Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    all'indomani dell'insediamento del Governo presieduto da Paolo Gentiloni, gli organi di stampa, nel ricordare gli impegni a breve scadenza del nuovo Esecutivo, hanno menzionato la questione del rinnovo dei vertici delle società partecipate;
    in particolare, è stato ricordato che, tra aprile e maggio 2017, dovranno essere nominati amministratori e presidenti delle cinque maggiori aziende partecipate dallo Stato: Eni, Enel, Poste Italiane, Terna e Leonardo-Finmeccanica;
    il rinnovo riguarderà anche organismi dello Stato, come l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del demanio;
    la notizia è stata inquadrata in un più generale cambiamento che, secondo alcuni organi di stampa, si attuerebbe a ogni cambio di maggioranza o di Governo secondo logiche spartitorie e di lottizzazione che nulla dovrebbero avere a che fare con la buona conduzione della cosa pubblica;
    è il caso di riferire che, secondo quest'ottica, il quotidiano la Stampa, nell'edizione del 5 gennaio scorso, ha riportato la frase «Poltronissime, soprattutto quelle degli enti, che rappresentano la quintessenza del potere e dunque nomine succulente per chi le fa: il governo», mentre il quotidiano il Foglio, nell'edizione del 9 dicembre 2016, riporta «Fonte tripla A, settore panza e sottopanza: “Il pane quotidiano ? Le nomine. Quando stai a Palazzo Chigi, quello è lo sport più divertente, impegnativo e fondamentale per la gestione del potere”»;
    a rafforzare l'ipotesi che, ancora una volta, l'assegnazione di incarichi manageriali di rilievo possa seguire princìpi più legati a logiche di potere che a capacità e competenze dei candidati, il quotidiano la Verità, nell'edizione del 25 gennaio scorso, ha pubblicato un articolo titolato «I finanziatori del Bullo pagheranno ancora», che sosterrebbe si stia preparando un avvicendamento ai vertici delle aziende pubbliche, in relazione ai mutati equilibri di potere all'interno del Partito democratico;
    in particolare, il quotidiano riferisce «Quei cda riempiti di amici e finanziatori del mancato statista di Rignano sull'Arno sono in scadenza in primavera e le varie correnti del Pd hanno deciso che questa partita, a costo di giocare di sponda con quel che resta di Forza Italia, dovrà sancire l'azzeramento del renzismo»;
    a seguito della sentenza di condanna nel processo di primo grado dell'attuale amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, Mauro Moretti, per il disastro ferroviario alla stazione di Viareggio, alcuni organi di stampa, tra le diverse cose, hanno sollevato la questione delle nomine nelle partecipate;
    in particolare, il quotidiano la Repubblica del 2 febbraio 2017, in un articolo titolato «Si complica la partita nomine, Caio in pista per Leonardo, Starace ambisce all'Eni», nel quale vengono riportate alcune voci sulle probabili nomine ai vertici delle partecipate in scadenza, gli articolisti affermano, richiamando la cosiddetta «direttiva Saccomanni» n. 14656 del 24 giugno 2013, che nel 2014 «il tesoro aveva introdotto un processo per gestire meglio le nomine, articolato in cinque passaggi: bando pubblico per i candidati, requisiti di onorabilità, mandato ai cacciatori di teste, liste ristrette vagliate da un comitato garante di tre saggi e decisione del ministro sentito il governo. Poi però all'ultimo momento Renzi stilò liste alternative a quelle del Tesoro e le impose. Stavolta le difenderà, con possibili ritocchi sulle presidenze, anche per tener conto dei possibili sommovimenti nella maggioranza»;
    da quanto riportato, sembrerebbe ci sia il rischio concreto che si possa ripetere quanto si sarebbe già verificato in occasione delle nomine disposte dal Governo presieduto da Matteo Renzi;
    è appena il caso di ricordare che, allora, nonostante fosse stato dato incarico a due società di head hunting, la Spencer & Stuart e la Korn Ferry, di selezionare i nuovi top manager pubblici, fuori da logiche di lottizzazione politica, le cose andarono altrimenti;
    le successive nomine di Eni, Enel, Poste Italiane e Leonardo-Finmeccanica, infatti, confermarono che nulla sarebbe cambiato;
    anzi, come hanno sottolineato gli organi di stampa, sarebbero stati nominati amici intimi e finanziatori del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, oltre che manager con trascorsi politici (l'ex parlamentare europeo Luisa Todini e l'ex deputato Udc Roberto Rao in Poste, l'ex Viceministro Marta Dassù nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica);
    numerosi organi di stampa avevano riferito la nomina nel consiglio di amministrazione dell'Enel di Albero Bianchi, avvocato di fiducia del Presidente del Consiglio dei ministri nonché presidente della fondazione Open (di cui facevano parte gli esponenti del Governo Maria Elena Boschi e Luca Lotti), che per Renzi raccoglie i fondi da donatori privati;
    tra le nomine dell'ex Presidente del Consiglio dei ministri ci sarebbe stata anche quella di Fabrizio Landi, nel consiglio di amministrazione di Leonardo-Finmeccanica. Landi ex amministratore delegato di Esaote, azienda leader del biomedicale con sede a Firenze, nel 2012 ha donato 10 mila euro a Renzi quale sostegno alle primarie;
    Marco Seracini, uno dei soci fondatori e presidente di un'altra associazione di fund raising, «Noi Link», che ha raccolto 750 mila euro per Renzi, è stato nominato nel collegio sindacale dell'Eni;
    inoltre, la stessa nomina di Emma Marcegaglia, presidente di Eni, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, si troverebbe in una situazione di palese conflitto d'interesse, visto che l'azienda di famiglia, il gruppo Marcegaglia, è un colosso mondiale dell'acciaio, con 5 milioni di tonnellate di produzione annua, 7 mila dipendenti in 43 stabilimenti su tutto il pianeta, per 4 miliardi di ricavi;
    il gruppo Marcegaglia, si occuperebbe anche di costruzioni, turismo, real estate (ha rilevato la Gabetti) e, per l'appunto, energia, della quale, naturalmente, è anche un consumatore inesauribile;
    a conferma dei rapporti fitti, inevitabili, tra gruppo e produttori di energia, c’è, nel 2008, un patteggiamento di 11 mesi concesso al fratello di Emma, l'amministratore delegato del gruppo Antonio Marcegaglia, per un'accusa di tangenti proprio a una società dell'Eni, l'Enipower;
    da quanto esposto risulta evidente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, che alla base delle nomine del precedente Governo nelle società pubbliche si sia seguita una logica spartitoria degli incarichi secondo gli interessi dei gruppi di potere sostenitori dell'Esecutivo;
    il gruppo del MoVimento 5 Stelle presentò il 14 febbraio 2014 una mozione sui criteri di nomina dei manager pubblici volta a prevedere una procedura pubblica e trasparente puntando sui requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza in ambito giuridico, finanziario o industriale;
    la già citata direttiva del Ministro del tesoro n. 14656 del 24 giugno 2013, la cosiddetta «direttiva Saccomanni», tra le altre cose, aveva introdotto la «clausola di onorabilità» per gli amministratori delle controllate non quotate, che stabiliva che «Costituisce causa di ineleggibilità o decadenza per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, dalle funzioni di amministratore l'emissione a suo carico di una sentenza di condanna, anche non definitiva» per una serie di reati che il decreto elencava;
    a seguito della «bocciatura» da parte dei consigli di amministrazione di Eni e Finmeccanica della citata clausola di onorabilità, il viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, il 3 dicembre 2014, così come riporta l'edizione del Sole 24 Ore del 15 aprile 2015, aveva «affermato che il Mef è impegnato a superare questa situazione affinché la clausola venga inserita anche negli statuti di Eni e Finmeccanica»;
    anche a seguito della recente condanna in primo grado dell'amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, è stato ricordato che Eni, Leonardo-Finmeccanica e Terna non hanno mai inserito la clausola di onorabilità nei propri statuti, pertanto, le dichiarazioni del viceministro dell'economia e delle finanze non avrebbero avuto seguito;
    a tutti gli effetti, la direttiva sarebbe stata priva di efficacia non riuscendo a garantire criteri di trasparenza, pubblicità, professionalità, onorabilità ed indipendenza che nomine di società partecipate dello Stato devono avere; requisiti che solo un pieno coinvolgimento del Parlamento è in grado di garantire;
    il decreto legislativo n. 175 del 19 agosto 2016, intervenuto successivamente, all'articolo 11 prevede che i componenti dell'organo amministrativo di società a controllo pubblico debbano possedere, ferme restando le norme vigenti in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze che ancora deve essere emanato;
    è il caso di sottolineare che le società a partecipazione pubblica, in cui vertici saranno rinnovati a breve, sono aziende di grande rilevanza per il tessuto produttivo e per l'economia del Paese e sono strategiche sia per la loro funzione attuale sia per quella che potrebbero svolgere nell'ambito di una futura e più ampia ristrutturazione ecologica, civile e tecnologica del sistema economico italiano;
    si tratterebbe, inoltre, di aziende costruite grazie al lavoro e ai proventi delle tasse degli italiani lungo il corso di oltre un secolo di vita del Paese; conseguentemente, i proprietari delle quote residue in mano allo Stato sarebbero proprio i cittadini, i quali non dovrebbero essere privati della possibilità di decidere sull'assetto attuale e futuro di queste società;
    infine, queste società sono strategicamente rilevanti per il posizionamento dell'industria nazionale, in un quadro di definizione degli equilibri di mercato interno e internazionale;
    lo stesso bilancio dello Stato è positivamente ristorato dagli utili derivanti dalle redditizie attività dei gruppi di imprese facenti capo alle sopra citate attività;
    avrebbe pertanto carattere d'urgenza la necessità di porre fine ad una selezione degli organi di vertice delle società partecipate su basi spartitorie e di appartenenza politica,

impegna il Governo:

1) a fornire immediati chiarimenti sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici e ad anticipare al Parlamento le decisioni assunte dal Governo in materia di nomine pubbliche;
2) a subordinare l'eventuale riconferma dei presidenti e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione dei risultati aziendali conseguiti ed, in ogni caso, avendo come limite massimo quello di due mandati, ad assumere iniziative normative volte a prevedere che le proposte governative di nomina dei membri dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo siano effettuate secondo i seguenti criteri e modalità:
   a) che siano sottoposte al previo parere delle competenti commissioni parlamentari, al fine di verificare la professionalità, l'onorabilità, l'indipendenza e gli eventuali conflitti di interesse;
   b) che sia comunque prevista l'incompatibilità per coloro che:
    1) abbiano un procedimento giudiziario in corso;
    2) abbiano già ricoperto l'incarico per due mandati consecutivi;
    3) abbiano superato i limiti di età di 66 anni;
    4) pur essendo stati candidati, non siano stati eletti nel Parlamento, nel Parlamento europeo, nel consiglio di una regione o negli organi elettivi degli enti locali con popolazione superiore a 15 mila abitanti o abbiano ricoperto incarichi governativi negli ultimi cinque anni;
    5)abbiano partecipazioni in aziende fornitrici, clienti o concorrenti con l'azienda o ente, anche con riferimento ai parenti fino al quarto grado;
   c) che sia previsto il divieto, per i 5 anni successivi alla fine del mandato, di ricoprire cariche dirigenziali in aziende fornitrici, clienti o concorrenti.
(1-01521) «Vallascas, Pesco, Sorial, Alberti, Villarosa, Cancelleri, Crippa, Della Valle, Da Villa, Fantinati».

Risoluzione in Commissione:


