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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    in questi anni di costante emergenza l'Alto commissariato sui rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) assieme ad altre organizzazioni internazionali che si occupano di migranti, ha stabilito alcuni criteri per tentare, nel modo più accurato possibile, di effettuare il calcolo dei morti e dei dispersi in mare, attraverso il confronto tra più fonti: le informazioni ufficiali raccolte dalle autorità locali e dai soccorritori, primi tra tutti la Guardia costiera e la Marina militare italiana, le testimonianze dei superstiti registrate dal personale che assiste i migranti dopo lo sbarco, le notizie diffuse da media o dalle organizzazioni della società civile nei Paesi di partenza, di transito e di arrivo, seppure, queste ultime, soggette a preventiva verifica;
    secondo i dati elaborati dall'Unhcr nel 2016 sarebbero state cinquemila le persone morte mentre cercavano di attraversare il Mar Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna e cariche fino all'inverosimile, ma il risultato è pur sempre solo una stima, e il numero di persone morte e disperse potrebbe essere addirittura più elevato di quanto riportato;
    questo dato rende l'anno da poco conclusosi quello in cui è morto il maggior numero di migranti nelle traversate del Mediterraneo, con una media di 14 persone al giorno, e al contempo dimostra come l'aumento di vittime sia stato drammaticamente costante a partire dal 2008, anno in cui si è cominciato a contarli;
    l'aumento dei decessi dipende da molteplici fattori, quali in primo luogo il costante aumento del numero di persone che tentano la traversata lungo quella rotta, soprattutto dopo la chiusura della cosiddetta rotta balcanica, al quale si aggiungono la sempre maggiore spregiudicatezza e crudeltà dei trafficanti di persone che impiegano mezzi in pessime condizioni sicuri del fatto che qualcuno interverrà in salvataggio e, in ultimo, anche le condizioni meteorologiche spesso avverse;
    il 2016 ha segnato per l'Italia anche il più alto numero di richiedenti asilo a protezione internazionale, che stando ai dati del Ministero dell'interno ha raggiunto la cifra più alta mai registrata in un ventennio, oltre 123 mila, pari a quasi diecimila richieste al mese, il 47 per cento in più rispetto al 2015;
    relativamente agli esiti delle domande esaminate, poi, i dati disponibili evidenziano un aspetto importante: a fronte di un aumento di richieste diminuisce il numero di quelle che si sono concluse positivamente con il riconoscimento dello status rifugiato o di protezione sussidiaria o umanitaria, pari ad appena un terzo di quelle presentate;
    dopo la strage di Lampedusa, nella quale un peschereccio libico carico di immigrati prese fuoco a largo di Lampedusa e morirono 368 persone delle 500 a bordo, una delle stragi in mare più gravi nella storia del Mediterraneo, il Presidente della Commissione europea Juncker, aveva solennemente promesso che non ci sarebbero stati «mai più morti», ma da quel giorno ci sono state, invece, altre 13.288 vittime;
    la strage di Lampedusa ha rappresentato uno spartiacque che ha portato il Governo italiano a varare la missione militare con scopi umanitari nel Mediterraneo, Mare Nostrum, uno sforzo finanziario enorme al quale hanno fatto seguito talmente tante critiche che è stata poi sostituita da una nuova operazione coordinata da Frontex, con appena un terzo dei finanziamenti;
    il Governo e l'Unione europea tutta non possono continuare a legiferare sotto i colpi dell'emotività, come invocato a gran voce dopo ogni tragedia, magari accogliendo visioni demagogiche e dannose per l'Italia, ma soprattutto per quelle nazioni che si avrebbe l'illusione di aiutare e che invece sarebbero condannate all'estinzione: si deve regolamentare, non spalancare le frontiere;
    pensare che un Paese con oltre duemila miliardi di euro di debito, la disoccupazione giovanile al 40 per cento, in recessione da dieci anni, in fase di deindustrializzazione, possa dare soluzione a questa tragedia con i canali umanitari o con l'abolizione del reato di clandestinità è semplicemente folle;
    l'Italia non può essere lasciata sola a gestire l'emergenza nel Mediterraneo e i limiti delle operazioni sinora adottate in ambito europeo sono evidenti, basti pensare alla missione EunavforMed, bloccata da ormai diciotto mesi in attesa del passaggio alla sua cosiddetta terza fase, nell'ambito della quale sarebbe finalmente possibile neutralizzare e imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra;
    il 3 febbraio 2017 è stata adottata la «Dichiarazione di Malta dei membri del Consiglio europeo sugli aspetti esterni della migrazione: affrontare la rotta del Mediterraneo centrale», con la quale, muovendo dal dato numerico che «sulla rotta del Mediterraneo centrale, tuttavia, nel 2016 si sono registrati più di 181.000 arrivi, mentre il numero di persone morte o disperse in mare ha raggiunto un nuovo record ogni anno a partire dal 2013», gli Stati firmatari esprimono la propria determinazione «a prendere ulteriori misure per ridurre in maniera significativa i flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale e smantellare il modello di attività dei trafficanti, rimanendo al contempo vigili riguardo alla rotta del Mediterraneo orientale e ad altre rotte»;
    tra le ipotesi allo studio vi sarebbe anche quella di creare una line of protection, di fatto un blocco navale da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione con duecento milioni di euro a valere sul fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa, volto a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione «Sophia», con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;
    dopo la chiusura della rotta balcanica i migranti che salpano dalle coste libiche verso l'Italia e l'Europa meridionale rappresentano il 90 per cento del totale e, dopo l'aumento del 18 per cento degli ingressi clandestini registrato già nel 2016, per l'anno in corso l'Unione ha preso atto del fatto che «non ci sono indicazioni che il trend possa cambiare finché non migliorerà la situazione economica e politica» nei paesi di origine e in Libia, e ha stimato le persone pronte a partire dalla Libia nel corso della prossima estate tra settecentomila e il milione;
    sino ad oggi l'unico intervento promosso dall'Unione europea a contrasto dell'immigrazione illegale verso le nazioni europee che ha ottenuto successo è stata la chiusura della cosiddetta rotta balcanica, mentre è completamente fallito il piano dei ricollocamenti e, sinora, anche i primi tentativi di accordo con la Libia e con le nazioni dell'Africa settentrionale e subsahariana per combattere il traffico di esseri umani;
    i dati riportati in premessa confermano che, per la stretta correlazione tra le partenze e i decessi durante la traversata del Mediterraneo, le politiche che incentivano tali partenze sono estremamente pericolose e che, invece, occorre adottare misure ed iniziative immediate che, blocchino tali flussi, salvando così numerose vite umane;
    indubbiamente la tratta clandestina di esseri umani, qualunque sia la rotta, è un business immorale e pericoloso per la sicurezza nazionale, nella misura in cui arricchisce soggetti criminali e va quindi scoraggiata e repressa in ogni modo;
    è altrettanto innegabile che l'Italia, avendo dei confini in maggior parte permeabili come quello marittimo, necessita di particolari misure di controllo e respingimento,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile a permettere l'identificazione dei migranti deceduti lungo la rotta del Mediterraneo, a tal fine anche prevedendo una condivisione degli oneri nell'ambito dell'Unione europea;
2) a stringere patti bilaterali con le nazioni africane che affacciano sul Mediterraneo al fine di arrestare o arginare il drammatico fenomeno dei decessi di immigrati nella traversata del Mediterraneo, e per facilitare l'identificazione delle eventuali vittime;
3) ad adottare ogni utile iniziativa di competenza volta a disincentivare le partenze degli immigrati dai Paesi di origine e di transito, mediante un'adeguata politica di controllo delle frontiere marittime e terrestri nazionali e l'adozione di un blocco navale davanti alle coste libiche;
4) a sollecitare in sede europea l'impegno per giungere tempestivamente all'avvio della terza fase dell'operazione EunavforMed, al fine di prevenire il più efficacemente possibile ulteriori perdite umane nella traversata del Mediterraneo.
(1-01554) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    parallelamente all'avvio del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche, a partire dal 1994 un complesso quadro normativo di riferimento ha previsto una serie di disposizioni che conferivano al Governo un potere discrezionale capace di contenere o impedire, nelle operazioni di acquisto di partecipazioni azionarie, la contendibilità delle imprese coinvolte;
    la prima delle suddette previsioni, contenuta nel decreto-legge n. 332 del 1994, stabiliva l'attribuzione allo Stato di alcune partecipazioni azionarie munite di poteri speciali (cosiddette golden shares) che consentissero l'esercizio di prerogative in grado di influenzare le decisioni del management: dall'opposizione all'acquisizione di partecipazioni rilevanti, al veto su alcune delibere societarie, al diritto di nomina di membri degli organi amministrativi. Alcune norme successive avevano poi ampliato il concetto della golden share prevedendo che tali prerogative, a prescindere dal possesso azionario da parte dello Stato, potessero essere inserite direttamente negli statuti delle società operanti in alcuni settori strategici (ovvero di quelle che svolgono, per usare le espressioni del legislatore, «attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale» nonché quelle che detengono «le reti e gli impianti, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per il settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni»);
    il quadro normativo era completato da quanto previsto dall'articolo 2449 del codice civile laddove dispone che lo statuto di una società per azioni può conferire allo Stato o agli enti pubblici, che possiedono partecipazioni, la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, in numero proporzionale alla partecipazione al capitale sociale, un potere concesso a prescindere dalla quota azionaria posseduta, quindi anche di minoranza. Lo stesso articolo riconosce ai nominati gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei membri nominati dall'assemblea e possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Ai sensi dell'articolo 2346 del codice civile alle società, ricorrenti al mercato azionario, è prevista la possibilità di riservare allo Stato o agli enti partecipanti azioni fornite di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, ma non del voto nell'assemblea generale degli azionisti;
    un tale impianto risultò ben presto incompatibile con una serie di principi comunitari (quali quelli della libera circolazione dei capitali, del diritto di stabilimento, della libera prestazione dei servizi), in quanto considerato una forma di dissuasione all'investimento da parte di operatori degli altri Stati membri nelle imprese condizionate dalla golden share, circostanza sanzionata dalla Corte di giustizia europea che nel 2002 chiese al nostro Paese l'adozione di regole che consentissero una valutazione ex ante delle possibili limitazioni all'attività ed alle operazioni riguardanti le imprese operanti nei settori interessati;
    per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea è ricorsa ad un'apposita comunicazione, nella quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato: «senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su criteri obiettivi, stabili e resi pubblici e se è giustificato da motivi imperiosi di interesse generale». Ciò significa che le autorità europee non si oppongono in via pregiudiziale alla discesa in campo dello Stato tramite strumenti di diretta proprietà. Resta possibile, ad esempio, utilizzare la Cassa depositi e prestiti e i suoi fondi per interventi nell'economia, anche attraverso la partecipazione al capitale d'impresa. L'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011, seguendo la medesima logica di salvaguardia delle società d'interesse nazionale, ha infatti autorizzato Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, sia in termini di strategicità del settore di operatività e di fatturato, sia di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese;
    oltre alla suddetta disciplina della golden share, altri interventi normativi hanno perseguito – con diverse modalità — scopi analoghi di tutela delle società operanti in settori giudicati strategici per l'economia nazionale. In particolare, ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti nella legge finanziaria per il 2006, che ha introdotto nell'ordinamento italiano la cosiddetta poison pill (pillola avvelenata) che consente, in caso di necessità, di impedire i tentativi di scalata, le cosiddette Opa ostili, impedendo al soggetto interessato a rilevare la società di raggiungere la quota di maggioranza. Per completezza occorre, infine, menzionare un ulteriore strumento a disposizione del Governo: quello dell'azione di moral suasion e di indirizzo;
    riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione europea ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico. Nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o con riguardo ai movimenti di capitali, le deroghe ammesse non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali. In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito;
    successivamente, con il dichiarato intento di razionalizzare e circoscrivere gli ambiti ed i criteri di esercizio dei suddetti poteri statali, nonché di risolvere il contenzioso comunitario derivato dal precedente regime, è stato emanato il decreto-legge n. 21 del 2012, che ha ridotto la discrezionalità del Governo pur allargandone la sfera d'influenza, passando dal sistema di conferimento allo Stato dei golden shares (azioni d'oro) a quello di alcuni golden powers (poteri d'oro) di carattere generale, esercitabili in caso di operazioni straordinarie di imprese (tutte e non soltanto quelle partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici) operanti in determinati settori strategici individuati per decreto ed aggiornati con cadenza triennale, attraverso tre diverse modalità: condizioni prescrittive all'acquisto di partecipazioni, veto all'adozione di delibere da parte degli organi societari e opposizione all'acquisto di partecipazioni. Quindi, la principale differenza con la normativa precedente si rinviene nell'ambito operativo che consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica;
    secondo molti si tratterebbe di un approccio innovativo che aspira a diventare benchmark all'interno dell'Unione e che dovrebbe tutelare le imprese operanti in settori considerati strategici indipendentemente da una partecipazione azionaria dello Stato, offrendo, al contempo, al Governo strumenti proporzionati al rischio concreto, che gli assicurano di adoperarsi nell'attività ordinaria delle società e gli riconoscono, solo in via d'eccezione, esercizio del veto preventivo sulle acquisizioni;
    pertanto, il merito del decreto-legge n. 21 del 2012 è quello di aver determinato uno spostamento della disciplina e del potere dello Stato da un piano privatistico, quello dei rapporti societari, in cui venivano inseriti elementi pubblicistici di controllo, ad un piano meramente pubblicistico-regolatorio, sul quale il potere di opposizione possa essere esercitato non soltanto in relazione all'operazione di acquisto della partecipazione rilevante ovvero alla conclusione del patto parasociale, ma anche ogniqualvolta insorga l'esigenza di tutelare i sopra citati e sopravvenuti motivi imperiosi di interesse pubblico. Grazie ad esso l'intervento dello Stato in economia si è rafforzato, avendolo messo nelle condizioni di gestire informazioni, decisioni e potere per le questioni di rilevanza strategica per il futuro del Paese, mettendo in azione un'ampia gamma di strumenti e restando dentro le regole di democrazia, trasparenza e assenza di conflitto d'interessi;
    allo stato attuale sono definite «di rilevante interesse nazionale» le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi. L'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2012 ha stabilito che i regolamenti, ai quali è affidata l'individuazione delle attività di rilevanza strategica e delle attività strategiche chiave, vengono aggiornati almeno ogni tre anni, pertanto nel 2017 si è aperta una finestra utile per il loro aggiornamento;
   nel corso di un'audizione tenutasi il 31 gennaio 2017 presso la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera, il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha dichiarato che insieme al Vicecancelliere tedesco Gabriel stanno lavorando ad una bozza di proposta da sottoporre alla Commissione europea per rafforzare i poteri di golden power connessi agli acquisti di aziende strategiche da parte di Paesi che non siano economie di mercato, un progetto per il quale stanno anche cercando la convergenza del Governo francese. Secondo il Ministro è assolutamente necessario e non più rinviabile (tanto più se connesso con le aziende acquisite ci sia un rischio di trasferimento di tecnologia) codificare altri settori sensibili, che, pur non rientranti tra quelli già tutelati, come difesa, energia e reti, detengano della tecnologia;
    dopo il caso Vivendi-Mediaset il Governo, avendo dato un giudizio fortemente negativo delle modalità, giudicate opache, con cui questa operazione è stata portata avanti, sta valutando l'opportunità di introdurre una regolamentazione che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse, attraverso un'estensione del golden power per campo di applicazione e per modalità di esercizio, prevedendo una fase negoziale con l'investitore straniero che punti da ottenere garanzie su permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro;
    alcuni recenti fatti, quali il tentativo di scalata di Vivendi o la paventata acquisizione di Assicurazioni generali spa da parte della francese Axa, dimostrano come la valenza strategica, ai fini della crescita del sistema Paese, dell'attrazione degli investimenti esteri debba essere perseguita e realizzata in un quadro che garantisca la tutela degli interessi e degli asset strategici economici nazionali: non solo, dunque, la difesa nazionalistica della proprietà delle imprese, ma la permanenza sul suolo nazionale di asset produttivi, competenze e posti di lavoro;
    in un contesto fortemente globalizzato risulta con evidenza che aziende italiane di importanti settori dell'economia esercitano un forte appeal su quei gruppi economici stranieri che operano con obiettivi di acquisizione e controllo. Del resto anche la vicenda dell'acquisizione di Parmalat da parte della francese Lactalis o quelle, nel settore bancario, di Bnl-Bnp o Cariparma-Credit agricole confermano quell'aggressività del capitalismo francese venuta di recente allo scoperto con i casi di Telecom e Mediaset;
    l'acquisizione di quote di controllo di società da parte di azionisti esteri è un fenomeno naturale in un'economia aperta e può permettere l'afflusso di importanti capitali necessari allo sviluppo ed alla preservazione della società in questione, come pure può sostenere la crescita economica più in generale. Inoltre la storica difficoltà di compagini azionarie italiane a fornire ingenti capitali per gli investimenti o ad acquisire quote importanti di grandi aziende pubbliche in corso di dismissione o di apertura al capitale privato rende indispensabile il ricorso ad investitori esteri. Tuttavia negli ultimi anni il processo è diventato in una certa misura sbilanciato dal punto di vista quantitativo, con un aumento delle acquisizioni di imprese italiane dall'estero e un forte calo dell'acquisizione di imprese straniere da parte di azionisti italiani, in un contesto di arretramento dell'industria italiana, che dal 2007 ad oggi ha assistito ad un ridimensionamento della produzione industriale di circa il 25 per cento;
    dall'ultima indagine Mediobanca-Unioncamere emerge che nel periodo 2004-2013 la quota di medie imprese del campione sotto controllo estero è cresciuta dal 28,5 per cento al 36,2 per cento e per quelle manifatturiere dal 14,3 per cento al 26,7 per cento. Nei tre anni successivi, dal 2014 al 2016, il fenomeno ha toccato ulteriormente molte medie e grandi imprese italiane, senza una capacità di acquisizione comparabile di aziende estere da parte di investitori italiani;
    secondo il rapporto Kpmg mergers and acquisitions per il 2015 sono avvenuti acquisti di imprese italiane dall'estero per 32,1 miliardi di dollari (raggiungendo il record stabilito nel 2008 per queste operazioni e in forte aumento rispetto ai 26,6 miliardi del 2014 e i 13,2 del 2013), contro acquisizioni di imprese estere da parte di soggetti italiani per appena 10 miliardi di euro. Nel 2015 società statunitensi hanno acquisito imprese italiane per 10 miliardi di euro, quelle cinesi per 9,1 miliardi e quelle francesi per 4,2 miliardi. Nel periodo 2005-2009, secondo i dati Kpmg, invece vi era un sostanziale equilibrio tra acquisti di soggetti esteri in Italia e di soggetti italiani all'estero;
    tra l'altro, nel solo biennio 2014-2015 sono state acquistate da soggetti esteri importanti imprese italiane operanti nel campo della siderurgia (Acciaierie di Terni dalla Germania e di Piombino dall'Algeria), della telefonia (Telecom Italia dalla Francia e Wind dalla Russia), dell'industria (Pirelli dalla Cina, Italcementi dalla Germania, Indesit dagli USA), della farmaceutica (Rottapharm dalla Svezia, Sorin dagli Usa, Sigma-Tau Pharma ltd dagli Usa e Gentium S.p.a. dall'Irlanda), del credito (Istituto centrale delle banche popolari italiane s.p.a. dagli Usa, Bsi — Banca della Svizzera italiana dal Brasile), della moda e del lusso (Krizia dalla Cina, oltre a numerose operazioni negli anni precedenti da Francia e Paesi arabi in particolare), dell'alimentazione (numerose operazioni di dimensioni minori), che si aggiungono a quote percentuali limitate ma significative in volume di investimenti di società industriali, finanziarie e bancarie da parte della State administration of foreign exchange cinese e della People's Bank of China (Eni, Enel, Fca, Telecom Italia, Prysmian, Mediobanca, Generali, Saipem, Terna, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena);
    utile per graduare l'incisività del golden power e degli altri strumenti interdittivi è la lettura dei dati contenuti nella «Relazione in materia di esercizio dei poteri speciali», presentata dal Ministro per i rapporti con il Parlamento ed aggiornata al 30 giugno 2016, dalla quale emerge che nel periodo che va dal 2013 al 20 giugno 2016, a fronte di 30 operazioni notificate, il Governo ha emanato solo due decreti con prescrizioni (che consistono in adempimenti prescrittivi soggetti a monitoraggio) e non è arrivato mai a porre il veto. Nel medesimo periodo circa il 47 per cento delle notifiche ha riguardato operazioni nel settore della difesa e sicurezza nazionale, il 23 per cento quello delle comunicazioni, il 17 per cento quello dell'energia, il 13 per cento quello dei trasporti. Ciò evidenzia che i poteri esercitabili dal Governo sono più ampi nel settore della difesa, mentre per settori, quali telecomunicazioni, energia e trasporti, l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni si possa esercitare solo nei confronti di aziende extra Unione europea. Di più, secondo la stessa Relazione il golden power entra in gioco in maniera tardiva, cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende;
    con altra relazione presentata dal Governo al Parlamento, quella relativa ai servizi di sicurezza, e riferita al 2016, è stata evidenziata la debolezza attuale del sistema creditizio che sta lasciando spazio a capitali stranieri che vogliono acquisire quote rilevanti del risparmio italiano. «La congiunturale fase di contrazione creditizia», dicono i servizi di sicurezza, ha accentuato il complesso di criticità «ponendo le imprese nazionali dinanzi ad un'accresciuta sovraesposizione rispetto a manovre acquisitive estere dettate, più che da strategie di investimento, da finalità di depotenziamento competitivo, come pure agli inserimenti tossici di matrice criminale volti a condizionare la fisiologica concorrenza in ragione di prevalenti interessi al reinvestimento di capitali di provenienza illecita. Particolarmente sensibili in questa finestra temporale, per il ruolo connettivo di sostegno della crescita economica, la integrità e la solidità del sistema bancario, bersaglio, in qualche caso, di operazioni acquisitive da parte di campioni stranieri in grado di drenare all'estero quote significative del nostro risparmio». In tale contesto, la relazione riporta che i servizi d'informazione hanno intensificato il lavoro di monitoraggio a tutela degli asset nazionali rientranti nell'ambito della disciplina del golden power, orientando l'attività di intelligence verso «condotte estere potenzialmente lesive del corretto sviluppo della concorrenza internazionale e dell'allocazione efficiente delle risorse, nonché verso politiche economiche aggressive nell'attrazione di capitali stranieri»;
    le considerazioni della citata relazione sui servizi di sicurezza suggerirebbero di allargare, attraverso il previsto aggiornamento triennale dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2012, i settori di operatività del golden power estendendolo a quello del credito e finanziario;
    ulteriori valutazioni, che investono anche la dimensione europea dell'esercizio dei poteri speciali, dovranno essere svolte con riferimento all'impatto delle operazioni golden power (con particolare riferimento a quelle che riguardano investimenti esteri extra UE) nel quadro delle politiche dell'Unione a favore del mercato interno e nei settori economici strategici;
    la valutazione di un'operazione sottoposta alla procedura dei poteri speciali, se svolta unicamente da una prospettiva nazionale, rischia, da un lato, di non tenere conto delle conseguenze sul mercato interno europeo dei beni e servizi, dall'altro di non prendere in considerazione, nei settori considerati, analoghe e contestuali operazioni in altri Stati membri con impatti sugli equilibri interni all'Unione, e perfino sull'Unione stessa in quanto attore sui mercati globali. Queste criticità riguardano in generale il sistema industriale e infrastrutturale dell'Unione e le prospettive di sviluppo competitivo della sua economia. Tale valutazione, inoltre, acquisisce maggiore valenza in considerazione della mancanza, nei Trattati dell'Unione europea di una politica comune in tema di industria;
    inoltre gli stessi Trattati non consentono, ad esempio, un presidio stabile e mirato delle operazioni nei settori di rilevanza strategica ed un monitoraggio del loro impatto sulla competitività complessiva dell'Unione. Sarebbe, pertanto, opportuno individuare un punto di equilibrio tra l'interesse dello Stato membro a conservare la propria autonomia – ad esempio, in tema di privatizzazioni ed attrazione di investimenti esteri – e la necessità di assicurare il monitoraggio di operazioni che possono influire sugli assetti infrastrutturali, produttivi e tecnologici dell'Unione, ricorrendo a modalità di consultazione e condivisione a livello europeo, che potrebbero contribuire a contemperare queste diverse esigenze,

