Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni l'umanità si è trovata sulla soglia di un'era nella quale robot, androidi e altre manifestazioni dell'intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali;
    il 2015 è stato un anno d'oro per la robotica, ma sarà nei prossimi anni che il settore conoscerà un boom senza precedenti, come ha confermato il rapporto «The future of jobs» presentato al World Economic Forum di Davos, secondo cui, entro il 2020, il valore complessivo del mercato dei robot raggiungerà 151,7 miliardi di dollari e a trainare le vendite per la prima volta non sarà il comparto industriale, ma quello dei robot per uso privato;
    in particolare, lo sviluppo tecnologico e la riduzione dei costi di produzione hanno permesso a robot sempre più sofisticati e intelligenti di penetrare in molti altri settori: da quelli più seri come la chirurgia, la difesa o l'assistenza a quelli più frivoli come l'intrattenimento e le pulizie;
    l'Italia è tra i primi Paesi al mondo nella produzione di robotica industriale, un settore che, nel 2014, è cresciuto globalmente del due per cento, con un guadagno di sessantaquattromila milioni di euro, e il contributo dell'Europa al raggiungimento del valore è stato secondo solo all'Asia, leader indiscussa del settore che a oggi è trainato dalla Cina;
    tale scenario in rapida evoluzione rende imprescindibile la necessità che la legislazione nazionale ne valuti attentamente le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche, senza ostacolare l'innovazione;
    in particolare, occorre un nuovo quadro di norme che disciplini la diffusione e l'impiego di robot e intelligenza artificiale, soprattutto con riferimento ai settori più delicati: dalla responsabilità civile delle macchine all'impatto sul mercato del lavoro e ai risvolti etici, dalla privacy alla tutela dei dati acquisiti e trasmessi da tecnologie che invadono sempre di più la vita dei cittadini;
    la stessa Unione europea, consapevole di tali prospettive, ha approvato la recentissima risoluzione del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica, partendo dalle preoccupazioni che l'avanzamento della robotica suscita sul piano sociale ed economico;
    se è vero, infatti, che la robotica e l'intelligenza artificiale potrebbero portare notevoli benefici in termini di efficienza e di risparmio economico anche in ambiti come quelli dei trasporti, dell'assistenza medica, dell'educazione e dell'agricoltura, è altrettanto vero che lo sviluppo di tale settore potrebbe comportare la sostituzione della macchina all'uomo in molti lavori, con ripercussioni negative sul piano dell'occupazione e per la sostenibilità dei sistemi di previdenza sociale;
    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha calcolato che l'impatto diretto dei robot potrebbe mettere a rischio il dieci per cento dei posti di lavoro, ma spingerebbe alla modifica delle mansioni di almeno un terzo dei lavoratori, e uno dei compiti della classe politica e dirigente dovrebbe essere proprio quella di tracciare una prospettiva capace di conciliare il progresso tecnologico e quello sociale;
    sul piano istituzionale, il Parlamento chiede la creazione di un’«Agenzia europea per la robotica e l'intelligenza artificiale», che abbia il compito di fornire le competenze, anche giuridiche, necessarie per sostenere gli attori pubblici operanti nel settore;
    anche in questo settore il nostro Paese sembra silente, nonostante il Piano per l’Industry 4.0 promosso dal Ministro dello sviluppo economico e propugnato con grande entusiasmo politico-mediatico dal Governo pro tempore Renzi, che dovrebbe diventare operativo a breve;
    il piano, tuttavia, è stato pensato in termini esclusivamente fiscali, prevedendo un controvalore teorico di 13 miliardi di euro di incentivi in quattro anni, che, a loro volta, dovrebbero mobilitare 23 miliardi di euro di investimenti privati (10 in tecnologie più 11,3 in ricerca e sviluppo e 2,6 in venture capital e start-up), senza però una visione complessiva e lungimirante in termini di investimenti per la ricerca e lo sviluppo;
    l’Industry 4.0 avrà, invece, effetti enormi sulle dinamiche occupazionali, e nei prossimi anni centinaia di migliaia di lavoratori rischiano di essere espulsi dai processi produttivi, con scarse o nulle possibilità di reimpiego, mentre altri ancora, quelli che rimarranno, si vedranno probabilmente costretti ad affrontare percorsi di riqualificazione complessi e difficili, e per i nuovi saranno richieste competenze in buona parte diverse da quelle formate con l'attuale sistema universitario;
    secondo stime di Assinform, il quaranta per cento dei lavori che si svolgeranno nel mondo nei prossimi anni, oggi non esistono e tutto questo richiede politiche di sostegno al reddito e politiche attive per la formazione e la riqualificazione dei lavoratori. Nel suddetto piano c’è poco o nulla di tutto ciò;
    bisogna valutare certamente le opportunità, ma anche i rischi dell'evoluzione dell'intelligenza artificiale,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per promuovere la costituzione di un impianto regolatorio omogeneo in materia di robotica e intelligenza artificiale, favorendo altresì l'adozione di una linea comune tra i Ministeri nell'approccio alla tematica;
2) a favorire una politica di investimenti in ricerca e sviluppo in grado di fronteggiare la sfida dell’Industry 4.0, che richiede politiche industriali basate soprattutto sulla conoscenza, che rappresenta il vantaggio competitivo più importante;
3) a garantire un monitoraggio e una vigilanza costanti rispetto alle ripercussioni della nuova rivoluzione industriale sul mercato del lavoro e ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento degli investimenti necessari per evitare una crisi occupazionale, mantenendo costanti i saldi occupazionali attraverso politiche di ricollocamento dei lavoratori in esubero a causa del progresso della meccanizzazione dei processi produttivi, secondo una logica one to one in cui a ogni posto di lavoro perso ne corrisponda uno nuovo.
(1-01561) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    le traiettorie dello sviluppo tecnologico ed industriale degli ultimi anni hanno coinciso con l'avanzamento del peso della robotica e dell'intelligenza artificiale in tutti i campi della produzione di beni e servizi;
    allo stato, i robot operativi in tutto il mondo sono 1,8 milioni. Ma, secondo le previsioni dell’International Federation of Robotics, entro il 2019, saranno 2,6 milioni solo nelle fabbriche, con l'Unione europea nel ruolo di leader mondiale di questa espansione, e se ne venderanno 42 milioni per uso personale e domestico. Insomma, robot aspirapolvere, tagliaerba, o per la pulizia delle finestre, saranno sempre più diffusi nelle case;
    come afferma uno studio recente pubblicato dalla Pricewaterhouse Coopers, nel giro di quindici anni, il 38 per cento dei posti di lavoro disponibili oggi negli Stati Uniti potrebbero essere presi da robot. Il fenomeno riguarda anche l'Europa e l'Asia, visto che in Germania l'automazione è avviata ad eliminare il 35 per cento dei posti, in Gran Bretagna il 30 per cento e il Giappone il 21 per cento;
    la differenza tra i vari Paesi si spiega – sempre secondo gli analisti della Pricewaterhouse Coopers – soprattutto con il livello di sviluppo ed istruzione. I lavori più a rischio, infatti, sono quelli che richiedono un livello inferiore di studio per essere svolti, e in America ce ne sono di più che in Asia e in Europa. I settori dove l'avvento dell'automazione sarà più massiccio sono quelli dell'ospitalità, i servizi alimentari, i trasporti e lo stoccaggio;
    un altro segno dell'importanza che il mercato e l'economia stanno assegnando alla robotica e all'intelligenza artificiale è dato dalle recenti stime legate alle operazioni di fusione e acquisizione nel mondo. Automazione industriale, telecomunicazioni, robotica: nell'anno 2016 hanno sfiorato i 700 miliardi di dollari. Non solo: in un anno di calo generalizzato delle operazioni di fusione e acquisizione (-19 per cento, secondo i dati di Mergermarket), il comparto tecnologico ha messo a segno una crescita delle operazioni del 3 per cento rispetto all'anno precedente. Nemmeno le utilities e l'energia hanno saputo fare meglio. Tra i Paesi che hanno saputo capitalizzare al meglio lo sprint in questi settori, c’è senza dubbio la Germania, dove in generale tali operazioni nel 2016 sono cresciuto del 27 per cento. La cinese Midea – che produce elettrodomestici – ha acquistato il 94,55 per cento di Kuka, specializzata in robot industriali, per circa 4,5 miliardi di euro. L'operazione Midea-Kuka, che è stata perfezionata soltanto nel gennaio 2017, è anche la più grande acquisizione fatta dai cinesi in terra tedesca;
    Alessandro Perego, direttore del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, sostiene che i lavori che l'intelligenza artificiale mette più a rischio sono quelli «ripetitivi, più probabilmente quelli cognitivi che quelli manuali». Come sostiene Perego: «Innanzitutto sarebbe più corretto parlare di Intelligenza Artificiale, di cui fanno parte anche i robot intesi come umanoidi, ma il vero tema è quello dell'automazione delle attività, tramite software in grado di fare operazioni con le caratteristiche dell'intelligenza umana. E le professioni più a rischio non sono quelle che tutti credono»;
    il segretario al Tesoro americano Mnuchin, ha detto che l'avvento dei robot è così lontano nel tempo da non essere neppure nel radar dell'amministrazione americana e che, comunque, quando avverrà l'automazione riguarderà i lavori che pagano meno;
    ma non tutti sono d'accordo con questa impostazione. Secondo una ricerca di Manpower Group dal titolo – «Skills Revolution» – presentata al World Economic Forum 2017 di Davos. La digitalizzazione e l'automazione del lavoro rappresentano un'opportunità. L'indagine, condotta tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo, affronta il tema dell'impatto della digitalizzazione sull'occupazione e dello sviluppo di nuove competenze dei lavoratori. I risultati rivelano che, a livello mondiale, oltre il 90 per cento dei datori di lavoro intervistati prevede che la propria azienda verrà impattata dalla «quarta rivoluzione industriale» nei prossimi due anni, e che questo fattore influenzerà la caratterizzazione delle competenze dei lavoratori verso una sempre maggiore digitalizzazione, creatività, agilità e «learnability», l'attitudine a rimanere costantemente aggiornati e a continuare ad imparare. L'83 per cento del campione intervistato ritiene che l'automatizzazione e la digitalizzazione del lavoro faranno crescere il totale dei posti di lavoro. Inoltre, si prevede che questi cambiamenti avranno un impatto positivo sull'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, rispetto al quale i datori di lavoro prevedono di implementare specifici programmi formativi nel prossimo futuro. Tra i 43 Paesi oggetto dell'indagine, è l'Italia ad aspettarsi il maggior incremento di nuovi posti di lavoro grazie alla quarta rivoluzione industriale al netto di un «upskilling», un aggiornamento delle competenze, con una creazione di nuovi posti di lavoro prevista tra il 31 per cento ed il 40 per cento;
    particolarmente meritevole di attenzione appare la proposta recentemente lanciata da Bill Gates, fondatore di Microsoft, di tassare i robot che svolgono lavori umani. «Al momento se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello», ha spiegato Gates, secondo il quale l'uso di robot può aiutare a liberare un numero maggiore di persone per altri tipi di lavoro, che solo gli esseri umani possono svolgere. Fra questi l'insegnamento, la cura degli anziani e delle persone con esigenze speciali. L'uso di robot «può generare profitti con risparmi sul costo del lavoro» e quindi i robot potrebbero pagare imposte minori di quelle umane, ma dovrebbero pagarle, ha detto il fondatore del colosso informatico;
    come segnala Vincenzo Visco, «la proposta di Bill Gates di tassare i robot non è quindi stravagante perché, se la base imponibile rappresentata dal lavoro si riduce, è inevitabile che il prelievo si indirizzi, prima o poi, verso altre fonti, anche con modalità inedite». Secondo il presidente di Nens, «se i robot vengono utilizzati dalle imprese che aumentano così i loro profitti, e se la quota dei profitti sul reddito nazionale cresce, è evidente che in futuro il maggior prelievo non potrebbe che riguardare i profitti crescenti, per esempio rendendo progressive le imposte sulle società. Più difficile immaginare un sistema in cui vengono individuati i singoli robot da colpire. È chiaro comunque che le nuove fonti di produzione di nuova ricchezza sono oggi internet (e non a caso si è parlato anche di una bit tax) e l'automazione. E sono attualmente quelli ignorati o addirittura incentivati e favoriti dalle normative fiscali esistenti»;
    una risoluzione recentemente approvata dal Parlamento europeo ha chiesto norme comunitarie nel campo della robotica, per far rispettare standard etici o per stabilire la responsabilità civile in caso di incidenti che coinvolgono un'auto senza conducente. I parlamentari europei hanno chiesto alla Commissione europea di proporre norme in materia di robotica e di intelligenza artificiale per sfruttarne appieno il potenziale economico e garantire un livello standard di sicurezza e protezione. La relatrice Mady Delvaux (del gruppo parlamentare dei socialisti e democratici) ha dichiarato: «Sono lieta per l'approvazione della mia relazione sulla robotica, ma mi rammarico che la coalizione di destra formata da Alde, Ppe e Ecr si sia rifiutata di prendere in considerazione le possibili conseguenze negative sul mercato del lavoro. La coalizione ha quindi rifiutato un dibattito aperto e lungimirante, ignorando le preoccupazioni dei nostri cittadini». La risoluzione è stata approvata con 396 voti in favore, 123 voti contrari e 85 astensioni. La Commissione non sarà obbligata a seguire le raccomandazioni del Parlamento, ma in caso di rifiuto dovrà indicarne i motivi,

impegna il Governo:

1) a promuovere iniziative, anche normative, volte all'istituzione di una cabina di regia a livello governativo per garantire un approccio onnicomprensivo allo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale all'interno della pubblica amministrazione, al fine di migliorare i servizi e le prestazioni al cittadino;

2) a favorire l'introduzione di programmi su scala nazionale per potenziare l'ecosistema tecnologico e industriale legato alla robotica e all'intelligenza artificiale, a partire dalle scuole e dalle università;

3) in linea con quanto individuato dalla relazione conclusiva deliberata al termine dell'indagine conoscitiva della Commissione attività produttive della Camera dei Deputati, a rafforzare i modelli produttivi tendenti a valorizzare il ruolo della robotica e dell'intelligenza artificiale, anche sulla base del programma governativo Industria 4.0;

4) a valutare, di concerto con quanto già disposto a livello comunitario e, in particolare dal Parlamento europeo, l'introduzione di uno status giuridico specifico per i robot, con particolare riferimento ai profili etici e di responsabilità civile, nonché in ambito fiscale;

