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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 30 gennaio 2017

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   a quanto risulterebbe agli interroganti, in un articolo a firma Angelo Scorza del 13 luglio 2009 apparso sul sito Ship 2 Shore, dal titolo «Le banche confermano agli armatori le delibere già assunte – Gori (MPS Capital Services): “Ridurremo la leva finanziaria, non la fiducia verso i clienti consolidati; ma occorre un risveglio nella produzione”. Previsioni nefaste sui cantieri» vengono riportate tra l'altro molte dichiarazioni di Gabriele Gori, allora vice direttore generale di MPS Capital Services:
    «Non abbiamo un eccesso di cautela, anzi diamo piene conferme al settore, che ha un rischio standard rispetto ad altri. Non facciamo alcuna resistenza, posso pure confermare che manteniamo in stipula le delibere dello scorso anno. Solo adesso valutiamo bene la qualità delle nostre controparti» (...) «Operiamo ragionando all'infuori della specificità del settore; in essenza, “accompagniamo” verso gli investimenti le famiglie che governano le aziende armatoriali. Noi facciamo molto più corporate financing che non asset financing». «Non abbiamo alcuna intenzione di ritirare le delibere già assunte; manteniamo gli impegni presi, e al massimo rinegoziamo le condizioni. Ma il vero problema è che il settore attualmente si muove poco. Nel 2008 avevamo finanziato 10 nuove costruzioni (solo 3 in pool con altre banche) per un valore di investimento complessivo di 1,1 miliardi di euro, con una leva finanziaria intorno all'80 per cento. In totale il flusso di erogazione è stato di circa 600-700 milioni di euro. Nel 2009 si evidenzia un netto rallentamento dei finanziamenti, mentre la nostra leva sarà ridotta al 50 per cento –65 per cento. Continueremo a lavorare ma soltanto con clienti, anche se vale la pena constatare come quasi tutti gli armatori siano già nostri clienti». Gori stima che sarà di circa 500 milioni di euro il monte-finanziamenti erogato nel 2009 – «la nuova produzione di navi dovrà poggiare su una buona parte di autofinanziamento ed eventuale capitale fresco immesso nelle società» – ma subito sgombera il campo da qualunque ipotesi allusiva: «in ogni caso non saremo mai soci degli armatori. Si può essere investitori o finanziatori, non crediamo nella duplice veste. Dunque non prenderemo nessuna iniziativa di equity; noi non siamo disponibili ad operazioni di pura finanza»;
   il manager di MPS è molto preciso nell'usare termini calzanti. «Mi chiede se abbiamo sofferenze ? Piuttosto parlerei di qualche “incaglio”»;
   il riferimento alla sfortunata vicenda che ha colpito la d'Amato di Navigazione è più che esplicito. «Si tratta di attendere, siamo fiduciosi nella capacità di ripresa del cliente ed in generale del settore armatoriale. Più preoccupante è invece il quadro della cantieristica, soprattutto in prospettiva. In Italia il costo del lavoro è troppo elevato, lo sappiamo bene; i nostri cantieri non sono competitivi, temo che ne rimarranno pochi. Il problema non riguarda tanto la navalmeccanica delle barche da diporto, che ci trova più ottimisti, quanto quella di navi mercantili»;
   Gori non dimentica che la sua società è azionista di NCA Nuovi Cantieri Apuania – per il quale l'interessamento di Mariotti pare sempre più forte ndr – ma, malgrado ciò, nutre davvero poca fiducia nel settore mercantile. «La vicenda De Poli insegna. E ci sono altre situazioni non tranquillizzanti come quelle dei cantieri Calderan, Visentini, Gas + Heat, Pesaro. Al tempo stesso siamo comunque convinti che chi è in gamba alla fine ce la possa fare. Certo, la temperatura è davvero alta, ed in queste condizioni solo chi è molto specializzato sopravviverà. Basta vedere la storia di Rodriquez Intermarine...»;
   Il Sole 24 Ore scrive l'11 gennaio 2017 «Tra i casi più eclatanti ci sono i finanziamenti concessi alla Deiulemar, compagnia di navigazione di Torre del Greco (in provincia di Napoli) il cui crack ha coinvolto circa 13 mila risparmiatori (di cui 10 mila famiglie del luogo), che avevano investito nella società più di 720 milioni di euro. Tra i finanziatori dell'azienda, da molti definita come la “Parmalat del mare”, c'era proprio il Montepaschi. A quel tempo, prima che il crack si manifestasse con tutta la sua forza, alcuni dei responsabili di Mps Service di Napoli si vantavano per la presenza di Deiulemar nel portafoglio di clienti della banca.»;
   tra le domande tardive di insinuazione allo stato passivo presentate presso il tribunale di Torre Annunziata, sezione fallimentare, risulta una richiesta pari a 13.325.849,10 euro, mentre il giudice delegato e il Collegio dei curatori hanno accettato solo un importo chirografario complessivo pari a 5.170.431,62 non avendo esibito la MPS la documentazione necessaria alla ricostruzione del credito vantato –:
   come intenda procedere il Governo, in qualità di prossimo azionista di maggioranza di MPS, per fare una vera disclosure sui finanziamenti facili erogati dalla stessa banca senese in chissà quanti altri grandi scandali finanziari nazionali;
   se non intenda nel caso specifico costituirsi parte civile nel processo in corso con la finalità di recuperare il prima possibile i capitali distolti dalla società di fatto e di verificare le eventuali responsabilità degli amministratori di MPS, incapaci di portare i necessari documenti giustificativi per l'insinuazione nello stato passivo nel processo fallimentare a carico di Deiulemar;
   quali siano le motivazioni per cui il Governo, nonostante fosse già azionista della banca, non sia intervenuto prima sulla vicenda.
(2-01626) «Pesco, Villarosa, Alberti, Luigi Gallo, Cancelleri, Vallascas, Brugnerotto, D'Incà, Sibilia, Crippa, D'Uva, Da Villa, Lorefice, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Della Valle, L'Abbate, Micillo, Cominardi, Ciprini, De Rosa, Gagnarli».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 3 aprile 2007 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione europea la norma sulla riduzione della base imponibile dell'Irap, (cosiddetta cuneo fiscale; articolo 1, comma 266, legge n. 296 del 2006) a norma dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato CE, per poter escludere che tale misura potesse essere considerata «aiuto di Stato»;
   la Commissione europea ha richiesto informazioni supplementari, da ultimo con lettera 27 giugno 2007, che sono state fornite dalle autorità italiane il 20 luglio 2007;
   in base alla legge erano state escluse dal «vantaggio fiscale»: banche, imprese di assicurazioni, imprese di assicurazioni, imprese operanti in concessione e tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, e altro. Dopo le osservazioni della Commissione, le autorità italiane si sono impegnate ad estendere i vantaggi della misura alle imprese del settore assicurativo e del settore bancario con effetto retroattivo. Di conseguenza, soltanto i pubblici servizi, gestiti sulla base di una tariffa regolamentata e di una concessione, nonché la pubblica amministrazione, venivano esclusi dal vantaggio della misura fiscale in questione;
   per quanto riguarda i pubblici servizi, l'Italia ha chiarito che l'esclusione dal vantaggio della misura riguarderebbe soltanto i servizi pubblici gestiti sulla base di una tariffa regolamentata e di una concessione traslativa e che tali due criteri sono cumulativi e non alternativi. La Commissione europea ha quindi espressamente evidenziato che «si evince, in base a quanto dichiarato dall'Italia, che l'esclusione dai vantaggi si applicherebbe soltanto nei casi in cui il metodo di fissazione della tariffa da parte dell'autorità di regolamentazione compensi i costi fiscali dei pubblici servizi». Infatti, secondo lo Stato Italiano «l'autorità di regolamentazione, nel fissare una tariffa, tiene conto dei costi fiscali (IRAP compresa)», di guisa che l'esclusione dei pubblici servizi dalle deduzioni non nuocerebbe ai pubblici servizi in questione;
   sempre secondo l'Italia, «Per quanto riguarda i pubblici servizi, le autorità italiane hanno giustificato l'esclusione sostenendo che essa ha lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione generata dalla misura in quanto l'attuale livello delle tariffe è stato determinato tenendo conto dell'onere IRAP prima della riforma, ossia senza le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla misura. In effetti i pubblici servizi interessati sono soltanto quelli operanti in settori nei quali si tiene già interamente conto dell'onere fiscale nella determinazione della tariffa.»;
   soltanto per effetto di tale impegno delle autorità Italiane, la Commissione europea ha deciso (Bruxelles 12 settembre 2007 – C.2007 — 4133) «di non sollevare obiezioni relativamente alla misura poiché essa non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.»;
   tuttavia, come da denuncia presentata dalla Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori (Anav), malgrado gli impegni delle autorità Italiane, l'Agenzia delle entrate (AE) su tutto il territorio nazionale — disattendendo quanto sopra — ha, con assunti a giudizio dell'interpellante, infondati e di dubbia legettimità, ha emanato plurimi avvisi di accertamento nei confronti di società esercenti l'attività di trasporto pubblico locale, pur trattandosi di imprese non operanti in regime di «concessione traslativa» e nemmeno in quello di «tariffa remuneratoria». Non solo, ma in tutti i casi, trattava di un «contratto» di servizi in base ad un corrispettivo determinatosi per effetto di un «aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa» e cioè al ribasso;
   per effetto di tale situazione, si sta producendo quello che appare all'interpellante come un indebito aumento del gettito fiscale;
   si stanno pesantemente danneggiando le imprese che avevano fatto legittimo affidamento sugli impegni assunti dalle autorità italiane nei confronti della Commissione europea e infine si è in presenza di un'azione che si pone in contrasto con le regole dell'Unione europea, in quanto tale atteggiamento configura palesemente «l'aiuto di Stato» da parte dell'Italia in quanto di «natura selettiva»;
   i giudici tributari hanno annullato gli accertamenti dell'Agenzia delle entrate, in quanto emanati nei confronti di imprese non operanti in regime di concessione traslativa, né con tariffa remuneratoria e nemmeno con obbligo da parte dell'ente affidante di copertura integrale di tutti gli oneri fiscali (Sentenza Commissione Tributaria Regionale Lazio n. 4414 gennaio 2015; Sentenza Commissione Tributaria Regionale Milano n. 107 giugno 2013; Sentenza Commissione Tributaria Provinciale Venezia n. 131 del 24 giugno 2011; Sentenza Commissione Tributaria Provinciale Lecco n. 145 marzo 2012; Sentenza Commissione Tributaria Provinciale Brescia n. 62 gennaio 2012; Sentenza Commissione Tributaria Regionale Venezia n. 10 gennaio 2013) –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, anche emanando una circolare esplicativa, per chiarire che in coerenza con l'impegno assunto dall'Italia nei confronti della Commissione europea, rientrano nel «vantaggio fiscale» Irap di cui in premessa, tutte le imprese che abbiano stipulato o stipulino con l'ente pubblico un «contratto di servizi» in base ad un corrispettivo determinatosi per effetto «di una aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa» e la cui «tariffa non tiene espressamente conto della copertura integrale degli oneri fiscali».
