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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 29 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la dirigenza sanitaria pubblica, in deroga al generale divieto posto per i pubblici dipendenti, ha la possibilità di esercitare l'attività libero professionale medica in due diverse forme: in rapporto esclusivo con il Servizio sanitario nazionale, la cosiddetta attività intramoenia o intramuraria, oppure in rapporto non esclusivo con il Servizio sanitario nazionale, la cosiddetta attività extramoenia o extramuraria;
    l'attività libero-professionale intramuraria dei dirigenti del ruolo sanitario è rappresentata dall'attività che detto personale, individualmente o in équipe esercita fuori dall'orario di lavoro e dall'impegno di servizio in regime ambulatoriale (comprese le attività di diagnostica strumentale e di laboratorio), di day hospital, di day surgery o di ricovero, nonché le prestazioni farmaceutiche ad esso collegate. Tale attività può esse esercitata nelle strutture ospedaliere o territoriali, in favore e su libera scelta dell'assistito e con oneri a carico dello stesso, di assicurazioni o di fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992;
    l'intramoenia o Attività libero-professionale intramuraria (ALPI) comporta un trattamento economico aggiuntivo, per compensare l'esclusività del rapporto con il Servizio sanitario nazionale e consente quindi al professionista dipendente del Servizio sanitario nazionale di esercitare la propria attività libero professionale, con oneri a carico del cittadino che lo richieda liberamente, al di fuori dell'orario di lavoro, in aggiunta e supporto e in misura non superiore all'attività che il professionista sanitario è tenuto ad erogare in ragione del suo ruolo di dipendente pubblico della medesima struttura;
    l'attività libero-professionale e aggiuntiva può essere svolta, sia individualmente che in équipe, all'interno o all'esterno delle strutture sanitarie ospedaliere o territoriali, sia pubbliche che private convenzionate e concerne ogni tipo di prestazione (ambulatoriale, diagnostica strumentale e di laboratorio, di ricovero sia diurno che ordinario, farmaceutiche);
    l'intramoenia può essere anche richiesta dalla struttura sanitaria per esigenze specifiche connesse alla necessità di ridurre le liste di attesa e rispondere alla domanda degli utenti ed è consentita a patto che non incrementi le liste di attesa, non contrasti con gli interessi o le finalità pubbliche e con gli obiettivi della struttura sanitaria;
    l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria non deve contrastare con le finalità istituzionali dell'azienda e il suo svolgimento deve essere organizzato al di fuori dell'orario di lavoro in modo da garantire l'integrale assolvimento dei compiti di istituto assicurando la piena funzionalità dei servizi: per questo l'attività libero professionale intramuraria non può globalmente comportare un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali;
    l'intramoenia può essere effettuata nel rispetto dell'equilibrio tra attività istituzionali e libero-professionali e compete alle regioni il controllo sulle modalità di svolgimento dell'attività intramoenia e sul rispetto del limite quantitativo consentito. Ogni struttura sanitaria deve quindi regolamentare l'attività intramoenia nell'ambito del piano aziendale, con l'indicazione dei volumi consentiti, della rilevazione oraria, del monitoraggio, controllo e verifica tramite appositi organismi paritetici con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e le organizzazioni degli utenti e di tutela dei diritti;
    le tipologie di attività libero professionale consentite sono così sintetizzabili:
   libera professione individuale, caratterizzata dalla scelta diretta del professionista da parte dell'utente;
   attività libero professionale a pagamento svolta in équipe, caratterizzata dalla richiesta di prestazioni da parte dell'utente, singolo o associato, all’équipe;
   partecipazione ai proventi di attività richiesta a pagamento da singoli utenti, svolta individualmente o in équipe, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione con le stesse;
   partecipazione ai proventi di attività professionali a pagamento richiesta da terzi all'azienda anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa. Sono considerate tali anche le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell'attività istituzionale, dalle aziende ai propri dirigenti allo scopo o di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive specie nei casi di carenza di organico o di impossibilità anche momentanea di coprire i posti con personale in possesso dei requisiti di legge;
   sono, altresì, consentite altre forme di attività a pagamento dei dirigenti sanitari ai sensi dell'articolo 58 del C.c.n.l. dell'8 giugno 2000 – Quadriennio normativo 1998-2001 – biennio economico 1998- 1999;
   infine, per attività libero – professionale, cosiddetta «allargata», si intende l'attività svolta in studi privati professionali;
    le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliero-universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) di diritto pubblico gestiscono, con integrale responsabilità propria, l'attività libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne il corretto esercizio;
    l'attività intramoenia è consentita anche presso il proprio studio professionale, secondo precise modalità ed in via transitoria ed eccezionale, solo in caso di carenza di strutture e spazi aziendali idonei e a riguardo le regioni, per superare la carenza degli spazi, devono programmare interventi di ristrutturazione edilizia o la realizzazione e/o acquisizione di strutture sanitarie per l'attività libero-professionale intramuraria, utilizzando i fondi destinati all'edilizia sanitaria e comunque nei limiti introdotti dalle misure sulla spending review e sulla riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale;
    il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto «Decreto Balduzzi») ha proceduto ad un riordino dell'attività intramoenia nell'intento di garantire, entro il mese di febbraio 2015, il passaggio di tale istituto da un regime transitorio ad un regime ordinario ed, in tal senso, ha previsto la necessità di procedere ad una ricognizione degli spazi, prevedendo anche un programma sperimentale per consentire l'intramoenia negli studi privati dei professionisti collegati in rete anche con le aziende sanitarie e a condizione che nello studio non via siano medici che svolgano attività privata o non in regime di esclusività o qualora vi siano che assicurino anch'essi la tracciabilità delle prestazioni;
    il succitato decreto ha previsto anche la necessità di realizzare la tracciabilità dei pagamenti e la rideterminazione delle tariffe per gli assistiti a copertura sia del compenso del professionista e degli eventuali componenti dell’équipe e sia i costi per diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende; nell'ambito delle tariffe, una quota pari al 5 per cento del compenso del professionista è trattenuta per essere vincolata ad interventi di prevenzione ovvero volti alla riduzione delle liste d'attesa, ai fini del progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramoenia. Il sistema sanzionatorio prevede, nell'ipotesi di gravità, il potere sostituivo o la destituzione del direttore generale o la decurtazione del 20 per cento sulla retribuzione di risultato;
    la legge 3 agosto 2007, n. 120 «Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria», all'articolo 1, comma 4, lettera g), recita «progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale. A tal fine, il Ministro della salute presenta annualmente al Parlamento una relazione sull'esercizio della libera professione medica intramuraria, ai sensi dell'articolo 15-quaterdecies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, con particolare riferimento alle implicazioni sulle liste di attesa e alle disparità nell'accesso ai servizi sanitari pubblici»;
    la determina dell'Anac 28 ottobre 2015, n. 12 sul Piano nazionale anticorruzione – aggiornamento 2015 (Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2015, n. 267) recita: «Fra gli eventi rischiosi della fase di esercizio dell'ALPI possono configurarsi l'errata indicazione al paziente delle modalità e dei tempi di accesso alle prestazioni in regime assistenziale, la violazione del limite dei volumi di attività previsti nell'autorizzazione, lo svolgimento della libera professione in orario di servizio, il trattamento più favorevole dei pazienti trattati in libera professione. Misure di contrasto possono individuarsi, ad esempio, nella informatizzazione delle liste di attesa; nell'obbligo di prenotazione di tutte le prestazioni attraverso il Cup aziendale o sovra-aziendale con gestione delle agende dei professionisti in relazione alla gravità della patologia; nell'aggiornamento periodico delle liste di attesa istituzionali; nella verifica periodica del rispetto dei volumi concordati in sede di autorizzazione; nell'adozione di un sistema di gestione informatica dell'ALPI dalla prenotazione alla fatturazione; nel prevedere nel regolamento aziendale una disciplina dei ricoveri in regime di libera professione e specifiche sanzioni;
    per quanto concerne l'ALPI espletata presso «studi professionali in rete», al fine di evitare la violazione degli obblighi di fatturazione e la mancata prenotazione tramite il servizio aziendale, occorre rafforzare i controlli e le verifiche periodiche sul rispetto della normativa nazionale e degli atti regolamentari in materia»;
    non risulta ancora pubblicato il nuovo Piano nazionale per il Governo delle liste di attesa 2016-2018 e l'ultimo Piano nazionale di Governo delle liste di attesa (PNGLA) 2010-2012 è del 28 ottobre 2010;
    l'ultima relazione annuale al Parlamento sull'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, relativa all'anno 2014, e presentata nel settembre 2016, ha messo in evidenza diffuse criticità attuative di tutte le condizioni che consentono l'intramoenia; infatti, rispetto alle novità introdotte dal cosiddetto «decreto Balduzzi», solo 13 regioni hanno provveduto ad emanare/aggiornare le linee guida regionali, mentre sono solo 10 le regioni in cui tutte le aziende presenti hanno dichiarato di aver attivato l'infrastruttura di rete e solo in 5 regioni si garantiscono spazi idonei e sufficienti per esercitare la libera professione e pertanto la maggior parte delle regioni ha proceduto all'acquisizione di spazi tramite acquisto, locazione e stipula di convenzioni e/o all'attivazione del programma sperimentale per lo svolgimento dell'attività libero-professionale, in via residuale, presso gli studi privati dei professionisti collegati in rete;
    la relazione, citando il conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, ha evidenziato che, mediamente, circa il 94 per cento dei dirigenti medici e sanitari non medici, è legato alla propria azienda da un rapporto di esclusività, seppur con percentuali diverse per le singole figure professionali, e ha altresì rilevato che il numero dei medici che hanno optato per l'attività libero professionale intramuraria, è passato da 59.000 unità relative all'anno 2012, pari al 48 per cento del totale dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, a 53.000 unità nel 2014, pari al 44 per cento circa del totale dei dirigenti medici stessi. In media, dunque, nel Servizio sanitario nazionale il 48,7 per cento dei dirigenti medici, con rapporto esclusivo, esercita la libera professione intramuraria;
    il ricorso all'intramoenia è sempre più spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del Servizio sanitario nazionale in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto;
    è necessario dunque garantire che, nella valutazione dei parametri di riferimento relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure, si tenga conto del rispetto del progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria come previsto dalla succitata legge 3 agosto 2007, n. 120;
    è altresì necessario dare concreta attuazione alla determina Anac 28 ottobre 2015, n. 12, prevedendo che, in caso di mancato rispetto di tutte le disposizioni e condizioni che consentono l'esercizio dell'attività libero-professionale intramoenia, la stessa non sia in alcun modo autorizzata, prospettando reali conseguenze penalizzanti per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili;
    la giunta della regione Emilia Romagna, in data 27 luglio 2015 (Progr.Num. 1056/2015), ha deliberato la proposta di deliberazione ad oggetto: «Riduzione delle liste di attesa per l'accesso alle prestazioni sanitarie». L'assessore alla sanità della regione Emilia Romagna, Sergio Venturi, ha recentemente dichiarato che: «il nostro Piano regionale contro le liste di attesa è partito a luglio del 2015. Dopo poco più di un anno a regime possiamo dire di riuscire a garantire le prestazioni sanitarie entro i tempi stabiliti in circa il 98 per cento dei casi»,

impegna il Governo:

1) ad emanare i decreti del Ministro della salute per la definizione della metodologia di valutazione dei parametri di riferimento relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure, previsti all'articolo 1, commi 526 e 536, della legge 28 dicembre 2015 n. 208, tenendo conto dell'articolo 1, comma 4, lettera g) della legge 3 agosto 2007 n. 120 «Disposizioni in materia di attività libero professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria» nonché dell'attuazione dalla Determina ANAC 28 ottobre 2015, n. 12 Piano nazionale anticorruzione – aggiornamento 2015 (Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2015, n. 267);
2) ad assumere iniziative normative affinché il mancato rispetto delle indicazioni previste dalla legge 3 agosto 2007 n. 120 «Disposizioni in materia di attività libero professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria» nonché della determina dell'Anac 28 ottobre 2015, n. 12 Piano nazionale anticorruzione – aggiornamento 2015 (Gazzetta Ufficiale 16 novembre 2015 n. 267) determini reali conseguenze penalizzanti per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili finanche, se necessario, l'automatica sospensione dell'attività libero professionale intramuraria;
3) ad assumere iniziative normative affinché, entro il più breve tempo possibile, venga presentato alle commissioni competenti di Camera e Senato una bozza del «nuovo» Piano nazionale per il governo dei tempi di attesa che contempli l'implementazione, a livello nazionale, delle iniziative approvate dalla regione Emilia Romagna, tra cui l'analisi e le conseguenze rispetto alla possibilità di interruzione dell'attività libero professionale intramuraria, prevedendo altresì, che l'approvazione definitiva del nuovo Piano nazionale per il governo dei tempi di attesa, attraverso un parere obbligatorio delle commissioni competenti di Camera e Senato, avvenga entro e non oltre il 30 settembre 2017;
4) ad assumere iniziative affinché il «nuovo» Piano nazionale per il Governo dei tempi di attesa contempli, con il supporto dell'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) la realizzazione di una piattaforma tecnologica, sul modello del Piano nazionale esiti, per il monitoraggio e l'implementazione del rispetto dei tempi di attesa delle prestazioni di tutti gli enti del sistema sanitario nazionale, considerato che i dati forniti da questi ultimi, a livello di singolo professionista o équipe professionale, devono rappresentare un importante indicatore da inserire nella griglia di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza (Lea) per gli anni a partire dal 2018, e facendo in modo tale che l'accesso alla piattaforma tecnologica sia di facile fruizione e garantito a tutti i cittadini, e che l'aggiornamento dei dati sia a cadenza massimo mensile;
5) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché presso tutti gli enti del SSN, le visite specialistiche, e prestazioni diagnostiche ambulatoriali nonché i ricoveri di elezione siano garantiti secondo le normative in vigore, assicurando, se necessario anche attraverso nuove iniziative normative, che in caso di inadempienza, il direttore generale dell'ente del SSN provveda tempestivamente alla sospensione di tutte le prestazioni rese in regime libero professionale sino al rientro di queste nei tempi di attesa previsti dalle normative e prevedendo altresì che il mancato intervento da parte del direttore generale sia da intendersi grave inadempienza con automatica decadenza dell'incarico;
6) ad assumere iniziative affinché il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza contempli il coinvolgimento delle associazioni dei cittadini e pazienti.
(1-01563) «Grillo, Nesci, Cecconi, Mantero, Silvia Giordano, Lorefice, Colonnese, Di Vita, Baroni, Dall'Osso».


   La Camera,
   premesso che:
    è sempre più forte la necessità di riformare e di rendere più efficienti i centri per l'impiego, i cui servizi sono carenti e spesso non idonei a contrastare l'attuale grave crisi economica e occupazionale e le ragioni della scarsa efficienza di tali enti pubblici si comprendono analizzando i dati relativi alle prestazioni minime che dovrebbero essere garantite al disoccupato che dichiari di essere immediatamente disponibile al lavoro, così come stabilito dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181;
    la percentuale di centri per, l'impiego in grado di svolgere le funzioni di orientamento e diagnostica dell'utente, promozione di misure per l'inserimento lavorativo, rinvio dell'utenza alla formazione... professionale, è pari al 77,3 per cento del totale e ciò è di per sé stesso indicativo, senza necessità di entrare nel merito di come tali funzioni siano svolte, ma la quota dei centri che erogano tali servizi nei tempi previsti dalla normativa si riduce al 48,7 per cento e scende addirittura al 24,2 per cento, ma con profonde differenze territoriali (34 per cento nel centro-nord e 10 per cento nel Mezzogiorno), se si prendono in considerazione fattori legati alla gestione delle informazioni, ossia agli strumenti essenziali per lo sviluppo delle prestazioni personalizzate previste dalla normativa vigente quali: l'adozione della nuova scheda anagrafico-professionale, l'adozione del sistema delle comunicazioni obbligatorie per aggiornare le informazioni sul lavoratore, nonché il trasferimento delle informazioni a un qualsiasi servizio per l'impiego per via telematica;
    è un dato di fatto che le criticità rilevate nelle procedure dei centri per l'impiego dipendono, in particolare, dall'assenza di idonei standard minimi di prestazione dei servizi, nonché dalla mancanza di una chiara definizione delle competenze che il personale deve possedere per erogare servizi orientati alla persona, che deve essere sostenuta nelle difficili e diverse fasi di transizione del proprio percorso professionale e lavorativo;
    l'attività cardine dei servizi pubblici per l'impiego è quella di comporre e gestire un insieme di sistemi e di procedure destinati al supporto e all'orientamento al lavoro, che devono essere in grado di supportare adeguatamente i molteplici passaggi caratterizzanti la vita professionale degli individui e di realizzare progressivamente una flessibilità del mercato, attraverso la fornitura personalizzata di servizi miranti a ridurre il più possibile il tempo di permanenza delle persone nella rischiosa condizione di inattività e di esposizione al lavoro sommerso. Tali attività devono essere svolte esclusivamente da personale in possesso di idonee competenze,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per favorire una maggiore formazione del personale dei centri per l'impiego ed aumentare il numero dei centri sparsi sul territorio nazionale, concentrando su di essi le politiche attive del lavoro;
2) a porre in essere iniziative volte a riattivare il pieno turnover per i dipendenti pubblici in modo da ringiovanire l'età media dei dipendenti della pubblica amministrazione, anche in funzione delle procedure telematiche sempre più presenti nel sistema;
3) ad aumentare la dotazione di materiale e di strumenti necessari dei centri per l'impiego per permettere ai dipendenti di poter svolgere la propria mansione, eliminando i disagi che subiscono tuttora gli utenti che si rivolgono ai suddetti centri nella speranza di poter trovare un'occupazione;
4) a creare un gruppo di lavoro, coinvolgendo l'Agenzia per l'Italia digitale, l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le start-up che si occupano di blockchain, per focalizzare ed approfondire le possibilità applicative di questa tecnologia per la pubblica amministrazione, in particolare per la tracciabilità delle erogazioni dei sussidi per la disoccupazione e per una maggiore trasparenza;
5) ad assumere iniziative per aumentare le risorse per il fondo per le politiche attive del lavoro in base al numero dei potenziali beneficiari che ne dovranno usufruire.
(1-01564) «Baldassarre, Turco, Artini, Bechis, Segoni, Cristian Iannuzzi, Labriola, Prodani, Pastorelli, Lo Monte, Marzano, Furnari».