   La II Commissione,
   premesso che:
    allo scopo di dare attuazione all'articolo 24 della Costituzione e garantire l'accesso al diritto di difesa anche a coloro che hanno un'incapacità reddituale, il nostro ordinamento giuridico ha previsto il patrocinio a spese dello Stato, uno strumento disciplinato dal Testo unico della disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, recato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 attraverso il quale l'onorario dell'avvocato necessario per farsi assistere in un processo viene corrisposto dallo Stato;
    l'articolo 76 del citato decreto prevede, infatti, che l'accesso al patrocinio dello Stato sia garantito a tutti coloro che abbiano un reddito inferiore ad una determinata soglia, oggi fissata in euro 11.528,41 annui, limite che aumenta, nei soli procedimenti penali, di euro 1.032,91 per ogni membro della famiglia dell'istante e che, peraltro, può variare in presenza di alcune situazioni previste dalla legge (ad esempio convivenza con coniuge o altri familiari e altro);
    il citato articolo 76, dopo aver stabilito ai primi due commi che «1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.528,41. 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante», chiarisce, al terzo comma, che «3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva... (omissis)»;
    nonostante l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 faccia espresso riferimento al reddito imponibile ai fini dell'Irpef risultante dall'ultima dichiarazione e, al comma 3, elenchi anche le altre tipologie di reddito da considerare ai fini della determinazione del limite di reddito in discussione, nella prassi, si è riscontrato che i soggetti richiedenti l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato incontrino differenti interpretazioni sul concetto di «reddito imponibile» e, più in particolare, sulla modalità per calcolare correttamente l'esatto ammontare del reddito dell'istante ai fini dell'accesso al beneficio;
    questa difficoltà interpretativa ha comportato, in molti casi, l'esclusione dalla procedura di computo dell'applicazione delle deduzioni di legge e, conseguentemente, un aumento nominale del reddito al punto da impedire in molti casi agli istanti l'accesso al beneficio;
    emblematica, a tal proposito, è l'attività dei soggetti (appartenenti ai consigli degli ordini degli avvocati (Coa) in particolare) che, nel calcolo del tetto reddituale, sovente, si attengono all'importo numerico senza l'imputazione d'egli oneri deducibili, ovvero individuando redditi superiori che, nel concreto, inibiscono l'ammissione a soggetti in realtà aventi diritto con la conseguenza di vanificare la previsione dello strumento di garanzia e, dunque, di compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa del non abbiente, tutelato anche dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
    l'Agenzia delle entrate, cui è stato richiesto di esprimere un parere avente ad oggetto «Gratuito patrocinio – Definizione del concetto di reddito imponibile ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002», con risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 ha risposto che «il reddito a cui far riferimento per riconoscere il diritto al gratuito patrocinio sia il reddito imponibile ai fini dell'Irpef (...)», nonché chiarito, tra le altre cose, che l'articolo 3 del Testo unico delle imposte sui redditi, nel disciplinare la base imponibile ai fini fiscali, prevede che «l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10»;
    nonostante il disposto dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 15 del 2002, la risoluzione dell'Agenzia delle entrate che chiarisce il concetto di reddito «imponibile» e la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Pen. III del 23 marzo – 28 aprile 2011 n. 16583 che si è espressa anch'essa sull'argomento, stabilendo che «il reddito imponibile di riferimento è quello al netto della deduzione dal reddito complessivo degli oneri deducibili previsti dalla disciplina fiscale» (non si fa quindi riferimento all'Isee), a tutt'oggi persiste la difficoltà di determinare con certezza il reddito imponibile ai fini dell'accesso al gratuito patrocinio;
    per tali ragioni l'avvocatura, anche su impulso di associazioni di attivisti laici e forensi, ha posto l'attenzione sul tema nel corso del Congresso nazionale forense tenutosi a Venezia nell'ottobre 2014, chiedendo di intervenire per sanare, fra le altre problematiche rilevate nella mozione congressuale n. 32, proprio la carenza di precisazione del livello reddituale di soglia per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, proponendo di far coincidere l'importo con il reddito imponibile netto dedotti tutti gli oneri deducibili;
    dopo il Congresso, l'organismo unitario dell'avvocatura (Oua), in esecuzione delle mozioni congressuali, ha chiesto quindi alla politica, in due distinte delibere, di precisare che l'importo di cui al tetto reddituale per ammissione deve essere inteso al netto dei componenti negativi del reddito e degli oneri deducibili ammessi per legge, e delle componenti negative del reddito;
    la richiesta avanzata dall'Oua si è tradotta nella formulazione di tre interrogazioni parlamentari bipartisan presentate fra la fine di giugno ed il mese di luglio 2015 (1 al Senato e 2 alla Camera);
    si tratta, rispettivamente, dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04164, delle interrogazioni a risposta in commissione 5-06092 e 5-06095), con le quali si è chiesto al Ministro della giustizia di precisare che l'importo reddituale da considerare ai fini dell'accesso al gratuito patrocinio vada inteso «al netto degli oneri deducibili ammessi per legge»;
    quanto richiesto da tutte le componenti dell'Avvocatura e nelle suddette interrogazioni parlamentari appare, peraltro, conforme anche al «Documento Programmatico sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato» già sottoscritto dal Ministero di giustizia, Oua, Cnf, Cassa forense, Ucpi, Aiga, Uncm e Aiaf, in data 14 maggio 2014 (si veda il punto 9 del documento);
    il Consiglio di Stato con sentenza del 29 febbraio 2016, n. 842, precisando che nel reddito imponibile ai fini Isee non si debbano tenere in conto i trattamenti indennitari percepiti dai disabili perché «... ricomprendere tra i redditi i trattamenti ... indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità ... (dato) ... oltremodo irragionevole ... (oltre che) ... in contrasto con l'articolo 3 Cost. ...»;
    ciò ha inserito un'ulteriore variabile che rappresenta motivo di maggiore incertezza nella determinazione del reddito da computare ai fini dell'ammissione al beneficio;
    anche la Corte di Cassazione, da ultimo intervenuta con sentenza del 17 agosto 2016, la n. 34935, nell'affrontare il tema dell'esatta determinazione del limite del reddito per accedere al patrocinio a spese dello Stato, pur dando atto della presenza di contrasti giurisprudenziali, ha precisato che la sua quantificazione vada calcolata al netto degli oneri deducibili, ma non degli oneri detraibili;
    la necessità che venga chiarito questo aspetto è stata ribadita anche nel corso dell'ultimo Congresso nazionale forense svoltosi nell'ottobre 2016,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per chiarire ogni dubbio sulla corretta interpretazione del concetto di reddito imponibile che definisce lo stato di non abbienza, presupposto necessario per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;
   ad assumere tutte le iniziative necessarie, se del caso, anche attraverso note o circolari, atte a precisare il tetto reddituale, indicando con chiarezza la definizione di ogni reddito da imputare, accogliendo e affermando erga omnes i contenuti del parere espresso con risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 dell'Agenzia delle entrate secondo cui il reddito complessivo del soggetto richiedente debba essere calcolato al netto degli oneri deducibili.
(7-01196) «Colletti, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Businarolo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   da circa tre anni, il repentino alternarsi di gruppi dirigenti e di manager differenti all'interno del gruppo TIM ha comportato la modifica continua delle priorità e dei progetti, spesso aventi però un unico fine: la compressione dei costi;
   nel marzo 2013 sono stati firmati accordi particolarmente pesanti per i lavoratori ma aventi come obbiettivo l'aumento di produttività ai fini della salvaguardia del perimetro occupazionale e della stabilizzazione a medio – lungo termine dei volumi lavorati in azienda;
   ad ottobre 2015 con accordo separato alcune organizzazioni sindacali hanno firmato nuovi contratti di solidarietà che hanno avuto inizio da gennaio 2016 e dureranno fino a gennaio 2018. Nel primo semestre 2016 si insedia la nuova dirigenza a seguito del passaggio del controllo azionario di TIM al gruppo francese. Il nuovo amministratore delegato Cattaneo, al suo insediamento, ha espresso la volontà di procedere a un taglio dei costi di 1,6 miliardi di euro nei successivi tre anni, riducendo gli sprechi, ma dichiarando altresì che non avrebbe tagliato i costi del lavoro;
   il 6 ottobre 2016 l'azienda ha disdettato unilateralmente gli accordi collettivi del 14 e 15 maggio 2008, che racchiudono una parte della normativa di secondo livello e frutto di anni di mediazione sindacale, disegnando così un progetto aziendale di organizzazione del lavoro che va a minare inesorabilmente le fondamenta del contratto collettivo nazionale di lavoro;
   contro tale progetto i lavoratori del gruppo TIM iniziano un periodo di mobilitazione che culmina con lo sciopero nazionale del gruppo TIM del 13 dicembre 2016. L'obbiettivo è contrastare tale scelta aziendale, che ha previsto un aumento di ore lavoro legato ad alta flessibilità, ad una diminuzione dei salari e a demansionamento. Lo sciopero ha registrato un'adesione di oltre il 70 per cento con punte diffuse del 90 per cento in alcuni settori e sedi;
   il 1o febbraio i lavoratori TIM hanno partecipato ad uno sciopero nazionale di settore delle telecomunicazioni per il mancato rinnovo del contratto nazionale, per protestate contro la volontà manifestata dalla proprietà di spostare unilateralmente il gruppo « Staff», dalle attuali sedi di Torino e Milano verso Roma, coinvolgendo 56 lavoratrici e lavoratori;
   il 6 febbraio 2017 l'azienda ha disposto unilateralmente lo spostamento di attività e persone del gruppo « Staff» dalle sedi di Milano e Torino per un totale definitivo di 265 lavoratrici e lavoratori, molti di loro con più di cinquant'anni di età. La scelta della gestione accentrata delle attività è stata motivata con il presunto efficientamento connesso alla gestione «su più sedi». Tale motivazione, in un contesto che abbraccia talune realtà ormai consolidate come quella dello smartworking, suona quantomeno obsoleta. Il trasferimento collettivo forzoso dei lavoratori, inoltre, comporterebbe inevitabilmente un depauperamento dei territori di provenienza;
   l'11 febbraio 2017, in occasione del festival di Sanremo, i lavoratori della TIM hanno fatto sentire nuovamente la loro voce protestando contro le politiche aziendali;
   migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'organizzazione del lavoro significa investire sulla professionalità e sulla motivazione delle lavoratrici e dei lavoratori di TIM – peraltro altamente qualificati –, cogliendo le sfide dell'innovazione per rilanciare e aumentare la competitività commerciale, tecnologica, dei servizi, delle offerte dell'azienda, puntando alla re-internazionalizzazione dell'impresa. Si rende allora utile e doveroso chiedere chiarimenti alla nuova società rispetto alle decisioni prese, a fronte di un piano di rilancio industriale condiviso con tutte le parti in gioco, soprattutto se le parti hanno già dovuto affrontare sacrifici, come in questo caso –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta;
   se il Governo intenda convocare in tempi celeri un tavolo di confronto con proprietà e rappresentanze sindacali.
(2-01678) «Cimbro, Vezzali, La Marca, Gnecchi, Melilla, Paola Boldrini, Ciracì, D'Incecco, Zan, Martelli, Carloni, Gribaudo, Fabbri, Taricco, Capozzolo, Fitzgerald Nissoli, Allasia, Fontanelli, Paola Bragantini, Montroni, Cassano, Quaranta, Zappulla, Placido, Cominelli, Chaouki, Giuseppe Guerini, Guerra, Lauricella, Scanu, Amato, Ascani, Bersani, Damiano, Marco Di Stefano, Misiani, Prina, Raciti, Rampi, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Rabino, Lainati, Ragosta, Librandi».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   a seguito delle numerose segnalazioni e denunce presentate sia dal primo firmatario del presente atto sia dai comitati e abitanti di Malagrotta alla Commissione europea sulla chiusura e gestione post-operativa della discarica di Malagrotta, il dipartimento per le politiche europee, oltre a valutare l'ipotesi di aprire una indagine, ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una richiesta di informazioni necessarie al fine di dare un esauriente riscontro ai quesiti formulati dalla Commissione europea nei termini previsti dal sistema «EU Pilot». Ad oggi, tuttavia, sia la regione Lazio sia il comune di Roma, a quanto consta agli interroganti, non hanno fornito al sopracitato Ministero alcun tipo di documentazione richiesta dalla Commissione europea;
   il primo firmatario del presente atto, con esposto presentato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, in data 24 novembre 2016, ha denunciato presunti fenomeni di sversamento di percolato della discarica di Malagrotta, la più grande d'Europa che, se pur dismessa, continua a inquinare le falde superficiali e profonde, così come dichiarato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 533 del 4 febbraio 2015, evidenziando come le procedure di messa in sicurezza non sono ancora attive;
   la discarica di Malagrotta, priva di sigillatura (capping), di sistemi di contenimento efficaci (corona di pozzi di emungimento) e di un impianto di recupero e trattamento del percolato, è attualmente una discarica prevalentemente a dispersione, sia in falda che in superficie;
   i periti del Politecnico di Torino, professoresse Rajandrea Sethi e Maria Chiara Zanetti, incaricati di una perizia sulla discarica in oggetto dal Consiglio di Stato, hanno evidenziato il possibile rischio della dispersione di liquidi inquinanti, già oggetto di segnalazioni ed esposti di abitanti e comitati locali da diversi anni, con il pericolo di contaminazione delle falde sotterranee. La pioggia, in particolare, influisce sulla produzione del percolato; l'acqua filtra tra i rifiuti e riempie la discarica dismessa che, secondo di tecnici torinesi, rischia anche di tracimare. I due esperti hanno stimato un flusso di 9,738 metri cubi all'anno. La professoressa Zanetti, ascoltata nel novembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha dichiarato che «la discarica di Malagrotta, ai sensi del decreto n. 152 del 2006, inquina», e che «c’è interferenza tra la discarica e la falda». Dunque, vi è un elevato dislivello tra la quantità d'acqua all'interno della discarica e quella del sottosuolo;
   la Commissione europea – come si apprende da fonti comunitarie a Bruxelles – ha deciso di archiviare la procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la discarica di Malagrotta, condannata nel 2014 dalla Corte di giustizia dell'Unione europea perché nella regione Lazio risultavano conferiti in discarica rifiuti non adeguatamente trattati, e perché la stessa era priva di una rete integrata ed adeguata di appositi impianti di gestione dei rifiuti. La citata Commissione ha, tuttavia, avviato un monitoraggio sulla gestione del percolato dopo la chiusura –:
   se il Governo non intenda assumere ogni iniziative di competenza al fine di replicare alle richieste della Commissione europea rivolte al dipartimento per le politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio, nell'ambito della procedura «Eu-Pilot» – EUP (2016) 9068 sul caso della discarica di Malagrotta – e per scongiurare l'apertura di una ulteriore procedura d'infrazione, in relazione alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito di Malagrotta, specie per quanto riguarda il percolato, le infiltrazioni dei liquidi prodotti dalla composizione e il deterioramento dei rifiuti, così come previsto dalla vigente normativa nazionale e comunitaria, indicando le polizze fideiussorie prestate dal gestore della discarica di Malagrotta;
   se, in relazione alle garanzie finanziarie prestate dal gestore di un sito di discarica ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, per la gestione operativa della discarica, comprese le procedure di chiusura, il Governo intenda assumere iniziative normative al fine di evitare ogni elusione di tale sistema di tutela, garantendo forme di controllo e monitoraggio anche ministeriali rispetto all'ammontare delle somme vincolate, alla consistenza finanziaria dei soggetti fideiussori, nonché alle modalità di utilizzo delle somme per i richiamati fini di legge;
   se, nell'ottica di prevenire ed evitare il rischio di un danno ambientale, il Governo intenda attivare il comando carabinieri tutela dell'ambiente (CCTA) al fine di verificare lo smaltimento del percolato entro e fuori il perimetro di Malagrotta, chiusa da tre anni ma tuttavia colma di rifiuti.
(2-01679) «Vignaroli, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi».

Interrogazioni a risposta orale:


   CARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione comunale di Casalmoro in provincia di Mantova risulta essere da quasi un anno in attesa di ricevere quanto destinato, circa 450 mila euro, per poter ristrutturare le scuole elementari:
   nel maggio 2016 l'amministrazione comunale ha avuto conferma dalla competente struttura di missione presente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di essere beneficiaria di assegnazione di risorse per la ristrutturazione delle scuole elementari;
   l'amministrazione, per poter effettuare i lavori nei prossimi mesi estivi e quindi a scuole chiuse ed evitare criticità nello svolgimento dell'anno scolastico, ha pubblicato un bando per l'assegnazione dei lavori, mettendo fondi del comune a copertura dell'importo e inserendo una clausola che prevede l'effettiva partenza dell'operazione di riqualificazione solo ad assegnazione definitiva del finanziamento del Governo;
   ad oggi non è arrivata ancora alcuna proposta ufficiale da parte di imprese edili, tant’è che l'amministrazione ha proceduto a prorogare la scadenza del bando al 7 marzo 2017 –:
   se vi siano ritardi procedurali, quali siano le ragioni del mancato trasferimento delle risorse finanziarie di cui è beneficiario il comune di Casalmoro e quali iniziative intenda assumere per accelerare il trasferimento delle suddette risorse finalizzate ad interventi di riqualificazione delle scuole elementari in modo da poter svolgere tali lavori nel corso della chiusura estiva dell'istituto. (3-02812)


   BOLOGNESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha stabilito con la Rete per gli archivi per non dimenticare una collaborazione finalizzata a rendere disponibile sul web il materiale documentario raccolto dalle associazioni facenti capo alla Rete;
   a tal fine, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha realizzato, grazie ai contenuti raccolti e organizzati dall'Archivio Flamigni, all'interno del sistema archivistico nazionale (SAN) il portale della rete con lo scopo di trasmettere alle nuove generazioni la memoria di fatti legati alla criminalità organizzata, al terrorismo e alla violenza politica;
   il Ministero della giustizia è parte attiva nella conservazione della documentazione giudiziaria anteriore agli ultimi trent'anni;
   in varie regioni sono state avviate da tempo importanti iniziative di tutela, salvaguardia e fruizione della documentazione giudiziaria relativa ai processi riguardanti il terrorismo e la criminalità organizzata;
   la documentazione giudiziaria relativa ai processi di terrorismo, stragi, violenza politica, criminalità organizzata è a grave rischio di perdita a causa della fragilità dei supporti e si rendono dunque necessarie e urgenti misure per la salvaguardia e la conservazione;
   il 6 maggio 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero della giustizia hanno stipulato un protocollo d'intesa con la Rete degli archivi per non dimenticare in cui si impegnavano a raggiungere una serie di obiettivi, tra i quali:
    la ricognizione dei fascicoli presenti negli archivi di deposito dei tribunali e delle corti d'Assise, relativi a vicende di terrorismo, criminalità organizzata e violenza politica;
    adozione di misure che consentano una tenuta della documentazione giudiziaria conforme ai princìpi archivistici e alla conservazione di lungo periodo, nel caso di documentazione su supporto elettronico;
    sostegno alla riconversione e alla valorizzazione di sedi non utilizzate dal Ministero della difesa, in particolare le ex caserme dismesse, per la destinazione a nuove sedi degli Archivi di Stato;
   adozione di criteri omogenei per la digitalizzazione e la meta datazione della documentazione giudiziaria;
   realizzazione di copie informatiche su supporto digitale in tre esemplari e loro conservazione presso le sedi giudiziarie e archivistiche nonché presso associazioni aderenti alla Rete degli archivi per non dimenticare;
   creazione di banche dati dei processi digitalizzati al fine di renderli facilmente consultabili su tutto il territorio nazionale, nelle sedi degli archivi di Stato, delle procure, dei tribunali e delle corti d'appello, attraverso il portale www.memoria. -san.beniculturali.it già realizzato dalla direzione generale degli archivi, e della Rete degli archivi per non dimenticare;
   come indicato nel protocollo d'intesa, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero della giustizia si sono impegnati a raggiungere i succitati obiettivi con il sostegno, la collaborazione e il coordinamento dalla Rete archivi per non dimenticare e dell'Archivio Flamigni;
   i Ministeri citati avrebbero dovuto adottare le idonee iniziative e stanziare i necessari fondi per realizzare le iniziative concordate nel triennio 2015-2017, impegno rinnovabile per il triennio successivo;
   dal 2015 al 2017 non risulta all'interrogante alcuna iniziativa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero della giustizia –:
   quali iniziative intendano assumere per rispettare gli impegni presi nel citato protocollo d'intesa per la conservazione degli atti giudiziari relativi a vicende di criminalità organizzata, terrorismo e violenza politica a tutela della memoria e della conoscenza. (3-02813)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'ormai noto termine «terra dei fuochi» si intende quella vasta area che comprende un territorio di oltre 1000 chilometri quadrati all'interno del quale sono situati oltre 50 comuni facenti parte della provincia di Napoli e Caserta. All'interno di tale area vivono oltre 2 milioni e mezzo di persone. Tale area è tristemente nota a causa del fenomeno dello smaltimento illegale di rifiuti, spesso speciali, attraverso l'incendio degli stessi;
  con il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2013, entrato in vigore il 10 dicembre 2013, e che è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 8 febbraio 2014, n. 32, il Governo ha cercato di arginare il preoccupante fenomeno –:
   di quali dati sia in possesso il Governo in ordine ai risultati ottenuti, sia in termini di tutela dell'ambiente sia in termini di tutela della salute degli abitanti delle zone interessate, a seguito dell'emanazione del decreto-legge di cui in premessa. (4-15694)


   MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa e secondo le analisi condotte dall'Ance, nel 2016 i bandi pubblici in regione Puglia hanno fatto registrare un calo del 60 per cento. In particolare la regione pugliese si attesta a 1.092 bandi per un importo di 668 milioni di euro, con un calo del 36,2 per cento in termini di numero e del 60,5 per cento, di importo rispetto al 2015;
   la Puglia farebbe meglio solo del Trentino Alto Adige (il cui valore degli importi è sceso del 67,3 per cento) ma molto peggio della media nazionale che ha registrato un calo del 2,1 per cento nel numero delle gare e del 16,6 per cento negli importi;
   i dati analizzati da Ance disegnano un quadro che evidenzia la solita «Italia a due velocità» nella quale le principali regioni del Nord segnano una ripresa del comparto grazie alle performance positive di Toscana (+ 54,6 per cento il valore dei bandi rispetto al 2015), Veneto (+ 40 per cento), Emilia Romagna (+ 26,5 per cento) e Lombardia (+ 16,5 per cento), e quelle centro-meridionali che faticano ancora, in particolare Lazio (- 34,4 per cento), Campania (- 31,9 per cento) e Calabria (- 21,6 per cento);
   secondo quando comunica Ance, la Puglia, insieme alle altre regioni del Sud, avrebbe sofferto per il lento avvio della programmazione del 2014-2020 dei fondi strutturali e per l'incertezza derivante dall'applicazione delle regole del nuovo codice degli appalti;
   molti investimenti programmati sembrerebbero non finalizzati per impedimenti di varia natura;
   anche la dinamica dei lavori pubblici banditi dai comuni pugliesi non si discosterebbe molto dal dato generale, essendosi registrato nel 2016 un crollo del 59,4 per cento nell'importo degli stessi;
   in questo quadro di analisi, solo quattro regioni registrerebbero dati peggiori della Puglia ovvero la Campania (-75,4 per cento), l'Umbria (-69,7 per cento), la Sardegna (- 64,1 per cento) e la Basilicata (-63,8 per cento) –:
   se i dati esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare affinché sia possibile attuare gli investimenti programmati e invertire il trend di drastica riduzione dei bandi di gara rispetto a quanto programmato. (4-15698)


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei cittadini sfollati a seguito degli eventi sismici che hanno interessato il centro Italia a partire dall'agosto 2016, nonostante le numerose rassicurazioni da parte delle istituzioni competenti per emergenza e ricostruzione, continua ad essere nel migliore dei casi confusa, quando non drammatica;
   un documentato reportage del Corriere della Sera a firma dell'inviato Marco Imarisio (Corriere.it, 21 febbraio 2017) racconta con precisione la situazione di incertezza che grava su molti sfollati delle Marche, attualmente ospitati presso strutture alberghiere della costa marchigiana;
   come più volte rappresentato in questi mesi dall'interrogante, con l'arrivo della stagione turistica e i contestuali ritardi nella consegna dei moduli abitativi provvisori Sae, si sarebbe determinata, così come in effetti sta avvenendo, una situazione di estremo disagio per i cittadini sfollati;
   l'articolo richiamato riporta, infatti, la situazione delle 309 strutture sulla costa che hanno dato ospitalità ai cittadini che hanno perso la casa a causa degli eventi sismici. La regione Marche aveva firmato una convenzione con tali strutture per garantire l'ospitalità sino al 30 aprile 2017. A causa dei ritardi segnalati, l'assessorato al turismo ha chiesto agli albergatori la disponibilità a prorogare il periodo di ospitalità per i cittadini sfollati anche sino al 31 dicembre;
   molti operatori hanno dato disponibilità a prorogare il periodo sino al 31 maggio, tuttavia, in molti hanno fatto presente di non poter ottemperare a tale richiesta per periodi ulteriori, perché ritardando ancora l'arrivo dei turisti non riuscirebbero a sostenere i costi delle proprie attività;
   la regione Marche ha sino ad oggi saldato soltanto 12 milioni di euro dei 22, rendicontati da 291 delle 309 strutture ospitanti;
   la regione, inoltre, a quanto riporta l'articolo del Corriere della Sera, non avrebbe provveduto ad informare correttamente gli sfollati, lasciando tale onere agli stessi albergatori, che devono decidere, nell'inerzia delle istituzioni, quali siano i cittadini che beneficeranno della proroga dell'ospitalità nelle proprie strutture e quali dovranno andar via per lasciar posto ai turisti –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche illustrate in premessa;
   se non ritenga opportuno chiarire, per dovere di trasparenza e corretta informazione nei confronti dei cittadini sfollati, tempi e modalità degli spostamenti degli stessi in nuove strutture. (4-15699)


   TERZONI, MASSIMILIANO BERNINI, CASTELLI, LUIGI DI MAIO, VACCA, COLLETTI, GRILLO, CECCONI, AGOSTINELLI, DAGA, DE ROSA, MICILLO, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sito di informazione online «La Sibilla», in riferimento agli istituti di credito che hanno la possibilità di aderire alla convenzione con la Cassa depositi e prestiti per la concessione dei finanziamenti necessari alla ricostruzione post sisma che ha colpito il centro Italia, ha pubblicato in data 9 febbraio 2017 un articolo dal quale si apprende che «Le banche che hanno aderito alla convenzione non sono ancora pronte»;
   inoltre, sempre nello stesso articolo, si afferma che, anche nel momento in cui saranno pronte, in pochissime erogheranno i finanziamenti per la ricostruzione con i fondi pubblici;
   sarebbero ancora poche le banche che hanno aderito alla convenzione e l'articolo cita tre grandi istituti, Intesa San Paolo, Unicredit e Ubi, e alcune banche di credito cooperativo locali: le Bcc di Roma, del Velino, dei Sibillini, quelle di Spello e di Castiglione Messer Raimondo. Si legge, ancora, che «Non tutte hanno ancora portato la decisione ai consigli di amministrazione. Chi lo ha fatto sta organizzando le procedure, i moduli, il software, dando istruzioni alle agenzie per gestire i rimborsi pubblici» –:
   se quanto riportato dal sito lasibilla-online.com corrisponda al vero;
   se il Governo sia in grado di fornire elementi circa lo stato di operatività degli istituti di credito presenti nei comuni rientranti nel cratere con almeno uno sportello in relazione alla concessione dei finanziamenti per la ricostruzione post sisma e all'adesione alla convenzione con la Cassa depositi e prestiti. (4-15700)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il sito online www.repubblica.it, nell'articolo del 10 febbraio 2017, ha riportato la notizia dell'accesso abusivo alle mail dell'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni, attuale Presidente del Consiglio. Nello specifico, Gianfranco Incarnato, vice direttore generale degli affari politici, nonché direttore centrale per la sicurezza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha dichiarato che «gli attacchi miravano ai dati dei connazionali all'estero, ai report degli incontri internazionali e alle informazioni classificate di ordine politico ed economico che però sono su un circuito a parte e protetti con la crittografia»;
   «Gli attacchi sono spesso avvenuti alla vigilia di eventi importanti per l'Italia, ad esempio durante la presidenza dell'Unione europea (...). Abbiamo aumentato le misure di protezione, e abbiamo preparato il personale. L'anello debole di questi attacchi, infatti, non sono tanto i sistemi informatici quanto le persone»;
   Incarnato ha spiegato, inoltre, che «tra gli attacchi più pericolosi che hanno colpito le Istituzioni italiane ci sono gli stessi che abbiamo visto in opera durante la campagna presidenziale americana con episodi di phishing (le email che ti invitano a cliccare su un link e che installano virus trojan). (...) Abbiamo attivato tutte le contromisure, anche le più banali e siamo riusciti a superare i test di sicurezza Nato, adesso vigiliamo sulla nuova frontiera degli attacchi: gli smartphone. In effetti le politiche aziendali o governative che permettono di portare i propri dispositivi personali nel posto di lavoro, e usarli per avere gli accessi privilegiati alle informazioni riservate e alle loro applicazioni hanno aumentato quella che i tecnici chiamano “superficie d'attacco”»;
   il quotidiano La Repubblica ha evidenziato che «per fare fronte a questi rischi al Ministero degli Esteri si lavora costantemente ad aggiornare le tecniche di protezione (...). Il punto è che ora le minacce informatiche sono sempre più sofisticate e spesso ci accorgiamo troppo tempo dopo di quel che è successo. Uno dei motivi è che il codice dei software malevoli (malware) che possono infettare i computer delle vittime e prenderne il controllo, oppure estrarre i dati in essi contenuti sono spesso composti da codice “offuscato”, come nel caso delle Url apparentemente legittime che le email di phishing ci invitano a cliccare, dirottandoci invece verso siti canaglia»;
   il sito online www.key4biz.it, nell'articolo del 13 febbraio 2017, analizzando i fatti riportati in premessa ha commentato che «la lista delle risorse di reti istituzionali violate da soggetti (quasi) mai identificati e per i fini più disparati è molto lunga. (...) In primo luogo, c’è ancora poca reale consapevolezza di quanto sia importante proteggersi. Sono passati appena vent'anni dall'arrivo dell'internet per tutti in Italia, e l'amministrazione pubblica è ancora all'era primordiale per quanto riguarda la digitalizzazione delle istituzioni. (...) In secondo luogo la sicurezza richiede preparazione. Si può anche comprare il più sofisticato degli antifurti, ma non servirà a nulla se chi deve gestirlo non lo accende o lo configura male. In terzo luogo la sicurezza costa, ma non produce. Sono necessari investimenti mirati e persone in grado di gestirli (...)» –:
   come si intenda tutelare la rete informatica delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche al fine di preservare i dati sensibili in essa contenuti a tutela della privacy dei cittadini italiani.
(4-15701)


   BERRETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Rocca delle Caminate è un castello situato su una collina, a 356 metri di altitudine, nel comune di Meldola, a 4 chilometri di distanza da Predappio e a 16 chilometri di distanza da Forlì;
   la sua fama deriva dal fatto di essere stata residenza estiva di Benito Mussolini negli anni Trenta;
   nei giorni in cui Mussolini soggiornava in Romagna, alla Rocca delle Caminate, veniva acceso un potente faro in cima alla torre la cui luce arrivava sino al mare, per segnalare la sua presenza;
   il 28 settembre 1943, vi si tenne il primo Consiglio dei ministri di quella che sarà la Repubblica sociale italiana;
   con una decisione quantomeno discutibile, il consiglio provinciale di Forlì-Cesena ha deciso all'unanimità di riaccendere quel potente faro in cima alla torre, scelta condivisa anche dai sindaci di Predappio e Meldola, con il dichiarato obiettivo di attrarre i turisti nei luoghi che furono frequentati da Mussolini;
   quel faro acceso diventerebbe il «faro del duce», simbolo dello strapotere del dittatore, un fatto grave se si pensa che proprio Rocca delle Caminate è stato un luogo della vergogna, il luogo in cui fu massacrato con incredibile ferocia Antonio Carini detto Orsi, dirigente nazionale partigiano, e furono imprigionati e torturati tanti altri partigiani;
   seguire una presunta opportunità turistica legata al Ventennio, rischia di tradursi in un'esaltazione del fascismo, del periodo più buio della storia d'Italia;
   a riprova di ciò, va segnalato che numerose associazioni neo-fasciste hanno salutato con favore l'iniziativa;
   nell'ordinamento italiano, l'apologia del fascismo è un grave reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione»), anche detta «legge Scelba»;
   la legge n. 645 del 1952 sanziona chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e, alla luce di quanto sta avvenendo nel comune di Meldola, se non intenda assumere iniziative volte a promuovere i valori dell'antifascismo in un territorio già profondamente segnato da drammatici eventi legati alla dittatura fascista, di cui il faro delle Caminate rappresenta un tragico simbolo. (4-15706)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDI e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   gli Istituti Italiani di cultura (IIC) nel mondo dovrebbero essere un luogo di incontro e di dialogo per intellettuali e artisti, per gli italiani all'estero e per chiunque voglia coltivare un rapporto con il nostro Paese;
   dovrebbero promuovere all'estero l'immagine dell'Italia e la sua cultura, classica ma anche e soprattutto contemporanea;
   l'80 per cento del lavoro svolto dagli Istituti Italiani di cultura, allo stato attuale, è di natura amministrativo-contabile;
   negli ultimi anni, alle già prevalenti incombenze di natura amministrativo-contabile, si sono sommati anche altri obblighi di carattere fiscale;
   alle competenze in materia amministrativa e fiscale verso l'Italia si aggiungono, per la specifica presenza degli Istituti Italiani di cultura sul territorio all'estero, le competenze delle normative locali;
   la carenza strutturale di personale in tutte le sedi rende ancora più pressante l'esigenza di un alleggerimento dei carichi contabili amministrativi ed un generale orientamento dell'attività verso programmi e progetti culturali;
   le indicazioni operative del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in relazione alla predetta attività amministrativa, non sono chiare e la libera e diversa interpretazione tra le sedi causa risposte diverse che creano confusione e disfunzioni;
   il processo di «dematerializzazione» risulta inapplicabile e comporta costi più elevati e tempi enormemente più lunghi rispetto al passato –:
   se non si ritenga di assumere iniziative per:
    a) affidare gli obblighi fiscali nel loro insieme (ritenuta d'acconto, Irap, dichiarazione di ritenuta d'acconto per l'ospite) ad un fiscalista italiano quale unico consulente competente a livello di Paese;
    b) eliminare il Codice identificativo di gara (Cig), reintroducendo per tutte le richieste e le accettazioni di offerta, nonché per i decreti autorizzativi, il timbro «visto si liquida»;
    c) innalzare a 1.000,00 euro in deroga per tutti gli Istituti Italiani di cultura, la soglia applicativa di «0» euro, di cui al messaggio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale n. 235654 del 30 novembre 2016 avente ad oggetto «Codice dei contratti. Linee guida ANAC sulle procedure di affidamento per importi inferiori alle soglie di rilevanza comunitaria»;
    d) predisporre appositi corsi di formazione, non in modalità «FAD», ossia corsi specifici presso il Ministero o le rappresentanze diplomatiche italiane in loco, come peraltro già sperimentato per i corsi di «aggiornamento in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro», per il personale amministrativo-contabile degli Istituti Italiani di cultura;
    e) aumentare il contingente del personale amministrativo a contratto presso tutte le sedi degli Istituti Italiani di cultura per fare fronte alle incombenze amministrative e contabili. (4-15693)


   LA MARCA e FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le disposizioni dei contratti di impiego del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli Istituti italiani di cultura all'estero, con contratto nazionale italiano, prevedono che i contributi dovuti dallo Stato e dagli assicurati all'Inps per le assicurazioni per invalidità, vecchiaia e superstiti, nonché all'assistenza malattia, sono commisurati ad una retribuzione convenzionale da stabilirsi con decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministro dell'economia e delle finanze;
   per i lavoratori a contratto che prestano servizio presso la rete diplomatico consolare italiana nel mondo, tali retribuzioni convenzionali non sono mai state adeguatamente riallineate con il costo della vita e gli aumenti sono stati comunque insufficienti a garantire una sufficiente copertura previdenziale;
   i valori fissati nel decreto interministeriale 1o agosto 2003 sono stati aumentati annualmente di percentuali a giudizio degli interroganti insignificanti rispetto all'inflazione ed all'aumento del costo della vita;
   in 14 anni si sono registrati ritocchi insignificanti dello 0,2 per cento e dello 0,3 per cento;
   tali aumenti risulterebbero all'interrogante discrezionali, generalmente si basano su valutazioni arbitrarie del costo della vita e non seguono l'inflazione reale;
   in sede di ricorso, delle sentenze hanno esplicitamente condannato il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed imposto di allineare le retribuzioni convenzionali tra lavoratori in trasferta all'estero ed impiegati a contratto nazionale italiano assunti localmente, oltre a fissare come elemento centrale nel giudizio il costo della vita del Paese straniero in cui il dipendente si trovi a rendere la prestazione lavorativa –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per prevedere un adeguamento immediato delle retribuzioni convenzionali di cui in premessa tale da assicurare un effettivo allineamento delle stesse al costo della vita e all'inflazione reale;
   se intenda assumere iniziative affinché sia dato immediato seguito alla richiesta di pagamento all'Inps dei contributi previdenziali non versati, sia negli USA, dove il problema assume un carattere più marcato, che negli altri Paesi dove si registra una situazione analoga.
(4-15697)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIGNAROLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea, il 15 febbraio 2017, ha aperto la seconda fase della procedura d'infrazione contro alcuni Paesi dell'Unione europea per l'inquinamento eccessivo da biossido d'azoto (NO2), riscontrato nell'aria delle principali città, che costituisce un grave rischio per la salute. Fra gli interessati c’è anche l'Italia che, nelle città di Roma, Milano e Torino, ha raggiunto livelli troppo alti di smog. Insieme al nostro Paese, la procedura d'infrazione ha colpito anche Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna;
   la Commissione europea, si legge in un comunicato, ha inviato un parere motivato ai Paesi coinvolti in cui contesta la violazione della legislazione europea sulla qualità dell'aria e dell'ambiente (direttiva Ue 2008/50/CE), che stabilisce valori limite per gli inquinanti atmosferici;
   in particolare, all'Italia si contesta la violazione dei valori limite di biossido di azoto per 12 «zone di qualità dell'aria» previste dalla direttiva, e la mancata attuazione di misure appropriate per limitare il periodo di superamento dei limiti;
   gli Stati membri avranno ora due mesi di tempo per spiegare le strategie che elaboreranno per risolvere il problema dell'inquinamento. Diversamente, come anticipato da La Stampa, il 14 febbraio 2017, la citata Commissione potrà decidere di deferire i Paesi alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   il mese scorso l'Agenzia europea ambiente (Aea) ha pubblicato l'ultima edizione del rapporto «Qualità dell'aria in Europa 2016», da cui emerge che, malgrado un lento e timido miglioramento della qualità dell'aria, l'inquinamento atmosferico rimane comunque il principale fattore di rischio ambientale per la salute;
   secondo gli ultimi dati forniti dall'Agenzia europea per l'ambiente, i livelli di Pm2,5, il particolato più pericoloso e fine, con un diametro inferiore a un quarto di centesimo di millimetro, avrebbero causato in Italia 66 mila morti premature nel solo 2013;
   l'Italia, in mora da anni, è stata già condannata dal tribunale di Lussemburgo per la violazione dei limiti «Pm10» in 55 aree geografiche della penisola nel 2006 e 2007;
   secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, le polveri sottili hanno provocato nel 2013 la morte prematura per 87.670 persone che avrebbero potuto vivere una decina di anni in più;
   secondo quanto elaborato da Legambiente, i dati di gennaio 2017 mostrano che, solo nei primi 25 giorni dell'anno ben nove città hanno già superato 15 volte il limite giornaliero di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10, le polveri sottili più pericolose per la salute. Nel 2016, inoltre, un capoluogo italiano su tre ha oltrepassato il limite previsto per legge di 35 giorni con polveri sottili oltre il limite consentito –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, per quanto di competenza, ai sensi del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, non ritenga urgente e fondamentale assumere, per quanto di competenza, iniziative concrete e risolutive per il risanamento della qualità dell'aria, prevedendo, al contempo, una serie di azioni volte a garantire un costante e fondamentale supporto alle amministrazioni locali, al fine di chiudere, in maniera definitiva, la procedura di infrazione avviata dall'Unione europea contro l'Italia. (5-10674)