(2-01628) «Vignali».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nell'ultima udienza del processo denominato Quirra, tenutasi nel tribunale di Lanusei il 27 gennaio 2017, il maresciallo dell'aeronautica in pensione ha dichiarato: «il mio compito era ben definito, dovevo scavare buche in zona torri. Buche di 20 metri di profondità e 40 di larghezza. Alle 5 del mattino ero già in zona torri. A mezza mattina arrivavano i camion carichi di ogni porcheria provenienti da tutta Italia. Munizioni di ogni genere. Dai proiettili alle bombe ciclopiche. Missili e ogni genere di esplosivi. Caricavano tutto sulla benna della mia ruspa e io le posavo nel fondo del cratere. Ricoprivo tutto e poi l'artificiere faceva il resto. Un cavo di un chilometro almeno. Un colpo secco e si alzava per aria una nube nera alta almeno 50 metri. Secondo il vento si adagiava nei paesi limitrofi di Perdasdefogu o Escalaplano. Tutto questo per 20 volte al mese. Per far esplodere tutto usavamo almeno 800 kg di esplosivo ogni volta. Gli artificieri verificavano che tutto fosse esploso e che ogni esplosivo fosse stato distrutto. Il cratere gigantesco serviva per il giorno dopo. Si seguiva la stessa del giorno prima: colonna di camion carichi di ogni genere di porcheria e poi fungo di polvere nera sui centri abitati. Sulla corona del cratere polveri residuavano di ogni tipo: bianche, verdi e nere. Affiorava l'acqua delle falde, ovviamente contaminata. Il bestiame tutto intorno»;
   gli avvocati di Stato presenti al processo hanno tentato in tutti in modi, con pretesti formali, di impedire tale deposizione disposta dal pubblico ministero;
   il giudice ha ammesso la testimonianza;
   non si sarebbe trattato, dunque, di prove di brillamenti, come i generali hanno sempre tentato di sostenere, ma di qualcosa di ben più grave: smaltimento, con modalità di dubbia legittimità, di munizioni e di armamenti di ogni genere in contrasto con tutte le regole ambientali e di sicurezza sia per i militari che per i civili;
   le regole prevedevano lo svuotamento dei missili e delle bombe e una procedura di recupero del contenuto per uno smaltimento secondo legge;
   è evidente che non si può trattare di un processo funzionale alla mancata osservanza di regole legate alla mera sicurezza del poligono; con questa testimonianza chiave, ad avviso dell'interrogante si riapre più che un'ipotesi di reato considerato che il disastro ambientale risulta ancora in essere;
   emerge in tutta la sua evidenza la trasformazione della Sardegna in una discarica di Stato dove veniva scaricato ogni genere di materiale bellico da distruggere;
   il «caso Quirra» non è, dunque, un processo per mancanza di cartelli segnaletici;
   ora, sempre di più, si configura un vero e proprio disastro ambientale con gravi conseguenze sulla salute dei cittadini e degli stessi militari;
   quanto emerso nel corso del processo Quirra è un fatto di una gravità inaudita che obbliga il Governo e il Parlamento a fare piena luce su tutti quelli che l'interrogante giudica «misfatti di Stato» dentro le basi militari;
   si sarebbe trattato di quello che sembra all'interrogante un occultamento e smaltimento di dubbia liceità di ogni genere di armamento bellico con procedure che hanno gravemente attentato non solo all'ambiente ma soprattutto alla salute degli abitanti a partire dai militari sino ai civili;
   le dichiarazioni rese dal maresciallo in pensione nel corso del processo costituiscono l'elemento cardine di un nuovo procedimento dove il Governo, secondo l'interrogante, deve farsi parte attiva per la denuncia e il perseguimento di una fattispecie ancora in essere come quella del disastro ambientale;
   dentro Quirra è stato messo in atto un vero e proprio attentato all'ambiente e alla salute di tutti gli operatori che lavoravano dentro la base, nonché ai cittadini dei paesi limitrofi –:
   se il Governo non ritenga, alla luce delle dichiarazioni processuali richiamate, di dover valutare ogni iniziativa di competenza nei confronti dei responsabili di tali fatti, anche in considerazione della persistenza del disastro ambientale, non essendo intervenuta nessuna azione di bonifica nell'area oggetto delle dichiarazioni rese dal testimone;
   se il Governo non ritenga di dover valutare e individuare tutta la catena di comando di tali fatti denunciati e perseguirne le responsabilità sul piano disciplinare;
   se non ritenga di promuovere un immediato piano di caratterizzazione del danno causato affidando a soggetti terzi la valutazione dello stesso.
(2-01629) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   PELUFFO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa nazionale e locale si apprende quanto segue:
    in data 16 settembre 2015 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una nuova legge regionale sul turismo che stanzia cinque milioni di euro in tre anni. Insieme alla legge è stato approvato anche un emendamento che concede la possibilità di accedere ai bandi di finanziamento regionale per «strutture ricettive alberghiere e non alberghiere» solo «qualora il fatturato o il ricavato dell'attività ricettiva degli ultimi tre anni sia integralmente derivante dall'attività turistica», specificando che «nel fatturato o ricavato non sono computate le entrate relative ad attività conseguenti a calamità naturali o altri eventi determinati da disastri naturali o incidenti di particolare rilevanza o altresì in esecuzione di specifici provvedimenti coattivi»;
   in vigenza dell'attuate disciplina normativa che discenda dal titolo V della parte II della Costituzione, e segnatamente dall'articolo 117, nonché della giurisprudenza uniforme della Corte costituzionale (ad esempio sentenza n. 197 del 2003), la potestà normativa delle regioni in materia di turismo incontra dei limiti nelle leggi statali di principio e di coordinamento, oltre che nelle discipline di esclusiva competenza legislativa statale come il diritto privato, il diritto penale, le norme giurisdizionali;
   tale provvedimento, di fatto, penalizzerà nei bandi le strutture ricettive che in maniera volontaria dànno accoglienza ai richiedenti asilo, scoraggiando gli albergatori lombardi che volessero mettersi spontaneamente a disposizione per iniziative di accoglienza, configurando così, ad avviso dell'interrogante, una violazione del diritto di asilo riconosciuto dai commi 2 e 3 dell'articolo 10 della Costituzione;
   la formulazione della legge regionale secondo l'interrogante viola il principio di concorrenza e di uguaglianza tra le aziende alberghiere, che non possono essere discriminate con l'esclusione dai bandi;
   la normativa di cui trattasi penalizzerà anche le strutture ricettive che, sulla base di accordi con il Ministero dell'interno, danno ospitalità al personale delle forze dell'ordine fuori sede –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra;
   se non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare il diritto di asilo e i principi di uguaglianza e libera concorrenza e garantire il rispetto degli accordi di coordinamento nazionale finalizzati all'ospitalità del personale di sicurezza fuori sede. (3-02742)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del luglio 2010 ha sancito che l'accesso all'acqua potabile e ai servizi igienicosanitari è un diritto umano, universale, indivisibile, imprescrittibile, inalienabile: dunque l'acqua non può essere proprietà di nessuno, ma deve essere in bene comune equamente condiviso;
   nel 2003, che è stato dichiarato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite «anno mondiale dell'Acqua», proprio a Firenze si è svolto il Forum mondiale alternativo dell'acqua i cui rappresentanti, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune necessario alla vita, hanno dichiarato la propria contrarietà a politiche fondate sulla trasformazione dell'acqua in merce;
   con il referendum del 12 e 13 giugno 2011, la maggioranza assoluta delle italiane e degli italiani ha votato «si» ai due quesiti per l'acqua come bene comune e oltre il 95 per cento dei votanti si è espresso dunque in favore dell'esclusione dell'acqua da una logica di mercato e di profitto. Il combinato disposto dal referendum consegna un quadro normativo che rende necessaria la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. Infatti, così come sancito nella sentenza della Corte costituzionale di ammissibilità del primo quesito (sentenza n. 24 del 2011), l'abrogazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 dei 2008, riguarda in tale quesito, rimanda direttamente alla disciplina europea in ordine alla gestione dei servizi pubblici locali, la quale prevede anche la gestione tramite enti di diritto pubblico, quali sono ad esempio in Italia le aziende speciali e le aziende speciali consortili; mentre l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativa all'adeguata remunerazione del capitale investito, richiede nel secondo quesito referendario, ha eliminato la possibilità per il gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa. Con riferimento a tale quesito la Corte costituzionale (sentenza n. 26 del 2011) ha decretato che la nuova tariffa è immediatamente applicabile e deve prevedere esclusivamente la copertura dei costi a partire dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 116;
   da fonti stampa si apprende che, a partire dalle ultime due settimane del mese di marzo 2016, la Nuove Acque Spa, quale gestore del Servizio idrico integrato su concessione dell'AATO 4 (ora Autorità Idrica Toscana – AIT), per mezzo di suoi dipendenti, si è recata presso le abitazioni di diversi cittadini della provincia di Arezzo per intimare loro il pagamento di una presunta morosità, minacciando la sospensione della fornitura dei servizio, che di lì a poco si è concretizzata, causando enormi disagi a numerose famiglie;
   la morosità in questione è da considerarsi presunta in quanto i cittadini che sono stati oggetto della suddetta misura, aderiscono all'iniziativa denominata «Obbedienza Civile», promossa dal Comitato Acqua Pubblica di Arezzo, che consiste nell'omettere il pagamento della quota relativa alla remunerazione del capitale investito, quota (che varia tra il 10 e il 13 per cento) non più esigibile per effetto dell'esito del referendum del giugno 2011, è stato recepito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 18 luglio 2011, fattore che è stato esplicitamente contestato a Nuove Acque Spa la quale ha comunque, proceduto alla sospensione del servizio;
   la Nuove Acque Spa, pretende di esigere tale quota, nonostante l'Autorità Giudiziaria, i Giudici di Pace di Arezzo e Chiavari, abbiano riconosciuto l'illegittimità di tale pretesa, e nonostante l'esito dall'ordinanza del Consiglio di Stato emessa nel ricorso n. 5890 del 2014 R.G.1;
   in base all'articolo 61 (Disposizioni in materia di morosità nel servizio idrico integrato) della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (meglio nota come «collegato ambientale», entrata in vigore il 2 febbraio 2016), viene garantito un «quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi», il quale ammonta a 50 litri/giorno pro capite. Pertanto, la sospensione della fornitura di acqua a diverse famiglie di «obbedienti civili» deve considerarsi per gli interroganti di dubbie legittimità perché violerebbe il diritto, riconosciuto espressamente anche ai morosi, di avere garantito il minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali per la sopravvivenza, diritto da ritenersi immediatamente precettivo perché rientrante in quella tutela dei diritti fondamentali dell'uomo garantita e riconosciuta dagli articoli 2 e 36 della Costituzione –:
   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa, e quali iniziative intenda adottare, affinché venga garantita l'erogazione di 50 litri per abitante in quanto quantitativo minimo vitale giornaliero. (5-10407)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le iscrizioni al bando di concorso per 800 assistenti giudiziari indetto dal Ministero della giustizia si sono chiuse il 22 dicembre 2016;
   il concorso per cancellieri si articola in un test scritto e in un esame orale volto anche ad accertare le competenze linguistiche e informatiche dei candidati;
   gli aspiranti cancellieri che hanno inviato la propria candidatura potrebbero essere così tanti da dover affrontare la prova preselettiva;
   nel bando è previsto che, qualora il numero di iscritti al concorso per 800 cancellieri fosse 5 volte superiore ai posti in palio (più di 4 mila candidati), gli aspiranti assistenti giudiziari dovranno affrontare la prova preselettiva;
   il 14 febbraio 2017 il Ministero della giustizia pubblicherà sul sito ufficiale www.giustizia.it e in Gazzetta Ufficiale della Repubblica – 4a serie speciale le date delle prove e dell'eventuale prova pre-selettiva;
   il numero di domande inviate ha superato le 300 mila iscrizioni; la prova pre-selettiva è praticamente confermata;
   appare evidente che ogni singolo candidato che dovesse superare le prove dovrebbe sostenere spese rilevanti per il trasferimento a Roma per lo svolgimento del concorso;
   è altrettanto evidente che i quasi 1000 concorrenti provenienti dalla Sardegna dovrebbero sostenere spese decisamente superiori a qualsiasi altro candidato proveniente dal resto d'Italia;
   è accertato che non esiste una disponibilità di posti così concentrata per il viaggio verso Roma e che ci sarebbero oggettive discriminazioni nel partecipare a tale concorso per i residenti in Sardegna –:
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per prevedere e pianificare l'utilizzo di strutture e organizzazione a base regionale per evitare questo «calvario» in relazione alla partecipazione a un concorso che dovrebbe mettere tutti i candidati nelle medesime condizioni di partecipazione;
   se non si ritenga con urgenza di dover valutare l'adozione di iniziative per la dislocazione delle prove in ambito regionale o, perlomeno, tener conto dei fattori più evidenti di mobilità e costi per i singoli candidati, a partire dalla regione Sardegna già gravemente penalizzata e discriminata in tal senso. (5-10409)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TACCONI, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio di previsione per l'anno 2017 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui alla tabella 6, capitolo 3153, «Contributi in denaro, libri e materiale didattico e relative spese di spedizione ad enti, associazioni e comitati per l'assistenza educativa, scolastica, culturale, ricreativa e sportiva dei lavoratori italiani all'estero e delle loro famiglie» recava inizialmente un'autorizzazione di competenza e di cassa pari ad euro 5.836.603;
   nel corso dell’iter parlamentare della legge di bilancio, a seguito di un emendamento approvato alla Camera, il capitolo in questione veniva incrementato di 4.000.000 euro, portandone la dotazione finanziaria a complessivi euro 9.836.603;
   in più di un'occasione il Governo ha indicato quale priorità assoluta la diffusione e promozione della lingua e cultura italiana all'estero, giustamente ritenuta leva strategica non solo delle politiche migratore ma, complessivamente, del sistema Paese;
   coerentemente con tale indicazione, nella legge di bilancio appena approvata dal Parlamento, il Governo ha istituito nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un fondo da ripartire pari a 20 milioni di euro per l'anno 2017, 30 milioni di euro per l'anno 2018 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiane all'estero;
   accogliendo un ordine del giorno presentato in commissione affari esteri della Camera, in sede di esame del suddetto disegno di legge, il Governo ha manifestato la volontà di integrare, a valere su tale Fondo, lo stanziamento previsto per il Capitolo 3153 della direzione generale degli italiani all'estero, con un importo di 6 milioni di euro;
   il reintegro di tale somma consente di tutelare ed incoraggiare l'impegno degli enti gestori, di cui è noto il valore e lo spazio che ad essi compete all'interno del sistema di promozione linguistica e culturale;
   da alcuni organi di stampa si apprende che, per rispondere alle richieste di correzione della manovra economica, si intenderebbero usare fondi non allocati recuperabili nelle pieghe del bilancio –:
   se e in che misura sia stato dato seguito all'impegno richiamato in premessa per salvaguardare la destinazione del fondo di cui trattasi e per rassicurare gli enti gestori ai fini di una serena programmazione dell'attività didattica.
