10 mesi a non far nulla –:
   se gli stanziamenti previsti per le opere da realizzare in funzione del G7 di Taormina saranno effettivamente spesi per le opere programmate e come si intendano organizzare tali lavori. (3-02991)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la meningoencefalite da zecche, o meningoencefalite primaverile-estiva, è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, si manifesta nel 70 per cento dei casi con meningite o meningoencefalite, con esiti anche gravi e permanenti. Questa patologia risulta essere propria di molti Paesi europei, compresa l'Italia, nei quali si stimano almeno 13.000 casi ogni anno e in progressivo aumento. Nella nostra penisola le regioni maggiormente colpite sono Trentino, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Veneto; e, nella regione Veneto, soprattutto nella provincia di Belluno, dove la conformazione del territorio favorisce la malattia a causa dalla presenza della zecca;
   infatti, i casi segnalati nella provincia di Belluno, dal 1994 ad oggi sono 194, poco meno della metà di quelli registrati sull'intero territorio nazionale;
   i dati comunicati dall'Unità locale socio-sanitaria 1, nel 2016, rivelano che, nella provincia di Belluno, si è registrata una ripresa allarmante dell'encefalite a morso di zecca (Tbe). Già ad inizio dell'estate 2016 il numero delle persone ricoverate per tale patologia, presso l'ospedale San Martino, risultava essere pari a quelli registrati complessivamente negli anni 2014 e 2015; a ciò si aggiunge che nel territorio della provincia si rileva una scarsa propensione dei bellunesi alla vaccinazione contro la Tbe come dimostrano le riduzioni di somministrazione del vaccino, passata dalle 1.900 dosi nel 2009 alle 1.300 degli ultimi anni;
   ad oggi, non esiste una cura per la Tbe, ed il modo migliore per prevenirla risulta essere la vaccinazione, con la somministrazione di tre dosi di vaccino, e richiami programmati, al costo unitario di 47 euro, comportando così un costo totale di 141 euro per la vaccinazione completa;
   con la nota del 14 luglio 2009, la regione Veneto, ad integrazione della deliberazione della giunta regionale n. 2326/2003 e successive note regionali dato l'elevato rischio di esposizione, estende la gratuità della vaccinazione anti-Tbe ad alcune categorie considerate a rischio tra cui: i volontari del soccorso alpino, della protezione civile ed ai «soggetti che prestano attività di volontariato sul territorio e che operano in zone endemiche» tra cui rientrano i volontari dei vigili del fuoco;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si compone di personale permanente, cioè di ruolo, dipendente dal Ministero dell'interno e personale volontario, impiegato all'occorrenza per attività di soccorso, addestramento e formazione, il cui apporto, seppur prezioso e utile, non presuppone l'utilizzo continuativo da parte del Comando provinciale;
   sulla base della legislazione vigente, ad oggi, la vaccinazione anti Tbe è gratuita per il personale volontario e a pagamento per quello di ruolo, determinando così un'evidente disparità di trattamento;
   infatti, come risulta dalla nota del 17 marzo 2017, con la quale il Comandante dei vigili del fuoco di Belluno a seguito delle richieste di vaccinazione anti Tbe, da parte di 30 unità di personale permanente e 51 vigili volontari, vista la richiesta da parte della Usl, competente dell'importo di euro 3,901,00 necessari per la vaccinazione delle 30 unità permanenti, lo stesso si rivolge all'ufficio competente del Ministero, per richiedere i fondi necessari, alla vaccinazione dei 30 vigili di ruolo che ne hanno fatto domanda;
   la vaccinazione anti Tbe pur non essendo obbligatoria, è comunque consigliata per chi presta soccorso ed opera nella provincia di Belluno e vista la gravità delle conseguenze associate alla salute dei cittadini, anche in virtù dell'attuale periodo, primaverile ed estivo, in cui è maggiormente diffusa la presenza delle zecche –:
   se i Ministri interrogati intendano intraprendere iniziative urgenti, anche di carattere normativo prevedendo, nei territori interessati dal fenomeno della consistente diffusione della Tbe, come quello della provincia di Belluno, l'erogazione gratuita del vaccino anti Tbe per gli operatori dei vigili del fuoco, volontari e di ruolo, nonché per tutta la popolazione di tali aree, promuovendo a tal fine anche una campagna di informazione e sensibilizzazione. (4-16443)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   molti comuni della provincia di Brescia, come denunciato dai stessi sindaci e riferito anche da organi di stampa, sono stati multati dall'Istituto nazionale di statistica per non aver fornito, o avendolo fatto in modo incompleto, i dati richiesti in relazione alla «rilevazione statistica sui permessi di costruire» relativa all'anno 2015, violando l'articolo 7 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322;
   la sanzione, che a norma di legge va dai 500 ai 5.000 euro, è stata comminata, in questo caso, per una somma pari al doppio del minimo applicabile, ossia 1.032 euro;
   i sindaci degli enti in questione lamentano, attraverso la stampa locale, di dover, in continuazione, fornire dati all'Istat, senza il supporto di personale adeguato o sufficiente, perché, spesso, gli unici addetti in grado di conoscere i numeri richiesti sono i funzionari degli uffici tecnici che, dividendosi fra i vari enti, già non riescono a svolgere il lavoro ordinario – né, ovviamente, a smaltire quello accumulato – e si trovano quindi in difficoltà a dover adempiere anche a questo compito;
   il presidente della provincia di Brescia, Pier Luigi Mottinelli, ha dichiarato di prendere atto delle istanze arrivate dai piccoli comuni «già penalizzati per la loro posizione geografica, vessati, senza risorse e personale sufficiente a espletare il lavoro ordinario, che ora devono subire pure una sanzione perché non sono stati nelle condizioni di poter fornire dei dati»;
   questi enti, dunque, si ritrovano ora a dover distogliere le poche risorse a loro disposizione dai servizi per la cittadinanza per pagare la sanzione;
