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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 27 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente attenzione alla sostenibilità ambientale e dal permanere di una congiuntura economica sfavorevole, intende dare risposte alla crescente aspettativa sul potenziale sviluppo dell'efficienza energetica, prevedendo tra l'altro anche la standardizzazione e la semplificazione delle procedure di fatturazione e lettura dei consumi energetici;
    in particolare, la citata direttiva intende promuovere la massima facilità di accesso, da parte dei clienti finali, alle informazioni relative agli effettivi consumi di energia, interrompendo la prassi dei consumi presunti attraverso l'utilizzo di contatori «intelligenti» sia per l'elettricità sia per il gas;
    per quanto riguarda l'energia elettrica, e conformemente alla direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, che giudica positivamente l'introduzione dei contatori «intelligenti», almeno l'80 per cento dei consumatori dovrebbe essere dotato di sistemi «intelligenti» di misurazione entro il 2020. Per quanto riguarda il gas, e conformemente alla direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, che giudica positivamente l'introduzione dei sistemi di misurazione «intelligenti», gli Stati membri o qualsiasi autorità competente da essi designata, dovrebbero elaborare un calendario per l'attuazione di sistemi di misurazione «intelligenti»;
    la legge 14 novembre 1995, n. 481, attribuisce all'Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità il potere di regolare i servizi di pubblica utilità con la finalità di promuovere la concorrenza, l'efficienza dei servizi e la tutela dei consumatori, armonizzando tali scopi con gli obiettivi economico-finanziari degli esercenti;
    il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, assegna all'Autorità il compito di promuovere l'installazione di contatori elettronici, «garantendo nel massimo grado e tempestivamente la corrispondenza tra i consumi fatturati e quelli effettivi con lettura effettiva dei valori di consumo ogni volta che siano installati sistemi di telelettura»;
    l'articolo 9 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, come da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 141 del 18 luglio 2016, recepisce le disposizioni relative alla misurazione dei consumi energetici, alla fatturazione prevedendo che l'AEEG (Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico), predisponga le specifiche sui contatori intelligenti, a cui gli esercenti l'attività di misura sono tenuti ad uniformarsi;
    le direttive della citata Autorità, in osservanza di quanto previsto dall'Unione europea, prescrivono l'implementazione di un metodo di rilevamento a distanza per via telematica dei consumi di gas, luce, acqua e altre utenze;
    con deliberazione 393/2013/R/gas, l'Autorità ha introdotto disposizioni speciali per l'attivazione ed il finanziamento di progetti pilota per la verifica in campo di soluzioni di telegestione dei gruppi di misura (contatori) di gas naturale, congiuntamente alla telegestione di misuratori di energia elettrica o di acqua e/o alla gestione remota di sensori di stato di altri servizi di pubblica utilità;
    l'Autorità segnala l'esigenza di arrivare, con la seconda generazione di contatore elettrici, a una maggiore interoperabilità del contatore elettrico con applicazioni di parti terze, grazie all'introduzione di un doppio canale PLC (Power Line Communication);
    la nuova tecnologia dei sistemi radio definiti «multi-servizio» operanti nella banda non licenziata dei 169 mega hertz presenta maggiori potenzialità applicative seppur con costi più elevati rispetto alla PLC che sfrutta i cavi elettrici;
    la telelettura dei nuovi contatori permetterà una contabilizzazione dei consumi più aderente al loro andamento effettivo nel tempo, riducendo l'impiego di stime per la fatturazione dei consumi e la necessità di conguagli;
    la razionalizzazione dell'uso dei contatori attraverso un sistema di scambio dei dati codificato, che permetta alle varie utenze di sfruttare i medesimi concentratori, consentirebbe da una parte la possibilità di sfruttare le economie di scala per la riduzione dei costi di implementazione e, dall'altra, una semplificazione per gli utenti all'accesso dei dati che comporterebbe una maggiore attenzione ai consumi, una maggiore sicurezza nella gestione del rischio di perdite degli impianti e una maggiore attenzione al rispetto ambientale,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative normative per introdurre un credito di imposta per permettere alla società di gestione dei servizi pubblici (gas, acqua) di sviluppare un sistema universale di comunicazione dei propri contatori con i concentratori dei dati;
   ad assumere iniziative per prevedere adeguanti finanziamenti per i progetti pilota per la verifica in campo di soluzioni di telegestione e gestione remota di sensori di stato;
   a farsi promotore di una iniziativa normativa volta allo sviluppo di una piattaforma telematica per la sperimentazione di un sistema di comunicazione dei dati di tutte le utenze domestiche e permetta ai gestori dei servizi pubblici essenziali di canalizzare le informazioni in un unico punto di accesso via web gestito dalla Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (ovvero dalle singole società per la parte del servizio dalle medesime offerto), attraverso il quale l'utente potrà venire a conoscenza in tempo reale dei consumi giornalieri, del consumo medio mensile, di quello medio annuale e di eventuali scostamenti dalla media di periodo, anche al fine di ricevere l'eventuale segnalazione di guasto dovuto a perdite dell'impianto o malfunzionamento della rete, entro 24 ore dall'avvenuto scostamento, per le vie di comunicazione che il medesimo utente indicherà al momento dell'aggiornamento dei propri dati presso la società di gestione del servizio.
(7-01170) «Fragomeli, Pelillo, Senaldi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la politica agricola comune (Pac) è stata oggetto negli ultimi anni di profonde revisioni tese a rendere il comparto più competitivo ed autonomo rispetto a strumenti di intervento pubblico diretto, e maggiormente rispondente ad un'attività produttiva sostenibile per l'ambiente;
    il comparto si è visto, quindi, esposto a profondi cambiamenti. L'abbandono del controllo della produzione attraverso l'abolizione delle quote, la riduzione degli interventi a sostegno del mercato, la globalizzazione dei mercati e gli accordi di libero scambio hanno esposto il settore a situazioni di turbolenza e volatilità dei prezzi nei mercati agricoli, con ridotti, se non nulli, margini di profitto, per gli agricoltori;
    gli strumenti configurati con la nuova PAC 2014-2020 hanno richiesto un lavoro di sperimentazione ed adattamento alla realtà nazionale ed, in taluni casi, sono risultati insufficienti o non adeguati a fronteggiare situazioni di gravi crisi in cui si sono trovati alcuni specifici comparii. In alcuni casi, come per la consulenza aziendale la complessità della regolamentazione comunitaria non sta permettendo l'avvio della misura prevista nei programmi di sviluppo rurali italiani;
    l'Europa si trova ad affrontare sfide legate alla sopravvivenza del suo stesso modello di società. Le spinte populiste e disgreganti della stessa convivenza europea sono in forte aumento, anche a causa di una lunghissima fase di recessione economica che ha inciso fortemente sull'aumento delle diseguaglianze sociali e del tasso di disoccupazione, soprattutto tra le fasce della popolazione più giovane;
    il Presidente Juncker, nel discorso sullo stato dell'Unione, ha associato il tema dell'agroalimentare ad un dato a lungo trascurato: il numero delle imprese e delle persone impiegate nel settore primario ammonta a 44 milioni. Dopo molto tempo, torna ad essere protagonista una dimensione economica in cui emerge e viene fatto valere, anche ai fini della distribuzione dei contributi europei, il fattore «umano», inteso come capacità del settore agricolo di generare occupazione e lavoro;
    il modello agroalimentare europeo ed italiano dovrà, quindi, ripartire dal fattore «umano» per confermare i propri valori distintivi, basati sulla sostenibilità ambientale, sulla sicurezza alimentare, e sulla distintività delle produzioni che possa fornire un'informazione completa al consumatore sull'origine delle produzioni;
    il 14 settembre 2016 la Commissione ha presentato il riesame intermedio del quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2014-2020: esso si sostanzia nel pacchetto di modifiche regolamentari contenute nella proposta del cosiddetto regolamento Omnibus che, per l'agricoltura, prevede la modifica di tutti e quattro i regolamenti di base della politica agricola comune: il regolamento 1307/2013 sui pagamenti diretti (agricoltore attivo, giovani, sostegno accoppiato), il regolamento 1305/2013 sullo sviluppo rurale (gestione del rischio, strumento di stabilizzazione del reddito), il regolamento 1308/2013 sull'organizzazione comuni di mercato unica (settore ortofrutticolo e contingenti tariffari) e il regolamento 1306/2013 orizzontale (disciplina finanziaria, disimpegno automatico, sanzioni amministrative);
    la proposta contenuta nel regolamento «Omnibus», pur non potendo configurarsi come una revisione di medio termine, ipotesi peraltro esclusa dallo stesso commissario Hogan, dà avvio ad una riflessione complessiva sulle scelte da compiere anche in vista di una riforma complessiva della Politica agricola comune dopo il 2020;
    con la Pac 2014-2020 il regime dei pagamenti diretti ha subito modifiche sostanziali, tra cui spiccano:
     1. la previsione di diverse tipologie di pagamento, alcune obbligatorie e altre facoltative, rispetto al previgente regime di pagamento unico;
     2. l'introduzione della figura dell'agricoltore attivo come prerequisito per essere beneficiario della politica agricola comune che ha permesso di indirizzare i fondi a disposizione verso coloro che vivono di agricoltura, escludendo, al contempo, rendite fondiarie ingiustificate;
     3. la regionalizzazione del pagamento e la convergenza verso un valore unitario nazionale (VUN), concretizzatesi per l'Italia con la scelta di una «regione unica» a livello nazionale;
     4. l'introduzione del greening, un pagamento obbligatorio volto, da un lato, a garantire la sostenibilità ambientale della produzione agricola e, dall'altro, ad assicurare agli agricoltori la remunerazione per la produzione di beni pubblici;
    nel regolamento «Omnibus», la semplificazione interessa i pagamenti diretti nei seguenti ambiti: la definizione di agricoltore attivo, i giovani agricoltori, il sostegno accoppiato facoltativo ed il regime di pagamento unico per superficie;
    in merito alla definizione di agricoltore attivo si propone di concedere ai singoli Stati membri la facoltà di soddisfare la definizione di agricoltore attivo attraverso uno o due dei tre requisiti al momento previsti (importo annuo dei pagamenti diretti almeno pari al 5 per cento dei proventi totali ottenuti da attività non agricole nell'anno fiscale più recente, attività dell'agricoltore non insignificanti, esercizio di un'attività agricola che rappresenti l'attività principale dell'agricoltore o il suo oggetto sociale) o addirittura la possibilità di non applicare affatto la definizione di agricoltore attivo;
    la possibilità che uno Stato membro decida di non applicare il requisito dell'agricoltore attivo va considerata un passo indietro rispetto ai principi che hanno guidato la riforma della politica agricola comune per il periodo 2014-2020 e che vedevano tale requisito come un modo per indirizzare il sostegno ai soggetti che fanno dell'attività agricola la loro principale fonte di reddito. Per garantire il mantenimento di tale principio e per assicurare un indirizzo specifico delle risorse a chi vive di agricoltura, in Italia non si può ridiscutere la figura dell'agricoltore attivo che dovrà quindi essere mantenuta;
    riguardo al pagamento per i giovani agricoltori, al fine di garantire il maggior utilizzo del relativo pagamento, la proposta di regolamento prevede l'eliminazione del limite massimo al numero di titoli o di ettari sui quali calcolarlo. Lo Stato membro verrebbe, così, obbligato a definire un limite massimo del numero di diritti all'aiuto o del numero di ettari solo quando necessario per il rispetto del tetto previsto per il pagamento e pari al 2 per cento del massimale nazionale. La proposta richiederà un'attenta valutazione considerato che essa potrebbe essere soggetta ad applicazioni distorsive ai fini dell'ottenimento della maggiorazione prevista per il pagamento ai giovani agricoltori;
    sul sostegno accoppiato facoltativo, con la modifica proposta la Commissione avrebbe la facoltà di rendere «disaccoppiato» il sostegno accoppiato della politica agricola comune, legandolo alla produzione passata, al fine di evitare che i livelli produttivi siano mantenuti anche 4-tirando non opportuno a causa di forti crisi di mercato. Di conseguenza, l'agricoltore potrebbe ricevere un pagamento commisurato a livelli di produzione storici, con la possibilità di diminuire il numero di capi/ettari per i quali aveva effettuato la domanda di aiuto, ricevendo però il medesimo sostegno;
    in merito alle misure per lo sviluppo rurale, la proposta di regolamento interviene in materia di:
     1) misure di gestione del rischio, introducendo la possibilità di prevedere fondi settoriali per lo strumento IST (Income stabilization tool), delineando per questi stessi fondi una riduzione della soglia, dal 30 per cento al 20 per cento della perdita subita nell'anno rispetto al reddito medio dei tre anni precedenti o media olimpica degli ultimi cinque, che fa scattare la possibilità di accesso allo strumento;
     2) disposizioni in materia di nuove aziende da parte dei giovani agricoltori, specificando che l'insediamento da parte del giovane potrà avvenire anche insieme ad altri agricoltori, riducendo, così, la discrezionalità delle singole regioni che, nell'attuale periodo di programmazione, hanno previsto regole differenti al riguardo. La data di primo insediamento non coinciderà più con l'adempimento degli aspetti formali da parte del soggetto (apertura partita iva), bensì con l'implementazione da parte di quest'ultimo di azioni concrete per l'esercizio dell'attività d'impresa che saranno definite dai singoli Stati membri; l'attuazione del piano aziendale da parte del giovane deve iniziare dalla data di insediamento. È previsto, infine, per i giovani l'ottenimento del sostegno anche sotto forma di strumenti finanziari, o come combinazione di sovvenzioni e strumenti finanziari;
     3) regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, prevedendo un sostegno specifico per coprire i costi per le attività svolte dalle associazioni dei produttori solo nel mercato interno;
     4) spese sulle calamità naturali, prevedendo che gli Stati membri avranno la possibilità di prevedere nei loro programmi l'ammissibilità delle spese sostenute dopo il verificarsi degli eventi se l'investimento è relativo alle misure di emergenza dovute a calamità naturali, eventi catastrofici, condizioni climatiche avverse o un cambiamento significativo e repentino delle condizioni socioeconomiche dello Stato membro o regione;
    l'Unione europea ha progressivamente cambiato la propria strategia di stabilizzazione dei mercati agricoli, passando da strumenti diretti più invasivi e distorsivi (prezzi garantiti, restituzioni all'esportazione, ammassi pubblici, quote, set aside e altro) a strumenti di regolazione indiretta del mercato, quali: organizzazioni di produttori (OP) e associazioni di organizzazioni di produttori (AOP); organizzazioni interprofessionali (OI); trasparenza del mercato; contratti, che l'autorità pubblica può rendere anche obbligatori; sviluppo di filiere corte; programmazione dell'offerta delle produzioni dop e igp. A questi strumenti si aggiungono quelli di gestione del rischio, in particolare i fondi di mutualità, collocati nel secondo pilastro della politica agricola comune. Delle vecchie misure di mercato rimangono in vigore alcune residue forme di protezione alla frontiera dal lato delle importazioni (dazi) e reti di sicurezza sul mercato interno: ritiri dal mercato e ammasso pubblico (con prezzi di riferimento talmente bassi da non rappresentare alcuna protezione per gli agricoltori) e aiuti all'ammasso privato;
    la validità delle nuove misure è ancora aleatoria, come dimostra la scarsa efficacia del «pacchetto latte» nell'affrontare la crisi del settore nel 2016 ed è necessario prevedere un miglior funzionamento degli strumenti a disposizione;
    infatti, nel primo anno di applicazione, la nuova politica agricola comune 2014-2020 ha dovuto fronteggiare diversi problemi associati all'accresciuta volatilità dei mercati agricoli – ormai elemento strutturale a livello mondiale ed europeo – che, sommandosi alle difficoltà di applicazione del nuovo sistema di pagamenti diretti e alla sempre minore protezione dalle importazioni, hanno fortemente ridotto i livelli di sostegno e il sistema di tutela del reddito degli agricoltori europei. Il settore lattiero-caseario è stato il primo a essere colpito, a causa dell'eccesso di capacità produttiva generato dalla progressiva eliminazione delle quote, divenuta definitiva a partire dal 1o aprile 2015, ma anche a causa dell'embargo russo e delle basse importazioni della Cina rispetto alle previsioni. Analoghe difficoltà si sono registrate anche per l'ortofrutta, i cereali e la carne suina;
    la perdita di potere negoziale lungo la filiera e l'ampliamento della forbice tra i prezzi alla produzione e i prezzi al consumo si possono considerare come un fattore strutturale. Il ruolo e la posizione dei produttori nella filiera agroalimentare continuano a destare grande preoccupazione. Questa situazione di debolezza della produzione agricola minaccia, non solo gli agricoltori, ma tutta la filiera, e non solo nella sua capacità di soddisfare le esigenze dei consumatori, ma anche rispetto ad altri obiettivi in campo economico, ambientale e sociale;
    la Commissione prevede di formulare delle proposte legislative a inizio del 2017, dopo la presentazione della relazione finale della Agricultural Markets Task Force istituita ad inizio 2016;
    dalla proposta di regolamento «Omnibus» non emergono novità sull'impianto normativo delle misure di mercato, essendo gli interventi molto limitati e riguardanti gli aiuti al settore ortofrutticolo e i contingenti tariffari;
    nello specifico, in relazione agli aiuti: le misure di prevenzione e gestione crisi sono estese al sostegno con i fondi di mutualizzazione; si propone di includere nelle misure di prevenzione e di gestione delle crisi, attività di coaching finanziate al 100 per cento tramite il bilancio dell'Unione europea; si modificano le norme relative all'aiuto finanziario nazionale (AFN) alle organizzazioni di produttori nei Paesi in cui l'organizzazione della produzione nel settore ortofrutticolo è debole; si sopprime la possibilità per le regioni di chiedere il rimborso dell'aiuto nazionale al verificarsi di talune condizioni (questa modifica provocherà evidenti ripercussioni negative su vari Stati membri, tra cui Italia, Spagna e Portogallo),