5) ad avviare iniziative, anche normative, per promuovere nuovi profili occupazionali legati all'innovazione tecnologica e che compensino le possibili conseguenze dello sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale sul lavoro umano.
(1-01562) «Ricciatti, Epifani, Ferrara, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Bossa, Capodicasa, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Fava, Folino, Fontanelli, Formisano, Fossati, Carlo Galli, Kronbichler, Laforgia, Leva, Martelli, Matarrelli, Melilla, Mognato, Murer, Nicchi, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Rostan, Sannicandro, Scotto, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comma 2-bis dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 riporta «nel caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea di condanna al pagamento di sanzioni a carico della Repubblica italiana, ove per provvedere ai dovuti adempimenti si renda necessario procedere all'adozione di una molteplicità di atti anche collegati tra loro, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, sentiti gli enti inadempienti, assegna a questi ultimi termini congrui per l'adozione di ciascuno dei provvedimenti e atti necessari. Decorso inutilmente anche uno solo di tali termini, il Consiglio dei ministri, sentito il soggetto interessato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro competente per materia, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri è invitato il Presidente della Giunta regionale della regione interessata al provvedimento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche agli inadempimenti conseguenti alle diffide effettuate in data anteriore alla data di entrata in vigore della presente disposizione che si fondino sui presupposti e abbiano le caratteristiche di cui al primo periodo»;
   nella legge 7 agosto 2016, n. 160 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio) v’è l'articolo 22 che al comma 1 dispone: «Al fine di garantire la dotazione finanziaria necessaria per la realizzazione degli interventi attuativi della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 relativa alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077, tutte le risorse finanziarie statali destinate, a qualsiasi titolo, alla messa a norma delle discariche abusive oggetto della sentenza di condanna, e non impegnate alla data di entrata in vigore del presente articolo, ancorché già trasferite alle amministrazioni locali e regionali o a contabilità speciali, sono revocate e assegnate al commissario straordinario nominato ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, su specifico conto di contabilità speciale; intestato al commissario straordinario, presso la sezione di Tesoreria provinciale dello Stato di Roma, ai sensi degli articoli 8 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367»;
   è il generale dell'Arma dei carabinieri Giuseppe Vadalà il commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessaria, all'adeguamento alla normativa vigente di 58 discariche abusive oggetto di diffida i cui termini sono infruttuosamente scaduti; lo ha stabilito il Consiglio dei ministri del 24 marzo 2017, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti;
   il Generale Vadalà arriva in sostituzione del Generale di Brigata Donato Monaco, dimessosi nel mese di gennaio 2017 per motivi personali;
   dopo le varie interlocuzioni con la Commissione europea e in attesa degli esiti della verifica della documentazione trasmessa in data 2 dicembre 2016, rimangono in procedura di infrazione 133 discariche abusive, pari a una sanzione semestrale di 27.800.000 euro, per 58 di queste sarà operativo il Commissario straordinario –:
   se il commissario Giuseppe Vadalà avrà a disposizione una struttura – necessaria alla redazione di progetti, bandi di gara e avanzamento lavori ovvero contabilità – di tecnici provenienti anche dai Ministeri interessati, al fine di adempiere al suo mandato ossia di intervenire con celerità ed efficienza per ottemperare a quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 2 dicembre 2014 contro l'Italia. (4-16062)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia varie procedure d'infrazione riguardo alla gestione dei rifiuti;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la causa C 297/08, successivamente alla procedura d'infrazione 2007/2195, ha condannato lo Stato Italiano in relazione alla crisi del sistema di gestione dei rifiuti della regione Campania, in quanto è venuta non è stato rispettato l'articolo 260 del Trattato sul finanziamento dell'Unione europea;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea (causa C 196/13), nell'aprile del 2013, ha condannato lo Stato Italiano in quanto, su tutto il territorio italiano ed anche in diversi siti campani, vi sono numerose discariche, contenenti anche rifiuti speciali e pericolosi, in merito alle quali le autorità nazionali non hanno eseguito le necessarie attività di messa in sicurezza e/o bonifica (con la sentenza del 2 dicembre 2014 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro per non essersi conformata alla prima sentenza di condanna emessa nel 2008 e una penalità semestrale di 42.800.000 euro che dovrà essere pagata sino a quando non saranno state compiute le necessarie operazioni di messa in sicurezza e/o bonifica) –:
   se il Governo possa indicare quali somme siano state versate dallo Stato italiano all'Unione europea per le suddette sentenze dal dicembre del 2014 ad oggi. (4-16065)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sito online www.key4biz.it, nell'articolo del 3 marzo 2017, ha commentato i risultati del DESI 2017, ossia l'indice dell'economia e della società digitale definito dalla Commissione europea con l'intento di fornire una fotografia sullo stato delle politiche digitali dei Paesi; nello specifico, l'articolo ha informato che «per quanto riguarda la connettività, l'utilizzo di internet, la digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione l'Italia è al quartultimo posto nell'Unione Europea. Precede soltanto la Grecia, la Bulgaria e la Romania»;
   Andrus Ansip, Vicepresidente responsabile per il Mercato unico digitale, ha dichiarato come l'Europa si stia «gradualmente digitalizzando, ma molti Paesi devono intensificare i propri sforzi. Tutti gli Stati membri dovrebbero investire di più al fine di trarre pieno vantaggio dal mercato unico digitale. Non vogliamo un'Europa digitale a due velocità. Dobbiamo lavorare insieme per fare dell'UE un leader del mondo digitale»;
   secondo i dati del report DESI, inoltre, la velocità media di connessione in Italia è di 8,2 Mbps a differenza dei 29 Mbps della Svezia e della Norvegia, rispettivamente terza e quarta nella classifica dei Paesi membri più digitali;
   Il sito key4biz ha evidenziato, in ultimo, come «a distanza di un anno dall'ultima valutazione, l'Italia non migliora nel settore digitale: secondo l'indice della Commissione Europea che misura il percorso dei Paesi verso un'economia e una società digitalizzata, l'Italia si classifica al venticinquesimo posto, esattamente come l'anno scorso. In particolare, sull'utilizzo di internet, i numeri sono talmente bassi che l'Italia è penultima in Europa: solo la Romania fa peggio. Tutte le componenti dell'indice DESI sono sotto la media europea, anche se l'uso delle tecnologie digitali da parte delle imprese e la fornitura di servizi pubblici si avvicinano alla media. Il vero problema è la bassa performance nelle “competenze digitali” che rischia di essere un freno all'ulteriore sviluppo dell'economia e della società digitali. Il ritardo complessivo dell'Italia ha un impatto molto negativo anche sull'economia e causa una perdita tra il 10 e il 20 per cento del fatturato delle imprese, penalizzando soprattutto quelle che operano nel mondo del web e dell’information technology, ma colpendo anche le società attive nel turismo, commercio e comunicazione»;
   nella stessa giornata, l'Agenzia giornalistica Italiana ha riportato le dichiarazioni di Roberto Viola, direttore generale di Dg Connect, l'organo della Commissione europea per lo sviluppo del Mercato unico digitale Europeo;
   secondo Viola, «dalla classifica si percepisce chiaramente che i Paesi che stanno facendo meglio con il digitale sono anche quelli che sono usciti prima e meglio dalla crisi, come Germania, Francia e Spagna. Il motivo è che crescita economica e crescita della diffusione del digitale sono aspetti di uno stesso fenomeno. Crescono di più i Paesi che investono in innovazione e che hanno aziende che investono in ricerca e sviluppo. Il digitale è una rivoluzione che sta attraversando l'industria, costretta a ripensarsi. Ma senza investimenti e un'operazione forte delle istituzioni e dei rappresentanti degli industriali, poco si può fare»;
   Viola ha aggiunto, inoltre, che «in Italia il ritardo culturale è il più difficile da colmare e si riflette nel basso numero di laureati in materie tecniche e scientifiche. I dati DESI fotografano un Paese che ha molta difficoltà ad abbracciare l'innovazione. C’è una buona digitalizzazione delle imprese, che hanno imparato in fretta l'uso delle etichette elettroniche, delle fatture telematiche e del cloud. L'industria italiana sembra innovare bene, meno invece le piccole e medie imprese. L'Italia sconta anche un “peccato originale” sui ritardi del digitale, dovuto alla mancanza delle infrastrutture della televisione via cavo, quelle che poi negli altri Paesi sono diventate il mezzo di diffusione di Internet veloce. In Italia il predominio della tv via etere lo scontiamo ancora oggi. Una serie di ritardi, di cui è stata complice la miopia di molti governi degli ultimi 20 anni, che oggi sta esplodendo con ripercussioni sulla società, sulla sua capacità di capire, accettare, abbracciare il cambiamento tecnologico (...)» –:
   quali orientamenti urgenti e concreti il Governo intenda adottare per incrementare l'uso di internet, la connettività e migliorare le competenze digitali della popolazione;
   quali iniziative intendano assumere per ridurre il digital divide tra l'Italia e i Paesi europei e consentire lo sviluppo delle aziende;
   se intendano attuare progetti, programmi e iniziative finalizzati all'utilizzo e alla diffusione delle tecnologie digitali, nonché allo sviluppo della competitività del sistema economico nazionale.
   (4-16067)


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, la Corte è arrivata alla conclusione che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione europea. Di conseguenza, la Corte ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato poi che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo è ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma, conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. La Corte ha condannato quindi l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità è calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo sono detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 di euro per ogni altra discarica messa a norma;
   le 200 discariche oggetto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014 sono ubicate nelle regioni seguenti: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto;
   l'Italia ha pagato, per ora, 40 milioni di euro come multa forfettaria e 39.800.000, 33.400.000, 27.800.000 euro come multe relative al primo, secondo e terzo semestre successivo alla sentenza;
   il comma 2-bis dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 riporta «nel caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della CGUE di condanna al pagamento di sanzioni a carico della Repubblica italiana, ove per provvedere ai dovuti adempimenti si renda necessario procedere all'adozione di una molteplicità di atti anche collegati tra loro, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, sentiti gli enti inadempienti, assegna a questi ultimi termini congrui per l'adozione di ciascuno dei provvedimenti e atti necessari. Decorso inutilmente anche uno solo di tali termini, il Consiglio dei ministri, sentito il soggetto interessato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro competente per materia, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri è invitato il Presidente della Giunta regionale della regione interessata al provvedimento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche agli inadempimenti conseguenti alle diffide effettuate in data anteriore alla data di entrata in vigore della presente disposizione che si fondino sui presupposti e abbiano le caratteristiche di cui al primo periodo»;
   è il generale dei Carabinieri Giuseppe Vadalà il commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente di 58 discariche abusive oggetto di diffida i cui termini sono infruttuosamente scaduti; lo ha stabilito il Consiglio dei ministri del 24 marzo 2017, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Galletti –:
   quali siano le garanzie ottenute dagli enti locali per l'adozione di ciascuno dei provvedimenti e degli atti necessari riguardanti le discariche oggetto della citata condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, che non rientrano nelle competenze del Commissario Vadalà, e quali siano i «termini congrui» entro cui gli enti interessati dovranno adottare i provvedimenti e gli atti necessari.   
(4-16068)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA, TACCONI e FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha stipulato una serie di convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali con Stati comunitari ed extracomunitari;
   tali convenzioni sono molto importanti perché oltre a disciplinare, in un mondo globalizzato, la cooperazione tra le amministrazioni fiscali degli Stati contraenti hanno l'obiettivo di evitare la doppia imposizione e a prevenire l'evasione e l'elusione fiscale eliminando le doppie esenzioni;
   in America Latina l'Italia ha concluso accordi fiscali con Argentina, Brasile, Cile, Ecuador, Messico, Trinidad e Tobago, e Venezuela;
   sono tuttora esclusi dal quadro degli accordi il Perù e l'Uruguay;
   il Perù e l'Uruguay sono Paesi dove operano centinaia di imprese italiane e vivono migliaia di nostri connazionali;
   entrambi i Paesi sono da tempo impegnati pienamente nella prassi operativa con l'Italia a procedere a scambi di informazioni fiscali in funzione delle regole Ocse;
   nonostante ciò i due Paesi non sono incomprensibilmente né inclusi nella lista (« White List») del decreto 4 settembre 1996, e successive modifiche, dove vengono elencati periodicamente gli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni fiscali, né fanno parte dei Paesi con i quali l'Italia ha stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni;
   i nostri connazionali residenti in Perù ed Uruguay i quali producono reddito in Italia e sono tassati dall'Italia alla fonte non possono chiedere le detrazioni per carichi di famiglia sui loro redditi proprio perché risiedono in Paesi dove non è considerato attuabile lo scambio di informazioni fiscali (esclusione dalla cosiddetta « White List») – situazione questa che ha creato una inammissibile disparità di trattamento con gli altri emigrati;
   inoltre l'assenza di una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni fiscali con il Perù e l'Uruguay non solo crea problemi di potestà impositiva e di doppia tassazione per le numerose collettività di emigrati, lavoratori e pensionati ma può compromettere e limitare anche l'avvio di attività economiche e finanziarie di imprese italiane, peruviane ed uruguayane che rischiano un'applicazione incerta o penalizzante di norme che se invece fossero regolate da una convenzione eliminerebbero le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti e contrasterebbero l'elusione e l'evasione fiscale;
   sia il Perù che l'Uruguay fanno ora parte dei 130 Paesi membri del Global Forum sulla trasparenza fiscale e sullo scambio di informazioni, con Segretariato presso l'Ocse, al quale il G20 ha affidato il compito di promuovere e monitorare l'effettiva trasparenza fiscale per quanto riguarda lo scambio di informazioni su richiesta (con l'emissione periodica di giudizi e rating sulla performance) e il nuovo standard unico globale di scambio automatico di informazioni fiscali a fini finanziari;
   inoltre, proprio l'anno scorso l'Uruguay ha anche firmato la Multilateral Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters espandendo così la propria capacità di contrastare l'elusione e l'evasione fiscale internazionale e impegnandosi pienamente a procedere a scambi di informazioni fiscali in funzione delle regole Ocse –:
   per quali motivi sia il Perù che l'Uruguay non siano stati ancora inclusi nella lista dei Paesi con i quali sono attuabili gli scambi di informazioni fiscali e per quali motivi siano state sottovalutate finora le ragioni di opportunità politica ed economica dell'inclusione nella suddetta « White List» di Perù ed Uruguay e della stipula di una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con questi due Paesi;
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per accelerare e definire l’iter negoziale finalizzato alla stipula di un accordo contro le doppie imposizioni fiscali tra l'Italia e il Perù e tra l'Italia e l'Uruguay e soddisfare così le aspettative e le richieste pressanti di cittadini e imprese al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio e stimolare così una ripresa dei rapporti economici e finanziari tra i tre Paesi. (4-16066)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   la prima firmataria della presente interpellanza ha presentato l'interrogazione a risposta immediata n. 3-01474 con oggetto il trasferimento rifiuti speciali dall'Ilva di Taranto presso la discarica Cisma in Melilli, provincia Siracusa; il 6 maggio 2015 il Ministro interrogato ha risposto assumendo che «Relativamente al trasferimento dei materiali provenienti dall'ILVA in una discarica presso Augusta, i rifiuti sono stati classificati come rifiuti non pericolosi. Ad oggi, non risulta al mio dicastero alcuna segnalazione in merito da parte delle competenti Autorità di Controllo locali (Provincia e Arpa). ...il materiale è stato inviato in Sicilia in via transitoria... i rifiuti saranno smaltiti presso il sito ILVA una volta attuato il Piano di gestione dei rifiuti aziendale»;
   il 15 marzo 2017 è stata eseguita l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Catania, in seguito ad indagini della direzione distrettuale antimafia, riguardanti l'ampliamento della discarica Cisma, che ha applicato quattordici provvedimenti restrittivi in carcere o arresti domiciliari e tre misure interdittive, per traffico illecito di rifiuti, associazione di stampo mafioso, usura, estorsione, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio ed altro;
   indagini riguardano il procedimento amministrativo di ampliamento della discarica della società Cisma Ambiente Spa, i giudizi amministrativi al Tar e al Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) legati al rilascio della Valutazione di impatto ambientale (Via) e dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Il dipartimento regionale aveva ritenuto la necessità di sottoporre alla Via l'ampliamento della discarica, trattandosi di nuove aree di stoccaggio e triturazione, confermato dalle risultanze del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Catania; diversamente il Cga riformava la decisione del Tar sulla base degli «accertamenti svolti in sede penale dall'ingegnere Naso, prodotti da parte ricorrente e posti a base della decisione» e trasmetteva gli atti al Tar per trattare il merito. Il Tar accoglieva la domanda della società Cisma, sulla base di accertamenti dell'ingegner Naso, consulente del pubblico ministero, depositati in atti dalla ricorrente, e della relazione del consulente tecnico d'ufficio dottor Verace. Nella sentenza si legge anche che il rappresentante del comune di Melilli confermava che l'ampliamento coincideva con l'area del progetto originario già sottoposto a Via;
   le fonti di stampa riportano che i giudici amministrativi sarebbero stati indotti in errore dalle consulenze dell'ingegnerer Naso (sottoposto a misura interdittiva) e del dottor Verace (sottoposto alla misura degli arresti domiciliari). Il dottor Verace oltre ad essere funzionario regionale, veniva nominato Commissario ad Acta del Tar nei giudizi connessi al rilascio Aia e nominato consulente dal pubblico ministero di Siracusa Giancarlo Longo nel procedimento penale sulla discarica (Cisma); la commissione di illeciti si è resa possibile proprio in virtù di quello che appare agli interpellanti un asse mafia-imprenditoria-funzionari regionali e comunali e consulenti. Per la Dda di Catania e per il Noe sussisterebbero illiceità ambientali in ordine alla gestione ed all'ampliamento delle discarica in violazione delle autorizzazioni di Via e Aia, alla miscelazione di diversi tipi di rifiuti, alla triturazione indifferenziata dei rifiuti, compreso il polverino Ilva, che venivano poi inviati a un inceneritore. «Bruciando – ha spiegato il pubblico ministero Raffaella Vinciguerra – veniva emessa diossina». –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda attivare l'intervento del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri ai fini di verificare l'eventuale danno ambientale, nonché al fine di verificare, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità amministrative.
(2-01733) «Amoddio, Bratti, Cinzia Maria Fontana».