   La Camera,
   premesso che:
    la commissione bilancio del Senato ha deliberato la modifica della disposizione dell'articolo 6, comma 8, del decreto-legge n. 244 del 2016, il cui disegno di legge di conversione era all'esame, che proroga al 31 dicembre 2018 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche. La proroga ora riguarda le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, al fine di allineare le scadenze delle concessioni medesime, garantendo omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione; essa prevede anche che, nelle more degli adempimenti da parte dei comuni, siano comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti. Resta definito che le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono pertanto avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data; con la disposizione suddetta il Governo, finalmente, ha preso atto delle difficoltà applicative della Direttiva Bolkestein. Tant’è vero che lo stesso ex premier Renzi ha dichiarato: «A un passo dall'applicazione pratica delle nuove regole in materia, emergono forti criticità. Il Governo ha deciso di prendersi carico di queste criticità, ritenendo doveroso quantomeno un momento di approfondimento e riflessione»;
    lo stesso presidente dell'Anci De Caro ha dichiarato: «I Comuni stanno lavorando per non arrivare sprovvisti alla scadenza di luglio 2017, ma è evidente la necessità di un prolungamento adeguato dei tempi, in ragione dell'elevato numero di concessioni da assegnare tramite gara e della conseguente mole di verifiche e incombenze in carico agli uffici comunali ancora prima dell'indizione delle gare stesse»;
    inoltre, si fa presente che la regione Piemonte ha approvato all'unanimità una proposta di legge al Parlamento, per escludere il commercio ambulante dagli effetti della direttiva Bolkestein, così come la regione Puglia ha approvato una mozione del gruppo consiliare M5S sulla medesima linea e le amministrazioni comunali di Roma e Torino hanno deliberato di sospendere la pubblicazione dei bandi per i singoli posteggi;
    sul punto, infine, è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha dato parere contrario e contestato i criteri e le procedure stabiliti dell'intesa Stato-regioni con i quali i comuni stavano provvedendo alla pubblicazione dei bandi per l'assegnazione delle concessioni nei mercati; si ricorda che il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha recepito la direttiva Bolkestein e si configura come una legge-quadro, che dispone norme di portata generale, nonché principi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità, nonché i tempi di applicazione degli stessi; in particolare, le disposizioni in questione, con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
    l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010 irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare, al comma 4, non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore l'articolo suindicato; esso però interviene su una disciplina già ampiamente regolamentata, introducendo un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;
    in particolare, emergerebbero criticità conseguenti all'equiparazione tra la nozione di «risorse naturali», citata dal suindicato articolo, e «posteggi in aree di mercato», tali da compromettere le possibilità e l'operatività degli operatori del commercio ambulante. Infatti, il decreto legislativo interpreta il suolo pubblico concesso per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche, come rientrante nella nozione di «risorse naturali»;
    alle suindicate criticità, si aggiungono ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo decreto legislativo, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante;
    fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione – finanziaria, fiscale ed operativa – tra operatori del medesimo settore;
    le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata, creano un’impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative in sede di Unione europea al fine di modificare la «direttiva Bolkestein» in modo tale da escludere gli operatori ambulanti e le microimprese operanti nel settore che rappresentano il tessuto tradizionale socio-economico dell'Italia;

2) ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
(1-01565) «Della Valle, Caso, Vallascas, Fantinati, Cancelleri, Crippa, Da Villa, D'Uva».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la grande recessione mondiale che ha investito (anche) il nostro Paese, oramai 10 anni fa, ha letteralmente messo in ginocchio famiglie, professionisti ed imprese che, ad oggi, sembrano essere arrivati ad un punto di non ritorno;
    la profonda crisi che ha colpito l'Italia ha visto un progressivo innalzamento del fenomeno dell'evasione fiscale: alla pressione tributaria storicamente altissima del nostro Paese, quindi, si è affiancata una mancanza di liquidità che ha visto milioni di contribuenti non riuscire a pagare le tasse e ricevere cartelle di pagamento;
    nel corso di un'audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia, avvocato Ruffini, ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati Equitalia negli ultimi 15 anni. Il carico totale lordo ammonta a circa 1.000 miliardi di euro. Il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto indebito. Dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatenenti. Residuano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60 per cento (314 miliardi) corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Considerando, infine, le rateazioni e le citate norme a favore dei contribuenti, le posizioni effettivamente lavorabili si riducono quindi a 51 miliardi di euro, il 5 per cento del carico totale lordo iniziale;
    in quest'ottica non era possibile continuare a trascurare né il problema delle cartelle di pagamento non saldate, né la necessità di recupero del carico impositivo e le intenzioni si sono tradotte con l'introduzione da parte del legislatore della possibilità di «rottamazione delle cartelle esattoriali», con il decreto-legge n. 193 del 2016 collegato alla legge di bilancio per il 2017;
    la legge (n. 225 del 2016), di conversione del decreto-legge n. 193 del 2016, è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale il 2 dicembre 2016 e prevede, da una parte l'entrata di circa quattro miliardi di euro per le casse dello Stato, dall'altra la riduzione del fenomeno dell'evasione fiscale e delle cartelle di pagamento non riscosse;
    con la nuova rottamazione delle cartelle, Equitalia prevede la definizione agevolata, con uno sconto per quanto riguarda le sanzioni e gli interessi di mora, di tutte le cartelle di pagamento che sono state emesse tra il 1o gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2016 e la possibilità di spalmare l'importo in 5 rate da versare entro il mese di settembre 2018 (luglio, settembre, novembre 2017 e aprile e settembre 2018);
    aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali;
    per accedere alla definizione agevolata inizialmente era necessario presentare un'apposita dichiarazione, entro e non oltre il 31 marzo 2017. Il Consiglio dei ministri ha approvato, venerdì 24 marzo 2017, un decreto-legge che proroga al 21 aprile 2017 il termine entro il quale i debitori potranno presentare la dichiarazione prevista, allo scopo di favorire ulteriormente l'adesione dei cittadini interessati all'istituto definitorio;
    per il differimento del termine ultimo entro cui Equitalia dovrà fornire al contribuente il dettaglio sugli importi dovuti, entrerà in gioco la norma inserita nella conversione in legge del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, recante nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, che prevede (all'articolo 11, comma 10) che il termine per l'invio della comunicazione al debitore, da parte dell'agente della riscossione, relativa all'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione agevolata, delle singole rate, nonché al giorno e al mese di scadenza di ciascuna di esse, sia posticipato al 15 giugno 2017;
    ciò che resta invariato sono le date per i versamenti, perché la riscrittura del calendario non riguarda assolutamente le scadenze fissate per le rate legate alla rottamazione: il decreto-legge con la proroga secca al 21 aprile 2017 viene definito, infatti, un provvedimento «a perdere» nella tecnica legislativa (e quindi destinato a non essere convertito) per evitare proprio di riaprire il dibattito parlamentare su tutto il capitolo della riscossione;
    e proprio su questo aspetto si riscontrano condizioni tutt'altro che vantaggiose per i contribuenti che vogliano aderire alla definizione agevolata; le scadenze fissate, infatti, comportano obblighi impossibili da onorare perché le rate andranno inevitabilmente a coincidere con altri pagamenti (acconto Imu e Tasi 2017 e acconto cedolare secca 2017 che dovrà essere versato il 16 giugno 2017, saldo cedolare secca 2016, saldo e 1o acconto IRPEF, IRES e contributi previdenziali eccedenti il minimale che andranno versati il 30 giugno 2017);
    si consideri che, per la maggior parte dei casi, si parla di cittadini con una grave carenza di liquidità e va da sé che la somma di tutti i tributi dovuti con l'aggiunta delle rate per la definizione agevolata delle cartelle Equitalia si traduce in una situazione insostenibile per il contribuente;
    inoltre, con la definizione agevolata si pagano: le somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, l'aggio della riscossione da calcolare solo sul capitale e gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, spese di rimborso per le procedure esecutive, le spese di notifica delle cartelle di pagamento, gli interessi di dilazione in caso di rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata;
    per questo motivo, il 15 febbraio 2017, il primo firmatario del presente atto di indirizzo ha depositato la proposta di legge (Atto Camera 4300): «Norme in materia di sanatoria delle cartelle di pagamento e degli avvisi di accertamento esecutivi» con finalità correttive e, principalmente: la modifica della procedura della definizione agevolata, una rateazione ordinaria e una straordinaria, l'abolizione dell'aggio sul capitale e sugli interessi da ritardata iscrizione a ruolo e l'abolizione degli interessi di dilazione sulla rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di adottare opportune iniziative per rendere effettivamente percorribili le condizioni di adesione alle procedure agevolate per i contribuenti, considerando puntuali modifiche alla procedura di definizione agevolata che prevedano:
    a) una rateazione ordinaria e una straordinaria con pagamento in 48 rate mensili o, se straordinaria (per importi complessivamente superiori a 60.000 euro), in 72 rate mensili per contribuenti rispettivamente in momentanea difficoltà o in grave difficoltà finanziaria;
    b) l'abolizione dell'aggio sul capitale e sugli interessi da ritardata iscrizione a ruolo;
    c) l'abolizione degli interessi di dilazione sulla rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata.
(7-01232) «Laffranco, Palmizio».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    con decreto legislativo n. 169 del 2016, il Governo ha varato la «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali», con una riduzione delle 24 autorità esistenti in 15 nuovi enti, definiti autorità di sistema portuale (AdSP);
    il progetto dell'Esecutivo prevede, in particolare, la fusione in un'unica Authority delle realtà portuali di Messina e Gioia Tauro, profondamente distanti non solo per natura e specificità ma, addirittura, per regione di appartenenza;
    l'Autorità portuale di Messina è già dal 2000 una Autorità di sistema con i compiti di indirizzo, programmazione, controllo, coordinamento, promozione delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei Porti di Messina e Milazzo, cui si è aggiunto recentemente quello di Tremestieri (Me);
    ad oggi l'Autorità portuale di Messina, ente soppresso in attesa della nomina del Presidente e degli altri organi gestionali, può svolgere solo ordinaria amministrazione e, non essendo stato ancora approvato dal Ministero, il bilancio, opera in esercizio provvisorio fino ad aprile, quando, in assenza di novità, scatteranno ulteriori norme restrittive;
    l'Autorità portuale di Messina, diversamente da altre realtà, non gestisce solo aree e impianti portuali, ma amministra per conto dello Stato alcune delle zone più pregiate della città come la Fiera, la cortina del porto o la zona Falcata, il destino delle quali, dal momento dell'attuazione dell'accorpamento, verrà deciso in Calabria;
    Gioia Tauro, invece, risulta un porto in crisi strutturale, con la regione Calabria costretta a coprirne le perdite per la sopravvivenza dello scalo, con la pesante crisi occupazionale che dal 2010 mantiene inalterato il dato negativo di circa 450 lavoratori in cassa integrazione a rotazione;
    tale prospettato accorpamento, pertanto, risulta sin dall'inizio fallimentare per il sistema portuale di Messina, rischiando di apparire finalizzato a finanziare il deficit di Gioia Tauro: mentre l'autorità portuale di Messina gode, infatti, di una situazione economica florida e di prospettive di sviluppo certe, il porto calabrese arranca disperatamente nel tentativo di allungare il più possibile la sua agonia e nella speranza di risorgere proprio grazie alla assistenza economica del porto messinese;
    la situazione appare di ancora più complessa soluzione, se si considera che la concorrenza dei porti di transhipment nord africani godono di vantaggi sui costi operativi dettati prevalentemente dalla enorme differenza del mercato del lavoro esistente tra quei paesi e l'Italia;
    contrariamente a quanto più volte dichiarato dal Ministro interrogato e alla stessa rubrica del decreto legislativo, è evidente come tale riforma vada nella direzione opposta dell'efficienza,

impegna il Governo

a valutare l'adozione delle iniziative di competenza volte a ridefinire i criteri della riforma delle autorità portuali attraverso un confronto con le realtà coinvolte, e per scongiurare, anche attraverso i necessari correttivi normativi, l'accorpamento del porto di Messina a quello di Gioia Tauro, in considerazione della specificità e della peculiarità di questa singolare Autorità di Sistema che ingloba porti situati in due regioni e due mari diversi.
(7-01231) «Totaro, Rampelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   dal verbale d'incontro predisposto da Confindustria e Sogeaal, società di gestione dell'aeroporto di Alghero, relative all'incontro tra Sogeaal e Sindacati emerge un dato di fatto inequivocabile per il futuro dello scalo: zero investimenti, zero incentivi per i voli low cost;
   l'aeroporto di Alghero è senza futuro, anche perché non rientra negli investimenti strategici di F2i;
   tutto questo emerge dal verbale d'incontro tra la gestione dell'aeroporto e i sindacati;
   siamo, secondo l'interrogante, dinanzi alla più vergognosa conferma di quanto previsto;
   i responsabili di F2i che hanno comprato con procedure sotto indagine dell'Autorità nazionale Anticorruzione l'aeroporto di Alghero, attraverso la fallimentare gestione;
   hanno dichiarato senza mezzi termini che l'assetto gestionale non passa attraverso l'incremento dei voli ma nella riduzione dei costi di lavoro;
   il piano è chiaro: si tagliano ore e posti di lavoro;
   si tagliano stipendi e si procede a ridimensionamenti che saranno affidati ad un soggetto esterno il cui arrivo è stato annunciato nel corso dell'incontro;
   la strategia dell'aeroporto è stata così enunciata: niente più incentivi alle low cost, ma solo i voli che vorranno fare. Dunque solo quelli estivi, zero stagioni di spalla, cancellato il piano di sviluppo che aveva fatto dell'aeroporto di Alghero un vero motore di crescita economica dell'intero territorio e non solo;
   nel verbale si afferma: «Management che si rende disponibile a prospettive di sviluppo che, tuttavia, debbono necessariamente passare per un ripensamento sull'assetto gestionale che non può non implicare la riduzione dei costi del lavoro fortemente sottolineata dall'Azionista Pubblico già allorquando era Socio di maggioranza»;
   la malagestione del passato e l'arroganza dei privati dovranno pagarla i lavoratori. Una strategia che abbandona l'obiettivo di incrementare i voli puntando solo sulla riduzione dei costi del lavoro;
   nel verbale è anche scritto: l'investimento su Alghero è certamente tra quelli di taglio minore per F2i, ragion per cui si dovrà rispondere con risultati che ne confermino efficacia tale da meritare ulteriore attenzione rispetto a quella derivante da un'acquisizione che è passata per una due diligence durata quasi due anni e che ha permesso di rilevare la complessiva qualità dell'operato del management;
   si tratta di una vergognosa pagina che conferma il taglio minore dell'investimento di F2i che avrebbe persino valutato la complessiva qualità dell'operato del management. Lo stesso management che ha favorito e costruito la svendita dell'aeroporto;
   si tratta di affermazioni gravi, come quella di una due diligence durata due anni visto che in realtà doveva essere una gara d'appalto;
   nel verbale si afferma poi: «La precedente mission affidata al management si basava invece sul mantenimento dei livelli occupazionali attraverso l'aumento dei passeggeri. Nell'impossibilità di adottare politiche di alimentazione del traffico di tenore analogo al passato, il Socio Pubblico ha chiesto di intervenire significativamente per ottenere una contrazione dei costi maggiormente elevati, in particolare quelli del personale, considerato in esubero sulla base di benchmark d'efficacia effettuati con aeroporti di dimensione analoghe»;
   secondo questa improvvisata dirigenza lo sviluppo degli anni passati era fittizio e non tornerà più;
   l'aeroporto, secondo questi piani, dovrà essere strutturato per gestire l'ordinaria amministrazione e niente più;
   nel verbale si affronta poi la questione delle low cost: «Il management attuale risponde dicendo che non può che prendere atto del fatto che tali voli non ci sono e che le nuove linee guida della Commissione non rendono possibili gli investimenti (o supporti) nella misura pretesa da alcuni soggetti low-cost: ha quindi chiesto al Consiglio attuale di rimettere in discussione, con il supporto del sindacato, i numeri del personale»;
   l'aeroporto di Alghero, al contrario di quanto si afferma nel verbale, è l'unico legittimato a proseguire il suo operato anche in relazione alle nuove direttive comunitarie. Affermare il contrario è la conferma di voler lasciar morire l'aeroporto, per favorire altre realtà;
   nel verbale infine compare quella che appare all'interpellante una vera e propria minaccia: «La verifica dei comportamenti successivi alla riunione odierna è essenziale, e forme di contrapposizione sterili non potranno che portare a barricate che – come si è mostrato in passato – verranno scontate dalla forza lavoro»;
   si tratta di una gestione spregiudicata delle stesse relazioni industriali con la minaccia diretta che ad ogni contrarietà dei sindacati a pagare saranno i lavoratori;
   si tratta di affermazioni che confermano il livello di questo management che riesce persino ad esprimersi con approccio punitivo verso coloro che non saranno allineati e coperti;
   questo è il risultato, secondo l'interpellante, di una privatizzazione nefasta che va comunque combattuta per scongiurare ulteriori gravissimi danni al territorio e ai lavoratori –:
   se non ritengano per quanto di rispettiva competenza, intervenire per rispettare gli impegni di rilancio dell'aeroporto di Alghero reiteratamente enunciati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, compreso l'accordo con la compagnia aerea low cost Ryanair.
(2-01735) «Pili».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO e VERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 14 marzo 2017 l'interrogante ha presentato interrogazione n. 5-10820, avente ad oggetto la richiesta di attività ispettiva a tutela del prestigio dell'autorità giudiziaria; il 15 marzo 2017 la direzione distrettuale antimafia di Catania ha eseguito, nell'ambito di indagini concernenti l'ampliamento della discarica Cisma di Melilli, un'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Catania per i reati di traffico illecito di rifiuti, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, traffico di influenze illecite e altri reati. 14 i provvedimenti restrittivi in carcere o arresti domiciliari; 3 le misure interdittive. Secondo la ricostruzione giornalistica i giudici amministrativi sarebbero stati indotti in errore sul procedimento avente ad oggetto l'ampliamento della discarica Cisma;
   i provvedimenti giurisdizionali sono: ordinanza 614/2014 del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Siciliana sulla sospensiva proposta da Cisma nel quale è scritto: «avuto riguardo anche agli esiti dei recentissimi accertamenti tecnici svolti in sede penale dall'ingegnere Vincenzo Naso, consulente del pubblico ministero, prodotti in questa sede e che, a cura di parte ricorrente, possono essere riversati negli atti di prime cure per essere ivi posti a base della decisione, occorre verificare la coincidenza tra le aree cui si riferiva il progetto originario, già sottoposto a VIA, e quelle su cui si vorrebbe realizzare l'odierno ampliamento della discarica.»;
   la sentenza del Tar 1181/2015 che dice: «A tal fine – come indicato dal CGARS nella citata ordinanza n. 614/2014 – devono essere valorizzati, infatti, i seguenti elementi: per un verso, le risultanze della perizia redatta dal Professore Ingegnere Vincenzo Naso in qualità di C.T.U. nominato dal Tribunale di Siracusa nell'ambito del giudizio recante 2201/14 al cui contenuto integrale si rinvia (ed in particolare a pagina n. 7 ove espressamente si afferma che il D.D.G. n. 1147 del 15 dicembre 2006 rappresenta titolo idoneo per la realizzazione dell'intera volumetria in quanto esso non ha evidenziato impatti significativi o negativi sull'ambiente relativamente all'intero progetto, quello comprendente l'intera volumetria). Sentenza T.A.R. 2040/2015 sul silenzio serbato dall'Amministrazione regionale sull'istanza per la conclusione del procedimento AIA (ampliamento della discarica) che disponeva la nomina a Commissario « ad acta»;
   l'induzione in errore sarebbe avvenuta anche mediante le attività di consulenza di Naso e Verace quest'ultimo, nominato Commissario ad acta nell'ambito del giudizio amministrativo: Naso (sottoposto alla misura interdittiva dell'esercizio della professione) è stato nominato consulente unitamente a Verace (sottoposto alla misura degli arresti domiciliari) dal pubblico ministero di Siracusa Giancarlo Longo, nell'ambito di un procedimento penale avente ad oggetto la discarica Cisma;
   Naso è consulente del Consiglio di giustizia amministrativa nel giudizio promosso dalla Am Group contro la Soprintendenza di Siracusa per la riforma della sentenza del Tar 2392/2013 concernente il diniego del nulla-osta al progetto edificatorio presentato dalla società al comune di Siracusa e la richiesta risarcitoria di milioni di euro; Am Group è riconducibile al medesimo centro di imputazione di interessi imprenditoriale Open Land che ha impugnato al Consiglio di giustizia amministrativa la sentenza del Tar avente ad oggetto il diniego alla realizzazione di un centro commerciale e il risarcimento dei danni; nel giudizio di appello è nominato consulente tecnico d'ufficio il commercialista Pace, consulente presso la procura di Siracusa; nell'ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa. Il quadro delineato nella interrogazione 5-10820 e nella presente interrogazione merita una verifica ispettiva urgente –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato intendano valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive, rispettivamente presso il Consiglio di giustizia amministrativa e la procura di Siracusa, anche al fine di fugare eventuali dubbi che emergono anche da articoli di stampa sulle attività giudiziarie sopra indicate. (5-10995)

