Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 13 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo Renzi, in linea con la riduzione della spesa e delle imposte sui redditi di famiglie e imprese, ha perseguito da subito l'obiettivo della diminuzione della pressione fiscale;
    è stato mantenuto l'impegno, con la legge di stabilità 2016, di eliminare l'imu e la tasi sulla prima abitazione. Inoltre, con il medesimo provvedimento, è stata prevista, tra le altre cose, l'eliminazione dell'imu sugli «imbullonati» e l'eliminazione dell'imu sui terreni per le imprese agricole;
    l'Ires, l'imposta sul reddito delle società, si è ridotta dal 27,5 per cento al 24 per cento a partire dal 2017, con uno sgravio fiscale complessivo di 3,8 miliardi di euro nel primo anno e di circa 4 miliardi nel secondo;
    l'impegno del Governo Renzi è continuato con la legge di bilancio 2017 che, in tema di riduzione della pressione fiscale, ha previsto, tra le altre cose: l'esenzione Irpef per chi ha una pensione che non supera 8.125 euro, anche se ha meno di 75 anni, ampliando la soglia al di sotto della quale non sono dovute tasse; la neutralizzazione, anche per il 2017, delle «clausole di salvaguardia» che per rispettare gli obiettivi di finanza pubblica avrebbero causato l'aumento automatico dell'iva e delle accise; la riduzione del canone Rai, che passa dai 113,50 euro del 2015 a 100 euro nel 2016 e 90 euro nel 2017; la proroga all'anno in corso della sospensione dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti; l'abolizione dell'Irpef agricola;
    dal 2018, inoltre, come più volte dichiarato dal Ministro Padoan, è prevista la riduzione dell'Irpef per le famiglie;
    la somma delle diverse riduzioni d'imposta o di misure equivalenti, a partire dagli 80 euro in busta paga, ha portato la pressione fiscale al 42,1 per cento nel 2016, dal 43,6 del 2013, come certificato dalla nota di aggiornamento del Def 2016;
    la correzione dei conti richiesta dalla Commissione europea al Governo italiano per rispettare la regola del 3 per cento nel rapporto tra deficit pubblico e prodotto interno lordo ha una entità di 3,4 miliardi di euro;
    come si evince dall'intervento descritto dal Ministro Padoan al Senato, il Governo starebbe per emanare un decreto entro il mese di febbraio, che dovrebbe prevedere una revisione delle accise su tabacchi e carburanti e determinati tagli di spesa; la restante parte della correzione dei conti pubblici dovrebbe essere definita in aprile con l'emanazione del documento di economia e finanza 2017, in modo da poter rivedere l'obiettivo di finanza pubblica anche in base ai nuovi dati sulla crescita economica;
    il provvedimento che dovrebbe concentrarsi sui ritocchi alle accise su tabacchi e carburanti rischia di riportare ad una crescita della pressione fiscale, muovendosi in controtendenza rispetto alle politiche attuate prima dal Governo Renzi e ora dal Governo Gentiloni,

impegna il Governo

1) a valutare di reperire le risorse necessarie per la correzione dei conti richiesta dalla Commissione europea unicamente dal taglio alla spesa pubblica improduttiva e dalla lotta all'evasione fiscale, senza incidere sulla revisione delle accise su tabacchi e carburanti al fine di scongiurare l'aumento della pressione fiscale.
(1-01505) «Fanucci, Ascani, Barbanti, Bergonzi, Bruno Bossio, Capone, Capozzolo, Carrozza, Coppola, Cova, Crimì, D'Incecco, Dallai, Marco Di Maio, Donati, Ermini, Famiglietti, Fedi, Fregolent, Gadda, Giulietti, Gutgeld, Iori, La Marca, Lodolini, Manfredi, Minnucci, Morani, Moretto, Mura, Narduolo, Parrini, Piccoli Nardelli, Vazio, Venittelli, Magorno».


   La Camera,
   premesso che:
    Internet è uno strumento eccezionale e una risorsa che ha rivoluzionato molti aspetti della vita e aperto nuovi potenti canali di espressione. La libertà di espressione è uno dei più importanti fondamenti delle società democratiche ed è cruciale mantenerla, anche su internet;
    si confrontano due prospettive e due visioni antitetiche che hanno aperto e aprono una seria riflessione. Da una parte, infatti, Internet non può diventare uno spazio in cui la censura metta a tacere le voci di dissenso o in cui le compagnie private dettino quali punti di vista e i punti di vista di chi possano essere uditi. Al tempo stesso, moltissime persone al giorno d'oggi sono oggetto ogni giorno di odio online. Il sesso, il colore, la razza, la nazionalità, la religione, lo status di rifugiato, l'orientamento sessuale, l'identità di genere, l'opinione politica, la disabilità o altri status di una persona reale o presunta tale possono tutti essere utilizzati come pretesto per dar vita ad affermazioni piene d'odio, per molestare un bersaglio, per stalkizzare, per minacciare, o incitare alla violenza fisica o psicologica contro di loro. I discorsi d'odio non sono limitati a forme di sessismo, antisemitismo, misoginia, omofobia, o altre forme d'odio dirette contro specifici gruppi o individui. Queste forme di comportamento, che non sono accettate offline, sono ugualmente inaccettabili online. Come nella realtà quotidiana, Internet dovrebbe fornire uno spazio per porre critiche fondate, senza dar spazio all'odio;
    la Corte europea dei diritti umani ha riconosciuto che la tutela di espressione, protetta dalla Convenzione europea dei diritti umani, non si estende al razzismo o ai discorsi xenofobi. Altri strumenti internazionali danno un indirizzo riguardo ai discorsi razzisti e xenofobi, ma non riguardano tutti i discorsi d'odio e in più non tutti gli standard internazionali sono unanimemente stati adottati. Anche se una unica definizione di «discorsi d'odio» non è applicabile a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, tutti gli Stati hanno una propria definizione di discorsi d'odio e discriminatori nelle leggi nazionali. Le legislazioni nazionali consentono di individuare misure effettive contro tutte le forme dei discorsi d'odio online, ma non sempre coprono effettivamente tutti i comportamenti descritti in precedenza o le nuove forme di comunicazione. Per questo è necessario dare delle indicazioni per cercare di scoprire le mancanze e dar vita ad una effettiva protezione contro l'odio online;
    il 10 maggio 2016, inserendosi nel solco delle iniziative assunte dal Consiglio d'Europa sulla materia della discriminazione è stata istituita presso la Camera dei deputati la Commissione sull'intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, presieduta dalla Presidente della Camera dei deputati e composta da un deputato per ogni gruppo politico, da rappresentanti di organizzazioni sopranazionali, di istituti di ricerca e di associazioni nonché esperti. Nella seduta del 4 luglio 2016, la Commissione ha deciso di inserire nella propria denominazione il riferimento a «Jo Cox», deputata presso la Camera dei Comuni del Regno Unito, uccisa il 16 giugno 2016 mentre si apprestava a partecipare ad un incontro con gli elettori; come si può leggere nei resoconti relativi ai suoi lavori «Obiettivo della commissione è quello di predisporre una relazione che esamini, per un verso, le cause e le forme del linguaggio d'odio, nelle sue varie manifestazioni — xenofobia, antisemitismo, islamofobia, antigitanismo, sessismo, omofobia, transfobia — e, per altro verso, formuli proposte concrete per la prevenzione e il contrasto di tali fenomeni a livello sociale, culturale, informativo e istituzionale»;
    l'odio online è un riflesso dell'odio nella società. Sono perciò cruciali le strategie per cercare di eliminare la diffusione online dell'odio e contrastare il disprezzo e l'intolleranza nel cuore e nelle menti delle persone. In parallelo, queste strategie devono anche riconoscere e cercare di dare un indirizzo alle specificità dello spazio online e dei comportamenti delle persone online, come la ampia e veloce disseminazione di un argomento su internet, il possibile anonimato e una interazione senza inibizioni, le difficoltà nel dar vita ad un'azione legale, dove è necessaria, nei casi che di frequente oltrepassano i confini nazionali;
    le strategie per prevenire e combattere l'odio online devono tener presente che internet è divenuto uno strumento di comunicazione onnipresente ed indispensabile, da cui le persone non possono semplicemente «togliersi» per evitare gli abusi, specialmente quando il loro lavoro richiede di essere nello spazio «pubblico»;
    c’è inoltre la necessità di chiarire la responsabilità e il ruolo degli intermediari di internet (provider) che forniscono strumenti, forum, piattaforme per la comunicazione su internet, in particolare in riferimento alla prevenzione e al contrasto dell'odio e dei discorsi d'odio online;
    è necessario tener conto di tutto questo e della risoluzione n. 2069 del 2015 dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, che impegna gli Stati membri del Consiglio d'Europa,

impegna il Governo:

1) a favorire, per quanto di competenza, un rapido iter del disegno di legge di ratifica del protocollo aggiuntivo alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di natura razzista e xenofoba commessi attraverso i sistemi informatici (ETS n. 189), a lavorare con gli altri Stati membri dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa per giungere ad una definizione armonica e ampia dei discorsi d'odio che possa essere applicata nei casi di odio online, e a promuovere misure e normative in conformità con le raccomandazioni della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI) e con il General Policy Recommendation n. 15;
2) ad adoperarsi, in conformità con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani e nel rispetto della libertà di espressione, affinché siano introdotte nella legislazione nazionale norme che prevedano effettivi meccanismi volti a perseguire i discorsi d'odio online e, in particolare, affinché la legislazione in materia nazionale in materia si estenda a tutte le forme di incitamento online alla violenza contro una persona o un gruppo di persone, bullismo, molestie sessuali, minacce e stalking;
3) ad assumere iniziative volte a correggere la legislazione nazionale o le linee guida politiche, ove necessario, al fine di garantire che sia valutata e definita quale caso di odio online qualsiasi espressione che si estenda all'intera gamma di caratteristiche che si prestano a diventare motivi di discriminazione e che devono essere tutelate, includendo sesso, colore, etnia, nazionalità, religione, orientamento sessuale, identità di genere, opinioni politiche o altre, disabilità o altri stati;
4) ad assumere iniziative per prevedere progetti formativi per organi di pubblica sicurezza e la magistratura in merito alla gravità delle forme di odio online, includendo i discorsi d'odio online, bullismo, molestie sessuali, minacce e stalking; ad assumere iniziative per prevedere la registrazione da parte della polizia postale di tutti gli episodi di odio online e per avviare procedure investigative veloci e efficaci nonché per prevedere l'estensione dell'applicazione delle norme antidiscriminatorie ai casi di odio online; ad assumere iniziative affinché le denunce delle vittime di odio online siano tenute in seria considerazione ricevano il pieno supporto; a prevede e le vittime l'adozione di strumenti per identificare le forme di odio online e la loro eliminazione dalle piattaforme;
5) con riferimento alla prevenzione e all'educazione, ad assumere iniziative per incrementare la conoscenza nella società della diffusione e dell'impatto della pratica dell'odio online, in considerazione del riconoscimento della maggiore vulnerabilità delle bambine e dei bambini, delle giovani e dei giovani in relazione agli effetti negativi della cyberdiscriminazione e dell'odio online;
6) a prevedere campagne di informazione, sensibilizzazione e di sostegno affinché i bambini e i giovani vengano educati, fin dalla giovane età, ad un uso consapevole di internet con particolare riferimento agli scambi online, a tal fine assumendo iniziative affinché anche le competenze riferite all'uso della rete siano incluse nel curricolo scolastico come elemento essenziale;
7) ad avviare programmi e iniziative di supporto per la società civile e per gli altri attori il cui ruolo appare rilevante al fine di incoraggiare l'uso responsabile di internet, per combattere il cyberbullismo con particolare attenzione al sostegno alle vittime di episodi di odio online, per dare ai singoli gli strumenti adatti allo sviluppo di discorsi di contrasto e discussioni alternative ai discorsi d'odio online, per ristabilire il dialogo e frenare i conflitti online, per diffondere e costruire alleanze tra attori contro l'odio online, con l'obiettivo di assicurarsi che ogni iniziativa e programma siano fondati e progettati per avere un impatto duraturo sui comportamenti delle persone in relazione all'odio online;
8) a promuovere campagne informative, anche mediante eventi di rilevanza locale o nazionale, per sensibilizzare i cittadini e le cittadine sulla necessità di combattere l'odio e, a tal fine, ad assumere iniziative per prevedere la celebrazione il 22 luglio, giorno della strage di Utoya, dell’European action day for victims of hate crime – Giorno europeo delle vittime dei crimini d'odio, così chiamato dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nella raccomandazione 2052 (2014);
9) con riferimento agli intermediari di internet, ad assumere iniziative affinché gli standard sulla libertà di espressione contenuti nella Convenzione europea sui diritti umani ed indicati dalla Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza siano applicati alle comunicazioni online negli Stati membri;
10) sempre con riferimento agli intermediari di internet, ad assumere iniziative affinché promuovano azioni e interventi chiari, inequivocabili ed effettivi volti ad assicurare che i contenuti ascrivibili a discorsi d'odio online, bullismo, molestie sessuali, minacce e stalking e altro, siano rapidamente rimossi, e affinché non sia pregiudicata la possibilità di intervenire con provvedimenti legali contro il loro autore;
11) ad incoraggiare ogni intermediario a valutare seriamente la pericolosità dei discorsi d'odio e, di conseguenza, a cooperare strettamente con le competenti autorità, nel rispetto della Convenzione per la protezione delle persone riguardo al trattamento dei dati personali (ETS n. 108), in caso di odio online; ad approfondire i profili legali connessi alla responsabilità e al ruolo degli intermediari di internet per quanto concerne la rimozione dei contenuti online motivati dall'odio, usando per quanto possibile un approccio notice-and-take-down;
12) a mobilitarsi attivamente contro i discorsi di odio e contro tutte le forme di razzismo e intolleranza, in particolare prevedendo la partecipazione ad iniziative quali, per esempio, il progetto No Hate Parliamentary Alliance sviluppato dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
(1-01506) «Centemero, Cimbro, Bergamini, Palmieri, Biancofiore, Calabria, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Palmizio, Russo, Garnero Santanchè, Secco».


   La Camera,
   premesso che:
    è oramai nota la gravità della crisi petrolifera, agricola e industriale in atto in Venezuela da oltre un anno;
    il popolo venezuelano sta subendo un grave detrimento delle normali condizioni di vita, sostanzialmente riassumibile in assenza di generi alimentari di prima necessità, assenza di medicinali, assenza di sicurezza personale, delinquenza dilagante, un aumento incontrollato del prezzo dei generi alimentari in un mercato nero in cui una confezione di pasta può arrivare a costare 270 euro;
    in base al rapporto presentato il 31 maggio 2016 dal segretario generale dell'Organizzazione degli Stati americani (OSA) l'inflazione in Venezuela si attesta sul settecento per cento, il deficit fiscale ammonta a quasi un quinto del prodotto interno lordo del Paese, il debito pubblico ammonta a 220 miliardi di dollari, l'indice di povertà dimostra che i poveri sono il 76 per cento della popolazione e addirittura l'85 per cento sarebbe malnutrito;
    le imprese ed aziende subiscono continui atti di sciacallaggio e vengono assaltate e svuotate dei materiali, di modo che la ripresa di una eventuale produzione è comunque impossibile e il Paese continua a rimanere in preda a quelle che il New York Times ha recentemente definito come «convulsioni da fame»;
   è sempre più frequente l'utilizzo della giustizia come arma di persecuzione politica e continua ad aumentare la durezza della repressione delle proteste pubbliche;
    nel gennaio 2015, tramite un decreto presidenziale, è stato esplicitamente autorizzato l'uso di armi da fuoco per controllare incontri pubblici e manifestazioni pacifiche;
    nel 2013, quando il presidente Nicolas Maduro ha assunto l'incarico, stando ai dati del «Foro Penal Venezolano», organizzazione non governativa di difesa delle vittime di persecuzione politica, i prigionieri politici risultavano essere 11, ma tra il gennaio 2014 e il 31 maggio 2016, sono stati segnalati oltre quattromila detenzioni, arresti o fermi;
    il profondo vulnus democratico è esasperato dal continuo scontro di potere tra il Parlamento di opposizione eletto a dicembre 2015 e la Corte Suprema di giustizia;
    secondo il segretario generale dell'OSA «La Corte Suprema ha limitato le funzioni del potere legislativo, ha emesso una decisione ufficiale per limitare i poteri dell'Assemblea nazionale, sostenendo che sta tentando di usurpare le funzioni del potere esecutivo», e solo tra febbraio e marzo 2016 la Corte ha emesso oltre duecentocinquanta sentenze favorevoli al Governo «chavista»;
    la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Venezuela 2014/2600 (RSP), approvata in seduta plenaria in data 27 febbraio 2014, ha voluto ribadire al Governo venezuelano che «il rispetto del principio della separazione dei poteri è fondamentale in una democrazia e che il sistema giudiziario non può essere impiegato dalle autorità a fini di persecuzione politica e repressione dell'opposizione democratica»;
    la risoluzione 2014/2998 (RSP), approvata in seduta plenaria in data 18 dicembre 2014, ha sollecitato «la UE, gli Stati membri e il vicepresidente/alto rappresentante Federica Mogherini a chiedere il rilascio immediato dei manifestanti arrestati arbitrariamente sin dall'inizio delle proteste nel febbraio 2014»;