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde urbano pubblico e privato (parchi, giardini e altro) sono inseriti nella filiera del recupero dei rifiuti organici e sono conferiti agli impianti di compostaggio che ne garantiscono il riciclo attraverso la produzione di compost;
   tuttavia, a partire dal 25 agosto 2016, l'articolo 41 della legge n. 154 del 2016 così detto collegato agricoltura ha stabilito che anche gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde urbano pubblico e privato sono esclusi dal campo di applicazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, consentendone, pertanto, la gestione senza alcuna limitazione né controllo;
   tale disposizione è, da subito, apparsa in palese contrasto con l'articolo 3 della direttiva europea 2008/98/CE sui rifiuti che include tra «i rifiuti organici», anche i rifiuti biodegradabili da parchi e giardini nonché con gli articoli 183, comma 1, lettera d) e 184, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 152 del 2006 rispettivamente in tema di rifiuti organici e classificazione dei rifiuti urbani;
   su tale tema, è, infine, intervenuto il Commissario europeo per l'ambiente, Karmenu Vella che, rispondendo ad una interrogazione nell'Europarlamento lo scorso 21 dicembre (E-008519/2016) ha ribadito con chiarezza che gli sfalci e le potature rientrano nella definizione comunitaria di «rifiuto organico» e che «l'assenza di un controllo adeguato ed efficace su questo tipo di rifiuti sarebbe in contrasto con le disposizioni della direttiva», anticipando che «la Commissione europea solleverà la questione con le autorità italiane competenti»;
   a complicare ulteriormente il quadro normativo su tali tipologie di residui generando incertezza e confusione tra gli operatori del settore, è intervenuto il decreto 13 ottobre 2016, n. 264 sui sottoprodotti che, sebbene sia entrato in vigore il 2 marzo 2017, è stato predisposto antecedentemente alla predetta pronuncia del Commissario europeo per l'ambiente Vella;
   a titolo esemplificativo, si segnala infatti l'inclusione delle «potature, ramaglie e residui dalla manutenzione del verde pubblico e privato» nella parte B della sezione 2 dell'Allegato 1, che risulterebbe impropria in quanto non si configurerebbe la corrispondenza tra la Tabella 1.A del decreto ministeriale 6 luglio 2012 e tra l'Allegato X alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006 ove, diversamente, è riportato esclusivamente il «materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura»;
   ad oggi, a fronte della richiamata legislazione in vigore, si configura il rischio che il fine-vita dei materiali derivanti dalla manutenzione del verde urbano pubblico e privato, sia rappresentato, anziché dal compostaggio, dalla combustione in caldaie per produrre energia oppure dallo smaltimento nei campi pregiudicando le necessarie garanzie di tutela della salute e dell'ambiente –:
   se non intenda adottare le iniziative di competenza, nell'immediato, al fine di modificare l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, così come novellato dall'articolo 41 della legge n. 154 del 2016 per riportare la paglia, gli sfalci e le potature derivanti da manutenzione, del verde urbano nella filiera del rifiuto, così come previsto nella previgente legislazione italiana, nel rispetto del diritto comunitario;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire specificamente quali interventi correttivi intenda assumere in relazione agli effetti applicativi del vigente decreto n. 264 del 2016 alla luce del successivo pronunciamento del Commissario Vella, anche, se del caso, indicandone la tempistica al fine di prevenire l'apertura di una procedura d'infrazione a carico dell'Italia.
   (4-16072)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   nel «Dossier di candidatura» che ha condotto la città di Matera ad essere proclamata vincitrice del titolo di capitale europea della cultura 2019, sono contenute le «linee di in intervento» atte a consolidare il posizionamento acquisito dalla città;
   il soggetto preposto ad attuare gli interventi volti alla promozione culturale della città di Matera è la fondazione di partecipazione Matera-Basilicata 2019. La fondazione, costituita il 3 settembre 2014 con durata fino al 31 dicembre 2022, nasce per dare continuità all'attività svolta dal Comitato Matera 2019. I membri fondatori sono: regione e università della Basilicata; camera di commercio, comune e provincia di Matera;
   nel 2014 Paolo Verri è stato nominato direttore generale della Fondazione. Tuttavia, nonostante il suo impegno contrattuale, il 5 agosto 2016 ha accettato l'incarico di gestione e riorganizzazione dell'agenzia per il turismo della regione Puglia (decreto del presidente della giunta regionale 5 agosto 2016 n. 528 Agenzia Puglia Promozione). A tale decisione sono seguite numerose polemiche sull'opportunità del doppio ruolo e su una presunta incongruenza tra il contratto con la Fondazione e il nuovo incarico;
   il 17 gennaio 2017 sono stati nominati il manager amministrativo, Giuseppe Romaniello, e il manager culturale della Fondazione, Ariane Bieou. Da fonti stampa locali si è appreso che i partecipanti al concorso per i ruoli di manager non avrebbero avuto accesso alla visione delle graduatorie degli avvisi pubblici, ricevendo solamente una email di ringraziamento per partecipazione. La mancata pubblicazione delle graduatorie è stata confermata anche dalla stessa presidente della Fondazione nel corso del consiglio comunale tenutosi a Matera il 15 febbraio 2017. In quella circostanza, la presidente Sole ha asserito che le graduatorie non potevano essere pubblicate per non incorrere in casi di violazione della privacy a danno dei partecipanti e che questi ultimi avrebbero potuto richiedere un accesso agli atti per la consultazione del proprio posizionamento in graduatoria;
   con riferimento all'avvenuta designazione della città di Matera quale «Capitale europea della cultura» per il 2019, l'articolo 1, comma 345-347, della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ha previsto appositi stanziamenti di risorse per il completamento del restauro urbanistico ambientale dei rioni Sassi, patrimonio mondiale dell'umanità e luogo distintivo di Matera;
   è stata infine disposta, fino al 31 dicembre 2019 e nei limiti di quanto strettamente necessario allo svolgimento dell'evento, la non applicazione delle norme in materia di contenimento della spesa per l'acquisto di beni e servizi, nonché delle limitazioni di assunzioni di personale con forme contrattuali flessibili (di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010);
   il budget complessivo per le linee di intervento del dossier è pari a 52 milioni di euro così ripartiti: 25 milioni di euro stanziati dalla regione Basilicata, 11 milioni di euro stanziati dal Governo; 5 milioni di euro stanziati dal comune di Matera. Secondo la relazione del direttore Verri, nel budget sono altresì compresi i rientri relativi alla vendita di biglietti e di gadget (3 milioni di euro), da produzioni originali (36.250 mila euro) e ritorni attesi di «fiducia, reputazione e attrattività»;
   il budget per l'anno 2017 è pari a 7.1 milioni di euro della regione Basilicata, 4,4 milioni di euro del comune di Matera e 1 milione di euro del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (0,3 milioni di euro da altre entrate). I progetti pilastro della Fondazione sono: il progetto IDEA, e l'Open Design School, per i quali sono stati stanziati per gli interventi infrastrutturali rispettivamente 8.920.000 e 3.550.000 euro;
   durante il consiglio comunale di Matera del 15 febbraio 2017, il direttore Verri ha reso noto che la regione Basilicata, per mezzo di alcune delibere, aveva assicurato il suo sostegno economico importante, con un contributo pari al 70 per cento dello stanziamento previsto. Nonostante questo, a detta del direttore, il supporto economico per l'anno 2016 è stato di poco superiore al 10 per cento di quello previsto e a causa della suddetta mancanza, la Fondazione ha operato con solo 1 milione e 800 mila euro e al 40 per cento delle sue potenzialità. Nella stessa sede, la Presidente Aurelia Sole ha sottolineato la necessità di approvare il budget preventivo del 2017 (da parte di regione Basilicata e comune di Matera) per sbloccare l'attuazione dei progetti. Inoltre, ha informato il consiglio dell'esistenza di un tavolo interistituzionale, partecipato anche da Simone Tani, consulente della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di avere il massimo supporto per il buon andamento del progetto;
   lo statuto della Fondazione all'articolo 14 recita «Il Consiglio di indirizzo delibera eventuali modifiche dello statuto». Come da «Verbale del Consiglio di indirizzo del 16 febbraio 2016», pare che la modifica relativa alla riduzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione sia avvenuta senza una valutazione e deliberazione preventiva del consiglio comunale stante gli obblighi di legge che impongono che le modifiche dello statuto siano decise dagli stessi organi che ne hanno a suo tempo deliberato la costituzione. La modifica citata, avrebbe prodotto due effetti: la riduzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione (eliminata la presenza di due consiglieri comunali uno di minoranza e uno di maggioranza); la coincidenza perfetta tra i membri del consiglio di indirizzo e membri del consiglio di amministrazione;
   nonostante il sindaco di Matera sia membro del consiglio di amministrazione della Fondazione, tra quest'ultima e il consiglio comunale esiste a quanto risulta agli interpellanti un'evidente assenza di comunicazione e coordinamento;
   il cambio di management della Fondazione ha portato confusione e disordine sul piano dell'attuazione degli interventi per Matera 2019. Tale immobilismo è stato riscontrato anche dalla «Giuria di monitoraggio e controllo» la quale, durante l'incontro del 12 ottobre 2016 a Bruxelles, ha espresso «preoccupazioni rispetto alla governance». La stessa giunta ha previsto un incontro che si terrà durante l'estate 2017;
   mancano solamente 22 mesi alla scadenza ufficiale che si attesta al 31 dicembre 2019 per la realizzazione delle linee di intervento contenute nel dossier –:
   se e come il Ministro interpellato, alla luce di quanto detto in premessa, intenda intervenire, per quanto di competenza, e vigilare sulla trasparenza e sull'efficacia dell'operato della fondazione di partecipazione Matera-Basilicata 2019.
(2-01734) «Liuzzi, Di Benedetto, Marzana, Brescia, D'Uva, Luigi Gallo, Vacca, Simone Valente».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIANCARLO GIORDANO, PANNARALE, MARCON, PAGLIA, PELLEGRINO e PLACIDO. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   il settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, come sancito con la sentenza della Corte costituzionale n. 153 del 2011, è un'eccellenza italiana;
   le fondazioni lirico-sinfoniche sono da tempo oggetto di una legislazione che sembra avere come unico obiettivo ad avviso degli interroganti la distruzione di un sistema consolidato, fino ad oggi basato su un sostegno effettivo al settore, attraverso l'assegnazione su base pluriennale di contributi pubblici. Inoltre, il connesso ritardo nello stanziamento dei predetti fondi ha gravato sul loro indebitamento che non hanno potuto ridurre neanche attraverso l'accesso, previo un delicato e propedeutico processo di risanamento, al fondo rotativo previsto dalla legge n. 112 del 2013 (cosiddetta «legge Bray»);
   un'ulteriore norma, l'articolo 24 della legge n. 160 del 2016 rende possibile il declassamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che aderiscono alla suddetta «legge Bray» in teatri lirico-sinfonici, con il relativo disimpegno dello Stato al sostegno di questi ultimi, qualora le stesse non rispondessero a determinati requisiti. La stessa norma, infatti, subordina a partire dall'anno 2018 l'erogazione dei relativi contributi al rispetto di precisi paletti in materia di bilancio ed efficienza gestionale. Infatti, le fondazioni che non raggiungano il pareggio di bilancio sono tenute a prevedere opportune riduzioni dell'attività, comprese la chiusura temporanea o stagionale e la conseguente trasformazione temporanea del rapporto di lavoro del personale, anche direttivo, da tempo pieno a tempo parziale, trasformando, di conseguenza, i propri lavoratori in precari o stagionali;
   oltre al pareggio di bilancio ed alla capacità di risanare i propri bilanci, le fondazioni liriche dovranno ricorrere ad una solida efficienza gestionale, non impiegando, per esempio, risorse umane in eccedenza, mostrando capacità di reperire risorse private con forme di autofinanziamento o, infine, internazionalizzandosi e garantendo la realizzazione di adeguato numero di produzioni e coproduzioni;
   ad aumentare ancor di più il rischio di uno smantellamento del settore sono gli esiti della crisi in atto in cui sono sprofondati i teatri italiani: secondo alcuni dati resi noti dall'Istat, solo 9 italiani su 100 frequentano l'opera;
   in questi giorni numerose sono le mobilitazioni organizzate nelle piazze italiane dai sindacati per opporsi alla politica ragionieristica messa in atto negli ultimi anni dal Governo –:
   quali iniziative urgenti intenda mettere in campo per affrontare il gravissimo stato di crisi che sta attraversando il settore dello spettacolo dal vivo, difendere il ruolo di presidio musicale svolto dalle fondazioni liriche e scongiurare la drastica riduzione della loro offerta culturale.
(3-02915)


   COSCIA, PICCOLI NARDELLI, BONACCORSI, RAMPI, MANZI, MALISANI, NARDUOLO, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, IORI, MALPEZZI, PES, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   l'azione di Governo degli ultimi due anni ha confermato la volontà del Paese di esercitare un ruolo di leadership culturale;
   il 1o agosto 2015, in occasione dell'Expo, oltre 80 Ministri della cultura hanno firmato la Dichiarazione di Milano per la difesa di beni artistici, storici e archeologici minacciati dalla distruzione;
   il 16 febbraio 2016 il Consiglio esecutivo Unesco ha approvato la proposta italiana per la nascita della prima task force nazionale «Unite4Heritage» dei cosiddetti caschi blu della cultura. Una forza di pronto intervento che nelle zone colpite dagli ultimi eventi sismici ha messo in sicurezza oltre 13 mila opere e che nel 2016 ha recuperato oltre 100 mila beni, per un valore di 50 milioni di euro, sottraendoli al mercato illegale;
   il 24 marzo 2017 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato, inoltre, all'unanimità la risoluzione italo-francese sulla protezione del patrimonio culturale negli eventi bellici, condannando la distruzione e il saccheggio di siti archeologici, musei, archivi e biblioteche;
   il 1o gennaio 2017 l'Italia ha assunto la Presidenza di turno del G7 e, nell'ambito delle iniziative programmate durante l'anno, il 30 e il 31 marzo 2017 si terrà a Firenze il primo G7 dei Ministri della cultura che si confronteranno – insieme al Commissario dell'Unione europea della cultura e il segretario generale dell'Unesco – sul tema «Cultura come strumento di dialogo fra i popoli» –:
   quali siano i principali obiettivi di tale importante vertice internazionale e quali le proposte il Ministro interrogato intenda avanzare al fine di rafforzare la cooperazione internazionale nella tutela del patrimonio culturale. (3-02916)


   MUCCI, GALGANO e MONCHIERO. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», all'articolo 11-bis, si prevedono delle misure per le start-up turismo;
   in particolare, si tratta di start-up innovative che abbiano come oggetto sociale la promozione dell'offerta turistica nazionale attraverso l'uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche;
   le imprese start-up innovative possono essere costituite anche nella forma di società a responsabilità limitata semplificata ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile e, qualora tali società siano costituite da persone fisiche che non abbiano compiuto il quarantesimo anno di età all'atto della costituzione della medesima società, sono esenti da imposta di registro, diritti erariali e tasse di concessione governativa;
   il successivo comma 4 prevede uno stanziamento pari a 2 milioni di euro, a decorrere dal 2015, per far fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del citato articolo –:
   quale sia il numero di società che hanno usufruito degli sgravi sopra richiamati e quali iniziative intenda assumere per dare la giusta pubblicità a tale tipo di agevolazione. (3-02917)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BECATTINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 42 del 2004, meglio noto come codice dei beni culturali e del paesaggio, ha stabilito, all'articolo 29 comma 6, che per eseguire opere di restauro sui beni culturali sarà necessario avere la qualifica di restauratore di beni culturali;
   l'articolo 29 del suddetto decreto disciplina, anche, insieme decreti di attuazione, la modalità di accesso alla qualifica di restauratore, che avviene tramite il completamento di un ciclo di studi apposito assimilabile ad una laurea magistrale;
   al fine di definire la posizione di chi già svolgeva la professione di restauratore prima dell'entrata a regime del codice, l'articolo 182 del suddetto decreto prevede, in via straordinaria e transitoria, che possa acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali «colui il quale abbia maturato una adeguata competenza professionale nell'ambito del restauro dei beni culturali mobili e delle superfici decorate dei beni architettonici»;
   per la valutazione di chi avesse diritto ad acquisire la qualifica di restauratore, ai sensi dell'articolo 182 è stato indetto un bando pubblico, nel quale venissero presi in esame i titoli di studio e le esperienze lavorative nell'ambito del restauro dei candidati;
   solo in data 22 maggio 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha pubblicato il bando definitivo, nel quale si richiedeva a chi volesse ottenere la qualifica di restauratore di inviare la domanda corredata dalla documentazione attestante il possesso dei requisiti entro il 30 ottobre 2015;
   a diciassette mesi dal termine ultimo per presentare le candidature al bando del 2015, non è stato invece pubblicato l'elenco di coloro che sono stati ammessi alla qualifica di restauratore;
   il termine per la pubblicazione dell'elenco completo dei candidati ammessi alla qualifica di restauratore, previsto per il 31 maggio 2016, è infatti stato più volte posticipato tramite decreti direttoriali, prima di 60 giorni, poi di ulteriori undici mesi, fino ad arrivare all'attuale termine, nel giugno 2017;
   alla luce di questa situazione, migliaia di restauratori sono in attesa di una valutazione che, se il Ministero questa volta rispetterà i termini che si è posto, avverrà a due anni dall'inizio del bando di selezione pubblica ed a 15 anni dalla legge che ha istituito l'obbligo della qualifica di restauratore;
   inoltre, il 21 luglio 2016, il Ministero ha pubblicato un «elenco parziale che anticipa il riconoscimento della qualifica», che include soltanto coloro che hanno conseguito un titolo di studio in una delle tre scuole di alta formazione riconosciute dal Ministero, requisito che il codice ritiene sufficiente per il superamento della selezione;
   tale elenco era finalizzato esclusivamente a garantire a chi si fosse diplomato nelle scuole di alta formazione la possibilità di accedere al concorso indetto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il 19 maggio 2016;
   tuttavia, l'elenco parziale, in deroga alla legge – che non prevede elenchi separati in base alle modalità di accesso al medesimo – ha dato un forte vantaggio competitivo sul mercato del lavoro a coloro che vi sono inclusi, che va al di là della possibilità di partecipare al sopra citato concorso –:
   a che punto sia il processo di valutazione delle domande dei restauratori che hanno risposto al bando del 22 maggio 2015;
   se il Ministro interrogato possa rassicurare i restauratori sul fatto che il processo di selezione venga concluso entro il giugno 2017 o se in caso contrario, intenda prendere iniziative affinché il suddetto termine sia rispettato;
   se il Ministro interrogato, considerato che, per l'interrogato la pubblicazione dell'elenco parziale, di cui in premessa, avvenuta il 21 luglio 2016, ha di fatto creato un ulteriore ingiusto danno competitivo a coloro che sono ancora in attesa di una risposta, e non ritenga necessario intervenire per rimediare a questa disparità.
   (5-10971)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   un'articolo di Franco Bechis intitolato «Cercasi esperta di beni culturali. Trovata: la moglie di Franceschini», pubblicato nel novembre 2016 sul quotidiano Libero, riferiva di una presunta parentopoli che coinvolge il Ministro interrogato e sua moglie la signora Michela Di Biase, capogruppo del Pd nel consiglio comunale di Roma;
   l'articolo in questione punta il dito sul passaggio della signora Di Biase dall'azienda regionale dei trasporti, la Cotral, dove ricopriva incarico di specialista tecnico-amministrativo, alla Fondazione Sorgente Group, dove è stata inquadrata alle relazioni esterne, «con particolare riferimento alla promozione di eventi e mostre organizzate dalla Fondazione stessa»;
   Sorgente Group Spa è una holding attiva nei settori immobiliare e della finanza; il patrimonio immobiliare posseduto dai fondi e dalle società controllate, sommato a quello gestito, è di oltre 5 miliardi di euro;
   la Fondazione, costituitasi nel 2007, si occupa di arte e cultura e, come scrive Bechis, per «sua natura lavora molto con il ministero dei beni culturali, che associa in numerose iniziative nel settore (mostre, conferenze, pubblicazioni), e come altre fondazioni private gode delle agevolazioni fiscali sui finanziamenti ricevuti da privati»;
   come riportato dal sito internet della Fondazioni Sorgente Group, tra le principali attività dell'ente sono da annoverare «l'attività di ricerca, valorizzazione e promozione della propria Collezione d'arte attraverso l'organizzazione diretta e la partecipazione a esposizioni museali, divulgazione a stampa, pubblicazioni e organizzazione di conferenze, coinvolgendo personalità illustri del mondo accademico e scientifico»;
   la fondazione risulta beneficiaria di erogazioni liberali da parte di Sorgente Group Spa, che come dichiarato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è «uno dei soggetti privati presenti nella circolare pubblicata ogni anno dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per monitorare l'applicazione del testo unico delle imposte sui redditi»;
   da quanto si evince, dunque il rapporto di collaborazione tra la fondazione e il Ministero è molto stretto e in base a ciò che riporta Libero «i finanziamenti privati in agevolazione fiscale alla Fondazione Sorgente ammontano negli ultimi documenti ministeriali a circa 2 milioni di euro all'anno»;
   in merito al ruolo della signora Di Biase all'interno della fondazione pare non ci sia molta chiarezza e secondo Bechis «potrebbe esserci un conflitto di interessi con il ruolo istituzionale del ministro e pure una sorta di concorrenza familiare, visto che il ministero non ha a disposizione grandi fondi mentre oggi le fondazioni private possono avere più risorse da investire nella cultura»;
   l'articolo riferisce, inoltre, che la fondazione Sorgente avrebbe dichiarato che, al termine della selezione, la signora De Biase sarebbe risultata la più idonea per «il suo curriculum, la sua professionalità ed esperienza in ambito istituzionale al fine di promuovere le attività culturali della fondazione stessa» –:
   se e quali elementi il Ministro interrogato intenda fornire in merito a quanto illustrato in premessa e visto che, a parere dell'interrogante, tale vicenda desta perplessità, considerando che la condotta di un Ministro della Repubblica, nell'esercizio delle sue funzioni, dovrebbe essere improntata ad un livello di rigore tale da allontanare qualsiasi sospetto. (5-10975)

