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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 aprile 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel mondo ci sono 36,7 milioni di persone affette dal virus dell'Hiv, ma solo metà di loro risulta essere sottoposta ad una terapia antiretrovirale;
    per quanto attiene al solo 2016, sono stati diagnosticati oltre 2 milioni di nuovi casi, stando ai numeri diffusi da Unaids, il programma lanciato dalle Nazioni Unite per contrastare la diffusione dell'epidemia;
    il 2015 ha registrato un notevole aumento della diffusione del virus nel continente europeo, con 153.407 casi rispetto ai 142.000 dell'anno precedente mentre, in riferimento alla sola Italia, le nuove diagnosi di infezione da Hiv, nel medesimo anno, sono state più di 3.000; in particolare, nel 2015, il nostro Paese si conferma al tredicesimo posto in Europa per le nuove diagnosi di Hiv, con un ammontare di 3.444 casi (pari ai 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti), in lieve calo rispetto agli anni precedenti (erano 4.183 nel 2012, 3.845 nel 2013 e 3.850 nel 2014);
    il Registro nazionale dell'Aids, attivo sin dall'inizio degli anni ’80, ha indicato, nel 2015, 789 casi di Aids, pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti; oltre il 50 per cento dei casi di Aids segnalati nel 2015 era costituito da persone che non sapevano di essere Hiv-positive;
    c’è stato, infatti, un importante cambiamento nelle percentuali relative alle modalità di trasmissione. A differenza del passato, l'Aids è attualmente una malattia prevalentemente a trasmissione sessuale, con prevalenza di casi relativi a rapporti eterosessuali. Prima, invece, sia in Italia che in Europa, l'Hiv si trasmetteva soprattutto mediante lo scambio di siringhe infette tra chi faceva uso di sostanze stupefacenti iniettabili. Le notifiche di infezione da Hiv associate a trasmissione sessuale sono passate dall'8,0 per cento del 1985 all'85,5 per cento del 2015;
    la raccolta dati sulle nuove diagnosi di infezione da Hiv è iniziata in alcune regioni già dal 1985. Nel 2008 è stato istituito il sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv. Le regioni si sono successivamente uniformate raggiungendo, nel 2012, la copertura completa del territorio italiano. Tuttavia, allo stato attuale, il registro delle nuove diagnosi di Hiv e il registro nazionale dell'Aids non sono unificabili, né compatibili in quanto il flusso informativo, la scheda di raccolta dati e l'identificativo individuale sono diversi;
    oltre la metà delle nuove diagnosi avviene molto tempo dopo l'avvenuta infezione, quando essa ha creato danni importanti al sistema immunitario degli individui, tali da consentire la comparsa di infezioni e tumori talvolta letali. Ed infatti, basti considerare come, negli ultimi anni, sia aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato, ignorando la propria sieropositività; pertanto, diminuiscono sensibilmente le probabilità di risposta positiva alle cure. Ed ancora, nel 2014, l'emersione dello stato di sieropositività al virus dell'Hiv è avvenuto principalmente per cause diverse dall'accesso volontario al test dell'Hiv; nello specifico, nel 26,4 per cento dei casi il test Hiv è stato eseguito per la presenza di sintomi correlati all'Hiv, e nel 12,9 per cento dei casi in seguito ad accertamenti per altra patologia o alla diagnosi di un'infezione sessualmente trasmessa;
    è un dato, ormai, sempre maggiormente confermato quello che riguarda la scoperta tardiva del proprio stato di sieropositività. Come già detto, ancora troppe persone in Italia, infatti, scoprono di aver contratto l'Hiv quando compaiono i primi sintomi dell'Aids. Questo fenomeno è indice di una bassa percezione del rischio, soprattutto fra chi si infetta per via sessuale, oltre che tra gli stranieri. Si stima, infatti, che un quarto delle persone Hiv positive, in Italia, ignori il proprio stato di sieropositività. È importante invece riconoscere precocemente l'avvenuta infezione da Hiv, da un lato, per intraprendere la terapia farmacologica antiretrovirale atta a rallentare la progressione del virus e, dall'altro, per assumere comportamenti consapevoli verso il prossimo;
    vi è un forte aumento degli stranieri sieropositivi o affetti da Aids. La popolazione immigrata straniera in Italia è andata fortemente crescendo negli ultimi anni e spesso proviene da Paesi ad alta endemia. Circa un 29 per cento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv riguarda persone di cittadinanza straniera;
    l'ignoranza e la sottovalutazione del rischio sono i fattori principali che determinano il dilagare del virus dell'Hiv, anche per l'errata convinzione che, in Occidente, sia un flagello ormai debellato e relegato ai Paesi più poveri. Sebbene l'epidemia si sia depotenziata a metà anni ’90, il ventennio trascorso senza più paura ha però fatto dimenticare che l'Hiv continua a diffondersi, il che ha comportato un ridimensionamento, sia sotto il profilo quantitativo, che sotto quello qualitativo, delle campagne di comunicazione e di prevenzione che rivestono, invece, un tassello fondamentale specialmente nei confronti della fascia di popolazione più giovane;
    prevenzione e trattamento permetterebbero di abbattere anche la spesa dello Stato, appesantita dal costo altissimo dei farmaci antiretrovirali, fra i più cari per la sanità pubblica. Ogni diagnosi salva una vita, ma comporta in media 40 anni di terapie;
    la prevenzione è fondamentale, anche perché la circostanza che vede la malattia diagnosticata solamente una volta in stato avanzato determina la circolazione di persone infette che possono aver trasmesso l'Hiv in modo inconsapevole, accrescendo così il numero totale dei contagiati;
    si registra, in Italia, una aumentata sopravvivenza dei sieropositivi e dei malati di Aids, grazie alla terapia antiretrovirale ad alta efficacia, che ritarda sensibilmente la comparsa di sintomi, allunga anche di molto la sopravvivenza e, soprattutto, migliora la qualità della vita dei pazienti con Aids conclamato;
    è ampiamente riconosciuto come la prevenzione, laddove intelligentemente attuata, funzioni. Infatti, dal 1994, non si registrano nuovi casi, né tra gli emofilici, né tra i trasfusi e sono in netto calo i nuovi casi di Hiv pediatrico. Ciò è il frutto, da un lato, del controllo costante della provenienza del sangue: selezione ed educazione dei donatori ad una maggior consapevolezza e controllo di laboratorio di ogni singola sacca; dall'altro, è l'effetto dell'applicazione delle linee guida, che prevedono l'effettuazione del test Hiv in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne gravide risultate positive;
    sono profondamente cambiate le percentuali di modalità di trasmissione e, rappresentando quella sessuale la più rilevante, un'opera di informazione e sensibilizzazione concreta e capillare, soprattutto verso le categorie in questo senso più a rischio, come giovani e stranieri, potrebbe dare in breve tempo risultati importanti e, al contempo, contribuire a ridurre il numero dei nuovi contagi;
    risulta necessario perseguire l'obiettivo di incrementare il sostegno alle persone con infezione da Hiv (riduzione dello stigma), sensibilizzare le persone ad eseguire il test per l'Hiv (prevenire nuovi casi) e, non ultimo, supportare le persone che tutti i giorni lavorano e studiano in questo ambito della medicina;
    negli ultimi anni, l'attenzione pubblica sul tema dell'Aids è notevolmente calata, nonostante i nuovi casi di infezione, nei Paesi sviluppati come il nostro, siano stabili; così come, i dati raccolti sul fenomeno de quo testimoniano come gli adulti, ma soprattutto gli adolescenti, siano disinformati o non correttamente informati rispetto all'Hiv – a titolo esemplificativo, solo il 5,2 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni sa che cosa sia l'intervallo finestra, informazione chiave per accedere correttamente al test per l'Hiv;
    l'importanza di non abbassare la guardia e di continuare a sensibilizzare e informare la popolazione sul tema è quindi sensibilmente evidente soprattutto laddove si consideri, si ripete, come negli ultimi anni sia aumentata la percentuale delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività, per cui diminuiscono percettibilmente le probabilità di risposta positiva alle cure – gli ultimi dati disponibili indicano una proporzione del 67,9 per cento;
    nel mese di dicembre 2016, il Ministero della salute ha predisposto il piano nazionale contro l'Aids, sul quale ha espresso il parere il Consiglio superiore di sanità per poi passare al vaglio delle regioni per l'avallo definitivo e la concreta applicazione sul territorio. Tale piano si compone di una serie di obiettivi tra cui: la messa a punto e la realizzazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; facilitare l'accesso al test per far emergere il sommerso; garantire a tutti l'accesso alle cure; favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento; migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone che vivono con Hiv e Aids; coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale; tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con Hiv e Aids; promuovere la lotta allo stigma; promuovere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni a rischio,

impegna il Governo:

1) a prevedere capillari, specifici interventi di prevenzione, incluse campagne informative riguardanti le modalità di trasmissione dell'Hiv;
2) ad attuare con la massima sollecitudine il nuovo piano nazionale d'intervento contro l'Aids;
3) ad incentivare la diffusione dei test atti a diagnosticare i virus dell'Hiv e dell'Hcv, favorendo un ulteriore, nuovo percorso finalizzato a consentire l'effettuazione di tali test anche al di fuori degli attuali, specifici contesti sanitari;
4) a promuovere la lotta all'Hiv-Aids e alle malattie sessualmente trasmissibili presso le nuove generazioni e a sostenere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni più a rischio;
5) ad intraprendere le opportune iniziative di competenza per addivenire all'unificazione dei due sistemi di sorveglianza Hiv e Aids, con implementazione di una scheda di segnalazione, uniforme per tutte le regioni, da impiegare sia per la prima diagnosi di Hiv, che per la prima diagnosi di Aids.
(1-01573) «Calabrò, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    il Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è stato istituito con il decreto del Ministero della salute del 31 marzo 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 175, 28 luglio 2008);
    in seguito alla pubblicazione del suddetto decreto, molte regioni italiane hanno istituito un sistema di sorveglianza di questa infezione, unendosi ad altre regioni e province che, già da vari anni, si erano organizzate in modo autonomo e avevano iniziato a raccogliere i dati;
    il decreto citato conferisce al Centro operativo Aids (Coa) dell'Istituto superiore di sanità (Iss) il compito di raccogliere le segnalazioni, gestire e analizzare i dati e assicurare il ritorno delle informazioni al Ministero della salute;
    al sistema di sorveglianza vengono notificati i casi in cui viene posta per la prima volta la diagnosi di infezione da Hiv, a prescindere dalla presenza di sintomi Aids-correlati. I dati vengono raccolti dalle regioni che, a loro volta, li inviano al Coa;
    dal 2012, anno in cui tutte le regioni italiane hanno attivato un Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, la copertura ha raggiunto il 100 per cento dei casi;
    dal 2010 al 2015 sono state segnalate, entro giugno 2016, rispettivamente 4.051, 3.924, 4.183, 3.845, 3.850 e 3.444 nuove diagnosi di infezione da Hiv. La diminuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, nell'ultimo anno, è in parte dovuta al ritardo di notifica;
    l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv (calcolata in base ai dati inviati dalle regioni segnalanti) era alta nella seconda metà degli anni ’80, raggiungendo un picco massimo di 26,8 nuovi casi per 100.000 residenti nel 1987; successivamente, è diminuita fino al 2006 e, dal 2010, è in costante lieve diminuzione, sia negli uomini che nelle donne;
    nel 2015 l'incidenza di infezione da Hiv è risultata pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti. Rispetto all'incidenza riportata dagli altri Paesi dell'Unione europea, l'Italia si posiziona al 13o posto: l'incidenza più alta è stata osservata nel Regno Unito, quella più bassa in Francia; nel 2015, Italia, Germania e Grecia hanno registrato incidenze simili intorno al 6 per 100.000 residenti;
    per quanto riguarda le differenze regionali, l'incidenza più alta, nel 2015, è stata osservata nel Lazio e quella più bassa in Calabria. Nella maggior parte delle regioni, l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv presenta un andamento in diminuzione, mentre in poche altre (Liguria, Campania, Basilicata) sembra essere in aumento;
    dal 1985, escludendo le persone di età inferiore ai 15 anni diagnosticate con Hiv, si osserva un aumento costante dell'età mediana al momento della diagnosi di infezione da Hiv, che è passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine a 39 anni e 36 anni nel 2015 rispettivamente;
    negli ultimi anni l'età mediana, al momento della diagnosi di infezione da Hiv, appare relativamente costante per le principali modalità di trasmissione;
    nelle classi d'età successive ai 14 anni la distribuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv aumenta progressivamente tra i maschi, arrivando, nella fascia 40-49 anni all'80,2 per cento di maschi contro il 19,8 per cento di femmine;
    nei report epidemiologici, la modalità di trasmissione è attribuita secondo un ordine gerarchico che risponde a criteri definiti a livello internazionale, in base ai quali ogni nuova diagnosi è classificata in un solo gruppo. Con coloro che presentano più di una modalità di trasmissione, classificati nel gruppo con rischio di trasmissione più elevato (in ordine decrescente di rischio: 1. utilizzatori di droghe per via iniettiva, 2. omosessuali maschi, 3. eterosessuali, 4. non riportato);
    dalla metà degli anni ’80 a oggi la distribuzione delle nuove diagnosi di infezione da Hiv per modalità di trasmissione ha subito un notevole cambiamento: la proporzione degli utilizzatori di droghe per via iniettiva è diminuita dal 76,2 per cento nel 1985 al 3,2 per cento nel 2015, mentre sono aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale. In particolare, i casi attribuibili a trasmissione eterosessuale sono aumentati dall'1,7 per cento nel 1985 al 44,9 per cento nel 2015 e i casi attribuibili a trasmissione tra omosessuali maschi nello stesso periodo sono aumentati dal 6,3 per cento al 40,7 per cento;
    in numeri assoluti, i casi più numerosi negli ultimi 4 anni sono attribuibili a trasmissione tra omosessuali maschi, costituendo in alcune regioni come Puglia (54,3 per cento), Emilia-Romagna (51,6 per cento) e Lombardia (51,2 per cento), più della metà delle nuove diagnosi di infezione da Hiv;
    appare significativo che, mentre sono gli omosessuali maschi che costituiscono quasi la metà delle nuove diagnosi tra gli italiani, tra gli stranieri, la proporzione maggiore di nuove diagnosi è in eterosessuali femmine, verosimilmente in relazione al fenomeno della prostituzione;
    significativo anche che, tra gli omosessuali maschi, il motivo del test per Hiv maggiormente riportato è stato un comportamento a rischio non specificato (33,2 per cento);
    infine, appare anche di rilievo che, tra i casi con età compresa tra i 18 e i 25 anni, il 49,3 per cento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv era rappresentato da omosessuali maschi, rispetto al 22,5 per cento di eterosessuali femmine e al 15,2 per cento di eterosessuali maschi. Per quanto riguarda lo sviluppo dell'infezione in forma clinicamente evidente, nel 2015, sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di Aids segnalati entro giugno 2016, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti, un dato che attribuisce all'Italia la più alta incidenza di Aids tra i Paesi dell'Europa occidentale dopo il Portogallo;
    la diagnosi viene, purtroppo, effettuata sovente con grande ritardo, sia per comportamenti irresponsabili, sia per la ritardata comparsa dei sintomi che soli possono mettere in allarme il paziente che non si sia sottoposto alla indagine diagnostica;
    ne risulta che ancora troppe persone scoprono di aver contratto l'infezione da Hiv solo alla comparsa dei primi sintomi di Aids;
    circa l'80 per cento dei casi di Aids diagnosticati nel 2015 risulta non aver assunto alcuna terapia antiretrovirale prima della diagnosi, mentre si stima che un quarto delle persone Hiv positive sia inconsapevole del proprio stato di sieropositività;
    la consapevolezza dell'avvenuta infezione è, invece, fondamentale non solo per intraprendere al più presto la terapia farmacologica che rallenterà la progressione dei virus, ma anche per assumere comportamenti responsabili verso la diffusione dell'infezione;
    in analogia a quanto rilevato per le nuove diagnosi di infezione da Hiv, anche per i casi di Aids la distribuzione cumulativa dei casi di adulti per modalità di trasmissione e periodo di diagnosi evidenzia come il 51,8 per cento del totale dei casi segnalati tra il 1982 e il 2015 sia attribuibile alle pratiche associate all'uso di sostanze stupefacenti per via iniettiva. Tuttavia, la distribuzione nel tempo mostra un aumento della proporzione dei casi attribuibili ai rapporti sessuali sia omo che eterosessuali; quest'ultima rappresenta la modalità di trasmissione più frequente nell'ultimo biennio;
    suddividendolo, ulteriormente, la distribuzione dei casi di Aids attribuibili a rapporti eterosessuali (16.930 casi), in base all'origine della persona o al tipo di partner e al genere, si osserva che, in un decennio è diminuita la proporzione degli eterosessuali che hanno un partner tossicodipendente, mentre è aumentata la quota degli eterosessuali con un partner pluripartner o che hanno avuto rapporti con un partner pluripartner (persone che hanno presumibilmente contratto l'infezione per via sessuale, inclusi i partner di prostituta e le prostitute, non includibili in nessuna delle altre categorie);
    se è indubbio che, nel 2015, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l'85,5 per cento di tutte le segnalazioni (eterosessuali 44,9 per cento; omosessuali maschi 40,6 per cento), è altrettanto vero che l'uso o il non uso del preservativo non bastano da soli a spiegare perché, a fronte di analoghe percentuali di rapporti non protetti gli omosessuali maschi e i pluripartner (i partner di prostituta e le prostitute) presentino proporzionalmente in maniera più elevata sia l'infezione e che la malattia conclamata;
    è evidente che è la stessa tipologia di comportamento (sesso promiscuo e omosessualità maschile a rappresentare il rischio maggiore di infettarsi e di ammalarsi;
    all'inverso è la forte diminuzione dell'uso di droghe per via iniettiva ad averne ridotto il ruolo infettivo;
    appare quindi illusorio pensare di limitare la diffusione dell'infezione senza una modificazione dei comportamenti a rischio affidandosi solo all'azione di barriera costituita dal preservativo;
    del resto, ciò e quanto insegna il differente esito delle campagne contro l'infezione da Hiv in Paesi, come la Thailandia, affidatasi solo al benefico del condom, e l'Uganda, che, senza rinunciare al condom, ha basato le sue campagne di prevenzione sull'educazione ed il cambiamento dei comportamenti a rischio;
    un ulteriore motivo di allarme per il futuro è costituito dal boom delle vendite di ellaOne, la pillola dei 5 giorni dopo, il cui uso è particolarmente diffuso tra le adolescenti e le giovani che praticano sesso non protetto con partner occasionali e che ricorrono all'uso di questo farmaco che impedisce l'annidamento dell'embrione per evitare la gravidanza indesiderata, moltiplicando tuttavia le occasioni a rischio con comportamenti deresponabilizzati;
    l'Italia si è recentemente dotata di un Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids per il triennio 2017-2019 che il Ministero della salute ha da poco trasmesso alle regioni in vista dell'esame in sede di Conferenza Stato-regioni;
    tra i principali obiettivi del Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids c’è quello di ampliare e facilitare l'accesso al test per incrementare i casi di Hiv diagnosticati, fino a rendere consapevoli del proprio stato il 90 per cento delle persone con Hiv, proteggendo la salute dei singoli, consentendo un accesso tempestivo alle cure, riducendo drasticamente la latenza diagnostica, anche per raggiungere più efficacemente la soppressione della carica virale con il trattamento precoce dei pazienti;
    ad oggi non è stato individuato un finanziamento specifico per attuare il suddetto piano,

impegna il Governo:

1) a reperire già nel prossimo disegno di legge di bilancio le risorse finanziarie necessarie a rendere attuabili le azioni proposte dal Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, con particolare riferimento a quelle volte ad ampliare e facilitare l'accesso al test dell'Hiv, a garantire l'accesso alle cure, a migliorare le condizioni di salute delle persone affette;
2) a dare al più presto attuazione al nuovo Piano nazionale contro l'Aids, favorendo nel più breve tempo possibile, il raggiungimento dell'accordo sullo stesso in sede di Conferenza Stato-regioni;
3) a promuovere iniziative per la lotta contro la stigmatizzazione sociale delle persone sieropositive e di quelle affette da Aids;
4) a promuovere iniziative a carattere divulgativo ed informativo, miranti a far conoscere le modalità d'infezione e a sollecitare l'adozione di comportamenti responsabili;
5) a diffondere nelle scuole una cultura della prevenzione, fondata sull'educazione all'affettività ed il contrasto all'uso consumistico ed irresponsabile della sessualità e sull'adozione di comportamenti non a rischio dal punto di vista sessuale e del consumo di droghe;
6) a contrastare la diffusione di modelli di comportamento sessuale indifferenziati e intercambiabili, considerati i rischi sanitari connessi alla diffusione dell'Hiv/Aids che l'omosessualità, in particolar modo maschile, ad avviso dei firmatari del presente atto indubbiamente comporta;
7) a contrastare, a fini di prevenzione delle malattie in questione, il fenomeno della prostituzione attraverso meccanismi sanzionatori a carico dei fruitori del sesso a pagamento;
8) a coinvolgere le comunità straniere residenti in Italia nelle suddette campagne informative ed educative.
(1-01574) «Gigli, Sberna, Baradello, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    la diffusione del virus dell'Hiv e delle infezioni sessualmente trasmissibili costituisce una delle principali sfide della sanità pubblica nel nostro Paese e nell'Unione europea, in generale;
    i progetti finanziati dall'Unione europea negli ultimi anni sono stati incentrati sulla finalità di prevenire la trasmissione del pericoloso virus, attraverso la sensibilizzazione sulla malattia, il miglioramento della qualità dei servizi di salute sessuale, la vigilanza sui comportamenti, la diagnosi e il trattamento precoce;
    nonostante ogni sforzo messo in campo, però, il 2015 è stato un anno record per la diffusione del virus nel continente europeo: 153.407 casi rispetto ai 142.000 dell'anno precedente, con una forte maggioranza nei Paesi dell'Europa dell'Est, ove risiede circa l'ottanta per cento delle persone infette dal virus, a fronte del tre per cento delle persone che risiedono nell'Europa centrale e il diciotto per cento nei Paesi dell'Europa occidentale;
    nei ventotto Stati dell'Unione europea, il primo mezzo di trasmissione del virus è rappresentato dai rapporti sessuali tra uomini, da cui derivano oltre il quaranta per cento delle diagnosi, mentre le relazioni eterosessuali riguardano il trentadue per cento dei casi e la tossicodipendenza il quattro;
    per quanto riguarda, in particolare, l'Italia, la sindrome da immunodeficienza acquisita ha avuto il suo picco nella prima metà degli anni Novanta, e l'anno più drammatico è certamente stato il 1995, in cui si sono registrati 5.563 nuovi casi di Aids e 4.582 morti legate a questa patologia;
    ciononostante, non si può parlare soltanto al passato della diffusione di una infezione che, soltanto nel 2016 è stata diagnosticata a quasi tremilacinquecento persone;
    a livello geografico, l'Hiv si conferma una malattia metropolitana, diffusa soprattutto in grandi città come Roma e Milano e in Emilia, mentre, sotto il profilo dell'età delle persone che contraggono il virus, più della metà dei casi ha interessato persone tra i 30 ed i 49 anni, anche se l'Istituto superiore di sanità ha censito anche sei bambini minori di due anni affetti dal virus;
    in Italia, si calcolano poco meno di centotrentamila persone sieropositive, alle quali bisogna aggiungere circa un venti per cento di «inconsapevoli», che non sanno di avere il virus, e il sessanta per cento delle diagnosi avviene quando la malattia è già in uno stato avanzato;
    i principali gruppi a rischio comprendono gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM), i transgender, le persone che si iniettano droghe (PWID) e i detenuti: queste comunità sono soggette anche a rischi più elevati di altre infezioni come la gonorrea, la sifilide, la tubercolosi (TBC) e l'epatite B e C;
    ovviamente, la società è cambiata e un fattore che non può essere sottovalutato è l'incidenza dell'immigrazione, soprattutto dall'Africa: in Italia il 27 per cento degli Hiv positivi è straniero, quasi uno su tre;
    tra i motivi che continuano a far dilagare il virus, vi è anche l'errata convinzione che in Occidente sia un flagello ormai debellato e relegato nei Paesi più poveri mentre è, invece, purtroppo ancora attualissimo: una cappa di silenzio infranta qualche mese fa dal clamore di una vicenda con al centro un trentenne romano e le numerose ragazze da lui infettate;
    secondo gli ultimi dati dell'organizzazione mondiale della sanità la percentuale di infezione in Europa non è molto inferiore a quella di trenta anni fa, segno che la risposta ai virus non è stata efficace nell'ultimo decennio;
    le campagne di comunicazione e di prevenzione sono scomparse e, da tempo, la stessa Lega italiana per la lotta all'Aids (Lila) ha posto la questione della carenza di dati, prima al Comitato tecnico del Ministero della salute, poi all'Istituto superiore per la sanità;
    diagnosticare il prima possibile l'infezione significa rendere più efficace la cura della persona ammalata, diminuire la sua carica virale e ridurre le possibilità di trasmissione;
    prevenzione e trattamento permetterebbero, inoltre, di abbattere la spesa dello Stato, appesantita dal costo altissimo dei farmaci antiretrovirali, fra i più cari per la sanità pubblica, perché se è vero che ogni diagnosi salva una vita, è altrettanto vero che comporta in media quaranta anni di terapie;
    il nostro Paese eccelle nella cura dell'Hiv, ma risulta estremamente carente nella prevenzione, sia per l'assenza di azioni informative rivolte alla popolazione, sia per la mancanza di un serio progetto di formazione in materia sanitaria delle giovani generazioni e, in particolare, in materia di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili;
    appare ormai improcrastinabile l'esigenza di intervenire affinché siano programmate e sviluppate serie e concrete iniziative per la prevenzione e la cura efficace dell'Hiv nel nostro Paese;
    è necessario, in particolare, sviluppare progetti finalizzati ad approfondire il livello di conoscenza della popolazione, per evitare che persone non consapevoli di essere positive all'Hiv ritardino involontariamente l'accesso alle cure, con gravi rischi per la propria salute;
    la grande sfida della sanità pubblica dovrebbe partire, poi, dall'effettuazione dei test, che potrebbero interrompere la catena infettiva, ma, invece, più di un italiano su tre (il 37 per cento) non lo ha mai fatto e spesso la causa è da ricercarsi nelle difficoltà di accesso o nelle mancate garanzie su anonimato e gratuità dei test, requisiti previsti dalla legge n. 135 del 1990,

impegna il Governo:

1) a provvedere alla concreta attuazione del nuovo Piano nazionale d'intervento contro l'Aids, sul quale ha espresso il parere il Consiglio superiore di sanità, puntando a migliorare il flusso di informazioni, a monitorare i finanziamenti alle regioni, a incoraggiare l'accesso ai test in forma gratuita e anonima e soprattutto ad assicurare il cosiddetto «trattamento preventivo» che mette in sicurezza chi è infettato e persegue l'obiettivo di azzerare i contagi;
2) ad assumere iniziative per finanziare specifici interventi pluriennali relativi a prevenzione primaria (informazione e educazione alla salute sessuale, informazione sulle modalità di trasmissione e di protezione, sui luoghi dove è possibile ottenere consulenza e assistenza) e secondaria (offerta del test Hiv) rivolti alla popolazione generale e a specifiche popolazioni a maggior rischio, informazione e ricerca sull'Aids;
3) ad assumere iniziative volte a promuovere la cultura della prevenzione e favorire un approccio integrato alla lotta contro il disagio e le dipendenze, unendo iniziative di competenza sanitarie e interventi sociali;
4) ad assumere iniziative per promuovere l'introduzione di progetti strutturati di educazione sessuale, nelle scuole medie inferiori e superiori, che non siano iniziative-spot per appagare la coscienza, ma che abbiano l'ambizione di rendere consapevoli le giovani generazioni affinché si possa interrompere quanto prima il meccanismo di diffusione del virus che, troppo spesso, affonda le proprie radici nella mancata conoscenza;
5) a far ripartire le campagne informative, adattandole anche ai social network e ai nuovi mezzi di comunicazione di massa.
(1-01575) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    l'infezione da Hiv rappresenta un'emergenza che i numeri non riescono più a fotografare, tanto rapido è il passo della sua espansione che, dal momento in cui ha fatto la sua comparsa, il virus ha contagiato 70 milioni di essere umani in tutti i continenti, uccidendone circa un terzo;
    considerato il lungo tempo di incubazione del virus e la bassa età media delle persone colpite da Aids nel mondo, gli studi epidemiologici consentono di affermare con certezza che un numero molto elevato dei casi abbiano contratto l'infezione quando avevano meno di 20 anni;
    come rilevato dall'indagine condotta dall'Istituto superiore di sanità, negli anni si è progressivamente osservato un cambiamento delle modalità di trasmissione poiché la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva è passata dal 76,2 per cento nel 1985 al 3,2 per cento nel 2015, mentre è aumentata dall'1,7 per cento del 1985 al 44,9 per cento nel 2015 la proporzione di casi attribuibili a trasmissione eterosessuale;
    lo studio sopra citato ha altresì rilevato come l'incidenza più alta delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è osservata tra le persone di 15-29 anni; nello specifico, nel 2015, sono state segnalate 12 nuove diagnosi di Hiv in adolescenti con età compresa fra 15 e 17 anni e 369 casi di giovani con età compresa tra i 18 e 25 anni;
    nonostante i grandi sforzi preventivi ed educativi realizzati in seguito all'emergenza Aids, a tutt'oggi, solo il 54 per cento degli adolescenti sessualmente attivi riporta un uso consistente del profilattico negli Usa, mentre, in Italia, un terzo di tutti i rapporti sessuali degli adolescenti scolarizzati avviene senza alcuna protezione;
    la comunità scientifica internazionale ha più volte ribadito la convinzione che, per cambiare i comportamenti a rischio legati all'epidemia, la sola informazione – per quanto corretta ed esaustiva – non sia assolutamente sufficiente, bensì debba essere accompagnata in modo continuativo da attività educative;
    la sessualità adolescenziale è accompagnata ad un adeguato sviluppo della sfera emotivo-affettiva e, vissuta in modo consapevole e sicuro dal punto di vista della salute fisica e psichica, può fornire un contributo positivo per lo sviluppo, conducendo a più indipendenza, competenza sociale ed autostima; al contrario, mancando tali prerequisiti, può diventare un fattore in grado di generare problemi al soggetto in crescita;
    la prevenzione dei comportamenti a rischio costituisce oggi l'unica arma davvero efficace per ridurre l'incidenza dell'infezione;
    l'ambito della sessualità rappresenta per gli adolescenti uno dei tratti identitari più forti; uno dei contesti relazionali in cui si esprime con maggiore peculiarità la propria dinamica affettiva, nella sua intrinseca interconnessione sia con lo sviluppo della sessualità, che con la maturità complessiva degli adolescenti;
    sessualità, affettività e maturità intellettuale sono peculiarità che definiscono il perimetro esistenziale entro il quale si colloca l'adolescente, che si muove in cerca del senso e del significato da dare alla sua vita;
    l'immagine prevalente dell'Aids, continuando ad essere legata alla sfera dei comportamenti sessuali, all'aggressività e alla paura della morte, apre o amplifica una lunga serie di questioni sociali, sanitarie ed etico-morali che richiedono interventi formativi e informativi in età precoci e un approccio multidisciplinare;
    i giovani in età scolare rappresentano un gruppo potenzialmente a rischio per il virus dell'Aids e la presenza di comportamenti a rischio è ampiamente documentata, considerato che il contagio per via sessuale appare una modalità di trasmissione in costante crescita rispetto a quella dell'assunzione di droghe per via endovenosa;
    equivoci e lacune si fissano nelle conoscenze dei ragazzi in età scolare su problemi legati all'Aids proprio dove manca un'adeguata educazione alla sessualità. In Italia, alcune ricerche dimostrano la grande disponibilità degli studenti ed anche dei genitori affinché le informazioni sul rischio di contrarre l'infezione da Hiv siano diffuse nell'ambito scolastico;
    una buona prevenzione dell'Aids deve necessariamente partire da una specifica attività educativo-formativa, nella scuola, che, se collegata nella sua azione alla famiglia, costituisce una sede ideale per interventi che siano in grado di accrescere la capacità di promuovere e difendere la propria salute, aumentando la percezione del rischio di infezione prima che i soggetti vi siano esposti;
    il passaggio da una visione strettamente biomedica a un approccio multidisciplinare alla salute chiama la scuola ad assumere una funzione di coordinamento tra le diverse associazioni e istituzioni territoriali su tutti i problemi relativi alla salute fisica, psichica e sociale dei suoi allievi;
    la scuola, luogo di aggregazione e di dibattito, può essere il teatro ideale per l'analisi e la successiva sintesi dei modelli comportamentali suggeriti dal mondo della sanità. Attraverso appropriati messaggi, essa può fungere da mediatrice tra i cittadini, le famiglie, gli operatori sanitari e le diverse realtà territoriali nel formare una solida e diffusa conoscenza sanitaria e favorire poi la conversione in modello culturale;
    l'evoluzione del concetto di educazione alla salute e la stessa emergenza Aids inducono la scuola a una collaborazione sempre più stretta non solo con istituzioni sanitarie, ma anche con associazioni e presidi territoriali, per una integrazione di competenze nella gestione di progetti e processi mirati a produrre salute;
    come rilevato anche nell'ambito scientifico, il nostro Paese mostra evidenti carenze nella prevenzione, in particolar modo per la mancanza di progetti di formazione rivolti in particolar modo alle giovani generazioni in materia di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili;
    se, da un lato, la scuola, quale luogo di partecipazione attiva, può offrire risposte alla difficoltà di comunicazione tra adulti e giovani e tra giovani e istituzioni, dall'altro, una campagna informativa che parta da associazioni e presidi presenti sul nostro territorio può contribuire a sensibilizzare i cittadini, soprattutto i più giovani, alla lotta contro questa gravissima malattia,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prevedere, nei percorsi scolastici, programmi specifici di educazione alla sessualità, tenuti da figure professionali specializzate, propedeutici a interventi preventivi per tutte le infezioni sessualmente trasmissibili in costante aumento tra i giovani;
2) ad avviare, con il coinvolgimento delle istituzioni e delle associazioni territoriali, campagne informative e progetti di formazione, rivolti in particolar modo alle giovani generazioni, per diffondere una maggiore sensibilizzazione e conoscenza delle patologie sessualmente trasmissibili.
(1-01576) «Centemero, Occhiuto».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    Isolante K-Flex è un'azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 addetti in 60 Paesi;
    i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia;
    in data 8 febbraio 2017 si è tenuto presso il Ministero del sviluppo economico un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal vice Ministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e dei rappresentanti della regione Lombardia. Tuttavia, l'incontro è stato disertato dall'azienda;
    nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017 tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda, attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
    l'azienda non è in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica;
    Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa vice Ministra Teresa Bellanova ha annunciato un'istruttoria;
    in data martedì 7 marzo 2017 il gruppo parlamentare Articolo 1-Movimento Democratici e Progressisti ha presentato in riferimento a tale situazione l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02852 per chiedere al Governo quali ulteriori iniziative di competenza intendesse assumere per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello, garantendo al contempo i livelli occupazionali attualmente impiegati. Inoltre, tenuto conto dei citati 12 milioni di euro di contributi pubblici ricevuti dalla Isolante K-Flex, il gruppo parlamentare Articolo 1-Movimento Democratici e Progressisti ha chiesto all'Esecutivo quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero. In tale circostanza, il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha sottolineato il fatto di aver prontamente attivato un tavolo di confronto, con la partecipazione delle istituzioni del territorio e delle organizzazioni sindacali, a fine di cercare una soluzione alla difficile situazione creata dall'annuncio di voler licenziare gli oltre 180 addetti alla produzione, mantenendo, in Italia, solo le attività commerciali di ricerca, nelle quali operano poco più di 50 persone, evidenziando come K-flex sia una multinazionale che opera in 10 Paesi, con oltre 1.500 addetti, e non è pertanto un'azienda in crisi come mostrano gli stessi bilanci che evidenziano tra l'altro investimenti in crescita;
    tra il 2007 e il 2012 Simest ha supportato il processo di crescita internazionale di K-flex attraverso la partecipazione a cinque operazioni di aumento di capitale, per 17,2 milioni, e attraverso un fondo di venture capital per 5 milioni destinati a Paesi strategici quali gli Emirati Arabi Uniti, la Cina, l'India e la Malesia. Tali partecipazioni sono in parte rientrate a giugno 2015, per un totale di 5 milioni di euro; 9,2 milioni di euro rientreranno entro giugno di quest'anno e 8 milioni di euro tra giugno 2020 e giugno 2021;
    come ben sottolineato anche dal rappresentante del Governo, il quadro di valutazione che emerge, alla luce di quanto precede, rende del tutto incomprensibile e non giustificata la decisione di K-Flex di cessare l'attività produttiva nello stabilimento italiano, quando, come risulta dagli accordi sottoscritti, vi erano impegni a non licenziare e ad avviare una riorganizzazione che avrebbe reso ancora più competitivo il sito;
    occorre poi tenere conto del fatto che come emerge da alcune riviste economiche specializzate e dalla stampa nazionale, le riflessioni sulla perdita di competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali sono da lungo tempo all'ordine del giorno; le imprese italiane spesso spostano la produzione in altri Paesi: le aziende che operano nei settori ad alta intensità di lavoro non specializzato cercano principalmente situazioni in cui il costo del lavoro sia minore. Quando si parla del costo del lavoro, non bisogna concentrarsi solo sul salario, perché ad esempio non sempre un salario molto basso coincide con un costo del lavoro molto basso. Infatti, nell'ultimo decennio oltre ventisettemila aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all'estero, creando oltre 1,5 milioni di posti di lavoro esteri e lasciando allo Stato una fattura, da 15 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali. A ben vedere, soltanto il 10 per cento di queste aziende sono andate oltre i confini europei (soprattutto in Asia), mentre la restante parte sono rimaste in Europa, in Austria, Svizzera, Germania, ma anche in Polonia e nei Paesi balcanici i quali, nell'ultimo decennio, stanno dimostrando una forte potenzialità di crescita e appaiono sufficientemente stabili sotto l'aspetto istituzionale,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata a riportare il confronto sulla vertenza K-Flex su aspetti diversi dal licenziamento e quindi sulla ristrutturazione dello stabilimento di cui in premessa, attivando ogni strategia utile a salvaguardare gli attuali livelli occupazionali avendo riguardo al rilancio industriale e competitivo del sito di Roncello;
   a favorire, per quanto di competenza, l'implementazione di un piano straordinario di contrasto alla delocalizzazione delle attività produttive sia in Paesi appartenenti all'Unione europea, sia a quelli non aderenti all'Unione europea, adoperandosi in tal senso anche presso le competenti sedi europee.
(7-01235) «Martelli, Ricciatti, Giorgio Piccolo, Zappulla».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nell'inchiesta siciliana denominata «Piramidi» sono emerse speculazioni di «Cosa Nostra» nel campo del trattamento dei rifiuti. Paratore Antonio, classe 1947, e Paratore Carmelo, classe 1981, sono accusati di essere a capo di «un complesso sistema aziendale» tra cui una discarica per rifiuti pericolosi e un impianto per il loro trattamento – Cisma Ambiente spa – dove grazie alla collaborazione di funzionari della Regione Siciliana, fra cui Gianfranco Cannova, avrebbero gestito illecitamente tonnellate di rifiuti (dal Nord Italia e dall'Ilva di Taranto), realizzando ingenti guadagni a scapito dell'ambiente e senza rispettare la legge;
   il funzionario regionale Gianfranco Cannova era stato arrestato nell'ambito di una precedente inchiesta sempre nel campo dei rifiuti: era stato accusato di essere stato il mediatore tra gli uffici regionali e la Oikos di Domenico Proto;
   l'imprenditore Carmelo Paratore, arrestato alcuni giorni fa, ritenuto affiliato al clan Santapaola, ha partecipato nel 2014 ad un viaggio in Cina con Renzi con un gruppo di imprenditori. Sarebbe stato selezionato da Invitalia, una Spa al 100 per cento del Ministero dell'economia, che è anche l'organo vigilante sulla stessa;
   Carmelo Paratore riusciva ad incontrare il vice ministro del Mise e la sua ditta, pochi mesi dopo, è riuscita ad avere un contratto;
   anche la Kinexia di Pietro Colucci, oltre a Paratore, era presente alla visita in Cina al seguito di Renzi;
   Kinexia è oggi confluita in Wasteitalia, che ha subito un recente sequestro da parte della guardia di finanza;
   le indagini in Umbria su Viterbo Ambiente hanno portato gli inquirenti a sostenere che Gesenu, partner di Viterbo Ambiente, avrebbe contatti con esponenti di spicco della malavita campana e siciliana;
   l'interdittiva antimafia per Viterbo Ambiente evidenzia i contatti di Gesenu con il clan Santapaola e di Cosp con Buzzi di mafia capitale;
   nell'interrogazione n. 4-11429 presentata dal primo firmatario del presente atto erano state evidenziate varie criticità ambientali relative alla Daneco Impianti, una parte della galassia ambientale dei Colucci, fra cui:
    a) la gestione dal 1999 della discarica Ca’ Filissine a Pescantina (Verona) e posta sotto sequestro dal 2006; si è rilevato anche che nel 2012, si è giunti alla sentenza di primo grado con la condanna di pubblici amministratori (sentenza tribunale Verona n. 2112 del 22 ottobre 2012) e che il percolato veniva scaricato nel corpo della discarica;
    b) nel gennaio 2014, il provvedimento di custodia cautelare nell'ambito dell'indagine «black smoke» relativa all'aggiudicazione della bonifica del sito di interesse nazionale ex Sisas di Pioltello e Rodano (Milano);
    c) il fatto che si sta verificando che i rifiuti pericolosi dell'ex area Sisas siano finiti anche in Calabria (discarica di Pianopoli);
    d) nell'area di Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento) si sono visti imporre (come evidenziato anche nell'interrogazione presentata al Senato da Nugnes, interrogazione n. 4-02053) una discarica, costruita in zona a rischio frana e sismico, che ha determinato disastro ambientale tale da produrre danni alla salute per il prossimo decennio con rinvio a giudizio dei vertici Daneco Impianti;
    e) l'appalto aggiudicato in data 2 novembre 2015, di 548.766 euro per la stesura, compattazione e copertura dei rifiuti conferiti alla discarica di Mariana Mantovana (Mantova), di cui è titolare TEA s.p.a. di Mantova, per consentire l'arrivo di 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti, potrà causare disastri importanti per il superamento dell'indice di pressione indicato nella legge regionale e i valori record di incidenza di malformazioni congenite;
   si rilevano inoltre ulteriori criticità:
    a) la gestione da parte di Daneco Impianti, dal 1999, della discarica del comune di Ghemme (Novara), e dalla quale, almeno dall'agosto 2016, risulta che il percolato stia fuoriuscendo senza sufficiente controllo e finendo nel bosco circostante e con resistenza a versare la fidejussione (comunque insufficiente) da parte di Daneco Impianti;
    b) in Sicilia Daneco Impianti era fra gli aggiudicatari di uno dei 4 lotti del mega-bando «inceneritori» da 5 miliardi di euro del 2003, creando una spa, la Sicil Power Spa;
   secondo la relazione della società di revisione PFK Italia in merito al bilancio di esercizio 2015 di Daneco Impianti, pur in mancanza di risposte delle banche «presenta un peggioramento del quadro finanziario che, tra l'altro, si riscontra nella difficoltà di provvedere al pagamento dei debiti in essere che potrebbe diventare preoccupante se il fatturato continuerà a descrescere...»;
   Daneco Impianti ha posseduto in passato quote in Ancitel energia ambiente, concorrendo a influenzare la politica nazionale della gestione degli imballaggi;
   sono in corso approfondimenti per quanto riguarda i requisiti antimafia di Daneco Impianti;
   secondo notizia di stampa Pietro Colucci ha partecipato alle cene di finanziamento del premier Renzi;
   questi dati suggeriscono che:
    esistano su tutto il territorio nazionale galassie di gestione non virtuosa di appalti e impianti nel mondo dei rifiuti;
    i Colucci e i Paratore sono presenti in questi tutte le regioni in alternanza territoriale;
    le gestioni sopra richiamate sono collegate entrambe a importanti disastri ambientali;
    i fratelli Paratore sono indagati in quanto ritenuti affiliati al clan mafioso Santapaola;
    entrambi i gruppi sono stati selezionati da Invitalia per rappresentare l'Italia all'estero insieme all'ex premier Matteo Renzi;
   appare che molte realtà nazionali siano pesantemente infiltrate dalla criminalità organizzata nell'ambito dei rifiuti e stiano rischiando di creare un disastro ambientale;
   Daneco Impianti rischia di proseguire un'attività d'impresa peggiorativa di disastri ambientali ingravescenti, in assenza di garanzie finanziarie;
   l'Italia ha già pagato 141 milioni di euro in sanzioni per le procedure d'infrazione europea in merito alle discariche abusive –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per stabilire la revoca dell'autorizzazione alla attività di impresa e il sequestro di somme finanziarie per equivalente in casi analoghi a quello della Daneco Impianti e di altre società citate anche prima di condanne definitive per prevenire disastri ambientali;
   se intenda adoperarsi per migliorare la normativa prevedendo l'esclusione da gare di appalto verso società senza certificazione antimafia anche in caso di appalti misti pubblico-privati;
   se intenda adoperarsi per eliminare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore ambientale;
   se intenda verificare la selezione operata da Invitalia in merito alla partecipazione di aziende alle missioni di Stato o ad altre attività.
(2-01749) «Zolezzi, Fico, Vignaroli, Sarti, D'Uva, Nuti, Tofalo, De Rosa, Micillo, Busto, Daga, Terzoni, Mannino, Crippa, Businarolo, Ferraresi, Colletti, Di Benedetto, Di Vita, Sorial, Alberti, Carinelli, Cozzolino, Cominardi, Basilio, Benedetti, Dieni, Dadone, D'Ambrosio, Toninelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi, da sempre attento ai movimenti neonazisti operanti in Lombardia, già vittima in passato di diverse minacce tramite il web, ha subito un ulteriore e gravissimo atto intimidatorio: qualche giorno fa la sua auto, che si trovava sotto la sua abitazione nel centro di Bergamo, è stata presa di mira da un gruppo di persone, appartenenti ad un gruppo neonazista sul quale l'inviato di Repubblica sta svolgendo inchieste da anni. Questi vandali hanno inciso diversi simboli sulla carrozzeria: un crocifisso sul cofano, una svastica su una delle portiere e un simbolo delle SS su un'altra. Dopo una serie di esposti alla procura di Varese, il cronista ha scelto questa volta di rivolgersi alla questura bergamasca per denunciare l'accaduto. Il caso è stato analizzato dal comitato di prevenzione e sorveglianza della prefettura di Bergamo che ha deciso per la sorveglianza dinamica nei confronti di Berizzi. Agenti di polizia controlleranno la sua abitazione e i luoghi che frequenterà. Della vicenda si sta occupando la Digos bergamasca, che sta cercando di individuare i colpevoli;
   già nel 2013 Berizzi, aveva ricevuto una serie di minacce da parte degli ultrà varesini «Arditi 2012», dichiaratamente di estrema destra e collegati con i « Blood and Honour» che seguono anch'essi il Varese Calcio. Quest'ultimi gli avevano dedicato un grande striscione, definendo Berizzi «un infame». Lo striscione, esposto in curva, era stato accompagnato da una serie di cori e insulti. La colpa del cronista era quella di aver pubblicato, il giorno precedente, un articolo on line dedicato ad un capo ultrà dei Varese. Si raccontava la storia di Gjoni Landi, 39 anni, albanese di Tale, capo degli «Arditi» e tra i leader dei « Blood and Honour», entrambi gruppi xenofobi e neonazisti. Nel dicembre 2016, inoltre, Berizzi aveva parlato su Repubblica dei Do. Ra., acronimo della comunità militante dei dodici raggi, che si rifà al sole nero, simbolo del castello di Wewelsburg, sede operativa delle SS. I Do.Ra., infatti, sono la più organizzata comunità nazionalsocialista operante al momento in Italia;
   da diversi anni, Paolo Berizzi, attraverso servizi e inchieste, si occupa e racconta l'estremismo politico di destra, con le sue derivazioni xenofobe e violente. Non si è mai fermato di fronte alle minacce, così come siamo certi non si fermerà ora. Non saranno volgari e vigliacche provocazioni ad impedire il suo lavoro giornalistico;
   nell'esprimere la solidarietà degli interpellanti a Paolo Berizzi, che si aggiunge a quella di molti altri colleghi deputati, del Comitato di redazione di Repubblica, e della Federazione nazionale stampa italiana, si intende riportare in questa sede, richiesta del segretario generale e del presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, i quali hanno chiesto provvedimenti immediati dopo che il Ministero dell'Interno ha disposto misure di protezione nei confronti del cronista, nella speranza che quanto accaduto sia sufficiente per intervenire e sciogliere il gruppo neonazista, in accordo coi principi costituzionali, con la legge n. 645 del 1952, la cosiddetta «legge Scelba» e la legge n. 205 del 1993, la cosiddetta «legge Mancino» –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali iniziative abbia in concreto attuato e quali intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di evitare che nel prossimo futuro non si ripetano i gravissimi fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per assicurare il rispetto della legalità e del valori e dei principi affermati nella Costituzione e impedire che il nostro Paese divenga ancor di più luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione fascista, xenofoba e razzista;
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per prevenire l'esponenziale crescita di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista, nelle provincie lombarde e se non intenda adottare iniziative specifiche per prevenire, per quanto di competenza, che in futuro si organizzino raduni di organizzazioni nazifasciste come avvenuto nel recente passato;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché venga applicata rigorosamente la legislazione vigente in materia, in particolare la cosiddetta «legge Scelba» e la cosiddetta legge «Mancino».
(2-01750) «Cimbro, Carlo Galli, Fitzgerald Nissoli, Marzano, Giuseppe Guerini, Schirò, Fossati, Gandolfi, Pastorino, Rubinato, Zaccagnini, Lacquaniti, Andrea Maestri, La Marca, Capozzolo, Carnevali, Simonetti, Fontanelli, Luciano Agostini, Rabino, Locatelli, Franco Bordo, Piras, Albini, Martelli, Zappulla, Capodicasa, Giorgio Piccolo, Formisano, Mognato, Melilla, D'Attorre, Zoggia».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   è nota la gravità della crisi socio-economica e ambientale che interessa la provincia ionica a causa di una particolare congiuntura del sistema industriale, che somma le proprie rilevanti ricadute negative sul piano occupazionale agli esiti di una più generale crisi che, da anni, interessa l'intero Paese;
   le vicende che riguardano l'acciaieria Ilva dal 2012, anno dei primi interventi della magistratura, nonostante i numerosi interventi legislativi, continuano a incidere in modo significativo, e purtroppo negativamente, sul livello complessivo di vivibilità del territorio;
   la riduzione verticale della produzione ha determinato finora effetti devastanti, sia sul piano della occupazione diretta, con un massiccio ricorso a varie forme di ammortizzatori sociali, sia per la economia indotta, relativa all'appalto e, più in generale a tutto il tessuto economico del territorio;
   alle difficoltà di natura economica, e alla mancanza di prospettive di sviluppo in tempi brevi di alternative, si sommano le questioni ambientali che continuano a registrare gli effetti di una presenza invasiva in termini di inquinamento;
   acquisita la volontà del Governo di garantire continuità alla presenza dello stabilimento siderurgico a Taranto, ritenuto strategico per il Paese, si è in fase di cessione della gestione ad un gruppo di imprese private;
   allo stato, sono in fase di valutazione due proposte; quella di Am Investco Italy, la joint venture di ArcelorMittal-Marcegaglia e AcciaItalia, gruppo costituito da Jindal South West, Cassa depositi e prestiti, Giovanni Arvedi, Leonardo Del Vecchio;
   in continuità con un modus operandi che da sempre ha caratterizzato il rapporto tra gestione commissariale e territorio, le informazioni relative alle procedure in corso sono estremamente limitate e, soprattutto, manca il confronto con il territorio;
   è fondamentale, nella valutazione delle offerte dare priorità:
    a) al piano ambientale;
    b) all'affidabilità complessiva del gruppo di aziende alla luce anche della storia imprenditoriale;
    c) al rapporto con il territorio –:
    se il Governo ritenga di organizzare a Taranto attività di confronto con tutte le istanze istituzionali, associative, economiche, a vario titolo interessate agli esiti della cessione della gestione dell'Ilva, per una ampia condivisione delle valutazioni;
   se intenda disporre accurate verifiche relative alle garanzie generali di affidabilità dei gruppi che hanno presentato offerta per la suddetta gestione, affinché, prioritariamente rispetto alle valutazioni di natura economica, siano valutate le capacità manageriali alla luce dei pregressi impegni che alcuni soggetti interessati hanno gestito nel territorio ionico.
(2-01746) «Chiarelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2017, il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato gli esiti delle procedure per il rinnovo dei presidenti, degli amministratori delegati e dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato, Enel, Eni, Leonardo-Finmeccanica, Poste Italiane e Enav;
   nell'ambito del procedimento, sarebbe stato dato mandato a tre società di reclutamento, la Korn Ferry, la Eric Salmon e la Spencer Stuart, di individuare i nomi da proporre per i vertici delle partecipate;
   secondo quanto ha riferito la testata giornalistica online « Lettera 43», il 15 marzo 2017, tra i dirigenti della società Spencer Stuart, figurerebbe, nella posizione di consultant human resources practice, l'ex direttore centrale delle risorse umane di Leonardo-Finmeccanica, Roberto Maglione;
   nel dettaglio, l'articolista riferisce che «diversi osservatori del settore avevano già notato che la situazione poteva configurare un conflitto di interessi attorno alla sua figura, in quanto ex dirigente di azienda – congedato con una buonuscita da 4 milioni di euro – che decide sul futuro della sua vecchia società»;
   alla presunta situazione di conflitto di interessi, nel frattempo, si sarebbe aggiunta un'altra circostanza che renderebbe oltremodo inopportuna la partecipazione dell'ex dirigente al procedimento che ha portato alla nomina dei vertici delle principali società partecipate dallo Stato;
   nel medesimo articolo, infatti, viene riferito il presunto coinvolgimento di Roberto Maglione in un'indagine che vedrebbe indagati, per appropriazione indebita, 82 dirigenti e dipendenti di Finmeccanica, durante la gestione di Giuseppe Orsi, «l'ex amministratore delegato ancora sotto processo a Milano per le presunte tangenti indiane»;
   gli indagati, tra il 2010 e il 2015, avrebbero evaso imposte, per un ammontare di circa 135 milioni, trasferendo all'estero una società del gruppo;
   secondo la ricostruzione giornalistica, la società del gruppo Finmeccanica Finance Sa, con sede a Lussemburgo ma gestita in Italia, sarebbe stata usata per evadere il fisco: «In pratica i dirigenti “in concorso tra loro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto” e “avendo per ragioni d'ufficio il possesso o comunque la disponibilità di denaro di proprietà di Finmeccanica Spa, si appropriavano delle somme disponibili sui conti correnti societari, che venivano sottratte alle finalità sociali attraverso la concessione di prestiti personali, in alcuni casi senza interesse, erogati dalla società in assenza di garanzia”»;
   l'articolista riferisce che «Tra questi, oltre allo stesso Orsi e all'ex direttore generale Alessandro Pansa e all'ex direttore finanziario Piero Cutillo, c’è pure Maglione, che insieme con l'ex direttore centrale operazioni Giovanni Bertolone avrebbe – secondo l'avviso di chiusura delle indagini – avuto accesso a prestiti rispettivamente per 600 e 400 mila euro»;
   è il caso di rilevare che, a fronte dei fatti esposti, la partecipazione del dirigente della società Spencer Stuart, Roberto Maglione, a una fase del procedimento di nomina dei vertici delle principali società partecipate dello Stato potrebbe, non solo apparire inopportuno, ma risultare anche secondo l'interrogante invalidante della procedura –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quale sia stato il procedimento seguito per la designazione dei vertici delle società partecipate dallo Stato, Enel, Eni, Leonardo-Finmeccanica, Poste Italiane e Enav;
   quale sia stato il ruolo svolto dalla società di reclutamento Spencer Stuart e quale ruolo abbia ricoperto il dirigente Roberto Maglione;
   se non si ritenga opportuno verificare, nell'ambito del procedimento seguito per il rinnovo dei vertici delle società partecipate dallo Stato, se la posizione del dirigente di Spencer Stuart non si configuri come conflitto di interessi, e come possa influire sulla regolarità della procedura. (5-11044)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2016 il deputato Borghesi, con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-09546, interrogava presso la VII Commissione della Camera dei deputati, il Mibact circa lo stanziamento del Governo di 150 milioni di euro per recuperare ovvero restaurare piccole opere o luoghi culturali, dietro la esclusiva segnalazione dei semplici cittadini;
   l'annuncio era stato dato dal premier pro tempore Renzi l'8 maggio 2016, durante la trasmissione televisiva su Rai 3 «Che tempo che fa»;
   la scadenza delle domande per partecipare all’«operazione-bellezza» era prevista, appunto, per il 31 maggio 2016, una commissione ad hoc avrebbe stabilito a quali progetti assegnare le risorse mentre il relativo decreto attuativo avrebbe dovuto essere emanato il 10 agosto 2016;
   il 22 settembre 2016 la Sottosegretaria di Stato Dorina Bianchi rispondeva che al 31 maggio del 2016 erano arrivate quasi 140 mila segnalazioni di cittadini con l'indicazione di poco più di 7540 luoghi in cui esiste un bene culturale da ristrutturare o recuperare alla fruizione collettiva;
   la Sottosegretaria precisava che: «...gli uffici della Presidenza del Consiglio segnalano che la fase istruttoria deve confrontarsi con l'elevatissimo numero di proposte pervenute e la loro eterogeneità. Sempre a livello istruttorio, è allo studio l'ipotesi di selezionare un solo sito per comune, ricordando le condizioni di procedibilità che la delibera detta per il finanziamento: a) che il luogo segnalato rientri tra le tipologie indicate dall'articolo 10 del d.lgs. n. 42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio); b) che l'oggetto dell'intervento sia la valorizzazione, la tutela o il recupero del luogo indicato; c) che l'ente attuatore sia pubblico. Nell'eventualità che le risorse disponibili risultassero insufficienti, la delibera adottata dal CIPE prescrive espressamente che si dia luogo ad una selezione (...) Dopo l'espletamento della predetta selezione, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri saranno individuati gli interventi finanziabili. Sempre in via di ipotesi istruttoria, la Commissione che sarà nominata: potrà definire, per ciascuna Regione e Provincia autonoma, una quota delle risorse disponibili in proporzione al numero di luoghi segnalati; potrà individuare interventi effettivamente realizzabili in relazione a un limite di contributo massimo; potrà collocare le richieste di finanziamento secondo un ordine crescente, così da privilegiare le richieste, di minore importo; potrà selezionare gli interventi privilegiando quelli che, in relazione allo stato di maturazione progettuale, possano ritenersi di immediata realizzabilità. Il MIBACT è in attesa della emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per poter fornire tutta l'assistenza tecnica che verrà richiesta al riguardo...»;
   inizialmente sul sito del Governo esisteva una pagina dedicata al progetto bellezza@governo.it che dettagliava quante email erano arrivate e quanti luoghi erano stati segnalati, ma attualmente la sezione specifica non e più presente sul sito;
   la commissione che avrebbe dovuto stabilire a quali progetti assegnare le risorse, infatti, a quel che consta all'interrogante, non è stata mai nominata, né il decreto di stanziamento promesso per il 10 agosto 2016 più emanato, con la conseguenza che, ad un anno dall'annuncio televisivo del Premier Renzi, nessuna graduatoria è stata stilata e nessun progetto scelto;
   per quanto risulta all'interrogante né gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, né quelli del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sono in grado di fornire informazioni –:
   se il Governo intenda ancora sostenere e proseguire il progetto bellezza@governo.it e, in caso di risposta affermativa, entro quali tempi intenda realizzarlo, entro quando sarà emanato il decreto che era atteso per agosto 2016, relativo alla composizione e alle competenze della commissione, nonché entro quale data gli interventi saranno selezionati e i relativi importi fissati;
   se, invero, il progetto sia stato definitivamente annullato, che fine abbiano fatto le risorse stanziate ovvero verso quali impieghi siano state stornate. (4-16153)


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un motociclista svizzero è morto in data 18 marzo 2017 travolto da una frana sulla strada statale 34 del lago Maggiore, tra Cannero Riviera e Cannobio, in frazione Carmine;
   i massi, che si sono staccati dalla parete della montagna, sotto la quale corre la strada, hanno colpito anche una macchina e altre due persone sono rimaste ferite. Il motociclista, 68enne del Canton Ticino, è stato subito soccorso, ma è deceduto dopo essere stato trasportato in ospedale con l'elicottero;
   il tratto interessato dalla frana è interessato da oltre due anni da lavori per la messa in sicurezza;
   nell'ottobre del 2014 si erano già verificate due grosse frane, a distanza di un mese l'una dall'altra;
   da quanto si apprende dai media locali, in data 29 marzo 2017 sarebbe stata inviata una missiva sul tema indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al presidente della regione Piemonte da parte delle autorità del Canton Ticino;
   nella lettera, firmata dal presidente del Consiglio di Stato Paolo Beltraminelli e dal cancelliere Arnoldo Coduri, si rammenterebbe come sulla litoranea viaggino numerosi ticinesi e circa duemila frontalieri italiani ogni giorno. Si andrebbe a ricordare poi che, dinanzi a fenomeni di una certa gravità, verificatisi in territorio italiano, non sono stati effettuati significativi investimenti come quelli che, oltreconfine, il Cantone ha profuso per le medesime emergenze in tratti diversi;
   in data 3 aprile 2017 si è tenuto un incontro a Torino, con presenti il Ministro Graziano Delrio, il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino, il vicepresidente Aldo Reschigna, l'assessore alle opere pubbliche Francesco Balocco, il presidente della provincia del Verbano Cusio Ossola Stefano Costa, il prefetto di Verbania Iginio Olita, i vertici Anas e i sindaci dei territori attraversati dalla «34» da cui è emerso l'impegno di ultimare, entro fine mese, una bozza di accordo di programma per la messa in sicurezza del tratto stradale in oggetto e poi a seguire per favorire la stipula dell'intesa tra Stato, regione, Anas ed enti locali con il contestuale sopralluogo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   il tratto stradale in oggetto è fra quelli per cui il presidente della provincia del Verbano Cusio Ossola Costa si è di fatto dichiarato impossibilitato per quanto ne concerne la gestione, con l'esposto cautelativo prot. n. 4929 depositato in data 7 marzo 2017 e indirizzato alla procura della Repubblica del tribunale di Verbania, la prefettura del Verbano Cusio Ossola e la sezione regionale piemontese della Corte dei conti;
   si ricorda poi quanto riportato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-14652, in cui si andava interrogare il Governo circa il mancato rimborso di due cittadine coinvolte in un incidente stradale nella medesima zona e non si sono viste ricevere alcun rimborso per le spese mediche da parte dell'assicurazione della provincia –:
   se il Governo sia al corrente dei fatti di cui in premessa;
   come si intendano velocizzare ulteriormente le pratiche e i lavori di messa in sicurezza sulla strada statale n. 34 in modo da evitare in futuro tragedie come quella del 18 marzo 2017;
   considerando le difficoltà esposte dai vertici del provincia di Verbania e l'impossibilità di sostenere i cittadini con aiuti economici da parte delle assicurazioni degli enti, quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo al fine di risolvere questa situazione che ormai è emergenziale. (4-16159)