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché, nella definizione delle ipotesi di distribuzione delle risorse tra i Paesi membri del pagamento di base, siano considerate, in aggiunta al parametro della superficie agricola utilizzata, (Sau) altre variabili in grado di rappresentare il contributo che l'azienda fornisce all'economia e all'occupazione, quale il livello di occupazione e il valore aggiunto, con particolare attenzione alle aree rurali dove il rischio di abbandono è molto alto e dove l'agricoltura rappresenta un'importante fonte di reddito per la popolazione locale;
   ad assumere iniziative per migliorare la competitività del settore agricolo e aumentare la percentuale di valore che esso rappresenta nella filiera agro-alimentare, mettendo in atto ogni utile iniziativa per rafforzare le forme organizzate dei produttori, in modo da rafforzarne il potere di mercato e il potere negoziale, nonché favorire la creazione di mercati locali accanto ai mercati globali;
   ad assumere iniziative affinché per la programmazione della politica agricola comune oltre il 2020 le misure di gestione del rischio siano rese più efficaci, valutando eventualmente anche l'opportunità di trasferire la materia dal secondo al primo pilastro, in modo da assicurare la necessaria complementarietà tra le iniziative di gestione dei rischi e quelle destinate alla gestione delle crisi di mercato, individuando nelle realtà organizzate degli imprenditori agricoli un punto di riferimento per una parte consistente delle iniziative per la gestione dei rischi;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie per valutare la possibilità che l'attuale componente «accoppiata» dei pagamenti diretti possa svolgere più un ruolo anticiclico, agganciato all'andamento dei prezzi, che di aiuto settoriale stabilito ex ante e rinegoziabile su base biennale come avviene già oggi; la gestione della componente «accoppiata» dei pagamenti diretti dovrebbe inoltre essere resa più flessibile nelle scelte e nell'implementazione da parte degli Stati membri;
   ad assumere iniziative per rafforzare le attuali organizzazioni comuni di mercato quale strumenti utili in grado di razionalizzare e modernizzare i mercati, svolgendo nel contempo un ruolo importante nella gestione delle crisi e prevedendo anche una specifica organizzazione comune di mercato per il settore lattiero;
   ad assumere iniziative affinché la proposta contenuta nel regolamento «Omnibus» di abbassare la soglia per i fondi di stabilizzazione dei redditi, oltre la quale scatta la possibilità di compensazione, sia estesa anche alle altre tipologie di risk management ed, in particolare, alle assicurazioni, che ad oggi risultano lo strumento più diffuso tra gli agricoltori europei, favorendo il ricorso a formule assicurative di tipo parametrico, maggiormente collegate non solo alle vicende produttive ma anche a quelle climatiche e di mercato;
   ad intervenire nelle sedi europee per rendere la normativa comunitaria sulla consulenza compatibile ed applicabile anche in Italia, in quanto di grande importanza per i produttori e, soprattutto, nei casi di avvio di nuove aziende;
   ad assumere iniziative per individuare, nell'ambito della componente greening, azioni a favore dell'ambiente compatibili con la realtà delle pratiche agricole applicate ed i cui effetti siano misurabili, includendovi anche temi quali il risparmio energetico e la lotta al cambiamento climatico;
   ad assumere iniziative per prevedere un'applicazione diversificata delle norme a seconda della dimensione e della localizzazione aziendale, così come adottata per esempio per l'applicazione del greening, per ridurre i costi della burocrazia per le imprese agricole collocate in aree marginali e di montagna;
   riguardo all'effettività dei beneficiari delle risorse della politica agricola comune, ad adoperarsi affinché la norma sull'agricoltore attivo non venga rimessa in discussione e sia consentita agli Stati membri la necessaria flessibilità nell'applicazione della stessa, garantendo l'indirizzo delle risorse prioritariamente verso chi vive di agricoltura e considerando anche il contributo all'occupazione;
   a mantenere alta l'attenzione sul ricambio generazionale, con politiche a servizio dei giovani che facilitino non solo l'ingresso di quest'ultimi nel settore agricolo, ma anche attività di formazione e consulenza che li accompagnino nello sviluppo continuo della propria azienda e nel mantenimento della stessa una volta avviata.
(7-01169) «Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Rostellato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 438, della legge di bilancio 2017 (n. 232 del 2016), istituisce un «Fondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti locali»;
   la dotazione del Fondo citato ammonta a 969,6 milioni di euro per ciascuno per gli anni dal 2017 al 2026, e a 935 per ciascun anno dal 2027 al 2046. Dal 2047 lo stanziamento sarà di 925 milioni annui;
   l'individuazione dei beneficiari dei detti interventi, così come delle finalità, dei criteri e delle modalità di riparto è affidata dal successivo comma 439 dello stesso articolo 1 della medesima legge, ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze dopo intesa in sede di Conferenza unificata;
   lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo è stato presentato in Conferenza unificata (Commissione affari finanziari) e da questo schema si evince che il fondo sarà ripartito tra comuni e province, comprese le città metropolitane, con l'espressa esclusione, però, degli enti di area vasta delle regioni a statuto speciale;
   si tratta di una decisione che è in contrasto con quanto indicato dal citato articolo 1, comma 438, della legge n. 232 del 2016, dove non appaiono distinzioni tra enti territoriali delle regioni a statuto speciale rispetto a quelle a statuto ordinario, differenza di quanto, invece, accade con l'articolo 1, comma 754, della legge n. 208 del 2015;
   si osserva, incidentalmente, che il finanziamento a favore degli enti di area vasta avrebbe effetti positivi sull'equilibrio dei bilanci delle province e città metropolitane delle regioni a statuto speciale, sterilizzando almeno in parte, i tagli previsti dalle leggi statali (in particolare, dalla legge n. 190 del 2014);
   infatti, il processo di riordino istituzionale degli enti locali della Sardegna e della Sicilia è stato accompagnato da una precaria situazione finanziaria delle province, le quali, come tutte quelle italiane, hanno subito una drastica riduzione delle entrate, a fronte di compiti che devono comunque essere garantiti;
   per il 2015 e 2016 si è fatto fronte all'emergenza finanziaria con misure straordinarie sia finanziarie che contabili, la cui applicazione è stata estesa anche alle province sarde, con la possibilità, ad esempio, di approvare il solo bilancio annuale o di utilizzare l'avanzo di amministrazione per il raggiungimento degli equilibri finanziaria. Ma queste procedure non possono più essere utilizzate;
   la situazione è resa ancor più grave proprio dalla previsione del citato schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che esclude gli enti di area vasta delle regioni a statuto speciale, e che avrebbe effetti anche dopo il 2047, facendo gravare sul bilancio regionale gli stanziamenti a favore delle province che altrimenti non potrebbero garantire le proprie funzioni fondamentali sul territorio –:
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per evitare che quanto su esposto si verifichi, causando una situazione critica che non potrebbe che avere conseguenza pesanti per i cittadini degli enti interessati, oltre a causare una ingiusta, e non prevista dalla legge, differenza tra enti che dovrebbe avere tutti lo stesso trattamento.
(2-01624) «Capelli, Vargiu, Catania, Baradello, Fauttilli, Ribaudo, Luigi Cesaro, Caruso, Fitzgerald Nissoli, Dellai, Murgia».

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro per lo sport, per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge da un articolo apparso sul Fatto Quotidiano il presidente della Juventus Andrea Agnelli risulta accusato dal procuratore della Federcalcio, l'ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, di aver incontrato esponenti della criminalità organizzata scendendo a patti con loro per garantire la pace e la quiete allo stadio. In particolare il procuratore della Federcalcio ha scritto: «Con il dichiarato intento di mantenere l'ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras”, (Andrea Agnelli) non impediva ai tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazione di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizione di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio». L'accusa più grave per Andrea Agnelli poi è quella di aver «partecipato personalmente in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras”»;
   successivamente, attraverso il proprio sito ufficiale, la società Juventus ha diffuso un comunicato ove si legge: «Juventus Football Club e il Presidente Andrea Agnelli, alla luce di alcuni articoli pubblicati in questi giorni, comunicano di aver affidato ai legali la tutela della propria onorabilità e rispettabilità. Si precisa che la Procura della Repubblica di Torino ha avviato, e recentemente concluso, un'indagine su alcune famiglie ritenute appartenenti alla ’ndrangheta alle quali si contestano oltre a reati contro persone e patrimonio, anche il tentativo di infiltrazione in alcune attività di Juventus Football Club. Si ricorda inoltre che nessun dipendente o tesserato è stato indagato in sede penale. Si precisa altresì che, nel pieno rispetto delle indagini e degli inquirenti, la società ha sempre collaborato mantenendo uno stretto riserbo a tutela del segreto istruttorio. Per quanto attiene alla giustizia sportiva, la società ha già dimostrato fattivamente la propria disponibilità a collaborare»;
   per quanto risulta all'interpellante, l'amministratore delegato della Juventus, Giuseppe Marotta potrebbe essere sentito dalla Commissione antimafia, allarmata da alcuni mesi per il suicidio di un capo ultrà juventino. La procura di Torino sta facendo luce (al pari della Federcalcio che da tempo ha avviato una indagine interna parallela) sul legame tra la curva e la ’ndrangheta;
   i fatti suesposti appaiono di eccezionale gravità e al riguardo appare utile ricordare che la Commissione parlamentare antimafia nella relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito ed illecito, trasmessa alle Camere il 7 luglio 2016, sottolinea che le cosche mafiose entrano nell'assetto societario delle squadre di calcio e poi impongono il «pizzo» agli imprenditori locali sotto forma di sponsor. Così facendo, «stringono più forti legami con il territorio» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, per arginare i fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata nelle società sportive;
   se e quali iniziative di competenza siano state assunte ad oggi dal Governo per monitorare e contrastare simili connubi come ogni forma di illegalità nello sport.
(2-01621) «Airaudo».


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la legge regionale del Veneto 17 gennaio 2017 n. 1 (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Veneto n. 8 Anno XVIII del 17 gennaio, 2017), avente ad oggetti «Norme regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attività venatoria e piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatori.” e alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 “Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime e interne della Regione Veneto”, all'articolo 1 — recante “Disturbo all'esercizio dell'attività venatoria e molestie agli esercenti l'attività venatoria”, prevede che: «1. Chiunque, con lo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attività venatoria ponga in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attività di caccia o rechi molestie ai cacciatori nel corso delle loro attività, è punito con la sanzione amministrativa da euro 600,00 a euro 3600,0». Da queste sanzioni vengono esclusi solamente: «(...) gli atti rientranti nell'esercizio dell'attività agricola (...)»;
   l'articolo 2, recante «Disturbo all'esercizio dell'attività piscatoria e molestie agli esercenti l'attività piscatoria», prevede le medesime sanzioni con riguardo alle attività di pesca;
   l'articolo 17 della Costituzione tutela il «diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente e senz'armi»; l'articolo 21 della Costituzione garantisce che «(...) tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»; l'articolo 3 della Costituzione riconosce tra i «principi fondamentali» quello di uguaglianza;
   la fauna selvatica è dichiarata «patrimonio indisponibile dello Stato» ed è parte integrante del «bene ambiente» e della sua tutela come sancita dall'articolo 117 della Costituzione;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, nella sentenza n. 274 del 26 giugno 2012, ha riconosciuto come «onere sproporzionato» l'obbligo di tollerare la caccia sul terreno privato laddove il ricorrente, eticamente contrario alla caccia, intendeva interdire l'attività venatoria nelle sue proprietà;
   la sentenza del tribunale civile di Milano, in una causa avente ad oggetto la legge della regione Lombardia sul «Disturbo all'attività venatoria», ha dato prevalenza al «diritto costituzionale di riunirsi pacificamente e di manifestare liberamente il proprio pensiero», statuendo che: «Nel caso in oggetto ci si trova di fronte ad un radicale conflitto tra lo svolgimento indisturbato della – pure legittima – attività venatoria, garantito dalla legislazione nazionale e regionale e la contrapposta esigenza di esprimere liberamente e con efficacia il pensiero che avversa tali attività, anche attraverso manifestazioni pubbliche, come garantito rispettivamente dagli articoli 21 e 17 Cost. (che subordina la possibilità di divieto a “comprovati motivi di sicurezza ed incolumità pubblica”). Ora, nel conflitto tra due diritti siffatti, quello che gode di garanzia costituzionale è destinato a prevalere, purché il suo esercizio sia tale da determinare un semplice affievolimento di quello contrapposto, che può subire una temporanea compressione, perché limitata non solo nel tempo, ma anche nello spazio, per poi pienamente riespandersi, senza aver subito alcun sostanziale nocumento. Una diversa valutazione delle disposizioni normative regionali... secondo cui rappresenterebbero un astratto e generale vincolo al diritto di manifestare e riunirsi a tutela di ragioni diverse dalla sicurezza e pubblica incolumità, le vizierebbe in modo radicale di incostituzionalità» (tribunale di Milano, I sezione civile sentenza n. 6309/05 del 10 maggio 2005 – depositata il 31 maggio 2005 – De Filippo ed al. contro provincia di Milano);
   se non si ritenga necessario, alla luce di quanto esposto in premessa, verificare la sussistenza dei presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale, in relazione ai citati articoli della legge della regione Veneto 17 gennaio 2017 n. 1, ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della Costituzione.
(2-01623) «Benedetti, Massimiliano Bernini, Busto, Gagnarli, Parentela, Spessotto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 24 agosto 2016 il centro Italia è stato duramente colpito da un diffuso ed atipico sciame sismico che ha causato molte vittime, minato la vita delle persone mettendo a durissima prova il loro equilibrio psicologico, e danneggiato in modo gravissimo il tessuto economico e produttivo delle zone interessate;
   dal 17 gennaio 2017 alle scosse del terremoto si sono aggiunte nevicate importanti peggiorando ulteriormente le condizioni di vita e di lavoro delle persone e delle famiglie;
   le forti nevicate hanno causato il mancato approvvigionamento di energia elettrica per diversi giorni per circa novemila persone, che sono rimaste intrappolate in casa dalla neve senza luce e riscaldamento e con pressoché continue scosse di terremoto;
   gli interventi di ripristino dell'energia elettrica nelle case hanno avuto luogo solo dopo otto giorni, e in molti casi si sono rivelati del tutto vani, perché i generatori forniti (peraltro solo ad alcune delle migliaia di utenze) dopo alcune ore di funzionamento si sono interrotti in quanto non è stato fornito gasolio sufficiente in tempi celeri;
   la società Enel è una società per azioni della quale lo Stato italiano è il maggiore azionista attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze che detiene il 23,5 per cento del capitale sociale, e deve garantire la fornitura dell'energia elettrica ed il ripristino immediato in caso di guasti, oltreché la manutenzione ordinaria delle linee, in particolare nelle zone ad alto rischio sismico come riportato nella mozione presentata dall'interrogante e già approvata dall'Assemblea della Camera –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere nei confronti del management e del consiglio di amministrazione della società Enel;
   se il Governo non ritenga urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché la società Enel proceda alla revisione del proprio piano di investimenti, nel senso di garantire la prioritaria attuazione degli interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e di implementazione della rete elettrica nei comuni classificati a più elevato rischio sismico. (4-15353)


   RIBAUDO e CULOTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel pomeriggio del 16 gennaio 2017 tre pescherecci del distretto di Mazara del Vallo, il Principessa Prima, l'Antartide e il Grecale, regolarmente impegnati nell'attività di pesca in acque internazionali, sono stati affiancati e mitragliati da una imbarcazione con a bordo miliziani libici a circa 20 miglia dalle coste di Bengasi e Derna;
   fortunatamente le imbarcazioni sono riuscite a sfuggire all'attacco ed a un possibile sequestro che avrebbe avuto delle conseguenze imprevedibili, anche se l'attacco ha provocato ingenti danni ai pescherecci colpiti dal fuoco degli aggressori ed ha costretto gli equipaggi all'abbandono delle reti in mare, costringendo altresì le imbarcazioni all'abbandono della zona di pesca ed al conseguente fermo delle attività;
   non è la prima volta che la vita dei pescatori siciliani viene messa seriamente a rischio da veri e propri atti di pirateria: il grave incidente citato è l'ultimo in ordine temporale di una guerra che da oltre 50 anni affligge la marineria mazarese, la «guerra del pesce», con costi sia umani che economici altissimi;
   è necessario che le autorità regionali e nazionali mettano in campo tutti gli strumenti finalizzati a creare un clima di dialogo positivo e di cooperazione con le autorità di tutti i Paesi del Mediterraneo, garantendo così l'incolumità degli equipaggi e la sicurezza dei pescherecci –:
   se il Governo non ritenga necessario intraprendere iniziative urgenti, attivando tutti gli strumenti politici, diplomatici, economici e finanziari, nelle sedi comunitarie ed internazionali competenti, per evitare episodi come quello che ha coinvolto la marineria mazarese. (4-15356)


   FANTINATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato il 23 gennaio scorso dal Corriere della Sera, la nomina di Andrea Babbi a direttore generale dell'Ente del turismo italiano, con un contratto da 393 mila euro complessivi in tre anni, è stata frutto di un procedimento illegittimo;
   nel settembre del 2014, alcune perquisizioni della Guardia di finanza in Enit, per accertare presunte violazioni della spending review del Governo Monti nella nomina del direttore generale Andrea Babbi, avevano fatto emergere situazioni inquietanti e il fascicolo era finito sul tavolo della procura della Repubblica di Roma e della procura regionale della Corte dei conti del Lazio;
   il pubblico ministero Erminio Amelio, titolare dell'inchiesta, ha contestato l'abuso d'ufficio e il falso nelle procedure che hanno portato alla scelta del manager e ha chiesto il rinvio a giudizio di diciassette imputati che parteciparono all’iter amministrativo concluso nel 2012 e «senza spingere l'allora neo dg ad abbandonare – visto il palese conflitto d'interessi – la carica di amministratore delegato della Iscom Emilia Romagna, società specializzata in consulenze a enti pubblici nel settore del turismo»;
   secondo la procura, nel rispetto del principio della spending review, gli imputati avrebbero dovuto indire un bando pubblico e, contestualmente, svolgere una ricerca tra dirigenti dell'ente prima di nominare Babbi;
   il direttore generale fu, invece, nominato arrivando persino a inventare l'esistenza di curriculum vitae di candidati mai sentiti in nessun colloquio;
   nel settembre del 2012 il direttore generale Babbi aveva ottenuto il via libera dal Consiglio di amministrazione per ricoprire nove incarichi aggiuntivi, oltre a quelli dell'Enit. La sua nomina, all'epoca, era stata denunciata dai sindacati per i quali ciò era avvenuto in palese violazione della legge e con false dichiarazioni nel verbale del Consiglio di amministrazione del 10 settembre 2012;
   anche Pier Luigi Celli, ex direttore generale della Rai e, all'epoca dei fatti, presidente dell'Agenzia nazionale del turismo, rischia di finire davanti a un giudice per concorso in truffa, falso in atto pubblico, rivelazione e omissione di atti d'ufficio; insieme a lui, Roberto Rocca, direttore generale del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nel settore del turismo, e Diana Calaciura, magistrato della Corte dei conti, delegata al controllo degli atti dell'Enit;
   nella lista compaiono anche tre politici che nel 2012 erano membri del consiglio di amministrazione: il senatore di Forza Italia, Bernabò Bocca, Maurizio Mellucci, ex assessore al turismo dell'Emilia Romagna in quota Pd, e il consigliere regionale dell'Abruzzo Mauro Di Dalmazio, di Forza Italia –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non si ritenga sussistano i presupposti, in presenza di danno erariale, per assumere ogni iniziativa di competenza volta ad accertare le responsabilità amministrative e disciplinari di quanti hanno avallato eventuali illegittimità. (4-15358)


   PALMIZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   tra maggio e giugno del 2012 un evento sismico, costituito da una serie di scosse di magnitudo compresa tra 4 e 5,9 ha colpito il nostro Paese, con effetti devastanti soprattutto nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, in particolare nel distretto sismico della Pianura padana emiliana;
   con il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 si stabiliva l'erogazione di contributi per la riparazione e la ricostruzione dell'edilizia abitativa privata;
   il decreto-legge era breve e generico e rimandava per l'emanazione delle norme di applicazione ai presidenti delle regioni coinvolte, che operano in qualità di commissari delegati alla ricostruzione;
   presidente e commissario straordinario per la ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto in Emilia-Romagna era Vasco Errani;
   a partire dall'agosto 2012 una serie di ordinanze ha stabilito i criteri di ammissibilità a rimborso alla riparazione/ricostruzione ed eventuale adeguamento alla normativa antisismica;
   per i comuni del «cratere» si stabilirono contributi per la ricostruzione del 100 per cento per le case «principali», ovvero le prime case e le abitazioni con regolare contratto di affitto. Tale contributo si riduceva al 50 per cento per le case «non principali»;
   tra il 24 agosto ed ottobre del 2016 un evento sismico di magnitudo compresa tra 4,5 e 6,5 ha colpito di nuovo il nostro Paese, con gli effetti più evidenti in Abruzzo, Umbria, Marche e Lazio (con nuove scosse nella medesima area registrate anche il 18 gennaio 2017);
   il decreto-legge n. 189 del 17 ottobre 2016 recante «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016» risulta molto più chiaro, comprensibile, immediato e dettagliato se confrontato con il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 per i territori emiliani e limitrofi;
   la differenza evidente tra i due decreti-legge è di difficile interpretazione visto che il Commissario straordinario nominato dal Governo alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del 24 agosto 2016 è lo stesso Vasco Errani;
   nella fattispecie, per i comuni nel «cratere» l'articolo 6, comma 2, lettera c), stabilisce che sono ammesse al contributo del 100 per cento anche le abitazioni non principali. Si ravvisa inoltre un'altra disparità all'interno dello stesso decreto-legge n. 189: l'articolo 6, comma 5, stabilisce che, per gli immobili non principali che si trovino fuori dal cratere, ma comunque nel territorio delle stesse regioni interessate, il contributo sia solo del 50 per cento a meno che non facciano parte delle unità minime d'intervento (UMI) in centri storici e borghi caratteristici. In tali casi il contributo è del 100 per cento –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative affinché siano garantite prestazioni equipollenti alle vittime di eventi sismici in Italia, ponendo fine all'evidente ed inaccettabile disparità di trattamento sul ristoro dei danni a beni immobili fra cittadini italiani colpiti da eventi sismici in regioni e/o zone diverse, a giudizio dell'interrogante in palese contrasto con i dettami della Costituzione;
   se il Governo intenda assumere iniziative, nel più breve tempo possibile, per modificare la normativa sin qui applicata per il sisma del 2012 e uniformarla a quella del decreto-legge n. 189 del 2016, in qualsiasi punto ove appaiano differenze di trattamento, salvaguardando e risarcendo i cittadini che, nel periodo nel frattempo intercorso, siano stati costretti a subire questa disparità di trattamento. (4-15362)