Interrogazione a risposta scritta:


   PLACIDO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo di giornale uscito in data 22 febbraio 2017 a firma del giornalista di radio radicale Maurizio Bolognetti riportata in data 23 gennaio 2017 in Basilicata i vertici dell'A.s.i. avevano registrato, all'interno dei depuratori di competenza, presenza di sostanze oleose (probabilmente idrocarburi) e avevano allertato non già gli organi inquirenti, ma i vertici dell'Eni che avevano provveduto alla rimozione dei liquami;
   in data 25 gennaio 2017 il fenomeno di ritrovamento dei liquami si era ripetuto e solo dopo una risposta negativa dei vertici dell'Eni, i vertici dell'Asi avevano allertato il Noe dei carabinieri;
   in data 3 febbraio 2017 i carabinieri del Noe avevano provveduto a sequestrare un pozzetto — posto nei pressi dello stabilimento di lavorazione del greggio e non censito maleodorante nel quale si notava acqua presumibilmente contaminata da idrocarburi;
   solo in data 12 febbraio 2017 l'Eni ha comunicato la scoperta — durante verifiche sulla rete fogniaria — di tracce di idrocarburi in un altro pozzetto a valle di quello posto precedentemente sotto sequestro dal Noe –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere affinché l'ENI adotti misure di sicurezza atte ad evitare il ripetersi (frequentissimo) di episodi simili a quelli sopra esposti e per chiarire qual è ad oggi la situazione eco-ambientale della Valle dell'Agri interessata dalle fuoriuscite di idrocarburi e quali pericoli minacciano la salute delle migliaia di cittadini che vi abitano.
(4-15702)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale del dramma antico rimane una eccellenza nazionale e internazionale della cultura classica;
   vanno realizzati tutti gli interventi economici, istituzionali, culturali e politici adeguati a salvaguardare il ruolo e il profilo di eccellenza culturale;
   per la città di Siracusa e l'intera Sicilia rappresenta uno strumento fondamentale per la promozione di politiche del turismo e di valorizzazione del patrimonio monumentale, archeologico e paesaggistico;
   le inchieste egregiamente sviluppate dalla procura della Repubblica di Siracusa sulla gestione sull'Inda hanno posto ombre inquietanti sulla trasparenza e sulla regolarità gestionale;
   il Ministro interrogato avviò, anche a seguito di esplicita e formale richiesta dell'interrogante, una indagine ispettiva che si concluse con la decisione di nominare il dottor Pier Francesco Pinelli, commissario straordinario dell'istituto per un periodo di 12 mesi. Tale decisione non fu condivisa sia dall'interrogante che da buona parte del mondo politico e culturale della città di Siracusa, in quanto l'Istituto avrebbe avuto bisogno di una rigorosa gestione e dell'eventuale individuazione di responsabilità pregresse, anziché di un indistinto commissariamento e del protrarsi della situazione di precarietà;
   il commissario si è insediato il 17 febbraio 2015 con il mandato prioritario di definire le proposte di modifica dello statuto;
   non è stata offerta alla città possibilità concreta e formale di conoscere dettagliatamente le proposte di modifica definite e avanzate dallo stesso commissario;
   come auspicato pubblicamente dall'interrogante e su richiesta formale di diversi consiglieri comunali della città di Siracusa, è stato convocato un consiglio comunale aperto cittadino. In tale assise sono giunte da parte del sindaco generiche rassicurazioni sul contenuto delle proposte statutarie e sul futuro dell'Inda;
   in data 12 gennaio 2017, in risposta all'atto n. 5-09841, il Ministro interrogato ha precisato che le suddette proposte statutarie sono state comunicate alla regione siciliana e al sindaco di Siracusa il 17 novembre 2016 e che sarebbero state approvate entro il 4 febbraio 2017 con conseguente conclusione della gestione commissariale;
   al contrario, si è appreso che la gestione commissariale sarebbe stata prorogata per ulteriori 6 mesi;
   allo stesso tempo, destano preoccupazione le indiscrezioni che vedrebbero l'Inda inserita in una ampia riforma dell'intero settore del teatro, con il conseguente rischio di centralizzazione del destino dell'istituto e di svuotamento e mortificazione del ruolo della città di Siracusa e della Sicilia;
   timori che sembrano confermati, ad avviso dell'interrogante, dalla genericità e dalla parzialità della risposta fornita il 12 gennaio 2017 alla citata interrogazione n. 5-09841;
   è fondamentale che l'Inda esca al più presto dalla gestione commissariale favorendo il pieno subentro degli organismi statutari in grado di elaborare, programmare e realizzare le azioni, le iniziative e i progetti giusti per un necessario salto di qualità –:
   quali siano i motivi che hanno portato alla proroga del mandato commissariale, nonostante le rassicurazioni fornite in data 12 gennaio 2017 e se tale proroga possa intendersi come l'ultima;
   se non ritenga necessario fornire alla città di Siracusa ogni elemento utile circa l'attività commissariale e la sua efficacia;
   se non ritenga necessario individuare una sede di confronto con le istituzioni locali e regionali e con le rappresentanze del mondo culturale e sociale della città di Siracusa, al fine di un'attenta verifica della gestione commissariale e del futuro dell'Inda. (5-10682)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la flotta aerea del Corpo forestale dello Stato svolgeva prevalentemente servizio antincendio boschivo e soccorso; per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016, dal 1o gennaio 2017, i velivoli di suddetta flotta saranno così destinati: ai Carabinieri andranno n. 5 AB412 EP (con matricola militare), n. 3 AW109N, n. 8 NH500D e il P180 Avanti 1 per un totale di 17 aeromobili; transitano invece al Corpo dei Vigili del fuoco 16 elicotteri; stessa sorte per il personale, piloti, specialisti e tecnici-amministrativi dell'ex-COA, ripartiti tra Comando dei Carabinieri e Corpo dei Vigili del fuoco;
   gli elicotteri NH500D sono velivoli multi-ruolo, facilmente manutentabili, maneggevolissimi e che possono atterrare in spazi ridottissimi e il loro rotore genera un flusso d'aria di basso impatto che permette loro di essere usato anche in ambienti polverosi o di neve fresca;
   nel mese di gennaio 2017, il centro Italia è stato colpito dall'emergenza neve e terremoto, che ha avuto il suo epilogo il 18 gennaio 2017, col dramma dell'hotel di Rigopiano nel comune Farindola (Pescara);
   il soccorso alpino della Guardia di finanza ha raggiunto per primo il luogo della tragedia alle ore 4 del mattino;
   si apprende dagli organi di stampa, di una polemica sollevata da alcuni piloti e specialisti dei vigili del fuoco secondo i quali 8 elicotteri dell'ex-CFS sarebbero rimasti fermi presso gli aeroporti di Roma, Pescara e Rieti, quindi non utilizzabili per prestare i soccorsi alle numerose persone rimaste isolate a seguito delle eccezionali nevicate, per mere questioni burocratiche e disorganizzative legate al passaggio nell'Arma (cambio matricole, livree e altro);
   il 19 gennaio 2017, da un comunicato dell'Ufficio stampa del Comando generale dell'Arma dei carabinieri, si apprende che, in relazione alle notizie diffuse attraverso un'agenzia di stampa, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri precisa che la base operativa degli elicotteri di Rieti, sita presso l'aeroporto Ciuffelli, già in uso al Corpo forestale dello Stato e dal 1o gennaio 2017 acquisita dall'Arma, non è chiusa. Quanto all'impiego di elicotteri trasferiti, di base a Rieti e Pescara, dal Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri va chiarito che gli NH500, efficienti, non sono nelle condizioni di operare nelle zone innevate nelle condizioni climatiche attuali, mentre, dei tre AB412 trasferiti all'Arma, uno è operativa al nord Italia e gli altri due sono inefficienti da mesi, in attesa di interventi straordinari di manutenzione, così come i tre A109. Sono efficienti e in uso i tre AB412 già appartenenti all'Arma dei carabinieri e a suo tempo bonificati dall'amianto, rischierati nelle basi, già appartenenti al Corpo forestale dello Stato, di Rieti e Pescara, attivi per missioni aeree di verifica dei rischi valanghe, con a bordo esperti carabinieri forestali. I velivoli sono utili anche per fornire assistenza agli allevatori, potendo trasportare fieno e alimenti per gli animali;
   il 21 gennaio 2017 il Ministero dell'interno ha autorizzato il rischieramento dalla base di Cecina a quella di Pescara di un elicottero AB412 e del suo equipaggio, passati dal Corpo forestale dello Stato ai vigili del fuoco, mentre il Ministro della difesa ha autorizzato dalla base di Rieti l'impiego di un NH500D transitato ai carabinieri;
   l'elicottero NH90, di stanza anche presso il Centro addestrativo aviazione dell'esercito di Viterbo, è un aeromobile multiruolo, realizzato al fine di effettuare missioni di trasporto tattico, ricerca e soccorso, evacuazione medica, lanci di paracadutisti e altro, con un'autonomia di volo di circa 4 ore, una velocità massima di oltre 300 km/h e che può imbarcare 20 passeggeri, con una capacità di carico di 3000 chilogrammi, e dispone di tecnologie avanzatissime come il radar meteo ed i sistemi per la protezione dal ghiaccio sulle pale, capaci di garantire il volo in condizioni meteorologiche proibite –:
   per quali ragioni l'aeromobile NH90 in dotazione alle Forze armate non sia stato impiegato per prestare i primi soccorsi presso il luogo della sciagura dell'hotel di Rigopiano;
   per quali ragioni gli NH90 in dotazione alle Forze armate non siano stati impiegati per il soccorso nelle altre zone dell'Italia centrale colpite dal sisma e dagli importanti eventi meteorologici;
   quali velivoli che erano nelle dotazioni del Corpo forestale dello Stato e che sono transitati ai carabinieri e ai vigili del fuoco non risultino operativi (o efficienti) a partire dal 1o gennaio 2017, e quali siano le ragioni del blocco della loro operatività;
   come si giustifichino le dichiarazioni fornite dall'Arma dei carabinieri il 19 gennaio 2017 in relazione al fatto che il 21 gennaio 2017 Armaereo autorizzava l'esercizio dell'NH500D dell'Arma, dalla base di Rieti;
   quale sia il tipo di certificazione o omologazione per gli aeromobili (Cotam), o di deroga che l'elicottero NH500D ha ricevuto per essere operativo a partire dal 21 gennaio 2017, e per quali ragioni tali autorizzazioni non siano state concesse a tutti gli elicotteri transitati dal Corpo forestale dello Stato ai carabinieri;
   quali siano le tempistiche necessarie per rendere operativi tutti i mezzi aerei transitati dal Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri e ai vigili del fuoco.
(2-01680) «Massimiliano Bernini, Terzoni, Basilio, Gagnarli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli «embedded» sono dei giornalisti specializzati in materie particolari, che seguono i militari nelle loro missioni nei teatri operativi e nelle esercitazioni;
   la loro funzione è quella di scrivere, produrre video, reportage e convegni sul complesso mondo delle attività militari facilitando la conoscenza dell'opinione pubblica che, attraverso il loro prezioso lavoro, è in grado di capire come vengono spesi i soldi destinati alla Difesa e come sono apprezzati, per preparazione e capacità, i militari italiani dalle altre nazioni e dalle popolazioni locali;
   i giornalisti «embedded» viaggiano e seguono le forze armate nei teatri operativi, tra l'altro, senza incidere nei bilanci del Ministero della difesa, in quanto sono inviati dalle testate giornalistiche per cui lavorano o agiscono in proprio in qualità di freelance;
   la normativa attuale prevede per i giornalisti che richiedessero di realizzare dei servizi sui contingenti impegnati nelle missioni di «fornire la necessaria assistenza ai media accreditati (compresa l'eventuale ospitalità e appoggio logistico) solo previa autorizzazione dell'Ufficio di pubblica informazione dello Stato Maggiore Difesa (SMD-PI) unico referente per l'accreditamento in teatro. Gli ufficiali PI in teatro devono assistere gli operatori dei media in tutte fornendo su esplicita disposizione informazioni, materiale fotografico, documentazione e organizzando visite presso i reparti nazionali, previa la firma di una dichiarazione liberatoria»;
   SMD-PI si prodiga ogni anno per realizzare corsi di formazione in accordo con la Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI), la Fondazione Cutuli ONLUS e con l’Institute for Global Studies (IGS) per addestrare gli organi di stampa ad affrontare le aree di crisi;
   un articolo di stampa apparso su «difesaonline.it» titola «C'ERANO (UNA VOLTA) GLI “EMBEDDED”», e, giustamente specifica che «i militari, dunque, potrebbero usare gli scritti degli embedded, anche con le varie critiche, per migliorarsi o per capire quello che occhi diversi da loro hanno rilevate sul campo. È un valore aggiunto importantissimo e prezioso»;
   sembra agli interroganti che si stia accendendo un forte dibattito tra chi richiede di poter seguire le attività delle forze armate nei vari scenari operativi ove essi vengono inviati e lo Stato Maggiore della Difesa; infatti, l'articolo giornalistico così conclude: «Peccato che negli ultimi anni la possibilità di seguire le forze armate italiane da embedded sia stata, se non azzerata, “di molto ridotta”. Come costume dei militari, non vogliamo qui sindacare precise scelte politiche (...)» –:
   quanti giornalisti ed operatori della comunicazione abbiano svolto attività a seguito delle forze armate italiane negli ultimi 20 anni, indicando, per ogni anno, in quale teatro operativo estero, e quanti di essi fossero già appartenenti alle forze armate. (5-10683)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENEDETTI, ALBERTI, PESCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in materia di Tari, l'articolo 1 della legge 147 del 2013, al comma 646, stabilisce che il comune, per le unità immobiliari iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, può considerare come superficie assoggettabile quella pari all'80 per cento della superficie catastale;
   a tal fine, il successivo comma 647 stabilisce che si attivino tra i comuni e l'Agenzia delle entrate determinate procedure di interscambio per l'allineamento tra i dati catastali degli immobili e duelli toponomastici. In attesa che tali disposizioni siano attuate, la superficie assoggettabile alla Tari coincide con quella calpestabile (comma 645);
   con comunicato stampa del 9 novembre 2015, l'Agenzia delle entrate ha reso noto che nelle visure catastali degli immobili censiti nelle categorie A, B e C sarà riportata, oltre alla superficie catastale, anche quella valevole ai fini della Tari, grazie ai flussi di interscambio dati già attivi tra Agenzia delle entrate e comuni. Ciò allo scopo di consentire ai cittadini di verificare con facilità i dati utilizzati dai comuni ai fini del controllo della tassa per i rifiuti;
   tuttavia, a distanza di un anno dalla pubblicazione della suddetta nota, molti comuni dichiarano di non poter applicare la nuova definizione di superficie assoggettabile ai fini della Tari, poiché non è stato emanato il provvedimento attuativo delle disposizioni di cui al richiamato comma 647;
   se tale lacuna risultasse confermata, ciascun comune sarebbe, dunque, legittimato ad applicare il criterio della superficie calpestabile secondo i propri regolamenti Tari, così come previsto dal citato comma 645, rendendo di fatto vana ed inefficace la riforma voluta dal legislatore –:
   se le disposizioni in materia di superficie assoggettabile ai fini Tari recate dall'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, commi da 645 a 647, risultino effettivamente inapplicabili a causa della mancata emanazione dei relativi provvedimenti attuativi e quali iniziative intenda avviare per porre rimedio a tale situazione.
(5-10673)


