Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 16 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati pubblicati dall'Istituto, superiore di sanità (vedasi notiziario dell'Istituto superiore di sanità volume 29 n.9 suppl. 1 del 2016 «aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS al 31 dicembre 2015»), nel 2015 sono state segnalate in Italia 3.444 nuove diagnosi si infezione da HIV (fatto salvo il ritardo di notifica in base al quale si stima manchi ancora un 7,9 per cento di segnalazioni), vale a dire che ogni giorno, in Italia, mediamente 10 persone scoprono di esseri sieropositive per HIV;
    con una incidenza pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti (nel 1987 si registrò il picco massimo di 26,8 nuovi casi per 100.000 residenti) l'Italia si colloca al 13o posto tra le nazioni dell'Unione europea in termini di incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV;
    negli anni si è progressivamente osservato un cambiamento delle modalità di trasmissione: è diminuita la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva (dal 76,2 per cento nel 1985 al 3,2 per cento nel 2015), è aumentata la proporzione di casi attribuibili a trasmissione eterosessuale (dall'1,7 per cento nel 1985 al 44,9 per cento nel 2015) e tra maschi che fanno sesso con maschi (MSM, dal 6,3 per cento nel 1985 al 40,7 per cento nel 2015);
    nel 2015 l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è diminuita lievemente rispetto ai tre anni precedenti per tutte le modalità di trasmissione tranne che per i maschi che fanno sesso con maschi (MSM);
    suddividendo le persone con nuova diagnosi di infezione da HIV per classi di età, l'incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti);
    nel 2015 sono state segnalate 12 nuove diagnosi di HIV in adolescenti con età compresa fra 15 e 17 anni (8 per cento delle nuove diagnosi), in prevalenza femmine e straniere, e 369 casi in giovani con età compresa tra i 18 e i 25 anni (10,7 per cento delle nuove diagnosi), in prevalenza MSM;
    nell'ultimo decennio è nettamente aumentato – dal 20,5 per cento del 2006 al 74,5 per cento del 2015 – il numero di persone che, inconsapevoli della propria sieropositività, sono giunte alla diagnosi di infezione da HIV già in stadio di AIDS, evidenziando un drammatico ritardo nella diagnosi;
    nel 2015 il 28,8 per cento delle persone diagnosticate HIV positive era di nazionalità straniera (11 per cento nel 1992; 32,9 per cento nel 2006);
    suddividendo le persone con nuova diagnosi di infezione da HIV in base alla nazionalità, nel 2015 l'incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti; tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9 per cento), mentre tra gli italiani da maschi che fanno sesso con maschi, (48,1 per cento);
    in Italia si stima che il numero di persone con Infezione da HIV/AIDS sia pari a circa 130 mila, dei quali almeno 12.000-18.000 siano «inconsapevoli» di avere il virus e quindi non in grado di curarsi ed ignari di rappresentare un rischio per i propri partner sessuali;
    la terapia antiretrovirale – oltre ad arrestare la progressione della malattia fino al punto di consentire alle persone con HIV di poter affrontare una prospettiva di invecchiamento paragonabile alle persone sieronegative – ha dimostrato enorme efficacia anche in termini di riduzione del rischio di trasmissione di HIV (« Treatment as prevention» o TasP), dal momento che il trattamento riduce la carica virale di HIV nel sangue, nel liquido seminale, nelle secrezioni vaginali, nel fluido rettale, fino a livelli «non rilevabili» dalle metodiche di indagine;
    una strategia combinata che preveda diagnosi precoce e terapia tempestiva (cosiddetta « test and treat») è ritenuta in grado di ridurre significativamente la circolazione del virus nella popolazione ed il numero di nuove infezioni da HIV;
    il piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014-2018, visti dati nazionali che confermano le malattie infettive fra i problemi sanitari principali nel nostro Paese, prevede fra i macro obiettivi (M.O.) il macro obiettivo 2.9: Ridurre la frequenza di infezioni/malattie infettive prioritarie;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 raccomanda di mantenere elevato l'impegno sulla prevenzione delle malattie infettive per diverse ragioni fra cui il potenziale epidemico di alcuni agenti infettivi;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 definisce fondamentale l'identificazione precoce dei casi di malattia infettiva, sia per ridurne il rischio di complicanze ed esiti, sia per l'attuazione di opportuni interventi di contenimento;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 inserisce l'infezione da HIV/AIDS fra gli ambiti di intervento ritenuti prioritari sui quali concentrare le attività preventive;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 riconosce che le malattie sessualmente trasmesse (MST) facilitano l'infezione da HIV aumentandone il rischio di tre o più volte e riporta che il sistema di sorveglianza sentinella delle malattie sessualmente trasmesse ne evidenzia un aumento del +25 per cento a partire dal 2005 rispetto al periodo 1991-2004;
    il livello di attenzione nei confronti della prevenzione dell'Infezione da HIV/AIDS si è significativamente abbassato, fino a far dimenticare che l'HIV costituisce comunque una minaccia e continua a diffondersi;
    troppe persone con HIV sono vittime di episodi discriminatori, ragione per la quale non rivelano la propria condizione a familiari e perfino al proprio partner;
    l'informazione più capillare deve essere rivolta in primo luogo, anche se non esclusivamente, ai giovanissimi, per colmare le lacune circa le modalità di contagio, fare acquisire loro consapevolezza, promuovere l'uso del preservativo, evitare forme di esclusione sociale;
    il ministero della salute, però, ha un budget per la comunicazione di appena 80 mila euro e nelle scuole sono ancora pochi i progetti di educazione sessuale;
    il diritto alla salute non può e non deve creare discriminazione;
    in occasione della giornata mondiale contro l'aids, 1o dicembre di ogni anno, il Ministro della salute ha anticipato l'imminente approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità (Css) del piano nazionale Aids che ha fra gli obiettivi quello di ridurre il numero delle nuove infezioni e di facilitare l'accesso al test per far emergere sommerso;
    una prevenzione efficace, anche attraverso la diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo, riducendo il numero di nuove infezioni, permetterebbe di abbattere la spesa dello Stato per le cure ambulatoriali ed i trattamenti ospedalieri delle complicanze dell'infezione da HIV/AIDS in fase avanzata;
    è necessario promuovere un nuovo modello culturale che tenga conto dei cambiamenti sociali, dell'importanza di una alimentazione equilibrata e di un corretto stile di vita, di una cultura del rispetto e dell'altro, affinché la società possa essere inclusiva e non discriminante, conformemente a quanto sancito nella Costituzione;
    la percezione che l'infezione da HIV/AIDS sia una patologia cronica non diversa da altre consentirebbe alle persone che ne sono colpite ed alle loro famiglie di trovare maggiori stimoli per reagire e per non autoescludersi dal contesto sociale, sfruttando i benefici che una carica emotiva positiva ed una forte determinazione danno per superare i momenti di difficoltà,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse a progetti di informazione finalizzata alla prevenzione delle infezione da HIV/AIDS e delle malattie sessualmente trasmesse, mirati principalmente a raggiungere ragazze, ragazzi e le fasce sociali più vulnerabili;
2) ad assumere iniziative per rendere organica e sistematica l'adozione di programmi di educazione alla affettività e di educazione sessuale all'interno delle scuole secondarie di primo e secondo grado;
3) a promuovere, a livello nazionale e regionale, iniziative e campagne finalizzate ad incentivare l'esecuzione del test HIV con riferimento alla popolazione generale;
4) a promuovere, a livello nazionale, iniziative e campagne finalizzate alla lotta alla discriminazione in ambito sociale, negli ambienti scolastici e nei luoghi di lavoro, così da contrastarne le conseguenze psicologiche personali e familiari, nonché le conseguenze sociali ed economiche.
(1-01511) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, Abrignani, Mottola, Rabino, D'Agostino, Marcolin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la legge n. 76 del 2016 ha introdotto norme volte alla regolamentazione delle unioni civili e per la disciplina delle convivenze;
   l'articolo 1, comma 10, della citata legge, ha previsto che «mediante dichiarazione all'ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all'ufficiale di stato civile»;
   il comma 28 della medesima legge ha quindi delegato il Governo ad emanare decreti attuativi anche ai fini dell'adeguamento alle previsioni della suddetta legge delle disposizioni vigenti in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144 del 2016 (cosiddetto decreto ponte), sono state quindi stabilite le disposizioni transitorie necessarie a consentire la sottoscrizione di unioni civili, in attesa dell'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi. Tra questi, il decreto legislativo n. 5 del 2017, reca le modifiche al regolamento di stato civile;
   essendo chiaro e completo il contenuto normativo dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 76 del 2016 il «decreto ponte» si limitava a riprodurlo, circoscrivendo proprio intervento al mero completamento della disciplina consistente nell'annotazione del cognome scelto sull'atto di nascita degli uniti civilmente;
   il decreto legislativo n. 5 del 2017, al contrario, ha novellato il regolamento di stato civile con una disposizione che va, a giudizio dell'interrogante, contro il dettato normativo del comma 10 dell'articolo 1, della legge n. 76 del 2016, assimilando la scelta di «assumere» un cognome per l'unione civile alla previsione di cui all'articolo 143-bis del codice civile, che nel matrimonio consente alla moglie di «aggiungere» al proprio il cognome del marito;
   per scelta del legislatore, l'unione civile è stata introdotta nel nostro ordinamento in alternativa al matrimonio e si è anche previsto la non applicabilità, per analogia, delle disposizioni relative al matrimonio laddove non espressamente richiamate dalla legge n. 76 del 2016. In più, nel caso del cognome, il legislatore ha introdotto una regola del tutto nuova e peculiare rispetto a quella vigente nel matrimonio, consentendo alle parti dell'unione civile l'assunzione di un cognome comune;
   appare paradossale che, mentre per anni si è perseguito caparbiamente l'obiettivo di differenziare la regolamentazione giuridica delle famiglie formate da persone dello stesso sesso rispetto alle altre famiglie, e di impedire alle prime l'accesso al matrimonio, quando il legislatore ha creato effettivamente regole diverse, ci si è preoccupati di assimilare i due istituti sul punto del cognome, ignorando il dettato della nuova legge;
   la scelta operata dal decreto legislativo n. 5 del 2017, pertanto, appare all'interrogante di dubbia costituzionalità per contrarietà alla legge n. 76, nonché per abnorme intervento su un punto che appare al di fuori della delega legislativa;
   il decreto legislativo n. 5 del 2017 contiene anche una norma di diritto intertemporale, la quale prevede che chi ha scelto di modificare il proprio cognome a seguito di una unione civile contratta durante la vigenza del «decreto ponte», abbia nuovamente modificato il proprio cognome con una scelta di imperio e un intervento classificato, ai sensi del regolamento di stato civile, come correzione di «errore»;
   quanto disposto rispetto alla «correzione» del cognome liberamente e volutamente assunto secundum legem rappresenta, secondo l'interrogante, una palese violazione di diritti fondamentali: sia quello al nome delle due persone unite civilmente, sia quello al nome degli eventuali figli già nati o che sono nati in costanza dell'unione. Le cronache riportate dai giornali testimoniano di diverse persone che sono venute a trovarsi in questa situazione e che non intendono rinunciare al cognome assunto;
   peraltro, nessun peso o responsabilità può essere imputata alle indicazioni recate nei pareri che le Commissioni parlamentari competenti hanno espresso sullo schema di decreto legislativo –:
   se non si ritenga urgente assumere iniziative per modificare il decreto legislativo n. 5 del 2017, per assicurare la conformità alla legge n. 76 del 2016 e garantire alle coppie unite civilmente la scelta del cognome dell'unione.
(2-01665) «Nicchi».

Interrogazioni a risposta orale:


   BIANCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi di maggio e di agosto 2016 furono presentati atti di sindacato ispettivo dall'interrogante, rimasti senza risposta nonostante la delicatezza e l'importanza del contesto;
   nel mese di gennaio 2017 a fine seduta l'interrogante rivolse appello al Governo pro tempore per una risposta poiché il reiterato silenzio avrebbe potuto configurare una qualche complicità in una situazione non solo speculativa ma dai possibili risvolti penali;
   Banca Etruria nel giugno del 2016 era oggetto di decreto governativo insieme ad altre banche; cinque giorni prima del decreto avviene un'operazione assolutamente unica più che inusuale: vengono ceduti crediti deteriorati di Banca Etruria per circa 250/300 milioni di euro ad un prezzo assolutamente fuori scala, esageratamente basso, circa il 14,7 per cento, ad una società che avrebbe fra i suoi «pezzi grossi» Bini Smaghi;
   quando in sede liquidatoria viene in Europa stimato il valore dei crediti deteriorati, detto valore viene conteggiato come la media dell'ultima con la penultima vendita e cade intorno al 17 circa per cento, proprio, per il basso ricavo dell'ultima anomala vendita;
   questo 17 circa per cento comporta un montante da anticipare, come prefissato, inferiore di 800 milioni di euro da quello necessario a rimborsare tutti gli obbligazionisti di Banca Etruria lasciando fuori, alla lira, gli obbligazionisti convertibili;
   la cosa provoca disordini e anche il deterioramento della già danneggiata immagine di Banca Etruria al punto che nell'opinione generale Banca Etruria diviene il paradigma delle banche «farlocche»;
   intanto, Chiantibanca evita di rientrare nel riordino generale delle banche cooperative e fa capire, con una serie di azioni, di voler sostituire Banca Etruria, oggi Nuova Banca Etruria, nel territorio di competenza;
   intanto, l'autorità di controllo, nomina la francese Società Generale di cui Bini Smaghi e presidente, advisor di banca Etruria; la stessa società è anche uno degli azionisti storici di Chiantibanca;
   la Banca D'Italia, nonostante il fatto che Società Generale e Bini Smaghi fossero più che coinvolti in Chiantibanca e che lo stesso fosse coinvolto nell'equivoca cessione di crediti e nella operazione di impoverimento di Banca Etruria, concorrente evidente di Chiantibanca, dichiara non esservi conflitto d'interesse e autorizza la nomina;
   Chiantibanca, non contenta del dominio ottenuto, nel mese di aprile 2016 ha nominato Bini Smaghi suo presidente, affinché fosse chiaro a chiunque, quello che appare all'interrogante l'orientamento «predatario» e l'evidente volontà di acquisire prepotentemente nuove quote di mercato fra banca e politica;
   a parte l'improntitudine che secondo l'interrogante caratterizza la «razza padrona» nazionale, il più volte citato Smaghi non soddisfatto, intervistato dal Corriere della Sera dichiara, apertis verbis, di voler di fatto «invadere» il territorio che fu di banca Etruria e in cui oggi opera la Nuova Banca Etruria, dimostrando, a giudizio dell'interrogante, che il piano era stato studiato in ogni suo punto, dalla devalorizzazione dei primi crediti ceduti, alla nomina a presidente e per il MPS al rifiuto del «piano Passera»;
   appare inoltre incredibile il fatto che in una città «conquistata» avviene il suggello del successo del piano di «sottomissione» con un megaconvegno patrocinato dal tribunale di Arezzo, sponsorizzato da svariati Rotary e della Camera di commercio di Arezzo e promosso dalla fondazione e dall'Ordine dei dottori commercialisti, segnale, a giudizio dell'interrogante, che fossero tutti d'accordo oppure che alcuni, più abili di altri, li abbiano circuiti –:
   se, vista quella che l'interrogante giudica la reiterata inerzia dell'organo di controllo, non si ritenga di dover assumere iniziative normative tese a sopperire alle lacune emerse e, considerata l'abnormità dei fatti, quali ulteriori iniziative di competenza si intendano assumere, tenuto conto che l'intera vicenda di Banca Etruria ha finora richiesto interventi governativi. (3-02789)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale, con la sentenza n. 251, depositata il 25 novembre 2016, ha deciso in merito all'impugnazione della legge n. 124 del 2015, cosiddetta «riforma Madia», in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, a seguito del ricorso della regione Veneto, che ha impugnato le disposizioni che delegano il Governo ad adottare decreti legislativi per il riordino di numerosi settori inerenti a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e degli enti locali, in una prospettiva unitaria e, dunque, incidendo su una moltitudine di materie, che coinvolgono interessi e competenze sia statali, sia regionali e, in alcuni casi, degli enti locali;
   la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11 della legge in questione, in materia di: dirigenza pubblica; norme contenenti le deleghe al Governo per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni; partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e servizi pubblici locali di interesse economico generale che incidono su una pluralità di materie e di interessi, inscindibilmente connessi, riconducibili a competenze statali (ordinamento civile, tutela della concorrenza, principi di coordinamento della finanza pubblica) e regionali (organizzazione amministrativa regionale, servizi pubblici locali e trasporto pubblico locale);
   in particolare, i magistrati costituzionali ritengono illegittima la parte della norma in cui è previsto che i decreti attuativi siano assunti previo parere anziché previa intesa nella Conferenza Stato-regioni;
   tra gli articoli dichiarati illegittimi, come predetto, c’è anche quello che riguarda la riforma della dirigenza pubblica, il cui decreto attuativo è stato recentemente approvato dal Consiglio dei ministri, senza aver raggiunto alcuna intesa con le regioni. Pertanto, tale decreto se venisse pubblicato in Gazzetta Ufficiale potrebbe essere immediatamente impugnato e dichiarato incostituzionale;
   è evidente che la decisione dei giudici costituzionali mette in rilievo i gravi limiti, anche tecnici, della «riforma Madia» che richiedono, conseguentemente, urgenti misure correttive –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se quali iniziative intenda adottare a seguito della pronuncia di illegittimità emessa dalla Corte costituzionale in relazione a specifiche disposizioni della legge n. 124 del 2015. (3-02790)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del PON sicurezza per lo sviluppo 2007-2013 regioni obiettivo convergenza, è stato promesso dal Ministero dell'interno e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il progetto Miapi (monitoraggio e individuazione delle aree potenzialmente inquinate) allo scopo di contrastare le ecomafie e i fenomeni di illegalità ambientale;
   attualmente sul sito dell'Agenzia di protezione ambiente della Campania sono state pubblicate solo le mappe dei comuni sondati con il telerilevamento, senza i relativi dati e relazioni. Si individuano soli le località interessate e le situazioni di pericolo (siti molto inquinanti) sono evidenziate con il colore rosso (magnetometrico) e gialle-arancione (radiometrico). Dall'Infomiapi si apprende che «le altre informazioni sono secretate fino alla definitiva esecuzione delle indagini di tipo diretto»;
   l'attività di telerilevamento dei parametri geofisici (magnetometrici, radiometrici e termici) ha individuato nei comuni di Cicciano e Roccarainola, in provincia di Napoli, numerose aree inquinate precedentemente non note e siti potenzialmente contaminati;
   le mappe Miapi hanno riscontrato inquietanti variazioni magnetiche e radiometriche in località «Vasca di Fellino» nel comune di Cicciano e nelle località «Difesa di Polvica», «Santa Maria del pianto» e «Boscariello» nel comune di Roccarainola, lasciando ipotizzare la presenza nel suolo o nel sottosuolo, nelle acque superficiali o in quelle sotterranee, di sostanze contaminanti in altissime concentrazioni, tali da determinare un pericolo per la salute pubblica, per l'ambiente naturale e quello costruito –:
   se intendano assumere iniziative per rendere pubbliche per intero le informazioni acquisite dal telerilevamento Miapi, desecretando le istruttorie e gli atti prodotti;
   se non ritengano opportuno chiarire, per quanto di competenza, le iniziative adottate per i siti di Cicciano e Roccarainola (Napoli) in cui sono state accertate eccezionali anomalie magnetiche e radiometriche;
   se nelle aree inquinate di Cicciano e Roccarainola, localizzate dalla piattaforma aerea, siano state effettuate attività di indagini geofisiche a terra quali sondaggi, scavi, prelievi, campioni, misure e analisi di laboratorio, o sia stata verificata la presenza di inquinanti nel sottosuolo e/o nelle acque sotterranee e superficiali in corrispondenza dei siti individuati;
   se le preoccupanti situazioni evidenziate nei dossier Miapi delle aree individuate in località «Vasca di Fellino» (Cicciano), «Difesa di Polvica», «Santa Maria del pianto» e «Boscariello» (Roccarainola), siano state oggetto di ulteriori accertamenti da parte del gruppo carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-15615)


   RICCIATTI, SCOTTO, FRATOIANNI, PIRAS, FERRARA, AIRAUDO, MARTELLI, PLACIDO, SANNICANDRO, QUARANTA, NICCHI, DURANTI, MELILLA e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2016 la CGIL ha raccolto tre milioni e trecento mila firme circa, a sostegno di tre quesiti referendari in materia di lavoro, segnatamente: licenziamenti, voucher e appalti;
   nel dicembre 2016 l'ufficio centrale presso la Corte di Cassazione ha effettuato il controllo di legittimità sui tre quesiti, giudicandoli conformi alla legge;
   in data 11 gennaio 2017 la Corte costituzionale ha esercitato il controllo di ammissibilità ad essa riservato dall'articolo 2 della legge Cost. n. 1 del 1951, dichiarando inammissibile esclusivamente il quesito in materia di licenziamenti, volto ad abrogare le modifiche all'articolo 18 della legge 300 del 1970, contenute nel cosiddetto Jobs Act, mentre sono stati giudicati ammissibili gli altri due quesiti presentati;
   secondo quanto prevede l'articolo 34 della legge 352 del 1970 «Ricevuta comunicazione della sentenza della Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno» –:
   se il Presidente del Consiglio non intenda chiarire quando il Consiglio dei ministri si riunirà per deliberare in ordine alla data nella quale si terrà il referendum abrogativo indicato in premessa;
   se non intenda fissare quanto prima la seduta del Consiglio dei ministri per le finalità richiamate, al fine di consentire tempi congrui per una corretta campagna di informazione sui temi del referendum. (4-15627)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, organo consultivo del Consiglio d'Europa, nota come Commissione di Venezia, svolge un ruolo chiave per conformare la legislazione degli Stati membri agli standard del patrimonio costituzionale europeo e rappresenta un'istanza di riflessione giuridica indipendente e internazionalmente riconosciuta;
   costituita da esperti di fama internazionale per la loro competenza maturata nelle istituzioni democratiche o per il loro contributo allo sviluppo del diritto e della scienza politica, la Commissione elabora codici, pareri e rapporti in materia costituzionale per favorire la diffusione dei valori giuridici fondamentali del patrimoni, costituzionale europeo, che poi vengono discussi nelle Assemblee plenarie del Consiglio d'Europa e votate sotto forma di raccomandazioni;
   i documenti prodotti dalla Commissione non sono soltanto di elevato valore scientifico, ma sono un vero e proprio materiale normativo che orienta le determinazioni di organi internazionali, anche di tipo giurisdizionale. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ad esempio giudicato il contenuto del codice di buona pratica elettorale come rilevante per la sua giurisprudenza;
   la Commissione redige rapporti annuali sull'attività svolta, nei quali vengono pubblicati i cosiddetti follow-up (aggiornamenti) per render conto dell'esito determinato dai pareri elaborati dagli esperti che la compongono e approvati dalle Assemblee plenarie ovvero per accertare se le raccomandazioni sono state recepite o disapplicate;
   con nota del 16 dicembre 2014 (prot. CPTN/P/16/12/2014-0020822) il presidente del consiglio provinciale di Trento si è rivolto all'ufficio affari politici e multilaterali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per chiedere di far pervenire alla Commissione il testo del disegno di legge di iniziativa popolare 1/XV «Iniziativa politica dei cittadini. Disciplina della partecipazione popolare, dell'iniziativa legislativa popolare, dei referendum e modificazioni della legge elettorale provinciale» al fine di richiedere un parere sul testo medesimo;
   al testo del disegno di legge e alla relazione illustrativa è stata allegata la documentazione completa prodotta nel corso della fase istruttoria: i processi verbali delle sedute svolte dalla commissione consiliare competente, le osservazioni presentate dai soggetti invitati in audizione e gli atti della conferenza d'informazione organizzata nel corso dell’iter di trattazione;
   gli esperti della Commissione hanno elaborato il parere n. 797/2014 sul disegno di legge 1/XV, adottato dal Consiglio delle elezioni democratiche al suo 51o incontro (Venezia, 18 giugno 2015) e dalla Commissione di Venezia nella sua sessione plenaria n. 103 (Venezia, 19-20 giugno 2015);
   la giunta della provincia autonoma di Trento, in considerazione del suddetto parere, ha elaborato una proposta di revisione della vigente legge provinciale n. 3 del 2003 «Disposizioni in materia di referendum propositivo, referendum consultivo, referendum abrogativo e iniziativa popolare delle leggi provinciali» sottoponendola all'attenzione della prima commissione legislativa del consiglio provinciale (prot. PAT 33549529 12/10/2016 14:06:03) –:
   se intenda adottare eventuali iniziative di competenza per l'invio, previa verifica della sussistenza dei presupposti, della proposta di revisione della legge della provincia di Trento n. 3 del 2003 alla Commissione di Venezia al fine di consentire il follow-up del parere n. 797/2014 espresso con riferimento al disegno di legge 1/XV. (4-15623)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   FRUSONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Saxa Gres spa è un'azienda che ha sede ad Anagni (Frosinone) e produce piastrelle, utilizzando amalgami composte almeno per un quarto e fino ad un terzo di materiali riciclati;
   la Saxa Gres nel 2014 presenta un progetto riguardante l'inserimento dell'attività di recupero di scorie da termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani nell'impianto di produzione di ceramiche sito in Anagni. L'impianto è finalizzato al recupero del rifiuto ceneri pesanti, all'interno degli impasti di argilla utilizzati per la produzione di gres porcellanato. Il progetto prevede il recupero di ceneri identificate con il codice CER 19 01 11, ceneri pesanti e scorie contenenti sostanze pericolose, e codice CER 19 01 12, ceneri pesanti e scorie, provenienti dall'impianto di termovalorizzazione sito in località S. Vittore del Lazio (Frosinone), per utilizzarle all'interno di impasti di argilla e sabbia per la produzione di piastrelle. La potenzialità di trattamento dell'impianto è pari a 32.000 t/a;
   l'Area VIA (valutazione impatto ambientale) della regione Lazio, con provvedimento del 22 luglio 2016, esprime parere negativo alla realizzazione del progetto poiché «Allo stato attuale, per i rifiuti non pericolosi, il riferimento è DM 5/02/1998, come modificato dal DM 186/2006, il quale prevede per la tipologia di recupero di cui al punto “13.3  (190112) Ceneri pesanti da incenerimento di rifiuti solidi urbani e assimilati e da CDR” attività di recupero in cementifici. Quindi la tipologia di recupero proposta allo stato attuale non risulta essere attuabile. Per quanto concerne il rifiuto pericoloso 19 01 11* questo non risulta essere ricompreso neanche nel decreto ministeriale 161/2002 e quindi non esiste normativa di riferimento per cui possa essere ammesso il recupero di tale rifiuto»;
   secondo quanto riportato da una tabella presente a pagina 117 del rapporto rifiuti urbani edizione 2016 dell'Ispra, l'interrogante riscontra che l'impianto di San Vittore produce il più alto quantitativo di scorie pericolose tra tutti gli inceneritori d'Italia, ben 39.727 t/a è il totale tra ceneri pesanti, leggere e scorie pericolose, che insieme a quelle non pericolose (4.892 t/a) raggiunge un totale di ceneri di 44.619 t/a;
   secondo l'articolo 211 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni l'attività di recupero delle ceneri da termovalorizzatore nelle modalità proposte può essere consentita solo nell'ambito degli impianti di sperimentazione e ricerca;
   successivamente l'area VIA della regione Lazio, in data 14 novembre 2016, autorizza la Saxa Gres a svolgere una sperimentazione sul processo produttivo, all'esito della quale sarà riesaminata la Via;
   si ricorda che a fine gennaio 2017 la provincia di Frosinone viene investita dall'operazione «maschera», l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia ruota intorno al ciclo dei rifiuti, in particolare a uno scambio illecito di codici CER, che trasformavano pericolosi, in non pericolosi; questo ha portato a più di 30 indagati e due impianti sequestrati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare la salute pubblica e l'integrità dell'ambiente; se non ritenga urgente assumere iniziative per normare in maniera specifica l'utilizzo delle ceneri da termovalorizzatore e rendere tracciabile e trasparente, la loro destinazione. (3-02788)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, ZARATTI, PELLEGRINO, FERRARA, FRANCO BORDO, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, DURANTI, NICCHI, COSTANTINO, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 febbraio 2017 la testata Il Resto del Carlino (edizione Pesaro) ha riportato la notizia del sequestro di due aree adibite a discariche abusive per lo smaltimento di rifiuti pericolosi;
   le due aree sono site nelle località di San Silvestro di Fermignano e a Muraglione di Urbania, entrambe in provincia di Pesaro Urbino;
   nei due depositi adibiti a discariche abusive sono stati rinvenuti materiali pericolosi quali: lastre di eternit, batterie, oli esausti, circa 120 metri cubi di pneumatici, carcasse di veicoli, camion e ruspe, motori di veicoli, elettrodomestici, macchine da cucire e decine di biciclette, oltre a materiale derivato da lavorazioni edilizie, sepolto negli stessi siti mediante l'utilizzo di macchine per il movimentazione terra;
   per tale attività sono state denunciate dalla polizia di Stato, commissariato di Urbino, due persone residenti nel comune di Fermignano (PU) –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in ordine ai rischi derivanti dalle discariche abusive indicate in premessa, chiarendo se possano costituire fonte di pericolo per l'ambiente e la salute dei cittadini residenti nelle aree circostanti, considerato che la discarica rinvenuta in località San Silvestro di Fermignano, in particolare, è situata a pochi metri da alcune abitazioni. (5-10617)