con la risoluzione 2015/2582 (RSP), approvata nella seduta plenaria in data 12 marzo 2015, il Parlamento europeo ha espresso la sua «profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione in Venezuela e condanna l'uso della violenza contro i manifestanti; chiede alle autorità venezuelane di liberare immediatamente Antonio Ledezma, Leopoldo López, Daniel Ceballos e tutti i manifestanti pacifisti, gli studenti e i leader dell'opposizione arbitrariamente detenuti» e ha sollecitato l'Unione, gli Stati membri e la comunità internazionale a prendere posizione ed adottare misure per mostrare solidarietà con il popolo venezuelano durante questo periodo difficile;
    con la risoluzione 2016/2699 (RSP), approvata dal Parlamento europeo in seduta plenaria in data 8 giugno 2016, è stata espressa, inoltre, «preoccupazione per il blocco imputabile all'attuale stallo istituzionale e per l'uso dei poteri dello Stato da parte dell'esecutivo per controllare il Tribunale supremo e il Consiglio elettorale nazionale nell'intento di ostacolare l'applicazione di leggi e iniziative adottate dall'Assemblea nazionale» e si è chiesto al Governo venezuelano di «rispettare lo Stato di diritto e il principio della separazione dei poteri», ricordando che «la separazione e la non interferenza tra poteri ugualmente legittimi sono principi essenziali degli Stati democratici in cui vige lo Stato di diritto»;
    la prima risoluzione approvata dal Parlamento italiano nel 2014 sulla situazione in Venezuela impegnava il Governo italiano a «condannare l'uso della violenza da ogni parte provenga, sostenendo attivamente le iniziative volte ad assicurare il rispetto del diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione sia nei confronti dei singoli cittadini sia nei confronti dei rappresentanti parlamentari e dei mezzi di informazione, garantendo così il mantenimento del quadro di garanzie dello stato di diritto»;
    la risoluzione approvata nel luglio del 2016 impegna il Governo italiano a porre in essere con urgenza «gli interventi opportuni per favorire una soluzione pacifica della crisi politica e, al tempo stesso, lenire la situazione umanitaria, consentendo la spedizione di medicinali»;
    un documento riservato della segreteria di Stato del Vaticano, inviato al Presidente della Repubblica, conterrebbe l'auspicio «che vengano adottate le misure per l'ingresso di cibo e medicine per il paese per alleviare la crisi umanitaria; che sia concordato un calendario elettorale; che sia restituito il potere del Parlamento, secondo la Costituzione; e che siano liberati i prigionieri politici»;
    il referendum «revocatorio» del Presidente avrebbe potuto essere l'unico strumento democratico in grado di garantire una soluzione pacifica alla crisi venezuelana;
    il referendum avrebbe dovuto tenersi entro il 10 gennaio 2017, e in caso contrario, una volta revocato il mandato, sarebbe rimasto in carica il Vicepresidente, nominato dallo stesso Nicolas Maduro;
    nonostante la consegna, nel mese di aprile 2016, di 1,8 milioni di firme a sostegno del referendum raccolte dalle forze di opposizione, il 20 ottobre 2016 il Consiglio nazionale elettorale ha deciso di bloccare la procedura di convocazione del referendum «revocatorio», rinviandolo a data da destinarsi;
    al contempo, sono state posticipate anche le elezioni regionali, che avrebbero dovute svolgersi nel dicembre 2016;
    il 4 gennaio 2017 Nicolas Maduro ha nominato vicepresidente il suo collaboratore più radicale, Tareck Zaidan El Aissami Maddah, un venezuelano di origine siriana, accusato di favorire la circolazione di fondamentalisti islamici in Venezuela, secondo l'informazione pubblicata dal Wall Street Journal nel 2014 e recentemente evidenziata dal portale ebraico-italiano Moked, e subito dopo Maduro ha creato il «Comando antigolpe», un gruppo di coordinamento delle forze repressive dello Stato posto sotto il controllo del nuovo vicepresidente;
    il 9 gennaio 2017 i legislatori dell'opposizione venezuelana hanno presentato all'Assemblea nazionale una mozione contro il Presidente Nicolas Maduro con lo scopo di tenere elezioni anticipate;
    la mozione, approvata dalla maggioranza dei parlamentari, è stata dichiarata incostituzionale dal Tribunale supremo di giustizia, controllato dal chavismo;
    il Venezuela ospita la terza comunità italiana, in ordine di importanza, nelle nazioni dell'America latina e, aggiungendo ad essi i discendenti delle generazioni successive, si superano ampiamente i due milioni di persone,

impegna il Governo:

1) a promuovere iniziative a tutela dei diritti umani e delle libertà individuali e collettive in Venezuela, del rispetto della sovranità del Parlamento venezuelano, democraticamente eletto dal popolo venezuelano il 6 dicembre 2015, dell'autonomia del potere legislativo e dei principi fondamentali della democrazia;
2) a condannare fermamente la persecuzione politica e la repressione dell'opposizione democratica venezuelana e le violazioni della libertà di espressione e manifestazione;
3) ad attivarsi in ambito europeo per una chiara presa di posizione dell'Unione europea rispetto al Governo venezuelano atta a ribadire l'imprescindibile esigenza del pieno rispetto dello stato di diritto e delle libertà fondamentali nel Paese, quale elemento essenziale delle relazioni tra la stessa Unione europea e il Venezuela;
4) ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in collaborazione con gli organismi internazionali e con i rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell'Unione europea, affinché sia dichiarata l'emergenza umanitaria in Venezuela e sia aperto un canale di aiuti per l'invio di cibo e medicine;
5) ad intervenire affinché siano rilasciati immediatamente Antonio Ledezma, sindaco di Caracas democraticamente eletto, e tutti i prigionieri politici;
6) ad attivarsi presso gli organi internazionali competenti affinché sia sospeso ogni tipo di rapporto economico e diplomatico con il Governo venezuelano fino all'indizione delle elezioni anticipate.
(1-01507) «La Russa, Rampelli, Cirielli, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    negli anni recenti il progresso scientifico e tecnologico ha favorito la crescita della robotica e delle intelligenze artificiali applicate, dando origine ad una profonda innovazione nel mondo della produzione dei beni e servizi, con un ampio impatto atteso in molti settori, come per esempio la domotica, la medicina, la difesa, i servizi alle persone;
   nel 2014 la crescita della vendita dei robot è aumentata al 29 per cento, quasi il doppio della media degli anni precedenti e le richieste di brevetto per le tecnologie robotiche sono triplicate nel corso dell'ultimo decennio; ci si attende che nei prossimi anni saranno venduti circa 35 milioni di robot personali in tutto il mondo, per uso domestico, per i veicoli senza guidatore, per l'intrattenimento, educazione, l'assistenza sanitaria;
   entro il 2020 si prevede che il mercato mondiale avrà un valore di oltre 150 miliardi di dollari. A livello internazionale, l'Asia è il mercato a più alto tasso di crescita, la Cina ha superato da sola l'intera Europa. L'Italia, essendo il sesto Paese del mondo produttore di robot industriali e il secondo in Europa, ha un ruolo di leadership in termini di ricerca, innovazione e produzione;
   lo sviluppo e la crescita del settore della robotica e delle intelligenze artificiali avrà effetti dirompenti dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro con importanti conseguenze sull'occupazione ma anche sullo stile di vita delle persone, e molti analisti sottolineano che si stanno vivendo gli albori di una «quarta rivoluzione industriale»;
   la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha approvato una bozza di risoluzione con la quale si chiede alla Commissione europea di definire un quadro giuridico comune in materia di robotica e intelligenza artificiale. La relazione della Commissione giuridica del Parlamento europeo propone, tra le altre cose, la creazione di un sistema di registrazione di robot avanzati e invita la Commissione europea a stabilire criteri per la classificazione dei robot per individuare quelli da sottoporre a registrazione; propone anche un codice etico-deontologico degli ingegneri robotici, un codice per i comitati etici di ricerca per il loro lavoro di revisione dei protocolli di robotica e modelli di licenze per progettisti e utenti; la creazione di un'agenzia europea per la robotica e l'intelligenza artificiale al fine di fornire le competenze tecniche, etiche e normative necessarie per sostenere gli attori pubblici pertinenti, a livello sia di Unione Europea che di Stati membri; suggerisce di istituire un regime di responsabilità civile e di personalità giuridica per i robot più evoluti;
   altri Stati, quali gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna, il Giappone, Cina e Corea del Sud stanno prendendo in considerazione, e in una certa misura hanno già adottato, atti normativi in materia di robotica e intelligenza artificiale, e alcuni Stati membri hanno iniziato a riflettere su possibili cambiamenti legislativi per tenere conto delle applicazioni emergenti di tali tecnologie;
   alcuni Ministeri hanno già posto nella loro agenda l'approfondimento di alcune tematiche legate allo sviluppo della robotica in alcuni settori, come ad esempio la progettazione di strade per le auto a guida autonoma,

impegna il Governo:

1) a favorire una linea comune tra i Ministeri nell'approccio allo sviluppo sostenibile della robotica, dell'intelligenza artificiale e della sicurezza informatica; a promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani di tali tecnologie e a sostenerne le applicazioni alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e a start up innovative, in linea con quanto emerso dall'indagine conoscitiva della Camera su «Industria 4.0: quale modello applicare al tessuto industriale italiano. Strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali» e in linea con il piano «Italia 4.0» del Governo, tenendo conto dei problemi aperti relativi al tema della cyber-security e della rilevanza etica e dell'impatto che tali tecnologie avranno sulla società e sul mondo del lavoro;
2) ad analizzare soluzioni alternative e innovative di welfare in merito agli effetti che lo sviluppo della robotica e dell'intelligenza artificiale avrà sull'occupazione.
(1-01508) «Rosato, Carrozza, Basso, Coppola, Boccadutri, Quintarelli, Miotto, Zan, Giorgis, Senaldi, Misiani, Dell'Aringa, Braga, Cinzia Maria Fontana, Cardinale, Marantelli, Montroni, Parrini, Baruffi, Murer, Lenzi, Patriarca, Carnevali, Simoni, Lodolini, Borghi, Lattuca, Realacci, Giuliani, Fossati, Casellato, Monaco, Ribaudo, Schirò, Rostellato, Grassi, Fragomeli, Giovanna Sanna, Falcone, Rocchi, Piazzoni, Catalano, Venittelli, Taranto, Albanella, Bergonzi, Marco Di Maio, Amato, Gadda, Gnecchi, Tullo, Manfredi, Campana, Mognato, Taricco, Cominelli, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Pinna, Fontanelli, Petrini, Carrescia, Mariani, Rampi, De Menech, Capone, Zampa, Moretto, Rubinato, Albini, Arlotti, D'Ottavio, Peluffo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il Sismi avvisò dell'attentato di Nassirya, indicando perfino il colore dell'autocisterna che avrebbe attaccato;
   la sentenza n. 824 del 2017 pubblicata l'8 febbraio 2017 dalla Corte d'appello di Roma non lascia adito a dubbi: la strage di Nassiriya si poteva evitare;
   l'autocisterna che il 12 novembre del 2003 irruppe nella base militare italiana in Iraq e uccise 19 italiani (12 carabinieri, 5 soldati dell'esercito e due civili) e nove iracheni, poteva essere fermata;
   sarebbe bastato non compiere una serie di «errori», uno dei quali «clamoroso» e altre «irresponsabili assurdità», come è richiamato nella sentenza;
   si tratta di un pronunciamento di diritto civile che riscrive l'intera vicenda;
   il processo civile, invece, è riuscito ad andare avanti e il generale dell'Esercito Bruno Stano (in pensione) ora è stato condannato a risarcire le vittime;
   occorrerà un altro procedimento giudiziario per stabilire gli esatti importi economici a meno che il Ministero della difesa non si decida ad intervenire e risarcire direttamente i familiari che, da 13 anni, sono alle prese con questa odissea giudiziaria;
   le motivazioni depositate dalla Corte d'appello di Roma l'8 febbraio 2017 sono riportate integralmente da Giuseppe Caporale e Luca Comellini sul sito di Tiscali;
   secondo i giudici della prima sezione civile: «È manifesta la stretta dipendenza tra il reato commesso (dal generale Stano) e la morte e le lesioni riportate dalle vittime»;
   si legge nella sentenza: «Non può non essere ribadito, sul primo profilo, il vero e proprio preavviso di pericolo concreto contro le basi italiane in Nassirya, dato dal “punto di situazione” del 5 Novembre, noto al comandante, secondo cui un gruppo di terroristi di nazionalità siriana e Yemenita si sarebbe trasferito a Nassirya, risultato ex post tragicamente veridico vedi le dichiarazioni del terrorista S.M.A.H. circa la base italiana scelta, quale obbiettivo, dopo sopralluogo, per la sua palese vulnerabilità. Si devono, allora, ricordare anche i messaggi del Sismi del 23 ottobre: un attacco a un obbiettivo al massimo entro due settimane. E del 25 ottobre, con precisione fin nei colori del mezzo: un camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto. Qui si deve rilevare l'evidente sottovalutazione, in capo allo Stano, comandante pro tempore, di un allarme così puntuale e prossimo»;
   secondo il dispositivo: «Tale allarme si colloca, temporalmente, una settimana prima del tragico evento: ben c'era possibilità, dunque, di predisporre utilmente qualche maggior contrasto anche temporaneo. In ordine all'aspetto della complessiva insufficienza delle difese passive, il dato è certo e clamoroso. Né lo nega la sentenza impugnata che rileva quel che era sotto gli occhi di tutti (sul punto la sentenza ingiustamente svilisce le precise e corrette dichiarazioni del Colonnello Burgio, ma anche del Colonnello Perrella: la situazione sul campo era anche più grave di quanto già non apparisse sulla carta). Mancanza di un'area di rispetto, inesistenza di una serpentina, hesco bastion troppo bassi e riempiti di ghiaia anziché di sabbia, così essendo chiaramente insufficienti e passibili di trasformarsi in proiettili (come per le munizioni della riservetta) anziché avere effetto protettivo»;
   per i giudici: «Anche quanto alla riservetta (deposito munizioni, ndr) la sentenza precedente appare inadeguata, disattendendo la questione con una generica affermazione di concreta irrilevanza, mancando con ciò di confrontarsi – per non dire errando sul punto – con gli esiti delle indagini medico-legali che rilevavano come alcune vittime fossero state colpite da proiettili esplosi ma non sparati, il che rimanda proprio alla riservetta esplosa per l'innesco causato dall'esplosione del camion-bomba. Sullo specifico punto, anche un estraneo alle arti militari dovrà rilevare l'irresponsabile assurdità della collocazione così esposta di un deposito di munizioni»;
   il dispositivo della sentenza stabilisce: «Tanto è poco vero che lo Stano sarebbe stato colposamente inattivo solo per ordine superiore, che egli stesso riferiva in data 22 ottobre 2003 di aver disposto il progressivo trasferimento di alcune basi del nostro contingente verso aree più sicure. Dunque, piena consapevolezza dei rischi imminenti; percezione della necessità addirittura del trasferimento (non attuato). E non vero che la direttiva gerarchica-politica imponesse la permanenza necessitata in posizione di rischio, tra la gente del posto. Non solo, ancor più era necessario innalzare, nel frattempo e nel possibile, le difese passive, in nulla attuate»;
   la sentenza conclude: «Ed allora: un siffatto operare – il comportamento virtuoso che si richiede a chi presiede una posizione di garanzia – sicuramente avrebbe, secondo regole di comune e condivisa esperienza, ridotto il rischio in sé o, quam minus, ridotto gli esiti di danno, perché il camion bomba, costretto a fermarsi prima, non avrebbe cagionato la strage poi in realtà causata» –:
   se il Governo non ritenga di dover, con somma urgenza, assumere iniziative, per quanto di competenza, anche normative, per garantire, con un atto di responsabilità politica, civile e istituzionale, un indennizzo, con una valenza anche di risarcimento morale, per le vittime di un attentato per il quale, alla luce della citata sentenza, si profilano, ad avviso dell'interpellante, responsabilità chiare in capo allo Stato.
(2-01654) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   per reiterate volte, nell'ambito della manifestazione Festival di Sanremo, venivano inquadrate le presenze dei vertici politici del Ministero della difesa;
   si registrava la presenza del Ministro della difesa Roberta Pinotti, che veniva invitata a rendere anche una testimonianza sull'impegno di pace dei militari impegnati nelle missioni estere;
   lo stesso Ministro ometteva, ad avviso dell'interrogante colpevolmente, lo stato di abbandono delle categorie militari, degli stipendi sempre meno adeguati, delle condizioni risarcitorie per malattie gravi contratte nell'ambito delle stesse missioni;
   il Ministro ometteva di raccontare la vicenda di centinaia di militari morti in seguito a quelle missioni internazionali vittime principalmente dell'uranio impoverito e del torio di cui sono stati vittime, a giudizio dell'interrogante, per negligenza dello Stato;
   il Ministro ometteva che il Governo ha reagito a sentenze evidenti di responsabilità dello Stato, compresa l'impugnazione delle pronunce sui risarcimenti dei militari;
   tra i presenti al Festival vi era anche il sottosegretario alla difesa Domenico Rossi già oggetto di una serie di puntate delle Iene che lo ritraevano in un imbarazzante utilizzo della macchina di rappresentanza parcheggiata in un distributore a due passi dalla propria personale abitazione;
   il generale Rossi risultava accompagnato da un familiare –:
   se non si ritenga di chiarire le ragioni della presenza, ad avviso dell'interrogante fuori luogo, dei vertici del Ministero della difesa e di quella che appare all'interrogante una lacunosa comunicazione resa nell'ambito della partecipazione;
   se non ritenga di dover chiarire a carico di chi siano state le spese connesse alla presenza dei due esponenti del Governo al Festival di Sanremo;
   se tale presenza sia stata sollecitata dai vertici del Ministero e in che modo;
   se e quanto siano costati i biglietti di partecipazione alle diverse serate e se la spesa sia stata a carico degli interessati o dello Stato e con quali modalità sia avvenuto l'acquisto. (3-02785)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, NICOLETTI, GARAVINI, TIDEI, CAUSI, SERENI, ZAMPA, LA MARCA, CHAOUKI, ANDREA ROMANO e CASSANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   su proposta della direzione generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le iniziative promosse dalle organizzazioni non governative (ONG) e rientranti nella tipologia «lotta alla fame nel mondo», sono state inserite nel percorso dell'8 per mille Irpef destinato alla diretta gestione statale, ex articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2016, all'articolo 1, veniva assegnata «per l'anno 2014, la quota parte di euro 6.716.279,40, destinata agli interventi relativi alla categoria Fame nel mondo» a organizzazioni non governative il cui elenco risulta all'allegato FM 5 del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad oggi, e dopo ripetuti solleciti da parte di alcune importanti soggetti quali AOI, CINI e Link 2007, nonché dopo aver dovuto ridefinire budget già approvati per esigenze di riassestamento di bilancio da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, non risulta versato il saldo dei contributi già assegnati alle organizzazioni non governative, concernenti le suindicate iniziative per l'anno 2014;
   a quanto è stato possibile ricostruire il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe adempiuto tutti gli obblighi connessi alla composizione della commissione istituita con decreto del segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri il 18 febbraio 2015 e modificata con decreto – della medesima natura – del 12 maggio 2015, finalizzata alla «valutazione tecnica degli interventi presentati ai fini dell'ammissione alla ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per l'anno 2014 rientranti nella tipologia “Fame nel mondo”»;
   le organizzazioni non governative hanno già avviato iniziative finanziate anche con i contributi volontari di cittadine e cittadini italiani assumendosi impegni che però, in assenza della componente derivante dai suddetti fondi statali, corrono il rischio di non essere mantenuti –:
   come intendano operare, per quanto di competenza, al fine di assicurare alle organizzazioni non governative che ne hanno titolo, nel più breve tempo possibile, la corresponsione di quanto dovuto per l'anno 2014. (5-10554)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia il 17 novembre 2011, in merito alla causa C-496/09, poiché non ha adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza 1o aprile 2004, causa C-99/02, Commissione/Italia, relativa al regime di aiuti concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, che sono stati dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune; la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale decisione e dell'articolo 228, n. 1, del trattato CE;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia il 2 dicembre 2014, in merito alla causa C-196/13, per 200 discariche non bonificate, prevedendo come sanzione una multa forfettaria di 40 milioni di euro ed una multa semestrale proporzionale alle discariche ancora non bonificate;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia il 16 luglio 2015 nella causa C653/13 per non aver adottato tutte le misure necessarie all'esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C-297/08, EU:C:2010:115) sull'emergenza rifiuti in Campania; la Corte ha quindi condannato il nostro Paese ad una multa giornaliera di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza e una multa forfettaria di 20 milioni di euro;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia in data 17 settembre 2015 nella causa C-367/14, perché ha ritenuto che le riduzioni e/o sgravi dagli oneri sociali concessi tra il 1995 e il 1997 a una serie di imprese del territorio insulare di Venezia e Chioggia costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune, quindi, il nostro Paese a seguito della sentenza ha versato una somma forfettaria di 30 milioni di euro e dovrà versare una penalità di 12 milioni di euro per ogni semestre di ritardo, per aver ritardato nel recupero di aiuti incompatibili con il mercato comune –:
   quale sia l'importo complessivo delle sanzioni pecuniarie che l'Italia ha dovuto versare in ragione delle condanne irrogate dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. (4-15534)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   durante il Consiglio dei ministri del 29 aprile 2016 è stato nominato commissario del Governo di Trento il dottor Pasquale Antonio Gioffrè in sostituzione del già Commissario del Governo dottor Francesco Squarcina;
   il nuovo commissario Gioffrè durante la sua precedente esperienza professionale in Liguria aveva ricoperto la carica di Vicepresidente della «Città del Sole», associazione il cui presidente, Salvatore Ottavio Cosma risultava, secondo il rapporto della Guardia di Finanza del 2007 (in esecuzione di un'inchiesta del pm genovese dottor Francesco Pinto), punto di contatto fra ‘Ndrangheta e ambienti politici liguri;
   della sopracitata associazione faceva parte il dottor Giuseppe Profiti, alto esponente della sanità nazionale, che ha ricoperto incarichi apicali anche presso l'Istituto «G. Gaslini» di Genova (1998-2001), nella regione Liguria (2001-2007), presso l'Ente ospedaliero «Ospedali Galliera» di Genova (2004-2009), presso la «Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor» (2011-2012), presso la Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione-IDI (19 febbraio 2013-2015), presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore (1o gennaio 2010-2015), presso l'Ospedale pediatrico del Bambino Gesù (2008-12 gennaio 2015), presso l'istituto Opere Religiose (IOR);
   il dottor Profiti, nella sua veste di presidente dell'Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù ha stipulato in data 2 aprile 2012 un protocollo d'intesa con l'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro, in seguito soggetta a commissariamento straordinario (commissario straordinario Domenico Pingitore);
   il dottor Profiti, per quanto consta all'interrogante, ha inoltre stipulato l'11 giugno 2010 a Palermo, un «Accordo per la realizzazione in Sicilia di un centro cardiologico pediatrico» sottoscritto anche dal dottor Massimo Russo, assessore regionale della sanità in Sicilia, e dal presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo;
   l'8 novembre 2010 il presidio ospedaliero San Vincenzo di Taormina (cosiddetto Sirina) è diventato, in virtù della convenzione, Centro cardiologico pediatrico del Mediterraneo inaugurato il 21 giugno alla presenza del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano, dell'assessore regionale alla salute Massimo Russo, del dottor Profiti, e del presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo, – in seguito condannato per concorso esterno in associazione mafiosa;
   molti degli Istituti ove il dottor Giuseppe Profiti ha ricoperto posizioni apicali hanno inoltre affidato importanti incarichi professionali alla società di revisione contabile Deloitte & Touche spa quali ad esempio lo studio di fattibilità del nuovo Galliera che prevedeva una spesa, nel 2008, di 160 milioni di euro, attribuendo ben tre incarichi professionali alla società Deloitte & Touche SPA per attività di supporto all'analisi economico finanziaria, e il lavoro di ricostruzione della situazione contabile dell'Ente Ospedaliero San Raffaele «Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor» nel periodo della vicepresidenza Profiti (2011- 2012);
   l'appartenenza all'associazione «Città del Sole» dei predetti dottor Pasquale Antonio Gioffrè e del dottor Giuseppe Profiti è richiamata in atti di sindacato ispettivo della XVI legislatura (n. 4-06803 del 7 febbraio 2012 del senatore Giuseppe Lumia, n. 4-06838 del 9 febbraio 2012 del senatore Elio Lannutti e l'interpellanza urgente n. 2-01491 del 24 maggio 2012 dell'onorevole Vinicio Peluffo);
   in particolare, nell'atto del senatore Lumia si evidenziava che «[... ] Gioffrè risulta uno dei soci fondatori dell'associazione “Città del Sole”, nata il 28 ottobre 2005, nella quale compaiono i nomi di: Francescantonio Anastasio, figlio di Pietro morto nel 2010 e il cui nome, pur non indagato, compare nell'indagine Maglio del 2011 per i suoi “rapporti di ’ndrangheta con Domenico Gangemi, capo della mafia calabrese in Liguria”»;
   la procura della Repubblica di Trento, a seguito di numerose interrogazioni ed atti ispettivi di consiglieri provinciali e regionali, ha aperto un'attività – di indagine sugli incarichi affidati alla Deloitte, indagine denominata «Trento Rise», di cui è titolare il dottor Pasquale Profiti –:
   se il Governo, in occasione della nomina del dottor Gioffré a commissario del Governo per la provincia di Trento, abbia tenuto in considerazione le vicende richiamate in premessa e quali eventuali ulteriori iniziative, anche normative, intenda assumere in relazione alle stesse. (4-15536)


   OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende, da notizie apparse nei giorni scorsi sulla stampa, dell'ipotesi di una possibile gestione diretta da parte della Commissione europea, a partire dal 2020 di alcuni fondi di coesione (circa un terzo del bilancio europeo) destinati alle regioni (anche se gestiti in accordo con gli Stati e la stessa Commissione);
   la notizia è trapelata al recente convegno di «Centro in Europa» e «Centre Europe Direct» sul futuro della politica urbana dove a parlarne è stato il capo di gabinetto della Commissaria europea per le politiche regionali Corina Cretu;
   secondo queste fonti la Commissione europea starebbe pensando di definire in proprio alcune idee strategiche (con bandi su energia, trasporti, sicurezza, profughi), togliendo risorse che attualmente vanno ai fondi di coesione regionali: su tale linea premerebbero la Germania e i Paesi del Nord ma anche le grandi imprese;
   l’«accentramento» di una parte di risorse europee destinate alle regioni per la prossima programmazione rischia di creare un grave danno per le micro imprese italiane, a vantaggio delle poche grandi realtà imprenditoriali;
   tali fondi, se spesi in maniera virtuosa dalle regioni, rappresentano uno strumento fondamentale per le strategie di sviluppo economico del territorio, come ad esempio in Liguria dove una percentuale maggiore di risorse va alle microimprese, che rappresentano il 96,3 per cento del tessuto economico, ben un punto percentuale in più della media italiana;
   per la programmazione 2014-2020 sono destinati alla regione Liguria più di un miliardo di euro di fondi europei così ripartiti: 392 miliardi al Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fers) che finanzia progetti per il sostegno alle imprese e alle infrastrutture; 354 milioni al fondo sociale europeo (Fse) con il quale la Liguria finanzia progetti per la lotta alla disoccupazione, soprattutto giovanile, le crisi aziendali, la formazione professionale, la lotta alla dispersione scolastica; 314 milioni ai piani di sviluppo rurale (Psr) che finanzia le politiche agricole. Queste risorse sono spese in modo virtuoso dalla Liguria che utilizza quasi l'intero importo della dotazione assegnata –:
   quali iniziative intenda il Governo adottare per evitare che tale ipotesi si trasformi in realtà e far sì che le risorse europee, invece di essere gestite direttamente dalla Commissione europea, siano destinate ancora alle regioni, affinché possano continuare ad incidere sulle strategie di sviluppo locale e tutelare gli interessi delle microimprese presenti sul territorio. (4-15539)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   a causa dell'ultimo sisma di ottobre 2016 che ha colpito la regione Marche, i cittadini rimasti senza casa nelle province marchigiane sono circa cinquemila;
   su segnalazione dei sindaci e del dipartimento nazionale della protezione civile, il centro di coordinamento regionale comunicava che avevano trovato collocazione presso strutture alternative, autonomamente o presso parenti, molte persone, mentre 583, erano trasferite in strutture alberghiere della costa marchigiana tra Porto Sant'Elpidio, Civitanova Marche e San Benedetto del Tronto;
   le strutture alberghiere devono seguire delle procedure ben precise al fine di ottenere i rimborsi delle spese sostenute: registrazione degli ospiti sul proprio sistema, validazione da parte del sindaco del comune di provenienza degli sfollati che attesti il titolo al diritto di essere ospitato in base alle ordinanze e indicazioni della protezione civile, sottoscrizione del contratto della struttura alberghiera con la regione Marche e, infine, report del rendiconto mensile con le indicazioni del giorno di registrazione, del trattamento riservato di ogni singolo ospite, della fatturazione elettronica;
   il «decreto terremoto» prevede che gli albergatori ricevano il rimborso – dopo aver presentato fattura – entro i sessanta giorni successivi;
   tuttavia, nel mese dicembre 2016, su 150 strutture ricettive ospitanti gli sfollati dal mese di agosto, novantatré non aveva ancora ricevuto il codice meccanografico indispensabile per fatturare alla regione Marche;
   la regione Marche – incaricata di elaborare un applicativo informatico per l'emissione di codici e di fatture elettroniche – ha dichiarato che i ritardi nel fornire i codici che consentono di fatturare, erano dovuti a un errore di sistema;
   molti albergatori, denunciano alla stampa di non essere più in grado di anticipare le spese di gestione e personale, poiché a metà febbraio 2017 non hanno ancora ricevuto nessun pagamento da parte della regione, salvo la rassicurazione che a breve saranno saldate le fatture dei mesi ottobre, novembre e dicembre 2016;
   la burocrazia e la lentezza della gestione dell'emergenza derivante dal terremoto da parte di Governo e regioni stanno mettendo in grave crisi economica le strutture ricettive che hanno dato accoglienza agli sfollati del sisma –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   poiché la burocrazia e il costo dell'emergenza non possono gravare sugli albergatori e sulla loro disponibilità, se non ritengano, per quanto di competenza, di assumere iniziative affinché i problemi riguardanti la gestione delle procedure amministrative di cui in premessa non rischino di compromettere ulteriormente la situazione economica degli albergatori coinvolti, che, nonostante la disponibilità all'accoglienza dei terremotati, si stanno caricando i costi dell'emergenza, dagli stipendi del personale richiamato in servizio, alle spese di utenze, derrate alimentari, e altro;
   in considerazione dell'allungamento delle tempistiche di pagamento delle fatture agli albergatori e i ritardi di consegna dei moduli abitativi in legno in favore degli sfollati e dell'avvicinarsi della stagione turistica, come intenda il Governo favorire soluzioni immediate e tempi certi nelle consegne dei moduli abitativi che dovrebbero riportare nei propri paesi di provenienza i cittadini sfollati e dare risposte concrete alle strutture alberghiere della costa marchigiana che a oggi non sono in grado di sapere se potranno dare avvio alla stagione turistica. (4-15541)


   TIDEI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, ha apportato diverse modifiche al decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001 n. 64». In particolare, il comma 8 dell'articolo 9, disciplinante il trattamento economico e giuridico, attualmente in vigore, recita così: «Al termine del periodo di servizio civile, compiuto senza demerito, l'Ufficio nazionale per il servizio civile o le regioni o le province autonome di Trento e di Bolzano, per quanto di rispettiva competenza, rilasciano ai volontari un apposito attestato da cui risulta l'effettuazione del servizio civile. I titolari di tale attestato sono equiparati al personale militare volontario in ferma annuale». La modifica ha equiparato i volontari del servizio civile che conseguono apposito attestato al termine del periodo previsto al personale militare in ferma annuale;
   ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), gli articoli 1014 e 678 disciplinano l'istituto della riserva in favore dei militari volontari congedati, senza demerito. In particolare, l'articolo 1014 citato prevede che la riserva dei posti si applichi a tutti i bandi di concorso e provvedimenti che prevedono assunzioni di personale non dirigente. Tali atti devono recare l'attestazione dei predetti posti riservati agli aventi diritto; inoltre, è previsto che le pubbliche amministrazioni trasmettano al Ministero della difesa copia dei bandi di concorso. La norma individua, quali beneficiari della riserva in questione, tutti i volontari in ferma prefissata che hanno completato senza demerito la ferma contratta, e cioè: a) volontari in ferma prefissata di 1 anno; b) volontari in ferma prefissata di 4 anni; c) volontari in ferma breve triennale; d) Ufficiali di complemento in ferma biennale o in ferma prefissata;
   il summenzionato articolo 1014 è stato recentemente novellato dal decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8, il quale ha introdotto alcune novità, tra cui: a) la previsione della quota di riserva nei bandi di assunzione nella polizia municipale e provinciale pari al 20 per cento; b) la conferma della quota di riserva del 30 per cento per le pubbliche amministrazioni in generale e del 50 per cento per l'amministrazione della Difesa; c) l'estensione dell'istituto della riserva del 30 per cento anche alle aziende speciali e istituzioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   il sacro dovere costituzionale di difesa della Patria è stato oggetto di approfonditi studi e di innovative interpretazioni giurisprudenziali. Basti ricordare la storica sentenza della Corte costituzionale n. 53 del 1967, la quale delinea sistemi difensivi diversi dal modello militare. Dunque, dalla giurisprudenza e dalla dottrina sono scaturiti gli interventi del legislatore che hanno condotto alla chiara individuazione del servizio civile quale modalità attuativa del dovere costituzionale di difesa della Patria –:
   se il Governo non reputi opportuno, ai fini di una effettiva e compiuta equiparazione tra i volontari delle Forze armate e i volontari del servizio civile nazionale, assumere iniziative normative per estendere l'istituto della riserva dei posti nei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni, assolvendo anche questi ultimi al sacro dovere costituzionale di difesa della Patria, come i volontari che prestano il proprio servizio svolgendo incarichi di natura militare in favore della comunità nazionale. (4-15543)


   TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, il 24 gennaio 2017, ha presentato l'interrogazione a risposta orale n. 3-02723, per avere chiarimenti sulla gestione dei moduli abitativi provvisori in seguito agli eventi sismici verificatisi nel centro Italia ad agosto e ottobre del 2016, alla quale non è ancora stata data risposta;
   per quanto riguarda il delicato tema affrontato nell'interrogazione citata si segnala, che, secondo quanto riportato dal Corriere Adriatico dell'8 febbraio 2017, il comune di Bolognola avrebbe individuato due aree per realizzare le 17 casette che il sindaco ha richiesto per accogliere 45 sfollati; dalle dichiarazioni del sindaco riportate nell'articolo si apprende anche che le aree individuate necessiterebbero di interventi definiti costosi per essere idonee ad accogliere le casette e che la regione non avrebbe ancora provveduto a rilasciare la necessaria autorizzazione per consentire l'inizio dei lavori –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito al caso specifico del comune di Bolognola riportato in premessa e quale sia la fase di avanzamento dei lavori di predisposizione delle aree già individuate;
   se sia a conoscenza di altri casi nei quali i comuni siano in attesa di ricevere la necessaria autorizzazione, pur avendo segnalato le aree per la realizzazione dei moduli abitativi provvisori. (4-15546)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, ROSSOMANDO e ZAMPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane diversi articoli sulla stampa nazionale e locale hanno portato all'attenzione della pubblica opinione il caso «Enzo B», ente accreditato per le adozioni internazionali con sede a Torino, contro cui è stato presentato un esposto da un'aspirante coppia adottiva per aver versato nelle casse dell'ente 10.000 euro senza aver avuto alcun riscontro;
   sarebbero diverse decine le aspiranti famiglie adottive che, essendosi rivolte a questa struttura accreditata, reputano di essere state «raggirate»;
   a tale proposito è stata creata un'associazione spontanea, « Family for children» per raccogliere testimonianze ed esperienze di famiglie che, pur ritenute idonee, hanno visto le loro pratiche non solo non arrivare a buon fine, ma, a quanto pare, neppure iniziare ad essere istruite;
   un simile fatto di cronaca, in cui si manifestano situazioni di disagio e di conflitto tra famiglie ed enti accreditati, genera costernazione presso l'opinione pubblica in un settore, quello delle adozioni, che dovrebbe essere caratterizzato da una gestione che prima di ogni altra cosa metta al centro il superiore interesse del minore –:
   quali iniziative di competenza la Commissione per le adozioni internazionali intenda intraprendere per verificare se i fatti riportati dagli organi di stampa corrispondano al vero e, più in generale, quale sistema di verifiche sia in funzione per evitare l'emergere di questioni analoghe. (4-15549)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Amandola (Fm) è uno dei paesi colpiti già duramente dal sisma del 24 agosto 2016. Nel paese era ubicato l'ospedale pubblico, struttura sanitaria di riferimento della popolazione locale ed anche al servizio di un vasto bacino di utenti del versante Piceno/Fermano che può essere valutato in oltre 20.000 persone su un territorio di oltre 750 chilometri quadrati a confine di tre province;
   a seguito del sisma del 24 agosto 2016, parte della struttura del nosocomio è stata dichiarata inagibile, pertanto i reparti di medicina e chirurgia e la residenza sanitaria assistita sono stati chiusi e i pazienti trasferiti presso l'ospedale di Fermo (Mc);
   nell'ospedale, erano ancora attivi il punto di primo intervento, la Potes, la radiologia con annessa TAC, il laboratorio analisi con il punto prelievi e la guardia medica, e la dialisi, ma a seguito delle successive scosse di terremoto dell'ottobre 2016, si era verificato un ulteriore aggravamento della situazione del nosocomio, pertanto con ordinanza del sindaco, la struttura veniva completamente chiusa;
   veniva quindi allestita solo una prima struttura in container per collocare un pronto soccorso e quattro moduli sanitari per allestire gli ambulatori, la diagnostica ed il laboratorio analisi;
   del successivo modulo che doveva essere allestito per l'emodialisi – che ad Amandola segue sedici pazienti – non ci sono ancora notizie;
   a seguito degli ultimi crolli dell'ospedale e della parte relativa alla residenza sanitaria assistita, costruita solamente nel 2010 ed inaugurata nel 2014, la procura di Ascoli Piceno apriva un fascicolo contro ignoti per l'ipotesi di reato di disastro colposo;
   in seguito, infatti, emergevano elementi riguardo ai lavori recenti di cui è stata oggetto la struttura sanitaria;
   nel mese di gennaio 2017, si apprende da fonti di stampa che la procura di Ascoli Piceno ha iscritto nel registro degli indagati il titolare di una ditta della provincia di Napoli e il direttore dei lavori e progettista contestando loro i reati di disastro colposo e frode in pubbliche forniture;
   l'ospedale è chiuso al pubblico, ma non è stato posto sotto sequestro per consentire i lavori di ripristino dopo i danni causati dal sisma;
   nel mese di gennaio 2017, in particolare nell'ascolano, si è abbattuta una grande quantità di neve e freddo; infatti, Amandola era coperta da una coltre di neve che sfiorava in alcuni casi i due metri di altezza;
   la popolazione, anche per semplici esami del sangue o per una visita presso il medico, era costretta a restare in fila all'esterno dei moduli allestiti in ambulatori, in attesa del proprio turno, con il rischio che bambini e anziani potessero veder aggravare il proprio stato di salute, nonostante il comune avesse messo a disposizione della azienda sanitaria dei locali adeguati e sistemati della ex scuola materna –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se – in attesa delle decisioni della procura di Ascoli Piceno, a seguito dell'iscrizione nel registro degli indagati del titolare della ditta con sede nel comune di Afragola e del direttore dei lavori – non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per individuare immediate soluzioni che garantiscano di poter accedere a un servizio sanitario ed ospedaliero pubblico in aree adeguate e corrispondenti ai bisogni della comunità di Amandola e dell'intera area montana del parco nazionale dei Monti Sibillini, poiché a distanza di sei mesi, nulla è stato fatto. (4-15550)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 9 febbraio 2017 la Camera dei deputati ha respinto la proposta di legge d'iniziativa popolare «Trattati internazionali, basi e servitù militari» (C. 2-A) presentata nella XVI legislatura il 7 agosto 2008 e mantenuta all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 107, comma 4, del regolamento;
   la III Commissione, affari esteri e comunitari, alla quale il provvedimento è stato assegnato, il 25 novembre 2016 ha deliberato di riferire all'Assemblea in senso contrario e di proporre la reiezione della proposta di legge di iniziativa popolare;
   ad avviso degli interroganti, occorre precisare che contrariamente a quanto ricordato in sede referente in Commissione, i firmatari dell'appello per il sostegno alla proposta di legge non furono rappresentanti di una «sinistra alternativa», bensì associazioni per la pace e il disarmo e singole persone, primo fra tutti padre Alex Zanotelli, provenienti da realtà con professioni diverse: scienziati, sindacalisti, religiosi, attori, fisici, economisti, personalità conosciute e gente comune, tutti quanti con a cuore il ripudio della guerra, come sancito dall'articolo 11 della Costituzione Italiana, e tutti convinti che per renderlo operativo si dovessero avviare concrete politiche di disarmo;
   tra i punti contestati dalla III Commissione affrontati da questo provvedimento c’è quello concernente la previsione di rendere pubblici i trattati e gli accordi militari stipulati;
   al riguardo, è stato autorevolmente sostenuto dal professor Natalino Ronzitti dell'Istituto affari internazionali che, anche se la difesa e la sicurezza sono valori fondamentali cui fanno esplicitamente e implicitamente riferimento gli articoli 11 e 52 della Costituzione «non possono nullificare il principio democratico del controllo parlamentare della politica estera del governo. Quindi si potranno tenere segrete le clausole strettamente riservate dell'accordo, ma la sua cornice dovrà essere sottoposta alle normali procedure parlamentari e pubblicata in Gazzetta Ufficiale»;
   inoltre, dagli articoli 3 (obbligo di cooperazione) e 9 (istituzione del Consiglio Atlantico) del Trattato Nato «non discende certamente l'obbligo di concedere una base. Il fondamento della base resta pur sempre un accordo bilaterale»;
   nell'ordinamento italiano esistono due procedure per la stipulazione degli accordi internazionali: una procedura solenne – che comporta che l'accordo venga sottoposto al Parlamento (articolo 80 Costituzione) che autorizza il Presidente della Repubblica alla ratifica (articolo 87, ottavo comma) mediante una legge – e una procedura semplificata, non disciplinata esplicitamente dalla Costituzione ma affermatasi come prassi – che comporta che l'accordo entri immediatamente in vigore non appena sottoscritto dai rappresentanti dell'Esecutivo. La legge 11 dicembre 1984, n. 839, prescrive la pubblicazione degli accordi, inclusi quelli in forma semplificata;
   il trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi americane in Italia è l'Accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954 e firmato dall'allora Ministro italiano degli esteri (Giuseppe Pella) e dall'ambasciatrice Usa in Italia (Clara Booth Luce);
   si tratta quindi di un accordo in forma semplificata, noto come «accordo ombrello» che non è mai stato reso pubblico –:
   se il Governo – alla luce della politica di riorganizzazione militare del nuovo Presidente degli Stati Uniti, con il potenziamento di aerei, navi, mezzi e una «modernizzazione dell'arsenale nucleare» indicati come obiettivi durante la sua campagna elettorale, che inevitabilmente coinvolgerà i Paesi alleati come l'Italia e le basi statunitensi nel territorio italiano – non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative per rendere pubblici tutti gli accordi stipulati con gli Stati Uniti, secondo la lettera della legge 11 dicembre 1984, n. 839. (4-15558)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tra le autorità di Governo brasiliane e quelle italiane si è svolta una lunga trattativa, durata otto anni, volta alla definizione di un protocollo di aggiornamento dell'accordo sul reciproco riconoscimento selle patenti di guida;
   l'accordo risponde ad un'esigenza che con il tempo si è diffusa ed acutizzata a seguito dello sviluppo dei flussi di reciproca immigrazione e di mobilità intervenuto tra due Paesi per ragioni di lavoro, di investimento, di studio e di esercizio professionale;
   l'interrogante ha sollecitato con numerosi atti parlamentari e contatti politico-istituzionali, in particolare con due interrogazioni presentate nel 2011 e nel 2016, la conclusione delle trattative, anche per corrispondere alle attese e alle sollecitazioni che si sono moltiplicate con il tempo;
   finalmente il 21 novembre 2016, a Roma, tra Viceministro degli esteri e della cooperazione internazionale pro tempore Mario Giro e l'ambasciatore del Brasile in Italia Riccardo Neiva Tavares veniva firmato a Roma l'accordo tra l'Italia e il Brasile sul reciproco riconoscimento in materia di conversione di patenti di guida;
   in base a tale accordo, il titolare di patente emessa dalle autorità competenti di uno dei due Stati, che stabilisca la residenza nel territorio dell'altro Stato, potrà convertire entro quattro anni la sua patente, senza dover sostenere esami teorici e pratici;
   a distanza di tre mesi dalla firma dell'accordo non risultano esiti significativi in vista del passaggio alla fase operativa e di avvio delle procedure di applicazione amministrativa, attese e sollecitate da un gran numero di interessati –:
   quali siano le ragioni di questo inatteso prolungamento dell'inizio dell'applicazione amministrativa dell'accordo ed entro quanto tempo si pensi che i cittadini interessati dei due Paesi possano concretamente usufruire delle clausole di conversione delle rispettive patenti di guida. (5-10553)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDI, PORTA e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le retribuzioni del personale a contratto locale del personale della rete diplomatico-consolare e degli Istituti italiani di cultura negli Stati Uniti sono ferme da molti anni e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non ha concesso adeguamenti retributivi che rispecchino la dinamica del costo della vita negli USA e della crescita media delle retribuzioni del mercato del lavoro locale;
   si registra la mancanza di piani pensione adeguati, di schemi per la progressione delle carriere e di regole certe ed eque per la corresponsione degli straordinari;
   un ulteriore elemento da non sottovalutare, secondo le valutazioni dei contrattisti locali, è il progressivo ridimensionamento dell'euro nei confronti della divisa statunitense che ha avuto conseguenze molto penalizzanti sotto il profilo economico-finanziario per predetto personale;
   l'articolo 158 (previdenza e assistenza) del decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, «Disciplina del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura all'estero, a norma dell'articolo 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2000, dispone che «La tutela previdenziale viene assicurata nelle forme previste dalla normativa locale, ivi comprese le convenzioni egli accordi internazionali in vigore. Ove la normativa locale non preveda alcuna forma di tutela previdenziale, o statuisca in modo manifestamente insufficiente, gli impiegati a contratto possono, su richiesta, essere assicurati presso enti assicurativi italiani o stranieri. Gli impiegati a contratto di cittadinanza italiana possono optare per l'applicazione della legislazione previdenziale italiana»;
   il contratto di lavoro individuale, sottoscritto dal personale a contratto locale, stabilisce all'articolo IV (assicurazioni previdenziali) che l'impiegato fruisce di assicurazione per invalidità, vecchiaia e superstiti presso l'Inps e che i contributi dovuti dallo Stato e dagli assicurati sono determinati a norma della legislazione vigente e commisurati alla retribuzione imponibile dell'impiegato;
   dalla data di assunzione fino a quella odierna il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha versato, a favore del personale, contributi Inps in misura del 50 per cento della retribuzione percepita anziché, come previsto dal decreto legislativo n. 103 del 2000, sulla retribuzione imponibile dell'impiegato;
   l'assenza di copertura previdenziale integrale rimane, nonostante le reiterate richieste individuali e sindacali in materia, un tema irrisolto al quale dare immediata attenzione –:
   se non si ritenga necessario, per quanto di rispettiva competenza, provvedere al versamento ora per allora dei contributi previdenziali Inps fino alla data odierna, al fine di garantire i diritti pensionistici del personale a contratto, con l'aggiunta degli interessi e della rivalutazione monetaria;
   se non si ritenga doveroso agire con celerità e tempestività in relazione a quanto richiesto in ragione dell'evidente danno previdenziale causato al personale a contratto locale. (4-15542)


   BIANCOFIORE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   molti dei casi di sottrazione internazionale di minori italiani trattati dalla Farnesina hanno riguardato il trasferimento illegale dei bambini in uno dei Paesi membri dell'Unione europea;
   in ambito di Unione europea, la Slovacchia ha fatto registrare il maggior numero di sottrazioni internazionali di minori italiani: si tratta di genitori (o affini) di nazionalità slovacca che hanno sottratto i figli nati dall'unione con un italiano, trasferendoli poi illegalmente dall'Italia nel loro Paese di origine;
   nonostante la Slovacchia faccia parte ormai dal 2004 dell'Unione europea, ed abbia firmato tutte le convenzioni Internazionali contro la sottrazione internazionale di minori (tra cui la Convenzione dell'Aja, la Convenzione di Lussemburgo e la Convenzione di New York), non rispetta quasi mai gli impegni assunti, soprattutto in termini di rapidità dell'esecuzione dei provvedimenti di rimpatrio dei minori sottratti che qui avviene «normalmente» solo dopo molti anni dal rapimento;
   grave e non isolato risulta il caso del piccolo Leonardo – e del padre Alessandro, residenti in Alto Adige – che inizia nel 2013 quando l'uomo conosce una ragazza slovacca con la quale mette al mondo il piccolo Leonardo. La donna, qualche mese dopo la nascita, poiché affetta da una grave depressione, si reca in Slovacchia (con il piccolo) a trovare i genitori. Viene qui ricoverata per disturbi psichici mentre il piccolo affidato alle cure dei nonni materni. Qualche settimana dopo, la giovane madre muore per un incidente con sospetto suicidio e Alessandro, recatosi in Slovacchia per riprendere il figlio, trova l'opposizione dei nonni materni, forti del provvedimento che affida loro il bambino;
   le istituzioni slovacche non rispettano, a quanto consta all'interrogante, nemmeno quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 (Brussels II bis) relativamente al riconoscimento ed all'esecuzione delle decisioni prese da altri Stati in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonostante la Slovacchia abbia ratificato il 7 maggio 2001 anche la «Convenzione Europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e sul ristabilimento dell'affidamento dei minori» (STCE n. 105, Lussemburgo 20 maggio 1980). L'interrogante intende inoltre stigmatizzare la totale inefficienza ed inadeguatezza, a dispetto dell'importante ruolo assegnatogli dalla vigente normativa europea e dalle convenzioni internazionali, dell'ufficio dell'autorità centrale slovacca che, invece di cooperare con le omologhe autorità straniere ed adoperarsi nella massima misura possibile per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla loro reale applicazione, finisce con il prendere sistematicamente le parti del genitore (o affini) slovacco che opera una sottrazione di minori, attuando, a quanto consta all'interrogante, una serie di tecniche dilatorie che, di fatto, ritardano od impediscono del tutto l'attuazione dei provvedimenti di rimpatrio dei minori nel loro Paese di residenza –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché le autorità slovacche applichino correttamente la normativa comunitaria in vigore, in modo tale da velocizzare i tempi relativi al ritorno dei minori da quel Paese;
   se si ravveda l'urgenza di assumere iniziative per un maggior coordinamento tra le legislazioni nazionali e per migliorare la comunicazione del Mediatore europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori, diramando alle ambasciate italiane indicazioni operative, intensificando i controlli alle frontiere e promuovendo la revisione dell'articolo 11 del Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 sulla disciplina le eccezioni al rientro dei minori;
   se si ritenga opportuno assumere iniziative affinché l'ambasciata italiana a Bratislava per fornisce un supporto e un appoggio concreto al padre del piccolo Leonardo;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per favorire il ricongiungimento immediato e urgente del padre Alessandro con il figlio Leonardo, in considerazione del fatto che il 3 febbraio 2017 il tribunale di Trnava si è riunito per decidere le sorti dei bambino, il quale è al centro del contenzioso legale da ormai quasi 3 anni. (4-15555)

AFFARI REGIONALI

Interrogazione a risposta scritta:


   DE MENECH, BORGHI, MORETTO e ROTTA. — Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 56 del 2014 ha disciplinato l'organizzazione e il ruolo delle ex province introducendo la nuova denominazione di enti territoriali di area vasta, in attesa dell'abolizione degli enti stessi prevista dalla riforma costituzionale, poi «bocciata» dal corpo elettorale;
   la legge n. 56 del 2014 assegna alle province funzioni fondamentali tra le quali: la pianificazione dei trasporti e la costruzione e gestione strade provinciali;
   la medesima norma assegna inoltre funzioni aggiuntive alle 3 province interamente montane e confinanti con Stati esteri: Belluno, Sondrio e Verbano Cusio Ossola;
   le province dopo i tagli del 2015 di 650 milioni di euro, di 1 miliardo e 300 milioni (nel 2016) e 1 miliardo e 950 milioni nel 2017 non sono più in grado di erogare servizi;
   Veneto Strade s.p.a. è una società a partecipazione mista pubblica e privata, costituita nel 2001 tra regione Veneto, sette amministrazioni provinciali e quattro società autostradali operanti nel territorio regionale, a seguito del trasferimento di competenze in materia di viabilità dallo Stato alle regioni e agli enti locali;
   la maggior parte della rete gestita da Veneto Strade è concentrata nella provincia di Belluno, ciò è dovuto alla convenzione integrativa siglata nell'aprile del 2008 con la quale le sono stati affidati oltre 381 chilometri di rete viaria di proprietà e in gestione della provincia di Belluno;
   il 7 febbraio 2017 il consiglio di amministrazione di Veneto Strade ha deliberato di sospendere i servizi di manutenzione sulle strade della provincia di Belluno a decorrere dal 1o marzo, salvo che entro tale data non intervengano fatti nuovi, come ad esempio la garanzia da parte della stessa provincia di erogare a Veneto Strade, nel corso del 2017, 9 milioni di euro per le strade provinciali ex Anas e 6 milioni di euro per le strade provinciali cosiddette «storiche»;
   il consiglio di amministrazione ha deliberato inoltre l'avvio delle procedure di Cassa integrazione guadagni per circa 90 dipendenti della sede di Belluno che si occupano della gestione della rete stradale provinciale;
   rischiano di restare senza controllo e manutenzioni circa 700 chilometri di strade nel bellunese, per le quali verrebbero meno le condizioni di sicurezza –:
   quali elementi si intendano fornire e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governa intenda assumere in ordine alla vicenda, anche con riguardo alla individuazione delle risorse economiche necessarie, onde evitare che le strade rimangano senza gestione e che 90 dipendenti vengano messi in cassa integrazione.
(4-15544)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGNARLI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo studi realizzati negli USA l'impatto contro vetri o superfici trasparenti/riflettenti è la prima causa di morte diretta degli uccelli per opera dell'uomo. L'Audubon Society stima che ogni anno dai 100 ai 900 milioni di uccelli muoiono contro i vetri, e l'ordine di grandezza in un'Europa densamente abitata potrebbe essere intorno ai 100 milioni;
   il problema delle vetrate emerge negli anni ’40 quando i manufatti che contenevano pareti a specchio, vetri, plexiglas trasparente si sono moltiplicati a dismisura: la nuova architettura ha sviluppato palazzoni con vetrate riflettenti, a cui si sono aggiunte pensiline degli autobus di vetro, autostrade e linee ferroviarie lastricate di pannelli trasparenti;
   tutte le specie e tutte le classi di età di uccelli sono soggette alla morte per collisione con il vetro: in uno studio americano vennero registrate 225 specie; per quanto riguarda l'Europa vi sono osservazioni per quasi ogni specie;
   gli uccelli preferiscono seguire traiettorie rette e non hanno paura ad attraversare in volo stretti spazi fra i rami, tunnel di piante o «finestre» create dalla vegetazione: una vetrata o la finestra di una casa sembrano proprio richiamare loro alla mente queste strutture naturali;
   le proprietà del vetro pericolose per gli uccelli sono la trasparenza e il riflesso, di conseguenza spesso risultano fatali le grandi o piccole vetrate riflettenti o qualsiasi situazione in cui uno o più vetri permettono a un uccello di vedere lo spazio verde o il cielo dalla parte opposta (serre, pensiline, pannelli fonoassorbenti, corridoi con vetrate trasparenti su ambo i lati), perché esso avrà sempre l'istinto di raggiungere il cespuglio che vede attraverso il vetro, ma non percepisce l'ostacolo e vi si schianta contro;
   l'Audubon Society e American Bird Conservation negli Stati Uniti e la Vogelwarte di Sempach in Svizzera hanno finanziato degli studi per capire come gli uccelli percepiscono il vetro e quali misure permettano di renderlo visibile all'avifauna. Da questi studi è emersa la quasi totale inutilità delle silouhette di uccelli rapaci e non, mentre risultano estremamente più efficaci punti, reticoli o linee che abbattano la trasparenza per la percezione degli uccelli, mantenendo l’«effetto vetro» per l'occhio umano;
   la soluzione più efficace e più semplice, suffragata dai test in laboratorio realizzati da Christine Sheppard per l'American Bird Conservancy sembrerebbero le strisce autocollanti (o serigrafate), poste in verticale su tutta la superficie trasparente e che coprano almeno il 25 per cento dell'intera superficie. In questa maniera gli uccelli non percepiscono più chiaramente il paesaggio oltre il vetro;
   soluzioni più complesse, ma architettonicamente più interessanti, prevedono invece l'uso di materiale traslucido, serigrafie, vetro colorato a bassa trasparenza –:
   se si intenda promuovere uno studio nazionale relativo all'impatto delle superfici trasparenti e riflettenti delle strutture pubbliche sull'avifauna;
   se non si intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di mitigare tutte le superfici trasparenti realizzate in luoghi pubblici a protezione dai rumori o dagli agenti atmosferici (pannelli fonoassorbenti, pensiline, frangivento) mediante apposizione di strisce autocollanti o serigrafate che coprano almeno il 25 per cento dell'intera superficie e siano distribuite sull'intera superficie trasparente;
   se si intendano assumere iniziative per prevedere, nella revisione delle barriere stradali, autostradali o ferroviarie e la manutenzione o sostituzione dei pannelli fonoassorbenti trasparenti installati, la dotazione di strisce autocollanti o serigrafate;
   se si intenda promuovere una campagna di sensibilizzazione sul tema della morte degli uccelli per impatto contro vetri e superfici trasparenti, affinché tutti i cittadini, anche nel contesto della realizzazione di una propria abitazione o struttura, tengano conto di tali problematiche e possano eventualmente provvedere attraverso l'utilizzo dello stesso sistema preventivo usato per le strutture pubbliche. (5-10550)


