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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 21 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni, complice anche la crisi, l'Italia ha ceduto parti importanti del suo patrimonio industriale in favore di investitori esteri, perdendo via via asset che sono sempre stati considerati strategici per la crescita economica del Paese. Le note vicende di dismissioni che hanno interessato due aziende storiche come Alitalia e Telecom Italia si sono sommate a numerose altre privatizzazioni o vendite a società estere di imprese italiane del comporto siderurgico (Acciaierie di Terni), telefonico (Telecom Italia e Wind), industriale (Pirelli e Indesit), nonché dei settori farmaceutico, finanziario e della moda, dove molte note aziende, o parti consistenti di esse, quali Loro Piana, Fiorucci e Valentino sono state vendute a investitori esteri (dalla Francia fino al Giappone);
    l'intensa ondata di privatizzazioni e vendite delle eccellenze italiane a multinazionali estere sono state tra le maggiori cause del preoccupante fenomeno di deindustrializzazione che sta interessando il nostro Paese, a cui, inevitabilmente, si accompagnano la perdita dell'indotto, con la conseguente crescita della disoccupazione, dovuta anche allo spostamento all'estero dell'impianto di produzione, perdita del know-how e delle tipicità delle produzioni locali;
    anche per l'Italia, al pari di Portogallo, Spagna, Germania, Belgio, Regno Unito e Francia (i cui ordinamenti, prevedono, rispettivamente, gli istituti della « golden share» e « action spécifique»), si è aperta una procedura di infrazione (2009/2255 in merito alla disposizioni del decreto-legge n. 332 del 1994), ma, a differenza degli altri membri, questa non ha sufficientemente protetto i propri assetti strategici del comparto privato e pubblico dalle oltre mille operazioni di acquisizione per il controllo di capitale di aziende italiane, verificatesi negli ultimi dieci anni, da parte di investitori esteri;
    il potere di intervento statale si sostanzia principalmente in una serie di poteri speciali (o Golden Power), fra cui la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni;
    a tal riguardo, la Commissione, nel 1997, con la comunicazione relativa ad alcuni aspetti giuridici attinenti agli investimenti intracomunitari (97/c 220/06), ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve rispettare il principio di proporzionalità, ossia attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari al conseguimento degli obiettivi, e deve comunque essere attuato senza discriminazioni e che lo stesso è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale»; la stessa ha poi ammesso la possibilità, per specifici settori di intervento, di un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, purché sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia;
    per quanto concerne il settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o con riguardo ai movimenti di capitali, la Commissione ammette la liceità del Golden Power qualora questo non costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali;
    il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, sanando la suddetta procedura di infrazione, ha riallineato la normativa italiana ai principi e alle regole del diritto dell'Unione europea, emanando una nuova disciplina in materia di poteri di intervento dello Stato su operazioni straordinarie riguardanti imprese pubbliche e private attive nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori delle comunicazioni, energia e trasporti, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria. Per quanto concerne questi ultimi comparti, nel 2014, sono stati emanati due regolamenti sui poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni: il decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, 85 contenente il «Regolamento per l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica» e il decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 86 contenente il «Regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali». Entrambi i regolamenti sono entrati in vigore il 7 giugno 2014;
    per quanto riguarda, invece, il settore della difesa e della sicurezza, la materia è stata attuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2014, n. 35, che ha individuato le procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale; con il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2014, n. 108 è stato adottato il regolamento per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale. Si è provveduto, in seguito, a riunire in un unico regolamento le norme che individuano le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ivi incluse le attività strategiche chiave, di competenza sia del Ministero dell'interno, sia del Ministero della difesa, procedendo contestualmente all'abrogazione dei precedenti decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 253 del 2012 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 129 del 2013, di modifica, con cui erano state individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale al fine dell'esercizio dei poteri speciali e gli atti/operazioni infragruppo esclusi dall'ambito operativo della nuova disciplina;
    inoltre, con la legge finanziaria 2006, si è introdotta nell'ordinamento la disciplina della poison pill che permette di deliberare un aumento di capitale di società partecipate, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile, al fine di accrescere la quota di partecipazione dell'azionista pubblico; sullo stesso filone interviene il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, che, all'articolo 7, autorizza Cassa depositi e prestiti ad «assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, e che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività»;
    la normativa sulle offerte pubbliche di acquisto (Opa) contenuta nel Tuf (testo unico sulla finanza), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 e successive modificazioni, ha come obiettivo principale la tutela dell'investimento azionario da parte dei risparmiatori e degli investitori istituzionali italiani rispetto alle decisioni degli azionisti di maggioranza; in tal senso, si prevede che chiunque acquisti azioni oltre una certa soglia, oppure nel caso di mutamenti di maggioranza assoluta all'interno di una società che controlla una partecipazione già superiore alla soglia, sia obbligato a lanciare un'Opa a tutti gli azionisti;
    in passato, la soglia unica era fissata al 30 per cento ma questa era efficace solo nel caso di società quotate a capitale diffuso in piccolissime quote, perché, in caso contrario, non era sufficiente di fronte ad una compagine azionaria frazionata in cui i soci maggioritari avessero stretto patti al fine di diventare dominanti in sede di voto;
    con il decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 116 dell'11 agosto 2014 (il cosiddetto «decreto competitività»), il legislatore ha apportato importanti modifiche alla disciplina delle società quotate, con l'obiettivo precipuo di favorire e semplificare l'accesso al mercato dei capitali di rischio da parte delle società (ivi incluse le piccole e medie imprese), nonché di dotare le società quotande e quotate di una serie di ulteriori strumenti finalizzati a incentivare gli investimenti azionari di lungo periodo e, conseguentemente, a colmare il deficit strutturale che attualmente caratterizza la dimensione complessiva del mercato mobiliare italiano, e di quello azionario in particolare, rispetto alle principali economie europee;
    in particolare, ha introdotto all'articolo 106 del testo unico sulla finanza un regime agevolato ai fini della disciplina dell'offerta pubblica di acquisto obbligatoria applicabile, su base opzionale, alle piccole e medie imprese e, precisamente la facoltà per ciascun piccola e media impresa di stabilire, con apposita previsione dello statuto sociale, la soglia Opa più adeguata alle proprie caratteristiche nell'ambito di un intervallo prestabilito compreso tra il 25 per cento e il 40 per cento, nonché quella, per ciascuna piccola e media impresa, di sospendere, con apposita previsione dello statuto sociale (cosiddetto opt-out statutario), l'applicazione delle disposizioni in materia di offerta pubblica di acquisto da consolidamento durante i primi cinque anni successivi alla quotazione;
    da notizie di stampa si apprende che, presso il Ministro dello sviluppo economico, sia stata elaborata una bozza della cosiddetta norma «anti-scorrerie» sulle scalate finanziarie, ispirata dal codice di commercio francese a dalla normativa statunitense, in cui si prevede che, al raggiungimento del 10 per cento di partecipazioni di una società quotata in una società che opera in un settore strategico, scatti l'obbligo di fornire informazioni sul piano di intervento da parte dell'acquirente; se dovesse entrare in vigore, non basterà più dare comunicazione alla Consob del superamento del 3 per cento di partecipazione, ma al raggiungimento del 10 per cento, del 20 per cento e del 25 per cento, sarà anche necessario trasmettere alla società e alla Consob un prospetto di progetto dettagliato sugli obiettivi che si intendono perseguire nei sei mesi successivi in cui si riportino: le modalità di finanziamento, i soggetti interessati nell'operazione, la strategia finalizzata al semplice acquisto ovvero al controllo, le intenzioni per eventuali accordi e patti parasociali, nonché quelle relative all'eventuale integrazione o revoca degli organi amministrativi o di controllo della società;
    le misure prese fin qui dimostrano ancora degli aspetti molto deboli rispetto al nuovo sistema economico globalizzato: solo tra il 2014 e il primo semestre 2016, su 30 operazioni notificate, sono stati emanati soltanto due decreti di consenso alle operazioni, con prescrizioni e, nello stesso lasso di tempo, il Governo non ha mai esercitato il suo potere di veto, come riportato nella relazione concernente l'attività svolta sulla base dei poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, aggiornata al 30 giugno 2016;
    lo stesso comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sottolinea come il golden power sia uno strumento utile ma non efficace e sufficiente ad evitare le cosiddette «scalate» finalizzate a sottrarre know-how tecnologico e commerciale al nostro Paese, che invece risulta essenziale per la crescita e la competitività dell'economia italiana,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, nelle competenti sedi europee e internazionali al fine di favorire l'introduzione del criterio di reciprocità con gli Stati esteri in materia di acquisizione di assetti rilevanti per l'economia del nostro Paese, anche in settori differenti da quello della sicurezza e della difesa, nonché in quelli dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;

2) ad assumere iniziative normative per prevedere un obbligo di comunicazione preventiva da parte del potenziale acquirente di partecipazioni in società ritenute strategiche, al fine di ottenere specifiche garanzie, pena l'esercizio del diritto di veto, circa il mantenimento in Italia dell'assetto produttivo, nonché delle competenze e dei livelli occupazionali;

3) ad informare tempestivamente le Camere di ogni operazione suscettibile di importanti acquisizioni del controllo, da parte di investitori esteri, di imprese ritenute strategiche per il settore economico in cui operano.
(1-01550) «Allasia, Busin, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il fenomeno del cosiddetto stupro virtuale si sta diffondendo in tutto il mondo attraverso gruppi creati sui social network, gruppi nei quali uomini condividono foto di donne, a loro insaputa, foto che vengono corredate da commenti sessisti e denigratori: in particolare, in Italia, anche grazie a inchieste di alcuni giornali, sono state scoperte centinaia di pagine, di ritrovo online di migliaia uomini, in cui si scatenano le più basse pulsioni sessuali e animalesche;
   a questo fenomeno se ne affianca, purtroppo, un altro, riprovevole, denominato « revenge porn», ovvero la pubblicazione online di materiale fotografico che ritrae il partner in atteggiamenti intimi per una vendetta legata alla fine di una relazione;
   i dati raccolti attraverso una indagine dell'Osservatorio nazionale adolescenza su un campione di 7 mila adolescenti, dai 13 ai 18 anni sono drammatici: «1 ragazzo su 5 ha avuto una relazione amorosa online. Di questi, il 60 per cento è poi uscito allo scoperto incontrandosi dal vivo, ma per il restante 40 per cento la storia è continuata in rete. Le chat sono i luoghi di incontro perfetti: il 10 per cento le usa insieme ai messaggi, ai video e alle foto per esprimere i suoi sentimenti; il 6,5 per cento afferma tranquillamente di fare sexting, ossia di scambiare con il proprio flirt – più o meno stabile – foto e/o video che lo ritraggono in atteggiamenti molto intimi. Storie leggere destinate ad avere durata breve e nelle quali (1 su 10) il tradimento avviene online. Molte volte, il 37 per cento per l'esattezza, se si tradisce online non lo si considera un atto di infedeltà vero e proprio. Scatta dunque la rabbia e basta poco per far finire sul web foto e video intimi rubati in un momento di passione; riguarda il 5 per cento degli intervistati, si tratta di un ragazzo su 20, come se in ogni classe a scuola ci fosse uno studente invischiato in una situazione simile»;
   che si tratti di foto e video utilizzati in gruppi social per scatenare gli impulsi bestiali o pubblicati per vendetta, una volta che questo materiale finisce in rete resta online per un tempo infinito e la condivisione è altissima: eliminare definitivamente un dato su internet è un'impresa quasi impossibile;
   appare, dunque, necessario agire in fretta, innanzitutto per scoprire l'esistenza di gruppi segreti sui social, chat di gruppo, accertare che lì vi sia diffuso materiale proprio, individuare gli appartenenti al gruppo e i loro commenti, verificare quale determinato materiale sia stato diffuso e quali commenti siano stati fatti,

impegna il Governo

1) a promuovere iniziative, anche normative, per la prevenzione di comportamenti che incitano all'odio e all'insulto sessuale, anche attraverso collaborazioni con le associazioni e le istituzioni scolastiche, nonché ad agire in sinergia con i gestori delle piattaforme dei social network, al fine di arrivare alla segnalazione e alla rimozione definitiva dei contenuti, modificando gli algoritmi, prevedendo, anche forme di responsabilità diretta degli stessi, anche al fine di rendere effettiva la persecuzione dei reati già previsti, nonché mettendo in campo ogni misura necessaria al potenziamento del lavoro della polizia postale.
(1-01551) «Ventricelli, Amato, Antezza, Becattini, Borghi, Capozzolo, Carella, Carocci, Cassano, Cominelli, Cova, Culotta, Di Salvo, Fedi, Grassi, Manfredi, Marantelli, Marchi, Mazzoli, Minnucci, Paolo Rossi, Taricco, Venittelli, Zanin».


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la previsione dei doverosi controlli sugli allevamenti è facilmente rilevabile, anche alla luce di verifiche compiute direttamente sul territorio dal primo firmatario del presente atto, e come è evidente anche dalle immagini delle investigazioni effettuate dalla giornalista Giulia Innocenzi, andate in onda prima durante la trasmissione «Anno uno» e, in questi giorni, nella trasmissione «Animali come noi», le costanti e reiterate irregolarità e violazioni di norme nelle fasi di allevamento e macellazione di animali destinati, purtroppo, all'alimentazione umana;
    è evidente che quindi esista l'esigenza di provvedere anche ad implementare le anagrafi zootecniche degli animali da reddito e degli allevamenti e che si preveda l'inserimento anche dei piccoli allevamenti per autoconsumo o comunque di tipo amatoriale;
    in considerazione degli esposti presentati dal movimento cinque stelle e dalle indagini condotte sul campo, relativamente alla verifica sul territorio Italiano della frequente disapplicazione della normativa vigente nelle strutture di allevamento e dell'evidente maltrattamento di animali occorre sottolineare che sebbene si tratti di specie da allevamento, esse come le altre, rientrano nella previsione degli articoli del codice penale che condannano i delitti di maltrattamento e uccisione animali. Tali articoli del codice penale sono quindi sempre applicabili a qualunque specie animale, anche in presenza di leggi speciali come nei circhi, nella sperimentazione, nella caccia e nell'allevamento. Non vi sono soggetti e situazioni esenti ed animali sottratti alla tutela, come stabilisce una storica sentenza della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, 3a Sez. Penale del 6 - 26 marzo 2012) che sancisce definitivamente l'applicabilità degli articoli 544-bis e ter del codice penale non solo alle specie d'affezione, ai sensi dell'articolo 544 del codice penale. Ed anche gli animali allevati con la finalità di essere macellati, sono riconosciuti come esseri senzienti per quanto previsto anche dalla legge e da numerose sentenze in tema di maltrattamento e macellazione (per es. Cass. pen., Sez. III, 24 giugno 2015, n. 38789, rel. Rosi, pres. Franco, ric. Politano);
    in ragione della necessità di rispondere alle esigenze dei consumatori sempre più consapevoli e del dovere dello Stato di fornire le corrette informazioni agli utenti sugli alimenti di origine animale e destinati al consumo occorre impegnarsi per agire per un reale e concreto coinvolgimento dei cittadini nell'abbattimento dei gas serra e nella mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici;
    in relazione alle evidenze scientifiche che mostrano la gravità del fenomeno dell'antibiotico resistenza e alla necessità di evidenziare i rapporti fra antibiotico resistenza e benessere degli animali in allevamento è d'obbligo ricordare che, in sostanza, senza benessere degli animali, aumenta inesorabilmente la quantità di farmaci somministrati agli animali in massa e che ciò ha determinato questo preoccupante fenomeno per cui la federazione dei veterinari europei ha elencato una serie di azioni efficaci e necessarie da mettere immediatamente in pratica e contenute nel position paper del Giugno 2016 «Relationship between animal welfare and the use of antibiotics in food animals»;
    in considerazione del Regolamento UE 2016/429 sulle malattie animali trasmissibili-Animal Health Law relativo, in particolar modo, alle visite veterinarie regolari negli allevamenti europei, la Federazione dei veterinari europei ha apprezzato soprattutto le disposizioni in materia di visite veterinarie per la salute degli animali d'allevamento. Il testo prevede che gli allevatori siano tenuti ad effettuare visite veterinarie «regolari» per la salute degli animali e per la prevenzione delle malattie, oltre che ai fini dell'individuazione delle patologie e della biosicurezza. Il ruolo del veterinario è cruciale per la prevenzione e la diagnosi precoce delle malattie trasmissibili e in relazione alla logica ed inevitabile interazione tra la salute degli animali, benessere degli animali e della salute pubblica. Ne consegue che gli allevatori sono tenuti ad applicare i principi di buona zootecnia e l'uso prudente e responsabile dei medicinali veterinari;
    il Regolamento richiede anche che tutti i proprietari professionali di animali domestici nonché i commercianti siano registrati, autorizzando la Commissione a chiedere agli Stati membri di istituire banche dati nazionali di cani, gatti e altri animali domestici, se necessario;
    la FVE (Federazione dei veterinari europei) ha inoltre da poco pubblicato un «position paper» nel quale si richiede chiaramente di «porre fine alla sofferenza degli animali durante i lunghi trasporti». In tale documento la Federazione dei veterinari europei (FVE) esprime viva preoccupazione per le gravi problematiche relative al trasporto animale su lunga distanza e l'esportazione di bestiame e sottolinea l'urgente necessità di attuare realmente e rispettare gli standard concordati per il rispetto del benessere degli animali durante il trasporto e previsti dalla normativa vigente. L'esportazione di bestiame rappresenta un chiaro esempio di mancato rispetto dei minimi requisiti per il benessere. Per un vasto numero di ragioni l'attesa dei camion in arrivo ai confini, durante queste movimentazioni, può essere lunghissima. Gli animali che, per altro, hanno anche già viaggiato per migliaia di chilometri, sono costretti a rimanere sui camion senza spazio adeguato per riposare e per somministrare loro il cibo, acqua e le cure che sarebbero necessarie. Le alte temperature durante il giorno e la notte aggravano ulteriormente la situazione, portando altra sofferenza agli animali, sfinimento e talvolta anche alla morte. Come riferisce la stessa FVE, e con viva preoccupazione, questa situazione non può andare avanti e l'azione è urgente. L'FVE è convinta che con la buona volontà e il pragmatismo necessario di tutte le parti coinvolte i progressi arriveranno e saranno evitati questi problemi. Per questo, come è verificabile nel documento sopracitato e qui di seguito riportato, l'FVE suggerisce:
   ai trasportatori di animali: di intraprendere un viaggio ben preparato e in conformità con i requisiti previsti del regolamento (CE), sul trasporto n. 1/2005. Correre il rischio deliberatamente per gravi problemi di salute e benessere degli animali nei viaggi a lunga distanza quando già all'inizio del viaggio è chiaro che i problemi si possono verificare, non è accettabile;
   alle autorità competenti dei paesi esportatori: di assumersi la responsabilità di una più rigorosa ed uniforme applicazione nonché del controllo del regolamento sul trasporto animali per raggiungere standard accettabili per la salute e il benessere degli animali durante il trasporto;
    alle autorità ai valichi di frontiera: di adottare misure pratiche per ridurre il tempo richiesto per espletare le pratiche al confine per quanto possibile e creare impianti adeguati per lo scarico e la cura degli animali in caso di necessità;
    alle organizzazioni di trasporto degli animali le aziende: di sviluppare un sistema di coordinamento per l'arrivo dei camion alla frontiera, ad esempio attraverso la creazione di un sistema di registrazione prenotazione on-line;
    a tutte le parti coinvolte: di scoraggiare il più possibile il trasporto a lunga distanza di bestiame, soprattutto di fronte a gravi problemi di congestione del traffico, con le alte temperature o altre circostanze che potrebbero costituire una minaccia per i requisiti di benessere animale;
    tutte le parti interessate: a prendere la loro parte di responsabilità nella protezione del benessere degli animali e di fare del loro meglio per evitare il riproporsi di problematiche ben note;
    un modo molto efficace per risolvere il problema è quello di sostituire il trasporto di animali vivi con il trasporto delle carcasse/prodotti di origine animale. FVE intende quindi ribadire che: gli animali devono essere allevati il più vicino possibile ai luoghi in cui sono nati e macellati il più vicino possibile al luogo di produzione;

impegna il Governo:

1) a monitorare puntualmente e a realizzare, per quanto di competenza, un costante, continuo e reiterato controllo delle attività di allevamento e della corretta applicazione della normativa vigente anche in tema di maltrattamento degli animali, oltre che di controllo sanitario e di biosicurezza;
2) ad agire rapidamente per il rischio relativo al fenomeno, dell'antibiotico resistenza;
3) a verificare, con un piano nazionale straordinario, le strutture di allevamento e valutare anche il loro diretto impatto sull'ambiente, promuovendo la realizzazione di piani di mitigazione;
4) a prevedere iniziative tese a garantire la trasformazione degli allevamenti intensivi anche in ragione della loro produzione di gas serra e di inquinamento causato anche da nitriti e nitrati ed altri componenti organici che sono la causa di ulteriore e grave inquinamento marino;
5) ad assumere iniziative volte all'istituzione di un sistema di tracciabilità e di descrizione in etichetta del prodotto con specifici riferimenti relativi al metodo di allevamento, luogo, età dell'animale e del relativo impatto ecologico;
6) ad adottare per contrastare il trasporto degli animali vivi destinati alla macellazione.
(1-01552) «Paolo Bernini, Busto, Vacca, Caso, Fico, Cecconi».


