Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 13 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la programmazione della politica agricola comune avviene, come noto, con largo anticipo al fine di consentire il coinvolgimento di un elevato numero di soggetti sulle tematiche oggetto di discussione e di conseguire il più ampio consenso possibile sul superamento delle criticità che emergono dall'applicazione delle misure in corso;
    secondo alcune recenti indiscrezioni e come più volte accennato da alcuni leader politici europei, la dotazione finanziaria che l'Unione europea riserverà alla politica agricola comune (Pac) per il periodo 2021-2027 sarà interessata da una consistente riduzione di risorse ed è pertanto indispensabile procedere ad una razionalizzazione delle stesse al fine di potenziare l'efficacia degli interventi;
    stando ai dati attuali riferiti al nostro Paese la dimensione media aziendale nazionale è di circa 10,5 ettari e circa 1 milione di agricoltori ha presentato domanda Pac per la programmazione in corso di cui, più della metà, rientrano nella definizione di «piccoli agricoltori»;
    come previsto dalla vigente normativa le deroghe alle cosiddette condizionalità greening, ovvero agli obblighi di attuare le pratiche benefiche per il clima e l'ambiente riguardano: i soggetti con superfici aziendali fino a 10 ettari di seminativo, che sono esonerati dall'obbligo di diversificazione e quelli con superfici aziendali inferiori o uguali a 15 ettari che sono invece esclusi dall'obbligo di destinare una quota del 5 per cento dei seminativi ad aree di interesse ecologico;
    come noto, il pagamento a titolo di «sostegno accoppiato» che la norma comunitaria riserva ai settori in crisi e la cui erogazione è subordinata a precise condizioni, nel nostro Paese è stato utilizzato più come una redistribuzione di risorse tra regioni piuttosto che come contributo a determinati tipi di agricoltura o settori agricoli, che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, sociali o ambientali, e che si trovano in difficoltà;
    alla luce di quanto sopra riportato è evidente la necessità, per la programmazione della Pac post 2020, di ripensare, come di seguito esposto, le due componenti del « greening» e dell'aiuto accoppiato al fine di procedere ad una riallocazione di risorse che consenta una maggior efficacia di tali misure;
    suddividendo la superficie agricola utilizzata nazionale in «superficie svantaggiata», sulla quale non si applicherebbero condizionalità greening, e «superficie non svantaggiata», che invece resterebbe soggetta al solo obbligo di avvicendamento colturale, si libererebbero risorse destinate ad incrementare il pagamento base che, nelle aree svantaggiate, faciliterebbe l'insediamento di lungo periodo, mentre nelle altre renderebbe meno complessa, dal punto di vista burocratico, la gestione dell'azienda agricola;
    la soppressione dell'aiuto accoppiato, pur mantenendo il principio del sostegno alle colture in difficoltà, consentirebbe invece di allocare le relative risorse su un fondo dedicato a finanziare interventi in, caso di gravi squilibri di mercato, di emergenze dovute ad epizoziee, fitopatie, calamità naturali e ad erogare contributi finalizzati al rilancio dei settori strategici in difficoltà (olivicolo, cerealicolo, zootecnico e altro);
    il crescente interesse dei consumatori alla tracciabilità dei cibi dimostra che la società è decisa a rimuovere l'anonimato e a conoscere invece il luogo di produzione di ciò che arriva sulla tavola; tale evidenza riporta in primo piano la tematica dell'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine in etichetta ma anche delle filiere corte, del cibo locale e di stagione, tutti argomenti che devono diventare cruciali per una politica agricola che non può non essere anche politica alimentare;
    esistono moltissime colture di valore ambientale e paesaggistico, le cui produzioni non hanno valore di mercato e che tuttavia richiedono specifici interventi anche a tutela dell'ambiente e del territorio, quali i vigneti eroici, gli oliveti monumentali e gli agrumeti caratteristici,

impegna il Governo:

1) in sede di negoziati europei per la programmazione della politica agricola comune post 2020, a proporre una riforma finalizzata a:
   a) rivedere le norme sulla condizionalità greening affinché sia previsto il solo obbligo di avvicendamento colturale per le aziende ubicate nelle aree considerate «non svantaggiate» e la conseguente riallocazione delle relative risorse, circa il 30 per cento dell'ammontare dei pagamenti diretti, sul plafond destinato al pagamento base;
   b) rivedere l'attuazione del principio del sostegno alle colture in difficoltà, attraverso la soppressione della componente «aiuto accoppiato» e il conseguente trasferimento delle relative risorse su un fondo per le crisi in agricoltura e il rilancio dei settori in difficoltà, destinato a finanziare interventi in caso di gravi squilibri di mercato e di emergenze dovute ad epizoziee, fitopatie e calamità naturali, e contributi finalizzati al rilancio dei settori strategici in difficoltà;
   c) estendere a tutti i prodotti agricoli e agroalimentari, anche attraverso la revisione del regolamento (Ue) n. 1169/2011, l'obbligo dell'indicazione dell'origine in etichetta;
   d) prevedere specifiche norme a tutela e promozione delle filiere corte e quindi degli agricoltori rivolti ai mercati locali, il cui ruolo è fondamentale per la gestione del territorio, la tutela dell'ambiente e la valorizzazione dei servizi sociali;
   e) rivedere le norme sullo sviluppo rurale affinché i programmi regionali prevedano misure obbligatorie per la salvaguardia delle colture di pregio paesaggistico ove esistenti.
(1-01464) «Gallinella, Cecconi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la Basilicata e le altre regioni del Sud dal 4 gennaio 2017 sono state colpite da un eccezionale ondata di maltempo che ha prodotto fortissime nevicate e bufere in tutte le zone anche a bassa quota con precipitazioni record che si sono protratte senza interruzione per diversi giorni;
   le abbondanti nevicate hanno paralizzato la circolazione stradale e ferroviaria, lasciate isolate numerose località, mettendo di fatto in ginocchio il sistema agricolo e produttivo. I comuni interessati hanno disposto la chiusura di tutte le istituzioni scolastiche operanti nei territori comunali, invitando i cittadini ad osservare la necessaria prudenza e limitare gli spostamenti al fine di evitare situazioni di pericolo e di disagio;
   le forti nevicate hanno provocato l'interruzione dell'energia elettrica in molti comuni e le basse temperature hanno provocato la rottura delle condutture idriche in diverse zone dove è stato necessario fornire sacche d'acqua alle famiglie costrette a sopportare la sospensione del servizio anche a causa della rottura dei contatori;
   vi sono state criticità anche per le imprese che registrano una situazione di difficoltà nella prosecuzione dell'attività produttiva per l'impossibilità dei dipendenti e di automezzi di raggiungere gli stabilimenti. Ripercussioni vi sono, ad esempio, nello stop della produzione nello stabilimento Fca di San Nicola di Melfi, che ha inciso anche sulle aziende dell'indotto, nell'attività del Cova di Viggiano e a Tempa Rossa per il trasporto di autobotti e mezzi pesanti, che hanno costretto le società petrolifere e le ditte appaltatrici a rallentare la produzione di idrocarburi e la prosecuzione dei progetti industriali;
   anche se le principali arterie all'interno della regione sono state liberate dalla neve e dal ghiaccio, sono ancora difficili i collegamenti nelle aree rurali e sulle strade secondarie provinciali e comunali. La situazione permane ancora critica in varie aree della regione dove gli agenti della polizia stradale, i vigili del fuoco e l'esercito sono all'opera per garantire la transitabilità nelle strade interpoderali di collegamento con aziende agricole e zootecniche per il superamento dello stato di emergenza. Sono numerose le segnalazioni degli allevatori che si sono trovati impossibilitati ad accudire gli animali a rischio assideramento;
   le temperature gelide hanno messo in ginocchio l'economia agricola dell'intera regione provocando ingenti danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali, agli impianti produttivi ed alle infrastrutture agricole. Gli agricoltori non hanno potuto fare nulla per limitare i danni della gelata, ancora in corso, per salvare la produzione di ortaggi, agrumeti e in moltissimi casi è stato pregiudicato lo sviluppo vegetativo delle piante per la prossima stagione, compromettendo i raccolti delle coltivazioni primaverili di altro pregio;
   gli eventi atmosferici che hanno colpito la Basilicata rischiano di mettere in ginocchio i bilanci dei comuni che si stanno facendo carico delle spese straordinarie per raggiungere campagne e contrade isolate, oltre che per cercare di garantire la mobilità e l'accessibilità dei centri abitati, assumendo impegni finanziari che incideranno negativamente sull'equilibrio dei bilanci e sul rispetto del saldo di competenza finanziaria;
   i mezzi tecnologici oggi a disposizione e le previsioni meteorologiche forniscono con largo anticipo informazioni su eventuali eventi di precipitazioni nevose, e dovrebbe essere possibile organizzare in tempo utile la dotazione di mezzi idonei a garantire la viabilità attraverso l'intensificazione della pulizia del manto stradale, così da renderlo praticabile per la circolazione dei veicoli, soprattutto se muniti di catene da neve, mantenendo la sicurezza per tutti gli utenti;
   l'accertamento dei danni è ancora in corso e, da un primo esame nelle aree interessate dall'emergenza dovuta alla neve e al ghiaccio, questi ammontano a milioni di euro in territori che versano già in una situazione di svantaggio, interessati da una grave crisi soprattutto nel comparto agricolo e imprenditoriale;
   fenomeni di questo tipo, seppur eccezionali, non possono provocare disagi mettono in ginocchio un'economia già in grave difficoltà come quella lucana. È necessario un intervento normativo promosso dal Governo volto a dichiarare lo stato di emergenza, a sospendere i termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore di cittadini ed imprese colpiti e fortemente danneggiati dagli eventi atmosferici, nonché ad escludere dal computo del patto di stabilità quegli interventi urgenti e necessari a riportare la situazione alla normalità –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, valutata la situazione critica in cui versa la regione Basilicata a causa delle eccezionali avversità atmosferiche che si stanno verificando in questi giorni, per provvedere alla dichiarazione dello stato di emergenza una volta effettuate tutte le procedure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale e per disporre lo stanziamento delle risorse occorrenti per la messa in sicurezza dei territori, il risarcimento dei danni subiti dai cittadini e dalle imprese del comparto agricolo e produttivo;
   quali iniziative si intendano assumere per destinare risorse ai comuni colpiti dall'ondata di maltempo, che devono far fronte a enormi esborsi di denaro spesso non coperti dai singoli bilanci, e quale sia il loro ammontare.
(2-01581) «Latronico».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha istituito il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
   per l'attuazione delle suddette disposizioni, per l'anno 2016, veniva autorizzata la spesa di 500 milioni di euro, le cui modalità di assegnazione sono state definite con specifico bando (il cosiddetto «Bando periferie»), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 1o giugno 2016;
   i comuni hanno risposto con grande interesse al bando, tanto che le richieste di interventi da finanziare inviate dalle amministrazioni ammontavano ad oltre 2,1 miliardi di euro;
   nei mesi scorsi il Presidente del Consiglio pro tempore Matteo Renzi aveva quindi annunciato pubblicamente che sarebbero stati finanziati, attraverso un ulteriore stanziamento di risorse previsto nella legge di bilancio 2017, tutti i progetti sulle periferie avanzati dalle singole amministrazioni comunali che avevano partecipato al bando;
   l'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), prevede che «al fine di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (...) con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) sono destinate ulteriori risorse a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020.»;
   il 9 gennaio 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la graduatoria dei 120 comuni vincitori del bando periferie: i primi 24 progetti – spiega il decreto di approvazione – sono finanziati con i 500 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità 2016; gli altri 96, per un fabbisogno di 1,6 miliardi di euro, saranno finanziati con risorse successivamente disponibili;
   data la previsione contenuta nella legge di bilancio 2017 sopra richiamata, e le rassicurazioni che lo stesso Presidente del Consiglio pro tempore Renzi aveva offerto, anche pubblicamente, all'Anci e ai comuni interessati, sarebbe stato opportuno provvedere a rendere immediatamente disponibili per tutte le amministrazioni che avevano partecipato al bando le risorse necessarie al finanziamento dei progetti –:
   quali siano i passaggi procedurali necessari allo stanziamento delle risorse previste dall'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, volte a garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
   quali siano realisticamente le tempistiche per l'effettiva disponibilità delle risorse necessarie al completo finanziamento degli ulteriori 96 progetti presenti nella graduatoria del «bando periferie».
(2-01582) «Occhiuto».