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comitato di cittadini residenti a Montorio (Vr), denominato «comitato Ambiente Montorio», costituitosi spontaneamente nel 2015, da tempo conduce una battaglia a sostegno della popolazione residente che lamenta diverse gravi problematiche legate all'attività di produzione di conglomerati bituminosi esercitata dalla società «Superbeton s.p.a.», sita in via del Vegron n. 3, nell'ex area di cava condotta dalla società «Cava Lessinia Srl», successivamente fusa ed incorporata nella «Brunelli Placido Franco srl»;
   nonostante il consiglio comunale di Verona, con delibera consiliare n. 43 del 4 luglio 2013 avesse respinto la richiesta presentata dalla società «Brunelli Placido Franco srl», motivata in un'ampia e dettagliata relazione tecnica e nonostante alcune criticità rilevate dalla Ulss 20 (nel 2013), l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto di recupero rifiuti inerti non pericolosi in regime ordinario, con produzione di conglomerati bituminosi, è stata comunque rilasciata dalla provincia di Verona con determina dirigenziale n. 5268 del 31 dicembre 2014;
   il comune di Verona ha proposto ricorso contro la decisione della provincia, che risulta ad oggi pendente;
   nel contempo, la società «Brunelli Placido Franco srl» ha ceduto il ramo d'azienda alla società Superbeton spa che ha richiesto e ottenuto dalla provincia di Verona l'adozione dell'autorizzazione unica ambientale, con determina dirigenziale n. 1853 del 19 maggio 2015;
   dal giugno 2015 la popolazione residente a Montorio lamenta gravi problematiche legate alle persistenti emissioni odorigene (odore di bitume e gomma bruciata), inquinamento acustico legato all'attività industriale, polveri diffuse nell'ambiente circostante e un notevole incremento di mezzi pesanti sulle vie di comunicazioni da e per il sito industriale;
   tali problematiche, nonostante anche alcune ispezioni disposte da Arpav, ad oggi sono rimaste pressoché invariate;
   nel maggio 2016 i residenti hanno segnalato tra l'altro anche alcune sintomatologie alla gola ed agli occhi, mentre gli odori nauseabondi sono stati percepiti anche in una zona più lontana, quella cioè di Borgo Venezia;
   su tale vicenda Legambiente Verona e il «Comitato Ambiente Montorio» hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica;
   il 21 giugno 2016 la provincia di Verona ha emesso una diffida alla corretta gestione dell'impianto chiedendo alla Superbeton di provvedere, entro trenta giorni, a:
    1) stoccare i rifiuti ammessi in impianto all'interno delle aree e nei limiti quantitativi specificatamente previsti. Poiché risulta superato il quantitativo massimo annuo di rifiuti trattabili, la ditta non potrà accettare presso l'impianto ulteriori quantitativi di rifiuti fino a che non avrà allontanato i rifiuti rilevati in eccesso nel corso dei sopralluoghi Arpav;
    2) garantire la piena efficienza del sistema di raccolta delle acque;
    3) depositare tutti i rifiuti esclusivamente su superfici impermeabilizzate;
    4) evitare la formazione di emissioni odorigene;
   ad oggi, consta all'interrogante, che siano stati pressoché inefficaci gli accorgimenti utilizzati dalla Superbeton spa per ottemperare ai contenuti della diffida –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire, in maniera tempestiva, promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine allo stato dei luoghi, al fine di garantire la salute e il benessere dei cittadini residenti nelle zone interessate, che risultano inequivocabilmente esposti agli agenti inquinanti emessi. (5-10558)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul caso della galleria «Pavoncelli Bis» di Caposele (Avellino) l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta scritta ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti in data 2 ottobre 2013 (n. 4-02037) e un'interrogazione a risposta in Commissione al Ministro dell'ambiente in data 1o aprile 2014 (n. 5-02520);
   in data 7 febbraio 2017 il sito di informazione online Più Economia (www.piueconomia.com) pubblicava un articolo dal titolo «Pavonceili bis, opera infinita: lavori di nuovo fermi da 5 mesi/“CHE SCANDALO”» in cui si evidenzia che «La lunghezza della nuova galleria è di 10.218,70 metri. Ad oggi, dopo più di 35 anni, mancano ancora diversi chilometri, nonostante il progetto iniziale risalga al 1985. (...) Infatti, i lavori di realizzazione della Pavoncelli Bis sono ormai fermi da più di cinque mesi senza nessuna comunicazione, secondo le indiscrezioni che arrivano dall'Alta Irpinia, da parte dei responsabili»;
   nell'articolo si legge che «Da voci di corridoio sembra che i lavori siano fermi fondamentalmente per due motivi: pare che la talpa (nome ufficiale Epb Tbm, Earth pressure balance Tunnel boring machine, da 220 metri, costruita in Germania, che dopo i lavori di consolidamento è utile per lo «sfondamento») si sia impantanata per la natura del terreno e anche perché si sono verificati forti distacchi sulla volta del fronte di carotaggio. (...) Sembra anche che, e questo è affermato da più parti, si sia in presenza di forti presenze di gas con alto pericolo di scoppio. Le voci che girano trovano riscontro per primo nel parere dell'Autorità di Bacino. Il 23 settembre 2010 prot. n. 1119, l'autorità di Bacino Interregionale del fiume Sele, con propria nota n. 88/2010, esprimeva parere definitivo negativo alla realizzazione dell'intervento e ribadiva «le carenze conoscitive evidenziate nella citata determinazione 70/2010 sono sostenute dagli stessi progettisti e confermano l'opportunità di approfondire determinate conoscenze idrogeologiche e statiche per la posa in opera più sicura ed efficace della galleria»;
   nell'articolo si sottolinea: «Riflettori puntati anche sul Pozzo A (opera accessoria alla realizzazione della galleria Pavoncelli Bis). Sembra che l'opera sia stata realizzata senza una chiara concessione edilizia bensì su una semplice comunicazione del sindaco, in cui si riportava che la commissione comunale si era riunita ed aveva espresso parere urbanistico favorevole. Sembra, ancora, che detta opera sia stata realizzata in piena zona RF3 (pericolosità da frana Pf3, senza peraltro nessuna opera di risanamento)»;
   nell'articolo si ricorda anche che «il fiume Sele in questi ultimi anni (casualmente in concomitanza con l'inizio dei lavori della galleria) diventa bianco di tanto in tanto con la conseguente morte di tutte le trote nelle sue acque. Le strade ridotte a mulattiere per il traffico incessante notte e giorno di automezzi pesanti (ben oltre la portata consentita). Vere scie di liquami vengono lasciate dal passaggio di questi camion che trasportano a rifiuto il materiale dello scavo, lasciando sulle strade comunali chissà quali reagenti che comunque vengono usati per lo scavo»;
   infine, nell'articolo si fa cenno alla centrale idroelettrica, opera accessoria alla galleria Pavoncelli Bis, che, «finanziata con fondi pubblici (CIPE), su suolo pubblico (Comune di Caposele) alimentata con acque pubbliche», pare «rimanga poi nella proprietà e/o nella gestione di un ente privato, una s.p.a.» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per fare chiarezza sui dubbi di cui in premessa che alimentano forti e condivisibili preoccupazioni da parte dei cittadini di Caposele. (4-15547)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il «piano di conservazione e gestione del lupo» voluto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha ottenuto il primo via libera tecnico della Conferenza Stato-regione. Si tratta di un piano che ha provocato forti reazioni da parte del mondo animalista e non solo in quanto, nell'ultima delle sue 22 «azioni», prevede la possibilità di abbattimento di esemplari di quella che è una «specie protetta»;
   dopo che il 24 gennaio 2017 l'abbattimento selettivo del lupo aveva ricevuto un primo «ok» dalla Conferenza Stato-regioni, si è scatenata una vera e propria tempesta di proteste: petizioni, raccolte firme, appelli. E così alcune amministrazioni regionali hanno fatto marcia indietro sulle uccisioni. A Lazio e Puglia, contrarie da subito, si è aggiunto l'Abruzzo, mentre Friuli, Veneto, Piemonte, Liguria e Campania, in varia misura, hanno chiesto un ripensamento. Ad annunciarlo è stato il presidente della Conferenza Stato-regioni Stefano Bonaccini: «Chiederò a nome della conferenza delle Regioni di rinviare in Conferenza Stato-Regioni l'approvazione del Piano lupo e delle misure che ne conseguono. Vogliamo approfondire la discussione. Credo che il ministro Galletti lo consentirà. Ci sarà così il tempo per approfondire meglio dal momento che ci sono alcune misure che rischiano di non essere convincenti». Ed infatti la decisione è stata confermata. Da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – a quanto si è appreso – non ci sono state obiezioni. Il piano dovrebbe tornare all'esame della Conferenza il 23 febbraio 2017;
   dai dati presentati a gennaio, dalla Lav, emerge un quadro preoccupante: secondo le stime, tuttavia sempre di difficile computo, i lupi uccisi illegalmente ogni anno oscillano tra il 10 e il 15 per cento della popolazione totale. Significa circa 300 lupi l'anno, uno ogni 29 ore. Un numero altissimo, che dimostra come il bracconaggio non sia stato in alcun modo arrestato e gli esperti sostengono che l'apertura agli abbattimenti non comporterebbe un ridimensionamento del fenomeno illegale, ma anzi lo sdoganamento culturale che è possibile abbattere il lupo, invece che proteggerlo. Le modalità con cui i lupi vengono uccisi sono tutte cruente: dall'avvelenamento allo sparo, dallo strangolamento con lacci metallici alle ferite delle tagliole che portano alla morte. Senza citare le macabre esposizioni nei luoghi pubblici di parti di lupi asportate dopo l'uccisione;
   gli abbattimenti selettivi sarebbero inutili per gli allevatori, dannosi per la specie e l'agricoltura e, soprattutto, pericolosi per i già malati ecosistemi italiani. Mentre il piano per la conservazione del lupo, sul quale la decisione è stata rimandata al 23 febbraio, contiene ottime misure preventive e in particolare pone l'accento sulle soluzioni dei cani randagi, la parte relativa all'abbattimento non sembra riscuotere consenso unanime nemmeno fra gli esperti;
   il 5 per cento di abbattimenti andrebbe ad incidere su una mortalità che è già estremamente elevata e potrebbe rappresentare un pericolo concreto per la conservazione di una popolazione vitale. A differenza di quanto può avvenire in altre specie l'abbattimento dei lupi non può essere selettivo, in quanto ogni singolo individuo del branco ha un ruolo sociale molto preciso. La presenza di ognuno garantisce la sopravvivenza del branco stesso, pertanto andando a rimuovere un qualunque individuo si potrebbero generare squilibri e ripercussioni tanto sulla sopravvivenza del branco quanto sulla sua capacità riproduttiva, la quale, come avviene anche in altre specie in cui è presente una femmina alfa, come gli ungulati, potrebbe addirittura aumentare –:
   se i Ministri interrogati alla luce di quanto descritto in premessa, non reputino di assumere iniziative per eliminare la parte riguardante gli abbattimenti controllati del lupo dal «piano di conservazione e gestione del lupo», mantenendo la parte restante del piano. (4-15548)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la città di Palermo, da una parte esprime soddisfazione, festeggiando la nomina da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a capitale della cultura 2018 ma dall'altra lamenta la perdita di un pezzo importante del proprio patrimonio culturale;
   infatti, delle cronache locali si è appreso dell'avvio delle procedure di vendita all'asta del dipinto di Franca Florio, voluto, ai primi del Novecento, dal marito Ignazio Florio, erede di una delle famiglie più ricche e influenti della città. La donna, di nota bellezza, raffinatezza e sensualità era conosciuta come «la regina della Sicilia», e fu appellata da Gabriele D'Annunzio come «l'Unica»;
   soprattutto, il dipinto riveste grande importanza storico-artistica, essendo una delle ultime testimonianze di liberty e della Bella epoque palermitana, e, come si usava dire, della «Palermo felicissima»;
   dopo essere stato acquistato dalla casa d'asta Sotherby di New York per 900.000 euro, dal lontano 2005 sino a oggi, il dipinto è stato messo in mostra presso Villa Igiea, antica residenza dei Florio;
   pochi giorni fa, però, è giunta notizia del trasferimento presso il Complesso del Vittoriano di Roma, dove sarà oggetto della procedura di vendita curata dalla Casa d'Aste Bonino;
   bisogna precisare che il bene è sottoposto a vincolo di tutela, separato dal vincolo cui è sottoposto l'intero complesso della Villa Igiea. La sezione per i beni storico-artistici della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali della regione siciliana, già in passato, ne ha riconosciuto l'importanza e il valore e ha mostrato l'interesse alla permanenza dello stesso sul territorio palermitano;
   la facoltà il acquisto in via di prelazione di beni culturali alienati a titolo oneroso spetta al Ministero, ovvero alla regione o altro ente interessato, così come previsto dagli articoli 60 e 62, comma 3, del codice dei beni culturali –:
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, il Ministro interrogato al fine di preservare l'integrità del patrimonio culturale palermitano e la permanenza del celebre dipinto raffigurante Franca Florio all'interno di esso. (5-10549)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le leggi n. 108 del 1996 e n. 106 del 2011 disciplinano la determinazione del tasso usurario stabilendo un «tasso soglia», determinato con l'aumento di un quarto, oltre ulteriori quattro punti percentuali del tasso effettivo globale, rilevato trimestralmente dal Ministero, sentiti la Banca d'Italia e l'ufficio italiano cambi, in relazione alle operazioni per categorie omogenee;
   la Banca d'Italia ha innalzato il tetto del tasso di soglia, escludendo numerose voci di costo; con la legge n. 24 del 2001 è stata fornita l'interpretazione autentica della legge n. 108 del 1999. Dalla relazione al disegno di legge n. 4941, divenuto poi legge n. 24 del 2001 si evince che per interessi si intendono quelli pattuiti a qualunque titolo, e quindi gli interessi corrispettivi, compensativi o moratori;
   la Corte di Cassazione con la sentenza n. 350 del 2013 ha chiarito che si intendono usurari gli interessi che superano il limite dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori e ai fini del calcolo del tasso soglia il tasso di mora va computato;
   la Corte Costituzionale con sentenza n. 29 del 2002 ha affermato che il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori;
   la legge n. 108 del 1996, all'articolo 2, determina il «tasso medio» relativamente alla categoria di operazioni e pertanto consente la distinzione in categorie per le operazioni di credito, non per la natura degli interessi;
   predette disposizioni di legge sono rimaste inattuate, in quanto, dal decreto ministeriale del marzo 2003, si evidenzia una rilevazione campionaria effettuata dalla Banca d'Italia nel 2002 relativa al tasso di mora e ciò appare in contrasto con la norma che dispone la soglia per il tasso di interesse, sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio, in quanto la diversificazione riguarda la natura del credito, non dell'interesse;
   d'altra parte, lo spread dal tasso medio è volto a coprire i costi di raccolta, struttura ed organizzazione, con il differenziale fra il valore medio del tasso fisiologico e il margine superiore della soglia d'usura che può compiutamente ammortizzare sofferenze e dubbi esiti del credito accordato;
   contro tali decreti trimestrali e intervenuta anche la Corte di Cassazione – sezione penale (a titolo esemplificativo sentenza n.ro 46669/2011) affermando che «Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, neppure quale mezzo di interpretazione»;
   nel giugno 2014 il tasso ufficiale di sconto era 0,15 per cento e il tasso soglia per lo stesso periodo per un mutuo a tasso fisso era 10,4625 per cento. Se lo si aumenta di 2,1 per il tasso di mora si arriva ad un tasso soglia pari al 13,08, con una forbice a favore delle banche di 12,93 per cento. Se la legge sull'usura permettesse una forbice così si sarebbe, a giudizio dell'interrogante, in un Paese correo dell'usura stessa. Persino l'arbitro bancario finanziario (collegio Napoli pronuncia n. 125 del 2014) afferma che il riferimento all'aumento di 2,1 per cento «... non appare utilizzabile per varie ragioni in vista del giudizio di usurarietà» –:
   per quali ragioni nel dare attuazione al decreto-legge n. 394 del 2000 convertito dalla legge n. 24 del 2001, non si sia seguito lo spirito dello stesso, che stabilisce che per interesse si intende quello convenuto a qualunque titolo, corrispettivo, compensativo o moratorio, come indicato anche nella relazione illustrativa (punto 4);
   se, a fronte dell'obbligo di legge e alla luce delle sentenze citate, il Ministro interrogato non ritenga di dover quanto prima adeguare il contenuto dei decreti trimestrali, eliminando il riferimento introdotto dalla Banca d'Italia al tasso di mora in modo da includere nel tasso effettivo globale il tasso di mora medesimo, e dare finalmente attuazione alla legge. (4-15545)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Anpi Associazione nazionale partigiani d'Italia, ha proposto una ricerca, in continuo aggiornamento, che raccoglie circa 2700 pagine Facebook legate all'estremismo di destra, di cui circa 300 sono apologetiche o propongono contenuti inneggianti al fascismo;
   tale lavoro è stato divulgato dagli organi di stampa ed è a supporto della proposta presentata al Presidente della Repubblica il 9 gennaio 2016 «per uno Stato pienamente Antifascista»;
   la legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione» dispone il grave reato dell'apologia al fascismo;
   in alcune dichiarazioni rilasciate al quotidiano «La Stampa», Laura Bononcini, head of Policy di Facebook Italia, ha voluto sottolineare che il social network è una community «di oltre 1,7 miliardi di persone, con nazionalità e culture diverse: per questo motivo era necessario adottare degli standard della comunità che potessero valere in ogni Paese. Ogni segnalazione di contenuti in contrasto con la nostra policy viene esaminata da persone fisiche e non robot. Da poco abbiamo firmato un protocollo d'intesa con Google e Twitter per rafforzare le nostre policy e porre più attenzione su argomenti delicati come hate speech e discriminazione razziale»;
   l'apologia del fascismo, per quanto configurabile come reato in Italia, non risulta ricompreso nelle regole di Facebook –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare al fine di rendere pienamente applicabile anche ai social network quanto stabilito per legge in merito al reato di apologia del fascismo. (3-02784)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato in un articolo apparso 5 febbraio 2017 sul quotidiano La Verità pare che, a causa del numero troppo elevato di denunce e degli eccessivi ritardi nella loro iscrizione nell'apposito registro o dell'iscrizione nel cosiddetto modello 44 (ossia a carico di ignoti), presso la Procura di Milano i reati di furto, salvo «casi clamorosi», di fatto non vengano perseguiti;
   dal medesimo articolo si apprende, altresì, che, già nel dicembre 2015, a seguito di una ispezione ordinaria sull'attività della procura di Milano nell'ultimo quinquennio, l'Ispettorato generale del Ministero della giustizia aveva rilevato un notevole ritardo nell'iscrizione dei procedimenti a carico di ignoti, superiore ai 60 giorni dalla ricezione della denuncia per ben 72.147 procedimenti, e l'impossibilità, addirittura, di poter quantificare il numero dei fascicoli pervenuti e non ancora iscritti;
   a conferma di tale situazione vi sarebbe anche la circostanza che nella relazione all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, tenuta dal presidente della Corte di appello di Milano, Marina Tavassi, tra le dodici tipologie di reato elencate nella tabella dei fascicoli definiti e pendenti, nonostante il continuo aumento delle denunce, non appare il reato di furto;
   la stessa omissione compare nelle relazioni di inaugurazione dell'anno giudiziario anche del 2015 e del 2016, nonostante dall'ultimo bilancio sociale della Corte di appello di Milano, risulterebbe che tra il 1o luglio 2014 e il 30 giugno 2015 sono state registrate ben 47.685 denunce per furto;
   stante l'elevato numero di denunce, è innegabile che a Milano vi sia una situazione di emergenza in tema di sicurezza, non adeguatamente evidenziata dalle statistiche ufficiali, per mancanza o incompletezza dei dati come sopra rilevato, ma tuttavia percepita in modo evidente dai cittadini ed aggravata dalla situazione di generale impunità che verrebbe avvertita nel capoluogo lombardo;
   i furti in appartamento rappresentano la categoria più numerosa e, a fronte di un loro aumento nell'ultimo decennio del 151 per cento nel Nord-Ovest, la zona più colpita, a Milano l'incremento sarebbe stato addirittura del 229,2 per cento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato nell'articolo citato in premessa e se quanto riferito in merito alla procura di Milano corrisponda al vero;
   se non ritenga opportuno promuovere un'ulteriore ispezione ministeriale onde accertare la situazione presso la medesima procura;
   quali iniziative siano state adottate a seguito delle risultanze dell'ispezione effettuata nel 2015 per i problemi già allora evidenziati, quale sia il numero dei procedimenti pervenuti e iscritti presso la Procura di Milano e quelli pendenti e definiti presso il tribunale e la Corte di appello di Milano per il reato di furto negli anni 2014, 2015 e 2016. (4-15553)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   UIRNet è un organismo di diritto pubblico, attuatore unico per la realizzazione del sistema di gestione della logistica nazionale, ai sensi del decreto ministeriale del 20 giugno 2005 n. 18/T del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'articolo 61-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
   detto soggetto si pone l'obiettivo di mettere in rete il mondo dei trasporti e della logistica, senza introdurre modificazioni di mercato indotte dai servizi offerti e senza privilegiare l'una o l'altra categoria di operatori. Specificamente, UIRnet è impegnata nella realizzazione della piattaforma logistica nazionale (PLN), un sistema ITS (Intelligent Network System) per il dialogo integrato degli attori intermodali e diversi buffer di compensazione per la gestione ottimale dei flussi da/verso i nodi del sistema operatori della supply chain e altro;
   in merito a detto organismo l'interrogante ha già presentato l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-05322, il 14 aprile 2015, seduta n. 401, con riferimento agli aspetti procedurali posti in essere dalla società per l'affidamento in finanza di progetto di un contratto di concessione per l'estensione e la gestione della piattaforma logistica nazionale;
   per la descritta attività, UIRnet ha usufruito di finanziamenti pubblici. Alla citata interrogazione è stata data risposta scritta nella quale sono stati indicati i contributi concernenti il programma di realizzazione e messa in esercizio della piattaforma logistica nazionale. In particolare, la dotazione totale risulta, in sintesi, essere composta come segue: contributo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: euro 41.228.569 (punti A+C+D della tabella); cofinanziamento: euro 8.295.000 (punto B della tabella). Del suddetto ammontare massimo di contributi stanziati, ad oggi, su un totale rendicontato da UIRnet pari a euro 30.168.576,16 al 21 aprile 2015, i contributi erogati ammontano a euro 23.047.909,47 di cui euro 4.882.771,00 rinvenienti dall'atto aggiuntivo 1, euro 69.442,72 rinvenienti dall'atto aggiuntivo 2 ed euro 18.095.695,75 rinvenienti dalla convenzione originaria. Il totale di cofinanziamento da parte di UIRNet ammonta ad euro 7.089.615,40;
   nonostante UIRnet sia un organismo di diritto pubblico e la piattaforma logistica nazionale sia un'infrastruttura strategica di rilievo nazionale ed eroghi anche servizi di natura pubblica, non risulta, ad avviso dell'interrogante, soddisfatta la necessaria trasparenza richiesta dalla natura dell'attività svolta e dai finanziamenti pubblici ricevuti. In particolare, dalla consultazione del sito dedicato – http://www.societatrasparente-uirnet.it/ – emerge che molti dati non siano disponibili ne presenti: ciò vale, a mero titolo esemplificativo, per gli incarichi amministrativi di vertice, per i dirigenti, per la performance, per le sovvenzioni, i contributi, i sussidi e gli altri vantaggi economici –:
   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi circa lo stato attuale dell'attività di realizzazione della piattaforma logistica nazionale;
   quali iniziative abbia assunto e quali direttive, anche sul piano della vigilanza, abbia impartito in merito all'attività posta in essere da UIRnet in ordine alla realizzazione della piattaforma logistica nazionale e all'impiego dei finanziamenti erogati per le attività attribuite alla UIRnet;
   quando ed in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché UIRnet assicuri la necessaria trasparenza delle informazioni e dei dati come quelli riguardanti gli incarichi amministrativi di vertice, i dirigenti, la performance, le sovvenzioni, i contributi, i sussidi e gli altri vantaggi economici. (5-10556)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decisione unilaterale, Trenitalia spa ha avviato la chiusura in Piemonte di numerose sedi e impianti decentrati utilizzati dal personale. Nello specifico sono destinati a chiudere 7 sedi riservate al personale di bordo [Bussoleno (TO), Asti (AT), Bra (CN), Casale (AL), Novi Ligure (AL), Arona (VCO) e Ceva (CN)] e 4 sedi riservate ai conducenti [(Bussoleno (TO), Asti (AT), Novi Ligure (AL), Biella (BI)]. In sintesi, 182 dipendenti non potendo più usufruire delle sedi distaccate per le ore di risposo dovranno sostenere, con risorse proprie, percorrenze anche di 70 chilometri per raggiungere il posto di lavoro;
   le organizzazioni sindacali, a seguito di questo piano di riorganizzazione, si sono immediatamente mobilitate poiché questa decisione di Trenitalia, ad avviso dell'interrogante scellerata, non solo avrà pesanti ripercussioni sul personale conducente e di bordo, ma impatterà anche sui livelli di sicurezza e sulle politiche della mobilità ferroviaria regionale. Infatti, in quest'ultimo caso, la soppressione delle sedi comporterà il blocco della riattivazione delle cosiddette linee «sospese» (Pinerolo-Torre Pellice, Novara-Varallo, Santhià-Anona, Asti-Casale-Mortara, Vercelli-Casale, Savigliano-Saluzzo, Saluzzo-Cuneo, Mondovì-Cuneo, Ceva-Ormea, Asti-Chivasso, Asti-Castagnole-Alba, Alessandria-Castagnole Lanze, Bra-Ceva, Alessandria-Ovada e Novi-Tortona) su cui sono state fatte delle promesse in tal senso dal governo regionale;
   l'aspetto più inquietante di tale problematica riguarda la sicurezza del trasporto ferroviario regionale, poiché, come denunciato dai lavoratori Trenitalia, sopprimendo le sedi di «riposo» del personale conducente e di bordo si rischierebbe di mettere alla guida dei treni soggetti stanchi e stressati da pendolarismo con manifesto pericolo dell'incolumità pubblica;
   è intollerabile, secondo l'interrogante, che si sprechino miliardi di euro in progetti inutili quali la Tav Torino-Lione, con la scusa di portare sviluppo e lavoro, quando allo stesso tempo si sopprimono sedi che rappresentano gli ultimi presidi occupazionali di territori marginali. Infatti, la chiusura di questi impianti rappresenta un ulteriore depauperamento occupazionale di territori, come nel caso di Bussoleno in Valsusa, sviluppatisi intorno all'indotto ferroviario;
   tale questione sollevata dall'interrogante travalica l'ambito regionale poiché Trenitalia è controllata dal Governo e per logiche aziendali di risparmio non si possono mettere a rischio l'incolumità pubblica e lo sviluppo dei territori interessati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per: a) garantire al personale di Trenitalia impiegato nelle sedi e negli impianti interessati dal piano di riorganizzazione condizioni ottimali per lo svolgimento delle sue delicate mansioni; b) evitare la soppressione di tali sedi decentrate a danno dei territori coinvolti; c) riattivare le sopra elencate linee ferroviarie storiche. (4-15537)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la percentuale media europea di merci trasportate via fiume si aggira intorno al 10 per cento, mentre nel nostro Paese è solo lo 0,1 per cento di quelle complessive, sebbene si possa contare sui circa 700 chilometri del Po e relativi canali, in un bacino di circa 7 mila chilometri quadrati;
   il progetto di utilizzare il Po come idrovia rappresenta un'alternativa sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico, al trasporto su gomma (su cui attualmente viaggia sul territorio oltre il 90 per cento dei tonnellaggi);
   l'Unione europea ha inserito il grande fiume e i suoi canali tra i dieci corridoi chiave della rete transeuropea dei trasporti 2014-2020 ed entro fine anno il fiume sarà navigabile da Piacenza fino a Chioggia secondo gli standard di europei classe V, cioè da imbarcazioni lunghe 100 metri e larghe 11, capaci di portare 1.500 tonnellate di merci, l'equivalente di circa cinquanta tir;
   pochi giorni fa il project officer della Commissione europea, che ha cofinanziato il 20 per cento (9,3 milioni) dei 46,4 milioni di euro di investimento per potenziare lo snodo piacentino nell'ambito del progetto per il miglioramento del sistema idroviario del Nord Italia ha effettuato un sopralluogo per fare il punto sulla situazione degli investimenti effettuati e quelli necessari in futuro;
   per poter rendere effettivamente operativo il progetto del Po come idrovia è necessario investire (una previsione realistica parla di 500-600 milioni di euro) in infrastrutture portuali e, più in generale, in un'industria logistica che colleghi l'intera rete e la renda efficiente, a servizio di tutta la collettività partendo dai 16 milioni di abitanti dell'area –:
   quale sia, nel dettaglio, il piano strategico di investimenti previsto per rendere operativo il progetto di navigabilità del fiume Po, al fine di creare un collegamento che renda possibile trasportare nell'arco di un solo giorno merci ingombranti dal porto di Chioggia alla Lombardia con evidenti vantaggi dal punto vista ambientale ed economico. (4-15538)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in relazione alla riorganizzazione dei compartimenti dell'Anas in macro aree, che prevede una razionalizzazione generale su tutto il territorio nazionale dell'Ente nazionale per le strade, l'Abruzzo è stato accorpato nella macro area Abruzzo-Molise-Puglia;
   a parere dell'interrogante, si tratta di una decisione che non tiene in considerazione il contesto, l'emergenza e le peculiarità attuali del territorio abruzzese e quindi totalmente inopportuna;
   l'Abruzzo, infatti, si trova in una situazione di convalescenza territoriale, economica e sociale, in cui il recupero e la programmazione degli interventi sulla rete viaria rivestono un ruolo decisivo per la ripresa e la ripartenza del territorio;
   in tale delicata fase di transizione è fondamentale che i presidi di controllo, monitoraggio, intervento e pianificazione restino ancorati ai territori in emergenza e, nel caso di recupero della rete viaria, la presenza «esclusiva» di Anas assume vitale importanza per il sostegno alle economie dei borghi e per contrastare lo spopolamento delle aree interne;
   l'accorpamento del compartimento abruzzese dell'Anas nella macro area che comprende anche il Molise e la Puglia si rivelerebbe un segnale pericoloso, nettamente in controtendenza rispetto alla strategia di sostegno e rilancio delle zone devastate da terremoti e maltempo negli ultimi mesi –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire in tutte le sedi opportune per evitare l'accorpamento nella macro area del territorio abruzzese, valutando anche la possibilità di una deroga per l'Abruzzo, affinché la regione sia messa nelle condizioni ottimali per fronteggiare e rimediare allo stato di grave emergenza che, oramai, perdura da mesi. (4-15540)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, DIENI, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il giornale on-line Live Sicilia del 24 gennaio 2017 ha pubblicato la notizia che l'ex assessore al bilancio del comune di Catania, Giuseppe Girlando, è stato indagato per tentata concussione aggravata;
   il giornale on-line Ultima TV del 7 febbraio 2017 ha riportato, in un suo articolo, le avvenute dimissioni di Salvatore Parlato dal ruolo di assessore al bilancio del comune di Catania; le dimissioni sarebbero legate: «ad una chiave di lettura diversa, rispetto a quella del Sindaco Bianco sulla situazione sempre più critica del bilancio dell'ente»;
   tale condizione di incertezza e discontinuità pesa enormemente sull'amministrazione locale già impegnata nel piano di riequilibrio finanziario;
   la deliberazione n. 185 del 31 maggio 2016 della Corte dei Conti – sezione di controllo per la regione siciliana – pur riconoscendo la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di dissesto da parte del comune di Catania, tenuto conto della normativa regionale (legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e legge regionale n. 26 del 1993) e della dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 6 del decreto-legge n. 149 del 2011, ha deliberato di sospendere il giudizio di cui all'articolo 243-quater, commi 3 e 6, del Tuel e di sottoporre al presidente della Corte dei Conti la valutazione dell'opportunità di deferire alla sezione delle autonomie della Corte dei Conti, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, o alle sezioni riunite, ai sensi dell'articolo 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, la questione di massima delle problematiche interpretative, afferenti l'articolo 243-quater, comma 7, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
   la sezione delle autonomie della Corte dei Conti, con una sua delibera n. 36 del 28 novembre 2016 nel pronunciarsi sulla questione posta dalla deliberazione n. 185 del 31 maggio 2016 della Corte dei Conti – sezione di controllo per la regione siciliana ha pronunciato i seguenti orientamenti interpretativi: «l'esame dello stato di attuazione dei piani di riequilibrio non è diretto solamente ad una verifica contabile del conseguimento di ciascun obiettivo finanziario programmato dall'ente, ma ad analizzare la situazione complessiva con valutazione anche di ogni eventuale elemento sopravvenuto (...) L'eventuale aggravamento del quadro complessivo della situazione finanziaria dell'ente preclude la realizzazione del percorso di risanamento che costituiva l'obiettivo primario del ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario. Tali principi devono reputarsi applicabili anche alle procedure di cosiddetto “dissesto guidato” assegnate alle Sezioni regionali ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011» –:
   quali elementi voglia fornire il Governo in relazione alla situazione contabile e finanziaria del comune di Catania, anche alla luce di ciò che è stato rilevato dalla Corte dei conti, e con particolare riguardo a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di procedure di riequilibrio, nonché di dissesto finanziario. (5-10561)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI, MAGORNO e COVELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da alcuni articoli apparsi sulla stampa regionale calabrese e nazionale, come quello de « Il Sole 24 Ore» dell'11 febbraio 2017, il gruppo cooperativo «GOEL», famoso tra le varie attività per il primo marchio di moda eco-etica di fascia alta in Italia «Cangiari», è stato colpito qualche giorno fa da un ennesimo atto criminale ed intimidatorio con furti e danneggiamenti stimati in 20.000 euro all'Ostello Locride, che avrebbe dovuto aprire nelle prossime settimane;
   l'immobile oggetto del furto e dei vigliacchi atti vandalici è stato assegnato al consorzio Goel con regolare gara dal comune di Locri, in provincia di Reggio Calabria. È stato attaccato a soli dieci giorni dall'annuncio dell'assegnazione della struttura confiscata ad una cosca della ‘ndrangheta nel 2005 e che nessuno voleva prendere in gestione con lavori di ristrutturazione finanziati con i fondi europei del «PON legalità» e numerose gare andate deserte;
   dal 2009, con cadenza quasi annuale, l'azienda di Monasterace è stata oggetto di ripetute intimidazioni, spesso di natura incendiaria o vandalica. Si tratta infatti di ben 10 intimidazioni mafiose in 7 anni contro GOEL, tutte ad oggi impunite;
   l'ultimo atto intimidatorio appare di chiara natura criminale e intende evidentemente minare e fiaccare con i danni e la paura l'impegno e i sacrifici di coloro i quali hanno costruito, in un territorio con grandi potenzialità naturali, economiche e turistiche, ma ad altissima infiltrazione mafiosa della ’ndrangheta, come l'area jonica nella provincia di Reggio Calabria, una struttura imprenditoriale di altissima qualità in una zona minata dalla criminalità e dalla disoccupazione;
   la missione del consorzio GOEL, di cui fa parte «A Lanterna», come si legge dal sito di tutti gli appartenenti al gruppo cooperativo, si prefigge peraltro il «cambiamento della Locride e della Calabria nell'affermazione piena della libertà, della democrazia, della sussidiarietà, della giustizia sociale ed economica, del rispetto dei diritti delle persone e fasce sociali più deboli e marginali, del bene comune delle comunità locali e dei territori»;
   tutte le realtà afferenti al gruppo cooperativo GOEL bio, oltre ad essere state colpite da altri atti intimidatori, sono caratterizzate dalla scelta di un modello di sviluppo sostenibile, legato alla Locride e rispettoso del lavoro e della legalità, con tutti i lavoratori regolarmente assunti;
   l'interrogante ha presentato, sulle ripetute minacce a GOEL, altri tre atti di sindacato ispettivo –:
   quali iniziative urgentissime per quanto di competenza, intenda mettere in campo il Ministro interrogato per rafforzare il controllo del territorio e la presenza dello Stato nella Locride, affinché le sopraddette molteplici intimidazioni non abbiano più a verificarsi e affinché il rilancio legale e sostenibile di quel territorio non venga più minacciato dalla criminalità mafiosa; se non si intendano far conoscere i risultati del piano «Focus ’ndrangheta» promosso a livello regionale dal Ministero dell'interno, con specifico riferimento al territorio della Locride citato nella risposta all'interrogazione n. 4-05928 nella XVII legislatura. (4-15551)