   La Camera,
   premesso che:
    la Carta Costituzionale sancisce che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (articolo 114), che le Province sono titolari di funzioni amministrative (articoli 117 e 118), hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa e risorse autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, rappresentanti le risorse con le quali possono finanziare integralmente le funzioni loro attribuite (articolo 119);
    tra le funzioni fondamentali, si ricorda, è competenza delle province quali enti con funzioni di area vasta: la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; la pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché la costruzione e gestione delle strade provinciali e relativa regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; la programmazione provinciale della rete scolastica e la gestione dell'edilizia scolastica; la cura dello sviluppo strategico del territorio e la gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;
    l'esito referendario negativo dello scorso 4 dicembre sulla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, di fatto, riporta «in vita» le istituzioni provinciali non essendosi manifestata la volontà popolare di eliminarle;
    tale esito stride oggi con la previsione della cosiddetta legge Delrio n. 56 del 2014, che ha smantellato le province, impoverendole di funzioni fondamentali e portando alla deregulation la gestione dell'area vasta a livello territoriale;
    necessita, pertanto, in una prospettiva di lungo periodo, un intervento normativo che adegui la citata legge n. 56 del 2014 ed al contempo delinei un ordinamento locale delle province in coerenza col dettame costituzionale;
    già la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), considerando le province quali «enti in attesa di riforma costituzionale» ha operato un taglio pari a 1 miliardo nel 2015, cui si aggiunge un altro miliardo nel 2016 ed un altro miliardo ancora nel 2017;
    sulla base di una serie di interventi normativi (decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012; decreto-legge n. 66 del 2014 e, appunto, legge n. 190 del 2014) negli ultimi cinque anni c’è stata da parte dello Stato una continua riduzione di risorse alle province pari a: 1.115 milioni di euro nel 2013, 2.059 milioni di euro nel 2014, 3.241 milioni di euro nel 2015, 4.250 milioni di euro nel 2016 e 5.250 milioni di euro nel 2017 (dato che comprende anche le Città metropolitane, istituite il 1° gennaio 2015);
   a fronte dei predetti tagli, le Province hanno dovuto effettuare una drastica riduzione della propria spesa corrente, quantificata in 2,7 miliardi dal 2013 al 2016 (2013: 7,5 miliardi; 2014: 6,2 miliardi; 2015: 5,2 miliardi; 2016: 4,8 miliardi), pari ad un 40 per cento in meno che, inevitabilmente, si riversa sui servizi essenziali erogati per la sicurezza dei territori e lo sviluppo locale;
    dal totale delle entrate di tutte le Province e Città Metropolitane, pari a 3 miliardi e 668 milioni (di cui 1,3 miliardi derivante dall'imposta provinciale di trascrizione e 2,3 miliardi dalle assicurazioni di responsabilità civili automobili), sottratto il taglio imposto dalla legge di stabilità n. 190 del 2014 (pari a 3 miliardi nel triennio) e quello conseguente alla spending review di cui al decreto-legge n. 66 del 2014 (pari a 579 milioni), sui territori provinciali resta appena il 3 per cento degli introiti per poter coprire le spese delle loro funzioni fondamentali;
    l'ammontare residuo di risorse a disposizione è, pertanto, decisamente ed ovviamente insufficiente, al punto che l'Upi – Unione delle province italiane ha dovuto promuovere una mobilitazione con il deposito, da parte dei Presidenti di Provincia, di esposti cautelativi alle Procure della Repubblica, alle Prefetture e alle sezioni regionali della Corte dei conti;
    secondo l'UPI, infatti, le entrate 2017 sono pari a 2 miliardi e 916 milioni a fronte di uscite pari a 3 miliardi e 608 milioni, escludendo l'ulteriore taglio di 650 milioni, quindi con un ammanco nel 2017 per chiudere i bilanci delle sole 75 province di regioni a statuto ordinario pari a quasi 700 milioni di euro (691.954.000), il che pone le province medesime nella oggettiva impossibilità di approvare i bilanci preventivi entro il 31 marzo prossimo secondo quanto disposto dalla Legge di Bilancio 2017;
    addirittura la stessa Sose, la società del Ministero dell'economia incaricata di calcolare i fabbisogni standard degli enti locali, ha quantificato in 651,5 milioni di euro la distanza tra le entrate garantite e le spese necessarie alle funzioni che ancora restano in capo alle province, nonostante l'alleggerimento della riforma cosiddetta Delrio, prime fra tutte la messa in sicurezza e la manutenzione dei 130 mila chilometri di strade provinciali e la gestione dei 5.100 edifici scolastici,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, anche normative, volte a:
  a) ripristinare le funzioni attribuite alla Province ante legge n. 56 del 2014, consolidando la loro esistenza costituzionale alla luce del voto referendario del 4 dicembre scorso;
  b) individuare le risorse adeguate a copertura delle funzioni assegnate in base all'analisi reale dei fabbisogni standard, nel rispetto del dettame costituzionale di cui all'articolo 119 della Costituzione;
  c) semplificare la forma di governo degli enti attraverso una revisione della disciplina relativa agli organi, allo loro durata, al sistema di elezione ripristinandone l'elezione diretta;
  d) destinare alle Province una quota del fondo Anas pari ad almeno 300 milioni per la manutenzione straordinaria delle strade provinciali, così da avviare le opere necessarie per riportare in sicurezza una importante e strategica rete viaria;
  e) assegnare alle Province le ulteriori risorse necessarie a garantire l'espletamento delle funzioni fondamentali necessarie per la sicurezza dei territori ed i servizi essenziali ai cittadini, come evidenziato anche dalla Sose nel corso dell'audizione parlamentare dello scorso 16 marzo in Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale;
  f) riportare nei bilanci delle Province i risparmi derivanti dai propri atti e provvedimenti di spending review;
  g) ripristinare l'autonomia organizzativa degli enti attraverso l'abrogazione della disposizione di cui al comma 420 della legge n. 190 del 2014;
  h) riconoscere alle province, in via straordinaria anche per il 2017, la facoltà di utilizzare gli avanzi di amministrazione per assicurare gli equilibri dei bilanci.
(1-01553) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   dalla stampa locale siciliana – rileva su tutti l'articolo pubblicato sul sito internet del quotidiano «Gazzetta del Sud» recante «Gabrielli “Due nuovi hotspot a Messina e Mineo”» in data 7 marzo 2017 – si apprende che il capo della polizia, dottor Franco Gabrielli, in occasione dell'audizione alla Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, ha dichiarato che l'Italia aprirà entro la fine del mese due nuovi hotspots, uno a Messina e l'altro a Mineo (Catania), in aggiunta ai quattro già operativi (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto);
   sempre secondo quanto riportato dal quotidiano sopra citato, lo stesso capo della polizia, ha altresì sottolineato, che «l'Italia ha onorato gli impegni con l'Europa, dall'apertura degli hotspots alle identificazioni, ma non mi sembra che l'Europa abbia rispettato gli impegni sui ricollocamenti. Tutti vengono a farci le pulci, ma noi i compiti a casa li abbiamo fatti, mentre l'Europa per l'ennesima volta ci ha lasciati in braghe di tela»;
   un articolo del quotidiano « Il Sole 24 Ore» riporta altresì l'intenzione del Governo di aprire 3 ulteriori hotspot in Calabria – a Crotone, Corigliano Calabro e Reggio Calabria;
   queste determinazioni – che ad avviso degli interpellanti provengono da pressioni che l'Unione europea ha esercitato sull'Italia, avviando una procedura d'infrazione per l'asserita mancata identificazione dei migranti, poi ritirata – ove realizzate, comporterebbero gravosissime conseguenze sulle condizioni socio-economiche dei territori individuati, in particolar modo se predisposti all'accoglimento di diverse centinaia di migranti (come da stime dell’hotspot previsto a Messina), non contemperati da un'equa politica sull'accoglimento dei migranti da parte dell'UE, che impartisce ordini al nostro Stato ma non dà seguito ai principi sull'accoglienza diffusa sovente proclamati, mancando incomprensibilmente di esercitare un'azione perentoria nei confronti dei Paesi non collaborativi;
   un articolo pubblicato sul Corriere della Sera online del 16 ottobre 2016 riporta le dichiarazioni del Ministro dell'interno pro tempore Alfano: «C’è stato un gesto di inaffidabilità gravissima da parte dell'Europa, che ci ha tirato un bidone sui migranti, non rispettando gli accordi sulla loro redistribuzione», non è concepibile che l'Unione europea imponga rigidamente l'istituzione di centri identificativi se mancano regole certe sulla successiva destinazione dei migranti, che restano così relegati in luoghi non adatti alla lunga permanenza;
   per tale ragione il sistema degli hotspots si è già rilevato ampiamente fallimentare, perché se non inserito in un quadro complessivo perfettamente funzionante in cui, a seguito della fase identificativa, i trasferimenti dei soggetti alle destinazioni loro assegnate siano rapidamente ed efficacemente eseguiti, in particolar modo con riguardo ai soggetti destinatari di ordine di respingimento, rischia di impattare violentemente sugli equilibri delle comunità locali;
   ad avviso degli interpellanti, non è di altri hotspot che il sistema di accoglienza ha bisogno, bensì del consolidamento e di una migliore regolazione del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che può portare alla realizzazione di un'accoglienza integrata attraverso percorsi individuali di inserimento socio-economico;
   l'esperienza fallimentare già sperimentata non potrà che ripetersi per gli interpellanti, anche per la scelta dell'allocazione dei nuovi hotspots, in luoghi già gravati, da simili ed altre problematiche;
   del tutto inadeguato si rivela il sito che risulterebbe individuato per la realizzazione del centro di prima accoglienza nella città dello Stretto, presso l'Ex Caserma di Bisconte, quartiere dove già ora occorre gestire gravi questioni di ordine sociale; la forzata allocazione in tale contesto di centinaia e centinaia di migranti produrrebbe soltanto un aggravio, rischiando di innescare gravi problematiche di ordine pubblico;
   per non parlare del centro di Mineo, già utilizzato come Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), oggetto di numerosi filoni di indagini anche legati a Mafia Capitale, definito da molti un ghetto recintato da filo spinato, dove, come riportato dall'articolo sul sito internet www.lasicilia.it il 17 gennaio 2017, si è tristemente venuti a conoscenza, per un verso, di «appalti truccati, corruzione elettorale, terrorismo e truffe sulle presenze gonfiate», per altro verso, della diffusione del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento –:
   se il Governo non intenda riconsiderare la determinazione di aprire 5 nuovi hotspot nei luoghi succitati;
   se il Governo non intenda, prima di assumere tali determinazioni, rivendicare innanzi all'Unione europea la necessaria e leale collaborazione di tutti gli Stati membri, affinché sia assicurata una più efficace ed equa soluzione dell'imponente ed incessante fenomeno migratorio verso le coste del territorio italiano.
(2-01717) «D'Uva, Brescia, Lorefice, Dieni, Nesci, Grillo, Villarosa, Colonnese, Cancelleri, Di Benedetto, Di Vita, Marzana, Nuti, Rizzo, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Toninelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   l'ordinamento giudiziario (regio decreto n. 12 del 1941) prevede il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari destinati al Ministero della giustizia (articolo 196); analogo collocamento è previsto per incarichi speciali non previsti da leggi o da regolamenti, conferiti dal Ministro della giustizia o con il suo consenso (articolo 210);
   l'articolo 15 della legge n. 195 del 1958 prevede che il Consiglio superiore della magistratura (Csm) deliberi il collocamento fuori ruolo, oltre che per le assegnazioni di magistrati al Ministero della giustizia, anche per il conferimento agli stessi, in base alle norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzioni. Un eventuale diniego del Csm può essere motivato solo sulla base della sussistenza di «gravi esigenze di servizio»;
   a seguito dell'abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 48 del 2001 (da parte dell'articolo 4, comma 20, della legge n. 111 del 2007) non esiste più alcun «tetto» massimo complessivo per le destinazioni di magistrati ordinari a incarichi fuori ruolo stabilito con legge. Solo per i magistrati destinati al Ministero della giustizia il decreto legislativo n. 300 del 1999 (articolo 19) stabilisce un numero massimo di 65 unità fuori ruolo;
   l'articolo 1, comma 68 della cosiddetta «legge Severino» (legge n. 190 del 2012) ha poi stabilito come regola generale per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e per gli avvocati e i procuratori dello Stato un limite di permanenza massima fuori ruolo di 10 anni, anche continuativi, nell'arco del loro servizio. Il limite decennale di permanenza nel fuori ruolo nell'arco della carriera era peraltro già stato affermato dalla circolare del Csm del 23 marzo 1994 (aggiornata da ultimo dalla circolare 20 novembre 2008) in materia di fuori ruolo dei magistrati, che fissa in 5 anni il periodo massimo di permanenza continuativa in fuori ruolo e prescrive un periodo minimo di permanenza continuativa di rientro nel ruolo di 5 anni. I limiti quinquennali possono essere superati in relazione all'espletamento di taluni incarichi (ad esempio le funzioni da svolgere presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, limitatamente alle 18 posizioni amministrative apicali ed agli assistenti di studio, il Consiglio superiore, limitatamente agli incarichi di segretario generale e di vice segretario generale, gli organismi internazionali). La citata circolare del Csm del 2008 ha poi previsto un numero massimo di 185 magistrati collocabili fuori del ruolo organico della magistratura ordinaria;
   il quadro normativo è, però, ad oggi, ancora lacunoso e confuso: la questione – strettamente connessa alla carenza di organico di cui soffre l'amministrazione della giustizia – è, in parte, oggetto del dibattito intorno alla proposta attualmente all'esame della Camera, recante «Disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati»;
   ad ogni modo, per inquadrare meglio il tema, è necessario porre l'attenzione non solo sui magistrati candidati o che ricoprono cariche elettive, o che abbiano assunto incarichi di governo nazionale, regionale e negli enti territoriali, ma anche su coloro che ricoprono un diverso incarico, di natura non elettiva, ma comunque politica: il riferimento è a coloro che sono stati nominati responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e dei sottosegretari di Stato, dei presidenti delle regioni o dei sindaci della città metropolitane, ovvero ai magistrati nominati, su iniziativa del Parlamento, del Governo o degli organi di governo regionali, commissario straordinario, presidente o componente di autorità o commissioni di vigilanza; ma anche che ricoprono incarichi in organismi internazionali;
   pertanto, al fine di una più compiuta valutazione in merito alla questione esposta, appare opportuno conoscere non solo il numero dei magistrati che ad oggi risultano fuori ruolo, ma anche i nominativi degli stessi;
   tra l'altro, vale la pena rilevare che, nella seduta del 31 ottobre 2012, il Governo ha accolto e l'Aula della Camera ha approvato all'unanimità, un ordine del giorno al disegno di legge recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» (poi legge n. 190 del 6 novembre 2012), a prima firma dell'onorevole Giachetti, che impegnava l'Esecutivo a costituire, entro sessanta giorni dall'approvazione della legge, presso il Ministero della giustizia e la Presidenza del Consiglio dei ministri, un'unica banca dati consultabile pubblicamente, anche online attraverso i rispettivi siti, nella quale fossero raccolti e classificati in maniera dettagliata i magistrati amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato in posizione di fuori ruolo; contestualmente, l'ordine del giorno prevedeva anche il deposito di copia della medesima banca dati, entro sessanta giorni dall'approvazione della legge, alla Presidenza della Camera dei deputati e a quella del Senato della Repubblica, da trasmettere alle Commissioni competenti. Ad oggi, a distanza di oltre quattro anni dall'approvazione della suddetta legge, non risulta che il Governo abbia ottemperato ad alcuno degli impegni indicati nell'ordine del giorno in questione –:
   se intenda adottare ogni iniziativa di competenza per rendere immediatamente disponibili il numero effettivo e l'elenco completo dei nomi dei magistrati amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato ad oggi in posizione di fuori ruolo, in quanto titolari di cariche elettive o di incarichi di governo nazionale, regionale e negli enti territoriali, nonché dei titolari di incarichi presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e dei sottosegretari di Stato, dei presidenti delle regioni o dei sindaci delle città metropolitane, presso organismi internazionali, ovvero i magistrati nominati, su iniziativa del Parlamento, del Governo o degli organi di governo regionali, commissario straordinario, presidente o componente di autorità o commissioni di vigilanza;
   se intenda fornire, per ciascun caso, gli opportuni chiarimenti circa il trattamento economico dei magistrati in posizione di fuori ruolo, con particolare riferimento all'eventuale erogazione di ulteriori indennità o di assegni per le funzioni aggiuntive, nonché specificare la disciplina prevista in relazione al mantenimento dell'originario rapporto di servizio, e alla conseguente progressione di carriera di coloro che sono collocati fuori ruolo;
   quale sia la ragione della mancata predisposizione della banca dati sui fuori ruolo, oggetto dell'ordine del giorno approvato nella scorsa legislatura e richiamato in premessa, e quali iniziative si intendano assumere affinché si proceda quanto prima alla predisposizione della stessa.
(2-01722) «Brunetta, Sisto».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 177 del 2016, il personale del Corpo forestale dello Stato, nei 20 giorni successivi alla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3 del medesimo articolo, poteva presentare domanda per il transito in altra amministrazione statale tra quelle individuate dal Presidente del Consiglio dei ministri; quest'ultimo è stato approvato il 21 novembre 2016 e pubblicato sul portale mobilità del dipartimento della funzione pubblica (DFP) che però non rappresenta una forma di notifica legale; tuttavia alla data 23 novembre 2016 scattava il termine perentorio di 20 giorni (scadenza 13 dicembre 2016) per esercitare la facoltà d'opzione al transito in altre amministrazioni;
   il Presidente del Consiglio dei ministri non è stato mai pubblicato sul Bollettino ufficiale del Corpo forestale dello Stato, mentre veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale solamente il 3 gennaio 2017, procrastinando in tal modo il termine di scadenza al 23 gennaio 2017 ben oltre il termine del 1o gennaio 2017, entro il quale l'intero iter si sarebbe dovuto concludere, causando una posizione di indeterminatezza e lasciando privo di collocazione utile, il contingente di personale che intendeva avvalersi di tale facoltà;
   al personale di cui all'articolo 18, comma 9, del decreto legislativo n. 177 del 2016, inserito d'ufficio nel contingente collocabile presso le amministrazioni statali individuate ai sensi dell'articolo 12, comma 3, per l'assegnazione preferibilmente nei ruoli del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, non è stato mai comunicato l'avvio del procedimento, così come da legge n. 241 del 1990, ne è mai stata formalizzata la loro inclusione in detto contingente;
   il comma 6 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016 dispone che «Nel caso in cui, alla data del 15 novembre 2016, il personale che ha presentato la domanda di cui al comma 4, non sia stato ricollocato in altra amministrazione statale tra quelle individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri comma 3 e non abbia optato per la riassegnazione (comma 4) si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, a definire altre forme di ricollocazione. In caso di mancato ulteriore assorbimento entro il 31 dicembre 2016, il predetto personale cessa di appartenere al comparto sicurezza e difesa e nei suoi confronti si applicano le disposizioni dell'articolo 33, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165»;
   il 25 novembre 2016, i sindacati del Sapaf e Ugl hanno presentato un atto formale di diffida nei confronti del Governo, del Presidente del Consiglio e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per il differimento del termine di presentazione delle domande di transito ad altre amministrazioni;
   il 1o gennaio 2017 per effetto della militarizzazione, tutti i sindacati autonomi e i rappresentati sindacali anche delle sigle confederate, hanno cessato di svolgere le proprie funzioni, senza poter prendere parte all'esame congiunto per addivenire alla collocazione del personale interessato a tale procedura, palesemente per l'inerzia della «parte pubblica»;
   15 unità di personale dell'ex Corpo forestale dello Stato che non hanno barrato la corrispondente casella ai sensi della procedura del succitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero non hanno dato indicazione di rimanere assegnati all'amministrazione di destinazione, atti e da articolo 12, comma 4, ultimo periodo del decreto legislativo n. 177 del 2016, e vista l'indisponibilità da parte delle pubbliche amministrazioni ad accoglierli, risultano al momento privi di un collocamento benché conservino le precedenti qualifiche e percepenti il medesimo stipendio;
   in data 6 marzo 2017 è stato trasmesso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica il decreto adottato per l'assegnazione al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del personale appartenente al disciolto Corpo forestale dello Stato interessato all'applicazione dell'articolo 12, comma 6, del decreto legislativo n. 177 del 2016;
   dalla riunione del 14 febbraio 2017, alle organizzazioni sindacali non soppresse, e alle amministrazioni convenute, è stata comunicata la volontà del Dipartimento della funzione pubblica di accogliere la proposta di ricollocazione del personale, con il mantenimento della sede territoriale di servizio, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo; da parte delle suddette organizzazioni sindacali non sono pervenute indicazioni contrarie in merito alla predetta volontà –:
   se l'inquadramento di cui l'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non contrasti con quanto previsto dall'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, comma 1 lettera a), laddove si preveda la compensazione economica mediante corresponsione di un assegno « ad personam» riassorbibile comprensivo della differenza retributiva, per le voci fisse e continuative;
   se l'inquadramento di cui l'articolo 2 del succitato decreto, non contrasti con quanto previsto dall'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, comma 1, lettera a), laddove si preveda il trasferimento in altra amministrazione in corrispondenza delle funzioni già svolte dal medesimo personale;
   quali siano le ragioni per le quali il personale non assorbito entro il 31 dicembre 2016, anziché essere ricollocato ai sensi del comma 6, articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016 nel comparto sicurezza e difesa, è stato posto di fatto in mobilità, causando a parere degli interpellanti una distorta e penalizzante applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dall'articolo 30, comma 2-quinquies, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
(2-01724) «Massimiliano Bernini, Terzoni, Basilio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa ai contributi annuali per le tv locali è molto grave;
   infatti: non sono stati ancora erogati i contributi statali relativi all'anno 2015; non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016);
   non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale);
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali, cui settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   come il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per quanto di competenza, intendano procedere per dare soluzione alle problematiche soprarichiamate. (4-15978)


   SPESSOTTO, LIUZZI, CARINELLI, DELL'ORCO e BATTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (COM2016/31), interviene sul quadro giuridico europeo in materia, attualmente regolato dalla direttiva 2007/46/CE;
   la proposta di regolamento è successiva allo scandalo della vicenda Volkswagen, a seguito del quale la Commissione dell'Unione europea ha annunciato la volontà di rafforzare il sistema di omologazione a livello europeo, garantendo meccanismi di controllo più adeguati ed armonizzati, assicurando maggiori livelli di protezione della salute dei cittadini e dell'ambiente e attribuendo alla stessa Commissione alcune funzioni che sino ad oggi rientrano tra le competenze degli Stati membri;
   in linea con tale obiettivo, la suddetta proposta rafforza i controlli sulle procedure e sui soggetti preposti sia nella fase di verifica ex ante (omologazione), sia nella fase di controllo ex post (vigilanza del mercato), ridefinendo in particolare le competenze e la cooperazione tra le diverse autorità nazionali preposte, il ruolo degli operatori economici, la qualità delle attività di omologazione e di verifica della conformità svolte dai servizi tecnici;
   in particolare, all'articolo 9 della proposta è previsto che la Commissione dell'Unione europea possa organizzare ed effettuare prove ed ispezioni su veicoli nuovi o già immatricolati, al fine di verificare che i sistemi, i componenti e le entità tecniche siano conformi alle omologazioni del tipo e alla legislazione applicabile;
   all'articolo 71.8, è altresì previsto che l'autorità di omologazione nazionale sia oggetto di un controllo a rotazione inter pares, condotto da due autorità di omologazione di altri Stati membri, ogni due anni;
   nella sua relazione alla proposta di regolamento (prot. n. 4071 RU), a firma dell'architetto Vitelli, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pur valutando favorevolmente la proposta per ciò che concerne il miglioramento della sicurezza dei veicoli e della qualità dell'aria, reputa la proposta «non di particolare urgenza» e auspica l'introduzione, in sede negoziale, di alcune modifiche, innanzitutto riguardo alla valutazione e designazione dei servizi tecnici con riferimento ai centri prova autoveicoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alle nuove competenze assegnate alla Commissione in merito alla possibilità di verificare e sanzionare l'operato dei servizi tecnici di omologazione e di valutare l'operato delle autorità nazionali;
   stante le dichiarazioni rilasciate in tema di mobilità sostenibile dal Ministro dell'Ambiente Galletti in audizione al Senato, il Ministro sembrerebbe invece favorevole all'ipotesi dell'istituzione di una Autorità Europea di controllo, ipotizzando la sua costituzione presso una delle strutture del Centro Comune di Ricerca che dispone di sette istituti di ricerca dislocati in cinque Paesi membri dell'Unione europea, tra cui l'Italia, con il Centro di Ispra, in provincia di Varese;
   anche il Parlamento europeo è intervenuto di recente sulla questione, auspicando nelle raccomandazioni finali della relazione conclusiva della Commissione di inchiesta EMIS sullo scandalo emissioni, approvata lo scorso marzo, l'istituzione di una nuova agenzia europea unica per le certificazioni dei veicoli che prenda il posto dei singoli enti nazionali –:
   se il Governo possa chiarire la posizione che intende sostenere, anche in sede di negoziati presso il Consiglio europeo, in merito all'opportunità di istituire un'Agenzia europea unica, con particolare riferimento agli articoli 9 e 71.8, della proposta di regolamento europeo di cui in premessa e alle nuove competenze della Commissione europea in merito alla possibilità di verificare l'operato dei centri prova autoveicoli CPA del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (4-15988)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e ARLOTTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si è svolto in data 9 marzo 2017 a San Marino l'incontro convocato dal Governo della Repubblica di San Marino con le parti sociali per illustrare un progetto di legge concernente modifiche e integrazioni alle norme materia di sostegno allo sviluppo economico che interviene sul trattamento dei lavoratori transfrontalieri;
   la novità più significativa del progetto di legge, che interviene in diversi ambiti, riguarda l'articolo 4 che – modificando l'articolo 3 della legge n. 156 del 2011 e quindi rendendo più libera l'assunzione dei lavoratori frontalieri – prevederebbe un maggiore onere contributivo sull'impiego di un lavoratore frontaliero rispetto all'assunzione di un lavoratore sammarinese, portato all'8,9 per cento dall'attuale 1,9 per cento se il numero dei frontalieri occupati è pari o superiore al 30 per cento;
   già il presidente dell'Associazione industriali sammarinese Anis, su mandato del Consiglio direttivo, ha manifestato la propria forte contrarietà, in particolare sull'aumento del 7 per cento per le nuove assunzioni di lavoratori frontalieri, ed auspicato che il progetto di legge venga profondamente rivisto;
   la norma appare all'interrogante discriminatoria e anacronistica e in contrasto con gli accordi tra la Repubblica di San Marino e l'Italia, da cui proviene la maggioranza dei lavoratori frontalieri, e con le relazioni di amicizia e buon vicinato fra le due Repubbliche;
   se venisse confermata, la norma potrebbe, inoltre, secondo l'interrogante minare il percorso per l'Accordo di associazione di San Marino all'Unione europea, accordo sostenuto dal nostro Paese come ribadito anche in anni recenti dalle più alte cariche istituzionali italiane –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario aprire un confronto con il Governo della Repubblica di San Marino in relazione al progetto di legge recante «Modifiche e integrazioni alle norme in materia di sostegno allo sviluppo economico», al fine di promuovere, per quanto di competenza, una modifica della norma riguardante il maggiore onere sui lavoratori frontalieri che inciderebbe principalmente su quelli italiani. (5-10895)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato interministeriale per la cooperazione e lo sviluppo (Cics, istituito con l'articolo 15 della legge 11 agosto 2014, n. 125 la rinnovata disciplina generale sulla cooperazione), ha compiti molto chiari: assicurare la programmazione e il coordinamento di tutte le attività in materia di cooperazione allo sviluppo, nonché la coerenza tra queste e le politiche nazionali;
   l'importanza del suo compito, indispensabile per evitare doppioni e sprechi, è reso evidente già a partire dalla sua composizione, ne fanno infatti parte: il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri degli esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   tuttavia, risulta agli interroganti che il Cics non venga convocato da un anno e otto mesi, decisione continuamente rinviata che incide direttamente sulla necessità, invece, di avere una visione netta e chiara sulla linea di indirizzo, sulla programmazione, sul coordinamento e per deliberare sulle linee guida e la programmazione 2017-2019;
   peraltro, come si evince da articoli di stampa, la stessa Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, anch'essa «nata» in seno alla citata legge, creata per dare più impulso e qualità agli interventi di aiuto, non ha ancora direttori generali e dirigenti capi-ufficio cooperazione –:
   quale sia in questo momento la strategia per assicurare alla cooperazione per lo sviluppo la dignità e quindi l'attenzione politica che merita, la qualità e l'efficacia che il Parlamento aveva voluto indicare come prioritarie per il coordinamento delle attività citate al fine di assicurare maggiore forza e coerenza degli interventi. (5-10896)