   sarebbe, invece, secondo l'interrogante, opportuno sgravare i comuni più piccoli, almeno quelli sotto i 5.000 abitanti, da queste incombenze, al fine di facilitare il lavoro degli uffici municipali;
   nella stessa situazione si troverebbero molti altri piccoli comuni in tutta Italia –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario assumere iniziative normative, affinché, al più presto, da un lato, i comuni sotto i 5000 abitanti siano sgravati dagli adempimenti riguardanti l'invio continuo di dati statistici, riducendone l'obbligo ai soli dati più rilevanti, dall'altro, affinché, in questo caso, le già scarse risorse degli enti in questione non siano distolte dai servizi destinati ai cittadini per pagare la sanzione comminata dall'Istat. (4-16437)

SPORT

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAPEZZONE. – Al Ministro per lo sport. – Per sapere – premesso che:
   il mondo del basket italiano dilettantistico è alle prese con un problema che rischia di cambiare l'esito dei campionati e la gestione stessa delle squadre, problema riguardante il tesseramento degli atleti extracomunitari;
   il 16 ottobre 2016, nella serie C ligure, si sono affrontate il Tigullio Sport Team e il Basket Follo, partita che ha visto protagonisti il giocatore statunitense Panaggio M. Williams con 35 punti personali e il giocatore bosniaco Stefan Bozickovic con 12 punti personali;
   il giorno successivo i dirigenti del Tigullio hanno presentato ricorso contestando la regolarità del tesseramento (nello specifico, mancanza del permesso di soggiorno necessario dei due giocatori suindicati), ricorso accolto dal giudice della Fip ligure con la seguente decisione: «La gara viene omologata con il risultato a sfavore di 20-0 per posizione irregolare dei giocatori Panaggio M.Williams e Bozickovic Stefan, determinata da inosservanza delle norme relative alle modalità di tesseramento ex articolo 52 RE gare»;
   casi analoghi, relativi all'impiego nei campionati regionali di giocatori extracomunitari, non in possesso di un regolare visto di soggiorno ma tesserati grazie al visto di ingresso per turismo, sport o lavoro, si sono verificati in molte altre regioni e hanno riguardato molteplici squadre;
   oltre alla già pesante sanzione sportiva per chi impiega stranieri non in regola, desta estrema preoccupazione il fatto che casi del genere possano comportare anche l'apertura di un procedimento penale per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a carico di presidenti e dirigenti responsabili delle società;
   questa situazione ha dell'incredibile se si considera che le società sportive, considerando questi giocatori un valore aggiunto, li seguono in ogni ambito della loro vita, sportiva e privata, provvedendo al loro mantenimento con vitto, alloggio e rimborsi per la loro attività;
   a fronte di tale assunzione di responsabilità, sarebbe stato auspicabile modificare la normativa in essere, prevedendo permessi di soggiorno specifici limitati al periodo del campionato e della necessaria preparazione atletica precampionato, disponendo anche verifiche relative al reale utilizzo in campo dei giocatori (salvo infortuni certificabili e, quindi, certificati);
   tale situazione sta creando particolare incertezza e confusione nel mondo del basket dilettantistico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza, individuando una strategia volta a trovare una rapida risoluzione della problematica in oggetto, per consentire l'esonero di presidenti e dirigenti sportivi dalla scomoda posizione di chi appare favorire la clandestinità, con il fondato pericolo di subire condanne fino a 4 anni di reclusione. (3-02989)


   VEZZALI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e PARISI. – Al Ministro per lo sport. – Per sapere – premesso che:
   lo sport italiano si fonda sull'attività dilettantistica di base;
   atleti e dirigenti riescono, grazie al loro impegno ed alla loro passione, a far fronte a numerosi problemi che attanagliano il movimento sportivo italiano;
   l'impiantistica pubblica è sempre più penalizzata dai tagli agli enti locali che quindi non riescono a garantirne la piena fruizione, con nocumento per chi vuole praticare sport;
   le difficoltà economiche, per via della crisi perdurante, hanno ridotto gli introiti per le società provenienti da sponsor privati o mecenati che, spinti dalla passione sportiva, per anni hanno sostenuto le piccole società e quindi tantissimi atleti –:
   se sia già al vaglio del Governo l'ipotesi di prevedere – al pari di quanto avvenuto per altri ambiti della società, come il cinema, il teatro e l'editoria – azioni di sostegno pubblico attraverso forme di fiscalità agevolata alle aziende private che scelgono di sostenere realtà sportive, con particolare riguardo a quelle piccole e medie degli stessi, o se sia ipotizzabile un intervento che ammetta anche le società sportive dilettantistiche tra le destinatarie del cinque per mille. (3-02990)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   CRIPPA, VALLASCAS, CANCELLERI, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI, SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DELL'ORCO, DE LORENZIS e PAOLO NICOLÒ ROMANO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   la compagnia aerea Alitalia, preso atto dell'impossibilità di procedere alla ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro a seguito del referendum, procederà all'apertura dell'amministrazione straordinaria;
   la procedura comporta l'uscita di scena dei soci (le banche con quasi un miliardo di euro di perdite: Unicredit 500 milioni e Intesa 300) e l'arrivo di uno o più commissari (3 al massimo);
   il Governo ha dichiarato che dovrebbe essere in grado di erogare un prestito per garantire la continuità aziendale per i prossimi 5-6 mesi, che sono anche la durata massima del commissariamento;
   il problema è che in questo momento, fino all'arrivo del commissario, è tutto fermo. L'obiettivo è quello di assicurare il più possibile il servizio, anche per fare cassa in vista delle richieste dei creditori, ma già nelle prossime settimane è possibile che si facciano i conti con i primi problemi legati alla mancanza di risorse o di forniture essenziali. A questo potrebbe sì far fronte l'eventuale prestito ponte di cui il Governo vuole discutere con l'Unione europea. Prestito che, d'altro canto, rischia di esaurirsi per effetto di un calo della vendita dei biglietti;
