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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 1 febbraio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,
   premesso che:
    con la ratifica dell'accordo sul clima raggiunto alla cop21 di Parigi il 12 dicembre 2015 e già entrato in vigore il 4 novembre 2016 l'Italia si è impegnata a contenere il riscaldamento globale ben al di sotto di due gradi rispetto ai livelli pre-industriali con l'impegno a puntare a un contenimento del riscaldamento globale entro un grado e mezzo;
    questo impegno necessario comporta un'accelerazione della transizione verso una economia a bassissime emissioni di carbonio e richiede il raggiungimento di zero emissioni nette alla metà del secolo;
    nel raggiungimento di tale obiettivo la produzione di energia e il suo utilizzo hanno un peso particolare visto che da questi dipendono i due terzi delle emissioni complessive;
    l'accordo di Parigi prevede come noto che ogni Paese presenti un contributo nazionale di riduzione delle emissioni;
    l'Italia in quanto Paese membro dell'Unione europea ha assunto come base del proprio contributo nazionale il pacchetto «clima energia» al 2030 approvato dal Consiglio europeo nell'ottobre 2014 durante il semestre di presidenza italiana che prevede una riduzione del 40 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al 1990 e un aumento almeno del 27 per cento delle rinnovabili e dell'efficienza energetica;
    il pacchetto «clima energia» al 2030, pur ancora non sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale sottoscritti con l'accordo di Parigi, va nella direzione giusta, indicata anche dalla roadmap al 2050 adottata dalla Commissione europea nel dicembre del 2011 che prevede riduzioni delle emissioni tra l'80 e il 95 per cento rispetto ai livelli del 1990;
    la programmazione energetica nazionale è chiamata a delineare le misure nazionali necessarie a rispettare gli impegni presi a livello internazionale mettendo al centro efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili, adeguamento delle reti di distribuzione e innovazione, con l'efficacia e l'orizzonte temporale adeguato;
    a tali obiettivi deve rispondere la revisione della strategia energetica nazionale da configurare all'interno di una strategia climatica complessiva del Paese e con una ampia partecipazione e condivisione,

impegnano il Governo:

   a orientare la revisione della strategia energetica nazionale al rispetto degli obiettivi sottoscritti con l'accordo di Parigi;
   a promuovere la più ampia partecipazione nel processo di revisione della strategia energetica nazionale;
   a rendere la strategia energetica nazionale coerente con la strategia di sviluppo a basse emissioni di carbonio e con la strategia nazionale di sviluppo sostenibile nel quadro di un impegno alla definizione di una strategia climatica nazionale.
(7-01173) «Stella Bianchi, Realacci, Braga, Borghi, Mariani, Becattini, Scuvera, Carrescia, Arlotti, Manfredi, Iacono, Giovanna Sanna, Bratti, Covello, Cominelli».


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    Almaviva Contact è una società facente parte del gruppo Almaviva, leader italiano nell’information and communication technology, e operante a livello nazionale e internazionale;
    in Italia, tra i principali clienti di Almaviva Contact, figurano numerose società partecipate dallo Stato ed in particolare Poste Italiane s.p.a., il comune di Milano, il comune di Roma Capitale, Enel, gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, Inpdap, Inps e, inoltre, Alitalia s.p.a., Tim ed Equitalia;
    a seguito del fallimento dell'ultimo tentativo di riapertura del tavolo per scongiurare il licenziamento di 1.666 lavoratrici e lavoratori della sede di Roma di Almaviva Contact, la società ha provveduto ad inviare le lettere di licenziamento, destinando alla chiusura della citata sede;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, Almaviva Contact ha segnato la propria decisione con una mancanza di sensibilità e di responsabilità sociale che non può non essere stigmatizzata;
    il dramma vissuto da oltre 1.600 lavoratrici e lavoratori della città di Roma, ora, non può e non deve essere archiviato;
    è necessario attivare ogni sforzo affinché il Governo si impegni in maniera efficace a riaprire la questione che sta avendo gravi ripercussioni nella città di Roma e può ulteriormente estendersi anche in altre sedi di Almaviva Contact dove i licenziamenti sono stati solo temporaneamente sospesi, tenuto conto delle iniziative e delle manifestazioni che le lavoratrici e i lavoratori di Almaviva continuano a promuovere a tutela del loro diritto al lavoro;
    restano, in ogni caso, ancora aperte le questioni relative alle lavoratrici e lavoratori delle altre sedi Almaviva Contact che, pur aderendo all'accordo di sospensiva dei licenziamenti, vedono da parte dell'azienda proporre riduzioni ulteriori degli stipendi (già oggi di circa 600 euro mensili) e lesioni dei diritti;
    date le condizioni, è necessario reimpostare complessivamente l'approccio alla crisi che non riguarda solo Almaviva Contact ma l'intero settore dei call center che conta almeno 80.000 dipendenti, prevedendo una serie di soluzioni di carattere strutturale che possono essere la base per l'uscita dalla crisi del settore, e garantire i livelli occupazionali e condizioni di lavoro e contrattuali adeguate alle lavoratrici e ai lavoratori interessati, senza procedere a riduzioni di stipendi e ulteriori peggioramenti delle condizioni di lavoro e di vita delle persone;
    le gare al massimo ribasso, non solo nel privato ma anche nel pubblico, le delocalizzazioni «selvagge» e le procedure di dumping sui mercati esteri stanno mettendo in ginocchio un settore presso il quale operano migliaia di persone, con forte presenza di giovani e donne, su tutto il territorio nazionale;
    nello specifico della crisi Almaviva va sostenuta con forza la riapertura di un tavolo di trattativa che parta dal presupposto che vanno garantite le condizioni contrattuali vigenti al momento del licenziamento e che a questi lavoratori si applica l'articolo 18 come vigente prima della riforma,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per incentivare il processo di internalizzazione dei lavoratori nelle aziende committenti, al fine di dare una risposta concreta e garantire stabilità e salari dignitosi;
   a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a rivedere la disciplina del massimo ribasso nelle gare di appalto;
   ad assumere iniziative per prevedere che l'importo degli ammortizzatori sociali sia erogato ai committenti sotto forma di sgravi fiscali, incentivando l'incremento del numero di lavoratori in azienda, anche prevedendo, d'intesa con le regioni interessate, riduzioni dell'Irap;
   ad assumere iniziative per prevedere che le stazioni appaltanti pubbliche riportino in house le commesse in outsourcing, con il contestuale riconoscimento di titoli validi ai fini dei concorsi pubblici per tutti quei lavoratori presenti nelle relative commesse pubbliche;
   ad assumere iniziative per garantire il diritto dell'utente di conoscere il Paese dove sia fisicamente collocato l'operatore e poter scegliere che il servizio sia reso tramite operatore collocato in Italia o Paese membro dell'Unione europea e, a tal fine, a modificare l'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 al fine di:
    a) stabilire per l'utente la possibilità di scegliere l'operatore in Italia in via prioritaria;
    b) prevedere che l'impresa che eroga il servizio lo svolga attraverso il 50 per cento degli operatori impiegati in Italia e il 50 per cento degli operatori impiegati in Paesi dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per apportare modifiche alla direttiva del Ministero dello sviluppo economico 25 novembre 2015 che ha stabilito la «revoca dei contributi e benefici alle imprese che entro 3 anni dalla concessione dei suddetti delocalizzano in uno Stato extra Unione europea riducendo il personale di almeno il 50 per cento» in modo tale da prevedere che la revoca e la restituzione dei contributi concessi avvenga sia per delocalizzazioni in Paesi dell'Unione europea che in Paesi extra Unione europea, disponendo, altresì, l'ampliamento del termine previsto di 3 anni eccessivamente esiguo e sopprimendo la percentuale del 50 per cento di riduzione del personale per l'applicazione della revoca dei benefici alle imprese;
   ad assumere iniziative, anche normative, per prevedere che nel subentro dell'appalto sia previsto l'obbligo del mantenimento delle garanzie contrattuali, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento da parte dell'appaltatore subentrante;
   ad assumere iniziative per prevedere l'aumento della durata della «NASPI», nonché la rivalutazione dell'importo, in maniera tale da garantire l'80 per cento del netto dello stipendio percepito senza l'applicazione della cassa di solidarietà;
   ad assumere iniziative per garantire la riqualificazione professionale al fine di consentire, alle lavoratrici e lavoratori dipendenti delle imprese operanti nel settore dei call center, che le competenze acquisite possano essere effettivamente spendibili nel contesto lavorativo, anche attraverso apposite certificazioni e corsi per professioni emergenti con possibilità di scelta in relazione alle proprie qualità, preferenze e capacità;
   ad assumere le iniziative di competenza al fine di favorire la riapertura delle trattative con Almaviva allo scopo di garantire alle lavoratrici e lavoratori la riassunzione senza soluzione di continuità e le condizioni contrattuali precedenti al licenziamento in ordine alla mansione svolta, all'anzianità di servizio, al livello, all'orario e ad ogni altra specifica caratteristica legata al contratto, nonché il mantenimento dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori ante riforma.
(7-01172) «Placido, Ricciatti, Scotto, Airaudo, Martelli, Ferrara, Fassina, Duranti, Carlo Galli, Costantino, Kronbichler».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    l'azienda Poste Italiane è tuttora la più grande azienda di servizi del Paese, e lo è anche per la funzione sociale che ha e continua a ricoprire mantenendo un ruolo fondamentale nella infrastrutturazione dell'Italia;
    le decisioni politiche e di mercato che attengono a Poste riguardano, naturalmente, anche gli interessi diretti dei cittadini e la loro tutela;
    l'ulteriore dismissione che nei mesi scorsi era stata annunciata dal Governo (35 per cento delle azioni a Cassa depositi e prestiti e messa sul mercato del restante 30 per cento) poneva seri interrogativi rispetto a finalità da perseguire e conseguenze attese;
    è difficile intuire come ciò si potesse conciliare con la necessità di rilanciare l'azienda dentro il sistema-Paese;
    si avverte la necessità di trovare un punto di equilibrio tra la volontà di arginare il debito pubblico e l'assetto complessivo del sistema postale;
    si parla di posti di lavoro, di 500 miliardi di euro di risparmi dei cittadini, di coesione sociale e territoriale del Paese e si rileva che la collocazione in borsa del 2015 di Poste ha già comportato 157 milioni di euro in meno per le casse dello Stato in termini di mancato introito di dividendi;
    una ristrutturazione dell'azienda deve investire il tema più ampio della governance aziendale, della partecipazione dei lavoratori, del modello di organizzazione e l'ufficio postale deve essere pensato come presidio e interfaccia tra cittadini e pubblica amministrazione, nuova base per la digitalizzazione del Paese;
    il nuovo piano strategico 2015-2019 poneva obiettivi ambiziosi: investimenti nel digitale per miliardi di euro, ridefinizione del servizio universale e ben 8.000 assunzioni;
    oggi si rischia di assistere ad una progressiva perdita del carattere sociale del servizio e ad un sostanziale regresso, anche rispetto agli accordi del settembre 2015, con disservizi crescenti e messa in discussione della presenza capillare dell'azienda del territorio;
    negli ultimi mesi, si sta registrando il rapido deterioramento della qualità del servizio postale, del clima aziendale all'interno dei luoghi di lavoro, della fiducia della clientela e dell'opinione pubblica nell'azienda, della qualità delle relazioni industriali;
    i modelli di ri-organizzazione condivisi finora non hanno funzionato, con enormi giacenze di corrispondenza inesitata nei centri oggetto di riorganizzazione, diffusa demotivazione del personale, lamentele dei cittadini per i disservizi e spesso ricorsi al Tar per le inefficienze del sistema;
    le organizzazioni sindacali sono seriamente preoccupate per questa situazione e per la carenza di confronto in merito al progetto di riorganizzazione (logistica integrata e modello di recapito delle aree metropolitane), elementi che avrebbero dovuto rappresentare le aree di sviluppo del piano strategico 2020 nel settore postale,

impegna il Governo:

   a monitorare il piano industriale «Poste 2020» per una implementazione della logistica e dell'agenda digitale;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per sviluppare un più proficuo rapporto con gli enti locali;
   ad assumere iniziative per considerare strategico un modello di relazioni industriali anche innovative e a favorire la partecipazione dei lavoratori alla governance dell'azienda.
(7-01175) «Crivellari, Mognato».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la sindrome fibromialgica, o fibromialgia, è una malattia reumatica cronica caratterizzata da un aumento di tensione muscolare, dolori muscolari diffusi di cui si stima che, solo in Italia, ne siano affetti dai 3 ai 4 milioni di individui, dei quali la maggior parte sono donne;
    la fibromialgia risulta difficile da diagnosticare in quanto non provoca sintomi specifici, non è riscontrabile da alterazioni degli esami di laboratorio e non causa danni radiologicamente evidenziabili;
    il paziente affetto da fibromialgia non presenta caratteristiche tipiche di una persona malata, ha un aspetto sano e scopre di soffrire di fibromialgia solo in seguito al manifestarsi di fattori scatenanti;
    la persona che soffre di fibromialgia accusa facilmente dolori e stanchezza; rigidità muscolare, disturbi del sonno, sensibilità alle differenze di temperatura, difficoltà di concentrazione, disturbi intestinali, ma tutti questi sintomi non sono direttamente diagnosticabili come specifica patologia;
    per questo motivo la fibromialgia è stata definita «malattia invisibile» e le persone che ne soffrono hanno in comune una storia pluriennale di visite ed esami, così come di terapie che non ottengono alcun esito;
    per le caratteristiche con cui si presenta e per il fatto che tende a peggiorare nel tempo, senza che si possa effettuare una diagnosi precisa e che si possa trovare una cura, coloro che ne sono colpiti tendono a sviluppare reazioni ansiose o depressive, con conseguente complicazione del quadro complessivo in quanto si tende ad imputare i sintomi a fattori psicosomatici;
    in quanto la fibromialgia provoca dolore cronico, diventa patologia il fatto stesso di provocare dolore in quanto questo dolore perde il suo ruolo di sintomo ma diventa esso stesso malattia, peraltro invalidante; a livello europeo, si registrano importanti ricadute anche di natura economica in misura di mancate giornate lavorative;
    la fibromialgia è conosciuta sin dal 1800; agli inizi del ’900 fu considerata una malattia infiammatoria dei muscoli (fibrosite), ma alla fine degli anni ’40, in seguito all'esclusione della presenza del fenomeno infiammatorio, venne considerata una malattia su base psicologica;
    è solo negli anni ’70 che si approccerà questa malattia in modo diverso; nel corso degli anni ’90 furono messi a punto criteri diagnostici e la diagnosi della fibromialgia fu accettata a livello internazionale dopo l'adozione nel 1992 della dichiarazione di Copenhagen da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS);
    l'Organizzazione mondiale della sanità incluse la fibromialgia nella decima revisione dello International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, entrata in vigore il 1o gennaio 1993, con il codice ICD10.M-79-7 che rappresenta lo standard internazionale per la registrazione diagnostica medica negli ospedali;
    nel 2009 anche il Parlamento europeo ha riconosciuto la fibromialgia come malattia estremamente invalidante – si stima che ne soffrano circa 14 milioni di europei – e dal 2010 vengono adottati criteri unici in tutto il mondo per la diagnosi di questa malattia;
    in Italia la fibromialgia non è stata mai riconosciuta dal Governo e non esistono studi sistematici in materia; esistono alcuni dati che portano ad ipotizzare una incidenza nella popolazione italiana tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti;
    non esiste una cura specifica per questa malattia ma, essendo una malattia cronica, richiede trattamenti protratti nel tempo, di natura farmacologica e fisica e interventi di sostegno psicologico;
    il mancato riconoscimento della fibromialgia come malattia, costituisce una negazione del diritto delle persone fibromialgiche a una buona qualità della vita;
    una persona affetta da fibromialgia ha bisogno di cure permanenti e quindi di accedere costantemente a visite specialistiche che ad oggi sono a totale carico del singolo con conseguente ricaduta anche sulla qualità delle stesse che non sempre possono essere scelte sulla base del bisogno ma sulla base della condizione reddituale personale e familiare;
    in determinati casi di particolare gravità la presenza di dolori costanti e la loro intensità limitano fortemente l'abilità lavorativa dei fibromialgici;
    le associazioni costituite da malati di fibromialgia hanno calcolato che la malattia ha un costo per il malato che va dai 4.000 ai 7.000 euro l'anno per le spese sanitarie e dai 9.000 a quasi 16.000 per la perdita della capacità lavorativa;
    alcune regioni e le province autonome di Trento e Bolzano hanno già riconosciuto la natura di patologia della fibromialgia riconoscendo ai malati una parziale esenzione delle spese sanitarie collegate e la possibilità di maggiore rilevanza della diagnosi ai fini del riconoscimento dell'invalidità civile,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per riconoscere la fibromialgia come malattia reale e invalidante adottando specifici programmi interdisciplinari finalizzati alla sua diagnosi, che richiede numerosi esami clinici, in quanto si effettua escludendo la presenza di altre malattie, in particolare reumatologiche, che in alcuni casi possono anche coesistere, neurologiche, endocrine, infettive, oncologiche, in considerazione anche del fatto che una diagnosi precoce appare fondamentale;
   ad assumere iniziative per prevedere l'inserimento della fibromialgia fra le patologie invalidanti e limitanti, che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per le terapie necessarie, riconoscendo ai malati di fibromialgia gli stessi diritti di cui godono gli altri ammalati in generale in Italia, nonché le persone affette da fibromialgia negli altri Paesi europei;
   a considerare la fibromialgia quale malattia ad elevato impatto sociale oltre che sanitario e, di conseguenza, ad assumere iniziative per definire le necessarie misure in favore dei lavoratori e delle lavoratrici affette da questa malattia quando la sua gravità ne inficia in misura considerevole le abilità lavorative e l'autonomia quotidiana, come riconosciuto anche dalla Organizzazione mondiale della sanità, ai fini anche del riconoscimento della invalidità civile.
(7-01174) «Crimi, Laffranco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari regionali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale del Veneto ha approvato all'interno della legge n. 30 del 30 dicembre 2016 «Collegato alla legge di stabilità regionale 2017», l'articolo n. 112 «Modifica della legge regionale 27 novembre 1991, n. 29 “Disciplina dell'attività di estetista” e disposizioni relative all'attività di onicotecnico»;
   il provvedimento nella sostanza prevede, innanzitutto, l'abrogazione dell'esclusiva competenza in capo all'estetista di esercitare l'attività di onicotecnico. Inoltre, stabilisce che la giunta regionale debba disciplinare (senza fissare un termine di applicazione) i contenuti di un «corso di formazione relativo all'attività di onicotecnico». Infine, al comma 4 disciplina l'attività di onicotecnico prevedendo che questa possa intervenire nell'applicazione, ricostruzione e decorazione di unghie artificiali. Tali attività sono assoggettate ai requisiti igienico e sanitari previsti dalla regolamentazione vigente e dovranno essere inserite in un apposito elenco regionale;
   ciò premesso, con il provvedimento si ravvisa la regolamentazione da parte della regione Veneto di una nuova figura professionale, travalicando quindi i limiti di competenza in materia. Tale tesi è avvalorata anche da una comprovata giurisprudenza, che, in analoghi casi verificatisi in altre regioni italiane, ha visto il Governo impugnare tali atti, proprio in quanto non di competenza del livello legislativo regionale;
   la Corte costituzionale, infatti, ha costantemente affermato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle «professioni» deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale e che tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale;
   ne deriva quindi che le regioni non possono, in nessun caso, dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005);
   tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione, si configura quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla regione, connessi allo svolgimento della attività che la legge regionale regolamenta, e che questo già di per sé ha una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale (al pari delle sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del 2007 e n. 355 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento dell'attività cui l'elenco fa riferimento –:
   quali iniziative di competenza, in ragione degli elementi riportati in premessa, il Governo abbia intenzione di intraprendere, anche alla luce delle richiamate sentenze della Corte costituzionale che, di fatto, ha giudicato illegittime proposte di legge similari a quella veneta relative all'istituzione di una nuova figura professionale.
(2-01635) «Rostellato, Oliverio, Crimì, Rotta, Marco Di Maio, Donati, Tacconi, Impegno, Casellato, Iori, Crivellari, Zoggia, Moretto, Narduolo, Mucci, Sbrollini, Paola Boldrini, Camani, Mognato, Lavagno, Gnecchi, Galperti, Gandolfi, Zardini, Martella, D'Arienzo, Petrini, Fanucci, Parrini, Arlotti, Morani, Ermini, Lodolini, Patrizia Maestri, Bargero, D'Incecco».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   i biglietti aerei per la tratta dalla Sardegna a Roma, in base ai dati sul costo dell'ora volata contenuti nella proposta avanzata dalla regione Sardegna al Governo dovrebbero costare meno di 20 euro e invece si dovranno pagare il doppio;
   le compagnie, in base a quei dati, non dovrebbero avere nessuna compensazione e invece la regione vuole immotivatamente corrispondere alle stesse 50 milioni di euro all'anno;
   sulla continuità territoriale si sta consumando, secondo l'interpellante, una nuova operazione ai danni della Sardegna e dei Sardi;
   dagli allegati tecnici del capitolato d'appalto della «pseudo» nuova continuità territoriale emerge, ad avviso dell'interpellante, in tutta la sua gravità una vera e propria operazione ingannevole;
   la delibera approvata dalla giunta, trasmessa al Governo, ridefinisce i costi della continuità territoriale facendo emergere dati gravissimi che confermano in modo evidente, secondo l'interpellante, il rimaneggiamento dei costi della continuità territoriale;
   basti pensare che si arriva ad incrementare del 40 per cento l'utile d'impresa a favore delle compagnie aeree, rispetto a quanto previsto nella precedente continuità territoriale;
   con i costi dell'ora volata dichiarati nell'allegato tecnico predisposto dalla giunta emerge che il biglietto aereo da e per la Sardegna verso Roma, per esempio, dovrebbe costare tra i 16 e i 20 euro, a fronte di un prezzo definito nella nuova gara di 37 euro a tratta;
   nonostante siano stati costretti a prendere atto della denuncia dell'interpellante sui costi di dubbia legittimità della precedente gara si continua ad ipotizzare la corresponsione ingiustificata di 50 milioni di euro a favore delle compagnie e un costo dei biglietti doppio rispetto ai costi reali;
   i costi dell'ora volata passano da 2986 euro della precedente gara a 1710 euro, mentre i costi indiretti per ora volo passano da 2296 euro del 2011 a 1334 euro;
   questo significa che vi è stato un guadagno per l'interpellante indebito relativo alla precedente continuità territoriale e che persiste, anche in misura maggiore, un'operazione deleteria ai danni dei sardi e a favore dell'Alitalia;
   in particolar modo il calcolo del costo dell'ora volata lascia intravedere un guadagno doppio da parte delle compagnie aeree;
   da una parte si guadagna, con un costo doppio del biglietto rispetto a quanto risulta da un reale calcolo del prezzo e, dall'altra, si configura una compensazione di oltre 50 milioni di euro che costituisce la somma che la regione Sardegna pensa di riconoscere alla compagnia Alitalia;
   dal quadro tecnico emerge che la regione Sardegna, ha stabilito di portare l'utile d'impresa dal 4 per cento della precedente gara al 5,6 per cento;
   si tratta di un incremento che punta a far recuperare altro denaro alle compagnie aeree costrette a dichiarare costi decisamente più bassi e a escluderne altri dopo la denuncia dell'interpellante degli anni passati;
   appare evidente dagli atti la totale cancellazione della voce ammortamento dell'aeromobile così com'era previsto, invece, nella precedente continuità territoriale;
   nonostante questi elementi, però, attraverso quelle che appaiono all'interpellante discutibili manovre di palazzo, è stato mantenuto sostanzialmente inalterato il costo dei biglietti, senza eliminare quella che appare all'interpellante come una discriminazione palese e di dubbia legittimità dei «non residenti» che, per due mesi all'anno, verrebbe ancora perpetrata ai danni della Sardegna e dei sardi;
   è fin troppo evidente che continuare a considerare la continuità territoriale un'agevolazione è per l'interpellante una stoltezza politica e una discriminazione ai danni della Sardegna;
   chiunque capisce che la tariffa unica di continuità territoriale è funzionale ad un riequilibrio indispensabile per una regione insulare che deve essere obbligatoriamente messa a pari condizioni, 365 giorni all'anno, con tutte le altre regioni italiane ed europee;
   è doveroso trasmettere tutti gli atti alla Corte dei conti, non soltanto con riferimento a questa continuità territoriale appena deliberata, ma anche e soprattutto in relazione alla continuità in vigore, dove l'effetto pregiudizievole si è già abbondantemente consumato;
   è di tutta evidenza che la regione ha calcolato, nell'ambito della precedente continuità territoriale che ha visto all'epoca l'intervento del consulente Deiana in capo all'allora centro-destra, l'ammortamento degli aerei a carico dei sardi e della Sardegna;
   la denuncia di allora non ebbe conseguenze pur rilevando che, ad avviso dell'interpellante, sarebbe stata necessaria una maggiore diligenza degli organi di controllo;
   ora con la cancellazione dell'ammortamento degli aerei, emerge la gravità di quei costi contabilizzati a carico dei cittadini sardi –:
   se il Ministro interpellato non intenda assumere iniziative per pervenire a un riesame delle misure proposte prima della firma del relativo decreto ministeriale;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per individuare come obiettivo quello di una piena continuità territoriale per la Sardegna per tutto l'anno e a tariffe non superiori a quelle definite dal reale costo dell'ora volata;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per prevedere l'estensione a tutto l'anno dell'imposizione della tariffa unica, nello spirito della stessa legge con la quale venivano stanziati 30 milioni di euro proprio con quella finalità;
   se non ritenga, in base a tutti i dati sui costi reali del trasporto aereo per la tratta Cagliari-Roma, assumere iniziative di competenza per prevedere, nell'imposizione dell'onere del servizio pubblico, tariffe non superiori ai 20 euro.
(2-01636) «Pili».

