Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 5 aprile 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    nel dicembre 2016 è stato introdotto, ancorché in via sperimentale, l'obbligo di indicare nell'etichetta del latte e dei prodotti da esso derivati commercializzati in Italia, la duplice menzione del paese di mungitura e quello di condizionamento o trasformazione, ovvero dei «paesi Ue» o «non Ue» nel caso in cui le predette operazioni avvengano in più Stati membri o Paesi terzi;
    analoga sperimentazione è in corso di finalizzazione relativamente alla filiera delle materie prime grano-pasta, a dimostrazione del fatto che la tracciabilità del prodotto è senz'altro veicolo prezioso per la valorizzazione e promozione del « made in Italy» oltre che strumento indispensabile per la determinazione di scelte consapevoli da parte del consumatore;
    sarebbe opportuno, alla luce delle criticità che investono alcuni comparti significativi del nostro agroalimentare, estendere tali sperimentazioni ai settori cunicolo, risicolo e del pomodoro;
    relativamente alla filiera cunicola, il Regolamento (UE) 1169/2011 non include la carne di coniglio tra quelle per le quali vige l'obbligo di indicazione del Paese di origine anche se l'Italia, precedentemente alla sua entrata in vigore, introdusse tale obbligo, seppur per motivazioni di natura sanitaria, per le carni di pollame, poi ricomprese a pieno titolo nell'ambito di applicazione del citato Regolamento che, come detto, inspiegabilmente esclude la carne di coniglio da quelle sottoposte a tracciabilità;
    come noto, settore risicolo nazionale, a seguito della liberalizzazione delle importazioni da alcuni Paesi terzi stabilite dai recenti accordi commerciali conclusi a livello comunitario, attraversa una pesantissima crisi che interessa sia il comparto del riso lavorato che quello del risone;
    la crisi è certificata dalla stessa Commissione europea che ha preventivato, per la campagna in corso, rimanenze finali, ovvero prodotto non collocato sul mercato, pari a 585 mila tonnellate, circa un terzo dell'intera produzione comunitaria; questo stato di cose ha portato gli agricoltori a diminuire del 40 per cento la superficie a riso Indica – quello maggiormente concorrenziato dal prodotto di importazione dai Paesi Meno Avanzati – e ad aumentare, nel contempo, di oltre il 14 per cento la superficie coltivata a riso japonica, creando in tal modo i presupposti per lo squilibrio di mercato di tutte le due tipologie di riso con il conseguente crollo delle quotazioni dei risoni verificatosi nel corso delle ultime settimane;
    a novembre 2015 la Camera dei deputati ha approvato diverse mozioni che impegnavano il Governo pro tempore Renzi a tutelare il settore risicolo nazionale, sia attraverso campagne di promozione e sostegno del riso italiano in Europa, sia attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura, compatibile con la normativa europea, nel quale fosse specificata l'origine e soprattutto l'indicazione del nome della varietà di riso effettivamente contenuta nella confezione;
    tra le produzioni agroalimentari nazionali che necessitano di essere valorizzate la filiera del pomodoro da industria si contraddistingue per i profili di qualità e genuinità che sono alla base delle produzioni derivate e configurano il pomodoro italiano come una delle eccellenze a livello mondiale;
    giova ricordare che fin dal 2006 per la sola passata di pomodoro è stato introdotto l'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine della materia prima utilizzata a testimonianza che anche per i derivati di pomodoro la piena tracciabilità delle produzioni è un imprescindibile elemento di competitività e distintività;
    la filiera del pomodoro costituisce inoltre una preziosa riserva occupazionale posto che nel settore dei prodotti derivati dalla trasformazione operano oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano circa 72.000 ha e 120 industrie con oltre 10 mila occupati ed un valore della produzione superiore a 6 miliardi,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative normative per introdurre, ancorché in via sperimentale, anche per le filiere cunicola e del pomodoro da industria l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di produzione ovvero l'origine della materia prima al fine di salvaguardare e valorizzare due comparti estremamente significativi dell'agroalimentare nazionale posto che i prodotti che ne derivano esprimono una qualità molto superiore rispetto ad analoghi prodotti esteri e con il loro indotto offrono preziose ed indispensabili opportunità occupazionali;
2) ad assumere iniziative volte a realizzare, nel più breve tempo possibile, anche in linea con gli impegni già approvati con le mozioni di cui in premessa, l'introduzione di un sistema di etichettatura del riso che ne indichi l'origine e la varietà, così da tutelare un prodotto importante del made in Italy agroalimentare, specie alla luce dell'attuale crisi scaturita dalla liberalizzazione delle importazioni da alcuni Paesi terzi.
(1-01577) «Gallinella, Cecconi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

Risoluzioni in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    la società Isolante K-Flex, fondata nel 1989 in Lombardia, nel comune brianzolo di Roncello, è un'azienda italiana operante nel settore industria gomma-plastica, specificatamente nel settore della produzione e vendita di prodotti isolanti in gomma ed in particolare dell'isolamento termico e acustico;
    nel corso degli anni, sono stati aperti impianti produttivi in tutto il mondo, trasformando l'impresa in un gruppo multinazionale operante in 10 Paesi, con oltre 1.500 addetti ed 11 impianti produttivi localizzati in Italia a Roncello (Monza Brianza), Usa, Polonia, Russia, Malesia, Dubai, Cina (2 impianti), India, Regno Unito e Francia;
    il personale occupato presso lo stabilimento italiano è composto da 243 dipendenti complessivi, di cui 231 lavoratori a tempo indeterminato e tempo pieno e 12 lavoratori a tempo indeterminato part-time;
    dal 24 gennaio 2017, i dipendenti della K-Flex S.p.A. sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda per impedire l'ingresso dei camion e l'uscita di merce e macchinari, temendo che la proprietà voglia delocalizzare gli impianti e la produzione nella stabilimento in Polonia;
    in data 8 febbraio 2017, l'impresa ha comunicato, ai sensi degli articoli 4 e 24, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223 alle organizzazioni sindacali l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale in ragione della «necessità e l'urgenza di procedere ad una riduzione collettiva del proprio personale dipendente con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro con n. 187 lavoratori, di cui n. 2 dirigenti, n. 21 impiegati, n. 36 intermedi, n. 128 operai, corrispondenti all'intera forza lavoro relativa ai reparti produttivi diretti, di assistenza alla produzione, e parzialmente ai servizi amministrativi, logistici, commerciali ed accessori, a causa della totale cessazione dell'attività produttiva»;
    le organizzazioni sindacali hanno fatto presente che:
     a) tre anni fa, nonostante il bilancio in utile, l'impresa aveva già licenziato 46 lavoratori;
     b) il 28 dicembre 2016, in sede aziendale, era stato firmato un accordo con il quale l'azienda si impegnava a non ridurre il personale per il 2017;
     c) l'impresa avrebbe attualmente un fatturato di 320 milioni di euro, con l'obiettivo di arrivare, nel giro di qualche anno, a circa 500 milioni di euro di fatturato;
     d) l'azienda effettua tante esportazioni e ha fatto ampiamente ricorso alle ore di straordinario;
     e) l'azienda ha beneficiato negli anni di incentivi pubblici (quantificati dall'azienda in circa 7 milioni), oltre alle partecipazioni azionarie della Simest (controllata da Cassa depositi e prestiti) nelle aziende all'estero;
    la decisione di procedere ad un massiccio licenziamento collettivo, peraltro, pare poggiare, a quanto consta ai presentatori del presente atto, su presupposti e previsioni che non appaiono conformi con gli indicatori delle principali agenzie internazionali sulla congiuntura economica nazionale, europea e mondiale, laddove si consideri che così viene motivata: «Inoltre, la situazione di crisi nazionale ed internazionale ed i suoi imprevedibili sviluppi rendono oggi impossibile individuare, anche approssimativamente, il momento di una generale inversione di tendenza dell'andamento economico sopra descritto»;
    nonostante l'immediata disponibilità del Governo ad avviare un tavolo tecnico di confronto con l'impresa e le organizzazioni sindacali, la dirigenza della K-flex S.p.a. ha dichiarato che «non avendo novità da comunicare riguardo alla propria decisione di cessare l'attività produttiva del sito di Roncello già espressa nel corso dell'incontro del 3 marzo 2017, ritiene non opportuno partecipare all'incontro del 15 marzo 2017»;
    l'8 marzo 2017, in occasione di una risposta ad un atto di sindacato ispettivo, il Ministro dello sviluppo economico ha affermato che «Va detto che K-flex è una multinazionale che opera in 10 Paesi, con oltre 1.500 addetti, e non è, pertanto, un'azienda in crisi come mostrano gli stessi bilanci che evidenziano, tra l'altro, investimenti in crescita. Tra il 2007 e il 2012, Simest ha supportato il processo di crescita internazionale di K-flex attraverso la partecipazione a cinque operazioni di aumento di capitale, per 17,2 milioni, e attraverso un fondo di venture capital per 5 milioni destinati a Paesi strategici quali gli Emirati Arabi Uniti, la Cina, l'India e la Malesia. ... Il quadro di valutazione che emerge alla luce di queste considerazioni rende del tutto incomprensibile e non giustificata la decisione di cessare l'attività produttiva nello stabilimento italiano, quando, come risulta dagli accordi sottoscritti, vi erano impegni a non licenziare e ad avviare una riorganizzazione che avrebbe reso ancora più competitivo il sito»;
    in tale sede, è stato inoltre ricordato come la medesima impresa abbia beneficiato, tra l'altro, di un contributo, non ancora erogato, pari a 1,2 milioni di euro sul bando Horizon 2020. Contributo per il quale vige il vincolo della non delocalizzazione;
    oltre alla ricerca delle necessarie iniziative finalizzate a scongiurare la pesante perdita occupazionale prospettata dalla società nell'unico stabilimento italiano di Roncello, in una provincia, che negli ultimi anni, ha visto un considerevole ridimensionamento del suo tessuto produttivo, la vicenda della K-flex S.p.A., così come quella di molte altre aziende, evidenzia la necessità di un ripensamento complessivo del sistema di intervento pubblico a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese italiane, per scongiurare che una giusta ed auspicabile finalità possa precostituire, medio tempore e contro la volontà delle istituzioni, le condizioni per operazioni di delocalizzazione,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'azione di sollecitazione per un serio confronto presso il tavolo tecnico costituito in sede ministeriale con i vertici dell'azienda e le organizzazioni sindacali, finalizzato alla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali, anche attraverso il ricorso agli opportuni ammortizzatori sociali;
   nel caso specifico dell'impresa citata in premessa e più in generale, ad assicurare una puntuale e rigorosa applicazione della disciplina in materia di misure per l'internazionalizzazione delle imprese, finalizzata a garantire i livelli occupazionali nel nostro Paese;
   a riferire annualmente alle competenti commissioni parlamentari sull'andamento occupazionale delle imprese che hanno beneficiato degli strumenti di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano.
(7-01236) «Tinagli, Rotta, Albanella, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Damiano, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gnecchi, Gribaudo, Incerti, Lavagno, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Rostellato, Simoni».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 36 della Costituzione, al comma 1, recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa». Tale frase, seppur innumerevoli volte è stata presa ad esempio, parlando delle condizioni salariali dei lavoratori nel nostro Paese, non è mai stata realmente applicata per tutti;
    l'Italia, come l'Austria, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia e Cipro, è uno degli Stati membri dell'Unione europea a non prevedere un salario minimo orario nel proprio ordinamento. Tale strumento è stato delegato alle parti sociali che lo hanno sempre trattato, garantendo una retribuzione minima solo per i settori coperti dal contratto collettivo nazionale del lavoro;
    il salario minimo orario deve essere uno strumento che pone alla base della propria esistenza la dignità ad una paga oraria adeguata per ogni lavoratore e lavoratrice, il diritto di vedersi riconosciute le proprie competenze, senza dover accettare qualsiasi condizione lavorativa. Il salario minimo orario può essere uno strumento efficace nel contrastare l'aumento della povertà nel nostro Paese, proteggendo le categorie più a rischio di emarginazione e sfruttamento e non rappresentate, che altrimenti subirebbero salari ancora più bassi o la totale assenza di tutele nel sommerso, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno;
    nella legge delega n. 183 del 2014, il cosiddetto Jobs Act, era inizialmente previsto un salario minimo solo per i settori non coperti dalla contrattazione collettiva, senza quindi una reale incidenza sui salari minimi per i settori già vigenti, ma tale strumento non è mai apparso nei decreti attuativi;
    secondo i dati Istat relativi all'anno 2015 i contratti collettivi nazionali coprivano il 60 per cento dei lavoratori dipendenti. Ad un altro 20 per cento di lavoratori, seppur non tutelati in quanto non iscritti ai sindacati o non rientranti nei settori coperti da contrattazione, la nostra giurisprudenza ha esteso i principi dell'articolo 36 della Costituzione. Il restante 20 per cento fanno parte di quelle imprese, soprattutto piccole e medie, che non si avvalgono della contrattazione nazionale, non rispettandone perciò il salario minimo;
    non rientrano nei contratti collettivi nazionali del lavoro molte forme di precariato o parasubordinato, oltre che ovviamente il lavoro nero;
    sono al di fuori del salario minimo anche interi settori come il turismo, l'agricoltura o l'edilizia, e va evidenziato come oltre la metà dei lavoratori di questi settori guadagni un salario medio inferiore a quello stabilito nei contratti nazionali, ma anche intere categorie come i giovani o gli stranieri, soprattutto coloro con un contratto a tempo determinato;
    il mercato del lavoro italiano è caratterizzato da un'elevata compressione salariale e, per molti economisti, questa è una delle cause principali degli elevati tassi di disoccupazione di certe categorie di lavoratori, che rimangono « priced out» dal mercato del lavoro, e della disoccupazione nel Mezzogiorno, compressione in parte dovuta alla pratica giurisprudenziale di considerare come riferimento nella determinazione del «salario equo», in caso di contenzioso, proprio il salario più basso stabilito dalla contrattazione collettiva del settore;
    un salario minimo stabilito per legge ma inferiore al salario minimo implicito nei contratti collettivi, sarebbe il nuovo punto di riferimento obbligato per la giurisprudenza, rimpiazzando il salario minimo implicito nella contrattazione collettiva;
    i salari di imprese operanti nel medesimo settore, ma in regioni diverse potrebbero così differenziarsi maggiormente in base alle condizioni del mercato del lavoro e ai livelli di produttività, favorendo l'occupazione nelle regioni del Mezzogiorno;
    il salario minimo avrebbe anche l'effetto di incoraggiare il decentramento della contrattazione collettiva, poiché priverebbe quest'ultima, della copertura che le viene assicurata da una tradizione giurisprudenziale che interferisce secondo i presentatori del presente atto troppo con la libera contrattazione fra le parti a livello di azienda, senza dover aspettare la soluzione della disputa sulla corretta interpretazione degli articoli 36 e 39 della Costituzione;
    il salario minimo non deve essere usato come surrogato di altri strumenti contro la povertà, ma deve essere usato per contrastare il fenomeno dei « working poor», ovvero di chi è povero mentre ha un lavoro, fenomeno crescente nel nostro Paese, ma pur sempre marginale nel panorama della nostra povertà;
    vari studi hanno evidenziato che la parte più complessa è trovare il livello equilibrato, perché, infatti, se il salario minimo è troppo alto può diventare una spinta a non prevedere strumenti affinché sia garantito a discapito soprattutto dell'occupazione poco qualificata e dei giovani;
    trovare il giusto livello dovrebbe essere compito di un'Autorità indipendente, che propone al Governo il livello e gli adeguamenti del salario minimo orario su base annuale;
    un istituto di questo tipo esiste in quasi tutti i Paesi europei, come ad esempio il Lussemburgo che vanta il salario minimo più alto d'Europa pari a 11,12 euro l'ora, segue la Francia con 9,61, l'Olanda con 9,21, il Belgio con 9,10 e la Germania con 8,5 euro l'ora,