(5-10415)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 72 del 2001 ha introdotto, in ottemperanza all'articolo 9 della Costituzione, la tutela delle tradizioni storiche, linguistiche e culturali italiane delle comunità istriane, fiumane e dalmate residenti in Italia. In particolare, la legge ha stabilito le tipologie specifiche dei progetti oggetto del sostegno economico statale, l'ammontare del contributo e la modalità di erogazione;
   la legge, all'articolo 1, comma 4, specifica come lo stanziamento, di durata triennale, debba venir utilizzato attraverso un'apposita convenzione da stipulare tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, sentiti la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), previa adeguata consultazione di associazioni e centri culturali, esistenti alla data del 31 maggio 2000, promossi dagli esuli di detti territori e che si pongano come fine statutario preminente lo studio e la ricerca sul patrimonio storico culturale dell'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia;
   la convenzione stabilisce, annualmente, le modalità di accesso ai finanziamenti e di erogazione degli stessi, le procedure per i controlli sulle spese ad essi connesse e i termini di presentazione delle relative domande; successivamente, la legge n. 193 del 2004 ha stabilito alcune semplificazioni di natura formale, oltre alla proroga ed al rifinanziamento delle attività di cui alla legge precedente;
   per la prosecuzione degli interventi di cui alla legge n. 72 del 2001 è stata autorizzata, dall'articolo 1, comma 294, della legge n. 228 del 2012, l'erogazione della somma di euro 2.300.000 per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, a valere sull'apposito capitolo di bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   la circolare per la concessione dei contributi previsti dalla legge n. 72 del 2001 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 28 febbraio 2011, all'articolo 8 ha spiegato inoltre che «agli Enti ammessi al contributo verrà erogato, tramite funzionario delegato, un acconto pari al 50 per cento dell'importo attribuito. Il saldo dell'intero importo verrà erogato, tramite funzionario delegato, dietro presentazione di una relazione analitica sulle attività svolte e (...) su tutta la documentazione concernente le fasi procedimentali per la realizzazione delle attività connesse al progetto»;
   a quanto consta all'interrogante, la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, pur avendo anticipato i fondi (1,4 milioni di euro per le annualità 2009, 2010, 2011 e 2012), non ha ancora percepito il dovuto rimborso. Nello specifico, il funzionario delegato (FD) Anna Maria Affanni, a marzo 2015, ha richiesta l'erogazione di 1,4 milioni di euro, circa, al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per i progetti degli anni 2009-2012. A marzo 2016, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha richiesto l'iscrizione a bilancio delle cifre perenti alla Ragioneria generale dello Stato;
   da notizie giunte agli interroganti, nel mese di aprile del medesimo anno, il funzionario delegato si è dimesso e, a giugno 2016, è stata nominata come finanziario delegato Luisa Villotta, direttore dell'Archivio di Stato di Udine;
   la disponibilità dei fondi per i progetti relativi agli anni 2009-2012 è stata dichiarata erogabile dalla Corte dei Conti nel mese di agosto 2016 e, a settembre 2016, 1,4 milioni di euro circa, a quanto consta agli interroganti, sono stati depositati sul conto della Banca d'Italia;
   nel solo mese di ottobre, Villotta ha inoltrato i rilievi per i progetti realizzati. In data 5 dicembre 2016 la Federazione ha inviato una nota al funzionario delegato per conoscere le tempistiche sulla liquidazione dei lavori;
   Villotta, il 6 dicembre 2016, ha dato le dimissioni dall'incarico, creando in tal modo un'ulteriore problema sia alla Federazione che al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   a quanto risulta agli interroganti la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati è in attesa del pagamento dei fondi richiesti più di un anno fa e riguardanti progetti effettuati con fondi per le annualità 2009-2012 –:
   alla luce dei fatti esposti in premessa, come si intenda spiegare la mancata erogazione dei fondi;
   quali iniziative, per quanto di competenza, ai sensi della legge n. 72 del 2001, i Ministri interrogati intendano urgentemente attivare, e secondo quali tempistiche, per l'erogazione dei fondi destinati alla Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati per i progetti attuati e finanziati attraverso fondi privati. (4-15394)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il consigliere regionale Mighetti presentava un'interrogazione alla regione Piemonte avente ad oggetto «Chiarimenti in merito alla procedura di infrazione n. 2009/4426 inerente la discarica sita in zona A1 dell'ex stabilimento ACNA di Cengio e all'operatività della Regione Piemonte»;
   in tale interrogazione, in particolare, si evidenziava come:
    1) in data 5 settembre 2016, a seguito dell'interrogazione, prot. n. E-005989-16 del Parlamento europeo, avente per oggetto lo stato di avanzamento delle operazioni di bonifica del sito d'interesse nazionale ex ACNA di Cengio, la Commissione europea si è pronunciata così: «La Commissione ha avviato una procedura d'infrazione (2009/4426) intesa a garantire che la bonifica dell'ex sito industriale dell'ACNA di Cengio (Liguria) sia eseguita in conformità con le disposizioni della direttiva relativa alle discariche di rifiuti e della direttiva relativa ai rifiuti (Direttive 1999/31/CE e 2008/98/CE). Nel quadro della procedura d'infrazione in corso la Commissione sta monitorando la situazione al fine di garantire che il livello di protezione previsto dalla direttiva sulle discariche venga applicato alla discarica per terreni inquinati e rifiuti pericolosi esistente sul sito. Effettivamente una parte dei lavori di riabilitazione consisteva nel deposito di terreni inquinati e rifiuti pericolosi in un'area del sito. A parere della Commissione, questa attività corrisponde alla creazione di una discarica ai sensi della direttiva relativa alle discariche e sono pertanto di applicazione i requisiti rigorosi ivi previsti per la protezione dell'ambiente e della salute umana»;
    2) da quanto emerso risulta essere stata realizzata presso la zona A1 dell'ex stabilimento di Cengio, alla luce delle considerazioni della Commissione europea, una vera e propria discarica contenente milioni di metri cubi di rifiuti provenienti dalla bonifica della dell'ex fabbrica, e ciò senza aver acquisito alcuna valutazione d'impatto ambientale;
   l'assessore all'ambiente piemontese, Valmaggia, nel rispondere alla citata interrogazione, affermava, tra l'altro, che: 1) «La bonifica è un procedimento di competenza del Ministero dell'Ambiente che sul punto in discussione ha già relazionato alla Commissione VIII Ambiente Territorio e Lavori Pubblici con l'audizione del Ministro dell'Ambiente tenutasi in data 18 febbraio 2015»; 2) «In tal senso si è confermato che la normativa sui rifiuti non è stata applicata per la realizzazione del suddetto progetto, pur chiarendo che l'intervento costituisce una rigorosa e coerente applicazione delle norme legislative e regolamentari nazionali adottate in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti inquinati»; 3) «Sono iniziati a febbraio 2016 i trasporti dei materiali necessari per la realizzazione dello strato di copertura (...) il flusso dei trasporti è stato mantenuto fino ad oggi abbastanza ridotto con un regime di 40/60 viaggi al giorno (...) il cronoprogramma che attualmente prevede il completamento dell'intervento al 31 marzo 2018 subirà, quindi, un prolungamento stimato indicativamente di circa 12 mesi»;
   appare evidente all'interrogante come, alla luce della procedura d'infrazione della Commissione europea, l'area A1 dell'ex stabilimento di Cengio sia una discarica, che per detta area non sia stata applicata la normativa sui rifiuti e che il cronoprogramma subirà un ritardo di almeno 12 mesi –:
   quale siano le effettive attività poste in essere nella zona A1 dell'ex stabilimento di Cengio atteso che per la Commissione europea trattasi di discarica, e se non si intenda rispettare il cronoprogramma iniziale;
   se il Ministro interrogato non ritenga di chiarire in maniera approfondita, come intenda intervenire, per quanto di competenza e anche alla luce della procedura di infrazione 2009/4426, posto che la realizzazione di discariche richiede tanto l'acquisizione del parere favorevole del Comitato regionale di VIA quanto il rispetto delle direttive 1999/31/CE e 2008/98/CE.
(5-10414)


   GAGNARLI, TERZONI, FERRARESI, COMINARDI, L'ABBATE, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2017 la Conferenza Stato-regioni ha approvato, in sede tecnica, il nuovo Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, elaborato dal Ministero dell'ambiente in sostituzione del testo in vigore dal 2002 e che dovrebbe essere definitivamente varato il 2 febbraio 2017;
   tra le diverse misure approvate – per le quali comunque non sembrano essere state messe in campo le giuste risorse economiche, necessarie per gli interventi di prevenzione – particolare preoccupazione ha suscitato la possibilità, esplicitata nell'azione 7 del piano, di attuare deroghe al divieto di cattura e uccisione del lupo;
   tale possibilità prevede la cattura e l'abbattimento dell'esemplare in casi estremi e comunque rispondenti ad una serie di criteri, approvazioni e restrizioni già previste dalla «Direttiva Habitat», ma finora mai esplicitate (né messe in atto) nel nostro Paese per la specie lupo;
   i lupi, infatti, presentano delle caratteristiche particolari che ne rendono complicata l'individuazione esatta, tanto che il suddetto Ministero ha dichiarato che, a causa della incertezza delle stime e dell'assenza di un monitoraggio coordinato a scala nazionale, non è possibile produrre una stima quantitativa delle tendenze demografiche della popolazione a scala nazionale; inoltre, la popolazione del lupo non può certo considerarsi lontana dal rischio di estinzione, in quanto, ogni anno, sono ancora tantissime (oltre 300, stima il Wwf) le vittime di atti illegali (dovuti a fucili, lacci e veleno) o di investimenti stradali;
   proprio queste caratteristiche, oltre al fatto che per le caratteristiche eto-ecologiche non è possibile parlare di «selezione» della specie, fanno sì che la possibilità di abbattimento rischi di essere più dannosa che risolutiva dei possibili problemi causati dagli esemplari ad allevamenti, coltivazioni o proprietà;
   la misura della deroga risulta pericolosa, inoltre, per il possibile inasprirsi del conflitto uomo-lupo: una tale apertura potrebbe far sì che l'uomo sia portato a «farsi giustizia» da solo e comunque a vedere il lupo come «nemico»;
   l'inefficacia degli abbattimenti per risolvere il problema dei danni ad agricoltura e allevamenti, è stata analizzata dalla Lega Antivivisezione (Lav), attraverso studi comparati, con riferimento ad alcuni Stati che hanno introdotto da tempo tale possibilità. Da questa analisi è emerso, infatti, che l'eliminazione dei lupi può addirittura essere associata ad un aumento delle perdite di bestiame, in quanto trattandosi di un canide selvatico, con caratteristiche molto diverse all'interno della stessa specie, una possibile conseguenza dell'abbattimento di un esemplare potrebbe essere quella dell'aumento del tasso di riproduzione, del tasso di crescita e del tasso di predazione pro capite;
   tutto quanto esposto in premessa evidenzia quanto una gestione conservativa del lupo potrebbe di gran lunga far ottenere dei risultati più significativi rispetto alla possibilità di abbattimento, anche perseguendo uno degli scopi principali del Piano migliorare la convivenza tra gli interessi umani e le popolazioni di lupo, specie particolarmente protetta in Italia dal 1971 –:
   se, in base a quanto esposto in premessa e delle obiezioni delle diverse associazione animaliste, non intenda assumere iniziative per ripensare l'azione 7 del nuovo piano nazionale per la gestione del lupo, prima della definitiva approvazione, al fine di non rimettere in discussione lo stato di conservazione di questa specie in Italia, anche attraverso un indiretto ma probabile incentivo agli atti di bracconaggio;
   se non si intendano assumere iniziative per prevedere maggiori risorse per mettere in atto tutte le azioni che il piano prevede per la conservazione della specie lupo, così da rendere anche nei fatti inutile l'applicazione delle deroghe previste dall'azione 7. (5-10417)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2005 è stato dato il via alla realizzazione di un'opera pubblica, di carattere strategico per la città di Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, il «Trincerone ferroviario», un'arteria viaria che attraversa il fondovalle cittadino;
   l'intervento, nel 2005, aveva ottenuto l'approvazione ai fini paesaggistici sia dal comune interessato che dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici che, successivamente, accertava come alcuni lavori fossero stati eseguiti in difformità dal progetto stesso, sospendendoli;
   ne è nato un contenzioso amministrativo che non solo ha neutralizzato la finalità strategica dell'opera, ma ha anche vanificato l'utilità delle risorse stanziate a tale scopo e che, ancora oggi, non sembra trovare una soluzione definitiva;
   in particolare, il comune con ricorso al Tar impugnava il predetto provvedimento di sospensione, contestandone la legittimità e chiedendone l'annullamento: il TAR Salerno con sentenza n. 1698/2014 disponeva che la Soprintendenza indicasse gli accorgimenti necessari a mitigare l'impatto delle opere contestate, evidenziando come gli interessi pubblici in gioco imponessero alla Soprintendenza, in presenza di difficoltà, di indicare accorgimenti tecnici per facilitarne l'approvazione;
   la tutela del valore del paesaggio, a parere dei giudici amministrativi, infatti, non dovrebbe coincidere sempre e comunque con la statica salvaguardia, ma richiede interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici insiti nel bene paesaggio;
   avverso tale sentenza la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle province di Salerno ed Avellino presentava ricorso in appello al Consiglio di Stato che rigettava;
   nonostante i successivi numerosi incontri tenutisi con la Soprintendenza per sollecitare il rilascio dell'autorizzazione a completare l'intervento e nonostante i solleciti del sindaco, da ultimo dell'11 ottobre 2016, prot. 6957, ad avviare le procedure per concretizzare la pronuncia del giudice amministrativo, il comune non ha ricevuto alcun riscontro concreto;