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di Terna Spa, denominato «Elettrodotto a 380kv in doppia terna s.e. Udine ovest – s.e. Redipuglia» prevede la realizzazione di un elettrodotto della lunghezza di circa 39 chilometri, con 120 piloni alti fino a 61 metri;
   avviato nel 2003, con l'inserimento nel Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, approvato dal Governo, l’iter autorizzativo si era concluso nel marzo del 2013, dopo il parere favorevole della Commissione di valutazione di impatto ambientale nazionale con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente n. 239/EL-146/181/2013 del 12 marzo 2017;
   precedentemente, il Tar del Lazio aveva bocciato il ricorso di alcuni comuni coinvolti contro il pronunciamento di compatibilità ambientale del Ministero per i beni e le attività culturali del 21 luglio del 2011;
   i sette comuni del basso e medio Friuli coinvolti – tra cui Palmanova, la città stellata cinquecentesca, dal 1960 monumento nazionale – chiedevano la sospensione dei lavori o, in alternativa, l'interramento dei cavidotti, per evitare un pesante impatto ambientale, provocato dal taglio di specie arboree importanti per l'assetto del paesaggio sottoposto a tutela;
   nel 2016, anche la direzione generale archeologica Belle arti e paesaggio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – superando il primo parere favorevole del Ministero – aveva espresso negativo circa la compatibilità ambientale dell'opera;
   questo pronunciamento si collocava nella nuova procedura di Valutazione d'impatto ambientale riaperta dal Ministero dello sviluppo economico nel novembre del 2015, dopo l'annullamento della precedente VIA da parte del Consiglio di Stato (sentenza n. 3652 – 23 luglio 2015 – VI sezione) che aveva rigettato proprio il primo parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a giudicare devastante l'impatto che l'opera avrà su quei territori sono anche i consiglieri regionali del M5S che hanno presentato un'interrogazione in merito alla convenzione quadro fra la regione Friuli Venezia Giulia e Terna, che deve definire le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale al territorio interessato alla realizzazione dell'elettrodotto;
   in questi giorni, dopo circa un anno mezzo e dopo aver ottenuto, a febbraio 2017, il via libera del Ministero dello sviluppo economico con la firma del decreto autorizzativo finale della procedura bis, riprenderanno i lavori per il completamento di un'opera che «deturperà la pianura friulana, creando un danno difficilmente mitigabile e permanente» come ebbero a sottolineare i tecnici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in conferenza dei servizi –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche nel rispetto della citata sentenza del Consiglio di Stato, per privilegiare le modalità d'interramento dei cavidotti, tecnologia di posa con standard di altissimo livello e in grado di offrire una soluzione a minore impatto ambientale, dando piena applicazione al principio fondamentale dell'articolo 9 della Costituzione circa la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione. (4-16074)

COESIONE TERRITORIALE E MEZZOGIORNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   GAROFALO. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:
   il masterplan per il Mezzogiorno del Paese, iniziativa avviata dal Governo nel novembre 2015, rappresenta il quadro di riferimento entro cui si collocano le scelte operative per implementare le risorse per il Sud ed eliminare il divario macroeconomico oggi esistente tra le diverse aree italiane;
   ad oggi la struttura del masterplan risulta completata, poiché tutti i patti sono stati siglati; la ripartizione in aree tematiche delle risorse del fondo sviluppo e coesione è avvenuta con la delibera n. 26 Cipe del 10 agosto 2016, che stanzia complessivamente 13,4 miliardi di euro;
   l'analisi delle poste economiche evidenzia una sostanziale concentrazione delle risorse complessive impegnate dai patti, pari a oltre 35 miliardi di euro, su 3 principali macro-voci: infrastrutture (10,7 miliardi di euro), ambiente (10,7 miliardi di euro) e sviluppo economico e produttivo (7,4 miliardi di euro), che da sole assorbono l'82 per cento delle risorse dei patti;
   la forte concentrazione di interventi e risorse in campo ambientale risponde all'esigenza di fare fronte alle numerose emergenze (rifiuti, acqua, bonifiche, dissesto idrogeologico). Nell'ambito delle scelte infrastrutturali, si registra una priorità assegnata alle infrastrutture stradali, con 5,7 miliardi di euro; minore attenzione viene assegnata ad investimenti nelle infrastrutture ferroviarie (2,3 miliardi di euro);
   non del tutto convincenti appaiono le scelte allocative rivolte al turismo, alla valorizzazione dei beni culturali, nonché il sostegno alla ricerca e all'innovazione, tema assolutamente rilevante alla luce delle priorità che a livello nazionale si vanno perseguendo con il piano Industria 4.0;
   occorre concentrare l'attenzione su tematiche quali l'occupazione, la formazione e la qualificazione del capitale umano, anch'esse fondamentali per ammodernare il sistema produttivo italiano –:
   se non sia necessario, nell'ambito dell'attuazione del masterplan per il Mezzogiorno, rivolgere particolare attenzione al sostegno alla ricerca, al turismo e all'innovazione, nonché alla formazione ed alla qualificazione del capitale umano, che costituiscono elementi fondamentali per l'ammodernamento del sistema produttivo italiano e per lo sviluppo dell'occupazione.
(3-02913)


   CARFAGNA, LUIGI CESARO, RUSSO e SARRO. – Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. – Per sapere – premesso che:
   il 5 marzo 2016 la Fisu – Federazione internazionale sport universitari – ha assegnato a Napoli ed alla Campania l'Universiade 2019, il più grande evento sportivo dopo l'Olimpiade: l'iniziativa prevede il coinvolgimento di più di 15.000 partecipanti tra atleti, organizzatori ed addetti ai lavori, in provenienza da oltre 170 Paesi;
   nel Patto per la Campania siglato tra il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Matteo Renzi ed il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, nell'ambito del settore «Sviluppo economico e produttivo», è stato previsto l'intervento «Riqualificazione ex Nato Bagnoli ed infrastrutture per l'evento Universiade 2019»;
   tra i «finanziamenti da reperire» nel patto citato in corrispondenza della voce «PON 2014/2020 e altre fonti nazionali» si trova l'esposizione di 100 milioni di euro;
   tale somma è stata poi richiamata nell'accordo di programma quadro «Summer Universiade Napoli 2019», articolo 4 – siglato dalla regione Campania con l'Agenzia per la coesione territoriale, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri e approvato dalla giunta regionale della Campania con la deliberazione n. 356 del 6 luglio 2016;
   agli interroganti risulta che, molto probabilmente, le risorse in questione sembrerebbero non più disponibili; anche lo stesso presidente De Luca ha espresso preoccupazione circa il finanziamento del Governo, chiedendo maggiori certezze per lo stanziamento delle risorse;
   senza l'intervento governativo, Napoli potrebbe essere costretta a rinunciare ad ospitare l'Universiade del 2019: forte infatti è la preoccupazione che senza i 100 milioni di euro assicurati dal Governo l'evento non possa essere organizzato in maniera idonea –:
   se il Ministro interrogato possa dare rassicurazioni circa la disponibilità delle risorse quantificate in euro 100 milioni a valere sul PON 2014/2020 e chiarire quali siano le «altre fonti nazionali» a cui attingere per la buona riuscita dell'evento Universiade. (3-02914)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una sessantina di militari di stanza a Sacile, presso la caserma Slataper, sono stati impegnati nel secondo semestre del 2016 in Sardegna, dove sono stati trasferiti per prender parte alle esercitazioni Aces e Valeria Victrix;
   stando a quanto si è letto sulla stampa locale, ai militari di stanza a Sacile non sono stati corrisposti i compensi accessori dovuti in questi casi, al contrario di quanto risulta essere capitato ad altri loro colleghi, in forza ad altre unità;
   ai militari di stanza alla Slataper di Sacile è stato invece proposto di recuperare le ore spese in trasferta, sostanzialmente prendendo un periodo di vacanza durante il quale non è certamente possibile intraprendere attività remunerative;
   pare che, alla base del torto lamentato, vi sia la circostanza che le esercitazioni sopra menzionate si siano svolte senza disporre dell'integrale copertura necessaria a sostenere le spese per la loro effettuazione;
   mancherebbero tuttora ben 400 mila euro, senza i quali sarebbe impossibile remunerare gli straordinari dovuti ai 60 militari della Slataper –:
   se, quando ed in che modo il Governo intenda intervenire per sanare la situazione venutasi a creare in seguito alla partecipazione di 60 militari di stanza a Sacile alle esercitazioni Aces e Valeria Victrix ed alla mancata corresponsione in loro favore dei compensi accessori dovuti in questi casi. (4-16070)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   PESCO, SIBILIA, ALBERTI, D'INCÀ, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   prime avvisaglie dell'imprudente gestione della Banca popolare di Vicenza risalgono al 2001 con le prime ispezioni della Banca d'Italia e i primi casi giudiziari finiti nel nulla per motivi non chiari. Nel 2008 Adusbef deposita i primi esposti. Tra settembre 2014 e febbraio 2015, 630 azionisti fortunati riescono a vendere i propri pacchetti azionari prima della svalutazione;
   il 31 dicembre 2016 Banca popolare di Vicenza procede al rimborso integrale del bond ISIN IT0004548258 (circa 328 milioni di euro), per il quale il 31 ottobre 2016 era stata comunicata la convertibilità in azioni con decorrenza 1o gennaio 2017, con valore di mercato antecedente ben inferiore;
   il 25 marzo 2017 il giudice di Verona condanna Banca popolare di Vicenza a rimborsare con gli interessi un azionista che aveva acquistato 660 azioni nel 2010;
   le Camere su input del Governo hanno reso ammissibili il ricorso all'indebitamento per reperire risorse fino a 20 miliardi di euro utili a fronteggiare la crisi del sistema bancario. Con il decreto-legge n. 237 del 2016 sono state disciplinate le modalità del sostegno pubblico alle banche italiane. La direttiva 2014/59/UE ed il decreto legislativo n. 180 del 2015 limitano l'intervento pubblico alle banche solventi, escludendo possa destinarsi a coprire perdite che la banca abbia registrato o sia in procinto di registrare. Tali disposizioni condurrebbero ad uno «stallo», in quanto l'intervento pubblico risulterebbe ammissibile solo in assenza di perdite ed in presenza di determinati requisiti patrimoniali di vigilanza. Intanto Monte dei Paschi di Siena, Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca rischiano l'avvio della procedura di risoluzione della crisi ed il bail-in. Le banche venete hanno subito una gestione poco proficua con la leadership di Zonin e Consoli senza alcun genere di intervento di vigilanza della Banca d'Italia. Nel 2014 la Banca centrale europea ha richiesto per la Banca popolare di Vicenza un aumento di capitale di 1,5 miliardi di euro, mentre per Veneto Banca un aumento di capitale di 1 miliardo di euro. Nonostante l'intervento del Fondo Atlante, pari complessivamente a 3,4 miliardi di euro, non è stata garantita la stabilità delle medesime banche: Nel 2017 Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca emettono obbligazioni garantite dallo Stato – rispettivamente 3 e 3,5 miliardi di euro – sottoscritte dalle medesime banche. Ad oggi non è ancora noto come Banca centrale europea, Banca d'Italia e Ministero dell'economia e delle finanze intendano risolvere la crisi delle due banche venete, evitando l'applicazione del bail in o delle misure di burden sharing e le possibili conseguenti iniziative giudiziarie –:
   quali iniziative di competenza intenda predisporre per Monte dei Paschi di Siena, Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca al fine di tutelare i risparmiatori, escludendo l'applicazione del bail-in e di ogni altra misura di burden sharing.
(3-02919)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   di recente, il Governo ha designato amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica Alessandro Profumo, ex numero uno prima di Unicredit e poi del Monte dei Paschi di Siena;
   qualche giorno fa, come riportato dalla stampa nazionale, Profumo è stato rinviato a giudizio per usura bancaria. La decisione del giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Lagonegro risale al 1o marzo 2017 –:
   se il Governo fosse a conoscenza, prima della designazione di Profumo come amministratore delegato di Finmeccanica, del fatto che lo stesso fosse sottoposto ad indagine per usura bancaria e, in caso affermativo, il motivo per il quale si sia proceduto comunque alla sua designazione. (4-16063)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   SANTELLI e POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 4 novembre 2015 veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 257 il decreto 20 ottobre 2015 Ministero della giustizia per l'indizione della procedura di selezione di 1.502 tirocinanti;
   il 18 novembre 2016 veniva pubblicato il decreto-concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 2016 – 4a S.S. n. 92);
   in Italia si hanno 1.115 tirocinanti impiegati da 7 anni negli uffici giudiziari in continua formazione nel cosiddetto l'ufficio del processo, a gestione diretta del Ministero della giustizia con nessun progetto di stabilizzazione per il futuro;
   alla luce di tanti anni di formazione-lavoro è arrivato il momento di cercare di arginare questo precariato, con lo scopo di ridurre le carenze di organico inserendo personale già specializzato e formato e dare finalmente dignità ai tirocinanti;
   in tutti i percorsi formativi svolti, il Ministero ha sempre richiesto l'esclusività del «percorso», che non poteva essere affiancato da nessun ulteriore lavoro (neanche part-time) e/o progetto diverso;
   i lavoratori-tirocinanti della giustizia, chiamati «precari della giustizia», sono lavoratori cassintegrati, in mobilità, (fuori dagli ammortizzatori sociali dall'ottobre 2013), disoccupati, che provengono da vicende di espulsione dal mondo del lavoro, vittime di crisi economiche aziendali, altri invece sono laureati, avvocati, specializzati (anche dottorati di ricerca) con diversi titoli di altissimo profilo. Tra i predetti si hanno anche persone inserite nelle categorie protette; la retribuzione prevista per ciascuno di loro è 400 euro lordi al mese e le uniche prospettive sono: un ulteriore percorso di 12 mesi sempre nell'ufficio del processo e un «concorsone» con 308 mila domande per soli 800 posti messi a concorso;
   al quadro sopra esposto consegue che i tirocinanti da dicembre 2017 si ritrovano nuovamente senza occupazione sperando in un'ennesima proroga; nell'ipotesi in cui i predetti non risulteranno idonei al concorso resterà vanificato l'articolato percorso formativo già compiuto con ingenti ricadute anche in termini di spesa pubblica –:
   quali siano le iniziative di competenza che il Ministro interrogato intende assumere in relazione alla vicenda descritta in premessa. (5-10969)

