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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati UNHCR sono oltre 5.000 le persone morte in mare cercando di raggiungere l'Europa nel 2016, il numero più alto degli ultimi decenni;
    secondo gli stessi dati in Europa tra il 1o gennaio e il 31 dicembre 2016 sono sbarcate in Europa 361.678 persone, di cui 181.405 in Italia. Nel 2016, gli arrivi nel nostro Paese sono aumentati del 18 per cento circa rispetto al 2015, ma solo del 6 per cento rispetto al 2014;
    a livello europeo si tratta di un dato inferiore rispetto a quello del 2015 (1.015.078), anno record, mentre gli sbarchi in tutta Europa del 2016 ha o raggiunto la somma di tutti quelli verificatisi tra il 2011 e il 2014; l'aumento italiano del 2016 rispetto al 2015 va letto anche in relazione, oltre al diversificarsi delle nazionalità dei migranti, con la diminuzione da 856.723 a 173.447 degli ingressi in Europa dalla frontiera greca;
    per quel che riguarda l'Italia, il 2016 ha confermato le previsioni della circolare 3148 del 12 aprile 2016 con cui il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno preannunciava un significativo aumento del fenomeno migratorio nel 2016, anche se sino a settembre gli sbarchi sono stati in numero analogo rispetto a quelli del 2015;
    la svolta, se così si può dire, è avvenuta nell'autunno in particolare tra ottobre (27.000 arrivi) e novembre, quando si è superato il numero di arrivi del 2015. A dicembre si è, invece, registrato un rallentamento degli stessi sbarchi (8.300 nel 2016, 9.600 nel 2015), mentre si è avuta un'impennata nei primi giorni del 2017;
    si tratta, certo, di dati significativi ma che non possono far parlare seriamente di «invasione», né giustificare il senso di minaccia che molti sostengono sia percepito nel nostro Paese, anche a causa del fenomeno terroristico che colpisce l'Europa in questi anni;
    infatti, l'Italia, che insieme alla Grecia è inevitabilmente la prima meta dei profughi, e l'Europa sono ben lontane da qualunque «invasione», anche se è evidente che si sia di fronte a mutamenti significativi;
    di fatto, gli ingressi legali in Italia per ragioni economiche sono possibili per numeri irrisori: il decreto flussi 2015 permetteva 17.850 ingressi di lavoratori stranieri, di cui 12.350 riservati alla conversione di permessi già esistenti di studio o lavoro; il decreto flussi 2016 ha previsto 30.000 posti, di cui 13.000 riservati a lavoratori stagionali e 12.000 alla conversione di altro tipo di permessi; solo 5.000 i permessi per nuovi ingressi. Oggi la richiesta di protezione internazionale è, di fatto, diventata pressoché l'unico modo per entrare regolarmente in Italia;
    dal punto di vista dell'accoglienza, in Italia la situazione è molto frammentata. Vi è, infatti, una non equa distribuzione nei vari comuni del nostro Paese;
    al momento in Italia il 77,7 per cento dei profughi e richiedenti asilo è ospitato in centri di accoglienza straordinaria (Cas) e solo il 13,5 per cento in posti Sprar – sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (il restante 8,8 per cento negli hotspot e centri di prima accoglienza nelle regioni di sbarco). I Cas sono nati come risposta emergenziale agli arrivi dopo le cosiddette Primavere arabe del 2011, diventando poi un sistema parallelo e preponderante rispetto a quello dell'accoglienza ordinaria dei richiedenti asilo nel Paese che andrebbe, invece, potenziato;
    la qualità dei servizi offerti dai Cas, spesso allestiti in strutture turistiche, è disomogenea, così come lo è la loro collocazione sul territorio nazionale. Rispetto ai Cas, i centri aderenti allo Sprar hanno standard di qualità più alti, con regole ben precise e hanno come scopo l'integrazione a lungo termine del richiedente asilo e non solo la sua accoglienza temporanea. Inoltre, i centri Sprar sono soggetti a una rendicontazione economica più rigorosa, e sono quindi meno esposti ad abusi;
    il decreto governativo del 10 agosto 2016 prevede che gli Sprar non siano più finanziati attraverso bandi periodici, ma continuativamente, in base a un sistema di accreditamento permanente e ai finanziamenti disponibili;
    inoltre, per superare le attuali inaccettabili sperequazioni nel nostro Paese a causa della reticenza di alcuni comuni italiani ad aderire ai progetti Sprar (su 8.000 comuni italiani solo 1.800 hanno accolto i migranti nel 2016), a ottobre 2016 una circolare del Ministero dell'interno ha stabilito che se un comune aderisce allo Sprar otterrà la progressiva diminuzione della presenza dei Cas sul suo territorio e inoltre riceverà 500 euro all'anno per ogni accolto;
    tuttavia, mentre la distribuzione dei profughi per regione nel sistema dei Cas è disposta dal Ministero dell'interno attraverso le prefetture ed è obbligatoria, l'adesione al sistema Sprar rimane volontaria;
    prosegue a rilento e con diverse criticità il meccanismo di relocation: i dati disponibili al 30 dicembre 2016 indicano che complessivamente dall'Italia sono stati ricollocati in altri Paesi europei 2.654 richiedenti asilo (su un totale di 39.600 previsti entro il 2017) e 6.212 dalla Grecia al 6 dicembre (su 66.400);
    per quel che riguarda in particolare i richiedenti asilo, che come si sa sono una particolare categoria di immigrati con uno statuto speciale dovuto all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra, si assiste a un cambiamento di immagine, da perseguitati individuali a vittime traumatizzate di conflitti, instabilità politica o calamità, perseguitati anonimamente quasi sempre non per quello che hanno fatto ma per quello che sono;
    tale allargamento del tradizionale concetto di rifugiato, verso cui non si ammette il debito politico da parte europea, crea tensioni contrastanti negli Stati nazionali che tendono a difendere i propri confini ma non hanno elaborato una legislazione adeguata verso questo fenomeno;
    si può temere che, di fronte a tale difficoltà di gestire il fenomeno, si intenda porre una stretta alla concessione dell'asilo politico; in particolare, appare preoccupante l'idea di negare il diritto di appello a coloro che si vedessero respinta la domanda di protezione internazionale;
    si tratterebbe di un atto che potrebbe mettere a rischio la vita di molte persone e che, tra l'altro, potrebbe portare ad eventuale condanna italiana da parte della Corte di giustizia europea, che non potrebbe non essere investita della questione;
    altrettanto problematica appare la possibilità di restringere le modalità di iscrizione anagrafica a fine di residenza, che non comporterebbe tra l'altro consistenti risparmi ai comuni ma al contrario renderebbe più difficilmente reperibili i richiedenti creando anche maggiori problemi di sicurezza;
    un approccio lungimirante deve portare a gestire il fenomeno nelle sue rapide evoluzioni, anche con una revisione complessiva ed organica della normativa sull'immigrazione con l'obiettivo di difendere i diritti fondamentali dei migranti, operare in sede europea per rivedere, come già richiesto, le «convenzioni di Dublino», ottenere la relocation dei profughi, favorire canali e corridoi umanitari previsti dalla legislazione europea;
    l'eventuale riapertura dei Centri di identificazione ed espulsione, per rispondere al fenomeno, non appare auspicabile se non a determinate condizioni. Il bilancio di una storia ormai di diversi anni ha mostrato, a fronte di sofferenze provocate nei detenuti e di un alto costo economico per le casse pubbliche, l'inefficacia di tali centri rispetto allo scopo per cui sono stati ideati;
    si consideri che meno della metà (46,2 per cento) delle 175.142 persone detenute nei centri dal 1998 al 2013 sono state effettivamente rimpatriate; nei primi nove mesi del 2016, nei Cie rimasti in Italia sono stati reclusi circa 2 mila stranieri irregolari, 876 dei quali sono stati rimpatriati. Nello stesso 2016, il solo ufficio della questura di Milano ha realizzato 762 espulsioni: si tratta di quasi la metà di tutte le espulsioni d'Italia, senza il transito da un Cie, dato che in Lombardia non vi sono Cie attivi,

impegna il Governo:

1) ad operare per potenziare e ampliare il sistema Sprar, assicurato finora dai comuni su base volontaria a fronte invece dell'obbligatorietà del sistema dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), anche rafforzando il sistema degli incentivi economici ai comuni virtuosi;
2) ad assumere iniziative per mantenere la possibilità di appello in caso di rifiuto della protezione internazionale, operando al contempo per rendere più rapide le risposte al ricorso e per impiegare i richiedenti asilo in lavori socialmente utili;
3) a facilitare la reperibilità dei richiedenti protezione internazionale e i loro percorsi di integrazione anche mantenendo la possibilità di iscrizione anagrafica;
4) a valutare l'opportunità di regolarizzare nel tempo i richiedenti protezione internazionale ai quali è stato notificato il diniego da parte della commissione territoriale, che dimostrino di essere integrati nel tessuto lavorativo e sociale del nostro Paese;
5) ad assumere iniziative per abrogare, trasformandolo in un illecito amministrativo, il reato di immigrazione clandestina previsto dall'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione, come richiesto anche dalle autorità giudiziarie;
6) a incentivare e incrementare l'accoglienza diffusa da parte di sponsor, associazioni e singoli cittadini nonché le iniziative di formazione linguistica e professionale dei richiedenti asilo e a favorire le iniziative finalizzate a individuare canali legali di ingresso per i richiedenti asilo come i corridoi umanitari per persone vulnerabili;
(1-01468) «Santerini, Marazziti, Sberna, Dellai, Baradello, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo le stime dell'UNHCR sarebbero 65 milioni, 24 al minuto, le persone nel mondo che, tra richiedenti asilo, rifugiati e profughi, molti dei quali bambini, lasciano la propria casa, il proprio villaggio, la propria famiglia per sfuggire alla morte, per la guerra o la fame;
    nel corso degli ultimi anni gli sbarchi di cittadini extracomunitari sul territorio italiano, provenienti oltre che dal nord Africa, da Paesi asiatici, da Paesi in guerra o dove la situazione economica è disastrata, si sono significativamente intensificati, assumendo proporzioni tali da richiedere interventi immediati e urgenti;
    i dati parlano da soli: il «cruscotto statistico giornaliero» del Ministero dell'interno rileva al 30 dicembre 2016 ben 181.283 persone sbarcate in Italia con +17,84 per cento rispetto il 2015 e +7,08 per cento rispetto il 2014. A questi numeri vanno aggiunti i migranti riammessi dai valichi di frontiera del nord Italia e quelli rientranti in applicazione del regolamento dell'Unione europea;
    si calcola che oltre un milione di migranti abbia avuto accesso all'Unione europea via mare nel 2015, il numero sale a 1.822.337 se si considerano anche le frontiere della via orientale e della via occidentale balcanica. I soli minori stranieri non accompagnati sbarcati nel nostro Paese nel corso del 2016 sono stati 24.926;
    secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) nel 2015 hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo 3.770 persone, nel 2016 risultano essere oltre 5.000. L'Unhcr calcola che lungo la rotta del Mediterraneo centrale perda la vita un migrante ogni 25, spesso i soggetti più deboli e indifesi come i bambini;
    con la politica dell'Unione europea di deterrenza, attuata in particolare con l'accordo con la Turchia del marzo 2016 (ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, gravemente inefficace sul piano della tutela dei migranti ed in palese violazione di norme comuni di diritto internazionale oltre che di comune morale), sono drasticamente diminuiti gli sbarchi in Grecia, passati da 856.723 nel 2015 a 170.373 a novembre 2016, mentre, sostanzialmente, sono aumentati in Italia arrivando a più di 180 mila;
    recenti fatti di cronaca e indagini della magistratura raccontano come in alcuni casi la gestione dei migranti abbia raggiunto significative derive speculative di veri e propri «mercati» di esseri umani, sia nei territori di provenienza che nei territori di sbarco;
    appare non più rinviabile la revisione del «regolamento di Dublino», prevedendo un meccanismo automatico e permanente di ricollocamento, nonché un sistema centralizzato europeo per l'esame delle domande di protezione internazionale, al fine di garantire un'equa distribuzione dei flussi migratori tra tutti gli Stati membri dell'Unione europea; l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti, tra le quali la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati delle richieste d'asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei;
    è necessario altresì che il nostro Paese provveda anche, a norma di legge e di fondi appositamente stanziati, a garantire il rimpatrio in condizioni di sicurezza e dignità per quanti si trovano a non avere diritto alla protezione internazionale o che non soddisfano le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno in uno degli Stati membri, anche attraverso l'utilizzo di sistemi di raccolta dati più efficaci, efficienti e tempestivi;
    grandi concentrazioni di migranti in attesa di definizione dello status, inoccupati, in un'unica struttura per prolungati periodi di tempo, possono portare a situazioni di insofferenza, malessere e tensioni che sfociano sempre più spesso in episodi gravi, sia tra i migranti stessi che nella popolazione ospitante. Tutto ciò allontana sempre più la possibilità di una integrazione o quantomeno di una accettabile convivenza, anche solo per il periodo di definizione della richiesta asilo;
    si ritiene che in tale contesto non sia percorribile la soluzione finora proposta di concentrare queste persone in grandi strutture, inadeguate per l'accoglienza di grandi numeri di persone e per svolgere quelle funzioni di integrazione sociale. Una possibile soluzione, meno impattante per i cittadini e più inclusiva per il migrante, potrebbe essere attuata attraverso l'accoglienza diffusa, oggi ancora poco presente nel nostro territorio;
    attraverso l'accoglienza diffusa gli stranieri vengono gestiti in piccoli gruppi e in piccole residenze all'interno della comunità. Si rileva che nei comuni che hanno optato per questa forma di accoglienza l'esperienza sia stata più che positiva. Se ogni comune si impegnasse nell'accoglienza di una quota di migranti proporzionale al numero di abitanti, il numero di stranieri presenti sarebbe minimo e facilmente gestibile. Ad oggi invece l'accoglienza diffusa pare non decollare;
    il sistema di accoglienza dei migranti in arrivo sul territorio italiano è garantito dalle risorse stanziate dall'Unione europea e dal Governo italiano. La disponibilità di appetibili finanziamenti ha attratto soggetti non sempre all'altezza della situazione e con finalità discutibili. Tenuto conto che i centri di accoglienza rispondono a normative e regolamenti differenti sarebbe opportuno prevedere un efficace sistema di controllo sul corretto utilizzo dei fondi assegnati, ad esempio prevedendo che la quota di contributo giornaliero sia condizionata all'effettiva presenza, all'identificazione dell'immigrato e all'effettiva attuazione del progetto di accoglienza e integrazione previsto. È inoltre necessario che la gestione dei contributi pubblici sia assolutamente trasparente, per evitare rischi di gestioni poco chiare miranti a forme speculative più che a logiche di integrazione, prevedendo anche l'eventuale pubblicazione dei bilanci analitici delle cooperative interessate nell'albo pretorio del comune di presenza della struttura;
    la rete di accoglienza, in particolare la rete SPRAR (sistema protezione richiedenti asilo rifugiati) costituisce un importante approccio fondato sulla programmazione pubblica territoriale, un modello sostenibile in grado di affrontare la situazione, osservando anche le realtà dove l'applicazione di un'accoglienza diffusa ha portato situazioni di effettiva integrazione del migrante con il tessuto sociale ed economico del Paese;
    un sistema di accoglienza diffusa restituirebbe all'ente locale la possibilità di governare e gestire le criticità del proprio territorio e nel contempo, attraverso la gestione dell'accoglienza in rete, consentirebbe la condivisione con altri comuni delle risorse umane e di spazi adeguati. Tutto ciò permetterebbe di poter gestire flussi limitati e controllabili evitando quei fenomeni di intolleranza e disagio sociale che troppo spesso oggi fanno parte delle cronache locali;
    a tal riguardo va considerata la situazione economica attuale di molti cittadini italiani: nel nostro Paese sono presenti più di 4.598.000 persone che vivono in uno stato di povertà assoluta (Istat 2015) e un senso di totale abbandono e disperazione. Ciò acuisce sempre più la tensione tra cittadini italiani e migranti. È necessario quindi che contestualmente agli interventi a favore dei migranti siano promossi interventi per assicurare beni e servizi alle famiglie italiane meno abbienti;
    l'Europa non ha ancora mostrato di voler adottare una politica comune per la gestione dei flussi migratori e certamente non è stata capace di mostrare il volto umano della solidarietà di fronte all'emergenza umanitaria di flussi crescenti di migranti, lasciando sostanzialmente sola l'Italia;
    come Stato di frontiera esterna dell'Unione europea l'Italia è sottoposta a una pressione maggiore, tuttavia ciò non può sottintendere che il Paese accogliente abbia responsabilità maggiori o speciali;
    è di tutta evidenza che il problema vada affrontato coinvolgendo la comunità internazionale, elaborando iniziative non solo nei Paesi d'arrivo, ma anche azioni di sostegno e di sviluppo economico locale, che affrontino, superandole, le problematiche di povertà che spingono milioni di persone a lasciare la propria casa, la propria famiglia in cerca di sopravvivenza;
    a livello nazionale ed europeo sarebbe necessario, pertanto, agire sulle cause dei flussi migratori («stop» alla vendita di armi ai Paesi dove vi sono conflitti, «stop» allo sfruttamento dei Paesi terzi, cooperazione internazionale e sviluppo nei Paesi di origine e transito) e con l'istituzione di vie legali e sicure di accesso all'Unione europea (per esempio, i corridoi umanitari già positivamente sperimentati con la Siria), al fine di favorire una diminuzione delle traversate in mare, la pressione dei flussi sulle frontiere esterne ed un'efficace lotta ai trafficanti di esseri umani;
    il nostro Paese deve ulteriormente impegnarsi a chiedere nelle sedi appropriate una risposta europea più adeguata e ad inserire la questione migratoria in una più efficace ed effettivamente «comunitaria» gestione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per aprire un dibattito in Europa che proponga il superamento integrale del regolamento di «Dublino III» ed il principio in base alla quale la gestione degli immigrati sia appannaggio del Paese che accoglie per primo, nonché a stringere accordi bilaterali con i Paesi di transito atti alla lotta del traffico di esseri umani;

2) a favorire l'istituzione di un'Agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione al di fuori del territorio dell'Unione europea, attraverso la creazione di basi europee direttamente finanziate dall'Unione europea o l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti;

3) ad elaborare un sistema di monitoraggio delle strutture che gestiscono i centri di accoglienza al fine di verificare il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti regolari, nonché, a introdurre meccanismi di verifica puntuale per una trasparente gestione dell'accoglienza al fine di prevenire e combattere il cosiddetto business dei rifugiati;

4) ad abbandonare la politica dei cosiddetti Centri di identificazione ed espulsione e ad adottare le iniziative più idonee per garantire l'immediato rimpatrio in condizioni di sicurezza e dignità, di coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale o che non soddisfino più le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno in uno degli Stati membri, anche attraverso l'utilizzo di sistemi di raccolta dei dati più efficienti;

5) a prevedere percorsi di accoglienza diffusa, rivolta soprattutto ai minori e alle donne vittime di abusi, che necessitano di un'accoglienza più attenta e disponibile, prevedendo anche una formazione degli operatori e dei volontari che supporteranno la famiglia o la comunità accogliente;

