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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 3 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (CMV) è un virus appartenente alla famiglia degli Herpesviridae. Si tratta di un agente infettivo molto comune: nei Paesi sottosviluppati il 90-100 per cento della popolazione ne è contagiata, mentre in quelli occidentali il 60-80 per cento degli adulti presenta anticorpi anti-citomegalovirus nel siero. I sintomi, in età adulta e anche nell'infanzia, sono simili a quelli dell'influenza o della mononucleosi. Il virus è però particolarmente pericoloso se contratto dal feto, con una trasmissione verticale madre-figlio: in questo caso si parla di citomegalovirus congenito;
    la più frequente e pericolosa infezione materno-fetale è causata dal citomegalovirus, che è presente in circa 1 neonato su 100 (toxoplasmosi 1:400; rosolia 1:5000) e responsabile non solo di danni fetali ma anche di abortività e sterilità. Il rischio di trasmissione varia a seconda che si tratti di una prima infezione, cioè se è la prima volta che la madre contrae la malattia, oppure di una reinfezione. Nel primo caso il rischio di trasmissione al bambino è del 30-50 per cento, mentre nel secondo la trasmissione è rara, per quanto non ancora stabilita. Se il citomegalovirus colpisce nei primi mesi il feto di una gravida che non ha mai avuto l'infezione, può avere effetti molto seri, perché l'organismo fetale non ha sviluppato ancora difese immunitarie, di conseguenza è privo di ogni tipo di protezione;
    nei neonati infetti (circa 5000/anno in Italia), almeno il 10 per cento presenta manifestazioni cliniche. Tra queste le più gravi sono neurologiche, quali sindromi convulsive, microcefalia, idrocefalo, calcificazioni e difetti di sviluppo delle circonvoluzioni cerebrali, atrofia cerebrale e cerebellare;
    conseguenza purtroppo frequente di queste encefalopatie sono gravi ritardi psicomotori e sindromi spastiche. Inoltre, in almeno il 20 per cento delle infezioni sintomatiche alla nascita e nel 5 per cento di quelle asintomatiche, si sviluppa una sordità neurosensoriale, che è seguita da mutismo quando è bilaterale. Una percentuale ignota, probabilmente elevata, di sordità, encefalopatie congenite, disturbi mentali e comportamentali, potrebbe essere dovuta ad infezioni da citomegalovirus non diagnosticate alla nascita. Altre manifestazioni cliniche importanti dell'infezione congenita sintomatica sono polmonite ed epatite, talora persistenti ed evolventi in fibrosi, danni oculari (microftalmia, cataratta e corioretinite) e gastroenteropatie;
    l'infezione perinatale si trasmette durante il passaggio del feto nel canale del parto oppure in seguito a contagio del neonato da parte del sangue o del latte materni. Nei neonati prematuri o di basso peso, le trasfusioni di sangue sono un'importante via di trasmissione e di malattia. L'infezione attiva (presenza del virus replicante, evidenziabile con la ricerca del DNA) da citomegalovirus, primaria o non, si verifica nel 3-6 per cento delle gravide: la primaria (0.7-4 per cento) può associarsi ad una sindrome simil-influenzale ed aumento dei linfociti e delle transaminasi,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a predisporre protocolli per una diagnosi tempestiva che individui la presenza del virus nell'organismo materno, al fine di limitare i rischi di conseguenze per il nascituro, prevedendo che la gestante si sottoponga con regolarità, se non ha mai contratto l'infezione, almeno una volta al mese, al test per rilevare la presenza del citomegalovirus, posto che, quando i danni fetali sono molto gravi, la terapia antivirale potrebbe essere incapace di consentire un buon sviluppo psicomotorio o evitare la sordità, e sarebbe opportuno, quindi, iniziare la terapia anti-citomegalovirus in gravidanza, per avere maggiori possibilità di prevenire o curare precocemente la malattia citomegalica;
2) a sostenere la ricerca e la sperimentazione di nuovi farmaci al fine di debellare l'infezione da citomegalovirus, verificando nel frattempo la possibilità di prescrivere farmaci già in commercio che, secondo studi recenti, possono essere utilizzati anche per bambini affetti da citomegalovirus;
3) a promuovere campagne di sensibilizzazione basate sui due principi cardine per il contenimento della malattia, informazione e igiene, al fine di diffondere una nuova e più completa cultura della prevenzione di una patologia che può colpire ampi strati della popolazione.
(1-01495) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la Commissione finanze ha svolto un ampio ciclo di audizioni sulle tematiche del riciclaggio, anche con riferimento alle tematiche ai servizi di money transfer, nell'ambito delle quali è stato possibile compiere una panoramica sulle questioni attinenti a tale materia, ascoltando sia le autorità competenti in materia sia gli operatori del settore;
    il riciclaggio e le problematiche ad esso collegate costituiscono una minaccia molto significativa per il Paese nel suo complesso e per l'economia, anche in considerazione degli intrecci tra le attività di riciclaggio e l'azione delle organizzazioni criminali di stampo mafioso;
    la rilevanza sistemica del problema del riciclaggio appare amplificata dall'eccessivo uso del contante che ancora caratterizza l'economia nazionale, nonché dalle dimensioni, ancora inaccettabili, dell'evasione tributaria, con la quale spesso il riciclaggio risulta intimamente interconnesso;
    la natura complessa e il carattere spesso transnazionale dei fenomeni di riciclaggio rendono necessario affrontarlo seguendo un approccio integrato e multidisciplinare, tenendone presenti non solo i risvolti criminali, ma anche le ricadute fortemente negative che esso determina sul piano delle entrate tributarie, sul funzionamento dei mercati, in primis di quelli finanziari, nonché sulle possibilità di sviluppo economico del Paese;
    uno degli strumenti privilegiati per affrontare il problema del riciclaggio è l'utilizzo degli strumenti di prevenzione, tra i quali risulta fondamentale la collaborazione attiva degli intermediari finanziari e dei professionisti;
    a tale proposito si evidenzia, negli ultimi anni, l'incremento delle segnalazioni di operazioni sospette a fini antiriciclaggio, a dimostrazione di una crescente consapevolezza circa l'obbligo di collaborazione attiva gravante sugli intermediari e sui professionisti compresi nel sistema: appare tuttavia fondamentale migliorare ulteriormente il coinvolgimento di tutti i soggetti privati chiamati a collaborare, nonché la qualità e significatività delle segnalazioni effettuate, al fine di migliorare l'efficacia complessiva del sistema;
    nel rapporto di mutual evaluation redatto nel 2015 il Gruppo d'azione finanziaria internazionale (GAFI) esprime una valutazione positiva del sistema di prevenzione del riciclaggio esistente in Italia, evidenziando come il sistema stesso sia caratterizzato da un robusto quadro giuridico e istituzionale, da una buona comprensione dei rischi e da un buon grado di cooperazione e coordinamento tra le diverse autorità competenti;
    in particolare, l'attuale sistema di prevenzione italiano risulta caratterizzato da un'architettura istituzionale equilibrata e condivisibile, ed appare opportunamente caratterizzato da una chiara distinzione di ruoli tra l'Unità di informazione finanziaria (UIF) presso la Banca d'Italia, che svolge un'analisi finanziaria delle operazioni, e i due organismi competenti principalmente a svolgere gli approfondimenti investigativi, costituiti dalla direzione investigativa antimafia (DIA) e dal nucleo speciale di polizia valutaria del Corpo della guardia di finanza;
    è peraltro opportuno rendere ancora più efficiente l'attuale sistema antiriciclaggio, affinando e aggiornando costantemente le tecniche di vigilanza, analisi e investigazione, applicando in modo generalizzato le best practice elaborate per consentire il pieno sfruttamento del patrimonio informativo costituito dalle informazioni di operazioni sospette, nonché rafforzando la collaborazione e il raccordo tra le diverse autorità competenti, senza peraltro stravolgere la ripartizione dei compiti ad essa attribuiti;
    appare inoltre fondamentale superare le disomogeneità, le lacune e le zone d'ombra, sia nella normativa sia negli assetti di vigilanza, nelle quali allignano i fenomeni del riciclaggio;
    in tale contesto si pone l'esigenza di dedicare particolare attenzione a quei fenomeni che possono favorire la mancata tracciabilità delle transazioni finanziarie, richiamando segnatamente, al riguardo, alcune problematiche che possono interessare il settore del money transfer, della compravendita di oro e della moneta virtuale;
    in tali settori si registrano infatti alcune asimmetrie ed arbitraggi normativi che aumentano il rischio di un utilizzo distorto di tali canali, a fini di riciclaggio;
    sebbene la collaborazione attiva al meccanismo di contrasto al riciclaggio fornita dagli intermediari operanti nel settore del money transfer abbia portato ad un numero elevato di segnalazioni sospette, la struttura di tale settore determina alcune criticità nell'individuazione nei fenomeni di riciclaggio, legate all'ampio utilizzo del contante, all'esistenza di reti di agenti al pubblico particolarmente ampie e diversificate, nonché alle difficoltà e lacune nell'adeguata verifica della clientela;
    un'occasione preziosa per intervenire in tale complessa materia è costituita dal prossimo recepimento nell'ordinamento nazionale della IV direttiva antiriciclaggio (direttiva 2015/849/UE);
    l'azione di contrasto al riciclaggio, in tutte le sue forme, deve essere realizzata attraverso un approccio strategico generale che necessariamente passi attraverso un orientamento condiviso su questo tema, sia in ambito comunitario sia in ambito internazionale, tanto nei rapporti bilaterali tra gli Stati quanto nei diversi contesti multilaterali,

impegna il Governo:

   in linea generale, a perseguire un punto di equilibrio tra l'esigenza di contrastare efficacemente il fenomeno del riciclaggio dei flussi di capitali di provenienza illecita, che si collega strettamente con il finanziamento del terrorismo e con la lotta alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, con quella di assicurare la libera circolazione dei capitali e la libera prestazione dei servizi finanziari all'interno dell'Unione europea, salvaguardando comunque la trasparenza e l'integrità del sistema finanziario, a tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori;
   ad assumere iniziative per la tempestiva e piena attuazione nell'ordinamento nazionale della IV direttiva antiriciclaggio (direttiva 2015/849/UE), che consentirà di adeguare la normativa nazionale alle raccomandazioni espresse dall'Ocse in materia, rafforzando i meccanismi di collaborazione a livello internazionale e prevedendo, tra l'altro, l'istituzione di un registro pubblico centrale, contenente informazioni sulla titolarità effettiva delle società e dei trust, che consentirà, in consonanza con gli orientamenti del Gruppo d'azione finanziaria internazionale di disporre di informazioni aggiornate sui reali beneficiari delle operazioni finanziarie;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel quadro del recepimento della predetta IV direttiva antiriciclaggio, l'introduzione di un adeguato sistema di enforcement di tale normativa, basato anche su sanzioni proporzionate alla gravità dei comportamenti, che risultino effettive e dissuasive, stabilendo modalità standardizzate di registrazione e conservazione a livello europeo delle informazioni relative ai flussi finanziari, che consentano di individuare origine, destinazione e beneficiari di tali movimenti, anche nel caso di operazioni transfrontaliere;
   ad assicurare la massima collaborazione e sinergia tra le diverse amministrazioni nazionali che compongono il sistema di prevenzione e contrasto al riciclaggio, senza modificare l'attuale assetto istituzionale e mantenendo una chiara distinzione di ruoli tra l'Unità di informazione finanziaria istituita presso la Banca d'Italia, la quale deve svolgere l'analisi dei flussi finanziari ai fini della prevenzione del riciclaggio, nonché effettuare l'analisi finanziaria delle segnalazioni di operazioni sospette, e gli organismi, costituiti in particolare dalla direzione investigativa antimafia e dal nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, chiamati a svolgere i relativi approfondimenti investigativi, in comunicazione con l'autorità giudiziaria;
   a tale ultimo riguardo, ad assumere iniziative per prevedere il coinvolgimento delle Agenzie fiscali ai fini del contrasto al riciclaggio, in particolare attraverso lo scambio delle informazioni rilevanti raccolte dalle Agenzie con le altre amministrazioni competenti, ferme restando le competenze relative al riscontro del corretto adempimento dei singoli obblighi antiriciclaggio e ferma restando la distinzione dei rispettivi ruoli tra le diverse amministrazioni;
   ad adottare tutte le iniziative utili, sia in sede bilaterale sia in sede multilaterale, per incrementare la cooperazione operativa e gli scambi di informazione con le diverse amministrazioni nazionali degli altri Stati operanti nel settore del contrasto al riciclaggio, sviluppando ulteriormente a tal fine le iniziative già assunte in questo campo;
   ad assumere iniziative per favorire, innanzitutto a livello dell'Unione europea ma anche a livello internazionale, la massima omogeneizzazione delle diverse discipline nazionali vigenti in materia di contrasto al riciclaggio, prevedendo un reciproco riconoscimento delle misure di contrasto e di prevenzione adottate dai singoli Stati;
   a rafforzare tutti gli strumenti di prevenzione, che costituiscono un elemento essenziale nella strategia di contrasto al riciclaggio;
   in tale contesto, a rendere ancora più efficaci i meccanismi di collaborazione, da parte degli intermediari finanziari e dei professionisti nel meccanismo di segnalazione delle operazioni sospette, puntando in particolare ad aumentare costantemente la significatività e qualità delle segnalazioni effettuate;
   per quanto riguarda specificamente il settore dei money transfer, ad assumere iniziative per assicurare l'applicazione di un regime normativo antiriciclaggio uniforme per tutti gli operatori del mercato italiano, a prescindere dalla loro tipologia e dal fatto che si tratti di intermediari nazionali o di intermediari comunitari operanti in Italia;
   a dedicare particolare attenzione a migliorare la collaborazione degli agenti operanti nel settore del money transfer rispetto al meccanismo di segnalazione delle operazioni sospette, nonché a rafforzare i controlli in questo campo;
   in questa prospettiva, ad assumere iniziative per prevedere, nell'ambito del recepimento della già citata IV direttiva antiriciclaggio, l'introduzione di criteri oggettivi in base ai quali introdurre obblighi di comunicazione delle operazioni che presentino talune caratteristiche, al fine di individuare in modo più efficace i fenomeni di riciclaggio;
   ad assumere iniziative per cogliere tutte le opportunità di migliorare il sistema dei controlli antiriciclaggio offerte dalla predetta IV direttiva, segnatamente stabilendo, per gli operatori di money transfer che intendano operare in Italia, l'obbligo di fornire alle diverse autorità responsabili informazioni su tutti i loro punti vendita sul territorio nazionale e di istituire un punto di contatto in Italia, sottoposto alla vigilanza delle autorità italiane, che sia responsabile del comportamento dei medesimi punti vendita e delle segnalazioni di operazioni sospette;
   ad assumere iniziative per prevedere un efficace apparato di sanzioni, a carico degli intermediari e dei loro punti vendita, da modulare in base alla tipologia e gravità delle irregolarità e violazioni;
   ad adottare iniziative per definire un assetto di competenze nel settore della vigilanza e del controllo sui money transfer che, sostanzialmente, attribuisca: all'Unità di informazione finanziaria il compito di vigilare sulle società di money transfer e sui punti di contatto degli operatori comunitari operanti in Italia; alla Guardia di finanza il compito di controllare le reti di vendita; all'Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (OAM) la gestione di una banca dati delle informazioni riguardanti i punti vendita; al Ministero dell'economia e delle finanze il compito di irrogare le sanzioni a carico delle società e dei punti vendita;
   ad adottare iniziative per stabilire requisiti professionali per tutti i collaboratori esterni, in particolare gli agenti, degli intermediari che esercitano attività di money transfer, omogeneizzando i presidi antiriciclaggio a carico delle diverse figure professionali incaricate dei rapporti con la clientela;
   a contrastare, in particolare nel settore del money transfer, i fenomeni del frazionamento artificioso delle operazioni di trasferimento del denaro e dell'utilizzo a tal fine di prestanome, nonché delle irregolarità nell'identificazione dei clienti da parte degli agenti e della lacunosità dei controlli esercitati in materia da parte degli intermediari;
   ad assumere iniziative per uniformare, a livello dell'Unione europea, il quadro normativo in materia di servizi di pagamento, al fine di contrastare l'utilizzo distorto della moneta virtuale, assicurando in particolare maggiore uniformità nei requisiti per l'autorizzazione degli operatori, nei controlli sullo svolgimento dell'attività e nel monitoraggio delle reti di agenti;
   ad adottare iniziative per definire maggiormente le modalità applicative degli obblighi antiriciclaggio sussistenti in capo agli agenti di pagamento comunitari che svolgono la loro attività in Italia, in particolare per quanto riguarda la registrazione delle operazioni;
   ad adottare tutte le iniziative di competenza, nell'ambito dei diversi fori politici internazionali, al fine di eliminare completamente il fenomeno dei «paradisi» fiscali e finanziari, eradicando in tale contesto la pratica delle triangolazioni tra i predetti paradisi e gli Stati che assicurano un adeguato scambio di informazioni in materia;
   ad incrementare le risorse, soprattutto professionali, a disposizione delle diverse amministrazioni coinvolte nel sistema di contrasto al riciclaggio, al fine di aumentarne la capacità analitica e le concrete possibilità investigative.
(7-01176) «Bernardo, Pelillo».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il 17 gennaio 2017, si è appreso attraverso gli organi di stampa che, dopo la cancellazione degli abbonamenti da parte di Nuovo Trasporto Viaggiatori (Ntv) (Italo) nelle tratte tra i capoluoghi di regione, Trenitalia, pur decidendo di mantenerli, ne ha aumentato sensibilmente il costo;
    dal mese di febbraio 2017, per ottenere lo stesso livello di servizio attuale, cioè la possibilità di viaggiare sette giorni su sette in tutte le fasce orarie in seconda classe, i pendolari dovranno pagare in media circa il 35 per cento in più;
    l'azienda ha deciso infatti di sostituire l'abbonamento unico esistente fino al 31 gennaio 2017 con quattro, nuove tipologie di abbonamento, che prevedono la possibilità di usare i treni ad alta velocità dal lunedì a venerdì o per l'intera settimana. Queste opzioni sono poi suddivise in abbonamenti validi solo nella fascia oraria 9:00-17:00 o in tutte le fasce orarie;
    tra le nuove tipologie di abbonamento, quella che prevede la possibilità di usare i treni ad alta velocità in tutte le fasce orarie, ma solo dal lunedì a venerdì, presenta un incremento di costo pari a circa il 20 per cento rispetto al precedente modello di abbonamento unico che consentiva l'accesso a tutti i treni alta velocità in seconda classe tutti i giorni;
    le altre due nuove tipologie di abbonamento, classificate come «morbide», permettono di pagare di meno, ma hanno l'importante limite di prevedere l'utilizzo dei treni esclusivamente fra le ore 9:00 e le ore 17:00, fascia oraria palesemente incompatibile con i flussi di traffico che caratterizzano i fenomeni di pendolarismo;
    a titolo di esempio dei rincari, l'abbonamento mensile di seconda classe per tutti i giorni e tutte le fasce orarie, ossia quello corrispondente all'abbonamento esistente, presenta invece i seguenti aumenti di costo: Torino-Milano (153 chilometri), da 340 a 459 euro; Milano-Bologna (219 chilometri), da 417 a 563 euro; Bologna-Firenze (97 chilometri), da 224 a 302 euro; Firenze-Roma (310 chilometri), da 386 a 521 euro; Roma-Napoli (213 chilometri), da 356 euro a 481 euro; Napoli-Salerno (54 chilometri), da 170 a 230 euro;
    l'incremento di costo è quindi molto significativo e determinerà un aggravio inaccettabile nei confronti delle fasce sociali più deboli, come i pendolari, costretti a doversi spostare ogni giorno, per motivi di lavoro o studio, tra le città capoluogo di regione;
    si tratta di una categoria di utenti (stimata fra 8.000 e 10.000 passeggeri) che esprime una domanda nuova e connotata da forte rigidità, posto che l'alternativa alla fruizione del servizio di trasporto ferroviario ad alta velocità in regime di abbonamento sarebbe drammaticamente impattante sulla vita di questi utenti (trasferimento di città, abbandono del posto di lavoro, e altro), essendo l'opzione di pagare ogni singola corsa – peraltro resa possibile dalla delibera dell'Autorità di regolazione dei Trasporti n. 54 del 2016 – assolutamente insostenibile economicamente;
    la delibera dell'Autorità di regolazione dei trasporti n. 54 del 2016, infatti, nel disciplinare i diritti minimi che i passeggeri in possesso di abbonamenti possono esigere dai gestori dei servizi ferroviari ad alta velocità, non ha purtroppo previsto un obbligo per le società ferroviarie stesse di offrire servizi in abbonamento (e infatti, come sopra ricordato, Ntv ha cancellato questo servizio), anche in ragione dei rilievi manifestati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Tale delibera, inoltre, non impone la preassegnazione del posto sul treno all'abbonato;
    si ricorda tuttavia, che la stessa Autorità di regolazione dei trasporti, nell'allegato B, allo schema di atto di regolazione recante «Metodologia per l'individuazione degli ambiti di servizio pubblico e delle modalità più efficienti di finanziamento ai sensi dell'articolo 37, comma 3, lettera a), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 e dell'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1», nel prendere atto di questa situazione, non aveva escluso che questa specifica domanda di mercato potesse essere ricompresa nell'ambito degli obblighi di servizio pubblico, precisando, a tal proposito che, del tutto in linea con i principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, oltre che con quanto già avviene in altri Paesi europei, si potrebbero assoggettare ad obblighi di servizio pubblico specifiche tratte dei servizi commerciali (ad esempio i servizi ferroviari ad alta velocità) per determinate fasce orarie, periodi della settimana o dell'anno;
    l'Autorità, oltre a tale soluzione, ammetteva anche la possibilità di ricorrere a forme di compensazione dirette per l'utenza mediante rimborsi o contributi rispetto al costo pieno del servizio. Tuttavia, tali considerazioni non si erano poi concretizzate nell'individuazione di una specifica categoria di oneri di servizio pubblico;
    nel corso dell'audizione informale del 24 gennaio 2017 presso la 8a commissione del Senato della Repubblica dell'amministratore delegato e direttore generale di Ferrovie dello stato italiane, Renato Mazzoncini, quest'ultimo ha sottoposto all'attenzione della commissione, in relazione alla problematica appena descritta, l'opportunità di studiare la possibilità, anche per alcune tratte ad alta velocità, di predisporre un «contratto di servizio», spiegando di aver già sottoposto la questione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e ribadendo la necessità di aprire seriamente un tavolo con Ministero e regioni sul punto;
    in effetti, il servizio di cui si tratta, pur essendo oggi rimesso al libero mercato, presenta tutte le caratteristiche che potrebbero giustificarne l'attrazione dello stesso nell'ambito degli obblighi di servizio pubblico, evitando così di compromettere i diritti dei cittadini e di penalizzare le forti connessioni tra le economie dei territori;
    peraltro, il 19 gennaio 2017, è stato definito tra Trenitalia, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze, il nuovo contratto di servizio 2017-2026 per il trasporto passeggeri di interesse nazionale, che è sottoposto a regime di obbligo di servizio pubblico per garantire il diritto alla mobilità. Il nuovo contratto ha durata decennale, anziché quinquennale come il precedente, scaduto nel 2014 e prorogato negli ultimi due anni, ed è relativo al «servizio ferroviario universale». Il contratto comprende il network dei treni Intercity che garantiscono i collegamenti di media/lunga percorrenza tra medi e grandi centri urbani. Il contratto, a fronte di investimenti pubblici aggiuntivi di circa 100 milioni di euro annui rispetto al passato e di un piano di investimenti nel materiale rotabile per circa 300 milioni di euro, prevede l'effettuazione di 118 corse complessive di cui 108 quotidiane, 88 Intercity giorno e 20 Intercity Notte, alle quali si aggiungono 10 corse nei fine settimana, di cui sei Intercity giorno e quattro notte, nonché un piano di rinnovo del materiale rotabile. Oltre ai ricavi ottenuti da Trenitalia dalla vendita dei biglietti, le cui tariffe sono determinate per assolvere la funzione di «servizio universale», vengono corrisposti a Trenitalia dei corrispettivi, ad integrazione dei ricavi, per 347.922.703 euro per il 2017 e 365.922.703 euro per gli anni 2018-2026;
    siccome il comma 2-ter dell'articolo 9 del decreto-legge n. 159 del 2007, sopprimendo le parole «contratti di servizio» nel comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 238 del 1993, che disciplina la trasmissione al Parlamento dei contratti di programma e dei contratti di servizio delle Ferrovie dello Stato italiane, ha fatto venire meno la possibilità per il Parlamento di esaminare e di esprimere il proprio parere sugli schemi di questi contratti di servizio; in base a ciò, si deve ritenere che, anche nel caso in cui si disponesse, come ritenuto possibile dall'Autorità di regolazione dei trasporti e sostanzialmente ipotizzato anche dal presidente di Ferrovie dello Stato italiane, di ricomprendere negli obblighi di servizio pubblico i servizi ferroviari ad alta velocità per le specifiche tratte interessate dal trasporto dei pendolari che oggi sono rimessi al libero mercato, il Parlamento non avrebbe la possibilità di esaminare lo schema di questo eventuale nuove, contratto di servizio;
    nel corso dell'audizione informale del 25 gennaio 2017 presso la conferenza delle regioni e delle province autonome dell'amministratore delegato di Trenitalia, Barbara Morgante, quest'ultima ha avanzato la proposta, peraltro già anticipata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, di istituire in tavolo comune sul tema abbonamenti e di congelare fino a giugno il 50 per cento degli aumenti per i servizi di abbonamento mensile e mensile formula lunedì-venerdì, mantenendo, in ogni caso, le riduzioni per i servizi di abbonamento del tipo fascia oraria 9:00-17:00. Tale riduzione, se applicata, limiterebbe al 10 per cento l'incremento delle previgenti tariffe. Tuttavia, nel corso della stessa audizione, è emerso come tale misura tampone sarà valida soltanto a partire da marzo 2017 e non oltre giugno dello stesso anno, lasciando così inevasa la necessità di trovare una risposta strutturale al problema,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative di competenza dirette ad individuare una soluzione rapida che consenta di evitare che si verifichi l'aumento del costo degli abbonamenti che secondo i presentatori del presente atto di indirizzo sono assolutamente insostenibili per gli utenti abbonati ai servizi di trasporto ferroviario ad alta velocità;
   a valutare la sussistenza dei presupposti per l'assoggettamento ad obblighi di servizio pubblico per le specifiche tratte dei servizi commerciali ad alta velocità interessate dal trasporto dei pendolari, ovvero a valutare la praticabilità delle altre soluzioni delineate dall'Autorità di regolazione dei trasporti e descritte in premessa;
   a valutare in tal senso, l'istituzione di un tavolo di confronto, che coinvolga le aziende di trasporto, i Ministeri competenti e le associazioni di passeggeri, in particolare il Comitato nazionale pendolari alta velocità (Npav);
   a valutare l'opportunità di assumere urgentemente un'iniziativa normativa che ripristini la formulazione dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 238 del 1993 quale era precedentemente alla modifica disposta con il comma 2-ter dell'articolo 9 del decreto-legge n. 159 del 2007, in modo da consentire al Parlamento di esaminare e di esprimere un parere anche sugli schemi di contratto di servizio delle Ferrovie dello Stato italiane spa.
(7-01178) «Carloni, Albini, Arlotti, Paola Bragantini, Bruno Bossio, Capozzolo, Cardinale, Carella, Cenni, Crivellari, Culotta, Marco Di Maio, Gandolfi, Tino Iannuzzi, Impegno, Lacquaniti, La Marca, Malisani, Malpezzi, Manfredi, Manzi, Mariani, Mariano, Mauri, Minnucci, Mognato, Mongiello, Montroni, Mura, Murer, Palma, Piazzoni, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Richetti, Rostan, Rostellato, Rubinato, Sgambato, Tartaglione, Zan, Zardini, Donati».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il servizio postale universale è disciplinato dalla direttiva 6/2008, che lo definisce come un insieme di servizi postali di qualità determinata, forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti;
    il settore postale a livello nazionale e comunitario è stato interessato negli ultimi anni da profondi cambiamenti, che hanno riguardato il contesto normativo, ed in particolare, il passaggio delle funzioni di regolamentazione e di vigilanza dal Ministero dello sviluppo economico all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), per effetto del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    con il decreto legislativo n. 261 del 1999, modificato dalla legge di stabilità 2015, il gruppo Poste Italiane ha introdotto il recapito a giorni alterni, aggravando ulteriormente la consegna della posta in moltissimi comuni italiani;
    in particolare, si prevede la possibilità di adottare un modello di servizio al di sotto dei cinque giorni settimanali, oltre che in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali al di sotto dei 200 abitanti per chilometro quadrato e, comunque, fino ad un quarto della popolazione nazionale (decreto legislativo n. 261 del 1999, così come modificato dalla legge n. 190 del 2014, all'articolo 1, comma 276, legge di stabilità 2015);
    il nuovo modello di recapito a giorni alterni, autorizzato dall'Agcom con delibera n. 395/15/Cons, prevede la sua graduale implementazione articolata in tre fasi successive in quei comuni in cui ricorrano particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica. L'implementazione del modello è oggetto di monitoraggio da parte dell'Autorità che, a partire dal mese di febbraio 2018, termine di attuazione del modello, in base alle eventuali criticità riscontrate e alla coerenza dei risultati raggiunti con il piano industriale di Poste Italiane, ha la facoltà di valutare la sussistenza delle condizioni per prorogarne l'autorizzazione;
    nella riunione della Conferenza unificata del 10 maggio 2016, tenutasi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato avviato un tavolo di confronto sui problemi relativi alla modalità di consegna da parte di Poste della corrispondenza nei piccoli comuni italiani. In particolare, sono stati chiariti gli obiettivi, il metodo di lavoro e il percorso di collaborazione da intraprendere. Nel corso della riunione del 22 dicembre 2016 è stato presentato e discusso il nuovo documento di Poste dal quale emergono i dati di sintesi dell'attività di verifica svolta, l'impatto che il recapito a giorni alterni ha avuto sui cittadini e le informazioni relative all'avvio della terza fase, con le attività di comunicazione istituzionale previste ed avviate. In tale occasione, i rappresentanti di Poste hanno riferito altresì che l'avvio della terza fase avverrà in modo graduale a partire dal 6 febbraio 2017, per completarsi nel prossimo mese di settembre;
    con l'ordinanza collegiale n. 4882 del 29 aprile 2016, è stato posto il seguente quesito alla Corte di giustizia dell'Unione europea dalla I sezione del Tar del Lazio: «È rimessa alla Corte di giustizia la questione se il legislatore nazionale italiano, nel disciplinare materie armonizzate a livello comunitario come il servizio postale universale, può ridurre le garanzie dei cittadini-utenti fissate dall'Unione europea, allegando finalità finanziarie e gestionali, oppure incontra un limite nella disciplina e nelle finalità rinvenibili dalle disposizioni e dai considerando delle direttive comunitarie di riferimento (in questo caso, la direttiva n. 97/67/CE) conseguendone la disapplicazione delle disposizioni di legge contrastanti e il conseguente annullamento degli atti amministrativi adottati su tali basi»;
    nel ricorso al giudice amministrativo, i comuni e l'associazione ricorrenti paventano gli effetti economico-sociali e culturali negativi della rarefazione del servizio postale in aree del Paese già sotto-popolate, spesso interessate da fenomeni di invecchiamento della popolazione e tendenzialmente marginali sotto il profilo economico, deducendo l'illegittimità della delibera in questione sotto plurimi profili. Il Tar non ha peraltro ritenuto tali censure fondate, osservando in particolare, quanto alla mancata ponderazione delle possibili diseconomie territoriali e conseguenze socioculturali, anche di desertificazione dei piccoli comuni e delle aree montane, che alla stregua del tenore letterale e della ratio della normativa italiana, recentemente modificata dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, la sussistenza dei presupposti indicati dal legislatore pro tempore rappresenta una condizione necessaria ma sufficiente per imporre il rilascio, da parte dell'Autorità di regolazione, dell'autorizzazione richiesta da Poste Italiane s.p.a., risultando in tal modo preclusa ogni ulteriore valutazione discrezionale dell'Autorità;
    del resto, sin dal 2015, in tutto il territorio nazionale, è apparso chiaro come il piano di ristrutturazione di Poste Italiane non fosse in grado di garantire la tutela del diritto legato al servizio postale universale, né adeguati livelli occupazionali;
    in Piemonte, come denuncia la Slc Cgil Piemonte, la regione, che ha visto in pochi anni la riduzione di quasi 2000 dipendenti di Poste Italiane, è devastata da una grossa crisi occupazionale; la sperimentazione del nuovo modello di recapito è iniziata ad ottobre del 2015, interessando le province di Asti, Alessandria, Cuneo, Vercelli, Biella, fino ad arrivare alla provincia di Torino, con la sola esclusione dell'area metropolitana di Torino, territorio ad alta densità industriale e sulle comunità montane della val Chisone, della val di Susa e del Canavese. I monitoraggi previsti per verificare il funzionamento del nuovo modello organizzativo hanno rappresentato alle organizzazioni sindacali da parte dell'azienda, un quadro positivo che non trova riscontro nella realtà dei fatti. Da subito è stato evidente che questa organizzazione del lavoro, a quanto consta ai presentatori del presente atto, non poteva funzionare, soprattutto nei centri ad alta densità abitativa (comuni con oltre 60000 abitanti, come Moncalieri) o con lunghe percorrenze, che le nuove zone di recapito erano mal disegnate e la loro riduzione eccessiva. Quanto sopra si è tradotto rapidamente in quintali di posta inevasa nei centri di distribuzione, posta non recapitata o recapitata in ritardo, denunce agli organi competenti da parte di cittadini (sanzionati a causa dei ritardati pagamenti per bollette arrivate scadute), associazioni (Anci-Uncem), sindaci, comunità montane private di presidio, perdite economiche da parte degli editori dei giornali locali per le mancate consegne o per le disdette degli abbonamenti da parte dei lettori, centri di meccanizzazione postale come il Centro di meccanizzazione postale (Cmp) di Torino, in cui vengono dismessi macchinari costosi e che ancora smistano la posta senza applicare quanto previsto dal nuovo piano industriale o chiusi, inutilizzati o non valorizzati come quelle di Novara;
    in Lombardia, come fa notare la Slc Cgil Lombardia, ormai da tempo la posta sta letteralmente invadendo i centri di smistamento di Milano (Peschiera Borromeo e Roserio). Anche la situazione del Cmp di Brescia, diventato un hub dei pacchi Amazon, è estremamente critica. Particolarmente critica è la situazione alla Dogana di Linate, con una giacenza di oltre 70.000 chili di corrispondenza (lettere, pacchi, pacchetti) di provenienza estera ed extracomunitaria, in buona parte da sdoganare. Merce spesso anche deteriorabile e che rischia di marcire negli stabilimenti. Nonostante il ricorso massiccio allo straordinario per tutto il periodo Natale-Epifania, festività comprese, le giacenze non hanno cessato di aumentare. Per questa ragione è stato inviato un esposto all'Agenzia delle Dogane di Milano e alla Procura della Repubblica;
    la situazione in Toscana è altrettanto grave, come dimostrano le denunce Slc Cgil Toscana. La situazione delle provincie partite e sul progetto (su cui da subito sono sorti dubbi) è disastrata. In generale la mancata suddivisione del corriere giornaliere in arrivo parte A e parte B delle macro zone che determina un grande dispendio di energie e di tempo di lavoro a carico attualmente del solo portalettere. L'effetto che ciò produce è l'uscita notevolmente ritardata nelle zone alterne regolate di Arezzo e Prato;
    le criticità non sono certo diverse al Sud e nelle Isole. «È urgente», sollecita il presidente dell'Anci Sardegna, Pier Sandro Scano, «la convocazione di un tavolo Anci-Regione-Poste per capire meglio la struttura di cambiamento voluta dalle Poste, onde evitare che i servizi sul territorio vengano ulteriormente dimezzati». Secondo Scano, «è evidente che quanto annunciato è un cambiamento radicale del servizio, voluto solo da Poste italiane, che mira a contenere i costi e che non ha visto coinvolti i comuni sardi». «Poste Italiane ha abbandonato il Sud e la Sicilia in particolare». Ha detto alla stampa il segretario generale della Federazione Lavoratori Poste siciliana della Cisl, Giuseppe Lanzafame, in una lettera inviata al presidente della regione Rosario Crocetta e alla deputazione nazionale e regionale. Lanzafame pone l'accento «sulle strutture e sui servizi, ridotti all'osso con la conseguenza che si riducono anche i posti di lavoro». «Su tutti – scrive Lanzafame – vale un solo, significativo, dato: negli ultimi due anni, tra pensionamenti ed esodi incentivati, hanno lasciato il servizio ben 900 lavoratori postali e di ricambio non c’è neppure l'ombra. Con il naturale risultato di un declino di servizi e dell'acuirsi dei disagi per la clientela e per i lavoratori in attività. Un quadro desolante, quello che si presenta agli occhi non solo dei sindacati e dei lavoratori, ma anche dei tanti utenti che quotidianamente devono fare i conti con disservizi e lunghe code»;
    come afferma la Uil, a monte degli effetti prodotti dalla riduzione dei giorni in cui Poste Italiane consegna la corrispondenza ai cittadini (giorni alterni, rispetto ai precedenti cinque settimanali), una attenzione particolare va dedicata alla diversa organizzazione della «logistica». Questa, infatti, condiziona e determina l'indice di qualità del servizio reso, nelle fasi del processo produttivo antecedenti all'arrivo delle corrispondenze nel centri di recapito. L'esempio della Sicilia è emblematico. La regione più grande d'Italia, al 1o gennaio 2016 conta 5.074.261 abitanti; il 42,4 per cento risiedono nelle province di Palermo, Agrigento e Trapani. Il Centro di meccanizzazione postale (Cmp) di Palermo è stato declassato e non riceve più direttamente la posta con mezzo aereo, che è stato abolito. L'intero corriere giungeva al centro alle tre di notte, in tempo per essere lavorato e consegnato in mattinata agli uffici di distribuzione delle tre province, per la successiva fase di recapito a mezzo portalettere. L'attuale assetto organizzativo prevede l'arrivo della posta, al Cmp di Palermo, dal Centro di Catania, con oltre 24 ore di ritardo, rispetto alla precedente organizzazione. Poste Italiane, di fatto, ha stabilito un diverso standard di qualità per i cittadini delle tre province considerate, in rapporto alla rimanente popolazione (lo stesso accade nelle altre regioni dove è stato soppresso il volo notturno). Va da sé che le stesse considerazioni valgono per i percorsi inversi, innescando così un effetto domino che colloca l'asticella della qualità, al di fuori delle coordinate tracciate dalla carta dei servizi di Poste Italiane, anche nella considerazione che il nuovo modello organizzativo evidenzia criticità che amplificano il problema,