   PAGLIA, FRATOIANNI, COSTANTINO e PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 gennaio 2017 l'università di Bologna dispone presso la sala studio di lettere di via Zamboni, 36, l'installazione di porte a vetro apribili tramite badge disponibile a studenti e addetti dell'ateneo, nonché di una telecamera che registri gli ingressi;
   tale decisione deriva ufficialmente dalla volontà di prolungare l'orario d'apertura dalle 22 alle 24, impedendo l'accesso ad esterni come misura di sicurezza contro lo spaccio di stupefacenti;
   alcuni collettivi studenteschi contestano apertamente la scelta, ritenuta lesiva della libertà di frequentazione degli spazi pubblici universitari;
   non si riesce evidentemente ad attivare un dialogo proficuo, e la tensione cresce progressivamente, fino a quando gli stessi collettivi in data 8 febbraio 2017 provvedono a smontare per protesta le barriere, portandone i resti materiali al rettorato;
   a seguito di tale evento, il rettorato dispone la chiusura della sala studio;
   cominciano proteste ulteriori e nella mattinata del 9 febbraio i collettivi provvedono quindi a forzare la porta, rendendo accessibile l'edificio che durante la giornata viene regola ente frequentato da studenti;
   nel tardo pomeriggio intervengono le forze di polizia in assetto antisommossa e penetrano dentro la sala studio;
   seguono confusione e scontri all'interno che producono la devastazione dello spazio, evidentemente non consono a una simile dinamica;
   gli scontri proseguono poi nelle vie limitrofe, impegnando almeno un centinaio di manifestanti e le forze dell'ordine –:
   appare agli interroganti di dubbia legittimità e opportunità, l'installazione di barriere all'ingresso di una sala studio e biblioteca, che ne rendono oggettivamente più difficile la frequentazione –:
   come si spieghi che non sia stato messo in campo anche da parte delle forze dell'ordine, il dialogo necessario a stemperare la tensione che evidentemente si era venuta a determinare nei giorni scorsi;
   se risulti che le forze di polizia siano intervenute presso la sala studio di via Zamboni, 36, su richiesta del rettorato e, nel caso, sulla base di quali presupposti di fatto e di diritto;
   perché le forze di polizia abbiano adottato metodi tanto aggressivi in un luogo così palesemente inadatto, tanto dal punto di vista della funzionalità quanto del carico simbolico, anche considerando che al momento dell'intervento, frequentata da studenti. (4-15554)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco permanente, che svolge attività di soccorso pubblico, nel corso della propria carriera, consegue delle specialità che gli permettono di operare in sicurezza nei vari scenari incidentali. A tal proposito, il Ministero dell'interno – dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile ha previsto dei pacchetti didattici, con regole formali. Si tratta di disposizioni che, uniformemente in tutta Italia, ogni vigile del fuoco deve osservare per conseguire l'abilitazione di tali specialità;
   con circolari ministeriali il dipartimento dei vigili del fuoco ha emanato procedure obbligatorie formative in cui ogni vigile ogni anno si deve sottoporre per un numero di ore allo svolgimento di manovre specialistiche al fine di mantenere l'abilitazione. Il 4 febbraio 2014 il Sottosegretario pro tempore Bocci si era espresso in favore del fatto che «laddove dovessero risultare nell'ambito dell'orario ordinario ore di lavoro eccedenti a detto orario, il personale ha diritto alla remunerazione del relativo compenso o, su richiesta, al recupero delle stesse mediante i vigenti istituti compensativi»;
   ad oggi si apprende che il sindacato autonomo Conapo lamenta il fatto che nella circolare prot. n. 37654 del 4 novembre 2015 sia indicato che 1/20 del personale in servizio ordinario di soccorso pubblico può essere destinato allo svolgimento dei corsi mantenimento/retraining specialità. Tale ipotesi risulta in contraddizione con la carenza d'organico di circa 3000 unità, di cui soffre il Corpo nazionale dei vigili del fuoco determinato anche dal riordino delle piante organiche per effetto della spending review. Pertanto, tali corsi per il mantenimento di queste specialità vengono effettuati fuori dall'orario d'obbligo, imponendo il recupero delle ore prestate in straordinario, anziché compensarle con il pagamento, oppure non vengono effettuati, facendo decadere l'abilitazione;
   tale indirizzo del direttore regionale e comandanti deriva dal fatto che l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 7 maggio 2008 prevede che tali ore di straordinario siano retribuite entro i limiti fissati dall'amministrazione sulla base delle disponibilità di bilancio e, tuttavia, l'esiguità delle risorse attuali non consente di remunerare tali ore di straordinario. Anche la circolare n. 37654, all'articolo 2, prevede l'individuazione di «specifiche risorse economiche e strumentali», ma ad oggi nessuna risorsa economica afferente alle ore di straordinario di cui al capitolo di spesa n. 1801 è stata assegnata;
   con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 101094 del 29 dicembre 2014 (G.U. n. 302 del 31 dicembre 2014) si indicano alla tabella 8 Ministero dell'interno – missione «soccorso civile» – programma «prevenzione dal rischio e soccorso pubblico» – le risorse destinate per il corrente anno al pagamento dei compensi per lavoro straordinario del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco: lo stanziamento del relativo capitolo di spesa (1801 p.g. 03) risultava pari ad euro 33.269.170,00;
   nella circolare n. 37654 poi è indicato che tali attività rientrano tra le misure antinfortunistiche connesse agli obblighi datoriali per la sicurezza sul lavoro –:
   se si intendano assumere iniziative per assegnare un budget per l'espletamento delle attività di retraining fuori dall'orario di servizio ordinario, con remunerazione delle ore di lavoro straordinario prestate e se ritengano di dover fornire le informazioni sui numeri del personale in regola con le attività di mantenimento alle organizzazioni sindacali nazionali e ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
   (4-15557)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'8 febbraio 2017, durante un incontro con i cittadini di Città Giardino, frazione di Melilli (Siracusa), la prima firmataria del presente atto ha raccolto le preoccupazioni dei genitori della locale scuola primaria di recente costruzione;
   i genitori sono preoccupati per la presenza di cantieri esterni all'edificio scolastico, per lo stato della struttura interna che presenterebbe criticità riguardanti la sicurezza dei bambini e per la mancanza delle porte dei bagni, cosa, quest'ultima, che avrebbe creato riluttanza da parte di alcuni studenti a recarsi a lezione, poiché i più fragili tra loro, non potendo usufruire del bagno, sono stati incapaci di trattenere la minzione per tutto il periodo di lezione con conseguente imbarazzo;
   sul sito ilponteweb.it è presente un filmato che mostra immagini dello stato in cui versa la struttura scolastica di cui sopra;
   in Sicilia si registra il dato più di alto abbandono scolastico del Paese;
   quasi 1 giovane siciliano su 4 tra i 18 e i 24 anni (24,3 per cento) interrompe gli studi precocemente fermandosi alla licenza media inferiore, a fronte e una media nazionale del 14,7 per cento;
   circa un alunno quindicenne siciliano su 3 non raggiunge le competenze minime in matematica e in lettura e più di un bambino o ragazzo su 2 (tra 6 e 17 anni) non legge neanche un libro all'anno;
   non è solo personale opinione degli interroganti che l'ambiente sociale, politico e ambientale sia il primo fattore da tenere in considerazione per abbattere questi numeri, che pesano come dei macigni sul futuro dei siciliani e degli italiani tutti;
   se si vuole far amare lo studio ai ragazzi, occorre dare agli stessi un ambiente dignitoso in cui crescere, studiare e formarsi come cittadini –:
   se i Ministri interrogati ritengano opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori ministeriali presso la scuola primaria di Città Giardino, frazione di Melilli (Siracusa), ai fini dell'adozione di ogni iniziativa di competenza in merito ai fatti di cui sopra. (4-15556)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno l'Inps ha l'obbligo di verificare la permanenza dei requisiti necessari per il pagamento delle prestazioni assistenziali – quali la pensione sociale e l'assegno sociale – e le prestazioni economiche erogate agli invalidi civili, quali l'indennità di accompagnamento, l'indennità di frequenza e l'assegno mensile. Per farlo, richiede ai diretti interessati di presentare ogni anno una certificazione relativa alla sussistenza dei relativi requisiti;
   gli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento o di frequenza sono tenuti a presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, tramite il modello Icric, una dichiarazione di responsabilità relativa alla sussistenza o meno di uno stato di ricovero in istituto, indicando se questo è avvenuto a titolo gratuito o a pagamento;
   la procedura prevede che è l'Inps stesso ad inviare, ai diretti interessati, una lettera dove sono indicati i modelli da presentare tramite codici a barre. Per presentare all'Ente tali modelli, si può scegliere tra il rivolgersi ad un intermediario abilitato all'assistenza fiscale (Caf) che assisterà l'interessato nella compilazione dei modelli, per poi provvedere direttamente alla trasmissione telematica, o utilizzare i servizi online disponibili nel sito Inps, per i quali è necessario disporre di un codice pin assegnato una tantum dall'ente stesso; in questo caso, l'eventuale documentazione dovrà essere comunque consegnata alla competente sede Inps;
   questa procedura interessa centinaia di migliaia di assistiti: l'Inps ogni anno invia una richiesta alle persone che godono dell'assegno di accompagnamento di dichiarare se durante l'anno sono state ricoverate in strutture pubbliche; questo per recuperare i giorni che l'assistito grava sulla spesa pubblica, tenendo presente che in caso di mancata comunicazione l'assistito perde il diritto all'assegno e deve rifare tutta la trafila per il riconoscimento dell'invalidità –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda assumere iniziative per snellire e semplificare la procedura di comunicazione prevedendo che siano gli stessi istituti di ricovero ospedaliero o le altre strutture interessate a comunicare all'Inps i giorni di ricovero, al fine di evitare ai cittadini perdite di tempo, rischio di perdere un diritto in caso di ritardi ed inutili esborsi dovuti alla necessità di rivolgersi ai Caf. (5-10552)


   COLLETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 27 e 28 ottobre 2016 si è tenuto a Roma un congresso dal titolo «Hic et Nunc, Il presente della medicina legale è qui e ora» organizzato dalla Melchiorre Gioia, società scientifica medico-giuridica presieduta da Giovanni Cannavò e la cui vice presidenza è stata fino a qualche anno fa ricoperta dal Dottor Rossetti (attualmente componente del Comitato scientifico della società), consigliere della III sezione civile della Corte di cassazione che si occupa di assicurazioni responsabilità civile auto e responsabilità medica;
   al termine dei lavori del Congresso, è stato presentato ai partecipanti un documento programmatico unitario dal titolo «La medicina legale al servizio dell'Italia» avente ad oggetto la promozione di una, serie di iniziative concernenti il tema della medicina legale tra cui: la costituzione di un coordinamento tra le società scientifiche e le associazioni più rappresentative nel settore della patologia forense, della medicina legale pubblica e delle assicurazioni private con il mandato di organizzare un comitato di revisione di qualità che punti a proporre al legislatore un sistema di accreditamento delle prestazioni medico-legali da realizzare in sede pubblica e privata con messa a disposizione di strumenti operativi; la definizione di linee guida condivise sia nel settore pubblico che privato con particolare attenzione alla responsabilità civile e all'infortunistica privata; la creazione di un registro indipendente dei medici legali che operano nel settore libero professionale privato che, validato da un comitato scientifico e da un comitato etico, dia garanzia agli usufruitori che gli iscritti sono in grado di fornire livelli di prestazioni medico-legali d'elevata qualità professionale; iniziative comuni sui contenuti medico-legali della formazione del medico e dello specialista in medicina legale;
   oltre che da Giovanni Cannavò, il citato documento programmatico è stato sottoscritto anche da Vittorio Fineschi, direttore della scuola di specializzazione della Università Sapienza, Massimo Martelloni, presidente della società scientifica Comlas e Luisa Regimeriti, presidente del Sismla, nonché da Massimo Piccioni, attualmente coordinatore generale medico legale dell'INPS;
   Cannavò, oltre a presiedere la Melchiorre Gioia, è anche titolare della Medexpert, società di erogazione di servizi a supporto delle compagnie assicurative per le visite medico-legali con sede centrale a Ghezzano (Pisa) e con numerose altre sedi dislocate su tutto il territorio nazionale, che – vanta fra i suoi maggiori e più prestigiosi clienti numerose imprese di assicurazioni e altri partner (quali, solo per citarne alcuni, Intesa San Paolo Assicura, Posteassicura; Cardif BNP Paribas Group; Direct Line; Cattolica Assicurazioni, e altri) nei confronti delle quali si pone – per citare un passo della brochure di presentazione della società – come «interlocutore unico diretto e sensibile, in grado di rendere operative le soluzioni individuate alle problematiche poste» (...) nonché capace di «limitare i rimborsi delle spese mediche con l'applicazione delle Linee Guida per il giudizio di Plausibilità e Congruità delle spese per trattamenti Fisioterapici in caso di Traumi Minori redatte dall'associazione medico chirurgica Melchiorre Gioia e dalla Simfer (società italiana di medicina fisica e riabilitazione)»;
   a parere dell'interrogante è di tutta evidenza la posizione di parte del dottor Cannavò e delle società da lui presiedute la cui assistenza tecnica (formulazioni di consulenze e perizie medico legali) è resa nell'esclusivo interesse delle imprese di assicurazione committenti;
   tale ultima osservazione appare di estremo rilievo se si considera che fra i sottoscrittori del documento programmatico citato appare, come segnalato in precedenza, anche il nome del dottor Massimo Piccioni, attuale coordinatore generale medico legale dell'Inps –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza che il dottor Piccioti abbia sottoscritto il documento programmatico/unitario dal titolo «La medicina legale al servizio dell'Italia» e, in più in particolare, se intenda chiarire se questi abbia agito in nome proprio, e dunque a titolo personale, ovvero in qualità di coordinatore generale medico legale dell'Inps, in tale secondo caso di fatto impegnando anche l'ente ai contenuti del documento medesimo. (5-10559)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   agli allevatori stanno arrivando comunicazioni da parte dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) circa la chioma di un albero che è configurabile come superficie non agricola, con ciò ignorando per l'interrogante il sistema di pascolo sardo;
   si sta aggravano la situazione del calcolo delle superfici agricole della Sardegna;
   si sta configurando per l'interrogate, un nuovo inganno ai danni degli allevatori sardi;
   in questi giorni, stanno giungendo a molti titolari di attività agricole della Sardegna le notifiche dei nuovi calcoli dell'Agea, sulle superfici agricole;
   non solo la problematica del calcolo delle superfici agricole in Sardegna non appare risolta, ma la situazione del cosiddetto refresh, la superficie utile agricola, si sta notevolmente aggravando;
   da quanto sta emergendo da una prima ricognizione, soprattutto nelle zone interne della Sardegna, gli allevatori si vedrebbero dimezzate le superfici di calcolo sui premi agricoli in considerazione del fatto che, in base a nuovi rilievi attivati dall'Agea, si continuerebbe a considerare tara, ovvero superficie non utilizzata, anche, per esempio, il diametro delle chiome degli alberi o cespugliato;
   è evidente che non si sta tenendo conto della condizione dei pascoli della Sardegna che, in molti casi, avvengono proprio nelle superfici boscate o parzialmente boscate;
   sottrarre quelle superfici dal calcolo della superficie agricola significa, a giudizio dell'interrogante, incentivare non solo la desertificazione, ma anche e soprattutto la qualità del pascolo stesso;
   si tratta di un pericolo gravissimo e ulteriore per sistema agropastorale della Sardegna;
   è indispensabile l'immediato intervento del Ministro interrogato, su questa vicenda che rischia di mettere ulteriormente in ginocchio il sistema agricolo sardo;
   si tratta di un calcolo che punta ancora una volta a penalizzare ulteriormente il settore agropastorale della Sardegna, escludendo allevatori che operano su terreni di migliaia e migliaia di ettari dai contributi comunitari a favore di altri;
   le aziende agricole sarde, in particolare quelle delle zone interne, rischiano di perdere imponenti risorse, con il rischio di vedersi decurtare premi già ricevuti e pagare anche eventuali sanzioni;
   l'allarme di questi giorni, lanciato da numerosi operatori e tecnici agricoli, rischia di generare un abbandono ulteriore di importanti aree agricole dell'isola;
   domande per ottenere benefici nell'ambito del Programma di sviluppo rurale (Psr) e del premio unico, (da sommarsi alle innumerevoli domande bloccate da anni), rischiano non solo di essere completamente bocciate, ma di far scattare sanzioni;
   è evidente che si continua a penalizzare il sistema di pascolo della Sardegna, senza tener conto della reale situazione, oggettivamente non assimilabile ad altre realtà;
   non tutta l'agricoltura può essere in pianura e il mantenimento del presidio agricolo nelle zone interne della Sardegna è fondamentale, non solo sul piano produttivo, ma anche su quello ambientale e naturalistico;
   nel ricalcolo che sta affermando l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), implementando la banca dati grafica, con il sistema informativo geografico (GIS), si ignora ancora una volta questo elemento fondamentale del calcolo delle superfici utili;
   è semplicemente inaccettabile per l'interrogante che il calcolo dell'uso agricolo venga meramente affidato ad un rilievo fotografico aereo, ignorando che sotto quella chioma di alberi, nelle zone interne della Sardegna ci sono attività fiorenti e produttive;
   il fascicolo aziendale e quindi il valore delle attività non può essere affidato ad una valutazione aerea perché è fin troppo evidente che verrebbero colpite attività consolidate e che utilizzano l'intera superficie come suolo agricolo –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere immediatamente iniziative, per quanto di competenza, per evitare questo ulteriore danno all'agricoltura sarda;
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere, in collaborazione con la regione sarda, benché dimostratasi poco attiva, per individuare soluzioni per una situazione che sta devastando il sistema agricolo della Sardegna. (5-10557)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO e DE MITA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con un provvedimento della regione sono stati individuati venticinque siti in Campania per ospitare altrettanti impianti di compostaggio relativi al trattamento di rifiuti solidi urbani biologici;
   in provincia di Avellino seno stati individuati, su esplicita manifestazione d'interesse dei comuni richiedenti, due impianti da localizzare nei comuni di Chianche e Conza della Campania: quest'ultimo ha poi ritirato formalmente tale disponibilità;
   l'impianto andrà ad aggiungersi a quello già esistente di Teora e allo «S.T.I.R.» di Avellino, al momento oggetto di un provvedimento di sequestro cautelativo operato dalla procura della Repubblica di Avellino;
   nel caso di Chianche la localizzazione dovrebbe essere quella dell'area del piano insediamenti produttivi (mai entrato in funzione) adiacente alla linea ferroviaria Avellino-Benevento e al fiume Sabato in piena area a denominazione di origine controllata e garantita (docg) «Greco di Tufo», vino di alto pregio di rilievo internazionale;
   il comune di Chianche, nell'operare questa scelta in assoluta autonomia, non ha tenuto conto che il prezioso e ristretto territorio dell'areale d.o.c.g. è inidoneo a supportare logisticamente la continua azione di conferimento, essendo anche parte integrante di una delle aree di alto pregio vitivinicolo internazionale quale quella del «Greco di Tufo», dove tra l'altro si è in procinto di creare le basi di una nuova vocazione enoturistica, a partire dalla messa in funzione del monumentale complesso archeologico industriale delle miniere di zolfo «Di Marzo», di cui il comune stesso è comproprietario;
   più in generale, secondo quanto riportato anche dalla stampa e lamentato da associazioni e comitati cittadini, gli impianti in provincia di Avellino dovrebbero sorgere in zone che appaiono non idonee, in quanto caratterizzate da vulnerabilità idrogeologica e vicine ad aree boschive, aree agricole di pregio e di interesse ambientale e paesaggistico –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se e quali iniziative, per quanto di competenza, abbia assunto o intenda assumere in relazione ai rischi di carattere idrogeologico connessi al progetto e all'esigenza di tutelare aree di notevole interesse ambientale e paesaggistico, come quelle sopra richiamate, nonché per tutelare la coltivazione del rinomato vino a denominazione di origine controllata e garantita «Greco di tufo». (4-15552)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comitato locale della croce rossa italiana di Sulmona (L'Aquila) è formato da un'unica componente, suddivisa in aree;
   il Gruppo di Campo di Giove, facente parte del comitato sopra menzionato, è stato costituito nel 1994 ed è formato attualmente da 15 volontari;
   il gruppo di Campo di Giove svolge principalmente attività di trasporto infermi e, su richiesta della centrale operativa del «118» dell'Aquila, anche servizio di emergenza;
   fu istituita, insieme con l'allora presidente di comitato locale della Croce rossa italiana di Sulmona, Dottoressa Rosella D'Angelo, e il responsabile della centrale operativa del «118» della città dell'Aquila, Dottor Gino Bianchi, una postazione di emergenza «118» con Sede Operativa a Campo di Giove a partire dal 1o dicembre 2014;
   la convenzione stipulata prevedeva, da parte del gruppo di Campo di Giove, la copertura del servizio di 118 dalle ore 20,00 alle ore 8,00, 365 giorni l'anno;
   dopo aver prestato per più di due anni servizio, come da convenzione e non solo, poiché innumerevoli volte la centrale operativa si è avvalsa della fattiva collaborazione del gruppo di Campo di Giove per interventi sul territorio anche nelle ore diurne, a gennaio 2017, a quanto risulta all'interrogante, un consigliere del comitato locale di Sulmona, alla presenza di tre volontari comunicava, in via del tutto ufficiosa, di aver avviato le pratiche per la disdetta di tale Convenzione, non motivandone la causa;
   il comitato locale di Sulmona avrebbe anche deciso di sottrarre al gruppo di Campo di Giove il mezzo di soccorso è il defibrillatore semiautomatico di proprietà del comune di Campo di Giove, affidato al gruppo, senza alcuna comunicazione, aggravando ancor di più la situazione non consentendo con ciò, qualora ce ne fosse bisogno, la possibilità di prestare soccorso;
   Campo di Giove si trova ad un'altitudine di 1100 metri quindi si parla di un paese di alta montagna a 20 chilometri dal più vicino ospedale (Sulmona). Soprattutto in questo periodo, con le abbondanti nevicate la distanza si triplica e quindi anche il tempo d'intervento si allunga notevolmente;
   la popolazione residente è composta da 66.000 abitanti (51.000 appartengono al territorio della ex Asl di Sulmona; 15.000 abitanti risiedono nel territorio della ex Asl di Castel di Sangro);
   durante il periodo invernale e nella stagione estiva la popolazione presente raggiunge i 120.000 abitanti a causa del forte afflusso di villeggianti nelle stazioni turistiche di Scanno, Campo di Giove, Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per consentire la piena operatività del gruppo di Campo di Giove affinché sia in grado di supportare adeguatamente il «118», e di sopperire alle necessità prioritarie dei pazienti, prevalentemente anziani. (5-10560)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina in materia di recupero delle assenze dei lavoratori dovute a eventi naturali ovvero a provvedimenti autoritativi, sulla base degli strumenti contrattuali previsti, risulta essere interpretata in senso restrittivo;
   l'Aran ha espresso il proprio orientamento sul punto affermando la necessità di considerare il concetto di «forza maggiore» che, in quanto non imputabile né al datore di lavoro né ai lavoratori, non comporterebbe per il primo il dovere di corresponsione della retribuzione per le ore di mancata prestazione;
   L'Aran ha aggiunto che la pubblica amministrazione ha comunque la facoltà di corrispondere ugualmente la retribuzione per i giorni in cui si è verificata la causa di forza maggiore, a patto che il lavoratore giustifichi l'assenza utilizzando i permessi retribuiti (articolo 18 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 12 giugno 2003), i giorni di ferie ovvero altre modalità di recupero delle ore non lavorate, da concordare con il dirigente;
   si richiama l'interpello del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 15 del 2012, da cui si evince un obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere la retribuzione al lavoratore che, a seguito di impedimenti dovuti a cause di forza maggiore, non sia in grado, in modo oggettivo ed assoluto, di espletare la propria attività lavorativa, senza che quest'ultimo debba procedere ad un recupero delle ore non prestate;
   va evidenziato come, con varie circolari del 24 gennaio 2017, aventi ad oggetto la chiusura di alcune strutture nei giorni del 18 e del 19 gennaio 2017 diverse pubbliche amministrazioni delle zone colpite da eventi sismici ed oggetto di ordinanze sindacali abbiano indicato, sulla base di quanto stabilito dagli orientamenti dell'Aran, che i dipendenti siano tenuti a produrre una giustificazione dell'assenza utilizzando uno degli strumenti contrattuali a loro disposizione (ferie, permessi retribuiti, eventuali crediti orari) –:
   se i Ministri interrogati intendano, per quanto di competenza, adottare ogni opportuna iniziativa per fornire chiarimenti univoci in merito alla circostanza per cui non si configura per i lavoratori un onere di utilizzo di ferie e recuperi orari allo scopo di giustificare assenze forzate dovute ad eventi sismici ascrivibili alla fattispecie della «forza maggiore», che dunque danno diritto alla retribuzione. (4-15535)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la direzione della rete Sky Italia ha annunciato 194 esuberi, dei quali 13 giornalisti, e 378 trasferimenti, dei quali 102 riguardano personale giornalistico, a seguito di un piano di riorganizzazione che interessa la sede di Roma dell'emittente;
   la riorganizzazione dovrebbe portare al mantenimento di soli 181 lavoratori a fronte dei 669 attualmente impiegati nella sede;
   le scelte del gruppo non sono legate a ragioni di crisi economica, ma attengono a scelte organizzative volte al miglioramento delle performance della società;
   le organizzazioni sindacali hanno in più occasioni prospettato alla direzione aziendale gli effetti di tali scelte sulle condizioni di lavoro dei dipendenti interessati, chiedendo un progetto industriale di medio-lungo periodo in grado di garantire la continuità lavorativa di tutti i siti dell'emittente;
   Sky Italia ha chiarito che, trattandosi di mera scelta organizzativa e non di stato di crisi aziendale, non intende far ricorso agli ammortizzatori sociali;
   l'azienda ha precisato l'intenzione di non avviare procedure per licenziamenti collettivi e trasferimenti qualora si trovasse un accordo con le organizzazioni sindacali e l'accettazione individuale di tutti i lavoratori a essere trasferiti o accettare incentivi all'uscita. Tuttavia, in caso di mancato accordo, procederà ugualmente con licenziamenti e trasferimenti attivando le procedure di legge;
   data l'indisponibilità dell'azienda a cercare un accordo per un piano di riorganizzazione che sia sostenibile anche per i lavoratori, in data mercoledì 8 febbraio 2017 le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil con le Rsu Sky ha o indetto uno sciopero di 24 ore, in concomitanza con quello del personale giornalistico;
   pur ritenendo legittima la scelta di procedere ad una riorganizzazione delle attività produttive, ad avviso degli interroganti tali scelte non dovrebbero avvenire a spese dei lavoratori, considerando che agli stessi viene chiesto un sacrificio non giustificato nemmeno da uno stato di crisi, secondo quanto la stessa azienda ha chiarito –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati al fine di salvaguardare i livelli occupazionali di Sky Italia ed evitare che il piano di riorganizzazione avanzato dalla stessa azienda sia posto in essere con grave pregiudizio per le condizioni dei lavoratori. (5-10548)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, NICCHI e SANNICANDRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo il Centro studi sistema di Cna Marche nelle province di Fermo e Macerata c’è stata una significativa contrazione del numero di attività artigiane nel 2016, con un bilancio negativo di 500 aziende;
   Fermo in particolare presenta un –4,9 per cento in meno rispetto alla rilevazione del 2015, con 288 imprese chiuse, record negativo della regione Marche che ha una media del –2,3 per cento;
   le tipologie di aziende più colpite sono nel settore manifatturiero, in particolare calzatura e della pelletteria;
   gli eventi sismici che hanno interessato le aree citate hanno aumentato le difficoltà del comparto con un crollo delle presenze negli outlet e le diminuzioni degli ordini –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative specifiche per le aziende che operano nei comparti richiamati in premessa, situate nelle aree del cratere. (5-10551)