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Villa Doria Pamphilj è una residenza storica che comprende il più grande parco pubblico urbano di Roma (184 ettari), situata appena fuori dalle mura nel quartiere Gianicolense, sulle propaggini occidentali del Gianicolo;
   nel 1849 la villa fu teatro di una delle più cruente battaglie per la difesa della Repubblica Romana dove fu ferito a morte Goffredo Mameli, autore dei versi dell'inno nazionale italiano;
   nel 1856 la villa fu unita alla confinante Villa Corsini e tutto il complesso venne trasformato in una grande azienda agricola e nel 1939 iniziarono i primi espropri da parte del comune di Roma nel 1939; il nucleo originario della villa fu acquistato dalla Stato italiano nel 1957. Oltre 168 ettari furono acquisiti dalla municipalità romana, con apertura al pubblico nel 1972;
   all'interno di villa Doria Pamphilj, villa storica e parco pubblico in Roma, è presente il Casino del Bel Respiro (detto anche dell'Algardi) in uso con funzione di rappresentanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   dal 1o luglio al 31 dicembre 2014 l'Italia ha esercitato la Presidenza del Consiglio europeo e la stessa struttura è stata utilizzata quale luogo di incontro e di lavoro per le rappresentanze degli Stati membri e dei loro Capi di Stato;
   in seguito a questo, è stata sospesa «per attività istituzionali» e mai più ripristinata la possibilità delle visite periodiche accordate ai cittadini (un sabato al mese dalle ore 9,00 alle ore 11,00 da ottobre a giugno e previa prenotazione);
   tali visite erano precedentemente concesse «al fine di valorizzare il patrimonio architettonico dei palazzi istituzionali e consentirne la conoscenza al pubblico»;
   già nel 1992, trentamila cittadini romani firmarono una petizione in difesa del Casino del Bel Respiro perché ritornasse alla pubblica fruizione (documento accolto e fissato in un accordo tra il Governo Ciampi e l'allora sindaco Francesco Rutelli prima, annullato da un provvedimento del Governo Berlusconi poi) –:
   se il Governo sia a conoscenza di quella che appare all'interrogante una sconveniente situazione;
   se il Governo intenda rivedere la decisione di sospendere le visite guidate, garantendo nuovamente la possibilità delle visite medesime all'interno e favorendo anche un'implementazione degli appuntamenti mensili;
   se il Governo sia a conoscenza del posizionamento di una lamiera di divisione tra la zona pubblica e quella di interesse istituzionale e se non si intenda rimuoverla. (3-02694)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in Roma insiste un importante impianto sportivo polivalente progettato dall'architetto Antonio Nervi con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi, denominato stadio Flaminio;
   tale struttura è stata realizzata tra il 1957 e il 1958 ed inaugurata il 19 marzo 1959, per ospitare gli incontri del torneo olimpico di calcio del 1960 e la stessa sorge sul vecchio stadio nazionale costruito nel 1911 da Marcello Piacentini il quale nel 1949, dopo la tragedia di Superga, fu dedicato al grande Torino di Valentino Mazzola;
   ai sensi e per gli effetti dell'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, lo stadio Flaminio è un bene di interesse artistico e storico;
   lo stesso ancora oggi risulta essere il secondo stadio per capienza della Capitale e il più capiente tra quelli privi di pista d'atletica;
   tale preziosa struttura inutilizzata dal 2011, versa attualmente in uno stato di vergognoso degrado quale: corrosione delle armature metalliche, infiltrazioni dappertutto, ambienti devastati, strutture vandalizzate, locali tecnici prossimi al collasso, aiuole ridotte a boscaglie incolte nonché scarpini sbrindellati, brande arrugginite, medicine scadute, siringhe, lattine, bottiglie di alcolici spaccate, pezzi di marciapiedi malmessi, sugli spalti i resti di seggiolini e tanta ruggine, il campo è coperto da erbacce alte e sporcizia, la piscina è in disuso e le palestre di scherma non esistono più. All'interno spiccano segni evidenti di vandalismo da parte di chi, negli anni, ha approfittato dell'incuria per accedere all'impianto e disporne a suo piacere;
   nell'indifferenza generale, nella più totale incuria e abbandono, nel cuore della Capitale, a poche centinaia di metri da piazza del Popolo, a pochi metri dall'Auditorium di Renzo Piano muore un pezzo della storia italiana. Muore l'Italia delle Olimpiadi del 1960 che cambiarono Roma e che sono il simbolo del rimpianto boom economico;
   inoltre, dai media si apprende che due ingegneri, periti del tribunale di Roma, a cui il comune di Roma si è rivolto perché quantificasse i danni causati dall'assenza di manutenzione, hanno calcolato che basterebbero circa sei milioni di euro per riqualificare la struttura; stante l'asserita impossibilità economica della federazione sportiva gioco calcio di ristrutturare l'impianto; va infine rilevata l'inerzia dell'amministrazione capitolina –:
   se il Governo non ritenga anche alla luce della probabile individuazione di Roma come sede delle Olimpiadi, necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, per il recupero non solo di un monumento simbolo di una Roma passata, ma anche di una importante ed utile struttura sportiva per la città.
(5-10269)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARTELLI, NICCHI, SCOTTO, FRATOIANNI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI.— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni antecedenti al 25 novembre 2016 sui canali RAI è stato trasmesso uno spot in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne;
   nello spot si utilizza una bambina per comunicare alla società italiana che nella sua vita le toccherà vivere le peggiori delle sorti: il ricorso all'ospedale per la violenza subita dal proprio compagno di vita;
   è uno spot, a giudizio degli interpellanti, dannoso e offensivo; la violenza contro le donne non è un destino e non è inevitabile. Il movimento delle donne da decenni in Italia si mobilita per affermare che il corpo delle donne è inviolabile e per costruire una rinnovata relazione di riconoscimento della differenza e di civiltà tra uomini e donne;
   lo spot trasmesso è l'antitesi di quanto le donne sono riuscite a conquistare in questi anni non lasciando alcuna prospettiva di cambiamento. Con lo spot si ipoteca un futuro da vittima;
   lo spot prodotto dalla RAI è servizio pubblico, finanziato da denaro pubblico, ed in tal senso è opportuno conosce chi ha commissionato, ideato e validato lo spot. È altresì necessario conoscere quale relazione si sia tenuta, sulla programmazione della campagna di sensibilizzazione contro la violenza alle donne, tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la RAI –:
   se e quali tipo di relazione si sia tenuta, in sede di programmazione della campagna di sensibilizzazione contro la violenza maschile nei confronti delle donne, tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la RAI;
   di quali ulteriori elementi disponga il Governo, con particolare riferimento ai costi dello spot ed alla autorizzazione relativa alla presenza delle bambine e dei bambini in video. (4-15144)


   PISICCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Consip, che vede come azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze, nella qualità di centrale di committenza di tipo nazionale, è sul punto di terminare l'espletamento della gara per l'affidamento dei servizi di raccolta rifiuti e raccolta differenziata per il comprensorio della Murgia con capofila il comune di Altamura, una gara di rilevante importo che si aggira intorno ai 900 milioni di euro;
   tale procedura si sta svolgendo da molto tempo ed è stata oggetto di diverse impugnative delle quali molte sono ancora pendenti presso il TAR Puglia e presso il Consiglio di Stato;
   risulta evidente la necessità di una preventiva e puntuale verifica di tutte le censure che sono state proposte, prima di addivenire all'aggiudicazione, al fine di non pregiudicarne il corretto svolgimento;
   potrebbe, tuttavia, nelle prossime ore essere passato in decisione in Consiglio di Stato, a quanto consta all'interrogante, un appello riguardante l'ammissione di un raggruppamento d'imprese, il cui esito potrebbe generare uno squilibrio dell'intera gara, nonostante la carenza dei requisiti e nonostante il mancato accertamento su di essi;
   la situazione merita una puntuale verifica da parte del Governo, perché non appare congruo che, con un mero accorgimento processuale, un tema scottante, per l'ammissione di un'impresa, possa essere pretermesso e venga a trovare ingresso un'aggiudicazione di così elevato importo, sulla base di quella che appare all'interrogante una sentenza meramente processuale, mentre vi sono altri giudizi pendenti che sono necessari per verificare la regolarità della gara e dell'aggiudicazione –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire la piena regolarità della procedura e la necessaria libertà di concorrenza in una materia così cruciale come quella degli appalti pubblici. (4-15155)


   PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 124, comma 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013 prevede la notifica ufficiale alla Commissione europea, da parte degli Stati membri, dei dati inerenti alla data e alla forma delle designazioni delle Autorità di gestione, di certificazione e di audit per i programmi operativi 2014-2020 prima della presentazione della prima richiesta di pagamento intermedio;
   le predette designazioni si basano su una relazione e un parere di un organismo di audit indipendente che valuta la conformità delle autorità ai criteri relativi all'ambiente di controllo interno, alla gestione del rischio, alle attività di gestione e di controllo e alla sorveglianza. L'organismo di audit indipendente è l'autorità di audit, ovvero un altro organismo di diritto pubblico o privato con la necessaria capacità di audit, indipendente dall'autorità di gestione e, se del caso, dall'autorità di certificazione, e che svolge il proprio lavoro tenendo conto degli standard in materia di audit accettati a livello internazionale. Gli organismi di audit per i programmi operativi 2014-2020 sono soggetti a designazione da parte dell'IGRUE – Ministero dell'economia e delle finanze, quale organismo nazionale di coordinamento delle autorità di Audit;
   secondo l'articolo 3, comma 1, lettera c), dello statuto dell'Agenzia per la coesione territoriale, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 luglio 2014, è prevista un'azione di vigilanza sull'attuazione dei programmi e realizzazione dei progetti che utilizzano fondi strutturali;
   il documento della direzione generale Budget della Commissione europea prot. BUDG A2/PG/D(2016) 2768806 del 12 maggio 2016 reca i dati sull'attuazione del processo di designazione delle autorità di gestione e specifica che, a fronte dei 75 programmi operativi italiani al 30 aprile 2016 solo 27 autorità di gestione avevano ottenuto la designazione ufficiale. In ogni caso, il processo di designazione si sarebbe dovuto concludere nella seconda metà del 2016 –:
   se intenda rendere noto lo stato di attuazione delle designazioni, fornendo i dati ufficiali comunicati (articolo 124, paragrafo 1, del regolamento (UE) 1303/2013) alla Commissione europea relativi alla designazione di tutte le autorità (gestione – certificazione – audit) previste per i 75 programmi operativi;
   se intenda accertare le cause di eventuali ritardi e fornire elementi al riguardo, individuando e misurando le responsabilità dei soggetti deputati a tale processo di designazione;
   quali iniziative siano state attuate dall'Agenzia per la coesione territoriale per accelerare il processo di designazione;
   se intenda verificare se, nell'ambito dei programmi operativi, siano presenti spese certificate la cui domanda di pagamento non è stata ancora trasmessa per la mancanza delle autorità e a quanto ammontino tali somme. (4-15157)


   RICCIATTI, FASSINA, FRATOIANNI, MELILLA, MARCON, COSTANTINO, ZARATTI, GREGORI, D'ATTORRE, SCOTTO, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, DURANTI, FOLINO, FRANCO BORDO, KRONBICHLER, SANNICANDRO e FERRARA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 convertito dalla legge 19 dicembre 2016, n. 229, recante «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016», all'articolo 48, comma 1-bis, prevede che: «I sostituti d'imposta, ovunque fiscalmente domiciliati nei comuni di cui agli allegati 1 e 2, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1o gennaio 2017 e fino al 30 settembre 2017. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi mediante ritenuta alla fonte si applica per le ritenute operate ai sensi degli articoli 23, 24 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600»;
   l'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 prevede che «I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività»;
   il riferimento al domicilio fiscale dei sostituti di imposta, operato dalla norma introdotta dalla legge di conversione, limita la possibilità di accedere alla cosiddetta «busta paga pesante» esclusivamente ai lavoratori i cui datori di lavoro (sostituti di imposta) sono fiscalmente domiciliati nei comuni del cratere sismico (indicati agli allegati 1 e 2 della legge citata);
   alla luce delle previsioni normative richiamate è evidente come la legge n. 229 del 2016 crei una disparità di trattamento significativa tra i residenti nelle aree del cratere che lavorano per datori di lavoro con domicilio fiscale nella stessa area e quelli che sono alle dipendenze di persone giuridiche che hanno sedi legali in comuni fuori dal cratere;
   la scelta operata con il decreto-legge n. 189 del 2016 si discosta dal precedente del sisma del 1997, che colpì Marche ed Umbria, dove, in luogo della limitazione ai comuni del cratere, si optò per l'estensione della «busta paga pesante» prescindendo dal domicilio fiscale del datore di lavoro/sostituto d'imposta («I sostituti d'imposta, ovunque fiscalmente domiciliati, a richiesta degli interessati non devono operare le ritenute alla fonte nel periodo di sospensione», articolo 14, comma 2, dell'ordinanza 28 settembre 1997, n. 2668, «Interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti alla crisi sismica iniziata il giorno 26 settembre 1997 che ha colpito il territorio delle regioni Marche e Umbria», pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 28 settembre 1997) –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per modificare l'articolo 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 189 del 2016, al fine di ristabilire un trattamento equo per i cittadini residenti nell'area del cratere del terremoto, in ordine alle questione segnalata in premessa. (4-15160)