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO, MANNINO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge dalla trasmissione Report Rai tre andata in onda il 27 marzo 2017, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) avrebbe concesso fondi pubblici per svariati milioni di euro senza reali verifiche e controlli ad alcuni istituti, formalmente per fini di ricerca, ma nella pratica dirottati verso altri scopi, completamente estranei a quelli istituzionali;
   tra i destinatari di questi fondi ci sarebbe anche l'Istituto per l'ambiente marino costiero del Cnr: in particolare, pare che l'ex segretario amministrativo dell'istituto, Vittorio Gargiulo dell'istituto fermato il 27 marzo 2017 per peculato, truffa e concussione, si sia impossessato di circa un milione di euro dell'Istituto di ricerca tra il 2011 e il 2015: i fondi sarebbero stati spesi, ad esempio, per ristrutturazione di casa propria con annessa vasca idromassaggio, giustificata come «ripristino locali interni dell'istituto»; acquisto di mobilio vario personale, giustificato come «campagne oceanografiche»; computer, tablet e altri prodotti informatici, poi rivenduti tramite internet; giostre gonfiabili acquistate come «materiale di consumo», ma destinate alla seconda attività lavorativa ed altro;
   vi sarebbero anche finanziamenti anticipati dal Consiglio nazionale delle ricerche su base di contratti mai esistiti, doppie fatturazioni, firme false apposte su contratti di affidamento ad aziende private, o, ancora, il significativo progetto del 2014 «Report» per un importo di 450 mila euro relativo a studi sulla pesca che, tuttavia, né l'allora presidente del CNR Luigi Nicolais, né i tre ricercatori, che sarebbero stati titolari del progetto, conoscevano;
   emerge anche un legame tra il Consiglio nazionale delle ricerche e il latitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro: grazie alle informazioni raccolte da Laura Giuliano, già presidente dello stesso Istituto ambiente Marino Costiero dal 2014 al 2016, si è scoperto che una delle sedi dell'Istituto, a Capo Granitola, nei pressi di Castelvetrano, in provincia di Trapani, ha ricevuto trasferimenti da parte dell'ex dirigente del Consiglio nazionale delle ricerche, Salvatore Mazzola per potenziare la rete oceanografica ma poi giustificate come spese per un convengo avvenuto 3 anni prima a Napoli;
   inoltre, molta documentazione anche amministrativo contabile è inspiegabilmente quando Laura Giuliano ha iniziato un audit interno per fare luce sull'utilizzo dei fondi del Consiglio nazionale delle ricerche;
   per verificare e controllare tali spese, il Consiglio nazionale delle ricerche ha pagato una consulenza a Paolo D'Anselmi, il quale però è legato ad alcune società che hanno percepito commesse tramite affidamento diretto per oltre 2,5 milioni di euro da parte del Consiglio nazionale delle ricerche e firmate dall'attuale direttore generale, Massimiliano Di Bitetto, con il quale D'Anselmi risulta essere coautore di alcune pubblicazioni, utili anche ai fini della nomina di direttore generale;
   un dipendente della sede di Capo Granitola dell'istituto ha dichiarato di aver recentemente avvistato Messina Denaro presso i propri uffici, mentre l'attuale capo della medesima sede, Ario Sprovieri, dichiarava nel 2014 che «Capo Granitola è la casa di Matteo Messina Denaro. Il boss ricercato al mondo numero uno è là»;
   lo stesso Salvatore Mazzola nel 2010 avrebbe affittato per 4 anni una foresteria senza contratto sempre in località Capo Granitola al ginecologo Riccardo Germilli, il cui fratello Claudio è massone e legato al mafioso Giovanni Risalvato, condividendo con costui la società Habitat Eco Sistemi s.r.l., il quale è persona fidata dello stesso Matteo Messina Denaro e condannato a 14 anni di reclusione nell'ambito del processo di mafia Golem II –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative presso il Consiglio nazionale delle ricerche al fine di valutare eventuali responsabilità in capo al Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e una sua eventuale rimozione, nonché in capo alle precedenti gestioni, ovvero dei responsabili dell'Istituto ambiente marino costiero, anche per una eventuale segnalazione all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti o all'ANAC. (4-16088)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) il 30 luglio 2016 ha emanato linee guida recanti «Criteri tecnici per stabilire quando il trattamento non è necessario ai fini dello smaltimento dei rifiuti in discarica» ai sensi dell'articolo 48 della legge n. 221 del 2015;
   il contenuto è ultroneo rispetto alla citata disposizione di legge poiché sono definite le modalità di trattamento dei rifiuti smaltiti in discarica, introducendo, a giudizio degli interroganti, arbitrariamente, per tutte le tipologie di rifiuto organico, parametri, come l'Indice di respirazione dinamico potenziale (Irdp), non previsti dal decreto ministeriale 27 settembre 2010 e successive modifiche ed integrazioni;
   le linee guida potrebbero avere pesanti ripercussioni sulla gestione delle discariche, con criticità tecnico-operative e rilevanti aggravi di costi che si ripercuotono per i rifiuti urbani, sulla Tari, e per i rifiuti speciali, sulle imprese produttrici, come già sta avvenendo per gli scarti di lavorazione del cuoio delle aziende calzaturiere delle Marche;
   una delle principali difficoltà rilevate nell'applicazione delle linee guida è connessa all'individuazione del solo Irdp quale parametro per misurare la stabilità biologica di un rifiuto, in antitesi con quanto in precedenza stabilito da altri provvedimenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   l'Irdp è un parametro per la cui ricerca non esistono metodiche consolidate;
   le linee guida prevedono che il valore-limite sia calcolato sulla media dei conferimenti degli ultimi tre mesi il che implica, per i rifiuti spiaggiati come quelli riversati in via eccezionale sul litorale adriatico, nel tratto prossimo alla foce del fiume Misa, stimati in circa 10.000 tonnellate, la pratica impossibilità di smaltimento;
   i criteri dell'Ispra integrano gli estremi di un atto non direttamente riferibile alle tradizionali fonti del diritto ma al cosiddetto «diritto attenuato» o « soft law» che assume efficacia sulla base e nei limiti della delega del legislatore o dell'Esecutivo che mantengono comunque una funzione di indirizzo e controllo;
   le linee guida non sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale;
   i destinatari non beneficiano di un periodo transitorio per ottemperare alla nuova disciplina, ma devono adeguarsi entro termini perentori – sui quali pur gravano forti perplessità –; questa situazione, di fatto, sta paralizzando il ciclo di gestione dei rifiuti per migliaia di imprese e comuni –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere l'efficacia e l'esecuzione delle linee guida per lo smaltimento dei rifiuti in discarica al fine di garantire il necessario coordinamento tecnico-giuridico con le norme vigenti e la concreta applicabilità alle fattispecie concrete. (5-10990)


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra sabato 18 e domenica 19 marzo 2017, in località detta «Lo Spesso» a Taverna del Re, che trovasi al confine tra Villa Literno (Caserta) e Giugliano in Campania (Napoli), è divampato per cause ignote, ricollegabili secondo le prime indagini, a matrice di tipo dolosa, un terribile rogo che in poco tempo ha bruciato un consistente numero di ecoballe, giacenti in una piazzola dell'area adibita a permanente deposito delle stesse;
   per diverse ore, i residenti della zona, e per diversi chilometri dall'area interessata dal rogo, sono stati costretti a subire le esalazioni tossiche scaturite dall'incendio;
   sul posto si sono portate diverse unità dei vigili del fuoco accorse da più parti della provincia napoletana per scongiurare che l'incendio si propagasse ulteriormente;
   un danno ambientale, economico ed umano dunque di notevoli proporzioni, per domare del tutto le fiamme e mettere in sicurezza le altre montagne esistenti di rifiuti ci sono volute oltre 24 ore;
   le sostanze tossiche sprigionatesi dalla combustione delle centinaia di ecoballe sono state spinte dalle correnti su una vasta area circostante il rogo, interessando, quindi, abitazioni, campi ed allevamenti;
   si contano in Campania, allo stato attuale circa sei milioni di ecoballe e per questo, l'Italia, per la loro giacenza paga periodicamente pesanti sanzioni inflitte dall'Unione europea (vedasi i venti milioni di euro del 2015);
   di queste sei milioni di ecoballe in un anno, rispetto al cronoprogramma della regione Campania, sono state rimosse solamente lo 0,5 per cento;
   tra la fine del 2015 e l'inizio dell'anno 2016, la regione Campania ha pure pubblicato il bando di gara 1989/A/15, che prevedeva con procedura aperta, suddivisa in 8 lotti, l'affidamento del servizio di trasporto, conferimento, recupero e/o smaltimento in ambito nazionale e/o comunitario di rifiuti imballati e stoccati presso siti dedicati nel territorio regionale, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge del 25 novembre 2015, n. 185 –:
   se il Ministro interrogato, tenuto conto di uno speciale stanziamento di fondi ad hoc di provenienza governativa, intendeva comunicare di quali dati aggiornati disponga in merito alle ecoballe in Campania, in particolare riferendo in ordine ad una integrale di rendicontazione, laddove esistente, sull'utilizzo dei fondi citati, contestualmente informando in ordine al luogo dove saranno trasferite le ecoballe e le modalità di conferimento, recupero e/o smaltimento delle stesse.
(5-10991)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO, CRISTIAN IANNUZZI, MARZANO e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 4 febbraio 2017 è entrata in vigore la legge 5 gennaio 2017, n. 4 «Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 20 gennaio 2017;
   in base all'articolo 2, comma 1, «Per l'anno 2016, una quota dell'1 per cento del Fondo per la prevenzione del rischio sismico, di cui all'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 [..] è riservata al finanziamento dell'acquisto da parte delle università e degli enti pubblici di ricerca della strumentazione tecnica necessaria per attività di ricerca finalizzate alla previsione e alla prevenzione dei rischi geologici, a seguito di appositi bandi pubblici emanati, con cadenza annuale, dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse dell'anno 2016 possono essere utilizzate nell'anno 2017 secondo le procedure di cui all'articolo 34-bis, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e i bandi relativi all'utilizzo di tali risorse sono emanati entro il primo trimestre del medesimo anno 2017»;
   il comma 2 del medesimo articolo autorizza la spesa di un milione di euro per l'anno 2016 e di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, a seguito di appositi bandi pubblici emanati, con cadenza annuale per ciascuno degli anni del triennio, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei progetti di ricerca presentati dalle università e dagli enti pubblici di ricerca e finalizzati alla previsione e alla prevenzione dei rischi geologici –:
   se il Ministro interrogato possa indicare se tali bandi siano stati redatti, con quali tempistiche si preveda di pubblicarli e se siano state previste delle procedure di valutazione basate su criteri meritocratici ed imparziali per selezionare le proposte di progetto da ammettere a finanziamento.
   (5-10992)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 marzo 2017 in un mezzo in uscita dagli impianti Sarlux di Sarroch sono stati rilevati radionuclidi gravemente superiori alla norma;
   i rifiuti radioattivi usciti dagli impianti della Saras con alte concentrazioni radioattive sono stati intercettati all'ingresso degli impianti di smaltimento di Settimo San Pietro;
   per tre volte sono stati scansionati confermando la presenza di radionuclidi;
   il camion trasportava, rifiuti industriali provenienti dai cantieri Sarlux del petrolchimico ex Versalis di Sarroch (acquisiti di recente dal gruppo) e ha fatto scattare l'allarme radioattività durante i controlli effettuati dalla ditta di trasporti S.E. Trand di Settimo San Pietro;
   il carteggio tra la S.E. Trand e la prefettura, allertata in seguito alle verifiche effettuate dalla società dedita allo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non, fa rilevare che il carico di rifiuti (sei interruttori estratti da una cabina elettrica inquadrati inizialmente come materiale contenente amianto) ha fatto registrare la presenza dell'isotopo radioattivo radio 226, che decade in 1600 anni;
   stando sempre alle verifiche condotte dalla società, i rifiuti provenienti dal petrolchimico di Sarroch presentano una radiazione pari a 0,55 microsievert per ora, a contatto con il materiale contaminato (0,24 a un metro). Per la legge italiana, il limite di radiazioni a cui una persona può essere sottoposta in un anno è pari a 1 millisievert (vale a dire 1000 microsievert), oltre a quelle provenienti dal fondo naturale;
   i sei interruttori sono stati messi in sicurezza dalla S.E. Trand, pur avendo respinto il carico;
   la società non è infatti autorizzata allo smaltimento di quel tipo di rifiuti: quel materiale è, dunque, formalmente irricevibile secondo il responsabile tecnico della S.E. Trand Fabrizio Coni;
   i rifiuti – automezzo incluso – sarebbero stati messi in sicurezza all'interno di un capannone sito a debita distanza dalla popolazione e dai lavoratori, come verificato anche dai vigili del fuoco;
   occorre porre fine a gravissime negligenze e omissioni su questioni gravi per la salute e l'ambiente, a partire dal pericolo radioattivo;
   i fatti sono stati nascosti per giorni, e solo nei giorni scorsi si è appreso dell'intervento della prefettura di Cagliari che non ha comunque fatto nessun comunicato pubblico sull'accaduto;
   sono sempre più frequenti nello stabilimento di Sarroch falle nei sistemi di controllo ambientale, oltre la gravissima compromissione ambientale dell'area;
   non aver reso noto che all'interno degli impianti erano presenti questo tipo di componenti, seppur l'area e quegli impianti appartenessero alla società Versalis, già del gruppo Eni, è un fatto di gravità inaudita;
   si continua a registrare un approccio superficiale e omissivo su un tema così delicato come quello radioattivo;
   si tratta ora di capire quanti lavoratori sono stati a contatto con quegli impianti e il livello di esposizione raggiunta;
   tutto questo conferma che si sta sottovalutando e coprendo un allarme ambientale sempre più grave in ogni realtà industriale della Sardegna;
   il lavoro e la salute non possono essere barattati in cambio della vita –:
   se il Governo abbia avuto notizia di quanto riscontrato nell'area industriale di Sarroch e nel centro di smaltimento di Settimo San Pietro;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di dover risalire alle cause del contenuto radioattivo e le responsabilità per il trasporto inadeguato e negligente di quel carico radioattivo nell'area cagliaritana;
   se non ritenga di acquisire elementi in merito al numero dei lavoratori e ai periodi di possibili esposizioni degli stessi all'interno di quegli impianti. (5-10981)


   AMODDIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la presente interrogazione segue un'altra sullo stesso argomento: l'interrogazione n. 4-15368; si rileva poi che la Pastorino s.r.l., il 9 gennaio 2012, ha avanzato un'istanza rivolta all'Arta Sicilia per l'ottenimento della valutazione di impatto ambientale (Via) coordinata alla procedura di Autorizzazione integrata ambientale (Aia) ex decreto legislativo n. 152 del 2006, per la realizzazione della discarica di rifiuti speciali non pericolosi da realizzare in Lentini (SR), in variante allo strumento urbanistico;
   l'Arta con note rispettivamente del 24 ottobre 2012 e 15 novembre 2012, ha convocato il comune di Lentini alle conferenze di servizi del 6 novembre e del 6 dicembre 2012 finalizzate alla valutazione di impatto ambientale;
   il comune, con la nota del 5 novembre 2012, ha espresso il proprio motivato dissenso, rilevando che, nell'area d'impianto della discarica, è da escludere un uso come quello proposto, sia dal punto di vista urbanistico che ambientale e paesaggistico; l'area si affaccia sul lago Biviere, luogo riconosciuto come zona di protezione speciale (ZPS) e sito di interesse comunitario (SIC), classificata ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE; confina con l'area archeologica Valsavoia Armicci vincolata con D.A. 2353/1991;
   con decreto n. 874/2013 l'assessorato regionale energia e servizi di pubblica utilità rilasciava la VIA avverso il quale il comune ha proposto ricorso straordinario al presidente della regione Siciliana;
   l'11 luglio 2014 ha avuto luogo una prima Conferenza di servizi nella quale il sindaco ha ribadito il parere negativo ed ha allegato delibera del C.C. 4 del 23 gennaio 2014 che negava la variante urbanistica ad hoc dell'area d'impianto; con decreto n. 1905/2015 l'assessorato regionale ha rilasciato l'Aia;
   il comune ha avanzato l'8 settembre 2016 istanza affinché gli assessorati regionali competenti disponessero l'annullamento/revoca in autotutela del decreto 1905/2015 e del decreto della valutazione di impatto ambientale 874/2013 e in pari data il sindaco presentava esposto alla Procura della Repubblica di Siracusa, nel quale è evidenziato che fra i sottoscrittori del decreto di valutazione di impatto ambientale figura l'architetto Gianfranco Cannova, sottoposto a procedimento penale per i reati di corruzione ed abuso in atti di ufficio nel rilascio di provvedimenti identici;
   l'istanza di annullamento in autotutela è rimasta priva di riscontro e l'assessorato, per converso, ha, secondo l'interrogante, inopinatamente adottato il decreto n. 2070 del 13 dicembre 2016 che rettifica unilateralmente l'Aia precedente, così riscrivendo l'articolo 8 «... la presente autorizzazione... costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.»;
   con ciò, attraverso un provvedimento che si rileva per l'interrogante di dubbia legittimità viene rimosso l'ultimo e residuale ostacolo alla realizzazione della discarica connesso alla conformità urbanistico-edilizia dell'opera, attribuendo di fatto a posteriori valore di variante all'Aia del 2015;
   in data 15 marzo 17 la direzione distrettuale antimafia della procura di Catania ha eseguita un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania contro diciassette persone, ritenute responsabili di traffico illecito di rifiuti, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e traffico di influenze illecite;
   l'attività di indagine concerne lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica Cisma sita in Melilli (SR) e tra i soggetti arrestati risultano l'architetto Cannova Gianfranco, l'ingegnere Mauro Verace e risulta indagato l'ingegner Giuseppe Latteo, i predetti hanno svolto un ruolo decisivo nell'ambito del procedimento che ha condotto la Pastorino ad ottenere la valutazione di impatto ambientale e l'Aia;
   il decreto di valutazione di impatto ambientale n. 874/2013 è sottoscritto da Cannova e Latteo; Verace è firmatario del parere favorevole 3/2015 alla realizzazione della discarica sotto il profilo urbanistico, come risulta dal decreto di Aia;
   l'interrogante esprime un forte sconcerto a fronte di quella che le appare come una sistematica violazione in Sicilia e nel territorio della provincia di Siracusa delle norme in materia ambientale e con grave pregiudizio alla salute dei cittadini –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare in tempi brevi ogni utile iniziativa di competenza volta ad evitare la realizzazione della discarica assumendo opportune iniziative affinché sia assicurata adeguata tutela all'ambiente ed alla salute, compresa quella sostitutiva. (5-10996)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, ZOLEZZI, TERZONI, MANNINO, DE ROSA, BUSTO, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'emergenza procurata dal basso livello delle acque del lago di Bracciano è divenuto un fenomeno estremamente preoccupante;
   uno scenario da disastro ambientale che rischia oltretutto di determinare sanzioni dall'Europa perché non si tutelano i siti di interesse comunitario lacustri. Il lago di Bracciano ha una ricchezza ecologica unica al mondo, ricco di biodiversità di fauna e di flora e che ora rischia l'estinzione;
   la concessione siglata da Acea con l'allora Ministero dei lavori Pubblici, per quello che doveva restare un acquedotto d'emergenza per Roma, è stata stilata nel 1990, quando l'Acea era interamente pubblica; oggi sulla base di questa vecchia convenzione Acea Ato 2 spa capta acqua dal lago giornalmente, per far fronte al consumo idrico di Roma e degli altri comuni che fanno dell'ATO. Una captazione costante e giornaliera, che è di 1100 litri/secondo, ma che può arrivare addirittura a 5000 litri/secondo quando si è in emergenza, ai quali si devono aggiungere, poi i 450 litri secondo dell'acquedotto Paolo che porta l'acqua ai giardini del vaticano e alle fontane di Roma. Inoltre, la stessa Acea Ato 2 spa ha ribadito al tavolo tecnico regionale, che l'acqua del lago di Bracciano viene immessa nel circuito del sistema idrico di Roma e dei comuni che sono sotto gestione Acea, questo comporta che se la pressione dovesse diminuire da altre sorgenti come il Peschiera o l'acqua marcia la captazione del lago avrà un aumento, come è stata a dicembre 2016, quando si è dovuto intervenire per manutenzione sull'acquedotto del Peschiera e quindi la captazione al Lago è stata di 1500 litri/secondo;
   questo perché l'acqua del lago di Bracciano entra del circuito del Servizio idrico integrato che fornisce oltre a Roma anche gli altri comuni, una problematica rilevante è se un acquedotto del servizio ha una perdita di pressione o di mancanza di litri questi vengono recuperati pompando più acqua dal Lago. L'abbassamento del livello del lago, che ha annullato il contributo alla portata del fiume Arrone, genera un inquinamento specie nel suo tratto iniziale, come segnalato anche nell'interrogazione Daga, per la quale si attende ancora risposta;
   solo negli ultimi dodici mesi la riduzione ha superato un metro (come nel 2003) e le conseguenze sia per l'ecosistema lacustre sia per l'uomo che ne fa uso, sono evidenti. Molta la vegetazione scomparsa e con essa, le aree di riproduzione dei pesci foraggio (indispensabili alla nutrizione dei pesci di valore commerciale) e gran parte delle potenzialità autodepurative dovute alle macrofite emergenti. Tale tendenza potrebbe portare al depauperamento della risorsa idrica, destabilizzando l'ecosistema fino al collasso –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente rivedere i termini della concessione adottata con decreto ministeriale e sottoscritta nel 1990, e adoperarsi presso tutti gli organismi competenti affinché si possa sospendere o, perlomeno ridurre notevolmente il livello di captazione dal bacino idrico del Lago di Bracciano, sollecitando inoltre l'attivazione di misure e progetti per ampliare la capacità di depurazione delle acque reflue, in modo tale che possano essere reimmesse nel lago e non disperse nel fiume Arrone senza essere state depurate come accade oggi.
(4-16079)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   La Rocca Vecchia, situato nel comune di Garda, in provincia di Verona, è un rilievo collinare roccioso proteso verso il lago, la cui massa risulta in equilibrio instabile in caso di terremoto o eventi atmosferici avversi;
   le aree maggiormente a rischio sono ai piedi della Rocca, lungo la strada Gardesana (arteria regionale), dove si trovano una spiaggia e un campeggio ma, soprattutto, la passeggiata lungolago, frequentata quotidianamente da migliaia di persone;
   le criticità dell'area erano rilevate dall'Autorità di bacino del Po che aveva provveduto ad inserirlo nella cartografia Pai (Piano stralcio per l'assetto idrogeologico), con il grado più alto, frana attiva (Fa) con divieto assoluto di edificazione;
   l'articolo 18 del Pai, fissando gli indirizzi alla pianificazione urbanistica, prevede che siano le regioni ad emanare disposizioni concernenti l'attuazione del Piano nel settore urbanistico conseguenti alle condizioni di dissesto delimitate nell’«Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici – Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo» e alle corrispondenti limitazioni d'uso del suolo;
   il medesimo articolo stabilisce che siano i comuni, in sede di formazione e adozione degli strumenti urbanistici o di loro varianti, a conformare le loro previsioni alle delimitazioni e alle relative disposizioni del Pai, effettuando, inoltre, una verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto presenti o potenziali rilevate dalla cartografia del Pai;
   in un'area della Rocca, classificata «zona frana attiva» dal Pai, l'amministrazione comunale aveva adottato, con una variante e di concerto con la regione Veneto, un programma integrato di riqualificazione urbanistica ed ambientale (Piruea), consentendo alla proprietà dell'area la realizzazione del 30 per cento della cubatura esistente;
   approvando il Piruea, la regione Veneto, nel 2005, aveva accolto anche la richiesta del declassamento dell'area interessata che era passata da zona attiva (Fa) a Frana stabilizzata (Fs), a condizione di predisporre un monitoraggio annuale della zona;
   il 6 febbraio del 2009, nell'area del Purea, con i lavori di scavo per la costruzione di immobili già avanzati, si è verificato un evento franoso con conseguente ordinanza di evacuazione della popolazione residente, la chiusura prolungata nel tempo del passaggio sulla Gardesana e dell'accesso pedonale alla spiaggia;
   a seguito del distacco del masso dalla sommità della Rocca, la messa in sicurezza di quest'ultima era stata inserita nella classifica ministeriale al nono posto tra le dieci località italiane più a rischio;
   ripristinata la situazione precedente la frana, la proprietà aveva chiesto di riprendere i lavori e, senza tener conto della certificata pericolosità dell'area, la richiesta veniva accolta dal comune che concedeva due proroghe al piano casa originario –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, si ritengano sufficienti le opere di mitigazione e di messa in sicurezza previste per ridurre la vulnerabilità del territorio e se queste siano state sottoposte all'esame e all'approvazione dell'Autorità di bacino del Po;
   quali iniziative di competenza s'intenda adottare al fine di verificare la conformità degli interventi di edificazione rispetto agli strumenti di pianificazione del bacino. (4-16086)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il distretto turistico è un'unione di più imprese pubbliche e private che collaborano per perseguire un unico obiettivo comune, ossia quello di valorizzare il territorio nel quale sono insediate;
   il 24 luglio 2013, il Governo ha accolto l'odg 9/1248-A-R/188 dell'interrogante con il quale si è impegnato a favorire lo sviluppo dei distretti, valutando l'opportunità di semplificarne l’iter formativo e di estendere fino al 31 dicembre 2014 il termine per la loro delimitazione territoriale;
   lo scrivente, nell'atto n. 5-00845 del 4 agosto 2013, ha chiesto al Ministro interroga quali «iniziative intendesse assumere a supporto dello sviluppo dei distretti turistici». Come riportato nella risposta fornita dal Sottosegretario di Stato ai Beni e alle attività culturali e del turismo Simonetta Giordani il 18 settembre 2013, «il Governo, ed in particolare il Mibact, ritiene che la costruzione dei distretti turistici debba necessariamente avvenire dal basso sulla spinta degli enti locali e di soggetti privati, (...) secondo una strategia coordinata e condivisa da tutti gli attori privati e istituzionali (...). Occorre pensare a un rilancio d sostegno alle forme di aggregazione spontanea, dalle semplificazioni burocratiche alle agevolazioni di carattere fiscale, che sia esteso a tutte le aree definibili come di interesse turistico sull'intero territorio nazionale per la riqualificazione e il rilancio dell'offerta turistica dei territori»;
   il 21 dicembre 2016, l'interrogante ha presentato presso la X Commissione della Camera dei deputati la risoluzione n. 7-00216, il cui dispositivo, impegna il Governo ad assumere «misure urgenti a supporto dello sviluppo dei distretti turistici e per il rilancio del settore nel suo complesso»;
   il 10 febbraio 2017, la Commissione affari istituzionali, nel corso dell'esame al Senato del decreto-legge 224/2016, ha approvato l'emendamento 11.36, che, introducendo il nuovo comma 3-bis, ha prorogato dal 30 giugno 2016 al 31 dicembre 2017 l'obbligo regionale di delimitare i Distretti turistici istituiti con decreto del MIBACT;
   tale scadenza, inizialmente fissata al 31 dicembre 2012, era stata già prorogata al 30 giugno 2013 dalla Legge di Stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012, articolo 1, comma 388), successivamente differita al 31 dicembre 2015 dal decreto-legge 83/2014 e infine prorogata fino al 30 giugno 2016 dall'articolo 5, comma 1 del decreto-legge 210/2015 convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21;
   nello specifico, l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 70 del 2011, dispone che «la delimitazione dei distretti da parte dalle regioni avvenga d'intesa con il Mibact e con i Comuni interessati, previa Conferenza di Servizi, che è obbligatoriamente indetta se richiesta da imprese del settore turistico che operano nei medesimi territori»;
   la delimitazione dei distretti turistici è condizione necessaria alla loro costituzione, da effettuarsi attraverso un decreto ministeriale. Infatti, il comma 4, dell'articolo 3, del decreto-legge n. 70 del 2011 prevede che «possano essere istituiti, con decreto del Mibact, su richiesta delle imprese del settore che operano nei territori interessati, previa intesa con le Regioni interessate, i Distretti turistici con gli obiettivi di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale, di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori del Distretto, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi, di assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Per i suddetti distretti sono previste agevolazioni fiscali, amministrative e finanziarie»;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 6, alle imprese dei distretti, costituite in rete ai sensi dell'articolo 3, comma 4-ter del decreto-legge n. 5/2009, si applicano le disposizioni agevolative in materia amministrativa, finanziaria, per la ricerca e lo sviluppo di cui all'articolo 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, previa autorizzazione rilasciata con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta. Alle medesime imprese, sebbene non costituite in rete, si applicano comunque, su richiesta, le disposizioni agevolative in materia fiscale (cosiddetta tassazione di distretto) di cui all'articolo 1, comma 368, lettera a), della citata legge n. 266/2005;
   i distretti turistici costituiscono, inoltre, zone «a burocrazia zero», con esclusione delle aree soggette a vincolo paesaggistico territoriale o del patrimonio storico artistico, ai sensi dell'articolo 37-bis del decreto-legge n. 79 del 2012 –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per la costituzione dei distretti turistici nei tempi previsti evitando ulteriori proroghe. (4-16081)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   ben 228 dipendenti dell'ufficio Maridist (distaccamento della Marina militare) di via Acton a Napoli risultano ormai indagati per assenteismo nell'ambito di una inchiesta denominata «Fantasma»;
   nei confronti dei 228 dipendenti di Maridist sono stati emessi dal pubblico ministero Filippo Beatrice, della sezione reati contro la pubblica amministrazione della procura di Napoli, altrettanti avvisi di conclusione delle indagini preliminari;
   il reato ipotizzato dal pubblico ministero Beatrice è di truffa ai danni dello Stato;
   stando a quanto si è appreso, gli indagati – la quasi totalità del personale civile dell'ufficio secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri, firmavano i registri delle presenze e poi si allontanavano dall'ufficio, spesso dopo appena pochi minuti, senza farvi più ritorno;
   i fatti contestati si riferiscono al periodo marzo-aprile 2007;
   risulta che i carabinieri, attraverso appostamenti durati due mesi, abbiano ripreso con videocamere nascoste, le immagini dei dipendenti che si allontanavano dalla sede del distaccamento;
   all'assenteismo si sarebbero aggiunti altri illeciti amministrativi di varia natura –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per evitare in futuro il ripetersi di episodi simili a quello generalizzato in premessa e per recuperare il danno erariale subito. (4-16083)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata su diversi organi di stampa quella della decisione degli agenti di polizia penitenziaria in servizio al carcere di Quarto di avviare una prima forma di sciopero;
   nel gennaio 2017 avevano annunciato che, se non ascoltati, avrebbero intrapreso delle azioni di protesta ed ora, come primo segnale, hanno deciso che tutto il personale della casa di reclusione di Asti non andrà più alla mensa, rinunciando alla pausa pranzo/cena obbligatoria durante il turno di servizio;
   alla base della protesta, la necessità di richiamare l'attenzione sulla grave carenza di organico che affligge il penitenziario, passato da casa circondariale a casa di reclusione ad alta sicurezza, con una popolazione carceraria formata prevalentemente da detenuti «con fine pena mai o gravati da condanne per lunghi anni di detenzione»;
   a tale trasformazione del penitenziario, infatti, per quanto abbia seguito un aumento degli standard di vigilanza, non ha fatto seguito un dovuto e necessario invio di personale aggiuntivo;
   la predetta carenza, dunque, impone turni di almeno 8 ore (contro le sei da contratto) ed a periodi di 15-20 giorni consecutivi senza poter usufruire dei riposi settimanali;
   la recentissima notizia relativa all'aggressione subita da un agente, di turno da solo in sezione, da parte di un detenuto ergastolano, avvalora la protesta degli agenti e la necessità di interventi urgenti e non più rinviabili;
   da diverso tempo, infatti, i sindacati di categoria stanno chiedendo maggiore sicurezza per gli agenti di polizia penitenziaria, da un lato, attraverso l'adeguamento dell'organico presente presso la casa di reclusione di Asti, attualmente non consono a garantire il normale grado di sicurezza degli agenti stessi, e, dall'altro lato, affinché vengano applicate, con decisione, le misure necessarie per contrastare e reprimere fenomeni di aggressioni similari a quello appena esposto –:
   se ed in che termini il Ministro interrogato intenda intervenire con riguardo alla protesta di cui in premessa ed a sostegno del personale della casa di reclusione di Asti, al fine di aumentare la sicurezza stessa degli agenti nel penitenziario, nonché d'incrementare l'organico presso la casa di reclusione di Asti, come richiesto dai sindacati in parola.
(4-16085)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 agosto 2016 con la pubblicazione dello specifico avviso sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è partita la raccolta di manifestazioni di interesse per l'incarico dei presidenti delle 15 autorità di sistema portuale italiane. A capo dell'autorità di sistema portuale di Bari, è stata avanzata la nomina del professor Ugo Patroni Griffi;
   in ordine a detta nomina l'interrogante già ha presentato interrogazione a risposta in commissione 5-09994 testo di mercoledì 9 novembre 2016, seduta n. 704, cui non è stata data risposta;
   nel frattempo, in data 14 dicembre 2016 con delibera n. 1294 l'Autorità nazionale anticorruzione si è espressa in merito all'inconferibilità dell'incarico di Presidente dell'autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, a colui che, nei due anni precedenti, è stato consulente dell'autorità portuale di Bari, nonché presidente di enti di diritto privato regolati o finanziati ovvero in controllo pubblico; l'Autorità ha stabilito l'insussistenza della inconferibilità dell'incarico in questione;
   in ordine all'incompatibilità ai sensi degli articoli 6, 13 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, dell'articolo 6, comma 9 della cosiddetta legge Gelmini, l'ANAC dispone l'invio della propria delibera al rettore dell'università di Bari e al RPC dello stesso ateneo affinché promuovano gli adempimenti previsti dagli articoli 13 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980. L'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 stabilisce che: «il professore è collocato d'ufficio in aspettativa per la durata della carica, del mandato o dell'ufficio nel caso di nomina alla carica di presidente di enti pubblici a carattere nazionale». L'articolo 15 del medesimo decreto concernente il regime di inosservanza delle incompatibilità, stabilisce che il professore ordinario che violi le norme sull'incompatibilità è diffidato dal rettore a cessare dalla situazione e che la diffida non preclude all'eventuale azione disciplinare. Decorsi quindi giorni dalla diffida senza che l'incompatibilità sia cessata, il professore decade dall'ufficio. Alla dichiarazione di decadenza si provvede con decreto del Ministro della pubblica istruzione su proposta del rettore, sentito il Consiglio universitario nazionale. L'articolo 6, comma 9 della legge n. 240 del 2010 afferma che la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria e che restano ferme le ipotesi di incompatibilità di cui agli articoli 13, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980. Pertanto, secondo quanto disposto dall'ANAC sarebbero necessarie ulteriori verifiche per escludere l'incompatibilità di cui alle norme citate;
   risultano legami di parentela e societari che, ad avviso dell'interrogante, potrebbero rivelare un conflitto di interessi del Professor Griffi qualora divenisse presidente in quanto, nell'esercizio dell'attività, interverrebbe in maniera decisiva sull'attività di due società: la prima, la CDS marine srl «cantiere nautico» che è concessionaria di area demaniale marittima nel porto di Bari facente capo al signore Nicola Signorile, legato da parentela con lo stesso Griffi, nonché socio e amministratore delegato della società SAICAF Spa di Bari, della quale è socio anche Griffi; la seconda è Il circolo della Vela di Bari, la cui presidente è la signora Simonetta Lorusso, zia del Professore Griffi, concessionario di un'area demaniale marittima nel Porto di Bari che nella stagione crocieristica viene utilizzata per le operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri delle navi;
   secondo quanto risulta all'interrogante, il professor Griffi risulta imputato in un processo penale con l'accusa di truffa e falso ideologico, come si evince dall'articolo pubblicato su « la Repubblica», cronaca di Bari, in data 9 gennaio 2015 –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare e, in caso affermativo, con quali motivazioni, l'intenzione di nominare del professor Ugo Patroni Griffi a capo dell'Autorità di Sistema Portuale di Bari;
   quali siano gli orientamenti in ordine all'ipotesi della sussistenza di un conflitto di interessi con riguardo alla nomina del professor Patroni Griffi e, in caso negativo, quali siano le specifiche motivazioni a garanzia dell'imparzialità dell'azione amministrativa. (5-10994)

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARANTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 26 marzo 2017 si è verificato un terribile incidente sulla A10 tra i caselli di Albisola e Celle Ligure che ha portato alla morte di 2 operai e al ferimento di altri 9, di cui uno in condizioni gravissime;
   pur essendo ancora da accertare l'esatta dinamica dell'incidente la FILLEA CGIL ha denunciato la pericolosità connessa a queste tipologie di lavori e come dovrebbero essere rispettate con più rigore le norme di sicurezza;
   in particolare i sindacati evidenziano i rischi collegati al nuovo codice degli appalti che prevede ulteriori liberalizzazioni;
   sempre i sindacati evidenziano come il ricorso al dumping, attraverso contratti non regolari sia per personale viaggiante che per gli addetti alle manutenzioni stradali, porti a situazioni rischiose e all'assenza di garanzie e tutele per i lavoratori;
   in merito l'interrogante ha già presentato un'interrogazione nel 2014, n. 4-05658 a cui non è mai stata data risposta, che chiedeva al Ministro di riferire sulla concorrenza sleale nell'ambito del trasporto su gomma attraverso il ricorso a contratti non regolari;
   stiamo parlando di un settore che, nel solo trasporto su gomma, vede impegnati 400 mila addetti –:
   quali iniziative intenda assumere per garantire un rigoroso rispetto dei diritti dei lavoratori e della sicurezza di chi lavora in questo settore, in particolare al fine di attuare un effettivo contrasto al dumping e se non intenda chiarire come si concili il nuovo codice degli appalti con queste necessità. (4-16076)


   FAUTTILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema aeroportuale romano Fiumicino-Ciampino rappresenta il principale polo aeroportuale italiano, con valenza oramai consolidata sul traffico nazionale, internazionale, europeo e delle linee low cost;
   gli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino da anni presentano criticità legate all'eccessivo aumento del traffico e dell'inadeguatezza infrastrutturale;
   in particolare, l'aeroporto di Ciampino è passato da circa 1 milione di passeggeri l'anno per il periodo 1961-2011, a circa 5 milioni e mezzo annui, registrati tra il 2015 e il 2016 ed è prossimo alla saturazione;
   per questo, il succitato aeroporto di Ciampino è oggetto di forti contestazioni da parte di comitati spontanei nati nei comuni di Ciampino, ma anche di Roma e Marino, per i continui disagi causati dalla critica situazione sopra ricordata. Si fa presente, inoltre, che l'aeroporto di Ciampino per la sua collocazione e conformazione, ben difficilmente potrebbe essere oggetto di interventi correttivi;
   non migliore la situazione dello scalo principale romano, Fiumicino, che nel solo 2016 ha fatto registrare un traffico pari a 41,7 milioni di passeggeri, ed è già sottoposto a importanti lavori di adeguamento per fare fronte al sempre maggior traffico che si trova ad affrontare;
   appare, quindi, evidente che i due maggiori scali del Lazio non possano da soli affrontare un traffico in sempre maggiore aumento, visto anche lo sviluppo delle linee low cost;
   è quindi auspicabile che si giunga in tempi rapidi alla decisione, già più volte annunciata, della localizzazione di un terzo scalo aeroportuale regionale, che possa alleviare le condizioni critiche dei due attualmente esistenti;
   si ricorda in particolare che già nel 2007 una risoluzione della IX Commissione della Camera dei deputati aveva chiesto al Governo di attuare gli interventi di sua competenza per decongestionare il traffico che grava in particolare su Ciampino, definendo anche la fattibilità della realizzazione di un ulteriore scalo tra gli altri esistenti nel Lazio;
   nella regione Lazio, al momento, esistono sei aeroporti «minori», tra i quali si potrebbe indicare quello adatto al ruolo di terzo polo aeroportuale regionale;
   a parere dell'interrogante sarebbe auspicabile una scelta rapida per risolvere quanto prima la situazione sopra esposta;
   al riguardo, è, sempre a parere dell'interrogante, auspicabile che si proceda con la scelta dell'aeroporto «Comani» di Latina, che appare il meglio attrezzato sia per la contiguità con la linea ferroviaria Roma-Napoli, sia per la mancanza di vincoli ambientali ed archeologici, sia per la centralità geografica, trovandosi, infatti, vicino a Roma ed a Napoli, e che richiederebbe minori interventi, e quindi minori spese, per gli adeguamenti necessari;
   inoltre, i benefici per la provincia di Latina sarebbero certamente importanti, anche dal punto di vista dell'occupazione per un territorio troppo spesso sottovalutato e negletto –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare concretamente il problema della congestione del sistema aeroportuale romano illustrato in premessa, attuando, tra l'altro, quanto già previsto dalla risoluzione della IX Commissione approvata ormai 10 anni fa. (4-16087)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Scanzano Jonico (MT) e nell'area del metapontino continuano a verificarsi numerosi episodi criminali a danno di attività economiche nei settori agricolo, artigianale, edilizio e turistico che lasciano presagire strutture delinquenziali organizzate;
   si rileva che il territorio del Comune di Scanzano Jonico è attraversato dalla statale 106 Jonica asse viario fondamentale per il Mezzogiorno, dove si verificano da anni episodi criminosi di varia natura;
   l'ultimo episodio incendiario mette in risalto la difficoltà che i cittadini sono costretti ad affrontare, che rischia di soffocare le energie e lo stesso spirito imprenditoriale, e sollecita una sempre maggiore attenzione sulle condizioni di sicurezza che devono essere garantite agli operatori economici ed a tutta la collettività;
   l'interrogante ha presentato altri atti di sindacato ispettivo dove evidenziava l'accrescersi di vari fenomeni malavitosi che si verificavano nel comune e la mancanza di un presidio di pubblica sicurezza nella cittadina lucana;
   dopo mesi di rapine, furti, incendi dolosi è necessario istituire in loco un presidio permanente di sicurezza, visto che il comune di Scanzano è rimasto senza alcun presidio in pianta stabile delle forze dell'ordine dopo il trasferimento del commissariato a Policoro;
   dopo gli ultimi accadimenti i cittadini del comune lucano, chiedono con insistenza misure concrete per contrastare ogni tipo di violenza ed evitare possibili episodi di giustizia «fai da te» per una maggiore tutela dell'incolumità e della sicurezza pubblica, anche attraverso l'installazione di impianti di videosorveglianza, vista l'estensione del territorio del comune dove insistono numerose attività economiche ed aziende agricole disseminate nelle aree rurali;
   il problema della sicurezza nell'area del metapontino deve essere affrontata con immediatezza, visto l'approssimarsi della stagione estiva e l'incrementarsi del flusso turistico, che porta ad un'autentica crescita esponenziale della popolazione, e che rende evidente come debba ancorpiù essere garantita la tranquillità e la sicurezza del territorio –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda assumere per intensificare l'azione di controllo delle forze dell'ordine, per contrastare questi episodi e garantire più sicurezza ai cittadini, anche attraverso l'installazione di sistemi di videosorveglianza nei punti nevralgici della cittadina lucana. (3-02922)


   ALTIERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro, nel corso dell'audizione presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, tenutasi mercoledì 22 marzo 2017, ha affermato che, dal settembre 2016, si è assistito ad un costante aumento del numero di imbarcazioni riconducibili ad organizzazioni non governative (Ong), che accompagnerebbero i barconi dei migranti – in alcuni casi anche partendo dalle acque territoriali libiche – fino alle coste italiane;
   nel mese di febbraio 2017 la procura di Catania avrebbe aperto un'indagine conoscitiva per far piena luce sulle cause di una proliferazione così intensa delle unità navali delle Ong, nonché sulla provenienza dei finanziamenti necessari per porre in essere tali operazioni di soccorso;
   in base a quanto riportato nel Rapporto Risk Analysis 2017, pubblicato dall'Agenzia Frontex, nonostante l'aumento delle partenze dalle coste Nord africane, le telefonate satellitari al Maritime Rescue Coordination Centre di Roma per avviare i salvataggi in alto mare sarebbero, invece, sensibilmente diminuite a partire dal giugno 2016, mentre le operazioni di soccorso delle navi gestite dalle diverse Ong presenti a ridosso delle acque libiche avrebbero rapidamente raggiunto il 40 per cento di tutti i salvataggi compiuti;
   secondo l'Agenzia Frontex sarebbe proprio legato a questa attività delle Ong l'incremento delle partenze di barconi e gommoni, con conseguenze negative sia per la lotta al traffico degli esseri umani, sia per il costo in vite umane, considerando che gli scafisti, potendo contare sulla costante presenza di soccorritori, ricorrono a imbarcazioni sempre più insicure e affollate;
   sia per Frontex che per il procuratore di Catania, non vi sarebbe una reale volontà da parte di molte delle Ong coinvolte di collaborare con l'Agenzia e con le autorità giudiziarie, anche perché, in alcuni casi, si potrebbe configurare da parte loro un'aperta violazione della Convenzione di Ginevra, in quanto i migranti salvati non verrebbero condotti verso il porto sicuro più vicino, ma trasferiti sulle coste italiane –:
   se il Governo intenda fornire gli opportuni chiarimenti, rispetto a quanto di sua conoscenza, relativamente alle attività delle navi delle organizzazioni non governative e quali iniziative intenda porre in essere, anche nelle opportune sedi europee ed internazionali rispetto alle denunce esposte in premessa. (3-02923)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FAUTTILLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le province si trovano ad affrontare una situazione finanziaria molto grave e anche paradossale sul piano istituzionale;
   infatti, pur nelle profonde modifiche apportate dalla cosiddetta «Legge Delrio» (legge 56 del 2014), le province hanno visto riconfermato, in attesa di una abolizione che era prevista dalla riforma costituzionale bocciata dai cittadini, il ruolo di enti territoriali con l'attribuzione di funzioni fondamentali che hanno un forte impatto sulla vita dei cittadini;
   in particolare, restano in capo alle province la costruzione e gestione delle strade provinciali, la gestione dell'edilizia scolastica per le scuole secondarie, la tutela e la valorizzazione dell'ambiente;
   le province, quindi, sono chiamate a far fronte a funzioni importanti e che richiedono l'impiego di ingenti risorse finanziarie in modo da poter assicurare effettivamente il pieno assolvimento dei compiti così rilevanti quali quelli relativi a strade e scuole che richiedono massima sicurezza e maggiore efficienza possibile nella gestione delle strutture;
   a fronte, però, di tali funzioni le province non possono che dichiarare la loro impotenza per la carenza di quelle risorse finanziarie indispensabili di cui si è detto;
   si ricordi che le province si finanziano in larga parte grazie a tre tributi propri (imposta provinciale di trascrizione, imposta sulle assicurazioni RC auto, tributo provinciale per i servizi e la protezione dell'ambiente), oltre ad entrate minori;
   le entrate sopra ricordate consentirebbero l'esercizio delle funzioni loro assegnate, rispettando lo spirito dell'articolo 119 della Costituzione;
   purtroppo, però, la realtà è ben diversa. I tagli dovuti ai vari provvedimenti di « spending review» e gli obblighi di riversamento allo Stato dei tributi propri, come stabilito dalla legge 190 del 2014, portano ad un sostanziale azzeramento delle entrate, in palese contrasto anche con il citato articolo 119 della Costituzione;
   al riguardo si ricordino le due sentenze della Corte Costituzionale (10/2016 e 118/2015), che, pur relative al finanziamento regionale di funzioni trasferite alle province, osservano che la riduzione delle risorse necessarie allo svolgimento delle funzioni proprie delle province «si riverbera sull'autonomia di queste» contrastando con le norme costituzionali non consentendo alle province di svolgere i compiti previsti, con evidenti ricadute negative per i cittadini;
   nel 2017 le province dovranno, invece, «contribuire» a favore dello Stato con una cifra pari ad 1,6 miliardi di euro. Si nota che i dati consolidati al 2014, ultimi certi, affermano che le province iscrivono a loro bilanci una cifra poco superiore ai 2 miliardi, derivanti da entrate proprie;
   dunque, nel 2017, per tutti i compiti sopra ricordati resterebbero alle province circa 446 milioni di euro, una cifra che evidentemente non appare solo insufficiente ma assolutamente inadeguata per consentire lo svolgimento delle funzioni affidate alle stesse province, che, come detto, sono essenziali per vita quotidiana dei cittadini;
   giova ricordare in questo contesto quanto affermato ripetutamente dalla Corte dei conti, in particolare nella recente audizione del febbraio 2017 di fronte alla Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale, ricordando la sentenza 188/2015 che sostanzialmente rilevava che la forte riduzione delle risorse destinate a funzioni esercitate con carattere di continuità ed in settori di notevole rilevanza sociale, risulta manifestamente irragionevole proprio per l'assenza di proporzionate misure (...);
   e questa riduzione di fondi, giova ripeterlo, è dannosa non per l'ente ma per i cittadini che non possono avere quei servizi che a loro spettano –:
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere i Ministri interrogati, per evitare che quanto su esposto si riverberi in maniera sempre più negativa sullo svolgimento delle attività proprie delle province e, quindi, sulla qualità della vita dei cittadini. (4-16077)


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli avvenimenti verificatisi nei giorni scorsi, relativi allo scoppio di due gomme posteriori di un vecchio automezzo dei vigili del fuoco, del comando provinciale di Belluno, fa insorgere una notevole preoccupazione per l'incolumità pubblica è degli occupanti. Tale avvenimento è stato denunciato dal sindacato Usb dei vigili del fuoco del Veneto che ha evidenziato le criticità relative lo stato di usura in cui versano molti dei mezzi del bellunese, adibiti al soccorso tecnico: pneumatici con oltre 20 anni di vita, automezzi che spesso si fermano per strada, altri che non sono disponibili per mancanza di fondi per le riparazioni;
   peraltro, qualche mese fa un mezzo inviato in missione nelle zone del sisma del centro Italia è scoppiato uno pneumatico in autostrada, causando un incidente che ha coinvolto un'altra vettura;
   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Belluno, pur effettuando la revisione biennale dei 288 automezzi, con l'impiego del personale interno a ciò abilitato, presenta una dotazione di automezzi vecchi (61 hanno più di 30 anni di vita, 83 tra i venti e i 30 anni e solo la restante parte ne ha meno di 20) che devono essere sostituiti con mezzi adatti al territorio;
   a tal fine servirebbero mezzi nuovi, il cui valore supera i 250 mila euro, che il comando di Belluno fatica ad acquistare anche solo di seconda mano;
   inoltre, è evidente anche il problema dell'organico operativo, il personale di ruolo conta circa 250 persone impiegate in 5 sedi (più 350 volontari in 20 distaccamenti dislocati in maggioranza lungo l'arco delle dolomiti) con una carenza di 12 vigili del fuoco, ma soprattutto sono presenti soltanto 3 funzionari tecnici su un organico teorico di 18 unità;
   questa risulta essere la principale criticità che ritarda lo sblocco burocratico delle pratiche e si ripercuote sullo svolgimento del servizio di prevenzione incendi. Infine il personale amministrativo conta 16 unità contro le 24 previste dalla pianta organica;
   purtroppo quello dei vigili del fuoco di Belluno non è un caso particolare, in quanto una notevole criticità è riscontrata in tutta la regione Veneto, a seguito del riordino del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco del 2014, anziché avere un incremento dell'organico si è avuto un depotenziamento del dispositivo di soccorso. Del resto è tutto il corpo nazionale dei vigili del fuoco a versare in una situazione di criticità: strutture fatiscenti, tabelle operative segnate da vuoti di organico, mancanza di attrezzature minime adeguate, mezzi vecchi dotati di pneumatici usurati;
   a parere dell'interrogante non è tollerabile che tali situazioni siano determinate dalla mancanza di fondi che permetterebbero, invece, investimenti per le risorse umane e per l'ammodernamento dei mezzi a disposizione, indispensabili all'attività di tutela dell'incolumità dei cittadini;
   nella legge di stabilità 2017 è previsto lo stanziamento di fondi per 70 milioni di euro nel 2017 e 180 milioni per il periodo 2018-2030 per l'ammodernamento dei mezzi a disposizione della polizia di stato e dei vigili del fuoco, ma ad oggi non si ha riscontro in merito alle tempistiche ed alle modalità con cui queste risorse verranno distribuite –:
   se intenda adottare iniziative normative urgenti per agevolare lo sblocco dell'erogazione dei suddetti fondi, al fine di risolvere le problematiche elencate in premessa;
   se intenda indicare e ridurre i tempi necessari all'invio dei nuovi mezzi e pezzi di ricambio e fornire indicazioni in merito ai fondi destinati a ciascuno dei comandi provinciali con particolare riferimento al comando della provincia di Belluno, al fine di agevolarne il rinnovo del parco mezzi in dotazione e di risolvere i problemi di organico descritti. (4-16078)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della celebrazione del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma si sono tenute nella capitale celebrazioni e manifestazioni di vario tipo, compresi cortei e sfilate per le strade, prevedibile nella ricorrenza di un anniversario così rilevante;
   le forze dell'ordine sono state impegnate durante la giornata di sabato 25 marzo 2017 per garantire l'ordine e la sicurezza nei luoghi interessati dal passaggio dei cortei e, in particolare, di quello denominato «Eurostop», che, secondo fonti giornalistiche, avrebbe destato particolari preoccupazioni;
   a dispetto di queste non meglio precisate preoccupazioni, risulta che i manifestanti abbiano sfilato in maniera pacifica ed evitando qualsiasi tipo di atto violento contro persone o cose, come anche le persone impegnate nelle altre più o meno contestuali iniziative;
   gli organi di informazione hanno dato notizia dell'intercettazione da parte della polizia di tre pullman sul Grande raccordo anulare, e del fermo e trasferimento delle persone presenti (alcuni organi di informazioni parlano di 122 persone, i manifestati di oltre 150) nel centro identificazione all'interno dell'ufficio immigrazione di Tor Cervara poiché, stando a quanto riportato da Corriere.it, «sembra che a bordo siano state trovate armi improprie»;
   secondo gli organizzatori, che sottolineano che tra le persone fermate figurerebbero anche persone anziane, non sarebbero state trovate, né armi e nemmeno oggetti contundenti;
   il diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi, secondo quanto previsto all'articolo 17 della Costituzione (salvo l'ivi previsto preavviso all'autorità) manifestando liberamente il proprio pensiero ai sensi dell'articolo 21, Costituzione, rappresentano diritti fondamentali, parte delle tradizioni costituzionali comuni e sono tutelati anche nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se non ritenga opportuno riferire sui motivi e secondo quali evidenze sia stato applicato lo stato di fermo preventivo alle persone che viaggiavano sui tre pullman bloccati sul Grande raccordo anulare e dirette alle manifestazioni che si stavano svolgendo nella città di Roma;
   se intenda verificare, nell'ambito delle proprie competenze, quali siano stati i riscontri, anche con particolare riferimento alla presenza di cosiddette «armi improprie», e se risulti a quali conclusioni abbiano portato, successivi accertamenti riguardanti le oltre 120 persone fermate.
   (4-16084)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 25 marzo 2017 il Ministro interrogato dichiarava con comunicato stampa che quella delle celebrazioni del sessantesimo dei Trattati di Roma «è stata una bella giornata per l'Italia e l'Europa» con riferimento «alle donne e agli uomini delle Forze di Polizia» per averne garantito la «assoluta serenità, consentendo a tutti di poter manifestare liberamente le proprie opinioni e tranquillità e sicurezza alla città di Roma», concludendo che «questa è la vera forza di una democrazia», sottolineando di avere telefonato al Capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli, «per congratularsi per la gestione esemplare del lavoro svolto da tutte le Forze dell'ordine»;
   al termine della stessa giornata il questore di Roma Guido Marino, nel corso di una conferenza stampa dichiarava, riferendosi nello specifico alla manifestazione indetta dalla piattaforma Eurostop, che a fronte di «circa 3000 persone controllate preventivamente» erano state «rimpatriate con foglio di via circa 30 persone prevalentemente provenienti dal Piemonte e dal Veneto», pur attestando che in questa come nelle altre svoltesi non si era «verificata nessun momento di tensione». A tal proposito, a domanda sui riscontri raccolti a carico degli interessati per motivare l'intimazione dei rimpatri ai diversi manifestanti, l'autorità di pubblica sicurezza rispondeva di avere «controllato non solo i loro precedenti penali ma anche il loro orientamento ideologico» quale uno degli «elementi attentamente valutati» che avevano «portato a questa conclusione» in termini di prevenzione;
   nella mattinata del medesimo giorno diversi pullman di manifestanti erano stati fermati alle porte di Roma per controlli di polizia e successivamente condotti con i 200 occupanti, presso il centro di identificazione di Tor Cervara dove gli stessi manifestanti sono stati trattenuti per ore inibendo così loro la partecipazione al corteo nel frattempo partito dalla Piramide Cestia dopo un pur prolungata attesa causata proprio dalla notizia di questi fatti;
   a 23 tra i suddetti manifestanti trattenuti erano stati preventivamente notificati fogli di via per il periodo massimo consentito, ossia 3 anni;
   nel corso delle perquisizioni dei pullman e dei circa 200 occupanti sarebbe stato rinvenuto un coltellino da formaggio detenuto da un cittadino sessantenne originario della Val di Susa;
   al termine della giornata, per giustificare l'improvviso intervento di due idranti, di una decina di blindati e un numero ingente di uomini in assetto antisommossa, mandati a interrompere sul Lungotevere Aventino all'altezza del Clivio di Rocca Savella il normale corso del corteo della piattaforma Eurostop, isolandone la coda dal resto dei manifestanti quando la testa era già giunta alla destinazione in Piazza Bocca della Verità, la Questura ha dichiarato che l'intervento in questione aveva «sventato un chiaro disegno di devastazione della città di Roma» –:
   se non ritenga che l'impedimento per centinaia di manifestanti a partecipare alle iniziative alle quali aderivano senza alcuna apparente giustificazione avente riscontro nell'ordinamento sia incompatibile con la garanzia costituzionale della libertà d'espressione;
   se non ritenga di dover chiarire quale fosse il «chiaro disegno di devastazione della città di Roma» nel corso di un avvenimento tanto importante che sarebbe stato sventato dalla condotta reale delle forze di polizia impegnate nel dispositivo di sicurezza direttamente coordinato dai vertici della pubblica sicurezza presso il suo Ministero;
   se non ritenga gravi le dichiarazioni del questore di Roma in ordine alla valutazione di un «orientamento ideologico» quale elemento per fondare la decisione di impartire misure di prevenzione e restrittive a singoli cittadini, considerate le libertà fondamentali e i requisiti di uguaglianza davanti alla legge che la Costituzione della Repubblica Italiana sancisce nel suo articolo 3 nonché i limiti invalicabili all'applicazione di misure restrittive sanciti nell'articolo 16 della Costituzione medesima. (4-16089)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il crimine informatico o cyber crime è un fenomeno che si caratterizza nell'abuso della tecnologia informatica, sia hardware che software, per la commissione di uno o più reati;
   la casistica e la tipologia sono piuttosto ampie: il sito webitmag.it, nell'articolo del 20 luglio 2016, ha riportato come siano «i viaggiatori, sia business sia leisure, le vittime «facili» delle infrazioni compiute on line, specie quando si trovano all'estero e non sono protetti abbastanza. Lo rivela l'ultima ricerca di Kaspersky Lab, che segnala come «(...) l'82 per cento dei viaggiatori si connetta ai wi-fi pubblici ovunque si trovi all'estero e, usando questa connessione potenzialmente pericolosa, che può essere intercettata e sfruttata dai cyber criminali, il 61 per cento degli utenti si dedica all'online banking e il 55 per cento fa shopping online. Inoltre, il 42 per cento degli utenti ammette che farebbe acquisti online usando la propria carta di credito quanto o più di quando si trova a casa. Senza una protezione appropriata, questo comportamento espone gli utenti a rischi inutili, ma solo il 34 per cento dei consumatori utilizza una connessione sicura (VPN) quando si collega a un wi-fi pubblico, mentre il 18 per cento afferma di non fare nulla per proteggersi»;
   in data 3 febbraio 2017, il sito www.helpconsumatori.it ha evidenziato come «(...) tra le imprese cresca la consapevolezza del rischio cyber. Lo specchio del problema emerge dall'annuale indagine promossa dall'Osservatorio Information Security e Privacy promosso dal Politecnico di Milano. I maggiori timori connessi al cybercrime sono il furto di dati dei clienti (27 per cento) seguiti da furti di denaro (15 per cento) e appropriazione dolosa dell'identità (12 per cento) (...)»;
   il quotidiano La Repubblica, nell'articolo del 2 marzo 2017, ha spiegato come «i virus informatici siano sempre più veloci grazie all'utilizzo di smartphone e tablet. (...) Al top i Trojan pubblicitari (virus che si intrufolano nei dispositivi mascherandosi da software legittimi) in grado di ottenere i diritti di «superutente», cioè in grado di installare furtivamente altre app dannose all'insaputa dell'utente (...)»;
   il sito online www.ttgitalia.com, nella medesima giornata, ha riportato che «(...) uno dei principali cybercrime, anche per quanto riguarda il business del turismo, è il furto di identità. E i canali attraverso cui agiscono i criminali della rete sono il device spoofing e l'identity spoofing, due tecniche fraudolente che consistono nel sostituirsi all'utente del dispositivo, anche per sottrarre dati come nomi utenti e relative password. Per quanto riguarda le tipologie di device, per il momento i computer desktop risultano più attaccati, mentre i dispositivi mobile sarebbero più sicuri. Ma il report avverte: il cybercrimine si sta attrezzando per colpire con più efficacia smartphone e tablet, anche con la creazione di app fraudolente che imitano in tutto e per tutto le applicazioni più diffuse, tanto da trarre in inganno anche gli utilizzatori abituali»;
   «Un altro settore che sta diventando terreno fertile per le attività disoneste è quello delle recensioni online, diventate ormai una parte integrante dell'esperienza di viaggio. Anche in questo caso entrano in gioco dei software in grado di scrivere e postare opinioni sui siti che ospitano i giudizi degli utenti»;
   In ultimo, «l'intromissione all'interno dei profili legati a programmi fedeltà. Il report ripreso da tnooz.com, infatti, sottolinea che i cybercriminali tentano di accedere ai loyalty program e trasferire i punti a un altro profilo, oppure effettuare direttamente transazioni o prenotazioni con i benefit maturati dall'utente truffato» –:
   se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intendano assumere per contrastare il cybercrime fenomeno in costante espansione nelle sue molteplici forme, in particolare nel settore turistico, e garantire la sicurezza degli utenti. (4-16092)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARZANA, D'UVA, VACCA, BRESCIA, DI BENEDETTO, CHIMIENTI, LUIGI GALLO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto disposto dal comma 136 della legge n. 107 del 2015, è stato inaugurato nei giorni scorsi formalmente il Portale unico dei dati della scuola (http://dati.istruzione.it/opendata/);
   con questo strumento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca mette a disposizione dei cittadini i dati pubblici del sistema nazionale di istruzione e formazioni per dare concreta attuazione al principio della trasparenza, garantendo così un accesso libero alle informazioni e ai dati della scuola;
   da una prima verifica, il dato che in maniera più appariscente balza all'occhio è quello relativo al «tempo pieno nelle scuole primarie statali» che fotografa l'enorme differenza di godimento di questo diritto tra gli studenti del nord e del sud Italia;
   il «tempo pieno» è stato previsto dall'articolo 1 della legge 24 settembre 1971, n. 820, con lo scopo di contribuire all'arricchimento della formazione dell'alunno; tale istituto, abrogato dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, è stato reintrodotto con il decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, che all'articolo 1, comma 1, dispone: «Al fine di realizzare gli obiettivi formativi del curriculum arricchito è reintrodotta, nella scuola primaria, l'organizzazione di classi funzionanti a tempo pieno, con un orario settimanale di quaranta ore, comprensivo del tempo dedicato alla mensa. Conseguentemente è richiamato in vigore l'articolo 130, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (...)»;
   ad oggi su un totale di 917.058 studenti delle scuole primarie statali che usufruiscono in Italia di questo diritto, ben il 58,5 per cento frequentano scuole del Nord, il 26 per cento scuole del Centro e solo il 15,5 per cento sono iscritti in scuole del Sud e Isole;
   se valutiamo nello specifico: solo l'11,7 per cento degli studenti iscritti nelle Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Calabria può avvalersi di questo diritto. Ancor peggio in Sicilia e Sardegna dove a frequentare la scuola a tempo pieno sono solo il 4,2 per cento degli alunni. Al contrario la percentuale record si tocca al Nord-ovest, con il 38 per cento di studenti che usufruiscono di questo diritto –:
   se sia a conoscenza delle motivazioni per cui, nonostante le leggi di cui in premessa, persiste il divario tra le regioni del nord e del sud Italia;
   quali interventi il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di giungere ad una copertura omogenea su tutto il territorio nazionale del «tempo pieno» nelle scuole primarie statali;
   se il Ministro interrogato non ritenga fondamentale e urgente un investimento di risorse indirizzate al diritto del «tempo pieno», specie nel centro-sud. (5-10978)