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 16 maggio 2014, la regione Sardegna, la Qatar Foundation Endowment (QFE) e l'ospedale Pediatrico Bambin Gesù, sottoscrivevano un'intesa per l'attivazione di un tavolo tecnico sanitario per la definizione dell'offerta e dell'attività del nuovo ospedale pianificato sul mai nato progetto del San Raffaele;
   il 22 maggio 2014, veniva stipulato un accordo tra Presidenza del Consiglio dei ministri, regione e QFE nel quale la prima si impegnava a offrire pieno sostegno e a favorire tutte le azioni e le misure necessarie a sostenere l'iniziativa della Regione nella realizzazione del progetto con QFE;
   l'8 luglio 2014, la giunta della regione Sardegna approvava la deliberazione n. 26/8 necessaria per attivare le procedure di competenza;
   il 29 agosto 2014, il Consiglio dei ministri, all'interno del decreto «Sblocca Italia», approvava due specifiche deroghe alla normativa vigente, valevoli per il triennio 2015-2017;
   le due deroghe concedevano alla regione la facoltà di non considerare i posti letto accreditati nella suddetta struttura sanitaria ai fini del rispetto del parametro massimo di 3,7 posti letto per 1.000 abitanti previsto dalle leggi regionali:
   inoltre la stessa regione poteva incrementare fino al 6 per cento il tetto di incidenza della spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie fornite da soggetti privati, con costi a carico del bilancio regionale stesso;
   si trattava di un intervento straordinario del Governo che consentiva un investimento straniero che si inserisce direttamente nelle politiche di sviluppo della regione Sardegna;
   successivamente, la Commissione Affari sociali della Camera dei deputati; chiamata ad esprimere il parere di competenza, riconoscendo la portata fortemente innovativa del progetto, sosteneva la necessità di introdurre modifiche volte a garantire il monitoraggio da parte della Sardegna e del Ministero della salute della effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie erogate dell'ex Ospedale San Raffaele di Olbia al contenuto del protocollo sopra citato, e la loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna, nonché a definire un limite temporale per la adozione da parte della regione del piano di razionalizzazione della rete ospedaliera;
   il 27 agosto 2014 il project manager della QFE dichiarava che l'ospedale avrebbe aperto il 1o marzo 2015;
   l'11 novembre successivo veniva siglato il definitivo accordo tra Governo, QF, regione Sardegna, banche e i curatori fallimentari per la nascita del nuovo polo di eccellenza sanitaria a livello europeo;
   il 28 maggio 2015 il Presidente del Consiglio si esprimeva positivamente progetto del Mater Olbia, simbolo della rinascita dell'Italia;
   in quella data veniva annunciata una prima apertura delle strutture per il dicembre 2015;
   da allora, però, molti sono state le date di date di possibile apertura aperture: 1o marzo 2015, 1o dicembre 2015, fine del 2016 per l'apertura della telemedicina;
   ad aprile 2016 QFE affermava che a fine anno sarebbero stati eseguiti il 7 per cento dei lavori e la nuova data di apertura veniva posticipata ancora una volta al giugno 2017;
   tenuto conto che la regione Sardegna deve assicurare, a partire dal 1o gennaio 2018, con il programma di riorganizzazione della rete ospedaliera, il rispetto dei parametri nazionali previsti includendo anche quelli relativi al nuovo ospedale di Olbia trascorso il triennio in deroga –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per affrontare la situazione sopra esposta, anche in vista della scadenza alla fine del 2017 del regime di deroga accordato, considerando anche che, come detto, la regione Sardegna e il Ministero della salute erano tenuti a monitorare l'effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie e la piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna. (4-16162)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il traffico dei rifiuti radioattivi in Sicilia inizia negli anni ’80 e la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha disposto nel mese di dicembre 2016 l'acquisizione diretta di atti, perquisendo a Milano l'abitazione della signora Ferruzzi, che nel 1988 si era occupata per conto della Monteco, gruppo Eni, di far rientrare i rifiuti dal Libano, attraverso la motonave Jolly Rosso;
   tra il 1989 e 1995 la procura di Reggio Calabria ha accertato l'affondamento nel Mediterraneo di 90 navi e un pentito della ’ndrangheta ha dichiarato alla sezione investigativa antimafia che, tra il 1995 ed il 2000, oltre 637 navi contenenti scorie radioattive sono state affondate, di cui 52 nel Mediterraneo e 3 nello Ionio. È seguita una denuncia relativa alla presenza di smaltimenti illeciti di scorie radioattive nella miniera di Pasquasia, a 22 chilometri da Caltanissetta, e nella cava di San Giuseppe, zona già dichiarata ad alto rischio industriale e in crisi ambientale, per la presenza di inquinamento di raffinerie e discariche di rifiuti pericolosi tra cui la Cisma;
   i rifiuti nucleari trasportati dalle navi, rientrati dal Libano e dalla Nigeria, oltre quelli stoccati in Italia dall'Enea, venivano scaricati nel porto di Augusta e poi interrati o dislocati in siti industriali attivi limitrofi, senza alcuna protezione idonea e senza informare le popolazioni locali provocando elevato livello di Cesio (137) e un incremento dei casi di leucemia superiore al resto d'Italia, tra il 1999 ed il 2006;
   la delibera comunale n. 47 del 1o aprile 2005 testimonia la presenza di fattori contaminanti nel comune di Melilli: «di fronte al cimitero di Melilli in territorio di Augusta dove già risultano scaricati rifiuti pericolosi (...) sarà approvato, nella prossima conferenza di servizi, il progetto di bonifica, evitando così l'inquinamento»;
   uno studio dell'Istituto nazionale delle ricerche di Pisa dimostra che la bonifica del sito di Priolo verrebbe a costare 770 milioni di euro a fronte di 3,6 miliardi di euro di costi per le spese sanitarie, oltre che 55,6 milioni di euro di multe annuali versate per l'inquinamento dovuto alle mancate bonifiche;
   le suddette bonifiche oltre che produttive comporterebbero sviluppo tecnologico e occupazionale, in un territorio che ne ha effettiva necessità –:
   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, dirette ad una verifica della radioattività dell'area richiamata in premessa, per la promozione delle opportune bonifiche e delle necessarie attività di monitoraggio. (3-02936)


