Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 30 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo ha annunciato l'intenzione di aprire una procedura di gara europea per l'acquisto dei servizi di informazione delle agenzie di stampa;
    l'annuncio segue alla decisione assunta nei mesi scorsi di non rinnovare ma prorogare le convenzioni in essere con le agenzie di stampa nazionali che garantiscono la copertura dell'informazione su quanto avviene in Italia e nel mondo;
    a seguito di tale decisione, il Governo, in data 13 marzo 2017, ha stipulato un protocollo con l'Anac per la «vigilanza collaborativa» sulla procedura citata;
    l'ipotesi di far ricorso a una gara nel comparto agenzie di stampa viene fatta discendere da una precedente delibera della stessa Autorità nazionale anticorruzione, la n. 853 del 20 luglio 2016, nella quale tuttavia si legge «valuti codesta Amministrazione il ricorrere dei presupposti per far luogo a procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara», lasciando dunque aperto il ricorso ad altre soluzioni;
    il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, ha sottolineato, nel corso di una intervista realizzata il 21 marzo 2017, che si tratta di «un tema delicatissimo, sono in gioco valori costituzionali, posti di lavoro che vanno rispettati e la libertà di informazione: io ritengo che sia un fatto positivo per il nostro Paese avere tante agenzie perché il pluralismo è segnale di democrazia» e quindi ha affermato la convinzione «che il percorso migliore sia quello di una legge che regoli il sistema»;
    l'apertura di una procedura di gara europea esporrebbe il nostro Paese al rischio che un settore strategico già esposto in altri comparti a potenziali riduzioni della presenza di operatori nazionali, veda anche l'informazione primaria passare nelle mani di grandi aziende non italiane, in qualche caso ampiamente sostenute dallo Stato di provenienza; si tratterebbe di un caso finora unico in Europa e senza alcuna occasione di reciprocità per le aziende italiane;
    il Parlamento ha ribadito, approvando la legge di iniziativa governativa per la riforma dell'editoria del 26 ottobre 2016, n. 198, che istituisce il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, l'esigenza di «assicurare la piena attuazione dei principi di cui all'articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, nonché di incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell'informazione digitale»;
    il Parlamento europeo, nella risoluzione approvata il 13 giugno 2013 sul tema della libertà della stampa e dei media nel mondo, «riconosce che i governi hanno la responsabilità primaria quanto alla garanzia e alla tutela della libertà della stampa e dei mezzi d'informazione; sottolinea che mezzi d'informazione tradizionali e online liberi, indipendenti e pluralisti costituiscono una delle pietre angolari della democrazia e del pluralismo»;
    il sindacato dei giornalisti (Fnsi) e i rappresentanti dei comitati di redazione delle agenzie di stampa hanno promosso fin dal convegno «Un take al futuro», realizzato il 26 giugno 2012, con la partecipazione di rappresentanti del dipartimento per l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Federazione degli editori (Fieg), un'azione di sensibilizzazione sul tema della possibile riforma del sistema delle citate convenzioni per la fornitura di servizi giornalistici, successivamente hanno preso parte ad ogni occasione di confronto con le istituzioni preposte e recentemente hanno chiesto in più occasioni di poter esporre le loro preoccupazioni al Governo, prima di proclamare uno sciopero che ha registrato una partecipazione pressoché totale degli addetti che si è svolto nella giornata del 25 marzo 2017;
    il comparto dell'informazione primaria nel quale operano le agenzie di stampa nazionali rappresenta la base fondamentale dell'organizzazione pluralistica di tutta l'informazione prodotta in Italia, di cui si giovano le istituzioni e tutto il mercato dei mezzi di comunicazione di massa,

impegna il Governo:

1) prima di assumere ogni decisione in ordine alle procedure di gara, di cui in premessa, ad assumere iniziative volte:
   a) ad aprire il confronto con le rappresentanze sindacali dei lavoratori interessati, con il massimo coinvolgimento possibile anche delle rappresentanze dei giornalisti delle agenzie che hanno recentemente indetto uno sciopero contro la decisione del Governo;
   b) a individuare e adottare con la massima urgenza soluzioni alternative, a partire dall'assunzione di iniziative normative per giungere ad una legge di sistema per le agenzie di stampa, che garantiscano maggiormente la difesa del pluralismo informativo, il mantenimento all'interno delle aziende nazionali della produzione di informazione su tutte le questioni strategiche, e la tutela dei livelli occupazionali.
(1-01566) «Pisicchio, Bruno, Labriola, Furnari, Locatelli, Marzano, Vecchio, Censore, Borghese, Pastorelli, Portas, Sberna, Latronico, Dellai, Fratoianni, Civati, Chaouki, D'Attorre, Ricciatti, Duranti, Nicchi, Bersani, Saltamartini, Altieri, D'Alessandro, Gigli, Distaso, De Girolamo, Calabria, Marotta, Calabrò, Pizzolante, Rampelli, Zampa, Stumpo, Catalano, Menorello, Manfredi, Oliverio, Bossi, Pili, Murgia, Nesi, Palladino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Formisano, Grassi, Boccuzzi, Scopelliti, Rizzetto, Ferrara, Lupi, Cassano, Piepoli, Marcon, Sisto, Corsaro, Lainati, Monchiero, Scotto, Prodani, Pierdomenico Martino, Brunetta, Vito, Russo, Centemero, Laffranco, Fabrizio Di Stefano, Gelmini, Polverini, Occhiuto, Alberto Giorgetti, Bergamini, Carfagna, Gregorio Fontana, Pagano, Garofalo, Schirò, Vignali, Boccia, Mattiello, Lauricella, Zoggia, Cicchitto».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel dicembre 2016 è stato introdotto, ancorché in via sperimentale, l'obbligo di indicare nell'etichetta del latte e dei prodotti da esso derivati commercializzati in Italia, la duplice menzione del Paese di mungitura e quello di condizionamento o trasformazione, ovvero dei «Paesi Ue» o «non Ue» nel caso in cui le predette operazioni avvengano in più Stati membri o Paesi terzi;
    analoga sperimentazione è in corso di finalizzazione relativamente alla filiera delle materie prime grano-pasta, a dimostrazione del fatto che la tracciabilità del prodotto è senz'altro veicolo prezioso per la valorizzazione e promozione del «made in Italy» oltre che strumento indispensabile per la determinazione di scelte consapevoli da parte del consumatore;
    sarebbe opportuno, alla luce delle criticità che investono alcuni comparti significativi del nostro agroalimentare, estendere tali sperimentazioni ai settori cunicolo, risicolo e del pomodoro;
    relativamente alla filiera cunicola, il regolamento (UE) 1169/2011 non include la carne di coniglio tra quelle per le quali vige l'obbligo di indicazione del Paese di origine anche se l'Italia, precedentemente alla sua entrata in vigore, introdusse tale obbligo, seppur per motivazioni di natura sanitaria, per le carni di pollame, poi ricomprese a pieno titolo nell'ambito di applicazione del citato regolamento che, come detto, inspiegabilmente esclude la carne di coniglio da quelle sottoposte a tracciabilità;
    come noto, settore risicolo nazionale, a seguito della liberalizzazione delle importazioni da alcuni Paesi terzi stabilite dai recenti accordi commerciali conclusi a livello comunitario, attraversa una pesantissima crisi che interessa sia il comparto del riso lavorato che quello del risone;
    la crisi è certificata dalla stessa Commissione europea che ha preventivato, per la campagna in corso, rimanenze finali, ovvero prodotto non collocato sul mercato, pari a 585 mila tonnellate, circa un terzo dell'intera produzione comunitaria; questo stato di cose ha portato gli agricoltori a diminuire del 40 per cento la superficie a riso Indica – quello maggiormente concorrenziato dal prodotto di importazione dai Paesi meno avanzati – e ad aumentare, nel contempo, di oltre il 14 per cento la superficie coltivata a riso japonica, creando in tal modo i presupposti per lo squilibrio di mercato di tutte le due tipologie di riso con il conseguente crollo delle quotazioni dei risoni verificatosi nel corso delle ultime settimane;
    tra le produzioni agroalimentari nazionali che necessitano di essere valorizzate la filiera del pomodoro da industria si contraddistingue per i profili di qualità e genuinità che sono alla base delle produzioni derivate e configurano il pomodoro italiano come una delle eccellenze a livello mondiale;
    giova ricordare che fin dal 2006 per la sola passata di pomodoro è stato introdotto l'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine della materia prima utilizzata a testimonianza che anche per i derivati di pomodoro la piena tracciabilità delle produzioni è un imprescindibile elemento di competitività e distintività;
    la filiera del pomodoro costituisce inoltre una preziosa riserva occupazionale posto che nel settore dei prodotti derivati dalla trasformazione operano oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano circa 72.000 ettari e 120 industrie con oltre 10 mila occupati ed un valore della produzione superiore a 6 miliardi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per introdurre, ancorché in via sperimentale, anche per le filiere risicola, cunicola e del pomodoro da industria l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di produzione ovvero l'origine della materia prima al fine di salvaguardare e valorizzare due comparti estremamente significativi dell'agroalimentare nazionale, posto che i prodotti che ne derivano esprimono una qualità molto superiore rispetto ad analoghi prodotti esteri e con il loro indotto offrono preziose ed indispensabili opportunità occupazionali.
(7-01233) «Gallinella, Cecconi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Lupo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA, RICCIATTI, ROSTAN, DURANTI, SANNICANDRO, NICCHI, FOSSATI, ALBINI, MURER, FRANCO BORDO, QUARANTA e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Baltour, azienda privata di trasporti operante in Abruzzo, il 16 dicembre 2016 con una circolare ha sospeso nel periodo 20 dicembre 2016-10 gennaio 2017 i congedi parentali, compresa la «maternità facoltativa»;
   i sindacati hanno duramente contrastato questa decisione che appare all'interrogante palesemente illegittima;
   il 16 febbraio 2017 la Baltour ha emanato un secondo provvedimento di sospensione della fruibilità dei congedi parentali nel periodo tra il 13 aprile e il 5 maggio 2017;
   i sindacati si sono rivolti alle sedi dell'ispettorato del lavoro e dell'Inps di Teramo, nonché alla regione Abruzzo, alla Confindustria Abruzzo e alla consigliera regionale di parità della regione Abruzzo;
   la segreteria nazionale della Filt Cgil si è rivolta alla Presidente della Camera dei deputati e alla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità per la gravità di tale violazione della legge;
   questo grave comportamento aziendale che lede diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori disciplinati da leggi, contratti e circolari, è ancora più inqualificabile se si tiene conto che il titolare-amministratore delegato della Baltour è anche Presidente della Confindustria Abruzzo, la principale associazione di rappresentanza delle imprese abruzzesi;
   questa grave vicenda è stata già sottoposta all'attenzione del Governo con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-15989 –:
   cosa intendano fare per accertare i fatti e garantire alle lavoratrici e ai lavoratori della Baltour il diritto ai congedi parentali senza sottoporli alla discrezionalità di sospensioni temporali da parte della proprietà aziendale che all'interrogante appaiono in evidente contrasto con la legge, le circolari ministeriali i contratti. (3-02924)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   nel sito ufficiale del Palermo Calcio è riportata la seguente disposizione: «TIFOSERIA SQUADRA OSPITE» a differenza di quanto comunicato precedentemente, a seguito di comunicazione dell'Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive alla questura di Palermo, nelle more della prossima riunione dello stesso Osservatorio, si conferma la sospensione della vendita per il settore ospiti e per gli altri settori dello stadio ai residenti nella regione Sardegna»;
   vietare uno stadio a tutti residenti della Sardegna è un atto, ad avviso dell'interrogante, oltremodo offensivo per un intero popolo;
   le disposizioni per la vendita dei biglietti comparse nel sito della squadra del Palermo sono lesive della dignità di un'intera comunità;
   appare all'interrogante assurdo considerare sostanzialmente un intero popolo responsabile di fatti deprecabili, condannabili da chiunque, ma che in alcun modo possono coinvolgere tutti i residenti della Sardegna;
   la decisione della prefettura di Palermo e dell'osservatorio sulle partite di calcio è grave sotto ogni punto di vista, a partire da quello etico e morale;
   aver dichiarato inammissibili le vendite dei biglietti a tutti i cittadini residenti in Sardegna non ha precedenti e va respinto senza se e senza ma;
   il Ministro dell'interno deve immediatamente intervenire perché sia revocato quest'odioso e inaccettabile divieto;
   a giudizio dell'interrogante si tratta di un provvedimento decisamente infondato sul piano giuridico è insostenibile su quello politico;
   i gravi fatti di Sassari attribuibili a teppisti non hanno niente a che vedere con la popolazione sarda;
   la decisione dell'osservatorio siciliano, del prefetto e del questore di Palermo appare come un'incomprensibile generalizzazione delle vicende legate a teppisti che umiliano i veri tifosi e sportivi sardi;
   emerge un atteggiamento lesivo della dignità di una comunità come quella sarda che viene accostata con un provvedimento di Stato ad uno sparuto gruppo di violenti;
   si spera che la revoca del provvedimento arrivi già nelle prossime ore per evitare ulteriori gravi tensioni ma anche semplicemente per buon senso e senso di responsabilità;
   oltre a depotenziare l'apparato della polizia in Sardegna non si deve far pagare ai Sardi la fallanza nella gestione degli eventi di Sassari, dove un gruppo di violenti ha percorso la Sardegna senza essere stato in alcun modo intercettato né prima né durante il viaggio –:
   se non ritenga di dover intervenire per revocare, per quanto di propria competenza, quello che risulta essere un inaccettabile divieto rivolto all'intera popolazione sarda;
   se non ritenga, per quanto di competenza, di dover accertare le responsabilità sui gravissimi fatti di Sassari e le eventuali fallanze nel sistema di controllo e pianificazione. (5-10999)


   DURANTI, PIRAS, CARLO GALLI, RICCIATTI, SANNICANDRO, NICCHI, MELILLA, MARTELLI, FOSSATI e CAPODICASA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 17 marzo 2017, come si apprende anche da una dettagliata denuncia di Amnesty International, un attacco aereo della coalizione anti-Isis a guida U.s.a. ha provocato a Mosul la morte di oltre 150 civili. Sempre in base a quanto riportato dalla Associazione per i diritti umani, negli ultimi mesi sarebbero continui e ripetuti i casi di bombardamenti di obiettivi civili;
   come di evidenza anche dalle notizie delle agenzie di stampa del 28 marzo 2017, i 150 civili morti nella parte ovest di Mosul, durante i bombardamenti di venerdì 17 marzo, avevano ricevuto l'ordine di non lasciare le proprie case, ponendo quindi diversi interrogativi sulle adeguate misure adottate dalla coalizione per evitare i «danni collaterali», oltre che sulla effettiva funzionalità del coordinamento tra le forze aeree e l'esercito iracheno sul territorio;
   secondo Donatella Rivera – consulente per la risposta alle crisi umanitarie di Amnesty International – «il fatto che le autorità irachene abbiano ripetutamente sollecitato gli abitanti a rimanere nelle loro case, anziché lasciare l'area, suggerisce che le forze della coalizione avrebbero dovuto sapere che i raid avrebbero provocato un alto numero di morti. Attacchi indiscriminati e sproporzionati violano il diritto umanitario e costituiscono dei crimini di guerra»;
   le forze governative – dopo la liberazione a gennaio della parte est di Mosul da parte dell'esercito iracheno –, da ottobre 2016, stanno cercando di riprendere il controllo anche della parte ovest della città, supportate dai bombardamenti aerei della coalizione anti-Is. Sin dall'inizio della offensiva, però, le diverse organizzazioni umanitarie avevano messo in guardia le autorità sul rischio delle morti civili, considerando sia la densità abitativa della zona che il crescente ricorso all'artiglieria e soprattutto ai raid aerei. A differenza infatti delle battaglie di Falluja e Ramadi – nelle quali la quasi totalità della popolazione venne evacuata – a Mosul (come già detto precedentemente) l'esercito iracheno suggerisce ai civili di rimanere nelle case, nel tentativo di evitare un altissimo numero di sfollati;
   prima dell'offensiva, la città di Mosul contava circa un milione di abitanti. Ad oggi, secondo quanto stimato dalle Nazioni Unite, circa 400 mila civili sarebbero intrappolati nelle zone sotto il controllo dell'Isis;
   nonostante i dinieghi iniziali circa le responsabilità nelle morti dei civili, il Pentagono avrebbe, negli ultimi giorni, aperto una inchiesta in merito ai bombardamenti del 17 marzo, ordinando la visualizzazione di oltre 700 video che riprendono gli «strike»;
   in Iraq, la presenza italiana è quella più corposa dopo gli Stati Uniti, contando circa 1.500 uomini sul territorio con diversi compiti, fra cui la difesa dei lavori della diga di Mosul ed il supporto dei bombardamenti aerei della coalizione – con individuazione di obiettivi e rifornimento in volo dei bombardieri – oltre che di addestramento dei combattenti iracheni e curdi, fornendo loro anche soccorso in prima linea –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo – anche in collaborazione con gli altri partner internazionali – per garantire l'incolumità dei civili bloccati a Mosul, per evitare che vengano ripetuti in futuro bombardamenti su strutture civili e che le future operazioni avvengano sempre e comunque nel pieno rispetto del diritto umanitario internazionale. (5-11002)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio del 1998 i dipendenti cosiddetti «postali» passarono da pubblici (ente pubblico economico) a privati (Poste Spa);
   a partire dunque dal 28 febbraio 1998 la buonuscita solo della suddetta categoria è stata bloccata e quindi non più rivalutata;
   non si conosce il numero dei dipendenti in forza a questa data;
   conseguentemente, non si conosce neppure l'entità economica necessaria alla soluzione del problema;
   con l'approvazione della risoluzione n. 8-00208 del 6 novembre 2012 (di cui erano firmatari Codurelli, Damiano, Comaroli, Madia, Boccuzzi, Rampi, Berretta, Schirru) il Governo Monti, si impegnava ad adottare entro il 31 gennaio 2013 «iniziative, anche di carattere normativo, che consentano un costante aggiornamento dell'indennità di buonauscita». Impegno per il quale l'allora viceministro Michel Martone si espresse, manifestando soddisfazione per l'intesa raggiunta con i presentatori dell'atto d'indirizzo, ma che poi è rimasto del tutto disatteso –:
   quanti siano i lavoratori attivi e quanti gli inattivi interessati alla rivalutazione della buonauscita e quale sia l'entità delle risorse necessarie per sanare la situazione. (5-11009)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comparto televisivo locale sta ancora attendendo l'erogazione dei contributi relativi all'anno 2015, pari complessivamente ad oltre 36 milioni di euro, da ripartire sulla base delle graduatorie stilate dai vari Corecom regionali;
   inoltre, non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande ai Corecom competenti per territorio per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016, il cui termine per l'emanazione scadeva il 31 gennaio 2016;
   infine, non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo Regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali il cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme;
   quali iniziative si intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di dare soluzione alle problematiche esposte in premessa. (4-16096)


   POLVERINI e OCCHIUTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo in materia di servizi per il lavoro e politiche attive del lavoro (decreto legislativo n. 150 del 2015) ha previsto la soppressione di una direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), la costituzione di una nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), il riordino dell'Isfol, divenuto ora Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (Inapp), e il commissariamento di Italia Lavoro s.p.a., ora Anpal servizi spa il cui amministratore unico coincide con il presidente di ANPAL;
   tra i compiti di Anpal vi è anche quello di «promozione e coordinamento, in raccordo con l'Agenzia per la coesione territoriale, dei programmi cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo, nonché di programmi cofinanziati con fondi nazionali negli ambiti di intervento del Fondo Sociale Europeo» (articolo 9 lettera f);
   tra le funzioni assegnate all'Inapp (già Isfol) vi sono anche lo studio, ricerca, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, ivi inclusa la verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dell'Anpal (articolo 10, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 150 del 2015);
   all'Inapp viene riconosciuta la possibilità di gestire progetti comunitari, anche in collaborazione, con enti, istituzioni pubbliche, università o soggetti privati operanti nel campo della istruzione, formazione e della ricerca;
   ai fini della gestione delle risorse comunitarie, questa connotazione conferirebbe all'Inapp la possibilità di essere individuato come «Organismo Intermedio», ossia come quel soggetto che agisce sotto la responsabilità di un'autorità di gestione e che svolge mansioni per conto di questa autorità nei confronti dei beneficiari che attuano le operazioni;
   al contrario, l'Anpal, nella sua funzione di «gestione di programmi comunitari» potrebbe ricoprire il ruolo di autorità di gestione, ossia di organismo individuato dallo Stato membro quale responsabile della gestione e attuazione del programma operativo conformemente al principio della sana gestione finanziaria;
   nell'ambito della programmazione nazionale FSE 2014-2020 e, nello specifico dei PON SPAO e Inclusione, l'Inapp è riconosciuto come ente in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a cui può essere assegnata l'esecuzione di talune azioni/progetti. Pertanto, annualmente veniva definita una pianificazione attuativa ed operativa relativa alle attività di studio, analisi, monitoraggio e valutazione da realizzare;
   la titolarità dei principali programmi operativi nazionali su cui confluiscono le risorse comunitarie del Fondo Sociale Europeo (FSE): il PON SPAO (Programma operativo nazionale sistemi di politiche attive per l'occupazione), con l'obiettivo di promuovere azioni di supporto alle riforme strutturali riportate nel Programma Nazionale di Riforma in tema di occupazione, mercato del lavoro, capitale umano, produttività; e il PON IOG (Programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovani) con cui è stata data attuazione al programma «Garanzia Giovani», non è più in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ma all'Anpal, in cui sono transitate gran parte delle competenze e del personale della soppressa direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   questo rischia di compromettere per gli interpellanti la sussistenza finanziaria dell'Inapp il cui bilancio è stato storicamente alimentato prevalentemente dal FSE, tramite i Pon;
   il venir meno della direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la comparsa di un nuovo soggetto, l'Anpal, pone il problema di relazione tra l'Anpal e l'istituto incaricato, tra le altre cose, della valutazione dei risultati dell'Agenzia, ora responsabile della gestione delle risorse comunitarie;
   le attività che precedentemente l'Inapp realizzava in qualità di ente in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ora dipendono da una decisione di Anpal che dovrà essere valutata dall'istituto per le sue attività –:
   se il duplice ruolo di presidente dell'Agenzia e di amministratore unico di Anpal Servizi Spa non comporti un sostanziale conflitto di interessi e una sovrapposizione di competenze tra due soggetti che dovrebbero avere compiti differenziati e funzioni separate;
   come il Governo ritenga che l'aspetto che definisca una dipendenza dell'Inapp dalle decisioni di Anpal rispetto ai progetti comunitari da gestire si concilii con i principi di terzietà del valutatore rispetto al valutato e di separazione delle funzioni;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per garantire all'Inapp risorse sufficienti alla realizzazione dei suoi compiti istituzionali anche al fine di garantirne l'imparzialità nel valutare l'Anpal;
   quali siano i risparmi di spesa previsti con gli interventi di riforma nel settore, dal momento che parte delle risorse liberate dalla riorganizzazione dell'Isfol (ora Inapp) e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovranno coprire le spese di funzionamento della nuova Agenzia, compreso le spese del personale, interno ed esterno;
   se non ritenga utile fornire elementi completi sullo stato di avanzamento della riforma delle politiche attive del lavoro in Italia, e in merito alla complessiva riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inapp, di Anpal Servizi spa e di Anpal, soprattutto con riferimento ai profili di spesa;
   quali iniziative intenda assumere per garantire l'attuazione del decreto legislativo n. 150 del 2015 in tutte le sue parti, soprattutto in quella concernente la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni materia di politiche attive del lavoro da garantire tutti i cittadini sul territorio.
(4-16099)


   TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dall'edizione on line di Ansa Marche del 17 marzo 2017 si apprende che nel comune di Caldarola, in provincia di Macerata e duramente colpito dal sisma del 2016, è stata smantellata l'unità di comando locale dei vigili del fuoco per motivi di organico;
   il comune conta 1.800 abitanti e il 70 per cento delle case risultano lesionate;
   attualmente il territorio del comune di Caldarola fa riferimento al comando provinciale di Macerata che dista 35 chilometri;
   metà paese è stato dichiarato zona rossa e i cittadini sfollati, che necessitano di oltrepassare il limite dell'area per andare a recuperare degli oggetti personali, non hanno la possibilità di farlo in quanto non c’è nessuno preposto ad accompagnarli;
   il sindaco lamenta anche la mancata costruzione della bretella laterale che avrebbe dovuto sostituire la viabilità di accesso al paese, e per la quale esistono già i progetti, e la mancata edificazione della struttura che avrebbe dovuto ospitare la scuola e che era stata promessa dal commissario Errani per il mese di settembre 2017 e la cui realizzazione si allontana a causa del cambio in corsa delle procedure, che ora prevedono una gara organizzata dal comune per la demolizione del vecchio edificio;
   non sono iniziati nemmeno i lavori di urbanizzazione per le 115 Sae (soluzioni abitative in emergenza) nonostante le aree che dovrebbero accoglierle siano state già individuate –:
   se gli interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   di quali elementi dispongano circa la situazione del comune di Caldarola relativamente alle questioni riportate dal sito Ansa.it/Marche e riportate in premessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire per organizzare in maniera più organica la presenza dei presidi dei vigili del fuoco nel territorio colpito dal sisma, in modo da garantire una disponibilità immediata di personale in caso di necessità. (4-16104)


   CAPARINI, BORGHESI, INVERNIZZI, ALLASIA, SIMONETTI, MOLTENI e RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 per le emittenti radiofoniche e televisive locali (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016);
   non è ancora stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163 della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali il cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   come il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intendano procedere per erogare i contributi annuali per le emittenti televisive locali. (4-16116)


   FRATOIANNI, PANNARALE, MARCON, PELLEGRINO, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PASTORINO e PLACIDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gravi incidenti si sono verificati nella giornata del 28 marzo 2017 davanti ai cancelli del cantiere del progetto di Trans Adriatic Pipeline, in località San Basilio, di Melendugno, in Salento, dove sono ripresi i lavori di espianto di circa 200 ulivi dal tracciato del tunnel del gasdotto che porterà in Italia il gas dell'Azerbaijan e dove da giorni protestano gli attivisti No Tap. A causa dell'intervento della polizia risultano tra i cittadini che manifestavano 8 feriti;
   il gasdotto è una grande opera pubblica che ha un forte impatto ambientale che approderebbe su una delle più belle spiagge dell'Adriatico;
   la IV Sezione del Consiglio di Stato ha respinto gli appelli proposti dal comune di Melendugno e dalla regione Puglia nei confronti della sentenza del Tar sul Trans adriatic pipeline e ha dato il via libera alla realizzazione del Trans adriatic pipeline, il gasdotto lungo 870 chilometri, parte terminale del corridoio meridionale europeo del gas da 3.500 chilometri che attraverserà sei Paesi dall'Azerbaijan all'Italia;
   il Governo si è assunto la responsabilità di avere declinato la questione del gasdotto a questione di ordine pubblico per non affrontare una questione che è politica e che tale deve restare prestando ascolto alle popolazioni residenti nell'area interessata e alle proposte alternative formulate dalla regione e dai comuni interessati che avevano chiesto di spostare più a nord l'approdo del gasdotto ovvero nel comune di Squinzano;
   il Governo attraverso l'intervento della polizia davanti ai cancelli del cantiere del Trans Adriatic Pipeline ad avviso degli interroganti, ha scelto di favorire e sostenere gli interessi dei gruppi economici interessati all'opera piuttosto che porsi in connessione con i cittadini, con la tutela dell'ambiente;
   l'approdo del Trans adriatic pipeline a Melendugno costringerà, inoltre, la costruzione di un gasdotto terrestre di 55 chilometri per la riconnessione alla dorsale Snam, che dovrà essere realizzato con oneri che ricadranno nelle tariffe del gas dei cittadini italiani, anche se trattasi di una opera al servizio di privati anche se definita di interesse pubblico;
   al di là della sentenza del Consiglio di Stato è attesa la pronuncia della Corte Costituzionale su un ricorso della regione Puglia che qualora fosse accolto, consentirebbe di riaprire la discussione sulla località di approdo del Trans adriatic pipeline –:
   se non ritengano necessario, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale relativamente al ricorso della regione Puglia, sospendere le attività del cantiere Trans adriatic pipeline, in località San Basilio di Melendugno, a partire dalle attività di espianto dei 200 ulivi;
   se non intendano ritirare la nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 marzo 2017 che autorizza il Trans Adriatic Pipeline ad effettuare le attività preparatorie alla effettiva fase di inizio lavori, che la Regione Puglia ha impugnato;
   se non ritengano necessario garantire il diritto a manifestare da parte dei cittadini evitando il ricorso ad interventi da parte delle forze dell'ordine di carattere repressivo, come accaduto nei confronti degli attivisti NO Tap, favorendo al contrario il dialogo e l'attenzione alle proposte, come nel caso del Trans adriatic pipeline, di cittadini, regione e comuni interessati. (4-16121)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   gli impiegati che lavorano a contratto locale presso le Agenzie Consolari d'Italia in Argentina pare non abbiano ricevuto gli adeguati compensi retributivi previsti dalla loro forma contrattuale;
   queste persone subordinate si trovano a far fronte allo stato attuale ad una gravissima situazione economica locale, dovuta all'insufficiente stipendio che percepiscono;
   negli ultimi 15 anni codesti subalterni consolari non hanno percepito alcuna equiparazione retributiva, infatti non gli sono stati fatti gli scatti per la loro anzianità, e neppure sono state eliminate le maggiorazioni del 2 per cento per biennio di lodevole servizio, e neanche sono stati compensati i titoli di studio per quelli che ne avevano diritto;
   nessuna opportunità lavorativa è stata presa in considerazione in altro senso dagli organi competenti, in quanto non si è pensato per loro, ad esempio, ad un premio alla produttività, data la mole di lavoro che hanno sempre eseguito nelle sedi di riferimento;
   nonostante le numerose lettere e richieste di incontro, indirizzate all'ambasciatore competente, in cui gli stessi specificavano le loro problematiche e il mancato adeguamento retributivo, ad oggi nessuno di loro ha ricevuto notizie in merito alle loro posizioni lavorative;
   la galoppante crisi inflazionistica che sta investendo l'Argentina ha portato il costo della vita a livelli elevatissimi duplicando come minimo le spese correnti per ogni individuo che vive lì;
   numerosi giornali locali hanno evidenziato i reclami del personale a contratto presso le Agenzie consolari d'Italia in Argentina, ritenendoli fortemente fondati, e tali da promuovere un virtuale stato di agitazione tra la popolazione locale;
   sono stati espressi dai mass media locali tutti gli aspetti economici e burocratici che tali dipendenti hanno denunciato durante il loro incontro in ambasciata d'Italia in Argentina relativamente alla necessità di contrattare i servizi che naturalmente dovrebbe garantire lo Stato, concernenti anche l'educazione dei figli, l'incolumità personale, l'assistenza sanitaria, in quanto le necessità basiche di una famiglia non sono, purtroppo, soddisfatte se questi servizi non vengono contrattati nel settore privato, la cui spesa non ci esonera, però, dalla pressione fiscale del Paese stesso. In tali odierne condizioni, tra qualche mese, la classe che rappresenta «il personale in servizio a legge locale» sarà poverissima e non più in grado nemmeno di badare a se stessa;
   appare palese che il secondo comma dell'articolo 157 della Costituzione riguarda, invece, la revisione della retribuzione del personale già in servizio, basandosi sia sui parametri di cui sopra, sia sull'andamento del costo della vita;
   nelle dichiarazioni di molti lavoratori operanti nella sede consolari argentine fatte alla stampa locale si percepisce che le tabelle remunerative pubblicate presso gli uffici competenti possono essere ritenute indicative, ma non sono assolutamente sufficienti per la revisione dei rapporti di lavoro già in atto, in quanto essendoci una disparità di trattamenti economici talmente evidente all'interno della loro categoria –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per addivenire ad una soluzione a codesto problema economico per i dipendenti delle agenzie consolari d'Italia in Argentina al fine di poter permettere a tali lavoratori di poter usufruire, di quanto dovuto, nel pieno rispetto dell'articolo 36 della Costituzione che sancisce quanto segue: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
(4-16100)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, PASTORINO, PANNARALE e PAGLIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il Ministero degli affari esteri e della in virtù di interventi motivati dal recupero del gettito programmato nella tabella VI del bilancio dello Stato, ha cominciato ad alienare beni demaniali all'estero rimasti vuoti in seguito alla chiusura di sedi di rappresentanza consolare e di istituti di cultura, come le sedi consolari di Monaco di Baviera, di Lugano, di Marsiglia, della casa d'Italia di Lucerna e di ulteriori immobili sparsi nel mondo e contenuti in una lista, che ne prevede oltre quaranta, dove sarebbero presenti anche immobili pienamente utilizzati e considerati veri e propri «gioielli di famiglia», come la storica e splendida maison de maître, sede dell'Istituto Italiano di Cultura e del Consolato di Bruxelles, in rue de Livourne 38;
   mentre l'operazione di dismissione dei numerosi immobili all'estero, prevista nell'arco di tre anni, porterebbe allo Stato un'entrata di circa 20 milioni di euro annui, per un solo edificio di proprietà di, Monte dei Paschi di Siena, dove trasferire a Bruxelles l'Istituto Italiano di Cultura, il Consolato è l'Ambasciata, lo Stato italiano avrebbe speso l'esorbitante cifra di 13,5 milioni di euro;
   l'acquisto è già stato bollato come un «soccorso rosso» a Monte dei Paschi e funzionale al reperimento della quantità di capitale necessaria, provvisoriamente fissata dalla Bce in 8,8 miliardi, per il salvataggio della banca, per la quale il Governo con il decreto Salvarisparmio ha previsto la ricapitalizzazione preventiva, ma che deve essere ovviamente utilizzata in base a regole europee molto chiare. Tra queste, come riporta un articolo pubblicato il 21 marzo (http://worldnewz.altervista.orgicategory/monte-dei-paschi-di-siena/), in seguito al recente incontro tra la Commissaria europea alla Concorrenza e il Ministro dell'economia, occorre evitare in tutti i modi che l'intervento pubblico nel capitale dell'istituto senese possa configurarsi come un aiuto di Stato e introdurre dunque elementi distorsivi della concorrenza;
   la diffusione della notizia della vendita dell'Istituto Italiano di Cultura ha portato alla reazione indignata di stampa, intellettuali e connazionali che si sono subito attivati con diverse petizioni per chiedere al Ministro degli esteri di salvare il più importante istituto culturale estero di Bruxelles e di evitare questa operazione «gravemente lesiva dell'immagine del nostro Paese, oltre che dell'offerta culturale destinata ai nostri connazionali e ai tanti amici della cultura italiana, di ogni nazionalità» –:
   se il Governo non ritenga opportuno rivedere la decisione di cedere la sede dell'istituto italiano di cultura a Bruxelles, al fine di evitare un obiettivo depauperamento del patrimonio storico, artistico e culturale italiano nel mondo;
   se intenda riferire quali siano state, le motivazioni che abbiano indotto all'acquisto dell'immobile di proprietà del Monte dei Paschi di Siena e come sia stato quantificato il corrispettivo della cessione.
(4-16120)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il servizio trasmesso lunedì 27 marzo dal programma televisivo «Striscia la notizia» ha mandato in onda alcune immagini, inviate da alcuni cittadini, riferite all'incidente avvenuto qualche mese fa presso il COVA di Viggiano che ha provocato uno sversamento di petrolio;
   il giornalista del programma ha chiesto spiegazioni direttamente alla compagnia ENI la quale ha risposto inviando 2 mail;
   nella prima email Eni inizialmente parla di uno sversamento di fluidi solo all'interno del COVA, mentre successivamente nella seconda mail scrive che la perdita aveva raggiunto i pozzetti della rete fognaria all'esterno del centro olio e che il fluido fuoriuscito «consiste di acqua e olio greggio stabilizzato»;
   il timore maggiore è che ci possa essere stata anche una contaminazione delle falde acquifere e si possa trattare di un incidente molto grave;
   ad avvalorare realisticamente questa sciagurata ipotesi è la spola continua delle autobotti che dai tombini esterni al COVA hanno trasportato quei liquidi maleodoranti prima all'interno del COVA stesso, per poi destinarli a luoghi di smaltimento sparsi per tutta Italia;
   a riguardo il servizio televisivo ha trasmesso delle immagini dove si vedono autobotti esterni al COVA che aspirano liquame;
   a quanto pare molti di questi liquidi non sono stati aspirati, in quanto non si riesce in casi di sversamenti simili a garantire la totalità del recupero dei rifiuti liquidi, se non attuando un complesso piano di bonifica che prevedrebbe, tra le altre cose, anche l'utilizzo di appositi assorbenti sulle acque del fiume Agri e nell'invaso del Pertusillo, oltre ad una serie di pompe sommerse in tutti i tombini ed in tutti i pozzetti dell'area industriale di Viggiano;
   la Basilicata è una regione ricca di acqua, in superficie e nel sottosuolo. Questa sua ricchezza le permette di movimentare verso altre regioni il 35 per cento di acqua per uso potabile, irriguo ed industriale del bacino idrico dell'Appennino Centro-Meridionale. La diga del Pertusillo, in particolare, alimenta vari acquedotti di Basilicata, Puglia e Calabria;
   la situazione è allarmante ed è stata denunciata più volte; anche le recenti inchieste della magistratura consiglierebbero un comportamento molto attento da parte di tutti –:
   se intenda assumere iniziative urgenti tramite Ispra e i suoi tecnici per verificare e monitorare la situazione del suolo al fine di accertare o meno l'inquinamento delle falde acquifere ed informare le popolazioni dell'area circa i rischi connessi ai ripetuti incidenti citati in premessa.
(5-11004)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI, TURCO e BECHIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la testata online «Notizie di Prato» ha reso noto, in data 27 febbraio 2017, uno stralcio del parere della Commissione di Valutazione di impatto ambientale del 2 dicembre 2016 per il Nuovo aeroporto di Firenze;
   al punto 3 del suddetto parere «Rischio di incidente aereo», di fatto esautorando l'Enac, il Ministero chiede lo studio da parte di un ente terzo pubblico per certificare la conformità dell'infrastruttura sotto l'aspetto della sicurezza dei terzi sorvolati e trasportati: «Prima dell'approvazione del progetto da parte del Mit, dovrà essere redatto uno studio riferito agli scenari probabilistici sul rischio di incidenti aerei, considerato anche l'uso esclusivamente monodirezionale della pista di progetto e dei volumi di traffico previsti dal Master Plan 2014-2029. Tale studio sarà finalizzato alla delimitazione delle curve di isorischio, tenuto conto del Codice della Navigazione, integrato con decreto-legge 15 marzo 2006, n. 151 – articolo n. 715 e della circolare Enac. 12/01/2010. Lo studio dovrà essere redatto da soggetto terzo pubblico con esperienza per la previsione del rischio degli incidenti aerei mediante modelli di calcolo». Viene stabilito anche che tale «studio dovrà essere presentato per approvazione al MATTM che si esprimerà anche in merito alla necessità di sottoporre lo studio ad eventuali valutazioni ambientali»;
   la prescrizione specifica che, nell'eventualità il rischio di perdita di vite umane superi la soglia di 1 x 10-4, lo studio dovrà individuare le misure per l'eliminazione o la riduzione del danno, compresa la possibile delocalizzazione delle preesistenze»;
   il «Turn Pad/Back Track» previsto per la nuova «categoria di classificazione 4 D/E della pista» risulterebbe in contrasto con il regolamento dell'Enac, ma soprattutto nell'Annex XIV ICAO, necessitando per tale classificazione di una pista di rullaggio, oggi non prevista;
   con la quarta prescrizione viene richiesta una deviazione delle rotte per evitare il «sorvolo» di un'azienda a rischio rilevante Articolo 8 Seveso, che dista circa sei chilometri dall'aeroporto proprio sulla direttrice della pista: «In base allo studio di cui alla prescrizione precedente, il proponente dovrà predisporre una stima rischio con metodologia semplificata, riguardante le probabilità di incidente aereo nello scenario 2018, 2023 e 2029, che metta in evidenza la probabilità di accadimento di un impatto aereo sugli stabilimenti circostanti l'aeroporto, in particolare su quelli classificati dalla direttiva Seveso come “a rischio di incidente rilevante. Questa stima sarà finalizzata a valutare tutti i possibili effetti domino o di amplificazione e a definire idonee procedure di sicurezza, incluse – se possibile l'adattamento delle rotte aeree, l'eventuale divieto di sorvolo e le specifiche modalità di sorvolo degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. La stima dovrà essere presentata a Regione Toscana e Arpat per le proprie valutazioni e provvedimenti, secondo le rispettive competenze e poi trasmessa al MATTM”» –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda a verità e in che tempi verrà pubblicato il decreto ministeriale che dovrebbe recepire il parere della commissione ministeriale per la valutazione di impatto ambientale del 2 dicembre 2016;
   se il Governo ritenga sufficienti e conformi alla normativa le informazioni contenute nel masterplan presentato da Enac, con particolare riferimento alla monodirezionalità della nuova pista e al Turn Pad/Back Track;
   come il Governo, nel caso di uno spostamento della rotta, intenda garantire il decollo e in particolar modo l'atterraggio in condizioni di sicurezza, considerato che l'allacciamento al sistema radar computerizzato per gli atterraggi ILS avviene a 13 chilometri dalla pista e non è modificabile;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in applicazione delle tutele relative alla «Sicurezza dei Cittadini Sorvolati e Trasportati», in qualità di soggetto preposto «all'indirizzo, vigilanza e controllo dell'ENAC» di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 250 del 1997, non intenda intervenire per far sì che l'Enac ritiri il suddetto masterplan per «carenze tecnico istruttorie sulla sicurezza». (4-16097)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il traffico dei rifiuti radioattivi in Sicilia inizia negli anni 80;
   la Commissione bicamerale d'inchiesta sulle ecomafie presieduta dall'on. Alessandro Bratti ha disposto nel mese di dicembre 2016 l'acquisizione diretta di atti, perquisendo a Milano in Piazza San Babila, l'abitazione della signora Cesarina Ferruzzi (nota negli con il soprannome di Madame Dechets – signora dei rifiuti), che nel 1988 si era occupata per conto della Monteco, gruppo Eni, di far rientrare i rifiuti dal Libano, attraverso la motonave Jolly Rosso;
   tra il 1989 e 1995 la Procura di Reggio Calabria ha accertato l'affondamento nel mar Mediterraneo di 90 navi. Un pentito della ‘ndrangheta ha dichiarato alla sezione investigativa antimafia che, tra il 1995 ed il 2000 oltre 637 navi contenenti scorie radioattive di tutto il mondo sono state affondate, di cui 52 nel Mar Mediterraneo e tre nel mar Ionio. Mentre un pentito della Cupola di Cosa Nostra ha dichiarato la presenza di smaltimenti illeciti di scorie radioattive nella miniera di Pasquasia, un'area della Sicilia a 22 chilometri da Caltanissetta e nella cava di San Giuseppe, nel territorio tra Melilli e Augusta, paesi del triangolo siracusano dichiarati già ad alto rischio industriale e in crisi ambientale, per la presenza di inquinamento di raffinerie e discariche di rifiuti pericolosi tra cui la Cisma;
   i rifiuti nucleari trasportati dalle navi, rientrati dal Libano e dalla Nigeria, oltre quelli stoccati in Italia dall'ENEA, venivano scaricati nel porto di Augusta e poi interrati o dislocati in siti industriali attivi limitrofi, come per il caso della miniera di Pasquasia a Caltanissetta, senza alcuna protezione idonea e senza informare le popolazioni locali. Da studi effettuati, a seguito di rilievi sul territorio in questione, si evincono valori elevati di Cesio 137 e tra la popolazione limitrofa un elevato tasso di incidenze per leucemia superiore al resto d'Italia, (pur essendo l'area priva di qualsiasi attività industriale). Inoltre, tra Melilli e Augusta, in prossimità della cava di San Giuseppe) tra il 1999 ed il 2006, si è registrato un incremento dei valori di incidenza di ammalati di leucemia dell'84 per cento più per gli uomini e del 29 per cento in più per le donne, rispetto agli altri territori della provincia. A rivelare la presenza di fattori contaminanti nel comune di Mellilli c’è anche la delibera comunale n. 47 del 1o aprile 2005, in cui si legge che: «di fronte al cimitero di Melilli in territorio di Augusta dove già risultano scaricati rifiuti pericolosi [..] sarà approvato, nella prossima Conferenza di servizi, il progetto di bonifica, evitando così l'inquinamento»;
   è stato pubblicato, di recente, uno studio dell'Istituto nazionale delle ricerche di Pisa, correlato ad altro studio della London school of Hygiene and Medicine, in cui si dimostra che la bonifica del sito di Priolo verrebbe a costare 770 milioni di euro a fronte di 3,6 miliardi di euro di costi per le spese sanitarie, oltre che 55,6 milioni di euro di multe annuali versate per l'inquinamento dovuto alle mancate bonifiche. Puntare sulle bonifiche risulterebbe altamente conveniente e produttivo, oltre a comportare sul piano delle esternalità un alto sviluppo tecnologico e occupazionale, in un territorio che ne ha effettiva necessità –:
   se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza per procedere ad una verifica dalla eventuale radioattività dell'area richiamata in premessa e ad un piano di monitoraggio e bonifica della miniera di Pasquasia e in particolare della cava di San Giuseppe;
   se il Ministro interrogato abbia intrapreso o sia in procinto di intraprendere iniziative per un monitoraggio nelle aree marino e costiero nel Mediterraneo per la ricerca delle navi fantasma cariche di veleni e per la promozione delle opportune bonifiche. (4-16112)