Interrogazioni a risposta orale:


   BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Sicilia, nel corso del mese di gennaio 2017, è stata colpita da eccezionali e persistenti precipitazioni che hanno determinato non pochi danni alle infrastrutture e all'economia del territorio;
   l'area catanese così come l'ennese e il nisseno risultano particolarmente segnati dalle precipitazioni;
   notevoli sono stati i disagi per le popolazioni locali e la quantificazione dei danni risulta essere ancora in corso;
   comparti come l'agricoltura sono praticamente in ginocchio e il rischio è che si associ anche una ondata speculativa di prezzi che finirebbe per penalizzare ulteriormente un settore già pesantemente colpito nel corso degli ultimi anni –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere misure di sostegno in favore dei territori colpiti dal maltempo e a supportare le attività economiche e le comunità pesantemente danneggiate. (3-02755)


   CANI, PINNA, MARROCU, SCANU, PES, GIOVANNA SANNA, MURA e MARCO MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 438, della legge n. 232 del 2016 ha istituito un «Fondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali» i cui beneficiari, le finalità, i criteri e le modalità di riparto devono essere disciplinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previa intesa in sede di Conferenza unificata entro il 31 gennaio 2017;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'esame della commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni, agli articoli 4 e 5, esclude dalla ripartizione del Fondo in questione le province e le città metropolitane delle regioni a statuto speciale;
   la regione autonoma della Sardegna, con l'approvazione della legge regionale n. 2 del 4 febbraio 2016 «Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna», ha adeguato il proprio ordinamento interno a quanto previsto dalla legge n. 56 del 2014;
   la citata legge regionale di riordino ha ridotto il numero delle province, passando da otto enti di area vasta a quattro, e ha istituito la città metropolitana di Cagliari, e, inoltre, ha provveduto a riallocare le funzioni non fondamentali delle province alle unioni di comuni e, in parte, alla regione;
   il processo di riordino istituzionale degli enti locali della Sardegna ha evidenziato una precaria situazione finanziaria delle province, le quali, al pari di tutte le province d'Italia, hanno subito e subiscono una drastica riduzione delle proprie entrate a fronte di funzioni fondamentali che devono essere comunque garantite;
   anche gli enti locali della Sardegna stanno concorrendo al risanamento della finanza pubblica attraverso l'applicazione delle norme statali che, negli anni, hanno previsto, in particolare rilevanti tagli ai bilanci delle province;
   con la legge n. 190 del 2014 si è definito il concorso delle province, comprese quelle della regione Sardegna, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, imponendo una riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per il 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a «decorrere dall'anno 2017»;
   nel corso degli anni 2015 e 2016, per far fronte alle criticità finanziarie degli enti di area vasta, sono state previste misure straordinarie sia finanziarie che contabili, la cui applicazione era estesa anche in favore delle province sarde;
   ad esempio, è stata prevista la possibilità di approvare il solo bilancio annuale o ancora l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per il raggiungimento degli equilibri di bilancio;
   va richiamato il contenuto degli articoli 4 e 5 del sopracitato schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che, nelle modalità di ripartizione del contributo in favore di province e città metropolitane, riporta la tabella 1, allegata al decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 che indica l'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascuna provincia e città metropolitana ha conseguito per l'anno 2016, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014 n. 190;
   nell'elenco delle province di cui alla tabella 1 sono presenti anche le province della regione autonoma della Sardegna che, paradossalmente proprio per effetto della mancata partecipazione alla ripartizione di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbero le uniche in Italia chiamate a partecipare al contenimento della spesa pubblica senza alcun tipo di sostegno –:
   quali siano le ragioni del mancato inserimento delle province sarde e della città metropolitana di Cagliari nel riparto del Fondo di cui all'articolo 1, comma 438, della legge n. 232 del 2016 e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di correggere tale elemento che, a giudizio degli interroganti, si rivela discriminatorio e penalizzante ai danni del territorio sardo. (3-02756)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAPEZZONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   un evento meteorologico caratterizzato da intense nevicate e forti gelate ha colpito l'Italia nelle ultime settimane e in particolare la regione Abruzzo, balzata, purtroppo, agli onori della cronaca anche per la tragedia dell'hotel Rigopiano dove hanno perso la vita 29 persone;
   le intense nevicate hanno prodotto l'isolamento di molti paesi abruzzesi le cui popolazioni, per diversi giorni, sono rimaste isolate, senza acqua e senza luce;
   in diverse zone della regione la neve, caduta copiosamente anche nella notte tra il 15 e il 16 gennaio 2017, ha prodotto guasti che hanno interessato sia la rete di alta tensione gestita da Terna che la rete di media tensione gestita da Enel-distribuzione;
   la situazione di estremo disagio, con oltre un quarto della popolazione abruzzese (circa 300 mila persone) priva di energia elettrica, ha impedito, tra l'altro, a molti professionisti, nella giornata del 16 gennaio, di effettuare le trasmissioni degli adempimenti e dei pagamenti telematici in nome e per conto delle aziende loro clienti;
   il perdurare della situazione di emergenza e criticità, inoltre, non ha permesso ai contribuenti e ai loro intermediari di ottemperare ai loro impegni, anche finanziari, e conseguentemente di provvedere a versamenti e adempimenti tributari e contributivi;
   a fronte di questi eventi tragici sarebbe auspicabile riconoscere a queste popolazioni una situazione di «tregua» che si concretizzi attraverso una sospensione o un blocco di tutti i pagamenti verso erario, banche, Equitalia, Inps e Inail per le imprese e i professionisti residenti nelle zone interessate dai disagi causati in questi giorni dalla neve e dal successivo terremoto –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per venire incontro ad un importante fetta di popolazione abruzzese ridotta allo stremo dalle calamità del gennaio 2017 e che impiegherà molti anni per riuscire a ricostruire quello che la forza della natura ha in pochi giorni distrutto. (5-10433)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo di software libero o a codice sorgente aperto o software open source (d'ora in avanti « software libero») garantisce, a differenza del software proprietario, l'accesso al codice sorgente di un programma che è prerequisito per lo studio, l'apporto di modifiche, la libera condivisione e la riutilizzazione da parte di soggetti terzi senza vincoli, evitando fenomeni di lock-in tecnologico e di monopolio da parte dei fornitori;
   per software libero si intende quel software che garantisce all'utilizzatore le seguenti quattro libertà: libertà di eseguire il programma come si desidera, per qualsiasi scopo (libertà 0); libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità (libertà 1); libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2); libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti da voi apportati (e le vostre versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3);
   l'adozione di software libero può creare, oltre a eventuali risparmi per la pubblica amministrazione, anche una maggiore concorrenza tra i diversi operatori, offrendo la possibilità al soggetto pubblico di cambiare più facilmente fornitore, qualora necessario, dal momento che il codice sorgente si trova nella disponibilità di un qualunque fruitore;
   tra i principali vantaggi derivanti dall'adozione di software libero si annoverano: l'indipendenza da uno specifico fornitore, la possibilità di sviluppare o ampliare autonomamente parti del software; la possibilità di condividere nuove applicazioni eventualmente sviluppare, in proprio o tramite terzi, con altre amministrazioni, secondo il principio del riuso; il raggiungimento di una maggiore sicurezza, dovuta alla possibilità di controllare le operazioni svolte dal software; la certezza per chiunque ed in qualunque momento, anche futuro, la possibilità di accedere ai dati e di apportare miglioramenti o modifiche;
   in base all'articolo 68 del decreto legislativo n. 82 del 2005 – cosiddetto codice dell'amministrazione digitale (CAD) – e successive modificazioni, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad utilizzare prioritariamente software libero;
   in base al succitato articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l'impossibilità di accedere a soluzioni di software libero o già sviluppate all'interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante il ricorso a licenza d'uso;
   in data 6 dicembre 2013 l'Agenzia per l'Italia digitale ha adottato la circolare n. 63/2013 relativa alle linee guida per la predetta analisi comparativa;
   la risoluzione del Parlamento europeo del 29 ottobre 2015 sul seguito dato alla risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014 sulla sorveglianza elettronica di massa dei cittadini dell'Unione (2015/2635(RSP)) «chiede la sostituzione sistematica del software proprietario con un software open-source [software libero n.d.r.] controllabile e verificabile in tutte le istituzioni dell'Unione europea, l'introduzione di criteri di selezione “open-source” obbligatori in tutte le future procedure d'appalto relative alle TIC nonché la messa a disposizione efficiente di strumenti di crittografia» –:
   se il Governo sia in possesso di dati aggiornati relativi alle migrazioni dei dati delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio Italiano e all'eventuale mancato rispetto di quanto disposto dal codice dell'amministrazione digitale in materia di utilizzo di software libero, nonché se abbia pianificato una puntuale roadmap dei successivi passi da seguire per completare la migrazione delle pubbliche amministrazioni ancora in difetto. (5-10435)


   ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52 – convertito dalla legge 30 maggio 2014, n. 81 – fu disposta l'ultima proroga che prevedeva al 31 marzo 2015 la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari;
   in tali strutture risultavano detenute 906 persone;
   per dare piena efficacia alla norma di legge il 19 febbraio 2016 il Governo ha proceduto alla nomina di Franco Corleone quale commissario per l'attuazione del provvedimento di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari;
   ad oggi grazie al lavoro del commissario, delle regioni e delle associazioni che si occupano del problema sono stati chiusi 4 ospedali psichiatrici giudiziari: quelli di Castiglion dello Stiviere, Secondigliano, Reggio Emilia e Aversa;
   a seguito di quanto riportato l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglion delle Stiviere è stato trasformato in rems, mentre gli altri tre sono stati chiusi;
   eppure, nonostante il lavoro svolto, il 16 febbraio 2017, giorno della scadenza dell'incarico del commissario di Governo risultano ancora aperti gli ospedali psichiatrici giudiziari di Montelupo Fiorentino (Firenze) e di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) con 15 detenuti complessivi;
   per quanto riguarda l'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino la chiusura dovrebbe essere a giorni, mentre per quello di Barcellona Pozzo di Gotto la situazione risulta essere ancora poco chiara;
   si tratta di un ritardo assolutamente inaccettabile sul quale è necessario intervenire per dare piena applicazione alla legge –:
   quali siano le ragioni del ritardo per quanto concerne la chiusura dei citati ospedali psichiatrici giudiziari ed, in particolare, per quanto concerne la struttura di Barcellona Pozzo di Gotto e quali iniziative intendano assumere, anche con riferimento alla prossima scadenza del mandato del commissario di Governo, al fine di procedere in tempi rapidi ad un superamento dell'attuale condizione e alla definitiva chiusura di tali strutture come previsto per legge. (5-10438)


   GIULIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2017 il settimanale Espresso ha pubblicato sul proprio sito internet un'inchiesta relativa a fenomeni di cyber-bullismo e di violenza a sfondo sessuale sul web;
   l'inchiesta segnala diverse pagine Facebook in cui gli utenti postano foto di fidanzate, mogli, amiche, parenti o semplici conoscenti – all'insaputa di queste ultime – accompagnandole con commenti ed insulti a sfondo sessuale e sottoponendole alla pubblica umiliazione da parte degli altri utenti;
   come segnala la stessa inchiesta giornalistica, l'articolo 167 del codice della privacy prevede la reclusione da uno a sei mesi per chi pubblica foto senza consenso;
   nel provvedimento recante «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo», appena licenziato in terza lettura con modifiche dal Senato, si prevede che chiunque sia vittima di cyberbullismo, anche minore, possa chiedere al gestore del sito internet, del social media o del servizio di messaggistica di oscurare, rimuovere o bloccare i dati personali diffusi in rete;
   lo stesso provvedimento prevede l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un tavolo tecnico che dovrà predisporre un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del bullismo, e del « cyberbullismo», nel rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia, nonché a realizzare un sistema di raccolta dati per monitorare il fenomeno e la sua evoluzione, e che sarà integrato con il codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyber-bullismo;
   si tratta, dunque, di un provvedimento importante, la cui approvazione potrebbe fornire alcuni strumenti utili a colmare le lacune della nostra legislazione su un fenomeno divenuto ormai un rilevante problema sociale, anche grazie alla massiccia diffusione di dispositivi che consentono a tutti, in ogni momento, un facile accesso ad internet e ai social network, e che consentirebbe di combattere meglio la dinamica tipica della violenza in rete che per le sue peculiarità corre il rischio di produrre danni sempre più gravi, come confermano tutti recenti fatti di cronaca;
   al momento non risulta alcuna azione unilaterale da parte del social network, Facebook volta a cancellare le pagine e rimuovere i post sopradescritti –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di mettere in campo tutte le misure necessarie atte a stroncare sul nascere tale pericolosissimo fenomeno;
   se il Governo non ritenga di farsi promotore di un'azione che chieda ufficialmente a Facebook Inc. di rimuovere le pagine lesive della dignità e dei diritti fondamentali di donne, uomini e bambini. (5-10439)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOCATELLI e PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il «Sole 24 Ore», in data 27 gennaio 2017, ha riportato alcune dichiarazioni del responsabile della segreteria tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizio Pagani, il quale ha annunciato l'obiettivo di vendere sul mercato il 30 per cento delle azioni di Poste Italiane entro il primo semestre di quest'anno;
   tale intendimento è davvero preoccupante, anche perché, in passato, già è stata effettuata la privatizzazione di un consistente pacchetto azionario di circa il 35 per cento di Poste Italiane;
   di conseguenza, con l'operazione annunciata da Pagani, Poste Italiane diventerebbe una società a prevalenza privata, il che è veramente inopportuno per un'azienda che svolge importantissimi servizi pubblici;
   d'altra parte, Poste Italiane, nell'ambito di una riorganizzazione dei servizi, ha già inteso procedere ad una riduzione degli uffici postali e al recapito della corrispondenza a giorni alterni;
   tali determinazioni di Poste Italiane hanno pesanti ricadute sull'efficienza dei servizi postali per i cittadini;
   inoltre, la suddetta riorganizzazione dei servizi comporta notevoli riflessi negativi anche sugli aspetti occupazionali, perché è prevista una riduzione di 15 mila unità lavorative;
   l'ulteriore privatizzazione di Poste Italiane rischia obiettivamente, per ovvie intuibili ragioni, di aggravare tale situazione con pesanti danni per gli utenti;
   quindi, sarebbe auspicabile un ripensamento al riguardo, perché è senz'altro opportuno che Poste Italiane rimanga una società a prevalenza pubblica –:
   quali siano le intenzioni del Governo circa la paventata ulteriore privatizzazione di Poste Italiane e quali iniziative si intendano porre in essere per scongiurare le gravi conseguenze descritte in premessa, derivanti dalla richiamata riorganizzazione dei servizi da parte di Poste Italiane. (4-15419)


   GAROFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Stretto di Messina s.p.a. fu costituita nel 1981 in attuazione della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, per progettare, realizzare e gestire il collegamento stabile tra la Sicilia e il resto del Paese;
   la Stretto di Messina s.p.a., in liquidazione, è soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Anas s.p.a., che a partire dal 1o ottobre 2007 controlla la società con una partecipazione al capitale sociale dell'81,848 per cento;
   la vicenda concernente l'opera infrastrutturale del «Ponte dello Stretto» di Messina, come è noto, è stata per decenni oggetto di profonde e animate controversie e implicazioni, sull'effettiva esigenza della realizzazione, culminate nel novembre 2012 con il recesso del contratto firmato nel 2005, con la società Stretto di Messina S.p.a., general contractor Eurolink S.p.A., capeggiata da Impregilo, alla quale era stata affidata la progettazione definitiva ed esecutiva del Ponte, nonché la sua realizzazione;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013, firmato presidente pro tempore Monti, è stata deliberata la liquidazione della società «Stretto di Messina», ai sensi dell'articolo 34-decies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
   il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a tal fine, è stato nominato il dottor Vincenzo Fortunato, commissario liquidatore, entrato in carica il 14 maggio 2013, con l'incarico di definire, entro un anno, ogni adempimento connesso alle procedure previste dalla legge fallimentare;
   tali adempimenti, a quanto consta all'interrogante, non sembrano attualmente essersi conclusi, né tantomeno si ha conoscenza dello stato dell'arte delle operazioni definite dal medesimo commissario liquidatore, connesse ai criteri di liquidazione e alla definitiva fase di estinzione della società;
   nel febbraio 2015 era stato già stato evidenziato il tema in questione dall'interrogante con un atto di sindacato ispettivo, nel luglio l'interrogazione n. 4-08198, che risulta ancora in corso e di cui è stata sollecitata una risposta nel luglio 2015;
   dalla delibera 28 dicembre 2016, n. 17, «ridefinizione dei rapporti contrattuali della Società Stretto di Messina», della sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, si evince che l'onere annuo per il mantenimento in vita della società «Stretto di Messina», è rimasto sopra i due milioni di euro fino al 2015;
   per la Corte dei conti, tuttavia, i costi di gestione della società risultano «ancora rilevanti» e, pertanto, sarebbe opportuno «accelerare la chiusura della stessa»;
   la società continua a pagare stipendi agli organi sociali, fattore richiamato dai giudici contabili che esprimono la «necessità di ridimensionare i costi della società inclusi quelli degli, organi sociali»;
   la società ha anche aperto un contenzioso con le amministrazioni, chiedendo rilevanti somme a titolo di indennizzo, per un ammontare di circa 300 milioni di euro;
   il contenzioso va a sommarsi a quello aperto dai privati per la mancata realizzazione dell'opera, elemento che a parere della magistratura contabile «risulta contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell'agire amministrativo»;
   i giudici contabili ritengono poi «opportuno che gli azionisti della Stretto di Messina S.p.A. compiano una specifica valutazione circa i vantaggi conseguibili dal contenzioso attivo, a fronte di costi certi per la permanenza in vita della stessa Società»;
   sembrerebbe quindi all'interrogante che l'unica ragione di tenere viva la «Stretto di Messina» S.p.A. sia quella di proseguire il contenzioso con le amministrazioni statali, due entità – la società e gli enti pubblici – che per i giudici contabili «al contrario dovrebbero agire all'unisono nel superiore interesse del buon andamento amministrativo» –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per risolvere una condizione di evidente criticità, quale è quella descritta in premessa. (4-15432)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:


   PALAZZOTTO e MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 novembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 621, istituisce nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo con una dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per l'anno 2017, per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie;
   il fondo per l'Africa era stato ripetutamente annunciato come un deciso segnale di aumento delle risorse per la cooperazione pubblica allo sviluppo in modo da portare l'Italia al «terzo o quarto posto» nella classifica mondiale;
   contrariamente a quanto annunciato, quindi, i 200 milioni di euro non sono stati allocati alla cooperazione per lo sviluppo ma alla Direzione Generale per le politiche migratorie che si trova a dover gestire, per il solo 2017 e senza le necessarie competenze gestionali, una cifra sei volte superiore al normale stanziamento annuale;
   nel comunicato che annuncia la conferenza stampa di presentazione del «decreto fondo per l'Africa» per il 1o febbraio 2017 si legge: «Con questo decreto abbiamo dato il via ad alcune misure necessarie e strategiche per il rafforzamento della frontiera esterna e per il contrasto ai flussi di migranti irregolari. È un grande passo in avanti, decisivo nell'impegno del governo italiano per il raggiungimento degli obiettivi di stabilità e sicurezza, in Italia e in Europa»;
   da una prima bozza in circolazione in questi giorni si legge che le risorse verranno impiegate per la «formazione delle autorità di frontiera e di quelle giudiziarie africane, acquisto di strumentazioni per il controllo e la prevenzione dei flussi di migranti, aggiornamento e digitalizzazione dei registri di stato civile, rimpatri assistiti dai paesi di transito a quelli di origine, campagne informative sul rischio migratorio»;
   l'impianto è stato confermato durante la conferenza stampa del Ministro che ha dichiarato che il fondo nasce con l'obiettivo strategico di lavorare sulla frontiera esterna ed evitare le partenze;
   sarebbero previsti anche interventi di cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari, ma soltanto con Paesi che costituirebbero «l'argine» al flusso migratorio –:
   se non si intenda rivedere l'attuale ipotesi di gestione del fondo a favore della previsione originaria, ovvero assumere iniziative per incrementare le risorse per la cooperazione pubblica allo sviluppo, anche in ragione dell'impegno preso in previsione del G7 a Taormina e della partecipazione al Consiglio di sicurezza per il 2017 e al fine di ridurre la distanza con la media europea. (5-10442)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, NICOLETTI, ZAMPA, TIDEI e CHAOUKI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la gestione dei confini e delle migrazioni, la lotta al terrorismo, la sicurezza sul piano nazionale e internazionale sono questioni fondamentali per assicurare l'equilibrio presente e futuro dell'Europa, dei Paesi occidentali, della comunità internazionale;
   l'Amministrazione degli Stati Uniti, attraverso un executive order del Presidente, ovvero un atto avente forza di legge ed immediatamente esecutivo, ha disposto il divieto di ingresso negli USA per 120 giorni a cittadini provenienti da sette Paesi del Medio Oriente, siano essi viaggiatori, rifugiati, possessori di green card;
   hanno fatto il giro del mondo le immagini di caos negli aeroporti statunitensi, segno di improvvisata gestione delle dogane ma anche della grave incertezza del diritto generata dal nuovo provvedimento;
   a tale proposito rileva la sostituzione d'imperio di Sally Yates, Attorney General pro-tempore, per aver espresso dubbi sulla legalità e quindi sull'applicabilità dell’executive order;
   500.000 persone provenienti dai sette Paesi del Medio Oriente hanno ricevuto la green card negli ultimi dieci anni; questo significa che centinaia di migliaia di persone rischiano di vedere impedito il loro accesso negli USA;
   il Parlamento iracheno ha immediatamente varato misure di reciprocità nei confronti degli ingressi dei cittadini statunitensi;
   i procuratori generali di 16 Stati americani hanno emesso una dichiarazione congiunta con cui condannano come incostituzionale il bando del Presidente, auspicando che l'ordine esecutivo sia ritirato e impegnandosi nel frattempo a garantire che il minor numero possibile di persone risentano di questa situazione;
   il diritto degli Stati Uniti e numerose convenzioni internazionali tutelano il principio di non discriminazione e proibiscono i trasferimenti forzati e i rimpatri di persone che possono subire torture o persecuzioni nei loro Paesi di origine;
   è di tutta evidenza il carattere paradigmatico e di esemplarità che un provvedimento di questo tipo riveste di fronte all'opinione pubblica mondiale e la cifra securitaria e di manifesta ostilità che esso può introdurre nel presente e nel futuro delle relazioni internazionali;
   l'esperienza degli ultimi 15 anni dimostra che solo attraverso maggiore e più coordinata cooperazione internazionale si può contrastare efficacemente sia il terrorismo internazionale di stampo jihadista che la migrazione illegale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito, nella prospettiva di iniziative politiche e diplomatiche bilaterali ed europee finalizzate ad assicurare la cooperazione internazionale nel governo delle migrazioni e nel contrasto alla minaccia terroristica. (5-10443)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 26 ottobre 2016, l'allora Ministro Paolo Gentiloni, nel corso del question time n. 3-02584 in Assemblea a prima firma del primo firmatario del presente atto, relativo all'effettiva autorizzazione del transito e dell'esportazione di armamenti dall'Italia verso l'Arabia Saudita, aveva replicato che l'Arabia Saudita non è oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione restrizione internazionale nel settore delle vendite di armamenti e che: «Naturalmente, ove in sede Nazioni Unite o Unione europea fossero accertate eventuali violazioni, l'Italia si adeguerebbe immediatamente a prescrizioni o divieti»;
   l'Arabia Saudita è impegnata da troppo tempo in una campagna di bombardamenti in Yemen contro i civili che, secondo stime ONU, ha causato finora quasi 7 mila morti, oltre 35 mila feriti e almeno 3 milioni di sfollati; 
   secondo Amnesty International e Human Rights Watch, l'Arabia Saudita commette «gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani» all'estero e all'interno del Paese e sfrutta la propria posizione all'interno del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per ostacolare efficacemente la ricerca della giustizia per i possibili crimini di guerra nello Yemen;
   ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge 9 luglio 1990, n. 185, l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato, i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani;
   sono triplicate tutte le esportazioni di armamenti, passate da 2,9 miliardi di euro nel 2014 a oltre 8,2 miliardi di euro nel 2015; questa cifra comprende sia le esportazioni per programmi di cooperazione intergovernativa, armi esportate a Paesi dell'Unione europea o della NATO, sia le autorizzazioni all'esportazione di sistemi militari ad altri Paesi, che hanno raggiunto i 4,7 miliardi di euro, tra cui anche l'Arabia Saudita;
   durante l'audizione del 9 novembre 2016, presso il Comitato permanente sull'attuazione dell'Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile della Commissione affari esteri, il Vice Ministro pro tempore Mario Giro ha sostenuto: «la mia personale opinione è che non vanno vendute armi ai Paesi in guerra» –:
   come intenda sanare quello che agli interroganti appare un evidente contrasto tra la politica italiana di export di armi verso Paesi in guerra, o che commettono gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di civili, e la politica di finanziamento delle agenzie dell'ONU, come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), per crisi umanitarie causate anche dalla stessa vendita di armi italiane. (5-10444)

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è oramai da oltre un anno che il Venezuela ha sospeso i pagamenti delle pensioni a coloro i quali non risiedono nel proprio territorio; si calcola infatti che siano circa 12.000 i titolari di pensioni venezuelane residenti all'estero i quali non ricevono più la pensione venezuelana maturata in regime autonomo o in convenzione;
   nonostante l'accordo stipulato nel 2014 tra le autorità competenti venezuelane e quelle italiane per il pagamento delle pensioni venezuelane in Italia, anche ai titolari di pensione venezuelana residenti in Italia (per la maggior parte ex emigrati italiani in Venezuela che sono rientrati) è stato sospeso il pagamento della pensione;
   l'articolo 6 della Convenzione di sicurezza sociale tra il Venezuela e l'Italia, stipulata nel 1988 ed ancora in vigore, in relazione ai pagamenti all'estero recita che «Le prestazioni in denaro dovute da uno Stato contraente saranno corrisposte integralmente e senza alcuna limitazione ai titolari che risiedono nel territorio dell'altro Stato contraente o in uno Stato terzo»;
   la sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane in Italia costituisce una grave violazione da parte delle autorità competenti venezuelane della Convenzione bilaterale di sicurezza sociale e del diritto internazionale, e sta creando gravi disagi economici e sociali ai connazionali rientrati in Italia dopo una vita di lavoro e di sacrifici nel Paese sudamericano;
   la convenzione di sicurezza sociale tra Italia e Venezuela, all'articolo 24, dispone che le controversie saranno risolte dalle autorità competenti delle due parti e che le controversie saranno risolte dalle autorità competenti delle due parti e che le controversie che persistono saranno risolte per via diplomatica –:
   se il Governo sia al corrente della sospensione dei pagamenti delle pensioni venezuelane ai titolari di prestazioni residenti in Italia; quali urgenti iniziative intenda intraprendere o abbia già eventualmente avviato affinché le autorità venezuelane competenti per i pagamenti delle pensioni in Italia rispettino il dettame della Convenzione di sicurezza sociale stipulata tra i due Paesi e ripristinino al più presto quindi i pagamenti delle pensioni venezuelane in Italia; se il Governo non ritenga opportuno, in collaborazione con l'INPS ed in attesa di un riscontro da parte delle autorità venezuelane, di valutare l'opportunità di concedere ai titolari di pensione in convenzione con il Venezuela residenti in Italia che non percepiscono più il pro-rata venezuelano, un'eventuale integrazione al minimo sul pro-rata pensionistico italiano, o l'assegno sociale se ne ricorrono i presupposti, per consentire loro di percepire un reddito minimo di sopravvivenza. (4-15416)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   ZARATTI, QUARANTA e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della rottura di una conduttura dell'azienda petrolifera genovese Iplom, il 17 aprile 2016, 680 mila litri di petrolio greggio si riversavano nei rivi Pianego e Fegino;
   l'incidente si è verificato in un'area densamente popolata dove ci sono scuole che impegnano quotidianamente circa 500 ragazzi che, come gli abitanti della zona, da allora denunciano la presenza di greggio nei rivi contaminati;
   la bonifica non è ancora iniziata e da quanto si apprende dalla stampa i tempi sono ancora lunghi: non è infatti chiaro se la competenza sia degli enti locali o del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Riporta la redazione genovese de La Repubblica del 17 gennaio 2017: «Iplom in data 14 dicembre ha comunicato alla Regione, alla Città Metropolitana, al Comune di Genova, alla Prefettura, all'Arpal ed alla Asl di dover rendere conto a questi enti “solamente in riferimento alla matrice terreno del versante interessato alla rottura della tubazione”. Invece “ritiene che tutta la restante parte, oggetto del Piano di caratterizzazione già presentato, debba essere inquadrata esclusivamente nell'ambito del procedimento amministrativo presso il Mattm”»;
   nel medesimo articolo di giornale, Antonella Marras, portavoce del comitato locale di Borzoli, sottolinea il grave ritardo nei lavori di bonifica e come non sia chiaro quali parametri saranno seguiti per la bonifica in quanto «Arpal ritiene che le aree interessate all'inquinamento siano da considerare abitative e residenziali, quindi con limiti di idrocarburi inferiori a quelli che si possono tollerare nei siti industriali e commerciali. Iplom ha tarato il suo piano a questa seconda tipologia di aree, che hanno norme meno restrittive»;
   dopo oltre nove mesi dal disastro ambientale non si sa ancora quando inizierà la bonifica e in che termini verrà realizzata, dal momento che l'azienda che ha procurato lo sversamento di 680 mila litri di greggio, i cui vertici sono attualmente indagati dalla procura della Repubblica di Genova per incidente ambientale colposo, chiede di modificare l’iter procedurale e di seguire l'articolo 305 invece che articolo 242 del decreto legislativo 152 del codice dell'ambiente, rallentando di fatto la bonifica del territorio –:
   quali siano i motivi del ritardo nella bonifica delle aree, e se non ritenga urgente, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto del codice ambientale, assumere iniziative affinché vengano messe in atto le procedure volte alla bonifica e al ripristino di tutti i luoghi interessati, avviando un monitoraggio ambientale e sanitario a garanzia dei cittadini. (5-10451)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 14 luglio 2016 il Consiglio dei ministri pro tempore ha approvato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica relativo alla regolamentazione delle terre e delle rocce da scavo;
   su tale schema la Commissione ambiente della Camera aveva avanzato all'unanimità alcune osservazioni dopo un'ampia consultazione con gli operatori del settore, indicazioni che, stando alle dichiarazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al comunicato stampa della Presidenza del Consiglio, sono state in buona parte accolte; altre potrebbero ancora esserlo in quanto il decreto del Presidente della Repubblica relativo alle terre e rocce da scavo non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed in quanto il cambio di Governo ne impone una nuova approvazione da parte del Consiglio dei ministri, occasione per un possibile ulteriore recepimento delle osservazioni della Commissione;
   nel settore delle opere pubbliche e dell'edilizia privata dalla cui attività si producono terre e rocce da scavo c’è grande attesa per il decreto che semplificherà le procedure e agevolerà la conseguente realizzazione di opere di grande importanza per il Paese, ma c’è anche preoccupazione per l'irrituale ritardo relativo alla pubblicazione di un atto che porterebbe invece a superare l'attuale incertezza normativa –:
   se il Ministro interrogato possa fornire utili notizie circa gli intendimenti relativi al contenuto dell'atto e i tempi di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
(5-10452)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   solo dopo numerosi atti di sindacato ispettivo riguardanti scandali di corruzione e nomine sospette che hanno interessato la passata commissione VIA, il Ministro interrogato, il 7 maggio 2015, ha emanato un avviso pubblico per l'acquisizione di manifestazioni di interesse dei componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale;
   con decreto ministeriale 81 del 6 maggio 2016, il Ministro ha fissato i criteri di nomina, professionalità, requisiti e incompatibilità;
   una volta individuativi soggetti, i relativi atti sono stati trasmessi alla Corte dei conti per la verifica di legittimità;
   con deliberazione 3 agosto 2016, la Corte ricusava il visto e la registrazione degli atti;
   la Corte ha evidenziato la necessità di chiari criteri di selezione;
   tra i nominativi emergono nomi di rappresentanti politici – o loro congiunti – o di persone prive delle necessarie competenze specifiche, tra cui: Carlo Salatino, già assessore PD a Cosenza; Bruno Villella, già coordinatore provinciale Pd; Domenico Mariani, ex amministratore delegato Amgas Bari, fratello dell'allora consigliere comunale di Bari; Simone Vigni, PD, presidente della commissione assetto del territorio Siena; Antonio Scurria, geologo, presidente del consiglio comunale S. Agata Militello; Luciano Taranto, ex amministratore delegato di ATOME3, UDC, condannato per danno erariale; Barbara Barattolo, architetto; Stefano Bettarini, ingegnere; Antonio Gatto, architetto; Biagio Bisignani, ingegnere;
   il Ministro ha revocato l'avviso del 7 maggio 2015 alla luce dei rilievi della Corte;
   il 30 settembre 2016, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato un nuovo avviso pubblico per l'acquisizione di manifestazioni di interesse alla nomina dei componenti della commissione;
   a giudizio degli interroganti, l'avviso del 30 settembre 2016 non sanerebbe i rilievi evidenziati dalla Corte;
   in particolare, si rileva che l'avviso del 30 settembre 2016 rimanda l'indicazione di criteri e parametri di valutazione all'atto di insediamento della Commissione, ossia successivamente alla raccolta delle manifestazioni di interesse dei candidati. Tale procedura appare nuovamente in contrasto con i rilievi effettuati dalla Corte –:
   se il Ministro intenda spiegare i motivi del mancato recepimento dei rilievi della Corte dei conti, soprattutto in merito al rispetto dei princìpi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, all'inadeguatezza dei requisiti richiesti e alla palese lesione del principio della parità di genere e se intenda, attraverso la predisposizione di un ulteriore avviso sostitutivo del precedente, precisare criteri di selezione e punteggi, fornire l'indicazione di una procedura chiara e garantire la pubblicità dei curricula, avendo cura di chiarire nel dettaglio le procedure di selezione all'interno del Ministero e quali controlli siano stati fatti su dichiarazioni e curricula. (5-10453)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Cisma, tra Augusta e Melilli, in provincia di Siracusa, con una capienza di 550 mila metri cubi (e un ampliamento di 1.000 metri cubi), risulta essere tra le più grandi del Meridione. Nonostante le prescrizioni imposte dalla regione (dall'assessorato regionale territorio ambiente e dall'ufficio speciale aree ad elevato rischio di crisi ambientale – Aerca), confermate nella valutazione di impatto ambientale e nell'autorizzazione integrata ambientale, disponessero che «occorresse dare priorità di trattamento/smaltimento a quei rifiuti provenienti dal territorio dei comuni di Augusta, Floridia, Melilli, Priolo Gargallo, Siracusa e Solarino», in quanto l'area è considerata già «ad elevato rischio ambientale», sono stati smaltiti in tale discarica 9.142 tonnellate di rifiuti speciali costituiti da polverino ottenuto come residuo trattenuto dagli elettrofiltri utilizzati nella depurazione dei fumi dell'altoforno dell'acciaieria dell'Ilva di Taranto. Il polverino viene trasportato sui cassonetti dei tir come fosse sabbia e non in dei contenitori ermetici come predisposto in conferenza di servizi;
   la magistratura di Siracusa sta indagando in merito alla regolarità dello smaltimento dei rifiuti dell'Ilva e, da fonti di stampa, si apprende che nei confronti della società Cisma Ambiente spa, proprietaria della discarica «sussiste pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata»;
   il Ministro Galletti, rispondendo ad una interrogazione, affermava che «i rifiuti sono stati classificati e caratterizzati dal produttore[..], come rifiuti non pericolosi» e che «lo stesso commissario Ilva ha precisato che tale materiale è stato inviato altrove solo in questa fase transitoria, ove non vi è ancora possibilità di utilizzo o smaltimento quale rifiuto in situ Ilva di Taranto, essendo infatti previsto nella programmazione di Ilva che esso sia gestito in house una volta attuato il Piano di gestione dei rifiuti aziendale». In considerazione anche delle indagini della magistratura, risulta inammissibile, che un dicastero si possa affidare, per questione di vitale rilevanza ambientale, alla classificazione di rifiuto fornita dal produttore, invece di rivolgersi alle autorità di controllo competenti –:
   se il Ministro non ritenga di assumere le opportune iniziative di competenza volte ad appurare l'effettiva pericolosità dei rifiuti provenienti dall'Ilva, nonché la conformità alla normativa vigente dell'intera operazione, anche in relazione al supposto carattere temporaneo e transitorio, e, conseguentemente, a chiarire quando terminerà il trasferimento dei predetti rifiuti che doveva considerarsi «in via transitoria», visto che ad oggi il polverino non è stato rimosso e continuano ancora le spedizioni di questo materiale.
(5-10454)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la «direttiva Habitat» (n. 92/43/CEE), che ha lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo, include il lupo tra le specie animali di interesse comunitario che necessitano di misure di protezione;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, oltre a prevedere azioni mirate alla ricerca e al monitoraggio, ne vieta la cattura, l'uccisione, lo scambio e la commercializzazione;
   sembra che la specie selvatica sia tornata a popolare le nostre montagne, finendo per colpire greggi e mandrie. Per rispondere alle proteste degli allevatori, la Conferenza Stato-regioni, il 24 gennaio 2017, ha autorizzato il «Piano per la conservazione del lupo» che prevede fra l'altro un abbattimento controllato fino al 5 per cento degli esemplari presenti sul territorio nazionale come misura estrema in un contesto in cui già centinaia di lupi vengono brutalmente uccisi dal bracconaggio con il fucile, bocconi avvelenati o lacci di filo metallico;
   in particolare, il documento prevede 22 misure per favorire la convivenza fra lupi ed attività agricole. Si va dai recinti elettrificati a procedure più rapide per i rimborsi agli allevatori, nonché alla lotta agli incroci tra cani e lupi. Si concede alle regioni la possibilità di abbattere alcuni esemplari, assecondando le istanze di una parte del mondo agricolo e venatorio e mettendo in pericolo la conservazione della specie ed il contrasto al bracconaggio;
   i danni da predazione, da parte di lupi ed ibridi, sarebbero da riferire alla naturale presenza sul territorio della specie lupo, anche in ragione del fatto che quest'ultima è tornata a crescere spontaneamente per effetto delle misure di tutela e di buona gestione ambientale adottate in tutti gli Stati membri dell'Unione europea, come evidenziato dalla Commissione europea nel documento « Carnivore key actions for large populations in Europe» del gennaio 2015; inoltre, la Commissione europea stima in circa 800 esemplari la popolazione di lupi presente nel territorio italiano ed include la specie nella categoria VU (vulnerabile); secondo quanto rilevato nell'ambito del progetto « LIFE Medwolf» (LIFE11 NAT/IT/069), si indica, sulla base del registro ufficiale delle predazioni, in appena lo 0,3 per cento la percentuale del patrimonio zootecnico ovino colpito dalle predazioni nel 2014;
   secondo il presidente delle guide ambientali italiane, «diversi recenti studi internazionali, condotti in aree dove il lupo è cacciato, confermano che uccidere degli esemplari può comportare per i sopravvissuti, oltre alla destrutturazione del branco a cui appartengono, anche la perdita della capacità di predare in gruppo la fauna selvatica, specie il cinghiale, con conseguente rischio di aumento degli attacchi alla fauna domestica»;
   per il Wwf, il Piano lupo «indica una soluzione che, non solo è estremamente pericolosa per una specie che viene già colpita duramente ogni anno da bracconaggio e uccisioni accidentali, ma è del tutto inefficace e improduttiva per allevatori e pastori» –:
   se i Ministri interrogati intendano chiarire le valutazioni che sono state effettuate con riguardo all'abbattimento controllato dei lupi che, per l'interrogante, costituisce una minaccia per la salute dell'ambiente naturale, in particolare per il conseguimento degli obiettivi della direttiva «Habitat» e del primo obiettivo della strategia dell'Unione europea per la biodiversità;
   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere al fine di garantire la tutela dei lupi prevista dalla «direttiva Habitat» e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, e di impedire azioni di bracconaggio ai loro danni;
   se si intendano assumere iniziative per prevedere una moratoria per il divieto di ogni tipo di attività venatoria;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza, che incrementino e migliorino l'attività di comunicazione sul lupo per informare l'opinione pubblica e in particolare le comunità rurali al fine di ridurre la circolazione dei tanti luoghi comuni e falsità sulla specie. (5-10436)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con direttiva 2008/50/CE del 21 maggio 2008 relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, sono stati stabiliti i valori limite per la qualità dell'aria;
   con decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, «Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa», è stato istituito un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente;
   con deliberazione del consiglio regionale del Lazio n. 66 del 10/12 2009 è stato approvato il piano di risanamento della qualità dell'aria della regione Lazio, in attuazione degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 351 del 1999, pubblicato sul S.O. n. 60 al Bollettino ufficiale della Regione n. 11 del 20 marzo 2010, che all'articolo 12 delle NTA stabilisce che le disposizioni contenute nella sezione IV (PROVVEDIMENTI PER IL RISANAMENTO DELLA QUALITÀ DELL'ARIA) si applicano nei territori dei comuni che ricadono nella zona A (classe 1) e B (classe 2) di cui all'articolo 3 del piano;
   con deliberazione della giunta regionale del Lazio n. 536 del 15 settembre 2014 è stata approvata la nuova classificazione del territorio regionale, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 155 del 2010, in base ai risultati degli studi modellistici ed ai monitoraggi eseguiti dall'Arpa Lazio sulla qualità dell'aria nell'ultimo quinquennio 2011-2015, dalla quale risulta che dei 321 comuni del Lazio, ben 91 ricadono in classe 1 (ex zona A del PRQA), cioè nella classe con più elevato grado d'inquinamento atmosferico determinato dai superamenti dei limiti di legge degli inquinanti, che si ricorda essere limiti sanitari;
   con nota circolare n. 635050 del 20 dicembre 2016 la regione Lazio ha raccomandato ai comuni del Lazio maggiormente inquinati di predisporre un piano di intervento operativo (PIO) comunale, con le modalità di una progressiva attuazione dei provvedimenti da adottare in relazione al persistere o all'aggravarsi delle condizioni d'inquinamento e di prendere visione delle prescrizioni per la predisposizione e l'attuazione del piano e delle misure emergenziali da adottare –:
   di quali elementi disponga il Governo circa le misure per il mantenimento ed il risanamento della qualità dell'aria adottate negli ultimi 5 anni nella regione Lazio, stante il superamento dei limiti di più inquinanti in molte realtà comunali, e se non ritenga urgente assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di ridurre il rischio di superamento dei valori limite, anche al fine di evitare procedure d'infrazione in ambito europeo al nostro Paese. (4-15431)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di gennaio 2017 la SLC CGIL e la Fondazione Di Vittorio, in collaborazione con altre associazioni artistiche e musicali, hanno promosso una ricerca sul lavoro nel settore dello spettacolo attraverso un questionario rivolto agli artisti professionisti, che si può compilare entro il 15 febbraio 2017 alla pagina https://vitadartisti.it;
   l'indagine è condotta tramite un questionario distribuito on-line, attraverso il quale sono indagati i principali aspetti che caratterizzano la vita di chi lavora nello spettacolo dal vivo: i ritmi e le condizioni di lavoro, le difficoltà incontrate nel fare questa professione, gli aspetti economici, gli obiettivi di cambiamento e di miglioramento che i lavoratori chiedono alle istituzioni e al sindacato. I risultati saranno diffusi nel 2017 e messi a disposizione di tutti, per favorire una discussione pubblica sulle condizioni di lavoro nello spettacolo dal vivo e sugli interventi necessari per migliorarle;
   la SLC CGIL, pur accogliendo positivamente un incremento del FUS (fondo unico per lo spettacolo) di 5.882.237,87 euro – nonostante inizialmente si fosse parlato di 12 milioni di euro – denuncia da tempo le condizioni precarie dei lavoratori dello spettacolo dal vivo;
   in una dichiarazione la segretaria nazionale di SLC CGIL ha parlato di lavoratori del settore «che per la maggior parte non hanno tutele, artisti che non hanno un riconoscimento della professione e della atipicità della prestazione. L'Europa dieci anni fa ha chiesto ai paesi membri di dotarsi di uno Statuto degli Artisti, per garantire a questi lavoratori diritti e tutele. L'Italia non lo ha mai fatto. Il risultato è che gli artisti in questo Paese non vengono considerati professionisti, anzi è normale che si chieda loro di lavorare gratis. Svilimento di una professione che necessita anni di formazione»;
   è necessario colmare efficacemente il vuoto legislativo, dando diritti e tutele a chi non ne ha e dignità a tutti i lavoratori che producono cultura immateriale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga utile assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per affrontare la situazione dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, prendendo in considerazione anche i dati risultanti dall'indagine promossa da SCG CGIL;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, in tempi brevi, affinché anche l'Italia, come il resto d'Europa, possa dotarsi di uno statuto degli artisti per la tutela e i diritti dei lavoratori dello spettacolo dal vivo. (4-15430)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la procura militare di Roma ha notificato un avviso di chiusura delle indagini a sei ufficiali dell'Esercito italiano in relazione a una presunta truffa nella fornitura di veicoli blindati al contingente italiano di stanza in Afghanistan;
   secondo l'Ansa del 28 novembre 2016 «le indagini coordinate dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis e dal sostituto Antonella Masala hanno portato alla luce un presunto giro truffaldino messo in atto da alcuni ufficiali che, con i loro comportamenti, non avrebbero esitato ad esporre a rischio i loro colleghi. In particolare, i sei ufficiali avrebbero taciuto il dato della difformità del livello di blindatura di tre veicoli commerciali destinati al generale Italian Senior Officer, cioè l'ufficiale italiano più alto in grado in Afghanistan, rispetto alle caratteristiche pattuite nel contratto di noleggio con una ditta afghana. (...) I fatti risalgono al maggio del 2010, quando gli uffici amministrativi del contingente italiano contestarono formalmente alla ditta di noleggio afghana il carente livello di blindatura dei tre mezzi. Nonostante ciò, qualche tempo dopo dagli stessi uffici arrivò il via libera al pagamento delle fatture per il noleggio delle tre vetture: quasi centomila euro per cinque mesi, dal 1o marzo al 31 luglio 2010. Così facendo gli indagati avrebbero procurato alla ditta afgana l'ingiusto profitto di 35.000 euro, pari al maggior canone pagato per il noleggio di tre veicoli meno blindati del pattuito, provocando un danno corrispondente all'amministrazione militare»;
   le indagini sono partite dalla morte, classificata come suicidio, avvenuta a Kabul il 25 luglio 2010, del capitano Marco Callegaro e le evidenze emerse lasciano intravedere un sistema di corruttela assai deprecabile in un contesto quale quello del teatro afghano;
   la moglie Beatrice Ciaramella e il padre Marino Callegaro hanno sempre contestato la versione del suicidio dell'ufficiale italiano;
   i comportamenti venuti alla luce, al di là dell'eventuale truffa militare per cui si sta procedendo, potrebbero aver gravemente compromesso la sicurezza del contingente militare italiano in Afghanistan, dei suoi massimi responsabili e delle personalità militari e civili italiane e straniere che si recavano nel teatro afghano per ragioni istituzionali;
   la magistratura ha sequestrato 28 veicoli blindati oggetto dell'inchiesta;
   non risulta agli interroganti che il Ministro abbia sospeso dal servizio i militari indagati, avviato una indagine interna e annunciato la costituzione di parte civile nel procedimento in corso –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere a seguito dell'inchiesta e del sequestro dei veicoli blindati. (5-10445)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   LAFFRANCO e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a decorrere dal 1o gennaio 2017, con il decreto-legge n. 193 del 2016 (convertito dalle legge n. 225 del 2016) la società del gruppo Equitalia (eccezion fatta per Equitalia Giustizia) confluirà nell'Agenzia delle entrate – riscossione, ente pubblico economico;
   dal punto di vista della politica nei rapporti col contribuente, il cambiamento più rilevante resta la possibilità da parte della nuova Agenzia delle entrate – riscossione di accedere alla banca dati telematica per verificare il possesso, da parte dei contribuenti, di redditi o beni da sottoporre a pignoramento;
   dal punto di vista formale, la situazione è molto critica: se per le società per azioni l'assunzione del personale dipendente non è subordinato a regole specifiche, nel settore pubblico, la Costituzione subordina qualsiasi reclutamento a un bando di concorso pubblico;
   nel decreto fiscale approvato dal Governo si prevede che il personale del gruppo Equitalia: «in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica maturata alla data del trasferimento, è trasferito all'ente pubblico economico, previo superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle competenze, in coerenza con i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità»;
   ad oggi, la mancanza di informazioni su questo passaggio è totale: dipendenti, contribuenti, parti sociali e sindacati non hanno alcuna garanzia di trasparenza al riguardo, nemmeno sul fatto che tutte avvenga alla data prestabilita (1o luglio 2017);
   infine l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 193 del 2016 disciplina il cosiddetto «Fondo esattoriale» prevedendo che: con decreto ministeriale sono individuate le modalità di utilizzazione, a decorrere dal 1o luglio 2017, delle risorse del fondo di previdenza di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 377;
   in merito al fondo non vi sono notizie circa le modalità di utilizzo e le sue finalità, nonostante i sindacati abbiano dato piena disponibilità per confrontarsi sul fondo e sul suo utilizzo –:
   se siano in previsione iniziative di rinvio dell'entrata in vigore fissata al 1o luglio 2017 di tutte le disposizioni sopracitate e se disponga di notizie più precise in relazione alle risorse del fondo di previdenza di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 377, alla sua modalità di utilizzo o alle finalità previste. (5-10446)