   MICCOLI, CARLONI e ALBANELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2016, presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato raggiunto un accordo per scongiurare i circa tremila licenziamenti di Almaviva Contact, call center del Gruppo Almaviva che il 21 marzo 2016 aveva avviato le procedure di riduzione del personale nelle sedi di Roma (920 persone) Napoli (400) e Palermo (fino a 1.670). La gestione degli esuberi avveniva con la sottoscrizione di un contratto di solidarietà difensiva di 6 mesi, con una percentuale di riduzione oraria del 45 per cento per Roma e Palermo e del 35 per cento per Napoli;
   ad ottobre 2016, a soli pochi mesi dall'accordo, è stato dato l'avvio ad una seconda e simile procedura per Almaviva Contact, motivata dall'aggravarsi della situazione dei conti dell'azienda con la previsione di chiudere i siti produttivi di Roma e di Napoli e di ridurre il personale, nello specifico 2.511 unità: Roma 1.666 e Napoli 845;
   il 21 dicembre 2016, a conclusione dei 75 giorni di procedura, come previsto dalla legge n. 223 del 1991, è stato raggiunto un nuovo accordo al Ministero dello sviluppo economico per prolungare fino al 31 marzo 2017 i tempi per trovare un'intesa su produttività e riduzione dei costi. Nel frattempo, sono stati congelati esuberi e garanzia, da parte del Governo, della rete di protezione degli ammortizzatori sociali;
   tale accordo è stato sottoscritto solo dalle rappresentanze sindacali unitarie di Napoli, mentre a Roma la sede è stata chiusa, con l'inevitabile aggravarsi della crisi occupazionale nella Capitale;
   nell'agosto 2016 la società Simest, società privata ma che annovera la Cassa depositi e prestiti come azionista di maggioranza (al 76 per cento), è entrata nell'azionariato di Almaviva do Brasil per il 5 per cento delle quote complessive, con un investimento pari a 50 milioni di Reais (circa 15 milioni di euro);
   a pochi giorni da questa operazione, Almaviva do Brasil, a quanto risulta agli interroganti, ha annunciato un investimento nel proprio mercato per 40 milioni di euro di Reais;
   tali notizie sono riportate da diverse testate giornalistiche on line, quali segs.com.br, converge.com.br ed exame.abril.com.br –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle dinamiche sopracitate;
   quali siano le ragioni che hanno portato un investitore il cui controllo è riconducibile al Governo – poiché Cassa depositi e prestiti è controllata per l'82,77 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze – a sostenere investimenti così ingenti e forse un vero e proprio ingresso nel capitale di Almaviva do Brasil, in considerazione del fatto che il gruppo Almaviva ha utilizzato per anni ammortizzatori sociali, ha licenziato 1.666 persone nella Capitale, per lo più donne con figli a carico e con un reddito medio inferiore ai mille euro, dimostrando totale disinteresse verso qualsiasi forma di responsabilità sociale. (5-10679)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la procedura di selezione per il concorso per il passaggio alla ex posizione economica C1 (attuale terza fascia) per copertura di 407 posti disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze, si è conclusa con la definizione della graduatoria approvata con decreto ministeriale del 22 ottobre 2010, attribuendo la posizione sopra citata ai 407 vincitori. I restanti concorrenti, circa 120, sono risultati idonei ma non vincitori;
   si ritiene, però, che anche a questi ultimi possa essere attribuita la posizione sopra ricordata, in quanto essa non comporta alcun aggravio di spesa e non causa alcun contenzioso, per mancanza di contro interessati;
   inoltre, il concorso ricordato configura un passaggio tra aree professionali e va quindi considerato alla stessa stregua dei concorsi pubblici previsti per l'assunzione di nuovo personale; la sentenza 5112 del Consiglio di Stato, del 12 settembre 2011 ha affermato il principio secondo il quale le amministrazioni pubbliche che intendano ricoprire nuovi posti in organico e procedere a nuove assunzioni, devono utilizzare le graduatorie dei precedenti concorsi;
   il decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, inoltre, ha sancito, all'articolo 4, comma 2, il medesimo principio, stabilendo che l'avvio di procedure concorsuali nelle pubbliche amministrazioni è subordinato all'immissione in servizio nella stessa amministrazione di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato e all'assenza nella stessa amministrazione di idonei collocati nelle proprie graduatorie ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007;
   non appare, quindi, giustificato, secondo l'interrogante, il bando di concorso per il reclutamento di 179 unità di personale della terza fascia ex C1, emanato dal Ministero il 17 dicembre 2013;
   si aggiunga anche che il pensionamento di molte unità sopraggiunto di recente ha ridotto in modo sensibile il personale a disposizione, mentre l'efficacia delle graduatorie ricordate è stata prorogata fino al 31 dicembre 2017;
   di analoghi provvedimenti di scorrimento delle graduatorie hanno recentemente beneficiato l'Agenzia delle entrate, il Ministero dell'interno, la Corte dei conti, il Consiglio di Stato e in precedenza dell'Agenzia delle dogane –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per rispondere ad un'esigenza che appare indifferibile, come quella su esposta in premessa e relativa alle 120 unità considerate idonee ma non vincitrici di concorso. (4-15695)


   CORDA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o luglio 2016 è divenuta operativa Equitalia Servizi di Riscossione spa, la nuova società di riscossione che ha sostituito i precedenti tre agenti della riscossione Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973, all'articolo 26 (Notificazione della cartella di pagamento) prevede che la cartella deve essere notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale;
   secondo l'articolo 43 del decreto legislativo n. 112 del 13 aprile 1999, l'ufficiale della riscossione deve esercitare le sue funzioni nei comuni compresi nell'ambito del concessionario che lo ha nominato; l'ufficiale della riscossione inoltre non può farsi rappresentare né sostituire;
   al comma 3 dell'articolo 42 dello stesso decreto legislativo n. 112 del 1999, gli ufficiali della riscossione esercitano le loro funzioni a seguito dell'autorizzazione del prefetto della provincia nella quale è compreso il comune in cui ha la sede principale il concessionario;
   attualmente la sede legale dell'Agente della riscossione è a Roma; pertanto le autorizzazioni degli ufficiali di riscossione nominate dall'Agente della riscossione competono alla prefettura di Roma;
   dal periodo compreso tra luglio e ottobre 2016, la prefettura di Roma non ha autorizzato alcun ufficiale di riscossione; la prefettura di Roma era l'unica prefettura preposta, per competenza territoriale ad autorizzare gli ufficiali di riscossione nominati da Equitalia Servizi Riscossioni spa –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione a tali anomalie e quali iniziative intenda assumere per garantire che vengano rispettate le norme vigenti, specie in virtù del fatto che tali negligenze possono potenzialmente arrecare danni all'erario, sia per le liti potenziali che possono sorgere, sia per le azioni esecutive eseguite senza i requisiti essenziali e sulla base dei titoli esecutivi notificati senza il rispetto delle normative. (4-15703)


   PRESTIGIACOMO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il libero consorzio comunale di Siracusa è un libero consorzio comunale di 403.985 abitanti della Sicilia, con capoluogo Siracusa, subentrato nel 2015 alla soppressa provincia regionale;
   in una lettera inviata dal commissario, dottor Giovanni Arnone, il 1o febbraio 2017 al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e finanze, oltre a tutte le autorità regionali, viene illustrata la pesante situazione di indebitamento dell'ente;
   un contributo straordinario della regione siciliana pari a 15.400.00 euro ha consentito, nel mese di dicembre 2016, di pagare gli stipendi ai dipendenti che non percepivano i salari dal mese di luglio;
   le entrate delle ex province hanno subito, in questi ultimi esercizi finanziari, costanti decurtazioni dovute al prelievo forzoso destinato al risanamento e alla stabilizzazione della finanza pubblica;
   i trasferimenti dello Stato all'ente sono passati da 16.615.352,42 euro per l'anno 2010, e progressivamente, a 12.817.046,6 euro per il 2011, a 5.068.301,36 per il 2012, fino al prelievo forzoso di ben 19.413.227,41 euro per l'anno 2016;
   le somme residue dovute per il periodo 2015-2016 ammonterebbero a 16.352.530,58 euro, e il prelievo forzoso previsto per il 2017 sarebbe di 22.000.000 euro con un saldo di esercizio negativo pari a 38.352.530,58, che non può che paralizzare drasticamente l'intera attività dell'ente;
   a fronte di queste somme, lo Stato, mediante l'Agenzia delle entrate, continua ad operare il recupero forzoso, trattenendo le quote dell'imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile auto e dell'imposta provinciale di trascrizione dei veicoli, provocando, di fatto, l'azzeramento delle entrate proprie del libero consorzio e il blocco di tutte le attività degli stessi uffici;
   l'ente, penalizzato da questo enorme drenaggio, non potrà corrispondere gli emolumenti ai propri dipendenti, provvedere alla manutenzione della viabilità secondaria, finanziare le spese relative all'istruzione scolastica superiore e universitaria, garantire assistenza ai soggetti disabili, e sarà impossibile fornire il carburante dei mezzi alla polizia municipale, alla protezione civile e al personale per il controllo ambientale;
   sul libero consorzio gravano, inoltre, rate di mutui pari 6.500.000 euro annui fino al 2044; i debiti fuori bilancio raggiungono somme elevate; in assenza di fondi non sarà possibile rispettare i piani di rientro per i principali fornitori (Enel, Telecom) e ad oggi sono state disabilitate tutte le linee per chiamate esterne;
   l'ammontare complessivo di tali debiti è difficilmente quantificabile, ma sicuramente, a quanto consta all'interrogante, si tratta di almeno 100 milioni di euro;
   in queste condizioni non si potrà fronteggiare nessuna situazione di emergenza; è la paralisi economica e sociale, e l'angoscia e lo sconforto irrompono su centinaia di lavoratori e famiglie che vedono mortificate le loro vite e il loro futuro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della drammatica situazione determinata dal prelievo forzoso che impedisce al consorzio siracusano di adempiere alle proprie funzioni, in quanto totalmente privato delle risorse finanziarie necessarie;
   se non ritenga, per quanto di competenza, di adottare urgentissime iniziative straordinarie sul piano finanziario attivandosi al fine di sospendere immediatamente il prelievo forzoso. (4-15708)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto procedimento «Pesci» – procedimento penale n. 18337/11 R.G. Mod. Unico D.D.A di Brescia: Belfiore Gaetano e altri (n. 1821/15 R.G. G.I.P. del tribunale di Mantova) – è un procedimento parallelo e connesso, anche per la presenza di numerosi coimputati, al procedimento cosiddetto «Aemilia» (procedimento penale 12909/13 R.G. Mod. Unico D.D.A. di Bologna);
   sebbene quest'ultimo si svolga nella sua sede naturale – ovvero il tribunale di Reggio Emilia – il cosiddetto procedimento «Pesci» si svolge presso la sede del tribunale di Brescia, anche se ad essere competente è il giudice del tribunale di Mantova, in quanto territorio dove si sono registrati i fatti contestati;
   il motivo è determinato dall'assenza presso il tribunale di Mantova di un'aula allestita per la partecipazione al dibattimento a distanza, ex articolo 146-bis disposizione attuative C.p.p.;
   la società civile mantovana ha voluto mostrare la propria presenza ed il proprio rifiuto a questa sconcertante e pervasiva presenza mafiosa sul proprio territorio attraverso la costituzione di parte civile nel processo «Pesci» ad opera dell’«Associazione Libera, Associazioni nomi e numeri contro le mafie», preparando e portando a partecipare alle udienze anche intere scolaresche o gruppi di giovani informati e sensibilizzati ad una problematica così grave per l'intero tessuto socio-economico del territorio e di notevole rilevanza per tutto il Paese;
   dal 2015 opera sul territorio anche una Consulta provinciale della legalità;
   purtroppo, tutte tali iniziative e mobilitazioni della società civile, si scontrano con l'obiettiva difficoltà di seguire un processo che calendarizza due udienze a settimana nella città di Brescia;
   è stata inviata all'attenzione del Ministro interrogato anche una lettera sottoscritta da numerosi enti ed associazioni presenti sul territorio della provincia di Mantova, con cui si richiede un intervento finalizzato a risolvere il problema che determina un impedimento a seguire questo importante processo –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di dotare il tribunale di Mantova di un'aula con le necessarie apparecchiature previste per la partecipazione al dibattimento a distanza, ex articolo 146-bis disposizioni attuative c.p.p., strumentazione peraltro necessaria al tribunale, consentendo così alle associazioni impegnate nel contrasto alla mafia di partecipare alle prosecuzione del processo cosiddetto «Pesci» procedura penale 1821/15 R.G. G.I.P. che interessa direttamente il territorio mantovano.
   (5-10675)

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE e MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di «Arghillà» a Reggio Calabria fu inaugurato nel luglio 2013; dopo lavori interminabili ed ancora oggi in alcune sue parti da completare, fu indicato come la possibile casa circondariale modello della Calabria per il recupero dei detenuti definiti di «media sicurezza», per come era stato ideato e pensato;
   a soli 3 anni e mezzo dall'apertura, le problematiche, le carenze e i disservizi causati dall'inadeguatezza strutturale e dal numero esiguo del personale penitenziario nonché dall'aumento progressivo delle presenze dei detenuti – oggi ve ne sono 324 dai 160 iniziali, di cui quasi un terzo definiti di «alta sicurezza», cioè «pericolosi», che sono ospiti al terzo piano della struttura – sono venuti tutti a «galla». A determinare ciò sarà stata forse la premura a voler avviare una struttura che rischiava di diventare l'ennesima cattedrale nel deserto assieme alla sottovalutazione dei rischi e dei problemi che quest'area geografica purtroppo offre sotto l'aspetto della delinquenza organizzata e di quella comune. Non sono servite a nulla, durante questi anni, le numerose segnalazioni, sia da parte del mondo sindacale che anche da chi ricopre un ruolo di responsabilità nel gestire l’«Arghillà», volte a sensibilizzare il Ministero a pianificare nel modo migliore la funzionalità di questo carcere;
   tale comportamento da parte di questo Ministero mette in pericolo anche la stessa salvaguardia e sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria che operano in queste condizioni, oltre a tutti i rischi esterni ed interni che possono verificarsi;
   inoltre, su invito del responsabile interregionale Sicilia-Calabria del sindacato della polizia penitenziaria Cosip Luigi Barbera, il primo firmatario del presente atto ha visitato a fine gennaio 2017 la struttura per rendersi conto delle problematiche in cui versa, ed è impensabile che una casa circondariale venga gestita in questo modo. Vi è da fare solo una lode particolare a tutto il personale che, con spirito di abnegazione, attaccamento alla divisa che indossa e responsabilità, riesce ancora oggi a farlo funzionare. Sia dalla direttrice del carcere, dottoressa Longo, che dagli stessi agenti e dal responsabile del Cosip il primo firmatario del presente atto si è fatto indicare le problematiche gestionali, facendosi altresì consegnare una copiosa documentazione sulla situazione reale. Purtroppo, non ci sono parole per definire in modo appropriato tutte le problematiche in cui versa «Arghillà». Dopo la visita del carcere per constatare le condizioni della struttura – in alcuni casi fatiscente e inadeguata a ospitare gli agenti penitenziari – il primo firmatario del presente atto si è reso conto dei problemi gestionali nascenti dalla carenza dell'organico, che, oltre ad essere sottodimensionato, è costituito da diversi agenti che sono distaccati da altri istituti di pena con il rinnovo di tre mesi in tre mesi o semestrale, chiaramente con ripercussioni e disagi anche sulla loro vita familiare, oltre che sotto l'aspetto economico –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riferiti e se intenda promuovere una ispezione ministeriale immediata al fine di programmare e risolvere, nel brevissimo periodo, i gravi problemi strutturali e gestionali sopra evidenziati e verificare le responsabilità di tale stato dei fatti;
   se non intenda valutare, in via emergenziale, l'invio immediato di non meno di 30/40 agenti di polizia penitenziaria attraverso un interpello al fine di coprire le gravi carenze organiche sopra riferite.
(4-15705)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le Ferrovie del sud est e servizi automobilistici, note anche come Ferrovie del sud est (Fse) sono una società a responsabilità limitata operante nel campo dei trasporti ferroviari e automobilistici il cui socio unico è il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
   da fonte stampa del quotidiano di Puglia del 14 febbraio 2017 dal titolo «Fse, ancora un mese di disagi: “La situazione è tragica”» si evince che sono 40 gli autobus di Fse guasti e fermi in deposito dall'inizio dell'anno 2017, su un totale di 77 mezzi in circolazione ogni giorno;
   sempre secondo la fonte stampa citata, nella sede dell'assessorato regionale ai trasporti, alla presenza dell'assessore Giovanni Giannini il direttore della divisione cargo delle Ferrovie dello Stato italiane e i delegati delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, sono stati i vertici di Fse a confermare le numerose difficoltà;
   Fse avrebbe rivelato che la maggior parte dei bus guasti resterà ferma almeno sino alla fine di marzo 2017 e per l'inizio della primavera Fse conta di avere a disposizione almeno 17 nuovi mezzi a fronte di 40 bus che sarebbero necessari per garantire il servizio;
   la situazione per il trasporto dei pendolari nel Salento che usufruiscono del servizio di Fse rimane critica;
   in data 6 maggio 2016 il Ministro interrogato, partecipando al «Convegno sistema gomma nel trasporto passeggeri – sostenibilità e tecnologie per l'evoluzione del sistema», ha dichiarato che tra le priorità per il trasporto pubblico locale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, c’è il rinnovo del parco circolante, insieme all'istituzione di una centrale unica di acquisto per la sostituzione e l'ammodernamento delle flotte e l'applicazione immediata dei costi standard;
   sempre nell'occasione sopra citata, il Ministro interrogato ha ribadito l'impegno verso la mobilità pubblica che dovrà essere sostenuta, anche con incentivi fiscali sia per chi utilizza i mezzi di trasporto pubblico sia per le aziende che mettono in atto politiche virtuose –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto espresso in premessa, se tale situazione trovi conferma e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di permettere alle Ferrovie dello Stato Italiane di risolvere le criticità espresse in premessa;
   se Fse nel mese di marzo 2017 disporrà effettivamente di nuovi 17 autobus e con quali risorse economiche i suddetti mezzi verranno acquistati;
   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi circa gli effetti ottenuti con l'istituzione dei costi standard previsti dall'articolo 1, comma 84, della legge n. 147 del 2013;
   quante e quali regioni abbiano usufruito del fondo previsto dall'articolo 1, comma 886, della legge n. 208 del 2015 e quanti mezzi siano stati acquistati per ciascuna regione;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda il Ministro mettere in atto per assicurare risorse stabili e sufficienti alle aziende che erogano servizi di trasporto pubblico locale, atteso che il cofinanziamento nazionale non è sufficiente e che ogni anno esse si trovano costrette ad un aumento tariffario, ad una razionalizzazione del numero e della frequenza delle corse ovvero all'impossibilità di garantire il servizio;
   quali ulteriori iniziative di competenza stia predisponendo il Ministro interrogato al fine di riportare l'età media del parco autobus circolante in Italia per il trasporto pubblico locale, pari a oltre 12 anni, in linea con la media europea pari a 6 anni, con particolare riferimento alla situazione in Puglia;
   quali ulteriori iniziative stia predisponendo il Ministro al fine di favorire quantomeno il raddoppio della dotazione numerica media dei mezzi degli enti locali e delle società di trasporto pubblico locale, atteso che i nuovi acquisti solitamente tendono a rimpiazzare mezzi obsolescenti e guasti, con particolare riferimento alla situazione in Puglia. (5-10672)


   GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda della situazione della rete ferroviaria regionale dell'Umbria (ex FCU) ha assunto una veste paradossale;
   prima è stato chiuso il tratto Umbertide-Città di Castello, ora si viene a chiudere il tratto Ponte San Giovanni-Perugia, e si è in attesa di ulteriori spiacevoli sorprese;
   tali chiusure avvengono sempre per motivazioni legate alla sicurezza della tratta ed appare evidente che la normale manutenzione della rete non è stata di certo effettuata e magari sono state privilegiate altre scelte che nulla hanno a che fare con la ferrovia, con i pendolari, con gli studenti ed i lavoratori che sono costretti ad odissee assurde (2 ore per percorrere la tratta Città Di Castello – Perugia tra autobus e treno);
   la vicenda rende plastica l'inadeguatezza della gestione della politica del trasporto su ferro;
   si è ancora in attesa di comprendere la tempistica del passaggio a Rete ferroviaria italiana della rete ferroviaria regionale;
   sarebbe necessario garantire un servizio temporaneo più agevole per gli utenti e una tempistica certa nel fare i lavori necessari alla linea (onde evitare disservizi e soprattutto depauperare il servizio ferroviario) –:
   quali siano gli orientamenti, nonché la tempistica e le modalità, circa il passaggio della rete ferroviaria regionale (ex Fcu) a Rete ferroviaria italiana;
   quali iniziative di competenza il Ministro, congiuntamente alla regione, intenda mettere in campo per garantire il servizio ferroviario in Umbria, a tutela di un patrimonio pubblico fondamentale per l'Umbria nonché degli utenti del servizio oggi costretti ad una quotidiana via crucis. (5-10677)


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con 157 chilometri e un'utenza pari a circa 4.000 passeggeri giornalieri, la ex Ferrovia centrale umbra è una linea a scartamento ordinario in concessione, il cui tracciato si snoda quasi totalmente nel territorio dell'Umbria;
   a luglio 2016 regione Umbria e Rete ferroviaria italiana (Rfi) hanno siglato un protocollo d'intesa che prevede il passaggio dell'ex Fcu in concessione e gestione per cinque anni a Rfi, fino al 2022. Tale trasferimento sarebbe dovuto avvenire lo scorso mese di gennaio. Il protocollo attua l'accordo quadro tra regione Umbria e Rfi per la gestione della ex Fcu da parte di quest'ultima, che prevede l'incremento della capacità di traffico sulla linea ferroviaria umbra, il potenziamento dei collegamenti con Roma e le Marche, nonché investimenti per la messa in sicurezza e la riqualificazione della rete;
   a partire dal 27 gennaio 2017 l'assessore regionale ai trasporti dell'Umbria ha ufficializzato la chiusura della tratta Perugia Sant'Anna-Ponte San Giovanni per lavori di elettrificazione della linea. La durata prevista dei lavori è di ottocento giorni per una spesa complessiva di 19 milioni di euro. Nel frattempo Busitalia metterà a disposizione bus sostitutivi per permettere a studenti, lavoratori e viaggiatori di collegarsi con la stazione di Ponte San Giovanni;
   questa chiusura va ad aggiungersi a quella della linea Città di Castello-Umbertide che, ormai, è da oltre un anno fuori servizio nonostante le ripetute proteste dei pendolari e le sollecitazioni pervenute dai sindaci dell'Alta Valle del Tevere;
   con i nuovi interventi di elettrificazione, i tempi di percorrenza si allungano soprattutto per coloro che partono dal nord dell'Umbria per raggiungere le aree di Perugia e Terni, tanto che i sindaci di Città di Castello e di Umbertide, l'assessore alla viabilità di San Giustino e il vice-sindaco di San Sepolcro hanno nuovamente evidenziato la necessità, non più rinviabile, di interventi concreti per limitare i disagi a pendolari e utenti della ex Fcu a seguito della chiusura della tratta Città di Castello e Umbertide e, da gennaio, anche da Ponte San Giovanni alla stazione di Sant'Anna;
   la Fcu svolge un ruolo di primaria importanza nel collegamento tra le diverse zone della regione ed è un'alternativa fondamentale che alleggerisce il traffico stradale con effetti incisivi sui livelli di inquinamento;
   durante lo svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea dell'interrogante in data 8 marzo 2016, per quanto riguarda la quantificazione e la durata dei cantieri sulla tratta in questione, il Ministro interrogato ha risposto che non è ancora possibile stabilirle nelle fasi di analisi e di programmazione degli interventi. In relazione all'investimento complessivo, il Ministero è stato sollecitato soprattutto ad occuparsi della principale direttrice, cioè la linea Perugia-Terni, e stima che l'investimento necessario per un adeguamento funzionale alle esigenze di mobilità ed interscambio con la rete nazionale sia nell'ordine dei 100-120 milioni di euro;
   nel corso dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 5 ottobre 2016 l'interrogante ha chiesto notizie riguardo allo stato di avanzamento della progettazione e dello studio di fattibilità della ex Fcu, nonché agli investimenti da effettuare per dare piena funzionalità alla suddetta linea –:
   se la gestione della ex Fcu sia effettivamente passata a Rfi e, a distanza di mesi dall'ultima risposta fornita in merito, se il Ministro abbia ulteriori notizie sullo stato di avanzamento della progettazione e dello studio di fattibilità riguardanti i lavori della ex Fcu e, quindi, sui tempi necessari per gli interventi, in particolare per il ripristino della tratta Città di Castello-Umbertide, nonché sulle modalità e i tempi per la realizzazione degli investimenti. (5-10684)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 febbraio 2017, lungo la strada statale n. 7 Via Appia (SS 7), nel tratto definito «Ofantina bis», si è verificato l'ennesimo incidente automobilistico che ha causato la perdita di una vita umana;
   la costanza con la quale si succedono questi incidenti indica in maniera inequivocabile che ci sono interventi da operare lungo un'arteria che, evidentemente, presenta caratteristiche che la rendono particolarmente pericolosa;
   gli amministratori locali dei comuni attraversati dall'arteria hanno scritto una missiva al prefetto di Avellino con la quale chiedono che il suo ufficio provveda alla riattivazione del tavolo operativo denominato «Ofantina Sicura», al fine di elaborare un piano di interventi che servano a rendere meno pericolosa una strada che, tra l'altro, è molto trafficata;
   l'auspicio è che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si renda promotore di un'iniziativa che serva a mettere in sicurezza il tratto della strada statale n.7, chiamato «Ofantina bis» e che ponga fine alla sequela di incidenti che caratterizzano una strada che in Irpinia è definita «la strada della morte» –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per rimediare alla pericolosità della strada statale «Ofantina bis» e porre fine alla serie di incidenti, spesso mortali, che si verificano lungo l'arteria.
(4-15696)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRACÌ e DISTASO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 febbraio 2017, la città di Brindisi è stata teatro dell'ennesimo atto di violenza consumato ai danni di un giovane italiano che si trovava presso una fermata del bus nelle vicinanze della stazione ferroviaria, quando è stato avvicinato e poi violentato da due pakistani di 27 e 28 anni che in poco tempo sono stati fermati dalle forze dell'ordine;
   secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, uno dei due risultava in possesso di un permesso di soggiorno già scaduto da 4 anni e, ad oggi, ancora in fase di rinnovo;
   l'interrogante ha più volte denunciato sia al Ministro dell'interno fra il 2014 e il 2016, sia agli organi territoriali competenti nell'ambito di un personale « tour» per la sicurezza, sia a mezzo stampa, la condizione di insicurezza in cui versano Brindisi e tutta la provincia;
   nel dicembre 2016 l'interrogante è intervenuto sulla struttura Ferrhotel di Brindisi, un edificio da lungo tempo trasformato in ricovero per immigrati irregolari e senzatetto, concordando con il prefetto, il sindaco e tutti gli organi di pubblica sicurezza, circa lo sgombero dell'area tramite un'operazione coordinata di polizia, carabinieri, guardia di finanza e vigili urbani;
   con una comunicazione del settembre 2016, la prefettura di Brindisi dichiarava una presenza di stranieri ospiti fra centri di accoglienza straordinaria, centri di accoglienza per richiedenti asilo e Sprar pari a 1271 unità, un numero superiore alla quota spettante al territorio fissata in 1194 unità. Nella stessa nota si legge che la struttura di accoglienza presente nella città di Brindisi di proprietà comunale, «è destinata al ricovero notturno di cittadini extracomunitari regolarmente presenti sul territorio, affidata alla gestione di una cooperativa (...). Risulta che la stessa ospita da tempo un cospicuo numero di stranieri, spesso superiore alla capienza originaria di 100 posti, con conseguenti problemi e criticità. (...) in particolare la situazione è stata sottoposta all'esame congiunto delle forze dell'Ordine, per i profili suscettibili di implicazioni o possibili ripercussioni sull'ordine e la sicurezza pubblica»;
   l'interrogante ha potuto constatare personalmente che le strutture del centri di accoglienza per richiedenti asilo e dei centri di identificazioni ed espulsione risultano notevolmente sovraffollate, con una presenza nella prima struttura di più di 200 persone a fronte di una capienza pari a 128 unità, registrando che, invece, nella seconda la quasi totalità degli ospiti risulterebbe avere a carico diversi precedenti penali –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di favorire una riorganizzazione del sistema di accoglienza su tutto il territorio nazionale, concordando con le prefetture, le questure e i sindaci una gestione organica delle politiche di accoglienza coerentemente con le capacità ricettive di ciascuna città;
   quali iniziative intenda adottare allo scopo di snellire le procedure per il rimpatrio degli irregolari garantendone l'efficacia anche per mezzo di accordi con i Governi dei Paesi da cui hanno origine i flussi;
   quali iniziative intenda adottare per ripristinare nel territorio di Brindisi e della provincia il rispetto della quota parte spettante in termini di presenza di stranieri sul proprio territorio. (4-15692)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'istituzione dell'Agenzia unica per l'attività ispettiva, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, con il decreto legislativo n. 149 del 2015 è stata l'opzione scelta dal legislatore delegato per perseguire «la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva» in materia di lavoro (articolo 1, comma 7, lettera l), della legge n. 183 del 2014), in alternativa a quella, pure prevista nel citato articolo della legge delega, che contemplava l'individuazione di «misure di coordinamento»;
   la costituzione di un'agenzia unica ispettiva avrebbe consentito, inoltre, di venire incontro alle legittime rivendicazioni che da tempo il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali avanzava, in termini di valorizzazione professionale, sia per i profili normativi che per quelli di natura meramente economici, potendo contare sull'autonomia gestionale propria delle agenzie ex decreto legislativo n. 300 del 1999;
   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, unifica i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Inps e dell'Inail, assicurando uniformità di azione ispettiva su tutto il territorio nazionale, attraverso i propri uffici territoriali che sostituiscono, assorbendone integralmente le funzioni, le attuali direzioni interregionali e territoriali del lavoro; l'agenzia, i cui poteri sono rafforzati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2016, contenente le disposizioni per l'organizzazione delle risorse umane e strumentali per il funzionamento del nuovo ente, con riferimento alla parte meramente operativa;
   ad avviso dell'interrogante non sono forse state adeguatamente soppesate le ricadute pratiche derivanti dal fatto che l'integrazione riguarda tre realtà diverse, per inquadramento retributivo e normativo, nonché per modello organizzativo che, in assenza di adeguate risorse e probabilmente di adeguato coraggio politico, ha portato a lasciare gli ispettori dell'Inps e dell'Inail, incardinanti giuridicamente presso i rispettivi enti di appartenenza, con il loro trattamento economico/normativo e soprattutto con il loro modello organizzativo che contempla, tra l'altro, la responsabilità personale dell'ispettore quale responsabile del procedimento e del provvedimento, così da impedire la realizzazione di quella effettiva unicità del corpo ispettivo e, soprattutto del modello operativo, che avrebbe dovuto connotare la nuova Agenzia unica;
   circa 700 ispettori Inps sono stati assunti a seguito di un concorso pubblico del 2007 e si può agevolmente intuire come tale «ruolo ad esaurimento» sarà presente almeno per i prossimi 30 anni;
   con riferimento ai dipendenti degli istituti Inps-Inail e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è transitato nella nuova agenzia soltanto il personale ispettivo ministeriale;
   dal mese di gennaio 2017 il personale si è improvvisamente «trovato» alle dipendenze dell'Ispettorato nazionale del lavoro, quale nuovo datore di lavoro e non più del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, ad oggi, nessun decreto interministeriale risulta pubblicato in materia;
   molti sono i dubbi e le incertezze rispetto al modello operativo proposto che rischia di compromettere la funzionalità delle forme di coordinamento che pure sul territorio erano e sono in atto –:
   quali siano le risorse finanziarie disponibili per la nuova Agenzia unica per le ispezioni del lavoro;
   se ritenga di assumere iniziative per accelerare le procedure ricognitive sopra indicate per i conseguenti trasferimenti di risorse relative all'inquadramento nell'agenzia del personale;
   quando sarà stipulato il contratto integrativo collettivo previsto dall'articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 1999;
   come si intenda procedere per la riorganizzazione degli uffici territoriali, la rideterminazione in modo uniforme del trattamento di missione del personale ispettivo, eliminando disparità che oggi sono ancor più ingiustificate, e per la definizione di specifiche linee-guida per individuare delle procedure ispettive necessarie a garantire adeguate modalità di svolgimento degli accessi da parte del personale di vigilanza ed assicurare una uniforme valutazione delle fattispecie oggetto di accertamento, come previsto dall'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2016.
   (3-02814)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende dalla stampa on line www.umbria24.it del 25 gennaio 2017, «Sono quasi 80 le persone che dall'inizio di febbraio non avranno più un posto di lavoro nell'area di Marsciano (Pg). A denunciarlo in una nota è la Fiom Cgil che parla di “colpo durissimo” per la città e per tutta la provincia di Perugia. Dal primo febbraio saranno 77 i lavoratori di due importanti aziende del territorio, la Clam e la Presystem (produzione di caminetti e stufe), che saranno disoccupati. Mercoledì si è conclusa la procedura di licenziamento collettivo per i 19 dipendenti della Presystem, che ha richiesto il concordato preventivo, e i 58 della Clam, che andrà invece in liquidazione coatta amministrativa, una procedura concorsuale simile al fallimento. “Nonostante l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali degli ultimi anni – commenta Maurizio Maurizi, segretario generale della Fiom Cgil di Perugia – la Clam e la sua controllata Presystem non sono state capaci di invertire la tendenza ad un costante calo delle commesse e del fatturato. Così, come al solito, a pagare sono i lavoratori”»;
   è forte la preoccupazione dei dipendenti interessati dalla procedura di licenziamento per le prospettive future –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro, anche facendosi promotore di un tavolo di confronto governativo con le aziende interessate, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali che favorisca un piano per il riassorbimento e/o il ricollocamento dei lavoratori o nuove prospettive di reddito per i dipendenti degli stabilimenti della Clam e della Presystem di Marsciano, così da evitare un depauperamento di competenze specializzate, in un'area, quella dell'edilizia e dei servizi all'edilizia abitativa, da sempre ritenuta strategica per lo sviluppo delle imprese italiane in un territorio già duramente colpito dalla crisi. (5-10670)