Interrogazione a risposta scritta:


   SALTAMARTINI, MOLTENI e RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   due evasioni in meno di 24 ore, nel Lazio e in Piemonte, destano non poche preoccupazioni;
   la notte del 17 marzo 2017 dalla sezione di alta sicurezza del carcere di Frosinone, è evaso Alessandro Menditti, arrestato nel 2012 e con una pena da scontare fino al 2026, mentre il tentativo di un altro detenuto, Irijan Boce, è stato subito bloccato dal personale della polizia penitenziaria;
   sebbene sia ancora poco chiara la dinamica dell'evasione, la ricostruzione tramite le video-registrazioni annota un via vai di quattro individui introdottisi nel perimetro del carcere, la prima volta, la notte di venerdì 10 marzo 2017 all'interno del carcere di Frosinone, portandosi dietro bombole di gas, tubi e cannello per la fiamma ossidrica, poi martedì 14 marzo ed infine la notte dell'evasione tra venerdì 17 e sabato 18 marzo;
   secondo le prime ricostruzioni, quindi, i due detenuti (Menditti ed un albanese) avrebbero fatto un foro nel muro della cella, sarebbero saliti sul tetto del carcere e da lì si sarebbero calati con l'ausilio di alcune lenzuola, per poi saltare il muro di recinzione che separa l'area del carcere dal muro esterno, alto circa dieci metri, solo che l'albanese è stato catturato nell'intercinta (caduto nel tentativo di scavalcare) mentre Menditti è riuscito a scappare facendo perdere le sue tracce;
   le modalità di evasione sembrano la sceneggiatura di un film e confermano il rischio di mancata sicurezza nel carcere di Frosinone a causa secondo gli interroganti della grave carenza di personale e del sovraffollamento di detenuti;
   secondo il Sappe tali evasioni sono sintomatiche «dello smantellamento delle misure di sicurezza delle carceri italiane, avvenuta con l'introduzione della vigilanza dinamica e dei regime penitenziario aperto»;
   per il sindacato di polizia penitenziaria, infatti, «da quando c’è la vigilanza dinamica, che riduce la presenza dei poliziotti nelle sezioni detentive a favore di un regime penitenziario aperto, ossia più ore i detenuti fuori dalle celle, la situazione è allarmante»;
   è indubbio, infatti, che la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario aperto corrispondono ad una sorveglianza attenuata, che spesso provoca, in talune situazioni, un grave vulnus nel sistema della sicurezza carceraria, aggravato dalla forte carenza di organico pari ad oltre 7.000 agenti;
   soltanto nel 2016 sono state registrate 6 evasioni da istituti penitenziari e 23 da detenuti ammessi a lavorare all'esterno, mentre è aumentato in maniera pericolosa il numero degli eventi critici all'interno delle carceri, da quando, appunto, sono stati introdotti vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto: solo nel 2016 ci sono stati 39 suicidi di detenuti, 1.011 tentati suicidi, 8.586 atti di autolesionismo, 6.552 colluttazioni e 949 ferimenti –:
   se e quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per fronteggiare la grave carenza di personale di polizia penitenziaria nelle carceri ed in che termini intenda rivedere il sistema di vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, considerato che il combinato delle due problematiche secondo gli interroganti inficia notevolmente la sicurezza nelle carceri italiane. (4-16069)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2004) ha istituito l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili, pari ad un euro per passeggero imbarcato, disponendo il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media di indicate percentuali;
   il decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 ha disposto (con l'articolo 6-quater, comma 2) che «l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è altresì incrementata di un euro a passeggero»;
   la legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha disposto (con l'articolo 1, comma 1328) che «al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l'addizionale sui diritti d'imbarco sugli aeromobili, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, è incrementata a decorrere dall'anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato»;
   il decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 come modificato dal decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166 ha disposto (con l'articolo 6-quater, comma 2) che «l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero»;
   la legge 28 giugno 2012, n. 92 ha disposto (con l'articolo 4, comma 75) un ulteriore incremento, a decorrere dal 1o luglio 2013, di due euro a passeggero imbarcato;
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, ha precisato (con l'articolo 13, comma 16) che l'addizionale comunale non è dovuta dai passeggeri in transito negli scali aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici;
   il decreto 29 ottobre 2015 ha disposto (con l'articolo 1, comma 1) che la misura dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco è pari a euro 2,50 per l'anno 2016, euro 2,42 per l'anno 2017 e euro 2,34 per l'anno 2018;
   dal sito del Ministero dell'interno, si apprende, in forza di un comunicato del 7 gennaio 2016, che, con provvedimento dell'11 dicembre 2015, le somme acquisite al bilancio dello Stato per l'anno 2015 a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili, sono state ripartite e pagate a favore dei comuni. Con particolare riferimento ai comuni pugliesi sarebbero stati disposti i seguenti pagamenti: per l'aeroporto Bari Palese, in favore di Bari vi sono 52.043,45 euro e per Bitonto 1.870,34; per l'aeroporto di Brindisi Papola Casale in favore di Brindisi 31.797,22 euro; per l'aeroporto Gino Lisa in favore di Foggia 74,91 e per l'aeroporto di Taranto Grottaglie in favore di Grottaglie 17,34;
   per alcuni enti, tuttavia, si è proceduto alla momentanea sospensione del pagamento delle risorse finanziarie per il suddetto contributo per l'assunta mancata trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni di bilancio;
   l'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani (ANCAI), che riunisce 82 comuni sul cui territorio insistono in percentuale variabile sedimi aeroportuali, afferma che, per il periodo 2005-2015, il versamento di quanto dovuto sarebbe stato indebitamente omesso, tanto da aver promosso un'azione legale contro Ministero dell'interno e Ministero dell'economia e delle finanze trattandosi di oltre 150 milioni di euro a fronte dei 59.518.020 di euro erogati –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di rispettiva competenza, possano riferire a quanto ammontino nel loro complesso e per ciascun comune, gli oneri dovuti a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili per gli anni 2015 e 2016;
   se i Ministri interrogati, per quanto di rispettiva competenza, possano chiarire quali siano le iniziative e le tempistiche per il versamento delle somme ai comuni interessati per gli anni 2015 e 2016;
   se i Ministri interrogati, per quanto di rispettiva competenza, possano riferire quali siano le iniziative per rendere strutturalmente più rapido l’iter di pagamento di tali somme, in modo da scongiurare in futuro ulteriori ritardi;
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla recente diffida dell'Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani. (5-10964)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2015, è stata presentata dall'ENAC istanza per l'avvio della procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale concernente la realizzazione dell’«Aeroporto di Firenze – Master Plan aeroportuale 2014-2029»;
   in data 2 dicembre 2016, la commissione incaricata ha reso parere favorevole nell'ambito della procedura di VIA. A tutt'oggi il relativo provvedimento non è stato pubblicato;
   si apprende da fonti di stampa («Volare. Nuovo Peretola e l'insostenibile leggerezza delle valutazioni», 27 febbraio 2017, Edoardo Bianchini, http://www.linealibera.info) che detto parere è condizionato dall'ottemperanza di 62 prescrizioni, a loro volta contenenti circa 80 sub-prescrizioni, per un totale di circa 142 indicazioni obbligatorie ai fini della realizzazione dell'opera. Dette prescrizioni, secondo l'interrogante, mettono in evidenza le gravi lacune del progetto presentato;
   nel merito, la prescrizione n. 3 impone la redazione di «uno studio riferito agli scenari probabilistici sul rischio di incidenti aerei considerato anche l'uso esclusivamente monodirezionale della pista... Lo studio dovrà essere redatto da soggetto terzo pubblico con esperienza per la previsione del rischio degli incidenti aerei mediante modelli di calcolo. Lo studio dovrà descrivere e quantificare i possibili rischi per la salute umana e per l'ambiente... con la stima dei danni materiali attesi...Lo studio dovrà anche individuare le misure...per eliminare o ridurre il danno, misure inclusive della delocalizzazione delle preesistenze qualora emerga un rischio per la perdita di vite umane...». Ne deriva che il proponente dovrà rivolgersi ad un organismo pubblico avente l'onere di descrivere il rischio di incidente aereo, perché tale imprescindibile analisi non ha fatto parte della documentazione presentata;
   anche la prescrizione n. 4, rivela, a parere dell'interrogante, un'altra sostanziale carenza progettuale, nella misura in cui rende necessario verificare «la probabilità di accadimento di un impatto aereo sugli stabilimenti circostanti l'aeroporto, in particolare su quelli classificati dalla Direttiva Seveso come a rischio di incidente rilevante», chiedendo di definire idonee procedure di sicurezza incluso l'adattamento delle rotte aeree e l'eventuale divieto di sorvolo o le specifiche modalità di sorvolo. Il riferimento sembra esser alla Toscochimica, che si trova a circa 6 chilometri dall'aeroporto, proprio lungo la direttrice della nuova pista che, essendo monodirezionale, prevede decolli e atterraggi sullo stesso versante: tuttavia, se pur fosse possibile spostare leggermente la rotta dei decolli, non sarebbe possibile uno spostamento in fase di atterraggio, a così pochi metri dalla pista, considerato anche che l'allacciamento al sistema radar ILS computerizzato per gli atterraggi avviene a 13 chilometri dalla pista;
   la prescrizione n. 8 sub c), dichiara «la presentazione del Piano di utilizzo (delle terre e rocce da scavo)... condizione necessaria alla preventiva autorizzazione alla realizzazione di qualsiasi opera prevista». Tuttavia, l'articolo 5 del decreto ministeriale n. 161 del 2012 ne impone la presentazione «prima dell'espressione del parere di valutazione ambientale.»;
   la prescrizione n. 29 impone al proponente, in sede di progettazione esecutiva, di «sviluppare la soluzione di attraversamento dell'autostrada A11... risolvendo la problematica tecnica evidenziata nel parere del Genio Civile di Bacino Arno». Tuttavia, in tal modo, si rimanda alla successiva fase autorizzativa l'onere di trovare soluzioni alla problematica;
   notizie di stampa riportano una nota del Ministero dell'ambiente da cui si apprende che l'ENAC ha chiesto formalmente alla Commissione Via un chiarimento su tre punti delle prescrizioni indicate nel parere ed, in particolare, «sulla valutazione del rischio aeroportuale, sul tema del “bird-strike” e sui compiti dell'Osservatorio ambientale» –:
   quando si intenda disporre la pubblicazione del citato parere sul sito istituzionale del Ministero;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ritenga che vi sia stata una bocciatura di fatto del progetto alla luce della scarsa qualità del lavoro progettuale del proponente ampiamente lacunoso, anche a seguito della richiesta di integrazioni e ulteriori chiarimenti, del numero tanto elevato di prescrizioni e del loro tenore riguardante direttamente la sicurezza del volo e del sorvolo, oltre che per l'ambiente e la salute;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda esprimere la volontà di non proseguire nella realizzazione del nuovo aeroporto e assumere iniziative dirette a disporre la revoca delle risorse stanziate nel decreto cosiddetto Sblocca Italia;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ritenga che la Commissione abbia di fatto esautorato l'Enac, imponendo nelle prescrizioni la necessità di uno studio affidato ad un ente terzo;
   quale riscontro dato sia stato dato alla richiesta formulata da ultimo da ENAC. (5-10974)


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autorità portuale di Cagliari è commissariata dal 26 novembre 2013 e l'autorità portuale del Nord Sardegna è commissariata dal 7 settembre 2013;
   il 31 agosto 2016 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, che disciplina la «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente l'autorità portuali» di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124, entrato in vigore il 15 settembre 2016;
   il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, istituisce l'Autorità di sistema portuale (Adsp) del mare di Sardegna che comprende i porti di Cagliari, Sarroch, Portovesme, Oristano, Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci e Santa Teresa di Gallura (solo banchina commerciale);
   l'articolo 10, comma 1, del suddetto decreto legislativo n. 169 del 2016 prevede che «il Presidente è nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il presidente o i presidenti della regione interessata, ferma restando l'applicazione della disciplina generale di cui alla legge 24 gennaio 1978, n. 14. In caso di mancata intesa si applica la procedura di cui all'articolo 14-quater della legge 8 agosto 1990, n. 241. Il Presidente è scelto fra cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale»;
   inoltre, l'articolo 22, comma 1, sancisce che «gli organi delle soppresse Autorità portuali restano in carica sino all'insediamento dei nuovi organi delle AdSP, nominati ai sensi del presente decreto legislativo»;
   il Ministro interrogato ha provveduto a nominare quasi tutti i presidenti delle autorità di sistema portuale;
   il porto di Cagliari è il primo porto sardo e, da recenti rilevazioni effettuate da Assoporti, risulta essere il terzo porto italiano per movimentazione merci;
   il porto di Cagliari è inserito tra i porti « core» nella rete trans europea dei trasporti «Ten-t»;
   i porti del Nord Sardegna sono tra i primi scali italiani per movimentazione passeggeri;
   la situazione di incertezza e rallentamento dei processi di sviluppo portuale, dovuta alla mancata nomina del presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna, rende non più procrastinabile tale nomina;
   la Compagnia dei lavoratori portuali di Cagliari versa in una situazione economica gravissima tale da mettere a repentaglio posti di lavoro e l'operatività del porto commerciale;
   si assiste a un sensibile rallentamento degli investimenti e nell'adeguamento infrastrutturale nei porti gestiti dalle autorità portuali commissariate e ad una situazione di grave incertezza negli scali compresi nella nascente Adsp, ma temporaneamente gestiti da consorzi industriali e dalle capitanerie di porto –:
   quali siano i motivi della mancata nomina del presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna in quali tempi si ritenga di procedere con la proposta di nomina, d'intesa con la presidenza della regione autonoma della Sardegna. (5-10976)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa hanno riportato la notizia che il Servizio centrale operativo della polizia avrebbe realizzato un dossier sull'attività di organizzazioni non governative internazionali e italiane che nell'ultimo anno si sono affiancate alle missioni militari italiane ed europee nel pattugliamento del Mediterraneo, creando una sorta di flotta parallela impegnata nella ricerca di migranti da salvare;
   le indagini del Servizio centrale operativo hanno fatto seguito a una prima segnalazione sull'insolita crescita dell'operatività di queste navi effettuata dall'agenzia Frontex, incaricata dall'Unione europea della sorveglianza dei confini europei, che nel proprio «Rapporto 2017» ha rilevato come in pochi mesi il coinvolgimento delle navi solidali nei salvataggi sia passato dal 5 al 40 per cento e come negli ultimi mesi del 2016 gli interventi delle organizzazioni non governative abbiano addirittura superato il numero delle chiamate arrivate alla sala operativa che gestisce le forze navali militari;
   stando alla ricostruzione fatta dal Servizio centrale operativo delle rotte percorse dalle imbarcazioni solidali queste arriverebbero ad addentrarsi nelle acque libiche, intervenendo, stando agli investigatori, senza che ci sia la consueta chiamata di soccorso che metteva di solito in movimento le navi militari, con modalità estremamente tempestive e coordinate;
   da queste notizie sarebbe originato il sospetto che alcune delle navi possano avere contatti con chi organizza i viaggi, venendo a conoscenza delle partenze ancor prima che esse avvengano;
   tale sospetto è avvalorato anche dall'articolo giornalistico, che ha rivelato l'esistenza di un rapporto riservato stilato da Frontex e svelato dal Financial Times nel dicembre 2016, nel quale l'agenzia ipotizzerebbe addirittura l'esistenza di vere e proprie «collusioni» con gli scafisti e che sulle prime risultanze investigative della polizia e del Servizio centrale operativo starebbero effettuando approfondimenti sia la procura di Catania che quella di Palermo;
   le operazioni navali di salvataggio in mare dei migranti costano decine di migliaia di euro al mese e occorre accertare chi finanzi quelle messe in atto dalle navi «solidali», alcune delle quali operano per conto di organizzazioni quasi sconosciute nel campo delle organizzazioni di aiuto internazionali e delle quali beneficiano proprio quei trafficanti di uomini che la comunità internazionale intende combattere –:
   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di impedire da subito a queste organizzazioni di continuare la propria attività che, da quanto sta emergendo, configurerebbe l'ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di complicità con i mercanti di morte. (3-02920)