   GEBHARD, CIRACÌ, ALTIERI, CAPEZZONE, DISTASO, MARTI, CHIARELLI, LATRONICO, PALESE e FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225 del 2016, prevede la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione nel periodo 2000-2016;
   con l'adesione, al contribuente viene concesso di pagare, in massimo tre rate nel 2017 e due rate nel 2018, solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Sono escluse sanzioni, interessi di mora e sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali;
   per usufruire della definizione agevolata, il debitore presenta apposita dichiarazione entro il 31 marzo 2017;
   mentre i contribuenti hanno potuto aderire alla definizione agevolata fin dal 6 novembre 2016 e potranno farlo fino al 31 marzo 2017, l'agente dalla riscossione avrà tempo fino al 31 maggio 2017 per comunicare l'ammontare complessivo delle somme dovute, quello delle singole rate e giorno e mese di scadenza di ciascuna di esse, indipendentemente dalla data di presentazione della dichiarazione;
   durante l'esame parlamentare è stato tentato, vanamente, attraverso proposte emendative, di introdurre un termine perentorio di risposta da parte dell'agente della riscossione, parametrandolo alla data di presentazione di ogni singola dichiarazione, al fine di evitare che chi, fin dal mese di novembre, ha manifestato la volontà di saldare i propri debiti con l'erario possa ricevere risposta nella stessa data di chi ha atteso l'ultimo giorno utile;
   a seguito del processo di riorganizzazione che sta subendo Equitalia per effetto dello stesso decreto-legge n. 193 del 2016, è giunta notizia che diversi contribuenti sono stati informalmente avvisati dall'agente della riscossione di riferimento che i tempi di risposta non saranno brevi –:
   se non ritenga opportuno intervenire – assumendo iniziative nei confronti dell'agente nazionale di riscossione o promuovendo uno specifico strumento normativo – per ridurre al minimo i tempi fra l'invio della citata dichiarazione e la risposta e per precisare che le scadenze di cui al comma 3, lettere a) e b), dell'articolo 6 siano da intendersi, fatto salvo quanto stabilito al comma 1, secondo periodo, come termini massimi, lasciando facoltà all'agente della riscossione e al debitore di accordarsi diversamente, anche per poter consentire ai contribuenti, in particolare quelli che hanno deciso di ridurre al minimo la rateizzazione, di saldare celermente i propri debiti con il fisco liberando da eventuali procedure i propri beni, mobili o immobili. (5-10447)


   PELILLO, ZAN, LODOLINI, FRAGOMELI e PETRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 1o dicembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre 2016, sono individuati i termini e le modalità per la trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai rimborsi delle spese universitarie e dei dati relativi alle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali ai fini della elaborazione della dichiarazione precompilata;
   l'articolo 2 del citato decreto introduce l'obbligo per gli amministratori di condominio di trasmettere per via telematica all'Agenzia delle entrate, entro il 28 febbraio di ciascun anno, i dati relativi alle spese sostenute nell'anno precedente per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, nonché per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all'arredo delle parti comuni dell'immobile oggetto di ristrutturazione;
   nella comunicazione devono altresì essere indicate le quote di spesa imputate ai singoli condomini, in modo da poter attribuire correttamente al singolo contribuente la detrazione Irpef ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi da parte dell'Agenzia delle entrate;
   l'articolo 3 del suddetto decreto rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate le modalità tecniche per la trasmissione telematica delle comunicazioni, che al momento non risulta emanato;
   alcune associazioni ampiamente rappresentative dei professionisti del comparto esprimono perplessità in merito alle bozze della dichiarazione in circolazione, a causa delle incongruenze che potrebbero sorgere in fase di compilazione;
   emergono, nella fattispecie, criticità relative alla corretta imputazione delle quote, laddove la legge di stabilità 2016 stabilisce che il beneficiario delle agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie può non corrispondere al proprietario dell'immobile o al titolare di diritti reali sullo stesso ma appartenere invece ad altra tipologia di soggetti come l'inquilino, l'usufruttuario o il convivente, i cui riferimenti fiscali possono non essere nella disponibilità degli amministratori di condominio, derivandone un consistente aggravio dei tempi per le attività di verifica e reperimento dei dati –:
   quali siano i tempi per l'emanazione del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate volto a definire le modalità tecniche per la trasmissione telematica delle comunicazioni dei dati relativi alle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, auspicando una soluzione anche per le sopra citate criticità. (5-10448)


   RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2016 sono entrate in vigore le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139, recante i nuovi principi di redazione dei bilanci d'esercizio, dei bilanci consolidati e delle relative relazioni;
   l'applicazione delle nuove regole presenta complessità rispetto alle quali anche le imprese più grandi e strutturate stanno incontrando difficoltà ed incertezze;
   il loro compiuto recepimento, infatti, richiede non solo l'adeguamento delle norme contabili, ma anche la revisione degli stessi processi aziendali e di business;
   sarebbe auspicabile una proroga del termine di adeguamento al fine di consentire alla prassi e alla dottrina di affinare meglio gli aspetti applicativi dei nuovi principi, nonché di comprendere i risvolti anche tributari che essi avranno in tema di fiscalità di impresa;
   una proroga del termine di adeguamento iniziale consentirebbe effettivamente alle imprese obbligate alla redazione del bilancio di esercizio un'applicazione più consapevole dei nuovi principi, stante il fatto che l'approvazione dei primi bilanci interessati dalla riforma – quelli relativi agli esercizi aventi inizio a partire dal 1o gennaio 2016 – avverrebbe con decorrenza dai primi mesi del 2017 –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per prorogare il termine di adeguamento ai nuovi principi contabili internazionali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139.
(5-10449)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha significativamente modificato il regime impositivo delle imposte immobiliari (IMU e TASI), avendo esonerato dalla tasi le abitazioni principali, comprese quelle degli inquilini, ad eccezione però di quelle appartenenti alle categorie di lusso (A/1, A/8 e A/9) che continueranno ad esserne assoggettate;
   i suddetti cambiamenti, in primis l'esonero dell'abitazione principale e delle fattispecie ad essa assimilate già previsto per l'IMU ed esteso alla TASI, hanno pertanto fortemente ridimensionato le differenze fino ad allora vigenti tra le due imposte;
   solo con riferimento al possesso degli immobili, quindi senza considerare l'imposizione sul loro eventuale trasferimento e quella sui redditi prodotti dagli stessi, con l'abolizione dell'imposta sull'abitazione principale da parte del Governo Berlusconi, nel 2008 il gettito dell'allora ICI è stato pari a 11 miliardi di euro, ed è rimasto tale fino al 2011; nel 2012, con l'aumento delle rendite catastali, la reintroduzione dell'imposta sulla prima casa e l'aumento delle aliquote deliberate dal Governo Monti, il gettito dell'IMU è stato pari a 22,6 miliardi di euro; nel 2013, dall'abolizione della stessa dall'abitazione principale il gettito atteso avrebbe dovuto attestarsi intorno a 20 miliardi di euro, tuttavia, nel medesimo periodo, i comuni hanno esercitato al massimo la propria autonomia impositiva sulle seconde case, facendo impennare il gettito complessivo dell'Imu intorno a 24 miliardi di euro; l'anno dopo, con l'introduzione di TASI e TARI, i margini dei comuni sono stati ulteriormente ampliati, e nel 2014 il gettito ha superato i 30 miliardi di euro, livello a cui si è attestato anche nel 2015, con un aumento, rispetto al Governo Berlusconi, di ben 20 miliardi di euro, tutti gravanti sugli italiani;
   con riferimento al regime impositivo dell'imu sulle seconde case, quali siano i valori rapportati per provincia: del livello di aliquota media; della rendita catastale media; del rapporto seconde abitazioni-numero di abitanti; del mancato versamento. (5-10450)

Interrogazione a risposta scritta:


   GNECCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   anche nella provincia di Bolzano con i fondi stanziati dall'articolo 16 della legge 24 aprile 1980, n.146, sono stati acquistati nel 1984 alloggi dall'allora Ministero delle finanze, destinati a soddisfare le necessità abitative dei dipendenti dell'amministrazione doganale;
   negli anni successivi verificata la carenza di immediate esigenze del personale, della Dogana, gli alloggi furono altresì dati in concessione anche al personale della Guardia di finanza, carabinieri e polizia;
   con la legge n. 488 del 1999 articolo 14, comma 14 — fu disposto che le pubbliche amministrazioni attivassero entro il 31 dicembre 2000, un programma di dismissione del proprio patrimonio immobiliare ad uso abitativo, secondo le modalità stabilite dall'articolo 3 comma 109, della legge 23 dicembre 1996 n. 662;
   allo stato attuale, delle 90 unità abitative presenti sul territorio della provincia di Bolzano, ben 31 risultano sfitte e la scarsità di interventi manutentori da parte dell'Agenzia del demanio, rischia di portare il predetto patrimonio immobiliare al totale deterioramento;
   va rilevato che gli alloggi destinati alle esigenze del personale della Dogana siti in altre realtà territoriali di confine sono stati dismessi e acquistati dai concessionari, già alla fine degli anni ‘90, mentre in provincia di Bolzano la procedura di dismissione ha subito un inspiegabile arresto, nonostante il completamento del relativo piano di vendita – previsto dalla legge n.488 del 1989 — e il parere favorevole da parte dell'allora dipartimento delle dogane per l'inserimento degli alloggi in argomento nel predetto piano di alienazione;
   gli ex dipendenti delle Dogane, ora pensionati e tuttora concessionari di un alloggio, rassicurati dalle plurime comunicazioni delle amministrazioni interessate a procedere con il piano di dismissione, volontà confermata agli interessati anche per iscritto, in attesa che si concretizzassero le procedure di vendita, non hanno ricercato altra sistemazione abitativa sul libero mercato, ma oggi si ritrovano a rischio di subire uno sfratto. Va precisato comunque che l'onere di concessione applicato attualmente ai predetti alloggi, varia dai 500 ai 750 euro mensili –:
   come il Ministro interrogato ritenga di intervenire per rimuovere i motivi ostativi che non hanno consentito a tutt'oggi di procedere all'attivazione del piano di vendita degli alloggi siti in provincia di Bolzano, così come previsto dalla legge n. 488 del 1989. (4-15414)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   LAFORGIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 gennaio 2017 è stato pubblicato il provvedimento avente per oggetto: «Domanda per svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento presso gli stessi uffici giudiziari»;
   il provvedimento fa riferimento:
    all'articolo 50, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
    all'articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, relativo a un ulteriore periodo di perfezionamento della durata di dodici mesi;
    all'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;
   le risorse destinate, con la legge di stabilità per l'anno 2017, per tale finalità ammontano a 5.807.509 euro;
   è specificato nel provvedimento a firma della direzione generale del personale e della formazione del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi che «la proroga permetterà la definizione dei progetti già avviati dagli uffici nell'ambito dell'ufficio per il processo con la partecipazione dei predetti tirocinanti»;
   i lavoratori individuati dal provvedimento non sono tutti gli ex tirocinanti degli uffici giudiziari, ma solo quelli che hanno partecipato al bando di novembre 2015 per 1.502 posti con il quale, dopo anni di stage-precariato, solo 1.231 avevano avuto l'assegnazione del posto;
   di questi avevano siglato il progetto formativo in 1.115;
   questi tirocinanti prestano servizio presso gli uffici giudiziari ormai da sette anni;
   anche questa volta gli stagisti, che hanno svolto l'ultimo periodo di perfezionamento, facendo domanda, percepiranno per un altro anno circa 400 euro al mese;
   il sottosegretario alla giustizia pro tempore Cosimo Maria Ferri già nel 2015, in un'intervista rilasciata al sito «Repubblica degli Stagisti» aveva dichiarato di non ritenere che si potesse «pensare a una stabilizzazione, nemmeno giuridicamente» –:
   se il Ministro non ritenga di individuare differenti modalità per inserire in organico questi soggetti che svolgono un ruolo importante nelle piante organiche dei tribunali;
   come si intenda evitare una contraddizione in relazione alle proroghe di quelli che, de facto, sono tirocini che hanno una durata diversa da quella prescritta per legge. (3-02754)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VILLAROSA, PESCO, CANCELLERI, DI BENEDETTO, NUTI, DI VITA, LUPO, GRILLO e D'UVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto penitenziario di Enna si trova nella zona centrale della città ed è stato edificato nel 1930 con una capienza regolamentare di circa 160 posti ed un numero di detenuti presenti al 26 gennaio 2016 pari a 150 unità, come si può evincere dalla relativa scheda del Ministero;
   in un articolo del 23 febbraio 2012 si può riscontrare come già 5 anni fa la casa circondariale di Enna presentasse situazioni di degrado interno per via delle troppe infiltrazioni d'acqua. Come riportato in un articolo del giornale online vivienna.it: «Sono bastate 48 ore di pioggia per mettere in ginocchio il carcere, la caserma Agenti, gli uffici della Direzione Amministrativa, Chiesa, celle e corridoi, che sono stati invasi dall'acqua con relativi corticircuito elettrici. A denunziare questa incresciosa situazione il Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria. È stato necessario sfollare una stanza occupata da «dodici» detenuti ed alloggiare gli stessi in celle oltre la capienza sancita per legge. La situazione è veramente allarmante»;
   l'articolo continua successivamente riferendo che «La struttura presenta evidenti segni di deterioramento, pareti e soffitti sono scrostati e pieni di muffa, l'umidità è costantemente presente, in più parti l'intonaco è crollato, cornicioni crollati. La pioggia ha causato un forte cortocircuito e si teme per l'incolumità di tutti soprattutto per il poliziotto che opera stretto contatto con le apparecchiature elettroniche»;
   il 22 gennaio 2017 la città di Enna è stata colpita da un'intensa pioggia che ha grossi danni in tutta la città;
   in una lettera del 22 gennaio 2017 del sindacato S.A.P.P.E. (sindacato autonomo polizia penitenziaria), diretta anche al provveditorato competente, viene denunciata una «palese inondazione a seguito della caduta di acqua piovana nei locali adibiti a caserma agenti»; all'interno della lettera viene descritta una situazione allarmante al punto tale che, come si evince leggendola, per accedere nelle varie stanze gli agenti necessitano delle calzature adatte –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative intenda adottare per la messa in sicurezza della casa circondariale, affinché vengano garantiti gli standard minimi di sicurezza previsti per legge per i detenuti e per gli agenti di polizia penitenziaria che lavorano all'interno dell'istituto. (4-15413)


   COVA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 376 del 2000 per il contrasto al fenomeno del doping prevede l'azione penale nei confronti di chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze;
   presso il tribunale di Bolzano si sta svolgendo il processo riferito al caso di «doping di Alex Schwazer» dopo la positività riscontrata all'atleta poco prima delle Olimpiadi di Londra 2012 e alla successiva positività al doping in occasione del test antidoping del 1o gennaio 2016;
   nei giorni scorsi il giudice Pelino del tribunale di Bolzano ha incaricato il Ris di Parma di effettuare l'esame del Dna del campione di urina di Alex Schwazer del 1o gennaio 2016 attualmente detenuto presso il laboratorio antidoping di Colonia (Germania) indicando la data del 31 gennaio 2017;
   secondo notizie giornalistiche il laboratorio antidoping di Colonia ha bloccato l'invio del campione di urina dell'ex marciatore italiano in quanto il direttore del laboratorio dottor Geyer ritiene di dover aspettare l'autorizzazione dei propri legali e della giustizia tedesca. Nei giorni scorsi le richieste della IAAF di effettuare le analisi presso il laboratorio di Colonia sono state rigettate dal giudice Pelino;
   in questi giorni il Tas ha diffuso le motivazioni della sentenza di squalifica per 8 anni di Alex Schwazer, in cui dichiara che non ci sono prove concrete di complotto nei confronti di Schwazer –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questo grave fatto e che il laboratorio non stia rispettando quanto chiesto dal giudice Pelino con rogatoria internazionale per fare chiarezza nell'indagine sul fenomeno del doping che vede coinvolti anche strutture internazionali dello sport;
   quali iniziative di competenza intendano assumere per il rispetto degli accordi internazionali sulla giustizia e per il rispetto delle norme antidoping. (4-15426)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   TULLO, FRAGOMELI, TENTORI, MAURI e CARNEVALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il crollo del Cavalcavia della strada provinciale 49 al chilometro 41+200 della strada statale 36 impone una necessaria riflessione sulla disciplina dei trasporti eccezionali sulle strade italiane: le infrastrutture stradali possono essere sollecitate ben al di sopra dei carichi di progetto e della loro resistenza per effetto del combinato disposto di norme regionali e del nuovo codice della strada;
   il codice della strada all'articolo 10, comma 6, sancisce che: «I trasporti ed i veicoli eccezionali sono soggetti a specifica autorizzazione alla circolazione, rilasciata dall'ente proprietario o concessionario per le autostrade, strade statali e militari e dalle regioni per la rimanente rete viaria(...)»;
   al successivo comma 9 si stabilisce: «l'autorizzazione è rilasciata o volta per volta o per più transiti o per determinati periodi di tempo nei limiti della massa massima tecnicamente ammissibile»; nelle autorizzazioni possono essere imposti percorsi prestabiliti ed un servizio di scorta tecnica;
   i trasporti eccezionali sul cavalcavia crollato sono stati autorizzati in base all'articolo 42 della legge n. 6 del 2012 della regione Lombardia, che al comma 2, prevede: «la provincia in cui risiede il richiedente oppure la ditta incaricata del trasporto o una delle province territorialmente interessate dal transito dello specifico trasporto o veicolo in condizioni di eccezionalità provvede al rilascio delle autorizzazioni alla circolazione di tipo periodico, singole o multiple, relative a trasporti e veicoli in condizioni di eccezionalità», ai sensi del codice della strada e delle relative norme di attuazione; inoltre al successivo comma 6 si stabilisce: «la provincia competente rilascia l'autorizzazione, previo parere degli enti ai quali appartengono le strade pubbliche comprese nell'itinerario o nell'area interessati dal trasporto. Gli enti interessati esprimono il parere richiesto entro dieci giorni; in caso di mancata comunicazione del parere entro il termine previsto, il medesimo parere si intende positivamente espresso»;
   infine, al comma 7 si prevede: «alle province ed ai comuni spetta la vigilanza sulla circolazione dei veicoli e del trasporti in condizioni di eccezionalità, ivi compreso l'esercizio delle funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dal nuovo codice della strada»;
   il silenzio-assenso non garantisce le necessarie verifiche sulla massa massima ammissibile;
   il trasporto sul cavalcavia sembra sia stato autorizzato non da Lecco ma dalla provincia di Bergamo, sede della ditta di trasporto –:
   se non ritenga di promuovere un'infrastruttura telematica per la tracciabilità delle autorizzazione di trasporti eccezionali sulle strade nazionali, prevedendo, nelle more, riduzioni della massa massima consentita per trasporti e veicoli eccezionali. (5-10458)


   BIASOTTI e GIAMMANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 23 novembre 2011 è stata approvata un'intesa fra il comune di Palermo e l'autorità portuale sul nuovo piano regolatore portuale;
   tale intesa riguardava il progetto del porto di Sant'Erasmo come infrastruttura da realizzare con il project-financing al fine di farlo divenire un porto turistico per circa 260 posti barca, negozi specializzati, servizi di assistenza ai diportisti, sistemi di raccolta delle acque reflue e degli oli di scarico;
   l'opera sarebbe costata 16 milioni di euro, metà stanziati dall'assessorato regionale al turismo grazie ai fondi europei, l'altra metà a carico di una società che si era aggiudicata l'appalto tramite licitazione privata;
   il 20 giugno 2013 l'assessore alla pianificazione territoriale del comune di Palermo ha partecipato alla riunione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale l'autorità portuale e la regione avevano inviato documentazione ad integrazione;
   il 16 ottobre 2015 un comunicato dell'assessorato pianificazione urbana e territoriale, mare e coste del comune di Palermo annunciava diversi interventi di valorizzazione e tutela della costa, lungo tutto il fronte a mare della città e, in particolare, lungo la costa sud;
   in particolare, il comunicato faceva riferimento a un progetto di «riqualificazione» del porticciolo di Sant'Erasmo: oltre alla pulizia e alla bonifica, erano previsti anche alcuni arredi e strutture per la fruizione pubblica con un'area giardino, una pavimentata ed una destinata a verde con installazioni scultoree-architettoniche nella ex porzione del piano di Sant'Erasmo, a fianco del bastione settecentesco oggetto di interramenti successivi;
   dopo cinque anni dalla prima intesa, il porticciolo è degradato e abbandonato e, il 29 settembre 2016, l'assessore comunale alla cittadinanza sociale, a quanto consta agli interroganti ha comunicato che vi sorgerà un dormitorio pubblico di 40 posti letto. Nel frattempo, un gruppo di persone di etnia Rom si è insediato con i camper –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell’iter a cui è stato sottoposto il progetto del 2011 e se l'autorità portuale abbia avuto responsabilità nella mancata attuazione del progetto stesso. (5-10459)


   BRUNO, SEGONI, BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un lungo tratto della E45 da Cesena Nord a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo è rimasto chiuso al traffico, dalla sera del 16 gennaio 2017 alla mattina di mercoledì 18 gennaio immobilizzando l'intera area;
   è indubbio che l'evento nevoso di questi giorni risulta essere di eccezionale violenza ed intensità, ma è anche vero che era stato previsto con abbondante anticipo;
   è evidente quindi che si siano verificate delle carenze nella programmazione di una risposta adeguata al fenomeno atmosferico previsto ed è chiaro che, quasi con estrema regolarità, oramai da anni questo tratto dell'E45 viene chiuso per fenomeni di mal tempo come nevicate, anche di intensità minori;
   il blocco di tale tratto di strada causa enormi disagi ai cittadini e agli autotrasportatori, con ripercussioni negative anche sulla viabilità alternativa –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, anche alla luce dei poteri di vigilanza sull'attività tecnica e operativa dell'Anas, intenda intraprendere al fine di evitare che un'arteria a così alta percorrenza come l'E45 possa in futuro venire bloccata nuovamente a causa di nevicate o maltempo. (5-10460)


   FRANCO BORDO, SCOTTO e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 17 gennaio 2016 sono entrati in vigore gli aumenti annunciati dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane per gli abbonati alle linee dell'alta velocità;
   secondo Federconsumi, gli aumenti per i pendolari che usano tali tratte per andare al lavoro saranno di circa il 35 per cento;
   sulla linea Torino-Milano il rincaro sarà addirittura di 119 euro, dai 340 di prima ai 459 attuali, mentre sulla Roma-Napoli si passa dai 356 euro del mese precedente ai 481 per l'orario completo per 7 giorni; sulla Bologna-Firenze dai 224 euro ai 302 attuali, sulla Milano-Bologna da 417 euro a 563; sulla Firenze-Roma da 386 euro a 521;
   come ha affermato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, «Si tratta di aumenti che non appaiono in alcun modo giustificati e che daranno vita ad una vera e propria stangata per gli utenti»;
   tutto questo è ancor più grave in considerazione degli impegni assunti dal Governo nel settore del trasporto pubblico locale con l'approvazione, nel febbraio 2016, della mozione n. 1/01091 del gruppo parlamentare di Sinistra Italiana, che impegna a definire le politiche relative alla mobilità mettendo al centro gli utenti della mobilità, valutando altresì l'opportunità di assumere iniziative per ripristinare il finanziamento di alcune norme introdotte durante il Governo Prodi nell'ambito della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e non più rifinanziate dai successivi Governi che prevedono la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, al fine di incentivare un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale con conseguente riduzione progressiva del trasporto privato;
   anche nel documento di economia e finanza 2016 – programma nazionale di riforma, tra punti principali in termini di riforma dei servizi pubblici locali e del trasporto locale, il punto iii) indica: la definizione di livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale automobilistico e ferroviario, anche in coerenza con il raggiungimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilità; l'obbligo per il gestore di rendere pubblica la versione aggiornata della carta dei servizi offerti all'utenza si recita –:
   quali iniziative urgenti s'intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di bloccare l'aumento delle tariffe degli abbonamenti per i servizi di trasporto ferroviario di cui in premessa, al fine di rispettare quanto indicato nella mozione n. 1/01091. (5-10461)


   CATALANO e OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 85, comma 4, del codice della strada prevede che «chiunque adibisce a noleggio con conducente un veicolo non destinato a tale uso ovvero, pur essendo munito di autorizzazione, guida un'autovettura adibita al servizio di noleggio con conducente senza ottemperare alle norme in vigore, ovvero alle condizioni di cui all'autorizzazione» è soggetto a una sanzione pecuniaria, nonché alla «sospensione della carta di circolazione per un periodo da due a otto mesi»;
   alla sospensione della carta di circolazione consegue inevitabilmente la paralisi dell'attività di noleggio con conducente del soggetto, e così tale sanzione accessoria finisce per acquisire un contenuto estremamente afflittivo e sproporzionato rispetto alla sanzione pecuniaria;
   l'articolo citato elenca, inoltre, un insieme estremamente eterogeneo di possibili violazioni, descritto in termini talmente ampi e generali da essere di difficile compatibilità con il principio di tassatività;
   le violazioni descritte, pur differenziandosi radicalmente per gravità, andando dalla prestazione di un servizio totalmente abusivo a mere irregolarità bagatellari del servizio, sono tutte soggette sia alla sanzione pecuniaria, sia a quella sospensiva, entro una cornice edittale non sufficientemente ampia da consentire una reale differenziazione;
   a causa dell'esistente conflitto interpretativo sulla legge n. 21 del 1992 tra una parte della giurisprudenza, il legislatore e lo stesso Governo, gli operatori del noleggio con conducente si trovano in una situazione di totale incertezza rispetto alla normativa applicabile, e quindi rimessi all'arbitrio del singolo agente accertatore o tribunale;
   inoltre, anche a fronte di una sanzione illegittima, il noleggiatore viene subito sottoposto alla sanzione sospensiva della carta di circolazione, e tale sanzione perdura nonostante la proposizione di un'impugnazione, in deroga al regime ordinario delle sanzioni amministrative, con la conseguenza che, anche a fronte del successivo accoglimento del ricorso, i diversi mesi di sospensione hanno cagionato al noleggiatore un danno ormai irreparabile;
   infine, la sanzione sospensiva, potenzialmente illegittima, diventa ancor più gravosa quanto più si dilatano i tempi della giustizia, anche a fronte di eventi come lo sciopero dei giudici di pace dello scorso dicembre –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare, anche nell'ambito, dei suoi poteri di iniziativa, affinché il trattamento sanzionatorio dei diversi illeciti di cui all'articolo 85 del codice della strada sia adeguatamente proporzionato e differenziato, anche alla luce delle persistenti criticità interpretative che investono la legge n. 21 del 1992. (5-10462)


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, ha inteso provvedere alla «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle autorità portuali» con l'obiettivo di riorganizzare i porti italiani in 15 autorità di sistema portuale, centri decisionali strategici con sedi nelle realtà maggiori, ovvero nei porti definiti core dall'Unione europea;
   lo schema allegato al suddetto decreto aveva individuato nella città di Augusta la sede di autorità di sistema portuale per la Sicilia orientale, tenuto anche conto che lo stesso porto di Augusta, oltre ad essere inserito nelle reti TEN-T, è l'unico porto core del sistema Sicilia orientale;
   il Ministro Delrio ha reso noto pochi giorni fa che sarà Catania la sede dell'Autorità del sistema portuale del mar di Sicilia orientale, smentendo così la previsione originaria di Augusta, nonostante le caratteristiche dello scalo megarese, il suo ruolo di principale porto petrolifero italiano, la sua centralità lungo le rotte del traffico internazionale del Mediterraneo e la gestione economica virtuosa che ha portato ad un significativo avanzo di bilancio –:
   quali siano le motivazioni che hanno portato il Ministro a ritenere più appropriata la sede di Catania per l'Autorità di sistema portuale piuttosto che quella di Augusta (inizialmente designata), nonostante le indiscutibili caratteristiche riconosciute a questo porto a livello nazionale ed europeo e se non ritenga di dover sospendere tale decisione in attesa di una valutazione più attenta ed analitica della situazione. (5-10463)


   SPESSOTTO, NUTI, DELL'ORCO, LIUZZI, CARINELLI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Tecnis s.p.a. è titolare di un appalto bandito da Italferr s.p.a. per conto di Rfi s.p.a. per la costruzione dell'anello ferroviario di Palermo;
   tale appalto sta procedendo con notevoli ritardi, provocando grandissimi disagi tra la popolazione residente di Palermo, in particolare nei pressi dei cantieri, così come certificato dalle relazioni semestrali sull'appalto indirizzate all'Autorità nazionale anticorruzione e denunciato tramite interrogazione a risposta scritta n. 4-14977;
   la società Tecnis è, dal febbraio 2016 ad oggi, in amministrazione giudiziaria dopo l'arresto dei soci per una serie di condotte legate ad avvenimenti mafiosi; tuttavia, la procura ha chiesto nel gennaio 2017 il dissequestro dell'azienda e la restituzione ai soci perché non sussisterebbero più i presupposti che avevano portato al sequestro;
   i rallentamenti in città sono particolarmente gravi: secondo i dati disponibili al 31 gennaio 2016, dopo un anno e sei mesi dalla data di consegna dei lavori, avvenuta nel luglio 2014, i cantieri sono andati avanti per soli 6 mesi, cumulando 12 mesi di ritardo;
   dal gennaio 2016 ad oggi, anche tramite sopralluoghi nelle aree del cantiere, nonché grazie a pubbliche denunce da parte di cittadini ed associazioni, come la «Amari cantieri», si è potuto constatare che i lavori sono andati avanti con estremo ritardo o addirittura sono stati letteralmente bloccati;
   la convenzione 20/2009 stipulata tra Italferr e Tecnis relativa all'appalto di cui sopra, prevede, all'articolo 30, la possibilità da parte dell'appaltante di procedere alla risoluzione di diritto dell'appalto in caso di gravi inadempienze;
   inoltre, le condizioni generali di contratto per gli appalti di lavori delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, richiamate nella convenzione medesima, prevedono all'articolo 60 e seguenti, la possibilità di rescissione di diritto per sospensione o rallentamento dei lavori da parte dell'appaltatore, nonché per mancata esecuzione totale o parziale dei lavori appaltati entro il termine o i termini intermedi previsti in contratto e/o nel cronoprogramma, condizioni entrambe non rispettate da Tecnis;
   appare paradossale che la stessa Tecnis abbia avanzato una richiesta di risarcimento dei danni da anomalo andamento delle lavorazioni, ridotta produttività, improduttivo prolungamento del vincolo contrattuale, per un importo di quasi 44 milioni di euro, facendo lievitare il costo dell'appalto –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la realizzazione dell'anello ferroviario di Palermo nel rispetto dei tempi previsti.
(5-10464)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERENI, ASCANI, GIULIETTI e VERINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la parte III delle vigenti «condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia» disciplina le modalità di calcolo dei prezzi dei biglietti del trasporto regionale e prevede che i prezzi siano determinati, a seguito di delibera regionale, in funzione della distanza e del tipo di servizio offerto;
   al comma 2 della medesima parte III, è stabilito che le distanze tra le stazioni dell'itinerario del viaggio siano quelle riportate nel «prontuario ufficiale delle distanze chilometriche Trenitalia" e che, nel calcolo della distanza tassabile si possa non tener conto delle abbreviazioni di percorso determinate dalla realizzazione di nuove linee e di interventi infrastrutturali eseguiti su stazioni o sulla rete ferroviaria, così come previsto dal decreto ministeriale n. 6925 del 30 aprile 1974;
   dalla suddetta disposizione consegue che per tutte le tratte ferroviarie ove sono state realizzate nuove linee direttissime o che sono state interessate da opere di miglioramento che ne abbiano ridotto la lunghezza, non risulta una coincidenza, al fine della determinazione dei prezzi calcolati con un criterio chilometrico, tra la distanza effettivamente percorsa dal treno e quella — maggiore — presa a riferimento per la determinazione del prezzo;
   per effetto del suddetto decreto ministeriale su numerose tratte, quale ad esempio Roma-Firenze, gli utenti sono tenuti a pagare un prezzo del biglietto che prescinde dall'effettiva lunghezza del tragitto ferroviario percorso –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche in accordo con le regioni, al fine di definire un criterio di calcolo della tariffa chilometrica basato sulla distanza tra le varie stazioni effettivamente percorsa dal treno. (5-10431)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARDINALE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si registrano gravi disagi per gli utenti lungo la tratta ferroviaria Palermo-Agrigento, in particolare nel corso dell'ultimo fine settimana di gennaio 2017;
   già nella giornata del 28 gennaio all'altezza di Cammarata la linea a causa del maltempo era interessata da lavori a cui si è cercato di far fronte con servizi sostitutivi su bus;
   nella giornata di domenica il disagio è stato ancora maggiore, perché i malcapitati passeggeri sono stati fatti scendere alla stazione di Roccapalumba in attesa di un bus che non è purtroppo mai giunto;
   i passeggeri si sono rivolti anche alla polizia per avere informazioni;
   si è, a giudizio dell'interrogante, in presenza di una vera e propria interruzione di pubblico servizio con utenti abbandonati e costretti a rivolgersi a mezzi di fortuna per poter raggiungere Agrigento –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze anche con riferimento al contratto di servizio in essere, intenda assumere affinché Trenitalia ottemperi alle attività cui è tenuta risarcendo gli utenti ed evitando il ripetersi di simili disservizi.
   (4-15411)