   COMINARDI, TRIPIEDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 25 novembre 2015 è entrata in vigore la legge n. 161 del 2014, che all'articolo 14, comma 1, abroga due precedenti norme italiane, derogatorie della direttiva comunitaria in tema di orari e riposi del personale sanitario dipendente, medici e non medici. Da quella data si applicano a pieno titolo, anche alla dirigenza sanitaria e ai sanitari, tutte le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 66 del 2003 e, in particolare, la previsione dell'articolo 7, comma 1, del decreto, secondo la quale «il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo continuativo, ogni 24 ore». Peraltro, l'articolo 14, comma 3, della legge n. 161 del 2014 dispone che le norme contrattuali (ad esempio l'articolo 17 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2008, area IV) che avevano dato attuazione alle norme ora abrogate cessino di aver applicazione alla stessa data del 25 novembre 2015, dalla quale va pienamente applicata la direttiva europea 88/2003 sull'orario di riposo e di lavoro dei medici (e sanitari) dipendenti;
   gli interroganti evidenziano come per il solo personale «pubblico» del servizio sanitario nazionale da giugno 2008 era stato possibile continuare a derogare dalle regole europee, sia per quanto riguardava la durata massima dell'orario settimanale di lavoro (48 ore, secondo l'Unione europea; deroga italiana ex articolo 41) che per quanto riguarda il riposo giornaliero (11 ore, ogni 24 ore lavorate, secondo l'Unione europea, deroga italiana ex articolo 17). Al fine di evitare la procedura di infrazione europea, il Parlamento italiano ha ripristinato, anche per la sanità pubblica, le regole del diritto comunitario già in vigore per tutti gli altri lavoratori. La legge n. 161 del 2014 fornisce precise indicazioni su come si possa assicurare ai lavoratori il pieno rispetto dei diritti in questione, precisando che «le Regioni devono garantire i servizi attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili sulla base della legislazione vigente» e prevedendo «appositi processi di riorganizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari». A giudizio degli interroganti, se questi sono i principi, la realtà cozza con la politica finanziaria (manovre di bilancio) che ha portato non solo al blocco pluriennale degli organici, ma anche al blocco pluriennale degli organici, ma anche al blocco pressoché totale del turnover, con sostituzione, mediamente di un medico ogni cinque colleghi andati in pensione;
   in data 8 febbraio 2017 il sito www.nurse24.it pubblica un articolo dal titolo «La vita impossibile tra turni e riposi sempre più ridotti» che evidenzia che se prima si potevano accumulare i turni pomeriggio-mattino-notte in modo da avere una sorta di doppio riposo, adesso con l'entrata in vigore delle nuove normative non è più possibile. «Il risultato è che si lavora sempre le stesse ore, ma si lavora sempre, con buona pace della vita privata», come dice anche l'Air in un editoriale affidato a Dario Laquintana che scrive «Un turnista che fa un riposo ogni cinque giorni fa sei riposi in un mese, contro gli otto di un collega che lavora dal lunedì al venerdì. I riposi sono stati ricollocati all'interno dei giorni lavorativi, ma non si può sostenere che riposare di giorno con la prospettiva di andare a lavorare di notte sia uguale ad avere due giorni consecutivi di riposo». Conclude Laquintana «quello dell'articolazione degli orari di lavoro resta il problema di una professione che ha la sua natura nell'erogazione dell'assistenza che sarà sempre sulle 24 ore, 365 giorni l'anno» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei dati e degli elementi riportati in premessa;
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative volte a rivedere la legge n. 161 del 2014 in modo da garantire pienamente il diritto al riposo per il personale medico e sanitario, in particolare con riferimento al regime di reperibilità passiva, in quanto l'effetto della chiamata, che sospende e non interrompe il riposo, attenuerebbe concretamente l'originaria finalità di tutela dalla norma. (5-10680)

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori del comparto poligrafici, editoriale e stampatrici di periodici, che hanno operato in strutture che hanno cessato l'attività anche in costanza di fallimento, a cui è stata accertata la causale di crisi aziendale, ai sensi dell'articolo 35, comma 3, della legge 5 agosto 1981, n. 416 e collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, secondo quanto prevede l'attuale disciplina in materia di trattamenti pensionistici, non rientrano all'interno dei requisiti di accesso di cui all'articolo 37, comma 1, lettera a), della legge 5 agosto 1981, n. 416, in quanto non facenti parte degli accordi di procedura sottoscritti tra il 1o settembre ed il 31 dicembre 2013;
   al riguardo, l'articolo 1, commi da 295 a 297, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 riconosce infatti, alla suesposta tipologia di lavoratori, la facoltà di accedere al prepensionamento sulla base dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti alla data del 31 dicembre 2013, ancorché maturino tali requisiti successivamente alla predetta data, entro il limite di spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018;
   l'interrogante evidenzia come la platea dei soggetti coinvolti, che hanno subito la perdita del posto di lavoro a seguito della crisi economica che ha interessato in maniera significativa l'intero settore, sia elevata e che riguarda anche altri comparti, in quanto coinvolge numerosi segmenti strettamente connessi: della stampa, della grafica e della cartotecnica;
   a giudizio dell'interrogante risulta conseguentemente necessario, estendere l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 295, della legge n. 208 del 2015 agli accordi sottoscritti tra il 1o gennaio 2014 ed il 31 maggio 2015, in materia di requisiti di accesso al regime delle decorrenze per il prepensionamento, nei riguardi dei lavoratori in precedenza richiamati, ancorché, di coloro che, dopo il periodo di godimento del trattamento straordinario di integrazione salariale siano stati collocati in mobilità dall'impresa del settore editoriale e stampatrici di periodici, che ha cessato l'attività, anche a seguito del fallimento;
   quali orientamenti il Ministro, intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, e se, al riguardo, al fine di non accrescere ulteriormente le tensioni, sociali nel Paese, non intenda assumere iniziative normative per salvaguardare i dipendenti delle aziende del settore editoriale e stampatrici di periodici, che hanno cessato l'attività, anche in costanza di fallimento, estendendo agli accordi già sottoscritti, per il periodo tra il 1o gennaio 2014 e il 31 maggio 2015, quanto previsto delle disposizioni di cui al comma 295 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 fermo restando che qualora dall'esame delle domande presentate risultasse il raggiungimento, anche in termini prospettici, dei limiti di spesa attualmente previsti, l'Inps non avrebbe tenuto a prendere in esame ulteriori domande di pensionamento. (4-15704)

 * * *

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, GAGNARLI e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ci sono tre sezioni di veterinari che operano con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i veterinari responsabili e i veterinari coadiutori, addetti al controllo e disciplina delle corse ippiche e delle manifestazioni del cavallo da sella organizzate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali stesso, ed i veterinari incaricati per le visite identificative per la campagna controllo produzione e altri controlli identificativi;
   tutte le sezioni lamentano la mancanza di regolarità dei pagamenti che sono in ritardo di svariati mesi per le attività in ippodromo, ed oltre un anno per le attività identificative;
   tutte le sezioni lamentano poi il mancato aggiornamento dei compensi, fermi tutti a diversi anni fa. A titolo di esempio, per le visite identificative l'accordo tra la categoria veterinari e l'Unire siglato nel 2009 prevedeva un compenso di 48 euro omnicomprensivo per ogni puledro nato nell'anno identificato, somma subito ridottasi del 10 per cento sino agli attuali 43 euro per effetto della spending review e, nel caso degli altri controlli identificativi o richieste specifiche dell'Ente, un documento successivo fissò a 50 euro il compenso (ridotto quindi del 10 per cento, agli attuali 45 euro), più rimborso spese per uso autovettura e autostrada;
   con la sopraggiunta crisi del settore, il drastico calo dell'allevamento del cavallo sportivo italiano ed il relativo decremento delle nascite dei puledri sportivi, la situazione si è fatta insostenibile perché per quasi tutti i veterinari incaricati in questo ambito questa attività risulta non solo di nessun guadagno, ma in molti casi assolutamente in perdita, visto che il numero dei puledri da identificare, ed il conseguente incasso economico, non copre in nessun modo le spese organizzative e di viaggio;
   le difficoltà abbracciano poi anche questioni pratiche relative all'espletamento degli incarichi, come ad esempio il caricamento tardivo sul portale del Ministero dei verbali identificativi, cosa che determina una impossibile organizzazione del loro lavoro da parte del veterinario, con conseguenti ulteriori differimenti nel raggiungere l'allevamento ed aggravio di spesa, oppure tutte le incombenze successive alla visita identificativa vera e propria, come la gestione del verbale compilato dal veterinario da caricare sul portale stesso per consentire la successiva emissione del passaporto dei cavalli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per definire un compenso più adeguato e più regolare nella tempistica di erogazione per le prestazioni in ippodromo;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per ridefinire tutto il sistema del controllo della produzione e le altre tipologie di controlli, per quanto attiene sia all'aspetto economico sia a quello organizzativo;
   in che modo si intenda andare incontro alle esigenze dei veterinari che chiedono un aumento, ritenuto non più rinviabile, per una revisione dei compensi che tenga conto delle reali situazioni operative, sulla base dell'attuale produzione dei puledri in Italia e delle spese che sono necessarie per espletare oggi questo incarico, nelle varie zone, in maniera efficace ed ottimale;
   se intenda istituire un tavolo di lavoro che affronti e ottimizzi tutti gli aspetti operativi, nel più breve tempo possibile, in modo tale da migliorare il servizio, dall'attività degli uffici del Ministero al veterinario preposto in tutti i suoi passaggi, e cioè dalla nascita del puledro alla visita identificativa dello stesso, dalla tutela del benessere del cavallo in ippodromo alla lotta al doping. (5-10671)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   sul sito dell'Associazione italiana medici è presente lo statuto della Fondazione degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (OMCeO) e delle professioni sanitarie della Sicilia, di cui la sede è a Palermo, in via Padre Rosario da Partanna 22;
   a tale fondazione partecipano gli ordini dei medici e degli odontoiatri di tutte le province siciliane;
   tra gli scopi della Fondazione, all'articolo 2 dello statuto, è posto quello della «formazione del personale medico e non, delle aziende sanitarie ed ospedaliere, dei medici e degli operatori sanitari iscritti nei rispettivi albi»;
   l'articolo 3 dello statuto prevede che il patrimonio della fondazione sia determinato dai conferimenti annuali dei soci partecipanti di diritto, in misura proporzionale ai loro iscritti;
   l'articolo 7 dello statuto prevede che la fondazione sia retta da un consiglio di amministrazione di nove membri: il presidente della fondazione, di diritto e otto membri ordinari. Gli otto membri ordinari sono: quattro dall'assemblea generale, di cui almeno tre scelti tra i presidenti degli OMCeO siciliani, quattro dal presidente della fondazione da scegliere tra i fondatori o, venuti questi a mancare, tra i presidenti degli OMCeO siciliani;
   tali decisioni sono state assunte senza che gli iscritti degli OMCeO provinciali e delle professioni sanitarie della Sicilia fossero stati preliminarmente interpellati in sede di assemblea generale, come scrive, l'8 febbraio 2017, il Quotidiano Sanità;
   nel bilancio di previsione 2017 dell'OMCeO di Palermo è presente, nelle uscite, a pagina 5, sotto la categoria trasferimenti, la voce «Fondazione Ordini Sicilia», ed è indicato l'importo di 159.000 euro;
   il 15 novembre 2016, a Catania, nell'ambito di una manifestazione pubblica a sostegno del sì al referendum costituzionale, con la presenza di autorevoli esponenti della politica nazionale, è stata data la notizia della costituzione della Fondazione degli OMCeO siciliani;
   attualmente, la natura degli ordini professionali è quella di enti pubblici non economici, sotto la vigilanza dello Stato per scopi di carattere generale; le prestazioni lavorative subordinate integrano quindi un rapporto di pubblico impiego ed è indubitabile la qualificazione pubblica del patrimonio dell'ente (sentenza Cassazione Civile, sez. I, sentenza 14 ottobre 2011, n. 21226);
   gli OMCeO sono posti sotto la vigilanza del Ministero della salute e coordinati nelle loro attività istituzionali dalla Federazione nazionale degli OMCeO;
   tra le competenze attuali degli OMCeO e delle istituzione ordinistiche sono previsti corsi di formazione, perfezionamento tecnico-scientifico dei propri iscritti, promozione di attività di studio e di ricerca scientifica del personale medico;
   gli ordini professionali, in generale, possono definirsi degli enti ausiliari che perseguono fini propri di altri enti pubblici;
   il decreto-legge n. 233 del 1946 recante ricostituzione degli ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse, all'articolo 4 dispone che «il Consiglio, entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell'Ordine o Collegio, stabilisce una tassa annuale, una tassa per l'iscrizione nell'albo, nonché una tassa per il rilascio dei certificati e dei pareri per la liquidazione degli onorari»;
   è in discussione alla Camera dei deputati il progetto di legge n. 3868, comprendente anche il riordino della disciplina degli ordini delle professioni sanitarie;
   sarebbe necessario considerare, nella ridefinizione della disciplina in materia, i seguenti temi: la questione dell'autonomia degli ordini delle professioni sanitarie dall'influenza della politica e dai sindacati di categoria; la loro trasparenza nella gestione delle risorse; lo sviluppo di azioni di controllo su casi d'incompatibilità degli incarichi; la crescita di una deontologia moderna al servizio delle professioni e dei cittadini/pazienti;
   a giudizio degli interroganti il caso della costituzione della fondazione degli OMCeO e delle professioni sanitarie della Sicilia potrebbe prefigurare l'inizio di un processo più generale di esternalizzazione a soggetti privati delle funzioni, attualmente in capo degli OMCeO, riferite ai corsi formazione, al perfezionamento tecnico-scientifico dei propri iscritti, alla promozione di attività di studio e di ricerca scientifica del personale medico –:
   se le attività della neo costituita fondazione degli OMCeO e delle professioni sanitarie della Sicilia (soggetto di diritto privato), possano ritenersi compatibili con le funzioni svolte dagli OMCeO delle province siciliane, attualmente enti ausiliari che perseguono fini propri di altri enti pubblici;
   sulla base di quali presupposti giuridici siano destinati i fondi degli OMCeO delle province siciliane, provenienti anche dalle quote delle iscrizioni degli associati, verso la neo costituita fondazione degli OMCeO e delle professioni sanitarie della Sicilia;
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che, alla luce della costituzione della Fondazione degli OMCeO e delle professioni sanitarie della Sicilia, possa determinarsi una accelerazione verso la trasformazione degli OMCeO da enti ausiliari a enti sussidiari, che, ad avviso degli interroganti, potrebbe non assolvere più in questo modo le proprie funzioni pubbliche, affidando al libero mercato questioni delicate, con un alto contenuto deontologico, come quelle relative alla formazione del personale sanitario e medico.
(2-01677) «Grillo, Baroni, Colonnese, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci, Cecconi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   un gruppo di pazienti di Iglesias affetti da sclerosi multipla ha pubblicamente denunciato la gravissima situazione legata alla riduzione del budget alle strutture riabilitative del territorio del Sulcis Iglesiente e non solo;
   si tratta di una circostanza che sta comportando la mancata proroga o il ridimensionamento (con la riduzione delle ore) dei programmi riabilitativi che, per i malati di sclerosi multipla come per quelli affetti da altre patologie, sono fondamentali per ritardare il più possibile la perdita dell'autosufficienza;
   si tratta di un servizio di vitale importanza, un'ancora alla quale si aggrappano i pazienti con la speranza di mantenere la propria autonomia, seppure già minata dalla malattia;
   i pazienti hanno deciso di rivolgere il loro grido d'aiuto: «non toglieteci questa speranza di contrastare gli effetti della malattia, non impediteci di proseguire la riabilitazione mirata a rinforzare la fascia muscolo scheletrica e farci sentire un po’ meno limitati nelle nostre attività quotidiane. Anche quelle, per voi, più normali»;
   si parla continuamente di «riorganizzazione sanitaria» e «risparmio»;
   per i pazienti colpiti da questa malattia si tratta di una visione distorta e inaccettabile;
   anche se si ragionasse in termini ragioneristici, a giudizio dell'interrogante inauditi, i pazienti affetti da sclerosi multipla che perdessero la propria autonomia non genererebbero nessun tipo di risparmio, che è comunque un concetto deprecabile così applicato alla salute;
   la precoce non autosufficienza avrebbe ricadute imponenti sulla stessa spesa sanitaria –:
   se non ritenga il Governo di prendere in considerazione questo accorato appello al tempo stesso valutare la possibilità di assumere con urgenza ogni iniziativa di competenza per assicurare i livelli essenziali di assistenza legati ad un grave problema sociale e sanitario come quello enunciato. (5-10678)