impegna il Governo:

1) ad assicurare protezione degli assetti strategici nazionali attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che possono mettere a rischio il controllo effettivo di tecnologie e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia;
2) ad adottare iniziative finalizzate ad introdurre una regolamentazione volta a rafforzare nelle operazioni di acquisizione la tutela degli asset strategici nazionali, attraverso la previsione di obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, in grado di garantire la permanenza sul territorio di insediamenti produttivi, competenze e posti di lavoro, sul modello di quanto già previsto in altri Paesi dell'Unione europea;
3) ad adottare le necessarie iniziative normative per modificare la disciplina del cosiddetto golden power, al fine di prevedere che l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni in attività di rilevanza strategica si possa esercitare anche nei confronti di imprese dell'Unione europea;
4) a provvedere entro il 2017 al previsto aggiornamento triennale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2012, allargando il perimetro di operatività del cosiddetto golden power alle attività dei settori creditizio e finanziario.
(1-01555) «Marcon, Fassina, Paglia».


   La Camera,
   premesso che:
    il 21 marzo 2017 a New York, nel quartier generale delle Nazioni Unite, si è celebrata La Giornata mondiale della sindrome di Down (World Down Syndrome Day);
    si tratta di un appuntamento internazionale, sancito ufficialmente anche da una risoluzione dell'Onu – risoluzione A/C.3/66/L.27/Rev.1 –, per diffondere una maggiore consapevolezza sulla sindrome e per promuovere il rispetto e l'integrazione;
    la scelta della data del 21 marzo non è casuale: la sindrome di Down, detta anche Trisomia 21, è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più (tre invece di due) nella coppia cromosomica numero 21 all'interno delle cellule;
    la causa della sindrome di Down è legata a diversi tipi possibili di anomalie cromosomiche, il cui effetto finale è comunque identico: la trisomia del cromosoma 21. Non si conoscono le cause che determinano le anomalie cromosomiche in generale. Si sa però, che le anomalie cromosomiche, soprattutto le trisomie, sono un evento abbastanza frequente che interessa circa il 9 per cento di tutti i concepimenti (alla nascita però solo lo 0,6 per cento dei nati presenta un'anomalia cromosomica a causa dell'elevatissima quota di embrioni che va incontro ad un aborto spontaneo);
    l'incidenza delle anomalie cromosomiche in generale, e quelle della Trisomia 21 in particolare, è costante nelle diverse popolazioni, nel tempo e nello spazio; tutte le possibili ipotesi eziologiche fino ad oggi formulabili (agenti chimici, radiazioni ionizzanti, infezioni virali, alterazioni metaboliche o endocrine materne) non sono state mai avvalorate dalle molte ricerche condotte;
    numerose indagini epidemiologiche hanno comunque messo in evidenza che l'incidenza aumenta con l'aumentare dell'età materna; la presenza della sindrome di Down è diagnosticabile durante la gravidanza con alcuni test specifici;
    un'informazione sulla diagnosi di questa sindrome fatta durante la gravidanza e non accompagnata da un adeguato counseling che porti a conoscenza dei genitori i grandi progressi fatti per stimolare questi bambini sul piano dell'apprendimento e dell'inserimento sociale e professionale, può facilmente trasformarsi nella richiesta di aborto e di fatto ci sono intere aree in cui da tempo non nascono più bambini down perché prevale una cultura di tipo eugenetico;
    d'altra parte, proprio le migliorate condizioni di vita e di salute di queste persone permettono loro di raggiungere un'età adulta, in cui l'aumentata autonomia non riesce però a coprire la totalità dei loro bisogni, aprendo nuove e finora inedite aree di ansia e di preoccupazione per i genitori;
    nonostante le migliorate condizioni di inclusione scolastica, dove comunque molto si potrebbe ancora fare per stimolare questi bambini in modo sempre più adeguato alle loro potenzialità; nonostante le migliorate condizioni di inclusione sociale, dovute anche ad una decisa volontà di accoglienza e di apertura nei loro confronti e nonostante nel mondo del lavoro si stiano concretizzando opportunità lavorative, laboratori protetti e iniziative, tra cui ristoranti co-gestiti da questi ragazzi insieme ad alcune cooperative sociali, molto resta ancora da fare per permettere loro di nascere, di vivere e di essere felici;
    fare una stima dei fondi assegnati in Italia per la ricerca sulla sindrome di Down appare molto difficile: le associazioni di genitori di bambini con la sindrome di Down lamentano la mancanza di attribuzione di fondi della ricerca pubblica per la ricerca sulla trisomia 21;
    i fondi assegnati vengono destinati maggiormente alla diagnosi prenatale, mentre scarseggiano risorse per la ricerca, la riabilitazione e l'individuazione di strumenti atti a ridurre il deficit intellettivo e i disturbi di apprendimento, in particolare dei bambini nella loro fase di crescita;
    la legge 3 marzo 2009, n. 18 – recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità» – ha previsto l'istituzione presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative volte a garantire l'assistenza dei genitori di bambini affetti dalla sindrome di Down nelle strutture preposte alla diagnosi di tale patologia e a fornire loro una adeguata informazione su tutte le misure di sostegno e le condizioni di inclusione scolastica, sociale, professionale, attualmente disponibili per le persone con sindrome di Down;
2) ad assumere iniziative volte a incentivare, anche in termini finanziari, le attività di ricerca e l'elaborazione di progetti e programmi per il sostegno ai bambini con difficoltà cognitive e di apprendimento, soprattutto nell'età evolutiva, ridefinendo linee guida per l'assistenza alle persone con questa condizione ad integrazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente i livelli essenziali di assistenza;
3) ad assumere iniziative per facilitare il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro delle persone con sindrome di Down che preveda possibilità di collocamento mirato in ruoli e compiti su misura, attraverso centri di avviamento al lavoro altamente specializzati;
4) ad assumere iniziative per potenziare un contesto extrascolastico in cui sia possibile fare sport, attività creative, teatro e laboratori artistici in modo tale che le persone con sindrome di Down siano sempre a contatto con coetanei che possano fungere da stimolatori di capacità di apprendimento grazie al loro intervento diretto;
5) a garantire sicurezze concrete sul piano previdenziale con riferimento alla vita indipendente, ponendo in essere iniziative che migliorino le condizioni di vita delle persone con la sindrome di Down, tenendo conto delle aumentate prospettive di vita.
(1-01556) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».

Risoluzioni in Commissione:


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    la salvaguardia e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali e della fauna selvatica costituiscono un essenziale obiettivo di interesse generale perseguito dall'Unione europea, conformemente all'articolo 130 R del Trattato istitutivo e come ribadito dalla Direttiva 92/43/CEE, nota come «Direttiva Habitat»;
    il lupo a livello comunitario è tutelato dalla Convenzione di Berna (1979) dove nell'allegato II viene menzionato come specie strettamente protetta nonché dalla già menzionata Direttiva Habitat che nell'allegato IV ne impone una protezione rigorosa;
    in Italia, dal 23 luglio 1971 con il decreto ministeriale («Decreto Natali»), il lupo è una specie protetta, quindi non cacciabile, e secondo l'attuale piano normativo italiano è tutelato dalla legge n. 157 del 1992 – «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» (art: 2, 4, 19 –c.2-, 26) – nonché dalla legge n. 357 del 1997 – «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alle conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» (art: 7 –c.2-, 8 –cc.1, 2-, 11 –c.1-, 12);
    la Convenzione europea per i diritti degli animali sancisce «l'obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi, ed in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l'uomo e gli animali»;
    la legge n. 281 del 1991, pur disponendo la tutela degli animali d'affezione e affidando alle pubbliche istituzioni la prevenzione del randagismo, risulta generalmente inapplicata. Tale ritardo è la causa alla quale ascrivere l'endemicità del fenomeno del randagismo nel nostro paese, rendendo l'Italia un caso unico rispetto agli altri grandi paesi europei;
    il «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» intende promuovere azioni che, a dispetto del titolo del provvedimento, oltre a riaprire a forme di caccia «selettiva» al lupo, dispone una serie di misure di soppressione violenta dei cani ibridati e vaganti, ovvero in deroga delle norme precedentemente illustrate,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative finalizzate a riportare il «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» nelle prescrizioni della legislazione nazionale, nonché del Diritto comunitario, riconducendo l'operato delle istituzioni al pieno rispetto della legalità, anziché promuovere deroghe alla stessa, ovvero attraverso lo stralcio dal Piano di tutte le azioni volte agli abbattimenti di lupi, cani ibridati e cani vaganti, con particolare riferimento all'intero capitolo III.7. «Deroghe al divieto di rimozione di lupi dall'ambiente naturale: presupposti, condizioni, limiti e criteri da applicare» nonché al Punto 1.6.2, Pag. 18, «Presenza di cani vagati ed ibridazione»;
   a promuovere una revisione della legge n. 281 del 1991 che permetta di intervenire sui cani vaganti delle aree rurali e sugli ibridi canelupo secondo quanto già previsto dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   a sopprimere l'Azione 2.3 del suddetto piano di conservazione, nei punti: b «limitazione, cioè rimozione (effettiva o riproduttiva) pianificata dei cani e degli ibridi catturati su aree di limitate dimensioni» e punto c relativamente alle parole: «L'eradicazione di ibridi è particolarmente importante nel corridoio ecologico costituito dall'Appennino ligure»;
   a emanare, entro tre mesi, provvedimenti urgenti per l'attuazione della legge n. 281 del 1991 finalizzati a promuovere un programma triennale teso a rafforzare la rete delle strutture pubbliche dei canili sanitari e rifugio, nonché il potenziamento della pianta veterinaria operativa presso le ASL;
   a predisporre, entro tre mesi, uno schema di moratoria quinquennale delle attività venatorie nelle «Aree tutelate per legge», ovvero negli ambiti territoriali di cui all'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 («Codice dei beni culturali e del paesaggio») al fine di ridurre le pressioni antropiche sugli habitat, potenziando i corridoi ecologici, al fine di minimizzare sconfinamenti e conseguenti danni per l'agricoltura, nonché ad abolire le attività venatorie nei siti Natura 2000 – SIC, ZSC e ZPS – anche al fine di sanare la procedura di infrazione (2015–2163, ex articolo 258 TFUE) per violazione della direttiva Habitat.
(7-01223) «Zaratti, Zaccagnini».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    i dati sulla quota di risorse comunitarie spese per gli interventi del programma di sviluppo rurale 2014-2020, calcolati a fine 2016, pongono l'Italia in penultima posizione, con appena il 6,2 per cento dei fondi erogati ai beneficiari, contro una media europea complessiva del 14,2 per cento;
    è quanto risulta da un'inchiesta pubblicata da L'Informatore Agrario n. 10 del 2017, segno che il sistema italiano di applicazione della politica di sviluppo rurale funziona male, arrecando un grave danno agli agricoltori;
    mille agricoltori hanno partecipato alla speciale inchiesta/sondaggio del principale periodico dell'agricoltura italiana ed hanno confermato il triste primato dell'agricoltura italiana;
    il sondaggio «Cosa pensi della Pac ?» de L'Informatore agrario prevedeva tre semplici domande agli agricoltori italiani: «Quali sono i principali difetti della Pac ? I pagamenti diretti sono indispensabili, utili, inutili o insufficienti ? Quali sono i principali difetti dello sviluppo rurale ?»;
   alla prima domanda, più della metà delle risposte, il 51,5 per cento evidenzia la troppa burocrazia, il 28,4 per cento ritiene che ci siano vincoli troppo restrittivi per accedere ai finanziamenti;
   il risultato del sondaggio, che ha coinvolto oltre 1.000 tra agricoltori e tecnici, parla chiaro: la burocrazia è il principale difetto della Politica agricola comune (Pac) ma anche le misure dei programmi di sviluppo rurale non ne escono bene: il 18,7 per cento degli agricoltori ha risposto che l'informazione sul funzionamento della Pac è scarsa. Decisamente bassa (l'1,8 per cento) è la percentuale di cui ritiene che la Pac non abbia difetti e che vada bene così com’è;
    la seconda domanda richiedeva di esprimere un giudizio sull'utilità e l'efficacia dei pagamenti diretti: il 47,7 per cento degli agricoltori giudica i pagamenti diretti indispensabili; il 28,4 per cento ritiene che i pagamenti forniti siano insufficienti; il 20,36 per cento li considera utili, mentre solo il 3,9 per cento convinto che siano inutili;
    la politica di sviluppo rurale ottiene risultati negativi anche peggiori rispetto alle prime due domande: la maggioranza relativa degli utenti, il 48 per cento, è concorde nell'affermare che l'impedimento maggiore per lo sviluppo rurale sia, ancora una volta, l'eccessiva burocrazia. A breve distanza, con il 35 per cento, si piazza la risposta di chi ritiene che lo sviluppo rurale contenga misure inadeguate alle necessità della propria azienda. Il 15,7 per cento pensa che ci sia un ritardo eccessivo nei pagamenti e il restante 1,4 per cento convinto che lo sviluppo rurale vada bene così com’è stato strutturato;
    da quello che si può dedurre, dai risultati del sondaggio, l'eccessiva burocrazia della Pac è un problema comune per qualunque categoria rurale: guardando nel dettaglio delle risposte di cerealicoltori, ortofrutticoltori, allevatori, viticoltori e tecnici-consulenti, infatti, la percentuale di questa risposta oscilla tra il 45 e il 57 per cento. Discorso simile per quanto concerne i pagamenti diretti, che in tutti i casi sono considerati a maggioranza indispensabili da tutte le categorie, a parte i viticoltori che li considerano indispensabili e utili allo stesso livello (27 per cento);
    per quello che riguarda le politiche di sviluppo rurale, invece, l'inadeguatezza delle misure rispetto alla propria realtà aziendale è un problema soprattutto per i cerealicoltori, che assegnano a questa risposta un valore simile a quello dell'eccessiva burocrazia. Per gli addetti alla zootecnia, invece, la burocrazia dei programmi di sviluppo rurale batte anche l'inadeguatezza delle misure (il 51 per cento delle risposte contro il 30 per cento);
    sebbene che per tutti, agricoltori compresi, gli aiuti non sono mai abbastanza, quando l'insoddisfazione riguarda 1 agricoltore su 2, come emerge dal sondaggio, qualcosa che non funziona c’è davvero. La percezione che il mondo agricolo ha della nostra struttura burocratica è che essa sia complicata e lenta, come dimostra anche la percentuale troppo bassa della spesa delle risorse del programma di sviluppo rurale del nostro Paese; ed in molte regioni questa è, inoltre, accompagnata anche da una troppo bassa efficienza d'impiego di queste risorse pubbliche,