   come se ciò non bastasse, a quanto risulta all'interrogante, la Soprintendenza con nota del 21 novembre 2016, ribadendo la propria volontà di ottemperare pienamente al giudicato, richiedeva ulteriori integrazioni al progetto delle opere di mitigazione, prontamente presentate dal comune nel mese di dicembre;
   ad oggi, però, non risulta che la Soprintendenza abbia adottato alcun provvedimento, con conseguenti ripercussioni non solo contabili per le casse dello Stato e, quindi, dei contribuenti, ma anche di grave inquinamento ambientale e danni per la salute dei cittadini;
   il «trincerone ferroviario» è, infatti, un'opera che la città attende da anni quale soluzione ai suoi problemi di viabilità e di vivibilità, con la previsione di grandi spazi verdi e una serie di strutture funzionali alla fruibilità della cittadinanza;
   il completamento di questa arteria viaria strategica rappresenta, inoltre, un'importante occasione di rilancio anche occupazionale per tutta la città;
   tale delicata vicenda è già stata oggetto dell'interrogazione parlamentare n. 4-01976 del 26 settembre 2013 sollecitata il 14 novembre 2014, ma ad oggi non è pervenuta alcuna risposta da parte del Governo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno adottare per addivenire a una immediata e definitiva soluzione che tenga in debito conto le precipue finalità pubbliche dell'opera e le non meno importanti tutele paesaggistiche, nonché per individuare eventuali responsabilità in quella che appare all'interrogante una ingiustificabile condotta omissiva della Soprintendenza, che, a tutt'oggi, nonostante le conformi sentenze dei giudici amministrativi, non consente il riavvio dei lavori. (4-15389)

COESIONE TERRITORIALE E MEZZOGIORNO

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le risorse già destinate agli interventi del piano di azione coesione che risultavano essere non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014 sono state utilizzate dal comma 122 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 per la copertura degli oneri derivanti dagli sgravi contributivi finalizzati a nuove assunzioni a tempo indeterminato, pari a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni per il 2018, mediante la riprogrammazione delle risorse; il Governo ha giustificato lo storno sostenendo che altrimenti tali risorse sarebbero andate perdute;
   il comma 123 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 dispone che entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge medesima, il Gruppo di azione coesione provvede alla individuazione delle linee di intervento del piano di azione coesione che saranno oggetto di riprogrammazione in conseguenza della riduzione delle risorse destinate al piano stesso, mediante modifica alle relative dotazione nell'ambito del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge 183 del 1987;
   in aggiunta alla situazione dei fondi strutturali relativi al periodo 2007-2013 che rischiano di essere persi definitivamente, in quanto non riconosciuti dalla Unione europea o perfino restituiti dalle regioni ritardatarie (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) nel dicembre 2014 il Governo ha proceduto al dimezzamento delle risorse nazionali relative alla politica di coesione relativo al periodo 2014-2020, per la definizione del nuovo quadro strategico nazionale;
   l'attività dell'Agenzia per la coesione territoriale (istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125), finalizzate ad imprimere una svolta decisiva nella capacità di spesa dei fondi europei e sostenere pertanto lo sviluppo produttivo del Mezzogiorno, risulta essere inadeguata rispetto alle finalità per le quali l'Agenzia era stata istituita;
   il prodotto interno lordo nel Mezzogiorno è crollato del 13,6 per cento (6,7 per cento negli ultimi 2 anni), si è allargato il divario tra Centro-Nord e Sud per quanto riguarda il prodotto interno lordo pro capite sceso al 56,6 per cento. Nei sette anni di crisi, nel Sud si sono persi oltre 620 mila posti di lavoro (il 62 per cento del totale della perdita di lavoro in Italia), facendo crollare la forza lavoro a 5,8 milioni di persone con una perdita dell'occupazione del 9,6 per cento;
   si registra la mancanza di significative misure del Governo Renzi in favore del Mezzogiorno, salvo la recente sortita relativa alla creazione di un Ministero per il Mezzogiorno, di cui sono prova, a giudizio dell'interrogante, il disimpegno economico in danno delle aree sottoutilizzate e la generale scarsa attenzione governativa riguardo alla questione meridionale –:
   quali siano gli effetti del disimpegno di risorse del piano azione e coesione, di cui al comma 122 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, con particolare riferimento alla regione Basilicata;
   quale sia lo stato di attuazione delle previsione del comma 123 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 in materia di riprogrammazione del piano azione e coesione;
   quali iniziative si intendano adottare per garantire la piena operatività e l'efficienza dell'Agenzia per la coesione territoriale. (3-02743)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   PISO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Edom Spa opera nella vendita al dettaglio di «elettronica di consumo»;
   il gruppo versa in crisi finanziaria a causa di diversi fattori, il debito nei confronti della Agenzia delle entrate, prodottosi a seguito della contestazione di una evasione IVA per circa 10 milioni di euro e per il mancato versamento di imposte per circa 7,1 milioni di euro, con un debito lievitato a 115 milioni di euro causa sanzioni;
   con un indebitamento complessivo di oltre 170 milioni di euro, con fatturati ante crisi intorno ai 100 milioni, la società ha tentato, nel 2015, la strada della ristrutturazione finanziaria ex articolo 182 bis della legge fallimentare;
   tale soluzione, prevedeva la sottoscrizione di accordi di ristrutturazione con creditori e di una transazione fiscale con l'Agenzia delle entrate;
   il termine per la sottoscrizione degli accordi e della transazione era fissato per il 15 settembre 2015, a seguito di deposito di domanda di concordato con riserva, che consentiva – entro il termine – il deposito degli accordi si ristrutturazione o, in alternativa, del piano concordato;
   i consulenti dell'azienda avevano rappresentato ai funzionari dell'Agenzia delle entrate la necessità di ottenere, almeno un mese prima della scadenza, la sottoscrizione della transazione, per consentire alle banche di prenderne visione e predisporre, quanto necessario alla sottoscrizione degli accordi;
   l'Agenzia delle entrate ha provveduto, invece, a quanto risulta all'interrogante, in data 14 settembre 2015 (un solo giorno prima della scadenza dopo 12 mesi di esame della pratica);
   la transazione prevedeva il versamento della somma complessiva di 34,8 milioni in 10 anni, ma non consentiva alle banche di assumere le relative delibere a sottoscrivere a loro volta gli accordi, costringendo di fatto la società a depositare il piano di concordato;
   il piano prevedeva inizialmente la corresponsione all'Agenzia delle stesse somme di cui alla transazione e con gli stessi tempi di pagamento;
   l'agenzia ha fatto da subito presente che la transazione era da intendersi superata e che, nell'ipotesi concordataria, era necessario prevedere a favore della stessa una somma più elevata, per almeno 2,5 milioni di euro;
   la società, non potendo altrimenti, si è vista costretta ad accettare la nuova pretesa dell'Agenzia (38,6 milioni di euro, pari alle imposte non versate più 3 volte l'importo dell'IVA evasa) riproponendo la transazione per il nuovo importo;
   in data 21 settembre 2016 si è venuta a creare una situazione notevolmente migliorativa per le prospettive di recupero dei creditori, consistente nella proposta vincolante di acquisto, da parte di un competitor, di 5 degli 8 punti vendita detenuti dalla società, pari a 30 milioni di euro;
   in data 30 novembre 2016 si è tenuta l'adunanza presso il tribunale fallimentare di Roma per il voto dei creditori;
   in tale sede l'Agenzia delle entrate ha fatto sapere che si sarebbe riservata di esprimere il proprio voto entro i 20 giorni successivi all'adunanza, come previsto dalle leggi vigenti;
   in data 19 dicembre 2016 l'Agenzia ha fatto pervenire il suo voto contrario;
   trattandosi del maggior creditore, le maggioranze previste dalla legge non sono state raggiunte, nonostante il voto favorevole di due classi su tre (NPS e creditori chirografari);
   la scelta dell'Agenzia comporta il naufragio dell'unica via di uscita dalla crisi del gruppo che contemplasse il salvataggio, almeno parziale, dei livelli occupazionali e rischia di danneggiare anche l'erario che probabilmente non riuscirà a incassare neanche l'importo della transazione –:
   per quali motivi l'Agenzia delle entrate abbia espresso voto negativo nella adunanza dei creditori presso il tribunale fallimentare di Roma e se non si ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, per garantire una soluzione occupazionale alla crisi del gruppo EDOM.
(4-15395)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 705 variante di Cuneo è una arteria stradale di collegamento tra la strada provinciale 422 e la strada provinciale 21, di fondamentale importanza per l'area urbana della città di Cuneo, fortemente utilizzata dal traffico anche pesante di attraversamento con capacità di decongestionamento del traffico cittadino;
   una sua eventuale interruzione comporterebbe forti disagi per la popolazione dell’hinterland cuneese, atteso che una eventuale deviazione del traffico comporterebbe enormi disagi con conseguente intasamento dei ponti di attraversamento ormai obsoleti e congestionamento del traffico cittadino;
   in corrispondenza del ponte sul torrente Gesso della strada statale n. 705 variante di Cuneo, l'Anas ha realizzato nell'estate del 2015 lavori per la protezione e la messa in sicurezza delle fondazioni dei pilastri in alveo;
   in occasione dei recenti eventi alluvionali del 24 novembre 2016, che hanno interessato particolarmente la provincia di Cuneo, sono stati chiusi, precauzionalmente, molti collegamenti stradali per pericolo riguardante la stabilità dei ponti di attraversamento dei corsi d'acqua;
   la variante di Cuneo strada statale n. 705 sovrappassa il torrente Stura con un viadotto alto più di 25 metri, le cui fondazioni non risulta siano state oggetto di analoghi lavori a quelli effettuati sul torrente Gesso –:
   se il Ministro interrogato abbia notizie circa i motivi che hanno indotto l'Anas a proteggere le fondazioni dei pilastri del torrente Gesso, atteso che la variante di Cuneo risulta un'opera stradale di recente costruzione e quindi avrebbe già dovuto ricomprendere nel suo progetto le protezioni realizzate recentemente;
   se non ritenga necessario, alla luce dell'alluvione di novembre 2016 che ha messo in ginocchio l'intera provincia, assumere iniziative per mettere in sicurezza anche il ponte sul torrente Stura;
   quali iniziative abbia intrapreso l'Anas per la valutazione delle condizioni di sicurezza del ponte sul torrente Stura.
(5-10411)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOSCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sembra ormai lontana la definitiva apertura del raddoppio della tanto agognata SS 640 Agrigento-Caltanissetta: per motivi di lavoro chi viaggia quotidianamente alterna sentimenti di rassegnazione e indignazione nel vedere nascere e mutare continuamente deviazioni lungo il tragitto;
   il ponte Petrusa resta ad oggi chiuso (chiusura disposta dall'Anas per un tempo indefinito), creando così enormi disagi per studenti e pendolari provenienti dai paesi prossimi ad Agrigento, in particolar modo per gli automobilisti che viaggiano da Favara in direzione Agrigento, e viceversa;
   il ponte è stato chiuso per una verifica strutturale di cui si attendono i risultati, ma che ad oggi ancora non sono stati comunicati;
   i percorsi alternativi ai quali gli automobilisti sono costretti a causa della chiusura del ponte di Petrusa, sono del tutto inadeguati a sostenere il flusso di veicoli che ogni giorno si dirigono ad Agrigento, in quanto si tratta di percorsi già di per sé dissestati;
   i disagi maggiori causati dalla chiusura del ponte di Petrusa riguardano quanti hanno necessità di raggiungere il quartiere Fontanelle di Agrigento (sede dell'ospedale San Giovanni di Dio), nonché il penitenziario di Petrusa;
   nonostante l'Anas ne avesse comunicato la fine dei lavori entro il mese di dicembre 2016, il primo lotto è ancora sottoposto a lavori che dovrebbero essere completati entro la prossima primavera: lavori che, lo si ricorda, hanno comportato una spesa di 500 milioni di euro;
   il secondo lotto, dal bivio Serradifalco San Cataldo all'imbocco della A 19, è chiaramente più complesso, anche a causa delle gallerie che hanno allungato la durata dei lavori. La previsione di apertura, se non ci saranno imprevisti, è fissata per gennaio 2018. Bisognerà aspettare circa un anno ancora per potere viaggiare spediti sulle due corsie. In questo lotto sono presenti diverse deviazioni: un paio tra Delia e San Cataldo, abbastanza scorrevoli, mentre dopo Caltanissetta la viabilità è compromessa da deviazioni che rallentano di molto il percorso;
   l'Anas precisa che le deviazioni vengono previste in base al bisogno dell'impresa con due obiettivi, accelerare i lavori e cercare di agevolare gli automobilisti nel viaggio, ma purtroppo i disagi non mancano, soprattutto in condizioni meteo non favorevoli, tra neve e lavine di fango che purtroppo rendono viscido e pericoloso l'asfalto;
   per questo lotto il costo si aggira sui 990 milioni di euro e ad influire su di esso è anche la realizzazione delle gallerie Papazzo, Sanfilippo e Caltanissetta;
   anche se inizialmente nel progetto del raddoppio non era stata prevista, la progettazione del raddoppio della strada statale 640 ha posto il problema dell'attraversamento del centro abitato di Caltanissetta, caratterizzata da aree residenziali e commerciali, a est della collina Sant'Elia, sede di recente espansione urbana;
   questo ne ha chiaramente aumentato i tempi di realizzazione, che ad oggi è prevista per gennaio 2018 –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di acquisire nella maniera più rapida possibile i dati relativi alla verifica strutturale del ponte di Petrusa da parte di Anas;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di velocizzare la conclusione dei lavori della strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta, tenuto conto degli enormi disagi che la sua mancata completa apertura ad oggi sta creando alla popolazione, costretta ogni giorno ad estenuanti rallentamenti e deviazioni per raggiungere i luoghi di lavoro e di studio.
