Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 15 marzo 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    i centri per l'impiego dovevano rappresentare il perno delle politiche attive per garantire il ricollocamento di chi ha perso il lavoro, grande promessa del jobs act, promosso dal Governo Renzi, al momento caduta nel dimenticatoio;
    in attesa della istituzione dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), che dovrebbe centralizzare, secondo le previsioni del jobs act, i servizi per l'occupazione, la situazione dei centri per l'impiego è diventata, infatti, ancora più problematica;
    a quasi due anni dall'asserita abolizione delle province, e ad oltre un anno dall'approvazione dei decreti di riordino degli istituti del mercato del lavoro, i centri per l'impiego sono al tracollo, con il rischio, ormai prossimo, di compromettere il funzionamento dei servizi, già in forte crisi a causa della confusione istituzionale e dell'assenza di risorse necessarie;
    in particolare, con cosiddetta «legge Delrio» che ha abolito le province, a cui i centri per l'impiego facevano capo, i vecchi uffici di collocamento sarebbero dovuti passare temporaneamente sotto l'ambito di competenza delle regioni per poi confluire sotto il coordinamento dell'Anpal, una doppia transizione che sta generando non pochi disservizi nell'assistenza agli utenti in cerca di occupazione, con la scure del licenziamento che pende sulla testa di migliaia di dipendenti;
    a settembre 2015, Governo e regioni si erano impegnati a garantire la continuità dei centri, fornendo le risorse per i costi del personale a tempo indeterminato (per due terzi a carico del Governo e un terzo a carico delle regioni), ma ogni regione ha gestito il passaggio di consegne a modo suo;
    tranne poche eccezioni, come il Piemonte, dotata già di un'agenzia pubblica nel settore, qualche regione a statuto speciale come Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, e la Liguria, che ha raggiunto un accordo politico per evitare la chiusura di due sedi, i vecchi uffici di collocamento stanno vivendo in un limbo, con servizi depotenziati, passaggi burocratici rallentati e dipendenti in agitazione;
    con un investimento di meno di cinquecento milioni di euro annui, i fondi pubblici dedicati ai servizi per il lavoro in Italia sono la metà di quelli previsti in Spagna, e molto distanti dai quasi nove miliardi di euro della Germania e i cinque miliardi di euro della Francia;
    più che di un taglio sui dipendenti, i centri per l'impiego avrebbero bisogno di un potenziamento e di una riforma strutturale che possa davvero favorire il ricollocamento dei lavoratori: secondo l'attività di monitoraggio dei 532 centri italiani condotta dall'Istituto lsfol, risulta che la realtà attuale conta meno di novemila dipendenti pubblici che devono seguire 9.692.000 di persone, tra disoccupati e inoccupati;
    comporre e gestire un insieme di sistemi e di procedure destinati al supporto e all'orientamento al lavoro può essere definita l'attività cardine dei servizi pubblici per l'impiego, che devono essere in grado di supportare adeguatamente i molteplici passaggi caratterizzanti la vita professionale degli individui e di realizzare progressivamente una flessibilità del mercato, attraverso la fornitura personalizzata di servizi mirati a ridurre il più possibile il tempo di permanenza delle persone nella rischiosa condizione di inattività e di esposizione al lavoro sommerso e al disagio economico;
    tali attività, che hanno lo scopo di orientare l'individuo e di stabilire un progetto per il reinserimento al lavoro, dovrebbero, inoltre, essere svolte esclusivamente da personale in possesso di idonee competenze;
    a tale riguardo, sono interessanti i dati emersi dall'indagine svolta nel 2015 dall'Istituto Isfol sui 532 centri italiani per l'impiego relativa al livello di istruzione del personale operativo nel loro interno, che hanno rilevato come poco meno di sei occupati su dieci abbiano conseguito un diploma, il 27,1 per cento sia in possesso di un titolo universitario, mentre la percentuale di coloro che, al massimo, sono in possesso della licenza media, sfiora il 16 per cento;
    tali risultati portano a due considerazioni generali: in primo luogo, le regioni, che risultano essere più esposte, in termini di personale, alla precarietà, sono anche quelle che rischiano di perdere la componente più istruita del proprio personale operante nei centri per l'impiego e, d'altro canto, i sistemi regionali che possono contare su risorse umane più stabili (a tempo indeterminato) hanno operatori mediamente meno istruiti, ponendo, affianco al tema dell'adeguatezza numerica del personale operativo presso i centri per l'impiego, quello del rinnovamento e del potenziamento delle risorse umane di ruolo;
    se si vuole realmente che le politiche attive possano esercitare un ruolo di sostegno al mercato del lavoro, non si può prescindere dall'esigenza di investire su di esse significative risorse con certezza e chiarezza sui finanziamenti,

impegna il Governo:

1) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative di riforma che agiscano sulla qualità dei servizi offerti dai centri per l'impiego, nell'ambito dei quali il personale deve essere in grado di favorire efficacemente l'incontro tra offerta e domanda di lavoro garantendo standard minimi di prestazioni;
2) a predisporre un adeguato programma di potenziamento dei centri per l'impiego che garantisca l'erogazione dei relativi servizi da personale competente, assicurando soluzioni e risorse opportune, da distribuire alle strutture territoriali in misura proporzionale agli oggettivi fabbisogni di intervento e alle carenze di organico esistenti;
3) a monitorare e valutare annualmente l'efficienza e la qualità degli interventi erogati dai centri per l'impiego, in linea con i livelli di qualità previsti dal decreto legislativo n. 181 del 2000;
4) ad adottare tutte le iniziative necessarie all'effettivo funzionamento dell'Anpal, quale soggetto aggregatore dei servizi per l'occupazione, al fine di garantire il diritto ad un adeguato supporto di quanti, soprattutto in questo delicato momento di crisi occupazionale del nostro Paese, versino in una rischiosa condizione di inattività e di esposizione al lavoro sommerso e al disagio economico.
(1-01541) «Rizzetto, Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, il legislatore italiano ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein) relativa ai servizi nel mercato interno, approvata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea al fine di facilitare la creazione di un libero mercato di servizi in ambito europeo;
    secondo quanto stabilito dalla direttiva Bolkestein all'articolo 12, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010, in attuazione di quanto stabilito dalla direttiva Bolkestein, ha disposto all'articolo 16 l'obbligo di prevedere procedure selettive, la limitazione della durata delle autorizzazioni, il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni e di accordare vantaggi al prestatore uscente;
    il citato provvedimento ha esteso l'applicazione della direttiva Bolkestein anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, che costituiscono una «risorsa naturale» limitata, in particolare rinviando, all'articolo 70, comma 5, ad una intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-Autonomie locali l'individuazione dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010, all'articolo 70, comma 1, ha inoltre esteso la possibilità di esercitare il commercio ambulante su area pubblica anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone;
    l'accordo sancito in data 5 luglio 2012 in sede di Conferenza Unificata ha stabilito una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i 9 e i 12 anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, (cosiddetto «decreto milleproroghe»), ha da ultimo prorogato il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2018, fino a tale data, al fine di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione nelle procedure di assegnazione sull'intero territorio nazionale;
    il recepimento della direttiva Bolkestein, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ostacola la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando soprattutto i piccoli operatori del settore, già in difficoltà nel fronteggiare la maggior forza finanziaria delle società di capitali, in grado di detenere – anche indirettamente – un maggior numero di autorizzazioni;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010 comporta, infatti, l'apertura del settore del commercio ambulante su area pubblica, che impiega circa 500.000 addetti a livello nazionale e che è tradizionalmente svolto da microimprese spesso a conduzione familiare, a nuove imprese straniere e multinazionali – comprese società di capitali;
    le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 59 del 2010 non sembrano tenere pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, che affianca attività di commercio svolte su posteggio fisso ad attività svolte in forma itinerante e con turnazioni, e che coinvolge non solo i centri storici e i tradizionali mercati rionali, ma anche aree periferiche meno qualificabili come limitate;
    considerato altresì che: già in altre occasioni, alcune associazioni di categoria hanno chiesto la disapplicazione della direttiva Bolkestein al commercio ambulante;
    la Commissione X della Camera, nel novembre 2015, ha approvato una risoluzione che impegnava il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi interessati, nonché delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche maggiormente rappresentative e a valutare l'opportunità di una rinnovata fase di approfondimento e discussione del quadro giuridico europeo in materia di posteggi su aree pubbliche;
    il 3 novembre del 2016 si è tenuto il primo incontro di questo tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per approfondire la tematica sulla base delle motivazioni esposte dalle rappresentanze di categoria,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative volte ad una revisione del decreto legislativo n. 59 del 2010, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE, ovvero stabilendone l'applicazione secondo modalità atte a contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione – per quanto di competenza – di criteri per la concessione delle autorizzazioni che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori, segnatamente a tutela di chi è intestatario delle licenze e lavora direttamente o con dipendenti nei mercati, e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante.
(1-01542) «Donati, Becattini, Ermini, Paris, Impegno, Paola Bragantini, Barbanti, Dallai, Manfredi, Minnucci, Moscatt, Palladino».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il sistema dei servizi preposto al governo del mercato del lavoro è stato interessato da importanti processi di trasformazione che ne hanno modificato sia l'assetto istituzionale, sia i compiti operativi;
    nel quadro delle politiche attive del lavoro, un ruolo fondamentale nell'incontro tra domanda e offerta è stato assunto dai centri per l'impiego;
    a differenza delle «politiche passive del lavoro», il cui obiettivo è contrastare la disoccupazione e i disagi ad essa connessi, predisponendo misure di supporto come il sostegno al reddito, le «politiche attive del lavoro» si articolano lungo quattro direttrici indicate prima nell'Agenda di Lisbona e poi nella Strategia europea per l'occupazione (SEO);
    le direttrici riguardano: l'occupabilità, ovvero migliorare le capacità di un individuo di inserirsi nel mercato del lavoro; l'adattabilità vale a dire aggiornare le conoscenze individuali per renderle compatibili con le esigenze del mercato; l'imprenditorialità, ossia sviluppare qualità e spirito imprenditoriali per avviare un'azienda e contribuire all'auto impiego; le pari opportunità, ovverosia favorire politiche di uguaglianza per aumentare i tassi di occupazione giovanile e femminile;
    la Strategia europea per l'occupazione ha stabilito inoltre gli obiettivi di: raggiungere la piena occupazione, migliorare la qualità e la produttività del lavoro e rafforzare la coesione e l'inclusione sociale;
    gli strumenti per realizzare tali obiettivi sono: la formazione, la riqualificazione, gli strumenti di orientamento, l'alternanza scuola-lavoro, i tirocini e le esperienze di lavoro;
    in occasione della Conferenza Stato-regioni del 22 dicembre 2016 è stato rinnovato per il 2017 l'accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano in materia di politiche attive per il lavoro e per il funzionamento e potenziamento dei centri pubblici per l'impiego;
    l'accordo ha previsto che le risorse per i costi del personale a tempo indeterminato e per gli oneri di funzionamento saranno per 2/3 a carico dello Stato e per 1/3 a carico delle regioni, confermando la ripartizione già in atto nel 2016;
    l'obiettivo dell'accordo è stato finalizzato a garantire la continuità della preziosa attività dei centri per l'impiego e ad avviare la realizzazione di un piano congiunto di rafforzamento delle politiche attive per il lavoro, anche attraverso l'immissione di 1.000 unità aggiuntive di personale appositamente formato;
    la collaborazione con le regioni e la rafforzata attività dei centri per l'impiego sono una delle condizioni indispensabili per un positivo avvio dell'attività dell'Agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro; quest'ultima ha annunciato un programma sperimentale di attivazione dell'assegno di ricollocamento per le persone disoccupate;
    nell'ambito di questo piano di rafforzamento, è stato previsto che verranno assegnate ai centri per l'impiego 600 ulteriori unità di personale che avranno il compito di favorire il collocamento al lavoro delle persone più deboli, prese in carico dal piano di sostegno per l'inclusione attiva;
    i costi relativi a tale ultimo progetto, pari a sessanta milioni di euro, saranno coperti, per metà, con risorse del Piano nazionale per l'occupazione e, per metà, con risorse del Programma nazionale per l'inclusione;
    negli ultimi anni, si sta progressivamente superando una dimensione esclusivamente «istituzionale» nella gestione delle politiche attive del lavoro. Questo scenario si evince da alcune recenti riforme che hanno gettato le basi per l'attribuzione a privati di facoltà d'intervento sul terreno della promozione dell'occupabilità a favore di lavoratori svantaggiati,

impegna il Governo:

1) a rispettare quanto stabilito e sottoscritto nell'Agenda di Lisbona e nella Strategia europea per l'occupazione (SEO);
2) a presentare in Parlamento una volta l'anno una relazione sullo stato, l'efficienza e l'efficacia dei risultati effettivamente conseguiti dai centri per l'impiego;
3) a promuovere, per quanto di competenza, una campagna di informazione sui servizi offerti dai centri per l'impiego territoriali;
4) ad assumere iniziative per prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un sistema premiale secondo cui i centri per l'impiego ricevano quota dei fondi loro destinati in base a quanto effettivamente prodotto nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro;
5) ad assumere iniziative per incoraggiare la nascita di un percorso dove l'informazione, l'orientamento e le azioni di accompagnamento per l'inserimento lavorativo possono essere strumenti personalizzati in funzione delle situazioni, del disagio, delle competenze proprie di ciascun soggetto;
6) a sostenere i giovani con disabilità in uscita dal percorso scolastico nella necessaria fase di orientamento e di approccio alle esperienze lavorative per creare le condizioni per un loro futuro inserimento nel mondo del lavoro;
7) a promuovere il superamento della tradizionale concezione dell'inserimento lavorativo dei disabili come imposizione alle aziende di un peso giustificato in funzione solidaristica, individuando pertanto una serie di strumenti tecnici e supporti che permettano di valutare adeguatamente le persone disabili nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzione dei connessi problemi ambientali;
8) a sostenere percorsi di auto imprenditorialità e di ricambio generazionale;
9) ad attuare politiche del lavoro attive e preventive, con particolare attenzione all'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, all'invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e all'avvio di imprese.
(1-01543) «Francesco Saverio Romano, Parisi, Abrignani, Galati, Rabino, Vezzali».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    Almaviva Contact è una società che fa parte del Gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology, e opera a livello nazionale e internazionale;
    in Italia, tra i principali clienti di Almaviva Contact figurano numerose società partecipate dallo Stato ed in particolare: Poste Italiane Spa, il comune di Milano, il comune di Roma Capitale, Enel, ENI, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, INPS e, inoltre, Alitalia Spa, Tim ed Equitalia;
    a seguito del fallimento dell'ultimo tentativo di riapertura del tavolo per scongiurare il licenziamento di 1666 lavoratrici e lavoratori della sede di Roma di Almaviva Contact, la società ha provveduto ad inviare le lettere di licenziamento, destinando alla chiusura la sede capitolina;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, Almaviva Contact ha assunto la propria decisione con una mancanza di sensibilità e di responsabilità sociale che merita di essere stigmatizzata;
    il dramma che stanno vivendo oltre 1600 lavoratori della capitale non può e non deve essere archiviato;
    è necessario compiere ogni sforzo affinché il Governo si impegni in maniera efficace a ridiscutere la questione che sta avendo preoccupanti ripercussioni nella città di Roma e che rischia di aggravarsi anche in altre sedi di Almaviva Contact, dove i licenziamenti sono stati solo temporaneamente sospesi, a causa delle iniziative e delle manifestazioni che i dipendenti continuano a promuovere a tutela dei propri diritti, in particolare, contro la minacciata riduzione degli stipendi, già pari a circa 600 euro mensili;
    bisognerebbe reimpostare complessivamente l'approccio alla crisi, che non riguarda solo Almaviva Contact, ma l'intero settore dei call center, che in Italia conta almeno 80.000 dipendenti, prevedendo soluzioni di carattere strutturale in grado di consentire l'uscita del settore dalla crisi e di garantire livelli occupazionali e condizioni contrattuali adeguate ai lavoratori interessati, senza procedere con riduzioni di stipendi e ulteriori peggioramenti delle condizioni di lavoro e di vita delle persone;
    le gare al massimo ribasso, non solo nel settore privato, ma anche in quello pubblico, le delocalizzazioni selvagge e le procedure di dumping sui mercati esteri stanno mettendo in ginocchio un settore presso il quale operano migliaia di persone, con forte presenza di giovani e donne, su tutto il territorio nazionale;
    riguardo alla crisi Almaviva va sostenuta con forza la riapertura di un tavolo di trattativa finalizzato a garantire le condizioni contrattuali vigenti al momento del licenziamento e l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in vigore prima dell'ultima riforma;
    peraltro, in occasione del question time svolto presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati, n. 5-10484, proposto dal deputato Davide Crippa il 9 marzo 2017, il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato che Simest, società dedicata all'internazionalizzazione, controllata al 75 per cento dal gruppo Sace, a sua volta controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti (CDP), il cui controllo è riconducibile per l'82,77 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze ha acquisito una quota pari al 5 per cento del capitale della società di diritto brasiliano Almaviva do Brasil Telemarketing e Informatica S.A., interamente partecipata da Almaviva Contact Spa, investendo dunque una cifra pari a 7 milioni di euro nell'azionariato di Almaviva do Brasil;
    il Ministero dello sviluppo economico ha anche confermato che l'investimento non può contare sulla garanzia di una fideiussione bancaria (che di norma Simest richiede all'impresa in cui investe), ma solo su una meno efficace fideiussione assicurativa (più difficile da escutere in caso di eventi avversi);
    secondo i firmatari del presente atto, pare difficile che non vi sia una correlazione tra l'investimento con soldi pubblici nella controllata brasiliana di Almaviva e la decisione della società di call center di «staccare la spina» alle attività italiane, in particolare romane; al contrario pare di essere di fronte a una delocalizzazione vera e propria che di fatto lo Stato incoraggia attraverso una controllata di Cassa depositi e prestiti,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a rivedere la disciplina del massimo ribasso nelle gare di appalto;
   ad assumere iniziative volte a erogare incentivi nei confronti delle società committenti sotto forma di sgravi fiscali, anche prevedendo riduzioni dell'Irap, d'intesa con le regioni interessate, al fine di non incidere negativamente sul livello occupazionale delle società appaltatrici;
   ad assumere iniziative per prevedere che le stazioni appaltanti pubbliche riportino in house le commesse affidate in outsourcing con il contestuale riconoscimento di titoli validi ai fini di concorsi pubblici per tutti quei lavoratori presenti sulle relative commesse pubbliche;
   ad apportare modifiche alla direttiva del Ministero dello sviluppo economico 25 novembre 2015 che ha stabilito la «revoca dei contributi e benefici alle imprese che entro 3 anni dalla concessione dei suddetti delocalizzano in uno Stato extra Unione europea riducendo il personale di almeno il 50 per cento» in modo tale da prevedere che la revoca e la restituzione dei contributi concessi avvenga sia per delocalizzazioni in Paesi dell'Unione europea che in Paesi extra Unione europea;
   a prevedere anche tramite iniziative normative che nel subentro dell'appalto sia previsto l'obbligo del mantenimento delle garanzie contrattuali, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento da parte dell'appaltatore subentrante;
    ad assumere iniziative per prevedere l'aumento della durata della NASPI per i destinatari previsti dalla relativa normativa;
   ad assumere le iniziative di competenza al fine della riapertura della vertenza con Almaviva allo scopo di garantire alle lavoratrici e lavoratori la riassunzione senza soluzione di continuità e le condizioni contrattuali precedenti al licenziamento in ordine alla mansione svolta, all'anzianità di servizio, di livello, di orario ed di ogni altra specifica caratteristica legata al contratto.
(7-01217) «Lombardi, Cancelleri, Ciprini, Cominardi, Chimienti, Tripiedi, Dall'Osso, Crippa, Della Valle, Fantinati, Vallascas».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    gli incidenti avvenuti negli ultimi mesi che hanno interessato il cedimento di importanti infrastrutture della rete viaria impongono una necessaria riflessione sulla disciplina dei trasporti eccezionali sulle strade italiane;
    il ripetersi di questi tragici eventi è la dimostrazione che in materia autorizzatoria si intrecciano competenze statali e locali che rendono poco chiara la normativa di riferimento e permettono trasporti sulle infrastrutture stradali ben al di sopra dei carichi di progetto e della loro resistenza;
    il nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, all'articolo 10, comma 6, sancisce che: «I trasporti ed i veicoli eccezionali sono soggetti a specifica autorizzazione alla circolazione, rilasciata dall'ente proprietario o concessionario per le autostrade, strade statali e militari e dalle regioni per la rimanente rete viaria(...)»;
    l'autorizzazione è rilasciata o volta per volta o per più transiti o per determinati periodi di tempo nei limiti della massa massima tecnicamente ammissibile; nelle autorizzazioni possono essere imposti percorsi prestabiliti ed un servizio di scorta tecnica;
   in risposta all'interrogazione 5-10458, presentata in IX Commissione della Camera lo scorso 1o febbraio 2017, il sottosegretario delegato ha evidenziato che a norma dell'articolo 14, comma 1, del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, l'autorizzazione al transito dei trasporti in condizioni di eccezionalità viene rilasciata dall'ente proprietario o suo concessionario per le autostrade e le strade statali e dalle regioni, con facoltà di delega alle province, per la rimanente rete viaria; ogni provincia può a sua volta rilasciare l'autorizzazione sull'intero territorio regionale, previo nulla osta delle altre province;
    le autorizzazioni attualmente sono gestite autonomamente dai vari enti competenti e non è previsto a norma di legge un archivio nazionale delle autorizzazioni, né un loro monitoraggio a livello centrale;
    le attuali tecnologie renderebbero possibile un efficace sistema di controllo centralizzato delle istanze, anche considerato che allo stato attuale i comuni sono nella possibilità di utilizzare piattaforme digitali per la condivisione di dati a livello centrale;
    è quanto mai necessario e urgente effettuare un censimento sullo stato delle infrastrutture viarie sospese, quali ponti viadotti e cavalcavia, che permetta di stabilirne lo stato di conservazione e adottare nuovi sistemi telematici «aperti», come avviene già in molti Stati europei che rendano possibile il monitoraggio dei veicoli e dei trasporti eccezionali, nonché la condivisione e la consultazione delle informazioni da parte dei soggetti interessati,

impegna il Governo:

   a promuovere entro sessanta giorni i tavoli tecnici in ambito regionale che coinvolgano gli enti territoriali interessati al fine di produrre entro un anno un sistema digitalizzato su base regionale, controllato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che raccolga i dati del censimento delle infrastrutture viarie sospese, quali ponti viadotti e cavalcavia, in particolare prevedendo che sia riportato l'anno di costruzione, la portata dell'infrastruttura, lo stato e lo storico degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria;
   a prevedere una struttura telematica cosiddetta «open data» che permetta l'inserimento di informazioni in tempo reale quali la possibilità di interventi emergenziali o programmati di manutenzione che riducano e temporaneamente la portata dell'infrastruttura, e consenta la consultazione e la condivisione delle medesime informazioni da parte degli enti territoriali e degli altri soggetti interessati.
(7-01218) «Tullo, Fragomeli, Lodolini, Bruno Bossio, Carnevali, Carrescia, Marchetti, Petrini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   da numerosi articoli pubblicati sulla stampa locale siciliana, su tutti l'articolo apparso sul sito internet del quotidiano «Gazzetta del Sud» dal titolo «Gabrielli “Due nuovi hotspot a Messina e Mineo”» in data 7 marzo 2017, si apprende che il capo della polizia, dottor Franco Gabrielli, in occasione dell'audizione alla Commissione d'Inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, ha dichiarato che l'Italia aprirà entro la fine del mese due nuovi hotspots, uno a Messina e l'altro a Mineo (Catania), in aggiunta ai quattro già operativi (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto);
   sempre secondo quanto riportato dal quotidiano sopra citato, lo stesso capo della polizia, ha altresì sottolineato, che «l'Italia ha onorato gli impegni con l'Europa, dall'apertura degli hotspots alle identificazioni, ma non mi sembra che l'Europa abbia rispettato gli impegni sui ricollocamenti. Tutti vengono a farci le pulci, ma noi i compiti a casa li abbiamo fatti, mentre l'Europa per l'ennesima volta ci ha lasciati in braghe di tela»;
   queste determinazioni provengono, come noto, a seguito delle pressioni che l'Unione europea ha esercitato sull'Italia, avviando una procedura d'infrazione per l'asserita mancata identificazione dei migranti, poi ritirata;
   provvedimenti che comportano gravosissime conseguenze sulle condizioni socio-economiche dei territori individuati per l'apertura di nuovi centri, in particolar modo se predisposti all'accoglimento di diverse centinaia di migranti (come da stime per l’hotspot previsto a Messina) non contemperati da una chiara politica sull'accoglimento dei migranti da parte dell'Unione europea, che impartisce ordini allo Stato italiano, ma non dà seguito ai principi sull'accoglienza diffusa sovente proclamati, mancando incomprensibilmente di esercitare un'azione perentoria nei confronti dei Paesi non collaborativi;
   del resto, come apparso su un articolo riportato sul Corriere della Sera online del 16 ottobre 2016, in cui l'ex Ministro dell'interno Alfano, ha dichiarato «C’è stato un gesto di inaffidabilità gravissima da parte dell'Europa, che ci ha tirato un bidone sui migranti, non rispettando gli accordi sulla loro redistribuzione», non è concepibile che l'Unione europea imponga rigidamente l'istituzione di centri identificativi se mancano delle regole certe sulla successiva destinazione dei migranti, che restano così relegati in luoghi non adatti alla lunga permanenza;
   per tale ragione il sistema degli hotspots si è già rilevato ampiamente fallimentare, perché se non inserito in un quadro complessivo perfettamente funzionante in cui, a seguito della fase identificativa, i trasferimenti dei soggetti alle destinazioni loro assegnate siano rapidamente ed efficacemente eseguiti, in particolar modo con riguardo ai soggetti destinatari di ordine di respingimento, rischia di impattare violentemente sugli equilibri delle comunità locali;
   non è, dunque, di altri hotspots che il sistema accoglienza ha bisogno, per gli interpellanti bensì del consolidamento e di una migliore regolazione dello Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che può portare alla realizzazione di un'accoglienza integrata attraverso percorsi individuali di inserimento socio-economico;
   peraltro, l'esperienza fallimentare già sperimentata non può che ripetersi anche per la scelta dell'allocazione dei nuovi hotspots, nelle città di Messina e Mineo;
   in particolare, assolutamente inadeguato si rivela per gli interpellanti il sito individuato per la realizzazione del centro di prima accoglienza nella città dello Stretto, presso l'ex caserma di Bisconte, in un quartiere dove già adesso occorre gestire questioni di ordine sociale di non facile soluzione. La forzata allocazione in tale contesto di centinaia e centinaia di migranti produrrebbe soltanto un aggravio di tale situazione, rischiando di innescare gravi problematiche di ordine pubblico;
   per non parlare del centro di Mineo, già utilizzato come Cara, Centro di accoglienza per richiedenti asilo, oggetto di numerosi filoni di indagini anche legati all'inchiesta «Mafia Capitale», definito da molti un ghetto recintato da filo spinato, dove, come riportato dall'articolo apparso sul sito internet www.lasicilia.it del 17 gennaio 2017, si è tristemente venuti a conoscenza, per un verso, di «appalti truccati, corruzione elettorale, terrorismo e truffe sulle presenze gonfiate», per altro verso, della diffusione del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento. Ciò ha già dimostrato che centri di questo tipo servano soltanto al proliferare di squallidi business, fucina di illegalità di ogni tipo, negazione di un'accoglienza integrata e vocata, come dovrebbe, alla tutela dei diritti umani –:
   se il Governo non intenda riconsiderare la determinazione di aprire nuovi hotspots nelle città di Messina e di Mineo, tenuto conto delle fallimentari esperienze già sperimentate e delle peculiarità dei siti individuati;
   se il Governo non intenda, prima di assumere tali determinazioni, rivendicare innanzi all'Unione europea la necessaria collaborazione che tutti gli Stati membri devono assicurare per risolvere il problema legato all'incessante flusso dei migranti verso le coste del territorio italiano.
(2-01708) «D'Uva, Villarosa, Lorefice, Brescia, Grillo, Cecconi, D'Ambrosio, Toninelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione relativa ai contributi annuali per le tv locali è molto grave;
   non sono stati ancora erogati i contributi relativi all'anno 2015;
   non è stato ancora emanato il bando per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi relativi all'anno 2016 (il termine per la relativa emanazione scadeva il 31 gennaio 2016);
   non è stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri lo schema del decreto del Presidente della Repubblica relativo al nuovo regolamento (previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per il riconoscimento dei contributi annuali all'emittenza locale;
   tale situazione è insostenibile per le imprese televisive locali in cui il settore sta affrontando un momento di grande difficoltà conseguente alla crisi del mercato pubblicitario, ai cambiamenti tecnologici e alla concorrenza delle nuove piattaforme –:
   quali iniziative la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato, ognuno per quanto di competenza, intendano adottare per dare soluzione alle problematiche richiamate in premessa.
(5-10848)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto descritto dal quotidiano Roma e dal sito web www.pianetaitalianews.it, nel corso dell'anno 2016 sarebbero scomparsi circa 1300 containers pieni di rifiuti da 22 tonnellate, per complessive 28.600 tonnellate, regolarmente imbarcati al porto di Gioia Tauro, diretti alla discarica di Drisla (Skopje), Macedonia, e scaricati al porto di Durazzo, Albania, senza tuttavia aver mai raggiunto destinazione e aver mai varcato il confine albanese-macedone;
   si tratterebbe di rifiuti urbani, ma forse anche rifiuti pericolosi e industriali, provenienti da Napoli e Campania, Bari e provincia, Imperia, conferiti da comuni e ATO per lo smaltimento oltre confine; la FCL Ambiente amministrata da Massimiliano Ferrazzoli, controllata dalla Finanziaria Centro Lazio della medesima famiglia Ferrazoli, si è aggiudicata sia il trasporto dei rifiuti dalle sopra citate aree, per importi variabili dagli 80 ai 160 euro a tonnellata, sino alla discarica di Drisla, sia la gestione della discarica stessa;
   la FCL Ambiente (costituitasi pochi giorni prima della scadenza nella gara per la gestione della discarica) si è aggiudicata nel 2013 la concessione, con l'impegno di investire 73 milioni di euro per il rinnovamento dell'impianto che gestisce tramite la società «Drisla – Skopje Doo», assieme al comune di Skopje (80 per cento FCL Ambiente e 20 per cento Comune di Skopje);
   nel settembre 2014, Balkan Investigative Reporting Network ha denunciato che la FCL Ambiente «non ha alcuna esperienza nel settore e non ha ancora investito nel progetto»;
   un'altra società connessa alla gestione della discarica è la Marin Gasoil Monte-Carlo, legata tramite joint-venture con la FCL Ambiente, che si occupa del ritiro e del trasporto di rifiuti, secondo quanto dichiarato sul proprio sito web;
   in un rapporto di una funzionaria dell'Istituto del commercio con l'estero di Skopje ad un suo superiore, si legge: «Dopo numerosi incontri con Sonja Lipitkova, Segretario di Stato per l'Ambiente, Natasha Krstevska, Direttore delle Dogane, ed il sindaco di Skopje, sono giunta alla conclusione che il carico non sia arrivato in Macedonia almeno legalmente [...] L'indagine portata avanti dalla polizia italiana ha evidenziato la possibilità che i rifiuti siano sotterrati in Albania [...] secondo le nostre informazioni l'Albania risulterebbe coinvolta nel business dei rifiuti. In alcune regioni i rifiuti vengono nascosti o bruciati. Spesso, oltre ai rifiuti normali, vengono importati anche quelli pericolosi. Lo smaltimento illecito fa circolare grandi quantità di denaro. La mafia controlla il traffico [...] I risultati ottenuti dalla polizia finanziaria italiana dovranno certamente essere resi pubblici, poiché l'Italia è direttamente accusata dall'Europa di esportare rifiuti, anche pericolosi, negli Stati balcanici»;
   nel 2016 il governo macedone ha vietato l'ingresso di rifiuti: secondo gli inquirenti sarebbe questa la causa che ha portato al probabile occultamento dei container in Albania;
   il Ministero dell'ambiente albanese ha dichiarato che né i containers contenenti i rifiuti, né molti altri, avevano richiesto o ottenuto il permesso obbligatorio riservato ai rifiuti in transito nel proprio Paese;
   il Ministro dell'interno Albanese, a seguito dello scandalo di cui sopra, si è dimesso;
   la stampa ha parlato di possibili coperture politico-istituzionale per garantire l'occultamento dei rifiuti –:
   che tipo di collaborazione sia stata messa in atto con la Repubblica di Albania e la Repubblica di Macedonia in relazione ai fatti esposti in premessa;
   quali siano le informazioni in possesso delle prefetture circa la documentazione antimafia della FCL Ambiente e della Finanziaria Centro Lazio;
   se risulti se il conferimento dei rifiuti alla FCL Ambiente sia avvenuto nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria;
   quali siano responsabilità e compiti di vigilanza in capo allo Stato italiano;
   se corrisponda al vero che l'Italia esporti rifiuti pericolosi nella penisola balcanica. (4-15918)


   CARBONE, BOCCADUTRI, AIELLO e BARBANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo n. 6 del 2016, il Governo ha recepito la direttiva 2014/40/UE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati;
   il comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 6 del 2016 stabilisce inoltre che al momento della notifica di un prodotto del tabacco di nuova generazione i fabbricanti e gli importatori forniscono altresì studi scientifici disponibili sulla tossicità, sulla capacità di indurre dipendenza, sull'attrattività del prodotto e di tutte le altre informazioni disponibili pertinenti, riguardanti, tra l'altro, un'analisi rischi-benefici del prodotto, dei suoi effetti attesi in termini di disassuefazione dal consumo del tabacco, dei suoi effetti attesi in termini di iniziazione al consumo di tabacco e anticipazioni della percezione da parte del consumatore;
   tale provvedimento ha inoltre previsto, al comma 4 dell'articolo 20, l'emanazione di un decreto attuativo che recita testualmente «con Decreto del Ministro della salute e dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sei mesi a partire dal 20 maggio 2016, sono stabilite le procedure e modalità attraverso le quali il Ministero della salute, sentito l'Istituto superiore di sanità, procede alle valutazioni delle informazioni e degli studi di cui al comma 2, al fine di riconoscere la riduzione di sostanze tossiche ovvero il potenziale rischio ridotto dei prodotti del tabacco di nuova generazione rispetto ai prodotti da combustione, nonché le relative modalità di etichettatura»;
   ad oggi molte informazioni relative agli impatti sulla salute derivanti dall'utilizzo dei prodotti del tabacco di nuova generazioni o di sigarette elettroniche si rincorrono. Riteniamo che sarebbe molto importante fornire ai fumatori le informazioni adeguate sui diversi profili di rischio dei prodotti alternativi a quelli da fumo tradizionali, come le sigarette. Informazioni verificate e validate dalle autorità competenti. Questo permetterebbe ai fumatori di fare una scelta consapevole, fornendo un beneficio tangibile alla società in ottica di riduzione dei danni provocati dal fumo –:
   in quali tempi il Governo intenda adottare il decreto attuativo previsto dal comma 4 dell'articolo 20 i cui termini sono scaduti lo scorso 20 novembre;
   quali azioni il Governo intenda intraprendere, per colmare il vuoto normativo al fine di permettere, da un lato, a tutti fabbricanti e importatori di prodotti del tabacco di nuova generazione di richiedere il riconoscimento della ridotta tossicità ovvero del rischio ridotto dei prodotti del tabacco di nuova generazione e, dall'altro lato, ai fumatori, di accedere ad informazioni scientificamente validate sui prodotti in questione. (4-15921)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2017 è scaduto il termine per l'invio all'Inps delle domande di adesione all'ottava salvaguardia, la misura che permette ai lavoratori esodati rimasti scoperti a causa della cosiddetta «riforma Fornero» di andare in pensione con le regole precedenti il 2011;
   con la legge di stabilità 2017, si è voluta dare una soluzione definitiva al problema degli esodati; ritenendo esaustivo l'impegno assunto nei loro confronti nel corso degli anni, il Governo, promotore del provvedimento, ha stabilito che questa dovesse essere l'ultima salvaguardia prevista, tanto da proporre l'abolizione del fondo relativo, istituito all'articolo 1, comma 235 della legge n. 228 del 24 dicembre 2012, e la destinazione dei residui fondi economici ad altro impiego, come già avvenuto con la legge di stabilità 2016 che ha tolto, dalle risorse già stanziate per questa finalità, ben 230 milioni di euro, destinandoli ad altri interventi previdenziali;
   la documentazione prodotta dall'Inps a maggio 2016 dimostra come la valutazione delle platee aventi diritto sia sempre stata sovrastimata, già nel 2012 a partire dalla seconda salvaguardia, di addirittura 20.000 unità;
   nonostante le risorse in «avanzo», nel corso degli anni, anziché rientrare nel fondo dedicato, siano state deviate per altri interventi, come è noto, l'onere per la sesta e per la settima salvaguardia è stato coperto totalmente con una parte dei risparmi delle precedenti salvaguardie e dalle risorse già presenti nel Fondo di rotazione previsto dall'articolo 243-ter del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e pertanto anche gli oneri dell'ottava salvaguardia potranno essere facilmente coperti dal citato fondo, nonché da quelli derivanti dal completamento delle procedure relative alla sesta e alla settima salvaguardia;
   dai dati diffusi dall'Inps risulta che il numero dei lavoratori che fruirà dell'ottava salvaguardia è pari a 30.700 soggetti. La Rete dei comitati degli esodati stima, invece, che il numero degli aventi diritto sia superiore e pari ad almeno 34 mila lavoratori;
   un notevole numero di persone, quindi, avendone diritto, resterà escluso e discriminato e dal 3 marzo 2017 in poi, può ricorrere soltanto all'Anticipo pensionistico (APE) sociale o all'APE volontaria (che saranno effettive però dal primo maggio 2017): due provvedimenti nettamente penalizzanti rispetto all'ottava salvaguardia;
   in una lettera aperta, con una richiesta di intervento, inviata al Presidente della Repubblica il 7 gennaio 2017, il Comitato esodati «Licenziati o Cessati Senza Tutele», denuncia la violazione del principio di eguaglianza tra i cittadini di fronte alla legge, provocata dal provvedimento dell'ottava salvaguardia, «mentre per alcune tipologie di ex lavoratori, nei confronti dei quali è previsto il perfezionamento dei requisiti entro 36 mesi dal termine mobilità, estendendone di fatto la tutela fino al 6 gennaio 2021, per altre tipologie, vincolate al regime delle decorrenze per un periodo di soli 24 o 12 mesi (a seconda della casistica), la tutela si limita per alcuni al 6 gennaio 2019, mentre per altri non va oltre il 6 gennaio 2018. In sostanza, una discriminazione nel diritto che, nei casi limite, tra due ex lavoratori appartenenti a differenti tipologie, ancorché caratterizzati da una perfetta identità di requisiti, arriva a superare i 5 anni.» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e come intenda intervenire per sanare una situazione che appare agli interroganti non conforme al principio di eguaglianza con riferimento ad ex-lavoratori aventi diritto ed esclusi dall'ottava salvaguardia;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per superare le criticità evidenziate, con particolare riguardo alla denunciata discriminazione. (4-15943)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANIN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il documento di viaggio provvisorio (chiamato anche ETD – Emergency Travel Document) è un documento rilasciato dalle rappresentanze consolari italiane nel caso di smarrimento o furto dei documenti dei cittadini italiani, valido solo per il rientro in Italia, o verso lo Stato membro in cui il richiedente ha la residenza permanente comprovata dall'iscrizione in Aire oppure, eccezionalmente, verso un'altra destinazione;
   in materia di periodo di validità, la Decisione 96/409/PESC, relativa all'istituzione di un documento di viaggio provvisorio dispone che «per consentire ai cittadini di fare ritorno in un dato luogo, il DVP dovrebbe essere valido per un periodo di poco più lungo del tempo minimo necessario per effettuare il viaggio per il quale è rilasciato. Per il calcolo di tale periodo, occorre tenere conto delle soste notturne e del tempo richiesto per le coincidenze di trasporto»;
   l'articolo 23 del decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71 (Ordinamento e funzioni degli uffici consolari, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246), disciplina l'ETD, ma nulla dispone in tema di durata della validità dell'ETD;
   sui siti di alcuni consolati italiani, come, ad esempio, quello di Londra o Parigi, si evince che tale documento ha una validità massima di 5 giorni dalla data di rilascio;
   interpellato sulla questione, l'Ufficio rapporti con il Parlamento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si è espresso, confermando che la validità temporale dell'ETD è limitata al tempo strettamente necessario per raggiungere la destinazione del viaggio, ha risposto che «Ogni valutazione in tal senso, infatti, è rimessa all'Ufficio consolare, chiamato a contemperare l'esigenza dei connazionali con l'interesse di ordine pubblico di evitare un uso improprio del documento di emergenza. Sul sito web istituzionale di alcuni consolati italiani è indicata una validità temporale di 5 giorni dalla data di rilascio del predetto documento di viaggio perché tale è il tempo ritenuto generalmente sufficiente al rientro del connazionale richiedente. Le assicuro tuttavia che tale indicazione rappresenta solo un'informazione di massima e che, in ogni caso, l'interesse del connazionale è tenuto in debito conto e la validità del documento viene decisa in base alle circostanze del caso singolo»;
   il termine di 5 giorni nelle apposite sezioni dei siti consolari relative al documento di viaggio provvisorio – ETD potrebbe viceversa trarre in inganno e costituire una indicazione, oltre che una informazione sbagliata per i cittadini italiani che, trovandosi in situazione di emergenza a causa del furto o smarrimento dei propri documenti, decidano per tale motivo di anticipare il proprio rientro e di non usufruire del titolo di viaggio già in loro possesso, subendo così un danno anche economico;
   inoltre, si ritiene che ci sia il rischio che, indipendentemente dal titolo di viaggio posseduto, il termine di validità temporale possa essere interpretato come termine perentorio da parte di singoli funzionari dei consolati e pertanto il nostro connazionale si troverebbe costretto a dover anticipare il proprio rientro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario emanare una nota di precisazioni per informare i consolati italiani all'estero sulla natura ordinatoria del termine di validità di 5 giorni del documento viaggio provvisorio, specificando che il termine debba rispettare il diritto del cittadino di usufruire del titolo di viaggio già in suo possesso;
   se il Ministero interrogato non ritenga utile richiedere ai consolati esteri italiani di aggiornare i propri siti, eliminando l'indicazione del termine di validità di 5 giorni al fine di dare una corretta informazione ai soggetti interessati.
(4-15940)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da fonti di stampa in data 27 febbraio 2017, «... i carabinieri hanno individuato nelle campagne di Noci (Bari) una discarica abusiva di rifiuti speciali e scarti dell'allevamento...»;
   la dolina, a ridosso di una zona boschiva soggetta a vincoli ambientali, paesaggistici e idrogeologici, è stata sottoposta a sequestro preventivo;
   il responsabile, proprietario di un fondo di circa 2 mila metri quadrati e denunciato a piede libero, «... aveva adibito una parte dell'area a discarica di rifiuti speciali, ammassando taniche e teli in plastica, sacchi di iuta, scarti di guaina impermeabilizzante, nonché rifiuti urbani domestici, come bottiglie in vetro, plastica e anche pezzi di elettrodomestici...» –:
   di quali elementi disponga in merito all'eventuale stato di contaminazione dell'area, quali siano i concreti rischi per l'ambiente circostante e quali iniziative di propria competenza intenda adottare al fine di consentire una rapida verifica dello stato dei luoghi e per tutelare il territorio dal possibile grave danno ambientale. (5-10838)


   GADDA, BORGHI e FIORIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 2016 è stato l'anno più caldo da quando esistono i rilevamenti meteorologici scientifici, segnando un nuovo record dopo quelli registrati nel 2015 e nel 2014: la temperatura sulla terraferma e sulla superficie oceanica è stata di 0,94 gradi superiore alla media del ventesimo secolo;
   il riscaldamento globale è una reale minaccia per l'umanità: gli eventi meteorologici estremi che ne sono la conseguenza – oltre a mettere a rischio la sopravvivenza di interi territori – innescano fenomeni di migrazioni di massa e conflitti sociali dovuti alla compromissione di ecosistemi essenziali;
   dopo più di due decenni di progressi frenati dalla mancata sottoscrizione del protocollo di Kyoto da parte di alcuni dei Paesi maggiormente responsabili delle emissioni climalteranti, recentemente si è registrata un'accelerazione: la Conferenza dell'ONU di Parigi (COP21) del dicembre 2015 ha posto l'obiettivo di contenere sotto la soglia di 1,5 gradi l'aumento di temperatura e la Conferenza di Marrakech (COP22) del novembre 2016 ha fissato il termine del 2018 per la definizione del regolamento di attuazione dell'accordo sul clima;
   in questo quadro risulta cruciale adottare misure di «biocompensazione», quali l'incremento della superficie verde – suolo e piante – soprattutto nelle città: il suolo assorbe CO2 (il 2 per cento delle emissioni di CO2 sono catturate dal suolo e il carbonio nel suolo è pari a 3 volte quello in atmosfera), mentre le piante riducono l'inquinamento atmosferico, migliorando la qualità dell'aria e abbassando la temperatura nelle giornate estive;
   negli ultimi 5 anni l'aumento di consumo di suolo in Italia ha ridotto lo stock di carbonio presente nel suolo di 5 milioni di tonnellate, pari all'emissione di 18 milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera;
   è quindi fondamentale incentivare pratiche di rigenerazione urbana, quali la «depavimentazione» del 5 per cento della superficie impermeabilizzata cittadina e costiera, sia privata che pubblica, per aumentare lo stoccaggio di CO2 nel suolo urbano, e la piantumazione di nuovi alberi nei centri urbani e nelle vicinanze delle infrastrutture viarie delle città per contenere l'inquinamento atmosferico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative per introdurre misure mirate a favorire il recupero e l'incremento del verde urbano, in particolare promuovendo la «depavimentazione» della superficie impermeabilizzata e la piantumazione di alberi nei centri urbani e nelle vicinanze delle principali arterie di comunicazione urbane, prevedendo incentivi fiscali per i soggetti privati e risorse adeguate per gli enti locali. (5-10839)