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di stampa (vedasi « Il Mattino di Padova» del 12 febbraio 2017) riportano la notizia della presentazione di un libro-denuncia, dal titolo: «Etre Gomorra», scritto da Paolo Coltro, in cui sono raccolte le testimonianze del pentito di camorra Nunzio Perrella che, ripercorrendo il suo passato criminale, ha raccontato un sistema ben congegnate, con evidenti commistioni ed interessi economico-criminali, che vedevano coinvolti politici, imprenditori, amministratori e dirigenti pubblici, legati allo smaltimento illegale di rifiuti speciali;
   il libro tratteggia un Paese, l'Italia, in cui, come dichiara Perrella – «(...) solo quando il Nord si è riempito di rifiuti, si è cominciato a mandarli al Sud» e ancora: «(...) In ore e ore di interrogatori ho indicato tutte le aziende coinvolte nel giro. Tutte del Nord: chi produceva, chi stoccava, chi affidava i rifiuti ai trasportatori. Nessuno li ha toccati. Erano troppo grossi ? Forse è stata incapacità, forse è stata precisa volontà. Con il risultato che il sistema si è perpetuato»;
   le rivelazioni del boss pentito hanno evidenziato un sistema che traccia la «geografia dell'Italia avvelenata», una sorta di mappa delle aree in cui negli ultimi venti a sono stati interrati e conferiti, illegalmente, tonnellate e tonnellate di rifiuti speciali riferendosi in particolar modo al Veneto, lo stesso rivelava «(...) dove i materiali venivano adoperati illegalmente anche per fare la “pastina” dei sottofondi stradali» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per contrastare tali fenomeni, perpetuati in spregio alle diverse sanzioni comminate dall'Unione europea all'Italia e, nel caso specifico del Veneto, per tutelare la salute di tutti quei cittadini esposti a materiali pericolosi altamente nocivi, tra cui in primis l'amianto, il cadmio e il piombo. (5-10619)

Interrogazione a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 660/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 recante «Modifica del regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti» e, in particolare, l'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), prevede l'obbligo per gli Stati membri di elaborare uno o più piani di ispezione;
   il Ministero dell'ambiente ha emanato il decreto 22 dicembre 2016, recante «Adozione del piano nazionale delle ispezioni di stabilimenti, imprese, intermediari e commercianti, in conformità dell'articolo 34 della direttiva 2008/98/CE, nonché delle spedizioni di rifiuti e relativo recupero o smaltimento», pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 7 del 10 gennaio 2017);
   l'introduzione del piano recita testualmente: «La problematica dei controlli sulle spedizioni di rifiuti è considerata una priorità nell'ambito del Regolamento (CE) n. 1013/2006 sulle spedizioni di rifiuti, al fine di individuare e prevenire il problema delle spedizioni illegali. Tali spedizioni di rifiuti, infatti, sono causa di considerevoli danni alla salute umana e all'ambiente soprattutto nel caso in cui i rifiuti non vengano recuperati o smaltiti in maniera ambientalmente corretta nei paesi di destinazione»;
   il provvedimento citato contiene l'allegato I, recante: «Flussi di rifiuti prioritari in uscita dal territorio italiano» nel quale non risultano menzionati i materiali con codici CER 150102 (relativo agli imballaggi in plastica) e 020104 (rifiuti plastici e a base di polietilene), nonostante siano stati evidenziati numerosi traffici, soprattutto illeciti, verso la Cina, altri Paesi europei ed extraeuropei;
   è impressionante la quantità di imballaggi e di rifiuti plastici che vengono inviati illegalmente all'estero per essere riciclati e poi rientrare in Italia sotto forme diverse, riducendo in maniera sensibile il materiale a disposizione delle imprese nazionali del riciclo;
   l'assenza di tali codici comporta la mancanza delle ispezioni minime previste presso stabilimenti, imprese, intermediari e commercianti di rifiuti plastici, da parte degli organi di controllo;
   il regolamento (CE) n. 1013/2006 distingue due procedure per la spedizione dei rifiuti: sono soggetti alla procedura preventiva di notifica e autorizzazione scritta (disciplinata al capo I, articolo 4 e seguenti) i rifiuti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento (elenco ambra nell'allegato IV), mentre i rifiuti di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 4 (elenco verde nell'allegato III), sono soggetti solo a obblighi generali di informazione (con procedura disciplinata al capo II, articolo 18, del regolamento). Per il loro trasporto è sufficiente che i rifiuti siano accompagnati dal modulo contenuto nell'allegato VII e gestiti in impianti autorizzati;
   con il citato provvedimento viene istituito un sistema informatico, gestito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di raccolta dati relativi alle spedizioni di rifiuti vista la necessità di garantire una cooperazione effettiva, nonché un coordinamento tra le diverse autorità coinvolte. Si fa, quindi, riferimento alle spedizioni soggette alla «procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritta» riservate ai rifiuti presenti nella «lista ambra»;
   il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dedica il capo 5 ai «Criteri procedurali delle ispezioni» il cui testo recita: «Sulla base delle informazioni inserite nel sistema informatico da parte delle Autorità Competenti, nonché dei notificatori/destinatari, gli Organi di Controllo pianificano le ispezioni tenendo conto delle priorità risultanti dalla valutazione dei rischi e riportate nell'Allegato I del presente Piano» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative al fine di modificare il decreto ministeriale, prevedendo l'inserimento di disposizioni per i materiali con codici CER 150102 e 020104 e impedendo che vengano inviati all'estero, spesso illegalmente, rifiuti plastici e imballaggi;
   come verranno pianificate le ispezioni concernenti le spedizioni dei rifiuti inseriti nella «lista verde» e soggetti ai soli «obblighi generali di informazione».
(4-15619)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   tra gli straordinari tesori culturali della Basilicata vanno annoverati anche gli archivi storici statali dove si condensano più di mille anni di storia della regione e del Mezzogiorno;
   di inestimabile valore è il patrimonio documentario dell'Archivio di Stato di Potenza che conserva nei su depositi oltre 100.000 pezzi archivistici, disposti su più di 10 chilometri lineari di scaffalatura metallica, tra cui mappe, registri, sigilli, disegni e centinaia di pergamene dall'anno 990;
   di non secondaria importanza è l'Archivio di Stato di Matera che custodisce le carte della corte ducale di Montepeloso, gli atti dei giudicati regi di epoca napoleonica e borbonica, gli atti notarili del distretto di Matera (1376-1878), i catasti provvisori dei comuni del materano, lo stato civile (1809-1865), le carte delle corporazioni religiose;
   non va sottaciuto, infine, anche il notevole patrimonio custodito negli archivi degli enti pubblici e in quelli privati dichiarati di notevole interesse storico conservati nel territorio regionale sui quali vigila la Soprintendenza archivistica della Basilicata recentemente declassata e accorpata con il decreto ministeriale n. 44 del 23 gennaio 2016 alla Soprintendenza archivistica della Puglia;
   con decreto ministeriale n. 482 del 21 ottobre 2016 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha approvato l'elenco annuale dei lavori per l'anno 2016 finanziato con le risorse ordinarie di bilancio del Ministero nonché la programmazione ordinaria dei lavori pubblici per triennio 2016-2018;
   l'assenza però di una vera politica culturale nel settore degli archivi ha determinato una grave e imbarazzante situazione: agli istituti archivistici lucani, infatti, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per 2016 non ha destinato neppure le briciole (0 euro);
   un taglio gravissimo – a parere dell'interrogante – del tutto sconsiderato che inciderà in modo pesante e indiscriminato sui progetti di ristrutturazione, manutenzione e ammodernamento dei locali e degli impianti, sul restauro dei materiali documentari più a rischio, sui progetti di ricerca, ordinamento, catalogazione, digitalizzazione, promozione e valorizzazione;
   i propagandistici annunci di «svolta» e «cambi di rotta» nella politica dei tagli di spesa ai beni culturali rivendicati dal Ministro, con promesso aumento delle risorse nel biennio 2016-2017 per la cultura o di nuovi fondi per gli archivi e le biblioteche, a giudizio dell'interrogante vengono sconfessati dal disastroso azzeramento delle risorse che condannano gli archivi statali della Basilicata e la Soprintendenza archivistica competente per territorio a una completa paralisi delle attività –:
   quali iniziative intenda avviare per correggere questa situazione grave e inaccettabile che penalizza le antiche e prestigiose istituzioni archivistiche della Basilicata che senza risorse sono condannate alla chiusura non potendo esprimere una vera attività culturale, scientifica, formativa e didattica;
   quali iniziative straordinarie intenda adottare affinché sia riconosciuta agli istituti archivistici della Basilicata quella dignità che negli ultimi anni è stato loro completamente negata, rafforzandone il ruolo e l'azione anche in vista dei prestigiosi appuntamenti internazionali che si svolgeranno sul territorio regionale, in primis Matera capitale europea della cultura 2019. (4-15609)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, all'articolo 1, comma 7, ha sancito l'obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di ricorrere alle convenzioni quadro agli accordi quadro messi a disposizione da Consip s.p.a. e dalle centrali di acquisto regionali di riferimento, ovvero di esperire proprie autonome procedure nel rispetto, della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione sul mercato elettronico e sul sistema dinamico di acquisizione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati, per gli approvvigionamenti di energia elettrica, gas, carburanti, combustibili per riscaldamento e telefonia;
   il medesimo comma, tuttavia, faceva salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle medesime categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica e che prevedano corrispettivi inferiori di almeno il tre per cento rispetto a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione dalla Consip e dalle centrali di committenza regionale;
   tale eccezione faceva salva la possibilità per i comuni di avvalersi dell'opzione di acquisto dei carburanti per il proprio parco mezzi al di fuori della convenzione Consip, purché l'acquisto comportasse un risparmio nella misura citata;
   la ratio della deroga era, infatti, proprio quella che, laddove il distributore di carburante convenzionato con Consip si fosse trovato a diversi chilometri di distanza dal comune che aveva necessità di rifornire i propri mezzi, questo sarebbe diventato fortemente antieconomico, oltre ad essere comunque impraticabile per determinate categorie di mezzi in uso alle amministrazioni comunali come, ad esempio, i mezzi utilizzati per la manutenzione della rete viaria;
   con la legge di bilancio per l'anno in corso, tuttavia, è stata cancellata, a decorrere dal 1o gennaio 2017, e per l'intero triennio 2017-2019, tale deroga, imponendo, invece, ai comuni di far rifornimento esclusivamente nei distributori con il marchio indicato da Consip;
   la disposizione contenuta nella legge di bilancio nella sua applicazione concreta renderà molto più costoso per tanti comuni l'approvvigionamento di carburante, e inciderà negativamente sulla mobilità dei mezzi comunali, contraddicendo lo spirito della norma originaria che si prefiggeva lo scopo di ottenere una riduzione della spesa per l'acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni –:
   se non ritenga, opportuno assumere iniziative per ripristinare la deroga di cui in premessa. (4-15625)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come ormai è ben noto, la riforma delle circoscrizioni giudiziarie disposta dai decreti legislativi n.155 e n.156 del 2012, ha previsto una revisione geografica giudiziaria su tutto il territorio nazionale con la soppressione di 31 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace;
   solo pochi giorni fa il Ministero della giustizia ha reso nota la soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Eboli, proprio nei minuti in cui addetti della presidenza del tribunale di Salerno verificavano la fattibilità del trasferimento della sede giudiziaria nei locali dell'ex tribunale di Eboli;
   si tratta di una situazione paradossale, posto che lo stesso Ministero aveva chiesto un impegno al comune, che era stato puntualmente mantenuto, con l'assunzione per intero del costo del servizio e l'assicurazione di ben sei dipendenti, tre lavoratori ex lavoratori socialmente utili e una nuova sede;
   pur condividendo la necessità di ottimizzare le risorse operando un taglio alla spesa pubblica, tale intervento non deve essere dettato da ragioni meramente economiche ma, come nel caso di specie, tenere conto delle ragioni complessive in base alle quali un territorio necessita della presenza di un presidio dello Stato al proprio interno;
   come evidenziato più volte dagli stessi avvocati e dalle associazioni di categoria, fondamentale appare il mantenimento dell'ufficio del giudice di pace le cui funzioni ineriscono al bisogno primario di tutela delle problematiche civili e penali che riguardano direttamente il cittadino comune –:
    se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in considerazione della prospettiva di una paralisi generale della macchina giudiziaria, se non ritenga opportuno adottare tutte le iniziative di competenza necessarie a scongiurare la chiusura dell'ufficio del giudice di pace di Eboli e a offrire così ai cittadini un più efficiente e tempestivo servizio di giustizia. (4-15610)


   MARCOLIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i magistrati onorari di tribunale hanno ottenuto il 16 novembre 2016 una pronuncia (la n.103/13) che dopo anni di lotte e astensioni, riconosce un principio fondamentale del lavoratore in tema di diritti previdenziali e assistenziali;
   il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa ha accolto l'istanza n.102/13 dell'Associazione nazionale giudici di pace contro il Governo nazionale, per aver discriminato la categoria dei magistrati onorari di tribunale e dei giudici di pace rispetto ai magistrati di ruolo, non riconoscendo le tutele previdenziali e assistenziali, compreso il diritto alla pensione, a una retribuzione ragionevole in caso di malattia, maternità o paternità e all'assicurazione per infortuni sul lavoro;
   il Comitato europeo per i diritti sociali ha rilevato che la discriminazione tra magistrati onorari e magistrati di ruolo è illegittima in quanto non sorretta da giustificazioni obiettive e ragionevoli evidenziando «che tutti i motivi addotti dal Governo Italiano, il quale riconosce l'esistenza di una disparità di trattamento, costituiscono mere modalità di organizzazione del lavoro e non costituiscono una giustificazione oggettiva e ragionevole del trattamento differenziato di persone la cui equivalenza funzionale è stata riconosciuta dal Governo italiano»;
   se la pronuncia rimanesse disattesa, potrebbe esserci il rischio di una pioggia di ricorsi con «l'avvio di centinaia di procedimenti giudiziali contro lo Stato Italiano per il riconoscimento dei diritti previdenziali e assistenziali spettanti ai giudici di pace e per il risarcimento dei danni cagionati in oltre 20 anni di totale assenza di qualsiasi forma di tutela» –:
    quali iniziative il Governo intenda intraprendere a seguito della pronuncia n.103/13 del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa, anche alla luce dei procedimenti giudiziali che i giudici di pace potrebbero mettere in atto nei prossimi mesi. (4-15616)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, si dava attuazione alla direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario unico (refusione);
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti emanava in data 5 agosto 2016 un decreto ministeriale avente per titolo «individuazione delle reti ferroviarie rientranti nell'ambito di applicazione del decreto legislativo del 15 luglio 2015 n. 112 per le quali sono attribuite alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione». Si individuavano inoltre le reti ferroviarie rientranti nell'ambito di applicazione del decreto elencandole nell'allegato A del decreto ministeriale stesso;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza nelle ferrovie (ANSF) sulla base del sopracitato decreto ministeriale – e su incarico dello stesso Ministero – emanava in data 26 settembre 2016 (protocollo 009956/2106) una disposizione avente per oggetto «Provvedimenti urgenti in materia di sicurezza dell'esercizio ferroviario sulle reti regionali». Tale dispositivo prevedeva una serie di requisiti da rispettare con provvedimenti urgenti e relative misure minime da adottare nelle more dell'adeguamento dei dispositivi di sicurezza, sempre in relazione alle linee ferroviarie contenute nell'allegato A del decreto ministeriale 5 agosto 2016;
   con la circolare 7922 del 2 dicembre 2016 del «Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione, gli Affari Generali ed il Personale» – avente per oggetto il «Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS) e analisi dei rischi delle ferrovie isolate – Provvedimenti da attuare provvisoriamente» – la «Direzione Generale per i sistemi di Trasporto ad Impianti fissi ed al trasporto Pubblico Locale» disponeva l'allargamento dei provvedimenti indicati nel dispositivo (ANSF), estendendoli a tutte le reti ferroviarie isolate –:
   occorrerebbe, secondo l'interrogante, valutare il ritiro della circolare ministeriale 7922 del 2 dicembre 2016 che, per estensione applicata, ha creato fra le aziende e soprattutto verso le figure del «direttore esercizio» (subordinate unicamente al rispetto delle prescrizioni e disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica dell'11 luglio 1980) gravi disagi, contribuendo a ingenerare confusione, chiusure temporanee di linee e gravi e pesanti soppressioni di servizi ai cittadini; peraltro, la suddetta estensione normativa delle misure dell'ANSF si andrebbe a sovrapporre alle competenze dell'organo periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (USTIF), unico organismo preposto alla vigilanza e controllo sulla sicurezza di esercizio dei trasporti e impianti fissi delle ferrovie secondarie, metropolitane, tranvie, funivie, secondo i contenuti del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
   quali siano le risorse finanziarie che si ritiene necessario destinare all'adeguamento alla normativa comunitarie delle misure di sicurezza relative alle reti ferroviarie di cui all'allegato A del decreto ministeriale 5 agosto 2016;
   se non si ritenga di dover ritirare o quantomeno rivalutare, anche sotto il profilo della legittimità, l'estensione – da parte del direttore generale – delle disposizioni dettate dall'ANSF con circolare 7922 del 2 dicembre 2016 sopra citata a tutte le reti ferroviarie nazionali, in analogia e riferimento alle reti ferroviarie contenute nell'allegato A del decreto ministeriale 5 agosto 2016, posto che, secondo l'interrogante, non è idoneo a tal fine un provvedimento amministrativo emesso con circolare da parte della direzione del Ministero;
   se non ritenga di valutare, posto che ciò è prioritario ed indispensabile per una corretta applicazione su tutto il territorio nazionale dei dettami di cui al decreto legislativo del 15 luglio 2015, n. 112, e di conseguenza del decreto ministeriale n. 5 agosto 2016, l'opportunità di assumere iniziative per lo stanziamento di ulteriori ed appropriate risorse da destinare alle numerose ferrovie disseminate nel territorio nazionale e non ricomprese nell'allegato A del decreto ministeriale 5 agosto 2016. (5-10616)


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28 del codice della navigazione, così come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 13 luglio 1954 n. 747 attiene alla delimitazione di zone del demanio marittimo e stabilisce che la capitaneria di porto, quand’è necessario, provveda alla delimitazione del demanio marittimo, previa partecipazione al procedimento della pubblica amministrazione e dei privati interessati, risolva le relative questioni di delimitazione con provvedimento che viene inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   tale procedimento di delimitazione risulta avviato da anni in alcune zone del Delta del Po, soprattutto relative ai comuni di Rosolina, Porto Tolle e Porto Viro ove aree che le pubbliche amministrazioni ritengono appartenenti al demanio marittimo sono ancora intestate a privati. Da ciò sono sorti numerosi contenziosi, anche se la giurisprudenza ha svolto, in un certo senso, un'attività di «supplenza», (Cassazione penale, sezione III, sent. 18.1.2006 n. 9644, in termini analoghi Cassazione penale sez. III, sent. 10 febbraio 2004);
   con riferimento alla laguna di Caleri in comune di Rosolina, il tribunale di Rovigo ha condannato per occupazione abusiva di area demaniale alcuni privati che avevano avuto in locazione tali aree da chi era intestato catastalmente come proprietario. Questa situazione di incertezza è particolarmente sentita anche a Porto Tolte ove è pendente un contenzioso avanti il tribunale amministrativo regionale e varie iniziative sono bloccate in tratti di territorio che l'amministrazione ritiene abbiano acquisito le caratteristiche della demanialità;
   recentemente la giunta regionale del veneto con delibera N. 2031 del 23 dicembre 2015 ha preso atto di una ricognizione effettuata in alcuni comuni in merito alla questione eletta demanialità, inviandola al Ministero –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di ritardo venutasi a creare e come intenda procedere, per quanto di competenza, per la risoluzione della questione. (5-10620)


   AMODDIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 25 gennaio 2017, veniva individuata la sede dell'autorità di sistema portuale Sicilia orientale nel porto di Catania, a discapito di quello di Augusta che soddisfa tutti i parametri europei del porto core. Le motivazioni di questa scelta sono individuate nella nota del presidente della regione siciliana n. 13274 dell'8 agosto 2016 con la quale si chiede lo spostamento dell'autorità di sistema portuale Sicilia orientale da Augusta a Catania in ragione della consolidata realtà portuale di Catania e in funzione delle innumerevoli istanze pervenute alla presidenza della regione da parte delle istituzioni territoriali interessate e dagli organi di rappresentanza delle attuali autorità portuali. A quanto consta all'interrogante, né il comune di Augusta, né gli organi di rappresentanza dell'autorità portuale di Augusta hanno inviato alcuna istanza al riguardo. Di fatto, ad avviso dell'interrogante la regione siciliana ha operato senza coinvolgere le istituzioni di uno degli attori principali di questa vicenda. L'opinione pubblica ha preso lo spostamento dell'autorità di sistema portuale Sicilia orientale come l'ennesimo «scippo» perpetrato da Catania ai danni della provincia di Siracusa e si è mobilitata a difesa dello sviluppo economico dell'intera provincia che passa inevitabilmente per la difesa della sede dell'Autorità portuale di sistema. I sindaci dei comuni di Priolo, Melilli, Siracusa e ovviamente Augusta hanno fatto fronte comune e deciso di partecipare alla manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil e dagli operatori portuali che si dicono pronti a bloccare l'attività dello scalo megarese. Un lungo corteo, al quale hanno preso parte sindaci della provincia, parlamentari regionali e nazionali di tutti gli schieramenti, sindacati, le associazioni datoriali, Assoporto, Confindustria, Cna, sacerdoti e semplici cittadini, ha percorso le strade di Augusta manifestando il proprio dissenso. In una situazione di questo tipo, con le maglie del tessuto socio-economico della provincia sfibrate dalla profonda crisi economica, lo spostamento della sede della autorità di sistema portuale Sicilia Orientale a Catania rischierebbe di mettere in crisi l'intero sistema –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di revocare il decreto citato in premessa e convocare presso il Ministero i soggetti coinvolti nella vicenda; regione siciliana comune di Catania, comune di Augusta e gli organi di rappresentanza delle autorità portuali. (5-10624)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRESTIGIACOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015 è stato emanato il decreto legislativo n. 169 del 2016, recante riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali, che riduce le attuali 24 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale (AdSP);
   ad avviso dell'interrogante, il comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2016 stabilisce, con poca chiarezza, che «sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP. In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP il Ministro indica la sede della stessa. Il Ministro, su proposta motivata della regione o delle regioni il cui territorio è interessato dall'AdSP, ha facoltà di individuare in altra sede di soppressa Autorità Portuale aderente alla AdSP, la sede della stessa»;
   l'allegato A del decreto legislativo prevede che i porti di Augusta e Catania facciano capo all'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, mentre i porti di Messina e Milazzo, rientrando nell'autorità di sistema portuale del Mare Tirreno meridionale e Jonio e dello Stretto, dovranno far capo alla sede centrale di Gioia Tauro;
   con decreto ministeriale del 25 gennaio 2017, Catania è stata istituita, per un periodo di 2 anni, come sede dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, rispetto all'originale previsione di Augusta, come stabilito nell'elenco pubblicato dal Ministero il 21 gennaio 2016;
   il presidente della regione siciliana, in una nota protocollo n. 15404 del 12 settembre 2016 inviata al Ministro interrogato, ha richiesto di individuare nella sede della istituenda autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale quella dell'autorità portuale di Catania, essendo il « core del nuovo sistema portuale e logistico della Sicilia orientale»;
   a seguito del decreto ministeriale, con cui è stata istituita Catania come sede dell'autorità portuale del Mare di Sicilia orientale, non è stata resa nota l'attività di istruttoria che è stata eseguita né quali siano stati i criteri e le motivazioni che hanno indirizzato il Ministro interrogato ad intraprendere tale scelta, anche alla luce del fatto che non vi è stato alcun confronto con le realtà coinvolte né tantomeno con i parlamentari rappresentanti del territorio –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda rendere note l'attività di istruttoria e le motivazioni che abbiano indirizzato la scelta sul porto di Catania quale sede dell'autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale. (4-15617)


   PRESTIGIACOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il quadro di riferimento in materia portuale è contenuto nella legge 28 gennaio 1994, n. 84, che ha introdotto, in sostituzione del precedente modello organizzativo basato su porti interamente pubblici, un nuovo modello caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali, affidate alle autorità portuali, e le funzioni di gestione traffico e dei terminali, affidate ai privati, salva la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture;
   il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, ha istituito 15 autorità di sistema portuale (AdsP) che accorperanno i 54 porti italiani e sostituiranno pertanto le attuali 24 autorità portuali, che ricomprendono attualmente per lo più i porti in cui sono istituite;
   alla luce del riordino previsto dal decreto legislativo sopra citato, nella regione siciliana sono state istituite due autorità di sistema portuali: quella del mare di Sicilia occidentale in cui rientrano i porti di Palermo, Termini Imerese, Porto Empedocle e Trapani e quella Orientale di cui fanno parte i porti di Augusta e Catania, mentre Messina, Milazzo e Tremestieri fanno parte dell'autorità dei Mar Tirreno Meridionale e Jonio dello Stretto;
   con decreto ministeriale del 25 gennaio 2017 la sede dell'autorità di sistema portuale del Mar di Sicilia orientale è stata individuata nel porto di Catania e la regione siciliana, in una nota protocollo n. 15404 del 12 settembre 2016 inviata al Ministro interrogato, ha individuato a Catania «storicamente ed identitariamente la vera infrastruttura core del nuovo sistema portuale»; a tal proposito, è bene ricordare come tali valutazioni non siano di competenza della regione siciliana e come le risultanze per il porto di Augusta siano state discusse ed approvate a seguito di una attenta valutazione della direzione generale concorrenza europea e discusse in diverse audizioni a cui hanno partecipato rappresentanti del dicastero delle infrastrutture e dei trasporti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (agenzia per la coesione), della rappresentanza permanente italiana e dell'autorità portuale di Augusta;
   come noto il porto di Augusta è il più grande porto naturale del basso Mediterraneo dove ha sede un'importante porto commerciale, un polo industriale, una base militare ed un porto/città con due darsena in pieno centro storico, mentre il porto di Catania è essenzialmente di tipo mercantile e da alcuni decenni sta svolgendo per lo più una funzione di porto turistico, anche in considerazione della sua posizione urbanistica;
   in data 1o febbraio 2017 in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea presentata dall'interrogante, vertente sul medesimo argomento, il Ministro interrogato ha fatto riferimento agli investimenti e alla situazione finanziaria dell'autorità portuale di Augusta –:
   se il Ministro interrogato non intenda rendere noti i dati relativi ai bilanci dell'autorità di sistema portuali di Augusta e Catania degli ultimi cinque anni, incluso il 2016, al fine di comprendere l'operatività ed i livelli di sviluppo che le autorità citate hanno raggiunto negli ultimi anni.
(4-15624)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento italiano pone in capo ai sindaci l'onere dell'accoglienza dei minori non accompagnati, senza effettuare alcuna distinzione tra i minori nati in Italia e quelli immigrati dai Paesi esteri;
   la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 181-182) istituisce, a decorrere dal 1o gennaio 2015, il fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, fondo nel quale confluiscono le risorse del soppresso fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal decreto-legge n. 95 del 2012 (convertito dalla legge n. 135 del 2012);
   i dati raccolti dalla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione, archiviati nella banca istituita ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, evidenziano come il fenomeno dell'arrivo di minori immigrati nel nostro Paese stia raggiungendo numeri impressionanti; si è passati, infatti, dagli 11.921 minori stranieri non accompagnati del 31 dicembre 2015 agli oltre 17.000 (per la precisione, 17.373) del 31 dicembre 2016;
   con tale fondo, il Ministero dell'interno eroga ai comuni che ne fanno richiesta, tramite le prefetture, un contributo giornaliero massimo di 45 euro per ogni minore, contributo spesso inferiore al reale costo di mantenimento del minore che, a seconda dei casi, può oscillare tra i 70 e 100 euro giornalieri;
   l'incremento quantitativo del fenomeno migratorio con riferimento ai minori non accompagnati sommato alla problematica dei costi effettivi sostenuti dai comuni, di gran lunga superiori alle risorse ministeriali ricevute, mette in grande pericolo la stabilità di bilancio degli enti locali, soprattutto di quelli di piccole e piccolissime dimensioni, bilanci già in grande sofferenza per i tagli ai trasferimenti statali ricevuti in questi anni dallo Stato centrale;
   tra le vicende caratterizzanti lo stato di difficoltà dei territori a gestire questa situazione di emergenza emerge, tra i tanti, il provvedimento della prefettura di Pavia che, con riferimento ai comuni di competenza, pubblica un «avviso esplorativo per la manifestazione di interesse per la procedura negoziata senza bando per l'accoglienza di 100 minori stranieri non accompagnati e la connessa gestione dei servizi di integrazione» per un periodo temporale talmente limitato (2 gennaio 2017-31 marzo 2017) da impedire a giudizio dell'interrogante qualsiasi forma di seria accoglienza dei minori, oltre ad una reale pianificazione da parte degli enti locali interessati;
   tale situazione mostra, ancora una volta, la condizione di abbandono dei comuni nel fronteggiare una crescente emergenza che lo Stato, di fatto, scarica sugli amministratori locali non adempiendo ai propri doveri, doveri che imporrebbero una centralizzazione e uniformità dei trattamenti, nonché un controllo sugli istituti presso i quali i ragazzi vengono indirizzati, cosa che sfugge alle possibilità di verifica da parte dei comuni –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere a favore dei comuni che ospitano minori non accompagnati la corresponsione dell'effettivo costo sostenuto giornalmente per garantire l'accoglienza, in modo da garantire l'equilibrio dei bilanci comunali, soprattutto nel caso dei comuni di piccole e piccolissime dimensioni;
   se non ritenga necessario, con il coinvolgimento dell'Associazione nazionale dei comuni italiani, individuare una diversa strategia di ospitalità per i minori stranieri non accompagnati, strategia che punti ad una centralizzazione e uniformità di trattamento evitando deleghe eccessivamente gravose per i comuni. (3-02787)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta presso gli ospedali del comprensorio catanese si registrano episodi di violenza ai danni di medici impegnati nei pronto soccorso;
   l'ultimo episodio riguarda un professionista in servizio presso il pronto soccorso dell'ospedale Garibaldi di Catania;
   l'attribuzione di un codice ad un paziente è ormai un rischio per un medico;
   è un problema che investe l'intera organizzazione e deve essere affrontato con la massima urgenza, perché operare in questi reparti è diventato difficilissimo –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere, sia coinvolgendo le Asl competenti sia i responsabili per l'ordine e la sicurezza sul territorio, al fine di potenziare le misure e i dispositivi a tutela degli operatori sanitari presso gli ospedali siciliani. (3-02791)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   tra i compiti dell'amministrazione del Fondo edifici di culto (FEC) posta sotto il controllo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno sito internet istituzionale precisa: «provvede all'accertamento e alla ricognizione delle Chiese e dei compendi conventuali per l'individuazione delle porzioni di proprietà del Fondo Edifici di Culto nonché dei beni mobili in essi contenuti, costituiti, in molti casi, da opere d'arte di inestimabile valore. Tale attività si rivela di particolare importanza in quanto da essa derivano significative variazioni, generalmente in aumento, della consistenza patrimoniale del Fondo»;
   con atto di sindacato ispettivo n. 4-01730, l'interrogante sollecitava il Ministero dell'interno affinché fossero resi noti, da parte della direzione centrale per l'amministrazione del FEC (aree I, II, III servizio I) e dal competente ufficio territoriale di Napoli, i provvedimenti relativi all'accertamento e alla ricognizione inventariale e catastale delle porzioni immobiliari di pertinenza della Chiesa ex claustrale di Santa Chiara Nuova di Nola (Napoli) concessa in uso gratuito al comune di Nola nel 2010 per scopi culturali, non ricevendo nella risposta del sottosegretario pro tempore Domenico Manzione pubblicata in allegato al resoconto della seduta del 24 febbraio 2015 alcun tipo di riscontro e/o rassicurazione in merito;
   al momento, risulta all'interrogante che le procedure per l'esatta intestazione patrimoniale e catastale di alcune porzioni immobiliari di pertinenza della chiesa censito al f. 40 part. 411, non siano state ancora effettuate;
   gran parte del compendio conventuale, incamerato al demanio dello Stato e trasferito al comune di Nola per scopi di pubblica utilità, fu alienato nel 1937 come risulta dall'atto di vendita n. 1 dell'8 febbraio 1937;
   dalla vendita erano esclusi la chiesa (che rimaneva di proprietà del FEC), i vani della sagrestia della chiesa (beni FEC non ancora censiti) e diversi locali che avrebbero costituito la rettoria della chiesa;
   ad oggi la chiesa ex claustrale di Santa Chiara Nuova di Nola, chiusa per inter inabili lavori di restauro, locali e le aree pertinenziali che costituiscono la rettoria, nonché i beni nobili che ne compongono il patrimonio continuano a essere gestiti per la mancanza di determinazione operativa da parte dell'Amministrazione e per l'intreccio di competenze e ruoli « sine titulo» tra vari attori pubblici e privati disordinatamente;
   nessuna rassicurazione è giunta per i beni culturali mobili e per le opere d'arte della chiesa di proprietà del Fec depositati presso locali malsani e insicuri a Cimitile (Napoli) e nelle rimesse del museo delle Canossiane in via Senatore Cocozza a Nola (Napoli) in comodato al polo museale della Campania, né sono giunte informazioni sullo stato di conservazione delle sculture lignee settecentesche con scarabattoli, cassettiere e manufatti liturgici, ammucchiati nella sagrestia della chiesa monumentale A cui ingresso è stato addirittura murato;
   inoltre, contrariamente a quanto riferito, non risulta all'interrogante sia mai stata effettuata una catalogazione completa dei beni culturali e degli oggetti d'arte della chiesa di proprietà del Fec: le poche e insufficienti schede di catalogo, digitalizzate e riversate sulla piattaforma informatica Artpast, mostrerebbero informazioni incomplete e numerosi lemmi errati –:
   se la direzione centrale per l'amministrazione del Fec non ritenga di verificare le condizioni edilizie e ambientali in cui versano locali della sagrestia, «la parte dell'antico coro delle Clarisse soprastante alla sagrestia» e il «terraneo ad ovest della sagrestia adibito a lavanderia con soprastante loggiato» e se sia prevista l'esecuzione di interventi manutentori;
   se la direzione centrale per l'amministrazione del Fec abbia provveduto a far integrare, controllare e aggiornare le schede di catalogo dei beni culturali mobili di proprietà del Fondo stesso, provenienti dalla Chiesa ex claustrale di Santa Chiara Nuova di Nola (Napoli). (4-15613)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da un'ordinanza del tribunale di Roma (Proc. n. 57568/12 R.G.N.R.) si apprende che i terreni ubicati ad Afragola (Napoli) in via Cimitero Vecchio, detta anche contrada Lellero, sono stati unificati, dal 2007, in un unico lotto, dove è stato creato un autoparco che comprende 18 strutture costruite abusivamente;
   secondo quanto si apprende dalla citata ordinanza, il 20 febbraio 2009 la proprietà degli stessi terreni veniva trasferita dalla società Va.Fra srl alla signora MM (la quale svolgeva un ruolo di prestanome per conto del clan camorristico dei Moccia); nel 2008 la Va.Fra srl trasferiva la propria sede operativa al deposito di automezzi, precisamente sui terreni acquistati dalla signora MM, gestito dalla DEPAR srl;
   sempre secondo quanto si apprende dalla citata ordinanza, i soci della DEPAR risultano essere le C.D.L. e M.C.P., mogli di due esponenti del clan dei Moccia. Peraltro, durante un sopralluogo svolto sugli stessi terreni dalla polizia municipale, colei che si identificava come custode riferiva che era in arrivo il titolare della struttura e poco dopo giungeva un esponente del clan dei Moccia. Inoltre, il signor AS, titolare della ditta SP srl, riferiva di utilizzare i terreni di cui sopra, corrispondendo come canone di locazione una somma pari a 1.700 euro in favore della ditta DEPAR, di proprietà dello stesso esponente del clan dei Moccia;
   la DEPAR gestisce l'autoparco e percepisce i proventi delle locazioni. Pertanto, i terreni a cui si fa riferimento risultano essere di fatto in possesso del clan dei Moccia e della signora MM; dalle annotazioni del commissario di Afragola emerge che all'interno del deposito di via Lellero c'erano numerose ditte tra cui: COGEDI, BOEMIO, SEPE autotrasporti, SAMAR, VARRACCHIO, ARIZONA E CASTALDO e nello stesso posto venivano rinvenuti autocarri in uso alla Va.Fra.;
   i terreni a cui si fa riferimento distano 4 chilometri dai cantieri per la costruzione della stazione dell'alta velocità di Afragola e parrebbe, da quanto emerso, che ospitino gli autocarri di alcune ditte operanti nella zona –:
   se risulti che siano versati corrispettivi per la sosta delle autovetture nei terreni gestiti dalla società DEPAR da parte di ditte i cui mezzi sono impegnati nella costruzione della stazione dell'alta velocità di Afragola. (4-15626)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, cosiddetto Milleproroghe, ha modificato l'articolo 1, comma 107, della legge 13 luglio 2015, n. 107 («buona scuola»), stabilendo che, a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, l'inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto può avvenire esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione. La previsione posticipa dunque la scomparsa della cosiddetta «terza fascia» delle graduatorie;
   il differimento interviene nelle more della riforma sulle modalità di accesso all'insegnamento per la scuola secondaria in attuazione del principio di delega di cui all'articolo 1, comma 181, lettera b), della legge n. 107 del 2015;
   il differimento introdotto dal decreto-legge «Milleproroghe» si configura come una modifica correttiva quasi obbligata della legge sulla «buona scuola», non essendo ad oggi stati avviati percorsi di abilitazione all'insegnamento, costringendo quindi molte scuole a ricorrere alle domande di messa a disposizione per reperire i supplenti;
   si ricorda, per completezza, che il terzo ciclo di tirocinio formativo attivo, necessario, a legislazione vigente, per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, non è stato ancora attivato;
   per effetto del differimento, il docente neolaureato potrà accedere alla graduatoria di terza fascia, purché in possesso dei requisiti previsti per l'accesso alla classe di concorso, anche senza aver ottenuto l'abilitazione;
   i docenti che, invece, siano già iscritti in seconda o terza fascia avranno la possibilità di procedere all'aggiornamento dei titoli e avranno l'opportunità di cambiare provincia, le scuole scelte o aggiungere nuove classi di concorso;
   il tema dell'acquisizione di punteggi in vista dell'aggiornamento delle graduatorie di istituto per le diverse fasce è, ormai da anni, al centro di infinite polemiche. Occorre preliminarmente ricordare che, secondo la valutazione dei titoli, il possesso di alcune certificazioni fa aumentare il punteggio (a mero titolo di esempio: l'uso della lavagna elettronica, il possesso della certificazione ECDL advanced, le certificazioni di conoscenza linguistica e altro);
   a fronte di un costante aumento della domanda di «punti» da acquisire nel minor tempo possibile si è assistito all'impennata di master, corsi di perfezionamento, specializzazioni, attestati di frequenza, certificazioni varie, rilasciati da università, enti accreditati, enti di formazione e sindacati, anche se, occorre sottolinearlo, in vari casi vengono organizzati gratuitamente dalle scuole a cui possono accedere i docenti in servizio, come formazione e aggiornamento;
   in parecchi casi si assiste a corsi che, a fronte di cifre di iscrizioni non modeste (dai 200 ai 1.500 euro per ogni singola certificazione), garantiscono in un solo giorno lezione frontale, esame e rilascio della certificazione;
   corsi di specializzazione e master, in relazione alla durata, ai costi alla graduatoria e alla fascia, possono pertanto offrire punteggi differenziati;
   tutti i corsi per essere utili alla maturazione di punteggio per l'aggiornamento delle graduatorie di istituto devono essere certificati dal Ministero, e il punteggio ottenuto deve essere attinente alla disciplina di inserimento nella graduatoria –:
   quali iniziative di carattere preventivo, ispettivo e repressivo e con quali esiti il Ministero abbia messo in atto, per quanto di competenza, al fine di verificare una reale corrispondenza tra punteggi ottenuti e competenze acquisite, onde evitare che gli aggiornamenti delle graduatorie d'istituto si trasformino in un terreno di «battaglia» fra docenti e neo-abilitati con considerevole esborso economico, più a vantaggio degli enti certificatori che dell'interesse del Paese ad avere un corpo docente effettivamente aggiornato e qualificato. (3-02786)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2016 l'istituto di credito austriaco Hypo Alpe Adria Bank ha chiuso tutte le 19 filiali italiane, dislocate da Trieste a Gallarate, lasciando a casa 104 persone, ai quali è stato comunicato di non recarsi al più lavoro;
   per gli altri 160 dipendenti, tutti concentrati nella sede centrale di Tavagnacco, il destino sembra essere già segnato e si concretizzerà in due tranche di licenziamenti tra il 2017 e il 2018;
   indubbiamente le modalità di chiusura e licenziamento scelte dall'istituto di credito sono state, ad avviso dell'interrogante, irrispettose della dignità dei lavoratori, che con una disposizione interna della direzione generale hanno dovuto prendere atto di «ritrovarsi per strada» dall'oggi al domani –:
   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare a tutela delle centinaia di lavoratori coinvolti. (5-10613)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 863 del 1984 disciplina due diverse tipologie di contratti di solidarietà (o contributi di solidarietà): uno «difensivo» (articolo 1), finalizzato al mantenimento dell'occupazione mediante la riduzione dell'orario «al fine di evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza di personale» e l'altro di tipo «espansivo» (articolo 2), finalizzato ad una riduzione stabile degli orari di lavoro ai fini di un incremento del personale;
   la durata del contratto di solidarietà non può essere inferiore a dodici mesi e superiore a ventiquattro mesi, al termine dei quali le imprese possono chiedere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una proroga di ulteriori 24 mesi, elevabili a 36 mesi per i territori del Mezzogiorno;
   si apprende da fonti stampa che in data 27 ottobre 2015 Telecom Italia ha raggiunto un accordo con i sindacati. Gli accordi prevedono l'utilizzo di due tipologie di interventi che si affiancano alla mobilità di legge già firmata in precedenza: la solidarietà difensiva ed i prepensionamenti volontari, ex articolo 4 della legge «Fornero». La solidarietà «difensiva», per la gestione di circa 30.400 lavoratori in esubero, prevede la riduzione verticale dell'orario di lavoro per un totale di 23 giorni all'anno (pari all'8,85 per cento dell'orario di lavoro mensile);
   la solidarietà ha avuto inizio in data 4 gennaio 2016 per una durata di 24 mesi con la possibilità, previo accordo tra le parti, di una estensione della vigenza per altri 12 mesi;
   a dicembre dello scorso anno i lavoratori della Tim sono scesi in piazza per protestare. In un comunicato del 9 dicembre 2016 i sindacati hanno spiegato le ragioni del sit-in a Taranto: «Il sit-in è una forma di protesta contro lo stato di insostenibile disagio creato dal nuovo ad Flavio Cattaneo e dal suo C.d.a. (...) Questo management sta provando ancora una volta a far pagare ai lavoratori l'assenza di un vero piano industriale, continuando ad applicare il Contratto di Solidarietà, già in essere da 5 anni, ma ulteriormente penalizzante per i lavoratori in quanto riduce di botto i salari in media di 120 euro mensili su stipendi fermi a 2 anni fa, considerando che il Contratto nazionale, scaduto il 31 dicembre 2014, non è stato a tutt'oggi ancora rinnovato». Nello stesso comunicato i sindacati hanno rimproverato al management di non erogare «il premio di risultato ai lavoratori nel mese di giugno, pur essendo cresciuta la produttività degli stessi e la conseguente redditività dell'azienda, ma ancora una volta distribuendo premi e denaro ai massimi dirigenti». Ed infatti, sempre da fonti stampa, si apprende che il nuove amministratore delegato Cattaneo, dopo aver ridotto il reddito di ogni lavoratore di circa 3-4.000 euro annui, a fine mandato sarà premiato «...con ben 55 milioni di euro»;
   se saranno raggiunti gli obiettivi del piano industriale 2016-2018, già approvato dal consiglio di amministrazione il 15 febbraio, il bonus da 55 milioni di euro verrà pagato nel 2020 (l'80 per cento in azioni e il resto cash) –:
   quali conseguenze possa avere sul regime di solidarietà quanto deciso dal consiglio di amministrazione che ha previsto un bonus d 55 milioni in favore del management in caso di raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2016-1018, nonostante la riduzione dei salari;
   se non sia il caso di assumere ogni iniziativa di competenza per impedire la eventuale proroga della misura di solidarietà, in modo da far sì che l'azienda, previa concertazione, adotti un piano industriale che distribuisca in modo più equo il rischio e le perdite aziendali tra lavoratori e management. (5-10618)


