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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 232, 233 e 234, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e all'articolo 1, comma 76, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il legislatore ha introdotto nell'ordinamento italiano la possibilità per il Cipe di finanziare le opere pubbliche comprese nella «legge obiettivo» anche per «lotti costruttivi» e non più solo per «lotti funzionali»;
    la scelta, giustificata in nome della possibilità di aprire molti più cantieri rispetto al finanziamento per lotti funzionali, ha determinato, di fatto, il moltiplicarsi di casi di puro spreco delle risorse pubbliche, rallentando al tempo stesso ulteriormente la realizzazione delle predette opere, in quanto vengono approvati progetti definitivi ed iniziati i lavori senza che l'intera opera sia integralmente finanziata e senza che la singola costruzione sia autonomamente in grado di svolgere la funzione cui è destinata (come avviene, invece, nel caso di realizzazione mediante lotti funzionali);
    la regola generale vigente nell'ordinamento italiano e comunitario, sia sotto il profilo economico—finanziario che sotto il profilo della realizzazione delle opere pubbliche, impone che siano ammesse al finanziamento ed alla realizzazione solamente quelle opere che hanno la certezza dei fondi e dei tempi di erogazione così da non costringere lo Stato a finanziare opere che non possano dare un'immediata utilità o possano rimanere inutilizzate per lungo tempo;
    in questo senso, si sono più volte espresse le raccomandazioni della Corte dei Conti (ad esempio, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato relazione sulla gestione dell'intervento strategico «quadruplicamento della linea ferroviaria Verona-Fortezza lotti 1, 2, 3 e 4» nell'ambito del corridoio europeo n. 1 Berlino-Palermo «asse ferroviario Monaco-Verona» – approvata con delibera n.18/2010/G);
    in tale occasione, la Corte dei Conti ha rilevato che l'introduzione dei lotti costruttivi non è certamente conforme ai «principi deontologici che da sempre ispirano le realizzazioni infrastrutturali: tante sono le disfunzioni intercettate dalla Corte dei conti concretatesi nella realizzazione di lavori mai attivati proprio per l'assenza di una minima funzionalità. La qualificazione di lotto non funzionale ha sempre accompagnato valutazioni critiche e dichiarazioni di irregolarità dei prodotti dell'azione amministrativa, che non hanno conseguito l'obiettivo specifico. Per questi motivi si potrebbe concludere che la novella contenuta nel citato comma 232 costituisca il tentativo di legittimare ex ante prassi gestionali più volte censurate, in astratto, dal legislatore e, in concreto, dalla magistratura contabile e dagli altri organi di controllo e di giurisdizione che si sono trovati a sindacare il fenomeno»;
    in particolare, per le opere ferroviarie, soprattutto per le linee alta velocità, la necessità di finanziare lotti funzionali e non lotti costruttivi è resa necessaria dalla particolarità dell'opera, dato che il trasporto ferroviario presenta caratteristiche che lo rendono molto più funzionale alle lunghe distanze e presenta problemi tecnici di raccordo con la rete esistente molto rilevanti;
    con i lotti costruttivi si riapre la strada al moltiplicarsi degli « stop and go» i quali costano molto cari: spesso, quando i cantieri sono bloccati, non risulta possibile licenziare la mano d'opera occupata o dismettere i macchinari noleggiati con contratti a lungo termine. Inoltre, lo stesso prolungamenti dei tempi di costruzione, anche se non vi fosse alcuno spreco, né inflazione, genera un altro costo sociale, dovuto al fatto che il capitale pubblico investito non genera benefici per molto tempo, infine, nel caso dell'alta velocità, i cantieri, molto impattanti sulle città, rimarrebbero aperti per un tempo lunghissimo e non determinabile in quanto all'inizio dei lavori per lotti costruttivi non consegue la certezza dei finanziamenti per l'intera opera;
    i principi generali dell'ordinamento nazionale e comunitario in materia di opere pubbliche non contengono alcuna definizione di lotti costruttivi: l'articolo 3 del decreto legislativo n. 50 del 2016, infatti, contiene solamente quella di lotto funzionale definita come «uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti»;
    inoltre, le disposizioni che prevedono la possibilità di realizzare le opere pubbliche mediante lotti costruttivi risultano contrarie ai principi relativi alla contabilità pubblica ed ai principi che regolano la realizzazione di opere pubbliche ed in generale a quelli che regolano l'attività amministrativa che, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 241 del 1990, deve essere retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario,

impegna il Governo

1) ad assumere iniziative normative al fine di escludere la possibilità di realizzare opere pubbliche mediante lotti costruttivi, abrogando tutte le disposizioni di legge che prevedono il finanziamento delle opere pubbliche per «lotti costruttivi» di cui all'articolo 2, commi 232, 233 e 234, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e all'articolo 1, comma 76, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
(1-01512) «Alberti, Businarolo, Cominardi, Castelli, Tripiedi, Sorial, Basilio, Pesco, Villarosa, Toninelli, Crippa, Fantinati, Cozzolino, Daga, Spessotto, De Lorenzis, Corda, Dadone».


   La Camera,
   premesso che:
    le carceri italiane sono ancor oggi caratterizzate da un sovraffollamento inaccettabile, con carenze strutturali, di organico nelle diverse figure professionali, a cominciare dagli agenti penitenziari, dagli psicologi e dal personale medico e paramedico e con una presenza del tutto insufficiente di psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali;
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, per quanto concerne il fenomeno del sovraffollamento carcerario, si evidenzia come siano proseguite le azioni improntate ad un «ripensamento complessivo del sistema penitenziario, tramite l'adozione di misure di carattere strutturale, normative ed organizzative, finalizzate a superare definitivamente un modello di detenzione sostanzialmente caratterizzato da passività e segregazione, mirando alla rieducazione e al reinserimento sociale, potenziando le misure alternative al carcere e riducendo la custodia cautelare, verso l'adozione di un modello in linea con le migliori prassi in ambito europeo». Da un punto di vista numerico, anche per effetto delle modifiche legislative introdotte negli ultimi anni, si è registrata una riduzione, nell'arco di circa quattro anni, di circa undicimila unità rispetto al dato 2013, anno di pubblicazione della cosiddetta sentenza «Torreggiani», relativa alle misure compensative da riconoscere ai detenuti per il pregiudizio subìto dalle condizioni di sovraffollamento;
    tale ottimistica rappresentazione si scontra con la realtà che vede, nell'ultimo anno, una netta ripresa del sovraffollamento carcerario, essendosi passati dai 52.164 detenuti al 31 dicembre 2015 ai 54.653 del 31 dicembre 2016, con un incremento di ben 2.500 unità. Lo stesso Ministro della giustizia, in una recente intervista, ha dovuto ammettere che il quadro «non è ancora roseo» ed «esistono tuttora situazioni difficili» e che il rischio di ripiombare in una nuova emergenza non è alle nostre spalle;
    secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato – sezione statistica, i detenuti presenti nei 191 istituti penitenziari al 31 gennaio 2017 sono 55.381, di cui 2.228, a fronte di una capienza regolamentare di 50.174 posti. I detenuti stranieri presenti alla stessa data erano 18.825, di cui 870 donne e 17.955 uomini;
    in base alla posizione giuridica, dei 55.381 detenuti presenti, 9.729 sono in attesa di giudizio e 35.706 scontano una condanna definitiva; di questi sono 4.074 i detenuti di origine straniera in attesa di giudizio e 10.916 quelli con sentenza passata in giudicato;
    le nazionalità straniere maggiormente rappresentate, secondo le tabelle ministeriali, sono quella marocchina (17,8 per cento) quella rumena (14,5 per cento), quella albanese (13,2 per cento), quella tunisina (10,8 per cento), quella nigeriana (4,8 per cento);
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ha dedicato uno specifico capitolo alla «Prevenzione della radicalizzazione», che viene attuata con una costante attività di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento. Con tale attività l'amministrazione mira a conoscere ogni aspetto della realtà individuale e relazionale dei soggetti, al fine di mettere in campo i necessari strumenti preventivi e di controllo dei fenomeni di fanatismo violento, discernendo la legittima pratica religiosa dal fanatismo radicale;
    la procedura di monitoraggio si basa su tre livelli: «monitoraggio», per soggetti reclusi per reati connessi al terrorismo internazionale e che mostrano atteggiamenti tendenti a forme di proselitismo, radicalizzazione e/o di reclutamento; «attenzionamento», per i soggetti che hanno posto in essere più atteggiamenti che fanno presupporre una vicinanza a ideologie jihadiste; «segnalazione», per quei detenuti che meritano approfondimento per la valutazione successiva di inserimento nei livelli precedenti;
    i soggetti attualmente sottoposti a specifico «monitoraggio» sono complessivamente 165, a cui si aggiungono 76 detenuti «attenzionati» e 124 «segnalati», per un totale di 365 individui. Attualmente i detenuti ristretti per il reato di terrorismo internazionale monitorati, sono 44;
    sono stati 34 i soggetti dimessi per fine pena per i quali, accertata un'adesione alle ideologie jihadiste, sono stati emessi provvedimenti amministrativi di espulsione;
    sulla base delle nazionalità di appartenenza il Dap ha stimato che circa 11.029 stranieri detenuti provengono da Paesi tradizionalmente di religione musulmana; tra questi, ben 7.646 sono «praticanti», ossia effettuano la preghiera attenendosi ai dogmi della propria religione; tra i «praticanti», 148 sono Imam e 20 si sono convertiti all'islam durante la detenzione;
    con lo strumento del trasferimento delle persone condannate è consentito ai cittadini di uno Stato, detenuti in espiazione di pena in un altro Stato, di essere trasferiti in quello d'origine per la continuazione dell'espiazione della pena stessa. Lo strumento giuridico di maggiore applicazione in tale materia, ai fini dell'esecuzione di condanne definitive, è la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata con la legge 25 luglio 1988 n. 334;
    la Convenzione ha quale scopo principale di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo ad uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo paese d'origine. A tal fine, una persona condannata nel territorio di una Parte può manifestare, presso lo Stato di condanna, o presso lo Stato di esecuzione, il desiderio di essere trasferita in applicazione della Convenzione. Il trasferimento può essere anche richiesto o dallo Stato di condanna, o dallo Stato di esecuzione. In ogni caso, la persona condannata – o il suo rappresentante legale – deve acconsentire al trasferimento;
    una persona condannata può essere trasferita in applicazione della Convenzione se è cittadina dello Stato di esecuzione; se la sentenza è definitiva; se la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata; se gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; se lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento;
    le autorità competenti dello Stato di esecuzione devono continuare l'esecuzione della condanna o convertire la stessa, per mezzo di una procedura giudiziaria o amministrativa, in una decisione di detto Stato, sostituendo in tal modo la pena inflitta nello Stato di condanna con una sanzione prevista dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso reato. Va ricordato che l'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato è l'unico competente a prendere ogni decisione al riguardo;
    in caso di continuazione dell'esecuzione, lo Stato di esecuzione è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo Stato di condanna. Tuttavia, se la natura o la durata della sanzione sono incompatibili con la legge dello Stato di esecuzione, o se la sua legge lo esige, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, la sanzione può essere adattata alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato, che però non può essere più grave, per natura o durata, della sanzione imposta nello Stato di condanna, né eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione;
    il Trattato ad oggi è stato ratificato da tutti Paesi membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco, nonché da Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, Israele, Mauritius, Messico, Mongolia, Panama, Stati Uniti d'America, Tonga, Trinidad e Tobago, Venezuela;
    la possibilità di scontare la pena nel Paese di origine è utile al reinserimento, venendo meno problematiche linguistiche e culturali;
    il trasferimento nel loro Paese di origine dei detenuti stranieri condannati in Italia, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e facilitare la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche terroristica;
    accanto ad una seria politica di adeguamento strutturale degli istituti penitenziari, anche con la previsione di nuove costruzioni, ad un adeguamento delle piante organiche del personale e ad una maggiore applicazione del trasferimento delle persone condannate negli Stati di provenienza, non vi è dubbio che determinanti, per un sistema carcerario più in linea col dettato costituzionale, saranno tutte quelle iniziative normative volte ad un adeguamento del sistema dell'esecuzione della pena detentiva;
    attualmente, presso il Senato della Repubblica, è in discussione il disegno di legge governativo recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario. Sulle modifiche all'ordinamento penitenziario si è potuta registrare una considerevole convergenza delle forze politiche, restando altresì forti le differenze sulle restanti parti del provvedimento;
    sarebbe auspicabile che questo Parlamento, nei pochi mesi che oramai separano dal termine, naturale o anticipato, della XVII legislatura, fosse in grado di approvare in via definitiva almeno questa parte della riforma, dando così un segnale forte all'intero mondo giudiziario e carcerario,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi, in tutte le sedi internazionali, per favorire la sottoscrizione della Convenzione di Strasburgo anche da parte di quei Paesi che non hanno aderito;
2) a promuovere, nel rispetto dello spirito della Convenzione di Strasburgo, accordi bilaterali con quegli Stati che ancora non hanno in essere strumenti giuridici per il trasferimento di propri connazionali condannati in via definitiva nel nostro Paese;
3) a favorire la conoscenza tra la popolazione straniera presente negli istituti penitenziari italiani della Convenzione di Strasburgo;
4) a mantenere informato il Parlamento in merito ai dati relativi all'applicazione delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo e degli accordi bilaterali sottoscritti per il rimpatrio di detenuti stranieri;
5) ad assumere iniziative per potenziare, anche attraverso maggiori dotazioni di mezzi, personale e risorse, gli strumenti di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento;
6) a favorire, per quanto di competenza, un rapido esame del disegno di legge governativo, attualmente all'esame del Senato della Repubblica e recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario.
(1-01513) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    al termine della seconda guerra mondiale nelle terre contese tra Italia e Jugoslavia dell'Istria e della Dalmazia ha avuto luogo una drammatica pulizia etnica;
    migliaia di cittadini italiani sono stati barbaramente assassinati e gettati a volte ancora vivi nelle foibe, le caverne verticali tipiche della regione carsica e dell'Istria;
    le sistematiche violenze a danno dei cittadini italiani residenti in quelle zone sono proseguite per anni e perseguivano il chiaro intento da parte del regime titino di «slavizzare» quelle terre, eliminando coloro che avrebbero potuto riaffermarne l'italianità;
    a causa delle violenze centinaia di migliaia di italiani furono costretti a scappare da quelle zone e ad abbandonare tutti i loro beni, che furono espropriati e nazionalizzati da parte dello Stato jugoslavo;
    per decenni la tragedia di queste famiglie di esuli, come anche quelle delle vittime delle foibe, sono state ignorate dalla storia, e nonostante ora si stia cominciando a compiere un cammino in senso inverso, soprattutto grazie all'istituzione, a decorrere dal 2004 della Giornata del ricordo, gli esuli arrivati in Italia ormai settant'anni fa dopo incredibili sofferenze non hanno ancora neanche ricevuto l'intero indennizzo loro riconosciuto in base alle leggi varate;
    la questione dei beni arbitrariamente espropriati da parte dell'allora Jugoslavia è stata, infatti, solo in parte regolata da accordi bilaterali;
    il Parlamento ha provveduto nel tempo a decidere l'indennizzo delle proprietà perdute nei territori ceduti, attraverso una legislazione che è stata più volte modificata, col proposito di venire incontro alle aspettative degli esuli, ma è sempre stata valutata come del tutto insoddisfacente per quanto riguarda i valori monetari riconosciuti;
    lo Stato non ha riconosciuto ai vecchi proprietari di immobili un ristoro integrale, bensì soltanto un indennizzo condizionato dalle capacità di bilancio della finanza pubblica e stabilito dal Parlamento con piena discrezionalità;
    la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8055 del 25 marzo 2014, ha stabilito che è ravvisabile un diritto all'indennizzo in favore dei cittadini italiani per i beni localizzati nei territori ceduti alla Jugoslavia in base al Trattato di pace del 10 febbraio 1947 ed ivi sottoposti, dal Governo jugoslavo, a misure di nazionalizzazione o di esproprio, ma spetta comunque sempre al Parlamento determinarne in concreto l'importo;
    la questione è analoga per il regime concernente i beni localizzati nella zona B, in base al Trattato di Osimo del 1975;
    nonostante il mutato scenario geopolitico dell'Europa orientale e la costituzione di nuove Nazioni in seguito al dissolvimento della federazione jugoslava, l'Italia non ha dato alcun segno di voler sostenere un impegno politico più determinato per il chiarimento delle contese ancora in essere;
    la Croazia e la Slovenia, in particolare, hanno stanziato un fondo per il risarcimento delle vittime delle foibe e degli esuli, ma non procedono con l'erogazione delle somme riconosciute perché manca proprio la parte italiana, che avrebbe dovuto contribuire anch'essa con uno stanziamento di risorse finanziarie;
    la legge 16 marzo 2001, n. 72, recante «Interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia», ha previsto la stipula di una convenzione pluriennale con la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati finalizzata a garantire l'applicazione dell'articolo 9 della Costituzione e il conseguente finanziamento di attività volte alla salvaguardia «delle tradizioni storiche, culturali e linguistiche italiane delle comunità istriane, fiumane e dalmate residenti in Italia, con riferimento agli usi, ai costumi ed alle espressioni artistiche, letterarie e musicali che ne costituiscono il patrimonio culturale popolare ed il legame storico con le terre di origine»;
    tale normativa, tuttavia, è estremamente farraginosa e complessa a causa del coinvolgimento di una pluralità di istituzioni pubbliche e private, a partire dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo;
    ad oggi la procedura per l'erogazione dei fondi è talmente complicata da rendere le tempistiche così lunghe che le attività delle associazioni rischiano la completa paralisi;
    con la legge 30 marzo 2004, n. 92, lo Stato italiano ha istituito il «Giorno del ricordo», finalizzato a «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale»;
    la legge stabilisce, inoltre, che siano previste «iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero»;
    a oltre un decennio dalla sua prima applicazione, le iniziative messe in atto dalle istituzioni scolastiche per ottemperare a quanto previsto dalla legge n. 92 del 2004 si dimostrano ancora del tutto inadeguate e insoddisfacenti;
    è necessario pertanto un percorso di conoscenza approfondito della storia del confine italiano nord-orientale e dei territori che furono italiani, oggi croati e sloveni, attraverso specifici progetti didattici;
    un percorso formativo e culturale esaustivo può essere ravvisato nel progetto «Viaggio nella civiltà giuliano dalmata», realizzato dall'amministrazione di Roma Capitale dal 2008 al 2010 con la partecipazione della maggior parte delle scuole superiori del territorio, nell'ambito del quale gli studenti sono anche stati portati a visitare i luoghi simbolo delle foibe e dell'esodo;
    tale progetto è stato inserito negli annali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quale riconoscimento della sua valenza istituzionale nazionale,

impegna il Governo:

1) a garantire la piena attuazione della legge n. 92 del 2004, al fine di conservare e onorare la memoria delle vittime degli eccidi e delle sofferenze patite dagli esuli, sostenendo la celebrazione del Giorno del ricordo da parte di tutte le amministrazioni pubbliche e vigilando sulla realizzazione di iniziative in ambito scolastico che insegnino agli studenti questi tragici fatti;
2) ad adottare con urgenza ogni iniziativa, anche in sede internazionale, volta a dare finalmente soluzione alla vicenda degli indennizzi riconosciuti ai cittadini italiani che hanno perduto i propri beni in quelle regioni, attraverso la messa a disposizione dei fondi necessari vincolandoli a tale destinazione;
3) ad adottare le opportune iniziative di tipo normativo e amministrativo per modificare l’iter per la concessione dei finanziamenti ex lege n. 72 del 2001, e a procedere alla immediata individuazione del funzionario delegato all'esecuzione dei mandati di pagamento, affinché si possa procedere in tempi rapidissimi all'erogazione delle somme necessarie e scongiurare il dissesto degli istituti interessati;
4) ad impegnarsi in sede bilaterale con gli Stati di Croazia e Slovenia affinché estendano ai cittadini italiani le normative emanate per la denazionalizzazione dei beni dei cittadini della dissolta Repubblica socialista federale di Jugoslavia.
(1-01514) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    l'efficienza energetica negli usi finali ha un ruolo essenziale nelle politiche energetiche, così come ribadito dalla Commissione europea nella recente proposta di modifica della direttiva 2012/27/UE;
    la direttiva, recepita in Italia con il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, nel suo complesso ha aggiornato il quadro normativo comune sull'efficienza energetica, promuovendo obiettivi e azioni di risparmio energetico condivisi all'interno dell'Unione europea;
   per quanto riguarda l'energia elettrica, la norma europea prevede che almeno l'80 per cento dei consumatori, entro il 2020, sia dotato di sistemi intelligenti di misurazione qualora I introduzione dei contatori intelligenti sia reputata efficiente in termini di costi;
    l'obiettivo dichiarato è la possibilità, per i consumatori, di ottenere informazioni sulla fatturazione precise e fondate sul consumo reale;
    l'Italia, su iniziativa dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico con la delibera n. 292 del 2006, già dal 2007 ha reso obbligatoria, per tutti i distributori di elettricità operanti sul territorio nazionale, l'installazione di contatori elettronici di energia elettrica presso tutte le famiglie piccole imprese anticipando di molto le scadenze europee;
    la relazione della Commissione europea del 17 giugno 2014, COM(2014) 356, «Analisi comparativa dell'introduzione dei sistemi di misurazione intelligenti nell'UE-27 in particolare nel settore dell'elettricità» inserisce il nostro Paese tra quelli che già hanno provveduto ad adempiere alla sostituzione dei contatori;
    lo stesso documento, però, riporta anche che l'Italia non ha provveduto a fornire i dati di stima sui benefici derivanti dall'installazione dei nuovi contatori;
    i dati di performance, registrati, relativi al processo end-to-end – ovvero dalla rilevazione del dato di misura presso il cliente all'invio alle controparti commerciali (venditori, sistema informativo integrato e altro) – si attestano su valori superiori al 95 per cento medio mensile a livello nazionale, così come comunicato anche in occasione della recente indagine conoscitiva sulla misura;
    l'introduzione del contatore elettronico, definito 1G, si è svolta in contemporanea all'adozione della direttiva 2004/22/CE del 31 marzo 2004 sugli strumenti di misura, che al suo allegato MI-003 regola i contatori di energia elettrica attiva, stabilendo i requisiti generali a cui devono corrispondere gli strumenti di misura e quelli specifici;
    il decreto legislativo n. 2 febbraio 2007, n. 22, di recepimento della citata direttiva 2004/22/CE, articolo 19, prevede che con uno o più decreti «il Ministro dello sviluppo economico stabilisce i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici successivi sugli strumenti di misura disciplinati dal presente decreto dopo la loro immissione in servizio», che sono stati successivamente definiti per quanto riguarda i controlli metrologici sui contatori di energia elettrica attiva soltanto nel 2015 con il decreto ministeriale 24 marzo 2015, n. 60, e previsti, per i contatori domestici, ogni 15 anni;
    il citato decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, definisce all'articolo 2, lettera a) «strumento di misura» ogni dispositivo o sistema con funzioni di misura evidenzia una differenza tra singolo strumento e network formato da più apparati in grado di interagire tra loro in remoto;
    la circolare del Ministero dello sviluppo economico del 22 ottobre 2008 n. 3620 volta a chiarire alcuni punti del decreto, pur non definendo espressamente il sistema, introduce la definizione di «catena di misura» quale successione di elementi di un apparecchio di misura o di un sistema di misura che costituisce il percorso del segnale di misura dall'inizio alla fine;
    con il decreto legislativo n. 102 del 2014 il legislatore ha nuovamente anticipato il mercato e la razione tecnica, introducendo all'articolo 9, comma 3 l'obbligo per l'Autorità di predisporre le specifiche abilitanti dei sistemi di misurazione intelligenti, cui le imprese distributrici sono tenute ad uniformarsi ma senza fissare una data di decorrenza dell'obbligo di messa in servizio;
    l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, con la deliberazione n. 646 del 2016, ha definito, per il triennio 2017-2019, il riconoscimento dei costi per la misura dell'energia elettrica in bassa tensione e altre disposizioni in materia di messa in servizio dei sistemi di smart metering di seconda generazione;
    il piano di sostituzione dei contatori da parte del principale soggetto distributore di energia elettrica in Italia si inserisce nuovamente in un contesto normativo e regolatorio in via di definizione che, ad esempio, è privo della norma CEI per l'implementazione di un protocollo che consenta l'interfacciamento del contatore con eventuali dispositivi di proprietà del cliente,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative normative al fine di definire se un sistema costituito da uno strumento di misura e da un network di comunicazione bidirezionale possa essere considerato un sistema di misurazione dal punto di vista della metrologia legale;
   a farsi promotore di iniziative normative per la separazione delle attività di telelettura e di telegestione, ribadendo il principio per cui i dati di misura sono di esclusiva proprietà del consumatore di energia;
   a promuovere iniziative normative volte ad assicurare un'attenta analisi dei costi e dei benefici associati alle diverse categorie di utenti del servizio elettrico prima di procedere all'approvazione di piani per la messa in servizio di nuovi sistemi di smart metering;
   ad assumere iniziative ogni iniziativa di competenza per rinviare il previsto processo di sostituzione degli attuali contatori con quelli di nuova generazione, in attesa del definitivo assetto del quadro normativo e regolatorio;
   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, affinché le società di gestione dei servizi pubblici e le autorità competenti effettuino analisi costi/benefici dei misuratori intelligenti al fine di evitare l'erogazione di agevolazioni e incentivi fiscali ingiustificati a favore delle società di distribuzione.
(7-01188) «Crippa, Pesco, Sibilia».


   Le Commissioni XI e XIII,
   premesso che:
    la pesca italiana versa in una crisi che appare irreversibile se si considera che, negli ultimi trent'anni, su 8 mila chilometri di coste, le imbarcazioni sono diminuite del 33 per cento, i rimanenti 12 mila scafi hanno un'età media di 34 anni e si sono persi 18 mila posti in un settore che dà, oggi, lavoro direttamente a 27 mila persone, senza considerare l'indotto;
    la gestione di risorse naturali, quali le specie ittiche, favorisce la concentrazione delle attività in poche imprese di pesca, possedute da pochi soggetti; una situazione, questa, che sta progressivamente distruggendo quella straordinaria rete di imprese diffuse, su cui si è retta la pesca in Italia, dal secondo dopoguerra ad oggi, assicurando lavoro e reddito agli addetti del settore e in genere alle comunità e ai territori in cui operavano;
    le cause di questa crisi si fondano sulla concorrenza di mari lontani e delle barche croate, albanesi, nordafricane, che hanno innescato un crollo delle quotazioni del pesce, mettendo fuori mercato i pescatori italiani anche a causa degli alti costi delle loro attività;
    il pescatore italiano è stritolato dalle quotazioni del pesce importato e dai costi ben più alti di quelli dei pescatori egiziani, libici e tunisini;
    a ciò si aggiunga quella che i presentatori del presente atto giudicano, «la gabbia» delle regole imposte dall'Unione europea, quali i vincoli sulle misure delle vongole e taglia minima e attrezzi di cattura o l'obbligo di tenuta a bordo del «libro del pescato»;
    inoltre, il sistema delle quote per la caccia al tonno rosso, prodotto ad altissima redditività, è fortemente squilibrato e richiede un intervento urgente per rivedere la ripartizione delle quote tra i diversi settori interessati;
    ai problemi della concorrenza e di un consumo sempre meno consapevole, si aggiungono disposizioni legislative che si rivelano, secondo i presentatori del presente atto, irragionevoli e che è necessario modificare, come l'introduzione di sempre più pesanti sanzioni e di complessi e stringenti strumenti di controllo sull'attività esercitata che, nel loro insieme, penalizzano in modo inaccettabile un settore economico costituito da imprenditori che fanno e danno lavoro e che, insieme all'indotto, sviluppano un volume d'affari, che un Paese in difficoltà economica come l'Italia non si può permettere di mortificare ulteriormente;
    tutte queste restrizioni ricadono anche sulle attività commerciali; le sanzioni accessorie si applicano anche a pescherie e ristoranti per i quali, in taluni casi, è prevista la chiusura a tempo dell'esercizio, tanto che, per non incorrere in sanzioni, tali esercizi preferiscono acquistare pescato proveniente dall'estero;
    a tali problemi, si aggiunge il fatto che i sistemi di controllo applicati alle imprese della pesca (Blue Box – Ais – Giornale di bordo elettronico) e di verifica sull'attività di pesca (rigetti in mare del pesce sottomisura), pur essendo un forte deterrente all'esercizio della pesca illegale, richiedono una cura e una puntualità nella gestione, più adatta ai grandi motopescherecci che operano nell'oceano Atlantico e nei mari del Nord Europa, che alle imbarcazioni più diffuse nel nostro Paese, non grandi, prive di spazi e comodità a bordo, composte da equipaggi modesti (in media 2/4 persone), che operano in aree di pesca, dal punto di vista morfologico, completamente diverse rispetto ai grandi mari europei;
    la minore dimensione delle imprese italiane della pesca fa sì che esse siano molto esposte al rischio di penalizzazione, per aver commesso infrazioni, il più delle volte determinate dalla impossibilità di evitarle, piuttosto che dalla volontà di commetterle;
    il clima difficile che si sta creando tra gli operatori richiede il ripristino di un dialogo costruttivo tra istituzioni e mondo della pesca, costituito dalle imprese e dalle associazioni di rappresentanza del settore, anche per ridiscutere normative che non tengono conto delle specificità del settore come l'articolo 39 della legge n. 154 del 2016 che, pur depenalizzando le infrazioni previste per la cattura sottomisura di una serie di specie ittiche, ha introdotto sanzioni amministrative che, all'atto pratico, risultano per i presentatori del presente atto sproporzionate ed eccessivamente punitive anche perché sganciate dall'elemento psicologico,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative affinché sia accelerata l'erogazione dei trattamenti di cassa integrazione in deroga per il settore pesca riferiti al 2016, anche per gli armatori imbarcati, superando le difficoltà riscontrate da alcune sedi locali dell'Inps;
   ad assumere iniziative per modificare la legge 28 luglio 2016, n. 154, in materia di sanzioni e di sistemi di controllo, adattandoli alle peculiari dimensioni delle imprese nazionali;
   ad assumere iniziative per ripristinare la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, coinvolgendo le associazioni rappresentative delle imprese di pesca.
(7-01187) «Venittelli, Arlotti, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Di Gioia, Falcone, Fiorio, Lavagno, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Zanin».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    in Italia il tonno rosso viene pescato con diversi sistemi di pesca (circuizione, palangaro, tonnara fissa), la quota italiana è stata assegnata all'Italia intorno agli anni 70 con riferimento alle catture effettuate prevalentemente con il metodo della circuizione ed in base a criteri consolidati nel tempo; con riferimento alla pesca del tonno rosso e al piano europeo pluriennale di ricostituzione dello stock nel Mediterraneo, merita che siano sottolineati i sostanziali miglioramenti conseguiti sotto il profilo biologico, come indicato dagli esperti scientifici della Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici (ICCAT);
    a seguito dell'azione svolta dalla Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, e prendendo atto degli esiti positivi del piano pluriennale di ricostituzione degli stock di tonno nell'Atlantico e nel Mediterraneo, l'organismo di gestione internazionale della pesca dei tonnidi Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici – International Commission for the Conservation of Tunas) ha deciso di rideterminare, aumentandola, la quota pescabile di tonno rosso nel triennio 2015-2017 per tutti i Paesi aderenti alla Convenzione internazionale per la conservazione dei Tonnidi dell'Atlantico, tra cui l'Unione europea;
    il regolamento (UE) 2017/127 del Consiglio, del 20 gennaio 2017, ha stabilito per l'anno in corso, le possibilità di pesca per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque dell'Unione europea e, per i pescherecci dell'Unione, in determinate acque non dell'Unione, confermando per il tonno rosso quanto già indicato nella raccomandazione della Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici (I.c.c.a.t.) relativamente al quantitativo di pesca per il triennio 2015-2017;
    sulla base della citata raccomandazione, il Consiglio dei ministri dell'Unione europea «Agricoltura e pesca» del 13 dicembre 2016 ha assegnato all'Italia una quota di pescato di tonno rosso pari a 3.304,82 tonnellate, il 20 per cento in più (552,26 tonnellate) rispetto alle 2.752,56 tonnellate concesse nel 2016, mantenendo l'assetto dell'attuale flotta di pesca al tonno rosso, comprensivo di dodici pescherecci a circuizione, trenta palangari e sei tonnare fisse;
    con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dovrà essere ripartita la quota aggiuntiva di 552 tonnellate di pescato tra i diversi sistemi di pesca utilizzati in Italia;
    in precedenza, con il decreto 17 aprile 2015, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali aveva già ripartito le quote di tonno rosso per il triennio 2015-2017, assegnando per l'anno in corso il 74,451 per cento al sistema della circuizione (2.460,23 tonnellate), il 13,595 per cento ai palangari (449,25 tonnellate), l'8,465 per cento alle tonnare fisse (279,73 tonnellate), lo 0,454 per cento alla pesca sportiva/ricreativa (15,00 tonnellate) e il 3,035 per cento alla quota non divisa (100,29 tonnellate);
    nel corso degli anni, dal momento dell'introduzione del Totale ammissibile di cattura (Tac), è emersa un'inaccettabile sproporzione nella distribuzione delle quote tra i diversi sistemi di cattura che ha indotto pesanti squilibri tra imprese grandi e piccole e tra marinerie;
    inoltre, le ultime campagne di pesca del tonno rosso in Italia hanno evidenziato, relativamente alle catture accessorie, l'insufficienza delle quantità assegnate alla «quota non divisa» che ogni anno viene rapidamente azzerata a causa dello sforamento delle imbarcazioni autorizzate;
    è di tutta evidenza che la distribuzione storica delle quote, tra i diversi sistemi di cattura, presenta sproporzioni e squilibri che il richiamato incremento delle disponibilità offre l'occasione, se non di sanare, di ridurre e limitare;
    nella nuova assegnazione delle quote è opportuno garantire il criterio comunitario della adeguatezza economica della quota in rapporto alla specificità del sistema di cattura e di conseguenza della precisa attribuzione di quota ad ogni impianto di pesca, comprese le tonnare fisse;
    vanno inoltre incentivate tutte le migliori pratiche che coniughino sostenibilità ambientale a lungo termine, collegate alle attività di pesca e gestione di tali attività in grado di conseguire vantaggi a livello socioeconomico e occupazionale;
    appare pertanto urgente modificare le modalità di attribuzione delle quote, con particolare riguardo a quella indivisa, al fine di superare i gravi inconvenienti riscontrati in questi anni dagli operatori della pesca di quelle regioni italiane escluse dall'attribuzione delle quote finora stabilite;
    in tale contesto, appare importante attuare un approccio improntato all'attuazione progressiva, rispetto al raggiungimento di un equilibrio tra capacità di pesca e possibilità di pesca, ponendo attenzione anche a interventi sul versante dell'ammodernamento e del nuovo dimensionamento delle flotte e a misure mirate e selettive rispetto alle specie ittiche, tenendo presente l'impatto socio-economico dell'attività,

impegna il Governo:

fatti salvi i coefficienti di ripartizione e le quote individuali di tonno rosso attribuite con decreto ministeriale 17 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 26 maggio 2015, a ripartire dal 1o gennaio 2018, l'eventuale parte incrementale del contingente di cattura di tonno rosso assegnato all'Italia rispetto al livello fissato per il 2017, fra i vari sistemi di pesca interessati, garantendo al palangaro (LL), al sistema a circuizione e alla tonnara fissa (TRAP) complessivamente non più del 40 per cento del suddetto incremento e riservando un contingente specifico alla pesca ricreativa e sportiva (SPOR), stabilendo comunque che le imbarcazioni da diporto autorizzate non potranno pescare più di un tonno all'anno e riservando la quota rimanente alle catture accidentali.
(7-01186) «Venittelli, Oliverio, Luciano Agostini, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Di Gioia, Falcone, Fiorio, Lavagno, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 6 febbraio 2017 è in vigore la legge regionale n. 1 del 2017, recante «Norme straordinarie in materia di consorzi di bonifica commissariati» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 15), con cui la regione Puglia intende procedere al risanamento dei consorzi, attraverso un processo riorganizzativo finalizzato all'autogoverno delle funzioni, a completamento del percorso di riforma precedentemente avviato;
   all'articolo 9, «Disciplina del trasferimento delle funzioni in materia di irrigazione ed acquedotti rurali», si stabilisce espressamente che «A far data dal 1o dicembre 2018, la Sezione Irrigazione ed acquedotti rurali del Consorzio di bonifica Centro-Sud Puglia cesserà le sue funzioni e transiterà, unitamente al personale dipendente afferente, in Acquedotto pugliese S.p.A., che provvederà all'assunzione con modalità organizzativa compatibile con la legislazione vigente e il suo Statuto, senza necessità di ulteriore atto legislativo o amministrativo»;
   la legge in questione punta a far assumere dal 1o dicembre 2018 ad Acquedotto pugliese spa le funzioni in materia di «gestione, ammodernamento, realizzazione e manutenzione di opere pubbliche di accumulo, derivazione, adduzione circolazione e distribuzione relative al recupero degli acquedotti rurali ed ai sistemi irrigui, nonché delle opere per il recupero delle acque per fini irrigui agricoli, ad esclusione degli impianti di affinamento delle acque reflue urbane. La sezione gestione irrigua ed acquedotti rurali esercita anche le funzioni di cui all'articolo 7 (funzioni amministrative e di controllo sui pozzi oggi delle province)»;
   a parere degli interroganti, la legge regionale in questione si pone in contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione poiché: vi è una stretta connessione finalistica tra l'attività di bonifica integrale e la tutela del territorio e dell'ambiente; ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione (come modificato con la legge costituzionale n. 3 del 2001), infatti, la «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» costituisce espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato, sicché lo Stato può delegare le sole funzioni amministrative (e non anche quelle legislative); anche se l'attività di bonifica vada considerata riferibile alla materia del «governo del territorio» (per la quale la regione ha potestà legislativa concorrente, ai sensi del novellato articolo 117 della Costituzione), la legge regionale in questione si pone per gli interroganti in contrasto con i principi fondamentali, ricavabili in materia dalla legislazione statale –:
   se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alla legge della regione Puglia n. 1 del 2017. (4-15631)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   all'interno del sito di interesse nazionale di Taranto, la società Italcave spa gestisce l'impianto complesso di discarica per rifiuti speciali non pericolosi, avente l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata con determinazione del dirigente del servizio ecologia n. 67/2009 per un conferimento massimo di rifiuti pari a 2.000 t/giorno «da rispettare assolutamente». L'Aia è stata aggiornata e rinnovata per modifica non sostanziale con la determinazione del dirigente del 17 aprile 2013, n. 22, rinnovata con la determinazione del dirigente n. 33 del 17 novembre 2014 e rettificata con determinazione del dirigente dell'Ufficio autorizzazione integrata ambientale della regione Puglia, n. 36 dell'11 dicembre 2014 per un volume totale ripartito in due lotti di 6.228.444 metri cubi. Inoltre si sono, peraltro, concesse deroghe all'emissione di alcuni inquinanti;
   le ordinanze del presidente della regione Puglia n. 11 del 5 settembre 2014 e n. 13 del 4 novembre 2014 hanno stabilito che i flussi in uscita dagli impianti in provincia di Bari gestiti da Amiu Puglia spa, da Daneco Impianti spa e Progetto gestione bacino Bari Cinque srl verranno indirizzati verso le discariche di rifiuti speciali in Puglia in base alle disponibilità dichiarate dai gestori e ad un «piano dei conferimenti» predisposto dall'Ato Ba e dall'Ato Bat. Tra le discariche interessate c’è quella di Italcave spa per la quale si deroga, nell'ambito delle volumetrie complessivamente autorizzate ai quantitativi giornalieri stabiliti in autorizzazione, prevedendo in aggiunta ulteriori 200 t/g;
   con l'ordinanza del presidente della regione Puglia n. 2 del 2 aprile 2015 si ordina al gestore di Italcave spa, unicamente per i suddetti motivi, di derogare, nell'ambito delle volumetrie complessivamente autorizzate, ai quantitativi relativi alla capacità di smaltimento giornaliera stabiliti in autorizzazione prevedendo un incremento di ulteriori 200 t/giorno, passando quindi da 2.200 t/giorno a 2.400 t/giorno. L'ordinanza n. 3 del 30 aprile 2015 stabilisce che a partire dal 4 maggio 2016 e per un periodo massimo di 180 giorni siano prorogati tutti gli effetti dell'ordinanza n. 13 del 4 novembre 2014. L'ordinanza n. 8 del 29 settembre 2015 proroga nuovamente per altri 180 giorni la deroga sopracitata. Inoltre, viene stabilito che i quantitativi giornalieri in ingresso possono essere intesi come media su base quindicinale. L'ordinanza n. 4 del 23 marzo 2016 proroga nuovamente per altri 180 giorni la deroga sopracitata ai quantitativi relativi alla capacità di smaltimento giornaliera stabiliti in autorizzazione, prevedendo 2.400 t/giorno;
   in data 31 marzo 2015, la società Italcave spa ha depositato presso la provincia di Taranto una istanza coordinata Aia/Via per un progetto per l'ampliamento della discarica per rifiuti speciali non pericolosi/mediante la realizzazione di un terzo lotto che potrà consentire una disponibilità volumetrica lorda di circa 4.600.000 metro cubi;
   la falda idrica sottostante il Sito di interesse nazionale di Taranto risulta contaminata e con valori di soglia di contaminazione superiori ai limiti imposti dalla legge –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative per quanto di competenza, intenda adottare al fine di salvaguardare la falda idrica e l'ambiente circostante in un'area che si trova all'interno del sito di interesse nazionale di Taranto e che, secondo l'interrogante, potrebbe, per altro, subire un ulteriore impatto ambientale dall'eventuale ampliamento della discarica. (5-10637)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta orale:


   MANZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nel giorno della Festa della donna, ha previsto l'ingresso gratuito per le donne nei musei italiani oltre ad organizzare un fitto calendario di eventi e manifestazioni a tema, nei luoghi della cultura statali, per sottolineare il rilievo della giornata;
   come riportato in un articolo della testata giornalistica locale «Il Ducato», ripreso anche dalla stampa nazionale, l'8 marzo 2016, l'ingresso al Palazzo Ducale di Urbino non è stato gratis per le donne, come invece accaduto negli altri musei italiani;
   il personale addetto alla biglietteria della Galleria nazionale delle Marche, a seguito delle lamentele delle visitatrici e interpellato dalla stampa locale, si sarebbe giustificato dicendo di non essere stato avvertito dalla Soprintendenza dell'iniziativa ministeriale in corso, mentre quest'ultima avrebbe invece spiegato di aver avvisato il personale interessato per tempo e con una circolare;
   anche se il problema è stato successivamente risolto, l'errore di comunicazione appare poco giustificabile, dato che l'iniziativa in questione era stata puntualmente e preventivamente annunciata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, già all'inizio del mese di febbraio 2016 e quindi in tempo utile per informare gli addetti ai lavori –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per chiarire come effettivamente si sono svolti i fatti, al fine di accertare eventuali responsabilità ed evitare che episodi come questi possano compromettere il buon esito di iniziative così importanti e, al tempo stesso, recare un danno d'immagine all'intero circuito museale e culturale marchigiano.
(3-02792)


   BENI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del Programma operativo nazionale (Pon) 2014-2016, approvato dalla Commissione europea, l'Asse II è dedicata alla cultura e allo sviluppo e ha come obiettivo la valorizzazione del territorio attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale e creativo, il potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore;
   il 19 luglio 2016 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha presentato il programma «Cultura Crea», gestito dall'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa (Invitalia) e destinato alla crescita di micro, piccole e medie imprese e del terzo settore, operanti nella filiera culturale e creativa delle cinque regioni del Mezzogiorno: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
   come previsto dal decreto ministeriale n. 243 del 2016, i fondi stanziati per la realizzazione del programma sono stati ripartiti in tre ambiti: 41,7 milioni di euro per la creazione di nuove imprese dell'industria culturale, 37,8 milioni di euro per lo sviluppo delle imprese dell'industria turistica e manifatturiera e 27,4 milioni di euro per il sostegno ai soggetti del terzo settore che operano nell'industria culturale;
   nel documento discusso e approvato dal comitato di sorveglianza del PON «Cultura e Sviluppo», per quanto riguarda i criteri di selezione dei soggetti di terzo settore abilitati a presentare domanda di ammissione, si fa riferimento a «soggetti e organizzazioni facenti parte del terzo settore, la cui ordinaria attività e le cui finalità istituzionali non siano incompatibili con le finalità del programma»;
   la legge n. 106 del 2016, recante «Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale», contiene la definizione aggiornata degli enti facenti parte del terzo settore;
   il citato decreto ministeriale all'articolo 1, lettera h), nel definire i soggetti di terzo settore che possono presentare domanda di ammissione alle agevolazioni, non fa alcun riferimento alla legge n. 106 del 2016 che di fatto ha aggiornato la normativa in materia, ma elenca solo alcune categorie specifiche di enti del terzo settore, escludendo le associazioni di promozione sociale, di cui alla legge n. 383 del 2000;
   anche dai dati dell'ultimo censimento Istat sul terzo settore risulta che le associazioni di promozione sociale rappresentano, invece, la forma organizzativa prevalente fra gli enti di terzo settore che operano nel campo della promozione e dello sviluppo del patrimonio culturale –:
   quali siano le ragioni dell'esclusione delle associazioni di promozione sociale fra i soggetti indicati all'articolo 1, lettera h) del decreto ministeriale n. 243 del 2016;
   se non ritenga necessario assumere iniziative per integrare le disposizioni contenute nell'articolo 1, lettera h, del decreto sopracitato al fine di ricomprendere anche le associazioni di promozione sociale tra i soggetti del terzo settore che possono presentare domanda di ammissione alle agevolazioni. (3-02793)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CORDA, BASILIO, RIZZO, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel 2013 un gruppo di lavoratori della base US Army di Camp Darby sono stati licenziati, perché considerati «in esubero» rispetto alle esigenze dalla base militare;
   hanno affrontato questo periodo di disoccupazione aspettando l'applicazione della legge n. 98 del 1971 che assicura al personale licenziato dalle basi militare statunitensi e dei Paesi alleati sul suolo italiano la ricollocazione nella pubblica amministrazione;
   tutto questo mentre è annunciata la chiusura della base tedesca di Decimomannu che coinvolgerà centinaia di dipendenti e la stessa base di Camp Darby preannuncia nuovi licenziamenti;
   nella legge di bilancio dello Stato è già presente lo stanziamento che consentirebbe la ricollocazione del personale di Camp Darby (5 dipendenti);
   secondo un comunicato diffuso dalla FILCAMS CGIL «nel momento in cui viene meno la certezza della ricollocazione dei lavoratori e questa si trasforma in una ipotesi di soluzione che richiede un confronto e una definizione di impegni da parte del governo, debba finire l'extraterritorialità giuridica di cui godono – senza che sia scritto in nessuna legge dello Stato italiano – i datori di lavoro delle basi»;
   da qui la richiesta di applicare, in caso di licenziamento collettivo, la procedura prevista dalla Legge n. 223 del 1991, garantendo il confronto di merito in sede sindacale e in sede ministeriale per ridurre il numero degli esuberi, individuare le soluzioni, favorire le ricollocazioni;
   la legge n. 98 del 1971 non costituiva un «privilegio» ma una garanzia a tutela di lavoratori cui non si applicavano le norme generali – a cominciare da quella sulla libertà di opinione e di affiliazione sindacale – e la contemporanea conferma della natura pubblica del lavoro svolto per conto dello Stato italiano presso il datore di lavoro che deriva dai trattati internazionali che obbligano il Governo italiano a mettere a disposizione «territorio, mezzi e uomini», a prescindere dalla attività concretamente svolta dal singolo lavoratore all'interno della base –:
   se il Governo non reputi, per quanto di competenza, di dover dare risposte ai lavoratori delle basi militari straniere licenziati (Camp Darby, Decimomannu e non solo) sia aprendo un tavolo negoziale nazionale sia applicando finalmente le disposizioni di cui alle legge n. 98 del 1971. (5-10631)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE, DE LORENZIS, SCAGLIUSI e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1766 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, autorizza il Governo, tramite il Ministero della difesa, in concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a stipulare apposita convenzione con l'Associazione dei cavalieri italiani del sovrano militare ordine di Malta (ACISMOM);
   con decreto interministeriale 22 aprile 2014 è stata approvata la convenzione stipulata in data 14 febbraio 2014 recante la disciplina dello stato giuridico, del reclutamento, dell'avanzamento, del trattamento economico, della mobilitazione e impiego del personale del Corpo volontario speciale, ausiliario dell'Esercito Italiano, dell'Associazione dei cavalieri italiani del sovrano militare ordine di Malta;
   l'articolo 1, comma 2, di tale convenzione prevede la partecipazione del Corpo militare citato, di concerto con l'Esercito italiano, alle attività di soccorso sanitario in circostanze di pubblica calamità e di emergenza, sia all'interno del territorio nazionale che internazionale disposta dal Ministero della difesa, su richiesta dello Stato maggiore dell'Esercito;
   le notizie desumibili dalla cronaca recente testimoniano come le attività del menzionato Corpo militare ultimamente siano state avviate dopo il terremoto del 24 agosto 2016 nel centro Italia, con grande accoglienza da parte della popolazione colpita dal sisma;
   il Corpo militare è organizzato in 3 reparti (nord, centro e sud Italia) oltre ad un reparto operativo per le emergenze nato dopo il sisma de L'Aquila; risulta agli interroganti inoltre la presenza di presidi territoriali (Calabria e Sicilia);
   l'intervento delle Forze armate, Esercito e Marina in primis, a supporto delle attività di sbarco dei richiedenti asilo e del loro successivo soggiorno presso centri di accoglienza, è autorizzato dal Governo attraverso la partecipazione alla missione internazionale EuronavforMed-Sophia e al finanziamento dell'operazione «Strade sicure»;
   per quanto desumibile dalle informazioni ricavabili dagli interroganti, non appare evidente, un intervento da parte del citato Corpo militare nei porti di approdo dei navigli che soccorrono i naufraghi del Mediterraneo, quali per esempio Augusta e Reggio Calabria, pur essendo dotato al proprio interno di personale volontario altamente specializzato e motivato, mentre del tutto evidente appare la presenza del Cisom che rappresenta la componente «civile» dell'Acismom con funzioni di protezione civile e remunerativa –:
   se trovi conferma quanto indicato in premessa dagli interroganti in merito alla mancata partecipazione del Corpo militare dell'Associazione dei cavalieri italiani del sovrano militare ordine di Malta ad attività di supporto degli sbarchi di profughi presso i principali porti interessati da queste iniziative e ai recenti eventi alluvionali che hanno caratterizzato, in particolare Sicilia e Calabria, ove peraltro l'Esercito è stato mobilitato in più di un'occasione;
   quali siano le principali attività affidate dal Ministero della difesa al Corpo militare citato dal 2014;
   quali siano le risorse assegnate all'Acismom iscritte a bilancio del Ministero della difesa e del Ministero dell'economia e delle finanze con l'indicazione delle differenze allocazioni per personale, esercizio ed investimenti;
   quale sia la composizione organica del personale nel ruolo permanente e volontario nonché il relativo impiego;
   quali le modalità di ingaggio nel caso in cui i volontari prestati al servizio dispongano di tutte le prerogative dello status di militare in missione (ordine di servizio, foglio di viaggio e altro);
   se sia a conoscenza, nelle regioni Sicilia, Calabria e Campania, di eventuali carenze organizzative che si ripercuotano sulle attività che sarebbe chiamata ad assicurare la componente volontaria dell'Acismom e che incidano sulle capacità di supporto delle Ffaa, rappresentando, tra l'altro essa, una risorsa gratuita e altamente motivata. (4-15637)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 giugno 2016 è stata approvata la legge 22 giugno 2016, n. 112, recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», lungamente attesa, che promuove un processo concreto di deistituzionalizzazione, aprendo una nuova prospettiva esistenziale alle persone con disabilità e ai loro familiari;
   la legge, come recita l'articolo 1, «è volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità», ciò che assume una particolare rilevanza, perché per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano sono individuate e riconosciute specifiche tutele per le persone con disabilità nel momento in cui vengono a mancare i parenti che li hanno seguiti fino a quel momento;
   l'obiettivo della legge è quello di garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone con disabilità, consentendo loro, tra l'altro, di continuare a vivere nelle proprie case o in strutture gestite da associazioni ed evitando, quindi, il ricorso all'assistenza sanitaria;
   in particolare, l'articolo 6 della legge, prevedendo una serie di esenzioni ed agevolazioni in relazione all'istituzione di trust e ad altri istituti, compresi i fondi assoggettati a vincolo di destinazione a favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale che operano nel settore della beneficenza, è volto ad assicurare alle famiglie la concreta possibilità di tutelare il patrimonio a favore di persone con disabilità gravi in vista della morte dei genitori;
   il comma 11 del medesimo articolo prevede l'emanazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di definire le modalità di attuazione dell'articolo 6 –:
   quali siano i motivi che hanno impedito fino ad oggi l'adozione del suddetto decreto di cui all'articolo 6, comma 11, della legge n. 112 del 2016, e quali siano i tempi previsti per tale importante adempimento. (5-10627)

Interrogazione a risposta scritta:


   TANCREDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in diversi atti di sindacato ispettivo, presentati negli ultimi mesi del 2015, è stato fatto presente al Governo come il bollino ottico farmaceutico, introdotto dall'articolo 40 della legge 1o marzo 2002, n. 39, recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2001», che ha aggiunto 10-bis al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 540, presentasse problemi molto rilevanti circa la corretta attuazione delle specifiche tecniche destinate a garantirne la tracciabilità ai fini dell'anticontraffazione e dell'antiriciclaggio dei farmaci rubati;
   nel novembre 2015, nel rispondere alle interrogazioni 4-04794 e 5-06880 il Ministro della salute precisava quanto segue:
    1) l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato cura la produzione di bollini farmaceutici, poiché questi ultimi sono ricompresi nell'elenco delle carte valori;
    2) il ruolo di vigilanza e controllo sulla produzione di carte valori e stampati, a rigoroso rendiconto dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, è in carico al Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento del tesoro;
    3) a fronte delle segnalazioni di difformità dalle specifiche tecniche «la dimensione del fenomeno è elemento discriminante per definire le eventuali azioni da intraprendere; non vi è dubbio, infatti, che se il fenomeno riguarda poche confezioni avrà una portata diversa rispetto al caso in cui il fenomeno si riferisca, per esempio, a 1 miliardo di confezioni»;
    4) l'identificazione della confezione risulta assicurata dallo strato superiore del bollino che contiene, tra l'altro «il numero progressivo riportato sia in chiaro (obbligatorio per i bollini prodotti a decorrere dal 1o gennaio 2016), sia mediante la tecnica di rappresentazione che ne consente la lettura automatica»;
   con l'interrogazione a risposta scritta 4-11290, cui integralmente ci si richiama, sono stati evidenziati i pericoli derivanti dal fatto che il bollino privato del codice progressivo esclude possibilità di effettuare controlli sulle prescrizioni a livello domiciliare (post consegna della farmacia) o di smascherare usi illegali degli stessi in caso di furti; problema gravissimo confermato dal Ministro della salute, laddove, nel rispondere all'interrogazione sopra citata afferma che «...la disfunzione segnalata ha ricadute sulla rintracciabili di confezioni fuoriuscite dal canale distributivo legale...»;
   dal 1o gennaio 2016 sono state immesse in commercio le confezioni di farmaci con la nuova versione del bollino. Come è facile rilevare acquistando una qualsiasi confezione bollinata in farmacia, si continuano a non rispettare le specifiche tecniche di riferimento, che trattandosi di carte valori, devono ritenersi rigidissime;
   in particolare, tra altri difetti minori, si segnala che il Datamatrix, che consente la lettura ottica anche con smartphone, non risulta adeguatamente allineato se non posizionato alla rovescia rispetto a quanto indicato nel decreto; inoltre, il codice progressivo in chiaro sul secondo strato del bollino è facilmente cancellabile a mano senza lasciare traccia della stampa asportata; il che implica che un codice possa essere sostituito da un altro –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo al fine di riportare la produzione dei bollini farmaceutici – carte valori prodotte dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – entro i limiti delle specifiche tecniche di cui al disciplinare allegato al decreto del Ministro della salute 30 maggio 2014 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 18 luglio 2014, n. 165, ed emanato, a giudizio dell'interrogante forse impropriamente, dal solo Ministero della salute;
   se non si ritenga di assumere iniziative per:
    a) impedire che siano immessi in commercio farmaci con il codice progressivo facilmente cancellabile;
    b) valutare il ritiro dal commercio dei bollini fuori specifica prodotti.
(4-15635)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti di stampa nazionali, è stata recapitata al Ministro interrogato una lettera firmata da 82 procuratori della Repubblica di tutta Italia per chiedere un'audizione in vista della paventata riforma della magistratura onoraria;
   solo questo ultimo ed ennesimo allarme lanciato sui disagi che tale riforma provocherebbe sembra aver portato finalmente alla convocazione di un incontro, come confermato da una nota del dicastero;
   il tema da affrontare è quello dell'ulteriore precarizzazione dei magistrati onorari, un esercito di lavoratori che reggono letteralmente il sistema della giustizia nel Paese, come riconosciuto dallo stesso procuratore capo di Torino, Armando Spataro, secondo cui si andrebbe «incontro a gravissime difficoltà se venisse attuata la riforma così come è stata prospettata»: pagamenti simil-vaucher e riduzione dell'impegno a una giornata di lavoro a settimana;
   solo in Piemonte i magistrati onorari sono più di 280 e in alcune procure sono 50 per cento del personale che manda avanti i processi, consentendo di smaltire le tante cause che intasano la macchina della giustizia e lasciando agli altri magistrati il tempo e le energie di occuparsi dei processi e delle indagini più complesse;
   prorogati per 17 anni, senza alcuna tutela previdenziale o assicurativa, i magistrati onorari si erano già rivolti al Consiglio d'Europa e alla Commissione europea, che hanno censurato il loro inquadramento precario, ma, allora, tale iniziativa era stata stigmatizzata dal Ministro Orlando, che l'aveva additata quale causa del suo diniego all'invocata stabilizzazione della categoria, ritenendola incompatibile con la Costituzione, che la riserverebbe ai soli magistrati che abbiano superato il concorso ordinario;
   l'inquadramento a tempo indeterminato, però, è cosa diversa dall'inquadramento nel ruolo ordinario dei magistrati di carriera, poiché attiene all'inamovibilità, guarentigia di indipendenza e autonomia;
   l'inquadramento a tempo indeterminato dei magistrati onorari non tange minimamente le prerogative esclusive della magistratura di carriera, titolare unica di tutte le funzioni diverse da quelle giudiziarie devolvibili a giudici singoli: ossia quelle presidenziali, direttive, semidirettive e di composizione e designazione elettiva dei componenti di organi collegiali di autogoverno;
   per difendere il proprio diritto a svolgere le funzioni loro affidate, a condizioni economiche rispettose della loro indipendenza e autonomia, e per ribadire la propria volontà di fornire un effettivo e sempre maggiore supporto alla magistratura di ruolo, la categoria ha indetto uno sciopero dal 20 al 24 febbraio;
   nonostante le promesse fatte in diverse occasioni, ad avviso dell'interrogante il Governo non sembra mostrare interesse ad agire in modo incisivo sull'attuale inquadramento precario della categoria, né verso una distinzione di chi in essa milita da decenni, ben oltre l'originario termine quinquennale previsto dal decreto legislativo n. 51 del 1998 e scaduto nel lontano 2 giugno 2004, lasciando immutata la temporaneità delle funzioni attribuite e l'assenza di una dignitosa retribuzione corrispettiva dell'impegno profuso;
   i magistrati onorari sono lavoratori che devono applicare la giustizia, ma, paradossalmente, sono vittime di ingiustizie;
   la giustizia non può essere valutata alla stregua di uno dei tanti costi da tagliare, ma va considerata quale preziosa risorsa da sostenere e valorizzare, nell'interesse dei cittadini e del Paese tutto;
   la tematica era già stata posta all'attenzione del Ministro con l'interrogazione n. 4-11417 che, ad oggi, a distanza di più di un anno, è rimasta priva di risposta –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare, anche attraverso la costituzione di tavoli tecnici con le rappresentanze di categoria, per la tutela della magistratura onoraria che ogni giorno garantisce il funzionamento della macchina giudiziaria, sul presupposto che la natura onorifica dell'iniziale inquadramento formale non può giustificare quello che l'interrogante giudica uno sprezzante disconoscimento delle responsabilità effettive e delle conseguenti guarentigie minime dovute. (4-15638)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di studio predisposto da ltalferr nel 2010 per il collegamento ferroviario tra Venezia e Trieste prevedeva per questa tratta la realizzazione di una nuova linea alta velocità/alta capacità divisa in 4 tratte;
   l'ipotesi di realizzare tale nuovo collegamento ferroviario alta velocità/alta capacità ha ricevuto nel corso degli anni numerosi pareri negativi da parte delle amministrazioni locali e ha visto una forte opposizione da parte dei cittadini, soprattutto a causa degli impatti ambientali e degli ingenti costi di realizzazione (oltre 7 miliardi di euro);
   nell'ottica di ridurre il costo degli investimenti, è stato elaborato da parte di Rete ferroviaria italiana un nuovo studio preliminare per il potenziamento della linea attuale al quale è seguita anche la sottoscrizione di un protocollo d'intesa con la regione Friuli Venezia Giulia e un programma di finanziamento;
   tale potenziamento sembrerebbe non prevedere la realizzazione di una nuova linea ex novo tra Venezia e Trieste ma interventi cosiddetti di potenziamento e ammodernamento, fatta eccezione per alcuni progetti correlati, tra cui il progetto del collegamento con l'aeroporto di Venezia, la realizzazione dell'ultimo tratto tra Ronchi dei Legionari e Trieste per cui è prevista la realizzazione di una nuova linea a doppio binario di circa 36,6 chilometri con 22,7 chilometri in galleria, prevalentemente in variante rispetto alla linea attuale compresa la realizzazione di una nuova linea tra Ronchi Aeroporto e Aurisina, con contestuale realizzazione della nuova fermata Ronchi Aeroporto;
   dalle notizie di stampa e dalle dichiarazioni dell'amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato non si hanno però ulteriori informazioni di dettaglio circa i lavori previsti per il potenziamento della linea Venezia-Trieste, tranne poche informazioni contenute in uno studio preliminare risalente a luglio 2016, né sono pervenute alla interrogante, nonostante ripetute richieste presentate a Rete ferroviaria italiana, notizie aggiornate circa la realizzazione della suddetta linea alta velocità/alta capacità tra Venezia e Trieste;
   in particolare, si ignora se sia stato o meno redatto uno studio di fattibilità del potenziamento della tratta Venezia-Trieste e restano altresì ad oggi sconosciuti gli elementi di valutazione necessari in termini di impatto ambientale, di tempistica afferente alla realizzazione del progetto, di modalità di attuazione, e di previsioni di spesa, e nonostante la rilevante incidenza paesaggistica e ambientale del progetto sulle zone agricole e le ampie aree lagunari interessate dall'ipotesi di tracciato;
   si ricorda come il costo totale dell'investimento stimato da Rete ferroviaria italiana sia di 1,8 miliardi di euro, mentre le risorse finanziarie attualmente disponibili ammonterebbero soli 50 milioni di euro –:
   se il Governo intenda, per quanto di competenza, fornire maggiori informazioni circa l'esistenza – o meno – dello studio di fattibilità per la realizzazione del progetto di cui in premessa, e fornire altresì ulteriori dettagli sulle fasi funzionali dell'intervento e dei progetti ivi correlati, con riferimento alle opere in via di realizzazione e alle relative previsioni di spesa per il potenziamento della tratta Venezia-Trieste, con particolare riguardo a quanto attiene al loro impatto ambientale e paesaggistico sul territorio circostante.
(5-10625)


   CERA, BUTTIGLIONE, BINETTI e DE MITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 16 Adriatica attraversa l'intera provincia di Foggia, collegando le principali città del Tavoliere e mettendo in comunicazione la zona costiera del Molise con il territorio barese;
   l'Adriatica è una strategica via di comunicazione, anche se presenta problematiche per la circolazione stradale;
   la strada si rivela infatti precaria e pericolosa per l'utenza che la percorre quotidianamente;
   non è più tollerabile il continuo aggiornamento del triste elenco dei decessi e incidenti che avvengono su questa strada in particolare nel tratto Foggia-San Severo;
   la viabilità in provincia di Foggia presenta situazioni di grave disagio e precarietà dei trasporti;
   in numerosi documenti di programmazione regionale sono stati inseriti progetti di adeguamento e ammodernamento della rete stradale in provincia di Foggia;
   il Cipe, attraverso il Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020, ha previsto investimenti per oltre 130 milioni di euro, destinati alla messa in sicurezza del tratto Foggia-San Severo della strada statale 16 Adriatica;
   la sicurezza stradale è al centro delle politiche dei trasporti della Regione Puglia, impegnata a garantire la massima efficienza della rete stradale regionale;
   sono state raccolte 3.500 firme, su iniziativa della Cisl di Foggia e dell'associazione difesa consumatori e ambiente, con lo scopo di sensibilizzare le istituzioni a un pronto intervento per la messa in sicurezza della sede stradale della strada statale 16 Foggia-San Severo;
   i 3500 cittadini che hanno apposto la loro firma, con il sostegno dei consigli comunali delle città di Foggia, San Severo, San Paolo di Civitate, Torremaggiore e Serracapriola, hanno inteso rivolgere un appello per la sicurezza stradale e la soluzione dei problemi della viabilità in provincia di Foggia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno convocare con urgenza un tavolo istituzionale, coinvolgendo il presidente della regione Puglia, il presidente della Provincia di Foggia, i sindaci delle città i cui consigli comunali hanno sostenuto l'appello, e i promotori dell'iniziativa sopra richiamata per affrontare l'emergenza della viabilità sulla strada statale 16 Adriatica e dei trasporti della provincia di Foggia, adottando nel contempo le iniziative di competenza più idonee per contrastare i disagi arrecati ai cittadini e garantire la massima efficienza della rete stradale. (5-10626)


   BARUFFI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tra i principali centri dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del maggio 2012 spicca quello di Mirandola, comune capofila dell'Area Nord e centro dei servizi pubblici del distretto, nonché dell'unione dei comuni che aggrega i 9 centri della bassa modenese, epicentro del terremoto;
   nonostante siano trascorsi ormai cinque anni dagli eventi sismici, tutta la comunità è ancora in una fase molto impegnativa della ricostruzione pubblica e privata, un patto per la ricostruzione e lo sviluppo tra istituzioni, cittadini e imprese ha assicurato la ripresa delle attività economiche e la tenuta occupazionale, con riguardo sia alle piccole imprese che ai grandi stabilimenti industriali; a Mirandola è infatti presente, il più grande distretto italiano del biomedicale, con i maggiori gruppi internazionali operanti nel settore che hanno accettato di non abbandonare il territorio all'indomani del terremoto; al centro del patto, le istituzioni – comunali, provinciale e regionale – hanno posto l'impegno straordinario per rammodernamento delle infrastrutture del territorio, in primis la realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana e il completamento della tangenziale, di Mirandola (variante di Mirandola sulla strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero); quest'ultima opera, nel suo primo lotto, è stata aperta al traffico proprio nei giorni immediatamente successivi al terremoto proprio per affrontare le necessità dettate dall'emergenza, consentendo di liberare dal traffico di attraversamento un tratto di strada estremamente delicato e rendendo possibile il collegamento e la movimentazione dei mezzi impiegati nelle operazioni di soccorso;
   la ricostruzione e ricollocazione post sisma di scuole palestre ed edifici pubblici di questi cinque anni, in ossequio al piano della ricostruzione del comune di Mirandola, ha profondamente modificato la circolazione veicolare della città, determinando un'urgenza ancor più pressante di adeguare coerentemente le infrastrutture;
   ad un'attenta e aggiornata analisi, rispetto alle ipotesi progettuali iniziali risalenti al 2006, è opinione delle amministrazioni coinvolte che sarebbe necessario realizzare solo un primo stralcio funzionale di quello che era stato concepito inizialmente come secondo e conclusivo lotto della variante alla strada statale 12; si tratterebbe, nella nuova e più contenuta ipotesi progettuale, di un modesto tratto stradale di circa 1300 metri lineari; attualmente, il tratto della variante fin qui realizzato (primo lotto) utilizza per il collegamento alla strada statale 12 una modesta strada comunale (via per Concordia), oggettivamente inadeguata a sopportare il carico veicolare a cui è sottoposta, tanto più dopo le richiamate realizzazioni post sisma; la stessa futura realizzazione dell'autostrada regionale Cispadana determinerà inoltre un pesantissimo incremento di traffico su quel tratto è, di fatto, l'impossibilità di un collegamento in sicurezza con il casello; senza tale collegamento tutto il traffico proveniente dalle suddette direttrici convergerebbe all'interno del centro abitato;
   in data 19 aprile 2017, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'amministrazione comunale di Mirandola ha avuto modo di illustrare il progetto, impegnandosi ad approfondirne i contenuti anche al fine di ridurre ulteriormente i costi dell'intervento; dall'incontro è emersa peraltro la necessità di procedere con l'approvazione del progetto da parte di Anas s.p.a., società che ancora nel 2006 incaricò lo studio di progettazione per il secondo lotto;
   la realizzazione del secondo lotto della tangenziale di Mirandola risulta indicata come prioritaria nella programmazione strategica regionale, in quanto strettamente necessaria al completamento della mobilità veicolare sul capoluogo di Modena;
   le nuove previsioni progettuali e le nuove stime dei costi trasmesse al Ministero risultano fortemente ridimensionate rispetto al passato –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, d'intesa con l'Anas, al fine di sbloccare un'opera strategica per l'Area nord modenese e strettamente funzionale alla coerente ricostruzione post sisma 2012. (5-10632)


   SIMONETTI e ALLASIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 30 aprile 2010, quindi da più di sei anni, è chiusa la tratta ferroviaria Alba-Asti, a causa dell'inagibilità della galleria Ghersi per il cui ripristino e consolidamento la società Rete ferroviaria italiana (RFI) ha quantificato oneri per 12 milioni di euro;
   secondo quanto descritto nell'analisi del dissesto e programmazione degli interventi presentato da Rete ferroviaria italiana il 15 giugno 2010: «l'evoluzione del dissesto e le risultanze delle prime verifiche tecniche effettuate hanno evidenziato rilevanti problematiche di natura idrogeologica la cui risoluzione implica la necessità di realizzare un intervento manutentivo complesso, economicamente oneroso ed incompatibile con il mantenimento in esercizio della tratta Castagnole delle Lanze-Alba durante l'esecuzione dei lavori»;
   dinanzi alla quantificazione di oneri ed alla conseguente impossibilità di fronteggiarne l'onerosità per ripristinare e consolidare la suddetta galleria, la regione Piemonte, nel piano di riorganizzazione del trasporto pubblico ferroviario piemontese, ha inserito la linea Alba-Asti tra le 12 linee ferroviarie (Alba-Asti; Alba-Alessandria; Asti-CasaleMortara; Cuneo-Mondovì; Cuneo-Saluzzo-Savigliano; Novi Ligure-Tortona; Alessandria-Ovada; Casale-Vercelli; Santhià-Arona; Pinerolo-Torre Pellice; Chivasso-Asti; Ceva-Ormea) da sopprimere e sostituire con collegamenti autobus;
   inevitabilmente tale decisione ha suscitato non poche proteste e lamentale sia tra i pendolari (studenti e lavoratori) che tra i rappresentanti delle istituzioni, posto che l'area di Alba, Asti e Alessandria, con i suoi 100 comuni dai paesaggi vitivinicoli, è meta turistica sempre più di attrazione dopo il riconoscimento da parte dell'Unesco delle colline del vino di Langhe-Roero e Monferrato quale patrimonio mondiale dell'umanità –:
   se e quali iniziative di propria competenza, anche sul piano finanziario, il Ministro intenda adottare in merito alla situazione delle linee ferroviarie chiuse nell'astigiano e, in particolare, per la riattivazione delle linee Asti-Castagnola-Alba e Alessandria-Castagnola-Alba.
(5-10633)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, modifica la legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante «Riordino della legislazione in materia portuale»;
   con il suddetto decreto legislativo si istituiscono le autorità di sistema portuale, tra cui quella alla lettera i) del nuovo articolo 6 denominata «del mare di Sicilia orientale» che comprende i porti di Augusta (SR) e Catania (allegato A del decreto legislativo);
   al comma 3 dello stesso articolo si legge «Sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP» e in tale regolamento si indica quello di Augusta come porto Core e pertanto lo si inserisce nella rete trans europea TEN-T in ragione del suo potenziale di espansione e del traffico totale di merci (26.342,608 per 1000 tonnellate di Augusta contro 7.557,779 per 1000 tonnellate di Catania nel 2015 secondo una elaborazione di Assoporti);
   potere discrezionale da parte del Ministero vi è solamente nel caso della presenza di due porti centrali, così come previsto dal comma 3 del suddetto decreto legislativo, ma per quanto riguarda l'autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale soltanto quello di Augusta è classificato come tale;
   in una sua dichiarazione il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva confermato il suo convincimento che la sede dovesse coincidere con il porto Core, così individuato a livello europeo, in quanto di gran lunga superiore a Catania per infrastrutture e traffico merci;
   nonostante ciò, il presidente della regione siciliana, in un documento ufficiale protocollato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e facilmente rintracciabile sul sito del Ministero, richiamava il dettato normativo di cui al comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo 4 agosto 2016 che consente, su richiesta motivata del presidente della regione, di individuare, quale sede della istituenda autorità di sistema portuale in alternativa del porto Core, quella già sede di una autorità portuale soppressa e aderente alla medesima autorità di sistema, vale a dire Catania;
   il 25 gennaio 2017 il Ministro, in difformità a ogni previsione e dichiarazione, ha firmato il decreto che istituisce a Catania, per un periodo di due anni, la sede dell'autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale, rispetto alla originale previsione di Augusta –:
   se il Governo intenda chiarire le reali motivazioni che hanno portato alla scelta della città di Catania quale sede dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Orientale;
   se non ritenga opportuno rivedere la propria decisione e convocare presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le parti interessate, affinché possano tutte produrre argomentazione per la scelta della sede dell'autorità di sistema portuale del Mar di Sicilia orientale.
   (4-15633)