6) ad operare affinché il diritto all'asilo non sia in alcun modo barattabile vista la valenza del diritto stesso, men che meno attraverso lavori socialmente utili che potrebbero invece avere il fine di condizionare fortemente gli equilibri del mercato del lavoro provocando un progressivo abbassamento del costo della manodopera.
(1-01469) «Dieni, Manlio Di Stefano, Cozzolino, Dadone, Cecconi, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il 2016 è stato un anno record per il numero di migranti arrivati in Europa attraverso la rotta centro mediterranea, che coinvolge l'Italia e in misura minore Malta, e per il numero di coloro che hanno trovato la morte in mare durante il viaggio della speranza. Il primo dato è fornito dall'agenzia europea Frontex: il totale è di 181 mila, con un incremento di circa il 20 per cento rispetto all'anno precedente. L'altro viene dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati ed è aggiornato al 2 dicembre 2016: le vittime sono state 3.470 contro le 2.771 di tutto il 2015 e il rapporto tra morti e sbarchi è triplicato passando da uno ogni 269 a uno ogni 88;
    il dato di Frontex, che sottolinea il record di arrivi nel nostro Paese, riflette una pressione migratoria crescente dall'Africa, in particolare quella occidentale. Dal 2010, l'Italia ha visto una crescita di dieci volte nel numero di arrivi da quella regione. La maggior parte dei migranti passati dalla rotta centro mediterranea sono nigeriani (21 per cento) seguiti da cittadini di Eritrea (12 per cento), Guinea, Costa d'Avorio e Gambia (8 per cento);
    nel 2016, sempre secondo l'agenzia europea, sono stati 503.700 i migranti che hanno attraversato illegalmente le frontiere dell'Unione europea, di cui 364.000 via mare. L'unico aumento di arrivi rispetto al 2015 è quello sulla rotta centro mediterranea. Secondo le stime, infatti, gli arrivi in Grecia sono crollati del 79 per cento a quota 182.500, grazie all'accordo con la Turchia in vigore dalla scorsa primavera. Brusco calo anche nella rotta balcanica, dove si è passati dai 764 mila arrivi del 2015 a 123 mila, in seguito all'inasprimento dei controlli di frontiera. La chiusura della rotta balcanica ha quindi determinato maggiori spostamenti di immigrati verso le coste siciliane, in un tratto di mare molto pericoloso. Sulla rotta del Mediterraneo centrale si registra, infatti, l'85 per cento di tutte le morti in mare;
    l'Italia è particolarmente esposta a causa delle sua caratteristica di frontiera esterna dell'Unione europea e della sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, che mette in comunicazione Europa, Africa e Asia;
    il nostro Paese è quindi diventato la prima meta delle rotte migratorie, con un rischio di collasso del sistema d'accoglienza;
    i dati dell'ultimo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia testimoniano una realtà molto composita dove, a inizio ottobre 2016, erano presenti, nelle diverse strutture di accoglienza, oltre 165 mila persone giunte in massima parte via mare. Nella rete di primissima accoglienza (CDA, CARA, CPSA, Hub, Hotspot) erano presenti nello stesso periodo oltre 14.000 richiedenti la protezione internazionale, mentre nelle strutture temporanee di accoglienza quasi 128.000, pari a più del doppio rispetto al 2015. Negli Sprar, strutture di seconda accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale, erano poco meno di 23.000. L'uso di alberghi o di altre strutture ricettive, a vocazione turistica e dunque diverse da quelle previste per l'accoglienza di richiedenti la protezione internazionale, sono diventate da straordinarie ad ordinarie, tant’è che le strutture straordinarie costituiscono percentualmente circa l'80 per cento dei posti d'accoglienza oggi disponibili in Italia;
    la stragrande maggioranza delle richieste di asilo provengono da africani, in numero estremamente contenuto i cittadini siriani: 9 su 10 sono maschi, l'88 per cento ha meno di 35 anni, quasi il 60 per cento arriva dall'Africa. La Nigeria guida la classifica dei Paesi di provenienza (11.000 domande), seguita da Pakistan (7.100), Gambia (6.000), Mali (4.700), Senegal (4.300), Bangladesh (4.100) e Afghanistan (2.500). I siriani che nel 2016 hanno cercato protezione in Italia sono meno di 800, nonostante le richieste siano state quasi tutte accettate;
    le richieste di asilo sono in aumento: quasi 78.000 da gennaio al 31 ottobre 2016. Nel 2012 furono 17.000, 26.000 nel 2013. Il 2014 è stato l'anno di picco delle richieste (63.000), cresciute a 83.000 nel 2015;
    si rammenta che, se nel 2012, 3 richiedenti asilo su 4 ottenevano il permesso di rimanere in Italia, negli anni, la percentuale di coloro che hanno diritto a una qualche forma di protezione è diminuita: 61 per cento nel 2013 e nel 2014, 41 per cento nel 2015, 37 per cento nel 2016. In Italia solo il 5 per cento dei richiedenti asilo ottiene successivamente lo status di rifugiato. Il 13 per cento riceve il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, che dura 5 anni e viene rilasciato a chi rischia di subire un danno grave nel caso di rientro nel proprio Paese. Mentre, ad oggi, circa il 24 per cento consegue la protezione per motivi umanitari (24 mesi, prorogabili). Ma negli ultimi anni, a fronte dell'aumento dei flussi, il Ministero dell'interno ha imposto una maggiore attenzione alle domande rendendo i criteri più stringenti. Il risultato è che la quota di domande respinte è aumentata: 22 per cento nel 2012, 39 per cento nel biennio successivo, 59 per cento nel 2015, fino a toccare il 63 per cento nei primi 10 mesi del 2016;
    la portata, l'impatto e il preoccupante incremento del fenomeno migratorio richiedono l'adozione di misure complesse e costanti nel tempo; è necessario mantenere una visione obiettiva dello stesso, impegnandosi, sia nella difesa dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, che per incentivare e rafforzare la collaborazione con gli altri Paesi in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina e del traffico degli esseri umani;
    le iniziative e le misure poste per fronteggiare il fenomeno migratorio, un'emergenza che ha assunto negli ultimi anni carattere strutturale, non hanno fino ad ora avuto esiti positivi, registrando di fatto il fallimento della politica italiana su questo tema, nonché il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    sul tema dell'immigrazione, l'Italia non ha saputo offrire all'Europa quell'impulso decisivo in grado mettere in campo le misure necessarie per governare un fenomeno altrimenti destinato a creare una frattura indelebile nel patto sociale tra cittadini e Stato europeo, nonché negli equilibri tra gli Stati membri, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta democratica e la convivenza tra Stati;
    si è infatti ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato, quantomeno sulla carta. Lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo. Lo dice il Governo italiano, che più di una volta ha manifestato insoddisfazione per la scarsa implementazione dell'accordo dello scorso ottobre 2015, e per il mancato rispetto degli impegni da parte dell'Unione europea. Lo dicono i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è quantomeno necessario uno sforzo comune per rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell'Europa, ed è più che mai urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, in grado di offrire un adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito, e che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa;
    sforzi maggiori dovrebbero essere richiesti agli Stati membri anche per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di relocation, ad oggi assolutamente fallimentari ed inefficaci. Secondo la Commissione europea al 28 settembre 2016 sono state effettivamente ricollocate dalla Grecia negli altri Stati membri 4.455 persone, a fronte di circa 9.776 mila posti messi a disposizione, e di un impegno assunto in sede di Consiglio dell'Unione europea che vincolerebbe gli Stati membri alla relocation di 63 mila richiedenti asilo. Dall'Italia sono stati effettivamente ricollocate in altri Stati membri 1.196 persone, a fronte di circa 3.809 posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno per circa 35 mila richiedenti asilo;
    in ogni caso, anche se l'attuale piano di relocation fosse pienamente attuato, esso inciderebbe in misura minima sulla situazione italiana, caratterizzata dalla massiccia presenza di migranti non rientranti nelle categorie soggette a ricollocazione negli altri Paesi europei;
    è necessario altresì sollecitare con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea per stipulare accordi economici a livello europeo con i Paesi di origine e transito dei migranti, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    più in generale, non è ammissibile che vi sia un accordo Unione europea-Turchia a baluardo della rotta del Mediterraneo orientale e del Mar Egeo, mentre non vi è un accordo specifico sulla rotta che più interessa il nostro Paese;
    agli accordi a livello europeo, è fondamentale altresì affiancare la stipula, sulla scia di quanto fatto dal Governo Berlusconi (ultimo Governo a stipulare accordi specifici di rimpatrio), di accordi bilaterali con i Paesi di origine e di transito dei migranti per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini;
    anche la missione Eunavfor Med riporta risultati comunque limitati dal fatto che non è ancora stata avviata la fase 3 dell'operazione, che prevede la possibilità di arrestare gli scafisti e di sequestrare o affondare le barche direttamente sulle coste di partenza e sullo stesso territorio libico;
    in caso di mancato avvio della fase 3, ovvero qualora questa non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, va valutata la possibilità di sospendere l'attuale fase 2. È comunque auspicabile, qualora non fosse possibile sospendere l'attuale fase 2, che il Governo intraprenda finalmente una forte e rapida azione politica diplomatica attraverso il Consiglio dei Ministri degli affari esteri dell'Unione europea e la Commissione, al fine di chiedere ed ottenere una modifica dei compiti da svolgere durante la fase due in corso, ottenendo la possibilità di includere anche compiti di identificazione da effettuare già a bordo della flotta schierata a ridosso delle coste africane interessate, con conseguente e rapido discernimento tra coloro che hanno reali esigenze umanitarie e chi invece deve essere ricondotto sulle coste africane. Una volta identificati in mare, sarebbe infatti molto più agevole rimpatriare i migranti nei Paesi di origine che non hanno diritto di soggiornare nell'Unione europea, mettendo a sistema una politica di rimpatrio efficace e di forte deterrenza per tutti i migranti, che non pagherebbero più un alto prezzo ai trafficanti se rimpatriati dopo la loro identificazione già in alto mare;
    tornando a livello nazionale, è necessario intervenire anche sul piano normativo sul tema della protezione internazionale. Ad oggi, la protezione internazionale è disciplinata nell'ordinamento italiano in tre modi: il diritto d'asilo, la protezione sussidiaria e la cosiddetta «protezione umanitaria». A differenza delle altre due, che trovano riscontro nella gran parte degli ordinamenti, e che hanno come fonte l'ordinamento internazionale e comunitario, la terza rappresenta, nella sostanza, una peculiarità italiana, che presenta diversi profili di problematicità, sia giuridiche sia applicative;
    la protezione umanitaria non nasce né da obblighi internazionali né dalla necessità di dare adempimento a un principio costituzionale. Essa è una scelta autonoma del legislatore ordinario, introdotta dalla legge «Turco-Napolitano», e prevede che la questura possa rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari tutte le volte in cui le commissioni territoriali, pur non ravvisando gli estremi per la protezione internazionale, rilevino «gravi motivi di carattere umanitario» a carico del richiedente asilo. Ha la durata media di un anno, e consente solo l'accesso ai servizi essenziali (salute, formazione professionale e altro);
    ci sono buone ragioni per ritenere necessaria l'abrogazione di tale tipo di protezione in Italia. Essa rappresenta il tipo di protezione che riguarda la maggior parte dei richiedenti protezione presenti sul territorio italiano ed è fonte di un aggravamento della situazione degli immigrati in Italia. Tale disposizione fu emanata in un periodo nel quale – agli inizi degli anni Novanta – i numeri dei migranti diretti verso il territorio italiano non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quelli attuali. Oggi c’è l'assoluta necessità di limitare il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale ai casi strettamente previsti dal diritto costituzionale italiano e dalla normativa europea e internazionale, istituendo un sistema che preveda il solo il diritto di asilo e la protezione sussidiaria. Questa razionalizzazione giuridica rappresenta anche un atto dovuto nei confronti dei migranti/richiedenti asilo, ai quali va data certezza sul loro status sul territorio italiano, per quel che riguarda, in particolare, il riconoscimento o meno del diritto alla protezione internazionale. La norma in questione, in pratica, fa sì che migliaia di migranti/richiedenti asilo, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno i requisiti per accedere alla protezione internazionale, permangano a lungo in un limbo, a metà strada tra la protezione e l'espulsione, senza avere una reale certezza circa il loro futuro;
    a conferma della necessità di abrogare un permesso che non si basa sulla verifica delle reali condizioni storico-anagrafiche dell'immigrato, ma su un meccanismo automatico e foriero di gravi incertezze, si ricorda quanto previsto dalla circolare del Ministero dell'interno che regolamenta il meccanismo, di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Circolare Ministeriale 2696/2013) operativa dal novembre 2013, che si sostanzia, di fatto, in un mero inoltro telematico della richiesta presentata dallo straniero alla questura e da quest'ultima trasmessa alla competente commissione territoriale, correlata di richiesta di parere da rendere entro tempi contingentati. Decorsi tuttavia tali termini, che variano dai quindici ai trenta giorni a seconda che si abbiano o meno informazioni sulla posizione dello straniero, la questura procede comunque al rinnovo del permesso di soggiorno e l'inerzia della commissione territoriale viene qualificata come «silenzio/assenso». Nell'ipotesi, invece, di richiesta corredata da informazioni, che verosimilmente sono tutte attinenti ai profili di sicurezza, la questura dovrà comunque attendere il parere della commissione territoriale prima di poter procedere al rinnovo del titolo di soggiorno, per un periodo di tempo che purtroppo si ignora e che lascia margini d'incertezza sul trattamento riservato allo straniero dal momento in cui è in scadenza il permesso di cui ha richiesto il rinnovo al momento in cui la commissione pronuncerà nei suoi confronti un giudizio legato ai profili di sicurezza;
    inoltre, è necessario ridurre i tempi di analisi delle richieste di asilo da parte delle commissioni territoriali. Per questo è importante prevedere un aumento del numero dei punti di verifica delle domande di protezione internazionale, attraverso la combinazione dell'istituzione di una commissione presso ogni prefettura-ufficio territoriale del Governo e l'assenza di limiti nella previsione delle sezioni;
    sarà inoltre determinante individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato e/o di espulsione, al fine di ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi;
    in questa direzione, è altresì corretto eliminare il secondo e il terzo grado di giudizio per quegli immigrati che si vedono respinta la richiesta di asilo politico. Ci sono circa 3.500 impugnazioni al mese, impossibile definirle tutte, e in tempi brevi;
    su segnalazione di diversi comuni, va poi rilevato come esista in Italia un problema generale di gestione del migrante/richiedente asilo nel sistema anagrafico, dovuta soprattutto alla mobilità sul territorio dei diretti interessati, che restano ancorati alla residenza italiana, indipendentemente dai loro spostamenti. Questo stato di cose è fonte di notevoli problemi di natura tecnica e amministrativa per i comuni e presenta anche preoccupanti profili di natura securitaria, per cui occorre procedere all'istituzione di una razionalizzazione e centralizzazione delle procedure anagrafiche dei migranti/richiedenti;
    per far fronte alle esigenze di accoglienza connesse al massiccio afflusso di immigrati, la legge di bilancio 2017 prevede la facoltà di destinare le risorse relative ai programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei per il periodo 2014-2020, nel limite massimo di 280 milioni di euro, alle attività di trattenimento, accoglienza, inclusione e integrazione degli immigrati, oltre quelle già stanziate nella sezione II del bilancio stesso (articolo 1, comma 630). La sezione II della legge di bilancio opera, a sua volta, un rifinanziamento di 320 milioni di euro per il 2017 per le attività di trattenimento ed accoglienza degli immigrati (cap. 2351/2 dello stato di previsione del Ministero dell'interno – tabella 8);
    il fondo per l'Africa, istituito dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 621) presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno in corso, si propone inoltre di rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, volta a limitare il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale ai casi strettamente previsti dal diritto costituzionale italiano e dalla normativa europea e internazionale, istituendo un sistema che preveda il solo il diritto di asilo e la protezione sussidiaria;
2) a promuovere e rilanciare accordi bilaterali con i Paesi di origine per i rimpatri dei migranti irregolari, sulla scia di quanto fatto dai Governi Berlusconi, come premessa per bloccare le partenze di migranti irregolari, stroncare le attività degli scafisti, e facilitare le procedure di espulsione dei clandestini che potrebbero comunque arrivare nel nostro Paese;
3) ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, sollecitando con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea volto a stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
4) ad assumere iniziative a livello europeo per un intervento decisivo volto a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, e definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
5) a promuovere in sede europea opportuni interventi volti a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi, rivedendo altresì le clausole del regolamento di «Dublino III» per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei; alla luce della proposta di modifica del regolamento in esame, a promuovere una rinegoziazione dei criteri di determinazione dello Stato competente, sulla base di proposte da avanzare in sede tecnica, che potranno fondarsi non sul primo ingresso (luogo di presentazione della prima domanda, oppure primo ingresso irregolare), bensì su una chiave di distribuzione che rifletta le dimensioni, la ricchezza e la capacità degli Stati membri di assorbimento dei richiedenti, come del resto prospettato nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 6 aprile 2016, nell'opzione 2, relativa alla individuazione di un sistema sostenibile ed equo per determinare lo Stato membro competente per l'esame delle domande di asilo;
6) ad intervenire nelle opportune sedi per porre in essere nel più breve tempo possibile l'inizio della fase 3 della missione Eunavfor Med, che permetterà di entrare nelle acque territoriali libiche per impedire le partenze dei barconi e contrastare più efficacemente il traffico di esseri umani, valutando altresì, ove ciò non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, la possibilità della sospensione dell'attuale fase 2;
7) ad attivarsi in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di cui l'Italia fa parte per l'anno 2017, per l'adozione di risoluzioni volte ad azioni internazionali comuni finalizzate a consentire l'intervento nelle acque territoriali libiche, nonché a legittimare le operazioni di identificazione e rimpatrio degli immigrati che non ottengano il diritto di asilo, indipendentemente dal luogo ove siano avvenute le identificazioni, nonché a facilitare la conclusione di accordi collettivi con i Paesi di provenienza dei migranti stessi;
8) ad attivarsi per assegnare alla Marina militare e alla Guardia costiera nuove direttive perché venga stroncata l'attività dello scafismo;
9) a valersi della Presidenza italiana del G7 per il 2017, al fine di porre al centro dell'agenda la questione delle migrazioni di massa e il loro effetto sui sistemi economici dei Paesi democratici che ne fanno parte;
10) ad assumere iniziative per definire soluzioni ad hoc per le regioni di confine, al fine di evitare tensioni di carattere sociale, che prevedano una diminuzione delle quote dei richiedenti asilo assegnate in fase di ripartizione, tenendo conto che il numero effettivo di immigrati presenti in tali regioni eccede la quota prevista, a causa del numero di irregolari non censiti;
11) ad intraprendere ogni iniziativa volta a far sì che i comuni abbiano risorse e mezzi sufficienti per far fronte alle questioni legate all'accoglienza dei migranti;
12) ad assumere le iniziative di competenza per dare seguito con la massima urgenza a quanto già stabilito con l'approvazione alla Camera della mozione n. 1-989, con riguardo all'esigenza di individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato e/o di espulsione, in quanto ciò appare ai firmatari del presente atto decisivo per ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi;
13) ad adottare ogni iniziativa volta a ridurre i tempi di esame delle richieste di protezione internazionale, prevedendo in particolare un aumento del numero dei punti di verifica delle domande, attraverso la combinazione dell'istituzione di una commissione presso ogni prefettura-ufficio territoriale del Governo e l'assenza di limiti nella previsione delle sezioni, valutando altresì di adottare iniziative normative volte ad eliminare il secondo e il terzo grado di giudizio per quegli immigrati che si vedono respinta la richiesta di asilo;
14) a stimolare, in seno all'Unione europea, una riflessione sulle norme di Schengen, giustamente varate per facilitare la libera circolazione all'interno dell'Europa, ma con la necessità di evitare che tale libera circolazione diventi una facilitazione per i fondamentalisti, i terroristi e quanti, come ha dimostrato il caso di Amri, l'attentatore di Berlino, hanno fruito di queste prerogative per girare impunemente in tutta Europa;
15) a valutare, sulla base dell'esperienza compiuta, ogni possibilità di miglioramento dell'attuale assetto normativo, per contrastare l'immigrazione clandestina e regolare i flussi migratori, legandoli alle effettive necessità economiche e sociali del Paese;
16) ad adottare le opportune iniziative per rafforzare le misure a tutela dei cittadini e degli stessi migranti, innalzando il livello di guardia e potenziando tutte le risorse messe a disposizione delle forze dell'ordine, per finanziare gli interventi e le operazioni di sicurezza urbana e di controllo del territorio nazionale volte alla gestione del fenomeno migratorio e alla prevenzione e il contrasto del terrorismo internazionale, in particolare attraverso:
  a) la concessione di maggiori risorse per forze dell'ordine e forze armate per il rinnovo dei contratti, il riordino delle carriere, il «bonus» degli 80 euro;
  b) il ripianamento degli organici delle forze di polizia, delle forze dell'ordine e soccorso pubblico;
  c) l'istituzione di un'assicurazione obbligatoria per ogni infortunio a forze di polizie, militari e vigili del fuoco.
(1-01470) «Brunetta, Ravetto, Gregorio Fontana, Vito».


   La Camera,
   premesso che:
    l'anno che si è appena concluso ha segnato nuovi numeri record nell'affluenza di migranti irregolari sulle coste italiane, e non vi è alcun motivo per ritenere che la situazione possa normalizzarsi nel nuovo anno, posto che sono tuttora presenti alcuni focolai di guerra, una grave instabilità politica di molte nazioni africane e, principalmente, non accennano a risolversi condizioni di grave e gravissima povertà che affliggono tante popolazioni del continente africano;
    inoltre, la mancata normalizzazione della Libia e, dall'altro lato, la pressoché totale chiusura della cosiddetta rotta balcanica fanno dell'Italia l'unica Nazione d'approdo possibile all'interno dell'Unione europea per potenziali milioni di disperati;
   in questo quadro alcuni partner europei hanno invitato il Governo italiano a operare affinché sia posto un freno agli arrivi in Europa attraverso il territorio italiano e questo risulta ancor più necessario di fronte all'evidente fallimento delle iniziative di ricollocamento deliberate in ambito europeo;
   sul piano nazionale l'incapacità degli ultimi Governi nella gestione dei flussi migratori si palesa ogni giorno nelle nostre città, e ancora più critica è la gestione della cosiddetta accoglienza, travolta da continui scandali, dispendiosa e inefficiente;
   sinora qualunque proposta migliorativa della gestione dell'immigrazione è stata accolta da un totale silenzio, ma la necessita di correggere l'intero sistema, sia a livello sovranazionale, sia a livello nazionale, appare ogni giorno più evidente,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa necessaria in sede europea al fine di giungere a   una gestione condivisa del fenomeno migratorio, in primo luogo attraverso la revisione degli «accordi di Dublino» e del principio del Paese di primo approdo, secondo il principio del burden sharing;

2) a sostenere iniziative, da attuare mediante accordi bilaterali, per raccogliere le richieste di protezione internazionale nei Paesi di provenienza in modo poi da procedere in maniera ordinata e in sicurezza allo smistamento dei profughi nei vari Stati europei;

3) a rendere esecutiva l'applicazione del piano di ricollocamenti e a sostenere le necessità di un sostegno finanziario in favore degli Stati più esposti per ragioni meramente geografiche all'arrivo dei migranti;

4) a stipulare con urgenza assoluta accordi bilaterali con i diversi Stati di provenienza dei migranti propedeutici al rimpatrio di coloro i quali non hanno diritto ad alcuna forma di protezione internazionale;

5) ad assumere le iniziative di competenza per rimuovere gli ostacoli burocratici che impediscono una rapida definizione delle pratiche di richiesta di protezione internazionale;

6) ad attivarsi per la creazione di una vera task force che possa, nell'arco di poche settimane, decongestionare i centri di accoglienza e rimpatriare coloro che non hanno titolo a rimanere sul territorio nazionale;

7) a promuovere le modifiche normative volte all'abolizione della possibilità di ricorrere avverso i provvedimenti di diniego di concessione di protezione internazionale;

8) ad adottare le iniziative, se del caso anche di natura normativa, necessarie a garantire una maggiore efficienza e trasparenza della gestione dell'accoglienza, a tal fine anche prevedendo precisi obblighi di rendicontazione delle spese a carico degli enti gestori ed effettuando maggiori controlli in merito alla reale sussistenza dei requisiti necessari in capo ai soggetti che concorrono nell'aggiudicazione dei bandi.
(1-01471) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    si richiama la risoluzione n. 8-00196 Porta e altri, approvata dalla III Commissione il 27 luglio 2016, sulla soluzione della crisi politica ed umanitaria in Venezuela;
    persiste in tale Paese la gravissima crisi politica ed umanitaria, derivante per un verso dal perdurante negativo andamento dell'economia – basti pensare al calo stimato del 13 per cento del prodotto interno lordo nel solo 2016 – e per altro verso dalla tensione acuta tra il Governo del presidente Nicolas Maduro e le forze parlamentari di opposizione, divenute maggioritarie dopo le elezioni del 2015, di cui risente gravemente la stessa comunità di connazionali residenti;
    il 2017 si è aperto all'insegna dell'instabilità dopo che la coalizione di opposizione, la Mesa de la Unidad Democratica (MUD), ha operato un avvicendamento alla presidenza della Camera tra Ramos Allup e Julio Borges leader di Primero Justicia, che ha esordito il suo mandato reiterando l'obiettivo della rimozione del presidente Maduro;
    il 13 gennaio è prevista una tornata di dialogo sotto l'egida dell’Unasur (Unione delle Nazioni Sudamericane) e del Vaticano tra il Governo e l'opposizione, alla quale lo stesso Borges ha già annunciato di non prendere parte;
    il Parlamento è nel frattempo stato dichiarato «disobbediente» dal Tribunale Supremo de Justicia ed i suoi atti vengono sistematicamente cassati dallo stesso. Esso non riesce pertanto ad esercitare il necessario e fondamentale ruolo di contrappeso al potere del presidente Maduro;
    la scelta del Segretario di Stato degli Stati Uniti nella persona di Rex Tillerston, ex dirigente della Exxon Mobil, multinazionale in aperto contrasto con il presidente Maduro, potrebbe determinare un ulteriore deterioramento delle relazioni con gli Stati Uniti e del regime di sanzioni internazionali che grava sul Paese;
    permane lo stato di detenzione di leader politici quali Leopoldo Lopez, Antonio Ledezma, Lorent Saleh, la cui liberazione appare necessaria per l'avvio di un dialogo effettivo tra le parti;
    d'altra parte, al presidente della Commissione esteri del Senato, il senatore Pierferdinando Casini, recatosi in visita a Caracas a fine dicembre 2016, le forze dell'ordine venezuelane hanno impedito di rendere visita all'ex sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, agli arresti domiciliari con l'accusa di golpe;
    nel frattempo la condizione di vita della popolazione è peggiorata in modo esponenziale: continuano a mancare cibo e medicine; non vi è alcuna sicurezza per cui i cittadini sono limitati nella propria libertà di movimento al fine di evitare di esporsi a violenze e assassini, che rappresentano la normalità nella capitale Caracas, la città di più pericolosa al mondo secondo le statistiche;
    non può essere dimenticata la morte, avvenuta il 6 giugno 2016, di un funzionario in servizio presso il consolato italiano a Caracas, ucciso nella sua stessa abitazione in circostanze ancora da chiarire e per acclarare le quali l'Italia attende una risposta alla rogatoria internazionale inviata;
    la condizione della popolazione è divenuta ormai insostenibile e si rischia la guerra civile se si tiene conto che per il 2017 è previsto un tasso di inflazione pari al 200 per cento e che l'80 per cento della popolazione guadagna circa 30 dollari al mese, che non consentono di provvedere all'acquisto di beni di prima necessità per cui il Governo di Caracas ha disposto per i prossimi giorni la distribuzione a 15 milioni di venezuelani di una carta annonaria, il Carnet de la patria, per il razionamento dei generi alimentari essenziali;
    il Paese versa anche in un'eccezionale crisi monetaria, ai limiti del default, derivante dalla imposizione del cambio fisso sul dollaro, dal controllo statale sui prezzi e da un eccesso di liquidità connesso all'aiuto che la Banca centrale venezuelana fornisce da anni alla compagnia petrolifera venezuelana (Pdvsa), da cui deriva un'inflazione calcolata dal Fondo monetario internazionale al 475 per cento nel 2016. I venezuelani si confrontano di fatto con un triplice cambio, oltre a quello ufficiale; il prezzo della farina è triplicato dall'inizio dell'anno e per il 2 gennaio il presidente Maduro ha ordinato la sostituzione delle banconote da 100 bolivares, equivalenti all'irrisorio valore di 3 centesimi di euro, con banconote da 20 mila bolivares che non sono state distribuite dalle banche, con conseguenti assalti agli sportelli, gravi disordini, violenze e alcune vittime;
    quanto alla comunità di connazionali italiani, che malgrado tutto continua a svolgere un ruolo di significativa importanza nei diversi comparti dell'economia nazionale e che negli anni Sessanta rappresentava il gruppo di stranieri residenti più numeroso, prima di quello spagnolo e portoghese, per la situazione del Paese dalle oltre 210 mila unità del 1976 la sua consistenza è passata alle 142.000 mila di oggi (dato del 2015);
    è positivo che il Governo italiano abbia previsto a partire dal 1o gennaio 2017 per i 3.600 pensionati italiani residenti che il calcolo per l'integrazione dell'assegno sia effettuato sulla base del cambio DICOM e non più di quello ufficiale e totalmente irrealistico, contribuendo ad alleviare la condizione difficile in cui versano tali connazionali;
    il 4 dicembre 2016 il Venezuela è stato sospeso a tempo indeterminato dal Mercosur (il mercato comune del Sud) per inadempienza rispetto al sistema comune di tariffe commerciali e al coordinamento complessivo delle politiche macroeconomiche. La controversa decisione, assunta con il voto di Argentina, Brasile Paraguay e con l'astensione dell'Uruguay, rischia di aggravare ulteriormente la situazione della popolazione, prefigurando l'esclusione del Venezuela dell'area commerciale sudamericana;
    la posizione del Venezuela è critica anche in seno all'OSA, l'Organizzazione degli Stati americani, retta dal segretario generale Luis Almagro, che, pur eletto con il sostegno del fronte bolivariano, come emerso nella sua visita a Roma del novembre 2016, ha posto per la prima volta in seno al Consiglio permanente dell'Organizzazione la «questione venezuelana» in ragione del clima intimidatorio in occasione delle elezioni politiche del 2015, per le accuse di coinvolgimento governativo nella morte dell'oppositore Luis Manuel Diaz, nonché per la richiesta di amnistia per i prigionieri politici in Venezuela. Almagro ha attivato in modo inedito l'applicazione della Carta democratica interamericana che prevede la possibilità di sanzioni nei confronti dei Paesi membri in cui si verifichino rotture democratiche,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'azione politico diplomatica per favorire una soluzione pacifica della crisi politica in Venezuela, ripristinando lo Stato di diritto e le necessarie garanzie sul piano della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali;
   ad assumere ogni iniziativa utile a lenire la preoccupante situazione umanitaria, soprattutto per quanto concerne l'afflusso di medicinali e generi alimentari di prima necessità, con un'attenzione specifica nei confronti della comunità italiana residente.
(7-01162) «Cicchitto».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    la materia delle bonifiche è attualmente contenuta nel titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. A differenza di quanto previsto per i rifiuti e per i rifiuti di imballaggio, che rappresentano i temi di maggiore rilievo contenuti nella richiamata parte quarta, la materia delle bonifiche non è una disciplina derivata dalla normativa europea, sebbene le procedure di bonifica, di messa in sicurezza e di ripristino ambientale dei siti contaminati siano la sostanziale applicazione dei princìpi cardine ambientali contenuti nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea con particolare riferimento al principio «chi inquina paga»;
    l'assenza di una disciplina immediatamente applicabile in ciascuno Stato membro dell'Unione europea in relazione agli interventi per ridurre o eliminare una fonte di contaminazione per restituire un sito alla fruibilità esistente prima della contaminazione o a un altro uso ha, dunque, condotto il legislatore nazionale a introdurre una disciplina nazionale sul tema fin dal tardivo recepimento della disciplina europea in Italia in tema di rifiuti e di rifiuti pericolosi;
    in Italia le superfici, terrestri e marine, individuate negli ultimi 15 anni come siti contaminati sono davvero rilevanti;
    i risultati ottenuti fino ad oggi per il raggiungimento della bonifica di queste aree, invece, non sono purtroppo altrettanto significativi. Secondo il programma nazionale di bonifica curato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il totale delle aree perimetrate come siti di interesse nazionale (Sin) è arrivato, negli anni, a circa 180 mila ettari di superficie, scesi oggi a 100 mila ettari, solo grazie alla derubricazione del 2016 di 18 siti da nazionali a regionali (i Sin sono quindi passati da 57 a 39);
    solo in 11 Sin è stato presentato il 100 per cento dei piani di caratterizzazione previsti. Anche sui progetti di bonifica presentati e approvati emerge un forte ritardo: solo in 3 Sin è stato approvato il 100 per cento dei progetti di bonifica previsti. In totale, sono solo 254 i progetti di bonifica di suoli o falde con decreto di approvazione, su migliaia di elaborati presentati;
    i problemi insiti alle procedure di bonifica possono dunque essere ricondotti ad almeno tre ordini di fattori in ordine logico: individuazione del responsabile, solvibilità di quest'ultimo e lento esercizio del potere sostitutivo degli enti locali in caso di mancato accertamento del responsabile. La mancanza di fondi dell'ente sostituito per procedere alle attività di bonifica e la mancata partecipazione delle popolazioni residenti nei luoghi contaminati, o in prossimità di essi, e dunque oggetto di bonifica, hanno contribuito nel tempo a rendere insoddisfacente la situazione delle bonifiche in Italia;
   sebbene le motivazioni di tale ritardo siano complesse ed eterogenee, la legislazione di settore non risulta adeguata o comunque soddisfacente segnatamente su specifici settori a partire dalla analisi di rischio sito specifica AdR;
    sarebbe infatti opportuno procedere alla soppressione dell'AdR sito specifica, con reintroduzione dell'analisi di rischio con calcolo diretto del rischio;
    tale modifica è Motivata dalla discrezionalità applicativa di un'AdR sito specifica che nel corso dei dieci anni di applicazione non ha portato reali vantaggi dal punto di vista della celerità di svolgimento dei procedimenti di bonifica introducendo, invece, considerevoli difformità di trattamento dei diversi siti contaminati. Si verificano, inoltre, situazioni paradossali nelle quali per un sito sottoposto a verifica emergono criticità che non sono evidenziate in siti con le medesime caratteristiche ma non soggetti a procedimenti d'indagine;
    poiché il ricorso all'AdR resta comunque sempre interpretato come deroga ai valori tabellari, alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che la reintroduzione dell'AdR con calcolo diretto del rischio residuo sia maggiormente cautelativa e garantisca una semplificazione procedimentale;
    sarebbe inoltre opportuno prevedere che i piani regionali per le bonifiche in aree caratterizzate da inquinamento diffuso siano effettivamente approvati in tempi certi, con eventuale esercizio di potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia delle regioni, nonché modalità per garantire trasparenza, nonché partecipazione del pubblico attraverso la trasmissione di osservazioni ai piani stessi;
    sarebbe opportuno, infine, aggiornare periodicamente i valori di concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui all'articolo 240, comma 1, lettera b), del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152,

impegna il Governo:

   ad assumere le necessarie iniziative normative affinché i piani di cui all'articolo 239, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 contenenti interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso siano adottati entro tempi certi nel rispetto delle linee guida, dei criteri generali e degli standard stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera r) del decreto legislativo n. 152 del 2006 affinché dei piani adottati sia data adeguata e tempestiva notizia mediante avviso pubblicato nei siti internet istituzionali degli enti interessati, nel quale altresì siano rese disponibili informazioni relative ai termini e alle modalità di partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si sono fondate le decisioni assunte, anche in relazione alle eventuali osservazioni scritte presentate;
   ad assumere iniziative normative per prevedere che ai piani predetti di cui all'articolo 239, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applichi necessariamente la procedura di cui alla parte seconda in materia di valutazione ambientale strategica (VAS);
    ad assumere iniziative normative per prevedere che, nei piani predetti di cui all'articolo 239, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in caso di inerzia della regione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa diffida ad adempiere in tempi congrui, adotti, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari all'elaborazione e all'approvazione del piano per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso;
   ad assumere le necessarie iniziative normative affinché l'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica di cui alla lettera s) del comma 1 dell'articolo 240 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia sostituita con una analisi di rischio di carattere oggettivo – e non sito specifica così come oggi previsto a legislazione vigente –, intesa quale procedura volta a stabilire il rischio, per la salute pubblica e per l'ambiente, causato dalle contaminazioni residue presenti in un sito, contestualmente disponendo che tale analisi sia svolta qualora siano stati oltrepassati i valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) e che sia condotta secondo un modello concettuale di riferimento e mediante l'adozione di metodiche riconosciute a livello internazionale;
   ad assumere opportune iniziative normative affinché sia conseguentemente modificata la definizione di «bonifica» di un sito contaminato, intendendo quest'ultima come gli interventi atti a eliminare o a isolare le fonti di inquinamento ovvero a ridurre le sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee a un livello uguale o inferiore ai valori delle CSC, – e non alle CSR, così come ora previsto dalla legislazione vigente –, nonché ad assumere le necessarie iniziative normative per introdurre conseguentemente una nuova definizione di «sito non contaminato» quale un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrici ambientali risulti inferiore ai valori di CSC o se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione residue verificati a seguito dell'analisi di rischio adottata con criteri oggettivi – e non riferibili a ciascun sito (sito specifica) così come ora previsto a legislazione vigente;
   ad assumere iniziative normative volte a prevedere che il completamento degli interventi di bonifica di cui all'articolo 248, 2o comma, del decreto legislativo n. 152 del 2006 sia accertato dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente;
   ad assumere iniziative per prevedere che i valori delle CSC di cui all'allegato 5 di cui alla parte quarta, titolo V, del decreto soprarichiamato, siano sottoposti a verifiche periodiche in relazione all'evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche o in esecuzione di disposizioni adottate in materia in sede di Unione europea, contestualmente prevedendo che tali revisioni, che possono avvenire anche su segnalazione di comitati, associazioni scientifiche, associazioni dei consumatori e associazioni di protezione ambientale, siano comunque effettuate almeno ogni cinque anni e siano accompagnate da una relazione sull'evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche, delle risultanze dei controlli e dei monitoraggi disponibili predisposta dall'Istituto superiore di sanità e dall'Ispra.
(7-01163) «De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il prezzo del latte ovino sta raggiungendo una quotazione di 0,50 euro/litro, che riflette solo in parte la grave speculazione in atto;
    il pecorino romano viene venduto in Sardegna a 6/8 euro e viene rivenduto su scala nazionale e americana a 25/40 euro al chilogrammo;
    in Sardegna il formaggio viene pagato troppo poco perché si afferma che ce ne sia troppo, negli Stati Uniti lo pagano molto perché dicono che ce n’è poco;
    nessuno persegue e pianifica l'incontro tra la domanda e l'offerta, anzi, qualcuno fa di tutto per speculare e mortificare il sistema, tenendo sul filo del fallimento l'intero mondo agropastorale;
    l'organismo interprofessionale sorto in Sardegna è inadeguato a svolgere la funzione di strumento regolatore del sistema;
    occorre creare vera e propria Authority, terza, al di sopra delle parti, non di mediazione ma di certificazione, di quantità e qualità indispensabili per pianificare e governare le produzioni;
    serve un'Authority antispeculazione, capace di regolare in modo scientifico la domanda e l'offerta del sistema lattiero caseario sardo;
    il mercato americano si è ridimensionato di un ulteriore -5,2 per cento. Si tratta di un mercato che acquista il 64 per cento del pecorino italiano inviato al estero;
    occorre prefissare un quantitativo di latte da destinare al formaggio di punta, in questo caso il pecorino romano;
    se ne deve produrre sempre e solo quello necessario a mantenere elevato il valore della produzione, senza mai alterare il valore commerciale del prodotto di punta;
    con il restante quantitativo di latte prodotto occorre orientare la diversificazione ad altre nicchie e nuove potenzialità;
    il mercato americano è in profonda evoluzione e tutti, in Sardegna e non solo, continuano ad ignorarlo, lasciando spazio a qualche multinazionale organizzata;
    nel 2016 il mercato a stelle e strisce registra una riduzione minima ma pur sempre significativa dell’import di formaggi pecorino (-3,2 per cento, rispetto al periodo gennaio-agosto del 2015);
    quel che sorprende è l'aspetto qualitativo della domanda, con dinamiche totalmente contrapposte;
    l’import degli USA di pecorini da grattugia nel 2016 ha registrato una netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2015. La flessione è stata del 17,5 per cento ha interessato principalmente l'Italia (-25 per cento). A trarne beneficio sono state principalmente Spagna e Francia per le quali si registra un aumento in volume rispettivamente del 29,8 e del 3 per cento;
    si consuma meno «pecorino da grattugia», quindi pecorino prodotto in Sardegna, tanto che l'Italia ha perso il 25 per cento, del mercato però conquistato dalla Spagna e dalla Francia, che evidentemente hanno saputo collocare con più efficacia commerciale il proprio prodotto negli Stati Uniti;
    crescono le importazioni dagli USA di «pecorini non da grattugia», che hanno registrato nel 2016 un aumento del 27,5 per cento rispetto ai primi otto mesi del 2015. La Spagna, che fino a qualche anno fa era il Paese leader di questo segmento, ha perso ulteriormente terreno (-3,1 per cento variazione tendenziale) con una quota di mercato pari al 20 per cento principalmente a favore dell'Italia, la quale ha acquisito la leadership con una fetta di mercato del 40 per cento sul totale commercializzato;
    nell'ultimo anno le forniture dall'Italia sono più che raddoppiate in volume +143 per cento rispetto allo scorso anno, stimolate da un significativo calo del valor medio unitario rispetto ai prezzi del 2015 (-5,3 per cento)
    il pecorino è divenuto un prodotto speciale di qualità, non più da grattugia ma da tavola;
    occorre azzerare le scorte e serve la volontà politica per farlo, ma non sono più sufficienti solo provvisorie ed effimere soluzioni politiche, tantomeno per la definizione del prezzo del latte;
    occorre esplorare nuovi mercati, orientare meglio le produzioni;
    si registrano contraffazioni e imitazioni che stanno invadendo il mercato americano a scapito delle produzioni sarde,

impegna il Governo:

   a promuovere iniziative, anche normative tese ad istituire una vera e propria Authority del settore lattiero caseario ovicaprino per la certificazione di qualità e quantità, capace di regolare la produzione di punta e ridurre al massimo la differenza tra la quotazione del pecorino romano e quella di prodotti diversificati;
   a promuovere un piano strategico per diversificare i prodotti e in funzione di nuovi mercati, da ampliare e rafforzare;
   ad attivare ogni utile e inderogabile azione di tutela rivolta al pecorino romano, sotto «attacco» sia a livello nazionale sia a livello internazionale e delle altre due Dop (Pecorino sardo e fiore sardo);
   a proporre e perseguire un meccanismo virtuoso per governare le quantità di materia prima, con un prezzo fondato su parametri premianti della qualità, tesi ad incentivare una tendenza positiva al miglioramento della qualità del latte in grado di coprire gli investimenti realizzati;
   a perseguire politiche tese al miglioramento genetico del bestiame e a incrementare l'autoproduzione di mangimi e foraggi proprio per le condizioni insulari della Sardegna;
   a promuovere un grande piano di comunicazione per la promozione del prodotto «pecorino romano» e i prodotti del settore nel mondo.
(7-01164) «Schullian, Pili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2017 la Corte Costituzionale esaminerà in pubblica udienza le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova, in relazione ad alcuni aspetti della legge vigente per l'elezione della Camera dei deputati;
   in tutti i cinque giudizi, incardinati con le ordinanze nn. 89, 163, 192, 265 e 268 del 2016, la Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sul presupposto che la legge elettorale non è ancora stata applicata in concreto e quindi non ha concretamente leso i diritti azionati dai ricorrenti;
   inoltre, è stata eccepita l'inammissibilità anche perché la norma è divenuta applicabile soltanto il 1o luglio 2016 e quindi dopo l'instaurazione del giudizio davanti al tribunale;
   in sostanza, la tesi difensiva della Presidenza del Consiglio si basa sul fatto che l'incostituzionalità della legge elettorale dovrebbe essere dichiarata solo dopo che la stessa abbia impedito ai cittadini di votare liberamente;
   tale tesi è in contrasto con almeno due pronunce della Corte di Cassazione: l'ordinanza 17 maggio 2013 n. 12060 e la sentenza n. 8878 del 2014, nelle quali è stato affermato, in sintesi, che «l'espressione del voto – rappresenta ...un diritto inviolabile e “permanente”, il cui esercizio da parte dei cittadini può avvenire in qualunque momento e deve esplicarsi secondo modalità conformi alla Costituzione, sicché uno stato di incertezza al riguardo ne determina un pregiudizio concreto, come tale idoneo a giustificare la sussistenza in capo ad essi, dell'interesse ad agire per ottenerne la rimozione»;
   la tesi difensiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, ad avviso degli interpellanti, oltre ad essere infondata, ha gravi implicazioni politiche, perché pretende di imporre ai cittadini uno stato di intollerabile incertezza sulla legittimità delle norme che disciplinano l'elezione del Parlamento. Così facendo, si svilisce la funzione della massima espressione della sovranità del popolo, il voto, che deve essere sempre ed in ogni momento libero, cioè non condizionato, né condizionabile;
   è di palese evidenza che la qualità della democrazia ne risentirebbe se si fosse costretti ad andare al voto usando una legge che ben cinque tribunali della Repubblica hanno rinviato alla Corte costituzionale per farne vagliare la costituzionalità. Non si può, infatti, nascondere che molte polemiche sono state sollevate sulla legittimità politica e democratica di questo Parlamento e non sarebbe tollerabile se anche l'autorevolezza del Parlamento eletto nella prossima legislatura dovesse essere svilita da simili polemiche;
   peraltro, non si comprende quale sia l'interesse della Presidenza del Consiglio nel difendere l'ipotesi di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale di una legge elettorale destinata a disciplinare la formazione del Parlamento in futuro. Anche volendo tralasciare l'ovvia ed elementare considerazione che il Governo non può in nessun caso tentare di limitare la libertà del voto dei cittadini, non si può comunque, fare a meno di notare che l'eventuale dichiarazione di incostituzionalità della legge elettorale in esame non potrebbe avere alcun riflesso sull'attività del Governo, neppure politico, visto che non è stato il presente Governo a porre la questione di fiducia al momento della votazione della legge in questa Camera. Non si spiega, pertanto, in alcun modo l'opposizione della Presidenza del Consiglio, basata su aspetti meramente formali;
   va sottolineato, inoltre, che la legge elettorale è una legge costituzionalmente necessaria, cioè una legge che deve sempre necessariamente esistere ed essere applicabile in qualsiasi momento. Per tale caratteristica, si tratta di un atto che dovrebbe essere necessariamente conforme alla Costituzione;
   la posizione della Presidenza del Consiglio, peraltro, a giudizio degli interpellanti contrasta con la condotta scelta dal Governo Monti, che dando prova di sensibilità istituzionale, non si costituì nel giudizio dal quale scaturì la sentenza che dichiarò incostituzionale il « Porcellum»;
   gli aspetti negativi di tutta questa vicenda e lo svilimento della credibilità del Governo e del Parlamento che ne sono effetto devono essere evitati –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire la neutralità del Governo in relazione alla decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità della legge cosiddetta Italicum.
(2-01595) «Galgano, Monchiero».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CULOTTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sud Italia è stato coinvolto da una ondata di maltempo che ha portato nevicate e bufere e l'accumularsi di centimetri di neve nei centri abitati;
   le basse temperature hanno causato formazione di ghiaccio sulle strade, che, insieme ai cumuli di neve, ha interrotto le vie di comunicazione fra i paesi e le strutture di primaria importanza;
   molti comuni sono rimasti isolati anche per il reperimento di beni di prima necessità;
   il blocco delle vie principali ha impedito e reso molto complicato adottare i soccorsi per i cittadini delle fasce più deboli;
   nonostante l'impiego di mezzi, giunto in ogni caso oltre ogni ragionevole ritardo, per liberare le strade, questo non è servito a ripristinare un minimo di sicurezza tale da poter permettere lo spostamento anche per il lavoro;
   ci sono voluti giorni per far sì che tutte le strade siano tornassero ad essere regolarmente transitabili, per liberare e spalare la neve nelle strade comunali e dai vicoli dei comuni di Gangi, Petralia Soprana, Petralia Sottana, Geraci Siculo, Polizzi Generosa e San Mauro Castelverde; si parla di accumuli intorno a 80-100 centimetri;
   sono molte le aziende agricole e zootecniche che sono isolate tra la zona di Gangi e Nicosia, sono molti i capi di bestiame ricoverati nelle stalle che rischiano di morire di fame e sono stati registrati casi di danni alle colture;
   vi sono scuole rimaste chiuse, in alcuni casi per ben 3 giorni, e che ad oggi, 17 gennaio, in alcuni comuni rimangono inaccessibili per studenti e corpo docente;
   per 4 giorni abbondanti nevicate hanno isolato gli abitanti di Valledolmo. Le strade del paese completamente innevate hanno impedito la circolazione veicolare, nonostante siano stati attivati gli spazzaneve;
   il disagio maggiore per i cittadini di Valledolmo è stato il congelamento delle condutture idriche che non ha consentito l'uso di acqua corrente tutti i giorni. Decine di lavoratori pendolari sono stati costretti a restare a casa e ad assentarsi dal posto di lavoro, perché non è ancora fruibile l'accesso all'autostrada dal bivio di Tremonzelli;
   nonostante l'abnegazione del primo cittadino per ovviare ai disagi dei trasporti con mezzi privati, per raggiungere l'autostrada (8 chilometri) e la stazione FS (10 chilometri) i disagi sono stati notevoli –:
   se siano a conoscenza dei fatti suddetti e della situazione in generale di maltempo in Sicilia e quali iniziative di competenza abbiano messo in campo per dare supporto alle comunità locali e alle imprese agricole e zootecniche;
   quali siano le azioni che prevedono di adottare in futuro per prevenire tali disagi ai cittadini. (5-10288)


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, FOLINO, FERRARA, QUARANTA, FRATOIANNI, MELILLA, DURANTI, PIRAS, SCOTTO, SANNICANDRO e NICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la testata Cronachemaceratesi.it in data 8 gennaio 2017 riportava una dichiarazione, dell'assessore della giunta regionale delle Marche con delega alla protezione civile, Angelo Sciapichetti, relativa ai tempi di riapertura dell'arteria stradale «Valnerina» (strada regionale 209, nel tratto umbro, quasi interamente di competenza delle province di Perugia e Terni; strada provinciale 209 nel tratto marchigiano, di competenza della provincia di Macerata) che congiunge Umbria e Marche;
   l'arteria, a seguito degli eventi sismici dell'ottobre 2016, risulta essere sommersa in parte dal fiume Nera, a causa di una frana;
   l'assessore Sciapichetti ha affermato che per la riapertura dell'arteria «ci vorranno purtroppo tempi molto più lunghi di quanto ognuno di noi possa immaginare», essendo necessari «studi accurati da parte di geologi e di gruppi di esperti altamente specializzati (studi già avviati) per appurare prima di tutto il grado di sicurezza e quali e quante opere occorrerà realizzare»;
   tale dichiarazione non fornisce tuttavia alcuna indicazione sui tempi necessari, né quelli ipotizzabili relativamente al ripristino dell'arteria, né tantomeno rispetto agli studi che sarebbero stati promossi in vista delle opere da eseguire –:
   se il Governo sia in grado di fornire maggiori informazioni sulle tempistiche di ripristino dell'arteria stradale Valnerina, nel contesto degli interventi volti a fronteggiare i danni determinati dal sisma. (5-10295)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con l'ordinanza n. 11 del 9 gennaio 2017 del Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori dei comuni delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria interessati all'evento sismico del 24 agosto 2016, è stato istituito il comitato tecnico scientifico della struttura del commissario, come previsto dall'articolo 50, comma 5, del decreto-legge n. 189 del 2016;
   il commissario tecnico scientifico ha il compito di fornire un supporto tecnico e consigliare il Commissario straordinario nella «definizione dei criteri di indirizzo, vincolanti per tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel processo di ricostruzione, per la pianificazione, la progettazione e la realizzazione degli interventi di ricostruzione con adeguamento sismico degli edifici distrutti e di ripristino con miglioramento sismico degli edifici danneggiati, in modo da rendere compatibili gli interventi strutturali con la tutela degli aspetti architettonici, storici e ambientali, anche mediante specifiche indicazioni dirette ad assicurare una architettura ecosostenibile e l'efficientamento energetico»;
   per tali finalità sono stati individuati i 13 membri, «esperti di comprovata esperienza in materia giuridica, di urbanistica, ingegneria sismica, tutela e valorizzazione dei beni culturali»;
   tra le aree di competenza, previste dall'ordinanza, non viene indicata la geologia, materia, ad avviso dell'interrogante, di indiscutibile rilevanza in ipotesi come quella di ricostruzione post sisma;
   tra i membri del consiglio tecnico scientifico non compare, inoltre, alcun esponente della sezione di geologia, scuola di scienze e tecnologie dell'università di Camerino (peraltro intervenuta sin da subito dopo il primo sisma del 24 agosto 2016 con un gruppo di geologi coordinati dal professor Emanuele Tondi, per compiere rilievi presso il comune di Accumuli), che ha caratterizzato la propria attività di ricerca nel corso dell'ultimo mezzo secolo proprio nei territori del cratere sismico –:
   se il Governo, per il tramite del Commissario straordinario di cui in premessa non ritenga utile, per le finalità proprie del comitato tecnico scientifico sopra richiamato, di assumere iniziative al fine di valorizzare l'esperienza maturata, nel corso di anni di ricerca concentrati sul territorio del cratere, dalla sezione di geologia, scuola di scienze e tecnologie dell'università di Camerino (Unicam);
   se non intenda assumere iniziative per avvalersene, attraverso l'inserimento di esponenti di tale sezione nel comitato tecnico scientifico istituito ai sensi dell'articolo 50, comma 5, del decreto-legge n. 189 del 2016, come previsto dall'articolo 3, comma 2, dell'ordinanza n. 11 del 9 gennaio 2017, richiamata in premessa. (4-15224)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 17 settembre 2016, n. 189 recante misure urgenti in favore delle popolazioni di Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria colpite dagli eventi sismici del 2016 all'articolo 48, comma 1-bis, prevede che: «i sostituti d'imposta, ovunque fiscalmente domiciliati nei Comuni di cui agli allegati 1 e 2, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1o gennaio 2017 e fino al 30 settembre 2017. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi mediante ritenuta alla fonte si applica per le ritenute operate ai sensi degli articoli 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600»;
   quanto suddetto si applica ai soggetti domiciliati nei comuni di Teramo, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata, Fabriano e Spoleto;
   le disposizioni di cui al comma 1-bis si applicano limitatamente ai singoli soggetti danneggiati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto;
   pertanto, ne deriva che il cittadino residente in un comune rientrante nella mappa del cratere che ha subito danni a causa del sisma, ma lavora presso un'azienda che si trova fuori dai comuni presenti nell'elenco di cui al suddetto decreto non godrebbe dei benefici disposti dall'articolo 48, comma 1-bis –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per chiarire la corretta interpretazione del decreto n. 189 del 2016, convertito dalla legge n. 229 del 2016 per consentire ai cittadini/lavoratori residenti nei comuni compresi dalla mappa del cratere, – che causa del sisma occorso il 24 agosto 2016 hanno subito danni alla propria abitazione – indipendentemente se questi svolgano il proprio lavoro presso aziende non danneggiate che operano nelle aree dei comuni rientranti nell'elenco delle mappe del cratere, oppure in aziende che si trovano fuori dai comuni colpiti dal terremoto, affinché possano usufruire di quanto previsto dalla legge n. 229 del 2016. (4-15229)


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 14 gennaio 2017 l'organizzazione politica Forza Nuova ha promosso a Milano, all'Arco della Pace, una manifestazione a carattere nazionale dal titolo «Per la sovranità», propagandandola con un manifesto in cui veniva riprodotto un frammento del Polittico della Rivoluzione fascista di Gerardo Dottori del 1934, in cui si ritraggono schiere di squadristi degli anni Venti con bandiere nere, baionette e fez;
   la stessa Forza Nuova non fa mistero di ispirarsi sia al ventennio fascista, sia alla Guardia di Ferro rumena fondata da Corneliu Zelea Codreanu, uno dei più sanguinari movimenti antisemiti che l'Europa abbia mai conosciuto, attivo negli anni Trenta e Quaranta del novecento, che arrivò a collaborare con i nazisti e praticare l'azione terroristica su larga scala;
   Forza Nuova è stata più volte oggetto di attenzioni da parte della magistratura fin dal suo sorgere il 29 settembre 1997;
   moltissimi sono stati, nel corso degli anni, gli episodi riportati dalla stampa che hanno visto militanti e dirigenti di Forza Nuova, o che vi avevano fatto parte, condannati per aggressioni violente;
   l'elenco sarebbe lunghissimo;
   solo per citarne alcuni, si va: dall'arresto a Padova, il 1o dicembre del 2000, di un gruppo di neofascisti, tra i quali figura un candidato alle elezioni comunali per Forza Nuova, in possesso di armi ed esplosivi, in un quantitativo tale da «devastare un intero quartiere», come scrisse allora il quotidiano Il Mattino; ai mandati di cattura per alcuni esponenti di Forza Nuova per l'irruzione il 10 gennaio 2003 negli studi televisivi di Telenuovo a Verona con pestaggio in diretta di Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia; al gravissimo episodio avvenuto nella notte tra il 24 ed il 25 settembre 2007 quando a Rimini furono arrestati 13 esponenti di Forza Nuova (tra cui il responsabile provinciale), con le accuse di violazione della legge antiterrorismo, tentato sequestro di persona, possesso di armi e materiale inneggiante al Terzo Reich, per aver cercato di assaltare Lab. Sociale Paz. con piedi di porco, spranghe e 14 litri di nitro-diluente antinebbia infiammabile e nocivo, pistole a gas, dieci coltelli a serramanico, tirapugni, due catene di ferro, due bastoni in legno, due pugnali, tre manganelli, e anche tre baionette;
   riguardo alla natura di questa organizzazione di particolare rilevanza vi sono stati due pronunciamenti della Corte di cassazione. Quello del 10 febbraio 2011 (sentenza n. 4938 della quinta sezione penale) con cui si affermava che «alla luce dei dati storici e dell'assetto normativo vigente durante il ventennio fascista, segnatamente delle leggi razziali», la qualità di fascista «non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall'accostamento al nazismo». Con ciò ribadendo il contenuto di un'altra precedente sentenza dell'8 giugno 2010, sempre della Corte di Cassazione, che ritiene invece «pienamente giustificato l'uso delle espressioni» «nazifascisti» e «neofascisti» nei confronti di Forza Nuova –:
   quali siano le ragioni per le quali a Forza nuova venga data, nonostante i suoi esponenti si siano macchiati di sistematiche e ripetute violenze, la possibilità di tenere pubblicamente comizi e cortei nelle città italiane;
   se il Governo possa fornire un quadro statistico esatto e completo sul numero e sulla tipologia di procedimenti penali che hanno interessato e interessano esponenti di Forza Nuova dalla sua fondazione ad oggi. (4-15233)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   GAIA s.p.a. è una società a capitale pubblico che dal 2005 gestisce il servizio idrico integrato di 48 comuni della Toscana settentrionale, per un totale di 2.586, chilometri quadrati, con circa 260.000 utenze. La Corte dei Conti ha rivelato le grosse difficoltà economiche della società fin dalla sua costituzione. Nel 2005 i debiti di GAIA ammontavano a 42 milioni di euro e ad oggi invece di diminuire i debiti sono saliti a 192 milioni di euro ed un ulteriore mutuo di ingenti milioni di euro è stato richiesto a Monte dei Paschi di Siena;
   GAIA vanta 464 dipendenti (un nuovo bando di concorso è stato emesso in questi giorni), i compensi totali annui dei dipendenti della società ammontano a 25 milioni di euro (tra i quali spiccano i compensi dei dirigenti), ma nonostante l'ingente numero di risorse umane a disposizione, la società affida in appalto molte attività a società esterne;
   da fonti stampa si apprende che «GAIA per lunghi anni dal 2005 al 2011 apparentemente senza accorgersene fino al 2014, ha incassato meno di quello che aveva messo a bilancio, perché gli utenti hanno consumato meno e perché la società ha fatto male i conti. E dunque non ha onorato il pagamento dei debiti nei confronti dei Comuni per le opere realizzate dagli stessi. Con il risultato che i conti sono diventati insostenibili per l'azienda pubblica la quale, per pareggiarli, ai cittadini chiede ora sostanziosi arretrati» (http://iltirreno.gelocal.it). Quindi «il problema di questo settore è che la remunerazione dell'azienda è legata al consumo dell'acqua: meno se ne consuma, meno sono le entrate, meno Gaia è in grado di sostenere le spese»;
   la strategia messa in atto dalla società per poter rientrare nei debiti è quella di aumentare a dismisura le bollette (nel comune di Massa sono triplicate in 3 anni) e di far pagare alle utenze anche le tariffe pregresse per gli anni 2005/2011 (anche a soggetti che in quel periodo non erano utenti, con la scusante che il conteggio viene effettuato sui consumi del 2012);
   in base all'associazione Altroconsumo, la regione Toscana risulta avere le bollette d'acqua più care (circa il 400 per cento in più confronto a Milano) pur essendo il terzo bacino idrico d'Italia e registrando in alcuni tratti addirittura una dispersione della rete idrica del 68 per cento;
   a seguito di tutto ciò, sono nati molti comitati cittadini «No GAIA» che hanno unito trasversalmente varie forze politiche. Sul piede di guerra anche il comitato «Acqua alla gola», con il presidente Alfonso Baldi, che dichiara «la fascia di eccedenza disposta da GAIA è di 130 mc con un costo di circa 3 euro al mc, mentre ISTAT rileva che un consumo medio di una famiglia di 3 persone sia di 170 metri, ne consegue che quasi tutti si ritrovano nella fascia di eccedenza trovandosi così a pagare di media dai 600 ai 1.300 euro annui di acqua, come rivelato anche dal movimento Cittadinanzattiva. Inoltre lasciare senza acqua chi non può pagare 1000 euro l'anno di acqua è comunque un reato contro la dignità e la civiltà»;
   a giudizio degli interroganti la normativa in materia appare carente in quanto non sono previste adeguate tutele per i cittadini meno abbienti e per assicurare loro la fruizione di un bene essenziale come l'acqua –:
   quali iniziative intendano avviare i Ministri interrogati, anche sul piano normativo, affinché, un bene primario come l'acqua, venga garantito anche ai cittadini meno abbienti. (4-15238)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 2016 prevede l'istituzione a Santo Domingo (Repubblica Dominicana) di un'ambasciata d'Italia, a decorrere dal 1o febbraio 2017;
   la notizia confermata dall'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Gentiloni durante lo svolgimento il 28 settembre 2016 dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-02514, nella quale si richiedeva di venire incontro alle esigenze degli italiani che vivono nella Repubblica Dominicana riaprendo l'ambasciata italiana a Santo Domingo, soppressa il 31 dicembre 2014, aveva creato una attesa positiva da parte della comunità italiana ivi residente; 
   tale comunità, oggi, a pochi giorni dalla data indicata per la riapertura, non vede segnali che possono far intendere attività connesse con la riapertura stessa della sede diplomatica, mentre non vi sono nemmeno notizie precise sull'inizio delle attività consolari;
   questa situazione sta creando preoccupazioni ed allarme all'interno della comunità italiana stessa che vede sfumare la certezza della riapertura della sede diplomatica –:
   come intenda operare il Ministro interpellato al fine di garantire, in tempi certi e rispettando la data annunciata, il ripristino del pieno funzionamento dell'ambasciata e quindi anche dei servizi consolari, compresa la nomina dell'ambasciatore preposto.
(2-01590) «Fitzgerald Nissoli, Dellai».