   CAPARINI, BORGHESI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Marone non può continuare a gestire in forma autonoma servizio idrico. Lo ha deciso la prima sezione del Tar di Brescia – presidente Giorgio Calderoni, estensore Mauro Pedron, consigliere Mara Bertagnolli – con una sentenza in camera di consiglio svoltasi il 14 dicembre 2016;
   il Tar, che il 27 ottobre 2016 aveva accolto la domanda di sospensione cautelare, ha respinto il ricorso presentato dal comune e dato ragione all'ufficio d'ambito e alla provincia di Brescia. «Ricorreremo al Consiglio di Stato – è la reazione a caldo del sindaco Alessio Rinaldi –. Continuiamo a ritenere di avere valide ragioni per sostenere che il nostro servizio idrico è efficiente»;
   il tema dell'efficienza, in effetti, è centrale nel dispositivo della sentenza: «Nel complesso – vi si legge – non appare dimostrato che con la prosecuzione della gestione autonoma vi sarebbe un utilizzo della risorsa idrica più efficiente di quello che si potrebbe ottenere con la gestione unitaria. Non appare dimostrato che l'attuale gestione autonoma abbia raggiunto livelli ottimali di efficienza». Determinanti le considerazioni compiute dall'ufficio d'ambito su punti di forza e criticità che presentano l'acquedotto e un tronco di fognatura di Marone, gestiti dalla municipalizzata Sebino Servizi srl: «Le osservazioni dell'ufficio d'ambito – continua la sentenza – acquisite in corso di causa nel contraddittorio con il Comune, rivelano l'esigenza di importanti azioni di miglioramento. Il Comune, d'altra parte, non ha chiarito la possibilità di effettuare tutti gli investimenti necessari nel rispetto del vincolo di copertura integrale dei costi tramite tariffa»;
   quando il Tar ha concesso la sospensiva, ha disposto nel contempo che venisse riesaminata la domanda del comune di proseguire la gestione «in house», previa la fissazione di «parametri condivisi» di misurazione dei livelli di efficienza. Al termine di una serrata interlocuzione con il municipio, la pagella depositata il 9 dicembre 2016 dall'ufficio d'ambito «ha confermato – per i magistrati – il giudizio negativo sulla prosecuzione della gestione autonoma» –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative normative al fine di consentire la gestione in house delle risorse idriche da parte delle amministrazioni comunali.
(4-16122)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   l'Archivio di Stato di Caserta è sin dal 1972 «provvisoriamente» ubicato in un edificio privato di via dei Bersaglieri a Caserta con un canone di locazione pari a circa 200.000 euro annui;
   dal 2014, inoltre, il contratto di locazione è venuto meno, perché i locali si sono rivelati non a norma;
   entro il 15 aprile 2017 gli uffici dell'Archivio saranno trasferiti nelle strutture della Reggia di Caserta, più precisamente negli spazi liberati del rettorato della Seconda Università di Napoli;
   i depositi, invece, resteranno in via dei Bersaglieri continuando a provocare dunque il pagamento del fitto;
   per la biblioteca dell'Archivio non è stato previsto alcunché;
   nel frattempo il personale dell'Archivio verrà pagato senza possibilità di garantire la fruibilità del servizio, visto che i documenti resteranno a via dei Bersaglieri, con conseguente negazione della possibilità materiale di accesso alla documentazione;
   solo un numero limitato di carte (i fondi documentari dello (Stato Civile, dell'amministrazione provinciale di Terra di Lavoro, della motorizzazione civile, i ruoli matricolari, gli esiti di leva e gli archivi privati di Paolo Pietro Broccoli e di Giuseppe Capobianco, come s'apprende dalla recentissima comunicazione ufficiale della direttrice dell'Archivio, dott.ssa Grillo) verrà trasferita a partire dal 27 marzo 2017 nei locali un tempo in dotazione all'Aeronautica;
   resta allo stato dell'arte assolutamente incerta la possibilità di fruire di una nuova sala studio presso l'ex sede del rettorato presso i locali della Reggia;
   il concreto rischio è che si finisca col rimandare a tempo indeterminato i lavori dell'ex emiciclo della Reggia borbonica, lasciando nei fatti inalterata (ma inutile) la spesa per il fitto e in una condizione di inutilità e progressivo disuso l'Archivio;
   il direttore della Reggia, peraltro, sembra che non abbia acconsentito all'accesso e l'uso della sala studio della Reggia;
   l'Archivio ha ad oggi ben tre sedi demaniali assegnate: rettorato, spazi aeronautica (già disponibili dal gennaio 2016, dove dovrebbe teoricamente andare sala studio e depositi) ed emiciclo ex caserma Pollio;
   nel gennaio 2016 l'Aeronautica lasciò come previsto dal Piano Soragni gli spazi previsti ed il Ministero stanziò 2 milioni di euro per adeguamenti, che tuttavia andranno persi se non utilizzati entro la fine del 2017;
   fu individuata la stazione appaltante nel segretariato del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo in Napoli e istituito il gruppo dei progettisti, ma al momento nulla è stato fatto;
   negli spazi della Reggia esiste già una sede distaccata dell'Archivio storico della Reggia, alla quale però è vietato l'accesso al personale dell'Archivio di Stato;
   il piano Soragni dice a chiare lettere che la parte meridionale dell'emiciclo vanvitelliano orientale antistante il complesso architettonico della reggia (ex Caserma Pollio) è stata individuata quale nuova sede dell'Archivio di Stato e che i necessari lavori di consolidamento, di risanamento conservativo e di adeguamento impiantistico della parte della predetta fabbrica saranno eseguiti avvalendosi di un finanziamento, dell'importo di circa 5.000.000 di euro, nella disponibilità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il quale sono attualmente in corso di svolgimento le procedure di individuazione del contraente, affidate al Provveditorato interregionale alle opere pubbliche della Campania e del Molise;
   nel corso degli ultimi decenni il patrimonio documentario dell'Archivio di Stato di Caserta è stato incrementato notevolmente a seguito dei versamenti effettuati, in attuazione della normativa vigente, dalle Amministrazioni periferiche dello Stato della provincia, rendendo necessaria l'individuazione, all'interno dell'edificio della Reggia, di nuovi spazi da destinare a deposito;
   considerato che l'Archivio storico della Real Casa, sul quale l'Archivio di Stato esercita le proprie competenze, è indissolubilmente connesso, al pari della Biblioteca Palatina, al Museo storico della Reggia ed è attualmente allocato al primo piano ammezzato del palazzo, il citato piano Soragni riteneva opportuno soddisfare le esigenze correlate alla consultazione di tali fondi archivistici (nonché di quelli storicamente correlati al predetto Archivio storico) assegnando all'Archivio di Stato di Caserta alcuni locali (attualmente in consegna all'Aeronautica militare) ubicati nell'angolo sud orientale del piano terreno e del soprastante piano ammezzato, destinando a deposito la parte del piano interrato;
   l'Emiciclo ex Pollio fu individuato nel 1995 come sede dell'Archivio di Stato di Caserta, ma sebbene i lavori siano iniziati nel 1999, ancora non sono stati completati (nonostante ingenti spese già liquidate);
   i documenti del Manicomio di Aversa stanno marcendo e molti sono dispersi mentre altri giacciono nell'ex aula bunker di Santa Maria Capua Vetere;
   vi sono inoltre, grosse perplessità relative al Polo Museale –:
   quali misure intenda assumere, anche sulla scorta delle osservazioni in premessa, per garantire la sopravvivenza ed il corretto funzionamento dell'Archivio di Stato di Caserta, stante anche la forte preoccupazione della comunità scientifica e dell'opinione pubblica del territorio.
(2-01737) «Scotto».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARLONI, CAPOZZOLO, CHAOUKI, IMPEGNO, SALVATORE PICCOLO, TARTAGLIONE e VALIANTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo ambiente italiano (FAI) organizza, da venticinque anni, le cosiddette «Giornate di Primavera», durante le quali, nel primo weekend primaverile dell'anno, vengono aperti al pubblico numerosi siti culturali ed archeologici del nostro Paese;
   l'edizione 2017 di tale manifestazione si è svolta nei giorni di sabato 25 e domenica 26 marzo, durante i quali circa 750.000 persone hanno visitato i 1.000 siti aperti al pubblico, grazie alla collaborazione di diverse associazioni di volontariato e di numerosi enti pubblici, fra cui scuole di ogni ordine e grado;
   tale partecipata manifestazione ha avuto luogo anche nei comuni di Orta di Atella, Succivo e Sant'Arpino, tutti ricadenti nella provincia di Caserta, con ben dodici siti aperti per l'occasione e distribuiti sui territori dei tre comuni;
   è da segnalare come le tre città, durante il ventennio fascista (in particolare, dal 1928 al 1946) fossero unite sotto un unico comune denominato «Atella di Napoli», secondo quanto stabilito dal regio decreto n. 948 del 15 aprile 1928, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 113 del 14 maggio 1928;
   pertanto, in occasione delle «Giornate di Primavera 2017» del FAI, i comuni di Orta di Atella, Succivo e Sant'Arpino hanno elaborato un percorso storico-artistico chiamato «Riflettori sull'antica Atella», con l'obiettivo, fra gli altri, di rendere edotta la cittadinanza sul periodo di unificazione dei tre comuni in un'unica entità;
   il percorso storico-artistico si è dipanato su più temi, con l'attiva collaborazione delle scuole locali, sia primarie che secondarie, in particolare dell'Istituto comprensivo statale di Succivo «Edmondo De Amicis» e del liceo classico statale di Aversa «Domenico Cirillo»;
   secondo quanto riportato da diversi organi di stampa, fra cui « Il Mattino» e « FanPage.it», durante una di queste manifestazioni sono stati fatti sfilare diversi alunni delle due sopracitate scuole, tutti probabilmente minorenni, vestiti in tenuta da Balilla, l'organizzazione paramilitare giovanile del regime fascista, che inquadrava i bambini dagli 8 ai 14 anni d'età. La sfilata si è conclusa con tanto di saluto romano, immortalato in diverse fotografie diffuse sugli organi di stampa e sui social network, nonostante ciò costituisca reato ai sensi della legge n. 645 del 20 giugno 1952, cosiddetta «Legge Scelba»;
   il fatto è ancor più grave se consideriamo che uno dei tre comuni della vecchia Atella, ossia l'attuale comune di Orta di Atella, è stato insignito il 3 febbraio 2003 della Medaglia d'argento al merito civile della Presidenza della Repubblica, proprio per aver subito una violenta rappresaglia nazi-fascista durante la Seconda Guerra Mondiale;
   tale manifestazione ha suscitato lo sdegno di tanti che si riconoscono nei valori dell'antifascismo, in particolare di chi, come i membri dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), hanno lottato per liberare l'Italia dal giogo della dittatura. Tuttavia, è da segnalare come, ad ora, non si registrino prese di distanza da parte dei rappresentanti dei comuni e delle scuole interessate –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione descritta in premessa; se intenda attivarsi e quali iniziative vorrà predisporre volte a salvaguardare, nelle sopracitate scuole, la necessità di una memoria storica condivisa, in linea con i dettami della Costituzione, che vede nella XII disposizione finale un caposaldo dell'antifascismo, del rispetto di tutte le persone che hanno patito i danni e le violenze delle dittature, a garanzie della libertà e della democrazia. (5-11001)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 gennaio 2009, nell'ambito del progetto di riconversione industriale e riqualificazione ambientale dell'area Gola della Rossa, il comune di Serra San Quirico (Ancona) ha rilasciato due autorizzazioni (durata 42 anni) per estrazione di calcare massiccio dalla cava Gola della Rossa, confinante con il parco della Gola della Rossa e di Frasassi, previa autorizzazione paesaggistica ex decreto legislativo n. 42 del 2004;
   in data 5 maggio 2014 Italia Nostra Marche, su segnalazione di possibile ampliamento dell'area estrattiva oltre i confini autorizzati, ha inviato lettera a plurimi livelli di governo per chiedere di accertare ampliamenti della cava difformi dalle autorizzazioni;
   dalle risposte della provincia di Ancona e del comune di Serra San Quirico, si è appreso di autorizzazione in variante al suddetto progetto di riconversione e riqualificazione (prot. N. 7013 del 22 settembre 2012), rilasciata senza VIA preventiva in base all'articolo 3 comma 5 lettera d) della legge regionale n. 7 del 2014, che esclude la VIA per opere di carattere provvisorio (durata inferiore a 180 giorni), che non comportino modifiche permanenti dello stato dei luoghi;
   nel caso de quo la VIA è stata esclusa dalla determinazione dirigenziale della provincia di Ancona n. 127 del 5 aprile 2011 che, a sua volta, ha recepito comunicazione della regione Marche del 17 settembre 2010 (prot. 591270), a firma del geologo Davide Piccinini che, in base all'articolo 3 comma 5 lettera d) legge regionale n. 7 del 2004, ha escluso la VIA trattandosi di opere di carattere provvisorio (durata lavori inferiore ai 180 giorni), non comportanti modifiche permanenti dello stato dei luoghi;
   la variante al progetto è stata considerata modifica provvisoria, vista la previsione del ripristino dello status quo a fine lavori di sbancamento, così come da dichiarazioni del progettista dr. Massimo Mosca in sede di conferenza dei servizi del 10 dicembre 2010;
   con lettera 29 ottobre 2014, Italia Nostra ha chiesto al responsabile ufficio tecnico del comune di Serra San Quirico, ingegner Campagnoli, di verificare se il profilo originario della cava fosse stato ripristinato nei tempi previsti; alla mancata risposta è seguito esposto di Italia Nostra alla Procura della Repubblica di Ancona (spedito in data 12 febbraio 2015 e recapitato il 16 febbraio 2015) per accertare eventuali responsabilità dei soggetti coinvolti, alla luce dei seguenti fatti violativi dell'articolo 3, comma 5 lettera d) legge regionale n. 7 del 2004:
    a) il progetto di variante deve essere considerato «proposta di variante sostanziale», essendosi realizzato uno sconfinamento di oltre 1840 metri quadrati rispetto alla autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla regione Marche, sicché sarebbe stata necessaria VIA preventiva; da documentazione fotografica risulta che i lavori erano in corso nella primavera del 2014, quando sarebbero dovuti terminare il 23 aprile 2013;
    b) dalla relazione dell'architetto Roberto Panariello (punti 11.1 e 14), richiamata dalla determina dirigenziale della Provincia di Ancona n. 127 del 5 aprile 2011, emergono prescrizioni in contrasto con l'articolo 3 comma 5 lettera d) legge regionale n. 7 del 2004, poiché vengono previste pendenze diverse da quelle esistenti, nonché posa in opera di blocchi calcarei sovrapposti, cioè opere modificative dello stato dei luoghi –:
   alla luce della circolare esplicativa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo dell'8 novembre 2011, n. 24 (prot. n. 35009), se intenda esercitare un controllo sulla perdurante legittimità della autorizzazione paesaggistica (decreto del Dirigente della P.F. Tutela delle Risorse Ambientali ed Attività Estrattive della regione Marche del 17 dicembre 2007 n. 262 pubblicato nel B.U.R. n. 15 dell'11 febbraio 2008) e di adottare eventuali provvedimenti inibitori e di revoca in autotutela, nell'ambito delle proprie competenze. (5-11015)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPARINI e BORGHESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Valcamonica, con le sue incisioni rupestri è il primo dei siti italiani inseriti nella Unesco World Heritage List ed è uno dei giacimenti di arte rupestre più conosciuti nel mondo per ricchezza, per varietà ed estensione cronologica. Quello della Valcamonica è il parco d'arte rupestre, più vasto e completo presente in Europa;
   si sono ripetute nel parco chiusure impreviste e non tempestivamente comunicate che hanno creato gravissimi disagi a utenti e operatori;
   la dottoressa Sara Rifletti, responsabile di Archeocamuni — una delle agenzie che programmano e gestiscono le visite alle rocce incise — e il presidente dell'Agenzia turistico culturale Sergio Turetti, con alcuni operatori turistici e commerciali del paese, hanno pubblicamente manifestato la loro contrarietà alle chiusure straordinarie del parco di Naquane e dei Massi di Cemmo;
   la Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria ha rigettato la proposta di collaborazione avanzata dal comune di Capo di Ponte che si era detto pronto a mettere a disposizione il proprio personale formato per l'accoglienza e la sorveglianza a Naquane perché «servirebbe una contrattazione sindacale e i tempi si allungherebbero»;
   la Soprintendenza ha annunciato l'intenzione di inserire nel bando del Polo regionale museale la richiesta di alcune unità da destinare per l'apertura festiva del parco –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per una risoluzione definitiva che debelli le chiusure improvvise del più noto e importante parco archeologico rupestre d'Italia decise dalla Soprintendenza competente. (4-16118)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, di attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 7 agosto 2015, è stato disposto, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, e il transito del relativo personale in altre forze di polizia, nonché in altre amministrazioni individuate con appositi decreti attuativi;
   alla data del 1o gennaio 2017, la graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 ed approvata con decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato del 24 luglio 214), composta da circa 500 giovani, risulta essere l'unica graduatoria di concorso pubblico vigente per il Corpo forestale stesso;
   tale graduatoria sarà idonea, e quindi utilizzabile, ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in combinato disposto con l'articolo 1, comma 368, della legge n. 232 del 2016, sino al 31 dicembre 2017;
   il Governo pro-tempore, ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3098-A/13 del 17 luglio 2015, che impegnava lo stesso Esecutivo a tenere in considerazione, durante l'iter formativo, l'esistenza della graduatoria in questione;
   la legge riconosce ad ogni singola amministrazione la facoltà di utilizzare le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013;
   lo scorrimento della graduatoria in esame potrebbe consentire di sopperire immediatamente alle gravi carenze di organico attualmente esistenti all'interno del corrispondente ruolo ispettori della polizia di Stato, senza dover attendere l'esito di eventuali procedure concorsuali e con un consistente risparmio di spesa;
   la legge di bilancio per l'anno 2017 (legge n. 232 del 2016), istituisce un fondo per finanziare le nuove assunzioni a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato (ivi inclusi i corpi di polizia), fondo che sarà ripartito, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   l'utilizzo della graduatoria in questione potrebbe consentire di sopperire immediatamente alle carenze organiche attualmente esistenti all'interno del ruolo «Ispettori e Periti» dell'Arma dei carabinieri, senza dover attendere l'esito di eventuali procedure concorsuali e con un consistente risparmio di spesa per le casse pubbliche;
   tale graduatoria, inoltre, potrebbe essere utilizzata per assumere personale presso le prefetture, il dipartimento di protezione civile, nonché presso altri dipartimenti del Ministero dell'interno;
   l'assunzione immediata di nuovi ispettori forestali consentirebbe di rafforzare il presidio sul territorio del neonato «Comando unità tutela ambientale forestale ed agroalimentare», in perfetta linea con la ratio della riforma promossa dal Governo pro-tempore in materia –:
   se i ministri interrogati intendano assumere iniziative per quanto di competenza, finalizzate ad autorizzare la polizia di Stato, e/o le altre strutture sopra citate, a reclutare personale mediante lo scorrimento, totale o parziale, della graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato.
(2-01736) «Capodicasa, Zappulla».