   RAMPELLI, MURGIA, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   in data 23 marzo 2017 sono stati sbarcati sul molo Ichnusa del porto di Cagliari 897 migranti, giunti a bordo del mercantile norvegese «Siem Pilot»;
   stando alle ricostruzioni giornalistiche, i migranti sarebbero stati soccorsi nei giorni precedenti l'arrivo a Cagliari nel Canale di Sicilia in otto diverse operazioni nel Mediterraneo meridionale, prelevandoli dalle cinque imbarcazioni e tre gommoni sui quali si trovavano e trasferendoli a bordo del mercantile;
   vi sarebbero, tuttavia, versioni discordanti in merito al tragitto effettuato dal mercantile e, soprattutto, rispetto al luogo in cui i migranti sarebbero stati trasferiti dalle barche dei trafficanti clandestini su altre navi, tra le quali almeno una appartenente all'associazione «Medici senza frontiere»;
   appena poche settimane fa un articolo giornalistico ha rivelato l'esistenza di un rapporto riservato stilato da Frontex e svelato dal Financial Times nel dicembre 2016, nel quale l'agenzia ipotizzerebbe addirittura l'esistenza di vere e proprie «collusioni» con gli scafisti e che sulle prime risultanze investigative della polizia e del Servizio centrale operativo starebbero effettuando approfondimenti sia la procura di Catania che quella di Palermo –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di impedire le eventuali attività messe in atto dalle organizzazioni che operano nelle acque internazionali e nazionali intorno alle coste italiane esulando dai propri compiti, esponendo l'Italia ad arrivi incontrollati di centinaia dei persone e mettendo a rischio l'incolumità delle medesime. (3-02921)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   PLANGGER, CERA, BINETTI, BUTTIGLIONE e DE MITA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il proliferare della criminalità in provincia di Foggia sfocia nella consumazione di reati contro il patrimonio e, soprattutto, contro la persona;
   non trascorre giorno che sulla stampa non si legga di atti criminali per reati vari (traffico di stupefacenti, rapine, furti, violenze private, estorsioni);
   dall'inizio dell'anno in alcune città della provincia di Foggia si sono registrati picchi di episodi di micro e macro criminalità, accompagnati da diversi attentati incendiari;
   solo negli ultimi giorni si sono consumate rapine e furti che hanno seminato panico tra i passanti;
   il 22 febbraio 2017 nella città di San Severo sono state realizzate tre rapine in pochi minuti ai danni una farmacia, un, supermercato e una rivendita di tabacchi;
   il 24 febbraio 2017 a Foggia è andato a fuoco, per causa in corso di accertamento, un noto ristorante giapponese e prima ancora a Monte Sant'Angelo era stata rapinata, in pieno giorno e in una zona trafficata, una gioielleria e, qualche giorno prima, erano andate incendiate numerose auto nella città di Mattinata;
   gli atti criminali riguardano anche l'area protetta del Parco del Gargano, con ripetuti e indiscriminati furti di legna che danneggiano il patrimonio ambientale;
   gli episodi richiamati, per la loro gravità e ampiezza, stanno destando forte preoccupazione tra le popolazioni delle città della provincia di Foggia;
   le forze dell'ordine registrano una carenza numerica nella dotazione organica che rende difficile anche l'espletamento dell'attività ordinaria;
   la criminalità organizzata pare essersi ripresa il controllo di zone di un territorio vasto, ampio e complesso come quello della Capitanata, dove consumare i propri traffici illeciti, nonostante i numerosi successi delle forze dell'ordine e della magistratura, la criminalità organizzata pare rafforzarsi sul territorio in forme sempre più violente;
   l'aumento dilagante della criminalità in Capitanata necessita di risposte immediate da parte del Governo –:
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per arginare gli episodi criminosi consumati nel territorio della Capitanata e se, per un maggiore contrasto alla criminalità organizzata, non ritenga utile un potenziamento organico delle forze dell'ordine, così da garantire un maggiore controllo del territorio e aumentare la percezione di sicurezza nei cittadini della provincia di Foggia. (5-10966)


   FIANO e MARANTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il giornalista Paolo Berizzi, noto per le ripetute inchieste sulle attività dei gruppi neo-nazisti in alcune zone della Lombardia, è stato vittima prima di ripetute minacce ricevute via web da gruppi di estrema destra e frange neo-naziste, e successivamente oggetto di un grave atto intimidatorio, consistente nell'aver ritrovato la propria automobile con numerose incisioni di svastiche e altri simboli richiamanti il nazismo;
   in seguito al verificarsi di tali gravi episodi, il giornalista, dopo una serie di esposti alla procura di Varese, si è recato alla questura di Bergamo per denunciare quanto accaduto e il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha disposto misure di protezione nei suoi confronti;
   del resto proprio un articolo del giornalista Paolo Berizzi aveva già messo in evidenza l'attività della più grande e organizzata comunità nazionalsocialista italiana denominata Do.ra, installata da più di 4 anni in una piccola frazione in provincia di Varese, portando alla presentazione dell'interrogazione n. 3-02730 da parte dei medesimi presentatori del presente atto, discussa alla Camera dei deputati il 25 gennaio 2017;
   proprio in quella occasione, il Ministro interrogato ebbe modo di chiarire che l'adozione di un provvedimento di scioglimento di movimenti che si ispirano al fascismo è consentita nel nostro ordinamento solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile, che abbia accertato il verificarsi in concreto della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista;
   tuttavia, pur non sussistendo i presupposti per lo scioglimento, i gravi fatti riportati impongono una riflessione sull'adeguatezza degli strumenti attualmente forniti dall'ordinamento italiano per contrastare quelle organizzazioni che si richiamino esplicitamente al disciolto partito fascista, o che esaltino i principi della discriminazione e dell'odio razziale –:
   quale sia la valutazione del Ministro interrogato sull'adeguatezza degli strumenti attualmente presenti nell'ordinamento italiano per contrastare l'attività di organizzazioni come quelle citate in premessa nonché quali ulteriori iniziative, a legislazione vigente, intenda adottare per assicurare la piena incolumità di tutti quei giornalisti che a causa della loro attività di inchiesta e denuncia sono oggetto di intimidazioni come avvenuto nel caso del giornalista Paolo Berizzi. (5-10967)


   DIENI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, TONINELLI e NUTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 113 del 2016 convertito dalla legge n. 160 del 2016 ha disposto il potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   conseguentemente, il dipartimento dei vigili del fuoco ha attivato le consuete consultazioni per la distribuzione territoriale delle 400 unità di personale nella qualifica iniziale di vigili del fuoco;
   l'interrogante ritiene urgente utilizzare le unità di personale necessarie al fine di attivare il distaccamento dei vigili del fuoco di Monasterace (Reggio Calabria);
   al di là delle valutazioni di merito che configurano questa scelta come non ulteriormente rinviabile, date le scoperture che sussistono in Calabria e specie nella provincia di Reggio, e la considerazione che le istituzioni si sono impegnate con un consistente sforzo economico per predisporre locali adeguati, si ricorda che questo impegno era stato garantito espressamente dal viceministro Filippo Bubbico;
   egli infatti, in risposta all'interrogazione in commissione 5-08430 della prima firmataria del presente atto dichiarava, riguardo a Monasterace e San Giovanni in Fiore, che «esse potranno essere riclassificate tra i distaccamenti con personale effettivamente presente solo a seguito di un ulteriore potenziamento delle dotazioni organiche del Corpo nazionale»;
   essendosi ora verificate queste condizioni si richiede che il Governo dia seguito all'impegno assunto e dimostri attenzione verso la provincia di Reggio Calabria che, specie con la prossima apertura della stagione turistica, potrebbe avere conseguenze negative dall'assenza di capillarità del servizio antincendio –:
   se, a seguito del potenziamento della dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, intenda dislocare le unità di personale necessarie al fine di attivare il distaccamento di Monasterace (Reggio Calabria). (5-10968)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'UVA e VILLAROSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 febbraio 2015 il comune di Brolo, in provincia di Messina, ha deliberato il dissesto finanziario, ai sensi dell'articolo 246 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e con decreto del 9 giugno 2015, il Presidente della Repubblica ha nominato l'Organo straordinario di liquidazione (d'ora in avanti Osl);
   ai sensi dell'articolo 252 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) «L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla: a) rilevazione della massa passiva; b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; c) liquidazione e pagamento della massa passiva»;
   la procedura azionata dall'ente locale, per espressa prescrizione dell'articolo 259 del TUEL, prevede, inoltre, che entro il termine perentorio di tre mesi dal decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell'Organo straordinario di liquidazione, il consiglio comunale presenti al Ministero dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato;
   senonché, nonostante la deliberazione del dissesto fosse stata adottata nell'anno 2015, l'Organo straordinario di liquidazione, con deliberazione n. 1 del 1o luglio 2015 ha fissato la propria competenza «a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre 2012», piuttosto che al 31 dicembre 2014, ed il consiglio comunale del comune di Brolo ha adottato, oltre, due anni dopo, un'ipotesi di bilancio riequilibrato con riferimento all'anno 2013;
   peraltro, il termine perentorio imposto dalla legge è scaduto in data 9 settembre 2015 senza alcun adempimento da parte dell'ente locale;
   tale inadempienza è stata puntualmente contestata con nota del 17 settembre 2015 dall'assessorato regionale autonomie locali, ma il Ministro dell'Interno pro tempore non ha inteso dare alcun seguito al ritardo ed ha adottato il decreto di approvazione n. 80510 del 5 maggio 2016, il cui articolo 5 ha fissato l’«obbligo di deliberare entro 30 giorni dalla notifica del decreto di approvazione, il bilancio stabilmente riequilibrato dell'esercizio 2013, (...) nonché entro 120 giorni il rendiconto 2013, il bilancio di previsione 2014 e 2015, i rendiconti 2014 e 2015 e gli altri eventuali bilanci di previsione o rendiconti.»;
   tuttavia, nonostante la notifica del suddetto decreto fosse avvenuta in data 24 maggio 2016, soltanto il 26 settembre 2016, in palese violazione dell'ennesimo termine perentorio, il consiglio comunale ha approvato esclusivamente il rendiconto 2013 con deliberazione consiliare n. 19 del 26 settembre 2016;
   del tutto disatteso risulta, invece, l'obbligo di approvare i bilanci preventivi e consuntivi degli anni 2014 e 2015;
   i mancati adempimenti in materia costituiscono, a giudizio degli interroganti, gravi violazioni di legge e, si rileva altresì che, ai sensi dell'articolo 262 del TUEL, «l'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo 261, comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma 4, o l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno, integrano l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lettera a)» ossia lo scioglimento del consiglio comunale –:
   se il Ministro interrogato intenda verificare la sussistenza dei presupposti per assumere iniziative ai fini dello scioglimento del consiglio comunale del comune di Brolo (Messina), in modo tale da porre fine a quelle che, a giudizio degli interroganti, risultano ripetute inosservanze delle norme concernenti la gestione del dissesto finanziario sino ad ora perpetrate e per ripristinare una corretta gestione amministrativa e contabile dell'ente locale.
   (5-10972)

Interrogazione a risposta scritta:


   SAMMARCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra venerdì 24 e sabato 25 marzo 2017, nel centro di Alatri, il ventenne Emanuele Morganti, è stato massacrato davanti al locale «Miro music club»;
   quello che si configura come un vero e proprio barbaro, disumano linciaggio è stato eseguito da un nutrito gruppo di persone;
   mentre confusa appare essere al momento la ricostruzione dell'accaduto, risulta evidente, dalle testimonianze, come il giovane ucciso e la sua fidanzata siano stati pesantemente molestati da un avventore che, sempre secondo le prime testimonianze, risultava in evidente stato di alterazione determinata da alcolici o da altre sostanze;
   notizie di stampa riportano come il comportamento del personale addetto alla sicurezza sia risultato, nella circostanza, professionalmente, per lo meno discutibile;
   qualunque siano state le cause del diverbio iniziale, le stesse risultano decisamente futili e di assoluta irrilevanza rispetto al massacro che è stato perpetrato su un giovane che la comunità nella quale vive ha sempre amato e stimato per le sue caratteristiche umane e sociali;
   la violenza e la brutalità dell'aggressione non hanno scosso e colpito solo il piccolo centro ciociaro, ma l'Italia intera;
   il terribile avvenimento ha richiamato l'attenzione del Presidente della Repubblica, ha indotto il sindaco di Alatri a proclamare il lutto cittadino e la popolazione a indire una manifestazione di solidarietà nei confronti dei familiari del giovane, ma anche di condanna per gli autori del linciaggio e di protesta per quanto concerne la sicurezza della zona;
   la di là di ogni valutazione sull'episodio specifico e su altri simili avvenimenti, ci si ritrova ancora una volta a chiedersi in quale contesto di sicurezza, di legalità, e con quali requisiti di capacità e serietà professionali, vengano gestite e si svolgano le attività di intrattenimento (come quella in questione) nelle quali ragazzi e ragazze cercano semplicemente momenti di socializzazione e di svago;
   questo drammatico avvenimento (sul quale le forze dell'ordine e la magistratura stanno facendo luce ed interverranno certamente nella maniera più, adeguata e determinata) mette ancora una volta in risalto come sia ormai indifferibile intervenire con controlli approfonditi e costanti sui luoghi e sulle attività relative all'intrattenimento per giovani per assicurare il massimo della professionalità, della sicurezza e della legalità nell'ambito della loro gestione –:
   quali iniziative e quali mezzi il Governo intenda adottare ed utilizzare con la massima urgenza e con gli strumenti più adeguati, al fine di rendere sicuri e godibili i luoghi nei quali tanti giovani cercano semplicemente di socializzare e fruire di un sano svago. (4-16073)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2017 con nota n. 12045, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha informato le istituzioni scolastiche circa una modifica al comma 3 dell'articolo 4 del decreto n. 507 dell'11 dicembre 1997, recante le norme per l'istituzione del biglietto d'ingresso ai musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha – infatti – introdotto con decreto n. 111 del 14 aprile 2016 l'ingresso gratuito consentito «... al personale docente della scuola, di ruolo o con contratto a termine, dietro esibizione di idonea attestazione rilasciata dalle Istituzioni scolastiche, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sul modello predisposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
   come indicato nella suddetta circolare, al fine di accedere al beneficio, i dirigenti scolastici sono temi a compilare e rilasciare il modello di attestazione al personale in servizio presso le rispettive istituzioni scolastiche;
   al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali è stata, inoltre, istituita con la legge 13 luglio 2015, n. 107, all'articolo 1 comma 121, la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo, dell'importo di 500 euro annui;
   l'esclusione del dirigente scolastico dai beneficiari di tali norme costituisca elemento di discriminazione della sua professione;
   considerato il ruolo e le responsabilità dei dirigenti scolastici – che quotidianamente lavorano al miglioramento ed alla qualificazione del servizio – sarebbe opportuno intervenire prevedendo misure che possano, come per i docenti, sostenere, valorizzare e gratificare la loro professionalità –:
   anche in considerazione del ruolo potenziato e delle conseguenti maggiori responsabilità dei dirigenti scolastici, in forza della legge 13 luglio 2015, n. 107 – se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per prevedere l'estensione delle misure di valorizzazione delle competenze professionali previste per i docenti anche ai dirigenti scolastici quale supporto della loro funzione strategica.
   (5-10973)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   sono caratteristiche proprie del sistema trentino il finanziamento pubblico integrale degli enti di formazione privati, la messa a disposizione di immobili, attrezzature e dotazioni che, nella maggior parte dei casi, appartengono alla provincia autonoma di Trento, così come il fatto che la formazione professionale assegnata a scuole paritarie con affidamento diretto risulta sostitutiva di quella che altrove è garantita dall'amministrazione pubblica nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione utilizzando risorse interne;
   la legge della provincia autonoma di Trento 7 agosto 2006, n. 5 «Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino», all'articolo 36, comma 1, prevede che, in attuazione del piano provinciale per il sistema educativo, la provincia può affidare direttamente l'attuazione dei servizi di formazione professionale rientranti nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a fondazioni, associazioni o altri enti senza scopo di lucro;
   l'affidamento dei percorsi di formazione professionale è disciplinato dal decreto del presidente della provincia 1o ottobre 2008, n. 42-149/LEG «Regolamento di attuazione concernente il riconoscimento della parità scolastica e formativa e relativi interventi, etc.»; con deliberazione della giunta provinciale n. 808 del 18 maggio 2015 sono stati individuati i poli specialistici di filiera ai quali saranno agganciati i corsi annuali per l'esame di Stato (CAPES) e percorsi di alta formazione professionale;
   con delibera 1462 del 31 agosto 2015 «Approvazione dello schema tipo di contratto di servizio e del “Documento dei criteri e delle modalità di finanziamento delle attività di formazione professionale ad esclusivo finanziamento provinciale” per l'affidamento dei servizi di istruzione e formazione professionale etc.» sono state ridefinite le previsioni del contratto di servizio consolidando lo strumento negoziale tra le parti per le procedure per l'affidamento diretto dei servizi di formazione professionale trentina, prorogando il termine finale del contratto di servizio senza gara, nonché riconoscendo agli istituti professionali paritari 43,8 milioni di euro per l'anno formativo 2015-’16, 44,5 milioni di euro per il 2016-’17 e 44,7 milioni di euro per il 2017-’18. Col medesimo provvedimento è stato altresì demandato al dirigente del Servizio Istruzione e formazione del secondo grado, università e ricerca, l'adozione del provvedimento relativo all'affidamento diretto per l'attuazione dei servizi di formazione professionale senza previo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica;
   il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza n. 5086 del 14 ottobre 2014, ha statuito in ordine alla qualificazione giuridica dell'attività di formazione professionale, qualificandola come pubblico servizio. Tale inquadramento era già stato confermato dalla Suprema Corte con la sentenza Sez. Un., n. 25118/2008 secondo cui «l'attività di formazione costituisce un pubblico servizio, il cui affidamento ad un soggetto privato dà vita ad un rapporto di tipo concessorio indipendentemente dalla veste formale e dalla terminologia in concreto utilizzate»;
   considerata tale qualificazione, l'affidamento in oggetto sembrerebbe a giudizio dell'interrogante di dubbia legittimità rispetto ai principi generali degli ordinamenti nazionale e comunitario di concorrenza, trasparenza e pubblicità che disciplinano l'assegnazione diretta ad imprese di appalti o di servizi pubblici. Nel caso di specie, l'unica alternativa possibile all'autoproduzione di servizi tramite strutture formalmente e sostanzialmente interne all'organizzazione dell'ente ovvero per mezzo dell'affidamento diretto ad un soggetto formalmente esterno ma sostanzialmente riconducibile all'organizzazione interna dell'ente dovrebbe essere una procedura ad evidenza pubblica –:
   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza, anche ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, circa l'affidamento dei servizi di cui in premessa, anche alla luce del diritto comunitario in materia.
(4-16061)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per gli affari regionali, per sapere – premesso che:
   tra le misure del pacchetto famiglia a sostegno della natalità contenute nella legge di bilancio 2017 è prevista, all'articolo 1, commi 356 e 357, la proroga per il 2017 e 2018 della facoltà riconosciuta alla madre lavoratrice, anche autonoma, di richiedere un contributo di 600 euro mensili per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (cosiddetti voucher baby-sitting o asili nido), da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo di maternità, per un massimo di sei mesi, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale;
   tale misura, introdotta dall'articolo 4, comma 24, lettera b) della cosiddetta «legge Fornero» la legge n. 92 del 2012 come sperimentazione per il triennio 2013-2015, è stata poi prorogata di un anno dalla legge di stabilità 2016 e per ulteriori due da quella per il 2011 fino a tutto il 2018;
   il contributo di 600 euro mensili è erogato dall'Inps, su presentazione della domanda, alle neomamme che decidono di tornare prima al lavoro rinunciando in parte o del tutto al congedo parentale;
   nel caso di fruizione della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, il contributo è versato dall'Inps direttamente alla struttura prescelta, fino a concorrenza del predetto importo massimo di 600 euro mensili (dietro esibizione da parte della struttura della richiesta di pagamento corredata della documentazione attestante l'effettiva fruizione del servizio). Nel caso in cui si scelga il servizio di baby-sitting il beneficio viene erogato attraverso il sistema dei buoni lavoro da ritirare in versione telematica sulla piattaforma dell'Inps, che poi si occupa anche di girarli al collaboratore;
   con l'entrata in vigore del decreto-legge che abolisce i voucher lavoro, i buoni baby sitter non potranno più essere emessi dall'Inps, mentre quelli già ricevuti dalle neomamme dovranno essere utilizzati fino ad esaurimento entro il 31 dicembre prossimo, salvo deroghe;
   tuttavia, secondo indicazioni fornite dall'Inps si potrebbero verificare tre situazioni: 1) chi ha già fatto domanda ed ha già ricevuto i voucher deve utilizzarli entro la fine del 2017, salvo la possibilità di restituire, sempre entro il 31 dicembre, quelli che si prevede di non utilizzare; 2) per chi ha presentato domanda entro il 17 marzo e la stessa sia stata accettata entro o dopo tale data, è possibile appropriarsi dei voucher anche se sono stati aboliti, purché si utilizzino entro il 31 dicembre, in alternativa si può rinunciare o passare al contributo per l'asilo nido; 3) chi ha presentato la domanda dopo il 17 marzo può scegliere solo se utilizzare il contributo per l'asilo nido o cancellare la domanda non elaborata dall'Inps;
   l'istituto sottolinea comunque che i buoni ritirati e non usati entro il 2017 saranno considerati utilizzati e non potranno essere restituiti successivamente –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative volte a prevedere una deroga all'erogazione del bonus baby sitter, oppure una diversa modalità di erogazione di questo importante contributo, previsto dalla legge di stabilità fino a tutto il 2018, che consente alle neomamme di poter anticipare il rientro al lavoro rinunciando in parte o del tutto al congedo parentale.
(2-01732) «Mucci, Monchiero, Galgano».

