Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 16 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 32 della Costituzione sostiene che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
    la prevenzione assolve un ruolo centrale nel mantenimento dello stato di salute, tramite l'educazione sul corretto stile di vita e sulle corrette scelte alimentari, esplicitate nelle linee guida alimentari nazionali;
    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nonché le ultime statistiche dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OECD) e dell'Eurostat, negli ultimi decenni, nella popolazione dell'Unione europea, l'incidenza dei tumori, diabete Alzheimer e le altre malattie neuro-degenerative, malattie cardiovascolari, autoimmuni eccetera è in vertiginoso aumento;
    le linee guida nazionali, stilate in diversi Paesi, concordano sulla necessità di riduzione del consumo di carne a favore di diete che prevedono, per contro, un ampio uso di prodotti vegetali. A tal riguardo, nel 2009, l’American Dietetic Association and Dietitians of Canada ha indicato nell'alimentazione vegetariana o vegan una possibile soluzione per chi ricerca un effetto protettivo contro le cardiopatie ischemiche, l'ipertensione, il diabete, il cancro, soprattutto del colon-retto e della prostata, le nefropatie, la demenza senile, la diverticolite e i calcoli della cistifellea;
    l'US Department of Agricolture, nelle Dietary Guidelines 2010 for Healthy Americans (USDA, 2010) propone tre Healthy Eating Patterns («Percorsi per un'alimentazione sana»): la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension, ovvero Approcci dietistici per fermare l'ipertensione) la dieta vegetariana e quella Mediterranea. Dello stesso avviso il Ministro della salute Lorenzin e il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, i quali hanno recentemente raccomandato di seguire costantemente un regime alimentare vario, ispirato al modello mediterraneo;
    la dieta mediterranea, scoperta dallo scienziato americano Ancel Keys, osservando come l'infarto colpisse i cittadini americani e non quelli italiani (di Napoli in particolare) è patrimonio immateriale dell'umanità, come riconosciuto dalla stessa Unesco e da diversi studi scientifici tra cui spicca «How to Eat Well and Stay Well, the Mediterranean Way» di Ancel e Margaret Keys. Essa rappresenta un vero e proprio stile di vita, che dal punto di vista prettamente alimentare si conforma come una piramide alla cui base sono inseriti gli alimenti da consumare quotidianamente: verdure non amidacee, frutta, cereali integrali, legumi (e pesce nelle zone costiere), olio extravergine e semi oleaginose e salendo gli alimenti da consumare con moderazione se non in misura eccezionale: cereali raffinati, carni e salumi, latticini, patate, grassi diversi dall'olio extravergine, zucchero e dolciumi. Questi ultimi alimenti caratterizzano invece la dieta occidentale che, trascurando la tradizione, apportano al nostro organismo un eccessivo quantitativo di grassi saturi e saccarosi, tali da esporci a malattie croniche, cardiovascolari, diabete e cancro, malattie che affliggono la nostra società. A tal proposito, il noto patologo Denis Parsons Burkitt aveva dichiarato già nel 1993: «L'unico modo che abbiamo per ridurre le malattie croniche è quello di tornare indietro alle diete e stili di vita dei nostri antenati.»;
    diverse raccomandazioni sanitarie si sono espresse nella direzione della riduzione del consumo di carne: il World Cancer Research Fund afferma che, per limitare l'incidenza del cancro al colon retto, non si dovrebbero superare i 42,9 grammi al giorno di carni rosse per un totale di 15,66 kg all'anno, evitando le carni processate e prediligendo l'assunzione di almeno cinque porzioni di frutta e verdura per un totale di almeno 400 grammi al giorno;
    le Dietary guidelines for Americans consigliano un apporto massimo consigliato di carni (rosse e bianche) di circa 34,31 kg all'anno, l'Harvard School of Medicine restringe il limite di consumo di carni rosse a porzioni non superiori a 80 grammi, al massimo due volte a settimana;
    diversi studi hanno evidenziato una correlazione tra alimentazione e tumori con la specifica che il 30-40 per cento dei tumori potrebbe essere evitato con una dieta più sana (Food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer: a global prospective. WCRF 2007);
    nella letteratura scientifica viene riportato come una dieta ricca di grassi animali predisponga allo sviluppo di tumori al seno, al pancreas, alla prostata, nonché che i grassi saturi, colesterolo, proteine animali e sale rappresentino i più importanti fattori di rischio in ambito alimentare (WHO/FAO 2002; WCRF/IARC 1997; WCRF 2007);
    l'American Diabetes Association indica come un elevato consumo di carni rosse e specialmente di varie carni processate, possa incrementare il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 nelle donne (Song Yiqing, Manson JoAnn E., Buring Julie E., Liu Simin, A Prospective Study of Red Meat Consumption and Type 2 Diabetes in Middle-Aged and Elderly Women);
    l'American Institute for Cancer Research ha evidenziato come le cattive abitudini alimentari siano responsabili di circa tre umori su dieci. Lo stile di vita alimentare potrebbe essere coinvolto nell'insorgenza del 50 per cento di tutte le neoplasie femminili e nel 30 per cento di quelle maschili;
    ad ottobre 2015 è stato reso pubblico il report dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla cancerogenicità della carne consumata. Lo studio condotto allo Iarc (International Agency for Research on Cancer) ha inserito la carne lavorata nel gruppo «1» delle sostanze che causano cancro, dove ci sono anche sigarette, alcol, arsenico e benzene e quella rossa non lavorata nel gruppo «2A»;
    tra i rischi per la salute va considerata anche la contaminazione biologica dei cibi di origine animale, dal momento che gli animali da reddito espellono una grande quantità di microrganismi, che trasmettono zoonosi, e di parassiti multicellulari che possono passare all'uomo o che sono portatori di virus o prioni che attraversano la barriera tra la specie, come ad esempio nel caso dell'encefalopatia spongiforme bovina o dell'influenza aviaria. In tale direzione, secondo un rapporto commissionato dal governo Cameron all'economista Lord O'Neil, siamo ormai a un passo dalla pandemia, ovvero a un'epidemia estesa a livello globale, che nel 2050 rischia di fare dieci milioni di vittime all'anno, più del cancro, legata all'uso degli antibiotici;
    secondo l'ultimo rapporto annuale, pubblicato mercoledì 22 febbraio 2017, dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, la resistenza ai farmaci rappresenta una grave minaccia per la salute delle persone e degli animali. La resistenza dei batteri agli antibiotici (Amr) rappresenta, infatti, un problema complesso, che già oggi riguarda vari tipi di microbi e di trasmissione (da uomo ad uomo, da animale ad uomo, ambientale, tramite alimenti, eccetera) e che è causa, ogni anno, di oltre 25 mila decessi solo nell'Unione europea. Tale resistenza si sviluppa, infatti, soprattutto in batteri che sono venuti a contatto con dosi massicce di antibiotici e che hanno conseguentemente attivato meccanismi di difesa. Ed è proprio negli allevamenti intensivi che vengono utilizzati il maggior numero di farmaci;
    nel nostro Paese, ad oggi, oltre il 70 per cento degli antibiotici venduti finisce negli allevamenti intensivi per fronteggiare malattie e infezioni che colpiscono gli animali. Secondo i dati aggregati in un report dalle agenzie europee Efsa, Ema e Ecdc (2015), l'Italia consuma annualmente 621,6 tonnellate: questo significa che 435,12 tonnellate sono destinate agli allevamenti. Una cifra che ci piazza di poco secondi a Germania e Spagna per utilizzo di antibiotici negli allevamenti, ma che ci consegna il triste primato negativo assoluto per quanto riguarda l'utilizzo in relazione alla produzione: 341 mg di antibiotici utilizzati per ogni chilo di carne prodotta, contro Francia e Germania ferme rispettivamente a 99 mg e 205 mg, e una media europea di 140 mg;
    dal 1961 ad oggi i consumi annui di carne sono quasi triplicati passando da 31 chilogrammi a 86,7 chilogrammi fino al 2013 e di 78 chilogrammi nel 2015;
    il consumo di carni e derivati in Italia, secondo dati Fao, è aumentato di oltre il 190 per cento negli ultimi 50 anni, passando da un consumo pro capite anno di 31 chilogrammi nel 1961 a 91 chilogrammi nel 2007 con una leggera diminuzione negli ultimi anni; ma è destinato, globalmente, a crescere parallelamente al crescere della popolazione e alla diffusione di un'alimentazione occidentale, con implicazioni sulla salute, sulla spesa sanitaria, sulla sicurezza alimentare e sull'ambiente. Sempre secondo i dati Fao, infatti, la popolazione mondiale nel 2050 arriverà oltre i 9 miliardi di persone, con il conseguente problema di dovere sfamare tutti, raddoppiando la produzione globale di cibo, mentre le risorse sostenibili del pianeta sono limitate;
    lo spostamento da modelli alimentari tradizionali verso modelli occidentali, caratterizzati dal maggiore impiego di alimenti raffinati, industriali e da un maggior consumo di alimenti di origine animale, ha un effetto negativo sulla salute, sull'ambiente, nonché aumenta il prelievo e il consumo delle limitate risorse planetarie;
    l'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale: in Italia un bambino su 4 è sovrappeso e uno su 10 è obeso. Un dato che pone l'Italia, secondo l'Istituto superiore della sanità, al primo posto in Europa per numero di bambini sovrappeso o obesi e secondo il recente rapporto dell'osservatorio del dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell'Università Milano Bicocca, con un tasso di crescita/annua dello 0,5-1 per cento, pari a quella degli Stati Uniti;
    secondo diversi ed autorevoli esponenti del mondo scientifico, come il professor Franco Berrino, è l'eccesso di proteine ad essere uno dei principali fattori di esposizione al rischio di obesità, insieme al consumo di dolciumi, cibo spazzatura e bevande zuccherate. L'indagine «La salute digestiva pediatrica in Europa» elaborato dalla United European Gastroenterology ha rilevato nei bambini europei un alto consumo di grassi saturi e trans, di zucchero e sale e un basso consumo di frutta, verdura e cereali integrali. Secondo i ricercatori dello United European Gastroenterology, l'obesità è un fattore di rischio per patologie epatiche, sempre più comuni nei bambini. La steatoepatite non alcolica è una di queste e colpisce, stando alle stime, il 10 per cento dei bambini europei, diventando la causa di malattia epatica cronica più comune nei bambini e negli adolescenti. Patologie infantili in continuo aumento, che potrebbero essere prevenute attraverso il consumo di alimenti di origine naturale a base prevalentemente vegetale ed una corretta educazione alimentare;
    una dieta a base vegetale, quando opportunamente pianificata risulta, da diversi studi scientifici tra cui, tra tutti, quello dell'American Academy of Pediatrics, adatta per ogni fase della crescita del bambino, nonché preventiva per alcune patologie infantili quali l'obesità. A tale proposito l'Academy of Nutrition and Dietetics afferma come le diete vegetariane e vegane siano salutari, nutrizionalmente adeguate, preventive e adatte in ogni fase di crescita dal concepimento all'adolescenza. Gli altri pareri a favore di una dieta a base vegetale per i bambini sono quelli della British Paediatric Association, dell'American Dietetic Association and Dietitians of Canada, del Food and Nutrition Service dell'USDA, della National Guideline Clearinghouse, della Physicians Committee for Responsible Medicine, del Servizio sanitario inglese (NHS) e altre ancora fra cui anche la Società Italiana di Nutrizione Umana;
    secondo uno studio tedesco condotto dalla Fondazione Heinrich Boll e di Friends of the Earth, ogni anno, nel mondo, si macellano 58 miliardi di polli, 2,8 miliardi di anatre, quasi 1,4 miliardi di suini, 654 milioni di tacchini, 517 milioni di pecore, 430 milioni di capre, 296 milioni di bovini. E questi numeri continueranno ad aumentare;
    occorrono più di 16 chili di foraggi per produrre un chilo di carne e, in media, secondo i dati Fao occorrono da 1.000 a 2.000 litri d'acqua per produrre un chilo di grano e da 13.000 a 15.000 litri per ottenere la stessa quantità di carne da bovini alimentati con cereali (http://waterfootprint.org/). L'acqua impiegata nella produzione di foraggi, farine e per abbeverare gli animali rappresenta fino all'87 per cento del consumo mondiale e la produzione di mangimi per animali assorbe il 70 per cento dei consumi di combustibili (fonte: Factory farming and the Environment, a cura della organizzazione Compassion in world farming trust). E così, mentre l'industria della carne garantisce ogni giorno al bestiame allevato la giusta quantità d'acqua, oltre 650 milioni di persone rimangono senza accesso all'acqua potabile;
    la produzione animale risulta essere all'origine della perdita dei suoli, consumo di acqua, inquinamento dei nutrienti e diminuzione di predatori ed erbivori selvatici, aggravando la pressione sugli ecosistemi e sulla stessa biodiversità. Il suolo rappresenta un'altra risorsa a rischio, per lo sfruttamento dovuto alla produzione di mangimi e per il cambiamento di destinazione d'uso, le cui conseguenze incidono sulla perdita della biodiversità e della fertilità. Sono milioni gli ettari di terra coltivati per sfamare gli animali da reddito, e consumano il 40 per cento circa dei cereali prodotti nel mondo. A conferma di ciò, i dati Fao – Food Balance Sheet – indicano che i 2 terzi delle terre fertili del pianeta sono usati per il pascolo o per coltivare cereali e legumi per gli animali e che il 77 per cento dei cereali in Europa è destinato non al consumo umano, ma ai mangimi, dando così al bestiame tre volte il cibo che esso ci restituisce sotto forma di carne, latte e uova. D'altro canto, anche la deforestazione, per ricavare terreno da pascolo, è legata principalmente all'enorme consumo europeo di alimenti di origine animale, a causa del quale, tra il 1990 e il 2008, sono state abbattute almeno 9 milioni di ettari di foreste in varie parti del mondo, secondo il rapporto 2013 dell'Unione europea «The impact of EU consumption on deforestation»;
    oltre al consumo di risorse, gli allevamenti producono il 14,5 per cento delle emissioni globali di gas serra, più dell'intero settore dei trasporti e di quelle emesse dall'intera Europa, pari al 10 per cento, incidendo significativamente sul cambiamento climatico. Nel 2009, il Worldwatch Institute ha ricalcolato le emissioni globali della produzione di carne, latte e derivati e uova, considerando l'intera filiera produttiva e modificando alcune assunzioni. Ad esempio, è stato modificato l'orizzonte temporale usato per calcolare il potenziale di riscaldamento (gwp) dei gas serra da 100 a 20 anni, facendo così aumentare da 34 a 86 il GWP del metano, uno dei gas serra più significativi emesso dagli allevamenti animali. Modificando questa ed altre assunzioni, il Worldwatch Institute ha concluso che le emissioni globali dell'allevamento contribuiscono per il 51 per cento del totale;
    secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC – solo diminuendo il consumo di cibo di origine animale a una media di 90 grammi al giorno, come raccomandato dalle linee guida mediche inglesi, si potrebbe raggiungere, dal 2030, una riduzione di 2,15 Gt di CO2/anno. Inoltre, bisogna considerare il bilancio della CO2 che, globalmente, resta da emettere per avere il 50 per cento di possibilità di rimanere al di sotto di un innalzamento della temperatura media globale di 2°C. Secondo alcune evidenze di letteratura scientifica, la sola crescita delle emissioni del settore alimentare e forestale, trainata principalmente dall'aumento dei consumi di alimenti di origine animale, sarebbe sufficiente a consumare l'intero budget entro il 2050;
    i gas serra associati all'allevamento sono legati anche ai processi agricoli necessari alla produzione di mangimi che, un recente studio – Lesschen, Van den Berg, Westhoek, Witzke & Oenema, 2011 – ha individuato essere la fermentazione enterica dei bovini (36 per cento) le emissioni dirette ed indirette di N2O dai suoli (28 per cento), la gestione e lo spandimento del letame (13 per cento), la mobilitazione del carbonio organico dei suoli (7 per cento), i combustibili fossili (3,2 per cento) e la produzione dei fertilizzanti (11 per cento). In considerazione di tutto ciò, i dati Fao 2013 portano a ritenere che, anche rendendo più efficiente l'allevamento globale, la riduzione di emissioni climalteranti sarebbe pari solo al 32 per cento, quindi non abbastanza per contrastare l'aumento delle emissioni dovuto alla prevista crescita dei consumi;
    il cambiamento climatico, per cui il comparto zootecnico rappresenta un fattore di incidenza sostanziale, ha effetti diretti ed indiretti sul fronte ambientale, sociale e sanitario. Per quanto riguarda gli effetti diretti, si tratta delle conseguenze biologiche delle ondate di calore, degli eventi climatici estremi e degli inquinanti atmosferici. Da un punto di vista indiretto, il cambiamento climatico potrà comportare fenomeni di desertificazione, con conseguente diminuzione delle aree fertili e quindi della capacità produttiva agricola nonché delle fonti di sussistenza per le popolazioni. Si riscontrano, inoltre, la possibile maggiore diffusione di malattie causate da vettori connessi con l'aumento delle temperature, così come effetti connessi al deterioramento di vari determinanti sociali di salute in relazione alla diminuzione delle risorse disponibili (conflitti e tensioni, povertà, migrazioni, aumento delle malattie mentali) a conferma dell'interconnessione tra clima, salute ed ambiente e della necessità di tutela di un equilibrio in fase di compromissione;
    sul fronte etico si ricorda che l'82 per cento dei bambini che muoiono di fame vivono in Paesi dove il cibo viene dato agli animali d'allevamento: 60.000 metri quadrati di terreno possono produrre quasi 17 tonnellate di alimenti di derivazione vegetale, mentre lo stesso terreno può produrre 170 chilogrammi di carne. Sempre in tale direzione vale la pena notare come, a fronte di 778.356.995 persone denutrite nel mondo, ve ne siano 1.620.952.332 sovrappeso e 540.317.435 addirittura obese (http://www.worldometers.info/it);
    la scelta di una dieta a base prevalentemente vegetale risulta essere un fenomeno in costante aumento e da tenere necessariamente in considerazione: in Italia, i vegetariani e vegani rappresentano l'8 per cento della popolazione secondo il rapporto Eurispes del 2016. I motivi sono diversi: per salute e benessere: il 46,7 per cento, per sensibilità nei confronti degli animali 30 per cento, per tutela ambientale 12 per cento,

impegna il Governo:

1) a sostenere e promuovere, per quanto di propria competenza, la riduzione del consumo di alimenti di origine animale come azione imprescindibile per migliorare la salute dei cittadini, l'impatto ambientale e combattere il cambiamento climatico, indirizzando le scelte alimentari della comunità verso modelli culturali, economici e sociali più sostenibili e responsabili;

2) a farsi promotori di attività di informazione e sensibilizzazione sul territorio, anche attraverso l'organizzazione di visite mediche gratuite finalizzate a prevenire le malattie legate all'alimentazione;

3) ad incentivare – anche costituendo titolo obbligatorio nei bandi di gara per gli appalti pubblici di servizi e forniture di prodotti destinati alla ristorazione collettiva – l'utilizzo dei prodotti agroalimentari e agroalimentari ecologici, provenienti da filiera corta a chilometro utile, agricoltura e allevamento non intensivi, nei luoghi di ristorazione pubblica;

4) ad investire su programmi di educazione alimentare, in linea con la necessità di una maggiore attenzione alla prevenzione, per assicurare la salute del cittadino, così come garantito dall'articolo 32 della Costituzione;

5) a promuovere con le modalità stabilite all'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e prevedendo appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a diffondere un'educazione alimentare che privilegi un ridotto impatto sulle risorse ambientali e sulla salute dell'individuo rispetto alle diete alimentari caratterizzate dal consumo di prodotti di origine animale.
(1-01544) «Busto, Tripiedi, De Rosa, Luigi Gallo, Daga, Micillo, Spessotto, Liuzzi, Cominardi, Gagnarli, Pesco, Carinelli, Cariello, Vignaroli, Nicola Bianchi, Benedetti, Baroni, Mantero, Alberti, Brescia, Di Benedetto, Petraroli, Chimienti, Dadone, Castelli, Spadoni, Del Grosso, Crippa, Vallascas, Cozzolino, Parentela, Sibilia, Paolo Bernini, Simone Valente».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la grande recessione mondiale che ha investito (anche) il nostro Paese, oramai 10 anni fa, ha letteralmente messo in ginocchio famiglie, professionisti ed imprese che, ad oggi, sembrano essere arrivati ad un punto di non ritorno;
    la profonda crisi che ha colpito l'Italia ha visto un progressivo innalzamento del fenomeno dell'evasione fiscale: alla pressione tributaria storicamente altissima del nostro Paese, quindi, si è affiancata una mancanza di liquidità che ha visto milioni di contribuenti non riuscire a pagare le tasse e ricevere cartelle di pagamento;
    nel corso di un'audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia, avvocato Ruffini, ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati ad Equitalia negli ultimi 15 anni: il carico totale lordo ammonta a circa 1.000 miliardi; il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto indebito; dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatenenti. Residuano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60 per cento (314 miliardi) corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive; considerando le rateazioni e le citate norme a favore dei contribuenti, le posizioni effettivamente lavorabili si riducono quindi a 51 miliardi di euro, il 5 per cento del carico totale lordo iniziale;
    in quest'ottica non era possibile continuare a trascurare né il problema delle cartelle di pagamento non saldate, né la necessità di recupero del carico impositivo e le intenzioni si sono tradotte con l'introduzione, da parte del legislatore, della possibilità di «rottamazione delle cartelle esattoriali», con il decreto-legge n. 193 del 2016, collegato alla legge di bilancio 2017;
    la legge che rende ufficiale la nuova rottamazione (legge n. 225 del 2016) è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 2 dicembre 2016 e prevede, da una parte l'entrata di circa quattro miliardi di euro per le casse dello Stato, dall'altra la riduzione del fenomeno dell'evasione fiscale e delle cartelle di pagamento non riscosse;
    purtroppo si tratta di un provvedimento non sufficiente, se non opportunamente modificato, a fornire ai contribuenti una strada effettivamente percorribile di rientro dal debito;
    con la nuova rottamazione delle cartelle, Equitalia prevede la definizione agevolata, con uno sconto per quanto riguarda le sanzioni e gli interessi di mora, di tutte le cartelle di pagamento che sono state emesse tra il 1o gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2016 e la possibilità di spalmare l'importo in 5 rate da versare entro il mese di settembre 2018 (luglio, settembre, novembre 2017 e aprile e settembre 2018);
    aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione; non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali;
    per accedere alla definizione agevolata dovrà essere presentata un'apposita dichiarazione, entro il 31 marzo 2017, con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata; l'agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza e fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili;
    si tratta di condizioni solo a prima vista vantaggiose che, in realtà, comportano obblighi impossibili da onorare, perché la scadenza delle rate dovute per la definizione agevolata coincide con altri pagamenti (acconto IMU e TASI 2017 e acconto cedolare secca 2017 che dovrà essere versato entro il 16 giugno 2017, saldo della cedolare secca 2016, saldo e 1o acconto IRPEF, IRES e contributi previdenziali eccedenti il minimale che andranno versati entro il 30 giugno 2017);
    per la maggior parte dei casi, si parla di cittadini con una grave carenza di liquidità e va da sé che le somme di tutti i tributi dovuti con l'aggiunta delle rate per la definizione agevolata delle cartelle Equitalia si traduce in una situazione insostenibile per il contribuente;
    inoltre con la definizione agevolata si pagano: le somme affidate all'Agente della riscossione a titolo di capitale e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, l'aggio della riscossione da calcolare solo sul capitale e gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, le spese di rimborso per le procedure esecutive, le spese di notifica delle cartelle di pagamento, gli interessi di dilazione in caso di rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata;
    per questo motivo, il 15 febbraio 2017, è stata depositata la proposta di legge (A.C. 4300): «Norme in materia di sanatoria delle cartelle di pagamento e degli avvisi di accertamento esecutivi» con finalità correttive e, principalmente: la modifica della procedura della definizione agevolata, una rateazione ordinaria e una straordinaria con pagamento in 60 rate mensili o, se straordinaria, in 120 rate mensili per contribuenti rispettivamente in momentanea difficoltà o in grave difficoltà finanziaria, l'abolizione dell'aggio sul capitale e sugli interessi da ritardata iscrizione a ruolo e l'abolizione degli interessi di dilazione sulla rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di adottare opportune iniziative normative per rendere effettivamente percorribili le condizioni di adesione alle procedure agevolate per i contribuenti, considerando puntuali modifiche alla procedura di definizione agevolata che prevedano:
   a) una rateazione ordinaria e una straordinaria con pagamento in 60 rate mensili o, se straordinaria (per importi complessivamente superiori a 60.000 euro), in 120 rate mensili per contribuenti rispettivamente in momentanea difficoltà o in grave difficoltà finanziaria;
   b) l'abolizione dell'aggio sul capitale e sugli interessi da ritardata iscrizione a ruolo;
   c) l'abolizione degli interessi di dilazione sulla rateazione delle somme dovute in seguito alla definizione agevolata.
(7-01219) «Sandra Savino, Palmizio, Laffranco».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    gli organi di informazione hanno riportato opinioni difformi, anche all'interno della compagine governativa in ordine all'opportunità di procedere speditamente all'attuazione del piano di privatizzazione di società a capitale pubblico, con l'obiettivo di reperire risorse da destinare alla riduzione del debito pubblico, stimate, sempre secondo quanto riportato sulla stampa, in complessivi 7 miliardi di euro;
    tra le società a capitale pubblico figura Poste italiane Spa, per una quota pari al 30 per cento delle azioni, come seconda tranche di privatizzazione;
    al riguardo, si ricorda che il 16 maggio 2014 il Consiglio dei ministri aveva approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante i criteri di cessione di una quota, fino al 40 per cento del capitale, di Poste Italiane Spa sul cui schema la IX Commissione trasporti della Camera, in data 26 marzo 2014, aveva espresso un parere favorevole con osservazioni;
    nel citato parere era espressa la preoccupazione di tutelare e garantire in ogni caso gli interessi pubblici che Poste italiane istituzionalmente persegue, ancorché la privatizzazione effettuata riguardasse una quota di minoranza della società;
    a conclusione della prima fase di privatizzazione, ad ottobre 2015, è stata realizzata la quotazione della società Poste Italiane Spa sul Mercato telematico azionario (Mta) della Borsa italiana Spa, tramite un'offerta pubblica di vendita (OPV) del 34,7 per cento del capitale da parte dell'azionista pubblico;
    al fine di avviare la seconda tranche di privatizzazione, con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 25 maggio 2016, è stato disposto il conferimento a Cassa depositi e prestiti Spa di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero in Poste italiane Spa pari al 35 per cento del capitale sociale;
    il 21 giugno 2016 è stato, quindi, presentato alle Camere lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (atto n. 312) che prevedeva la dismissione di una ulteriore quota del capitale sociale di Poste Italiane S.p.A. mediante un'offerta di largo mercato rivolta al pubblico, funzionale a consentire il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste Italiane, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, non inferiore al 35 per cento;
    nel corso dell'esame dell'atto, nelle sedute del 12 luglio 2016 e del 19 luglio 2016, la commissione ha audito le organizzazioni sindacali di Poste italiane Spa – che hanno espresso preoccupazione per gli effetti che la perdita del controllo pubblico potrebbe produrre su questa impresa – e il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan – che ha invece espresso la posizione del Governo favorevole a quella operazione;
    successivamente, è emerso da informali interlocuzioni che l'intendimento del Governo di soprassedere alla prosecuzione in tempi rapidi della procedura di privatizzazione in oggetto – intendimento ampiamente divulgato dai mezzi di informazione –, e pertanto la commissione non ha proseguito nell'esame dell'atto;
    l'attuale corso delle quotazioni nel mercato azionario non garantisce una sicura e adeguata remuneratività dell'operazione di collocamento delle azioni;
    nell'interlocuzione con i competenti organismi dell'Unione europea la definizione dei parametri economici, cui l'Italia è doverosamente chiamata a conformarsi, non dovrebbero comunque avere cittadinanza inopportune ingerenze sulle scelte connesse alla gestione degli asset strategici del patrimonio pubblico;
    è altresì auspicabile non perdere il controllo di questa impresa strategica ma, anzi, consolidare e valorizzare i risultati positivi che Poste italiane Spa ha conseguito, anche in ragione del suo assetto proprietario, proteggendo quelle esigenze pubbliche sia con riferimento al servizio postale universale sia con riferimento alla tutela del risparmio postale, che la Commissione IX aveva già evidenziato nel parere sull'atto riguardante la prima tranche della privatizzazione;
    sono condivisibili le dichiarazioni che invitano l'Esecutivo ad esplorare l'ipotesi di cedere una quota di Poste Italiane a Cassa depositi e prestiti come strumento idoneo a bilanciare l'esigenza di garantire un ampio controllo pubblico con il necessario obiettivo di riduzione del debito pubblico,

impegna il Governo

a non dar seguito, nel corso del 2017, al collocamento sul mercato di ulteriori quote azionarie detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze in Poste italiane SpA, valutando strumenti alternativi per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del debito pubblico, quali, in particolare, il conferimento delle suddette quote a Cassa depositi e prestiti.
(7-01220) «Meta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CATALANO e OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i primi mesi del 2017 hanno visto il debutto operativo, sotto il marchio Mercitalia, del nuovo polo per il trasporto di merci e la logistica del Gruppo Ferrovie dello Stato spa;
   tale polo comprende la capogruppo subholding Mercitalia Logistics, Mercitalia Rail (maggiore player italiano del settore con 500 milioni di euro di fatturato annuo), Gruppo TX Logistik (con base in Germania, ma attivo in diversi Paesi europei), Cemat (terzo player europeo del combinato), Mercitalia Transport & Services, Mercitalia Terminal, TerAlp (Terminal AlpTransit) e TLF;
   questa operazione prefigura un serio rilancio del settore cargo da parte del principale player ferroviario italiano; progetto che risulta conforme all'interesse pubblico di riequilibrare le modalità di trasporto delle merci, con lo spostamento di quote significative di traffico dalla gomma al ferro;
   nel nuovo piano industriale decennale 2017-2026 del polo Mercitalia, presentato a Milano alla presenza del Ministro Delrio, sono programmati investimenti per 1,5 miliardi di euro, dei quali un miliardo di euro è destinato al materiale rotabile mentre 100 milioni di euro saranno impiegati per i terminal intermodali, 250 in acquisizioni di altre imprese per espandere il business e ulteriori 100 per information technology & sicurezza;
   in particolare, come esposto da un articolo su ShiptoShore del 20 febbraio 2017, «due contratti di noleggio full maintenance per 20 nuove locomotive elettriche e operabili sia in Italia che all'estero, sono appena stati sottoscritti con Akiem e Mitsui, mentre è già partito l’iter per acquisire nei prossimi anni fino a 125 nuove locomotive, senza dimenticare i carri, anche se qui i tempi saranno più lunghi e soggetti ad una valutazione dell'attuale parco (26 mila mezzi) e delle possibilità di manutenzione e revamping»;
   né nelle notizie di stampa, né nella nota ufficiale di Mercitalia, sono state date indicazioni circa l'effettiva provenienza dei fondi destinati ad alimentare tali ambiziosi investimenti;
   risulta agli interroganti che sia ancora in corso il procedimento SA.32953 (2014/C) – SA.32179 (2014/C), avviato presso la Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2 del Tue, e avente ad oggetto la compatibilità con il mercato interno delle misure di trasferimento di asset a favore di Trenitalia e FS Logistica e le misure di compensazione per obblighi di servizio pubblico a favore di Trenitalia –:
   quale sia l'attuale stato del procedimento SA.32953 (2014/C) – SA.32179 (2014/C);
   quale sia la provenienza delle risorse destinate ad alimentare il programma investimenti di Mercitalia e, in particolare, se sia previsto l'utilizzo di risorse statali, o se risultino risorse regionali, o provenienti da altre società del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, e come la decisione di erogare eventuali fondi pubblici si concili con la normativa europea e la giurisprudenza della Corte di giustizia europea in materia di aiuti di Stato;
   qualora sia previsto l'utilizzo delle risorse di cui sopra, quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di garantire preventivamente la compatibilità dei relativi trasferimenti di tali risorse con le regole del mercato interno e con i principi in materia di concorrenza.
(5-10862)


   ZARDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Rocca Vecchia del comune di Garda (Verona) è un monolite roccioso, instabile in caso di terremoto o eventi atmosferici avversi, si protende verso la riva del lago, in alcuni casi, sporgendo per un'altezza di circa 50 metri sull'arteria Gardesana Orientale e sulla spiaggia;
   con delibera n. 18 del 26 aprile 2001 il Comitato dell'autorità di bacino del fiume Po ha adottato il «Piano stralcio per l'assetto idrogeologico per il bacino idrografico di rilievo nazionale del Fiume Po» (Pai), approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001, successivamente aggiornato dalla delibera n. 6 del 25 febbraio 2003 approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 giugno 2003;
   le criticità del promontorio roccioso venivano rilevate dall'Autorità di bacino del Po che provvedeva ad inserirlo nella cartografia del Pai, con il grado di rischio più elevato, Frana attiva (Fa) con divieto assoluto di edificazione;
   l'articolo 18 delle norme di attuazione del piano prevede che le regioni emanino disposizioni concernenti l'attuazione del piano nel settore urbanistico, in base alle condizioni di dissesto delimitate nell’«Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo» e alle limitazioni d'uso del suolo;
   i comuni, in sede di adozione degli strumenti urbanistici o di varianti, sono tenuti a conformare le previsioni alle disposizioni del Pai e ad effettuare una verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto presenti o potenziali rilevate nella cartografia del Pai e all'esito della verifica di compatibilità, sono tenuti ad aggiornare le prescrizioni;
   in un'area ai piedi della Rocca classificata dal Pai, zona di Frana attiva, l'amministrazione comunale ha adottato, in variante urbanistica, un Programma integrato di riqualificazione urbanistica ed ambientale (Piruea) di durata quinquennale, come previsto dalla legge regionale del Veneto n. 23 del 1999, di concerto con la regione Veneto al fine di consentire al proprietario la realizzazione del 30 per cento della cubatura esistente;
   per il progetto in questione, la regione Veneto, con parere favorevole del 2005, approvava il Piruea e accoglieva la richiesta di declassamento dell'area interessata da zona attiva (Fa) a zona a Frana stabilizzata (Fs), a condizione che venisse svolto un monitoraggio annuale della zona al fine di provare la ridotta o inesistente pericolosità;
   nel 2009, nell'area oggetto del Piruea, in cui erano stati avviati i lavori di scavo per la costruzione degli immobili assentiti con permesso di costruire nel 2007, si è verificato il distacco e il rotolamento di un enorme masso dalla sommità della Rocca, a seguito del quale veniva ordinata l'evacuazione degli abitanti e chiuso il passaggio sulla Gardesana e l'accesso pedonale lungo la spiaggia per diverso tempo;
   alla riapertura della strada, il proprietario chiedeva di poter riprendere i lavori e il comune concedeva due proroghe al Piano casa originario, consentendo la realizzazione di ingente cubatura in applicazione del Piano casa della regione Veneto, senza considerare la situazione di pericolosità o di rischio rilevata nel Pai oggetto di richiesta di declassamento del grado di rischio da Fa a Fs –:
   se, il Governo, in base ai fatti esposti, al fine di tutelare l'incolumità pubblica e ridurre la vulnerabilità territoriale in aree ad elevato rischio idrogeologico intenda accertare, per il tramite dell'Autorità di bacino del fiume Po, se gli interventi di edificazione di cui in premessa siano conformi a quanto previsto dagli strumenti di pianificazione di bacino;
   se ritenga, per quanto di competenza, che, nei casi di richiesta di declassamento del grado di rischio, eliminando il vincolo di inedificabilità assoluta, si possano ritenere sufficienti le opere di mitigazione e di messa in sicurezza previste per ridurre la vulnerabilità territoriale e se queste risultino approvate dall'Autorità di bacino del fiume Po. (5-10864)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANTELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la città di Rosarno, di appena 15.000 abitanti, è stata occupata da migranti comunitari ed extracomunitari, con la presenza di oltre 4.000 persone provenienti dall'est dell'Europa e dai paesi affacciati sul Mediterraneo;
   circa 2.000 dei suddetti migranti vivono in una tendopoli realizzata dal Ministro dell'interno, circa tre anni orsono, con accanto una baraccopoli ed all'interno una città nella città, nella quale diversi sono i servizi offerti dagli stessi migranti;
   altri 2.000 migranti sono sparsi nelle campagne e nelle case diroccate e non del comune di Rosarno, all'interno delle quali dormono anche 7/10 persone per ciascuna stanza;
   in entrambi i casi non esistono condizioni minime sanitarie ed igieniche, con la ragionevole certezza che possa anche scoppiare qualche pesante epidemia. La commissione nominata dal consiglio comunale, tra l'altro, ha accertato che vi sono diversi casi di TBC nel territorio, come testimoniato dai numerosi acquisti, presso le farmacie locali, dei farmaci necessari per combattere tale patologia;
   una tale situazione può certamente definirsi invivibile sia per i migranti che per i cittadini di Rosarno, che non accenna ad alcun miglioramento da ormai quasi 10 anni, in quanto la Prefettura, nonostante i numerosi tentativi di apertura di tavoli di discussione, non è mai riuscita a portare avanti sul punto una compiuta strategia d'azione nonché interventi decisivi per la risoluzione della vicenda;
   l'unico rimedio approntato dalle istituzioni è stato quello di creare una nuova tendopoli accanto a quella preesistente, a seguito della distruzione pressoché totale delle tende posizionate in precedenza;
   in numerose occasioni i migranti hanno manifestato a causa delle condizioni inumane in cui vivono, ma hanno ricevuto solo delle promesse che non sembrano siano state mantenute;
   l'emanazione della legge sul caporalato, a giudizio dell'interrogante ha aggravato la situazione in quanto nessun proprietario ha più offerto lavoro ai migranti, attese le sanzioni previste in caso di mancata osservanza delle procedure e ciò ha causato, conseguentemente, la perdita del raccolto. In altre parole, il costo della raccolta, qualora venissero applicate le giuste retribuzioni, supererebbe di più del doppio il prezzo di vendita degli agrumi: per tale motivo non risulta di fatto conveniente assumere personale per la raccolta;
   nella periferia della città di Rosarno dodici famiglie di italiani hanno occupato un immobile semi-distrutto e mai utilizzato, ancora in fase di costruzione, destinato in qualità di alloggio ai migranti, ma abbandonato dal comune per il de-finanziamento del medesimo da parte del Ministero dell'interno;
   dette famiglie disperate, senza abitazione e senza alcun lavoro, anche con bambini piccoli, hanno occupato un cantiere abbandonato e devastato per poter avere una casa. Inoltre, esse hanno chiesto di poter allacciare quantomeno la corrente elettrica e collegare l'impianto fognario alla rete comunale (tre metri di tubazione) a loro spese e sino a quando non verrà deciso cosa avverrà di tale immobile, impegnandosi anche a rilasciarlo. Ad oggi le citate famiglie non hanno ricevuto alcuna risposta;
   si tratta di problemi rilevanti che riguardano una comunità afflitta da una crisi agricola pesantissima, ove la ’ndrangheta la fa da padrona, e dalla assoluta mancanza di interventi seri ed umanitari sia nei confronti dei migranti che degli italiani –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, ovvero se abbiano avuto comunicazioni dagli organi territoriali e se, per quanto di specifica competenza, intendano adottare specifiche strategie per affrontare i gravissimi problemi che affliggono sia i cittadini di Rosarno che i migranti che vivono nella disperazione e nella miseria, con condizioni igienico sanitarie del tutto precarie e pericolosissime per la pubblica incolumità.
   (4-15945)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il programma europeo «Frutta nelle scuole», introdotto dal regolamento (CE) n.1234 del Consiglio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, è finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini tra i 6 e gli 11 anni di età, attraverso iniziative che supportino abitudini alimentari corrette ed equilibrate, e a indirizzare maggiore conoscenza e, consapevolezza tra produttore, fornitore e consumatore;
   per realizzare tale iniziativa, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha indetto una procedura di gara relativa alla fornitura e distribuzione di prodotti ortofrutticoli agli studenti degli istituti scolastici di primo grado italiani, durante l'anno scolastico 2016/2017, nell'ambito del programma comunitario «Frutta nelle scuole», attraverso apposito bando, prevedendo una suddivisione in 9 lotti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle comunità europee del 12 agosto 2016 e sulla Gazzetta Ufficiale – V Serie Speciale – Contratti pubblici n. 105 del 12 settembre 2016, da aggiudicare mediante procedura aperta con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa con scadenza fissata al 3 ottobre 2016;
   con decreti di aggiudicazione del 28 febbraio 2017, sono stati assegnati i 9 lotti previsti dal suddetto bando, con importi diversificati che sono risultati nettamente inferiori per un importo complessivo di 4.476.673,00 euro rispetto a quelli previsti a base d'asta;
   le ditte aggiudicatarie devono per gioco forza avvalersi di personale dipendente o in subappalto al fine di conseguire le finalità del programma: a parere dell'interrogante, si paventa il rischio che tale notevole ribasso venga di fatto realizzato interamente, o comunque in maniera significativa, mediante scelte che incidano sulla forza lavoro necessaria al perseguimento dei fini previsti;
   da un report pubblicato il 13 marzo 2017 dalla testata on line « L'Urlo» sulla filiera agrumicola in Sicilia, sviluppato nelle campagne nei pressi del Cara di Mineo, il centro d'accoglienza più grande d'Europa, sembrerebbe che, nonostante sia già in vigore dal 4 novembre 2016 la legge n. 199 del 2016 «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», gli immigrati richiedenti asilo vengano ingaggiati quotidianamente in nero come braccianti agricoli dai produttori di zona e sottopagati a 1,5/2 euro all'ora per 9/10 ore al giorno. I braccianti locali non vengono regolarizzati e, seppur riescano ad ottenere una remunerazione più alta, il salario risulta inferiore al minimo sindacale; per contro i produttori, a causa della crisi e delle cattive annate, reclamano maggiori incentivi statali e disponibilità bancarie per supportare la produzione agrumicola nazionale;
   un servizio andato in onda sul Tg2 il 14 marzo 2017, ha mostrato condizioni analoghe di sfruttamento del lavoro agricolo e caporalato anche nelle campagne calabresi –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per accertare i contratti di lavoro stipulati e le effettive condizioni economiche applicate dalle ditte appaltanti e subappaltanti al personale ingaggiato per il conseguimento degli obiettivi del programma «Frutta nelle scuole», in particolare per le prestazioni di recruiting attraverso call center e distribuzione della frutta nelle scuole;
   se e quali iniziative verranno intraprese per controllare il fenomeno del caporalato e delle agromafie che si consuma nelle campagne siciliane, calabresi e in generale sul territorio nazionale.
(4-15951)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in ottobre 2016, l'Italia ha ratificato l'accordo di Parigi della Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (COP 21) entrato ufficialmente in vigore il 4 novembre 2016. Come noto esso stabilisce obiettivi molto impegnativi, e invita gli Stati a indicare come intendono perseguirli;
   con legge n. 221 del 2015 è stato approvato (Gazzetta Ufficiale 19 gennaio 2016) il Collegato ambientale, che, all'articolo 3 istituisce la Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, con aggiornamento da parte del Cipe almeno ogni 3 anni e all'articolo 68 prevede il Catalogo dei sussidi nocivi per l'ambiente;
   in data 23 febbraio 2017 è stato reso disponibile dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il «Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli», di cui al citato articolo 68 della legge n. 221 del 2015, dove si auspica una eliminazione certa e rapida dei sussidi dannosi all'ambiente;
   dalle tabelle allegate al «Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi amibentalmente favorevoli» si evince che la quota di bilancio statale destinata ai Seasonal Affective Disorders (S.A.D.) è di oltre 16 miliardi di euro anno, di cui una parte rilevante a favore dei settori energia e per agevolazioni fiscali;
   secondo recenti ricerche, la rimozione e il conseguente reimpiego green, in particolare in edilizia, di una consistente parte di queste ingenti risorse, permetterebbe di rendere pienamente attivabile il processo di avvio della strategia di raggiungimento degli obiettivi di COP 21, conseguendo importanti benefici sia sul versante dell'abbattimento della CO2, che sul versante occupazionale, con un aumento stimato di circa 200.000 Unità lavorative per anno (ULA). Sempre in tema di occupazione, una parte di queste risorse nell'ordine del 20/25 per cento andranno rese disponibili per il reimpiego sostenibile di forze di lavoro in possibile difficoltà nei settori che perdono sussidi;
   il tema su cui agire quindi è la fiscalità riallocativa, strumento con il quale il Paese potrà così accedere ad un insieme strategico di benefici, ambientali, energetici, sociali, sanitari, industriali e di bilancia commerciale, anche turistici, senza aumento di tasse a carico dei cittadini –:
   se i Ministri interpellati non ritengano, nel prossimo DEF (Documento di economia e finanza) la cui presentazione è prevista per aprile 2017, di assumere impegni sul versante della citata fiscalità riallocativa, al fine sbloccare il finanziamento operativo del trattato di Parigi COP 21, considerato che tale intervento si troverebbe anche in pieno accordo con le indicazioni europee.
(2-01712) «Pastorino, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Dell'Aringa, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATTUCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso dalla stampa locale e confermato da comune di Cesena il Ministero dello sviluppo economico con proprio atto dell'8 febbraio 2017 (pubblicato nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse del 28 febbraio 2017) avrebbe autorizzato la società australiana Po Valley Energy alla ricerca di idrocarburi nell'area denominata «Torre del Moro»;
   la richiamata autorizzazione esplorativa sarebbe estesa per 111 chilometri quadrati e interesserebbe i comuni di Cesena, Bertinoro, Forlimpopoli, Meldola e Forlì;
   nella medesima area, seriamente interessata dal fenomeno della subsidenza, già nel periodo compreso tra il 1970 e il 1990, Eni si attivò per la ricerca di risorse con la scoperta di accumuli di idrocarburi liquidi e gassosi;
   i piano iniziale del progetto «Torre del Moro» per la società australiana dovrebbe essere quello di raccogliere i dati geologici esistenti e acquisire i dati sismici 2D esistenti per valutare e definire la dimensione potenziale del campo;
   suddetta notizia ha già suscitato notevole preoccupazione tra le comunità locali investendo anche le istituzioni –:
   se corrisponda al vero l'autorizzazione ministeriale al progetto denominato «Torre del Moro» e quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, con il coinvolgimento degli enti locali interessati, al fine di salvaguardare il comprensorio in oggetto; se il Ministro dello sviluppo economico intenda rivedere la propria decisione in merito all'autorizzazione di cui in premessa, in modo tale che la società australiana concessionaria non prosegua e non avvii i sondaggi per la ricerca di idrocarburi in considerazione della prevalenza di altre vocazioni del territorio interessato. (5-10860)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la località «Vasca San Sossio» nel comune di Marigliano (Napoli) è una delle aree della Campania a più alta criticità ambientale;
   l'antica vasca borbonica di laminazione di circa 3.000 metri quadrati, posta alla confluenza dei torrenti «Fosso dei leoni» e «Santa Maria del Pozzo», che raccolgono le acque ruscellanti e meteoriche provenienti dal monte Somma-Vesuvio, è diventata, nel corso degli ultimi trent'anni, una discarica di rifiuti tossici e pericolosi sversati a più riprese dalla criminalità organizzata;
   nel 2006, a seguito di indagini condotte dall'Agenzia regionale di protezione ambientale della Campania, furono scoperte, a causa di strani fenomeni di autocombustione, decine e decine di metri cubi scorie di fonderia miste a «fluff frazione leggera e polveri contenenti sostanze pericolose» interrate sotto il letto della vasca e lungo le aree spondali;
   in successive circostanze, le sostanze pericolose interrate con lo spostamento del terreno superficiale hanno prodotto ulteriori fenomeni di autocombustione, emettendo nell'atmosfera concentrazioni altissime di S.O.V., benzene, toluene, xileni, metanolo;
   nel 2006, a seguito di nuove indagini condotte dall'Azienda sanitaria locale (ASL Na 4 – Dipartimento di prevenzione) insieme al Corpo forestale dello Stato, fu individuato anche un collettore fognario abusivo di ignota provenienza che sfocia tuttora a cielo aperto nel letto della Vasca San Sossio, i cui campioni di acqua risultavano di gran lunga superiori ai limiti di emissione fissati dal decreto legislativo n. 152 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni;
   nel 2008, il Commissariato straordinario di Governo per l'emergenza bonifiche e tutela delle acque in Campania stanziava 4.824.000,00 euro per alcuni interventi non ben specificati sul territorio del comune di Marigliano (Napoli);
   lo stanziamento veniva destinato alla messa in sicurezza di emergenza (MISE) della «Vasca San Sossio» fu affidato a RECAM, poi diventato ASTIR (Azienda per lo sviluppo sostenibile del territorio e per interventi di recupero ambientale);
   a quanto consta, però, all'interrogante l'area di Vasca San Sossio a Marigliano non ha mai ricevuto una bonifica vera e propria e tutti i rifiuti tossici, tra cui «fluff frazione leggera e polveri contenenti sostanze pericolose», non sono stati rimossi;
   il 22 maggio 2015 il Ministro per le infrastrutture e i trasporti, Graziano Delrio, durante un sopralluogo rassicurò la popolazione di Marigliano su un impegno a rappresentare la questione davanti alle commissioni parlamentari competenti per favorire il risanamento del sito ma – a distanza di quasi due anni – l'attuazione degli interventi di bonifica dei suoli e delle falde dell'area contaminata non risultano neppure in fase di progettazione –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente delle gravissime condizioni di inquinamento ambientale di Vasca San Sossio a Marigliano (Na);
   se non ritengano di dover fornire elementi, per quanto di competenza, circa la situazione critica evidenziata in premessa e aggravata dalla mancata bonifica dei suoli contaminati, nonché del mancato ripristino ambientale dell'area;
   di quali elementi disponga il Governo circa gli interventi di bonifica finanziati nel 2008, con 4.824.000,00 euro di cui in premessa;
   se intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative di competenza volte ad effettuare le indispensabili operazioni di perimetrazione, segnalazione dei pericoli, caratterizzazione e isolamento dei terreni contaminati;
   se l'area inquinata di «Vasca San Sossio» sia stata indagata attraverso il telerilevamento dei parametri geofisici (magnetometrici radiometrici e termici) previsto dal progetto M.I.A.P.I. (Monitoraggio e individuazione delle aree potenzialmente inquinate), se siano state individuate nell'area variazioni magnetiche e radiometriche e se siano stati effettuati ulteriori accertamenti da parte del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-15954)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCONI e DISTASO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Galleria di arte moderna di Roma contiene opere di enorme valore ed è giustamente vanto del patrimonio culturale e artistico nazionale;
   la Galleria, periodicamente, ospita mostre qualificanti come quella ad oggi in corso su Giacomo Balla;
   ebbene, ad oggi, non risulta agli interroganti esistere catalogo alcuno delle opere permanentemente esposte nella Galleria e tantomeno della mostra a tempo del pittore Giacomo Balla, che peraltro, non ha neppure una indicazione cartellonistica all'ingresso –:
   come sia possibile una simile incuria e la mancanza di elementari supporti culturali e promozionali quali i cataloghi delle opere nel caso in questione;
   se la medesima, gravissima mancanza, riscontrata nel caso di specie, riguardi anche altre esposizioni, mostre e gallerie statali o comunque pubbliche;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in proposito.
   (3-02880)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel 2003 in località «Migliori» nel comune di Santa Maria a Vico (Caserta) tra via Diana e via Appia furono ritrovati dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, durante uno scavo di emergenza effettuato a seguito della demolizione di un palazzo ottocentesco, importantissimi resti archeologici e strutture monumentali;
   tra le emergenze archeologiche fu riportata alla luce una porzione del tracciato dell'antica via Appia con la carreggiata larga 4,3 metri dal caratteristico profilo a schiena d'asino, lastricata con blocchi di calcare locale di forma poligonale sbozzati e perfettamente connessi tra loro, risalente al III-II secolo a.C.;
   a margine dell'antica strada romana fu recuperato, inoltre, il settore di un edificio pubblico da spettacolo di forma circolare o ellittica risalente all'epoca augustea, identificato dall'archeologo Fausto Zevi come un piccolo anfiteatro provvisto di «un ambiente di servizio sotto l'ima cavea e una galleria anulare voltata all'interno del podio, poi chiusa, come indica la tamponatura di una porta»;
   di, questo esteso edificio da spettacolo sono stati recuperati, inoltre, elementi plastici della decorazione esterna tra cui: diversi rilievi in calcare con mascheroni teatrali e una statua in marmo di un Apollo citaredo, alta circa 80 cm, copia di un originale ellenistico, attualmente esposta al Museo archeologico dell'antica Calatia a Maddaloni (Caserta) compreso nel circuito del polo museale della Campania –:
   se siano stati adottati precisi e coerenti provvedimenti di tutela diretta e indiretta per le importantissime testimonianze archeologiche ritrovate nel comune di Santa Maria a Vico (Caserta);
   se siano stati prescritti per le particelle interessate dai ritrovamenti archeologici vincoli di inedificabilità assoluta o relativa;
   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia verificata, per quanto di competenza, la compatibilità degli interventi edilizi previsti nell'area archeologica sia prima che dopo la realizzazione;
   se risultino essere state effettuate attività ispettive da parte della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Caserta e Benevento in merito alla vigilanza e alla valutazione dello stato di conservazione dell'area archeologica e delle strutture monumentali conservate in superficie o nel sottosuolo e, in caso affermativo, quali ne siano stati gli esiti;
   se il Ministro interrogato intenda farsi promotore di un tavolo di concertazione, coinvolgendo le istituzioni locali e regionali, preposte alla tutela e alla valorizzazione dei beni archeologici, mettendo a sistema le rispettive competenze e avviando le procedure per realizzare adeguate forme di tutela del patrimonio archeologico rinvenuto nel comune di Santa Maria a Vico (Caserta). (4-15949)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   è di fine febbraio 2017 la notizia che Cinecittà Studios, privatizzata nel 1998, tornerà a essere sotto il controllo pubblico, gestita da Istituto Luce Cinecittà, oggi socio di minoranza con il 19,92 per cento delle quote, che prenderebbe il controllo del gloriosi studi cinematografici che oggi vedono come socio di maggioranza Italian entertainment group spa (Ieg);
   già dopo i primi mesi del nuovo gruppo Ieg, i lavoratori accolsero con scetticismo il metodo di rilancio degli studi storici «snaturati» da un progetto in realtà di intrattenimento, come riportato, infatti, all'epoca sullo stesso sito di Cinecittà Studios dove si leggeva: «La proposta commerciale parte da spazi esclusivi ed affascinanti dedicati agli eventi aziendali, quindi prenotabili con largo anticipo (...) Il complesso di Cinecittà è la location ideale per convention, cene di gala, meeting aziendali ed eventi speciali»;
   nonostante negli ultimi anni ci sia stato uno spacchettamento delle attività, con l'ingresso di nuovi privati nella filiera, evidentemente qualcosa è andato storto e la privatizzazione che doveva servire per rilanciare lo stabilimento è stata un fallimento;
   secondo il quotidiano la Repubblica, con il ritorno al controllo pubblico verrebbero previsti «il risanamento dei teatri e l'ammodernamento degli impianti per fare degli studios un grande polo produttivo al servizio non solo del cinema ma anche della televisione e delle nuove tecnologie». È per questo ipotizzato che oltre all'Istituto Luce interverranno in seguito altri soggetti del settore, tra cui la Rai e cordate di produttori. Tra gli obiettivi ci sono quello di «riportare negli studios gran parte delle produzioni attualmente delocalizzate» e allo stesso tempo quello di rilanciare a livello internazionale il brand Cinecittà Studios;
   l'operazione è stata di fatto gestita in prima persona dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che ha confermato l'impegno del Governo anche grazie all'inserimento all'articolo 11, del comma 3-ter della legge n. 19 del 27 febbraio 2017 (Milleproroghe), che ha destinato «per l'anno 2017 risorse aggiuntive alla società Istituto Luce-Cinecittà S.r.l. per il funzionamento e per finanziamenti anche mobiliari, con riferimento al comprensorio di Cinecittà, al fine di potenziare l'attività della Cineteca nazionale (...) nonché di valorizzare il patrimonio cinematografico nazionale. (...) è autorizzata a stipulare uno o più accordi quadro con la società RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. (...) da approvare entro i successivi trenta giorni dalla data della loro conclusione con decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico.»;
   i lavoratori, che hanno accolto favorevolmente e con speranza la «ri-pubblicizzazione», temono però che questa La una manovra provvisoria in attesa di una futura soluzione privata più conveniente –:
   se il Governo voglia confermare il suo intento di rilancio del brand Cinecittà Studios e la sua volontà di restituirli al controllo pubblico;
   se non ritenga opportuno, dopo il fallimento dell'esperienza di privatizzazione e l'inadeguatezza dei progetti di cui sono stati oggetto gli studi di Cinecittà, rendere pubblici e consultabili gli accordi quadro tra la società Istituto Luce-Cinecittà S.r.l. e la società Rai-Radiotelevisione italiana s.p.a. prima della loro definitiva approvazione. (4-15957)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i sindaci dei comuni di Arbus, Decimomannu, La Maddalena, Perdasdefogu, Sant'Anna Arresi, Teulada, Ulassai, Villagrande Strisaili Villaputzu e Villasor, con un documento unitario rimarcano il forte e non più sostenibile ritardo nei trasferimenti dallo Stato delle risorse previste dalla legge n. 104 del 1990 e successive modifiche e integrazioni (decreto legislativo n. 66 del 2010, articolo 330);  
   tali disposizioni di legge prevedono per i comuni oberati da servitù militari dei fondi a ristoro dei disagi e dei vincoli per la presenza dei poligoni e delle esercitazioni. Risorse destinate ai comuni e da questi utilizzate per la realizzazione di opere pubbliche e politiche sociali a beneficio dell'intera comunità;
   gli ultimi versamenti risalgono ormai al lontano 2012 e riguardavano le annualità 2005-2009, il ritardo accumulato e quindi di 8 annualità per una cifra che, a solo titolo di esempio, ammonta a circa 1,3 milioni di euro Arbus, 600 mila euro Decimomannu, 2,4 milioni di euro La Maddalena, 450 mila euro Sant'Anna Arresi, 3 milioni di euro Teulada, 2,2 milioni di euro Villaputzu, 1,3 milioni di euro Villasor;
   la problematica non è nuova e negli anni è più volte stata sollevata dai sindaci sia attraverso l'invio di documenti ufficiali e delibere di consiglio votate all'unanimità, sia durante incontri a vari livelli, in tutte le sedi possibili;
   tutte le richieste indirizzate sono rimaste inascoltate;
   oltre al versamento del pregresso e alla puntualità nei pagamenti è stata sempre chiesta la corresponsione delle cifre per annualità e non più per quinquennio e il fatto che siano stralciate dai vincoli di bilancio affinché tali risorse siano effettivamente e facilmente programmabili e spendibili per il territorio e per le comunità con tempistiche certe;
   la tematica non può essere ritenuta oggetto di negoziazione tra le varie vertenze sulle servitù militari;
   la questione è già disciplinata da una legge dello Stato e in quanto tale va applicata senza indugio –:
   se non ritengano di dover con urgenza provvedere, senza ulteriore indugio, al pagamento di quanto dovuto;
   se non ritengano di dover pagare anche gli interessi maturati sulle spettanze pregresse. (5-10865)