   MARZANA, CANCELLERI, D'UVA, VACCA, BRESCIA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la ricerca scientifica è un investimento sul futuro, eppure vengono stanziati appena 92 milioni di euro in investimenti locali per coprire tutte le aree di ricerca che corrispondono a poco più dell'1,25 per cento del prodotto interno lordo investito in ricerca e sviluppo;
   in controtendenza la Germania, negli ultimi 10 anni, anche nel pieno della crisi economica, ha continuato ad aumentare gli investimenti pubblici per ricerca, con risultati tangibili: a partire dal 2008 ha aumentato i fondi per la ricerca del 60 per cento con una spesa di 15 miliardi l'anno, contestualmente in Italia la spesa per la ricerca diminuiva del 20 per cento;
   la maggior parte dei finanziamenti alla ricerca italiana provengono dai bandi europei, mentre i fondi a livello nazionale sono veramente pochi e spesso mal distribuiti: capita che i PON siano affidati a enti che non perseguono obiettivi scientifici oltre al fatto che spesso si registrano ritardi con i pagamenti, come il caso del bando di ricerca sulle «Smart Cities»;
   nello specifico, a seguito del decreto ministeriale 19 febbraio 2013, n. 115, recante «Modalità di utilizzo e gestione del Fondo per gli Investimenti nella Ricerca Scientifica e Tecnologica (FIRST). (...)», il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con proprio decreto direttoriale del 5 luglio 2012, n. 391/Ric, per la presentazione di Idee progettuali per «Smart Cities and Communities and Social Innovation» procedeva al finanziamento di detti progetti;
   successivamente, a quasi due anni dalla pubblicazione dell'avviso 391/Ric, con decreto direttoriale 13 febbraio 2014, n. 428, sono finalmente state pubblicate le graduatorie definitive, ultima tappa per l'avvio dei progetti;
   il finanziamento ministeriale, con fondi europei per un totale di 665 milioni di euro, serviva per sviluppare progetti finalizzati alla nascita delle prime grandi smart city italiane, ovvero città più efficienti, sostenibili ed evolute grazie alle nuove tecnologie;
   in data 8 luglio 2014 si è tenuto il primo tavolo tecnico con una delegazione di rappresentanza dei progetti di Social Innovation entrati in graduatoria. Il Tavolo ha affrontato alcuni temi prioritari, quali gli aspetti tecnico amministrativi riguardanti il rapporto con i progetti di ricerca, la gestione delle spese e dei diritti di proprietà intellettuale, oltre che alcuni elementi riguardanti determinati e specifici progetti;
   ebbene, a distanza di 4 anni dall'avvio del bando di gara che li stanziava, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora erogato i finanziamenti bloccando la progettualità di decine di under 30 vincitori dei 48 progetti e ben 399 soggetti tra aziende, università e pubbliche amministrazioni che hanno vinto gli altri 32 progetti selezionati;
   dopo i provvedimenti di cui sopra, su questi progetti è ridisceso il silenzio, nella totale assenza di informazione ai destinatari da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   come il Ministro interrogato intenda intervenire per procedere allo sblocco dei finanziamenti e far ripartire i progetti vincitori del bando «Smart cities»;
   se l'attività relativa all'emanazione dei decreti di agevolazione si sia conclusa e con quali determinazioni;
   se, in considerazione del lunghissimo lasso di tempo intercorso, i fondi previsti a copertura del bando siano ancora nella piena disponibilità del Ministero e destinati all'originaria finalità di spesa;
   quali interlocuzioni con il Ministero dell'economia e finanze siano state avviate per ridurre i tempi amministrativi e per accelerare le procedure di spesa e rendere quindi i fondi disponibili in tempi più rapidi. (5-10979)


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Centro di ricerche europeo di tecnologie, design e materiali, (di seguito, CETMA), avente sede in Brindisi, è un'organizzazione di ricerca e tecnologia (RTO), privata a maggioranza pubblica (50 per cento ENEA, 5 per cento università del Salento), senza scopo di lucro, impegnata da oltre 20 anni in attività di ricerca applicata, sviluppo sperimentale e trasferimento tecnologico nel settore dei materiali avanzati (compositi, polimeri, materiali bio-based e da riciclo), dell'ICT (sviluppo di software specialistici per applicazioni innovative nell'ingegneria, nella produzione e nei servizi) e dello sviluppo di prodotto con attività esterna e reinveste tutti gli utili in progetti di ricerca, formazione e trasferimento tecnologico;
   il CETMA ha generato uno sviluppo economico tangibile sul territorio mediante il coinvolgimento in progetti di ricerca e sviluppo di un elevato numero di piccole-medie imprese rappresentando oggi una importante realtà imprenditoriale che annovera nel suo organico quasi cento persone, l'80 per cento delle quali in possesso di una laurea magistrale con competenze multidisciplinari (ingegneria dei materiali, ingegneria informatica, disegno industriale);
   il CETMA, tuttavia, oggi versa in una situazione di estremo disagio finanziario a causa dei ritardi del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca relativi in particolare alla verifica e liquidazione dei progetti di ricerca finanziati dal PON ricerca e competitività 2007-2013;
   si tratta di ritardi che il portale «Open Coesione» conferma anche per altri centri aventi la medesima natura: al 31 agosto 2016 il totale dei pagamenti (1.176.485.552,57 euro) risulta essere meno della metà del totale dell'importo impegnato (2.832.786.959,74 euro). Allo stato il CETMA attende di incassare diversi milioni di euro a fronte dei 21 milioni di euro già spesi su 23 progetti di ricerca e formazione completati al 31 dicembre 2015;
   i ritardi sarebbero giustificati sia dalle indagini giudiziarie in corso sulla regolarità dei procedimenti amministrativi precedenti al 2015 sia dall'espletamento delle procedure previste per il riconoscimento della natura giuridica di organismo di ricerca di diritto privato e il completamento delle pratiche burocratiche di alcuni progetti di ricerca che hanno comportato l'emanazione dei decreti di approvazione e l'avvio dei progetti, in alcuni casi, molti mesi dopo il fallimento e la chiusura delle aziende di ricerca. Nel caso specifico del CETMA di Brindisi i controlli sulla persistenza dei requisiti previsti per gli organismi di ricerca sono stati avviati a novembre del 2015 e a gennaio 2017 risultano non ancora conclusi. Per altri centri di ricerca pare che le verifiche stiano per avviarsi solo ora, dopo ben 10 anni dall'avvio del programma PON;
   tali ritardi rischiano, a detta dell'interrogante, di generare perdite insostenibili per i soggetti beneficiari dei finanziamenti che hanno già sostenuto delle spese e danni per la finanza pubblica nazionale, e soprattutto per il Mezzogiorno, con il probabile rischio di disimpegno automatico da parte dell'Unione europea delle risorse non certificate entro il 31 marzo 2017. Con specifico riferimento al CETMA, nell'ultimo anno, è stato costretto a dilazionare i pagamenti o, come accaduto negli ultimi mesi, a non poter corrispondere le competenze stipendiali ai propri dipendenti, generando così una situazione di estremo disagio finanziario ai suddetti e ai rispettivi nuclei familiari) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare, affinché il CETMA, insieme a tutti gli altri soggetti beneficiari del PON ricerca e competitività 2007-2013, riceva la liquidazione dei progetti di ricerca finanziati;
   quali misure il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di garantire la velocizzazione delle procedure di verifica e di liquidazione da parte dell'autorità di gestione del PON di ricerca e competitività 2007-2013 per la certificazione dei contributi da erogare;
   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative per il riconoscimento giuridico degli organismi di ricerca di diritto privato, operanti nel campo della ricerca scientifica e tecnologica, al fine di implementarne lo sviluppo e il potenziamento. (5-10982)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GINEFRA, AMATO, MASSIMILIANO BERNINI, BOSSA, PAOLA BRAGANTINI, BRUNO BOSSIO, VALIANTE e MONGIELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 17 marzo 2017 la VII commissione cultura della Camera ha approvato il parere sullo schema di decreto legislativo recante riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione (Atto n. 377);
   tra le condizioni approvate, è previsto che tutti i docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno, siano inseriti entro l'anno scolastico 2017/2018 in una speciale graduatoria regionale di merito, ad esaurimento, sulla base dei titoli posseduti;
   dalla suddetta previsione risulta penalizzato chi – pur non essendo ancora abilitato – è in possesso di almeno tre annualità di servizio continuative;
   per i suddetti docenti, la commissione cultura ha, invece, previsto nel suddetto parere la possibilità di essere ammessi a partecipare a speciali sessioni concorsuali loro riservate. I vincitori di tali concorsi saranno ammessi, in ordine di graduatoria e nel limite del numero dei posti banditi, al percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione di docente (FIT) con esonero dalle attività del secondo anno e dall'acquisizione dei crediti previsti per il secondo e terzo anno;
   i lavoratori di terza fascia delle graduatorie di istituto, pur lavorando da anni e in maniera continuativa, non hanno avuto la possibilità di accedere ad un percorso abilitante speciale (Pas) –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente assumere iniziative per assorbire effettivamente il precariato esistente, creando una «Graduatoria transitoria» Grm di tutti gli abilitati e abilitandi e procedere alla fase di abilitazione con corso-concorso abilitante per titoli e servizio nella classe di concorso per la quale si possiede l'esperienza di tre annualità di servizio continuativo e/o in tutte le classi di concorso per le quali si è in possesso di idoneità all'insegnamento. (4-16082)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha definito, sul proprio sito online, il libro di testo come «lo strumento didattico ancora oggi più utilizzato mediante il quale gli studenti realizzano il loro percorso di conoscenza e di apprendimento. (...) Esso deve essere adattabile alle diverse esigenze, integrato e arricchito da altri testi e pubblicazioni, nonché da strumenti didattici alternativi»;
   Save the Children Italia Onlus (STC) ha pubblicato, Io scorso settembre, un monitoraggio sull'accesso ai libri di testo nella scuola secondaria di primo grado, dal quale emerge come «la scuola italiana attribuisca da sempre un'importanza strategica alla risorsa didattica rappresentata dai tomi scolastici, garantendone la distribuzione gratuita agli alunni delle scuole primarie e assicurando un sistema di bonus per i bambini della scuola secondaria provenienti dalle famiglie economicamente più svantaggiate e con un reddito inferiore ai 10.633 euro»;
   in particolare, il monitoraggio ha valutato l'impatto delle misure e delle agevolazioni attuate da Stato, regioni e comuni. Il decreto ministeriale n. 43 del 2012 ha definito che «il tetto di spesa, riferito alla versione online o mista, entro cui i docenti sono tenuti a mantenere il costo dell'intera dotazione libraria di ciascuna classe della scuola secondaria di primo grado, è pari a 294 euro»;
   lo studio di STC evidenzia, da un lato, come la media dei costi dei volumi in tutte le scuole osservate rientri nel tetto di spesa fissato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per quanto riguarda i libri obbligatori, dall'altro, sottolinea che, in alcuni istituti, questo venga superato anche di 100-200 euro. Le regioni o i comuni che riescono a coprire il 100 per cento della spesa documentata dalle famiglie rappresentano un numero ristretto;
   la ricerca ha indicato una serie di raccomandazioni per garantire l'accesso al materiale scolastico a tutti gli studenti, come ad esempio «investire nelle biblioteche scolastiche e nel comodato d'uso gratuito; favorire prassi di autoproduzione dei materiali didattici digitali, approvando linee guida specifiche che ne garantiscano l'uniformità sul territorio e standard minimi di qualità editoriale; promuovere il contenimento della spesa per i libri di testo e sensibilizzare gli insegnanti affinché valutino, nella scelta del libro di testo, anche la sua sostenibilità in termini di peso, costo e apertura alle risorse digitali»;
   le differenze territoriali sono dovute al fatto che ogni regione gestisce la fruizione dei fondi statali con tempistiche e criteri di accesso propri, come il comodato d'uso gratuito, il pacchetto scuola, il buono libri o il rimborso delle spese. In molti casi, l'erogazione dei fondi per i buoni libro o dei rimborsi per l'acquisto dei libri di testo è complicata e poco flessibile (per esempio non permettendo l'acquisto di altri materiali scolastici come dizionari o e-reader) e presenta criteri restrittivi, come, ad esempio, il criterio della residenza, richiesto dalla maggior parte delle regioni, che esclude, di fatto, tutte le famiglie che per vari motivi non l'abbiano ancora ottenuta;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 9 febbraio 2017, nel riportare i risultati dell'indagine, ha evidenziato come la maggior parte dei territori presentino forti ritardi nel trasferimento dei sussidi. Ha sottolineato, inoltre, una mancata copertura del costo totale dei libri, ad eccezione della Valle d'Aosta, del Trentino e del Friuli-Venezia Giulia, regioni che garantiscono il comodato d'uso gratuito a tutti gli studenti frequentanti le scuole dell'obbligo, a prescindere dalla loro condizione economica;
   i ritardi nell'erogazione di bonus rimborsi, inoltre, si protraggono spesso per mesi dall'inizio dell'anno scolastico, a volte per anni aggravando lo svantaggio delle famiglie in forte povertà e scoraggiandole dal presentare le domande. Casi preoccupanti sono stati riscontrati in Campania, dove il ritardo nella liquidazione è di quasi due anni, e in Sicilia, dove ha già superato i tre;
   ad aggravare la complessità del sistema di supporto all'acquisto ai libri di testo, «sono i ritardi burocratici dovuti ai numerosi passaggi istituzionali che hanno gravi ripercussioni in tutte le regioni italiane, ad eccezione di quei casi in cui i bonus o i libri vengono dati ad inizio anno scolastico» –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e di concerto con gli enti locali, intenda intraprendere, in modo da garantire il diritto a tutti gli studenti di ricevere il sussidio per i libri di testo in tempi compatibili con l'avvio dell'anno scolastico. (4-16093)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MUCCI, MONCHIERO e GALGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   tra le misure del pacchetto famiglia a sostegno della natalità contenute nella legge di bilancio 2017 è prevista, all'articolo 1, commi 356 e 357, la proroga per il 2017 e 2018 della facoltà riconosciuta alla madre lavoratrice, anche autonoma, di richiedere un contributo di 600 euro mensili per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (cosiddetti voucher baby-sitting o asili nido), da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo di maternità, per un massimo di sei mesi, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale;
   tale misura, introdotta dall'articolo 4, comma 24, lettera b) della cosiddetta «legge Fornero» la legge n. 92 del 2012 come sperimentazione per il triennio 2013-2015, è stata poi prorogata di un anno dalla legge di stabilità 2016 e per ulteriori due da quella per il 2011 fino a tutto il 2018;
   il contributo di 600 euro mensili è erogato dall'Inps, su presentazione della domanda, alle neomamme che decidono di tornare prima al lavoro rinunciando in parte o del tutto al congedo parentale;
   nel caso di fruizione della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, il contributo è versato dall'Inps direttamente alla struttura prescelta, fino a concorrenza del predetto importo massimo di 600 euro mensili (dietro esibizione da parte della struttura della richiesta di pagamento corredata della documentazione attestante l'effettiva fruizione del servizio). Nel caso in cui si scelga il servizio di baby-sitting il beneficio viene erogato attraverso il sistema dei buoni lavoro da ritirare in versione telematica sulla piattaforma dell'Inps, che poi si occupa anche di girarli al collaboratore;
   con l'entrata in vigore del decreto-legge che abolisce i voucher lavoro, i buoni baby sitter non potranno più essere emessi dall'Inps, mentre quelli già ricevuti dalle neomamme dovranno essere utilizzati fino ad esaurimento entro il 31 dicembre prossimo, salvo deroghe;
   tuttavia, secondo indicazioni fornite dall'Inps si potrebbero verificare tre situazioni: 1) chi ha già fatto domanda ed ha già ricevuto i voucher deve utilizzarli entro la fine del 2017, salvo la possibilità di restituire, sempre entro il 31 dicembre, quelli che si prevede di non utilizzare; 2) per chi ha presentato domanda entro il 17 marzo e la stessa sia stata accettata entro o dopo tale data, è possibile appropriarsi dei voucher anche se sono stati aboliti, purché si utilizzino entro il 31 dicembre, in alternativa si può rinunciare o passare al contributo per l'asilo nido; 3) chi ha presentato la domanda dopo il 17 marzo può scegliere solo se utilizzare il contributo per l'asilo nido o cancellare la domanda non elaborata dall'Inps;
   l'istituto sottolinea comunque che i buoni ritirati e non usati entro il 2017 saranno considerati utilizzati e non potranno essere restituiti successivamente –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative volte a prevedere una deroga all'erogazione del bonus baby sitter, oppure una diversa modalità di erogazione di questo importante contributo, previsto dalla legge di stabilità fino a tutto il 2018, che consente alle neomamme di poter anticipare il rientro al lavoro rinunciando in parte o del tutto al congedo parentale. (4-16075)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Scala Coeli, oggetto di atto di sindacato ispettivo n. 4-08335, presentato dall'interrogante in data 10 marzo 2015, ad oggi senza risposta, è stata autorizzata dalla Regione Calabria con il decreto dirigenziale 4180/2010 del 29 marzo 2010 – circa 14 mesi dopo la domanda presentata alla regione dall'impresa – ed è entrata in esercizio nel maggio 2015. Ha una superficie di 60.000 mq e si possono conferire fino a 250 tonnellate/giorno di rifiuti. Non si tratta quindi di una piccola discarica eppure l'anno scorso il gestore della discarica ha presentato un nuovo progetto di ampliamento – che prevede di fatto il suo raddoppio – la cui procedura di analisi è iniziata lo scorso 17 gennaio;
   malgrado sia stata forte l'opposizione dei cittadini, di amministratori, dei tanti comitati sorti per fermare la sua costruzione, malgrado ricorsi al TAR e le numerose manifestazioni anche nei comuni limitrofi, l’iter autorizzativo di questa opera ad elevatissimo impatto ambientale è stato rapidissimo. In una regione che ha un deficit impiantistico nel settore dei rifiuti riciclabili e che si trova al penultimo posto come percentuale di raccolta differenziata (r.d = 25 per cento – dati Ispra 2015) lontanissimi dall'obiettivo del 65 per cento, si riesce invece a costruire una discarica in tempi da record;
   il prezzo più caro lo sta pagando il piccolissimo comune di Scala Coeli che ha poco più di 1.000 abitanti (compreso la frazione) con una bassissima produzione di rifiuti (293 kg/ab*anno) che ha attivato la raccolta differenziata porta a porta avviandosi quindi verso percorso virtuoso, con un territorio che non ha mai avuto vocazione industriale e quindi non produce rifiuti speciali e con una popolazione che vive quasi esclusivamente di agricoltura e allevamento. Malgrado tutto ciò nel suo territorio è stata costruita una discarica – che adesso si vuole raddoppiare – nel bel mezzo di una zona protetta poiché coperta dal marchio DOP «Bruzio» menzione geografica «Colline Joniche Presilane», tra vigneti, terreni coltivati con il metodo biologico ai sensi del Reg. CEE 2092/91 e dove resistono ancora gli ultimi allevamenti estensivi di bovini di razza podolica. Il tutto pochi passi da torrenti affluenti del fiume Nicà, in un'area che comprende anche il sito fortificato di Pruija, all'interno del quale sono state rinvenute tombe del periodo ellenistico e numerosi reperti di valore;
   il decreto legislativo 22 del 1997, che ha introdotto nel nostro ordinamento gli obiettivi di raccolta differenziata, ha posto lo smaltimento come «...la fase residuale della gestione dei rifiuti.». La direttiva 2008/98/CE cosiddetta «Direttiva Rifiuti» ha poi introdotto una precisa scala gerarchica per la gestione dei rifiuti, cioè un ordine di priorità che vede al primo posto la prevenzione, poi riutilizzo e riciclo, segue il recupero di energia e solo alla fine, all'ultimo posto, c’è lo smaltimento e quindi la discarica;
   l'ampliamento risulta essere in netto contrasto con quanto contenuto nel piano dei rifiuti di recente approvato e che prevede la chiusura delle discariche entro il 2020 –:
   quali iniziative di natura normativa intenda intraprendere al fine di scongiurare l'ampliamento della discarica di Scala Coeli che altro non farà se non danneggiare un ecosistema delicato caratterizzato da colture con marchio DOP e IGP e produzioni biologiche. (5-10977)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 19 giugno 2013, il Dipartimento della Salute inglese (attualmente responsabile per «l'etichettatura e la nutrizione») ha annunciato l'introduzione di un nuovo sistema volontario di etichettatura nutrizionale degli alimenti, presente sul packaging dei prodotti alimentari, denominato « Traffic Light»;
   tale metodo, che segnala attraverso la colorazione semaforica il contenuto di sale, zucchero, grassi e grassi saturi presenti in 100 grammi di prodotto, ha destato molte critiche e disapprovazioni in quanto fa riferimento ad un sistema di misurazione che non si basa sulle quantità effettivamente consumate, ma sulla generica esistenza di un certo tipo di sostanze presenti in un alimento non consentendo, dunque, ai consumatori, di compiere scelte consapevoli e rapide;
   lo schema del «semaforo» prevede la schedatura degli alimenti: il verde equivale al cibo «buono», il rosso al cibo «cattivo»; il colore associato viene scelto in base ai valori di riferimento indicati dalla tabella guida, fornita nel 2007 dalla Food Standard Agency, l'agenzia responsabile della salubrità del cibo nel Regno Unito;
   il 1o ottobre 2014, alla luce dell'introduzione del sistema di etichettatura a «semaforo» sugli alimenti, la Commissione Europea ha deciso di aprire una procedura d'infrazione contro il Governo Britannico con l'invio della comunicazione di messa in mora;
   durante il Consiglio dei ministri dell'Agricoltura dell'Unione Europea del 14 marzo 2016, l'Italia ha posto in discussione la questione dell'etichetta a semaforo (contro la quale si sono schierati 15 Paesi). Lo schieramento contrario ha chiesto al Regno Unito di rivedere la scelta, mentre ha sollecitato la Commissione dell'Unione europea a rimuovere questo «elemento distorsivo del mercato»;
   secondo il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, tale metodo provoca «danni economici e d'immagine ai nostri prodotti, nessun beneficio ai consumatori e non promuove una dieta sana e un equilibrio nello stile alimentare, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi»;
   come riportato da Il Fatto Quotidiano il 10 marzo 2017, l'etichettatura «rischia di trasformarsi in un boomerang per i consumatori, fornendo informazioni parziali e potenzialmente ingannevoli e potrebbe anche danneggiare l'economia agroalimentare italiana di qualità» in quanto «porta in dote distorsioni che incidono sulle scelte di consumo e non garantiscono la salute dei consumatori»;
   Giacinto Miggiano, professore e direttore del Centro nutrizione umana della facoltà di medicina e chirurgia all'Università Cattolica di Roma e responsabile dell'unità operativa complessa di dietetica del Policlinico Gemelli, ha dichiarato che «il rosso viene percepito come negativo per la salute in senso assoluto, senza tener conto di quantità e frequenza di assunzione. Nell'etichettatura a semaforo ci sono almeno due criticità sotto il profilo strettamente nutrizionale. La prima è che l'etichetta fa riferimento solo a calorie, proteine, grassi e sale, mentre in realtà i composti nutrizionali sono 45. Di conseguenza, c’è il rischio che alimenti con scarsa quantità di grassi vengano interpretati come salutari nonostante, magari, siano privi di vitamine o di altri composti necessari ad un'alimentazione equilibrata»;
   Il Fatto ha informato che «a Bruxelles le lobby delle multinazionali sostengono il sistema a semaforo. (...) Per loro è infatti facile concepire prodotti meno calorici capaci di conquistare il bollino arancione o verde. Più complessa è invece la situazione dei prodotti doc»;
   in Gran Bretagna, i risultati di vendita per i prodotti tipici italiani presentano un trend negativo. Secondo un'indagine condotta da Nomisma su prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Brie francese è stato evidenziato un calo nelle vendite e nelle quote di mercato di questi prodotti classificati con il sistema a semaforo mentre si registra un incremento delle vendite quando non sono etichettati. «Si va dal –8 per cento del Brie al –13 per cento fatto registrare dal Parmigiano Reggiano Dop porzionato, fino al –14 per cento per il Prosciutto di Parma Dop. In precedenza, un sondaggio condotto da YouGov aveva messo in luce che il 70 per cento dei consumatori interpreta il bollino rosso come un invito a “non comprare”, piuttosto che “da consumare con moderazione”» –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano attuare affinché sia tutelato l'intero settore dei prodotti made in Italy dal sistema inglese di etichettatura, in quanto risulta lesivo delle produzioni agroalimentari italiane;
   se intendano promuovere campagne informative finalizzate a divulgare l'importanza di una dieta varia ed equilibrata. (4-16090)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, COLONNESE, NESCI, GRILLO, LOREFICE, DI BENEDETTO, MANNINO, NUTI e LUPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le attività, i servizi e le prestazioni destinate alle persone affette dalle malattie rare (MR) sono parte integrante dei livelli essenziali di assistenza (Lea) che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire ai propri assistiti, in relazione alle condizioni cliniche individuali e per tutte le patologie;
   i Lea sono forniti a tutti i cittadini attraverso i sistemi regionali, che devono assicurare standard quantitativi e qualitativi nell'erogazione dei servizi e delle prestazioni, in particolare per quanto riguarda gli strumenti del governo clinico, la dotazione di personale e di tecnologie, l'accessibilità e i tempi di attesa, nel rispetto del principio della sostenibilità;
   il piano nazionale malattie rare (Pnmr) 2013-16 nasce dall'esigenza di dare unitarietà all'insieme delle azioni intraprese nel settore delle malattie rare ma soprattutto per rispondere alla necessità sempre più impellente di condividere, con tutti gli attori del sistema, una strategia nazionale di pianificazione delle attività;
   questo impegno era stato richiesto dall'Unione europea attraverso la Raccomandazione 2009/C 151/02;
   il 18 marzo 2017 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 con i nuovi livelli essenziali di assistenza, il quale ha determinato il consistente ampliamento degli elenchi di malattie rare che danno diritto all'esenzione dal ticket realizzato mediante l'inserimento di più di 110 entità, tra malattie rare singole e gruppi, e 6 nuove patologie croniche, garantendo dunque maggior copertura assistenziale per tali patologie;
   con i nuovi Lea vengono istituite la Commissione nazionale Lea che avrà il compito, ogni anno, di aggiornare la lista dei livelli essenziali, nonché una task force composta da Ministero, Istituto superiore di sanità, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Nuclei antisofisticazioni e sanità dell'Arma dei carabinieri per un costante monitoraggio dell'applicazione dei nuovi Lea in tutte regioni con report trimestrali al Ministro della salute;
   l'11 marzo 2015 l'interrogante presentava l'interrogazione 5-04993, tutt'oggi in attesa di risposta, con cui si denunciava la situazione di estremo disagio vissuto dalle famiglie con bambini affetti da malattie rare in relazione all'assenza di un reparto a quest'ultimi dedicato presso l'Ospedale pediatrico Di Cristina di Palermo, ove i piccoli pazienti e i loro familiari non avrebbero potuto godere di tutte le garanzie previste dalla raccomandazione europea, né dal Piano nazionale di malattie rare a copertura dei livelli essenziali di assistenza;
   ebbene, a distanza di due anni e malgrado l'inaugurazione, dopo 10 anni di attesa, del nuovo reparto e le rassicurazioni sul corretto funzionamento della struttura da parte direttore generale Giovanni Migliore, si è appreso, da fonti di stampa locale, che le famiglie interessate sono tornate nei giorni appena trascorsi a manifestare gli stessi disagi di allora, lamentandosi delle condizioni precarie in cui i bambini e le loro famiglie vengono assistiti, della carenza di personale medico e, in particolare, della mancata presenza nel reparto di un medico altamente specializzato 24 ore al giorno;
   preme ricordarsi a tal proposito che il 26 novembre 2016 il Ministro Lorenzin, in occasione della visita per l'inaugurazione della nuova area integrata di chirurgia pediatrica presso l'Ospedale di Cristina, annunciava che il Ministero aveva ottenuto i fabbisogni della Sicilia tramite il fondo per la stabilizzazione dei precari, nonché lo sblocco del turn over dal quale prevedeva un minimo di 7 mila nuove assunzioni –:
   se il Ministro interrogato possa indicare le ragioni per le quali non sia stato dato ancora seguito a quanto dichiarato circa le nuove assunzioni annunciate alla fine del 2016 di cui in premessa e considerata l'attuale situazione critica presso il reparto di malattie rare dell'Ospedale Di Cristina denunciata dalle famiglie interessate;
   se il Ministro interrogato intenda verificare l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza con riferimento al trattamento delle malattie rare in Sicilia, e quali iniziative per quanto di competenza, intenda eventualmente intraprendere in particolare al fine di garantire un'adeguata assegnazione del personale medico e infermieristico specializzato. (5-10980)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 97 della Costituzione, al comma 4, prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge»;
   il dottor Maurizio Priolo ricopre oggi sia il ruolo di segretario generale, sia quella di direttore generale del consiglio regionale della Calabria;
   il dottor Priolo è stato assunto dal Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria il 14 settembre del 1998, dove nel 2002 diviene capo servizio;
   il 1o aprile 2010, con determina dirigenziale del avvocato Carlo Pietro Calabrò, egli viene inquadrato nella dotazione organica del consiglio regionale della Calabria, in quanto, secondo la stessa, il detto trasferimento non incorrerebbe nelle preclusioni di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001;
   con deliberazione n. 143/2014/PAR del 17 febbraio 2015, la Corte dei conti chiarisce definitivamente che «al personale dipendente dai consorzi (segnatamente, dai consorzi di sviluppo industriale) non si estende la disciplina recata dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (cosiddetta legge di stabilità 2014) in materia di mobilità del personale dipendente da società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni» e, come la stessa deliberazione ricorda «la Consulta ha più volte censurato le leggi regionali che consentivano i meccanismi di reinternalizzazione attraverso il passaggio automatico dall'impiego privato (società partecipata) a quello pubblico (Ente territoriale) aggirando in tal modo l'articolo 97 della Costituzione»;
   lo stesso segretario generale pro tempore del consiglio regionale Nicola Lopez, nel 2013, ravvisò, «anomalie che sostanziano delle palesi illegittimità avuto riguardo allo stato giuridico» di alcuni dipendenti, tra cui il dottor Priolo, richiedendo provvedimenti in autotutela;
   il dirigente del settore risorse umane avvocato Carlo Pietro Calabrò, lo stesso che firmava la determina per il trasferimento, nell'esito del procedimento annunciò, nel luglio del 2013, l'intenzione di soprassedere all'adozione di un provvedimento di annullamento, motivando esclusivamente l'atto con la presenza di «altre situazioni soggettive analoghe», riproducendo così le controdeduzioni di Priolo;
   è inutile ricordare come la presenza di situazioni di illegittimità in una pubblica amministrazione non basta a sanarle tutte;
   nell'agosto del 2015 il dottor Maurizio Priolo, che, secondo la legge e i pronunciamenti costanti della Corte dei conti e della Corte costituzionale, non poteva essere neppure impiegato del consiglio regionale, ne diventa l'organo di vertice, continuando a ricoprire dal maggio del 2015 il ruolo di responsabile anti corruzione e responsabile della trasparenza –:
   se il Governo non intenda adottare iniziative di propria competenza al fine di garantire il piano rispetto delle leggi in materia di accesso alla pubblica amministrazione, alla luce delle criticità sopra evidenziate, con riguardo alla regione Calabria, e del danno erariale che potrebbe verificarsi in casi di questo tipo.
   (4-16080)