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   da quanto riportato da Rfi Afrique e rilanciato da agenzie di stampa, sarebbe imminente l'avvio della prima fase di un accordo di cooperazione militare tra la Russia e le forze dell'est libico guidate dal generale Khalifa Haftar;
   a quanto si apprende lo stesso Haftar avrebbe incontrato alcuni esperti militari russi l'11 gennaio 2017 e sarebbe stato convenuto che addestratori militari di Mosca saranno dislocati presto nelle basi libiche dell'est del Paese per formare i soldati delle forze di Haftar; sarebbero inoltre previste, a Tobruk e Bengasi, anche manovre in mare su navi militari russe;
   in Libia, di fatto, sono presenti tre governi: quello di Sarraj, avvallato dall'Onu; quello di Tobruk, in Cirenaica, guidato da Haftar, che può contare sull'appoggio del vicino Egitto e degli Emirati arabi uniti, che hanno già una base militare in Libia; e, infine, il governo islamista di salvezza nazionale, guidato da Khalifa Ghwell, sostenuto e finanziato da Turchia e Qatar e che si era autosospeso dopo l'arrivo di Sarraj a Tripoli, nel marzo 2016, ma che, nei giorni scorsi, ha nuovamente ripreso a contestare la legittimità del governo di Sarraj;
   attualmente, l'Italia partecipa attivamente, assieme ad altri 25 Paesi europei, all'operazione Eunavfor Med, concepita con lo scopo di individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai contrabbandieri e dai trafficanti di esseri umani. A tali compiti sono stati uniti gli incarichi di addestramento della guardia costiera e della Marina libica del Governo riconosciuto a livello internazionale e dall'Onu, e il contributo alle operazioni di embargo alle armi in accordo alla risoluzione dalle Nazioni Unite n. 2292 del 14 giugno 2016;
   l'evoluzione della situazione in Libia, con il Governo di Fayez Al Serraj messo in difficoltà dall'opposizione e l'avanzata del generale Khalifa Haftar, mette a rischio il progetto di un accordo con Tripoli per frenare il flusso di migranti nel Mediterraneo centrale –:
   quali informazioni siano in possesso dei Ministri interrogati;
   quali iniziative, anche in considerazione del fatto che l'Italia è a attualmente membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Governo intenda intraprendere per dare all'Italia quel «ruolo guida» in Libia per affrontare la questione immigrazione e stabilizzare la risoluzione della crisi in quell'area, così come annunciato dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Matteo Renzi all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015, anche alla luce del comportamento a giudizio dell'interrogante, non molto trasparente di una importante potenza militare come la Russia;
   quali ripercussioni potrebbero avere le paventate manovre militari russo-libiche dell'est in quadranti marini contigui all'attività della Marina militare italiana.
(2-01587) «Capezzone».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   Milagro Sala, fondatrice e leader dell'organizzazione sociale argentina Tupac Amaru, oltre che deputata del Parlasur, è detenuta illegalmente insieme ad altri membri del movimento sociale dal 16 gennaio 2016. Nonostante gli appelli di Amnesty International e una risoluzione da parte del gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie delle Nazioni Unite, continua ad essere la prima prigioniera politica del governo del Presidente Macrì;
   Milagro Sala è la leader dell'organizzazione di quartiere Tupac Amaru, il collettivo di base popolare e indigeno che lotta per i diritti economici, sociali e culturali nella provincia di Jujuy e in tutta l'Argentina. L'organizzazione è stata fondata negli anni novanta nella città di San Salvador de Jujuy, nel nord ovest dell'Argentina al confine con la Bolivia. Questa provincia ha indicatori sociali sotto la media nazionale, per questo il lavoro dell'organizzazione si è concentrato sull’empowerment dei gruppi più vulnerabili. Dal 2004, attraverso la gestione di programmi nazionali e provinciali, la Tupac Amaru gestisce la costruzione di abitazioni, fornisce servizi sanitari e per l'istruzione, sviluppa attività di produzione e genera occupazione per oltre 4.500 persone, organizzate attraverso cooperative di lavoro;
   tanto la risoluzione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite quanto l'Organizzazione degli Stati americani hanno definito la detenzione come illegale. Il primo ministro Canadese, Justin Trudeau ha menzionato la necessità della sua liberazione durante la visita presso la capitale argentina, aumentando così la pressione internazionale al riguardo. Immediatamente dopo questa dichiarazione, sei persone sono state messe in libertà, tra cui il marito di Milagro Sala;
   in particolare, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha stabilito che «la detenzione della signora Milagro Sala è arbitraria» e ha quindi chiesto «al Governo argentino di rilasciarla immediatamente». Il gruppo ha stabilito che era stata messa in atto una rete di «accuse a catena» e di processi indiziari per sostenere la detenzione a tempo indeterminato. Il gruppo ha concluso che in questo caso è stata violata l'indipendenza della magistratura. Inoltre, analizzando le ragioni giuridiche per cui Milagro Sala è privata della libertà, il gruppo ha concluso che non vi sono motivi legali per giustificare la sua detenzione. Non è dimostrato esistere il rischio di fuga o di intralcio alle indagini per giustificare la sua detenzione. Il gruppo ritiene che lo Stato abbia impedito l'esercizio del diritto di difesa di Milagro Sala per mancanza di precisione e chiarezza dei fatti contestati contro di lei e per non averla informata adeguatamente sui crimini di cui è accusata. Ha anche rilevato che, per la sua condizione di deputata del Parlasur, Milagro Sala godeva di diritti parlamentari che impedivano il suo arresto. Il Governo argentino è tenuto ad attuare le misure definite dal gruppo di lavoro. La decisione del gruppo fa seguito alla denuncia di Amnesty International, CELS e ANDHES nel febbraio 1016, dopo l'arresto di Milagro Sala nella provincia di Jujuy;
   in Argentina si sono costituiti quasi 50 comitati per la liberazione di Milagro Sala e 9 all'estero, tra cui il Comitato per la Liberazione di Milagro Sala italiano;
   nel mese di dicembre 2016 nel giro di 24 ore Milagro Sala è stata condannata due volte dai giudici di Jujuy. La prima volta il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto una pena di tre anni per l’escrache (forma di denuncia pubblica attraverso affissione di locandine e distribuzione di volantini volta a screditare) realizzato nel 2009 ai danni dell'allora senatore Gerardo Morales. La seconda volta Milagro Sala è stata condannata per danno alla circolazione del traffico a causa di un sit-in pacifico che dal dicembre 2015 al febbraio 2016 si è svolto di fronte al palazzo del governo di Jujuy, insieme a numerose altre associazioni della provincia argentina, contro l'ondata di licenziamenti che aveva lasciato a casa migliaia di lavoratori delle cooperative. Sala è stata multata e interdetta ai pubblici uffici e cariche in associazioni per tre anni. La difesa ha sottolineato il fatto che in casi analoghi non sia mai stata contemplata l'interdizione dai pubblici uffici;
   alla luce degli ultimi avvenimenti e in concomitanza con il 16 gennaio che segna il primo anno di detenzione illegale di Milagro Sala nel carcere di Alto Comedero a Jujuy, appare inspiegabile e grave il fatto che il Governo italiano non abbia preso nessuna posizione riguardo alla vicenda –:
   quali siano i motivi del ritardo da parte del Governo nel prendere coscienza della questione e nel sostenere le risoluzioni che difendono i diritti umani, non ultima quella del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, richiedendo al Presidente Macrì l'immediato rilascio di Milagro Sala affinché la leader si possa difendere da donna libera;
   quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere affinché i diritti umani, quelli delle donne e dei più poveri siano rispettati e difesi in Argentina.
(2-01589) «Martelli, Nicchi, Melilla, Palazzotto, Fratoianni, Ricciatti, Duranti, Pannarale, Scotto, Carlo Galli, Kronbichler, Franco Bordo».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FITZGERALD NISSOLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   la legge 5 febbraio 1992, n. 91, all'articolo 17, regola i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana;
   il termine inizialmente fissato di due anni per tale richiesta è stato prorogato per ben due volte, con la legge 22 dicembre 1994, n. 736, e successivamente, con l'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
   dopo l'ultima proroga, scaduta il 31 dicembre 1997, non è più stato possibile riacquistare la cittadinanza, se non stabilendo la residenza sul territorio nazionale per almeno un anno;
   bisogna registrare che vi è stata una scarsa informazione diretta verso le comunità italiane all'estero, per cui molti aventi diritto non hanno usufruito del periodo di proroga;
   il testo di modifica della legge sulla cittadinanza votato dalla Camera dei deputati ma ancora all'esame del Senato della Repubblica, introdurrebbe, se definitivamente approvato, lo ius culturae e lo ius soli temperato, ma non contempla i casi di cittadini italiani, nati in Italia, che recatisi all'estero abbiano perso la cittadinanza, persone di chiara cultura italiana;
   vi è un'esigenza diffusa, dettata da motivazioni identitarie, di poter riacquistare la cittadinanza italiana tramite richiesta al consolato di riferimento, senza dover risiedere un anno in Italia, impossibile per chi lavora ed ha famiglia all'estero;
   in seguito ai cambiamenti avvenuti sul piano giuridico all'interno di Paesi di emigrazione italiana, i nostri già concittadini possono avere la doppia cittadinanza e, quindi, fare richiesta per il riottenimento di quella italiana; si tratta di Paesi con l'Italia cui intrattiene ottimi rapporti di amicizia e cooperazione, come gli Stati Uniti d'America;
   gli italiani all'estero rappresentano una risorsa importante, in termini di rete, per il nostro sistema-Paese –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per venire incontro alle esigenze di questi italiani di fatto che chiedono di riacquistare la cittadinanza italiana facendone espressa richiesta al consolato competente, senza dover soggiornare un anno sul territorio italiano. (3-02705)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CASSANO, CAUSI, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PORTA, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, TIDEI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   l'anno che si è appena aperto si presenta particolarmente impegnativo per la diplomazia italiana;
   dal 1o gennaio e fino al 31 dicembre 2017 l'Italia siederà come membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, insieme a Paesi quali Svezia, Bolivia, Etiopia, Kazakistan, Egitto, Giappone, Senegal, Ucraina e Uruguay. Il Consiglio di sicurezza si troverà a gestire dossier di particolare delicatezza, come il contrasto al Daesh in Siria e Iraq, nonché il processo di pacificazione e riconciliazione nazionale in Libia, in Siria e in Yemen. Il tutto dentro un contesto internazionale necessariamente mutato dalla nuova amministrazione che sta per insediarsi alla Casa Bianca;
   sempre nel 2017 l'Italia avrà la presidenza del G7 che culminerà con l'incontro dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri a Taormina il 27 e 28 maggio 2017. La scelta del luogo, la Sicilia, l'isola che rappresenta la prima frontiera per l'arrivo dei migranti dall'Africa, carica questo appuntamento di rilevanti aspettative riguardo il governo dei flussi migratori. Sarà inoltre il primo evento internazionale multilaterale per il neoeletto Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump;
   non sono infine da trascurare il ruolo che svolgerà l'Italia all'interno dell'Osce nel 2017, anno in cui presiederà il gruppo di contatto sul Mediterraneo, e gli appuntamenti relativi alla politica estera dell'Unione europea con la presidenza del cosiddetto «processo di Berlino sui Balcani occidentali» e, sempre sul fronte europeo, il Consiglio europeo straordinario del 25 marzo 2017 a Roma per le celebrazioni dei 60 anni della firma dei trattati istitutivi della Comunità europea –:
   quali siano le priorità che il Governo italiano intende inserire tra le conclusioni del G7 di maggio 2017 e su quali obiettivi diplomatici intenda concentrare la propria azione come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu, nonché negli altri ambiti della politica internazionale che vedono il nostro Paese chiamato a rilevanti ruoli di direzione. (3-02706)


   LOCATELLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   un anno fa, il ricercatore Regeni, dottorando a Cambridge, impegnato in uno studio sui sindacati egiziani, dopo essere scomparso al Cairo, nella notte del 25 gennaio 2016, venne ritrovato cadavere in un fosso pochi giorni dopo, il 3 febbraio 2016, lungo la strada che porta ad Alessandria, a venti chilometri dal centro della città;
   in un primo momento, le autorità del Cairo hanno tentato di accreditare una serie di versioni false sulla morte: dall'incidente stradale al rapimento per furto da parte di una banda di criminali comuni, conclusasi con l'omicidio. L'autopsia eseguita a Roma ha, invece, confermato che il giovane è stato seviziato e torturato e che il decesso è avvenuto dopo una lunga e straziante agonia per le torture che gli erano state inflitte;
   ai tentativi di depistaggio, agli omissis e agli ostacoli spesso frapposti dalle stesse autorità egiziane, alla reticenza ingiustificabile degli stessi docenti di Cambridge, in particolare della sua tutor, che non hanno voluto incontrare i magistrati italiani, si è aggiunta recentemente la testimonianza di Mohamed Abdallah, sindacalista degli ambulanti del Cairo oggetto di studio da parte di Regeni, il quale ha dichiarato di essere autore della denuncia del ricercatore italiano ai servizi di sicurezza ritenendolo una spia;
   il Governo egiziano e lo stesso presidente Al Sisi continuano a negare qualsiasi responsabilità, ma lasciano intendere che al massimo si sarebbe trattato di un crimine compiuto da non meglio indicati servizi segreti deviati per colpire la credibilità dell'Egitto sul piano internazionale e i rapporti con l'Italia;
   la collaborazione degli inquirenti italiani con la magistratura egiziana, fin qui proseguita a singhiozzo e non per volontà italiana, non ha prodotto sostanziali passi avanti e manca ancora una spiegazione credibile di quello che a tutti gli effetti può e deve essere classificato come un rapimento e un delitto di Stato contro un giovane senza alcuna colpa –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere nei confronti delle autorità egiziane affinché sia fatta luce sulle circostanze della scomparsa e della morte di Regeni, vengano assicurati alla giustizia i responsabili e venga garantito il rispetto dovuto all'Italia, in particolare se, ad un anno dal richiamo dell'ambasciatore Massari e dalla successiva nomina di Cantini, il Governo intenda riconsiderare l'opportunità del ritorno dell'ambasciatore in sede, allora richiamato come forma di protesta nei confronti delle autorità egiziane, per esercitare da vicino tutte le pressioni possibili per arrivare alla verità.
(3-02707)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società Shell spa, multinazionale del settore energetico, ha inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, apposita istanza per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale in merito ad un progetto di ricerca idrocarburi liquidi e gassosi denominato «Monte Cavallo»;
   suddetta area è localizzata nel Vallo di Diano a cavallo dei territori compresi tra Campania e Basilicata;
   i comuni interessati nell'ambito di tale richiesta sono Brienza, Marsico Nuovo, Paterno, Tramutola, per quanto concerne il territorio lucano, e Padula, Sala Consilina, Montesano sulla Marcellana, Atena Lucana, Polla, Sant'Arsenio, Sassano e Teggiano, per quanto concerne il territorio campano;
   la richiesta ha un termine di scadenza di 60 giorni, tempo entro cui chiunque abbia interesse può presentare, in forma ufficiale al Ministero, le proprie osservazioni e riserve rispetto all'avvio della procedura;
   da tempo istituzioni locali, associazioni e cittadini di questo territorio hanno manifestato la propria contrarietà ad ogni forma di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, una contrarietà ribadita anche in questi giorni a seguito della notizia richiamata;
   il territorio in questione ricade nell'ambito del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e appare quanto mai surreale che un comprensorio che dovrebbe godere delle tutele previste dalla legislazione nazionale e comunitaria per la salvaguardia di habitat di flora e fauna, nonché del paesaggio, possa essere oggetto semplicemente di una richiesta di attività di ricerca;
   è del tutto evidente che l'attività di ricerca e, a maggior ragione, quella di coltivazione ed estrazione di idrocarburi sono incompatibili con la presenza di un'area naturalistica protetta –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere per evitare che possa essere dato parere favorevole all'istanza presentata dalla Shell per l'area di Monte Cavallo raccogliendo le preoccupazioni di tutta la comunità interessata. (5-10290)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato in una recente intervista al quotidiano Sole 24 Ore, ha detto che il buon andamento degli ingressi nei musei italiani è dovuto al nostro modello di «museo diffuso», in controtendenza rispetto al mercato internazionale che rallenta, come dimostra il calo di ingressi del 15 per cento registrato al Louvre nel 2016;
   è, tuttavia altrettanto vero che in Francia, a causa della paura del terrorismo, il turismo estero è precipitato del 15 per cento e a Parigi del 20 per cento almeno. Tant’è che per la prima volta, dopo anni, l'Italia turistica ha superato la Francia negli arrivi internazionali;
   si tratta dunque di un'affermazione che non tiene conto di una serie di eventi tragici che hanno coinvolto il Paese transalpino;
   inoltre, il Ministro ha parlato con entusiasmo, dei positivi ingressi e introiti nei musei italiani nel 2016, senza considerare che:
    1) da anni gli arrivi internazionali aumentano in Italia costantemente (da poco meno di 42 milioni nel 2008 al 55 milioni del 2015 e per il 2016 questa cifra era stata già raggiunta in settembre, figuriamoci);
    2) conseguentemente, è da anni che aumentano i visitatori di musei e siti archeologici: dai 34,3 milioni del 2007 ai 44,5 milioni del 2016. Sia che ci sia al Ministero dei beni culturali Sandro Bondi che, secondo l'interrogante «tagliava i fondi con l'accetta» sia che ci sia Franceschini che non taglia, e però modifica in modo consistente la struttura:
   inoltre, le statistiche ministeriali non dicono a quanto ammontino gli ingressi delle domeniche gratuite, molto esaltate a parole (dopo aver abolito la carta d'argento per gli over 65), né a quanto assommino i visitatori di due monumenti e cioè la Reggia della Venaria inserita da poco (non è chiaro con quali numeri) nelle statistiche globali e il Pantheon dove si entra gratis, avendo però attivato un sistema di rilevazione degli ingressi. Ma non è chiaro quanti siano tali ingressi. Si sa che sono forse un milione ma l'esatto numero resta un mistero;
   nei musei e nei monumenti-totem come il Colosseo entrano milioni e milioni di visitatori e però il numero dei tecnici e dei custodi resta esiguo anzi cala. Negli organici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ci sono 3.300 posti in organico non coperti da tempo e compaiono sempre più precari a poche centinaia di euro o addirittura volontari (come avvenuto di recente alla Galleria Borghese, secondo quanto denuncia il sindacato FP-Cgil). Mentre migliaia di laureati in storia dell'arte, in archeologia, in beni culturali restano «a spasso» e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si gloria di 500 posti messi a concorso –:
   quali iniziative s'intendano attuare per rafforzare i profili occupazionali dei dipendenti dei musei e dei monumenti italiani, in particolare nei profili tecnici e dei custodi;
   se intenda fornire stime e dati accurati in merito all'ammontare degli ingressi delle domeniche gratuite, con particolare riferimento ai monumenti del Pantheon e della Reggia della Venaria. (4-15220)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata:


   FAVA, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   Mario Ciancarella, al momento della strage di Ustica capitano pilota dell'Aeronautica militare e leader del Movimento democratico dei militari, fu radiato dal corpo nel 1983, con un decreto recante la falsa firma del Presidente Sandro Pertini, come accertato dal tribunale civile di Firenze;
   il capitano Ciancarella aveva rivelato di aver ricevuto una confidenza dal maresciallo Mario Alberto Dettori, radarista a Poggio Ballone la notte della strage di Ustica, secondo il quale la responsabilità dell'abbattimento del Dc dell'Itavia era italiana;
   Ciancarella è stato un capitano dell'Aeronautica scomodo sia per la cultura democratica che cercava di presidiare e diffondere nelle Forze armate a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, sia per il suo conseguente impegno concreto alla ricerca della verità sulla vicenda di Ustica;
   appare evidente che la radiazione, attraverso il macroscopico e gravissimo falso della firma presidenziale, fu un tentativo per isolare e mettere a tacere il capitano Ciancarella sulla vicenda di Ustica –:
   se il Ministro interrogato non intenda rimuovere ogni ostacolo alla richiesta già avanzata dai legali di Mario Ciancarella affinché gli vengano restituiti immediatamente grado e onore militare. (3-02702)


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese appoggia il tentativo intrapreso con l'appoggio delle Nazioni Unite dal Premier Fayez al Sarraj di dar vita ad un Governo di accordo nazionale inclusivo e rappresentativo di tutte le componenti della Libia;
   tra le misure adottate dal Governo per contribuire al successo del tentativo di Sarraj vi è anche l'invio di alcune quote di personale militare del nostro Paese, la maggior parte delle quali si trova a Misurata, dove l'Esercito italiano gestisce un presidio sanitario e concorre a rafforzare le milizie locali, fortemente indebolitesi durante il lungo confronto che le ha opposte alle articolazioni libiche del sedicente Stato islamico a Sirte;
   parrebbero peraltro operare in Libia anche quote di forze speciali nazionali, che attualmente garantirebbero anche la protezione degli immobili utilizzati dal Premier del Governo di accordo nazionale libico, con cui è stata recentemente raggiunta anche un'intesa per il controllo dei flussi migratori;
   il Governo di Sarraj è stato tuttavia sfidato nuovamente dal capo del vecchio Esecutivo tripolino «di salvezza nazionale», Khalifa al Ghwell, legato alla Fratellanza musulmana e alla medesima città di Misurata, che ha proferito parole pesanti nei confronti del nostro Paese, minacciando anche i militari italiani rischierati sul terreno;
   a dispetto delle rassicurazioni fornite dall'ambasciatore d'Italia a Tripoli, Giuseppe Perrone, vi è quindi fondato motivo di ritenere a rischio la posizione dell'ospedale italiano da campo a Misurata e della sua scorta militare;
   il tutto accade mentre il generale Khalifa Haftar, appoggiato dall'Egitto e ora anche dalla Federazione russa, consolida la propria posizione in Cirenaica e riceve proposte politiche d'intesa dallo stesso Ghwell;
   in altre parole, a parere degli interroganti, sarebbero venuti meno i presupposti politici che garantivano la sicurezza del contingente militare italiano in Libia –:
   quali misure il Governo intenda assumere nel caso in cui la situazione in Tripolitania dovesse precipitare e se, in particolare, siano allo studio piani di evacuazione o eventuale rischieramento in altre zone della Libia dei soldati italiani attualmente basati a Misurata. (3-02703)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, FRUSONE, BASILIO, CORDA e TOFALO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come ogni anno i comuni italiani sono impegnati in questi giorni nell'aggiornamento e la formazione delle liste di leva. Quest'anno tocca ai giovani nati nel 2000 che hanno l'obbligo di iscriversi alle liste del proprio comune di residenza;
   il decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 secondo l'articolo 1931, stabilisce le modalità di formazione, gestione e consultazione delle liste di leva, demandando ai comuni il compito di continuare a svolgere — nonostante l'abolizione della leva obbligatoria — detta attività di formazione;
   l'iscrizione nelle liste di leva è obbligatoria e avviene anagraficamente in modo automatico per tutti i giovani della classe chiamata alle armi, ma i giovani nati in quell'anno ed i loro genitori e/o tutori hanno l'obbligo di controllare se il nome del giovane è presente nella lista, poiché, in caso contrario anche se per errore di genere o per mero errore materiale, per trasferimento all'estero o altro, — coloro che non fossero iscritti pur avendone l'obbligo, commetterebbero un reato, quello di renitenza alla leva;
   la Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha confermato una condanna alla pena di un anno di reclusione per tale reato, chiarendo che il servizio di leva militare non è stato abolito, anche perché la soppressione di tale obbligo sarebbe stata in contrasto con la Costituzione, secondo la quale «Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge»  –:
   quanti siano i giovani condannati per il reato di renitenza alla leva dal 2005, anno di sospensione dalla chiamata alle armi delle classi di giovani;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per sospendere la tenuta di tali liste al fine di ottimizzare le risorse della pubblica amministrazione;
   quanti siano i comuni italiani che mantengono propri uffici dedicati, in via esclusiva, alla gestione degli uffici di leva e se il Governo sia in grado di indicare i costi del personale amministrativo destinato al loro mantenimento, compresi quelli sopportati da tutti i comuni italiani per ottemperare a questo obbligo di legge. (4-15219)


   D'INCÀ. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le denunce effettuate già nel 2014 e nel 2015, rispettivamente, con le interrogazioni n. 4-05772 e n. 4-09174, in seguito alle segnalazioni degli abitanti del territorio Bellunese relative ai boati ed intensi frastuoni causati da voli a bassa quota, dovuti ad esercitazioni militari, nuovamente l'11 gennaio 2017 i suddetti episodi si sono ripresentati con le stesse modalità e negli stessi territori. La causa dell'ennesimo forte frastuono sarebbe da attribuire questa volta ai voli di velivoli appartenenti allo stormo 31st Fighter Wing, in una zona di addestramento tra le province di Belluno e Pordenone, così come reso noto dal comando statunitense e dal comando dell'aeroporto di Aviano;
   tali eventi sembrano ormai diventati una consuetudine e i disagi sono avvertiti con sempre maggiore sensibilità ed apprensione da parte delle popolazioni della Valbelluna, anche in considerazione delle tensioni di carattere internazionale, dovute alle minacce del terrorismo, e dei terribili eventi sismici verificatisi negli ultimi mesi nella nostra penisola –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suindicati;
   se e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per verificare se tale attività addestrativa sia stata svolta nel pieno rispetto delle vigenti normative concernenti l'impatto ambientale e delle disposizioni antirumore ed in materia di spazi aerei; quali iniziative intenda porre in atto per evitare che tali episodi, che destabilizzano la tranquillità e la serenità delle popolazioni sopra indicate, non si ripetano di nuovo in futuro. (4-15225)


   RIZZO, FRUSONE, BASILIO, CORDA e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della indagine conoscitiva sui sistemi d'arma commissionata alla IV Commissione difesa della Camera in vista del Consiglio europeo di dicembre 2013, il Movimento 5 Stelle evidenziò la necessità di dover smaltire, quanto prima e tra gli altri sistemi d'arma obsoleti, 120 carri armati tipo Leopard 1A5;
   sono state segnalate agli interroganti, nei mesi di novembre e dicembre 2016, diversi casi di questi mezzi visti transitare su mezzi stradali nelle autostrade del Nord Italia, nonché di un altro carro armato tipo M60 in una versione mai adottata dalle forze armate italiane attirando la curiosità dei viaggiatori che li hanno fotografati e postati su portali web;
   da una verifica sulla Gazzetta ufficiale relativamente ai contratti affidati a fine dicembre dall'amministrazione della difesa si è accertato l'affidamento tramite procedura ristretta del servizio di riparazione/manutenzione di derivati del carro armato «LEOPARD», di veicoli cingolati in genere compresi nei materiali del Genio, loro parti staccate, complessivi, sottocomplessivi e dotazioni di bordo per un importo di euro 746.825,00 euro a fronte dello sconto a ribasso dello 0,5 per cento posto da una azienda goriziana;
   per derivati del carro armato «Leopard» si intendono le versioni gittaponte (BIBER), soccorso e recupero (BERGERPANZER), pioniere (PIONIERPANZER), mezzi che, stranamente, non rientrano tra quelli fotosegnalati agli interroganti e pubblicati su siti internet specializzati in tema di difesa –:
   se il Ministro sia a conoscenza di queste movimentazione di mezzi cingolati nel Nord Italia;
   a quale scopo sia stato affidato il compito di manutenere i Leopard1, visto che trattasi di mezzi non più utilizzati dall'Esercito italiano e se siano gli stessi Leopard fotosegnalati;
   quale provenienza e destinazione abbia il cingolato M60 a targa italiana, in una versione mai ufficialmente entrata in servizio nelle forze armate italiane;
   se siano previste concessioni a titolo gratuito od oneroso di detti mezzi a Paesi terzi e se le manutenzioni afferibili ad appalti del 2012 e quello segnalato del 2016 siano riconducibili ad iniziative del Governo in tal senso;
   a quanto ammonti la previsione di spesa totale dal 2012 e per gli anni successivi, diretta e indiretta per la manutenzione, il mantenimento ed eventuale ammodernamento di detti carri armati per qualsivoglia impiego o scopo previsto;
   se sia previsto il trasporto e/o il rischieramento, anche parziale di detti mezzi al di fuori del territorio nazionale.
   (4-15232)