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto ferroviario in Umbria versa in condizioni, a dir poco, critiche. La situazione generale è preoccupante, con alcune situazioni croniche che gravano sulla qualità del trasporto (e della vita) dei cittadini delle zone interessate: si pensi ai cantieri di lavoro per il raddoppio del tratto Spoleto — Campello del Clitunno (aperti nel 2002) o Ai lavori di raddoppio della tratta Spoleto — Terni, che intralciano da anni il regolare traffico di treni;
   un trasporto ferroviario così deficitario incide pesantemente sull'economia dell'Umbria, a 360o: sul turismo (già provato dal terremoto), sul benessere di cittadini e turisti stessi e sulla vivibilità della zona;
   da tempi non sospetti si ravvisa la necessità di un collegamento all'alta velocità per sopperire all'isolamento attuale del trasporto umbro, in special modo verso il Nord Italia;
   il collegamento alla linea Frecciarossa, ad esempio, di Perugia, quasi dimezzerebbe i tempi attuali di viaggio con Milano, come già fatto notare nell'atto di sindacato ispettivo n. 3-02709 del 18 gennaio 2017;
   il Ministro interrogato si è espresso in passato sulla questione, condividendo l'interesse strategico di un collegamento all'alta velocità anche per l'Umbria (sia verso Milano e il Nord del Paese, sia verso Napoli, in direzione Sud) e confermando la necessità di studi sulle possibilità di istituire questo collegamento, nonché l'intenzione di convocare Trenitalia e Ntv per valutare benefici e modalità dell'operazione;
   gli attuali snodi garantiti ai cittadini, ricordati dallo stesso Ministro (due coppie di intercity da Perugia su Roma, una coppia di treni intercity Roma-Firenze, via Terontola, una coppia di intercity Terni-Milano e due coppie di intercity Roma-Ancona, via Foligno, Spoleto e Terni, più i collegamenti Freccialink) non sono assolutamente sufficienti se rapportati all'importanza e alla strategicità dell'area –:
   se il Ministro interrogato, già espressosi favorevolmente sulla possibilità di attivare una linea Frecciarossa da e per Perugia, intenda convocare un tavolo di studio e lavoro per verificarne la fattibilità del progetto al più presto, perché per l'interrogante non si può perdere ulteriore tempo e lasciare la regione, i cittadini e i turisti nel disagio quotidiano. (4-15423)


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'appalto per il passante ferroviario di Palermo, diviso in 3 distinti lotti, per un valore complessivo di circa 1,2 miliardi di euro, è una tra le principali opere infrastrutturali in fase di costruzione dell'Italia meridionale, vinto dal Consorzio Stabile S.I.S. (società italo spagnola, posseduta al 49 per cento dalla spagnola Sacyr Construccion e per il restante 51 per cento alle società italiane del gruppo FININC), la quale detiene appalti pubblici in tutta Italia, come l'appalto relativo alla Pedemontana Veneta, e all'estero;
   questa società ha prospettato più volte il licenziamento delle maestranze afferenti al passante ferroviario di Palermo, rallentandone o bloccandone temporaneamente i lavori, che, allo stato attuale, risultano essere pressoché ultimati;
   in particolare, nell'estate del 2016, il Consorzio Stabile SIS aveva già provveduto al licenziamento di centinaia di operai, motivando tale scelta con l'avanzato stato di completamento dell'opera, riducendo le maestranze da oltre 530 unità sino a 280, e causando un discreto rallentamento dei lavori;
   ad ottobre del 2016, nonostante l'opera fosse compiuta all'80 per cento aveva prospettato licenziamenti di altri 130 operai e il conseguente blocco dei lavori, lamentando un ammanco di 100 milioni di euro che la società imputerebbe a Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., ente committente dell'appalto, per generici maggiori costi in corso d'opera;
   dopo un incontro con RFI, la mediazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la diffida della stessa RFI a riprendere i lavori, e la nomina da parte del Tribunale di Roma di un tecnico incaricato di valutare la concretezza di questi oneri aggiuntivi, il consorzio stabile SIS ha ripreso i lavori, almeno sino al 26 gennaio 2017, quando ha nuovamente minacciato il licenziamento di 200 sui 270 operai rimasti in cantiere;
   da parte sua RFI ha «inviato a Sis una diffida a procedere con azioni che possano rallentare la produzione, con l'avvertenza di essere pronta ad intraprendere tutte le iniziative necessarie a tutelare i propri interessi e della cittadinanza in caso di mancato rispetto degli accordi contrattuali»;
   agli interroganti il comportamento del Consorzio Stabile SIS appare grave, stante l'accertamento tecnico in sede giudiziale ancora in corso, e oltremodo dannoso per la cittadinanza;
   inizialmente, la riapertura della rete ferroviaria era stata stimata a giugno 2016, per poi essere posticipata a dicembre 2016 e successivamente a giugno 2017, con l'attuale rischio di produrre una gigantesca opera incompiuta –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di velocizzare il completamento dell'opera di cui in premessa, inclusa la possibilità di valutare assieme al committente RFI se ci siano i presupposti affinché venga revocato il contratto al Consorzio Stabile SIS. (4-15424)


   CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 febbraio 2016, l'interrogante presentava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un'istanza di accesso volta all'ostensione di numerosi atti ed informazioni relativi ai lavori per la realizzazione della nuova sede ferroviaria del raddoppio del tratto Cefalù-Ogliastrillo-Castelbuono, della linea Palermo-Messina;
   l'amministrazione adita, a seguito di verifica, riscontrava che la documentazione richiesta non risultava in proprio possesso, essendo bensì detenuta dalla Rfi S.p.a. a cui si inoltrava, per competenza, l'istanza di accesso ricevuta;
   con nota del 12 luglio 2016 Rfi S.p.a. comunicava il rigetto dell'istanza per carenza di legittimazione, ma esprimeva la propria disponibilità a fornire chiarimenti e parte della documentazione richiesta in virtù di spirito di leale cooperazione istituzionale;
   in data 19 ottobre 2016 l'interrogante presentava al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una nuova istanza di identico tenore, finalizzata a richiedere e reperire da Rfi S.p.a. la documentazione mai ricevuta;
   deducendo la formazione del silenzio rigetto su tale ultima richiesta d'accesso, è stata adita la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, con ricorso del 29 novembre 2016, affinché la stessa esaminasse il caso, ex articolo 25 legge n. 241 del 1990, e adottasse la conseguente notifica di ricorso per conoscenza a Rfi S.p.a., qualificandola quale contro interessata;
   il ricorso è stato presentato nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, qualificando quale mera controinteressata la Rfi S.p.a., che è la effettiva detentrice della documentazione richiesta e che aveva già espresso il proprio diniego all'accesso agli atti con provvedimento del 12 luglio 2016, ma che, nel contempo, come suddetto, si diceva disponibile a fornire chiarimenti e documentazioni richiesti in virtù di spirito di leale cooperazione istituzionale;
   la commissione dichiara il ricorso inammissibile, ricordando all'interrogante, peraltro, che l'ordinamento predispone a favore dei parlamentari degli strumenti di sindacato ispettivo per l'acquisizione di informazioni e documenti ai fini dell'esercizio del proprio mandato –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad acquisire la documentazione richiesta e detenuta da Rfi, in quanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è finanziatore delle opere e di conseguenza è tenuto a conservare l'intero progetto esecutivo approvato dagli enti preposti di tutte le opere che vengono finanziate. (4-15425)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 26 ottobre 2016, a Casarano, nel parcheggio del più grande centro commerciale della città e nell'orario di maggior frequenza, è stato freddato con nove colpi di kalashnikov Augustino Potenza, imprenditore e broker finanziario, considerato negli anni scorsi un importante ed emergente esponente della criminalità organizzata;
   l'episodio, che ha sconvolto ha vita della cittadina del Basso Salento, è stato fin dal primo momento ritenuto «gravissimo» dagli inquirenti che lo hanno rubricato come spia di una rottura della «pax» tra gruppi della criminalità organizzata, criminalità organizzata a cui presumibilmente apparteneva lo stesso Potenza, accusato di duplice omicidio, latitante, arrestato e condannato a sei anni di reclusione, dunque scarcerato in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione che aveva ritenuto insufficienti i riscontri alle dichiarazioni accusatorie dei pentiti;
   nel frattempo, inchieste giornalistiche – stigmatizzate dalla maggioranza consiliare come infanganti per paese – e una trasmissione televisiva sulle reti nazionali hanno illuminato il clima di vero e proprio terrore e intimidazione vissuto dalla popolazione locale («intimidazioni, rapine, colpi di arma da fuoco contro abitazioni e negozi, bombe e incendi: gli ultimi anni, soprattutto dal 2014 ad oggi, nel Basso Salento sono stati anni di terrore, anni in cui nessuna voce fuori dal coro poteva levarsi») e l’escalation imprenditoriale della vittima che con il marchio «italiano tenace» spaziava dalla calzatura di diffusione della carta di credito «Elektra», una prepagata del circuito Mastercard ad altri segmenti economici vantando relazioni (così si ricaverebbe da una intercettazione telefonica resa pubblica dai media) anche negli ambienti prossimi all'amministrazioni comunale;
   per la gravità della situazione e su richieste di alcune associazioni successivamente all'omicidio si è svolto un consiglio comunale monotematico alla presenza del prefetto di Lecce, che, riportano le cronache, ha stigmatizzato il clima di pesante omertà, ha denunciato radicamento e gestione familistica degli affari da parte dei clan «nonostante gli sforzi intensissimi di magistratura e forze dell'Ordine», ha annunciato l'estensione del protocollo per la legalità già firmato a Gallipoli anche a Casarano, con l'obiettivo di scongiurare l'infiltrazione della criminalità organizzata nei tessuti economici; e ha denunciato la stretta connivenza tra gestione negli appalti dei rifiuti, opacità amministrative, infiltrazioni criminali;
   successivamente, un nuovo agguato criminale è stato consumato ai danni di un uomo molto vicino al Potenza: Luigi Spennato, 41enne di Casarano, un passato legato a doppio filo con il presunto boss e un presente da dipendente di una ditta di raccolta dei rifiuti, uscito indenne, esattamente come Potenza, dai processi sulla strage della famiglia Toma, alla fine degli anni’ 90;
   tale stato di cose era stato precedentemente indicato anche nell'interrogazione n. 4/09267 del 20 maggio 2015 presentata in seguito all'attentato intimidatorio avvenuto a Casarano, tra venerdì 15 e sabato 16 maggio 2015, ai danni dell'ex sindaco del paese, dottor Remigio Venuti. Episodio definito dagli inquirenti «di stampo criminale» probabilmente a seguito di dichiarazione dello stesso Venuti che pubblicamente e su organi di stampa aveva «lanciato l'allarme sull'aumento di episodi criminosi in città» –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e dei contenuti dell'intercettazione telefonica indicata in premessa come ritenga debba essere affrontata, per quanto di competenza, l'emergenza sicurezza nel territorio di Casarano e, più in generale, nel Basso Salento, rispondendo al bisogno di sicurezza a più riprese sottolineato dalle popolazioni è dai tessuti sani dell'economia e della politica.
   (5-10440)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARDINALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il procuratore generale della Repubblica di Caltanissetta, Dottor Sergio Lari, in occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario ha posto la propria attenzione sulle indagini in corso a carico di ospiti dei centri di accoglienza presenti sul territorio nisseno;
   ha anche affermato che nel distretto giudiziario c’è «molta preoccupazione» ed ha esortato a non dimenticare che l'attentatore di Berlino era arrivato in Sicilia passando proprio per il centro di identificazione di Caltanissetta e in Sicilia, tra Caltanissetta e Catania, era stato diversi anni in carcere;
   si tratta di affermazioni importanti che richiamano tutte le istituzioni alla massima vigilanza;
   vi sono segnali da non sottovalutare e controlli da rafforzare –:
   quali iniziative di competenza i ministri interrogati intendano assumere al fine di rafforzare gli uffici giudiziari presenti sul territorio, nonché garantire la dislocazione di un numero maggiore di forze dell'ordine finalizzata ad un maggiore e più efficace controllo del territorio, anche in relazione ai rischi di infiltrazione terroristica. (4-15412)


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le Palazzine denominate «Ex Moi» di Torino, realizzate nel 2006, sono al centro da anni ad una situazione di grave disagio urbano, di degrado, caratterizzata da numerosi episodi di violenza, vandalismo e microcriminalità;
   gli ultimi gravissimi episodi si sono verificati il 24 ed il 25 novembre 2016, giornate nelle quali sono stati registrati scontri tra gli immigrati presenti nelle palazzine ed altri abitanti del quartiere, con danneggiamenti a negozi e cassonetti della spazzatura, lancio di bombe carta, sassi e bottiglie;
   il prefetto di Torino ha inviato cinquanta militari sul luogo per garantire l'ordine pubblico nell'attesa che si muovano i primi passi per liberare le palazzine;
   gli edifici, gestiti da alcuni centri sociali, sono stati occupati inizialmente da profughi con lo status riconosciuto di «rifugiati» provenienti dal Nord d'Africa e successivamente da numerose altre etnie di immigrati. Secondo alcune stime sarebbero circa 1.000 le persone presenti attualmente in tali edifici;
   l'eterogenea composizione sociale ed etnico-religiosa degli occupanti ha generato conseguentemente episodi di tensione, nonostante gli sforzi operati da enti e associazioni assistenziali, aggravando la complessità di un contesto abitativo e sociale già oggettivamente problematico non solo per motivi di sovraffollamento ma anche per le attività micro-criminali che si svolgono nell'area, quali lo spaccio di sostanze stupefacenti e la ricettazione;
   la società proprietaria del plesso residenziale ha sollecitato a più riprese lo sgombero delle palazzine, assoggettate peraltro a sequestro penale preventivo disposto dal Gip di Torino su richiesta della procura della Repubblica;
   in risposta ad una interrogazione sulla vicenda (n. 5-03431) in data 29 giugno 2016 il Governo pro tempore, pur monitorando costantemente la situazione e riconoscendone la gravità, ha sollevato criticità e motivazioni di carattere umanitario che stanno ad oggi sconsigliando uno sgombero tout court degli stabili. Lo stesso Governo ha previsto un aggiornamento della situazione nel mese di settembre 2016;
   il sindaco di Torino ha annunciato pubblicamente nel mese di agosto 2016 che dal mese di settembre sarebbe stato effettuato «il censimento delle palazzine che verranno successivamente sgomberate»;
   risulta ad oggi all'interrogante che il censimento sopra citato annunciato da tempo non sia stato però ancora effettuato –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere, coinvolgendo gli enti e le istituzioni locali, per risolvere la grave situazione di pericolo che interessa da anni le palazzine «ex Moi», garantendo la sicurezza dei cittadini residenti negli edifici limitrofi e i diritti degli immigrati rifugiati con il rispetto dell'ordine pubblico ed il contrasto al degrado sodale.
(4-15417)


   MURGIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2016 è stato pubblicato sul sito del comune de L'Aquila e su altre testate giornalistiche e siti web la lista nera dei progetti per la ricostruzione post sisma rispetto ai quali si sono accumulati i maggiori ritardi, tanto da essere classificati come «progetti lumaca», e tra i quali figurerebbe, a quanto consta all'interrogante, in qualità di rappresentante delle parti comuni di un condominio destinatario di contributo, anche il consigliere comunale Pierluigi Properzi;
   il decreto-legge n. 83 del 2012, articolo 67-quater, comma 11, prevede che le cariche elettive e politiche dei comuni, delle province e della regione, nei cui territori sono ubicate le opere pubbliche e private finanziate ai sensi del decreto-legge n. 39 del 28 aprile 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 24 giugno 2009, sono incompatibili con le attività di progettista, direttore dei lavori e di collaudatore di tali opere, comprese le amministrazioni di condomini, la presidenza di consorzi e di aggregati edilizi;
   le figure di amministratore delle parti comuni e di amministratore di condominio vengono equiparate, come specifica l'Agenzia delle entrate con un parere del 16 febbraio 2012 che recita: «la figura di amministratore delle parti comuni è assimilata a quella di amministratore di condominio e hanno, di conseguenza, diritto ad analogo compenso»;
   la nota n. 93901 del 23 ottobre 2014 del dirigente del comune de L'Aquila (settore ricostruzione privata), precisa, attraverso una circolare esplicativa, che i beneficiari di tale compenso sono amministratori di condominio, rappresentante legale di consorzi, rappresentanti di parti comuni e procuratori speciali degli allegati –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative, anche normative, volte a chiarire l'eventuale sussistenza di una condizione di incompatibilità tra il ruolo di rappresentante delle parti comuni e quello di consigliere comunale, alla luce di quanto sopra riportato. (4-15422)


   TONINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lungo la strada provinciale lombarda strada provinciale 236, detta «Goitese», che collega le città di Mantova e Brescia, è stato fissato, in zona Montichiari (BS), nei tratti del chilometro 37+150 e chilometro 139+150 un limite di velocità successivamente giudicato illegittimo, in relazione al quale, attraverso le rilevazioni del dispositivo misuratore di velocità dei veicoli su strada ivi collocato, sono state erogate quasi cinquantamila sanzioni in circa tre mesi, suscitando le giuste proteste dei cittadini, che si sono attivati presso le sedi competenti (amministrazione provinciale, la prefettura e il giudice civile) per chiedere l'annullamento delle sanzioni (si veda l'articolo Multe sulla Goitese, il caso davanti al giudice di pace su Il Giornale di Brescia del 16 gennaio 2017);
   la stampa riporta altresì che i Ministri interrogati sono già stati coinvolti per la soluzione della questione e che la loro prolungata inerzia ha costretto l'ente provinciale a notificare migliaia di sanzioni, presumibilmente destinate all'annullamento, per non incorrere in ipotesi di omissione di atti d'ufficio (si veda Autovelox lungo la «Goitese», un'altra andata di multe su Bresciaoggi del 4 gennaio 2017). Si chiede quindi al Governo di rendere conto di tale inerzia, che ha provocato e sta provocando un dispendioso ricorso da parte dei cittadini agli organi giurisdizionali, che, al tempo stesso, è gravemente lesivo dei diritti degli stessi (dato l'impiego di mezzi per sostenerlo, quantomeno fino alla sua definizione) ma anche concausa dell'intasamento di organi giurisdizionali, già notoriamente gravati di carichi di lavoro eccessivi che provocano il cronico malfunzionamento della giustizia;
   ciò risulta essere vieppiù incomprensibile data l'evidenza delle ragioni dei cittadini, che sono coinvolti in numero così enorme, evidenza che già ha trovato un primo riscontro sia presso gli organi amministrativi con l'atto dirigenziale n. 6202/2016 della provincia di Brescia di annullamento dell'ordinanza n. 1478 del 9 marzo 2016, che presso quelli giudiziari, con una sentenza pronunciata dal giudice di pace il 26 gennaio 2017, di cui al momento si attendono le motivazioni –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere le iniziative di competenza per la celere definizione della questione di cui in premessa, in modo da pervenire all'annullamento di tutte le sanzioni irrogate a coloro i quali hanno superato il limite di velocità illegittimamente imposto nel tratto di strada indicata. (4-15429)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex assessore al bilancio della giunta comunale di Catania, guidata dal sindaco Enzo Bianco, Giuseppe Girlando, accusato di tentata concussione aggravata per aver abusato della sua qualità di pubblico ufficiale nell'ambito della definizione della transazione dell'importo di quasi quattro milioni di euro tra il comune e l'associazione temporanea d'impresa costituita da Enel Sole srl, Siram spa, Simei spa e Cogei srl;
   il provvedimento è relativo all'inchiesta avviata dopo la denuncia di Salvatore Gianluca Chirieleison, titolare della società «Simei spa», già gestore della pubblica illuminazione per conto del comune di Catania, e nella quale oltre a lui, figura come parte lesa il consigliere di opposizione Manlio Messina (FdI-AN);
   stando a quanto scrive il pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio, l'ex assessore avrebbe compiuto «atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere Salvatore Gianluca Chirieleison, direttore generale della Simei spa, a promettere la propria indebita intercessione nei confronti del consigliere comunale di minoranza Manlio Messina affinché lo stesso non ostacolasse l'approvazione da parte del Consiglio comunale della delibera di giunta, cosiddetta “Sostare” proposta da Girlando, evento non verificatosi per cause esterne alla sua volontà ed in particolare per la resistenza della persona offesa»;
   dalle intercettazioni prodotte nel corso delle indagini, oltre a emergere i parametri dell'abuso della posizione che ricopriva l'ex assessore Girlando, si evince un comportamento molesto e para-mafioso, dai toni ricattatori e vessatori, sia verso il titolare della Simei spa, che nei confronti del consigliere comunale, i quali, però, si sono mostrati irremovibili e hanno continuato a mantenere la propria linea affinché l'azienda potesse ricevere le somme spettanti, utili anche a scongiurare il fallimento, poi dimostratosi purtroppo inevitabile e avvenuto;
   il caso Simei spa non è isolato: nel fascicolo della magistratura sono presenti anche altre intercettazioni dalle quali è possibile ipotizzare un atteggiamento reiterato dell'ex assessore, ad esempio nei confronti della società ITI impianti, a rischio fallimento a causa dei mancati pagamenti da parte dell'amministrazione comunale; rischio, questo, rispetto al quale, quando gli viene segnalato, Girlando risponde ironicamente che le cause per fallimento durano in media dieci anni, che l'eventuale esito del processo non lo riguarderebbe più, e poi ride;
   una registrazione telefonica, inviata anonimamente alla testata giornalistica locale on line SudPress il cui contenuto è stato ripreso anche da altri organi di informazione, sembra inquadrare il sindaco Enzo Bianco quale «regista» dei gravi fatti che hanno interessato l'attività della sua giunta;
   nella registrazione si tratterebbe di una conversazione a tre tra il sindaco Bianco, il segretario generale e direttore generale del comune di Catania Antonella Liotta, e l'ingegnere Salvatore Cocina, all'epoca dirigente comunale dell'ufficio ecologia, rimosso dal suo incarico dopo una polemica legata alle sanzioni che avrebbe comminato al consorzio Ipi-Oikos per il mancato raggiungimento degli obiettivi della raccolta differenziata, cosa che il sindaco non avrebbe gradito mettendo alla porta il responsabile –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda valutare se sussistano i presupposti per avviare iniziative ai sensi degli articoli 141 e seguenti del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. (4-15433)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 121 della legge n. 107 del 13 luglio 2015 istituisce la carta elettronica con il fine di sostenere l'aggiornamento e la formazione continua dei docenti di ruolo, nonché di valorizzarne le competenze;
   la carta, dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post laurea o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo;
   il meccanismo della carta elettronica è il seguente: il possessore si reca presso un esercizio commerciale che ha aderito sul portale carta docenti per l'acquisto. L'esercente chiede, quindi, il rimborso direttamente allo Stato;
   da un servizio televisivo del noto programma Striscia la Notizia dell'emittente Canale 5 si apprende che gli esercenti che hanno inoltrato la «fattura» elettronica da oltre un mese per ottenere il rimborso del costo della merce acquistata, non hanno ricevuto ancora nulla. Sempre nel servizio televisivo viene rivelato, inoltre, che la Consap, la Concessionaria servizi assicurativi pubblici s.p.a interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, gestisce la parte finale del pagamento e che, allo stato attuale, attende le risorse da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per effettuare i rimborsi –:
   se quanto appreso dal servizio televisivo corrisponda al vero e, in caso affermativo, quando il Ministero dell'economia e delle finanze intenda versare le risorse necessarie per i rimborsi;
   quali siano le motivazioni di tali ritardi. (4-15415)