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI, ZOLEZZI, VIGNAROLI, PESCO, FRUSONE, CORDA, TOFALO, BARONI e RIZZO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il compendio immobiliare, appartenente al Fondo FIP, sito in viale Antonio Ciamarra in Roma, per anni ha ospitato gli uffici dell'Agenzia delle entrate e gli uffici del Corpo forestale dello Stato;
   lo stesso compendio, dopo l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato da parte dell'Arma dei carabinieri, attualmente ospita gli uffici del comando unità forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri;
   il compendio è stato interessato da un monitoraggio da parte dell'Agenzia delle entrate volto a rilevare la presenza di amianto nell'edificio;
   tale monitoraggio ha riscontrato la presenza di amianto nella pavimentazione vinilica, così come da lettera dell'Agenzia delle entrate del 10 febbraio 2017 indirizzata all'Arma dei carabinieri, e la presenza di FAV-Fibre artificiali vetrose-H351 nell'intonaco intumescente a protezione delle travi e dei pilastri costituenti la struttura portante della Torre B e nei cavedi delle tubazioni idriche dell'impianto di climatizzazione poste nelle Torri A e C;
   successivi atti dell'Arma dei Carabinieri nei locali da loro utilizzati, sembrerebbero confermare la presenza di amianto nella pavimentazione vinilica nonché nei rivestimenti degli impianti all'interno dei cavedi;
   la presenza di fibre di amianto e di FAV-Fibre artificiali vetrose-H351 costituiscono un grave pericolo per la salute di tutte le persone che nel corso del tempo sono entrate in contatto con tali sostanze;
   i provvedimenti precauzionali adottati fino al momento attuale non risultano essere sufficienti a garantire la più completa tutela della salute del personale dell'Arma dei carabinieri attualmente in servizio nella struttura;
   numerosi atti parlamentari per sollecitare la problematica in oggetto risultano già depositati –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario e urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, per:
    procedere allo sgombero immediato del personale in servizio rimasto nell'edificio;
    disporre urgenti esami sanitari (secondo i protocolli previsti dalle normative) sul personale dell'Arma dei carabinieri attualmente in servizio, sul personale ex-Corpo forestale dello Stato trasferito in altre sedi e su tutto il personale che ha lavorato nello stabile (anche relativo alla Agenzia delle entrate), e, se necessario, intervenire immediatamente a tutela della salute degli stessi;
    disporre urgenti esami sanitari (secondo i protocolli previsti dalle normative) su tutti gli operai che, a seguito dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, potrebbero essere stati esposti a rischi per la salute, e, se necessario, intervenire immediatamente a tutela della salute degli stessi;
    effettuare una verifica sul procedimento di dismissione dell'immobile appartenente al Fondo FIP) che, allo stato, risulta essere «in trattativa», esaminando l'opportunità di sospendere il procedimento in corso;
    effettuare accurati analisi sulla struttura esterna al fine di scongiurare eventuali pericoli per la salute degli abitanti delle zone limitrofe;
    coinvolgere gli enti territoriali competenti e i comitati di quartiere per garantire la massima trasparenza e informazione, e concordare i prossimi passaggi necessari per tutelare la salute pubblica. (4-16102)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOCCADUTRI, DELL'ARINGA, ANDREA ROMANO e GIAMPAOLO GALLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il dottor Marcello Minenna, già assessore al bilancio, al patrimonio e alle partecipate del comune di Roma tra luglio e settembre 2016, è dipendente a tempo pieno della Commissione nazionale per le società e la Borsa (Consob) e ivi dirigente responsabile dell'Ufficio Analisi Quantitative e Innovazione Finanziaria all'interno «Divisione Mercati»;
   in un rapporto pubblicato il 19 gennaio 2017 dall'ufficio studi di Mediobanca Securities, società specializzata in intermediazione finanziaria del gruppo Mediobanca S.p.a. – società soggetta al controllo della Consob – il nome del dottor Minenna compare come coautore esterno (guest contributor), con la qualifica di Adjunct Professor alla «London Graduate School of Mathematical Finance»;
   in vari articoli di giornale (tra cui il Corriere della Sera Economia del 6 febbraio scorso) il dottor Minenna si qualifica come coautore materiale del suddetto Rapporto assieme agli analisti di Mediobanca («in un recente lavoro fatto con...»);
   il dottor Minenna ha un sito internet personale nel quale vi è una sezione in cui vengono rese pubbliche alcune delle analisi di Mediobanca Securities, e sono riportati articoli e interviste dello stesso Minenna e di terzi in cui si esprimono opinioni sulla politica economica (es. «Se non cambia il fiscal compact, meglio fuori dall'euro», l'Avvenire del 7 febbraio 2017; «L'Italia è intrappolata in un'Unione Monetaria soffocante», Il Corriere della Sera del 6 febbraio 2017) e si forniscono giudizi che sono suscettibili di influenzare l'andamento generale dei mercati (es. «ora il dollaro sale,... ma fra qualche mese...», l'Espresso del 29 ottobre 2016) nonché quello di singoli titoli (Mediolanum, Banca Nuova, Banco Popolare, Banca Desio, MPS ecc.);
   i giudizi formulati su singoli titoli (es.: «questa emissione obbligazionaria ha una probabilità del 18,24 per cento di perdere circa 75 euro su 100 investiti»; il Sole 24 Ore Plus del 28 gennaio 2017) esulano da quelli che sono gli obblighi informativi tassativamente previsti dalla normativa vigente, cui non può che attenersi un funzionario della Consob;
   il decreto legislativo n. 165 del 2001, contenente le norme generali in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi ed incarichi, si applica, per espresso dettato normativo, anche al personale della Consob;
   l'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 1974, istitutivo della Consob, stabilisce che «al personale in servizio presso la Commissione è in ogni caso fatto divieto di assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali o industriali»;
   il regolamento del personale Consob stabilisce che al personale è fatto divieto di svolgere attività comunque contraria agli interessi e alle finalità dell'amministrazione o comunque incompatibile con i doveri d'ufficio (articolo 20);
   il codice etico per il personale Consob, inoltre, prevede che il dipendente non intrattenga con soggetti coinvolti o interessati dall'attività della Consob rapporti tali da poter compromettere la sua indipendenza, a vulnerare la sua imparzialità (articolo 3), evitando qualsiasi situazione che possa dar luogo a conflitti d'interesse, non utilizzando né diffondendo informazioni riservate al fine di trarre vantaggio per se stesso, per il proprio nucleo familiare o per altri soggetti (articolo 5);
   desta preoccupazione che un dirigente della Consob possa svolgere attività che appaiono incompatibili con la propria posizione rilasciando interviste e dando evidenza ad analisi sue o di terzi che sono potenzialmente in grado di influenzare i mercati –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione ai fatti esposti in premessa, con particolare riferimento ai potenziali conflitti di interesse e ai conseguenti effetti distorsivi sui mercati finanziari e sul corretto funzionamento degli organismi preposti alla vigilanza su di essi, anche con riguardo all'applicabilità della disciplina vigente in materia di incompatibilità. (5-11018)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la Italiana Petroli (IP) di via Nazionale è l'unico distributore di benzina del comune di Braone che offre un prezzo di 1,55 euro al litro di benzina, dista un chilometro dal municipio e, seguendo la logica del buon senso, il piccolo comune camuno, in provincia di Brescia dovrebbe rifornire qui i suoi tre mezzi di proprietà (una Panda, una Punto della polizia locale e un trattore). Al contrario, gli impiegati comunali devono andare a fare rifornimento alla Q8 di Breno – 12 chilometri tra andata e ritorno – con un prezzo ben sopra la media di mercato pari a 1,71 euro al litro;
   «la Q8 di Breno ha vinto il bando di Consip, praticando un ribasso di dieci centesimi al litro sul valore assoluto, ma il prezzo è comunque più elevato rispetto alla IP di Braone – spiega Gabriele Prandini, sindaco del paese camuno –; condivido i principi di Consip, ma vanno rivisti alcuni dettagli che creano storture. Il nostro caso è eclatante: paghiamo di più per avere notevoli disagi logistici». Prandini e la sua giunta cercano una soluzione per aggirare la burocrazia: «Possiamo fare un affidamento diretto alla pompa di Braone tramite la piattaforma di Regione Lombardia, va dimostrato che avremmo un risparmio rispetto ai vincitori del bando Consip. Stiamo lavorando per risolvere questa situazione: non ci sembra intelligente far viaggiare il nostro trattore per dodici chilometri solo per fare benzina». A Braone il pieno di benzina presso la Q8 di Breno, che ha vinto il bando di Consip, costa di più. In paese c’è un distributore ma i mezzi comunali sono costretti ad arrivare a Breno;
   si è in presenza, secondo l'interrogante, di una delle tante storture di Consip, società pubblica che centralizza le forniture della pubblica amministrazione per garantire efficienza e risparmio agli enti pubblici, che in questo come in altri casi non consente di raggiungere l'obiettivo agognato;
   l'interrogante con questo esempio balzato all'attenzione delle cronache locali intende porre l'annoso quanto cronicamente irrisolto problema dell'inapplicabilità di norme pensate per realtà socio economiche completamente diverse da quelle montane –:
   se il Governo intenda finalmente intraprendere iniziative normative volte a semplificare le procedure delle amministrazioni locali dei piccoli comuni delle realtà rurali o di montagna. (4-16117)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in una famiglia di Gorizia, con padre medico e madre casalinga, nel 2007 e nel 2009, sono nati due bambini affetti da una rara malattia genetica (mutazione in POLG2), diagnosticata dall'Istituto Besta di Milano. I bambini presentano ipoacusia neurosensoriale e ritardo del linguaggio, in un quadro complessivo di sviluppo neuro-cognitivo inferiore rispetto all'età. La patologia è confermata dal Centro regionale per le malattie rare diretto da Bruno Bembi di Udine nel 2013. I bambini sono sottoposti ad accertamenti anche presso il laboratorio Courtagen Woturb nel Massachusset, in cui si conferma l'alterazione genetica. Anche il padre presenta una ipoacusia neurosensoriale in forma attenuata;
   la patologia crea nei bambini una vera e propria forma di disabilità cognitiva e comportamentale, rendendo necessario un intervento farmacologico e psico-pedagogico. Vengono presi in cura dall'Asl di Gorizia e sottoposti alla commissione medica per l'invalidità che conferma la diagnosi. A scuola sono seguiti da un insegnante di sostegno e portano protesi acustiche;
   con il tempo, il disagio si accentua e i genitori si rivolgono ai servizi sociali di Gorizia che capovolgono l'ipotesi di partenza. Non sono i bambini ad essere affetti da patologia genetica, ma i genitori ad essere esagerati affliggendo i bambini con un eccesso di cure;
   i genitori vengono segnalati dall'Azienda per l'assistenza sanitaria della Bassa friulana-isontina alla procura della repubblica competente, che, in prima istanza, rigetta l'accusa fatta ai genitori ma poi avvia un'indagine con intercettazioni. L'accusa ai genitori è quella di eccesso di cure; in una intercettazione, la madre appare esasperata, minacciando di fare una sciocchezza se non troverà qualcuno che l'aiuti. Questo induce la procura a far prelevare nel novembre 2015 i bambini da scuola e a disporre che siano ospitati nella casa famiglia di un'altra regione;
   la stampa locale ha dato molto spazio alla vicenda ed è disponibile una copiosa documentazione dalla quale emerge lo stupore della popolazione che considera l'accaduto un atto di ingiustizia;
   attualmente, i bambini si trovano in una casa famiglia di Vigevano, senza genitori e senza cure farmacologiche, ma presentano gli stessi sintomi nonostante siano state rimosse le cause ipotizzate –:
   se risulti per quali ragioni i bambini siano stati allontanati dai genitori, dal loro contesto sociale abituale e siano stati privati del supporto farmacologico;
   come si intenda procedere in relazione alla questione dell'attività di servizi sociali in cui le diagnosi mediche più accreditate vengono spesso ribaltate, determinando situazioni in cui i minori sono allontanati dal loro nucleo familiare.
(5-11016)


   FRUSONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia, riportata da diversi quotidiani, che Mario Castagnacci, uno dei due fermati per l'omicidio di Emanuele Morganti, sia stato posto in stato di fermo il 23 marzo 2017 dopo che i carabinieri della Stazione San Pietro, durante un'operazione antidroga in un appartamento di Roma, hanno rinvenuto 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish. Il giorno successivo, davanti al giudice per le indagini preliminari di Roma, convalidando la tesi difensiva del «consumo di gruppo», Castagnacci viene messo in libertà senza l'osservanza di nessun tipo di obbligo;
   Mario Castagnacci nel 2011 era stato arrestato perché in possesso di cinque chili di hashish ed attualmente ha un procedimento in corso, sempre per traffico di stupefacenti;
   sempre il 24 marzo 2017 si recava ad Alatri dove si è cagionata la morte di Emanuele Morganti, per la quale è il primo indagato, attraverso il noto e bestiale pestaggio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e se non reputi opportuno assumere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza. (5-11017)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle operazioni per le imminenti candidature per le elezioni amministrative del comune di Crema (Cremona), i cittadini che hanno inteso candidarsi nella lista del MoVimento 5 Stelle hanno dovuto richiedere presso il tribunale di Cremona il certificato del casellario giudiziale e il certificato dei carichi pendenti. Giova ricordare in questa sede come la previsione di questo onere sia stata elogiata come utile pratica per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione da importanti esponenti delle istituzioni tra cui il presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (articolo il pm Di Matteo elogia il codice etico M5S: «Distingue tra responsabilità politica e penale» su La Repubblica – Edizione di Palermo del 25 gennaio 2017; articolo Cantone agli studenti del Genovesi: «Contro la camorra non serve l'Esercito né i carri armati» su La Repubblica – Edizione di Napoli del 13 febbraio 2017) e che questa pratica sia stata adottata in recenti elezioni amministrative anche da altri partiti e movimenti politici;
   per la richiesta di questa dei certificati per le 26 candidature dei cittadini cremaschi, questi hanno tuttavia incontrato diversi ostacoli dei quali si deve rendere edotto il Ministro interrogato. In particolare, in data 28 febbraio 2017 dagli uffici preposti presso il tribunale di Cremona è stata rifiutata la possibilità di richiedere i certificati in questione con urgenza ovvero, come previsto dalla normativa in materia, di ottenerli in giornata attraverso il pagamento di euro 3,84 per i diritti di urgenza, nonostante gli interessati avessero già pagato i diritti per l'urgenza per tutte le richieste (con una spesa complessiva di quasi 200 euro);
   si rileva a questo proposito che il costo dei certificati ammonta a euro 19,84 complessivi per ciascun certificato (di cui euro 16,00 per il bollo e euro 3,84 per i diritti di certificato), cifra che, sommata a quella pagata per l'urgenza, ha comportato l'esborso di quasi cinquanta euro per ciascuna candidatura;
   infine si rileva che, in occasione del ritiro dei documenti richiesti, il 7 marzo 2017, al delegato è stato opposto rifiuto, in quanto la delega richiesta per il ritiro era una delega «cumulativa» ovvero comprendente l'autorizzazione al ritiro da parte di tutti i richiedenti (seppur debitamente accompagnata dalle firme autografe dei richiedenti e dai rispettivi documenti di identità) e che il rilascio non poteva avvenire se non dietro presentazione di una delega specifica per ogni richiedente. Il delegato ha quindi dovuto raccogliere ventisei differenti documenti aventi il medesimo contenuto e la medesima finalità della delega rifiutata e ritornare nuovamente presso l'ufficio preposto, che si trova in una città diversa da quella dei candidati, per ottenere i certificati richiesti;
   questi comportamenti secondo l'interrogante rappresentano un ostacolo inutile opposto dall'amministrazione a cittadini desiderosi di candidarsi secondo modalità che, pur non essendo prescritte dalla legge, rappresentano buone prassi per il contrasto alla corruzione in politica e nella pubblica amministrazione;
   anche in vista della tornata elettorale per le prossime elezioni, sarebbe utile che il Ministro valutasse la possibilità di un'esenzione, anche eventualmente parziale, per coloro i quali richiedano i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti al fine di accreditare la propria situazione processuale per favorire la trasparenza nei procedimenti di selezione dei rappresentanti politici, similmente a quanto avviene per altri casi ritenuti meritevoli dell'esenzione (ad esempio qualora i certificati siano chiesti per finalità di adozione) –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione di cui alla premessa, eventualmente con riferimento anche ad altre amministrazioni sul territorio nazionale;
   quali iniziative intenda adottare in proposito;
   quali iniziative intenda adottare per l'estensione dell'esenzione dai costi per la richiesta dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti per finalità di candidature a cariche elettive. (4-16105)


   RUSSO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   oggi, 29 marzo 2017, scade il bando ministeriale per la costruzione del nuovo istituto penitenziario di Nola (Napoli) che, nelle intenzioni, doveva essere il primo in Italia ad obbedire al modello Oslo (meno recinzioni e più laboratori per riabituare al contatto con la vita esterna i detenuti prossimi al «fine pena» e nuovi parametri di costruzione per aumentare efficienza e funzionalità);
   si apprende invece della netta discontinuità tra il testo del progetto ultimo e quanto pensato e stabilito dai tecnici del Tavolo n. 1 degli Stati Generali dell'Esecuzione Penale «Spazio della pena: architettura e carcere»; un tavolo composto da numerosi esperti, coordinati dall'architetto Luca Zevi, convocato proprio per indirizzare le nuove strutture carcerarie verso la massima funzionalità ed efficienza;
   la prima grande contraddizione si rileva nell'altissimo numero dei detenuti previsti nel bando. Ormai, per tipologie di carcere a «custodia attenuata», è cosa buona e giusta contenere il numero dei reclusi a non più di 500 unità. Con la scelta di Nola, che prevede ben 1.200 persone in regime di «trattamento avanzato», si supera di gran lunga la quota suggerita dagli studi più recenti, col rischio sovraffollamento dietro l'angolo;
   mercoledì 22 marzo 2017, presso l'Università degli studi di Roma Tre, si è tenuto il dibattito dal titolo: «Spazio della pena e architettura carceraria, il caso Nola dopo gli stati generali dell'esecuzione penale» alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario di Stato alla giustizia, onorevole Cosimo Maria Ferri;
   durante la discussione è stato rimarcato da più punti di vista il grande distacco tra gli indirizzi tecnici elaborati dal Tavolo n.1 degli Stati Generali dell'Esecuzione Penale e quanto formalizzato nel progetto del nuovo carcere;
   lo stesso rappresentate dell'Ordine degli architetti ha giustamente evidenziato anche l'errata scelta dell'amministrazione penitenziaria, la quale, invece di bandire un concorso di idee progettuali, ha preferito una gara più sbrigativa, sostanzialmente basata su di un'offerta tecnica ed economica al ribasso;
   la relazione del tavolo tecnico sarebbe dovuta, nelle intenzioni e nelle dichiarazioni di tutti i soggetti interessati, essere il «modello» a cui ispirarsi per future ulteriori progettazioni, come quella del carcere di Nola;
   altro fatto incomprensibile emerso durante la discussione riguarda le argomentazioni dell'architetto Zevi, che ha, a più riprese, decantato la bontà del progetto ultimo, contraddicendo i contenuti del lavoro portato avanti dall'apposita Commissione ministeriale da lui stesso coordinata;
   il sottosegretario onorevole Ferri ha preso atto che, nel caso del progetto del carcere di Nola, è venuto a mancare il rispetto delle linee guida e degli indirizzi fondamentali previsti per questo tipo di struttura –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli ultimi sviluppi della vicenda e se ritengano opportuno verificare, con gli strumenti di competenza, le motivazioni della netta discontinuità tra gli indirizzi tecnici elaborati dal Tavolo n.1 degli Stati Generali dell'Esecuzione Penale e quanto effettivamente previsto per il nuovo carcere di Nola;
   se i Ministri interrogati non intendano valutare i rischi (ed intervenire, laddove necessario) di un progetto così difforme dagli studi degli esperti, tra i quali: il sovraffollamento di reclusi, la conseguente difficoltà di gestione da parte di polizia penitenziaria e personale, il sovraccarico del territorio con una eccessiva concentrazione di popolazione detenuta;
   se i Ministri interrogati non intendano verificare se il progetto integrato preveda o no investimenti per l'area nella logistica, trasporti, assi viari di collegamento ed eventuale stazione ferroviaria e, in caso affermativo, a quanto ammontano. (4-16106)


   SALTAMARTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo le ultime notizie stampa, i presunti assassini del giovane ventenne di Alatri, Emanuele Morganti, vittima di un feroce pestaggio nella piazza adiacente ad un locale del centro storico del paese, davanti ad una trentina di altri giovani e nell'indifferenza e paura generale, sarebbero il vicino di casa della vittima ed il suo fratellastro, Paolo Palmisani e Mario Castagnacci, quest'ultimo peraltro ritenuto l'autore del colpo mortale;
   i due, accusati di omicidio volontario aggravato ed ora in custodia presso il carcere di Regina Coeli, sono stati catturati a casa di una parente a Roma, in zona Boccea, dove sembra si nascondessero dalla furia di chi ora vuole vendicare Emanuele più che dai carabinieri;
   al momento, gli indagati sono sette, ma la vicenda non è ancora chiara; sfugge tuttora il movente e le indagini proseguono per chiarire la dinamica esatta dei fatti;
   in tale contesto, addirittura, sembra essersi aperta anche una guerra tra clan, con minacce e avvertimenti ai parenti degli arrestati ed agli altri cinque indagati;
   ciò che, però, appare oltremodo assurdo all'interrogante è la notizia che uno dei due presunti killer, Mario Castagnacci, il giorno prima dell'omicidio era stato già arrestato (insieme ad altre tre persone) per possesso di 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish, ma rilasciato il giorno dopo perché il giudice per le indagini preliminari aveva riconosciuto la tesi difensiva del «consumo di gruppo», rimettendolo in libertà «senza richiedere l'osservanza di nessun tipo di obbligo»;
   la quantità di droga che ha portato all'arresto del Castagnacci la sera precedente l'omicidio di Emanuele non era certo irrisoria e per gli inquirenti, all'origine della insensata ferocia scatenata dai due fratellastri contro Emanuele, c’è stata proprio l'assunzione di un mix di droghe e alcol;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative ispettive, pur nel rispetto delle competenze proprie della magistratura inquirente, in particolare in relazione alla scarcerazione di Castagnacci, nonostante l'ingente quantità di droga in suo possesso. (4-16125)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANCELLERI e RIZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il corridoio plurimodale tirrenico nord Europa itinerario Agrigento-Caltanissetta A19 S.S. n. 640 «di Porto Empedocle» ammodernamento e adeguamento alla cat. B del decreto ministeriale 5 novembre 2009 dal chilometro 44+000 allo svincolo con l'A19 costituisce uno dei maggiori assi viari regionali e la principale via di comunicazione tra Agrigento e Caltanissetta;
   durante il corso dei lavori, il viadotto in oggetto, è stato sottoposto ad un notevole aumento del traffico veicolare anche da parte dei mezzi pesanti delle imprese incaricate della realizzazione del progetto;
   come si può evincere dal progetto esecutivo, codice unico progetto (cup) F91B09000070001, a pagina 118 – Azione relativa alla prescrizione 11, «Gli interventi di rinaturalizzazione e riqualificazione ambientale nel caso di situazioni di scarsa naturalità, operando con le tecniche della ingegneria naturalistica, ha riguardato i viadotti Giulfo, Favarella, Fosso Mumia, San Giuliano, San Filippo, Busita I e III, Arenella I, II, III, Salso;
   la nuova distribuzione delle pile ha permesso di ridurre il numero degli impalcati e la nuova collocazione delle pile stesse è avvenuta nella maggior parte dei casi quasi al di fuori delle aree di esondazione due centennali: pertanto il nuovo spartito ha permesso di ridurre in termini di impatto la singola sistemazione idraulica, migliorando, o quantomeno lasciando inalterato, il normale deflusso dei corsi d'acqua interessati dalla sistemazione stessa»;
   costo che si desume dal quadro di raffronto per le sistemazioni idrauliche vallone San Giuliano-Viadotto è di euro 290.245,41;
   ad oggi il viadotto San Giuliano rimane chiuso per problemi seri di staticità e sono state attivate le procedure di monitoraggio –:
   quali siano i risultati ottenuti, in fase preliminare, dalle operazioni condotte secondo le tecniche della ingegneria naturalistica, che hanno riguardato il viadotto San Giuliano;
   come siano stati impiegati i 290.245,41 euro per le sistemazioni idrauliche del suddetto viadotto;
   come il notevole aumento del traffico veicolare che c’è stato su questo viadotto da parte di mezzi d'opera delle società Empedocle2 e di CMC abbia potuto influire sul cedimento;
   quali siano i risultati finora ottenuti dal monitoraggio attualmente in corso ed i risultati finali. (5-11005)


   DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 novembre 2016 il firmatario del presente atto di sindacato ispettivo depositava formale richiesta di accesso agli atti, ai sensi della legge n. 241 del 1990 come integrata e modificata dalla legge n. 15 del 2005 e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006 n. 184, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al coordinatore della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al presidente del Comitato interministeriale per la programmazione economica per richiedere copia dei documenti amministrativi e relativi allegati inerenti obbligazioni giuridiche vincolanti riguardanti le seguenti opere prioritarie: Nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione (parte italiana); Linea AV/AC Milano Venezia — Brescia Verona; Linea AV/AC Milano Venezia — Verona Padova; Terzo Valico dei Giovi; Pedemontana lombarda; Pedemontana veneta; Tangenziale Est Milano; MO.S.E.; Bretella Campogalliano Sassuolo; Realizzazione del passante e della Stazione AV/AC di Firenze; Aeroporto di Firenze — Seconda pista;
   il 9 gennaio 2017 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti — Direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie mette i richiedenti a conoscenza dell'interlocuzione in corso tra la direzione stessa e RFI — Direzione Investimenti a proposito della richiesta di accesso agli atti da cui emerge che la suddetta Direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non sarebbe in possesso dei contratti di competenza per la parte ferroviaria e chiede a Rfi di fornirceli;
   il 10 febbraio 2017 la suddetta direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti mette nuovamente a conoscenza i richiedenti del seguito delle comunicazioni intercorse con Rfi: quest'ultima avrebbe risposto in maniera negativa alla richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, affermando di non ritenere i richiedenti titolati ad accedere agli atti. A sua volta il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti scrive a Rfi di dare agli interessati diretto riscontro alla richiesta in considerazione delle recenti modifiche in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi (decreto legislativo 25 maggio 2016 n. 97). Il 22 febbraio 2017 Rfi ribadisce ai richiedenti il diniego ai sensi della legge n. 241 del 1990;
   come suggerito dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in data 22 febbraio 2017, il firmatario del presente atto ha provveduto a presentare direttamente a Rfi nuova istanza di accesso civico ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dall'articolo 6, primo comma, del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (FOIA) ma, con comunicazione datata 17 marzo 2017, RFI nega nuovamente l'accesso agli atti con la motivazione che i suddetti decreti legislativi citati nell'istanza non si applicherebbero alla loro società. Tale risposta sembrerebbe in contraddizione con le linee guida approvate dall'ANAC con determinazione n. 1309 del 28/12/2016 che ribadiscono che il Foia si applica anche alle società in controllo pubblico e alle società in partecipazione pubblica –:
   se corrisponda al vero che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, titolato a vigilare sul concessionario Rfi e sulle opere oggetto di contratto di programma, non sia in possesso dei documenti amministrativi inerenti e come, in tal caso, possa svolgere adeguatamente i suoi compiti di vigilanza;
   quali delle opere elencate in premessa sia già soggetta ad obbligazioni giuridiche vincolanti e a quanto ammontino le eventuali singole penali in caso di risoluzione anticipata dei contratti;
   se Rfi, ai sensi dell'Atto di concessione e dei contratti di programma che la legano allo Stato, possa negare una richiesta di documentazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   se sia vero che il FOIA non si applica alla società RFI. (5-11006)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 1, del decreto legislativo n. 250 del 1997, «L'E.N.A.C. è sottoposto all'indirizzo, controllo e vigilanza del Ministro dei trasporti e della navigazione»;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, unitamente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, una volta esperita la valutazione di impatto ambientale concernente il nuovo aeroporto di Firenze oggi in corso presso il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se ritenuta positiva, dovrebbe emettere il parere di conformità infrastrutturale «per presa visione» che di fatto avallerebbe anche la «tutela dei terzi sorvolati e trasportati» derivante dalle prerogative di vigilanza e controllo di cui al decreto legislativo n. 250 sopra citato;
   la sentenza del Consiglio di Stato n. 5291 del 2013, in materia aeroportuale, chiarisce il «principio di sicurezza» e delle «zone di tutela»: «... in un settore – quale quello del traffico aereo – in cui il rischio di incidenti è quanto mai immanente e deve essere evitato con ogni mezzo possibile, il fatto che il rischio in questione sia “molto basso” non esime in alcun modo dall'intraprendere misure volte ad elidere ulteriormente tale rischio, sino a ridurlo pressoché a “zero” ...anche in funzione del futuro sviluppo aeroportuale...»;
   le sentenze n. 1360/1361 – 2016, con cui il Consiglio di Stato emetteva parere favorevole ad Enac richiamando proprio l'applicazione delle «zone di tutela» di cui all'articolo 715 del codice di navigazione, proprio per la questione dei piani di rischio e tutele relative al previsto nuovo stadio di Cagliari, che per Firenze invece si intenderebbe «derogare»;
   l'articolo 715 del codice di navigazione, con il combinato disposto derivante dal Prot. ENAC 150042/PROT. del 31 dicembre 2013 al comma C, classifica chiaramente che l'intervento di Firenze è da considerarsi a tutti gli effetti un «Nuovo Aeroporto» e in base alle normative Icao oggi non si può approvare un nuovo aeroporto in deroga, che metta a repentaglio l'incolumità dei cittadini sorvolati e trasportati;
   vi sono diverse criticità in relazione alla presenza di alcune strutture vicino al nuovo aeroporto di Firenze tra le quali:
    scuola Marescialli Zona tutela B, distante circa 550/600 metri dal fine RESA testata 30;
    polo Scientifico Zona Tutela C, distante circa 130 metri dalla strip ovvero 280 metri dalla «runway»;
    dune antirumore longitudinali al polo scientifico di oltre 10 metri di altezza, ad una distanza di circa 150/180 metri dalla «runway» (proibite perché causa di amplificazione del danno derivante da possibile impatto aereo, effetto catapulta);
    nuovi argini del Fosso Reale più alti per il contenimento di possibili esondazioni, proprio in testata 12 dove avverranno il 97,5 per cento di atterraggi e decolli, a 250/300 metri circa dal Fine Pista (proibite perché causa di amplificazione del danno derivante da possibile impatto aereo, effetto catapulta);
    stazione Carburanti A/11 Zona Tutela A — Azienda a rischio rilevante ai sensi dell'articolo 6 legge Seveso III, distante appena 50/75 metri circa dalla strip ovvero 200/225 metri dalla «runway»;
    dune di protezione longitudinali alla Stazione Carburanti A/11 (proibite perché causa di amplificazione del danno derivante da possibile impatto aereo, effetto catapulta), distanti 30 metri circa dalla strip, ovvero 180 metri dalla «runway»;
    casello autostradale A/11 zona tutela B distante 850/900 metri dal fine pista testata 12 e proprio sul prolungamento dell'asse della nuova pista;
    centro direzionale autostrade IV Tronco A/1, ed attiguo Hotel «the Gate» Zona Tutela C distante circa 1200/1300 metri dal fine pista testata 12 (con pannelli fotovoltaici da rimuovere, visto che sono proibiti nelle pertinenze dei sedimi aeroportuali specialmente lungo le assi di atterraggio e decollo –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sia a conoscenza dell'incompatibilità con la «sicurezza dei terzi sorvolati e trasportati» e se intenda avvalersi delle prerogative di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 250 del 1997 per bloccare l'opera per la mancata sicurezza;
   a quali valutazioni sia giunto il Governo in merito alla nuova pista per l'aeroporto di Firenze;
   se il Governo possa fornire i parametri in base ai quali è possibile una deroga alla concessione della certificazione aeroportuale, certificando la sicurezza per i «terzi sorvolati e trasportati». (4-16098)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la riforma Delrio, attuata con la legge n. 5 del 2014, ha previsto un ampio svuotamento di funzioni e competenze delle province; per altro va evidenziato che la riforma della parte II del Titolo V della Costituzione non è mai venuta in essere, a seguito del referendum del 4 dicembre 2016;
   tale riforma, a parere dell'interrogante inefficace, confusa e raffazzonata, ha avuto quale unico effetto quello di svuotare le provincie delle loro funzioni per ridurle sull'orlo del dissesto, calpestando letteralmente i servizi finora garantiti ai cittadini, mentre di «taglio» alla spesa pubblica e/o riduzione delle tasse non si è vista traccia;
   particolarmente disastrosa è la situazione della provincia di Caserta, dove l'indisponibilità di risorse finanziarie da parte dell'amministrazione impedisce lo svolgimento delle attività di ordinaria manutenzione della rete stradale, creando un vero e proprio caso di «sicurezza stradale», da tempo denunciato, ma sempre rimasto inascoltato;
   tale situazione di immobilismo sta creando gravi problemi anche in materia di manutenzione degli argini del fiume Volturno, lasciati in uno stato di abbandono e a rischio incendi, soprattutto nei mesi estivi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, anche normative, intendano assumere per superare la fase critica che vivono le province in questo momento, a partire dall'amministrazione provinciale di Caserta, anche attraverso l'attivazione di un tavolo tecnico con i soggetti istituzionali interessati che affronti le emergenze esposte in premessa, al fine di assicurare, in particolare, la sicurezza e la vivibilità del territorio.
(4-16114)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi il sito Grapevine.is, la web-edition della rivista islandese Reykjavik Grapevine, una pubblicazione che si occupa di tutto quanto accade nell'isola, con particolare riguardo a eventi culturali e musicali e storie umane, ha pubblicato la vicenda del giovane iraniano Amir Shokrgozar, omosessuale, che potrebbe presto essere rimandato nella Repubblica Islamica dell'Iran ove, come noto, rischia la pena di morte;
   Amir Shokrgozar ha lasciato l'Iran nove anni fa per scappare dalle persecuzioni legate al suo orientamento sessuale e raggiungere l'Islanda, ove vive il suo compagno. Prima tappa del suo viaggio è stata l'Italia, dove, pur non avendo presentato richiesta di asilo politico, è stato identificato e messo in un centro per i rifugiati;
   due anni fa Amir è riuscito a raggiungere illegalmente l'Islanda, dove ha fatto richiesta di asilo politico, iniziando, contestualmente, lo studio della lingua locale e lavorando come volontario per la Croce rossa;
   la legge islandese impone agli stranieri di provare, tramite una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese, lo status personale a cui è sottoposto il nulla osta al matrimonio con un cittadino islandese, cosa che, ovviamente, l'Iran non fornisce;
   in applicazione della direttiva di Dublino, che è applicata anche in Islanda a seguito di un accordo con l'Unione europea siglato nel 2006, nel febbraio 2017, Amir Shokrgozar è stato trasferito in Italia, primo paese comunitario in cui è stato identificato;
   secondo quanto riportato dal settimanale islandese, le autorità italiane avrebbero negato ogni competenza sul caso, lasciando Amir senza assistenza e accesso alle cure sanitarie e legalmente impossibilitato a lavorare;
   se l'Islanda entro pochi giorni non concederà l'asilo politico, le autorità italiane potrebbero disporre il rimpatrio del profugo in Iran, ove rischia una lunga detenzione se non addirittura la condanna a morte –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda porre in essere, non solo per fare immediata chiarezza sulla vicenda, ma soprattutto per garantire ad Amir Shokrgozar le tutele di cui ha diritto a cominciare dalla non estradizione verso uno Stato in cui rischia la pena capitale. (3-02925)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   è stato istituito il collegio di difesa del comune di Catania, con la deliberazione del consiglio comunale n. 38 del 15 giugno 2006 e modificato con deliberazione n. 15 dell'11 marzo 2009. Il collegio è composto dagli avvocati Daniela Bolognino, Mario Libertini, Pietro Paterniti e Giovanni Grasso;
   il collegio costituisce un onere aggiuntivo per le casse comunali;
   il comune di Catania si avvale di un'avvocatura di circa 15 elementi;
   si apprende da «SudPress» del 22 dicembre 2016 che all'avvocato Grasso furono conferiti anche incarichi in qualità di legale esterno; la valutazione sulle questioni giuridiche e giudiziarie rientra tra gli specifici compiti del collegio di difesa di cui è componente e per il quale già percepisce una remunerazione;
   il 18 ottobre 2016, la città metropolitana di Catania ha liquidato all'avvocato Grasso 7.295,60 euro per incarico conferitogli con provvedimento n. 63 del 5 settembre 2016 dal sindaco Enzo Bianco;
   l'avvocato Grasso, a quanto risulta agli interroganti, ha ricevuto altri incarichi esterni assegnatigli, tra l'altro, con i seguenti provvedimenti: determinazione dirigenziale del 1o dicembre 2016 n. 200/AFFLEG; determinazione dirigenziale del 1o dicembre 2016 n. 199/AFFLEG; determinazione dirigenziale del 27 dicembre 2016 n. 212/AFFLEG;
   a parere degli interroganti, l'affidamento dello svolgimento di attività legale, per conto di amministrazioni ed enti pubblici, è spesso foriero di problematiche interpretative, poiché non sempre è chiaro il discrimine tra ciò che costituisce prestazione di opera intellettuale e ciò che, invece, rappresenta l'espletamento di servizi legali secondo le indicazioni comunitarie;
   il decreto legislativo n. 50 del 2016, in materia di «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE», disciplina anche gli incarichi agli avvocati da parte di pubbliche amministrazioni, definendoli servizi legali nella categoria degli appalti di servizi e, pur escludendo dal campo di applicazione l'attività di rappresentanza di un cliente da parte di un avvocato, ne estende la portata definitoria. In sostanza, le pubbliche amministrazioni, compresi gli organismi di diritto pubblico, nell'affidamento dei servizi di consulenza legale, dovrebbero comunque assicurare l'applicazione dei princìpi del diritto europeo degli appalti, non potendo ricorrere, per la corretta individuazione del professionista, a scelte fiduciarie incentrate solo sull’intuitu personae;
   il decreto legislativo n. 33 del 2013 prevede delle pubblicazioni obbligatorie. Pertanto, nel caso di conferimento di incarico legale per la difesa non seriale in giudizio da parte di un'amministrazione va esclusa la mera scelta discrezionale, ancorata al solo rapporto fiduciario; deve essere assicurato il rispetto di tutte le previsioni a tutela del corretto utilizzo delle risorse pubbliche, quali la predeterminazione della spesa e l'utilizzo prioritario delle professionalità interne, nonché del principio della buona amministrazione, con i conseguenti obblighi motivazionali. Questo vale tanto più laddove il servizio specifico venga a ricadere nel campo di applicazione degli appalti di servizi;
   va considerato che delle prestazioni di consulenze legali diverse dal patrocinio si è occupata anche l'Autorità nazionale anticorruzione nelle linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari con la determinazione n. 4 del 7 luglio 2011, punto 4.3, tra i servizi indicati, figurano quelli legali. Pertanto, a parere degli interroganti, questi ultimi possono ritenersi sottoposti alla disciplina sulla tracciabilità in quanto appalti, di servizi non prioritari e, quindi, rientrano nel perimetro delle disposizioni dettate dall'Anac –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se non ritengano opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative per fare chiarezza sugli incarichi descritti, anche alla luce della giurisprudenza amministrativa, attivando a tal fine le procedure di verifica previste dall'ordinamento. (5-10997)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con un comunicato ufficiale la questura di Cagliari ha comunicato che: «A seguito dello sbarco di 8 cittadini di presunta nazionalità algerina avvenuto la notte di lunedì nella costa sud occidentale dell'Isola, vicino a Teulada, i migranti, nella giornata di ieri sono stati trasferiti presso un cie della Sicilia. A causa della indisponibilità di posti sugli aerei di linea, grazie alla collaborazione della Guardia di finanza che ha messo a disposizione un aeromobile per il trasporto, il medesimo è stato effettuato dopo le previste visite mediche, gli adempimenti per il fotosegnalamento e la prima identificazione. La questura di Cagliari ha curato il trasferimento iniziale e successivamente gli 8 sedicenti algerini sono stati presi in consegna dalla Polizia di Stato dell'isola siciliana per i successivi accertamenti che verranno eseguiti a cura delle autorità consolari algerine ai fini del successivo rimpatrio»;
   l'affermazione contenuta nel comunicato stampa ufficiale secondo la quale la questura ha disposto un volo di Stato perché non ci sono posti negli aerei di linea è di una gravità inaudita sia nei confronti del popolo sardo, costretto a viaggiare con un continuità territoriale scadente sotto ogni punto di vista, sia perché si generano privilegi e discriminazioni senza precedenti disponendo un volo di Stato per il trasferimento di 8 migranti;
   far viaggiare otto migranti giunti ieri la notte di lunedì 27 marzo 2017 dentro la base militare di Teulada con un aereo di Stato non ha precedenti;
   si tratta di una decisione ad avviso dell'interrogante deprecabile e inaccettabile di uno Stato, che nega i voli di linea ai sardi e mette a disposizione un volo della Guardia di finanza per trasferire dalla Sardegna a Palermo otto migranti algerini;
   il Ministro interrogato dovrebbe, a parere dell'interrogante, immediatamente rimuovere i responsabili di questo fatto indecoroso per le istituzioni e per i cittadini sardi e non solo;
   aver utilizzato un aereo della Guardia di finanza per trasferire otto migranti con la sola giustificazione che non vi erano posti nell'aereo di linea è, ad avviso dell'interrogante, un affronto al buon senso e alla morale;
   chiunque abbia assunto questa decisione dovrebbe assumersi l'onere di questo dispendioso viaggio;
   ad avviso dell'interrogante non è pensabile che vengano meno i posti di linea della Sardegna e poi di punto in bianco il Ministero dell'interno, con la questura e la prefettura di Cagliari, dispongano di un viaggio scandalo con oneri superiori ai diecimila euro per 8 passeggeri;
   a questo punto si dovrebbe pensare di prevedere lo stesso trattamento per tutti i cittadini sardi che non dovessero trovar posto negli aerei di linea;
   tutto questo è di una gravità inaudita e va perseguito sino in fondo, compresa l'attenzione necessaria da parte degli organi di controllo contabile –:
   se non ritenga di dover individuare, per quanto di competenza, i responsabili di quella che appare all'interrogante una scellerata decisione;
   se non ritenga di dover disporre la trasmissione degli atti relativi alla Corte dei conti per valutare eventuale danno all'erario. (5-10998)


   FONTANELLI, CARROZZA e GELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tutte le forme di violenza fuori e dentro gli stadi e, in generale, durante lo svolgimento di manifestazioni sportive non si giustificano, vanno sempre impedite e vanno sempre adottati tutti i provvedimenti di prevenzione e di contrasto;
   in occasione della partita Pisa-Brescia, svoltasi nella città di Empoli il 17 settembre 2016, prima della gara si sono verificati alcuni episodi di contatto tra le due tifoserie. In seguito ad alcuni disordini venivano identificati e successivamente sottoposti alla procedura del Daspo ottantasette tifosi pisani;
   secondo quanto emerso dagli atti del questore di Firenze, gli ottantasette tifosi pisani venivano ritenuti tutti, indistintamente, responsabili dei reati di resistenza e violenza aggravata a pubblico ufficiale e di istigazione a delinquere. Agli ottantasette tifosi pisani venivano notificate comunicazioni di avvio di procedimento tese alla emissione di altrettanti Daspo, sul presupposto di un «agguato premeditato»;
   alcuni legali, in seguito ad una attenta ricostruzione dei fatti, disponevano delle memorie difensive, inviate alla divisione anticrimine della questura fiorentina, nelle quali si evidenziavano alcuni limiti organizzativi da parte delle forze dell'ordine. Attraverso diverse testimonianze venivano segnalate le difficoltà derivanti dal fatto che non erano stati delimitati, nelle aree adiacenti lo stadio Castellani, i tragitti riservati alle due tifoserie;
   nelle scorse settimane venivano raccolte e consegnate al sindaco di Pisa 7.244 firme raccolte tra numerosi tifosi e cittadini pisani, i quali contestavano sia la versione dei fatti diffusa dalle forze dell'ordine, sia l'elevato numero dei provvedimenti emessi dal questore di Firenze;
   il 16 marzo 2017 otto imputati, arrestati il 17 settembre con accuse che vanno dalla resistenza e violenza a pubblico ufficiale a lesioni personali, sono stati condannati dopo aver visto fortemente ridimensionate le accuse di agguato e di premeditazione;
   in parallelo al procedimento penale è ancora aperto il fronte giudiziario per i tifosi destinatari del Daspo. Per quindici di loro è stata predisposta l'archiviazione del procedimento senza sanzioni e per altrettanti casi vi è stata una riduzione della misura e la non convalida dell'obbligo di firma disposta dalla questura fiorentina –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, se ritenga adeguato il servizio di prevenzione e di controllo messo in atto dalla questura di Firenze il 17 settembre 2016, prima della partita Pisa-Brescia, e, infine, se e quali motivazioni siano state addotte in relazione all'assunzione di misure restrittive così pesanti verso i tifosi pisani, rispetto a come i fatti sembrano essere accaduti. (5-11008)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni la Polizia stradale di Villa San Giovanni (Reggio Calabria) lamenta l'inadeguatezza degli spazi ad essa destinati;
   lo stabile in cui trova sede la Polstrada, infatti, è un normale condominio, e riguardo a questa collocazione già dal 2008 si lamentavano diverse criticità: oltre allo stato di degrado, si metteva in evidenza come gli spazi fossero condivisi con abitazioni civili, studi professionali, esercizi commerciali e un bed&breakfast che rendevano impossibile garantire minimali condizioni di sicurezza, di accessibilità e di decoro;
   tale situazione veniva denunciata anche nel 2013, quando veniva convocata una riunione tecnica d'urgenza tra i vertici della polizia stradale ed il comune di Villa San Giovanni;
   il comunicato emanato a seguito della stessa, oltre a rilevare «l'urgenza di trasferire ad altra sede gli uffici della polizia stradale di Villa San Giovanni per l'evidente inidoneità dei locali», riportava la dichiarazione del dirigente del compartimento polizia stradale Calabria che dichiarava che «qualora questa annosa problematica anche questa volta non trovi risoluzione, proporrà al superiore ministero la chiusura della polizia stradale di Villa San Giovanni»;
   tra i bandi di gara dell'Ufficio per l'Autostrada SA-RC di Cosenza di Anas spa del 26 agosto 2016 compariva quello per «lavori di adeguamento locali in uso alla Polizia Stradale di Reggio Calabria per l'accorpamento del distaccamento di Villa San Giovanni»;
   una decisione del genere risulta incomprensibile dato che il comune di Villa San Giovanni risulta interessato da intensa attività criminale, specialmente del crimine organizzato, e l'eliminazione di un presidio sul territorio avrebbe come conseguenza diretta l'indebolimento della presenza dello Stato;
   ciò risulta tanto più inaccettabile visto che sono presenti nel comune di Villa San Giovanni diversi stabili tra i beni sequestrati alla mafia che potrebbero ospitare la polizia stradale –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se confermi la decisione di accorpare il distaccamento della polizia stradale attiva presso Villa San Giovanni alla sezione di Reggio Calabria. (4-16103)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con lettera circolare 1/2017 del 17 gennaio 2017 il dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno – direzione centrale risorse logistiche e strumentali ha indicato ai comandi provinciali le direttive per l'espletamento della procedura di gara per l'affidamento del servizio di ristorazione presso le sedi di servizio;
   la predetta lettera-circolare, recependo gli obblighi disposti dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, prevede che si renda necessario realizzare un risparmio di spesa anche sui Cap. 1951/01 e seguenti per implementare le risorse disponibili nei fondi incentivanti del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine della «valorizzazione delle peculiari condizioni di impiego professionale del personale medesimo nelle attività di soccorso pubblico, rese anche in contesti emergenziali»,
   nella lettera-circolare è altresì possibile apprendere che «in considerazione della scadenza al 31 dicembre 2017 dei contratti di mensa, si rende necessario attivare una procedura di gara che recepisca le novità introdotte sia dalla Legge di Bilancio e sia dal nuovo codice dei contratti entrato in vigore il 19 aprile 2016»;
   in particolare, secondo quanto analiticamente indicato dalla relazione tecnica, allegata alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, tali economie dovranno essere realizzate, a partire dal 2018 grazie «all'introduzione, in maniera diffusa, su tutto il territorio dell'utilizzo del buono pasto elettronico (...) in luogo del più oneroso servizio di ristorazione per il pasto serale presso le sedi operative (opzione compatibile con l'orario di inizio del servizio da parte del personale turnista)»;
   con tale sistema il personale dei vigili del fuoco non potrà più usufruire del servizio mensa confezionato presso le sedi operative, nonostante l'impegno degli operatori di tale corpo sia soprattutto fisico e necessiti, quindi, dell'assunzione di pasti con adeguato contenuto energetico che il buono pasto potrebbe non garantire;
   il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto aziende e amministrazioni autonome dello Stato ad ordinamento autonomo 1998/2001, all'articolo 50, stabilisce che, ferma restando la gratuità del servizio mensa per il personale operativo inserito nei turni di lavoro collegati al soccorso, il contatto collettivo integrativo nazionale (...) regolerà il diritto alla mensa per il personale non inserito nei turni tenendo in considerazione precisi criteri;
   in particolari situazioni di emergenza, presso i comandi, oltre al personale normalmente in servizio, possono affluire anche uomini provenienti da altre province e regioni e dunque, ad avviso dell'interrogante, non è realisticamente pensabile che il servizio di ristorazione possa essere garantito con l'erogazione dei buoni pasto;
   la necessità di perseguire obiettivi di contenimento delle spesa pubblica non sempre migliora i servizi, in questo caso infatti ne compromette, in modo evidente, il regolare svolgimento;
   l'orario di servizio dei vigili del fuoco è svolto con una articolazione in turni di 12 ore continuative e tale particolare articolazione ha consentito, fino ad oggi, di poter mantenere gli attuali standard di efficienza e tutela dei cittadini in termini di sicurezza e soccorso tecnico urgente che diversamente verrebbero a mancare –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di scongiurare la soppressione del servizio mensa durante lo svolgimento dei turni notturni per tutto il personale del settore operativo in servizio nei comandi provinciali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. (4-16109)