(4-15388)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante evidenzia come, nonostante avesse sollecitato il Ministro interrogato, (attraverso l'atto di sindacato ispettivo, n. 4-12707 presentato il 1o aprile 2016) ad intervenire, al fine di velocizzare il completamento dei lotti della strada statale n. 189 Agrigento-Palermo e garantire pertanto il completamento definitivo delle opere, (atteso da tempo dalla comunità agrigentina e dell'intera isola siciliana), le condizioni attuali in termini di sicurezza della viabilità e di efficienza del tratto stradale in questione, permangono estremamente gravi e pericolose;
   al riguardo, l'interrogante evidenzia altresì, come peraltro già citato nell'interrogazione sopra menzionata, che il percorso della strada statale 189 Agrigento-Palermo, importante asse di collegamento regionale, sia contrassegnato da numerose interruzioni, tra semafori e deviazioni, i cui effetti negativi e penalizzanti per le comunità locali interessate accrescono le difficoltà socioeconomiche, anche per le attività produttive della zona agrigentina, a causa degli ostacoli per gli spostamenti;
   fra i comuni interessati dalla tratta stradale in precedenza richiamata, l'interrogante segnala come anche il sindaco di Cammarata, comunità ad alta vocazione agricola e zootecnica, Vincenzo Giambrone avesse denunciato, anche a livello regionale, le gravi ripercussioni per l'economia locale, determinate dalla precarietà e inefficienza dei collegamenti, essendo Cammarata, situata nella zona montana agrigentina e pertanto penalizzata in misura maggiore rispetto agli altri centri abitati;
   rapidi interventi, finalizzati al completamento della strada statale Agrigento-Palermo, percorso stradale utilizzato da numerosi pendolari che quotidianamente fruiscono del tratto in oggetto per motivi professionali e di studio, a giudizio dell'interrogante, appaiono indispensabili in considerazione delle criticità in precedenza esposte, nonché dei ritardi di ammodernamento delle rete viaria da parte dell'ente gestore Anas, che evidentemente non considera adeguatamente le conseguenze produttive ed economiche in generale, per l'economia locale agrigentina, causate dai cronici ritardi infrastrutturali nei collegamenti stradali nell'isola siciliana –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere con riferimento a quanto esposto in premessa, in particolare nei confronti dell'ente gestore della strada stradale n. 189 Agrigento-Palermo, al fine di porre in essere ogni iniziativa finalizzata a velocizzare il completamento della rete viaria, i cui rimandi e le lentezze dei lavori accrescono gli effetti negativi per l'economia delle comunità locali agrigentine interessate. (4-15392)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2017 il tribunale di Roma ha assolto con formula piena Margherita Parrilla e Bruno Borghi, nella loro veste di ex direttore dell'Accademia nazionale di danza (AND) ed ex presidente della Fondazione Accademia (FAND) ad essa collegata; un ruolo che più volte i due si sono scambiati dal 1996 al 2013;
   secondo il Giornale della danza, «tutte le azioni intraprese da Parrilla e Borghi, insieme all'allora consiglio di amministrazione, sono quindi ritenute valide», ma occorre osservare che l'assoluzione penale, ad avviso dell'interrogante, non esclude gli illeciti per i quali la Fondazione è convenuta davanti al tribunale civile di Roma;
   nei circa 15 anni della gestione Parrilla sono state presentati ben 46 atti di sindacato ispettivo e di indirizzo parlamentari, una notevole mole rispetto a quelli riguardanti altre istituzioni AFAM. Da essi risulta, come l'Accademia sia sempre più velocemente sprofondata nel tracollo artistico, nel degrado strutturale e persino igienico, nel caos amministrativo e didattico e nei debiti, sino alla rivolta studentesca del 2013, alla quale la Parrilla ha reagito non ascoltando le loro istanze, ma denunciando per diffamazione studenti e professori;
   taluni di questi atti avanzano l'ipotesi che l'Accademia abbia utilizzato l'organismo ad essa collegato, la Fondazione accademia, come « bad company», nella quale scaricare i debiti generati da una gestione che non si può non considerare problematica; ne è prova il commissariamento di entrambe le istituzioni. Una ipotesi suffragata da numerosi documenti che sarebbe opportuno che il Governo visionasse;
   Margherita Parrilla fa attualmente parte del Nucleo esperti di valutazione dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) per la valutazione delle istanze del settore Afam con riferimento al possesso del requisito di qualificazione di docenza;
   nel novembre 2013, la dottoressa Parrilla è stata iscritta nel registro degli indagati per abuso d'ufficio e falso da parte della Procura di Roma, in relazione alla vicenda dei falsi diplomi –:
   se risulti ai Ministri interrogati, ciascuno per la parte di competenza, che gli amministratori dell'And (prima, il direttore, Bruno Carioti, e poi il commissario ministeriale, professoressa Giovanna Cassese) e i commissari prefettizi della Fand insediatisi nel 2015 (la stessa professoressa Giovanna Cassese e il dottor Marcello Zottola), abbiano assunto iniziative di competenza per la costituzione in giudizio della fondazione e dell'Accademia di danza;
   qualora la mancata costituzione di cui sopra risultasse confermata, quali siano i motivi per cui i soggetti citati non abbiano ritenuto di partecipare, anche solo per fornire alla Corte la loro interpretazione degli atti e dei fatti;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, una volta resa nota la motivazione della sentenza e previa valutazione della stessa, assumere le iniziative di competenza per consentire il ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado, anche in considerazione delle numerose questioni irrisolte nella gestione And-Fand, evidenziata in ben 46 atti di sindacato ispettivo e di indirizzo;
   se, alla luce della mancata partecipazione, vi sia un'intenzione da parte dei commissari di chiudere le partite debitorie tra And e Fand mediante incorporazione di quest'ultima nell'altra, cosa che porterebbe il debitore a incorporare il creditore;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per ricostituire quanto prima gli organi dirigenti della Fand, istituzione preposta all'attività esterna dell'And, nel rispetto delle volontà testamentaria della fondatrice di Jia Ruskaja, al fine di rilanciare la danza artistica italiana e il prestigio di entrambe le istituzioni;
   se il Ministro interrogato non ritenga che la partecipazione di Margherita Parrilla quale componente del Nucleo esperti di valutazione dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) per la valutazione delle istanze del settore Afam, con riferimento al possesso del requisito di qualificazione di docenza, sia del tutto inopportuna, in considerazione della sussistenza di procedimenti giudiziari che ancora la vedono protagonista in qualità di soggetto che potrebbe aver danneggiato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(2-01627) «Sammarco».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BECATTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'alba della notte del 1o gennaio 2017 a Firenze, precisamente davanti alla libreria «Il Bargello» e vicino alla sede dell'associazione di estrema destra «CasaPound» è esplosa una bomba collocata da soggetti non ancora identificati;
   Mario Vece, artificiere, ha perso la mano sinistra e l'uso dell'occhio destro nel tentativo di disinnescare l'ordigno; trasportato d'urgenza all'ospedale di Careggi è stato sottoposto nei giorni seguenti a numerose operazioni, tra cui quella necessaria alla ricostruzione della cavità orbitale;
   secondo la denuncia lanciata del segretario fiorentino del sindacato di polizia «Siulp», Antonio Lanzilli, e dal legale del sindacato, avvocato Massimiliano Annetta; non sarebbe prevista nel contratto nazionale delle forze dell'ordine una copertura assicurativa che copra gli infortuni intervenuti nell'esecuzione del servizio e le spese legate al decorso operatorio ed alle protesi eventualmente necessarie –:
   se il Governo non ritenga opportuno verificare quanto esposto in premessa;
   il Governo non ritenga doveroso assumere ogni iniziativa di competenza per l'introduzione dell'assicurazione obbligatoria nel nuovo contratto delle forze dell'ordine, la cui definizione ed implementazione avverrà nel corso dell'anno 2017. (5-10408)


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   numerose questure, comprese quelle sarde, sulla base di una recente circolare ministeriale negano il porto d'armi per reati che risultano estinti sotto ogni punto di vista;
   il Tar di Firenze, chiamato a pronunciarsi su uno dei tanti casi, ha fatto chiarezza sull'annosa questione che stava impedendo il rinnovo del porto d'armi per migliaia di cacciatori, compresi quelli sardi che hanno sottoposto all'interrogante la questione; vecchie condanne penali, che risalgono anche a trent'anni prima, hanno portato, in base alla circolare richiamata, gli uffici delle questure a rigettare la richiesta di rinnovo del porto d'armi per uso venatorio, spiegando che in base alle nuove disposizioni questo non può essere concesso a chi è stato condannato; 
   si tratta di reati per lo più commessi in età giovanile che risultano essere stati sanati a suo tempo; inoltre, nel corso dei decenni successivi il porto d'armi è stato rilasciato senza nessun limite conseguente a quelle vicende pregresse;
   il Tar di Firenze, che già si era pronunciato per casi simili in passato, anche sulla base di queste sentenze, ha accolto il ricorso dei cacciatori che avevano contestato e impugnato il diniego;
   si legge nella sentenza: «La riabilitazione fa venire meno l'automaticità dell'effetto preclusivo al rinnovo in caso di pregresse condanne penali, di cui all'articolo 43 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. L'indicazione che viene dal tribunale è quella della necessità di una valutazione caso per caso, che deve tenere conto, sì, delle condanne passate ma anche di ulteriori elementi, come le circostanze e le modalità dell'azione, la gravità del reato o la personalità del soggetto richiedente»;
   la circolare del 2 agosto 2016 del Ministero dell'interno su «Motivi ostativi al rilascio e obbligo di revoca» ha generato un evidente aumento del contenzioso sull'attività amministrativa delle questure e delle prefetture italiane;
   lo stesso Tar di Trento, accogliendo il ricorso, ha annullato il provvedimento della questura di Trento dando ragione al ricorrente e al suo legale;
   la questura aveva deciso di non rinnovare il porto di fucile a un cacciatore, perché quest'ultimo 56 anni prima aveva subito una condanna per il furto di un'oca;
   secondo il tar di Trento «La questione posta con il presente ricorso ripropone il problema della legittimità dei provvedimenti con cui l'autorità di pubblica sicurezza denega il rinnovo della licenza di porto di fucile a causa di una condanna per reati ritenuti ostativi, ex articolo 43 Tulps, risalenti nel tempo (nella fattispecie all'anno 1961) anche in presenza dell'ottenuta riabilitazione» –:
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per revocare la precedente disposizione in relazione al rilascio di porto d'arma che sta generando numerosi contenziosi in materia;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per uniformare, anche con una circolare apposita, le disposizioni in materia di rilascio di porto d'arma alle sentenze dei tribunali amministrativi di cui sopra, anche per evitare ulteriori contenziosi che potrebbero generare danni rilevanti sul piano erariale alla pubblica amministrazione. (5-10410)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da articoli di giornale la possibilità di una imminente chiusura della caserma dei carabinieri di Concordia (presso il comune di Concordia della Secchia, Modena, Emilia-Romagna);
   da anni si vociferava dell'esigenza di porre in essere una ristrutturazione e riqualificazione della storica stazione, soprattutto dopo il sisma che ha colpito la zona in questione;
   la stampa ha rilanciato nei giorni scorsi la notizia della chiusura a breve termine e del conseguente spostamento dei carabinieri di stanza a Concordia a Mirandola (Modena);
   si tratta di una decisione, ad avviso dell'interrogante, inspiegabile visto che la zona in questione (Bassa padana) risulta, soprattutto negli ultimi anni, vittima di atti criminosi di varia natura;
   le numerose polemiche sorte dal tam tam mediatico sull'argomento hanno visto la secca smentita del sindaco Luca Prandini che, in comunicato congiunto con Rudi Accorsi (sindaco di San Possidonio), ha dichiarato con fermezza il fatto che il presidio dei militari resterà attivo;
   in questi anni di servizio, lo si ricorda, la caserma di Concordia si è segnalata per grande efficienza e validità a fronte di un territorio interessato, soprattutto negli ultimi mesi, da un vero e proprio boom di microcriminalità. Concordia, infatti, è passata dai 119 furti del 2014 ai 178 del 2015, con un incremento del 50 per cento in un solo anno –:
   se il Governo possa fare chiarezza sul destino della caserma dei carabinieri di Concordia e fornire elementi in merito alla necessaria ristrutturazione promessa da anni;
   se il Governo intenda rassicurare i cittadini con risposte certe e concrete sull'innalzamento degli standard di sicurezza e prevenzione nella zona, implementando stazioni efficienti come quella di Concordia (e scongiurandone il depotenziamento o addirittura la chiusura).