   PIRAS e CIMBRO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Massimiliano Voza, sindaco del paese di Santomenna (Salerno) è stato fermato la sera di giovedì 16 marzo 2017 all'aeroporto Sabiha Gokcen di Istanbul;
   Voza era da poco atterrato all'aeroporto e stava aspettando la coincidenza del volo che lo avrebbe dovuto condurre a Dyarbakir, dove era stato invitato dal partito Hdp, per seguire il Newroz in veste di osservatore internazionale, quando è stato bloccato dalla polizia, che ha subito sequestrato il passaporto e i suoi tre cellulari;
   dopo il fermo, Voza veniva condotto in una stanza di sicurezza dell'aeroporto, dove è rimasto per diverse ore, senza la possibilità di mettersi in contatto con nessuno. Successivamente, veniva portato in un altro stanzone dove vi erano altri passeggeri, di varie nazionalità, fermati dall'autorità di frontiera turca;
   grazie ad una di queste persone che aveva un telefono cellulare, l'interessato riusciva mandare un sms al suo avvocato, il quale si metteva in contatto con le autorità italiane, che contattavano la console ad Istanbul, con la quale, Voza riuscì poi a mettersi in contatto solo poco prima del suo ritorno in Italia;
   dopo aver trascorso la notte in aeroporto, gli veniva consegnato un decreto di espulsione «per motivi di sicurezza» e veniva imbarcato sul primo volo per Roma. Gli venivano sequestrati e non restituiti il cellulare istituzionale del comune di Santomenna, nonché la fascia tricolore che aveva nella sua valigia;
   il sindaco di Santomenna negli anni passati si è prodigato nelle attività il sostegno alle operazioni umanitarie. La sua professione è quella di cardiochirurgo ed ha esercitato in maniera volontaria questa attività, in condizioni di fortuna, anche nell'ospedale di Kobane, in una città semidistrutta, subito dopo la liberazione dall'Isis;
   il suo respingimento segue quello di numerosi altri attivisti, giornalisti, avvocati e operatori umanitari italiani, ed è la chiara dimostrazione per gli interroganti dell'arbitrarietà dell'azione delle autorità turche. Dal fallito golpe del 15 luglio 2017, 40 mila persone sono state arrestate in Turchia, comprese decine di parlamentari e oltre 130 mila funzionari statali, tra cui soldati, poliziotti, giudici, professori e accademici, sono stati sospesi o licenziati –:
   se il Governo non intenda inoltrare una formale protesta al Governo turco per il trattamento riservato al cittadino italiano e rappresentante delle istituzioni e in particolare nel quadro delle iniziative da assumere per tutelare i diritti dei concittadini italiani che debbano recarsi in Turchia, anche allo scopo di documentare lo stato della democrazia e dei diritti civili e politici, che appaiono in preoccupante e rapido deterioramento. (5-10897)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI, PIRAS, RICCIATTI, SANNICANDRO e NICCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2016 è stato firmato l'accordo fra Unione europea e Turchia sul piano per la gestione dell'arrivo dei migranti sulle coste greche, con il sostegno anche dell'Italia;
   il 16 marzo 2017, in vista dell'anniversario del sopracitato accordo, l'Organizzazione Internazionale Save the Children ha pubblicato il rapporto «Tra autolesionismo e depressione – L'impatto devastante dell'accordo UE-Turchia sui bambini migranti e rifugiati» con cui si denuncia il moltiplicarsi dei casi di autolesionismo, di tentato suicidio e depressione tra i 5000 bambini di fatto detenuti sulle isole greche;
   nello specifico Save the Children – grazie anche alla presenza di supporto nei campi – testimonia come gli atti di autolesionismo e gli «incidenti» che coinvolgono bambini, di anche 9 anni, si stiano moltiplicando in maniera esponenziale; di come molti bambini, anche di 12 anni, abbiano tentato il suicidio facendo peraltro scattare un meccanismo di emulazione fra i coetanei; di come l'uso e l'abuso di alcol e droghe sia in spaventoso aumento fra i minori, come unica via di fuga dall'inferno in cui si trovano rinchiusi;
   sempre per quanto si apprende dal rapporto, i «minori soli» sono spesso oggetto di attacchi nei quali la polizia interviene raramente e vivono in allarme continuo facendo turni di veglia fra di loro in modo da proteggersi a vicenda. Inoltre un imprecisato numero di loro è scomparso, lasciando le isole grazie ai trafficanti o con disperate fughe solitarie;
   Andreas Ring, Rappresentante di Save the Children in Grecia, dichiara che «L'accordo UE-Turchia avrebbe dovuto bloccare il flusso dei migranti considerati irregolari verso la Grecia, ma a quale prezzo? (...) I nostri operatori stanno rilevando un preoccupante deterioramento delle condizioni di salute e benessere mentale e temiamo che bambini e adolescenti possano sviluppare problemi a lungo termine come depressione, ansia da separazione, angoscia e stress post-traumatico, o anche conseguenze a livello fisico come problemi cardiaci o diabete. «Molti di questi bambini» – continua Andreas Ring – «sono fuggiti da guerra o conflitti per finire in campi che chiamano inferno, dove si sentono più animali che uomini. Se le condizioni non miglioreranno, ci potremmo ritrovare con una generazione di bambini insensibili ad una violenza che considerano normale, ma se si agisce subito, come sottolineano gli esperti, siamo ancora in tempo perché possano riprendersi da questi orrori»;
   risulta per gli interroganti inaccettabile che, nonostante le evidenti e gravissime risultanze del rapporto di Save the Children, l'accordo con la Turchia venga indicato dall'Europa come modello di «cooperazione» da perseguire anche con altri Paesi di transito come la Libia e l'Egitto, in cui peraltro le condizioni di partenza di democrazia e rispetto dei diritti umani sono peggiori –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non intenda intervenire in sede europea – dato anche il sostegno del nostro Paese all'accordo in oggetto – al fine di trovare una soluzione immediata ed urgente alla situazione drammatica evidenziata dal rapporto di Save the Children, evitando inoltre il ripetersi di accordi di tale natura con altri Paesi come Libia ed Egitto. (5-10900)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI, TACCONI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come previsto dal comma 3-bis dell'articolo 24 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) introdotto ex novo dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208  (legge di stabilità 2016) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2015, n. 302, ed entrata in vigore il 1o gennaio 2016, nei confronti dei soggetti non residenti nel territorio italiano, ma in uno Stato che assicuri un adeguato scambio di informazioni, l'imposta eventualmente dovuta sul reddito prodotto in Italia è determinata sulla base delle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23 dello stesso TUIR, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto nel territorio dello Stato italiano sia pari almeno al 75 per cento del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che il soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza;
   con decreto di natura non regolamentare il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto adottare le disposizioni di attuazione del comma 3-bis dell'articolo 24 del TUIR, introdotto dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208;
   il Ministro dell'economia e delle finanze non ha ancora emanato il decreto di attuazione previsto dalla nuova normativa;
   tuttavia il Ministero dell'economia e delle finanze, in qualità di sostituto di imposta, applica con puntualità la nuova norma ai propri dipendenti residenti all'estero se residenti dell'Unione europea;
   mentre invece codesto Ministero avvia spesso con ritardo le procedure per le dichiarazioni e le certificazioni necessarie per ottenere le agevolazioni fiscali, comprese le detrazioni per carichi di famiglia, previste dagli articoli da 1 a 23 de TUIR, ai propri dipendenti residenti in Paesi extracomunitari –:
   quali siano i motivi per cui il Ministero dell'economia e delle finanze non applica con puntualità ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali suesposte le procedure previste per i residenti in Paesi extracomunitari e aventi diritto ai benefici fiscali dall'applicazione della normativa vigente, in particolare al comma 3-bis dell'articolo 14 del Testo unico delle imposte sui redditi;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per applicare con regolarità e certezza del diritto la normativa in vigore ai fini del puntuale riconoscimento – a favore dei residenti in Paesi extracomunitari aventi diritto – degli oneri deducibili dal reddito complessivo, delle detrazioni dall'imposta lorda, nonché delle detrazioni per carichi di famiglia. (4-15979)

AFFARI REGIONALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per gli affari regionali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 353, della legge di bilancio 2017, istituisce, a decorrere dal 12 gennaio 2017, un premio alla nascita o all'adozione di minore dell'importo di 800 euro, il quale non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all'articolo 8 del testo unico delle imposte del reddito, ed è corrisposto dall'Inps in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione; il premio ha una copertura di circa 600 milioni di euro per il 2017;
   con la circolare n. 39 del 27 febbraio 2017 l'Inps ha diffuso dettagli in merito al cosiddetto « bonus mamma domani», precisando le informazioni sulla platea dei beneficiari, la maturazione del premio, le tempistiche della richiesta, affermando inoltre che, «con successivo messaggio, saranno fornite le specifiche istruzioni per le modalità di presentazione delle domande telematiche»; a integrazione di questa prima, l'Inps ha emanato un'ulteriore circolare, n. 61 del 16 marzo 2016;
   ad oggi, trascorsi quasi tre mesi dalla data di istituzione del bonus stabilita in legge di bilancio, l'Inps non ha reso disponibili «le specifiche istruzioni» per la presentazione delle domande;
   in data 20 marzo 2017, secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, si è appreso che, sia rivolgendosi al call center dell'Inps, sia recandosi direttamente negli uffici dell'istituto, la macchina amministrativa risulta assolutamente impreparata e in ritardo nella gestione delle legittime aspettative delle aventi diritto;
   in data 21 marzo, sulla stampa nazionale, il Ministro per gli affari regionali con delega alla famiglia, Enrico Costa, conferma che i dipartimenti competenti hanno reso chiarimenti interpretativi all'Inps «pochi giorni fa»; allo stesso modo, si apprende dalla direttrice generale dell'Inps, Gabriella Di Michele, che la ricezione delle domande online sarà possibile «dai primi giorni di maggio» e l'erogazione dei bonus «per la metà di maggio» –:
   quali siano i motivi di un tale ritardo nell'erogazione dei bonus sopra citati;
   quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di garantire la tempestiva erogazione del premio alla nascita o all'adozione, cosiddetto « bonus mamma domani», di cui all'articolo 1, comma 353, della legge di bilancio 2017, per tutti i bambini e le bambine nate o adottate a partire dal 1o gennaio 2017, a tal fine sollecitando i vertici dell'Inps all'emanazione delle necessarie informazioni sulle modalità telematiche attraverso le quali presentare le domande di premio e attivando i necessari canali di erogazione.
(2-01719) «Gribaudo, Amato, Antezza, Arlotti, Blazina, Bonomo, Carnevali, Carra, Carrozza, Boccadutri, Casellato, Cominelli, Crivellari, Di Salvo, Fabbri, Fedi, Cinzia Maria Fontana, Gadda, Ghizzoni, Giacobbe, Ginato, Gnecchi, Incerti, Iori, Lenzi, Patrizia Maestri, Malisani, Minnucci, Miotto, Narduolo, Piazzoni, Giuditta Pini, Quartapelle Procopio, Rostellato, Sereni, Coccia».

Interrogazione a risposta scritta:


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati relativi al calo demografico in Italia sono stati quest'anno più volte all'attenzione del Parlamento, coinvolgendo l'opinione pubblica in una riflessione che interessa l'intero sistema Paese. Al 1o gennaio 2017 i residenti in Italia erano 60 milioni 579 mila, 86 mila persone in meno rispetto all'anno precedente. Continua il calo delle nascite: nel corso del 2016 è stato battuto il record negativo che risaliva all'anno precedente, il 2015, quando le nuove vite erano state 486 mila, mentre ora si è scesi a 474 mila;
   in questo scenario si è sollecitato spesso il Governo durante l'attuale legislatura, affinché predisponesse misure adeguate ad incrementare il numero delle nascite. Tra queste rientravano anche il cosiddetto bonus mamma domani e il bonus bebé, che secondo il Ministro per gli affari regionali con delega in materia di politiche per la famiglia Enrico Costa, sarebbero dovuti servire per le prime spese legate al lieto evento: gli esami pre parto, i farmaci, il passeggino, la culla, i vestitini. Tutto a partire dal 1o gennaio 2017. La differenza tra i due bonus è legato all'Isee, mentre il bonus mamma domani dovrebbe essere indipendente dal reddito. Ma ad oggi, dei moduli necessari per fare domanda, non c’è neanche l'ombra;
   i fondi stanziati nella legge di bilancio 2016, legge 11 dicembre 2016, n. 232, articolo 1, comma 353, per la misura «Mamma Domani» sono importanti: 600 milioni di euro per il 2017, che dovrebbero garantire il bonus di 800 euro a 750 mila famiglie, una misura di tipo universalistico perché dovrebbe essere corrisposta senza che sia richiesto un reddito sotto una certa soglia;
   moltissime le giovani mamme che si sono rivolte al servizio INPS, ottenendo risposte sostanzialmente negative: «Lei faccia conto che il bonus non ci sia», ha detto recentemente l'operatore del call center ad una ragazza all'ottavo mese di gravidanza. Dell'attuazione dello stanziamento per «Mamma domani» non ci sono tracce, nonostante si tratti di una di quelle misure a sostegno della famiglia che dovevano entrare in vigore con l'arrivo del nuovo anno e che proprio per questo avevano acceso grande interesse nelle future mamme, soprattutto all'approssimarsi del giorno della nascita dei bambini;
   a fine febbraio 2017 sull’home page dell'Istituto di previdenza e spuntata una prima circolare che definiva nel dettaglio la platea dei beneficiari. Cittadine italiane, comunitarie o extracomunitarie con permesso di soggiorno, residenti nel nostro Paese. Silenzio però su come presentare la domanda;
   dall'Inps, incalzati dall'ondata di proteste delle future mamme, dicono che servono tre mesi di tempi tecnici per rendere operativa la piattaforma online e che il lancio è «imminente»;
   questo approccio ambiguo sta provocando un comprensibile scetticismo, anche perché sarebbe bastata una norma transitoria che prevedeva la possibilità di presentare una domanda cartacea, in attesa di avere la piattaforma in perfetta funzione;
   su una cosa almeno l'Inps è stato chiaro: una volta avviata, la misura sarà retroattiva. Le mamme che sono entrate nell'ottavo mese di gravidanza o hanno partorito in questo primo trimestre dell'anno, ma non hanno potuto presentare richiesta, non perderanno i soldi. Ma chi pensa che questo ritardo sia senza conseguenze sbaglia, perché dopo un'iniziale speranza, nelle future mamme sta aumentando il livello di ansia e la sensazione di sentirsi defraudate di un diritto su cui avevano cominciato a contare –:
   quando diventerà operativa la misura «Mamma domani», stanziata nella legge di bilancio e annunziata per il 1o gennaio 2017 e in che modo le future madri potranno beneficiarne concretamente, evitando la delusione di promesse prive di contenuto reale e l'amarezza di mettere al mondo un figlio in un contesto istituzionale inaffidabile. (4-15982)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con decreto interministeriale n. 239/EL-146bis/245/2017 del 14 febbraio 2017, il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato Terna S.p.A. alla costruzione ed all'esercizio dell'elettrodotto a 380 kV «S.E. Udine Ovest – S.E. Redipuglia»;
   a seguito dell'approvazione del progetto definitivo relativo alla costruzione e all'esercizio dell'elettrodotto ed opere connesse, Terna ha comunicato alle istituzioni interessate la riapertura dei cantieri dell'opera, a partire dal 22 marzo 2017;
   sette comuni del Basso e Medio Friuli (Palmanova, Mortegliano, San Vito al Torre, Trivignano Udinese, Lestizza, Basiliano e Pavia di Udine) hanno quindi presentato richiesta di annullamento al Tar Lazio, previa sospensiva, contro il nuovo provvedimento di valutazione di impatto ambientale (Via) dell'elettrodotto e contro la delibera del Consiglio dei ministri che ha superato il conflitto insorto, all'interno della procedura di Via, di fronte al parere contrario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   sempre il 22 marzo 2017 è prevista la prima riunione del Tar Lazio in merito alla richiesta di annullamento contro il provvedimento di Via dell'elettrodotto Udine Ovest Redipuglia;
   come noto, il quindicennale iter autorizzativo del progetto è stato caratterizzato da un susseguirsi di contraddizioni e ricorsi, culminati con la sentenza n. 3652 del 21 aprile 2015, con cui il Consiglio di Stato, in accoglimento dei ricorsi in appello di sette amministrazioni comunali e di privati cittadini contro la sentenza favorevole a Terna, ha annullato sia il provvedimento di Via favorevole – emesso con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in data 21 luglio 2011 – sia il provvedimento di autorizzazione alla costruzione dell'elettrodotto Udine ovest – rilasciato alla società Terna con decreto interministeriale 12 marzo 2013 – contestando uno sviamento di potere da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il cui parere favorevole avrebbe inficiato il parere definitivo sul progetto;
   il Consiglio di Stato ha infatti affermato che l'intero procedimento che ha portato all'approvazione definitiva del progetto Terna e viziato in radice perché il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha effettuato illegittimamente un bilanciamento di interessi che non gli compete e non ha esercitato la funzione di tutela del paesaggio, prevista dall'articolo 9 della Costituzione, di cui è per legge titolare;
   a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, nonostante fosse stata disposta la sospensione dei lavori, Terna ha proseguito le asserite operazioni di messa in sicurezza del cantiere, ma, a detta di molti cittadini, avrebbe in realtà proseguito nella realizzazione dell'opera per almeno un mese, di fatto senza titolo autorizzativo edilizio, paesaggistico ed ambientale, nonché di dichiarazione di pubblica utilità;
   il 18 febbraio 2016 con nota n. 4242, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato a Terna ed alla commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via/Vas la comunicazione di «procedibilità dell'istanza finalizzata alla rinnovazione del procedimento», cui è seguito, il 17 giugno 2016, il parere negativo del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo secondo il quale il progetto non appare essere significativamente mitigabile, e il parere positivo con prescrizioni della regione del Friuli Venezia Giulia e quello della commissione tecnica di Via/Vas (nota n. 2136 del 2 agosto 2016);
   anche la Soprintendenza belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, con nota 3156 del 13 giugno 2016, ha espresso parere negativo all'opera, ritenendo che l'elettrodotto determinasse effetti di intrusione e concentrazione di impatto paesaggistico elevato, fortemente alterato ma senza avere la grandezza di inventarne uno schiettamente moderno e allo stesso tempo senza esitare ad incidere in modo drammatico nell'ambiente naturale;
   si ricorda come nella Via sia stato considerato, nuovamente, soltanto il progetto di realizzazione dell'elettrodotto in linea aerea, facendo mancare la possibilità di valutare anche altre alternative più favorevoli alla tutela del paesaggio. Questo significa, secondo la Soprintendenza, che sono state considerate soltanto le ragioni della costruzione dell'opera in linea aerea e non le ragioni della sua realizzazione senza impatti negativi sul paesaggio;
   al fine di superare il contrasto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto di dover attivare, presso il Consiglio dei ministri, la procedura prevista dall'articolo 5, comma 2, lettera c-bis, della legge n. 400 del 1988 – conclusa con la delibera del 10 agosto 2016 – con la quale il Consiglio dei ministri ha fatto propria la posizione favorevole al progetto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il 6 settembre 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a seguito della delibera del Consiglio dei ministri, ha emanato il decreto di compatibilità ambientale n. DVA-DEC-2016-0000241 con prescrizioni;
   come cifra totale di compensazione per i comuni interessati dall'opera è stata stabilita quella di 3,9 milioni di euro, la stessa individuata nell'ottobre 2013, nonostante il parere negativo espresso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   atteso che i rischi di black out paventati da Terna, all'indomani della sentenza del Consiglio di Stato non si sono mai verificati, si rileva quindi che non vi è urgenza alcuna di riaprire i cantieri, considerato anche il forte calo dei consumi di energia elettrica nei territori interessati e in quelli limitrofi;
   è in fase di studio un progetto di interesse comunitario che dovrebbe trasportare energia dalla Slovenia (Divaccia) all'Italia (Salgareda-Veneto) andando a sgravare di circa 6 mila gwh la rete energetica del Friuli Venezia Giulia, in passato interessata al passaggio di circa 17 mila gwh e che, dopo gli effetti della crisi e delle opere di efficientamento energetico, attualmente trasporta circa 13 mila gwh (Dati Terna spa) –:
   quali iniziative i Ministri interpellati intendano adottare, per quanto di competenza, anche ai sensi dell'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, per scongiurare la ripresa dei lavori di realizzazione dell'elettrodotto «Udine-Redipuglia», la cui valutazione di impatto ambientale è già stata annullata dal Consiglio di Stato nel 2015, a seguito dell'impugnativa delle comunità locali e i cui lavori sono ora in procinto di ripartire, nonostante la pendenza di un ricorso al Tar del Lazio inoltrato da sette sindaci del territorio friulano e da privati cittadini interessati dall'attraversamento dell'opera;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interpellati per garantire la tutela del paesaggio costituzionalmente sancita, ed evitare inutili sprechi di risorse economiche che la ripresa dei lavori, a giudizio degli interpellanti, comporterebbe, qualora la magistratura amministrativa dovesse pronunciarsi avverso i decreti autorizzativi come già avvenuto nel 2015.
(2-01720) «Micillo, Spessotto, De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Grande, Grillo, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Mantero, Nesci, Nuti, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vallascas, Vignaroli».

Interrogazioni a risposta immediata:


   LATRONICO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il lago di «Pietra del Pertusillo», situato tra i comuni di Grumento Nova, Montemurro e Spinoso, origina a seguito della costruzione di una diga a sbarramento del fiume Agri, con lo scopo di rispondere a diverse esigenze: sfruttamento idroelettrico, irrigazione e approvvigionamento di un vasto territorio tra Basilicata, Puglia e Campania;
   il bacino rileva anche sotto l'aspetto naturalistico-ambientale essendo «sito di interesse comunitario» della Rete natura 2000. L'ecosistema del Pertusillo e il contiguo Parco nazionale Appennino lucano Val d'Agri costituiscono un inestimabile patrimonio naturalistico-culturale;
   attorno al bacino si trovano pozzi di estrazione di idrocarburi e, a pochi chilometri, è collocata la centrale «Centro oli di Viggiano», che fa parte della concessione di coltivazione di idrocarburi conferita nel 2005 a Eni/Shell;
   il 19 febbraio 2017 è stato notato un anomalo cambio di colore delle acque del bacino del Pertusillo. Non è la prima volta che cose analoghe accadano e popolazione ed amministratori sono preoccupati;
   l'incidente è dovuto allo sversamento di idrocarburi in pozzetti dell'impianto di depurazione dell'Asi a causa di una perdita da attribuirsi ad uno dei serbatoi di stoccaggio del greggio presenti nell'impianto del Centro oli di Viggiano;
   tali accadimenti hanno fatto riesplodere il dibattito sullo stato di salute e sulla qualità dell'acqua del bacino e sulla presenza dell'industria petrolifera sul territorio regionale. Da tempo, le associazioni ambientaliste denunciano tali fenomeni, che si ripetono ciclicamente con conseguenti danni alla flora ed alla fauna;
   la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha approvato, il 20 febbraio 2017, una relazione sulle questioni ambientali connesse a prospezione, produzione e trasporto di idrocarburi in Basilicata, dove viene sottolineata l'asimmetria tra l'impatto delle attività industriali e la percezione dell'inadeguatezza del primo livello di controllo e di regolazione (regionale); altro rilievo attiene all'impiego delle risorse finanziarie ricavate dalle royalty, stimate in 800 milioni di euro nel solo ultimo quinquennio, evidenziando l'incapacità, da parte di regione ed enti territoriali, di finalizzarne l'impiego verso strumenti che garantiscano un reale controllo ambientale –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per accertare le cause della situazione di cui in premessa, in particolare evidenziando il reale stato qualitativo dell'acqua dell'invaso del Pertusillo al fine di prevenire il rischio di danno ambientale, anche valutando la predisposizione di strumenti normativi volti alla revisione della disciplina vigente.
(3-02891)


   MATARRESE. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il presunto inquinamento dell'acqua dell'invaso del Pertusillo continua ad essere causa di forti preoccupazioni per le popolazioni di Basilicata e Puglia, soprattutto a seguito di alcune analisi, eseguite per conto di un'associazione da un laboratorio privato, che sono state rese note alla stampa il 13 marzo 2017 e che contrasterebbero con quelle dell'Arpab;
   dalla risposta del Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare all'interrogazione a risposta immediata in Commissione territorio e lavori pubblici n. 5-10715 del 1o marzo 2017 si apprende che: «la prefettura di Potenza ha ricevuto, in data 4 febbraio 2017, la dichiarazione dello stato di attenzione da parte dello stabilimento Eni Cova di Viggiano a seguito del rinvenimento in un pozzetto (...) di acque presumibilmente contaminate da idrocarburi (...) Nella serata del 3 febbraio il Noe di Potenza (...) ha sottoposto a sequestro penale il suddetto pozzetto (...)»;
   dalla risposta al predetto atto si apprende anche che: «L'Arpa Basilicata ha fatto presente di aver effettuato un sopralluogo il 20 febbraio 2017 e che dall'analisi (...) non sono emerse situazioni di contaminazione (...)»;
   secondo fonti di stampa del 13 marzo 2017, l'associazione ambientalista «Liberiamo la Basilicata» avrebbe sottoposto ad analisi le acque di un punto dell'invaso del Pertusillo. Le analisi evidenzierebbero «che la richiesta biochimica di ossigeno è nove volte oltre il limite fissato dalla normativa (...) Limitatamente ai parametri analizzati, il campione risulta non conforme alle caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (...)»;
   secondo quanto si evince dall'articolo de La Repubblica del 14 marzo 2017, il presidente di Arpab ha dichiarato che la causa delle enormi macchie presenti nell'invaso sono attribuibili ad «alghe (...) microrganismi che già in passato si erano creati (...)»;
   il presidente di Arpab ha inoltre dichiarato di aver informato l'Acquedotto pugliese della possibile presenza di un problema e di aver chiesto di intensificare i controlli a valle. Dai controlli effettuati non sono emerse situazioni di contaminazione;
   le notizie sullo stato di presunto inquinamento dell'invaso sono contrastanti e spesso fuorvianti, tali comunque da generare una notevole preoccupazione per la popolazione interessata della Puglia e della Basilicata –:
   di quali elementi e notizie aggiornate disponga in merito e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di fare definitiva chiarezza sulla vicenda ed accertare le cause della situazione esposta in premessa e del reale stato qualitativo dell'acqua dell'invaso del Pertusillo. (3-02892)