   PARISI e FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 1986 chiude l'impianto di incenerimento di San Donnino, cui segue immediatamente l'apertura del dibattito sulla realizzazione di un nuovo impianto destinato a smaltire i rifiuti prodotti nell'area fiorentina;
   nel 1997 entra in vigore il «decreto Ronchi» che prescrive che ogni ambito territoriale ottimale sia autosufficiente per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti prodotti;
   nel 2005 la valutazione di impatto sanitario, richiesta dalla provincia di Firenze dopo l'adozione del piano provinciale dei rifiuti, indica Case Passerini quale localizzazione ottimale per il nuovo impianto destinato a coprire le esigenze dell'ambito territoriale ottimale;
   nel 2006 la provincia di Firenze approva l'intervento e nel gennaio del 2007 regione ed enti locali siglano un accordo per prevedere la realizzazione del termovalorizzatore;
   nel 2009 prende il via la procedura: nel 2014 è la volta della valutazione di impatto ambientale, nel 2015 la conferenza dei servizi dà il via libera ai lavori tramite la concessione dell'autorizzazione integrale ambientale;
   nel giugno 2016 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare include la Toscana tra le regioni che necessitano di un termovalorizzatore;
   l'impianto di Case Passerini è inserito nell'elenco dei siti di trattamento termico dei rifiuti stilato dal Governo nel decreto-legge «sblocca Italia» e nel collegato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016;
   nell'agosto 2016 il comune di Sesto Fiorentino evidenzia come il mancato compimento delle procedure di esproprio da parte della società che gestirà l'impianto faccia venir meno uno dei presupposti per la sua realizzazione. Al contempo, la società accusa il comune di non fornire le coordinate per permettere il pagamento degli oneri di urbanizzazione;
   il 9 novembre 2016 il tribunale amministrativo regionale della Toscana accoglie un ricorso avverso la realizzazione dell'impianto e annulla l'autorizzazione. Uno stop che potrebbe portare alla decadenza dei termini dell'autorizzazione, la conseguente perdita di 80 milioni di euro di incentivi statali e lasciare l'area fiorentina priva di un impianto strategico;
   l'impianto di Case Passerini dovrebbe servire l'area di Firenze, Prato e Pistoia, ambito territoriale ottimale che ad oggi risulta conferire parte dei rifiuti ad altro ambito territoriale ottimale, bruciando annualmente quasi 200 mila tonnellate di rifiuti, consentendo la riduzione dei conferimenti in discarica e producendo energia elettrica –:
   se il Governo ritenga ancora strategica la realizzazione dell'impianto di Case Passerini e se intenda, nei limiti delle proprie competenze, attivarsi perché si possano avviare i lavori dopo trenta anni di discussioni. (3-02937)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   fra le misure adottate dall'Italia per cercare di chiudere il contenzioso sorto a seguito della sentenza di condanna della Corte di giustizia europea del 2 dicembre 2014 relativo alla presenza nel Paese di discariche abusive, vi è l'istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Fondo per il finanziamento di un piano straordinario di bonifica dei siti, previsto dal decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto decreto-legge «Sblocca Italia»);
   successivamente è intervenuto il decreto-legge n. 113 del 2016, cosiddetto «decreto-legge sugli Enti locali» che, all'articolo 22, comma 7-bis, estende l'utilizzo delle risorse di cui al fondo suddetto con l'obiettivo di finanziare non solo interventi relativi al settore idrico ma anche per la bonifica dei siti che non rientrino nella sentenza di condanna di cui alla procedura 2003/2007;
   nello specifico, il legislatore novellante individua i siti potenzialmente beneficiari degli interventi di bonifica, ma si limita ad escludere che i siti da bonificare siano quelli di cui alla già avvenuta sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 e per i quali vien nominato un commissario straordinario (ex articolo 22, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2016);
   a seguito delle modifiche disposte dal decreto-legge n. 113 del 2016, il fondo di cui sopra avoca le risorse già stabilite, ma non utilizzate per il settore idrico attraverso la delibera del Cipe n. 60 del 2012, ma anche quelle destinate per interventi ad alta priorità ambientale nel Mezzogiorno nei settori delle diverse destinati ad interventi ad alta priorità ambientale nel Mezzogiorno nei settori delle bonifiche/rifiuti/sistema idrico integrato, della difesa del suolo e della forestazione;
   nel caso specifico della discarica di Ca’ Filissine a Pescantina (Verona), che è da diversi anni al centro di un duro scontro tra la Daneco Impianti Spa, gestore della discarica in base ad una convenzione stipulata nel 1999 e il comune di Pescantina, a causa di una gestione scellerata della stessa, aggravata dallo storico problema legato all'aumento di percolato oltre i limiti consentiti (circa 40 metri anziché 4), si rende necessario una urgente opera di bonifica, anche al fine di evitare ogni eventuale rischio di disastro ambientale –:
   se il Ministro interrogato, sulla base di quanto descritto in premessa, intenda fornire indicazioni in merito al fondo di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito dalla legge n. 164 del 2014, in particolare segnatamente alla quantificazione delle risorse, all'elenco dei siti beneficiari, nonché alle modalità e alla tempistica del loro utilizzo. (5-11038)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   spesso i centri storici delle città sono deturpati dalla presenza di stabili d'epoca in condizioni di abbandono, la cui riqualificazione appare inderogabile per il decoro urbano e la crescita nell'immagine complessiva e turistica dei siti;
   tali eventuali condizioni di degrado e di abbandono appaiono ancora più ingiustificabili nel caso di stabili di proprietà pubblica e, più ancora, municipale, laddove l'amministrazione cittadina stessa finisce per contribuire al degrado del contesto urbano;
   tali situazioni sono spesso figlie della «non strategicità pubblica» del bene, della carenza di risorse e di progettualità da parte dell'amministrazione pubblica e della scarsa capacità di coinvolgimento di parternariati privati;
   in tali contesti, appare dunque decisamente comprensibile e auspicabile la scelta della amministrazione di disfarsi del bene a fini di riqualificazione, magari dopo aver esperito un'attenta analisi di mercato che consenta la corretta valutazione del suo reale valore, anche in relazione ad eventuali vincoli sulla sua destinazione;
   tale tentativo risulterebbe esperito nella città di Cagliari per quanto riguarda il rudere disabitato e inagibile che si trova nel pieno centro, all'angolo tra via del Mercato Vecchio e via Bajlle, transennato e circondato da impalcature di protezione da tempo immemorabile, incluso nel piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari approvato nel settembre 2015 con la dizione di «fabbricato da demolire e ricostruire» e posto in vendita con avviso pubblico d'asta in data 16 ottobre 2015;
   fonti interne al comune di Cagliari avevano trionfalmente annunciato la dismissione del bene in esito alle procedure pubbliche di alienazione;
   nell'agosto 2016, fonti ufficiali del comune di Cagliari (la testata di comunicazione ufficiale ComuneCagliariNews.it) hanno invece annunciato la «non aggiudicazione» del bene, attribuendo il fallimento della procedura di alienazione ad un «vincolo di tutela» che sarebbe «spuntato fuori dopo le prime attività di stipula del contratto» con l'aggiudicatario, imposto sull'immobile dalla Sovraintendenza competente che – secondo il comune – invece di pensare al recupero, «preferirebbe tutelare gli adesivi con i Panda del WWF da sempre attaccati alle vecchie finestre»;
   sembrerebbe dunque che, a seguito dell'apposizione di tale vincolo, la città sia costretta a continuare a convivere con lo sconcio del rudere in pieno centro;
   se corrisponda al vero che il fallimento della procedura di alienazione tramite vendita a privati dell'immobile in decadenza sito in Cagliari, tra la via Bajlle e la via del Mercato Vecchio, sia legata ad un «nuovo vincolo di tutela», imposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, durante le attività di perfezionamento dell'acquisto da parte dell'aggiudicatario;
   quale sia il tipo di vincolo imposto e quale sia il motivo che ha determinato l'intervento tardivo della soprintendenza competente che avrebbe impedito la definizione della procedura di aggiudicazione, creando di fatto un grave danno alla indispensabile riqualificazione del centro di Cagliari. (4-16156)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   FEDRIGA, MOLTENI, GUIDESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a dispetto delle iniziative diplomatiche finora intraprese, l'afflusso di migranti irregolari nel nostro Paese non accenna a diminuire, determinando prese di posizione anche in ambito europeo;
   in particolare, il Presidente del Consiglio dell'Unione europea, Donald Tusk, ha definito il 2 febbraio 2017 insostenibile per l'Unione europea il flusso di migranti irregolari proveniente dalla Libia;
   parte rilevante, e crescente, dei migranti provenienti dalla Libia è raccolta e traghettata verso i porti del nostro Paese da navi appartenenti ad organizzazioni non governative aventi sedi legali all'estero, che complicano ed in una qualche misura intralciano anche l'attività delle navi della Marina militare italiana, impegnate nel dispositivo europeo Eunavfor Med Sophia o in quello nazionale Mare sicuro;
   rispondendo all'interrogazione 3-02920, il Governo ha recentemente ammesso, per il tramite del Ministro per i rapporti con il Parlamento, che in passato le organizzazioni non governative sono intervenute anche su segnalazione del centro di coordinamento per il salvataggio in mare appartenente al comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, autorità nazionale di riferimento, mentre attualmente provvedono all'individuazione dei boat people prevalentemente con mezzi propri, influenzando anche le strategie degli scafisti;
   l'emergenza in atto, ormai riconosciuta a livello europeo, dovrebbe indurre a riconsiderare l'ipotesi di imporre un blocco navale davanti alle coste libiche, attivando gli strumenti diplomatici e militari all'uopo necessari –:
   considerato che appare assurdo continuare di fatto ad affidare il recupero dei boat people in fuga dalla Libia alle navi delle organizzazioni non governative, quali iniziative di competenza il Governo ritenga di dover adottare nelle acque del Mediterraneo per evitare che le stesse imbarcazioni delle organizzazioni non governative traghettino verso le coste italiane un numero crescente di migranti irregolari, che dovrebbero essere respinti o comunque dissuasi dal tentare la traversata anche tramite l'imposizione di un vero e proprio blocco navale. (3-02929)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il legislatore, con l'articolo 1 della legge n. 836 del 1973 e successive modificazioni, successivamente denominata indennità di «missione» e l'articolo 1 della legge n. 86 del 2001 e successive modificazioni successivamente denominata «indennità di trasferimento», ha disciplinato le indennità per i dipendenti dello Stato inviati in servizio isolato temporaneo o trasferiti o in servizio al di fuori della ordinaria sede di servizio;
   tale riconoscimento economico corrisponde ad una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi;
   la Marina Militare ha da sempre utilizzato un particolare istituto giuridico, non ufficializzato da nessuna legge di rango primario, denominato «temporaneo imbarco», ovvero l'aggregazione temporanea su una Unità Navale di personale destinato presso altri comandi, che come già riconosciuto dal Ministro pro tempore nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-10538, per il personale proveniente da una sede diversa da quella di assegnazione dell'unità navale si configura come «missione isolata fuori sede»;
   nel capitolo di spesa per le «missioni», confluiscono sia le spese per l'indennità di «missione» che le «indennità di trasferimento» e che lo stesso ad oggi risulta esautorato per lo spropositato utilizzo dello strumento dei trasferimenti d'autorità;
   al personale della Marina Militare percettore dell’«indennità di trasferimento» vengono corrisposte in aggiunta anche l'indennità d'imbarco (articolo 4 della legge n. 78 del 1983) e di fuori sede (articolo 10 della legge n. 78 del 1983 quando in navigazione);
   l'articolo 17 della legge n. 78 del 1983 «Norme di corresponsione e cumulabilità delle indennità» non esclude la cumulabilità delle indennità d'imbarco e di fuori sede con la corresponsione delle indennità di «missione», tant’è che già vengono riconosciute al personale trasferito d'autorità;
   al personale delle altre forze armate quando imbarcato sulle unità navali della Marina Militare in posizione di «temporaneo imbarco» vengono corrisposte sia l'indennità di «missione», l'indennità d'imbarco ed eventualmente di fuori sede;
   da qualche anno la Marina Militare al fine di contenere i costi per l'invio in «missione» del proprio personale designato alla frequenza dei corsi, invia il proprio personale fuori dalla ordinaria sede di servizio aggregandolo con l'istituto giuridico del «temporaneo imbarco» ad una unità navale, ma che di fatto predetti militari non prestano nessun servizio a bordo della unità navale ma prestano servizio come aggregati presso gli istituti di formazione;
   al personale che viene aggregato temporaneamente per esigenze di servizio ad una Unità Navale con diversa sede di servizio, nella posizione «temporaneo imbarco» non viene corrisposta l'indennità di «missione», ma vengono corrisposte unicamente le indennità di indennità d'imbarco e di fuori sede;
   a giudizio degli interroganti l'operato della Marina militare si potrebbe configurare come una vera lesione dei diritti dei militari di predetta Forza Armata, che artificiosamente vengono inviati in servizio fuori dalla propria ordinaria sede di servizio, senza che gli vengano corrisposte le dovute indennità di «missione» in aggiunta alle indennità d'imbarco e di fuori sede, che devono essere considerate come indennità aggiuntive e non sostitutive dell'indennità di «missione», in quanto non escluse dalla contemporanea corresponsione e che di fatto già avviene per chi percepisce «indennità di trasferimento» –:
   se il Ministro sia edotto delle procedure utilizzate dalla Marina Militare sulle indennità di trasferimento;
   se non ritenga necessario ed urgente assumere le necessarie iniziative presso lo Stato maggiore della Marina Militare a tutela del personale militare, affinché qualifichi ufficialmente il «temporaneo imbarco» come una «missione fuori sede», con corresponsione della prevista indennità. (4-16163)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 104 del 1992 il legislatore ha disciplinato alcuni rilevanti aspetti conseguenti a quanto previsto dall'articolo 3 della Costituzione Italiana;
   la Marina militare, con la circolare n. M_D MPERS 21740 del 27 luglio 2015 ha dettato le disposizioni applicative di forza armata per il recepimento dei benefici della legge n. 104 del 1992 in particolar modo quelli riconducibili all'articolo 33 comma 5;
   criticabile appare agli interroganti la scelta dell'amministrazione di riconoscere il «trasferimento assistenziale» non come un diritto di precedenza sull'assegnazione alla sede definitiva, come previsto dalla legge, ma come un trasferimento temporaneo, e che pertanto in caso di decadenza del beneficio, l'amministrazione trasferirà nuovamente nella precedente sede o nuova sede il militare, ciò si configura palesemente come eccesso di potere quasi «punitivo» da parte dell'amministrazione che a prescindere da una reale esigenza di carattere operativo/funzionale trasferirà a prescindere il militare in una sede diversa al decadimento del beneficio, con aggravio economico per l'amministrazione (corresponsione della legge n. 86 del 2001);
   il personale della marina militare è suddiviso in ruolo/grado/corpo per gli ufficiali e ruolo/grado/categoria/specialità specializzazione per il restante personale, orbene al punto 5.2 della predetta circolare l'amministrazione nel prevedere quali siano le posizioni organiche disponibili, omette di valutare di assegnare anche quelle posizioni organiche previste per il ruolo/grado che non richiedono una particolare categoria/specialità predeterminata per l'assolvimento dei compiti, ma che possono essere svolte da qualsiasi Militare, chiamate dalla Marina Militare «Q.C.» (qualsiasi categoria), ma erroneamente limita l'impiego alle sole posizioni organiche corrispondenti al ruolo/categoria/specialità/abilitazione, tant’è che per talune categorie, ad esempio gli incursori, i Fucilieri di Marina, predetto personale non sarebbe impiegabile in nessuna sede diversa da La Spezia o Brindisi, anche se ricorrono i presupposti oggettivi; 
   la Marina, richiede preventivamente che il militare sottoscriva una dichiarazione di esonero di responsabilità da parte dell'amministrazione qualora il militare all'atto dell'avanzamento non abbia tutti i requisiti di cui all'articolo 1050 del codice dell'ordinamento militare, che per il personale della Marina prevede anche l'effettuazione di periodi d'imbarco. Tale richiesta risulterebbe ad avviso degli interroganti un ulteriore comportamento vessatorio nei confronti del personale che richiede i benefici dell'articolo 33 comma 5 della legge n. 104, poiché il legislatore ha previsto che detto personale ai sensi degli articoli 981 comma 1 lettera b) 1506, comma 1 lettera h-bis del codice dell'ordinamento militare, non può essere impiegato in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle stesse, ma l'amministrazione non provvede a far effettuare l'imbarco giuridico al proprio personale, nelle sedi dove sono assegnate le unità navali temporaneamente ai lavori di manutenzione, che pertanto non partecipano ad attività operative o in quelle posizioni organiche in comandi navali o comandi complessi in quelle posizioni a bassa valenza operativa, inficiando così la progressione di carriera;
   infine prevede l'impossibilità a frequentare corsi o partecipare a concorsi nell'ambito dell'amministrazione, tale previsione pare in contrasto con il riconoscimento e la promozione dell'elevazione culturale e professionale del militare –:
   se intenda porre all'attenzione dello Stato Maggiore della Marina quelli che appaiono agli interroganti evidenti contrasti con i principi costituzionali della richiamata circolare applicativa e quali siano le soluzioni adottabili, al fine di evitare uno spreco di risorse economiche per i trasferimenti d'autorità alla decadenza del beneficio ed il corretto ed armonioso accrescimento nella carriera.
(4-16164)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   la legge quadro sul volontariato n. 266 del 1991 consente agli enti locali di stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato che dimostrino attitudine e capacità operativa prevedendo forme di verifica delle prestazioni;
   il decreto legislativo n. 46 del 1997 e la legge n. 106 del 2016 definiscono l'impatto sociale delle attività svolte dagli enti del terzo settore, come valutazione qualitativa e quantitativa degli effetti di tali attività sulla comunità di riferimento rispetto all'obiettivo individuato, prevedendo linee guida in materia di bilancio sociale e di sistemi di valutazione dell'impatto sociale;
   Roma capitale è proprietaria di numerosi immobili. Nel tempo, sono stati dati in concessione numerosi beni immobili ascritti al patrimonio indisponibile, per lo svolgimento di attività di interesse pubblico, culturale e sociale, ad enti, associazioni no-profit, associazioni di volontariato, e altro;
   il 30 aprile 2015, con la delibera n. 140 «Linee guida per il riordino del patrimonio disponibile in concessione», la giunta capitolina ha deciso di intervenire per riordinare il settore;
   la delibera n. 40 del 2015 prevede cinque livelli di intervento, distinguendo gli operatori dei beni a prevalente carattere commerciale, professionale e/o imprenditoriale dalle attività a carattere socio-culturale. Ciò non ha, però, trovato applicazione. Sono stati emanati una serie di provvedimenti tesi al rilascio degli immobili e al recupero delle somme dovute per indennità di occupazione per tutte quelle concessioni che si trovavano in condizioni di presunta irregolarità, senza fare nessuna distinzione né di funzione, né di merito sulle attività concretamente svolte e sul loro rilievo sociale e collettivo;
   decine e decine di associazioni culturali e sociali che operano nell'interesse collettivo riconosciuto in città stanno ricevendo avvisi di sfratto e vengono messe nella condizione di non poter più svolgere le proprie attività;
   insieme alla riacquisizione, anche forzosa, degli immobili, l'amministrazione capitolina ha fatto partire la richiesta di ingentissimi arretrati calcolati – a parere degli interpellanti in modo del tutto illegittimo – retroattivamente al 100 per cento del valore del presunto canone di mercato;
   si citano solo alcuni rilevanti esempi critici:
    la scuola di musica popolare di Testaccio ha ricevuto un'ingiunzione di pagamento per 1 milione di euro e, se non salderà le 36 rate, non potrà partecipare al bando per la riassegnazione degli spazi;
    il centro Celio Azzurro, che da anni lavora con successo sui temi dell'intercultura, ha ricevuto una raccomandata per il recupero di 365.000 euro entro 30 giorni;
    «Grande cocomero», l'associazione di Marco Lombardo Radice, neuropsichiatra sperimentatore di terapie innovative nella cura dei disturbi psichici dei minori, è un centro riabilitativo per i ragazzi di neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I a cui sono stati chiesti 116.438 euro;
   è fondamentale salvaguardare le associazioni che operano in ambito sanitario, culturale, sociale e sportivo, al fine primario di prediligere l'interesse pubblico e di garantire alla collettività servizi indispensabili –:
   se il Governo non ritenga urgente, in virtù dei principi normativi richiamati sopra, avviare fin da subito un tavolo di confronto con il comune di Roma, l'Anci e i soggetti interessati affinché siano salvaguardate le associazioni e gli enti, che, avendo usufruito di una concessione d'uso di un bene ad un canone ridotto in considerazione della natura dell'attività svolta e, comunque, svolgendo attività di rilievo sociale e culturale, hanno diritto per gli interpellanti al rinnovo delle concessioni d'uso ad un canone ridotto e a continuare a svolgere le attività suddette, e, in ogni caso ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad individuare modalità e criteri omogenei e condivisi di gestione e procedure trasparenti di assegnazione del patrimonio per onlus, associazioni e realtà che operano in diversi contesti cittadini che svolgono attività di riconosciuto valore sociale, anche al fine di evitare eventuali sgomberi o incrementi, anche in via retroattiva, di canoni insostenibili.
(2-01748) «Roberta Agostini, Laforgia, Zoggia, Fossati, Zaccagnini, Ricciatti, Duranti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 11 marzo 2014, n. 23, si delegava il Governo, tra le altre cose, ad avviare il processo di rinnovamento del Catasto;
   la riforma sarebbe ricompresa nel programma nazionale di riforma (PNR 2016), che rientra nel documento di economia e finanza, e, secondo le intenzioni del Governo, dovrebbe completarsi tra il 2018 e il 2019;
   anche se con grave ritardo – è il caso di rilevare che l'esercizio della delega sarebbe scaduto nel mese di settembre 2015 – i lavori starebbero procedendo per definire il complesso passaggio dal vecchio al nuovo Catasto;
   in particolare, secondo alcuni organi di stampa (Il Sole24Ore del 15 marzo 2017), per la definizione dei nuovi valori catastali «partiranno da quelli di mercato rilevati dall'Omi, ai quali verrà applicato un algoritmo che porterà a definire le nuove rendite e i nuovi valori catastali e la cui lavorazione, da parte dei tecnici dell'ex agenzia del Territorio, ora in forze alle Entrate, era stata già quasi ultimata, anche se non era mai stato approvato il decreto sulle “funzioni statistiche”»;
   tra le questioni centrali c’è da rilevare proprio la rideterminazione dei nuovi valori catastali ottenuti al termine del processo di riforma, che potrebbero portare, secondo alcuni osservatori, ad aumenti che potrebbero aggirarsi tra il 200 e il 300 per cento (Unione Sarda del 28 marzo 2017);
   è il caso di rilevare che il Fatto Quotidiano del 27 marzo 2017 ha dedicato un ampio resoconto sullo stato dei lavori della riforma e, in particolare, sugli esiti delle prime simulazioni dell'applicazione dell'algoritmo alle rilevazioni dell'Osservatorio sul mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate;
   secondo il quotidiano, dalle simulazioni risulterebbero rincari eccessivamente alti, in particolare, «calcola il Sole24Ore, per immobili di 90 mq (5 vani catastali), con il nuovo valore catastale, a Cagliari, si registrerebbe un incremento del 182 per cento, a Napoli del 117 per cento, a Genova del 92 per cento, a Bologna del 78 per cento, a Firenze del 75 per cento e a Torino del 70 per cento»;
   nonostante l'articolo 2 della citata legge 11 marzo 2014, n. 23, introduca il principio di «invarianza» del gettito, alcuni organi di stampa avevano sollevato da subito numerosi dubbi sul fatto che il citato principio sarebbe riuscito a contenere un incremento dei livelli dei livelli di tassazione a seguito della rimodulazione dei valori catastali (la base imponibile anche ai fini Imu-Tasi);
   il Sole24Ore del 22 giugno 2014, in merito al principio di «invarianza», sosteneva «Che cosa accadrà quando a imponibili così diversi si dovranno applicare le aliquote di tassazione attuali ? I Comuni saranno solerti nel ridurre le percentuali per garantire l'invarianza di gettito ? Funzionerà il meccanismo di monitoraggio affidato al Governo e alle Camere (e previsto dalla legge delega) per evitare rincari esorbitanti ?»
   il rischio concreto è che la riforma possa determinare un innalzamento generale del livello della tassazione sui beni immobili, in un contesto in cui, secondo alcune associazioni dei proprietari, dal 2012, il carico di natura patrimoniale che grava sulla proprietà immobiliare è quasi triplicato, passando da 9 a 25 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 20 miliardi di euro di imposta reddituale;
   è il caso di rilevare che questo stato di cose rischia di penalizzare soprattutto cittadini e famiglie italiane, in considerazione del fatto che la proprietà immobiliare nel nostro Paese è distribuita in prevalenza su una molteplicità di piccoli proprietari –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per evitare che, nonostante il principio di invarianza, il rinnovo dei valori catastali possa determinare un innalzamento del livello generale della tassazione sui beni immobili. (5-11036)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Confedilizia denuncia da tempo che le cause della sofferenza del comparto commerciale e artigianale siano da imputare all'eccesso di tassazione sui proprietari dei locali in cui queste attività vengono svolte;
   spesso i proprietari di questi locali arrivano a pagare fino all'80 per cento del canone fra IMU, TASI, IRPEF e addizionali; anche il presidente di Confedilizia spiega che le imposte sugli immobili strumentali, come i negozi, sono troppo alte: «La tassazione su Imu e Tasi è eccessiva e non c’è assolutamente più convenienza ad affittare quegli immobili che, è bene ricordarlo, sono quasi sempre di proprietà di famiglie e piccoli investitori. Chi li ha, cerca di venderli; gli aspiranti commercianti sono quasi sempre giovani che non hanno soldi per comprarseli»;
   i proprietari sono dunque costretti a chiedere dei canoni di locazione altissimi che non possono essere sostenuti dai piccoli imprenditori che chiudono le proprie attività o rinunciano ad avviarne di nuove;
   in Italia ci sono circa 600 mila negozi sfitti e non per mancanza di domanda, ma a causa di una crisi profonda durata anni, denunciata a più riprese prima dalla proprietà immobiliare, poi anche dalle associazioni dei commercianti come Confcommercio e dalle opposizioni. Il risultato è la desertificazione e il degrado delle città, soprattutto nelle periferie, che, in alcune zone più critiche del Paese, si diramano fino in centro-città;
   una valida soluzione alternativa potrebbe essere l'applicazione della cedolare secca sugli affitti dei locali commerciali che per le abitazioni ha riscosso molto successo, ma il Governo, nonostante lo prometta da tempo – era stata addirittura annunciata nella passata legge di bilancio – non ha mai introdotto questa misura che non soltanto non creerebbe costi per lo Stato, ma genererebbe semmai entrate totalmente nuove;
   sembrerebbe che l'esecutivo non voglia introdurre una simile disciplina perché temerebbe una reazione dell'Unione europea, mentre sarebbe intenzionato ad inserire nella manovra correttiva la tanto attesa riforma del catasto;
   quest'ultima, sulla carta, dovrebbe essere a invarianza, di gettito, al fine di colmare alcune sperequazioni presenti sul territorio nazionale, come anche previsto dalla legge di delega n. 23/2014 (la cosiddetta delega fiscale), ma da più parti si teme che la necessità di reperire fondi da parte dell'esecutivo, come richiesto da Bruxelles, possa trasformare la riforma del catasto nell'ennesima stangata –:
   se il Ministro interrogato, al fine di incentivare i settori del commercio e dell'artigianato, nonché la locazione di locali sfitti ormai da anni, non ritenga opportuno porre in essere le dovute azioni, stante le proprie competenze, al fine di favorire l'inserimento della misura dalla cedolare secca per i locali commerciali, anche nella prossima manovra correttiva;
   se intenda confermare che la riforma del catasto, di cui il completamento sarebbe previsto nella manovra correttiva, sarà ad invarianza di gettito e quindi senza alcun aggravio tributario per i contribuenti. (4-16152)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 13 febbraio 2017, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con un comunicato stampa, ha diramato i numeri sulla spesa degli italiani per il «gioco legale»; che ammonterebbero nel 2016 a circa 19 miliardi di euro, pari all'uno per cento del Pil;
   secondo l'Agenzia, le precisazioni si sono rese necessarie per «le inesattezze che caratterizzano i dati oggetto di commento relativi al gioco legale e per contribuire a meglio delineare, come è suo compito istituzionale, il quadro informativo in materia»;
   le inesattezze alle quali si fa riferimento, sarebbero quelle diffuse dalla stampa che parlano di un fatturato, relativo al fenomeno dell'azzardo legale, di quasi 96 miliardi di euro nel 2016. L'Agenzia precisa che tali informazioni confonderebbero «la Raccolta (l'insieme delle puntate) con la Spesa (che si ottiene sottraendo dall'ammontare della Raccolta annua il totale delle vincite)», vincite che sarebbero di circa 77 miliardi di euro, «un ammontare così elevato di vincite, la maggior parte di importo non elevato, tende a ripartirsi tra una moltitudine di vincitori»;
   detta così, a giudizio degli interroganti, la spiegazione dell'Agenzia porterebbe a pensare che il gioco d'azzardo legale sia un innocuo e benefico passatempo, ma, in realtà, i dati mostrano una verità drammatica, con un milione di cittadini con dipendenza da gioco. Ogni italiano spende in media uno stipendio all'anno (1.600 euro) per giochi, e l'Italia è il Paese europeo dove si gioca di più, e rappresenta il terzo mercato mondiale per la raccolta più elevata;
   sarebbe utile, oltre che necessario ai fini della prevenzione, che l'Agenzia – per il suo ruolo istituzionale e per la chiarezza invocata – rendesse pubblici i dati di cui dispone, spacchettati e scomposti affinché possano essere utilizzati per individuare i reali flussi di denaro circolanti sui territori;
   inoltre, dovrebbe:
    a) mettere a disposizione i dati sulla raccolta monetaria per tipologia di gioco, con il relativo ammontare delle quote trattenute per i concessionari e per l'erario;
    b) indicare, in base alla suddivisione per tipologia di gioco: la raccolta monetaria per provincia e per comune; la numerosità dei punti di offerta per provincia e per comune;
    c) suddividere per tipologia, per provincia e comune anche il gioco on-line;
   a giudizio degli interroganti, il comunicato stampa appare come un modo per nascondere l'impossibilità e l'incapacità di conoscere la reale proporzione di un problema sociale in continua espansione, che riguarda i cittadini di ogni età e condizione economica;
   a conferma di ciò, infatti, il comunicato termina assicurando l'impegno dell'Agenzia sul fronte della ludopatia, contro la quale afferma di aver promosso, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, «al fine di poter disporre di una fonte omogenea a livello nazionale, una ampia e approfondita iniziativa di ricerca comprendente una completa indagine epidemiologica», augurandosi di entrare in possesso dei risultati entro il 2017;
   purtroppo, però, risulta agli interroganti che, per l'accordo quadro tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Istituto superiore di sanità, firmato il 25 novembre 2015, erano previsti accordi esecutivi per lo sviluppo di attività di ricerca che ancora risultano allo studio delle parti –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle sue competenze, affinché l'Agenzia delle dogane e dei monopoli renda pubblici i dati completi e dettagliati di cui dispone riguardanti i reali flussi di denaro riguardanti il gioco d'azzardo legale;
   se non ritenga urgente sollecitare la piena operatività delle attività di ricerca sul gioco d'azzardo previste dall'accordo quadro tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Istituto superiore di sanità. (4-16157)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di queste ore che la procura di Vicenza ha iscritto sul registro degli indagati la direttrice del carcere di Verona Montorio per favoreggiamento personale nell'ambito dell'inchiesta che vede al centro il boss albanese Emanuel Demaj – condannato in appello a 12 anni per una serie di rapine – e la foto di una festa di compleanno in cella che lo stesso aveva scattato e fatto postare su facebook;
   il sorriso beffardo che sfoggia nella fotografia è, a giudizio dell'interrogante, una sfida alla giustizia italiana, uno schiaffo al nostro sistema carcerario;
   secondo quanto riportato dalla stampa, i carabinieri vicentini avevano un mandato di perquisizione della sua cella, ma la direttrice si sarebbe opposta, di fatto facendo slittare il controllo di alcune settimane. Demaj venne trovato, poi, nella disponibilità di un telefonino, entrato chissà come all'interno del carcere di Montorio;
   il pregiudicato, in passato, era già stato trovato in possesso di uno smartphone usato per chiamare il fratello, recluso nel carcere di Lione;
   come riferito dal ministro interrogato nel 2016, nella risposta ad una interrogazione sull'argomento, «l'istituto di Verona “Montorio”, nel mese di ottobre 2015 è stato sottoposto a visita ispettiva, all'esito della quale (...) si è concluso come permangano criticità, riconducibili all'inadeguato contributo dei capi area sicurezza e trattamentale (...). Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato come già in passato si siano verificati, presso l'istituto in questione, illeciti ingressi di telefoni cellulari (...)»;
   per chiarire ulteriormente la situazione all'interno del carcere di Montorio, il Ministro interrogato aveva aggiunto che la Procura della Repubblica di Vicenza, nell'ambito di un procedimento che vedeva tra gli indagati anche il Demaj, aveva accertato previa acquisizione dei tabulati telefonici e alle intercettazioni del fratello, che l'albanese, durante la detenzione, aveva potuto disporre, in successione, di 7 SIM card telefoniche, inserite di volta in volta in 23 diversi telefoni cellulari, e che lo stesso ne faceva ancora utilizzo. La perquisizione eseguita il 31 marzo 2016 presso l'istituto di Verona consentiva di rinvenire anche un telefono smartphone abilitato all'accesso ad internet, in cui era inserita una delle SIM card precedentemente usate dal Demaj; il telefono è stato rinvenuto nella cella n. 204, prossima a quella del Demaj, mentre nella lavanderia, accessibile a tutti i detenuti della sezione, è stato trovato un seghetto di 15 cm –:
   attribuendo la massima attenzione al tema e consapevoli della sua complessità, quali iniziative s'intendono adottare a livello centrale per monitorare i casi di ingresso illecito dei telefoni cellulari nelle carceri, impartendo direttive a rafforzamento dei controlli da parte del personale di polizia penitenziaria. (4-16158)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Anas ha comunicato la chiusura al traffico in entrambe le direzioni del Raccordo autostradale «Sicignano-Potenza», compreso tra lo svincolo di Balvano (chilometro 25,500) e lo svincolo di Vietri di Potenza (chilometro 20,800);
   su questo tratto sono in corso lavori di manutenzione straordinaria che interessano alcuni viadotti, per i quali è già prevista la demolizione degli impalcati;
   il traffico, in entrambe le direzioni, viene deviato sulla ex strada statale n. 94 e lungo la viabilità comunale;
   per quanto si tratti di interventi assolutamente necessari, si evidenziano alcune oggettive difficoltà che riguardano il comprensorio in relazione alla sostenibilità del traffico di un raccordo autostradale rispetto ad una viabilità che, per quanto si voglia intervenire con interventi di ripristino localizzati del piano viabile, lungo le strade interessate, sono comunque inadeguati alla mole di traffico;
   si ipotizza la possibile riapertura del tratto per la prossima metà di aprile;
   si fa presente che a partire da mercoledì 12 aprile 2017 è previsto un incremento dei volumi di traffico legati alle vacanze di Pasqua;
   il permanere, anche in quel periodo, della chiusura al traffico rischia di determinare situazioni di grave criticità anche perché il raccordo autostradale è una porta di accesso per la Basilicata e non solo –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire chiedendo all'Anas di accelerare sugli interventi previsti e consentire la riapertura del tratto autostradale prima del citato periodo coincidente con le vacanze pasquali al fine di evitare situazioni di criticità e di rischi sulla viabilità minore, nonché di assicurare adeguata segnaletica e anche la presenza di operatori a supporto degli automobilisti, anche per evitare situazioni caotiche che purtroppo già sono state segnalate. (5-11034)


   CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Repubblica il 17 marzo 2017 ha pubblicato un articolo intitolato «Real Estate Fs: da Milano Farini a Tiburtina, le aree in disuso che Ferrovie vuole vendere» in cui tra l'altro si riporta «... L'azienda del trasporto ferroviario cerca investitori internazionali e mette in esposizione alla fiera Mipim di Cannes, in Francia, i suoi pezzi più pregiati che Fs Sistemi Urbani, la controllata che si occupa della valorizzazione del patrimonio immobiliare, ha messo in vendita o in affitto. Un catalogo di quattro milioni di metri quadrati e più di 70 proposte tra ex depositi e fabbricati, ex officine e spazi ferroviari non più in uso ma che potrebbero diventare aree residenziali, commerciali, industriali o alberghiere (..) A dover fare gola agli investitori però sono soprattutto le grandi aree, da Roma a Napoli fino a Bologna e Torino. A Milano “la più grande opportunità di sviluppo immobiliare” è rappresentata proprio dall'area Farini, che “costituisce connessione tra le aree in trasformazione di Bovisa e Garibaldi-Repubblica, nuovo polo urbano”»;
   FS Sistemi Urbani Srl (FSSU) al 31 dicembre 2015 registra in bilancio immobilizzazioni materiali per euro 156,8 milioni;
   nello specifico, nel territorio del comune di Milano sono presenti scali e aree ferroviarie, non più funzionali all'esercizio ferroviario, già dismesse o di prossima dismissione, che interessano un totale di circa 1.300.000 metri quadri;
   il consiglio comunale di Milano con deliberazione n. 44 del 14 novembre 2016 ha approvato le linee di indirizzo in merito alla trasformazione urbanistica delle aree ferroviarie dismesse funzionale alla stesura del nuovo accordo di programma (AdP) fra comune di Milano e FS Spa;
   nelle premesse della suddetta delibera vengono chiaramente fatti propri i contenuti dell'ipotesi di accordo sottoscritto nel 2015 rigettato dal precedente consiglio comunale;
   fra i contenuti del precedente accordo di programma già rigettato sono rigidamente definite quantità, volumetrie e destinazioni d'uso per ciascuno scalo ferroviario ed eventuale ritorno al comune di Milano di solo il 50 per cento delle plusvalenze di FS;
   la legge della regione Lombardia n. 12 del 2005 all'articolo 88, comma 2-bis, prevede «Per le aree destinate (...) ad impianti ferroviari (...) di cui sia dimostrata l'effettiva dismissione (...), a fronte degli obiettivi di riqualificazione urbana e ambientale, il programma integrato di intervento può prevedere indici volumetrici (...) Tali indici devono essere giustificati dal raggiungimento di obiettivi strategici (...) e dal perseguimento di rilevanti vantaggi per l'interesse pubblico;
   in merito al calcolo delle plusvalenze l'accordo di programma 2015 prevedeva che: (...) per Plusvalenza si intende la differenza fra il valore di cessione delle aree e la sommatoria di: a) i valori netti contabili delle aree al momento delle cessioni delle stesse (VNC);
   i valori netti contabili delle aree (VNC) posti nei bilanci FSSU Srl relativamente agli scali ferroviari costituisce un elemento sostanziale per la valutazione e determinazione delle risorse finanziarie che torneranno al comune di Milano;
   la non conoscenza dei valori netti contabili delle aree (VNC) posti nei bilanci FSSU Srl relativamente agli Scali da parte del soggetto istituzionale chiamato a deliberare i termini dell'accordo di Programma con la controparte FS Spa può portare a scelte che arrecheranno un tangibile danno all'interesse pubblico;
   se sia a conoscenza dei valori netti contabili (VNC) delle aree interessate posti a bilancio da FSSU Srl per gli anni 2015 e 2016 e quali siano i valori netti contabili (VNC) delle aree interessate posti a bilancio da FSSU Srl a partire dall'anno 2004. (5-11039)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è in corso una vertenza che riguarda il futuro di Alitalia;
   il Governo si è attivato organizzando incontri insieme ai rappresentanti dei lavoratori e insieme all'azienda;
   la compagnia aerea si è impegnata a presentare entro la prima settimana di marzo il nuovo piano industriale a Governo e sindacati;
   fonti giornalistiche hanno quantificato in 2.000 esuberi il possibile numero di lavoratori che la compagnia aerea potrebbe espellere;
   l'attenzione del confronto è focalizzata, in particolare, sulla disapplicazione unilaterale da parte dell'Alitalia del contratto di lavoro scaduto e non ancora rinnovato;
   i sindacati hanno indetto uno sciopero il 23 febbraio;
   il costo del personale, in realtà, non sembra rappresentare il principale problema di Alitalia. In base all'ultimo bilancio della compagnia, infatti, il costo medio per dipendente nella compagnia italiana rappresenta solo il 16,5 per cento dei costi totali, inferiore a quello di grandi compagnie europee come Air France, Lufthansa e British Airways e sostanzialmente in linea, a parità di prodotto, con la media di vettori low-cost come EasyJet o Wizzair;
   i veri problemi di Alitalia derivano evidentemente da altri costi, tutti sopra la media: leasing aeronautico (+11 per cento), manutenzione aerei (+24 per cento), handling e assistenza passeggeri (+20 per cento), spese di vendita con riconoscimento di diritti d'intermediazione pari al doppio di quelli applicati in media dai CRS (computer reservations system), contratti di « hedging» carburante fuori misura che hanno fatto pagare la benzina avio a prezzi maggiori pur col calo del greggio, controlli inadeguati sugli acquisti dai fornitori;
   secondo quanto riferito dal Sole 24 ore il 16 febbraio scorso, a fronte di un impegno dell'amministratore delegato dell'Alitalia, Cramer Ball, di ridurre in un anno i costi per un valore di 160 milioni di euro, da inizio 2017 essi sarebbero diminuiti solo di 1 milione di euro –:
   se, nell'ambito del confronto con Alitalia in vista della presentazione del nuovo piano industriale, non sia opportuno chiedere espressamente all'azienda impegni chiari e precisi sulla riduzione dei costi per leasing, manutenzione, assistenza passeggeri, intermediazioni commerciali, contratti carburante, acquisti fornitori, per evitare che la discussione sul personale diventi un modo per alimentare lo scontro ed alzare i toni in modo da far saltare qualsiasi soluzione;
   in vista del prossimo e nuovo piano industriale Alitalia, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di effettuare una valutazione estremamente rigorosa sulla qualità e quantità dei costi indicati e delle loro dinamiche di contenimento. (5-11040)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA, MOTTOLA, ANDREA MAESTRI, TURCO, PASTORELLI e BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   la zona demaniale del porto di Cervia fu data in concessione alla Marina di Cervia Spa nell'aprile del 1973 per 50 anni dal Ministero della marina mercantile con l'atto n. 724 del 28 aprile 1973 e successivo atto formale di concessione n. 10773 del 7 maggio 1986;
   il decreto legislativo n. 118 del 1998 ha conferito funzioni e compiti amministrativi alle regioni e ai comuni in fatto di demanio marittimo; infatti, diverse regioni, con diverse leggi regionali, hanno conferito ai propri comuni costieri l'esercizio di tutte le funzioni amministrative relative al demanio marittimo, intendendosi per beni demaniali quelli elencati nell'articolo 822 del c.c. e nell'articolo 28 del codice della navigazione e, cioè, il lido del mare, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa e salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare, i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo;
   in virtù dell'articolo 47 del codice della navigazione il comune di Cervia con proprio atto n. 52528 del 3 dicembre 2012 ha avviato un procedimento amministrativo di decadenza della concessione demaniale marittima del porto turistico di Cervia, procedimento archiviato con successivo atto n. 50903 del 17 settembre 2015, per poi avviare un nuovo procedimento di decadenza con delibera n. 219 del 17 novembre 2015;
   la legge del 28 dicembre 2015, n. 208, nel disciplinare la materia, ex articolo 1, comma 484, fino al riordino della disciplina demaniale ha sospeso le procedure amministrative per la «sospensione, revoca e decadenza», avviate rispetto alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, e per le concessioni demaniali rispetto alle quali sussistano contenziosi sull'applicazione dei criteri di calcolo dei canoni (come nel caso della Marina di Cervia);
   inoltre in data 27 gennaio 2017 il Governo pro tempore ha approvato un disegno di legge recante «Delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime lacuali e fluviali ad uso turistico e ricreativo» nel quale si ribadisce che tutti i procedimenti di decadenza sono sospesi – si veda il richiamo alla legge del 7 agosto n. 160 del 2016 e alla legge del 28 dicembre 2015, n. 208, comma 484 – fino al complessivo riordino della materia demaniale;
   successivamente in data 8 novembre 2016 il comune di Cervia con le determine dirigenziali n. 1446 e n. 1448 ha dichiarato la decadenza dalle concessioni demaniali marittime tutte ex articolo 47 codice della navigazione, sull'assunto del mancato adempimento degli oneri concessori. A seguito dell'impugnazione di tali determine da parte di Marina di Cervia spa, il Tar del Lazio le ha sospese con sentenza del 13 dicembre 2016 (n. 07921/2016 Reg. Prov. Cau – n. 04198/2016 Reg. Ric.) rinviando la trattazione all'udienza collegiale del giorno 9 gennaio 2017;
   l'11 febbraio 2017 il comune di Cervia avrebbe rilasciato affido/concessione alla Servimar –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non ritenga di assumere iniziative volte a chiarire la corretta interpretazione e applicazione della normativa in merito alla sospensione dei procedimenti amministrativi di sospensione, revoca o decadenza delle concessioni demaniali per evitare discordanze nell'applicazione dei princìpi normativi in materia. (4-16151)


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   L'analisi dei dati del monitoraggio sullo stato della programmazione e della realizzazione delle infrastrutture strategiche al 31 dicembre 2016 evidenzia un divario di investimenti dello Stato tra le regioni del centro nord e quelle del sud;
   le risorse assegnate alla data del 31 dicembre 2016 (al netto dei fondi Fsc del Piano operativo infrastrutture approvato dal CIPE) per le opere prioritarie sono 4,357 miliardi di euro ripartite in 2,902 miliardi al centro nord e 1,455 miliardi al sud. Il 97 per cento del suddetto importo è per infrastrutture ferroviarie;
   il costo delle opere prioritarie al dicembre 2016 è di 89,6 miliardi di euro suddiviso in 53,606 miliardi al centro nord (60 per cento) ed in 35,964 miliardi al sud (40 per cento);
   la disponibilità dei suddetti importi è del 76,75 per cento al nord e del 63,60 per cento al centro sud che ha quindi un maggior fabbisogno di risorse. Di conseguenza, la distribuzione territoriale delle risorse, in termini di disponibilità, è la seguente: 65 per cento, al Centro-Nord e 35 per cento per il Sud;
   i lavori in corso nel centro nord sono pari a 53,6 miliardi di euro, mentre al sud sono 35,964 miliardi dei quali solo 1,9 miliardi sono per lavori con contratto da iniziare, mentre al centro nord i medesimi lavori ammontano a 14,6 miliardi. I lavori senza contratto al sud sono pari al 50 per cento dei lavori in corso mentre nel centro nord sono il 18 per cento;
   analogamente, il costo per opere non prioritarie al centro nord è di 136 miliardi di euro (72 per cento), dei quali il 43 per cento già esaminate dal CIPE, mentre al sud è di 50,5 miliardi (28 per cento), dei quali il 28 per cento esaminati dal CIPE. La disponibilità finanziaria al centro nord è doppia rispetto al sud (58,536 miliardi al centro nord e 21,593 miliardi al sud);
   per le infrastrutture al sud, al netto dei fondi comunitari e FSC in arrivo, vi sono meno risorse rispetto al resto del Paese, con una minor copertura dei finanziamenti in termini di disponibilità, una ridotta quantità di lavori da iniziare in tempi brevi, un minor numero di opere esaminate dal CIPE;
   il primo Documento pluriennale di pianificazione (DPP), da adottare entro il 19 aprile 2017, dovrà definire una nuova disciplina per la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese e individuare un nuovo elenco di opere prioritarie;
   il Piano operativo infrastrutture, approvato dal Cipe il 1o dicembre 2016, prevede 11,5 miliardi di euro di interventi infrastrutturali da appaltare entro il 2019 e rappresenta, insieme ai programmi dei fondi strutturali che prevedono circa 12 miliardi di euro di investimenti infrastrutturali per il Sud, una risorsa fondamentale i cui tempi di attivazione risultano tuttavia molto deludenti. Dopo 4 mesi, la delibera CIPE di approvazione del Piano operativo infrastrutture FSC deve ancora essere pubblicata mentre i programmi dei fondi strutturali, ed in particolare la relativa componente infrastrutturale, stentano a decollare. Secondo la Commissione europea, infatti, nel corso dell'autunno 2016, l'Italia era al 21o posto in Europa per percentuale di progetti selezionati nell'ambito della nuova programmazione, con un tasso di progetti selezionati pari al 14,1 per cento rispetto a una media UE del 20,1 per cento –:
   se i dati in premessa corrispondano al vero, quali siano le motivazioni alla base della penalizzazione che interessa gli investimenti infrastrutturali al Sud Italia e quali iniziative di propria competenza intenda adottare al fine di riequilibrarli e consentire che siano realizzati in tempi brevi per recuperare un divario che persiste da troppo tempo. (4-16155)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un'intervista televisiva trasmessa il 29 marzo 2017 il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ha affermato che la procura sta indagando sull'ipotesi di una sorta di «patto segreto tra gli organizzatori del traffico di migranti e alcune Ong straniere che battono con tredici navi il canale di Sicilia», e che è stato aperto un fascicolo conoscitivo su alcune delle ong impegnate nel soccorso ai migranti;
   secondo Zuccaro ci sarebbe, da un lato, il «sospetto che possano farlo per facilitare il lavoro delle organizzazioni del traffico di migranti» e, dall'altro, quello «che possano invece favorire l'accesso dei migranti in un determinato Stato piuttosto che in altri», ma «il dato oggettivo è che gli organizzatori del traffico non corrono più alcun rischio: spesso prendono contatti con le unità navali in alto mare, prima ancora che intervenga la centrale operativa italiana»;
   sempre stando alle dichiarazioni del procuratore, tra il settembre e l'ottobre del 2015 sarebbero «nate dal nulla numerose Ong. Cinque tedesche, una spagnola e una maltese che dimostrano subito di avere grande disponibilità di denaro per il noleggio delle navi, l'acquisto di droni ad alta tecnologia e la gestione delle missioni, che ci sembra molto strano possano avere acquisito senza avere un ritorno economico. Chi paga ? È questo quello che dobbiamo accertare»;
   lo stesso giorno, in occasione dello svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, alla Camera, presentata dal Gruppo di Fratelli d'Italia – Alleanza nazionale, in merito alle attività delle ong nel mar Mediterraneo e ai salvataggi di migranti dalle stesse messi in atto, il Governo ha dichiarato che circa il trenta per cento degli oltre centottantamila immigrati sbarcati nel 2016 sulle nostre coste è stato soccorso da assetti navali appartenenti alle ong, confermando che il loro ruolo è tutt'altro che marginale;
   già il 22 marzo 2017 l'ammiraglio Enrico Credendino, capo della missione europea Sophia, intervistato dal Corriere della Sera, alla domanda se gli interventi della missione in realtà incentivassero le migrazioni aveva risposto che «ci sono Ong che (...) attraggono molto di più. Lavorano spesso al limite delle acque libiche, la sera hanno questi grossi proiettori: gli scafisti li vedono e mandano il gommone verso questi proiettori»;
   oltre a contravvenire alle vigenti normative nazionali e internazionali sui salvataggi in mare dei migranti, l'attività di queste ong mette a rischio l'incolumità degli stessi migranti, fatti partire con imbarcazioni sempre più fatiscenti –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per impedire che le organizzazioni non governative proseguano nelle attività di cui in premessa. (4-16160)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i docenti precari di seconda fascia d'istituto sono già stati valutati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con l'esame di stato abilitante per l'insegnamento;
   è stata proposta la creazione di una graduatoria regionale di merito per i docenti abilitati da realizzare entro la fine dell'anno scolastico 2017/2018;
   entro il mese di luglio tali docenti dovranno rinnovare le domande e il punteggio per la seconda fascia d'istituto;
   la presidenza della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo si è espressa con seria preoccupazione per la reiterazione di contratti a tempo determinato e ha esortato ad «abbandonare questo comportamento sbagliato rapidamente». Ha chiesto, inoltre, risposte convincenti e almeno sufficienti circa la procedura d'infrazione già aperta in passato per lo stesso motivo, entro il prossimo autunno per poi decidere quali misure adottare;
   a settembre 2017 ci sarà nuovamente la stessa difficoltà organizzativa per gli istituti scolastici per iniziare le attività didattiche, a causa di numerosissimi posti da dare a docenti supplenti di seconda fascia, continuando a reiterare i contratti a tempo determinato –:
   se il Ministro interrogato non intenda valutare la possibilità di creare graduatorie di merito regionali entro settembre 2017 e se non ritenga, altresì, che ciò possa avvenire anche qualora si decida di confermare la necessità di una prova orale atta a graduare i docenti di seconda fascia d'istituto già abilitati. (5-11037)

Interrogazione a risposta scritta:


   POLIDORI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Accademia di Brera è la Istituzione AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) più importante del Paese con un bilancio decisamente virtuoso (movimenta all'incirca una quindicina di milioni di euro) e con una reputazione indiscussa nell'ambito culturale cittadino e nazionale;
   da novembre 2016 è Presidente dell'Accademia l'ex magistrato Livia Pomodoro che, con determina presidenziale del 15 febbraio 2017, n. protocollo 1330, ha affidato direttamente, senza bando o gara, l'incarico per il servizio di una « due diligence» giuridico-amministrativa e di supporto al Responsabile di prevenzione della corruzione allo studio legale Barbara, appartenente al circuito di revisione contabile KPMG;
   l'incarico è stato affidato a titolo gratuito e si è successivamente trasformato in attività rilevante per la redazione del piano triennale anticorruzione;
   nell'ambito dello svolgimento di questo incarico il direttore didattico dell'accademia, professor Franco Marrocco, avrebbe convocato nel suo ufficio, senza alcun preavviso o comunicazione scritta, il personale amministrativo affinché questo rispondesse ai numerosi interrogativi posti da parte di quattro avvocati dello studio Barbara; in quel contesto il direttore avrebbe anche chiesto al personale competente di fornire agli avvocati la documentazione amministrativa;
   da fonti sindacali, che hanno denunciato i fatti, si apprende che la procedura sarebbe stata irregolare in quanto le attività di controllo sono state poste in essere in momento precedente alla regolare definizione del mandato o procedura di affidamento;
   questa prassi, che risulta anomala rispetto a tutto il contesto nazionale dell'AFAM, ha causato grave disagio psico-fisico al personale, che ha sempre lavorato con dedizione e abnegazione, come dimostrato anche dal fatto che l'Accademia di Brera ha una gestione virtuosa e un notevole attivo di bilancio; inoltre, ha determinato la sospensione dell'ordinaria e programmata attività amministrativa degli uffici preposti nonostante ci fossero scadenze da rispettare;
   si tenga conto che nessuna istituzione AFAM nazionale ha varato una « due diligence» avvalendosi di personale esterno;
   sotto altro profilo, le altre Istituzioni Italiane hanno proceduto alla redazione dei piani triennali con risorse interne e, soprattutto, senza dar corso a modalità tanto inusuali e soprattutto, inutilmente «afflittive» di tutto il personale;
   l’«attività di ricognizione» descritta nell'ordine di servizio ha rappresentato di fatto una vera e propria ispezione, demandata ad un soggetto privato ed esterno al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   la redazione del Piano Triennale, avrebbe richiesto l'acquisizione di elementi diversi rispetto a quelli richiesti agli uffici per la elaborazione delle strategie di prevenzione;
   l'affidamento a soggetto esterno – senza l'espletamento di bando, o altra attività pur necessaria anche nel caso di «incarico gratuito» – pone un problema di compatibilità con quanto previsto dalla legge n. 190 del 2012 in materia di adozione di piani anticorruzione, secondo la quale questa attività dovrebbe essere effettuata con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili –:
   se in un ente pubblico statale quale l'Accademia di Belle Arti di Brera, l'attività di ricognizione esposta in premessa possa essere affidata ad uno studio legale privato consentendogli di agire nei confronti del personale con modalità riconducibili alla funzione ispettiva di competenza esclusiva dello stesso Ministero;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di verificare la correttezza delle procedure adottate e se non ci siano stati comportamenti stigmatizzabili nei confronti del personale, come da questo lamentato, sia da parte degli esponenti dello studio legale che da parte della direzione dell'Istituzione. (4-16161)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FRANCO BORDO, MOGNATO, LAFORGIA, FOLINO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SPERANZA, SCOTTO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 aprile 2017 i lavoratori di Alitalia hanno indetto uno sciopero di 24 ore per ribadire la loro contrarietà al business plan presentato dai vertici della compagnia aerea per risolvere l'attuale crisi industriale e finanziaria;
   il business plan che i vertici di Alitalia hanno presentato ai sindacati in questi giorni rappresenta per gli interroganti una serie di criticità che lo rendono un piano debole e pericoloso, debole perché non in grado di risolvere le principali sfide industriali della compagnia, pericoloso perché mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro e rischia di sottrarre al controllo nazionale un settore strategico per il sistema-Paese;
   i profili più critici del piano sono quelli legati alla salvaguardia occupazionale. Vengono previsti un totale di 2.037 esuberi per il personale di terra, di cui 1.338 in Italia e il resto all'estero. I sindacati hanno però informato che a questi esuberi se ne potrebbero aggiungere altri 600 legati al personale di volo a causa del down-off di 20 velivoli;
   inoltre, in termini di costo del lavoro, gli attuali vertici Alitalia chiedono una riduzione totale di 163 milioni di euro del costo del lavoro, 84 milioni per il personale di terra, 40 milioni per i piloti e 39 milioni per gli assistenti di volo. Quindi, da un lato si chiede al personale di aumentare l'intensità della performance e, dall'altro, gli si riduce l'emolumento. Le due cose non sembrano essere totalmente coerenti;
   si prevede poi una massiva attività di outsourcing che depaupera ulteriormente la compagnia, smantellando anche quei settori che portano valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica e di prodotto, come il settore dell'informatica e della manutenzione dei velivoli;
   come riferiscono fonti stampa, gli azionisti sarebbero intenzionati a continuare a sostenere finanziariamente la compagnia in vista di un suo rilancio; sempre secondo i media, poi, il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe valutando l'ingresso nel capitale di Alitalia da parte di Cassa depositi e prestiti –:
   quali iniziative urgenti, anche normative, si intendano assumere al fine di orientare le direttrici di intervento pubblico a sostegno di Alitalia per garantire in primo luogo la salvaguardia di tutti i livelli occupazionali, nonché il profilo industriale in considerazione dell'importanza strategica per il sistema Paese di mantenere una compagnia di bandiera competitiva nel contesto internazionale. (3-02930)


   BARADELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il cosiddetto «jobs act» (legge 10 dicembre 2014, n. 183) e con il successivo decreto legislativo attuativo 15 giugno 2015, n. 81, si è provveduto a disciplinare l'istituto del lavoro accessorio;
   tale disciplina è stata emanata con lo scopo di favorire l'emersione del lavoro nero, in particolare per quanto riguarda le prestazioni occasionali e i lavori stagionali;
   il bilancio è stato certamente positivo per molti aspetti, ma, purtroppo, la misura si è prestata anche ad un utilizzo improprio e contrario alla ratio stessa del provvedimento;
   per questo il Governo stesso ha stabilito la soppressione graduale dell'istituto del lavoro accessorio sopra ricordato, i cosiddetti «voucher» –:
   cosa intenda fare nel breve periodo il Ministro interrogato per valorizzare quanto di positivo si sia realizzato con l'applicazione della misura sopra ricordata, in particolare a favore di quelle piccolissime realtà imprenditoriali e familiari che avevano trovato nei voucher uno strumento semplice ed efficace. (3-02931)


   PIZZOLANTE e MOTTOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha recentemente deciso di abolire i cosiddetti voucher che a parere degli interroganti hanno contribuito a far emergere il lavoro sommerso, vera «piaga sociale» in molti settori produttivi del nostro Paese;
   allo stato attuale non è prevista alcuna disposizione sostitutiva che possa garantire le prestazioni di lavoro accessorio per rispondere alle esigenze degli imprenditori, specie delle imprese turistiche ed agricole, che li utilizzano in particolari momenti del ciclo produttivo;
   è necessario, pertanto, attivare urgentemente misure sostitutive delle prestazioni di lavoro accessorio ad iniziare dalla liberalizzazione dei lavori a chiamata. Infatti, in mancanza di queste si assisterà ad una crisi che coinvolgerà interi settori economici, soprattutto nel turismo, nel commercio, nell'agricoltura e nei servizi, proprio in un momento in cui ci si avvicina l'inizio della stagione estiva ed è presumibile che, in assenza di specifiche e chiare normative, ci sarà un ricorso al lavoro «in nero» per sopperire alle necessità ed alle esigenze specifiche dei settori interessati;
   occorre, pertanto, preparare un progetto globale di riforma delle prestazioni di lavoro accessorio perché risulta indispensabile per il ciclo produttivo del nostro Paese e non si può prescindere da uno strumento tanto importante per sostenere l'occupazione e fare emergere il lavoro sommerso;
   sul tema, il gruppo parlamentare cui appartengono gli interroganti ha già avanzato specifiche proposte e suggerimenti, formalizzati in una proposta di legge attualmente in corso di presentazione –:
   se il Governo avverta l'estrema necessità di operare con particolare urgenza, nell'ambito delle iniziative che intende assumere per sostituire i cosiddetti voucher, in considerazione delle specifiche esigenze che la tempistica del ciclo produttivo sollecita agli operatori dei settori interessati. (3-02932)


   RIZZETTO, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con un provvedimento del Governo è stata recentemente prevista l'abrogazione delle norme che attualmente regolano l'istituto del lavoro accessorio, di cui al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e, di conseguenza, la totale cancellazione dell'istituto;
   l'introduzione dei buoni per lavoro accessorio, avvenuta in esito alla cosiddetta riforma Biagi, perseguiva, in primissimo luogo, l'intento di contrastare il lavoro nero e ha dato, sin qui, ottimi risultati;
   l'utilizzo dei cosiddetti voucher ha conosciuto nell'ultimo decennio una crescita costante e nel 2016 sono stati oltre 145 milioni i buoni venduti;
   la scelta fatta dal Governo di non modificare le norme vigenti con un intervento correttivo ma, al contrario, di abolire interamente l'istituto, determina un vuoto normativo che va a danno sia dei cosiddetti committenti, prevalentemente piccoli imprenditori, anche agricoli, e famiglie, sia dei lavoratori, e darà nuovo slancio al mercato del lavoro nero –:
   in che modo intenda intervenire per disciplinare efficacemente il lavoro accessorio, in particolare al fine di impedire una recrudescenza del fenomeno del lavoro nero. (3-02933)


   GIUDITTA PINI, GNECCHI, DAMIANO, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, LAVAGNO, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, ROTTA, SIMONI, TINAGLI, MARTELLA e BINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 12 marzo 2016 è attiva la nuova procedura di dimissioni telematiche con l'obiettivo di evitare le cosiddette dimissioni in bianco;
   alcune stime dicono che si tratta di una piaga molto diffusa e particolarmente odiosa del mercato del lavoro in Italia, una clausola vessatoria nascosta in molti contratti di lavoro a tempo indeterminato che colpisce soprattutto le donne;
   secondo una ricerca Istat, pubblicata nel 2011, emerge che 800.000 donne nate dopo il 1973 affermano di essere state licenziate o costrette a dimettersi dopo la maternità;
   ad ulteriore riprova si può citare il fatto che nel 2009 le dimissioni per maternità sono state 17.878, nel 2010 sono arrivate a 19.017, lasciando intendere che negli anni più pesanti di una crisi epocale 36.895 donne avrebbero deciso di abbandonare il lavoro alla nascita del figlio, ufficialmente per carenze dei servizi all'infanzia o per il loro costo elevato;
   la Filcams/Cgil di Modena, nel lasso di tempo intercorso tra l'attivazione delle nuove modalità previste dalla legge ed il 19 gennaio 2017, ha avuto richieste di attivazione della procedura da parte di circa 1.100 lavoratori;
   tale numero risulta davvero molto elevato, specie considerando la fase di crisi economica vissuta dal Paese in questi anni;
   è legittimo immaginare che tali pratiche siano finalizzate anche a bypassare le tutele sul licenziamento, nonché ad utilizzare forme contrattuali accessorie, se non proprio ricorrere al lavoro in nero –:
   in coerenza con l'attenzione sin qui manifestata, quali iniziative intenda adottare per incrementare l'attività ispettiva, alla luce delle molteplici segnalazioni che giungono dalle organizzazioni sindacali, anche allo scopo di valutare l'opportunità di migliorare le disposizioni relative ai soggetti incaricati di gestire la procedura delle dimissioni telematiche. (3-02934)


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 150 del 2015 ha previsto la soppressione di una direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la costituzione di una nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), il riordino dell'Isfol, divenuto ora Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e il commissariamento di Italia Lavoro s.p.a., ora Anpal servizi spa il cui amministratore unico coincide con il presidente di Anpal;
   tra i compiti di Anpal vi è anche quello di «promozione e coordinamento, in raccordo con l'Agenzia per la coesione territoriale, dei programmi cofinanziati dal fondo sociale europeo, nonché di programmi cofinanziati con fondi nazionali negli ambiti di intervento del fondo sociale europeo»;
   tra le funzioni assegnate all'Inapp vi sono anche lo studio, ricerca, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro, ivi inclusa la verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dell'Anpal;
   nell'ambito della programmazione nazionale del fondo sociale europeo 2014-2020 e, nello specifico dei Pon Spao e Inclusione, l'Inapp è riconosciuto come ente in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a cui può essere assegnata l'esecuzione di talune azioni/progetti;
   ma la titolarità dei principali programmi operativi nazionali su cui confluiscono le risorse comunitarie non è più in capo al Ministero ma all'Anpal, in cui sono transitate gran parte delle competenze e del personale della soppressa direzione generale del Ministero;
   questo rischia di compromettere la sussistenza finanziaria dell'Inapp, il cui bilancio è stato storicamente alimentato tramite i Pon;
   il venir meno della direzione generale del Ministero e la comparsa di un nuovo soggetto pongono il problema di relazione tra l'Anpal e l'istituto incaricato, tra le altre cose, della valutazione dei risultati dell'Agenzia, ora responsabile della gestione delle risorse comunitarie –:
   come ritenga che l'aspetto che definisca una dipendenza dell'Inapp dalle decisioni di Anpal rispetto ai progetti comunitari da gestire si concili con i principi di terzietà del valutatore rispetto al valutato e di separazione delle funzioni, se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire all'Inapp risorse sufficienti alla realizzazione dei suoi compiti istituzionali, anche al fine di garantirne l'imparzialità nel valutare l'Anpal, e se non ritenga utile fornire elementi completi in merito alla complessiva riorganizzazione del Ministero, dell'Inapp, di Anpal Servizi spa e di Anpal, soprattutto con riferimento ai profili di spesa. (3-02935)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, NESCI, COLONNESE, NUTI, DI BENEDETTO, LUPO e MANNINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   una criticità nello studio e nella valutazione degli interventi a sostegno della non autosufficienza è la dispersione dei dati in sistemi informativi autonomi e non comunicanti;
   questa problematica è stata affrontata a partire dal 2008 con l'avvio della sperimentazione del Sistema informativo nazionale sui servizi sociali per la non autosufficienza (SINA), finanziato attraverso il Fondo nazionale per le non autosufficienze il cui obiettivo è raccogliere i dati relativi ai servizi erogati alle persone non autosufficienti;
   dal 1o gennaio 2010 le regioni sono state chiamate all'adeguamento dei propri sistemi informativi o alla loro creazione, laddove ancora non esistessero;
   il 25 marzo del 2015 è entrato in vigore il regolamento che disciplina l'attuazione del cosiddetto casellario dell'assistenza, implementato dal SINA, che permetterà di costruire una sorta di «cartella sociale» del cittadino, raccogliendo le informazioni su tutte le prestazioni sociali che gli vengono concesse, quelle erogate dall'INPS, dai comuni, dalle regioni, nonché quelle erogate attraverso il canale fiscale;
   anche la regione siciliana ha aderito dal 2011 al programma sperimentale del SINA: il progetto è stato finanziato dal Ministero che ha assegnato alla regione la somma di euro 80.000,00 per avviare, potenziare e/o modificare i propri sistemi informativi, al fine di poter fornire alla sperimentazione nazionale, i dati individuali caratterizzanti le persone non autosufficienti residenti nell'isola e consentire ai sistemi informativi regionali di disporre dei dati INPS;
   a seguito dell'affidamento alla società «Sicilia e Servizi» dell'incarico di predisporre suddetto progetto, la stessa società ha dettagliato le attività da svolgere. Tuttavia, le note vicende di messa in liquidazione della predetta società e le battute di arresto incorse nella procedura di validazione funzionale del progetto di massima, hanno di fatto rallentato l’iter, per la realizzazione del sistema informativo e contrariamente alle altre regioni, la Sicilia non avrebbe ancora dato avvio all'attività di cui sopra, ciò sebbene il progetto SINA sia stato già inserito nei decreti Interministeriali di ripartizione del FNA dal 2013 sino a quest'anno;
   fonti di stampa del 26 marzo 2017 definiscono addirittura «caotico» il sistema siciliano di assegnazione dei servizi assistenziali – sul quale peraltro sono in corso delle indagini dell'Anac – considerato in particolare che neanche la regione medesima disporrebbe, a quanto risulta agli interroganti, oggi, di una mappa dei soggetti che se ne occupano;
   le risorse afferenti il FNA sono erogate al termine dell'anno alle sole regioni che hanno presentato la programmazione richiesta e inoltrato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le rendicontazioni sulle attività poste in essere con le risorse assegnate;
   si sottolinea dunque l'importanza del SINA quale strumento fondamentale per effettuare la rendicontazione esatta delle spese in materia assistenziale –:
   se sia a conoscenza della ragioni che tutt'oggi starebbero determinando un ritardo nell'implementazione del Sistema informativo nazionale sui servizi sociali per la non autosufficienza da parte della regione Siciliana, e come tale circostanza possa conciliarsi con i finanziamenti specifichi assegnatale tramite il Fondo nazionale per la non autosufficienza;
   se non ritenga che situazioni analoghe a quelle citate possano tardare il progetto di realizzazione del Casellario nazionale dell'assistenza e quali attività intenda al più presto intraprendere affinché le regioni in ritardo sul percorso di implementazione dei propri sistemi informativi, tra cui la Sicilia, ottemperino al più presto alla normativa in atto vigente in materia;
   se la problematica possa mettere a rischio il trasferimento della quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza per il 2017 alla Sicilia, considerato l'obbligo da parte delle regioni di rendicontazione delle spese effettuate con le risorse già assegnate del FNA all'uopo previsto;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere qualora la regione Siciliana non dovesse dare attuazione in tempi congrui al Sistema informativo nazionale sui servizi sociali per la non autosufficienza. (5-11041)