(4-15387)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'università di Oristano ha un'offerta formativa perfettamente in linea con le esigenze del sistema produttivo della Sardegna, tradizionalmente legato al turismo e alla tutela dei beni culturali, alle imprese agroalimentari e vitivinicole, e sempre più caratterizzato da un'innovativa tendenza alla ricerca nel settore delle biotecnologie;
   tante sono le opportunità e i supporti economici offerti ma anche i servizi a disposizione degli studenti: manager e tutor, per tutto il percorso di studi, laboratori scientifici in strutture moderne e attrezzate, tirocini nelle principali aziende del territorio ed esperienze formative all'estero;
   la sede universitaria di Oristano è amministrata dal Consorzio Uno, ente di promozione degli studi universitari composto dai principali enti pubblici del territorio e da associazioni di categoria e imprese private, e finanziato dalla regione autonoma della Sardegna;
   la provincia di Oristano, il 17 gennaio 2017, sul presupposto che il Consorzio occupi senza titolo il Chiostro del Carmine, ha intimato di lasciarlo libero da persone e cose entro 15 giorni;
   tale decisione, se attuata, comporterebbe l'interruzione dei corsi universitari e lo svolgimento di qualsivoglia attività da parte del Consorzio;
   la provincia pretende, per consentire al Consorzio di restare nei predetti locali, un canone di locazione annuo inizialmente determinato in 288.000 euro, successivamente ridotto a 178.000;
   la provincia sancisce la chiusura della sede universitaria di Oristano, esattamente a 20 anni dal suo avvio;
   la provincia di Oristano – socio fondatore del Consorzio Uno – cambia radicalmente la propria volontà e, contrabbandando per obbligo alla valorizzazione del proprio patrimonio a valori di mercato, quello che in realtà obbligo non è, a giudizio dell'interrogante abdica al proprio ruolo di promotore degli interessi generali della comunità amministrata e persegue esclusivamente il proprio interesse economico;
   un comitato universitario e popolare ha già manifestato duramente la volontà di opporsi a quella che appare una sorta di intimazione, sia promuovendo la mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore l'esistenza della sede universitaria di Oristano, la continuazione delle sue attività e la prevalenza della buona politica che sa interpretare e scegliere gli interessi da perseguire e i diritti da tutelare sulla miopie burocrazia contabile, sia attivando tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione di chi viene così ingiustamente e immotivatamente aggredito –:
   se non si ritenga di dover assumere immediatamente ogni iniziativa di competenza per scongiurare la perdita di tale importante presidio universitario, anche promuovendo un tavolo di confronto con la partecipazione della regione e degli enti locali, e incrementando le risorse a disposizione degli enti territoriali e del sistema universitario sardo;
   se non si intenda valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza per rafforzare i presidi universitari in Sardegna, a partire dall'ateneo di Oristano, nel quadro degli interventi di valorizzazione del comparto dell'istruzioni sollecitati dall'interrogante anche in ambito parlamentare. (5-10420)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   con decreto 7 aprile 2015 Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha disciplinato le modalità di applicazione dell'articolo 151 del regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari;
   il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e, in particolare, l'articolo 51, relativo alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;
   il regolamento (UE) n. 479/2010 della Commissione del 1o giugno 2010 dispone le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda le comunicazioni degli Stati membri alla Commissione nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 1097/2014 del 17 ottobre 2014;
   l'articolo 4, comma 3, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, reca disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
   la normativa impone ai primi acquirenti di dichiarare ogni mese il quantitativo di latte che è stato loro consegnato, a partire dal 1o aprile 2015;
   è indispensabile estendere tali disposizioni, di cui all'articolo 151, del regolamento (UE) n. 1308/2013, relative alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in attesa della definizione di un'apposita authority di certificazione e regolamentazione del settore, al comparto ovi-caprino;
   tale disposizione deve essere preliminarmente rivolta al «primo acquirente», ovvero un'impresa o un'associazione che acquista latte dai produttori per:
    a) per sottoporlo a raccolta, imballaggio, magazzinaggio, refrigerazione o trasformazione, compreso il lavoro su ordinazione;
    b) per cederlo ad una o più imprese dedite al trattamento o alla trasformazione del latte o di altri prodotti lattiero-caseari;
   in attesa della definizione di un'authority apposita, con particolare riferimento alle produzioni dop, è indispensabile il riconoscimento dei primi acquirenti di latte ovi-caprino che devono essere preventivamente riconosciuti dalle regioni competenti per territorio, in relazione alla sede legale del primo acquirente ove sono rese disponibili le scritture contabili;
   ogni azienda di produzione di latte viene identificata, conformemente a quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 1o dicembre 1999 n. 503, attraverso il codice unico delle aziende agricole e ogni sua unità tecnico-economica attraverso il comune di ubicazione;
   i primi acquirenti preventivamente riconosciuti possono acquistare latte ovi-caprino dai produttori, in vista degli utilizzi previsti dalla disposizione sopra richiamata;
   ai fini della determinazione del tenore di grasso, l'acquirente effettua mensilmente almeno due prelievi sul latte consegnato da ciascun produttore. Per le aziende ubicate in zone di montagna, ai sensi della direttiva 75/268/CEE, articolo 3, paragrafo 3, e successive modificazioni e integrazioni, nonché ai sensi del regolamento (UE) n. 1305/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, può essere effettuata una sola analisi al mese;
   le regioni, per ogni campagna di commercializzazione, che va dal primo luglio al 30 giugno dell'anno successivo, ai sensi dell'articolo 6, lettera c), del regolamento (UE) n. 1308/2013, effettuano controlli volti a verificare la correttezza e la completezza delle dichiarazioni dei primi acquirenti e dei produttori di latte che effettuano vendite dirette, in relazione ai quantitativi di latte acquistato direttamente dai produttori e ai quantitativi di latte e prodotti lattiero-caseari venduti direttamente;
   i controlli sono svolti attraverso verifiche amministrative presso i primi acquirenti e presso i produttori di latte e prodotti lattiero-caseari che effettuano vendite dirette e, ove necessario, attraverso verifiche in loco presso le aziende conferenti;
   in attesa della definizione di un'apposita authority tutti i soggetti componenti della filiera lattiero-casearia sono tenuti a consentire l'accesso alle proprie sedi, nonché alla documentazione contabile e amministrativa, ai funzionari addetti ai controlli –:
   se il Ministro interpellato non ritenga urgente procedere nel senso indicato in premessa assumendo ogni iniziativa di competenza, anche normativa, in relazione alle dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari;
   se non ritenga di dover promuovere iniziative normative tese ad istituire una vera e propria authority del settore lattiero-caseario ovi-caprino per la certificazione di qualità e quantità, capace di regolare la produzione di punta e ridurre al massimo la differenza tra la quotazione del pecorino romano e quella dei prodotti diversificati;
   se non ritenga di dover promuovere un piano strategico per diversificare i prodotti in funzione di nuovi mercati, da ampliare e rafforzare;
   se non ritenga di dover attivare ogni utile e inderogabile azione di tutela con riferimento al pecorino romano, che risulta oggetto di «attacco» a livello nazionale e internazionale e delle altre due dop (pecorino sardo e fiore sardo).
(2-01625) «Pili».

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei primi mesi, del 2016 la Commissione europea ha pubblicato un documento per sollecitare tutti gli interessati a presentare proposte che riguardassero la formazione di Reti di riferimento europee (Ern) ed Eurordis; in quella occasione, ha creato sul suo sito una sezione dedicata alle Ern, mettendo a disposizione di chi voleva candidarsi a far parte di queste reti di eccellenza il materiale indispensabile per rispondere a questo bando. Intanto, sul sito della Commissione europea riservato alle Ern, veniva descritto il processo di valutazione delle diverse proposte di reti;
   tra i dati disponibili sui siti indicati c'erano anche le relazioni della seconda Conferenza della Commissione europea sulle Ern, tra cui la presentazione del punto di vista dei pazienti, curato dal direttore generale di Eurordis. Nello stesso tempo, il Consorzio per la valutazione dell'eccellenza clinica nelle reti di riferimento europee (Pace-Ern), coordinato da Eurordis, insieme a Hope e Accreditation Europe, elaborava una proposta tecnica per la realizzazione di un manuale e degli strumenti operativi della Commissione europea per la valutazione della richieste di creazione e partecipazione alle Ern;
   il 28 dicembre 2016 è apparso chiaramente come l'Italia si fosse piazzata ai primi posti nella classifica praticamente definitiva delle Ern, a cominciare dall'azienda ospedaliera-universitaria di Padova, che aveva totalizzato il punteggio massimo, precedendo anche il prestigioso Karolinska Hospital, Svezia. Ai primi posti anche l'ospedale Bambin Gesù di Roma e l'Ircss Ca Granda, dell'ospedale maggiore di Milano;
   i parametri più importanti presi in considerazione nella valutazione riguardavano la presa in carico del paziente, l'attività scientifica e la casistica, ossia la capacità di integrare competenza clinica, competenza scientifica e competenza umana, valutata anche come capacità di attrarre pazienti e saper rispondere alle loro necessità; è stato giustamente fatto notare come l'Italia primeggiasse, analogamente alla Germania, in quelle aree in cui i modelli organizzativi avevano un peso rilevante accanto agli aspetti clinici e all'attenzione alla ricerca. In definitiva, si apprezza la visione integrata dei bisogni del paziente, e il fatto che l'intero lavoro di diagnosi e cura fosse basato su prove di evidenza scientifica;
   ne emerge un quadro complessivo in cui si vede che l'Europa è tutt'altro che indifferente o distratta davanti alle esigenze dei pazienti affetti da malattie rare e l'Italia nelle valutazioni complessive può vantare una cinquantina di strutture, considerate tra le migliori dei rispettivi ambiti, ad eccezione forse di due macro-aree, inserite tardivamente: le epilessie gravi e alcune sindromi genetiche come la neurofibromatosi, che, in alcuni casi, potrebbe predisporre allo sviluppo di tumori. Ma, anche in questi due ambiti, ci sono eccellenze italiane, per esempio il Bambin Gesù e il Gemelli di Roma, che avrebbero potuto candidarsi fin dall'inizio, se avessero tenuto presenti i cambiamenti intervenuti nel frattempo rispetto al prospetto iniziale. Di tutto ciò, però, si è parlato pochissimo sulla stampa o in TV;
   solo se cittadini, medici, non necessariamente specialisti, conosceranno queste strutture, parte integrante delle famose Reti di riferimento europee, sottoposte a valutazione internazionale, si potrà ridurre il tempo attualmente necessario per ottenere una diagnosi corretta, anche nel caso di malattie rare, orientando correttamente e tempestivamente i pazienti e le loro famiglie –:
   come intenda procedere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per dare la giusta visibilità a centri di cura e di ricerca, in cui il lavoro dei cliniciricercatori italiani è stato valutato in Europa ai primissimi posti. (5-10416)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARONI, GRILLO, LOREFICE, NESCI, MANTERO, DI BATTISTA, RUOCCO, LOMBARDI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MASSIMILIANO BERNINI, VIGNAROLI, FRUSONE e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel 2003 la regione Lazio – in totale assenza di posti letto residenziali in grado di fornire una risposta alle patologie psichiatriche per post-acuti e sub-acuti per pazienti minori in fase adolescenziale affetti da psicopatologia psichiatrica – ha sostenuto, nel territorio romano, l'autorizzazione di un piccolo centro residenziale di tipo comunitario «Eimì» – Codess Sociale, pionieristico in Italia e unico nella regione Lazio per la qualità e specificità dell'offerta di presa in carico residenziale e di cura, per 10 posti letto;
   tale comunità terapeutica risulta citata in molteplici pubblicazioni scientifiche di settore, oltre ad avere ottenuto negli anni la soddisfazione delle famiglie dei piccoli pazienti ricoverati, nonché dei servizi Asl territoriali senza mai essere incorsa in censure o sanzioni di alcun genere. Tale comunità risulta inoltre totalmente integrata nel fabbisogno territoriale, vagliato dalla comunità scientifica, per adolescenti con disturbi psicopatologici, e risulta una struttura benchmark per qualità del lavoro svolto da parte dei professionisti della salute mentale che operano al suo interno. Non risulta essere stato tratto «profitto» dal pagamento delle rette che sembrerebbero essere state riutilizzate in maniera trasparente per il pagamento delle spese, come ad esempio lo stipendio degli operatori;
   dal 2003 la struttura ha sempre esercitato – senza soluzione di continuità – le funzioni di comunità terapeutica per adolescenti trattando appunto minori in fase evolutiva adolescenziale con disturbo psicopatologico su invio delle Asl Tsmree, (Tutela salute mentale riabilitazione età evolutiva) del territorio laziale, attraverso delibere ad hoc relative ai singoli pazienti già in cura presso le strutture pubbliche;
   nel 2010 la regione Lazio emana il cosiddetto decreto n. 90 (10 novembre 2010) «Approvazione di requisiti minimi autorizzativi per l'esercizio delle attività sanitarie e socio sanitarie – requisiti ulteriori per l'accreditamento». Nell'allegato 1 di questo decreto nel cap. 4.11 vengono normate le comunità terapeutiche per adolescenti che vengono denominate «strutture residenziali terapeutiche riabilitative per adolescenti (S.R.T.R.a) suddivise in intensive ed estensive, in analogia con la denominazione data alle strutture comunitarie per adulti;
   tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie private operanti ed in possesso dell'autorizzazione all'esercizio per lo svolgimento di attività sanitaria e sociosanitaria, dovevano presentare alla regione – attraverso un «sistema informativo per le autorizzazioni e gli accreditamenti delle strutture sanitarie (SASS) – domanda di conferma dell'autorizzazione all'esercizio ai sensi della legge regionale n. 4 del 2003 e successive modifiche oltreché tutta una serie di dati in ordine ai requisiti;
   22 settembre 2015, la regione Lazio emana le «disposizioni attuative del decreto del commissario ad acta 188» dove a pagina 3 e 4 prescrive che le Asl sono autorizzate a inviare pazienti solo a strutture accreditate (non è più sufficiente essere soltanto autorizzati) e successivamente, per il decreto del commissario ad acta 256 del 1o settembre 2016, le Asl a far data del gennaio 2017 non saranno più in grado di provvedere all'assunzione di responsabilità di spesa per le strutture non accreditate;
   in realtà, la comunità «Eimì», sin dall'agosto del 2012, ha provveduto, mediante l'inserimento nell'apposita piattaforma applicativa della regione Lazio, alla richiesta di conferma del titolo autorizzatorio ed alla richiesta di accreditamento. Tuttavia, la prevista istruttoria da parte dell'Asl Rm2 territorialmente competente per la verifica dei requisiti è iniziata, con grave ritardo, solo nel giugno del 2016, e solo a seguito di reiterate istanze da parte della EimìCodess Sociale all'ufficio regionale preposto all'area autorizzazioni e degli accreditamenti;
   all'esito di tale istruttoria nulla è stato contestato dalla parte tecnico/clinica della Asl; nonostante ciò, la struttura, ad oggi, non ha ancora ricevuto l'accreditamento istituzionale definitivo che le consentirebbe, senza alcun rischio per la sopravvivenza della comunità, di rientrare nelle circostanze previste dal richiamato decreto del commissario ad acta 188 del 22 settembre 2015 –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda acquisire elementi sul ritardo dell'istruttoria di accreditamento e sui motivi per cui una struttura considerata benchmark per esiti, qualità di accoglienza evidence based e produzione scientifica dei professionisti finisca per risultare di fatto osteggiata nella fase finale del rilascio dell'accreditamento;
   se risultino trattative con altri imprenditori sanitari potenzialmente in competizione con la struttura Eimì – codess sociale per l'assegnazione di posti letto omologhi e, nel caso, con quali criteri di assegnazione, su quale analisi del fabbisogno e su quali referenze delle strutture, al fine di mantenere il più alto livello di offerta sanitaria in un settore delicato come quello dei minorenni con patologie psichiatriche. (4-15390)


   BUSTO, PAOLO BERNINI, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i Pmsg sono gonadotropine corioniche (Pregnant Mare Serum Gonadotropinè), ormoni placentari derivati dal siero di cavalle gravide. Questi sono impiegati principalmente nella produzione di farmaci follicolo stimolanti (FSH) e luteinizzanti, quindi destinati a stimolare la produzione di più follicoli e pertanto ad aumentare le capacità riproduttive dei mammiferi allevati come specie da reddito;
   i Pmsg sono impiegati anche per la stimolazione nei maschi dell'F.S.H. (follicolo stimolanti), poiché questi determinano un'azione dell'I.C.S.H. (Interstitial CellStimulating Hormone) sulla spermatogenesi aumentando la produzione degli spermatozoi;
   i Pmsg sono ottenuti dallo sfruttamento intensivo delle cavalle gravide alle quali viene prelevato un notevole quantitativo di sangue in modo continuativo, causando conseguentemente potenziali danni al feto;
   numerose associazioni animaliste internazionali, tra cui Animals Angels e Tierschutzbund Zuerich / Animal Welfare Foundation, hanno recentemente evidenziato, a seguito di una indagine sotto copertura in Argentina e Uruguay, l'insostenibilità di questa pratica a causa del maltrattamento delle cavalle e dei loro feti e della totale assenza, in quei Paesi, di una specifica normativa a tutela degli animali;
   il reiterato sfruttamento delle cavalle determina, infatti, condizioni di stress fisico e psichico causando talvolta anche prematuri decessi delle stesse e aborti continuativi, anche a causa dei barbari metodi utilizzati per effettuare i continui prelievi di sangue (fonti: https://www.greenme.it; http://www.agenpress.it);
   questi ormoni sono regolarmente importati negli Stati uniti e in Europa per il confezionamento dei suddetti farmaci. Anche l'Italia risulta essere uno tra i principali Paesi importatori in Europa;
   gli allevatori utilizzano largamente e con costi esigui gli ormoni Pmsg tanto che lo stesso Ismea, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, riferendosi ai metodi di controllo dell'attività riproduttiva, fa riferimento al Pmsg e alle sue caratteristiche idonee al miglioramento della fertilità, come riportato in diversi articoli, tra cui quello riguardante il controllo riproduttivo dei conigli (http://www.ismea.it);
   nell'interrogazione parlamentare del 29 febbraio 2016 (E-001.765-16) alla Commissione europea, con oggetto «Importazione nell'UE e l'uso di Pmsg proveniente da “aziende del sangue”», la parlamentare Anja Hazekamp (GUE / NGL) ha chiesto se la Commissione possa garantire che gli ormoni Pmsg non siano prodotti nell'Unione europea. La risposta della Commissione ammette di essere conoscenza dei possibili maltrattamenti delle cavalle gravide nei Paesi extra UE per la produzione di tali ormoni, ma non dell'eventualità che i Pmsg vengano prodotti in Europa –:
   se il Governo sia a conoscenza del mercato sopra descritto e dell'eventuale produzione dell'ormone in territorio italiano;
   se il Governo, per quanto di competenza, intenda intervenire in sede europea sulla questione specifica, proponendo il divieto di importazione dei Pmsg, in considerazione dell'evidente sfruttamento degli animali e della totale assenza di una legislazione a tutela degli stessi nei principali Paesi produttori da cui anche l'Unione europea importa tali ormoni;
   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, un intervento dell'Aifa per la sostituzione del Pmsg con ormoni di sintesi. (4-15391)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BARUFFI, PAOLA BOLDRINI, CAPONE, IACONO, INCERTI, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI e PES. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel XV rapporto annuale dell'Inps presentato dal presidente Boeri al Parlamento il 7 luglio 2016, era riportato che «il fabbisogno necessario per garantire il mantenimento dei livelli di servizio può essere almeno soddisfatto, per il 2016, mediante l'assunzione di 700 unità di personale già autorizzate, tenendo comunque conto che in questo contingente debbono essere comprese le stabilizzazioni delle circa 300 unità di personale attualmente comandato presso l'Istituto»;
    in data 14 settembre 2016 si è svolto un incontro tra le organizzazioni sindacali e i vertici dell'Istituto in merito alle politiche di assunzione annunciate, anche con riferimento alla situazione dei comandati;
   l'Inps ha ribadito la volontà di stabilizzare entro il 31 dicembre 2016 il personale di area C in comando, mentre per il personale di area B, nelle more di un assorbimento da parte di altre amministrazioni della graduatoria degli idonei del concorso pubblico a B1, si richiederà agli enti di appartenenza una proroga tecnica per procedere nel 2017 ad una successiva stabilizzazione;
   tale orientamento è stato confermato dal presidente dell'Istituto in un incontro con gli interroganti svoltosi presso l'Inps in data 15 novembre, nel quale è stata assicurata la stabilizzazione di tutti i lavoratori coinvolti;
   la stabilizzazione del personale di area C risulterebbe essere stata esplicata e ora, esaurite le altre mobilità prioritarie previste per legge, nulla osterebbe più alla stabilizzazione per il personale di area B;
   si è aperto nel frattempo il problema dell'applicazione delle «tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 giugno 2015), a seguito del quale alcuni di questi lavoratori sarebbero stati reinquadrati come A (da B che erano) o come B (da C che erano): per i primi si è posto il problema se fossero comunque prorogabili e poi stabilizzabili, per i secondi se rinviare la stabilizzazione al 2017 come gli altri di area B;
   per quanto riferito dai lavoratori agli interroganti, risulterebbe che per i primi si sia scelto di conservarli in categoria B (e quindi di prorogarli in attesa di stabilizzazione), mentre per i secondi si starebbe procedendo all'inquadramento in area B, rinviando dunque anche la stabilizzazione;
   ulteriore problema emerso sarebbe poi quello del trattamento economico: non risulta, infatti, chiaro se a questi lavoratori sarà riconosciuto un trattamento economico integrativo «ad personam» (previsto per altri casi), al fine di scongiurare una riduzione di stipendio a fronte del declassamento giuridico, posto che le mansioni che questo personale svolge sono sempre le stesse –:
   se i Ministri interrogati intendano chiarire se l'Inps abbia proceduto a stabilizzare tutti i lavoratori in fascia C come programmato, confermando l'impegno assunto a procedere alla stabilizzazione degli altri lavoratori e in quali tempi;
   se gli enti di provenienza di questi lavoratori in comando presso l'Inps abbiano accordato la proroga del comando;
   se l'applicazione delle tabelle di equiparazione richiamate in premessa abbia determinato o determini problemi per la stabilizzazione di questi lavoratori e quali eventuali iniziative abbiano assunto o intendano assumere l'Inps e il Governo per superare tali eventuali problemi;
   se ai lavoratori, ai quali sia stato o potrebbe essere cambiato l'inquadramento giuridico in forza di quanto richiamato in premessa, sarà in ogni caso assicurato lo stesso trattamento economico, posto che le mansioni che svolgono non sono state modificate e non ci sarebbero, comunque, nuovi oneri a carico né dell'Inps né della spesa pubblica in generale. (5-10412)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in Ancona, si impedisce, si impedisce ai consiglieri comunali, l'esercizio del mandato elettivo:
    al consigliere Cristina Lazzeri è stato negato l'accesso ad un atto riguardante la corrispondenza tra un dirigente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Mauro Coletta, responsabile del procedimento sull’«uscita a ovest» e l'assessore Ida Simonella. È intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri il 1o aprile 2014, ribadendo il dovere dell'amministrazione a fornire tutti gli elementi richiesti dai consiglieri, ma l'atto non è stato consegnato;
    al consigliere Andrea Quattrini viene intimato, con diffida di giustificare entro 7 giorni, la consegna al sindaco di una nota della deputata Donatella Agostinelli sull’«uscita a ovest», indicante «sviste» e norme «capestro» per lo Stato, contenute nella convenzione Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Passante Dorico che avrebbero provocato l'ennesima «incompiuta» ed esborsi plurimilionari dallo Stato alla società citata. Il 15 dicembre 2016 il Ministro Delrio ha sostanzialmente bocciato il progetto. Il comune, anziché procedere alla verifica delle irregolarità segnalate, ha messo sotto inchiesta il consigliere tramite il segretario generale, responsabile della prevenzione della corruzione e responsabile della trasparenza, Giuseppina Cruso, e il dirigente Massimo Sgrignuoli. Trattasi, ad avviso degli interroganti, di intimidazioni al titolare di un mandato elettivo e non si ha notizia di provvedimenti assunti nei confronti dei responsabili;
    quanto alla consigliera Daniela Diomedi, il Resto del Carlino (04 novembre 2015), informa che due vigili urbani hanno rilevato una violazione al codice della strada compiuta dal dirigente Sgrignuoli. La consigliera (19 dicembre 2016) ha chiesto l'accesso agli atti per acquisire le relazioni di servizio dei vigili. Il responsabile del procedimento, comandante dei vigili urbani Massimo Fioranelli, invia con notazione: «Si evidenzia che i dati identificativi del soggetto sanzionato sono stati oscurati, in quanto detti dati, allo stato, non risultano pertinenti o comunque eccedenti al diritto di accesso esercitato.» Il consigliere Diomedi (9 gennaio 2017) ha chiesto un'altra relazione e il riscontro completo del precedente accesso citando costante giurisprudenza amministrativa «con la conseguenza che sul Consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste di informazione, né gli uffici hanno titolo a richiederle e conoscerle (Cons.Stato Sez. V 29/08/2011 n.4629). Inoltre, non attiene al Responsabile del procedimento alcuna valutazione circa la pertinenza (o meno) delle richieste di accesso agli atti che, per legge, è tenuto ad evadere stante la titolarità in capo al Consigliere comunale di un diritto pieno e non comprimibile nemmeno a tutela di esigenze di riservatezza». Il comandante Fioranelli (20 gennaio 2017) fornisce l'atto richiesto anch'esso oscurato, comunicando l'inoltro al segretario generale Giuseppina Cruso, di «una richiesta di parere», evidenziando «che i dati identificativi dei soggetti interessati sono stati oscurati, avuto riguardo al diritto di accesso in rapporti al diritto alla riservatezza». Il 17 gennaio 2017 lo Sgrignuoli, con raccomandata inviata alla consigliera Diomedi, comunica un ulteriore esposto – querela, ove la Diomedi è indicata come persona informata sui fatti e la invita «a non prestarsi a strumentalizzazioni per attività illecite in mio danno: le relazioni di servizio sono oggetto di riservatezza e la loro divulgazione costituisce reato ex articolo 326 c.p. anche per il Consigliere comunale, e questo a maggior ragione se le stesse sono inveritiere o comunque lesive dell'immagine e del decoro dello scrivente. Quanto precede al fine di permetterLe di avere piena consapevolezza preventiva, onde consentirLe – anche nel suo interesse – di evitare di concorrere in una attività diffamatoria dello scrivente oltre che in altri possibili gravi reati quali abuso d'ufficio e rilevazione di segreto d'ufficio – già fatti oggetto di denunzia penale – confidando sinceramente in una sua estraneità all'attività illecita, sin qui svolta in mio danno. Immagino avrà notato come sino ad oggi, lo scrivente non abbia mai replicato a tutte le sue numerose censure, delazioni ed altro, ma in questa vicenda in particolare non posso davvero consentirmi tolleranza alcuna.» Per l'interrogante si tratta di forme di intimidazione, che impediscono il mandato elettorale e che non possano essere tollerate né restare impunite –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere ulteriori iniziative, per quanto di competenza, in ordine alle difficoltà nell'eccesso agli atti lamentati dai citati consiglieri comunali che sembrano configurare, ad avviso dell'interrogante, ripetuti attacchi alla funzione dei consiglieri medesimi e una sorta di ostracismo nei confronti degli eletti.
