Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    la direttiva 2009/33/CE del 23 aprile 2009, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto stradale, mira a ridurre le emissioni di gas effetto serra e a migliorare la qualità dell'aria, in particolare nelle città (la stessa Direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili ha fissato un obiettivo del 10 per cento per quanto riguarda la quota di mercato delle energie rinnovabili presenti nei combustibili per il trasporto);
    il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica riprende l'articolo 3 della proposta di direttiva europea con la quale la Commissione europea chiede agli Stati membri di definire quadri strategici nazionali per lo sviluppo dei combustibili alternativi e della relativa infrastruttura;
    a livello nazionale non è stata definita una norma che individui in maniera omogenea e uniforme i criteri caratteristici di segnaletica stradale specifici degli spazi riservati alla ricarica dei veicoli elettrici (fattore che ha contribuito a creare maggiore confusione e disomogeneità di organizzazione della segnaletica stradale nei diversi contesti territoriali: numerose sono le segnalazioni e le proteste di utenti di mezzi elettrici che spesso sono impossibilitati ad effettuare le ricariche presso le specifiche colonnine, in quanto gli spazi riservati alla ricarica dei veicoli elettrici sono occupati da altri veicoli in sosta abusiva);
    il comune di Firenze con le sue 173 postazioni di ricarica dei veicoli elettrici è tra i comuni con la presenza più elevata di colonnine di alimentazione e che per il solo anno 2016 sono state effettuate in questo comune oltre mille sanzioni per divieto di sosta a vetture non elettriche parcheggiate sugli stalli adibiti alla ricarica, delle quali oltre il 50 per cento è avvenuto a seguito di segnalazioni da parte degli utenti che non sono stati in grado di effettuare la ricarica elettrica del proprio veicolo;
    in base all'articolo 35 del decreto legislativo n. 285 del 30 aprile del 1992 e suoi aggiornamenti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è competente ad impartire direttive per l'organizzazione della circolazione e della relativa segnaletica stradale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predispone un aggiornamento normativo inerente la segnaletica stradale specifica e caratteristica identificante le postazioni di ricarica dei mezzi elettrici.
(7-01225) «Furnari, Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco».


   La X Commissione,
   premesso che:
    il Divertor Tokamak Testfacility (DTT) è un progetto elaborato dall'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), nell'ambito delle attività di ricerca sulla fusione nucleare;
    inizialmente, il progetto si sarebbe dovuto sviluppare nel centro ricerche di Frascati, successivamente, è stato trasferito in Piemonte, dove è stato presentato nel dicembre scorso;
    il principale obiettivo del DTT è quello di effettuare esperimenti in scala per individuare delle alternative al problema dei carichi termici sul divertore, il principale componente dell'impianto per lo smaltimento della potenza termica del plasma in una centrale a fusione;
    la ricerca di soluzioni alternative ai carichi termici sul divertore è una delle sfide più complesse che sta affrontando il programma europeo Eu Fusion Road Map, soprattutto in vista della realizzazione dell'impianto dimostrativo DEMO (una centrale nucleare a fusione in grado di fornire energia elettrica alla rete entro il 2050);
    l'investimento previsto è di circa 500 milioni di euro, mentre le fonti di finanziamento individuate dovrebbero essere: Piano Junker o BEI/InnovFin (250 milioni), laboratori e strutture di ricerca (30), contributo da partner cinesi (30), Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (40), Ministero dello sviluppo economico (40), Agenzia coesione territoriale (35 a partire dal 2019), fondi regionali (15), EUROfusion (60);
    secondo le stime dell'ENEA, le ricadute economiche sul territorio saranno quattro volte l'investimento iniziale;
    in merito al progetto e, in particolare, all'opportunità, di investire ingenti risorse pubbliche, per sperimentare e sviluppare nel nostro Paese tecnologie nel settore della fusione nucleare, sembrerebbe che l'Esecutivo non abbia assunto una posizione chiara;
    tutto questo viene dedotto dal fatto che il progetto non risulterebbe presente nella lista dei finanziamenti del Programma nazionale per le infrastrutture di ricerca (PNIR), redatto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e non avrebbe ricevuto certezze sui finanziamenti della Comunità europea dell'energia nucleare (Euratom) nell'ambito del programma Eurofusion (Consorzio europeo per lo sviluppo dell'energia da fusione, che gestisce le attività di ricerca sulla fusione europea per conto di Euratom);
    il progetto DTT non sarebbe incluso nella Roadmap 2016 dell'European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI);
    la documentazione relativa si limiterebbe ad accennare all'ipotesi che EUROfusion possa esaminare il caso di un Divertor Tokamak Testfacility;
    non sarebbe previsto che il progetto si configuri come Eric (European Research Infrastructure Consortium) forma giuridica che avrebbe vantaggi scientifici, fiscali e di governance;
    non avrebbe ricevuto finanziamenti precedenti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sul Foe, viceversa il Ministero ha ritenuto più rilevante la valorizzazione degli investimenti già effettuati;
    non è stata segnalata da alcuna regione italiana (in un'ottica di accesso ai fondi ESIF);
    nel Programma nazionale per le infrastrutture di ricerca (PNIR) sarebbero stati convogliati i fondi PON, per il rafforzamento infrastrutturale, su alcune Infrastrutture di ricerca, tra le quali, come precedentemente detto, non sarebbe presente il DTT;
    da quanto illustrato, c’è il rischio che, in assenza di elementi certi sulle fonti di finanziamento europeo e in mancanza di una strategia chiara da parte del Governo in merito al progetto DTT, possano essere sottratte ingenti risorse economiche alla ricerca e allo sviluppo di fonti energetiche alternativa, per sostenere lo sviluppo di tecnologie nel settore della fusione nucleare,

impegna il Governo:

   a procedere al finanziamento solo dopo aver verificato il reale stato di cofinanziamento del progetto da parte di tutti interessati;
   a evitare che lo stato progettuale del Divertor Tokamak Testfacility (DTT) sottragga risorse alla ricerca e allo sviluppo di altre forme di energia alternativa.
(7-01227) «Crippa, Vallascas, Da Villa, Fantinati, Della Valle, Cancelleri».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    l'Isolante K-Flex SpA è un'azienda italiana per la produzione e distribuzione di isolanti termici ed acustici nata nel 1989 a Roncello (MB), e che, attualmente, è presente a livello mondiale con nove impianti produttivi e sedi commerciali in quattordici nazioni;
    nel mese di gennaio 2017 la K-Flex ha annunciato la propria decisione di licenziare i 187 lavoratori dell'impianto produttivo della provincia di Monza per delocalizzare la produzione nello stabilimento sito in Polonia e di mantenere in Italia unicamente attività di natura commerciale e di supporto logistico;
    i dipendenti ai quali è stato comunicato il licenziamento sono in sciopero permanente dal 24 gennaio 2017, ma l'azienda ha già escluso la possibilità di ricollocamento del personale in esubero;
    l'8 marzo 2017 il Ministro dello sviluppo economico, rispondendo a un atto di sindacato ispettivo sulla vicenda, ha ribadito che «K-flex è una multinazionale che opera in dieci Paesi, con oltre 1.500 addetti, e non è pertanto un'azienda in crisi, come mostrano gli stessi bilanci che evidenziano tra l'altro investimenti in crescita»;
    al fine di cercare una soluzione alla difficile situazione, il Ministero dello sviluppo economico ha attivato un tavolo di confronto con la partecipazione delle istituzioni del territorio e delle organizzazioni sindacali, ma il 15 marzo 2017 l'azienda ha disertato l'incontro per la seconda volta, affermando in una nota di non avere «novità da comunicare riguardo alla propria decisione di cessare l'attività produttiva del sito di Roncello già espressa e confermata nel corso dell'incontro del 3 marzo scorso» e annunciando l'intenzione di non partecipare all'incontro;
    la questione della delocalizzazione dell'impianto di Roncello è aggravata dal fatto che l'azienda ha percepito, negli anni, oltre dodici milioni di fondi pubblici da investire in ricerca e sviluppo, e che avrebbe sottoscritto un impegno secondo il quale, nel 2017, nessun posto di lavoro sarebbe stato a rischio;
    stando a quanto riferito in Aula della Camera dal Ministro dello sviluppo economico «Per quanto riguarda gli investimenti nel campo della ricerca e sviluppo, la società ha beneficiato di 7,7 milioni di agevolazioni; 5,1 milioni di euro su un progetto selezionato attraverso una procedura negoziale a sportello, finanziata con fondi della Cassa depositi e prestiti; 1,35 milioni di euro sul bando REACH ultimato; 1,2 milioni sul bando Horizon 2020 per un finanziamento agevolato non ancora erogato»;
    di questi fondi, tuttavia, solamente 1,2 milioni a valere sul bando Horizon potranno essere revocati qualora venisse delocalizzato «in quanto l'attività di ricerca deve necessariamente essere svolta in Italia», mentre «per i precedenti due strumenti agevolativi, sulla base dei regolamenti comunitari, non è previsto il mantenimento dell'attività produttiva in Italia a seguito della conclusione degli investimenti» e quindi non si può chiederne la restituzione all'azienda;
    la K-Flex ha, inoltre, beneficiato di oltre venti milioni di euro di contributi erogati dalla Società italiana per le imprese all'estero, come confermato anche dal Ministro nel corso del suo suddetto intervento in Aula: «Tra il 2007 e il 2012 Simest ha supportato il processo di crescita internazionale di K-flex attraverso la partecipazione a cinque operazioni di aumento di capitale, per 17,2 milioni, e attraverso un fondo di venture capital per 5 milioni destinati a Paesi strategici quali gli Emirati Arabi Uniti, la Cina, l'India e la Malesia»;
    il Ministro ha chiaramente affermato che «Il quadro di valutazione che emerge alla luce di queste considerazioni rende del tutto incomprensibile e non giustificata la decisione di cessare l'attività produttiva nello stabilimento italiano, quando, come risulta dagli accordi sottoscritti, vi erano impegni a non licenziare e ad avviare una riorganizzazione che avrebbe reso ancora più competitivo il sito»;
    di fatto, però, non solo l'azienda K-Flex ha sfruttato gli incentivi economici offerti dallo Stato, seguendo logiche dettate unicamente dalla massimizzazione del profitto, senza rispettare gli impegni e senza tutelare i propri dipendenti, ma allo stato si rifiuta anche di sostenere qualunque trattativa con le istituzioni e le organizzazioni sindacali per il ricollocamento degli oltre centottanta esuberi,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile alla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali dell'azienda;
   a verificare le modalità e le finalità con le quali sono stati spesi i contributi pubblici erogati alla K-Flex, accertandone la congruità rispetto all'impiego previsto dalle norme vigenti;
   ad assumere urgenti iniziative, se del caso anche promuovendo le opportune modifiche normative e/o regolamentari, al fine di tutelare i livelli occupazionali e favorire il mantenimento delle attività delle aziende sul suolo italiano e per evitare che esse a qualunque titolo procedano alla delocalizzazione della produzione, anche solo parziale, in Paesi esteri.
(7-01226) «Rizzetto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'articolo 54, comma 5, dello Statuto di Autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol prevede che spetta alla giunta provinciale la vigilanza e la tutela sulle amministrazioni comunali, sui consorzi e sugli altri enti o istituti locali, compresa la facoltà di sospensione e scioglimento dei loro organi in base alla legge;
   gli statuti comunali, in diversi casi, riconoscono esplicitamente la possibilità per i consiglieri comunali di ricorrere alla Giunta provinciale per verificare la legittimità dei provvedimenti amministrativi comunali. L'articolo 23, comma 5, dello statuto comunale di Bolzano riconosce ad esempio a consiglieri e consigliere comunali, ai sensi dell'articolo 54, comma 1, n. 5) dello statuto di autonomia il diritto di chiedere alla giunta provinciale di esercitare il diritto di tutela e vigilanza per verificare la legittimità degli atti comunali;
   il regolamento del consiglio provinciale, agli articoli 109, 110 e 113, non prevede di limitare il potere di sindacato ispettivo sulle attività istituzionali provinciali e degli enti locali ma riconosce il pieno diritto di rivolgersi al presidente della provincia o agli assessori al fine di ottenere le informazioni utili all'esercizio del loro mandato. L'assenza di limitazioni nell'esercizio del predetto diritto vige peraltro anche in provincia di Trento, dove gli interroganti ottengono puntuale e completa risposta dagli assessori competenti;
   in più di un'occasione l'assessore agli enti locali della provincia di Bolzano ha espresso il diniego al diritto di informazione e controllo sugli enti locali. Emblematica la risposta all'interrogazione provinciale 2317/16 del 9 settembre 2016 relativamente all'acquisto e al funzionamento degli apparecchi speed-chek per la misurazione di velocità dei veicoli sulla rete stradale installati parte dei comuni della provincia di Bolzano;
   i consiglieri provinciali Walter Blaas, Paul Kölenspergher e Andreas Pöder, per assicurare l'attuazione del predetto diritto di presentare interrogazioni hanno presentato una nota al commissario del Governo della Provincia di Bolzano per chiarire l'ambito d'esercizio del loro diritto di informazione e controllo sulle attività istituzionali della Provincia Autonoma di Bolzano e degli enti locali. Nella risposta del 31 gennaio 2017, protocollo n. 820 dell'ufficio di Gabinetto, il Commissario del Governo della Provincia di Bolzano, afferma che «... i consiglieri provinciali possono esercitare le proprie funzioni ispettive anche con riferimento alle competenze delegate ai Comuni da parte della Provincia, mentre non sussiste il presupposto funzionale legittimante l'esercizio della funzione ispettiva in relazione a materie rientranti nell'ambito istituzionale di competenza propria dei Comuni stessi»;
   alla luce delle disposizioni sopra elencate e in ragione del rapporto fiduciario normativamente definito dallo Statuto di autonomia tra consiglio e giunta provinciale, appare pacifico il diritto di sindacato ispettivo in ordine all'attività amministrativa degli enti locali al fine di esercitare, dove ritenuto necessario, una piena e completa vigilanza sui medesimi. Parimenti, pare indiscutibile l'obbligo dell'assessore competente agli enti locali di fornire completa e tempestiva risposta alle interrogazioni;
   il diritto di sindacato ispettivo appare infatti ancora più evidente quanto si tratta di vigilare sull'applicazione dell'insieme di norme fondamentali dell'ordinamento giuridico il quale, segnatamente, include anche le leggi relative all'ordinamento regionale dei comuni e i provvedimenti amministrativi comunali, la cui osservanza e attuazione è ritenuta indispensabile per l'esistenza dell'ordinamento stesso;
   di quali ulteriori elementi disponga il Governo, per il tramite del commissario governativo competente per la provincia di Bolzano, in relazione a quanto esposto in premessa.
(2-01727) «Fraccaro».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la corte d'appello di Perugia, con sentenza n. 1245/16 del 13 gennaio 2016, ha assolto l'unico condannato Hashi Omar Hassan dall'accusa di aver partecipato al duplice omicidio della giornalista del Tg3, Ilaria Alpi, e dell'operatore Miran Hrovatin, avvenuto a Mogadisco il 20 marzo 1994, disponendo altresì la revoca di qualsiasi limitazione della libertà personale, dopo aver scontato in carcere ben 17 anni di ingiusta detenzione;
   negli atti della suddetta sentenza, per la prima volta, i giudici parlano di depistaggio e si interrogano sul ruolo «ambiguo, anche se in buona fede», svolto dall'ambasciatore italiano a Mogadisco Giuseppe Cassini, il diplomatico che portò in Italia Ahmed Ale Rage, soprannominato Gelle, il testimone che, in un primo momento, accusò Hassan e solo successivamente ritrattò tutte le accuse, dichiarando, in una telefonata con un giornalista somalo, collaboratore della Bbc, che «gli italiani avevano fretta di chiudere il caso e gli avevano promesso denaro in cambio di una sua testimonianza al processo: doveva accusare un somalo». Il Ministro degli esteri pro tempore era Lamberto Dini, vicepresidente del consiglio dei ministri era allora Walter Veltroni e il segretario generale della Farnesina era Boris Biancheri. Giuseppe Cassini, durante l'interrogatorio del 1999, dichiara testualmente: «Sono stato Capo di una Delegazione Speciale per la Somalia nel settembre del 97 e, prima della mia partenza per la zona (...) ricevetti anche una istruzione da parte del Segretario generale del Ministero degli esteri e da parte del Vice Presidente del Consiglio Veltroni, in modo informale, di aiutare, laddove mi era possibile, a dare notizie utili sul caso del doppio omicidio Alpi-Hrovatin»;
   il testimone Gelle è stato accompagnato quotidianamente da poliziotti nell'officina Scomparin per svolgere il lavoro di meccanico;
   la citata corte, oltre a constatare che la testimonianza, resa nell'ottobre del 1997 da Gelle, è «contraddittoria, del tutto inattendibile e plausibilmente falsa», ha accertato che la falsa ricostruzione degli avvenimenti dichiarata da Gelle davanti alla corte di Roma, gli era stata suggerita da italiani, soffermandosi, in particolare, sui rapporti avuti da Gelle con l'ambasciatore italiano Cassini;
   nella motivazione della sentenza si formulano ripetute precise indicazioni su autorità italiane, tra cui l'ambasciatore Cassini e alti dirigenti del Ministero dell'interno, che hanno avuto rapporti con Gelle e che potrebbero essere state coinvolte nell'illecita manovra;
   i giudici di Perugia hanno espresso il proprio sconcerto circa il comportamento della polizia italiana in relazione alle modalità di gestione di Gelle, che dopo aver reso le dichiarazioni accusatorie contro Hassan è stato al lungo ospitato a Roma a cura di strutture e agenti del Ministero dell'interno e, oltre a non presentarsi mai al processo, si è reso irreperibile, nell'ambito di un'attività di depistaggio di ampia portata;
   il teste Cassini, dichiarando di aver collaborato con funzionari italiani della polizia, tra cui Vulpiani, ha più volte ribadito che la polizia italiana pur disponendo dei recapiti di Gelle all'estero, non abbia utilizzato tali informazioni che sono state invece rapidamente reperite ed utilizzate dai redattori della trasmissione « Chi l'ha visto ?», il cui servizio ha dato un decisivo impulso alle indagini, inducendo la procura di Roma a reperire e interrogare in Gran Bretagna il 31 marzo 2016 per rogatoria Gelle;
   la procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo sul caso degli omicidi Alpi-Hrovatin che riguarda le presunte anomalie legate alla gestione del testimone, le cui dichiarazioni si sono rivelate false, Gelle, evidenziate dalla Corte di Appello di Perugia. I reati ipotizzati, per il momento contro ignoti, sono falso in atto pubblico, favoreggiamento e calunnia;
   la famiglia e gli avvocati di Ilaria Alpi hanno sempre denunciato anomalie nelle indagini sull'assassinio, avanzando, diverse volte, il sospetto di un'attività di depistaggio attuata dai servizi segreti italiani;
   a giudizio degli interpellanti andrebbero individuati gli eventuali interessi alla base del duplice omicidio dei due giornalisti, che, inviati in Somalia per seguire la missione italiana, avevano pure indagato su un traffico di rifiuti tra l'Italia e il Paese africano –:
   di quali elementi disponga il Governo per quanto di competenza, alla luce delle motivazioni della sentenza della corte di appello di Perugia, circa attività di depistaggio, che risulterebbero avvalorate dalle modalità della «fuga» del teste e dalle sue mancate ricerche;
   di quali elementi disponga il Governo circa i rapporti intercorsi, all'epoca dei fatti, tra il Ministero dell'interno e la ditta Scomparin di Roma, e se risulti che in tale ambito sia stato promosso l'impiego di Gelle;
   se il Governo sia a conoscenza di quale «istruzione» ricevette Giuseppe Cassini da esponenti del Governo pro tempore;
   se il Governo abbia mai avviato indagini interne per accertare se eventuali autorità italiane abbiano indotto il testimone di cui in premessa a rendere dichiarazioni non veritiere;
   se e quali accertamenti di competenza siano stati promossi dal Governo in ordine alla applicabilità della legge 11 luglio 2016 n. 133 che ha introdotto il reato di frode in processo penale e depistaggio, con pena della reclusione sino a 20 anni, in particolare nel caso di traffici di armi e materiali tossici.
(2-01728) «Vignaroli, Zolezzi, Fico, Daga, Spadoni, Tofalo, Liuzzi».