   FANTINATI e CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in queste ore, i mezzi d'informazione e i social media rilanciano a ritmo incessante la notizia di un'inquietante offerta turistica di un operatore trapanese – Easy Trapani – che propone ai visitatori il «mafia tour», «un affascinante tour nel mondo della mafia siciliana». Il pacchetto turistico è accompagnato anche da un video promozionale in cui viene simulata una sparatoria in piazza Locatelli, nel centro storico di Trapani;
   a partire da 60 euro, i turisti possono scegliere se visitare il museo della mafia a Salemi o una delle città «della Sicilia occidentale, che ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo, della mafia e delle sue tradizioni – come Corleone, Castelvetrano, Alcamo, Castellammare del Golfo e altre – e conoscere le storie affascinanti nascoste dietro le loro mura»;
   scegliendo il pacchetto completo, il turista potrà approfondire il mondo della mafia siciliana «esplorando le sue diverse sfaccettature. Visiterete più di un luogo, le città di origine delle famiglie siciliane mafiose più affermate o scenari di alcuni tra i più drammatici eventi correlati alla mafia e sarà una comprensione più ampia riguardo l'influenza delle attività criminali che Cosa Nostra continua ad esercitare sulla società siciliana»;
   nel descrivere il tour si fa cenno, si spera millantando, anche alla possibilità di «un incontro con un giornalista o altra persona coinvolta nella resistenza attiva contro i clan criminali di Cosa Nostra»;
   non mancano, a corredo, foto di turisti che, soddisfatti, brandiscono un coltello indossando il grembiule del film «Il Padrino»;
   ad accompagnare i turisti in questo tour c’è il fondatore di Easy Trapani, un «cicerone» il cui nome non risulta in alcun albo o elenco regionale delle guide turistiche;
   nel nostro Paese, da molto tempo, si dibatte il tema della «cultura della legalità», un concetto che si è via via rafforzato a partire dagli inizi degli anni ‘90, con le stragi mafiose di Palermo;
   le associazioni antimafia del territorio hanno stigmatizzato l'iniziativa e chiesto l'intervento del prefetto. Anche il responsabile provinciale dell'associazione Libera, Salvatore Inguì, ha sottolineato come «l'incipit della promozione del tour mi provoca cattivi pensieri. L'evidenza dovrebbe essere data a chi la mafia l'ha combattuta, non c’è bisogno di finte sparatorie e del Padrino per promuovere la nostra terra. Sarebbe più interessante raccontare la storia del movimento antimafia, di quanti hanno perso la vita per combattere Cosa Nostra»;
   il 21 marzo 2017 scorso si è celebrata la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che proprio a Trapani ha visto sfilare 12 mila persone per ricordare i circa 900 morti di mafia –:
   quali iniziative, anche con carattere di urgenza, s'intendono adottare al fine di intensificare attività e promozione di programmi che diano impulso ad una maggiore coscienza civile, democratica e solidale, consapevoli che la lotta alle mafie richieda un vero e proprio riscatto etico. (4-16113)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio di Melendugno (Lecce), e in particolare nel sito di San Foca, è stato programmato dal Consorzio TAP l'approdo di un gasdotto finalizzato a trasportare verso l'Italia e quindi l'Europa settentrionale il gas estratto nei giacimenti dell'Azerbaijan;
   l'opera ha da subito incontrato l'opposizione delle comunità e delle istituzioni locali, che hanno ravvisato l'incompatibilità fra l'impatto ambientale del gasdotto e delle strutture di servizio, e un'economia incentrata su turismo e agricoltura;
   lo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si era opposto all'autorizzazione, insieme alla regione Puglia, tanto da rendere necessario nel 2014 un atto d'imperio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per superare le obiezioni;
   oggi l’iter autorizzativo risulta peraltro ancora incompleto, dato che modifiche resesi necessarie dopo la VIA del 2015 rendono necessaria una VIA ulteriore attualmente in corso;
   nonostante tali controversie rendano necessaria grande prudenza nei tempi e nelle modalità di avvio dei lavori, la società TAP ha deciso comunque a partire dalla data del 28 marzo 2017 di procedere all'espianto degli ulivi nel tratto in cui dovrebbe avvenire poi la posa del cosiddetto microtubo;
   si deve far presente che la situazione geologica dell'area, caratterizzata da sabbia e acqua, secondo molti tecnici rende difficile che si possa poi procedere effettivamente alla posa senza pericoli per l'ambiente e la popolazione;
   in opposizione all'avvio dei lavori, un movimento di cittadini, appoggiato da tutte le istituzioni locali della zona, ha dato vita a un presidio permanente con Io scopo di manifestare pacificamente l'opposizione al progetto e alla sua attuazione;
   a partire dal 28 marzo risulta si sia quindi provveduto a impedire l'avvio dei lavori di espianto, con l'obiettivo di riaprire un canale di confronto tecnico e istituzionale;
   la reazione del Governo è stata l'invio di centinaia di esponenti delle forze dell'ordine in tenuta anti sommossa, con mezzi imponenti e appoggio di elicotteri, nonché, se la notizia fosse confermata, di unità della marina nel porto di San Foca;
   si è così provveduto nella giornata del 28 marzo a sgomberare con la forza il presidio, arrivando a caricare i sindaci nel pieno delle loro funzioni;
   lo stesso è accaduto, pur con un minor tasso di violenza, nella giornata del 29, nonostante la presenza tra gli altri di un parlamentare della Repubblica, che come i sindaci è stato oggetto di allontanamento fisico da parte delle forze dell'ordine dal piazzale pubblico antistante il cantiere –:
   quali ragioni abbiano indotto a far intervenire un gigantesco dispiegamento della forza pubblica per garantire l'immediato avvio delle operazioni di espianto degli ulivi, nonostante l’iter autorizzativo dell'opera non sia completo e gli stessi alberi non possano essere totalmente rimossi dal sito, vista la presenza di 18 ulivi monumentali per cui manca l'autorizzazione all'espianto;
   se ritenga che la condotta delle forze di polizia, ovvero le cariche a danno di rappresentanti delle istituzioni locali, sia stata corretta;
   quale sia stato esattamente il dispiego di uomini e di mezzi delle forze dell'ordine e quale il costo economico sostenuto in sostanza a tutela dell'attività di un consorzio privato. (4-16119)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DURANTI, NICCHI, RICCIATTI, PIRAS, SANNICANDRO, CARLO GALLI, D'ATTORRE e ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la cosiddetta alternanza scuola-lavoro è stata introdotta — e resa obbligatoria per tutti gli studenti dell'ultimo triennio delle scuole superiori, anche nei licei — con la legge n. 107 del 2015; entrerà a regime durante l'anno scolastico 2017/2018 e prevede un monte ore obbligatorio di 200 ore nei licei e di 400 negli istituti tecnici e professionali;
   a quanto si apprende da organi di stampa, come ad esempio la Repubblica online in edizione regionale della Puglia, il sindacato studentesco «UDS» di Bari sta elaborando un vero e proprio dossier sulla alternanza scuola/lavoro – attenzionando oltre 50 scuole della regione Puglia — da presentare dopo Pasqua all'Ufficio scolastico regionale;
   come si evince dalle prime risultanze del dossier, rese appunto pubbliche per mezzo stampa, vi sono diversi episodi che evidenziano criticità nella applicazione del piano alternanza scuola-lavoro;
   nello specifico e fra gli altri vi è: il caso dei ragazzi di un istituto alberghiero – come racconta anche il coordinatore dell'UDS, Davide Lavermicocca — che sono stati costretti a spillare birra per tutta la notte di Capodanno; il caso di Nadia, che si è trovata a fare la hostess in una fiera specializzata, «distribuendo volantini per aziende di arredamento per dodici ore consecutive con una breve pausa, senza che ciò avesse nulla di formativo; il caso dei ragazzi di un istituto professionale di Lecce, sfruttati come manovalanza in una officina e senza il rispetto delle minime misure di sicurezza, come i caschi anti infortunio»;
   nella provincia jonica invece si registrano due casi particolarmente critici e degni di menzione. I ragazzi dell'istituto tecnico Pacinotti, infatti, sarebbero stati destinati allo stabilimento Ilva per le ore di alternanza, mentre quelli dell'Istituto artistico sarebbero stati impiegati per scartavetrare le barche della Lega Navale, come denuncia il coordinatore UDS del capoluogo tarantino, Michael Tortorella. Il Preside del Pacinotti, inoltre, conferma le criticità esposte, dichiarando come l'Istituto abbia stretto intese — per rispettare gli obblighi ministeriali — con (fra gli altri) Ilva e Marina Militare;
   a quanto si evince inoltre dal dossier le criticità sopra evidenziate non sarebbero attribuibili tanto ai docenti tutor, quanto al sistema stesso della alternanza scuola-lavoro, concentrato troppo sulla quantità di ore e non sulla effettività qualità — e funzionalità anche in ottica futura — della esperienza;
   la bontà della iniziativa messa in campo dalla associazione UDS di Bari è tale che sarà, a quanto si apprende, ripetuta in diverse altre regioni nei prossimi mesi;
   per quanto di conoscenza, l'ufficio scolastico regionale — nella persona della direttrice Anna Cammalleri — avrebbe avviato le prime indagini sui casi esposti, manifestando anche la volontà di ascoltare i rappresentanti dell'UDS –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non intenda avviare, nell'immediato, delle iniziative — anche partendo dalle risultanze del dossier di cui in premessa — al fine di scongiurare ogni possibile ripetizione di casi come quelli evidenziati e che nulla hanno di formativo, prevedendo oltremodo degli strumenti normativi che impediscano in futuro convenzioni con imprese ed aziende che possano in qualsiasi modo essere poco attinenti ad un percorso formativo adolescenziale e che possano mettere a rischio la salute dei ragazzi. (5-11003)


   CHIMIENTI, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA, D'UVA, MARZANA, LUIGI GALLO e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 dicembre 2016, n. 232, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale numero 297 del 21 dicembre 2016, all'articolo 366, stabilisce che: «Per il concorso alle finalità di cui al comma 364 del presente articolo, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è iscritto un fondo con una autonoma dotazione di 140 milioni di euro per l'anno 2017 e 400 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, da destinare all'incremento dell'organico dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107. Al riparto del fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»;
   il Ministro Valeria Fedeli ha scritto al Ministro dell'economia Pier Carlo Padoan e al premier Paolo Gentiloni due lettere, così come riportato dal Corriere della Sera in un articolo pubblicato il 27 marzo 2017, avvisando il ministro Padoan che il ritardo è inaccettabile e che in gioco ci sono, oltre ai fondi stanziati mediante la Legge di Bilancio, anche 25 mila stabilizzazioni;
   il Ministero dell'economia e delle finanze, come riportato nel succitato articolo, risponde che la Ragioneria dello Stato si starebbe orientando per autorizzare sole 8-10 mila nuove assunzioni;
   il Ministro Fedeli, nel medesimo articolo, afferma che la trasformazione dei 25 mila posti da organico di fatto a quello di diritto consentirebbe di partire per tempo con le assunzioni, evitando di iniziare anche il prossimo anno scolastico con un numero eccessivo di cattedre vuote;
   utilizzando i dati forniti dal Governo nelle tabelle allegate alla relazione tecnica della legge n. 107 del 2015, relativi agli oneri aggiuntivi per la finanza pubblica derivanti dalle nuove assunzioni a tempo indeterminato su posti vacanti e disponibili fino a quel momento coperti con supplenze annuali fino al 30 di giugno, si può facilmente calcolare che, con una dotazione finanziaria di 400 milioni di euro, le trasformazioni di posti da organico di fatto in organico di diritto potrebbero essere numericamente molto superiori alle 25 mila stimate dal Governo;
   l'urgenza dell'autorizzazione da parte del Ministero dell'economia e della finanze delle trasformazioni in organico di cui sopra è determinata anche dalla presenza di un elevato numero di docenti precari della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, che raggiunge le 65 mila unità, come riportato in un articolo pubblicato in data 7 marzo 2017 sul sito «tecnicadellascuola.it»;
   mediante lo schema di decreto legislativa recante «riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione» ( A.C. 377) sul quale le Commissioni VII e IX hanno espresso il proprio parere nella seduta del 16 marzo 2017, al Capo V e nelle more dell'entrata in vigore del nuovo sistema di formazione e reclutamento docenti, viene sancita una fase transitoria di immissioni in ruolo per i docenti precari della scuola secondaria di primo e di secondo grado;
   allo stato attuale non vi è alcuna previsione assunzionale per i docenti abilitati della scuola dell'infanzia e della scuola primaria inseriti nelle Graduatorie ad Esaurimento e nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto –:
   se i Ministri in indirizzo intendano utilizzare, ai fini della trasformazione dei posti di organico di fatto in organico di diritto, tutte le risorse stanziate in legge di Stabilità 2017 e ammontanti a 400 milioni di euro, evitando che una parte di queste risorse possano essere disperse, e in che proporzioni tali risorse verranno ripartite tra i diversi gradi scolastici;
   se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prevederà entro tempi certi un piano assunzionale riservato alla scuola dell'infanzia e alla scuola primaria, che includa una fase transitoria per la stabilizzazione dei docenti precari abilitati. (5-11007)


   PIRAS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti di stampa, in tutto il territorio nazionale – da ultimo con una manifestazione a Sassari svoltasi il 27 marzo 2017 – si moltiplicano le rimostranze degli studenti delle scuole medie di secondo grado sulle modalità di attuazione attraverso le quali viene applicata la cosiddetta alternanza scuola/lavoro, resa obbligatoria con la legge n. 107 del 2015 e già operativa – nella misura di 200 ore/anno nei licei e di 400 per gli istituti tecnici e professionali – seppur in previsione della sua entrata a regime a partire dall'anno scolastico 2017/2018;
   le molteplici denunce delle organizzazioni studentesche – fra cui anche quella dell'UDS – vertono su di una molteplicità di situazioni, a giudizio dell'interrogante assolutamente grottesche, se non ai limiti dello sfruttamento gratuito di manodopera: casi di utilizzo per 12 ore consecutive intervallate da brevi pause, casi di utilizzo per mansioni dequalificate ed estranee al percorsi di studio (pulizia di bagni, fotocopie, pulitura di mitili) seguito dai ragazzi;
   appare di tutta evidenza, quindi, come lo spirito della norma del 2015 sia contraddetto da queste denunce. In particolar modo sembra lesa la necessaria relazione di coerenza fra il percorso formativo e l'esperienza lavorativa, che dovrebbe preparare gli studenti ad un futuro impiego;
   ad avviso dell'interrogante, inoltre, si ravviserebbe una palese contraddizione con il dettato dell'articolo 36 della Costituzione, nella parte riguardante il diritto di ogni lavoratore ad essere retribuito –:
   se il Ministro interrogato e specificamente il Governo siano informati di quanto accade nell'attrazione della disciplina in questione;
   quali iniziative intenda intraprendere affinché sia nell'immediato scongiurato l'uso scorretto della norma in oggetto contenuta nella legge n. 107 del 2015.
(5-11011)


   TONINELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa (si vedano gli articoli del Fatto Quotidiano del 28, 29 e 30 marzo 2017 a firma di Laura Margiotta) riportano che parti rilevanti del lavoro con il quale il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, onorevole Maria Anna Madia ha conseguito il dottorato di ricerca presso la «Scuola IMT Alti Studi Lucca» sarebbero state integralmente riportate da altre fonti, senza che sia possibile per chi esamina il lavoro distinguere il lavoro originale da quello copiato: in assenza, cioè, di citazione diretta, ma in presenza di mere citazioni bibliografiche, le quali, tuttavia, non risultano sufficienti a garantire l'originalità e la genuinità del lavoro scientifico laddove il testo rappresenti un'integrale e pedissequa riproduzione di un altro testo senza che ciò sia specificato;
   il professor Ben Martin dell'Università del Sussex, editor della prestigiosa rivista internazionale Research Policy, ha affermato in proposito che «in molti casi, nella tesi della Madia le frasi sono copiate da altri autori. Anche se la fonte è in bibliografia, e anche quando è presente nel testo tra parentesi, il materiale copiato non virgolettato. Nel inondo accademico questo è considerato plagio»; lo stesso autorevole scienziato, secondo le stesse fonti, ha peraltro fatto anche espresso e circostanziato riferimento anche a casi analoghi da egli personalmente riscontrati in altri lavori scientifici dell'onorevole Madia, co-firmati dalla dottoressa Caterina Giannetti;
   fermi restando gli eventuali profili penali della vicenda i quali non competono alla presente interrogazione, né Governo, e considerato tuttavia che il lavoro messo in discussione è stato finanziato con risorse pubbliche del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca altresì che anche il citato e autorevole professor Martin ha raccomandato l'avvio di un'indagine da parte dell'istituto «Imt. Alti studi» di Lucca sul caso da parte delle istituzioni coinvolte; nonché la conseguente rilevanza pubblica della vicenda, si rileva dunque la necessità attuale di tutelare il prestigio e l'immagine del sistema della ricerca italiano nel suo complesso; si rileva che vicende analoghe avvenute in altri Paesi dell'Unione europea e di pubblico dominio hanno avuto quale esito la revoca del titolo di dottorato, prima ancora delle dimissioni dei Ministri interessati –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare se le accuse riportate corrispondano al vero, avvalendosi della competenza di esperti internazionali indipendenti, onde eventualmente adottare le iniziative conseguenti a tutela della corretta gestione delle risorse di sua competenza e dell'immagine del sistema italiano della ricerca scientifica nel suo complesso;
   quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda assumere in relazione alla vicenda di cui in premessa. (5-11013)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PIRAS, DURANTI e RICCIATTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Cagliari, capoluogo della Sardegna, città ricca d'arte e storia, capitale della cultura per il 2016 e già candidata capitale europea della cultura, non ha una Accademia delle belle arti, né una sede istituzionale per il suo liceo artistico e musicale «Foiso Fois» che – peraltro – soffre di una cronica carenza di spazi, particolarmente per quanto attiene al lavoro laboratoriale;
   ad avviso dell'interrogante è questa una condizione complessivamente inaccettabile per una istituzione culturale come il liceo artistico, annualmente sottoposto a spostamenti di sede fra i quali – da ultimo – la separazione – peraltro ad anno scolastico iniziato – della sezione musicale in altra sede;
   suddetta condizione costringe studenti ed insegnanti ad una serie di innumerevoli disagi: laboratori di scultura all'aperto in qualsiasi condizione meteorologica, aule adattate a mini-laboratori di pittura, doppio pendolarismo fra le due sedi del liceo artistico-musicale, scollegamento dal cuore del centro cittadino;
   l'utenza del liceo è caratterizzata da una popolazione tendenzialmente stabile di 850 studenti, gran parte dei quali pendolari dai paesi della provincia; 44 di loro, inoltre, con disabilità anche gravi;
   le problematiche del liceo «Fois» sono state più volte sollevate negli ultimi mesi, in particolare con un documento del collegio dei docenti approvato a maggioranza il 16 settembre 2016 ed inviato alla Ministra pro tempore, dell'istruzione dell'università e della ricerca Giannini –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda attivarsi immediatamente affinché al liceo artistico e musicale «Foiso Fois» siano garantiti tutti gli strumenti necessari al giusto prosieguo dell'attività didattica – allo stesso livello di eccellenza che ha contraddistinto gli ultimi 50 anni – e necessari a garantire una sede stabile ed adeguata al tipo di attività didattica.
(4-16101)


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come noto, la legge 5 febbraio 1992 n. 104 «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», riconosce e tutela espressamente la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nel periodo scolastico e di crescita personale, e del lavoro, al fine di garantirne l'integrazione;
   con riferimento al periodo scolastico, l'articolo 15 della legge sopra menzionata prevede l'istituzione di appositi gruppi di lavoro in ogni ufficio scolastico provinciale, in ogni circolo didattico e negli Istituti di scuola secondaria di primo e secondo grado, con il compito di collaborare alle attività organizzate per integrare gli alunni con difficoltà di apprendimento;
   analogamente il decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975 n. 970 «Norme in materia di scuole aventi particolari finalità», ha istituito giuridicamente la figura professionale, poi meglio caratterizzata nella legge 4 agosto 1977 n. 517 «Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica all'ordinamento scolastico» e successive modificazioni e integrazioni, dell'assistente di sostegno che viene definito un insegnante «specializzato», fornito di formazione specifica, e che, sulla base del Piano Educativo Individualizzato, definisce le modalità di integrazione dei singoli alunni con disabilità, partecipandovi attivamente;
   nell'ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap attraverso le prestazioni di insegnanti specializzati assegnati ai sensi dell'articolo 9 del decreto sopra menzionato;
   il quadro normativo così esposto, si completa con la legge 18 agosto 2015 n. 134 «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro acustico e di assistenza alle famiglie», che introduce alcune importanti garanzie a tutela della persona soggetta a disturbi dello spettro autistico nell'ambito scolastico;
   nello specifico viene stabilito che:
    a) l'Istituto superiore di sanità aggiorni le linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell'evoluzione delle conoscenze derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;
    b) il Ministero della salute promuova lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative;
    c) l'incentivazione di progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone con disturbi dello spettro autistico;
   recentemente, anche la legge su La Buona Scuola ha confermato il quadro ordinamentale così delineato, confermando l'essenzialità di integrare nel contesto scolastico anche gli alunni con bisogni particolari;
   dall'esame della normativa citata, dunque, si evidenzia la precisa responsabilità del Ministero della salute e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di supervisionare circa l'osservanza e l'adempimento degli obblighi assunti;
   tuttavia, recenti fatti di cronaca evidenziano una inidoneità delle scuole a fronteggiare pienamente tali questioni e dimostrano come, ad oggi, l'esercizio del diritto allo studio sia ostacolato dalla difficoltà di incaricare docenti che siano in grado di prendersi cura di studenti con bisogni particolari;
   si può citare, ad esempio, il recente episodio verificatosi a Lanciano, dove – a quanto si apprende dalla stampa – una madre, tentando di iscrivere il proprio figlio, soggetto a disturbi dello spettro autistico, alla scuola elementare, si è vista rifiutare la richiesta da ben tre Istituti scolastici. Stando ai giornali che hanno riportato la notizia di cronaca, il rifiuto sarebbe stato motivato dalla presenza di un numero troppo alto di alunni con il medesimo disturbo –:
   quali siano i provvedimenti che intende adottare per evitare che si verifichino nuovamente episodi analoghi a quelli riportati e, dunque, garantire la corretta applicazione delle previsioni normative esistenti in materia. (4-16108)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 97 della Costituzione delinea i principi di accesso all'impiego pubblico, prevedendo l'espletamento della procedura concorsuale secondo modalità fissate dalla legge e dagli atti regolamentari. In base al principio costituzionale, il concorso pubblico risulta essere lo strumento idoneo a garantire i requisiti di efficienza e di imparzialità nella scelta del capitale umano attraverso il metodo comparativo;
   le finalità del concorso pubblico, in attuazione del suddetto precetto costituzionale, risultano, pertanto, pienamente conseguite soltanto qualora l'imparzialità e l'efficienza della macchina organizzativa dia luogo all'attuazione di una procedura che, mediante un efficace sistema selettivo, valorizzi esclusivamente il merito e le capacità professionali, garantendo conseguentemente una copertura dell'impiego nel modo più efficace, più utile per la collettività;
   la commissione esaminatrice è l'organo preposto in via esclusiva alle operazioni relative all'espletamento delle prove concorsuali e alla valutazione dei candidati partecipanti alla procedura;
   in relazione all'articolo 35 decreto legislativo n. 465 del 2001, le regole relative alla composizione delle commissioni esaminatrici assumono, quindi, significativa importanza. L'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 regolamenta nel dettaglio le modalità di nomina e composizione delle commissioni, stabilendo che i membri sono scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, purché non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, non ricoprano cariche politiche e non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
   il 19 febbraio 2017, il Mattino di Napoli ha riportato l'intervento di Valeria Fedeli, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, durante l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università degli Studi di Napoli Parthenope. Nello specifico, la Ministra ha annunciato «risorse importanti e misure innovative per rafforzare l'organico di ricercatrici e ricercatori e professoresse e professori, per promuovere il diritto allo studio e valorizzare il merito»;
   Fedeli ha anche aggiunto che, a breve, si concluderanno i due piani straordinari varati con la legge 11 dicembre 2016, n. 232 per l'assunzione, negli enti pubblici di ricerca, di 861 ricercatori universitari e di 216 ricercatori;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 9 marzo 2017, ha sottolineato come la stampa, i media e i social network riportino spesso, «notizia di casi di aggiramento delle regole nei bandi di concorsi non trasparenti e di condotta arbitraria delle commissioni, comprese quelle delle abilitazioni nazionali che hanno il compito di selezionare chi potrà diventare docente dell'università italiana. In merito, ha sollevato numerose polemiche la questione dei profili per i bandi di concorso dei ricercatori a tempo determinato di tipo b che, se in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale, dopo tre anni possono essere assunti come professori associati. Ciò che ha suscitato ampia discussione riguarda i bandi “anomali” che delineano il profilo del candidato idoneo a ricoprire quel ruolo. Questa «anomalia» non soltanto scoraggia la partecipazione alla procedura di valutazione di altri candidati, ma disattende anche l'articolo 24, comma 2, della legge 240 del 2010 secondo cui sia i bandi sia i regolamenti degli atenei devono garantire la più ampia partecipazione di concorrenti e non limitare e ridurre il numero degli aspiranti»;
   il giornale ha evidenziato, inoltre, che «in alcuni concorsi sia per ricercatore che per professore associato, le commissioni siano formate da membri che non solo hanno una consolidata collaborazione scientifica con i candidati e sono stati tutor della loro tesi di dottorato, ma hanno avuto un ruolo determinante nell'attività di ricerca e di didattica, e addirittura risultano cofirmatari di pubblicazioni e presenti in progetti comuni»;
   le commissioni dei concorsi universitari dovrebbero garantire i principi costituzionali (articolo 97) recepiti e sviluppati nella legge n. 241 del 1990 ed essere composte da membri che possano tutelare la parità di trattamento fra i diversi aspiranti ad un posto pubblico;
   secondo l'articolo 51, comma 3, del codice di procedura civile il conflitto di interessi si verifica «in tutte le ipotesi di assiduità nei rapporti personali, scientifici, lavorativi, di studio, rispetto ad un altro concorrente, in misura tale che possa determinare anche solo il dubbio di un sostanziale “turbamento” o “offuscamento” del principio di imparzialità» –:
   in merito ai fatti esposti in premessa, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la trasparenza nei bandi di concorso e il perseguimento degli obiettivi di imparzialità delle commissioni esaminatrici, al fine evitare episodi di corruzione, favoritismo e discriminazione nel reclutamento universitario. (4-16110)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio 2016 la società abruzzese Baltour Srl (settore trasporti – lunga percorrenza e trasporto locale) emetteva un ordine di servizio ove provvedeva a comunicare a tutto il personale dipendente l'impossibilità di accordare congedi parentali «per inderogabili necessità di servizio, dal 13 aprile 2017 al 2 maggio 2017» specificando che si intende compresa anche la «maternità facoltativa»;
   il presidente e amministratore delegato della suddetta società è il Cavaliere Agostino Ballone, attuale presidente della Confindustria Abruzzo;
   come noto, la disciplina dei congedi parentali, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sancisce che detti congedi rappresentano un «diritto» di ciascun genitore lavoratore;
   il provvedimento, a parere dell'interrogante, appare gravemente lesivo dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici ed è stato denunciato alle autorità o a mezzo stampa dalla Cgil Abruzzo e dalla Cgil nazionale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici della suddetta impresa a fruire dei congedi parentali in base alle loro legittime esigenze. (5-11000)