impegna il Governo

a promuovere iniziative normative finalizzate ad istituire il salario minimo orario, da applicarsi ai lavoratori non contrattualizzati, ai lavoratori contrattualizzati attraverso accordi firmati con organizzazioni sindacali non rappresentative sul piano nazionale, laddove migliorativo, o ai lavoratori contrattualizzati ma con prestazioni inferiori rispetto ai contratti collettivi nazionali del lavoro stipulati con le sole organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, assumendo inoltre iniziative per l'istituzione di un'autorità indipendente da realizzare senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, al fine di garantire il livello e gli adeguamenti del salario minimo orario.
(7-01237) «Baldassarre, Artini, Bechis, Segoni, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 è stata istituita, presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, la struttura di missione «delegazione per l'organizzazione della Presidenza italiana del Gruppo dei Paesi più industrializzati», per la preparazione e l'organizzazione della Presidenza del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio 2017 a Taormina;
   nonostante l'ampia struttura di missione, i lavori di allestimento e preparazione all'evento ancora non sarebbero partiti: infatti, secondo quanto riportano organi di stampa «dove atterreranno i grandi del mondo per adesso ci sono sterpaglie, calcinacci, qualche rifiuto, [...] La strada che percorreranno i ministri dell'economia delle sette nazioni più ricche del pianeta, invece, è strettissima, piena di buche, con l'erba e il terreno che qua e là invadono le carreggiate» [...] «gli scali per accogliere gli elicotteri con a bordo le personalità più potenti del mondo, per momento si vedono solo due piazzali in aperta campagna»;
   l'articolo 1, comma 381 legge 232 del 2016 prevede la creazione di un fondo di 45 milioni di euro «per l'attuazione degli interventi relativi all'organizzazione e allo svolgimento del vertice tra i sette maggiori Paesi industrializzati (G7), anche per adegua enti di natura infrastrutturale e per le esigenze di sicurezza»;
   il 16 settembre 2016 la Consip ha indetto un bando di gara a procedura, aperta dal valore di 25 milioni di euro, suddivisa in quattro lotti, «per la conclusione di quattro accordi quadro aventi a oggetto l'erogazione dei servizi di progettazione, organizzazione, allestimento e gestione chiavi in mano del vertice dei Capi di Stato e di Governo, degli eventi ministeriali, di altri eventi tecnico/politici connessi all'anno di Presidenza Italiana del G7 per il 2017 nonché della gestione delle attività di registrazione, accreditamento e controllo accessi a detti eventi»;
   in questo caso, tuttavia, solo una parte dell'appalto è stato assegnato, in quanto, secondo quanto si legge sul sito della Consip, ad oggi risultano assegnati solo lotto 3 e il lotto 4, per un valore complessivo inferiore a 2,5 milioni di euro, meno del 10 per cento del valore dell'intero bando;
   inoltre, la struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come si evince dal sito istituzionale, è ricorsa a diverse consulenze che comunque graveranno sui conti pubblici;
   davanti a tali oggettivi ritardi, il Governo ha stabilito, all'articolo 7 legge 243 del 2016 una norma che stabilisce che «gli interventi funzionali alla presidenza italiana del G7 nel 2017, in quanto imprevedibili in relazione a consistenza e durata dei procedimenti, costituiscono presupposto per l'applicazione motivata della procedura di cui all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» e dunque «le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti» –:
   per quali motivi si siano accumulati ritardi in capo alla struttura di missione facente capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   per quali ragioni non sia avvenuta l'aggiudicazione dei due lotti del bando di gara Consip di cui in premessa;
   quanti e quali siano i consulenti di cui si avvale la suddetta struttura di missione;
   se non intenda intraprendere iniziative al fine di impedire l'aggiudicazione tramite procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara degli appalti di cui ai due lotti del bando Consip non assegnati esposti in premessa;
   a quanto ammontino complessivamente le risorse pubbliche, a livello centrale e decentrato, direttamente o indirettamente destinate al G7 di Taormina. (5-11045)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2017 è scaduto il termine per l'invio all'Inps delle domande di adesione all'ottava salvaguardia, la misura che permette ai lavoratori esodati rimasti scoperti a causa della cosiddetta «riforma Fornero» di andare in pensione con le regole precedenti il 2011;
   con la legge di stabilità 2017, si è voluta dare una soluzione definitiva al problema degli esodati; ritenendo esaustivo l'impegno assunto nei loro confronti nel corso degli anni, il Governo, promotore del provvedimento, ha stabilito che questa dovesse essere l'ultima salvaguardia prevista, tanto da proporre l'abolizione del fondo relativo, istituito all'articolo 1, comma 235 della legge n. 228 del 24 dicembre 2012, e la destinazione dei residui fondi economici ad altro impiego, come già avvenuto con la legge di stabilità 2016 che ha tolto, dalle risorse già stanziate per questa finalità, ben 230 milioni di euro, destinandoli ad altri interventi previdenziali;
   la documentazione prodotta dall'Inps a maggio 2016 dimostra come la valutazione delle platee aventi diritto sia sempre stata sovrastimata, già nel 2012 a partire dalla seconda salvaguardia, di addirittura 20.000 unità;
   nonostante le risorse in «avanzo», nel corso degli anni, anziché rientrare nel fondo dedicato, siano state deviate per altri interventi, come è noto, l'onere per la sesta e per la settima salvaguardia è stato coperto totalmente con una parte dei risparmi delle precedenti salvaguardie e dalle risorse già presenti nel Fondo di rotazione previsto dall'articolo 243-ter del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e pertanto anche gli oneri dell'ottava salvaguardia potranno essere facilmente coperti dal citato fondo, nonché da quelli derivanti dal completamento delle procedure relative alla sesta e alla settima salvaguardia;
   dai dati diffusi dall'Inps risulta che il numero dei lavoratori che fruirà dell'ottava salvaguardia è pari a 30.700 soggetti. La Rete dei comitati degli esodati stima, invece, che il numero degli aventi diritto sia superiore e pari ad almeno 34 mila lavoratori;
   un notevole numero di persone, quindi, avendone diritto, resterà escluso e discriminato e dal 3 marzo 2017 in poi, può ricorrere soltanto all'Anticipo pensionistico (APE) sociale o all'APE volontaria (che saranno effettive però dal primo maggio 2017): due provvedimenti nettamente penalizzanti rispetto all'ottava salvaguardia;
   in una lettera aperta, con una richiesta di intervento, inviata al Presidente della Repubblica il 7 gennaio 2017, il Comitato esodati «Licenziati o Cessati Senza Tutele», denuncia la violazione del principio di eguaglianza tra i cittadini di fronte alla legge, provocata dal provvedimento dell'ottava salvaguardia, «mentre per alcune tipologie di ex lavoratori, nei confronti dei quali è previsto il perfezionamento dei requisiti entro 36 mesi dal termine mobilità, estendendone di fatto la tutela fino al 6 gennaio 2021, per altre tipologie, vincolate al regime delle decorrenze per un periodo di soli 24 o 12 mesi (a seconda della casistica), la tutela si limita per alcuni al 6 gennaio 2019, mentre per altri non va oltre il 6 gennaio 2018. In sostanza, una discriminazione nel diritto che, nei casi limite, tra due ex lavoratori appartenenti a differenti tipologie, ancorché caratterizzati da una perfetta identità di requisiti, arriva a superare i 5 anni.» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e come intenda intervenire per sanare una situazione che appare agli interroganti non conforme al principio di eguaglianza con riferimento ad ex-lavoratori aventi diritto ed esclusi dall'ottava salvaguardia;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per superare le criticità evidenziate, con particolare riguardo alla denunciata discriminazione. (5-11047)


   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, NICCHI, SANNICANDRO, FAVA, FRANCO BORDO, PIRAS, QUARANTA, KRONBICHLER e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale dell'Italia, dopo Germania e Francia, ed il primo per esportazioni nette, date da export-import;
   le recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump, sulla volontà di introdurre dazi elevatissimi ai prodotti provenienti dall'Europa, aprono uno scenario di estrema criticità per l'economia del nostro Paese, considerata anche la potenziale espansione del nostro export verso gli Usa quantificabile, secondo alcuni analisti, sino a 10 punti percentuali in più;
   le ripercussioni di tale prospettiva, che alcuni cominciano già ad indicare come guerra commerciale, avranno ripercussioni molto gravi, non solo per i grandi marchi del Made in Italy, ma anche per le diverse realtà imprenditoriali di medie e piccole dimensioni, che sull’export puntano gran parte delle proprie risorse;
   basti fare l'esempio delle imprese della regione Marche, per le quali gli Stati Uniti rappresentano il quarto Paese per destinazione delle merci prodotte nella regione;
   secondo le elaborazioni del centro studi Cna Marche sui dati Istat, le imprese marchigiane hanno esportato negli Usa, nel 2016, merci per circa 756 milioni di euro; export che ha interessato principalmente i settori della meccanica (215,2 milioni di euro); della moda (196,3 milioni di euro, dove il settore delle calzature copre il 73,6 per cento delle esportazioni della moda); dei prodotti metalliferi (98,1 milioni di euro) e dell'agroalimentare (15,7 milioni di euro);
   l’export dei prodotti marchigiani è stato già duramente penalizzato, negli ultimi anni, a causa delle restrizioni causate dalle sanzioni dell'Unione europea alla Russia; una seconda crisi commerciale di questa portata sarebbe deleteria per i distretti produttivi della regione –:
   se il Governo non ritenga opportuno riferire in merito alle azioni diplomatiche che intenda adottare, anche congiuntamente con i partner europei, al fine di scongiurare l'irrigidimento delle relazioni commerciali con gli Stati Uniti. (5-11049)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per l'ennesima volta la Sardegna è stata letteralmente isolata per via dello sciopero aereo del 5 aprile 2017, provocando una vera e propria interruzione di servizio pubblico;
   a parere dell'interrogante tale interruzione si configurerebbe come un reato, considerata la condizione essenziale di regione insulare della Sardegna;
   l'Alitalia ha anticipato 26 voli cancellati in vista dello sciopero del 5 aprile 2017;
   alla protesta di Alitalia si sono aggiunti i lavoratori di Meridiana: due voli eliminati tra Olbia e Roma;
   in modo assolutamente ancora più grave e indebito Alitalia ha annullato alcuni collegamenti previsti per il 4 e per il 6 aprile 2017, rendendo impossibile trovare posto a cavallo di queste giornate;
   è impossibile prenotare un biglietto nella settimana di Pasqua;
   lo sciopero di mercoledì 5 aprile rischia di proseguire una stagione di proteste che metteranno a dura prova i collegamenti da e per la Sardegna;
   appare inqualificabile la limitazione delle fasce protette da e per la Sardegna;
   la stessa richiesta della regione di ampliare le fasce protette è stata reiteratamente ignorata sia dal Governo che dal Ministro competente;
   a questo si aggiunge che risulta impossibile prenotare da e per la Sardegna nel periodo pasquale;
   le prenotazioni per i collegamenti nella settimana pasquale risultano già abbondantemente esaurite –:
   se il Governo non ritenga di dover immediatamente assumere iniziative per estendere le fasce protette a tutte le giornate di protesta, garantendo un servizio pubblico essenziale per le regioni insulari;
   se non ritenga di dover ricorrere alla precettazione, per il pieno rispetto del servizio pubblico della continuità territoriale da e per la Sardegna;
   se non ritenga di dover assumere ulteriori iniziative in merito, considerato che si è verificata l'interruzione di un pubblico servizio. (5-11065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel centro di Roma si trova una struttura ospedaliera denominata «San Giacomo» la cui ristrutturazione è costata circa 20 milioni di euro, ma che è stata poi inspiegabilmente chiusa;
   sono evidenti le ricadute sul fronte dell'assistenza sanitaria a seguito della chiusura di detto presidio, sia per la sua posizione strategica, sia per la sua classificazione ovvero un Dea di 1o livello, con pronto soccorso e con 123 posti letto a disposizione;
   i lavori di ristrutturazione si sarebbero protratti almeno fino a tutto il 2013;
   la regione Lazio continua a pagare un canone mensile senza alcuna finalità, essendo la struttura di fatto chiusa, inutilizzata e non riconvertita –:
   se il Governo disponga di elementi, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario della regione Lazio, circa le ragioni per le quali il complesso del San Giacomo continui a rimanere chiuso e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per una qualunque ipotesi di rilancio della struttura in oggetto. (4-16166)


   PALESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel periodo dal 2007 al 2012, 58 disabili sono stati impiegati a tempo determinato negli ex CSL (oggi CPI, Centri per impiego Aspal – Agenzia Sardegna politiche attive lavoro) come operatori specializzati di computer per l'aggiornamento del SIL Sardegna, il recupero dello storico e le ordinarie attività dei centri;
   l'avvio all'impiego è avvenuto tramite bando pubblico della regione Sardegna con il «Progetto Lavor@bile», ex legge n. 68 del 1999, con l'obiettivo di qualificare i disabili e inserirli nel mondo del lavoro, bando a cui ha fatto seguito una prova preselettiva e una graduatoria finale;
   nonostante performance lavorative eccellenti, gli obiettivi programmati raggiunti e le numerose proroghe contrattuali ottenute, dei circa 50 lavoratori disabili nessuno è poi stato inserito in un percorso di stabilizzazione, percorso invece garantito agli altri colleghi precari;
   da vari anni questi lavoratori hanno intrapreso un difficile percorso volto a veder riconosciuto il proprio diritto ad essere stabilizzati all'interno dell'Aspal. Obiettivo che presumono di aver raggiunto con la programmazione triennale di fabbisogno del personale che prevedeva la totale copertura dei posti disabili destinandoli proprio ai lavoratori del Progetto Lavor@bile;
   tale situazione, purtroppo, ha raggiunto i caratteri dell'estrema gravità quando l'Aspal nel periodo luglio 2016-gennaio 2017 ha provveduto alla stabilizzazione e al trasferimento di altro personale senza che tale percorso coinvolgesse in alcun modo la quota disabili;
   i lavoratori del «Progetto Lavor@bile» sono stati, quindi, esclusi da tale stabilizzazione nonostante l'appartenenza all'articolo 37 comma 10, della legge regionale n. 9 del 2016 ed avendo acquisito il diritto al reinserimento al lavoro grazie al riconoscimento di professionalizzati CSL con l'articolo 29, comma 35, della legge regionale n. 5 del 2015 (legge finanziaria) ed essere stati contemplati, ex legge n. 68 del 1999 e legge n. 125 del 2013, in merito all'inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, nel Piano triennale del fabbisogno del personale ASPAL (det. direttore generale n. 969 del 25 ottobre 2016);
   risulta secondo l'interrogante evidente la lesione del principio di parità di trattamento e pari opportunità nei confronti delle persone disabili e nei confronti di persone assunte a seguito di bando pubblico, prove di selezione e graduatoria finale;
   sulla vicenda è intervenuto anche l'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento pari opportunità che, con molteplici comunicazioni, ha sollecitato l'assessorato del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale a fornire chiarimenti sulla vicenda –:
   quali siano le risposte ottenute dall'assessorato regionale a seguito delle missive inoltrate dall'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento pari opportunità e quali iniziative intenda intraprendere per porre fine a questa annosa vicenda lesiva dei diritti di persone, oltreché lavoratori, disabili. (4-16169)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e ANDREA ROMANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, sia italiane che internazionali, il presidente della commissione servizi segreti del Senato degli Stati Uniti d'America Richard Burr, avrebbe denunciato lo sforzo manifesto da parte dei russi nel condizionare l'esito delle prossime elezioni in diversi Paesi europei, dalla Serbia alla Francia alla Germania, facendo ricorso ad attacchi cibernetici coordinati fino alla « character assasination of candidates» ovvero la diffamazione dei candidati;
   esiste peraltro un forte sospetto, come riportato in un articolo di Marco Bresolin su La Stampa del 30 marzo 2017, che alcune campagne elettorali, ad esempio quelle delle elezioni locali del partito nazionalista tedesco, Alternative fur Deutschland, siano state finanziate anche con soldi russi;
   nel 2014, la vittoria di Marine Le Pen e del Front national fu accompagnata da un prestito di 9 milioni di euro da parte della First Czech Russian Bank, a cui sarebbero dovuti seguire altri 27 milioni di euro per le presidenziali;
   queste azioni rientrerebbero in un disegno di destabilizzazione dell'Unione europea, dove la strategia russa punterebbe a sostenere tutte quelle forze politiche determinate ad archiviare la vicenda comunitaria e intraprendere nuove strategie ed alleanze;
   nel colloquio pubblicato dal quotidiano La Stampa del 30 marzo 2017, un esponente del MoVimento 5 Stelle, offre ulteriori elementi volti a sostenere un disegno di sostanziale superamento dell'Unione europea auspicando, in stile brexit, la stipula di «accordi commerciali bilaterali con chi conviene in un contesto multilaterale»;
   nel giugno del 2016, risulta che lo stesso Di Stefano sia stato l'unico politico italiano presente al Congresso di Russia Unita, il partito del presidente Putin;
   per rispondere a tali azioni di propaganda, un primo passo è stato compiuto dal Servizio di azione esterna facente capo all'Alto Commissario europeo per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, attraverso la creazione di un gruppo – East Stratcom Task Force – che dovrebbe contrastare le fake news con informazioni basate sui fatti –:
   se risultino confermate le informazioni riportate nelle premesse e in tal caso quali iniziative si intendano intraprendere, sia sul piano interno che a livello diplomatico, di concerto con gli altri partners europei e le istituzioni comunitarie, per contrastare il disegno di destabilizzazione illustrato più sopra, nonché per assicurare le condizioni per un sereno confronto politico in vista delle prossime elezioni politiche che si terranno nel nostro Paese. (5-11062)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GARAVINI, FEDI e GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel quadro della diminuzione del numero di strutture diplomatico-consolari imposta da esigenze di ordine finanziario, nel 2010, si è proceduto a chiudere il consolato di Manchester, sostituendolo con uno sportello consolare di prima categoria dipendente dal consolato generale d'Italia a Londra, che, a sua volta, è stato chiuso nel 2014;
   anche a seguito di questa vicenda, la circoscrizione consolare di Londra ha raggiunto il numero di 280.000 iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire), divenendo la seconda al mondo per numero di iscritti e la più estesa in Europa;
   questi livelli di densità degli iscritti dell'Aire, per altro, non tengono conto di coloro che, pur risiedendo in quella circoscrizione consolare, non hanno regolarizzato anagraficamente la loro posizione, anche perché protagonisti della sempre più diffusa mobilità temporanea di studio e di lavoro;
   questo processo di accentramento è avvenuto, in parallelo, con scelte di contenimento dell'invio di personale amministrativo all'estero e con l'entrata a regime dei sistemi di contatto telematico tra amministrazione e utenti che, alla prova dei fatti, si è dimostrato meno agevole ed efficiente di quanto fosse lecito attendersi;
   tra le altre cose, anche l'ipotesi di inviare personale aggiuntivo al consolato di Londra, per fronteggiare il grande carico di lavoro, si scontra con i limiti logistici dello stesso consolato, che non consentono di ospitare personale e materiali oltre il limite già raggiunto;
   è prevedibile che, a seguito delle vicende legate alla Brexit, le esigenze di ricorso ai servizi consolari da parte di un'utenza così vasta e dispersa tendano a crescere, con ulteriori prevedibili disagi per i nostri connazionali e crescente congestione delle attività amministrative che il consolato dovrà affrontare;
   in occasione della sua recente seduta plenaria, lo stesso Consiglio generale degli italiani all'estero, (Cgie) ha richiamato l'attenzione del Governo sull'insostenibilità di tale situazione e sulla opportunità di provvedere mediante la creazione di una struttura capace di decongestionare il consolato generale di Londra –:
   se a fronte di una situazione di così evidente necessità e urgenza il Ministro interrogato non ritenga di disporre la riapertura del consolato di Manchester al quale affidare la missione di assolvere ai servizi indispensabili per i nostri connazionali residenti non solo nelle aree circostanti a Manchester, ma in tutto il Nord dell'Inghilterra. (4-16172)


   SENALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a gennaio 2017 mezzi d'informazione hanno diffuso la notizia che le autorità svizzere, allo scopo di arginare reati contro il patrimonio a loro avviso commessi da criminali provenienti dall'Italia, avevano deciso di chiudere, nelle ore notturne, i valichi di frontiera a Novazzano, Pedrinate e Ponte Cremenaga;
   in data 1o aprile 2017 le autorità elvetiche hanno effettivamente incominciato a chiudere i tre valichi fra le ore 22 e le 5;
   la misura rischia di avere ripercussioni negative sulla viabilità nelle aree del territorio italiano che si trovano vicino ai valichi;
   la chiusura crea disagi ai frontalieri che attraversano il confine anche nelle ore interessate dal provvedimento;
   la Svizzera fa parte, come l'Italia, dell'Area Schengen, dunque non effettua più controlli sistematici alla frontiera (con eccezione per quelli previsti da precisi vincoli, dovuti a motivi di sicurezza interna o a fondati sospetti su minacce alla sicurezza pubblica e su casi di criminalità transfrontaliera) ed è tenuta a garantire la libera circolazione dei cittadini europei;
   la decisione è stata presa in modo unilaterale dalle autorità elvetiche, senza comunicazioni agli enti locali italiani che si trovano nei pressi del confine e senza tenere in considerazione i disagi conseguenti;
   la chiusura, stando alle fonti di stampa, dovrebbe rimanere in vigore per 6 mesi ma, avendo carattere sperimentale, potrebbe essere secondo l'interrogante prolungata sine die;
   la convocazione tempestiva dell'ambasciatore svizzero ha dimostrato l'attenzione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale verso la questione sollevata anche da tanti sindaci dei territori di confine –:
   se le autorità elvetiche abbiano indicato la tempistica per la risoluzione della situazione di disagio e di discriminazione che contravviene i trattati di libera circolazione;
   se, in caso di prosecuzione della chiusura notturna dei valichi di frontiera intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, a tutela dei cittadini italiani ed in particolare dei lavoratori frontalieri. (4-16174)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e FEDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   numerose ragioni economiche, politiche e sociali conducono il nostro Paese ad essere sempre più implicato nelle vicende africane, come dimostrato dal ruolo centrale che in tempi recenti le istituzioni conferiscono all'Africa e alle relazioni dell'Italia con i Paesi africani;
   a tal fine, è un obiettivo prioritario accrescere l'interesse ed estendere le conoscenze degli italiani, e in particolare delle più giovani generazioni, per lo studio e la diffusione della storia, dell'arte, della letteratura e della cultura africana;
   uno dei fondi documentari ed archivistici più importanti tra quelli esistenti per lo studio, per la conoscenza e per la storia dell'Africa intera, ed in particolare della Libia, è chiuso da più di quattro anni in seguito ad una disastrosa vicenda amministrativa. Si tratta della biblioteca e degli archivi dell'Istituto per l'Africa e l'Oriente (Isiao), che è la più importante in Italia per gli studi africani, ed è una delle prime in Europa per l'unicità e la dimensione delle sue collezioni; il decreto del Presidente della Repubblica del 16 gennaio 2017 sancisce che fra le competenze delegate al Vice Ministro Mario Giro, vi sono le questioni relative all'Isiao, ivi inclusi i provvedimenti afferenti alla liquidazione del medesimo; pertanto dopo le dimissioni di Antonio Armellini da commissario liquidatore, le residue attività liquidatorie sono svolte dall'Unità di analisi, programmazione e documentazione storico-diplomatica del MAECI;
   il fondo fotografico conservato insieme alla biblioteca è stato definito «la memoria visiva della nostra vicenda coloniale»; quello cartografico conserva una documentazione unica per la sua completezza sui territori più legati alla presenza storica italiana nel continente africano;
   questa situazione ha danneggiato gravemente gli studi in ambito africanistico, impedendo la continuità delle ricerche condotte dagli studiosi e dagli studenti delle nostre università;
   da pochi giorni il segretariato generale ha deciso di trasferirne tutto il patrimonio, compresa la biblioteca, al Museo delle civiltà. Il Museo, prodotto della fusione di quello preistorico etnografico «Pigorini», arti e tradizioni popolari, arte orientale «Tucci» e alto medioevo, avrà sede all'Eur, e condividerà i locali anche con il Museo nazionale di arte orientale, sito attualmente in Via Merulana, presso il palazzo Brancaccio;
   i locali presso l'EUR di Roma sono tutti di proprietà dell'INAIL, presi in locazione dal Mibact. Nel Piano strategico grandi progetti beni culturali 2017-2018, il Mibact ha programmato la spesa di 10 milioni di euro per la «Riorganizzazione, l'allestimento e la valorizzazione del Museo delle Civiltà»;
   attualmente tali musei, dal punto di vista del personale, sono drammaticamente carenti, poiché i funzionari e i professionisti altamente qualificati in pensione, non sono stati rimpiazzati. Ad esempio, al Museo Pigorini non c’è più nessun africanista. È ora in corso un concorso per l'assunzione di 500 funzionari al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che comprende cinque demoetnoantropologi nel Lazio, che presumibilmente saranno destinati al museo delle civiltà. Nel Lazio si assumeranno anche dieci bibliotecari, che difficilmente verranno assegnati al museo, poiché già le maggiori biblioteche risultano carenti di personale –:
   quali siano tempi e le modalità d'attuazione della riunificazione del patrimonio che apparteneva all'ISIAO presso il Museo delle civiltà e come si intenda garantire la rapidità e la corretta conservazione del materiale, tenendo conto anche dei progetti di ristrutturazione dell'edificio;
   come si intenda assicurare la conservazione e il restauro del patrimonio, e specialmente della cartoteca e fototeca, e se non si valuti opportuno arricchire ulteriormente la biblioteca di africanistica, attraverso acquisti di monografie straniere e abbonamenti ai periodici stranieri e/o alle banche dati bibliografiche internazionali;
   quali ulteriori iniziative si intenda intraprendere per assicurare un'adeguata assegnazione di personale presso il Museo delle civilità. (4-16171)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   ad avviso dell'interrogante sussiste il rischio che si addivenga ad una disciplina più favorevole all'esportazione delle opere d'arte, con il rischio concreto di una svendita del patrimonio culturale italiano del Novecento, creando un danno irreversibile dell'identità storico-culturale italiana e al nostro patrimonio d'arte;
   risulta all'interrogante che la revisione della regolamentazione della circolazione delle opere d'arte sia stata auspicata da un gruppo d'interesse, che rappresenta case d'asta internazionali, associazioni di antiquari e galleristi d'arte moderna e contemporanea, associazione libraiantiquari e operatori della logistica nel settore di beni culturali;
   il codice dei Beni culturali, all'articolo 64-bis stabilisce che «il controllo sulla circolazione internazionale è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti»;
   l'Unesco, con il Trattato di Parigi del 1970, sancì il diritto alla restituzione delle opere illecitamente fuoriuscite dai Paesi, con ciò riconoscendo il diritto dei singoli Stati alla tutela del proprio patrimonio;
   l'Italia all'articolo 9, tra i principi della Costituzione ha inserito «la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione» –:
   quali iniziative, anche normative, s'intendono adottare al fine di assumere una disciplina stringente relativa alla circolazione internazionale delle opere, in maniera da evitare l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica, e dunque la perdita, di beni culturali di grandissimo pregio. (4-16177)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BASILIO, CORDA, RIZZO, FRUSONE, TOFALO, DURANTI, CARLO GALLI, ARTINI, DALL'OSSO, BUSINAROLO, PISANO, BARONI, LOREFICE, CAUSIN, SBERNA, MANTERO, COMINARDI, MICILLO, SILVIA GIORDANO, LUIGI GALLO e DI VITA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda del signor F. R. rappresenta un evidente caso di malagiustizia, a cui è seguita una tragica penalizzazione dal punto di vista professionale, con gravi negative ricadute dal punto psicologico ed economico, anche per i famigliari;
   riassumendo sinteticamente i fatti, il signor R. il 21 settembre 2011 alle ore 4 del mattino è stato arrestato nella caserma militare di Barletta, dove prestata servizio come militare e tradotto al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per poi essere condotto in cella di isolamento per i successivi quattro giorni;
   i reati ipotizzati, a seguito di intercettazioni telefoniche, erano relativi al traffico e ricettazione di sostanze stupefacenti;
   l'11 ottobre 2011 viene accolta l'istanza dallo stesso giudice che aveva firmato l'arresto, con la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari;
   l'11 novembre 2011 il Ministero della difesa emana la graduatoria dove risulta vincitore di concorso, collocato al n. 153 su 946 concorrenti;
   il 21 novembre 2011 L'Esercito italiano dispone la sospensione della nomina di vincitore di concorso per aver perso i requisiti morali;
   il 19 gennaio 2012 L'Esercito italiano lo colloca in congedo illimitato per aver perso i diritti morali;
   il 17 febbraio 2012 viene presentata seconda istanza di riesame per la revoca degli arresti domiciliari allo stesso tribunale, l'appello viene accolto con l'immediata liberazione;
   il 30 maggio 2012 viene presentato ricorso al T.A.R. del Lazio per il reintegro in servizio;
   il 19 giugno 2012 viene respinto il ricorso al T.A.R.;
   il 30 aprile 2015 il G.U.P. ha pronunciato la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, la stessa è rinvenuta cosa giudicata;
   il 20 aprile 2016 viene anche riconosciuto l'indennizzo dell'ingiusta detenzione dalla Corte di appello di Salerno;
   il 29 settembre 2016 l'on. Rossi, Sottosegretario di Stato al Ministero della difesa, rispondendo ad apposita interrogazione presentata al Senato, affermava, tra le altre cose: «i profili esposti....rendono comunque opportuno esaminare eventuali ulteriori prospettazioni anche per valutazioni più complessive di tali fattispecie compatibili con l'ordinamento militare»;
   nel febbraio 2017 viene presentata istanza al Presidente della Repubblica;
   il signor F. R. versa in condizioni di estrema fragilità emotiva e psicologica, unitamente a tutti i suoi famigliari e, inoltre, la grave ingiustizia subita ha causato ingenti danni economici e morali, ancora più gravi in quanto padre di due bambini;
   nel marzo 2017 veniva presentata dal promotore Salvatore Rullo, presidente dell'associazione As.So.Di.Pro, apposita petizione online sul sito specializzato «Change.org», che ha raggiunto alla data odierna 33.000 sostenitori circa –:
   per quali motivi non sia stato dato seguito a quanto prospettato dal sottosegretario on. Rossi riguardo ad eventuali soluzioni che prevedano fattispecie compatibili con l'ordinamento militare;
   quali urgenti provvedimenti si intendono adottare per il reintegro nell'Esercito italiano del signor F. R. anche prevedendo provvedimenti straordinari e, ove possibile, considerando l'anzianità di servizio negata dalla nota vicenda, per porre fine a una situazione di gravissima ingiustizia che perdura ormai da diversi anni e restituire dignità a un uomo che si è sempre impegnato con abnegazione e grande senso del dovere al servizio delle istituzioni. (4-16175)


   RONDINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i dati diffusi dall'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità mostrano in maniera preoccupante, ad avviso dell'interrogante, la crescita senza controllo degli stranieri residenti a Milano sono il 21,5 per cento della popolazione (289 mila, 13.700 in più rispetto al 2015), rispetto ad una media lombarda del 13,1 per cento e ad una media nazionale dell'8,3 per cento;
   si stimano 26 mila clandestini all'ombra della Madonnina. In tutta la Lombardia gli stranieri regolari sono quasi un milione e mezzo (più circa centomila irregolari), ma in 50 mila hanno ottenuto nel frattempo la cittadinanza italiana (oltre 8 mila soltanto a Milano). A seguire lo stesso osservatorio conferma: su 10 mila domande analizzate, soltanto il 7 per cento ha ottenuto lo status di profugo;
   le nuove sfide della sicurezza dettate dagli ultimi fatti di cronaca (dalla minaccia terroristica al caso dell'aguzzino somalo arrestato vicino alla stazione centrale) impongono una stretta nei controlli. Se nel 2016 a Milano le espulsioni di clandestini erano triplicate rispetto all'anno prima (erano 296 nel 2015, sono diventate 762 l'anno successivo), anche il primo mese del 2017 registra un segno più in confronto al gennaio 2016: da 33 casi, i rimpatri sono più che raddoppiati quest'anno, fino a raggiungere quota 72 (dato parziale);
   notizie riportano come vi sia il progetto di trasformare il dipartimento militare ex Baggio in Polo di accoglienza sanitaria per i profughi provenienti dalla Libia;
   ad oggi non ci sono strutture adatte allo scopo in quanto Baggio è in uno stato di abbandono da diversi anni, e cosa grave che il direttore di Baggio pretenderà personale medico e paramedico dall'IMAS. Tutto questo è voluto anche a causa delle reazioni violente nei confronti dei medici del Celio da parte dei migranti, fatto che sta accelerando il trasferimento su Milano –:
   se siano a conoscenza della situazione e non intendano intervenire al fine di evitare che un ulteriore numero di migranti sia ricollocato a Milano che già risente della presenza massiccia sia di presenze ufficiali sia di stranieri non censiti e controllati, sguarnendo una realtà di assoluta eccellenza e garanzia per quanto riguarda i controlli medici effettuati sui piloti civili e militari e su tutto il personale di volo. (4-16182)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALGANO e MENORELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 24 febbraio 2000 è stato conferito a Consip SpA l'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro di acquisto per la pubblica amministrazione, facendone la centrale di acquisto pubblica controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   per quanto attiene ai servizi di Facility Management, cosiddetto «FM» (energia, pulizia, manutenzione e altro) Consip  Spa bandisce gare quadro, a lotti distinti;
   la gara Consip FM4 è stata bandita nel marzo 2014;
   nel settembre 2016, è stato richiesto ad alcune aziende partecipanti di confermare l'offerta presentata e alcuni concorrenti (come il CNS) non hanno confermato la propria offerta e quindi sono usciti dalla gara;
   nel dicembre 2016, diveniva nota l'indagine in corso sulla Romeo Spa, partita dalle vicende dell'ospedale Cardarelli di Napoli, che ha poi interessato, per alcuni profili, anche Consip e la menzionata procedura FM4;
   nelle settimane successive, venivano pubblicate notizie di stampa ove si è ipotizzato l'integrale annullamento delle gare «inquinate» FM4;
   in data 29 marzo 2017 il consiglio dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) si è espresso su una richiesta di parere in merito alla procedura da seguire relativamente alla gara «Facility Management 4», oggetto della citata indagine giudiziaria. La richiesta di parere riguardava la rilevanza di fatti corruttivi individuati in una ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Roma ai fini della eventuale adozione di provvedimenti in autotutela di aggiudicazioni già effettuate. L'Anac, dopo aver precisato che «l'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (vecchio codice dei contratti pubblici) impone di non procedere alla stipula del contratto solo in presenza di una sentenza passata in giudicato, ha però precisato che fatti di rilevanza penale, anche se non accertati in via definitiva, possono essere qualificati quali grave illecito professionale e giustificare in base a una valutazione discrezionale della stazione appaltante l'emissione di provvedimenti in autotutela. Spetta dunque a Consip – si legge nel parere Anac – stabilire se i fatti contestati dall'autorità giudiziaria possano motivare l'esclusione dalla gara FM4 del concorrente dalla gara»;
   soprattutto alla luce della possibilità rappresentata da Anac, occorre mettere in evidenza le gravi e paradossali conseguenze che deriverebbero dall'annullamento integrale della gara Consip FM4;
   infatti, nell'evenienza dell'annullamento della procedura FM4, i rapporti contrattuali derivanti dalla precedente gara FM3 continuerebbero in una ulteriore (e di per sé impropria) proroga della precedente gara FM3, prevedibilmente lunga, attesi i fisiologici tempi di gestione di una nuova procedura;
   tuttavia, gli appalti FM3 sono eseguiti, fra gli altri, sia da aziende che non hanno ottenuto aggiudicazioni nella nuova gara FM4 (come alcune che avevano rinunciato o altre che erano state escluse), sia da aziende che, sono direttamente coinvolte nelle indagini (si veda a proposito la Romeo spa), le quali, peraltro, sono presenti nel citato FM3 in proporzioni persino maggiori rispetto a quelle ottenute a seguito della conclusione sostanziale delle gare di cui all'FM4 –:
   se il Governo possa chiarire se, per quanto di competenza, esista o possa essere avviato un procedimento di Consip volto ad annullare integralmente la gara FM4, alla luce, da un lato, della diversa possibilità di considerare le indicazioni dell'Anac del 29 marzo 2017 in premessa citate e, dall'altro, degli effetti per gli interroganti paradossali che deriverebbero dalla prosecuzione dei contratti FM3, allo stato eseguiti da aziende risultate escluse dall'FM4 o implicate in quelle stesse attività investigative che, in ipotesi, darebbero causa alle stesse paventate decisioni in autotutela. (5-11050)


   GIACOMONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) ha introdotto due nuove forme di agevolazioni fiscali dirette a incentivare gli investimenti a lungo termine, specialmente nel capitale delle piccole e medie imprese italiane ed europee;
   in particolare, i commi 88-99 dell'articolo 1 prevedono, a favore di casse previdenziali e fondi pensione, la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni) nel capitale delle imprese, nel limite del 5 per cento del loro patrimonio;
   i commi da 100 a 114 prevedono invece, a favore delle persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di un'attività di impresa commerciale, un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi derivanti dagli investimenti effettuati in piani individuali di risparmio a lungo termine (cosiddetti PIR): i vantaggi consistono, essenzialmente, nell'esenzione dei redditi finanziari generati dagli investimenti detenuti nel piano e nell'esenzione dall'imposta di successione, in caso di trasferimento causa morte degli strumenti finanziari detenuti nel piano; per beneficiare delle esenzioni tali strumenti finanziari devono essere detenuti per almeno 5 anni e devono investire nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le piccole e medie imprese, nei limiti di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro; i piani di risparmio devono essere gestiti da intermediari finanziari o imprese di assicurazione, che devono investire diversificando il portafoglio;
   la norma specifica che in ciascun anno solare di durata del PIR, per almeno i due terzi dell'anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo con stabili organizzazioni in Italia; la restante quota del 30 per cento può essere investita in qualsiasi strumento finanziario, inclusi depositi e conti correnti; inoltre la predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati; non più del 10 per cento delle somme o valori destinati nel piano può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso soggetto, o con altra società appartenente al medesimo gruppo, oppure in depositi e conti correnti; per quanto riguarda l'ambito soggettivo i PIR non possono essere sottoscritti da un'azienda, non sono cointestabili, ciascun piano non può avere più di un titolare, ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un PIR;
   da quanto emerge dagli organi di stampa, nelle ultime settimane molte società di gestione hanno lanciato strumenti PIR e il mercato sembra aver reagito positivamente a questa iniziativa, veicolando abbastanza celermente discreti patrimoni su questi strumenti;
   al contrario, le agevolazioni per investimenti a lungo termine da parte di enti previdenziali e fondi pensioni non sembrano ancora utilizzabili, mentre sarebbe quanto mai opportuno consentire a tali soggetti di investire una parte della loro raccolta nei PIR, come strumento di investimento diretto –:
   attraverso quali iniziative il Governo intenda consentire l'investimento nei PIR anche agli investitori istituzionali, quali enti previdenziali e fondi pensioni;
   se intenda includere tra gli investimenti agevolabili a favore di enti previdenziali e fondi pensioni quelli in private equity, nel venture capital e in titoli di debito delle imprese. (5-11051)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Zitac s.p.a è una società di trasformazione urbana (stu) costituita in data 25 ottobre 2002, ai sensi dell'articolo 120 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo n. 267 del 2000;
   Zitac ha un capitale sociale di 217.000 euro ed è di proprietà, per il 58,8 per cento, del comune di Cittadella, per il 33,4 per cento della Zip, per il 3 per cento dell'Upa, per il 3 per cento di Confederazione italiana imprese commerciali, turistiche e servizi, per l'1,8 per cento dell'Interporto di Padova;
   la gestione di Zitac è stata oggetto di numerose polemiche per le perdite registrate negli ultimi anni e per alcune operazioni anomale;
   in particolare, nel 2014, Etra s.p.a. a capitale pubblico formata da 75 comuni delle province di Padova e Vicenza per la gestione del ciclo integrato delle acque e il servizio rifiuti, ha acquistato da Zitac un'area di 7.571 metri quadrati per realizzare un ecocentro in via Sant'Antonio a Cittadella;
   l'acquisto è avvenuto senza perizia per un importo di 1.015.875 euro;
   l'ecocentro non è mai stato realizzato e, secondo l'interrogante, l'acquisto potrebbe essere stato finalizzato al sostegno economico di Zitac e non alla realizzazione dell'infrastruttura prevista;
   l'acquisto del terreno di Zitac ha sollevato gravi preoccupazioni nelle comunità locali e tra le amministrazioni coinvolte per il rischio di ingenti danni economici e per lo spreco di risorse pubbliche;
   a favore di Zitac sono state concesse fideiussioni bancarie da parte del comune di Cittadella 2.937.788,91 euro e del Consorzio Zip per 1.670.500,00 euro;
   nel 2015 Zitac ha registrato una perdita di 213.807 euro e debiti per 23.344.000 euro;
   il consiglio comunale di Cittadella, con delibera n. 55 del 28 novembre 2016, ha approvato lo scioglimento e la messa in liquidazione della società Zitac s.p.a;
   nei giorni scorsi sono stati nominati due liquidatori della società: Guido Beghetto, sino a pochi mesi fa amministratore delegato della stessa Zitac, e Maria Alberta Arvalli dello studio Arvalli & Associati;
   la nomina dei liquidatori ha sollevato ulteriori preoccupazioni nella comunità locale;
   infatti, il socio principale dello studio Arvalli & Associati, architetto Alberto Arvalli risulta tra gli otto indagati dalla procura di Foggia per irregolarità in materia ambientale, edilizia e urbanistica rispetto al centro commerciale GrandApulia del quale lo stesso Arvalli figura come progettista e direttore dei lavori –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti sopra esposti;
   se e in che modo intendano attivarsi, per quanto di competenza, e anche attraverso i Servizi ispettivi di finanza pubblica, in relazione agli effetti finanziari che potrebbero conseguire per il comune di Cittadella. (4-16176)


   GNECCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps nella liquidazione delle prestazioni previdenziali, correttamente, suddivide l'importo spettante per gli anni di competenza. Qualora però dalla suddetta ripartizione gli importi annuali (ratei) risultino inferiori al limite imponibile (per i pensionati euro 7.500) la tassazione non andrebbe applicata (articolo 11 del Tuir – legge n. 296 del 2006 nonché circolare dell'Agenzia n. 15 del 2007, pagina 19, paragrafo 1.3);
   l'Inps in violazione di detta normativa, senza considerare la richiamata ripartizione, applica la tassazione (Irpef) del 23 per cento  sul totale dell'importo corrisposto a titolo di arretrati, senza considerare detrazione o deduzione alcuna;
   il cittadino beneficiario è costretto a produrre ricorso chiedendo la restituzione dell'Irpef facendo presente la sua incapienza fiscale e denunziando la mancata applicazione del principio di competenza;
   l'Inps ritiene invece che «i redditi da lavoro dipendente, e assimilati, giacciono al principio di cassa e non di competenza»;
   su detta questione ci sono pronunce della Corte costituzionale, la sentenza n. 104 del 1985, nonché della Corte di Cassazione che si è espressa a sezione riunite, con sentenza n. 12796 del 2005, dalle quali si evince che il principio di cassa produce effetti distorsivi contrari alla parità di trattamento e quindi all'equità contributiva, generando una palese discriminazione, priva di giustificazione tra chi percepisce gli stessi emolumenti a seconda che essi vengano corrisposti nei tempi dovuti (esenti) o negli anni successivi sotto forma di arretrati (tassati);
   dalla succitata giurisprudenza dovrebbe quindi essere sufficientemente chiaro, che i medesimi emolumenti non possono essere tassati diversamente solo perché pagati in periodi diversi e per i motivi più vari (ricorsi — sentenze). In virtù di tale principio la Suprema Corte, con la sentenza richiamata, ha respinto proprio un ricorso dell'Inps, affermando che gli arretrati, ai fini dell'eventuale tassazione, debbono essere considerati non nel loro importo complessivo, ma nelle quote maturate nei rispettivi anni di competenza;
   purtroppo si verifica che quando un pensionato incapiente riceve dall'Inps arretrati di pensione relativi ad anni precedenti, con la relativa applicazione della tassazione (Irpef) 23 per cento sul totale dell'importo corrisposto a titolo di arretrati, senza detrazione o deduzione alcuna, molto spesso non è sicuramente a conoscenza che avrebbe diritto alla restituzione della suddetta tassazione e, quindi, il comportamento dell'Inps, penalizza le fasce più deboli della popolazione, che dovrebbero invece ricevere dall'istituto e dall'amministrazione statale in generale, una particolare sensibilità e attenzione;
   le commissioni tributarie accolgono i ricorsi attivati ai contribuenti (non ignari) e condannano l'Inps alla restituzione di quanto indebitamente trattenuto. (Si veda la sentenza n. 64 del 2017 del 2 febbraio 2017 della commissione regionale Basilicata), però con compensazione delle spese di lite che, a volte, superano quanto ricevuto in restituzione dal ricorrente;
   la suesposta problematica è stata anche segnalata dagli interessati all'Agenzia delle entrate, affinché facesse la necessaria chiarezza sul comportamento dell'Inps nella veste di sostituto di imposta, ma, ad oggi, non è intervenuto alcun riscontro –:
   se non ritenga, il Ministro interrogato, a fronte anche della richiamata giurisprudenza, di assumere le necessarie iniziative, che consentano di superare la problematica segnalata, che, si ribadisce, va a colpire i cittadini più deboli. (4-16180)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO, MENORELLO, MOLEA e OLIARO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   quello di Lidia Vivoli, 45enne palermitana, ex hostess di Wind Jet, è un femminicidio mancato. Il 25 giugno 2012, il suo compagno di allora l'ha quasi uccisa, cavandosela con una condanna piuttosto lieve (quattro anni e 6 mesi), considerata la gravità delle accuse (tentato omicidio e sequestro di persona), grazie al patteggiamento;
   è lei stessa che racconta al Corriere della Sera cosa successe quella terribile notte: «Da tempo tra noi c'erano problemi. Era gelosissimo, ogni appuntamento pensava che celasse un tradimento. Poi non lavorava e praticamente ero io a mantenerlo. Quella notte, dopo l'ennesima discussione, andò in bagno e qualche minuto dopo tornò con una padella di ghisa. Cominciò a colpirmi fino a rompermela in testa. Poi afferrò le forbici e mi colpì al ventre e alla coscia. Lottai, cercai di resistere, ma lui mi tenne immobilizzata per tre ore. Mi liberò solo con la promessa che non lo avrei denunciato»;
   Lidia trova il coraggio di andare dai carabinieri e di raccontare tutte le violenze subite. Ma la denuncia non è sufficiente per liberarsi di quell'incubo. «Cinque mesi dopo l'arresto ottenne i domiciliari – ricorda la donna – cominciò a mandarmi messaggi su Facebook. Un giorno me lo ritrovai davanti. Mi disse che voleva tornare con me, che lo stavo rovinando, che me l'avrebbe fatta pagare»;
   l'uomo torna dietro le sbarre per avere evaso i domiciliari, ma ormai la sua pena sta per scadere. E l'ex hostess è terrorizzata all'idea che lui torni a cercarla per ucciderla. «Me l'ha giurata. Lui non si rassegna, non si è mai rassegnato. Mi ha detto in faccia che appena fuori me la farà pagare. Temo che possa uccidermi», è l'appello angosciato della donna;
   lei vive nel palermitano, a Bagheria, lui a Terrasini ad appena 50 chilometri di distanza. Ora la 45enne si è ricostruita una vita: ha un nuovo compagno e due gemelli di un anno. In questi anni, è sempre stata in prima linea a denunciare le violenze sulle donne, ha tenuto convegni e incontri nelle scuole per sensibilizzare i giovani sul tema. Ora che il suo aguzzino sta per essere rilasciato, però, si sente abbandonata dallo Stato;
   Lidia non sa nemmeno in che giorno esatto l'ex compagno verrà rimesso in libertà ed è costretta a cercare di calcolarlo da sola. «Visto che le vittime non hanno diritto nemmeno a sapere quando esce il proprio aguzzino, dobbiamo essere noi a fare i conteggi – si lamenta la donna –. Lui è stato condannato a 4 anni e 6 mesi e la sua pena teoricamente finisce a novembre. Considerando però i premi di 45 giorni ogni sei mesi e una probabile penalizzazione per una evasione dai domiciliari, prevedo che torni libero tra maggio e luglio»;
   Lidia non si dà pace e chiede di non essere lasciata sola, ma le istituzioni sembrano non ascoltarla. «Non gli mettono neanche un braccialetto elettronico per capire quando sono in pericolo. I carabinieri mi hanno detto: “Se lo dovesse vedere ci avvisi tempestivamente”»;
   il nostro ordinamento non prevede, in questa fase, alcun divieto di avvicinarsi alla persona offesa ed ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima –:
   se i Ministri interrogati non intendano adottare rapide e opportune iniziative finalizzate a colmare il vulnus normativo denunciato in premessa e rendere più efficiente e preparato il sistema giudiziario nella protezione delle donne vittime di tali efferate violenze (una volta che l'assalitore, scontata la pena e rimesso in libertà, torna ad essere una potenziale minaccia per le stesse che potrebbero non scamparla una seconda volta), equiparandole a quelle di mafia e terrorismo.
(5-11046)

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 13 marzo 2017, nel carcere di Busto Arsizio un detenuto, noto anche alla polizia penitenziaria per il suo comportamento violento, più volte manifestato all'interno della struttura, ha aggredito gli assistenti che facevano rientrare i detenuti nelle celle per la chiusura delle porte;
   dalle ricostruzioni emerse anche sulla stampa locale, il detenuto sarebbe stato in possesso di un coltello rudimentale e avrebbe sferrato alcuni pugni e calci agli operatori, che sono intervenuti per evitare che la situazione degenerasse;
   gli articoli, pubblicati a mezzo stampa e il garante dei detenuti del medesimo istituto hanno registrato il ripetersi di questi episodi, fenomeno aggravato dal crescente sovraffollamento;
   come sottolineato dal direttore della casa circondariale, in una sua dichiarazione alla stampa, nella struttura sono presenti oltre 400 detenuti, numero aumentato drasticamente in pochi giorni;
   per far fronte alle maggiori presenze, la direzione del penitenziario ha dovuto provvedere ad allestire alcuni terzi letti nelle celle;
   la direzione del carcere, sempre facendo riferimento alle dichiarazioni comparse a mezzo stampa, ha evidenziato come una delle cause del sovraffollamento debba farsi risalire alla scadenza il 31 dicembre 2017 degli effetti della cosiddetta norma «svuota carceri», e ha descritto un aumento dei suicidi a livello nazionale tra i detenuti, che si ritiene possa essere correlato al peggioramento delle condizioni di vita all'interno del carcere;
   si rileva che l'Italia è stata condannata dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell'uomo) di Strasburgo a risarcire alcuni detenuti ivi reclusi, per trattamento inumano e degradante, con la famosa sentenza Torreggiani dell'8 gennaio 2013 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli episodi di violenza avvenuti e del rapido incremento numerico dei ristretti all'interno della casa circondariale di Busto Arsizio, e se ravvisi tra le ragioni dell'incremento di tali episodi quella del sovraffollamento della medesima struttura;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché siano ripristinate condizioni di vita dignitose all'interno del carcere di Busto Arsizio, tali da garantire il rispetto dei diritti umani dei detenuti e, contemporaneamente, che assicurino l'incolumità degli assistenti di polizia penitenziaria. (4-16181)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince da uno studio condotto dal dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico dell'università Bocconi, sembrerebbe che il perdurare del mancato adeguamento e completamento delle cosiddette «opere incompiute» in Puglia potrebbe generare un impatto economico negativo pari a circa 50 miliardi nei prossimi 15 anni;
   la stima si riferisce, in particolare, ad una perdita economica per il mancato completamento di «...strade, scuole, reti idriche, strutture museali e sportive, mercati cittadini e opere di messa in sicurezza del territorio...» dovuto principalmente, secondo le analisi condotte, «...alla inefficienza della politica e dell'amministrazione locale...»;
   in particolare, sembrerebbe che «...Il costo del non fare con numerose opere necessarie e progettate, ma mai partite, in ritardo o bloccate a metà, pesa in Puglia tra 2,5 e 3,5 miliardi all'anno... l'immobilismo rappresenta una tassa occulta per la collettività e pesa come un macigno sulle nostre opportunità di crescita, sia nel pubblico che nel privato...»;
   lo studio condotto dai docenti della Bocconi è stato anche condotto su scala nazionale e sembrerebbe che la ricaduta economica negativa generata dalle opere incompiute nel nostro Paese sarebbe di circa 600 miliardi di euro nei prossimi 15 anni attribuibili al «...mancato adeguamento delle reti strategiche dell'Italia: dalle strade alle ferrovie, dalla logistica alle infrastrutture digitali, dai gasdotti alla rete elettrica...»;
   secondo i dati pubblici contenuti nel portale del Simoi, in Puglia ci sono 81 opere incompiute. Le intenzioni del Governo erano quelle di voler istituire una task force per selezionare con puntualità le opere che ancora corrispondono all'interesse pubblico e che sono quindi, meritevoli di essere completate. A tal fine furono previsti anche due fondi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per la realizzazione delle infrastrutture –:
   se i dati citati in premessa corrispondano al vero, quali siano le opere pugliesi selezionate e connotate da una prioritaria valenza istituzionale e strategica che il Governo intenda portare a completamento e quali siano le risorse che intenda utilizzare. (5-11058)


   PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'esposizione continua del nostro Dna all'inquinamento in particolare: ai metalli pesanti, al particolato ultrafine, ai cosiddetti distruttori endocrini, crea le premesse alle mutazioni genetiche che danno poi i tumori e altre patologie oggi in costante aumento;
   gli effetti deleteri dell'inquinamento atmosferico sono tanto maggiori quanto è più precoce l'esposizione (età gestazionale, neonatale, infantile e adolescenziale);
   risulta urgente intervenire e predisporre interventi, nonché azioni e politiche nazionali e internazionali, che prevedano una rapida quanto concreta azione, che affronti efficacemente la riduzione dell'inquinamento atmosferico;
   l'institute for Atmosferic and Climate Science, ETH Zurich, ha condotto, presso l'aeroporto di Zurigo, uno studio sulla composizione chimica dei gas di scarico delle turbine dei velivoli, riscontrando numerosi composti metallici mescolati con le particelle di fuliggine, tra cui: alluminio, bario, manganese e ferro, ovvero sostanze tossiche ed inquinanti che sono state immesse in atmosfera;
   tali sostanze risultano spesso presenti, oltre che nell'aria, anche nella pioggia e sul territorio, provocando gravi danni all'ambiente ed alla salute;
   nel recepimento della normativa dell'Unione europea, risulta necessaria ed urgentissima un'integrazione della normativa nazionale attraverso l'individuazione del traffico aereo tra le diverse fonti di inquinamento atmosferico, al pari del traffico dei veicoli su terra e mare, e una definizione e classificazione degli inquinanti che ne derivano, quali metalli pesanti, particolati atmosferici e altri dei quali si potrà accertare la presenza, con fissazione dei relativi valori limite e guida, in quanto non ancora sufficientemente contemplati nella normativa vigente;
   la stessa Commissione europea, in risposta ad interrogazioni non ha potuto escludere che il rilascio di bario, alluminio o ferro dagli scarichi aerei su larga scala possa produrre effetti sulla salute e sull'ambiente, influenzare le precipitazioni ed il cambiamento climatico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire, nel recepimento della normativa dell'Unione europea, l'integrazione nella normativa nazionale, dell'individuazione del traffico aereo tra le fonti di inquinamento atmosferico, con una definizione e classificazione degli inquinanti che ne derivano a una fissazione dei relativi valori limite e guida, e, in tale ambito, nelle more dell'integrazione normativa proposta, per costituire un tavolo tecnico interistituzionale, coinvolgendo rappresentanti dell'istituto superiore di sanità, dell'Ispra, del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente e gli altri soggetti interessati. (5-11059)


   GRIMOLDI e SIMONETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sabato 18 marzo 2017, una frana, cadendo tra Cannero Riviera e Cannobio, ha provocato un gravissimo incidente sulla strada statale n. 34 del Lago Maggiore, che ha comportato la morte di un motociclista di nazionalità svizzera e due feriti;
   la strada statale n. 34, che collega Verbania al confine Svizzero, è stata chiusa, nei pressi di Cannero, in frazione Carmine, con una previsione di parziale apertura a senso unico alternato, per giovedì 6 aprile 2017 alle ore 4 del mattino, impegnandosi l'Anas a gestire, per tale data, gli interventi di posa della barriera di sicurezza, di propria competenza;
   da oltre due anni sono in corso lavori di messa in sicurezza del tratto stradale; infatti, si sono verificate due grosse frane nell'ottobre 2014, nello stesso tratto, e ben 7 frane sulla statale dal 2009, con perdite umane e costi sociali ingenti per i frontalieri, gli studenti e l'economia locale;
   anche il Governo del Canton Ticino, in una lettera inviata al presidente della regione Piemonte e al Ministro interrogato, ha espresso forte preoccupazione per la frana del 18 marzo 2017, sottolineando l'estrema pericolosità della situazione per gli oltre duemila frontalieri e i turisti che vi transitano, nonché la necessità della messa in sicurezza dell'intero tratto, dal confine a Verbania, proseguendo gli importanti investimenti che ha destinato la Svizzera sulla continuazione della statale italiana;
   gli amministratori locali individuano nella riqualificazione della provinciale della Valle Cannobina, un percorso alternativo in caso di chiusura delle statali n. 34 e n. 337, ma l'Anas finora non sembra mostrata disponibile a farsene carico;
   dal sito verbaniamilleventi.org, si apprende che dall'incontro di lunedì 3 aprile 2017, tra il Ministro, i sindaci interessati, il prefetto, il presidente della regione e il presidente della provincia, sia emersa la disponibilità ad affrontare un intervento radicale di messa in sicurezza dell'intera arteria, da formalizzare prima dell'estate, mediante un accordo di programma che definisca, di concerto tra Stato, regione, enti locali ed Anas, le risorse finanziarie necessarie e le azioni concrete da porre in atto –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare ai fini del finanziamento della messa in sicurezza dell'intero tratto della strada statale n. 34, da Verbania al confine, per poter giungere ad una soluzione definitiva dei problemi di collegamento con la Svizzera e porre fine agli incidenti mortali e ai continui e enormi disagi per frontalieri, studenti, turisti e operatori economici. (5-11060)


   MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con l'approvazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11, il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE in materia di appalti pubblici e concessioni;
   con l'entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è stata disposta l'abrogazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, del regolamento di attuazione n. 207 del 2010 e di altre disposizioni incompatibili e sono state previste opportune disposizioni di coordinamento, transitorie e finali per assicurare, in ogni caso, l'ordinata transizione tra la previgente disciplina e la nuova, al fine di evitare incertezze interpretative e applicative;
   l'attuale disciplina risulta caratterizzata da un impianto regolatorio innovativo rispetto al previgente quadro normativo; il settore relativo all'aggiudicazione dei contratti pubblici e delle concessioni è attualmente disciplinato dalle norme primarie contenute nel sopra richiamato decreto legislativo n. 50 del 2016 e da tutta una serie di provvedimenti attuativi e di regolamentazione flessibile (oltre cinquanta tra decreti governativi, ministeriali e atti dell'Autorità nazionale anticorruzione), finalizzati a fornire indicazioni di maggior dettaglio rispetto a ciascuna singola materia; 
   a tal proposito, occorre in questa sede rilevare come il Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti abbia, dall'entrata in vigore della suddetta disciplina, accumulato un forte ritardo in ordine all'emanazione, nei tempi previsti dalle disposizioni del codice degli appalti pubblici, di alcuni dei provvedimenti attuativi di competenza;
   l'inosservanza delle tempistiche fissate dal decreto legislativo n. 50 del 2016 non rappresenta soltanto un mero inadempimento formale rispetto alle scadenze indicate dalla norma primaria ma costituisce, di per sé, un significativo ostacolo ai fini della esatta e compiuta applicazione delle nuove disposizioni e, più in generale, della completa e uniforme attuazione del processo di riforma voluto dalle direttive comunitarie –:
   in che tempi il Ministro interrogato intenda provvedere all'emanazione dei decreti ministeriali di competenza rispetto ai quali siano già scaduti i termini previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 per la loro adozione. (5-11061)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da molti anni esiste l'ipotesi di realizzare un'arteria autostradale, denominata Valdastico Nord, che dovrebbe collegare A31 e A22, da Piovene Rocchette a Besenello/Trento;
   l'infrastruttura avrebbe una lunghezza di 39,4 chilometri, di cui 30 percorsi in galleria, per un investimento previsto di 2 miliardi di euro, pari a 50 milioni al chilometro;
   il costo stimato è pari a oltre il doppio di quello della Valdastico Sud, a causa del forte impatto del sistema di gallerie, che prevede tra l'altro il secondo tunnel a doppia canna più lungo del mondo;
   il piano finanziario non lascia d'altra parte intendere come si possa rientrare dell'investimento in 25 anni, dato che nel Piano finanziario presentato a CIPE nel gennaio 2013 si prevede di incassare 638 milioni di euro a fronte di una spesa circa tripla;
   ciò che è certo è invece l'impatto ambientale dell'opera, che prevede la cementificazione di oltre 1 milione di metri quadrati nella sola Valle d'Astico;
   le motivazioni ufficiali che spingono alla sua realizzazione sarebbero l'integrazione con i corridoi europei 5 e 1, il decongestionamento della Valsugana e della Verona-Trento e il miglioramento dei collegamenti fra comuni montani e centri produttivi e commerciali;
   la prima sembra particolarmente debole, dato che l'Europa ha deciso di puntare sul ferro e non sulla gomma e che in questo senso intende gli assi di collegamento strategici;
   si ricorda anche che il Protocollo delle Alpi vieta la costruzione di nuove strade a forte impatto in ambito alpino;
   siamo quindi di fronte a un impianto teorico molto fragile, sia sotto il profilo della sostenibilità finanziaria, sia sotto quello della sostenibilità ambientale e della vocazione strategica;
   rimane pertanto forte il dubbio che l'opera sia funzionale soprattutto a giustificare davanti all'Unione europea il rinnovo automatico al soggetto proponente, la società Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova spa, della concessione relativa all'autostrada A4, che detiene dal 1956 e che secondo il diritto comunitario andrebbe messa a gara;
   la società infatti non ha i requisiti relativi all’in-house, dato che dal 2010 il 65 per cento è stato acquisito da A4Holding spa, partecipata da numerosi soggetti privati;
   l'attuale proroga, valida fino al 2026, è proprio giustificata con la contestuale realizzazione della Valdastico Nord, ovvero con il completamento del tracciato originalmente previsto nel 1956;
   si noti che per il 2026 l'opera, non ancora progettata, dovrebbe essere completamente ammortizzata e restituita allo Stato, senza che sia chiaro per le ragioni sopra esposte come questo sia possibile, sia in termini di tempi che di costi;
   ad oggi peraltro l'infrastruttura non risulta autorizzata dal CIPE, che nel marzo 2013 si limita ad approvare il primo stralcio funzionale, con una clausola a scadenza per il giugno dello stesso anno che prevedeva la presentazione del progetto definitivo e del relativo piano economico finanziario aggiornato. Tali condizioni non sarebbero state rispettate e questo dovrebbe far considerare decaduta l'intera ipotesi –:
   se quanto illustrato in premessa risulti confermato e quindi se sia ancora aperta l'ipotesi di realizzazione dell'Autostrada Valdastico Nord;
   cosa succederebbe se alla scadenza dei 25 anni di concessione l'investimento di 2 miliardi non risultasse pienamente ammortizzato sul piano finanziario;
   se non ritenga che sussistano le condizioni per escludere definitivamente tale opera dal piano di investimenti infrastrutturali del nostro Paese, dirottando le risorse sul miglioramento e rafforzamento della rete viaria esistente e del trasporto merci su ferro. (4-16170)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 aprile 2017 è stato pubblicato sul quotidiano locale La Nuova Sardegna l'articolo dal titolo «Aeroporti, antincendio “irregolari”» che riprende la nota della Fns Cisl Sardegna inviata alla direzione regionale dei vigili del fuoco con cui si segnalano gravi anomalie ai mezzi antincendio in dotazione negli scali di Olbia Costa Smeralda e Alghero Fertilia e il conseguente rischio di inefficienza del servizio antincendio aeroportuale;
   come denunciato nella nota del sindacato sintetizzata nell'articolo citato, i mezzi in dotazione nei distaccamenti aeroportuali dei vigili del fuoco non sarebbero «in grado di garantire la necessaria funzionalità ed efficienza in caso di incidente aereo e, di conseguenza, neanche la sicurezza dei vigili del fuoco al lavoro»;
   la situazione risulta molto grave all'aeroporto Costa Smeralda dove, «oltre ad essere in numero inferiore rispetto a quanto previsto dalle normative internazionali Icao, solo uno dei quattro automezzi attualmente in servizio ha superato il collaudo». Sarebbero fuori servizio anche tutti gli impianti computerizzati presenti all'interno dei mezzi di soccorso e, inoltre, da otto anni non verrebbe verificata l'efficienza della polvere in caricamento sugli stessi mezzi, risultando pertanto impossibile conoscere la reale efficacia di schiuma estinguente e polvere estinguente in caso di incendio;
   secondo il sindacato, infine, in Sardegna le apparecchiature che permettono di fare le prove tecniche citate non sarebbero mai state inviate dal Ministero a differenza di quanto avvenuto in numerosi aeroporti della penisola, per cui si starebbe «lavorando i con mezzi con i quali in realtà non si potrebbe lavorare» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle informazioni riportate in premessa e in caso affermativo quali iniziative intenda adottare affinché sia risolta con urgenza la criticità relativa al servizio antincendio aeroportuale negli scali sardi di Olbia e Alghero. (4-16167)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nello scorso mese di gennaio il comune di Sant'Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino, ha aggiudicato la gara d'appalto per il progetto di accoglienza in seno al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR);
   sia questo bando, sia quello per la gestione dei servizi SPRAR relativi al biennio precedente, 2015-2016, sono stati vinti dall'associazione onlus «IRPINIA 2000» di Sant'Angelo dei Lombardi fondata dallo stesso sindaco del paese, Rosanna Repole, e presieduta dal locale segretario di sezione del partito democratico, lo stesso partito cui appartiene anche il sindaco;
   la spesa prevista per il triennio 2017-2019 è di 2,5 milioni di euro, di cui il venticinque per cento è a carico del bilancio comunale;
   nell'autunno del 2016, il sindaco si è impegnato per impedire che il prefetto di Avellino collocasse altri rifugiati nel comune di Sant'Angelo dei Lombardi richiesta fatta da una cooperativa concorrente a quella del sindaco;
   nonostante si siano verificati casi di scabbia, i rifugiati nel pomeriggio frequentavano le aule che in mattinata erano frequentate dai bambini, e pur essendo stata avvertita dall'Asl il sindaco non ha provveduto ad informare il dirigente scolastico, e quindi i genitori, del rischio che correvano i bambini;
   le spese sostenute per i rifugiati, così come risulta dagli atti amministrativi, appaiono ad avviso dell'interrogante non in linea rispetto ai prezzi di mercato, come risulta dal costo dei vestiti, scarpe, materiale sportivo e attrezzature da lavoro (ad esempio un orto piccolissimo per insegnare il lavoro di agricoltore è costato cinquemila euro, come anche l'utilizzo dei voucher ai rifugiati per lavori di utilità sociale) –:
   di quali elementi disponga sulla situazione descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare con riferimento alle anomalie segnalate. (4-16178)