impegna il Governo:

   in conformità a quanto indicato nell'ordine del giorno 9/04127-bis-A/203 accolto come raccomandazione dal Governo pro tempore il 25 novembre 2016, a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte alla sospensione per tutto l'anno 2017 dei meccanismi di recapito a giorni alterni istituiti ai sensi del comma 7, dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 261 del 1999, come modificato dal comma 276, articolo 1, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, al fine di garantire il servizio postale universale nei comuni piccoli e medi;
   a valutare l'avvio di iniziative volte alla sospensione dei meccanismi di recapito a giorni alterni anche in tutto il resto del territorio nazionale;
   a valutare, per l'anno 2017, di assumere iniziative volte a stanziare specifiche risorse al fine di potenziare il servizio postale universale, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 261 del 1999;
   a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per la revisione e l'aggiornamento della normativa, sia di rango primario che secondario, in materia di punti di accesso al servizio postale universale, ulteriormente rafforzando gli elementi di limitazione alla possibilità, per Poste italiane, di intervenire mediante razionalizzazione degli uffici postali.
(7-01179) «Franco Bordo, Folino».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    il concetto di salute è un elemento imprescindibile per il benessere di una società. Tale concetto non si riferisce alla sopravvivenza fisica od all'assenza di malattia, ma comprende gli aspetti psicologici, le condizioni naturali, ambientali, climatiche e abitative, la vita lavorativa, economica, sociale e culturale. Il dibattito politico dovrà assumere la definizione del ruolo delle città tra i propri principali focus, considerando, in primo luogo la stima secondo la quale, nei prossimi decenni la popolazione urbana rappresenterà il 70 per cento della popolazione globale. Inoltre, i dati riguardanti la tassonomia evidenziano la tendenza ad un forte incremento delle classi di età più elevate, in linea con l'aumento della aspettativa di vita, fenomeno che determina la necessità di una rivisitazione dei meccanismi di welfare. L'invecchiamento della popolazione, e la conseguente cronicizzazione delle patologie pongono il problema della sempre più complessa sostenibilità dei sistemi di welfare e sanitari. Lo stesso fenomeno migratorio pone una sfida importante alla tendenza all'inurbamento, laddove il mantenimento di reti istituzionali e solidali deve allungarsi nel territorio contermine alla città, in maniera da contenere le diseguaglianze sociali, fisiologiche, nelle urbanizzazioni non governate;
    nel 2007 per la prima volta nella storia, la popolazione mondiale che vive nelle città ha superato il 50 per cento e questa percentuale è in crescita, come dicono le stime del WHO. Nel 2030, 6 persone su 10 vivranno nei grandi agglomerati urbani, ma questa è una stima che se proiettata nel futuro porta a considerare che nel 2050 il numero di abitanti dei grandi contesti urbani sarà intorno al 70 per cento;
    una tendenza che, di fatto, negli ultimi 50 anni sta cambiando il volto del pianeta e che va valutata in tutta la sua complessità;
    il termine «Healthy City», infatti, così come coniato dall'Organizzazione mondiale della sanità, descrive l'idea di una città conscia dell'importanza della salute come bene collettivo, capace di stimolare e porre in essere politiche chiare per tutelare e migliorare la rete di relazioni tra i cittadini, sostituendo una forma assistenziale di welfare, con un welfare generativo e partecipativo che si pone alla base di un nuovo patto sociale;
    è alle amministrazioni locali e regionali che spetta proporsi come garanti di una sanità equa, divenendo ideatrici di un nuovo paradigma di governance collaborativa dove istituzioni, imprese, organizzazioni della società civile e cittadini possano contribuire alla progettazione di un assetto urbano condiviso, equo ed armonico;
    partendo dalla configurazione attuale delle città, si deve costruire una nuova cultura delle relazioni istituzionali ed affrontare il fenomeno di inurbamento dei prossimi anni con criteri che, pur se adeguati a background locali diversi tra di loro, abbiano come obiettivo comune l'implementazione di strumenti di partecipazione, di responsabilità e di governance, assunti – ad ogni livello – come valore della città/comunità che si lega ad un futuro di salubrità ed armonizzazione;
    in tema di sanità l'Unione europea, con il terzo programma 2014-2020, promuove la salute, incoraggia ambienti favorevoli e stili di vita sani, tenendo conto del principio «la salute in tutte le politiche», facilita l'accesso a un'assistenza sanitaria migliore e più sicura per i cittadini dell'Unione;
    la salute pubblica nelle città è una priorità fondamentale delle politiche mondiali, europee e nazionali, come sancito dal WHO, dalla commissione NAT del Parlamento europeo e dal Ministero della salute e dall'Associazione Nazionale dei comuni d'Italia-ANCI, il tutto ribadito attraverso innumerevoli atti di programmazione;
    la Delegazione italiana del Comitato delle regioni dell'Unione europea, con parere unanime, ha presentato una proposta d'iniziativa parlamentare a livello europeo, attraverso la quale è stato avviato lo scorso 2 febbraio l’iter parlamentare a livello europeo; attraverso tale proposta si dovrebbero incoraggiare misure per l'attuazione di politiche sulla promozione della salute e dei corretti stili di vita nelle città, ponendo l'attenzione ai determinanti di salute per una crescita delle città intelligente, sostenibile ed inclusiva;
    una modernizzazione della politica nazionale ed europea, in materia di salute, nel contesto socioeconomico in evoluzione deve mirare a una pianificazione per affrontare le sfide future delle città;
    bisogna dedicare una particolare attenzione agli investimenti sostenibili, all'innovazione, alla responsabilizzazione dei cittadini, alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie attraverso un'analisi dei determinanti sociali, economici e ambientali e dei fattori di rischio che hanno un impatto sulla salute;
    il Governo e le città dovrebbero porre al centro del proprio parere le sfide dello sviluppo dei sistemi urbani anche attraverso il principio di salute come bene comune;
    si rende necessario identificare strategie di azione per rendere consapevoli governi, regioni, città e cittadini dell'importanza della promozione della salute nei contesti urbani, guardando alla sempre maggiore urbanizzazione in termini nuovi, affrontando il carico di onerosità che le malattie croniche portano con sé, immaginando un nuovo modello di welfare urbano che inevitabilmente inciderà sullo sviluppo e sulla sostenibilità delle città, ma che non può che essere affrontato attraverso un maggiore coordinamento istituzionale delle politiche;
    questa trasformazione, inevitabilmente, richiede una comprensione e un'analisi attenta dello scenario futuro all'interno del quale declinare le politiche per un progressivo miglioramento, in un quadro di welfare state, della soggettività del welfare locale, per favorirne la trasformazione in un welfare generativo, e di partecipazione e progettazione, condivise;
    l'Italia oggi può essere in prima linea nello studio di queste dinamiche correlate alla salute derivanti dell'urbanizzazione se Governo, sindaci, università, aziende sanitarie ed esperti sapranno interagire attraverso forme virtuose e multidisciplinari e non virtuali, settoriali e individualistiche, evitando la logica dei «silos», cioè la mancanza di collaborazione e scambio fra le varie istituzioni coinvolte,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per la promozione della salute dei cittadini studiando e monitorando i determinanti della salute specifici del proprio contesto urbano e facendo leva sui punti di forza delle città e riducendo drasticamente i rischi per la salute e prevedendo modalità di coinvolgimento attivo dei cittadini e forme di partenariato pubblico – privato per la realizzazione di politiche che mettano al centro la salute come diritto;
   ad assumere iniziative per assicurare un alto livello di alfabetizzazione e di accessibilità all'informazione sanitaria (Health Literacy) per tutti i cittadini, aumentando il loro grado di autoconsapevolezza attraverso percorsi formativi a livello regionale o locale indirizzati agli operatori sanitari e alle associazioni dei pazienti e attraverso modalità di comunicazione con il sistema sanitario, agevolate dalle potenzialità offerte dalle tecnologie digitali;
   ad assumere iniziative per inserire l'educazione sanitaria in tutti i programmi scolastici, con particolare riferimento ai rischi per la salute nel contesto urbano;
   ad incoraggiare stili di vita sani nei luoghi di lavoro, rafforzando il sistema di incentivi rivolto alle imprese socialmente responsabili che investono in sicurezza e prevenzione e introducendo strumenti atti al controllo del rispetto delle norme sulla sicurezza all'interno dei luoghi di lavoro, soprattutto relativamente alle caratteristiche degli ambienti;
   a promuovere una cultura e un'educazione alimentare appropriate attraverso programmi dietetici mirati (menu scolastici e/o aziendali appropriati) ed eventi divulgativi sul territorio, prevenendo l'innalzarsi dei tassi di obesità e generando un risparmio di risorse sanitarie e sociali;
   ad assumere iniziative per ampliare e migliorare l'accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, secondo il principio dello «sport di cittadinanza», favorendo lo sviluppo psicofisico dei giovani, migliorando l'inclusione nelle città delle persone anziane e favorendone un invecchiamento attivo come previsto già nel 2012, anno europeo dell'invecchiamento attivo;
   ad assumere iniziative per sviluppare politiche di trasporto urbano, anche locale, orientate alla sostenibilità ambientale e alla creazione di una vita salutare;
   ad adottare iniziative per promuovere l'adesione dei cittadini ai programmi di prevenzione primaria, con particolare riferimento alle malattie croniche, trasmissibili e non trasmissibili, rappresentando queste ultime il principale rischio per la salute e lo sviluppo umano oggi;
   a considerare la salute delle fasce più deboli e a rischio quale priorità per l'inclusione sociale nel contesto urbano, adottando politiche tese a migliorare le condizioni sociali, economiche ed ambientali dei quartieri disagiati, sia con interventi «mean-tested», sia con interventi volti a migliorare il contesto urbano di riferimento, facendo sì che ogni città si allinei agli standard più elevati di accessibilità e fruibilità dei servizi urbani per persone disabili, adeguando le infrastrutture sanitarie, la viabilità, l'accesso a servizi pubblici di qualsiasi tipo, promuovendo la loro partecipazione anche nelle attività sportive e ricreativa adottando politiche di prevenzione e inserimento socio-sanitario per le popolazioni di migranti;
   a studiare e monitorare a livello urbano i determinanti della salute dei cittadini, attraverso una forte alleanza con comuni, università, aziende sanitarie, centri di ricerca, industria e professionisti volta a: creare cabine di regia per lo studio e il monitoraggio dell'impatto dei determinanti della salute nel contesto urbano; promuovere partnership multi-stakeholder per dare vita a politiche urbane migliorative; dare vita a una conferenza permanente delle aziende ospedaliere delle aree metropolitane e delle strutture sanitarie territoriali che mettano in atto piani d'azione (piani obiettivo) di erogazione di servizi sanitari attraverso forme di accesso innovative mirate alla cronicità ed alla protezione sul territorio dei soggetti portatori di patologie croniche ingravescenti.
(7-01177) «Sbrollini, Gelli, Lenzi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    da tempo purtroppo si registra una grave crisi di tutto il comparto legato alla produzione del formaggio pecorino romano dop;
    prendendo in esame l'andamento degli ultimi 15 mesi, la perdita di valore ammonta a circa 34 per cento e attualmente le quotazioni non risultano essere superiori ai 6 euro e 15 centesimi;
    a tale riduzione del valore va purtroppo associata anche una contrazione dei consumi soprattutto in relazione al calo della domanda interna con una perdita complessiva pari al 30 per cento nel corso dell'ultimo anno;
    è del tutto evidente che appare quanto mai opportuno e necessario uno specifico intervento a supporto di un settore in grave difficoltà che conta 11.000 aziende zootecniche, 37 caseifici produttori e circa 25.000 addetti complessivi;
    la produzione di pecorino romano rappresenta il 60 per cento circa della produzione complessiva di formaggi da latte di pecora della Sardegna, mentre in ambito nazionale sfiora quasi il 50 per cento del totale;
    si tratta del più importante formaggio dop d'Europa derivante da latte di pecora sia per volumi prodotti che per valore generato;
    negli anni scorsi in relazione ad eventi straordinari e di crisi di settore sono state adottate misure di sostegno come nel caso del Grana padano dop (a pasta dura) e dell'Asiago pressato e Provolone Val Padana dop (a pasta tenera);
    in particolare, per quanto riguarda il fondo di aiuti europei agli indigenti, di cui al regolamento (UE) n. 223/2014 (FEAD), i suddetti formaggi sono stati inseriti, nel corso del 2015, in questo programma;
    il valore di intervento fissato risultava pari a circa 7,50 euro al chilogrammo, franco ente caritativo, compreso quindi l'acquisto del prodotto, il confezionamento e il trasporto;
    in considerazione di quanto già illustrato, il valore del pecorino romano dop è oggi a 6,15 euro al chilogrammo e quindi inferiore a quello praticato per altri formaggi dop per l'accesso al citato programma di sostegno agli indigenti (FEAD),

impegna il Governo

ad assumere le iniziative di competenza per prevedere, con riferimento al futuro bando di gara comunitaria per la fornitura di formaggi dop per l'aiuto alimentare agli indigenti, l'inserimento del pecorino romano dop, come già avvenuto per altre produzioni, nel paniere dei prodotti che accedono al programma di intervento, assicurando in tal maniera un supporto ad una filiera di qualità che sta attraversando una drammatica crisi.
(7-01180) «Marrocu, Oliverio, Cani, Marco Meloni, Mura, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Pes, Pinna, Scanu».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'alluvione, che ha recentemente colpito i comuni della provincia di Agrigento provocando danni ingenti alla popolazione e all'economia locale, ha determinato l'esondazione del fiume Belice, privo di argini, con gravi conseguenze per le aziende e i terreni agricoli circostanti;
   le intense precipitazioni hanno nuovamente colpito anche le Terme Acqua Pia s.r.l., importante volano economico per la Valle del Belice e tra le più antiche terme della Sicilia. Già in passato, l'azienda termale aveva subìto danni ingenti a causa del maltempo e della conseguente esondazione del fiume. In quell'occasione, il Governo pro tempore era intervenuto attraverso il riconoscimento di un indennizzo per far fronte all'emergenza provocata dalle forti piogge –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per sostenere il sistema produttivo colpito, a partire dall'azienda di cui in premessa in modo che possa riprendere la propria attività.
(2-01637) «Moscatt».