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative normative e regolamentari, affinché le risorse comunitarie vengano spese con maggiore efficacia ed efficienza.
(7-01224) «Catanoso, Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   la situazione in cui versa la protezione civile della Sardegna è davanti agli occhi di tutti;
   a questo si aggiunge che la Sardegna è dal 1o febbraio 2017 senza operai specializzati per la campagna antincendio;
   con un'improvvida decisione di demansionare migliaia di lavoratori dell'agenzia Forestas, si sta mettendo a rischio non solo la prossima campagna antincendio, ma le stesse azioni colturali necessarie e propedeutiche alla prevenzione antincendio;
   il rischio per la sicurezza ambientale e anche civile delle comunità a ridosso delle foreste e delle aree attenzionate è rilevante;
   si tra ignorando il disastro generato da un'operazione, per l'interrogante, nefasta, che di fatto ha eliminato migliaia di figure chiave che avevano operato per pochi euro in più al mese in qualifiche superiori rispetto a quelle previste nella originaria assunzione;
   da settimane non si hanno più a disposizione operai che guidano mezzi per aprire e manutenzionare piste antincendio, niente operai abilitati al ruolo di vedette antincendio, niente motoseghisti, niente operai in grado di utilizzare mezzi meccanici. Insomma, la campagna antincendio e tutto quello preventivo alla stessa si ferma;
   la carenza di organici e di figure qualificate aveva, nei decenni, obbligato ad una scelta irrevocabile: affidamento di mansioni superiori, a partire dagli operai che in base al contratto avevano un mansionario ben preciso;
   con questa operazione si sta mettendo a serio rischio, ancor più dello scorso anno, la già scadente campagna antincendio messa in campo dalla regione e che non ha trovato nessun sostegno da parte dello Stato;
   alla rivolta silenziosa che cova in tutti i cantieri forestali, si rischia di aggiungere anche il blocco amministrativo, secondo l'interpellante, visto che una parte stessa del personale era stata obbligatoriamente impiegata a svolgere funzioni superiori sia per la parte amministrativa che burocratica dell'ente;
   con un'azione improvvisata che non ha niente a che fare con la razionalizzazione si mette in crisi una Agenzia che dovrebbe funzionare con efficienza e immediatezza proprio per la delicatezza del ruolo e la stessa gestione per molti versi della protezione civile;
   occorre, di concerto con il Governo, disporre un provvedimento serio e concreto per evitare un disastro annunciato;
   sono decine i comuni di tutta la Sardegna che a quanto consta all'interpellante stanno denunciando alla regione e ai prefetti il blocco dei cantieri e della messa in sicurezza dei territori;
   sono comunicazioni formali che mettono in mora la regione in modo netto e chiaro e tutti gli operatori della pubblica sicurezza;
   si tratta di un grido d'allarme che arriva da ogni angolo della Sardegna dinanzi all'irresponsabilità nel Governo di un settore così delicato come quello della protezione ambientale e forestale dell'isola;
   sono gravissimi i disservizi che già si registrano all'interno dell'ente, dal blocco del taglio del legname alla mancata manutenzione della viabilità all'interno dei cantieri forestali, l'antincendio e la protezione civile; mancano gli interventi di pulizia degli alvi fluviali dei comuni che ne hanno fatto richiesta, sino alle retribuzioni, il protocollo, le concessioni e vendite degli assortimenti legnosi e altro, le operazioni connesse con gli appalti tra cui il pagamento delle fatture, la gestione del bilancio;
   se non ci saranno interventi immediati anche da parte dei Ministeri competenti, di concerto con la regione, per superare questa gravissima situazione, è evidente che si va incontro ad un disastro, annunciato a partire dai 1.600 operai che svolgevano mansioni superiori in attività chiave dell'ente, appunto come la campagna antincendio, per arrivare ai 200 impegnati da decenni nelle procedure amministrative e burocratiche dell'agenzia;
   si sta configurando il rischio di una interruzione di pubblico servizio, con la messa a rischio del patrimonio ambientale e non solo della Sardegna –:
   se il Governo non ritenga, per quanto di propria competenza, di attivare un tavolo di confronto urgente con la regione Sardegna relativamente alla protezione civile, a partire dall'emergenza della prossima campagna antincendi;
   se non intenda attivarsi, per quanto di competenza e in coordinamento con gli enti territoriali interessati, per addivenire a soluzioni tese a superare eventuali gravi conseguenze legate a carenze di organico e conseguente affidamento di qualifiche superiori in ordine a supreme esigenze di pubblica incolumità e di pubblica sicurezza.
(2-01726) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   FAUTTILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa ai contribuiti annuali per le tv locali appare molto preoccupante; preliminarmente, infatti, si deve rilevare che non risultano ancora erogati contributi relativi all'anno 2015, nonostante il riparto definitivo sia stato registrato dalla Corte dei conti ed essere in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
   a quanto si apprende dalla direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali del Ministero dello sviluppo economico, però, mancano ancora ai fini dell'erogazione del contributo i certificati di correttezza contribuita dell'Inpgi;
   cosa ancor più grave, non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi per il 2016;
   il Ministero dello sviluppo economico spiega questa decisione con il presupposto che le domande dovranno essere presentate in base al nuovo regolamento per i contributi annuali all'emittenza locale, che, però, non risulta a sua volta ancora emanato;
   la situazione crea particolare disagio perché qualora si attendesse l'emanazione del nuovo regolamento, la copertura finanziaria relativa dovrebbe comprendere anche la quota di extra-gettito Rai (euro 50 milioni) di competenza di tv e radio locali, ma i tempi per il riconoscimento e l'erogazione di tali contributi 2016 potrebbero non essere breve, mentre se si chiedesse di riconoscere e erogare i contributi 2016 sulla base del vecchio Regolamento, molto probabilmente la copertura finanziaria non comprenderebbe la suddetta quota di extra-gettito Rai (euro 50 milioni) e i tempi potrebbero essere comunque abbastanza lunghi;
   infine, come detto sopra, non risulta essere stato emanato il regolamento per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   come è noto, infatti, la legge di stabilità 2016 ha definito la riforma della normativa relativa ai contributi pubblici a sostegno dell'emittenza televisiva e radiofonica in ambito locale, prevedendo, in particolare, che con Regolamento da adottare su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze vengano definiti i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione dei citati contributi;
   nel corso del 2016 si è giunti ad uno schema di regolamento che però attende ancora l'esame da parte del Consiglio dei ministri, oltre a vari altri inderogabili adempimenti. Non risulta, però, che lo schema citato sia ancora stato esaminato dal Consiglio dei ministri –:
   quali iniziative intendano intraprendere il Presidente del Consiglio e il Ministro interrogato per risolvere quanto prima una problematica che, come illustrato, si trascina da troppo tempo e che lede profondamente il diritto all'informazione, garantito anche dalle Tv e dalla radio locali. (3-02898)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo indiscrezioni giornalistiche, il Governo sarebbe intenzionato a nominare vice presidente della Commissione per le adozioni internazionali (CAI) un magistrato, Laura Laera, che si sarebbe di fatto dimostrata a favore della pratica del cosiddetto utero in affitto e per le adozioni da parte di coppie omosessuali;
   in particolare, Laera, in qualità di presidente del tribunale per i minorenni di Firenze, ha autorizzato, con una sentenza del 9 marzo 2017, la trascrizione anche in Italia dei provvedimenti emessi da una Corte britannica in merito all'adozione di due fratellini da parte di una coppia di uomini;
   se tale notizia fosse confermata, sarebbe per l'interrogante quantomeno inopportuna la scelta di procedere alla nomina, a capo di uno dei settori più delicati come le adozioni internazionali, di una persona con una visione ideologica certamente discutibile e, in ogni caso, non imparziale, sul tema delle adozioni –:
   se corrispondano al vero i fatti esposti in premessa e, in caso affermativo, quali urgenti provvedimenti intenda assumere per garantire che a capo della Commissione per le adozioni internazionali sia nominata una persona imparziale e non condizionabile da personali visioni ideologiche, che potrebbero confliggere secondo l'interrogante con il primario interesse dei minori. (4-16000)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 marzo 2017 hanno perso la vita in un incidente stradale ben 3 persone (Cristiano Di Paolantonio, 45 anni, la moglie Jamir Temjenlelmla, 37 anni, di origini indiane, ma cittadina italiana – e il camionista, Florindo Carrer, 51 anni, di Cessalto Treviso);
   la procura di Pordenone nei giorni successivi pare abbia confermato l'ipotesi di duplice omicidio volontario, pianificato dal Di Paoloantonio per uccidersi insieme alla moglie Jamir, che lo stava lasciando, e nel corso del quale è deceduto anche il camionista trevigiano;
   la donna si era recentemente rivolta all'associazione antiviolenza «Voce Donna» di Pordenone per chiedere aiuto al fine di interrompere le violenze psicologiche di cui si diceva vittima. Affermazioni circostanziate, tanto che è stata anche presentata una formale denuncia alla polizia di Stato in quanto Di Paoloantonio aveva minacciato di farla finita ipotizzando un gesto di disperazione che potesse coinvolgere anche la moglie e le figlie;
   la questura aveva attivato l'ufficio Minori per verificare la situazione delle due figlie della coppia, per le quali assieme alla madre era già stato ipotizzato il ricovero temporaneo in una struttura protetta;
   il procedimento si fermò improvvisamente perché l'uomo venne affidato ai servizi sanitari su disposizione del sindaco della sua città di residenza;
   già la domenica precedente all'incidente mortale di Di Paoloantonio, aveva probabilmente provato ad uccidere la moglie, quando alla guida di un altro furgone con lei accanto, si era schiantato contro un muro a Cappella Maggiore –:
   se risulti per quale motivo dopo il trattamento sanitario obbligatorio o comunque dopo il primo e sospetto incidente non sia stato revocato il titolo di guida o non siano stati presi opportuni provvedimenti nei confronti del Di Paoloantonio al fine di scongiurare l'ennesimo probabile femminicidio. (4-16001)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa e da dichiarazioni delle rappresentanze della locale comunità si apprende che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha reso nota l'intenzione di alienare alcuni immobili di proprietà dello Stato italiano siti a Monaco di Baviera; nel dettaglio si tratta dell'edificio che ospita il Consolato Generale; la sede dell'Istituto Italiano di Cultura e la villa in passato in uso ai servizi di informazione italiani;
   l'interrogante è consapevole del fatto che questo intervento si colloca all'interno di una globale strategia politica del Governo, volta a una razionalizzazione degli immobili demaniali siti all'estero, adibiti a rappresentanze diplomatico consolari;
   detta strategia mira a dotare il nostro Paese di edifici più funzionali, più moderni, più consoni all'accoglienza del pubblico e alla prestazione di servizi ai cittadini, in un'ottica di contenimento dei costi e di razionalizzazione di eventuali spese di ristrutturazione di sedi particolarmente lussuose e prestigiose;
   si ritiene che la sede dell'Istituto di cultura di Monaco, nella sua attuale dislocazione, sia idonea alle esigenze di spazio e di accessibilità necessarie all'Istituto stesso per svolgere al meglio la propria missione di promozione della lingua e cultura italiana nel mondo;
   la regione della Baviera, Land di cui Monaco è capoluogo, è uno dei più importanti fra i Land tedeschi sia in quanto strategico partner commerciale del nostro Paese, sia perché il locale Consolato serve una comunità di circa 100.000 italiani; inoltre raccoglie una numerosa utenza tedesca italofila, anche a seguito della prossimità geografica con il nostro Paese;
   si reputa che la sede dell'Istituto italiano di cultura sia già oggi idonea alle esigenze di spazio e di accessibilità necessarie all'Istituto, onde svolgere al meglio la propria missione; prevede infatti sia un auditorium che sale per i corsi;
   si rende opportuno evitare l'interruzione, anche solo temporanea, dei corsi di lingua e delle manifestazioni in programma, onde evitare non solo una significativa perdita economica, ma soprattutto di immagine, anche tenuto conto che le migliaia di utenti sono di nazionalità tedesca –:
   se il Ministro interrogato, in considerazione di quanto riportato in premessa, non intenda rivalutare l'operazione nel suo complesso, al fine di escludere la vendita della sede dell'Istituto italiano di cultura;
   se, in contemporanea ad un'eventuale alienazione dell'attuale sede del Consolato Generale e della villa in passato in uso ai servizi informativi non intenda garantire l'acquisizione di una nuova sede del Consolato Generale più moderna e altrettanto centrale, dal costo inferiore al valore di mercato dell'attuale sede e ancora più funzionale all'espletamento delle funzioni consolari. (5-10905)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la conferenza dei servizi istruttoria del Sin di Trieste del 25 novembre 2015 al punto 2 dell'ordine del giorno ha esaminato il documento «Risultati del Piano di caratterizzazione area ex-discarica a mare di Via Errera nel porto di Trieste», eseguito dalla Società Gas Natural Rigassificazione Italia, trasmesso dall'Apt e acquisito dal Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare l'8 giugno 2012. Nello specifico, è stato riportato che «l'area è caratterizzata alla presenza di materiali alloctoni, per uno spessore che arriva a 20 metri, accumulati nel corso degli anni al di sopra dei sedimenti limo-argillosi marini naturali e la linea di costa originale degli anni ’70 è progredita per oltre 50 metri verso mare»;
   nella relazione dell'Agenzia regionale per l'ambiente del Friuli Venezia Giulia è stato evidenziato che i materiali presenti hanno arrecato un pesante pregiudizio ambientale alle acque sotterranee e che terrapieno, sede di discarica per rifiuti speciali autorizzata della regione Friuli Venezia Giulia sia interessato, per le acque sotterranee, da diffusi e significativi superamenti delle relative Csc, che attestano la diffusione della contaminazione;
   nel complesso, «sono stati eseguiti 11 saggi meccanici e 32 sondaggi a carotaggio continuo, durante l'esecuzione delle indagini sono stati prelevati 186 campioni di terreno, 16 campioni classificati come rifiuto solido, 27 campioni top soil e 16 campioni di acqua di falda. Tutte le attività, condotte alla presenza di Arpa Friuli Venezia Giulia hanno rilevato superamenti nel top soil, diffusi superamenti nei suoli a carico di metalli, idrocarburi leggeri e pesanti, IPA, Diossine e fitofarmaci, nelle acque di falda una diffusa contaminazione di metalli, idrocarburi, fluoruri, solfati, e altro (...)»;
   la conferenza dei servizi si è conclusa con la richiesta dell'Apt quale gestore dell'area demaniale, di realizzare un progetto di messa in sicurezza permanente dell'area di via Errera e di predisporre immediate «idonee misure di prevenzione atte ad impedire la diffusione della contaminazione e a garantire l'assenza di rischi per i fruitori delle aree, già richieste dal MATTM nel 2012»;
   con nota del 24 dicembre 2015 e, del 28 gennaio 2016, l'Apt ha rappresentato alla direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, le proprie considerazioni sul mutato quadro di riferimento ambientale nell'area, a sua volta già in sede del progetto dell'impianto di rigassificazione che aveva avuto il parere di compatibilità ambientale (Decreto di VIA) nell'anno 2009;
   l'autorità ha chiesto allo stesso Dicastero di valutare la riapertura del procedimento VIA per l'impianto in oggetto; con risposta del 2 febbraio 2016, la direzione ha comunicato che la valutazione citata si è conclusa con il decreto DEC/DSA/808 del 17 luglio 2009 e che «eventuali problematiche sono, se del caso, da riportare nella più opportuna sede autorizzativa presso il Mise»;
   durante la conferenza dei servizi istruttoria dell'11 aprile 2016, è stato presentato dall'Apt lo studio di fattibilità di messa in sicurezza permanente dell'area. Tale progetto ha previsto una stima di 27.470.000 iva esclusa e, a riguardo, la stessa Apt ha ribadito, nuovamente, di non ritenersi soggetto responsabile dell'inquinamento e di non poter sostenere le spese per la realizzazione degli interventi. Il presidente, dunque, ha concluso la riunione con la richiesta alla provincia di Trieste di individuare il soggetto responsabile della contaminazione;
   il 22 febbraio 2017 il Piccolo di Trieste ha informato della redazione di «un dossier di nove pagine predisposto dalla Provincia, passato alle competenze della Regione Friuli Venezia Giulia, e su cui sono stati allertati i Carabinieri del NOE»; il quotidiano ha evidenziato che, successivamente all'incarico finalizzato all'individuazione del soggetto responsabile dell'inquinamento dell'area assegnato dalla conferenza dei servizi alla provincia di Trieste, questa abbia, in data 16 maggio 2016, sollecitato il comune di Trieste a fornire tutta la documentazione del caso. La stessa richiesta è stata inoltrata all'Apt, alla regione del Friuli Venezia Giulia, all'Arpa Asuits. Un mese dopo, il comune ha richiesto una proroga per la predisposizione dei documenti. La provincia ha concesso 60 giorni, precisando che «alla scadenza del termine le indagini sarebbero state chiuse, dando corso agli atti conseguenti previsti dalla norma di settore». Ad oggi come denunciato all'interno del dossier, «il Comune non ha fornito elementi utili all'istruttoria» –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti sopra esposti;
   con quale modalità il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per individuare le risorse necessarie per la pianificazione e realizzazione del piano di messa in sicurezza permanente del sito di interesse nazionale di Trieste. (5-10903)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO e FICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge da fonti di stampa, starebbe emergendo uno scandalo legato ad una presunta affittopoli relativa ad alcuni alloggi siti in immobili monumentali e storici della città di Napoli (Palazzo Reale, Villa Floridiana, Villa Pignatelli) dati in locazione a prezzi molto al di sotto del valore di mercato;
   sempre secondo quanto risulta da fonti di stampa, la Corte dei conti avrebbe istruito un fascicolo di indagine su 18 immobili dello Stato, che dai primi accertamenti eseguiti dai militari del nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, generano perdite per mancate acquisizioni dei «giusti» canoni mensili di oltre 20 mila euro che moltiplicati per un anno fanno 240 mila euro;
   in particolare, all'interno del Palazzo Reale di Napoli, appartenente al demanio culturale dello Stato, sono ubicati diversi alloggi di servizio per la custodia e il casierato degli uffici e degli istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo presenti nel compendio monumentale;
   risulta all'interrogante che uno dei più importanti alloggi destinato al casierato sia stato dato in concessione a una fondazione politica sottraendolo, di conseguenza, alla disponibilità e all'uso degli uffici periferici e degli istituti del Ministero delle attività culturali e del turismo;
   concessionaria dei prestigiosi ambienti risulta, tra gli altri, la fondazione «Centro di Iniziativa Mezzogiorno-Europa» – come recita il sito internet – nel 2000 sotto forma di associazione per volontà dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di Andrea Geremicca, trasformata in fondazione nel 2006 e attualmente presieduta dall'esponente del PD Umberto Ranieri;
   mentre gli uffici periferici e gli istituti del Ministero delle attività culturali e del turismo presenti nel Palazzo Reale di Napoli (Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il comune di Napoli; soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli; Polo museale della Campania; Segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, Biblioteca Nazionale di Napoli «Vittorio Emanuele III») lamentano la carenza di spazi per lo svolgimento delle loro funzioni, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha deciso di assegnare a una fondazione privata spazi demaniali che potevano essere utilizzati per attività di interesse pubblico –:
   se il Ministro interrogato sia informato di quanto evidenziato in premessa, quale sia la sua opinione in merito e se non ritenga doveroso, per gli aspetti di propria competenza, di avviare un'inchiesta interna al Ministero per accertare quali immobili di proprietà del dicastero siano, coinvolti nell'indagine sopra citata, al fine di superare eventuali situazioni improprie che dovessero eventualmente emergere;
   se non ritenga di chiarire i criteri di assegnazione dei locali demaniali a una fondazione privata, i punti del provvedimento concessorio e del contratto di locazione collegato, i canoni e la durata complessiva del contratto;
   se nella concessione dell'appartamento demaniale destinato al casierato del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a una fondazione privata sia stato garantito e soddisfatto l'interesse pubblico generale e se la concessione costituisca un utilizzo coerente con le finalità del bene;
   se i canoni corrisposti in base al contratto di locazione siano congrui rispetto alla cifra di mercato e se esso comprenda anche il parcheggio gratuito situato all'interno dei suddetti edifici o luoghi monumentali;
   se non intende chiarire a carico di chi siano state effettuate le spese di ristrutturazione dei locali assegnati alla fondazione privata. (4-15997)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   è in corso di svolgimento al largo delle coste siciliane, l'esercitazione Nato «Dynamic Manta 2017 (DYMA 17)» che, dal 13 al 24 marzo 2017, impegna mezzi aeronavali ed equipaggi provenienti da 10 Paesi alleati nel Mediterraneo centrale per un addestramento alla lotta anti sommergibile e alla lotta contro i mezzi di superficie;
   l'Italia partecipa, con un cacciatorpediniere, un sommergibile e un elicottero SH90 della Marina militare, fornendo supporto logistico attraverso il Comando marittimo della Sicilia, la base navale di Augusta e la base aerea di Sigonella;
   i sommergibili provenienti da Francia, Grecia, Italia, Spagna, Turchia e Stati Uniti, sono sotto il controllo del Comando Sommergibili Nato (Comsubnato) e opereranno con 10 navi militari di Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Spagna, Turchia e Stati Uniti;
   tra le unità navali impiegate, sembrerebbe accertata la presenza di sottomarini a propulsione nucleare anche in acque territoriali italiane;
   le informazioni sul rischio nucleare, in base alla legge, «devono essere fornite alle popolazioni interessate senza che le stesse ne debbano fare richiesta», rimanendo «accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica» (decreto legislativo n. 230 del 1995);
   la prefettura di Siracusa, preposta alla produzione e divulgazione del piano di emergenza esterno, aggiornato e disponibile al pubblico, sembrerebbe non rispettare tale obbligo di legge, così come riportato da organi di stampa locale, riferendo di un diniego all'accesso a tali documenti a richiesta di cittadini attivisti e ciò nonostante che il porto di Augusta sia periodicamente interessato dal transito e dalla sosta del naviglio nucleare di Stati Uniti e altri Paesi Nato;
   regole che, ad Augusta, come nei restanti porti militari e nucleari italiani, da oltre vent'anni rimangono lettera morta, offrendo la misura dei pericoli a cui sono esposti i territori a causa della militarizzazione e delle operazioni di guerra che vedono tristemente protagonista la Sicilia e il Mediterraneo –:
   se il comando militare territoriale competente per le esercitazioni, che vede la presenza di navi o sottomarini a propulsione nucleare in aree portuali, stia fornendo le dovute informazioni alla prefettura ai sensi del decreto-legge n. 230 del 1995, abbia provveduto a rendere edotto il proprio personale, così come la popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica, del piano di emergenza esterna. (5-10915)