   BRAGA e GUERRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 11 febbraio 2017 il sindaco di Casnate con Bernate in provincia di Como, Fabio Bulgheroni in riferimento ad un articolo pubblicato sul quotidiano locale La Provincia di Como a firma della cronista Eleonora Ballista, così postava, tramite il social network Facebook, sulla sua pagina pubblica: «A parte la stupidità di quanto scritto dalla cronista di campagna il cui cognome è garanzia e conferma del detto “nomen omen”, e non è la prima volta. A parte che il giornaletto è riuscito nell'impossibile esercizio di suscitare conati di vomito e diarrea, penso di averne le “p...e” piene della mediocrità di grande parte della stampa... sopratutto quella che poi insegna a chiunque “come si fa...”». E in risposta ad un commento di un interlocutore che faceva notare: «Hai anche un filosofo latino, tra i tuoi consiglieri di minoranza, Fabio ?», riferendosi al consigliere di minoranza Seneca, lo stesso Bulgheroni commentava in maniera gravemente offensiva;
   lunedì 13 febbraio 2017, sempre tramite il citato social network, il sindaco Bulgheroni scriveva: «Domani giorno difficile. Sarò chiamato a decisioni e conseguenti effetti collaterali “pesanti”. Sorrido all'idea di cosa inventeranno...» peraltro, da ulteriori fonti di stampa si evince che il sindaco avrebbe fatto riferimento a consiglieri di minoranza con il termine di «minorati»;
   nel corso del consiglio comunale di giovedì 16 febbraio 2017 il principale gruppo di minoranza «Camminiamo Insieme per Casnate con Bernate», insieme alla lista «La clessidra», dopo aver reso dichiarazioni preliminari di disapprovazione per il linguaggio irrispettoso adottato dal sindaco, e volte a ribadire come «l'insulto sfacciato e la presa in giro offensiva e diffamatoria adottati dal primo cittadino Bulgheroni nei confronti di membri della minoranza eletti, oltre che degli organi di stampa, non possano essere mezzi utilizzati da un rappresentante istituzionale», da tutta la minoranza compatta è giunta la richiesta rivolta al Bulgheroni di porgere scuse pubbliche ai consiglieri, alla cronista e al quotidiano locale;
   di fronte al tentativo del sindaco di giustificare il proprio comportamento sul web adducendo spiegazioni tali da risultare ulteriormente derisorie, affermando ad esempio, che la pagina Facebook aperta a suo nome fosse gestita non solo dalla sua persona ma anche da altri non precisati soggetti e che il termine minorato andasse semplicemente inteso come un altro modo di definire i consiglieri di minoranza, che l'appellativo cronista di campagna fosse determinato dal fatto che «Non mi risulta che Casnate sia in città, fino a prova contraria si trova in campagna», i tre consiglieri di minoranza della lista civica «Camminiamo Insieme per Casnate con Bernate» decidevano di lasciare la seduta del consiglio non sentendosi più in grado di continuare qualsiasi discussione politica in tale clima;
   all'abbandono dell'Aula, secondo anche quanto riportato dalla stampa, il sindaco Bulgheroni affermava: «Ma sì, che vadano pure via quei quattro m......i comunisti. Non abbiamo certo bisogno di loro per governare», mentre il consigliere di maggioranza Cristina Saccoccio dichiarava: «Adesso che il circo è finito, possiamo cominciare a lavorare. Noi abbiamo vinto con i voti e quindi governiamo». Frasi ingiuriose che oltre a far passare l'assunto che chi vince le elezioni può permettersi di dire e fare quello che vuole, mortificano il dibattito politico offendendo i cittadini, le istituzioni, la democrazia;
   a seguito di tale situazione il capogruppo di minoranza, si è rivolto al prefetto di Como per segnalare l'inammissibile deriva volgare, impropria e discriminatoria adottata da Bulgheroni in qualità di sindaco di Casnate con Bernate, rappresentante delle istituzioni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si eviti che episodi volgari e oltraggiosi della democrazia e irrispettosi delle identità personali altrui, come quelli esposti in premessa, si ripetano. (4-16183)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenderebbe portare all'esame del Consiglio dei ministri la questione dell'attuazione della legge n. 107 del 13 luglio 2015 relativamente a quanto disposto in merito al percorso preaccademico del comparto dell'Alta formazione artistica e musicale (Afam); si tratta di misure che, a quanto consta all'interrogante, non concordate con gli addetti ai lavori del settore, che non sono funzionali alla salvaguardia dei talenti e del percorso professionalizzante in ambito musicale;
   tale modalità di attuazione rischia di danneggiare fortemente l'Alta formazione artistica e musicale in Italia e di far scomparire i professionisti della musica, dato che non garantisce una ben strutturata articolazione dei vari livelli formativi fondamentali per un'adeguata preparazione musicale dei giovani talenti e di coloro che intendono intraprendere lo studio della musica quale scelta di formazione professionalizzante;
   per salvaguardare l'Alta formazione artistica musicale è necessario porre in essere precise iniziative idonee a tutelare il settore, anche decretando ad ordinamento i corsi di fascia preaccademica dei conservatori inserendoli a regime nel percorso Afam per assicurare, in forma stabile, 3 livelli nella filiera dell'alta formazione artistica e musicale: corsi di fascia preaccademica suddivisi, in 2 o 3 livelli, corsi di fascia accademica di I livello, corsi di fascia accademica di II livello;
   il linguaggio musicale (quale mezzo espressivo universale) aiuta gli individui a crescere e a vivere meglio ed è necessario far sì che la musica e l'alta formazione artistica musicale, nei diversi livelli e ambiti formativi, tenga conto anche dei talenti e dei percorsi formativi professionalizzanti in questo ambito al fine di evitare che tale patrimonio specialistico scompaia o diventi bene esclusivo di pochi;
   è indispensabile che la formazione musicale di base sia assicurata, entro gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione, dalle scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale e dai licei musicali, nonché dai corsi di fascia preaccademica dei conservatori statali di musica, la cui offerta formativa, anche con percorsi integrati in convenzione con le istituzioni scolastiche predette e/o di ogni ordine e grado, sarà indirizzata a garantire a regime ed in modo ordinamentale l'adeguata preparazione musicale ai giovani talenti e a coloro che intendono intraprendere lo studio della musica quale scelta di formazione professionalizzante;
   gli istituti superiori di studi musicali di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 21 dicembre 1999 n. 508 e gli istituiti di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005 n. 212, limitatamente ai corsi attivati e autorizzati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, devono garantire l'offerta formativa prevista per i corsi di fascia accademica di I e II livello, e proseguono «ad ordinamento» l'erogazione dell'offerta formativa nei percorsi di fascia pre accademica per la preparazione indirizzata al conseguimento delle previste certificazioni di livello, finalizzate all'accesso ai corsi di fascia accademica e organizzano, inoltre, corsi propedeutici nell'ambito della formazione ricorrente e permanente;
   occorre prevedere che i corsi di fascia pre accademica e le attività propedeutiche siano organizzate dalle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale in autonomia e nei limiti delle risorse disponibili del personale in organico e delle risorse disponibili;
   è necessario che vengano definiti i requisiti di accesso per ciascuna tipologia di corso «pre accademico e propedeutico», che devono tenere conto del talento musicale dello studente e del possesso di un livello tecnico comunque avanzato;
   i criteri per regolare, sulla base di specifici accordi da inserire in convenzioni all'uopo stipulate, devono prevedere l'accesso ai corsi di fascia pre accademica e alle attività propedeutiche di studenti frequentanti istituzioni scolastiche a indirizzo musicale, e la definizione del sistema dei crediti formativi riconoscibili;
   deve essere prevista una certificazione finale da rilasciare al termine dei corsi di fascia pre accademica e delle specifiche attività propedeutiche, illustrativa del curricolo svolto e dei risultati formativi ottenuti;
   gli studenti già iscritti ai «corsi di formazione musicale e coreutici di base o pre accademici», devono poter proseguire i percorsi già avviati nei predetti corsi di fascia pre accademica; pertanto, coloro, anche di nuova iscrizione, che non sono in possesso dei requisiti di accesso al livello di fascia accademica, per svolgere il percorso formativo – musicale professionalizzante, dovranno frequentare nelle Istituzioni Afam i predetti corsi di fascia pre accademica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover tener conto delle puntuali indicazioni pervenute dagli operatori dell'alta formazione artistica e musicale di cui in premessa tese a valorizzare il livello pre accademico come base selettiva di rilevante importanza per il livello formativo dell'alunno;
   se non ritenga di dover avviare un confronto con tali operatori al fine di definire in maniera più puntuale e definita l'attuazione della normativa vigente in materia, tenendo conto delle realtà già operanti che vanno valorizzate e non declassate o peggio emarginate.
(2-01751) «Pili».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del bando della regione Lazio per l'attuazione di procedure «programma straordinario di interventi per il recupero e la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica», deliberazione della giunta regionale n. 42 del 2015, la scuola materna ed elementare «Francesco Crispi», Istituto comprensivo Largo Oriani, ha presentato un progetto per eseguire i lavori di manutenzione straordinaria, rimozione dell'amianto, sostituzione degli infissi delle aule e relative persiane e ha avuto il finanziamento per la realizzazione;
   il comitato dei genitori, pur apprezzando la possibilità di poter effettuare opere necessarie per la sicurezza del plesso, ha manifestato il proprio disappunto preparando, a quanto consta all'interrogante, una petizione, di circa 450 firme, indirizzata alla regione e al municipio XII del comune di Roma, poiché nei lavori di sicurezza non sono stati previsti quelli concernenti i servizi igienici, le cui condizioni, di assoluto degrado, creano molto disagio ai bambini, soprattutto, quelli disabili;
   l'attuale situazione di alcuni edifici scolastici presenta numerose criticità e oltre a problemi di edilizia scolastica, vi sono gravi carenze igienico-sanitarie, dovute, spesso, alla cattiva qualità delle costruzioni, ma anche alla scarsa manutenzione;
   in numerosi plessi si riscontrano anche alti livelli di allergeni e di muffe, isolamento e ambienti termici inadeguati, per scarsa tenuta di aria e acqua, che generano fenomeni di umidità da condensa e infiltrazioni;
   spesso, molti edifici scolastici si trovano in ambienti poco salubri a causa dell'inquinamento atmosferico, acustico, elettromagnetico e della mancanza di verde;
   gli alunni, soprattutto in età scolare, rispetto agli adulti, sono più sensibili all'effetto degli inquinanti e, come è noto, le prime età della vita sono le più importanti per lo sviluppo di sensibilizzazione allergica;
   in età scolare, in particolare, chi è più fragile, per problemi dovuti a gravi patologie, dovrebbe vivere in ambienti più salubri, essere tutelato, anche dal punto di vista igienico-sanitario, non dovrebbe trascorrere le ore di lezione in luoghi fatiscenti, dove i rischi sanitari sono più elevati;
   con la legge n. 107 del 2015 la scuola ha assunto il suo ruolo centrale nella società della conoscenza, ha sancito principi per contrastare diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare fenomeni di abbandono precoce, per garantire il diritto allo studio a tutti, senza lasciare indietro nessuno; –:
   se il Governo possa valutare l'opportunità di prevedere azioni di monitoraggio degli edifici scolastici, non solo per quanto attiene l'edilizia scolastica e i lavori già avviati, ma anche per le criticità che emergono in numerosi plessi, a causa della scarsa manutenzione degli edifici in cui vengono erogati servizi essenziali come quelli scolastici. (5-11048)


   PIAZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di stampa hanno posto all'attenzione dell'opinione pubblica vicende inerenti l'Istituto statale per sordi di Roma (Issr);
   la prima scuola pubblica per persone sorde in Italia (aperto nel 1786) versa infatti in una situazione di grande difficoltà per ragioni di carattere burocratico e finanziario;
   l'istituto, infatti, attende da 20 anni l'emanazione del «regolamento di riordino» previsto dalla «legge Bassanini» del 1997 che lo trasformerebbe in ente nazionale di supporto all'integrazione delle persone sorde, dotato di personalità giuridica e di autonomia amministrativa, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la possibilità di una sua articolazione in centri regionali, interregionali o territoriali;
   mancando tale regolamento, l'Issr permane in una situazione di gestione commissariale;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha predisposto, nel tempo, diversi schemi attuativi del regolamento di riordino citato, il cui iter, tuttavia, non si è mai perfezionato, ciò sia per i rilievi mossi dalla Corte dei Conti – la quale, con delibera n. 1 del 2004 ha ricusato il visto e la registrazione – sia per le obiezioni avanzate dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   in forza di ciò l'istituto non ha mai ricevuto alcun finanziamento pubblico, salvo esiguo contributo di 40.000 euro sino al 2009, neanche per gli emolumenti ai collaboratori, tutti impiegati con contratti precari di lavoro;
   da tempo sono state reiterate istanze al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine di risolvere la questione della trasformazione dell'Issr in ente nazionale, in, modo da poter ricevere adeguati finanziamenti ordinari per la sopravvivenza e le attività dell'istituto stesso;
   le attuali difficoltà finanziarie, che sono dovute, secondo l'interrogante alla mancata adozione del più volte citato regolamento attuativo, hanno determinato una situazione che vede l'istituto a rischio di dover sospendere le sue attività entro brevissimo tempo;
   una recente disposizione normativa introdotta dalla legge 20 febbraio 2017, n. 19, di conversione del decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» (articolo 4, comma 5-bis) ha previsto che: «per l'attuazione dell'articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in materia di ordinamento degli istituti per sordomuti di Roma, Milano e Palermo di cui alla parte I, titolo II, capo III, sezione II, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, continua ad applicarsi l'articolo 67, comma 1, del medesimo testo unico»;
   tale disposizione normativa può consentire il riesame della situazione degli istituti a carattere atipico e una soluzione della stessa non incidendo, tuttavia, nel breve termine;
   la chiusura dell'istituto sembra quindi inevitabile in assenza di interventi tempestivi e significativi –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito alla situazione illustrata in premessa e se non ritenga opportuno intervenire urgentemente, anche assumendo iniziative normative per scongiurare la chiusura dell'Istituto statale per sordi di Roma. (5-11064)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta nella gestione della salute pubblica in Sardegna si registrano situazioni senza precedenti che stanno mettendo a rischio i livelli minimi di assistenza per migliaia di pazienti;
   migliaia di lavoratori di un'importante struttura assistenziale convenzionata con la sanità pubblica da oltre 9 mesi non ricevono le proprie competenze con il rischio di gravissime ripercussioni sul livello essenziale di assistenza;
   a questo si aggiungono una serie di atti che minano la libertà sindacale e la difesa degli stessi interessi dei lavoratori così gravemente colpiti da questa inaccettabile situazione;
   sono ormai due i licenziamenti per «giusta causa» decisi dall'associazione Aias nei confronti dei propri dipendenti/sindacalisti;
   il primo ad essere stato licenziato era stato Roberto Fallo, segretario provinciale della Cisl FP, educatore da oltre 30 anni nella struttura di assistenza privata di Cortoghiana, licenziato il 3 febbraio 2017 per «giusta causa», per presunti maltrattamenti nei confronti di un paziente;
   nei giorni scorsi è stato licenziato Armando Ciosci, rappresentante del sindacato autonomo Usb;
   nella comunicazione di licenziamento per «giusta causa senza preavviso» l'azienda addebita al sindacalista «atti che possono arrecare pregiudizio all'economia, all'ordine e all'immagine dell'associazione»;
   il lavoratore, che all'Aias faceva l'autista per il trasporto dei pazienti, è attualmente in malattia e seguito da un équipe di psicologi;
   su entrambi i casi la magistratura farà il suo corso anche se le organizzazioni sindacali hanno ribadito con forza che si tratta di licenziamenti illegittimi e discriminatori perché è chiaro l'intento di colpire i sindacati;
   in questo quadro appare inutile e senza dignità la posizione assunta dalla regione;
   continua intanto l'azione di protesta dei dipendenti con sei lavoratori in sciopero della fame nel centro Aias di Cortoghiana;
   l'arretrato di nove mensilità non pagate costituisce una situazione insostenibile che va sanata senza perdere altro tempo;
   le azioni di protesta vanno avanti ormai da diversi anni senza una definitiva soluzione;
   i lavoratori avevano chiesto l'applicazione anche dell'articolo 1676 del codice civile per avere una anticipazione dello stipendio direttamente dalle Asl di riferimento –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di propria competenza, di dover intervenire per porre fine a questa annosa situazione che rischia di pregiudicare in modo grave i livelli essenziali di assistenza nella regione Sardegna, considerato che la struttura in questione gestisce migliaia di pazienti;
   se non ritenga il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di dover valutare, per quanto di propria competenza, un autorevole intervento per promuovere la difesa dei diritti dei lavoratori, con particolare riferimento alla vicenda del licenziamento di esponenti sindacali;
   se non ritenga il Ministro della salute di dover avviare un serrato confronto con la regione Sardegna, per la verifica dei livelli essenziali di assistenza per tutte quelle fattispecie di pazienti in cura presso le strutture socio-sanitarie del territorio, a partire dalla struttura richiamata in, premessa. (5-11067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   notizie di stampa, riferiscono dello sciopero in atto allo stabilimento della Coca-Cola di Nogara, in provincia di Verona, provocato da mutate condizioni contrattuali per i dipendenti della logistica dello stabilimento;
   circa tre anni fa Coca Cola ha esternalizzato i servizi della logistica alla multinazionale svizzera Kuhene Nagel che, a sua volta, ha appaltato i servizi al Consorzio Soluzioni Globali. A quest'ultimo subentra Coop Smart e, dal 1o marzo 2017, attraverso Zetajob (una delle sigle consorziate) arriva il Consorzio Vega;
   ora, il Consorzio Vega impone ai lavoratori modifiche del contratto, imponendo assunzioni con tutele crescenti, e quindi senza articolo 18;
   senza alcun piano di esubero e godendo di ottima salute, tanto che dovrà assumere lavoratori stagionali in vista dell'aumento produttivo estivo, lo stabilimento di Nogara mette a rischio il posto di lavoro per 14 dipendenti, quasi tutti iscritti o delegati sindacali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se, dai fatti esposti, non si ravvisino elementi sufficienti per considerare, nell'ambito delle proprie competenze, interventi idonei alla tutela dei diritti dei lavoratori. (4-16165)