Interrogazioni a risposta orale:


   GELMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nella riunione del 25 gennaio 2017 il Governo tedesco ha formalmente approvato la nuova versione del piano che introdurrà pedaggi sulla rete autostradale e della viabilità federale (circa 13.000 chilometri di autostrade e 39.000 di strade federali, corrispondente alle nostre strade statali);
   il Ministero federale dei trasporti non ha ancora chiarito quando entrerà in vigore la nuova tassazione, ma di sicuro dopo il 24 settembre 2017, data delle elezioni per il rinnovo del Bundestag;
   questa «tassa di scopo» dovrebbe garantire i fondi necessari per la manutenzione e lo sviluppo della rete viaria tedesco-federale;
   la misura si discosta dalle similari «vignette», già da anni presenti in Svizzera e Austria, in quanto, quella tedesca sarà differenziata a seconda della classe di omologazione dei veicoli e alle emissioni di gas inquinanti delle stesse;
   il piano approvato è frutto di una lunga trattativa fra l'Esecutivo tedesco e la Commissione europea: in una prima versione del provvedimento a pagare sarebbero state solo le autovetture non immatricolate in Germania, mentre ora, indipendentemente dal Paese di immatricolazione, l'automobilista pagherà il pedaggio sulla base di quanto quest'ultima inquina, fino a un massimo di 130 euro annui;
   tuttavia, i cittadini tedeschi potranno usufruire di deduzioni fiscali, progressivamente più elevate quanto più la loro vettura è «ecologica»;
   i proprietari di un veicolo registrato in Germania dovranno infatti sì acquistare un bollino annuale che costerà da 67 a 130 euro a seconda della cilindrata e delle emissioni, ma beneficeranno contemporaneamente di una riduzione della tassa di circolazione. I proprietari di auto omologate euro 6 pagheranno addirittura di meno rispetto ad oggi;
   per gli automobilisti stranieri sono previste solo sei tariffe (tre in più rispetto alla prima versione del provvedimento): oltre al bollino annuale, ci saranno bollini della validità di dieci giorni del costo di 2, 50, 4, 8, 15, 20 e 25 euro a seconda delle emissioni dell'auto;
   alcuni Stati membri dell'Unione europea, capitanati dall'Austria, sta mio pensando di ricorrere alla Corte di giustizia per «bocciare» la cosiddetta «vignetta» autostradale tedesca. In particolare, Austria, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Polonia, Danimarca, Repubblica Ceca e Ungheria ritengono il provvedimento adottato dal Governo di Berlino incompatibile con il quadro giuridico comunitario;
   per il Ministro dei trasporti austriaco Jög Leichtfried tale modello di tassazione è discriminatorio verso gli altri cittadini comunitari, in quanto non applica tariffe uguali a tutti i cittadini degli Stati membri, ma stabilisce tariffe «di favore» grazie a sgravi fiscali sulle tasse automobilistiche per i soli tedeschi –:
   quale posizione abbia il Governo in merito al provvedimento tedesco citato in premessa e se non ritenga di dover aderire all'iniziativa intrapresa da parecchi Stati membri dell'Unione europea avversi ad una norma a che rischia di introdurre un forte elemento discriminatorio. (3-02757)


   DAGA, DE ROSA, ZOLEZZI, TERZONI, MICILLO, MANNINO, BUSTO e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il fondo di garanzia per le opere idriche, che punta a ridurre i rischi per chi investe e chi finanzia, sarà inserito «nel decreto ambientale che dovrebbe andare al Consiglio di ministri di domani». Così scriveva il Sole24Ore nel maggio del 2014, riportando le dichiarazioni dell'allora responsabile della struttura di missione di Palazzo Chigi Erasmo D'Angelis durante la presentazione del Blue Book 2014;
   il fondo di garanzia per le opere idriche fu poi inserito, precisamente all'articolo 58 del «collegato ambientale» alla legge di stabilità 2014 che divenne legge il 28 dicembre 2015 con l'obiettivo specifico di sostenere «gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, e a garantire un'adeguata tutela della risorsa idrica e dell'ambiente»;
   per dare attuazione al fondo sempre l'articolo 58, al comma 2, prevede che venga emanato entro 120 giorni un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per definire gli interventi prioritari, i criteri e le modalità di utilizzazione del fondo, con priorità di utilizzo delle relative risorse per interventi già pianificati e immediatamente cantierabili, nonché gli idonei strumenti di monitoraggio e verifica del rispetto dei principi e dei criteri contenuti nel decreto;
   il 31 gennaio 2017 è stato invece presentato il Blue Book 2017 e durante la presentazione è emersa, per l'ennesima volta, la preoccupante situazione delle infrastrutture idriche e soprattutto delle reti di fognatura e collettamento, per cui, come noto, l'Italia è sottoposta a ben 3 procedure di infrazione europea; dal documento si evince che «Circa l'11 per cento dei cittadini, infatti, non è ancora raggiunto dal servizio di depurazione, causa delle sanzioni comunitarie all'Italia, colpevole di ritardi nell'applicazione delle regole sul trattamento delle acque. Complessivamente sono colpiti 931 agglomerati urbani, la maggior parte al Sud e isole e in territori gestiti direttamente dagli enti locali e non attraverso affidamenti a gestori industriali». Diventa dunque «prioritario», secondo il Blue Book, il fabbisogno di «investimenti sulla depurazione» –:
   se il Governo intenda chiarire i tempi di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal comma 2 dell'articolo 58 della legge n. 221 del 28 dicembre 2015, che doveva essere emanato 120 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento stesso e che sarebbe importante per sostenere gli investimenti nel settore delle reti ed infrastrutture idriche che versano in una situazione sempre più drammatica.
(3-02758)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, GRILLO, LOREFICE, NESCI, COLONNESE, BARONI e NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   s’è appresa da numerose fonti di stampa online (rif. IlMattino.it del 29 e del 30 gennaio 2017) la notizia che F. D. S., giovane ragazza affetta da sindrome di down, ha scoperto di essere stata candidata a sua insaputa alle ultime elezioni al consiglio comunale di Napoli;
   la circostanza è venuta a galla allorché la corte di appello ha chiesto alla ragazza di presentare il rendiconto delle spese e dei contributi elettorali;
   l'interessata è una 23enne che fu collocata in lista nella civica Napoli Vale-Valeria Valente sindaco, la candidata Pd del centrosinistra, deputato;
   i genitori della ragazza, sconcertati, sono andati nei giorni scorsi a Palazzo San Giacomo, nella sede del comune, per capire cosa fosse accaduto. Peraltro, la loro figlia nella sua vita non era mai andata neanche a votare. Quando sono andati al comune hanno appreso che il caso non sarebbe l'unico, ma vi sarebbero altri disabili candidati a loro insaputa;
   gli stessi genitori avrebbero già denunciato l'accaduto ai carabinieri. Una denuncia che potrebbe essere la prima di una lunga serie, dal momento che sarebbero addirittura otto, o forse più, i candidati a loro insaputa nelle liste elettorali alle ultime comunali;
   com’è noto, la presentazione di una lista alle elezioni comunali è una procedura burocratica complessa. Ogni soggetto inserito in lista deve firmare la propria candidatura alla presenza di un notaio, o comunque di un pubblico ufficiale, e l'identità degli aspiranti consiglieri viene verificata con i documenti di riconoscimento;
   se quanto appreso fosse confermato, la questione non può che ritenersi preoccupante e scandalosa, oltre che destare numerose polemiche, anche di ordine puramente politico;
   pertanto, data la gravità delle anomalie di cui si parla, gli interroganti ritengono oltremodo opportuno che venga accertata in modo chiaro e inequivocabile ogni circostanza relativa all'accaduto, nonché le eventuali responsabilità di coloro i quali avrebbero materialmente inserito i nominativi ad insaputa delle sopradette persone disabili interessate, oltre che doversi fare piena luce su eventuali ulteriori irregolarità che dovessero essersi verificate nella presentazione delle liste –:
   se siano al corrente delle circostanze illustrate in premessa e se e quali iniziative di competenza abbiano già intrapreso, o intendano al più presto intraprendere, in merito. (5-10466)


   VALIANTE e FUSILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 gennaio 2017 una slavina si è abbattuta sull'hotel Rigopiano di Farindola in Abruzzo, distruggendo l'hotel e imprigionando 40 persone, tra turisti e dipendenti;
   gli organi di informazione hanno riportato che nei giorni antecedenti la tragedia, la prefettura di Pescara e la regione Abruzzo avrebbero ricevuto i bollettini Meteomont che segnalavano il pericolo crescente di slavine anche nella zona dell'hotel Rigopiano, ma tale comunicazione non sarebbe stata inviata né al comune di Farindola né alla struttura alberghiera;
   già la mattina del 18 gennaio 2017 presso l'albergo di Rigopiano la neve era alta oltre due metri e la strada provinciale, intorno alle 13,20 del giorno prima, era divenuta impraticabile;
   a Rigopiano avrebbe dovuto essere in funzione una turbina spazzaneve alla provincia, ma il mezzo è fuori uso dal 6 gennaio 2017. A distanza di oltre due settimane, a seguito di una verifica compiuta dagli inquirenti presso l'officina che avrebbe dovuto riparare la turbina, hanno trovato il mezzo ancora smontato. Non è stato ancora possibile stabilire se tale ritardo si è verificato per la mancanza di fondi della provincia o per la difficoltà di trovare i pezzi di ricambio;
   in data 18 gennaio 2017 alle ore 13,00 circa, il direttore dell'albergo signor Bruno Di Tommaso ha inviato alla provincia di Pescara ed alla regione Abruzzo la seguente e-mail: «Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all'aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d'accesso, dal cancello fino alla Ss42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro»; la comunicazione non veniva riscontrata;
   successivamente al verificarsi dell'evento disastroso il signor Gianluca Parete avrebbe tentato per oltre trenta minuti di contattare i soccorsi e non riuscendovi ha contattato il professor Marcella che non viene creduto dalla funzionaria della prefettura;
   i soccorsi partiti intorno alle ore 20, tre ore dopo la tragedia, restano bloccati al bivio di Farindola perché la strada nonostante le richieste del direttore dell'albergo è bloccata dalla neve;
   dopo 15 ore dal disastro i soccorritori raggiungono l'albergo;
   solo la mattina del 19 gennaio 2017 i soccorritori hanno potuto iniziato a scavare tra le macerie;
   solo il 25 gennaio 2017 oltre una settimana dopo la tragedia sono stati recuperati dalle macerie tutti i corpi;
   il bilancio della tragedia è stato di 11 sopravvissuti e 29 morti;
   sulla vicenda, la procura di Pescara indaga contro ignoti per omicidio plurimo colposo e disastro colposo;
   a Farindola inoltre, la commissione valanghe non si è più riunita dal 2005 –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere anche con riguardo alle risorse economiche necessarie per il funzionamento delle province.
(5-10469)


   MONGIELLO, CAPOZZOLO, GINEFRA, MICHELE BORDO e DI GIOIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in applicazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 2002, relativa agli eventi sismici del 31 ottobre 2002 nelle province di Campobasso e Foggia, è stata prevista, nei tre anni successivi, la sospensione del versamento dei contributi previdenziali per i soggetti residenti o aventi sede legale o operativa nei territori delle province interessate agli eventi stessi;
   l'articolo 7 dell'ordinanza ha stabilito la sospensione fino al 31 marzo 2003 del versamento e degli adempimenti relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e malattie professionali, compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti o con contratto di collaborazione coordinata;
   il presidente della regione Molise, con i decreti n. 5 del 14 febbraio 2003 e n. 7 del 19 febbraio 2003, ha esteso i suddetti benefici ai comuni della provincia di Campobasso ed ai 43 comuni della provincia di Foggia;
   le amministrazioni pubbliche interessate da tali provvedimenti hanno applicato al proprio personale la suddetta sospensione, iniziando a recuperare in 288 rate le somme dovute;
   il comma 1-bis, dell'articolo 6 del decreto-legge n. 263 del 2006, ha sancito che la legge n. 225 del 1992, si interpreta nel senso che le disposizioni delle ordinanze di protezione civile sul beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati aventi sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile;
   l'Inpdap, con la nota operativa n. 4 del 22 febbraio 2010, ha individuato nei soli soggetti privati i destinatari dell'ordinanza di protezione civile, decidendo che il recupero dei contributi sospesi nei confronti dei pubblici dipendenti avvenisse in un'unica soluzione o tramite pagamento dilazionato fino al massimo di 60 mesi;
   il tribunale di Campobasso, applicando il principio del legittimo affidamento, con sentenza n. 731 del 2012 ha accolto il ricorso proposto da vari lavoratori dipendenti di varie pubbliche amministrazioni e ha loro imposto di riscuotere le somme per contributi non versati, adottando la rateizzazione in 288 rate prevista dall'articolo 7 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 2002;
   attualmente (vedasi richiesta del 16 gennaio 2017 verso il comune di Castelnuovo della Daunia), l'Inps, nonostante i numerosi provvedimenti giudiziari confermativi della restituzione dei contributi, secondo le modalità originarie, chiede il recupero immediato delle somme con sanzioni e interessi (le cifre passano dai 10-15 euro a circa 150-200 euro mensili) –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare affinché la restituzione dei contributi previdenziali all'epoca non versati da parte dei lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni delle province di Campobasso e di Foggia interessate dal sisma del 31 ottobre 2002, avvenga secondo la rateizzazione prevista dall'articolo 7 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002, ossia senza la retroattività ex comma 1-bis dell'articolo 6 del decreto-legge n. 263 del 2006. (5-10475)


   LIBRANDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l’«Hotel Lago Losetta Melvin Jones» sito nel comune di Sestriere (Torino) è una struttura a suo tempo destinata ad ospitare atleti disabili in occasione delle Paralimpiadi del 2006, realizzata grazie ai fondi dei Giochi olimpici invernali di Torino dello stesso anno ed in collaborazione con il Lions Club International;
   tale struttura ricettiva, completamente priva di barriere architettoniche, è assai significativa nel suo genere, in grado di ospitare in perfetta autonomia ed inclusione persone con diversi gradi di disabilità;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 2002 comprendeva la suddetta struttura ricettiva fra gli interventi e le opere da ritenersi connesse allo svolgimento dei Giochi olimpici invernali di Torino 2006;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2003 individuava il comune di Sestriere quale soggetto realizzatore dell'opera, finanziata con fondi statali per 2,066 milioni di euro e dal comune di Sestriere per 0,516 milioni di euro, oltre ad un contributo del Lions Club International, oggetto di una specifica raccolta di fondi;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2003 ripartiva le risorse statali per il finanziamento delle suddette opere con assegnazione alla regione Piemonte, all'Agenzia Torino 2006 ed alla provincia di Torino;
   con la delibera della giunta regionale del Piemonte n. 1-12797 del 21 giugno 2004 veniva individuata la direzione regionale turismo, sport e parchi quale soggetto competente per la gestione dei fondi e l'espletamento delle procedure per il trasferimento degli stessi;
   ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 9 ottobre 2000, n. 285, «Interventi per i Giochi olimpici invernali di Torino 2006», le opere connesse allo svolgimento degli stessi Giochi olimpici sono state dichiarate «di pubblica utilità»;
   in data 22 febbraio 2016 il comune di Sestriere ha deliberato l'alienazione a privati della struttura denominata «Hotel Lago Losetta Melvin Jones»; il relativo bando – pubblicato il 27 luglio 2016 e andato successivamente deserto – prevedeva l'obbligo di mantenere integralmente la funzionalità dell'edificio a favore di soggetti disabili e di impedire eventuali interventi atti a ridurne la fruibilità per gli stessi. Il cessionario era tenuto a presentare fidejussione bancaria per un importo non inferiore a un milione di euro, salvo maggior danno, a garanzia del rispetto di tali adempimenti;
   in data 19 gennaio 2017 il comune di Sestriere ha pubblicato un nuovo bando di vendita avente le stesse caratteristiche, ma con obbligo di presentazione di fidejussione a carico del cessionario di soli centomila euro;
   il «regolamento per l'alienazione di beni immobili di proprietà» del comune di Sestriere dispone, all'articolo 9 che, qualora la prima asta pubblica vada deserta, la Giunta ha facoltà di disporre una successiva gara riducendo il prezzo posto a base di gara fino ad un massimo del 20 per cento, ma non prevede la possibilità di modificare altre condizioni di vendita;
   contro la vendita della struttura è stata attivata una petizione on line che ha raggiunto il numero 12.426 sottoscrittori su https://www.change.org;
   l'alienazione dell'hotel a privati potrebbe modificare – per fini prettamente commerciali e a seguito del pagamento di una modesta penale – l'originaria destinazione per cui la struttura è stata finanziata e realizzata –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per evitare che un bene immobile come l'Hotel Lago Losetta Melvin Jones, dichiarato «di pubblica utilità» da una norma nazionale, possa essere alienato ad un acquirente privato, che come sopra sottolineato potrebbe, secondo una logica puramente commerciale e grazie al pagamento di una modesta penale, modificare o eliminare le sue originarie caratteristiche di piena accessibilità e fruibilità da parte di persone disabili. (5-10483)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha inteso il principio della trasparenza come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche;
   ai sensi dell'articolo 49, comma 4, del predetto decreto le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno applicato il decreto, con l'adozione della legge della provincia autonoma di Trento 30 maggio 2014, n. 4 e della legge del Trentino-Alto Adige/Südtirol 29 ottobre 2014, n. 10;
   le disposizioni del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, sono state recepite con legge della provincia di Trento 29 dicembre 2016, n. 19, e con legge regionale n. 16 del 2016, in occasione dell'approvazione delle leggi di stabilità per l'anno 2017;
   con l'interrogazione n. 4-11927, rilevando una serie di inadempienze di responsabilità delle amministrazioni comunali del Trentino, si interrogava il Governo per sapere se ritenesse di assumere iniziative per meglio definire il ruolo e le responsabilità degli organi istituzionali titolari dei poteri di vigilanza su enti e pubbliche amministrazioni locali in materia di trasparenza;
   con l'interrogazione n. 4-13281 si interrogava il Governo per sapere se ritenesse di adottare le iniziative normative di competenza volte a garantire, nel rispetto delle autonomie di Trento e Bolzano, l'applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale, delle norme in materia di trasparenza, consentendo così maggiore prevenzione e contrasto della corruzione ai sensi del decreto legislativo n. 33 del 2013;
   gli uffici competenti dell'Anac hanno avviato le seguenti procedure di vigilanza: – prot. 81835 del 23 maggio 2016 attinente alle irregolarità relative alla mancata approvazione del PTPC 2014-2016 della comunità della Valle di Sole (Tn); – prot. 82102 del 23 maggio 2016 sulle inadempienze delle amministrazioni delle comunità di valle della provincia di Trento rilevate nel procedimento UVOT/4532/2016/PP;
   procedimento UVOT/0003832-2016 mcr riguardante le inadempienze del comune di Levico Terme (Tn);
   la petizione presentata al consiglio provinciale di Trento n. 19/XV del 23 gennaio 2017, avente ad oggetto Per un Trentino trasparente !, sollecita l'amministrazione locale ad attivare iniziative per vigilare sull'osservanza delle disposizioni in materia di trasparenza e per formalizzare un'intesa con il commissario del Governo e con l'Anac al fine di garantire maggiore efficacia nei controlli e nell'applicazione delle misure sanzionatorie e disciplinari nei confronti dei responsabili in caso di inadempienze. Un'analoga petizione, avente ad oggetto Uniformare le norme sulla trasparenza dei comuni del Trentino-Alto Adige al resto d'Italia, è stata presentata al presidente del consiglio regionale il 16 novembre 2016;
   nella risposta all'interrogazione 4-04852, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ritenne cruciale, per prevenire la corruzione, che i soggetti istituzionali impegnati disponessero, da un lato, degli strumenti migliori e, dall'altro, di un quadro normativo chiaro e di agile interpretazione tali affermazioni, secondo l'interrogante, sono da ritenersi valide anche per le autonomie locali –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione alle problematiche di ordine interpretativo e applicativo descritte in premessa in materia di trasparenza;
   quali iniziative, per quanto di competenza, abbia assunto o intenda assumere per garantire la corretta applicazione degli obblighi previsti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, su tutto il territorio nazionale;
   se intenda assumere iniziative normative volte a prevedere più efficaci forme di vigilanza sull'operato delle pubbliche amministrazioni in modo tale da garantire che in tale ambito siano pienamente rispettati gli obblighi di pubblicità e trasparenza; (5-10485)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, BASILIO, GAGNARLI, LUPO e BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a luglio 2016 è stata approvata definitivamente la legge 28 luglio 2016, n. 154, che, all'articolo 5, delega il Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali, e in modo particolare al comma 2, lettera h), prevede la revisione e armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in coerenza con la strategia nazionale definita dal Programma quadro per il settore forestale, di cui al comma 1082 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e con gli impegni assunti in sede europea e internazionale;
   nell'ambito della discussione della stessa è stato accolto con riformulazione l'ordine del giorno 9/03119-A/016 con il quale si impegnava il Governo pro tempore ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che svolga le funzioni di rappresentanza internazionali e comunitarie, di coordinamento e indirizzo istituzionale, per le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia di gestione e programmazione forestale;
   nel maggio 2016 è stata approvata in commissione agricoltura una risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00183 a primafirma Massimiliano Bernini (iniziative in materia di coordinamento forestale), con la quale si impegnava il Governo pro tempore ad adottare le necessarie iniziative, in coerenza con il processo governativo di attuazione della delega di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, al fine di istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una struttura permanente di livello adeguata, dotata di autonomo contingente, per la rappresentanza e la tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale, nonché per il raccordo con le politiche forestali regionali;
   il 29 novembre 2016 presso il centro congressi «Fontana di Trevi» si è tenuto il Forum nazionale delle Foreste: «Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Forestale Italiano», organizzato dalla Rete rurale nazionale 2014-2020, dal tavolo filiera legno del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e dalla struttura del Programma quadro per il settore forestale (Pqsf), che voleva essere un primo momento di confronto partecipato e necessario a definire e condividere i principi su cui poter costruire il nuovo quadro politico e legislativo nazionale per una concreta tutela e valorizzazione del patrimonio forestale italiano;
   nell'ambito dell'operazione di smantellamento del Corpo forestale dello Stato alcuni membri sono transitati al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nella misura di 49 unità;
   al momento non risulta che il personale di cui sopra abbia trovato una collocazione che dia ragione degli obiettivi suddetti e delle competenze e delle professionalità in esso riposte e, stando a dichiarazioni di alcuni membri interessati dal trasferimento, si troverebbero all'interno del Ministero senza un incarico definito, senza inquadramento giuridico ed economico e senza una direzione a cui fare riferimento;
   non risulta essere stato ancora approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 177 del 2016 e annunciato per il 31 dicembre 2016; tale articolo, al comma 1, lettera a) attribuisce al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali la rappresentanza e la tutela degli interessi forestali nazionali in sede europea e internazionale e raccordo con le politiche forestali regionali –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione dei funzionari del Corpo forestale dello Stato ora in forza al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e se rispondano al vero le notizie sopra riportate;
   quando verrà approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui in premessa, volto alla costituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di un'adeguata struttura organizzativa in materia di coordinamento forestale nazionale;
   quali iniziative si intendano assumere per dare continuità alle funzioni del personale del Corpo forestale di Stato transitato nel Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e se non si ritenga opportuno assumere specifiche iniziative per l'istituzione presso il suddetto Ministero di un ufficio permanente di coordinamento forestale in conformità a quanto indicato negli atti di indirizzo sopra richiamati. (4-15450)


   FASSINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Verità del 18 gennaio 2017 ha pubblicato un articolo a firma di Francesco Bonazzi intitolato Un omosex ai rapporti tra governo e Chiesa, nel quale si informava che «Matteo Renzi ha lasciato in eredità a Paolo Gentiloni la nomina del proprio ex segretario, Benedetto Zacchiroli, a coordinatore dei rapporti della Presidenza del Consiglio con le istituzioni religiose cattoliche», soffermandosi sulla omosessualità di Zacchiroli, ritenuta inopportuna per il compito;
   l'articolo dedicava solo l'inciso «A parte l'evidente spreco di denaro pubblico» alla questione che invece è da ritenersi centrale;
   è necessario rettificare alcune informazioni contenute nell'articolo, a cominciare dall'incarico attribuito a Zacchiroli, erroneamente definito come «coordinatore dei rapporti della Presidenza del Consiglio con istituzioni religiose cattoliche». La Presidenza del Consiglio, infatti, come si può verificare all'apposito indirizzo web prevede, proprio all'interno dell'ufficio del segretario generale, l'ufficio studi e rapporti istituzionali, coordinato dalla dottoressa Anna Nardini, esperta della materia che da molti anni si occupa dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose;
   all'interno dell'ufficio poi è presente l'apposito servizio per i rapporti con le confessioni religiose e per le relazioni istituzionali, coordinato dalla dottoressa Cristina Bianchini, anch'essa come la dottoressa Nardini appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   il bando (interpello) pubblicato nell’intranet era finalizzato alla «attribuzione di un incarico dirigenziale di livello non generale di consulenza, studio e ricerca», che è la dizione ufficiale con cui si indicano gli incarichi dirigenziali in posizione di staff;
   il decreto organizzativo della Presidenza del Consiglio dei ministri non prevede tale posizione dirigenziale di staff, né in precedenza si è mai appalesata tale esigenza, tanto più che i requisiti richiesti ricalcano quelli per l'attribuzione del coordinamento del servizio per i rapporti con le confessioni religiose e per le relazioni istituzionali, creando in tal modo un duplicato;
   tra i requisiti richiesti si fa riferimento a un generico diploma di laurea senza le ulteriori specificazioni che accompagnano sempre gli interpelli;
   tutto considerato l'interpello non sembra agli interroganti costruito intorno a una esigenza pubblica, bensì intorno a una persona che per ordini superiori deve restare all'interno della Presidenza del Consiglio e che è laureata in teologia, per cui la materia più attinente è apparsa essere quella dei rapporti con le confessioni religiose –:
   quali siano le esigenze pubbliche che hanno portato l'ufficio del segretario generale a bandire un posto per l'attribuzione di un incarico dirigenziale di livello non generale di consulenza, studio e ricerca, per compiti attinenti ai rapporti con le confessioni religiose, in presenza di una struttura deputata a svolgere quelle funzioni;
   quale sia la spesa collegata all'incarico;
   se risultino altre analoghe posizioni dirigenziali in staff e sulla base di quale esigenza pubblica siano state conferite. (4-15454)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 4/10886, presentata il 27 ottobre 2015 dai firmatari del presente atto, si chiese, senza aver finora ottenuto risposta, se i Ministri interrogati intendessero assumere iniziative normative per garantire massima trasparenza e prevenire possibili fenomeni di corruzione nelle gare per l'affidamento del servizio di igiene urbana, anche valutando, per i casi di violazione dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 163, l'introduzione ex lege del monitoraggio di Anac sull'intera procedura di aggiudicazione fino alla stipula del relativo contratto;
   sul quotidiano « la Repubblica» del 12 ottobre 2014, il sindaco di Pisa Marco Filippeschi ha divulgato i nomi (A2A e IREN) di alcuni dei partecipanti alla gara per la scelta del socio privato nella gestione dei rifiuti delle quattro province di Lucca, Massa, Pisa e Livorno. Questo sembrerebbe agli interroganti rientrare nello schema ormai consolidato di realizzare bandi di gara «cuciti su misura» per favorire determinati soggetti a danno di altri;
   fonti di stampa hanno riportato l'arresto di Andrea Corti, direttore generale dell'Ato Toscana Sud per turbativa d'asta e corruzione. Fra l'altro, le indagini riporterebbero ad una cooperativa che avrebbe intrattenuto rapporti con Banca Etruria, di cui è stato vicepresidente Pier Luigi Boschi padre del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri ma non solo: «La Castelnuovese parte dalla costruzione della Casa del Popolo di Castelnuovo dei Sabbioni e dalle abitazioni popolari di Arezzo per poi scolorire il suo rosso, come il partito. Oggi si occupa di rifiuti, grandi opere e costruisce tanti centri commerciali e outlet, a partire da quelli progettati in Valdichiana in una fase precedente per arrivare a Reggello. Mentre il The Mall, ideato con il finanziatore di Matteo Renzi, (e già socio del padre Tiziano) Andrea Bacci; la socia di Tiziano Renzi, Ilaria Niccolai e i Moretti-Lebole di Arezzo, con la consulenza del padre del premier è solo l'ultimo dei business di Rosi»;
   è di poche settimane fa la notizia dell'avvio della procedura di proposta di adozione della gestione straordinaria di SEI Toscana e Siena Ambiente da parte dell'Autorità nazionale anticorruzione;
   ad ulteriore conferma della situazione di illegalità diffusa nella quale si svolge la gestione dei rifiuti urbani in Toscana, si ricorda che il professor Frey, amministratore unico dimissionario di RETIAmbiente (gestore dei rifiuti per i comuni dell'ATO-Toscana Costa) esercita la sua carica in violazione di legge e per questo è stato querelato, come risulta da fonti di stampa, dal Sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, il quale ha ritenuto di sporgere formale querela presso la competente Guardia di finanza contro Frey e il collegio dei sindaci revisori;
   a seguito dell'ulteriore recente inchiesta sugli sversamenti illeciti di fanghi, l'ufficio di presidenza della Commissione Bicamerale d'inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti aveva già deliberato lo svolgimento di un approfondimento sulla regione Toscana, che è stato confermato come risulta dalle comunicazioni rese dal presidente della Commissione dopo i fatti di cui si riporta notizia –:
   se il Governo, alla luce di un eventuale monitoraggio della casistica in materia di reati contro la pubblica amministrazione intenda assumere iniziative normative per garantire la massima trasparenza e prevenire, possibili fenomeni di corruzione, anche valutando l'introduzione ex lege del monitoraggio dell'Anac sull'intera procedure di convergenza verso il gestore unico; (4-15455)


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i brogli negano la volontà popolare ed alimentano, in netto contrasto con l'evoluzione democratica e l'assoluta trasparenza del sistema, la sfiduci dei cittadini verso la classe politica, le istituzioni e verso lo strumento più alto dell'espressione della sovranità popolare, quale è appunto il diritto di voto;
   le accuse di brogli caratterizzano ormai il post elezioni del nostro Paese, sia che si tratti delle consultazioni referendarie, delle elezioni politiche nazionali ed e europee, ovvero delle elezioni amministrative;
   la «storia elettorale» italiana è sempre stata caratterizzata dal sospetto di brogli, a partire dalla stessa unità del Regno d'Italia e dal plebiscito del 1860 per l'annessione del Regno di Napoli al Regno d'Italia;
   soggetto alle stesse accuse fu, da parte dei monarchici, il referendum per la repubblica del 1946;
   più recentemente, tra i casi di presunti brogli più eclatanti si possono ricordare, a titolo esemplificativo, le elezioni europee 2009, svolte alla presenza degli osservatori internazionali dell'Ocse, le elezioni regionali in Piemonte nel 2010 e i vari casi denunciati in Campania, Calabria e Sicilia nel 2010, le primarie del partito democratico a Napoli nel gennaio 2011 e così via;
   è innegabile dunque che la manipolazione della volontà popolare rappresenti un rischio concreto ed attuale;
   lo stesso legislatore ha implicitamente dato conferma dell'esistenza del fenomeno, intervenendo in materia di reati elettorali e ampliando la fattispecie del reato di scambio elettorale politico-mafioso;
   occorrerebbero in realtà semplici accorgimenti per eliminare definitivamente ogni sospetto di inquinamento elettorale e garantire una effettiva libertà e segretezza del voto;
   nei Paesi dell'Unione europea le urne per la raccolta dei voti sono differenti; in alcuni di essi sono utilizzate urne trasparenti, in altri si ricorre a urne opache; in alcuni casi esse vengono chiuse ermeticamente, mentre in altre circostanze gli scrutatori hanno la facoltà di aprirle in qualsiasi momento;
   si rende necessario definire pertanto uno standard di sicurezza più simile ai sistemi vigenti comunitari in grado di garantire che la scheda consegnata all'elettore sia la stessa che viene effettivamente restituita;
   a tal proposito, sarebbe sufficiente rendere l'elettore visibile, seppur di spalle, rispetto della riservatezza e segretezza del voto;
   senza l'adozione di stringenti logiche «anti-broglio», i tentativi deviazione dei risultati elettorali continueranno a condizionare la vita democratica del nostro Paese;
   costruire un sistema «anti-broglio» significa intervenire con vincoli e controlli sia sul processo di voto che di spoglio elettorale;
   a prescindere da un eventuale scioglimento anticipato delle Camere, il nostro Paese, a giudizio dell'interrogante, si sta avviando verso una nuova importantissima tornata elettorale –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere tempestive iniziative normative volte a prevenire e scongiurare il rischio di possibili brogli elettorali e di inquinamento della volontà popolare, sul modello dei sistemi attualmente vigenti in alcuni Paesi dell'Unione europea. (4-15459)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, nel luglio 2014, l'allora Ministro degli affari esteri italiano pro tempore, Federica Morgherini, visitava il suo omonimo macedone a Skopje e in tale occasione, nonostante si trattasse di una visita di Stato, incontrava anche i vertici operativi del partito socialista opposizione;
   tre mesi dopo l'incontro, il presidente del citato partito, Zoran Zaev, iniziava una serie di incontri, tutti documentati dalla polizia, con il Premier Nikola Gruevski con il tentativo di estorcere le sue dimissioni, sembrerebbe sulla base di intercettazioni ottenute grazie alla collaborazione di uno Stato straniero;
   nel gennaio 2015 veniva arrestato l'ex capo dei servizi segreti in seguito all'intercettazione di una comunicazione Skype nella quale Zaev gli garantiva che il premier di un Paese europeo amico avrebbe provveduto al suo espatrio;
   a seguito dell'accaduto, i socialisti, rendendo pubblici i contenuti delle comunicazioni in loro possesso, accusavano il Governo di corruzione, ma le accuse non hanno retto e si sono aperti i processi per tentata estorsione e tentativo di colpo di Stato;
   sulla vicenda Darko Janevski, direttore generale nazionale Dnevnik, scriveva che le conseguenze del tentato colpo di Stato sostenuto dall'estero in maniera da favorire l'ascesa dei socialisti si sono talmente ramificate che per i macedoni «parlare del coinvolgimento dell'Italia nell'affare è come dire che l'impero romano sia esistito. È un fatto di cui non interessa più in quanto vi sono altre decine di problemi più incombenti da risolvere»;
   le forze speciali macedoni hanno arrestato anche un gruppo terroristico islamico infiltrato dal Kosovo che, come dimostreranno le indagini avrebbero dovuto fomentare turbolenze in concomitanza con una rivolta pro-socialista organizzata a maggio 2015 dalle organizzazioni non governative del settore civile, finanziate principalmente dell’Open Society di Soros;
   nel frattempo la Mogherini andava a ricoprire l'incarico di Alto Rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e delegava Peter Vanhoutte, membro dei Verdi ed ex parlamentare belga, come mediatore con il compito di trovare un accordo tra i partiti macedoni sui termini e la data delle nuove elezioni chieste a gran voce dalle citate organizzazioni non governative;
   Vanhoutte, però, si sarebbe dimostrato tutt'altro che imparziale e, dopo aver ottenuto un Governo tecnico, unitamente alla promessa di nuove elezioni, si è dimesso per diventare consigliere del partito socialista;
   tutta la documentazione sul caso, riguardante il complotto e la prova del coinvolgimento di diplomatici stranieri, sarebbe stata secretata dai tribunali;
   per quanto sembri lontana, la Macedonia è un Paese chiave per la sicurezza italiana essendo la porta di entrata delle migrazioni illegali e dell'islamismo fondamentalista;
   da anni le forze d’intelligence macedoni e l'Aise cooperano su un'agenda altamente sensibile con risultati apprezzabili, ma l'immagine della diplomazia italiana in questi anni ne esce ammaccata –:
   di quali elementi disponga il Governo circa i fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per recuperare credibilità nei confronti dell'opinione pubblica macedone, nonché per ricucire i rapporti con il Governo in carica.
   (4-15453)


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre 2016 si apprendeva a mezzo stampa che le autorità scolastiche inglesi avevano inserito tra i dati etnico-linguistici che gli studenti italiani erano chiamati a fornire, tramite modulo online, all'atto della richiesta di iscrizione presso alcune circoscrizioni scolastiche britanniche in Inghilterra e in Galles, non soltanto quello relativo alla loro nazionalità, ma specificamente quello relativo alla provenienza da alcuni contesti territoriali del Meridione italiano, tramite la scelta di una pseudo-variante linguistica tra italiano, italiano-napoletano e italiano-siciliano diretta ad annotare nel curriculum del bambino la provenienza e gli usi linguistici prevalenti;
   in riferimento a quella che appariva una scelta poco chiara quanto alla ragione e alle finalità e sotto diversi punti di vista foriera di una non giustificabile discriminazione, furono già nell'immediato opportunamente sollevate da parte dell'ambasciatore italiano in Gran Bretagna sia formali rimostranze al Governo inglese tramite il Ministero competente sia richiesta di revoca delle suddette classificazioni relative agli usi linguistici dei bambini italiani;
   pur considerato che, a seguito delle spiegazioni fornite da parte del Governo britannico, si è potuta decifrare l'intenzione ispiratrice della scelta nell'individuazione di possibili esigenze linguistiche particolari allo scopo di garantire un ipotetico sostegno nell'apprendimento scolastico, non sembra però che l'intenzione originaria fosse al riparo da involontarie conseguenze discriminatorie, nonché offensive nei confronti dei bambini e delle famiglie italiane interessate –:
   quali siano le informazioni in possesso del Governo e i suoi orientamenti in merito e quali iniziative abbia assunto, anche per il tramite dell'ambasciata italiana a Londra, nei confronti delle autorità inglesi competenti sul territorio per verificare che le suddette pratiche a rischio di avere effetti discriminatori non abbiano più corso nelle forme e nei modi in cui si sono determinate né che possano avere luogo altre iniziative simili causate da superficialità e mancanza di conoscenza della storia civile, culturale e linguistica del nostro Paese. (4-15456)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, L'ABBATE e GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Ecolabel è una certificazione «verde» controllata dalla Commissione europea che attesta, attraverso l'apposizione di un'etichetta ecologica volontaria, i prodotti o servizi a ridotto impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita, con un ridotto uso di sostanze dannose e, al contempo, buone performance tecniche;
   Ecolabel UE è stato istituito nel 1992 dal regolamento n. 880/92 ed è oggi disciplinato dal regolamento (CE) n. 66/2010 in vigore nei 28 Paesi dell'Unione europea e nei Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo – SEE (Norvegia, Islanda, Liechtenstein);
   i criteri di questa certificazione, stabiliti a livello europeo con un'ampia partecipazione di parti interessate tra cui anche associazioni europee di consumatori e ambientaliste, riguardano anche aspetti importanti inerenti alla salute e alla sicurezza dei consumatori, e riguardano inoltre, ove pertinente, i principali aspetti sociali ed etici dei processi produttivi;
   secondo diverse indagini, in particolare portate avanti dall'associazione Altroconsumo, è emerso che la Ecolabel è, tra le certificazioni «verdi», quella con un disciplinare più robusto e migliori risultati, sia in termini ambientali che di efficacia, seguono le certificazioni ICEA; tutto il resto dei marchi green sembra non rispondere alle stesse caratteristiche;
   da diverse fonti di stampa è emersa l'intenzione della Commissione europea di eliminare la certificazione Ecolabel da alcune categorie di prodotti, pur non essendo ancora pubblici i risultati del procedimento di revisione della certificazione (REFIT) previsto già dal febbraio 2015;
   i risultati parziali degli studi di valutazione condotti nel 2014 hanno, però, dimostrato che il 95 per cento di chi ha risposto alla consultazione pubblica è favorevole alla continuazione dello schema Ecolabel così come è;
   esso, infatti, permette ai cittadini europei di fare acquisti sostenibili, districandosi tra la proliferazione di etichette e di pubblicità fuorvianti sull'ecosostenibilità (spesso «verdi» solo nel nome, o comunque con scarse performance tecniche), ma ha anche la funzione di sostenere le imprese a commercializzare in Europa prodotti sostenibili che rispondono a criteri identici in tutti i Paesi dell'Unione europea;
   anche in Italia la certificazione Ecolabel ha raggiunto risultati importanti, sia per il numero di prodotti riconosciuti, sia per l'importanza che ormai riveste per i cittadini che decidono di orientarsi su una spesa ecosostenibile, ma efficace –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non intenda intervenire in sede europea affinché venga riconsiderata la decisione della Commissione europea di rivedere la certificazione Ecolabel, quantomeno non prima della pubblicazione dei risultati del procedimento di revisione (REFIT), considerando i benefici, sia in termini di efficacia che di impatto ambientale, di tutti i prodotti ai quali oggi è applicata. (4-15441)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da un articolo uscito sul settimanale « La Vita del Popolo» del 5 febbraio 2017, dalle associazioni di volontariato laiche e religiose che operano sul territorio della province del Veneto, e dai gruppi missionari parrocchiali veneti di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia, giungono segnalazioni circa il fatto che l'applicazione delle nuove norme della legge n. 221 del 2015, il cosiddetto «collegato ambientale», sta rendendo molto difficili se non impossibili le tradizionali raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, tra cui ferro e altri materiali ferrosi;
   la riduzione della raccolta del ferro ha gravi ripercussioni, in primo luogo sulla concreta attuazione degli scopi c beneficenza e sull'elevazione dei livelli di raccolta differenziata dei rifiuti;
   vanno riconosciuti il valore fondamentale del volontariato quale elemento essenziale della convivenza e della coesione civile e la particolare rilevanza delle tradizionali raccolte benefiche di rifiuti riciclabili realizzate, in molte regioni e località d'Italia, dalle parrocchie, dai gruppi missionari, e, più in generale, dalle associazioni di volontariato religiose e laiche;
   nel 2009 il Governo pro tempore, sulla stessa questione, aveva accolto l'ordine del giorno AC 9/2206/31 del 26 febbraio 2009 a firma dell'interrogante e di altri deputati, impegnandosi a dare soluzione alla medesima materia, permettendo la raccolta da parte del volontariato nel rispetto della legge che i consorzi di raccolta devono necessariamente applicare –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché vengano rimossi, nel rispetto del corretto trattamento dei rifiuti, gli ostacoli normativi e amministrativi che impediscono o intralciano il libero esercizio, da parte delle associazioni di volontariato, delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili e venga promosso, nell'ambito delle attività di gestione del ciclo dei rifiuti, l'affidamento alle associazioni di volontariato delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, in un'ottica di promozione del volontariato e di collaborazione fra i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio, ai sensi e in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 5, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), evitando di lasciare a carico dei consorzi di raccolta le criticità normative rilevate. (4-15445)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO e GRIBAUDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, in vigore dal 24 giugno ha previsto la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali (MIBAC) trasformandolo in Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) e ha stabilito si dotasse di un nuovo regolamento organizzativo, riducendo le figure dirigenziali, per porre rimedio a problemi decennali;
   con l'approvazione del decreto-legge n. 83 del 2014, convertito dalla legge n. 106 del 2014 (cosiddetto decreto Art Bonus) si è previsto il potenziamento dei collegamenti tra gli uffici operanti tra i settori, così, le direzioni regionali, trasformate in uffici di coordinamento amministrativo, sono dotate di specifiche funzioni in ambito turistico, per assicurare la massima integrazione;
   il 19 gennaio 2016 è partita la seconda fase della riforma, finalizzata alla creazione delle «Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio», le SABAP, con aumento dei presidi di tutela sul territorio nazionale, che passano dalle attuali 17 Soprintendenze archeologiche alle nuove 39 soprintendenze unificate (cui si sommano le due soprintendenze speciali del Colosseo e Pompei);
   la nuova articolazione realizza una distribuzione di 41 presidi (39 soprintendenze uniche totali e 2 Soprintendenze speciali) definita in base a numero di abitanti, consistenza del patrimonio culturale e dimensione dei territori;
   nel territorio piemontese, la nuova organizzazione prevede tre sedi: Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, con sede a Torino; Soprintendenza per le province di Alessandria, Asti e Cuneo, con sede ad Alessandria; Soprintendenza per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli, con sede a Novara;
   desta preoccupazione la scelta delle dislocazioni territoriali per le sedi uniche per il territorio di Cuneo e provincia: questo territorio rappresenta circa i due terzi del totale delle pratiche di competenza della Soprintendenza del Piemonte sud, ma vede i propri amministratori, enti, persone e imprese interessate costretti a riferirsi alla sede di Alessandria; questo implica disagio, dal momento che i mezzi pubblici e i collegamenti sono difficoltosi: il trasporto ferroviario prevede una tratta con cambio alla stazione Torino Lingotto, oppure due cambi, (Fossano e Torino Lingotto), comportando una durata anche superiore alle due ore di viaggio, mentre l'ipotesi di trasporto su gomma dilata i tempi di viaggio;
   oltre alla dislocazione ad Alessandria, per la provincia di Cuneo, crea forte preoccupazione per le qualità del servizio, per un territorio che ha numeri di gran lunga superiori ad altre realtà territoriali dell'area di competenza della stessa Soprintendenza, la revisione degli organici in atto a seguito della riforma, che rischia di generare una situazione di disparità consistente tra le tre sedi SABAP attivate: la sede di Torino aggregherebbe circa 17 figure professionali, mentre sulle sedi alessandrina e novarese si conterebbero soli 4 professionisti, con conseguente difficoltà nello svolgimento delle mansioni basilari, mentre da valutazioni effettuate sul carico di lavoro complessivo, ancora suddiviso tra Torino e resto del Piemonte, il risultato avrebbe evidenziato un'esigenza di organico quasi equivalente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se non ritenga opportuno considerare soluzioni alternative, magari prevedendo la possibilità che la provincia di Cuneo si riferisca al capoluogo regionale, essendo più facilmente raggiungibile;
   se non ritenga opportuno indicare quali siano i criteri di assegnazione provvisoria degli organici nelle sedi Sabap, verificandone il carico di lavoro, con criteri il più possibile oggettivi, tenuto conto che sembrerebbe emergere la necessità di un maggior equilibrio tra la sede torinese e le aree sud e nord del Piemonte.
   (5-10476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i frati minori del Santuario Madonna del Frassino di Peschiera del Garda, in provincia di Verona, da tempo – circa vent'anni – sostengono la battaglia contro la realizzazione della linea Tav Verona-Brescia, nel tracciato originario;
   il santuario – una chiesa monumentale di Peschiera del Garda, ricca di opere del ’500 veronese, affidata alle cure dei frati nel 1514 – è un luogo di culto visitato, ogni anno, da 300/400 mila persone, non solo pellegrini ma anche turisti alla ricerca di pace;
   ai rischi evidenti per la tenuta degli edifici, bisogna aggiungere gli ostacoli legati alla presenza di due cantieri – uno davanti al Santuario e uno, logistico, sul retro – e al passaggio di mezzi pesanti per mesi, forse anni, considerando i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia; aspetti, questi, che pregiudicherebbero enormemente la fruibilità del sito di culto;
   nel novembre 2016, i frati avevano fatto appello all'ex Premier Renzi e, ora, si rivolgono al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. «A suo tempo – scrivono – sono state presentate tante osservazioni al progetto; qui al santuario, nel 1997, sono state raccolte pagine e pagine di firme di protesta e poi è sceso il silenzio. Oggi il problema è ritornato a galla e con sorpresa si vede che il progetto è ancora quello iniziale»;
   non è molto solido, riferiscono i frati, anche il colonnato degli anni ’60 del secolo scorso che disterebbe appena 30 metri dalla futura strada ferrata;
   «non siamo contro il progresso – scrivono i frati al premier – e dobbiamo certamente pensare al futuro senza però deturpare ulteriormente l'ambiente e mettere in pericolo un monumento tanto prezioso qual è il santuario del Frassino»;
   i frati, quindi, vanno ad aggiungersi al coro delle tante associazioni e dei tanti comitati che sin dal primo progetto, nel 1997, hanno presentato innumerevoli osservazioni in seno al procedimento di approvazione della TAV Verona-Brescia e raccolto pagine e pagine di firme di protesta –:
   se, alla luce dei fatti esposti, non si ravvisi l'esigenza di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative idonee alla tutela del Santuario della Madonna del Frassino in relazione al previsto passaggio della Tav Verona-Brescia. (4-15436)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 novembre 2015 l'ABI (Associazione bancari italiana) attraverso il comunicato stampa «Abi: nasce il MuVir, il primo Museo Virtuale delle banche operanti in Italia» ha annunciato la nascita del Muvir ossia «l'infrastruttura tecnologica che ha l'obiettivo di condividere con il pubblico italiano ed internazionale il patrimonio artistico delle banche in Italia, piccole e grandi, attraverso una digitalizzazione e catalogazione delle opere. Le esposizioni saranno consultabili e corredate di informazioni storico-artistiche e sarà, inoltre, la realizzazione di un museo tridimensionale virtuale entro cui il pubblico potrà muoversi, decidendo di volta in volta come realizzare la propria mostra personale da poter condividere con gli altri utenti della rete»;
   il presidente dell'Abi Antonio Patuelli ha dichiarato in relazione al progetto che «(...) per i visitatori, siano esse scuole, accademie, università, singoli individui, sarà possibile consultare e utilizzare il patrimonio che le banche condivideranno come materiale di studio e approfondimento: ognuno potrà creare un proprio percorso museale, autonomo tra i capolavori custoditi dalle banche che partecipano al progetto. Il Museo avrà un ruolo decisivo nell'ampia diffusione e nella comunicazione delle opere d'arte possedute delle banche, che costituiscono una parte rilevante del patrimonio culturale nazionale»;
   la nota stampa, inoltre, ha sottolineato che «il MuVir (...) aprirà le porte nella primavera del 2016 con la prima “ala digitale” del museo dedicata all'Ottocento e al Novecento; le sezioni del museo diventeranno via via più ampie grazie al coinvolgimento degli istituti bancari presenti in Italia che, a partire dal 26 novembre, saranno chiamati ad allestire le sale inserendo schede e fotografie delle opere di loro proprietà»;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nella medesima data, sul proprio sito online ha evidenziato che «circa 300.000 tra quadri, sculture, arazzi e ceramiche, prenderanno nel tempo una nuova vita digitale a favore della collettività, in uno spazio senza muri, orari e distanze, per esaltare le emozioni che si creano tra un oggetto d'arte e lo spettatore. (...) Una piattaforma digitale, in italiano e inglese, accessibile al pubblico con un clic. Un grande progetto realizzato seguendo rigorose norme di tutela e conservazione. Nulla lasciato al caso. La catalogazione delle opere ? Secondo criteri globalmente riconosciuti e tali da consentire il dialogo dei dati con quelli delle grandi reti culturali mondiali. Il portale ? Uno strumento dove le opere sono consultabili e corredate, nei casi più rilevanti, di approfondite informazioni storico-artistiche. Insomma uno spazio virtuale entro cui il pubblico può muoversi, decidendo di volta in volta di ordinare le opere secondo criteri variabili e personalizzati»;
   dopo un anno e due mesi dall'annuncio dell'apertura del MuVir, il sito online de Il Fatto Quotidiano, nell'articolo del 30 gennaio 2017, ha informato come «all'indirizzo www.muivir.eu non corrisponda alcun contenuto»;
   nello specifico, il responsabile dell'ufficio relazioni culturali dell'Abi Carlo Capoccioni, come riportato dalla testata giornalistica, ha risposto comunicando che «(...) stiamo lavorando, non abbiamo in alcun modo abbandonato il progetto. È la società partner, che non ha realizzato il progetto. Noi abbiamo già messo a punto tutto il piano, fatta la prima sperimentazione del lavoro, occorre completare l'infrastruttura tecnologica che si è dimostrata uno snodo più complesso del previsto. Stiamo quindi cercando una nuova società che abbia tutte le caratteristiche per realizzare l'infrastruttura necessaria (...)» –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, intenda chiarire, di concerto con l'Associazione bancaria italiana, le tempistiche per l'apertura del MuVir. (4-15457)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VITO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina dell'attività certificativa dei medici del ruolo professionale dei sanitari della polizia di Stato, nonché dei medici militari in servizio permanente ed in attività di servizio, per il rilascio ovvero il rinnovo della licenza di porto d'armi è stata oggetto di diversi atti normativi caratterizzati da indirizzi e volontà eterogenei;
   con decreto del Ministro della sanità del 14 settembre 1994 la citata competenza certificatoria è stata estesa anche ai medici di tale categoria operanti individualmente ed al di fuori delle strutture pubbliche di appartenenza. Con il successivo decreto del Ministro della sanità del 28 aprile 1998 viene, al contrario, eliminato il riferimento ai «singoli medici appartenenti alla polizia di Stato», sostituendolo con le sole «strutture sanitarie militari e della polizia di Stato»;
   a seguito di sospensione del decreto del 1998 da parte del TAR Veneto, sono state emanate diverse circolari ministeriali e note dell'ispettorato generale della sanità militare del Ministero della difesa che, nell'ambito di un'attività interpretativa e specificativa delle disposizioni di riferimento, hanno contribuito al consolidamento di un regime di incertezza in ordine all'attività di erogazione dei certificati di idoneità psico-fisica strumentali all'ottenimento della licenza di porto d'armi per i singoli medici operanti in qualità di libero professionisti;
   da ultimo, sono stati respinti, da recenti pronunce del TAR Lazio, alcuni ricorsi presentati da ufficiali medici, finalizzati all'annullamento del decreto del 1998, nonché di alcuni provvedimenti dell'ispettorato generale della sanità militare, volti all'ottenimento di un riconoscimento definitivo del loro diritto allo svolgimento dell'attività libero-professionale in relazione al rilascio di certificazioni di idoneità al porto d'armi, sulla base della considerazione dell'esistenza di un grave rischio per la sicurezza pubblica che deriverebbe dall'affidamento al singolo medico operante come libero professionista di un'attività complessa e delicata quale quella in questione;
   la sistematica incertezza nell'interpretazione delle citate norme e negli orientamenti espressi da parte dei vari soggetti istituzionali coinvolti causa notevoli difficoltà –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per fornire un indirizzo chiaro ed univoco sulla complessa materia, anche attraverso l'adozione di un decreto interministeriale, specificando e disciplinando definitivamente la competenza (o meno) delle sopracitate categorie di medici all'emissione di certificati di idoneità finalizzati al rilascio ovvero al rinnovo del porto d'armi in regime di libera professione, al fine di favorire un'uniforme applicazione della normativa in ossequio ai principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento.
(4-15435)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le Forze armate e le Forze dell'ordine hanno in dotazione diverse tipologie di armi d'ordinanza;
   così, diverse migliaia di appartenenti alle forze di polizia civile sono autorizzate a custodire la propria arma d'ordinanza secondo quanto previsto dalle normative vigenti;
   oltre a questa tipologia di personale in divisa, si aggiungono altre migliaia di uomini e donne che prestano servizio nelle caserme, nelle basi navali o negli aeroporti o comunque in tutti quei siti e quelle situazioni che vedono la presenza di forze di polizia ad ordinamento militare dotate di armi d'ordinanza;
   esistono, infine, altre tipologie di armi in possesso delle diverse forze di polizia presenti in Italia utilizzate per esigenze estemporanee o in dotazione a corpi scelti o speciali di pronto intervento;
   notizie di stampa recenti hanno portato a conoscenza dell'opinione pubblica il dato sconcertante che riguarda la Svizzera, dove, nel solo anno 2016, sono andate smarrite ben 69 armi; ciò rende trasparente e disponibile un dato che, a quanto risulta agli interroganti, non è mai emerso in Italia;
   la denuncia di smarrimento o furto di un'arma in Italia segue un iter ben preciso da parte delle procure civili e militari, a seconda di dove sia avvenuto il fatto; da ciò se ne deduce che non dovrebbe essere impresa ardua quella di poter conoscere questi dati; dati che potrebbe essere utile conoscere anche in prospettiva di eventuali azioni «solitarie» o organizzate di appartenenti ad organizzazioni terroristiche che potrebbero utilizzare tali armi, al fine proprio di creare disordine nel nostro Paese –:
   quante siano le armi perse o rubate alle forze di polizia ad ordinamento civile e militare negli ultimi 5 anni, indicando per ogni anno il numero di armi oggetto di denuncia alle procure civili e militari;
   quali orientamenti intendano esprimere i Ministri interrogati in ordine alla capacità di garantire la sicurezza in Italia alla luce dei dati che essi vorranno portare all'attenzione dell'opinione pubblica.
(4-15449)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i quartieri fieristici sono immobili speciali, storicamente accatastati nella categoria «E», pertanto esenti da Imu sia in funzione della tipologia della specifica attività svolta, sia per le caratteristiche stesse di tale attività, di interesse collettivo;
   l'articolo 2, comma 40, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, non ha innovato rispetto al passato, specificando quanto già previsto dalla prassi consolidata: gli immobili o porzioni di immobili con autonomia funzionale e reddituale, destinati ad uso commerciale, industriale, uffici privati ovvero ad uso diverso, non possono essere accatastati nella categoria E;
   la circolare n. 4 del 16 maggio 2006 dell'Agenzia del territorio, ha disconosciuto il ruolo sociale specificità dell'attività ospitata nei quartieri fieristici, assimilando, in base a una propria interpretazione della citata disposizione, le fiere ai padiglioni industriali, classificandoli nella categoria D8 soggetta ad Imu;
   il censimento nel gruppo «E» dei padiglioni fieristici è avvalorato dal quadro di qualificazione delle unità mobiliari urbanistiche allegato al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, nel quale le fiere permanenti sono testualmente menzionate ed inserite nel gruppo V «unità immobiliari speciali per funzioni pubbliche o di interesse collettivo», coincidente con la categoria catastale E;
   molte commissioni tributarie provinciali e regionali in linea con la risposta del Ministero ad una interrogazione parlamentare del 2005, volta a chiarire che i padiglioni fieristici, qualora per le loro specifiche caratteristiche non rientrino nelle altre categorie e per gli stessi sia presente un interesse pubblico diffuso, continuano ad essere censiti nel gruppo «E», hanno accolto la tesi per cui gli spazi fieristici non possono che rientrare nella categoria E/9, perché sono destinati a esigenze di interesse pubblico, che prevalgono su quelle di carattere economico e commerciale;
   nell'attesa di un provvedimento chiarificatore da parte dell'Amministrazione finanziaria, la sentenza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, del 30 aprile 2015, n. 8773, ha stabilito che il carattere pubblico o privato della proprietà dell'immobile, oltreché eventuali funzioni latamente sociali svolte dal proprietario, come ad esempio quella della promozione economica o culturale, sono irrilevanti e pertanto gli immobili fieristici vanno inclusi nel gruppo D in quanto oggetto di attività commerciale;
   tale decisione presenta alcuni profili di criticità sia in relazione ai presupposti giuridici sui quali si fonda – ovvero la presunzione assoluta della natura commerciale dell'attività svolta negli immobili fieristici – sia in relazione alle conseguenze che dalla stessa possono derivare sul sistema fieristico;
   secondo dati ufficiali la percentuale di utilizzo degli spazi espositivi nel corso di un anno è in media pari al 10 per cento; tale dato rappresenta la naturale conseguenza della specifica attività delle fiere, caratterizzata da una forte stagionalità e da tempi lunghi di allestimento e smantellamento, oltre che dalla necessità di ampi spazi di servizio –:
   se non ritenga utile adottare un'iniziativa normativa che introduca idonei correttivi nell'applicazione dell'Imu sugli immobili fieristici attraverso coefficienti che tengano conto dell'effettivo utilizzo degli spazi espositivi, a tal fine anche prevedendo la quantificazione dell'onere a carico del bilancio dello Stato. (5-10478)


   CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre 2016, Almaviva Contact, settore specializzato nell'attività di call center del gruppo Almaviva, ha iniziato le procedure di riduzione del personale;
   tale situazione si è verificata dopo soli pochi mesi dal precedente accordo raggiunto a maggio 2016 al fine di impedire il licenziamento di circa 3.000 persone a seguito di un'altra procedura di licenziamenti aperta nel mese di marzo 2016;
   come è possibile apprendere da diverse fonti giornalistiche, tra cui l'articolo pubblicato il 22 dicembre 2016 sulla versione online del Sole 24 Ore a firma Andrea Biondi, le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) attive nel territorio di Roma non avrebbero accettato la mediazione del Governo sul caso;
   parallelamente, come si può leggere da diverse testate online brasiliane come segs.com.br, convergecom.com.br ed exame .abril.com.br, la Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST), avrebbe acquisito il 5 per cento del capitale di Almaviva Do Brasil, ramo brasiliano del gruppo Almaviva, attraverso una capitalizzazione di circa 15 milioni di euro;
   si ricorda che Simest è controllata al 75 per cento dal gruppo Sace, la quale è controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti (CDP), il cui controllo è riconducibile per l'82,77 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se trovi conferma che Simest abbia investito nel gruppo Almaviva, e in particolare nel suo settore brasiliano, Almaviva Do Brasil;
   nel caso affermativo, di quale investimento si stia parlando e di quale percentuale azionaria di Almaviva Do Brasil la Simest sarebbe entrata in possesso;
   se, per la finalizzazione dell'operazione, siano state fornite da Simest fidejussioni e nel caso di che entità;
   quali siano le ragioni che hanno portato una società come Simest, il cui controllo è riconducibile al Governo a incentivare o addirittura a entrare nella governance di aziende che di fatto spostano la loro sede produttiva all'estero, lasciandosi alle spalle in Italia tavoli di crisi e posti di lavoro a rischio. (5-10484)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della pubblicazione sull'edizione on-line del quotidiano Il Sole 24 Ore in data 27 gennaio 2017 dell'articolo dal titolo «Stop alla maxi-commessa Gdf per 18 navi» a firma di Luca Orlando si è appreso della assegnazione di un contratto da 42 milioni di euro per la costruzione di 16 motovedette veloci commissionate dalla Guardia di finanza al cantiere nautico FB Design di proprietà del signor Fabio Buzzi;
   è stato presentato contestualmente un ricorso al TAR del Lazio da parte delle due aziende concorrenti, Ferretti spa (esclusa dalla partecipazione alla gara prima della valutazione tecnico/economica con provvedimento pubblicato sul sito web della Guardia di finanza in data 11 novembre 2016) e Cantiere Navale Vittoria spa, eliminata in fase di valutazione della stessa;
   il riferimento è rivolto al bando di procedura ristretta per l'acquisizione, in lotto unico, di vedette velocissime multiruolo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 28 maggio 2016 e sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 16 giugno 2016 –:
   se non ritenga opportuno intervenire per appurare, nel pieno rispetto del lavoro della magistratura amministrativa, come sia stata gestita un'assegnazione così importante, ai sensi del decreto legislativo n. 50 del 2016, potendosi avvalere dei fondi pluriennali della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) per il programma di potenziamento della flotta navale della Guardia di finanza negli anni a venire per il presidio della sicurezza delle coste;
   se non ritenga opportuno stante il rischio di annullamento della gara alla luce dei ricorsi amministrativi, fare luce sulle ragioni addotte dai ricorrenti che denunciano motivi «contraddittori e non sostanziali», anche, fronte di un positivo parere di idoneità che è stato rilasciato dal competente Ufficio navale della Guardia di finanza;
   se non ritenga opportuno agire, per quanto di competenza, a tutela del superiore interesse della collettività nazionale, a maggior ragione trattandosi di una gara pubblica di cui è responsabile il Corpo della guardia di finanza vocato per definizione alla tutela della trasparenza e della sicurezza dell'economia e delle finanze del Paese, per chiarire ogni aspetto di questa vicenda. (4-15440)


   CATANIA, CAPELLI, FITZGERALD NISSOLI e FAUTTILLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in alcuni casi l'Inps si trova a dover richiedere ai pensionati, o eventualmente ai loro eredi, delle somme che sono state indebitamente corrisposte per cause non imputabili a loro, come ad esempio per il sopraggiungere di una sentenza che ha invalidato la norma in base alla quale era stata erogata la somma;
   in tali casi, le somme richieste ai soggetti sopramenzionati risultano superiori a quelle effettivamente percepite, perché l'Inps richiede ai soggetti interessati il rimborso totale della somma comprensiva delle trattenute fiscali che non sono entrate nella sfera patrimoniale degli stessi. L'indebito pensionistico, infatti, viene richiesto dall'Inps al soggetto beneficiario in cifra lorda, comprensiva delle tasse che il sostituto di imposta Inps ha già versato alla Agenzia delle entrate;
   in questo caso, i soggetti interessati sono costretti ad anticipare la differenza tra lordo e netto, con un aggravio economico, con l'aspettativa di un eventuale recupero presso l'Agenzia delle entrate, ma il documento che l'Inps dichiara di rilasciare a tal fine, nel quale evidenzia la somma versata comprensiva delle tasse, non è esigibile alla Agenzia delle entrate per rimborso totale della anticipazione effettuata. Sembra, infatti, a quanto consta agli interroganti, che l'Agenzia delle entrate non consideri la documentazione dell'INPS idonea al rimborso della somma anticipata. L'Agenzia delle entrate non prevede il rimborso immediato della suddetta somma, ma il recupero può avvenire in compensazione soltanto se il soggetto sopramenzionato ha la capienza fiscale adeguata;
   i soggetti interessati, o i loro eredi, per somme consistenti potrebbero non avere la capienza fiscale per la compensazione delle somme anticipate, la differenza non compensabile verrebbe persa;
   il prevalente orientamento giurisprudenziale, emerso nelle sentenze della VI sezione del Consiglio di Stato n. 1164 del 2009, della Cassazione n. 18584 del 2008, n. 3984 del 2011 e n. 1464 del 2012, ritiene che al lavoratore non possa essere richiesto il rimborso di una cifra superiore a quella effettivamente percepita;
   coerentemente con la giurisprudenza in materia, sarebbe in realtà corretto che l'Inps richiedesse direttamente alla Agenzia delle entrate il rimborso delle tasse già versate –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano porre in essere per evitare inutili e lunghi contenziosi e chiedere ai soggetti interessati il rimborso delle sole somme entrate nella sfera patrimoniale degli stessi, e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per pervenire ad una corretta soluzione del problema a vantaggio dei cittadini e della pubblica amministrazione. (4-15447)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta il quarto comma dell'articolo 175 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, «le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza opportunamente motivata, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine»;
   il consiglio comunale di Ragusa, con la delibera n. 76 del 16 dicembre 2016, non ha ratificato i diversi provvedimenti di giunta municipale che adottavano le variazioni di bilancio, determinandone la irrimediabile decadenza;
   a dispetto di quanto dispone la normativa vigente, normativa di carattere ordinario, taluni consiglieri comunali hanno deciso di riproporre la deliberazione, presupponendo la loro competenza in ordine a tale determinazione, a giudizio dell'interrogante in palese contrasto con i termini perentori previsti dalla legge allo scopo di attribuire certezza ai risultati d'esercizio approvando la delibera n. 78 del 30 dicembre 2016;
   la giunta comunale, oltre alle variazioni al piano esecutivo di gestione, può legittimamente approvare, con un proprio provvedimento, soltanto le variazioni al bilancio che si presentano come prive di discrezionalità amministrativa, in quanto attuative di decisioni consiliari;
   secondo l'articolo 42 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, (motivandone l'urgenza) purché siano ratificate, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro e non oltre i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine;
   ne discende che il deliberato successivo del consiglio comunale di Ragusa, proposto da alcuni consiglieri comunali per sanare la prima «bocciatura» della variazione di bilancio, è in contrasto con la normativa vigente;
   i profili di legittimità sono stati evidenziati da numerosi consiglieri comunali, dapprima con una nota scritta, successivamente illustrati in sede di seduta di consiglio comunale e, da ultimo, a quanto risulta all'interrogante precisati al collegio dei revisori;
   in diritto amministrativo, l'istituto della decadenza assicura la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici, alla luce del maggior vigore che informa la sua disciplina, che è caratterizzata da termini brevi di cui non è ammessa l'interruzione né la sospensione, tranne che in casi eccezionali;
   le variazioni di bilancio deliberate dalla giunta e non approvate dal consiglio comunale in quanto decadute, secondo l'interrogante, vanno considerate nulle ai fini di un'ulteriore deliberazione di ratifica e tale nullità non può che dispiegare effetti vizianti di analoga natura sulla deliberazione stessa e assume l'inequivocabile carattere della insanabilità in ogni stato del procedimento approvativo –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al riguardo e se, in particolare, si intenda promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso il comune di Ragusa, anche al fine di scongiurare pregiudizi erariali a seguito della delibera n. 78 del 30 dicembre 2016. (4-15458)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è noto che per poter gestire e far funzionare un'infrastruttura ferroviaria, il gestore dell'infrastruttura, su richiesta del legale rappresentante, deve ottenere un'autorizzazione di sicurezza. Detta autorizzazione attesta l'accettazione del sistema di gestione di sicurezza e l'accettazione delle misure adottate dal gestore dell'infrastruttura per soddisfare i requisiti specifici necessari per la sicurezza della progettazione, della manutenzione e del funzionamento dell'infrastruttura ferroviaria, compresi, se del caso, la manutenzione ed il funzionamento del sistema di controllo del traffico e di segnalamento sulla rete in questione, conformemente alla direttiva 2004/49/Ce e alla normativa nazionale applicabile;
   il procedimento per il rilascio della richiamata autorizzazione di sicurezza e le relative condizioni sono disciplinate dal decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, che recepisce la direttiva 2004/49/CE. La competenza al riguardo è attribuita all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (di seguito, ANSF);
   in data 30 giugno 2014 l'ANSF ha rilasciato l'autorizzazione di sicurezza alla Rete ferroviaria italiana spa (di seguito, RFI) con validità fino al 30 giugno 2019;
   nelle informazioni supplementari riportate dalla citata autorizzazione in favore di RFI si indica allo stesso gestore di dover ottemperare a quanto prescritto dalla medesima Agenzia. Dette prescrizioni, tuttavia, non sono specificate nel medesimo provvedimento di autorizzazione oggetto di pubblicazione;
   nella relazione elaborata ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, in cui si illustra l'attività svolta dall'ANSF, nel periodo 1o gennaio-31 dicembre 2014, in ordine all'andamento della sicurezza della circolazione nel sistema ferroviario nazionale per la parte di sistema sulla quale l'Agenzia svolge la sua attività di regolamentazione, autorizzazione e supervisione, si legge a pagina 6 che l’«Autorizzazione di Sicurezza è, pertanto, rilasciata con prescrizioni a fronte dell'impegno assunto da parte di RFI S.p.A. di adoperarsi per rimuovere, entro il 31 dicembre 2015, le non conformità riportate nelle prescrizioni trasmesse contestualmente al rilascio dell'Autorizzazione di Sicurezza» –:
   se il Ministro interrogato, intenda chiarire quali siano le prescrizioni imposte ad RFI in sede di autorizzazione di sicurezza e se siano state ottemperate, specificando se il gestore abbia rimosso le non conformità riscontrate. (5-10468)


   TENTORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 5 giugno 2014 il Governo pro tempore rispondeva in VIII commissione alla Camera, all'interrogazione n. 5-02937 in cui si chiedeva conto delle cause dei clamorosi ritardi connessi alla già programmata opera di realizzazione della pista ciclopedonale lungo la strada statale 36 tra Lecco e Abbadia Lariana. Il Governo rispondeva che l'esecuzione dell'opera sarebbe ripresa solo a seguito dell'esito dei giudizi pendenti;
   l'interrogante, considerato il persistere dello stato di abbandono dei lavori e la conseguente situazione di pericolo dovuta a suddetto stato di abbandono e all'assenza di percorsi ciclo-pedonali alternativi, con ulteriore atto di sindacato ispettivo n. 5/05037 il 13 marzo 2015 chiedeva nuovamente conto dei tempi e delle modalità di completamento dell'opera, senza però ad oggi aver ricevuto alcuna risposta;
   in queste ore si apprende da notizie di stampa di un'ennesima interruzione dei lavori di completamento dell'opera probabilmente causata dalla presenza di una variante al progetto in attesa di revisione. Sempre da notizie di stampa sembra che vi siano complicazioni nella realizzazione delle fondazioni per i piloni che dovrà o sostenere la struttura;
   è nota la valenza strategica dell'opera in questione per la viabilità del territorio lariano e la messa in sicurezza della stessa strada statale 36, considerata anche la pericolosa promiscuità di traffico e la assoluta mancanza di strade alternative in grado di congiungere tutto il versante del Lario orientale alla città capoluogo;
   inoltre l'opera si configura di primaria importanza per lo sviluppo turistico del territorio rivierasco e la fruizione delle sponde del lago, assumendo quindi una grande rilevanza di natura economica e ambientale –:
   se sia a conoscenza degli ultimi accadimenti, quali siano le motivazioni che ostano al completamento di un'opera bloccata da anni, che avrebbe già dovuto essere conclusa da tempo, e quali siano i tempi previsti per la conclusione dei lavori. (5-10473)