   DURANTI e CARLO GALLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   presso i comandi/enti della Marina militare, negli ultimi anni, risulta agli interroganti che si stia incrementando – ex articolo 930 del decreto legislativo n. 66 del 2010 – il transito di giovane personale militare nei ruoli civili della difesa. Solo nell'Arsenale MM di Taranto, a partire dal 2014, vi è stato il transito di 101 ex militari, che stanno riempiendo soprattutto gli organici di operai tecnici (con l'incremento notevole di spesa, considerato che conservano lo stipendio da militare con assegno «ad personam»), senza avere alcuna competenza, spesso senza essere idonei al profilo che assumono e – considerato che sono stati riformati per motivi di salute – molti o assumono in seguito a richiesta di visita di idoneità al profilo amministrativo, oppure ricevono delle prescrizioni che si traducono in impossibilità di impiego nell'attività tecnica a bordo e, di fatto vengono impiegati negli uffici (in modo più o meno palese);
   nel 2016 il comune di Taranto ha accettato di dirottare le risorse destinate per il suo sviluppo verso l'Arsenale MM di Taranto per il completamento del piano «Brin», nella convinzione che potessero svilupparsi: un rapporto sinergico che vedesse la riapertura all'esterno della scuola di mestieri «Allievi Operai»; assunzioni di personale tecnico per incrementare l'internalizzazione di attività manutentive; la realizzazione del progetto di «acciaio a km 0» dalla rottamazione delle unità navali in disarmo all'Ilva di Taranto, per offrire opportunità lavorative anche all'indotto jonico. Ad oggi, risulta degli interroganti che quegli accordi informali siano completamente disattesi. L'ingresso degli ex militari fa abbassare l'età media ma fa aumentare i costi della spesa per il personale (assegno « ad personam»); non risponde alle effettive esigenze lavorative dell'Arsenale MM di Taranto per difficoltà ad impiegare tale personale in modo utile e conforme al profilo assegnato; non risponde ad un piano occupazionale ed al rilancio dell'Arsenale. Inoltre non si sta realizzando il progetto «KM0»;
   risulta secondo gli interroganti «particolare» la casualità che vede ammalarsi – tanto da essere riformati – giovani donne e uomini in servizio sulle Unità della Marina militare italiana (che fra le altre cose vengono impiegati in sovrannumero nei ruoli civili ed assegnati anche a ruoli tecnici di lavorazione pesante) –:
   se il Ministro interrogato intenda onorare l'accordo preso con il comune di Taranto, adoperandosi per indire concorsi ed assunzioni di giovani maestranze e riaprire la scuola allievi operai. (5-10916)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   risulta gli interroganti che, presso il tribunale militare di Verona, si è verificato un grave caso di illecito trattamento dei dati personali sensibili di natura sanitaria di un dipendente civile, in quanto il vertice dell'ufficio magistratuale ha conservato dati ed informazioni di natura sanitaria relativi alle diagnosi accertate in sede di visite fiscali eseguite nei confronti di un dipendente civile dell'ufficio, assente dal servizio per malattia, a seguito dell'illecita trasmissione al tribunale militare di Verona dall'azienda sanitaria locale territorialmente competente all'esecuzione delle visite fiscali;
   nel caso in esame, a seguito di puntuale segnalazione del lavoratore al Garante per protezione dei dati personali, si lamentava che L'Azienda sanitaria locale avesse illecitamente diffuso i dati sanitari relativi alle visite fiscali eseguite su ordine del tribunale militare di Verona che il medesimo avesse poi illecitamente conservato tali informazioni sanitarie ricevute;
   in forza d'istruttoria esperita dal Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento del 15 febbraio 2017, Prot. 5507, il Garante stesso ha accertato il trattamento illecito di dati personali di natura sanitaria del dipendente posto in essere dall'Azienda sanitaria locale per cui, «non risulta, pertanto, sussistere alcun presupposto legittimante la comunicazione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute del Sig. [...] da parte di codesta Azienda al tribunale in indirizzo», nonché: «risulta dunque accertato che con la predetta e-mail del 31 maggio 2012 si determinata da parte di codesta Azienda un'illecita “comunicazione a terzi” di dati personali di natura sensibile, in quanto idonei a rivelare lo stato di salute, dei Sig. [...], priva del consenso dell'interessato o di altro idoneo presupposto legittimante. La predetta comunicazione di dati sensibili non risulta, quindi, conforme alla disciplina rilevante in materia di protezione dei dati personali, nei termini sopra indicati», il tutto con riserva di applicazione di sanzione amministrativa, ex articolo 162, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 196 del 2003, alla medesima amministrazione sanitaria e, con specifico riguardo alla conservazione da parte del tribunale militare di Verona dei dati sanitari illecitamente ricevuti dall'ASL, il medesimo provvedimento ha altresì accertato che: «non sussistono motivi per l'eventuale ulteriore conservazione da parte di codesto tribunale dei dati illecitamente comunicati»;
   ravvisato trattarsi del quarto provvedimento del Garante della privacy che ha accertato illeciti trattamenti dei dati personali comuni e sensibili di un dipendente posti in essere dai vertici magistratuali del tribunale militare di Verona, dopo quelli del 10 aprile 2014, n. 187, già oggetto di interrogazione del 7 agosto 2014, n. 5-03469, del 5 agosto 2015, già oggetto di interrogazione del 17 dicembre 2015, n. 5-07239, e del 19 aprile 2016, Prot. 11283, già oggetto di interrogazione del 15 febbraio 2017, n. 5-10594, sindacati tutti ancora in attesa di risposta –:
   di quali notizie disponga in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda promuovere per assicurare il rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali dei dipendenti da parte del tribunale militare di Verona;
   se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive presso il tribunale militare di Verona ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza in ordine alla serie di illeciti trattamenti dei dati personali dei dipendenti di cui in premessa. (5-10907)


   PAOLA BOLDRINI, BOLOGNESI, FUSILLI, MARANTELLI, SCANU e ZANIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   durante la legislatura la Commissione difesa ha approvato atti di indirizzo su argomenti di particolare rilevanza;
   in particolare, il 3 febbraio 2016 la Commissione difesa ha approvato la risoluzione n. 8-00171 con la quale si impegnava il Governo:
    «a presentare al Parlamento, entro sei mesi dalla data di approvazione del presente atto, una dettagliata valutazione sistematica e documentata dell'efficienza del sistema energetico infuso alle Forze armate;
    a sottoporre al Parlamento un piano di interventi di medio-lungo termine, da attuare attraverso un cronoprogramma sessennale rimodulabile nel tempo, finalizzato alla riqualificazione energetica e alla produzione di energia da fonti rinnovabili nelle infrastrutture in uso alla Difesa, ...., (anche prevedendo l'intervento della società Difesa Servizi S.p.A., che permettano di effettuare investimenti per il risparmio energetico senza spesa pubblica.)»;
   l'8 agosto 2016 è stata approvata la risoluzione n. 8-00198 contenente interventi a favore dell'Istituto geografico di Firenze e impegnava il Governo:
    «a preservare, anche attraverso il turn over, l'attuale consistenza organica dello Stabilimento, ... valutando anche la possibilità di reperire le necessarie professionalità tra i numerosi esuberi esistenti tra gli organici del personale, sia militare che civile, dell'amministrazione della Difesa in posizione di distacco...;
    a valutare l'opportunità di procedere a nuove assunzioni, ...., anche ricorrendo ai contratti di lavoro previsti dalla normativa vigente, nonché l'opportunità di stabilizzare il rapporto di lavoro ... per quelle risorse umane particolarmente qualificate, evitando di fare ricorso a forme di lavoro interinale, a favore delle possibilità previste nell'ambito delle disposizioni normative in materia di pubblico impiego;
    a valutare, in collaborazione con l'Agenzia italiana del farmaco, l'aggiornamento dello studio di fattibilità sottoscritto nel 2013 con il Ministero della salute, per sviluppare le storiche potenzialità dello Stabilimento, ... in funzione di un ampliamento della produzione di cannabis a scopo terapeutico, nonché la possibilità, ..., di produrre medicinali carenti o «orfani», al fine di garantire l'accessibilità alle cure;
    a valutare .... l'opportunità di rafforzare una sinergia di ricerca con lo Stabilimento, ai fini di un approfondimento delle conoscenze, dei metodi di controllo e dei potenziali impieghi dei medicinali a base di cannabis.»;
   in data 20 aprile 2016, in sede di approvazione del parere sull'atto del Governo 277 è stata votata e accolta dal Governo una condizione per assicurare «in via amministrativa, e nei limiti delle risorse disponibili sui relativi capitoli di bilancio, all'atto del rinnovo delle convenzioni con gli insegnanti civili delle scuole sottufficiali della Marina militare di Taranto e La Maddalena, il tempo pieno ai citati docenti» –:
   quali atti siano stati adottati in ottemperanza ai suddetti pronunciamenti parlamentari. (5-10913)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PICCONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o aprile 2017 anche la società telefonica Tim-Telecom, come già fanno Wind e Vodafone, adotterà una modifica dei termini contrattuali con i propri clienti residenziali, tramite la quale il canone del telefono fisso non verrà più calcolato su base mensile ma ogni quattro settimane (28 giorni);
   poiché i periodi da quattro settimane in un anno sono 13, e non 12 come quelli mensili, la modifica determinerà, oltre che un incremento del costo annuale per i clienti residenziali, quantificato dalla stessa Tim nell'8,6 per cento, anche effetti problematici sul piano tributario;
   negli annunci inviati ai clienti, Tim fa riferimento alle «mutate condizioni del mercato» e «all'esigenza di allineamento delle offerte al contesto competitivo», sfruttando in sostanza il vantaggio di cui hanno usufruito le altre società telefoniche;
   l'incremento del fatturato potrebbe portare a una crescita del margine operativo lordo Tim di circa 120 milioni di euro sui clienti consumer nell'anno in corso e, dal 2018, di circa 200 milioni di euro, di cui circa 75 per cento consumer e 25 per cento business;
   Tim prevede che, ove il cliente non intenda aderire a questa modifica tariffaria, potrà migrare senza costi ad altro operatore, ma con tale metodologia operativa i consumatori non avranno possibilità di scelta, in quanto, con tutta probabilità, anche gli operatori Fastweb e Tiscali, che ancora adottano la tariffazione mensile, passeranno a quella quadri-settimanale, realizzando secondo l'interrogante una sorta di «accordo di cartello» mascherato;
   questa modifica contrattuale, che per l'interrogante si pone a danno dei consumatori, è stata resa possibile da una sentenza del Tar Lazio del dicembre 2016, contro cui l'Autorità garante per le comunicazioni ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, contestando, in base al codice del consumo, la libertà assoluta, reclamata invece dalle società telefoniche, di modificare il contratto;
   come accennato, tale decisione delle società telefoniche comporterà problemi di natura tributaria e contabile a carico di imprese, professionisti e lavoratori autonomi, in quanto anche la sola imputazione dell'Iva pagata sulle bollette quadri-settimanali supera temporalmente le scadenze di pagamento Iva Mensili, trimestrali e annuali;
   appare quindi necessario affrontare le predette problematiche di natura tributaria, che sarebbe del tutto ingiustificato accollare alle imprese –:
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda assumere per affrontare le evidenti problematiche tributarie e contabili, ad esempio sotto il profilo dell'Iva che la nuova tariffazione quadri-settimanale comporterà a carico di imprese, professionisti e lavoratori autonomi, a seguito delle modifiche contrattuali poste in essere dalle società telefoniche Tim, Wind e Vodafone. (5-10917)


   ZOGGIA, ZAPPULLA, MURER, QUARANTA, MELILLA, ZACCAGNINI e LEVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Confedercontribuenti Veneto, da anni, spiega che ci sono circa 800 casi di usura bancaria, in buona parte in provincia ai Padova, ma il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale e riguarda praticamente tutte le banche: se si analizzano i contratti, in oltre l'85 per cento dei casi si scoprono anomalie nei calcoli;
   uno dei più eclatanti è il caso della Popolare di Verona, che aveva inserito nei suoi contratti un'indennità di sconfinamento tra i 10 e i 600 euro al giorno, a seconda dell'entità del «rosso», e questa commissione si andava ad aggiungere agli interessi calcolati su base trimestrale facendo lievitare il debito a livelli impossibili;
   il presidente di Confedercontribuenti Veneto, Belluco, presentando il caso di una piccola commerciante di Padova che aveva un debito di 2 mila euro con la Popolare di Verona e si era impegnata a saldare con 300 euro a trimestre, la definisce «Una vera e propria rapina da banditi del Far West, ma senza armi e a viso scoperto»;
   Belluco prosegue sostenendo: «Ogni trimestre la banca le applicava tra interessi e spese, competenze e commissioni, importi superiori ai suoi versamenti, per la precisione oltre 760 euro a trimestre, più del 150% su base annua, quando per legge avrebbe dovuto applicarle meno di 100 euro tra interessi e spese. Il debito si era raddoppiato in meno di tre trimestri»;
   un altro imprenditore veneto, a fronte di un debito di 20 mila euro, si è visto addebitare dalla Popolare commissioni nell'ordine del 45 per cento grazie alla famosa «indennità di sconfinamento» cui si aggiungono interessi del 10 per cento circa, per un totale del 55 per cento «Sono solo due dei casi più eclatanti – continua Belluco – la banca si è anche detta disponibile a restituire i soldi, ma non è questo il punto: l'usura è un odioso e gravissimo reato di pericolo sociale e non può cancellarsi con la restituzione del maltolto; nel caso della piccola commerciante, nonostante l'evidenza documentale, la procura ha archiviato la denuncia senza nemmeno disporre una perizia. E le banche, a fronte di una legge, quella sull'usura, che non viene applicata, continuano come nulla fosse, contando sul fatto che solo una minima parte dei clienti contesterà i calcoli, mentre quasi nessuna procura perseguirà il reato» –:
   quali iniziative urgenti intenda porre in essere il Governo, per quanto di competenza al fine di impedire in futuro il malcostume delle banche di recuperare crediti non dovuti e al fine di tutelare i risparmiatori. (5-10918)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni comuni della provincia di Foggia sono stati gravemente danneggiati dal terremoto del 31 ottobre 2002;
   a seguito del sisma, i contribuenti residenti nelle realtà colpite hanno usufruito dell'abbattimento del 60 per cento dei tributi erariali e locali ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008, articolo 6, comma 4-bis, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009;
   per via di tale disposizione normativa, i comuni interessati hanno subito una diminuzione delle entrate di diversi milioni di euro;
   ad oggi, i comuni non hanno ricevuto alcun tipo di compensazione economica da parte dello Stato per far fronte alle perdite finanziarie subite, tanto da trovarsi in una gravissima situazione di bilancio –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per consentire a queste amministrazioni locali, e a tutti i comuni che si trovano nella medesima situazione, di recuperare le risorse non incassate per via di quanto previsto dal decreto-legge n. 185 del 2008, articolo 6, comma 4-bis, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009. (5-10904)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 17 marzo 2017 dalla casa di reclusione San Michele di Alessandria, è evaso un detenuto in regime di semilibertà con «fine pena» nel 2024;
   secondo una prima ricostruzione l'uomo avrebbe approfittato di un problema tecnico alle telecamere della videosorveglianza poste lungo la recinzione mentre effettuava alcuni lavori di pulizia nell'area tra il muro di cinta e il parcheggio davanti al carcere e, anche grazie alla carenza di organico, sia riuscito a fuggire;
   il primo firmatario del presente atto, lo scorso 4 febbraio, ha personalmente effettuato una visita ispettiva alla casa di reclusione San Michele, riscontrando una serie di annose problematiche, diffuse sull'intero territorio italiano, che purtroppo sono alla base della facile evasione avvenuta al carcere di Alessandria: celle aperte come opzione alla costruzione di carceri nuove con spazi adeguati; agenti sempre drammaticamente sotto organico e male equipaggiati e lasciati soli con 50 detenuti ciascuno su cui vigilare; un solo agente incaricato di sorvegliare due schermi con una quarantina di telecamere che riprendono altrettanti luoghi; accessi meccanizzati ma senza bracci elettrici funzionanti e quindi un sistema obsoleto basato sul «mazzo di chiavi» per aprire e chiudere continuamente sbarre e serrature;
   a giudizio degli interroganti, questa evasione è semplicemente frutto dello smantellamento delle misure di sicurezza delle carceri italiane, avvenuto con l'introduzione della vigilanza dinamica e del regime penitenziario aperto: riduzione della presenza dei poliziotti nelle sezioni detentive e detenuti fuori dalle celle per più ore, per sopperire alle indecenti condizioni delle carceri e al sovraffollamento delle celle, motivi per i quali, nel 2013, la Corte europea dei diritti umani, con la sentenza Torreggiani ha condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani (Cedu);
   i rischi di «prevedibili» evasioni si sommano ad altri episodi, incomprensibilmente sottovalutati dall'amministrazione penitenziaria, che avvengono nelle carceri italiane, dove ogni 9 giorni un detenuto si uccide in cella, ogni giorno si verificano in media 23 atti di autolesionismo e 3 suicidi in cella, spesso sventati da donne e da uomini del corpo di polizia penitenziaria, nonostante carenze di organico pari ad oltre 7.000 agenti;
   a questo proposito, si sottolinea che il giorno prima dell'evasione dal San Michele i rappresentanti sindacali Sappe, Osap, Uspp e Cgil avevano lanciato l'allarme, denunciando di essere sotto organico e di non poter garantire la sicurezza nel carcere e fuori dal carcere –:
   se il Governo sia venuto a conoscenza di quanto denunciato dalle organizzazioni sindacali riguardo la situazione della casa di reclusione San Michele di Alessandria, e come intenda rispondere alle loro richieste;
   se non ritenga urgente intervenire con una iniziativa normativa specifica e mirata affinché l'ordinamento penitenziario italiano assicuri a ogni persona detenuta condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana;
   come intenda risolvere, in tempi brevi, l'annosa carenza di organico del corpo della polizia penitenziaria e del personale addetto alle misure alternative alla detenzione. (4-15995)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 18 luglio 2012, tra la Compagnia italiana di navigazione (CIN) e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata stipulata la convenzione della durata di otto anni per la gestione dei servizi pubblici di cabotaggio marittimo tra la penisola e le isole maggiori, Sardegna e Sicilia, e le isole Tremiti;
   per lo svolgimento del servizio, è stato previsto, per ciascun anno della durata della convenzione, un corrispettivo pari a 72.685.642,00, non assoggettabile ad alcuna forma di rivalutazione;
   l'articolo 8 della convenzione stabiliva che, al termine del «periodo regolatorio», della durata di tre anni, le parti avrebbero dovuto procedere alla verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione secondo i criteri stabiliti nella direttiva CIPE, fermo restando il corrispettivo annuo pattuito;
   l'articolo 9, invece, introduceva la «clausola di salvaguardia», che consente alle parti di fare istanza di verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario, nel caso di scostamenti imprevedibili a carattere strutturale dei ricavi, in eccesso o in difetto;
   a un anno dalla sottoscrizione della convenzione, a fronte di perdite significative evidenziate dai dati economici gestionali dell'attività sovvenzionata, la compagnia ha attivato le procedure relative alla clausola di salvaguardia per la revisione delle condizioni, procedimento che si è concluso con l'emanazione del decreto interministeriale del 4 settembre del 2014 che accoglieva una rimodulazione della convenzione;
   tra le clausole della convenzione, avrebbero suscitato molteplici perplessità quelle previste dall'articolo 6, relative all'adeguamento tariffario, ogni due mesi, in base alle fluttuazioni del prezzo del carburante;
   alcuni organi di stampa, hanno rilevato i continui ed eccessivi rincari delle tariffe di trasporto applicate dalla compagnia di navigazione, così come è già accaduto per la stagione estiva e come sta accadendo a un mese dalle vacanze pasquali;
   secondo l'Unione Sarda del 13 marzo scorso «Un week end lungo nell'Isola per una famiglia di tre persone può costare fino a 633 euro solo per il biglietto del traghetto» e ancora «le rotte più costose sono quelle che portano agli scali del nord: sia la Genova-Olbia che la Genova-Porto Torres superano i 600 euro»;
   la situazione penalizzerebbe non solo l'economia di una regione, come la Sardegna, a vocazione turistica, ma la stessa continuità territoriale nonché la libera circolazione e la mobilità dei residenti nell'Isola, atteso che le tariffe dei residenti non sarebbero molto differenti rispetto a quelle dei non residenti;
   è il caso di rilevare che altre compagnie private, per le medesime tratte, e senza ricevere il corrispettivo del servizio pubblico, stanno proponendo tariffe inferiori a quelle proposte da Tirrenia CIN;
   alcuni organi di stampa avrebbero rilevato che, al termine del «periodo regolatorio» triennale, non ci sarebbe stata la verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione;
   sembrerebbe che nel mese di novembre 2016 siano state aperte le trattative per la ridefinizione del contratto di servizio, una procedura nella quale la regione non avrebbe potere di iniziativa che sarebbe in capo al Ministero in indirizzo, e che l’iter stia andando al rilento;
   in merito al sistema tariffario proibitivo praticato da Tirrenia CIN, il sottoscritto interrogante ha presentato un analogo atto di sindacato ispettivo (n. 5-09277), rimasto senza risposta –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per giungere a una ridefinizione della convenzione con Tirrenia CIN al fine di rivedere al ribasso le tariffe praticate richiamate in premessa;
   se non ritenga opportuno attivare le procedure di sua competenza per giungere a una revisione della convenzione con Tirrenia CIN al fine di garantire tariffe di trasporto più contenute e accessibili.
   (3-02899)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   CERA, PASTORELLI, BUTTIGLIONE, BINETTI e DE MITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 16 Adriatica attraversa l'intera provincia di Foggia, collegando le principali città del Tavoliere e mettendo in comunicazione la zona costiera del Molise con il territorio barese;
   l'Adriatica è una strategica via di comunicazione, anche se presenta una circolazione stradale precaria e pericolosa per l'utenza che la percorre quotidianamente;
   non è più tollerabile il continuo aggiornamento del triste elenco dei decessi e incidenti che avvengono su questa strada in particolare nel tratto Foggia-San Severo;
   la viabilità in provincia di Foggia presenta situazioni di grave disagio e precarietà dei trasporti;
   in numerosi documenti di programmazione regionale sono stati inseriti progetti di adeguamento e ammodernamento della rete stradale in provincia di Foggia;
   il Cipe attraverso il Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 ha previsto investimenti per oltre 130 milioni di euro, destinati alla messa in sicurezza del tratto Foggia-San Severo della Strada Statale 16 Adriatica;
   la sicurezza stradale è al centro delle politiche dei trasporti della regione Puglia, impegnata a garantire la massima efficienza della rete stradale regionale;
   sono state raccolte 3.500 firme, su iniziativa della Cisl e dell'Associazione difesa consumatori e ambiente, con lo scopo di sensibilizzare le istituzioni a un pronto intervento per la messa in sicurezza della sede stradale 16 Foggia-San Severo;
   i 3.500 cittadini che hanno apposto la loro firma, con il sostegno dei consigli comunali delle città di Foggia, San Severo, San Paolo di Civitate, Torremaggiore e Serracapriola, hanno inteso rivolgere un appello per la sicurezza stradale e la soluzione dei problemi della viabilità in provincia di Foggia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno convocare con urgenza una riunione con il presidente della regione Puglia, della provincia di Foggia, dei sindaci delle città firmatarie dell'appello e dei promotori dell'iniziativa in oggetto per affrontare l'emergenza della viabilità sulla strada statale 16 Adriatica e dei trasporti della provincia di Foggia, adottando nel contempo le iniziative di competenza più idonee per contrastare i disagi dei cittadini/utenti e garantire la massima efficienza della rete stradale. (5-10919)


   BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 luglio 2016 il concessionario Autostrade per l'Italia ha presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il progetto esecutivo per la realizzazione del raddoppio dello svincolo autostradale in località Baveno per l'accesso all'A26, con realizzazione del ramo in direzione nord (Domodossola), nella provincia montana del Verbano Cusio Ossola;
   tale opera risulta essere necessaria data la prossima realizzazione del nuovo ospedale del Vco, nonché per migliorare l'accesso viario al Lago Maggiore, distretto turistico di primaria importanza a livello regionale;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è competente nel dare il parere definitivo sulla realizzazione delle opere –:
   quali siano i tempi previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rilascio del richiamato parere sul progetto esecutivo. (5-10920)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni organi di stampa della Sardegna recentemente hanno dato la notizia di un'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica di Cagliari che, secondo quanto riportato dalle cronache, avrebbe smascherato un'organizzazione malavitosa che, in cambio di denaro, si sarebbe occupata di gestire gli arrivi in Italia di stranieri irregolari e di aiutarli a proseguire in viaggio verso l'Europa con documenti falsi;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, l'organizzazione sarebbe stata smantellata con il fermo di sette persone (cinque algerini, un marocchino e un'italiana);
   in particolare, l'organizzazione si sarebbe occupata di pianificare gli spostamenti in Italia e in i Europa, prima ancora che gli stranieri irregolari sbarcassero in Sardegna, e sarebbero stati anche in grado di intercettare gli stranieri fermati grazie a un componente dell'organizzazione che, in qualità di mediatore culturale, avrebbe avuto accesso al centro di prima accoglienza di Assemini;
   il quotidiano l'Unione Sarda dell'8 marzo riferisce che «Questo ruolo (del mediatore culturale) gli permetteva di entrare in contatto con molti stranieri, alcuni – come emerso dalle indagini – già conosciuti telefonicamente prima del loro arrivo in Sardegna. Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno permesso ai poliziotti di ricostruire, in poco tempo, l'organizzazione – o almeno una parte – che si occupava di far arrivare stranieri irregolari e di aiutarli a proseguire il loro viaggio verso l'Europa grazie a documenti falsi (soprattutto i modelli C/3 rilasciati dalle autorità ai richiedenti asilo e ai rifugiati, che permettono agli stranieri di spostarsi liberamente sul territorio nazionale) in cambio di soldi;
   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, sarebbe emerso, da alcune intercettazioni telefoniche, che, tra le altre cose, l'organizzazione facesse affidamento sulla scarsità di controlli agli imbarchi di navi e traghetti;
   è il caso di rilevare che, negli ultimi anni, anche a seguito dell'incremento sia degli sbarchi nell'Isola, sia diretti sia programmati, le organizzazioni sindacali hanno in più circostanze sollevato la questione dell'inadeguatezza degli organici delle Forze di Polizia, con particolare riguardo alle unità preposte alla vigilanza della frontiera e dei flussi migratori;
   è opportuno sottolineare, così come richiamato dagli stessi organi di stampa, che tra gli stranieri irregolari, soprattutto per quanto riguarda gli sbarchi diretti, potrebbero celarsi potenziali terroristi;
   questa ipotesi accresce le preoccupazioni diffuse nell'isola sulla sicurezza di cittadini e comunità, soprattutto in relazione anche alla presenza, in alcuni istituti penitenziari sardi, di terroristi jihadisti;
   lo scrivente ha già presentato al Ministro in indirizzo analoghi gli atti di sindacato ispettivo (nn. 4-07029, 5-09699, 4-15572) sulla questione dell'insufficienza degli organici di polizia e sui flussi migratori, rimasti tuttora senza risposta –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative intenda adottare per garantire un'adeguata vigilanza di porti e aeroporti nonché dei punti di frontiera della Sardegna in relazione all'incremento dei flussi migratori controllati e degli sbarchi diretti;
   se non ritenga opportuno attivarsi per incrementare gli organici delle forze di polizia, con particolare riguardo alla polizia di frontiera, operanti in Sardegna;
   quali siano i dati in suo possesso sugli sbarchi diretti di stranieri irregolari in Sardegna. (3-02900)


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   il mondo del basket italiano dilettantistico è alle prese con un problema che rischia di cambiare l'esito dei campionati e la gestione stessa delle squadre, problema riguardante il tesseramento degli atleti extracomunitari;
   il 16 ottobre 2016, nella serie C ligure, si sono affrontate il Tigullio Sport Team e il Basket Follo, partita che ha visto protagonisti il giocatore statunitense Panaggio M. Williams con 35 punti personali e il giocatore bosniaco Stefan Bozickovic con 12 punti personali;
   il giorno successivo i dirigenti del Tigullio hanno presentato ricorso contestando la regolarità del tesseramento (nello specifico, mancanza del permesso di soggiorno necessario dei due giocatori suindicati), ricorso accolto dal giudice della Fip ligure con la seguente decisione: «La gara viene omologata con il risultato a sfavore di 20-0 per posizione irregolare dei giocatori Panaggio M. Williams e Bozickovic Stefan, determinata da inosservanza delle norme relative alle modalità di tesseramento ex articolo 52 RE gare»;
   casi analoghi, relativi all'impiego nei campionati regionali di giocatori extracomunitari, non in possesso di un regolare visto di soggiorno ma tesserati grazie al visto di ingresso per turismo, sport o lavoro, si sono verificati in molte altre regioni e hanno riguardato molteplici squadre;
   oltre alla già pesante sanzione sportiva per chi impiega stranieri non in regola, desta estrema preoccupazione il fatto che casi del genere possano comportare anche l'apertura di un procedimento penale per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a carico di presidenti e dirigenti responsabili delle società;
   questa situazione ha dell'incredibile se si considera che le società sportive, considerando questi giocatori un valore aggiunto, li seguono in ogni ambito della loro vita, sportiva e privata, provvedendo al loro mantenimento con vitto, alloggio e rimborsi per la loro attività;
   a fronte di tale assunzione di responsabilità, sarebbe stato auspicabile modificare la normativa in essere prevedendo permessi di soggiorno specifici limitati al periodo del campionato e della necessaria preparazione atletica precampionato, disponendo, se del caso, anche verifiche relative al reale utilizzo in campo dei giocatori (salvo infortuni certificabili e, quindi, certificati);
   tale situazione sta creando particolare incertezza e confusione nel mondo del basket dilettantistico –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire individuando una strategia volta a trovare una rapida risoluzione della problematica in oggetto per consentire l'esonero di presidenti e dirigenti sportivi dalla scomoda posizione di chi favorisce la clandestinità con il fondato pericolo di subire condanne fino a 4 anni di reclusione. (3-02901)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO e MARANTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il giornalista Paolo Berizzi, noto per le ripetute inchieste sulle attività dei gruppi neo-nazisti in alcune zone della Lombardia, è stato vittima prima di ripetute minacce ricevute via web da gruppi di estrema destra e frange neo-naziste, e successivamente oggetto di un grave atto intimidatorio, consistente nell'aver ritrovato la propria automobile con numerose incisioni di svastiche e altri simboli richiamanti il nazismo;
   in seguito al verificarsi di tali gravi episodi, il giornalista, dopo una serie di esposti alla procura di Varese, si è recato alla questura di Bergamo per denunciare quanto accaduto e il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha disposto misure di protezione nei suoi confronti;
   del resto proprio un articolo del giornalista Paolo Berizzi aveva già messo in evidenza l'attività della più grande e organizzata comunità nazionalsocialista italiana denominata Dottoressa, installata da più di 4 anni in una piccola frazione in provincia di Varese, portando alla presentazione dell'interrogazione n. 3-02730 da parte dei medesimi presentatori del presente atto, discussa alla Camera dei deputati il 25 gennaio 2017;
   proprio in quella occasione, il Ministro interrogato ebbe modo di chiarire che l'adozione di un provvedimento di scioglimento di movimenti che si ispirano al fascismo è consentita nel nostro ordinamento solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile, che abbia accertato il verificarsi in concreto della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista;
   tuttavia, pur non sussistendo i presupposti per lo scioglimento, i gravi fatti riportati impongono una riflessione sull'adeguatezza degli strumenti attualmente forniti dall'ordinamento italiano per contrastare quelle organizzazioni che si richiamino esplicitamente al disciolto partito fascista, o che esaltino i principi della discriminazione e dell'odio razziale –:
   quale sia la valutazione del Ministro interrogato sull'adeguatezza degli strumenti attualmente presenti nell'ordinamento italiano per contrastare l'attività di organizzazioni come quelle citate in premessa, nonché quali ulteriori iniziative, a legislazione vigente, intenda adottare per assicurare la piena incolumità di tutti quei giornalisti che a causa della loro attività di inchiesta e denuncia sono oggetto di intimidazioni come avvenuto nel caso del giornalista Paolo Berizzi. (5-10911)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASTIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è pervenuta, da un gruppo di consiglieri comunali d'opposizione del comune di Palma Campania, tra i quali l'ex Assessore Comunale Nello Donnarumma, una articolata sollecitazione ad occuparsi del problema igienico sanitario legato alla massiccia immigrazione e al sovraffollamento delle abitazioni nel comune di Palma Campania;
   a Palma Campania, in provincia di Napoli, come già documentato da numerosi organi di stampa, c’è una sempre più forte e diffusa emergenza igienico-sanitaria; il paese ospita la più numerosa comunità del Bangladesh in Italia e tra regolari e irregolari, il comune conta più di settemila cittadini extracomunitari sul proprio territorio a fronte di appena 15000 abitanti;
   in sfregio ad ogni norma igienico-sanitaria, i cittadini del Bangladesh vivono in appartamenti di pochi metri quadri a decina di unità, palesemente violando ogni indicatore di sovraffollamento delle abitazioni;
   negli ultimi anni diversi casi di tubercolosi hanno colpito cittadini del Bangladesh e anche gli interventi di profilassi si sono rivelati complicati da attuare a causa dell'irreperibilità dei soggetti che erano stati in contatto con i malati;
   tutto ciò ha ingenerato una forte psicosi tra i cittadini di Palma Campania ed ha ormai creato una situazione insostenibile per gli abitanti palmesi;
   il mercato immobiliare locale ha subito una impennata dei costi degli immobili, tutti finalizzati all'utilizzo improprio indicato;
   il massiccio aumento degli immigrati dal Bangladesh, è stato possibile grazie alla totale inesistenza di meccanismi di controllo, che connotato l'assenza totale di tutti gli organi dello Stato, dal comune alle Forze dell'ordine –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche con il coinvolgimento dei competenti enti territoriali, perché sia garantito nel territorio di mantenimento di adeguati standard igienico-sanitari;
   se si convenga sull'urgenza di avviare, tramite la locale prefettura, un monitoraggio sulle condizioni degli immigrati residenti a Palma Campania, anche al fine di individuare eventuali responsabilità in capo ai locali amministratori. (4-15996)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 settembre 2016 e 11 gennaio 2017 l'interrogante ha svolto ben due interrogazioni a risposta immediata in Assemblea in merito alle inefficienze nel sistema di distribuzione sul territorio nazionale dei migranti e, in particolare, in merito alla difficilissima situazione in cui versano le province di Venezia e Padova, che da ormai quasi due anni ospitano la più alta concentrazione di migranti e richiedenti asilo della regione;
   l'elevato numero di migranti è peraltro ammassato all'interno di due ex caserme militari in un triangolo di territorio compreso tra i Comuni di Agna (Padova), Bagnoli di Sopra (Padova) e di Cona (Venezia), nei quali risiedono complessivamente circa novemilaseicento persone, alle quali si aggiungono oltre duemila migranti accolti;
   paradossalmente il comune di Agna, sito al confine tra le province di Padova e Venezia, si trova esattamente al centro di questa fetta di territorio e pur non avendo strutture che ospitano migranti è vessato dalla costante presenza dei profughi che escono a qualsiasi ora da queste due ex caserme e prendono come punto di riferimento proprio questo centro abitato che fornisce maggiori servizi;
   in risposta all'interrogazione n. 3-02512, il Ministro dell'interno pro tempore aveva riconosciuto l'effettivo sovraffollamento delle predette strutture di accoglienza, le quali, peraltro, si trovano a una distanza l'una dall'altra di appena cinque chilometri, e aveva manifestato l'intenzione di intervenire per risolvere la questione;
   tale promessa non ha avuto seguito e il sovraffollamento delle strutture è immutato, ospitando quella di Conetta oltre 1.100 migranti e quella di San Siro circa 900 migranti, tanto che la zona è stata ribattezzata dalla stampa come il «distretto del profugo»;
   la sistematica e prolungata disattenzione del Governo rispetto a quella che è ormai una vera e propria emergenza nei territori interessati, sta generando numerosi problemi non solo di ordine pubblico e per la pace delle comunità cittadine, ma è sfociata già in più di un'occasione in episodi di violenza;
   il 2 gennaio 2017, nella struttura di accoglienza sita nella frazione di Conetta, è deceduta una giovane donna ivoriana, fatto in seguito al quale si è scatenata una vera e propria rivolta dei migranti all'interno del centro, sedata solo nella notte dopo l'intervento di polizia e carabinieri;
   altri episodi di protesta all'interno ed all'esterno delle due caserme avevano già avuto luogo nel mese di novembre 2016;
   nel mese di marzo 2017 si sono verificati, inoltre, diversi episodi di molestie sessuali a carico delle operatrici che lavorano all'interno della base di San Siro, e in data venerdì 17 marzo 2017 si è verificato il gravissimo attacco ai danni di una quarantenne della zona, vittima di un tentativo di stupro mentre stava facendo jogging, aggredita e picchiata selvaggiamente da uno degli immigrati ospiti del centro di accoglienza di San Siro –:
   se non ritenga che sia arrivato il momento di risolvere con urgenza la drammatica situazione esposta in premessa, sollevando i comuni di Agna, Bagnoli di Sopra e Cona da questa gravosa problematica, purtroppo ingenerata dalle scelte del Governo, e di provvedere alla chiusura di questi due Hub che stanno devastando questa zona geografica e che sono comunque inadeguati anche per i migranti ivi ammassati in condizioni pietose. (4-15998)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il 6 settembre 2016 si tenevano i test di accesso alle facoltà di medicina, chirurgia e odontoiatria per l'anno accademico 2016/17;
   il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 312 del 20 maggio 2016, nominava la «Commissione incaricata della validazione dei quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale per l'anno accademico 2016/2017»;
   lo stesso decreto ministeriale n. 312 del 2016, specificava che con il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 487 del 20 giugno 2016 è stato costituito il «tavolo di lavoro per la proposta di definizione, a livello nazionale, delle modalità e dei contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico»;
   i quesiti sottoposti ai candidati per l'anno accademico 2016/17 risulterebbero, in importante parte, coincidenti con gli esercizi commercializzati dalla casa editrice Artquiz, come si legge nel relativo portale web;
   il Tar del Lazio ha emesso, fra le altre, le ordinanze istruttorie nn. 471/17 e 946/17 attraverso le quali, il Giudice amministrativo, ha chiesto al Miur «l'ostensione di copia degli atti del procedimento di nomina della commissione per la elaborazione dei test di ammissione, nonché degli atti della commissione e del Ministero con cui gli stessi quesiti sono stati resi esecutivi; copia dei verbali dei lavori della commissione che ha redatto i quesiti; copia degli atti del procedimento sulla base dei quali il Ministero ha provveduto alla determinazione a livello nazionale dei posti da bandire da parte dei singoli atenei con particolare riferimento: alla rilevazione relativa al fabbisogno professionale dei medici chirurghi per l'anno accademico 2015-2016 che il Ministero della salute ha effettuato ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, trasmessa dallo stesso Ministero in data 24 aprile 2015 alla Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome in vista dell'accordo formale; copia delle linee guida ministeriali circa lo svolgimento della prova; copia del verbale dei lavori del tavolo tecnico della programmazione «ovvero» una documentata relazione inerente le modalità di formulazione dei quesiti e la sterilizzazione del quesito n. 16»;
   sarebbero state notificate al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca centinaia di istanze d'accesso agli atti e istanze d'accesso civico aventi ad oggetto l'ostensione dei verbali delle sedute di lavoro della Commissione di cui al decreto ministeriale n. 312 del 2016 e del tavolo tecnico di cui al decreto ministeriale n. 487 del 2016, nonché i verbali della procedura di affidamento dell'organizzazione dei test al Consorzio Interuniversitari Cineca;
   ad oggi, risulta all'interpellante che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non abbia ottemperato alle ordinanze istruttorie nn. 471/17 e 946/17 emesse dalla terza sezione del Tar Lazio il 27 gennaio 2017, con termine sino al 26 febbraio 2017 per adempiere, disattendendo un chiaro obbligo di legge e causando una ingiustificabile dilazione dei tempi di giudizio per centinaia di ricorsi pendenti dinnanzi all'autorità giudiziaria;
   ad oggi, risulta all'interrogante che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non abbia accolto nessuna delle succitate istanze d'accesso ex lege n. 241 del 1990 e decreto legislativo n. 33 del 2013;
   l'amministrazione è obbligata a redigere – e conservare – un apposito verbale per ogni fase del procedimento amministrativo pena l'insanabile nullità dello stesso –:
   se siano stati redatti, e, in caso positivo, perché non ostesi:
    gli atti del procedimento di nomina della commissione per la elaborazione dei test di ammissione, i verbali dei lavori del Tavolo (o altro soggetto) che ha redatto i quesiti;
    i verbali e gli atti della Commissione e del Ministero con cui gli stessi quesiti sono stati validati e resi esecutivi;
    gli atti del procedimento sulla base dei quali il Ministero ha provveduto alla determinazione a livello nazionale dei posti da bandire da parte dei singoli atenei con particolare riferimento: a rilevazione relativa al fabbisogno professionale dei medici chirurghi per l'anno accademico 2015-2016 che il Ministero della salute ha effettuato ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, trasmessa dallo stesso Ministero in data 24 aprile 2015 alla Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome in vista dell'accordo formale;
    i verbali dei lavori del tavolo tecnico della programmazione;
    gli atti inerenti alla procedura di affidamento al Cineca – comprensivi dei costi a carico dell'amministrazione – dell'organizzazione dei test d'ammissione alla facoltà di medicina e chirurgia.
(2-01725) «Menorello».