   BERRETTA e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, ai commi 118-124, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha introdotto per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, effettuate nel corso del 2015, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico «dei datori di lavoro privati»;
   l'Università «Kore» di Enna ha richiesto il codice 6Y – necessario per poter beneficiare dell'esonero contributivo – con esclusivo riferimento al proprio personale amministrativo;
   il 29 giugno del 2016 l'Inps ha revocato nei confronti dell'Università «Kore» di Enna il codice 6Y ritenendo che, sulla base della circolare Inps n. 17 del 2015, le «Università non statali legalmente riconosciute debbano considerarsi enti pubblici non economici»;
   il legislatore ha utilizzato un'espressione generale, quella di «datore di lavoro privato», nell'individuazione della categoria dei soggetti beneficiari;
   l'Inps, con circolare n. 17 del 29 gennaio 2015, ha fornito una interpretazione che si rivela, per l'interrogante, immotivatamente restrittiva, ritenendo che «nel novero degli enti che non possono fruire dell'esonero contributivo triennale rientrano anche le Università non statali legalmente riconosciute qualificate enti pubblici non economici dalla giurisprudenza amministrativa e ordinaria»;
   tale circolare contrasta, a giudizio dell'interrogante, con la lettera e la ratio della legge, oltre che essere in contraddizione con i più recenti orientamenti della giurisprudenza richiamata dall'Inps;
   le università non statali legalmente riconosciute rientrano tra le istituzioni previste dall'articolo 1, secondo comma, n. 2 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 oltre che dagli articoli 198 e successivi del medesimo testo legislativo, grazie al quale è stata prevista la possibilità di istituire università non statali sottoponendole al riconoscimento legale da parte del competente Ministero;
   tali enti agiscono come soggetto privato nello svolgimento dell'attività amministrativa e, dunque, anche con riferimento al rapporto di lavoro del personale amministrativo;
   esse quindi, sono secondo l'interrogante datori di lavoro privati, che agiscono come soggetti pubblici nel reclutamento di professori e ricercatori di ruolo, e ovviamente nel procedimento che porta al rilascio di titoli accademici aventi valore legale;
   le università non statali legalmente riconosciute possiedono dunque, secondo le più recenti statuizioni del Consiglio di Stato, un doppio canale di funzionamento: uno privatistico (la gestione amministrativa ed organizzativa) ed uno pubblicistico (la funzione accademica) (sul punto, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2660 del 3 febbraio 2015, si veda altresì, Consiglio di Stato, sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3043);
   le università non statali, secondo la prevalente giurisprudenza civile ed amministrativa, non rientrano tra gli enti pubblici e, dunque, non possono esser assoggettate alla disciplina pubblicistica (Cass. Civ. sez. lavoro n. 14129/1999, Tar Lazio sez. III n. 351/2005, Tar Lazio, sez. II, n. 3971/2013 e, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, n. 2660/2015);
   la giurisprudenza amministrativa, intervenuta di recente sul tema, valorizzando l'articolo 33 della Costituzione, ha escluso che il riconoscimento del potere di rilasciare titoli aventi valore legale incida sulla natura privatistica delle università (TAR del Lazio sent. n. 8374 del 2015, Consiglio di Stato, n. 3034 del 2016) –:
   quali iniziative si intenda assumere al fine di garantire la riconducibilità delle università non statali legalmente riconosciute tra i soggetti beneficiari dell'esonero contributivo introdotto dalla legge di stabilità per il 2015, con particolare riferimento al personale amministrativo in servizio. (5-11010)


   MOGNATO, MURER, ZOGGIA e MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Ilnor spa con sede a Scorzé (VE) è attiva nella produzione di semilavorati in rame e leghe di rame, occupando 91 dipendenti e costituendo una significativa realtà manifatturiera dell'area metropolitana di Venezia;
   il 10 gennaio 2017 l'azienda ha comunicato l'avvio delle procedure ex articolo 24 decreto legislativo n. 148 del 2015 con la richiesta di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale;
   il 25 gennaio 2017 è stato redatto un verbale di accordo tra la proprietà dell'azienda, le organizzazioni sindacali di categoria e la rappresentanza sindacale unitaria, sottoscritto oltre che dalle parti anche dalla regione Veneto e dalla città metropolitana di Venezia;
   il predetto accordo prevedeva l'elaborazione di un piano industriale per recuperare la competitività dell'azienda nel mercato e assicurare la continuità delle lavorazioni nell'impianto di Scorzé, impegnando il datore di lavoro alla presentazione di istanza per integrazione salariale a seguito di crisi aziendale, e prevedendo procedure di licenziamento solo per coloro che non vi si opponessero e limitatamente all'accompagnamento alla pensione ovvero alla ricollocazione presso terzi;
   il verbale prevedeva altresì l'erogazione da parte dell'azienda dei trattamenti di integrazione salariale spettanti alle normali scadenze mensili;
   l'azienda si impegnava altresì alla fusione per incorporazione della ILNOR spa con la «Eredi Metalli Gnutti» di Brescia, per garantire la sufficiente massa critica a reggere la competizione sul mercato;
   il 27 marzo 2017, la direzione aziendale ha comunicato alle organizzazioni sindacali la chiusura definitiva del sito di Scorzé dal 1o aprile 2017, trasferendo tutte le attività produttive a Brescia;
   questa scelta, in totale contrasto con l'accordo del 25 gennaio, comporterà la perdita del posto di lavoro per circa 100 lavoratori, oltreché il depauperamento del tessuto produttivo territoriale, privato di un sito di riferimento –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, affinché l'azienda Ilnor spa garantisca l'accordo del 25 gennaio 2017, avuto riguardo in particolare al mantenimento dei livelli occupazionali concordati con la stessa azienda. (5-11014)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la situazione delle persone con disabilità nella regione Sicilia è particolarmente grave per la mancanza di servizi che compromettono in modo grave i diritti dei medesimi disabili;
   il problema non sono le risorse economiche in quanto ci sarebbero 500 milioni di euro disponibili per essere spesi. Tra l'altro, all'interrogante risulta che siano state spese solo le risorse economiche del 2013, mentre a decorrere dal 2014 in poi i servizi per i disabili non sono mai resi effettivi;
   la Sicilia, sempre a quanto risulta all'interrogante, non avrebbe riscosso i fondi già stanziati ed assegnati al Fondo per le non autosufficienze. Si tratta di ben 32,6 milioni di euro: risorse che le famiglie siciliane con disabili a carico avrebbero dovuto impiegare in prestazioni, servizi ed interventi vari;
   d'altra parte la regione Sicilia, a quanto consta all'interrogante, non avrebbe potuto riscuotere i fondi che le erano stati assegnati perché non avrebbe presentato la programmazione richiesta. Si tratta di una grave mancanza che pregiudica i diritti dei disabili a cui vanno offerti progetti che possano favorirli;
   è necessario, pertanto, un controllo effettivo sulle criticità che riguardano la regione Sicilia indicate in questa premessa per garantire le prestazioni dei diritti sociali che competono ai disabili e alle loro famiglie –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   di quali elementi disponga il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, in ordine alla qualità e all'adeguatezza delle prestazioni assistenziali erogate nel corso dell'anno sulla base dell'utilizzo delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le non autosufficienze;
   se intenda avviare un monitoraggio riguardo a tali prestazioni in tutto il territorio nazionale a partire dalla regione Sicilia, che a quanto risulta all'interrogante presenterebbero delle gravi criticità che compromettono le prestazioni dei diritti sociali dei medesimi disabili.
(4-16095)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, MURER, FOSSATI, NICCHI, SCOTTO, DURANTI, SANNICANDRO, PIRAS, MARTELLI, D'ATTORRE, QUARANTA, PIRAS e MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto «Regolamento Balduzzi» del 2012 recante «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e, quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135», ha dato avvio ad una intensa riorganizzazione del servizio sanitario nelle varie regioni d'Italia;
   tale riorganizzazione non sempre è apparsa idonea a rispondere alla domanda di salute dei cittadini italiani, sopratutto per quelli che vivono in aree rurali o, comunque, distanti dai grandi poli ospedalieri;
   in particolare, risulta spesso carente il primo contatto dei cittadini con i punti di accesso al sistema salute, che oggi avvengono attraverso due canali: i medici di medicina generale convenzionati e le strutture di pronto soccorso;
   quanto ai medici di medicina generale, oltre ad una compressione del loro ruolo – spesso ridotto a semplice « gatekeeper» per visite di carattere specialistico –, considerato l'attuale livello di assunzioni dei nuovi medici, non sarà possibile sostituire il numero di quelli che andranno in pensione nei prossimi anni;
   gli stessi medici di base, nel corso del 72esimo congresso della Federazione Italiana dei medici di famiglia, svoltosi nel mese di ottobre 2016, hanno rilevato molte delle criticità del sistema attuale;
   nel corso dell'incontro citato sono stati presentati alcuni dati raccolti ed elaborati dall'Enpam (Ente nazionale di previdenza per i medici e gli odontoiatri), secondo i quali entro il 2023 circa 21.700 medici di famiglia andranno in pensione, con il conseguente rischio di una riduzione del numero di medici di base di 16.000 unità, rispetto al numero considerato necessario;
   sul fronte delle attività di pronto soccorso si rileva, invece, un sovraccarico di lavoro per queste strutture, alle quali i cittadini si rivolgono per qualsiasi tipo di esigenza medica, spesso anche di lievissima entità. Situazione che vanifica in parte la funzione stessa del pronto soccorso, con tempi d'attesa che possono durare anche ore;
   non sempre la dislocazione di tali strutture sul territorio nazionale, sopratutto nelle aree rurali e periferiche, appare idonea – alle condizioni attuali – a rispondere alla domanda di salute dei cittadini italiani;
   la situazione descritta richiederebbe, pertanto, un intervento sul piano della organizzazione del sistema di «presa in carica» dei cittadini che si rivolgono al sistema sanitario;
   al fine di individuare soluzioni idonee, anche sul piano legislativo, per far fronte alla situazione descritta, è necessario conoscere con esattezza l'attuale organizzazione del servizio –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di riferire, per quanto di competenza, quanti siano attualmente i medici impiegati per fornire il servizio di medicina di base e a quanto ammonti il costo per il Servizio sanitario nazionale di tale servizio;
   se sia in grado di fornire dati relativi al numero di medici dipendenti pubblici del sistema sanitario (divisi nelle varie regioni) e specificare quanti siano impiegati a tempo pieno e quanti esercitino contestualmente la libera professione;
   se sia in grado di chiarire quanti dei medici dipendenti pubblici che svolgono contestualmente la libera professione svolgano quest'ultima in regime intramoenia e quanti in regime extramoenia. (5-11012)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende la storia di un genitore residente nella Tuscia che causa neve, nel mese di gennaio, non ha potuto usufruire del servizio di ambulanza dell'ospedale di Viterbo;
   nello specifico si tratta di Riccardo Ricci il quale ha denunciato a mezzo stampa di aver portato il proprio figlio di undici mesi al pronto soccorso di Belcolle perché stava male. Lì i medici hanno disposto il trasferimento al Bambin Gesù di Roma ma a quel punto sono iniziati i guai. «Chiamata l'ambulanza, ha scoperto che non poteva partire perché sprovvista delle dotazioni invernali stabilite dal codice della strada in caso di neve e ghiaccio (ambulanza del servizio secondario – no 118)»;
   infatti – ha raccontato Ricci – non appena i primi fiocchi di neve hanno toccato terra, l'autista del mezzo si è subito estremamente allarmato perché non voleva assumersi la responsabilità di portare il bambino con un mezzo che era sprovvisto sia di gomme termiche che di catene;
   vista la situazione, il padre ha deciso di portare autonomamente il bambino a Roma. Il bimbo non era in pericolo di vita e la disavventura ha avuto un lieto fine, ma l'allarme ovviamente resta, perché si ritiene assurdo che un mezzo di emergenza non possa circolare nella Tuscia anche nel caso di pochi centimetri di neve;
   le ambulanze del 118 e le altre associazioni di volontariato devono per l'interrogante assolutamente rispettare l'obbligo di catene a bordo o l'installazione di pneumatici da neve (termiche) come da normativa vigente per tutti gli altri utenti della strada –:
   se l'assenza di ambulanza o mezzi di soccorso in grado di affrontare le avversità meteo come le possibili nevicate possa essere ricondotta al rispetto di vincoli di spesa imposti dal piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, con particolare riferimento all'assenza di un presidio di chirurgia d'urgenza neonatale presso l'ospedale di Belcolle e all'esigenza di garantire il collegamento «ogni tempo» con gli altri presidi ospedalieri della regione in grado di assicurare questo servizio. (4-16094)


   BASILIO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, BARONI, SPADONI, ALBERTI, COMINARDI e CORDA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali, emerge che All'ospedale «Menino Mellini» di Iseo, in provincia di Brescia, negli ultimi quindici anni non è stata praticata alcuna interruzione volontaria di gravidanza;
   in particolare, sembrerebbe che su 29 unità mediche preposte, tra ginecologi, infermieri ed anestesisti, soltanto uno non è obiettore di coscienza e, di conseguenza, non sarebbe possibile indurre tale personale a porre in essere simili pratiche;
   il direttore sanitario della struttura, dottor Mario Colombo, interpellato di recente sull'argomento, avrebbe confermato l'impossibilità di praticare interruzioni volontarie di gravidanza, specificando tuttavia che tali prestazioni verrebbero comunque erogate presso la vicina struttura ospedaliera di Chiari;
   dal momento che la legge n. 194 del 1978 nel regolamentare l'interruzione volontaria di gravidanza consente a tutte le donne di accedere a tale trattamento sanitario sul territorio nazionale, un nosocomio dove di fatto, secondo gli interroganti, non si applica la legge, non garantisce la parità di accesso alle terapie, ponendosi così in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione;
   l'ospedale di Iseo rappresenta, infatti, un presidio pubblico ed è opportuno che, anche in tale sede ospedaliera, i cittadini possano ricevere analoghi trattamenti previsti negli altri ospedali italiani;
   nelle osservazioni sulla condizione della sanità in Italia, presentate nei giorni scorsi, il Comitato per i diritti umani dell'Onu ha evidenziato la difficoltà dei cittadini italiani ad accedere all'aborto legale, proprio a causa dell'elevato numero di medici che si rifiutano di praticare l'interruzione di gravidanza per motivi di coscienza;
   secondo il Comitato dell'Onu, inoltre, tale anomalia favorirebbe in Italia il ricorso a pratiche di aborto clandestine, illegali oltre che particolarmente pericolose per la salute delle donne che vi si sottopongono –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, valutata la gravità degli stessi, non ritenga opportuno assumere iniziative di competenza, in collaborazione con la regione Lombardia, finalizzate a promuovere un trasferimento di personale non obiettore di coscienza presso l'ospedale di Iseo, ovvero l'indizione di nuovi concorsi per unità mediche e infermieristiche per far fronte alle criticità sopra richiamate;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché sia stabilita una percentuale massima, da suddividere su base regionale, di medici ginecologi obiettori di coscienza abilitati ad esercitare all'interno delle strutture sanitarie pubbliche, al fine di favorire l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza da parte delle donne che ne facciano richiesta. (4-16111)


   CAPARINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   grazie al contributo di un advisor board, formato dalla Sigo, Società italiana di ginecologia ed ostetricia (Sigo), dalla Società italiana di neonatologia (Sin), dalle associazioni dei genitori dei bambini nati prematuri e con il patrocinio dell'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione e con il contributo di aziende private, l'Italia è stato il primo Paese al mondo che, recependo le indicazioni dell'Oms, Organizzazione mondiale della sanità sulla strategia globale della salute della donna e del bambino, ha progettato, redatto e promosso la Carta dei diritti del bambino nato prematuro, presentata al Senato, nel dicembre del 2010, che tra le altre cose ha sancito il diritto del neonato prematuro al contatto immediato e continuo con la propria famiglia, dalla quale deve essere accudito. A tal fine, nel percorso assistenziale, deve essere sostenuta la presenza attiva del genitore accanto al bambino, evitando ogni dispersione tra i componenti il nucleo familiare;
   l'Inps ha precisato che la riforma del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, interessa soltanto i casi di parto «fortemente» prematuro: solo quando la nascita si verifica prima dei 2 mesi antecedenti alla data presunta del parto. La nuova disciplina prevede la possibilità che il congedo possa avere una durata complessiva maggiore dei mi previsti, potendo aggiungere ad essi tutti i giorni compresi tra la data del parto prematuro e l'inizio del congedo di maternità calcolato secondo la data presunta del parto. La formula per calcolare l'astensione obbligatoria è: tre mesi più due mesi, più i giorni che vanno dalla data del parto «fortemente» prematuro alla data prevista di inizio del congedo obbligatorio;
   capita sovente però che, sia in caso di parto «fortemente» prematuro, che in caso di parto prematuro, il neonato necessiti di cure mediche che ne impongono il ricovero nel reparto di Terapia intensiva neonatale per molte settimane;
   in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre può sospendere, in tutto o in parte, il congedo post partum (articolo 16-bis, comma 1, del Testo unico sopra richiamato), riprendendo però nel frattempo l'attività lavorativa e differendo la fruizione del periodo di congedo residuo a partire dalla data di dimissioni del bambino. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio subordinatamente alla sussistenza della compatibilità, comprovata da attestazione medica, della ripresa dell'attività lavorativa con il proprio stato di salute (comma 2 dell'articolo 16-bis del Testo unico);
   appare evidente come l'obbligo di riprendere l'attività lavorativa, contrasti fortemente con il diritto del neonato prematuro al contatto immediato e continuo con la propria famiglia, dalla quale deve essere accudito;
   per ovviare a questo basterebbe disporre che in caso di ricovero in terapia intensiva del neonato, ai 5 mesi previsti (fatti salvi eventuali periodi di interdizione anticipata), si possano aggiungere tutti i giorni compresi tra la data del parto e la data di dimissioni del neonato; non è una questione economica, i numeri sono fortunatamente bassi, è una questione etica e morale: una madre ha il diritto di stare vicino al proprio bambino fragile senza la paura di perdere il lavoro o di non trovare più il lavoro che faceva ed un figlio ha il diritto alla presenza dell'affetto dei propri genitori –:
   quali iniziative normative intenda assumere il Ministro interrogato per integrare il decreto legislativo n. 151 del 2001, già oggetto di opportuna riforma con il decreto n. 80 del 2015, apportando le importanti modifiche di cui in premessa al congedo di maternità in caso di parto prematuro. (4-16115)


   BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno 2014, l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si era impegnata nella ricerca e nella prevenzione per eliminare rapidamente la tubercolosi, almeno da quei Paesi dove già c'erano pochi casi, ma la risposta fu così difficile per mettere sotto controllo tutti i casi che si erano verificati sino ad oggi;
   infatti, a testimoniare la lentezza nella risposta sono arrivati i dati dell'Oms Europa e Centro per il controllo delle malattie (Ecdc), che parlarono di un calo del 5 per cento annuo, la metà di quanto sarebbe servito;
   da ultimi dati disponibili, prodotti dai centri di ricerca, risulta che, nel 2016, i nuovi casi registrati nei 30 Paesi dello Spazio economico europeo sono stati 60195, di cui il 30 per cento in cittadini di origine straniera e il 65 per cento dei quali in persone tra i 24 e i 65 anni;
   nella più ampia regione europea dell'Oms, che arriva fino alla Russia, i nuovi casi sono stati invece oltre 320 mila;
   in Italia, nello stesso anno, sono stati notificati 3769 casi, con un tasso che negli ultimi dieci anni è calato da poco meno di 8 a 6,2 casi ogni 100 mila abitanti;
   nel nostro Paese sono di più i casi segnalati in persone di origine straniera, circa 2 mila;
   in Italia, vi è un'ottima rete per la diagnosi precoce e la gestione della tubercolosi nel contesto delle strutture ospedaliere delle malattie infettive, ma la Tbc continua però ad essere una patologia importante;
   si evidenzia che in Italia solo due ospedali sono in grado di sopperire a tali emergenze;
   a preoccupare gli esperti del settore, come si legge nel rapporto dell'Oms, è soprattutto il fatto che, in alcune categorie di persone, come i detenuti o gli stessi migranti, il calo sia ancora più ridotto, o addirittura ci sia un aumento dei nuovi casi;
   la Commissione europea si è impegnata negli ultimi mesi a mobilitare tutte le risorse disponibili per aiutare i Paesi europei a tener fede agli impegni, questo è quello che afferma il Commissario alla salute Vytenis Andriukaitis – nell'ultima sua conferenza stampa fatta il mese scorso;
   la tubercolosi colpisce i membri più vulnerabili delle nostre società, e spesso coesiste con altre condizioni patologiche correlate molto gravi come l’«Hiv»;
   la tubercolosi, precisano gli esperti, è la principale causa di morte nei sieropositivi in gran parte d'Europa, anche se non in Italia;
   nella regione europea dell'Oms tra il 2015 e il 2016, i casi di coinfezione sono cresciuti della percentuale del 40 per cento, arrivando a oltre 27 mila, di cui meno di un quinto trattati con farmaci «antiretrovirali»;
   da alcune indagini degli esperti medici che dirigono l'Ecdc si evidenzia che il tasso di successo della tubercolosi nei sieropositivi è molto al di sotto dell'obiettivo globale dell'85 per cento, e che in due pazienti su tre con tubercolosi non ci sono informazioni sulla eventuale sieropositività –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per assicurare alla popolazione italiana le cure e i trattamenti idonei ed in linea con i principali parametri di assistenza europea, di cui in premessa;
   se il Ministro interrogato possa chiarire, per quanto di competenza, quale garanzia di sicurezza sanitaria viene offerta al personale medico, infermieristico e comunque a tutte le persone che a vario titolo, lavorano nei nosocomi e strutture che stanno a contatto con i soggetti infetti senza la sussistenza di un reparto specializzato, né di personale con incarichi specifici per malattie infettive e perciò senza un'adeguata preparazione e strumenti idonei in merito. (4-16123)