(5-10419)

Interrogazione a risposta scritta:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 27 gennaio 2015 si sono chiuse le indagini preliminari sui presunti casi di assenteismo nel comando dei vigili urbani del comune di Ancona. Le indagini sono state condotte dal pubblico ministero Paolo Gubinelli;
   i vigili raggiunti da avviso di garanzia sono stati 6, cinque dei quali accusati di essersi assentati ingiustificatamente dal lavoro: tra questi il tenente Mauro Mancini («Il Resto del Carlino» del 1o febbraio 2015);
   l'accusa formulata nei loro confronti dal pubblico ministero Paolo Gubinelli è di truffa e di violazione dell'articolo 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 (cosiddetta «Legge Brunetta»), che prevede anche il licenziamento per i dipendenti pubblici assenteisti. Mentre il procedimento giudiziario è ancora in itinere, si è appreso da fonti stampa che proprio il tenente Mancini, nonostante le accuse nei suoi confronti, con determinazione del dirigente del comune di Ancona n. 92 del 26 gennaio 2016, avente ad oggetto «atti non comportanti impegno di spesa – provvedimenti organizzativi di micro organizzazione della Direzione Ambiente, Green Economy (energie rinnovabili), verde pubblico, cimiteri – affidamento deleghe di firma al signor Mauro Mancini», sarebbe stato addirittura promosso a responsabile del settore cimiteriale del comune di Ancona. Sotto il Mancini, al vertice del servizio, vi sarebbero altri tre collaboratori diretti – il Resto del Carlino del 2 febbraio 2016, «Il tenente indagato e ora promosso»;
   prima di essere nominato responsabile dei servizi cimiteriali, Mancini, proprio a causa del procedimento penale che lo ha visto coinvolto, era stato spostato al settore verde del comune con una mansione ordinaria;
   ora, invece, si apprende perfino dello scatto di carriera (il Resto del Carlino del 2 febbraio 2016, «Il tenente indagato e ora promosso»);
   si tratta di un onere di responsabilità molto importante, in un settore molto delicato, in quanto dal Mancini passeranno le firme per i trasporti delle salme e ceneri in altri comuni, per le cremazioni, per i passaporti mortuari, per la dispersione ceneri, per le autorizzazioni degli affidi delle urne cinerarie, per il recupero dei crediti vantati dal comune nei confronti di cittadini privati e di imprese di pompe funebri insolventi, per le rateizzazioni dei pagamenti per i loculi dei defunti, per l'accesso agli atti ed altro ancora. Si può, dunque, parlare di una posizione di assoluto rilievo nella tabella organica –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative normative volte a rafforzare le misure di contrasto ai fenomeni di assenteismo e di violazione dei doveri di ufficio nella pubblica amministrazione evitando che possano determinarsi casi paradossali come quello descritto. (4-15386)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da fonte stampa del Quotidiano di Puglia del 26 gennaio 2017 dal titolo «Bollette e avvisi in ritardo e scoppiano le proteste», si evincono una moltitudine di disservizi per la consegna della corrispondenza erogata da Poste italiane. Nell'articolo si imputano i disagi al nuovo progetto di Poste «recapito a giorni alterni» che ha prodotto ritardi di settimane nelle consegne, disagi dell'utenza, ma anche «superlavoro e, addirittura, pericolo per l'incolumità personale per le decine di portalettere che ogni giorno distribuiscono la corrispondenza nelle case dei leccesi»;
   infatti, da agosto 2016, Poste italiane ha deciso di applicare anche a Lecce la razionalizzazione delle risorse del personale, che ha comportato una riduzione del 30 per cento dei portalettere e il raddoppiamento del volume di posta da smistare per i lavoratori ancora in servizio;
   dopo circa sei mesi dall'inizio della razionalizzazione si è arrivati alla cifra di 30.000 raccomandate ferme nell'area di Lecce. Inoltre, i portalettere e gli sportellisti di filiale, vengono costantemente aggrediti verbalmente e anche fisicamente dall'utenza stanca di questi continui disservizi;
   sempre dalla medesima fonte stampa si evince che da qualche settimana Poste italiane ha incrementato il personale con 10 unità in più al giorno, attingendo dal personale non solo di altre zone di recapito del Salento, ma addirittura dalla Basilicata. Inoltre, il personale leccese ha svolto numerose ore di lavoro straordinario per preparare il carico di consegne alle unità aggiuntive, tuttavia i gravi disagi continuano;
   da fonte stampa del Quotidiano di Puglia del 26 gennaio 2017 dal titolo «Recapito al collasso nei paesi», si evince che per l'intero Salento i disservizi che subiscono i cittadini dal servizio di Poste italiane sono innumerevoli. Con il ritardo della consegna della corrispondenza, tardano ad arrivare anche le «bollette» per i servizi di energia elettrica, idrico e gas, producendo di conseguenza more per i pagamenti che avvengono in ritardo;
   da fonte stampa del Quotidiano di Puglia del 26 gennaio 2017 dal titolo «A casa un portalettere su tre. Ferme 30 mila raccomandate», i sindacati denunciano i provvedimenti aziendali di ridimensionamento del personale attuati da Poste italiane e ammettono: «si lavora fino a 12 ore al giorno». Inoltre, sempre le organizzazioni sindacali dichiarano che: «sebbene Poste italiane stia concedendo altre zone di recapito, si tratta di cifre assolutamente insufficienti a garantire un recapito di qualità, per una città come Lecce, che è sede di numerosi uffici e del Tribunale e della Corte d'Appello e che ogni giorno riceve tra le 4 e le 5.000 raccomandate e 2 tonnellate di corrispondenza» –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare affinché Poste italiane renda ai cittadini un servizio universale efficiente ed efficace nel Salento;
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare affinché Poste italiane organizzi turni di lavoro che rispettano i diritti dei lavoratori;
   se il Ministro intenda adottare iniziative urgenti al fine di ridiscutere con Poste italiane il progetto «recapito a giorni alterni» che tanti disagi sta creando a cittadini e lavoratori. (5-10413)


   BUSIN e ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Società consortile per azioni (SEC) di Padova è un consorzio di proprietà di diverse banche, fra cui banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, che svolge servizi di informatica per gli istituti di credito ed impiega 300 dipendenti diretti ed altrettanti nell'indotto, con un fatturato di circa 137 milioni di euro nel 2015;
   a quanto consta agli interroganti sembrerebbe che la società Equita Sim sia stata incaricata di vendere il consorzio;
   le trattative risultano già in fase avanzata con alcune offerte vincolanti, che vedono coinvolte aziende multinazionali possedute da fondi stranieri ma anche un consorzio bancario italiano con un valido progetto di sviluppo per il Sec;
   il consorzio Sec ricopre un ruolo strategico all'interno del sistema bancario nazionale poiché offre alle banche un servizio di primaria importanza, sia per lo svolgimento delle loro quotidiane funzioni, che per la tenuta e la gestione di dati sensibili;
   il Sec risulterebbe attualmente in una situazione di stallo; è indispensabile, dunque, che la scelta dell'eventuale acquirente ricada tra quelli che abbiano in progetto il rilancio del consorzio, a garanzia del mantenimento in Italia di un asset rilevante per il sistema bancario nazionale e a tutela dell'occupazione di personale esperto e qualificato;
   la preoccupazione è per gli interroganti che il consorzio possa essere ceduto a multinazionali estere che antepongano l'interesse speculativo a quello del rilancio del sistema informativo italiano, con evidenti ricadute sul personale che pagherebbe, con la perdita del posto di lavoro, il costo più alto dell'operazione –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e intenda prendere parte, per quanto di competenza, alle trattative in corso, anche con la convocazione di un tavolo di concertazione, per verificare che i piani strategici degli eventuali soggetti interessati all'acquisto del Sec abbiano come obiettivo quello di garantire lo sviluppo del consorzio italiano a tutela dell'occupazione e del ruolo strategico che lo stesso ricopre all'interno del sistema bancario nazionale.
(5-10418)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   una vasta rassegna stampa dei quotidiani italiani del mese di gennaio 2017 riporta la notizia secondo la quale Hitachi intende acquisire il 100 per cento di Ansaldo Sts perché – come si legge in un articolo de Il Sole 24 Ore del 20 gennaio 2017 intitolato «Ansaldo Sts, Hitachi vuole acquistare l'intera società» – «ci sono sinergie significative tra le due società e poche sovrapposizioni»;
   nell'ultima assemblea dei soci di Ansaldo STS, tenutasi a Genova il 19 gennaio 2017, su richiesta di Hitachi che detiene il 51 per cento è stata votata e approvata, con praticamente il solo voto a favore dell'azionista di maggioranza, l'azione di responsabilità nei confronti del consigliere di minoranza Giuseppe Bivona, rappresentante di Elliott & Co., per «diligenza eccessiva e non commisurata alle specifiche circostanze concrete». Nel mirino c'erano le numerose lettere inviate dal consigliere al collegio sindacale, all’internal audit, ma anche alla Consob ed alla procura della Repubblica nelle quali Bivona ha segnalato comportamenti «contrari alla governance», come riporta un articolo di Milano Finanza del 20 gennaio 2017 intitolato «Ansaldo Sts, via Bivona dal board»;
   come si legge in un articolo de La Repubblica del 20 gennaio 2017 intitolato «Ansaldo, azione di responsabilità contro minoranze», per il Fondo Elliott si è trattato di un «palese tentativo di realizzare l'ennesimo abuso ai danni degli azionisti di minoranza» ed «eliminare un consigliere scomodo»;
   in un altro articolo de Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio 2017 dal titolo «Ansaldo STS, i nuovi padroni giapponesi fanno fuori il consigliere troppo critico» si scrive «Benvenuti nella Repubblica delle Banane. Il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda difende Mediaset... ma nessuno fiata davanti alla vera scorreria che sta conducendo la giapponese Hitachi ai danni di tutto il mercato finanziario italiano» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quale sia il suo orientamento in merito e se intenda, per quanto di competenza, porre in essere una qualche iniziativa per chiarire la vicenda che ha visto coinvolto l'ormai ex consigliere di minoranza Bivona, decaduto con la motivazione dell’«eccesso di diligenza». (4-15393)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Benedetti e altri n. 2-01623, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Basilio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione D'Ottavio e altri n. 5-10255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-12875 del 18 aprile 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10407.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   Interrogazione a risposta in Commissione Latronico n. 5-05020 del 12 marzo 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02743.
   Interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-06439 del 22 settembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02742.
   Interrogazione a risposta in Commissione Agostinelli n. 5-07678 del 4 febbraio 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-15386.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza Massimiliano Bernini e altri n. 2-01580 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 723 del 13 gennaio 2017. Alla pagina 43632, seconda colonna, alla riga quattordicesima, deve leggersi: «mentre la rimanente flotta, 17 aeromobili,» e non come stampato.