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA, NICCHI, SCOTTO, KRONBICHLER, SANNICANDRO, RICCIATTI e ZARATTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Lanciano, in provincia di Chieti, alla madre di un ragazzo disabile grave, è stata rifiutata da ben 3 scuole medie inferiori, l'iscrizione al primo anno della scuola media con la motivazione che ce ne sono già tanti e la scuola non è in grado di gestirli;
   tale condotta è contraria alla legge, alla Costituzione e ad ogni principio morale –:
   quali siano le motivazioni reali di tale inqualificabile condotta della scuola statale italiana;
   quali iniziative intenda assumere con somma urgenza il Ministro interrogato per riparare a tale ingiustizia e violazione della legge e assicurare il diritto allo studio e all'integrazione dello studente disabile di Lanciano. (4-15993)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, COLONNESE, NESCI e GRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Isee, l'indicatore della situazione economica equivalente, consente ai cittadini di accedere, a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o a servizi di pubblica utilità;
   il 3 dicembre 2013 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, recante il titolo «Regolamento e dichiarazione unica sostitutiva concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio 2014;
   dal 2 gennaio 2015 è disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il nuovo indicatore ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) che misura la situazione economica del nucleo familiare per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate, introdotto dal cosiddetto decreto «Salva Italia» (decreto n. 201 del 2011);
   s’è appreso da recenti fonti di stampa del mancato rinnovo della convenzione tra l'Inps e i CAF/Centro assistenza fiscale), per l'affidamento dei citati servizi;
   tale evenienza, preme ricordarsi, s'era presentata già all'inizio del 2015, allorché i Caf avevano avanzato la proposta d'aumento del 50 per cento su ogni pratica (da 10-11 euro a 15 euro) in ragione della maggiore onerosità del nuovo ISEE, motivo per cui, oltretutto, l'interrogante presentava una specifica interrogazione parlamentare (n. 5-04486), tutt'oggi in attesa di risposta;
   oggi, invece, si apprende da una nota della Cgil, che la Consulta nazionale dei Caf sta valutando la possibilità di sospendere il servizio Isee a partire dal corrente mese di marzo qualora nei prossimi giorni non dovessero arrivare dall'Inps e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali risposte attese circa le condizioni che possano assicurare ai Caf il prosieguo dell'attività;
   da circa due mesi, dunque, i Caf starebbero assicurando il servizio Isee mantenendo aperti gli sportelli, malgrado l'assenza di un rapporto convenzionale con l'Istituto di previdenza sociale;
   questa situazione – prosegue la nota – starebbe determinando un preoccupante stato di incertezza nello svolgimento delle attività, che pone problemi di tenuta economica e finanziaria da parte dei Caf, privi della copertura assicurata dalla convenzione con l'Inps;
   si apprende dalla citata nota che, nei primi 50 giorni del 2017, sono state almeno 800 mila le pratiche per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) inviate dai Caf all'Inps, per ottenere la certificazione;
   la Consulta nazionale dei Caf anticipa dunque un provvedimento di sospensione del servizio qualora nei prossimi giorni «non dovesse esserci nessuna apertura da parte dell'Inps nel definire tempestivamente le condizioni che possano assicurare ai Caf il prosieguo dell'attività»;
   le statistiche stimano che addirittura il 90 per cento delle richieste ISEE passerebbe attraverso i Caf, che avrebbero il particolare merito di consentire un adempimento fiscale burocraticamente meno oneroso, di esemplificare il linguaggio spesso incomprensibile della burocrazia fiscale;
   a subire le conseguenze di ciò sarebbero in particolare quei cittadini – secondo i commentatori della riforma già svantaggiati dal nuovo sistema di calcolo Isee poiché, in sintesi, penalizzante i ceti meno abbienti – che hanno l'urgenza e la necessità, proprio tramite i Caf, di fare richiesta di assegni per il nucleo familiare e di maternità, bonus sulle bollette e agevolazioni per affitti, asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie e servizi socio sanitari domiciliari;
   il rischio, oltretutto, sarebbe quello di costringere questi ultimi a produrre autonomamente l'Isee o con la consulenza, per molte famiglie eccessivamente onerosa, del privato commercialista –:
   per quali specifiche ragioni si stia registrando un ritardo nella stipula della convenzione tra i Caf e Inps;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di ovviare al mancato rinnovo della convenzione tra Caf e Inps, e al fine di scongiurare in futuro la riproposizione del medesimo problema, considerato il rischio di determinare una situazione caotica, nonché difficoltà di accesso ai servizi e oneri ingenti per i cittadini. (5-10908)


   FANUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 86, della legge di bilancio 2017 ha esteso l'operatività del Fondo di cui all'articolo 1, comma 312, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, allargando la platea dei beneficiari della copertura assicurativa dei soggetti coinvolti in lavori di pubblica utilità alla seguenti figure: imputati ammessi alla prova nel processo penale; condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti; tossicodipendenti condannati per un reato di «lieve entità» in materia di stupefacenti;
   i soggetti promotori dei progetti di pubblica utilità possono essere: Stato, regioni, provincie, comuni, aziende sanitarie, enti o organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato;
   sui soggetti promotori incombe l'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle persone ammesse a svolgere lavori di pubblica utilità e su di essi gravano gli adempimenti volti ad attivare la copertura assicurativa di tali persone;
   accogliere un soggetto Lpu (lavori di pubblica utilità) o Map (messa alla prova) prevede aprire una posizione Inail. Questo significa avere, a tutti gli effetti, un lavoratore all'interno della pubblica assistenza e ciò comporta diversi obblighi da parte del legale rappresentante del soggetto promotore dei progetti di pubblica utilità. Di seguito una sintesi degli obblighi a cui far fronte:
    a) valutazione dei rischi;
    b) designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
    c) sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente;
    d) fornitura ai lavoratori dei necessari dispositivi di protezione individuale;
   in una pubblica assistenza con dipendenti il legale rappresentante del soggetto promotore dei progetti di pubblica utilità si troverebbe a dover assolvere ulteriori obblighi in materia di sicurezza, quali:
    a) riunione periodica nelle unità produttive con più di 15 lavoratori;
    b) il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), al quale va garantita dal datore di lavoro, la formazione necessaria per gestire i rapporti con i lavoratori per questioni che riguardano la salute e la sicurezza sul lavoro;
    c) prova di evacuazione annuale. Nelle aziende con più di 10 dipendenti, il datore di lavoro è tenuto a redigere il Piano d'emergenza e l'attuazione delle prove di evacuazione annuali;
   al contrario di quanto detto sopra, una pubblica assistenza che ha esclusivamente volontari, non ha l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e relativa redazione del documento, poiché ai volontari si applicano le disposizioni previste per i lavoratori autonomi dall'articolo 21 T.U. 81/08. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 3, comma 12-bis, decreto legislativo n. 81 del 2008, ricorre l'obbligo di fornire al volontario dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate;
   accogliere un soggetto Lpu o Map per quest'ultime tipologie di associazioni (senza dipendenti) comporta lo scatto automatico degli obblighi descritti sinteticamente in premessa a cui prima non erano tenute;
   il dover ottemperare agli obblighi richiesti in caso di una posizione Inail ha spinto numerose realtà a non dare la propria disponibilità ad accogliere le figure coinvolte in lavori di pubblica utilità –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire per superare le problematiche descritte in premessa al fine di facilitare il coinvolgimento dei soggetti coinvolti in lavori di pubblica utilità all'interno di percorsi rieducativi promossi da organizzazioni che operano solo tramite volontari e che non sono in grado di ottemperare agli obblighi richiesti in caso di una apertura di una posizione Inail. (5-10909)


   D'UVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 9, comma 21 n. 78 del 2010 e successive modificazioni ed integrazioni, si è previsto che «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».
   Il periodo di efficacia del blocco degli effetti economici derivanti dalle progressioni di carriera è stato prorogato sino al 31 dicembre 2014 per effetto del decreto-legge n. 98 del 2011, mentre le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo della normativa sopra citata hanno spiegato efficacia sino al 31 dicembre 2015 giusta previsione dell'articolo 1, comma 256 della legge n. 490 del 2014;
   tuttavia, sebbene la norma di cui al terzo periodo dell'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 preveda che le progressioni di carriera verificatesi durante il periodo di sospensione abbiano effetto ai fini giuridici, le pubbliche amministrazioni hanno, pressoché generalmente, negato che queste potessero essere considerate ai fini del calcolo del trattamento pensionistico se la cessazione del rapporto di lavoro fosse intervenuta durante il blocco;
   in particolare, l'interpretazione resa dalle Amministrazioni ha comportato, per quei lavoratori che – durante il medesimo periodo di blocco – abbiano prima conseguito una promozione e poi maturato l'età pensionabile, l'ingiusta applicazione, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto e della liquidazione della pensione, della qualifica antecedentemente rivestita;
   così, tra i tanti casi registrati, numerosi ufficiali della Marina militare andati in pensione prima della fine del «blocco normativo» si sono visti liquidare, con palese iniquità, un trattamento pensionistico inferiore rispetto a quello liquidato a colleghi di pari grado che hanno cessato l'attività lavorativa dopo il 31 dicembre 2014;
   sul punto, si ha contezza di molteplici azioni giudiziarie incardinate innanzi ai tribunali competenti, alcune delle quali hanno già portato la questione innanzi alla Corte Costituzionale per evidenti contrasti che tale interpretazione pone con riguardo all'articolo 3 della Costituzione –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per porre fine alle vistose iniquità prodotte, in tema di trattamenti pensionistici, dall'irragionevole interpretazione dell'articolo 9, comma 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 assunta dalle amministrazioni pubbliche. (5-10912)


   RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nonostante i numerosi allarmi sollevati e le iniziative intraprese anche in seno alla prefettura di Ancona, coinvolgendo diversi soggetti del mondo del lavoro e delle istituzioni per contrastare le irregolarità sul lavoro nei cantieri navali di Ancona, la situazione pare ad oggi per nulla mutata;
   di recente, infatti, alcuni organi di stampa riportano la notizia di un esposto alla procura della Repubblica di Ancona della Fiom-CGIL, che denunciano gravissime violazioni dei diritti e della dignità dei lavoratori;
   la situazione descritta riguarda pratiche di caporalato e scarsa trasparenza nella gestione del personale delle ditte che operano in appalto per Fincantieri;
   la denuncia della Fiom è circostanziata e rivela le pratiche di assunzioni mediate da «caporali» che tratterrebbero tra i 500 e i 600 euro dal primo stipendio dei lavoratori assunti dalle imprese appaltatrici. I lavoratori sarebbero reclutati direttamente dalle banchine, dove si ritrovano i disoccupati in cerca di impiego nella cantieristica;
   a fronte dei 500 operai Fincantieri, assunti con regolare contratto nazionale dei metalmeccanici, per realizzare le diverse commesse affidate alla multinazionale italiana, sarebbero attivi oltre 2000 lavoratori di ditte esterne;
   le condizioni di molti di questi lavoratori prevederebbero retribuzioni a «paga globale» di 7 o 8 euro l'ora, vale a dire senza indennità di malattia, ferie, straordinari, tredicesime e Tfr. Gli orari di lavoro sforerebbero significativamente il monte ore mensile previsto dal contratto nazionale pari a 173 ore al mese, superando in genere le 200 ore mensili e in alcuni casi toccando le 250 ore;
   la Fiom segnala, inoltre, come le buste paga dei lavoratori siano poco trasparenti, non permettendo di capire le mansioni realmente svolte dal personale assunto e i compensi ricevuti;
   dalle stesse emergerebbero, in particolare, un uso distorto delle indennità di trasferta, in genere di ammontare elevato, utilizzate in luogo della retribuzione del lavoro straordinario, che – a differenza delle indennità di trasferta – sono sottoposte a tassazione; l'assenza di molti dei diritti dei lavoratori ha come effetto anche quello di inibire la denuncia delle violazioni, proprio perché gli stessi sarebbero sottoposti al «ricatto» di perdere il lavoro;
   secondo l'organizzazione sindacale citata, questo sistema non riguarderebbe solo gli appalti Fincantieri, ma anche diverse altre realtà della cantieristica, considerate come eccellenze produttive, che tuttavia con questo sistema riuscirebbero a eseguire importanti commesse con pochi lavoratori regolarmente assunti, lasciando alla «giungla» delle imprese in appalto il restante fabbisogno di manodopera; i fatti denunciati dalla Fiom sono di estrema gravità ed esigerebbero un urgente intervento del Ministro in indirizzo sia in ordine alla verifica dei fatti che alle misure concrete da adottare per contrastare questo fenomeno diffusosi a livelli intollerabili per uno Stato civile –:
   se il Ministro interrogato per quanto di competenza, non intenda verificare con urgenza i fatti riportati in premessa;
   quali iniziative d'urgenza intenda adottare per contrastare con efficacia le gravissime violazioni richiamate, considerato che le misure sino ad oggi adottate non paiono aver sortito effetti apprezzabili. (5-10914)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBERNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella legge di bilancio 2017 (11 dicembre 2016, n. 232) è stato previsto un pacchetto di misure volto a sostenere la famiglia per una spesa complessiva di 600 milioni di euro; tra queste misure rientra anche il cosiddetto bonus «Mamma domani», un bonus di 800 euro al fine di aiutare la futura mamma nelle spese di esami e diagnostica e in quelle sostenute per il bambino, subito dopo la nascita;
   il bonus avrebbe dovuto essere erogato già a partire da gennaio 2017, ma a quasi tre mesi dall'entrata vigore della misura non è ancora possibile fare domanda per il bonus «Mamma domani» dal momento che non è ancora attiva la piattaforma per presentare la richiesta presso l'Inps;
   i ritardi sono, secondo quanto riportato da alcune testate giornalistiche, dovuti sia alla mancata chiarificazione nei tempi previsti dei requisiti per accedervi da parte del Ministero con delega alla famiglia, sia alla mancata previsione da parte dell'Inps di alternative praticabili in attesa della predisposizione tecnica della piattaforma telematica;
   sembrerebbe che la suddetta piattaforma sia pronta ai primi di maggio e che il sistema per rilasciare i contributi si attiverà verso metà maggio. Tuttavia al ritardo già accumulato se ne potrebbe aggiungere altro dal momento che il portale appena aperto dovrebbe essere invaso dalle richieste rimaste in sospeso in questo periodo;
   simili ritardi purtroppo si verificano con una certa frequenza, basti ricordare il ritardo nella regolamentazione della Carta famiglia, approvata dalla legge di stabilità 2016, e quelli che si verificano per il cosiddetto bonus bebé istituito dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (stabilità 2015), l'assegno di natalità per ogni figlio nato o adottato dal 1o gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 erogato a seguito della presentazione della dichiarazione sostitutiva unica ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
   numerose famiglie, beneficiarie dell'assegno di natalità negli anni precedenti al 2017, nonostante abbiano provveduto a presentare nuovo Isee entro la data del 15 gennaio 2017, lamentano notevoli ritardi nell'erogazione delle somme previste;
   a parere dell'interrogante sostenere le famiglie che accolgono una nuova vita è assolutamente necessario dal momento che il nostro Paese attraversa un inverno demografico senza precedenti –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere perché siano erogate alle famiglie le prestazioni di cui sopra senza che esse abbiano a subire il disagio di ulteriori ritardi. (4-15992)


   GNECCHI e ROSATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor U.L. (75 anni) è andato in pensione il 16 dicembre 1991 (n. 15216090), nel maggio del 2009 la Corte dei conti di Trieste, su ricorso avanzato dallo stesso, ha sancito con una sua ordinanza che al pensionato spettava l'I.I.S. anche sulla pensione erogata dall'Inpdap. L'ente soccombente erogava dal maggio 2009 arretrati e ratei mensili per un importo complessivo di circa 59.000 euro;
   nel frattempo l'ente previdenziale ricorreva in appello, presso la seconda sezione della Corte dei conti di Roma, ribaltando la precedente ordinanza e condannando il pensionato alla restituzione della somma;
   l'Inpdap inviava una lettera con la quale invitava a restituire il lordo di quanto aveva erogato per una cifra di circa 80.000 euro e provvedeva quindi a trattenere al pensionato un quinto della pensione;
   nel 2014 a seguito di altra causa proposta dall'Inps presso la Corte dei conti di Trieste, che ha visto soccombente il pensionato, si è confermata la restituzione in toto dell'intera cifra lorda e pertanto l'Istituto sta procedendo ad una trattenuta mensile 744 euro sulla pensione a partire dal 17 febbraio 2015, costringendo il pensionato a vivere con 200 euro al mese. Avverso la suddetta ordinanza, con l'assistenza del patronato, è stato proposto ricorso alla Corte dei conti di Roma che nel frattempo è stato rigettato ed il signor L. continua a vivere oggi con una pensione di 194 euro mensili;
   per i casi come quello oggetto del presente atto ispettivo, proprio per risolvere la problematica costituita dagli esiti differenziati cui sono pervenute l'amministrazione statale e la giurisprudenza per i trattamenti di pensione erogati prima della legge n. 724 del 1994, sono state emanate dal Ministero dell'economia e delle finanze, con la circolare n. 968 del 13 giugno 2014, precise disposizioni peraltro preventivamente concordate con la Ragioneria dello Stato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Inps, che prevedono il riconoscimento in via amministrativa del diritto alla corresponsione della I.I.S. anche sul secondo trattamento, nei limiti del minimo stabilito dall'Inps –:
   se non ritenga il Ministro interrogato, considerata l'età e le precarie condizioni di salute del soggetto di cui in premessa, di intervenire presso l'Inps affinché interrompa il recupero delle somme e il conseguente riconoscimento in via amministrativa come previsto dalla circolare 968/2014 del Ministero dell'economia e delle finanze in quanto la pensione del signor L. ha decorrenza 16 dicembre 1991, quindi ante 1995, e sembra che questo fatto, realmente discriminante rispetto al diritto, non sia stato considerato nei vari gradi di giudizio, o quantomeno di prevedere il recupero del netto effettivamente percepito di 59 mila euro e non il lordo di 80 mila euro. (4-16002)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1-bis, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, cosiddetto «decreto competitività», come convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, ha istituito i registri vitivinicoli dematerializzati, in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione, del 26 maggio 2009;
   ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 91 del 2014, per i titolari di stabilimenti enologici di capacità complessiva inferiore a 50 ettolitri, con annesse attività di vendita diretta o ristorazione, l'obbligo di tenuta dei registri si considera assolto con la presentazione della dichiarazione di produzione e di giacenza;
   il decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015, che a dato attuazione all'articolo 1-bis, ha regolamentato la tenuta dei registri dematerializzati, che inizialmente dovevano entrare in vigore dal 1o gennaio 2016 con una fase sperimentale di 6 mesi, poi il Ministro interrogato, con decreto ministeriale 8 maggio 2016, ha prorogato l'entrata in vigore dell'obbligo della tenuta dei registri telematici a decorrere dal 1o gennaio 2017;
   il decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015, in accordo con la normativa primaria, di cui all'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 91 del 2014, ha confermato l'esenzione per i titolari di stabilimenti enologici di capacità complessiva inferiore a 50 ettolitri, con annesse attività di vendita diretta o ristorazione;
   tale esenzione è stata riportata, con lievi modifiche, nell'articolo 58, comma 2, della legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante il testo unico sul vino che recita: «Per i titolari di stabilimenti enologici con produzione annua pari o inferiore a 50 ettolitri con annesse attività di vendita diretta o ristorazione, l'obbligo di tenuta di registri ai sensi dell'articolo 36 del regolamento (CE) n. 436/2009, si considera assolto con la presentazione della dichiarazione di produzione e la dichiarazione di giacenza»;
   è sorto il dubbio sui presupposti per l'applicazione dell'esenzione, in particolare in riferimento all'annessa attività di vendita diretta, anche con riguardo all'incidenza quantitativa della vendita diretta rispetto alla produzione complessiva — comunque pari o inferiore a 50 ettolitri annui –:

se il Ministro interrogato possa chiarire cosa si debba intendere per attività di vendita diretta annessa agli stabilimenti enologici di capacità complessiva inferiore a 50 ettolitri, e quale debba essere l'incidenza quantitativa della stessa, ai fini dell'esclusione dall'obbligo della tenuta dei registri telematici. (5-10928)