Interrogazione a risposta immediata:


   MURER, FOSSATI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LAFORGIA, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 23 febbraio 2017, in Conferenza Stato-regioni, è stata sancita l'intesa tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano sul documento concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario 2017, pari a complessivi 2 miliardi e 691 milioni di euro;
   sulla scorta di tale intesa, parte di tale contributo, pari a 485 milioni di euro, andrà a gravare sui fondi trasferiti dallo Stato alle regioni e nel novero dei fondi interessati figurano anche il fondo per le non autosufficienze e il fondo nazionale per le politiche sociali;
   il fondo per le politiche sociali viene ridotto di ben 211 milioni di euro, passando infatti da 311 a poco più di 99 milioni di euro, mentre il fondo per le non autosufficienze viene ridotto di 50 milioni di euro, tornando a quota 450 milioni di euro e, quindi, niente più e niente di meno di quanto già stabilito dalla legge di bilancio per il 2017, quando appena 24 ore prima, ovvero il 22 febbraio 2017, nell'Aula della Camera dei deputati veniva approvato il «decreto Mezzogiorno» che stabiliva un incremento dello stesso fondo per le non autosufficienze di 50 milioni euro, come peraltro richiesto a gran voce durante la discussione della manovra finanziaria 2017 dalle associazioni dei malati di sclerosi laterale amiotrofica;
   il 4 aprile 2017 è stata indetta una manifestazione di protesta in Piazza Montecitorio, a Roma, contro il taglio di 50 milioni di euro del fondo per le non autosufficienze cui parteciperanno cittadini e diversi rappresentanti di associazioni, quali «Famiglie sma», che rappresenta, in particolare, neonati e bambini colpiti da una grave malattia neuromuscolare degenerativa, considerata la prima malattia genetica per la mortalità infantile, l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), Viva la vita onlus, ConSlancio onlus e l'Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm), da oltre cinquant'anni impegnata a sostenere l'inclusione sociale dei disabili –:
   quali iniziative normative urgenti il Governo intenda assumere per ripianare il taglio di 50 milioni di euro del fondo per le non autosufficienze e di 211 milioni di euro del fondo per le politiche sociali e quali intendimenti programmatici si intendano assumere nel documento di economia e finanza 2018 in riferimento agli investimenti pubblici per garantire il pieno riconoscimento dei diritti sociali.
(3-02918)

Interrogazione a risposta scritta:


   SBERNA e PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 6 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, dispone che per i minori affetti da patologie gravi e permanenti, al compimento della maggiore età, la concessione del beneficio prosegua immutata per l'indennità di accompagnamento e anche per l'invalidità se resta immutato il livello reddituale del soggetto interessato, senza «ulteriori accertamenti sanitari»;
   erroneamente consigliata da un patronato la famiglia di un disabile, il signor Di Lillo Elio Riccardo, portatore di handicap ex articolo 3 legge 104, riconosciuto «invalido totale e permanente con inabilità lavorativa 100 per cento e con necessità di assistenza continua, (legge 18/80 e 508/88)» e come tale beneficiario anche di indennità di accompagnamento, con attestazione di permanenza della grave patologia, ha inoltrato – in vista del compimento della maggiore età del ragazzo – una nuova domanda di invalidità alla sede Inps di Caserta;
   l'Inps, disattendendo completamente quanto disposto dal citato comma 6 dell'articolo 25, ha fissato una nuova visita medica;
   in tale sede, la Commissione medica ha richiesto l'integrazione della documentazione sanitaria, dalla quale si evinceva la ulteriore, ancorché superflua e mortificante, conferma della gravità del quadro clinico;
   con una decisione sconcertante la Commissione medica ha riconosciuto lo stato di «invalidità totale e permanente», negando la necessità di assistenza, il cosiddetto «accompagnamento» e ha fissato una visita di revisione per il 2020;
   onde evitare l'azione giudiziaria i genitori hanno inoltrato, in via di autotutela, domanda di revisione del provvedimento;
   in seguito al diniego ricevuto in merito alla sopra esposta richiesta, è stato inoltrato un esposto alla direzione generale dell'Inps – settore disciplinare –, alla procura della Repubblica presso il tribunale di S. Maria Capua Vetere, alla procura regionale della Corte dei conti e all'Autorità anticorruzione, non solo al fine di denunciare la mancata applicazione del citato comma 6 dell'articolo 25 ma anche per segnalare il generale malfunzionamento dell'Inps di Caserta;
   in alcuni territori la questione dei falsi invalidi rappresenta una vera e propria piaga sociale, in parte attenuata dalle numerose inchieste giudiziarie e da controlli più serrati;
   nel caso di specie tuttavia sembra verificarsi un meccanismo perverso: parrebbe sussistere, anche sulla base delle segnalazioni di cittadini coinvolti in situazioni simili a quella esposta, un complessivo sistema volto ad eludere le semplificazioni legislative, così da produrre la moltiplicazione di domande di invalidità mediante i patronati e enti analoghi, l'aumento dei casi di visite mediche presso le commissioni INPS, l'aumento esponenziale dei casi di contenzioso giudiziario che si rendono necessari per il rigetto delle domande anche in costanza di evidenti gravi patologie permanenti;
   sembrerebbe sussistere, altresì, un problema di sproporzione dei contenziosi per i più disparati casi di domande di invalidità e indennità di accompagnamento, ingiustificatamente rigettate, presso taluni Istituti, rispetto ad altri più virtuosi –:
   se il Ministro interrogato sia in possesso di dati relativi ai costi delle diverse sedi Inps sul territorio, per tracciarne la «virtuosità» o meno nella gestione delle pratiche di invalidità, in particolare con riferimento ai costi di contenziosi giudiziari evitabili per la sussistenza dei requisiti di invalidità previsti dalla legge;
   quali iniziative intenda promuovere il Ministro interrogato, al fine di verificare, anche tramite gli uffici territorialmente competenti, situazione indicata in premessa relativa al mancato rispetto di quanto previsto dal citato comma 6 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, ripristinando in tal modo l'originaria ratio del citato decreto-legge n. 90 del 2014 ovvero il contrasto all'eccesso di burocrazia che, oltre a generare un indubbio danno erariale, ha come conseguenza drammatica la negazione dei diritti, in particolare di quelli dei cittadini più deboli e fragili. (4-16064)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI, PARENTELA e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il bergamotto è una delle specificità della Calabria ed è, oltre ad essere legato in modo inscindibile alla cultura e alle tradizioni della regione, una risorsa di crescita per l'agricoltura locale;
   una delle più prestigiose sedi in cui dal 1978 lo Stato investe sullo studio del bergamotto, oltre che di altre varietà di agrumi e piante tropicali, è la sezione operativa periferica, con annessa l'azienda sperimentale «San Gregorio» presso Reggio Calabria, dell'Istituto sperimentale per l'agrumicoltura di Acireale, ora centro di ricerca per l'agrumicoltura e la coltura mediterranea (Crea-Acm);
   la stessa sezione operativa periferica a seguito di ciò che viene previsto dal Piano di riorganizzazione e razionalizzazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, viene declassata ad azienda sperimentale, sottoposta al Centro di ricerca per l'agrumicoltura e le colture mediterranee (CRA-ACM) di Acireale (Catania), il quale assorbe le competenze delle ex sezioni operative dell'ISA comprese quelle di Reggio Calabria;
   la soppressione della sezione operativa periferica di Reggio Calabria ha determinato la cessazione dell'attività amministrativa, con conseguente riallocazione delle risorse umane ivi presenti: con ordine di servizio n. 2108 del 14 ottobre 2008, il personale amministrativo è stato trasferito ad Acireale, mentre il restante personale tecnico, pari a 5 unità, è stato assegnato alla neonata azienda sperimentale «San Gregorio» (Reggio Calabria);
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190, all'articolo 1, comma 381, prevede che «l'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) è incorporato nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), che assume la denominazione di Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria», richiedendo inoltre la «riduzione delle attuali articolazioni territoriali pari ad almeno il 50 per cento, nonché la riduzione delle spese correnti pari ad almeno il 10 per cento, rispetto ai livelli attuali»;
   per ciò che attiene alle spese della struttura, al di là del costo per il personale che resterebbe in ogni caso a carico del Crea, esse ammonterebbero ad una media di 20 mila euro annui, ripianate, per oltre la metà, dalla vendita sia dei frutti in esubero di cedro e bergamotto, sia del materiale certificato di propagazione destinato ai vivaisti;
   va rilevato inoltre che, come sopra esposto, l'azienda sperimentale di San Gregorio, pur rappresentando un'articolazione territoriale del Centro di ricerca per l'agrumicoltura di Acireale, non essendo più una sezione operativa periferica (SOP) non dovrebbe risultare nel computo delle 87 strutture conteggiate nell'ultimo piano di riorganizzazione, dove invece risulterebbe agli interroganti ancora indicata erroneamente come SOP –:
   se l'azienda «San Gregorio» risulti tra le strutture del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria per cui si preveda la chiusura e se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di propria competenza per escludere l'azienda sperimentale «San Gregorio» di Reggio Calabria da tale computo, in considerazione dell'enorme importanza economica per il territorio e dell'esiguo costo della stessa. (4-16071)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dall'articolo di la Repubblica.it (del 31 gennaio 2017) l'interrogante ha appreso la notizia di presunte irregolarità presso l'ospedale Fatebenefratelli di Roma, sul quale risulterebbe anche un'inchiesta aperta dalla procura di Roma e affidata ai Nuclei antisofisticazioni e sanità (Nas) dei carabinieri;
   tali asserite irregolarità riguarderebbero la figura dell'ex primario dell'unità di Urologia, dottor Alessandro Amici (in servizio fino al 16 ottobre scorso). Nel 2004, l'ospedale assume il dottor Amici con un contratto a tempo pieno. Nel 2012, lo stesso va in pensione, e solamente due settimane dopo viene riassunto con contratto part-time per svolgere il ruolo di primario del reparto urologia; inoltre, da visure camerali emergerebbe che l'ex primario risulti azionista di maggioranza della clinica privata Valle Giulia, e di cui è stato nel 2013 consigliere delegato;
   la clinica è convenzionata con il Fatebenefratelli per lo svolgimento dell'attività intramoenia dei medici dipendenti;
   dal medesimo articolo si apprende, altresì, che dagli elenchi della clinica apparirebbe che, oltre all'ex-primario del Fatebenefratelli, un gruppo costituito da almeno tre altri medici dell'ospedale lavora al suo interno. Queste anomalie sono seguite da altre riguardanti le liste d'attesa. Dalla lettura dei referti interni si evincerebbe, infatti che, in diversi casi, pazienti della menzionata clinica siano stati ricoverati saltando le liste e passando davanti a pazienti con patologie ben più gravi. Lo stesso si verificherebbe nel reparto solventi, l'area privata interna all'ospedale, ove, in diversi casi i solventi – chi paga privatamente – abbiano saltato le liste d'attesa degli interventi a discapito di coloro che ne hanno più bisogno e non hanno le disponibilità economiche. L'altra grave stranezza riguarda le équipe mediche impegnate negli interventi. Da alcune testimonianze e dalla documentazione ospedaliera, affiorerebbero delle difformità tra l’équipe indicata nel registro operatorio (chi realmente ha partecipato all'intervento) e quella riportata in check list (la lista comunicata ai pazienti). Da ciò si desume che conseguentemente sulle liste dovevano apparire come primo operatore alcuni medici intramoenia, obbligando così l'ospedale a pagare le tariffe previste dal sistema sanitario;
   il tribunale di Roma con decreto del 14 aprile 2016 ha omologato la proposta di concordato preventivo dell'ospedale anche con riferimento al recupero dei crediti vantati nei confronti della regione Lazio;
   il Fatebenefratelli opera in regime di accreditamento ai sensi dell'articolo 8-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992. Siffatto regime è regolato da un accordo sottoscritto secondo i criteri del decreto del Commissario ad acta n. U00183/2013 e successive modificazioni e integrazioni della regione Lazio, per cui le strutture sanitarie private che erogano prestazioni sanitarie con onere a carico del SSR devono possedere, oltre ai requisiti tecnologici, strutturali ed organizzativi, anche requisiti minimi di affidabilità e onorabilità in ordine ad una corretta gestione nel rapporto con la pubblica amministrazione. Inoltre, le prestazioni richieste sono esclusivamente quelle consentite dalla configurazione di accreditamento; e quelle a carico del SSR devono essere rese nel rispetto dei criteri di congruità e appropriatezza, tenendo conto del governo delle liste d'attesa in ambito ospedaliero e specialistico. Tali prestazioni sanitarie dovranno essere erogate, altresì, da personale idoneo munito dei precipui titoli professionali che non versi in situazioni di incompatibilità e di conflitto di interessi vietato dalla normativa vigente;
   l'attuale normativa prevede la remunerazione da parte dell'ospedale del medico dipendente del SSN che esercita attività intramoenia e non extramoenia, e gli accordi regionali succitati non fanno alcun riferimento a prestazioni sanitarie o correlate tariffe erogabili dalle strutture sanitarie accreditate anche in regime di «intramoenia»;
   pertanto, i gravi fatti esposti laddove venissero accertati comporterebbero non solo conseguenze rilevanti in sede penale per i soggetti coinvolti, ma anche un grave danno per il diritto alla salute dei cittadini, oltre che per gli interessi finanziari pubblici –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, e in particolare, se non ritenga prendere gli opportuni provvedimenti anche per il tramite del Commissario ad acta, nonché se ritenga ammissibile il regime di intramoenia anche per medici dipendenti delle strutture sanitarie accreditate, come disciplinato dalla normativa vigente. (5-10963)