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 gennaio 2017 entravano in sciopero i dipendenti della cooperativa Bird Logistic, assegnati presso la società Mondo Convenienza a Calderara di Reno (BO);
   le ragioni della mobilitazione erano da ricercarsi nelle inaccettabili condizioni di lavoro, che vedono l'azienda, secondo quanto riferito da Filt-CGIL, richiedere fino a 70 ore di lavoro settimanali, a fronte di 39 previste dal contratto, senza corrispondere straordinari e senza il dovuto rispetto del diritto a ferie e permessi;
   allo sciopero ha aderito l'80 per cento dei 120 lavoratori, impegnati prevalentemente come autisti di camion;
   in data 25 gennaio Bird Logistic comunica a oltre 30 fra i lavoratori aderenti allo sciopero la sospensione immediata e a tempo indeterminato per motivi disciplinari, provvedimento che rappresenta di fatto l'anticamera del licenziamento;
   secondo la direzione aziendale tale provvedimento sarebbe motivato dal blocco del magazzino di Mondo Convenienza effettuato dai lavoratori in sciopero;
   l'interrogante ritiene che tanto la motivazione, quanto l'atto adottato da Bird Logistic siano chiaramente lesivi del diritto di sciopero, che non di rado contempla modalità d'azione come il blocco dei cancelli;
   l'interrogante ritiene inoltre che il Ministero debba intervenire anche tramite i propri organi periferici per tutelare lavoratori che hanno esercitato un diritto costituzionalmente garantito, nel quadro di una vertenza regolarmente condotta dal sindacato –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela del diritto di sciopero e del rispetto del Contratto collettivo nazionale di lavoro e del principio di legalità. (4-15365)


   AMODDIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la ditta Pastorino in data 20 febbraio 2012 richiedeva al comune di Lentini il parere per la variante al piano regolatore generale per la realizzazione di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi. La ditta inoltre aveva inoltrato istanza presso l'Arta Sicilia per la procedura di valutazione di impatto ambientale. L'assessorato territorio e ambiente della regione Siciliana, con note del 20 ottobre 2012 e 15 novembre 2012 invitava il comune di Lentini alle conferenze di servizi ed il comune forniva tutte le comunicazioni inerenti al sito, specificando che l'area in questione sorgeva a circa 1 chilometro dal lago di Lentini, sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale e a meno di 250 metri dall'area archeologica Valsavoia Armicci e confinava con aree vaste sottoposte a vincolo paesaggistico ed appezzamenti di terreni con coltivazioni intensive di agrumi. L'amministrazione comunale precisava che occorreva per l'assenso urbanistico la delibera del consiglio comunale. L'assessorato territorio e ambiente in data 18 novembre 2013 esprimeva giudizio di compatibilità positivo per il progetto della ditta Pastorino con numerose prescrizioni e all'articolo 4 del decreto prescriveva «il committente è onerato, prima dell'inizio dei lavori di acquisire ogni altra autorizzazione, concessione (...) compresi quelli di natura urbanistica»;
   in data 19 dicembre 2013 si teneva un consiglio comunale aperto alla cittadinanza, associazioni ambientaliste e l'associazione bambini leucemici. Dopo il lungo dibattito in aula, si manifestava con forza la contrarietà alla realizzazione della discarica. Infatti, il successivo consiglio comunale con delibera n. 4 del 23 gennaio 2014 esprimeva parere contrario alla richiesta di variante al piano regolatore generale della ditta Pastorino per la realizzazione della discarica. L'11 luglio 2014 l'amministrazione comunale di Lentini confermava il parere negativo presso l'assessorato regionale dell'energia, dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti;
   contrariamente a quanto deliberato dal consiglio comunale con il D.D.S. n. 1905 del 5 novembre 2015 viene rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale per il progetto della discarica in contrada Armicci nel comune di Lentini, per una capacità intorno a 1,3 milioni di metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi, ed in data 13 dicembre 2016 prot. DDG 2070, il dirigente Generale dell'assessorato regionale dell'acqua e dei rifiuti, richiamando il D.D.S. 1905 del 5 novembre 2015 abroga, cassa e riscrive il capoverso dell'articolo 8 del D.D.S. 1905 del 5 novembre 2015 che nella prima formulazione prevedeva le autorizzazioni di competenza, compresa quella urbanistica e decreta che «la presente autorizzazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni concessioni di organi provinciali e comunali e costituisce (...) variante allo strumento urbanistico (...)». Incomprensibili appaiono all'interrogante le ragioni di merito e sostanziali che hanno consentito all'assessorato di accogliere e ritenere compatibile il progetto di discarica della Pastorino, nonostante l'area è contigua ad aree Sic (sito di interesse comunitario) e Zps (zona protezione speciale). L'autorizzazione alla realizzazione della discarica è stata rilasciata nonostante il parere contrario del consiglio comunale di Lentini, quindi ad avviso dell'interrogante in palese contrasto con le norme statali e comunitarie che regolamentano la materia, che prevedono che il parere positivo delle comunità interessate sia vincolante. Tra le ragioni del «no» alla discarica, c’è anche quella giudiziaria: uno dei firmatari di un atto propedeutico all'autorizzazione della discarica da realizzare in contrada Armicci, è tuttora sottoposto a procedimenti penali per i reati di corruzione ed abuso in atti di ufficio nel rilascio di simili autorizzazioni. Non è configurabile un intervento di natura privatistica che vincola il comune ad una determinata destinazione di zona del suo territorio e l'approvazione della variante del piano spetta soltanto all'organo consigliare (articolo 42, 2o comma lettera b), del T.U.E.L.). Nel gennaio 2016 la giunta regionale siciliana approva un'ennesima variante al piano rifiuti posticipando l'obiettivo del 35 per cento di raccolta differenziata al 2017, vista la situazione disastrosa attuale che vede la Sicilia ferma al 10 per cento, mentre continua il braccio di ferro tra Palazzo d'Orleans e Palazzo Chigi su commissariamento e numero di inceneritori. Nell'isola, nonostante gli annunci del presidente Rosario Crocetta che aveva dichiarato di non dare più ai privati siti per discariche, si continuano ad autorizzare discariche senza un piano rifiuti chiaro che preveda impianti alternativi –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere in ordine alla problematica esposta, alla luce dell'esigenza di salvaguardare aree che costituiscono siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale, che presentano interesse archeologico e che sono sottoposte a vincolo paesaggistico e, in generale, per far fronte all'emergenza derivante dalla disastrosa situazione dei rifiuti in Sicilia.
(4-15368)


   DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia Centrale e specialmente l'Abruzzo stanno eroicamente affrontando in questi giorni un'emergenza che ha associato la devastazione del terremoto alla straordinaria ondata di maltempo, caratterizzata da precipitazioni nevose senza precedenti, che ha visto il suo culmine nella slavina che ha travolto l'Hotel Rigopiano nei pressi di Farindola, mercoledì 18 gennaio 2017;
   in questo caso sono stati lamentati gravi ritardi che hanno portato a ritardare l'intervento dei mezzi di soccorso che non hanno potuto raggiungere il luogo della tragedia prima di svariate ore;
   al di là della vicenda, che è certamente la più grave ed emblematica per il grande tributo di vite che ha causato, fortunatamente mitigato dall'intervento delle squadre di soccorso, ciò che è emerso chiaramente e che è stato pressoché unanimemente riconosciuto è la mancanza di coordinamento e di mezzi che ha portato ad aggravare la situazione d'emergenza delle popolazioni colpite;
   non è accettabile, che, sebbene in condizioni straordinarie, dei cittadini vengano lasciati soli per giorni senza cibo né elettricità: d'altra parte, va ricordato che i decessi registrati in questi giorni, al di fuori di quelli dell'Hotel Rigopiano, sono stati causati dalle conseguenze del gelo e non dal terremoto;
   un'implicita ammissione di un deficit nell'organizzazione dei soccorsi, ad avviso dell'interrogante, si è avuta con il protagonismo del Ministero dell'interno, che è sembrato intervenire nel vuoto di coordinamento che sarebbe spettato alla Protezione civile: non è un caso se nella gestione dell'emergenza dell'Hotel Rigopiano sia stata centrale la figura del Viceministro Filippo Bubbico;
   la cabina di regia è apparsa all'interrogante in molti casi affollata e confusa, senza una chiara ripartizione dei ruoli tra Ministero dell'interno, commissario alla ricostruzione, protezione civile, enti locali e regione,
   sotto questo punto di vista è lecito chiedersi se gli interventi in materia di protezione civile, tra cui il decreto-legge n. 59 del 2012, oltre all'endemica scarsità di risorse, non abbiano compromesso il sistema di gestione delle emergenze;
   oltre alle storiche carenze d'organico di corpi centrali nella gestione emergenziale come i vigili del fuoco, va inoltre rilevato come gli stessi abbiano lamentato attrezzature inadeguate: la Cgil vigili del fuoco di Piacenza, per i propri uomini impegnati nelle zone colpite dall'emergenza, ha denunciato che questi dispongono di divise non adeguate e di mezzi senza catene vecchi di 30 anni –:
   se, a seguito di ciò che è avvenuto in Centro Italia in questi giorni, sia stata fatta un'analisi delle pesanti carenze nel sistema di gestione delle emergenze, dovute alla mancanza di risorse in termini sia di uomini sia di mezzi adeguati e alla carenza di coordinamento, e se non intendano intervenire tempestivamente, anche con iniziative di natura normativa, per porvi rimedio. (4-15370)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nonostante la situazione di emergenza determinatasi in seguito alle nuove scosse di terremoto e alle abbondanti nevicate che hanno colpito l'Abruzzo nel gennaio 2017, e che ha evidenziato enormi difficoltà nel soccorso alle popolazioni, l'ex base operativa degli elicotteri del Corpo forestale dello Stato di Rieti, presso l'aeroporto Ciuffelli, è rimasta chiusa con ben tre elicotteri fermi;
   il fermo, che secondo notizie di stampa sarebbe in atto dal 30 dicembre 2016, sarebbe dovuto al passaggio, dopo la cosiddetta «riforma Madia», di uomini e mezzi del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri e al Corpo dei vigili del fuoco;
   durante l'emergenza sisma del 24 agosto 2016, la base e il suo personale avevano messo in atto decine di interventi di soccorso nelle zone terremotate, anche a supporto delle squadre del soccorso alpino;
   l'impiego degli elicotteri sarebbe stato di straordinaria importanza anche in occasione della nuova emergenza, soprattutto in considerazione del fatto che, a causa della massiccia presenza di neve, le strade non erano percorribili, neanche per i mezzi appositi come le turbine –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al riguardo, al fine di rendere disponibili tutti i mezzi di soccorso esistenti nelle zone colpite e garantire il soccorso delle popolazioni.
(4-15375)


   FAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il dottor Mario Ciancio, editore e direttore del quotidiano «La Sicilia», risulta indagato per reato di concorso esterno in associazione mafiosa;
   a febbraio 2017 si svolgerà l'udienza davanti al giudice dell'udienza preliminare di Catania per decidere sul rinvio a giudizio del Ciancio;
   all'imputato è contestato – tra l'altro – di «avere contribuito coscientemente al raggiungimento dei fini e al rafforzamento dell'associazione mafiosa, avvalendosi anche dei suoi rapporti con alcuni autorevoli esponenti politici e con figure apicali della pubblica amministrazione»;
   il 2 dicembre 2016, nei locali del quotidiano «La Sicilia», si è svolto un forum su la corruzione e gli intrecci con il crimine organizzato;
   il forum, ampiamente pubblicizzato – articolo e foto – dal quotidiano «La Sicilia», è stato officiato e condotto personalmente dal dottor Ciancio;
   alla discussione ha partecipato in qualità di relatore, assieme al sindaco di Catania Enzo Bianco e al presidente della regione Rosario Crocetta, anche il componente del consiglio dell'Autorità anticorruzione (ANAC) Michele Corradino;
   tale partecipazione appare ancor più inopportuna, tenuto conto che il forum si è svolto proprio alla vigilia della decisione del GUP, e oltretutto, a parere dell'interrogante, potrebbe comportare una sostanziale delegittimazione del lavoro svolto in questi anni dalla Procura della Repubblica di Catania e un sostegno esplicito a un imputato per concorso esterno in associazione mafiosa –:
   in considerazione in particolare dell'incarico che ricopre il dott. Corradino e dell'assoluta inopportunità della partecipazione di un componente dell'Autorità nazionale anticorruzione a un forum organizzato e gestito da un soggetto imputato di un reato di particolare gravità, se non intenda valutare l'adozione di iniziative di competenza, anche normative, al riguardo. (4-15385)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   vi sono categorie di lavoratori, quali i piloti e gli assistenti di volo ai quali, per motivi di servizio, viene richiesto di viaggiare da e verso Paesi tra di loro incompatibili (come, ad esempio, Israele e Arabia Saudita che non permettono l'entrata nel Paese con lo stesso passaporto), i a che proprio per gli stessi turni a cui sono sottoposti, non riescono a recarsi presso la questura di residenza per «commutare» il passaporto, prendendo quello depositato;
   molti Paesi, inoltre, richiedono l'emissione, sul passaporto, di un visto di ingresso, procedura che spesso richiede svariate settimane, limitando quindi l'effettiva capacità di espatrio dei titolari degli stessi, i quali, in questo periodo, rimangono privi dei loro passaporti depositati per l'emissione degli stessi visti;
   i piloti e gli assistenti di volo, impegnati in attività non programmate, quali ad esempio servizi di aerotaxi o l'evacuazione di emergenza, non hanno possibilità di conoscere in anticipo le destinazioni presso cui faranno scalo nello stesso turno di servizio. La durata continua della turnazione lavorativa di alcune settimane rende impossibile una pianificazione dei visti presenti sul passaporto, o della compatibilità con il Paese di scalo del passaporto detenuto al momento della partenza;
   considerando l'attuale crisi in cui versa il settore aeronautico italiano e le possibilità di lavoro all'estero offerte dal mercato comune, la richiesta, al momento di assunzioni presso compagnie estere, di possedere più passaporti per ovviare ai problemi esposti, pone la categoria del personale navigante di cittadinanza italiana in una situazione di svantaggio nei confronti dei colleghi europei, i quali possono essere titolari senza limitazioni di molteplici passaporti;
   la Repubblica italiana regola il rilascio dei passaporti con la legge n. 1185 del 1967. Tuttavia, su tale legge non è evidenziato alcun limite riguardo al numero massimo di passaporti ottenibili da ciascun cittadino. L'articolo 9 della stessa legge già prevede in casi speciali l'adozione di particolari disposizioni nell'interesse generale del lavoro italiano all'estero e per la tutela dei lavoratori, così come indicato in modo propositivo dall'articolo 35 della Costituzione repubblicana;
   con il decreto ministeriale n. 303/33 del 28 giugno 2010, il quale integra la citata legge n. 1185 del 1967, si disciplinano i casi speciali già dalla stessa legge previsti, ma si pone, tuttavia, un limite al rilascio di un solo secondo passaporto. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha disciplinato le modalità di rilascio di un secondo passaporto ai cittadini che ne facciano richiesta e ciò al fine di consentire al cittadino italiano già titolare di passaporto in corso di validità che si rechi all'estero l'ingresso o la permanenza in determinati Stati, come quelli summenzionati;
   secondo i pareri degli uffici competenti in materia di rilascio passaporti, sia al Ministero dell'interno sia presso l'ufficio III del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il problema del rilascio di un numero maggiore di passaporti o comunque l'emissione di terzo passaporto si pone solo in relazione al menzionato decreto ministeriale, il quale, di fatto, non esclude il rilascio di un numero maggiore di passaporti, ma regola esclusivamente lo specifico caso del rilascio di un secondo passaporto. Gli uffici competenti in materia pongono quindi la questione del rilascio e della detenzione contemporanea di tre passaporti o più solo come un problema tecnico di procedura e non come un problema legislativo, che del resto non si evince in nessuna legge normativa nazionale o europea;
   per le suesposte ragioni, si avverte sempre più l'esigenza di nuove disposizioni che non prevedano alcuna limitazione al numero dei passaporti e non indichino alcun limite di detenzione contemporanea dei libretti (passaporti) per il personale di volo: comandanti, piloti, assistenti di volo –:
   se non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative per adottare un nuovo decreto ministeriale che integri le attuali disposizioni, escludendo ogni limitazione al numero dei passaporti e alla detenzione contemporanea dei libretti (passaporti) per il personale di volo. (5-10402)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, DEL GROSSO, DI BATTISTA e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la società Dante Alighieri, fondata nel 1889, è un ente morale istituito con regio decreto del 18 luglio 1893, n. 347, che ha lo scopo di «tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana»;
   in base alla legge 3 agosto 1985, n. 411, è concesso un contributo annuo «allo scopo di facilitare lo sviluppo della sua attività all'estero in conformità con i suoi fini statutari e in armonia con l'azione svolta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale»;
   ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125, e dell'articolo 17 del decreto ministeriale del 22 luglio 2015, n. 113, sono state definite le linee guida dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per l'iscrizione all'elenco dei soggetti senza finalità di lucro, secondo le quali i soggetti della cooperazione che possono ricevere contributi pubblici devono avere tutti i requisiti elencati, tra cui la pubblicità del bilancio online sul sito web insieme alla descrizione delle attività svolte e ai risultati ottenuti;
   lo stesso principio viene sancito dalla proposta di legge presentata dall'interrogante, «Disposizioni concernenti la trasparenza della gestione e la pubblicità dei bilanci degli enti e delle associazioni senza fine di lucro e delle fondazioni di origine bancaria di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153» (C. 1695);
   i soggetti riconosciuti idonei dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a ricevere contributi dovrebbero, senza alcuna distinzione di natura giuridica, se non quello di essere enti senza scopo di lucro, essere soggetti all'obbligo di pubblicazione dei propri bilanci;
   dal sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si evince che il contributo versato al bilancio della società Dante Alighieri relativo all'anno 2015 è pari a 600.000 euro; tuttavia, non è presente alcun bilancio analitico del contributo pubblico in questione –:
   di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative per vincolare il contributo statale alla pubblicità dei bilanci dei soggetti senza finalità di lucro che lo ricevono. (4-15355)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il Paese europeo con la più alta mortalità per eventi geologici e naturali, soprattutto terremoti, alluvioni e frane: questi ultimi spesso, purtroppo, provocati dall'incuria e dall'azione diretta dell'uomo sull'ambiente;
   in un Paese geologicamente soggetto a fenomeni disastrosi, la cartografia geologica del territorio non è stata ancora completata. Da anni il progetto Carg (Cartografia geologica), un progetto iniziato nel 1988 il cui obiettivo era la stesura di carte geologiche al dettaglio di tutto il territorio nazionale, è fermo perché non più finanziato;
   il progetto Carg prevedeva la realizzazione di 652 fogli geologici e geotematici alla scala 1:50.000, per la copertura dell'intero territorio nazionale. Ad oggi sono stati realizzati solo 255 fogli, pari a circa il 40 per cento dell'intera copertura cartografica;
   il progetto prevede la realizzazione di una banca dati dalla quale poter ricavare carte geologiche e geotematiche di maggiore dettaglio per l'utilizzo del dato cartografato in molteplici applicazioni, così da rendere disponibili gli strumenti conoscitivi, quali i dati geologici, indispensabili per intervenire con decisioni importanti per prevenire danni gravi, per proteggere i cittadini e il territorio stesso, per pianificare meglio future strutture e salvaguardare quelle vecchie;
   in un territorio come quello italiano, con una storia ed eccellenze uniche al mondo, è una mancanza incomprensibile e intollerabile, se si pensa che altri Paesi europei, meno a rischio dell'Italia, lo hanno realizzato, come ad esempio la Spagna, che non solo ha mappato al dettaglio la geologia del suo territorio, ma continua periodicamente a pubblicarne gli aggiornamenti –:
   se il Governo intenda fornire elementi sullo stato attuale del progetto Cargo e se non ritenga urgente e non più rinviabile il definitivo completamento della cartografia geologica del territorio italiano.
   (4-15360)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per risolvere la procedura di infrazione 2009/2086, per la non conformità alla direttiva 2011/92/UE, nel giugno 2014 è stato pubblicato il decreto-legge n. 91, che all'articolo 15 prevedeva l'emanazione di un opportuno decreto ministeriale rivolto a ridefinire criteri e soglie per l'assoggettamento a valutazione di impatto ambientale;
   il 30 marzo 2015 è stato emanato il decreto ministeriale includente le linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome che integra i criteri tecnico-dimensionali e localizzativi utilizzati per la fissazione delle soglie già stabilite nell'all. IV e V del decreto legislativo n. 152 del 2006 è successive modificazioni e integrazioni, al fine di garantire un'uniforme e corretta applicazione su tutto il territorio nazionale delle disposizioni dettate dalla «direttiva VIA1»;
   diversi punti del decreto ministeriale richiamano la nuova direttiva 2014/52/UE:
    a) la procedura di screening deve garantire che una valutazione di impatto ambientale sia richiesta solo per i progetti suscettibili di avere effetti significativi sull'ambiente; viene quindi introdotto il «monitoraggio delle ricadute derivanti dall'applicazione delle linee guida, al fine di predisporre, la loro revisione e il loro aggiornamento per migliorare l'efficienza del procedimento»;
    b) si richiama il tema del cumulo con altri progetti (Par. 4.1) che consente di evitare la frammentazione artificiosa di un progetto, di fatto riconducibile ad un progetto unitario, eludendo l'assoggettamento obbligatorio a procedura di verifica attraverso una riduzione «ad hoc» della soglia stabilita nel decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
    c) si indica nell'allegato del decreto ministeriale 30 marzo 2015, al paragrafo 4.1, «cumuli con altri progetti», che «Sono esclusi dall'applicazione del criterio del “cumulo con altri progetti” i progetti la cui realizzazione sia prevista da un piano o programma già sottoposto alla procedura di VAS ed approvato», in quanto «la VAS risulta essere il contesto procedurale più adeguato a una completa e pertinente analisi e valutazione di effetti cumulativi indotti dalla realizzazione di opere e interventi su un determinato territorio»;
    d) il committente deve tenere conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre valutazioni pertinenti degli effetti sull'ambiente effettuate in base a normative dell'Unione diverse dalla valutazione di impatto ambientale;
   risulta pertanto poco chiaro agli interroganti come possa lo strumento attuativo, in taluni casi, limitare l'impatto cumulativo sul territorio, dal momento che le indicazioni provenienti dall'allegato del decreto ministeriale 30 marzo 2015 consigliano, senza alcuna specifica qualitativa e quantitativa, l'uso della valutazione ambientale strategica;
   il decreto oltretutto, secondo gli interroganti, disattende la direttiva comunitaria nella misura in cui essa afferma implicitamente che il cumulo degli impatti deve essere calcolato in senso assoluto fra tutte le fonti emissive insistenti in una data area e non solo fra gli impianti della stessa tipologia. Si veda anche la sentenza dell'11 febbraio 2015 della Corte di giustizia europea sul caso C-531/13;
   l'interrogazione n. 4/09836 del 15 luglio 2015 sul tema, a prima firma Zolezzi non ha ricevuto, ad oggi, alcuna risposta –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a verificare quali siano le modalità tecniche e scientifiche per calcolare in senso assoluto il cumulo degli impatti tra tutte le differenti fonti emissive insistenti in una data area;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per chiarire specificatamente modalità e limiti degli impatti cumulativi attraverso lo strumento della valutazione ambientale strategica.
(4-15377)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GELMINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   presso la Pinacoteca di Brera, nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 gennaio 2017, a causa dell'ondata di forte freddo, si è venuta a creare una situazione anomala in termini di umidità: all'esterno, in quei giorni, si registrava infatti un tasso di umidità del 25 per cento e il clima molto secco avrebbe mandato in tilt l'impianto di condizionamento facendo scattare gli allarmi;
   il personale addetto alla conservazione e al restauro delle opere custodite nella Pinacoteca meneghina ha immediatamente ricoverato, per precauzione, le opere più a rischio nel laboratorio di restauro, in particolare la tempera su tavola di Lazzaro Bastiani, «Storie della vita di San Girolamo» e il «Cristo alla colonna del Bramante». Per quest'ultimo quadro il guasto tecnico ha messo a rischio l'adesione del colore alla superficie;
   per altre opere, una quarantina in totale, il personale ha provveduto a proteggerle momentaneamente con fogli di velina giapponese, in attesa di verifiche tecniche. Tra queste la Pala di Brera di Piero della Francesca, una delle opere più importanti della Pinacoteca. Fortunatamente, stando alle parole di James Bradburne, direttore generale della pinacoteca, il patrimonio artistico non avrebbe subito danni irreversibili;
   la Pinacoteca non avrebbe riscontrato danni evidenti all'impianto di climatizzazione e dopo poche ore l'umidità relativa delle sale sarebbe stata ripristinata secondo i parametri richiesti dagli standard museali. Sono comunque in corso verifiche tecniche da parte del museo e delle ditte specializzate;
   secondo le organizzazioni sindacali lombarde, l'incidente sarebbe invece legato ad un problema di gestione degli impianti e di coordinamento degli interventi di manutenzione e di mancanza di investimenti e di risorse umane. In tale contesto andrebbero collocati due gravi episodi, verificatisi negli istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo della Lombardia: una trave staccatasi dal portone d'ingresso Castello di Vigevano e caduta in testa a una custode del museo archeologico della Lomellina il 5 gennaio 2017; il guasto, nel mese di dicembre 2016, dell'impianto di riscaldamento di Palazzo Litta a Milano;
   l'interrogante non è pregiudizialmente contraria a forme di autonomia gestionale con spiccate connotazioni manageriali che enfatizzino gli aspetti della valorizzazione e della promozione dell'immenso patrimonio artistico e culturale italiano, anzi, proprio questa strada può consentire ai musei di predisporre un'offerta all'altezza e in grado di far da traino al turismo culturale d'eccellenza. Tutto ciò nulla a che vedere con il ritenere che il Ministero debba pretendere adeguate coperture organico e severi controlli sulle società (siano esse in house o esterne) che vincono gli appalti –:
   quali esiti abbiano dato le ispezioni condotte dal Ministero e, in particolare:
    a) quali siano le opere interessate dallo shock termoigrometrico e quali siano i danni conseguentemente subiti;
    b) perché la direzione del museo non abbia precauzionalmente attivato più livelli di allarme per intervenire con immediatezza in caso di guasto ed evitare gravi danni alle opere conservate;
    c) quanto tempo sia trascorso tra il guasto tecnico e i provvedimenti di urgenza intrapresi;
    d) quali carenze siano state riscontrate nelle disposizioni impartite dalla direzione del museo e quali ritardi si siano verificati nelle procedure attivate;
   se e come il Ministro intenda rispondere alle accuse sollevate da Fp Cgil – Cisl Fp – Uil Pa Lombardia in merito alle carenze di personale e risorse;
   quali iniziative il Ministero intenda porre in essere al fine di garantire che una necessaria visione manageriale e moderna dei musei si concili in ogni caso con la sicurezza dell'immenso patrimonio artistico-culturale italiano. (3-02741)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sul sito delle Biblioteca Estense Universitaria di Modena – da sempre vanto per la città – è stato pubblicato un avviso con cui si avvertono i fruitori che la sala lettura rimarrà chiusa dal 9 gennaio;
   la decisione della direttrice delle Gallerie Estensi, Martina Bagnoli, ha creato sconcerto e stupore tra gli studenti universitari, soprattutto in relazione alle recenti dichiarazioni rilasciate dalla direttrice, con le quali si sottolineava la necessità di «musei aperti e dinamici», in grado di accogliere tutta la cittadinanza;
   anche le organizzazioni sindacali contestano la scelta della dottoressa Bagnoli, sottolineando quanto sia «strano che a fronte di un incremento di visitatori presso i siti culturali modenesi, si pensi di ridurre i servizi piuttosto che individuare soluzioni diverse»;
   a giudizio dell'interrogante, la chiusura della sala lettura della biblioteca non sembra la scelta più appropriata soprattutto se si considera che i lavoratori hanno sempre espressi la volontà di implementare il funzionamento della sala;
   al coro di voci critiche si aggiungono i rappresentanti degli studenti di UDU, l'Unione degli universitari, che si domandano come sia possibile «aprire i musei, renderli luoghi della vita sociale, presenti nei momenti importanti della collettività cittadina e regionale» [27/12/2016], riducendo di fatto i servizi culturali fino ad ora offerti anche agli studenti iscritti ai corsi di laurea dell'Università di Modena e Reggio Emilia;
   l'Unione degli universitari si chiede se questa scelta possa, realmente, contribuire a quella «valorizzazione» sovente rivendicata dalla «riforma Franceschini» e da quelle che appaiono all'interrogante retoriche del Ministero –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di riaprire la sala di lettura della Biblioteca estense e con quali tempistiche si intenda operare al riguardo. (4-15357)