   FEDRIGA, SIMONETTI e GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nella campagna 2015/2016 in Europa sono state importate 1.335.702 tonnellate di riso lavorato (+65 per cento rispetto al 2008/2009 e +14 per cento al 2014/2015) delle quali 369.678 tonnellate dai Paesi meno avanzati (P.M.A.), con il 20 per cento proveniente dalla Cambogia, primo fornitore dell'Unione europea;
   l'Italia, primo produttore di riso in Europa, ha un territorio di 234.300 ettari. Nella filiera operano 4.265 aziende risicole, con una estensione media di 55 ettari, gli addetti al settore sono 5.000. Le industrie risiere sono circa 100, delle quali 6 detengono complessivamente più del 50 per cento del mercato, per un volume di affari di circa 1 miliardo di euro;
   la legge n. 4 del 2001 prevede, allo scopo di garantire al consumatore finale una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non, l'obbligo di riportare nell'etichettatura degli stessi anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa europea; dell'eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale;
   la medesima legge dispone che, per i prodotti alimentari non trasformati, l'indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione, mentre per quelli trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente, utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti;
   sempre ai sensi della legge n. 4 del 2001, le modalità per la predetta indicazione obbligatoria, nonché le disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale debbano essere definite con decreti interministeriali del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza unificata;
   il 17 marzo 2017 è stato approvato in Consiglio dei ministri lo schema di decreto attuativo che reintroduce l'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta;
   a parere degli interroganti, tale provvedimento non comporta alcun vantaggio all'agricoltura sul piano economico, posto che si prevede l'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento, se diverso dal responsabile del prodotto, e non l'origine della materia prima utilizzata;
   quali iniziative intenda adottare affinché in etichetta sia inserita anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, come richiesto dal mondo agricolo, e non solo lo stabilimento di produzione. (5-10929)


   CATANOSO e RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Sin Spa è stata costituita nel 2005 sotto forma di Srl: il 51 per cento del capitale sociale è detenuto dall'Agea;
   il primo consiglio di amministrazione di Sin Spa era composto da cinque elementi: Francesco Baldarelli, Ernesto Carbone, Ranieri Mamalchi, Alberto Tripi e Marcello Maranesi;
   nell'agosto del 2011 veniva deliberata la trasformazione in Spa e si insediava il nuovo consiglio di amministrazione: Francesco Baldarelli, Domenico Pecoraro, Concetta Vindigni, Antonio Amati e Marcello Maranesi;
   nell'aprile del 2012 venivano revocati i primi tre amministratori (di nomina ministeriale) e al loro posto venivano indicati Ernesto Carbone, Ranieri Mamalchi e Alberto Migliorini;
   a quanto consta dell'interrogante, il collegio dei sindaci di Sin spa aveva posto all'attenzione del consiglio di amministrazione, fin dal mese di luglio 2012, la presenza nel bilancio di importi anomali e spese non documentate, al fine di effettuare le opportune verifiche, sollecitando l'adozione di «iniziative volte ad evitare il ripetersi delle illegittimità riscontrate»;
   l'11 ottobre 2012, il presidente di Sin Spa scriveva al collegio sindacale, comunicando di voler convocare il consiglio di amministrazione di Sin per discutere del tema;
   il 22 ottobre 2012, giorno del consiglio di amministrazione Sin, il presidente rispondeva al collegio sindacale che «non sembrerebbero sussistere comportamenti anomali – o addirittura illeciti nell'ambito della fattispecie segnalate da codesto Collegio»;
   parole di fatto smentite dalla recente relazione del procuratore generale della Corte c dei conti in cui c’è un capoverso dedicato alla recente gestione di Sin Spa: «Le condotte illecite causative di danno sono consistite nell'utilizzo della carta di credito aziendale, da parte dei vertici della società, per spese personali che hanno, riguardato, in prevalenza, il pagamento di sanzioni per violazioni del codice della strada, irrogate in conseguenza del sistematico transito sulle corsie preferenziali con le auto di servizio, e le spese per la consumazione di pasti al ristorante da parte di soggetti non aventi titolo ad usufruirne o in situazioni non riconducibili ad esigenze connesse al servizio. L'importo contestato è pari ad euro 235.955,62.» –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in merito alla vicenda descritta in premessa, nell'esercizio delle proprie prerogative di controllo nei riguardi di Sin Spa, anche verificando se l'assemblea dei soci di Sin Spa abbia deliberato l'azione di responsabilità nei confronti dei propri amministratori e se vi sia stata una qualche corrispondenza tra gli organi societari e gli amministratori pro tempore in merito a tali ammanchi. (5-10930)


   ZACCAGNINI e STUMPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la globalizzazione a cui stiamo assistendo negli anni recenti è un fenomeno assai complesso. Essa è sinonimo di creazione di un unico villaggio globale favorito dalla crescita delle relazioni e degli scambi tra i vari Paesi del mondo;
   in epoca moderna la globalizzazione ha creato un mercato globale privo di barriere protezionistiche e nel settore agricolo ed agroalimentare, ha accentuato il divario esistente tra Paesi ricchi e Paesi poveri;
   il made in Italy agroalimentare è il più copiato e contraffatto al mondo e, nonostante il settore agricolo confermi le sue enormi potenzialità, esso deve affrontare e contrastare la pressione delle distorsioni di filiera e il flusso delle importazioni selvagge dall'estero, che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale, perché vengono spacciati come prodotti made in Italy e sono privi di indicazione chiara sull'origine in etichetta. Nelle campagne, oggi, vige una situazione di deflazione profonda: i prezzi sono crollati per raccolti e per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell'alimentazione del bestiame;
   «Il principio alla base della legislazione dell'Unione sull'etichettatura è che il consumatore ha il diritto di essere informato nelle proprie scelte e che l'etichettatura non può essere fuorviante. Quando l'etichettatura di origine geografica è obbligatoria, l'indicazione di origine geografica deve essere visualizzata correttamente in etichetta. Quando l'etichettatura di origine geografica è opzionale, gli operatori sono liberi di decidere se citare l'origine, a meno che l'omissione di tale informazione possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Se l'indicazione di origine viene indicata, l'informazione deve essere corretta in modo da non indurre in errore il consumatore. L'indicazione di origine è obbligatoria per la frutta ed i legumi freschi, il vino, il miele, l'olio di oliva, i prodotti ittici, la carne bovina, le carni di pollame proveniente da paesi terzi, le carni fresche refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili, le uova ed i prodotti biologici. Anche nei casi in cui l'indicazione di origine non sia obbligatoria, le informazioni sull'origine eventualmente fornite su base volontaria devono essere corrette e tali da non risultare ingannevoli per il consumatore» –:
   su quali altre filiere il Governo intenda estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria, oltre quelle già coinvolte dalla misura in questione, specificando quali altre iniziative intenda assumere per contrastare gli squilibri della globalizzazione senza regole e l'impoverimento del reddito degli agricoltori. (5-10931)


   ROMANINI e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel settore dei prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro sono presenti in Italia oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano circa 72.000 ettari e 120 industrie di trasformazione che occupano circa 10 mila persone, con un valore della produzione superiore a 3,3 miliardi di euro;
   con oltre 5.180.000 tonnellate, nel 2016 l'Italia si è collocata, dopo la California, seconda tra i maggiori produttori mondiali di pomodoro destinato alla trasformazione, con oltre il 50 della produzione in Europa;
   l'associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali (Anicav) ha rilevato che, con il 60 per cento della produzione destinata ai mercati esteri (in testa la Germania e a seguire Regno Unito, Francia, USA e Giappone), e solo poco più, di 2 milioni di tonnellate riservate al mercato interno (40 per cento) il pomodoro è ambasciatore dell'eccellenza del made in Italy nel mondo;
   la filiera del pomodoro italiano è controllata, certificata e orientata alla sostenibilità ambientale. È quindi necessario valorizzarne i profili di qualità e genuinità che sono alla base delle produzioni e che, per queste ragioni, meritano di essere caratterizzate specificatamente tanto nel mercato domestico quanto in quello internazionale;
   il regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, in particolare all'articolo 26, ha individuato negli alimenti non trasformati, nei prodotti a base di un unico ingrediente negli ingredienti che rappresentano più del 50 per cento di un alimento, i prodotti per i quali l'indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza può diventare obbligatoria;
   il 12 maggio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invita la Commissione europea a valutare la possibilità di estendere l'indicazione obbligatoria del Paese di origine o del luogo di provenienza ad altri prodotti alimentari mono-ingrediente o con un ingrediente prevalente, oltre a quelli a base di latte o carne, elaborando proposte legislative in questi settori;
   la rintracciabilità degli alimenti e dei relativi ingredienti lungo la catena alimentare è un elemento essenziale per garantire la sicurezza degli alimenti e la tutela dei consumatori –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per estendere anche a tutta la filiera del pomodoro da industria l'etichettatura di origine obbligatoria già introdotta, ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011, per il latte e i prodotti lattiero-caseari, ed in corso di adozione per la filiera grano pasta. (5-10932)


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 20 al 30 marzo ogni anno è organizzata dal Pesticide Action Network (Pan), la Pesticide Action Week, per sensibilizzare sulle soluzioni alternative all'uso di insetticidi, erbicidi e fungicidi in agricoltura. Il sistema agricolo attuale fa infatti largo impiego di tali prodotti, peraltro di derivazione dal petrolio, con conseguenze insostenibili per la tutela dell'agricoltura e della biodiversità;
   un esempio attualmente al centro dell'attenzione pubblica nazionale e internazionale è l'erbicida glifosato e purtroppo questo è solo uno dei tanti prodotti chimici che vengono abitualmente usati per la produzione agricola; sarebbe invece necessario incentivare pratiche agro ecologiche. A tal proposito, a maggio 2016, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, annunciava il Piano glifosato zero e all'Esecutivo è stato rivolto l'appello di avviare anche un serio controllo sulla contaminazione ambientale e degli alimenti» –:
   quali iniziative siano state assunte dal Ministro interrogato, per quanto di competenza, per diminuire l'uso dei pesticidi in agricoltura, in particolare quali pratiche alternative abbia promosso e incentivato presso gli agricoltori, anche relativamente alle alternative al glifosato. (5-10933)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come ha reso noto lo stesso Ministero della salute, dal mese di gennaio 2017 è stato registrato un preoccupante aumento del numero di casi di morbillo in Italia. A fronte degli 844 casi di morbillo segnalati nel 2016, dall'inizio dell'anno sono già stati registrati più di 700 casi, un incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in cui si erano verificati 220 casi, di oltre il 230 per cento. La maggior parte dei casi sono stati segnalati in Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana. Più della metà fra i 15-39 anni;
   il forte aumento dei casi di morbillo è in gran parte dovuto al numero crescente di genitori che rifiutano la vaccinazione, nonostante le evidenze scientifiche consolidate e nonostante i provvedimenti di alcune regioni che tendono a migliorare le coperture, anche interagendo con le famiglie e i genitori; 
   il Piano di eliminazione del morbillo è partito nel 2003 e la vaccinazione contro il morbillo è tra quelle fortemente raccomandate e gratuite; nonostante ciò, nel 2015, la copertura vaccinale contro il morbillo nei bambini a 24 mesi (coorte 2013) è stata dell'85,3 per cento (con il valore più basso pari al 68 per cento registrato nella provincia autonoma di Bolzano e quello più alto in Lombardia con il 92,3 per cento), ancora lontana dal 95 per cento che è il valore soglia necessario ad arrestare la circolazione del virus nella popolazione;
   in generale, il nuovo piano nazionale vaccini 2017/2019 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 febbraio 2017 ha allargato l'offerta vaccinale, con l'Anti Pneumococco e Zoster per gli anziani, l'anti Meningococco b, Rotavirus e Varicella per i più piccoli e l'anti Papillomavirus anche agli adolescenti maschi e ha tra gli obiettivi quello di raggiungere lo stato morbillo-free e rosolia-free –:
   quali iniziative urgenti e dettagliate il Ministro interrogato intenda adottare affinché vi sia una rapida ed uniforme applicazione in tutte le regioni italiane del nuovo piano vaccinale e se non ritenga necessario modificare l'elenco delle vaccinazioni obbligatorie, nonché prevedere l'obbligatorietà delle stesse, eventualmente assumendo inoltre iniziative di competenza affinché siano previste le necessarie ed opportune limitazioni per l'accesso agli asili nido e alle scuole materne. (5-10926)


   NESCI, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, DI VITA, COLONNESE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla testata giornalistica « La nuova provincia di Cosenza», del 1o marzo 2017, alla pagina 3 si legge dell'avvenuta formalizzazione della nomina di Andrea Urbani, commercialista, quale dirigente generale della Programmazione sanitaria nazionale;
   il dottor Urbani, prosegue lo stesso articolo, da circa 4 anni sta svolgendo la funzione di sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, più avanti si legge che il dottor Urbani si occuperà di monitoraggio dei piani di rientro;
   sul sito istituzionale del Ministero della salute è rinvenibile il curriculum vitae del dottor Urbani, dal quale risulta che lo stesso è membro del collegio dei revisori di Agenas;
   l'Agenas svolge funzioni di supporto al Ministero della salute e alle regioni per le strategie di sviluppo e innovazione del Servizio sanitario nazionale;
   come riassunto nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-11528 del 21 dicembre 2015, Agenas gode di una convenzione con la regione Calabria, allo scopo di fornire supporto tecnico nell'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;
   risulta dunque palese, secondo gli interroganti, un'incompatibilità tra i due incarichi in capo al solo dottor Urbani, revisore contabile della predetta Agenzia e sub-commissario per il rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria;
   la ricordata nuova nomina del dottor Urbani appare agli interroganti, con palmare evidenza, sempre incompatibile con l'avvenuto, pur se non fosse corrente, svolgimento dell'incarico di sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, a prescindere dalla tempistica delle dimissioni da codesto ufficio, in quanto la stessa persona si ritroverà, nella nuova veste, ad adottare decisioni su atti e attività riferibili alla propria gestione commissariale della sanità calabrese e, in ogni caso, ad avere una posizione di potenziale influenza sulle verifiche degli adempimenti riguardanti il citato piano di rientro;
   sarebbe pertanto auspicabile procedere, nell'immediato, alla nomina di altra figura per ricoprire il ruolo di responsabile del succitato ufficio presso il Ministero della salute –:
   se ci sia stato un avviso pubblico con riferimento alla posizione di direttore generale della Programmazione sanitaria nazionale, quali siano gli specifici requisiti dichiarati e vagliati in ordine alla nomina del dottor Urbani a direttore generale di tale struttura, e se non ritenga che possa sussistere un'incompatibilità per questo nuovo ruolo, in relazione all'incarico di sub commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria che lo stesso ricopre o ha ricoperto. (5-10927)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di gennaio 2017 gli organi di stampa locali hanno divulgato i dati dell'ultimo rapporto sul sistema sanitario della Sardegna nel 2015 stilato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas);
   secondo quanto riportato dall'agenzia giornalistica Ansa Sardegna del 27 gennaio 2017, in relazione al rapporto Agenas, si apprende che «Nell'Isola le proporzioni restano inferiori al valore medio nazionale, pur continuando il trend positivo iniziato nel 2013, attestandosi nel 2015 a valori medi prossimi al 46 per cento. Il Ministero della salute fissa al 60 per cento la proporzione minima per struttura e in Sardegna quelle che ci rientrano sono 4 nel 2015 (33 per cento delle strutture valutate)»;
   in particolare, la Nuova Sardegna del successivo 28 gennaio 2017 ha sottolineato che «Se le performance sono discrete anche a Nuovo, il problema restano i piccoli-medi ospedali, come quelli di Ghilarza, Sorgono e nel Sulcis, in cui i parametri su efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure non sempre sono i migliori»;
   questa circostanza sarebbe attribuibile, secondo amministratori locali, comitati di cittadini e organizzazioni sindacali, al progressivo ridimensionamento, per effetto dei tagli e delle misure di spending review, dei servizi erogati dai piccoli-medi ospedali in attività nelle zone interne dell'isola;
   la riduzione delle attività svolte, nonché del personale operativo delle zone interne avrebbe subito un'accelerazione anche a seguito del riordino della rete ospedaliera regionale proposta dalla giunta al consiglio regionale della Sardegna;
   nel piano, secondo quanto riportato dagli organi di stampa e secondo le valutazioni formulate dalle organizzazioni sindacali, si registrerebbe un ulteriore sottodimensionamento dei presidi delle zone interne, definiti di secondo livello, a favore di un'eccessiva concentrazione di servizi assistenziali nella aree urbane di Cagliari e, in misura minore, di Sassari;
   questo stato di cose ha generato forti preoccupazioni sul futuro della sanità nei territori interni dell'isola, nella misura che, nel mese di novembre 2016, amministratori e cittadini di molte zone della Sardegna hanno organizzato una grande manifestazione a Cagliari per protestare contro il ridimensionamento dei servizi erogati o le ipotesi di chiusura dei presidi presenti;
   in particolare, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, sono numerosi i presidi sanitari sottodimensionati rispetto all'utenza o a rischio chiusura, come, ad esempio, quelli di Carbonia, La Maddalena, Muravera, Isili, Sorgono, Thiesi, punto di riferimento per centinaia di migliaia di sardi;
   è il caso di ribadire che questo processo ricade su aree del territorio sardo, già sottoposte a un progressivo arretramento del perimetro dello Stato e dove le stesse infrastrutture viarie risultano profondamente arretrate e inadeguate a garantire spostamenti in tempi congrui verso i presidi delle aree urbane;
   l'edizione del 21 marzo dell’Unione Sarda, nell'illustrare la grave situazione delle liste d'attesa all'ospedale di Carbonia, riporta le affermazioni di una 50enne che ha riferito al giornale: «Ho chiesto di prenotare una mammografia al Sirai di Carbonia, ma mi hanno risposto: dispiace, agenda chiusa. Allora ha provato con Iglesias: Stesso risultato: andrò da un privato»;
   a questa situazione si aggiungono le previsioni di chiusura di altri nove, il 53 per cento del totale, punti nascita della Sardegna che non rientrerebbero nelle prescrizioni del Ministero della salute in merito al limite minimo dei 500 parti l'anno;
   nel complesso, sarebbero a rischio, sostengono i sindacati del settore, i livelli essenziali di assistenza, in numerosi presidi, dove si registrerebbero inadeguatezza a livello di logistica e organizzazione, con gravi ripercussioni sull'utenza e sui lavoratori della sanità –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per scongiurare un abbassamento dei livelli essenziali di assistenza in Sardegna;
   se non ritenga opportuno verificare, nell'ambito dell'attivazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Sardegna, se l'attuale organizzazione della sanità in Sardegna permetta di garantire i livelli essenziali di assistenza. (4-15999)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la centrale termoelettrica «Pietro Vannucci» di Bastardo, sita a Gualdo Cattaneo, ha una estensione di circa 15 ettari ed un organico di 46 persone, oltre al personale delle ditte esterne;
   ad agosto del 2016 Enel aveva annunciato la dismissione di alcuni siti al 31 dicembre 2016 tra i quali rientravano anche la suddetta centrale a carbone e quelle di Genova e Chivasso. Pertanto, il 30 novembre 2016, Enel aveva dato il via al progetto Futur-e per acquisire progetti e manifestazione di interesse fino a marzo 2017;
   tuttavia, a dicembre 2016, a seguito del fermo di 21 delle 58 centrali nucleari della Francia per manutenzione, è arrivata all'Unione europea la richiesta di importare energia per far fronte al fabbisogno interno del Paese e anche l'Italia ha risposto alla chiamata;
   Enel, quindi, ha deciso di riaprire tre dei siti dei quali era stata annunciata la dismissione al 31 dicembre 2016, ovvero Genova, Bastardo e Chivasso. In particolare la centrale di Bastardo dispone dell'autorizzazione integrata ambientale fino al 2023 e dunque può regolarmente proseguire l'attività così come quella di Genova per la quale l'aia scade a fine 2017;
   il 4 dicembre 2016 i sindacati avevano inviato al Ministero dello sviluppo economico una lettera dove manifestavano preoccupazione per il deficit d'importazione di energia in seguito all'indisponibilità delle centrali francesi e invitavano da subito a prendere seri provvedimenti; il 18 gennaio 2017 Filctem, Flaei e Uiltec, in seguito al riavvio della centrale di Bastardo, avevano contestato ad Enel e alla regione Umbria di aver autorizzato la smobilitazione dell'organico della centrale, senza tener conto di quanto stava accadendo a livello europeo. Di fatto, l'impianto è stato richiamato in esercizio, congelando da parte del Ministero dello sviluppo economico l'autorizzazione alla chiusura e alla cessazione dell'attività produttiva, ma con il personale ridotto al minimo, con il rischio di compromettere la funzionalità e la sicurezza;
   la produzione energetica italiana è una questione di sicurezza nazionale visto che il nostro Paese deve poter essere in grado di far fronte ad aumentati fabbisogni o a richieste di esportazione senza dover ricorrere a soluzione tampone o temporanee –:
   quali misure il Governo intenda mettere in campo per garantire la produzione di energia in sicurezza rispetto al fabbisogno nazionale e ai possibili incrementi della domanda in estate e se ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, presso Enel per chiarire quale sia il futuro dei tre siti dei quali è stata sospesa l'autorizzazione alla chiusura disposta dal Ministero dello sviluppo economico, in particolare della centrale di Bastardo che alimenta la linea elettrica a 120.000 Kilovolt del sistema elettrico nazionale insieme all'impianto idroelettrico di Campotosto (la cui diga è a rischio idrogeologico essendo sopra una faglia del terremoto). (5-10921)