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCONI e PALESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   attualmente, le province gestiscono 130 mila chilometri di strade (oltre il 70 per cento dell'intera rete viaria nazionale), mentre, negli ultimi due anni, le risorse per assicurarne la sicurezza e la manutenzione sono diminuite del 60 per cento (Fonte UPI): sulle strade provinciali le risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria, infatti, sono state tagliate dal Governo, riducendole, da circa 10.000 euro annui a chilometro, a circa 4.000 euro per chilometro;
   la legge n. 56 del 2014 ha provveduto a disciplinare, «in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione», le province e le città metropolitane;
   a seguito dell'esito negativo al referendum confermativo ex articolo 138, comma 2 della Costituzione, le province mantengono la loro natura di enti costituzionalmente previsti che devono, pertanto, continuare a svolgere tutte le funzioni fondamentali che le leggi nazionale e regionali loro attribuiscono, pur in presenza di scarse possibilità, sia in termini di risorse finanziarie, sia in termini di dotazione di personale, dovute ai continui tagli effettuati in questi ultimi anni;
   in mancanza di risorse adeguate, le province si trovano nell'impossibilità di fare una benché minima attività di programmazione sul medio-lungo periodo;
   i recenti drammatici eventi che hanno investito la penisola segnalano, una volta di più, come le province si trovino in una situazione di gravissimo stallo istituzionale che mette a rischio la sicurezza dei cittadini;
   già nel 2014 la provincia di Arezzo aveva effettuato un monitoraggio su tutti gli interventi necessari alla viabilità provinciale: per le sole pavimentazioni stradali, il costo arretrato manutentivo era stimato in oltre 50 milioni di euro, i costi per la manutenzione straordinaria e ordinaria a regime erano stimati rispettivamente in quasi 15 e 5 milioni. Considerando ponti, barriere, illuminazione, verde e quant'altro necessario le cifre salivano a 190 milioni;
   le risorse per garantire almeno un livello di servizio «e» (su una scala da «a» a «f») sono state stimate in oltre 40 milioni di euro, che diventavano 100 nel caso il livello di servizio da aggiungere fosse il «c»;
   la provincia di Arezzo si troverà costretta ad approvare la realizzazione dei soli interventi più urgenti su strade e scuole, per eliminare quelle situazioni assolutamente emergenziali che potrebbero provocare effetti negativi sulla pubblica incolumità e sicurezza, dovendo altresì disporre la chiusura delle strade di cui non sia possibile garantire un livello minimo di sicurezza e manutenzione;
   la stessa provincia è stata in grado, attraverso i proventi derivanti da alienazioni, di garantire la manutenzione straordinaria di alcuni ponti, delle pavimentazioni, della ritenuta stradale, della segnaletica, della regolarità del piano viario; interventi che risultano comunque totalmente insufficienti rispetto al fabbisogno manutentivo complessivo dell'intera viabilità provinciale –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, affinché sia data soluzione ad una situazione di assoluta emergenza – già segnalata dagli organi della provincia di Arezzo più volte nei mesi scorsi – al fine di garantire la sicurezza della viabilità;
   se non si ritenga di dover intervenire al fine di garantire adeguate risorse economiche e di personale alle province, enti con pari dignità e rilievo costituzionale rispetto a Stato, regioni e comuni, per garantire la manutenzione ordinaria delle strade;
   se non si intenda, anche a seguito dell'esito referendario, assumere iniziative per provvedere ad una revisione della legge n. 56 del 2014 che ha mostrato palesi criticità. (3-02902)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SANI, DALLAI, FREGOLENT, ALBANELLA, ANTEZZA, ARLOTTI, ASCANI, PAOLA BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, CAPOZZOLO, CARLONI, CARNEVALI, CARRA, CRIVELLARI, FALCONE, IACONO, LODOLINI, MINNUCCI, MOSCATT, PETRINI, ROMANINI, RUBINATO, VENITTELLI, VENTRICELLI e VERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo le ultime rilevazioni, in Italia, sarebbero attualmente attive circa 430 società televisive locali (pari a circa 2.140 emittenti-marchi), che esprimono una forza lavoro stimata di oltre 4.000 dipendenti;
   le televisioni locali rappresentano, ancora oggi, un rilevante presidio informativo, culturale, industriale ed occupazionale, svolgendo al tempo stesso una funzione di comunicazione «sociale» e di promozione delle tematiche del territorio che non possono essere assicurate dai grandi network nazionali;
   i ricavi totali (pubblicitari ed altre tipologie) delle società televisive locali sono diminuiti notevolmente nel corso degli ultimi anni, passando dagli oltre 429 milioni di euro nel 2013 a circa 356 nel 2014, in calo di 73 milioni di euro (con una diminuzione del 17,1 per cento);
   a molte emittenti private locali sono state inoltre sottratte, in questi anni, frequenze della banda 800 MegaHertz a favore della telefonia mobile;
   le emittenti televisive che producono e diffondono informazione sul territorio possono beneficiare di un contributo erogato dallo Stato introdotto dalla legge n. 448 del 1998 (legge finanziaria 1999);
   il riassetto normativo dell'emittenza televisiva locale prevede la riforma dei contributi alle Tv locali attraverso l'introduzione di alcune disposizioni contenute nella legge di stabilità 2016 (legge numero 208 del 2015) e nella legge di riforma dell'editoria (legge numero 198 del 2016), tra cui il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione con cui sostenere l'emittenza televisiva e radiofonica locale, e l'editoria quotidiana e periodica;
   non sono stati ancora distribuiti i contributi, previsti dalla legge finanziaria per il 1999, per l'anno 2015 nonostante l'erogazione dovesse avvenire entro il mese di giugno 2016;
   non è stato ancora approvato il regolamento attuativo del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione; regolamento che deve fissare criteri e regole certe per l'assegnazione delle risorse, attraverso una selezione dei beneficiari che consenta di premiare le aziende più meritevoli e qualificate dal punto di vista occupazionale, della capacità di autoproduzione, degli ascolti ed innovazione tecnologica;
   i ritardi nella corretta erogazione di tali risorse e nell'approvazione del regolamento attuativo sopracitato potrebbero quindi mettere in seria crisi l'attività delle emittenti stesse, i livelli occupazionali del settore ed il diritto all'informazione;
   i ritardi potrebbero anche compromettere l'entrata in vigore del rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico delle emittenti radiotelevisive locali;
   le associazioni di categoria hanno già inviato una lettera per sollecitare tali finanziamenti al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni;
   in una nota stampa del 9 marzo 2017, il sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha dichiarato che: «l'avvio delle procedure di erogazione dei contributi annuali per le emittenti locali avverrà in tempi brevi» e che il ritardo è stato causato «dalla decisione del Tar del Molise a seguito di un ricorso presentato da un'emittente che ha contestato la graduatoria del Corecom regionale»;
   per quanto riguarda il regolamento attuativo del Fondo per il pluralismo e l'innovazione, nella sua audizione all'8a Commissione lavori pubblici del Senato, Giacomelli ha reso noto che la stesura del regolamento è stata completata dal Ministero dello sviluppo economico in data 27 luglio 2016;
   l’iter attuativo del regolamento, che deve essere sottoscritto anche dal Ministero dell'economia e delle finanze e poi approvato dal Consiglio dei ministri, risulterebbe ad oggi bloccato –:
   quando verranno realmente erogati alle emittenti televisive beneficiarie i contributi introdotti dalla legge finanziaria per il 1999, relativo all'anno 2015;
   quando verrà approvato il regolamento attuativo del Fondo per il pluralismo e l'innovazione;
   se non si ritenga opportuno, in relazione ai gravi ritardi delle erogazioni citati in premessa, prevedere ulteriori iniziative di sostegno alle emittenti televisive interessate, al fine di supportarne continuità produttiva ed occupazionale in questa fase difficile di transizione. (5-10940)


   TRIPIEDI, PESCO, CHIMIENTI, CIPRINI, DALL'OSSO, COMINARDI, LOMBARDI, ALBERTI, VILLAROSA, DE ROSA e BUSTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 dispone che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. In questo caso, qualora il datore di lavoro non corrisponda correttamente le spettanze ai lavoratori, questi ultimi si rivolgono al committente;
   molti degli autotrasportatori non beneficiano pienamente della stessa normativa a causa del fatto che sin troppo spesso accade che le società di autotrasporto risultino essere fallite e i lavoratori non riescono a recuperare quanto a loro spettante e, senza che sia previsto un vincolo solidale che tuteli i lavoratori, le aziende committenti proseguono nell'utilizzare vettori non regolari, favorendo una concorrenza sleale;
   la durata e la costanza nel tempo delle prestazioni dedotte in contratto, non esaurendosi in sporadiche ed episodiche prestazioni di trasporto, vanno ad integrare un risultato complessivo rispondente alle esigenze del committente per il quale si sostiene che debbano trovare applicazione le disposizioni che disciplinano il contratto di appalto, tra cui anche la disposizione della responsabilità solidale di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003;
   altra lacuna in materia secondo gli interroganti riguarda il divieto legale di affidamento da parte del sub-vettore di un'ulteriore sub-vezione sanzionata con la nullità del contratto che lo contempla, in contrarietà ad una norma qualificabile come imperativa quale è l'articolo 1418, comma 1, c.c.;
   a giudizio degli interroganti, per debellare la concorrenza sleale a scapito dei lavoratori, sarebbe opportuno responsabilizzare pienamente i committenti, imponendo loro di controllare periodicamente la correttezza dei loro fornitori in modo tale da conformare il contratto di trasporto alla normativa che regolamenta il settore –:
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative, anche a carattere normativo, per quanto di competenza, affinché sia esteso senza riserve il vincolo solidale di tutela di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003, anche nei contratti del trasporto [sottoscritti e non] cui sono vincolate le società di trasporto che quotidianamente offrono il proprio servizio presso una o più committenti. (5-10945)


   TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, PESCO, COMINARDI, DALL'OSSO, ALBERTI, VILLAROSA, MASSIMILIANO BERNINI e CASTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 marzo 2017, sul sito di informazione  repubblica.it, veniva pubblicata la notizia riguardante la mancata erogazione da parte dell'Inps del cosiddetto bonus «Mamma domani»;
   il bonus, introdotto dalla legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), ha previsto, per l'anno corrente, 600 milioni di euro per garantire 800 euro a ciascuna delle circa 750 mila famiglie che potrebbero beneficiare di tale premio;
   il requisito principale per accedere al bonus previsto è quello che le neo mamme abbiano partorito o abbiano adottato un minore a partire dal 1o gennaio 2017. Il premio, come stabilito dall'articolo 1, comma 353, della legge di bilancio 2017, viene corrisposto dall'Inps in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o alla nascita del neonato o all'atto dell'adozione;
   al momento del deposito di detta interrogazione, l'Inps non ha ancora attivato la piattaforma per presentare domanda a causa del fatto che, a detta dei responsabili dell'istituto, la legge risulta essere priva dei dettagli per l'erogazione dei fondi previsti. Infatti, allo stato attuale, dal sito dell'Inps non è ancora possibile scaricare la domanda in formato telematico, unico modo per poter accedere al bonus previsto, dato che il modulo cartaceo non è previsto;
   il presidente dell'ente, Tito Boeri, per via della mancanza di dettagli con cui è stata scritta la norma che ha portato, a suo dire, ai ritardi poi verificatisi, aveva scritto al Governo già da gennaio 2017 perché rendesse chiari i criteri da adottare;
   in data 2 marzo 2016, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, aveva presentato l'interrogazione n. 5-07937 sui disguidi telematici dell'Inps. All'interrogante erano giunte comunicazioni da parte di organizzazioni sindacali ed alcuni dipendenti dell'ente che affermavano che i ritardi telematici erano imputabili alla KPMG, azienda che dal 2008 cura il settore informatico dell'Inps –:
   quali siano i motivi dei ritardi che hanno portato, almeno sino al momento del deposito della presente interrogazione, a non aver ancora dato la possibilità di poter iniziare la procedura di richiesta del premio ai richiedenti il bonus sopraindicato e siano rinvenibili specifiche responsabilità in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda impartire al più presto all'Inps le necessarie istruzioni per far presentare le domande ai richiedenti il bonus previsto dalla legge n. 232 del 2016 e se possa riferire le tempistiche certe per l'ottenimento dei premi da parte dei richiedenti;
   se nell'ambito della gestione delle procedure di presentazione delle domande, se il Governo non abbia rilevato, attraverso le fonti a sua disposizione, eventuali disguidi imputabili al sistema informatico dell'Inps gestito dall'azienda KPMG che hanno portato ai ritardi indicati in premessa. (5-10946)


   TRIPIEDI, CASO, PESCO, ALBERTI, COMINARDI, CARINELLI, MANLIO DI STEFANO, ZOLEZZI, DE ROSA, TONINELLI, PETRAROLI, CIPRINI, DALL'OSSO, VILLAROSA, LOMBARDI, FRACCARO, DELLA VALLE, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, DA VILLA e CHIMIENTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 gennaio 2015 veniva votata all'unanimità dal consiglio della regione Lombardia, la delibera n. X/3011 riguardante il rilancio del settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) nell'ex area IBM del vimercatese, sita in provincia di Monza e Brianza, da tempo in crisi occupazionale e di industrializzazione;
   in data 7 luglio 2016 veniva data risposta all'interrogazione n. 5-08172 presentata dal primo firmatario del presente atto, riguardante anche l'area ICT del vimercatese citata. Nella risposta fornita dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, veniva specificato che, nel corso degli anni 2015 e 2016, tra istituzioni, sindacati e proprietà sono proseguite le trattative per sostenere un processo condiviso di riconversione dell'area, poi non andate a buon fine. Veniva inoltre indicato che l'idea che i Ministeri competenti intendono perseguire, con l'adesione della regione Lombardia e dei comuni dell'area, è quella di realizzare un progetto di reindustrializzazione del settore ICT per valorizzare il capitale umano, prevedendo la sperimentazione di un accordo per la competitività territoriale ed attirare così nuovi investitori e valorizzare o mantenere quelli già esistenti. A tale scopo è stata attivata una collaborazione con esponenti della Camera dei deputati e del Ministero dello sviluppo economico a seguito della quale la regione Lombardia ha redatto e trasmesso una bozza di protocollo di intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dello sviluppo economico e regione Lombardia per il rilancio del sistema produttivo dell'area in questione. Tale bozza, ad oggi, non ha avuto alcun seguito;
   in data 15 marzo 2017, nel consiglio comunale di Vimercate (Monza e Brianza) veniva discusso l'Ordine del giorno riguardante la reindustrializzazione dell'ex area IBM. In questo veniva specificato che, dopo il passaggio dell'area all'azienda Celestica e poi alle aziende Bames e SEM e il successivo fallimento di queste ultime, è attualmente tornata proprietaria dell'immobile la Unicredit Leasing;
   sempre nell'Ordine del giorno veniva ricordato che in data 23 maggio 2016 l'attuale viceministro allo sviluppo economico, on. Teresa Bellanova, nella sua visita a Vimercate aveva confermato le potenzialità di sviluppo dell'area e fornito la propria disponibilità a valutare la prosecuzione del progetto esistente, apportando eventuali modifiche per renderlo più funzionale;
   gli impegni approvati all'unanimità chiedevano al sindaco e all'amministrazione comunale di proseguire il dialogo con tutti i livelli istituzionali coinvolti, ossia Ministero dello sviluppo economico, regione Lombardia e provincia di Monza e Brianza per cercare di rendere operativa in maniera concreta la delibera regionale sopraindicata, verificando ed esplorando tutte le eventuali possibilità di soggetti imprenditoriali operanti sul territorio o interessati a fare investimenti per rilanciare l'area. Era inoltre richiesto l'impegno a convocare, con cadenza semestrale, un tavolo permanente con Governo, regione, provincia, sindacati e associazioni industriali, al fine di verificare lo stato di avanzamento dei lavori svolti dalle istituzioni e per dare concretezza alla delibera regionale n. X/3011 del 9 gennaio 2015 e agli impegni presi dal Governo –:
   per quali motivi a tutt'oggi la sopraindicata bozza di protocollo di intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dello sviluppo economico e regione Lombardia per il rilancio del sistema produttivo dell'area del vimercatese, non ha avuto alcun seguito;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano organizzare un tavolo permanente per il rilancio dell'area ex IBM del vimercatese, anche alla luce delle linee guida stabilite nell'Ordine del giorno indicato in premessa, che è stato approvato all'unanimità dall'amministrazione del comune di Vimercate in data 23 maggio 2016. (5-10947)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la stabilità finanziaria della maggior parte delle province italiane risulta essere a rischio a seguito del progetto di riorganizzazione della struttura amministrativa dello Stato;
   il progetto di abolizione definitiva delle province, che era stato oggetto, tra le altre cose, della riforma costituzionale recante «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione», è stato tuttavia bocciato dai cittadini italiani con il referendum del 4 dicembre 2016;
   la legge di stabilità 2015 operava, in virtù del progetto di riorganizzazione citato, importanti riduzioni dei contributi erogati dallo Stato alle province, nonostante in capo alle stesse restasse la responsabilità di erogare servizi essenziali per i cittadini quali la manutenzione stradale e delle scuole;
   76 province italiane hanno, per questa ragione, depositato esposti cautelativi alle procure della Repubblica competenti e alla Corte dei conti, denunciando l'insostenibile situazione generata dal taglio delle risorse e dal contestuale permanere di competenze in ambiti essenziali quali quelli richiamati;
   il presidente della provincia di Pesaro e Urbino, tra i primi a depositare esposti in procura e alla Corte dei conti, ha di recente dichiarato (fonte: Corriere Adriatico, 21 marzo 2017) come lo Stato prelevi dalle casse della provincia il 97 per cento delle imposte versate dai cittadini all'ente, mediante Rc Auto e imposta provinciale di trascrizione, risorse che sarebbero dovute servire per coprire, nella suddetta provincia, i costi della manutenzione di 1.200 chilometri di strade e di 19 istituti scolastici superiori dislocati in 34 edifici. Al «prelievo forzoso» dello Stato si aggiungono, come detto, i consistenti tagli delle erogazioni da parte dello Stato;
   nelle Marche, la situazione assume dimensioni drammatiche, in particolare, per le province direttamente interessate dagli eventi sismici del 2016 –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per far fronte alla grave situazione illustrata in premessa. (4-16017)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, SPADONI, DEL GROSSO, GRANDE e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in base a una e-mail ricevuta dagli interroganti contenente una lettera aperta firmata da due presidenti dei Comites e indirizzata al Ministro interrogato, peraltro pubblicata anche sul sito ItaliachiamaItalia.it, risulta che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) intenda vendere proprietà immobiliari site a Monaco di Baviera: la prestigiosa sede del Consolato generale, una villa costruita nel 1901 per la famiglia Kustermann e sede diplomatica italiana dal 1951, sotto tutela storica; la sede dell'Istituto italiano di cultura, costruita nei primi anni ’50 e significativamente segnalata nelle riviste tedesche di architettura; la villa, con giardino, utilizzata fino a alcuni anni, fa dai servizi segreti italiani, ormai inutilizzata e passata di proprietà al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel 2012;
   la vendita degli immobili, si legge nella citata lettera, porterebbe probabilmente alla chiusura della rappresentanza diplomatica e culturale italiana a Monaco di Baviera, ovvero al trasferimento delle sedi di rappresentanza altrove;
   i firmatari della missiva al Ministro interrogato fanno presente che, qualora si dovesse determinare la scelta della chiusura, la Baviera è il Land di gran lunga più influente e ricco della Germania e rappresenta, da solo, uno dei maggiori partner commerciali dell'Italia (tra l'altro interessata da anni a un rapporto più stretto col bacino adriatico italiano in alternativa al porto di Amburgo) e riveste un ruolo strategico nel quadro del rilancio dell'Unione europea;
   inoltre, essi precisano che se, invece, si volesse mantenere la rappresentanza diplomatica e culturale dove è oggi, il mercato immobiliare a Monaco di Baviera è da anni in incalzante espansione (i prezzi vanno da 9.000 a 20.000 euro al metro quadro) e tutte previsioni a breve e medio termine indicherebbero un'ulteriore accelerazione della crescita dei prezzi. In queste condizioni, vendere degli immobili pregiati per acquistarne degli altri rischierebbe, dunque, di diventare un'operazione a perdere; peraltro, l'eventuale ipotesi alternativa di affittare dei locali vanificherebbe in pochi anni gli introiti della vendita degli immobili (i costi d'affitto per gli spazi necessari si aggirerebbero intorno a diverse decine di migliaia di euro mensili);
   in definitiva, si legge ancora nella citata lettera, sia nell'ipotesi di acquisto sia in quella di ricorrere all'affitto di nuovi locali, il rischio di un danno all'erario non risulterebbe affatto trascurabile –:
   quali determinazioni intenda adottare, nel caso della paventata chiusura citata in premessa, per mantenere i buoni rapporti con la Baviera, vista l'importanza che questo Land continuerebbe comunque a avere nell'ambito dei rapporti italo-tedeschi e europei;
   nel caso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale intendesse acquistare/affittare nuove sedi di rappresentanza, se siano state fatte tutte le dovute valutazioni della situazione, con una analisi dei costi e dei benefici dell'operazione di eliminazione degli immobili attuali e dell'acquisto o affitto di nuovi locali, tenuto anche conto dell'andamento del mercato immobiliare di Monaco;
   come si intenda procedere alla stima dei valori dei beni da alienare e di quelli da acquistare; se siano stati considerati anche gli introiti derivanti dalle attività in corso o previste presso l'Istituto italiano di cultura (corsi, affitto sale e altro), introiti che potrebbero venire a mancare se i nuovi locali non permettessero tali attività;
   come si intendano valutare le esigenze del Consolato e dell'Istituto italiano di cultura nella ricerca dei nuovi locali (sale per uffici e per archivi, aule per corsi e manifestazioni, e altro). (5-10939)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI, REALACCI, GINOBLE, OLIVERIO, BORGHI e CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nelle aree protette, secondo la legge n. 394 del 1991 (articolo 15), vanno indennizzati i danni provocati dalla fauna selvatica del parco;
   il principio dell'indennizzo per tutti i cittadini presenti ad ogni titolo nel parco e che abbiano subito danni cagionati dalla fauna, è messo in pericolo dalla recente qualificazione degli indennizzi come «aiuti di Stato»; con applicazione della disciplina europea relativa al «regime de minimis», che individua gli aiuti di piccola entità che possono essere concessi alle imprese senza violare le norme sulla concorrenza;
   questa equiparazione è ingiustificata, dovendosi intendere «aiuto di Stato» il trasferimento di risorse pubbliche in favore di alcune imprese, con conseguente vantaggio economico selettivo;
   gli indennizzi nelle aree protette, invece, non rappresentano un trasferimento di risorse pubbliche che possa alterare la libera concorrenza, bensì un mero reintegro compensativo per chi abbia sofferto un pregiudizio a causa della fauna;
   il limite più esiguo della somma massima attribuibile, previsto dal «regime de minimis», analizza ulteriormente i soggetti che, conducendo attività di coltivazione e/o allevamento nei parchi, subiscono danni da fauna selvatica più pesanti e con maggiore frequenza –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere per scongiurare l'applicazione del «regime de minimis» agli indennizzi per danni da fauna selvatica nei territori dei parchi nazionali, riconoscendo così il diritto per chi li subisce a ricevere una restituzione compensativa. (5-10936)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   un articolo del quotidiano «La Repubblica» del 22 marzo 2017 ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla situazione dei pescatori siciliani, dalle Egadi alle Eolie, fino a Lampedusa, costretti a contendersi i totani con la popolazione locale di delfini, i quali, oltre a nutrirsi, danneggerebbero anche le reti;
   la «concorrenza» tra uomini ed animali spiegherebbe anche l'aumento del numero di cetacei ritrovati sulle spiagge con ferite causate da fiocine o da fucili subacquei;
   la competizione è purtroppo frutto dell'eccessivo sfruttamento del mare che ha impoverito gli stock ittici. Uno sfruttamento che minaccia i pesci di tutti i mari, ma rende la situazione particolarmente critica nel Mediterraneo. Lo attesta uno studio recente dell’Hellenic Centre of Marine Research, apparso su Current Biology, secondo il quale negli ultimi vent'anni la situazione degli stock ittici nel Mare Nostrum è andata sempre peggiorando. La crescita demografica, insieme a tecnologie sempre più sofisticate – per individuare i banchi di pesci si usano anche sistemi satellitari – sono causa di uno sfruttamento dei mari sempre più intensivo. Il risultato è che in molte zone il pesce viene pescato a un ritmo più rapido di quello necessario per garantire il rinnovamento degli stock e quindi la popolazione è destinata a impoverirsi –:
   se l'attività ittica fosse stata svolta in maniera sostenibile, a salvaguardia del patrimonio ittico stesso, oggi non avrebbe ragion d'essere la «competizione» tra uomini e delfini al largo delle coste siciliane;
   tale situazione non può servire da pretesto per limitare la protezione dell'ambiente marino e dei suoi abitanti;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che le popolazioni di cetacei siano minacciate nel loro habitat naturale e per favorire la riconversione dell'attività ittica salvaguardando il reddito delle famiglie interessate. (4-16006)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, D'UVA e VILLAROSA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 9 febbraio 2017, presso la sede del municipio di Messina è stato siglato un accordo tra il Ministero della difesa, il Ministero della giustizia, l'Agenzia del demanio e la città dello Stretto, per realizzare il secondo palazzo di giustizia nell'area che attualmente ospita la sede del distretto militare di medicina legale con un investimento pubblico di 17 milioni di euro;
   con questo accordo, nella vasta area dell'ex ospedale militare di Viale Europa, verranno realizzate nuove strutture adatte ad ospitare i nuovi uffici giudiziari, attualmente disseminati in diversi immobili e con enormi spese di affitto per l'amministrazione giudiziaria;
   il dipartimento militare di medicina legale (DMML) di Messina, è l'unico rimasto nel Mezzogiorno (insieme a quello di Palermo) che riesce a offrire un prezioso servizio all'utenza sia militare che civile proveniente da parecchie regioni del sud (con tutto ciò che ne consegue positivamente per tutto l'indotto). Esso verrà trasferito presso l'ex polo logistico della Marina militare di Via Bonino, abbandonato dall'amministrazione Difesa da oltre un ventennio;
   come riferito dalla stampa locale, il Ministero della difesa ha già predisposto lo schema progettuale con un vero e proprio funzionigramma che definisce, cosa e dove, dovrà sorgere in Via Bonino per attivare la nuova sede del Dmml, dove nasceranno anche nuovi laboratori d'analisi e grandi archivi degli ex ospedali militari di Palermo e Catanzaro;
   preoccupazioni in merito all'adeguatezza dello stabile che li accoglierà sono state espresse dalle sigle sindacali del personale civile della Difesa, in quanto ritengono che i lavori di ristrutturazione previsti potrebbero risultare insufficienti, visto che nell'area interessata alla realizzazione delle opere di ammodernamento potrebbero insistere materiali inquinanti già utilizzati in passato in strutture militari. Si attende, per tanto, di conoscere gli esiti degli accertamenti e dei rilievi delle autorità sanitarie per poter esprimere un adeguato livello di soddisfazione e scongiurare che la prospettiva di trasferimento in questa struttura possa ritenersi una condizione poco accettabile da parte di tutto il personale interessato e soprattutto per garantire un adeguato livello di servizio all'utenza –:
   se il Ministro intenda informare gli interroganti sullo schema progettuale riguardante il trasferimento del Dmml e se sia interessata anche l'ospitata sede dell'associazione UNUCI;
   se risulti la presenza di materiali inquinanti nella struttura di Via Bonino e se, nell'eventualità che ciò venga accertato, siano state stanziate le risorse necessarie alla bonifica del sito. (4-16020)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 marzo 2017, il Ministro dell'economia e delle finanze ha annunciato l'intenzione del Governo di mettere in vendita il 15 per cento della Cassa Depositi e Prestiti entro la fine dell'anno per, ricavarne 5 miliardi di euro, abbattere il debito pubblico e rientrare nei vincoli dell'Unione europea;
   Cassa Depositi e Prestiti è l'ultimo vero baluardo che resta per sperare di ricostruire una sovranità industriale, economica e monetaria nel Paese. Detiene oltre 240 miliardi di euro di depositi postali, eroga crediti al sistema impresa, possiede partecipazioni strategiche in Terna, Eni, Snam, Poste, Fincantieri, Saipem, Italgas e altre aziende strategiche dalle quali si potrebbe ripartire per impostare una politica industriale;
   la sua privatizzazione viene ipotizzata nonostante sia ormai un fatto conclamato di quanto, nel corso di decenni, le privatizzazioni siano state per il nostro Paese operazioni devastanti: a partire dagli anni 90, quando con la legge 30 luglio 1990, n. 218, gli «istituti di diritto pubblico» divennero privati. Dopo quasi 30 il bilancio è catastrofico: sistematicamente le banche necessitano di interventi-salvataggio da parte dello Stato e dei soldi dei cittadini;
   ma anche se le privatizzazioni non hanno mai portato a una diminuzione del debito pubblico e hanno comportato, con la svendita di aziende cruciali e di patrimoni industriali, alla cessione a gruppi stranieri o a disastri naturali – Telecom Italia, Autostrade S.p.A., o Ilva, solo per citarne alcuni – quando la situazione è emergenziale, la vendita del bene pubblico al privato diventa per tutti i governi l'unica soluzione possibile, senza che questa abbia finora risanato il nostro bilancio né pagato i nostri debiti che ammonterebbero a oltre 2.200 miliardi di euro;
   quella su Cassa Depositi e Prestiti potrebbe essere un'operazione sofisticata comprensibile soltanto agli addetti ai lavori e non certamente ai comuni cittadini, ignari e convinti della solidità e della inattaccabilità di Cassa Depositi e Prestiti;
   attualmente il suo capitale è per l'82,77 per del Ministero dell'economia e delle finanze, per il 15,93 per cento di Fondazioni bancarie e per l'1,30 per cento della stessa Cassa Depositi e Prestiti ma secondo il «Sole 24ore» lo scenario potrebbe cambiare. Infatti, il Mef venderebbe, a titolo oneroso, la sua quota del 29,3 per cento di Poste Italiane a Cassa Depositi e Prestiti entro l'anno, dandone indicazione nel Def il prossimo 10 aprile. Con il trasferimento a titolo gratuito di questa ulteriore quota (il 35 per cento) già trasferito nel 2016) di Poste, come aumento di capitale del Tesoro, Cdp «non avrebbe grandi difficoltà a trovare i fondi. E poi potrebbe rifarsi con i dividendi distribuiti da Poste sull'oltre 60 per cento del capitale»;
   qualora non dovesse essere sufficiente, il Ministero dell'economia e delle finanze sarebbe pronto a trasferire, per un aumento di capitale di Cassa Depositi e Prestiti, una serie di sue partecipazioni in aziende quotate (come Finmeccanica, Enav ed Eni) e non quotate (come Fs, Rai, Poligrafico). Solo con il passaggio delle quotate il capitale di Cassa Depositi e Prestiti aumenterebbe di 6 miliardi arrivando a superare i 30 miliardi di valore: la cessione del 15 per cento quindi, farebbe incassare allo Stato circa 5 miliardi;
   sempre il «Sole 24ore» paventa però il rischio che la vendita a un investitore estero, più interessato a – entrare direttamente nelle società quotate anziché in Cassa Depositi e Prestiti che è una holding di partecipazioni, possa essere «trattata a sconto». Si delinea, quindi, una futura e ulteriore svendita di patrimonio statale, con una perdita del 20-30 per cento, inutile ai fini del risanamento del nostro bilancio e del pagamento del debito pubblico –:
   se il Governo non ritenga opportuno fornire urgentemente informazioni, ed entro la presentazione del Documento di economia e finanza, sulle sue intenzioni riguardo alle notizie insistenti e diffuse dagli organi di stampa sull'ipotesi di vendita del 15 per cento di Cassa Depositi e Prestiti. (4-16021)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sono due le evasioni di detenuti registrate nelle ultime 24 ore, di cui una riguardante un detenuto ristretto in regime di massima sicurezza, quindi altamente pericoloso: in Piemonte un detenuto albanese, che sarebbe tornato in libertà nel 2024, mentre nel Lazio un boss della camorra, alleato del clan casertano dei Belforte, riuscito a scappare calandosi con un lenzuolo da una finestra;
   da mesi i sindacati degli agenti di custodia denunciano, inascoltati, la grave carenza organica di polizia penitenziaria che si registra nelle carceri italiane e che porta, inevitabilmente, a tutta una serie di altre criticità, a cominciare anche da una non efficiente organizzazione generale dei servizi del personale;
   dura la denuncia del segretario generale del Sappe, Donato Capece: «Il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso, e le evasioni ne sono la più evidente dimostrazione. Sono state tolte, ovunque, le sentinelle della Polizia Penitenziaria sulle mura di cinta delle carceri, e questo è gravissimo. I vertici dell'Amministrazione Penitenziaria hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. Mancano Agenti di Polizia Penitenziaria e queste sono le conseguenze. E coloro che hanno la responsabilità di guidare l'Amministrazione Penitenziaria si dovrebbe dimettere dopo tutti questi fallimenti», a cui fanno eco le parole del segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci ha affermato che servono interventi urgenti sul sistema delle carceri italiane e piemontesi, ormai connotati da profonda disorganizzazione, a cui solo la professionalità degli agenti penitenziari riesce a mettere un argine nonostante l'assenza di uomini e mezzi;
   al grido d'allarme degli agenti penitenziari fanno da contraltare l'indifferenza e il silenzio dei vertici dell'amministrazione che, tra mancate promesse e quello che appare all'interrogante come una scellerata politica premiale, ben rappresentata dal fatto che hanno fatto fallire il sistema e saltare tutti i meccanismi di sicurezza: non si tratta più solamente di una carenza di organico oppure di malfunzionamento delle strutture e degli impianti di videosorveglianza, ma di una politica penitenziaria nazionale che, sotto le vesti di quello che appare all'interrogante come il falso buonismo unilateralmente orientato solo verso i detenuti, sta creando gravi problemi non solo per la sicurezza interna ai penitenziari ma anche alla collettività;
   a parere dell'interrogante, come spesso denunciato, l'emergenza carceri in Italia va affrontata con misure globali, occorre una riforma strutturale, servono mezzi, uomini e donne, strumenti per efficientare un sistema che presenta tante, troppe crepe, perché è evidente che se due detenuti riescono a segare indisturbati le sbarre di un locale detentivo e arrampicarsi sul muro di cinta del carcere, scavalcandolo, senza che un sistema di videosorveglianza o di controllo umano riesca ad impedirlo, anche al di là di eventuali responsabilità da accertare, un problema evidentemente c’è;
   è ora di una seria politica penitenziaria e di rivalutare l'opera della polizia penitenziaria: il dato di partenza è il superamento del problema del sovraffollamento che, unitamente alla ristrutturazione degli edifici già esistenti, agevolerebbe anche l'implementazione di progetti di reinserimento sociale e lavorativo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere, anche a carattere normativo, per affrontare la drammatica situazione del sovraffollamento e della carenza di organico delle carceri italiane;
   quali siano i dati aggiornati inerenti la presenza dei detenuti nelle strutture carcerarie e il rapporto detenuto-agente di polizia penitenziaria che si registra nelle sezioni dei penitenziari. (4-16007)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANCELLERI e RIZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il corridoio plurimodale tirrenico nord europa itinerario Agrigento-Caltanissetta – A19 strada statale n. 640 «di Porto Empedocle», ammodernamento e adeguamento alla categoria B del decreto ministeriale 5 novembre 2009 dal chilometro 44+000 allo svincolo con l'A19 costituisce uno dei maggiori assi viari regionali e la principale via di comunicazione tra Agrigento e Caltanissetta;
   la strada è ancora oggi interessata da importanti lavori di ammodernamento che la trasformeranno in strada extraurbana principale; il termine dei lavori era previsto per il 2016, l'arteria sarà costituita da due carreggiate separate, con 2 corsie per senso di marcia più corsia d'emergenza, senza incroci a raso. I lavori sono stati suddivisi in due maxilotti, il primo corrispondente al tratto agrigentino, il secondo ricadente nel nisseno;
   con la deliberazione n. 37/2009 si è deciso il primo programma delle opere strategiche (legge n. 443 del 2001) itinerario Agrigento-Caltanissetta – A19 adeguamento a quattro corsie della SS 640 «Di Porto Empedocle» – tratto dal chilometro 44+000 al chilometro 74+300 (svincolo A19) –:
   quale sia la quantificazione analitica delle spese per opere di prescrizioni e raccomandazioni come previsto dalla delibera del CIPE 37/2009 del 26 giugno 2009 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 gennaio 2010;
   quali opere di prescrizioni siano state realizzate, quali siano in itinere e quali siano ancora da realizzare alla data della risposta;
   quali opere di raccomandazioni siano state realizzate, quali siano in itinere e quali siano ancora da realizzare alla data della risposta. (5-10941)