   VICO, BORGHI, ANTEZZA, MARIANO, GRASSI, CAPONE, BURTONE, VENTRICELLI, GINEFRA, MICHELE BORDO, LOSACCO, MONGIELLO, CASSANO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   recentemente sono state diffuse una serie di immagini riprese da un drone riguardanti l'invaso artificiale del Pertusillo, diga sul fiume Agri che ricade in un comprensorio dove insiste anche il giacimento petrolifero più importante dell'Europa continentale;
   le immagini evidenziavano la presenza di significative ed estese chiazze di colore marrone scuro, destando non poca preoccupazione circa la possibile presenza di idrocarburi;
   il tam tam dei social network ha anche richiamato l'attenzione dei media nonché suscitato polemiche politiche;
   l'Acquedotto pugliese con una nota ufficiale ha dichiarato che «Tutte le analisi effettuate fino ad oggi e che vengono condotte costantemente sia sull'acqua in ingresso, sia sull'acqua potabilizzata dall'impianto, non ha mai manifestato anomalie, né rilevato la presenza di idrocarburi totali o di idrocarburi policiclici aromatici. Giova, altresì, ricordare, ad ulteriore chiarimento, che il punto di prelievo dell'acqua dal lago è posizionato a decine di metri di profondità e ciò costituisce un ulteriore grado di garanzia, in aggiunta ai processi di trattamento condotti nell'impianto, rispetto ad eventuali contaminanti che dovessero manifestarsi sulla superficie del lago»;
   l'Acquedotto pugliese ha ribadito che proseguirà l'azione di monitoraggio della situazione, con l'obiettivo di garantire la qualità dell'acqua distribuita;
   si fa presente che l'invaso del Pertusillo serve acqua potabile alle popolazioni della Basilicata e della Puglia, nonché è usata anche per agricoltura e usi industriali;
   la regione Basilicata ha inoltre convocato con urgenza un tavolo tecnico alla presenza dell'Arpab, al fine di effettuare ogni tipo di approfondimento in merito alla questione –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda, per quanto di competenza, approfondire la vicenda, nonché supportare l'attività degli enti di vigilanza e controllo competenti, con l'obiettivo di fornire elementi di chiarezza definitivi sulla salubrità delle acque dell'invaso che serve le regioni Puglia e Basilicata. (3-02893)


   CATANIA. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il completamento dell'autostrada A12 (denominata Autostrada tirrenica) è un progetto di cui si parla da molti anni. Solo 40 chilometri sono stati realizzati sugli oltre 260 previsti nel progetto originario del 1968. Il progetto relativo al tratto Rosignano-Civitavecchia, di 206 chilometri di lunghezza, è stato affidato alla società Sat spa;
   attualmente è sottoposto a procedura di valutazione d'impatto ambientale il tratto relativo ai lotti 4 (Grosseto-Fonteblanda) e 5B (Fonteblanda-Ansedonia);
   nelle osservazioni ai progetti definitivi e agli studi di impatto ambientale del «Completamento A12 Cecina – Civitavecchia – tratto Grosseto sud – Ansedonia, lotto 4 e 5B», presentate dalle associazioni Fai – Fondo ambiente italiano, Legambiente, Wwf, Comitato per la bellezza, Rete dei comitati per la difesa del territorio e Comitato Terra di Maremma emergono importanti carenze nel progetto e nella procedura seguita;
   aspre critiche sono state sollevate anche dai sindaci e dalle popolazioni di Grosseto, Magliano in Toscana, Orbetello e Capalbio, i quali hanno inviato i propri pareri tecnici negativi alla regione Toscana;
   le associazioni ambientaliste e i sindaci chiedono di investire sul potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 1 Aurelia, che risponderebbe pienamente alle esigenze di traffico, senza imporre oneri economici agli utenti;
   il progetto relativo al completamento della A12 andrebbe ad insistere su un territorio con un delicato equilibrio idrogeologico, già colpito dalle alluvioni del 2012 e 2014 e dall'esondazione dei fiumi Ombrone e Albegna, e produrrà inevitabilmente ricadute negative in termini di consumo di suolo;
   i dati attuali di traffico attesi sui lotti 4 e 5B (rispettivamente pari a 17.584 veicoli al giorno in media all'anno al 2040 sul lotto 4 e 22.058 veicoli al giorno in media all'anno al 2040 sul lotto 5B) risultano essere modesti e non giustificherebbero una siffatta opera –:
   se non ritenga preferibile, per quanto di competenza, investire gli stanziamenti previsti al fine di provvedere all'adeguamento a quattro corsie del tratto toscano della strada statale 1 Aurelia e alla sua messa in sicurezza, contenendo gli impatti ambientali, economici e sociali come anche sostenuto dalle associazioni ambientaliste e dagli amministratori locali interessati. (3-02894)


   RABINO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, PARISI e VEZZALI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   per circa settanta anni nel comune di Cengio (Savona), al confine con il comune di Saliceto (Cuneo), è stata operativa l'Azienda coloranti nazionali e affini-Acna;
   il 20 ottobre 1999, a seguito della chiusura della fabbrica, è stata avviata l'attività di bonifica del sito di interesse nazionale, che prevedeva anche la messa in sicurezza permanente e il confinamento definitivo di oltre 3 milioni di metri cubi di rifiuti tossici nocivi, abbancati in adiacenza al fiume;
   nel marzo 2003 il commissario straordinario per il risanamento del sito ha citato in giudizio l'Acna per l'inquinamento causato ai territori piemontese e ligure della Valle Bormida, con richiesta di risarcimento;
   nel 2008, su iniziativa del commissario delegato, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stata presentata al tribunale di Genova una procedura per il riconoscimento del danno ambientale, per garantire la bonifica completa del sito ex Acna – di proprietà di Eni-Syndial – e delle aree esterne contaminate, oltre che per il ristoro del danno subito;
   nel 2009 l'Unione europea ha avviato una procedura d'infrazione per la mancata valutazione di impatto ambientale sulla messa in sicurezza di una parte dell'area ex Acna, cui è seguita una lettera di messa in mora complementare. Contenzioso che poggia su una diversa definizione dei lavori: realizzazione di una discarica secondo l'Unione europea, opere di bonifica e messa in sicurezza secondo le autorità italiane;
   nell'aprile del 2015 dirigenti di Eni-Syndial hanno indicato come quasi ultimata la bonifica completa del sito, precisando che restava «da chiudere la parte di area cosiddetta A1, quella che ha preso i rifiuti delle altre parti del sito stesso», l'area oggetto della procedura di infrazione dell'Unione europea. Nel novembre 2016 la piena del fiume Bormida ha provocato danni allo stabilimento Acna, causando allarme tra i residenti della zona per il timore di fuoriuscite dei materiali inquinanti stoccati. Nelle settimane successive l'Arpa Liguria è intervenuta a causa dei forti miasmi provenienti dall'area, causati dalla movimentazione delle terre per livellare i «laghi» dove sono stoccati gli inquinanti. Lavori iniziati nel settembre 2015 e la cui fine è prevista non prima del 2019 –:
   quale sia lo stato della procedura di infrazione 2009/4426 aperta dall'Unione europea, se si sia addivenuti a una conclusione in merito all'indennizzo per i comuni coinvolti e se il Ministro interrogato sia al corrente del rischio di sversamenti inquinanti conseguenti all'alluvione del novembre 2016. (3-02895)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI, GRIMOLDI e BORGHESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comma 12, dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, ha modificato l'articolo 2, comma 2, della legge n. 157 del 1992 inserendo le nutrie nell'elenco delle specie nocive per le quali non si applicano le previsioni della richiamata legge n. 157 del 1992. Pertanto le nutrie, dallo status di «fauna selvatica», e quindi protetta, sono transitate allo status di «specie nociva», alla stregua di animali infestanti e dannosi;
   tale modifica legislativa ha di fatto prodotto due effetti: quello di trasferire la competenza sulla gestione delle nutrie, attualmente in capo alle regioni e alle province, ai comuni e anche quello di consentire nella gestione delle problematiche relative al sovrappopolamento delle nutrie, l'utilizzo di tutti gli strumenti sinora impiegati per le specie nocive (non solo per il contenimento, ma anche per l'eliminazione totale di questi animali analogamente a quanto si fa nelle derattizzazioni);
   la presenza incontrollata della nutria rappresenta un grave pericolo per l'incolumità pubblica, in particolare con riferimento al rischio idraulico, al rischio per la circolazione stradale ed ai danni alle produzioni agricole oltre al problema sanitario (potenziale vettore di leptospirosi e altre gravi patologie);
   l'elevata e crescente presenza di questa specie alloctona rappresenta una minaccia e può pregiudicare lo stato di conservazione di specie faunistiche autoctone, tanto che è stata inserita tra le 100 specie invasive più dannose al mondo;
   il regolamento (UE) n. 1143/2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive, raccomanda agli Stati membri di provvedere all'eradicazione rapida di tali specie;
   ad oggi con l'esclusione della nutria dalle norme previste per la fauna selvatica dalla predetta legge n. 157 del 1992 non sono più attuabili gli specifici piani di controllo, previsti dall'articolo 19 della medesima legge n. 157 del 1992, a norma dei quali le province potevano predispone piani di controllo numerico delle nutrie, avvalendosi di operatori abilitati provvisti di porto d'arma ad uso caccia (selettori);
   in conseguenza, quindi, della modifica della suddetta legge n. 157 del 1992 alcune regioni e province, in particolare del Nord, hanno sollevato dubbi circa le competenze e la validità di suddetti piani di controllo finanziati dalle regioni e attuati dalle province. L'esclusione della nutria dalla «fauna selvatica» ha creato di fatto il venir meno dell'applicabilità dei piani e facendo decadere ogni forma di contenimento attualmente applicabile;
   essendo la nutria (Myocastorcoypus) una specie alloctona le modifiche normative dovevano prevedere con efficacia, in linea con le disposizioni europee, un'azione finalizzata ad una rapida eradicazione della specie; al contrario in Italia lo stesso ISPRA, pone linee guida altamente vincolanti vietando addirittura l'utilizzo delle armi nelle cosiddette «aree di Natura 2000» o nelle «Aree protette». Non si potrà, quindi, cacciarle in nessun'area che abbia valenza in qualche modo tutelata come le Sic, Zsco Zps salvo utilizzando metodi poco efficaci come le gabbie. Inoltre, viene posto l'obbligo del patentino (corso più esame) non solo per chi spara e quindi in possesso di porto d'armi, ma anche per il personale addetto alle gabbie di cattura –:
   quali siano le iniziative e i mezzi che intende mettere in campo il Ministro interrogato per risolvere questo fenomeno dalle proporzioni ormai allarmanti, considerato che le scelte e gli atti messi in atto fino ad ora si sono rivelati insufficienti ed inefficaci;
   quali saranno le azioni e i metodi per provvedere all'eradicazione della nutria in tempi rapidi come disposto nel regolamento (UE) n. 1143/2014;
   quali saranno le risorse e i tempi previsti per l'eradicazione della specie. (5-10883)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 15 marzo 2017, tra le ore 19 e le 21, a Falconara Marittima sono state avvertite forti esalazioni descritte dai cittadini all'ufficio comunale per le emergenze ambientali come di benzene, gomma bruciata e/o idrocarburi;
   i valori di biossido di zolfo riscontrati dalla centralina di rilevamento della qualità dell'aria di Falconara Alta che si trova nella stessa direzione e zona da cui sono pervenute molte segnalazioni, generalmente riscontrano valori orari di SO2 nell'ordine dei 3 μg/mc (fonte: sito Internet ARPAM – R.R.Q.A.);
   nelle ore in cui i cittadini hanno avvertito odori genericamente descritti come di idrocarburi la centralina di rilevamento dell'ARPAM posta a Falconara Alta ha registrato un valore di SO2 di 17 μg/mc alle ore 20 e di 16 μg/mc alle ore 21;
   il 15 marzo, alle ore 12, la centralina di Falconara Alta ha rilevato una concentrazione oraria di SO2 di 223 μg/mc accompagnata da un elevato livello di PM10 pari a 61,5 μg/mc.; alla stessa ora la centralina di Falconara Scuola (quartiere Villanova) ha rilevato il valore di SO2 pari a 54 μg/mc.;
   il decreto legislativo n. 155 del 2010, stabilisce il valore limite giornaliero per la protezione della salute umana a 125 μg/mc, da non superare più di 3 volte/anno e il valore limite orario per la protezione della salute umana a 350 μg/mc, da non superare più di 24 volte/anno;
   diverse ricerche segnalano un aumento di problemi respiratori a partire da concentrazioni di SO2 di 10-20 μg/mc con un conseguente aumento di ricoveri per asma e malattie respiratorie in genere, un peggioramento del quadro clinico, in chi è affetto da patologia respiratoria nonché un maggior consumo di farmaci broncodilatatori;
   un aumento di SO2 da 50 a 100 μg/mc comporta nella popolazione un calo del 4-7 per cento dei parametri di funzionalità respiratoria (professor F. Franceschini – Centro malattie respiratorie, allergologia dell'azienda ospedaliera G. Salesi di Ancona. Convegno Inquinamento dell'aria e allergopatie – 2001) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti segnalati o se ritenga necessario acquisire informazioni ulteriori e quali iniziative di competenza abbia in corso o intenda avviare perché siano intensificati i controlli; individuate le cause e comunque per migliorare la qualità dell'aria nel SIN di Falconara Marittima. (5-10889)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LACQUANITI, VILLECCO CALIPARI, PAOLA BOLDRINI, BOLOGNESI, FUSILLI, MARANTELLI, SCANU e ZANIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 20 dicembre 2013 la commissione difesa della Camera dei deputati nell'esprimere un parere positivo Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 32 ha posto una serie di condizioni accolte dal Governo;
   in particolare le condizioni relative a una revisione «delle procedure per la valorizzazione, la dismissione e la permuta degli immobili militari, nonché per la realizzazione del programma pluriennale degli alloggi di servizio» sono, state accolte, dal Governo, ma solo in parte recepite attraverso il decreto ministeriale del maggio 2014 per quanto riguarda il canone da applicare ai conduttori in possesso dei requisiti per essere inseriti nella fascia protetta;
   una delle condizioni prevedeva l'inserimento nel codice dell'ordinamento militare e nel testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento militare di nuove norme per dare l'attuazione all'esercizio del diritto all'usufrutto e alle vendite degli alloggi messi all'asta;
   per quanto riguarda il diritto all'usufrutto, la suddetta condizione era finalizzata ad ampliare tale istituto al coniuge del conduttore e ai nuclei familiari dove è presente un portatore di handicap grave, indipendentemente dall'età del titolare. Inoltre, prevedeva che i soggetti destinatari dell'usufrutto, possono esercitare il diritto di opzione tra la formula ordinaria e quella con diritto di accrescimento. Entrambe le opzioni devono essere rateizzabili in misura non inferiore al 20 per cento del reddito familiare netto;
   al momento questa condizione non è ancora inserita in una norma entrata in vigore e quindi il diritto all'usufrutto così come descritto non è esercitabile dai conduttori che ne avrebbero titolo;
   per quanto riguarda le vendite all'asta era stata posta la condizione che «per gli alloggi messi in vendita occupati da conduttori che non hanno esercitato l'opzione di acquisto o quella dell'usufrutto, gli stessi conduttori permangono nell'alloggio fino alla conclusione del procedimento d'asta. Al termine dell'asta possono esercitare nuovamente il diritto d'opzione, qualora il prezzo d'asta risultasse inferiore a quello inizialmente proposto al conduttore»;
   se il Ministro interrogato intenda assumere le necessarie iniziative per garantire l'applicazione delle suddette indicazioni contenute nel citato parere in tempi brevissimi, attraverso l'inserimento di apposite norme, nel testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento militare o in via amministrativa. (5-10902)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCARO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il comando provinciale di Siena dell'Arma dei carabinieri è ubicato in largo Salvo D'Acquisto in Siena in un moderno immobile di proprietà privata in locazione. Con l'avvento dell'euro il canone, a quanto risulta all'interrogante, ha raggiunto i 600.000 euro annuali. In 15 anni (dal 2000 al 2015) lo Stato ha sborsato 9 milioni di euro per canone di affitto, a cui vanno aggiunti gli importi corrisposti in lire dal 1992 al 2000. In più per la stazione Siena Centro in Piazza San Francesco, 11, sempre a quanto consta all'interrogante, viene pagato un canone mensile di 20.000 euro;
   si fanno ricorrenti le voci di un futuro trasferimento del Comando provinciale di Siena dell'Arma dei carabinieri presso i locali della Banca d'Italia di via della Stufa Secca che dovrebbero essere liberati a seguito di una riorganizzazione che priverebbe la città di Siena della sede provinciale della Banca d'Italia che, tra l'altro, appare poco idonea per posizione e difficoltà di accesso soprattutto ai mezzi. Anche in questo caso ci sarebbero dei canoni di locazione da pagare;
   a Siena esiste, invece, un'antica, storica ed artistica caserma denominata «Santa Chiara» di proprietà demaniale, pressoché inutilizzata. Fin dall'anno 2013 l'Arma dei carabinieri ha inoltrato domanda al Ministro della difesa per ottenere il trasferimento al Santa Chiara nell'ottica della spending review. Il Ministro non ha accolto l'appello e, anzi, sembra all'interrogante averlo osteggiato imponendo il trasferimento nell'attuale sede senese della sede provinciale Banca d'Italia che, a seguito di una riorganizzazione, la città di Siena dovrebbe perdere entro pochi mesi. Questa sede, oltre ad apparire poco idonea per la posizione e l'accesso ai mezzi, comporterà il pagamento di un canone mensile alla Banca d'Italia presumibilmente molto elevato;
   la giunta in carica nel comune di Siena e soprattutto il sindaco con delega diretta all'urbanistica, sembrano interessati ad evitare il trasferimento del comando provinciale alla ex caserma Santa Chiara che, secondo voci, sarebbe oggetto di interessi immobiliari che ne vorrebbero un centro residenziale;
   è importante evidenziare che l'ex distretto militare Santa Chiara è un Convento dell'Ordine Vallombrosano fondato nel 1218 e denominato «Abbadia Nuova» che nel 1556 passò alle suore clarisse di Santa Chiara per venire in seguito soppresso dalle leggi napoleoniche. Dopo l'Unità d'Italia divenne sede del XII distretto Militare fino a quando i distretti non hanno subito il trasferimento presso i capoluoghi di regione. Delimitato da una poderosa cerchia muraria del trecento, mantiene pressoché intatti il grande chiostro ed il monumentale fortino fatto erigere da Baldassare Peruzzi nel 1527 (rara struttura difensiva della metà del 1500). Al suo interno un piccolo parco ed i resti della chiesa romanica andata purtroppo distrutta nell'ultimo conflitto mondiale. È dotato di monumentali sotterranei, di un sito archeologico e di una vasta aiuola mantenuta a prato verde e delimitata da cipressi secolari in luogo dell'antico cimitero monastico. Grazie alla sensibilità degli ultimi tre comandanti (i generali Pasquale Caporaso, Sandro Celi e Pierluigi Venturi) succedutisi alla guida del distretto, l'intero complesso è stato sapientemente gestito nel pieno rispetto del suo valor architettonico –:
   se il Governo intenda considerare l'opportunità di trasferire il comando provinciale di Siena dell'Arma dei carabinieri nell'ex distretto militare «Santa Chiara» (bene demaniale) evitando, in tal modo, ad avviso dell'interrogante sia un inefficiente impiego di denaro pubblico con il pagamento di ingenti canoni di locazione, sia una probabile destinazione impropria del complesso. (4-15981)


   BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI e TERZONI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   come è a tutti noto, il decreto legislativo n. 177 del 2016 attribuisce al Corpo nazionale dei vigili del fuoco talune competenze precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato in materia di lotta agli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi, anche in concorso con le regioni;
   la predetta riforma, tuttavia, nel prevedere l'assorbimento del Corpo forestale nei ruoli dell'Arma dei carabinieri e dei vigili del fuoco, ha comportato un inevitabile ridimensionamento delle unità operative preposte ai singoli reparti ed alle varie attribuzioni, con inevitabili disagi e complicazioni anche per quanto concerne il riparto delle competenze affidate all'Arma, ai vigili del fuoco ed alle regioni;
   come già ampiamente segnalato nell'interrogazione n. 4-15768 del 1o marzo 2017, anche le organizzazioni sindacali di categoria hanno lamentato negli ultimi tempi una drastica riduzione del personale precedentemente preposto alle attività di contrasto agli incendi boschivi, oltre che una anomala quanto pericolosa sovrapposizione di funzioni tra i reparti centrali e quelli regionali per le operazioni antincendio;
   consta all'interrogante che, per quanto concerne in particolare la regione Lombardia, dal 1o gennaio 2017 la Centrale operativa regionale (COR) della regione Lombardia, coincidendo con il centro operativo AIB (anti incendio boschivo) risulta non essere più attiva, proprio a causa dell'avvenuto transito del personale operativo nel corpo dei vigili del fuoco;
   allo stato attuale, il personale fuoriuscito non risulta essere stato sostituito da altro personale idoneo, né tantomeno la COR risulta essere stata trasferita in altra sede: tutte le chiamate entranti al numero di emergenza 1515 provenienti dalla regione Lombardia sono state deviate h24 alla centrale operativa nazionale (CON) di Roma, struttura che, per motivi organizzativi interni, non sempre riesce a gestire le richieste provenienti da tutti i cittadini in modo puntuale e preciso nell'arco delle 24 ore;
   il personale operativo in servizio nelle singole COR sarebbe, infatti, stato ridotto, a quanto consta agli interroganti, a due sole unità, con conseguenti disagi per i lavoratori e per i cittadini e gravi ripercussioni, oltre che in Lombardia, anche in altre regioni come Umbria e Molise, dove gli orari di lavoro sono ridotti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di ripartire in modo analitico le competenze precedentemente spettanti al Corpo forestale dello Stato tra l'Arma dei carabinieri, i vigili del fuoco e le regioni;
   se non ritenga opportuno, in sede di Conferenza Stato-regioni, stabilire un raccordo tra strutture centrali e periferiche per ottimizzare l'operatività degli interventi di Stato e regioni nel settore del contrasto agli incendi boschivi;
   se non ritenga possibile, per evitare il protrarsi di ulteriori disagi ai cittadini, prevedere un incremento di personale da destinare al corpo dei Vigili del fuoco che opera in regione Lombardia e nelle altre regioni dove si sono verificati i maggiori disagi, per lo svolgimento delle funzioni precedentemente svolte dalla soppressa Centrale operativa regionale. (4-15984)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   è dei giorni scorsi la drammatica notizia del crollo del ponte sull'autostrada A14 all'altezza di Camerano (Ancona), tra Loreto e Ancona Sud con due morti e due feriti gravi: una tragedia che giunge a poco più di quattro mesi dal crollo del ponte di Annone Brianza in provincia di Lecco e in quel caso vi furono un morto e sei feriti;
   queste tragedie devono considerarsi di eccezionale gravità in un Paese come il nostro che investe ingenti risorse per lo sviluppo infrastrutturale del territorio;
   come noto l'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un apposito fondo (fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese), con una dotazione complessiva di ben 44.550 milioni di euro, di cui 1.900 milioni di euro previsti per l'anno 2017, 3.150 milioni per l'anno 2018, 3.500 milioni per l'anno 2019 e 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032. Tale fondo – istituito anche per pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea – risulta generalmente destinato a finanziare interventi nei settori più svariati, quali: trasporti, viabilità e mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie; infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; ricerca; difesa del suolo e dissesto idrogeologico, risanamento ambientale, edilizia pubblica, compresa quella scolastica; prevenzione del rischio sismico ed altro;
   l'operatività del fondo deve essere disciplinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro interrogato, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Con tali decreti sono individuati gli interventi da finanziare con i relativi importi e i relativi schemi di decreto sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia;
   con grande stupore si apprende che, ad oggi, tali schemi di decreto non risultano ancora trasmessi in Parlamento, nonostante siano trascorsi più di tre mesi dall'approvazione della legge di bilancio per il 2017 –:
   quali siano i motivi per i quali gli schemi di decreto che dovrebbero disciplinare l'operatività del fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese non risultano ancora trasmessi alle Camere e quali iniziative si intendano assumere al riguardo. (3-02887)