SPORT

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   lo sport è promotore di valori positivi;
   allo sport manca ancora l'equiparazione di trattamento economico fra uomini e donne;
   una disparità consentita in Italia poiché una norma del 1981 – scritta per regolare i rapporti di lavoro nel mondo del calcio e poi estesa a tutti gli sport – conferisce il potere alle federazioni, sulla base delle direttive impartite dal Coni, di stabilire quali sport siano da considerarsi professionistici e quali no;
   ciò significa che le donne, qualsiasi sport pratichino, indipendentemente dai risultati raggiunti e dall'impegno profuso, sono considerate dilettanti, con i limiti che questa dimensione porta con sé: disparità di trattamento economico, nessuna tutela in caso di maternità, in alcuni casi nessuna posizione previdenziale e infortunistica, non di rado le atlete si trovano a firmare contratti con la cosiddetta «clausola antimaternità» che le mette nella condizione di dover scegliere fra attività agonistica e famiglia;
   le atlete più conosciute, possono vivere di sponsor o essere testimonial negli spot pubblicitari; l'alternativa concreta, per loro, è entrare a far parte delle squadre dei corpi militari così da riuscire a guadagnare lo status di dipendente pubblico e la possibilità di mantenere lo stipendio anche oltre gli anni dell'agonismo;
   la quota di popolazione femminile che pratica sport è pari a circa il 24 per cento del totale; l'ammontare dei premi riconosciuti alle atlete equivale a circa il 50 per cento di quello riconosciuto ai maschi nella stessa specialità; una sola federazione sportiva, la Federazione italiana sport equestri, è stata presieduta da una donna;
   a tutt'oggi, in Italia, nessuna disciplina sportiva femminile è qualificata come professionistica; le donne sono considerate dilettanti anche nelle federazioni (in Italia solo 6) che prevedono il professionismo per gli uomini;
   in Italia persiste una carenza normativa che dovrebbe essere colmata al fine di perseguire la legalità e la trasparenza;
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative per promuovere una necessaria e urgente riforma della legge n. 91 del 1981, al fine di assicurare quella parità di genere che non può rimanere un proposito, ma deve trasformarsi in azioni concrete e tangibili, così da superare il discrimine costituzionale che vuole medesime opportunità per tutti senza distinzione alcuna, definendo professionistico l'impegno costante e totalizzante di migliaia di donne che praticano sport a livello agonistico e che oggi sono ancora costrette ad accettare «compromessi», e al fine di equiparare a livello contrattuale le performances di donne e uomini che praticano agonismo. (5-10986)


   BORGHESI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in Italia le società sportive professionistiche, soprattutto calcistiche, sono state sempre nelle mani di ricchi proprietari, estromettendo completamente le tifoserie, ciò ha indirizzato la normativa in senso contrario ad esempio a quella spagnola, che consente ad una squadra come il Barcellona di essere di proprietà dei propri tifosi (170.000 soci) o a quella tedesca che vieta ad un singolo socio di detenere il 50 per cento delle azioni, un limite che è stato ridotto addirittura al 30 per cento dagli statuti delle società sportive;
   le recenti vicende di cronaca che hanno visto coinvolto un presidente di un club calcistico di primissimo piano in presunti rapporti con la malavita organizzata, fanno comprendere quanto sia importante svincolare la proprietà della società sportiva dalle singole persone, per attribuirla ad un centro decisionale collettivo, che in tal modo potrà effettuare un controllo diffuso delle scelte societarie;
   probabilmente eliminare un controllo padronale delle società sportive potrebbe portare diversi vantaggi: la riduzione dei compensi per i soggetti che controllano la società, il rispetto per il tifoso e, parallelamente, il rispetto da parte dello stesso tifoso per tutti i beni e gli interessi della società che sentirebbe come propri rispetto ai quali assumerebbe un atteggiamento di protezione e di tutela;
   si ritiene necessaria una riforma urgente che possa porre un limite alla proprietà di quote o di azioni delle società sportive da parte di una sola persona o di un unico soggetto giuridico, eliminando la possibilità di accordi tra i detentori di quote o di azioni finalizzati a una conduzione «combinata» della società;
   nelle società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata non dovrebbero essere intestate allo stesso soggetto, o a soggetti a questo collegabili, un numero di azioni o di quote che superi il 30 per cento del capitale sociale. In deroga alla normativa vigente in materia di società di capitali, dovrebbe essere altresì proibito ogni patto parasociale che determini direttamente o indirettamente il controllo della società sportiva –:
   se il Ministro ritenga di promuovere, per quanto di competenza, l'azionariato popolare delle società sportive professionistiche, quale soluzione necessaria ad evitare situazioni di illegalità che a vario titolo, appaiono sempre più ricorrenti nelle società sportive professionistiche, soprattutto in quelle calcistiche. (5-10987)


   COSCIA, COCCIA, ASCANI, BLAZINA, BONACCORSI, IORI, CAROCCI, MALISANI, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   il Gran Premio della Liberazione è una competizione ciclistica del circuito UCI Europe Tour, riservata agli atleti under 23, che si svolge ogni anno a Roma fin dal 1946, organizzata dall'associazione Velo Club Primavera Ciclistica;
   si tratta di una manifestazione di richiamo internazionale, cui partecipano sia rappresentative nazionali che squadre private e che ha visto nel corso degli anni successi prestigiosi, tra i quali spicca, su tutti, quello di Gianni Bugno del 1985;
   il 23 marzo 2017 il presidente dell'associazione, Andrea Novelli – attraverso accreditati organi di stampa – ha denunciato gravi difficoltà organizzative per mancanza di fondi, sostenendo di non poter garantire la realizzazione dell'evento;
   dopo 71 anni di successi non disputare la competizione sarebbe una grande sconfitta per lo sport, per il ciclismo e per i tanti giovani che partecipano con passione e determinazione –:
   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi tempestivamente al fine di garantire il regolare svolgimento della 72o edizione del Gran Premio della Liberazione. (5-10988)


   SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, VACCA, BRESCIA, LUIGI GALLO, D'UVA e MARZANA. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 gennaio 2016, in occasione degli Stati generali del Golf, è stata annunciata l'assegnazione a Roma nel 2022 della competizione golfistica denominata «Ryder Cup»;
   secondo uno studio elaborato da KPMG Advisory, nell'aprile 2016, la stima degli impatti derivanti dalla manifestazione sportiva sarebbe pari a circa 487.4 milioni di euro;
   il disegno di legge recante il «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017», nella sua versione originaria, prevedeva all'articolo 74, commi 11 e 12, una garanzia dello Stato per un ammontare pari a 97 milioni di euro; un successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto definire le modalità di operatività della garanzia statale;
   l'escussione della garanzia era stata considerata a basso rischio in relazione alle diverse fonti di reddito della federazione, tra cui i contributi straordinari del Coni, gli sponsor e l'aumento dei ricavi derivanti dalla crescita delle attività golfistiche;
   nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità 2017 le disposizioni relative alla suddetta garanzia venivano stralciate, in quanto considerate estranee all'oggetto del provvedimento;
   tuttavia, in fase di conversione definitiva del provvedimento, veniva approvato un emendamento che, nell'ambito del finanziamento al Coni (di cui alla tabella previsionale del Ministero dell'economia e delle finanze al capitolo 1896), assegnava 5.4 milioni di euro annuali dal 2017 e fino al 2027 per lo svolgimento della Ryder Cup;
   nonostante tale previsione, in sede di adozione di altri provvedimenti, si è tentato il reinserimento della garanzia, dapprima all'interno del decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2017 e, successivamente, nel decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, cosiddetto «decreto salva banche»;
   atteso che l'interrogazione n. 5-08615 presentata sul tema dal primo firmatario del presente atto non ha avuto alcun riscontro, emerge, allo stato attuale, la mancata pubblicazione di un Business Plan, di indicazioni previsionali di spesa, nonché delle modalità di impiego dei soldi pubblici; a ciò si aggiunga che non è stato reso noto altresì l'esito dell'incontro tenutosi a Londra il 20 marzo 2017, tra il Ministro per lo sport e i vertici della Ryder Cup –:
   quale sia la dettagliata documentazione relativa alla spesa che il Governo prevede di sostenere per l'evento in riferimento ai costi tecnico-organizzativi, nonché a quelli relativi al rifacimento del campo scelto per la competizione sportiva, evidenziando, per quanto di competenza, come le eventuali ulteriori previsioni finanziarie citate in premessa risulteranno essere effettiva garanzia per la manifestazione, e non un diretto finanziamento.
(5-10989)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   FRANCO BORDO, FOLINO e MOGNATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   di recente il consiglio dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha stabilito che il criterio di fatturazione e di rinnovo delle offerte telefoniche deve essere il mese e non i 28 giorni come è attualmente, perché – si legge nella delibera – «l'utente può avere la corretta percezione del prezzo offerto da ciascun operatore e la corretta informazione sul costo indicato in bolletta per l'uso dei servizi»;
   alla luce dell'evoluzione dei mercati della telefonia fissa e mobile, come spiega in una nota l'Agcom, «l'Autorità ha ravvisato la necessità di garantire una tutela effettiva degli utenti avendo riscontrato problemi in termini di trasparenza e comparabilità delle informazioni in merito ai prezzi vigenti, nonché di controllo dei consumi e della spesa». Nella sua delibera, l'Agcom ha anche precisato che, in caso di offerte convergenti che coinvolgano la telefonia fissa, prevale la cadenza prevista per quest'ultima e cioè su base mensile;
   sul mobile gli operatori, infatti, hanno adottato, già da molto, la fatturazione a 28 giorni, mentre sulla linea fissa, finora, l'hanno introdotta Vodafone e Wind e ad aprile avrebbero cominciato Fastweb e Tim;
   Asstel, l'Associazione confindustriale che riunisce le società di telecomunicazioni, ha definito la delibera «priva di basi giuridiche». Mentre il Codacons, ha parlato di «tutela a metà» dei consumatori poiché «non si capisce perché per la telefonia fissa i canoni debbano essere mensili, mentre per quella mobile la fatturazione può essere a 28 giorni –:
   quali iniziative urgenti di competenza, anche a carattere normativo, s'intendano adottare per garantire il rispetto delle recenti delibere Agcom, concernenti l'introduzione di un criterio unico di fatturazione e rinnovo delle offerte telefoniche, sia per le linee fisse che mobili, a carattere mensile e non a 28 giorni, al fine di assicurare una maggiore trasparenza e comparabilità delle informazioni.
(5-10983)