   BALDELLI e BIASOTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la modalità di istituzione di una zona a traffico limitato (ZTL) può far nascere il sospetto che dietro al paventato beneficio ambientale per i cittadini si celi in realtà un qualche interesse economico;
   non di rado, infatti, l'accesso alle ZTL, con riguardo all'esame delle domande per l'ingresso e alla consegna dei relativi pass, è gestito dalle amministrazioni locali e dalle aziende appaltatrici in modo arbitrario se non perfino clientelare;
   la ZTL ha un costo medio di installazione che va dai 200.000 ai 450.000 euro e nessuna amministrazione deciderebbe di installarla se non avesse un'azienda che sponsorizzasse parte del costo della strumentazione;
   in genere queste aziende non propongono una semplice vendita di tali apparecchiature alle amministrazioni pubbliche, ma nella realtà offrono un noleggio fittizio mascherato da vendita;
   le casistiche note sono due: o le stesse affittano le strumentazioni a un canone abbordabile, ma con la clausola che ad esse venga affidato il servizio di spedizione dei verbali d'infrazione e, di fatto, anche la gestione del sistema, oppure esigono in qualche modo una sorta di provvigione per fotogramma scattato, in palese contrasto con l'articolo 61 della legge 29 luglio 2010, n. 120;
   la società appaltatrice ha un interesse diretto a rilevare molte infrazioni e, di conseguenza, c’è il rischio concreto che la stessa attui varie strategie per aumentare i propri guadagni, come la gestione non regolamentare dei tempi di apertura e l'apposizione di una segnaletica contraddittoria (la dizione «Varco attivo», ad esempio, potrebbe essere interpretata dagli automobilisti stranieri in modo diametralmente opposto: « open/active gate»);
   finora il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha preteso, spesso invano, che ogni accesso alla ZTL fosse dotato di una via di fuga segnalata convenientemente e tale da consentire di evitare l'ingresso involontario, una segnalazione anticipata sull'esistenza e sulla direzione di tale via di fuga, un cartello con l'indicazione preventiva dei tipi di veicoli ai quali è vietato l'ingresso, più cartelli progressivi che indichino la distanza dal portale di inizio ZTL, cartelli in più lingue, nel caso la ZTL abbia orari di transito consentito;
   a volte, invece, manca una segnaletica adeguata e ben visibile che dia all'automobilista l'esatta, inequivocabile ed immediata percezione degli orari di vigore della ZTL, della distanza che lo separa dai varchi, della presenza di eventuali vie di scorrimento alternative, che permettano di non violare la zona in cui è vietato l'accesso, e della individuazione dei veicoli e dei motoveicoli inclusi o esentati dalle limitazioni;
   la Corte di Cassazione, inoltre, ha sancito la possibilità di sanzionare più volte un automobilista per la violazione della ZTL, anche se tale condotta avviene nell'arco della stessa giornata ed a distanza di pochi minuti, rilevando in tal senso l'insussistenza di una unica condotta ed una reiterazione dell'illecito amministrativo e non, invece, una vessazione del sistema sanzionatorio a danno del cittadino su quello che verosimilmente potrebbe delinearsi nella maggioranza dei casi come un semplice errore umano causato da scarsa conoscenza dei vincoli o da un disorientamento –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per definire una disciplina chiara, unica ed inequivocabile in merito all'installazione, alla gestione e alla segnaletica delle ZTL e statuire che, prima di mettere in funzione una zona a traffico limitato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verifichi e approvi le soluzioni finali adottate per la messa in opera, al fine di rispettare le indicazioni dell'articolo 61 della legge 29 luglio 2010, n. 120, ed evitare che le ZTL stesse si trasformino in uno strumento distorto con effetti vessatori per i cittadini. (4-15642)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 31 dicembre 2016 nella sede della ditta «Sir spa» di Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova, si è verificato un incendio, che ha coinvolto circa quaranta contenitori di plastica contenenti poliestilene;
   la sopracitata ditta è operativa e andrebbe quindi verificata la piena rispondenza alle norme di prevenzione incendi; l'interrogante è a conoscenza di un esposto presentato da alcuni cittadini alla procura della Repubblica di Padova, avente ad oggetto l'avvenuta costruzione di opere necessarie per l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi e/o presentazione della segnalazione certificata di inizio attività, che sarebbero in contrasto con la disciplina urbanistica vigente;
   l'incendio ha rappresentato l'ennesimo disagio sofferto dai cittadini del comune veneto dopo l'insediamento della ditta, avvenuto nell'estate 2016. Da allora molti cittadini avvertirebbero forti emissioni odorigene derivanti dalla lavorazione di materiale plastico che si propagherebbe nella zona, costringendo a tenere chiuse le finestre e le porte delle abitazioni. Tale fenomeno si verifica con frequenza, protraendosi a volte per intere giornate, e provocando fastidiose irritazioni alla gola;
   alla ditta risulta essere stata rilasciata l'autorizzazione unica ambientale n. 709/AUA/2016 del 18 novembre 2016 dalla provincia di Padova; tuttavia, dal sito internet della ditta medesima si ricava che «SIR oggi opera su un'area completamente attrezzata di 20.000 mq disponendo di impianti all'avanguardia con capacità produttive fino a 30.000 tonn. annue, alle quali vanno aggiunte 25.000 tonn. di prodotti commercializzati»;
   l'interrogante esprime perplessità sulla regolarità di questo procedimento autorizzativo, con particolare riferimento al presunto mancato assoggettamento a procedura di valutazione di impatto ambientale secondo le norme vigenti, che avrebbe dovuto essere posto in essere trattandosi di nuovo insediamento che rientra nella fattispecie «Industria della gomma e delle materie plastiche» e «fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate»;
   risulta che l'Arpav avrebbe svolto accertamenti il 23 e il 24 gennaio 2017 presso il citato impianto, riscontrando che la ditta non avrebbe rispettato le prescrizioni riportate nell'autorizzazione;
   dalle schede dei prodotti sirplene, sirtene, sirstir pubblicate nel sito www.sir-plastics.com, si evince che le materie in questione abbisognano di particolari misure di sicurezza in caso di incendio, essendo riportato che «Il prodotto è combustibile e, quando le polveri sono disperse nell'aria in concentrazioni sufficienti e in presenza di una sorgente di ignizione, può dare luogo a miscele esplosive con l'aria»; inoltre, si richiedono precauzioni di sicurezza per la manipolazione e l'immagazzinamento: dato che il preparato può caricarsi elettrostaticamente, occorre «assicurare la continuità dei collegamenti a terra degli impianti quando si trasferisce il prodotto da un contenitore ad un altro»; infine, potrebbero svilupparsi composti potenzialmente dannosi per la salute, anche cancerogeni (etilene, formaldeide, benzene), nel caso di lavorazione ad alte temperature (ad esempio estrusione o stampaggio a iniezione);
   risulta all'interrogante che la ditta avrebbe presentato la richiesta di attivazione di industria insalubre di prima classe, per quanto le norme vigenti (articolo 216 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265) non ammettano l'attivazione di nuovi industrie insalubri di prima classe in pieno centro abitato e in vicinanza agli insediamenti che sono esistenti a breve distanza, come la casa di riposo, la piscina comunale e talune strutture alberghiere –:
   se i Ministri interrogati siano in grado di fornire elementi, per quanto di competenza, circa le cause dell'incendio e i protocolli di sicurezza predisposti e applicati dall'azienda, chiarendo se gli stessi abbiano funzionato nel caso specifico e quali azioni siano intervenute al fine di verificare gli effetti di eventuali dispersioni di sostanze tossiche nell'aria e nei corsi d'acqua limitrofi;
   quali iniziative di competenza si intendano promuovere, anche attraverso l'avvio di una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, per la salvaguardia dell'ambiente e della salute delle popolazioni residenti nei territori interessati;
   se non reputino opportuno assumere iniziative normative al fine di evitare la realizzazione di progetti in deroga o in variante allo strumento urbanistico generale presentati da soggetti privati e aventi ad oggetto complessi produttivi come quelli di cui in premessa, favorendo piuttosto interventi di ripianificazione urbanistica che, a partire dall'area di Piazzola sul Brenta, mettano al centro la tutela della sicurezza e della qualità della vita dei cittadini. (5-10634)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, SARTI, COLLETTI, PARENTELA, BENEDETTI e CASO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 6 febbraio 2017 le agenzie battono la notizia che il Ros, su mandato della direzione distrettuale antimafia di Napoli, aveva operato un blitz contro la camorra casertana con numerosi arresti e un sequestro di beni del valore di 2,7 milioni euro, tra cui figura un'azienda di allevamento bufalino di Francolise in capo a Giovanni Diana, ritenuto un esponente del clan dei casalesi;
   tra le persone colpite da misure cautelari nel corso del blitz del Ros figurano vari esponenti del clan dei casalesi, tra cui Walter Schiavone, figlio del noto «Sandokan», Francesco Schiavone, il quale esercita in qualche modo la sua influenza criminale malgrado la condanna all'ergastolo e il trattamento di regime carcerario speciale previsto dall'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario; a Walter Schiavone secondo l'agenzia ANSA «i magistrati hanno contestato l'associazione mafiosa in quanto, secondo quanto raccontato dai pentiti, imponeva la fornitura di mozzarella di bufala dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe a distributori casertani e campani ma anche in altre parti d'Italia, come in Calabria»;
   questa ultima operazione della direzione distrettuale antimafia di Napoli conferma ancora una volta la radicata e ingombrante presenza camorristica nella produzione e nella distribuzione di alcuni settori della filiera bufalina casertana, creando una notevole negativa influenza sul comparto agroindustriale campano e sulla fiducia dei consumatori italiani ed europei verso un prodotto di eccellenza del made in Italy quale è la mozzarella di bufala –:
   quali iniziative ulteriori, per quanto di competenza, siano allo studio ovvero di attuazione per stroncare la perniciosa influenza della camorra sul comparto bufalino, in particolare per la filiera della mozzarella casertana. (4-15640)


   CARIELLO, D'AMBROSIO, SCAGLIUSI, BRESCIA, DE LORENZIS e L'ABBATE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   CamassAmbiente spa di Bari risulta essere affidataria del servizio di igiene urbana nel comune di Bisceglie, a far data dal 29 giugno 2016;
   invero, detto affidamento risulta conferito a seguito di pubblica gara succeduta ad una serie di trattative private delle quali è stata beneficiaria la stessa CamassAmbiente spa (e precedentemente la Lombardi Ecologia srl);
   l'appalto anzidetto – per importanza del servizio e valore economico dello stesso – rappresenta sicuramente il più importante affidamento del comune di Bisceglie che per tali attività impegna diversi milioni di euro del proprio bilancio;
   il 23 dicembre 2016, il prefetto di Bari Carmela Pagano ha deciso di adottare nei confronti della CamassAmbiente spa di Bari, società che si occupa di igiene urbana nel Comune di Bisceglie (BAT), un provvedimento interdittivo antimafia;
   dalle informazioni di stampa succedute al provvedimento prefettizio evidenzierebbero gravissime infiltrazioni della criminalità organizzata in detto servizio comunale;
   taluni dei pregiudicati coinvolti in questa vicenda pare avrebbero già avuto gli onori della cronaca per un tentato omicidio avvenuto sempre a Bisceglie nel 2016;
   dunque:
    le trattative private e l'appalto sono stati certamente gestiti dall'attuale amministrazione;
    nelle proprie difese la CamassAmbiente spa pare abbia lamentato che parte del personale assunto potrebbe essere stato segnalato dall'amministrazione comunale;
    nelle proprie difese il sindaco avrebbe così detto: «sono stretto tra la necessità di difendermi dai clan biscegliesi e da chi mi attacca per questa vicenda»;
   di certo, le circostanze sopra riportate hanno contribuito, a giudizio degli interroganti, a deteriorare la qualità del servizio di igiene urbana nel comune di Bisceglie, ove sono ora segnalate diverse discariche a cielo aperto;
   oltre alle situazioni menzionate, recentemente l'attività amministrativa del comune di Bisceglie è stata oggetto di una pesante sentenza della sezione regionale della Corte dei conti della Puglia con la pronuncia n.122/2016;
   secondo la vigente dottrina, lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni della criminalità è un atto di alta amministrazione e, come tale, caratterizzato da ampia discrezionalità. Per giungere allo scioglimento non è neanche necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente, essendo sufficiente l'emersione di una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità, e persino a prescindere dalla prova rigorosa dell'accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità;
   ad avviso degli interroganti i fatti esposti sono di tale gravità da richiedere una rigorosa e rapida valutazione circa l'operato dell'amministrazione comunale di Bisceglie (BAT) –:
   se si intenda valutare se sussistono i presupposti per assumere le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 nei confronti del comune di Bisceglie. (4-15645)


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'edizione di domenica 12 febbraio 2017 il settimanale « l'Espresso» ha pubblicato un'inchiesta di Giovanni Tizian intitolata «Angelino nel Sacco». Il relativo sottotitolo recita: «Un imprenditore che ha creato il suo impero con i centri di accoglienza. Avvicinando Alfano e famiglia. Ma gli investigatori sospettano che sia legato ai clan calabresi»;
   l'inchiesta giornalistica fa esplicito riferimento a un'indagine antimafia aperta da tempo e tuttora in corso riguardante alcune attività della Confraternita di Misericordia di Isola Capo Rizzuto di cui è Governatore Leonardo Sacco;
   nell'inchiesta de l'Espresso si legge inoltre che la Misericordia di Isola Capo Rizzuto gestisce, a seguito dell'aggiudicazione di un appalto del valore di 12 milioni e mezzo di euro, il centro migranti di Sant'Anna, considerato uno dei più grandi d'Europa, capace di ospitare mille persone e quindi di creare un notevole indotto sul territorio;
   sempre dall'inchiesta si apprende che lo stesso soggetto gestisce, tramite un appalto del valore di circa 4 milioni di euro condiviso con la Croce rossa italiana, il centro migranti di Lampedusa e di recente ha ottenuto mandato per la gestione di due centri Sprar;
   secondo le notizie riportate dalla stampa diversi sarebbero i politici, i ministri, i sottosegretari e i prefetti con i quali Leonardo Sacco sarebbe venuto in contatto negli anni tanto da garantirgli di operare serenamente e continuare a fare incetta di appalti da Crotone a Lampedusa;
   Tizian fa esplicito riferimento a una istantanea (scattata tre anni fa alla convention dei vertici calabresi del Nuovo centrodestra convocata a Cosenza) che ritrae Sacco con Angelino Alfano, all'epoca numero uno del Viminale, e l'imprenditore Antonio Poerio che ha gestito il servizio di catering del centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto finché la prefettura di Crotone non ha revocato il certificato antimafia alla sua azienda;
   la stessa inchiesta giornalistica riporta che dopo lo scatto di quella foto l'associazione Misericordia di cui Sacco è governatore ha ottenuto dalla prefettura di Agrigento, con procedura negoziata e d'urgenza, la gestione del centro di prima accoglienza di Lampedusa di cui viene affidata la direzione a un parente del fratello del Ministro Alfano, Lorenzo Montana, costretto poi a rinunciare proprio per questo;
   dalla ricostruzione si apprende che le polemiche intorno a questa nomina voluta dalla Misericordia di Isola, e poi fatta cadere, indussero lo stesso Sacco a chiedere intervento dell'attuale sottosegretario per i beni e le attività culturali e il turismo Dorina Bianchi, definita «molto vicina» al Ministro Alfano;
   questi episodi – stando a l'Espresso – sarebbero ora sottoposti a una rilettura dell'antimafia catanzarese alla luce di un'informativa di diversi anni fa in cui il nome di Sacco e quello dell'imprenditore Antonio Poerio venivano accostati al potente clan Arena di Isola Capo Rizzuto;
   l'informativa cui l'inchiesta giornalistica fa riferimento rileverebbe anche le frequentazioni di Leonardo Sacco con persone notoriamente appartenenti agli Arena e l'interesse di questi sulla «questione migranti» trapelato da intercettazioni telefoniche;
   l'ipotesi investigativa sarebbe proprio quella per cui il clan di ‘ndrangheta si sarebbe inserito nel business dell'accoglienza –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e contenuti nell'inchiesta giornalistica;
   se non ritenga opportuno intervenire per verificare e garantire la trasparenza nella gestione dei centri di accoglienza citati in premessa così come dei centri di accoglienza straordinaria e dei centri di prima accoglienza diffusi su tutto il territorio. (4-15646)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO, DI BENEDETTO, MARZANA, D'UVA, BRESCIA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 febbraio 2017 la professoressa Anna Maria Altieri, dirigente scolastica dell'istituto comprensivo «Via P.A. Micheli» di Roma, emana la circolare interna n. 217 relativa alla scuola secondaria di 1o grado 4, G. Alessi;
   la circolare – indirizzata ai docenti, ai genitori e pubblicata sul sito web della scuola – comunica che l'Istituto ha ricevuto l'approvazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il progetto: «Ricostruire la Storia: l'epoca fascista nelle nostre scuole e nei nostri quartieri», presentato nell'ambito dell'iniziativa triennale «Azioni innovative per la definizione degli obiettivi di miglioramento della scuola»;
   nell'ambito di tale iniziativa l'Istituto organizza, per il primo aprile 2017, il «Gran Ballo in Epoca fascista», un evento rivolto alle classi II e III della scuola secondaria di I grado del plesso G. Alessi;
   nella circolare n. 217 del 13 febbraio 2017 si legge che il progetto di approfondimento storico dal titolo «Ricostruire la Storia: l'epoca fascista nelle nostre scuole e nei nostri quartieri», «è volto a valorizzare il patrimonio storico rappresentato dalla scuola G. Alessi, inaugurata da Benito Mussolini nel periodo fascista»;
   nella suddetta circolare si specifica che «il Ballo vuole riproporre il più possibile l'ambientazione fascista, pertanto saranno allestiti pannelli con immagini d'epoca, saranno proposte musiche tipiche del Ventennio e l'abbigliamento dei partecipanti dovrà essere il più fedele possibile al periodo in questione (sarà quindi necessario indossare almeno un accessorio a tema)»;
   nella medesima circolare si richiede, inoltre, ai genitori degli studenti di mettere a disposizione un impianto luci e di amplificazione per la serata, di coadiuvare i docenti nella vigilanza e di allestire un buffet di bevande e salatini «affinché resti agli studenti il ricordo unico di una serata speciale»;
   mediante circolare interna n. 222, datata 14 febbraio 2017, il «Gran Ballo in Epoca Fascista» viene cancellato – come riporta la circolare – «per evitare fraintendimenti»;
   come riportato in un articolo apparso sul quotidiano « La Repubblica» del 14 febbraio 2017, l'ufficio scolastico regionale per il Lazio in una nota fa presente che: «nell'ambito dell'iniziativa triennale «azioni innovative per la definizione degli obiettivi di miglioramento della scuola», ha effettivamente finanziato il progetto di approfondimento storico dal titolo Ricostruire la Storia: l'epoca fascista nelle nostre scuole e nei nostri quartieri. Tuttavia, il progetto presentato non faceva menzione alcuna di balli a “tema” Per questo l'ufficio scolastico ha chiesto una relazione alla dirigente dell'istituto coinvolto»;
   la dirigente scolastica Anna Maria Altieri fu già protagonista di un'altra spiacevole iniziativa: il 17 giugno 2015 inviò la circolare numero 289 che invitava le famiglie a informarsi sui rischi per la «natura umana», comportati dall’«introduzione nelle scuole di ogni ordine, genere e grado dell'educazione alla parità di genere», citando tra le «Linee Guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità» capitoli quali la «masturbazione infantile precoce» da 0 a 4 anni e «l'amore tra le persone dello stesso sesso» da 4 a 6 anni;
   Altieri, nella medesima circolare, invitava le famiglie ad informarsi sul sito difendiamoinostrifigli.it, lo stesso che promuoveva le ragioni del Family Day in programma in piazza San Giovanni a Roma;
   in seguito alla circolare n. 289 del 2015 il Movimento 5 Stelle presentò un'interrogazione parlamentare, a prima firma Chimienti, e l'allora sottosegretario pro tempore Davide Faraone prese le distanze dall'episodio, dichiarando che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe effettuato un'ispezione presso l'istituto presieduto da Anna Maria Altieri –:
   quali siano le ragioni per cui il Ministro interrogato e l'ufficio scolastico regionale del Lazio abbiano approvato il progetto di cui in premessa e se e quali iniziative disciplinari si intendano adottare nei confronti della dirigente scolastica dell'istituto comprensivo «Via P.A. Micheli», professoressa Anna Maria Altieri.
   (5-10636)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAROCCI, ASCANI, COSCIA, COCCIA, SGAMBATO, MANZI, BLAZINA, MALISANI, FABBRI e TULLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interno delle scuole italiane sono sempre più frequenti blitz antidroga;
   tuttavia, nonostante il dispiegamento delle forze, il consumo di cannabis fra gli adolescenti non accenna a diminuire, come certificato da molti rapporti e ricerche epidemiologiche;
   questi interventi, inoltre appaiono in controtendenza rispetto agli orientamenti generali sul tema caldeggiati dalla Direzione nazionale antimafia (Dna). Nella relazione del 2015, ad esempio, si legge che, in tale ambito, un'azione repressiva ad ampio spettro come quella attuale non è sostenibile, o se è sostenibile lo è a detrimento della repressione di reati analoghi che lo stesso legislatore ritiene più gravi;
   recenti episodi, di grande drammaticità, hanno messo in evidenza quanto siano complesse le dinamiche che si generano tra istituzione scolastica, famiglia e forze dell'ordine nel rapporto con i ragazzi, e quanto sia necessario un orientamento corretto da parte dello Stato nei confronti delle sue articolazioni;
   i dirigenti scolastici hanno difficoltà ad individuare una linea di condotta che tuteli i ragazzi ma consenta anche alle forze dell'ordine di svolgere il loro lavoro;
   come segnalato dalla procura dei minori di Genova, secondo quanto riportato dal quotidiano la Repubblica che bisogna essere «specializzati» poiché i nostri ragazzi sono sempre più fragili: la perquisizione di un adulto o di un adolescente dovrebbero essere codificate come due operazioni differenti. «Ci sono ragazzini per cui la vergogna e il dolore sono insopportabili. Quello che per gli operatori è un atto di routine, per un adolescente può avere effetti deflagranti (....) specializzazione significa mettere in condizione gli insegnanti e i dirigenti di poter tenere sempre attivo il feed back con gli adolescenti per aiutarli ad affrontare un'età complicata»;
   la scuola deve svolgere il proprio ruolo educativo, e farlo in sinergia con i servizi di prevenzione, con esperti sanitari che parlino non solo di droghe, ma di qualità della vita e della ricerca del benessere. Infatti, i pregiudizi, gli stereotipi, le false credenze dei giovani spesso condizionano la loro percezione del rischio, svalutando l'importanza degli effetti o facendoli sentire lontani dal problema;
   fare prevenzione, dunque, significa oggi fornire alle nuove generazioni strumenti e opportunità che li aiutino ad affrontare la complessità del vivere. Affinché i ragazzi possano acquisire competenze atte a favorire lo sviluppo di elementi protettivi rispetto ai rischi che possono accompagnare, tra le altre azioni, anche la scelta di utilizzare o meno sostanze psicoattive ed alcool; è importante lavorare sulle loro abilità cognitive, emotive e relazionali;
   è necessario inoltre realizzare opportune iniziative nei confronti delle famiglie, per fare maturare un atteggiamento utile a sostenere i ragazzi nei percorsi di assunzione di consapevolezza rispetto all'uso di sostanze psicoattive;
   per quanto riguarda i controlli, il rapporto con i minori va attuato con la necessaria discrezione, evitando di criminalizzarli a priori, coinvolgendoli e responsabilizzandoli e non semplicemente intimorendoli; inoltre, se coinvolti, i minori non devono essere trattati come criminali ed esposti alla pubblica gogna –:
   quali iniziative si intendano realizzare per promuovere un'attività di prevenzione essenziale in tema di dipendenze patologiche nelle scuole italiane e per garantire un maggior grado di sensibilizzazione al tema;
   quali indicazioni si intendano dare alle forze dell'ordine affinché la loro opera sia orientata alla prevenzione e alla specializzazione nell'approccio con i minori;
   quali indicazioni e supporti si intendano fornire sia ai dirigenti scolastici sia alle forze dell'ordine relativamente ai controlli dentro e fuori le istituzioni scolastiche. (4-15628)