   RIZZO, FRUSONE, BASILIO, CORDA e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa è stato pubblicato nel maggio 2015;
   la realizzazione di un libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa è stata decisa nel Consiglio supremo di difesa del 19 marzo 2014 che ha indicato come prima tappa la definizione entro il successivo mese di giugno delle sue linee guida da parte di un gruppo di esperti, sotto la responsabilità del Ministro della difesa e con il concorso del Ministro degli affari esteri;
   tra gli adempimenti previsti e a cui, per quanto è a conoscenza degli interroganti, risulta che il Ministero non abbia ancora dato corso si ricordano:
    a) al punto 297: entro «il termine di sei mesi dalla data della sua pubblicazione [termine, quindi, superato] il Capo di Stato Maggiore della Difesa e il Segretario Generale della Difesa, per i profili di rispettiva competenza, predispongono i necessari approfondimenti per una nuova normativa in materia di riserva. Tale punto, prefigura, poi, un nuovo ciclo di pianificazione, coerente con quanto elaborato in ambito europeo e di alleanza atlantica, per la realizzazione, da parte degli organismi tecnico-operativi, di un documento programmatico quindicennale di pianificazione generale, nonché che il Governo predisponga una legge pluriennale di investimento per le Forze armate da sottoporre all'esame del Parlamento»;
   b) al punto 299: «nel termine di sei mesi, [termine, quindi, anch'esso superato] sulla base degli indirizzi contenuti nel Libro Bianco e sotto la supervisione del Ministro della difesa, il Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti predispone, per l'approvazione del Ministro della difesa e degli altri Ministri interessati, una Strategia Industriale e Tecnologica (SIT), con la quale implementare una nuova strategia di collaborazione ad ampio spettro tra la Difesa, l'industria e il mondo universitario e della ricerca» –:
   se il Ministro abbia già provveduto a definire il documento programmatico quindicennale di pianificazione generale della difesa, la proposta di legge pluriennale di investimento per le Forze armate e la strategia industriale e tecnologica (SIT), indicando i tempi e modi per la presentazione ai competenti organi parlamentari. (4-15234)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'inchiesta di Repubblica ha recentemente svelato le drammatiche performance di quattro fondi immobiliari le cui quote sono state collocate, una decina di anni fa, nei 13 mila uffici del gruppo Poste italiane, all'epoca della gestione di Massimo Sarmi;
   secondo quanto emerge dalla stampa, si tratta dei fondi Invest Real Security, Obelisco, Europa Immobiliare 1 e Alpha, collocati da Poste italiane fra il 2002 e il 2007. All'epoca furono piazzati con quote da duecento ai cinquecento euro l'una, un importo non elevato e dunque appetibile per la clientela tipo delle Poste italiane. Nel complesso – a quanto risulta dalla stampa – furono raccolti 850 milioni di euro per 340 mila quote;
   il fondo Irs è il primo ad aver chiuso i conti il 31 dicembre 2016 dopo tre anni di proroga (i contratti prevedono che se i fondi ne hanno bisogno l'accordo possa appunto allungarsi). Alla chiusura le quote da 2.500 euro si sono quasi volatilizzate: la società di gestione del fondo, la Investire Sgr del gruppo Finnat – che gestisce anche Obelisco – ha spiegato che distribuirà agli investitori appena 390 euro. Forse arriverà qualcos'altro a seguito della liquidazione del fondo ma difficile che quel che rimane possa lenire una perdita che al momento ruota intorno all'80 per cento di quanto messo inizialmente;
   le perdite sono legate all'andamento del mercato immobiliare ma anche alla gestione del rischio da parte dei soggetti privati coinvolti e agli obblighi informativi che questi devono rispettare nei confronti degli investitori, come stabilito dal testo unico della Finanza;
   i fondi in questione, infatti, hanno raccolto i capitali dai risparmiatori e per comprare edifici per ristrutturarli e affittarli o rivenderli. Il crollo del settore è evidente, anche perché sono proprio le case nuove a calare più delle esistenti e dunque a rendere poco redditizio il principale ambito d'azione dei fondi, lasciando quegli edifici invenduti o prossimi alla svendita. Un'analisi della Bce ha per esempio rilevato come in Italia i prezzi degli immobili siano calati anche quando, fra 2014 e 2016, altrove risultavano in ripresa, come nella maggior parte dei Paesi europei. Nonostante una flebile risalita delle transazioni – favorite quest'anno dai mutui con tassi d'interesse ai minimi storici per il 2017 il calo sarà ancora dello 0,8 per cento (dati Nomisma). Il conto totale, dal 2007, è di un -40 per cento delle quotazioni degli immobili. Per fare qualche esempio, il fondo Irs ha incassato drammatiche minusvalenze dalle vendite da un centro commerciale di Andria, in Puglia, e uno di Bologna per 14,2 e 11,9 milioni di incassi in meno;
   nonostante le perdite per i risparmiatori chi ha guadagnato sono le società di gestione del risparmio che hanno ricevuto laute commissioni di servizio. Per l'Invest Real Security e Obelisco la Investire Sgr, società del gruppo Finnat, banca della famiglia Nattino. Per Europa Immobiliare 1 la Vegagest Sgr e per Alpha la Fimit Sgr. Queste società, a loro volta partecipate da istituti creditizi e società, hanno incassato commissioni annuali fra lo 0,8 per cento e l'1,8 per cento del valore del fondo. Alla «mammella» dei risparmiatori traditi, come molti osservatori hanno definito i clienti di Poste che hanno sottoscritto quei fondi, hanno attinto anche le banche depositarie e i periti;
   in merito alla vicenda, il Codacons ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma chiedendo di aprire un'indagine sul caso. In particolare si chiede alla magistratura di fare chiarezza sulle informazioni rese da Poste italiane ai risparmiatori, con riferimento alla rischiosità dell'investimento;
   al riguardo, va ricordato come in tema di intermediazione finanziaria, la pluralità degli obblighi (di diligenza, di correttezza e trasparenza, di informazione, di evidenziazione dell'inadeguatezza dell'operazione che si va a compiere previsti dagli articoli 21, comma 1, lett. a) e b), del decreto legislativo n. 58 del 1998, 28, comma 2, e 29 del regolamento della CONSOB n. 11522 del 1998 (applicabile « ratione temporis») e facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie, convergono verso un fine unitario, consistente nel segnalare all'investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere (cosiddetta « suitability rule») –:
   se si intenda fornire un quadro informativo dettagliato che quantifichi il valore complessivo delle perdite finanziarie subite dai soggetti risparmiatori partecipanti agli organismi collettivi di risparmio di cui in premessa, con particolare riferimento al numero dei risparmiatori colpiti;
   se risulti che Poste italiane abbia adempiuto con correttezza e diligenza, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 58 del 1998, agli obblighi informativi nei confronti dei risparmiatori coinvolti nelle operazioni finanziarie di cui in premessa, soprattutto in merito alla rischiosità dell'investimento e al corretto collocamento di prodotti finanziari in merito alla classificazione tra clienti retail e clienti professionali;
   quali iniziative a tutela dei risparmiatori coinvolti il Governo intenda attivare.
(2-01592) «Franco Bordo, Paglia, Folino, Airaudo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaratti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   come noto, Poste Italiane sta procedendo nella messa in atto del proprio piano di riorganizzazione;
   in molte aree del nostro Paese è già in atto il cosiddetto modello di recapito a giorni alterni che ha interessato progressivamente il territorio italiano a partire da ottobre 2015 (fase I), continuando durante il 2016 (fase II);
   l'attuazione della fase III estenderà il recapito a giorni alterni anche nella provincia di Viterbo: tra febbraio e aprile 2017 saranno interessati 52 comuni su 60;
   il 25 luglio 2016 il Tar del Lazio si espresse favorevolmente nei confronti del ricorso presentato da molti comuni della provincia di Terni sostenuto dalla stessa regione Umbria, contro il piano di razionalizzazione delle sedi avviato da Poste Italiane che prevedeva la chiusura del servizio in molti comuni della provincia di Terni. La motivazione richiamava, tra l'altro, che il ridimensionamento ovvero la riorganizzazione non può avvenire seguendo solo la logica di tipo economico e senza prevedere valide alternative;
   il piano di recapito a giorni alterni riguarderebbe anche gli invii prioritari come le raccomandate dell'Inps, gli avvisi dell'Agenzia del territorio e di Equitalia, i telegrammi (ad esempio, delle asl o delle scuole), i quotidiani e i settimanali con prevedibile disagio per l'utenza;
   l'avvio della fase III, ad esempio nella provincia di Viterbo, porterà ad una riduzione stimata delle zone dalle attuali 180 a circa 65, con prevista ricollocazione del personale in esubero presso gli sportelli ma con conseguente maggior carico di lavoro per il personale che continuerà a svolgere l'attività di portalettere;
   nel settembre del 2016 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza la risoluzione sulla applicazione della direttiva 97/67/CE modificata dalla direttiva 2008/6/CE sui servizi postali nella quale, tra l'altro, si sottolinea l'importanza di fornire un servizio universale di alta qualità a condizioni accessibili, comprendente almeno cinque giorni di consegna e di raccolta a settimana per tutti i cittadini (punto 8 della risoluzione), in evidente contrasto con la modalità di consegna della corrispondenza a giorni alterni prevista dal piano di riorganizzazione delle Poste Italiane;
   del resto, la stessa direttiva individua la fornitura dei servizi postali come essenziale per lo sviluppo regionale, l'inclusione sociale e la coesione economica e territoriale della Unione europea, in particolare nelle zone remote, rurali e scarsamente popolate nelle quali è importante mantenere un numero sufficiente di punti di accesso –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se il Governo non ritenga di dover attuare, per quanto di competenza, opportune forme di monitoraggio e controllo affinché la ristrutturazione di Poste Italiane non metta a repentaglio i posti di lavoro e i servizi di recapito postale e di sportello;
   se il Governo non ritenga di dover garantire la permanenza in piena attività, comprensiva del servizio di sportello e di recapito giornaliero della corrispondenza, proprio in quei comuni in cui gli stessi uffici rappresentano un presidio territoriale strategico e offrono il servizio ad una popolazione sempre più anziana, così come previsto dalla direttiva europea sui servizi postali che individua il servizio postale per le zone remote, montane o scarsamente popolate quale elemento di coesione sociale;
   se non si ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare di incorrere in misure sanzionatorie comminate dall'Unione europea poiché il piano di ristrutturazione di Poste Italiane appare agli interpellanti palesemente in contrasto con la direttiva comunitaria, in particolare laddove la stessa prescrive che il servizio deve almeno garantire consegna e ritiro della corrispondenza per cinque giorni a settimana, per tutti i cittadini dell'Unione europea.
(2-01593) «Terrosi, Cova, Prina, Romanini, Taricco, Argentin, Cenni, Scuvera, Verini, Bergonzi, Beni, Rocchi, Iacono, Carrescia, Giuseppe Guerini, Ginefra, Incerti, Giampaolo Galli, Misiani, Gandolfi, Miotto, Becattini, Borghi, Cuperlo, Ragosta, Zan, Lavagno, Cinzia Maria Fontana, Capone, Coccia, Bolognesi, Mazzoli, Salvatore Piccolo, Melilli, Luciano Agostini, Ginoble, Campana, Lattuca, Laforgia, Capodicasa, La Marca».

Interrogazione a risposta immediata:


   BRUNETTA, ALBERTO GIORGETTI e LAFFRANCO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze – Per sapere – premesso che:
   gli interroganti esprimono grande preoccupazione per la notizia diffusa il 16 gennaio 2017, non smentita, secondo la quale la Commissione europea avrebbe chiesto al Governo italiano di aggiustare in tempi brevi i conti pubblici. Attraverso una lettera inviata la scorsa settimana, la Commissione europea avrebbe infatti comunicato all'Esecutivo che servono circa 3,4 miliardi di euro, ovvero una manovra bis che vale lo 0,2 per cento del prodotto interno lordo, per evitare una procedura di infrazione sul deficit;
   questa cattiva notizia, che purtroppo il gruppo Forza Italia aveva denunciato, inascoltato, nell'autunno 2016, arriva in un momento particolarmente difficile per l'economia italiana. Basti pensare alla crisi del sistema bancario, con l'approvazione del decreto-legge del dicembre 2016 per salvare gli istituti a rischio fallimento, e a quanto dichiara in questi giorni il Fondo monetario internazionale: il Fondo monetario internazionale lima le stime di crescita per l'Italia per il 2017 e il 2018; il prodotto interno lordo crescerà nel 2017 dello 0,7 per cento, 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle stime di ottobre 2016. Nel 2018 la crescita sarà dello 0,8 per cento, 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle precedenti stime;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, avrebbe confidato nei contatti informali di queste ore, che «l'Italia non ha alcuna intenzione di aprire guerre con nessuno», ma, al tempo stesso, non ha alcuna intenzione di ipotizzare manovre, manovrine o aggiustamenti;
   ad ogni modo, al di là delle trattative in sede europea che sembrano già essere avviate, il Ministro interrogato ha il dovere di fare luce sulla vicenda, chiarendo innanzitutto i contenuti della lettera, se è vero che l'Italia rischia la procedura di infrazione e, in tal caso, specificando gli intendimenti del Governo a tal proposito –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare la notizia dell'arrivo della lettera richiamata in premessa e di una possibile procedura di infrazione nei confronti dell'Italia e chiarire lo stato dei conti pubblici, specificando se si renda necessaria una manovra correttiva e, più in generale, quali iniziative intenda adottare per coprire il deficit strutturale di circa 3,4 miliardi di euro e quali risorse intenda utilizzare per coprire l'eventuale manovra. (3-02700)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Insar spa è una società partecipata al 53,39 per cento dalla regione Sardegna ed al 44,61 per cento da Italia Lavoro Spa, a sua volta interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   la società, a capitale interamente pubblico, svolge, su affidamento dei soci, servizi attinenti alle politiche del lavoro e ha sede a Cagliari, Nuoro e Sassari, con un organico di 20 dipendenti, di cui 2 dipendenti, 2 quadri e 16 impiegati;
   l'esame dell'attività di Insar fa emergere, a parere dell'interrogante, un dato preoccupante: il ripetuto e costante ricorso a professionalità esterne al proprio organico, senza che vi siano effettive esigenze operative che giustifichino tale decisione;
   il tema era già stato oggetto di un atto di sindacato ispettivo (n. 4-12915, presentato il 20 aprile 2016), al quale il Governo ha risposto in data 24 ottobre 2016;
   sulla questione, il Governo ha affermato, tra l'altro che «la nuova politica della Società è orientata al contenimento delle spese di personale, evitando nuove assunzioni a tempo indeterminato, e determinato, mediante (...) l'utilizzo di forme di collaborazione autonoma più flessibili e meno onerose (...). Nel corso dell'esercizio 2015, sono stati individuati collaboratori esterni da coinvolgere nei diversi progetti (...) mediante contratti di lavoro autonomo strettamente correlati alle diverse fasi gestionali dei progetti. Ciò in quanto in tutti i progetti (...) vi è la necessità di figure specialistiche e qualificate (...). Nel marzo 2012 (...), la Società ha costituito specifiche liste di esperti (cosiddette short list) (...). L'individuazione delle figure professionali occorrenti può avvenire (...), mediante procedura comparativa o negoziata mentre solo in alcuni casi specifici è consentito procedere per affidamento diretto»;
   in realtà la risposta del Governo non risolve i dubbi sulle metodologie di scelta degli incarichi. Infatti, a quanto risulta all'interrogante la maggioranza sarebbe stata attribuita senza procedura comparativa, mentre quando si è proceduto con la scelta di soggetti presenti nelle short list vi sarebbe stata scarsa pubblicizzazione dei motivi delle scelte;
   non sembra, poi, all'interrogante che nella maggioranza dei casi gli incarichi siano stati a figure «specialistiche e qualificate», come dimostrano molti casi che si riscontrano esaminando le liste 2015 e 2016 e i curricula forniti da coloro che hanno ricevuto gli incarichi;
   inoltre, in molti casi appaiono all'interrogante poco chiari i criteri di conferimento degli incarichi, spesso aventi il medesimo oggetto e conferiti a diversi professionisti, senza apparente motivazione logica;
   se, infatti, si osserva la lista di incarichi 1o febbraio 2016 – 12 dicembre 2016, si osserva che i protocolli 450, 620 e 480 hanno tutti il medesimo oggetto e sono remunerati ognuno per la cifra di 28.800,00 euro, oltre oneri di legge. Non è chiaro perché non si sia conferito l'incarico ad un solo professionista, riducendo le spese e rendendo più organico ed efficace il lavoro;
   che non si tratti di una eccezione è evidenziato da molti casi analoghi riscontrabili esaminando le liste degli incarichi del 2015 e del 2016, con anche casi di duplicazioni non necessarie;
   appare, inoltre, quanto meno poco comprensibile la scelta di affidare incarichi a professionisti legati a una medesima società, come si evidenzia esaminando la lista degli incarichi del 2015 per quel che riguarda i protocolli 1279, 43, 611;
   appare dunque chiaro all'interrogante, che il ricorso alle consulenze esterne da parte di Insar non è un modo per risparmiare risorse, mentre resta dubbio che queste procedure rendano più certo il raggiungimento degli obiettivi prefissati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle modalità di conferimento su esposte, e se intendano, per quanto di competenza, intervenire per promuovere una modalità trasparente di gestione del denaro pubblico. (4-15226)


   BORGHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella seconda metà degli anni ’70, la comunità montana «Valle Ossola» provvide alla costruzione di un immobile in Domodossola per la realizzazione di una mensa per lavoratori, studenti e cittadinanza denominato «centro sociale», con fondi regionali per lo sviluppo della montagna;
   negli anni ’80 il fabbricato venne sopraelevato, sempre a cura e spese della comunità montana «Valle Ossola», per la realizzazione della propria sede istituzionale;
   nella seconda metà degli anni ’90 il fabbricato fu oggetto di rilevante ampliamento, sempre ad opera e a spese della comunità montana «Valle Ossola», con finanziamento aggiuntivo della regione Piemonte, per la realizzazione degli uffici decentrati regionali del servizio opere pubbliche, assetto idrogeologico e montagna, nonché il nuovo bocciodromo comunitario ossolano ed ulteriori spazi amministrativi della comunità montana medesima;
   la comunità montana «Valle Ossola», ai sensi della legge regionale del Piemonte n. 19 del 1o luglio 2008, è confluita – con il proprio patrimonio – al pari delle previgenti comunità montane «Antigorio Divedro Formazza», «Valle Vigezzo», «Monte Rosa» e «Valle Antrona» all'interno della neo costituita comunità montana «Valli dell'Ossola»;
   la comunità montana «Valli dell'Ossola» risulta essere stata posta in liquidazione dalla regione Piemonte, ai sensi e per gli effetti delle leggi regionali n. 11 del 2012 e n. 3 del 2014;
   ad oggi, il fabbricato in questione – progettato, appaltato e realizzato come ricordato a totale carico finanziario di comunità montana Valle Ossola mediante fondi statali sulla montagna, fondi regionali e fondi propri derivanti dal ristorno fiscale dei lavoratori frontalieri di tutti i 18 comuni della originaria comunità montana Valle Ossola – non risulta all'interrogante essere stato inserito nello stato patrimoniale della comunità Montana Valli dell'Ossola da liquidarsi e suddividersi tra le unioni montane del territorio di riferimento;
   secondo alcune verifiche compiute presso l'Agenzia del territorio del Verbano Cusio Ossola, sul piano catastale si rileverebbe la titolarità o quantomeno la disponibilità dell'immobile a favore del comune di Domodossola a decorrere dall'anno 2005 senza che nel frattempo siano intercorsi atti pubblici di compravendita, cessione, concessione o quant'altro dalla comunità montana a favore del comune di Domodossola;
   la circostanza sta determinando problematiche sia in ordine alla liquidazione delle proprietà della comunità montana Valli dell'Ossola, e alla sua definitiva chiusura, sia in ordine alla gestione piuttosto onerosa dell'immobile, oggi posta in capo all'unione montana Valli dell'Ossola e, conseguentemente, a tutti i comuni della medesima, senza che ne sia stata rilevata dalla medesima la proprietà, con gli evidenti riflessi di natura contabile e di responsabilità amministrativa –:
   se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza al fine di chiarire la questione relativa alla effettiva titolarità dell'immobile, appurando in particolare le motivazioni per le quali sia stata disposta la trascrizione catastale dell'immobile difforme rispetto alla reale proprietà del medesimo, in maniera tale da fornire certezze di carattere procedimentale e finanziario ai comuni del territorio interessato. (4-15231)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato europeo dei diritti sociali ha accolto il reclamo n.103/2013 accertando la discriminazione nei confronti dei giudici di pace e la violazione da parte dell'Italia degli articoli E e 12, paragrafo 1, della Carta sociale europea;
   il Comitato ha ritenuto che le funzioni di giudice di pace siano funzionalmente equivalenti ai magistrati di ruolo;
   la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 12 dicembre 2013 (Causa C-361/12), aveva espressamente dichiarato «l'illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico»;
   lo status giuridico del giudice di pace in Italia contrasta pertanto con la sentenza della Corte di giustizia (causa C-212/04), con l'articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001, con le direttive 97/81/CE e 1999/70/CE, nonché con i principi di diritto dalla Corte di giustizia (C-393/10) –:
   se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative per uniformarsi alle pronunce della Corte di giustizia e del Comitato europeo dei diritti sociali trasformando il rapporto di lavoro dei giudici di pace a tempo indeterminato, ovvero concedendo il diritto alla continuità del mandato, con limite dell'età identico ai giudici «stipendiati», e per ristabilire, anche in Italia, il diritto europeo. (4-15222)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   RABINO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, VEZZALI, PARISI e SOTTANELLI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A33, Asti-Cuneo, pensata decenni fa, intrapresa su iniziativa dell'Anas, successivamente affidata ad una società concessionaria compartecipata, con quota di minoranza, dal medesimo ente, è rimasta incompiuta per la mancata realizzazione di due lotti centrali, 2.5 e 2.6, ed è concretamente inutilizzabile;
   con le conferenze dei servizi, svoltesi il 14 marzo e il 19 aprile 2012, venne concordata tra enti locali, concessionario ed Anas una sostanziale modifica al lotto 2.5, che riduceva sensibilmente il costo dell'opera, ma da allora nessun atto concreto è stato compiuto;
   quella che lo stesso Ministro interrogato ha definito «l'ennesima incompiuta», attende – monca – la costruzione dei due lotti mancanti in corrispondenza della città di Alba che la renderebbero totalmente percorribile e fruibile da un numero di veicoli certamente superiore a quello attuale e che oggi risulta ovviamente scarso rispetto alle attese del concessionario, proprio a causa dell'incompiutezza dell'infrastruttura;
   il tracciato mancante dovrà inoltre collegare all'autostrada il costruendo ospedale di Verduno, che servirà i cittadini dell'area;
   la mancata realizzazione dell'opera è stata oggetto di reiterati atti di sindacato ispettivo, l'ultimo risalente al 26 ottobre 2016 quando il Governo, rispondendo proprio ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, garantì che il Ministero stava lavorando a tre ipotesi risolutive, da presentare entro il mese di dicembre 2016 al territorio per una condivisione corale degli obiettivi, dei costi, delle modalità operative;
   entro il 31 dicembre 2016 dovevano essere presentati i cronoprogrammi comparativi relativi ai tre tracciati allo studio: quello con galleria a due canne, quello ad una canna sola e quello senza galleria –:
   se le tre soluzioni con i relativi cronoprogrammi siano state vagliate dai tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quali siano gli orientamenti del Governo in merito al completamento dell'autostrada. (3-02708)


   GALGANO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   la situazione del trasporto ferroviario umbro è critica. La regione è, infatti, una delle più penalizzate d'Italia. Tra le tante cause, solo a titolo di esempio, ci sono il ritardo cronico dei lavori relativi al raddoppio del tratto Spoleto-Campello del Clitunno, dieci chilometri per diciassette anni di lavori non ancora completati, e il mancato raddoppio della linea Spoleto-Terni che generano ritardi consistenti, costringendo i treni a fermarsi a causa del binario unico;
   le criticità del trasporto ferroviario locale si ripercuotono pesantemente sulla qualità della vita dei cittadini, sull'economia e sul turismo che, in Umbria, rappresenta una delle risorse portanti dell'economia locale e che sta attraversando una crisi importante, con le prenotazioni che sono crollate anche nelle aree che non hanno risentito per nulla dei danni causati dal terremoto. La difficoltà a raggiungere la regione con il treno è, infatti, una delle cause che disincentivano i turisti a venire in Umbria ma anche le aziende ad investire sul territorio;
   è evidente, quindi, come il collegamento all'alta velocità abbia un interesse strategico per l'Umbria. È, infatti, uno strumento indispensabile per rompere l'isolamento della regione verso l'esterno e, soprattutto, verso Milano ed il Nord del Paese e non si possono aspettare i tempi, che si immaginano biblici, visti i precedenti interventi sulle linee umbre, per la costruzione di una stazione in Toscana, a 50 chilometri da Perugia. L'alta velocità è, inoltre, di fondamentale importanza anche per la scelta delle sedi universitarie, in parte dipendenti dai servizi ferroviari offerti;
   tra le soluzioni di immediata attuazione per permettere all'Umbria di disporre dell'alta velocità e di un collegamento diretto con Milano c’è la possibilità di far partire da Perugia o da Foligno, arretrandolo da Arezzo, il Frecciarossa delle ore 6.11 che permetterebbe di raggiungere la stazione di Milano centrale in poco più di tre ore contro le oltre cinque attuali. Stessa misura si dovrebbe prevedere con il Frecciarossa delle 19.30 in partenza da Milano centrale che potrebbe prolungare la corsa fino a Perugia Fontivegge o Foligno, invece che fermarsi ad Arezzo –:
   se il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, anche presso Trenitalia, per favorire la soluzione appena prospettata, nonché, più in generale, per favorire la possibilità per l'Umbria di avvalersi dell'alta velocità e migliorare la disastrosa situazione del trasporto ferroviario locale. (3-02709)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che la volontà di Trenitalia sarebbe quella di sopprimere gli Intercity 735 Mestre-Trieste e 734 Trieste-Mestre per sostituirli con un autobus;
   attualmente l'Intercity 735 parte da Mestre alle 5,50 arriva a Portogruaro alle 6,33 e giunge a Trieste alle 7.46;
   con l'autobus la partenza sarebbe prevista sempre alle 5,50 da Mestre, ma arriverebbe a Portogruaro alle 7,08 e a Trieste alle 8,59;
   si tratta di orari che penalizzano l'utenza soprattutto per quanto concerne la mattina che, a differenza di quello della sera ha comunque sempre fatto registrare un considerevole numero di viaggiatori in particolare lavoratori e studenti –:
   quali iniziative per quanto di competenza, il Ministro intenda attivare nei confronti di Trenitalia, anche nell'ambito del contratto di servizio al fine di non penalizzare l'utenza. (5-10284)


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, FOLINO, FERRARA, SCOTTO, FRATOIANNI, QUARANTA, PIRAS, NICCHI, MELILLA, DURANTI e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle intense nevicate che stanno interessando il Centro Sud Italia, a partire dai primi giorni di gennaio 2017, diversi sindaci delle aree colpite dal sisma dell'agosto e dell'ottobre 2016 segnalano come la situazione della viabilità sia particolarmente disagiata;
   tale situazione aggrava in modo significativo la già difficoltosa situazione dei comuni dell'area del cratere; 
   in particolare, a sollevare l'allarme per il rischio di isolamento è il sindaco Pazzaglini del comune di Visso, uno dei più colpiti dal terremoto, che lamenta ritardi e inefficienze dell'Anas nella gestione dell'emergenza viabilità dovuta al maltempo;
   dello stesso avviso il presidente della provincia di Macerata, Pettinari, che ha sottolineato come il passaggio della gestione della viabilità di alcune strade dalle province all'Anas abbia comportato diversi disservizi nella gestione della viabilità in condizioni meteorologiche avverse;
   difficoltà sono state, inoltre, segnalate, dai sindaci dei comuni di Pieve Torina e Valfornace (Cronachemaceratesi.it, 15 gennaio 2017)  –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di garantire un servizio puntuale ed efficiente da parte dell'Anas rispetto alla problematica illustrata in premessa.
(5-10286)