   il fallimento dei «capitani coraggiosi» e i piani industriali sbagliati di tanti manager con stipendi d'oro sono la causa principale del disastro Alitalia;
   gli errori, a partire dal Governo Berlusconi, sono costati miliardi di euro agli italiani che pagano le tasse. Ora a pagare saranno ancora i lavoratori e i cittadini;
   l'ex Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, dopo l'ingresso nella compagnia degli Emirati Arabi Etihad, aveva esultato: «allacciatevi le cinture stiamo decollando». Ora si mostra preoccupato e chiede soluzioni che non siano la semplice vendita purchessia. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle spera sinceramente che una soluzione si possa trovare. Ma questa volta che sia seria perché il Paese e i lavoratori non potrebbero sopportare un altro imbroglio –:
   alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative intenda adottare al fine di intraprendere azioni di responsabilità, anche di carattere giudiziario, nei confronti dell'attuale e precedente management di Alitalia, considerando che nel suo azionariato c’è un soggetto pubblico che è Poste italiane. (3-02994)


   TANCREDI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il costo dell'energia elettrica nel nostro Paese, per quanto riguarda sia le famiglie che le imprese, è molto elevato. In Italia, infatti, il costo dell'energia, se confrontato con le maggiori nazioni europee, risulta essere al primo posto per quanto riguarda le imprese ed al quarto per quanto riguarda le famiglie;
   ciò penalizza fortemente soprattutto le piccole e medie imprese italiane su cui già grava una pesante crisi economica. L'energia elettrica risulta essere uno dei fattori di produzione essenziale per il sistema produttivo italiano. Infatti il prezzo di quest'ultima e le condizioni di approvvigionamento incidono persistentemente sulla competitività dell'azienda;
   quello dell'energia è pertanto un settore chiave per l'intera economia nazionale. Quindi, l'abbattimento del costo dell'energia costituisce una sfida centrale per il rilancio economico e per porre le basi di una competitività reale e duratura;
   la strategia portata avanti negli ultimi anni sulle rinnovabili ha consentito al nostro Paese di essere ai primi posti nelle percentuali di produzione da queste ultime fonti. Ma questo è anche il motivo per cui non è avvenuta la sostituzione delle centrali di produzione da fonti fossili e, paradossalmente, ha ridotto l'efficienza della produzione energetica nazionale, causando un aumento di costi per famiglie ed imprese;
   è del tutto evidente che il costo e l'inefficienza dell'approvvigionamento energetico è una delle principali cause alla base della mancata crescita del prodotto interno lordo italiano, inferiore da decenni alla media europea;
   è necessario, pertanto, che il Governo intervenga con misure idonee al fine di ridurre i costi dell'energia elettrica che gravano su famiglie ed imprese e che impediscono in questo modo una ripresa del ciclo economico;
   va considerato, altresì, quanto difficile sia la costruzione di nuove infrastrutture del settore energetico in Italia (si veda, ad esempio, l'installazione della Tap - Trans Adriatic pipeline) –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare, anche prevedendo di fare «il punto» ed una revisione generale dell'intera strategia energetica nazionale, per ridurre il costo dell'energia sia per le famiglie che per le imprese, che costituiscono i due elementi fondamentali per lo sviluppo e il rilancio dell'economia del nostro Paese. (3-02995)


   BENAMATI, BARGERO, BASSO, BECATTINI, CAMANI, CANI, DONATI, GINEFRA, IACONO, IMPEGNO, MONTRONI, PELUFFO, SCUVERA, SENALDI, TARANTO, TENTORI, VICO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni si è registrato un allarmante aumento delle acquisizioni di imprese italiane dall'estero, anche con natura ostile, e un forte calo dell'acquisizione di imprese straniere da parte di azionisti italiani;
   secondo il rapporto 2016 Kpmg Mergers and acquisitions, nel 2015 le transazioni estero su Italia sono state 201 (per 32,1 miliardi di dollari, che equivalgono a più 21 per cento rispetto al 2014), a fronte di 97 acquisizioni realizzate da aziende italiane all'estero (10 miliardi di euro, che equivalgono a meno 22 per cento rispetto al 2014); sempre secondo i dati Kpmg corporate finance, nel 2016 il saldo ha continuato a essere negativo, pur registrando un miglioramento sia del dato relativo alle operazioni Italia su estero (142 acquisizioni oltreconfine per un controvalore di 13,5 miliardi di euro) sia degli investimenti esteri verso gli asset italiani (240 operazioni realizzate per un controvalore complessivo di 18,9 miliardi di euro);
   la capacità di attrarre investimenti esteri rappresenta un importante fattore di sviluppo della competitività delle imprese nei mercati internazionali, ma deve necessariamente conciliarsi con la tutela delle dinamiche di mercato e con la protezione degli assetti strategici, non a difesa dell'italianità fine a sé stessa della proprietà delle imprese, ma piuttosto a salvaguardia della permanenza strategica sul suolo nazionale di asset, tecnologie e conoscenze essenziali per la competitività dell'Italia;
   al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori ritenuti strategici e di interesse nazionale, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, è stata disciplinata la materia concernente i poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;
   la relazione al Parlamento in materia di esercizio dei poteri speciali del dicembre 2016 segnala, tuttavia, che il meccanismo stabilito dal citato decreto-legge n. 21 del 2012 spesso entra in gioco in maniera tardiva e solo a seguito di decisioni già programmate o assunte dalle aziende –:
   quale siano le valutazioni del Ministro interrogato rispetto alla problematica esposta in premessa e quali iniziative intenda intraprendere allo scopo di rendere più incisiva l'azione di salvaguardia degli assetti strategici nazionali. (3-02996)


   LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, RICCIATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il Diario dell'innovazione Agi-Censis «Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale», una ricerca presentata nei giorni scorsi al Maxxi di Roma in occasione dell’#internetday, ha dato indirettamente una risposta al dibattito pubblico – che ormai si trascina da anni – sul mancato prelievo fiscale nei confronti dei colossi americani del web come Google, Facebook, E.Bay, Amazon, AirBnB;
   da tale ricerca è emerso che circa il 55 per cento della popolazione auspica l'introduzione della web tax. Il tema è molto sentito poiché in ballo, secondo alcune stime, ci sarebbe un'erosione della base imponibile nazionale superiore ai 30 miliardi di euro ed un mancato gettito per le casse dello Stato italiano che va dai 4 ai 5 miliardi di euro l'anno, nonché circa 50-70 miliardi di euro l'anno di tasse non pagate, invece, in tutta Europa;
   il meccanismo elusivo, come ha ipotizzato recentemente la procura di Milano procedendo nei confronti di Amazon è, quello di portare la sede europea, da parte delle «varie» Apple, Facebook, Amazon, Twitter e di altre società in Paesi a fiscalità vantaggiosa (dove la corporate tax, come l'Irlanda, è di molto inferiore alla media dell'Unione europea), evitando così di pagare le tasse in ogni singolo Stato membro dell'Unione europea (dove comunque viene realizzato il fatturato);
   al momento, però, in sede comunitaria non c’è identità di vedute e un accordo sul regime fiscale da adottare che potrebbe anche obbligare i colossi del web a pagare le tasse per le loro attività in Italia. Ebbene, secondo la ricerca Agi-Censis, più della metà della popolazione (55 per cento), vorrebbe la web tax ed il gettito, oltretutto, potrebbe andare a risolvere il problema cronico dei conti pubblici italiani in cerca di preziose risorse economiche da destinare in investimenti e ricerca e innovazione per lo sviluppo economico del Paese;
   nell'ambito della cosiddetta «manovrina» recentemente trasmessa in Parlamento, atto Camera 4444, il tema della web tax non viene minimamente affrontato, come anche quello della delocalizzazione fiscale e produttiva delle imprese che investono all'estero, con contestuale ricadute sul piano occupazionale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per quanto di competenza al riguardo, considerato che più della metà degli italiani è concorde nel ritenere opportuna una legge in grado di tassare i profitti generati in Italia dai più grandi soggetti web con sede legale in Paesi a fiscalità privilegiata e della necessità evidente per il nostro Paese di destinarne il gettito in investimenti e ricerca e innovazione per il rilancio dello sviluppo economico. (3-02997)


   BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   la situazione economica italiana è ancora caratterizzata da un'alta instabilità finanziaria delle aziende che rende difficoltosa la ripresa. Il Paese, infatti, fatica ad uscire dalla crisi avendo ad oggi un tasso di disoccupazione altissimo e la crescita più bassa d'Europa;
   nel programma del Governo non si rilevano misure atte ad influenzare positivamente il potenziale di crescita e di sviluppo delle imprese italiane;
   la mancanza di una visione strategica che individui nel sistema produttivo del nostro Paese l'elemento trainante dell'economia italiana è essa stessa un ostacolo alla ripresa, creando una situazione di immobilismo che si ripercuote, in primo luogo, sul fronte degli investimenti, settore nel quale il nostro Paese risulta essere uno tra i meno competitivi e attrattivi d'Europa;
   una seria minaccia alla ripresa degli investimenti è oggi rappresentata dall'insufficienza del credito bancario che toglie liquidità alle imprese fino ad esporle, addirittura, a rischio di fallimento;
   secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca d'Italia il totale dei prestiti al settore privato è passato dai 1.409 miliardi di euro di febbraio 2016 ai 1.405 miliardi di euro di febbraio 2017, con un calo complessivo di quasi 4 miliardi di euro (-0,26 per cento) e una diminuzione di 12 miliardi di euro per i prestiti concessi dagli istituti di credito alle aziende. Ciò si è verificato anche a causa dell'aumento delle rate non rimborsate da parte delle imprese – le sofferenze lorde sono infatti cresciute di 7 miliardi di euro – che scontano ancora gli effetti della pesante crisi economica del 2008;
   ad oggi non si ravvisano le condizioni per una rapida ripresa degli investimenti ed anzi il permanere di situazioni di assoluta criticità, come la giustizia civile lenta e in molte aree del Paese anche poco efficiente, l'eccesso di burocrazia che ha raggiunto livelli difficilmente riscontrabili altrove, il cronico ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, contribuiscono alla perdita di competitività delle imprese, andando ad alimentare i noti fenomeni di desertificazione industriale che hanno ripercussioni sulla tenuta economia e occupazionale dei territori locali –:
   se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato potenziare le misure a favore delle micro e piccole imprese che consentano di sfruttare al meglio il potenziale che le stesse sono in grado di esprimere, adottando in loro favore specifiche iniziative per un più ampio ed agevole accesso al credito bancario. (3-02998)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, ha apportato importanti modifiche alle modalità con cui si determina il costo delle bollette energetiche dei consumatori italiani con l'obiettivo di promuovere l'efficienza energetica;
   all'articolo 9, interventi per una migliore e più trasparente misurazione e fatturazione dei consumi energetici, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico la possibilità di adottare provvedimenti in tal senso, anche attraverso l'ausilio di contatori intelligenti evoluti;