   CATALANO e OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il servizio erogato dalla società Poste italiane è regolato da apposito contratto di programma stipulato con il Ministero dello sviluppo economico; il 15 dicembre 2015 è stato firmato il contratto per il quadriennio 2015-2019;
   il contratto recepisce la legge 23 dicembre 2014, n. 190, la quale stabilisce che gli obiettivi percentuali medi di recapito dei servizi postali universali sono riferiti al recapito entro il quarto giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale, salvo quanto previsto per gli invii di posta prioritaria;
   il contratto richiama la necessità di «adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti in funzione dei mutamenti intervenuti nel contesto tecnico, economico e sociale, anche al fine di tener conto della sostenibilità economica e finanziaria della fornitura dei servizi, compatibilmente con i bisogni dei consumatori e della collettività»;
   la carta del servizio postale universale, redatta in conformità all'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999 ed alle delibere dell'Autorità di regolamentazione del settore postale n. 184/13/CONS e n. 413/14/CONS, alla voce «Obiettivi di qualità/Tempi di consegna» indica, per l'Italia, la consegna nel 90 per cento dei casi entro 4 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione; per l'Europa nell'85 per cento in 8 giorni lavorativi oltre il giorno di spedizione; per il bacino del Mediterraneo nell'85 per cento in 12 giorni lavorativi oltre il giorno di spedizione; per il Nord America e l'Oceania nell'85 per cento in 16 giorni lavorativi oltre il giorno di spedizione e per il resto del mondo nell'85 per cento in 22 giorni lavorativi oltre a quello di spedizione;
   in diverse zone della provincia di Varese si susseguono da almeno due anni numerose segnalazioni da parte di utenti, sindaci e organi di stampa sulla consegna della corrispondenza ben oltre le tempistiche indicate, soprattutto in corrispondenza delle ferie estive e delle festività natalizie;
   la consegna ritardata della posta causa, sovente, a cittadini e imprese, un danno economico per la mancata ricezione entro le scadenze previste di bollette, avvisi di pagamento, solleciti e simili, con conseguente scatto di interessi di mora –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere il Ministro interrogato in caso di inadempienze da parte della società Poste italiane rispetto al contratto di programma sottoscritto con il Ministero dello sviluppo economico, in particolare in merito ai disservizi nella provincia di Varese. (5-10984)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, DELL'ORCO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, CARINELLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenda digitale europea, nella più ampia Strategia EU2020, finalizzata a una crescita inclusiva, intelligente e sostenibile dell'Unione europea persegue l'obiettivo di portare tutti gli europei entro il 2020 ad una connettività di almeno 30 Mbps e con almeno il 50 per cento di abbonamenti a connessioni di oltre 100 Mbps;
   l'Italia ha accumulato un forte ritardo negli investimenti in banda larga ed ultralarga, a causa di quella che gli interroganti giudicano la scandalosa privatizzazione di Telecom Italia, a condizioni orografiche spesso ostative e ad una bassa domanda di servizi di connettività di alta gamma che ha reso necessario un deciso intervento pubblico;
   il 3 marzo 2015 il Consiglio dei ministri, con l'obiettivo di conseguire gli obiettivi europei, ha approvato la nuova strategia italiana per la banda ultralarga, assegnando ad Infratel Italia il compito di svolgere periodicamente una particolareggiata attività di mappatura dei livelli di copertura e della qualità di connettività del nostro territorio, al fine anche dell'assegnazione di risorse pubbliche nelle aree cosiddette a fallimento di mercato;
   in base ai dati forniti da Infratel Italia (consultabili nel loro sito internet) risulta che, ad oggi, solo il 35,4 per cento delle unità immobiliari sono raggiunte da banda maggiore o uguale a 30 Mbps. Dato che contrasta apertamente con quanto comunicato dai vertici di Telecom Italia che, in occasione, e dell'audizione «sulle prospettive industriali del Gruppo Tim», tenutasi l'8 marzo 2017 presso le commissioni riunite IX, X e XI della Camera, hanno sostenuto che le unità immobiliari coperte con connessioni con velocità maggiore o uguale a 30 Mbps sono state, a fine 2016, il 60 per cento, con la previsione di raggiungere l'88 per cento entro il 2018. Dato che quasi doppia quello fornito dal soggetto pubblico preposto al monitoraggio di tali informazioni;
   il divario tra i dati forniti da Telecom Italia ed Infratel Italia risultano eccessivamente distanti per non destare sospetti secondo gli interroganti e, se fossero confermati, i dati di Infratel Italia saremmo ben distanti dal conseguire entro il 2020 l'obiettivo del 100 per cento di connettività di almeno 30 Mbps;
   il livello di copertura in fibra delle unità immobiliari e un dato economico rilevante per la creazione di nuove opportunità di business e lavoro, pertanto è discutibile questa incongruenza che denota poca serietà da parte di un Governo che si propone di favorire 14 competitività del Paese –:
   quale sia il dato ufficiale delle effettive unità immobiliari coperte con connessioni con velocità maggiore o uguale a 30 Mbps a fine 2016. (5-10985)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROCCHI, PARRINI, NARDUOLO, SBROLLINI e CASELLATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Grandi Molini Italiani è tra i principali gruppi molitori in Europa ed è il primo produttore italiano di farina di grano tenero;
   il gruppo, che ha un organico di circa 250 addetti, si compone di cinque stabilimenti molitori (due nel Veneto, due in Friuli Venezia Giulia e uno in Toscana) oltre ad alcuni centri di distribuzione;
   G.M.I. si trova oggi in concordato preventivo con continuità dal maggio 2016 per una pesante condizione debitoria, non imputabile all'andamento produttivo;
   nello stabilimento di Livorno, che attualmente occupa 45 addetti, la PROMOLOG, partecipata della GMI, procedere con l'invio di 30 lettere di licenziamento e respinge la richiesta di ritirare le procedere di mobilità ed utilizzare gli ammortizzatori sociali ancora disponibili, che per l'azienda possono essere prolungate di un ulteriore anno in quanto collocate in un'area di crisi complessa;
   quindi, nonostante si sia aperta una trattativa, il rifiuto, da parte della proprietà, di dar corso all'attivazione degli ammortizzatori sociali (già confermati come disponibili per almeno 21 mesi) appare non comprensibile e pone in concreto rischio l'occupazione di altri lavoratori di una città già duramente provata da una lunga crisi economica che ha determinato consistenti perdite di capacità produttiva e di forza lavoro;
   l'azienda motiva la propria decisione con difficoltà connesse al rifornimento della materia prima che, per quasi il 45 per cento arriva via mare, ma, si afferma, le restrizioni della Capitaneria di Porto relative al pescaggio delle navi in attracco hanno determinato un danno economico attribuito ai maggiori costi di approvvigionamento;
   l'Autorità Portuale di Livorno si è resa ampiamente disponibile alla ristrutturazione della banchina e all'ampliamento del relativo fondale, con un investimento complessivo di oltre 5 milioni di euro. Ciò garantirebbe il contenimento dei costi di approvvigionamento ed il ripristino delle condizioni di competitività attese;
   l'azienda, nonostante l'impegno e la costante attenzione della regione Toscana, non ritiene che l'opera possa realizzarsi in tempi compatibili con i 21 mesi di ammortizzatori sociali e manifesta l'intenzione di confermare la procedura di mobilità;
   è molto grave un taglio drastico di posti di lavoro a fronte di strumenti di protezione sociale pienamente utilizzabili e di programmi di investimento sottoscritti. In estrema sintesi, se entro il 17 aprile 2017 non sarà raggiunto alcun accordo, i licenziamenti diventeranno effettivi: un'eventualità questa che va scongiurata in ogni modo –:
   se non ritenga necessario intervenire, accogliendo la richiesta dei rappresentanti dei lavoratori per la convocazione di un tavolo nazionale con le parti interessate, e farsi parte attiva affinché si utilizzino pienamente tutti gli ammortizzatori sociali ancora disponibili, che, nella situazione della GMI e PROMOLOG, possono essere prolungate di un ulteriore anno, data la collocazione dell'azienda in un'area di crisi complessa. (5-10993)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la conciliazione paritetica è una procedura di risoluzione delle controversie in materia di consumo (ad esempio nel settore delle telecomunicazioni, dei trasporti ferroviari, dei servizi postali, e altro). È attivabile in virtù di protocolli d'intesa sottoscritti tra le associazioni dei consumatori e l'azienda, o associazioni di aziende, per la gestione di specifiche tipologie di controversie (riferite ad esempio ad un disservizio o piuttosto che di servizi non richiesti, e altro);
   a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 130 del 2015, in materia di Alternative Dispute Resolution, i protocolli di conciliazione sono in corso di validazione e iscrizione all'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico;
   Il Fatto Quotidiano, nell'articolo dell'8 marzo 2017, ha spiegato come nel settore della telefonia sia aumentato il numero dei contenziosi. Nello specifico, «secondo il Movimento Consumatori, nel 2016 il numero delle procedure di conciliazione paritetica ha superato la quota di 15 mila. Una cifra che potrebbe arrivare fino a 18 mila, segnando un incremento del 22 per cento rispetto a due anni fa e consolidando un trend di crescita avviato nel 2010. Inoltre, si sono anche moltiplicate le procedure davanti ai Comitati regionali delle comunicazioni (Corecom) dell'Agcom che nel 2015 hanno gestito 97.237 pratiche, in aumento del 10% rispetto ad un anno prima»;
   il quotidiano, nel riportare le tipologie di pratiche scorrette ha, inoltre, comunicato quanto è stato dichiarato dagli operatori, secondo i quali «ogni caso è differente dall'altro, come ad esempio per la bolletta che non si blocca con la portabilità del numero, la Società Fastweb parla di un errore tecnico. Difficile, del resto, se non impossibile, per un utente medio districarsi nella giungla di offerte e contratti che non sempre a ben guardare si rivelano convenienti generando le ire dei consumatori. Non a caso Vodafone sta tentando di ricostruire la fiducia dei clienti con un programma di customer care in cui ha investito 70 milioni con la promessa di essere «soddisfatti o rimborsati» sui servizi digitali. I consumatori, invece, non sono soddisfatti delle giustificazioni degli operatori. Sono convinti che le politiche commerciali aggressive siano il prodotto di un calcolo utilitaristico»;
   Roberto Barbieri, componente del direttivo nazionale del Movimento Consumatori ha spiegato, infatti, come «(...) nei rapporti fra compagnie telefoniche e utenti ci sia ancora molta strada da fare. Soprattutto perché gli operatori possono fare il bello e il cattivo tempo modificando unilateralmente il contratto»;
   Renza Barani, vicepresidente della Federconsumatori, ricordando che sul tavolo del Ministero dello sviluppo economico sono presenti i nuovi protocolli europei sulla conciliazione, ha evidenziato come sia necessario intervenire sul Codice del Consumo «perché altrimenti si rischia solo di alimentare soluzioni tampone ai problemi che di volta in volta si presentano»;
   il sito online di Agcom, nella sezione «Controversie TLC» ha spiegato che i Corecom, su delega di Agcom, svolgono un importante ruolo nella risoluzione delle controversie tra i cittadini e le compagnie di telecomunicazione e per agevolare il superamento di alcuni disservizi. In particolare, i consumatori possono rivolgersi ai Corecom regionali dell'Agcom per tentativi di conciliazione, definizione di controversie e riattivazioni urgenti. In alternativa, «dopo aver esposto un reclamo direttamente all'azienda, si può avviare una procedura di conciliazione attraverso le Camere di Commercio o le associazioni dei consumatori che hanno sottoscritto accordi con i diversi operatori. Il vantaggio della procedura di conciliazione sono i tempi ridotti (circa 60 giorni). Senza contare che si tratta di un passaggio obbligato prima di arrivare in tribunale o ricorrere ad un giudice di pace (solo nel caso di importi inferiori ai 5 mila euro)» –:
   quali iniziative intenda adottare per intervenire sul codice del consumo al fine di prevenire situazioni lesive per i consumatori ed evitare le pratiche scorrette presenti, soprattutto, nel settore della telefonia. (4-16091)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vico, Amoddio, Gribaudo.

  La mozione Quartapelle Procopio e altri n. 1-01547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rostellato.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lupo e altri n. 5-10942, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nuti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Rizzo n. 1-01531, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 756 del 9 marzo 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    la costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la salute non come «semplice assenza di malattia», bensì come «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale»;
    in Italia, la salute e la sicurezza sul lavoro sono disciplinate dal testo unico sulla sicurezza sul lavoro e dalle relative disposizioni correttive. La normativa accoglie, di fatto, le direttive europee in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, coordinandole in un unico testo normativo, che prevede specifiche sanzioni a carico degli inadempienti; in particolare, l'articolo 28, del decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede la «valutazione rischi dello stress lavoro-correlato»;
    la salute mentale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sia a ordinamento militare sia civile, è fondamentale per l'autodifesa dei medesimi e per la sicurezza di tutti i cittadini in territorio italiano e nelle aree d'intervento armato in cui essi operano;
    appare evidente come, soprattutto nei comparti difesa e sicurezza, il funzionamento delle organizzazioni lavorative sia strettamente connesso allo stato di salute psico-fisico del personale; poter lavorare in un ambiente sereno, rappresenta il miglior viatico per migliorare le proprie capacità di attenzione, di concentrazione, e per migliorare il rendimento lavorativo e avere buoni rapporti con i colleghi, anche quelli che manifestano o soffrono di problemi personali in grado di alterarne il rendimento. Se tale sostegno proviene, poi, direttamente dallo Stato Italiano cui essi hanno prestato giuramento, l'accoglienza e l'attenzione percepite, potranno positivamente rinforzare il senso di appartenenza e l'investimento verso la stessa;
    il suicidio tra le forze dell'ordine e le forze armate in Italia è un fenomeno diffuso e trasversale. In tali categorie di operatori il tasso di decessi è più alto rispetto alla media della popolazione e spesso l'atto di togliersi la vita è compiuto impiegando l'arma di servizio;
    il periodo antecedente al suicidio può comportare a sua volta alti rischi per la sicurezza dei colleghi e dei cittadini, poiché potrebbero essere compromesse le capacità di « problem solving», « decision making», concentrazione e memoria, e presentarsi condizioni di eccessiva allerta, maggiore irritabilità o aggressività e vari e diversi segnali di sofferenza potenzialmente precursori all'azione suicida;
    diverse le associazioni di volontariato in Italia che studiano il fenomeno dei suicidi tra appartenenti alle forze armate e alle forze di polizia a ordinamento civile e militare cercando, anche, di intervenire in quei casi in cui il soggetto interessato trova il coraggio e la forza di poter avviare un percorso di dialogo, molte volte senza che colleghi o enti di appartenenza conoscano pubblicamente tali necessità;
    l'impegno sin qui profuso dall'amministrazione della difesa, a livello di Stato maggiore difesa, è apprezzabile ma il tentativo di riportare l'attenzione e l'impegno nel circostanziare e classificare questi fenomeni non sempre è efficace; tutto ciò è desumibile dalle relazioni sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle forze armate che ogni anno sono presentate al Parlamento Italiano con cui si riscontra come resti sempre alto il numero di suicidi tra il personale militare di truppa e i sottufficiali, mentre sembra sia marginale tra gli ufficiali;
    il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, nel mese di dicembre 2015 ha istituito l'Ufficio Condizione Generale del Personale, che tra i propri compiti ha anche quello di approfondire lo studio delle iniziative da attuare per mantenere quanto più possibile alto il livello di benessere interno, sotto ogni profilo, e l'analisi di ogni situazione d'interesse del personale;
    il Comando generale della Guardia di finanza ha già avviato attività di assistenza psicologica a favore dei militari del Corpo e dei relativi familiari, nonché dalla creazione di sportelli di ascolto psicologico a favore del personale del Corpo su tutto il territorio nazionale;
    lo Stato maggiore dell'Esercito ha istituito negli ultimi anni dei corsi di formazione per «coadiutore socio assistenziale» rivolto al personale di Forza armata, «allo scopo di dare attuazione a un sostegno morale e logistico ai familiari del ferito/caduto nelle fasi conseguenti all'avvenuta comunicazione del grave evento, a premessa della costruzione di un rapporto ravvicinato e continuo nel tempo»;
    nell'ambito del job description sono conferiti a detto personale diversi ambiti di attività ad elevata specializzazione tra cui «monitorare l'andamento del processo di elaborazione del lutto individuale e familiare, anche attraverso il confronto telefonico con un U.psi., per essere in grado di riconoscere l'opportunità di consigliare un eventuale intervento psicologico», «monitorare il periodo di convalescenza e di reinserimento sociale/lavorativo per riconoscere l'opportunità di consigliare un eventuale intervento psicologico»;
    presso l'Ispettorato generale della Sanità Militare è stato istituito il Comitato tecnico scientifico per lo studio dei disturbi mentali nel personale militare «Board» che rappresenta il primo organismo interforze di osservazione, monitoraggio e gestione dei disturbi mentali nell'Amministrazione Difesa che consente di misurare, tra gli altri, la reale incidenza del disturbo post traumatico da stress nei militari;
    il «Board» si prefigge di individuare le strategie per prevenire l'insorgenza di sintomi psicopatologici nella popolazione militare, i principi condivisi per il trattamento e la riabilitazione dei disturbi mentali e stabilire i rapporti di collaborazione con il mondo accademico e scientifico nazionale ed internazionale e con gli organismi ed i bodies NATO/EU;
    anche la Polizia di Stato ha avviato percorsi di collaborazione con associazioni che si occupano delle problematiche riguardanti allo stato psico-fisico del proprio personale;
    un tentativo di approcciarsi alla tematica dei traumi post stress è stato avviato anche dal comune di Milano con l'avvio di una rete di supporto tra pari o nel Corpo dei Vigili del Fuoco, attraverso estemporanei interventi da parte della direzione nazionale;
    si rende pertanto necessario perseguire una strada univoca, che porti ad un sistema di ascolto e di assistenza psicologica in grado di intercettare eventuali espressioni di disagio degli appartenenti alle forze armate ed alle forze di polizia che siano in grado di prevenire successivi aggravamenti di situazioni pericolose per se stessi o per altre persone, attraverso un sistema che permetta di ottenere risposte veloci e qualificate;
    purtroppo non esiste un programma in grado di prevenire con certezza i gesti auto-lesivi: il suicidio è un fenomeno complesso e multi-causale, un atto non di avvicinamento alla morte, ma di allontanamento da un dolore mentale che, per chi lo agisce, è divenuto ormai intollerabile. Ridurre questo dolore, adoperandosi per cambiare anche di pochissimo il concetto da «insopportabile» a «in qualche modo sopportabile» favorirebbe la sua prevenzione;
    alla luce del numero di decessi tra le forze dell'ordine ad ordinamento civile e militare per cause violente e stanti le evidenti difficoltà ad invertire la rotta di fronte i dati statistici e le continue notizie di cronaca che settimanalmente annunciano nuovi suicidi, è auspicabile un maggior impegno da parte delle istituzioni nazionali nel predisporre un sistema di accoglienza e sostegno psicologico strutturato e a copertura nazionale, volto a prevenire l'insorgenza di condizioni psicopatologiche tra il personale delle amministrazioni dello Stato interessate dal fenomeno e a supporto dell'elaborazione dei processi connessi da parte dei familiari;
    il 12 gennaio 2017 con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono stati definiti ed aggiornati nuovi livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Tra i nuovi interventi a carico del servizio sanitario previsti per l'assistenza alle famiglie, di cui all'articolo 24 comma 1 lettera k, è inclusa la consulenza ed assistenza psicologica per problemi individuali e di coppia. Annoverando quindi tra le patologie anche quelle derivanti da malesseri vissuti all'interno del mondo del lavoro, forze di polizia ad ordinamento civile e militare incluse che possono influire nella vita domestica e familiare di coloro che soffrono di tali patologie,

impegna il Governo:

1) ad attivare ogni iniziativa volta a favorire la creazione di una direzione sanitaria nazionale per la promozione del sostegno psicologico per tutto il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e alle loro famiglie, nonché per tutte quelle categorie di lavoratori privati che utilizzano un'arma per finalità professionali, quali guardie particolari giurate;
2) ad avviare percorsi di sostegno psicologico attraverso il coinvolgimento di associazioni, fondazioni, singoli professionisti esterni alle Forze armate e alle Forze di polizia al fine di favorire l'accesso di tutto il personale che ne faccia richiesta, nonché impegnando le Asl competenti per sedi di servizio, al controllo e alla raccolta dei dati per valutare l'efficacia degli interventi adottati, dati che saranno pubblicati dal Ministero della sanità;
3) ad avviare protocolli d'intesa con associazioni e/o università esperte del settore per definire percorsi formativi in grado di garantire adeguata preparazione e creare profili professionali in grado di meglio svolgere le attività di sostegno al personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare;
4) a coordinare le iniziative già avviate dalle amministrazioni interessate al fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle Forze armate e Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, al fine di creare un unico modello d'intervento, favorendo la divulgazione a livello periferico e ovunque occorra prevedere sportelli di ascolto, percorsi di sostegno psicologico;
5) ad adottare iniziative per dotarsi di un fondo pluriennale necessario a sostenere le attività a favore delle singole Forze armate e Forze di polizia per l'avvio di specifiche iniziative di sostegno psicologico.
(1-01531)
«Rizzo, Basilio, Corda, Frusone, Grillo, Lorefice, Mantero, Cecconi, Nesci, Silvia Giordano, Toninelli, D'Uva, Cozzolino, Ferraresi, Sarti, Scagliusi, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Baroni, Villarosa, Tripiedi, D'Ambrosio, Marzana, Luigi Di Maio, Tofalo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-10355 del 24 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Murgia n. 4-16035 del 24 marzo 2017;
   interrogazione a risposta scritta Micillo n. 4-16048 del 24 marzo 2017;
   interpellanza urgente Mucci n. 2-01732 del 28 marzo 2017.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Pesco e altri n. 3-02919 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 768 del 28 marzo 2017.

  Alla pagina 45983, prima colonna, alla riga trentasettesima deve leggersi: «FICO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. – Al» e non come stampato.