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa, nei pressi di Dolo, si è registrato un grave incidente nel quale una autovettura, dopo l'urto, è stata letteralmente infilzata da un guardrail che eccezionalmente non ha determinato il decesso dell'automobilista;
   tale incidente ha nuovamente evidenziato una questione più volte sollevata da automobilisti, motociclisti, associazioni di consumatori, nonché amministratori locali e corpi di polizia in merito alla sicurezza legata a tali dispositivi di protezione;
   troppo spesso, infatti, si registrano incidenti purtroppo anche mortali in cui le barriere di protezione manifestano una paradossale eterogenesi dei fini –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato, in considerazione di quanto riportato in premessa, intenda assumere, per quanto di propria competenza, affinché sia verificata la sicurezza di tali protezioni e valutare la loro eventuale sostituzione con dispositivi in grado di garantire adeguata sicurezza e minore pericolosità in caso di incidente con l'obiettivo di scongiurare decessi. (5-10944)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 25 gennaio 2017 sulla strada a scorrimento veloce della provincia di Napoli, denominata «Asse mediano», è stata travolta e uccisa una donna, ridotta letteralmente a brandelli da diverse auto di passaggio, fino al punto che per il riconoscimento si è dovuti ricorrere alla prova del Dna;
   nei giorni successivi, sulla stessa strada, una ragazza di 21 anni, ha perso la vita quando la sua auto è andata a schiantarsi contro un guard-rail; con la giovane donna, anche un'altra ragazza, che era alla guida dell'automobile;
   all'origine di questi e di una interminabile sequenza di incidenti ci sarebbero vari fattori;
   sull'arteria stradale si viaggia spesso ad altissima velocità; gran parte degli incidenti sono causati da questo elemento, in qualche modo incoraggiato dall'assenza lungo tutto l'asse viario di meccanismi elettronici di sanzione del superamento dei limiti di velocità;
   altre cause sono riconducibili alle condizioni strutturali della lunga strada, che manca, in alcuni punti, di visibilità a causa di un'inadeguata manutenzione dei cigli stradali; che risente di una scarsa qualità del manto stradale; che presenta danneggiamenti in vari punti al sistema di barriere protettive;
   l'Asse mediano conta una storia drammatica di incidenti stradali, a volte mortali, altre volte con tamponamenti a catena, molti feriti, circostanze spesso legate alla velocità sostenuta, all'impatto con i guard-rail, ai salti di corsia, che mettono a serio rischio le migliaia di automobilisti che, per ragioni di lavoro e di pendolarismo, si spostano lungo la strada ogni giorno;
   l'Asse mediano è una arteria extraurbana, indicata come la 162 NC asse mediano (ex strada statale 162 NC), che ha una lunghezza totale di 33,75 chilometri, è composta da due carreggiate separate da uno spartitraffico;
   è una strada a scorrimento veloce e rappresenta uno snodo viario fondamentale della viabilità dell'entroterra a nord di Napoli, dal momento che consente il collegamento tra la città, decine di comuni del Napoletano e il raccordo con altri assi viari interni e con la rete autostradale;
   la strada fu progettata negli anni ottanta, e costruita con i fondi della ricostruzione conseguente al terremoto dell'Irpinia; nasce per collegare le aree industriali più importanti della provincia (Pomigliano, Nola), con la circumvallazione esterna, la fascia costiera domiziana, gli snodi per ferrovie, autostrade e aeroporto;
   nato come competenza Anas, l'Asse mediano, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, dal 17 ottobre 2001 è passata in gestione alla regione Campania, che a sua volta l'ha trasferita alla provincia di Napoli;
   dal primo gennaio 2015 l'Asse mediano è transitato sotto la competenza della città metropolitana di Napoli;
   tra il 2010 e il 2012 è stata oggetto di ripetuti interventi di pavimentazione nei suoi punti più sconnessi e pericolosi; è stata altresì adeguata in parte l'illuminazione pubblica, così come si è intervenuti sull'inquinamento acustico con l'installazione di pannelli;
   restano intatte, però, come si evince dalla lunga e drammatica sequenza di incidenti stradali, i tratti di vera e propria emergenza, legata alla sicurezza pubblica lungo l'arteria, a cui si dovrebbe rispondere con un intervento straordinario di messa in protezione della strada, con meccanismi di rilevamento elettronico della velocità, con strumenti di dissuasione delle condotte pericolose, con interventi strutturali radicali e con un aumento dei controlli –:
   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di garantire un intervento sulla questione sicurezza relativa all'Asse mediano di Napoli, atteso che nelle condizioni in cui attualmente si trova, esso rappresenta un grave pericolo per la pubblica incolumità e per la sicurezza dei cittadini. (4-16016)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   all'entrata del territorio comunale di Castelnuovo Val di Cecina (Pisa) vi è un'area, di proprietà della «Soluzione S.r.l.» di Idilio Masi, presso la quale insistono ammassati numerosi rifiuti anche speciali;
   Soluzione S.r.l. è stata titolare di un appalto di recupero in conto vendita di beni dismessi dallo Stato tramite la Croce rossa italiana o ad essa donati: all'atto di vendita una parte del ricavo va in favore della Croce rossa italiana, una parte, nella fattispecie, rimane a beneficio della società di Masi;
   non si comprende quale uso faccia la Croce rossa italiana di vecchi monitor a tubo catodico, computer rotti, stampanti guaste, materassi marci dal momento che questi oggetti risultano inutilizzabili già al momento della cessione delle pubbliche amministrazioni a Croce rossa italiana, e quindi a Masi, invece di lasciarli smaltire dalle pubbliche amministrazioni secondo la normativa vigente in materia di smaltimento rifiuti;
   i residenti nel corso degli anni hanno denunciato tale insostenibilità della situazione anche per i rischi concernenti la salute degli abitanti;
   suddetta area è stata già oggetto nel 2012 di un atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Realacci, con cui è stato sollecitato l'intervento delle autorità preposte per gli appositi controlli;
   il 10 gennaio 2017, il Gruppo Consiliare «Obiettivo comune», in una interrogazione rivolta al Sindaco di Castelnuovo Val di Cecina, chiedeva se l'Arpat, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale toscana, avesse mai inviato al comune di Castelnuovo Val di Cecina la risposta con l'esito degli accertamenti effettuati a carico della ditta Masi;
   il sindaco rispondeva, il 13 gennaio 2017, che Arpat non aveva trasmesso alcunché alla sua Amministrazione precisando di non avere notizia di nessun controllo Arpat;
   in data 19 gennaio 2017 l'Arpat ha comunicato che l'indagine presso la ditta Masi c'era stata e che gli esiti erano «stati trasmessi dalla casella di Posta Elettronica Certificata (PEC) di Arpat a quella del Comune di Castelnuovo Val di Cecina» sin dal 23 novembre 2012;
   in data 23 gennaio 2017 il gruppo consiliare «Obiettivo comune» ha posto al sindaco attraverso interrogazione una serie di domande sul perché per così tanti anni fosse stata negata l'esistenza della PEC richiamata da Arpat;
   ad oggi l'amministrazione comunale non ha fatto ancora pervenire alcuna risposta;
   sono trascorsi ben 5 anni e nel frattempo le cose a giudizio dell'interrogante, potrebbero essere peggiorate dal punto di vista ambientale e per i rischi alla salute degli abitanti –:
   se, in considerazione di quanto riportato in premessa, il Governo non ritenga di verificare, attraverso la competente prefettura, se sussistano i presupposti per l'accesso agli atti, presso il comune di Castelnuovo Val di Cecina;
   se risulti se la ditta «La Soluzione» considerata dalle CRI come loro intermediario di affari quando rileva autoveicoli e li rivende sul mercato, sia qualificata per trattare anche i rifiuti. (5-10937)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sono aumentati i furti nella città di Modica e la popolazione locale è particolarmente allarmata, mentre le istituzioni preposte al controllo del territorio sono impossibilitate ad espletare le loro funzioni nel miglior modo possibile perché in numero non sufficiente e impiegate anche a fare fronte agli sbarchi dei migranti nel porto di Pozzallo;
   tra l'altro, c’è stato l'ennesimo incendio doloso nel volgere di poche settimane nella vicina città di Scicli, che ha comportato un grande allarme tra la popolazione locale;
   è necessario, pertanto, che vengano aumentate le risorse economiche, il personale da impiegare per un controllo capillare del territorio, nonché i mezzi e le strutture adeguate ed idonee a fronteggiare l'aumento dei furti e di altri reati che colpiscono la popolazione locale –:
   se non ritenga necessario il Ministro interrogato adottare misure urgenti quali il potenziamento delle forze di polizia dotate altresì di mezzi adeguati per contrastare la criminalità nelle città di Modica e di Scicli. (4-16003)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone ha difficoltà ad assicurare un'uniforme copertura della necessità del soccorso tecnico urgente nella propria area di responsabilità;
   la causa di tali difficoltà è da attribuire alla carenza di organici, quantificabile in 24 effettivi corrispondenti a circa cinque squadre, poiché risultano in forza effettiva soltanto 166 vigili a fronte dei 190 previsti ed una squadra è normalmente composta da 5 unità;
   a tale deficit di personale sarebbe urgente porre rimedio;
   in assenza di nuovi afflussi di personale al comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone, potrebbe risultare impossibile mantenere il distaccamento del Corpo a Sacile, attualmente attivo nel turno diurno con due professionisti e tre volontari;
   il distaccamento dei vigili del fuoco di Sacile effettua più di mille interventi all'anno, praticamente tre al giorno, addirittura più di quelli che normalmente garantisce il distaccamento di San Vito al Tagliamento;
   il danno conseguente all'eventuale soppressione del distaccamento dei vigili del fuoco di Sacile sarebbe quindi notevole;
   sarebbe altresì importante restituire a quello di Sacile la qualifica di distaccamento permanente;
   nel corso del 2017, si prevede di assumere circa 1.700 vigili del fuoco –:
   quali misure il Governo intenda adottare per consentire al comando provinciale dei vigili del fuoco di mantenere un'uniforme copertura delle necessità del soccorso tecnico urgente nella sua area di responsabilità;
   se il Governo intenda o meno attribuire personale addizionale al comando provinciale dei vigili del fuoco di Pordenone, anche attingendo alle risorse che verranno reclutate nel corso del 2017. (4-16005)


   CASTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno ha, da tempo, approvato il bando di un nuovo concorso per 250 posti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le cui prove selettive inizieranno il 29 maggio 2017;
   la sola notizia dell'imminente avvio delle nuove procedure concorsuali ha accresciuto le preoccupazioni degli idonei non vincitori del concorso bandito nel 2008 per il reclutamento di 814 vigili del fuoco, ancora non esaurita;
   la proroga più recente, che ha spostato alla fine del 2017 il termine di validità della graduatoria del concorso cosiddetto 814, permetterà di sanare un certo numero di posizioni individuali, ma certamente non tutte;
   secondo indiscrezioni, delle assunzioni continuerebbero comunque ad esser fatte attingendo alla graduatoria del concorso promosso nel 2008 per 814 posti fino alla pubblicazione della graduatoria dei vincenti del nuovo concorso per 250 posti appena indetto;
   stando ad alcune stime, potrebbero bastare 2.000-2.500 assunzioni nette nel biennio 2017-18, a fronte delle 1.700 già programmate per l'anno in corso, per assorbire definitivamente gli idonei non vincitori del concorso 814, tra i quali figurano anche vigili volontari e discontinui;
   il personale utilmente collocato nella graduatoria del concorso 814 avrebbe un'età media di 32 anni, che permetterebbe di attenuare l'invecchiamento graduale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la cui età media è ormai attualmente superiore ai 47 anni –:
   se e quali concrete iniziative il Governo intenda assumere per assicurare l'assunzione di tutti gli idonei del concorso indetto nel 2008 per 814 vigili del fuoco o comunque tutelarne l'interesse ad un avvenire dignitoso. (4-16010)


   BOSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Portici, in provincia di Napoli, c’è una villa padronale in stile Liberty, denominata Villa Fernandes;
   tale struttura è stata a lungo sotto la proprietà di personaggi della criminalità organizzata, tanto che il bene è stato confiscato e messo a disposizione, nel 1999, del comune di Portici;
   nel 2014, dopo una battaglia burocratica durata molti anni, la villa è stata sottratta all'abbandono, diventando simbolo di riscatto, sede di «Libera» e del Collegamento Campano contro le mafie, trasformandosi in motore di iniziative e apertura sociale;
   con delibera della giunta comunale n. 149 del 12 marzo 2015, avente ad oggetto «Destinazione ed assegnazione degli immobili confiscati alla criminalità organizzata», sono stati fissati i criteri per destinare i beni confiscati alle mafie e trasferiti al comune per un loro uso sociale;
   all'articolo 7 delle suddette linee guida si legge che «gli immobili possono essere assegnati a titolo gratuito solo attraverso procedura ad evidenza pubblica» e che il dirigente deve attivare la pubblicazione di avviso pubblico per tale assegnazione;
   all'articolo 13 delle suddette linee guida si ribadisce che il comune può procedere ad assegnazione diretta solo nel caso in cui, esperita per almeno due volte la procedura pubblica, non siano pervenute istanze o esse siano ritenute inadeguate alla finalità sociale;
   il 21 dicembre 2015, fedelmente alle linee guida sopra riportate, il comune di Portici ha approvato la determinazione dirigenziale n. 1217 con cui è stata indetta gara per affidamento in concessione d'uso a titolo gratuito di villa Fernandes;
   tale gara prevedeva la valutazione di progetti destinati ad attività di servizio a fasce giovanili per incontri socioculturali, anche con finalità occupazionali per persone svantaggiate;
   alla gara hanno risposto tre soggetti: la cooperativa sociale onlus Semi di pace, l'associazione Collegamento campano contro le camorre, per la legalità e la non violenza Franciosi Onlus e la Cooperativa sociale Bcd Group;
   il 24 ottobre del 2016, con determina dirigenziale n. 774, il comune di Portici ha proceduto all'annullamento della gara e alla restituzione delle buste contenenti le proposte progettuali;
   la motivazione addotta per l'annullamento è stata l'assenza nel bando del requisito di un'anzianità (almeno tre anni di attività sul territorio cittadino) per i soggetti partecipanti, così come previsto dalle linee guida;
   in realtà, nel bando, veniva richiamato per intero il deliberato 149 con i criteri di assegnazione, che andavano quindi ritenuti vincolanti di fatto per la partecipazione alla gara, senza necessità di ulteriori annotazioni;
   appare all'interrogante non adeguatamente motivata la decisione di annullare la gara sopra menzionata;
   dall'atto di annullamento, non è stata bandita nuova evidenza pubblica, lasciando l'importante immobile confiscato in uno stato di incertezza;
   in data 14 febbraio 2017, con atto del commissario straordinario n. 18, si è decisa la partecipazione in partenariato al Bando indetto dalla Fondazione con il sud per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie;
   tale delibera prevede un accordo con la Cooperativa Semi di pace, per la gestione partecipata di Villa Fernandes, con utilizzo del bene confiscato;
   nell'accordo si precisa che esso non costituisce concessione in uso della struttura alla cooperativa stessa; tuttavia, prefigurando l'utilizzo della struttura per le attività progettuali, si realizza, con tutta evidenza, un accordo specifico e mirato con un soggetto, individuato direttamente, oltrepassando, di fatto, il bando pubblico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, e considerando anche la gestione commissariale in essere presso il comune di Portici, di intervenire per verificare la correttezza delle procedure adottate finora per Villa Fernandes, in ragione della sua straordinaria importanza, anche simbolica, nella lotta alle mafie. (4-16011)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dell'operazione Olimpia viene emessa dal Giudice per le indagini preliminari Mara Mattioli un'ordinanza di custodia cautelare a carico di quindici persone tra politici, ex amministratori, dirigenti, funzionari comunali, professionisti ed imprenditori;
   la notizia degli arresti ha determinato la sospensione obbligatoria dal servizio per i dipendenti Ventura Monti e Elena Lusena, accusati di aver destinato, in concorso tra loro, le somme già stanziate per la ristrutturazione dell'ex Albergo Italia ai lavori di ampliamento dello stadio Francioni, comportando l'immediato allontanamento degli stessi dal posto di lavoro, nonché la decurtazione dello stipendio, erogato nella misura del minimo vitale;
   tale provvedimento obbligatorio di sospensione è stato adottato dalle Commissioni per i procedimenti disciplinari, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del CCNL del personale dirigente del comparto Regioni e autonomie locali secondo il quale «il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell'incarico dirigenziale conferito e privazione della retribuzione per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà (...)». Analoga disposizione è prevista dal CCNL del personale non dirigente del comparto Regioni e autonomie locali (articolo 5);
   i dipendenti pubblici devono tra l'altro osservare anche i doveri stabiliti dalla Costituzione: fedeltà alla Repubblica (articolo 51 della Costituzione), principi di imparzialità e buon andamento (articolo 97 Cost.), carattere democratico della Repubblica (articolo 1 della Costituzione), che impone di favorire rapporti di fiducia tra amministrazione e cittadino;
   l'articolo 55-ter del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevede la prosecuzione e la conclusione del procedimento disciplinare anche in pendenza del procedimento penale;
   i fatti contestati ai dipendenti, oltre alla loro eventuale rilevanza sotto il profilo penale, hanno sicuramente un rilievo disciplinare, in quanto costituiscono violazione ai doveri di diligenza, obbedienza e fedeltà sanciti, come per il rapporto di lavoro privato, dagli articoli 2104 e 2105 del codice civile;
   nonostante il Tribunale del Riesame di Roma abbia annullato per insussistenza delle esigenze cautelari i provvedimenti restrittivi a carico degli stessi – mantenendo solo il periodo di interdizione dai pubblici uffici di un anno per Ventura Monti – dalle intercettazioni risulta palese il loro coinvolgimento negli illeciti compiuti ai danni dell'amministrazione comunale; tanto che, essendo i fatti addebitati sufficientemente accertati, e di gravità tale da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto, a parere dell'interrogante, appare opportuno un allontanamento dei suddetti dipendenti comunali in quanto la permanenza in servizio degli stessi, anche se con diverso incarico (come già avvenuto per la Lusena, e come potrebbe accadere tra un anno, ad esito del periodo di interdizione, per Monti) costituirebbe pericolo di possibili ulteriori turbamenti all'interno dell'amministrazione comunale, nonché di reiterazione di condotte illecite e/o scorrette;
   appare all'interrogante, dunque, opportuno che il comune di Latina, all'esito del procedimento disciplinare già avviato, proceda all'immediato licenziamento dei suddetti dipendenti comunali, senza attendere l'esito del procedimento giudiziario penale, essendo ciò consentito dalla legge –:
   se i Ministri in indirizzo convengano sulla necessità di attivare tutte le iniziative di competenza utili a ripristinare trasparenza, legalità e correttezza amministrativa nell'amministrazione del comune di Latina;
   di quali elementi disponga in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'eventuale esercizio dell'azione risarcitoria, previo accertamento del danno erariale subito dall'amministrazione comunale, e all'eventuale adozione di un provvedimento di licenziamento, posto che appare all'interrogante più che opportuno che il procedimento disciplinare venga concluso anche in pendenza del procedimento penale;
   se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere una richiesta di risarcimento del danno all'immagine cagionato alla pubblica amministrazione.
   (4-16023)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il XVIII Rapporto (2016) AlmaLaurea, condotto sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati in Italia, non ha delineato un quadro confortante;
   lo scopo dello studio è stato quello di fotografare le performance occupazionali che i laureati triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico, hanno sul mercato del lavoro nazionale, sia nel breve che nel medio periodo. In particolare, ha mirato ad approfondire e migliorare la conoscenza in merito all'inserimento professionale dei giovani laureati, con il duplice obiettivo di orientare gli studenti che stanno per concludere gli studi universitari e di offrire alle università uno strumento efficace e tempestivo di analisi e valutazione degli esiti professionali dei loro laureati;
   l'indagine ha coinvolto oltre 570.000 laureati di 71 atenei dei 73 attualmente aderenti al Consorzio AlmaLaurea, dei quali 64 coinvolti anche nell'indagine a cinque anni dal conseguimento del titolo, oltre a 265 mila laureati post-riforma del 2014 – sia di primo che di secondo livello – ad un anno dal termine degli studi universitari. Sono stati intervistati tutti i laureati di secondo livello del 2012 (oltre 107 mila), interpellati quindi a tre anni dal termine degli studi e i colleghi del 2010 (86 mila), contattati a cinque anni dal termine degli studi;
   dato il campione assai rappresentativo si ritiene che i risultati dell'indagine siano da tenere in particolare considerazione;
   ebbene, i dati prodotti fanno emergere due grandi problemi:
    i) il crollo delle immatricolazioni;
   i flussi di mobilità territoriale evidenziati dalle indagini AlmaLaurea sottolineano come negli ultimi 10 anni le regioni del Mezzogiorno abbiano perso costantemente capitale umano, migrato al Centro-Nord. L'andamento delle immatricolazioni mostra che, dopo l'aumento registrato dal 2000 al 2003 (+19 per cento), legato soprattutto al rientro nel sistema universitario di ampie fasce di popolazione di età adulta, e nonostante la leggera ripresa registrata nell'ultimo anno, dal 2003 al 2015 le Università hanno perso nel complesso quasi 70 mila matricole (-20 per cento): per il Sud la contrazione è del 30 per cento, per il Centro è del 22 per cento, per il Nord è del 3 per cento;
    ii) il divario territoriale a livello occupazionale e retributivo: tra i laureati magistrali indagati a uno e a cinque anni dal titolo il divario territoriale resta elevato e sempre a favore del Nord;
   a un anno dal titolo tra i magistrali il differenziale occupazionale è pari a 21 punti percentuali: è occupato il 74 per cento dei laureati residenti al Nord e il 53 per cento tra coloro che risiedono nelle aree Meridionali. Il tasso di disoccupazione è pari al 17 per cento tra i colleghi del Nord e sale al 36 per cento tra quelli del Sud. In tale contesto i laureati residenti al Centro si collocano di fatto in una condizione intermedia;
   elevate anche le differenze retributive: tra i neolaureati che hanno iniziato l'attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, il differenziale è pari al 16 per cento. Al Nord, il guadagno è di 1.290 euro mensili netti rispetto ai 1.088 euro dei colleghi del Mezzogiorno;
   a cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze territoriali tra Nord e Sud del Paese si riducono apprezzabilmente, ma restano sempre a favore del Settentrione. Tra i laureati magistrali il differenziale occupazionale Nord-Sud scende a 15 punti percentuali. Lavorano 89 laureati su cento residenti al Nord, mentre al Sud l'occupazione coinvolge il 74 per cento dei laureati. Migliorano anche le retribuzioni: al Nord si attestano a 1.480 euro mensili netti, mentre al Sud arrivano a 1.242 euro –:
   quali siano le iniziative che intendano adottare per porre rimedio ai due grandi problemi sopra descritti. (4-16009)