   all'Autorità è stata demandata, dall'articolo 11, l'adozione di provvedimenti per il superamento della struttura della tariffa elettrica progressiva rispetto ai consumi, con l'adeguamento delle componenti della stessa ai costi dell'effettivo servizio e per l'introduzione – nella regolazione della remunerazione delle attività di sviluppo e gestione delle reti di trasmissione, trasporto e distribuzione – di misure per eliminare eventuali componenti che possono pregiudicare l'efficienza;
   i nuovi contatori 2.0 prevedono 2 catene di comunicazione, incrementano il numero di dati trasmessi dal sistema e rafforzano la possibilità di agire da remoto sui parametri contrattuali, oltre a prevedere funzionalità evolutive con riferimento agli aspetti di comunicazione, anche se ad oggi non sono stati definiti i protocolli standardizzati con cui assicurare «la sicurezza nella comunicazione dei dati e la riservatezza dei dati misurati al momento della loro raccolta, conservazione, elaborazione e comunicazione»;
   tra gli sviluppi possibili e auspicabili vi è la possibilità per la domanda di partecipare, anche in forma aggregata, ai mercati organizzati dell'energia, cedendo una parte della potenza contrattualmente disponibile per determinati periodi di tempo;
   la stessa Autorità, con la riforma delle tariffe elettriche per i clienti domestici, ha spostato i costi di rete sulla potenza impegnata, anziché per kWh consumato, incrementando al tempo stesso il numero di livelli di potenza contrattualmente disponibili;
   a giudizio dell'interrogante la metrologia legale dovrebbe considerare tale evoluzione del mercato in quanto nei contratti di cessione parziale della potenza contrattuale il tempo e la quantità di potenza messa a disposizione da parte del consumatore verso un soggetto terzo saranno oggetto di scambi commerciali basati su misurazioni –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche sul piano normativo, per garantire la tutela della fede pubblica cui è preposto il servizio di metrologia legale, affidato al Ministero dello sviluppo economico. (5-11247)


   MUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i certificati bianchi, anche noti come titoli di efficienza energetica (TEE), sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica;
   ai sensi dell'articolo 6 del decreto ministeriale 28 dicembre 2012, il Gestore dei servizi energetici s.p.a. (Gse), società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, è competente per decidere l'attribuzione dei titoli di efficienza energetica o certificati bianchi ai soggetti titolari di progetti che permettono di conseguire risparmi energetici;
   il Gse valuta i risparmi conseguibili attraverso i progetti di efficienza energetica sulla base di tre distinti metodi di valutazione: standardizzata, analitica o a consuntivo. Nei primi due casi la determinazione dei risparmi energetici avviene sulla base di un meccanismo predefinito ed è applicabile ai progetti per i quali sono disponibili apposite schede tecniche predisposte dall'Enea;
   numerose aziende agricole florovivaistiche hanno eseguito investimenti aziendali introducendo forme alternative di produzione energetica, quali caldaie a biomassa con varie caratteristiche a seconda delle specifiche situazioni aziendali, e tali interventi in molti casi sono stati svolti in funzione di quanto era indicato dalla «scheda standard 40e» relativa all'installazione di impianti di riscaldamento alimentati a biomassa legnosa nel settore della serricoltura, e sulla base del metodo di valutazione del progetto «standardizzato» (articolo 4 delle linee guida dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico);
   la «scheda 40e» è stata poi revocata con decreto del Ministro dello sviluppo economico solo in data 22 dicembre 2015 (Gazzetta Ufficiale serie generale n. 7 dell'11 gennaio 2016) e per la valutazione di tale progetto era previsto il metodo standardizzato, che consente di valutare il risparmio specifico lordo annuo senza procedere a misurazioni dirette;
   dall'entrata del vigore del citato decreto sino ai primi mesi del 2015 circa, è noto che il Gse abbia regolarmente applicato quanto previsto da decreto e linee guida, riconoscendo il 100 per cento dei TEE così come previsto dalle indicazioni della scheda standard 40E;
   a partire circa dall'inizio del secondo semestre del 2015, il Gse, in maniera che appare all'interrogante totalmente arbitraria e peraltro in piena e manifesta disparità di trattamento con gli altri precedenti progetti pienamente accolti, ha iniziato ad utilizzare per la valutazione il calcolo «analitico e consuntivo» non previsto dal decreto ministeriale per le schede standard (articolo 12 del decreto ministeriale 28 dicembre 2012, articolo 4.3 delle linee guida dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico);
   questo rovesciamento, secondo l'interrogante arbitrario, dell'intero meccanismo normativo di calcolo dei risparmi ha portato allo stravolgimento dell'investimento già effettuato dalle aziende, respingendo in toto la richiesta o riducendo di oltre i 2/3 il riconoscimento di TEE richiesti;
   a prescindere dalla corretta della scheda 40e, il comportamento del Gse, ad avviso dell'interrogante, ha aggravato di fatto l'esposizione debitoria delle aziende, ha compromesso il rapporto di fiducia tra società per la fornitura di servizi energetici (ESCO) e cliente finale, nonché ha contribuito e contribuisce quotidianamente per analoghi discutibili comportamenti a minare la fiducia del cittadino nei confronti delle istituzioni;
   sono decine i ricorsi depositati al Tar per tale inaccettabile comportamento –:
   considerata la disparità di trattamento nelle more della vigenza del citato decreto e vista quella che l'interrogante giudica l'arbitrarietà delle decisioni prese del Gse oltre i confini determinabili dal concetto di «autotutela», se i Ministri interrogati intendano intervenire a riguardo affinché il Gse riconosca agli aventi diritto quanto previsto dalla normativa allora vigente, attivando nei confronti dello stesso ente gestore procedure di controllo, in considerazione del fatto che aumentano le segnalazioni di anomalie e discrepanze nell'analisi non solo dei modelli standardizzati ma anche delle valutazioni analitiche ed a consuntivo.