   BRUNETTA e LAFFRANCO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2017 è stato ufficializzato dal Ministero dell'economia e delle finanze il deposito, presso la sede delle società Enav, Enel, Eni, Leonardo, Poste Italiane, delle liste dei nomi per il rinnovo dei rispettivi organi sociali, che avverrà con le prossime assemblee degli azionisti per l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2016;
   il pacchetto di nomine del Governo – al di là delle personalità coinvolte – a parere degli interroganti, pone seri dubbi in merito alla strategia per lo sviluppo delle suddette imprese e rischia di bloccare importanti snodi economico-industriali del nostro Paese;
   gli stessi mercati sembrano non aver apprezzato particolarmente le nomine diffuse dal Ministro interrogato, visto che la Borsa non ha affatto «premiato» le aziende quotate, che hanno visto un mutamento nei vertici;
   nonostante la richiesta – giunta da più parti, anche all'interno della stessa maggioranza – di massima trasparenza in merito alle nomine effettuate, non sono stati esplicitati in alcun modo, da parte dell'Esecutivo e del Ministro interrogato, i criteri utilizzati per le nomine; sarebbe infatti stato opportuno chiarire le ragioni di carattere economico, professionale, gestionale che hanno determinato le scelte effettuate, eliminando qualsiasi dubbio in merito ad eventuali interferenze di stampo politico, con particolare riferimento a possibili influenze da parte di coloro che, ad oggi, si contendono il controllo del partito che rappresenta la maggioranza di governo;
   le scelte effettuate sembrerebbero collocarsi infatti, a parere degli interroganti, all'interno di una chiara ed inaccettabile prassi di tipo clientelare;
   è pertanto necessario che il Ministro interrogato chiarisca i criteri utilizzati non solo per la scelta dei vertici, ma anche per tutto il resto delle nomine effettuate nei diversi organi sociali delle aziende a partecipazione statale, rendendo altresì pubblici i curricula dei soggetti interessati –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire i criteri utilizzati per tutte le nomine diffuse il 18 marzo 2017 e le puntuali ragioni – di carattere economico, professionale, gestionale – per le quali siano stati confermati – piuttosto che sostituiti – alcuni nominativi, nonché diffondere, con massima trasparenza, i curricula dei nuovi nominati. (3-02888)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come più volte riportato dai mass media, oltre la metà dei ricorsi pendenti alla Corte europea dei diritti dell'uomo è avverso quattro Stati: Russia, Turchia, Ucraina e Italia;
   l'Italia, purtroppo detiene il primato relativamente alle condanne per violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che dovrebbe garantire il rispetto della vita privata e familiare, in relazione a casi nei quali al genitore separato, secondo la Corte europea, il sistema giudiziario italiano non ha garantito il diritto ad avere rapporti con i figli dopo la separazione della coppia genitoriale. Nella quasi totalità dei casi le violazioni del diritto si sono avute a carico di papà separati;
   l'ultimo caso in cui l'Italia è stata sanzionata è quello D'Alconzo (ricorso 64297/12), ma ricordiamo altri casi: Solarino (ricorso 76171/13), Strumia (ricorso 53377/13) Bondavalli (ricorso 35532/12), il caso Lombardo (ricorso 25704/11), S.H. (ricorso 52557/14). Purtroppo nessuna di queste condanne ha consentito ai genitori di ripristinare rapporti ormai irrimediabilmente compromessi con i figli minori;
   questi casi rappresentano solo un indicatore della sistematica disapplicazione del principio di bigenitorialità effettuato nei tribunali italiani, capace di provocare, secondo le indagini più recenti, la perdita del contatto di un terzo dei minori italiani con uno dei genitori, dopo la rottura della coppia genitoriale. Paesi come la Svezia, la Danimarca, il Belgio e le Regioni autonome del nord-est della Spagna, invece, attraverso una politica di affido materialmente condiviso (che riconosca al minore in default, come raccomandato dalla risoluzione del Consiglio d'Europa del 2 ottobre 2015, di trascorrere non meno del 33 per cento e fino al 50 per cento del tempo presso ciascuna figura genitoriale) sono riusciti a ridurre enormemente la probabilità di perdita di un genitore (12 per cento in Danimarca, 13 per cento in Svezia) e a disinnescare la conflittualità (solo il 2 per cento) delle coppie separande svedesi e danesi ormai entra in tribunale, consensualizzando al di fuori di esso nella quasi totalità dei casi)-cfr. Vezzetti V. (2015) « A Comparative Research on European Children and Divorce» Scholar Press, Saarbrucken, Germany;
   la perdita genitoriale o « parental loss», nonché l'accesa conflittualità esasperata da un sistema che prevede un vincitore e un perdente, comporta oltretutto gravi danni alla salute dei minori, dando luogo a situazioni definite in letteratura scientifica « childhood adversity» tali da comportare, anche dopo decenni, danni psichiatrici, metabolici, ormonali, cardiovascolari (cfr. ricerca del Dr. Vittorio Vezzetti intitolata « New approaches to divorce with children: A problem of public health», Health Psychology Open-July-December 2016, 1-13 –:
   se e con quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda attuare la risoluzione del Consiglio d'Europa del 2 ottobre 2015 che invita gli Stati membri, nell'interesse della salute del minore, a promuovere una politica di affido a tempi sostanzialmente equipollenti;
   se e attraverso quali iniziative intenda modificare l'affido «legalmente condiviso» attualmente applicato nei tribunali italiani verso un affido «materialmente condiviso» promosso dal Consiglio d'Europa, al fine di evitare le situazioni di carenza o perdita genitoriale con gravi danni per la salute conseguenti;
   se e per mezzo di quali iniziative intenda trasfondere nella legislazione in materia di affidamento di minori le risultanze dei 71 studi internazionali comparativi pubblicati su riviste scientifiche tra il 1985 e il 2014 che hanno evidenziato notevoli benefici per l'affido «materialmente condiviso»;
   se intenda favorire, per quanto di competenza, il rapido iter delle numerose proposte di legge depositate in Parlamento per la riforma della legge n. 54 del 2006 che intenderebbero introdurre esplicitamente l'affido dei minori «materialmente» condiviso. (5-10885)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la fabbricazione di autovetture costituisce, nel panorama industriale del nostro Paese, una delle componenti più significative e di maggiore impatto, sia dal punto di vista economico che occupazionale;
   per assicurare la competitività dell'industria automobilistica nazionale si sono, nel tempo, sperimentate e attuate una serie di innovazioni logistiche, tutte connesse all'esigenza di diminuire i tempi di allestimento delle vetture, ridurre le immobilizzazioni in materiali ed i tempi di approvvigionamento, evitare scarti e difetti intervenendo alla base del processo, coinvolgendo le imprese della filiera logistica;
   per quanto concerne il montaggio delle ruote sulle autovetture, di solito si procede con approvvigionamenti di componenti premontati, ovvero di pneumatici già montati su cerchioni e personalizzati sia nella scelta dei cerchi (pressofusi, in lamiera, in lega, e altro) che delle marche e delle tipologie degli pneumatici di prima installazione;
   queste ruote personalizzate vengono trasportate in gabbie costituite da quattro elementi, e viaggiano su vettore stradale in carichi che comprendono obbligatoriamente fino ad un massimo di 152 gabbie, fra loro sovrapposte, per giungere allo stabilimento solo in concomitanza dell'assemblaggio della vettura a cui sono destinate, al fine di evitare inutili periodi di stoccaggio o carichi e scarichi delle gabbie;
   la particolare conformazione delle gabbie e l'esigenza di trasportare le ruote in posizione verticale, fa sì che l'altezza del veicolo, comprensiva delle gabbie, superi l'altezza massima prevista dall'articolo 61, comma 1, lettera b) del Codice della strada, che fissa in 4 metri l'altezza standard del veicolo stradale e del suo carico;
   per tenere conto di particolari esigenze industriali, l'articolo 10 del Codice della strada, ha previsto delle eccezioni per alcuni particolari tipologie di trasporti e alcuni particolari veicoli, ad esempio quelli il cui carico indivisibile sporge posteriormente oltre la sagoma del veicolo di più di 3/10 della lunghezza del veicolo stesso;
   tali veicoli sono legittimati a circolare senza essere considerati trasporti eccezionali e quindi non necessitano di tutte le autorizzazioni necessarie all'effettuazione dei trasporti eccezionali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di parificare, ai fini della circolazione, il trattamento dei trasporti stradali di componenti industriali costituiti da pneumatici premontati su cerchioni, destinati all'allestimento di autovetture presso stabilimenti automobilistici che lavorino a ciclo continuo, trasportati in gabbie sovrapposte collegate tra loro, con il trattamento previsto per i trasporti di cui all'articolo 10, comma 3, lettera e) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. (4-15980)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   sabato 25 marzo 2017 a Roma si svolgeranno le celebrazioni del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma con un evento ufficiale che avrà luogo nella mattinata in Campidoglio, alla presenza di decine di Capi di Stato e di Governo europei;
   nello stesso giorno si svolgeranno anche diverse manifestazioni organizzate da movimenti di protesta sociale e gruppi antagonisti che esprimono una posizione di forte critica e netta contrarietà all'Unione europea e alle sue politiche;
   da giorni circolano notizie sui maggiori organi di informazione circa l'arrivo di ottomila appartenenti a gruppi di antagonisti provenienti da varie nazioni europee e di gruppi di black bloc e si temono disordini, devastazioni e violenze;
   gli stessi proprietari di negozi ed altri esercizi commerciali siti nel centro storico e lungo il percorso toccato dai cortei hanno espresso la volontà di tenere le serrande abbassate proprio a causa del timore di incidenti, tumulti e atti di vandalismo contro la città, i suoi monumenti, gli esercizi commerciali e anche beni di proprietà privata, quali automobili e altri;
   sono anni che il centro storico di Roma è teatro di manifestazioni, cortei e dimostrazioni che sistematicamente incidono sulla viabilità già compromessa;
   numerosi sono stati i casi in cui cortei hanno degenerato in atti di teppismo contro gli edifici, i bancomat, il decoro urbano e i negozi con decine di milioni di euro in danni, tanto da indurre le amministrazioni comunali e il Governo a ipotizzare lo spostamento dei cortei dal centro storico –:
   quali misure di sicurezza siano state predisposte al fine di prevenire il verificarsi di disordini e a tutela della città, dei suoi luoghi e dei suoi beni, nonché al fine di garantire l'incolumità dei rappresentanti istituzionali stranieri che parteciperanno alle celebrazioni e di tutti i cittadini. (3-02896)

Interrogazione a risposta orale:


   NARDUOLO, CRIVELLARI e MORETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'intesa raggiunta nel dicembre 2016 tra il Ministero dell'interno e l'Associazione nazionale comuni italiani sul nuovo piano di riparto dei migranti e dei richiedenti asilo rappresenta, insieme all'impulso per dimezzare i tempi di esame delle richieste di asilo e alla politica di accordi internazionali per favorire il veloce rimpatrio di chi non ha diritto all'accoglienza per motivi umanitari, un deciso passo in avanti sul piano delle politiche concrete per fronteggiare il problema dell'immigrazione;
   tuttavia, gli effetti negativi delle pesanti lacune nella gestione del fenomeno sui vari territori regionali, con particolare riferimento al Veneto, sono scontati in diversi modi dalle popolazioni locali;
   nello specifico, esistono in Veneto due hub che ospitano più di 2000 migranti in due ex basi militari nei comuni di Bagnoli di Sopra (Padova) e Cona (Venezia), i quali sommano insieme poco più di 7000 abitanti;
   queste concentrazioni, totalmente contrarie allo spirito dell'accoglienza diffusa proprio del nuovo accordo, sono state fonte di proteste e disordini sia tra gli immigrati che tra i residenti;
   gli episodi di rivolta e protesta, i casi di molestie sessuali nei confronti di alcune operatrici delle cooperative che gestiscono il servizio di accoglienza e l'aggressione da parte di un profugo nigeriano ad una donna che stava facendo jogging nelle vicinanze della ex base di Bagnoli, hanno ulteriormente accentuato il senso di insicurezza, disagio e sconcerto delle popolazioni locali che sono fortemente turbate –:
   se i casi specifici dei due hub di Bagnoli e Cona siano strettamente attenzionati e monitorati e, in relazione anche agli ultimi episodi, se non sia il caso di implementare il personale di sicurezza;
   se esista una ragionevole e rassicurante previsione dei tempi necessari per distribuire, con i nuovi criteri proposti dal Ministero dell'interno, le migliaia di migranti presenti nei due hub nel territorio di altri comuni con la proporzione di 2,5 migranti ogni 1000 abitanti;
   se, in attesa di perfezionare l'intesa con gli enti locali, questi due siti possano essere oggetto di misure straordinarie ed urgenti per favorirne lo svuotamento, disinnescando un potenziale focolaio di ribellione su cui si sta innestando una pericolosa strumentalizzazione da parte di forze estremiste. (3-02897)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2017 alle ore 21 un incendio di natura dolosa ha devastato il deposito del mobilificio Luisa Mobili Srl in via Toscana 178 a Casale di Scodosia in provincia di Padova;
   la natura dolosa dell'incendio è stata confermata dal ritrovamento di una tanica di benzina recuperata da vigili del fuoco e carabinieri all'interno della struttura andata a fuoco;
   per domare le fiamme è servita tutta la notte e gran parte della giornata seguente nonostante l'intervento di 8 mezzi antincendio e 28 operatori dei vigili del fuoco da Padova, Abano Terme, Legnago e, Rovigo;
   l'azienda che ha sede a Montagnana dispone di numerosi depositi nel territorio della Sculdascia e da oltre un anno il mobilificio aveva affittato lo stabile nella zona industriale di Casale di Scodosia;
   la presenza di materiale legnoso nel magazzino ha alimentato le fiamme, che hanno reso inagibile almeno due terzi del capannone provocando danni per diverse migliaia di euro;
   sono intervenuti anche gli uomini del Niat (Nucleo investigativo antincendio territoriale), i carabinieri della stazione di Casale di Scodosia e tecnici dell'Arpav, chiamati a verificare la presenza di inquinanti nell'aria, diffusi dalla combustione di vernici;
   le indagini di Niat e carabinieri non escludono che il movente doloso possa derivare dagli interessi di qualche azienda concorrente o da un tentativo di intimidazione;
   l'azienda è considerata una delle realtà più in salute del distretto del legno e gli inquirenti stanno valutando gli elementi forniti dalla proprietà su cui indirizzare le indagini;
   l'incendio ha suscitato forti preoccupazioni nelle istituzioni e nella comunità locale per la natura dell'evento e le proporzioni dei danni;
   gli interroganti ricordano che in Veneto negli ultimi anni si è verificata una serie di incendi dolosi sui quali sono state presentate interrogazioni al Ministro –:
   se sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se e in che modo intenda attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, al fine di chiarire la natura e le cause dell'incendio di Casale di Scodosia, al fine di prevenire il ripetersi di simili eventi. (4-15983)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 11 marzo 2017 la città di Napoli è stata teatro di violenti scontri di piazza tra le forze dell'ordine e alcuni centri sociali, nel corso dei quali black bloc e teppisti hanno lanciato sassi e petardi contro poliziotti e carabinieri, con un bollettino finale di 28 agenti feriti in ospedale;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa e dalla stessa denuncia del leader della Lega, il sindaco De Magistris avrebbe sponsorizzato ufficialmente la contro-manifestazione dell'estrema sinistra in contemporanea a quella di «Noi con Salvini» che si teneva alla Mostra d'Oltremare, dichiarando «Seppelliremo Salvini» e alimentando così una campagna di odio per questo evento di piazza;
   l'orgoglio per i centri sociali manifestato dal primo cittadino partenopeo si sarebbe addirittura mescolato alla demonizzazione di Salvini: «Ha avuto sempre disprezzo per il Sud e per Napoli. Ora vorrebbe cercare un consenso nei nostri territori ma lo seppelliremo politicamente con la cultura, con l'ironia, con l'accoglienza e con la fratellanza. Si accorgerà che il Sud si sta riscattando da solo e non vuole stare più al guinzaglio della Lega Nord e di quelle strutture partitocratiche ed economiche che hanno sempre spostato le risorse al Centro Nord»;
   a pagare, ancora una volta, sono state le forze dell'ordine, che hanno dovuto fronteggiare la guerriglia, subendo insulti e aggressioni di ogni genere e contro cui «i professionisti della guerriglia», come sono stati definiti dagli agenti del IV Reparto mobile di Napoli, si sono accaniti con il lancio di sassi, spranghe di ferro, bombe carta e bottiglie;
   durissima è stata la presa di posizione del segretario generale del sindacato indipendente di polizia, Coisp, Franco Maccari, secondo cui «Ciò che sta avvenendo a Napoli, con le gravi aggressioni dei manifestanti nei confronti delle Forze dell'Ordine, a cui va la nostra solidarietà, è il frutto del clima di odio che si è alimentato alla vigilia di una manifestazione a forte rischio sotto il profilo dell'ordine pubblico, e sul quale sono evidenti le responsabilità del sindaco De Magistris. Non possono esserci porzioni del territorio italiano in cui non possa essere esercitato il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero, e Napoli non può fare certo eccezione. I diritti non possono essere considerati un capriccio a seconda delle convenienze politiche, e bene ha fatto il Ministro dell'interno, da uomo delle Istituzioni, a schierarsi, con grande senso di responsabilità, dalla parte della democrazia. Non sono invece accettabili posizioni borderline tra la legalità e l'illegalità, non si può professare il rispetto della Costituzione calpestandola, non si può indossare la fascia di sindaco ed allo stesso tempo marciare idealmente al fianco dei più violenti esponenti dei centri sociali. Con le sue dichiarazioni intolleranti ed irresponsabili De Magistris ha chiare responsabilità sugli incidenti a Napoli, per questo lo invitiamo a rassegnare immediatamente le dimissioni da sindaco. È lui a meritare un foglio di via... dalle Istituzioni»;
   a parere dell'interrogante, il primo cittadino della città partenopea, che avrebbe dovuto essere imparziale e garantista, e, anzi, condannare qualunque forma di violenza, ha invece fomentato, con le sue parole di odio, atti di vera e propria guerriglia urbana e danneggiamenti che hanno sconvolto la città di Napoli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in relazione ad eventuali responsabilità del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, negli scontri di piazza di sabato 11 marzo 2017. (4-15990)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI, SCOPELLITI e CALABRÒ. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   dai recenti casi di cronaca riportati dai giornali nazionali emerge che l'uso e l'abuso di droga tra i giovani è un'emergenza educativa. I fatti di cronaca e i dati testimoniano questa drammatica realtà: la scuola è il luogo privilegiato dello spaccio tra i giovani;
   nelle scuole e tra i ragazzi si diffondono sostanze molto pericolose di facile reperibilità. Da un recente studio dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) e Espad Italia emerge che circa 54 mila studenti delle scuole medie superiori nel 2014 hanno assunto sostanze psicotrope senza sapere cosa fossero;
   il 23 per cento di essi ha ripetuto l'esperienza più di 10 volte. Il 53 per cento di questi studenti ha utilizzato un miscuglio di erbe sconosciute. Si aggiunga che le proiezioni ci dicono che sono 600 mila gli adolescenti che hanno consumato cannabis, 60 mila cocaina, 27 mila eroina e circa 60 mila allucinogeni e stimolanti;
   sono dati impressionanti che devono interrogare e muovere tutti i soggetti coinvolti nell'educazione dei giovani;
   appare evidente come il ruolo educativo che da sempre svolge la scuola, in questo momento, è ancora più centrale e decisivo. La scuola è luogo della trasmissione di regole, dove i ragazzi si formano come uomini;
   crediamo fortemente che l'azione da intraprendere debba seguire un doppio binario, quello del controllo e del contrasto e quello della prevenzione e dell'educazione –:
   quali siano le azioni che il Ministro interrogato, in maniera organica e strutturale, sta avviando per combattere lospaccio, l'uso e l'abuso delle droghe all'interno delle scuole e tra i giovani.
(3-02885)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COCCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da notizie apparse sulla stampa un bambino autistico sarebbe stato rifiutato da ben tre scuole medie di Lanciano, la Don Milani, la Mazzini e la D'Annunzio;
   secondo il racconto della madre, tutti e tre i dirigenti scolastici interpellati avrebbero rifiutato l'accesso del bambino alla prima media perché ci sarebbero già troppi disabili iscritti alla prima classe;
   per questa ragione, la madre si è rivolta alla polizia e all'amministrazione comunale: il sindaco, Mario Pupillo e l'assessore all'istruzione Giacinto Verna stanno verificando quanto accaduto e hanno garantito che aiuteranno la famiglia a trovare una sistemazione consona alle esigenze del ragazzo;
   qualora fosse accertato si tratterebbe di un rifiuto inaccettabile perché la scuola dell'obbligo non può rinunciare di accogliere uno studente;
   lo spettro autistico richiede un approccio speciale perché i bambini hanno preferenze diverse e traiettorie di apprendimento particolari, tuttavia possono essere gestite all'interno del gruppo classe con il sostegno di insegnanti specializzati;
   l'inclusione scolastica è il primo, fondamentale, tassello di una società inclusiva: proprio a scuola comincia e si costruisce il percorso che deve permettere a ogni cittadino di dare il proprio contributo alla collettività secondo le sue possibilità e capacità –:
   quali iniziative abbia attivato per procedere ai dovuti accertamenti e per fare in modo che sia trovata al più presto una soluzione poiché tutte le studentesse e gli studenti, a maggior ragione se sono in situazione di difficoltà, hanno diritto a frequentare la scuola. (5-10890)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI e BUSIN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 10 marzo 2017 autorizza alcune università italiane ad attivare corsi di specializzazione per gli insegnanti di sostegno per tutti i livelli scolastici (dalle scuole dell'infanzia fino alle secondarie di secondo grado);
   nella lista di atenei predisposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca compaiono anche il numero di posti fissati per ogni sede. Per il Veneto, l'unica università autorizzata ad organizzare questi corsi è Verona, per un totale di 280 posti: 40 per la scuola dell'infanzia, 120 per la primaria, 80 per la secondaria di primo grado e 40 per quella di secondo grado;
   osservando la lista, si rileva immediatamente il forte divario ad esempio con le Marche, dove invece sono coinvolti due atenei per un totale di 340 posti o ancora con il Molise che all'unica università individuata vengono assegnati ben 370 posti;
   questa ripartizione ministeriale svantaggia notevolmente la regione Veneto dove esiste una vera e propria emergenza per quanto riguarda i docenti di sostegno;
   per il 2017 i posti per gli insegnanti di sostegno sono 1.053: 48 per la scuola dell'infanzia, 717 per la scuola primaria e 288 per quella secondaria, se si confrontano tali posti con i posti disponibili nei corsi di specializzazione che l'università di Verona è stata autorizzata a svolgere, risulta un rapporto di quasi 1 a 4;
   la conseguenza certa derivante da questa carenza sarà che non solo mancheranno insegnanti di sostegno e quindi si dovrà ricorrere al precariato, ma si verificherà una migrazione dalle altre regioni che darà luogo al fenomeno delle richieste di rientro nei luoghi di provenienza dei docenti –:
   se il Ministro interrogato intenda, in tempi brevi, procedere ad una revisione del suindicato decreto ministeriale.
(4-15985)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per gli affari regionali, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, (legge di stabilità per il 2017) riconosce, a decorrere dal 1o gennaio 2017, un premio alla nascita, o all'adozione di minore pari ad 800 euro, erogato in unica soluzione dall'INPS. Il premio, che non concorre alla formazione del reddito complessivo, è corrisposto a domanda della futura madre, e può essere richiesto al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione;
   a tre mesi dall'entrata in vigore della legge, non si conoscono ancora le modalità di erogazione del cosiddetto bonus «mamma domani» e la procedura e il modulo per fame domanda non sono disponibili, in quanto l'Inps non ha ancora predisposto la piattaforma per presentare la richiesta online;
   il Ministro per gli affari regionali con delega in materia di politiche per la famiglia Enrico Costa nei giorni scorsi ha assicurato che «la possibilità di fare domanda per ottenere l'erogazione una tantum di 800 euro, che spetta dal settimo mese di gravidanza fino alla nascita, sarà attivata tra breve e il ritardo non annullerà il diritto acquisito dall'inizio dell'anno»;
   l'Inps fa sapere che, per predisporre la piattaforma online, erano previsti fin dall'inizio alcuni mesi di tempi tecnici, ma garantisce di renderla operativa ai primi di maggio e che il sistema per rilasciare i contributi sarà pronto verso la metà del mese;
   il 5 gennaio 2017 il presidente dell'Inps, Boeri avrebbe inviato una lettera al dipartimento politiche per la famiglia, chiedendo di precisare i criteri per accedere alla misura, in quanto elementi necessari per assicurarne l'operatività in tempi brevi. La risposta del dipartimento sarebbe arrivata il 25 gennaio, ma secondo l'Inps non avrebbe chiarito tutti i dubbi, anzi, per il bonus «mamma domani», i tecnici farebbero riferimento, a quanto consta agli interpellanti, ai parametri utilizzati per il «bonus bebé», tra i quali esiste anche la soglia di reddito, che non è invece prevista nella nuova misura per le neo-mamme che è universale. Ulteriori delucidazioni sarebbero arrivate a marzo, insieme a nuovi dettagli come il raddoppio del bonus in caso di parto gemellare, e tali modifiche avrebbero costretto l'Inps a rivedere la piattaforma telematica con ulteriori ritardi;
   a fine febbraio, a quanto consta agli interpellanti, sul sito dell'Inps, è stata pubblicata una prima circolare che definisce nel dettaglio la platea dei beneficiari (cittadine italiane, comunitarie o extracomunitarie con permesso di soggiorno, residenti nel nostro Paese), senza però specificare come presentare la domanda. Alcuni giorni fa, una seconda circolare ha dato ulteriori indicazioni sulla misura, tacendo però sulle modalità per la richiesta;
   il bonus «mamma domani» si aggiunge, come strumento a sostegno dell'incremento demografico, al «bonus bebé» previsto dall'articolo 1, commi da 125 a 129 della legge di stabilità per il 2015, che prevede per ogni figlio nato o adottato dal 1o gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. Tale assegno, che non concorre alla formazione del reddito complessivo, è corrisposto, a domanda, dall'Inps fino al compimento del terzo anno d'età, ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno, residenti in Italia. Per la corresponsione del beneficio economico, si richiede tuttavia che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente abbia un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente Isee non superiore a 25.000 euro annui;
   il Ministro per la famiglia ha assicurato che presto sarà operativa anche un'altra misura del pacchetto famiglia contenuto nella legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 355), ossia il «bonus asilo», che consiste nell'istituzione, a partire dal 2017, per i nuovi nati dal 2016, di un buono di 1.000 euro annui per l'iscrizione in asili nido pubblici o privati. Il buono è corrisposto in undici mensilità (circa 90,9 euro mensili) dall'Inps al genitore che ne faccia richiesta, presentando documentazione idonea a dimostrare sia l'iscrizione in strutture pubbliche o private, sia il pagamento della retta. Le modalità di attuazione di questa previsione saranno stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   altra misura a sostegno della natalità prevista dalla citata legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 356 e 357) è la proroga per il 2017 e 2018 della facoltà riconosciuta alla madre lavoratrice, anche autonoma, di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità, per gli 11 mesi successivi e in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale) un contributo economico per il servizio di babysitting o per i servizi per l'infanzia (cosiddetti voucher baby-sitting o asili nido);
   l'operatività di tali norme è molto importante per le famiglie, dato che rappresentano una forma di incentivo all'incremento demografico e di sostegno per le spese affrontate prima e dopo il lieto evento, considerato che le nascite in Italia diminuiscono sempre più, a causa della crisi economica e dell'elevato tasso di disoccupazione giovanile, che costringono molte coppie a rinunciare o a rinviare di avere figli –:
   se i Ministri interpellati non ritengano di assumere iniziative, per quanto di competenza, per mettere fine con urgenza alle diverse criticità sopra evidenziate, facendo sì che l'Inps, che risulta avere delle responsabilità per la ritardata attuazione delle disposizioni di cui in premessa, predisponga al più presto la piattaforma per la presentazione online della domanda di accesso al bonus «mamma domani» e non ritardi ulteriormente l'applicazione della normativa;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per accelerare anche l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 1, comma 355, della legge n. 232 del 2016, che avrebbe dovuto essere emanato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, al fine di rendere al più presto operative pure le disposizioni relative al bonus asili nido.
(2-01721) «Mucci, Monchiero, Galgano».