   PAGANO, GALATI, PALMIERI e BORGHESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   già con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03288 presentata dall'interrogante, alla quale non è stata per altro ancora data risposta, è stato affrontato il tema delle competenze professionali di architetti e ingegneri;
   la laurea vigente ordinamento in «pianificazione territoriale, urbanistica ed ambientale» è equipollente alle lauree in architettura ed ingegneria civile di cui al decreto ministeriale n. 11 maggio 2000;
   come più volte ribadito dal Consiglio di Stato, le normative primarie che disciplinano le competenze professionali relative alla professione di architetto ed ingegnere, sono ancora oggi la legge n. 1395 del 1923 e il regio decreto n. 2537 del 1925;
   con il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 viene disposto che nell'albo professionale dell'ordine degli architetti, che assume la denominazione «Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori», sono istituite la sezione A e la sezione B;
   con il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 vengono individuati 4 settori per la sezione A (laurea quinquennale), architettura pianificazione territoriale, paesaggisti, conservazione e due settori per la sezione B (laurea triennale): architettura; pianificazione;
   per ognuna delle sezioni e dei relativi settori, vengono individuati i principali oggetti dell'attività professionale (per l'ordine degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori all'articolo 16);
   la ripartizione in settori ed i corrispondenti campi di attività esercitabili, sono già state oggetto di pronunce del Consiglio di Stato che nella sentenza n. 686/2012 riafferma come la professione di ingegnere sia unica così come quella di architetto e come il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 individui semplicemente dei settori specialistici di maggiore competenza (orientamento espresso anche nelle sentenze n. 2178/2008 e n. 1473/2009);
   il Consiglio di Stato «ha affermato il principio – riferito alla professione di ingegnere ma la cui ratio è ovviamente traslabile a quella di architetto per cui l'elencazione, compiuta all'articolo 16 e 46 del decreto, delle attività attribuite agli iscritti ai diversi settori delle sezioni “A” e “B” dell'albo dell'Ordine degli ingegneri e/o Architetti, ha il solo scopo di procedere ad una siffatta ripartizione, individuando quelle maggiormente caratterizzanti la professione, restando immutato il quadro complessivo delle attività esercitabili nell'ambito della professione stessa come già normativamente definito»; inoltre, esso sostiene che «dette denominazioni dei settori, in cui vengono ad essere ripartite le nuove sezioni “A” e “B” degli Albi professionali, così come l'effettiva individuazione per ciascuna sezione delle attività maggiormente caratterizzanti la professione, non innovano, a parere del Collegio, la materia delle attività riservate o consentite alla professione de qua (in via esclusiva od unitamente ad altre), attuandone invece correttamente una mera ripartizione, previa individuazione di un criterio di carattere generale, facente riferimento alle professionalità conseguite a compimento dei diversi percorsi formativi di accesso, relativi, rispettivamente, alle lauree ed alle lauree specialistiche»;
   tale aspetto viene in molte circostanze ignorato dal Consiglio nazionale degli architetti pianificatori e paesaggisti o da taluni ordini provinciali, con pareri che ledono i diritti degli iscritti al settore «pianificazione territoriale» dell'Ordine degli architetti, limitando l'esercizio della professione con grave danno economico per il professionista e basandosi su interpretazioni, ad avviso degli interroganti, irragionevoli, del quadro normativo, non conformi al principio di proporzionalità e di libera esplicazione della libertà di lavoro –:
   se intendano adottare le iniziative di competenza volte a risolvere la problematica illustrata in premessa, chiarendo, ove ne sussistano i presupposti, anche con apposita circolare, la corretta applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, esplicitando quanto più volte ribadito dal Consiglio di Stato circa le competenze degli iscritti ai diversi settori dell'Ordine degli architetti considerata l'urgenza di procedere in tal senso sia per i laureati, che per gli studenti. (4-15643)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI, BARUFFI, MOTTOLA, PALESE, RIZZETTO, SIMONETTI, GIGLI, CIPRINI, POLVERINI, PLACIDO e PRATAVIERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto del cumulo era già presente nell'ordinamento italiano, ed è stato ampliato con la legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) che ha previsto specifiche disposizioni all'articolo 1, commi da 239 a 246;
   con l'articolo 1, comma 195, e seguenti della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – legge di bilancio 2017, si è intervenuti sul comma 239 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 estendendo l'istituto del cumulo agli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, prevedendo altresì che la predetta facoltà possa essere esercitata per la liquidazione del trattamento pensionistico a condizione che l'interessato abbia i requisiti anagrafici e contributivi di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ovvero, indipendentemente dal possesso dei requisiti anagrafici, abbia maturato l'anzianità contributiva prevista dal comma 10 del medesimo articolo 24;
   ad oggi non sono state emanate dall'Inps e dagli enti di previdenza privati le relative disposizioni applicative e, conseguentemente, le istanze di cumulo presentate dai soggetti interessati ai loro rispettivi enti di previdenza, vengono costantemente mantenute in attesa con la seguente risposta: «non si hanno istruzioni in merito all'applicazione dell'istituto del cumulo»; lavoratori e lavoratrici sono disorientati e i patronati non sono in grado di rassicurarli;
   ci sono persone che attendono la possibilità di cumulo dall'agosto del 2010, a seguito della correzione della legge n. 122 del 2010 che aveva reso onerose tutte le ricongiunzioni ed abrogato la legge n. 322 del 1958, creando un grave danno al sistema previdenziale e impedendo la possibilità di avere un'unica pensione, oppure c’è il caso di chi si è trovato costretto al pensionamento ha dovuto pagare due volte i propri contributi, solo perché versati, per esempio, all'Inps e all'Inpdap;
   l'istituto del cumulo introdotto con la legge n. 228 del 2012 aveva già risolto la situazione per le persone che non avessero un diritto autonomo per la pensione di vecchiaia in nessun fondo; non si comprende, quindi, il ritardo nell'emanazione delle istruzioni operative; esistono già due circolari dell'Inps, la n. 120 del 6 agosto 2013 e la n. 140 del 3 ottobre 2013, che contengono dettagliate disposizioni operative per la liquidazione della pensione di vecchiaia attraverso l'istituto del cumulo dei contributi; quindi, le norme sono già precise, manca l'estensione alla pensione anticipata e al cumulo con le casse professionali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative affinché gli enti di previdenza pubblici e privati procedano all'emanazione di disposizioni applicative della norma richiamata in premessa, contenuta nella legge di bilancio 2017, dando immediata attuazione almeno a tutto ciò che già rientra negli obblighi istituzionali dell'Inps. (5-10628)


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Sky Italia ha presentato il piano di riorganizzazione ai sindacati. Il piano, informa una nota dell'azienda, prevede una serie di azioni di efficientamento che coinvolgono in misura diversa tutte le sedi e gran parte delle direzioni aziendali, tra cui la direzione information technology (IT) e tecnologia, le direzioni commerciali a presidio del territorio, le funzioni di staff e la struttura di Sky TG24. Quest'ultima verrà trasferita a Milano, mantenendo a Roma la redazione politica e la redazione del Centro Italia, che verranno collocate in una nuova sede molto centrale e ancora più vicina alle sedi istituzionali;
   il piano di riorganizzazione dell'azienda del gruppo Murdoch, prevede solo per la sede di Roma 120 esuberi, oltre a 300 trasferimenti a Milano su un totale di circa 600 dipendenti, mentre a Milano e nelle sedi periferiche è previsto un esubero complessivo di circa 80 lavoratori, e riguardo alla sede di Cagliari e atteso il trasferimento a Milano per circa 10 lavoratori;
   secondo le organizzazioni sindacali, Roma risulta la sede più colpita, con «il coinvolgimento per esubero o trasferimento del 70% della forza lavoro attualmente impiegata (tra impiegati, tecnici, giornalisti)»;
   in particolare, verranno trasferite la redazione del TG24, che va in onda dalla città capitolina fin dalla prima edizione nel 2003, ad esclusione delle redazioni politica e Centro-Sud Italia (comprensive del Personale a supporto tecnico e logistico), parte dell'area information technology e gran parte del settore commerciale della direzione service & delivery e verranno ridimensionati, conseguentemente, i settori di facility management e finance;
   l'azienda, spiegano le segreterie nazionali Slc, Fistel, Uilcom del settore, ha comunicato «di voler dar corso ad un piano “organizzativo di trasformazione” avente l'obiettivo di ottimizzare strutture e obiettivi per i propri investimenti per mantenere la propria competitività, considerando il cambio di scenario complessivo del settore radiotelevisivo rispetto ad una maggiore integrazione con il mondo delle Telco in particolare rispetto all'ingresso di nuovi player (p.es. Amazon, Netflix...)»;
   inoltre, relativamente all'apertura e alla gestione di tale processo riorganizzativo, l'amministratore delegato propone alle organizzazioni sindacali «la possibilità di un confronto teso ad avere il minore impatto sociale possibile, attraverso l'utilizzo di una serie di strumenti di “social mitigation”, quali ricollocazioni professionali incentivate e accompagnate, supporto economico e logistico per il personale oggetto di trasferimento –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati su quanto esposto in premessa e se non intendano intervenire, per quanto di competenza, al fine di tutelare i lavoratori in questione. (5-10629)


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Carrefour, il gruppo francese che opera nella grande distribuzione, il 5 febbraio 2017 ha aperto la procedura di mobilità per 500 lavoratori di 32 dei 57 ipermercati italiani e la chiusura di tre ipermercati in Italia: Trofarello (Torino), Borgomanero (Novara) e Pontecagnano (Salerno);
   da notizie di stampa si legge che sono 160 gli esuberi previsti solo nel Piemonte, 54 a Trofarello dove è prevista la chiusura di un ipermercato, 14 alla Gru di Grugliasco, 10 a Collegno, 8 a Pinerolo, 57 a Borgomanero, dove sarà chiuso un secondo ipermercato, 6 a Borgo Sesia e 11 a Novara, mentre gli altri esuberi sono previsti in Lombardia, Campania e Sardegna;
   tale decisione da parte del gruppo francese arriva un anno dopo le trattative sui punti vendita aperti 24 ore al giorno e quelli aperti nei festivi, quando erano state promesse delle assunzioni;
   al momento il contratto nazionale risulta scaduto e il 20 gennaio 2017 si è svolto a Bologna un incontro tra il gruppo Carrefour e le organizzazioni sindacali, cui è seguito il 28 gennaio uno sciopero nazionale –:
   quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e le economie territoriali coinvolte dagli esuberi annunciati da Carrefour. (5-10630)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 7 febbraio 2017, il sito online www.wired.it ha pubblicato i dati diffusi dall'Istat il 31 gennaio 2017 in merito al report denominato «Occupati e disoccupati». L'articolo ha spiegato come «a dicembre del 2016, in Italia hanno trovato lavoro 242 mila persone in più rispetto allo stesso periodo del 2015. A trainare la crescita sono gli over 50. Rispetto a dodici mesi prima, sono cresciuti di 410 mila unità. Al contrario, i lavoratori tra i 15 e i 49 anni, tra dicembre 2015 e 2016, sono 168 mila in meno»;
   la testata online ha evidenziato, infatti, come «l'occupazione aumenta ma aumenta sopratutto tra gli ultracinquantenni. Il Jobs act quindi ha agevolato una fascia di lavoratori, (...) i cosiddetti esodati. Gli over 50 non lavorano di più solo perché sono in numero maggiore, ma anche perché le aziende li assumono più di frequente. C’è un secondo dato da prendere in considerazione: la disoccupazione giovanile (...) quattro italiani tra i 15 e i 24 anni su dieci non trovano un lavoro. Se si prende in esame l'intera popolazione attiva, il tasso di disoccupazione in Italia a novembre 2016 è dell'11,9 per cento. Rispetto al 2015, in generale, tra i 15 e i 64 anni, più di un italiano ogni dieci è disoccupato. Tra i 15 e i 24 anni, questo numero aumenta: quattro su dieci»;
   secondo Claudio Negro della Fondazione Anna Kuliscioff, istituzione che affronta le tematiche legate all'occupazione, «(...) il lavoro tra i giovani aumenta troppo lentamente per rimontare tassi di disoccupazione che si sono accumulati negli anni e che sono comunque eccessivamente alti»;
   l'Unione delle camere di commercio ha dichiarato che «una assunzione su 5, tra quelle che le imprese hanno in programma nei primi tre mesi del 2017, può comportare qualche difficoltà a reperire il personale adeguato, in quanto incide soprattutto il consistente numero di assunzioni di profili qualificati. (...). Le imprese lamentano problemi a reclutare ingegneri e architetti, dirigenti, specialisti in scienze fisiche e naturali, specialisti della salute, e specialisti in scienze economiche e gestionali di impresa. Ricerche che dovrebbero premiare i laureati. Al contrario, nel 41 per cento dei casi alle aziende basta un diploma delle superiori e in un'assunzione su quattro il titolo di studio non è rilevante (...)»;
   il Fatto Quotidiano, in un articolo del 9 gennaio 2017, nel riportare i dati sopra citati ha aggiunto che «i senza lavoro sono saliti a quota 3.089.000, in aumento di 57 mila unità su ottobre e di 165 mila su novembre 2015. In parallelo, tuttavia, sono aumentati di 19 mila unità gli occupati (...). L'aumento degli occupati riguarda le donne e, ancora una volta, le persone ultracinquantenni, un trend che lo scorso anno è andato via via consolidandosi a scapito dei giovani e soprattutto della classe 25-34 anni, che a novembre ha visto il tasso di occupazione calare di 0,4 punti percentuali. Non a caso, aggiunge l'ISTAT, la crescita su base annua si è concentrata esclusivamente tra gli over 50 caratterizzata da +453 mila occupati»;
   il Corriere di Taranto, nell'articolo del 31 gennaio 2017, commentando i dati dell'Istat, ha aggiunto, in particolare, che «(...) i fallimenti delle politiche nazionali per quanto attiene i giovani sono in parte dimostrate dallo stesso studio dell'Ente, che evidenzia gli affanni dei giovani nell'inserimento nel mondo del lavoro e (...) dimostrano, soprattutto, un lieve calo di fiducia nella ricerca del lavoro da parte dei giovani. Tutto ciò sintetizza il fallimento delle politiche nazionali correlate alla riforma dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con il conseguente “Jobs Act” che ha reso più flessibile il mercato del lavoro in entrata (finché reggevano le agevolazioni statali alle imprese che assumevano giovani con contratti a tempo indeterminato) ma, venendo meno le garanzie economiche, si è dimostrato essere altrettanto, se non maggiormente, flessibili in uscita (...)» –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali efficaci iniziative intenda assumere affinché sia favorita e sostenuta l'occupazione giovanile in Italia. (4-15629)