   PATRIZIA MAESTRI, ROMANINI, GNECCHI, CARRA, GIACOBBE, ZANIN, TARICCO, CAPOZZOLO e DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 giugno 2012, n. 92, all'articolo 2 comma 71, ha disposto, con decorrenza dal 1o gennaio 2017, l'abrogazione degli articoli 6, 7, 8 e 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223 che disciplinavano l'istituto della mobilità per i lavoratori di quelle imprese che, benché ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale, ritenessero di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i dipendenti sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative;
   il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha disciplinato la nuova prestazione di assicurazione sociale per l'Impiego (NASpI), con decorrenza dal 1o maggio 2015, avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione;
   l'articolo 2 del sopraccitato decreto legislativo identifica i destinatari della prestazione nei lavoratori dipendenti con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato;
   per gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato continuano, quindi, a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, all'articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all'articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
   la cancellazione dell'istituto della mobilità, con decorrenza 1o gennaio 2017, ha quindi ridotto significativamente gli strumenti di sostegno al reddito per gli operai agricoli a tempo indeterminato ed, in particolare, per quei lavoratori di imprese cooperative e dei loro consorzi che, ai sensi della legge 15 giugno 1984, n. 240, sono inquadrati, ai fini previdenziali, nel settore dell'agricoltura;
   infatti, un operaio agricolo a tempo indeterminato che avesse cessato il rapporto di lavoro il 31 dicembre 2016, stante le attuali normative, non percepirebbe alcuna forma di sostegno al reddito. Qualora invece il rapporto a tempo indeterminato cessasse nel 2017 lo stesso si vedrebbe liquidata, nel corso del 2018, la sola disoccupazione ordinaria agricola, con riferimento alle giornate di lavoro prestate –:
   se i Ministri interrogati non intendano farsi promotori, con la massima sollecitudine, di un intervento normativo di riforma della disciplina degli strumenti di integrazione al reddito specificatamente destinati ai lavoratori a tempo indeterminato del comparto agricolo, con particolare riferimento ai lavoratori di imprese cooperative e dei loro consorzi, al fine di far fronte alla cancellazione, dal 1o gennaio 2017, dell'indennità di mobilità, valutando l'opportunità di estendere anche a questi lavoratori l'istituto della «NASpI».
(5-10622)


   BARUFFI e GHIZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Argenta s.p.a., operante nel settore della distribuzione automatica di cibi e bevande, con sede a Peschiera Borromeo (Milano), ha una filiale nel territorio comunale di Carpi (Modena), in cui lavorano circa cento addetti tra amministrativi e tecnici;
   in data 10 febbraio 2017, come denunciato dalla Filcams-Cgil e riportato dalla stampa locale, l'azienda avrebbe contattato singoli lavoratori per comunicare l'intenzione di trasferire parte dell'attività amministrativa e di call-center alla sede di Peschiera Borromeo a far data dal 13 marzo 2017, senza alcuna informazione preventiva alle organizzazioni sindacali;
   contestualmente, per quanto riportato dalla stampa e dal sindacato, l'azienda avrebbe attivato la procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi del decreto legislativo 4 marzo del 2015, n. 23, per quattro lavoratori assunti recentemente con contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti;
   da notizie di stampa, sarebbero circa 30 i lavoratori coinvolti in questo trasferimento e riorganizzazione dell'attività, tra amministrativi e impiegati nell'attività di call-center, in prevalenza donne;
   la distanza tra Carpi e Peschiera Borromeo è tale da non consentire l'effettivo trasferimento dei lavoratori, prefigurando quindi il concreto rischio di apertura di una procedura di mobilità per decine di lavoratori;
   il sindacato, già in data 24 novembre 2016, avrebbe richiesto un incontro all'azienda per approfondire la situazione della filiale carpigiana, senza peraltro ricevere alcun riscontro dalla stessa;
   i fatti riportati si sarebbero svolti quando già era programmato un incontro con il gruppo Argenta, in data 15 febbraio 2017, occasione nella quale poteva essere ragionevolmente aperto un confronto preventivo sugli intendimenti dell'azienda e le eventuali criticità legate alla filiale di Carpi;
   a fronte della mancata informazione e del mancato preventivo confronto, nonché per le modalità di agire nei confronti dei lavoratori poste in essere da Argenta, sindacato e lavoratori hanno proclamato lo stato di agitazione, con un primo sciopero in data 13 febbraio 2017, poi proseguito nei giorni seguenti;
   l'amministrazione comunale di Carpi, nella persona del sindaco, ha incontrato i lavoratori ai quali ha espresso non solo la propria solidarietà, ma lo sconcerto per il comportamento assunto dall'azienda, dandone pubblicamente notizia attraverso la stampa –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per scongiurare il licenziamento delle lavoratrici e dei lavoratori della filiale di Carpi del gruppo Argenta;
    più in generale se il Governo non ritenga utile assumere iniziative per chiarire la situazione e far sì che, in caso di riorganizzazione dell'attività aziendale che comporti il trasferimento o il possibile licenziamento di lavoratori, sia data preventiva e formale comunicazione alle organizzazioni sindacali rappresentanti dei lavoratori stessi;
   se il Governo ritenga di assumere iniziative, anche normative per evitare, coerentemente con lo spirito della riforma del mercato del lavoro – legge 10 dicembre 2014, n. 183, e conseguenti decreti attuativi – che, in caso di ristrutturazione dell'attività aziendale che comporti il trasferimento di lavoratori e la possibile conseguente apertura di una procedura di mobilità (ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223), si adisca contemporaneamente la procedura di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi del richiamato decreto legislativo n. 23 del 2015. (5-10623)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA, FASSINA e GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti stampa, Almaviva si è aggiudicata, in raggruppamento temporaneo d'impresa con Almawave, Indra e PricewaterhouseCoopers, i lotti 3 e 4 della gara per il sistema pubblico di connettività indetta da Consip;
   il lotto 3, che ha un valore di 400 milioni di euro in 5 anni, prevede la fornitura dei servizi di interoperabilità dati e cooperazione applicativa. Attività che offre alla pubblica amministrazione soluzioni innovative per l'integrazione dei sistemi, l'acquisizione e l'analisi dei dati di interesse che il web e internet of thing rendono disponibili in quantità sempre maggiori (big data). Si tratta di nuovi strumenti a supporto dei processi decisionali della pubblica amministrazione, in linea con principi di trasparenza (open data) e di ascolto di propri utenti;
   il lotto 4 riguarda la realizzazione dei portali e servizi online ed ha un valore di 450 milioni in 5 a i. Attraverso lo sviluppo di siti, applicazioni e portali web, la pubblica amministrazione sarà in grado di proporre a cittadini e imprese, nuovi servizi digitali semplici, accessibili, fruibili e di qualità, conformi alle linee guida del design definite da Agid. Servizi in grado di essere utilizzati anche in mobilità grazie a un design mobile first e allo sviluppo di App dedicate;
   nuove assunzioni, dunque, arriveranno quasi sicuramente, come ha riportato il Fatto Quotidiano, a fronte dei tagli drastici attuati da Almaviva Contact, ovvero il ramo dei call center, che ha visto il licenziamento di 1.700 persone a Roma e 800 a Napoli. Una vera e propria doppia vita della società ai danni dei lavoratori e dello Stato, visto che, come testimonia anche il caso delle gare Consip, Almaviva continua a beneficiare di commesse pubbliche –:
   se, considerato l'affidamento all'azienda citata di commesse pubbliche e quindi di risorse dello Stato, non si ritenga opportuno avviare ogni iniziativa di competenza per salvaguardare tutti i livelli occupazionali e retributivi, sulla base di un definito piano aziendale in cui rientri anche il ramo call center. (4-15611)


   GIULIETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 74 del decreto legislativo del 10 settembre 2003, n. 276, intitolato «Prestazioni che esulano dal mercato del lavoro», è stata normativamente definita l'attività prestata a titolo occasionale in agricoltura, prevedendo che non integrano un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale, senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione di lavori;
   in precedenza le prestazioni in esame erano state disciplinate dal legislatore attraverso l'articolo 122 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), e l'articolo 45 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), ma si trattava di norme sperimentali ad efficacia temporale limitata;
   con il sopracitato articolo 74 il legislatore ha individuato una nuova definizione di prestazioni occasionali attraverso una disciplina che, a differenza delle precedenti norme, è diretta, cioè non richiede provvedimenti attuativi ed è altresì priva di precostituiti limiti di efficacia temporale;
   secondo molteplici fonti, l'articolo 74 deve essere interpretato nel senso che le prestazioni di cui trattasi devono provenire da parenti ed affini entro il terzo grado di coltivatori diretti e che qualsiasi attività definibile agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile può essere oggetto di una prestazione occasionale;
   le prestazioni devono avere tre caratteri fondamentali e cioè: devono essere svolte in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo; devono essere svolte esclusivamente a titolo di aiuto, mutuo aiuto e obbligazione morale; devono essere gratuite, ovvero senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori;
   la peculiarità di tali prestazioni sono l'occasionalità e la stagionalità delle stesse e le prestazioni occasionali permetterebbero il presidio del territorio, in maniera particolare nella fascia olivata, anche in previsione del riconoscimento Unesco –:
   se si intendano assumere iniziative per normare le prestazioni occasionali e ricorrenti, svolte per brevi periodi, senza corresponsione di compensi, a mero titolo di aiuto all'agricoltore, inteso come scambio di manodopera o piccole attività, anche con mezzi agricoli, tra gli stessi agricoltori. (4-15620)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro della salute Lorenzin sembra aver di recente ascoltato, secondo l'interrogante, l'appello di duecento scienziati del nostro Paese, con il quale chiedevano una moratoria di ulteriori cinque anni degli esperimenti sugli animali, in modo da poter continuare la propria ricerca;
   in Italia, la ricerca di metodi alternativi sostitutivi in ambito scientifico, è lasciato alla buona volontà del singolo docente o ricercatore. In particolare, per quanto riguarda la sperimentazione di test delle dipendenze umane, la biologa molecolare, Candida Nastrucci, (DPhil University of Oxford), già molti anni fa dichiarava: «...Questo tipo di ricerca è l'esempio emblematico dell'inutilità della sperimentazione su animali e delle leggi che si contraddicono “in deroga”: si potrebbero, infatti, studiare in modo non invasivo persone volontarie che hanno un oggettivo problema di dipendenza da sostanze d'abuso, che può derivare da più cause (genetiche, ambientali, individuali, eccetera) difficilmente riproducibili condizionando un animale»;
   a oggi, solo grazie a progetti finanziati da alcune regioni, vi sono diversi corsi di aggiornamento sulle alternative sostitutive, tuttavia, né il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca né Ministero della salute, prevedono alcun finanziamento mirato alla ricerca di base o per lo sviluppo dei metodi alternativi sostitutivi;
   in tutto il mondo sono a disposizione metodi avanzati per evitare l'uso di animali, ma in Italia la mancanza di fondi, la scarsa informazione per gli operatori del settore e la mancata volontà politica, sono i principali fattori di rallentamento della ricerca alternativa rispetto agli altri Paesi europei;
   per dire che il nostro Paese produce una buona ricerca sia per il bene della specie umana che nel rispetto di altre specie, è necessario finanziare il metodo alternativo con la metà di tutti i finanziamenti messi a disposizione della ricerca tradizionale su animali –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi, per quanto di competenza, circa il rapporto tra costi sostenuti dallo Stato a carico del contribuente e benefici della ricerca mediante sperimentazione sugli animali;
   quali siano i finanziamenti che il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per quanto di competenza, mettono a disposizione della ricerca con metodi alternativi, tenendo conto di quanto stabilito dalla direttiva europea 63 del 2010 in merito all'idoneità degli approcci alternativi per gli studi di convalida;
   se non ritenga il Ministro della salute di trovare soluzioni adeguate per poter finanziare la ricerca con metodi alternativi, perlomeno con la metà di quanto oggi stanziato per la sola ricerca mediante sperimentazione su animali.
(5-10621)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le ampie competenze acquisite durante il percorso universitario, le materie che un laureato in veterinaria può insegnare nella scuola secondaria superiore sono un numero assai limitato;
   con la laurea in medicina veterinaria si può infatti accedere alla sola classe di concorso «zootecnica e scienza della produzione animale» – codice A-52, ex 74/A nella classificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016 n. 19 pubblicato sul supplemento ordinario n. 5/L alla Gazzetta Ufficiale serie generale n. 43 del 22 febbraio 2016;
   alla medesima classe hanno, tra l'altro, accesso ben sette titoli di laurea, ovvero: scienze agrarie tropicali e subtropicali, scienze della produzione animale, scienze e tecnologie agrarie, scienze forestali e ambientali, agricoltura tropicale e subtropicale, scienze agrarie, scienze forestali;
   per i medici veterinari è possibile quindi insegnare solo in tre categorie di istituti: i tecnici agrari, i tecnici industriali e i professionali per l'agricoltura. Di contro, le altre lauree predette dispongono di un ventaglio ben più ampio di possibilità;
   il medico veterinario acquisisce, durante il percorso universitario, un ventaglio di conoscenze molto ampio che spazia dalla biologia animale e vegetale alla chimica e biochimica, dalla zootecnia all'alimentazione animale, all'igiene e tecnologia degli alimenti. La normativa in vigore in tema di classi di insegnamento non rende quindi giustizia alla preparazione scientifica del medico veterinario;
   appare, alla luce di quanto esposto, assolutamente incomprensibile l'esclusione – nella revisione operata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2016, n. 19, pubblicato sul supplemento ordinario n. 5/L alla Gazzetta Ufficiale serie generale – n. 43 del 22 febbraio 2016 – del medico veterinario da altre classi di concorso;
   il numero totale di iscritti agli Ordini professionali dei veterinari è pari, al 31 dicembre 2016, a 32.239, di questi, il numero di iscritti inoccupati (con dichiarazione dei redditi pari a zero) è di circa 3.380. L'insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado può quindi ben rappresentare una valida alternativa occupazionale per una categoria che negli ultimi anni fatica a individuare sbocchi professionali –:
   se il Governo, nell'ambito dell'auspicata revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 relativo alle classi di concorso, per la quale sono in corso riunioni presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, intenda promuovere una modifica del suddetto decreto, affinché i titolari di diploma di laurea in medicina veterinaria, già ammessi alle classi di concorso e di abilitazione 74/A, previste dalla tabella A allegata al decreto del Ministero della pubblica istruzione del 24 novembre 1994 e successive modificazioni e integrazioni, possano accedere all'insegnamento anche delle seguenti classi: chimica agraria (classe 13/A); chimica e tecnologie chimiche (classe 33/A); educazione tecnica (nella scuola secondaria di primo grado, classe 57/A); scienza degli alimenti (classe 59/A); scienze matematiche, fisiche e naturali (nella scuola secondaria di primo grado, classe 60/A); scienze naturali; chimica; geografia; filopatologia; entomologia agraria; microbiologia, (4-15612)


   CULOTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 12 gennaio 2016, più di un anno fa, l'interrogante presentava un'interpellanza (2-01220), al Ministero della salute, sul punto nascite di Petralia Sottana (Palermo);
   il 15 gennaio rispondendo in aula, l'allora Sottosegretario De Filippo, ha annunciato, in seguito ad un documento ricevuto nella stessa giornata, che se la regione siciliana si fosse mossa ai fini di produrre una nuova documentazione in cui palesasse la volontà di ristabilire livelli standard di sicurezza del centro e la copertura del monte orario di lavoro con le figure professionali adeguate e richieste, il Ministero avrebbe preso in considerazione tale richiesta ai fini di una rivalutazione della situazione volta alla riapertura del punto nascite di Petralia Sottana;
   giungono all'interrogante notizie dell'invio di documentazione prodotta dalla regione siciliana in data 10 maggio 2016 presso la sede del direttore generale della programmazione sanitaria con il seguente oggetto: «Punto Nascite di Petralia Sottana. Ulteriore Deroga» –:
   se, ed in quale data, la documentazione inviata sia stata esaminata; se essa sia ritenuta esaustiva in relazione alle richieste formulate dal Ministero della salute e pertanto quando potrà essere sciolta la riserva sulla riapertura del punto nascite di Petralia Sottana. (4-15614)


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo una recente indagine statistica più del 20 per cento, degli italiani utilizza medicinali omeopatici almeno una volta l'anno e il 4,5 per cento della popolazione si affida alle cure complementari con una frequenza quotidiana o settimanale;
   i medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995 godono di un'autorizzazione ope legis che ne consente la permanenza in commercio fino al 31 dicembre 2018. Dopo tale data, questi medicinali potranno continuare ad essere commercializzati solo se avranno ottenuto il rinnovo dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC);
   la legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 590, della legge n. 190 del 2014) ha fissato al 30 giugno 2017 il termine per la presentazione delle domande di rinnovo da parte delle aziende e al 31 dicembre 2018 il termine ultimo per la relativa permanenza sul mercato;
   in vista del rinnovo, le aziende sono chiamate ad una serie di adempimenti assolutamente nuovi e, sotto alcuni profili, particolarmente onerosi, da cui dipende la permanenza sul mercato di molti medicinali e, quindi, la tenuta dell'intero settore produttivo;
   il comparto ha la necessità di disporre di un lasso di tempo congruo rispetto alla complessità e alla rilevanza della suddetta procedura di rinnovo, in quanto la pendenza di un giudizio amministrativo ha impedito alle aziende di pianificare e di intraprendere le attività strumentali all'avvio delle prescritte procedure e molti aspetti procedimentali e numerose questioni tecnico-operative non sono disciplinati dalla normativa vigente;
   sugli organi di stampa è stato recentemente pubblicato un appello del presidente di Omeoimprese, l'associazione che rappresenta aziende italiane ed estere produttrici di medicinali omeopatici e antroposofici, rivolto al Ministro interrogato che paventa il rischio di chiusura di molte piccole e medie aziende, stante l'oggettiva impossibilità di rispettare i termini di legge per l'espletamento delle procedure di rinnovo –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di modificare le tempistiche previste dalla normativa vigente per il rinnovo delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei medicinali omeopatici presenti sul mercato, così da scongiurare la crisi del comparto e il rischio chiusura di molte piccole e medie aziende e, in caso negativo, quali siano le motivazioni che impediscono la soluzione della problematica indicata in premessa. (4-15618)


   PAGLIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 febbraio 2017 Cgil e FP Cgil di Ravenna hanno diffuso la seguente nota, relativa alla situazione del locale sistema sanitario, con particolare riferimento alla carenza di personale nelle diverse specialità;
   «Mancano medici, infermieri, operatori socio sanitari e personale tecnico. La mancata copertura della dotazione organica delle strutture sanitarie dell'Azienda Unica Romagna è divenuta intollerabile, nel solo territorio di Ravenna le unità mai sostituite sono oltre 130. A poco valgono i ripetuti annunci di assunzioni da parte dell'Ausl perché le risposte sono lente e ancora insufficienti. I coordinatori infermieristici, quando presenti, sono costretti nei loro uffici a gestire enormi flussi di carte destinati a crescere e in alcuni casi a gestire reparti di dimensioni anche doppie rispetto all'ordinaria capienza»;