Interrogazione a risposta immediata:


   FEDRIGA, SIMONETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   un vero e proprio caos, di natura sia tecnico-operativa che normativo, avvolge la cancellazione dei voucher avvenuta per decreto-legge;
   da un lato, gli utilizzatori lamentano di non riuscire ad attivare i buoni acquistati prima del 17 marzo 2017, a seguito del crash del portale Inps, con la concreta impossibilità per tanti committenti di effettuare il pagamento della prestazione lavorativa occasionale;
   dall'altro, il vuoto normativo creatosi all'indomani dell'entrata in vigore dell'abrogazione dei buoni-lavoro, in mancanza di una norma transitoria che mantenga vigenti le regole – e le relative sanzioni per chi viola – fino alla fine dell'anno, termine entro il quale si potranno attivare i buoni già acquistati, rischia l'attivazione di ticket incontrollati e di fatto la «legalizzazione» del sommerso –:
   se ed in che termini il Governo intenda porre rimedio alla situazione emergenziale esposta in premessa e come intenda garantire nel futuro la regolamentazione del lavoro flessibile e saltuario per settori come il commercio, il turistico-ricettivo e l'agricoltura, caratterizzati dalla necessità di dover gestire picchi di lavoro a seconda della stagione o addirittura della settimana. (3-02886)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIGONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Società Rational srl, con sede a Massa (MS), è specializzata in macchinari per lavanderie e ha 24 dipendenti;
   tale impresa, ex Aga, è l'unica azienda metalmeccanica della provincia apuana ad aver attuato il concordato in continuità, una procedura che prevede la prosecuzione dell'attività da parte del debitore. Fu attivata nel 2013 con una durata di nove anni, gestita dal commissario Thomas Tonarelli;
   attraverso il ricorso a questo concordato, dopo aver utilizzato gli ammortizzatori sociali disponibili, anziché licenziare i dipendenti, la Rational ha potuto stipulare contratti di solidarietà, con conseguente riduzione dell'orario di lavoro e degli stipendi per i lavoratori impiegati, contratti che termineranno il prossimo maggio;
   da pochi giorni, il tribunale ha accolto la richiesta di fallimento per un credito vantato da Banca Intesa pari a 300.000 euro, ceduto ad una sua affiliata per il 50 per cento del suo valore, ma garantito da un'ipoteca sul capannone il cui valore è stimato in 2 milioni e mezzo;
   la società nel frattempo ha proseguito le sue produzioni ed ancora oggi ci sono ordinazioni da terminare o altre da iniziare, ma dalla data di emanazione dell'istanza del tribunale si è dovuta sospendere ogni attività;
   il tasso di disoccupazione in provincia di Massa-Carrara è pari al 16,6 per cento – ai livelli del Sud – e continua a registrarsi una grave recessione economica in tutto il suo territorio –:
   quali urgenti iniziative intendano adottare i Ministri interrogati al fine di individuare le opportune sedi per la definizione di soluzioni che salvaguardino l'occupazione dei lavoratori della Rational srl;
   più in generale, se non ritengano che sussistano le condizioni per il riconoscimento della provincia di Massa Carrara come area di crisi industriale complessa e, in subordine, che possano essere attivati i fondi e gli strumenti previsti dalla legge n. 181 del 1989. (5-10886)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ancora denunce e ricorsi connotano la gestione dell'Inps del presidente Boeri: l'ultima proviene dal collegio dei sindaci che ha denunciato il presidente alla Corte dei conti per danno erariale;
   al centro delle contestazioni avanzate dall'organismo di vigilanza dell'ente vi sarebbe l'attribuzione di due incarichi dirigenziali di livello generale, nell'ambito della già contestata riorganizzazione delle dirigenze, imposta dallo stesso Boeri;
   il primo caso riguarda l'ex capo segreteria dello stesso presidente, Luciano Busacca, promosso a dirigente di prima fascia con il ruolo di capo segreteria tecnico-normativa dove far transitare tutte le iniziative e le proposte provenienti dai vari uffici, riferendo direttamente al presidente ed esautorando, di fatto, la funzione della direzione generale;
   il secondo concerne la nomina di Massimo Antichi, noto come un amico del presidente dai tempi della redazione a lavoce.info, a direttore di livello generale capo dell'Ufficio studi e ricerche, peraltro con un contratto esterno;
   per il collegio dei sindaci trattasi di due nomine ingiustificate, stante la presenza di dirigenti generali di ruolo in organico e considerato l'aggravio di costi (+ 340 mila euro di aumenti retributivi);
   si ricorda, peraltro, che il Civ non ha approvato il bilancio preventivo per il 2017, in quanto i membri sono ancora in attesa di risposte sulle cause del disavanzo patrimoniale (pari a 7,8 miliardi di euro, 6,1 miliardi in più del 2016);
   già con precedenti atti di sindacato ispettivo (n. 5-09531) l'interrogante aveva richiamato l'attenzione del Ministero in indirizzo, in qualità di ente vigilante, sull'opportunità di adottare provvedimenti che arginassero la condotta del presidente Boeri;
   secondo l'interrogante è indubbio che, anche alla luce dell'accorpamento dell'Inpdap e dell'Enpals, che ha reso di fatto l'Inps il più grande ente previdenziale europeo, non è più pensabile una gestione monocratica dello stesso –:
   se il Ministro non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza per procedere al commissariamento dell'Inps, in attesa che sia approvata la riforma della governance dell'istituto. (5-10899)


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2016 l'Inail ha emanato un bando per il finanziamento di una campagna nazionale di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro in attuazione dell'articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche ed integrazioni;
   l'obiettivo dell'iniziativa era quello di finanziare una campagna nazionale di rafforzamento della formazione prevista dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, destinata alle piccole, medie e micro imprese, con risorse economiche trasferite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   i soggetti destinatari della campagna di formazione erano: datori di lavoro delle piccole, medie e microimprese; piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile; lavoratori compresi quelli stagionali, delle piccole, medie e microimprese; rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS/RLST) delle piccole, medie e microimprese; soggetti individuati ex articolo 21 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche ed integrazioni;
   l'entità delle risorse previste per il citato bando è pari a complessivi 14.589.896,00 euro;
   il termine per la presentazione delle domande era fissato al 10 maggio 2016;
   il numero delle domande pervenute consiste in solo 179;
   solo in data 31 gennaio 2017 si sono insediate le sottocommissioni previste all'articolo 1 del bando ed assieme alle commissioni stanno procedendo all'esame della documentazione amministrativa;
   le piccole e medie imprese che hanno partecipato al bando hanno estrema necessità di formare i propri dipendenti sulla sicurezza sul lavoro –:
   quale sarà la tempistica delle sottocommissioni e delle commissioni preposte all'esame delle sole 179 domande pervenute per poter redigere la relativa graduatoria al fine di avviare quel procedimento rafforzativo delle piccole e medie imprese in materia di formazione per la sicurezza e la salute sul lavoro. (5-10901)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   presso la sede dell'azienda FlipCall di Bitritto, in provincia di Bari, lavorano circa milleduecento operatori di call center con contratto Cocopro rinnovabile di mese in mese;
   la FlipCall, è specializzata in servizi di chiamate in uscita ed è parte del gruppo Comdata, che vanta 28 poli operativi e oltre 10 mila postazioni in tutta Europa;
   da notizie di stampa si apprende che gli operatori vengono retribuiti solo ed esclusivamente per i minuti di colloquio con l'utente poiché è stato messo a punto un sistema informatico che consente di dividere in quattro stati le operazioni degli addetti: conversazione, composizione, post chiamata e pausa obbligatoria per legge;
   in base al contratto collettivo nazionale, la paga oraria per gli operatori è pari a 6 euro e 51 centesimi lordi all'ora, pertanto il pagamento delle retribuzioni non è più a ore, ma a ore produttive in cui sia garantita una precisa percentuale di parlato, di attesa, di compilazione moduli dopo la chiamata e a chi eccede con i silenzi viene decurtato lo stipendio;
   i call center rappresentano un bacino di reclutamento lavorativo di notevole rilevanza soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, dove c’è la maggiore crisi occupazionale e le devastanti conseguenze sociali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   considerato che quanto avviene nella azienda Flipcall di Bitritto, appare sicuramente come un metodo non conforme alla legge a discapito della tutela e dei diritti dei lavoratori, quali siano le iniziative che intenda assumere affinché sia tutelato il lavoratore;
   quali iniziative intenda mettere in campo per garantire maggiori controlli nelle aziende di call center da parte degli enti preposti per verificare che siano messi in atto tutti i criteri di applicazione della normativa vigente in materia di lavoro al fine di scongiurare un maggiore guadagno delle aziende a discapito del lavoratore;
   se non intenda assumere iniziative per introdurre nuove disposizioni in tema di sicurezza degli ambienti di lavoro degli operatori di call center che molto spesso svolgono la loro mansione con contratti irregolari, senza tutele e privi di ogni diritto pena il licenziamento. (4-15986)


   MELILLA, QUARANTA, RICCIATTI, KRONBICHLER, ZARATTI e NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Abruzzo la società Baltour che opera nel settore dei trasporti, ha inviato un ordine di servizio in cui comunica al personale l'impossibilità di accordare i congedi parentali per «inderogabili necessità di servizio nel periodo dal 13 aprile 2017, premurandosi di precisare la casistica (“ maternità facoltativa ”)»;
   la Cgil abruzzese ha giustamente denunciato questo comportamento della Baltour il cui presidente e amministratore delegato è anche presidente della Confindustria abruzzese;
   tale circostanza aggrava ancora di più una scelta che a parere degli interroganti si pone in contrasto con la legge e i contratti nazionali di lavoro e appare particolarmente odiosa perché colpisce lavoratrici e lavoratori che hanno bisogno dei congedi parentali per motivi fondati e per questo tutelati dalla legge come prevede la legge 104 del 1992;
   tale scelta aziendale è tipica di una cultura regressiva sul terreno dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che deve preoccupare le istituzioni democratiche che non devono lasciare soli i lavoratori ad agire per il rispetto della legge e dei contratti –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per tutelare il diritto delle lavoratori e dei lavoratori ai congedi parentali previsti dalle leggi e dai contratti. (4-15989)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'isola di La Maddalena ha una popolazione di 12.000 abitanti ed è normalmente collegata alla Sardegna tramite navi in servizio diurno ed elicotteri in servizio emergenziale;
   dalla fine del 2016, in base a quanto previsto dalla normativa nazionale che prevede la chiusura dei punti nascita che «non raggiungono i volumi di attività previsti dai parametri di sicurezza per la tutela delle puerpere e dei neonati» (stimato in 500 parti l'anno), il punto nascita presente nel presidio ospedaliero «Paolo Merlo» di La Maddalena è stato chiuso. Il presidio più vicino in grado di garantire le giuste tutele mediche — sia per le madri che per i nascituri — è quello di Olbia, distante circa un'ora e mezza dall'isola di La Maddalena. Come è facile immaginare, nonostante la regione abbia messo a disposizione l'elisoccorso di collegamento, l'effettiva possibilità di trasferimento è legata alle condizioni meteorologiche, sovente avverse in quel tratto;
   dalla chiusura del punto nascita, quindi, risulta messa in pericolo la sicurezza delle gestanti e dei futuri nascituri. Come si legge anche in un comunicato inviato da Elsa Viora, Presidente Nazionale AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani) e Giovanni Scambia, Presidente Nazionale SIGO (Società Italiana Ginecologia e Ostetricia) in merito alla situazione de La Maddalena, infatti, «Le residenti devono sapere che ogni parto può essere a rischio». Si legge inoltre che «Il “problema” del Punto Nascita dell'isola La Maddalena non può né deve sottostare a logiche politiche o di costi economici ma deve essere affrontato considerando, prima di ogni altro aspetto, la sicurezza delle donne e dei bambini. Partorire in condizioni in cui i requisiti essenziali non ci sono, rappresenta un rischio per le donne ed i bambini e di questo la popolazione deve prendere coscienza. È indispensabile un colloquio ed un confronto fra le donne, le istituzioni regionali, gli operatori sanitari e le Società Scientifiche al fine di programmare un percorso assistenziale il più possibile umanizzato che garantisca la sicurezza di donna e bambino dall'inizio della gravidanza al parto.»;
   le problematiche in oggetto – oltre che di una pacifica protesta delle future mamme de La Maddalena (cosiddetta «proteste delle pance») — è stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo in questa legislatura, fra cui anche un'interrogazione a risposta immediata in assemblea presentata dall'onorevole Vargiu e svolta presso l'aula della Camera dei deputati in data 15 marzo 2017;
   a fronte di tale interrogazione, il Ministro Lorenzin ha ribadito la legittimità della chiusura del punto nascita in quanto non conforme alla legislazione nazionale, sottolineando come la richiesta di deroga non sarebbe mai accettabile per «volumi particolarmente bassi di attività: 67 parti nel 2015 e 35 da gennaio a settembre 2016». Il Ministro ha inoltre reputato sufficienti le — pur meritevoli, a detta dell'interrogante — iniziative della regione Sardegna, quali ad esempio l'attivazione di una rete per la presa in carico ambulatoriale della donna fin dal concepimento, la mappatura del rischio ostetrico e neonatologico per fasce di rischio di tutte le gravidanze e l'attivazione, da parte del Comitato percorso nascita dell'azienda ospedaliera, di procedure operative di accoglienza delle partorienti con successivo trasferimento in sicurezza presso il punto nascita di Olbia. Il Ministro ha poi concluso che avrebbe provveduto a monitorare l'attuazione dei provvedimenti della regione Sardegna e della reale capacità di intervento dell'elisoccorso;
   l'isola di La Maddalena rappresenta un caso più unico che raro di specificità nella specificità essendo isola di un'isola, oltre a rappresentare un punto di eccellenza del turismo italiano (arrivando la popolazione a picchi di 60.000 abitanti nel periodo estivo);
   data appunto la specificità in oggetto — e senza per questo nulla togliere ad altre specificità particolari come i presidi di montagna in cui è stato sollevato lo stesso identico problema — risulta all'interpellante incomprensibile l'atteggiamento del Governo e del Ministero nel demandare alla sola Regione Sardegna ogni intervento volto alla tutela dell'inalienabile diritto alla salute delle gestanti –:
   quali reali e funzionali iniziative intenda porre in essere il Ministro interpellato affinché sia ripristinato — nell'immediato – il diritto ad un parto sicuro in ogni sua fase nell'isola de La Maddalena.
(2-01718) «Piras, Laforgia».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la recente legge di bilancio per il 2017 ha previsto uno stanziamento concreto per il nuovo piano vaccinazioni: 100 milioni per il 2017, 127 milioni nel 2018 e 186 milioni nel 2019. Ma da allora sembra che sia esplosa con maggiore intensità la polemica sulla maggiore o minore opportunità di vaccinarsi, con una serie di cifre che si intrecciano e che non possono non lasciare fortemente perplessi;
   provocatoria, anche se aderente alla, realtà, l'ultima affermazione in materia, di Valter Riccardi, presidente dell'Istituto superiore di sanità, ordinario di igiene e medicina preventiva nella facoltà di medicina e chirurgia «A. Gemelli» dell'università Cattolica del Sacro Cuore, dove è stato anche direttore del dipartimento di sanità pubblica. Questa la sua affermazione: «Centinaia di casi di morbillo e almeno 18 mila anziani morti per le complicanze dell'influenza, tutta colpa degli italiani, medici compresi, che non si vaccinano»;
   il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità hanno infatti diffuso a pochissima distanza l'uno dall'altro dati realmente preoccupanti nelle ultime 48 ore: 230 per cento casi di morbillo in più rispetto ai primi mesi del 2016 e 18 mila anziani deceduti in più rispetto alle attese dall'inizio dell'inverno ad oggi, con il sospetto che siano, tutte o quasi, morti ascrivibili alle complicanze dell'influenza;
   sono dati che spostano indietro nel tempo lo scenario epidemiologico italiano, in epoca pre-vaccini, quando era molto difficile controllare le due patologie. Il fatto è che oltre alla diminuita propensione alla vaccinazione in questi anni è cresciuta l'aggressività dei virus e dei batteri responsabili, conseguenza pressoché inevitabile di un cattivo uso degli antibiotici che ha facilitato la crescita dell'antibiotico resistenza nei patogeni più comuni;
   bambini ed anziani sono quindi le categorie più colpite: i primi per la diffusione del morbillo +230 per cento, i secondi per la diffusione dell'influenza. La soglia di vaccinazione tra gli anziani è attualmente al 50 per cento mentre dovrebbe attestarsi su di un valore soglia del 75 per cento. Sotto questa soglia, come è noto, i virus circolano più facilmente e aggrediscono le persone più fragili, creando complicanze molto pesanti. Quest'anno a fronte di 53 morti, direttamente ascrivibili a forme particolarmente aggressive di influenza, si sono verificati 18 mila decessi in più dall'inizio dell'inverno ad oggi nell'arco d'età tra 65 e gli 85 anni;
   la normativa sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro prevede che spetti al datore di lavoro tutelare i dipendenti con tutti gli strumenti di prevenzione a disposizione, e i vaccini rientrano tra questi. Asl e ospedali dovrebbero monitorare e stimolare le vaccinazioni degli operatori sanitari, attualmente se ne vaccina non più del 20 per cento. Per i datori di lavoro che non applicano le norme ci sono sanzioni, per cui si potrebbe risalire a loro per l'applicazione della legge, anche quando si tratta di medici e di personale sanitario –:
   come intenda procedere per incentrare le vaccinazioni tra il personale sanitario e aumentare il numero delle persone che si vaccinano, anche per rendere più credibile e persuasivo il loro intervento nei confronti dei cittadini. (5-10888)


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017;
   la Ministra Beatrice Lorenzin ha dedicato grande attenzione al tema negli ultimi mesi;
   il provvedimento, che riscrive le norme di erogazione delle prestazioni sanitarie minime che il sistema sanitario deve garantire ai cittadini, prevede anche un piano per le cure palliative (CP) ospedaliere;
   nonostante i nuovi LEA, siano operativi con la pubblicazione in Gazzetta, tuttavia per alcune parti del provvedimento saranno necessari successivi accordi in Conferenza Stato-Regioni e pertanto i tempi di applicazione non saranno immediati –:
   poiché il decreto ministeriale n. 70 del 2015 esclude ancora oggi le cure palliative dalle discipline ospedaliere, quali iniziative intenda assumere al fine di rendere effettiva la possibilità di applicazione dei nuovi LEA per le cure palliative e la terapia del dolore in ambito ospedaliero, rendendo davvero operativo tale importante principio e diritto del cittadino malato e sofferente. (5-10891)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo sull’home page del quotidiano online «Corriere della Sera» è stato pubblicato un articolo di denuncia, da parte della giornalista Giulia Innocenzi, di maltrattamento di bufale da latte in allevamenti del Lazio volti alla produzione di latte per mozzarella di bufala dop;
   la giornalista Innocenzi nell'anticipazione alla seconda puntata della sua trasmissione «Animali come noi» denuncia come negli allevamenti citati vengano maltrattate le bufale tramite percosse, immobilizzazione delle zampe, martellate etc... e come esse presentino un'infezione acuta alle mammelle tale da provocare una secrezione di sangue misto a latte. Agli animali vengono inoltre somministrate punture di ipofamina, un farmaco a base dell'ormone ossitocina, al fine di stimolare una maggiorata produzione di latte;
   l'ormone ossitocina, a detta degli stessi allevatori che compaiono nel video di presentazione della trasmissione, può procurare danni all'utero e aborti. Tale ormone andrebbe infatti somministrato all'animale soltanto in specifici casi e il suo uso non andrebbe inteso in alcun modo come routinario –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei maltrattamenti denunciati dalla giornalista Innocenzi e abbiano predisposto interventi dei Nas negli allevamenti di bufale da latte del Lazio;
   se siano a conoscenza dell'uso routinario dell'ossitocina ai fini della stimolazione della produzione del latte nelle bufale;
   quali iniziative intendano adottare per regolamentare l'utilizzo di tale ormone e quali altre misure intendano predisporre per garantire il benessere animale negli allevamenti di bufale da latte. (4-15991)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   SISTO e LAFFRANCO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la questione del rinnovo contrattuale dei pubblici dipendenti è stata oggetto di molteplici interventi normativi (decreto-legge n. 98 del 2011, decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013, leggi di stabilità per il 2014 e per il 2015), emanati con il precipuo scopo di procedere ad un «congelamento» dei trattamenti economici percepiti dai pubblici dipendenti, bloccando reiteratamente la contrattazione collettiva;
   la Corte costituzionale, con sentenza n. 178 del 2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della sospensione della contrattazione e degli automatismi stipendiali per il pubblico impiego, riscontrando nella pratica della reiterazione – che rende di fatto «strutturale» tale regime – una violazione dell'autonomia negoziale e, dunque, un contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall'articolo 39, primo comma, della Costituzione;
   nel mese di novembre 2016, a pochi giorni dallo svolgimento del referendum costituzionale, il Governo ha siglato un accordo con i sindacati Cgil, Cisl e Uil, impegnandosi per il triennio 2016-2018 a procedere ad uno sblocco della contrattazione nel pubblico impiego, che sarebbe reso possibile dalla messa in campo di stanziamenti di ulteriori risorse finanziarie all'interno delle successive leggi di bilancio;
   sono attualmente disponibili, sommando la legge di stabilità del 2016 e la legge di bilancio 2017, circa 1,4 miliardi di euro, che consentirebbero aumenti pari a circa 40 euro lordi, meno di 30 euro netti mensili, a fronte degli 85 euro promessi dal Governo. Mancherebbero, dunque, 1,1 miliardi di euro per la parte statale e 2,5 miliardi di euro per le regioni e per enti locali;
   secondo quanto affermato nei giorni scorsi dalla Cgil, il confronto del 15 febbraio 2017 tra il Ministro Madia ed i sindacati non può dirsi esaurito, in quanto sono necessarie ulteriori specificazioni per cui, di fatto, ad oggi non ha prodotto ancora alcun risultato concreto –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti in merito alla vicenda sopra evidenziata ma, soprattutto, precisare quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere, con specifico riguardo alle tempistiche ed al reperimento delle risorse statali mediante le quali tenere fede all'accordo sottoscritto, anche alla luce della prossima manovra correttiva che di fatto limiterà la capacità di azione del Governo. (5-10892)


   MENORELLO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   le norme sulla riforma della dirigenza pubblica, di cui alla legge n. 124 del 2014, danno luogo a un ruolo unico dirigenziale, stabilendo che tutti gli iscritti nel medesimo ruolo possano ricoprire incarichi presso qualsiasi amministrazione pubblica;
   le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012 impongono il monitoraggio e la pubblicazione su sito web, a cura del dipartimento della funzione pubblica, dell'elenco dei posti vacanti presso le amministrazioni pubbliche;
   il personale dichiarato in disponibilità (articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001) può presentare domanda di ricollocazione direttamente agli enti riportati nel predetto elenco, pubblicato a cura del dipartimento della funzione pubblica;
   gli enti non rispettosi di tali disposizioni non possono procedere a nuove assunzioni pena la nullità delle stesse;
   la magistratura contabile (cfr. Corte Conti del Veneto n. 162 del 2013) ha confermato la priorità dell'istituto di ricollocazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, nonché l'obbligo di applicazione da parte di tutte le amministrazioni pubbliche;
   al riguardo, rilevano le eccedenze di personale dirigenziale determinate dalle disposizioni di cui al decreto-legge n. 95 del 2012 e quelle del personale di area vasta (decreto ministeriale 14 settembre 2015), nonché le eccedenze di personale dirigenziale determinate dalle amministrazioni comunali;
   da articoli di stampa emerge che l'Agenzia delle entrate lamentava una cronica carenza di personale dirigenziale (950 posti secondo la fonte), tant’è che era stato bandito un concorso per il reclutamento di 403 dirigenti di II fascia presso la stessa il quale, però, è stato successivamente annullato;
   le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012 consentono al personale dichiarato eccedentario e collocato in disponibilità di presentare istanza sui posti vacanti e impongono all'amministrazione di accoglierlo, pena nullità delle successive assunzioni;
   risulta all'interrogante che alcune amministrazioni, fra cui l'Agenzia delle entrate, non rispetterebbero le suesposte procedure, avendo rigettato domande di personale eccedentario, perciò dando luogo a ingiustificati incrementi di spesa –:
   se l'Agenzia delle entrate ovvero altri enti pubblici abbiano rifiutato o non ancora accolto domande di ricollocamento prima di procedere a nuove assunzioni attraverso concorso pubblico. (5-10893)