(5-11248)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore delle tv locali in Italia è da anni in declino, sia per l'evoluzione del tempo (passaggio al digitale), sia per la congiuntura economica tutt'altro che favorevole (l'Italia è entrata in crisi da quasi 10 anni), sia per quelle che l'interrogante giudica responsabilità politiche evidenti dei Governi succedutisi negli ultimi 6 anni;
   il settore locale ha subito pesantissimi ridimensionamenti e chiusure, col deperimento di piccole realtà un tempo solide e consolidate negli anni attraverso un servizio di qualità, ma costrette comunque a svendere o, nel peggiore dei casi, a chiudere i battenti per tutte le concause sopra elencate;
   l'ondata negativa per le tv locali non ha risparmiato nessuna regione e le speranze di ripresa della maggior parte delle piccole realtà locali sono legate al nuovo regolamento per l'erogazione dei contributi alle emittenti locali (per il 2016 e il 2017) il cui schema è stato approvato a marzo 2017 dal Consiglio dei ministri;
   il nuovo regolamento riceverà successivamente sia il parere del Consiglio di Stato, sia quello delle Commissioni parlamentari competenti;
   le disposizioni dovranno infine essere esaminate dal Consiglio dei ministri, emanate con decreto del Presidente della Repubblica, registrate dalla Corte dei conti e pubblicate in Gazzetta Ufficiale;
   l'attesa rischia quindi di protrarsi ancora a lungo e rischia di essere decisiva in senso negativo per la sopravvivenza delle emittenti già da mesi in periodo di crisi nera, visto che mancano all'appello ancora i finanziamenti statali per l'anno 2015;
   le due associazioni di settore (Confindustria Radio Tv e Aeranti-Corallo) hanno più volte fatto presente che la mancanza dei finanziamenti statali protratta per ulteriori mesi comporterà la fine di tantissime realtà locali;
   i ritardi, secondo il sottosegretario per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, dipendono dal contorto meccanismo burocratico che determina l'approvazione delle graduatorie da parte di tutti i Corecom regionali;
   da quanto appreso da Aeranti-Corallo dagli uffici del Ministero dello sviluppo economico, sarebbero già stati predisposti i mandati di pagamento per le emittenti facenti parte delle graduatorie di Bolzano, Trento, Valle D'Aosta, Basilicata, Lazio, Piemonte, Toscana, Marche e Puglia;
   col nuovo regolamento al posto delle graduatorie regionali, che hanno bloccato la «macchina» per troppo tempo, verrà istituita una singola graduatoria nazionale e saranno erogate più risorse; tuttavia, le valutazioni delle due associazioni di categoria sul nuovo regolamento sono in disaccordo: troppo «morbido» per Confindustria Radio Tv, troppo restrittivo per Aeranti-Corallo;
   per Confindustria Radio Tv, nei requisiti di ammissione, ad esempio, è manipolabile il numero dei dipendenti posseduti della società al momento della presentazione della domanda e non nell'anno cui si fa riferimento ai contributi. Una società potrebbe assumere i dipendenti il giorno prima della presentazione della domanda, o presentare più domande o ancora presentare domanda anche in regioni diverse da quella principale e ciò comporterebbe un accesso ai finanziamenti esagerato;
   secondo Aeranti-Corallo, invece, col nuovo regolamento, 57 società tv potrebbero accedere ai contributi (30 al Nord, 10 al Centro Italia e 17 al Sud e Isole), contro le 16 beneficiarie dei 4/5 dei contributi con le vecchie graduatorie Corecom 2015 –:
   se il Ministro interrogato non intenda adoperarsi, con tutte le iniziative di competenza affinché, sia sbloccata al più presto la situazione relativa ai vecchi finanziamenti tuttora non erogati per le emittenti locali;
   se il Ministro interrogato non intenda verificare se dai profili critici evidenziati dalle associazioni di categoria possano emergere futuri disagi per la ripresa dell'intero settore e quali iniziative intenda adottare per far sì che vengano rivisti ed eventualmente modificati i passaggi del nuovo regolamento che rischiano di penalizzare la sopravvivenza, la convivenza e l'economia delle tv locali. (4-16438)


   D'INCÀ. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la problematica di scarsa o assente copertura del segnale telefonico, unitamente alla scarsa ricezione del segnale radiotelevisivo, persiste in molte aree collinari, montane, alpine e appenniniche o comunque periferiche e a bassa densità di popolazione e determina di fatto una grave situazione di « digital divide»;
   nelle suddette zone le centrali telefoniche, nella grande maggioranza dei casi, sono obsolete e necessitano d'interventi di sostituzione di strumentazioni, mentre la copertura della rete di telefonia mobile è piuttosto scadente sia per le caratteristiche geografiche, che per l'assenza di un adeguato numero di ripetitori, determinando così in quelle aree un aumento maggiore dei rischi legati alla sicurezza;
   infatti, a titolo di esempio, a seguito dell'appello da parte dei residenti della Val Visdende, rivolto a varie autorità nazionali, regionali ed ai principali gestori di telefonia mobile, si apprende che queste problematiche sono presenti e sentite nella suddetta zona. Questa è una valle alpina del Comelico, di elevato pregio naturalistico, tanto da essere candidata a patrimonio Unesco situata nell'area dei comuni di San Pietro e Santo Stefano di Cadore, in provincia di Belluno;
   la Val Visdende è una valle in cui la sua natura è stata preservata da uno sfruttamento turistico intensivo, le poche attività turistiche e l'ambiente incontaminato intercettano gli appassionati del turismo semplice, vissuto a contatto con la natura. La bellezza del posto ha attirato negli anni le visite di papa Giovanni Paolo II e dei presidenti della Repubblica Sandro Pertini e, per più volte, Francesco Cossiga. L'economia della valle si basa esclusivamente sul turismo estivo e sull'allevamento di bestiame da latte e la conseguente produzione di prodotti caseari di malga. Sono presenti diverse malghe ad alta quota ed alpeggi al confine con l'Austria;
   nella valle sono presenti 140 abitazioni di autoctoni, un'area sosta per camper, diverse strutture adibite a ristoranti agrituristici e/o alberghi alcuni aperti tutto l'anno;
   le peculiarità morfologiche fanno sì che, nei mesi estivi, la valle sia massivamente frequentata dai turisti, escursionisti e naturalisti che effettuano lunghe passeggiate e percorsi in mountain bike, divenendo un volano per lo sviluppo del territorio;