   BERGONZI e BONACCORSI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto per la scienza dell'amministrazione pubblica nel 2017 è giunto al 58o anno di vita;
   è istituto scientifico di livello internazionale ed è l'unico istituto culturale (riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica del 1964) costituito e retto da enti locali, che sono comune e provincia di Milano (ora città metropolitana). Ha ricevuto fino al 2012-2014 un contributo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Pubblica la rivista «Amministrare» (giunta al 47o anno) e l'annale «Storia Amministrazione Costituzione», presso l'editore Il Mulino;
   presso la sede di Piazza Castello 3 gestisce una biblioteca aperta al pubblico – che figura nell'elenco delle biblioteche del comune di Milano – con circa 16 mila volumi di storiografia, diritto, sociologia, economia-finanza e con la collezione (dal 1960 ad oggi) di 602 testate di periodici, cui 331 italiane e 271 straniere. Attualmente, ne sono attive 106, 52 italiane e 54 straniere;
   nella biblioteca sono conservate anche tutte le pubblicazioni dell'istituto, dalla fondazione. Alla conservazione della biblioteca è riferita specificatamente la legge regionale della Lombardia 13 luglio 1984, n. 37, che prevedeva uno stanziamento annuo di 150 milioni di lire, ora ridotto a 10 mila euro;
   in data 5 dicembre 2016 è stata notificata un'ordinanza del direttore del servizio gestione contratti dell'area patrimonio immobiliare del comune di Milano che impone il rilascio della sede e lo sgombero dei locali della biblioteca entro la data del 20 gennaio 2017;
   nel procedimento è stato omesso qualsiasi coinvolgimento della stessa città metropolitana e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che ha riconosciuto ISAP come istituto di ricerca di interesse nazionale –:
   se la situazione dell'ISAP sia all'attenzione dei competenti uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e se intenda assumere al riguardo tempestive iniziative, per quanto di competenza, per evitare la dispersione dei volumi ed il venir meno dell'adeguata conservazione e fruibilità del suo patrimonio culturale. (4-15361)


   CARIELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Galleria nazionale della Puglia «Girolamo e Rosaria Devanna» comprende una cospicua serie di opere di interesse culturale nazionale. La Galleria ha sede nel Palazzo Sylos-Calò, sito nel comune di Bitonto. Il palazzo, già nell'elenco degli edifici monumentali d'Italia del 1902 ad opera dell'allora Ministero della pubblica istruzione è stato acquisito dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, eccetto alcuni locali siti al livello della strada appartenenti a privati. Tale acquisizione permise nel 2009 l'inaugurazione della Galleria dedicata a Girolamo e Rosaria Devanna, i due generosi donatori della favolosa quadreria comprendente 229 tele e 108 disegni;
   il professor Devanna, collezionista ed esperto d'arte, ha di recente tenuto una conferenza stampa, in cui denunciava il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte delle istituzioni pubbliche nell'atto di vendita tra privati dei locali adiacenti il Palazzo Sylos-Calò avvenuto nel settembre 2016. Nell'immediato, la comunità locale riscontra una reticenza a proseguire nelle donazioni da parte dei mecenati che maggiormente hanno alimentato la Galleria. Inoltre, visto che attualmente sono ben ottantaquattro le opere rimaste in deposito, è emerso che gli stessi collezionisti possano ritirare le opere, atteso che gli accordi di cessione dei beni prevedono il vincolo dell'esposizione al pubblico. Durante la medesima conferenza stampa, il professor Nicola Pice, già sindaco del comune di Bitonto, è intervenuto mostrando una nota del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 29 settembre 2016, in cui si evince l'invito del Ministero a valutare la possibilità di esercitare il diritto di prelazione inviato a tutti gli enti interessati. Nella stessa occasione viene citato un accantonamento del Ministero (pari a trecentomila euro) al tempo della istituzione della Galleria, che sarebbe stato utilizzato per l'acquisto dei locali annessi al palazzo in caso di vendita futura;
   il segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la Puglia ha precisato in una nota successiva che «ha compiuto tutti gli atti previsti per legge ed in particolare ha trasmesso la comunicazione agli enti territoriali interessati per l'eventuale esercizio del diritto di prelazione sui predetti locali oggetto degli articoli citati». Il segretario regionale ha precisato, inoltre, che non risulta alcun «finanziamento accantonato da oltre 10 anni» per l'acquisto dei suddetti locali e ricorda di aver esercitato, nel 2014, «il diritto di prelazione su sei locali del Palazzo Sylos Calò, sede della Galleria, al fine di consentire l'ampliamento della fruizione della collezione Devanna»;
   il comune di Bitonto, la città metropolitana di Bari, la regione Puglia ed il segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, pur informati della vendita tra privati dei locali annessi al palazzo, non hanno esercitato il diritto di prelazione sull'acquisto di questi ambienti, lasciando che fossero acquistati da privati che, secondo le dichiarazioni del professor Devanna, «li adibiranno a negozio di moda». Tale disinteresse mostrato dalle pubbliche istituzioni rischia oggi di mettere in serio pericolo il futuro del polo museale;
   a fronte di questi avvenimenti l'amministrazione comunale, in una conferenza stampa tenuta dal sindaco Michele Abbaticchio e dall'assessore Rino Mangini, ha comunicato che la famiglia del collezionista d'arte e l'amministrazione comunale hanno mostrato interesse a stringere accordi direttamente con gli acquirenti privati dei locali in questione. Stando alle dichiarazioni dell'amministrazione comunale, i due locali verranno ristrutturati e messi a disposizione dai titolari per attività coerenti con quelle della Galleria nazionale –:
   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza dei sopra citati accadimenti, sui quali è necessarie fare chiarezza, e se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sia stato consultato nell'ambito della redazione del programma di sviluppo e conservazione della Galleria nazionale della Puglia annunciato di recente dall'amministrazione locale;
   se esistano fondi statali stanziati per l'acquisto dei locali ed il completamento della struttura adibita a polo museale. (4-15366)


   VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel compendio naturalistico cagliaritano dei circa 35 ettari di territorio di Monte Urpinu esiste un'area, nei decenni passati interessata ad attività di cava, di cui più volte è stato annunciato il recupero ai fini della pubblica fruizione, come area verde;
   l'accesso a tale area, che attualmente è possibile attraverso un'unica strada sterrata, con imbocco dalla via Raffa Garzia, è interdetto attraverso un'antiestetica sbarra metallica;
   tale accesso risulterebbe attualmente impedito al pubblico, in quanto sul sito graverebbe una complessiva situazione di rischio di dissesto idrogeologico, per cui l'unico accesso all'area del futuro parco si presenta da anni come una sorta di cantiere aperto, delimitato da nastri e abbondanza di transenne, che rappresenta un oggettiva ferita al decoro urbano della zona;
   nell'anno 2015, il comune di Cagliari annunciò attraverso i media la disponibilità di un finanziamento regionale che avrebbe reso possibile la messa in sicurezza del sito, consentendo finalmente l'estensione del parco urbano di Monte Urpinu sino all'area dell'ex cava;
   nell'anno 2016, risulta che sia stato effettivamente aperto il cantiere di lavoro per il superamento del rischio idrogeologico, la cui attività si sarebbe peraltro dovuta concludere entro il medesimo 2016;
   nelle parti contigue alle aree comunali destinate a parco esistono gli scheletri di alcuni manufatti edilizi privati, edificati tra la fine del secolo scorso e i primi dieci anni del duemila, mai ultimati, abbandonati a sé stessi e parzialmente dati alle fiamme;
   nell'area dell'ex cava destinata a parco, per un vecchio accordo con la Soprintendenza ai beni culturali, sarebbero «stoccati» a cielo aperto i resti di alcuni stabili monumentali cittadini. Tra questi, vi sarebbero parte delle colonne dell'ex Mercato Civico del largo Carlo Felice e vari reperti architettonici provenienti da alcune chiese cittadine e altri pregevoli stabili storici della città;
   è del tutto evidente che soltanto la messa in sicurezza dell'aree a rischio di dissesto della ex cava e la sistemazione definitiva dell'area adibita a parco e a pubblica fruizione da parte dei cagliaritani e degli ospiti possono consentire la definitiva sistematizzazione dei reperti provenienti dagli edifici monumentali cittadini, attualmente ospitati presso l'ex cava e la loro presentazione in modo adeguato ai visitatori –:
   quale sia l'elenco dei reperti storici, architettonici e monumentali di elevato interesse culturale ospitati nell'ex cava di Monte Urpinu e quale sia il sistema di inventario e di custodia che consenta la garanzia della loro corretta conservazione;
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato ha sinora messo in atto per favorire l'apertura al pubblico del parco dell'ex cava, in modo da garantire la fruizione del sito e dei reperti storici e monumentali in esso accolti;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto affinché, una volta che il Parco sia reso accessibile alla pubblica fruizione, sia possibile la sistematizzazione dei reperti monumentali che in esso sono accolti e la loro fruizione da parte dei visitatori in modo coerente con la loro storia, adeguato alla loro importanza per l'identità e la memoria storica della città e utile ai fini della loro valorizzazione in chiave turistica. (4-15372)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il 14 marzo 2016 la «Direzione generale del personale del civile del Ministero della difesa» (PERSOCIV) ha emanato la circolare n. 16749 avente quale oggetto «benefici pensionistici derivanti da supervalutazione di periodi di servizio in lavori insalubri, polverifici, imbarchi ai sensi degli articoli 19 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092», cui è seguita la circolare n. 23994 in data 15 aprile 2016 con errata corrige, adducendo uno scostamento della prassi applicativa rispetto alla ratio della norma, evidenziato, ad avviso della direzione generale citata, da recenti pronunce giurisprudenziali;
   suddetta circolare, emanata con il dichiarato intento di fornire chiarimenti applicativi, abroga le precedenti circolari applicative emanate sin dal 1972 e dichiara nulle le trascrizioni matricolari effettuate dai dirigenti responsabili dell'impiego del personale interessato, abrogando le trascrizioni stesse;
   suddetta abrogazione – effettuate in modo unilaterale da parte della Direzione generale – sta determinando il mancato riconoscimento del beneficio pensionistico ed in alcuni casi l'annullamento del decreto di collocamento a riposo, atti che quindi riconoscevano la legittimità del diritto;
   con la sopracitata circolare, il Ministero ha negato o nega ad alcune categorie di personale civile il beneficio pensionistico previsto dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 – peraltro concesso ai dipendenti collocati a riposo prima dell'emanazione della circolare – motivando il diniego con la circostanza che detta norma prevede la concessione dell'aumento di un quarto del servizio ai soli appartenenti alla carriera operaia; tale limitazione costituirebbe, ad avviso degli interpellanti, una ingiustificata disparità di trattamento, secondo una lettura costituzionalmente orientata, deducendo, in subordine, il contrasto con i princìpi costituzionali della disposizione nella parte in cui non prevede l'estensione del beneficio anche ad altre categorie di lavoratori in presenza del medesimo presupposto del contatto con sostanze insalubri o nocive o di analoghe condizioni d'impiego (si vedano aree attive dei polverifici);
   non appare dirimente nella circostanza il riferimento alla sola categoria degli operai contenuto nell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, dovendosi invece chiedere, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma e dell'univoca tutela del diritto alla salute, che l'attenzione venga posta ed attenga propriamente alla tipologia delle lavorazioni da considerarsi insalubri o all'impiego in ambienti classificati polverifici, assunta quale ratio della previsione quella di compensare il dipendente per lo svolgimento di attività d'istituto potenzialmente dannose per la salute;
   la stessa direzione generale Persociv – con circolare n. 17521 del 2006 oggi abrogata – ha indicato l'attribuzione del beneficio anche al personale con profili professionali diversi da quelli della ex «carriera operaia» (qualifica superata sin dal 1980 per effetto delle riunificazioni delle carriere e del riordino delle qualifiche dei dipendenti pubblici contrattualizzati), ovvero a tutto il personale che ha maturato periodi di servizio in sedi e aree considerate «attive» all'interno degli enti classificati quali polverifici. Inoltre, l'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 dispone che ai fini dell'aumento di un quarto «non si computano i periodi di interruzione del servizio». La direzione generale Persociv, nelle circolari che si sono succedute sul tema proposto, laddove il suddetto articolo di legge recita «(...) non si computano i periodi di interruzione del servizio» ha invece ritenuto che il computo del servizio per il beneficio in questione venisse effettuato nel seguente modo:
    1. «detratte le giornate nelle quali la prestazione di lavoro è venuta a mancare» (circolare 58900 del 17 marzo 1979, abrogata con circolare n. 23994 del 15 aprile 2016);
    2. «limitatamente agli effettivi tempi di impiego nell'area attiva», (circolare n. 17521 del 3 marzo 2006, abrogata con circolare n. 23994 del 15 aprile 2016);
    3. il servizio utile deve riferirsi a ore effettive di esposizione ai lavori insalubri, tradotte in giornate di lavoro: non sono, pertanto, riconducibili nel computo i periodi di sospensione dal lavoro (ferie, permessi, congedi ...) e le mere giornate di presenza che non si traducano in effettive ore di impiego nelle suddette lavorazioni (vigente circolare n. 23994 del 15 aprile 2016);
   sulla questione gli interpellanti reputano utile rammentare che per «interruzione del servizio» si intendono i periodi non coperti da contribuzione da parte del datore di lavoro, ai fini previdenziali e contributivi: le malattie, le ferie ed altre assenze retribuite non interrompono il servizio, ovvero il rapporto di lavoro. Ciò lascia intendere che il periodo durante il quale il dipendente abbia, senza soluzione di continuità, prestato servizio nell'area attiva degli enti classificati come polverifici, debba essere interamente trascritto a matricola;
   a parere degli interpellanti, quindi, laddove la normativa avesse voluto prevedere una fattispecie giuridica più ampia nella quale ricomprendere anche i periodi di interruzione avrebbe dovuto prevederlo espressamente, come fatto per fattispecie similari ricadenti nello stesso Capo III della normativa in esame (decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973) –:
   se il Ministro interpellato, anche alla luce di orientamenti giurisprudenziali ancor più recenti e di segno opposto (sentenza n. 331/2015 della Corte dei Conti del Lazio) a quelli addotti dalla direzione generale Persociv per l'emanazione della circolare n.16749 del 14 marzo 2016, non ritenga opportuno assumere iniziative di carattere interpretativo, affermando l'univoca tutela del diritto alla salute, al fine di riconoscere a tutte le categorie di lavoratori civili i benefici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ed altresì riconoscendo la computazione dell'intero periodo di servizio in cui il lavoratore è stato o verrà impiegato nelle fattispecie lavorative di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973.
(2-01620) «Duranti, Piras, Carlo Galli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Lauria (Potenza) è una delle più popolate della Basilicata con 12.919 abitanti con un'estensione di circa 175 chilometri quadrati, situata tra Campania e Calabria. È il punto di snodo di tre principali direttrici viarie: l'autostrada A3 Napoli-Reggio Calabria, la Fondovalle Sinnica SS653, che porta alla costa ionica lucana e alla Puglia, la Fondovalle del Noce SS585 che collega l'autostrada A3 con la costa tirrenica calabro-lucana;
   il posizionamento geografico e le caratteristiche orografiche del territorio di Lauria, che ne configurano il ruolo baricentrico e di cerniera per i paesi dell'area sud della Basilicata, con gli aspetti positivi e negativi che ciò comporta con il centro urbano molto distante dalle frazioni, richiedono una presenza costante dei presidi delle forze dell'ordine per prevenire efficacemente crimini e disagi per la popolazione residente;
   i tagli del personale e le limitazioni imposte dai vari Governi che si sono succeduti incidono direttamente sull'operatività delle forze di polizia che garantiscono l'ordine e la sicurezza pubblica. Quotidianamente diventa sempre più pressante la richiesta di sicurezza da parte di cittadini che sono impauriti e chiedono maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio;
   la caserma del comando della compagnia dei carabinieri di Lauria è strategica per tutto il territorio e necessita di un organico più consistente, visto che attualmente è composto da nove unità e che i turni lavorativi, le ferie previste per legge, le eventuali assenze giustificate per malattia riducono sensibilmente l'impiego del personale che non riesce a coprire tutte le mansioni assegnate per competenza, con le conseguenti notevoli difficoltà di operatività per il controllo del territorio;
   la presenza nel paese di sei filiali di istituti di credito e di cinque uffici postali, che denotano una cospicua raccolta di denaro ed una dinamicità operativa nel settore finanziario, sta accrescendo l'allarme sociale a seguito di numerosi furti e di altre azioni delittuose che si verificano nel comune di Lauria e nei paesi limitrofi;
   questi sono elementi che fanno emergere la necessità di fornire un'adeguata e maggiore attenzione alle problematiche di ordine pubblico, rafforzando e non riducendo la presenza delle forze direttamente poste a tutela della sicurezza pubblica e privata dei cittadini –:
   se il Governo sia a conoscenza del caso descritto in premessa e quali iniziative intenda assumere per porre rimedio a questa situazione di mancanza di personale per far fronte ai problemi di sicurezza del territorio;
   se non si ritenga necessario rivedere – anche nel contesto dell'attuale riorganizzazione dei presidi sul territorio – gli attuali criteri di determinazione delle dotazioni organiche permanenti, rendendoli strutturali e più rispondenti alle effettive esigenze dei luoghi. (5-10403)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione finanziaria, in esito alle verifiche fiscali nei confronti dei gestori unici, ha emesso alcuni atti di contestazione delle violazioni ai fini IVA, configurando la fattispecie di omessa regolazione di acquisti senza fattura a fronte di pagamenti aventi natura di corrispettivi nei confronti dei comuni appartenenti ai costituiti enti d'ambito territoriale ottimale (ATO) a titolo di rimborso delle rate di ammortamento dei mutui gravanti sulle opere;
   l'articolo 153 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevede, al comma 2, che le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e in conto interessi, siano trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi;
   l'articolo 115, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, stabilisce altresì che il conferimento e l'assegnazione di beni degli enti locali alle società partecipate sono esenti da imposizione fiscale, diretta, indiretta, statale e regionale;
   la commissione tributaria provinciale di Pesaro, con sentenza n. 325 del 2011, ha esteso tale disciplina anche alle rate dei mutui contratti dai comuni per la realizzazione degli impianti ceduti il cui valore incorpora le rate dei mutui stessi di fatto, escludendo tali somme dal campo di applicazione dell'IVA, in quanto, secondo le motivazioni della sentenza, la cessione dei beni non potrebbe avvenire se non con l'accollo dei mutui che fanno parte degli impianti la cui cessione è esente da ogni imposta di legge;
   a giudizio degli interroganti le somme ricevute dai comuni, a titolo di rimborso dell'ammontare delle rate di mutuo sostenute dal medesimo ente, costituiscono meri trasferimenti di denaro, irrilevanti ai fini IVA, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972;
   le divergenti interpretazioni della disciplina da parte dell'amministrazione finanziaria e della Commissione tributaria hanno portato al ricorso da parte dell'Agenzia delle entrate avverso la sentenza che dava ragione all'ente ricorrente –:
   quali siano gli esiti del ricorso presentato dall'amministrazione finanziaria presso la competente Commissione tributaria regionale, anche al fine di chiarire il corretto trattamento delle somme ricevute dai comuni titolo di rimborso delle rate di mutuo sostenute per la creazione di infrastrutture di proprietà degli enti locali affidate in concessione d'uso gratuita al gestore del servizio. (5-10400)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane spa, al termine del processo di messa in liquidazione delle quote e di privatizzazione, è oggi una società il cui azionariato è detenuto per il 29,7 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il 35 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, a sua volta controllata per l'80 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   si può quindi sostenere che, seppur in seguito all'avviamento di un processo di privatizzazione, Poste Italiane spa sia ancora partecipata a maggioranza dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   in ogni caso, è innegabile che quello svolto da Poste Italiane spa sia un servizio pubblico che come tale va garantito ai cittadini;
   a circa 6 mesi dall'avviamento, il cosiddetto processo di razionalizzazione di Poste Italiane si sta rivelando un vero e proprio fallimento giocato sulla pelle di cittadini che ricevono la posta con ritardi anche di dieci giorni e di lavoratori ridotti al minimo e costretti a turni massacranti;
   nel solo territorio di Lecce, in seguito alla riduzione del 30 per cento del numero di portalettere e con la conseguente entrata in vigore del progetto «recapito a giorni alterni», da agosto 2016 ad oggi ci sarebbero 30mila raccomandate ferme nel capoluogo 4 tonnellate di posta in giacenza da smistare;
   ai portalettere rimasti in servizio nella provincia di Lecce pare siano state assegnate due zone a testa, invece di una, e turni di lavoro che superano le 10 ore giornaliere e, nonostante questo, migliaia di cittadini in decine di comuni ricevono bollette scadute, si ritrovano con utenze sospese e sono costretti, per colpe non certo imputabili a loro, a pagare pesanti interessi di mora;
   recentemente pare che, per sopperire temporaneamente alle carenze e consentire di smistare le 4 tonnellate di posta in giacenza, siano stati inviati temporaneamente a Lecce alcuni portalettere da altri comuni della Puglia e, addirittura, della Basilicata –:
   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione di disservizio denunciata in premessa e quali iniziative di competenza urgenti abbia intenzione di mettere in atto per garantire l'erogazione e la continuità del servizio pubblico gestito da Poste Italiane spa, tuttora controllata a maggioranza dal Governo;
   se il piano di razionalizzazione di Poste italiane sia stato concordato con il Governo e, in caso affermativo e in base a quali criteri sia stato approvato;
   a quanto ammonti, in termini economici, la partecipazione di Ministero dell'economia e delle finanze e Cassa depositi e prestiti al bilancio di Poste Italiane e quindi, come e quanto lo Stato finanzi il servizio pubblico svolto da Poste Italiane spa;
   se il Governo non ritenga di dover intervenire direttamente, per quanto di competenza, nelle scelte di razionalizzazione operate da Poste Italiane che, oggettivamente, stanno creando disagi e danni enormi ai cittadini e se non ritenga che tali disagi e tali danni possano dare avvio a contenziosi e class action da parte degli stessi cittadini danneggiati nei confronti di Poste e, quindi, del Ministero dell'economia e delle finanze, che finirebbero, ironia della sorte, per ricadere anch'essi con i loro costi sulle spalle dei cittadini. (4-15379)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 gennaio 2017 il presidente del tribunale di sorveglianza di Catanzaro – dottoressa Maria Antonietta Onorati – ha inviato al Ministro della giustizia Orlando una nota avente ad oggetto «carenza di personale amministrativo presso il tribunale di Sorveglianza di Catanzaro e conseguente sospensione di servizi»;
   nello specifico, a causa della carenza di personale, il Presidente Onorati ha provveduto ad evidenziare, nonché a documentare, l'impossibilità di incrementare l'organico negli uffici alla luce dell'ingente mole di lavoro, che quotidianamente interessa la sede del capoluogo;
   purtroppo, ad oggi, la grave carenza di personale rischia di mandare al collasso l'intero sistema operativo del tribunale di sorveglianza;
   quanto lamentato genera, altresì, palpabili difficoltà operative e di gestione con conseguenti ed inequivocabili ripercussioni negative sull'operato di avvocati, magistrati e cittadini, costretti a subire tacitamente i lunghi e pesanti tempi di una giustizia, già di per sé duramente provata –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché, in considerazione degli inevitabili effetti dannosi generati dalla carenza di personale amministrativo sull'intero sistema giudiziario calabrese, possa essere assicurata la copertura del personale necessario a garantire il regolare svolgimento del lavoro all'interno degli uffici del tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
(3-02739)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'interpellante il 2 novembre 2011 sottoscriveva come seconda firmataria, l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3/02596 in cui si sottoponeva al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la questione delle gravi difficoltà in cui versavano gli aeroporti di Reggio Calabria e di Crotone, sia per lo stato di fallimento delle due società di gestione, sia per il progressivo abbandono degli scali da parte dei vettori aerei;
   il Ministro nella risposta all'interrogazione in Assemblea, dopo aver concordato sul fatto che «la Calabria ha bisogno di uscire dal suo isolamento» indicava due linee d'azione;
   la prima derivava dall'applicazione dell'articolo 704 del codice della navigazione che «prevede che si mettano a gara appunto ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione totale le concessioni dei due aeroporti» esprimendo «la volontà di mettere in rete gli aeroporti», vista la presenza di specifiche manifestazioni di interesse in questa direzione;
   La seconda era volta ad una serie di incontri svolti con Alitalia e Ryanair al fine di «evitare che l'Alitalia interrompesse i voli da Reggio Calabria»;
   si rileva che, per ciò che riguarda Reggio Calabria, la prima linea d'azione non ha al momento avuto alcun riscontro effettivo, dato che non è ancora chiaro quando dovrebbero terminare le procedure di gara sovrintese da Enac per la concessione della gestione, anche alla luce dei ricorsi in sede giudiziaria, mentre la seconda si è tradotta in un sostanziale fallimento, vista la notizia secondo la quale Alitalia dal 1o febbraio 2017 dovrebbe lasciare l'aeroporto Tito Minniti, non offrendo più alcun servizio di trasporto da e verso la città dello Stretto;
   sebbene vada rilevato che la crisi dell'aeroporto Tito Minniti sia l'effetto di diversi anni di pessima gestione, anche grazie alla prevalenza di logiche politiche su quelle manageriali, specie per ciò che riguarda la definizione di nomine e strategie all'interno della fallita società di gestione dell'aeroporto dello Stretto (SOGAS), attualmente la situazione dello scalo calabrese è ad un passo dalla chiusura;
   oggi i soggetti chiamati a salvare l'aeroporto sono i medesimi che, a giudizio dell'interrogante, hanno provocato il disastro di Sogas, la quale è infatti una partecipata della provincia di Reggio Calabria, del comune di Reggio Calabria, della regione Calabria e della camera di commercio di Reggio Calabria;
   in data 14 gennaio 2017, a margine di una delle manifestazioni che si sono tenute di fronte allo scalo reggino, si è tenuto in prefettura un incontro alla presenza di diversi rappresentanti istituzionali per chiedere l'impegno del Governo per evitare la chiusura dello scalo aeroportuale «Tito Minniti», per chiedere garanzie in merito alla continuità del servizio e al rispetto del principio di continuità territoriale;
   in tale sede i rappresentanti del Governo hanno annunciato che il 19 gennaio 2017 si sarebbe tenuto a Roma un tavolo istituzionale con gli attori interessati alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per esaminare le questioni attinenti all'aeroporto dello Stretto;
   le principali restano due: la prima attiene al fatto che il Governo si impegni fattivamente per impedire che Alitalia abbandoni lo scalo reggino, fatto che porterebbe alla sostanziale chiusura dello stesso; la seconda riguarda il fatto che vengano attivate, in deroga ai principi in materia di aiuti di Stato, le misure previste all'articolo 16 del regolamento (CE) n. 1008/2008, in materia di continuità territoriale;
   quanto al primo punto, non sono appieno comprensibili i motivi per i quali l'ex compagnia di bandiera intenda lasciare il «Tito Minniti», dato che i voli da e per Reggio Calabria registrano spesso il tutto esaurito e le tariffe risultano molto più elevate rispetto a quelle di altre rotte;
   va ricordato che i collegamenti in regime di continuità territoriale devono in particolare servire aeroporti situati in regioni periferiche o in via di sviluppo oppure devono essere relativi a rotte a bassa densità di traffico verso qualsiasi aeroporto regionale se essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione: le rotte da per il «Tito Minniti» rientrano appieno in queste fattispecie –:
   se il Governo intenda adoperarsi, per quanto di competenza, per evitare che Alitalia abbandoni lo scalo reggino e se intenda assumere iniziative per attivare le misure previste all'articolo 16 del regolamento (CE) n. 1008/2008, in materia di continuità territoriale.
(2-01622) «Dieni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 gennaio 2017 il quotidiano La Stampa versione online ha pubblicato un articolo a firma di Matteo Indice dal titolo «Inchiesta Terzo valico, intercettazione choc: “C’è l'amianto? Tanto la malattia arriva fra trent'anni”»;
   nel suddetto articolo il giornalista ha riportato la notizia che, nei lavori per il terzo valico, la galleria per l'alta velocità che dovrebbe collegare Genova a Milano e nei cui cantieri diretti da Cociv, società di Impregilo e general contractor per conto di Rete ferroviaria italiana, il 22 luglio 2015 sarebbe stata rilevata la presenza di amianto;
   sempre nello stesso articolo il giornalista ha riportato che, in un'intercettazione, il dirigente Cociv, Ettore Pagani, in un colloquio con un collega a proposito dell'eventuale presenza di amianto all'interno del cantiere, avrebbe detto «tanto la malattia arriva fra trent'anni»;
   l'articolo prosegue specificando che «questo scambio non è contenuto nell'ordine d'arresto notificato nelle scorse settimane, ma fa parte d'un corpo d'intercettazioni già trascritte dagli inquirenti dopo l'ascolto audio, con le quali si focalizza la spregiudicatezza che ha segnato per lungo tempo la gestione dei cantieri»;
   con interrogazione a risposta scritta n. 4-11530 – presentata dal deputato Ginefra il 21 dicembre 2015 già era stato sollevato il problema dell'eventuale presenza di amianto nel cantiere della Genova-Milano;
   gli appalti sul terzo valico rappresentano il cuore dell'inchiesta sulle tangenti per le grandi opere che pochi mesi orsono hanno portato alla richiesta di 21 misure cautelari –:
   se il Ministro interrogato sia stato informato della vicenda;
   se trovi conferma quanto denunciato dal giornale La Stampa;
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere, anche con riguardo al procedimento avviato dall'Autorità nazionale anticorruzione per il commissariamento della Cociv, ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, sul quale è chiamato a decidere il prefetto.
(5-10401)