   DAGA, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riportato nelle premesse dalla delibera Cipe n. 32 del 20 febbraio 2015, le richieste trasmesse dalle regioni, attraverso la piattaforma «ReNDiS», dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra, relative agli interventi urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico ammontano a 20,4 miliardi di euro che rappresentano il fabbisogno complessivo del periodo 2015-2020;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2015 relativo alla «Individuazione dei criteri e delle modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico», si individua, attraverso un set di criteri, l'ammissibilità al finanziamento dell'intervento in graduatoria Rendis e il rispettivo livello di priorità, assegnato tramite punteggio, basato su una tabella compilata dalla regione territorialmente competente;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 settembre 2015 è stato varato il primo stralcio del piano nazionale contro il dissesto idrogeologico, denominato Piano stralcio aree metropolitane ed aree urbane con alto livello di popolazione esposta a rischio di alluvione, con una dotazione finanziaria di circa 656 milioni di euro;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio 2016, di cui all'articolo 55 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, è stato istituito un Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico che non hanno raggiunto un livello di progettazione esecutiva. Detto fondo segue gli stessi criteri di selezione degli interventi, indicati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2015, la cui dotazione è pari a 100 milioni di euro, a valere sui Fondi sviluppo e coesione, con una ripartizione delle risorse dell'80 per cento al Sud, del 20 per cento al Centro Nord –:
   se il Ministro interrogato possa indicare un prospetto dello stato di avanzamento di tutti gli interventi finanziati dal Piano stralcio aree metropolitane ed aree urbane con alto livello di popolazione esposta al rischio di alluvione (relativi alla tabella B del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2015), specificando: quanta quota parte dei finanziamenti statali siano erogati alle regioni; a quanto corrisponda l'importo complessivo degli interventi per cui è stata finanziata la sola progettazione di cui in premessa e con il Fondo quale forma di programmazione finanziaria ritenga di poter completare la realizzazione del futuro cluster di interventi una volta raggiunta la progettazione esecutiva. (5-10840)


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 10 agosto 1999, in attuazione dell'articolo 2, comma 25, della legge n. 426 del 1998 viene istituito l'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco. Nello stesso decreto viene stabilito che il Ministro dell'ambiente con cadenza biennale, provvede a indire con proprio decreto, il bando di concorso per titoli per l'iscrizione all'albo;
   il decreto ministeriale 2 novembre 2000, stabilisce che con successivo decreto sarebbe stato indetto il bando di concorso, ma ciò accade solo col decreto 2 luglio 2002. In definitiva, la procedura attivata col decreto 2 novembre 2000 arriva a conclusione nel 2004 con la pubblicazione dell'elenco dei soggetti valutati idonei;
   l'unica altra procedura attivata fino ad oggi è quella prevista con decreto ministeriale del 25 luglio 2007;
   rispetto ad una previsione cronologica di almeno sei concorsi ne risultano essere stati attivati e conclusi soltanto due, ultimo dei quali nel 2007;
   con decreto n. 143 del 2016, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato il regolamento dell'albo degli idonei. A tale decreto è seguito un ulteriore decreto che ha definito i criteri per la valutazione dei titoli per le selezioni inerenti le candidature;
   alla luce di quanto sopra esposto si evidenzia una grave e, nel tempo, reiterata inadempienza del Ministero che non ha provveduto con la cadenza necessaria a quanto previsto dal decreto 10 agosto 1999, determinando così una situazione di inaccettabile latitanza rispetto alle aspettative di quanti maturavano, via via nel tempo, titoli ed esperienze adeguate al ruolo di direttore di parco;
   molti enti parco non avviano la procedura di selezione del direttore o deliberano di non procedere in attesa di «aggiornamenti della situazione», causando giustificati ricorsi alla magistratura, con possibili pesanti ripercussioni sulle finanze dello Stato;
   attualmente, risulta che almeno 9-10 parchi nazionali sui 23 effettivamente costituiti ed operanti, siano in situazioni incoerenti col dettato normativo della legge quadro, dove si tampona con procedure di vario genere in attesa di chiari indirizzi e prescrizioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che sembra agli interroganti limitarsi a blandi solleciti dei quali poi non viene verificata l'attuazione –:
   come il Ministro interrogato intenda affrontare quella che all'interrogante appare una situazione di inadempienza e deregulation che pone i parchi nazionali in condizioni di grandissima difficoltà ad operare che si presta a strumentalizzazioni delle procedure di nomina di direttori perennemente nella condizione di «facenti funzione». (5-10841)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è in corso di svolgimento al largo delle coste siciliane, l'esercitazione Nato «DYNAMIC MANTA 2017 (DYMA 17)» che, dal 13 al 24 marzo 2017, impegna mezzi aeronavali ed equipaggi provenienti da 10 Paesi alleati nel Mediterraneo centrale per un addestramento alla lotta anti sommergibile e alla lotta contro i mezzi di superficie;
   l'Italia partecipa con un cacciatorpediniere, un sommergibile e un elicottero SH 90 della Marina militare, fornendo supporto logistico attraverso il Comando marittimo della Sicilia, la base navale di Augusta e la base aerea di Sigonella;
   i sommergibili provenienti da Francia, Grecia, Italia, Spagna, Turchia e Stati Uniti sono sotto il controllo del Comando Sommergibili della Nato (Comsubnato) e opereranno con 10 navi militari di Francia, Grecia, Inghilterra, Italia, Spagna, Turchia e Stati Uniti;
   tra le unità navali impiegate, sembrerebbe accertata la presenza di sottomarini a propulsione nucleare anche in acque territoriali italiane;
   le informazioni sul rischio nucleare, in base alla legge, «devono essere fornite alle popolazioni interessate senza che le stesse ne debbano fare richiesta», rimanendo «accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica» (decreto legislativo n. 230 del 1995);
   la prefettura di Siracusa, preposta alla produzione e divulgazione del piano di emergenza esterno, aggiornato e disponibile al pubblico, sembrerebbe non rispettare tale obbligo di legge, così come riportato da organi di stampa locale, riferendo di un diniego all'accesso a tali documenti a richiesta di cittadini attivisti e ciò nonostante che il porto di Augusta sia periodicamente interessato dal transito e dalla sosta del naviglio nucleare di Stati Uniti e altri Paesi Nato;
   regole che, ad Augusta come nei restanti porti militari e nucleari italiani, da oltre vent'anni rimangono lettera morta, offrendo la misura dei pericoli a cui sono esposti i territori a causa della militarizzazione e delle operazioni di guerra che vedono tristemente protagonista la Sicilia e il Mediterraneo –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati circa il piano di emergenza esterno di cui in premessa al fine di informare la popolazione interessata delle procedure previste in caso di incidente nucleare prospiciente le coste sudorientali della Sicilia;
   se sia intenzione dei Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, fornire l'elenco degli accessi in acque territoriali italiane di navigli o sottomarini dotati di propulsione nucleare negli ultimi 10 anni; (5-10849)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il servizio nazionale di riscossione dei tributi erariali, attualmente svolto a seguito processo di scioglimento di Equitalia Spa disposto dal decreto-legge n. 193 del 2016 dall'Agenzia delle entrate-Riscossione, opera su tutto il territorio nazionale con l'esclusione della regione Sicilia;
   quest'ultima, nell'ambito della sua piena potestà legislativa in materia di riscossione tributi, ha storicamente disciplinato il servizio affidando in un primo momento il servizio alle esattorie comunali, poi al sistema bancario, e, in ultimo, alla società pubblica controllata dalla regione siciliana, Riscossione Sicilia;
   a seguito della suddetta riforma nazionale, anche in seno all'assemblea regionale siciliana ed al governo regionale si sta sviluppando un dibattito sul futuro di Riscossione Sicilia, un ente per il quale lavorano 695 dipendenti (circa la metà di quelli impiegati appena 10-12 anni fa), e che registra dal 2010, anno in cui è venuta a cessare la cosiddetta «clausola di salvaguardia», che in Sicilia valeva circa 45 milioni di euro, bilanci in perdita;
   le sue percentuali di riscossione sono basse, ma in linea con quelle registrate in buona parte dell'Italia meridionale, complice la perdurante crisi economica che ha comportato forte depressione e scarsissima liquidità finanziaria per famiglie ed imprese;
   Riscossione Sicilia Spa, operando in una sola regione, non può equilibrare le sue perdite né beneficiare delle economie di scala di cui può beneficiare la sua consorella Agenzia delle entrate-Riscossione che, operando su tutto il territorio nazionale, registra migliori incassi del nord e centro Italia che bilanciano quelli del sud;
   il dato relativo al numero dei dipendenti è in linea con la media nazionale di 1 dipendente ogni 7.000 contribuenti gestiti;
   i sindacati di categoria (bancari), confortati dalla totalità dei dipendenti, richiedono unitariamente di far confluire funzioni e personale di Riscossione Sicilia nel neo ente Agenzia delle entrate-Riscossione;
   se il Ministro interrogato non intenda farsi promotore di un incontro con il governo regionale siciliano al fine di avviare un percorso virtuoso che contempli la confluenza di tutte le funzioni e del personale di Riscossione Sicilia nel nuovo ente nazionale Agenzia delle entrate-Riscossione. (5-10834)


   FREGOLENT e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza del 29 settembre 2015 (C-276/14) la Corte di giustizia europea, rispondendo alle questioni sollevate dai giudici polacchi in merito alla corretta interpretazione degli articoli 9 e 13 della cosiddetta direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE), sul tema della rilevanza dell'imposta sulle operazioni compiute dagli enti pubblici, ha stabilito che l'ente locale è l'unico soggetto passivo IVA per tutte le attività commerciali svolte dalle proprie unità organizzative, le quali sono prive di autonomia giuridica e di indipendenza;
   il citato articolo 9 della direttiva qualifica come soggetto passivo chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività;
   in deroga a tale regola generale, il citato articolo 13, paragrafo 1 della direttiva, esclude la soggettività passiva degli enti di diritto pubblico per le attività ed operazioni economiche che essi esercitano in quanto pubbliche autorità, salvo che il mancato assoggettamento provochi importanti distorsioni della concorrenza;
   in relazione ad attività economiche svolte da unità iscritte al bilancio del comune, la Corte di giustizia europea ha ritenuto determinante il fatto che tali unità svolgano le attività economiche loro assegnate in nome e per conto del comune stesso e non rispondano dei danni provocati da tali attività, dato che una siffatta responsabilità ricade esclusivamente sul comune;
   nella citata sentenza viene precisato che nel determinare il significato di «indipendenza», con riferimento agli enti pubblici, si deve verificare se il soggetto svolga le attività in nome proprio, per proprio conto e sotto la propria responsabilità, nonché se esso si assuma il rischio economico legato all'esercizio di dette attività;
   risulta perciò evidente che la soggettività passiva IVA deve essere analizzata con riferimento all'ente pubblico al cui interno si trovano le unità organizzative e non in relazione alla singola unità organizzativa iscritta al bilancio comunale;
   in concreto, risulterebbe pertanto evidente la soggettività passiva autonoma in capo alle società in house, come pure alle varie tipologie di agenzie ma, specularmente, non vi sarebbe soggettività IVA autonoma rispetto a quella dell'ente di appartenenza in relazione a tutte le articolazioni interne degli enti pubblici quali dipartimenti, istituzioni e scuole –:
   se non ritenga urgente, alla luce della citata sentenza della Corte di giustizia europea, intervenire in via amministrativa al fine chiarire la normativa relativa alla qualificazione del soggetto passivo IVA con esplicito riferimento all'ente di diritto pubblico piuttosto che alle singole unità organizzative iscritte al bilancio. (5-10835)


   LAFFRANCO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo regime tributario di cassa introdotto dalla legge di bilancio 2017 presenta evidenti criticità, soprattutto per i piccoli contribuenti in contabilità semplificata, con particolare riferimento a rimanenze di magazzino e riporto delle perdite;
   più volte, lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze ha annunciato correttivi, ritenuti necessari per aggiustare il tiro delle disposizioni previste nella legge di bilancio 2017, relative al nuovo regime contabile di cassa, che avrebbero provocato pericolose anomalie in sede di attuazione;
   tra gli interventi prospettati dal Ministero dell'economia e delle finanze vi è anche la possibilità del riporto delle perdite in 5/10 anni e il ripristino delle rimanenze finali nel calcolo della nuova base imponibile;
   purtroppo, al di là degli annunci, nessuna misura concreta è stata ufficializzata, nonostante la norma contenuta nella legge di stabilità 2017 prevedesse espressamente l'emanazione, entro e non oltre il 31 gennaio 2017, di uno specifico decreto per dare attuazione a tali modifiche;
   ad oggi, a parte le indicazioni fornite dall'Agenzia delle entrate i primi di febbraio 2017 (in occasione di Telefisco), niente di quanto atteso è stato ufficializzato;
   si è a metà marzo ed il regime contabile di cassa è attivo dal 1o gennaio 2017 e non è più accettabile posticipare ulteriormente le modifiche ed i chiarimenti prospettati, senza i quali è impossibile effettuare la necessaria pianificazione;
   questa situazione di incertezza penalizza notevolmente gli studi professionali e le imprese, che rischiano pericolosi errori di valutazione in relazione a costi amministrativi e disagi organizzativi;
   il pericolo più imminente è che la scelta di molti professionisti sia di riportare in regime ordinario le contabilità per le quali si era scelta la modalità semplificata;
   ciò creerebbe notevoli disagi a livello operativo, priverebbe il contribuente delle agevolazioni previste dal punto di vista degli adempimenti e arrecherebbe ingenti danni economici –:
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per accelerare l'attuazione delle modifiche al regime di cassa annunciate nei mesi scorsi, in particolar modo in relazione alla possibilità del riporto delle perdite in 5/10 anni e al ripristino delle rimanenze finali nel calcolo della nuova base imponibile, considerando che la stessa legge di stabilità 2017 prevedeva espressamente l'emanazione, entro il 31 gennaio 2017, di uno specifico decreto per adottare i correttivi necessari e che i ritardi accumulati fino ad oggi si traducono in notevoli disagi e perdite (operativi, organizzativi ed economici) per i contribuenti in questione.
(5-10836)


   VILLAROSA, SIBILIA, PESCO e ALBERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 dicembre 2016 nel Parlamento del cantone svizzero di Ginevra, l'avvocato Patrick Dimier ha proposto ufficialmente di tassare la creazione di denaro delle banche;
   l'articolo 16 dello Statuto della Banca Centrale Europea dispone: «il consiglio direttivo ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote all'interno della Comunità». L'articolo 10, comma 1, del Testo unico bancario dispone: «La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria», la Banca d'Italia ha dichiarato sul proprio sito web: «La principale funzione economica svolta dalla banca consiste nel trasferire risorse finanziarie (ossia, moneta) dai soggetti che ne dispongono a quelli che invece ne difettano, ponendosi come controparte di ciascuno di essi. Questa funzione, detta di intermediazione (...)»;
   il 17 gennaio 2017 il dottor Barbagallo, Capo della vigilanza di Banca d'Italia, in audizione ha risposto presso la VI Commissione della Camera del 17 gennaio 2017 ad una domanda rappresentando un sistema monetario nazionale nel quale la moneta «contabile» creata dalle banche mediante «creazione dei depositi» è pari all'84,2 per cento della massa monetaria totale;
   il dottor Barbagallo dichiara altresì che «la creazione di depositi rappresenta la quasi totalità del denaro bancario»;
   con decisione del 6 settembre 2016 il Tribunale di Bolzano ha respinto l'istanza in merito alla creazione del denaro «bancario» dichiarando: «quanto, invece, alla violazione dell'articolo 127 del trattato istitutivo UE, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all'articolo 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l'Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all'era del sistema aureo». Tale creazione sembra essere né autorizzata, né vietata, la stessa licenza bancaria prevede per le banche l'attività di intermediazione creditizia e la reale disponibilità al cambio immediato in denaro a corso legale, e «si precisa che il cambio non sembra attuabile in caso di richieste di massa» –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione alla dichiarazione del tribunale di Bolzano, posto che la stessa afferma che la creazione del denaro da parte del sistema bancario non è vietata né autorizzata e quindi, a giudizio degli interroganti, in astratto si potrebbe desumere che, come per le banche, qualsiasi pubblica amministrazione potrebbe creare denaro contabile, denominandolo in euro con cambio 1:1 e utilizzabile all'interno di un proprio circuito, ovviamente garantendo gli stessi standard del sistema bancario in termini di liquidità e solvibilità. (5-10837)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la situazione finanziaria del Libero consorzio comunale di Siracusa, l'ente che dal 2015 ha preso il posto della provincia Regionale di Siracusa, è preoccupante. Come è stato sintetizzato dal commissario straordinario dell'ente, dottor Arnone nella missiva inviata in data 1o febbraio 2017 al Ministero dell'economia e delle finanze, solamente l'intervento della regione Sicilia, con la manovra finanziaria di assestamento 2016 e lo stanziamento di oltre 15 milioni di euro, ha consentito – dopo sette mesi di attesa – la liquidazione degli stipendi ai dipendenti ed il pagamento delle fatture arretrate alle ditte partecipate. Negli ultimi esercizi finanziari, le entrate del libero consorzio comunale di Siracusa hanno subito costanti decurtazioni dovute al prelievo forzoso destinato al risanamento della finanza pubblica;
   a fronte di queste somme da corrispondere e data l'impossibilità di provvedere direttamente ai relativi pagamenti per l'indisponibilità di cassa, lo Stato, mediante Agenzia delle entrate, ha operato e continua ad operare il recupero forzoso di quanto dovuto direttamente alla fonte, trattenendo le quote R.C.A. di competenza dell'ente, e anche dell'imposta provinciale di trascrizione;
   ciò comporta l'azzeramento delle entrate proprie del libero consorzio ed il conseguente blocco totale di tutte le attività e degli stessi uffici. Gli incassi attesi per il 2017 ammontano a 23 milioni di euro mentre le somme residue dovute per gli anni 2015/2016 e il prelievo forzoso previsto per il 2017 ammontano ad oltre 38 milioni di euro. Pertanto l'ente, oltre a non poter corrispondere gli stipendi ai dipendenti, non potrà svolgere le sue funzioni tradizionali che variano dalla manutenzione della viabilità secondaria al finanziamento delle spese per l'istruzione scolastica superiore ed universitaria; dall'assistenza ai disabili alle operazioni di controllo ambientale e di protezione civile;
   inoltre, dato il divieto di incrementare i tributi locali ribadito dalla legge di stabilità 2017, devono, essere revocate in autotutela le delibere che disponevano l'aumento delle aliquote R.C.A. e imposta provinciale di trascrizione predisposte nell'ambito del piano di risanamento dell'ente. A questo si somma la situazione di indebitamento dell'ente con mutui pari a 6,5 milioni di euro all'anno fino al 2044. L'ente inoltre ha diversi contenziosi e procedimenti legali pendenti che hanno moltiplicato il numero di pignoramenti e delle aggressioni al patrimonio immobiliare. In assenza di fondi, non è neanche pensabile avviare piani di rientro con i principali fornitori di servizi con i quali l'indebitamento ha raggiunto cifre preoccupanti come nel caso di Enel e Telecom che stanno procedendo al taglio progressivo di tutte le utenze;
   l'ente è di fatto bloccato e ciò comporta gravi ripercussioni sulla vita degli oltre 400 mila abitanti della provincia di Siracusa oltre alla preoccupazione esasperante dei dipendenti dell'ente e delle loro famiglie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione drammatica del Libero consorzio comunale di Siracusa;
   se non ritenga di promuovere iniziative normative atte alla sospensione immediata del prelievo forzoso. (4-15920)