   in questa zona è, però, difficile, se non talvolta impossibile, fruire di una connessione telefonica e di un accesso ad internet e tale necessità si acuisce, in particolare, nei mesi estivi quando si incrementa il numero di turisti. Infatti, la vastità della valle rende quanto mai necessario poter comunicare telefonicamente in qualunque momento, soprattutto quando si è in difficoltà al fine di richiedere la mobilitazione dei soccorsi in caso di emergenza o semplicemente effettuare una telefonata ad un familiare. A nulla, però, sono valse le ripetute segnalazioni dei residenti della Valle a «Telecom Italia S.p.a.», proprietaria di un ripetitore in località Prà Marino. Infatti, a seguito dell'ultima segnalazione firmata da 50 abitanti residenti, che risale all'11 agosto 2015, Telecom afferma: «Le verifiche effettuate dal nostro personale territoriale, hanno evidenziato che la copertura della zona indicata non garantisce a pieno il funzionamento del servizio. Non sono previsti interventi dedicati a breve termine». A soluzione di tale problematica gli stessi abitanti suggeriscono «che l'installazione di un ripetitore, individuando il sito ideale nella zona denominata Forcella Zovo – già dotata di elettricità fornita da Enel ed in collegamento visivo con due ripetitori situati rispettivamente sul monte Zovo e sul monte Tudaio – il sito ideale. L'impatto ambientale sarebbe nullo»  –:
   se non ritenga di adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza, anche normative, per favorire la risoluzione della problematica su esposta, e affinché tutti i gestori di telefonia ammodernino definitivamente tutte le centrali e le reti telefoniche nelle aree citate e in tutto il territorio nazionale. (4-16441)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Rampelli n. 1-01582, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 776 del 7 aprile 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    il 12 dicembre 2006 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno approvato la direttiva 2006/123/CE, meglio nota come «direttiva Bolkestein», con lo scopo di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    l'Italia ha dato attuazione alla citata direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, che ne ha esteso l'applicazione anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, secondo un'interpretazione estensiva dell'articolo 12 della direttiva, ai sensi del quale, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati;
    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante oltre alla Spagna, la quale ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;
    lo stesso Parlamento europeo, con la risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti in relazione all'ipotesi che la «direttiva Bolkestein» possa essere applicata negli Stati membri estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;
    il recepimento della «direttiva Bolkestein» nel settore dei mercati ambulanti significa inevitabilmente, fra le altre cose, l'apertura del settore a nuove imprese anche straniere e multinazionali e la possibilità che tali nuove imprese siano anche società di capitali, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni e l'assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi che rechino il divieto di favorire il prestatore uscente, come previsto dagli articoli 11, 16, comma 4, e 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010;
    in data 5 luglio 2012, due anni dopo il recepimento della direttiva in Italia, la Conferenza unificata ha raggiunto un accordo in attuazione dell'articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010, che prevede una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze della durata compresa tra nove e dodici anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la propria attività in tali mercati;
    nel dicembre 2016, tuttavia, un parere emesso dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha espresso delle perplessità sulle regole per i bandi, suscettibili di «dissimulare, nella sostanza, una forma di rinnovo automatico della concessione» ha creato nuove incertezze negli operatori economici del settore;
    da ultimo, il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, ha disposto la proroga delle concessioni in essere e in scadenza, in varie tappe, entro luglio 2017, fino al 31 dicembre 2018, prevedendo altresì che «le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data. Nelle more degli adempimenti da parte dei comuni sono comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti»;
    fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione, finanziaria, fiscale ed operativa, tra operatori del medesimo settore;
    le misure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2010, malgrado il regime transitorio approvato, non tengono conto, invece, delle peculiarità di queste attività, che difficilmente potrebbero competere in un mercato così aperto;
    il decreto legislativo fa, altresì, venire meno i requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore;
    non bisogna dimenticare, inoltre, che questa tipologia di mercati, che conta circa 195 mila imprese e 530 mila addetti a livello nazionale, fa parte del tessuto economico delle città italiane, nonché della loro immagine turistica e tradizionale, ed anche per questo necessita di maggior tutela;
    la regione Puglia, con la mozione n. 106/2016 e la regione Piemonte, con una proposta di legge approvata dalla III Commissione del consiglio regionale in sede legislativa e successivamente trasmessa al Parlamento (Atto Camera 3700), si sono impegnate a prevedere che l'Italia escluda il commercio ambulante dall'ambito di applicazione della «direttiva Bolkestein» per tutelare le piccole imprese del settore;
    la medesima situazione di incertezza normativa che affligge gli operatori del commercio ambulante ha investito anche quelli degli stabilimenti balneari, settore di punta dell'economia turistica nazionale che occupa duecentocinquantamila addetti e trentamila imprese, e la cui liberalizzazione è stata altresì prevista dalla direttiva 2016/123/CE;