   PAOLO BERNINI, FRUSONE, CORDA, BASILIO, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   alla interrogazione n. 3-00714 presentata dai senatori del gruppo del M5S in merito alla situazione dei cappellani militari nell'ordinamento italiano e del loro costo economico, nella sua risposta del 19 marzo 2014, il Sottosegretario alla difesa, onorevole Domenico Rossi, affermava:
    «Per quanto riguarda, infine, le opportune iniziative di carattere normativo al fine di rendere meno gravoso sul bilancio dello Stato italiano il servizio dell'assistenza spirituale delle Forze armate, rende noto che risultano già avviati dei contatti esplorativi con l'ordinariato militare. In particolare, nel corso di un recente incontro avvenuto presso il Dicastero, è emersa la volontà dell'ordinariato militare di approfondire l'ipotesi di una modifica normativa che intervenga sulla vigente assimilazione del personale ecclesiastico ai gradi della gerarchia militare. Ulteriori approfondimenti, poi, sono tutt'ora in corso»;
   nel concludere il sottosegretario, onorevole Rossi si riservava «di riferire sugli esiti finali dell'attività conoscitiva in questione» –:
   quali siano gli esiti degli incontri avvenuti tra il Governo e l'ordinariato militare e della stessa attività conoscitiva di cui in premessa, annunciata dal Sottosegretario alla difesa Rossi del Governo pro tempore, con particolare riferimento all'eventualità che sia stato raggiunto un accordo per la riduzione delle spese da parte dello Stato in merito al sostentamento dei cappellani militari ed alla modifica della normativa vigente sull'assimilazione del personale ecclesiastico ai gradi della gerarchia militare. (5-10866)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, ALBERTI, SORIAL, CORDA, FRUSONE, TRIPIEDI, COMINARDI, ZOLEZZI, DE ROSA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente è il reparto dell'Arma dei carabinieri specializzato nella tutela dell'ambiente;
   il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente è organizzato in 29 Nuclei operativi ecologici (Noe);
   il Noe, su tutto il territorio nazionale, svolge importanti funzioni di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente;
   in particolare, un reparto Noe ha sede a Brescia, con competenza su un vasto territorio comprendente le provincie di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova;
   proprio il territorio della provincia di Brescia è interessato da gravi problematiche legate alla criminalità di tipo ambientale;
   nello specifico, nel territorio bresciano, le investigazioni ambientali intercorse nel corso degli anni hanno evidenziato numerosi episodi di traffico illecito di rifiuti, che fanno considerare questo tipo di illeciti tra i più pericolosi in Italia, con frequenti casi di infiltrazioni di tipo mafioso e reati di traffico organizzato di rifiuti e associazione per delinquere;
   inoltre, sempre nel territorio bresciano, così come nel territorio delle altre provincie di competenza del Noe di Brescia, e sempre grazie alle investigazioni ambientali, sono state accertate la presenza di numerose discariche abusive, con la presenza di decine di milioni di metri cubi di rifiuti tossici, tanto da identificare tutta la zona in questione come la «nuova Terra dei Fuochi»;
   il Noe con sede a Brescia, a fronte della notevole attività a cui è sottoposto, derivante proprio dalle caratteristiche del territorio su cui insiste, si trova, a quanto consta agli interroganti, in una situazione di pesante carenza di organico, che rischia di compromettere l'efficacia dell'azione sul territorio, con eventuali danni sull'ecosistema e quindi sulla popolazione delle zone interessate che risultano già essere a rischio di gravi patologie –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno agire con urgenza per incrementare il numero degli uomini del nucleo del Noe con sede a Brescia, con particolare riguardo e considerando le esigenze operative delle aree di competenza. (4-15944)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   lo stato della viabilità in Sicilia versa in condizioni disastrose;
   oltre ai disagi che gli automobilisti devono fronteggiare per le carenze infrastrutturali, questi devono fare i conti con le interruzioni delle strada esistenti, dovute a lavori in corso che si protraggono ben oltre i tempi previsti dai rispettivi contratti di appalto;
   per alcune tratte, i lavori registrano ritardi che raddoppiano i tempi previsti per la conclusione dei lavori ed anche oltre;
   anche nelle tratte non interessate da lavori, sono frequentissime le interruzioni ed i restringimenti di carreggiata;
   a suscitare preoccupazione sono i tratti realizzati sul viadotto che spesso, per la loro vetustà e la mancata manutenzione, versano in condizioni allarmanti;
   gli episodi di crolli di interi tratti di viadotto, verificatisi nel recente passato in Sicilia ed altrove, suscitano allarme e preoccupazione tra gli automobilisti e tra gli utenti della rete stradale ed autostradale;
   l'ultimo episodio riguarda il viadotto «Akragas» o altrimenti detto «Morandi», che collega Agrigento con la strada a scorrimento veloce Caltanissetta-Porto Empedocle;
   le immagini diffuse dai media, compresa una trasmissione nazionale della Rai, hanno mostrato, con apposito servizio, le condizioni in cui versano i piloni, con l'armatura in ferro scoperta ed il cemento che si sgretola in tantissimi punti dei circa tre chilometri di cui consta il viadotto;
   da quando tali servizi televisivi hanno mostrato lo stato in cui versano i piloni, il traffico sul viadotto si è drasticamente ridotto per la preoccupazione degli automobilisti di essere coinvolti in crolli;
   tale situazione, converrà con noi, non può essere tollerata e richiede subito una parola di chiarezza da parte degli organi tecnici e dell'Anas, che devono dire, senza equivoci, se si corrono dei rischi ad attraversare il viadotto (nel qual caso se vada subito chiuso al traffico), oppure no –:
   se sia a conoscenza dello stato in cui versa la viabilità in Sicilia;
   se, in particolare, non ritenga di acquisire elementi relativi allo stato del viadotto Morandi;
   se non ritenga di dover assumere iniziative di competenza atte a tranquillizzare gli utenti delle strade e la popolazione tutta.
(2-01713) «Capodicasa, Zappulla».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MOGNATO e MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Ferrovie dello Stato italiane ha presentato il proprio piano industriale 2017-2026, improntato ad una strategia di mercato centrata non più su basi esclusivamente ferroviarie, bensì intermodali;
   il piano si iscrive all'interno di una strategia che dovrebbe portare alla privatizzazione di parte del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e segnatamente del segmento delle Frecce e dei servizi a lunga percorrenza finanziati dallo Stato;
   per realizzare tale obiettivo la Divisione passeggeri Long Haul (DPLH) di Trenitalia, che conteneva al suo interno i quattro prodotti Freccia rossa, Freccia argento, Freccia bianca e Servizi universali è stata riorganizzata dal 1o febbraio 2017, accorpando i primi due prodotti nell'esercizio «AV», concepito per competere nel mercato in autoproduzione;
   i restanti prodotti (Freccia bianca e Servizi universali) sono stati raggruppati nell'esercizio «Intercity», che dovrebbe rispondere alle esigenze del trasporto pubblico e dei relativi contratti di servizio;
   secondo questa logica l'esercizio «Intercity» andrebbe a coprire tratte di servizio più tradizionali e meno remunerative;
   fino al 1o febbraio 2017 presso gli impianti dell'Impianto manutenzione corrente (IMC) di Mestre era assegnata la manutenzione del Freccia bianca ed era stata aperta una nuova linea per la manutenzione del Freccia rossa, con la prospettiva del progressivo consolidamento strutturato di quest'ultima, tanto che erano stati selezionati e formati a tal fine alcuni lavoratori;
   tale assetto dell'Impianto manutenzione corrente di Mestre contrasterebbe con le future scelte del piano, giacché alla divisione dei prodotti dovrebbe corrispondere anche una differenziazione dei siti adibiti alle manutenzioni del materiale rotabile;
   particolarmente preoccupante sarebbe, anche la situazione dell'impianto equipaggi. Infatti, oggi a Venezia esiste un impianto equipaggi per il prodotto Freccia bianca che nelle ore diurne copre il bacino di riferimento, mentre nelle ore notturne copre l'intero territorio nazionale;
   l'azienda non ha chiarito ove sarebbe collocato il polo di riferimento per gli equipaggi dell'esercizio intercity; se l'azienda perseguisse la politica di accentramento lungo l'asse Milano/Roma/Napoli, il polo veneziano e l'intero territorio del nord-est sarebbero pregiudicati –:
   quali iniziative, il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, per assicurare al polo veneziano e veneto un ruolo strategico nella riorganizzazione delle linee di prodotto del piano industriale 2017-2026, avuto riguardo in particolare all'Impianto manutenzione corrente di Mestre e all'impianto Equipaggi di Venezia. (5-10852)


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell'economia e delle finanze hanno stipulato con l'impresa ferroviaria Trenitalia un nuovo contratto per il servizio ferroviario Intercity giorno e Intercity notte, di durata decennale, con decorrenza dal 1o gennaio 2017 e scadenza il 31 dicembre 2026;
   attraverso il nuovo contratto saranno garantiti tutti gli Intercity, compresi quelli effettuati a rischio d'impresa, ovvero: 118 corse (88 corse giorno e 20 notte quotidiane e sei giorno e quattro notte periodiche nei fine settimana), oltre 25 milioni di chilometri treno l'anno, +7 per cento rispetto al precedente contratto;
   l'obiettivo prioritario del Governo è quello di garantire il trasporto di persone nel territorio della Repubblica nella sua totalità, offrendo, al contempo, un servizio moderno e capillare;
   nonostante questo straordinario impegno, anche in termini di risorse impiegate, si rileva che da circa 7 anni risulta soppresso ogni servizio ferroviario a lunga percorrenza lungo l'asse Agrigento-Caltanissetta-Enna, territori già attanagliati da precarie condizioni strutturali per quanto concerne la viabilità stradale, ed ancor più penalizzate dalla soppressione della predetta «antenna» del treno notte Siracusa-Roma –:
   di quali elementi disponga, il Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa la possibilità che sia ripristinato, ed eventualmente in quali tempi, anche trisettimanale nei giorni dal giovedì a domenica, il collegamento ferroviario notturno a lunga percorrenza sulla relazione Agrigento-Canicattì-Caltanissetta- Enna-Catania, oggi priva di qualsiasi servizio diretto con la capitale, al fine di garantire a tutti i cittadini della Repubblica pari dignità e opportunità di movimento all'interno dei confini nazionali.
   (5-10853)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DADONE e FRUSONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da un video pubblicato su Youtube dal signor Luca Donadel si apprende che alcune organizzazioni non governative, con proprie imbarcazioni, avrebbero raccolto migranti in acque territoriali libiche e, invece, di portarli al porto più vicino, che in quel caso si trova sulle coste della Tunisia, come previsto dai trattati internazionali, li avrebbero portati in Italia al porto di Pozzallo, e che questa operazione sarebbe stata ripetuta più volte anche di recente;
   nel video si afferma che le navi delle ong, il cui nome è stato riportato su articoli di stampa che riferivano di salvataggi avvenuti nel canale di Sicilia, sono state monitorate tramite un sistema GPS, al quale è possibile effettuare un abbonamento via internet, e che dal monitoraggio delle rotte effettuato emergerebbe che le navi citate negli articoli di stampa non sarebbero passate dal canale di Sicilia, ma avrebbero raccolto persone in acque a poche miglia dalle costa libiche;
   notizia di tali operazioni risulta pubblicata già il 5 dicembre 2016 dal sito Altreinfo.org nell'articolo «Le ONG vanno a prendere i migranti in Libia per farli entrare in Italia», dove si riferisce che, tramite il sito marinetraffic.org sono state monitorate le rotte effettuate da navi appartenenti ad otto organizzazioni governative e che dal monitoraggio effettuato risultavano non veritiere le dichiarazioni delle suddette ong sul fatto di aver raccolto migranti nel canale di Sicilia e per quel motivo portati in Italia;
   a seguito della citata denuncia video, la notizia è stata riportata su diverse testate giornalistiche;
   in base alle notizie riportate da alcuni giornali è emerso come l'agenzia Frontex, in 2 rapporti interni, abbia mosso accuse precise nei confronti di alcune organizzazioni non governative. Dal «Rapporto 2017» dell'agenzia risulterebbe che le navi solidali coinvolte nei salvataggi siano aumentate dal 5 per cento al 40 per cento. Portando il numero degli interventi delle ong a superare quello delle navi militari;
   da articoli giornalistici si evince che l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (FRONTEX), in due rapporti interni, abbia mosso accuse precise nei confronti di organizzazioni non governative. Sulle navi di non specificate organizzazioni non governative, le reti criminali che operano dalla Libia avrebbero trasportato direttamente migranti o, in altri casi, i migranti stessi avrebbero ricevuto «chiare indicazioni prima della partenza sulla direzione precisa da seguire, per raggiungere le imbarcazioni delle Ong». Le ong pare che abbiano un ruolo attivo anche nel consigliare i migranti a non collaborare con le autorità competenti –:
   se le notizie riportate siano vere e, in caso affermativo, quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere. (5-10854)


   AMODDIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la situazione in cui versa lo Sprar «Aretusa Accoglienza» sito nel comune di Melilli, affidato al comune di Siracusa e gestito dalla cooperativa sociale Luoghi Comuni di Acireale è vergognosa. L'interrogante, già nel 2015, dopo un sopralluogo svolto tra i locali del centro, aveva denunciato alla stampa e presentato una interrogazione che chiedeva al Ministro interrogato di intervenire per fare in modo che la cooperativa che gestisce il centro adempiesse le prescrizioni di legge. Nel corso del sopralluogo emersero innumerevoli criticità che andavano dall'utilizzo di un gruppo elettrogeno al posto di un normale allacciamento alla rete di energia elettrica, alla mancanza di zone ricreative comuni; dalla totale assenza di un piano pasti settimanale, alla carenza dei progetti di formazione e riqualificazione professionale. Criticità che ad oggi non risultano rientrate. La situazione è notevolmente peggiorata anche dal punto di vista della sicurezza dei luoghi che senza la necessaria manutenzione, stanno cadendo a pezzi e diventando inaccessibili. A questo va aggiunto che la cooperativa «Luoghi Comuni», durante questi anni, non è mai stata regolare con l'erogazione degli stipendi degli operatori, che stoicamente, pur di garantire i servizi previsti dal progetto – hanno portato avanti tutte le attività, anticipando di tasca propria molte spese necessarie, come: carburante, pasti, tickets, marche da bollo, bollettini postali per il rilascio dei permessi di soggiorno, ricariche telefoniche, spese per le carte di identità e altro;
   la cooperativa inoltre, non è mai stata regolare nel pagamento delle spettanze relative i percorsi di tirocinio formativo intrapresi dai beneficiari, che attendono, da più di un anno, queste somme; inoltre, la cooperativa non è stata regolare neppure con l'erogazione dei pocket money mensili e – come sottolineano i dipendenti in una accorata missiva inviata a tutti gli enti e le istituzioni della provincia di Siracusa – nel febbraio 2017, giunti a una situazione di impossibilità gestionale del servizio, il comune di Siracusa è stato costretto a farsi carico dell'erogazione diretta delle mensilità arretrate. Da semplice indagine conoscitiva risulta infatti che la cooperativa Luoghi Comuni, pur avendo ricevuto numerosi acconti, ha presentato la rendicontazione del 2014 con enorme ritardo rispetto alla scadenza e non ha ancora ultimato la rendicontazione relativa all'anno 2015 e non ha mai presentato quella relativa al 2016;
   «Luoghi Comuni» onlus deve ancora erogare ai dipendenti dello Sprar «Aretusa Accoglienza» tredici mensilità; la maggior parte dei dipendenti si è licenziata o ha individuato altre modalità per astenersi dal lavoro, mentre sono rimaste solamente alcune figure professionali che, nonostante la perdurata assenza delle retribuzioni, l'assenza di figure professionali essenziali come il mediatore culturale e l'operatore legale, l'assenza di collegamento internet costante e l'assenza di un servizio di erogazione dell'energia elettrica continuo, si recano ogni giorno a lavoro per dare continuità al progetto in favore dei 36 rifugiati ospiti;
   i rappresentanti della cooperativa «Luoghi Comuni» non rispondono alle telefonate dei dipendenti, non forniscono la liquidità necessaria per il disbrigo della documentazione per i beneficiari, né per le attività connesse ai percorsi di accoglienza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se intenda intervenire, con le modalità che riterrà più opportune, per risolvere questa incresciosa situazione;
   se intenda disporre la chiusura del centro «Aretusa Accoglienze» di Siracusa, inserito nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar).
   (5-10855)


   AMATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Vasto (CH) è un importante comune al confine sud dell'Abruzzo, sulla Costa dei Trabocchi, la cui economia è in prevalenza turistica e che, nella stagione estiva, raddoppia le presenze sul territorio;
   le risorse della polizia di Stato che operano attualmente sul territorio di Vasto sono ridotte a circa una trentina di unità, che per quanto meritevolmente si adoperino con abnegazione e perizia, appaiono insufficienti a contrastare la purtroppo crescente incidenza di furti in appartamento e rapine;
   l'effetto dei reati suddetti, oltre all'impatto diretto e al rischio per chi li subisce, si traduce in una forte insicurezza sociale percepita, con conseguente danno alla immagine di città accogliente e turistica e un conseguente impatto economico negativo in un territorio e in un comparto già provato per le conseguenze legate ai recenti e straordinari eventi atmosferici –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di rafforzare gli organici della polizia di Stato in servizio presso Vasto e quali ulteriori iniziative intenda adottare al fine di rafforzare i dispositivi di sicurezza e contrasto dei fenomeni criminosi che interessano questo territorio. (5-10861)


   BRUNO BOSSIO, CENSORE, MAGORNO, AIELLO e COVELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Nardodipace è stato sciolto due volte per infiltrazioni mafiose, con lo stesso sindaco in carica, Romano Loielo, sul quale pendono una serie di procedimenti penali;
   il territorio comunale di Nardodipace ha subito numerose alluvioni e a seguito di quella del 1951 il centro è stato ricostruito in altro sito;
   la ricostruzione, avvenuta in tempi rapidi, ha proceduto alla consegna degli alloggi senza però concludere il procedimento amministrativo del trasferimento di proprietà quale indennizzo per gli effetti dell'alluvione;
   l'Agenzia del demanio di Catanzaro, competente per l'accatastamento, ha successivamente trasferito la proprietà, a titolo gratuito, degli alloggi al comune;
   il comune ha poi avviato una strana procedura di vendita ad un prezzo simbolico, trattenendo la proprietà dei tetti per installarvi impianti fotovoltaici;
   successivamente la ADTECH ITALIA Srl con sede in Milano, ha dichiarato, «motu proprio» la propria disponibilità a realizzare una centrale fotovoltaica su aree messe a disposizione dal comune di Nardodipace, quindi proprio i tetti degli alloggi per gli alluvionati;
   il Comune, emanava quindi un Regolamento per l'assegnazione con il pagamento anticipato del prezzo stabilito, e con misure «sanzionatorie», compresa la possibile non assegnazione dell'alloggio;
   molti cittadini, preoccupati di rimanere senza alloggio hanno aderito al diventando proprietari di tutta la casa tranne del tetto;
   alcuni cittadini di fronte a tale anomalia sono ricorsi al tribunale civile di Catanzaro rivendicando il diritto di proprietà degli alloggi sin dalla consegna o, comunque, dichiarativa dell'intervenuta usucapione (procedimento non ancora concluso);
   a seguito dello scioglimento del consiglio comunale, i commissari hanno proceduto all'annullamento degli atti connessi alle deliberazioni di approvazione della Convenzione tra il comune di Nardodipace e l'Adtech Italia Srl senza alcuna obiezione da parte della società Adtech né da parte di altre ditte a cui erano stati successivamente ceduti i diritti di concessione sui tetti dove non sono tra l'altro mai iniziati i lavori;
   i commissari hanno inoltre modificato il regolamento per l'assegnazione degli alloggi, ricomprendendo nella vendita degli alloggi anche il tetto;
   a seguito di ciò i cittadini che avevano proposto ricorso giudiziario hanno chiesto la riapertura del bando sulla base delle nuove condizioni stabilite dai commissari prefettizi;
   con le nuove elezioni amministrative e il successivo nuovo scioglimento del consiglio comunale eletto veniva nominata una nuova commissione prefettizia;
   la nuova commissione inspiegabilmente è ritornata sulle procedure previste dal precedente regolamento per l'assegnazione degli alloggi con l'esclusione dei tetti e la convenzione con la società per i panelli fotovoltaici;
   alcuni cittadini hanno depositato una serie di esposti presso il TAR della Calabria rispetto ad una vicenda dai contorni poco chiari;
   si evidenzia che in tale procedimento è stato nominato quale legale del Comune l'avvocato Sergio La Grotteria, che risulta essere anche il legale di fiducia dell'ex sindaco, Romano Loielo, nell'ambito dei procedimenti che hanno determinato lo scioglimento ed in cui il comune di Nardodipace risulta essere parte offesa, con un evidente conflitto di interessi;
   la prima sezione del Tar Calabria l'8 marzo 2017 con ordinanza di accoglimento dell'istanza cautelare promossa dai cittadini ha sospeso citata delibera –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al fine di verificare se quanto evidenziato dagli interroganti risponda a verità nonché di valutare l'opportunità di intervenire per approfondire anche il lavoro delle commissioni prefettizie e ripristinare piena legalità amministrativa nel comune di Nardodipace ed evitare che possano consumarsi speculazioni su alloggi realizzati con denaro pubblico e come indennizzo a seguito di un disastro naturale. (5-10863)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BLAZINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già alcune volte nel passato sono state presentate al Ministro interrogato interrogazioni in merito alle diverse difficoltà che incontrano i cittadini italiani di lingua slovena nel richiedere la carta d'identità bilingue slovena-italiana, in particolare quella elettronica; tale diritto e riconosciuto dalla legge n. 38 del 2001 «Norme a tutela della minoranza linguistica slovena nel Friuli Venezia Giulia», che è stato poi declinato con vari atti amministrativi; da notizie apparse sulla stampa locale si evince che recentemente ad un cittadino italiano di lingua slovena non hanno potuto consegnare la carta d'identità elettronica a causa di problemi nell'assegnazione dei codici di identificazione per lo Stato in cui l'interessato è nato;
   si tratta di uno degli Stati che si sono costituiti dopo la disgregazione dell'ex Jugoslavia; ad essi sono stati assegnati dagli uffici del Ministero dell'interno codici errati che sono tutt'ora inseriti nel data base, determinando disfunzioni nel sistema informatico;
   infatti, a tutti coloro che sono nati in Slovenia viene impropriamente attribuito il codice della Serbia e del Montenegro e pertanto gli uffici dei comuni non sono in grado di inserire nella carta d'identità elettronica lo Stato di nascita in maniera corretta;
   tale problema riguarda tutti i cittadini italiani nati nell'ex Jugoslavia, ovvero nei territori che hanno poi fatto parte della dissolta Jugoslavia, compresi gli esuli, che quindi risultano in tal senso egualmente penalizzati nel richiedere il documento di identità in forma elettronica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e delle difficoltà che incontrano alcuni cittadini italiani a causa di un errore di fondo nel data base del Ministero dell'interno, che tra l'altro, viene utilizzato anche da altri uffici pubblici;
   come intenda intervenire per eliminare tale errore, assegnando ai singoli Paesi dell'ex Jugoslavia un proprio codice, così garantendo parità di trattamento nel poter ricevere la carta d'identità elettronica. (4-15946)


   SQUERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo indiscrezioni di stampa il Governo sarebbe in possesso di proiezioni secondo le quali nel 2017 i migranti sbarcati in Italia saranno 250 mila, a fronte dei 181 mila del 2016;
   nei primi 73 giorni del 2017 i migranti soccorsi in mare sono aumentati del 67 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016, toccando quota 15.852 persone;
   i dati diffusi da Frontex segnalano che gli arrivi di migranti verso l'Unione europea continuano a calare a febbraio 2017 rispetto a un anno fa, mentre il numero di migranti arrivati nella sola Italia, tra gennaio e febbraio 2017, sale a 13.440;
   i piani di redistribuzione degli immigrati tra i comuni italiani, basati sul coefficiente di 2,5 migranti per mille residenti, erano stati elaborati su una previsione di 200 mila persona da accogliere;
   il Ministero dell'interno si trova già a gestire l'accoglienza di 173.973 persone e i minori non accompagnati continuano a sbarcare in massa, toccando quota 2.230 il 6 marzo 2017;
   secondo il rapporto del rappresentante speciale del Consiglio d'Europa per le migrazioni e i rifugiati, Tomas Bocek, basato sulla visita condotta in Italia nell'ottobre 2016, «Le debolezze del sistema italiano di rimpatri volontari e delle espulsioni forzate rischia di incoraggiare l'afflusso di un sempre maggior numero di migranti economici irregolari»;
   il Rapporto Risk Analysis 2017 di Frontex accusa le navi delle organizzazioni non governative (Ong), che effettuano circa il 40 per cento dei salvataggi in mare: «È chiaro che le missioni al limite e occasionalmente all'interno del limite delle 12 miglia, in acque libiche, hanno conseguenze non desiderate»;
   le operazioni di soccorso compiute dalle ong sono oltre il 40 per cento di tutti i salvataggi, con un'impennata del numero di persone caricate a bordo di queste imbarcazioni: 1.450 nel 2014, 20.063 nel 2015, 46.796 nel 2016. In tal modo, per l'interrogante, tutti migranti che finiscono in Italia;
   secondo notizie di stampa le navi delle ong non affondano i gommoni, che spesso vengono recuperati dagli scafisti, e prelevano i migranti direttamente nelle acque territoriali libiche –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'attività delle imbarcazioni che si spingono a prelevare i migranti a ridosso delle coste libiche per portarli in Italia;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere ed altresì se intenda comunicare le previsioni in possesso del Governo sul numero di migranti in arrivo nel 2017 in Italia. (4-15955)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'università statale Gabriele D'Annunzio di Chieti-Pescara vive una situazione gravissima a seguito della interdizione operata dall'autorità giudiziaria del rettore e del direttore generale;
   il caos che si è determinato nella governance dell'ateneo abruzzese sta producendo danni non solo alla sua immagine pubblica, ma anche alla sua piena operatività, con inevitabili preoccupazioni tra la comunità docente e amministrativa, gli studenti e più in generale delle istituzioni e della società abruzzese –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, stia assumendo il Ministro interpellato per superare questa grave situazione di incertezza e degrado dell'ateneo Gabriele D'Annunzio di Chieti Pescara.
(2-01711) «Melilla».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 1951 opera a Ravenna la società cooperativa Acmar, con attività nel settore edilizio, tanto nel ramo dei lavori pubblici, quanto della realizzazione e vendita di unità immobiliari residenziali e industriali;
   a seguito della grave crisi che ha colpito il comparto, nel febbraio 2015, l'Acmar stabilisce di accedere alla procedura di concordato in bianco, che si è conclusa il 27 giugno 2016, con la concessione dell'omologa da parte del tribunale di Ravenna, dopo l'approvazione da parte dei creditori di un concordato misto liquidatorio e in continuità;
   il piano prevede, in particolare, il pagamento integrale dei creditori prededucibili e privilegiati ed un pagamento parziale del debito chirografario (53 per cento) entro i prossimi 5 anni, grazie alla vendita di un portafoglio immobiliare, oltre ai flussi finanziari derivanti dall'incasso di crediti commerciali e dalla continuità aziendale;
   in questo contesto, assume particolare rilievo la condizione dei lavoratori, che dovrebbero subire un taglio di 130 unità sulle 300 complessivamente occupate;
   per evitare un simile impatto e permettere una più attenta valutazione, a partire dal 29 ottobre 2016 e fino al 28 febbraio 2017 la regione Emilia Romagna ha attivato la cassa integrazione guadagni in deroga per 214 lavoratori;
   in questo periodo, il personale calava a 207 unità, per dimissioni o adesioni a procedura di mobilità volontaria;
   alla scadenza del periodo di cassa integrazione guadagni, Acmar comunicava la propria intenzione unilaterale di non procedere alla richiesta di ulteriori ammortizzatori sociali, ma di procedere invece a mettere in mobilità 104 lavoratori, con apertura formale della procedura comunicata alle organizzazioni sindacali e alla rappresentanza sindacale unitaria;
   il decreto legislativo n. 148 del 2015 stabilisce che le aziende in crisi possano accedere a 12 mesi di Cassa integrazione straordinaria per crisi entro i limiti generali previsti dalla normativa nel quinquennio, condizione in cui la cooperativa si trova, avendo ancora a disposizione 17 mesi dei 30 nel quinquennio previsti per le aziende edili;
   appare quindi difficilmente comprensibile la scelta aziendale di procedere ad una riduzione immediata di oltre il 50 per cento del personale, senza procedere alla richiesta di ammortizzatori sociali previsti dalla legge;
   a parere dell'interrogante la scelta di procedere unilateralmente alla procedura di mobilità non è in linea con lo spirito del decreto legislativo n. 148 del 2015 e con le finalità del concordato preventivo in continuità, dato che appare ben difficile perseguire la continuità aziendale se si cancella in partenza la possibilità stessa di mantenere i posti di lavoro in essere –:
   se ritenga di dover procedere ad un intervento presso gli amministratori di Acmar per rimarcare l'opportunità di percorrere fino in fondo le opportunità di mantenimento dei posti di lavoro, anche fruendo della Cigs per crisi aziendale.
(4-15953)


   CAPARINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'assegno di natalità (cosiddetto bonus bebé) è un assegno annuo per ogni figlio nato o adottato tra il 1o gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017 – istituito dall'articolo 1, commi da 125 a 129, della legge di stabilità per l'anno 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) – da corrispondere mensilmente fino al terzo anno di vita del bambino, oppure fino al terzo anno dall'ingresso in famiglia del figlio adottato, a favore dei nuclei familiari il cui genitore richiedente sia in una situazione economica corrispondente ad un valore dell'Isee non superiore a 25.000 euro annui;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2015 sono state adottate le relative disposizioni attuative;
   l'assegno spetta dalla data di nascita o di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione o dell'affidamento preadottivo fino al compimento del terzo anno di età oppure fino al terzo anno dall'ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione o dell'affidamento preadottivo;
   per poter richiedere l'assegno occorre preliminarmente presentare una dichiarazione sostitutiva unica, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
   il termine di validità di ogni dichiarazione sostitutiva unica scade il 15 gennaio dell'anno successivo a quello della sua presentazione. Pertanto, decorso tale termine, non si può utilizzare la dichiarazione sostitutiva unica scaduta ma occorre ogni anno presentarne un'altra. Quindi, in caso di mancata presentazione di una nuova dichiarazione sostitutiva unica, il beneficio viene sospeso finché non si presenta una nuova dichiarazione sostitutiva unica. Mentre il richiedente è tenuto a presentare ogni anno la dichiarazione sostitutiva unica per le domande in essere non va invece presentata una nuova domanda;
   il pagamento mensile dell'assegno è effettuato dall'Inps direttamente al richiedente secondo le modalità indicate nella domanda. L'Inps paga l'assegno per singole rate mensili, pari ad 80 euro o 160 euro a seconda della misura annua dell'assegno (960 euro o 1.920 euro, secondo il valore dell'Isee), nelle modalità indicate dal richiedente nella domanda (bonifico domiciliato, accredito su conto corrente bancario o postale, libretto postale o carta prepagata con Iban);
   l'assegno è corrisposto mensilmente per un numero massimo di trentasei mensilità;
   il richiedente è tenuto a comunicare all'Inps nell'immediato e, comunque, entro i successivi 30 giorni, la perdita di uno dei requisiti oppure il verificarsi di una delle predette cause di decadenza, fermo restando il recupero da parte dell'Inps delle somme erogate indebitamente;
   numerose famiglie, già beneficiare dell'assegno negli anni precedenti, lamentano notevoli ritardi nell'erogazione delle prestazioni relative ai corrispettivi per l'anno 2017 nonostante abbiano, come previsto dalla normativa, provveduto a presentare nuovo Isee entro la data del 15 gennaio 2017;
   l'Inps, agli utenti che hanno chiesto chiarimenti in merito attraverso il servizio telematico «INPSrisponde», ha risposto che «sono in corso le elaborazioni per i bonus 2017 per la verifica della sussistenza dei requisiti» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto per garantire l'erogazione delle prestazioni di cui sopra nei termini previsti. (4-15956)


   PALMIZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 2 febbraio 2017, l'Inps ha pubblicato il bando di concorso «Estate INPSieme 2017»;
   il bando prevede lo stanziamento di oltre 34.000 contributi per borse di studio per viaggiare e studiare in Italia e all'estero;
   alla sezione: «Chi può partecipare ?» della «Guida Facile INPSieme 2017», il testo precisa che l'offerta è riservata esclusivamente a «tutti gli studenti delle scuole italiane che al momento della domanda non abbiano compiuto 20 anni di età e siano iscritti ad un istituto primario o secondario, che siano figli od orfani di dipendenti del settore pubblico, in particolare dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione iscritti alla gestione unitaria, pensionati della gestione dipendenti pubblici, gli iscritti alla gestione fondo Ipost oppure gli assistiti IPA»;
   l'erogazione massima del contributo Inps, è di 2400 euro per i viaggi da 2 settimane in Europa e di 4000 euro per i viaggi di 4 settimane in Europa, con una parte a carico della famiglia progressiva in base al valore Isee del nucleo familiare di appartenenza;
   l'erogazione massima del contributo Inps è invece di 1400 euro per i viaggi da 2 settimane in Italia, sempre con una parte a carico della famiglia progressiva in base al valore Isee dichiarato;
   l'iniziativa Estate INPSieme raccoglie l'eredità della vecchia «Valore vacanza» dell'Inpdap, l'istituto previdenziale che nel 2012 è stato inglobato dall'Inps, ingenti perdite incluse;
   inoltre si sta parlando di una gestione, quella dei pubblici dipendenti, che ha problemi di bilancio, con un disavanzo di miliardi di euro –:
   se il Ministro interrogato intenda fare chiarezza, con tutti gli strumenti di competenza, sull'iniziativa in questione, sia in relazione al forte «rosso» in bilancio che da anni accompagna la gestione dell'Inps, sia in relazione all'esclusività del bando «Estate INPSieme 2017», riservato solo a studenti figli od orfani di dipendenti del settore pubblico;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire da quali contributi venga sovvenzionata l'iniziativa, se di dipendenti pubblici e/o privati. (4-15958)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FALCONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la produzione europea di riso ammonta a 1,8 milioni di tonnellate annue per un fatturato annuo di circa 3 miliardi di euro. L'Italia è il maggior produttore di riso, con i suoi 234 mila ettari coltivati a riso, 4.265 aziende risicole, 100 industrie risiere per un fatturato annuo di 1 miliardo di euro;
   la filiera europea del riso sta vivendo in questi anni una profonda crisi aggravata dall'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 732/2008 del Consiglio, del 22 luglio 2008, relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate (SPG), successivamente aggiornato dal Regolamento (CE) n. 978/2012;
   il sistema comprende il cosiddetto regime EBA («everything but arms»), che stabilisce l'accesso senza dazi e contingentamenti a tutti i prodotti – tra cui il riso – provenienti dai Paesi meno avanzati, senza limitazioni quantitative e senza dover pagare alcuna tariffa;
   ciò ha determinato pesanti ripercussioni nel settore, tra cui l'aumento anomalo delle importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici e la conseguente riduzione dei prezzi di mercato del riso prodotto nell'Unione europea;
   il Sistema di preferenze generalizzate (SPG) prevede meccanismi di sorveglianza e di salvaguardia, che consentono di ripristinare i normali dazi della tariffa doganale comune qualora un prodotto originario di un Paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sia importato in volumi o a prezzi tali da causare, o rischiare di causare, gravi difficoltà ai produttori dell'Unione europea di prodotti simili o direttamente concorrenti (cosiddetta clausola di salvaguardia);
   nello studio «Eu agricultural outlook – Prospects for Eu agricultural markets and income 2016/2026» la Commissione europea ha evidenziato un aumento del consumo di riso di appena il 6 per cento, che sarà completamente coperto dall'aumento delle importazioni, in particolare dai Paesi meno avanzati che arriveranno a rappresentare il 50 per cento dell’import dell'Unione europea totale;
   i Paesi europei produttori di riso (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria) si sono incontrati nel mese di febbraio 2017 a Milano con l'obiettivo prioritario di ottenere l'apertura di un tavolo con la Commissione europea per la revisione delle norme vigenti sulla importazione di riso dagli Stati extra comunitari;
   con il Regolamento (UE) n. 1169/2011, l'Unione europea si è dotata di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti;
   in seguito a tale Regolamento, è stato emanato il decreto ministeriale 9 dicembre 2016 recante «Indicazione dell'origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori». Grazie a tale atto, viene indicata con chiarezza la provenienza delle materie prime di molti prodotti come latte Uht, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini (in particolare Paese di mungitura del latte e paese di condizione o trasformazione del latte);
   il 23 luglio 2014 la Commissione agricoltura della Camera dei deputati approvava la Risoluzione n. 8-00069, che impegnava il Governo ad intervenire nelle competenti sedi europee a tutela delle imprese risicole italiane per attivare la clausola di salvaguardia prevista all'articolo 22 del Regolamento (UE) 978/2012, nonché ad adottare le iniziative necessarie per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari –:
   quali iniziative, il Ministro interrogato intenda adottare a tutela delle imprese risicole italiane affinché vi sia l'immediata attivazione della clausola di salvaguardia prevista all'articolo 22 del regolamento 978/2012, nonché per rendere immediatamente applicabile al riso e ai prodotti a base di riso la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari. (5-10857)


   ROMANINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le sementi rappresentano il primo anello della filiera produttiva che porta a prodotti di qualità: la disciplina nazionale che regolamenta la produzione di sementi è garanzia di tutela dei prodotti alimentari tipici e del «Made in Italy», a partire dall'ambiente di campo aperto dove le sementi vengono riprodotte e, a differenza di quanto avviene in numerosi Paesi europei vede uno scrupoloso monitoraggio annuale su mais e soia per verificare la presenza di organismi geneticamente modificati (ogm);
   la produzione sementiera nazionale, già fortemente deficitaria, è però minacciata da un irrigidimento burocratico e da vincoli strutturali quali il costo delle materie prime e della manodopera, che stanno rendendo l'attività di produzione delle sementi sempre meno competitiva rispetto agli altri Paesi comunitari;
   alcune aziende hanno già lasciato l'Italia ed altre temono di dover ridimensionare o cessare l'attività a causa delle molteplici difficoltà incontrate: prova di questa dinamica è la progressiva riduzione delle superfici agricole ufficialmente controllate per la produzione di sementi di mais in Italia, passate dai 8.262 ettari del 2012 ai 5.703 ettari del 2015;
   una delle limitazioni dell'industria nazionale è data dall'impossibilità di trattare le sementi con prodotti fitosanitari registrati in Italia per la «concia» del seme, ma su specie diversa da quella per cui il trattamento era richiesto;
   l'articolo 49 del Regolamento CE 1107/2009 prevede la libera circolazione delle sementi trattate con prodotti fitosanitari all'interno del territorio dell'Unione europea, a condizione che il prodotto sia registrato in almeno uno Stato membro;
   nei principali Paesi europei produttori, le aziende trattano le sementi con prodotti fitosanitari non registrati in Italia per poi introdurle in piena legalità sul mercato nazionale dove vengono regolarmente utilizzate dai nostri agricoltori;
   questa pratica potrebbe indurre alla delocalizzazione anche della coltivazione delle sementi nei Paesi in cui le sementi saranno trattate, senza per questo poter impedire che vengano successivamente esportate in Italia;
   per favorire le produzioni nazionali le autorità di alcuni Paesi europei hanno adottato provvedimenti che consentono alle aziende sementiere locali di trattare sementi con prodotti fitosanitari non registrati nei rispettivi Paesi, purché tali prodotti siano registrati nei Paesi di destinazione del prodotto, a condizione di esportare tutto il quantitativo;
   analoga flessibilità non è attualmente consentita in Italia, determinando così una perdita di competitività dell'industria sementiera nazionale, il drastico calo della produzione nazionale di sementi e delle sue potenzialità per il futuro, la graduale perdita del primo fondamentale passaggio (le sementi nazionali) a tutela delle filiere produttive alimentari di organismi geneticamente modificati free che generano i prodotti «Made in Italy»;
   la richiesta dell'industria sementiera è quella di avere la possibilità di competere con le stesse regole degli altri Paesi dell'Unione europea; questo significherebbe continuazione delle coltivazioni in Italia, opportunità di reddito per gli agricoltori e per l'indotto e tutela delle filiere nazionali «dal seme al piatto» –:
   se il Ministro interrogato non intenda avviare un tavolo di confronto, coinvolgendo le rappresentanze dell'industria e le istituzioni competenti in campo sementiero e sanitario per definire proposte concrete a sostegno delle produzioni sementiere nazionali certificate e di qualità, fornendo i chiarimenti e le semplificazioni operative invocati dal settore e che consentano allo stesso di competere, a parità di condizioni, con le altre aziende europee e se non ritenga necessario farsi parte attiva nei confronti della Commissione europea, nell'ambito dell'avviata iniziativa di revisione del regolamento (CE) n. 1107/2009, al fine di sostenere le istanze del comparto sementiero nazionale e superare le condizioni di disparità con le quali operano le imprese del settore a livello europeo, con l'obiettivo di addivenire ad una normativa di settore comune e condivisa. (5-10859)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi è stato da più parti evidenziato pubblicamente come il Veneto, tra le regioni del Nord, possa vantare la percentuale più alta di ginecologi obiettori (il 76,7 per cento): un dato che in alcune realtà della regione rende di fatto molto difficile garantire l'applicazione della legge n. 194 del 1978;
   la grande maggioranza di ginecologi e anestesisti che lavorano nel servizio pubblico si dichiara obiettore di coscienza (dati del Ministero della salute) e molti ospedali sono costretti a ricorrere all'assunzione di «specialisti a gettone» per garantire il rispetto della legge n. 194 del 1978;
   secondo un report diffuso dall'associazione Luca Coscioni, una singola azienda sanitaria locale, per una sola seduta settimanale, deve sborsare 3.200 euro al mese per un ginecologo esterno;
   in ospedali pubblici come quello di Adria (Rovigo) esistono soltanto obiettori;
   il recente accoglimento da parte del Consiglio d'Europa del ricorso presentato dalla Cgil circa la violazione dei diritti delle richiedenti l'interruzione volontaria di gravidanza – e dei medici che non fanno obiezione di coscienza – riconosce come, nonostante la legge n. 194 del 1978, l'accesso all'aborto rimanga nel nostro Paese spesso complicato;
   deve essere garantita la piena applicazione della legge n. 194 del 1978, emanata anche per contrastare la pratica dell'aborto clandestino –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione venutasi a creare in territorio veneto, con particolare riferimento a strutture come quelle di Adria (Rovigo), e quali iniziative intenda mettere in atto per garantire l'applicazione della legge n. 194 del 1978. (3-02881)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VILLAROSA, D'UVA, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, BARONI, DI VITA, MARZANA e CANCELLERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con D.A. n. 46 del 14 gennaio 2015 veniva approvata la «Riqualificazione e rifunzionalizzazione della rete ospedaliera-territoriale della regione Siciliana»;
   con il decreto ministeriale n. 70 del 2015 veniva approvato il «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera.» che al paragrafo 8 dell'allegato 1 prevede: «All'interno del disegno globale della rete ospedaliera è necessaria l'articolazione delle reti per patologia che integrano l'attività ospedaliera per acuti e post acuti con l'attività territoriale»;
   il Ministero della salute con pareri nn. 139 del 18 settembre 2015 e 14 del 4 marzo 2016 ha espresso criticità sulla «rete» in relazione all'assetto organizzativo tanto da indurre la regione a modificarlo elaborando un nuovo documento di programmazione che prevedesse la riorganizzazione del sistema;
   l'assessorato in una nota del 29 luglio 2016 invia al Ministero della salute una prima simulazione della rete dell'emergenza-urgenza prevedendo per la Sicilia 3 HUB (PS DEA di 2o livello), 15 SPOKE (PS DEA di 1o livello), 23 PS base, 7 PS in zona disagiata e 3 ospedali di comunità. Precisando inoltre nella nota che per garantire continuità assistenziale secondo le intensità di cure i presidi ospedalieri verranno classificati naturalmente seguendo la classificazione dei pronto soccorso;
   nel gennaio del 2017, come si apprende da un articolo di Repubblica dal titolo «rete ospedaliera, ecco il nuovo piano: salvi i policlinici e il Giglio di Cefalù», l'assessore Gucciardi, in una riunione con i sindacati, presenta la seconda e nuova classificazione della rete dell'emergenza-urgenza. Prevedendo per la Sicilia 8 HUB (PS DEA di 2o livello), 18 SPOKE (PS DEA di 1o livello), 16 PS base, 10 PS in zona disagiata e 2 PS ad alto rischio ambientale;
   negli ultimi 8 mesi sono state date pubblicamente notizie diverse relative alla classificazione della rete dell'emergenza-urgenza e di conseguenza dei presidi ospedalieri per la regione Sicilia ed, ad oggi, non è stato esitato e discusso nessun documento dalla relativa commissione legislativa del parlamento siciliano;
   l'assessore Gucciardi, durante un'intervista del 10 gennaio 2017 al giornale online «InSanitasTv» (https://www.youtube.com/watch ?v=sJ7iUVy3oIQ), dichiara che: «il ministero si sarebbe espresso nell'arco di qualche settimana sulla nuova rete ospedaliera», ad oggi ancora non si conoscono né eventuali risposte da parte del Ministero, né successivi atti ufficiali da parte della regione Sicilia –:
   se la situazione su evidenziata corrisponda al vero e quali siano le iniziative che il Ministero della salute sta portando avanti affinché la regione Sicilia si possa dotare di una rete ospedaliera articolata secondo le norme previste dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 senza ulteriori rallentamenti. (4-15947)


   FUCCI e POLIDORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sovrappeso complicato e l'obesità sono malattie croniche che colpiscono milioni di cittadini italiani, la cui gestione, come in tutte le patologie croniche, necessita di presidi farmacologici diversificati e, quindi, non necessariamente studiati per il calo ponderale;
   dal 2015 ad oggi il Ministero della salute ha vietato con cinque distinti decreti un numero di sostanze superiore a cinquanta;
   i primi divieti hanno riguardato dieci sostanze, messe al bando dai decreti del Ministro della salute del 20 maggio 2015 (Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2015), del 27 luglio 2015 (Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30 luglio 2015), del 4 agosto 2015 (Gazzetta Ufficiale n. 184 del 10 agosto 2015) e del 2 dicembre 2015 (Gazzetta Ufficiale n. 288 dell'11 dicembre 2015);
   con l'ultimo decreto del 22 dicembre 2016 (Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2017) il Ministero della salute ha aggiunto alla lista cinquanta nuove sostanze, tra le quali estratti e alimenti presenti in preparati commerciali venduti e pubblicizzati come integratori alimentari a fini dimagranti, financo nella grande distribuzione;
   il 10 e l'11 gennaio 2017 il Tar del Lazio ha annullato, con altrettante sentenze, due dei precedenti decreti (quello del 27 luglio e quello del 2 dicembre 2015) riguardanti il divieto rispettivamente della pseudoefedrina e dell'efedrina;
   lo stesso 11 gennaio le parti interessate – presenti l'Istituto superiore di sanità, l'Aifa, la Federazione ordini farmacisti italiani, Federfarma, Assofarm, Sifap e Utifar – si sono incontrate convenendo sull'opportunità di chiedere al Ministero della salute la convocazione di un tavolo tecnico per approfondire analiticamente tutti i provvedimenti sin qui adottati ed evidenziarne eventuali incongruenze, soprattutto con l'obiettivo di garantire trattamenti adeguati ad un numero elevato di cittadini;
   nel giugno-agosto 2015 la direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della salute aveva richiesto ad alcuni esperti in materia la disponibilità a partecipare ad un tavolo tecnico per il riordino della materia, mai convocato –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-15948)