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un professore di 55 anni, di una scuola media di Afragola (Napoli), ha commesso per oltre un anno atti persecutori nei confronti di una studentessa;
   la ragazza sarebbe stata vittima delle attenzioni morbose del suo professore da marzo/aprile 2015, quando frequentava la terza media, fino all'ottobre 2016, quando ha iniziato a frequentare il primo anno di liceo;
   dalla ricostruzione dei fatti emerge che la ragazza/oltre ad essere stata minacciata, molestata e costretta a non frequentare le sue amiche, ha ricevuto 600 sms e 700 chiamate in nemmeno due mesi e nella denuncia presentata dal padre della ragazza lo scorso mese di settembre, è riportato che lo zio della giovane ha subito un'aggressione, mentre interveniva in strada per impedire al professore di abusare della nipote;
   dalle testimonianze della famiglia, la ragazza, all'epoca dei fatti quattordicenne, ha riportato gravi disturbi psicologici: non usciva più di casa, piangeva continuamente, si feriva le braccia con una lametta e, infine, ha anche manifestato l'intenzione di uccidersi;
   il 20 gennaio 2017 il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della procura di Napoli nord, ha emesso un divieto di avvicinamento, a non meno di mille metri, ai luoghi frequentati dalla giovane;
   ad avviso dell'interrogante le misure cautelari adottate dal giudice per le indagini preliminari non risultano sufficienti a scongiurare che quanto accaduto possa ripetersi nei confronti di altre studentesse, considerato che il professore risulterebbe essere ancora in servizio presso la medesima scuola –:
   se il Ministro interrogato non intenda valutare se sussistano i presupposti per intraprendere le opportune iniziative disciplinari nei confronti del professore che dopo i fatti riportati in premessa risulta essere ancora in servizio presso la scuola media di Afragola. (4-15418)


   SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   lo spettacolo dal titolo «Fa’ afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro», è stato programmato, in replica per la città di Roma, il 18, 19 e 20 marzo 2017 presso il centro sociale Angelo Mai;
   lo spettacolo è in tourneè in varie città italiane, con il coinvolgimento di moltissime scuole;
   in molti hanno denunciato la finalità ultima del testo teatrale, il cui titolo prende il nome da una parola di origine samoana indicante il «terzo sesso»;
   trattasi, in altri termini, di un'autentica apologia dell'ideologia così detta «gender», teso a riprodurre e denunciare lo schema famigliare tradizionale che, appunto, si vuole smantellare;
   nonostante si continui a ripetere, dinanzi a proteste varie, che questa ideologia non esiste, ripetutamente si assiste ad una sua diffusione con ogni strumento possibile (libri, rappresentazioni teatrali, recite scolastiche e altro);
   si ritiene oltremodo necessario opporsi al dilagare di questo sovvertimento antropologico e, soprattutto, lasciare ai genitori il compito loro spettante di educatori dei propri figli senza alcun a ingerenza di terzi;
   la tematica del gender fluid trattata, oltre a risultare, come già detto, inconciliabile con la pluralità degli orientamenti educativi delle famiglie, è stata precedentemente ritenuta dallo stesso Ministero incongruente con la funzione pubblica della scuola;
   contro lo spettacolo – e contro l'utilizzo della scuola pubblica quale indottrinamento di massa – è partita una petizione che ad oggi ha già raccolto 80 mila firme ed ha portato alcune scuole a ritirare l'adesione allo spettacolo –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire, con ogni iniziativa di competenza, affinché nelle scuole di ogni ordine e grado sia tutelato il diritto della famiglia all'educazione sessuale dei propri figli;
   se il Ministro non ritenga doveroso adottare le iniziative di competenza affinché i dirigenti scolastici facciamo precedere la scelta di aderire o meno a rappresentazioni come quella descritta in premessa da un esplicito consenso dei genitori. (4-15427)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:


   TRIPIEDI, CARINELLI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, MANTERO, ALBERTI, PESCO, VILLAROSA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, MICILLO e PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, riguardante l'attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, ha visto la sua entrata in vigore in data 29 aprile 2003;
   ai sensi del comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 66 del 2003, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del predetto decreto, avrebbe dovuto essere emanato l'elenco concernente «le lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore»;
   la mancata applicazione dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2003/88/CE, porta il Governo nella posizione di non avere ancora ottemperato appieno ai suoi obblighi in relazione all'attuazione della direttiva di legge nazionale, e quindi rende l'Italia passibile di deferimento alla Corte di giustizia europea –:
   se sia stato avviato l’iter, che doveva concludersi entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 66 del 2003, necessario per stabilire un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali e, se in caso contrario, quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per avviarlo nell'immediato.
   (5-10455)


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 novembre 2016 è stata trasmessa la relazione al Parlamento, predisposta ai sensi dell'articolo 1 comma 281, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 concernente il monitoraggio effettuato dall'Inps, in ordine all'attuazione delle disposizioni di accesso al cosiddetto regime sperimentale «opzione donna», di cui all'articolo 1 comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243;
   secondo i dati forniti dall'Inps, le pensioni erogate alle donne che hanno maturato il requisito anagrafico e contributivo entro il 31 dicembre 2015 nel periodo 1o gennaio – 6 settembre 2016 sono state rispettivamente: 7958 per le donne del settore privato (dipendenti e autonome); 2378 per le donne del settore pubblico, per un totale di 10.336 pensioni erogate e con un onere di 81.545.534 euro; 
   il dato a consuntivo registrato dall'Inps al 6 settembre 2016 di 10.336 pensioni erogatesi è rivelato nuovamente al di sotto delle previsioni dello stesso istituto che ipotizzava in 22.900 il numero delle pensioni da erogare per tutto il 2016;
   l'interrogante crede sia utile, come più volte richiesto in via informale all'Inps, che, in sede della elaborazione periodica sui flussi di pensionamento, si proceda a disaggregare il più possibile i dati relativi a maschi e femmine e a evidenziare, per quanto riguarda le pensioni contributive, quelle erogate in regime di «opzione donna» –:
   quante siano le pensioni liquidate in «regime di opzione donna» a tutto il 2016 e nel periodo 1o gennaio — 31 gennaio 2017, suddivise per: lavoratrici dipendenti del settore privato e lavoratrici autonome con relativo importo medio; lavoratrici del settore pubblico con relativo importo medio. (5-10456)


   GRIBAUDO e MISIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione italiana panificatori (FIP), costituita nel 1946, è l'Organizzazione nazionale di categoria maggiormente rappresentativa dei panificatori artigiani; sottoscrive con Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil il più diffuso contratto collettivo nazionale di categoria dei panificatori italiani; assieme ai detti sindacati ha costituito gli enti bilaterali Ebipan e Fonsap;
   ogni sigla sindacale nel settore dell'artigianato sottoscrive il contratto collettivo nazionale di lavoro a cui corrispondono enti bilaterali;
   la legge n. 92 del 2012 e il decreto legislativo n. 148 del 2015 (articoli 26-40) hanno istituito fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalle norme in materia di integrazione salariale, obbligatori dal 1o gennaio 2016 anche per le imprese sopra i cinque dipendenti che operino in settori cui non si applicano le disposizioni in materia di integrazione salariale; la costituzione del fondo avviene su iniziativa delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali presso l'Inps a seguito di decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze;
   per i settori e i datori di lavoro sopra i 5 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, per i quali non siano stati stipulati accordi costitutivi del fondo di solidarietà bilaterale, è stato istituito presso l'Inps uno specifico «fondo di integrazione salariale» FIS;
   Ebipan non ha adeguato il proprio statuto alle finalità richieste per esercitare le attività di fondo di solidarietà residuale; dunque, i panificatori FIP, che applicano il contratto collettivo di lavoro di Federazione e aderiscono ad Ebipan, hanno diritto a versare i rispettivi contributi al FIS istituito presso l'Inps;
   con la circolare n. 79/2015, l'Inps ha escluso le imprese artigiane dall'ambito di applicazione del FIS (circolare Inps 22/2016); per questo motivo il programma dell'Inps per il versamento dei contributi ha impedito ai panificatori FIP iscritti a Ebipan i versamenti al FIS;
   l'Inps sostiene che il fondo di riferimento per le imprese artigiane sarebbe quello dell'Ente bilaterale nazionale artigianato (EBNA), promosso però da organizzazioni parzialmente rappresentative della categoria, firmatarie di altro contratto collettivo nazionale di lavoro;
   l'Inps ha in questo modo trascurato che la bilateralità è espressione dell'autonomia collettiva privata e la partecipazione ai fondi alternativi non può essere imposta in contrasto con le norme costituzionali in materia di libertà sindacale –:
   quali iniziative di competenza intenda promuovere per creare le condizioni affinché gli operatori, legittimamente non aderenti a quelle associazioni e dunque a quel contratto collettivo nazionale di lavoro e all'Ebna, possano adempiere ai dettami del decreto legislativo n. 148 del 2015 senza essere costretti a modificare la loro libera scelta sindacale ex articolo n. 39 Costituzione. (5-10457)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PATRIZIA MAESTRI, DAMIANO, GNECCHI, GIACOBBE, BOCCUZZI, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GRIBAUDO, INCERTI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI, ZAPPULLA e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il report mensile dell'osservatorio sul precariato dell'Inps, pubblicato il 19 gennaio 2017, ha evidenziato un incremento, nei primi 11 mesi del 2016, del numero dei licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
   il report evidenzia che i licenziamenti di questa natura rilevati nel 2016 hanno coinvolto 67.374 lavoratori a tempo indeterminato (+ 26,9 per cento rispetto al 2015), 11.299 lavoratori a termine (+36,6 per cento); 4.203 apprendisti (+11,94 per cento) 1.832 stagionali (+37,7 per cento) per un incremento complessivo rispetto al 2015 di oltre 18.200 licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
   le statistiche, benché attestino un'incidenza modesta di tale tipologia di licenziamento sul totale delle cessazioni (inferiore al 2 per cento), confermano un progressivo incremento registratosi a partire dal 2014 –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario rendere disponibili i dati disaggregati concernenti i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo rilevati nel 2015 e nel 2016, evidenziando, in particolare, quanti di questi riguardino lavoratori assunti successivamente al 7 marzo 2015 e se i dati raccolti consentano di relazionare questo incremento all'introduzione delle disposizioni di contrasto alla pratica delle cosiddette «dimissioni in bianco». (5-10465)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, disciplina gli interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38; tra le tipologie d'intervento nelle quali rientrano le finalità del Fondo di solidarietà nazionale (Fsn), il comma 3 dell'articolo 1, lettera a), è finalizzato a «misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi»;
   l'articolo 4 specifica gli ulteriori elementi di dettaglio dai quali si evince che lo strumento normativo principale è rappresentato dal piano assicurativo agricolo annuale, da approvarsi entro il termine del 30 novembre, con decreto ministeriale, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni;
   ancora oggi non risultano essere stati erogati, a quanto consta all'interrogante, i fondi di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per le annualità 2014 e 2015 a favore del comprensorio agricolo-zootecnico del comune di Arborea, nonostante che i Paan (Piani assicurativi agricoli nazionali) siano stati regolarmente emanati fino al 2016;
   i consorzi del territorio arborese, a causa del mancato trasferimento dei fondi, hanno stipulato le polizze assicurative con le proprie risorse, anticipando anche la contribuzione statale; tuttavia, tale sforzo ha determinato l'erosione delle disponibilità di alcuni di essi, i quali si troverebbero, oggi, a non poter più far fronte agli anticipi dei contributi per intero e se la situazione descritta dovesse protrarsi, sarebbero costretti a rinunciare alla stipulazione dei contratti di assicurazione;
   il vero traino dell'economia locale è rappresentato dal sistema agroalimentare cooperativo nel cui ambito operano diverse cooperative locali, nonché alcune tra le più importanti aziende agricole dell'Oristanese e della Sardegna;
   dunque, il fondo di solidarietà nazionale (Fsn), che ha l'obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole ed alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, è determinante per l'economia del territorio di Arborea, soprattutto per promuovere misure volte a favorire la stipula di contratti assicurativi, contro i danni della produzione e delle strutture –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle criticità in cui versano i Consorzi agricoli di Arborea e quali siano le motivazioni del ritardo dell'erogazione dei fondi ministeriali;
   se possa valutare l'opportunità di definire la tempistica dell'assegnazione delle risorse del Fsn ai consorzi agricoli, non solo per l'anno in corso, ma anche per quelli futuri. (5-10441)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GREGORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come fa sapere la stampa locale, il 21 gennaio 2017 all'ospedale S. Giovanni Evangelista di Tivoli si è consumata una drammatica storia di malasanità: due pazienti che hanno subìto uno scambio di identità all'interno della struttura sanitaria sono entrambi deceduti;
   uno dei pazienti doveva andare in rianimazione, ma è stato portato in chirurgia. L'altro, invece, ha fatto il percorso inverso. A nulla sono valse le cure portate dagli anestesisti-rianimatori presenti nei due reparti. L'uomo finito in chirurgia, un ultraottantenne, è spirato nella serata di sabato 21, dopo poche ore dall'arrivo in ospedale. Il secondo, invece, è deceduto dopo due giorni. L'autorità giudiziaria ha posto le salme sotto sequestro e ha disposto l'autopsia, che dovrebbe essere già stata effettuata. Anche l'asl Roma 5 ha avviato un'indagine interna per accertare la dinamica dei fatti. Il personale dell'ospedale si è accorto dell'errore poco dopo lo scambio delle lettighe;
   come riferisce la stampa, la procura di Tivoli ha aperto un fascicolo riguardo alla vicenda;
   dietro lo scambio di barelle c’è una situazione al collasso: il pronto soccorso di Tivoli accoglie tutti i casi più gravi degli altri quattro poli ospedalieri della Roma 5, una delle asl più vaste del Lazio con circa 70 comuni di competenza –:
   se intenda avviare iniziative urgenti, per quanto di competenza, volte a verificare i fatti di cui in premessa, con particolare riferimento al rispetto della normativa nazionale sull'assistenza sanitaria e sull'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. (5-10434)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sulla rivista «Science Advances», nel 2016, è stato pubblicato l'atlante mondiale dell'inquinamento luminoso in cui emerge come le alterazioni luminose risultavano centinaia di volte superiori ai livelli della luce naturale; l'Italia è il Paese sviluppato che ha il maggior inquinamento luminoso al mondo;
   secondo il dottor Fabio Falchi (intervistato per la trasmissione «presa diretta» del 9 gennaio 2017), fisico ed esperto mondiale dell'inquinamento luminoso e redattore dell'Atlante mondiale dell'inquinamento luminoso, il flusso luminoso artificiale prodotto nel nostro Paese in quindici anni è più che raddoppiato; la pianura padana insieme alla fascia adriatica e alle città di Roma e Napoli risultano le aree geografiche più inquinate del Paese, comportando la sparizioni di zone completamente buie; secondo questi studi l'uso della tecnologia Led non ha cambiato sostanzialmente lo status quo della città come Milano che ha convertito l'illuminazione pubblica in tecnologia led, in cui permane la presenza di una «bolla di luce blu» più inquinante rispetto a quella gialla. Difatti, a parità di intensità luminosa, la luce blu, rispetto a quella gialla, si diffonde più facilmente in atmosfera, innalzando l'inquinamento luminoso fino a due volte e mezzo rispetto a quello attuale;
   attualmente, la lampada per la pubblica illuminazione più usata è quella che sviluppa un consumo energetico di 150 Watt, mentre per l'illuminazione urbana occorrerebbero soltanto 70 Watt, come previsto dalle norme nazionali;
   mentre a Berlino c’è un lampione ogni 15 abitanti, il record di quantità di lampioni per abitante lo detiene il comune di Mantova: un lampione ogni 5 abitanti;
   i led maggiormente utilizzati, perché più economici, nella pubblica illuminazione, hanno una temperatura di colore di 4000 Kelvin, quindi con una predominante presenza di blu nella lampada che è il colore a cui gli occhi sono più sensibili;
   il professor Abraham Haim (biologo) dell'università di Haifa (Israele), ha messo in relazione l'esposizione da inquinamento luminoso con i rischi sulla salute umana, rilevando il sistema della termoregolazione, quello metabolico e riproduttivo sono fortemente condizionati dalla luce artificiale, in particolare quella a lunghezza d'onda breve quale è quella blu, che riduce la produzione di melatonina al 90 per cento;
   nel 2013, il professor Abraham Haim ha pubblicato «L'inquinamento luminoso come nuovo fattore di rischio per il cancro al seno e alla prostata» (Light Pollution as a new Risk Factor For Human Breast and prostate Cancer), in cui si mette in relazione la luce artificiale di notte, la soppressione della melatonina e certi tipi di tumore nell'uomo;
   l'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dispone che: «Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico» –:
   se il Ministro della salute, per quanto di competenza, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga necessario avviare tutte le opportune verifiche sia promossa una riconversione dell'illuminazione pubblica, sull'intero territorio nazionale, e che questa venga condotta nel rispetto del principio di precauzione in virtù della salvaguardia della salute pubblica;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, non ritenga necessario avviare tutte le opportune iniziative normative affinché la riconversione dell'illuminazione pubblica sull'intero territorio nazionale consenta realmente la riduzione sostanziale dell'inquinamento luminoso. (4-15421)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROMANINI, PAOLO ROSSI, PRINA, ARLOTTI e LATTUCA. GALPERTI e MARCO DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto 23 giugno 2016 (Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2016) adottato dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono state definite le modalità di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico;
   diversi operatori del settore, ma anche amministrazioni pubbliche, hanno rilevato che i ritardi, rispetto ai tempi previsti, nell'emanazione del decreto e le incertezze legate all'applicazione del nuovo codice degli appalti, nonché l'opportunità di dotare le amministrazioni del tempo sufficiente a realizzare impianti ad accesso diretto, renderebbero, sin d'ora, opportuna una proroga al 1o dicembre 2018 dei termini previsti dall'articolo 3, comma 2, lettera a), per lo meno per gli impianti di cui all'articolo 4, comma 3, lettera f), del sopracitato decreto;
   con riferimento ai medesimi impianti, viene rilevato che sarebbe altresì opportuno prorogare, almeno al 31 dicembre 2017, l'applicabilità delle modalità di determinazione delle tariffe incentivanti e degli incentivi di cui all'articolo 7, consentendo così alle amministrazioni pubbliche di migliorare il proprio risultato economico a fronte di procedure contrattuali già avviate e definite ma che necessitano di maggiore tempo per la messa in esercizio degli impianti;
   viene sollecitata, inoltre, una valutazione sull'estensione dell'accesso diretto ai meccanismi di incentivazione previsti dal decreto agli impianti idroelettrici con sottensione di alveo naturale e di potenza nominale di concessione fino a 100 kw, purché realizzati dalle pubbliche amministrazioni con procedure ad evidenza pubblica, come intervento a sostegno soprattutto dei piccoli comuni montani, oggi duramente provati dalla crisi e dalle scarsità di risorse finanziarie pubbliche, così come peraltro era già previsto dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 6 luglio 2012 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle osservazioni, riportate in premessa, formulate da numerosi operatori del settore delle energie rinnovabili e amministrazioni pubbliche e se non ritengano opportuno assumere iniziative per rivedere il decreto ministeriale 23 giugno 2016 al fine di sostenere le iniziative delle amministrazioni pubbliche locali finalizzate ad incrementare la quota nazionale di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico.
(5-10430)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, ZOLEZZI, DE ROSA, MANLIO DI STEFANO, CARINELLI, CRIPPA, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, DELL'ORCO, GAGNARLI, BUSTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, DE LORENZIS, SPESSOTTO, DA VILLA, TONINELLI, COZZOLINO, VALLASCAS, FERRARESI, MICILLO, TERZONI, BUSINAROLO e DAGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Isolante K-Flex è un'azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico. I prodotti e le soluzioni per l'isolamento K-Flex trovano applicazione nei settori più diversi: dall'edilizia ai trasporti, dal petrolchimico alle energie rinnovabili. L'azienda è leader di mercato a livello mondiale grazie alla qualità e all'innovazione tecnologica dei suoi prodotti ed è presente con circa 2.000 addetti in 60 Paesi ed 11 impianti produttivi localizzati in Italia a Roncello (MB), USA, Polonia, Russia, Malesia, Dubai, Cina (2 impianti), India, UK e Francia;
   in data 30 gennaio 2017, sul sito « ilgiorno.it», veniva pubblicata la notizia che dal 24 gennaio 2017, i dipendenti della K-Flex sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda per impedire l'ingresso dei camion e l'uscita di merce e macchinari, perché temono che la proprietà voglia portare la produzione nello stabilimento in Polonia. Tale scelta metterebbe a rischio 250 posti di lavoro;
   nell'ultimo incontro in Assolombarda, il fondatore e presidente del gruppo multinazionale, Amedeo Spinelli, ha dichiarato che non c’è la volontà di licenziare e di abbandonare la Brianza, non convincendo però i propri dipendenti che hanno anzi affermato che l'azienda ha dichiarato che entro qualche mese lascerà lo stabilimento, delocalizzando in Polonia;
   prima dello scorso Natale, si è cercato di smontare due grosse macchine industriali per portarle in Polonia, azione non resa possibile dai lavoratori che lo hanno impedito;
   per Matteo Moretti, della Filctem Cgil, l'atteggiamento dell'azienda è incomprensibile. Secondo il sindacalista che partecipa anche al presidio permanente, l'amministratore delegato Carlo Spinelli, nonostante il blocco della produzione non si è presentato al tavolo tra le parti coinvolte per comunicare ai lavoratori le scelte aziendali;
   lo stesso Moretti ha dichiarato che si proseguirà con lo sciopero e che chiederà alle istituzioni di intervenire per il mantenimento dei 250 posti di lavoro, in funzione del fatto che l'azienda fa utili e continua ad espandersi in tutto il mondo;
   i sindacati hanno ricordato che K-Flex, nonostante il bilancio in utile, tre anni fa ha licenziato 46 lavoratori;
   nelle date 1o febbraio 2017 e 2 febbraio 2017, sono stati programmati due incontri in provincia di Monza e Brianza e in regione Lombardia e probabilmente, perché ancora in data da definirsi, al Ministero dello sviluppo economico –:
   se il Governo non intenda istituire, qualora non l'abbia già previsto, un tavolo nazionale di confronto con l'azienda Isolante K-Flex e le rappresentanze sindacali, al fine di poter garantire la continuità aziendale e il mantenimento di tutti i livelli occupazionali a rischio, evitando la delocalizzazione della produzione in altri Paesi. (5-10432)