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Abbanoa spa è la società, interamente partecipata da enti pubblici, attualmente costituita da 342 comuni soci e dal socio regione Sardegna, che gestisce come gestore unico il servizio idrico integrato in Sardegna;
   nel sito internet della società, nella pagina «missione e valori», si legge che Abbanoa ha come «priorità la gestione omogenea e unitaria del servizio idrico integrato della Sardegna, così da garantire, nel pieno rispetto dell'ambiente, la fornitura dell'acqua con la stessa qualità, lo stesso livello di servizio e la stessa tariffa in tutto il territorio regionale: dal capoluogo al comune più isolato. Il tutto in un'ottica di sviluppo economico e sociale dell'isola»;
   la gestione di Abbanoa del servizio idrico integrato è stata caratterizzata, negli ultimi anni, da una serie di disservizi che hanno creato non pochi malumori tra gli utenti, alcuni dei quali hanno avviato azioni legali nei confronti della società;
   il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 30 dicembre 2015 (Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 9 del 13 gennaio 2016) prevede, ai sensi dell'articolo 17, comma 3-bis, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, l'autorizzazione della riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati dalla società Abbanoa spa, partecipata dalla regione Sardegna e da comuni, nei confronti degli utenti del servizio idrico integrato;
   con sentenza n. 1599/16 il tribunale di Milano ha stabilito che una società privata, ancorché concessionaria esercente del servizio pubblico (idrico integrato nella specie) e benché, partecipata di secondo grado da enti pubblici territoriali, non ha il potere di emettere ingiunzione ex articoli 2 e 3 del regio decreto n. 639 del 1910 per il recupero crediti. Infatti, il potere di emettere l'ingiunzione è dalla legge riconosciuto alla sola pubblica amministrazione in senso stretto, intesa come ente amministrativo pubblico, dotato di soggettività pubblicistica;
   alla luce della sentenza citata, appare pertanto verosimile la possibilità del moltiplicarsi di azioni legali da parte degli utenti del servizio idrico integrato interessati dalle procedure di riscossione coattiva dei crediti vantati dalla società;
   a quanto riportato, si aggiunge che i destinatari dell'ingiunzione, nel caso siano residenti a Sassari, dovranno chiedere il patrocinio legale a Cagliari, sede dell'ufficio che emette l'ordinanza, con aggravio di spese, costi di trasferimento e relative difficoltà di gestione. La competenza territoriale per presentare l'opposizione è data infatti dall'ufficio di emissione dell'ordinanza-ingiunzione nel termine di trenta giorni dal ricevimento –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire chiarimenti in riferimento alla situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di promuovere il superamento della criticità suddetta.
(4-15922)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, DI VITA, GRILLO, MANTERO, COLONNESE e NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in seguito al sisma, del 13 e 16 dicembre 1990, con epicentro nel golfo di Augusta, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha sospeso gli adempimenti e i versamenti tributari e contributivi per gli anni 1990-1992 per coloro che risultavano residenti prima di tale data nei comuni interessati dal tragico evento, ricadenti nelle province di Catania, Siracusa e Ragusa, e per coloro che svolgevano, nell'area degli stessi comuni e alla stessa data, un'attività industriale, commerciale, artigiana e agricola, ancorché residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse;
   l'articolo 138 della legge n. 388 del 2000 ha consentito la sospensione del versamento delle imposte relative al triennio ’90-’92 con possibilità di versare l'importo rateizzato;
   l'articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, ha consentito il versamento del 10 per cento dei contributi sospesi nel triennio 1990-1992, con possibilità di rateizzazione;
   il 9 ottobre 2006 l'Agenzia delle entrate, direzione regionale Sicilia, annunciava, mezzo stampa, l'intenzione di sospendere in autotutela gli effetti delle cartelle di pagamento notificate ai contribuenti interessati dal sisma del 1990;
   con numerose pronunce, la Corte di Cassazione ha stabilito che il beneficio della riduzione al 10 per cento spetta sia a chi non ha ancora pagato, sia a chi ha già pagato, attraverso il rimborso di quanto versato, ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, purché l'istanza di rimborso sia stata presentata entro il 31 marzo 2012;
   le commissioni tributarie di Catania, Ragusa e Siracusa hanno ripetutamente confermato, ad ogni ricorso quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, ordinando all'Agenzia delle entrate di rimborsare quei contribuenti che avevano instaurato un contenzioso e presentato l'istanza entro i termini previsti;
   con interrogazione a risposta scritta n. 4-03840 del 5 marzo 2014 la prima firmataria del presente atto chiedeva al Ministro dell'economia e delle finanze di intervenire affinché ogni contribuente interessato ricevesse quanto dovuto per legge;
   la legge di stabilità 2015 all'articolo 1, comma 665, ha previsto che i soggetti colpiti dal sisma del 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato... Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri di assegnazione dei predetti fondi (...);
   con interrogazione n. 5-04610 del 5 febbraio 2015, la prima firmataria del presente atto chiedeva di accelerare la procedura di emanazione del decreto, senza però aver ricevuto ad oggi risposta; in data 10 settembre 2015, rispondendo all'interrogazione n. 5-06331 Ribaudo, il Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze, ribadiva la non necessità dell'emanazione di «un decreto di assegnazione dei fondi... le disposizioni contenute nel comma 665 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 sono immediatamente operative e la effettuazione dei rimborsi non è condizionata all'adozione del predetto decreto»;
   la Corte di Cassazione, con le sue ultime sentenze, ha sancito che la norma introdotta con la legge finanziaria 2015, avente efficacia retroattiva, abbia definitivamente risolto i contrasti applicativi ed interpretativi delle norme precedentemente emanate dal legislatore –:
   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché l'Agenzia delle entrate elimini gli ostacoli che, a volte sembrano agli interroganti strumentali al non ottenimento da parte dei contribuenti dei rimborsi spettanti di diritto, considerato che tale comportamento non solo si presenta come vessatorio nei confronti di decine migliaia di contribuenti delle tre province siciliane, ma fa anche aumentare notevolmente i costi per lo Stato per spese processuali e legali. (4-15938)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Il Tar del Lazio – Roma, Sez. III, con l'ordinanza n. 12856 del 29 dicembre 2016, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, della legge n. 247 del 2012 sulle modalità di iscrizione all'albo speciale degli avvocati cassazionisti per disparità di trattamento tra gli avvocati italiani e quelli stabiliti;
   si legge dalla sentenza: «In relazione all'articolo 3, 2o comma, della Costituzione, va sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, comma secondo, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (sulla “Riforma della professione forense”), il quale ha modificato il previgente sistema per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, introducendo due alternative per acquisire l'abilitazione al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori: sostenere l'esame previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge 1003/1936, decorsi cinque anni dall'iscrizione all'Albo professionale; oppure, decorsi otto anni di iscrizione all'Albo la frequenza di un corso svolto dalla Scuola superiore dell'avvocatura e superamento dell'esame finale. Quest'ultima modalità per ottenere l'iscrizione nell'albo speciale contrasta con quella prevista per gli avvocati stabiliti; i quali invece, dopo dodici anni di attività professionale (esercitata anche interamente in Italia), possono iscriversi presso l'Albo speciale fregiandosi del relativo titolo; mentre, all'avvocato italiano è sempre preclusa tale facoltà, dovendo, invece, sostenere un iter formativo con relativo esame finale, al fine di potersi iscrivere nell'Albo speciale»;
   a giudizio dei giudici del Tar del Lazio si manifesta un'evidente disparità di trattamento, in quanto dopo dodici anni di esercizio dell'attività professionale, l'avvocato stabilito può iscriversi presso l'Albo speciale fregiandosi del relativo titolo; mentre ciò non è consentito all'avvocato italiano, il quale, secondo il tenore della norma vigente, è tenuto a sostenere un «iter formativo» che trova la propria conclusione solo a seguito del superamento dell'esame finale, allo scopo di potersi iscrivere nell'Albo speciale;
   il decreto cosiddetto «milleproroghe» approvato recentemente ha disposto che gli avvocati che maturano il requisito di anzianità (12 anni dall'iscrizione all'albo) entro il 2 febbraio 2017 possono diventare cassazionisti senza essere costretti a dover sostenere alcun esame e/o corso. Per gli altri avvocati il conseguimento del titolo di cassazionista diventa più difficile e costoso in base all'articolo 22 della legge n. 147 del 2012;
   diversi rappresentanti del Governo si sono espressi favorevolmente ad una modifica della norma prima dell'intervento della Corte Costituzionale –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere, anche di carattere normativo, volte a modificare la normativa estendendo la modalità approvata e disciplinata nel decreto milleproroghe non in via transitoria ma con il riferimento all'iscrizione all'albo in epoca anteriore alla legge n. 247 del 2012. (5-10824)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPARINI, BORGHESI e MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   William Pezzullo, 27 anni, la notte tra il 19 e il 20 settembre 2012 è stato aggredito dalla ex compagna Elena Perotti con la complicità di un amico, Dario Bertelli;
   incinta al nono mese e ben decisa a dare una lezione alla vittima che non ne voleva più saperne di lei e non intendeva riconoscere il bambino, la donna, secondo l'accusa coinvolse Bertelli, con lucida premeditazione si procurò l'acido solforico da versare sul capo all'ex, malmenato e bloccato dal buttafuori;
   Pezzullo ha perso l'occhio destro e vede due decimi dal sinistro, senza orecchie e il corpo – viso compreso – è martoriato da frustate scure. Il liquido gli ha mangiato la pelle e parte dei muscoli. La routine della famiglia Pezzullo è scandita da esercizi riabilitativi, innesti, docce e bagni speciali. Una crociata combattuta continuando a cercare il nome di qualche luminare della medicina non ancora provato: «William è stato due mesi e mezzo in terapia intensiva a Genova e poi ha subìto 11 interventi» – racconta la madre del barista, che ha speso in cure già decine di migliaia di euro e per pagarsele ha venduto il locale – e altrettanti ne dovrà subire;
   dieci anni di carcere è la sentenza in primo grado emessa il primo luglio 2013 al termine del processo in abbreviato a carico di Elena Perotti, la 23enne di Berlingo che con l'aiuto di un amico, Dario Bertelli, 44 anni, buttafuori, sfregiò William Pezzullo. I due sono stati condannati rispettivamente a 18 e 10 anni per lesioni gravissime premeditate; 
   nonostante i giudici abbiano stabilito che i suoi sfregiatori devono risarcire il Pezzullo, con oltre un milione di euro, la vittima non solo non prenderà un centesimo perché entrambi sono nullatenenti, ma dovrà anche pagarsi le spese legali, presentate dal suo avvocato: «il mio avvocato, che lavora da quattro anni, mi ha giustamente presentato la fattura, che si compone di un conto leggermente superiore ai 29 mila euro e di un'altra voce sui 2 mila – spiega Pezzullo – Noi siamo brave persone. Cercheremo di pagare prima possibile, a costo di non mangiare. Abbiamo venduto il bar di famiglia che dava lavoro a me mia madre e mia sorella. Mio padre è andato in pensione e tutto il suo trattamento di fine rapporto è servito per pagare le mie cure. Ora non abbiamo più un euro. Ed Elena Perotti, per ironia della sorte, non solo non ha fatto un giorno di carcere, ma essendo nullatenente ha diritto all'assistenza legale gratuita»;
   il risarcimento dei danni subiti dalle vittime di reati violenti da parte dello Stato, nell'ipotesi in cui non sia possibile ottenerlo dall'autore del reato, è una grande lacuna dei moderni sistemi giudiziari, soprattutto di quelli dei paesi più civili ed in particolare di quello italiano;
   significativa la recentissima pronuncia del tribunale di Torino, con sentenza n. 3145 del 2010, dottoressa Dotta, che ha condannato lo Stato Italiano a risarcire una donna vittima di stupro, rilevando che lo stesso non si era adeguato correttamente alla direttiva europea 2004/80/CE, di cui il decreto legislativo n. 204 del 2007 ne è solo parziale e lacunosa attuazione. Un'altra pronuncia di importanza storica che contribuisce all'affermazione dei diritti delle vittime dei reati violenti –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire misure normative di equilibrio e di solidarietà sociale, come già peraltro avviene per le vittime della strada, del terrorismo, dell'usura, e le altre situazioni in cui lo Stato già appresta la sua tutela risarcitoria senza che questa venga considerata il frutto di una responsabilità oggettiva dello stesso. (4-15926)


   FANTINATI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno delle Agromafie – un sistema criminale che nell'ultimo anno è addirittura cresciuto del 30 per cento raggiungendo i 22 miliardi di euro di fatturato – non è solo affare del Sud, ma riguarda anche realtà di rilievo del Nord come Verona, che risulta al terzo posto nella «top ten» delle province più interessate dal business malavitoso;
   a stabilire la graduatoria delle province italiane rispetto all'estensione e all'intensità del fenomeno nel 2016 è il Rapporto Agromafie 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato il 14 marzo 2017 nella sede dell'organizzazione agricola alla presenza del Governo;
   in provincia di Verona l'intensità dell'agromafia risulta significativa, soprattutto, per il fenomeno dell'importazione di suini dal Nord Europa e indebitamente marchiati come nazionali, ma anche per gli interventi delle forze dell'ordine a contrasto dell'adulterazione di bevande alcoliche e superalcolici come nel caso della rinomata grappa locale;
   quasi quotidianamente si verificano furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti e animali, con un ritorno prepotente dell'abigeato. Raid capaci di mettere in ginocchio un'azienda, specie se di dimensioni medie o piccole –:
   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, s'intendano adottare per rafforzare i controlli al fine di contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata a danno delle imprese agricole italiane;
   quali iniziative specifiche s'intendano assumere a sostegno degli agricoltori e dei produttori onesti. (4-15929)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la modalità di istituzione di una zona a traffico limitato (Ztl) può far nascere il sospetto che dietro, al paventato beneficio ambientale per i cittadini si celi in realtà un qualche interesse economico;
   non di rado, infatti, l'accesso alle Ztl, con riguardo all'esame delle domande per l'ingresso e alla consegna dei relativi pass, è gestito dalle amministrazioni locali e dalle aziende appaltatrici in modo arbitrario se non perfino clientelare;
   la Ztl ha un costo medio di installazione che va dai 200.000 ai 450.000 euro e nessuna amministrazione deciderebbe di installarla se non avesse un'azienda che sponsorizzasse parte del costo della strumentazione;
   in genere queste aziende non propongono una semplice vendita di tali apparecchiature alle amministrazioni pubbliche, ma, nella realtà, offrono, un noleggio fittizio mascherato da vendita;
   le casistiche note sono due: o le stesse affittano le strumentazioni a un canone abbordabile, ma con la clausola che, ad esse, venga affidato il servizio di spedizione dei verbali d'infrazione e, di fatto, anche la gestione del sistema, oppure esigono in qualche modo una sorta di provvigione per fotogramma scattato, agendo, secondo gli interpellanti, in palese contrasto con l'articolo 61 della legge 29 luglio 2010, n. 120;
   la società appaltatrice ha un interesse diretto a rilevare molte infrazioni e, di conseguenza, c’è il rischio concreto che la stessa attui varie strategie per aumentare i propri guadagni, come la gestione non regolamentare dei tempi di apertura e l'apposizione di una segnaletica contraddittoria (la dizione «Varco attivo», ad esempio, potrebbe essere interpretata dagli automobilisti stranieri in modo diametralmente opposto: « open/active gate»);
   finora il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha preteso, spesso invano, che ogni accesso alla Ztl fosse dotato di una via di fuga segnalata convenientemente e tale da consentire di evitare l'ingresso involontario, una segnalazione anticipata sull'esistenza e sulla direzione di tale via di fuga, un cartello con l'indicazione preventiva dei tipi di veicoli quali è vietato l'ingresso, più cartelli progressivi che indichino la distanza dal portale di inizio Ztl, cartelli in più lingue, nel caso la Ztl, abbia orari di transito consentito;
   a volte, invece, manca una segnaletica adeguata e ben visibile che dia all'automobilista l'esatta, inequivocabile ed immediata percezione degli orari di vigore della Ztl, della distanza che lo separa dai varchi, della presenza di eventuali vie di scorrimento alternative, che permettano di non violare la zona in cui è vietato l'accesso, e della individuazione dei veicoli e dei motoveicoli inclusi o esentati dalle limitazioni;
   la Corte di Cassazione, inoltre, ha sancito lei possibilità di sanzionare più volte un automobilista per la violazione della Ztl, anche se tale condotta avviene nell'arco della stessa giornata ed a distanza di pochi minuti, rilevando in tal senso l'insussistenza di una unica condotta ed una reiterazione dell'illecito amministrativo e non, invece, quella che appare agli interpellanti una vessazione del sistema sanzionatorio a danno del cittadino su quello che verosimilmente potrebbe delinearsi nella maggioranza dei casi come un semplice errore umano causato da scarsa conoscenza dei vincoli o da un disorientamento –:
    se il Governo non intenda assumere iniziative per definire una disciplina chiara, unica ed inequivocabile in merito all'installazione, alla gestione e alla segnaletica delle Ztl e statuire che, prima di mettere in funzione una zona a traffico limitato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verifichi e approvi le soluzioni finali adottate per la messa in opera, al fine di rispettare le indicazioni dell'articolo 61 della legge 29 luglio 2010, n. 120, ed evitare che le Ztl stesse si trasformino in uno strumento distorto con effetti vessatori per i cittadini.
(2-01709) «Baldelli, Rampelli, Gianluca Pini, Garofalo, Altieri, Biasotti, Romele, Palmizio, Squeri, Polverini, Giammanco, Elvira Savino, Alberto Giorgetti, Occhiuto, Gelmini, Rizzetto, Garnero Santanchè, Vella, Sarro, Luigi Cesaro, Laffranco, Calabria, Polidori, Riccardo Gallo, Crimi, Longo, Secco, Russo, Biancofiore, Prestigiacomo, Saltamartini».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   OLIARO e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 1o marzo 2017 migliaia di pendolari sono rimasti bloccati a causa di un guasto alla linea ferroviaria direttissima che ha comportato pesantissimi ritardi. Ad esempio, il treno regionale veloce 2884 delle ore 14.28 ha impiegato otto ore per arrivare da Roma a Perugia, con circa 400 viaggiatori rimasti fermi a lungo all'interno dei convogli tra Tiburtina e Settebagni, senza informazioni, né assistenza; il treno regionale veloce 2328 Roma Termini-Ancona ha impiegato tre ore e mezza per raggiungere Orte e da lì proseguire verso Terni;
   il giorno dopo un'altra giornata infernale: un guasto ad un treno sulla linea direttissima all'altezza della stazione di Orte ha comportato ritardi considerevoli e ancora disagi. Ad esempio, l'Intercity in partenza da Roma Termini alle ore 17.58 è arrivato a Perugia alle ore 22, impiegando quattro ore per percorrere una distanza per cui, nella norma, ce ne vogliono due e mezza;
   a distanza di pochi giorni, il 7 marzo 2017 è stata cancellata, per un problema tecnico al locomotore, la corsa dell'Intercity 531, che parte da Perugia alle ore 6.40 e solitamente arriva a Roma Termini alle ore 8.58. Le centinaia di viaggiatori rimasti in banchina hanno quindi dovuto compiere il viaggio in diverse tappe, con ulteriori ritardi e disagi: utilizzo del treno 22801 da Perugia che parte alle ore 6.56 diretto a Terni fino a Foligno, proseguimento con Intercity 533 proveniente da Ancona fino a Roma Tiburtina e Termini;
   il comitato dei pendolari di Orte e quello dell'Umbria hanno evidenziato che le motivazioni di tali disservizi sono da ricondurre a un sovraccarico del traffico tra Roma Tiburtina e Settebagni nella fascia di punta (ore 17-20). Tale situazione risulta aggravata dall'utilizzo di materiale rotabile ormai obsoleto. È stato chiesto, quindi, a Trenitalia il potenziamento della linea nel tratto compreso tra le stazioni di Roma Tiburtina e Settebagni e la sostituzione dei treni ormai vetusti. Inoltre, sono stati sollecitati gli operatori per fare in modo che, in situazioni di disagio, non siano sempre i treni regionali a dover dare la precedenza all'Alta velocità;
   i pendolari che hanno subito i gravissimi disagi dei giorni scorsi stanno, altresì, organizzando una class action contro Trenitalia e si preparano a richiedere i rimborsi;
   la regione Umbria, attraverso l'assessore regionale ai trasporti, Chianella, ha annunciato di aver chiesto un incontro urgente a Trenitalia e Rfi per avere chiarimenti su quanto accaduto;
   eppure, a settembre 2016, Trenitalia ha reso noti i dati sull'andamento delle oltre 18.000 corse a disposizione dei pendolari dell'Umbria nei primi otto mesi del 2016, affermando che soltanto uno su dieci è in ritardo –:
   se il Governo sia a conoscenza dei continui disservizi cui sono stati soggetti i viaggiatori nei giorni scorsi e se non ritenga di intervenire presso Rete ferroviaria italiana e Trenitalia per sollecitare interventi urgenti sulla linea ferroviaria in questione e la sostituzione dei convogli obsoleti. (5-10842)


  FRANCO BORDO, NICCHI, ALBINI, FONTANELLI, FOSSATI e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti da stampa, la Commissione nazionale per la Valutazione di impatto ambientale (Via) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nominata nelle more del procedimento di valutazione di impatto ambientale del progetto di riqualificazione dell'aeroporto di Firenze-Peretola denominato «Aeroporto “A. Vespucci” di Firenze – master plan aeroportuale 2014-2029», avrebbe da tempo terminato i suoi lavori, inviando ai competenti Ministeri il proprio parere;
   l'istruttoria della Commissione, sempre secondo i media, si concluderebbe con l'espressione del parere positivo, condizionato però dall'ottemperanza di 62 prescrizioni, a loro volta contenenti circa 80 sub-prescrizioni, per un totale quindi di circa 142 indicazioni obbligatorie ai fini della realizzazione dell'intera opera;
   tra queste prescrizioni, alcune sembrano contenere elementi di particolare criticità tali da rappresentare, di fatto, una bocciatura del progetto e costituiscono un rilevante fattore di allarme, soprattutto dal punto di vista della sicurezza della navigazione aerea e per gli insufficienti fattori di valutazione offerti circa il rischio di incidenti nelle fasi di atterraggio e decollo;
   è richiesto altresì che un organismo pubblico e indipendente valuti scenari probabilistici riferiti a possibili incidenti aerei visto l'uso monodirezionale della pista;
   la Commissione, così come per la prescrizione sugli incidenti aerei, certifica un'altra sostanziale carenza progettuale, riferita alla necessità di evidenziare la probabilità di accadimento di un impatto aereo sugli stabilimenti circostanti l'aeroporto, in particolare su quelli classificati dalla direttiva Seveso come a rischio di incidente rilevante –:
   se, viste le gravi criticità emerse dal lavoro della Commissione nazionale per la Valutazione di impatto ambientale di cui in premessa, non si intenda valutare di assumere iniziative urgenti, anche a carattere normativo, volte alla sospensione del procedimento di autorizzazione ambientale relativo al Master Plan aeroportuale 2014-2029 dell'aeroporto A. Vespucci di Firenze, al fine di coinvolgere, nella valutazione dell'esito dei lavori della Commissione, gli enti locali e tutti i soggetti interessati al procedimento, anche attraverso la trasmissione del parere di nulla osta con prescrizioni, qualora concluso. (5-10843)


   BIASOTTI e PRESTIGIACOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015 è stato emanato il decreto legislativo n. 169 del 2016 che riduce le attuali 24 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale (AdSP);
   il comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2016 stabilisce, con poca chiarezza, che «sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP. In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP il Ministro indica la sede della stessa. Il Ministro, su proposta motivata della regione o delle regioni il cui territorio è interessato dall'AdSP, ha facoltà di individuare in altra sede di soppressa Autorità Portuale aderente alla AdSP, la sede della stessa»;
   l'allegato A del decreto legislativo prevede che i porti di Augusta e Catania facciano capo all'AdSP del mare Sicilia orientale, mentre i porti di Messina e Milazzo, rientrano nell'AdSP dei Mari Tirreno meridionale e Jonio e dello Stretto;
   con decreto ministeriale del 25 gennaio 2017, Catania è stata istituita, per due anni, come sede dell'AdSP del Mare di Sicilia orientale, rispetto all'originale previsione di Augusta, come stabilito nell'elenco pubblicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 21 gennaio 2016;
   il presidente della regione siciliana, in una nota protocollo n. 15404 del 12 settembre 2016 inviata al Ministro interrogato, ha richiesto di individuare nella sede della istituenda autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale quella dell'autorità portuale di Catania, essendo il « core del nuovo sistema portuale e logistico della Sicilia orientale»;
   a seguito del decreto ministeriale, con cui è stata istituita Catania come sede dell'AdSP del Mare di Sicilia orientale, non è stata resa nota l'attività di istruttoria che è stata eseguita, né quali siano stati i criteri e le motivazioni che hanno indirizzato il Ministro interrogato ad intraprendere tale scelta, anche alla luce del fatto che non vi è stato alcun confronto con le realtà coinvolte, né con i parlamentari rappresentanti del territorio –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda rendere nota l'attività di istruttoria, nonché gli atti formali adottati dai soggetti istituzionali competenti che abbiano indirizzato la scelta sul porto di Catania quale sede dell'Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale. (5-10844)