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio del servizio sanitario regionale della Sardegna presenta un disavanzo tra la somma che viene assegnata alla regione in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza e la spesa a consuntivo che – negli ultimi anni – si è assestato tra i 300 e i 350 milioni di euro, diventando sostanzialmente strutturale;
   per avviare una radicale riforma del sistema dell'assistenza, che possa coniugare qualità e sostenibilità, il consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge regionale n. 17 del 27 luglio 2016, di istituzione dell'azienda sanitaria unica (Ats) e dell'azienda regionale di emergenza e urgenza della Sardegna (Areus);
   preventivamente all'approvazione di tale legge, la giunta regionale, in data 2 febbraio 2016 ha adottato definitivamente la «Proposta di ridefinizione della rete ospedaliera», che interviene radicalmente sulla offerta sanitaria nosocomiale sarda;
   in data 1o gennaio 2017, con la nomina del direttore generale dell'Ats Sardegna è materialmente partito il percorso attuativo della legge regionale n. 17 del 2016 ed è stato annunciato un obiettivo di risparmio, per il primo anno, pari ad almeno 100 milioni di euro;
   a tale importante annuncio da parte della giunta regionale, purtroppo, non hanno fatto seguito atti conseguenti e, in particolare, dopo ben 14 mesi, ad oggi, non c’è traccia di discussione consiliare e della necessaria approvazione del Piano della rete ospedaliera, né è decollata l'Areus prevista nella legge di riordino del settore, la legge regionale n. 17 del 2016;
   la mancata approvazione consiliare del Piano della rete ospedaliera rende pressoché impossibili qualsiasi attività di riordino e razionalizzazione dell'offerta sanitaria in capo all'Ats impedisce qualsivoglia ripensamento della rete di assistenza territoriale;
   tali incertezze normative non favoriscono certo l'impegno per il rientro dal deficit della sanità sarda, che rischia di tradursi in un mero taglio delle prestazioni e si riverbera inevitabilmente sulla qualità dell'assistenza;
   il calo della qualità assistenziale crea sofferenza e irritazione nel mondo sanitario che è costretto a lavorare in condizioni sempre più difficili e precarie, ma è pienamente avvertito anche dai pazienti, che reagiscono con accorate proteste che raggiungono quotidianamente i media locali e, spesso, anche nazionali;
   l'immagine complessiva trasmessa dalla sanità sarda è dunque quella di un sistema in equilibrio sempre più precario, in forte deficit economico strutturale, incapace di riformarsi, in affanno nel garantire le prestazioni dei livelli essenziali di assistenza, con continui disservizi intollerabili per il paziente (è di questi giorni la notizia della sospensione delle forniture dei microinfusori per i diabetici) e con il rischio della crescita della mobilità passiva, pur scoraggiata dalle condizioni di insularità –:
   quali attività di controllo e di monitoraggio il Ministro interrogato stia attuando sulla qualità dell'assistenza sanitaria erogata nella regione Sardegna, per verificare che siano adeguatamente garantiti i livelli essenziali di assistenza e quali iniziative di competenza intenda assumere per accompagnare e verificare il risanamento del bilancio sanitario regionale sardo, accertandosi che esso non si traduca in un taglio delle prestazioni che comporti l'ulteriore scadimento dei diritti di salute dei cittadini isolani. (4-15950)


   OCCHIUTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Calabria risulta essere soggetta a piano di rientro dal disavanzo sanitario e, in quanto tale, è stato nominato un commissario ad acta ai sensi e per gli effetti della legge del 23 dicembre 2009, n. 191, nella figura del presidente della giunta regionale pro tempore, così da assicurare a livello statale l'attuazione delle misure indispensabili per rendere esigibili livelli essenziali di assistenza regionali, soprattutto ospedalieri;
   l'unità ospedaliera di neuropsichiatria infantile di Contrada Lecco (Cosenza) ha attualmente in carico duecentosessanta bambini affetti da un ampio spettro di patologie invalidanti come, ad esempio, osteogenesi imperfetta, autismo di ogni grado, prematurità, disturbi legati a patologie comportamentali e neuropsicologiche, problematiche visive e disturbi specifici dell'attenzione;
   accanto ai duecentosessanta piccoli pazienti già inseriti in un progetto terapeutico vi è una lista d'attesa di altri duecento bambini che attendono addirittura dal 2014 di ricevere un intervento terapeutico;
   «le Mamme di Gaia», gruppo spontaneo di genitori sorto nel settembre del 2016 con l'obiettivo di contrastare il rischio che molti bambini non ricevessero le necessarie cure in vista della imminente scadenza contrattuale – a partire dal 31 dicembre 2016 – della maggior parte delle terapiste;
   nel mese di novembre 2016 l'Azienda sanitaria provinciale ha comunicato la propria disponibilità al rinnovo del contratto alle tredici terapiste storiche, nonché alle cinque terapiste in sostituzione per maternità, assunte mediante contratto a tempo determinato, che avrebbe permesso non solo di assicurare ai piccoli pazienti la necessaria continuità terapeutica ma, soprattutto, di smaltire una lista d'attesa che rappresenta un vero e proprio calvario per le famiglie;
   dal 6 febbraio 2017 due terapiste logopediste sono state congedate, la prima a seguito del rientro dell'avente diritto, la seconda a causa di problemi burocratici legati alla forma contrattuale; tale riduzione dell'organico ha conseguentemente comportato la sospensione forzata del percorso terapeutico per circa ventisette bambini;
   il movimento «le Mamme di Gaia», ha sottolineato più volte, in primo luogo, la rilevanza che riveste la continuità terapeutica per bambini con esigenze speciali per il completamento del percorso e, secondariamente, che una diagnosi precoce ed un intervento tempestivo e di carattere continuativo potrebbe contribuire alla creazione dei concreti presupposti affinché questi bambini raggiungano il massimo grado di autonomia possibile, ovviamente rapportata alla loro patologia;
   impedire ovvero sospendere, a causa di aspetti burocratici legati alle disponibilità economiche delle strutture sanitarie pubbliche, l'accesso/prosecuzione delle cure riabilitative a bambini che hanno già iniziato un percorso terapeutico, potrebbe comportare non solo una problematica regressione dei progressi e dei risultati ottenuti dallo stesso, rischiando di mettere in discussione l'intero processo terapeutico, ma anche il vertiginoso aumento di una lista d'attesa già al collasso;
   nonostante la dottoressa responsabile dell'unità operativa avesse provveduto all'attivazione di un piano di straordinari, con la finalità di intervenire sui casi particolarmente gravi ed urgenti presenti all'interno della lista d'attesa, è oramai da oltre un mese che due bambini di undici e diciassette mesi, che necessitano di intervento urgente, non hanno avuto la possibilità di accedere al progetto terapeutico a causa della mancata approvazione da parte dell'Asp del nuovo «Piano straordinari» –:
   se il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, specifiche iniziative dirette a chiarire con i diversi attori istituzionali coinvolti la vicenda esposta in premessa, attesa non solo l'ineludibile esigenza di garantire la continuità terapeutica per i bambini con fabbisogni speciali ma, soprattutto, la stabile presenza dei terapisti con i quali essi creano un profondo rapporto di fiducia che, sotto tale aspetto, dovrebbero trovare una propria stabilizzazione contrattuale, al fine di permettere la prosecuzione ed una proficua conclusione del progetto terapeutico. (4-15952)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il mercato della distribuzione di carburanti ha un ruolo strategico per l'economia del nostro Paese: vale circa 45 miliardi di euro all'anno di fatturato complessivo ed ingloba circa 80 mila lavoratori fra titolari, collaboratori e dipendenti, occupati presso oltre 22 mila impianti nella rete ordinaria e circa 450 aree di servizio autostradali;
   negli anni, il settore è stato interessato da una serie di interventi normativi di liberalizzazione a cui, tuttavia, non ha fatto seguito l'adozione di una serie politica industriale per lo sviluppo competitivo del mercato;
   la perdita di interesse da parte del legislatore verso questo settore ha determinato la creazione di condizioni di assoluta criticità per l'intero sistema, le quali, a loro volta, hanno offerto terreno fertile per il proliferare di fenomeni di illegalità, a danno di quanti operano regolarmente sul mercato nel rispetto delle vigenti normative, anche, e soprattutto, di natura tributaria;
   l'illegalità è ormai dilagante nel settore; secondo stime accreditate, quasi il 20 per cento dei volumi di carburanti attualmente riversati sulla rete sono di origine clandestina o commercializzati in evasione di imposta a diverso titolo, con evidenti danni, oltre che per l'erario, anche per il mercato e la concorrenza;
   il fenomeno appare in stretta relazione con l'eccessiva tassazione fiscale, come peraltro evidenziato nella relazione tecnica di accompagnamento alla legge di bilancio del 2017, dove si fa riferimento esplicito alle «frodi riscontrate nel settore carburanti specialmente a seguito dell'incremento di circa il 30 per cento delle aliquote sul gasolio e sulla benzina...»;
   il livello di tassazione sui carburanti in Italia è attualmente superiore di 23,3 centesimi/litro e del 40 per cento rispetto alla tassazione media dell'Unione europea; tuttavia, al gestore, con circa 3 centesimi/litro di margine a lordo di tutti gli oneri e le spese di gestione, rimane poco più del 2 per cento del prezzo «alla pompa» dei carburanti;
   in tale scenario, viene messo in discussione anche il quadro normativo posto a tutela della pozione del gestore. Risultano, infatti, sempre più frequenti i casi di violazione delle condizioni economiche e contrattuali a cui è sottoposta la categoria dei gestori, che sono obbligati, unilateralmente ed arbitrariamente dal proprietario dell'impianto, a rifornirsi di prodotti di carburanti in esclusiva, senza avere alcun controllo sul prezzo di rifornimento e su quello di rivendita al pubblico;
   alla luce delle considerazioni esposte, i gestori, in assenza di interventi, sono più esposti al pericolo di essere tagliati fuori dal mercato, senza alcuna possibilità di difesa, un pericolo alimentato anche dal fatto che diverse compagnie petrolifere hanno deciso di cedere i propri impianti in Italia, senza alcun rispetto delle regole sulla contrattazione collettiva –:
   se il Ministro interrogato intenda adoperarsi per favorire al più presto l'apertura di un tavolo di concertazione tra le parti interessate per la definizione di un processo di riordino e di riforma del settore della distribuzione di carburanti che si ponga quale obiettivo inderogabile quello di assumere iniziative per ristabilire le regole della concorrenza attraverso la previsione di controlli, ed eventuali penalizzazioni, per i comportamenti posti in violazione delle norme di legge sui contratti di gestione e la contrattazione collettiva, nonché per contrastare le forme di illegalità e di irregolarità fiscale nel settore. (5-10856)


   FREGOLENT. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 1o gennaio 2018 si concluderà la riforma delle tariffe elettriche iniziata il 1o gennaio 2016 relativa alle utenze domestiche, residenti e non residenti. Al termine di questo processo, la tariffa per il trasporto dell'energia e la gestione del contatore e per gli oneri di sistema saranno uguali per ogni livello di consumo, abbandonando la cosiddetta «struttura progressiva», attualmente in vigore, nei paesi Ue, sono in Italia ed introdotta a seguito delle problematiche seguite alla crisi energetica del 1973;
   obiettivo principale di tale riforma è far pagare agli utenti un corrispettivo meglio commisurato al servizio utilizzato e più quindi aderente ai costi effettivi, semplificando anche la bolletta e facilitandone la comprensione;
   la riforma è stata attuata dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, con deliberazione 2 dicembre 2015, secondo quanto disposto dall'articolo 4, comma 1, della legge n. 96 del 2013 e dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 in attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica;
   il sottosegretario allo sviluppo economico Simona Vicari ha difeso i princìpi di tale riforma, intervenendo in Senato nella discussione della interrogazione n. 3-02171: «Il decreto legislativo n. 102 del 2014, di recepimento della direttiva sull'efficienza energetica, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di riformare la tariffa elettrica, superando la progressività rispetto ai consumi, secondo criteri di gradualità» ha dichiarato, aggiungendo che il «Ministero è consapevole, sia delle difficoltà esistenti sia dei possibili costi di aggiustamento connessi a un cambiamento tanto rilevante, pur con tutte le gradualità del caso. Pertanto, continuerà a monitorare con attenzione tale processo, anche sulla base dei dati richiesti all'Autorità»;
   gli oneri generali di sistema coprono gli oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili) e sono individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge; ulteriori elementi di costo del servizio elettrico (quali, ad esempio, la perequazione) sono invece stabiliti dall'Autorità competente;
   tra gli oneri generali di sistema ci sono però alcune voci che non hanno da anni alcun riferimento all'interesse generale del sistema elettrico ed in particolare:
    gli oneri nucleari (componente A2): secondo quanto previsto dalle leggi finanziarie 2005 e 2006, una parte del gettito della componente A2, pari a circa 100 milioni l'anno, viene destinato al bilancio dello Stato;
    misure di compensazione territoriale (componente MCT): dal 2005, circa il 70 per cento di tale gettito è destinato al bilancio dello Stato;
   appare evidente come la presenza di tali oneri (con finalità generiche) non sia compatibile con la riforma delle tariffe elettriche (e delle leggi che l'hanno ispirata ed attuata) che ha come obiettivo primario quello di far pagare agli utenti un corrispettivo meglio commisurato al servizio utilizzato;
   appare altrettanto evidente che, sia in questa fase transitoria caratterizzata da inevitabili aumenti delle bollette elettriche dovuto in gran parte all'abolizione dei sussidi vigenti fino al 2015, sia in vista della completa liberalizzazione del mercato prevista per il 1o gennaio 2018, occorra una completa verifica e rimodulazione degli oneri generali di sistema con l'esclusione di quelle voci che non abbiano attinenza con il sistema elettrico –:
   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto espresso in premessa e nel pieno rispetto degli obiettivi e delle finalità della riforma delle tariffe elettriche, ritengano di intraprendere iniziative normative urgenti al fine di eliminare dagli oneri generali delle bollette elettriche ogni voce che non ha attinenza con il sistema elettrico. (5-10858)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Tullo e altri n. 7-01218, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mognato, Pagani.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cominardi e altri n. 5-10644, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lombardi;

  l'interrogazione a risposta in Commissione Tino Iannuzzi n. 5-10815, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Peluffo;