   CRISTIAN IANNUZZI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A18 Catania-Messina, rappresenta uno snodo vitale per il trasporto siciliano: è l'unica via che collega la parte orientale all'area occidentale dell'isola;
   questa autostrada è lunga 77 chilometri, larga 24 metri con uno spartitraffico di 3 metri e con due corsie per senso di marcia, oltre a una corsia di emergenza non presente nelle gallerie. Soggetta al pagamento di un pedaggio a sistema chiuso, è priva di piazzole per la sosta di emergenza ed è interessata da un volume di traffico crescente da Messina a Catania. Nel 2003 si sono registrati 28 milioni di veicoli in transito;
   si apprende da fonti stampa che il «Comitato cittadino Giarre» e il gruppo facebook «A18 L'autostrada della vergogna», che in pochi giorni ha raggiunto più di 3.000 mila iscritti, hanno denunciato le condizioni disastrose in cui versa la citata autostrada: «piena di buche, asfalto corroso e distaccato, gallerie fatiscenti e prive di illuminazione, vegetazione incolta che si sovrappone alla carreggiata, talmente dissestata che ricorda una mulattiera da percorrere al massimo con una jeep. Percorrerla in auto è un rischio continuo ma purtroppo è giornalmente attraversata da molti pendolari che non ne possono fare a meno. Per non parlare del rischio di percorrerla in moto senza cadere»;
   gli interventi di rifacimento del fondo stradale, più volte dichiarati, non decollano. Come gli interventi di messa in sicurezza, annunciati per la fine del 2016 ma ancora fermi, relativi alla frana all'altezza di Letojanni, che ha reso da oltre un anno impercorribile la carreggiata lato monte e alla chiusura della galleria Sant'Alessio sulla carreggiata in direzione Messina;
   in base all'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, e dell'articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito dalla legge n. 14 del 2012, dal 1o ottobre 2012, le attività di vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e di controllo della gestione delle autostrade, che erano in capo ad Anas, sono state trasferite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   l'interrogante, sulla precarietà e sulla pericolosità delle condizioni di questa importante arteria, ha presentato le interrogazioni n. 5-06568 e n. 5-10070 che al momento sono ancora senza risposta –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se intenda fornire i dati della reale quantità di viaggiatori che percorrono l'autostrada A18;
   se intendano promuovere tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari ad assicurare per il tratto autostradale in questione il livello di servizio richiesto dalla normativa, migliorando quindi le condizioni e lo standard di fruibilità e, dunque, a tutelare la pubblica incolumità;
   se intendano assumere iniziative per sospendere il pagamento dei pedaggi per la tratta interessata dai disagi di cui in premessa fino alla realizzazione degli interventi segnalati;
   se il Ministro intenda chiarire le dotazioni finanziarie, gli interventi ed i tempi di realizzazione previsti dal patto per la Sicilia, in particolare quelli che interessano l'autostrada A18. (5-10296)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   «in Italia, l'iscrizione nelle liste anagrafiche, della popolazione residente di un comune afferisce al diritto costituzionale di circolare e soggiornare liberamente sul territorio nazionale (articolo 16 della Costituzione), e nel contempo è requisito essenziale per poter effettivamente esercitare altri diritti fondamentali», secondo le «linee guida sul diritto alla residenza dei richiedenti e beneficiari di protezione internazionale», redatte e stampate nel dicembre 2014 dal dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, insieme al servizio centrale – Sprar, Associazione per gli studi giuridici all'immigrazione (Asgi), Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e Associazione Nazionale ufficiali di stato civile e d'anagrafe (Anusca) –;
   l'iscrizione anagrafica nelle liste della popolazione residente in un determinato comune è dunque un diritto fondamentale ai fini di un percorso di integrazione e di inserimento socio-lavorativo per i titolari di protezione internazionale, dello status di rifugiato, dello status di protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari;
   hanno diritto all'iscrizione alle liste anagrafiche anche i richiedenti asilo, siano essi in attesa di audizione presso la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, o siano essi in fase di eventuale ricorso giurisdizionale, in quanto titolari di un permesso di soggiorno;
   i presupposti per l'iscrizione anagrafica sono la dimora abituale (o in mancanza, nell'ordine, il domicilio, o il luogo di nascita) e, nel caso dei cittadini provenienti da Paesi terzi, la regolarità del soggiorno;
   nei casi particolari di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale e umanitaria ospiti di strutture d'accoglienza, l'articolo 6, comma 7 del Testo unico sull'immigrazione stabilisce che la permanenza superiore a 3 mesi in un centro d'accoglienza costituisce dimora abituale e pertanto si può considerare legittima la richiesta di iscrizione anagrafica;
   in Veneto, ed in particolare nella provincia di Treviso, ma anche in Trentino Alto Adige e in Umbria (come segnalato dall'Asgi), alcuni amministratori locali e responsabili di uffici dell'anagrafe si stanno interrogando sulla sussistenza o meno dei presupposti per il rilascio della carta d'identità ai richiedenti asilo, ponendo in essere prassi amministrative differenti e a volte di dubbia legittimità;
   secondo la normativa in vigore infatti, il permesso di soggiorno costituisce prerequisito sufficiente all'iscrizione nelle liste anagrafiche, ma non si può ignorare che, in mancanza di un passaporto o di un documento d'identità, è difficile attestare la reale identità dei soggetti, tanto che le stesse questure appongono in alcuni documenti, ad uso interno, la dicitura testuale: «esatte generalità sconosciute», essendo il riconoscimento dei richiedenti asilo solo convenzionale;
   l'incertezza aumenta a fronte delle dimensioni dell'ondata migratoria in atto che pone alle amministrazioni locali, specialmente quelle venete, che soffrono la carenza di personale e di risorse finanziarie, timori circa chi debba farsi carico degli obblighi derivanti dall'iscrizione alle liste anagrafiche: servizi sociali, servizi sanitari, diritto all'alloggio e altro;
   gli interrogativi maggiori stanno sorgendo altresì in merito all'adeguatezza del rilascio della carta d'identità ai richiedenti asilo in una fase in cui non è stato ancora riconosciuto loro lo status di protezione internazionale; essendo infatti negato il riconoscimento della protezione a due richiedenti su tre e venendo meno il requisito della residenza, diviene pressoché impossibile controllare gli spostamenti dei richiedenti asilo e l'effettivo utilizzo del documento d'identità che può continuare ad essere esibito per le più varie esigenze in uffici pubblici e privati per una durata pari a 10 anni dal suo rilascio;
   inoltre, durante il procedimento di cancellazione dalle liste anagrafiche, che può durare anche più di un anno, si ha diritto ad avere certificati anagrafici e documenti di identità (che non possono essere negati), rendendo di fatto difficile la cancellazione effettiva in quanto bisogna chiudere senza esito il procedimento in atto per poi riavviarlo nuovamente in tempi non definiti –:
   se il Governo, essendo diversa la situazione del richiedente asilo da quella del titolare della protezione internazionale, non ritenga opportuno assumere iniziative normative per introdurre un documento «ponte» valido nella fase in cui si svolge la procedura di riconoscimento della protezione, mantenendo così salvi i diritti dei richiedenti asilo ma fornendo loro un documento più adeguato alla situazione in cui si trovano;
   se il Governo non intenda comunque assumere iniziative per prevedere procedure semplificate per la cancellazione dalle liste anagrafiche dei soggetti non più reperibili e ai quali non è stata riconosciuta, nemmeno dopo il ricorso, la protezione internazionale, escludendo in questi casi la presa in carico e relative conseguenze economiche da parte dei comuni.
(2-01586) «Rubinato, Casellato».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FALCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli ultimi terribili fatti di cronaca avvenuti sul suolo europeo ad opera dell'Isis – tra i quali vanno senz'altro ricordati quelli di Nizza e Berlino, ma anche i molteplici episodi verificatisi nei luoghi più disparati – hanno obbligato tutte le cancellerie europee a ripensare nuove e più efficaci strategie anti-terrorismo, che prendessero in considerazione il mutamento ravvisabile nella qualità dei più recenti attentati terroristici, sempre più inclini ad investire su una indefinita platea di potenziali martiri, attraverso modalità di volta in volta più improvvisate e con azioni dotate di un sempre minor grado di pianificazione, tali da rendere la minaccia imprevedibile e talvolta impermeabile ai tradizionali strumenti di prevenzione;
   da notizie a mezzo stampa, in particolare, si è appreso che il 20 dicembre 2016, all'indomani dell'attentato di Berlino, il Ministro dell'interno, in una riunione al Viminale del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, con i vertici delle nostre forze dell'ordine e della nostra intelligence, avrebbe illustrato una nuova dottrina definita di «prevenzione collaborativa» che si fonderebbe sul presupposto di un pieno coinvolgimento degli amministratori locali, a partire dai sindaci, e dei corpi di polizia municipale delle città, affiancati da questori e prefetti;
   anche alla luce degli appelli continuamente rilasciati dallo Stato islamico sulla necessità di «colpire “i crociati” ovunque e dovunque se ne presenti l'opportunità», è sempre più evidente, infatti, che oltre agli interventi ordinariamente previsti di polizia e intelligence, sono ormai indispensabili forme di vigilanza attiva delle aree urbane, tali da assicurare un controllo che sia il più capillare possibile, e tale obiettivo è raggiungibile solo attraverso un pieno coinvolgimento di tutti gli amministratori locali, nonché dei corpi di polizia municipale, come sarebbe stato preannunciato dal Ministro interrogato;
   il Ministro interrogato, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, avrebbe anche affermato che, fermo restando l'eccellente lavoro di forze dell'ordine e di intelligence che, evidentemente, proseguirà, questa nuova strategia comporterà l'attribuzione di una nuova responsabilità in capo agli amministratori degli enti locali, e dovrebbe presuppone, per essere realmente efficace, anche una nuova parziale decentralizzazione dei nuovi strumenti di sicurezza attiva e passiva –:
   se i fatti riportati in premessa corrispondano al vero e in quali tempi e con quali risorse il Ministro interrogato intenda dare attuazione a questa nuova dottrina definita della «prevenzione collaborativa». (5-10285)


   CULOTTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Monastero delle Benedettine «S. Caterina V.M.», di «clausura papale», sorto intorno all'anno 1492 ad opera di un gruppo di «donne ritirate» nel territorio di Geraci Siculo, in provincia di Palermo, è stato soppresso nell'estate del 2015;
   successivamente alla soppressione, la diocesi di Cefalù ha prelevato dal monastero tutti i beni materiali ivi esistenti e i documenti d'archivio relativi agli oltre cinquecento anni di vita monacale;
   i beni in questione sono patrimonio del FEC (Fondo nazionale per il culto), proprietario dei beni ecclesiastici passati allo Stato in seguito alla soppressione degli ordini religiosi del 1866 cui faceva parte anche il Monastero delle Benedettine e il comune di Geraci Siculo risulta essere consegnatario;
   un comitato di cittadini ha promosso una petizione che ha inoltrato in data 9 giugno 2016 sia al Vescovo Manzella, che a tutti gli uffici pubblici in qualche modo interessati alla questione ossia la prefettura, l'assessorato per i beni culturali e per l'Identità siciliana, la soprintendenza ai beni culturali della Sicilia, e successivamente anche al Santo Padre Francesco;
   all'interno del monastero è stato previsto l'allestimento di un museo;
   la sovrintendenza ai beni culturali competente, a quanto consta all'interrogante, intende sottoporre il bene medesimo a vincolo, e risulterebbe anche la disponibilità manifestata dal comune di Geraci Siculo ad acquistare l'immobile –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto esposto e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per restituire al comune di Geraci Siculo, nella sua qualità di consegnatario, i beni appartenenti al Fondo nazionale per il culto, in modo tale che tali beni ritornino nell'immediato ad essere comunque custoditi nella loro legittima sede, anche in vista, e nelle more, del possibile allestimento di un museo ospitano all'interno del convento. (5-10292)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ad Aosta, nell'Istituzione scolastica Aosta 5, precisamente alla scuola secondaria «Cerlogne», ai ragazzi è stata distribuita una pubblicazione dal titolo «Prima ora di lezione. Parliamo di immigrazione»;
   nel testo si diffondono simili principi:
    si parifica l'immigrazione italiana (avvenuta peraltro secondo i criteri regolari dei flussi migratori) con quella in atto dal continente africano;
    si sostiene che entrare senza documenti nel nostro Paese, in fondo, non sia così grave, e che non si devono definire clandestini coloro che lo fanno;
    si danno cifre errate circa i costi dell'accoglienza; si dichiara che i costi dell'accoglienza assommino a 1,5 miliardi di euro annui di provenienza europea, mentre effettivamente l'Europa supporta l'Italia per mezzo miliardo dal 2014 al 2020; invece il Governo italiano ha messo a bilancio circa 4 miliardi di euro per l'anno in corso;
    si afferma che gli stranieri contribuiscano attivamente alla crescita economica, citando come dato il reddito degli stranieri regolari, peccato però che è altrettanto vero che l'immigrazione clandestina, produce solo costi, e nessun beneficio;
    si asserisce che non vi sia una invasione in atto, perché i clandestini sarebbero «solo» 3 o 400 mila, affermando che i dati sull'immigrazione sarebbero ampiamente nelle stime del Ministero dell'interno, che calcola in 140.000 il numero massimo di richiedenti asilo accoglibili, ma dimenticando di dire che quest'anno si è già raggiunta quota 181.000;
   questa sequela di informazioni, ad avviso dell'interrogante, instilla di fatto nelle menti dei ragazzi che la soluzione per la povertà nel mondo sia ospitare più stranieri possibile in Italia –:
   quale sia l'orientamento del Ministro sulla vicenda narrata in premessa;
   quali iniziative intenda porre in essere nel caso specifico e, più in generale, quali iniziative intenda adottare affinché nell'affrontare temi delicati, come l'immigrazione, agli studenti vengano veicolati messaggi super partes e non visioni politicizzate da parte di insegnanti che, ad avviso dell'interrogante, invece di attenersi alla propria funzione, ovvero quella di preparare i giovani allo studio e al lavoro, dedicano il proprio tempo all'indottrinamento politico.  (4-15236)


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento prot. MIUR.AOODRSI.REG.UFF. n. 11163 del 24 giugno 2016, la direzione generale per la regione siciliana emanava le indicazioni per le operazioni di attribuzione degli incarichi dei dirigenti scolastici relative alle conferme, mutamenti e mobilità interregionale con decorrenza 1o settembre 2016, operazioni disciplinate dagli articoli 19 e 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni, dagli articoli 11 e 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area V della dirigenza scolastica e dalle disposizioni contenute negli articoli 7 e 9 del Contratto collettivo nazionale di lavoro;
   in attuazione delle disposizioni sopra richiamate sono state presentate molte domande di mobilità e sono stati adottati provvedimenti, fra i quali, ad esempio, quello che riguarda la nomina del dirigente scolastico dell'istituto d'istruzione superiore I.T.N.-I.T.G.-I.T.C.-I.P.S. di Riposto, che ad avviso dell'interrogante presenterebbe profili di dubbia legittimità;
   il provvedimento di mobilità sopra citato risulterebbe esser stato adottato sulla base del criterio della scadenza del contratto senza valutare alcun altro elemento in relazione alla sede richiesta e al vissuto professionale degli aspiranti alla mobilità;
   illogica, pertanto, appare all'interrogante la scelta della amministrazione che, pur potendo scegliere senza alcuna forzatura e nella piena legittimità, ha deciso di non avvalersi di competenze uniche maturate in decenni, competenze ampiamente note alla stessa amministrazione, sia periferica, sia centrale –:
   se il Ministro interrogato ritenga prevalente per l'attribuzione degli incarichi dirigenziali basarsi solo su aspetti tecnico-formali, come l'anzianità di servizio e la scadenza contrattuale, e non piuttosto valutare soprattutto il vissuto professionale e le competenze specifiche dimostrate dai dirigenti, in armonia con il processo di riforma della scuola che prevede il potere per i dirigenti di assumere i docenti sulla base delle loro competenze, sicché appare all'interrogante anacronistico oltre che illogico, legare la scelta all'anzianità di servizio o alla scadenza del contratto;
   se il Ministro interrogato ritenga legittimo l'operato della direzione regionale siciliana anche alla luce delle indicazioni sulle competenze cui si è ispirato e si ispira tutto il processo della «buona scuola»;
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per dare precise indicazioni alle direzioni regionali perché nell'esercizio del potere discrezionale, da esercitare in ogni caso nell'interesse della scuola, attribuiscano valore determinante al vissuto professionale ai fini del conferimento dell'incarico di dirigente scolastico. (4-15237)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno 2008, a causa della crisi che ha colpito anche il settore della pesca è stato previsto l'utilizzo della cassa integrazione guadagni in deroga alla normativa vigente, con risorse assegnate dalle leggi di stabilità e come strumento di sostegno al reddito dei lavoratori per i periodi di sospensione del lavoro;
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha destinato al settore della pesca 18 milioni di euro per il finanziamento della cassa integrazione guadagni in deroga e successivamente il decreto interministeriale n. 1600069 del 5 agosto 2016 ne ha disposto l'assegnazione, fino ad esaurimento delle risorse assegnate, tenendo conto delle istanze riferite all'annualità 2015 e presentate entro e non oltre il 25 gennaio 2016;
   come comunicato all'interrogante da alcuni rappresentanti del mondo cooperativo della pesca marchigiano, le sedi provinciali dell'Inps delle Marche non avrebbero pagato la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, per l'annualità 2015, ai marittimi imbarcati su motopescherecci e vongolare, soci di società proprietarie ed armatrici delle imbarcazioni suddette, ritenendo che gli stessi non fossero annoverabili come lavoratori dipendenti;
   i destinatari di tale decisione sono di parere contrario, in quanto sostengono che i soci imbarcati delle società armatrici e/o proprietarie delle imbarcazioni sottostanno alla medesima legislazione dei lavoratori subordinati in materia contributiva, assistenziale, previdenziale, fiscale, poiché svolgono anch'essi la propria prestazione sotto le direttive del comandante dell'unità navale e percepiscono una retribuzione distinta dalla quota di partecipazione agli utili della società, il cui pagamento avviene mediante i sistemi previsti dalle norme vigenti per i lavoratori subordinati;
   il decreto interministeriale sopracitato ha stabilito, tra le altre cose, che a beneficiare della cassa integrazione in deroga sia il personale imbarcato, non solo dipendente, ma anche socio lavoratore delle società di pesca, interessate dallo stato di crisi, purché presti l'attività lavorativa in forma subordinata presso la società medesima;
   con i messaggi n. 3357 e n. 3361 del 10 agosto 2016, l'Inps ha fornito ulteriori chiarimenti in ordine alla liquidazione delle istanze, specificando che il trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga non è riconosciuto agli armatori e ai proprietari-armatori imbarcati sulle navi da essi gestite, in quanto non è configurabile, nei loro confronti, un rapporto di lavoro subordinato;
   come comunicato alle sedi territoriali dell'Inps, con messaggio del 22 novembre 2016, a seguito delle criticità emerse circa la corretta individuazione dei soggetti beneficiari del trattamento di cassa integrazione in deroga, in particolare per il socio proprietario dell'imbarcazione, che rivesta anche la posizione di dipendente imbarcato sulla stessa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha precisato che, a fronte dell'allegazione da parte del richiedente dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società proprietaria dell'imbarcazione, l'Istituto di previdenza qualora intendesse disconoscere tale rapporto, avrà l'onere di dimostrarlo;
   per quanto invece attiene al riconoscimento del trattamento d'integrazione salariale in deroga, in favore dei titolari di ditte individuali, imbarcati, il lavoratore è inquadrato come autonomo e non ha diritto a percepire tale prestazione;
   il settore della pesca, anche marchigiano, è a rischio sopravvivenza, a causa del fatto che le imprese ittiche vivono un equilibrio precario tra ricavi decrescenti e costi di produzioni continuamente in crescita –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno verificare la situazione venutasi a creare nel comparto della pesca marchigiano, a seguito della mancata assegnazione del trattamento d'integrazione salariale in deroga, per l'annualità 2015, ai marittimi imbarcati su motopescherecci e vongolare, soci delle società proprietarie ed armatrici, al fine di accertare e chiarire eventuali irregolarità. (5-10287)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico — Per sapere – premesso che:
   il pomodoro da industria del Nord è uno dei prodotti cardine del settore agroalimentare italiano, in particolar modo nella regione Emilia-Romagna;
   i dati più recenti relativi alla filiera del pomodoro del Nord pubblicati dall'Organizzazione interprofessionale del pomodoro da industria del Nord Italia (OI) hanno confermato una pericolosa situazione, già nota dall'ottobre 2016, relativa alla ai pagamenti delle varie industrie della regione Emilia-Romagna che hanno consegnato il prodotto per la trasformazione in ottemperanza dell'ultima campagna 2016: il 17 per cento del pomodoro da industria del Nord non risulta essere stato pagato, per un importo totale che supera i 20 milioni di euro;
   il mancato percepimento della cifra sopracitata ha origine da omessi pagamenti da parte di una industria e una cooperativa operanti in Emilia-Romagna che non hanno saldato importi a loro addebitati e da parte di altre quattro imprese che avrebbero pagato solo in misura parziale;
   questa pericolosa situazione si innesta in un quadro già a rischio, a causa del calo del prezzo alla tonnellata del prodotto (2,25 euro) per sovrapproduzione;
   numerose organizzazioni di prodotto (OP), infatti, non avendo percepito il credito che spetta loro di diritto, si vedono costrette a liquidare in modo parziale i produttori conferenti;
   sulla delicata questione sono intervenute, denunciando la necessità di un pronto intervento delle istituzioni, numerose associazioni, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confapindustria, mossesi a tutela dei diritti di lavoratori, industrie private e cooperative che hanno rispettato il programma di produzione dell'ultima campagna 2016, lesi da comportamenti scorretti ed in contrasto con le norme contrattuali;
   per l'ultima campagna, tutte le organizzazioni di produttori e le industrie del Nord avevano sottoscritto un contratto, con regole condivise, che prevedeva la cessione del pomodoro in modo uniforme, a condizioni uguali per tutti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intendano adottare per verificare la delicata situazione enunciata in premessa;
   se i Ministri interrogati intendano assumere al più presto ogni utile iniziativa volta alla tutela dei diritti di lavoratori, industrie private e cooperative lesi da comportamenti scorretti e in contrasto con le norme contrattuali stabilite ex ante;
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati nell'immediato, per salvare numerose aziende agricole a rischio di sopravvivenza, impossibilitate ad ottemperare, a causa dell'esposizione finanziaria, agli obblighi della prossima campagna di produzione. (4-15217)


   FURNARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 13 gennaio 2017, i segretari generali territoriali di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, hanno inviato ai commissari dell'Ilva una nuova richiesta di incontro e di chiarimento in merito alla questioni legate alla gestione degli stabilimenti dell'Ilva;
   nello specifico, le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici all'interno del gruppo Ilva spa ritengono utile chiarire alcune questioni rimaste in sospeso, di fondamentale interesse per i lavoratori del sito produttivo tarantino. Essi, infatti, ritengono che vi sia una disparità di gestione e trattamento: «(...) da una parte viene annunciato un rituale ammanco di risorse che, a dire dell'attuale gestione commissariale, è alla base dei ritardi nelle opere di bonifica, nell'ammanco di approvvigionamenti di qualunque tipo (anche pezzi di ricambio per le manutenzioni), ma dall'altra assistiamo ad un continuo di nuove assunzioni, proroga di contratti di consulenza, acquisti, di auto e benefit immotivati»;
   a fronte di tale mancato interesse dell'azienda nei confronti dei lavoratori essi evidenziano che, a partire dal mese di gennaio 2017, i lavoratori con contratti di solidarietà percepiranno il 10 per cento in meno dei loro salari a seguito della scadenza di quanto previsto nella legge di stabilità del 2016 e l'azienda non si è fatta carico della differenza, come già fatto in precedenza;
   a conclusione della missiva, dunque, le organizzazioni sindacali sono scettiche non solo sulle trattative per il rinnovo degli ammortizzatori sociali, ma anche sul futuro di questi lavoratori se si dovesse arrivare alla paventata cessione dell'azienda –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali iniziative intenda porre in essere al fine di dare certezza non solo ai lavoratori con contratti di solidarietà ma a tutti i lavoratori del gruppo in merito al loro futuro.
(4-15218)


   BRIGNONE e CIVATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la prima firmataria del presente atto presentava l'interrogazione n. 4-13448 il 10 giugno 2016, cui non è seguita alcuna risposta;
   con l'atto, s'illustrava la situazione dei dipendenti della Consulmarketing s.p.a., con sede a Milano, che esercita direttamente e attraverso altre aziende, attività di rilevazione di mercato, monitoraggio prezzi, commercializzazione e analisi tecnica dei dati di mercato della distribuzione tradizionale e specializzata;
   la società, nell'ambito degli appalti in corso, ha un contratto esclusivo con la Nielsen, per il settore rilevamenti nella GDO e nel settore Horeca;
   il 6 dicembre 2016 il contratto con la Nielsen scadeva, tuttavia veniva prorogato di altri sei mesi, con l'auspicio di arrivare a un successivo rinnovo contrattuale;
   la possibilità di rinnovo contrattuale era legata esclusivamente alla sostenibilità economica del costo del lavoro, che le aziende coinvolte, a giudizio degli interroganti, scaricavano sui lavoratori, diminuendone diritti e retribuzioni;
   la chiusura della procedura di mobilità avveniva presso la regione Lombardia, alla presenza dei funzionari della regione Lombardia e di funzionari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   durante l'incontro veniva siglato l'accordo di solidarietà tra la Consulmarketing, le parti sociali e i delegati della rappresentanza sindacale aziendale;
   a giugno 2016, gli accordi sindacali con l'azienda, – per la definizione dei meccanismi di utilizzo della solidarietà – venivano sottoposti a referendum tra i lavoratori;
   tale consultazione dava esito positivo, pertanto i lavoratori accettavano l'accordo proposto;
   nonostante le sollecitazioni delle parti sociali verso l'azienda, a luglio 2016, veniva meno la volontà dell'azienda di collaborare, e a quanto rilevano le organizzazioni sindacali, l'azienda avrebbe disatteso così l'accordo stipulato;
   infatti, l'azienda procedeva con l'assunzione di alcune persone a tempo determinato con contratti di collaborazione continuata e collaborativa (Co.co.co);
   nonostante un tentativo di rinvio d'incontro da parte aziendale, si teneva un nuovo incontro con le parti sociali allo scopo di armonizzare l'applicazione dell'accordo di solidarietà;
   l'incontro non portava a nulla fatto con la conseguente rottura definitiva dei rapporti tra parti sociali e azienda;
   il 1o dicembre 2016 l'azienda comunicava che, nonostante l'imminente scadenza del contratto con Nielsen, termine in cui scadeva anche la procedura di solidarietà non vi era ancora il rinnovo contrattuale, poiché il Ministero dello sviluppo economico e la regione Lombardia non avevano emanato il decreto per l'applicazione della procedura di solidarietà menzionata;
   veniva quindi proclamato da parte dei lavoratori uno sciopero di venti ore complessive;
   nonostante lo sciopero, nella prima settimana di dicembre, e lo stato di agitazione con il blocco della flessibilità, delle ore supplementari e straordinarie, l'azienda continua a oggi a utilizzare lavoratori con contratti di Co.co.co –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritengano di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per permettere di chiarire le motivazioni sostenute dall'azienda che continua a procedere con assunzioni di personale con contratti di Co.co.co., nonostante gli accordi siglati;
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire il futuro dei lavoratori coinvolti, considerato quello che, a quanto consta agli interroganti, si configura come un mancato rispetto degli accordi stipulati tra le parti interessate;
   se non si ritenga di dover verificare se i contratti di lavoro stipulati siano conformi all'attuale legislazione in materia;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative affinché la normativa in vigore non dia motivo di interpretazioni estensive. (4-15230)