   ZOLEZZI, VIGNAROLI, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI e BUSTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 marzo 2017 il dirigente scolastico dell'Istituto di istruzione superiore «Natta Deambrosis» di Sestri Levante, Paola De Vincenzi, ha inviato un comunicato allo staff di dirigenza, ai docenti, agli studenti, alle famiglie, alla direzione dei servizi generali e amministrativi illustrando un programma di rimozione materiale contenente amianto all'interno dell'istituto citato da svolgersi durante le lezioni;
   si tratta della rimozione di pavimenti in vinilamianto da alcuni locali della scuola che risulta programmata fra il giorno 13 marzo 2017 e il mese di aprile;
   il giorno 24 marzo 2017 (quindi dopo l'inizio dei lavori) è programmata una riunione illustrativa. La dirigente si premura di informare che fino ad allora nessuno all'interno della scuola è stato esposto a fibre di amianto visto che i monitoraggi preliminari eseguiti dalla ditta incaricata tramite Città Metropolitana di Genova hanno dato esito negativo e che i lavori procederanno senza mettere a repentaglio la salute di nessuno;
   la parte finale dei lavori, meno urgente, proseguirà poi nei mesi estivi;
   in pratica si comunica che si eseguono «lavori urgenti e di opportunità immediata» ora e che altri lavori meno urgenti verranno eseguiti nei mesi estivi o successivamente;
   ora è ben noto come la fascia più esposta al rischio amianto sia quella degli studenti per la lunga latenza delle malattie asbesto correlate; secondo i dati ONA Onlus ben 2.400 scuole sono infarcite di amianto; l'amianto nei pavimenti, a causa del calpestio, può uscire all'esterno ed essere pericoloso per la salute;
   pertanto l'interrogante non comprende l'urgenza di eseguire lavori in presenza di studenti e operatori scolastici, perché è nota la possibilità di diffondere le fibre di amianto e di come queste, anche se in pur minima quantità, possano dare problemi alla salute –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della situazione descritta in premessa e se intendano svolgere accertamenti mettendo a disposizione del pubblico i dati dei monitoraggi sulla presenza di fibre di amianto nei locali descritti e in corso dei lavori apparentemente già iniziati;
   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in virtù del principio di precauzione, non ritenga necessario assumere iniziative affinché sia chiusa la scuola in questione durante l'esecuzione dei lavori di bonifica perché potenzialmente pericolosi, facendo sì che siano rivalutate le tempistiche di cantiere opportune all'esecuzione degli stessi.
(4-16019)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PATRIZIA MAESTRI, DAMIANO, GNECCHI, FABBRI, TULLO, MARCHI, CASELLATO, BOCCUZZI, GRIBAUDO, ROMANINI, BARUFFI, CAROCCI, INCERTI e GANDOLFI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da ormai 14 mesi gli oltre 45.000 lavoratori del settore gas-acqua attendono il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto il 1o gennaio 2016. Il 17 marzo 2017 si è svolto uno sciopero nazionale dei lavoratori del settore, molti dei quali impiegati in aziende municipalizzate o ex municipalizzate;
   in molte delle aziende che applicano il contratto di lavoro del settore gas-acqua vengono applicati anche il contratto collettivo nazionale di lavoro energia elettrica e il Contratto collettivo nazionale di lavoro ambiente, entrambi già rinnovati sulla base di accordi economici e normativi in linea con le aspettative dei lavoratori;
   il rinnovo del contratto del settore gas-acqua, in tempi brevi e in linea con i contratti già firmati nel mondo delle utility, favorirebbe lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio gas bloccate da mesi, anche a causa dell'incertezza connessa con l'assenza di parametri certi legati al costo del lavoro e alle regole per l'esternalizzazione di parti importanti e strategiche del processo produttivo;
   le aziende del settore, favorite dal basso costo dell'energia e dai segnali incoraggianti della ripresa economica del Paese, stanno ottenendo risultati economici di assoluto valore, confermati anche dalle positive quotazioni sul mercato azionario raggiunte dalle principali multiutility italiane –:
   se i Ministri interrogati non intendano farsi parte attiva, per quanto di competenza, nel sostenere il positivo confronto tra le organizzazioni sindacali e i rappresentanti delle aziende operanti nei settori gas e acqua per addivenire, con sollecitudine, al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto.
   (5-10934)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le ultime notizie stampa sui ritardi del Governo ad attuare alcune importanti misure a carattere sociale contenute nella legge di bilancio 2017 destano non poco allarme;
   l'Ape e l'Ape social, le misure di anticipo pensionistico che avrebbero dovuto alleggerire i disastrosi effetti prodotti dalla riforma Fornero delle pensioni, sono sospese in mancanza dei decreti attuativi;
   secondo alcune indiscrezioni riportate a mezzo stampa, il Governo starebbe temporeggiando per restringere ulteriormente la platea degli aventi diritto all'Ape social (interamente finanziata dallo Stato e per la quale sono stati stanziati in legge di bilancio 300 milioni per il 2017), poiché rispetto ai 35 mila lavoratori potenzialmente interessati dalla misura le risorse risultano essere insufficienti;
   altro giallo di questi giorni è il cosiddetto «premio alla nascita», previsto sempre nella legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 353, legge n. 232 del 2016) nell'ambito del pacchetto di misure per la famiglia;
   per tale incentivo sono stati stanziati 600 milioni di euro per il 2017, che dovrebbero garantire, appunto, il bonus di 800 euro a circa 750 mila famiglie;
   rumors dicono che l'obiettivo finale di tali rimandi sia quello di reperire ulteriori risorse per la manovrina da 3,4 miliardi di imminente emanazione –:
   se trovino conferma le preoccupazioni esposte in premessa e, in caso di risposta negativa, quali siano le ragioni dei ritardi richiamati. (5-10943)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il sindacato Fiom Ancona, nei giorni scorsi, ha presentato un esposto presso la Procura della Repubblica di Ancona affinché si verifichi l'ipotesi di sfruttamento della manodopera portuale a danno di operai disoccupati in cerca di lavoro giornaliero;
   sembrerebbe che ormai da diverso tempo davanti ai cancelli Fincantieri del porto di Ancona, si presenterebbero dipendenti d'imprese subappaltanti per proporre lavoro giornaliero a operai disoccupati, in attesa di essere incaricati da dipendenti delle ditte appaltanti o sub-appaltanti per svolgere lavori di vario genere all'interno dei cantieri navali in cambio di una misera paga, senza alcuna tutela e diritto;
   Fincantieri ha comunicato di essere estranea a tali forme di caporalato messe in atto dalle ditte appaltatrici;
   a causa della crisi occupazionale purtroppo, assistiamo sempre di più a forme di caporalato in tutto il Paese a danno dei lavoratori disoccupati, disposti a prestare la loro mano d'opera per pochi euro al giorno –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   quali siano le azioni che intende mettere in campo per verificare quanto denunciato dalla Fiom Ancona riguardo ai fatti sopra esposti che si verificherebbero alla Fincantieri del porto di Ancona;
   quali impegni intende assumere per contrastare il fenomeno socio-lavorativo dello sfruttamento del lavoro che si sta diffondendo in modo radicale in tutto il territorio. (4-16004)


   MUCCI, MONCHIERO e GALGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, (legge di stabilità 2017) riconosce, dal 1o gennaio 2017, un premio alla nascita, o all'adozione di minore pari ad 800 euro, erogato in unica soluzione dall'Inps. Il premio, che non concorre alla formazione del reddito complessivo, è corrisposto a domanda della futura madre, e può essere richiesto al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione;
   ad oggi, non si conoscono ancora le modalità di erogazione del cosiddetto bonus «mamma domani» e la procedura e il modulo per farne domanda non sono disponibili, in quanto l'Inps non ha ancora predisposto la piattaforma per presentare la richiesta online;
   il Ministro per gli affari regionali, con delega per la famiglia Costa nei giorni scorsi ha assicurato che la possibilità di fare domanda per ottenere l'erogazione una tantum di 800 euro, che spetta dal settimo mese di gravidanza fino alla nascita, sarà attivata tra breve e il ritardo non annullerà il diritto acquisito dall'inizio dell'anno;
   l'Inps fa sapere che per predispone la piattaforma online erano previsti fin dall'inizio alcuni mesi di tempi tecnici, ma garantisce di renderla operativa ai primi di maggio 2017 e il sistema per rilasciare i contributi pronto verso la metà del mese;
   il 5 gennaio 2017 il presidente dell'Inps Boeri avrebbe inviato una lettera al dipartimento politiche per la famiglia, chiedendo di precisare i criteri per accedere alla misura, in quanto elementi necessari per assicurarne l'operatività in tempi brevi. La risposta del dipartimento sarebbe arrivata il 25 gennaio 2017, ma secondo l'Inps non avrebbe chiarito tutti i dubbi, anzi, per il bonus «mamma domani» i tecnici farebbero riferimento ai parametri utilizzati per il «bonus bebé», tra i quali esiste anche la soglia di reddito, che non è invece prevista nella nuova misura per le neo-mamme che è universale. Ulteriori delucidazioni sarebbero arrivate a marzo 2017, insieme a nuovi dettagli come il raddoppio del bonus in caso di parto gemellare, e tali modifiche avrebbero costretto l'Inps a rivedere la piattaforma telematica con ulteriori ritardi;
   a fine febbraio 2017 e ad inizi marzo 2017 sul sito dell'Inps sono state pubblicate due prime circolari che definiscono nel dettaglio la platea dei beneficiari, senza però specificare come presentare la domanda;
   il bonus «mamma domani» si aggiunge, come strumento a sostegno dell'incremento demografico, al «bonus bebé» previsto dall'articolo 1, commi 125-129, della legge di stabilità per il 2015 che prevede, per ogni figlio nato o adottato dal 1o gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione, purché il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente abbia un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) non superiore a 25.000 euro annui;
   l'operatività di tali norme è molto importante per le famiglie, dato che rappresentano una forma di incentivo all'incremento demografico e di sostegno per le spese affrontate prima e dopo il lieto evento, considerato che le nascite che in Italia diminuiscono sempre più a causa della crisi economica e dell'elevato tasso di disoccupazione giovanile che costringono molte coppie a rinunciare o a rinviare ad avere figli –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per mettere fine con urgenza alle diverse criticità sopra evidenziate, facendo sì che l'Inps, che risulta avere a giudizio degli interroganti responsabilità per la ritardata attuazione delle disposizioni di cui in premessa, predisponga al più presto la piattaforma per la presentazione on line della domanda di accesso al bonus «mamma domani» e non ritardi ulteriormente l'applicazione della normativa.
(4-16012)


   MUCCI, MONCHIERO e GALGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   tra le misure del pacchetto famiglia contenute nella legge di bilancio 2017 è previsto il « bonus asilo», (articolo 1, comma 355), che consiste nell'istituzione, a partire dal 2017, per i nuovi nati dal 2016, di un buono di 1.000 annui per l'iscrizione in asili nido pubblici o privati. Il buono è corrisposto in undici mensilità (cifra 90,9 euro mensili) dall'INPS al genitore che ne faccia richiesta presentando documentazione idonea a dimostrare sia l'iscrizione in strutture pubbliche o private, sia il pagamento della retta. Le modalità di attuazione di questa previsione saranno stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze –:
   se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assumere iniziative per accelerare l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 1, comma 355, della legge n. 232 del 2016, che avrebbe dovuto essere emanato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, al fine di rendere al più presto operative pure le disposizioni relative al bonus asili nido. (4-16013)


   CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il bacino dei lavoratori socialmente utili (LSU) presenti negli enti della regione Campania è di circa 5.000 mila unità;
   oggi i lavoratori socialmente utili svolgono attività molto diverse, esecutive, tecniche, di supporto, amministrative, contabili e di concetto, quindi il più delle volte non rientranti nel novero dei compiti relativi alle categorie di appartenenza e gli stessi hanno acquisito con titoli di studio ed esperienza maturata sul posto di lavoro;
   tali attività, erroneamente definite «di supporto», rappresentano in molti enti utilizzatori di lavoratori socialmente utili la possibilità di erogare i servizi primari;
   numerosi lavoratori socialmente utili inquadrati nelle categorie A, B e C attualmente impiegati dai comuni, dalla regione Campania, sono assegnati presso gli uffici amministrativi, finanziari, patrimonio, protocollo generale, Genio Civile dove svolgono le stesse mansioni dei dipendenti di ruolo, spesso colmando i vuoti in organico;
   il permanere della condizione di precarietà in cui versano i lavoratori socialmente utili da oltre vent'anni incide in modo negativo sulle già disagiate condizioni economiche in un contesto fortemente segnato dalla crisi, oltre che sulle aspettative pensionistiche;
   la sottoscrizione della convenzione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e regione Campania è avvenuto solo alla fine del mese di gennaio 2017 per il prosieguo delle attività socialmente utili, determinando criticità nel pagamento delle indennità riferite alle mensilità di gennaio, febbraio e probabilmente anche del mese di marzo 2017;
   la Ministra Madia ha dichiarato di voler stabilizzare tutti i precari storici della pubblica amministrazione, in cui, però, i lavoratori socialmente utili non rientrerebbero –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, quali iniziative intendano assumere per attivare quanto prima un tavolo interistituzionale coinvolgendo l'Inps affinché anche i lavoratori socialmente utili vengano riconosciuti come «precari storici» ed inseriti nella annunciata riforma, anche al fine di poter definire le procedure per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, nel rispetto delle funzioni e delle mansioni svolte, riconoscendo loro gli arretrati contributivi degli anni di servizio prestati presso gli enti utilizzatori. (4-16015)


   MARCON, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la direzione del Gruppo Sme, del punto vendita di Susegana (Treviso), il 17 marzo 2017, ha licenziato M.D, una lavoratrice madre di due figli, con l'accusa di aver utilizzato impropriamente la propria carta sconti aziendale per acquisti interni;
   la Cgil ha stigmatizzato il licenziamento come palesemente discriminatorio perché basato su accuse inconsistenti, tenuto conto che la lavoratrice ha agito all'interno di una prassi generale consolidata e mai contestata ad altri dipendenti dello stesso punto vendita;
   a detta della Cgil, la scelta da parte dell'azienda di procedere nel licenziamento risulta pregiudizialmente persecutoria, discriminante e ritorsiva nei confronti della lavoratrice;
   la lavoratrice licenziata è stata fra le principali promotrici della causa legale per ristabilire nell'azienda Sme il rispetto dell'orario contrattuale di lavoro, questione che è stata riconosciuta fondata tanto che il tribunale di Treviso, in prima istanza, e successivamente la corte d'appello di Venezia hanno condannato la Sme a versare un totale di 90.000 euro ai 15 dipendenti ricorrenti, ovvero tutti gli arretrati con gli interessi, per il mancato riconoscimento dell'orario settimanale contrattuale a 38 ore, rispetto alle 40 effettivamente prestate;
   le citate sentenze hanno aperto la strada ad analoghe iniziative legali da parte di dipendenti di altri punti vendita Sme;
   la Cgil ha già dichiarato che impugnerà il provvedimento di licenziamento nei confronti di M.D. mentre la componente Rsu Cgil ha espresso la volontà di valutare gli estremi anche per un'azione giudiziaria –:
   quali iniziative intenda avviare, per quanto di competenza, nei confronti dell'azienda Sme al fine di chiedere il ritiro del licenziamento della dipendente M.D. derivante a detta della Cgil esclusivamente da intenti persecutori nei confronti della ex delegata sindacale;
   se non ritenga necessario chiedere alla Sme il rispetto dell'orario di lavoro fissato dal contratto di lavoro a 38 ore settimanali e a procedere nella corresponsione degli arretrati con gli interessi per tutti i dipendenti di tutti i punti vendita Sme che hanno svolto un orario settimanale di 40 ore e non di 38 come da contratto, tenuto conto della sentenza emessa dal tribunale di Treviso, confermata dalla corte d'appello di Venezia. (4-16018)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da un'indagine dell'Anaao (Associazione medici e dirigenti del SSN), emerge il drammatico sovraffollamento dei Pronto Soccorso del nostro Paese;
   secondo quanto denuncia il sindacato, non è l'accesso improprio al triage, ma soprattutto la mancanza di posti letto nei reparti che trasformano i servizi di emergenza – urgenza in veri e propri ricoveri, anche per diversi giorni, in grandi stanzoni senza alcun di tipo di privacy;
   secondo gli standard ospedalieri, il limite di permanenza nei PS non dovrebbe superare le due ore, tuttavia, tale limite non è rispettato da tre ospedali su quattro, infatti, lo scorso anno circa venticinquemila pazienti hanno sostato in attesa del ricovero tra le ventiquattro e le sessanta ore;
   il dottor Domenico Montemurro, responsabile di Anaao giovani, che ha condotto l'indagine ha spiegato: «oramai a causa della mancanza di posti letto i ricoveri urgenti alimentati dai pronto soccorso sono il 56 per cento del totale e per quelli programmati, come in oncologia o per la piccola chirurgia, le liste d'attesa si allungano: sessantotto giorni per un'ernia inguinale oltre novanta per una tonsillectomia»;
   abbiamo più volte assistito a immagini mandate in onda sui canali tv, di drammatiche situazioni di sovraffollamento di pazienti in barella, uno accanto all'altro in attesa di un posto letto se non addirittura di pazienti messi per terra per poter loro prestare le cure di cui necessitano;
   il Pronto Soccorso rappresenta l'interfaccia tra ospedale e territorio, il primo servizio dove si rivolgono i cittadini con problemi di salute reputati urgenti, tuttavia affollamento, sovraffollamento, mancanza di posti letto nei reparti e insufficienza della dotazione organica di medici e infermieri conferma la totale mancanza di affidabilità ed efficienza che si dovrebbe prefiggere la sanità pubblica –:
   se corrisponde al vero che negli ospedali pubblici del Paese negli ultimi dieci anni sono stati tagliati circa 70.000 posti letto senza una contestuale riforma delle cure primarie;
   se non ritiene che lo standard del 3,7 per mille abitanti – che ci pone agli ultimi posti in Europa – tra posti letti per acuti e post-acuti (lungodegenza/riabilitazione), sia insufficiente per una popolazione demografica come quella italiana;
   poiché il diritto a essere curato in maniera appropriata e in condizioni dignitose è diritto di ogni persona, quali interventi urgenti intende mettere in campo per implementare la dotazione di organico di medici e infermieri ospedalieri al fine di migliorare la sanità pubblica e rendere più efficace e snello l'accesso al Ps, senza che si debba attendere anche per giorni prima di avere un posto letto in reparto. (5-10935)


   GIUDITTA PINI e PAOLA BOLDRINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale di statistica (Istat) ha rilevato che tra le malattie croniche più diffuse tra la popolazione, è stata indicata anche la cefalea o l'emicrania, che interessava il 10,5 per cento della popolazione maschile rispetto al 4,7 per cento rilevato nella popolazione femminile, da inserire nelle patologie croniche con maggiore incidenza, quarta solo dopo l'artrosi, l'ipertensione arteriosa e le malattie allergiche;
   le cefalee e le emicranie hanno un costo sociale ed economico ingente. La cefalea cronica, in particolare, è una malattia invalidante in grado di limitare o compromettere severamente la capacità di far fronte ai propri impegni di famiglia e di lavoro;
   sono state recentemente approvati i nuovi livelli essenziali di assistenza, che sono lo strumento fondamentale per definire compiutamente le prestazioni erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale;
   nelle osservazioni prodotte dalla commissione parlamentare competente chiamata a valutare l'Atto Governativo 358 si era inserito anche la richiesta di valutare l'opportunità di inserire la cefalea primaria cronica nell'allegato 8 contenente l'elenco delle malattie e della relative prestazioni sanitarie che hanno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo;
   sono depositati in Parlamento dei disegni di legge in entrambe le camere, che richiedono l'inserimento della cefalea primaria cronica nell'elenco delle malattie sociali –:
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative per inserire la cefalea primaria cronica nell'elenco delle malattie sociali. (5-10938)


   LUPO, DI VITA, NESCI e SCAGLIUSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il tema del diritto alla salute dei minori e della sua tutela ha un grande rilievo sociale: infatti, un sano sviluppo psicofisico dei bambini e degli adolescenti deve ritenersi un obiettivo prioritario nell'ambito delle politiche per l'infanzia, in quanto evita l'emergere di tutta una serie di patologie connesse al suo mancato raggiungimento;
   garantire al bambino e all'adolescente una crescita sana e armoniosa all'interno della propria famiglia e della comunità sociale costituisce, da un lato, un fondamentale fattore di civiltà e di crescita di ogni Paese e, dall'altro, riduce la necessità di porre in essere interventi di sostegno e riparatori a situazioni di grave rischio legate al disagio psicofisico, che hanno peraltro un elevato costo sociale;
   l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha documentato che i casi di bambini e adolescenti esposti al rischio di malattia psichiatrica si aggirino intorno ad una percentuale che oscilla tra il sette e il dieci per cento, sottolineando inoltre che quasi i tre quarti degli adulti affetti da malattia psichiatrica ha riconosciuto l'esordio del proprio disturbo in età evolutiva;
   sulla base dei principi sopracitati, in data 8 giugno 2016, l'ufficio di presidenza della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha quindi ritenuto di deliberare un'indagine conoscitiva sul tema «tutela della salute psicofisica dei minori»;
   in data 21 marzo 2017 è stato audito il direttore dell'unità di neuropsichiatria infantile, dipartimento di neuroscienze, IRCCS Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che riportava tra l'altro, l'allarmante carenza di strutture sanitarie specificatamente dedicate alla cura dei disturbi psichiatrici in età evolutiva e la conseguente assenza di risposte assistenziali adeguate;
   così come riportato durante il ciclo di audizioni il numero di posti letto dedicati alla psichiatria infantile nel nostro Paese è pari a 90, regioni come Umbria, Calabria, Val d'Aosta, Abruzzo, Molise, Basilicata non posseggono all'interno delle pubbliche strutture ospedaliere posti letto dedicati alla neuropsichiatria infantile con la diretta conseguenza di effettuare ricoveri in strutture non specifiche come, ad esempio, il reparto di pediatria o i reparti predisposti per i servizi psichiatrici per adulti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   quali iniziative, anche a carattere d'urgenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere, per quanto di competenza, affinché sia garantito un congruo numero di posti letto dedicati esclusivamente alla psichiatria infantile e dell'età evolutiva in tutte le regioni italiane. (5-10942)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO, PARENTELA e BENEDETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'europarlamentare Piernicola Pedicini ha sollevato tramite l'interrogazione del 19 dicembre 2016 come da Trieste, uno dei principali porti di ingresso del caffè in Europa, superati i controlli ministeriali alla frontiera, il caffè proveniente dal Brasile venga autorizzato per la vendita negli altri Paesi europei. In tali controlli, tramite analisi condotte dall'Agenzia dell'ambiente del Friuli per conto del Ministero della salute, non viene valutata la presenza di alcuni pericolosi fitosanitari ampiamente utilizzati nelle coltivazioni brasiliane del caffè ma vietati nell'Unione. In particolare, i controlli ufficiali non ricercano la presenza del pericoloso pesticida Terbufos e del glifosato, seppur l'impiego di quest'ultimo è permesso in Europa entro certi limiti;
   la risposta della commissione, in data 27 febbraio 2017, è stata che «gli Stati membri effettuano controlli sui prodotti alimentari per garantire la conformità con i livelli massimi di residui (LMR) per i residui di antiparassitari, in linea con il regolamento (CE) n. 396/2005. Tali controlli vengono effettuati nell'ambito di un programma di controllo pluriennale (PCNP) dell'UE e di programmi pluriennali nazionali (PN) sia sugli alimenti importati sia su quelli di produzione nazionale. Poiché i prodotti che rientrano nel PCNP dell'UE rappresentano solo i principali componenti della dieta alimentare nell'UE, il caffè in grani non è compreso in questo programma. Spetta agli Stati membri decidere circa la scelta, in base al rischio, dei prodotti alimentari e dei pesticidi da sottoporre ad analisi nell'ambito dei rispettivi PN e, di conseguenza, decidere se controllare il caffè in grani per accertare la presenza di glifosato o di terbufos»;
   un articolo de Il Salvagente del 27 dicembre 2016 (https://ilsalvagente.it/2016/12/27/caffe-rischio-glifosato-in-quello–proveniente-dal-brasile/) riporta come l'uso smodato di pesticidi in Brasile stia decimando i lavoratori. Tra questi il Terbufos risulterebbe particolarmente tossico tanto da provocare disordini visivi, vertigini, vomito, difficoltà di respirazione e perdita di coscienza –:
   quali misure il Governo intenda predisporre al fine di indagare tramite piani di controllo nazionali la presenza di terbufos e glifosato nel caffè in grani proveniente dal Brasile e commercializzato in Italia come nel resto d'Europa;
   se il Governo non intenda farsi portavoce di una stringente regolamentazione dei controlli, nell'ambito del programma europeo di controllo pluriennale, della presenza dei pesticidi vietati o fortemente limitati in Unione europea, Terbufos e glifosato in primis, in prodotti commercializzati in Unione europea, caffè incluso;
   se il Governo intenda adottare, in nome del principio di precauzione, iniziative normative volte ad introdurre il divieto in Italia di alimenti contenenti residui dei pesticidi glifosato e terbufos, ai fini della tutela della salute umana. (4-16008)