   CORDA e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale Paolo Merlo, presidio sanitario del comune di La Maddalena in provincia di Olbia Tempio, dopo l'adozione del piano sanitario aziendale del 7 gennaio 2013 da parte dalla azienda sanitaria locale di Olbia, ha conosciuto un progressivo depotenziamento dei propri servizi, tra questi la chiusura del punto nascite, con trasferimento presso l'ospedale di Olbia;
   quest'ultima cittadina dista circa un'ora dal comune di La Maddalena e si impiegano due ore per raggiungerla nel caso della mancanza di coincidenze con gli orari del traghetto o in caso di problemi, legati alle condizioni climatiche avverse;
   appare irragionevole che con la deliberazione n. 1064 del 28 ottobre 2016 del Commissario straordinario dell'ASL n. 2, si sia scelto di stanziare duecentocinquantamila euro per il trasferimento della camera iperbarica nella città di Olbia. Parrebbe sussistere, ragionevolmente, una volontà politica finalizzata al progressivo depotenziamento e depauperamento delle risorse dell'ospedale Paolo Merlo. Il cosiddetto turn over è venuto meno, il personale sanitario, in malattia o in quiescenza, infatti, non viene sostituito;
   occorre rilevare, inoltre, che in casi di emergenza meteo, come accaduto di recente in due episodi che hanno visto coinvolti degli infartuati, poi deceduti a seguito del mancato tempestivo intervento, non è possibile utilizzare il servizio di elisoccorso;
   il Commissario della Asl unica non ha recepito la norma prevista dall'Allegato 1, punto 9.2.2, del Decreto del 2 aprile 2015 n. 70, cosiddetto decreto Balduzzi, che riguarda i presidi ospedalieri di base siti in zone particolarmente disagiate;
   sebbene siano giunte rassicurazioni dall'attuale assessore alla sanità, Luigi Arru, in ordine alla circostanza che l'ospedale in questione non chiuderà, diversi dubbi sussistono rispetto all'adozione del nuovo sistema di emergenza-urgenza basato sul servizio di elisoccorso;
   è notizia del 25 febbraio 2017 («La Nuova Sardegna») che a La Maddalena i rischi per la salute delle gestanti e dei nascituri è messa in pericolo a causa della chiusura del Punto Nascite e della prassi invalsa nelle nuove mamme di voler partorire, nonostante i rischi, sull'isola;
   l'articolo 1 del decreto del ministero della Salute dell'11 novembre del 2015 statuisce che le regioni e le province autonome, previo parere del Comitato Percorso Nascita regionale (CPNR), possano avanzare eventuali richieste al tavolo di monitoraggio, di cui al Decreto Ministeriale del 29 luglio del 2015, affinché vengano mantenuti in essere punti nascita con un numero di nati annui inferiore alle cinquecento unità, in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010;
   dal combinato disposto degli articoli 3 e 32 della Carta fondamentale, deriva che le esigenze di bilancio non possano assurgere a motivi fondanti le ragioni dell'impoverimento di diritti fondamentali, tra cui si annovera il diritto alla salute del cittadino –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se, nell'ambito delle proprie competenze, abbia adottato o intenda adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di intervenire sulle criticità evidenziate;
   se intenda in particolare apportare le modifiche opportune alle disposizioni del decreto ministeriale n. 70 del 2015, allo scopo di statuire l'obbligo, e non la facoltà, per le regioni di istituire presidi ospedalieri di base nei luoghi qualificabili come «zone particolarmente disagiate», come nel caso del comune di La Maddalena;
   se intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, anche alla luce dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 120 della Costituzione, al fine di valutare, in considerazione delle peculiari condizioni climatiche dell'isola di La Maddalena, l'opportunità di garantire la presenza sull'isola di un punto nascita. (4-16124)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   TERZONI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la regione Piemonte in data 28 febbraio ha comunicato delle disposizioni operative relative all'applicazione della legge n. 353 del 2000, «Legge quadro sugli incendi boschivi», al Comando Regione Carabinieri Forestali, alla direzione regionale Vigili del Fuoco e al Corpo Volontari AIB;
   nel testo della comunicazione, in cui si fa riferimento a «disfunzioni operative su recenti incendi» avvenuti nel territorio regionale, si dispone che «i mezzi aerei, regionali e nazionali necessari per il supporto alla lotta attiva, vanno richiesti esclusivamente, da parte delle forze operative in campo, alla sala operativa 1515 — Carabinieri Forestali» la quale dovrà poi informare la sala operativa dei Vigili del Fuoco;
   per i mezzi aerei regionali si dispone che la richiesta venga fatta e concordata tra la sala operativa 1515 Carabinieri Forestali, che viene indicata come centrale per la segnalazione di tutti gli incendi boschivi, e Settore regionale competente;
   infine il ruolo di coordinatore delle forze operative in campo viene assegnata ad un rappresentante dei carabinieri forestali inviato sul sito degli incendi dal comandante regionale; il suo ruolo oltre a quello di coordinatore sarà anche quello di dettare le strategie da attuare per il contrasto agli incendi boschivi;
   di fatto la regione Piemonte demanda il coordinamento e la direzione degli interventi in contrasto agli incendi boschivi ai carabinieri forestali anche per «garantire l'efficacia degli interventi, la sicurezza degli operatori Volontari del Corpo AIB Piemonte, nonché dirimere eventuali controversie di tipo operativo che dovessero sorgere.»;
   questo nonostante con l'emanazione della legge n. 124 del 2015 e del decreto legislativo n. 177 del 2016, si disponga il trasferimento delle funzioni e delle risorse correlate alle competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In particolare, all'articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, si legge che al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Cnvvf) sono attribuite le seguenti competenze del Corpo forestale dello Stato in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento, con mezzi aerei degli stessi: a) concorso con le regioni nel contrasto degli incendi boschivi con l'ausilio di mezzi da terra e aerei; b) coordinamento delle operazioni di spegnimento, d'intesa con le regioni, anche per quanto concerne l'impiego dei gruppi di volontariato antincendi (AIB); c) partecipazione della struttura di coordinamento nazionale e a quelle regionali;
   di fatto nonostante la «legge quadro in materia di incendi boschivi», legge 21 novembre 2000 n. 353, all'articolo 7 «Lotta attiva contro gli incendi boschivi», comma 5, riporta che «le regioni assicurano il coordinamento delle operazioni a terra anche ai fini dell'efficacia dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi boschivi. A tali fini, le regioni possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi articolabili in nuclei operativi speciali e di protezione civile (...)», dalla legge delega n. 124 del 2015 (cosiddetta «legge Madia») si evince che il coordinamento per lo spegnimento degli incendi boschivi viene affidato ai Vigili del fuoco e non più alle regioni come da legge n. 353 –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritengano di dover chiarire quali siano le competenze circa il coordinamento degli interventi per il contrasto agli incendi boschivi;
   quali iniziative intendano assumere per garantire omogeneità sul territorio nazionale nelle procedure di intervento in caso di incendi boschivi;
   se non ritengano che nella riorganizzazione del servizio per lo spegnimento degli incendi boschivi debba essere chiarita anche la titolarità della gestione della sala operativa 1515. (4-16107)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Di Vita e altri n. 1-00293, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Benedetto, D'Uva, Brescia, Chimienti.

  La mozione Dell'Aringa e altri n. 1-01319, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Taricco.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grande n. 5-09967, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Chimienti;
  l'interrogazione a risposta in Commissione Menorello n. 5-10509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rostellato;
  l'interrogazione a risposta scritta Berretta n. 4-15968, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gnecchi;
  l'interrogazione a risposta immediata in Commissione Borghesi n. 5-10987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Attaguile.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Di Vita n. 1-00293, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 143 del 21 dicembre 2013.

   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre di ogni anno si celebra la giornata mondiale per la lotta contro l'AIDS;
    l'infezione da HIV continua a propagarsi e l'Aids rimane la pandemia che miete più vittime al mondo; tutti i Paesi ONU si sono impegnati formalmente, attraverso la rete UNAIDS e in particolare il progetto «Getting to Zero 2011-2015», a ridurre a zero le nuove infezioni da HIV, entro il 2015;
    il rapporto UNAIDS «Global Report 2013 – Getting to Zero» sottolinea come la percentuale globale delle infezioni e dei decessi per HIV siano diminuiti per la maggiore disponibilità di accesso alle cure: le morti relative all'AIDS sono passate da 2.3 milioni nel 2005 a 1.6 milioni del 2012. Nel 2011 le persone con AIDS erano 5 milioni, nel 2012 sono divenuti 2.3 milioni;
    con la strategia UNAIDS 2016-2021, si è definito il quadro della politica di sviluppo globale nel corso dei prossimi 15 anni, che prevede, tra l'altro, l'obiettivo di porre fine all'epidemia di AIDS entro il 2030;
    i dati relativi all'Italia, raccolti ed elaborati dal 1984 dall'Istituto superiore di sanità, vengono pubblicati sul sito del centro operativo AIDS (COA);
    la relazione sull'AIDS 2015, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n.135, è stata inviata al Parlamento il 16 novembre 2016 e illustra le attività svolte dal Ministero della salute nell'ambito dell'informazione, prevenzione, assistenza e attuazione di progetti relativi all'Hiv/Aids;
    nella relazione si legge che, secondo i dati dell'ultimo report UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV and AIDS), nel 2015 ci sono state, in tutto il mondo, oltre 2 milioni di nuove diagnosi di infezione da HIV e sono 36,7 milioni le persone che vivono con l'infezione da HIV. Gli ultimi dati forniti dall'ECDC (Centro europeo per il controllo delle malattie), riferiti al 2014, riportano circa 30.000 nuove diagnosi di infezione da HIV nei 31 Paesi dell'Unione europea ed European economic area (EU/EEA);
    nel 2014 sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di AIDS segnalati entro giugno 2015, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti. Dopo il Portogallo, l'Italia presenta la più alta incidenza di nuovi casi di AIDS tra i Paesi dell'Europa occidentale. In totale, 43.028 persone risultano decedute al 31 dicembre 2014. Il numero annuale di nuovi casi di AIDS al 31 dicembre 2014 è di 67.369 casi;
    il nostro Paese, con un'incidenza del 6,1 per 100.000 abitanti, si posizionava nel 2014 al 12o posto rispetto ad altri Paesi dell'Europa occidentale. I dati sono stati aggiornati dall'Istituto superiore di sanità nell'ultimo «Notiziario dell'ISS (Volume 29 – Numero 9, Supplemento 1 – 2016), Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2015», che riporta i dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV e sui casi di Aids segnalati in Italia aggiornati a dicembre 2015. Tali dati portano invece l'Italia al 13o posto in termini di incidenza HIV tra le nazioni europee, registrando un lieve calo delle diagnosi di HIV e di casi di Aids;
    nel notiziario dell'ISS citato si legge che, dall'inizio dell'epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati oltre 68.000 casi di AIDS, di cui oltre 43.000 deceduti. Nel 2015 sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di AIDS pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti;
    le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 sono maschi nel 77,4 per cento dei casi. L'età mediana era di 39 anni per i maschi e 36 anni per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata nella fascia d'età 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Nel 2015 la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'85,5 per cento di tutte le segnalazioni: eterosessuali 44,9 per cento, MSM (men who have sex with men) 40,6 per cento;
    nel 2015, il 28,8 per cento delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera. Nello stesso anno l'incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna;
    nel 2015, il 36,6 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV è stato diagnosticato con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 54,5 per cento con un numero inferiore a 350 cell/μL. In Piemonte e nella Provincia autonoma di Trento l'esecuzione del test di avidità anticorpale, che permette con una buona approssimazione di identificare le infezioni recenti, ha evidenziato che nel 2015 il 17,3 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva verosimilmente acquisito l'infezione nei 6 mesi precedenti la prima diagnosi di HIV positività;
    nel 2015, il 32,4 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva eseguito il test HIV per la presenza di sintomi HIV-correlati, il 27,6 per cento in seguito a un comportamento a rischio non specificato;
    la recente indagine condotta da Doxa per il Cesvi, ha rilevato che in Italia sono soprattutto i giovani a sottovalutare i rischi della malattia: 1 su 3 pensa che esiste, ma è tenuta sotto controllo e non fa quasi più vittime, 1 giovane su 5 è a rischio, perché non ne ha sentito parlare a scuola e solo raramente sui media. Solo il 35 per cento dei ragazzi e ragazze in Italia, nonostante sappiano perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29 per cento dichiara di aver fatto il test dell'HIV. Le giovani donne si espongono maggiormente al rischio, sentendosi protette da una relazione stabile;
    i dati suddetti sono soprattutto la diretta conseguenza della mancanza di qualsiasi forma di educazione alla sessualità nelle scuole, ed in particolare del tabù che continua a limitare l'uso del preservativo. La scuola è invece il luogo privilegiato per attuare un metodo partecipativo, che consenta di raggiungere obiettivi comportamentali che siano determinanti nel prevenire e conservare la salute. Nelle scuole e nelle università si registra, di contro, la totale mancanza di distributori di preservativi; acquistarli risulta poi ancora troppo caro per un'ampia fascia di cittadini;
    il preservativo maschile e femminile, unico metodo per prevenire tutte le malattie a trasmissione sessuale ed insieme le gravidanze non desiderate, è un presidio sanitario; per tale ragione deve esserne garantita l'accessibilità a tutti; elencare i preservativi tra i farmaci prescrivibili, effettuare campagne nelle scuole e per il pubblico generalista, inserire l'educazione alla sessualità (utile anche contro la discriminazione di genere e per l'orientamento sessuale), sono la base minima per una politica seria per la salute della popolazione relativa alle malattie sessualmente trasmissibili;
    quanto al mondo lavorativo, poi, l'infezione da HIV non è tuttora considerata una normale patologia cronica appartenente alla categoria delle malattie sessualmente trasmissibili. Anche in questo campo, a causa della disinformazione, questa malattia provoca un processo di stigmatizzazione e discriminazione: licenziamenti, trasferimenti e cambi di mansioni del tutto illegittimi e immotivati;
    la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce rappresentano l'unica possibilità per offrire adeguate cure al sieropositivo, tant’è che in data 22 novembre 2012, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, è stato stipulato «l'Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministro della salute di linee guida per l'utilizzo da parte delle regioni e province autonome delle risorse vincolate, ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2012», che prevede l'erogazione alle regioni di fondi funzionalizzati alla realizzazione di progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della diffusione dell'HIV (linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV) con una dotazione di 15 milioni di euro;
    un'analisi condotta di recente da cittadini («Cittadinanza attiva» e «LILA») ha evidenziato molte incongruenze tra i progetti presentati dalle regioni sulla «linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV» e gli obiettivi definiti dall'accordo citato, tant’è che gli stessi hanno sollecitato gli organi preposti, affinché vigilino sul corretto utilizzo dei fondi dedicati;
    numerosi nuovi casi di sieropositività potrebbero essere facilmente scongiurati, attraverso l'informazione e i comportamenti corretti: attività di prevenzione fondamentale, con programmi di educazione sanitaria della popolazione, rivolti ai giovani in particolare, garantiti nel tempo e costanti nella loro applicazione,

impegna il Governo:

1) ad ottemperare puntualmente all'impegno di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, quindi a riferire annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV, tenuto conto che l'ultima relazione è stata quella per l'anno 2015, inviata al Parlamento il 16 novembre 2016;

2) ad assumere iniziative volte a garantire il corretto svolgimento dei compiti del Comitato tecnico sanitario operante presso il Ministero della salute, al quale sono state trasferite le funzioni della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e della Consulta delle associazioni di volontariato per la lotta contro l'AIDS;

3) ad assumere iniziative per ridurre l'Iva sui profilattici;

4) ad attivare iniziative di informazione e prevenzione continuative utili alla diffusione dell'uso del profilattico nei rapporti sessuali e a rendere noto il suo costo nonché la sua effettiva disponibilità nei luoghi maggiormente frequentati soprattutto dai giovani;

5) ad adottare iniziative, anche alla luce del Protocollo di intesa 2 aprile 2015 con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per prevedere la distribuzione possibilmente gratuita, in particolare nelle scuole e nelle università, del profilattico in quanto presidio sanitario, anche tramite appositi distributori automatici;

6) ad adottare, anche alla luce del suddetto Protocollo, iniziative permanenti di informazione e prevenzione relative all'igiene sessuale nelle scuole e nei luoghi di maggior aggregazione, così come avviene da anni in tutti gli altri Paesi europei;

7) a promuovere, in qualsiasi ambito lavorativo e scolastico, programmi di educazione e informazione finalizzati al superamento di ogni pregiudizio nei confronti delle persone sieropositive, compreso quello sull'orientamento sessuale, capace di motivare violenza e discriminazione e così disinnescare un processo di stigmatizzazione, che spesso conduce a discriminazione, licenziamenti, trasferimenti e cambi di mansioni del tutto illegittimi e immotivati;

8) a promuovere, per quanto di competenza del Ministero della salute, una revisione dei criteri cui riconnettere il trattamento pensionistico assistenziale in favore dei soggetti affetti da immunodeficienza, considerando, oltre all'attuale criterio tabellare basato sul numero di linfociti CD4 presenti nel sangue, ulteriori parametri obiettivi da stabilire congiuntamente alle associazioni e agli esperti del settore;

9) ad adottare iniziative per sostenere e sviluppare la presenza di cliniche metaboliche ospedaliere, al fine di curare malattie cronico degenerative quali; cancro, leucemie, AIDS, diabete mellito di secondo tipo, Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, malattie auto-immuni, malattie allergiche, intolleranze alimentari, osteoporosi;

10) a ottemperare all'impegno verso le istituzioni internazionali UNAIDS e ECDC per la stesura del rapporto sullo stato dell'epidemia e sulle azioni per contrastarla (country progress reports);

11) a vigilare sul corretto utilizzo dei fondi erogati alle regioni per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, così come da accordo del 22 novembre 2012 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;

12) a garantire sull'intero territorio nazionale quanto previsto dalla legge n. 135 del 1990 in merito all'anonimato del test HIV, al fine di tutelare integralmente la riservatezza delle persone sieropositive.
(1-00293)
«Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Grillo, Cecconi, Colonnese, Brugnerotto, Lorefice, Sorial, Nuti, Nesci, Fico, Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Battelli, Simone Valente, Baroni, Cozzolino, Vignaroli, Dieni, Dadone, Di Benedetto, D'Uva, Brescia, Chimienti».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-16088, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 769 del 29 marzo 2017.

   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO, MANNINO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge dalla trasmissione Report Rai tre andata in onda il 27 marzo 2017, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) avrebbe concesso fondi pubblici per svariati milioni di euro senza reali verifiche e controlli ad alcuni istituti, formalmente per fini di ricerca, ma nella pratica dirottati verso altri scopi, completamente estranei a quelli istituzionali;
   tra i destinatari di questi fondi ci sarebbe anche l'Istituto per l'ambiente marino costiero del Cnr: in particolare, pare che l'ex segretario amministrativo dell'istituto, Vittorio Gargiulo dell'istituto fermato il 27 marzo 2017 per il pericolo di fuga nell'ambito di un'inchiesta per peculato, truffa e concussione, si sia impossessato di circa un milione di euro dell'Istituto di ricerca tra il 2011 e il 2015: i fondi sarebbero stati spesi, ad esempio, per ristrutturazione di casa propria con annessa vasca idromassaggio, giustificata come «ripristino locali interni dell'istituto»; acquisto di mobilio vario personale, giustificato come «campagne oceanografiche»; computer, tablet e altri prodotti informatici, poi rivenduti tramite internet; giostre gonfiabili acquistate come «materiale di consumo», ma destinate alla seconda attività lavorativa ed altro;
   vi sarebbero anche finanziamenti anticipati dal Consiglio nazionale delle ricerche su base di contratti mai esistiti, doppie fatturazioni, firme false apposte su contratti di affidamento ad aziende private, o, ancora, il significativo progetto del 2014 «Report» per un importo di 450 mila euro relativo a studi sulla pesca che, tuttavia, né l'allora presidente del CNR Luigi Nicolais, né i tre ricercatori, che sarebbero stati titolari del progetto, conoscevano;
   emerge anche un legame tra il Consiglio nazionale delle ricerche e il latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro: grazie a quanto scoperto da Report ascoltando un audit interno all'istituto chiesto da Laura Giuliano, già presidente dello stesso Istituto ambiente Marino Costiero dal 2014 al 2016, si è scoperto che una delle sedi dell'Istituto, a Capo Granitola, nei pressi di Castelvetrano, in provincia di Trapani, ha ricevuto trasferimenti su richiesta dell'ex dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche, Salvatore Mazzola per potenziare la rete oceanografica ma poi giustificate come spese per un convengo avvenuto 3 anni prima a Napoli;
   inoltre, molta documentazione anche amministrativo contabile è inspiegabilmente quando Laura Giuliano ha chiesto un audit interno per fare luce sull'utilizzo dei fondi del Consiglio nazionale delle ricerche;
   per effettuare controlli sull’accountability dell'istituto, il Consiglio nazionale delle ricerche ha pagato una consulenza a Paolo D'Anselmi, il quale però è legato ad alcune società che hanno percepito commesse tramite affidamento diretto per oltre 2,5 milioni di euro da parte del Consiglio nazionale delle ricerche e firmate dall'attuale direttore generale, Massimiliano Di Bitetto, con il quale D'Anselmi risulta essere coautore di alcune pubblicazioni, utili anche ai fini della nomina di direttore generale;
   un dipendente della sede di Capo Granitola dell'istituto ha dichiarato di aver recentemente avvistato Messina Denaro presso i propri uffici, mentre l'attuale capo della medesima sede, Mario Sprovieri, dichiarava nel 2014 che «Capo Granitola è la casa di Matteo Messina Denaro. Il boss ricercato al mondo numero uno è là»; lo stesso Salvatore Mazzola nel 2010 avrebbe affittato per 4 anni una foresteria senza contratto sempre in località Capo Granitola a Riccardo Germilli, il cui fratello Claudio è massone e legato al mafioso Giovanni Risalvato, condividendo con costui la società Habitat Eco Sistemi s.r.l., il quale è persona fidata dello stesso Matteo Messina Denaro e condannato a 14 anni di reclusione nell'ambito del processo di mafia Golem II –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative presso il Consiglio nazionale delle ricerche al fine di valutare eventuali responsabilità in capo al Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e una sua eventuale rimozione, nonché in capo alle precedenti gestioni, ovvero dei responsabili dell'Istituto ambiente marino costiero, anche per una eventuale segnalazione all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti o all'ANAC. (4-16088)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Polverini n. 2-01699 del 7 marzo 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Rizzetto n. 4-16031 del 24 marzo 2017 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-11009.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta D'Incà e Brugnerotto n. 4-16078 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 769 del 29 marzo 2017.
  Alla pagina 46039 seconda colonna, dalla riga dodicesima alla riga tredicesima deve leggersi: «Belluno, fa insorgere una notevole preoccupazione per l'incolumità pubblica e degli» e non come stampato.
  Alla pagina 46039 seconda colonna, alla riga ventiquattresima deve leggersi: «peraltro, qualche mese fa ad un mezzo» e non come stampato.