   GADDA, SENALDI, MARANTELLI, PAOLO ROSSI, BRAGA, MORETTO, ZAMPA, PATRIARCA, PARRINI, DALLAI, COPPOLA, MARCO DI MAIO, DONATI, VAZIO, FANUCCI, MAGORNO, FIORIO, BENI, MANFREDI, CAPOZZOLO, GIUSEPPE GUERINI, MORANI, FAMIGLIETTI e FREGOLENT. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal rapporto di agosto 2016 elaborato dall'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) sulle riammissioni di cittadini stranieri alla frontiera di Chiasso, e dalle informazioni acquisite dalla Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza ed espulsione, emerge che:
    nel periodo dal 1o maggio al 30 settembre 2016, in territorio svizzero, sono stati 21.531 gli arrivi certificati di cittadini stranieri, di cui 6.900 riguardanti minori, e sono state 9.440 le riammissioni semplificate verso il confine italiano ai sensi dell'accordo bilaterale, e di queste 2.361 hanno riguardato minori stranieri non accompagnati;
    la maggior parte dei migranti respinti dalle autorità svizzere provengono da paesi quali l'Eritrea, l'Etiopia, la Somalia, e il Sudan, per i quali si può ritenere sussistano i presupposti per il riconoscimento di protezione internazionale;
    le autorità elvetiche affermano che le riammissioni avrebbero riguardato esclusivamente gli stranieri che non avevano manifestato intenzione di presentare istanza di asilo in Svizzera; ma, al contrario, risulta dalle suddette fonti di informazione, che alcuni di questi migranti abbiano dichiarato di aver manifestato tale intenzione in forma orale o scritta, ma di essere stati impossibilitati a formalizzare tale domanda;
    le persone respinte non avrebbero ricevuto alcun provvedimento scritto, e sarebbero stati per questo impossibilitati a presentare un ricorso, in violazione del diritto ad un ricorso effettivo, come previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
   risulta che le autorità svizzere abbiano effettuato respingimenti collettivi, senza una valutazione su base individuale in grado di definire la sussistenza di requisiti per l'ottenimento della protezione internazionale o umanitaria: a titolo esemplificativo, molti minori non accompagnati risulta siano stati respinti nella stessa giornata, avvalorando l'ipotesi che possono essere state messe in atto espulsioni di gruppo, vietate dalla normativa europea ed internazionale;
    tale tesi è avvalorata dai dati sui respingimenti raccolti tra aprile ed agosto 2016: la percentuale delle riammissioni sul totale delle identificazioni, sarebbe aumentata dal 7 per cento di aprile 2016 al 70 per cento, registrato ad agosto dello stesso anno. Questo andamento anomalo dei dati e le testimonianze di cui al punto precedente, fanno presupporre che la scelta tra respingimento in Italia e ammissione alla procedura di asilo sia stata in alcuni casi pianificata ovvero dettata da una politica di ingresso programmata;
    sarebbero, numerose le violazioni effettuate ai danni di minori non accompagnati: l'accordo bilaterale tra la Svizzera e l'Italia sulla riammissione delle persone in situazione irregolare, infatti, sarebbe stato applicato ad essi, senza alcuna tutela specifica rispetto agli adulti, e ciò sarebbe avvenuto secondo gli interroganti anche in contrasto con le norme internazionali in materia ed in particolare della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo siglata a New York il 20 novembre 1989;
    molti minori non accompagnati hanno dichiarato di avere genitori o parenti prossimi regolarmente soggiornanti in Svizzera o in altri Stati membri e quindi di avere diritto alla ricongiunzione ai sensi del regolamento di Dublino III;
    inoltre, le autorità svizzere non avrebbero nominato alcun tutore per gli stranieri minori non accompagnati e le riammissioni sarebbero avvenute in violazione del superiore interesse del minore, previsto invece dall'articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa;
   in caso affermativo, se il Governo intenda chiedere chiarimenti alla Confederazione elvetica in merito alle scelte adottate nella gestione dei migranti ed in particolare chiarire i rapporti tra l'Italia e la Svizzera sanciti dall'accordo sulla riammissione delle persone in situazione irregolare concluso il 10 settembre 1998;
   se il Governo intenda assumere iniziative per verificare l'applicazione degli accordi siglati con la Svizzera, con particolare riferimento al trattamento dei minori stranieri non accompagnati. (4-15169)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'11 gennaio 2017, in regione Marche si è tenuta una riunione per fare il punto sugli strumenti normativi per realizzare le stalle o le strutture provvisorie di ricovero per gli animali nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto e 30 ottobre 2016;
   all'incontro erano presenti il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Martina, il presidente della regione, Ceriscioli, il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, il capo del dipartimento della protezione civile, Fabrizio Curcio e la vicepresidente della giunta regionale, Anna Casini e le associazioni di categoria;
   con la collaborazione delle associazioni di categoria, il tema affrontato era l'ordinanza n. 5/15 del commissario Errani e le azioni da mettere in campo per salvare agricoltori e bestiame;
   nell'ambito dell'incontro, il Ministro Martina ha dichiarato la volontà di accelerare tutti gli interventi che devono sostenere in particolare agricoltori e allevatori in questa fase molto complicata, operando nell'ambito dell'ordinanza emergenziale di fine novembre, comunicando che a febbraio 2017 partirà la prima tranche d'interventi di aiuti agli allevatori per coprire il mancato reddito da 11 milioni di euro;
   il commissario Errani dichiarava che: «Dal 28 novembre abbiamo a disposizione degli allevatori un'ordinanza che consente di realizzare tutto ciò che è necessario di provvisorio in tempi rapidi e in modo semplificato»;
   mentre il presidente Ceriscioli aggiungeva che gli obiettivi della riunione sono proprio quelli di trovare il massimo di sinergia nell'interesse di chi sta aspettando una sistemazione per poter alloggiare in maniera confortevole i propri animali e avere piena consapevolezza dei tanti strumenti che in questa gestione del sisma sono stati già approvati e sono estremamente efficaci;
   è poi emerso che la regione Marche ha tutti gli strumenti per operare dall'inizio di dicembre; tuttavia, parrebbe che il problema sia quello di non essere in grado di coordinarsi tra le istituzioni coinvolte;
   la vicepresidente Casini ha sintetizzato quanto già attuato dalla Regione: «abbiamo realizzato le progettazioni per le piazzole e quindi provveduto ad acquistare e a posare in opera le stalle in sostituzione di quelle danneggiate dal primo terremoto del 24 agosto che sono ormai state quasi tutte montate. Ora affrontiamo la situazione relativa al secondo terremoto. C’è a disposizione l'ordinanza n. 5 che consente all'allevatore di realizzare da solo sia la piazzola sia le stalle senza anticipazione di costi perché le fatture quietanziate verranno pagate direttamente con fondi nazionali» –:
   se, considerata la situazione di complessità in cui versano gli agricoltori marchigiani coinvolti dal sisma aggravata dalle condizioni meteorologiche di queste ultime settimane, non ritengano di dover fornire elementi, in modo capillare e nell'immediato, circa gli aspetti applicativi dell'ordinanza n. 5 in essere da novembre 2016, affinché i soggetti interessati provvedano a realizzare anche in modo autonomo i ricoveri per gli animali;
   se non ritengano doveroso e urgente assumere iniziative per risolvere il problema della burocrazia e del coordinamento tra le istituzioni coinvolte, problema emerso durante l'incontro in regione Marche, poiché gli agricoltori, gli allevatori e gli animali coinvolti non possono aspettare le decisioni e gli accordi ancora da assumere. (4-15172)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'attività di intelligence internazionale individuava in Medhane Yehdego Mered, cittadino eritreo di 35 anni, uno dei principali organizzatori del traffico di esseri umani sulla rotta libica-subsahariana;
   la procura di Palermo, a seguito della citata attività investigativa, emanava un ordine di arresto nei confronti del Medhane Yehdego Mered;
   in data 24 maggio 2016 il citato Medhane Yehdego Mered veniva tratto in arresto in Sudan e successivamente estradato in Italia e preso in consegna dalle autorità di pubblica sicurezza in data 7 giugno 2016;
   nei giorni successivi all'operazione di polizia numerose indiscrezioni giornalistiche hanno sollevato dubbi in merito alla reale identità del cittadino eritreo attualmente detenuto nel nostro Paese;
   in particolare, numerose testimonianze dirette e confronti fotografici, come riportato dalla stampa internazionale ed in particolare britannica, sembrano perorare l'ipotesi dello scambio di persona;
   in data 10 gennaio 2017, stando a quanto riportato in articolo del quotidiano La Repubblica, il Ministero degli esteri eritreo confermava l'autenticità dei documenti di identità in possesso del cittadino eritreo attualmente agli arresti. Stando a tali documenti l'identità del cittadino eritreo sarebbe quella, per altro dichiarata al momento dell'arresto, di Mered Tesfamariam avvalorando, in tal modo, l'ipotesi dello scambio di persona –:
   quali siano state le procedure seguite al momento dell'arrivo in Italia per accertare la reale identità dell'uomo arrestato in Sudan;
   se le autorità di polizia abbiano, anche alla luce dei fatti riportati dalla stampa e citati dall'interrogante, proceduto ad ulteriori accertamenti in merito all'identità dell'uomo attualmente agli arresti nel nostro Paese. (4-15177)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella notte di Capodanno 2017 l'artificiere Mario Verri è rimasto gravemente ferito nell'attentato ai danni di una libreria di «Casa Pound» a Firenze;
   nel tentativo di disinnescare l'ordigno piazzato davanti alla libreria l'agente ha purtroppo perso un arto ed è rimasto gravemente ferito ad un occhio;
   lo stesso agente era di fatto nel pieno esercizio delle sue funzioni e con il suo intervento ha probabilmente impedito che il sopra descritto atto criminale causasse ulteriori vittime;
   nel contratto delle forze dell'ordine sembra non essere prevista una polizza assicurativa per danni riportati in servizio e pertanto le lunghe e costosissime cure alle quali l'agente Verri dovrà essere sottoposto saranno totalmente a suo carico –:
   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti in premessa, e come intenda intervenire a tal proposito per fornire sollievo, quantomeno economico, all'agente di polizia. (4-15180)


   CASTELLI, LUIGI DI MAIO, CASO, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, CARIELLO e D'INCÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   gli eventi sismici del 24 agosto 2016 e quelli successivi del 26 e del 30 ottobre 2016, hanno devastato il Centro Italia distruggendo i paesi di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, provocando ingenti danni in tutta la zona e causando un drammatico totale di 299 vittime;
   con il crollo di ristoranti e negozi, il microsistema delle aziende zootecniche è ora fortemente compromesso: sia le grandi (cento capi) che le medie (quaranta/cinquanta capi), fino alle piccole aziende, sono in difficoltà, così come è in difficoltà l'intera filiera che, partendo dalla terra, arrivava sulla tavola e coinvolgeva lo stesso settore turistico;
   il dipartimento della protezione civile ha aperto un conto corrente bancario, presso il Monte dei Paschi di Siena, per raccogliere donazioni in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016 e da quelli successivi del 26 e del 30 ottobre 2016;
   secondo quanto riportato sul sito della protezione civile, la prima raccolta fondi, promossa in seguito al terremoto del 24 agosto e chiusa il 9 ottobre, avrebbe raccolto oltre 15 milioni di euro e con la seconda attivazione del numero solidale, a seguito alle scosse del 26 e del 30 ottobre, sarebbero stati raccolti, al 30 novembre, 4.415.294 euro;
   il 31 dicembre 2016 è stato attivato, per la terza volta, il numero solidale 45500, grazie al quale è possibile donare 2 euro inviando un sms o chiamando da rete fissa;
   sempre secondo il sito della protezione civile:
    «al 10 gennaio, tramite bonifici su conto corrente intestato al Dipartimento, sono stati raccolti 7.951.679,24 euro»;
    «tramite il numero solidale 45500 riattivato il 31 dicembre, sono stati raccolti 1.029.200,00 euro» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda chiarire, al più presto e in modo dettagliato, in che modo tali fondi, raccolti per il terremoto, siano stati utilizzati. (4-15184)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri, in data 6 maggio 2016, ha indetto un concorso per esami e titoli, per il reclutamento di 1.096 allievi carabinieri inferma quadriennale;
   il concorso è suddiviso nei seguenti concorsi pubblici, per esami e titoli che sono stati così articolati per il reclutamento di: a) 521 allievi carabinieri in ferma quadriennale, riservato, ai sensi dell'articolo 2199, comma 7-bis, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) ovvero in rafferma annuale, in servizio; b) 221 allievi carabinieri in ferma quadriennale, riservato, ai sensi dell'articolo 2199, comma 7-bis, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) in congedo ed ai volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4) in servizio o collocati in congedo a conclusione della prescritta ferma; c) 322 allievi carabinieri in ferma quadriennale, riservato, ai sensi degli articoli 706 e 707, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai giovani che non abbiano superato il ventiseiesimo anno di età, per il successivo impiego secondo i criteri di cui all'articolo 17; d) 32 allievi carabinieri in ferma quadriennale, riservato ai sensi del decreto legislativo 21 gennaio 2011, n. 11, ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni;
   il bando di concorso prevedeva che: i candidati idonei, fino a concorrenza dei posti disponibili per ciascuno dei concorsi di cui all'articolo 1, comma 1, sarebbero stati dichiarati vincitori secondo l'ordine delle rispettive graduatorie ed ammessi alla frequenza del corso formativo, che si sarebbe svolto presso i reparti di istruzione di assegnazione. Successivamente, avrebbe potuto essere ammesso al corso, secondo l'ordine delle medesime graduatorie, un numero di concorrenti idonei pari a quello di eventuali rinunciatari per qualsiasi motivo, durante i primi 20 (venti) giorni di effettivo corso;
   nel novembre 2016 sono state comunicate le idoneità;
   risulta all'interrogante che oltre 100 unità risultate idonee, dunque vincitrici di concorso, non siano state ancora chiamate a svolgere gli adempimenti necessari per l'assegnazione –:
   se il Governo intenda definire positivamente, con la relativa assegnazione, tutte le posizioni idonee relativamente al concorso appena ultimato;
   quali saranno i tempi per la chiamata di tutti gli idonei al concorso suddetto;
   se il Governo non ritenga di dover prevedere un rafforzamento della presenza di uomini e mezzi nella regione Sardegna che proprio per le condizioni insulari presenta criticità rilevanti sul piano della piena funzionalità dei vari reparti e delle singole realtà operative dell'Arma dei carabinieri. (4-15187)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le vicende relative alla protesta dei richiedenti asilo presso il centro di accoglienza di Cona, in provincia Venezia, come riportato dagli organi di stampa (vedi Il Fatto Quotidiano del 5 gennaio 2017), hanno riportato all'attenzione l'attività della cooperativa che gestisce il centro, la «Edeco», già «Ecofficina Educational», già «Ecofficina Servizi»;
   la cooperativa, benché poco esperta nel campo dell'accoglienza (fino al 2015 si occupava di gestione rifiuti) è riuscita ad aggiudicarsi i principali bandi delle prefetture per l'emergenza migranti anche in assenza di alcuni requisiti, quali ad esempio l'esperienza biennale nel settore richiesta dal bando della prefettura di Padova;
   nel settembre 2016 la Confcooperative ha ritenuto opportuno sospendere la cooperativa in questione, in quanto contraria al suo operato, che, a parere dell'associazione, non risponde alle logiche della buona accoglienza;
   la cooperativa ha avuto tra i suoi presidenti tale Barbara Degani di Ncd, poi sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare del Governo Renzi, nonché del Governo attualmente in carica, e la sorella del sottosegretario Degani è dipendente della società di smaltimento rifiuti «Padova Tre» con cui la cooperativa, allora Ecofficina, ha fatto affari quando si occupava di smaltimento dei rifiuti –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di chiarire gli eventuali legami politici, in relazione a quanto segnalato in premessa, con la cooperativa in oggetto, e in che modo intenda garantire maggiore trasparenza nell'aggiudicazione degli appalti e maggiore eticità nei criteri che devono ispirare la buona accoglienza e la qualità dell'intervento e dell'integrazione. (4-15190)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDI, LA MARCA, GIANNI FARINA, GARAVINI, PORTA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno scolastico 2012/13 è entrato in vigore l'accordo tecnico italo-eritreo, che disciplina il modello organizzativo dell'Istituto statale omnicomprensivo di Asmara con riferimento al sistema scolastico locale;
   nonostante tale accordo, ad oggi ancora sussistono nel suddetto istituto scolastico italiano gravi difficoltà di funzionamento delle attività didattiche e, anzi, si manifesta un progressivo peggioramento della situazione di disagio nella sede, particolarmente in merito: all'endemica carenza di acqua e all'estrema difficoltà nell'approvvigionamento; alle quotidiane interruzioni dell'erogazione dell'energia elettrica; alle emergenze sanitarie contingenti, dovute alla diffusione del colera in Eritrea; all'aumento significativo del costo della vita che attualmente incide in maniera importante nella gestione delle esigenze quotidiane;
   è evidente l'urgenza di un autorevole intervento e di un'azione più incisiva della rete diplomatica italiana presso il Governo eritreo, al fine di individuare soluzioni più adeguate con la piena applicazione dell'accordo italo-eritreo e con l'intento di garantire un futuro certo alla più grande e importante istituzione scolastica italiana in Africa;
   nello stesso tempo e oltre l'orizzonte della più diretti emergenza sembra altrettanto necessario avviare l'apertura di un tavolo di confronto con il Governo eritreo per la revisione dell'accordo bilaterale in merito ai punti non rispettati dalla parte eritrea;
   in particolare, sarebbe opportuno riaprire il confronto sulla mancata concessione del visto multiplo, in modo da consentire l'esercizio del diritto alla libertà di movimento del personale scolastico italiano e la necessaria tempestiva mobilità in caso di emergenza personale e famigliare, sullo snellimento delle procedure per gli accertamenti sanitari richiesti per il permesso di lavoro, sull'autorizzazione al trasporto dall'Italia del materiale didattico indispensabile per l'offerta formativa della scuola, sull'autorizzazione all'utilizzo di internet per tutte le attività scolastiche –:
   se non ritenga di dare immediate indicazioni alla rappresentanza diplomatica italiana affinché intervenga presso le autorità eritree in modo da superare gli elementi di emergenza organizzativa e logistica che si sono manifestati;
   se non ritenga di promuovere, di concerto con le autorità eritree, l'avvio di un tavolo di confronto sulla revisione dell'accordo bilaterale con particolare riferimento ai punti indicati in premessa. (5-10257)