   DIENI, TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e NUTI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che «il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1, e, periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio», anche sulla base delle proposte dei dirigenti: « a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione; b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 3, decreto legislativo n. 279 del 1997, e successive modificazioni ed integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; c) provvede alle variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo n. 279 del 1997, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti»;
   il rispetto della tempistica prevista dalla succitata normativa per l'esercizio della funzione di indirizzo politico e dunque per l'adozione della direttiva annuale è di primaria importanza perché sviluppa la pianificazione strategica di ciascun Ministero, in correlazione con le missioni e programmi definiti nella legge di bilancio ed in coerenza con il programma di Governo;
   la direttiva annuale è presupposto e strumento per l'assegnazione di obiettivi e risorse ai dirigenti e consente il legittimo esercizio dell'attività di gestione demandata alla dirigenza stessa (ex articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001);
   nella distinzione tra politica ed amministrazione delineata dal decreto legislativo n. 165 del 2001, la direttiva annuale è dunque «elemento necessario» da cui non è possibile prescindere, ed in assenza della quale si può ritenere che il dirigente sia legittimato ad effettuare solo le spese obbligatorie (per il nuovo esercizio). Va inoltre rilevato l'impatto negativo dell'assenza di tale direttiva, oltre che in termini di amministrazione attiva, anche in termini di controllo a posteriori sull’output dell'amministrazione e sull'operato della dirigenza (che incide dunque negativamente sul corretto esercizio della valutazione delle performances e del controllo strategico e di gestione proprio a causa della mancanza del «presupposto» su cui effettuare i controlli) –:
   quanti e quali Ministeri abbiano rispettato per il 2017 la tempistica prevista dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 per l'adozione della direttiva annuale ivi prevista.
   (5-10894)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo il decreto legislativo n. 374 del 1993 i lavori usuranti sono «quelli per cui è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti da misure idonee»; per queste mansioni è previsto un anticipo del limite di età pensionabile di due mesi per ogni anno di occupazione, fino a un massimo di cinque anni e una riduzione del limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione in queste attività, fino a un massimo di quattro anni;
   bisogna tener conto, però, in maniera esplicita, degli effetti sulla salute della mansione effettivamente svolta senza dover ricorrere a criteri stringenti come quello della effettiva invalidità;
   un'individuazione fondata su elementi scientifici delle mansioni usuranti potrebbe evitare la proliferazione di proposte soggettive dei vari settori;
   il decreto legislativo n. 66 del 2003 all'articolo 1 definisce le specialità del lavoro a turni, in quanto le modalità di prestazione dell'attività pongono il lavoratore turnista in condizioni di disagio per effetto dell'orario non uniforme, pur se il turno di lavoro è effettivamente programmato con anticipo. Il lavoratore turnista ha diritto, come gli altri, a fruire del proprio tempo libero. La particolare specificità del tipo di orario di lavoro comporta dei disagi soggettivi nell'organizzazione delle attività diverse da quelle di svolgimento del proprio lavoro. La Corte di Cassazione stabilisce che sul datore di lavoro ricade l'onere di rendere i turni di lavoro conoscibili ai lavoratori con un congruo anticipo al fine di consentire al dipendente di organizzarsi il proprio tempo libero. L'area che risente maggiormente dell'organizzazione del proprio lavoro in base ai turni è sicuramente quella sanitaria e socio-sanitaria. Gli infermieri ed operatori sanitari sono in numero esiguo, rispetto al fabbisogno concreto del sistema sanitario e socio-sanitario, ne mancano da 50 a 70 mila, essendo solo 6,6 ogni mille abitanti, contro 8,4 della media europea e 17,4 della Svizzera; ed anche rispetto ai medici: 1,6 contro i 4,5 del Giappone (primo delle statistiche OCSE). Sono tra i meno pagati dell'area OCSE, con uno stipendio base da euro 1.200,00/mese e un potere d'acquisto inferiore rispetto agli omologhi spagnoli o cileni. Possono fare carriera solo limitatamente, e lavorano in strutture che spesso non consentono loro di operare al meglio per il benessere delle persone che assistono. I 415.000 infermieri e operatori socio-sanitari italiani operano su turni impegnativi, saltando riposi e ferie e sono chiamati a rientrare dai riposi se un collega si ammala. In molti reparti, di notte, sono costretti a lavorare soli garantendo assistenza anche a decine di utenti, chiamati a gestire generalmente situazioni complesse, anche se il responsabile del reparto non c’è. Tali situazioni di lavoro generano quindi grande stress nel fornire l'assistenza ai tanti utenti che affollano le varie strutture, sempre al meglio ed al massimo dell'impegno, si tratta quindi di un lavoro socialmente importante e decisamente usurante sotto l'aspetto psico-fisico –:
   se ed attraverso quali iniziative ritenga di poter ricomprendere gli infermieri e gli operatori socio-sanitari nelle categorie professionali dei lavoratori soggetti a lavori usuranti, per lo stress cui sono sottoposti, i turni di lavoro, anche notturni o festivi, che sono chiamati ad affrontare e per la delicatezza ed attenzione della professione che svolgono e delle mansioni loro assegnate;
   se ed attraverso quali iniziative, anche a carattere normativo, intenda salvaguardare le professioni infermieristiche e socio-sanitarie, riconoscendo comunque alle stesse le garanzie e le tutele previste ai fini del trattamento previdenziale ed assistenziale per i lavoratori soggetti a lavori usuranti. (5-10884)

SPORT

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   le federazioni sportive nazionali nascono con la specifica funzione di svolgere attività riguardanti l'organizzazione e lo svolgimento di corsi, nonché l'organizzazione dell'attività amatoriale e agonistica in manifestazioni e campionati;
   attualmente, le federazioni sportive riconosciute dal Coni sono in tutto 45 e tutte devono essere disciplinate da un ordinamento statutario e regolamentare ispirato al principio di rappresentatività e democrazia interna; tale principio di democrazia deve manifestarsi, in particolare, in occasione delle procedure di rinnovamento degli incarichi e dei vertici delle federazioni;
   la democrazia rappresentativa e la regolarità nelle procedure elettive che portano al rinnovo dei vertici federali rappresentano componenti imprescindibili che dovrebbero essere sempre scevre da meccanismi poco trasparenti o falsa;
   con l'avvento del nuovo quadriennio olimpico 2017/2020, tutte le federazioni sportive hanno avviato le procedure di rinnovo degli organi federali;
   tuttavia, nelle ultime settimane, voci persistenti indicano irregolarità nel sistema di elezione dei presidenti federali; diversi quotidiani a tiratura nazionale, infatti, riferiscono come alcune associazioni giovanili e società da tempo inattive o, addirittura in casi più gravi, fittizie abbiano partecipato alle procedure di rinnovo delle cariche elettive federali, con lo scopo di gonfiare a dismisura il bacino di voti. Sulle modalità di costituzione di queste società o sui fautori di tali azioni fraudolente non esistono al momento informazioni dettagliate, né risulta un intervenuto del Coni volto o dirimere questi meccanismi o a invalidare la procedura elettorale;
   tale anomalia è diventata, purtroppo, una pratica molto comune in seno alle federazioni. Basta citare il caso delle 12 società di pallamano juniores di Marano (in provincia di Napoli), create appositamente per partecipare al sistema di votazione in maniera fittizia e fraudolenta. Stesso fenomeno viene segnalato anche all'interno della Federazione ciclistica italiana, dove il processo di formazione delle scelte elettorali è stato alterato, creando in modo artificioso una serie di associazioni sportive allo scopo di incrementare il bacino elettorale; in questo caso, su un numero totale pari a 60 associazioni, 20 risultavano prive di tesserati e le residue 40 non svolgevano di fatto alcuna attività;
   sempre in relazione alle varie irregolarità nelle elezioni, si segnala il caso della «Federazione Italiana Canoa kayak», presso la quale uno dei candidati alla presidenza ha contestato la validità dell'assemblea generale elettiva per presunta violazione dei principi generali in materia elettorale; in questo caso, le schede nulle sono state numerosissime, risultando pertanto decisive nel conteggio del quorum che, quindi, non sarebbe stato raggiunto nella seduta dell'elezione del presidente. Le schede, quindi, sarebbero state inidonee a rappresentare l'espressione di voto per cui l'intera votazione sarebbe nulla in quanto si basa su atti privi di validità;
   queste svariate anomalie del sistema ne impediscono di fatto un sano rinnovamento e costituiscono un evidente segnale di come, negli ultimi anni, le federazioni che dovrebbero avvicinare il cittadino alla pratica sportiva e alla cultura dello sport sono in realtà diventate dei centri di potere o peggio ancora, in alcuni casi, spartizioni di cariche tra politici;
   all'interno della «Federazione Hockey e Pattinaggio», ad esempio, si segnala la vicenda di Sabatino Aracu, presidente da oltre 20 anni della federazione (da poco riconfermato), ex deputato di Forza Italia per quattro legislature e condannato in primo grado per tangenti; oppure si segnalano soggetti che esercitano funzioni apicali nelle federazioni, nonostante conflitti d'interesse o incompatibilità espressamente richiamate dagli statuti, come il caso del plurieletto presidente della Federazione Tiro a Volo (FITAV), senatore in carica e proprietario, tramite altra società, di una parte significativa delle quote della principale azienda produttrice di piattelli;
   giova ricordare, ancora, il caso di chi si ritrova a ricoprire funzioni apicali all'interno di Coni Servizi spa ed ha allo stesso tempo un ruolo di rilievo in una federazione, come l'attuale amministratore delegato di Coni Servizi che, per 12 anni, è stato presidente della Federazione Badminton e che, per effetto di una tempestiva modifica allo statuto avvenuta poco prima delle elezioni presidenziali, è stato nominato presidente emerito della federazione, avendo quindi la potestà di svolgere attività di rappresentanza della stessa, contestualmente al ruolo di amministratore delegato di Coni Servizi;
   altro caso emblematico concerne la posizione del presidente della Federazione Golf, eletto le nell'ottobre 2016 per la quinta volta alla guida della federazione e che, contemporaneamente, riveste il ruolo di presidente di Coni Servizi spa;
   circostanze, non poco frequenti sono i casi che vedono, infine, esponenti politici ricoprire anche ruoli di presidenti di enti di promozione sportiva, di leghe e di federazioni come il caso del senatore Cosimo Sibilia, da poco eletto alla guida della Lega nazionale dilettanti e, contemporaneamente, presidente del Coni Campania e commissario Figc Campania; o il caso del Sottosegretario all'economia Paola De Micheli che riveste contemporaneamente il ruolo di presidente della Lega di Pallavolo Serie A;
   alla luce dei fatti sopra riportati, si ritiene indispensabile un intervento volto a sanare queste evidenti difformità e a riportare le federazioni sportive al loro ruolo primario che consiste nella promozione dello sport in tutte le sue forme;
   accurati controlli sono necessari al fine di eliminare gli effetti di questo modus operandi e di contrastare ogni forma di illegalità nello sport –:
   anche in virtù del potere di vigilanza e controllo esercitato dal Governo sul Coni e da questo sulle federazioni sportive nazionali, in che modo il Ministro interpellato intenda acquisire elementi sull'operato delle federazioni sportive in relazione alla legittimità delle deliberazioni assunte ed alla correttezza della gestione finanziaria;
   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per far sì che gli statuti delle federazioni rispettino i principi di democraticità interna, arginando le anomalie sopra descritte, che privano, per gli interpellanti, le federazioni sportive di adeguata rappresentanza e democrazia;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per stabilire dei limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano e delle federazioni sportive, limitandoli a due mandati, garantendo così l'effettività del ricambio degli organi direttivi apicali e arginando il rischio di cristallizzazioni nell'assetto gestionale;
   se non intenda assumere iniziative normative in merito a quelle che appaiono agli interpellanti come diffuse situazioni di sostanziale incompatibilità di cariche e di conflitto di interessi.
(2-01723) «Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Brescia, D'Uva, Luigi Gallo, Vacca, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Silvia Giordano, Villarosa».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, COLONNESE, SIBILIA e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   per effetto del decreto Reale 21 novembre 1880, l'Accademia nazionale di Scherma di Napoli, costituita nel 1861, è l'unico ente riconosciuto dallo Stato italiano per il rilascio dei diplomi magistrali abilitanti all'insegnamento della scherma in ogni sua forma, sia nell'originario contesto militare che civile;
   tale prerogativa è stata sempre ribadita dai competenti organi statali e recentemente riaffermata e rafforzata dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 2016, che ha dato attuazione alla direttiva europea 2005/36/EC concernente il regime di riconoscimento delle qualifiche professionali;
   la Federazione italiana scherma, sorta quasi metà secolo dopo l'Accademia Nazionale di Scherma, ha continuato a riconoscere esclusivamente l'Accademia nazionale di Napoli quale ente titolare del rilascio dei diplomi magistrali abilitanti all'insegnamento della scherma, in virtù del suo stesso statuto che all'articolo 1, comma 12 recita testualmente che «L'Accademia Nazionale di Scherma con sede a Napoli, è Membro d'Onore della F.I.S.; essa è riconosciuta dalla F.I.S. al fine del rilascio di diplomi magistrali»;
   l'Accademia, quindi, non svolge attività schermistica ma è persona giuridica che opera nel settore della formazione professionale dei maestri e degli istruttori di scherma;
   in data 22 gennaio 2017, la suddetta federazione ha assunto una delibera di approvazione di un nuovo Regolamento federale, attuativo del proprio statuto, col quale ha ridefinito le proprie attività in materia di rilascio dei diplomi e ha indetto un bando per sessioni di esami; con tale modifica del regolamento attuativo del «Sistema Nazionale di Qualifica dei Tecnici Sportivi» definito SNaQ, la federazione ha eliminato le esclusive prerogative al rilascio di titoli e diplomi da parte dell'Accademia; inoltre, emerge come il bando della federazione, nella sua prima formulazione, avrebbe addirittura riportato impropriamente il logo dell'Accademia pur non avendo dalla stessa ricevuto espressa autorizzazione;
   tali atti federali sarebbero stati assunti dalla federazione senza il preventivo assenso del Coni e senza l'approvazione della Giunta nazionale del Coni, prevista dal legislatore per i regolamenti federali attuativi degli statuti;
   negli ultimi tempi, si sarebbero inoltre verificate ulteriori anomalie all'interno della federazione concernenti la governance e i poteri ad essa conferiti; innanzitutto si rileva facoltà in capo alla federazione di scherma di bandire autonomamente sessioni di esami e designare componenti della commissione esaminatrice, che appare agli interroganti di dubbia legittimità; si rileva inoltre come siano state apportate modifiche allo statuto della federazione approvate dapprima con delibera n. 324 del 16 settembre 2014 della Giunta nazionale Coni e successivamente, a seguito di richiesta della Federazione medesima che riscontrava dei refusi nel testo, con delibera n. 417 del 23 settembre 2016, Della vicenda è stata informata la prefettura di Roma;
   il testo dello statuto, nella prima e nella seconda formulazione, riporta differenze tali da incidere in modo sostanziale sull'organizzazione dell'ente e in particolare sulla nomina del presidente della federazione;
   per dirimere controversie legate alle relative potestà e prerogative sarebbe stata indispensabile una convenzione tra i due enti che avrebbe garantito un assetto definitivo nei loro rapporti e una definizione delle competenze; convenzione che era stata abbozzata, presumibilmente condivisa ma mai definitivamente sottoscritta e approvata –:
   se non intenda acquisire elementi, tramite il CONI, nella vicenda, in particolare in ordine alla legittimità delle modifiche statutarie di cui in premessa.
(5-10887)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FASSINA, MARCON, AIRAUDO e PLACIDO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 15 marzo 2017 il consiglio di amministrazione della Cai-spa ha presentato il nuovo piano industriale dell'aviolinea per il quinquennio 2017-2021, che prevede entro la fine del 2019 una riduzione dei costi – operativi e del lavoro – per 1 miliardo di euro e, nel medesimo arco temporale, un aumento dei ricavi pari al 30 per cento, che passerebbe dagli attuali 2,9 miliardi di euro a 3,7 miliardi di euro, una rivisitazione del modello di business, attraverso una riduzione della flotta di breve e medio raggio di 20 aeromobili modello narrow body in cambio del lancio di una nuova offerta competitiva per il medesimo raggio;
   il rilancio della compagnia sarebbe affidato anche all'ottimizzazione del network e delle partnership e allo sviluppo di nuove iniziative commerciali sfruttando gli investimenti in tecnologia e formazione del personale pari a 200 milioni di euro, sui quali la compagnia di bandiera aveva puntato negli ultimi due anni per incrementare l'efficienza e la produttività;
   la suddetta riduzione dei costi del lavoro si tradurrà nel licenziamento di circa 2.500 lavoratori e lavoratrici e nella riduzione della retribuzione fino al 32 per cento;
   si tratta del terzo piano di ridimensionamento nell'arco degli ultimi dieci anni: i precedenti furono, infatti, nel 2008 e nel 2014, con il taglio totale di 12.000 esuberi, e non riuscirono a tirar fuori l'Alitalia dal circolo vizioso in cui è rimasta intrappolata, anche a causa della concorrenza di vettori low-cost sostenuti dalla collocazione in Paesi a fiscalità minima e da inaccettabili condizioni del lavoro. Il management della compagnia, dal canto suo, ritiene che le misure radicali siano necessarie per garantire la sostenibilità di lungo termine;
   l'incontro tenutosi il 20 marzo 2017 tra parti sociali e Governo si è concluso con la presa d'atto di quest'ultimo dell'estrema gravità della situazione, un giudizio che getta un oscuro presagio sull'intera vicenda;
   il copione sembra essere sempre lo stesso: continuano a pagare lavoratrici e lavoratori a fronte di piani industriali improvvisati e management inadeguato, ma sempre premiato con buonuscite milionarie;
   è difficile ritenere credibile e risolutivo un piano di risanamento esclusivamente focalizzato su un elevatissimo numero di licenziamenti, piuttosto che sullo sviluppo –:
   se il Governo sia disponibile alla nazionalizzazione della Cai-spa o all'acquisizione di una quota significativa del capitale che assicuri gli investimenti necessari al suo rilancio. (3-02889)


   TRIPIEDI, LUIGI DI MAIO, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, VALLASCAS, CANCELLERI, CRIPPA, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI, DE ROSA, DI BATTISTA, PESCO e ALBERTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   l'Isolante K-Flex è un'azienda italiana leader mondiale nel mercato degli isolanti termici ed acustici. È presente nel mondo con circa 2.000 addetti in 60 Paesi ed 11 impianti produttivi. In Italia ha sede a Roncello in provincia di Monza e Brianza. K-Flex ha un bilancio complessivo dichiarato di 320 milioni di euro e un bilancio previsionale di 500 milioni di euro;
   dal 24 gennaio 2017 i dipendenti della K-Flex sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda a causa degli annunciati licenziamenti dovuti alla delocalizzazione in altri siti esteri decisa dalla proprietà. È giunta conferma che i proprietari italiani di K-Flex hanno deciso di raddoppiare le dimensioni del loro stabilimento in Polonia e la conseguente assunzione di circa 100 nuovi dipendenti;
   numerosi risultano essere i tentativi della proprietà di trasferire macchine e materiali dello stabilimento di Roncello per portarli nei siti esteri, azioni il più delle volte non rese possibili dai lavoratori in presidio;
   K-Flex negli ultimi anni ha ricevuto 12 milioni di euro di finanziamenti ministeriali, di cui uno a fondo perduto e parecchi milioni di euro da Cassa depositi e prestiti;
   in data 8 febbraio 2017 è stata divulgata da K-Flex una lettera di licenziamento collettivo per 187 dei 243 dipendenti complessivi della sede di Roncello;
   l'azienda non solo ha annunciato il licenziamento per 187 lavoratori, ma ha dichiarato che per gli stessi non vi è la possibilità di ricorrere a nessun genere di ammortizzatore sociale –:
   quali iniziative di carattere normativo intenda promuovere, anche nelle sedi europee competenti, per tutelare i lavoratori delle imprese italiane e quelle estere operanti in territorio italiano, disincentivando le delocalizzazioni in Paesi esteri, in particolare modo nei casi di imprese che beneficiano o abbiano beneficiato di finanziamenti pubblici, ferma restando la necessità di adottare misure di breve periodo finalizzate a salvaguardare gli attuali livelli occupazionali dello stabilimento di Roncello e garantire il legittimo e regolare godimento di ammortizzatori sociali. (3-02890)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 13 marzo 2017 l'ufficio postale di Pisticci è chiuso per lavori di ammodernamento;
   con atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante è stata posta in evidenza la necessità di interventi che ne migliorassero il funzionamento e la sicurezza per operatori ed utenza e pur tuttavia si segnalano disagi e criticità che si sarebbero potuti evitare da parte di Poste Italiane;
   il periodo di chiusura si protrarrà fino al prossimo 30 marzo e questo sta determinando notevoli disagi all'utenza del territorio;
   sono state inviate correttamente informazioni sugli uffici postali più vicini, ma è evidente che siamo in presenza di una criticità che interessa prevalentemente la popolazione anziana che è molto rilevante a Pisticci centro che ha notevoli difficoltà a raggiungere gli uffici di Marconia, tra l'altro già oberati di lavoro, o di Bernalda;
   va aggiunto che, nell'azione di razionalizzazione, per l'interrogante a volte illogica, adottata da Poste Italiane, l'ufficio postale di Pisticci Scalo, a 6 chilometri di distanza dal centro abitato di Pisticci, è stato chiuso da un anno e con un immobile di proprietà di Poste Italiane che risulterebbe all'interrogante essere stato lasciato nella totale incuria e che avrebbe in tale situazione agevolato molti cittadini per la facile raggiungibilità;
   si sarebbe potuta ipotizzare per tempo la riapertura temporanea dell'ufficio di Pisticci Scalo per ovviare ai disagi di questa chiusura;
   si segnalano inoltre da parte dei cittadini ritardi nella consegna della posta con la nuova formula di recapito della corrispondenza adottata dall'azienda –:
   se il Ministro interrogato, in considerazione di quanto esposto in premessa, non intenda verificare, in relazione alle competenze attribuite dal contratto di servizio in essere, l'incidenza di tali disagi per la popolazione di Pisticci centro e se non intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative affinché sia riaperto l'ufficio postale di Pisticci Scalo, intervenendo al fine di migliorare complessivamente il servizio sotto il profilo del recapito della corrispondenza. (5-10898)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO e CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con le acciaierie di Piombino, il Gruppo Lucchini negli anni ’90 era uno dei principali produttori di acciaio nel mondo. Piombino era famosa in tutto il mondo per l'industria di acciaio di alta qualità. In particolare, l'acciaieria era rinomata non solo per la qualità dell'acciaio, ma anche per la produzione di laminati per le rotaie lunghi fino a 108 metri;
   nel marzo 2013, il Ministero dello sviluppo economico procede all'attivazione dell'amministrazione straordinaria ai sensi del decreto legislativo n. 270 del 1999 e della legge Marzano n. 39 del 2004, nominando il commissario straordinario Piero Nardi, che procede alla redazione del nuovo piano industriale;
   il commissario Piero Nardi, formalizzato lo stato d'insolvenza, procede alla redazione di un nuovo piano industriale (ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 39 del 2004) per Lucchini. Attraverso un confronto serrato con i sindacati, la regione ed gli enti locali, viene elaborato un piano di rilancio che si sostanzia in due punti: 1) riconversione dell'impianto siderurgico al fine di realizzare un forno tecnologicamente avanzato mantenendo l'occupazione e l'indotto specializzato; 2) riconoscimento di Piombino come «area di crisi complessa»;
   nel 2014 il Commissario pubblica il bando di vendita delle attività della Lucchini. Dopo varie vicende, viene accettata l'offerta d'acquisto del gruppo algerino Cevital (facente capo all'imprenditore algerino Issad Rebrab) con attività industriali molto diversificate (anche nel settore agroalimentare) in Nord Africa ed in Francia. In base alle relazioni del commissario straordinario, il Comitato di sorveglianza del Ministero dello sviluppo economico valuta come affidabile l'offerta di Rebrab sia per quanto riguarda l'occupabilità dei lavoratori sia per gli investimenti. Questi ultimi dovrebbero essere 400 milioni di euro per il finanziamento del circolante e per l'acquisto dei semilavorati;
   in particolare, Cevital nell'offerta di acquisto s'impegna a proseguire le attività imprenditoriali per due anni dal perfezionamento della compravendita (con scadenza a luglio 2017) e a mantenere stabili per il medesimo periodo i livelli occupazionali (si parla di più di 2.183 dipendenti tra Complessi Lucchini, Ramo Vertek e Ramo Lucchini Servizi);
   nel periodo tra agosto 2013 e giugno 2015 vengono siglati tre accordi di programma tra Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dello sviluppo economico, Ministero della difesa, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'ambiente, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzia del demanio, Regione Toscana, provincia di Livorno, Autorità portuale di Piombino ed Invitalia con la finalità di disciplinare la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino;
   il Ministro dello sviluppo economico ha confermato che l'appuntamento fissato per il 27 marzo 2017 con i rappresentanti di CEVITAL costituirà l'occasione per fare chiarezza sulla concreta intenzione di quest'ultima di dare il via agli investimenti siderurgici previsti a Piombino –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno promuovere efficaci meccanismi di controllo volti a impedire il verificarsi di comportamenti che potrebbero rappresentare violazione degli accordi intercorsi tra le parti;
   se il Ministro interrogato, in mancanza di elementi concreti, non ritenga opportuno mettere in atto ogni possibile iniziativa per tutelare gli interessi dell'Italia, dei lavoratori e di un territorio oggi interessato da una significativa crisi economica;
   quali iniziative intenda intraprendere affinché venga rispettato il contratto di cessione aziendale, nel caso in cui si verificassero inadempienze da parte dell'investitore, per il mantenimento dei livelli occupazionali e per la realizzazione e completamento delle infrastrutture logistics;
   quali coperture finanziarie si intendano utilizzare per la progettazione, la messa in sicurezza e la bonifica del sito in oggetto. (4-15987)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Dell'Aringa e altri n. 1-01319, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