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince da fonti di stampa, tra il 6 e il 7 gennaio 2017, alcuni voli della compagnia Ryanair diretti all'aeroporto di Bari, e provenienti da Berlino, Londra, Bologna e Bergamo, sono stati fatti atterrare all'aeroporto di Lamezia Terme per problemi dovuti al maltempo;
   questa circostanza ha causato una serie di rilevanti disagi ai passeggeri che, innanzitutto, hanno contestato la decisione di far atterrare il velivolo all'aeroporto di Lamezia Terme, in luogo di aeroporti più vicini o meglio collegati con Bari quali Roma, Napoli e Pescara. Questi ultimi, infatti, sarebbero stati più idonei per il trasporto dei passeggeri tramite rete ferroviaria o, in alternativa, tramite reti autostradali che in quel periodo erano sicuramente meno interessate dalle condizioni climatiche avverse che invece rendevano quasi impraticabili le strade che collegano l'aeroporto calabrese alla Puglia;
   l'atterraggio all'aeroporto di Lamezia Terme ha costretto più di 400 passeggeri, tra i quali donne, bambini, anziani e disabili, ad attendere per ore, nel piazzale dell'aeroporto e a temperature prossime allo zero, una serie di autobus che avrebbero dovuto trasportarli fino a Bari;
   durante l'attesa, i passeggeri hanno lamentato la totale assenza di personale di terra preposto all'accoglienza, all'assistenza, alle informazioni e all'organizzazione del servizio di trasferimento. Gli autobus sono giunti in orari e in punti diversi e la totale mancanza di organizzazione ha causato delle vere e proprie risse poiché tutti, per sottrarsi al freddo, hanno tentato di occupare i primi pullman che giungevano sul piazzale;
   i diversi autobus, partiti nella notte, sono giunti a destinazione dopo circa quattordici ore di viaggio poiché costretti a fermarsi più volte a causa delle strade ghiacciate e innevate e anche perché alcuni risultavano sprovvisti di catene da neve;
   secondo fonti di stampa, sembrerebbe che, nel corso del viaggio in autobus, i passeggeri abbiano più volte chiamato le forze dell'ordine per i soccorsi e per avere cibo e acqua ma pare che le loro richieste non siano state soddisfatte –:
   quali siano state le motivazioni alla base della scelta di far atterrare gli aerei all'aeroporto di Lamezia Terme, in luogo di scali meglio collegati con Bari, atteso che sin dalla partenza degli aerei erano ben note le condizioni meteo molto avverse su Bari e sulla rete stradale che collega la Calabria alla Puglia;
   tenuto conto anche delle rilevanti sponsorizzazioni per la promozione turistica da parte della regione Puglia e della regione Calabria nei confronti della compagnia Ryanair, quali siano le motivazioni che hanno determinato la totale assenza di organizzazione in un momento di emergenza così evidente e noto, nonché la mancanza di personale di assistenza a terra e di dirigenti, sia di Ryanair che all'aeroporto di Lamezia Terme, che hanno di fatto lasciato a sé stessi i circa 400 passeggeri, abbandonandoli al freddo, senza acqua e cibo e indicazioni, nonché in condizioni di disagio e pericolo in un viaggio in pullman di ben sette ore, in condizioni meteorologiche estremamente critiche;
   se siano stati rispettati i diritti dei passeggeri, in particolar modo dei disabili, degli anziani e dei bambini presenti, soprattutto in considerazione della nota emergenza causata dal maltempo e della palese e urgente necessità di assistenza sia all'aeroporto di Lamezia Terme sia nel corso del collegamento verso Bari.
   (5-10474)


   RIZZO e CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ferrovia Catania-Caltagirone-Gela è una linea ferroviaria a binario unico che, trasversalmente, collega il versante ionico e il versante mediterraneo della Sicilia, attraversando alcuni grossi centri urbani;
   dall'8 maggio 2011 la linea è interrotta, nella tratta Caltagirone-Gela, al chilometro 326+600 per il crollo di un viadotto e la successiva demolizione di tutte le arcate del ponte, il 7 e l'8 ottobre 2014, a cura del gestore dell'infrastruttura Rete ferroviaria italiana, è chiusa da oltre 1.830 giorni;
   notizie apparse recentemente sulla stampa locale siciliana riferiscono dell'esistenza di un progetto per la ricostruzione e la riapertura della linea ferroviaria, a cura di Rete ferroviaria italiana, che prevede anche la messa in sicurezza di alcuni ponti lungo il tracciato per una spesa di circa 50/60 milioni di euro;
   sono diversi gli atti di sindacato ispettivo presentati dal gruppo parlamentare MoVimento5Stelle su questo tema a cui non è ancora mai stato riscontro da parte del Governo e diverse sono le iniziative poste all'attenzione del Parlamento sul tema della rivalutazione e rivalorizzazione delle strutture ferroviarie come dimostra la proposta di legge C. 1178 approvata dalla Camera e trasmessa al Senato –:
   se il Ministro intenda fornire elementi sulla veridicità delle informazioni desumibili dagli organi di stampa e, di conseguenza, se intenda specificare se siano stati individuati i fondi necessari alla realizzazione dell'opera, a quanto ammontino, e quali siano i tempi di realizzazione e le criticità in atto che giustifichino eventuali ritardi. (5-10482)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si è appreso, nelle scorse settimane, il presidente della regione siciliana ha incontrato l'imprenditore indiano Mahesh Panchavaktra giunto insieme al «comitato per l'aeroporto della Piana del Mela»;
   nel corso dell'incontro, Panchavaktra avrebbe illustrato il progetto imprenditoriale che individua l'area del Mela come punto di riferimento e di sviluppo delle attività aeree, marittime e ferroviarie, integrate nel sistema di trasporto internazionale;
   a questo, progetto, il presidente del regione siciliana avrebbe assicurato la cooperazione della regione al fine di accelerare la realizzazione del progetto;
   secondo quanto ha dichiarato il presidente Crocetta, è «fortemente positiva l'idea di sviluppare attività portuali su Milazzo per l'intercettazione dei grandi traffici marittimi che dall'Asia, attraversano il canale di Suez, il Mediterraneo, per arrivare fino a Rotterdam, considerando positivo, per la Piana del Mela, un hub intermodale di trasporti, passeggeri e merci, che possano contribuire fortemente allo sviluppo dell'intera area metropolitana di Messina e della Sicilia»;
   sempre secondo quanto ha dichiarato il presidente della regione siciliana, per la metà del mese di febbraio 2017 è prevista la firma del protocollo di intesa con la società privata, le comunità, gli assessorati interessati per la realizzazione dell'aeroporto, il potenziamento dell'attività portuale e del trasporto ferroviario;
   il problema principale da risolvere, prima di pensare alla progettazione, alla firma di protocolli d'intesa e di accordi pubblico/privati ed alla realizzazione di nuovi aeroporti in Sicilia, è l'adeguamento dell'attuale piano regionale trasporti della Sicilia ed, in particolare, della parte relativa al trasporto aereo-aeroporti;
   già l'attuale piano deve essere integrato ed adeguato, con gli attuali scali aeroportuali, all'evoluzione degli ultimi anni dello specifico settore;
   una volta adeguato il piano regionale trasporti, per realizzare un aeroporto del tipo ipotizzato nel messinese bisogna raccogliere una cifra, da parte dei fondi privati stranieri, molto vicina a 600 milioni di euro;
   inoltre, per mantenere in esercizio un aeroporto internazionale del tipo ipotizzato sono necessarie ulteriori ed ingenti risorse, forse anche superiori all'investimento iniziale dovuto alla sua realizzazione;
   questi investimenti privati potrebbero avere un ritorno economico se non dopo molti anni ed a condizione che ci sia uno sviluppo armonico del trasporto aereo in Italia ed in Sicilia. Diversamente non si potrebbe prospettare che il fallimento degli investitori e degli eventuali partner, con gravi ricadute anche per l'economia siciliana;
   per quanto riguarda gli investimenti pubblici, lo scalo ipotizzato entrerebbe in concorrenza con gli scali di Catania e Palermo che già necessitano di ingenti interventi infrastrutturali: pista nuova ed ampliamento dell'aerostazione a Catania, altri importanti interventi per Punta Raisi;
   in merito all'attuale piano regionale dei trasporti siciliano e ad una sua eventuale modifica è intervenuto il presidente dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, Vito Riggio, sostenendo che per prevedere la costruzione di nuovi scali è necessario chiedere ed ottenere l'autorizzazione in tal senso da parte del competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   a giudizio dell'interrogante, un terzo aeroporto siciliano dovrebbe essere realizzato con denaro e investimenti esclusivamente privati, con lo sviluppo di un piano d'impresa quarantennale e con investitori chiari, ben identificabili e rintracciabili;
   la Sicilia ed i siciliani non possono permettersi il fallimento di tale progetto miliardario ed il Governo deve essere coinvolto e responsabilizzato nelle sue competenze;
   se, come dice il presidente della regione siciliana, gli investitori privati sono concreti e solidi le finanziariamente e se il nuovo aeroporto non sarà concorrenziale a Palermo e Catania, cioè non farà perdere posti di lavoro piuttosto che crearne di nuovi, ben vengano gli investimenti imprenditoriali;
   è del tutto evidente che l'area metropolitana di Messina ed il territorio della sua provincia siano penalizzati dal punto di vista delle infrastrutture e non si può non essere d'accordo a nuovi e maggiori investimenti, pubblici e privati;
   bisogna valutare con estrema attenzione eventuali iniziative che potrebbero penalizzare, prima che portare benefici, gli abitanti della Sicilia, oltretutto non realizzando altre infrastrutture magari più necessarie, ed essere oggetto di speculazioni azzardate da parte di soggetti interessati –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato in merito a quanto annunciato al presidente della regione. (4-15438)


   PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa (la Gazzetta del Mezzogiorno del 1o febbraio 2017 pagina 6) che sarebbe nelle intenzioni di Rfi trasferire la sala controllo della linea ferroviaria Adriatica da Bari a Pescara;
   attualmente tale struttura è situata a Bari-Lamasinata e controlla la linea ferroviaria dal Salento a Rimini, per un totale di 1.000 chilometri e 150 stazioni e per il potenziamento di questa struttura sarebbero da poco stati investiti circa 7 milioni di euro;
   in base all'allarme lanciato dai sindacati e riportato dalla stampa, pare che Bari sia oggetto di una graduale dismissione che dovrebbe portare a spostare il controllo di tutta la linea Adriatica a Pescara, dove la realizzazione ex novo di una sala controllo costerebbe circa 15 milioni di euro;
   tale decisione comporterebbe nell'immediato la perdita di circa 30 posti di lavoro e, a regime, di quasi 70 oltre ad impoverire la Puglia di una struttura strategica di controllo e di sicurezza proprio pochi mesi dopo il verificarsi di un tragico incidente ferroviario;
   voci di corridoio attribuiscono questa decisione ad un accordo tra i vertici di Rfi, abruzzesi, ed il presidente della regione Abruzzo –:
   se corrisponda al vero quanto denunciato dalla stampa ed esposto in premessa;
   in caso affermativo, come si giustifichi questa decisione da parte di Rfi e quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, anche alla luce del fatto che per potenziare la sala di controllo di Bari che ora si vorrebbe smantellare sono appena stati investiti 7 milioni di euro e che per realizzare la nuova sala a Pescara se ne starebbero per spendere 15;
   come il Governo intenda evitare che la Puglia perda uno strategico presidio di controllo e sicurezza sulla linea Adriatica e ben 70 posti di lavoro;
   se il Ministro non ritenga di dover intervenire presso Rfi per farla desistere da tale incomprensibile ed ingiustificabile decisione di depauperare ulteriormente un territorio già fortemente penalizzato da Trenitalia sul fronte del trasporto ferroviario. (4-15439)


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da anni la superstrada E45 versa in condizioni disastrate, nonostante i fondi stanziati e (spesso mal) utilizzati nel corso del tempo: cantieri, restringimenti, cambi di carreggiata, deviazioni, rallentamenti e via discorrendo sono uno scenario consueto per chi si mette in viaggio su questo tracciato;
   in particolare, il tratto Orte-Mestre è il più penalizzato di tutto l'asse viario, (nonostante passi per snodi cruciali del Centro Italia, come Terni-Perugia-Cesena-Città di Castello, Ravenna): corsie più strette del solito, buche di tutte le dimensioni e incidenti frequentissimi;
   per questo è stata accolta molto positivamente la scelta annunciata dal Ministro interrogato di destinare risorse per un totale di 1 miliardo e 600 milioni di euro alla manutenzione straordinaria dell'asse viario Orte-Mestre, con la messa in sicurezza del tratto storico (risanamento della pavimentazione, ammodernamento di viadotti, barriere, gallerie e svincoli), la realizzazione di nuovi tratti stradali dell'arteria esistente e la garanzia di una viabilità finalmente regolare per il benessere delle aree e dei cittadini interessati;
   il Ministro si è spinto anche oltre, con il progetto «smart road», programmando per i prossimi anni l'inserimento di nuove tecnologie: connessione wi-fi, servizi tecnologici per gli automobilisti, energia da fonti rinnovabili con l'obiettivo di fornire a chi si mette in viaggio numerosi servizi, applicazioni e informazioni in tempo reale sulle condizioni ambientali e di traffico, per una migliore connessione tra i clienti e l'infrastruttura stradale;
   nelle valutazioni sul piano di riqualificazione enunciato in premessa, però, non viene posta particolare attenzione al «nodo stradale di Perugia», da sempre caratterizzato da una viabilità critica (e inficiato dall'apertura di nuovi cantieri di lavoro all'inizio di gennaio 2017) –:
   se il Ministro interrogato non intenda dare immediata priorità, nell'ambito delle risorse stanziate, alla realizzazione del nuovo nodo stradale di Perugia, di concerto con le istituzioni nazionali, provinciali, regionali e comunali per la riqualificazione di un'area in cui convergono, tra le altre, non solo le direttrici stradali della E 45, ma anche quelle del raccordo per l'Autostrada del Sole, della strada statale Flaminia nonché della strada Perugia-Valfabbrica-Ancona che versa, ad oggi, in una situazione di criticità impossibile da trascurare ulteriormente. (4-15442)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   sul numero del 1o febbraio 2017 de La Gazzetta del Mezzogiorno, in un articolo a firma della dottoressa Marisa Ingrosso dal titolo «È mistero su un carico di fucili “made in Italy” intercettato in Nigeria», è stata data notizia che il servizio generale nigeriano (Federal Operations Unit, zona A) avrebbe intercettato, in un container trasportato da un camion, 49 scatole contenenti seicentosessantuno fucili a pompa con sigla di fabbricazione «made in Italy»;
   sempre secondo La Gazzetta del Mezzogiorno gli agenti avrebbero intercettato il mezzo articolato «lungo l'Apapa Road, nello Stato di Lagos. Quest'ultimo, a maggioranza cristiana (i musulmani sono solo il 25 per cento) è uno dei Paesi della Federazione nigeriana nel mirino dei Boko Haram, gli spietati integralisti islamici. Stando a quanto reso noto dalle Forze di sicurezza locali, il tir avrebbe dovuto trasportare «porte in acciaio e altri beni» e le armi erano stipate sui fondo dei container. Si tratta quindi – secondo le autorità – di un traffico clandestino di armamenti e su ciascun fucile c’è il marchio «JOJEFF made in Italy»;
   «in una conferenza stampa» – prosegue La Gazzetta del Mezzogiorno – «ripresa dai network africani, il colonnello Hameed Ali ha detto che “il container proveniva dalla Cina ma, per creare confusione, era stato fatto passare per la Turchia”»;
   il container siglato «ponu8259143» sembra – da una verifica del soprarichiamato quotidiano – sia passato anche per il sistema delle dogane dell'Unione europea, prima di approdare nel porto nigeriano di Apapa. Risulta – col sistema di tracciamento Maersk – che fosse giunto su un tir al porto di Istanbul il 10 dicembre scorso. Imbarcato su una nave, ha lasciato la Turchia il giorno della vigilia di Natale. Il 3 gennaio l'arrivo in Spagna, ad Algeciras. Poi c’è stato il cambio di nave e via verso la Nigeria, con sbarco ad Apapa il 16 gennaio. Il carico avrebbe in seguito lasciato lo scalo a bordo del camion che è stato fermato. Secondo Hameed Ali sono state arrestate tre persone: Oscar Okafor (importatore), Mahmud Hassan (spedizioniere di dogana) e Sadique Mustapha. Risultano detenuti anche tutti i doganieri che si sono occupati a vario titolo del carico. Secondo una nota delle autorità nigeriane: «Questi fucili sono totalmente banditi e la loro importazione è illegale ed è una completa violazione delle leggi nigeriane. Una violazione omicida ancor più inaccettabile se si considera la situazione di sicurezza fragile di alcune parti del Paese» –:
   se siano stati messi al corrente dei fatti riportati in premessa;
   quali iniziative intendano promuovere, anche in collaborazione con la Repubblica federale della Nigeria, per chiarire la provenienza degli armamenti sequestrati e la loro reale sede di fabbricazione;
   quali controlli siano stati posti in essere dall'Ufficio delle dogane e quali si intendano porre in essere per contrastare il fenomeno del traffico illegali d'armi.
   (5-10481)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FITZGERALD NISSOLI, CAPELLI, FAUTTILLI e SBERNA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione italiana, agli articoli 56 e 57, riconosce espressamente la rappresentanza degli italiani all'estero nel Parlamento del nostro Paese;
   purtroppo, però, la realizzazione pratica di questo impegno ha spesso evidenziato gravi anomalie, sfociate talvolta in veri e propri brogli;
   la modalità di voto, infatti, svolte mediante plico dotato di numero identificativo corrispondente ad un elettore, non si sono mostrate sempre efficaci nel contrastare pratiche illecite messe in atto durante le elezioni;
   infatti, il sistema citato non garantisce sempre il principio «una scheda un voto», in quanto manca la verifica dei documenti d'identità che accertino che l'elettore abbia esercitato il suo diritto una sola volta, e che il plico stesso corrisponda ai dati del votante;
   il mancato riscontro dell'identità del votante, quindi, può consentire ad una persona di votare più volte;
   a parere degli interroganti, inoltre, il fatto che le schede elettorali siano stampate presso tipografie residenti all'estero può rendere vulnerabile il sistema, dato che è, senza dubbio, meno difficile stampare un numero di schede superiori a quelle necessarie;
   il Parlamento italiano si è certamente mostrato conscio delle criticità sopra esposte, ma non è mai riuscito ad intervenire per porvi rimedio;
   molti elettori esprimono preoccupazione per quel che potrebbe accadere quando saranno chiamati ad esprimere il proprio voto nelle prossime elezioni politiche –:
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere i Ministri interrogati per porre rimedio a quanto sopra esposto, evitando, per quanto possibile, i rischi di irregolarità nelle prossime consultazioni elettorali e garantendo la corretta espressione del diritto di voto da parte di tutti quegli italiani che risiedono all'estero.
(4-15443)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la sera del 24 novembre 2016 un gruppo di facinorosi, a volto coperto, ha imbrattato con uova, scritte e letame la sede delle Lega Nord di Quinto di Treviso, tracciando anche scritte offensive nei confronti del sindaco Mauro Dal Zilio; la scellerata azione è stata rivendicata dal centro sociale Django, attraverso la portavoce, Gaia Righetto;
   già il 29 settembre, la stessa Gaia Righetto con altri attivisti del centro sociale sopra citato, aveva organizzato una manifestazione non autorizzata, durata circa tre ore, davanti alla Prefettura con ben 150 presunti profughi, ospitati presso l'ex caserma Serena, che protestavano per la lentezza nel rilascio dei documenti inerenti lo status di profugo;
   i protestanti dall'ottobre 2014 occupano abusivamente un immobile comune di Treviso;
   riguardo alla rivendicazione da parte di Gaia Righetto dell'azione squadristica del 24 novembre, la stessa ha rilasciato alcune interviste dove alle domande dei giornalisti «Ci saranno altri attacchi del genere contro chi non apre le porte ai profughi ?» ha risposto testualmente: «Si. Quello di Quinto non è stato che il primo attacco nei confronti dei razzisti. Non accetteremo una nuova Goro. Da parte nostra faremo di tutto perché non si replichi.»;
   fattore scatenante di quanto sopra descritto è stato un comunicato stampa emesso dalla prefettura il 21 novembre, col quale si avvisavano i sindaci che, se si fossero opposti al collocamento dei presunti profughi nei propri comuni, sarebbero stati oggetto di provvedimenti;
   nello stesso comunicato si riteneva il sindaco di Quinto Mauro Dal Zilio «colpevole» di aver allontanato, all'una del mattino del 19 novembre, un pulmino di presunti profughi, dichiarando: «Sono contrariato di fronte all'atteggiamento della prefettura, con questo tentativo di scaricare, in maniera furtiva, degli esseri umani»;
   la prefettura, nel comunicato stampa sopracitato, nel definire inaccettabile la posizione di Dal Zilio, ha svelato come il famoso pulmino il 19 novembre doveva lasciare, presso il centro di accoglienza di villa Ciardi, una profuga, che si sarebbe aggiunta alle sette nigeriane già presenti, ed un bambino;
   appare all'interrogante inaccettabile che la prefettura di Treviso, a fronte delle gravissime dichiarazioni della portavoce del centro sociale Django, Gaia Righetto, la quale affermava che l'assalto alla sede della Lega Nord di Quinto «è stato il primo attacco (...)», non abbia condannato con fermezza e neppure abbia espresso solidarietà alla Lega e al sindaco per l'aggressione subita –:
   quali ragioni abbiano impedito alla prefettura di Treviso di telefonare al sindaco di Quinto di Treviso per comunicargli che il 18 e il 19 novembre 2016 sarebbe stata inserita una nuova profuga presso villa Ciardi, preferendo informare i quotidiani locali tramite un comunicato stampa e scatenando conseguentemente il centro sociale Django;
   se il Ministero dell'interno abbia fornito, tramite direttiva o altro provvedimento di propria competenza, indicazioni ai prefetti di «forzare» con riferimento ai sindaci contrari all'accoglienza, come sembra accada a Treviso;
   se non ritenga rischioso, per la sicurezza dei cittadini, che ben 150 presunti profughi, il 29 settembre siano riusciti a manifestare, per tre ore, di fronte alla prefettura senza che la rete di intelligence sia riuscita ad impedirlo;
   se e quali eventuali iniziative di competenza siano state assunte nei confronti delle persone del centro sociale Django che hanno organizzato tutto questo.
(4-15446)


   PICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione «Partecipazione e Sviluppo» onlus, nata nel 2011, con sede in via Roma 55 a Bagni di Lucca e nota anche alle cronache per essere stata citata nel libro «Profugopoli. Quelli che si riempiono le tasche con il business degli immigrati» del giornalista e direttore del TG4, Mario Giordano, risulta svolgere, prevalentemente, attività di accoglienza di immigrati richiedenti protezione internazionale nelle province di Lucca e Grosseto e 2015 anche in Sardegna, precisamente in provincia di Sassari;
   dal sito http://terzosettore.provincia .lucca.it/node/4804 si apprende, altresì, che è «al vaglio la possibilità di apertura di c.a. a La Spezia», essendo stata l'associazione contattata dalla vice-prefetto vicaria di La Spezia con richiesta di «aprire e gestire i centri nel territorio ligure»;
   pare che la prefettura di Lucca abbia indetto un nuovo bando per l'accoglienza diffusa, si stima, per 1.412 richiedenti asilo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2017 per un importo di 17 milioni di euro e che, sebbene la lista definitiva degli aggiudicatari verrà pubblicata il prossimo 14 dicembre, tra i soggetti che hanno partecipato alla gara risulta l'associazione Partecipazione e sviluppo che già gestisce 120 immigrati richiedenti asilo nella provincia;
   è invece del 23 novembre 2016 la notizia che la prefettura di Grosseto avrebbe annullato il bando di gara relativo all'accoglienza dei richiedenti asilo per l'anno 2016, avviato quasi un anno fa ma mai operativo, e che il nuovo prefetto avrebbe deciso, dunque, di indire a breve un nuovo bando;
   pare che l'associazione Partecipazione e sviluppo di Bagni di Lucca, esclusa a suo tempo dal precedente bando del 2016 per «insanabile carenza di documenti», nonostante la concessione scaduta alla fine del 2015, nel frattempo, «per un tacito accordo» con la prefettura di Grosseto, abbia continuato l'attività di accoglienza di almeno 160 richiedenti asilo in varie strutture sul territorio toscano, in particolare a Gavorrano, Montieri e Roccastrada, continuando, altresì, a percepirne i relativi compensi;
   secondo diverse inchieste giornalistiche, si stima, non essendo noti i bilanci dell'associazione, che Partecipazione e sviluppo, grazie all'attività di gestione dell'accoglienza, abbia visto moltiplicare in pochi anni le proprie entrate, passando da poco più 100.000 euro nel 2013 a 3.000.000 di euro nel 2016;
   da mesi è in corso un contenzioso tra i vertici dell'associazione Partecipazione e sviluppo e alcuni lavoratori licenziati dalla onlus alla fine del 2015 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e pubblicato da diversi quotidiani nei mesi scorsi e se ciò corrisponda al vero; in particolare, quali procedure siano state adottate dalla prefettura di Grosseto per la gestione del servizio accoglienza dei richiedenti asilo nella provincia di competenza per l'anno 2016, quale sia l'ammontare delle risorse ad essa destinate, a quali enti o associazioni siano state erogate tali somme e quante siano state corrisposte all'associazione Partecipazione e sviluppo;
   quali attività di controllo siano state effettuate sugli enti gestori e titolari delle strutture di accoglienza in generale e con particolare riguardo a quelle gestite da Partecipazione e sviluppo, in osservanza delle direttive ministeriali alle prefetture, tra cui quella del 4 agosto 2015.
(4-15451)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 – «buona scuola» – tra le deleghe che attribuisce al Governo prevede l'intervento in materia di adeguamento alle nuove norme delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e delle modalità di svolgimento degli esami di Stato del primo e del secondo ciclo;
   da notizie apparsa sulla stampa si apprende che, per l'esame di Stato conclusivo del ciclo, le modifiche sulle quali il Ministero sta lavorando prevedono l'introduzione nella valutazione della prova Invalsi, somministrata agli studenti del quinto anno nel corso dell'anno scolastico e non come prova d'esame, la riduzione delle prove, scritte a due, italiano più materia di indirizzo, e la conseguente eliminazione della terza prova;
   ai fini della valutazione finale dello studente, verrebbero considerate anche le ore di alternanza scuola-lavoro, senza effettuare un monitoraggio a livello nazionale di come sia stata attuata e applicata su tutto il territorio nazionale la normativa relativa all'alternanza;
   sarebbe prevista anche la modifica dei criteri per sostenere l'esame orale che sarebbe basato su alcuni spunti e documenti suggeriti dalla commissione;
   secondo le indiscrezioni il Governo avrebbe previsto modifiche anche del sistema dei voti: il punteggio finale sarebbe sempre espresso in centesimi ma quello derivante dai crediti scolastici passerebbe da 25 a 40 punti; altri 40 punti arriverebbero dagli scritti – fino a 20 punti per ciascuna prova – e i rimanenti 20 punti sarebbero assegnati sulla base del colloquio;
   il Governo starebbe inoltre ipotizzando interventi anche sulla composizione delle commissioni; dalle notizie stampa si apprende che le ipotesi sarebbero due: la prima secondo la quale le commissioni sarebbero formate esclusivamente da commissari interni e il solo presidente sarebbe esterno alla scuola; la seconda ipotesi valuta anche la possibilità di lasciare invariata la composizione delle commissioni, tre commissari interni e tre esterni, ma si introdurrebbe la figura del presidente unico per tutte le commissioni operanti nella stessa scuola;
   non viene prevista nessuna prova relativa alla conoscenza di una lingua straniera e delle competenze acquisite con il CLIL (content and language integrated learning), tenendo presente l'importanza di conoscere una lingua straniera ed in particolare la conoscenza dell'inglese, una lingua ormai imprescindibile nel mercato del lavoro;
   le novità potrebbero interessare gli studenti che sosterranno l'esame di Stato nel 2017, quindi coloro che al momento frequentano il quarto anno degli istituti secondari superiori;
   al termina della scuola secondaria di I grado – primo ciclo – sarebbero previste solo due prove, con l'esclusione anche in questo esame e della prova di lingua straniera;
   si legge inoltre che verrà eliminata la valutazione, nell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo, della prova Invalsi, nonostante il fatto che «la rilevazione serve a migliorare l'efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e a far emergere e diffondere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese». I test infatti non servono per dare un giudizio sull'operato del docente, né per punire o fare classifiche tra scuole, ma per consentire agli istituti di riflettere sul proprio operato e migliorarsi –:
   quali siano le effettive prove, le modalità di svolgimento degli esami e la composizione delle commissioni e quali i tempi di approvazione dello schema di decreto legislativo, in considerazione del fatto che i cambiamenti dell'esame di Stato e del relativo sistema di valutazione dei crediti e di svolgimento delle prove richiede già da ora che le studentesse e gli studenti, sia del primo che del secondo ciclo, conoscano il nuovo esame per prepararsi adeguatamente.
(2-01639) «Centemero, Brunetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, LOREFICE, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli articoli 485 e 569 del decreto legislativo n. 297 del 1994, «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione», sanciscono il riconoscimento del servizio agli effetti della carriera del personale docente e del personale ausiliario tecnico e amministrativo;
   la ricostruzione di carriera ha come fine la valutazione del servizio pre-ruolo, sia che esso provenga da rapporti di lavoro a tempo determinato, sia che sia stato svolto in altro ruolo, in modo che il personale assunto a tempo indeterminato possa vantare un'anzianità che gli permetta di inserirsi nella fascia stipendiale dovuta in base al contratto nazionale in vigore;
   il comma 1 del suddetto articolo stabilisce che: «Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo»;
   con l'entrata in vigore dell'articolo 4, comma 13, del decreto del Presidente della Repubblica n. 399 del 1988 lo stesso riconoscimento spetta al personale amministrativo tecnico e ausiliario;
   il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, «Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59», stabilisce che dal 1o settembre 2000 spetta al dirigente scolastico dell'istituzione scolastica, presso la quale il docente e il personale amministrativo tecnico e ausiliario prestano servizio, emanare il decreto di ricostruzione di carriera;
   il personale di ruolo può richiedere la ricostruzione di carriera dopo aver superato il periodo di prova, e il diritto alla ricostruzione va in prescrizione se non viene esercitato entro il termine di 10 anni previsto dall'articolo 2946 del codice civile;
   sono innumerevoli i ricorsi depositati per ottenere la ricostruzione di carriera, e molte sono le sentenze favorevoli, anche della Corte di Cassazione (ad esempio, sentenza 19778/2016 della Corte di Cassazione, sentenza 758/2011 del tribunale di Padova sezione lavoro, sentenza 362/2015 del tribunale di Livorno, sezione lavoro, sentenza 2037/2013 della Corte di Cassazione);
   le sentenze stabiliscono il riconoscimento integrale della ricostruzione di carriera sia ai fini della ricostruzione di carriera sia ai fini del riconoscimento delle progressioni stipendiali per i precari;
   l'articolo 1, comma 132, della legge n. 107 del 2015 prevede: «il diritto al risarcimento del danno conseguente alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016» –:
   come il Ministro interrogato intenda ovviare agli innumerevoli ricorsi da parte del personale immesso in ruolo e tutelare il suo diritto al riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata in tutti i servizi non di ruolo prestati con la medesima progressione professionale riconosciuta dal contratto collettivo nazionale di lavoro comparto scuola al personale docente e amministrativo tecnico e ausiliario assunto a tempo indeterminato. (5-10467)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Erasmus e un'azione che rientra nel programma Lifelong learning programme (LLP) dell'Unione europea che permette agli studenti iscritti alle università europee di studiare in università di altri Paesi compresi nell'Unione europea o a essa associati per un periodo che va dai 3 ai 12 mesi;
   possono partecipare al progetto Erasmus gli studenti delle lauree triennali e magistrali, i laureandi che devono conseguire un tirocinio e chi ha già conseguito la laurea e vuole conseguire il dottorato all'estero;
   dal 2014 al progetto Erasmus sono stati affiancati anche altri programmi tra cui il progetto Leonardo e il progetto Erasmus plus;
   l'Erasmus plus non riguarda soltanto gli studenti universitari ma tutti gli studenti da 13 a 30 anni, quindi tutti i gradi di istruzione, e raggruppa tutti i programmi di mobilità dell'Unione europea compresi quelli legati allo sport;
   il progetto Leonardo, adesso denominato VET, è confluito nel progetto Erasmus plus e riguarda i giovani che intendono svolgere attività di formazione e lavoro, mediante tirocini e stage, in altri Paesi europei;
   i cittadini italiani che risiedono all'estero anche temporaneamente, hanno l'obbligo di iscrizione all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) nel caso in cui il loro soggiorno all'estero duri per un periodo maggiore ai 12 mesi;
   l'obbligo di iscrizione all'Aire non sussiste in caso di intervallo di tempo minore ai 12 mesi e quindi per la maggior parte degli studenti che partecipano al progetto Erasmus;
   l'iscrizione all'Aire è presupposto necessario per esercitare il diritto di voto in caso di tornate elettorali a carattere nazionale; oltre alle fondamentali notizie anagrafiche e di stato civile, l'Aire rileva infatti anche l'iscrizione nelle liste elettorali;
   contemporaneamente, l'iscrizione all'Aire comporta la perdita del diritto all'assistenza sanitaria in Italia, al servizio del medico di base e all'acquisto di medicinali mediante ticket sanitario;
   dal punto di vista dell'assistenza sanitaria agisce per gli studenti che svolgono l'Erasmus la tessera europea di assicurazione malattia (Team), che garantisce assistenza sanitaria a tutti i cittadini comunitari negli Stati membri dell'Unione europea, le cure mediche da dispensare subito e il godimento degli stessi diritti delle persone assicurate nel Paese in cui ci si trova; non ha valore se ci si trova in un Paese extracomunitario;
   quanto su indicato suscita dubbi per il fatto che gli studenti all'estero per l'Erasmus si vedono obbligati a dover operare una scelta tra il diritto di esprimere il proprio voto iscrivendosi all'Aire e perdere il diritto all'assistenza sanitaria in Italia;
   in Italia esiste l'Anagrafe nazionale degli studenti che registra gli iscritti al sistema universitario italiano e fornisce in tempo reale le informazioni su immatricolazioni, iscrizioni e lauree di tutti gli atenei autorizzati a rilasciare un titolo di studio universitario, sia statali che non statali –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per predisporre un'anagrafe degli studenti italiani, non solo universitari, che si trovano all'estero nell'ambito di uno qualsiasi dei progetti di mobilità compresi nel programma LLP, al fine di agevolare la mobilità studentesca, come esperienza formativa e come opportunità di acquisizione di esperienza ai fini lavorativi. (4-15448)


   PIRAS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti stampa – oltre che da comunicati dell'Anpi Sardegna – il 22 aprile 2016, presso il liceo Alberti di Cagliari, si è tenuta una iniziativa sotto forma di seminario con oggetto il «Natale di Roma — 21 aprile 753 a.c.» Tale iniziativa è stata promossa dal dirigente scolastico dell'Istituto Alberti, Ingegnere Raffaele Rossi, ed ha visto, fra gli altri, la partecipazione del dirigente della A.S.T. della provincia di Cagliari, Dottor Luca Cancelliere;
   la ricorrenza di cui sopra — oggetto della iniziativa scolastica – fu dichiarata festa nazionale durante il regime ed abolita dopo la Liberazione, mantenendo ad oggi quindi una chiara connotazione fascista;
   nel 2010 nasce l'associazione «Fiamma Futura» – che cura anche il periodico web «A Tutta Destra» (www.atuttadestra.net) di chiara ispirazione «neofascista», quanto a conoscenza dell'interrogante, il Dottor Luca Cancelliere risulta essere uno dei dirigenti di «Fiamma Futura Sardegna»;
   l'iniziativa di cui sopra è avvenuta – bloccando fra le altre cose il normale svolgimento delle lezioni – immediatamente dopo un «Viaggio della memoria» di un nutrito gruppo del liceo Alberti nei luoghi simbolo delle stragi nazifasciste, a partire da Marzabotto;
   diversi e numerosi docenti, sia del liceo Alberti che di altri plessi scolastici, hanno ripetutamente ed in diverse forme espresso disappunto e preoccupazione circa l'iniziativa evocativa della celebrazione di una ricorrenza ufficiale di epoca fascista, che costituirebbe quindi un pericoloso vulnus per la democrazia e la Costituzione, valori che è compito della scuola pubblica difendere strenuamente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda immediatamente intraprendere per appurare eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare per evitare che nel futuro si ripetano episodi di tale gravità. (4-15452)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, COMINARDI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, CHIMIENTI e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, sono state previste misure specifiche per la ripresa del sistema produttivo e per i lavoratori delle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016;
   ai sensi dell'articolo 45 del sopra citato decreto-legge, è concessa un'indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, con la relativa contribuzione figurativa, della durata di 4 mesi a decorrere dal 24 agosto 2016 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016, in favore:
    a) dei lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo, impossibilitati a prestare l'attività lavorativa, in tutto o in parte, a seguito del sisma, dipendenti da aziende operanti in uno dei comuni colpiti dal sisma e per i quali non trovano applicazione le vigenti disposizioni in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro;
    b) dei lavoratori di cui alla lettera a), impossibilitati a recarsi al lavoro, anche perché impegnati nella cura dei familiari con loro conviventi, per infortunio o malattia conseguenti all'evento sismico;
   in particolare, per l'anno 2016, l'onere relativo all'indennità è pari a 50 milioni di euro, posto a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione;
   la citata disposizione di legge prevede, inoltre, per l'anno 2016, nel limite di 30 milioni di euro, un'indennità una tantum pari a 5 mila euro, in favore dei seguenti soggetti:
    a) collaboratori coordinati e continuativi;
    b) titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale;
    c) lavoratori autonomi, compresi i titolari di attività di impresa e professionali;
   tale beneficio è concesso ai lavoratori che siano iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, o che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa del sisma del 24 agosto 2016, o che operino esclusivamente, oppure, nel caso degli agenti e rappresentanti, prevalentemente, in uno dei comuni danneggiati;
   le indennità previste dal sopra citato articolo di legge sono autorizzate dalle regioni interessate, nei limiti delle risorse pari a 80 milioni di euro per l'anno 2016, previste ed erogate dall'Inps;
   ad oggi, non risultano ancora erogate le seguenti risorse:
    a) 124.500.000 euro per il 2016 a favore dell'indennità per lavoratori dipendenti (a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione), di cui all'articolo 45, commi 1 e 2;
    b) 134.800.000 euro per il 2016 a favore dell'indennità da corrispondere ai lavoratori autonomi, di cui all'articolo 45, comma 4;
    c) 1.800.000 euro per il 2016, e 14.500.000 euro per il 2017, per la retribuzione dei lavoratori assunti a tempo determinato nei comuni (articolo 50-bis, comma 1). Al riguardo, sarebbe già stato predisposto il trasferimento sul bilancio del Ministero dell'interno delle risorse relative al 2016;
    d) 140.000 euro per il 2016 (di cui sarebbe stato disposto il relativo trasferimento), e 960.000 euro per il 2017 per le assunzioni a tempo determinato presso il dipartimento della protezione civile (articolo 50-bis, comma 4);
    e) 5.000.000 di euro per il 2016 (di cui sarebbe già stato disposto il trasferimento delle risorse sul bilancio del Ministero dell'interno) e 45.000.000 di euro per il 2017 (non ancora trasferite), in favore del parco mezzi del corpo nazionale dei vigili del fuoco (articolo 51, comma 4) –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per verificare la disponibilità delle risorse previste in favore dei lavoratori di cui agli articoli 45, 50-bis e 51 del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, e per procedere ai relativi trasferimenti in tempi brevi. (5-10470)


   TARICCO, AMATO, ROMANINI, IACONO, CAPONE, PINNA, ROSTELLATO, CAPOZZOLO, PAOLA BRAGANTINI, PATRIZIA MAESTRI e GIACOBBE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il sostegno per l'inclusione attiva (SIA) è la misura di contrasto alla povertà con l'erogazione di un sussidio economico, attraverso una carta di importo prepagato, alle famiglie in condizioni economiche disagiate, in cui siano presenti minorenni, disabili o donne in stato si gravidanza;
   dopo un periodo di sperimentazione su 11 città, la legge n. 208 del 2015 ha previsto l'estensione della misura in tutto il territorio nazionale con lo stanziamento di oltre 600 milioni di euro; pertanto, al nuovo Sia possono accedere tutti i cittadini residenti negli oltre 8 mila comuni d'Italia;
   la somma è di 80 euro al mese per ogni componente il nucleo familiare sino ad un massimo di 400 euro al mese (se sono presenti cinque o più componenti) per un periodo complessivo non superiore a 12 mesi;
   l'erogazione del beneficio economico avviene tramite carta di pagamento elettronico (la Carta SIA) da utilizzare per acquistare generi alimentari, prodotti farmaceutici e parafarmaceutici e per pagare le bollette di luce e gas. La Carta è gratuita e funziona come le carte di pagamento elettroniche, unica differenza è che le spese, anziché essere addebitate al titolare della Carta, sono addebitate e saldate dallo Stato nei limiti stabiliti dal programma;
   la misura è stata attivata il 2 settembre 2016, quando i potenziali beneficiari hanno potuto iniziare a presentare le domande al comune di residenza;
   le condizioni da soddisfare per accedere sono stringenti: il richiedente dev'essere cittadino italiano o comunitario e residente in Italia da almeno due anni; nessun componente del nucleo familiare dev'essere in possesso di autoveicoli immatricolati nei dodici mesi antecedenti la richiesta né di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc (250 cc in caso di motoveicoli) immatricolati nei 3 anni precedenti la richiesta; dev'essere presente nel nucleo, in alternativa: a) un componente di età minore di 18 anni; b) una persona con disabilità e almeno un suo genitore; c) una donna in stato di gravidanza accertata; non si può essere titolari di un ISEE superiore a 3.000 euro o godere di altri eventuali trattamenti economici di natura previdenziale, indennitaria o assistenziale superiori a 600 euro mensili; nessun componente può risultare titolare di prestazioni di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI), assegno di disoccupazione (ASDI) o altro ammortizzatore sociale di sostegno al reddito;
   infine, si deve rispettare un indicatore denominato valutazione multidimensionale del bisogno, parametro riferito alle condizioni del nucleo familiare al momento della presentazione della domanda, il cui valore dev'essere superiore o uguale a 45. Questo punteggio varia a seconda della consistenza del carico familiare (se ci sono più figli minori o soggetti con disabilità grave il punteggio è superiore), della condizione economica (il punteggio sale quanto più basso risulta l'ISEE) e della condizione lavorativa (il punteggio è più elevato ove tutti i componenti del nucleo familiare in età attiva si trovino in stato di disoccupazione);
   dai dati finora raccolti in alcune aree di territorio parrebbe che solo il 25 per cento delle domande venga accolto, poiché la stragrande maggioranza, pur versando in situazione di bisogno, sarebbe esclusa per il non raggiungimento dei 45 punti;
   il rischio è che troppe persone in seria difficoltà siano escluse, mettendo a rischio l'efficacia del provvedimento che ha obiettivi sicuramente meritevoli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e se non ritenga opportuno effettuare una verifica puntuale dell’iter di raccolta e selezione delle domande di Sia, al fine di verificare l'effettiva funzionalità degli indicatori previsti, per evitare che uno strumento nato a sostegno della povertà non riesca, in modo adeguato, a raggiungere l'obiettivo fissato. (5-10477)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   l'ondata di maltempo che ha colpito il centro e il sud Italia sembra non avere tregua e le regioni del Centro-sud continuano ad essere strette nella morsa di neve e gelo;
   per effetto dei cambiamenti climatici e con gli ultimi eventi estremi, la stima dei danni all'agricoltura ammonta, secondo i dati forniti dalla Coldiretti, a più di 14 miliardi di euro;
   in Puglia, Basilicata, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise Sicilia e Calabria sono decine di migliaia le aziende agricole che registrano gravi perdite;
   in base alle stime di Confartigianato, i danni alle produzioni agricole pugliesi e agli allevamenti sono irreparabili; serre e vivai danneggiati o collassati sotto il peso della neve, tutte le colture e le produzioni sono state danneggiate e, solo nella zona fra Bari e Taranto risulterebbero collassati 350 ettari di uva da tavola; le aziende zootecniche della Murgia sono totalmente isolate e non possono consegnare il latte ai caseifici;
   la stima è gravissima: tonnellate di latte sono andate perdute e, anche a causa delle difficoltà di circolazione, tutte le consegne alimentari di prodotti deperibili si sono bloccate, con evidenti danni non solo per gli agricoltori ma, anche per i consumatori;
   pochi i prodotti che arrivano sul mercato con consequenziale rincaro dei prezzi;
   ingenti i danni dunque ad agrumeti, vigneti, strutture e agli animali che bevono acqua ghiacciata; spesso questi non riescono neanche ad abbeverarsi a causa del congelamento delle condotte idriche e, a causa dell'impossibilità di raggiungere le aziende, spesso non vengono neanche alimentati;
   molti animali sono morti negli allevamenti pugliesi e, al dramma degli allevatori per la perdita dei capi di bestiame, si aggiunge il problema dello smaltimento delle loro carcasse, operazione da effettuarsi nel più breve tempo possibile al fine di evitare rischi igienico-sanitari;
   Raffaele Carrabba, presidente nazionale di CIA Puglia, ha chiesto alla regione Puglia di valutare la possibilità far effettuare lo smaltimento delle carcasse con l'impiego delle procedure a disposizione dell'autorità locale della protezione civile, nonché dell'autorità sanitari locale;
   raramente, come nel caso dell'ultima ondata di maltempo, si può parlare di vera calamità naturale;
   l'assessore regionale all'agricoltura, Leo Di Gioia, aveva rimarcato che «la situazione è gravissima in gran parte delle zone rurali dei comuni di tutte le sei province» e per questo è necessario «un intervento che consenta di attingere al Fondo di solidarietà nazionale»;
   l'assessore ha altresì dichiarato che la giunta regionale pugliese ha approvato la «dichiarazione dello stato di crisi in agricoltura per tutto il territorio regionale, seguito delle eccezionali avversità atmosferiche del 5, 6 e 7 gennaio 2017» precisando che il documento regionale chiede al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali la declaratoria dello stato di calamità naturale in considerazione dei gravi danni causati al patrimonio agricolo e zootecnico pugliese;
   secondo Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia, la dichiarazione di stato di calamità naturale prevede, nel caso in cui le avversità atmosferiche incidano negativamente sulla produzione lorda vendibile annuale delle singole aziende agricole interessate, in misura non inferiore al 30 per cento della produzione ordinaria, l'attivazione degli interventi contributivi e creditizi ex post del Fondo di solidarietà nazionale;
   questi sottolinea, tuttavia, che lo scenario pugliese è di una gravità tale da imporre uno sforzo, in termini economici, che il Fondo di solidarietà nazionale, attivabile con la declaratoria di stato di calamità, non può sostenere –:
   quali iniziative si intendano adottare al fine di tutelare consumatori, produttori e aziende del settore agroalimentare;
   quali risorse si ritengano di stanziare al fine di coprire le perdite registrate dalle imprese agricole e zootecniche e di ripristinare il potenziale produttivo danneggiato, nonché saranno i tempi effettivi entro cui le imprese potranno ricevere gli indennizzi.
(2-01640) «Elvira Savino».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI e BERGONZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Co.Pad.Or. (Consorzio padano ortofrutticolo) è una cooperativa agricola nata nel 1987 con l'acquisizione, da parte di un gruppo di agricoltori delle province di Parma e Piacenza, degli impianti della Ferrari & Figna, prestigiosa industria alimentare situata nel cuore della Food Valley italiana;
   l'azienda si colloca oggi tra le maggiori e moderne imprese di trasformazione del pomodoro operanti in Europa, con una capacità di circa 3.000.000 quintali di prodotto fresco lavorato all'anno e circa 600 dipendenti diretti tra fissi e stagionali. I soci coltivano ogni anno circa 4.000 ettari di pomodoro, seguendo le più moderne tecniche agronomiche dettate dall'ufficio agricolo della cooperativa che programma una campagna di raccolta di oltre 60 giorni;
   le difficoltà attraversate dal comparto del pomodoro, che ha visto progressivamente ridursi il prezzo di vendita della materia prima, ma anche il fatto che l'azienda è da tempo gravata da una consistente esposizione verso il sistema creditizio, benché progressivamente ridotta e contenuta negli ultimi anni, ha indotto il Co.Pad.Or. a depositare istanza di concordato in continuità anche in ragione delle reticenze espresse dal settore bancario a concedere la liquidità richiesta;
   di fondamentale importanza per le aziende agricole che conferiscono il prodotto, per i lavoratori, per i fornitori e per tutto il comparto del pomodoro del Nord Italia è assicurare la continuità produttiva dello stabilimento di Collecchio (Parma) e l'avvio della campagna 2017; il fermo dell'impianto costituirebbe un danno irreparabile soprattutto per il settore primario al quale verrebbe sottratta una parte significativa delle opportunità di vendita del prodotto coltivato con una ulteriore riduzione delle possibilità di diversificazione delle colture –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopradescritta e se non intendano assumere, d'intesa con la regione Emilia-Romagna, ogni più utile iniziativa di competenza, con l'obiettivo di assicurare l'avvio della campagna di semina 2017, la continuità produttiva dello stabilimento Co.Pad.Or. di Collecchio (Parma) e la tutela dell'occupazione.
(5-10471)