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'evoluzione del nostro sistema di welfare sanitario ha reso indispensabile la codificazione di procedure e pratiche assistenziali che tendesse all'omogeneizzazione e alla standardizzazione delle attività sanitarie, ai fini della revisione statistica e delle valutazioni di costo e di sostenibilità del sistema;
   in particolare, riprendendo altre esperienze internazionali, in Italia è attivo il sistema di classificazione della attività sanitarie in regime di ricovero basato sulle SDO, accompagnato dalla codifica delle procedure chirurgiche attraverso la classificazione ICD-9CM e della valutazione dei costi per gruppi di diagnosi correlati (DRG);
   tali sistemi necessitano di una costante attività di aggiornamento che consenta di mantenere stretta attinenza tra l'interesse del paziente all'erogazione della miglior prestazione sanitaria disponibile e la necessità di garantire sostenibilità economica complessiva all'intero sistema;
   una delle principali criticità dell'attuale sistema di classificazione delle patologie e delle procedure e di valutazione dei costi del nostro Paese è dunque rappresentato dalla sua scarsa capacità di accogliere l'innovazione, rischiando pertanto di ridurre la garanzia della qualità dell'assistenza resa al paziente;
   tale scarsa elasticità e plasticità del sistema rischia di essere ancora più evidente nella evoluzione della risposta terapeutica chirurgica, laddove l'introduzione di nuove tecnologie può modificare sostanzialmente i percorsi clinici del paziente;
   nel caso del trattamento delle fistole perianali e del sinus pilonidalis, va preliminarmente sottolineata la grossolanità dell'attuale codifica che, nel primo caso, non distingue tra fistola perianale semplice e complessa (il codice è unico 565.1, a fronte di situazioni patologiche assai differenti tra loro) mentre nel caso del sinus, si limita a distinguere la condizione patologica standard (codice 685.0) da quella ascessualizzata (codice 685.1);
   appare invece del tutto evidente che le suddette situazioni patologiche debbano essere distinte entrambe con due diverse codifiche che consentano in ambo i casi di identificare separatamente la condizione «semplice» da quella «complessa», giustificando in tal modo differenti percorsi terapeutici di elezione, coerenti con la diversa condizione patologica;
   in tal senso, l'introduzione e il consolidamento di procedure chirurgiche mininvasive, supportato da nuove strumentazioni tecnologiche, come nel caso della VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment) e della EPSiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment), comporta appunto la possibilità di impostare trattamenti terapeutici diversi in relazione alla differente diagnosi (e conseguente codifica), riducendo la complessità dei trattamenti chirurgici e migliorando significativamente la prognosi;
   l'introduzione di tali nuove procedure, a garanzia della crescita della qualità assistenziale nell'interesse del paziente, trova dunque ancora un drammatico freno nella rigidità del sistema di valutazione basato su ICD e DRG, sia per quanto attiene all'introduzione delle indispensabili, nuove codifiche, che per quanto riguarda le valutazioni di costo e i conseguenti rimborsi;
   tale rigidità del sistema è ulteriormente aggravata dalla disparità di interventi integrativi regionali, per cui i SSR all'avanguardia e «più ricchi» diventano attrattori di patologia per la loro capacità di dare risposta più congrua e raffinata alle esigenze del paziente, con crescita della mobilità interregionale, che danneggia i pazienti delle regioni più povere;
   tale disparità di trattamento lede la garanzia di uniformità dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale –:
   se non ritenga opportuno promuovere una modifica del sistema di revisione e di adeguamento all'innovazione delle codifiche del sistema DRG e ICD-9 CM, in particolare per quanto attiene alla introduzione di procedure chirurgiche consolidate come la VAAFT e l'EPSiT, che consenta una rapida disponibilità delle nuove procedure, in particolare di quelle ad elevato contenuto tecnologico, omogeneizzando le risposte terapeutiche su tutto il territorio nazionale e garantendo la qualità della risposta assistenziale e l'uniformità dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. (4-16014)


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il servizio sanitario della regione Umbria è attualmente organizzato in due aziende unità sanitarie locali (azienda USL Umbria 1 e azienda USL Umbria 2) e due aziende ospedaliere (azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Perugia e azienda ospedaliera Santa Maria di Terni);
   il 9 e il 31 dicembre 2016, attraverso due distinte delibere, i direttori generali delle due Ausl suddette hanno ridefinito l'organizzazione del dipartimento prevenzione, individuando, oltre ai direttori dei due dipartimenti di prevenzione e ai direttori delle diverse strutture complesse, anche una figura di coordinamento delle quattro macroaree previste all'interno dei dipartimenti, formate in alcuni casi da un unico servizio e individuate dalla legge regionale 9 aprile 2015 n. 11 (sanità pubblica, prevenzione nei luoghi di lavoro, sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare);
   tale figura dovrebbe negoziare le risorse con un'area dei tecnici della prevenzione (articolo 42 comma 5, lettera a) della legge regionale n. 11 del 2015) afferente al Sitro (servizio delle professioni sanitarie a valenza funzionale, trasversale ai diversi dipartimenti e quindi non gestionale);
   l'introduzione del coordinatore di macroarea e di questa area tecnica così concepita, potrebbe comportare per l'interrogante un'azione lesiva dell'autonomia tecnico-funzionale e organizzativa delle strutture complesse afferenti alle diverse macroaree (nonché un ulteriore onere a carico dei cittadini), ledendo il principio previsto dall'articolo 7-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, che al comma 4, stabilisce che le strutture complesse nell'area della sanità pubblica veterinaria e della sicurezza alimentare operano quali centri di responsabilità, dotati di autonomia tecnico funzionale e organizzativa nell'ambito della struttura dipartimentale e dell'articolo 15, comma 6, del medesimo decreto, che stabilisce che al direttore di struttura complessa siano attribuite oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il completo espletamento del servizio. Il direttore è responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite»;
   infine, l'individuazione da parte della legge regionale 9 aprile 2015 n. 11 di quattro macroaree afferenti al dipartimento prevenzione, e non tre, come invece stabilito dal decreto n. 502 del 1992, ed in particolare la separazione tra area veterinaria e area della sicurezza alimentare potrebbe essere compromissoria dell'efficacia del servizio di prevenzione offerto – oltre ad essere economicamente svantaggiosa – a causa di una eccessiva dispersione delle responsabilità e conseguente difficoltà nei processi decisionali, oltre ad essere in aperto contrasto con quanto previsto dalla normativa nazionale che disegna nel dipartimento di prevenzione un'unica area che si occupi della «filiera agroalimentare», quindi veterinaria e sicurezza alimentare –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, per chiarire le competenze delle strutture organizzative complesse della sanità pubblica di cui agli articoli 7-quater e 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 anche alla luce di quanto evidenziato in premessa con riguardo alla regione Umbria e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire i livelli essenziali di assistenza offerti ai cittadini, specie nell'ambito della veterinaria e della sicurezza alimentare. (4-16022)


   SIBILIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in Italia il problema delle strutture pubbliche dismesse, che versano in uno stato di abbandono e degrado perché non riutilizzate, è cronico e necessita di una soluzione che contempli le esigenze delle comunità locali di fruire di quei luoghi purtroppo in via di degrado;
   a titolo di esempio, l'interrogante ricorda alcune strutture ospedaliere di Avellino e provincia ormai in disuso: l'ex ospedale «San Giuseppe Moscati» e il plesso «Maffucci», nonché il nosocomio «San Giacomo» di Monteforte Irpino (Avellino);
   in particolare, l'immobile che fino al 2010 ospitava la sede dell'ospedale «San Giuseppe Moscati» iniziò ad essere costruito negli anni ’30 come struttura «consortile». Il progetto generale dei lavori di completamento e sistemazione dell'ospedale dell'importo di lire 150.000.000, nonché il progetto stralcio per l'importo di lire 75.000.000, relativo alla parte a cui è stato corrisposto il contributo, dello Stato ai sensi della legge 3 agosto 1949, n. 580, furono approvati dal Provveditorato alle opere pubbliche di Napoli. L'amministrazione provinciale di Avellino, che assunse il finanziamento dell'opera per lire 75.000.000, cioè della metà dell'importo e precisamente per quella parte non coperta con il contributo dello Stato, ha perfezionato il mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti;
   nel 2010 questo immobile, inaugurato nel 1970, è stato chiuso viene e tutte le attività medico-sanitarie sono state spostate nella cittadella ospedaliera, dove hanno trovato collocazione anche le attività fino a quel momento poste in essere nel plesso «Maffucci»;
   le cronache giornalistiche dei mezzi di informazione locale riferiscono che queste strutture dismesse versano in una condizione di generale degrado, essendo state abbandonate ed essendo divenute ricettacolo di rifiuti e ritrovo per i senzatetto. Ad oggi non risultano progetti da parte degli enti preposti per un riutilizzo delle due strutture, dopo opportune e necessarie ristrutturazioni;
   a parere dell'interrogante gli immobili dismessi dovrebbero essere destinatari di interventi ed adeguamenti al fine di consentire una loro riattivazione e una fruibilità da parte della comunità locale –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano valutare di porre in essere, anche tramite il commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario, per risolvere le criticità sopra evidenziate, nell'interesse dei cittadini. (4-16024)

SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   la tornata di elezioni nelle Federazioni sportive appena conclusasi ha previsto la rielezione di chi non avrebbe potuto esserlo: Luciano Buonfiglio, numero uno della canoa nonché vicepresidente del Coni, Giorgio Scarso, capo della scherma e vicario di Malagò, Ernfried Obrist, leader del tiro a segno e Giuseppe Leoni presidente dell'Aeroclub;
   il bilancio delle elezioni federali conferma 15 nuovi presidenti su 44, ma sembra che soli in sette casi si possa parlare di vero rinnovamento, anche perché per alcune riconferme risulta esserci stata una forzatura;
   il Collegio di garanzia del Coni ha appena accolto i ricorsi contro la riconferma di Luciano Buonfiglio alla guida della FederCanoa (Fick), perché la rielezione, molto contestata dagli sfidanti, è dovuta al superamento del quorum del 55 per cento (necessario dopo il terzo mandato) con l'esclusione dal conteggio delle schede bianche e nulle;
   addirittura risulterebbe che le schede non siano state né vidimate, né timbrate o firmate, praticamente i delegati avevano votato su pezzi di carta bianca senza alcun valore giuridico, ed il Collegio di garanzia non ha potuto fare altro che prenderne atto;
   altra questione è la riconferma di Giorgio Scarso, braccio destro e vicario di Giovanni Malagò al Coni, avvenuta lo scorso novembre con un voto «plebiscitario» (86 per cento di voti per il presidente uscente, appena l'11 per cento per lo sfidante Maurizio Seminara), che non avrebbe potuto ricandidarsi;
   lo statuto della FederScherma, fatto riscrivere dallo stesso Scarso nel 2014, prevedeva all'articolo 64 il limite di due mandati, in apparente contrasto con la normativa diffusa in tutte le Federazioni, che prevede un quorum maggiorato del 55 per cento per la rielezione dopo 8 anni, per cui per lo stesso Scarso, alla guida degli schermidori dal 2005, si sarebbe profilata l'incandidabilità;
   risulta da fonti di stampa, invero, che il presidente Scarso, per eliminare ogni dubbio sulle modalità di rielezione, abbia eliminato il passaggio incriminato ma in maniera velata, inviandolo direttamente al Coni senza convocare un'assemblea straordinaria e senza approvazione da parte di nessun organo, spacciandolo come semplice correzione di «refusi non sostanziali presenti nel precedente»; il tutto però è finito al centro di un ricorso, con il Coni che deve ancora pronunciarsi e la prefettura di Roma che non ha ancora registrato il nuovo regolamento, in attesa di verificare se la procedura sia stata corretta;
   il problema del limite dei mandati sembra abbia investito anche Ernfried Obrist, presidente dell'Unione Tiro a segno italiano dal 2008 che, ignorando completamente il comma 1 dell'articolo 39 del suo statuto, secondo cui tutte le cariche dell'Uits «restano in carica per un quadriennio olimpico e possono essere confermate una sola volta per un solo ulteriore mandato», si è fatto rileggere con l'85 per cento dei voti per un terzo mandato non previsto dalla Carta federale –:
   se e quali provvedimenti urgenti di propria competenza intenda adottare per garantire che le elezioni per il rinnovo del Coni, previste per il prossimo 11 maggio, si svolgano in un clima di regolarità e trasparenza, che non appare all'interrogante garantito dalla partecipazione dei presidenti delle Federazioni, eletti o rinnovati, incandidabili o ineleggibili.
(4-16025)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 dicembre 2016 è stato pubblicato sui siti del Ministero dello sviluppo economico e sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un avviso di selezione pubblica per l'istituzione di un elenco di esperti per l'affidamento di incarichi di supporto alla difesa erariale nell'ambito di arbitrati internazionali;
   gli esperti selezionati con tale bando saranno interpellati per l'affidamento di incarichi di supporto all'Avvocatura generale dello Stato nei procedimenti arbitrali internazionali in materia di investimenti nel settore energetico;
   l'Avvocatura generale dello Stato, tra i suoi compiti, rende consulenza giuridica e assistenza in favore delle Amministrazioni statali con riferimento a tutti i giudizi civili, penali, amministrativi, comunitari e internazionali e nelle procedure arbitrali contro la Repubblica italiana instaurate davanti al Centro internazionale per la soluzione delle dispute relative agli investimenti ed alle camere di commercio europee per ipotesi di violazione dell’Energy charter treaty;
   nelle intenzioni del già citato avviso vi sarebbe quella di selezionare esperti che dovrebbero svolgere un ruolo di parte terza come indipendenti rispetto alle parti ed estranei alle controversie;
   a pagina 3 del già citato avviso di selezione, si può leggere come uno dei requisiti fondamentali per partecipare alla gara sia quello di «[...] non essere a conoscenza di una situazione di conflitto di interesse tale da compromettere, anche solo potenzialmente, l'indipendenza, l'autonomia e la professionalità richieste a coloro che siano chiamati a rendere delle prestazioni intellettuali che, finalizzate a supportare le argomentazioni sviluppate negli scritti defensionali dell'Avvocatura generale dello Stato, risultano connotate da rilevante tasso di tecnicismo e da elevata complessità di studio teorico e pratico.»;
   appare quanto meno bizzarro che fra i requisiti venga riportato quello di non essere a conoscenza di anche solo potenziali conflitti di interessi ma non quello della loro effettiva sussistenza;
   a pagina 8 del bando si può leggere come, fra le condizioni contrattuali dell'incarico specificate «Il MiSE e il MATTM stipuleranno con il soggetto individuato, nelle forme previste dal presente avviso, apposito contratto di affidamento dell'incarico, a seguito di [...] accertamento dell'insussistenza di sopraggiunte cause di incompatibilità e/o conflitti di interesse[...]», senza però specificare in alcun modo con quali criteri e modalità tale verifica verrà effettuata –:
   come siano stati valutati i criteri di selezione, dato che non viene riportato alcun elemento circa punteggi e criteri assegnati al possesso dei requisiti citati nell'avviso di selezione;
   per quale motivo i requisiti previsti dal bando in premessa richiesti ai giuristi siano i medesimi di quelli previsti per gli economisti;
   come mai dal verbale pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico, sia desumibile che tra i curriculum vitae degli economisti nessuno tra quelli pervenuti è stato ritenuto idoneo;
   se si possano conoscere i nominativi dei componenti che hanno composto la commissione che ha esaminato le domande pervenute e di quali competenze siano in possesso;
   se i Ministri interrogati possano specificare le modalità con cui sono stati verificati i requisiti previsti nell'avviso di selezione;
   se sia prevista una riapertura dei termini per l'aggiornamento dell'elenco dei professionisti ammessi ad essere utilizzati nelle procedure di arbitrato;
   quali siano le modalità con cui verrà verificata l'inesistenza di conflitto di interessi in previsione dei possibili ricorsi di clienti privati contro lo Stato. (5-10948)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Lupi e altri n. 1-01525, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampelli e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Lupi, Rampelli, Tancredi, Garofalo, Vignali, Bosco, Misuraca, Sammarco, Scopelliti».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Zolezzi e altri n. 1-00096, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Micillo.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Grillo e altri n. 2-01683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baroni.

  L'interpellanza urgente Gribaudo e altri n. 2-01719, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fanucci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Vargiu n. 4-15924 del 15 marzo 2017;
   interpellanza urgente Mucci n. 2-01721 del 21 marzo 2017;
   interrogazione a risposta scritta Rampelli n. 4-15990 del 21 marzo 2017.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Prodani e Rizzetto n. 5-10903 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 764 del 22 marzo 2017. Alla pagina 45804, alla riga trentottesima, deve leggersi: «del sito in questione» e non come stampato.

  Interrogazione a risposta immediata in Commissione Rizzo e altri n. 5-10915 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 764 del 22 marzo 2017. Alla pagina 45806, prima colonna, dalla riga ventitreesima alla riga venticinquesima deve leggersi «del 1995, abbia provveduto a rendere edotto il proprio personale, così come» e non come stampato.