   GIACOBBE, BASSO, CAROCCI, TULLO e VAZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Piaggio Aerospace, gruppo aeronautico attivo nella progettazione, costruzione e supporto di velivoli per aviazione d'affari e pattugliamento, di sistemi a pilotaggio remoto e di motori aeronautici ad alta tecnologia, operante sia in ambito civile sia nell'ambito della difesa e della sicurezza, è interessato da mesi da grave incertezza sulla prospettive industriali;
   dopo i vari cambiamenti, negli asset del gruppo, dal 2013 Mubadala Development Company detiene il 100 per cento del capitale sociale di Piaggio Aerospace;
   considerato il livello strategico delle attività svolte da Piaggio Aerospace, la Presidenza del Consiglio dei ministri già in passato ha esercitato poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale (ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dei decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21);
   dal settembre 2015 le organizzazioni sindacali dei lavoratori hanno spesso segnalato difficoltà di cassa e mancanza di riorganizzazione delle attività velivolistiche per ottemperare ai contenuti dell'accordo siglato in sede ministeriale e poter dare risposte ai lavoratori attualmente in cassa integrazione come eccedenze strutturali Piaggio o in attesa di chiamata da LaerH;
   il 28 luglio 2016 l'azienda ha presentato un «documento programmatico» dichiarando che la società intende concentrare le proprie risorse nello sviluppo dei programmi militari e di avere avviato la ricerca di soggetti interessati a rilevare le «attività non strategiche», quali la produzione di motori e i servizi di manutenzione civile;
   le organizzazioni dei lavoratori e degli enti locali del territorio hanno promosso, anche nei confronti del Governo, un'azione tesa a confermare l'integrità dell'azienda e il radicamento delle sue attività in Liguria;
   il 9 agosto 2016, in un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, sono state rassicurate le organizzazioni sindacali sulla volontà di perseguire una prospettiva industriale caratterizzata da difesa dell'integrità dell'azienda e conferma della presenza dell'importante realtà industriale ed occupazionale in Liguria;
   successivamente, l'azienda ha avviato unilateralmente una procedura di licenziamento collettivo per 132 lavoratori, sospesa in seguito all'intervento del Governo;
   l'11 gennaio 2017 si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico un incontro riguardante la presenza del ceto creditizio dell'azienda Piaggio Aero;
   dal verbale pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico risulta che «è stato evidenziato che la composizione della questione relativa all'accordo con il ceto creditizio relativa alla vicenda Piaggio è voluta dallo stesso Ministro Calenda, interessato a che la vicenda si chiuda al più presto e positivamente»: a conclusione dell'incontro «tutti gli Istituti bancari presenti hanno dato la propria disponibilità inclusa BPER, a sottoscrivere ovvero a prospettare in tempi brevi ai competenti Organi Deliberanti (...) la richiesta di autorizzazione alla sottoscrizione dell'Accordo con Piaggio (è di acquistare i crediti delle banche per 90 mi di euro, al fine di chiudere celermente la trattativa favorendo così il rilancio di Piaggio»;
   il 9 febbraio 2017, si legge che: «secondo fonti vicine al dossier, a partire dalla fine dello scorso anno si sarebbero intensificati i contatti tra i vertici di Piaggio e quelli dell'azienda serba UTVA Avio Industria. Con l'obiettivo, da parte del fondo emiratino, di verificare l'esistenza delle condizioni per un possibile cessione al gruppo serbo del ramo civile di Piaggio attraverso la vendita di tecnologia e brevetti» –:
   di quali informazioni dispongono relativamente ad eventuali azioni intraprese dall'azienda finalizzate alla ricerca di soggetti interessati alla produzione di motori e ai servizi di manutenzione civile;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per garantire il mantenimento da parte dell'azienda degli impegni assunti con le istituzioni e le organizzazioni sindacali, in considerazione del livello strategico delle attività svolte da Piaggio Aerospace e delle risorse fin qui messe in campo dallo Stato sia in termini di contributi alle aziende aeronautiche (legge n. 808 del 1985) sia in termini di ammortizzatori sociali. (5-10555)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Iacono n. 4-15528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Culotta.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Manlio Di Stefano n. 5-10198, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 721 del 10 gennaio 2017.

   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DEL GROSSO, GRANDE, SCAGLIUSI e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a parere degli interroganti la situazione dei dipendenti a contratto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, soprattutto quella negli Stati Uniti, rappresenta uno dei tanti esempi di cattiva gestione, clientelismo, omertà e arroganza di un'amministrazione completamente slegata dal «sistema Italia» che rappresenta solo il fallimento di una classe dirigente impreparata;
   negli atti di sindacato ispettivo n. 5-09655 e 5-09972, presentati negli scorsi mesi dagli interroganti, è stato evidenziato che gli stipendi riconosciuti al personale a contratto a tempo indeterminato non sono in linea con i salari offerti dai partner europei e neanche in linea con le retribuzioni pagate dal Governo federale americano, tutto ciò in palese contraddizione dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 («La retribuzione annua base è fissata dal contratto individuale tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi (...)»); peraltro, dagli atti relativi alle selezioni degli altri partner europei non si rileva alcun riferimento a future progressioni salariali o di carriera;
   nelle rispettive risposte fornite dal sottosegretario pro-tempore Della Vedova prima e dal viceministro pro-tempore Giro poi, si continua a negare che il regime fiscale del citato personale è quello di lavoratore autonomo (pur apparendo nella realtà il contratto come quello di lavoro subordinato), godendo essi, quindi, di tutti i privilegi e sgravi fiscali connessi a tale posizione, tra i quali spicca un ridotto regime orario (36 ore invece di 40 o 45), lo stipendio già dall'inizio con il massimo (in quanto non è prevedibile la progressione e l'avanzamento di carriera nell'ordinamento del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale), l'orario minimo e il numero maggiore di giorni di congedo (32 giorni mentre quelli concessi sia negli Stati Uniti che dalle amministrazioni dei partner europei ammontano a 15 giorni l'anno, per i primi anni di servizio, fino a un tetto massimo di 20 giorni annui, per chi ha prestato servizio per più di 20 anni); infine, copertura di tutte le spese mediche (100 per cento spese ospedaliere e 80 per cento specialistiche);
   analoghe problematiche sono state evidenziate anche dal personale a contratto a tempo indeterminato del consolato generale d'Italia a Sydney (che lamentano in una mail inviata al primo firmatario del presente atto di trovarsi in una situazione contrattuale anche peggiore di quella segnalata in questa e nelle citate interrogazioni e di essere prossimi a dover sottoscrivere un diverso contratto, peggiorativo) in Australia;
   il Sottosegretario e il Viceministro citati hanno, nelle loro risposte, anche pervicacemente difeso gli «studi» dell'Ambasciata in Washington per giustificare una generosità nei riguardi di questo personale assunto che, tuttavia, collide con le decisioni dell'ultimo biennio prese dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; ancora più insulsa, a parere degli interroganti, appare essere la giustificazione a tale livello retributivo e cioè quella di attrarre personale altamente qualificato, le cosiddette «eccellenze» –:
   quali iniziative intenda adottare per sanare la sperequazione stipendiale già sottolineata in altri atti di sindacato ispettivo e se non ritenga necessaria una revisione della retribuzione del personale a contratto operante nelle sedi diplomatiche italiane negli Stati Uniti con una riduzione nella misura del 30 per cento, adoperandosi anche rispetto a quanto accade in Australia. (5-10198)