   MASSIMILIANO BERNINI e PARENTELA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 maggio 2016 veniva sottoscritto un protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura denominato «Cura – Legalità – Uscita dal ghetto» da diversi soggetti: il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno pro tempore Angelino Alfano e il Ministro Maurizio Martina, titolare delle politiche agricole alimentari e forestali;
   l'intesa – che è stata sottoscritta anche dall'Ispettorato nazionale del lavoro, dalle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte, Puglia e Sicilia, dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, dalle associazioni di categoria Coldiretti, Cia, Copagri, Confagricoltura, Acli Terra, Alleanza delle Cooperative Italiane, Caritas, Libera e dalla Croce rossa italiana – ha come finalità principale il sostegno e il rafforzamento degli interventi di contrasto al caporalato e allo sfruttamento su tutto il territorio nazionale. Per quanto riguarda l'ambito operativo, sarà dedicata particolare attenzione ai territori delle provincie di Caserta, Foggia, Lecce, Potenza, Ragusa e Reggio Calabria;
   nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3 novembre 2016 è stata pubblicata la legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo»;
   con l'approvazione della legge, il Parlamento ha inteso garantire una maggiore efficacia all'azione di contrasto del cosiddetto caporalato, e più in generale allo sfruttamento del lavoro agricolo, con particolare attenzione alle Agromafie, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale ed il potenziamento della rete del lavoro agricolo di qualità;
   tra il 2 ed il 3 marzo 2017 due migranti, Mahamadou Konatè e Nhouou Doumbouya, sono morti carbonizzati a causa di un incendio divampato nel «grande ghetto» tra Rignano Garganico e San Severo, in provincia di Foggia, una baraccopoli che si estende su 5.000 metri quadri. Poco prima era stato sgomberato dalle forze dell'ordine, nell'ambito di un'indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bari del 2016 per presunte infiltrazioni mafiose;
   già a dicembre, nello stesso campo, c'era stato un altro incendio. Un uomo rimase contuso e un altro intossicato. Sempre a dicembre in un altro campo di baracche, in località «Pescia», nel territorio tra Borgo Mezzanone e Tressanti, vicino Foggia, c'era stato un incendio e un ragazzo di 20 anni era morto carbonizzato in un violento incendio che si era sviluppato nella notte, forse a causa di una stufetta mal funzionante, all'interno del cosiddetto «Ghetto dei Bulgari»;
   il 14 marzo 2017 è stato presentato il quinto Rapporto Agromafie 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare nel quale si sottolinea come l'agroalimentare rappresenti per le mafie uno dei business più remunerativi; il volume d'affari, nel 2016, è salito a 21,8 miliardi di euro, con un balzo del 30 per cento rispetto al 2015 –:
   se abbia iniziato i suoi lavori e con quali risultati il gruppo di coordinamento e controllo in materia di lotta al caporalato da istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali così come previsto dal protocollo soprarichiamato;
   quali risultati abbia apportato l'approvazione della legge 29 ottobre 2016, n. 199, negli obiettivi da essa prefissati e con particolare riguardo ai lavori della Rete del lavoro agricolo di qualità e della cabina di regia;
   quali rapporti intercorrano tra il gruppo di coordinamento sopra richiamato e la cabina di regia della Rete del lavoro agricolo di qualità;
   quali iniziative concrete siano state assunte per migliorare l'accoglienza dei braccianti stranieri e per potenziare i centri per l'impiego pubblici in modo che corrispondano pienamente alle esigenze della domanda e dell'offerta del lavoro in agricoltura (4-16179)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI GIOIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Regione Lazio, con determinazione 6 marzo 2017, n. G02639, ha revocato l'autorizzazione all'attività di Centro autorizzato di assistenza agricola concessa al Centro di assistenza agricola-Confederazione produttori agricoli (Caa-Copagri) e alle società di servizi di cui esso si avvale nello svolgimento dell'attività cui al decreto ministeriale 27 marzo 2008;
   con effetto immediato e, a quanto consta all'interrogante, senza nessun preavviso, sono stati disabilitati ai collegamenti informatici con la rete intranet delle regioni tutte le sedi operative ad esso afferenti, causando automaticamente, da parte delle regioni e degli organismi pagatori, la chiusura delle password degli operatori, creando gravi danni al Caa-Copagri e a tutti gli operatori di riferimento;
   Caa-Copagri conta 247 sedi ed assiste 97.000 imprenditori agricoli, impiegano 400 operatori e lavoratori, direttamente e indirettamente, sul territorio italiano;
   i soci di Caa-Copagri, ognuno al 25 per cento sono:
    1) Uci (Unione coltivatori italiani);
    2) Aic (Associazione italiana coltivatori);
    3) Ugc-Cisl (Unione generale coltivatori);
    4) Uimec-Uil (Unione italiana mezzadri e coltivatori diretti);
   la determinazione di revoca si fonda su quattro motivazioni:
    1) mancanza del requisito di essere una organizzazione sindacale rappresentata in seno al Cnel per due soci: Uci e Aic;
    2) mancata presentazione di documentazione;
    3) presentazione bilancio di esercizio 2015 con le relazioni dei responsabili della funzione di Audit interno non completa;
    4) mancanza dei requisiti del responsabile Audit interno per svolgere tale funzione;
   in merito al punto 1), la società Caa-Copagri srl aveva reso noto alla regione Lazio, che i requisiti di rappresentanza al Cnel per i soci Uimec e Ugc erano assicurati dalla loro affiliazione, rispettivamente, alla Uil e alla Cisl, mentre per Uci e Aic erano assicurati dalla loro affiliazione ad altra organizzazione anch'essa rappresentata nel Cnel;
   in merito al punto 2), tale affermazione viene interamente contestata, avendo il Caa-Copagri, nell'arco di 16 mesi, avuto un fitto scambio di corrispondenza e numerosi incontri con i funzionari della regione;
   in merito ai punti 3) e 4), il Caa-Copagri contesta integralmente tali motivazioni di revoca, in quanto aveva depositato e protocollato i documenti richiesti;
   nessuna ulteriore contestazione sarebbe stata effettuata dopo l'incontro in regione del giugno 2016 ed il deposito il 30 giugno 2016, della relazione denominata «esito Audit interno 2015» dalla regione Lazio fino al 27 ottobre 2016, cioè quattro mesi dopo, quindi la revoca dell'autorizzazione sopra richiamata per la mancata presentazione del documento, che è il solo motivo per cui si può attivare la procedura di revoca, sarebbe secondo l'interrogante priva di fondamento;
   in merito al difetto di indipendenza ed obiettività del responsabile, tale affermazione viene contestata trattandosi della funzione di revisione interna alla società;
   alla luce di quanto sopra esposto non si comprende per quale motivo vi sia stata una scelta così drastica che ha lasciato privi di assistenza 97 mila produttori attraverso la disabilitazione della operatività sui canali digitali regionali;
   infine va evidenziato che il Tar ha accolto l'istanza di Caa-Copagri di misura cautelare provvisoria monocratica e collegiale depositata in data 14 marzo 2017, con decreto di sospensione dell'efficacia della deliberazione della regione Lazio in data 15 marzo 2017, cioè nelle 24 ore susseguenti al deposito della richiesta –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato in merito alla vicenda descritta in premessa, per far sì che si arrivi a tutti i chiarimenti possibili e sia consentita la possibilità di operare, come centro autorizzato di assistenza agricola al Caa-Copagri. (5-11066)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2003, a seguito dello sversamento di trimetilbenzene nel fiume Mavone avvenuto nel 2002, è stato dichiarato uno stato d'emergenza idrica. In conseguenza a ciò viene eseguito un monitoraggio continuo delle acque captate. Tale monitoraggio ha permesso di riscontrare, il 30 agosto 2016, la presenza di diclorometano in acque destinate al consumo umano con concentrazione pari a 0.335 ug/l nel punto di captazione denominato Istituto di fisica nucleare mentre nel punto denominato sbarramento destro e sinistro la stessa sostanza è risultata presente con concentrazione pari a 0.042 ug/l; questo episodio è venuto alla luce solo grazie ad un tardivo comunicato della regione Abruzzo avvenuto a dicembre del 2016;
   dalla puntata del programma televisivo «Le Iene» mandata in onda il 29 marzo 2017 è emerso che in sede di valutazione da parte dell'Istituto superiore di sanità «si rileva una generale non conformità della localizzazione dei locali ed installazioni dei Laboratori nazionali del Gran Sasso e delle attività condotte rispetto ai dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 152/2006» (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano);
   è da sottolineare che in seguito a quanto avvenuto nel 2002, secondo la ricostruzione della stampa, la Asl di Teramo ha chiesto un parere «all'Istituto superiore di sanità per il quale “la decisione di chiudere temporaneamente in via cautelativa l'acqua da destinare al consumo umano” proveniente dal punto di captazione più vicino ai Laboratori “era comunque condivisibile in attesa di approfondimenti”»;
   secondo un articolo pubblicato dal quotidiano on line Primadanoi, il perito nominato dalla procura per i fatti inerenti alla contaminazione del 2002, professor Claudio Botrè, ha emesso una relazione tecnica in cui scrive che «il rispetto della normativa in tutti i settori costituisce il presupposto minimo indispensabile per poter consentire non solo la continuazione dell'esperimento Borexino ma l'attività complessiva dei laboratori sotterranei. Rispettare la normativa non costituisce una questione semplicemente formale o burocratica ma è un fatto sostanziale per la sicurezza e salvaguardia ambientale che deve comportare opere e interventi precisi per l'adeguamento il rispetto delle prescrizioni di legge, opere e interventi che coinvolgono non solo la responsabilità dei laboratori ma anche quelli dei diversi enti pubblici e autorità competenti nei diversi settori»;
   il bacino idrico del Gran Sasso è uno dei più importanti d'Europa e fornisce acqua potabile alla popolazione della provincia di Teramo e de L'Aquila;
   è noto che l'area geografica del Gran Sasso è altamente sismica ed instabile e, dato che si sono verificati già incidenti in condizioni «normali» a causa della inadeguatezza delle strutture, non è possibile prevedere cosa potrebbe accadere in condizioni straordinarie;
   i laboratori dell'INFN situati sotto il Gran Sasso rappresentano una eccellenza nel campo della ricerca ma, tuttavia, è ubicata a ridosso se non all'interno di una struttura idrica importantissima;
   l'assoluta importanza della salute pubblica e della ricerca scientifica deve obbligare tutte le istituzioni pubbliche a rispettare le norme tecniche in materia di sicurezza dei laboratori e della captazione, delle acque, anche concorrendo tra loro per raggiungere standard di sicurezza eccellenti –:
   quali iniziative, nel rispetto delle rispettive competenze, si intendano avviare per ottenere e garantire standard eccellenti di sicurezza nei laboratori situati nel Gran Sasso e, nel contempo, per ottenere la certezza che le acque destinate al consumo umano siano salvaguardate e non contaminate;
   quali siano le iniziative avviate dal 2002 ad oggi ai fini della sicurezza dei laboratori;
   se dalla documentazione esistente, anche in seguito agli incidenti contaminanti, sia emerso che le attività di captazione e dei laboratori sono incompatibili. (4-16168)


   FEDRIGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato sul quotidiano La Stampa del 3 aprile 2017, sono attivi a Torino, Milano, Trieste, Bologna, Firenze, Napoli e Bari i centri dedicati ai bambini «libellula»;
   trattasi della cosiddetta «disforia di genere minorile», per cui il non sentirsi a proprio agio nel proprio corpo non è da considerarsi una malattia, ma piuttosto una condizione, che non presuppone un disturbo dell'identità di genere bensì una «malsopportazione»;
   il fenomeno riguarderebbe circa l'1 per cento dei ragazzini sotto i 12 anni che si sentono a disagio con la propria identità;
   all'estero la terapia è addirittura psicologica e ormonale, come ad esempio in Olanda dove si interviene sul blocco dell'evoluzione puberale;
   tra i sostenitori di tale terapia in Italia vi è l'unità di medicina della sessualità e andrologia dell'ospedale universitario Careggi a Firenze, diretto dal professore Mario Maggi, che riconosce l'Olanda come pioniera «perché hanno capito che bisogna intercettare la disforia in età adolescenziale e trattare i soggetti sia con un approccio psicologico, sia medico»; per la psicologa del Careggi, dottoressa Ristori, il fine è quello di «allungare la finestra di ascolto» per non dover «subire la sofferenza di un corpo che si sviluppa in una direzione non desiderata», per cui «prescrivere i bloccanti della pubertà significa dare all'adolescente più tempo per riflettere sulla sua identità sessuale e di genere»;
   addirittura il team del Careggi è del parere che molti casi di anoressia in età adolescenziale sono in realtà casi di disforia di genere e afferma che «in questa direzione stiamo lavorando»;
   a parere dell'interrogante i medici che procedono nella direzione indicata dovrebbero esser radiati dall'albo –:
   se esistano altri centri oltre a quelli menzionati in premessa;
   se il Ministero della salute stia vigilando sull'attività esplicata dai suddetti centri;
   se non intenda adottare iniziative di competenza volte a disincentivare terapie che appaiono di quantomeno dubbio fondamento scientifico e tali da incidere arbitrariamente, ad avviso dell'interrogante, sull'ordinato sviluppo della personalità. (4-16173)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   DA VILLA, VALLASCAS, CRIPPA, DELLA VALLE, FANTINATI e CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 5-10925 si chiedeva se il decreto interministeriale n. 17407 del 26 maggio 2015 produca gli effetti previsti dall'articolo 52-quinquies, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, cioè se esso sia atto a sostituire, «anche ai fini urbanistici ed edilizi nonché paesaggistici, ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati, costituendo titolo a costruire e ad esercire tutte le opere e tutte le attività previste nel progetto approvato, fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza vigenti»;
   con risposta del 28 marzo 2017, il Ministro interrogato concludeva che «il decreto di autorizzazione non ha esplicitamente disposto in merito alla variante agli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 52-quinquies, indipendente dalla data della domanda, in quanto il comune stesso aveva dichiarato che l'intervento conforme agli strumenti urbanistici, ivi compreso il piano portuale, e quindi nessuna variante era necessaria»;
   il decreto de quo, all'articolo 2, specifica che «la Società Costa Bioenergie S.r.l., sotto pena di decadenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 1, è tenuta a ultimare i lavori relativi alla modifica del deposito costiero (...) nel più breve tempo possibile», facendo a giudizio degli interroganti un riferimento alla realizzazione dell'opera, la cui costruzione, ai sensi di legge, non s'intende autorizzata con la mera attestazione della sua conformità urbanistica; 
   per la realizzazione dell'opera occorre che il soggetto legittimato presenti domanda per ottenere il permesso di costruire, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, permesso che può essere rilasciato dal competente comune dietro preventivo nulla osta qualora il progetto interessi beni soggetti a particolari tutele (ambientali, architettoniche, artistiche): tali domanda, permesso e nulla osta possono essere tuttavia sostituiti dal decreto interministeriale se esso è «atto a sostituire, anche ai fini urbanistici ed edilizi, nonché paesaggistici, ogni altra autorizzazione (...) atto di assenso o nulla osta comunque denominati» –:
   se il Ministro interrogato ritenga che il decreto n. 17407 del 2015 – in quanto produttivo degli effetti previsti dall'articolo 52-quinquies, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, o per qualunque altra ragione – sia atto a sostituire il permesso di costruire ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e costituisca quindi valido titolo a costruire tutte le opere previste nel progetto ivi approvato, indipendentemente dalla presentazione di specifica domanda di Costa Bioenergie S.r.l. per l'ottenimento del permesso di costruire al competente comune di Chioggia, e dal rilascio del medesimo. (5-11052)


   RICCIATTI, FERRARA, EPIFANI, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, NICCHI, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER, FAVA, FRANCO BORDO, ZARATTI e MARTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 17 marzo 2017 presso Unioncamere nazionale, si è tenuto un incontro fra quest'ultima e le sigle sindacali Cgil, Cisl, Uil per discutere dello stato di attuazione del piano di riordino delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Ccia) di cui al decreto legislativo n. 219 del 2016, ed, a quanto si apprende da fonti sindacali, per ciò che riguarda le unioni regionali pare che il segretario generale, dottor Tripoli, abbia richiesto di congelare la situazione fino al completamento del riordino delle camere di commercio per avere un quadro chiaro dal momento che laddove le unioni regionali dovessero essere poste in liquidazione (come nel caso delle Marche) ed in seguito soppresse, il personale, senza soluzione di continuità, potrebbe avere il passaggio verso una azienda speciale della regione di appartenenza;
   sempre dalla nota sindacale si apprende la preoccupazione in merito ad accorpamenti, rideterminazione delle piante organiche, razionalizzazione delle sedi e mobilità;
   le parti hanno fissato un nuovo incontro per il 5 aprile 2017;
   per quanto riguarda le Marche, a fronte del processo di accorpamento è stato valutato positivamente da parte delle organizzazioni sindacali, il progetto di mantenimento dei «presidi territoriali» quali «punti forza» del sistema camerale coincidenti con le attuali sedi delle cinque camere di commercio. A seguito di un possibile accorpamento dei servizi interni, conseguente alla semplificazione dell'attuale sistema camerale, ad oggi costituito da cinque camere di commercio, è stata avanzata l'ipotesi di un utilizzo del personale per rafforzare i servizi esterni alle imprese, previa adeguata formazione, garantendo così il mantenimento dei livelli occupazionali e scongiurando qualsiasi esubero di personale. Se il processo di riforma, per quanto concerne il personale dipendente delle attuali cinque camere di commercio delle Marche, si prospetta «governabile» ben più complicata appare la situazione del personale dipendente delle aziende speciali e di Unioncamere Marche. Trattandosi di personale con contratto di natura privatistica si rende necessaria ed urgente una modifica alla legge di riforma che consenta di garantire la prosecuzione dei rapporti di lavoro anche di detto personale nei nuovi soggetti che nasceranno a seguito del processo di riforma –:
   quali iniziative urgenti s'intendano avviare per modificare la legge di riforma delle camere di commercio al fine di tutelare i dipendenti con contratto privatistico, anche al fine di salvaguardare tutti i livelli occupazionali. (5-11053)


   VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 232 del 2016 al comma 243, dell'articolo 1 ha sostituito l'articolo 4-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 modificando gli obblighi per gli operatori economici che, anche mediante affidamento a terzi e indipendentemente dal numero di dipendenti, esercitino attività di call-center;
   gli operatori inadempienti alla normativa rischiano sanzioni amministrative dai 10.000 ai 150.000 euro;
   «l'attività di call-center» è definita nell'articolo 1, lettera d) della delibera n. 79/09/CSP dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) «un insieme di risorse umane e di infrastrutture specializzate che consente contatti e comunicazioni multicanale con gli utenti (attraverso: telefonia, internet, posta)»;
   la delibera ha individuato gli operatori economici destinatari (operatori di rete; fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici; e altro), ma appare opportuno specificare l'ambito di applicazione per escludere gli operatori economici che non sono «operatori di comunicazione» e quindi i soggetti esercenti attività commerciale, tra cui gli operatori turistici, come definiti dal decreto legislativo n. 79 del 2011 i quali, non avendo come oggetto sociale principale l'attività di servizi di comunicazione per via elettronica, mettono a disposizione della propria clientela apparecchiature terminali di rete;
   questi non necessitano di adottare le disposizioni delle direttive dell'Agcom in materia di qualità e carte dei servizi. La delibera 79/09/CSP, che definisce l'attività di call-center, trova il suo fondamento nella necessità di tutelare i consumatori da: difficoltà nel contattare gli addetti e lunghi tempi di attesa, mancanza di certezza di presa in carico di reclami/richieste di informazioni formulate dall'utente; inadeguatezza delle risposte rese dagli addetti; mancato invio del modulo di contratto; mancata indicazione degli strumenti di tutela a disposizione dell'utente; servizi non richiesti; contratti conclusi a distanza a mezzo di operatore telefonico, i cui contenuti violano o potrebbero violare le norme del codice del consumo;
   è pacifico che le fattispecie sopra evidenziate non appartengano al modo di svolgere attività economica da parte degli operatori turistici –:
   se, anche al fine di non creare incertezze interpretative che potrebbero inflazionare i lavori dell'Agcom, non si ritenga opportuno limitare il campo di applicazione della normativa di cui all'articolo 1, comma 243 della legge n. 232 del 2016 agli «operatori di comunicazione», così da escluderne l'operatività per gli operatori economici che non svolgano servizi di comunicazione elettronica in forma prevalente o esclusiva, come nel caso degli operatori turistici. (5-11054)