   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DI BATTISTA, GRANDE, SCAGLIUSI e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 27 ottobre 2016 il First Committee dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione A/C.1/71/L.41 avente come oggetto « Taking forward multilateral nuclear disarmament negotiations»; tale risoluzione si propone di avviare, nel 2017, i negoziati per un Trattato internazionale volto a vietare le armi nucleari; la risoluzione è stata approvata con 123 voti a favore, 38 contrari, tra cui anche l'Italia, 16 invece sono state le astensioni;
   sulla decisione in questione è stata presentata il 9 novembre 2016 l'interrogazione a risposta in commissione n. 5/09995 a prima firma Sibilia, ancora senza risposta;
   successivamente, il 23 dicembre 2016, nel corso dei lavori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, la stessa risoluzione A/C.1/71/L.41 è stata approvata con 113 voti favorevoli, 35 contrari e 13 astensioni, e in tale occasione il rappresentante dell'Italia ha votato a favore dell'avvio dei negoziati per un disarmo nucleare;
   grazie a questa risoluzione viene fissata una Conferenza tematica delle Nazioni Unite a partire dal marzo 2017 una riunione aperta a tutti gli Stati membri con il fine di negoziare uno «strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti verso la loro eliminazione totale». I negoziati al riguardo continueranno poi nel mese di giugno e luglio; a rafforzare questa determinazione il Parlamento europeo ha contestualmente approvato una risoluzione nella quale, tra l'altro, si afferma di accogliere con favore la convocazione della citata Conferenza e si invitano a sostenere gli Stati membri a partecipare in modo costruttivo ai suoi lavori;
   la decisione italiana indica una maggiore attenzione per l'eliminazione delle armi nucleari, richiesta anche da Papa Francesco nel suo discorso per la giornata per la pace tenuto il 1o gennaio 2017 –:
   quali iniziative intenda adottare per la fattiva partecipazione dell'Italia ai lavori della Conferenza di cui in premessa, con riferimento soprattutto alla composizione della sua delegazione;
   quali iniziative intenda adottare, in coerenza con il voto del 23 dicembre 2016 all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, affinché vengano rimosse le bombe termonucleari, appartenenti agli Stati Uniti, esistenti a Ghedi e Aviano. (5-10262)


   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   le elezioni dei Comites, dopo i rinvii disposti nel 2008 e nel 2010, erano inizialmente previste per il 19 dicembre 2014 e successivamente, con nuova indizione, rinviate al 17 aprile 2015;
   con l'indizione di nuove elezioni venivano anche riaperti i termini per l'iscrizione nel registro degli elettori, mentre nelle circoscrizioni in cui le elezioni erano state annullate per mancanza di liste concorrenti, si riaprivano i termini per la presentazione di liste entro il 16 febbraio 2015;
   nella circoscrizione consolare di Barcellona, dove le elezioni erano stata dapprima annullate per mancanza di liste concorrenti, era stato così possibile presentare, entro il termine previsto, due liste concorrenti, la «Lista Azzurra» e la lista «Italia»;
   con decreto del console generale in Barcellona del 20 aprile 2015 venivano proclamati gli eletti, in numero di 6 per ciascuna lista;
   la parità nel numero di rappresentanti per ciascuna delle due liste ha prodotto uno stallo nel regolare insediamento del Comitato, che, infatti, non ha mai trovato un accordo sulla nomina, al suo interno, del presidente;
   a nulla sono valsi i numerosi tentativi di mediazione che, a conoscenza degli interroganti, sono stati offerti dalle autorità consolari italiana per risolvere lo stallo;
   la totale paralisi del comitato costituisce un vulnus democratico, perché priva i connazionali di quella circoscrizione di un importante organo di rappresentanza di base da loro democraticamente eletto;
   si ha notizia che molti connazionali della circoscrizione consolare di Barcellona farebbero riferimento al Comites di Madrid che, di fatto, eserciterebbe in tal modo la rappresentanza dei connazionali per l'intero Paese;
   in sede di una complessiva riforma degli organi di rappresentanza, non più procrastinabile, sono auspicabili modifiche alla vigente normativa atte ad evitare che possano ancora verificarsi situazioni come quella di Barcellona –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto e quali indicazioni intenda dare, alla luce delle norme vigenti, per risolvere la suddetta situazione di stallo;
   se non intenda riconoscere un congruo contributo al Comites di Madrid per la responsabile assunzione di rappresentanza degli interessi dei nostri connazionali di Barcellona, che va ad aggiungersi ai considerevoli impegni già messi in cantiere. (5-10264)


   REALACCI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si evince da alcuni quotidiani nazionali — come la Repubblica — e da un articolo di Manuel Orazi apparso su Il Foglio il 31 dicembre 2016 che il complesso di «Villa Namazee», a Teheran, progettato da Gio Ponti in collaborazione con Fausto Melotti e Paolo Poli tra il 1957 e il 1964 nel nord della capitale iraniana, è in pericolo e pare stia per essere abbattuto per la realizzazione di un hotel a stelle di circa 20 piani;
   commissionata al famoso architetto italiano dall'uomo d'affari iraniano Namazee Shafi, la villa di altissimo valore architettonico è stata costruita nei ricchi sobborghi della città. Questo è peraltro l'unico edificio firmato Ponti in Medio Oriente ancora intatto dopo che, in Iraq, l'edificio sede di uffici governativi completato nel 1958 a Baghdad è stato danneggiato durante l'ultimo conflitto bellico;
   Villa Namazee ha cambiato più volte proprietà e, nonostante abbia già ricevuto un vincolo come edificio di interesse nazionale, una recente sentenza di un tribunale ha permesso agli attuali proprietari di stralciarlo: ora sono dunque liberi di venderla e di abbatterla per una speculazione edilizia;
   la notizia ha anche trovato spazio in prestigiosi quotidiani internazionali come il Guardian e IntramurosInternational design magazine, oltreché per l'alto valore artistico dell'edificio, perché esso forma un «trittico» unico di edifici privati con Planchart ville (1953-1960) e Arreza (1954-1958), costruito in Venezuela a Caracas –:
   se i Ministri interrogati non intendano con la necessaria rapidità, anche per tramite della rappresentanza diplomatica e dell'Istituto italiano di cultura, rappresentare al Governo di Teheran e all'amministrazione cittadina la preoccupazione e l'opposizione del governo italiano all'abbattimento di un gioiello dell'architettura nazionale firmato da Gio Ponti in quel Paese, quale è «Villa Namazee», simbolo delle ottime relazioni diplomatiche, commerciali e culturali che l'Iran e l'Italia hanno avuto da sempre. (5-10265)