   PAOLA BOLDRINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come già evidenziato negli atti di sindacato ispettivo n. 5-04761 a prima firma onorevole Lenzi e n. 5-07313 a prima firma onorevole Paola Boldrini la fibromialgia o sindrome fibromialgica è una malattia complessa, debilitante e invalidante, caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso ed astenia, associato a rigidità, che rendono difficoltosi movimenti ordinari, e ad una vasta gamma di disturbi funzionali che compromettono e riducono la qualità di vita di chi ne è affetto e colpisce approssimativamente 1,5-2 milioni di italiani, circa il 2-4 per cento con punte segnalate fino al 10 per cento della popolazione e prevalentemente le persone di sesso femminile in età adulta;
   i sintomi della fibromialgia sono riscontrabili in altre malattie (reumatologiche, neurologiche ed altro) ed è spesso necessario, nella fase di studio e diagnosi, eseguire accertamenti clinici e di laboratorio e strumentali per escludere altre patologie e non vi è alcun esame di laboratorio o radiologico che possa diagnosticare la fibromialgia;
   negli ultimi anni, la fibromialgia è stata meglio definita e caratterizzata attraverso studi che hanno stabilito anche le linee guida per la diagnosi e la terapia;
   già in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-04761 in cui si chiedeva il perché questa malattia non fosse stata ancora riconosciuta né come malattia invalidante né inserita nei livelli essenziali di assistenza, il Governo rispondeva che gli assistiti potevano già usufruire di tutte le prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza, erogabili attraverso le strutture del Servizio sanitario nazionale e che, allo stato attuale, esisteva una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme di fibromialgia da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti, nel rispetto dei criteri previsti dalla vigente normativa;
   nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07313 il Governo affermava che aveva presentato già nel 2011 al Consiglio superiore di sanità una richiesta di parere sulla fibromialgia e che tale richiesta era poi stata reiterata e che il Consiglio superiore di sanità aveva reso un parere nel settembre del 2015, ove la sezione I del Consiglio aveva proposto che lo studio della definizione dei cut-off potesse essere svolto dal gruppo di lavoro sulla «fibromialgia» della stessa sezione I, integrato con ulteriori esperti delle principali e maggiormente rappresentative associazioni dei pazienti, ed aveva auspicato l'attribuzione del codice identificativo di malattia, perché questo avrebbe consentito un'incisiva riduzione di consulenze, esami e prestazioni inappropriate da parte di altre figure professionali, nonché prospettato il riconoscimento di un'esenzione minima di almeno 24 mesi;
   inoltre, sempre nella risposta, il Governo affermava che poiché il citato parere considerava la fibromialgia come cronica, invalidante solo in alcuni casi, non necessariamente permanente, e che era necessario attendere che fossero definiti i cut-off attraverso studi idonei, il Ministero della salute riteneva che non vi erano, al momento, le condizioni per l'inserimento della fibromialgia nell'elenco delle malattie croniche allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999 –:
   alla luce dei fatti sopra esposti ed in particolare della risposta all'atto di sindacato ispettivo 5-07313, quale sia allo stato attuale la definizione dei cut-off e se il Ministro interrogato non ritenga doveroso adottare iniziative affinché tale definizione avvenga il prima possibile per poter poi inserire tale malattia nell'elenco delle malattie croniche allegato al decreto ministeriale n. 329 del 1999, nonché nel caso in cui questa venga riconosciuta, attraverso la nuova Commissione aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), anche all'interno dei nuovi Lea. (5-10965)


   BUSINAROLO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 2013 in Veneto si discute su un grave problema di inquinamento ambientale e delle falde acquifere, legato alla presenza nelle stesse di Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) e loro derivati, riconducibile, con molta probabilità, all'attività svolta dalla ditta «Miteni» di Trissino (Vicenza), che produceva composti perfluorurati a catena lunga (Pfoa e Pfos) fino al 2011, cambiando poi la produzione in composti perfluorurati a catena corta (Pfba Pfbs e altro) e che, secondo notizie di stampa, riverserebbe nelle falde acquifere, contaminandole (come risulta anche dai dati diffusi nella relazione della giunta regionale del Veneto del 17 novembre 2016, in tema di Pfas prodotte dalla Miteni Spa);
   si apprende da fonti di stampa (da « Il mattino di Padova» del 9 febbraio 2017 e « Corriere del Veneto» del 22 febbraio 2017) che il direttore generale del comparto sanità, Domenico Mantoan, avrebbe dichiarato: «... sapevo che i miei valori (con riferimento ai Pfas, n.d.r.) sarebbero risultati anomali ma non mi aspettavo questa concentrazione (...). I Pfas vengono eliminati naturalmente dall'organismo nel giro di 4-5 anni ora stiamo vagliando la possibilità di accelerarne l'espulsione attraverso la plasmaferesi, ripulitura del plasma dai corpuscoli estranei. Mi offrirò come cavia per l'esperimento», sottoponendosi poi ad alcune procedure di «plasmaferesi»;
   non risulta agli interroganti alcuno studio scientifico che definisca la «plasmaferesi» come terapia utile/efficace/necessaria per contrastare i livelli ematici di queste sostanze nella popolazione esposta, né di un'eventuale approvazione da parte di un Comitato Etico creato ad hoc;
   sulla questione del cosiddetto «tubone Arica», legata all'inquinamento del fiume Fratta-Gorzone dovuto ai Pfas e ad altre sostanze contenute nei reflui dei depuratori del Vicentino trasportati fino a Cologna Veneta (Verona), sono intervenuti, con una lettera di protesta indirizzata agli organi competenti, cinque sindaci delle zone interessate;
   in seguito ad un decreto della regione Veneto, sono stati alzati i limiti allo scarico industriale relativi ai Pfas, rendendoli superiori a quelli previsti per l'acqua potabile, come richiesto dall'Istituto superiore di sanità (ISS) e tale innalzamento è stato giustificato dall'adeguamento della regione ad una sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche;
   risulta agli interroganti che l'Iss abbia adottato parametri massimi per i livelli di Pfas e Pfoa e derivati più elevati rispetto alla Germania e agli Stati Uniti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti succitati e se l'Iss abbia realmente adottato parametri massimi per i livelli di Pfas e Pfoa e derivati più elevati rispetto alla Germania e agli Stati Uniti e, in caso affermativo, per quale motivo e sulla base di quali evidenze scientifiche;
   se il Governo sia a conoscenza di uno studio scientifico sulla base del quale è stato possibile l'uso della «plasmaferesi» in Veneto; di quali elementi disponga, per quanto di competenza, le eventuali modalità di approvazione e i costi per il suo utilizzo;
   quali siano le motivazioni per cui, se l'emergenza sanitaria ed ambientale nell'area era nota già dal 2013, solo nel 2016 siano state adottate alcune misure a salvaguardia degli esposti e siano stati organizzati monitoraggi ematici sulla popolazione in Veneto da parte dell'Istituto superiore di sanità;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato in merito alla vicenda, anche alla luce della relazione datata 17 novembre 2016 (Prot. 450099) della regione Veneto di cui in premessa, nelle cui conclusioni, testualmente, si chiede «ai soggetti istituzionalmente competenti la tempestiva adozione di tutti i provvedimenti urgenti a tutela della salute della popolazione volti alla rimozione della fonte della contaminazione, ivi comprese le opportune variazioni degli strumenti pianificatori di competenza». (5-10970)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


   CAPELLI. – Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. – Per sapere – premesso che:
   la decisione della Nato di ridurre la consistenza delle singole forze sta avendo gravi conseguenze per quel che riguarda il personale impiegato in varie basi militari situate in territorio italiano;
   in particolare, critiche sono le situazioni di Camp Darby, nel territorio comunale di Pisa, dove sono a rischio 20 posti di lavoro, e dell'aeroporto di Decimomannu, dove 60 persone rischiano di rimanere senza occupazione;
   per quel che riguarda Camp Darby, già nel 2012 la base ha subito un primo ridimensionamento che ha causato il licenziamento di personale civile, poi riassorbito in altre amministrazioni dello Stato;
   la successiva decisione del Governo statunitense di procedere alla parziale chiusura del maxi arsenale alle spalle di Tirrenia mette di nuovo in discussione il lavoro di molti dipendenti;
   lo stesso discorso vale per l'aeroporto di Decimomannu dal quale l'Aeronautica tedesca ha annunciato il suo ritiro, dopo 57 anni;
   appare necessario intervenire per salvare i posti di lavoro messi a forte rischio dai ridimensionamenti sopra ricordati;
   si ricorda al proposito che la legge n. 98 del 1971 prevede l'assunzione a tempo indeterminato, con inquadramento anche in soprannumero se necessario, nei ruoli organici del personale delle amministrazioni dello Stato, nei confronti dei cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Nato, o di singoli Stati esteri che ne fanno parte, e che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso di prescritti requisiti;
   successivamente la legge n. 244 del 2007 ha esteso quanto sopra ricordato anche al personale civile che avesse prestato servizio continuativo, per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Nato o di singoli Stati esteri che ne fanno parte;
   inoltre, la stessa legge n. 244 del 2007 ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze uno specifico fondo a decorrere dal 2008, rifinanziato l'ultima volta nel 2013,e che potrebbe essere un utile strumento per affrontare le situazioni sopra ricordate;
   risulta all'interrogante che le prescrizioni citate siano state attuate sia dal Ministro interrogato (decreto 23 luglio 2015), sia in precedenza dall'Agenzia delle dogane (decreto 12 novembre 2011), che hanno consentito l'assunzione di personale vittima delle circostanze sopra ricordate –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare la questione sopra esposta, evitando, così, l'inaccettabile perdita di posti di lavoro. (3-02912)

SPORT

Interrogazioni a risposta immediata:


   GUIDESI, FEDRIGA, GIANLUCA PINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro per lo sport. – Per sapere – premesso che:
   la recente tornata elettorale nelle federazioni sportive ha visto l'elezione di 15 nuovi presidenti su 44, anche se un vero rinnovamento sembra avvenuto solo in sette casi, considerata l'opacità che circonda alcune rielezioni, in primis quelle dei due vicepresidenti del Coni, Luciano Buonfiglio alla guida di Federcanoa e Giorgio Scarso presidente di Federscherma, cui si aggiungono quelle di Ernfried Obrist, leader dell'Unione tiro a segno, e di Giuseppe Leoni presidente dell'Aeroclub, attualmente sospeso per 18 mesi;
   clamorosa la riconferma di Buonfiglio, avvenuta con schede prive di alcun timbro e/o vidimazione, come previsto dai regolamenti federali, ora oggetto di ricorso presso il collegio di garanzia del Coni;
   scarso addirittura risulterebbe incandidabile, poiché, con una semplice correzione di «refusi non sostanziali» all'articolo 64 dello statuto della FederScherma, ha superato l'ostacolo del limite di due mandati, senza convocare un'assemblea straordinaria e senza approvazione da parte di nessun organo;
   identico problema anche per la rielezione di Obrist, presidente dell'Unione tiro a segno dal 2008, il quale, ignorando il comma 1 dell'articolo 39 del suo statuto, che dispone la durata in carica per un quadriennio olimpico e la riconferma per un solo ulteriore mandato, si è fatto rieleggere per un terzo mandato non previsto dalla Carta federale;
   più che di rinnovi delle cariche delle federazioni sportive, sembra essersi trattato, negli ultimi tre mesi, a parere degli interroganti di un vero e proprio «assalto alla diligenza» dello sport, con l'intento – come riportato a mezzo stampa – del presidente uscente Malagò di una legge che ridefinisca il numero dei mandati dei presidenti federali e dello stesso numero uno del Coni, così da arrivare a cinque mandati e 20 anni di presidenza Coni;
   il Coni, si ricorda, è ancora oggi interamente finanziato dal Ministero dell'economia e delle finanze per un importo di poco superiore a 410 milioni di euro e la palese opacità nella gestione dei rinnovi dei vertici delle federazioni denota a giudizio degli interroganti la mancata vigilanza del Coni sulle federazioni sportive e del Ministro interrogato sul Coni, evidenziando il conflitto di interesse del vigilante sui vigilati, atteso che i presidenti federali vigilati sono elettori del presidente vigilante –:

   se ed in che termini intenda adottare iniziative di competenza per garantire che lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Coni, previste per l'11 maggio 2017, avvenga in un clima di regolarità e trasparenza, al momento non assicurato, a parere degli interroganti, dalla partecipazione di presidenti delle federazioni incandidabili o ineleggibili. (3-02910)


   GALATI. – Al Ministro per lo sport. – Per sapere – premesso che:
   ha suscitato clamore, nei giorni scorsi, la polemica riportata sui principali media nazionali che ha coinvolto due istituzioni primarie, la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, da una parte e Federcalcio dall'altra, rispetto al fenomeno dell'esistenza di rischi o tentativi di condizionamento ed infiltrazioni criminali nel mondo del calcio, emersi a seguito di recenti inchieste che hanno lambito un importante club sportivo italiano;
   nel merito, sono rilevanti le dichiarazioni della presidente della Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, onorevole Rosy Bindi, che ha evidenziato come la penetrazione delle mafie nel mondo del calcio, e nello sport italiano in generale, sia un fenomeno «preoccupante», dunque reale e diffuso, sul quale la Commissione indaga, nell'esercizio delle proprie funzioni già da tempo, a tutti i livelli, dai club minori sino ai casi più eclatanti;
   la recente inchiesta accende ancora una volta, dunque, i riflettori della politica e della società civile su questi temi ed induce a riflettere con attenzione sulle ingerenze della criminalità organizzata nel mondo del calcio e dello sport in generale, mettendo a punto strumenti di contrasto rispetto alle possibili contaminazioni ed interferenze tra sport e criminalità;
   la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere ha avviato nel gennaio 2017 un'importante istruttoria parlamentare, che punta ad eliminare ogni spazio di opacità tra il mondo del calcio e la mafia, anche in cooperazione con le procure della Repubblica che da tempo indagano sulle infiltrazioni mafiose nelle curve e nelle società di calcio;
   se sul piano della sicurezza interna è già stato varato, nel 2016, per i profili di competenza del Ministero dell'interno, il protocollo per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel calcio, sottoscritto dalla stessa Federazione italiana gioco calcio e dai presidenti delle leghe professionistiche serie A, serie B e Lega Pro, appare evidente che se, come evidenzia la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, il fenomeno risulta persistente, sarà necessario avviare un'azione sinergica di contrasto efficace ed efficiente, anche di concerto tra i vari Ministeri competenti e responsabili della tutela dello sport italiano –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per tutelare lo sport italiano dal rischio di condizionamenti della criminalità organizzata, anche attraverso l'incentivazione di forme di responsabilità sociale degli operatori del settore.
(3-02911)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bruno Bossio.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-14636 del 26 ottobre 2016;
   interrogazione a risposta scritta Giorgia Meloni n. 4-15760 del 1o marzo 2017;
   interrogazione a risposta scritta Cera n. 4-15788 del 3 marzo 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Fiano n. 5-10911 del 22 marzo 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Mucci n. 5-10957 del 27 marzo 2017.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Lupi e altri n. 1-01525, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017: è stata ritirata la firma del deputato Rampelli.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Brunetta e altri n. 1-01560 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 767 del 27 marzo 2017. Alla pagina 45936, seconda colonna, dalla riga quarantunesima alla riga quarantasettesima e alla pagina 45937, prima colonna, dalla riga prima alla riga tredicesima, deve leggersi: «che a tal fine è necessario;
   i) a consolidare le funzioni fondamentali previste dalla legge n. 56 del 2014, ampliare le funzioni amministrative territoriali e valorizzare con le funzioni di assistenza e di supporto ai Comuni, le stazioni uniche appaltanti e i servizi pubblici locali previsti dai commi 88 e 90 dell'articolo 1, in modo da fornire indirizzi chiari anche per il riordino della legislazione regionale;
   l) a semplificare la forma di governo degli enti, attraverso una revisione della disciplina relativa agli organi, alla loro durata, al sistema di elezione;
   m) a conferire una delega per la revisione del testo unico degli enti locali, per adeguarlo alle novità in materia di comuni, province e città metropolitane.», e non come stampato.