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 13 giugno 2016 la direzione generale per la politica commerciale internazionale del Ministero dello sviluppo economico ha concesso alla società Area spa di Vizzola Ticino un'autorizzazione specifica a esportare in Egitto un «sistema di monitoraggio delle comunicazioni su rete funzionante con protocollo internet»;
   desta stupore tale concessione dopo che il 31 (marzo 2016) la stessa autorità ne ha disposto la revoca alla società Hacking Team per il software Rcs Galileo per le «mutate situazioni politiche» in alcuni dei 46 Stati, tra i quali proprio l'Egitto, destinatari del suo prodotto;
   sebbene i prodotti software venduti da HT Area Spa siano diversi, ma assimilabili, l'utilizzatore finale è sempre il Consiglio nazionale di difesa egiziano, balzato alle cronache per la vicenda di Giulio Regeni, scomparso il 25 gennaio 2016 e ritrovato cadavere il 3 febbraio con evidenti segni di tortura;
   fonti del Ministero dello sviluppo economico precisano che, alla base della revoca dell'autorizzazione globale concessa ad HT, oltre alla mutata situazione politica in Egitto, ci sarebbe anche l'hackeraggio subito dalla società nel 2015, che può comunque richiedere autorizzazioni specifiche per i singoli Paesi;
   tornando all'autorizzazione ad Area Spa l'ultima parola per la concessione spetta agli organi del Ministero dello sviluppo economico che, nel rilascio, sono tenuti a considerare il rispetto dei diritti umani e in Egitto, stando ai dati di Amnesty International, solo nel 2015, sono stati riscontrati 1.176 casi di tortura, 500 dei quali con esito mortale;
   inoltre, il via libera all’export è arrivato per Area dopo la «sospensione dei termini di conclusione del procedimento» di 30 giorni, decisa il 14 maggio 2016 dopo ben quattro rinvii del Comitato consultivo per l'esportazione dei beni a duplice uso;
   a seguito delle richieste di revoca giunte da più parti, il 7 luglio 2016 è stato avviato il provvedimento di riesame in autotutela dell'autorizzazione di Area, il Ministero dello sviluppo economico si è avvalso di quando disposto dall'articolo 12 del regolamento (CE) 428/09 che stabilisce che «ai fini del rilascio di un'autorizzazione all'esportazione di prodotti a duplice uso, gli Stati dell'Ue tengono conto di tutti i fattori pertinenti, tra cui considerazioni di politica estera e di sicurezza nazionale». Al termine di tale processo l'autorizzazione è stata sospesa e avrebbe poi dovuto essere revocata –:
   se l'autorizzazione sospesa ad Area sia stata revocata anche alla luce di quanto disposto per Hacking Team e del caso Regeni che, ad oggi, resta ancora irrisolto. (5-11055)


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi della legge n. 125 del 2007, i consumatori domestici e le piccole imprese connesse in bassa tensione che non abbiano stipulato un contratto di compravendita nel mercato libero usufruiscono del servizio di maggior tutela;
   sembra sia intenzione del Governo proporre che alla cessazione del mercato di maggior tutela, gli utenti non ancora forniti sul mercato libero vengano automaticamente assegnati al servizio di salvaguardia, gestito da aziende, selezionate con gara, chiamate ad applicare prezzi tali da incentivare il passaggio al mercato libero;
   secondo le associazioni dei consumatori più rappresentative «la misura, così come è concepita, aggiunge al danno dell'introduzione di una concorrenza finta, la beffa di misure punitive per i consumatori»... In sostanza, il meccanismo proposto provocherebbe un aumento generalizzato delle tariffe, proprio in un momento in cui le famiglie versano in uno stato di difficoltà;
   la previsione di un meccanismo d'asta rappresenterebbe una peculiarità tutta italiana, in quanto negli altri Paesi dell'Unione europea, in occasione della liberalizzazione dei mercati energetici, non sono state adottate in nessun caso soluzioni simili;
   l'assegnazione dei clienti attraverso aste rappresenta una negazione della libertà di scelta da parte dei consumatori e risulta incoerente con lo spirito stesso della liberalizzazione dei mercati, nonché penalizzante in particolare per gli utenti più deboli;
   il trasferimento massivo di clienti da un gestore all'altro comporterà, inevitabilmente, per gli operatori del settore un aumento dei costi, nel breve-medio periodo, connesso alla gestione dei clienti, nonché l'attivazione di complicate ed onerose procedure di switching;
   l'assegnazione dei clienti in base a meccanismi di gara rischia di avere pesanti ripercussioni anche sui dipendenti delle aziende che attualmente si occupano della gestione della maggior tutela –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per favorire la concorrenza nel mercato dell'energia elettrica e prevenire il rischio di eventuali aumenti delle tariffe a danno dei consumatori.
   (5-11056)


   BENAMATI e TARANTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i recenti ordini esecutivi del presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump, in materia di difesa delle imprese manifatturiere domestiche e di verifica dei maggiori squilibri commerciali hanno suscitato vivo allarme anche nel nostro Paese;
   a tali atti potrebbe infatti fare seguito la prospettata adozione di pesanti dazi a carico di importanti flussi di importazioni provenienti dall'Unione europea e ciò anche in ragione della mancata importazione da parte europea, sulla base di accordi risalenti al 2009, di quantitativi di carne bovina americana di qualità non trattata con ormoni;
   in particolare, potrebbero essere colpiti dall'introduzione dei dazi da parte dell'amministrazione statunitense taluni prodotti del nostro settore alimentare e del nostro settore motociclistico che, nel 2016, hanno alimentato esportazioni verso il mercato statunitense per circa 700 milioni di euro;
   il 31 marzo 2017, la dichiarazione finale del Business Summit 2017 del B7, il vertice delle organizzazioni imprenditoriali dei Paesi del G7, tenutosi in vista dell'incontro di Taormina del prossimo mese di maggio, ha lanciato l'allarme sull'emergere di «tendenze protezioniste senza precedenti», sottolineando la necessità della messa a punto, in occasione della Conferenza ministeriale del Wto che si terrà a Buenos Aires nel dicembre 2017, di «una proposta condivisa volta a riformare e rivitalizzare il sistema commerciale multilaterale» –:
   quali siano le valutazioni del Ministro circa i richiamati orientamenti dell'amministrazione statunitense e circa il loro impatto sull’export italiano verso il mercato statunitense, nonché, più in generale, quali iniziative si intendano assumere per favorire una positiva evoluzione del confronto in materia di politica commerciale tra Usa e Unione europea. (5-11057)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel 2005, l'Ieee (Institute of Electrical and Electronic Engineers) – la più grande società professionale nel mondo per il progresso dell'ingegneria tecnologica nell'ingegneria elettrica ed elettronica – ha attribuito a Salvan una targa commemorativa (Milestone) in ricordo delle ipotetiche sperimentazioni, mai provate storicamente, fatte da Guglielmo Marconi a Salvan (Svizzera) nell'estate del 1895, quindi prima degli esperimenti decisivi di Marconi a Pontecchio Marconi (Bologna);
   successivamente, nel settembre del 2008, l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu) dell'Onu, con sede a Ginevra, di cui l'Italia è membro finanziatore, ha attribuito a Salvan la targa di «Patrimonio mondiale delle telecomunicazioni», istituito per l'occasione e mai più assegnato ad altra località. La cerimonia – a cui parteciparono sia il presidente della Confederazione elvetica, Pascal Couchepin, che il segretario generale dell'Itu pro tempore, Hamadoun Touré – suscitò numerose proteste da parte del mondo scientifico italiano. La stampa italiana dette, in quella occasione, grande risalto alla vicenda. L'ambasciatore italiano a Berna, su richiesta dell'interrogante, all'epoca dei fatti sindaco di Sasso Marconi ed in accordo con il Governo, decise di non partecipare alla cerimonia di Salvan;
   è evidente che i predetti importanti riconoscimenti internazionali dati a Salvan hanno avallato un falso storico, con il rischio di adombrare e ridimensionare il valore dei luoghi in cui Guglielmo Marconi realizzò i primi esperimenti di telegrafia senza fili storicamente ineccepibili, presso la Villa Griffone e la Collina dei Celestini a Pontecchio Marconi, tra la primavera e l'autunno del 1895, causando potenzialmente all'Italia un danno di immagine;
   a seguito di ricerche – di cui il comune di Sasso Marconi e La Fondazione Marconi furono tra i promotori tra il 2008 ed il 2009 – è apparso evidente, secondo l'interrogante, che i due riconoscimenti internazionali attribuiti a Salvan si basavano su supposizioni non provate in via documentale; supposizioni che sono state successivamente smentite da documenti inediti conservati negli archivi storici italiani e portati a conoscenza del pubblico recentemente, che hanno dimostrato che Guglielmo Marconi leva, non era in possesso nel 1895, sottoposto agli obblighi di leva, non era in possesso del passaporto e dell'autorizzazione all'espatrio da parte del Ministero della guerra, richiesti e ottenuti solo nel 1896;
   i risultati delle ricerche sono stati pubblicati nel 2013 sulla rivista tecnico-scientifica Ieee Ap Magazine. La pubblicazione di tali evidenze storiche hanno avuto come conseguenza il ritiro del riconoscimento «Milestone» nel nome di Marconi da parte dell'Ieee;
   resta invece ancora insoluto il problema del riconoscimento dato al comune di Salvan dall'Itu, l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu) che ha consegnato il 26 settembre 2008 ufficialmente il titolo di «Patrimonio mondiale delle telecomunicazioni» sulla base di un presunto soggiorno di Marconi nell'estate del 1895 in cui avrebbe alcuni esperimenti di telegrafia senza fili;
   a dicembre 2016 l'interrogante ha inviato una lettera al Segretario generale pro tempore dell'Itu Houlin Zhao, il quale ha comunicato di avere preso in carico l'istanza e di aver avviato un'istruttoria;
   stante l'accertata veridicità dei fatti, come riportato in premessa, un riconoscimento internazionale rilasciato dall'Itu, ovvero la consegna del titolo di «Patrimonio mondiale delle telecomunicazioni» sarebbe stato più plausibile che fosse stato conferito ad una delle molte località nel mondo che sono in grado di dimostrare, con prove incrociate ed inconfutabili, la presenza e il lavoro di Guglielmo Marconi –:
   se il Governo non reputi doveroso assumere le iniziative di competenza, anche in un'ottica di moral suasion, nei confronti dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni dell'Onu al fine di promuovere la revoca del riconoscimento di cui in premessa, basato su presupposti che per l'interrogante si sono dimostrati non fondati, alla luce della documentazione di cui in premessa. (5-11063)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Pisicchio e altri n. 1-01566, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dambruoso.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Pellegrino e altri n. 2-01745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Civati.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gianluca Pini n. 5-09955, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rondini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Toninelli n. 5-11013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Uva.

  L'interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-16139, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nuti.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Gadda n. 4-16132, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 771 del 31 marzo 2017.

   GADDA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si assiste con preoccupazione al susseguirsi di norme e comportamenti discriminatori in Cantone Ticino nei confronti di lavoratori e cittadini italiani: il 9 febbraio 2014 l'iniziativa popolare denominata «Contro l'immigrazione di massa» ha modificato la Costituzione federale prevedendo tetti massimi e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano attività economica in Svizzera, compresi i lavoratori frontalieri, perseguendo un principio di preferenza agli svizzeri;
   nel novembre 2014 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha incrementato le imposizioni fiscali per i frontalieri residenti entro la fascia di confine, portando al 100 per cento il moltiplicatore comunale al fine di scoraggiare la presenza italiana in Svizzera;
   il 24 marzo 2015 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha approvato una legge sulle imprese artigianali introducendo elementi restrittivi nei confronti dei professionisti italiani che intendono stabilire in Svizzera la propria società;
   nel mese di aprile 2015 il Dipartimento delle istituzioni del Ticino, con la successiva conferma del Consiglio di Stato del maggio 2016, introduce l'obbligo della presentazione dell'estratto del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, per i lavoratori frontalieri che chiedono il rinnovo o il rilascio ex novo del permesso di lavoro G. Ad aprile 2016 il consigliere di Stato, Norman Gobbi, ha dichiarato alla stampa che tali restrizioni non sono applicate ai lavoratori frontalieri di Francia e Germania «Perché in quei Paesi non esistono le organizzazioni criminali presenti in Italia»;
   il 25 settembre 2016 nel Ticino si è tenuta una nuova iniziativa popolare promossa per inserire nella Costituzione cantonale il principio di «preferenza agli indigeni» che ha visto prevalere la posizione più radicale;
   il 5 dicembre 2016 a seguito di un tentativo di rapina alla banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio (Canton Ticino, Svizzera), le autorità ticinesi hanno disposto la chiusura di alcuni valichi di confine con l'Italia tra cui quello di Ponte Tresa, impedendo il transito – per circa due ore – a quasi 5 mila persone, molti cittadini italiani lavoratori frontalieri;
   nel mese di febbraio il consigliere Norman Gobbi aveva espresso posizioni offensive nei confronti dei nostri connazionali, collegando un episodio di corruzione in un ufficio pubblico alla nazionalità italiana del dipendente coinvolto;
   come già segnalato nell'interrogazione a prima firma dell'interrogante n. 4-14990, risulta all'interrogante che le autorità italiane non siano state prontamente avvisate dalle autorità elvetiche della imminente chiusura della frontiera, esponendo in tal modo i territori italiani coinvolti ad una situazione complessa sotto il profilo dell'ordine pubblico;
   l'interrogante ricorda che la mozione n. 1-00952 Borghi ed altri, approvata dalla Camera dei deputati, ha indicato al Governo la necessità di condizionare le determinazioni italiane da assumere nell'ambito delle relazioni internazionali con la Svizzera, ad una positiva cooperazione da parte delle istituzioni elvetiche in tutti gli ambiti. La stessa mozione, in riferimento agli accordi in materia fiscale, ha impegnato il Governo a rivalutare tale ratifica in relazione alla formulazione di specifiche assicurazioni formali tendenti ad escludere la validità e l'applicazione di qualsivoglia discriminazione –:
   se, in occasione della chiusura dei valichi di frontiera, le autorità svizzere hanno provveduto a inoltrare all'Italia opportuna comunicazione, nel rispetto delle procedure fissate dal regolamento UE 2016/399 del Parlamento europeo (codice frontiere Schengen);
   se il Governo ritenga che le affermazioni del consigliere di Stato Norman Gobbi siano lesive della dignità dei nostri connazionali e quali iniziative si siano intraprese;
   se e come il Governo intenda riconsiderare le relazioni internazionali con la Confederazione elvetica alla luce del protrarsi di comportamenti che appaiano all'interrogante evidentemente ostili e discriminatori da parte del Cantone Ticino nei confronti di lavoratori e cittadini italiani. (4-16132)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Crippa n. 4-16159, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 773 del 4 aprile 2017.

   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un motociclista svizzero è morto in data 18 marzo 2017 travolto da una frana sulla strada statale 34 del lago Maggiore, tra Cannero Riviera e Cannobio, in frazione Carmine;
   i massi, che si sono staccati dalla parete della montagna, sotto la quale corre la strada, hanno colpito anche una macchina e altre due persone sono rimaste ferite. Il motociclista, 68enne del Canton Ticino, è stato subito soccorso, ma è deceduto dopo essere stato trasportato in ospedale con l'elicottero;
   il tratto interessato dalla frana è interessato da oltre due anni da lavori per la messa in sicurezza;
   nell'ottobre del 2014 si erano già verificate due grosse frane, a distanza di un mese l'una dall'altra;
   da quanto si apprende dai media locali, in data 29 marzo 2017 sarebbe stata inviata una missiva sul tema indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al presidente della regione Piemonte da parte delle autorità del Canton Ticino;
   nella lettera, firmata dal presidente del Consiglio di Stato Paolo Beltraminelli e dal cancelliere Arnoldo Coduri, si rammenterebbe come sulla litoranea viaggino numerosi ticinesi e circa duemila frontalieri italiani ogni giorno. Si andrebbe a ricordare poi che, dinanzi a fenomeni di una certa gravità, verificatisi in territorio italiano, non sono stati effettuati significativi investimenti come quelli che, oltreconfine, il Cantone ha profuso per le medesime emergenze in tratti diversi;
   in data 3 aprile 2017 si è tenuto un incontro a Torino, con presenti il Ministro Graziano Delrio, il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino, il vicepresidente Aldo Reschigna, l'assessore alle opere pubbliche Francesco Balocco, il presidente della provincia del Verbano Cusio Ossola Stefano Costa, il prefetto di Verbania Iginio Olita, i vertici Anas e i sindaci dei territori attraversati dalla «34» da cui è emerso l'impegno di ultimare, entro fine mese, una bozza di accordo di programma per la messa in sicurezza del tratto stradale in oggetto e poi a seguire per favorire la stipula dell'intesa tra Stato, regione, Anas ed enti locali con il contestuale sopralluogo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   non si hanno notizie se durante l'incontro si sia accennato alla strada provinciale della Val Cannobina, per la quale sarebbe in corso una trattativa con Anas affinché questa arteria di collegamento tra le due strade statali n. 337 e n. 34 torni di competenza dello Stato e venga ammodernata, anche in previsione del periodo in cui proprio la strada statale n. 337 sarà chiusa per lavori, deviando il traffico sulla Cannobina, tratto stradale di competenza della provincia del Verbano Cusio Ossola;
   il tratto stradale in oggetto è fra quelli per cui il presidente della provincia del Verbano Cusio Ossola Costa si è di fatto dichiarato impossibilitato per quanto ne concerne la gestione, con l'esposto cautelativo prot. n. 4929 depositato in data 7 marzo 2017 e indirizzato alla procura della Repubblica del tribunale di Verbania, la prefettura del Verbano Cusio Ossola e la sezione regionale piemontese della Corte dei conti;
   si ricorda poi quanto riportato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-14652, in cui si andava interrogare il Governo circa il mancato rimborso di due cittadine coinvolte in un incidente stradale nella medesima zona e non si sono viste ricevere alcun rimborso per le spese mediche da parte dell'assicurazione della provincia –:
   se il Governo sia al corrente dei fatti di cui in premessa;
   come si intendano velocizzare ulteriormente le pratiche e i lavori di messa in sicurezza sulla strada statale n. 34 in modo da evitare in futuro tragedie come quella del 18 marzo 2017;
   considerando le difficoltà esposte dai vertici del provincia di Verbania e l'impossibilità di sostenere i cittadini con aiuti economici da parte delle assicurazioni degli enti, quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo al fine di risolvere questa situazione che ormai è emergenziale. (4-16159)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Nuti e altri n. 4-15796 del 3 marzo 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11045;
   interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri e altri n. 4-15943 del 15 marzo 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-11047.