   BENAMATI e CANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento di Portovesme (Carbonia-Iglesias) è stato acquistato dalla multinazionale Alcoa nel 1996, congiuntamente allo stabilimento veneto di Fusina, in seguito alle privatizzazioni dell'industria nazionale dell'alluminio;
   il 30 novembre 2012 Alcoa ha deciso di fermare la produzione a Portovesme, unico sito attualmente dedicato alla produzione di alluminio primario in Italia, che produceva ogni anno circa 155 mila tonnellate di alluminio primario, con un fatturato medio di 580 milioni di euro;
   la continuità del funzionamento produttivo degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, come definiti dall'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 2012, costituisce una priorità per il nostro Paese, priorità sostenuta anche con la risoluzione 7-00557 approvata in X Commissione della Camera nella quale si è evidenziata l'importanza del rilancio dell'industria dell'alluminio primario attraverso la definizione di un piano strategico che consenta non solo di riavviare gli impianti di produzione esistenti, ma anche di sviluppare nuove attività produttive;
   il processo di fermata dell'impianto di Portovesme si è concluso alla fine del 2012, e dal 2013, nell'attesa di trovare una soluzione che, scongiurasse il definitivo abbandono dello stabilimento, sono stati messi in campo una serie di ammortizzatori sociali che, tra cassa integrazione e mobilità, hanno consentito alle maestranze di vedere aperta la prospettiva della ripresa produttiva e della conseguente ripresa occupazionale;
   nel dicembre 2016, con la decretazione dell'area di crisi complessa della Sardegna, è stato firmato il riconoscimento della mobilità in deroga per i lavoratori che avevano l'ammortizzatore sociale scaduto o in imminente scadenza, tra i quali appunto i lavoratori dello smelter di Portovesme;
   il 10 gennaio 2017 la multinazionale svizzera dell'alluminio Sider Alloyz ha siglato a Roma un accordo con Invitalia, l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa che ha avuto il compito di fare da filtro tra la multinazionale americana dell'alluminio e i potenziali acquirenti dello smelter, con il quale si è impegnata a formulare una proposta di acquisto dello stabilimento di Portovesme entro la fine di febbraio;
   da recenti articoli di stampa si viene a conoscenza dell'interesse all'acquisizione dello stabilimento da parte del fondo statunitense Kps e di un terzo soggetto;
   dopo 4 anni di trattative a singhiozzo si sarebbe dunque fatto un significativo passo avanti nella ricerca di una soluzione ad una vertenza cruciale per il territorio –:
   se il Ministro interrogato possa chiarire a che punto sia l'interlocuzione con i possibili acquirenti dello stabilimento di Portovesme. (5-10922)


   POLIDORI e DE GIROLAMO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Accordo nazionale agenti di assicurazione del 2003, sottoscritto tra sindacato nazionale agenti (Sna), Unione nazionale agenti professionisti di assicurazione (Unapass) oggi Associazione nazionale agenti professionisti di assicurazione, in rappresentanza degli agenti di assicurazione e dell'Associazione nazionale delle imprese di assicurazione (Ania), è scaduto dal 2003;
   nonostante sia scaduto da circa 14 anni è a tutt'oggi in vigore, in quanto mai rinegoziato, causa indisponibilità dell'Ania;
   gli agenti di assicurazione in Italia sono circa 30.000 e garantiscono stabile occupazione a 60.000 lavoratori dipendenti ed a 200.000 collaboratori;
   pertanto, ci si trova di fronte a soggetti economici che andrebbero sostenuti, per il loro ruolo socio-economico e per la loro attività di tutela del consumatore;
   l'Ania ha recentemente dato disponibilità per riattivare il tavolo negoziale con le rappresentanze degli intermediari –:
   quali immediate ed urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché venga definito al più presto uno strumento contrattuale utile agli agenti di assicurazione per far fronte, competitivamente, al nuovo contesto normativo ed economico che caratterizza l'intermediazione assicurativa. (5-10923)


   RICCIATTI, LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Tecnowind è una società di Fabriano (Ancona) attiva da oltre 30 anni nel settore degli elettrodomestici;
   l'azienda, controllata dalla società Adr, dopo aver conquistato nel corso degli anni di attività posizioni di leadership a livello internazionale, soprattutto nelle produzioni di cappe aspiranti e piani cottura, dal 2013 sta attraversando una preoccupante fase di crisi;
   nel corso degli ultimi due anni sono state avanzate diverse manifestazioni di interesse, perlopiù informali, da parte di società e fondi internazionali per l'acquisizione di Tecnowind. Tuttavia, nessuna di queste è andata a buon fine; da quanto si apprende da fonti di stampa e sindacali, a quanto consta agli interroganti, contribuirebbe ad aggravare la situazione di crisi dell'azienda un malcelato «conflitto» tra il consiglio di amministrazione della società e alcuni azionisti, con addebiti di responsabilità reciproci sulle sfumate trattative con i possibili acquirenti;
   a sua volta, l'ex amministratore delegato, di Tecnowind, in una nota del 25 gennaio 2017, dopo aver respinto le responsabilità per il fallimento delle trattative, per quanto consta agli interroganti sostanzialmente accusava Adr di essere rimasta inattiva di fronte ad ulteriori possibili acquirenti dallo stesso Cardinali segnalati, dopo il ritiro delle deleghe;
   Adr ha assicurato, in più occasioni, di essere fortemente motivata a ricercare una soluzione di continuità al fine di garantire gli interessi dei lavoratori, dei creditori e dei terzi, elaborando un nuovo piano di salvataggio che sarebbe dovuto essere pronto entro le settimane successive (nota stampa di Adr, 26 gennaio 2017);
   nonostante tali impegni, la situazione risulta essere ad oggi in grave stallo, senza alcuna chiarezza sul futuro della controllata Tecnowind, che impiega oltre 270 lavoratori;
   l'azienda ha avuto, nelle scorse settimane, inoltre, diverse difficoltà sul piano finanziario. La scarsa liquidità aveva bloccato l'erogazione degli stipendi dei lavoratori – per le mensilità di gennaio (parzialmente) e di febbraio 2017 – e avuto forti ripercussioni sull'attività produttiva, rischiando il fermo, nonostante la presenza di diversi ordini, a causa delle difficoltà nell'acquistare i materiali necessari per la produzione;
   il 15 marzo 2017 dopo una lunga trattativa tra azienda e organizzazioni sindacali, sono stati sbloccati i pagamenti – in tre trance – di gran parte delle spettanze dei lavoratori, ed è stata ripresa l'attività produttiva –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire sulla vicenda illustrata in premessa al fine di consentire la continuità aziendale, indispensabile per la tutela dei lavoratori e dei creditori di Tecnowind, e se disponga di elementi, per quanto di competenza, che permettano di fare chiarezza sulle fallite trattative con le società ed i fondi che, negli ultimi mesi hanno manifestato interesse all'acquisto di Tecnowind. (5-10924)


   DA VILLA, VALLASCAS, CRIPPA, FANTINATI, CANCELLERI e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento al progetto di cui all'autorizzazione con decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 17407 del 26 maggio 2015, l'Avvocatura regionale del Veneto, con nota del 7 marzo 2017 al presidente della giunta, evidenzia che la procedura attivata da codesto Ministero in merito alla domanda della società «Costa Bioenergie s.r.l.» è stata esercitata in base all'articolo 57, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, e che tale domanda si riferisse alla realizzazione dell'iniziativa economica senza costituire rilascio del titolo edilizio, autorizzazione paesaggistica, concessione di superficie demaniale ed ogni ulteriore titolo giuridico in genere;
   con la modifica del suddetto articolo 57 operata dall'articolo 1, comma 552, lettera b) della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per le sole autorizzazioni rilasciate dal 1o gennaio 2015 «l'autorizzazione di cui al comma 2 produce gli effetti previsti dall'articolo 52-quinquies, comma 2» del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, cioè «sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi nonché paesaggistici, ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati [...], costituendo titolo a costruire e ad esercire tutte le opere e tutte le attività previste nel progetto approvato, fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza vigenti»;
   il successivo comma 553 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 prevede che le disposizioni modificate dal comma precedente «si applicano, su istanza del proponente, anche ai procedimenti in corso relativi alla autorizzazione di opere rispetto alle quali sia stato adottato un decreto di compatibilità ambientale alla data di entrata in vigore della presente legge»;
   nel caso di specie, non risulterebbe che la ditta proponente abbia richiesto l'efficacia del provvedimento di autorizzazione ai sensi del nuovo comma 3-ter del novellato articolo 57, che sarebbe stata peraltro da escludersi poiché alla data di entrata in vigore della legge n. 190 del 2014, non era stato adottato alcun provvedimento di compatibilità ambientale idoneo, giacché il parere della provincia di Venezia sulla compatibilità ambientale dell'intervento è stato emanato il 2 febbraio 2015, con provvedimento n. 9036 –:
   se non intenda chiarire se il decreto interministeriale n. 17407 del 2015 produca gli effetti previsti dall'articolo 52-quinquies, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, cioè se sostituisca, anche ai fini urbanistici ed edilizi nonché paesaggistici, ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati. (5-10925)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Novelli srl, con aziende che hanno sede ad Amelia, Spoleto e Latina e 500 dipendenti in organico di cui 300 in Umbria, è in amministrazione straordinaria dal 2012 sotto la guida del consiglio di amministrazione tecnico presieduto da Alessandro Musaio;
   a dicembre 2016 il consiglio di amministrazione, in accordo con il Ministero dello sviluppo economico, ha proceduto, a fronte del rifiuto di alcuni dei soci a sottoscriverlo, ad un atto di straordinaria amministrazione per la cessione forzata di Novelli srl al Gruppo IGreco, attraverso il trasferimento di attività e passività e di tutti i 500 dipendenti compresi quelli delle partecipate, al prezzo simbolico di un euro;
   della cessione sono state informate le organizzazioni sindacali che, dopo le garanzie circa il passaggio, con gli stessi contratti, di tutti i dipendenti della Novelli e delle partecipate alla Alimentitaliani srl, società acquirente del gruppo IGreco, si sono espressi a favore;
   a dicembre 2016 la nuova proprietà ha pagato ai lavoratori gli stipendi, la tredicesima e gli arretrati di ottobre e novembre;
   nel gennaio 2017 Alimentitaliani srl ha annunciato la proroga dei contratti dei lavoratori avventizi, ossia stagionali, in organico all'industria agroalimentare, in scadenza il 31 dicembre, prima per un solo mese poi per ulteriori tre, quindi fino al 30 aprile;
   dopo un primo rinvio, il nuovo incontro al Ministero dello sviluppo economico per la presentazione del piano industriale si è tenuto il 13 febbraio 2017, nel quale la famiglia Greco ha ufficializzato soltanto le linee guida, da cui è emersa la volontà di ristrutturare i debiti maturati con fornitori e istituti bancari e di prevedere investimenti nei principali business del Gruppo;
   l'azienda ha specificato, inoltre, che la mole di investimenti necessari fosse difficilmente quantificabile a causa della condizione di instabilità economico finanziaria del Gruppo stesso, ma ha annunciato che avrebbe previsto un consistente taglio del costo del lavoro con l'esternalizzazione dei servizi amministrativi e impiegatizi;
   immediata è stata la reazione dei sindacati che hanno chiesto all'azienda di ritirare la proposta di «tagli» ed «esternalizzazioni» per studiare soluzioni alternative;
   per tutta risposta, la società Alimentitaliani srl ha inoltrato ai sindacati le proposte relative all'abbattimento dei costi del personale e alla riorganizzazione di tutti i siti del gruppo, quantificando tagli per un totale di 5,7 milioni di euro;
   il 10 marzo 2017 i sindacati in una lettera indirizzata al tribunale fallimentare di Terni, al Ministero dello sviluppo economico, alla presidente della regione Umbria, alle prefetture e ad Alimentitaliani srl hanno chiesto spiegazioni in merito «alle modalità con cui la proprietà delle società Fattorie Novelli s.r.l. e Cantine Novelli s.r.l. – società che, con i suoi 166 addetti e le strutture di Amelia, Montefalco e Spolto, detiene gran parte del patrimonio del gruppo Novelli – è stata trasferita alla società Poderi Greco Tommaso e la connessione di questo trasferimento con Alimentitaliani s.r.l., società che ha acquisito Gruppo Novelli il 22 dicembre 2016, in relazione anche alle procedure concorsuali in essere»;
   infine, il 15 marzo 2017 si è tenuto un nuovo incontro al Ministero dello sviluppo economico proprietà e sindacati durante il quale la famiglia Greco ha annunciato una riduzione dei tagli da 5,7 a 4,7 milioni di euro ma ha confermato 68 esuberi. Non è stato ancora presentato il piano-industriale. I sindacati, dichiarandosi contrari a tale impostazione, hanno chiesto la riduzione delle pretese della proprietà del 50 per cento togliendo dalla proposta i licenziamenti –:
   come sia stata individuata l'azienda Alimentitaliani srl per la cessione forzata della ex Novelli e quali interventi si stanno adottando e si intendano adottare per salvaguardare il futuro di uno dei gruppi storici del nostro Paese, nonché importante tassello dell'economia umbra.
(5-10906)


   RICCIATTI, FERRARA, SANNICANDRO, RAGOSTA, ZARATTI, ZAPPULLA, GIORGIO PICCOLO, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, QUARANTA, PIRAS, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, KRONBICHLER e FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Cisl Marche ha pubblicato un rapporto sulla situazione occupazionale della regione, elaborando i dati Istat aggiornati a dicembre 2016;
   dal rapporto emerge una situazione che, seppur non drammatica in termini assoluti, fotografa una significativa contrazione dell'occupazione nella regione Marche rispetto ai suoi livelli storici;
   nel 2016 si è registrato un tasso di disoccupazione del 10,6 per cento, uno dei peggiori in assoluto dall'inizio della crisi economica, con un numero di disoccupati pari a 73.500 a fronte di 619.800 occupati;
   il tasso di disoccupazione aumenta vertiginosamente nel segmento 15-29 anni, dove raggiunge il 25,3 per cento dato nella serie storica più alto in assoluto;
   lo studio segnala inoltre come mentre il trend di disoccupazione risulta omogeneo tra uomini e donne nella fascia di lavoratori over 30 per la fascia 15-29 si registra una forte disparità di genere a svantaggio delle donne (22 per cento disoccupati uomini; 29,6 per cento disoccupati donne);
   secondo Sauro Rossi, segretario di Cisl Marche, questo dato potrebbe essere legato al fenomeno della disoccupazione intellettuale: le aziende privilegerebbero l'assunzione dei lavoratori con titoli di studio inferiori perché costano meno (Corriere Adriatico, 21 marzo 2017);
   dal report emerge anche una tendenza all'aumento del lavoro dipendente a fronte di un calo del lavoro autonomo –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per far fronte all'elevato tasso di disoccupazione giovanile e alla disparità di genere nelle assunzioni;
   quali iniziative intenda adottare il Governo per promuovere ed incentivare l'occupazione qualificata. (5-10910)

Interrogazione a risposta scritta:


   SBERNA, BUSIN, GALGANO e PRODANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 6 del 2016 riporta che «con Decreto del Ministro della salute e dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sei mesi a partire dal 20 maggio 2016, sono stabilite le procedure e modalità attraverso le quali il Ministero della salute, sentito l'Istituto Superiore di Sanità, procede alle valutazioni delle informazioni e degli studi di cui al comma 2, al fine di riconoscere la riduzione di sostanze tossiche ovvero il potenziale rischio ridotto dei prodotti del tabacco di nuova generazione rispetto ai prodotti da combustione, nonché le relative modalità di etichettatura»;
   tale provvedimento, a parere dell'interrogante, rischia di arrecare un ingiusto vantaggio competitivo ai tabacchi di nuova generazione, rispetto, ad esempio, alle sigarette elettroniche (e-cig) che non potranno beneficiare di un simile trattamento;
   l'eventualità di concedere tale etichettatura rischia di destabilizzare il mercato poiché, come recita la relazione tecnica del decreto legislativo n. 188 del 2014 «i tabacchi senza combustione, i prodotti da inalazione senza combustione e le sigarette, costituiscono un unico mercato di riferimento»;
   anche se insistono sullo stesso mercato, dal punto di vista sanitario la differenza fra i due prodotti è profondamente marcata al punto che il Comitato scientifico internazionale per la ricerca sulla sigaretta elettronica ha specificato che «se per le sigarette elettroniche è oramai acclarata la validità di questi strumenti nella lotta al tabagismo e nella riduzione dei danni causati dal fumo di sigaretta con centinaia di studi scientifici indipendenti al loro attivo, per il tabacco riscaldato sono pubblicati solamente studi sponsorizzati dai produttori stessi»;
   ad oggi, nulla si sa circa le modalità di valutazione tecnico-scientifica da parte del Ministero della salute e dell'Istituto Superiore di Sanità delle informazioni oggetto di tale analisi, che includono, fra l'altro: studi scientifici sulla tossicità e sulla capacità di indurre dipendenza, capacità di disassuefazione dal tabacco e cosiddetto «effetto gateway»;
   la problematica necessita di una celere risoluzione, per garantire la concorrenza nel mercato del tabacco –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per evitare che il provvedimento sia lesivo o distorsivo della concorrenza di mercato. (4-15994)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Quartapelle Procopio e altri n. 1-01547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Locatelli e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Quartapelle Procopio, Monchiero, Locatelli, Beni, Carnevali, Tidei, La Marca, Nicoletti, Fedi, Patriarca, Zampa, Rigoni, Carrozza, Sgambato, Chaouki, Vico».

Apposizione di una firma ad una interpellanza urgente e cambio presentatore.

  L'interpellanza urgente Micillo e altri n. 2-01720, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Uva che, con il consenso del presentatore, ne diventa primo firmatario. Contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari deve intendersi così modificato: D'Uva, Spessotto, Micillo, De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Grande, Grillo, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Mantero, Nesci, Nuti, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vallascas, Vignaroli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Peluffo e altri n. 5-09113, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Becattini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Palladino e Impegno n. 5-10562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bombassei.

  L'interrogazione a risposta scritta Cozzolino e altri n. 4-15913, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Di Maio.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Cera n. 5-10626 del 17 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-10798 del 9 marzo 2017;
   interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-15941 del 15 marzo 2017.