  La mozione Quartapelle Procopio e altri n. 1-01547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Fiorio e altri n. 7-01221, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Oliverio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Palladino n. 5-10562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Impegno.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Gallinella n. 7-01165, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 726 del 18 gennaio 2017.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la programmazione della politica agricola comune avviene, come noto, con largo anticipo al fine di consentire il coinvolgimento di un elevato numero di soggetti sulle tematiche oggetto di discussione e di conseguire il più ampio consenso possibile sul superamento delle criticità che emergono dall'applicazione delle misure in corso;
    secondo alcune recenti indiscrezioni e come più volte accennato da alcuni leader politici europei, la dotazione finanziaria che l'Unione europea riserverà alla Politica agricola comune (Pac) il periodo 2021-2028 sarà interessata da una consistente riduzione di risorse ed è pertanto indispensabile procedere ad una razionalizzazione delle stesse al fine di potenziare l'efficacia degli interventi;
    stando ai dati attuali riferiti al nostro Paese, la dimensione media aziendale nazionale è di circa 10,5 ha e circa 1 milione di agricoltori hanno presentato domanda per gli aiuti previsti dalla Pac per la programmazione in corso di cui, più della metà, rientrano nella definizione di «piccoli agricoltori»;
    come previsto dalla vigente normativa, le deroghe alle cosiddette condizionalità greening, ovvero agli obblighi di attuare le pratiche benefiche per il clima e l'ambiente riguardano: i soggetti con superfici aziendali fino a 10 ettari di seminativo, che sono esonerati dall'obbligo di diversificazione e quelli con superfici aziendali inferiori o uguali a 15 ettari che sono invece esclusi dall'obbligo di destinare una quota del 5 per cento dei seminativi ad aree di interesse ecologico;
    come noto, il pagamento a titolo di «sostegno accoppiato» che la norma comunitaria riserva ai settori in crisi e la cui erogazione è subordinata a precise condizioni, nel nostro Paese è stato utilizzato più come una redistribuzione di risorse tra regioni, piuttosto che come contributo a determinati tipi di agricoltura o settori agricoli che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, sociali o ambientali, e che si trovano in difficoltà;
    alla luce di quanto sopra riportato è evidente la necessità, per la programmazione Pac post 2020, di ripensare, come di seguito esposto, le due componenti del « greening» e dell'aiuto accoppiato al fine di procedere ad una riallocazione di risorse che consenta una maggior efficacia di tali misure;
    suddividendo la Superficie agricola utilizzata (Sau) nazionale in «superficie svantaggiata», sulla quale non si applicherebbero condizionalità greening e «superficie non svantaggiata», che invece resterebbe soggetta al solo obbligo di avvicendamento colturale, si libererebbero risorse destinate ad incrementare il pagamento base che, nelle aree svantaggiate, faciliterebbe l'insediamento di lungo periodo, mentre nelle altre renderebbe meno complessa, dal punto di vista burocratico, la gestione dell'azienda agricola;
    la soppressione dell'aiuto accoppiato, pur mantenendo il principio del sostegno alle colture in difficoltà, consentirebbe invece di allocare le relative risorse su un fondo dedicato a finanziare interventi in caso di gravi squilibri di mercato, di emergenze dovute ad epizoziee, fitopatie, calamità naturali e ad erogare contributi finalizzati al rilancio dei settori strategici in difficoltà (olivicolo, cerealicolo, zootecnico, e altro);
    il crescente interesse dei consumatori alla tracciabilità dei cibi dimostra che la società è decisa a rimuovere l'anonimato e a conoscere invece il luogo di produzione di ciò che arriva sulla tavola; tale evidenza riporta in primo piano la tematica dell'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine in etichetta, ma anche delle filiere corte, del cibo locale e di stagione, tutti argomenti che devono diventare cruciali per una politica agricola che non può non essere anche politica alimentare;
    esistono moltissime colture di valore ambientale e paesaggistico, le cui produzioni non hanno valore di mercato e che tuttavia richiedono specifici interventi anche a tutela dell'ambiente e del territorio, quali i vigneti eroici, gli oliveti monumentali e gli agrumeti caratteristici,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per aumentare fino a 400 euro l'importo minimo per beneficiare del pagamento diretto come previsto dall'articolo 10 del regolamento 1307/2010;
   a prevedere ogni utile iniziative a sostegno della costituzione di organizzazioni interprofessionali e organizzazioni professionali e ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie affinché si valuti, per la programmazione della Pac oltre il 2020, sia l'opportunità di promuovere aiuti diretti incentivati l'aggregazione, che sostegni specifici per le aree agricole di montagna in virtù della loro importanza strategica a presidio del territorio;
   ad assumere iniziative, in sede di negoziati europei per la programmazione della politica agricola comune post 2020, volte a proporre una riforma finalizzata a:
    a) rivedere le norme sulla condizionalità greening affinché sia previsto il solo obbligo di avvicendamento colturale per le aziende ubicate nelle aree considerate «non svantaggiate» e la conseguente riallocazione delle relative risorse, circa il 30 per cento dell'ammontare dei pagamenti diretti, sul plafond destinato al pagamento base;
    b) rivedere l'attuazione del principio del sostegno alle colture in difficoltà, attraverso la soppressione della componente «aiuto accoppiato» e il conseguente trasferimento delle relative risorse su un Fondo per le crisi in agricoltura e per il rilancio dei settori in difficoltà, destinato a finanziare interventi in caso di gravi squilibri di mercato, di emergenze dovute ad epizoziee, fitopatie e calamità naturali e per contributi finalizzati al rilancio dei settori strategici in difficoltà;
    c) estendere a tutti i prodotti agricoli e agroalimentari, anche attraverso la revisione del regolamento dell'Unione europea n. 1169/2011, l'obbligo dell'indicazione dell'origine in etichetta;
    d) prevedere specifiche norme a tutela e promozione delle filiere corte e quindi degli agricoltori rivolti ai mercati locali il cui ruolo è fondamentale per la gestione del territorio, la tutela dell'ambiente e la valorizzazione dei servizi sociali;
    e) rivedere le norme sullo sviluppo rurale affinché i programmi regionali prevedano misure obbligatorie per la salvaguardia delle colture di pregio paesaggistico ove esistenti.
(7-01165)
«Gallinella, Cecconi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Oliverio n. 7-01169, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 731 del 27 gennaio 2017.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la politica agricola comune (Pac) è stata oggetto negli ultimi anni di profonde revisioni tese a rendere il comparto più competitivo ed autonomo rispetto a strumenti di intervento pubblico diretto, e maggiormente rispondente ad un'attività produttiva sostenibile per l'ambiente;
    il comparto si è visto, quindi, esposto a profondi cambiamenti. L'abbandono del controllo della produzione attraverso l'abolizione delle quote, la riduzione degli interventi a sostegno del mercato, la globalizzazione dei mercati e gli accordi di libero scambio hanno esposto il settore a situazioni di turbolenza e volatilità dei prezzi nei mercati agricoli, con ridotti, se non nulli, margini di profitto, per gli agricoltori;
    gli strumenti configurati con la nuova PAC 2014-2020 hanno richiesto un lavoro di sperimentazione ed adattamento alla realtà nazionale ed, in taluni casi, sono risultati insufficienti o non adeguati a fronteggiare situazioni di gravi crisi in cui si sono trovati alcuni specifici comparii. In alcuni casi, come per la consulenza aziendale la complessità della regolamentazione comunitaria non sta permettendo l'avvio della misura prevista nei programmi di sviluppo rurali italiani;
    l'Europa si trova ad affrontare sfide legate alla sopravvivenza del suo stesso modello di società. Le spinte populiste e disgreganti della stessa convivenza europea sono in forte aumento, anche a causa di una lunghissima fase di recessione economica che ha inciso fortemente sull'aumento delle diseguaglianze sociali e del tasso di disoccupazione, soprattutto tra le fasce della popolazione più giovane;
    il Presidente Juncker, nel discorso sullo stato dell'Unione, ha associato il tema dell'agroalimentare ad un dato a lungo trascurato: il numero delle imprese e delle persone impiegate nel settore primario ammonta a 44 milioni. Dopo molto tempo, torna ad essere protagonista una dimensione economica in cui emerge e viene fatto valere, anche ai fini della distribuzione dei contributi europei, il fattore «umano», inteso come capacità del settore agricolo non solo di contrastare l'abbandono di territori già socialmente fragili ma anche di generare occupazione e lavoro qualificanti;
    il modello agroalimentare europeo ed italiano dovrà, quindi, ripartire dal fattore «umano» per confermare i propri valori distintivi, basati sulla sostenibilità ambientale, sulla sicurezza alimentare, sulla multifunzionalità dell'agricoltura e sulla distintività delle produzioni che possa fornire un'informazione completa al consumatore sull'origine delle produzioni;
   se, da un lato, con la Brexit, la Pac perde uno dei Paesi che maggiormente contribuisce a finanziarla, dall'altro l'agricoltura potrebbe guadagnare posizioni nell'agenda politica dell'Unione europea, acquisendo maggiore spazio per alleanze mediterranee, a favore di riforme della Pac maggiormente attente alle esigenze di agricolture più differenziate e ad alto impatto di lavoro come quella del nostro Paese;
    il 14 settembre 2016 la Commissione ha presentato il riesame intermedio del quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2014-2020: esso si sostanzia nel pacchetto di modifiche regolamentari contenute nella proposta del cosiddetto regolamento Omnibus che, per l'agricoltura, prevede la modifica di tutti e quattro i regolamenti di base della politica agricola comune: il regolamento 1307/2013 sui pagamenti diretti (agricoltore attivo, giovani, sostegno accoppiato), il regolamento 1305/2013 sullo sviluppo rurale (gestione del rischio, strumento di stabilizzazione del reddito), il regolamento 1308/2013 sull'organizzazione comuni di mercato unica (settore ortofrutticolo e contingenti tariffari) e il regolamento 1306/2013 orizzontale (disciplina finanziaria, disimpegno automatico, sanzioni amministrative);
    la proposta contenuta nel regolamento «Omnibus», pur non potendo configurarsi come una revisione di medio termine, ipotesi peraltro esclusa dallo stesso commissario Hogan, dà avvio ad una riflessione complessiva sulle scelte da compiere anche in vista di una riforma complessiva della Politica agricola comune dopo il 2020;
    con la Pac 2014-2020 il regime dei pagamenti diretti ha subito modifiche sostanziali, tra cui spiccano:
     1. la previsione di diverse tipologie di pagamento, alcune obbligatorie e altre facoltative, rispetto al previgente regime di pagamento unico;
     2. l'introduzione della figura dell'agricoltore attivo come prerequisito per essere beneficiario della politica agricola comune che ha permesso di indirizzare i fondi a disposizione verso coloro che vivono di agricoltura, escludendo, al contempo, rendite fondiarie ingiustificate;
     3. la regionalizzazione del pagamento e la convergenza verso un valore unitario nazionale (VUN), concretizzatesi per l'Italia con la scelta di una «regione unica» a livello nazionale;
     4. l'introduzione del greening, un pagamento obbligatorio volto, da un lato, a garantire la sostenibilità ambientale della produzione agricola e, dall'altro, ad assicurare agli agricoltori la remunerazione per la produzione di beni pubblici;
    nel regolamento «Omnibus», la semplificazione interessa i pagamenti diretti nei seguenti ambiti: la definizione di agricoltore attivo, i giovani agricoltori, il sostegno accoppiato facoltativo ed il regime di pagamento unico per superficie;
    in merito alla definizione di agricoltore attivo si propone di concedere ai singoli Stati membri la facoltà di soddisfare la definizione di agricoltore attivo attraverso uno o due dei tre requisiti al momento previsti (importo annuo dei pagamenti diretti almeno pari al 5 per cento dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell'anno fiscale più recente, attività dell'agricoltore non insignificanti, esercizio di un'attività agricola che rappresenti l'attività principale dell'agricoltore o il suo oggetto sociale) o addirittura la possibilità di non applicare affatto la definizione di agricoltore attivo;
    la possibilità che uno Stato membro decida di non applicare il requisito dell'agricoltore attivo va considerata un passo indietro rispetto ai principi che hanno guidato la riforma della politica agricola comune per il periodo 2014-2020 e che vedevano tale requisito come un modo per indirizzare il sostegno ai soggetti che fanno dell'attività agricola la loro principale fonte di reddito. Per garantire il mantenimento di tale principio e per assicurare un indirizzo specifico delle risorse a chi vive di agricoltura, in Italia non si può ridiscutere la figura dell'agricoltore attivo che dovrà quindi essere mantenuta;
    riguardo al pagamento per i giovani agricoltori, al fine di garantire il maggior utilizzo del relativo pagamento, la proposta di regolamento prevede l'eliminazione del limite massimo al numero di titoli o di ettari sui quali calcolarlo. Lo Stato membro verrebbe, così, obbligato a definire un limite massimo del numero di diritti all'aiuto o del numero di ettari solo quando necessario per il rispetto del tetto previsto per il pagamento e pari al 2 per cento del massimale nazionale. La proposta richiederà un'attenta valutazione considerato che essa potrebbe essere soggetta ad applicazioni distorsive ai fini dell'ottenimento della maggiorazione prevista per il pagamento ai giovani agricoltori;
    sul sostegno accoppiato facoltativo, con la modifica proposta la Commissione avrebbe la facoltà di rendere «disaccoppiato» il sostegno accoppiato della politica agricola comune, legandolo alla produzione passata, al fine di evitare che i livelli produttivi siano mantenuti ad un livello non opportuno a causa di forti crisi di mercato. Di conseguenza, l'agricoltore potrebbe ricevere un pagamento commisurato a livelli di produzione storici, con la possibilità di diminuire il numero di capi/ettari per i quali aveva effettuato la domanda di aiuto, ricevendo però il medesimo sostegno;
    in merito alle misure per lo sviluppo rurale, la proposta di regolamento interviene in materia di:
     1) misure di gestione del rischio, introducendo la possibilità di prevedere fondi settoriali per lo strumento IST (Income stabilization tool), delineando per questi stessi fondi una riduzione della soglia, dal 30 per cento al 20 per cento della perdita subita nell'anno rispetto al reddito medio dei tre anni precedenti o media olimpica degli ultimi cinque, che fa scattare la possibilità di accesso allo strumento;
     2) disposizioni in materia di nuove aziende da parte dei giovani agricoltori, specificando che l'insediamento da parte del giovane potrà avvenire anche insieme ad altri agricoltori, riducendo, così, la discrezionalità delle singole regioni che, nell'attuale periodo di programmazione, hanno previsto regole differenti al riguardo. La data di primo insediamento non coinciderà più con l'adempimento degli aspetti formali da parte del soggetto (apertura partita iva), bensì con l'implementazione da parte di quest'ultimo di azioni concrete per l'esercizio dell'attività d'impresa che saranno definite dai singoli Stati membri; l'attuazione del piano aziendale da parte del giovane deve iniziare dalla data di insediamento. È previsto, infine, per i giovani l'ottenimento del sostegno anche sotto forma di strumenti finanziari, o come combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari;
     3) regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, prevedendo un sostegno specifico per coprire i costi per le attività svolte dalle associazioni dei produttori solo nel mercato interno;
     4) spese sulle calamità naturali, prevedendo che gli Stati membri avranno la possibilità di prevedere nei loro programmi l'ammissibilità delle spese sostenute dopo il verificarsi degli eventi se l'investimento è relativo alle misure di emergenza dovute a calamità naturali, eventi catastrofici, condizioni climatiche avverse o un cambiamento significativo e repentino delle condizioni socioeconomiche dello Stato membro o regione;
    l'Unione europea ha progressivamente cambiato la propria strategia di stabilizzazione dei mercati agricoli, passando da strumenti diretti più invasivi e distorsivi (prezzi garantiti, restituzioni all'esportazione, ammassi pubblici, quote, set aside e altro) a strumenti di regolazione indiretta del mercato, quali: organizzazioni di produttori (OP) e associazioni di organizzazioni di produttori (AOP); organizzazioni interprofessionali (OI); trasparenza del mercato; contratti, che l'autorità pubblica può rendere anche obbligatori; sviluppo di filiere corte; programmazione dell'offerta delle produzioni dop e igp. A questi strumenti si aggiungono quelli di gestione del rischio, in particolare i fondi di mutualità, collocati nel secondo pilastro della politica agricola comune. Delle vecchie misure di mercato rimangono in vigore alcune residue forme di protezione alla frontiera dal lato delle importazioni (dazi) e reti di sicurezza sul mercato interno: ritiri dal mercato e ammasso pubblico (con prezzi di riferimento talmente bassi da non rappresentare alcuna protezione per gli agricoltori) e aiuti all'ammasso privato;
    la validità delle nuove misure è ancora aleatoria, come dimostra la scarsa efficacia del «pacchetto latte» nell'affrontare la crisi del settore nel 2016 ed è necessario prevedere un miglior funzionamento degli strumenti a disposizione per affrontare in modo strutturale le cause della crisi e non sulla scorta dell'emergenza;
    infatti, nel primo anno di applicazione, la nuova politica agricola comune 2014-2020 ha dovuto fronteggiare diversi problemi associati all'accresciuta volatilità dei mercati agricoli – ormai elemento strutturale a livello mondiale ed europeo – che, sommandosi alle difficoltà di applicazione del nuovo sistema di pagamenti diretti e alla sempre minore protezione dalle importazioni, hanno fortemente ridotto i livelli di sostegno e il sistema di tutela del reddito degli agricoltori europei. Il settore lattiero-caseario è stato il primo a essere colpito, a causa dell'eccesso di capacità produttiva generato dalla progressiva eliminazione delle quote, divenuta definitiva a partire dal 1o aprile 2015, ma anche a causa dell'embargo russo e delle basse importazioni della Cina rispetto alle previsioni. Analoghe difficoltà si sono registrate anche per l'ortofrutta, i cereali e la carne suina;
    la perdita di potere negoziale lungo la filiera e l'ampliamento della forbice tra i prezzi alla produzione e i prezzi al consumo si possono considerare come un fattore strutturale. Il ruolo e la posizione dei produttori nella filiera agroalimentare continuano a destare grande preoccupazione. Questa situazione di debolezza della produzione agricola minaccia, non solo gli agricoltori, ma tutta la filiera, e non solo nella sua capacità di soddisfare le esigenze dei consumatori, ma anche rispetto ad altri obiettivi in campo economico, ambientale e sociale;
    la Commissione prevede di formulare delle proposte legislative a inizio del 2017, dopo la presentazione della relazione finale della Agricultural Markets Task Force istituita ad inizio 2016;
    dalla proposta di regolamento «Omnibus» non emergono novità sull'impianto normativo delle misure di mercato, essendo gli interventi molto limitati e riguardanti gli aiuti al settore ortofrutticolo e i contingenti tariffari;
    nello specifico, in relazione agli aiuti: le misure di prevenzione e gestione crisi sono estese al sostegno con i fondi di mutualizzazione; si propone di includere nelle misure di prevenzione e di gestione delle crisi, attività di coaching finanziate al 100 per cento tramite il bilancio dell'Unione europea; si modificano le norme relative all'aiuto finanziario nazionale (AFN) alle organizzazioni di produttori nei Paesi in cui l'organizzazione della produzione nel settore ortofrutticolo è debole; si sopprime la possibilità per le regioni di chiedere il rimborso dell'aiuto nazionale al verificarsi di talune condizioni (questa modifica provocherà evidenti ripercussioni negative su vari Stati membri, tra cui Italia, Spagna e Portogallo),

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché, nella definizione delle ipotesi di distribuzione delle risorse tra i Paesi membri del pagamento di base:
    a) sia garantito dopo il 2020 almeno lo stesso livello di budget dell'UE destinato alla PAC;
    b) si tenga conto della differenziazione dei modelli di agricoltura presenti in Europa e si mantenga alta l'attenzione alla qualità e alla diversificazione delle attività agricole in un quadro di sostenibilità ambientale, sociale ed economica;
    c) siano considerate, nella definizione delle ipotesi di distribuzione delle risorse tra i Paesi membri del pagamento di base, in una logica premiante per il Paese in aggiunta al parametro della superficie agricola utilizzata (SAU), altre variabili in grado di rappresentare il contributo che l'azienda fornisce all'economia e all'occupazione, quale il livello di occupazione, gli investimenti fissi di capitale e il valore aggiunto, con particolare attenzione alle aree rurali dove il rischio di abbandono è molto alto e dove l'agricoltura rappresenta un'importante fonte di reddito per la popolazione locale;
   ad assumere iniziative per migliorare la competitività del settore agricolo ed aumentare la percentuale di valore che esso rappresenta nella filiera agro-alimentare, promuovendo il rafforzamento delle forme organizzate dei produttori, inserendo modifiche al Regolamento 1308/2013, affinché il ricorso all’erga omnes sia più facilmente perseguibile, in modo da rafforzarne il potere di mercato e il potere negoziale, nonché favorire la creazione di mercati locali accanto ai mercati globali ed una maggiore capacità di penetrazione del Made in Italy agro-alimentare nei mercati esteri;
   ad assumere iniziative affinché nella programmazione della politica agricola comune oltre il 2020 le misure di gestione del rischio siano rese più efficaci:
    a) valutando eventualmente anche l'opportunità di trasferire parte degli interventi dal secondo al primo pilastro, delineando un nuovo quadro strategico della gestione del rischio, anche mediante la redazione di un piano pluriennale, in modo da assicurare la necessaria complementarietà tra le iniziative di gestione dei rischi e quelle destinate alla gestione delle crisi di mercato, individuando nelle realtà organizzate degli imprenditori agricoli un punto di riferimento per una parte consistente delle iniziative per la gestione dei rischi;
    b) prevedendo che, per i fondi di mutualizzazione, la soglia relativa al calo di reddito necessaria per attivare il contributo sia abbassata dal 30 per cento al 20 per cento e che la compensazione possa riguardare l'80 per cento e non il 70 per cento della perdita di reddito subita;
    c) semplificando le disposizioni operative con l'estensione a tutte le misure della facoltà di applicare indici, perizie, costi benchmark per la valutazione delle perdite di resa o di reddito;
   a sostenere il rafforzamento degli strumenti di intervento per la gestione del rischio, valutando l'opportunità di introdurre nuovi strumenti accanto a quelli esistenti, come le polizze assicurative agevolate sui ricavi, in corso di sperimentazione, ed interventi di sostegno mirati alla diffusione di mercati a termine per taluni prodotti agricoli;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie per valutare la possibilità che l'attuale componente «accoppiata» dei pagamenti diretti possa svolgere più un ruolo anticiclico, agganciato all'andamento dei prezzi, che di aiuto settoriale stabilito ex ante e rinegoziabile su base biennale come avviene già oggi; la gestione della componente «accoppiata» dei pagamenti diretti dovrebbe inoltre essere resa più flessibile nelle scelte e nell'implementazione da parte degli Stati membri. In subordine, ad assumere iniziative per integrare, eventualmente, la lista dei prodotti ai quali gli Stati membri possono concedere un aiuto accoppiato, aggiungendovi le patate, le carni suine, le carni avicole e le uova, eliminando la clausola secondo la quale il sostegno può essere concesso unicamente nella misura necessaria ad incentivare il mantenimento degli attuali livelli di produzione;
   ad assumere iniziative per rafforzare le attuali organizzazioni comuni di mercato quale strumenti utili in grado di razionalizzare e modernizzare i mercati, svolgendo nel contempo un ruolo importante nella gestione delle crisi, attraverso un innalzamento delle reti di sicurezza e una loro maggiore efficienza e rapidità di utilizzo;
   ad assumere iniziative affinché la proposta contenuta nel regolamento «Omnibus» di abbassare la soglia per i fondi di stabilizzazione dei redditi, oltre la quale scatta la possibilità di compensazione, sia estesa anche alle altre tipologie di risk management ed, in particolare, alle assicurazioni, che ad oggi risultano lo strumento più diffuso tra gli agricoltori europei, favorendo il ricorso a formule assicurative di tipo parametrico, maggiormente collegate non solo alle vicende produttive ma anche a quelle climatiche e di mercato;
   ad intervenire nelle sedi europee per rendere la normativa comunitaria sulla consulenza compatibile ed applicabile anche in Italia, in quanto di grande importanza per i produttori e, soprattutto, nei casi di avvio di nuove aziende, in particolare se condotte da giovani;
   ad assumere iniziative per individuare, nell'ambito della componente greening, azioni a favore dell'ambiente compatibili con la realtà delle pratiche agricole applicate ed i cui effetti siano misurabili, includendovi anche temi quali il risparmio energetico e la lotta al cambiamento climatico e rendendo le misure più flessibili a seconda dei territori in cui operano le aziende e delle caratteristiche strutturali e di gestione agronomica delle aziende stesse;
   ad assumere iniziative per favorire un'applicazione diversificata delle norme a seconda della dimensione e della localizzazione aziendale, così come adottata per esempio per l'applicazione del greening, con un maggior ricorso a semplificazioni e regimi forfettari, in modo da ridurre i costi della burocrazia per le imprese agricole, soprattutto per quelle collocate in aree marginali e di montagna;
   a modificare alcuni spetti applicativi del greening per renderlo più efficace, in particolare a modificare articolo 44, paragrafo 2, Regolamento 1307/2013, per prevedere che le leguminose foraggere (erba medica, trifoglio, lupinella, e altro) siano esonerate dagli impegni della diversificazione e delle aree ecologiche (EFA), in quanto esse svolgono un ruolo ambientale elevatissimo, al pari dell'erba e altre piante da foraggio, delle colture sommerse e dei terreni a riposo, in modo da rendere compatibile la produzione dell'erba medica nelle zone tradizionali (ad esempio nelle zone di produzione del Parmigiano Reggiano);
   riguardo all'effettività dei beneficiari delle risorse della politica agricola comune, ad adoperarsi affinché la norma sull'agricoltore attivo non venga rimessa in discussione e sia consentita agli Stati membri la necessaria flessibilità nell'applicazione della stessa, garantendo l'indirizzo delle risorse prioritariamente verso chi vive di agricoltura e considerando anche il contributo all'occupazione;
   a mantenere alta l'attenzione sul ricambio generazionale, con politiche a servizio dei giovani che facilitino non solo l'ingresso di quest'ultimi nel settore agricolo, ma anche attività di formazione e consulenza che li accompagnino nello sviluppo continuo della propria azienda e nel mantenimento della stessa una volta avviata;
   ad assumere iniziative volte a redigere norme più semplici e più chiare sia nella formulazione della normativa comunitaria che nazionale allo scopo di perseguire con efficienza ed efficacia l'obiettivo della semplificazione e dell'alleggerimento burocratico delle procedure di attuazione della Pac.
(7-01169)
«Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Rostellato».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento di indirizzo è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Gallinella n. 7-00944 del 4 marzo 2016.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Scagliusi n. 4-15131 dell'11 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta orale Latronico n. 3-02816 del 24 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Vico n. 5-10693 del 27 febbraio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Vaccaro n. 5-09564 del 23 settembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15981.