   MOSCATT. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Calcestruzzi Belice s.r.l. è un'azienda in amministrazione giudiziaria perché confiscata alla mafia;
   conta l'impiego, tra personale amministrativo e operai specializzati, di undici soggetti. Rappresenta un'importante attività economica del belicino impegnata nell'estrazione e commercializzazione di pietre ornamentali e da costruzione, calcare, pietra da gesso, creta e ardensia;
   con sentenza del tribunale di Sciacca, su cui si attende appello, tale azienda viene dichiarata fallita per un debito che ammonta a 30 mila euro nei confronti dell'Eni, debito, che era in fase di accertamento da parte di altro tribunale. A causa di questo «corto circuito istituzionale» l'azienda è stata chiusa ed i dipendenti licenziati –:
   di quali elementi disponga il Governo circa le ragioni che hanno causato tale «corto circuito» con conseguente licenziamento del personale e la chiusura di tutte le attività connesse all'azienda in questione;
   come si intenda intervenire e quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per scongiurare tale danno. (4-15235)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il prezzo del latte ovino sta raggiungendo una quotazione di 0,50 euro/litro, che riflette solo in parte la grave speculazione in atto;
   il pecorino romano viene venduto in Sardegna a 6/8 euro e viene rivenduto su scala nazionale e americana a 25/40 euro al chilogrammo;
   in Sardegna il formaggio viene pagato troppo poco, perché si afferma che ce ne sia troppo, negli Stati Uniti lo pagano molto perché dicono che ce n’è poco;
   nessuno persegue e pianifica l'incontro tra la domanda e l'offerta, anzi, qualcuno fa di tutto per speculare e mortificare il sistema, tenendo sul filo del fallimento l'intero mondo agropastorale;
   l'organismo interprofessionale sorto in Sardegna è inadeguato a svolgere la funzione di strumento regolatore del sistema;
   occorre creare vera e propria Authority, terza, al di sopra delle parti, non di mediazione ma di certificazione, di quantità e qualità indispensabili per pianificare e governare le produzioni;
   serve un'Authority antispeculazione, capace di regolare in modo scientifico la domanda e l'offerta del sistema lattiero caseario sardo;
   il mercato americano si è ridimensionato di un ulteriore -5,2 per cento. Si tratta di un mercato che acquista il 64 per cento del pecorino italiano inviato all'estero;
   occorre prefissare un quantitativo di latte da destinare al formaggio di punta, in questo caso il pecorino Romano;
   se ne deve produrre sempre e solo quello necessario a mantenere elevato il valore della produzione, senza mai alterare il valore commerciale del prodotto di punta;
   con il restante quantitativo di latte prodotto occorre orientare la diversificazione ad altre nicchie e nuove potenzialità;
   il mercato americano è in profonda evoluzione e tutti, in Sardegna e non solo, continuano ad ignorarlo, lasciando spazio a qualche multinazionale organizzata;
   nel 2016 il mercato a stelle e strisce registra una riduzione minima ma pur sempre significativa dell’import di formaggi pecorino, (-3,2 per cento rispetto al periodo gennaio-agosto del 2015);
   quel che sorprende è l'aspetto qualitativo della domanda, con dinamiche totalmente contrapposte;
   l’import degli USA di pecorini da grattugia nel 2016 ha registrato una netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2015. La flessione è stata del 17,5 per cento e ha interessato principalmente l'Italia (-25 per cento). A trarne beneficio sono state principalmente Spagna e Francia, per le quali si registra un aumento in volume rispettivamente del 29,8 per cento e del 3 per cento;
   si consuma meno «pecorino da grattugia», quindi pecorino prodotto in Sardegna, tanto che l'Italia ha perso il 25 per cento, mercato però conquistato dalla Spagna e dalla Francia, che evidentemente hanno saputo collocare con più efficacia commerciale il proprio prodotto negli Stati Uniti;
   crescono le importazioni degli USA di «pecorini non da grattugia», che hanno registrato nel 2016 un aumento del 27,5 per cento rispetto ai primi otto mesi del 2015. La Spagna, che fino a qualche anno fa era il Paese leader di questo segmento, ha perso ulteriormente terreno (-3,1 per cento variazione tendenziale) con una quota di mercato pari al 20 per cento, principalmente a favore dell'Italia, la quale ha acquisito la leadership con una fetta di mercato del 40 per cento sul totale commercializzato;
   nell'ultimo anno le forniture dall'Italia sono più che raddoppiate in volume +143 per cento rispetto allo scorso anno, stimolate da un significativo calo del valore medio unitario rispetto ai prezzi del 2015 (-5,3 per cento);
   il pecorino è divenuto un prodotto speciale di qualità, non più da grattugia ma da tavola;
   occorre azzerare le scorte e serve la volontà politica per farlo, ma non sono più sufficienti solo provvisorie ed effimere soluzioni politiche, tantomeno per la definizione del prezzo del latte;
   occorre esplorare nuovi mercati, orientare meglio le produzioni;
   si registrano contraffazioni e imitazioni che stanno invadendo il mercato americano a scapito delle produzioni sarde –:
   se non ritenga di dover promuovere iniziative, anche normative, tese ad istituire un'Authority del settore lattiero caseario ovicaprino per la certificazione di qualità e quantità, capace di regolare la produzione di punta e ridurre al massimo la differenza tra la quotazione del pecorino romano e quella di prodotti diversificati;
   se non ritenga di dover promuovere un piano strategico per diversificare i prodotti e in funzione di nuovi mercati, da ampliare e rafforzare;
   se non ritenga di dover promuovere ogni azione di tutela del pecorino romano, sotto «attacco», sia a livello nazionale e sia a livello internazionale, e delle altre due Dop (pecorino sardo e fiore sardo);
   se non ritenga di dover proporre e perseguire un meccanismo virtuoso per governare le quantità di materia prima, valorizzando parametri premianti della qualità, tesi ad incentivare una tendenza positiva al miglioramento della qualità del latte in grado di coprire gli investimenti realizzati;
   se non ritenga di dover promuovere il miglioramento genetico del bestiame, e assumere iniziative per incrementare l'autoproduzione di mangimi e foraggi proprio per le condizioni insulari della Sardegna;
   se non ritenga di dover promuovere un grande piano di comunicazione per la promozione del prodotto «pecorino romano» nel mondo.
(2-01588) «Pili».

Interrogazione a risposta immediata:


   MURGIA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale ondata di maltempo che sta attraversando il nostro Paese potrebbe costare al sistema agricolo oltre un miliardo di euro;
   secondo la fotografia scattata dalla Cia-Agricoltori italiani l'agricoltura è in ginocchio, se non azzerata, in molte zone del Sud, con migliaia di capi di bestiame ammalati o deceduti a causa del gelo e numerose difficoltà anche nei trasporti;
   nei territori del Centro Italia, già devastati dal sisma, in un territorio a prevalente economia agricola e con una significativa presenza di allevamenti di bovini e pecore, la situazione è drammatica: migliaia di ettari di verdure pronte per la raccolta bruciate dal gelo, serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua perché sono gelate le condutture, ma anche aziende e stalle isolate che non riescono a consegnare il latte quotidiano e le verdure;
   ad oggi, a causa del complesso iter burocratico e dei ritardi accumulati, si stima che siano state realizzate appena il 15 per cento delle strutture di protezione degli animali e gli allevatori non sanno ancora dove ricoverare mucche, maiali e pecore, costretti a stare fuori al freddo, con il rischio di ammalarsi e morire, o nelle strutture pericolanti;
   sono centinaia, infatti, gli animali non ancora adeguatamente ricoverati nelle stalle a causa delle mancate promesse del Governo che, dopo mesi, ancora non ha fatto arrivare i moduli necessari –:
   quali urgenti provvedimenti il Governo intenda adottare per intervenire con rapidità ed efficienza al fine di evitare il collasso del sistema agricolo nazionale, attraverso lo stanziamento di risorse straordinarie, commisurate all'entità dei danni che si stanno registrando. (3-02704)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOSCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura archivia il 2016 in deflazione. Lo rileva l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), che, con dicembre, ha completato la serie mensile degli indici dei prezzi all'origine dei prodotti agricoli, stilando un bilancio conclusivo dell'anno;
   in media – spiega l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – le quotazioni hanno sperimentato una riduzione del 5,2 per cento rispetto al 2015. Si sono avute in particolare flessioni nell'ordine del 6,7 per cento per il gruppo delle produzioni vegetali e del 3,1 per cento per i prodotti zootecnici;
   l'impatto deflattivo, analizzato con un maggiore dettaglio, è prevalentemente riconducibile alla dinamica negativa dei prezzi dei cereali (-11,6 per cento nella media annua) e ai significativi ribassi rilevati dall'Ismea sui mercati degli oli di oliva (-18,5 per cento), della frutta (-4,9 per cento) e degli ortaggi (-3,9 per cento). Chiude con un 4 per cento di riduzione anche l'indice dei lattiero-caseari, nonostante i recuperi di fine anno, mentre i prezzi del bestiame vivo hanno mostrato nel complesso una migliore tenuta, limitando i ribassi a un meno 0,8 per cento;
   sui mercati agricoli – si osserva nell'analisi dell'Ismea – hanno pesato, nel corso del 2016, gli squilibri registrati soprattutto nella prima metà dell'anno, legati a situazioni di surplus produttivo in diversi comparti, e le persistenti difficoltà associate a una maggiore pressione dell'offerta estera e a una domanda internazionale rivelatasi meno vivace rispetto al 2015. In agricoltura, la deflazione rappresenta tuttavia un evento ricorrente, data l'estrema volatilità che caratterizza la dinamica dei prezzi alla prima fase di scambio. Un fenomeno che si riflette in una forte instabilità dei redditi agricoli, condizionando direttamente le scelte di investimento e le programmazioni aziendali;
   quello del 2016, da inizio millennio, è il sesto episodio deflattivo nelle campagne italiane. Il più recente risale al 2014, ma il più marcato è quello del 2009, quando i prezzi all'origine dei prodotti agricoli subirono in Italia, nel pieno della più grave crisi economica dal dopoguerra, una flessione dell'11,4 –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di invertire la tendenza deflazionistica di cui in premessa e di sostenere efficacemente il settore dell'agricoltura italiana così importante in termini di produzione di benessere e posti di lavoro, ma anche così fortemente penalizzata dalla crisi economica ancora in corso. (4-15215)


   BOSCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismaea) e l'Unione nazionale tra le associazioni di produttori di olive (Unaprol) hanno rivisto al ribasso le stime del raccolto di olive nell'annata 2016 che con –48,8 per cento porta il raccolto a 242,8 tonnellate, rispetto alle 474,6 del 2015. A pagare di più per questo calo produttivo è il Sud, che perde in media il 50 per cento del prodotto, rispetto al Centro Italia che segna perdite per poco più del 40 per cento, con un Nord Italia in controtendenza, soprattutto in Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige;
   il clima ha condizionato notevolmente l'annata (prevista di scarica, dopo un 2015 abbondante), con un'alternanza di caldo e piogge nei momenti meno opportuni;
   vento e freddo hanno influito negativamente sull'allegagione, seguita a una fioritura di certo non eccezionale. Diversi gli attacchi di tignola nella maggior parte delle regioni meridionali;
   l'umidità estiva, soprattutto nelle ore notturne, ha creato le condizioni per la proliferazione di questo, insetto;
   sempre secondo l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare e l'Unione nazionale tra le associazioni di produttori di olive, gli operatori non si sono fatti comunque cogliere di sorpresa e, forti dell'esperienza di due anni fa, hanno eseguito trattamenti in tempi e modi giusti, salvando in parte le produzioni;
   complessa risulta la situazione dei biologici, soprattutto nell'area del Gargano. Ma ciò che colpisce gli analisti è la vicinanza di due annate molto difficili, che solitamente sono ben più distanziate nel tempo;
   a livello regionale, la Puglia dimezza la produzione, la mosca ha aggredito in particolare le zone del Gargano, mentre nel Salento questa è stata contenuta;
   in Sicilia, gli attacchi di tignola e di mosca hanno colpito soprattutto il catanese, mentre migliore è la situazione in provincia di Trapani;
   la Calabria è la regione che perde più raccolto, in particolare nel reggino, con molti attacchi a settembre. In calo è anche la produzione in Sardegna, ma meno rispetto alla media italiana; Campania e Abruzzo, in alcune zone, hanno perso quasi la totalità del prodotto. Situazione analoga per Basilicata e Molise;
   nel Lazio, la mosca ha colpito anche le zone collinari, ed è andata meglio a Viterbo rispetto alle altre province. In Toscana, le migliori situazioni si trovano nelle province di Siena e Grosseto, ma i produttori sono stati chiamati agli straordinari per contenere i parassiti. In Umbria, la raccolta è stata condizionata dalla mosca che ha colpito da luglio, costringendo a raccogliere con molto anticipo;
   brutta annata anche per le Marche, che comunque salva la qualità, ritenuta buona. In Emilia Romagna la produzione di olive è in netto calo, con la cultivar Brisighella, una delle più care sul mercato, che ha avuto problemi già dalle fasi di allegagione. La Liguria è in difficoltà anche per le poche piogge e le alte temperature estive. Nel resto del Nord, si è avuta una buona annata per i produttori del Garda: Lombardia, Veneto e Trentino;
   a fronte di un tale scenario, risulta essere scontato il forte rialzo dei listini alla produzione (iva esclusa), con gli olii extravergini e i vergini che hanno raggiunto rispettivamente quota 5,5 euro al chilo e 3,9 euro al chilo;
   in Puglia, prima regione produttrice, i prezzi della piazza di Bari sono oltre 5,7 euro al chilogrammo rispetto a settembre (3,8 euro al chilogrammo);
   in Sicilia l'olio extra vergine convenzionale viaggia tra 6,4 e 8,25 euro al chilogrammo, con aumenti che, in due mesi, hanno toccato il 70 per cento in provincia di Agrigento, Siracusa e Trapani; sopra i 5 euro al chilo è anche l'olio nei listini calabresi –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per sostenere un comparto come quello di produzione dell'olio di oliva, così tanto duramente colpito, per l'ennesima volta nel giro di pochi anni, da una crisi che ne mette a repentaglio la capacità produttiva, esportatrice e di creazione di posti di lavoro, specialmente al Sud.
(4-15216)


   REALACCI e TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riporta l'edizione online del quotidiano del Cilento del 19 dicembre 2016 ha fatto molto discutere nel mese passato la presenza di un grande peschereccio nel mare del Cilento e, come si legge nell'articolo, Giuseppe Tarallo, già presidente del parco del Cilento aveva lanciato – assieme ai piccoli pescatori di Castellabate, Acciaroli, Casal Velino, Asce – l'allarme per un grave impatto sull'ambiente e sull'economia ittica di quel territorio;
   si evince poi dalla stampa locale che la quantità di pesce che questa barca riesce a catturare in un giorno equivale al pescato di un anno per un'impresa ittica artigianale. Le istanze e le preoccupazioni dei pescatori sono state portate all'attenzione di Tommaso Pellegrino, attuale presidente del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che li ha recentemente incontrati presso la sede dell'Ente;
   la salvaguardia della piccola pesca locale e sostenibile è importante per la vita del parco e della riserva marina, come Angelo Vassallo, il «sindaco pescatore», ha sempre ricordato nel suo impegno e che gli è costato la vita;
   attualmente le norme sulla pesca emanate dalla Commissione europea incentivano la tutela degli stock ittici anche nel Mediterraneo e della preziosa biodiversità marina –:
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati affinché venga valutata la revoca della facoltà di pesca attraverso il cosiddetto sistema «volante», sia esso a coppia o «monobarca», in considerazione del suo grave e irrimediabile impatto sugli stock ittici e delle conseguenti ripercussioni sulle pesche locali minori e sul mercato del pesce, ancora di più per le acque antistanti i parchi nazionali e le aree marine protette, o aree SIC-ZPS. (4-15221)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   CASTELLI, LUIGI DI MAIO, CASO, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, CARIELLO e D'INCÀ. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   gli eventi sismici del 24 agosto 2016 e quelli successivi del 26 e del 30 ottobre del 2016 hanno devastato il Centro Italia, distruggendo i paesi di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, provocando ingenti danni in tutta la zona e causando la drammatica realtà di 299 vittime;
   l'economia della zona è stata messa a dura prova dal terremoto: con il crollo di ristoranti e negozi, il microsistema delle aziende zootecniche è ora fortemente compromesso, poiché sia le grandi aziende (con cento capi), che le medie (quaranta/cinquanta capi), fino alle piccole aziende, sono in difficoltà, così come è in difficoltà l'intera filiera che, partendo dalla terra, arrivava sulla tavola e coinvolgeva lo stesso settore turistico;
   il dipartimento della protezione civile ha aperto un conto corrente bancario per raccogliere donazioni in favore delle popolazioni colpite sia dal sisma del 24 agosto 2016 che dai terremoti del 26 e del 30 ottobre 2016;
   come disposto dall'ordinanza n. 391 del 2016, le risorse raccolte dovrebbero essere riversate, al termine della raccolta fondi, al conto infruttifero di tesoreria n. 22330, aperto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri presso la tesoreria centrale dello Stato, e dovrebbero venire gestite secondo le modalità previste dal protocollo d'intesa per l'attivazione e la diffusione di numeri solidali;
   secondo quanto riportato sul sito della protezione civile, la prima raccolta fondi, promossa in seguito al terremoto del 24 agosto 2016 e chiusa il 9 ottobre 2016, avrebbe raccolto oltre 15 milioni di euro e con la seconda attivazione del numero solidale, a seguito alle scosse del 26 e del 30 ottobre 2016, sarebbero stati raccolti, al 30 novembre 2016, 4.415.294,00 euro;
   il 31 dicembre 2016 è stato attivato, per la terza volta, il numero solidale 45500, grazie al quale è possibile donare 2 euro inviando un sms o chiamando da rete fissa;
   sempre secondo il sito della protezione Civile:
    a) «al 10 gennaio 2016, tramite bonifici su conto corrente intestato al dipartimento, sono stati raccolti 7.951.679,24 euro»;
    b) «tramite il numero solidale 45500 riattivato il 31 dicembre 2016, sono stati raccolti 1.029.200,00 euro» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda chiarire al più presto e in modo dettagliato in che modo tali fondi, raccolti per il terremoto, siano stati o verranno realmente utilizzati per rispondere alle urgenti necessità delle popolazioni coinvolte. (3-02699)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in data 27 settembre 2016 il sindaco di Taranto ha inviato una lettera al Ministro della salute, chiedendo di sapere se, attraverso i propri organismi scientifici di controllo, l'Ilva allo stato attuale possa continuare a produrre e se questa produzione – in mancanza delle prescrizioni relative alla autorizzazione integrata ambientale – sia dannosa per la salute dei cittadini e, conseguentemente, quali iniziative possano/debbano essere assunte in sede locale;
   in data 4 ottobre 2016 il presidente della regione Puglia Michele Emiliano, insieme con il direttore del dipartimento promozione della Salute, Giovanni Gorgoni, il commissario AReS Giancarlo Ruscitti e il dirigente del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, Francesco Forastiere, ha presentato alla stampa lo studio epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali sulla popolazione residente a Taranto, Massafra e Statte, in cui si sono approfonditi gli effetti a lungo termine delle emissioni industriali per lo stato di vita, i ricoveri, l'incidenza per i tumori e la mortalità;
   la conclusione del citato rapporto così reca: «l'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte. Le metodologie adottate hanno permesso di quantificare i rischi di malattia e morbosità derivanti dalle esposizioni recenti e passate e hanno permesso di escludere il ruolo di confondimento di possibili fattori esterni. Lo stato dell'ambiente e della salute della popolazione deve essere continuamente monitorato per meglio valutare i cambiamenti temporali e garantire interventi di prevenzione e una adeguata assistenza sanitaria»;
   in data 4 ottobre 2016 il sindaco di Taranto, in riferimento allo studio epidemiologico sopraccitato, ha dichiarato a mezzo stampa che: «I dati epidemiologici appaiono molto gravi. Se il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, non risponde alla nostra lettera in cui chiediamo di sapere se ci sono pericoli attuali per la popolazione, abbiamo già pronta la bozza dell'ordinanza di chiusura dell'Ilva»;
   in data 4 novembre 2016 il sindaco di Taranto rispondendo a delle domande dei giornalisti dichiarava che «il silenzio della Lorenzin non posso che interpretarlo in maniera positiva: non c’è nessun pericolo. C’è una situazione da massima allerta ma non da ordinanza. Del resto, – conclude – sarebbe allucinante non intervenire se ci fosse una situazione di rischio per i cittadini»;
   ancora oggi non risulta agli interpellanti che sia giunta al sindaco di Taranto la risposta alla lettera inviata, pertanto il sindaco rimane ancora in attesa di una risposta dal Ministro interpellato –:
   se il Ministro interpellato abbia risposto alla lettera del sindaco di Taranto e quali siano i contenuti di tale risposta ovvero, in caso negativo, quali ne siano le motivazioni;
   se intenda chiarire in quale caso il sindaco di Taranto può emanare un'ordinanza per la chiusura dello stabilimento dell'Ilva a tutela della salute pubblica.
(2-01591) «De Lorenzis, Lorefice, Nesci, Grillo, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Di Vita, Brescia, L'Abbate, Cariello, Scagliusi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COVA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea, attraverso la legislazione in materia di sicurezza alimentare e la normativa che organizza il sistema dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità in materia di mangimi, alimenti, salute e benessere animale (regolamento (CE) n. 882/2004), ha previsto che le autorità competenti di tutti gli Stati membri si dotino di un sistema di audit per verificare la conformità e l'efficacia delle disposizioni previste in materia e l'adeguatezza di queste ultime rispetto alla capacità di perseguire e raggiungere gli obiettivi prefissati;
   la direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione e la direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della salute svolgono, nel rispetto di tale mandato, un'attività di audit volta alla verifica dei sistemi regionali di prevenzione in sicurezza degli alimenti e sanità pubblica veterinaria. Tale attività è intesa come analisi critica e sistematica della azione e del funzionamento delle autorità competenti in tale ambito;
   l'attività di audit sulle autorità competenti regionali si inserisce in un contesto operativo più ampio, definito a livello nazionale dall'accordo della Conferenza Stato-regioni del 7 febbraio 2013 («Linee guida per il funzionamento ed il miglioramento dell'attività di controllo ufficiale da parte del Ministero della Salute, delle Regioni e Province autonome e delle AASSLL in materia di sicurezza degli alimenti e sanità pubblica veterinaria»), che si articola secondo un meccanismo a cascata tra le autorità competenti e che vede, dunque, oltre al sistema ministeriale, anche la coesistenza di sistemi di audit che dal livello regionale si diramano sulle aziende sanitarie locali di pertinenza;
   in questo quadro normativo europeo, in Italia i servizi veterinari pubblici si occupano sia dei problemi di sanità animale in senso stretto e del benessere delle popolazioni animali sia dei problemi di sanità pubblica veterinaria, con particolare attenzione per gli aspetti sanitari della produzione animale e per la tutela della salute dei consumatori e dei cittadini in generale;
   nell'organizzazione dei servizi veterinari pubblici si distinguono tre livelli: il livello centrale, affidato al dipartimento di sanità pubblica veterinaria alimenti e nutrizione del Ministero della salute, e all'Istituto superiore di sanità; il livello regionale, dove i servizi veterinari regionali coordinano i servizi veterinari locali; infine il livello locale regolamentato dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni dove si prevede che i servizi veterinari siano organizzati all'interno delle singole Asl;
   a livello locale il decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni prevedono l'organizzazione dei servizi veterinari locali in tre aree funzionali: a) sanità animale, in cui confluiscono identificazione delle aziende e degli animali, misure di profilassi ed esecuzione dei piani nazionali, vigilanza veterinaria sul commercio di animali vivi, mercati, fiere, maneggi e altro, trasporto di animali vivi; b) igiene degli alimenti di origine animale; c) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche nel cui ambito sono compresi tra cui igiene urbana, commercio animali vivi d'affezione, detenzione animali esotici, lotta al randagismo, sperimentazione clinica, controlli su mangimi, controlli sulla produzione da latte, controllo sui farmaci veterinari e sui residui, rifiuti animali e speciali –:
   a fronte di questi molteplici compiti svolti dal servizio veterinario nazionale, quanti siano i veterinari dipendenti pubblici, in totale e per ciascuna regione, nonché la loro età anagrafica e quella lavorativa;
   quanti siano i veterinari convenzionati con il sistema sanitario nazionale e la loro distribuzione geografica nelle singole regioni e, se ritenga, viste le peculiarità delle funzioni svolte dai veterinari pubblici e convenzionati, che il loro numero sia sufficiente a poter svolgere in modo adeguato tutti compiti loro assegnati ed, in particolar modo, quelli di controllo.
   (5-10289)