   AIRAUDO, MARTELLI e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la PMT Italia Spa è una società con uno storico stabilimento a Pinerolo, con circa 200 lavoratori, che è stata dichiarata fallita dal tribunale di Torino in data 31 gennaio 2017 con la sentenza 28/2017; contestualmente, il tribunale ha disposto l'esercizio provvisorio di impresa;
   si tratta dell'epilogo di una crisi aziendale iniziata nel 2016 quando l'azienda depositò la domanda di concordato preventivo; a ciò fece seguito nel dicembre 2016 l'autorizzazione del tribunale di Torino all'avvio della procedura competitiva per la cessione dell'azienda;
   l'esercizio provvisorio è stato avviato dal procuratore fallimentare in data 1 febbraio 2017, con 42 lavoratori impiegati, mentre gli altri 178 lavoratori sono stati sospesi, senza alcun sostegno al reddito, attualmente è in corso una trattativa con una azienda della Repubblica Ceca per l'acquisizione della PMT, senza che al momento vi siano certezze nella salvaguardia dei posti di lavoro;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in una nota, inviata all'Assessore al lavoro della regione Piemonte, Pentenero e alle organizzazioni sindacali, ha specificato come, nel caso della PMT: «non vi siano attualmente ammortizzatori sociali accessibili nel periodo inerente l'esercizio provvisorio e l'eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali possa essere richiedibile solo in caso di ristrutturazione/riorganizzazione aziendale dall'eventuale acquirente»;
   è di tutta evidenza che si rende assolutamente necessario prevedere forme di ammortizzatori sociali di tipo conservativo al fine di garantire un sostegno al reddito dei lavoratori nella fase di transizione dell'esercizio provvisorio;
   l'impossibilità di sostenere i lavoratori della PMT nel periodo dell'esercizio provvisorio è l'ennesimo effetto delle molteplici abrogazioni introdotte progressivamente prima con la «legge Fornero» e poi con il « Jobs Act», che hanno portato la soppressione degli ammortizzatori sociali in deroga e l'indennità di mobilità a partire dal 2017;
   la vicenda della PMT di Pinerolo è paradigmatica della gravissima crisi industriale che coinvolge nel nostro Paese l'intero sistema produttivo, che produce dispersione di altissime professionalità e la continua acquisizione di know how da parte di acquirenti stranieri che al contempo non garantiscono in alcun modo i livelli occupazionali –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali della PMT Spa di Pinerolo, ma delle più importanti aziende piemontesi;
   se tenuto conto di quanto accaduto alla PMT, non ritengano necessario promuovere modifiche normative che reintroducano il sostegno al reddito dei lavoratori anche nei periodi di esercizio provvisorio, cosa che consentirebbe alla PMT e alle imprese che si trovano in condizione analoga di beneficiare di ammortizzatori sociali. (4-15630)


   MELILLA, RICCIATTI, QUARANTA, SANNICANDRO, KRONBICHLER, ZARATTI e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la tragedia dell'hotel Rigopiano di Farindola (PE) ha comportato la morte di 29 e la distruzione completa dell'albergo con la conseguente perdita di tutti posti di lavoro. È stata chiesta la cassa integrazione in deroga alla regione Abruzzo per i 21 dipendenti dell'hotel Rigopiano che non sono stati coinvolti dalla tragedia del 18 gennaio, che ha determinato la morte di 11 lavoratori dipendenti dell'Hotel;
   si tratta di cuochi, camerieri, addetti alle pulizie e al centro benessere che da gennaio 2017 sono senza lavoro e stipendio. Il sindaco di Farindola ha fatto un appello alle istituzioni competenti per aiutare le famiglie e i lavoratori coinvolti –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, con estrema urgenza, per attivare la cassa integrazione per i 21 lavoratori dell'hotel Rigopiano. (4-15636)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta orale:


   MONGIELLO, GINEFRA, GRASSI, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, CASSANO, LOSACCO, MARIANO, MASSA, PELILLO, VENTRICELLI e VICO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale situazione di avversità climatiche che sta colpendo le regioni interne ed adriatiche dell'Italia con ondate di gelo che perdurano da parecchi giorni, sta mettendo in ginocchio soprattutto il comparto agricolo ed agroalimentare dei territori colpiti;
   in Puglia, in particolare, la situazione si evidenza con particolare gravità, con campagne isolate per la morsa di gelo che non consente il regolare ripristino della circolazione e con strade statali e provinciali e aree rurali ancora bloccate da neve e lastre di ghiaccio;
   le aziende zootecniche pugliesi sono costrette a disfarsi del latte che non riescono a consegnare ai raccoglitori. Le consegne dalla Puglia di ortaggi sono crollate del 70 per cento, sia perché questi sono stati bruciati dal gelo in campo, sia perché i mezzi non possono ancora circolare liberamente;
   secondo dichiarazioni rilasciate dalla Coldiretti Puglia, risulta drammatica la conta dei danni, con migliaia di ettari di verdure pronte per la raccolta bruciate dal gelo, serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua perché sono gelate le condutture e vigneti e agrumeti irrimediabilmente rovinati. Al contempo, il mancato approvvigionamento di mercati e punti vendita sta facendo schizzare i prezzi di vendita degli ortaggi che già all'ingrosso risultano da capogiro. Secondo una rilevazione effettuata a poche ore dalle prime nevicate, sono altissimi i prezzi all'ingrosso di rape, carciofi, cavoli, bietole, cicorie, finocchi;
   in provincia di Lecce è a rischio la produzione di patate novelle perché gli speciali impianti di irrigazione delle serre realizzati a Ugento sono saltati per via delle gelate. Così come sono a rischio crollo le serre dei fiori a Leverano che stanno cedendo sotto il peso di neve e ghiaccio;
   al momento risulta pregiudicata l'attività economica di aziende agricole che hanno subito danni agli impianti produttivi vitivinicoli, agrumicoli ed ortofrutticoli, interamente da rifare, alle masserie, alle stalle, ai depositi, al bestiame e, non da ultimo, alle produzioni, completamente compromesse;
   la situazione è critica in quasi tutta la regione, per cui risulta opportuna una ricognizione tempestiva del danno per sostanziare la richiesta di declaratoria di «Stato di calamità naturale»;
   nelle province di Bari, Taranto e Foggia si sono registrati i casi più allarmanti. Strade provinciali tra Corato, Altamura e Poggiorsini bloccate (come la strada provinciale n. 39) per il mancato intervento degli spazzaneve, per cui gli agricoltori hanno fatto ricorso all'intervento della protezione civile;
   l'assoluta mancanza di liquidità e le gravi situazioni debitorie che ne conseguiranno – secondo Coldiretti Puglia – necessitano di interventi non riconducibili alle calamità «ordinarie», bensì a strumenti straordinari per dare sollievo economico alle imprese agricole;
   la sezione della Confederazione italiana agricoltori della Puglia ha chiesto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti e al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina di sospendere la quarta rata dei contributi autonomi dei Coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali (Iap), che scadrà il 16 gennaio 2017;
   è urgente che vengano messi a disposizione tutti i mezzi a disposizione per ripristinare le condizioni regolari di viabilità per far uscire le aziende agricole e zootecniche dall'isolamento, anche per non ingenerare distorsioni dei prezzi a danno dei consumatori –:
   se non si intendano adottare iniziative normative, nel più breve tempo possibile volte a fare fronte alla straordinaria necessità e urgenza di garantire interventi di sostegno e di risarcimento dei danni in favore del comparto agricolo, segnatamente quello della regione Puglia, colpito dalle eccezionali avversità climatiche in atto dai primi giorni dell'anno 2017;
   se, ad ogni modo, non si intendano intraprendere iniziative urgenti affinché le imprese agricole pugliesi colpite dalle sopradescritte calamità meteoriche possono accedere agli interventi per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a valere sul fondo di solidarietà nazionale. (3-02794)


   MONGIELLO, GINEFRA e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale e perdurante ondata di maltempo che ha colpito il versante adriatico del Paese sta mettendo in ginocchio soprattutto il comparto agricolo, agroalimentare e della pesca;
   particolarmente colpita risulta essere la Puglia con campagne isolate per la morsa di gelo che non consente il regolare ripristino della circolazione e con strade statali e provinciali e aree rurali ancora bloccate da neve e lastre di ghiaccio;
   le aziende zootecniche pugliesi sono costrette a disfarsi del latte che non riescono a consegnare ai raccoglitori e le consegne di ortaggi sono crollate del 70 per cento, sia perché essi si sono bruciati in campo sia per le difficoltà di circolazione dei mezzi con ripercussioni sui prezzi di rape, carciofi, cavoli, bietole, cicorie, finocchi;
   per la Coldiretti Puglia, la situazione è drammatica con migliaia di ettari di verdure pronte per la raccolta bruciate dal gelo, serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua perché sono gelate le condutture, e vigneti e agrumeti irrimediabilmente rovinati;
   in provincia di Lecce, è a rischio la produzione di patate nove, perché gli speciali impianti di irrigazione delle serre realizzati a Ugento sono saltati per via delle gelate così come sono a rischio di crollo le serre dei fiori a Leverano che stanno cedendo sotto il peso di neve e ghiaccio; analogamente nelle province di Taranto e Foggia si registrano notevoli e perduranti difficoltà;
   l'assoluta mancanza di liquidità e le gravi situazioni debitorie che ne conseguiranno – sempre secondo Coldiretti Puglia – necessitano di interventi non riconducibili alle calamità «ordinarie», bensì a strumenti straordinari in grado di sostenere le imprese agricole;
   per quanto riguarda il comparto della pesca, a causa degli eventi meteomarini avversi, è analoga la situazione di emergenza;
   l'Associazione Silaros di Molfetta ha lanciato l'allarme per le difficoltà di pescatori e armatori costretti a presidiare anche di notte le imbarcazioni, per preservarle in quanto fonte della loro sussistenza;
   il danno maggiore al settore armatoriale, è quello dovuto al mancato lavoro e alla impossibilità di recuperare le giornate di lavoro perse, come imposto da regolamenti in vigore che prevedono 4 giorni lavorativi senza recupero, dal lunedì al giovedì a cui va aggiunto il mancato rimborso dovuto per il fermo pesca biologico relativo agli anni 2015 e 2016, per le imprese e per gli armatori imbarcati, il quale sta compromettendo ulteriormente la sopravvivenza del comparto –:
   quali iniziative intenda adottare per far fronte alla straordinaria necessità e urgenza di garantire interventi di sostegno e di ristoro dei danni in favore del comparto agricolo, agroalimentare e della pesca, in particolare della regione Puglia, colpito dalle eccezionali avversità climatiche in atto dai primi giorni dell'anno 2017;
   se non intenda intraprendere iniziative urgenti affinché le imprese agricole e della pesca pugliesi colpite dalle sopradescritte calamità meteoriche posso accedere agli interventi per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a valere sul fondo di solidarietà nazionale e per quanto riguarda la pesca, agli interventi del fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154. (3-02795)

Interrogazione a risposta scritta:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato sul sito web dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica, nel 2013 secondo i dati del rapporto INEA sullo stato dell'agricoltura presentato alla fine del 2014, sono aumentati in maniera esponenziale i costi di produzione per l'uso dei concimi (+8,8 per cento) e dei pesticidi (+ 2,3 per cento);
   nel medesimo periodo, prosegue l'articolo, l'agricoltura convenzionale ha subito un calo del 4 per cento di occupazione e di reddito aziendale, confermando pertanto l'opinione che l'utilizzo della chimica nel settore non contribuisce a sostenere il reddito degli agricoltori; ciononostante il Governo Renzi continua ad investire sui pesticidi, limitandosi a programmare un «uso sostenibile» invece che indirizzarsi all'alternativa biologica;
   i suesposti rilievi critici sono stati denunciati nel corso di un convegno che si è tenuto il 14 aprile 2015, presso il Consiglio nazionale di ricerche sul «Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, coordinamento ricerca e innovazione» a cui hanno partecipato tutti i Ministeri interessati;
   l'attuale impostazione del piano di azione nazionale, secondo quanto sostenuto dalla portavoce delle 16 associazioni nazionali ambientaliste e dell'agricoltura biologica, consente ai programmi di sviluppo rurale, di considerare sullo stesso piano l'agricoltura biologica, quella integrata e altri metodi come quello conservativo, che fanno uso di prodotti chimici di sintesi;
   a giudizio della suindicata portavoce, nella sostanza, si investono risorse pubbliche per finanziare pratiche che fanno uso massiccio di pesticidi probabilmente cancerogeni per l'essere umano, come il glifosato;
   con queste premesse, sostiene la rappresentante delle 16 associazioni in precedenza richiamate, il piano nazionale fa sì che la quasi totalità delle risorse dei programmi di sviluppo rurale, destinate ad assistenza tecnica e formazione, siano assorbite per la formazione dei produttori e di tutte le maestranze sempre e principalmente sull'uso sostenibile dei potenziali cancerogeni;
   i certificati di abilitazione per utilizzatori, distributori e consulenti, i patentini e riconoscimenti diversi, inoltre, appesantiranno ancor di più la burocrazia che grava sugli agricoltori, con il rischio reale, prosegue l'Aiab, che non ci saranno risorse a disposizione, per sostenere la conversione verso il biologico e il biodinamico che non fanno uso dei pesticidi, aumentando il reddito degli agricoltori e creando maggiore occupazione per i giovani;
   secondo un rapporto dell'ISPRA, fra l'altro, l'Italia è il maggior consumatore tra quelli dell'Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata, con valori doppi rispetto a quelli della Francia e della Germania; anche il numero delle sostanze (il glifosato e i suoi metaboliti, il metolaclor, il triciclazolo, l'oxadiazon, la terbutilazina) di cui si trovano importanti tracce nelle acque, risulta essere particolarmente elevato: 175 tipologie di pesticidi nel 2012 a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008;
   in particolare, per quanto riguarda il glifofosato, le associazioni, evidenzia l'articolo dell'Aiab, hanno nuovamente chiesto al Governo in carica, di mettere al bando il pericoloso pesticida dichiarato «probabile cancerogeno» per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), soltanto poche settimane fa;
   a giudizio dell'interrogante, l'articolo pubblicato dall'Aiab, desta sconcerto e preoccupazione ove fossero confermati i rilievi critici e le denunce da parte delle 16 associazioni nazionali ambientaliste e dell'agricoltura biologica, in considerazione sia del persistente utilizzo di risorse pubbliche da parte del Governo in relazione all'uso sostenibile di pesticidi in luogo degli investimenti sull'agricoltura biologica (in netta controtendenza pertanto con quanto dichiarato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali in diverse occasioni, anche in sede europea), che soprattutto con riferimento al contenuto dei pesticidi ritenuto probabilmente cancerogeno anche da organismi internazionali come la suesposta Agenzia per la ricerca sul cancro;
   l'interrogante evidenzia, a tal fine, come occorrano urgenti chiarimenti e precisazioni da parte dei Ministri interrogati, al fine di garantire maggiore trasparenza su quanto asserito dall'Aiab, che in caso di conferma, risulta essere particolarmente grave per la salute degli individui –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se trovi conferma quanto riferito dall'articolo pubblicato dall'Associazione italiana per l'agricoltura biologica, secondo cui, nonostante l'agricoltura chimica subisca perdite finanziarie, il Governo, prosegue ad investire risorse sui pesticidi, programmando un «uso sostenibile», anziché puntare sull'alternativa agricoltura biologica;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie di competenza i Ministri interrogati intendano assumere, al fine di disporre il divieto di vendita e di circolazione di tali pesticidi giudicati cancerogeni, anche dall'IARC, la cui richiesta di messa al bando come nel caso del glifosato era stata già avanzata al Governo;
   se siano a conoscenza, ove fossero confermate le denunce dell'Aiab, di prodotti agroalimentari attualmente in commercio, contenenti glisofato, ritenuto probabilmente cancerogeno e se non ritengano urgente e opportuno, in via precauzionale, assumere iniziative per prevederne l'immediato ritiro dalla vendita nel nostro Paese. (4-15644)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO, DI VITA, NESCI, MANTERO, LOREFICE e GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in tutta Italia e specie in Campania, in coincidenza con una stagione invernale particolarmente rigida, si è verificato un picco influenzale molto aggressivo;
   le strutture di pronto soccorso in Campania sono state travolte da un alto numero di accessi accresciuto anche a causa della simultanea chiusura di alcuni presidi ospedalieri in quartieri densamente popolati, specialmente nella città di Napoli e nella sua periferia, costringendo medici ed infermieri a lavorare in condizioni di massimo disagio, per somministrare la necessaria assistenza sanitaria, in assenza di letti e barelle;
   nella regione Campania dove i posti letto sono razionati, due dipartimenti di emergenza e accettazione di II livello (AORN-Monaldi-SUN ed il policlinico Federico II), pur contenendo oltre 2.000 posti letto ad altissimo costo, non raggiungono minimamente gli appropriati 140.000 ricoveri/anno (70.000 + 70.000) previsti dallo standard minimo (punto 9.2.4 del regolamento recante: «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311» e dell'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135);
   lo stesso (punto 9.2.4) definisce dipartimento di emergenza e accettazione di II livello la struttura ospedaliera sede di discipline di riferimento per le reti delle patologie complesse che effettua, oltre agli interventi previsti per il dipartimento di emergenza e accettazione di I livello, le funzioni di accettazione in emergenza-urgenza per il trattamento delle patologie acute ad elevata complessità;
   le due summenzionate strutture non dispongono di pronto soccorso e, di fatto, limitano l'attività ai soli ricoveri programmati in elezione, sottraendo così 2.000 posti letto alle necessità di pronto soccorso dei cittadini;
   l'ospedale Monaldi si fregia del titolo di «azienda ospedaliera di rilievo nazionale ad alta specialità», ma, come prevede il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 1992, n. 305 e modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999 n. 229), al comma 3 dell'articolo 4, stabilisce che «Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione i policlinici universitari, che devono essere inseriti nel sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992»;
   nel piano regionale di programmazione della rete ospedaliera 2016-2018, ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015, redatto dal commissario alla sanità dottor Joseph Polimeni ed approvato, si afferma (pagina 29) che: «Nella presente programmazione vengono inserite nella rete ospedaliera, nelle reti tempo-dipendenti, alcune Aziende Ospedaliere che erano uscite dai percorsi di emergenza (AO Dei Colli con i presidi Monaldi, Cotugno e CTO, Aziende Ospedaliere Universitarie, alcune strutture private accreditate). Queste Aziende/strutture dovranno garantire la loro attività nel corso dell'intera giornata attraverso servizi di accettazione H24 per le discipline delle reti di emergenza IMA, Stroke e Trauma», a pagina 68 si sostiene: «Il piano, in sintesi, prevede il loro pieno inserimento nelle reti tempo dipendenti come hub: per le emergenze tali strutture dovranno essere individuate appunto come hub per cui i pazienti non dovranno più transitare necessariamente per il Pronto Soccorso dell'AO Cardarelli, ma potranno essere indirizzati dalla Centrale Operativa 118 direttamente (come trasporto primario) a detti hub secondo protocolli specifici» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attivazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, al fine di garantire a tutti i cittadini nel territorio della Campania la disponibilità dei 2.000 posti letto sottratti all'emergenza-urgenza;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, anche normative, al fine di favorire l'apertura immediata del pronto soccorso nella azienda ospedaliera di rilievo nazionale Monaldi e nella azienda ospedaliera universitaria Federico II e la partecipazione di queste alle esigenze delle reti tempo-dipendenti come previsto dal piano ospedaliero per la Campania.
(5-10635)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2016 i principali media nazionali ed in particolare quelli del nord est, riportavano la notizia di una presunta «gara di aghi» all'ospedale di Vicenza. Secondo quanto apparso sui media e secondo quanto denunciato dal primario Vincenzo Riboni alcuni medici e infermieri del pronto soccorso di Vicenza avrebbero architettato un gioco-gara con tabellone sulle abilità a reperire accessi venosi ai pazienti, con un punteggio da assegnare per la tipologia dell'ago cannula;
   il primario del pronto soccorso di Vicenza, venuto a conoscenza della «gara di aghi» documentata all'interno di una chat sugli smartphone dei medici e degli infermieri coinvolti, ha immediatamente denunciato l'accaduto all'azienda Ulss 6 di Vicenza;
   l'azienda, in seguito ad alcuni accertamenti interni, ha sorprendentemente scelto di sospendere per 10 giorni il primario;
   nonostante il venir meno della previsione penale del fatto, la grave questione deontologica riguardante i medici e gli infermieri coinvolti nella vicenda non è stata contemplata, senza che gli stessi abbiano subito formalmente nessuna significativa conseguenza. Vi è stato un richiamo di natura amministrativa per «l'uso improprio del cellulare» durante l'orario di attività di servizio per l'infermiera e il medico in servizio, e l'assoluzione per gli altri sei infermieri e medici coinvolti;
   la direzione, successivamente, ha eseguito un trasferimento di reparto di alcuni di questi. Dei due medici che erano in prova, uno si è dimesso e l'altro è stato confermato dallo stesso primario Riboni. Il reparto di pronto soccorso dell'ospedale di Vicenza è da molto tempo un reparto di eccellenza nella sanità veneta e in quella nazionale. È guidato ed organizzato da molti anni, ventiquattro, dal dottor Vincenzo Riboni che nella sua lunga carriera non ha mai fatto mancare serietà e professionalità nelle cure di tutti i pazienti;
   il primario Vincenzo Riboni, grazie al sostegno dell'associazione dei primari Anpo, ed in particolare del presidente nazionale, è ora ricorso al giudice del lavoro contro la sanzione comminata dall'Ulss in seguito alla denuncia della cosiddetta «gara degli aghi». L'udienza dovrebbe essere fissata nelle prossime settimane –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e di quali ulteriori elementi disponga in merito;
   se il Governo intenda assumere iniziative, in collaborazione con le regioni e anche di carattere normativo, per pervenire ad un codice di comportamento del personale sanitario che garantisca la qualità e l'appropriatezza dei servizi erogati al cittadino, così evitando il ripetersi di casi simili a quelli sopradescritti. (4-15634)