AFFARI REGIONALI

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decentramento amministrativo attuato negli anni ’90, con i cosiddetti decreti Bassanini, sono state conferite alle regioni e agli enti locali le funzioni di progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale, da attuarsi secondo le modalità e criteri fissati dalle leggi regionali;
   successivamente con una convenzione, siglata nel 2002, tra provincia di Belluno e Veneto strade spa, si trasferiva a quest'ultima la gestione delle strade ex Anas, insieme alle funzioni, alle risorse finanziarie e strumentali ed al personale. Al Bellunese inizialmente veniva assegnato un importo, calcolato sulla base di un fondo nazionale, di 14 milioni 207 mila euro, poi incrementato a 15 milioni 88 mila euro. Il 2010 è stato, purtroppo, l'ultimo anno in cui veniva corrisposto l'importo pieno della convenzione. Infatti dal 2010 in poi, con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010, sono iniziati i tagli lineari più pesanti che, per effetto delle successive misure di finanza pubblica, hanno decurtato i trasferimenti ordinari dallo stato centrale agli enti locali;
   la situazione di perenne difficoltà e criticità conseguente della gestione della rete stradale ex Anas del tratto Bellunese, ed il relativo impatto in termini di bilancio erano già state evidenziate nell'interrogazione 4-06336, presentata il 9 ottobre 2014 (ancora in attesa di risposta), nella quale si evidenziava come l'applicazione, a partire dal 2011, della clausola di elasticità, che consente di parametrare le corresponsioni in relazione ai fondi pubblici disponibili, determinava una costante diminuzione di detti trasferimenti. Si evidenziava come in particolare, i trasferimenti che nel 2011 ammontavano a poco più di 10 milioni di euro, nel 2012 diminuivano a 7 milioni e 850 mila euro, nel 2013 a 7 milioni e nel 2014 sono risaliti a 9 milioni, determinando così un taglio complessivo del 41 per cento rispetto all'importo originario della convenzione;
   infatti, i suddetti tagli lineari, con ripercussioni sui trasferimenti a Veneto Strade, hanno cominciato ad incidere sul bilancio dell'ente provinciale che, da solo, non riesce più a sostenere la spesa per la manutenzione delle strade ex Anas;
   le conseguenze di dette criticità sono «deflagrate» il 22 dicembre 2016 con la nota trasmessa al presidente della provincia di Belluno, Daniela Larese Filon, dalla società Veneto strade spa, con la quale la società informa che dal 2 gennaio 2017 sospenderà ogni attività di manutenzione, gestione e vigilanza sulla rete stradale provinciale. La drastica scelta aziendale risiederebbe nella incertezza delle risorse finanziarie che la provincia, allo stato, non riesce a garantire per il 2017, per gestione della propria viabilità, a causa del prelievo forzoso imposto dalla legge n. 190 del 2014 che ammonta nel 2016 a 22.915.384,54 euro e che nel 2017 potrebbe essere confermato se non aggravato;
   a parere degli interroganti, la delicata problematica su esposta è stata considerata con estrema superficialità dalle autorità centrali, soprattutto alla luce delle precedenti note inviate, da parte della presidente della provincia di Belluno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti rispettivamente in data 16 aprile 2015, in data 4 febbraio 2016 e 10 marzo 2016 con cui si evidenziavano le criticità relative alla gestione della viabilità provinciale;
   la viabilità è una delle funzioni fondamentali assegnate alle province dalla legge n. 56 del 2014, tenuto conto che ai sensi dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione, le province, unitamente alle regioni e ai comuni, devono disporre delle risorse che consentano loro «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative normative, urgenti ed imminenti, intendano adottare, ciascuno per le proprie competenze, al fine di garantire la continuità di servizio della gestione della viabilità provinciale del Bellunese;
   se intendano considerare anche l'ipotesi che la provincia possa avvalersi della società Anas per la gestione delle strade, così come richiesto dal presidente della provincia nella nota del 4 febbraio 2016 inviata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   se intendano assumere iniziative per ripristinare integralmente i trasferimenti statali assegnati in origine a Veneto Strade, destinati agli interventi sulle strade della provincia di Belluno, per consentire la messa in sicurezza del territorio.
(4-15176)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, BASILIO, MASSIMILIANO BERNINI e BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 157 del 1992 recante: «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» stabilisce che «le Regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10, comma 6, in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali»; la suddetta legge stabilisce che «negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia (ATC) deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali» (articolo 14, comma 10);
   tra i molteplici poteri dei comitati direttivi degli Ambiti territoriali di caccia (Atc) c’è anche quello di autorizzare i cacciatori a sconfinare, ossia ad entrare in ambiti di caccia diversi da quelli di «residenza»;
   i criteri stabiliti di composizione negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia non sempre vengono rispettati, con il rischio evidente in taluni casi, come avviene nei cinque Atc della provincia di Padova — ente delegato dalla regione come autorità competente in materia amministrativa sulla caccia – che i posti riservati alle associazioni di protezione ambientale siano impropriamente occupati da rappresentanti delle associazioni venatorie, come si evince anche dalle seguenti nomine: il 12 febbraio 2008 nel comitato direttivo dell'Atc PD3 vengono nominati Bertan Walter, componente della Giunta di Federcaccia Padova e Presidente di Sezione della Federcaccia di Trebaseleghe (Padova) e Scremin Loris, Vice Presidente della Sezione Associazione Cacciatori Veneti di San Martino di Lupari (Padova); nel Comitato Direttivo dell'A.T.C. PD2 vengono nominati Stella Oscar, Presidente di Federcaccia Padova, Vice Presidente di Federcaccia Veneto e Presidente di Sezione della Federcaccia di Cervarese S.Croce (Padova) e Soffia Francesco, componente della Giunta di Federcaccia Padova; il 31 gennaio 2012, viene nominato come componente del Comitato Direttivo dell'Ambito Territoriale di Caccia PD3 Ottorino Scquizzato, indicato dall'Associazione «Ambiente e è vita», associazione che partecipa alle kermesse venatorie dell'Associazione Cacciatori Veneti; il 6 maggio 2014, nel Comitato Direttivo dell'Ambito Territoriale di Caccia PD1, viene nominato Zanon Ervè, Presidente di Sezione della Federcaccia di Cadoneghe (Padova);
   il fatto che associazioni come «ambiente e, è vita» ed «Ekoclub», legate al mondo venatorio, siano state riconosciute dal Ministero dall'ambiente e della tutela del territorio e del mare come associazioni di protezione ambientale, consente ai cacciatori di essere nominati nella quota di rappresentanza di queste ultime –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa e quali utili iniziative di competenza intenda intraprendere per la corretta applicazione della legge n. 157 del 1992, in particolare per quanto riguarda la costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia, affinché vengano rispettati, nella sostanza, i criteri stabiliti dall'articolo 14, comma 10, soprattutto per evitare che i posti riservati alle associazioni ambientaliste siano impropriamente occupati da rappresentanti delle associazioni venatorie;
   se non ritengano di assumere le iniziative di competenza, anche sul piano normativo o, se necessario, in sede di conferenza Stato-regioni, affinché, nella costituzione dei suddetti organi direttivi, onde evitare il rischio di sovrapposizione tra associazioni venatorie ed associazioni di protezione ambientale, vengano nominati esponenti di quest'ultime che siano chiaramente esterni ad associazioni venatorie;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative affinché il riconoscimento delle associazioni di protezione ambientale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avvenga previa rigorosa verifica della circostanza per cui le loro attività non siano in alcun modo legate al mondo venatorio. (4-15170)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'11 gennaio 2017 il quotidiano on-line «Ravenna Notizie» ha pubblicato la notizia secondo la quale il 3 gennaio 2017 la società statunitense Aleanna Resources LLC, avrebbe presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nuova istanza per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale sul progetto di ricerca idrocarburi nell'area protetta «La Stefanina», in cui ricadono alcuni territori situati nei comuni di Ravenna, Alfonsine, Comacchio e Argenta. Le osservazioni devono essere presentate entro 60 giorni e all'esito positivo è subordinata l'autorizzazione;
   le esplorazioni nell'area Stefanina Nord coinvolgerebbero zone protette e naturali di immensa bellezza come le Valli del Mezzano, le valli di Comacchio e il parco regionale del Delta del Po, e siti con la potenziale presenza di almeno 66 specie di interesse comunitario e due habitat di interesse comunitario. Quelle, invece, nell'area Stefanina Sud riguarderebbero le zone protette «Valli di Comacchio» e «Biotopi di Alfonsine e del Fiume Reno», la Riserva Regionale di Alfonsine «Fascia boscata del canale dei Mulini», l'area contigua al parco del delta del Po e quella «Valli di Comacchio e Bonifica del Mezzano», con la potenziale presenza di almeno 67 specie di interesse comunitario;
   già in data 12 settembre 2016, la società Aleanna Resources presentò la medesima istanza, che però, come si apprende da fonti di stampa del 13 ottobre 2016, veniva sospesa da parte del Ministero per la carenza della documentazione necessaria;
   nell'articolo dell'11 gennaio si riferisce che, in caso di autorizzazione, «le attività di rilievo geofisico 3D si protrarrebbero per circa due mesi, sondando il terreno alla ricerca di idrocarburi mediante l'uso di camionette Vibroseis. Queste scuoterebbero il terreno inviando nel sottosuolo segnali (cioè onde elastiche) analizzandone la risposta, basandosi sullo stesso principio che sta alla base della tecnica per le prospezioni marine denominate «airgun». Vi sarebbero dunque, anche nelle aree protette, ben 26 linee «di vibrata» alla Stefanina Sud e altre 15 alla Stefanina Nord, a distanza di 500 metri ognuna nell'area nord e di 420 nell'area sud. In totale sarebbero circa 5.400 i punti di presa dati. Quando agissero le camionette, si sprigionerebbe una forza d'intensità pari a 10,000 chilogrammi peso ad una frequenza compresa fra i 6 e i 64 Hertz»;
   risulta agli interroganti inopportuno e pericoloso imporre una simile attività, premessa per successive estrazioni, su un territorio tutelato da vincoli ambientali, già ampiamente compromesso da subsidenza, inquinamento, dissesto idrogeologico e rischio sismico elevato –:
   se trovi conferma la notizia della presentazione di una nuova istanza per l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale da parte della Aleanna Resources LLC;
   considerato l'elevato livello di attenzione e preoccupazione dei comuni coinvolti per i rischi che le attività potrebbero provocare, come si intendano coinvolgere, in forme più partecipative, le amministrazioni comunali e la popolazione, prima di qualsiasi concessione di autorizzazione;
   se non si ritenga opportuno e urgente, considerando la particolare vulnerabilità del territorio e le sue tutele ambientali, assumere iniziative per preservarlo da ogni attività di ricerca di idrocarburi ed estrazioni e interrompere ogni procedura in essere. (4-15179)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di stampa (quotidiani locali e l'edizione regionale dell'Ansa) riferiscono un episodio inquietante: nei giorni scorsi, in un ristorante cinese di Padova, sono state servite a clienti anch'essi cinesi, delle zampe di orso, carne che in Italia è proibita;
   alcuni clienti, allarmati dalla stranezza del piatto servito ad un tavolo di avventori cinesi, hanno chiesto l'intervento dei Nas che, nel corso della perquisizione, hanno trovato carne e pesce – 55 chili scaduto o in scadenza – senza etichettature e dunque di dubbia provenienza;
   il pubblico ministero Benedetto Roberti – titolare delle indagini – ha messo sotto inchiesta il titolare del ristorante con l'accusa di violazione delle norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. In pratica, per aver ucciso, cucinato e servito le zampe di un orso italiano. Ha disposto, inoltre, una serie di controlli in tutti i ristoranti cinesi della provincia di Padova;
   l'orso è cacciabile soltanto in alcuni Paesi europei, come la Svezia e la Slovenia, dietro autorizzazione. In Italia, la sua carne è consumabile solamente se ne è dimostrata la provenienza da questi Paesi;
   lo strumento normativo internazionale per il monitoraggio del commercio degli animali e delle piante (vivi, morti o parti e prodotti derivati) è la Convenzione di Washington, denominata in sigla C.I. T.E.S., con la funzione, dunque, di contrastare lo sfruttamento commerciale che, assieme alla distruzione degli ambienti naturali nei quali vivono, è una delle principali cause dell'estinzione e rarefazione in natura di numerose specie;
   entrata in vigore in Italia nel 1980, C.I.T.E.S. è attualmente applicata da 178 Stati. In Italia l'attuazione della Convenzione di Washington è affidata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero dello sviluppo economico. Quest'ultimo svolge un ruolo fondamentale, ai sensi della normativa vigente, attraverso il servizio CITES del Corpo forestale dello Stato che, oltre a essere autorità amministrativa per le contestazioni di natura amministrativa, si occupa del rilascio dei certificati CITES necessari alla riesportazione e utilizzo commerciale di numerose specie di animali e piante protette e del controllo tecnico-specialistico ai fini del rispetto della Convenzione;
   la legge n. 157 dell'11 febbraio 1992 disciplina l'esercizio dell'attività venatoria sulla fauna selvatica, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato e tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale e, in particolare, all'articolo 2, comma 1, lettera a), fa esplicito riferimento all'orso come specie particolarmente protetta, anche sotto il profilo sanzionatorio –:
   se i Ministri interrogati siano conoscenza dell'episodio e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per monitorare il fenomeno;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative normative per accogliere la richiesta avanzata dal WWF circa la necessità di dotare il Paese di un piano nazionale per fronteggiare il fenomeno illegale della cattura, dell'uccisione e dell'importazione di specie selvatiche;
   completato l'accorpamento del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei carabinieri, in attuazione della legge 7 agosto 2015, n. 124, come verrà garantita l'attività attualmente svolta nell'ambito della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. (4-15189)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-07731 su un conflitto d'interessi presente all'interno del consiglio di amministrazione di Enit, ad oggi ancora in carica, l'interrogante riportava che «all'interno del consiglio d'amministrazione di ENIT sembrano emersi dei conflitti di interesse. Difatti, l'amministratore Lazzerini pare continui ad essere nello stesso tempo il responsabile della compagnia aerea estera Emirates e il consigliere Antonio Nicola Preiti è proprietario al 77 per cento di una società, Sociometrica, che si occupa della “organizzazione, promozione e realizzazione di iniziative nel campo della promozione turistica”. Lo stesso identico lavoro che svolge l'Enit»;
   si chiedeva pertanto se corrispondessero al vero i fatti esposti e quali iniziative di competenza intendesse intraprendere il Governo per eliminare i conflitti di interesse all'interno dell'ENIT e risanare i problemi economici ed organizzativi che riguardano l'ente medesimo;
   nella risposta pervenuta alla suddetta interrogazione, venne data conferma di quanto illustrato tanto che la competente direzione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha investito della questione per un'indagine approfondita il responsabile della prevenzione della corruzione dell'Ente –:
   se il responsabile della prevenzione dell'Ente abbia effettuato tale indagine, cosa sia emerso e come intenda agire il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. (5-10273)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   al 31 dicembre 2016, il Corpo forestale dello Stato possedeva una propria flotta di aeromobili gestita dal Centro operativo aereo (Coa) coordinata con gli altri mezzi aerei nazionali impiegati nell'attività antincendio, dal Dipartimento della protezione civile, tramite il Centro operativo aereo unificato;
   il COA ha sede presso l'aeroporto di Roma Urbe e dispone di 12 elicotteri Breda Nardi NH500D, 18 elicotteri Agusta Bell AB412 con matricole civili e militari, 4 Erickson S64F, 3 elicotteri AW 109N e un aereo Piaggio P180 Avanti 1 in leasing (in totale 38 aeromobili), ripartiti nelle basi di Roma Urbe, Roma Ciampino, Cecina, Belluno, Pescara, Rieti e Lamezia Terme, senza contare le 12 basi provvisorie per l'antincendio boschivo; è costituito da settori amministrativo, tecnici e operativi che dispongono di circa 230 persone e di 80 piloti e 120 specialisti;
   con lo scioglimento del Corpo forestale dello Stato il COA è diviso tra i carabinieri e vigili del fuoco, col personale posto di fronte alla scelta di essere militarizzato e trasferito, pur di continuare lavorare nel reparto aereo, o di non essere trasferito ma di abbandonare il lavoro aeronautico;
   n. 13 elicotteri AB412 con matricola civile saranno assegnati ai vigili del fuoco, mentre la rimanente flotta, 25 aeromobili, ai carabinieri, col P180 destinato al solo trasporto VIP;
   nella base di Pescara si è deciso di mantenere una struttura in capo ai carabinieri, con 11 specialisti ed un pilota, che di fatto sarà inoperativa;
   la flotta del Corpo forestale dello Stato a differenza di quella dei carabinieri e dei vigili del fuoco operava a titolo esclusivo nell'attività antincendio;
   il Corpo forestale dello Stato era l'unico ente pubblico dotato di una organizzazione European Aviation Safety Agency riguardante il livello di sicurezza, la certificazione del personale e delle procedure, e le licenze (civili) di pilotaggio;
   i piloti del P180 hanno effettuato anche un corso Airline Transport Pilot License di 24 mesi;
   col passaggio ai carabinieri il personale dovrà essere riqualificato con la partecipazione ad ulteriori corsi pagati dai contribuenti per la conversione delle licenze civili in militari (ad esempio, il corso T.E.V. per gli specialisti del P180 presso l'Aeronautica militare), si disperderanno professionalità acquisite a spese dello Stato, soprattutto nel caso in cui il personale dovesse optare per l'abbandono del lavoro aeronautico, e si interromperanno i corsi civili di pilotaggio già attivati, con conseguente sperpero di denaro pubblico;
   il confronto nell'ambito del «volo» del personale ex-Corpo forestale dello Stato e dei carabinieri, per la notevole differenza di grado, rischia di ingenerare i presupposti del « crew resource management» ovvero della «sudditanza psicologica» con ripercussioni sulla sicurezza del volo;
   le caratteristiche degli elicotteri del Corpo forestale dello Stato, erano finalizzate alla polizia ambientale ed all'antincendio boschivo che nulla hanno a che fare con il servizio dei carabinieri;
   il passaggio comporterà la «messa a terra» di quasi tutte le linee degli aeromobili per l'adeguamento tecnico di tutti gli apparati (TACAN, UHF, e altro) e giuridico alla normativa militare;
   la gestione dell'aeronavigabilità del P180 era fatta secondo la normativa EASA e con un software di gestione tecnica del tipo in uso alle linee aeree civili, ed entrambi non applicabili alla eventuale gestione militare dei carabinieri;
   il personale pilota ex-Corpo forestale dello Stato transitato nei carabinieri si confronterà con una serie di nuove procedure professionali e comportamentali che richiederanno un periodo più o meno lungo di adattamento che potrebbe determinare rischi per la sicurezza volo –:
   quali siano le tempistiche e l'ammontare delle spese dirette ed indirette dell'adeguamento della flotta aerea del Corpo forestale dello Stato transitata nell'Arma dei carabinieri;
   quali «linee di volo» non saranno operative a partire dal 1o gennaio 2017;
   quale sia l'ammontare della spesa per l'adeguamento logistico ai criteri dell'Arma e dei vigili del fuoco delle basi aeree del Centro operativo aereo;
   quali siano le azioni previste per mantenere la copertura territoriale, i livelli di presidio, l'efficienza dipartimentale e l'operatività, finalizzate all'antincendio boschivo;
   quali siano le misure per scongiurare i rischi per la sicurezza aerea dovuti al « crew resource management»;
   se sia prevista una gestione civile da parte dei carabinieri della linea NH500D e del Piaggio P180 o se saranno definite deroghe, e se il contratto in leasing di quest'ultimo, verrà ceduto all'Arma;
   se la flotta aerea transitata nell'Arma sarà inquadrata nel Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare o nell'organizzazione generale del servizio aereo dei carabinieri;
   se riguardo ai beni in trasferimento dal Corpo forestale dello Stato ai carabinieri e ai vigili del fuoco, si stia rispettando quanto previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 177 del 2016.
(2-01580) «Massimiliano Bernini, Gagnarli, Benedetti, Frusone, Cozzolino, Zolezzi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAUSIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con l'approvazione del decreto legislativo 26 aprile 2016, n. 91, «disposizioni integrative e correttive ai decreti legislativi 28 gennaio 2014, n. 7 e 8, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n. 244», si è disegnato un chiaro processo per addivenire ai risultati della trasformazione dello strumento militare prevista dalle norme anche per rendere le Forze armate più efficienti e meno costose;
   in tale ambito, con il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, articolo 798-bis, sono state riviste in senso riduttivo le dotazioni organiche dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, al fine di giungere ad una consistenza organica delle Forze armate di 150.000 unità entro il 2024;
   ai fini della progressiva riduzione organica è predisposto annualmente un piano triennale scorrevole di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, articolo 2209-quater;
   nel medesimo decreto, l'articolo 2209-quinquies consente al personale militare di transitare nei ruoli del personale civile dell'amministrazione della difesa e di altre amministrazioni pubbliche, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, e successive modificazioni;
   il suddetto articolo apporta da una parte un risparmio per le Forze armate interessate e, dall'altra, un vantaggio per le eventuali carenze di personale presenti in altri dicasteri;
   come previsto dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, articolo 2209-septies, sino all'anno 2024 ovvero al diverso termine stabilito ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 244, il personale militare non dirigente è collocato in aspettativa per riduzione di quadri, indipendentemente dal grado rivestito, dalla Forza armata, dalla categoria e dal ruolo di appartenenza;
   la trasformazione dello strumento militare risentirà sicuramente, per le norme suddette, di un forte invecchiamento del personale;
   il contesto nazionale ed internazionale nel quale il nostro Paese si trova ad operare, necessita di un'adeguata efficienza e preparazione del personale delle Forze armate –:
   quali siano i tempi tecnici per l'emanazione del piano di programmazione triennale scorrevole già prevista per il 2016 e mai avvenuta, nonché lo sviluppo anagrafico suddiviso per Forza armata, ruolo e grado e gli effettivi risparmi ottenuti con l'applicazione della legge 31 dicembre 2012, n. 244. (4-15158)


   POLVERINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la sera del 1o gennaio 2017 all'interno del pronto soccorso dell'ospedale «Vittorio Emanuele» di Catania, un medico di guardia è stato aggredito e pestato da un gruppo di 9 persone per non aver voluto fornire poco prima le generalità di una paziente ricoverata a causa di un incidente;
   il grave fatto è uno dei numerosi casi di violenza registrati nella sola città di Catania, dove personale medico e paramedico è stato malmenato ed insultato perché ha svolto correttamente e coscienziosamente il proprio lavoro;
   è ancor più eclatante l’escalation degli episodi in questione che, negli ultimi mesi del 2016, si sono verificati con una frequenza maggiore in più punti di emergenza della rete ospedaliera catanese, ma anche in altre strutture dislocate in tutta la regione siciliana ed, in particolare, nelle città metropolitane;
   ad opinione dell'interrogante ciò accade perché i cittadini sono insoddisfatti dalla cattiva gestione della sanità pubblica che corrisponde alla carenza di unità lavorative e a tempi di attesa dilatati;
   le forze dell'ordine, ed in particolare la polizia di Stato nel recente passato impiegata nelle apposite postazioni di polizia presenti all'interno nei nosocomi, soffrono un'annosa carenza di personale motivo per cui allo stato attuale si ritiene non più ipotizzabile il ripristino della postazione di guardia, considerate le concomitanti priorità in relazione al mantenimento della sicurezza nazionale, in particolare modo per il contrasto al fenomeno terroristico;
   l'interrogante condivide quanto già rappresentato ai Ministeri dell'interno, della difesa e della salute dalla Unione generale del lavoro, Unione territoriale di Catania, attraverso una nota con la quale propone, dopo il conclamato e costante successo dell'operazione «Strade sicure» su scala nazionale, di istituire l'operazione «Ospedali sicuri», con l'impiego dell'Esercito italiano in operazioni di vigilanza all'interno del pronto soccorso maggiormente a rischio, a fianco degli agenti della vigilanza privata, già presenti, ed a stretto contatto con le volanti delle forze dell'ordine;
   l'implementazione dell'iniziativa potrebbe rappresentare un adeguato deterrente, nonché garantire maggiore serenità sia agli operatori sanitari che agli utenti, che ancora oggi stanno continuando rispettivamente a lavorare ed a fruire dei servizi ospedalieri nel terrore di potersi trovare protagonisti di nuovi episodi di violenza –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per l'avvio temporaneo dell'operazione «Ospedali sicuri», assegnando personale militare appartenente all'Esercito italiano alle postazioni di vigilanza dei Pronto soccorso della regione siciliana, ove si possono verificare le maggiori criticità in ordine alla sicurezza e all'incolumità del personale sanitario.
   (4-15161)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il quotidiano Il Sole24Ore del 12 gennaio 2017, in merito alla nota vicenda riguardante la banca Monte dei Paschi di Siena, pubblica i nominativi di alcuni presunti debitori morosi facenti parte di una lista ben più ampia;
   infatti, come è ampiamente noto, con il decreto-legge n. 237 del 23 dicembre 2016, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all'esame del Senato e lo stanziamento di 20 miliardi di euro, il Governo ha avviato nei confronti di Mps (il cui tracollo sfiora il 60 per cento del suo valore azionario) – e delle altre banche assimilabili – un'azione di salvataggio;
   da più parti, tuttavia, si chiede trasparenza e chiarezza sulle responsabilità; la questione è stata sollevata nei giorni scorsi dallo stesso presidente dell'ABI, Antonio Patuelli, che ha chiesto in un'intervista a Il Mattino l'istituzione di una norma per poter rendere noti i nomi dei primi cento debitori insolventi;
   nella «lista nera» dei grandi debitori morosi, che hanno affossato Mps, portandola a cumulare 47 miliardi di euro di debiti malati, secondo Il Sole24Ore, figurano nomi eccellenti: grandi imprenditori, immobiliaristi, sistema cooperativo, partecipate pubbliche della Toscana;
   tra i protagonisti di spicco più emblematici, come ha ricostruito Il Sole24Ore, figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia che risulta indebitata per 1,8 miliardi di euro; un altro debitore risulta essere Gianni Punzo, azionista di peso di Ntv e dell'interporto di Nola, la grande infrastruttura logistica del meridione, anche in questo caso Mps ha convertito parte dei prestiti in azioni;
   ma Mps, da anni, si porta dietro (insieme ad altre banche) anche prestiti accordati all'ex immobiliarista Luigi Zunino che ha cumulato un debito con il sistema bancario di 3 miliardi di euro; tra gli immobiliaristi risulta esserci anche Statuto che ha visto pignorato il suo «Danieli» di Venezia su cui Mps (con altri) aveva ingenti finanziamenti;
   anche la ex banca di Mussari (che deve tuttora metabolizzare il disastro della BTp), il general contractor della ditta Bartolomei-Fusi – protagonista più delle cronache giudiziarie recenti che di quelle economiche –, risulta tra i debitori; infatti, dal dissesto del contractor toscano, è rinata la Fenice Holding che Mps si ritrova in portafoglio in virtù di prestiti non ripagati;
   tra i dossier immobiliari c’è il finanziamento di alcuni fondi andati in default: come un veicolo gestito da Cordea Savills, finanziato con eccessiva leva da Mps, che aveva in portafoglio gli ex immobili del fondo dei pensionati Comit; ma Mps ha finanziato anche alcuni dei fondi di est Capital, società finita in liquidazione, che gestiva il progetto del lido di Venezia; l'elenco comprende anche Impreme, della famiglia romana dei Mezzaroma, nonché il disastroso progetto immobiliare abortito di Casalboccone a Roma della famiglia Ligresti;
   per quanto riguarda il capitolo delle partecipate pubbliche, Mps è inguaiata con pegni o titoli in Scarlino Energia, Fidi Toscana, Bonifiche Arezzo, Aeroporto di Siena e, persino, le Terme di Chianciano;
   per il capitolo relativo alle cooperative, Mps risulta protagonista della ristrutturazione del debito di Unieco;
   anche il Garante della privacy, Antonello Soro, è intervenuto sulla proposta del presidente dell'Associazione bancaria italiana di rendere noti i maggiori debitori colpevoli del fallimento, o del salvataggio pubblico, della loro banca, a patto che nella «lista nera» finiscano solo le aziende e non i piccoli debitori: «Nel caso in questione, che è ovviamente quello di Mps, mi pare che l'elevata dimensione del debito sia dipesa soprattutto dalle aziende, che non sono tutelate dalla privacy e i cui nomi, dunque, potrebbero essere resi pubblici» ha infatti dichiarato al Il Mattino;
   inoltre, anche il Sottosegretario all'economia, Pier Paolo Baretta, come riportato dal Corriere della sera, ha dichiarato: «È legittimo fare chiarezza e siamo pronti a una riflessione tecnica approfondita in Parlamento. Su queste cose lavora anche la magistratura, e bisognerà distinguere tra chi non ha restituito i prestiti perché è fallito, magari ha avuto difficoltà indotte dalle stesse banche, e i comportamenti dolosi» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga di poter adottare, anche per rimuovere eventuali ostacoli di natura normativa, al fine di rendere pubblici i nominativi dei grandi debitori insolventi delle banche che finiscono in risoluzione o vengono «salvate» dallo Stato.
(2-01579) «Melilla, Ricciatti, Quaranta, Kronbichler, Sannicandro, Piras».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi, grande attenzione viene riservata, sia da parte dei media e sia da parte del mondo politico-finanziario, alle vicende che riguardano il tracollo del Monte dei Paschi di Siena;
   nelle sedute di lunedì 9 e martedì 10 gennaio 2017, l'Assemblea della Camera dei deputati ha esaminato e votato più mozioni per chiedere al Governo di intervenire al fine di dare stabilità al sistema bancario italiano nel suo insieme è restituire la massima fiducia a risparmiatori e investitori;
   contestualmente, l'Assemblea si è espressa favorevolmente per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende e sulle cause che hanno determinato la crisi di Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca (mozione n. 1-01457);
   in merito alla Cassa di risparmio di Chieti, il firmatario del presente atto ha già presentato atti di sindacato ispettivo e va ricordato che la problematicità relativa a questa situazione nasce in tempi lontani, ma avrebbe potuto essere fortemente ridimensionata grazie ad un'adeguata azione di vigilanza da parte delle autorità di controllo all'uopo preposte;
   la Carichieti è stata commissariata dal Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto del 5 settembre 2014, su proposta della Banca d'Italia ed è stata posta in amministrazione straordinaria per pesanti irregolarità amministrative;
   conseguentemente, la Banca d'Italia ha nominato Salvatore Immordino nuovo amministratore delegato di Carichieti, al posto di Riccardo Sora;
   il commissario Immordino ha lasciato l'incarico nel momento in cui è stato nominato dalla Banca centrale al vertice della Rev Spa, la cosiddetta «pattumiera» dei crediti deteriorati; quest'ultima nomina è avvenuta pochi giorni prima che il giudice fallimentare di Chieti, Nicola Valletta, dichiarasse con sentenza lo stato di insolvenza dell'ex Cassa di risparmio di Chieti; una sentenza che ha tirato in ballo proprio la gestione dei commissari;
   il giudice Valletta ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica, come è riportato anche sul giornale on line ilcentro.gelocal.it del 6 dicembre 2016;
   il Fondo interbancario ha finanziato la risoluzione delle crisi di Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Carichieti, per un totale di 3,7 miliardi di euro che sono stati anticipati da Intesa San Paolo (credito poi parzialmente ceduto a Mps), Unicredit e Ubi Banca (credito poi parzialmente ceduto a Banco Popolare);
   il valore totale dell'intervento è servito a coprire le perdite derivanti dalla svalutazione delle sofferenze, per un valore nominale di 8,5 miliardi di euro, a ricapitalizzare i nuovi istituti (1,8 miliardi di euro per le quattro succitate banche, compresa Carichieti) e infine creare la bad bank Rev Gestione Crediti SpA (136 milioni di euro) a cui è stato affidato il recupero degli 8,5 miliardi di euro;
   il 19 luglio 2016 – quando l'ex amministratore delegato ed ex commissario Immordino era già stato nominato alla Rev SpA – nella sentenza che ha ridisegnato lo scenario dell'ex Carichieti, della debacle e del ruolo dei commissari, il giudice Valletta ha scritto: «Risulta che in atti non vi sono elementi che consentano di affermare l'esistenza di uno stato di insolvenza al momento dell'avvio della risoluzione. Non vi è dubbio invece che l'insolvenza vi fosse al momento dell'emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa. A tale epoca, infatti, la Carichieti, proprio in conseguenza delle misure adottate nell'ambito del procedimento di risoluzione, non presentava più alcun elemento nell'attivo patrimoniale, a fronte di passività per 45 milioni di euro»;
   l'insolvenza si baserebbe «su perdite scaturite da rettifiche di valore netto dei crediti di cui però non è stata data alcuna giustificazione»;
   recentemente, il pubblico ministero Falasca, che conduce tutte le inchieste sulla Carichieti, ha iscritto Salvatore Immordino nel registro degli indagati;
   in questi ultimi giorni il dibattito intorno alla vicenda del Monte dei Paschi di Siena è stato soprattutto incentrato sulla necessità di rendere noti, in nome della trasparenza, i nomi dei grandi debitori morosi (la cosiddetta black list) che hanno causato il dissesto della banca; nel dibattito sono intervenuti il presidente dell'Associazione bancaria italiana, il Garante della privacy, sottosegretari di Governo, nonché rappresentanti politici di spicco –:
   se, alla luce delle criticità sopra evidenziate, e in particolare a seguito della sentenza del tribunale di Chieti di cui in premessa, il Ministro interrogato non ritenga di chiarire le ragioni che hanno portato al commissariamento della Cassa di risparmio di Chieti e in ogni caso se non intenda assumere iniziative di competenza, in particolare normative, volte a promuovere un rafforzamento del sistema dei controlli relativi alla gestione degli istituti di credito in casi quali quelli descritti in premessa;
   quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per tutelare i risparmiatori coinvolti nella vicenda sopra descritta e per contribuire a fare piena luce sui maggiori debitori morosi della Cassa di risparmio di Chieti.
(2-01583) «Melilla».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA, MANZI, LODOLINI, PETRINI, MORANI, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 4 dell'articolo 45 del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito dalla legge n. 229 del 2016, attribuisce un'indennità una tantum per il 2016, pari a 5.000 euro, in favore dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o di rapporti di agenzia o di rappresentanza commerciale e dei lavoratori autonomi, ivi compresi i titolari di attività di impresa e professionali, che siano iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa degli eventi sismici e che operino esclusivamente – o, nel caso degli agenti e rappresentanti, prevalentemente, – nei comuni di cui all'allegato 1 ovvero, secondo la modifica approvata dal Senato, nei comuni di cui all'allegato 2;
   il limite finanziario (per il 2016) è stato elevato di 134,8 milioni di euro e alla copertura dell'intero onere si fa fronte ai sensi del successivo articolo 52;
   il comma 5 prevede che i benefici di cui ai commi 1 e 4 sono concessi dalle regioni interessate ed erogati dall'INPS, entro i limiti di spesa summenzionati ed in base al riparto di risorse, alle condizioni ed ai limiti definiti da una convenzione tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'economia e delle finanze e i presidenti delle regioni medesime;
   a tutt'oggi non risulta però sottoscritta la convenzione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'economia e delle finanze e le regioni –:
   quali siano le cause del ritardo nella firma della convenzione prevista dall'articolo 45, comma 5, del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito dalla legge n. 229 del 2016, e quando ne sia prevista la sottoscrizione. (4-15149)