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i treni «veloci» che collegano, oggi, l'Umbria con il resto del Paese sono soltanto due coppie di Intercity e una di Eurostar Frecciabianca. In alcune fasce orarie sono anche gli unici treni che permettono ai pendolari di andare e tornare da Roma. Molti di essi sono lavoratori che ne usufruiscono grazie all'acquisto della «Carta Tuttotreno», che consente di viaggiare su queste coppie di treni a chi abbia già un abbonamento regionale;
   nel 2016 il costo della «Carta Tuttotreno» per i pendolari umbri era di 350 euro, invece, a partire dal 24 gennaio 2017, Trenitalia ha informato che sarà di 450 euro, con un aumento di 100 euro ma con un taglio di servizi visto, che la Carta non permette più ai possessori l'utilizzo dei Frecciabianca;
   questa limitazione comporta per i pendolari umbri l'impossibilità di prendere l'Eurostar 8852 in partenza da Roma alle 17,38 che arriva a Terni alle 18,28; pertanto, molti lavoratori per arrivare in tempo utile dovranno scegliere il già affollato e più lento convoglio regionale 2488 delle 17,58, che effettua molte più fermate lungo il suo tragitto e serve anche i viaggiatori diretti a Orte;
   inoltre, Trenitalia ha previsto che non sia più possibile acquistare «Carte Tuttotreno» semestrali ma esclusivamente annuali e che i possessori non possano più accedere alla prima classe;
   riguardo, poi, al calcolo del costo di biglietti ed abbonamenti, pendolari e turisti pagano oggi un prezzo legato al chilometraggio che, in tutte le regioni, viene ancora calcolato in base alla lunghezza delle linee storiche, mentre attualmente i treni percorrono le direttissime con tragitti notevolmente minori. Ad esempio, nel caso della tratta Terni-Roma, la distanza oggi percorsa dai treni si riduce dai 112 chilometri pagati dai viaggiatori ai 95 della traccia attuale;
   il problema è già stato sollevato nel 1988 con un'interrogazione presentata, all'epoca, dal senatore Garofalo. A distanza di trent'anni, la situazione è esattamente la stessa, nonostante anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, quale organo preposto ad assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato, abbia richiamato, già nel 2009, il Governo al rispetto delle condizioni tariffarie in relazione al nuovo assetto infrastrutturale maturato a seguito di investimenti pubblici fatti lungo le nuove linee;
   ad autorizzare il calcolo del chilometraggio e del prezzo di biglietti e abbonamenti in base alle linee storiche c’è il decreto ministeriale n. 6925 del 1974 che consente di non tenere in considerazione le abbreviazioni dovute a «nuove linee direttissime» per remunerare le spese sostenute dall'allora azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato per la costruzione di nuovi tronchi ferroviari che hanno permesso le abbreviazioni di percorso. È evidente come, dopo 43 anni, questa remunerazione sia stata garantita, e come la normativa debba essere rivista per rendere il servizio ferroviario concorrenziale, favorendone così l'utilizzo da parte di pendolari e turisti con tutte le conseguenze positive che si innescano  in termini di riduzione del traffico veicolare e delle emissioni inquinanti –:
   se il Governo sia a conoscenza degli aumenti imposti da Trenitalia e delle nuove condizioni di servizio e quali iniziative di competenza si intendano mettere in campo per evitare gli incrementi o, per lo meno, consentire nuovamente ai possessori della «Carta Tuttotreno» di abbonarsi semestralmente e di usufruire dei Frecciabianca e della prima classe;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per modificare le previsioni del decreto ministeriale n. 6925 del 1974 in modo da attualizzare il costo di biglietti e abbonamenti ai percorsi reali effettuati dai treni evitando di calcolarli sulla base di linee che risalgono al Regno d'Italia, dando anche seguito alle disposizioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. (5-10406)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a decorrere dal 1o febbraio 2017 Trenitalia applicherà un aumento delle tariffe per gli abbonamenti di alta velocità pari al trentacinque per cento in più rispetto ai prezzi in vigore nel 2016;
   come riportano le cronache de «Il Mattino di Napoli» del 18 gennaio 2017 tale aumento determinerà una situazione insostenibile per migliaia di pendolari in tutta Italia, i quali si stanno spontaneamente raccogliendo in comitati per la raccolta firme e l'espressione della propria protesta rispetto alla decisione della società ferroviaria;
   alcune associazioni di consumatori hanno già manifestato la propria intenzione di ricorrere al tribunale amministrativo regionale e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, al fine di vedere riconosciuti e tutelati i diritti dei lavoratori pendolari;
   alcuni sindaci di grandi città come Napoli e Torino e i rispettivi presidenti di regione hanno manifestato la propria preoccupazione per gli aumenti previsti a danno dei lavoratori pendolari;
   la suddivisione in fasce orarie e in giorni di viaggio della nuova formula di abbonamento prevista, creerà solo disagi e caos per quelle categorie di lavoratori, come ad esempio i docenti scolastici e il personale Ata, che non hanno un preciso orario di entrata e di uscita ma sono soggetti all'orario scolastico che varia di giorno in giorno –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per impedire il previsto aumento delle tariffe e per intervenire a tutela dei lavoratori pendolari, affinché non subiscano l'ennesimo aggravio di spesa a carico di stipendi già penalizzati dalla mancanza degli scatti stipendiali.
   (4-15351)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da diverse fonti stampa, nonché da comunicazioni ufficiali di Trenitalia spa, si apprende che a partire dal 24 gennaio 2017 sono entrate in vigore delle modifiche significative relative alla carta «TuttoTreno» Umbria di seconda classe, una sorta di abbonamento agevolato, da abbinare a quello regionale, utile ai pendolari che si muovono tra l'Umbria e le altre regioni limitrofe per studio o lavoro;
   le modifiche derivano da un accordo tra Trenitalia e regione Umbria e prevedono l'aumento di 100 euro del costo della carta (250 euro per distanze fino a 100 chilometri e 450 per distanze superiori), l'impossibilità di acquistare la carta semestralmente – cosa che genera non poche difficoltà per chi farebbe fatica a sostenere l'intero costo di un abbonamento annuale in un'unica soluzione – e la limitazione di validità ai soli Intercity, e non permette l'utilizzo anche ai Frecciabianca; inoltre, la carta «TuttoTreno» non sarà più valida per la prima classe;
   il divieto di utilizzo della coppia di Freccia Bianca Roma/Ravenna/Roma è quello che maggiormente espone i pendolari ai disagi, in quanto dopo la soppressione di diversi treni veloci tra la Capitale e l'Umbria, le alternative per rientrare in Umbria dopo il lavoro sono davvero poche e con questa modifica si correrà il rischio di congestionare i pochissimi treni interregionali in partenza da Roma nella fascia oraria pendolari, già di per sé con grande afflusso di viaggiatori;
   la carta «TuttoTreno» dell'Umbria, inoltre, secondo quanto si apprende anche da un documento del Comitato pendolari Roma-Firenze, è a tutt'oggi una delle più care d'Italia a fronte di un servizio offerto da Trenitalia che nel corso degli anni è tutt'altro che migliorato: solo per fare un esempio la carta «TuttoTreno» della Toscana, che ha una rete ferroviaria ben più vasta di quella umbra, ha costi di 150 euro entro i 100 chilometri e 250 oltre i 100 chilometri –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa e nel rispetto delle competenze regionali in materia di trasporto pubblico locale, non ritenga di assumere ogni iniziativa utile nei confronti di Trenitalia per affrontare tale situazione penalizzante per i pendolari umbri, che da anni affrontano i disagi dei collegamenti verso la Capitale e vedono leso il loro diritto alla mobilità. (4-15374)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Mignete, una piccola frazione del comune di Zelo Buon Persico, in provincia di Lodi, pare siano in arrivo circa una trentina di immigrati richiedenti asilo che verranno alloggiati in un immobile di proprietà privata, un palazzo a fianco della chiesa, in via Piazzetta nel pieno centro storico del paese;
   tale palazzina sarebbe composta, precisamente, da quattro appartamenti sfitti da un paio di anni che sarebbero stati locati da un privato a una onlus per adibirlo a centro di accoglienza;
   tale notizia ha provocato legittime preoccupazioni e immediate proteste tra i circa 500 abitanti del paese, che si sono già organizzati e sono, altresì, pronti anche a bloccare gli accessi a via Piazzetta, pur di impedire l'arrivo di ulteriori immigrati richiedenti asilo nel proprio territorio;
   proprio qualche giorno fa si è svolta una assemblea pubblica nel salone dell'oratorio, indetta dall'amministrazione comunale a seguito delle numerose richieste di chiarimenti pervenute alla stessa dai residenti, circa il possibile arrivo di altri richiedenti asilo nel piccolo comune;
   nel corso di tale assemblea, come riportato dagli organi di stampa, il sindaco di Zelo, Angelo Madonini, avrebbe precisato di non aver mai ricevuto, al momento, alcuna comunicazione, neanche dalla prefettura, circa l'arrivo di altri richiedenti asilo nel suo comune, ma di essere a conoscenza solo di una denuncia di inizio attività per lavori di ristrutturazione dell'immobile, presentata dal proprietario, da cui però non si evince nulla circa il possibile locatario dell'immobile stesso;
   nel corso della medesima assemblea, la stessa amministrazione comunale si è schierata a fianco dei cittadini contrari all'arrivo di altri richiedenti da allocare nel nuovo centro di accoglienza, ed è stata avviata una raccolta firme e la costituzione di un Comitato per esprimere l'assoluta contrarietà a tale scelta;
   i cittadini sono legittimamente molto preoccupati per il possibile arrivo di altri immigrati nel proprio comune che ne ospita già circa 30, a fonte di una popolazione di soli 500 abitanti;
   già in precedenza, con una ordinanza, pare siano stati allontanati dallo stesso comune otto richiedenti protezione internazionale;
   in provincia di Lodi sono ospitati attualmente circa 966 richiedenti asilo, alloggiati in 32 comuni nell'ambito della cosiddetta accoglienza diffusa in centri temporanei, mentre un solo comune avrebbe aderito alla rete SPRAR –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e, in particolare, se corrisponda al vero la notizia che verranno inviati a Mignete, frazione del comune di Zelo Buon Persico, altri richiedenti asilo da allocare nei quattro appartamenti in paese; quale sia il loro preciso numero e la loro nazionalità; quali verifiche circa l'idoneità, sia abitativa che igienico-sanitaria, della struttura e della cooperativa che gestirà il centro di accoglienza siano state avviate, per quanto di competenza, dalla prefettura e quali ne siano gli esiti; se ritenga di rivedere tale eventuale decisione alla luce della volontà contraria più volte espressa dai cittadini e dagli amministratori locali che li rappresentano. (4-15359)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un giovane marocchino di 22 anni, senza fissa dimora e residente illegalmente nel nostro Paese, in stato di ubriachezza e sotto l'effetto di stupefacenti, ha aggredito il 24 gennaio 2017 due agenti della polizia locale, intervenuti su segnalazione dei residenti, che lamentavano i gesti osceni cui il ragazzo si stava abbandonando nel centro di Olgiate Comasco;
   arrestato prontamente, al termine di un inseguimento concluso da una breve ma violenta colluttazione, il giovane marocchino è stato sottoposto a processo per direttissima e si trova attualmente in stato di detenzione;
   il giovane, che aveva dato problemi anche in precedenza, è risultato pregiudicato per furto aggravato e destinatario di un ordine di espulsione non eseguito –:
   se il Governo sia a conoscenza di motivi per i quali, considerati i precedenti del giovane marocchino, non sia stato eseguito il provvedimento di espulsione, accompagnando lo straniero alla frontiera prima degli ultimi eventi che lo avrebbero visto protagonista;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per assicurarsi che il giovane marocchino di cui in premessa verga rimpatriato al più presto, in qualità di immigrato irregolare;
   in che modo il Governo intenda arginare la piaga dell'immigrazione irregolare nel nostro Paese. (4-15367)


   PISO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il numero di migranti transitanti che restano «bloccati» sul territorio italiano negli ultimi mesi è esponenzialmente;
   gli aventi diritto allo status di rifugiato sono solo una parte molto ridotta rispetto al numero totale dei migranti che arrivano nel nostro Paese;
   la politica di «chiusura delle frontiere» portata avanti da molti Paesi della Unione europea ha come inevitabile ricaduta la mancata ricollocazione dei migranti stessi che inevitabilmente restano senza controllo sul territorio italiano;
   dai dati riportati dal Ministero dell'interno, la presenza di migranti sul territorio del comune di Roma risulta essere ampiamente oltre la quota di accoglienza prevista;
   la giunta di Roma Capitale avrebbe individuato nel Ferrhotel, nella zona della stazione Tiburtina, il luogo per realizzare un punto di accoglienza per circa 150 migranti;
   per la realizzazione di questa struttura sarebbe disponibile uno stanziamento pari ad euro 550.000 messo a disposizione dal Ministero dell'interno;
   i lavori sarebbero stati appaltati senza alcun bando di gara da parte dell'amministrazione centrale con una procedura di assegnazione diretta;
   in data 28 luglio 2016 il consiglio del municipio Roma II ha approvato un ordine del giorno in cui si impegnano il presidente e la giunta del municipio «A farsi garanti presso il Comune e la Prefettura affinché, né il Ferrhotel né l'ex Ittiogenico siano ritenuti luoghi appropriati per l'accoglienza anche temporanea dei migranti, richiedendo alla Regione Lazio di poter assumere a patrimonio comunale l'ex ittiogenico da destinare a progettualità da concordare con i cittadini residenti»;
   la zona antistante la stazione Tiburtina risulta essere già fortemente gravata da problematiche a cui le amministrazioni del municipio e di Roma Capitale non sono in grado di dare soluzioni strutturali (mancanza di pulizia dell'area, presenza di parcheggiatori abusivi, microcriminalità diffusa, presenza di microinsediamenti abusivi);
   i cittadini residenti hanno espresso a più riprese il loro dissenso nei confronti della destinazione d'uso dell'ex Ferrhotel;
   nelle disponibilità del patrimonio del municipio Roma II c’è un palazzo sequestrato alla mafia in via dei Reti, zona San Lorenzo;
   nella riorganizzazione dei commissariati di zona, il commissariato di pubblica sicurezza di via Forlì potrebbe essere trasferito in via di Pietralata, lasciando di fatto scoperto un quadrante ad alta intensità abitativa –:
   se non sia opportuno sospendere il progetto di destinare il Ferrhotel a centro di accoglienza dei migranti, adibendo lo stesso a nuova sede del commissariato di pubblica sicurezza. (4-15378)


   SCOPELLITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il commissariato di pubblica sicurezza di Palmi, il più vicino a Gioia Tauro, è afflitto diversi problemi che ne inficiano la piena operatività;
   in primo luogo, ha visto decrescere fortemente il proprio organico, che è passato in pochi anni dalle originarie 100 unità alle circa 43 attuali;
   in secondo luogo, il commissariato sta operando in una struttura di proprietà di Poste Italiane s.p.a. e quest'ultima ha in più di un'occasione dichiarato la volontà di rientrarne in pieno possesso. Si è posta dunque l'urgente necessità di trovare una nuova e adeguata sede per questo impostante presidio della legalità, in un'area estremamente sensibile sotto il profilo dell'ordine pubblico;
   la conseguente procedura è stata avviata nel marzo 2010; la provincia di Reggio Calabria ha individuato nell'immobile oggi sede dell'istituto professionale di Palmi una possibile nuova sede per il commissariato. Verificata la fattibilità tecnico-amministrativa, ha approvato già nel 2011 una delibera avente ad oggetto uno schema di protocollo di intesa finalizzato alla regolazione della concessione del comodato d'uso dell'immobile in questione al Ministero dell'interno;
   successivamente, l'istituto tecnico agrario — accorpato amministrativamente all'istituto professionale — è stato inoltre ampliato per ospitare gli studenti di quest'ultimo e consentire il trasferimento del commissariato. L'investimento messo in campo dalla provincia di Reggio Calabria, esclusivamente preordinato allo scopo, è stato pari circa 600.000 euro. Nel 2015 sono sopraggiunti ulteriori problemi logistici e pertanto su richiesta della prefettura di Reggio Calabria, il provveditorato alle opere pubbliche Sicilia e Calabria ha elaborato una relazione tecnica e di stima, quantificando la spesa necessaria per l'adeguamento della struttura in 1-1,5 milioni di euro, una somma forse eccessiva;
   tra pochi mesi inizieranno a Palmi i lavori per la realizzazione di importante struttura ospedaliera il cosiddetto ospedale della Piana di Gioia Tauro. Tale opera costituisce sicuramente un investimento di enorme portata per il tessuto socio-economico della regione; è quindi più che mai importante che sia garantito il rispetto della legalità in ogni fase della realizzazione della struttura;
   se i Ministri interrogati non ritengano prioritario assumere iniziative, per quanto di competenza, volte ad accelerare il più possibile il procedimento per la realizzazione delle opere di adeguamento del nuovo commissariato di pubblica sicurezza di Palmi, accertando puntualmente il fabbisogno necessario, raccordandosi con gli altri soggetti istituzionali interessati per l'individuazione e l'erogazione delle risorse e tenendo conto della necessità di adeguare l'organico alle esigenze operative. (4-15381)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i richiedenti protezione internazionale che usufruiscono del servizio di accoglienza in strutture governative e in centri di accoglienza straordinaria (cd. C.A.S.), dovrebbero poter beneficiare di tale tutela per tutta la durata del ricorso giudiziale avverso il diniego della competente commissione territoriale;
   talune prefetture asseriscono la sussistenza del beneficio in parola solo per il primo grado in tribunale, ma non anche per i gradi successivi (nello specifico per il grado di appello);
   tale prassi va in contrasto con il dettato della normativa di riferimento nonché con alcune circolari ministeriali e note di U.T.G. (ufficio territoriale di governo), che, pur riconoscendo il diritto in questione presentano vari punti di contraddittorietà, imponendo un ulteriore approfondimento ermeneutico;
   l'ultimo dato legislativo è l'articolo 14 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, in tema di «Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale»;
   a parere dell'interrogante nel novellato non si rinviene nessuna espressa esclusione per il grado di appello, prevedendosi il beneficio de quo in senso generale per il «ricorso giurisdizionale», inteso quale valutazione giudiziale sulla domanda di asilo politico, valutazione che può dirsi esaurita solo con il passaggio in giudicato dell'accertamento richiesto;
   la garanzia dell'accoglienza durante il giudizio di secondo grado è pure confermata da una nota del servizio centrale del Ministero dell'interno del 7 luglio 2016, anche se con la previsione della necessità di formalizzare istanza di sospensiva alla corte di appello e fino alla decisione sulla stessa, nonché dall'orientamento che si ricava dalla circolare del 30 ottobre 2015 del Ministero dell'interno;
   di contro, si segnala la posizione giurisprudenziale della corte di appello di Napoli che, con recente pronunciamento (v. ordinanza del 13 aprile 2016), richiamando la novella di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015, ritiene invece che, in caso di rigetto del tribunale, non occorra alcuna sospensiva ulteriore, in quanto l'effetto sospensivo ex lege è efficace per tutta la fase giudiziale, dal ricorso di primo grado in poi;
   tale questione attiene ai diritti sensibili di soggetti in condizione di immediata vulnerabilità, spesso privi di essenziali mezzi di sussistenza, esposti al rischio di privazione di alloggio e di tutele igienico-sanitarie, che portano a condizioni di vagabondaggio e di abbandono e che possono determinare situazioni di allarme sociale e di pregiudizio anche per la pubblica sicurezza –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere, affinché vi sia una chiarificazione ufficiale sulle condizioni e sui tempi dell'accoglienza per i richiedenti protezione internazionale. (4-15382)


   AIRAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Marco Bozzo Rolando, esponente di punta dell'Anpi valsesiano, medaglia d'oro della Resistenza e presidente della sezione di Quarona è stato più volte vittima di atti vandalici. La sua colpa sarebbe di essere amico dei migranti e per questo gli è stata bruciata la porta di casa e a maggio era stato dato fuoco alla tettoia di casa;
   la Cgil Vercelli Valsesia ha segnalato il caso e ha condannato gli autori degli atti vandalici. Marco Bozzo Rolando è «impegnato da anni nell'accoglienza dei migranti e in iniziative destinate al loro sostegno» si legge in un comunicato;
   «Il compagno Bozzo Rolando subisce da anni vessazioni e atti intimidatori da parte di soggetti “ignoti”, purtroppo ancora privi di identità: gli ultimi erano avvenuti soltanto lo scorso maggio di quest'anno. Per questo, come Cgil, chiediamo con forza alla questura di fare chiarezza al più presto su questi episodi intimidatori e non più tollerabilità»;
   «Così come auspichiamo che tutti i primi cittadini e agli abitanti della Valsesia esprimano la propria solidarietà a una delle persone più altruiste e disponibili che la Valsesia abbia in questo momento» conclude la Cgil;
   a parere dell'interrogante, si è di fronte ad atti intimidatori che hanno lo scopo di fermare l'impegno e l'attività di volontariato per la solidarietà, l'accoglienza e dell'integrazione dei migranti;
   sono atti gravi attuati da soggetti sui quali le forze dell'ordine non hanno ancora fatto chiarezza e si auspica con forza che il prefetto e la questura facciano luce il prima possibile sulla vicenda anche per evitare il susseguirsi di queste intimidazioni e le pericolose conseguenze a cui potrebbero arrivare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questi gravi episodi e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per contribuire a fare piena luce su questi episodi e tutelare la persona di Marco Bozzo Rolando. (4-15383)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   SAMMARCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si sono svolte in questi giorni (24-26 gennaio) le elezioni per il direttore dell'Accademia nazionale di danza (AND); sono andati al ballottaggio, sulla base del nuovo regolamento elettorale, due docenti di danza, di ineccepibile competenza nella propria materia;
   tuttavia, anche con riferimento alle perplessità sollevate nella interpellanza n. 2-01568 del 21 dicembre 2016, la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 02853/12016 Reg. Prov. Coll n. 05459/2015 Reg.R1c. del 21 gennaio 2016, resa nota nel luglio 2016, ha dichiarato la vigenza della norma di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 1236 del 1948, nella parte in cui prescrive che il direttore dell'Accademia nazionale di danza debba essere «compositrice di danza di riconosciuto valore»;
   inoltre, l'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003, n. 132, prevede che il direttore deve essere «in possesso di particolari requisiti di comprovata professionalità con riferimento all'esperienza professionale e di direzione, acquisite anche in àmbiti multidisciplinari ed internazionali»;
   nessuno dei docenti pervenuti al ballottaggio appare all'interrogante in possesso di entrambe questi requisiti –:
   quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per riportare l'Accademia nazionale di danza ad una direzione di prestigio che rilanci l'istituzione nel panorama culturale nazionale e internazionale. (4-15364)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il 4 dicembre 2016, il referendum confermativo ha rigettato il testo di legge costituzionale recante «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione»;
   il rigetto della riforma costituzionale apre inevitabilmente nuovi scenari rispetto al sistema del lavoro e, in particolare, delle politiche attive così come definite dal Jobs Act attraverso il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, in particolare in relazione al modello di governance come definito dal citato decreto legislativo; si evidenzia oggi la problematica relativa a politiche attive che non tenevano conto delle eventuali ricadute dei risultati del referendum;
   il decreto legislativo n. 150 del 2015, in previsione di una riforma costituzionale che avrebbe restituito allo Stato la legislazione esclusiva sul lavoro, si è mosso in tale direzione;
   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, è stato preceduto dall'accordo-quadro (n.141/CSR) del 30 luglio 2014, sottoscritto tra lo Stato e le regioni che definiva, quella vigente, una fase di transizione in attesa di un cambiamento dell'assetto delle competenze tra Stato e regioni (articolo 117, Titolo V della Costituzione), e sulla base di tale assunto ripartiva così le competenze in materia di lavoro: al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione dei Liveas; all'Anpal, le funzioni di coordinamento su scala nazionale della rete degli attuatori delle politiche attive; alle regioni le funzioni operative nella gestione delle politiche attive;
   l'accordo quadro del 30 luglio 2014 è stato oggetto di rinnovo 22 dicembre 2016 (n.238/CSR) quindi dopo l'esito referendario, con valenza per l'intero 2017, confermando anche la fase attuale quale fase di «transizione», posto comunque l'impegno «a ridefinire tempestivamente il contenuto del presente accordo qualora seguito dell’iter legislativo della riforma in atto (forse riferendosi alle riforme costituzionali), venga meno la fase di transitorietà e siano rideterminate le competenze in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del lavoro»;
   il citato accordo-quadro prevede, tra l'altro che i due terzi dei costi per il personale a tempo indeterminato e dei costi di funzionamento dei servizi per l'impiego saranno a carico del Governo;
   oggi a Costituzione invariata le politiche del lavoro costituiscono materia di legislazione concorrente tra Stato e regioni, e spetta a quest'ultime la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato;
   agli interroganti appare incomprensibile il contenuto dell'accordo quadro stilato dopo il voto referendario e, soprattutto, le ingenti risorse economiche attribuite ad Anpal dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, tenuto conto di funzioni che avrebbero dovuto ridursi, visto il solo ruolo di mero coordinamento;
   è da sottolineare che tali risorse non si esauriscono esclusivamente in riferimento a quanto disposto dagli articoli 4 e 5, bensì, si estendono alla gestione di quei fondi strutturali (FSE) che passano dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'Anpal in qualità di autorità di gestione;
   l'impressione è che il voto referendario non abbia modificato la tabella di marcia definita dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, e che sia incongruo l'accordo Stato-regioni, stilato dopo il voto referendario, che continua a definire quella attuale una fase «transitoria»; da questo non può non derivare una richiesta di chiarimenti di merito, anche in riferimento al ruolo di Anpal che, come nulla fosse acceduto, ha già costituito il suo organico con la messa in mobilità coattiva del personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e di quello proveniente dall'Isfol dal 1o dicembre 2016 rinominato Inapp –:
   se non ritenga necessario assumere iniziative per modificare la normativa vigente e il richiamato accordo quadro, tenuto conto dell'esito del referendum del 4 dicembre 2016 nonché delle previsioni decreto legislativo n. 150 del 2015, che non intervengono nell'ambito di una fase transitoria ma in un contesto che ha confermato le politiche attive del lavoro quali materia di legislazione concorrente tra Stato e regioni, spettando a quest'ultime la potestà legislativa, fatta salva la determinazione dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato.
(2-01619) «Scotto, Placido, Airaudo, Martelli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAUSIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel giugno 2016 il gruppo Riello, leader in prodotti e servizi per il settore del riscaldamento, è entrato ufficialmente a far parte dell'americana United Technologies Holdings Italy, firmando un accorso per la cessione di circa il 70 per cento;
   il gruppo Riello ha aperto in data 24 gennaio 2017 una procedura al licenziamento collettivo, ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, articoli 4 e 24, provvedimento che mira alla cessazione dell'attività, nonché alla chiusura dello stabilimento di Piombino Dese (PD);
   tale provvedimento comporterebbe il trasferimento di 22 dipendenti in altri siti della società ed il licenziamento di altre 48 persone, considerati in esubero dai nuovi standard tecnici, organizzativi e produttivi;
   lo stabilimento di Piombino Dese, il più grande tra i siti produttivi di Riello in Italia, realizzato negli anni 60 per la produzione dei primi gruppi termici integrati residenziali, è stato riconvertito nel 2008 per la produzione di pannelli solari termici e bollitori, segnando l'ingresso della società nel mondo delle energie rinnovabili;
   da questa riconversione parte della struttura dello stabilimento di Piombino Dese è stata interamente re-industrializzata per la produzione di pannelli solari termici, prodotto innovativo di grande attrattività per il mercato e di fondamentale importanza per il marchio del gruppo;
   il gruppo Riello, infatti, è fra le aziende leader del mercato italiano per la ricerca nel campo dei prodotti ad energia rinnovabile;
   con questo prodotto, il nostro Paese si arricchisce di una produzione destinata a generare un enorme impatto sia sulle performance aziendali che sugli standard del settore termotecnico eco-sostenibile nel nostro Paese;
   da qualche anno lo stabilimento di Piombino Dese è gestito dalla direzione caldaie murali del gruppo che si trova a Lecco con stabilimento produttivo a Morbegno (SO) e Torun (Polonia), siti dove sono stati spostati vari prodotti e lavorazioni –:
   se non si ritenga opportuno intervenire, con la massima urgenza, per evitare il licenziamento del personale considerato in esubero e favorire un riassorbimento o qualche forma di tutela e reintegro nel mercato del lavoro;
   se sia stata pienamente valutata impossibilità di sopravvivenza del sito produttivo per una futura riconversione, anche alla luce della recente acquisizione da parte del gruppo americano UTC Italy.
   (4-15352)


   NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2016 il Centro nuovo modello di sviluppo (CNMS) e la «Campagna abiti puliti», hanno pubblicato l'inchiesta «Una dura storia di cuoio», sulla situazione lavorativa nell'industria della concia italiana dopo un'analisi delle critiche avanzate dall'Associazione italiana dell'industria della concia;
   la ricerca è parte del progetto Change Your Shoes e focalizza l'attenzione su quella che viene definita la «Repubblica del cuoio»: il distretto produttivo di Santa Croce sull'Arno, in Toscana; uno dei distretti italiani che si occupa della concia e che, assieme a Arzignano in Veneto e a Solofra in Campania, coprono la gran parte della produzione del nostro Paese;
   il suddetto distretto contribuisce al 70 per cento di tutto il cuoio per suole prodotto in Europa, e al 98 per cento di quello prodotto in Italia. Sono presenti 240 concerie, per la maggior parte di piccole dimensioni, sono affiancate da oltre 500 laboratori terzisti per l'esecuzione delle altre lavorazioni specifiche;
   il distretto impiega 12.700 persone, tra lavoratori alle dirette dipendenze delle imprese e assunti da agenzie interinali. È nelle officine dei terzisti ove si concentra il lavoro interinale, che si registrano le situazioni di maggior sfruttamento lavorativo;
   nel 2012 i lavoratori interinali nel distretto di Santa Croce sull'Arno erano 1.733. Nel 2014 sono 3.451, il doppio. Segno che il lavoro è cresciuto, ma in forma sempre più precaria. Nel 2014 nel distretto hanno trovato lavoro 4.650 nuovi addetti, ma solo 1.199 alle dirette dipendenze delle aziende produttrici;
   a confermare la precarietà interviene anche il dato sui contratti: nel 2014 i lavoratori interinali sono stati 3.451, ma i contratti stipulati sono stati 5.021, uno e mezzo a testa. Sono diffusi persino contratti di 4 ore: un lavoratore viene assunto alle 8 e a mezzogiorno si ritrova già senza lavoro;
   nel distretto di Santa Croce sull'Arno è abituale lavorare ben oltre le ore di straordinario consentite, facendo ampio ricorso al pagamento al nero. Dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2014, nel distretto sono state ispezionate 181 aziende per un totale di 999 lavoratori. Di questi, 70 per cento erano di nazionalità italiana e 30 per cento immigrati. Si fa largo uso della pratica delle dimissioni in bianco, principalmente fra i senegalesi. Complessivamente, sono state trovate irregolarità riguardanti 208 lavoratori. I contratti interinali aperti nel 2014 hanno riguardato per il 54 per cento stranieri, quasi tutti extra comunitari. Non è un caso se negli ultimi dieci anni gli stranieri residenti nei comuni del distretto sono passati da 5.060 a 14.248;
   non di rado si trovano concerie e terzisti che investono malvolentieri sulla sicurezza del posto di lavoro. Dalla ricerca emerge che sono soprattutto gli interinali i più a rischio: nelle ore in cui sono assunti vengono costretti a ritmi massacranti e spesso senza la fornitura degli indumenti antinfortunistici;
   i casi di malattie professionali riconosciuti nel distretto di Santa Croce sull'Arno dal 1997 al 2014 sono stati 493, suddivisibili in cinque grandi gruppi: malattie muscolo-scheletriche (44 per cento), tumori (19 per cento), dermatiti da contatto, ipoacusie da rumore e malattie respiratorie –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;
   se non ritengano di verificare urgentemente la situazione sociale e lavorativa riscontrata nel distretto di Santa Croce sull'Arno in Toscana, anche al fine di tutelare i lavoratori e di garantire il pieno rispetto della normativa vigente in materia. (4-15363)


   D'INCÀ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor T.M., viene assunto a giugno 2015, col ruolo di «pilota commerciale di Prima» dalla società StarWorkSky s.a.s., società che fornisce servizi di antincendio boschivo del Corpo forestale e vigilanza ambientale alla regione Sardegna, presso la base stagionale in località Lanusei (OG);
   alle ore 11:45 del giorno 21 agosto 2016, mentre prestava servizio, decollava per spegnere un incendio nelle vicinanze della base, nell'adiacente comune di Arzana. Per cause tecniche ancora da accertare (attualmente è in corso l'indagine preliminare sull'accaduto dalla questura di Nuoro), ha dovuto effettuare un atterraggio di emergenza nella zona montuosa poco distante dal luogo dell'incendio, cui è seguito un incidente (il velivolo si è schiantato al suolo da un'altezza di circa 50 metri) a seguito del quale è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale di Nuoro e operato, a causa di fratture multiple alla colonna vertebrale che hanno determinato la paralisi degli arti inferiori, costringendolo all'utilizzo della sedia a rotelle ed alle necessarie cure fisioterapiche con relativa assistenza giornaliera per poter effettuare gli atti quotidiani, nonché ad uno stato d'inabilità temporanea assoluta al lavoro che a tutt'oggi perdura;
   nella stessa giornata del 21 agosto 2016 la società comunica tempestivamente agli uffici dell'Inail competenti l'avvenuto incidente ed inoltra la richiesta del riconoscimento dell'infortunio sul lavoro, protocollata con il n. 514032647;
   in data 21 ottobre 2015 l'ufficio dell'Inail, sede di Belluno, da riscontro alla richiesta suindicata specificando che al signor T.M., per il tipo di attività svolta, «non spetta alcuna indennità, in quanto l'interessato non rientra tra i soggetti previsti dalle norme sulla assicurazione infortuni (articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica 1124/1965)». Nella stessa decisione si precisa che «sono in corso accertamenti in merito alla sussistenza dell'obbligo assicurativo», ma ad oggi tale riserva non risulta essere sciolta;
   se è vero che ai sensi dell'articolo 34 del regio decreto-legge n. 2207 del 1923 l'attività di pilotaggio dell'elicottero non è compresa tra quelle assicurate ed elencate all'articolo 1 del Testo unico n. 1124 del 1965 e conseguentemente il datore di lavoro, che esercita questa attività, non assicura obbligatoriamente i lavoratori perché non esercitano un'attività assicurata, è altrettanto vero che i piloti espletano, obbligatoriamente e regolarmente, anche operazioni a terra, sussidiarie e complementari rispetto alla navigazione aerea, per la loro attività di pilotaggio, e che pertanto sono da considerarsi soggetti assicurati all'Inail ai sensi dell'articolo 4 del già citato Testo unico;
   nel caso di specie, si evidenzia che il signor T.M. (così come riportato dalle dichiarazioni testimoniali, rilasciate dai colleghi di lavoro, ed allegate al ricorso presentato in data 22 giugno 2016 alla sede Inail di Belluno) abbia svolto, nel corso della sua prestazione lavorativa, in modo abituale e sistematico, tutte quelle attività complementari e sussidiarie, di cui si elencano solo alcune a mero titolo esemplificativo e consistenti in: installazione/rimozione blocco ruote; effettuazione spurghi di carburante; ispezione giornaliera dell'elicottero; lavaggio dell'elicottero; installazione del sistema bambi bucket; utilizzo del pc aziendale per lo scarico dei dati di volo, registri presenze base, quaderni tecnici di bordo e altro; utilizzo dei mezzi di trasporto aziendali per spostamenti vari; assistenza a terra, organizzazione e aggancio/sgancio carichi al gancio;
   peraltro, si evidenzia che secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario in merito al rischio generico aggravato, cui l'Inail ha aderito con la circolare n. 28/2003, l'articolo 1 del Testo unico, nell'individuare le attività protette, definisce i confini dell'applicabilità dell'assicurazione obbligatoria, ma non delimita la tutela degli eventi professionali. Infatti, i lavoratori, una volta entrati nel campo di applicazione, sono tutelati per tutti i rischi collegati alle finalità e condizioni lavorative, in base al principio che qualunque rischio debba ritenersi aggravato dal lavoro, quindi assicurativamente coperto, se affrontato necessariamente per finalità lavorative ed indipendentemente dal tipo di attività lavorativa svolta;
   a parere dell'interrogante, la decisione del mancato riconoscimento dell'evento quale infortunio sul lavoro e la mancata corresponsione dell'indennizzo del danno per menomazione dell'integrità psicofisica, così come nel caso del signor T.M. quanto in casi simili, lasciano emergere elementi di criticità in fatto di uguaglianza nel trattamento dei lavoratori –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di comprendere le attività svolte dai piloti tra quelle soggette ad assicurazione obbligatoria ai sensi dell'articolo 4 del Testo unico n. 1124 del 1965. (4-15369)


   DIENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la tutela del lavoro è uno capisaldi della Costituzione, che lo richiama fin dal primo articolo;
   dal 2010, nonostante svariate iniziative parlamentari, tra cui numerosi atti di sindacato ispettivo e una risoluzione votata all'umanità dalla Commissione lavoro della Camera, non trova soluzione la vicenda dei 73 lavoratori di Crotone assunti con contratto a tempo indeterminato dalla società Getek information communication technology che, dopo la perdita di una commessa per la gestione del servizio informativo telefonico di Inps e Inail, hanno visto risolto il loro contratto di lavoro;
   i suddetti lavoratori, infatti, pur avendo ricevuto una formazione specifica in materia previdenziale e, nonostante la professionalità unanime ente riconosciuto che ha caratterizzato il servizio che hanno gestito per 5 anni, non sono stati salvaguardati in fase di predisposizione del bando di gara;
   a causa di questo, la società Transcom worldwide spa con sede legale a L'Aquila, che si è aggiudicata la commessa, ha deciso di tutelare gli operatori di altri siti precedentemente impiegati, mentre quelli di Crotone sono stati esclusi;
   i lavoratori della Getek di Crotone sono stati posti prima in cassa integrazione ordinaria per un anno, poi in cassa integrazione straordinaria, e dal mese di ottobre 2012 sono stati messi in mobilità;
   mentre essi percepivano gli ammortizzatori sociali, sono stati assunti e formati per lo stesso servizio più di 1500 nuovi operatori e i siti operativi sono passati da 6 a 10;
   nonostante questo, incomprensibilmente, non è stato possibile individuare un percorso di reinserimento;
   nell'ambito della risposta ad alcune interrogazioni sul tema in Commissione lavoro alla Camera, il sottosegretario Massimo Cassano precisava che «l'INPS nel ribadire che la sua azione non può che assumere una connotazione meramente esortativa, ha confermato il proprio impegno a farsi parte attiva con la società aggiudicataria per consentire il reimpiego, presso la stessa, dei 73 lavoratori in questione. Da ultimo, nel rilevare che, ad oggi, non è stato richiesto dalle Parti sociali alcun incontro per l'esame delle situazione nazionale in argomento, non posso che ribadire la piena disponibilità del Ministero che rappresento a valutare – qualora richiesto – ogni possibile soluzione diretta a tutelare la posizione dei lavoratori e delle loro famiglie, tenuto anche conto degli strumenti di tutela finora attivati»;
   questa generica disponibilità da parte del Governo, si è aggiunto l'impegno, contenuto nella risoluzione n. 8-00149, approvata in commissione lavoro «a valutare e sostenere, nel minor tempo possibile e, comunque, entro l'anno in corso, anche attraverso l'interlocuzione con le istituzioni locali, ogni utile iniziativa volta a tutelare le esigenze dei lavoratori di cui in premessa»;
   ad oggi, oltre ad un incontro informale avvenuto nel luglio 2016 con la sottosegretaria Franca Biondelli, non si ha notizia di alcun effetto derivante dal suddetto impegno assunto dal Governo –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente attivarsi, per quanto di competenza, per consentire la ricollocazione dei 73 lavoratori di Crotone dalla società Getek information communication technology. (4-15373)