«I tempi lunghissimi per avere la reale sostituzione di incarichi a tempo determinato scaduti, le aspettative, le gravidanze e le malattie costringono da tempo gli operatori a inaccettabili doppi turni e a rientrare in servizio nei loro periodi di riposo»;
   «Questa condizione, da tempo portata all'attenzione della Direzione e affrontata con sporadici provvedimenti “tampone”, non accenna a trovare soluzione, come non ha ancora trovato risposta la richiesta di verificare criteri adottati dall'Ausl per l'applicazione degli accordi regionali recentemente sottoscritti in merito all'acquisizione delle risorse umane»; 
   le condizioni della sanità emiliano-romagnola sono note per essere mediamente migliori dello standard nazionale e si può quindi ragionevolmente supporre che l'allarme lanciato dalle organizzazioni sindacali di Ravenna possa riguardare un caso non isolato –:
   se risulti che condizioni di strutturale carenza di organico, come quelle sopra descritte, siano diffuse in tutto il Paese e quali iniziative di competenza intenda assumere per salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini italiani, oltre che quello a lavorare in condizioni adeguate degli operatori;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda eventualmente adottare, anche sul piano del reperimento di risorse, per adeguare la dotazione di pianta organica della sanità pubblica nazionale alle esigenze degli utenti e ai contratti nazionali di lavoro. (4-15622)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con l'introduzione della fattura elettronica la pubblica amministrazione sembrava aver fatto un passo avanti verso una maggiore trasparenza della contabilità pubblica e una migliore efficienza del sistema dei pagamenti; l’annual report di FPA indica che sono ora oltre 23 mila amministrazioni centrali e locali ad aver avviato la fattura elettronica per la pubblica amministrazione (FEPA); nell'indicePA sono 56,712 gli uffici di FEPA;
   secondo i dati dell'Osservatorio fattura elettronica e dematerializzazione del politecnico di Milano, il beneficio del passaggio da fattura cartacea ad elettronica è compreso tra 7,5 e 11,5 euro a fattura (per organizzazioni con più di 3.000 fatture/anno), mentre maggiori benefici si hanno con la digitalizzazione di tutto il ciclo dell'ordine con risparmi compresi tra 25 a 45 euro (dell'ordine fino al pagamento), per arrivare fino a 65 euro per gli enti pubblici più grandi. La fattura elettronica avrà successo se si ragiona con una logica di ecosistemi di filiera per condividere i vantaggi tra tutti componenti;
   diverse aziende ed esperti del settore lamentano un'interruzione di questo virtuoso percorso intrapreso e, al di là dei numeri, non si è fatto tutto quel che si poteva fare, Mancano dati del monitoraggio della spesa e di una sua clusterizzazione, ed i pagamenti sono troppo spesso oltre i termini contrattuali; serve la pubblicazione periodica dei dati;
   ci sono numerosi interrogativi sulla strada che c’è da compiere e sugli strumenti necessari per completare il percorso intrapreso e mancano indicazioni fondamentali su come muoversi in molti ambiti;
   problemi simili si sono registrati anche per la FEB2B;
   nel corso degli ultimi due anni i governi succedutisi avevano lavorato per incoraggiare questo tipo di rapporto tra le aziende, annunciando diverse misure che hanno creato molte aspettative poi andate deluse a causa della scarsa incisività dei provvedimenti adottati;
   prima è stato emanato il decreto legislativo 127 del 2015 che introduce la FEB2B prevede incentivi piuttosto blandi per la sua diffusione;
   successivamente è stato approvato il decreto-legge n. 193 del 2016, che prevede l'obbligo di inviare i dati IVA attivi e passivi dal 2017 per tutte le imprese che non esercitano l'opzione di cui al decreto legislativo 127. Quest'ultimo è un nuovo adempimento che appesantisce la burocrazia a carico delle imprese, particolarmente le piccole e medie imprese, perché per adempiere a tali disposizioni devono rivolgersi a intermediari che, a loro volta, non hanno regole chiare. Sul punto la Commissione europea (COM(2010)712 del 2 dicembre 2010) ha indicato che la fattura elettronica fa parte dell’«iniziativa faro» «agenda digitale europea» per realizzare il mercato unico digitale e, tra i suggerimenti agli Stati membri, invita ad eliminare gli ostacoli normativi che impediscono la sua adozione massiva, agevolando particolarmente le piccole e medie imprese;
   per ultima la circolare 1/E dell'Agenzia delle entrate sancisce che non occorre più esercitare l'opzione ai sensi del decreto legislativo 127 per evitare l'obbligo di trasmettere i dati di quelle fatture attive e passive;
   la fatturazione elettronica per la pubblica amministrazione e B2B è centrale perché genera risparmi per chi l'adotta –:
   quali siano gli strumenti disponibili per la gestione digitale dei workflow approvativi;
   come si sia garantito o si intenda garantire per le fatture elettroniche per la pubblica amministrazione il diritto di accesso e di estrazione dei documenti in tempo reale;
   che stimoli si stiano dando ai fornitori per estendere la gestione digitale anche ad altri documenti (ordini conferme, documenti di trasporto);
   se si intendano studiare modelli basati sugli standard internazionali per garantire piena e coerente interoperabilità dei dati per gestire fatture, ordini, consegne e pagamenti al fine di incrementare l'efficacia della digitalizzazione;
   se nelle intenzioni del Governo ci sia la creazione di una governance, indispensabile per guidare l'evoluzione di questi due processi, se si intendano assumere iniziative normative volte ad accorpare in un unico testo le disposizioni dei decreti n. 127 del 2015 e n. 192 del 2016 introducendo nuovi incentivi e benefici per avere un quadro giuridico definito e chiaro, posto che le norme oggi disorientano contribuenti e mercato. (5-10614)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORASSUT. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da quanto appreso da fonti sindacali, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in attuazione di quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 177 del 2016, starebbe definendo una tabella di equiparazione tra il personale del Corpo forestale dello Stato e quello del comparto Ministeri del tutto analoga a quella prevista dal Ministero della difesa con riferimento al ricollocamento degli esuberi del personale delle Forze armate;
   una tabella che, se approvata, concretizzerebbe un declassamento del personale dell'intero comparto sicurezza, equiparando il personale del ruolo ispettori nella II area funzionale ed, a cascata, retrocedendo tutti gli altri ruoli. Questo, per effetto delle previsioni normative che regolano la dipendenza funzionale e gerarchica tra appartenenti alla polizia di Stato e dipendenti civili dell'amministrazione civile dell'interno, potrebbe comportare conseguenze in termini di efficienza ed efficacia del servizio;
   ciò provocherebbe un ulteriore svilimento del ruolo degli ispettori che sarebbe diverso da quello sancito nell'articolo 36 della legge n. 121 del 1981 dove «al personale appartenente al ruolo degli ispettori sono attribuite specifiche funzioni di sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria, con particolare riguardo all'attività investigativa; sono altresì attribuite funzioni di direzione, di indirizzo e coordinamento di unità operative e la responsabilità per le direttive o istruzioni impartite nelle predette attività e per i risultati conseguiti. In caso di temporanea assenza o di impedimento, possono sostituire il titolare nella direzione di uffici o di reparti». Di conseguenza, si creerebbe una incresciosa dipendenza funzionale con i ruoli civili dell'interno che, con questa riforma, sarebbero superiori gerarchicamente al ruolo ispettori –:
   quali misure intendano, i Ministri interrogati, adottare per evitare le suddette problematiche. (4-15621)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   circa 10 mila lavoratori del settore telecomunicazioni in Piemonte (addetti di Vodafone, Tim, Comdata ed altre realtà del settore) sono in stato di agitazione a causa del mancato rinnovo del contratto nazionale di categoria;
   il 1o febbraio 2017 hanno sfilato in corteo a Torino dalla stazione di Porta Susa alla sede dell'Unione industriale, dando vita ad una manifestazione regionale, in concomitanza con lo sciopero nazionale di tutto il settore delle telecomunicazioni (80 per cento di adesione);
   a tale problematica si aggiunge quella dei 21 lavoratori torinesi di Tim, appartenenti alle cosiddette funzioni di « staff»: insieme ad altri 36 colleghi milanesi sono oggetto di trasferimento quasi immediato a Roma da parte dell'azienda;
   la vicenda dei 57 lavoratori Tim è più complessa e scaturisce dalla volontà aziendale di perseguire risparmi generalizzati, a scapito delle professionalità acquisite;
   nel giugno 2016 l'azienda comunica che non potrà erogare il premio di risultato Pdr per i dipendenti; formalmente, perché una delle soglie fissate non è stata raggiunta, per l'entità della multa che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha comminato a Tim. Per l'azienda si tratta di un risparmio di diverse decine di milioni di euro, come verrà detto durante la presentazione del piano industriale 2017-2019;
   all'inizio dell'ottobre 2016 l'azienda consegna alle organizzazioni sindacali una cartella con la disdetta dell'accordo di secondo livello e un'ipotesi di lavoro che mette in discussione tutta l'architettura normativa legata a orari di lavoro, scatti di anzianità, ticket per PT, introduzione dei demansionamenti, flessibilità organizzative, congelamento degli scatti, sospensione della maturazione giorno di ferie, rivisitazione permessi individuali, e altro che segna una profonda discontinuità economica e normativa con il passato;
   una serie di manifestazioni spontanee, soprattutto fra i tecnici, sono culminate nello sciopero del 13 dicembre, con 20 manifestazioni regionali, che ha registrato un'adesione di oltre il 70 per cento del personale, che ha poi aderito anche a quello nazionale, per il contratto del settore delle telecomunicazioni scaduto da oltre due anni, del 1o febbraio;
   nel frattempo la Telecom Italia ha adottato il nuovo regolamento interno, naturalmente in modo unilaterale, senza averlo concordato con le organizzazioni sindacali, comunicando altresì la volontà di trasferire oltre 200 dipendenti appartenenti a funzioni di staff (personale amministrativo) a Roma, da Torino e da Milano, per una «razionalizzazione» delle proprie attività;
   tali proposte di trasferimento sembrano connotarsi come richieste «coatte», che costringeranno tanti lavoratori che hanno famiglia a prendere in considerazione la possibilità di licenziarsi non potendo affrontare un trasferimento permanente in un'altra città, specie una complessa come Roma –:
   quali siano le previsioni in merito alla ripresa dei negoziati per il rinnovo del contratto del settore delle telecomunicazioni e se vi sia una ipotesi di chiusura in tempi rapidi degli stessi;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con riguardo alla decisione tout court di Tim di trasferire centinaia di lavoratori a Roma, posto che lo stesso Governo è promotore dello smart working nell'ottica di conciliare tempi di vita e di lavoro. (5-10615)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Sandra Savino e altri n. 1-01509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Prataviera, Fitzgerald Nissoli.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Bernardo e Pelillo n. 7-01176, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Boccadutri, Sandra Savino, Gebhard, Busin, Menorello, Sottanelli.

  La risoluzione in Commissione Paolo Nicolò Romano n. 7-01184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dell'Orco, Liuzzi, Carinelli, Spessotto, Nicola Bianchi, De Lorenzis.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Rostellato e altri n. 2-01635, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Massimiliano Bernini n. 2-01580, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 723 del 13 gennaio 2017.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   al 31 dicembre 2016, il Corpo forestale dello Stato possedeva una propria flotta di aeromobili gestita dal Centro operativo aereo (Coa) coordinata con gli altri mezzi aerei nazionali impiegati nell'attività antincendio, dal Dipartimento della protezione civile, tramite il Centro operativo aereo unificato;
   il Centro operativo aereo ha sede presso l'Aeroporto di Roma Urbe e dispone di 12 elicotteri Breda Nardi NH500D, 18 elicotteri Agusta Bell AB412 con matricole civili e militari, 4 Erickson S64F, 3 elicotteri AW 109N e un aereo Piaggio P180 Avanti 1 in leasing (in totale 38 aeromobili), ripartiti nelle basi di Roma Urbe, Roma Ciampino, Cecina, Belluno, Pescara, Rieti e Lamezia Terme, senza contare le 12 basi provvisorie per l'antincendio boschivo;
   dei 38 aeromobili, a quanto consta all'interpellante 2 elicotteri Hughes 369/500 (simili agli NH500D) sono stati ceduti alla MAG di Monteprandone (AP), un AB412 è precipitato nell'isola di Montecristo nel 2015, un NH500D è precipitato nel frusinate nell'estate del 2016, e un altro NH500D è precipitato anni addietro;
   per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016, il Coa è ripartito tra carabinieri e Corpo nazionale dei vigili del fuoco; vanno ai carabinieri n. 5 AB412 EP (con matricola militare), n.3 AW109N, n.8 NH500D e il P180 Avanti per un totale di 17 aeromobili; transitano invece ai vigili del fuoco 16 elicotteri;
   l'organico del Coa comprendeva 79 piloti, 103 specialisti e 31 tecnici amministrativi, in molti casi posti di fronte alla scelta di essere militarizzati e trasferiti, pur di continuare a lavorare nel reparto aereo, o di non essere trasferiti ma di dover abbandonare il lavoro aeronautico;
   transitano nei carabinieri 35 piloti, 62 specialisti e 21 tecnici-amministrativi;
   la flotta e il personale ex-Corpo forestale dello Stato a differenza di quella dei carabinieri e dei vigili del fuoco operava a titolo esclusivo nell'attività di antincendio boschivo, ovvero nello spegnimento e nella prevenzione;
   le basi aeree risultano così ripartite: Belluno, Pescara, Rieti e Roma Urbe ai carabinieri, mentre Cecina, Lamezia Terme e Ciampino ai vigili del fuoco; con Rieti e Roma Urbe i carabinieri acquisiscono anche i 2 reparti manutentivi ivi presenti, mentre presso la base di Pescara, a seguito del transito di un solo pilota ed 11 specialisti dall'ex-Corpo forestale dello Stato, l'operatività verrà garantita con l'arrivo di personale supplementare dal nucleo elicottero carabinieri;
   le basi di Belluno e di Pescara erano le uniche ad essere dimensionate per ospitare gli elicotteri antincendio Erickson S64F transitati ai vigili del fuoco;
   gli elicotteri NH500D multi ruolo, essendo apparecchi maneggevolissimi e con un rotore generante un flusso d'aria a basso impatto, venivano utilizzati nel Corpo forestale dello Stato per l'antincendio boschivo soprattutto nelle zone impervie e scoscese, difficilmente raggiungibili dagli altri aeromobili all'uopo, quali ad esempio gli aeroplani «Canadair»;
   tutti gli NH500D, benché abbiano «l'immatricolazione civile», sono stati acquisiti dai carabinieri, quindi sottratti all'attività antincendio;
   a differenza di quanto accaduto per il personale, al momento non risulta essere stato emanato alcun decreto interministeriale per l'assegnazione di beni e strutture dell'ex-Corpo forestale dello Stato ai carabinieri e ai vigili del fuoco –:
   quali saranno le «linee di volo», dell'ex-Corpo forestale destinate all'antincendio boschivo non più operative a partire dal 1o gennaio 2017;
   quali siano le azioni compensative previste per mantenere la copertura territoriale, i livelli di presidio, l'efficienza dipartimentale e l'operatività finalizzate all'antincendio boschivo;
   in che modo si sopperirà, durante la stagione degli incendi boschivi, alla mancanza degli 8 elicotteri NH500D transitati nei carabinieri in relazione all'attività di spegnimento aereo;
   quali siano stati i criteri adottati nel riparto degli aeromobili e delle basi aeree dell'ex-COA tra carabinieri e Vigili del fuoco e sulla base di quali norme.
(2-01580)
«Massimiliano Bernini, Terzoni, Gagnarli, Benedetti, Frusone, Cozzolino, Zolezzi, Basilio».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Grillo n. 5-10539 del 9 febbraio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-10076 del 6 dicembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02790.