   SPESSOTTO, DE LORENZIS e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che migliaia di piccoli risparmiatori, tra cui molti pensionati e lavoratori, sarebbero stati indotti da Poste Italiane ad investire, negli anni 2002/2005 quando l'amministratore delegato era Massimo Sarmi, i risparmi di una vita in quattro fondi di investimento immobiliare di oscura gestione, rivelatisi un « flop» devastante, senza che ai risparmiatori fossero stati forniti tutti gli elementi di giudizio sulla pericolosità di tali collocamenti;
   si tratta di quattro fondi di investimenti alternativi immobiliari – Invest Real Security, Obelisco, Europa Immobiliare 1, Alpha – presentati ai risparmiatori come prodotti «sicuri», ma che erano in realtà fondi ad alto rischio, considerati i rendiconti annuali degli stessi, venduti senza filtri anche alla clientela di piccole dimensioni, sull'onda di una gigantesca bolla finanziaria ed immobiliare;
   in particolare, in base al regolamento Consob attuativo del Testo unico della finanza (articolo 28), si rileva come quei prodotti non avrebbero dovuto essere venduti ai piccoli risparmiatori, considerato l'alto rischio legato alla durata temporale medio-lunga degli investimenti e alla difficoltà di vendita;
   il 31 dicembre 2016 è scaduto il primo dei quattro fondi trattati da Poste italiane, Invest Real Security, provocando perdite ai risparmiatori superiori all'80 per cento di quanto investito (le singole quote costavano 2.500 euro nel 2003 e sono state liquidate a 390 euro qualche giorno fa);
   nonostante le perdite dei sottoscrittori, le società hanno continuato a incassare ogni anno commissioni che variano tra lo 0,8 e l'1,8 per cento del valore del fondo e come loro hanno guadagnato le banche depositarie e gli esperti che hanno redatto le perizie degli immobili, pur mutandone più volte il valore e determinando l'oscillazione del prezzo delle quote;
   mentre Poste italiane, in merito alla recente scadenza di tali fondi immobiliari, ha annunciato iniziative in favore dei clienti di Poste sottoscrittori del fondo IRS, il Codacons ha preannunciato azioni risarcitorie a tutela dei piccoli investitori e la presentazione di un esposto alla procura della Repubblica di Roma, con la richiesta di aprire un'indagine sul caso dei fondi immobiliari venduti da Poste Italiane –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato, anche ai sensi del dodicesimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riferimento alla vendita al pubblico dei fondi immobiliari ad elevato rischio, e quali iniziative, in qualità di azionista di maggioranza di Poste Italiane, ritenga di poter adottare a difesa dei risparmi degli italiani e per conseguire la massima tutela dei risparmiatori. (4-15178)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il patrocinio a spese dello Stato è uno strumento volto al rispetto dei principi costituzionali del diritto alla difesa e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, in quanto consente ai meno abbienti di accedere alla giustizia a spese dello Stato;
   a causa della crisi economica, tale istituto ha assunto una maggiore rilevanza dovuta all'aumento del numero dei soggetti aventi diritto a farvi ricorso;
   per ovviare ai ritardi nel pagamento agli avvocati delle competenze liquidate dallo Stato in forza dell'ammissione al patrocinio gratuito, e per rafforzare l'effettività e l'efficacia dello strumento, la legge di stabilità 2016 ha introdotto all'articolo 1, comma 778, la misura della compensazione crediti/tasse-imposte a favore degli avvocati;
   tale misura è stata resa operativa (con ritardo) dal decreto attuativo del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, del 15 luglio 2016 che stabilisce «criteri, priorità e modalità per l'attuazione delle misure di cui al comma 778»;
   in particolare, l'articolo 3 del decreto attuativo citato stabilisce che: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 4, i crediti sono utilizzabili per le finalità di cui all'articolo 1, comma 778, della legge, quando soddisfano i requisiti di cui ai commi da 2 a 4» (relativi alla liquidazione, al pagamento, all'emissione della fattura elettronica, etc.);
   il decreto, inoltre, rinvia all'articolo 82 del Testo unico in materia di spese di giustizia per l'identificazione del titolo dei crediti compensabili, ossia quelli liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento; tale prescrizione è stata confermata dalla modifica dell'articolo 83 del Testo unico in materia di spese di giustizia intervenuta con l'articolo 1, comma 783, della legge di stabilità 2016;
   i requisiti oggettivi previsti dalla norma primaria e secondaria per la richiesta di compensazione delle imposte e dei contributi dipendenti appaiono pertanto consistere in: 1) esistenza di un credito per compensi da patrocinio a spese dello stato liquidato con decreto dal giudice; 2) non opposizione dell'avvenuta liquidazione;
   la successiva circolare del Ministero di giustizia del 3 ottobre 2016 (dipartimento per gli affari di giustizia – direzione generale della giustizia civile ufficio I – affari civili interni) coerentemente con le norme sopra richiamate precisa che: «...le uniche fatture per le quali l'avvocato può esercitare l'opzione di compensazione sono quelle presenti sulla piattaforma di certificazione dei crediti; mentre però le fatture elettroniche vengono trasmesse alla piattaforma tramite il sistema di interscambio (SDI) e sono automaticamente associate ai codici fiscali dei creditori registrati nella piattaforma medesima, le fatture cartacee, ove non presenti, devono essere immesse specificatamente a cura del creditore (seguendo le istruzioni reperibili in raccolta guide utente creditore, al paragrafo 6 dedicato alle modalità di trasmissione dei dati): essendo le funzionalità per l'invio delle fatture nella piattaforma già disponibili, si raccomanda di procedere al loro inserimento (ove non già presenti) fin da subito, appena terminate le procedure di accreditamento; al momento dell'inserimento della richiesta di compensazione, la piattaforma richiederà all'avvocato il numero del provvedimento di liquidazione attribuito dal SIAMM...»;
   in forza di quanto stabilito dalla circolare, la compensabilità delle tasse con l'importo liquidato a credito dell'avvocato sembrerebbe rinviata al momento in cui l'ufficio competente è pronto a svolgere l'ultima attività necessaria al pagamento;
   tale previsione rischia di vanificare la ratio sottesa alla misura della compensazione dal momento che la stessa parrebbe essere fruibile solo laddove si sia giunti alla pagabilità dell'importo maturato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e, in particolare, della coincidenza dei tempi dell'emissione del mandato di pagamento e dell'autorizzazione a compensare;
   se non si ritenga di modificare la circolare citata permettendo la compensazione dal momento della mancata opposizione del decreto di pagamento liquidato dal giudice. (5-10259)


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale – concorsi ed esami n. 92 del 22 novembre 2016 è stato pubblicato l'atteso «Bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, Area funzionale seconda, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – Amministrazione giudiziaria»;
   l'articolo 6 del suddetto bando, rubricato «Prove concorsuali e valutazione dei titoli», dopo aver stabilito che lo svolgimento del concorso avverrà mediante «esami e valutazione dei titoli», proprio con riferimento alla procedura di valutazione di questi ultimi, assegna un punteggio aggiuntivo a determinate categorie di concorrenti e, in particolare, a coloro hanno svolto, con esito positivo, l'ulteriore periodo di perfezionamento nell'ufficio per il processo (sei punti), ovvero lo stage presso gli uffici giudiziari (un punto) e, infine, a quanti hanno completato con esito positivo, il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari (un punto) (cfr. articolo 6, punto c), lettere a), b) e c));
   il bando, di contro, e a giudizio dell'interrogante inspiegabilmente, omette dai criteri di valutazione complessiva del candidato qualsivoglia riferimento al possesso dei veri e propri «titoli legali» senza dubbio maggiormente rilevanti ai fini concorsuali, soprattutto in un concorso come quello in questione, quali, solo per citarne alcuni, la laurea, il master, le abilitazioni professionali;
   l'attribuire un punteggio aggiuntivo ai soli tirocinio o stage, omettendo il riferimento a tutti i titoli legali, appare all'interrogante una grave anomalia che pone, in assenza di una valida motivazione, alcune categorie di candidati in una posizione privilegiata a scapito di altre che parimenti, in base al principio di uguaglianza, dovrebbero avere il diritto a vedere riconosciuti titoli senza dubbio rilevanti a tutti gli effetti di legge e, in quanto tali, adeguati ed idonei a fondare il diritto ad assegnazione di punteggio aggiuntivo in un concorso specificamente «per esami e titoli»;
   come se non bastasse, questa paradossale anomalia si ripete al successivo articolo 9 del bando — rubricato «Titoli di preferenza a parità di merito ed a parità di merito e titoli» — che assegna titoli di preferenza a parità di merito alle stesse categorie di soggetti individuate al citato articolo 6, punto c), lettere a), b) e c);
   il decreto ministeriale 25 marzo 1998, n. 142 (che chiarisce l'ambito di applicazione della legge 24 giugno 1997, n. 196, «Norme in materia di promozione dell'occupazione»), stabilisce che stage e tirocinio non creano rapporto di subordinazione e di lavoro con la pubblica amministrazione, possono essere effettuati per un tempo massimo, e che le attività svolte nel corso dei tirocini di formazione e orientamento attribuiscono meri crediti formativi da certificare ed inserire nel curriculum dell'interessato;
   in alcun modo «crediti formativi» possono essere equiparati ai «titoli»;
   il descritto criterio di attribuzione di punteggio andrà irrimediabilmente a condizionare la formazione della graduatoria cagionando, secondo l'interrogante, un'illegittima e ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di concorrenti in violazione dell'articolo 3 della Costituzione;
   sulla base di queste valutazioni, parrebbe all'interrogante che il concorso in esame finisca chiaramente per favorire, stabilizzandoli di fatto con un contratto a tempo indeterminato, i soli concorrenti tirocinanti e stagisti già presenti e operativi negli uffici giudiziari attraverso quella che appare all'interrogante una procedura atipica e non regolare, camuffata sotto forma di concorso pubblico, in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in particolare, se sia stato informato delle ragioni e delle valutazioni che hanno condotto alla scelta di attribuire gli stagisti e tirocinanti già presenti negli uffici giudiziari un punteggio aggiuntivo;
   se intenda rendere noti i criteri in base ai quali siano stati omessi tutti gli altri titoli (laurea, master, abilitazioni professionali) senza dubbio più qualificanti e rilevanti per la tipologia di concorso bandito;
   se non ritenga che tale impostazione abbia finito per costituire una corsia privilegiata di accesso solo per alcune categorie predeterminate di concorrenti a scapito di tutte le altre, in chiara violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. (5-10272)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, è stato disposto, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, e del relativo personale, in altre forze di polizia;
   alla data del 1o gennaio 2017, la graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 e graduatoria approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014), è l'unica graduatoria di concorso pubblico vigente per il Corpo forestale stesso;
   tale graduatoria è utilizzabile ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 1, comma 368 della legge n. 232 del 2016, sino al 31 dicembre 2017;
   il Governo pro tempore, ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3098-A/13 del 17 luglio 2015, che impegnava lo stesso Esecutivo a tenere in considerazione, durante l’iter riformativo, l'esistenza della graduatoria in questione;
   la legge riconosce ad ogni singola amministrazione la facoltà di utilizzare le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013;
   lo scorrimento della graduatoria in esame potrebbe consentire di sopperire immediatamente alle gravi carenze organiche attualmente esistenti all'interno del corrispondente ruolo ispettori della polizia penitenziaria, senza dover attendere l'esito di eventuali procedure concorsuali e con un consistente risparmio di spesa –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative finalizzate ad autorizzare il Corpo della polizia penitenziaria a reclutare personale del ruolo ispettori mediante lo scorrimento, totale o parziale, della graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato. (4-15174)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   da oltre un mese, gli automobilisti che viaggiano da Favara in direzione Agrigento, e viceversa, riscontrano non poche difficoltà a causa della chiusura del ponte Petrusa, disposta dall'Anas per un lasso di tempo indeterminato;
   il ponte è stato chiuso per una verifica strutturale dello stesso e si attendono i risultati della verifica;
   la chiusura del suddetto tratto di strada ha costretto gli utenti a percorrere strade alternative, le quali si presentano già dissestate e non idonee a sopportare il grande traffico veicolare;
   i disagi sono particolarmente avvertiti dagli abitanti delle zone interessate che intendono raggiungere il quartiere Fontanelle di Agrigento, dove sorge l'Ospedale San Giovanni di Dio, e il carcere Petrusa –:
   se il Governo intenda acquisire con immediatezza i risultati della verifica strutturale dell'infrastruttura in questione;
   quali iniziative intenda adottare, e con quali tempistiche, per ripristinare il Ponte Petrusa, eliminare i disagi degli automobilisti e scongiurare il pericolo di incidenti.
(2-01578) «Moscatt».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIZZONI, PATRIARCA e BARUFFI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come testimoniato da specifiche iniziative delle amministrazioni locali interessate nonché dalle proteste promosse da associazioni di consumatori e di utenti così come di semplici passeggeri – che hanno trovato ampio spazio sugli organi di informazione locali – la qualità dei servizi ferroviari sulla linea Mantova-Carpi-Modena-Roma ha registrato un progressivo peggioramento per quanto riguarda la puntualità delle corse e la loro cancellazione improvvisa, nonché la qualità complessiva del servizio offerto;
   in particolare, con l'entrata in vigore del nuovo orario ferroviario, si sono dovuti registrare non solo soppressioni e pesanti ritardi (in particolare nei giorni 12, 13 e 20 dicembre) ma anche l'incremento del tempo di percorrenza della tratta Modena-Mantova (di 20 minuti circa), paradossalmente riconducibile all'inserimento della coppia di treni Freccia-argento per e da Roma che, dati alla mano, peraltro non può soddisfare pienamente le esigenze degli utenti: a titolo di esempio, si ricorda che il Freccia-argento percorre la distanza da Mantova a Modena, senza fermate intermedie, in 44 minuti, ma poi ne impiega ben 40 per arrivare a Bologna, vale a dire lo stesso tempo utilizzato dal treno regionale. Queste verifiche, non di meno, dimostrano che sarebbe possibile effettuale la fermata alla stazione di Carpi – richiesta avanzata a Trenitalia anche dalla regione Emilia Romagna, che ha raccolto l'istanza del comune di Carpi e degli utenti – finora negata;
   oltre ai disagi arrecati agli utenti, la gran parte dei quali è «pendolare» e quindi raggiungono quotidianamente i luoghi di lavoro o di studio, i disservizi registrati compromettono l'uso regolare del trasporto ferroviario, arrecando così nocumento al decongestionamento del traffico su strada, alla riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra e alla mobilità sostenibile anche a fini turistici –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire ai pendolari della tratta Mantova-Carpi-Modena un servizio efficiente, puntuale e diffuso;
   se si preveda di effettuare la fermata alla stazione di Carpi della coppia di treni Freccia-argento citati in premessa.
(5-10258)


   DE LORENZIS, PETRAROLI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da fonte stampa della Gazzetta del Mezzogiorno del 13 dicembre 2016 dal titolo «Taranto ha un Frecciarossa ma perde due Intercity» si evince che le due coppie di treni Intercity che collegano Taranto a Roma e che attualmente sono coperte dal contratto di servizio tra il Ministero e Trenitalia, saranno soppresse nell'ambito della riorganizzazione del cosiddetto «servizio universale»;
   nonostante Taranto sia in una rete Ten-T, ha un numero ridotto di collegamenti ferroviari per passeggeri a lunga percorrenza diretti per Milano, Roma e Reggio Calabria che per lo più vengono realizzati tramite treni Intercity ad eccezione per il «Frecciabianca» delle ore 10,10 in direzione Milano tramite la linea adriatica e l'avvio della recente sperimentazione con il treno Frecciarossa in partenza alle ore 5,48 che attraverso la Basilicata giunge a Napoli per poi proseguire sulla rete TAV fino a Milano –:
   quali iniziative, anche normative e infrastrutturali, il Ministro intenda adottare al fine di garantire sia le corse che realizzano il servizio universale in partenza e in arrivo da Taranto sia tutti i collegamenti di lunga percorrenza anche a mercato;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di velocizzare i collegamenti ferroviari da e per Taranto;
   quali risorse il Ministro intenda destinare al fine di garantire il trasporto passeggeri di lunga percorrenza;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di scongiurare disservizi ai cittadini della Basilicata dell'area jonica relativi all'assenza di servizi di trasporto di lunga percorrenza ad un costo accessibile e sufficientemente frequenti.
(5-10261)