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Aras è un ente con personalità giuridica riconosciuta dalla regione siciliana che, per delega della stessa e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali attua iniziative di miglioramento zootecnico, di consulenza agli allevatori e di promozione delle produzioni grazie ad un contributo erogato in parte dal bilancio regionale e in parte assegnato all'assessorato agricoltura e foreste dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché sostanziato in piccola parte anche dalle quote degli allevatori soci;
   negli ultimi anni, l'ente è al centro di numerose polemiche a causa di una gestione non esattamente esemplare delle risorse economiche a disposizione, nonostante i circa sette anni di commissariamento da parte dell'AIA (Associazione italiana allevatori);
   risulta sia corso, infatti, un'inchiesta della Guardia di finanza in seguito a una denuncia presentata da un gruppo di allevatori, oltre che da 6 dipendenti, i quali hanno chiesto di acquisire la documentazione sui bilanci dell'Ente ed alcune delibere commissariali;
   anche le organizzazioni sindacali hanno segnalato un sistema di gestione dei vertici dell'Aras, che, da un lato, avrebbe in questi ultimi anni fatto scadere la qualità e la quantità dei servizi agli allevatori, e dall'altro, demotivato e mortificato molti dei dipendenti impegnati nell'assistenza alle aziende;
   proprio i dipendenti, oltre ovviamente agli allevatori, sono coloro che rischiano di fare la spesa più alta per questa mala gestione, e sembra sia in atto un'operazione di licenziamento per la metà dell'intero personale dell'ente siciliano (circa 120 unità);
   secondo alcune fonti stampa, in una lettera di richiesta di accesso agli atti inviata dalle organizzazioni sindacali in data 28 giugno 2016 ai vertici dell'Aras di Palermo e all'assessore regionale, figurano ben 13 contestazioni di irregolarità: incrementi «ingiustificati» di spese, elargizioni di prebende con assegni postali, spese elevate per consulenze esterne ad un legale del foro di Palermo, irragionevole utilizzo da parte del direttore generale dell'Ente del personale durante il periodo di contratto di solidarietà, atti ingiuntivi, pignoramenti e debiti verso terzi imputati sui capitoli Aras 143707 (CC.FF.UU. — LL.GG.), 144111 (A.T.) 542922 (Benessere animali), debiti verso B.N.L., INPS, Enpaia, Fida, Agrifondo oltre che verso Equitalia-Riscossione Sicilia per IRAP-IRPEF che pare si aggiri alla data odierna a euro 1.600.000,00 circa;
   durante gli ultimi undici anni di direzione dell'Ente, i costi di gestione dell'Aras sono dunque arrivati a cifre astronomiche –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per acquisire un quadro puntuale della gestione economica dell'ente Aras Sicilia, al fine di tutelare i dipendenti della struttura ma soprattutto garantire un servizio fondamentale alla zootecnica italiana.
(5-10486)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 115, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, lo Stato adotta d'intesa con la Conferenza unificata, il piano sanitario nazionale, i piani di settore aventi rilievo ed applicazione nazionali e stabilisce il riparto delle relative risorse alle regioni, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   l'articolo 1, comma 34, delle legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede che – in sede di ripartizione del fondo sanitario nazionale – il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni stabilisce i pesi da attribuire a ciascuna regione in base ad una serie di criteri e può vincolarne alcune quote alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale;
   secondo l'articolo 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel piano sanitario nazionale, le regioni elaborano specifici progetti. Al fine di agevolarne l'attuazione, si provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell'importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata all'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell'anno precedente. A decorrere dall'anno 2013, racconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'intervenuta intesa, in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla ripartizione delle predette quote vincolate;
   inoltre, secondo l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sempre a decorrere dall'anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, tramite intesa, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge n. 662 del 1996, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni;
   in attuazione dei predetti articoli, il Ministero della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni la proposta di riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale nell'anno 2016 sulla quale, il 14 aprile 2016, si è raggiunta l'intesa;
   nell'anno 2016 le risorse che le regioni dovranno dividersi ammontano a 108,6 miliardi di euro;
   di questi 108,192 miliardi sono relativi alla quota indistinta, calcolata sottraendo alla quota di fabbisogno complessivo di 111 miliardi di euro l'importo di 1.878,98 milioni di euro (ossia l'ammontare complessivo degli obiettivi di piano e vincolate), l'importo di 277,51 milioni di euro (per l'accantonamento su meccanismi sanzionatori e premiali) e 652,91 milioni per somme vincolate spettanti ad altri enti del servizio sanitario nazionale. La quota indistinta comprende anche 50 milioni per la lotta alla ludopatia e 800 milioni previsti dalla legge di stabilità 2016 per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza;
   la quota di riequilibrio è di 6,37 milioni, 6,68 milioni sono le quote vincolate per la medicina penitenziaria. Infine, 427,40 milioni sono i fondi vincolati per altri enti;
   ai fini del riparto tra le regioni, oltre all'impiego del meccanismo dei costi standard, è stato utilizzato il valore legale della popolazione residente nella determinazione del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni;
   il valore della popolazione legale utilizzato è quello risultante dalle operazioni del censimento dell'anno 2011;
   il criterio utilizzato per il riparto del fondo è quello del valore legale della popolazione residente nella determinazione e del valore della popolazione pesata per classi di età con riferimento alle singole regioni;
   tale criterio di riparto risulta agli interpellanti non appropriato per una corretta ripartizione del fondo sanitario nazionale in quanto la sola età della popolazione non è un parametro oggettivo sufficiente per valutare il fabbisogno sanitario di una regione e determina una ingiusta discriminazione nei confronti di regioni che hanno una popolazione giovane ed un tasso migratorio anche in sanità molto alto favorito da un criterio, quello della popolazione, che da solo non garantisce l'uniformità dei livelli essenziali di assistenza in tutto il Paese e non tiene conto delle difficoltà economiche di una parte rilevante del Paese medesimo, aggravate anche dal pagamento della mobilità passiva nei confronti di regioni che percepiscono centinaia di milioni di euro in più anche avendo un solo anno o pochi anni di età media più giovane;
   parimenti importante risulta l'annoso problema della disciplina dei casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato;
   l'articolo 17, comma 1, dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con medici di medicina generale del 23 marzo 2005, integrato con l'accordo collettivo nazionale del 29 luglio 2009, elenca tassativamente i casi di incompatibilità nello svolgimento della professione di medico convenzionato;
   il successivo comma 2 dell'articolo 17, alla lettera f), prevede che, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, è incompatibile con lo svolgimento delle attività previste dagli Accordi sopra richiamati, il medico che fruisca di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del servizio sanitario nazionale, fatta esclusione per i medici già titolari di convenzione per la medicina generale all'atto del pensionamento;
   la mancata applicazione della disciplina dianzi esposta comporta di fatto il blocco delle assunzioni dei giovani medici e, dall'altra, ingenera nell'utenza un sentimento di fiducia nei confronti della struttura privata a tutto discapito della sanità pubblica, nonché una naturale migrazione di utenza verso le strutture private, seguendo il medico stesso e le sue scelte di vita e professionali;
   inoltre ad oggi differentemente da quanto previsto per altri dipendenti dello Stato, quali ad esempio i magistrati in quiescenza, per il personale dirigente del servizio sanitario nazionale collocato a riposo non è prevista alcuna incompatibilità a prestare attività di consulenza per strutture private all'interno dello stesso distretto socio-sanitario –:
   se si intendano assumere iniziative per rivalutare il citato criterio di reparto prevedendo che l'assegnazione avvenga per il 50 per cento in base alla classe di età della popolazione e il restante 50 per cento in base al reddito medio;
   se intenda, per i profili di competenza, avviare ogni idonea iniziativa finalizzata a garantire sull'intero territorio nazionale la compiuta attuazione delle disposizioni vigenti in materia;
   se non ritenga di assumere le iniziative normative necessarie per l'introduzione di un regime di incompatibilità per il personale dirigente della sanità pubblica in quiescenza al fine di escludere che possa operare come consulente di strutture private all'interno dello stesso distretto socio sanitario nel quale aveva prestato la propria opera professionale.
(2-01638) «Valiante, Fitzgerald Nissoli, Vezzali, Russo, Paola Bragantini, Ciracì, Di Salvo, Grassi, Sgambato, Gianni Farina, Carloni, Ragosta, Cuomo, Ribaudo, Stumpo, Leva, Fedi, Luciano Agostini, Bargero, Epifani, Zoggia, Gullo, La Marca, Verini, Galperti, Minnucci, Paris, Benamati, Zardini, Capozzolo, Di Lello».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle testate giornalistiche locali, ad Atena Lucana sono stati diagnosticati i primi due casi in Italia di schistosomiasi, malattia tropicale infettiva;
   in particolare, due ragazzi provenienti dal Mali, ospiti di un centro d'accoglienza presente nel comune salernitano, sono stati ricoverati presso l'ospedale di Eboli;
   i due maliani sarebbero arrivati in Italia circa sei mesi fa e la malattia in questione può essere curata in maniera efficace solo con farmaci non disponibili in Italia, che l'ospedale di Eboli ha richiesto alla farmacia dello Stato della Città del Vaticano;
   nel mondo sono stimate circa 240 milioni di persone infette e sono più di 50 i Paesi interessati, soprattutto dell'Africa, dell'Asia e del Sud America;
   da tempo viene denunciata la necessità di porre adeguata attenzione al rischio contagio da malattie infettive legate, in particolare, ai flussi migratori incontrollati che hanno interessato il nostro Paese negli ultimi anni –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se siano state adottate tutte le misure di prevenzione e profilassi del caso per proteggere i cittadini e quanti sono impegnati ogni giorno nelle operazioni di sbarco lungo le coste italiane. (4-15434)


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le malattie rare rappresentano una delle frontiere della sostenibilità del sistema di welfare sanitario italiano perché necessitano di un'attività di diagnosi rapida e di presa in carico che risparmi al paziente penose peregrinazioni e lunghi calvari diagnostici, accompagnandolo invece alla struttura sanitaria più adeguata per la gestione terapeutica delle malattia e per la prevenzione delle complicanze;
   il sistema di risposta alle esigenze delle malattie rare è pertanto di tipo reticolare e si fonda nazionalmente sul presidio rappresentato dai centri regionali di riferimento, che fungono da hub regionali e, dopo aver intercettato le singole patologie, a loro volta le indirizzano agli specifici centri di eccellenza localizzati nel territorio nazionale;
   l'eventuale cattivo funzionamento dei centri regionali rischia di impedire che la risposta ai pazienti affetti da malattie rare sia adeguata rispetto alle esigenze di una sanità moderna, attenta alla garanzia della qualità e dell'appropriatezza;
   in questi giorni, alcune pazienti sarde affette da visceroptosi hanno scritto una accorata lettera al Ministro interrogato, per lamentare il sostanziale stato di abbandono da parte delle strutture regionali, legato alla carenza e precarietà di risorse umane, tecnologiche ed economiche in cui versa il centro di riferimento regionale sardo presso l'ospedale microcitemico di Cagliari;
   che tale situazione di inadeguatezza rischia di fatto di escludere i pazienti sardi affetti da malattie rare da una corretta fruizione dei livelli essenziali di assistenza –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza in Sardegna, in particolare per quanto attiene alla risposta alle esigenze dei pazienti affetti da malattie rare, anche attraverso il potenziamento del centro di riferimento regionale. (4-15444)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, NICCHI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO, D'ATTORRE, FRANCO BORDO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati del Monitor dei distretti delle Marche, report curato dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, relativo al terzo trimestre 2016, segnano ancora una volta bilanci negativi per l’export dei distretti marchigiani, registrando una flessione dell'1,6 per cento rispetto allo stesso periodo 2015;
   tale flessione, oltre ad essere legata agli eventi sismici dei mesi precedenti, sarebbe dovuta, secondo quanto afferma il direttore regionale di Intesa Sanpaolo Tito Nocentini a una contrazione generale da parte dei mercati emergenti, come Cina, Hong Kong e Turchia, insieme allo stallo del mercato russo dovuto alle sanzioni dell'Unione europea;
   tra i settori più penalizzati quello delle cucine di Pesaro, con un –12,9 per cento dovuto soprattutto alle crisi di mercati maturi come quelli francese, russo, americano e saudita;
   quello delle cappe aspiranti ed elettrodomestici di Fabriano, che registra un saldo negativo del 10,6 per cento; il settore calzature di Fermo (-6,2 per cento) e la pelletteria di Tolentino (-1,6 per cento);
   tali dati hanno avuto ripercussioni negative sui livelli occupazionali, con un aumento nei primi 11 mesi del 2016 del ricorso alla cassa integrazione, con un monte ore di 13 milioni;
   nonostante i dati segnalino una situazione di miglioramento rispetto agli anni di piena crisi economica, che hanno distrutto una parte significativa della capacità produttiva del territorio, tale ripresa appare ancora troppo fragile e soggetta a continue oscillazioni, anche per settori di tradizione consolidata che possono vantare un know how riconosciuto –:
   quali iniziative stia adottando il Ministro interrogato per sostenere l’export delle piccole e medie imprese italiane.
   (5-10472)


   GINEFRA e VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo pubblicato sul numero del 21 gennaio 2017 de Il Sole24Ore a firma del giornalista Carlo Festa è stato annunciato come «imminente un altro riassetto, di medie dimensioni, nel settore del gas italiano. Il gruppo spagnolo Gas Natural Fenosa starebbe infatti per cedere le sue attività sul suolo tricolore e in corsa per esaminare il dossier ci sarebbero alcuni fondi infrastrutturali e in particolare 2i Rete Gas, controllata del fondo F2i»;
   attraverso le acquisizioni di Enel Rete Gas e G6 Rete Gas, 2i Rete Gas rappresenta attualmente il secondo operatore nazionale indipendente nel settore con circa 57.000 chilometri di rete gestita e oltre 3,8 milioni di utenti serviti dalla rete;
   presente su tutto il territorio nazionale e impegnata nell'opera di metanizzazione di molti comuni delle regioni del Sud Italia, 2i Rete Gas sta cercando di assumere il ruolo di consolidatore del sistema;
   secondo il Sole24Ore «un target interessante potrebbe essere proprio il network di Gas Natural Fenosa, presente in Italia dal 2002 dove ha raggiunto, operando tramite società separate, un posizionamento nei servizi, nella distribuzione del gas naturale e nella vendita di gas naturale ed elettricità. Attualmente serve oltre 420.000 famiglie italiane e circa 17.000 clienti business»;
   parte delle attività sono nel Sud dell'Italia e la sede operativa è ad Acquaviva delle Fonti (in provincia di Bari);
   sempre secondo il quotidiano economico sopracitato «2i Rete Gas starebbe guardando il dossier, anche se con interesse, al pari di altri operatori. La dismissione delle attività italiane di Gas Natural Fenosa sarebbe infatti all'inizio della procedura. Secondo quanto indicato da Dealreporter, un mandato in questa direzione sarebbe stato affidato dal gruppo iberico alla banca d'affari Rothschild. Il valore della transazione, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere superiore ai 400 milioni di euro»;
   nel 2015 le attività di Gas Natural sul territorio italiano hanno generato un margine operativo lordo di 66 milioni di euro. In ogni caso, l'interesse dei potenziali acquirenti potrebbe essere focalizzato soprattutto sulla base di clienti della controllata italiana di Gas Natural;
   sempre secondo il Sole24Ore «tra gli altri soggetti che verrebbero dati come pronti ad esaminare il dossier ci sarebbe anche Italgas, anche se secondo altri rumors il gruppo energetico sarebbe tiepido sull'operazione. In realtà, il deal potrebbe interessare in modo particolare ad alcuni fondi infrastrutturali pronti a crescere in Italia in termini di asset gestiti» –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'evoluzione di questa possibile operazione di riassetto, di medie dimensioni, nel settore del gas italiano;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda, eventualmente, assumere al fine di assicurare, nel caso si verifichi tale passaggio, la salvaguardia dei livelli occupazionali, in particolar modo nel Sud dell'Italia – la sede operativa è ad Acquaviva delle Fonti (in provincia di Bari) – dove la suddetta azienda ha la gran parte delle sue attività. (5-10479)


   BECATTINI e SANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'energia geotermica è un tipo di energia alternativa e rinnovabile che si basa sullo sfruttamento del calore naturale generato negli strati più profondi della crosta terrestre;
   in determinate zone, in cui tale calore si crea anche in aree più superficiali della terra, questo tipo di energia può essere utilizzato per il riscaldamento degli edifici, attraverso gli impianti di teleriscaldamento geotermici;
   gli impianti di teleriscaldamento geotermico in Italia sono concentrati in Toscana ed interessano soprattutto alcuni piccoli comuni nelle province di Grosseto, Pisa e Siena;
   l'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo n. 102 del 2014, in applicazione della direttiva europea 2012/27/UE, così come modificato dall'articolo 6, comma 10, del decreto-legge 244 del 2016, impone l'installazione di sistemi di contabilizzazione del calore negli impianti di teleriscaldamento entro il 30 giugno 2017, in modo da poter misurare gli esatti consumi e incentivare il contenimento degli stessi;
   tale obbligo sembra non tenere in considerazione il fatto che impianti come quelli di teleriscaldamento geotermico hanno un impatto ambientale minimo e utilizzano energia rinnovabile, rendendo dunque minimi i benefici apportati dal citato obbligo, a fronte piuttosto dei notevoli oneri per utenti e comuni;
   attualmente, la maggior parte delle utenze che utilizzano impianti di teleriscaldamento geotermico paga un importo forfettario, non essendo gli impianti provvisti di sistemi di contabilizzazione. Solo a chi richiede di pagare a consumo viene installato un contatore;
   l'obbligo di installare i contatori si tradurrebbe in un onere eccessivo dal punto di vista economico, non solo per gli utenti, che si vedranno aggiungere in bolletta il prezzo di costosi impianti di cui non necessitano, ma anche per i comuni, che dovranno intervenire per ammodernare gli impianti, operazione, quest'ultima, che richiede più tempo di quello previsto dal decreto legislativo n. 102 del 2014;
   in particolare, desta dubbi l'obbligo previsto all'articolo 9, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n. 102 del 2014 che non è subordinato ad alcuna valutazione del rapporto fra costi e benefici degli interventi;
   la previsione di tali oneri per sistemi di teleriscaldamento ecologici e ad energia rinnovabile come quelli geotermici appare in contrasto con la finalità del decreto legislativo n. 102 del 2014, ovvero quella di favorire iniziative che riducano i consumi di combustibile fossile –:
   se il Governo sia al corrente della situazione sopra descritta;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per escludere gli impianti di teleriscaldamento geotermico dagli obblighi di contabilizzazione dei consumi previsti dal decreto legislativo n. 102 del 2014. (5-10480)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati Infocamere-Movimprese, nel corso dell'anno 2016 in Liguria nel comparto dell'artigianato hanno aperto 2.835 micro e piccole imprese, ma hanno chiuso ben 3.258 realtà, facendo registrare nel settore un saldo negativo di 423 imprese pari ad un calo dello 0,9 per cento;
   in base a tali dati, le unità artigiane attive nella regione Liguria sono complessivamente 44.170 e si rileva una diminuzione dell'1 per cento circa per il settore edile (21.367 imprese attive), dovuta al saldo negativo tra aperture (1.455) e chiusure d'impresa (1.694), mentre per quanto riguarda il manifatturiero (7.293 microimprese attive) l'anno 2016 si chiude con 388 iscrizioni e 503 cessazioni d'attività (pari a –1,4 per cento);

   i dati liguri, seppur negativi, rispecchiano una situazione meno pesante di quella che emerge nel resto d'Italia: il panorama nazionale vede un calo dell'1,7 per cento per il manifatturiero e addirittura del 2 per cento per le costruzioni. Nel complesso, le imprese artigiane italiane sono diminuite; dell'1,4 per cento nel corso del 2016. Tra le regioni che subiscono una minore flessione la Liguria (-0,9 per cento) è terza dopo il Trentino (-0,4 per cento) e la Lombardia (-0,8 per cento);
   se si considera la situazione delle imprese artigiane nelle varie province liguri, nel 2016 il calo maggiore si registra a Savona (9.104 realtà attive), dove chiudono complessivamente 723 microimprese e ne aprono solo 571 (-1,6 per cento); a Genova (22.717 microimprese attive) chiudono 1.575 realtà a fronte di 1.377 nuove aperture, per un calo complessivo dello 0,9 per cento; nello spezzino (5.303 microimprese attive) si registrano 482 cessazioni d'attività contro 409 nuovi avvii (-1,4 per cento) nell'imperiese invece si rileva una situazione di equilibrio, con lo stesso saldo tra aperture e chiusure (478), per un totale di 7.046 micro e piccole imprese all'attivo;
   scendendo ancor più nel dettaglio, la generale stabilità dell'imperese si riflette anche sui settori del manifatturiero (1.048 imprese artigiane stabili con una sessantina di chiusure e aperture nel corso dell'anno) e delle costruzioni (3.693 realtà, 245 aperture e 251 chiusure, per un leggero calo dello 0,16 per cento). A Savona le 1.435 microimprese manifatturiere attive hanno visto nel corso del 2016 l'apertura di 79 nuove attività, contro 92 chiusure, per un bilancio negativo dello 0,9 per cento, mentre il settore delle costruzioni, con 4.619 microimprese in provincia, registra un calo del 2,2 per cento, frutto di 390 chiusure e 290 aperture. Nel territorio genovese il trend negativo del manifatturiero dell'1,8 per cento è dovuto a 261 chiusure contro 191 nuove aperture d'attività, per un totale di 3.810 microimprese attive, mentre le costruzioni, che a Genova contano 10.819 realtà artigiane, diminuiscono dello 0,76 per cento (715 aperture, 798 chiusure d'impresa). I due settori soffrono anche nello spezzino: il manifatturiero, con 1.000 imprese artigiane attive, vede chiudere 90 realtà e aprirne solo 59 (-3,1 per cento), mentre le costruzioni registrano 255 chiusure e 205 nuove aperture (-2,2 per cento), su 2.236 realtà complessive –:
   sebbene in Liguria la flessione risulti minore del resto d'Italia grazie anche ai primi effetti prodotti dalle misure messe in campo d'intesa con la regione, quali iniziative il Governo intenda adottare, a partire dalla riduzione dell'eccessiva tassazione e dalla semplificazione, per invertire questo trend negativo nel settore dell'artigianato, comparto che rappresenta uno dei principali fattori di sviluppo locale e che è già fortemente colpito dalla crisi economica in atto. (4-15437)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Agostinelli n. 4-08549, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molea.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Latronico n. 5-10380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bruno Bossio.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Polverini n. 5-10456, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o febbraio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palmieri.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Ciracì n. 4-14482, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 691 del 12 ottobre 2016.

   CIRACÌ. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 7 ottobre 2016 dalle ore 10:00 in poi è stata avviata la vendita su Ticketone.it, il sito leader nella distribuzione di biglietti per i grandi eventi musicali e non solo, dei ticket per assistere al concerto della band britannica denominata «Coldplay» che nel suo prossimo tour farà tappa precisamente a Milano i prossimi 3 e 4 luglio 2017 presso lo stadio «Meazza»;
   come riportato sul sito di Altroconsumo – la più diffusa associazione di consumatori sul territorio nazionale – la vendita dei biglietti per il concerto dei «Coldplay» si è esaurita in appena 22 minuti rendendo dunque impossibile ulteriori acquisti da parte dei fan in attesa dei due grandi eventi della band;
   molti fan in attesa di poter procedere con l'acquisto hanno esposto pubblicamente lamentele sulla pagina ufficiale Facebook del circuito Ticketone.it, chiedendo spiegazioni sull'accaduto e sollecitando il Codacons ad intervenire;
   l'associazione Altroconsumo ha denunciato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) quella che definisce una «pratica scorretta» chiedendo – si cita testualmente parte del testo della denuncia reperibile sul sito dell'associazione – se sia «possibile che 60-70.000 tagliandi per data (questa la capienza dello stadio Meazza) vengano venduti in 20 minuti ?» rilevando come risulti ovvio che l'esaurirsi in poche ore di oltre 60 mila biglietti sia dovuto al « secondary ticketing – termine inglese per indicare il bagarinaggio dei biglietti – ovvero il mercato parallelo fatto di siti non ufficiali che rivendono i biglietti a cifre esorbitanti»;
   è stato rilevato che il costo ufficiale dei ticket era di 46 euro per gli anelli verde e blu, tra i 57 e 98 quelli degli anelli più bassi e per il prato, mentre 109,25 euro costava il posto più ambito, quello dell'anello rosso numerato; sul sito Viagogo – uno dei molti siti avvezzi a tale pratica di compravendita – il prezzo più basso attualmente disponibile risulta essere di 166,82 euro per un biglietto all'anello verde, circa tre volte il prezzo originale, e che si sale vertiginosamente superando i 200, i 300 euro, fino all'assurda cifra di 1.780,94 euro per l'ambito anello rosso, ovvero 16 volte la cifra originale;
   il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla procura di Milano a seguito dei fatti descritti nel primo punto affinché vengano appurate eventuali ipotesi di reato da parte di agenzie esterne che praticano secondary ticketing (o bagarinaggio) e vengano duramente sanzionati tali soprusi;
   la SIAE ha deciso di presentare ricorso d'urgenza al tribunale civile di Roma il 17 gennaio 2017 dopo il presentarsi per l'ennesima volta del fenomeno per la vendita dei biglietti per il concerto degli «U2», che si svolgerà a Roma il prossimo 15 luglio 2017;
   nonostante il Governo abbia presentato in data 11 novembre 2016 alla Camera dei deputati un emendamento alla legge di bilancio per contrastare il fenomeno, lo stesso si è verificato ancora una volta il 2 febbraio 2017 per la messa in vendita dei biglietti per il concerto del cantautore britannico «Ed Sheeran», che ha visto i biglietti esaurirsi nel giro di 15 minuti;
    in un vuoto normativo che non definisce ad oggi l'attività di secondary ticketing come fattispecie di reato, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20227 del 16 maggio 2006 ha stabilito che, qualora i biglietti acquistati non abbiano provenienza illecita, non si possa configurare tale ipotesi di reato e, con sentenza n. 10881 del 30 aprile 2008, ha stabilito che chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie alcuna attività di intermediazione, neppure atipica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative, anche sul piano normativo, intenda intraprendere per porre un freno a questo fenomeno che alimenta un mercato che pesa sempre più sulle tasche dei cittadini e sul loro diritto di partecipare agli eventi ricreativi e culturali che si svolgono sul territorio nazionale. (4-14482)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Centemero n. 2-01529 del 2 novembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Bargero n. 5-10097 del 6 dicembre 2016;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Carrescia n. 5-10452 del 1o febbraio 2017.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Pili e Pisicchio Pisicchio n. 2-01633 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 733 del 31 gennaio 2017. Alla pagina 44254, seconda colonna, sopprimere le righe dalla ventesima alla ventiseiesima; alla pagina 44255, prima colonna, alla riga venticinquesima, deve leggersi «acquista latte dai produttori» e non come stampato.