    allo stato attuale la durata delle concessioni in essere è stata prorogata fino al 31 dicembre 2020, ma la recente presentazione di un disegno di legge delega da parte del Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che prevede espressamente l'espletamento di «procedure selettive che assicurino imparzialità, trasparenza e pubblicità e che tengano conto della professionalità acquisita nell'esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi, nonché lacuali e fluviali, per finalità turistico-ricreative», ha rimesso in allarme gli addetti al settore, soprattutto a causa della mancanza di una adeguata disciplina transitoria;
    oltre ai settori citati, l'attuazione della «direttiva Bolkestein» sta recando grave nocumento anche alla categoria delle guide turistiche, erroneamente inserita nella direttiva servizi invece che in quella relativa alle professioni, con la conseguenza che in Italia potranno operare anche le guide dell'Unione europea, o meglio, le persone qualificate come guide turistiche ai sensi della legislazione di altro Stato membro dell'Unione, purché operino in prestazione temporanea;
    tale grave situazione nasce dal problema di fondo che in Italia la figura della guida turistica è nettamente separata da quella di accompagnatore, mentre in molti altri Stati membri dell'Unione la figura di guida turistica e quella di accompagnatore coincidono, e i percorsi di abilitazione alla professione sono sensibilmente meno complessi e più brevi;
    le conseguenze di tale superficiale normazione, se non di vero e proprio vuoto legislativo, non potranno che essere estremamente negative sia per le guide che per i turisti, fruitori finali del servizio: abbassamento della qualità, diminuzione del lavoro per le guide abilitate, aumento dell'abusivismo, perché se è vero che le guide di altri Stati dell'Unione europea potrebbero esercitare in Italia solo in regime di prestazione occasionale, i controlli sono talmente scarsi che centinaia di guide straniere esercitano in violazione delle norme, con anche una conseguente diminuzione del gettito fiscale per lo Stato, posto che le guide straniere pagheranno le tasse nello Stato di appartenenza;
    il confusionario quadro normativo che emerge dal recepimento della direttiva Bolkestein si inserisce, peraltro, in un contesto di difficile congiuntura economica che caratterizza non solo il Paese, ma l'intero sistema produttivo globale, con ripercussioni negative sulle categorie più deboli, dagli agricoltori, ai tassisti, alle guide turistiche, solo per fare alcuni esempi, che si trovano quotidianamente ad affrontare la sfida dei mercati;
    un grave freno alla crescita degli Stati membri è stato rappresentato, poi, dalla politica economica e sociale portata avanti finora dalla stessa Unione europea, che non si è mai dimostrata all'avanguardia sulle politiche attive di sostegno alle eccellenze e peculiarità dei singoli Paesi membri, schiacciati dagli interessi delle realtà più potenti;
    liberalizzare e aumentare la concorrenza non vuol dire eliminare ogni regola e lasciare le città in mano a multinazionali che eludono le tasse grazie alla compiacenza di Stati europei partner che fanno concorrenza sleale: si deve liberalizzare e regolamentare, facendo rispettare le regole e tutelando le realtà più deboli;
    negli ultimi trent'anni purtroppo, i Governi europei, e l'Italia in primis, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non hanno saputo trovare soluzioni efficienti, legiferando sostanzialmente sotto ricatto dei poteri forti, senza alcuna libertà di scelta dei settori su cui puntare e da proteggere, a danno dei cittadini e delle specificità del nostro Paese;
    serve una nuova politica europea che parta da regole chiare, condivise e semplici, e nella quale tutti gli Stati membri svolgano il proprio ruolo fino in fondo, garantendo tutele soprattutto alle classi deboli: avere, ad esempio, accordi di protezione delle indicazioni geografiche, come la denominazione di origine protetta del parmigiano reggiano, significa poter tutelare fino in fondo il sistema, di qualità che c’è dietro la sua produzione, mentre senza regole vincono la contraffazione, l'omologazione e le grandi dimensioni di chi riesce a essere comunque sovranazionale;
    il ruolo della politica è proprio quello di dettare tali regole e non può essere ridotto a quello di un semplice spettatore ed è compito del legislatore e del Governo salvaguardare i settori strategici dell'economia nazionale, quali nella fattispecie il piccolo commercio e la piccola e media imprenditoria,

impegna il Governo:

1) a convocare appositi tavoli di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche;
2) ad adottare iniziative volte a rivedere il decreto legislativo n. 59 del 2010, nel senso di escludere il commercio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva 2006/123/CE;
3) ad assumere le necessarie iniziative dirette, comunque, a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010, al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone;
4) ad adottare le iniziative di competenza affinché la categoria delle guide turistiche sia ricondotta nell'ambito della direttiva sulle professioni, salvaguardando la professionalità e le specifiche competenze dei suoi operatori, e al fine di introdurre criteri più stringenti per l'esercizio dell'attività di guida turistica sul territorio nazionale;
5) ad assumere iniziative per prevedere, nell'ambito della direttiva servizi, una deroga in favore delle concessioni demaniali marittime, elementi essenziali di un settore strategico per l'economia nazionale, data la posizione geografica dell'Italia e la rilevanza turistica di buona parte delle coste della penisola e delle maggiori isole;
6) ad adottare le iniziative opportune, per quanto di competenza, volte ad allineare sotto il profilo temporale la pubblicazione dei bandi da parte dei comuni per il rinnovo delle concessioni.
(1-01582)
«Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Zolezzi n. 2-01645 del 7 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-15870 del 9 marzo 2017;
   interrogazione a risposta orale Capezzone n. 3-02901 del 22 marzo 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Quaranta n. 5-11099 dell'11 aprile 2017;
   interrogazione a risposta orale Scotto n. 3-02988 del 27 aprile 2017.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta orale Scotto n. 3-02988 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 785 del 27 aprile 2017. Alla pagina 46895, seconda colonna, dalla riga venticinquesima alla riga ventisettesima, deve leggersi: «organizzare un tavolo con l'amministrazione comunale di Napoli al fine di discutere della possibilità di un impegno», e non come stampato.