   PASTORELLI e LO MONTE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 468 del 1o dicembre 1997, così come integrato dal decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000 — «Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144», è stata istituita la figura dei «lavori socialmente utili», definendo la stessa come quella di coloro i quali avrebbero svolto attività aventi ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva;
   non si ha ancora notizia della stipula della convenzione Stato-regioni che rinnova i progetti per i lavori socialmente utili anche per l'anno 2017. Questi lavoratori vengono utilizzati da tempo come dipendenti pubblici dagli enti locali non avendone comunque le caratteristiche: essi, infatti, figurano come lavoratori con «sostegno a reddito» e senza alcun onere contributivo ai fini pensionistici;
   diverse regioni hanno preso però l'impegno di sostenere tali progetti attraverso un anticipo del mese di gennaio versando nelle casse dell'Inps le somme necessarie, in attesa che il Governo trovi i fondi necessari al prosieguo dei progetti;
   negli anni precedenti era stato fondamentale il «decreto mille proroghe» per inserire e coprire con fondi nazionali il prosieguo di tali progetti. Quest'anno nel «decreto Milleproroghe» tali lavoratori non sono stati considerati e a meno di un intervento tempestivo i soggetti di cui sopra rimarranno senza reddito;
   a ciò si deve aggiungere che la Corte dei Conti ha posto in maniera pregiudiziale la condizione che le regioni interessate all'utilizzo di lavori socialmente utili, presentino una programmazione graduale per la riduzione del bacino di tali lavoratori, ponendo in primis la possibilità di stabilizzarli, in base ai vuoti di organico nel personale dipendente;
   si tratta di una situazione dunque complessa e delicata che, fino ad oggi, non ha avuto risposte concrete;
   nel corso degli anni, i lavora hanno sopperito alle carenze di organico nella realizzazione di attività e di servizi erogati dalla pubblica amministrazione, acquisendo competenze notevoli, anche ad alto contenuto professionale, occupando sovente settori importanti degli enti (protezione civile e genio civile), garantendo turnazioni di lavoro ordinarie e straordinarie in ordine anche a situazioni di emergenza sul territorio; di conseguenza, non si capisce il motivo per cui vi siano stati dei ritardi, da parte del Governo, nell'adozione dei provvedimenti necessari alle dotazioni finanziarie –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di prevedere soluzioni concrete per il rinnovo delle convenzioni riguardanti i lavoratori socialmente utili. (4-15380)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO, CENNI e DALLAI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 194 del 2015 sono state introdotte «Disposizioni per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare»;
   tale provvedimento stabilisce i princìpi e definisce gli strumenti normativi per l'istituzione di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, finalizzato alla tutela delle risorse genetiche locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica;
   dopo oltre un anno dalla approvazione di tale legge non sono state ancora applicate alcune norme significative con il rischio di compromettere l'efficacia e le finalità dell'intero provvedimento;
   l'articolo 10 della legge n. 194 del 2015 istituisce il fondo per la tutela della biodiversità agraria e alimentare (con una dotazione di 500.000 euro annui a decorrere dal 2015) destinato a sostenere le azioni degli agricoltori e degli allevatori e degli enti pubblici impegnati nella produzione e nella conservazione delle sementi di varietà soggette a rischio di erosione genetica o di estinzione;
   tale articolo ha fissato in novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge il termine per l'adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, che sarà adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, per definire le modalità di funzionamento del fondo e per individuare le azioni di tutela della biodiversità da sostenere;
   ad oggi tale decreto non è stato ancora emanato;
   l'articolo 6 interviene sul tema della conservazione in situ, nell'ambito delle aziende agricole, ed ex situ, demandando alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano l'individuazione degli agricoltori custodi per la conservazione in situ, ovvero nell'ambito dell'azienda agricola, delle medesime risorse genetiche vegetali locali a rischio di estinzione;
   risulta agli interroganti che ad oggi non tutte le regioni abbiano correttamente rispettato gli adempimenti previsti dall'articolo 6 sopracitato –:
   per quali motivi non sia stato ancora adottato il decreto previsto dall'articolo 10 della legge n. 194 del 2015 e in quali tempi se ne preveda l'adozione;
   se ad oggi tutte le regioni e le province autonome abbiano rispettato gli adempimenti previsti dall'articolo 6 della legge n. 194 del 2015;
   quali iniziative si intendano assumere affinché i ritardi rispetto all'attuazione delle norme previste dagli articoli 6 e 10 della legge n. 194 del 2015 non compromettano le risorse finanziarie già stanziate e la corretta applicazione del provvedimento. (5-10405)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il blocco delle assunzioni nel comparto della sanità ha fatto sì che molti professionisti abbiano dovuto trasferirsi in regioni diverse da quella di origine per poter continuare a svolgere il proprio lavoro;
   con particolare riferimento alla regione Campania, tuttavia, i risparmi di spesa attesi dal blocco assunzionale non hanno dato gli esiti sperati, posto che molte strutture ospedaliere hanno fatto ricorso a personale impiegato con contratti a termine stipulati con agenzie per il lavoro temporaneo;
   questa pratica ha determinato l'immissione nei reparti ospedalieri di personale giovane ed inesperto, reclutato, a giudizio dell'interrogante, secondo modalità non sempre trasparenti, e ha creato, negli anni, una rete clientelare che non porta certo giovamento al sistema sanitario regionale campano;
   ad oggi, in Campania, nonostante lo sblocco del turnover e le direttive regionali del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania si continuano a bandire o prorogare gare d'appalto per lavori in somministrazione;
   il decreto del commissario ad acta n. 6 dell'11 febbraio 2016 ha stabilito che «le aziende sanitarie dovranno rispettare pedissequamente le procedure di reclutamento indicate nella circolare presidenziale n. 1824 del 15 aprile 2014, avendo cura di evitare di mettere in atto procedure diverse dall'indizione di pubblici concorsi, precedute, per ritenuti casi di urgenza, dall'indizione di avvisi pubblici, e di non ricorrere a forme alternative di reclutamento»;
   inoltre, l'assunzione di personale medico e infermieristico, che potrebbe verificarsi attingendo alle vigenti graduatorie di concorsi già svolti, comporterebbe un minor costo di circa il trenta per cento rispetto al lavoro in somministrazione –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per il tramite del Commissario ad acta per il piano di rientro del disavanzo sanitario di cui in premessa, affinché non si faccia più ricorso da parte delle strutture mediche e ospedaliere della Campania al lavoro in somministrazione, e che le stesse, a fronte di carenze di personale, ricorrano all'assunzione dei soggetti iscritti nelle graduatorie in esito a regolari concorsi, tutelando il loro legittimo auspicio all'immissione in servizio. (4-15371)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   LUPI e VIGNALI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dall'articolo a firma Michele FOCARETE del quotidiano « Libero» edizione Milano – del 21 ottobre 2016, al fine di non restare senza il comandante della polizia locale, il comune di Milano ha proceduto alla proroga di un mese della nomina di Antonio Barbato;
   il comune di Milano ha motivato tale proroga per «agevolare il lavoro della Commissione che deve valutare i curricula (una trentina, compreso quello di BARBATO) pervenuti prima della scadenza del bando pubblico, avvenuto lo scorso 17 ottobre 2016»;
   tale decisione, però, ha trovato il dissenso da parte della Cisl funzione pubblica di Milano Metropoli che, in una nota indirizzata al comune, ha evidenziato come il Barbato avesse già beneficiato di una proroga fino al 21 ottobre 2016, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento del comune;
   per questi motivi, sempre secondo il citato sindacato Barbato non può beneficare di una ulteriore proroga in quanto risulterebbe illegittima e con essa il ruolo dello stesso Barbato e di tutti i verbali che arrecheranno la sua firma;
   la Cisl FP Milano Metropoli, in data 12 ottobre 2016, aveva indirizzato all'Anac, oltre che al sindaco di Milano, una segnalazione di illegittimità del bando di selezione, facendo notare che, innanzitutto, non si era proceduto alle rilevazioni delle risorse interne e, in secondo luogo, erano stati richiesti requisiti minimi non confacenti ai ruoli da ricoprire, sempre in contrasto con quanto previsto dal già citato regolamento comunale;
   la Cisl fa notare come siano scomparsi i 5 anni da dirigente necessari per poter partecipare al concorso di comandante della polizia locale: in questo modo, per poter ambire a tale ruolo, risulta sufficiente appartenere alla categoria D da funzionario (la stessa categoria di appartenenza di Barbato);
   sempre la Cisl sottolinea come la ricerca del comune di Milano è finalizzata al reperimento di figure dirigenziali di primissimo piano nell'organizzazione dell'ente, dotate di poteri decisionali di notevoli importanza che, quindi, richiedono necessariamente di una significativa esperienza pregressa (si fa espressamente notare come tali figure professionali dovranno gestire enormi risorse sia umane che economiche) –:
   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di competenza, anche alla luce dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001. (3-02740)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il presidio dei lavoratori all'ingresso della miniera di Olmedo è arrivato al quarto giorno e alla terza notte;
   l'azienda greca che ha rilevato le attività ha inviato una lettera nella serata del 25 gennaio 2017, in cui sbrigativamente promette l'incontro che i lavoratori avevano chiesto venti giorni fa. Infatti, i greci non hanno individuato una data specifica, parlando genericamente di «primi del mese di febbraio»;
   i lavoratori, unitamente ai segretari generali di Filtcem, Femca, Ugl chimici, Gianfranco Murittu, Luca Velluto e Simone Testoni, hanno deciso di rimanere in presidio e sollecitano, ancora una volta, una data certa e celere dai greci per discutere con loro del futuro della miniera di bauxite e di tutti i lavoratori ancor oggi in mobilità;
   la miniera di bauxite di Olmedo è ubicata nella Nurra, a nord-est rispetto al paese di Olmedo, il quale dista 68 chilometri da Sassari e 25 chilometri da Alghero;
   il giacimento bauxitico fu scoperto nel 1991 e venne coltivato per l'estrazione dell'allumina (funzionale allora alla fabbrica dell'Eurallumina di Portovesme) che sta alla base della lavorazione dell'alluminio;
   la concessione mineraria di bauxite, bentonite, caolino, denominata Olmedo venne rilasciata alla società sarda Bauxite s.p.a. dall'assessorato regionale dell'industria nel 1992, estesa su una superficie di circa 3.500 ettari di cui 50 coltivati in sottosuolo;
   dal 2007 la multinazionale greca Silver & Baryte industrial minerals, dopo un anno e mezzo di gestione provvisoria, ha ottenuto la concessione definitiva (per 15 anni) della miniera;
   in località Graxioleddu, a nord-est dell'abitato di Olmedo, la società coltivava la bauxite in sotterraneo, mediante metodo di coltivazione a camere e pilastri;
   la struttura di superficie della miniera è costituita da una serie di piazzali (per una superficie complessiva di circa 2,5 ettari), dove il minerale estratto dal sottosuolo subisce un primo trattamento di frantumazione, vagliatura e quindi stoccaggio;
   in località Montiju de su Cossu, nel territorio di Alghero, sono previste operazioni minerarie a cielo aperto mediante l'utilizzo del metodo di coltivazione a gradoni;
   quella di Olmedo risulta un'ottima bauxite monoidrata con alto tenore di ossidi alluminio e basso tenore in ferro;
   nonostante una società greca abbia acquisito la concessione mineraria, ancor oggi non risulta presentato nessun piano industriale e tantomeno sono riprese le lavorazioni;
   i lavoratori nei giorni scorsi hanno ripreso e inasprito la protesta;
   gli operai presidiano la miniera di bauxite contro il mantenimento della mobilità per i 36 dipendenti;
   appare grave che una società straniera che ha ottenuto la concessione mineraria non proceda con l'immediato riavvio dei cantieri, oltre alla presentazione del piano industriale e alla prioritaria revoca della mobilità;
   sarebbe inaccettabile che tale comportamento fosse legato al tipo di contratto da applicare ai lavoratori, in relazione all'introduzione nella legislazione italiana di contratti con meno tutele per i lavoratori e più convenienti per le aziende –:
   se non si ritenga di dover intervenire immediatamente con ogni iniziativa di competenza affinché l'azienda rispetti i contratti concessori e occupazionali;
   se non si intenda convocare un tavolo ministeriale, per quanto di competenza, al fine di risolvere urgentemente la vertenza con l'immediata revoca della procedura di mobilità. (5-10404)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOCATELLI e PASTORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane, nell'ambito di una riorganizzazione dei servizi, ha inteso procedere ad una riduzione degli uffici postali e al recapito della corrispondenza a giorni alterni;
   tali determinazioni di Poste Italiane hanno pesanti ricadute sull'efficienza dei servizi postali per i cittadini;
   inoltre, le suddette decisioni comportano notevoli riflessi negativi anche sugli aspetti occupazionali, perché è prevista una riduzione di 15 mila unità lavorative –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per scongiurare le gravi conseguenze descritte in premessa, derivanti dalla richiamata riorganizzazione dei servizi da parte di Poste Italiane. (4-15354)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un incontro con i sindacati svoltosi il 17 gennaio 2017 l'azienda televisiva Sky ha annunciato l'intenzione di procedere a un taglio del personale pari a centoventi unità su un totale di seicento dipendenti, e al trasferimento di altri trecento lavoratori dalla sede romana a quella milanese;
   la scelta dell'azienda appare molto controversa, anche perché negli scorsi mesi la stessa Sky aveva dichiarato di aver aumentato nel 2016 sia i ricavi sia gli abbonati e desta perciò sconcerto la decisione di lasciare a casa parecchi dipendenti, trasferirne altri in massa e dismettere sedi non strategiche;
   appare evidente, inoltre, come a una perdita occupazionale diretta andrà drammaticamente a sommarsi un danno incalcolabile all'indotto che avrà pesanti ripercussioni su tutta la Capitale –:
   quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per scongiurare le annunciate decisioni dei vertici dell'azienda, che penalizzano ingiustamente i lavoratori di un'azienda in attivo e sono, inoltre, suscettibili di gravi ricadute sul tessuto sociale e produttivo della Capitale. (4-15376)


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come noto, le aree colpite da crisi industriali e di settore possono ricorrere agli incentivi previsti dal decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, che finanzia iniziative imprenditoriali per rivitalizzare il sistema economico locale e creare nuova occupazione, attraverso progetti di ampliamento, ristrutturazione e delocalizzazione;
   gli incentivi sono stati recentemente riavviati con la pubblicazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 9 giugno 2016, che aggiorna la normativa sul regime di aiuti ex lege n. 181 del 1989, stabilendo le modalità e le procedure per l'erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio delle aree di crisi industriale ai sensi dell'articolo 27, commi 8 e 8-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
   il comma 8-bis del predetto articolo 27 ha previsto l'estensione delle condizioni e delle modalità per l'attuazione degli interventi ex lege n. 181 del 1989 anche a situazioni di crisi diverse da quelle complesse, che presentano comunque un impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione, prevedendo altresì che tali condizioni e modalità siano disciplinate con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottarsi previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   con decreto del direttore generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese e del direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, firmato il 19 dicembre 2016, è stato quindi pubblicato l'elenco nazionale dei territori candidati alle agevolazioni previste per le aree di crisi industriale non complessa, a valere sulla legge n. 181 del 1989;
   il precedente decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 agosto 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 232 del 4 ottobre 2016, aveva demandato alle regioni una selezione dei territori, da effettuarsi con apposita delibera di giunta regionale, sulla quale si è svolto il previsto accertamento di regolarità formale rispetto ai criteri contenuti nel decreto stesso;
   l'individuazione dei territori candidabili, affidata al decreto dell'agosto 2016 è stata tuttavia operata su meri dati statistici, che hanno tenuto conto più dei parametri per l'identificazione dei sistemi locali del portale Istat e delle relative classificazioni, che della reale situazione dei territori interessati;
   si riporta, a titolo d'esempio, l'esclusione dall'elenco decreto e direttorio di tutti i 37 comuni della Valle Brembana che, come accaduto ad altri comuni montani della provincia di Bergamo e della Lombardia, risultano ora penalizzati perché difficilmente ricomprendibili nelle rigide statistiche del decreto, basate sui rapporti matematici tra popolazione complessiva dei comuni, incidenza demografica e sistemi locali del lavoro –:
   se il Ministro interrogato non intenda dare impulso in tempi rapidi all'integrazione del decreto direttorio firmato il 19 dicembre 2016, ovvero alla definizione di un nuovo decreto che tenga conto, nella compilazione dell'elenco nazionale dei territori candidati alle agevolazioni previste per le aree di crisi industriale non complessa a valere sulla legge n. 181 del 1989, di criteri attinenti alle reali esigenze socio-lavorative dei comuni montani, anche attraverso analisi locali condivise e non basate su meri parametrici statistici scollati dalla realtà, ma sui reali sistemi produttivi ed imprenditoriali su cui fanno leva le comunità montane, al fine di favorire la ripresa produttiva ed occupazionale in quelle zone che stentano ad uscire da una situazione di forte difficoltà e recessione dovuta alla perdurante crisi economica. (4-15384)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Tripiedi e altri n. 5-07249, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cozzolino.

  L'interrogazione a risposta in commissione Laffranco n. 5-10399, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palmieri.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Spessotto n. 5-09586, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 678 del 23 settembre 2016.

   SPESSOTTO, DE LORENZIS, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, CARINELLI, COZZOLINO e DA VILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le caratteristiche del sistema di monitoraggio del rumore aeroportuale sono definite dal decreto del Ministero dell'ambiente del 20 maggio 1999, recante «Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico»;
   nel caso dell'aeroporto di Venezia «Marco Polo» il sistema di monitoraggio è di tipo non assistito e attualmente si compone di cinque centraline di rilevamento, tre fisse e due mobili collocate in località Cà Noghera e ad Altino/Portegrandi frazioni del Comune di Quarto d'Affino;
   stando al rapporto di servizio n. 5/RU/15 del 19 febbraio 2016, redatto dall'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto-Arpav e relativo alle verifiche eseguite, nel periodo settembre-novembre 2015, presso l'Aeroporto «Marco Polo», in relazione all'efficienza del sistema di monitoraggio del rumore aeroportuale, sono emerse una serie di rilevazioni critiche nei confronti del gestore aeroportuale dello scalo Save Spa, tra cui la rilevata assenza di implementazione della funzionalità di elaborazione dei dati della rete ai fini dell'accertamento delle violazioni alle procedure anti-rumore;
   in particolare, nell'ambito di tale documento di verifica periodica sottoscritto da Arpav, viene sottolineato come, per quanto attiene la trasparenza e la divulgazione al pubblico dei dati, il gestore abbia elaborato tali informazioni riferendosi esclusivamente all'indice sintetico di rumore aeroportuale LVA, (indistinto fra g/n) come media logaritmica dei valori giornalieri, e non al LAEQ, parametro utilizzato dal comune;
   per quanto riguarda più propriamente l'esito del controllo strumentale, dalla relazione Arpav emerge inoltre che, nel caso delle centraline di Tessera, la presenza di rumori interferenti di alta frequenza, di probabile origine naturale, impedisce una corretta valutazione della componente aeroportuale e che per garantire la rappresentatività dei dati, dovrebbe essere piuttosto predisposta un'apposita procedura di elaborazione e validazione dati, specifica per tale stazione di monitoraggio;
   in particolare, l'auspicata e specifica procedura di elaborazione dati dovrebbe prevedere la soppressione sistematica delle componenti a frequenza superiore a 10.000 Hz e l'attribuzione dell'intera rumorosità ambientale rilevata alla sorgente aeroportuale;
   dalle conclusioni della relazione e dalla lettura delle tabelle, viene inoltre evidenziato come, sulla base degli esiti delle verifiche strumentali effettuate, la soglia sonora impostata per il riconoscimento automatico degli eventi risulti inadeguata e comporti una sostanziale sottostima del livello sonoro di origine aeroportuale, nei casi in cui la maggior parte o la totalità degli eventi sia caratterizzata da basso contenuto energetico;
   in particolare, tale sottostima della componente aeroportuale può avvenire nella fascia oraria notturna, con conseguente possibile difficoltà nel levare correttamente eventuali superamenti del limite di zona di tabella C, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997, pari a 50 dB (A), applicabile in quanto il punto di misura si trova al di fuori dell'intorno aeroportuale;
   per quanto riguarda l'aeroporto di Venezia «Marco Polo», da anni l'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto-Arpav, riscontra a Tessera il superamento costante del limite acustico comunale, specie notturno, dovuto al traffico aereo –:
   a fronte delle informazioni di cui in premessa, se i Ministri interrogati non ritengano di promuovere le iniziative ritenute più opportune affinché il gestore aeroportuale Save spa adotti una efficace procedura di elaborazione e validazione dati del sistema di monitoraggio del rumore aeroportuale, tale da arginare la possibile sottostima della componente aeroportuale, in particolare nei periodi di minore attività quale il periodo notturno;
   «se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di competenza, di dare corso ad un'opportuna attività di verifica e di acquisizione di maggiori informazioni, circa la correttezza dello studio di impatto ambientale (SIA) redatto da SAVE per l'aeroporto Marco Polo di Venezia – sul quale si è espressa la Commissione VIA – elaborato sulla base di dati del rumore ricavati da rilevazioni difettuali, così come evidenziato da ARPAV nel rapporto di servizio 05/RU/15 del 19 febbraio del 2016»;
   se i Ministri interrogati, possano riferire maggiori informazioni circa l'effettiva esistenza di una commissione interministeriale di esperti impegnati nella ricerca di un unico indice sintetico di rumore aeroportuale, per ovviare alla discrasia fra i dati di cui in premessa, derivante dall'assenza di un descrittore unico. (5-09586)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in commissione Fragomeli n. 5-10390 del 25 gennaio 2017.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Spessotto e altri n. 4-14941 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 711 del 6 dicembre 2016.
  Alla pagina 43061, prima colonna, dalla riga quarantasettesima alla riga quarantottesima deve leggersi: «l'associazione locale Bassopiave5stelle ha fatto richiesta di» e non come stampato.
  Alla pagina 43061, seconda colonna, dalla riga settima alla riga nona, deve leggersi: «con la suddetta domanda, si richiedeva da parte dell'associazione locale Bassopiave5stelle la messa a disposizione di una» e non come stampato.