   SPESSOTTO, DIENI, DELL'ORCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, CARINELLI, DE LORENZIS e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'ex compagnia di bandiera Alitalia è in una condizione di crisi conclamata che fa temere sul futuro della compagnia e che sta portando la stessa ad un'incisiva opera di riassetto, con un nuovo piano industriale che punta anche a competere con le compagnie low cost;
   tra le azioni poste in essere, Alitalia, dopo fallimentari tentativi di giungere ad una intesa, ha chiuso le rotte da e per l'aeroporto Tito Minniti di Reggio Calabria che, secondo la compagnia, risultano in perdita di 6 milioni di euro all'anno;
   mentre, in altre realtà aeroportuali, l'abbandono di Alitalia potrebbe rappresentare un danno contenibile, vista la presenza di altri vettori, nell'aeroporto Tito Minniti di Reggio Calabria la rinuncia da parte della compagnia di operare nello scalo porterebbe alla sostanziale chiusura dello stesso anche in considerazione della situazione complicata in cui lo stesso versa a seguito del recente cambiamento di società di gestione;
   i voli di Alitalia rappresentano infatti circa il 90 per cento di quelli che interessano l'aeroporto calabrese;
   la situazione dell'aeroporto reggino è stata più volte posta all'attenzione del ministro interrogato, attraverso svariati atti della scrivente, tra cui i più recenti sono l'interpellanza 2-01622 e l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3/02596;
   relativamente alla tutela del personale di terra attualmente impiegato nell'aeroporto, l'azienda si è riservata di presentare, nel nuovo piano industriale, tutte le misure idonee a tutelarne l'occupazione;
   Alitalia, a quanto emerge da notizie di stampa, ha comunicato che «gli incentivi alle compagnie aeree vanno bene purché siano fatti in piena trasparenza e con regole uguali per tutti», lamentando il fatto che alcuni aeroporti e gli stessi enti locali finanziano con accordi di marketing vettori come Ryanair per l'apertura di nuove tratte per avere in cambio voli quotidiani e un incremento dei passeggeri;
   a detta degli interroganti questa scelta è una delle cause della crisi di Alitalia e dell'affermazione di Ryanair come prima compagnia in Italia;
   quali iniziative di propria competenza il Ministro interrogato intenda adottare, considerati i danni derivanti dall'eliminazione della quasi totalità dei collegamenti aerei per una città metropolitana come Reggio Calabria, per impedire che Alitalia abbandoni l'aeroporto Tito Minniti e per promuovere, con iniziative dirette o attraverso azioni di moral suasion, un uguale trattamento delle compagnie in materia di incentivi al fine di non penalizzare alcun operatore e gli aeroporti con minori risorse economiche. (5-10845)


   TULLO e SERENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la parte III delle vigenti «condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia» disciplina le modalità di calcolo dei prezzi dei biglietti del trasporto regionale e prevede che i prezzi siano determinati, a seguito di delibera regionale, in funzione della distanza e del tipo di servizio offerto;
   al comma 2 della medesima parte III è stabilito che le distanze tra le stazioni dell'itinerario del viaggio siano quelle riportate nel «prontuario ufficiale delle distanze chilometriche Trenitalia» e che, nel calcolo della distanza tassabile si possa non tener conto delle abbreviazioni di percorso determinate dalla realizzazione di nuove linee e di interventi infrastrutturali eseguiti su stazioni o sulla rete ferroviaria, così come previsto dal decreto ministeriale n. 6925 del 30 aprile 1974;
   dalla suddetta disposizione consegue che per tutte le tratte ferroviarie, ove sono state realizzate nuove linee direttissime o che sono state interessate da opere di miglioramento che ne abbiano ridotto la lunghezza, non risulta una coincidenza, al fine della determinazione dei prezzi calcolati con un criterio chilometrico, tra la distanza effettivamente percorsa dal treno e quella – maggiore – presa a riferimento per la determinazione del prezzo;
   per effetto del suddetto decreto ministeriale su numerose tratte, quale ad esempio Roma-Firenze, gli utenti sono tenuti a pagare un prezzo del biglietto che prescinde dall'effettiva lunghezza del tragitto ferroviario percorso –:
   quali iniziative di competenza, il Ministro interrogato, intenda assumere, anche in accordo con le regioni, al fine di definire un criterio di calcolo della tariffa chilometrica basato sulla distanza tra le varie stazioni effettivamente percorsa dal treno. (5-10846)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 marzo 2017, in seguito al crollo di un cavalcavia sull'autostrada A14, all'altezza di Camerano, tra Loreto ed Ancona, sono morte due persone e tre sono rimaste ferite. Il sindaco di Castelfidardo (Ancona), ha dichiarato: «gli operai stavano sollevando la campata del ponte con dei martinetti, quando la struttura ha ceduto: evidentemente qualcosa è andato storto» ed ha aggiunto: «è inconcepibile eseguire lavori di questa natura senza chiudere l'A14»;
   secondo il procuratore di Ancona Elisabetta Melotti ed il pubblico ministero titolare dell'inchiesta Irene Bilotta, nel cantiere, lavoravano almeno due ditte «ma ce ne sono anche altre che stiamo cercando di individuare»;
   le due ditte, cui fanno riferimento i magistrati, sono la Delabech s.r.l. di Roma, a cui i lavori sono stati affidati in subappalto per conto della Pavimental – società controllata di Autostrade per l'Italia – ed il Gruppo Nori s.r.l. di Castelnuovo di Porto (Roma). Atlantis del Gruppo Benetton, a sua volta, controlla Autostrade per l'Italia;
   la Delabech s.r.l. si occupa di giunti di dilatazione e appoggi per ponti;
   secondo Autostrade, Delabech è «... una società specializzata con qualifiche di legge per i lavori in oggetto e munita di certificazione delle società Protos, Bureau Vertitas e Accredia. La stessa società aveva eseguito analoghi lavori su altri cavalcavia della stessa tratta ...»;
   l'amministratore unico di Dalebech è Riccardo Bernabò Silorata, già consigliere della «Rabbiosi s.p.a.», e tuttora direttore generale di «Impresa SPA» di Roma, società commissariata nel luglio 2013, già impegnata insieme alla BTP di Firenze negli «appalti della cricca» (G8 e 150 anni dell'Unità d'Italia);
   dal quotidiano online la Voce delle voci, dell'11 marzo 2017, apprendiamo delle allarmanti dichiarazioni che avrebbe rilasciato un anonimo funzionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: «è da anni che i subappalti sono una giungla, dove non c’è mercato, ma regnano la corruzione e le mafie. I carrozzoni come Autostrade per l'Italia, Autostrade Meridionali e Pavimental chiudono gli occhi davanti a ogni cosa e smistano senza fregarsene di ogni trasparenza i lavori. Così ad esempio è successo con le imprese che ruotano intorno al gruppo Vuolo da Castellammare di Stabia, che ne ha combinate di cotte e di crude. Riceve le commesse, risparmia con i lavoratori, proprio come è successo adesso con la Delabech che non ha operai ma prende romeni o extracomunitari alla faccia di tutte le legalità, utilizza materiali spesso scadenti e poi ti chiedi perché i ponti e ponteggi crollano. Così è successo negli ultimi anni in un sacco di lavori in tutta Italia... Cosa hanno fatto le tante procure che hanno aperto inchieste di cui nessuno conosce gli esiti ? Ma ce lo mettiamo in testa che ci vogliono solo i morti per far parlare di tragedie stra-annunciate perché tutti chiudono gli occhi su quei lavori e i controlli sono taroccati ?» –:
   quali iniziative ispettive intenda assumere il Governo per accertare la liceità dell'affidamento in subappalto dei lavori alla Delabech da parte della Pavimental, per stabilire se ci siano state violazioni e/o elusioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di quella per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose negli appalti;
   se intenda promuovere tutti gli accertamenti necessari a stabilire se vi fossero altre imprese subappaltatrici, oltre alla Delabech;
   se intenda verificare l'attendibilità delle dichiarazioni del funzionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti comparse sul quotidiano online la Voce delle voci dell'11 marzo 2017. (5-10832)


   GIOVANNA SANNA e FRANCESCO SANNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 13 marzo 2017 a Siligo – in provincia di Sassari – presso il cavalcavia n. 77 al KM 184+960 della Strada Statale SS 131 «Carlo Felice» – principale asse viario che attraversa la Sardegna da nord a sud – si è tenuta una manifestazione di protesta dei sindaci e della cittadinanza dei comuni di Siligo, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Pozzomaggiore, Semestene, Thiesi, Torralba e Florinas per denunciare le condizioni di pericolosità e abbandono in cui versa il cavalcavia Anas, ponte sotto il quale transitano ogni giorno migliaia di automobili;
   il cavalcavia è stato realizzato, tra la fine degli anni ’60 e inizi degli anni ’70, dall'Anas nell'ambito dell'intervento di adeguamento della predetta strada statale, che prevedeva l'eliminazione degli svincoli a raso e il ricongiungimento dei due rami della strada provinciale 80 «Ardara – Siligo» che in precedenza si innestavano a raso sulla strada statale 131;
   il cavalcavia il 10 novembre del 2009 è stato danneggiato da un convoglio in regime di transito eccezionale che ha lesionato l'impalcato; in conseguenza di tale danneggiamento, alla luce delle valutazioni di idoneità statica e in considerazione del pericolo per l'incolumità pubblica, la provincia di Sassari ha emesso l'ordinanza n. 32 del 2009 con la quale ha istituito il divieto di transito per le categorie di veicoli di peso superiore ai 35 quintali, nonché il senso unico alternato lungo la strada provinciale 80 nel tratto corrispondente al suddetto cavalcavia;
   la situazione di pericolo sulla strada statale 131 e sulla strada provinciale 80, segnalata da numerosi automobilisti, e più volte portata all'attenzione dell'Anas, ha indotto il sindaco di Siligo ad adottare, nel settembre 2015, un'ordinanza contingibile e urgente con la quale si impone ad Anas e alla provincia di Sassari, ciascuno per la propria competenza, di procedere alle verifiche e di adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza stradale e la pubblica incolumità; in risposta Anas, invece di disporre una verifica immediata sulla staticità e sicurezza del ponte, nel novembre 2015 ha proposto ricorso al Tar Sardegna chiedendo la sospensiva dell'ordinanza; nel ricorso, Anas ha sostenuto che il cavalcavia denominato Mesu Mundu, seppure in assenza di atto formale di consegna, era di fatto stato consegnato alla provincia di Sassari, ente proprietario della strada provinciale 80 Siligo-Sardara. La richiesta di sospensiva, negata all'Anas dal Tar che riconosceva in quella sede gli ovvii presupposti della sicurezza pubblica, è stata avanzata come ricorso al Consiglio di Stato, che ad oggi non si è ancora espresso;
   la situazione di pericolo, mai cessata, viene riportata all'attenzione dalla recente vicenda del crollo del cavalcavia di Camerano sulla A14 e impone l'urgenza di chiedere all'Anas e alla provincia di Sassari di intervenire e verificare, attraverso una puntuale ricognizione, la pericolosità (o meno) del cavalcavia;
   qualora non dovessero essere attivate le verifiche urgenti e adottate tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli automobilisti e della cittadinanza sarda transito quotidianamente sotto il cavalcavia, il sindaco di Siligo si riserva di adottare misure drastiche di sicurezza pubblica, compresa l'interdizione del traffico sul tratto stradale interessato –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire immediate verifiche sull'idoneità statica del cavalcavia e per avviare in tempi brevi gli interventi necessari a ripristinare la sicurezza stradale e garantire l'incolumità pubblica nella strada statale 131 e nella strada provinciale 80. (5-10847)


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di dicembre 2016, Trenitalia S.p.a. ha attivato un nuovo collegamento Frecciarossa dalla stazione di Taranto con destinazione Milano, collegandosi con l'Alta velocità presso la stazione ferroviaria di Salerno;
   tuttavia, per il pendolare che sale sul suddetto convoglio Frecciarossa, da qualunque stazione ferroviaria della Basilicata sulla tratta Metaponto – Ferrandina – Potenza – Salerno non si riscontra alcun beneficio e alcuna miglioria sui tempi di percorrenza;
   il Frecciarossa viaggi, quanto consta all'interrogante, senza che vi sia stato alcun investimento sulla infrastruttura ferroviaria, con il paradosso che per l'utente, invece, il prezzo del biglietto è stato adeguato, con un considerevole incremento per raggiungere le mete di destinazione;
   diversi cittadini hanno avanzato rimostranze anche ufficiali presso gli organi competenti, evidenziando tale anomalia e chiedendo di sapere se l'aumento del prezzo del biglietto è destinato ad investimenti per migliorare le condizioni di viaggio da parte di Trenitalia e Rfi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché Ferrovie dello Stato riveda l'attuale disciplina del prezzo del biglietto sul Frecciarossa e affinché siano praticate tariffe meno onerose a fronte di un servizio non adeguato al materiale rotabile introdotto. (5-10851)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo i programmi della Rete ferroviaria italiana, dall'11 giugno al 10 dicembre 2017, sulla linea Luino – Sesto Calende – Gallarate, verranno effettuati i lavori di adeguamento e potenziamento infrastrutturale dell'asse ferroviario Alptransit;
   infatti, l'apertura del nuovo tunnel del Gottardo crea un progressivo incremento dei convogli merci sulla linea a binario unico di Luino che dovrà raggiungere nei prossimi anni, secondo le indicazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i 90 treni merci al giorno;
   tale sostenuto aumento del traffico ferroviario incrementa notevolmente le problematiche relative alla sicurezza del territorio e all'impatto ambientale, soprattutto in termini di impatto acustico e vibrazioni, nonché le problematiche relative alla sicurezza del trasporto di merci pericolose, in considerazione dell'attraversamento di un territorio fragile come quello del Lago maggiore;
   le amministrazioni locali chiedono notizie sui progetti in programma e sul numero dei treni, e il sindaco del comune di Luino ha anche inviato una nota ai Ministri interrogati e alle autorità locali, esponendo le preoccupazioni della popolazione interessata;
   le questioni più emergenti riguardano la necessità dello svolgimento di una procedura di valutazione dell'impatto ambientale, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, soprattutto per gli impatti a regime che produrrà il potenziamento dell'infrastruttura, nonché la necessità dell'organizzazione e gestione di un piano per la sicurezza della linea ferroviaria e per il pronto intervento in caso di incidente da merci pericolose, con riguardo ai presidi speciali del Nucleo operativo nel settore del nucleare, biologico, chimico e radiologico (NBCR) del Comando dei vigili del fuoco;
   occorre divulgare sul territorio tutte le opportune notizie in merito al numero e alla frequenza notturna e diurna dei treni merci e alla pericolosità delle merci trasportate per infiammabilità ed esplosività, al programma delle mitigazioni dell'inquinamento acustico con installazione di barriere antirumore nella frazione di Colmegna di Luino e a Luino centro, già previste per il 2014 e non ancora installate, nonché in merito alle garanzie circa il mantenimento, l'efficientamento e il miglioramento del trasporto passeggeri verso Milano, Malpensa e Svizzera;
   in fine, occorre aggiornare la popolazione locale sullo stato dei programmi per la realizzazione della cosiddetta «gronda ovest» per la realizzazione di una ferrovia in galleria, secondo quanto già previsto nei programmi della Svizzera e da Rete ferroviaria italiana, e per il superamento dei centri abitati lungo la sponda del Lago maggiore –:
   se i Ministri interrogati intendano fornire alla popolazione locale risposte immediate, per quanto di competenza, sulle questioni sollevate nelle premesse, soprattutto in merito all'espletamento delle procedure in materia di valutazione d'impatto ambientale previste dalle leggi vigenti e dalle direttive comunitarie, relativamente al progetto dell'adeguamento e potenziamento della linea ferroviaria Luino – Sesto Calende – Gallarate, e, in caso di mancato espletamento fino ad oggi di tali procedure, provvedere al differimento dell'inizio dei lavori fino alla conclusione del relativo procedimento di valutazione di impatto ambientale. (4-15928)


   VEZZALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si è appreso che sul ponte crollato in A14 stavano lavorando più ditte (oltre alla Delabech srl di Roma, subappaltatrice per conto della Pavimental, società controllata di Autostrade, il Gruppo Nori srl di Castelnuovo di Porto e altre ancora) e un numero imprecisato di operai, almeno due squadre;
   la procura di Ancona ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per omicidio colposo plurimo;
   il bilancio del crollo del cavalcavia è di due morti (passeggeri di un'auto in transito) e tre feriti (operai addetti ai lavori di innalzamento del ponte);
   la possibile dinamica dell'incidente non esclude l'errore umano, ma verificare la catena di appalti sarà utile per risalire alle responsabilità del disastro;
   il cavalcavia si sarebbe inclinato da un lato per poi scivolare e abbattersi al suolo;
   secondo la polizia stradale è possibile che il troncone caduto non appoggiasse perfettamente per l'intera lunghezza, o che da una parte fosse più sollevato che dall'altra;
   sono probabilmente da scartare anche le ipotesi di utilizzo di materiali scadenti;
   anche la società Autostrade per l'Italia sta valutando l'ipotesi di eventuali errori e possibili azioni a tutela;
   l'inchiesta dovrà stabilire il tempo intercorso tra il sollevamento e il crollo;
   i detriti sono stati rimossi perché non è lì che va individuato il problema, ma sulle pile provvisorie per l'innalzamento del cavalcavia; anche se i sostegni provvisori non presentano danni e la struttura di calcestruzzo che sosteneva le travi è integra;
   secondo Autostrade, le attività di sollevamento erano state completate alle 11.30; l'incidente si è verificato alle 13.50 circa, mentre il personale era occupato in attività cosiddette accessorie;
   le deposizioni degli operai confermano che erano intenti a raccogliere le attrezzature;
   una squadra di almeno cinque persone lavorava al sollevamento a livello del piano stradale (i dipendenti della Delabech), un'altra era sopra il cavalcavia per lavori sul manto bituminoso, circostanza, questa, che non avrebbe inciso in alcun modo sulla dinamica dell'incidente;
   secondo l'Istituto per le tecnologie della costruzione del Cnr, il sollevamento sembra sia stato dovuto a un'operazione di routine un'operazione che in genere non richiede la chiusura al traffico;
   secondo il legale della famiglia dei coniugi deceduti, date le diverse competenze, i diversi soggetti e i diversi tipi di intervento che erano in atto sul ponte crollato, occorrevano maggiori cautele per prevenire ed evitare ciò che è accaduto;
   i magistrati sono in attesa della relazione degli ispettori dell'Asur;
   dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata nominata una commissione d'inchiesta che entrerà presto nel pieno delle sue funzioni –:
   se non ritenga di adottare iniziative volte ad incrementare gli investimenti in infrastrutture e per la manutenzione di quelle esistenti;
   per quali motivi non sia stata disposta la chiusura, seppur temporanea, del tratto di autostrada coinvolto dai lavori;
   se non intenda adoperarsi per incrementare la sicurezza sia per chi lavora nei cantieri sia per gli utenti delle infrastrutture. (4-15930)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Abruzzo l'Anas gestisce 984 chilometri di rete stradale, per buona parte in territorio montano, soggetto a slavine, smottamenti, frane, eventi tellurici e, nel periodo invernale, abbondanti nevicate;
   in occasione degli ultimi eventi emergenziali di gennaio 2017, l'Anas è potuta intervenire a sostegno ed ausilio dei comuni, delle provincie e della protezione civile locale, tramite la struttura tecnica di missione, operando per il coordinamento degli interventi di messa in sicurezza della rete stradale e di ripristino della viabilità, con tempistiche e finalità coerenti con la gestione emergenziale, come riferito dallo stesso Ministro interrogato nel corso della informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione di emergenza nel centro Italia resa alla Camera dei deputati il 31 gennaio 2017 (seduta n. 733);
   in particolare, si rileva inoltre quanto dichiarato, in occasione della citata seduta, da un deputato circa il fatto che l'Anas regionale abbia aperto bene le proprie strade, abbia anche dato una grossa mano alle strade provinciali, circa 500 chilometri di strade provinciali sono state aperte dalle turbine Anas, così come circa il fatto che la società Strada dei parchi abbia tenuto quasi sempre aperta la A24 e la A25;
   il tempestivo intervento dell'Anas è stato possibile attraverso l'immediata risposta della struttura tecnica di missione, avente sede a L'Aquila;
   a seguito, dell'approvazione da parte del consiglio di amministrazione della società del piano industriale Anas 2016-2020, che ha previsto l'inserimento della regione Abruzzo nella cosiddetta «Zona Adriatica», macro area comprendente Abruzzo, Molise e Puglia, la sede del coordinamento territoriale dell'Anas di tale zona è stata spostata a Bari, unitamente alla struttura tecnica di missione;
   alla nuova sede di Bari è stata delegata l'approvazione di qualsiasi intervento, anche riguardante la somma urgenza e le situazioni emergenziali, di importo superiore ad euro 20.000,00;
   la regione Abruzzo e la sua rete stradale sono caratterizzate da territori profondamente diversi per peculiarità e criticità, come purtroppo ci hanno dimostrato gli ultimi drammatici avvenimenti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, quali iniziative intenda adottare, alla luce della riorganizzazione dell'Anas, per garantire un intervento efficace e tempestivo dell'Anas nel territorio abruzzese, soprattutto nell'ipotesi di particolari situazioni di emergenza, come quella in essere, che potrebbero potenzialmente ritardare e/o limitare l'operato di Anas s.p.a per gli interventi di messa in sicurezza e ripristino della viabilità, anche su strade non di propria competenza, che si dovessero ritenere necessari. (4-15939)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi nel territorio del comune di Montallegro, in provincia di Agrigento si è registrato un ulteriore episodio di intimidazione e danneggiamenti ai danni del dottor Salvatore Chiara, funzionario del comune, che dirige il settore degli affari generali;
   come risulta dalla denuncia presentata ai Carabinieri, presso la propria casa di campagna, ad opera di ignoti introdottisi nella sua proprietà sono state, presumibilmente con l'ausilio di una motosega, tagliate parecchie decine di alberi di ulivo, alberi da frutta e piante ornamentali;
   davanti la casa di campagna è stata depositata una corona di fiori dal chiaro messaggio intimidatorio;
   l'episodio che riguarda il dottor Chiara è l'ultimo di una serie di intimidazioni avvenute nel comune di Montallegro ai danni di impiegati e funzionari comunali;
   dal mese di ottobre 2016 ad oggi si sono registrati altri due attentati intimidatori a danno di altri due impiegati e dirigenti dell'ufficio tecnico del comune;
   questo stillicidio di attentati crea preoccupazione tra la popolazione, tanto più che rimangono sconosciuti, ad oggi, gli esecutori materiali degli attentati ed i loro ispiratori;
   Montallegro è tra quei comuni che alla fine della prossima primavera andrà al rinnovo del consiglio comunale e degli organi amministrativi;
   questa situazione rischia di condizionare pesantemente la prossima campagna elettorale e la libera espressione di voto dei cittadini –:
   come giudichi i fatti sopra richiamati;
   se non ritenga di dovere dare disposizioni perché si rafforzino gli strumenti di indagine in modo da individuare i responsabili degli attentati;
   se non ritenga di dover disporre il rafforzamento delle operazioni di vigilanza del territorio e fare arrivare, così, un messaggio di tranquillità alla popolazione.
(2-01710) «Capodicasa, Zappulla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SENALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni sindaci ed assessori, in data 28 gennaio 2017 hanno partecipato indossando la fascia tricolore ufficiale del comune alla manifestazione, tenutasi a Roma, denominata «Italia sovrana», organizzata dal partito Fratelli d'Italia, come testimoniato da numerosi articoli e foto su quotidiani nazionali e locali;
   la summenzionata iniziativa aveva una esplicita ed esibita caratterizzazione politica, dunque non rientrava nel novero delle manifestazioni alle quali coloro che ricoprono ruoli istituzionali partecipano con simboli che rappresentano l'intera cittadinanza, quali appunto la fascia tricolore;
   alcuni consiglieri comunali eletti nei comuni partecipanti alla sopra citata manifestazione hanno sollevato dubbi sul corretto utilizzo della fascia tricolore, sottoponendo il quesito anche all'attenzione della prefettura territorialmente competente –:
   se non intenda chiarire quale sia l'utilizzo corretto, conveniente e legittimo di simboli che rappresentano l'intera cittadinanza, quali la fascia tricolore, da parte di rappresentanti delle istituzioni in contesti con forte connotazione politica di parte, alla luce degli articoli 12 e 54, comma 2, della Costituzione, dell'articolo 50, comma 12, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e della circolare del Ministero dell'interno n. 5 del 1998;
   se non intenda chiarire altresì quali siano le modalità e gli atti amministrativi da adottare da parte di un sindaco per delegare l'uso della fascia tricolore ufficiale nel corso di una manifestazione pubblica. (5-10822)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER, NICCHI e FAVA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal Rapporto #Agromafie2017 in Italia, elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato a Roma alla presenza di Ministri e vertici delle forze dell'ordine e della magistratura, emerge come il volume d'affari complessivo annuale delle agromafie, a livello nazionale, abbia segnato nell'ultimo anno un aumento del 30 per cento rispetto alla rilevazione dell'anno precedente, per un totale di 21,8 miliardi di euro;
   il rapporto è basato su diversi indici quali le risultanze quantitative delle azioni di contrasto specifiche messe in atto dalle diverse Forze dell'ordine e quello del rischio permeabilità dei territori alle agromafie (cosiddetto Ipa);
   tra gli allarmi sollevati quello sul caporalato che, secondo Coldiretti, vede una proporzione di quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall'estero non rispettare le normative in materia di tutela dei lavoratori previste dal nostro ordinamento;
   nelle Marche, le province più coinvolte dal fenomeno agromafia risultano essere quella di Ancona (classificata al 32esimo posto tra le province d'Italia), soprattutto a causa della presenza del porto, crocevia di attività distributive e di riciclaggio; e quelle di Macerata e Ascoli (rispettivamente 50esima e 52esima) a causa della prossimità territoriale con due province definite calde, come L'Aquila e Teramo;
   il presidente di Coldiretti Marche Tommaso Di Sante, commentando il Report richiamato, ha sottolineato come tra le situazioni da monitorare con particolare attenzione vi siano quelle dei «cartelli» per determinare i prezzi dei prodotti e la filiera distributiva degli stessi, che spesso percorrono lunghe distanze prima di giungere sulle tavole dei consumatori;
   tra le possibili misure di contrasto: la maggior trasparenza e l'informazione dei cittadini sulla tracciabilità dei prodotti ed una maggiore vigilanza sulle pratiche di «sottocosto» e cibi low cost, dietro i quali – sempre secondo il presidente di Coldiretti Marche – «spesso si nascondono ricette modificate, l'uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l'illegalità o lo sfruttamento» –:
   quali iniziative stiano adottando i Ministri interrogati al fine di contrastare con maggiore efficacia il fenomeno delle agromafie;
   se siano in grado di riferire in merito alle iniziative adottate, in particolare, nella regione Marche. (4-15919)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nove anni fa il comune di Casal di Principe metteva nella disponibilità provvisoria della polizia di Stato la villa di due piani confiscata al boss Dante Apicella, una scelta di altissimo valore simbolico, quale avamposto della squadra mobile di Caserta, proprio mentre in tutta la provincia di Caserta seminava il terrore l'ala stragista dei Casalesi del boss Giuseppe Setola;
   in particolare, non si trattava di un nuovo commissariato, ma di una vera e propria sezione della squadra mobile distaccata a Casale, forte di uomini di esperienza, con l'unico compito di dare la caccia ai latitanti e contrastare i traffici dei clan;
   al fine di settembre 2015, arrivava l'assegnazione diretta del palazzo, da parte dell'Agenzia del demanio, al Ministero dell'interno, con il conseguente cambio di destinazione d'uso da sociale a militare che, dall'obiettivo lodevole di convertire i beni confiscati in presidi di legalità, razionalizzando gli spazi in uso alla pubblica amministrazione, portava però a un cambio delle regole, come quelle sull'agibilità anti-sismica;
   è di pochi giorni fa, infatti, la notizia per l'interrogante assurda che quel posto di polizia, nato e pensato dall'allora capo della polizia, Antonio Manganelli, per dare un forte segnale di presenza dello Stato su un territorio a forte penetrazione criminale e con la presenza di efferati clan malavitosi, come quello dei Casalesi, rischia di chiudere;
   abbandonare l'avamposto della guerra alla camorra, peraltro per ragioni puramente burocratiche, potrebbe rivelarsi rovinoso, se solo si pensa poi che il sindaco di una cittadina non certo come tante, per combattere le mille illegalità quotidiane, ha a disposizione appena cinque vigili urbani per 22 mila abitanti: qui sono stati gestiti per decenni i rifiuti tossici seppelliti perfino nei cortili degli asili nido; qui ha pulsato per decenni, come ha confermato il pentito Carmine Schiavone, il cuore della cattiva politica; qui furono decisi gli assassinii di decine di persone anche innocenti;
   è indubbio che anche dalla sede centrale di Caserta gli agenti continueranno a portare avanti la lotta alla camorra, mettendoci il massimo impegno, ma la presenza fissa della squadra mobile a Casal di Principe aveva anche un valore simbolico, come scrive Gian Antonio Stella, secondo cui l'abbandono dell'avamposto «è uno sbaglio (...) che rischia di dare un segnale pessimo ai cittadini perbene che, anche a dispetto delle difficoltà economiche, continuano a sperare nel riscatto. E incoraggiare i malavitosi, oggi in difficoltà, a rialzare la testa»;
   dure anche le parole di Emilio Diana, fratello di don Peppe Diana, il sacerdote ucciso dai Casalesi il 19 marzo del 1994 nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casale: «Lo Stato doveva fare di tutto per non chiudere la sezione della Mobile. Per i cittadini era garanzia di sicurezza» o del procuratore della Repubblica di Napoli Nord, Francesco Greco, secondo cui «meglio tenere aperti i posti di polizia piuttosto che chiuderli, anche considerando il fatto che la presenza della Polizia di Stato nell'agro-aversano è assolutamente sottodimensionata, e che i Casalesi non sono definitivamente sconfitti», ribadendo come «la presenza sul territorio della Polizia di Stato è   sempre un fatto estremamente positivo, specie in luogo simbolo come Casal di Principe»;
   nonostante le rassicurazioni che parlano di un disguido tecnico-burocratico, se tale decisione venisse confermata sarebbe inaccettabile e fuori da ogni logica di contrasto alla criminalità organizzata, con evidente e condivisibile preoccupazione dei cittadini che hanno a cuore la rinascita del paese, delle associazioni antimafia che da anni operano sul territorio e, non ultimo, del sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, che proprio pochi giorni fa aveva mandato una richiesta di incontro al Ministero dell'interno per scongiurare tale ipotesi di chiusura –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali urgenti provvedimenti intenda adottare per impedire che la sezione della squadra mobile distaccata a Casale di Principe non perda il suo avamposto; nonché per quale motivo gli adeguamenti strutturali necessari presso la struttura in questione non siano stati effettuati più di un anno fa, quando l'immobile è stato trasferito nella proprietà del Ministero dell'interno. (4-15925)


   VALERIA VALENTE, PARIS, DI LELLO, CAPOZZOLO, COCCIA, FAMIGLIETTI e PALMA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 11 marzo 2017 il quartiere di Fuorigrotta a Napoli è stato teatro di violenti scontri tra manifestanti e forze della polizia in occasione del corteo di protesta per la presenza in un pubblico comizio dell'eurodeputato Matteo Salvini alla Mostra d'Oltremare;
   la facile previsione sui rischi connessi all'occasione non è stata sufficiente per evitare che il corteo, come da programma concordato con la questura, si sciogliesse pacificamente all'altezza di piazzale Tecchio, dove invece sono iniziati gli scontri per iniziativa di manifestanti a viso coperto con il lancio di oggetti contundenti contro le forze di polizia;
   l'esito di questa vicenda ha finora evidenziato responsabilità dirette per le gravi violazioni dell'ordine pubblico da parte di quelle frange tra i manifestanti che hanno dato avvio agli scontri e che sarà compito delle forze dell'ordine e dell'autorità giudiziaria accertare;
   accanto alle responsabilità dirette, però, non è difficile individuare, secondo gli interroganti, responsabilità indirette da parte di chi avrebbe dovuto, in base alla sua funzione istituzionale, consentire che una manifestazione politica legittima e riconducibile alle libertà costituzionalmente garantite, potesse avere luogo in un contesto di sicurezza urbana;
   invece, nei giorni precedenti la manifestazione, è sembrato agli interroganti che le dichiarazioni pubbliche da parte del sindaco di Napoli, seguite a quelle di altri consiglieri comunali di maggioranza, fossero animate da spirito partigiano e strumentale piuttosto che da responsabilità e senso del limite;
   è avvenuto, infatti, che la decisione del luogo sede del comizio del deputato Salvini sia diventata, ad avviso degli interroganti, pretestuosamente, un'occasione per schierare l'amministrazione della città in una polemica pubblica e istituzionale intorno all'opportunità che quel comizio avesse luogo in uno spazio riconducibile al comune di Napoli;
   innanzitutto, risulta per gli interroganti inammissibile che l'amministrazione comunale possa anche solo sembrare non schierata incondizionatamente a difesa della libertà di espressione per qualsiasi esponente politico, a qualunque partito, forza o movimento egli appartenga, e invece sostanzialmente si schieri dalla parte di chi quella libertà intende invece limitare o soltanto condizionare;
   in secondo luogo, la scarsa chiarezza in merito, già difficilmente comprensibile, è diventata qualcosa di più, dal momento che il sindaco della città non si è limitato ad esprimere supporto pieno per quei centri sociali che si sarebbero opposti alla visita del deputato Salvini, ma ha espresso parere contrario al luogo che prefettura e questura avevano indicato come lo spazio più sicuro per lo svolgersi dell'iniziativa;
   questa amministrazione comunale non è nuova ad assumere atteggiamenti di questo genere, finalizzati non, come sarebbe dovuto, a garantire una genuina collaborazione tra istituzioni, nell'interesse dell'intera comunità dei cittadini napoletani, bensì ad innescare una polemica diretta ad incrementare il consenso di una parte che non coincide con le aspettative di tutti, né con il bene della città –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito ai fatti riportati in premessa, nonché se e quali iniziative intenda assumere in merito, stante il giudizio positivo con cui va giudicato l'operato delle forze dell'ordine che hanno garantito la sicurezza dei manifestanti e dei cittadini;
   se il Ministro interrogato, alla luce di quelle indicate in premessa, a giudizio degli interroganti, come responsabilità indirette nella gestione dell'ordine pubblico da parte del sindaco quale ufficiale del Governo, non condivida l'opportunità di adottare, come in sua facoltà, ai sensi dell'articolo 54, comma 12, del decreto legislativo n. 267 del 2000, un atto di indirizzo per garantire una maggiore efficacia delle previste funzioni da parte del sindaco, con l'obiettivo di evitare in futuro occasioni di polemica gratuita e strumentale che, secondo gli interroganti, oltre ad andare a minare la credibilità delle istituzioni cittadine, rischiano di provocare danni anche alla gestione dell'ordine pubblico. (4-15927)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco impiega, oltre agli effettivi, un elevato numero di discontinui e volontari;
   il personale discontinuo non può essere impiegato per più di 14 giorni consecutivi e per un massimo di 160 giorni per anno, pur essendo utilizzato per colmare una insufficienza di organico conseguenza dei crescenti tagli nelle risorse ad esso attribuite;
   il personale volontario presta servizio in sedi del Corpo, perlopiù isolate, nelle quali sarebbe troppo oneroso per la pubblica amministrazione prevedere un distaccamento permanente;
   l'assenza di distinzione fra figure diverse nel loro status, ma che la legge definisce entrambe «volontarie» legge n. 183 del 2011, che modifica il decreto legislativo n. 368 del 2001, lettera c-bis), tanto da stabilire che i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione (articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 139 del 2006), fa sì che i discontinui sul piano formale perdano lo status di precari;
   andrebbe fatta, invece, una distinzione fra coloro che (anche in modo discontinuo) svolgono funzioni equiparate a quelle svolte da chi è assunto nel Corpo a tempo indeterminato e le funzioni dei volontari che per definizione sono svolte da chi dichiara disponibilità a prestare la propria opera al servizio della comunità in caso di emergenza;
   questo metodo operativo che consente l'impiego di discontinui e volontari per anni e senza limiti di età, crea aspettative e la decisione di bandire nuovi concorsi, senza procedere prioritariamente alla stabilizzazione degli idonei, disperde esperienze acquisite ed esclude coloro che per varie ragioni non possono partecipare alle prove concorsuali –:
   quali iniziative intenda assumere a fronte delle criticità evidenziate, considerato in particolare che appare all'interrogante discriminatorio riassumere nel termine «volontario» due profili diversi e penalizzante per i discontinui l'assimilazione a volontario, visto che sottoscrivono contratti con l'amministrazione pur non guadagnando la qualifica di precario;
   di adottare iniziative volte a sopperire alla carenza di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, procedendo in ugual misura alla stabilizzazione degli idonei e dei richiamati in servizio (discontinui) prima di pensare a nuovi concorsi, alla luce dei requisiti da questi ultimi posseduti, fra cui l'idoneità al servizio, l'esperienza maturata e l'alta professionalità acquisita, scelta, questa, che produrrebbe, peraltro, risparmi all'amministrazione, non necessitando, questo tipo di personale, dei corsi per l'addestramento che le matricole richiederebbero.
(4-15931)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la stampa locale dà notizia del fatto che il comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona (almeno per quanto riguarda la seconda squadra), a causa dei lavori di ristrutturazione della sede di Vallemiano, opera da due anni presso l'aeroporto Sanzio di Falconara;
   collocazione temporanea che ha consentito, però, alla squadra, di effettuare migliaia di interventi da un luogo che è strategico rispetto al territorio, su Falconara, Chiaravalle, Camerata Picena, Monte San Vito e Montemarciano;
   un decreto ministeriale degli anni ’90 prevedeva l'istituzione della cosiddetta «Falconara terrestre», un distaccamento che potesse agire in tempi rapidi sia sulla raffineria Api che sulle zone industriali di Castelferretti, Piane di Camerata, Borghetto di Monte San Vito. Decreto che non è stato mai tradotto in realtà. Mentre il mantenimento dell'attuale dislocazione della seconda squadra di Ancona potrebbe soddisfare l'esigenza allora rappresentata;
   la bassa Vallesina, quando la seconda squadra di Ancona tornerà nella sede di Vallemiano, resterà scoperta e ricadrà nelle competenze di diversi distaccamenti: Jesi, Senigallia, ecc. con tempi di percorrenza e di intervento che potrebbero allungarsi;
   dall'aeroporto Sanzio la seconda squadra parte e raggiunge facilmente tutte le località del comprensorio in poco tempo. Un beneficio che entro l'anno si potrebbe perdere visto l'approssimarsi della fine dei lavori di ristrutturazione del comando provinciale –:
   se non intenda valutare la permanenza – oltre la conclusione dei lavori di ristrutturazione del comando provinciale della seconda squadra di Ancona presso l'aeroporto Sanzio, visto che questa collocazione risponde più proficuamente all'esigenza di prossimità che le forze di polizia, ma i vigili del fuoco in particolare, devono soddisfare per rendere efficaci le loro prestazioni;
   se non intenda dare applicazione al contenuto del decreto ministeriale citato, con il quale si prevedeva l'istituzione della cosiddetta «Falconara terrestre», visto che le criticità di quell'area, anche ambientali, non sono mai state risolte in maniera definitiva, tanto che la popolazione residente e le cronache locali di tanto in tanto tornano a denunciarle. (4-15932)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è stato sperimentato per alcuni mesi a Milano e sarà operativo in tutta Italia, un protocollo di intervento delle forze dell'ordine dedicato alle donne denominato Eva (Esame violenze agite);
   il protocollo consente alle forze dell'ordine di monitorare casi di violenza domestica creando un database dove vengono schedate non solo le denunce formali, ma anche i casi di intervento che non si concludono però in una denuncia da parte della vittima;
   il protocollo nasce dalla volontà di ottimizzare la legge, quella sul femminicidio dell'ottobre 2013, con la collaborazione delle volanti, che sono sempre presenti sul territorio;
   l'obiettivo è di cogliere il violento in flagranza, che è il concetto alla base della legge, per poter intervenire e eventualmente arrestarlo nel caso in cui l'episodio per cui si interviene non fosse stato il primo;
   con il protocollo, infatti, le violenze ripetute si intercettano, si mettono in rete e dopo il terzo episodio si può procedere all'arresto –:
   se intenda precisare i seguenti dati:
    a) in quanti casi si è rivelata efficace questa collaborazione;
    b) in che tempi il progetto sperimentale di Milano potrà essere esteso a tutto il territorio nazionale;
    c) se questo sistema operativo abbia portato a un sostanziale incremento di denunce da parte delle vittime. (4-15935)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Capriate, in provincia di Bergamo, pochi giorni fa sono giunti diciotto immigrati, a quanto consta all'interrogante, richiedenti asilo e provenienti da Gambia, Ghana, Mali e Costa d'Avorio, i quali sarebbero stati alloggiati in un appartamento nel centro storico della cittadina, messo a loro disposizione quale centro di accoglienza straordinario e gestito dalla cooperativa Lia;
   come riportato anche dalla stampa, però, il loro numero sarebbe destinato a breve ad aumentare, fino a raggiungere quello di sessanta immigrati da ospitare in altri appartamenti della stessa palazzina, attualmente in fase di ristrutturazione, affittati e sempre gestiti dalla cooperativa Lia;
   pochi giorni prima dell'arrivo dei diciotto immigrati, durante una riunione in prefettura con gli altri sindaci dell'Isola, alla richiesta di eventuali manifestazioni d'interesse per l'accoglienza di richiedenti asilo, il sindaco di Capriate, pare, avesse risposto che non gliene risultavano nel proprio comune;
   successivamente, dunque, l'improvviso e inaspettato arrivo degli immigrati nel comune di Capriate, all'insaputa dello stesso sindaco, ha provocato le legittime proteste e preoccupazioni anche da parte della cittadinanza;
   quanto accaduto nel comune di Capriate non solo è di estrema gravità, perché lesiva del principio collaborazione tra i diversi livelli di governo, principio richiamato anche dal decreto legislativo n. 142 del 2015 in tema di accoglienza, ma, altresì, pare confermi, per quanto avvenuto anche nello stesso periodo nel comune di Urgnago, una prassi ormai adottata dalla prefettura di disporre l'invio e l'allocazione di immigrati nella provincia di Bergamo, senza la preventiva informazione o assenso dei comuni interessati –:
   come si giustifichino le procedure adottate dalla prefettura di Bergamo per l'invio e l'allocazione degli immigrati nei comuni della provincia, anche alla luce delle disposizioni che regolano l'accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015 tra cui la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo;
   quali siano i motivi per i quali la prefettura non dia preventiva e immediata comunicazione ai sindaci dell'arrivo dei richiedenti asilo nei propri comuni;
   quali procedure siano state adottate per l'affidamento del servizio di accoglienza e quali controlli, sia preventivi che successivi alla stipula di una convenzione per tale servizio, vengano effettuati dalla prefettura medesima circa l'idoneità e conformità della struttura alle vigenti normative, nonché relativamente agli enti gestori dei centri e ai servizi di accoglienza offerti ed effettivamente erogati dagli stessi;
   se nella provincia di Bergamo verranno inviati e alloggiati ulteriori immigrati. (4-15942)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, MARZANA, LUIGI GALLO, VACCA, D'UVA, DI BENEDETTO, SIMONE VALENTE e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola ospedaliera è un'attività istituzionale affermata nella maggior parte dei contesti pediatrici italiani. Scopo di queste istituzioni, presenti in tutte le regioni e province autonome, è consentire una continuità didattica a favore degli studenti colpiti da malattia che interrompono per un tempo variabile la frequenza delle lezioni;
   la presenza della scuola in ospedale e domiciliare è considerata come parte integrante nella cura del bambino e persegue il duplice obiettivo di fornire un supporto sia scolastico che psicologico: permette al bambino di mantenere un legame di continuità con la realtà esterna, senza aggiungere al disagio della malattia quello di un ritardo nella sua formazione culturale e della perdita di contatto con i coetanei;
   l'istruzione ospedaliera e domiciliare è garantita da diverse leggi e convenzioni: con la Dichiarazione di Ginevra sui diritti del bambino del 1924, la Costituzione italiana, all'articolo 32 (diritto alla salute), e articolo 34 (diritto all'istruzione), la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia del 1989, la legge n. 285 del 1997 «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e per l'adolescenza»;
   la circolare ministeriale numero 353 del 1998 afferma che «organizzare la scuola in ospedale significa riconoscere ai piccoli pazienti il diritto-dovere all'istruzione e contribuire a prevenire la dispersione scolastica e l'abbandono». L'offerta formativa che si sviluppa attraverso la scuola in ospedale e l'istruzione domiciliare svolge l'importante compito di coniugare due diritti costituzionalmente garantiti: quello alla salute e quello all'istruzione, rivolti a una fascia di alunni in difficoltà;
   nel gennaio 2009 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha stipulato la prima Convenzione, di durata biennale, con il Politecnico di Milano area servizi supporto alla ricerca e con l'istituto per le tecnologie didattiche del Consiglio nazionale della ricerca, volta a favorire e sostenere lo sviluppo della scuola in ospedale e del servizio d'istruzione domiciliare per soggetti in obbligo scolastico colpiti da gravi patologie e ospedalizzati;
   la suddetta Convenzione è stata successivamente rinnovata nel dicembre 2013, per altri due anni, mediante l'atto protocollato con il numero 8134 del 12 dicembre 2013. Allo scadere, la Convenzione non è stata rinnovata e il sito «Scuola in Ospedale» (pso.istruzione.it), attualmente non presidiato, non sarà più disponibile a partire dal 31 marzo 2017;
   il sito svolge due funzioni base: raccoglie e monitora i dati finanziari e organizzativi inseriti da tutti gli USR seguendo l'evoluzione dell'offerta formativa e funge da strumento per lo scambio delle informazioni tra docenti e genitori;
   come dimostrato dal dossier «Principali funzioni assolte dal portale per la Scuola in Ospedale e a Domicilio» redatto nel 2013, il sito ha implementato costantemente il numero di consultazioni offrendo molti « Webinair» rivolti a docenti e operatori dell'istruzione ospedaliera usufruibili da tutta Italia –:
   per quali motivi il Ministro interrogato non abbia rinnovato la Convenzione con gli enti di cui in premessa e se sia sua intenzione rinnovare tale Convenzione al fine di rendere ancora fruibile da tutti i docenti italiani che si occupano di istruzione ospedaliera o domiciliare il portale pso.istruzione.it. (5-10830)