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali rappresentative del personale dell'Autorità nazionale anticorruzione nei giorni scorsi hanno inviato una lettera ai Presidenti delle Commissioni bilancio, ambiente e affari comunitari per segnalare il grave vuoto normativo in materia di trattamento giuridico ed economico del personale ANAC;
   infatti secondo i sindacati l'Autorità nazionale anticorruzione presenta tutte le peculiarità ordinamentali delle Autorità amministrative indipendenti, come da ultimo ribadito anche dal Consiglio di Stato con parere n. 1708/2016 del 22 luglio 2016, che ha definitivamente chiarito che «non può dubitarsi che l'ANAC sia a tutti gli effetti un'autorità indipendente, dato che tale qualifica promana ormai direttamente dall'ordinamento positivo, stante il disposto dell'articolo 22 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (...), che inserisce espressamente l'ANAC nel novero delle autorità indipendenti sottoposte alla disciplina di razionalizzazione»;
   tuttavia, a differenza di tutte le altre Autorità, il personale dell'ANAC è sprovvisto di una norma di riferimento e quindi del contratto di lavoro che deve disciplinare il trattamento giuridico ed economico;
   peraltro, come asserito dalle stesse organizzazioni, non risulta più attuale il Piano di riordino dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, (approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o febbraio 2016) nella parte in cui afferma che: «Tenuto conto quanto già detto, ovvero che il legislatore non aveva ancora individuato per il personale dell'ANAC ante decreto-legge n. 90 del 2014 uno specifico trattamento giuridico ed economico, è opportuno accogliere le indicazioni pervenute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri che ritengono applicabile in via transitoria al personale dell'ANAC ante decreto-legge n. 90 del 2014, una volta confluito in un unico ruolo, la disciplina giuridica ed economica che attualmente trova applicazione al personale della ex AVCP. Rimane ferma la disciplina stabilita agli articoli 253, comma 4 ed 8 del decreto legislativo n. 163 del 2006» –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative per sanare la carenza relativa al trattamento giuridico ed economico del personale dell'ANAC affinché si possa procedere all'inquadramento del personale a tempo indeterminato attualmente in servizio, nonché le modalità di svolgimento dei concorsi e le procedure per l'immissione in ruolo. (5-11043)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati Inail diffusi dall'ufficio studi Confartigianato, sono 1.869 gli infortuni sul lavoro registrati nel 2016 nel settore artigiano ligure (92 casi in meno rispetto all'anno precedente, pari a –4,7 per cento);
   l'analisi mette a confronto anche il totale degli infortuni registrati negli altri settori produttivi (industria e servizi, a esclusione del settore agricolo) che ammontano, per la Liguria, a 17.891 casi (circa 50 al giorno), rimasti quasi invariati rispetto all'anno precedente (in termini assoluti sono appena sei casi in meno sul 2015);
   la regione ligure si pone quindi al sedicesimo posto in classifica per ciò che riguarda il trend degli infortuni totali e all'undicesimo se si considera solo l'artigianato;
   in Italia, nel corso del 2016, si sono verificati quasi 497.200 infortuni sul lavoro (+1,3 per cento, circa 6.600 casi in più). Di questi, quasi 55.000 si sono registrati nell'artigianato (-3,8 per cento, circa 2 mila in meno). Gli infortuni mortali diminuiscono di 154 casi: a eccezione della pubblica amministrazione, per cui si rilevano 6 infortuni mortali in più, tutti i settori sono in flessione e in quello artigiano si registra un calo di 19 unità;
   a livello territoriale, nell'artigianato si rilevano, diminuzioni in sedici regioni e le più intense sono quelle di Valle d'Aosta (-39,7 per cento contro il -1 per cento del totale imprese), Basilicata (-7,5 per cento contro il 4,1 per cento del totale) e Toscana (-6,8 per cento contro il -0,5 per cento del totale). Inoltre, in 19 regioni l'artigianato, tra cui appunto la Liguria, mostra una performance migliore rispetto al totale delle imprese. In termini assoluti le maggiori diminuzioni di infortuni in imprese artigiane emergono in Emilia-Romagna con 574 casi in meno, seguono Lombardia con 468 casi in meno, Toscana con -391 e Marche con -133;
   analizzando la modalità di accadimento degli infortuni nell'artigianato si rileva che l'88,8 per cento avviene in occasione di lavoro e il restante 11,2 per cento in itinere; inoltre l'85,2 per cento degli infortuni avviene senza mezzo di trasporto e il restante 14,8 per cento con mezzo di trasporto;
   nonostante il dato positivo del calo degli infortuni registrato in alcune regioni nel corso del 2016 nel settore dell'artigianato, quali iniziative si intendano mettere in atto al fine di aumentare i livelli di sicurezza, potenziando educazione e prevenzione, mettendo in pratica regole semplici e chiare, prevedendo contributi mirati, nonché diffondendo ulteriormente le azioni di autocontrollo da parte delle imprese, che si sono dimostrate efficaci nell'artigianato, come dimostrano i dati regionali. (4-16154)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, COLONNESE, NESCI, LOREFICE, GRILLO, NUTI, MANNINO, LUPO e DI BENEDETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministero della salute del 21 giugno 2016, nato per attuare quanto deciso dal comma 526 della legge di Stabilità 2016, stabilisce le linee guida sui piani di rientro per aziende ospedaliere, Irccs e aziende ospedaliero-universitarie, con l'obiettivo è riportare nei ranghi le strutture che si trovino in una o in entrambe le seguenti condizioni: scostamento pari o superiore al 10 per cento tra costi e ricavi o in valore assoluto pari ad almeno 10 milioni di euro, mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure;
   le aziende interessate devono presentare alla propria regione un piano triennale con le misure opportune al raggiungimento o al ripristino dell'equilibrio, valutando lo scostamento sulla base delle indicazioni fornite dal Ministro della salute di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;
   il decreto stabilisce altresì la decadenza automatica dei direttori generali in caso di mancata approvazione del piano di rientro, o in caso di esito negativo della verifica annuale dello stato di attuazione del medesimo piano di rientro;
   il decreto dell'assessorato della salute siciliano del 13 settembre 2016 individua le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici da sottoporre ai Piani di cui all'articolo 1, comma 528, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
   si apprende anche da fonti di stampa locale del 28 settembre 2016 che il decreto in questione ha evidenziato un buco da 230 milioni di euro creato da sei aziende sanitarie siciliane, che dovrebbero chiedere proprio il Piano di rientro triennale previsto dal decreto ministeriale;
   solo per citare il caso più eclatante, all'Arnas Civico di Palermo lo «scostamento assoluto» tra costi e ricavi è del 36 per cento e sfiora gli ottanta milioni di euro (79,655 milioni di euro), con un rientro richiesto di oltre 32 milioni di euro;
   per colmare o ridurre il buco complessivo di oltre 230 milioni – è stato stimato – bisognerà recuperare almeno 140 milioni in tre anni;
   in ragione di ciò è verosimile prevedere l'arrivo di nuovi tagli a danno di un Ssr che versa già in una situazione di estrema crisi, tra una nuova rete ospedaliera regionale che non vede la luce dopo tre anni di attesa, tagli di posti letto e reparti, anni di promesse di assunzioni e stabilizzazioni, concorsi che restano una chimera, ospedali allo stremo con poco personale e non più in grado di dare le giuste risposte assistenziali;
   il sottosegretario alla salute Davide Faraone, tuttavia, ha recentemente dichiarato che il 4 aprile arriverà il via libera per la nuova rete ospedaliera siciliana e, in seguito a ciò, si procederà presto con le stabilizzazioni e il ricorso alla mobilità del personale e che i primi concorsi dovrebbero partire per l'estate –:
   se possa illustrare lo stato attuale relativo all’iter di elaborazione e presentazione dei piani di rientro da parte delle citate aziende sanitarie siciliane e indicare se questi ultimi ottemperino a quanto stabilito dal citato decreto ministeriale;
   se vi sia il rischio che dai citati piani di rientro aziendale possano derivare ulteriori tagli peggiorativi del SSR siciliano e che ciò possa pregiudicare, in ultima analisi, la garanzia dei LEA;
   se non ritenga opportuno chiarire come possano conciliarsi le dichiarazioni del sottosegretario alla salute circa la stabilizzazione del personale sanitario siciliano e il varo di nuovi concorsi, con la circostanza evidenziata della seria possibilità di nuovi tagli al SSR siciliano.
(5-11033)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LOREFICE, GRILLO, DI VITA, NESCI e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania n. 33 del 17 maggio 2016 avente ad oggetto il Piano regionale di programmazione della rete ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015, definisce gli ospedali in zone particolarmente disagiate come rispondenti a particolari esigenze territoriali, oro-geografiche, di comunicazione, di ciclicità assistenziale legata a fenomeni turistici, esigenze che esigono comunque una risposta assistenziale in emergenza/urgenza finalizzata ad una presa in carico del paziente. In tali sedi, viene garantita un'attività di pronto soccorso, con la conseguente disponibilità dei necessari servizi di supporto: l'accesso in urgenza/emergenza, l'osservazione, la stabilizzazione, la cura ove compatibile, o il trasferimento secondario ove necessario. Andranno qui predisposte, a cura delle aziende sanitarie locali di appartenenza, modalità di presa in carico, procedure di assistenza e percorsi atti a garantire i trasferimenti in emergenza-urgenza;
   il piano regionale di programmazione della rete ospedaliera definisce il presidio ospedaliero Costa d'Amalfi struttura in zone particolarmente disagiate. Disponendo che il presidio sia dotato di un pronto soccorso, con la conseguente disponibilità dei necessari servizi di supporto all'attività di medicina interna, di chirurgia ridotta con funzioni chirurgiche non prettamente di emergenza, integrati nella rete ospedaliera di area disagiata, e di un reparto di 20 posti letto di medicina generale, con un proprio organico di medici e infermieri;
   in ottemperanza di quanto previsto dal decreto di commissario ad acta n. 33 del 2016, l'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio Ruggi D'Aragona» ha adottato un nuovo atto aziendale, con delibera n. 123 del 30 settembre 2016;
   l'atto aziendale dispone che «il presidio ospedaliero Costa d'Amalfi di Ravello, in una visione d'insieme del «Sistema Campania» dovrà assicurare non solo appropriati livelli di assistenza sanitaria per i residenti, ma anche svolgere un ruolo di «garanzia» per le attività turistiche che rappresentano un volano essenziale per l'economia regionale. La sede Costa d'Amalfi garantirà l'assistenza in urgenza in una zona, la Costiera, dalla demografia peculiare (forte turismo estivo, contrazione demografica invernale), svolgendo funzioni di punto pronto soccorso e OBI. Tali funzioni vengono modula e in modo da essere incrementate nel periodo giugno-settembre»;
   il 31 marzo 2017 la direzione sanitaria aziendale dell'ospedale Ruggi D'Aragona-Salerno ha adottato un nuovo provvedimento (protocollo n. 8604), avente ad oggetto l'organizzazione del presidio ospedaliero Costa d'Amalfi, che prevede: la sostituzione del cardiologo di guardia con un sistema di telecardiologia e la riduzione del servizio di radiologia-ecografia, garantito solo nei giorni feriali dalle ore 8.00 alle 16.00. Nell'arco orario compreso tra le ore 20.00 e le 8.00, quando è assente il dirigente di patologia clinica (il quale ultimo assicura anche le prestazioni richieste in regime ambulatoriale), i referti saranno validati telematicamente dal dirigente in servizio presso l'unità operativa complessa di patologia clinica dell'ospedale Ruggi. In caso di emergenza, il medico prescrivente e del primo intervento provvederà alla raccolta dell'anamnesi clinica ed il consenso, a prescrivere o ad effettuare le prestazioni complementari di diagnostica. In caso di necessità, in assenza del radiologo, saranno eseguite dal tecnico sanitario di radiologia medica e, come accade per l'elettrocardiogramma, le immagini saranno inviate all'ospedale Ruggi di Salerno –:
   se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile verificare per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania, come la delibera adottata dalla direzione sanitaria aziendale dell'azienda ospedaliera universitaria di Salerno si concili con quanto previsto dal piano regionale di programmazione della rete ospedaliera, di cui al DCA n. 33 del 2016;
   se intenda adottare, anche per il tramite del suddetto commissario ad acta, dei provvedimenti urgenti per scongiurare il pericolo della mancanza di prestazioni in vista dell'arrivo della stagione turistica;
   se ritenga, per quanto di competenza, che la riorganizzazione del presidio ospedaliero Costa d'Amalfi sia in grado di garantire adeguatamente i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute dei cittadini. (5-11035)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   attualmente, numerosi Internet Service Provider italiani non rilasciano ai propri clienti le credenziali di registrazione/autenticazione come i dati di registrazione VoIP, ID e gli ulteriori parametri di configurazione, così imponendo, contrattualmente o di fatto, l'utilizzo obbligatorio dei loro apparati di proprietà e annullando la libertà dell'utente di scegliere il proprio router;
   con l'interpellanza urgente n. 2-01600 presentata dal primo firmatario del presente atto si è chiesto al Governo di esprimere i propri orientamenti in merito alla questione;
   in sede di risposta, il Governo ha sottolineato che è in vigore il regolamento (UE) 2015/2020, che garantisce la libertà di scelta delle apparecchiature terminali da parte dell'utente, ha esplicitato la propria volontà di garantire un accesso privo di barriere a internet e, infine, ha riferito di un'attività di vigilanza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) in corso sul tema;
   pur soddisfatto della risposta, il primo firmatario del presente atto rileva il permanere di due questioni, per la cui risoluzione l'intervento del Governo risulta determinante;
   vi è, prima di tutto, un'incertezza circa l'ambito di applicazione del Regolamento (UE) 2015/2020, posto che dalla normativa europea, comprensiva anche della direttiva 2008/63/CE (richiamata dalla prima sul punto), nonché dalle linee guida del Body of European Regulators for Electronic Communications (Berec), non si ricava in modo univoco se router e modem rientrino fra i terminali degli utenti, per i quali l'articolo 3 del Regolamento garantisce libertà di scelta agli utenti stessi, ovvero fra i terminali di rete, per i quali tale garanzia non sussiste;
   per quanto noto agli interpellanti, fra i vari ordinamenti dell'Unione europea solo quello della Repubblica federale tedesca, in forza della proposta di legge citata nell'atto di sindacato ispettivo di cui sopra, divenuta legge ed entrata in vigore il 1o agosto 2016, ha preso espressa posizione sul tema, prevedendo che modem e router rientrino fra i terminali degli utenti, rimessi alla libera scelta degli stessi;
   secondariamente, anche qualora all'esito dell'attività di vigilanza in corso presso l'Agcom fossero effettivamente riscontrate delle violazioni del regolamento (UE) 2015-2020, l'Autorità non potrebbe provvedere direttamente a sanzionare le imprese responsabili, ma unicamente a diffidarle;
   solo in seguito, qualora le imprese responsabili non provvedessero ad adeguarsi, l'Agcom potrebbe irrogare le relative sanzioni, le quali, in ragione della loro cornice edittale (da 120.000 euro ad 2.500.000 euro), risultano prive di efficacia dissuasiva nei confronti dei grandi player del settore degli Internet Service Providers, anche alla luce della possibilità per gli stessi di oblarle ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 689 del 1981, corrispondendo il doppio del minimo edittale, ossia 240.000 euro;
   al fine di una efficace regolazione del settore, si palesa quindi necessario dotare l'Agcom, nel rispetto del principio di legalità che informa anche il sistema sanzionatorio amministrativo, di poteri specifici per punire le violazioni in materia, prevedendo sanzioni pecuniarie irrogabili senza previa diffida, eventualmente calcolate come una percentuale del fatturato del soggetto responsabile;
   inoltre, al fine di dare completezza alla disciplina in materia di apparati terminali, appare necessario fornire una definizione espressa del concetto di apparato terminale dell'utente, comprensiva anche di router e modem, sul modello di quanto previsto nella citata legislazione della Repubblica federale tedesca –:
   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di carattere normativo, nel più breve tempo possibile, volte a modificare la disciplina di cui in premessa e risolvere le criticità sopra esposte.
(2-01747) «Catalano, Monchiero».

Interrogazioni a risposta immediata:


   DE LORENZIS, VALLASCAS, SPESSOTTO, CANCELLERI, LIUZZI, CRIPPA, NICOLA BIANCHI, DA VILLA, CARINELLI, DELLA VALLE, DELL'ORCO, FANTINATI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 maggio 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha rilasciato il decreto di autorizzazione unica al progetto del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP). L'opera è stata dichiarata di pubblica utilità e ha carattere di indifferibilità ed urgenza ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto;
   l'articolo 4 del suddetto decreto sancisce che, oltre alle prescrizioni e ai pareri acquisiti nell'ambito dell'autorizzazione unica, la società debba obbligatoriamente ottemperare alle prescrizioni impartite dal decreto di compatibilità ambientale;
   l'articolo 1 del decreto di compatibilità ambientale 0000223 dell'11 settembre 2014 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sancisce, tra l'altro, la prescrizione A.44 in merito alle misure di compensazione e mitigazione, in particolare i ripristini vegetazionali in riferimento al reimpianto degli ulivi. L'articolo 2 del sopra citato decreto di compatibilità ambientale sancisce che l'ottemperanza della prescrizione A.44 dell'articolo 1 ha come ente vigilante la regione Puglia;
   con atto dirigenziale n. 12482 del 9 marzo 2017, il Servizio provinciale agricoltura della provincia di Lecce ha autorizzato TAP allo spostamento di 211 alberi di ulivo e ha disposto l'immediata e completa distruzione sullo stesso sito di estirpazione di 4 piante risultate positive al saggio di ricerca della presenza di Xylella;
   il dipartimento mobilità, qualità urbana, opere pubbliche e paesaggio della regione Puglia ha riscontrato ulteriormente le precedenti note del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relative all'ottemperanza alla prescrizione A.44, concludendo che le disposizioni normative e la mancata piena ottemperanza alla suddetta prescrizione «non consentirebbero l'inizio dei lavori di espianto»;
   attualmente l'Italia ha una capacità di importazione di circa 140 miliardi di metri cubi l'anno di gas, a fronte di un consumo nel 2016 di 70,9 miliardi di metri cubi, pertanto non è chiaro il motivo per cui il Governo intenda realizzare nuove infrastrutture per l'importazione del gas;
   da giorni, i sindaci, le popolazioni del territorio interessato, nonché diversi consiglieri regionali e parlamentari hanno mostrato ripetutamente e in maniera pacifica, avversione al gasdotto TAP e pertanto l'area in oggetto a San Foca è stata militarizzata, aumentando ancor di più il senso di distacco tra cittadini e lo Stato –:
   se il Ministro interrogato intenda ritirare l'autorizzazione unica al gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) rilasciata in data 20 maggio 2015 ovvero promuovere la revoca della dichiarazione di pubblica utilità e del carattere di indifferibilità ed urgenza dell'opera in questione. (3-02926)


   FRATOIANNI, PELLEGRINO, PANNARALE, MARCON, CIVATI, PAGLIA, AIRAUDO, BRIGNONE, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PALAZZOTTO, PASTORINO e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Trans Adriatic Pipeline è un gasdotto lungo 870 chilometri, parte terminale del corridoio meridionale europeo del gas da 4.000 chilometri, che attraverserà sei Paesi dall'Azerbaijan all'Italia;
   fin dal 2012, e in maniera reiterata negli anni 2013 e 2014, la regione Puglia ha espresso in tutte le sedi radicale dissenso alla realizzazione del gasdotto, anche proponendo alternative localizzative, mai prese in considerazione dal Governo, facoltà questa della regione espressamente prevista dall'articolo 52-quinquies del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001;
   il 28 marzo 2017 gravi incidenti si sono verificati davanti ai cancelli del cantiere a Melendugno, 8 persone sono risultate ferite, a seguito dell'intervento delle forze dell'ordine, per la ripresa i lavori di espianto di oltre 200 ulivi sugli oltre 10.000 previsti;
   il gasdotto ha un insostenibile impatto ambientale che deturperebbe una delle più belle spiagge dell'Adriatico ad altissima vocazione turistica;
   il Governo si è assunto la responsabilità di avere declinato la questione del gasdotto come questione di ordine pubblico, decidendo di non ascoltare le popolazioni residenti, né la proposta alternativa della regione e dei comuni interessati di spostare l'approdo del gasdotto nel comune di Squinzano, di fatto a giudizio degli interroganti favorendo e sostenendo i gruppi economici interessati all'opera piuttosto che la tutela dell'ambiente;
   il Trans Adriatic Pipeline a Melendugno avrà come conseguenza la costruzione di un gasdotto terrestre di 55 chilometri per la riconnessione alla dorsale Snam, che sarà realizzato con oneri, assurdamente, a carico dei cittadini italiani che ricadranno sulle tariffe del gas;
   pesanti ombre emergerebbero dall'inchiesta pubblicata dal L'Espresso che ha ricostruito un'indagine antimafia su un presunto riciclaggio di denaro sporco con al centro Viva Transfer, società fondata da Raffaele Tognacca, fino al 2007 numero uno di Egl Produzione Italia, che ha ricevuto finanziamenti europei per realizzare progetti preliminari e di fattibilità del Tap. La Egl, nel 2012, è stata assorbita in Axpo e figura tra i soci di Tap Ag insieme a Bp, Snam ed altri;
   è attesa la pronuncia della Corte costituzionale sul ricorso della regione Puglia, che, qualora accolto, riaprirebbe la discussione sulla località di approdo del Tap –:
   se, tenuto conto di quanto esposto in premessa, in particolare relativamente alla pronuncia della Corte costituzionale, non ritenga necessario sospendere tutte le attività del cantiere Trans Adriatic Pipeline a Melendugno, a partire dall'espianto degli ulivi, come richiesto anche da 90 sindaci e numerosi rappresentanti istituzionali del territorio. (3-02927)


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Novelli srl, con 500 dipendenti in organico di cui 300 in Umbria, è in amministrazione straordinaria dal 2012;
   a dicembre 2016 il consiglio di amministrazione, in accordo col Ministero dello sviluppo economico, ha proceduto, a fronte del rifiuto di alcuni soci a sottoscriverlo, ad un atto di straordinaria amministrazione per la cessione forzata al gruppo IGreco al prezzo simbolico di un euro;
   i sindacati, avute garanzie circa il passaggio, con gli stessi contratti, di tutti i dipendenti della Novelli e partecipate alla Alimentitaliani srl, società acquirente del gruppo IGreco, si sono espressi a favore;
   il primo incontro per la presentazione del piano industriale si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico il 13 febbraio 2017, in quella sede la famiglia Greco ha ufficializzato soltanto le linee guida: la volontà di ristrutturare i debiti maturati con fornitori e istituti bancari e di investire nei principali business del gruppo;
   l'azienda non ha specificato gli investimenti necessari, ma ha annunciato un consistente taglio del costo del lavoro con l'esternalizzazione dei servizi amministrativi e impiegatizi;
   immediata la reazione dei sindacati che hanno chiesto all'azienda un confronto per studiare soluzioni alternative;
   invece la Alimentitaliani srl ha inoltrato ai sindacati le proposte relative all'abbattimento dei costi del personale e alla riorganizzazione di tutti i siti del gruppo, quantificando tagli per un totale di 5,7 milioni di euro;
   il 10 marzo 2017 i sindacati, in una lettera indirizzata al tribunale fallimentare di Terni, al Ministero dello sviluppo economico, al presidente della regione Umbria, alle prefetture ed Alimentitaliani srl, hanno chiesto spiegazioni in merito «alle modalità con cui la proprietà delle società Fattorie Novelli s.r.l. e Cantine Novelli s.r.l. (che detiene gran parte del patrimonio del gruppo Novelli) è stata trasferita alla società Poderi Greco Tommaso e la connessione di questo trasferimento con Alimentitaliani s.r.l., società che ha acquisito gruppo Novelli il 22 dicembre 2016, in relazione anche alle procedure concorsuali in essere»;
   infine, il 15 marzo 2017, durante un nuovo incontro al Ministero dello sviluppo economico tra proprietà e sindacati, la famiglia Greco ha annunciato una riduzione dei tagli da 5,7 a 4,7 milioni di euro, ma ha confermato 68 esuberi. Non è stato ancora presentato il piano industriale. I sindacati hanno chiesto la riduzione delle pretese della proprietà del 50 per cento, togliendo dalla proposta i licenziamenti –:
   quali interventi si stiano adottando per fare chiarezza sulla cessione della ex Novelli all'Alimentitaliani srl e salvaguardare il futuro di uno dei gruppi storici del nostro Paese. (3-02928)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 15 marzo 2017 stanno andando in onda, in seconda serata su Rai 2, le puntate del programma, condotto da Giulia Innocenzi, «Animali come noi», dichiaratamente vegana e «animalista militante» e quindi assolutamente non imparziale;
   secondo la Innocenzi si tratterebbe di un reportage con finalità di denunciare «le pratiche illegali» della zootecnia « made in Italy»; nella realtà ha preso di mira casi già noti millantando però che tutto il comparto sia viziato da pratiche illegali;
   nella prima puntata, la Innocenzi si è servita di persone incappucciate che lei stessa definisce «attivisti e animalisti» che di notte, con l'aiuto di un «palo», entrano illegalmente in un allevamento di suini, concorrendo in varie fattispecie di reati;
   uno degli scopi del servizio pubblico è quello di aumentare il grado di civicità e non certo legittimare comportamenti delittuosi;
   le puntate sono caratterizzate dall'evidente intento di generalizzare, facendo credere ai consumatori che tutte le imprese italiane, in particolare quelle che allevano gli animali, sono avvezze a questi atteggiamenti;
   la manifesta parzialità della Innocenzi, che si dichiara giornalista pur non avendo mai superato l'esame per sua stessa ammissione, sta danneggiando in maniera irreversibile l'immagine delle migliaia di imprese zootecniche italiane che producono eccellenze e che rispettano le leggi;
   le immagini, spesso forti che possono toccare la sensibilità di chi le guarda, le musiche in stile « noir», sono palesemente finalizzate a veicolare l'opinione pubblica su di uno stile di vita che non prevede consumo di carne; il tutto in un periodo in cui gli effetti negativi della dieta vegana, soprattutto sui bambini, sono al centro del dibattito medico;
   il programma punta solo a disincentivare l'uso di carne e di prodotti derivati da animali, nonostante studi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità dimostrano come l'aumento della aspettativa di vita degli uomini è direttamente proporzionale al consumo di proteine animali;
   le immagini che sono andate in onda e le informazioni date non rappresentano, per fortuna, la normalità degli allevamenti italiani;
   al netto dell'assoluto rispetto delle regole e della tutela del benessere degli animali, un simile programma inevitabilmente porta ripercussioni sul settore zootecnico, già in crisi, e a cascata su tutto l'indotto favorendo parallelamente importazioni di carni di dubbia qualità dall'estero;
   il rischio di un ulteriore calo della produzione potrebbe portare alcune aziende a chiudere la loro attività, con ovvi contraccolpi sull'economia e sul versante occupazionale, in quanto la produzione si basa sulla domanda;
   decine di aziende e diversi consorzi sono seriamente intenzionati a chiedere risarcimenti danni di diverse decine di milioni di euro al servizio pubblico per la mistificazione operata da Rai 2 della realtà produttiva zootecnica italiana;
   RAI Spa è a totale partecipazione pubblica, il 99,56 per cento del capitale è detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze ed eventuali condanne al risarcimento contemplano un danno erariale;
   RAI Spa opera in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e deve garantire una informazione veritiera e imparziale, senza condizionamento dell'opinione pubblica –:
   se il Governo abbia avuto riscontro degli effetti negativi sull'economia e sull'industria italiana di settore a causa di una informazione, a parere dell'interrogante, parziale e faziosa;
   quali iniziative, ognuno per quanto di competenza, intendano adottare per tutelare le imprese italiane che si dedicano alla lavorazione e trasformazione nel settore zootecnico al fine di tutelare il «buon nome» dell'industria alimentare Made in Italy;
   quali iniziative di competenza il Ministro dell'economia e delle finanze intenda adottare per evitare un possibile danno erariale derivante da quanto esposto in premessa. (5-11042)

Apposizione di una firma
ad una interpellanza.

  L'interpellanza Vignaroli e Brescia n. 2-01739, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lorefice.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Nesci e Dieni n. 5-10872, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lorefice.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-10906 del 22 marzo 2017;
   interrogazione a risposta scritta Segoni n. 4-16112 del 30 marzo 2017.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Ginefra e altri n. 4-16082, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2017: è stata ritirata la firma del deputato Massimiliano Bernini.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Labriola e altri n. 5-10686 del 24 febbraio 2017 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16151.