  l'interrogazione a risposta scritta Valeria Valente e altri n. 4-15927, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sgambato, Impegno.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lupi n. 1-01525, già pubblicato nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 751 del 1o marzo 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    il 7 giugno 2014 sono entrati in vigore due regolamenti (il decreto del Presidente della Repubblica n. 85 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 86 del 2014) sui poteri speciali (cosiddetti golden power) attinenti alla governance di società operanti in settori considerati strategici, applicativi della riforma operata con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, al fine di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che era stata oggetto di censure della Commissione europea e di una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. I due regolamenti riguardavano l'individuazione degli attivi di rilevanza strategica e il regolamento per l'individuazione delle procedure per l'attivazione dei poteri speciali;
    per «poteri speciali» si intende la facoltà concessa al Governo di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Tali poteri si applicano, in particolare, nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni; la normativa suddetta si ricollega agli istituti della golden share e action spécifique previsti rispettivamente nell'ordinamento inglese e francese;
    con la nuova normativa i poteri speciali nei comparti difesa e sicurezza nazionale sono applicabili a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica. Con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2014, n. 108, sono state individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale rispetto alle quali l'Esecutivo: potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni di particolare rilevanza; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale; potrà dichiarare nulle le delibere adottate con il voto determinante delle azioni o quote acquisite in violazione degli obblighi di notifica, nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o adempimento delle condizioni imposte;
    le disposizioni su sicurezza e difesa sono state estese, attraverso regolamenti, agli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nei quali l'eventuale opposizione tout court all'acquisizione di partecipazioni si può esercitare solo nei confronti di un'azienda extra Unione europea; una volta individuati tali asset, l'Esecutivo può far valere il proprio veto alle delibere, agli atti e alle operazioni, ovvero imporvi specifiche condizioni. A carico dei soggetti interessati, gli obblighi di notifica sono estesi alle delibere, atti o operazioni aventi ad oggetto il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie riguardanti l'introduzione di limiti al diritto di voto o al possesso azionario;
    ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti nella disciplina codicistica delle società, nonché, successivamente, nella legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), che ha introdotto nell'ordinamento italiano la cosiddetta «poison pill» (pillola avvelenata) che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate dalla mano pubblica, operanti in qualsiasi settore, di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l'azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione, vanificando il tentativo di scalata non concordata; quando la società in cui lo Stato detiene una partecipazione rilevante rientra anche tra le società privatizzate di cui alla legge n. 474 del 1994, la decisione di emettere questa «poison pill» influisce anche sull'efficacia dei tetti azionari, poiché, a partire dal momento in cui lo Statuto autorizza tali strumenti, la norma che prevede i tetti azionari cessa di trovare applicazione;
    da ultimo, l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato, ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese; in questo ambito sono state definite «di rilevante interesse nazionale» le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi;
    la normativa sulle offerte pubbliche di acquisto (Opa), fissata dal Testo unico della finanza (TUF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, ha, quale obiettivo principale, la tutela dell'investimento azionario da parte dei risparmiatori e degli investitori istituzionali italiani ed esteri rispetto alle decisioni degli azionisti di maggioranza; a questo scopo il legislatore ha stabilito che chiunque acquisti azioni oltre una certa soglia sia obbligato a lanciare un'Opa rivolta a tutti gli azionisti e che analogo obbligo si determini anche quando cambi la maggioranza assoluta all'interno di una società o di un accordo, pattizio che controlla una partecipazione già superiore alla soglia; l'attuale soglia unica del 30 per cento è efficace nel caso di società quotate a capitale diffuso in piccolissime quote, mentre non lo è quando, all'interno di una compagine azionaria frazionata, esista una società o un patto comunque dominanti nelle assemblee;
    le direttive dell'Unione europea esigono che sia stabilita una soglia per l'Opa obbligatoria, ma demandano agli Stati membri la sua determinazione; in Europa uno Stato, l'Ungheria, ha due soglie a percentuali fisse, mentre quattro Stati (Spagna, Repubblica ceca, Danimarca ed Estonia) hanno una soglia a percentuale fissa e un'altra a percentuale variabile, legata al controllo di fatto; in Italia, la precedente soglia unica al 30 per cento, infatti, venne a suo tempo individuata nella convinzione che avrebbe favorito il mercato del controllo laddove nessuno avesse avuto interesse a lanciare un'Opa. L'esperienza di questi ultimi 15 anni, invece, ha dimostrato che, molto spesso, il passaggio del controllo senza Opa ha favorito le rendite di posizione e penalizzato le minoranze azionarie, senza procurare vantaggi alle aziende, anzi non di rado gravandole di debiti ingenti legati al processo di acquisizione e non all'investimento operativo; il decreto-legge n. 91 del 2014, cosiddetto «decreto competitività», ha introdotto la doppia soglia Opa al 25 per cento per le società quotate, escluse le piccole e medie imprese che, invece, potranno scegliere di inserire nello statuto una soglia compresa tra il 20 per cento e il 40 per cento;
    per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, comunque definiti, la Commissione europea ha adottato un'apposita comunicazione (97/C 220/06) con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo a taluni settori di intervento, la Commissione europea ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, con esclusione di ragioni di carattere economico e purché conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia;
    inoltre, secondo la Commissione europea, «l'interesse nazionale», invocato come criterio di base per giustificare diversi di questi provvedimenti, «(...) non risulta sufficientemente trasparente e può, quindi, introdurre un elemento di discriminazione nei confronti degli investitori esteri e un'incertezza del diritto». Pertanto, la Commissione europea né nega l'applicabilità se non in connessione e in subordine ai criteri già individuati i quali sottostanno alle ulteriori limitazioni della proporzionalità e della durata nel tempo;
    i singoli Stati mantengono, in assenza di armonizzazione, un certo spazio discrezionale nel definire, nel rispetto dei vincoli posti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, sia i settori strategici, sia le forme di controllo all'accesso della proprietà delle società operanti in tali settori. Ne deriva una frammentazione del mercato interno. Molti degli Stati membri hanno mostrato, in modo crescente negli ultimi anni, una significativa propensione a prevedere forme di controllo agli investimenti diretti stranieri nei settori strategici, anche se diversi sono i settori considerati strategici e le forme di controllo in concreto previste;
    procedure di infrazione in materia di golden share hanno riguardato la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania, il Portogallo e il Regno Unito. Dall'esame della giurisprudenza che ne è derivata, emerge che la Corte di giustizia europea, una volta rispettate le condizioni di massima individuate dalla Commissione europea, mostra prudenza nel sindacare previsioni statutarie restrittive della libertà di accesso del mercato. La misura nazionale è considerata restrittiva solo ove sia imposta in via imperativa da una norma nazionale. Viceversa, ciò non ricorrerebbe ove la normativa nazionale sia autorizzativa/dispositiva e rimetta di conseguenza alla libera scelta del privato l'adozione o meno di una misura che pur sia astrattamente idonea a limitare o restringere le libertà fondamentali;
    secondo la dottrina dalla giurisprudenza della Corte europea si deduce che «nessuna delle disposizioni di diritto societario comune neppure quelle che prevedono la facoltà, il cui esercizio è rimesso all'autonomia negoziale dei soci, di inserire nello statuto delle clausole che alterino il cosiddetto assetto di default modificando i quorum costitutivi e deliberativi oppure limitando i diritti di voto esercitabili in assemblea, oppure ancora creando strumenti in grado di spezzare il rapporto di corrispondenza tra entità del capitale posseduto e poteri amministrativi - può essere qualificata come restrizione della libertà circolazione dei capitali»;
    il nostro Paese è da tempo soggetto ad una serie di acquisizioni da parte di competitor stranieri, sia comunitari che extra comunitari, che, con tutta evidenza, ne stanno riducendo la base produttiva, economica e, da ultimo, finanziaria. Non si disconosce la rilevante importanza, per il nostro Paese, dell'apporto dei capitali esteri, sia come significativo contributo alla crescita economica e all'occupazione, sia come segnale della fiducia degli investitori internazionali. Tuttavia, taluni aspetti di queste cessioni e di queste scalate azionarie mettono comunque in luce una problematica che dovrebbe essere valutata e risolta;
    secondo i dati elaborati a inizio 2017 dai consulenti di Kpmg, multinazionale operante nel settore della consulenza per le imprese e gli Stati, dal 2006 al 2016, la somma investita dagli investitori internazionali in Italia arriva a 200 miliardi di euro dal 2006. Gli stessi esperti considerano questa una cifra sottostimata perché non include l'acquisto di partecipazioni di minoranza o i chip comprati a Piazza Affari. Per Kpmg la cifra reale si spingerebbe sopra i 300 miliardi di euro. Un trend che, negli ultimi anni, ha subito una buona accelerazione con picchi di 27 e 32 miliardi di euro tra il 2014 e il 2015 e 19 puntati nell'anno appena concluso. Le operazioni relative al solo passaggio del controllo del capitale (acquisizioni) sono state 1.340 in dieci anni. Se si includono le quote di minoranza, il numero raddoppia. Nel 2016 gli investitori esteri hanno chiuso 240 operazioni su asset della Penisola, con una crescita del 19,4 per cento;
    in tale ambito, tra la fine del 2015 e il 2016, la Francia ha effettuato operazioni di acquisizione di quote in Italia per 5 miliardi di euro, tra la quota in Telecom Italia e quella appena spuntata in Mediaset. Dal 2006, la Francia ha acquisito quote d'imprese per circa 52 miliardi di euro comprando 185 aziende, 34 lo scorso anno. L'alta finanza italiana è sempre più francese. Unicredit ha da poco venduto, per poco meno di 4 miliardi di euro, la sua Pioneer (un'ottima società di gestione del risparmio con 200 miliardi di soldi italiani investiti sui suoi prodotti) alla francese Amundi. Non esiste, nel credito, un esempio in direzione opposta, cioè acquisizioni da parte di banche italiane in Francia. Basti pensare alle operazioni Bnl-Bnp e Cariparma-Credit Agricole. Ad oggi, le loro operazioni sul suolo italiano stanno generando buoni risultati. Ciò avviene senza grandi sforzi finanziari, visto che Bnp Paribas e Credit Agricole non hanno voluto contribuire al fondo Atlante;
    c’è una sproporzione evidente tra il controvalore delle acquisizioni fatte nell'ultimo decennio da aziende italiane in Francia e i numeri dello shopping francese in Italia. Kpmg calcola che, a fronte dei 52 miliardi di euro spesi dagli investitori francesi in Italia tra il 2006 e il 2016, gli italiani abbiano messo sul piatto appena 7,6 miliardi di euro, se si analizzano i trend dal punto di vista qualitativo, si può notare che le acquisizioni transalpine riguardano principalmente settori strategici come finanza, telecomunicazioni, tecnologia, media e lusso;
    dopo l'acquisizione del 23,9 per cento di Telecom, l'aggressività del gruppo francese Vivendi, società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, è venuta di recente allo scoperto nei confronti di Mediaset. Causa scatenante dell'acquisizione del 28,8 per cento di azioni Mediaset da parte di Vivendi, sono state le azioni avviate dal gruppo italiano a seguito della disdetta unilaterale operata dalla multinazionale francese nel luglio 2016 di un accordo su Mediaset premium, sottoscritto ad aprile 2016. Tale scalata appare oggi essersi arenata grazie ad un complesso di fattori favorevoli e concomitanti: la decisa risposta della proprietà Mediaset alle pretese della controparte, le difficoltà finanziarie interne a Vivendi, le prese di posizione del Governo e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Giova rilevare che il gruppo Vivendi, tra Mediaset e Telecom, ha un portafoglio che, agli attuali prezzi di mercato vale 4,49 miliardi di euro, il che ne fa il terzo investitore francese a Piazza Affari dietro Bpce (5,23) e Lactalis (4,94);
    altro asset strategico nazionale che da tempo è oggetto di attenzione è Assicurazioni generali SpA, la cui ventilata acquisizione da parte del colosso assicurativo francese Axa appare avere conseguenze imprevedibili: Generali è uno dei primi proprietari immobiliari italiani, con un patrimonio di circa 24 miliardi di euro e detiene 500 miliardi di asset, di cui ben 70 investiti in titoli di Stato italiani. È una delle poche compagnie finanziarie italiane ad avere caratura internazionale, essendo presente in 60 Paesi, con 470 società e quasi 80.000 dipendenti. Oltre che quarta compagnia di assicurazioni a livello mondiale, Generali è anche il terzo gruppo industriale italiano, ha 113 miliardi di euro di fatturato e controlla le grandi partecipazioni e scheletri industriali, spine dorsali dell'industria italiana. Infine Generali è socio forte di Monte dei Paschi di Siena assieme ad Axa stessa;
    ulteriori preoccupazioni nascono se si osserva il board che attualmente governa Generali e, in particolare, la sua specifica attività nel nostro Paese. In questo contesto il capo azienda di Generali, Donnet, ha smentito le ricorrenti voci di una fusione con Axa, ma i dossier con progetti che vanno in questa direzione ingombrano le scrivanie delle società di analisi finanziarie e di advisoring finanziario; è anche circolata l'ipotesi di una vendita della divisione francese di Generali ad Allianz, che (eliminando in premessa le sovrapposizioni di mercato oggi esistenti in Francia tra Axa e Generali, con i relativi profili di trust) avrebbe favorito la strada alla fusione stessa;
     in tale quadro, il direttore generale del gruppo Alberto Minali costituisce una sicura garanzia; ma si deve pur rilevare come, anche in periodi recenti, la fisionomia culturale e della stessa struttura di Generali sia segnata da forti elementi chiaramente riconducibili alla Francia. Correttamente è stato osservato (Sole 24 Ore) che il risparmio degli italiani rappresenta una delle attività che più interessano la Francia;
    l'unico grande attore finanziario del mercato, (da oltre vent'anni di gestione con la migliore gestione della media del sistema ed un'invidiabile solidità patrimoniale) è Banca Intesa Sanpaolo. Ed è chiaro che un avvicinamento tra Intesa e le Generali costituirebbe, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'unica mossa in grado di prevenire l'inevitabile scalata. Tuttavia, Generali ha reagito alla sola notizia dell'interessamento alla fusione di Intesa, acquistando il 3,1 per cento della medesima. A metà febbraio circa, Intesa ha deciso di non proseguire su questa strada;
    differente la filosofia dei gruppi italiani che effettuano acquisizioni in Francia. Qui si tratta, per lo più, di azioni mirate nei settori meno strategici per lo Stato francese, storicamente protezionista nei riguardi delle proprie grandi imprese. Il Governo transalpino ha posto una serie di condizioni da quando si è ufficialmente aperta la trattativa per l'acquisizione di Stx France, controllata dalla coreana STX Offshore & Shipbuilding e dallo Stato stesso, da parte di Fincantieri. Parigi ha una quota del 33 per cento nella ex Chantiers de l'Atlantique. Ha diritto di prelazione sulle azioni ancora in mano ai coreani e, in virtù della legge sulle società strategiche, ha il potere di stroncare sul nascere qualsiasi operazione suscettibile di ledere gli interessi nazionali. Il Governo francese, ad avviso dei presentatori del presente atto, non si blinderà contro Fincantieri, ma ha i mezzi per ottenere un accordo vantaggioso e tutelare know how e occupazione;
    pur nella diversità dei vari contesti, le metodologie di scalata di questi asset sembrano seguire un copione prestabilito: rastrellamento di azioni, intese e acquisizioni strategiche, manovre di borsa, con l'obiettivo di affossare o gonfiare, a seconda delle esigenze, il valore del titolo; se necessario, lancio dell'offerta pubblica di acquisto e, infine, acquisizione. La Borsa non appare più come il luogo dove le imprese si finanziano, ma come il luogo dove si può perdere il controllo della propria impresa, senza che sia possibile intervenire, a causa della preponderante potenza finanziaria della controparte;
    il sistema bancario nazionale, da sempre perno centrale della capitalizzazione delle imprese nazionali, si trova nel cuore di una profonda crisi determinata dalla necessaria ristrutturazione e non è più in grado di capitalizzare le imprese. L'annoso problema dei crediti in sofferenza, eredità della recessione, ha eroso il patrimonio degli istituti. Le banche in questi anni hanno dovuto concentrarsi sempre più sul rafforzamento del loro capitale e in questo modo si è creato un vuoto. Le imprese, pertanto, si ritrovano o sottoquotate o sottocapitalizzate e il loro valore reale è superiore al valore di mercato: questa situazione è stata definita «capitalismo senza capitali»;
    secondo la relazione trasmessa al Parlamento «in materia di esercizio dei poteri speciali», dal Ministro per i rapporti col Parlamento e redatta dal Comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali (periodo 3 ottobre 2014 al 30 giugno 2016), il golden power finora si è rivelato un'arma spuntata. Il bilancio appena pubblicato dal Governo mette in luce tutte le fragilità di una normativa che appare inadeguata in una fase storica dominata da un'ondata di investimenti esteri. Nel periodo, sono stati emanati solo 2 decreti con prescrizioni su 30 operazioni notificate, e mai si è arrivati a porre il veto. Circa il 47 per cento delle notifiche ha riguardato operazioni nel settore della difesa e sicurezza nazionale, il 23 per cento le comunicazioni, il 17 per cento l'energia, il 13 per cento i trasporti;
    secondo il Comitato, l'attuale meccanismo «entra in gioco in maniera tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende». Il rapporto «ritiene auspicabile perseguire obiettivi atti ad indirizzare ed accompagnare le scelte più importanti della vita di una società». L'obiettivo deve essere «(...) assicurare continuità alla protezione degli assetti strategici nazionali attraverso la tutela nei confronti di manovre acquisitive che sottendono all'obiettivo di sottrarre tecnologie e know how industriale e commerciale essenziale per la competitività del sistema Italia». «(...) Il mondo sta cambiando velocemente e anche gli strumenti di difesa devono aggiornarsi, come del resto stanno facendo competitor come Germania e Regno Unito». «(...) Lo squilibrio in termini di fusioni e acquisizioni (merger and acquisitions) è nei numeri e merita di essere approfondito»;
    il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, predisposto dal Governo pro tempore Monti, disponeva che i provvedimenti attuativi fossero aggiornati ogni tre anni. Quindi si apre proprio nel 2017 una finestra utile per aggiornare la normativa. Componenti del Governo hanno rilasciato alcune dichiarazioni (relative al periodo in cui l'operazione «Mediaset-Vivendi» era all'attenzione della pubblica opinione), per cui il golden power potrebbe essere esteso per campo di applicazione e per modalità di esercizio, ad esempio prevedendo una fase negoziale tra governo e investitore straniero per confrontarsi sui piani. In entrambi i casi, il Governo punterebbe a ottenere garanzie su permanenza in Italia di asset produttivi strategici, competenze e posti di lavoro. Potrebbero essere fissati nuovi obblighi, in modo particolare per operazioni di fonte extra Unione europea o effettuate da imprese di Paesi che non rientrano tra le economie di mercato. Il Governo afferma che si valuta «(...) l'opportunità di introdurre una regolamentazione che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse». Si ritiene possibile l'introduzione di una norma ispirata alla disciplina relativa alla Securities and Exchange Commission, l'autorità di Borsa americana, nella quale si impone all'investitore che supera l'acquisto del 5 per cento di fornire alla Consob un'informativa dettagliata sui piani di investimento, quanto meno in situazioni strategiche o di potenziale conflitto di interessi;
    assistere oggi alla cessione, alla svendita o al trasferimento di aziende centrali non solo per il loro portato economico in termini occupazionali e di sviluppo di indotto, ma persino operanti in settori definiti «strategici», come Telecom Italia, o, a suo tempo, Alitalia, mostra come, nell'attuale fase, l'azione dell'Esecutivo risulti ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo insufficiente rispetto alla fase di deindustrializzazione che sta attraversando il nostro Paese e che occorra adottare nuove e straordinarie misure a tutela del tessuto produttivo italiano, del risparmio degli italiani, del know how italiano e di conseguenza a tutela della base occupazionale nazionale. In questo quadro, i rischi connessi alla vicenda Assicurazioni Generali SpA-Axa-Unicredit, rappresenta un ulteriore salto di qualità, in quanto è in gioco il risparmio nazionale e il possesso di innumerevoli asset industriali;
    in conclusione, si valuta assai negativamente e si guarda con allarme la serie di acquisizioni estere elencate nella citata relazione, che, per questa parte, non copre l'anno 2016, ma si limita agli anni 2014-2015. Si riporta testualmente: «Nel 2014-2015 sono state acquistate da soggetti esteri tra l'altro imprese siderurgiche italiane (Acciaierie di Terni dalla Germania e di Piombino dall'Algeria), di telefonia (Telecom Italia dalla Francia e Wind dalla Russia), industriali (Pirelli dalla Cina, Italcementi dalla Germania, Indesit dagli USA), farmaceutiche (Rottapharm dalla Svezia, Sorin dagli USA, Sigma-Tau Pharma Ltd dagli USA e Gentium S.p.a. dall'Irlanda), finanziarie (Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.a. dagli USA, BSI - Banca della Svizzera Italiana dal Brasile), della moda e del lusso (Krizia dalla Cina, oltre a numerose operazioni negli anni precedenti da Francia e paesi arabi in particolare), alimentari (numerose operazioni di dimensioni minori), oltre agli acquisti di quote percentuali limitate ma significative in volume di investimenti di società industriali, finanziarie e bancarie da parte della State Administration of Foreign Exchange cinese e della People's Bank of China (ENI, ENEL, FCA, Telecom Italia, Prysmian, Mediobanca, Generali,Saipem, Terna, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena)»,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative per introdurre, con criteri di urgenza, l'estensione dell'esercizio dei poteri speciali (cosiddetto golden power) anche alle società nazionali operanti nel settore finanziario, con particolare riferimento a quelle società che gestiscono rilevanti quote sia del risparmio nazionale, che di asset produttivi;
2) ad adottare iniziative normative per introdurre, con le medesime modalità, modifiche alla normativa vigente sul golden power che diano corso alle proposte del Comitato di coordinamento per l'esercizio dei poteri speciali, prevedendo:
   a) l'introduzione del criterio di reciprocità con gli Stati esteri in materia di acquisizione di asset rilevanti;
   b) l'incremento degli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti, esaminando anche le normative vigenti in altri Paesi e nell'Ocse;
   c) l'obbligo delle comunicazioni preventive a carico dell'investitore che superi la quota del 5 per cento in società ritenute strategiche nelle quali siano evidenziati, tramite informativa dettagliata alla Consob, i piani di investimento, i potenziali conflitti di interessi, nonché le azioni volte al mantenimento sul territorio nazionale delle strutture produttive e dei livelli occupazionali, anche al fine di assicurare l'invarianza del gettito fiscale da parte delle società acquisite dall'estero;
3) ad attuare il disposto del comma 7 dell'articolo 1, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, nella parte in cui prevede l'aggiornamento della normativa per l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale «almeno ogni tre anni»;
4) a valutare la possibilità di assumere iniziative normative per estendere l'esercizio dei poteri speciali anche ai settori dell'agroalimentare e delle tecnologie avanzate, nonché ai settori ad alta intensità di lavoro.
(1-01525)
(Nuova formulazione) «Lupi, Tancredi, Garofalo, Vignali, Bosco, Misuraca, Sammarco, Scopelliti».

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini e altri n. 4-15156 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 723 del 13 gennaio 2017. Alla pagina 43661, seconda colonna, alla riga dodicesima deve leggersi: «grado di “Generale di brigata” e 97» e non come stampato;

  interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-15918 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 760 del 15 marzo 2017. Alla pagina 45551, dalla riga 1 della prima colonna alla riga quarantottesima della seconda colonna, le parole «FLC» devono intendersi sostituite da «FCL».