   CHIMIENTI, MARZANA, LUIGI GALLO, D'UVA, DI BENEDETTO, SIMONE VALENTE, BRESCIA, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 marzo 2017 è stato pubblicato sul sito « Repubblica.it» un articolo intitolato: «Torino: bidella licenziata dopo 10 mesi di malattia: con la Tbc non poteva stare a scuola», l'ennesimo licenziamento facilitato grazie al Jobs Act;
   nel suddetto articolo si legge che la signora Rita Cupani, collaboratrice scolastica in servizio presso la scuola elementare Parini di Torino per la cooperativa Ici Arca, è stata licenziata per aver superato il limite di giorni di malattia consentiti;
   le disposizioni della legge n. 142 del 2001, modificate dalla legge 30 del 2003, disciplinano il lavoro dei soci di cooperative che hanno quale scopo mutualistico la prestazione delle attività lavorative da parte degli stessi soci;
   il contratto di riferimento per i lavoratori di cooperative è il «Contratto Collettivo Nazionale per Dipendenti di Aziende e Cooperative Esercenti Attività nel Settore Servizi»;
   nel CCNL, al Titolo XXXVI articolo 99 – Malattia od infortunio non professionali, per quanto riguarda il periodo di comporto si legge:
    1. Lavoratore fino a 2 anni di anzianità (non in prova): diritto di mantenimento del posto per assenza fino ad un massimo di 120 giorni solari, continuati o frazionati. Gli anni d'anzianità sono computati fino all'inizio dell'ultimo episodio di malattia/infortunio non sul lavoro.
    2. Dopo 2 anni di anzianità: diritto al mantenimento del posto per assenze anche non continuative o riferite ad eventi morbosi diversi, per un massimo di 120 giorni solari, con l'incremento di 20 giorni solari per ciascun anno lavorato oltre il biennio, con il limite di 365 giorni di prognosi complessiva, calcolata entro il periodo mobile degli ultimi 5 anni. In caso di malattia, anche non continuativa, superiore a 180 giorni, senza esaurimento del periodo di comporto, l'anzianità ai fini del calcolo della durata del successivo periodo, riparte da 2 anni (120 giorni) incrementati del residuo spettante e non utilizzato;
   al Titolo XXXVIII articolo 101 per quanto riguarda l'aspettativa non retribuita si legge «al Lavoratore dipendente assunto a tempo indeterminato, che ne faccia richiesta per comprovate e gravi ragioni di salute propria o dei suoi familiari, può essere concesso un periodo d'aspettativa continuativo senza retribuzione e senza decorrenza dell'anzianità ad alcun effetto (ivi compreso il TFR), pari a 15 giorni per ogni anno d'anzianità maturata, fino ad un massimo di 6 mesi, con conservazione del posto di lavoro»;
   il licenziamento derivante dal superamento del termine di comporto viene considerato illegittimo dall'orientamento giurisprudenziale dominante qualora il datore di lavoro non abbia, come in questo caso, preventivamente informato il lavoratore di poter far ricorso allo strumento dell'aspettativa;
   l'assessore al Lavoro del comune di Torino, Alberto Sacco, ha seguito il caso della cooperativa Ici Arca e dei ritardi nei pagamenti degli stipendi di 70 lavoratrici impiegate negli appalti comunali, tra le quali anche la signora Cupani. –:
   quali azioni i Ministri interrogati intendano intraprendere in relazione a vicende come quella descritta in premessa per migliorare la tutela dei lavoratori. (5-10850)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le nuove generazioni sono cosiddette native digitali;
   il sistema di istruzione sta cercando di governare un processo complesso che prevede, prima della capacità di insegnare l'uso e il corretto utilizzo delle tecnologie, la necessaria formazione del personale docente e non docente;
   la competizione con il resto del mondo su questo fronte è fortissima;
   ci sono istituti nei quali l'ora di tecnologia è un'ora di teoria; a volte si riduce a mezz'ora di pratica o diventa una ora ogni due settimane per la disponibilità di computer, ma in numero non sufficiente a consentire a tutti componenti della classe di esercitarsi contemporaneamente;
   altre volte gli apparecchi sono obsoleti o da riparare e quindi le difficoltà per insegnanti e alunni divengono maggiori;
   i libri di testo hanno una componente digitale che viene utilizzata dai ragazzi perlopiù a casa e solo per esercitazioni in non pochi casi facoltative;
   l'acquisto dei libri usati, che rappresenta quasi il 50 per cento del volume totale del mercato dei libri scolastici (che consente, peraltro, alle famiglie di realizzare qualche risparmio) e che, evidentemente, non pone problemi agli insegnanti, né alla didattica, impedisce, di fatto, ai ragazzi di beneficiare della parte digitale del volume, visto che la licenza è fornita dell'editore solo per l'anno di acquisto del libro nuovo;
   la parte digitale dei libri di testo viene utilizzata solo per un 10 per cento del suo potenziale, pur rappresentando un aggravio di costo per gli editori e i consumatori perché non è una semplice trasposizione di testi scritti, ma presuppone investimenti e necessita di animazioni, file vocali e una interattività che in costante aggiornamento;
   i ragazzi, pertanto, divengono tecnologici o acquisiscono capacità informatiche solo se hanno la fortuna di frequentare un istituto «moderno» o se hanno alle spalle una famiglia che è tecnologicamente avanzata e che investe sull'acquisto di libri nuovi –:
   se non ritenga che:
    a) si debba promuovere l'utilizzo del digitale e quello corretto delle tecnologie decidendo chiaramente se questa materia è importante e va applicata trasversalmente a tutte le discipline o se è una opzione e, quindi, può sottostare a variabili o ragioni economiche e di opportunità com’è nella realtà;
    b) debba essere valutata la possibilità di adottare iniziative volte ad introdurre la deducibilità delle spese per i libri di testo nuovi, come aiuto concreto per le famiglie e come incentivo all'acquisto del nuovo, il solo che ha a disposizione la licenza per l'utilizzo della componente digitale;
    c) si possa stabilire uno standard minimo (esempio 30 computer per ciascun laboratorio) quale dotazione tecnologica di cui le scuole devono dotarsi per rendere effettiva l'ora di tecnologia e per tutti i componenti della classe;
    d) nel rispetto dell'autonomia scolastica e della libertà d'insegnamento, il Ministero possa avviare una indagine conoscitiva al fine di comprendere se, come e quanto viene utilizzata nelle scuole italiane la tecnologia e quanto e cosa occorrerebbe fare per rendere competitive le istituzioni, considerato che si è tutti d'accordo sul fatto che investire sul sistema di istruzione equivale a scommettere sul futuro dei giovani e su quello del Paese. (4-15936)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, LOMBARDI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Dis-Coll, misura di sostegno al reddito per i collaboratori coordinati e continuativi in caso di cessazione del contratto di lavoro, istituita dall'articolo 15 del decreto legislativo numero 22 del 2015, il cosiddetto Jobs Act, è stata prorogata per il 2016 ma non per l'anno 2017;
   la Dis-Coll, che prevedeva una corresponsione mensile per la metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo compreso tra il 1o gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del rapporto di collaborazione e l'evento stesso fino a un massimo di sei mesi, è stata prorogata dall'articolo 1, comma 310, della legge n. 208 del 2015 per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno 2016;
   ad oggi, in assenza di previsione normativa, non sarà possibile procedere alla presentazione delle domande di indennità Dis-Coll per le cessazioni involontarie dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, verificatesi dal 1o gennaio 2017;
   l'obiettivo della Dis-Coll, che sostituiva l'indennità una tantum prevista dalla legge cosiddetta Fornero, era assicurare un sostegno a co.co.co. e co.co.pro. rimasti disoccupati, ma non prevedendone la proroga per il 2017 si priva questo tipo di precari dell'unico ammortizzatore sociale loro destinato;
   la platea dei collaboratori, infatti, è rimasta priva di qualsiasi paracadute e a distanza di un anno dall'entrata in vigore delle nuove regole definite dal codice dei contratti, mediante il decreto legislativo n. 81 del 2015, il capitolo delle collaborazioni coordinate e continuative fatica a trovare un assetto definito –:
   se il Ministro interrogato intenda recuperare l'istituto della Dis-Coll per il 2017 e quali iniziative intenda intraprendere per trovare una soluzione strutturale al problema. (5-10826)


   CHIMIENTI, CASTELLI, DELLA VALLE, TRIPIEDI, COMINARDI, LOMBARDI, DALL'OSSO e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Carrefour, con sede legale in Milano via Caldera 21, è il secondo più grande gruppo al dettaglio nel mondo in termini di reddito e vendite, ed il primo a livello europeo. È presente in 30 Paesi, in Italia è presente in 18 regioni con 1.092 punti vendita e con 4,9 miliardi di euro di fatturato nel 2015;
   in Italia fanno parte del gruppo Carrefour le insegne Carrefour Market, Carrefour Express, Docks Market, Gross Iper e Dì per Dì, impiegando circa 475 mila lavoratori;
   come evidenziato dalla rivista finanziaria «Market Insight», nel terzo trimestre 2016 la catena di supermercati e ipermercati francese riporta vendite pari a 21.781 milioni, in progresso del 3,2 per cento a perimetro costante è superiore ai 21.700 milioni del consensus;
   dal 1o aprile 2013 il nuovo direttore esecutivo di Carrefour Italia è Eric Uzan, al quale sono stati affidati gestione operativa e sviluppo di Carrefour in Italia;
   con i suoi 224 punti vendita in Piemonte Carrefour è sempre stata molto attiva: nel luglio 2015 è stato inaugurato il nuovo Ipermercato di Nichelino, realizzato nell'ambito del progetto di riqualificazione edilizia e urbana del territorio, che prevede anche la creazione del parco commerciale «I Viali di Nichelino», la cui inaugurazione è pervista entro la fine del 2017;
   a maggio 2016, Carrefour Italia ha deciso di distribuire in più di 100 punti vendita piemontesi gli oltre 150 prodotti a marchio «Piemunto» che valorizzano l'alta qualità del latte piemontese e il suo utilizzo;
   a luglio 2016, a Torino è stato aperto il primo Carrefour Market format «urbano», che offre servizi quotidiani come lavanderia, sartoria e calzolaio e servizi per la casa come idraulico, fabbro, elettricista;
   a giugno 2014, con un investimento di 5 milioni di euro, Carrefour inaugura la rinnovata galleria commerciale Montecucco di Torino. Durante l'inaugurazione il direttore esecutivo Uzan dichiara: «Oggi Carrefour a Torino è una realtà moderna, che dà lavoro ad oltre tremila persone nei tre ipermercati, 18 supermercati Carrefour Market e 61 negozi di prossimità Express e che conta anche 55 imprenditori affiliati in franchising. Si tratta di numeri importanti per una realtà, il Piemonte, che con 250 punti vendita complessivi rappresenta il 20-30 per cento del nostro fatturato»;
   inoltre Uzan dichiara, come si evince dall'articolo del 20 giugno 2014 pubblicato sul sito «Adnkronos», che nel successivo triennio Carrefour ha in programma l'ampliamento di punti vendita cosiddetti di prossimità, con l'apertura di oltre una cinquantina di nuovi centri in tutta Italia, di cui una decina a Torino e provincia, per un investimento complessivo in Piemonte, tra nuove aperture e interventi di modernizzazione delle strutture esistenti, stimato intorno ai 30 milioni;
   il 3 febbraio 2017 è partita la procedura per 620 licenziamenti negli ipermercati Carrefour. I lavoratori colpiti dalla procedura sono su tutto il territorio italiano, ma in particolare in Piemonte dove i due ipermercati di Trofarello e Borgomanero verranno chiusi;
   i punti vendita piemontesi in chiusura contano 111 dipendenti, nessuno in età pensionabile, per i quali l'azienda ha proposto il trasferimento a Napoli e a Cagliari;
   il 6 febbraio 2017 i manager della multinazionale hanno confermato la chiusura di un terzo punto vendita a Pontecagnano (Salerno) e la revisione del modello organizzativo di altri 30 ipermercati, di cui il gruppo ha dichiarato il relativo impatto occupazionale –:
   se il Ministero interrogato intenda aprire tempestivamente un tavolo tecnico in merito alla vicenda di cui in premessa volto ad individuare ogni misura attuabile di tutela della forza lavoro in esubero, come la ricollocazione effettiva del personale in esubero ed evitare un peggioramento delle condizioni occupazionali.
(5-10827)


   CHIMIENTI, SPADONI, TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Artoni Trasporti spa, con sede legale a Reggio Emilia, è una delle più importanti realtà italiane nel settore dei trasporti e della logistica integrata che vanta oltre 13.000 aziende clienti e 7 milioni di spedizioni l'anno. Mediante una rete di 70 filiali sul territorio nazionale, garantisce una vasta gamma di servizi per il trasporto merci nazionale ed internazionale, progetta e realizza soluzioni di logistica e di gestione della supply chain;
   il 12 gennaio 2017, mediante un comunicato stampa, la Artoni Trasporti annuncia la partnership con l'azienda Fercam di Bolzano per avviare una nuova fase di sviluppo nella distribuzione del collettame a livello nazionale e per affrontare al meglio le nuove sfide imposte dal mercato europeo nel settore dei trasporti e della logistica integrata;
   Anna Maria Artoni, vice presidente esecutivo e amministratore delegato della Artoni Trasporti, dichiara che la partnership con il gruppo Fercam «garantirà l'avvio di nuovi progetti e servizi sempre più idonei ed aggiornati per affrontare le sfide che caratterizzano l'attuale mercato, sempre più complesso, nonché far leva per la crescita e lo sviluppo futuro»;
   in un primo tempo la Fercarm spa, comunica di voler integrare tutti i dipendenti del settore trasporti di Artoni, mentre il 14 febbraio 2017 propone di procedere con l'affitto del ramo di azienda trasporti di Artoni assumendo solo 400 dipendenti su 560;
   nella tarda serata del 14 febbraio 2017 azienda bolzanina diffonde una nota intitolata: «Non va in porto l'operazione Fercam-Artoni» in cui dice che «non è stato possibile convincere i sindacati della bontà della proposta, che prevedeva incentivi in aggiunta all'indennità di disoccupazione. L'accordo sindacale era tra le condizioni essenziali per poter procedere nella trattativa»;
   i lavoratori di tutte le filiali italiane della Artoni Trasporti hanno scioperato, manifestando contro la fine della trattativa con la Fercam, e il rischio di esubero per tutti i 580 dipendenti e quasi 2500 tra esterni, padroncini privati, e fornitori –:
   se il Ministro interrogato intenda promuovere al più presto, per quanto di competenza, un tavolo di lavoro con le società di cui in premessa per recuperare l'accordo iniziale e salvaguardare il mantenimento delle condizioni di lavoro di oltre 3000 lavoratori. (5-10829)


   FALCONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225, disciplina la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016;
   in particolare, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi e gli interessi di mora;
   il citato articolo 6, inoltre, ha dettagliatamente cadenzato il procedimento, prevedendo la presentazione, entro il 31 marzo 2017; di un'apposita dichiarazione da parte degli interessati con la quale gli stessi ente manifestano la volontà di avvalersi della definizione agevolata a seguito della quale, entro il 31 maggio 2017, l'agente della riscossione deve comunicare l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, riconoscendo loro la possibilità di un pagamento integrale, ovvero dilazionato in rate di pari ammontare da versare nel numero massimo di tre nel 2017 e di due nel 2018;
   il procedimento delineato dalla norma prevede, pertanto, che la definizione agevolata si perfezioni solo con il versamento delle somme dovute in unica soluzione ovvero con il pagamento della prima rata nelle ipotesi di adempimento in modalità rateale;
   la fattispecie in esame, infatti, da una parte lascia indenne la complessiva esposizione debitoria del contribuente, fino all'intervenuto pagamento nella misura e nei termini sopra indicati, e, dall'altra, dispone che resti sospesa l'attività esecutiva di cui è esclusivo titolare l'Agente della Riscossione, almeno fino al 31 maggio 2017 – termine entro il quale l'Agente deve concludere il procedimento di definizione della dichiarazione;
   l'Inps, con messaggio n. 824 del 24 febbraio 2017 ha intrepretato la citata normativa nel senso che, laddove sia richiesto il documento di regolarità contributiva (DURC), non è sufficiente la sola presentazione dell'istanza ai fini del rilascio del documento ma è necessario provvedere almeno al pagamento della prima rata, ciò in quanto soltanto con il pagamento delle somme dovute il contribuente può ritenere definitivamente concluso ogni adempimento nei confronti degli enti impositori;
   pertanto, non si può ottenere il DURC positivo nel periodo che intercorre tra la presentazione della domanda e il pagamento della prima rata dell'ammontare delle somme dovute dal contribuente;
   le aziende che hanno debiti previdenziali, anche di modesta entità, potrebbero decidere di non aderire alla definizione agevolata, in quanto il mancato rilascio del DURC da parte dell'Inps e dell'Inail renderebbe impossibile partecipare agli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi; di conseguenza chi avrà urgenza di chiudere contratti con la pubblica amministrazione troverà la rateazione più conveniente in termini di tempo, nonostante questa soluzione si presenti come la più onerosa;
   il decreto ministeriale del 30 gennaio 2015, nel disciplinare i requisiti per la verifica della regolarità contributiva, consente l'attestazione nelle ipotesi della «sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative»;
   tenuto conto che l'articolo 6 del citato decreto-legge n. 193 del 2016 ha inteso limitare gli effetti sospensivi della dichiarazione per la definizione agevolata esclusivamente alla possibilità di procedere esecutivamente per il recupero da parte degli agenti della riscossione, l'Inps ha ritenuto di non rinvenire nella fattispecie gli elementi che consentono di far rientrare tale sospensione nell'alveo di quanto disposto con il predetto decreto ministeriale –:
   se non ritengano utile, ministri interrogati, per quanto di propria competenza, assumere iniziative per stabilire, in via interpretativa, che l'accettazione dell'istanza di definizione agevolata da parte dell'agente della riscossione produca gli effetti del pagamento della prima rata per ritenere definitivamente concluso ogni adempimento nei confronti degli enti impositori al fine del rilascio del documento di regolarità contributiva (DURC).
   (5-10831)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con l'accordo siglato nella conferenza Stato-regioni del 23 febbraio 2017 è stato stabilito che, per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, i capitoli di spesa relativi alle politiche sociali e al sostegno alle persone non autosufficienti vengano tagliati rispettivamente a quota 450 milioni e 99,7 milioni di euro;
   il fondo destinato al sostegno delle persone non autosufficienti è stato portato allo stesso livello dell'ultima legge di bilancio, perdendo i 50 milioni di euro aggiuntivi che erano stati garantiti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali aIle associazioni delle persone affette dalla Sla;
   tali fondi erano stati sbloccati il 22 febbraio 2017, con un provvedimento inserito nel cosiddetta decreto-legge «Sud»;
   alla luce del fatto che gli effetti della crisi si fanno ancora sentire, in particolare nel Mezzogiorno del Paese, è evidentemente del tutto inopportuno diminuire il fondo per le politiche sociali che, con il provvedimento adottato, perde oltre 200 milioni di euro;
   dette risorse dovevano essere destinate alle famiglie che vivono in condizione di povertà, ai centri antiviolenza, agli asili nido;
   il forum del terzo settore ha recentemente dichiarato che si tratta di «un atto gravissimo che avrà pesanti conseguenze per i cittadini e le famiglie che si trovano in condizioni di forte disagio»;
   secondo la federazione delle associazioni nazionali sulla disabilità, è evidente che, con questi tagli, «le politiche sociali del nostro paese ne escono pesantemente umiliate. È puro autolesionismo tagliare la spesa per le politiche sociali e sanitarie anziché utilizzarla come un formidabile investimento per creare sviluppo, innovazione e buona occupazione»;
   secondo la Federazione italiana superamento handicap, le decisioni del Governo incideranno negativamente sui diversamente abili;
   a giudizio dell'interrogante, le politiche di contenimento della spesa pubblica non possono prevedere tagli al Fondo per le persone non autosufficienti, né una diminuzione delle risorse destinate alle politiche sociali;
   il contributo che le regioni e gli enti locali devono dare all'equilibrio di bilancio non deve ripercuotersi sulle fasce sociali più deboli della popolazione;
   è evidente che i tagli al sociale colpiscono in particolare le realtà del Mezzogiorno che presentano maggiori difficoltà dal punto di vista economico;
   tali provvedimenti stridono con quelli più recenti adottati su iniziativa del Governo, caratterizzati da leggi importanti come, ad esempio il «Dopo di noi», e dalle politiche di sostegno al reddito delle famiglie che vivono in condizione di povertà –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, alla luce di quanto suesposto per rivedere le determinazioni della Conferenza Stato-regioni del 23 febbraio 2017, evitando il taglio dei capitoli di spesa per le persone autosufficienti e per le politiche sociali. (4-15937)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il settore brassicolo in Italia sta vivendo un buon periodo di dinamismo, anche grazie ai microbirrifici artigianali che fanno registrare ogni anno una crescita a due cifre (nel 2014 anche a 3 cifre); i dati di fine 2016 sul portale www.microbirrifii.org parlano di un totale di 1.074 unità tra birrifici, brewpub e beerfirm, con risultati qualitativi importanti, a giudicare dai riconoscimenti che alcuni birrifici italiani hanno ritirato in diverse importanti manifestazioni internazionali, come il Brussels Beer Challenge, dove tra ori, argenti e bronzi ne sono stati consegnati 26 nel 2015 e 32 nel 2016;
   il luppolo, essenziale materia prima per la produzione della birra, potrebbe rappresentare un ulteriore componente di caratterizzazione dei nostri prodotti brassicoli di qualità. Tuttavia, ad oggi l'industria brassicola nazionale acquista dall'estero l'intero fabbisogno; nel 2011 le importazioni di coni di luppolo hanno superato le 1.800 tonnellate (ISMEA, 2013);
   le condizioni pedo-climatiche per la coltivazione del luppolo in Italia, soprattutto a nord, sono abbastanza favorevoli alla coltivazione della specie; infatti alcune Università, come quella della Tuscia o l'Università di Parma, stanno portando a termine interessanti programmi di selezione di varietà autoctone e varietà provenienti da diversi Stati europei e nord americani, al fine di selezionare quelle che meglio si adattano alle nostre condizioni;
   l'articolo 36 della legge 28 luglio 2016 n. 154 prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e con le norme specifiche di settore, favorisca il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati, destinando quota parte delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del medesimo Ministero, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e per i processi di prima trasformazione del luppolo, per la ricostituzione del patrimonio genetico del luppolo e per l'individuazione di corretti processi di meccanizzazione;
   da informazioni reperite presso l'ufficio politiche qualità agroalimentare del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, appare plausibile che la procedura che sarà attivata per l'attuazione dell'articolo 36 della legge 28 luglio 2016, n. 154, sarà ricompresa in quella già prefigurata dal decreto ministeriale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali prot. 1192 dell'8 gennaio 2016, che indica i requisiti per poter accedere al quarto bando dei contratti di filiera, previsti per imprese che hanno stipulato tra loro accordi di filiera –:
   se oltre a quanto stanziato nell'ambito dai contratti di filiera e di distretto siano previste ulteriori iniziative in merito al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e la prima trasformazione del luppolo, la ricostituzione del patrimonio genetico e l'individuazione di corretti processi di meccanizzazione. (5-10833)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Sin Spa è stata costituita nel 2005 sotto forma di società a responsabilità limitata: il 51 per cento del capitale sociale è detenuto dall'Agea, mentre il restante 49 per cento è detenuto dalle aziende private componenti il raggruppamento temporaneo d'impresa aggiudicatario della gara europea bandita nel 2006 dalla stessa Agea per l'individuazione del socio di minoranza della società;
   il primo consiglio di amministrazione di Sin Spa era composto, come da statuto, da cinque elementi: Francesco Baldarelli, Ernesto Carbone, Ranieri Mamalchi, Alberto Tripi e Marcello Maranesi (gli ultimi due, sempre da statuto, su indicazione del socio di minoranza privato);
   nel mese di agosto del 2011 viene deliberata la trasformazione da Srl in Spa e si insedia, contestualmente, il nuovo consiglio di amministrazione: Francesco Baldarelli, Domenico Pecoraro, Concetta Vindigni, Antonio Amati e Marcello Maranesi;
   nel mese di aprile del 2012 vengono revocati i primi tre amministratori, quelli di nomina ministeriale, ed al loro posto vengono indicati Ernesto Carbone, Ranieri Mamalchi ed Alberto Migliorini;
   a quanto consta dell'interrogante, il collegio dei sindaci di Sin spa aveva posto all'attenzione del consiglio di amministrazione della società, fin dal mese di luglio del 2012, la presenza nel bilancio della stessa di importi per sanzioni per violazioni al codice della strada, scontrini ed altre spese non documentate al fine di effettuare le opportune verifiche al riguardo;
   il collegio dei sindaci di Sin spa aveva accertato irregolarità ed illegittimità nell'utilizzo delle carte di credito aziendali per spese non riconducibili a fini istituzionali da parte del presidente e del Direttore generale pro tempore di Sin spa e, conseguentemente, sollecitava l'adozione di «idonee iniziative volte ad evitare il ripetersi dei comportamenti, caratterizzati dalle irregolarità ed illegittimità riscontrate»;
   dal mese di luglio 2012 fino al mese di ottobre del 2012, il presidente di Sin Spa non dava alcun riscontro ai ripetuti inviti e ad una formale convocazione per una seduta del collegio sindacale della società. L'11 ottobre 2012 scriveva al collegio sindacale per esprimere il proprio «stupore e disappunto» per la nota del giorno prima dello stesso collegio sindacale, dimenticando i quattro mesi trascorsi inutilmente, e comunicando di voler convocare il consiglio di amministrazione di Sin per discutere, «seppur con i limiti evidenziati» la materia delle spese di rappresentanza;
   il 22 ottobre del 2012 nel giorno in cui si svolgeva il consiglio di amministrazione di Sin, il presidente rispondeva al presidente del collegio sindacale che «non sembrerebbero sussistere comportamenti anomali – o addirittura illeciti nell'ambito della fattispecie segnalate da codesto Collegio»;
   la «non sussistenza di comportamenti anomali», invece, è stata smentita dalla recente relazione del procuratore generale della Corte dei conti in cui c’è un capoverso dedicato alla recente gestione di Sin Spa che così recita: «Gli ammanchi e le sottrazioni si sono riscontrati anche nella gestione delle carte di credito aziendali. Omissis. Le condotte illecite causative di danno sono consistite nell'utilizzo della carta di credito aziendale, da parte dei vertici della società, per spese personali che hanno riguardato, in prevalenza, il pagamento di sanzioni per violazioni del codice della strada, irrogate in conseguenza del sistematico transito sulle corsie preferenziali con le auto di servizio, e le spese per la consumazione di pasti al ristorante da parte di soggetti non aventi titolo ad usufruirne o in situazioni non riconducibili ad esigenze connesse al servizio. L'importo contestato è pari ad euro 235.955,62.» –:
   se l'assemblea dei soci di Sin Spa abbia deliberato l'azione di responsabilità nei confronti dei propri amministratori;
   se vi sia stata una qualche corrispondenza tra gli organi societari e gli amministratori pro tempore in merito a tali ammanchi;
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in merito alla vicenda descritta in premessa, nell'esercizio delle proprie prerogative di controllo nei riguardi di Sin Spa.
(4-15941)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Sensibilità chimica multipla (MCS) è una sindrome immuno-tossica infiammatoria attraverso la quale si perde per sempre la capacità di tollerare gli agenti chimici. È una sindrome multisistemica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche, che può colpire vari apparati ed organi del corpo umano: il corpo cede e non tollera più qualsiasi piccola traccia di sostanze di sintesi nell'ambiente, come insetticidi, pesticidi, disinfettanti, detersivi, profumi, deodoranti personali o per la casa, vernici, solventi, colle e prodotti catramosi, preservanti del legno (es. antitarlo), materiali dell'edilizia, carta stampata, inchiostri, scarichi delle auto, fumi di stufe, camini, barbecue, prodotti plastici, farmaci, anestetici, formaldeide nel mobilio, tessuti e stoffe soprattutto nuove, quindi tutto ciò che è di derivazione petrolchimica;
   la patologia comporta una compromissione delle capacità lavorative e sociali;
   ad oggi, non vi è da parte del Ministero della salute e degli organismi preposti il riconoscimento di tale patologia, come tale riconosciuta solo da poche regioni tra le quali la Puglia, Toscana, Emilia-Romagna e Abruzzo che l'hanno inserita nell'elenco regionale delle malattie rare definendo tale malattia come invalidante;
   i malati nel nostro Paese non possono quindi rivolgersi ad alcuna struttura medica in caso di necessità, nemmeno al Pronto Soccorso, dove la mancanza di ambienti adeguati e di competenze specifiche del personale medico comportano un rischio gravissimo per il paziente, sul quale o sulla famiglia del quale grava esclusivamente dal punto di vista economico;
   i soggetti affetti da tale sindrome denominata MCS, risultano in percentuale sempre crescente tra il 5 per cento e 15 per cento;
   la MCS è riconosciuta dall'Agenzia americana per la protezione ambientale (EPA – Environmental Protection Agency), dalle leggi per la disabilità (ADA – American Disability Act) e dal Dipartimento dello sviluppo urbano e dell'abitazione. È riconosciuta, in Canada, ed in Germania è stata inclusa nella Classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione mondiale della sanità (WHO), ICI-10, sotto il codice T 78.4, «allergia non specificata»;
   in Italia, non esiste una legge quadro che equipari i diritti dei malati affetti da sindrome MCS a qualsiasi altra forma di disabilità in termini di tutela di lavoro e di diritto alle cure –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per il riconoscimento della sensibilità chimica multipla come malattia invalidante per fornire diagnosi, tutele e cure ai malati che attendono un intervento normativo che disciplini la loro particolare condizione. (5-10825)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'evoluzione del nostro sistema di welfare sanitario ha reso indispensabile la codificazione di procedure e pratiche assistenziali che tendesse all'omogeneizzazione e alla standardizzazione delle attività sanitarie, ai fini della revisione statistica e delle valutazioni di costo e di sostenibilità del sistema;
   in particolare, riprendendo altre esperienze internazionali, in Italia è attivo il sistema di classificazione delle attività sanitarie in regime di ricovero basato sulle schede di dimissioni ospedaliere (SDO), accompagnato dalla codifica delle procedure chirurgiche attraverso la classificazione International Classification of Diseases – 9 – Clinical Modification (ICD-9CM) della valutazione dei costi per gruppi di diagnosi correlati (DRG);
   tali sistemi necessitano di una costante attività di aggiornamento che consenta di mantenere stretta attinenza tra l'interesse del paziente all'erogazione della miglior prestazione sanitaria disponibile e la necessità di garantire sostenibilità economica complessiva all'intero sistema;
   una delle principali criticità dell'attuale sistema di classificazione delle patologie e delle procedure e di valutazione dei costi del nostro Paese è dunque rappresentato dalla sua scarsa capacità di accogliere l'innovazione, rischiando pertanto di ridurre la garanzia della qualità dell'assistenza resa al paziente;
   tale scarsa elasticità e plasticità del sistema rischia di essere ancora più evidente nella evoluzione della risposta terapeutica chirurgica, laddove l'introduzione di nuove tecnologie può modificare sostanzialmente i percorsi clinici del paziente;
   nel caso del trattamento delle fistole perianali e del sinus pilonidalis, l'introduzione e il consolidamento di procedure chirurgiche mininvasive, supportato da nuove strumentazioni tecnologiche, come nel caso della VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment) e della EPSiT (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment), comporta possibilità di ridurre la complessità dei percorsi terapeutici, migliorando significativamente la prognosi;
   l'introduzione di tali nuove procedure, a garanzia della crescita della qualità assistenziale nell'interesse del paziente, trova purtroppo un drammatico freno nella rigidità del sistema di valutazione basato su ICD e Diagnosis Related Groups (DRG), sia per quanto attiene all'introduzione delle indispensabili, nuove codifiche, che per quanto riguarda le valutazioni di costo e i conseguenti rimborsi;
   tale rigidità del sistema è ulteriormente aggravata dalla disparità di interventi integrativi regionali, per cui i servizi sanitari regionali all'avanguardia e «più ricchi» diventano attrattori di patologia per la loro capacità di dare risposta più congrua e raffinata alle esigenze del paziente, con crescita della mobilità interregionale, che danneggia i pazienti delle regioni più povere;
   tale disparità di trattamento lede la garanzia di uniformità dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale –:
   se non ritenga opportuno promuovere una modifica del sistema di revisione e di adeguamento all'innovazione delle codifiche del sistema DRG e ICD-9 CM, in particolare per quanto attiene alla introduzione di procedure chirurgiche consolidate come la VAAFT e l'EPSiT, che consenta una rapida disponibilità delle nuove procedure, in particolare di quelle ad elevato contenuto tecnologico, omogeneizzando le risposte terapeutiche su tutto il territorio nazionale e garantendo la qualità della risposta assistenziale e l'uniformità dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. (4-15924)


   VEZZALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   cinque milioni di persone, in Italia, soffrono di acufene;
   un disturbo fastidioso, considerato anche una malattia invalidante, cosiddetta orfana, che può colpire tutti indistintamente;
   un disturbo non banale, che coinvolge l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno/veglia, le attitudini lavorative, il livello di attenzione e concentrazione;
   una patologia che induce uno stato ansioso/depressivo interferendo con risvolti drammatici nella vita di chi ne soffre –:
   se non ritenga che:
    a) un numero così alto di persone che soffrono di acufene richieda attenzione da parte delle istituzioni e sia, quindi, necessario l'avvio di un progetto finalizzato alla ricerca, nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione;
    b) sia utile inserire fra le campagne di sensibilizzazione e conoscenza del Ministero della salute anche quella sull'acufene;
    c) sia da valutare l'adozione di iniziative volte all'inserimento dell'acufene fra i LEA (livelli essenziali di assistenza). (4-15933)


   VEZZALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   di endometriosi in Italia soffrono circa 3 milioni di donne, ma nonostante sia una malattia comune per avere una diagnosi bisogna aspettare da 5 a 9 anni;
   è una malattia molto invalidante e, anche se inserita nei livelli essenziali di assistenza (LEA), di fatto non sono stati previsti alcuni degli esami necessari a diagnosticarla;
   in occasione della settimana europea di consapevolezza su questa malattia, è stato ricordato che colpisce il 10 per cento delle donne in età fertile, è una malattia cronica, crea danni irreparabili agli organi vitali, che manca una vera cultura tra i medici per diagnosticarla rapidamente e affrontarla in modo adeguato;
   per seguire le donne colpite da endometriosi non basta il ginecologo, ma è necessaria una équipe multidisciplinare, con neurologo, fisiatra, gastroenterologo, urologo. Questo perché l'endometrio, il tessuto che riveste la parte interna dell'utero, migra in altre zone del corpo, come fegato, nervi, vescica, provocando sanguinamenti interni, infiammazioni croniche, aderenze e infertilità;
   l'inserimento della malattia nei livelli essenziali di assistenza non cambia concretamente la vita delle malate di endometriosi. Le pazienti arrivate al terzo e quarto stadio della malattia, cioè quelli più gravi, hanno diritto a due visite ginecologiche, due ecografie, una tac, indagini poco efficaci nella definizione della diagnosi ed esami del sangue, che sono utili nella metà dei casi;
   l'indagine effettivamente di valore sarebbe la risonanza magnetica, che però non è prevista fra gli esami in convenzione –:
   se non intenda valutare la possibilità di adottare iniziative volte ad inserire anche la risonanza fra le indagini diagnostiche in convenzione;
   se non intenda promuovere corsi di informazione e aggiornamento per medici anche di diverse specialità, al fine di facilitare la riconoscibilità dell'endometriosi e renderne rapida la diagnosi che oggi si ottiene fra i 5 e i 9 anni dalla manifestazione dei disturbi. (4-15934)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si richiama quanto disposto dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica» – articolo 4 «Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche» – comma 7;
   il decreto legislativo n. 219 del 2016, la cui entrata in vigore è fissata al 12 dicembre 2016, denominato «Attuazione della delega di cui all'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», all'articolo 1 «modifiche alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, così come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23» prevede, comma 1, lettera b) n. 6: «Il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Le camere di commercio, nel rispetto dei limiti previsti dalla presente legge e di criteri di equilibrio economico e finanziario, possono costituire, previa approvazione del Ministero dello sviluppo economico, in forma singola o associata, aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato. Le aziende speciali delle camere di commercio sono organismi strumentali dotati di soggettività tributaria. Le camere di commercio possono attribuire alle aziende speciali il compito di realizzare le, iniziative funzionali al perseguimento delle proprie finalità istituzionali e del proprio programma di attività, assegnando alle stesse risorse finanziarie e strumentali necessarie». E all'articolo 3 «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale», comma 2, lettera b), si prevede: «un piano complessivo di razionalizzazione e riduzione delle aziende speciali mediante accorpamento, in particolare per le camere accorpate, di tutte le aziende che svolgono compiti simili o che comunque possono essere svolti in modo coordinato ed efficace da un'unica azienda; in quel caso non possono essere istituite nuove aziende speciali, salvo quelle eventualmente derivanti da accorpamenti di aziende esistenti o dalla soppressione di unioni regionali»;
   si richiama altresì l'interrogazione n. 5-07517, riguardante l'operazione di cosiddetta «privatizzazione» della Fiera del Levante posta in essere dalla camera di commercio di Bari in collaborazione con Bologna Fiere;
   le dichiarazioni apparse sulla stampa locale parlano di un imminente intesa contrattuale tra i vari enti protagonisti, prevista entro il 12 dicembre 2016 e tesa ad evitare le nuove normative che entreranno in vigore a giorni (La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 dicembre 2016, Il Corriere del Mezzogiorno 7 dicembre 2016);
   nella delibera di costituzione della Newco Nuova Fiera del Levante srl n. 100 del 6 dicembre 2016 si riporta che «Con nota acquisita al protocollo camerale n. 53958 del 28 novembre 2016, continua ancora il Relatore, il Collegio di Revisori dei Conti ha trasmesso, in allegato al verbale n. 6, il parere di propria competenza che è stato espresso in termini favorevoli all'adesione della Camera di Commercio di Bari alla costituenda società «NEWCO Nuova Fiera del Levante s.r.l.» facendo riferimento alla normativa attualmente vigente e sottolineando la necessità di procedere a tutte le necessarie modifiche sostanziali e procedurali che si dovessero rendere necessarie per effetto dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 219 del 25 novembre 2016, concernente la riforma del sistema camerale in attuazione dell'articolo 10 della legge n. 124 del 25 agosto 2015» –:
   se il Governo sia a conoscenza della cosiddetta «privatizzazione» della gestione della Fiera del Levante che vede protagonista la Camera di Commercio di Bari;
   quale sia l'orientamento del Governo circa questa operazione per la gestione patrimoniale e finanziaria dell'ente camerale e se, nel rispetto della nuova normativa, nonché del parere del collegio dei revisori, ritenga doverosa, per quanto di competenza, una verifica sulla stessa operazione. (5-10823)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con un proprio decreto l'8 febbraio 2017 (pubblicato in Gazzetta ufficiale il 28 febbraio) il Ministero dello sviluppo economico ha avvallato un progetto di ricerca nel sottosuolo proposto dalla società Po Valley Energy Pty Ltd;
   sulla base delle autorizzazioni ottenute, la società in essere avente sede legale in Australia, potrà effettuare le proprie ricerche in un'area definita «Torre del moro» di notevole ampiezza (111 chilometri quadrati) che include i comuni di Cesena, Bertinoro, Forlimpopoli, Meldola e Forlì;
   risulta che l'approvazione della conferenza dei servizi al progetto in questione risalga al 2012 e abbia visto raccogliere, tra gli altri, gli assensi degli enti interessati;
   le scelte operate sul territorio della provincia di Forlì-Cesena e in tutto il resto della regione negli anni successivi sono andati in direzione opposta rispetto a quella del decreto, anche in ragione della maggiore fragilità del territorio e del frequente proporsi di problematiche relative al dissesto idrogeologico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno di valutare la possibilità di revocare l'autorizzazione o, in subordine, di chiederne la sospensione allo scopo di approfondire ulteriormente, con il pieno e chiaro coinvolgimento delle popolazioni e delle istituzioni locali, l'effettiva necessità e opportunità di compiere le perforazioni in oggetto;
   se non ritenga utile chiarire in maniera inequivocabile, stante anche l'elevata sensibilità della popolazioni su questi argomenti, l'esatta procedura autorizzativa fino al giorno dell'emissione del decreto di cui in premessa pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 28 febbraio 2017. (5-10828)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   già da alcuni anni si è concluso il passaggio del sistema radiotelevisivo dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, avviato dal 2009, che ha comportato il progressivo spegnimento dei tradizionali segnali analogici a favore di segnali in tecnica digitale, in modo da consentire un ampliamento del numero dei canali ricevibili e un miglioramento della loro ricezione;
   ancora oggi in diverse aree del Paese si registrano problematiche nella corretta ricezione del segnale radiotelevisivo, e in particolare dei canali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
   tra queste si segnalano gravi problemi di ricezione dei canali Rai culturali e di quelli ricreativi per bambini nella località cosiddetta "altipiani di Arcinazzo" ricompresa nel comune di Trevi, in provincia di Frosinone;
   la società Rai è concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, che deve essere prestato nei confronti di tutti i cittadini senza disparità territoriali, mentre ancora oggi alcuni cittadini sono privati della possibilità di fruire del servizio pubblico a causa della cattiva o assente ricezione di segnale;
   a seguito del passaggio dal sistema analogico a quello digitale i cittadini hanno dovuto adeguare a proprie spese i dispositivi di ricezione, ma a tale sforzo economico non è corrisposto un pari sforzo da parte della società concessionaria per garantire una corretta visione a tutti;
   a rendere ancora più insostenibile lo squilibrio è la configurazione del canone come mera tassa di possesso, svincolata quindi alla prestazione del servizio, che costringe chi possiede un apparecchio televisivo a pagare il canone pur non ricevendo correttamente il segnale –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle difficoltà nella ricezione del segnale digitale terrestre in alcune aree del Paese, con particolare riferimento all'area citata in premessa e quali iniziative di competenza intenda attivare al fine di permettere a tutti i cittadini la ricezione di tutti i canali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. (4-15923)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Dell'Orco e altri n. 4-15899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Lenzi e altri n. 3-02878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Barbanti n. 4-14311 del 27 settembre 2016;
   interrogazione a risposta scritta Pellegrino n. 4-15577 del 15 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Baldelli n. 4-15642 del 17 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Gadda n. 4-15680 del 22 febbraio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-10796 del 9 marzo 2017;
   interpellanza urgente D'Uva n. 2-01707 del 14 marzo 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Ferro n. 5-06490 del 25 settembre 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15923;
   interrogazione a risposta scritta Senaldi n. 4-15873 del 10 marzo 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10822.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta L'Abbate n. 4-14969 del 12 dicembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10823.