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   all'interno del comune di Afragola (Napoli) – località Santa Maria La Nova – vi è una ampia zona, della superficie di circa 4 ettari, adibita a discarica, nota come «Scafatella», dismessa da oltre 30 anni, nata come sito provvisorio negli anni ’80. Il luogo ha un forte impatto visivo dal momento che si trova rialzata di circa 6,90 metri rispetto al piano di campagna;
   la situazione all'interno dell'area è critica in quanto il pericolo per la salute dei cittadini è elevato come risulta da numerosi articoli di stampa (si veda http://www.lettera43.it);
   la zona è stata inserita nell'elenco dei siti potenzialmente contaminati da metalli pesanti e da idrocarburi policiclici aromatici (IPA) – (allegato 3 bollettino ufficiale della regione Campania n. 49 del 6 agosto 2012); le matrici contaminate risultano essere il suolo e le acque sotterranee;
   ad oggi non è mai stata fatta richiesta di bonifica essendo l’iter procedurale fermo al piano di caratterizzazione, come risulta anche dal piano regionale di bonifiche della regione Campania (delibera della giunta regionale della Campania 387 del 31 luglio 2012) –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, siano a conoscenza della situazione sopra descritta e se intendano promuovere una verifica da parte del Commando Carabinieri per la tutela dell'ambiente;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano assumere iniziative, in sinergia con gli enti locali competenti se del caso nell'ambito di un tavolo tecnico con le amministrazioni interessate, i comitati cittadini coinvolti, e le associazioni ambientaliste, al fine di individuare un percorso condiviso per far fronte al danno ambientale con modalità che siano in grado di tutelare la salute dei cittadini. (4-15641)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Spid è il nuovo sistema di accesso alla pubblica amministrazione che permette a cittadini e imprese di accedere con un'Unica Identità Digitale ai servizi online pubblici e privati;
   per i residenti in Italia e i patronati che li assistono, le difficoltà sono insormontabili e si pone un problema di proroga dei tempi di entrata in vigore e di costo per i cellulari personali;
   per l'estero, sussistono problematicità che riguardano le procedure di certificazione con l'impossibilità di ottenere a per gli operatori di patronato che dovrebbero continuare a svolgere il lavoro di assistenza;
   nessun ente certificatore, eccetto Infocert, permette di accedere alla procedura se non viene inserita una residenza italiana. Infocert permette di inserirla, ma poi sussistono i problemi illustrati di seguito;
   dopo aver inserito l'indirizzo e gli altri dati personali, viene richiesto di inserire i dati del documento di riconoscimento. Sia con l'inserimento del passaporto che con la carta d'identità, non vi è la possibilità di inserire il rilascio da parte del consolato;
   nella procedura, scegliendo come documento d'identità il passaporto italiano, sono previsti due campi obbligatori per la provincia e il comune di rilascio, nonostante sia improprio legare il rilascio del passaporto al comune, visto che è rilasciato dalle questure o dai consolati italiani all'estero;
   nella procedura è previsto che il documento estero possa essere inserito al posto di quello italiano, ma in tal caso il riconoscimento dovrebbe avvenire « de visu», cosa ben difficile per persone residenti all'estero e per gli operatori;
   anche al momento del pagamento (20 euro) per il servizio di riconoscimento via web, l'unico possibile dall'estero, viene richiesta per la fatturazione una residenza italiana e gli orari per le verifiche via web, non sono sempre compatibili con i fusi orari delle diverse latitudini;
   nella procedura di identificazione viene richiesta la tessera sanitaria italiana in funzione della verifica del codice fiscale. Pochissime persone all'estero, che non siano esse stesse emigrate di prima generazione e vengano spesso in Italia, sono in possesso della tessera sanitaria. Lo stesso vale per gli operatori che siano con doppia cittadinanza o meno;
   vi è inoltre il problema della difficoltà di ricezione, in certi Paesi, dei messaggini telefonici da numero italiano, attraverso cui viene inviato l'Otp e cioè il codice di accesso al sistema dell'Inps, cosa che sarebbe risolta se l'ente certificatore prevedesse l'uso di « token», apparecchi appositamente studiati per l'erogazione di Otp, senza uso di cellulare;
   tutti i cittadini italiani, anche quelli registrati anagrafe degli italiani residenti all'estero, dovrebbero poter ottenere lo SPID mentre, stando alla normativa, vi sarebbero effettivi problemi per i residenti all'estero quando non sono cittadini italiani, anche se dipendenti di patronato, ovvero anche se di origine italiana ma senza cittadinanza, oppure anche se titolari di prestazioni previdenziali italiane e per questo, legittimati a essere messi nelle condizioni di accedere ai servizi dell'Inps;
   se non si ritenga di assumere iniziative per porre rimedio alla situazione attuale con una semplice proroga, sia in Italia che per l'estero, facendo sì che i gestori definiscano una modifica delle procedure, per consentire ai cittadini all'estero e agli operatori di patronato di ottenere lo Spid;
   per quanto riguarda il rapporto con l'Inps, se non si ritenga di assumere iniziative per prevedere una modifica di tali procedure, assicurando, per i cittadini italiano all'estero ero l'uso, l'uso del doppio canale Spid e password tradizionale, e per i non cittadini italiani, titolari di prestazioni Inps e operatori di patronato, l'uso della stessa password tradizionale fino ad oggi utilizzata. (4-15639)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi è stata dichiarata fallita la Icot spa, società capofila del gruppo Icot che a gennaio 2016 occupava 260 dipendenti;
   le altre due società dei gruppo sono la Icot Tec già fallita ad agosto 2016 e Icot Engineering, che risulta versare in condizioni avverse e destinata a seguire la medesima sorte;
   attualmente il Gruppo Icot occupa meno di 50 dipendenti in Cassa integrazione straordinaria dai primi giorni del mese di luglio 2016, a seguito della decisione di Telecom spa (principale committente) di sottrarre le commesse affidate, poiché Icot spa non risultava più nelle condizioni di svolgere i lavori assegnati;
   è stato richiesto, sin dal febbraio 2016, l'apertura di un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico con la presenza di Telecom per tutelare i posti di lavoro e valutare la possibilità di mantenere le commesse in essere, possibilità caldeggiata per le vie informali anche dall'interrogante;
   da varie fonti sarebbe risultato impossibile aprire il tavolo di cui sopra a causa dell'assoluta indisponibilità di Telecom a sedersi attorno e ad un tavolo –:
   se siano state attivate tutte le iniziative di competenza per evitare il triste epilogo di questa vicenda;
   se ritenga utile attivare tutte le iniziative possibili per esperire gli ultimi tentativi utili a salvaguardare i posti di lavoro perduti e garantire l'eventuale ricollocazione dei lavoratori coinvolti;
   se non ritenga di acquisire un necessario chiarimento da Telecom Italia circa l'indisponibilità, che a giudizio dell'interrogante appare grave e richiede una doverosa risposta, ad accettare un confronto in un tavolo istituzionale come quello che avrebbe dovuto convocare il Ministero dello sviluppo economico. (4-15632)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Zaccagnini n. 4-15548, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zan, Malisani, Martelli, Amato, Lacquaniti, Bruno Bossio.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-15566, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 741 del 14 febbraio 2017.

   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, BASILIO, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016, individua per ruolo di appartenenza, sulla base dello stato matricolare e dell'ulteriore documentazione attestante il servizio prestato, l'amministrazione presso la quale ciascuna unità di personale ex-CFS (Corpo forestale dello Stato) è assegnata;
   coi decreti del capo del Corpo forestale dello Stato n. 81268, 81270, 81271, 81272 e 81273 del 31 ottobre 2016, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha individuato il personale dirigente e non, da assegnare agli istituendi ruoli AIB (antincendio boschivo), ovvero al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (CNVVF), secondo le equiparazioni tra i ruoli e le qualifiche previste dalla tabella B del decreto legislativo n. 177 del 2016, pubblicati nel supplemento al bollettino ufficiale del Corpo forestale dello Stato del 7 novembre 2016; il 7 novembre 2016 è pubblicato nel supplemento al bollettino ufficiale, decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato n. 81275;
   il decreto del capo del Corpo forestale dello Stato n. 81276 del 31 ottobre 2016 reca l'individuazione delle unità di personale appartenente al ruolo direttivo dei funzionari del Corpo forestale dello Stato assegnate ai carabinieri, pubblicato nel supplemento al bollettino ufficiale del Corpo forestale dello Stato del 7 novembre 2016;
   la nota prot. n. 93701 del 9 dicembre 2016 del direttore della divisione 12a dell'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato e il decreto del capo del Corpo forestale dello Stato n. 29 del 19 aprile 2016, prevedono in alcune parti l'assegnazione del personale ricorrente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco anziché all'Arma dei carabinieri;
   con le note del 95138 e 97233 rispettivamente del 14 e 20 dicembre 2016 il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso le tabelle contenenti i dati relativi al personale del Corpo forestale dello Stato che, a decorrere dal 1o gennaio 2017, è assegnato al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   il 24 novembre 2016 è emanata la nota n. 88869 del Capo del Corpo forestale dello Stato riportante la pubblicazione (solo) sul sito del dipartimento della funzione pubblica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 2016; nei venti giorni successivi alla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il personale può presentare domanda per il transito in mobilità ad altra amministrazione statale tra quelle individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; il termine era fissato perciò alle ore 24 del 13 dicembre 2016;
   secondo il comma 6 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016, se alla data del 15 novembre 2016 il personale abbia presentato domanda ma non sia stato ricollocato in altre amministrazioni individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e non abbia optato per la riassegnazione, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, viene ricollocato;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 2016 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo il 3 gennaio 2017;
   dal 13 dicembre al 9 febbraio 2017, i Tar per la Puglia, per il Molise, per la Toscana, per l'Emilia Romagna, per il Veneto, pubblicano le ordinanze per la sospensione dell'efficacia e dell'esecutività dei decreti del capo del Corpo forestale dello Stato n. 81268, n. 81270, n. 81272, n. 81275, n. 81276, della nota n. 58/38 del 23 dicembre 2016, del decreto n. 3198 del 28 dicembre 2016, della nota prot. 63009;
   le sigle sindacali hanno depositato presso i TAR migliaia di ricorsi presentati da altrettanti ex-forestali allo scopo di accertare la sussistenza dei diritti e delle prerogative, di evidenziare i profili di incostituzionalità e la lesione dei princìpi di uguaglianza e ragionevolezza, nonché delle libertà di pensiero e di coscienza derivante dalla militarizzazione –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano adottare per non calpestare le professionalità e i diritti acquisiti del personale ex-Corpo forestale dello Stato;
   se le pronunce emesse non rischino di inficiare quanto previsto dalla Tabella A del decreto legislativo n. 177 del 2016, nonché la procedura di cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 2016 ovvero, se non si ritenga di dover riaprire i termini per transito in mobilità ad altra amministrazione statale;
   in che modo si intenda rispettare quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016 ovvero se si intenda avviare con sollecitudine un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali di categoria presso il dipartimento della funzione pubblica;
   quale sarà il destino professionale del personale oggetto delle sospensive.
(4-15566)

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Marotta n. 2-01664, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 742 del 15 febbraio 2017.

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   gli episodi di cybercrime, nel nostro Paese e nel mondo, negli ultimi anni si sono moltiplicati; il dato trova riscontro non solo nei casi di cronaca più eclatanti, ma anche negli studi di settore dedicati alla materia che hanno rilevato un incremento degli illeciti – di varia natura – commessi tramite il «cyberspazio». Le crescenti applicazioni delle nuove tecnologie espongono a rischi sempre maggiori, di solito non gestiti, gli utenti privati e potenzialmente, per effetto-domino, l'intera collettività;
   destare le maggiori preoccupazioni, in un'ottica di tutela della sicurezza nazionale, sono più che altro gli episodi di spionaggio. Si tratta di vere e proprie attività di monitoraggio – portate avanti nella maggior parte dei casi anche per lunghissimi periodi di tempo – di esponenti politici di spicco o in ogni caso di alte cariche dello Stato al fine di carpire informazioni sensibili; fenomeno in grande diffusione secondo quanto riportato dal rapporto Clusit 2016 che evidenzia un incremento degli attacchi di spionaggio ad infrastrutture critiche di oltre il 150 per cento;
   ne costituisce un esempio l'operazione della polizia di Stato « eye pyramid» che ha individuato proprio all'inizio di quest'anno una presunta centrale di cyber spionaggio in danno di istituzioni e pubbliche amministrazioni, studi professionali, personaggi politici ed imprenditori di rilievo nazionale, senza che nessuna delle vittime ne fosse mai venuta a conoscenza;
   in passato anche la Casa Bianca è stata vittima di un grave attacco di simile natura che ha consentito agli aggressori di accedere alla caselle di posta elettronica e all'agende del Presidente americano e dei suoi collaboratori; non solo: nel marzo 2015 si è scoperto che lo stesso gruppo è riuscito a penetrare anche il sistema di posta del dipartimento di Stato, mantenendovi l'accesso per diversi mesi e costringendo l'amministrazione a fermare i sistemi ed a re-installarli da zero per bloccare l'attacco;
   le sempre più frequenti azioni di hackeraggio evidenziano, dunque, la necessità di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni: l'azione di governance deve essere improntata a logiche di prevenzione, riduzione e trasferimento del rischio con l'obiettivo ultimo di scongiurare, o almeno limitare al minimo, le conseguenze per la collettività che, purtroppo, sono già realtà. A tal riguardo basti pensare che a dicembre 2015 un attacco « cyber» ha alterato il funzionamento di alcune sottostazioni della rete elettrica ucraina, provocando un black-out che ha interessato circa 80.000 utenze;
   da ultimo, va segnalato un allarme lanciato dal giornale britannico The Guardian che, citando fonti anonime italiane, ha di recente sostenuto che hacker russi potrebbero aver violato più volte i sistemi informatici non criptati della Farnesina, notizia ripresa e ampliata dal quotidiano Il Mattino, con una serie di articoli dei primi giorni di febbraio 2017;
   i rischi dunque sono molti, ai quali non sembrano corrispondere altrettante iniziative volte a incrementare il livello di sicurezza informatica nel nostro Paese; non sembra in particolare raggiunto l'obiettivo di una normativa coerente e in equilibrio che disponga sia investimenti (finalizzati a promuovere le organizzazioni virtuose operanti in tale ambito) che sanzioni, e che persegua il coordinamento tra istituzioni pubbliche e private necessario a garantire interventi efficaci e tempestivi;
   un maggior coordinamento internazionale e la diffusione di una più ampia cultura in materia di sicurezza informatica è stato inoltre anche richiesto, recentemente, dall'Assemblea delle Nazioni Unite che ha adottato il 23 dicembre 2015 all'unanimità la risoluzione 70/237 in materia di cyber security –:
   se il Governo stia valutando di selezionare strutture pubbliche e private più qualificate, in termini di innovazione, struttura tecnologica ed esperienza concreta, nel settore della sicurezza informatica, cui rivolgersi per assicurare ogni necessaria protezione dei gangli vitali dello Stato;
   se il Governo stia considerando la possibilità di ampliare l'ambito applicativo della disciplina di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 5 del 6 novembre 2015 che affida a imprese titolari di nulla osta di sicurezza il trattamento delle informazioni classificate come sensibili;
   se il Governo non ritenga opportuno adoperarsi per diffondere la conoscenza a tutti i livelli del problema della «sicurezza informatica», anche tramite campagne divulgative istituzionali rivolte all'opinione pubblica, alle piccole e medie e imprese, alle scuole e alla pubblica amministrazione;
   se il Governo intenda assumere iniziative per promuovere anche nelle sedi internazionali, in considerazione della presidenza italiana dell'Osce, opportune e nuove azioni sui temi della sicurezza informatica.
(2-01664) «Marotta».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Spessotto n. 5-10589 del 15 febbraio 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Faenzi n. 5-05361 del 16 aprile 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15644;
   interrogazione a risposta orale Tancredi n. 3-02061 del 29 febbraio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15635;
   interrogazione a risposta in Commissione Manzi n. 5-08095 dell'11 marzo 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02792;
   interrogazione a risposta orale Sbrollini n. 3-02533 del 6 ottobre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15634.
   interrogazione a risposta in Commissione Beni n. 5-09740 del 12 ottobre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02793.
   interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e altri n. 5-10266 del 13 gennaio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-02794.
   interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e altri n. 5-10323 del 20 gennaio 2017 in interrogazione a risposta orale n. 3-02795.