   MONGIELLO e GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sono innumerevoli le lamentele che in questi giorni vengono manifestate dai cittadini e dagli amministratori locali dei piccoli comuni del foggiano a causa dei gravi disservizi che sta creando la società Poste Italiane nella consegna della posta;
   nei comuni di Carlantino, Volturara Appula, San Marco la Catola e Motta Montecorvino gli utenti del servizio postale stanno da tempo sperimentando gravissimi disagi a causa della mancata consegna della loro documentazione, tra cui anche e soprattutto documenti rilevanti come pacchi, bollette, fatture e raccomandate, ancor più importanti quando comportano scadenze da rispettare;
   la mancata e tempestiva ricezione delle bollette, di avvisi di pagamento o di atti giudiziari espone i cittadini dei predetti comuni al pagamento di interessi di mora e, nei casi più gravi, a responsabilità penali;
   per denunciare tali criticità hanno manifestato doglianze anche i sindaci di detti comuni ed il sindaco di Carlantino, in particolare, ha fatto presente che «si tratta di disservizi purtroppo non nuovi in questi territori, che hanno registrato negli ultimi anni un aumento esponenziale. Le Poste Italiane un tempo erano un servizio pubblico. Questi disservizi sono dovuti soprattutto al periodo post-privatizzazione, che ha creato un caos soprattutto dovuto, come è ben risaputo, al turnover delle assunzioni»;
   oltre al mancato recapito della documentazione, il disservizio creato da Poste Italiane concorre ancora più pesantemente ad isolare questi piccoli comuni dal resto del mondo, aggravando le condizioni dei cittadini che li abitano –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, della mancata erogazione del servizio di recapito da parte di Poste Italiane nei piccoli comuni, come Carlantino, Volturara Appula, San Marco la Catola e Motta Montecorvino;
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché Poste Italiane ripristini, il corretto ed efficiente servizio di consegna della posta nei suddetti comuni e, con ciò, non rischi di essere accusata di interruzione di pubblico servizio. (5-10437)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano: La Stampa del 30 gennaio 2017, il Centro contabile delle poste di Novara è prossimo alla chiusura e, a fine febbraio, la consegna della corrispondenza avverrà a giorni alterni in 39 comuni della provincia novarese;
   la decisione di cessare i servizi postali presso l'ufficio suddetto, che occupa venti addetti e copre il quadrante del Piemonte Nord Orientale (Novara, Vercelli, Biella e Vco), evidenzia il suddetto articolo, ha determinato vibranti proteste dei sindacati, i quali hanno rilevato come il centro postale in oggetto riveste un ruolo strategico e fondamentale, in quanto ha il compito di verificare tutto l'aspetto contabile dell'attività postale del novarese;
   il medesimo quotidiano evidenzia, inoltre, che a seguito della decisione intrapresa da Poste italiane spa, i dipendenti postali coinvolti, saranno trasferiti a Milano o a Torino o in alternativa, saranno ricollocati con altre mansioni negli uffici;
   al riguardo, i rappresentanti sindacali, dichiarandosi contrari a tale decisione, (considerando che gli effetti determineranno ulteriore perdita di posti di lavoro sul territorio) hanno aggiunto come i disagi rischiano di accrescersi ulteriormente, se si valuta come, a partire dalla fine del prossimo mese, la consegna della posta nella provincia di Novara avverrà a giorni alterni e riguarderà addirittura 39 comuni;
   i dipendenti del centro di Novara evidenziano altresì, che la decisione di Poste italiane spa di chiudere gli uffici, (con una riduzione dei portalettere del 25 per cento, un terzo dei quali peraltro sono precari) causerà una drastica diminuzione del servizio agli utenti, i quali come in precedenza rilevato, riceveranno la corrispondenza due o al massimo tre volte la settimana, con ricadute molto gravi in termini occupazionali;
   i rappresentanti sindacali denunciano, inoltre, che l'esperimento della consegna a giorni alterni, peraltro già effettuato nel recente passato in altre località, ha portato a risultati disastrosi, in quanto per avviare una procedura di questo genere è necessario cambiare completamente la programmazione del lavoro: una procedura che peraltro non è stata mai eseguita;
   l'interrogante, al riguardo, evidenzia come quanto in precedenza esposto, desta sconcerto e preoccupazione, sia per la scarsa considerazione da parte del management di Poste italiane spa, nei confronti della comunità novarese, che evidentemente non considera adeguatamente l'importanza, sia in termini socioeconomici che la città di Novara riveste, (se si valuta come essa sia la seconda città piemontese per popolazione e crocevia di importanti traffici commerciali tra gli assi viari che congiungono Torino a Milano e Genova alla Svizzera), che per gli effetti nefasti e altamente penalizzanti sotto il profilo occupazionale a causa della perdita dei posti di lavoro che deriverebbe dalla decisione di chiudere, come suddetto, il centro contabile postale;
   l'interrogante rileva, altresì, come le numerose sollecitazioni rivolte al Governo nel corso della scorsa e della presente legislatura, finalizzate a potenziare i servizi postali a Novara, anziché avviare procedure di dismissione sul territorio, come in effetti Poste italiane spa sta effettuando da tempo, evidenziano l'assenza di un piano organizzativo organico e condivisibile, che non attribuisce nemmeno un ruolo strategico al settore della logistica e alle numerose opportunità offerte dal mercato in espansione;
   la necessità di rapide ed indispensabili misure d'intervento, da parte del Ministro interrogato, finalizzate ad intervenire nei confronti di Poste italiane spa, al fine di scongiurare la decisione della chiusura del centro postale di Novara, appare, a giudizio dell'interrogante, urgente in considerazione delle criticità in precedenza esposte, al fine di garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel rispetto del contratto di servizio postale universale –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali siano, in particolare, gli orientamenti del Governo, per quanto di competenza, in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane in materia di riorganizzazione del servizio di recapito nella città di Novara e se tale piano sia compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di consentire l'apertura di un tavolo di confronto tra Poste italiane spa, le organizzazioni sindacali e l'amministrazione locale novarese, volto a individuare le soluzioni più opportune per la definizione delle strategie future di una società pubblica che svolge un ruolo cruciale sul piano economico e sociale, ed evitare pertanto la chiusura del centro postale di Novara. (4-15420)


   SIMONETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi della legge di stabilità 2016, il canone di abbonamento alla concessionaria radiotelevisiva deve essere pagato contestualmente alla fattura elettrica in dieci rate annuali sulla base di una nuova presunzione di possesso dell'apparecchio televisivo legata alla presenza di un contratto di fornitura di energia elettrica «nel luogo in cui il soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
   questo nuovo modello di riscossione ha creato non poca confusione: sia fra coloro che hanno sempre pagato l'abbonamento ma che hanno situazioni familiari particolari, come i coniugi con residenze differenti o in cui l'intestatario dell'utenza elettrica non ha la residenza nell'abitazione per cui è richiesto il canone, e sia, ancor più grave, per quei cittadini che sono sempre stati esentati e che oggi si vedono costretti ad espletare annualmente pratiche burocratiche per far valere un proprio diritto;
   l'illegittimità della norma che addebita automaticamente il canone anche a chi non ha una televisione è secondo l'interrogante palese, e appare ingiusto che sia compito dell'utente presentare all'Agenzia delle entrate un'autocertificazione per essere esonerato dal pagamento del canone per l'anno in corso; ancor di più perché l'anno successivo il consumatore (di servizio pubblico elettrico ma non di quello televisivo) dovrà ripetere la stessa operazione e così ogni anno. E questa stessa annosa pratica dovrà essere ripetuta annualmente anche da coloro che sono attualmente esenti e che hanno già comunicato le proprie motivazioni alla concessionaria televisiva;
   sussistono, peraltro, contratti con tipologia cliente «domestico non residente» che riportano erroneamente la quota di canone televisivo privato in bolletta e, dinanzi alla segnalazione dell'utente, c’è nei fatti un «rimbalzo» di responsabilità tra Enel e Agenzia delle entrate per la soluzione della problematica;
   piuttosto che intervenire sulla qualità di ricezione del servizio pubblico televisivo, visto che molte aree del territorio nazionale, in particolare nei comuni di montagna, lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale Rai, che in molti casi si limita ai tre canali principali, anziché i quindici pubblicizzati, il Governo si è limitato a mettere in atto azioni volte a riscuotere senza una corrispondente contropartita –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, al fine di snellire l’iter burocratico e di arginare la grande confusione creata dal nuovo modello di riscossione del canone Rai, assumere iniziative per prevedere che la dichiarazione per l'esenzione dal pagamento del canone sia valida a tempo indeterminato, fino a comunicazione contraria da parte dell'utente; quali iniziative di competenza intenda adottare per superare la problematica relativa all'incorporazione del canone Rai nelle bollette dei non residenti, che assume di fatto la connotazione di un'appropriazione ingiustificata di risorse da parte dello Stato. (4-15428)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Agostinelli n. 4-15386, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ferraresi, Cecconi, Terzoni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Valiante n. 5-10423, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Borghi, De Menech, Mariano.

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

  Alla mozione Vezzali ed altri n. 1-01412, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2016, l'ordine delle firme viene così modificato: «Vezzali, Valiante, Calabrò, Fitzgerald Nissoli, Latronico, Faenzi, Parisi, Rabino, D'Agostino, Santerini, Pastorelli, Tinagli, Marzano, Giuseppe Guerini, Minnucci, Zanin, De Menech, Zoggia, Galati».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta in Commissione Valiante n. 5-10423, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 733 del 31 gennaio 2017.

   VALIANTE, BORGHI, DE MENECH e MARIANO. — Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha disciplinato l'organizzazione e il ruolo delle ex province introducendo la nuova denominazione di enti territoriali di area vasta, in attesa dell'abolizione degli enti stessi prevista dalla riforma costituzionale;
   la riforma del Titolo V della Costituzione non è stata approvata dal corpo elettorale e pertanto le province sono rimaste incardinate nella struttura costituzionale della Repubblica;
   la legge n. 56 del 2014 assegna alle province funzioni fondamentali quali: la pianificazione territoriale, la tutela e valorizzazione dell'ambiente, la pianificazione dei trasporti, la costruzione e gestione strade provinciali, la gestione dell'edilizia scolastica e la programmazione provinciale della rete scolastica, l'assistenza tecnico amministrativa agli enti locali;
   la medesima norma assegna inoltre funzioni aggiuntive alle province interamente montane e confinanti con Stati esteri, individuate dalle regioni competenti nelle province di Sondrio, Belluno e Verbano Cusio Ossola;
   per servizi di viabilità garantiti dalle province si intende: gestione, manutenzione e messa in sicurezza di 130 mila chilometri di strade, oltre il 70 per cento della rete viaria nazionale, di cui 38 mila di strade montane (il 30 per cento);
   le province dopo i tagli che del 2015 di 650 milioni di euro, di 1 miliardo e 300 milioni di euro (nel 2016) e 1 miliardo e 950 milioni di euro nel 2017 non sono più in grado di erogare i servizi alla popolazione;
   le province montane non si sono viste riconoscere risorse per la copertura delle funzioni fondamentali statali aggiuntive attribuite loro dalla legge n. 56 del 2014;
   dal 2013 al 2016 la spesa corrente delle province è diminuita del 40 per cento, riducendosi di oltre 2,7 miliardi di euro; la differenza tra entrate e uscite nel 2016 è stata pari a 571 milioni di euro;
   la legge di bilancio per l'anno 2017 avrebbe dovuto disciplinare nuovi interventi per le province, ma la crisi intervenuta a seguito delle dimissioni del Governo pro tempore ha comportato un'accelerazione dell’iter di approvazione della legge che non ha potuto prevedere nuovi interventi per gli enti periferici;
   lo stato di emergenza ambientale delle ultime settimane ha evidenziato come non sia ulteriormente procrastinabile una nuova disciplina normativa ed economica sull'articolazione delle province –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, anche con riguardo alla individuazione delle risorse economiche necessarie. (5-10423)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Patrizia Maestri n. 5-01111 del 2 ottobre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Palmizio n. 5-08907 del 15 giugno 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Spadoni n. 5-10009 del 14 novembre 2016;
   interrogazione a risposta scritta De Rosa n. 4-14918 del 6 dicembre 2016;
   interrogazione a risposta scritta Matarrese n. 4-15130 dell'11 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Scotto n. 4-15253 del 18 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Segoni n. 4-15280 del 20 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta scritta Quaranta n. 4-15298 del 20 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Ciracì n. 5-10384 del 25 gennaio 2017.

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B al resoconto della seduta n. 733 del 31 gennaio 2017, alla pagina 44233, prima colonna, settima riga, deve leggersi: «Interpellanze urgenti:» e non come stampato.

  Conseguentemente:
   al medesimo allegato B, alla pagina 44233, dopo la nona riga, deve leggersi: «Ginoble Tommaso 2-01634 44240»;
   al medesimo allegato B, alla pagina 44239, alla riga sedicesima, deve leggersi: «Interpellanze urgenti:» e non come stampato;
   al medesimo allegato B, alla pagina 44240, prima colonna, dopo la diciottesima riga, deve leggersi:

   «I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   quest'anno il Giro d'Italia – il più importante e atteso evento sportivo italiano – compie 100 anni e per l'occasione straordinaria l'azienda organizzatrice (RCS) ha previsto un percorso straordinario che toccherà quasi tutte le regioni e una serie di iniziative esclusive per celebrare la “Corsa più dura del mondo, nel Paese più bello del mondo”;
   il Giro d'Italia è da sempre uno degli eventi sportivi più prestigiosi, visibile in 184 Paesi del mondo, racconta – attraverso le imprese incredibili dei ciclisti – le bellezze ambientali e culturali del nostro Paese ed in ogni sua tappa, è sostenuta da fondi pubblici erogati tramite regioni, province e comuni che sono sede di partenza o di arrivo, oltre al patrocinio dato dallo Stato italiano, con la fornitura di quanto necessario in forze dell'ordine e risorse varie, per la sicurezza ed il perfetto svolgimento dell'evento;
   una tra le tappe più attese sarà quella del 14 maggio in Abruzzo, la salita al Blockhaus, nel cuore del parco della Majella, che, oltre a rendere omaggio a Fausto Coppi, Gino Bartali, Marco Pantani e Baldini, sarà l'occasione per sostenere le popolazioni colpite dagli ultimi eventi sismici ed in questa regione ha sede lo sponsor principale di uno dei team esclusi;
   come previsto dal regolamento la RCS Sport ha la possibilità di invitare, tramite lo strumento delle “wild card” 4 team di livello “professional” oltre alle 18 squadre di livello “world tour” iscritte di diritto alla corsa e tra le quali per la prima volta nella storia non è presente nessun team italiano;
   il 18 gennaio 2017 sono stati resi pubblici i team scelti: la Bardiani-CSF (vincitrice della coppa Italia) e la Willier Selle Italia, quest'ultima peraltro gestita da una società irlandese (che oltre a godere dei ben noti vantaggi fiscali, ha tutti i dipendenti assunti presso di sé con relativi contributi pagati in questo Stato) e 2 wild card a team stranieri, la polacca CCC e la russa Gazprom Rusvelo, inviti giustificati dall'organizzatore con vantaggi da possibili sponsorizzazioni;
   sono state invece escluse altre due squadre italiane: la Nippo Vini Fantini e Androni Giocattoli, entrambe di grande valore e composte da atleti che hanno vinto il giro d'Italia nel passato;
   la Nippo Vini Fantini aveva ricevuto la wild card negli ultimi due anni registrando grandi successi con le vittorie sui Gran premi della montagna di Cunego, che è uno dei tre vincitori italiani del Giro ancora in attività, il colombiano Julian Arredondo vincitore di tappe e della classifica degli scalatori e l'ex tricolore Ivan Santaromita;
   la decisione di concedere, nell'anno del centenario, 2 wild card a team stranieri e di escludere i due team italiani ha creato malumori e grande delusione nel mondo sportivo che negli anni passati era solito avere almeno cinque team italiani in gara;
   in una nota ufficiale del 19 gennaio 2017 il general manager del team Nippo Vini Fantini ha chiesto alla Federazione ciclistica italiana di intervenire, a supporto di RCS, per chiedere una deroga all'Unione ciclistica internazionale ed allargare il numero delle wild card, come fatto del resto già nel 2011 in occasione delle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, ritenendo necessario un intervento forte per salvaguardare il ciclismo italiano e dare un'opportunità in più ad un team di matrice tricolore per il Giro 100, il Giro che più di ogni altro unirà l'Italia e porterà il made in Italy nel mondo;
   un sollecito a trovare una soluzione, che consenta al team di partecipare al Giro d'Italia, arriva anche dall'assessore regionale allo sport ligure e dal presidente del Coni Liguria attraverso una lettera inviata nei giorni scorsi al presidente della FCI-Federazione ciclistica italiana;
   la mancata partecipazione al giro d'Italia può determinare un forte danno di visibilità e di ritorno economico per i team italiani e per l'intera manifestazione, oltre a portare alla quasi certa chiusura di due società che pagano tasse e contributi per gli ottanta dipendenti nel nostro Paese, il tutto a vantaggio di team e movimenti ciclistici esteri –:
   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza volta a salvaguardare il ciclismo italiano e a dare la più ampia opportunità ai team di matrice tricolore, in particolare in considerazione del fatto che si tratta del Giro 100, il Giro che più di ogni altro unirà l'Italia e porterà il made in Italy nel mondo.
(2-01634)
«Ginoble, Oliverio, Carella, Peluffo, Lodolini, Giulietti, Guerra, Tullo, Marroni, Lattuca, Mariano, Leva, D'Incecco, Berretta, Grassi, Stumpo, Cominelli, Castricone, Paolo Rossi, Cuomo, Galperti, Burtone, Mazzoli, Zoggia, Meta, Braga, Ferro, Palma, Rocchi, Ferrari, Malpezzi, Senaldi, Manfredi, Lauricella, Massa, Fusilli, Cinzia Maria Fontana».».