   COMINARDI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con due interrogazioni a risposta in Commissione la n. 5-06751 del 21 febbraio 2015 e la n. 5-09916 del 2 novembre 2016, gli interroganti portavano all'attenzione dei Ministri interrogati la situazione degli allevamenti intensivi, nei quali non vi è alcun rispetto dei criteri previsti per il benessere degli animali, ed in particolare della macello Italcarni di Ghedi (Brescia), dove la procura di Brescia aveva effettuato controlli, che avevano portato ad un sequestro preventivo finalizzato alla confisca e a ipotizzare reati di maltrattamento di animali, adulterazione di prodotto alimentare destinato alla vendita, gestione illecita dei rifiuti con inquinamento delle rogge, oltre a falso in atto pubblico. Erano sei le persone indagate, tra queste i responsabili dell'azienda ed alcuni funzionari del distretto Asl della bassa bresciana;
   il 13 febbraio 2017 è giunta la sentenza del tribunale di Brescia (quibrescia.it), con quattro patteggiamenti a carico dell'amministratore e di tre dipendenti e la condanna di due veterinari. Quanto emerso è, a giudizio degli interroganti, inquietante: la procura ha evidenziato la correlazione tra i gravissimi maltrattamenti sugli animali ed il rischio sanitario per il consumatore, problematica confermata da numerosi medici veterinari durante il processo. La Lega per l'abolizione della caccia (LAC) ha poi contestato la stessa Ats (ex Asl) per il fatto che i due veterinari condannati non abbiano ancora ricevuto alcun provvedimento, mentre sia stata trasferita la dottoressa Erika Vergerio, che aveva denunciato le gravi irregolarità, agendo secondo suo dovere. La LAC auspica che le autorità preposte chiedano conto alla direzione generale ATS dell'operato fino ad ora svolto. Anche la Lega antivivisezione, che si era costituita parte civile al processo, si augura che questa condanna porti alla chiusura del macello Italcarni. Sempre in considerazione di questa importante sentenza di condanna a due medici veterinari pubblici, la Lav rinnova, la richiesta al presidente della regione Lombardia di commissariare i servizi veterinari dell'Ats di Brescia: «si tratta di elementi di prova che hanno portato alla luce le falle di un sistema di controllo assolutamente inadeguato e incapace di tutelare la salute dei cittadini e gli animali» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e degli elementi riportati in premessa;
   quali attività di vigilanza siano state avviate, per quanto di competenza e come annunciato, in relazione alle ispezioni compiute dalle aziende sanitarie locali negli impianti di macellazione e a quali risultati abbia portato l'invio da parte del Ministro della salute di una task force composta da rappresentanti del Ministero e dai Nas, nel dicembre 2015, dopo lo scandalo mediatico che ha coinvolto il macello di Italcarni. (5-10681)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, NICCHI, GREGORI, SCOTTO, QUARANTA, PIRAS, COSTANTINO, MARTELLI, DURANTI, MELILLA, AIRAUDO, SANNICANDRO, FAVA e KRONBICHLER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la testata Il Corriere Adriatico, edizione di Pesaro e Urbino, del 22 febbraio 2017, riporta la notizia di un grave disservizio verificatosi nel trasferimento di un cittadino colto da infarto, che dal Pat di Fossombrone (Pesaro e Urbino) avrebbe dovuto essere trasferito con urgenza al pronto soccorso di Urbino;
   a causa della indisponibilità dell'ambulanza del 118 della struttura, fuori per altro intervento, si è dovuti ricorrere all'ambulanza di altra struttura sita nel comune di Cagli, che ha impiegato circa 20 minuti per raggiungere il Pat di Fossombrone e prendere in carico il cittadino infartuato e trasportarlo al pronto soccorso di Urbino;
   nel caso riportato, i danni sono stati limitati, tuttavia non si tratta del primo caso di grave disservizio a seguito del piano di riorganizzazione della sanità marchigiana previsto dalla delibera n. 735/2013 della giunta regionale delle Marche («Riduzione della frammentazione della rete ospedaliera, riconversione delle piccole strutture ospedaliere e riorganizzazione della rete territoriale della emergenza-urgenza della regione Marche in attuazione della DGR 1696/2012») –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per promuovere, sull'intero territorio nazionale, con il coinvolgimento delle regioni, un programma di monitoraggio delle criticità delle strutture ospedaliere e della rete di emergenza-urgenza, nell'ottica di evitare casi come quello sopra descritto. (4-15707)


   PLACIDO e PELLEGRINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   una ennesima dispersione di greggio dall'interno del Cova di Viggiano dapprima in un pozzetto delle rete idrico-fognaria dell'Area industriale immediatamente adiacente al COVA e successivamente in un secondo tombino, sempre tributario della stessa rete, a circa 100 metri di distanza dal primo, è arrivato al depuratore consortile dell'ASI e ad un laghetto adiacente all'impianto di depurazione che lavora rifiuti organici, non chimici o industriali;
   foto aeree dimostrano la presenza nelle acque del lago Pietra del Pertusillo di sostanze oleose scure e maleodoranti;
   se ciò dopo le verifiche corrispondesse al vero si sarebbe nuovamente di fronte ad un disastro ambientale di enormi proporzioni, poiché le acque del Pertusillo servono a dissetare circa 3 milioni di cittadini pugliesi e ad irrigare grandi territori coltivati (Media e Bassa Val d'Agri), col rischio dunque che tale inquinamento entri nella catena alimentare con le conseguenze facilmente immaginabili non solo a danno dell'ambiente ma anche e soprattutto a danno della salute umana;
   su tale disastro è calato un silenzio assordante degli enti istituzionali, dei media e soprattutto di ArpaB;
   pertanto i cittadini della Val d'Agri non possono tollerare oltre questo atteggiamento elusivo ed omissivo di coloro che sono preposti alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, fino ad arrivare al sostanziale e continuo immobilismo dei servizi e dipartimenti di igiene e sanità pubblica; questo significa di fatto, secondo gli interroganti, aggirare le più elementari normative che regolano tali eventi, segnatamente il decreto legislativo n. 152 del 2006, il decreto legislativo n. 155 del 2010 e la convenzione di Aarhus;
   se a questi comportamenti di dubbia legittimità si aggiunge la sempre più lunga lista di richieste di permessi di prospezione finalizzata alla ricerca, alla perforazione ed alla coltivazione degli idrocarburi in una terra che sta già andando molto oltre quanto sia lecitamente possibile e sostenibile, sia da un punto di vista ambientale che sanitario, si capisce facilmente quanto tale situazione sia esplosiva;
   un solo esempio della sostanziale corresponsabilità degli enti locali riguarda l'ennesima autorizzazione alla perforazione (work over) del pozzo Monte Enoc 1 in territorio di Viggiano, del 7 febbraio 2017, in prossimità della postazione LPT (Long Production Test) una sorta di mini-centro oli con area di ricarica e che si trova già in elenco tra le aree da bonificare;
   l'unica spiegazione di tale work over, ad avviso degli interroganti, è che la compagnia intenda provare a reiniettare le acque di scarto in «unità geologiche profonde», aggiungendo danno a danno, mentre la regione continua ad autorizzare qualsiasi richiesta da parte delle compagnie, non tenendo conto di tutti i fattori di rischio connessi a tale attività;
   eppure le più recenti inchieste con arresti da parte della magistratura consiglierebbero un atteggiamento più prudente da parte di tutti –:
   quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere per garantire trasparenza, informando i cittadini sulla propria salute e sul rispetto delle regole che mirano a salvaguardare l'integrità dell'ambiente considerato che è di queste ultime ore la multa ad ArpaB di 800.000,00 euro per non aver diffuso i dati sull'inquinamento del Pertusillo nel 2013;
   se il Ministro della salute non intenda promuovere, con la massima urgenza, lo svolgimento, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, di indifferibili quanto urgenti studi epidemiologici nelle aree a maggiore stress ambientale (ad oggi, i lucani non conoscono il loro stato di salute in nessuna parte del territorio regionale);
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda assumere iniziative per chiarire e monitorare la situazione del suolo e sottosuolo, anche attraverso l'Ispra e i suoi tecnici, al fine di scongiurare l'interessamento delle falde acquifere, copiose proprio in quell'area. (4-15710)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, BASILIO, COZZOLINO e DIENI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 febbraio 2017 il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha trasmesso all'Ispettorato degli istituti di specializzazione, ai comandi regionali carabinieri forestali e al Comando delle scuole dell'Arma dei carabinieri, la richiesta di fornire l'elenco dei nominativi dei militari del ruolo forestale in possesso della qualifica di direttore delle operazioni di spegnimento completo, di anno di conseguimento e di riferimenti allo svolgimento di eventuali corsi di aggiornamento;
   questo perché, si legge nella circolare in materia, «L'Arma ha fornito al Dipartimento della Protezione Civile la disponibilità alla propria collaborazione tecnica per la campagna anti incendi boschivi 2017»;
   con l'emanazione della legge n. 124 del 2015 e del decreto legislativo n. 177 del 2016, si dispone il trasferimento delle funzioni e delle risorse correlate alle competenze in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In particolare, all'articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, si legge che al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (Cnvvf) sono attribuite le seguenti competenze del Corpo forestale dello Stato in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento, con mezzi aerei degli stessi: a) concorso con le regioni nel contrasto degli incendi boschivi con l'ausilio di mezzi da terra e aerei; b) coordinamento delle operazioni di spegnimento, d'intesa con le regioni, anche per quanto concerne l'impiego dei gruppi di volontariato antincendi (AIB); c) partecipazione della struttura di coordinamento nazionale e a quelle regionali;
   in un comunicato diffuso in data 15 febbraio 2017 la Cgil evidenzia come la circolare sopra riportata mostra come sia venuto meno uno degli effetti che sarebbero dovuti derivare dall'applicazione della normativa di recente emanazione ossia «il trasferimento completo di personale e strutture al Corpo Vvf nonché la riaffermazione del principio di esclusività nello svolgimento di funzioni specialistiche e diffuse nel territorio»;
   in effetti, risulta del tutto evidente, leggendo il testo della circolare, come l'Arma dei carabinieri abbia trattenuto nel proprio organico personale specializzato nelle operazioni di spegnimento degli incendi;
   nel comunicato, la Cgil denuncia anche il rischio di sovrapposizione delle competenze e «di indeterminazione nella titolarità delle funzioni che non potrà non produrre nocumento all'efficacia dei servizi alla cittadinanza e ai territori e ulteriore aumento dei costi»;
   nell'interrogazione n. 4-15564, che è ancora in attesa di risposta, si chiede un chiarimento di interpretazione della legge 6 febbraio 2004, n. 36, della legge 21 novembre 2000 n. 353, della sopra riportata legge n. 124 del 2015 e del decreto legislativo n. 177 del 2016 e nonché chiarimenti in merito al trasferimento di personale e mezzi antincendio dall'ex Corpo forestale dello Stato, Arma dei carabinieri e Vigili del fuoco –:
   come il Governo ritenga che, alla luce delle notizie sopra riportate, possa trovare piena applicazione quanto previsto dalla normativa vigente circa il trasferimento delle competenze riguardanti le operazioni di spegnimento degli incendi dal Corpo forestale dello Stato al Corpo dei vigili del fuoco;
   se non ritenga di dover intervenire per far sì che il personale qualificato per lo spegnimento degli incendi ed i mezzi in dotazione per tale compito appartenute all'ex Corpo forestale dello Stato, e trattenuto dall'Arma dei carabinieri, venga trasferito al Corpo dei vigili del fuoco;
   in che modo si intendano tutelare la professionalità e le capacità delle lavoratrici e dei lavoratori dell'ex Corpo forestale dello Stato, garantendo anche la piena chiarezza circa i compiti che questi sono chiamati ad assolvere. (3-02815)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, BASILIO e GAGNARLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   col decreto legislativo n. 177 del 2016 a partire dal 1o gennaio 2017 è stato sciolto il Corpo forestale dello Stato;
   tra gli organismi del Corpo forestale dello Stato vi sono 28 uffici per la biodiversità (UTB), preposti alla tutela e salvaguardia delle 130 riserve naturali statali riconosciute d'importanza nazionale e internazionale, istituite nel 2005 in sostituzione dell'azienda di Stato per le foreste demaniali;
   la gestione dei beni demaniali da parte del Corpo forestale dello Stato è fondamentale per conservare e salvaguardare la biodiversità animale e vegetale, per promuovere attività di ricerca scientifica e programmi finalizzati allo studio, alla ricerca e alla comunicazione; nelle riserve è ospitato circa il 20 per cento delle specie vegetali considerate a rischio di conservazione e 95 habitat d'interesse europeo su 126 totali (75 per cento); in molte riserve naturali è presente anche la protezione comunitaria della Rete Natura 2000, a conferma di un interesse di carattere generale e sovranazionale;
   il personale degli uffici per la biodiversità e dei coordinamenti territoriali per l'ambiente è assunto secondo quanto riportato dalla legge n. 124 del 1985;
   di fatto, gli operai a tempo indeterminato e gli operai a tempo determinato sono dipendenti di un ente pubblico ma con un contratto di natura privatistica (contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, con un protocollo aggiuntivo);
   diversi operai a tempo indeterminato e operai a tempo determinato constano anche di diverse lauree in ambito scientifico, dottorati e vari livelli specializzazione;
   si tratta di lavoratori che nell'ambito della pubblica amministrazione posseggono un patrimonio unico di professionalità e competenze che hanno reso gli uffici per la biodiversità dei veri e propri laboratori e presidi a tutela della biodiversità;
   con l'articolo 1, commi 519 e 521, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) è stata attuata la stabilizzazione di circa 1.000 operai: da questa disposizione sono comunque stati esclusi 340 dipendenti in tutta Italia che non avevano maturato i requisiti di anzianità richiesti;
   risulta all'interrogante che, a seguito dei continui tagli, dal 2009 ad oggi, il numero di operai a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato si è ridotto da 400 a 90 unità, a cui si è aggiunta inoltre una progressiva riduzione della retribuzione mensile, disperdendo così un patrimonio unico a salvaguardia delle riserve naturali nazionali;
   nella risposta del Governo all'interpellanza urgente n. 2-01322 del primo firmatario del presente atto dell'8 aprile 2016, la Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli, affermava che con il decreto legislativo attuativo della legge 7 agosto 2015 n. 124, recante disposizioni per l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, di cui l'articolo 18, comma 1, l'Arma dei carabinieri succede nei rapporti giuridici attivi e passivi del Corpo forestale dello Stato, quindi anche nei contratti individuali di lavoro stipulati con il personale assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, tutelando così gli operai nel processo di accorpamento;
   risulta agli interroganti che attualmente tutti gli operai a tempo determinato siano senza lavoro e in attesa di rientrare in data ancora da definire con un contratto di soli 5 mesi –:
   quali siano le ragioni della mancata assunzione degli operai a tempo determinato e se sia prevista un'adeguata copertura finanziaria per l'intero anno 2017;
   se, quando e come si intendano trovare le risorse finanziarie sufficienti a garantire assunzioni lavorative di durata annuale agli operai a tempo determinato per il prossimo triennio;
   se e in quali tempi l'Arma dei carabinieri intenda, ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 177 del 2016, riassumere e valorizzare professionalmente gli operai a tempo determinato;
   se si intendano assumere iniziative per stabilizzare i lavoratori aventi contratti a tempo determinato (Otd) mediante nuovi contratti a tempo indeterminato (Oti) nella transizione dell'ex Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri, nonché per risolvere la questione riguardante la contrattazione di secondo livello del personale assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985. (4-15709)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LODOLINI e GIULIETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data mercoledì 22 febbraio 2017 presso lo stabilimento Terninox di Monsano si è tenuto l'incontro di esame congiunto tra organizzazioni sindacali e management aziendale a seguito della procedura di licenziamento collettivo di tutti i 12 dipendenti e di cessazione dell'attività del sito, il quale rifornisce le grandi multinazionali di cappe del territorio Marchigiano, e che fattura svariati milioni di euro;
   Terninox è una società della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni;
   l'azienda avrebbe confermato l'intenzione di chiudere il sito entro il 30 aprile 2017 senza aver dato prospettive o spiragli di sopravvivenza dello stesso. Pur essendosi resa disponibile alla gestione sociale dei dipendenti, si è limitata solo ad offrire il trasferimento di 4 operai e un impiegato nel sito di Ceriano Laghetto (Monza Brianza), e un non ancora quantificato incentivo all'esodo –:
   quali iniziative intenda assumere con urgenza al fine di evitare la chiusura dell'azienda e salvaguardare i livelli occupazionali del sito produttivo di Monsano. (5-10676)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Gigli e altri n. 2-01672, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rubinato, Falcone, Calabrò, Menorello, Binetti, De Mita, Marguerettaz.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  La interrogazione a risposta in Commissione Ferranti e altri n. 5-10647, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cova.