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la meningite è un'infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale (le meningi). La malattia generalmente è di origine infettiva, può essere causata da virus, da batteri o da funghi. La forma virale, detta anche meningite asettica, è quella più comune, solitamente non ha conseguenze gravi e si risolve nell'arco di una decina di giorni;
   la forma batterica è più rara ma più importante clinicamente. Tra i casi a eziologia nota, il patogeno più frequentemente identificato è stato lo Streptococcus pneumoniae (indicato come pneumococco), seguito da Neisseria meningitidis (indicato anche come meningococco), e da Haemophilus influenzae (indicato come emofilo). Dove la tubercolosi è ancora diffusa, il suo agente patogeno, il Mycobacterium tubercolosis, è ancora una temutissima causa di meningiti. Qualsiasi batterio può provocarla, da quelli che in genere causano una banale cistite, come l’Escherichia Coli, a quelli che provocano diarrea, come le Salmonelle, o anche la Listeria monocytogenes, un batterio ubiquitario che può contaminare gli esseri umani attraverso il cibo provocando la listeriosi;
   nel genere Haemophilus, la specie Haemophilus influenzae è la più importante per le patologie che può provocare. Essa comprende 6 sierotipi, classificati con le lettere A/F, ed un gruppo di ceppi non capsulati. L’Haemophilus influenzae di tipo B (HIB) è il ceppo patogeno più importante;
   non può pertanto esistere un unico vaccino contro «la meningite» in genere;
   dai dati forniti dal Ministero della salute si evince che il numero totale dei casi di meningite dello scorso anno sono diminuiti rispetto al biennio precedente, passando da 1.479 nel 2014, a 1.815 nel 2015 e a 1.376 nel 2016 e, senza voler minimizzare la gravità della patologia, i decessi registrati sono solo qualche decina;
   negli ultimi 3 mesi, i media hanno acceso un riflettore sul fenomeno e hanno iniziato a dare notizia, uno ad uno, di tutti i casi di meningite conclamata;
   la meningite, così come viene descritta dai mass-media, fa molta paura e questo provoca comportamenti emotivi e impedisce ragionamenti razionali. Negli ultimi mesi si è assistito a casi d'isteria mediatica: l'invito a vaccinarsi si è trasformato in un imperativo categorico, mettendo in un unico calderone i casi di meningite provocati dai vari agenti responsabili della malattia, con una confusione che, unita all'assenza di informazioni da parte degli organismi istituzionali, ha impedito alla cittadinanza di ragionare e di scegliere consapevolmente e ha comportato un incremento esponenziale di utilizzo di dosi di vaccino (il 130 per cento nei soli due giorni tra il 3 e il 5 gennaio) e la ressa di persone allarmatissime che hanno fatto file lunghissime presso i centri di prevenzione vaccinale chiedendo di vaccinarsi «genericamente» contro la meningite senza nessuna informazione sul tipo di vaccino;
   dal 1980, l'immunizzazione contro l’Haemophilus influenzae di tipo B nella vaccinazione infantile di routine ha praticamente eliminato questo patogeno come causa di meningite nei bambini. Per il meningococco esistono vaccini contro i sierotipi A, B, C, W135 e Y. Solo in caso di focolai epidemici con incidenza superiore a 10 casi per 100.000 abitanti nell'arco di tre mesi, le attuali raccomandazioni internazionali indicano l'opportunità della vaccinazione su larga scala, per cui la corsa spasmodica presso i centri diprevenzione per vaccinarsi è ingiustificata –:
   quale sia stato il motivo di quello che agli interroganti appare un prolungato silenzio del Ministro interrogato e delle autorità sanitarie riguardo all'allarme che si sapeva essere ingiustificato (alla luce dei dati a disposizione) e che ha comportato lo scatenarsi della psicosi da meningite spingendo folle allarmate ad approvvigionarsi di vaccini e ad affollare i centri di prevenzione;
   come intenda attivarsi per garantire una corretta e costante informazione sulle malattie infettive e sulla possibilità di prevenirle, al fine di fornire informazioni scientifiche certe da rendere ognuno consapevole degli eventuali rischi e in grado di assumere comportamenti adeguati alla reale problematica. (5-10291)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, «Cresci Italia», era stato previsto il potenziamento del sistema farmaceutico con l'apertura di oltre 4.000 nuovi esercizi assegnati tramite concorsi regionali «al fine di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché garantendo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico»;
   da allora sono stati indetti i concorsi a cui hanno partecipato migliaia di farmacisti e sono state pubblicate quasi tutte le graduatorie, ma risultano poche le aperture di nuove farmacie;
   le principali cause sono da rinvenire nei numerosi ricorsi al Tar e nei ritardi nel lavoro delle commissioni regionali. L'Emilia Romagna, ad esempio, ha impiegato un anno e mezzo dalla pubblicazione della graduatoria per portare a termine il primo interpello, quando i tempi previsti dal bando sarebbero stati di circa sette mesi (cinque giorni per la risposta all'interpello, quindici giorni per l'accettazione della sede, sei mesi per aprire l'esercizio come da bando). Nelle Marche non è ancora stato svolto alcun interpello e la graduatoria è stata pubblicata ad agosto 2015. Nel Lazio, per via di un ricorso al Tar, risulta tutto fermo a marzo 2016, pure in Lombardia è tutto fermo;
   risulta evidente come i tempi di validità della graduatoria, stabiliti in due anni, vadano prolungati al più presto, in quanto le graduatorie risultano quasi tutte vicine alla scadenza;
   se così non fosse si dovrebbe ricorrere, entro breve, a indire nuovi concorsi regionali, con ulteriore aggravio di spese per lo Stato e un ulteriore allungamento dei tempi per le aperture previste;
   in tal senso, si è espressa anche la Commissione salute della Conferenza delle regioni, chiedendo di modificare l'articolo 11, comma 6, del decreto-legge n. 1 del 2012 sulle liberalizzazioni. Le regioni propongono di sopprimere le parole «valida per due anni dalla data della sua pubblicazione» e dopo le parole «deve essere utilizzata» di aggiungere le parole «per sei anni a partire dalla data del primo interpello effettuato per l'assegnazione delle sedi oggetto del concorso straordinario» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative concrete, anche di carattere normativo, abbiano intenzione di porre in essere affinché la durata della validità delle suddette graduatorie possa essere posticipata, permettendo così il corretto espletamento dei concorsi regionali, al fine di migliorare la copertura del sistema farmaceutico nazionale, su base regionale. (4-15223)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dalle principali testate giornalistiche locali della tragica morte di Michele Alfano, 40enne imprenditore di Capaccio, a due settimane dall'intervento gastrico per la riduzione dello stomaco, avvenuta nella clinica Cobellis di Vallo della Lucania;
   il 3 novembre 2016 Michele Alfano aveva, infatti, deciso di sottoporsi ad un'operazione per perdere peso ed evitare di ricorrere all'insulina, ma tale decisione si è conclusa in tragedia con il decesso dell'uomo, che lascia moglie e tre figli;
   in un primo momento l'operazione sembrava essere andata per il meglio, ma poi le condizioni dell'uomo sono peggiorate giorno dopo giorno e in poche ore ha subito tre collassi cardiaci fino al collasso cardiocircolatorio;
   i familiari avevano chiesto da subito di poter trasferire Alfano in un altro ospedale, ma i medici hanno sempre sostenuto che il quadro clinico del paziente non era preoccupante e che «la situazione era sotto controllo»;
   su denuncia dei familiari, la magistratura ha aperto un'inchiesta per ricostruire la dinamica della vicenda ed accertare eventuali responsabilità a carico del personale medico: quattordici persone, tra medici e paramedici, sono state iscritte nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio colposo;
   indipendentemente dal lavoro della magistratura, che ci si augura faccia rapidamente luce sulla tragica vicenda, l'interrogante ritiene doveroso un accertamento ministeriale per ricostruire fatti e responsabilità del caso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per promuovere una verifica ispettiva finalizzata ad accertare le cause del tragico evento e appurare se nella clinica Cobellis di Vallo della Lucania siano state rispettate tutte le procedure previste per assicurare i necessari livelli di qualità e sicurezza dell'intervento chirurgico. (4-15228)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico per sapere – premesso che:
   lo Stato versa ogni anno a Poste Italiane oltre 262 milioni di euro per garantire il servizio universale, ossia la consegna della corrispondenza e l'accesso di tutti i cittadini al servizio postale, ma i disservizi all'utenza continuano e, a seguito dell'entrata in vigore del piano di cosiddetta «razionalizzazione» degli uffici postali, il servizio ha subito un ulteriore peggioramento in termini di qualità ed efficienza delle prestazioni offerte;
   a questa situazione già critica si è aggiunto, a partire dal 10 gennaio 2017, un ulteriore aumento delle tariffe postali, aumento che non risulta essere destinato ad investimenti per l'incremento dell'efficienza e della qualità del servizio e che appare agli interpellanti del tutto ingiustificato, a fronte dell'invariato servizio offerto da Poste italiane, caratterizzato da continui e ripetuti disservizi nella consegna della corrispondenza, ritardi, giacenza di tonnellate di posta accumulata, mancati recapiti, nonché continui malfunzionamenti alle dotazioni informatiche messe a disposizione dall'azienda ai portalettere per la tracciatura della corrispondenza;
   proprio mentre entrano in vigore i nuovi aumenti per raccomandate e assicurate, la Corte dei Conti, nella recente determinazione sui risultati 2015 di Poste, ha denunciato le ingenti spese sostenute da Poste s.p.a. in comunicazione (37 milioni di euro, ben 28 milioni in più rispetto all'esercizio precedente) e consulenze esterne (21 milioni in totale, con un aumento di 5 milioni), facendo peraltro ricorso a troppe eccezioni nelle procedure di affidamento degli appalti da parte della Società (425 atti per un totale di 163,5 milioni);
   Poste Italiane risulta altresì al centro di uno scandalo legato ai controlli di qualità falsati, vicenda che ha ricevuto, a partire dal gennaio 2014, ampio risalto mediatico e su cui è stata avviata un'indagine penale per truffa da parte della procura di Roma, oltre che una inchiesta, avviata dalle stesse Poste e peraltro non ancora conclusa, attraverso un processo di audit interno;
   nella risposta all'interpellanza n. 2-01306, il Sottosegretario di Stato Giacomelli comunicava che tale attività di audit, sebbene ancora in corso di svolgimento, «ha potuto al momento escludere sia il coinvolgimento delle funzioni indirizzo e coordinamento centrali, sia l'eventualità che il sistema di incentivazione manageriale possa aver concretamente indotto i comportamenti critici complessivamente evidenziati dalle verifiche» e che per il 2016 è stata prevista da Poste «una ulteriore riorganizzazione per il potenziamento del sistema di controllo interno»;
   per quanto di conoscenza, quindi, l'attività di verifica condotta da Poste ha riguardato in via esclusiva l'acquisizione di file digitali e/o di corrispondenza elettronica, oltre che di dotazioni informatiche aziendali, con riferimento al solo personale dipendente presso le strutture operative territoriali, senza coinvolgere i vertici aziendali, sebbene, come noto, la vicenda sulle lettere test, che ha interessato il periodo temporale 2006-2015, abbia coinvolto tutte le strutture operative territoriali di Poste spa, ragione per cui, considerata la vastità dello scandalo, non sembrerebbe plausibile l'ipotesi che i vertici aziendali di Poste italiane fossero all'oscuro di tutta la vicenda;
   come noto, l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 261 del 1999 prevede ogni cinque anni, sulla base di un'analisi effettuata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, una verifica quinquennale da parte del Ministero dello sviluppo economico del rispetto degli obblighi in tema di erogazione del servizio postale universale, disponendo, qualora la verifica dia esito negativo, la revoca dell'affidamento del servizio –:
   se il Ministro interpellato intenda fornire informazioni complete in merito agli esiti dell'ultima attività di verifica effettuata dal Ministero dello sviluppo economico, relativamente alla rispondenza del servizio postale universale erogato da Poste italiane ai criteri di efficienza e di efficacia previsti dal contratto di programma, e se alla luce di tali risultanze, il Ministro ritenga il servizio erogato da Poste ancora rispondente a tali criteri o se, al contrario, non siano ravvisabili alcune sensibili alterazioni del livello complessivo degli standard di qualità del servizio imputabili a Poste italiane spa, tali da configurare un inadempimento contrattuale da parte di Poste e la messa in discussione della stessa universalità del servizio;
   se l'attività di audit avviata da Poste italiane sullo scandalo delle lettere test abbia riguardato esclusivamente le strutture operative territoriali, coinvolte nel processo di monitoraggio della qualità del recapito, escludendo le funzioni di indirizzo e coordinamento della divisione servizi postali, e se il Ministro interpellato, non ritenga opportuno, per quanto di competenza, promuovere una verifica che coinvolga anche i suddetti vertici per escludere eventuali coinvolgimenti anche ai massimi livelli manageriali;
   se vi siano contatti, e con quali modalità, tra il Ministro dello sviluppo economico e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui sono state trasferite le funzioni di regolazione e vigilanza del settore postale, ai fini dell'attività ispettiva e di vigilanza «Servizio universale postale: esigenze degli utenti e possibili scenari evolutivi», avviata con delibera 364/14/CONS e i cui termini di conclusione sono ampiamente giunti a scadenza e di quali elementi disponga circa gli eventuali esiti della medesima indagine;
   se il Ministro possa fornire informazioni aggiornate in merito all'attività svolta sulla vicenda delle «lettere test» utilizzate per il monitoraggio della qualità del servizio postale universale da parte della società IZI, – incaricata di misurare i livelli di qualità di Poste italiane – considerato che nella relazione annuale del 2016 non viene chiarito se vi siano state delle alterazioni del livello di qualità addebitabili a Poste italiane spa;
   se il Ministro sia al corrente che l'attività di audit di Poste italiane è stata avviata solo a giugno 2015 a seguito della presentazione da parte di un ex dipendente di Poste di un esposto presso la procura di Roma contro l'azienda Poste italiane, nonostante fin dal gennaio del 2014 siano stati presentati numerosi atti parlamentari — oltre alla pubblicazione di articoli di stampa — sulla vicenda delle «lettere test».
(2-01594) «Spessotto, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, L'Abbate, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Terzoni, Tofalo, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI e TANCREDI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   sin dal caso dell'acquisizione di Parmalat da parte della francese Lactalis (marzo-luglio 2011) risulta con evidenza che aziende italiane di importanti settori dell'economia sono oggetto di una forte attenzione da parte di gruppi economici stranieri, che operano con obiettivi di acquisizione e controllo;
   non si disconosce la rilevante importanza, per il nostro Paese, dell'apporto dei capitali esteri, sia come significativo contributo alla crescita economica e all'occupazione, sia come segnale della fiducia degli investitori internazionali. Taluni aspetti di queste scalate azionarie mettono comunque in luce una problematica che dovrebbe essere valutata e risolta;
   appare importante agli interroganti rilevare come alcuni asset strategici del nostro Paese vadano tutelati, come peraltro è previsto anche negli ordinamenti di altri Stati dell'Unione europea, quale quello francese;
   pur nella diversità dei vari contesti, le metodologie di scalata di questi asset sembrano seguire un copione prestabilito: rastrellamento di azioni, intese e acquisizioni strategiche, manovre di borsa con l'obiettivo di affossare o gonfiare, a seconda delle esigenze, il valore del titolo; se necessario, lancio dell'offerta pubblica di acquisto e, conclusivamente, acquisizione. La Borsa appare sempre più non come il luogo dove le imprese si finanziano, ma come il luogo dove si può perdere il controllo della propria impresa, senza che sia possibile intervenire, a causa della preponderante potenza finanziaria della controparte;
   oltre Parmalat, l'aggressività del capitalismo francese è venuta di recente allo scoperto con i casi di Telecom e Mediaset, a parere degli interroganti oggetto di scalata per aver chiesto al colosso Vivendi il rispetto di un accordo su Mediaset premium sottoscritto ad aprile 2016 e disdetto unilateralmente a luglio 2016;
   altro asset strategico che appare oggetto di attenzione è Assicurazioni generali, la cui ventilata acquisizione da parte del colosso assicurativo francese Axa appare avere conseguenze imprevedibili: Generali, infatti, detiene nelle sue riserve circa 70 miliardi di euro di titoli di Stato, è socio forte di Monte dei Paschi di Siena assieme ad Axa stessa e la sua eventuale acquisizione potrebbe comportare decine di migliaia di esuberi –:
   se non ritenga opportuno introdurre con urgenza disposizioni volte a rafforzare la tutela degli asset strategici del nostro Paese, sul modello di quanto già previsto in altri Paesi dell'Unione europea, fornendo, peraltro, ulteriori informazioni sulla vicenda Axa-Generali. (3-02701)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   recenti iniziative normative prospettano la cessazione del regime di maggior tutela, il servizio di fornitura di elettricità a condizioni economiche e contrattuali stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ad oggi ancora la più diffusa tra i clienti domestici e le imprese con meno di 50 addetti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro alimentata in bassa tensione;
   al riguardo si prevede una serie di condizioni che dovranno essere soddisfatte per rendere effettiva tale abolizione ma non un vincolo rispetto all'esistenza di comportamenti collusivi tra imprese o di un eccesso di concentrazione su un singolo operatore;
   il rapporto dell'Autorità sugli esiti del monitoraggio retail riporta che «nel 2013 quasi il 60 per cento dei clienti domestici che escono dal servizio di maggior tutela sceglie il fornitore collegato al distributore come fornitore alle condizioni di mercato libero» e «questo confermerebbe l'esistenza di un vantaggio per i fornitori preesistenti nell'acquisizione dei clienti da fornire alle condizioni di mercato libero» con numeri analoghi per il servizio di salvaguardia;
   questo dato sembrerebbe confermato dalla recente pubblicazione del report sui dati operativi del gruppo Enel dei primi nove mesi 2016, dove si riportano per il retail regolato 0,8 milioni di clienti nel 2015 e 19,8 nel 2016 contro 6,2 e 6,9 milioni nel mercato libero; circa il 70 per cento di chi è uscito dal vincolato sembra essere rimasto legato allo stesso operatore;
   in assenza di interventi, anche considerando la recente iniziativa della «tutela simile», Enel arriverebbe a una quota di mercato liberalizzato intorno al 70 per cento del totale dei domestici  –:
   se giudica tale valore in linea con le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per favorire la concorrenza nel mercato dell'energia elettrica a vantaggio dei consumatori finali. (5-10293)


   CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di dicembre 2016, la società E-distribuzione ha inviato all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico la richiesta di ammissione al riconoscimento degli investimenti in regime specifico, ai sensi dell'articolo 5 dell'allegato A alla deliberazione dell'Autorità 10 novembre 2016, 646/2016/R/eel recante «Riconoscimento dei costi per la misura dell'energia elettrica in bassa tensione e disposizioni in materia di messa in servizio dei sistemi di smart metering di seconda generazione – 2017-2019»;
   E-distribuzione svolge il «servizio di distribuzione dell'energia elettrica» in circa 7.500 comuni italiani, gestendo 31.937.278 misuratori attivi con riferimento al livello di tensione BT al 31 ottobre 2016, ricompresi nella concessione rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico e con scadenza 31 dicembre 2030;
   l'Autorità, in data 2 dicembre 2016, ha definito e pubblicato sul proprio sito internet le modalità operative per la discussione pubblica del piano di messa in servizio del sistema di smart metering 2G che, secondo un fitto calendario, porterà alla definizione del piano di sostituzione entro il mese di febbraio;
   la direttiva 2014/32/UE, MID, all'articolo 4 definisce «strumento di misura ogni dispositivo o sistema con funzioni di misura», così come indicati all'articolo 2 della stessa;
   il nuovo contatore elettronico, progettato in conformità a tale direttiva e alla deliberazione 87/2016/R/eel dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico si inserisce però in un sistema di smart metering 2G, che comprende anche i concentratori, le reti di comunicazione e i sistemi informativi centrali che, nel loro insieme, dovrebbero garantire il rispetto delle condizioni previste dalla deliberazione citata;
   il decreto legislativo n. 102 del 2014 e successive modifiche, all'articolo 9, comma 3, prevede infatti che «i sistemi di misurazione intelligenti forniscano ai clienti finali informazioni sulla fatturazione precise, basate sul consumo effettivo e sulle fasce temporali di utilizzo dell'energia...» e che «sia garantita la sicurezza dei contatori, la sicurezza nella comunicazione dei dati e la riservatezza dei dati misurati al momento della loro raccolta, conservazione, elaborazione e comunicazione, in conformità alla normativa vigente in materia di protezione dei dati personali»;
   ad oggi, il sistema di rilevazione dei dati di misura di E-distribuzione, secondo quanto riportato dalla stessa società, è stato attestato da una norma di certificazione volontaria, la ISO 50001 del 2011, che si riferisce ai sistemi di gestione dell'energia per il miglioramento continuo della prestazione energetica di un'organizzazione;
   quanto proposto dalla società E-distribuzione sembrerebbe però configurarsi come un sistema di misura come definito dall'articolo 4 della direttiva precedentemente citata, privo però della conformità normativa a garanzia della trasparenza delle operazioni possibili sul contatore telegestito, in particolare su quelle imposte da remoto –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto in premessa;
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche sul piano normativo, per garantire la trasparenza delle transazioni e la tutela della fede pubblica cui è preposto il servizio di metrologia legale. (5-10294)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   quasi un anno fa, precisamente il 16 febbraio del 2016, l'interrogante presentava al Ministero dello sviluppo economico un'interrogazione (n. 4-12116), ad oggi senza risposta, rappresentando la situazione dell'azienda El Ital di Avellino, in crisi già da tempo;
   a causa della crisi aziendale, negli anni, si sono susseguite riduzioni dei volumi produttivi, messe in mobilità e casse integrazioni;
   il 20 ottobre 2015 l'interrogante aveva inviato al Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi pro tempore, una lettera, chiedendo l'apertura di un tavolo di concertazione tra sindacati, proprietà, rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico presso il dicastero, la vertenza finalmente era approdata al Ministero dello sviluppo economico e significativo è il verbale di chiusura di un incontro datato 11 dicembre 2015 in cui il Ministero, nella persona del dottor Castano, chiedeva alla proprietà di onorare al più presto le spettanze dovute ai 64 lavoratori ed esprimeva perplessità sulla proposta, avanzata dal Gruppo Pugliese, di passaggio di ramo d'azienda da El Ital spa alla costituita El Ital srl, detenuta interamente dalla prima, di tutte attività produttive e quelle ad essa collegate «in quanto l'ingente ammontare del debito maturato non rende credibile il progetto»; ancora oggi, tuttavia, la vertenza non ha trovato una soluzione visto che da fonti di stampa si apprende che la proprietà della El Ital, in data 10 gennaio 2017, ha chiesto ai lavoratori di ritirare le istanze di fallimento e restare in regime di cassa integrazione fino a luglio 2017 al fine di consentire di organizzare un piano di rilancio dell'azienda e bloccare l’iter in corso della procedura fallimentare, la cui prossima udienza si terrà il 23 gennaio 2017 presso il tribunale di Avellino  –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di arrivare in tempi rapidi ad una conclusione della vertenza che consenta ai lavoratori di ottenere le spettanze dovute e tornare ad avere un'occupazione stabile. (4-15227)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Bernardo e altri n. 7-01138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Petrini, Pelillo, Barbanti, Bonifazi, Capozzolo, Carella, Colaninno, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gutgeld, Lodolini, Moretto, Pinna, Ragosta, Ribaudo, Sanga, Zoggia, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco, Menorello.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi e altri n. 5-10187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 dicembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gebhard.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Agostinelli n. 5-10277, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Terzoni, Cecconi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Andrea Maestri n. 1-01467, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 724 del 16 gennaio 2017.

   La Camera,
   premesso che:
    la circolare diffusa dal Ministero dell'interno il 30 dicembre 2016, relativa alle attività di rimpatrio degli stranieri irregolari e al programma di riapertura dei centri di identificazione ed espulsione, e la volontà del Governo di stipulare nuovi accordi bilaterali di riammissione e di riformare in senso restrittivo le norme sul diritto di asilo, rappresentano una visione miope, strumentale e rozza, finalizzata soltanto a stemperare gli umori di una parte dell'opinione pubblica scossa dagli ultimi attentati in Europa, ma manca totalmente di una visione costruttiva e di una gestione intelligente, efficace e lungimirante di un fenomeno – quello migratorio – che non può più essere considerato emergenza, diventato ormai strutturale ed elemento imprescindibile della scena culturale, sociale ed economica;
    è fondamentale, invece, intervenire affrontando in modo responsabile quei correttivi urgenti ad un sistema di accoglienza fallimentare (per una gestione spesso corrotta e in mano al malaffare, per gli elevati costi e la limitata efficacia, per le condizioni degradanti delle persone accolte o trattenute, per il numero limitato degli effettivi rimpatri), come evidenziato anche da tutti gli studi indipendenti, oltre che dalla Corte dei Conti e dalle relazioni delle Commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono alternate negli ultimi anni, che aveva anche convinto i Governi precedenti a cercare di diminuire il numero dei centri di identificazione ed espulsione potenziando il modello di accoglienza virtuoso dello Sprar (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati);
    su oltre 180 mila cittadini stranieri sbarcati in Italia nel 2016, circa 23 mila sono stati gestiti attraverso la rete Sprar con progetti di formazione e di inserimento lavorativo. Ma sul futuro di quei migranti pende il verdetto delle loro richieste di asilo, che sei volte su dieci è negativo. Le commissioni territoriali e i tribunali chiamati a valutare le domande di protezione seguono infatti altri criteri, senza prendere in considerazione il percorso svolto dal richiedente asilo e la sua situazione lavorativa. Le cooperative e le associazioni dei progetti Sprar di Torino che gestiscono i richiedenti asilo e le aziende che ospitano i tirocinanti hanno creato la rete «SenzaAsilo», chiedendo al Governo l'introduzione di forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri che prendano in considerazione anche la loro situazione lavorativa. Perché trasformare i migranti lavoratori in irregolari non conviene a nessuno e in un'epoca di guerre, tensioni internazionali, crisi economiche, drammatici eventi climatici, crisi umanitarie di diversa origine e intensità è sempre più evidente l'artificialità e l'opinabilità della summa divisio – tutta politica e giuridica – tra richiedenti protezione internazionale e migranti economici;
    di questo è convinta anche Confindustria che, partendo dalla considerazione che una maggiore integrazione produce maggiori benefici, nel suo rapporto presentato a giugno 2016, sottolinea che l'impatto del lavoro degli immigrati sulla finanza pubblica italiana è positivo e riequilibra il sistema del welfare minacciato dall'invecchiamento demografico;
    è fondamentale che i flussi di migranti siano riconosciuti come una componente strutturale, da gestire attraverso la partecipazione attiva ai programmi di reinsediamento, l'apertura di canali umanitari e un'effettiva riapertura di canali di ingresso e soggiorno legale per lavoro (oggi sostanzialmente chiusi), così da prosciugare il fenomeno dell'irregolarità che foraggia il traffico e lo sfruttamento di esseri umani;
    ora più che mai appare improrogabile una riforma, ad un tempo rigorosa e radicale, del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998 e successive modificazioni) che è inefficace, iniquo, in più aspetti contrastante con la Costituzione e con le norme internazionali e dell'Unione europea;
    il 23 dicembre 2016 l'Istat ha pubblicato un rapporto, secondo il quale le richieste totali di asilo politico presentate dai migranti nel 2015 nei Paesi dell'Unione europea sono più che raddoppiate rispetto al 2014, superando largamente il milione (1.257.030). Un migrante su 3 ha scelto di restare in Germania, che è infatti il Paese nel quale è stato presentato il maggior numero di domande (441.800, il 35 per cento del totale dell'intera Unione europea), seguita dall'Ungheria (174.435), la Svezia (156.110) e l'Austria (85.505). L'Italia è al quinto posto con 83.245 richieste (il 7 per cento del totale dei Paesi Europei);
    l'Agenda europea sull'immigrazione, entrata in vigore nel settembre del 2015, oltre ad aver cambiato in maniera radicale il sistema di accoglienza dei migranti nei Paesi di arrivo, come l'Italia e la Grecia, che da Paesi di transito si sono trasformati in Paesi di destinazione, ha provocato un cortocircuito sulla loro ricollocazione, perché ha stabilito di fatto che i migranti possano accedere al ricollocamento in base alla loro nazionalità. Hanno diritto ad essere ricollocati i siriani e gli eritrei, quelli cioè a cui è riconosciuta una protezione nel 75 per cento dei Paesi europei, mentre tutti gli altri rientrano nella categoria dei migranti economici, anche coloro che scappano dalle guerre, o fuggono da governi dittatoriali come quello gambiano e quello etiope. Per loro è possibile richiedere l'asilo in Italia, ma senza troppe speranze: nei primi sei mesi del 2016 le domande d'asilo sono aumentate del 60 per cento, con un responso negativo del 60 per cento dei casi, che sono diventati irregolari. Il sistema di accoglienza italiano quindi, invece di integrare, ha di fatto prodotto un numero altissimo di persone irregolari;
    in chiave fortemente critica non si può che denunciare la volontà – manifestata apertis verbis dai Ministri Minniti e Orlando – di eliminare il grado di appello nei procedimenti giurisdizionali di impugnazione dei dinieghi dello status di rifugiato, creando quella che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano un'odiosa e incostituzionale apartheid giuridica riservata ai diritti fondamentali (quello alla protezione e quello alla difesa) dei richiedenti asilo;
    anche gli hotspot, imposti all'Italia sempre dall'Agenda europea, per le operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo, hanno creato un sistema arbitrario e lesivo dei diritti fondamentali delle persone sbarcate sulle coste italiane. L'approccio hotspot è privo di una cornice giuridica, dato che nessun atto normativo, né italiano né europeo, disciplina quanto avviene all'interno dei centri, che in molti casi anzi contrasta in modo palese con quanto previsto dalla legge non solo in materia di protezione internazionale, ma anche di violazione della libertà personale;
    i centri hotspot, cronicamente sovraffollati e fonte di episodi di violenza e intimidazione testimoniate, respingimenti viziati nella forma, non sono in grado di offrire condizioni di permanenza dignitosa nemmeno ai minori che viaggiano soli, e non possono più essere considerati un sistema sufficiente e idoneo ad accogliere i migranti che sbarcheranno nel prossimo futuro. Il sistema di prima e seconda accoglienza a livello nazionale si rivela drammaticamente insufficiente. L'Italia e l'Europa devono drasticamente trasformare il loro approccio alla gestione dei flussi migratori, mettendo i diritti delle persone al centro,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per definire una normativa nazionale organica sul diritto d'asilo che dia attuazione all'articolo 10 della Costituzione e che consenta ingressi legali e sicuri a chi fugge da guerre, persecuzioni, eventi climatici avversi, catastrofi naturali, carestie, epidemie;
2) ad assumere iniziative per introdurre un sistema di accoglienza diffuso e sostenibile, che favorisca l'integrazione e la gestione corretta e trasparente di risorse e strutture, facendo del modello Sprar la regola e il ricorso a sistemi emergenziali l'eccezione;
3) ad intensificare ogni tentativo in sede europea per individuare forme di prima accoglienza alternative agli hotspot, con regole più rispettose dei diritti dei migranti;
4) ad assumere iniziative per la definitiva chiusura dei centri di identificazione ed espulsione e una riforma strutturale della materia dei rimpatri;
5) ad attivarsi in sede europea affinché venga potenziato e riconosciuto l'istituto del ricongiungimento familiare al fine di favorire un'immigrazione regolata e ordinata nel rispetto del diritto all'unità familiare e dei diritti dei minori;
6) ad assumere iniziative normative per l'abolizione del cosiddetto reato di clandestinità previsto dall'articolo 10-bis del testo unico sull'immigrazione, ritenuto dalla stessa magistratura un ostacolo al perseguimento dei reati legati al fenomeno migratorio come la tratta, lo sfruttamento lavorativo e la riduzione in schiavitù;
7) a promuovere in sede di Unione europea l'istituzione del visto umanitario comunitario con validità per tutta l'area Schengen ed emettibile in uno Stato terzo;
8) a proporre in sede di Unione europea e, in collaborazione con l'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati, l'istituzione di «uffici per le migrazioni» in Paesi di transito che presentano sufficienti condizioni di sicurezza, dove possano essere valutati i singoli casi e assegnati visti umanitari e documenti di viaggio temporanei, anche in considerazione delle singole esigenze di ricongiungimento familiare, allo scopo di consentire ai migranti di impiegare mezzi di trasporto legali verso l'Europa, e di suddividere in modo solidale tra i Paesi dell'Unione europea il carico umano ed economico di questa emergenza;
9) a promuovere una politica europea volta a consentire, successivamente all'istituzione degli «uffici per le migrazioni» sopracitati, la possibilità per i migranti richiedenti asilo, valutata favorevolmente la domanda di asilo, di raggiungere il territorio del Paese membro accogliente attraverso servizi di trasporto (aereo, marittimo e terrestre) legali, anche a spese dello stesso migrante, con il fine ultimo di salvare migliaia di vite, di distruggere alla base il business dei trafficanti di esseri umani e di ridurre in maniera organizzata la pressione ai confini dell'Europa, nonché il rischio di infiltrazioni terroristiche;
10) a favorire la realizzazione di percorsi educativi di accoglienza ed integrazione a favore dei migranti che consentano loro di conoscere il contesto sociale che li ospita ed integrarsi, anche attraverso lo svolgimento di attività di volontariato a scopo sociale e/o di pubblico interesse, al fine di permettere ai medesimi di acquisire un ruolo attivo, partecipe e che restituisca loro dignità.
(1-01467)
(Nuova formulazione) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Di Gioia n. 2-01585 del 16 gennaio 2017;
   interrogazione a risposta in Commissione Terrosi n. 5-10274 del 16 gennaio 2017.