   DE LORENZIS e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da fonte dell’«ufficio stampa Basilicata», testata giornalistica on line, del 14 dicembre 2016 dal titolo «Nuovo trasbordo a Napoli per i viaggiatori del Frecciarossa, Trenitalia sotto accusa», si apprende che a distanza di quattro giorni dall'entrata in servizio del Frecciarossa sulla tratta Taranto-Potenza-Roma, avvenuta il giorno 11 dicembre 2016, i passeggeri sono stati costretti, il 14 dicembre, per la seconda volta, a scendere a Napoli e trasbordare su un altro treno;
   sempre dalla stessa fonte stampa si apprende che l'ufficio stampa di Trenitalia, ha affermato che il guasto è stato causato dalle temperature rigide che hanno messo in crisi il «pantografo»;
   il pantografo è un organo che permette, sui veicoli ferroviari, la ricezione dell'energia elettrica da una linea aerea soprastante allo scopo di alimentarne le apparecchiature come i motori, il riscaldamento elettrico, il condizionamento e tutti gli eventuali dispositivi ausiliari di bordo;
   prima di entrare in funzione sulla tratta succitata, Trenitalia ha impiegato un mese per testare il servizio del Frecciarossa sulla stessa tratta e, pertanto, risulta difficile credere che un treno che vanta le più moderne tecnologie in ambito ferroviario presenti disservizi causati dalle basse temperature della Basilicata;
   il servizio dei treni Frecciarossa è notoriamente un servizio a «mercato», tuttavia il Frecciarossa in questione è «coperto» in caso di disavanzi economici, dallo stanziamento di 180 mila euro per il 2016 e di 3,12 milioni di euro per il 2017 della regione Basilicata –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e se essi trovino conferma;
   come sia stato possibile il verificarsi di un blocco dell'attività a fronte di un evento tanto comune e frequente nel nostro Paese;
   se possa dettagliare quali siano le attività oggetto della sperimentazione;
   se, in seguito a questi malfunzionamenti, la società esercente pagherà delle penali;
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di risolvere in maniera certa e definitiva d'ora in avanti queste criticità e per quali ragioni tali iniziative non siano state adottate finora;
   quali altri casi simili, dovuti ad un disservizio causato dal malfunzionamento del pantografo per le basse temperature, si siano manifestati sulle corse dei treni Frecciarossa in Italia nell'ultimo anno;
   come si concilino i contributi regionali per i servizi a mercato come quello dei «Freccia» con le normative comunitarie in materia di «aiuti di Stato» e se possano configurarsi come elementi tali da determinare una eventuale procedura di infrazione europea. (5-10268)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa emerge che, con l'entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia per la stagione invernale, il 16 gennaio 2017, sarà cancellata la coppia di treni Intercity notturni ICN 734 e ICN 735 che servono la tratta Trieste centrale – Venezia Mestre, in particolare il primo con partenza dal capoluogo giuliano alle 22,06 e arrivo allo snodo ferroviario veneto alle 00,05 e il secondo in senso contrario in partenza alle 5,50 e arrivo a destinazione alle 7,21;
   si ricorda che i treni Intercity, servendo stazioni minori, in particolare del basso Friuli e del Veneto orientale, offrono un servizio complementare a quello dei treni regionali e sono utilizzati quindi da una utenza anche di tipo «pendolare». In particolare, i treni Intercity ICN 734 e 735 sono utilizzati da lavoratori specialmente turnisti e studenti universitari;
   le regioni, nella programmazione dell'offerta locale, hanno considerato la presenza di detti Intercity notturni. Una loro soppressione – specie se non anticipata adeguatamente da Trenitalia alle istituzioni del territorio – comporterebbe quindi nell'immediato una carenza di servizi a danno dell'utenza sopra indicata;
   con la soppressione dell'ICN 735, infatti, non vi sarebbe più modo di raggiungere la stazione di Trieste prima delle ore 8 della mattina, orario di inizio delle lezioni e di apertura di diversi uffici. L'offerta regionale in quella fascia oraria prevede, infatti, sulla linea Cervignano-Latisana-Portogruaro solamente una soluzione con cambio composta da due regionali con arrivo finale a Trieste alle 8,18;
   diversamente, con la soppressione dell'ICN 734 non ci sarebbe più alcun collegamento da Trieste centrale a Venezia Mestre sulla linea Cervignano-Latisana-Portogruaro dopo le ore 19 (molte attività universitarie, diversi uffici ed esercizi commerciali chiudono dopo tale orario);
   le soluzioni indicate da Trenitalia – una coppia di autobus che impiegano più di 3 ore e con orari notevolmente differenti da quelli degli Intercity – non sono compatibili con le esigenze di questa utenza di tipo «pendolare»: l'autobus LP 735 sostitutivo dell'ICN 735 partirebbe da Venezia Mestre alle 5,50 giungendo a Trieste alle 9, mentre l'autobus LP 734 sostitutivo dell'ICN 734 partirebbe da Trieste alle 20,50 per arrivare a Venezia Mestre dopo la mezzanotte;
   all'interrogante risulta che questa decisione di Trenitalia non sarebbe stata concordata con la regione Friuli Venezia Giulia, che ha già manifestato la propria contrarietà all'operazione, e non sarebbe stata mai comunicata ufficialmente, impedendo alle istituzioni del territorio di valutare per tempo effetti ed azioni correttive volte a non danneggiare i cittadini –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare affinché Trenitalia riveda la propria offerta Intercity ripristinando gli ICN 734 e ICN 735;
   in alternativa, quali iniziative di competenza intenda promuovere il Ministro affinché siano comunque tutelate le esigenze dell'utenza di tipo «pendolare» che sarebbero compromesse dalle cancellazioni descritte in premessa. (4-15146)


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a far data da gennaio 2017 sono scattati i nuovi aumenti sulle reti stradali italiane;
   tali aumenti hanno raggiunto, in alcuni casi, punte significative come per la BreBeMi, arteria che collega Milano a Brescia, con un aumento del 7,88 per cento, o come la Torino-Milano con un +4,60 per cento;
   aumenti, sia pur con percentuali più contenute ma comunque in grado di incidere significativamente sul costo complessivo dei trasporti, sono scattati anche per la Torino-Aosta (+0,88 per cento), sulla rete di Autostrade per l'Italia (oltre 3.000 chilometri, con un aumento dello 0,64 per cento), sulla Venezia-Trieste (+0,86 per cento), sulla Brescia-Padova (+1,62 per cento), sul Consorzio autostrade Venete (+0,45 per cento), sulla Parma-La Spezia (+0,24 per cento), sulla Milano-Serravalle (+1,5 per cento), sulla Tangenziale di Napoli (+1,76 per cento), sul Raccordo della Valle d'Aosta (+0,90 per cento), sull'Autostrada Tirrenica (+0,90 per cento), sulla Torino-Savona (+2,46 per cento), sulla Strada dei Parchi (Roma-L'Aquila-Pescara, +1,62 per cento), sulla Tangenziale Est esterna di Milano (+1,90 per cento) e sulla Pedemontana Lombarda (+0,90 per cento);
   nonostante i più recenti dati Aiscat (Associazione italiana concessionarie autostrade e trafori) segnalino un aumento del traffico dei mezzi pesanti in crescita nell'ultimo anno (nel primo semestre 2016: +3,9 per cento veicoli leggeri, +4,6 per cento veicoli pesanti) i concessionari hanno comunque proceduto con un aumento dei pedaggi stradali. Si tratta di incrementi tariffari che superano sia il tasso di inflazione che le medie economiche degli aumenti in altri settori;
   gli aumenti citati incidono in misura importante su un settore economico, quello del trasporto merci in particolare, già in forte crisi, che vedrà ulteriormente aumentare i costi di esercizio, mettendo a rischio la fragile ripresa del comparto;
   solo per citare la situazione nella regione Marche, secondo la Cna Fita le attività del settore cessate sono 151 a fronte di sole 31 nuove imprese di autotrasporto (un saldo negativo di 120 imprese), con un fatturato in perdita dell'1,5 per cento nell'ultimo anno, che sale per il trasporto conto terzi a -2,6 per cento –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per evitare che l'aumento dei pedaggi, illustrato in premessa, possa penalizzare e rendere meno competitivo il settore del trasporto su gomma nel nostro Paese;
   se non intendano promuovere, per quanto di competenza, una indagine ministeriale per valutare la congruità dell'aumento dei pedaggi disposto dai concessionari della rete stradale. (4-15167)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso da numerose fonti di stampa nazionale della preoccupante proposta governativa, prevista nel «Progetto di razionalizzazione delle risorse e dei Presidi della Polizia di Stato», di soppressione di alcuni posti di polizia in tutta Italia che, tra gli altri, andrebbero a colpire il territorio della provincia di Chieti, in Abruzzo;
   in una zona di «confine» come quella del Vastese si starebbe valutando la soppressione del posto di polizia ferroviaria alla stazione di Vasto-San Salvo, della sottosezione della polizia stradale di Vasto, della sezione della polizia postale di Chieti e della stradale di Ortona;
   in particolare, la sottosezione polizia stradale di Vasto, istituita nel 1951, ha prestato ininterrottamente servizio su tutta la provincia di Chieti e, in parte, in quella di Campobasso in Molise con compiti di vigilanza stradale, rilievi relativi a incidenti stradali, controllo del territorio e soccorso pubblico;
   nel 1999 la stessa sottosezione di polizia stradale raggiungeva un picco di 23 unità per poi diminuire inesorabilmente, fino alle attuali 8 unità, di cui un comandante, un vice comandante, un aggregato al distaccamento polizia stradale di Lanciano (Chieti), un'aggregata al tribunale di Vasto e quattro unità operative sul territorio;
   nonostante il numero esiguo di personale, nel 2015 il comando è riuscito ad effettuare 501 pattuglie, 1508 verbali di contravvenzione, 3368 controlli ai veicoli, 3389 identificazioni di persone, non ultima, un'importante attività di rilievo dei sinistri stradali;
   svuotare il comprensorio del territorio vastese, che conta all'incirca 200 mila abitanti, di un presidio di polizia stradale che controlla quotidianamente due strade statali (strada statale 16 Adriatica che percorre tutta la costa e strada statale 650 che collega Vasto con l'entroterra della regione Molise e della regione Campania), oltre a tutte le altre strade provinciali, comporterebbe una grave penalizzazione per tutto il territorio;
   inoltre, le due strade statali menzionate collegano l'Abruzzo con la Puglia e la Campania, regioni caratterizzate dalla presenza di organizzazioni criminali che, come emerso dai processi «Histonium1», «Histonium2», «Pink Lady», «Colore», «Veruska», «Tramonto», «Car Wash», «Adriatico», «Take Away», «Hot spring» hanno iniziato una stabilizzazione nel territorio del Vastese;
   l'eventualità di un accorpamento con la caserma di Vasto sud, dedicata esclusivamente al servizio autostradale, comporterebbe un aumento di personale pattugliante solo all'interno dell'ambito autostradale: sul territorio del Vastese opererebbero, dunque, per gli interventi sui sinistri stradali, nelle ore diurne la polizia municipale e la compagnia dei carabinieri, mentre nelle ore notturne solo la compagnia dei carabinieri che, qualora impegnata in altri servizi, dovrebbe essere sostituita dall'arrivo di una pattuglia della Polstrada della sezione di Chieti o del distaccamento di Lanciano, con conseguenti tempi di intervento dilatati e prevedibili disagi per i cittadini;
   il tipo di razionalizzazione messa in atto sarebbe basata su parametri puramente ragionieristici, senza alcuna analisi dei contesti delinquenziali e delle problematiche territoriali inerenti la sicurezza –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, data la dimostrata produttività ed importanza strategica della struttura citata, valutare l'opportunità di stralciare dal «progetto di razionalizzazione delle risorse e dei presidi della polizia di Stato» la soppressione della sottosezione di polizia stradale di Vasto (Chieti) e, anzi, potenziare il relativo presidio;
   quali iniziative ritenga opportuno adottare, in caso di inevitabile chiusura della sottosezione di polizia stradale di Vasto (Chieti), per trasferire eventualmente il suo personale al commissariato di pubblica sicurezza di Vasto (Chieti), evitando l'accorpamento al comando autostradale, al fine di scongiurare il rischio di una minore presenza della polizia di Stato sulle strade di Vasto (Chieti) e del suo territorio. (4-15145)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la forte ondata di maltempo che ha colpito l'Italia in questi giorni sta creando grosse difficoltà ai Comandi operativi avanzati dei vigili del fuoco interessati, ed in particolar modo a quelli operanti nelle aree colpite dal sisma che ha colpito il Centro Italia;
   proprio da quelle zone, dove in alcuni casi le temperature sono scese addirittura fino ai meno 14 gradi, sono arrivate numerose segnalazioni relative a difficoltà logistiche riguardanti il lavoro degli stessi vigili del fuoco: automezzi fermi perché riforniti con gasolio estivo inadatto alle temperature del momento, difficoltà e lungaggini nell'approvvigionamento di pezzi di ricambio per i veicoli, vestiario inadatto, container privi di idoneo riscaldamento e servizi igienici e docce non funzionanti;
   si tratta di una situazione grave che sta impedendo in diversi casi ai vigili del fuoco di adempiere con la dovuta velocità alle necessità delle zone colpite dal terremoto, come già segnalato da diverse organizzazioni sindacali di categoria;
   il caso più grave è quello del Centro operativo avanzato di Cittareale, in provincia di Rieti, ma situazioni analoghe si sono avute su diversi territori a causa del sovraccarico di lavoro legato al maltempo di questi giorni, che si è sommato alla normale gestione del soccorso;
   considerate le normali condizioni climatiche dell'area in questo periodo dell'anno, si ritiene che i problemi emersi fossero prevedibili e risolvibili prima di diventare un'emergenza;
   disservizi del genere non solo sviliscono la professionalità dei vigili del fuoco costretti ad operare in condizioni surreali, ma rischiano di avere gravissime ripercussioni sulla popolazione locale –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di risolvere immediatamente le criticità denunciate nelle scorse ore dalle organizzazioni sindacali di categoria e quali misure intenda promuovere, anche relativamente all'organizzazione delle competenze e delle responsabilità relative al comando dei Centri operativi avanzati, affinché situazioni analoghe non si ripresentino mai più. (4-15147)


   SPADONI, DALL'OSSO, SARTI e FERRARESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Comando provinciale dei vigili del fuoco di Reggio Emilia versa in una grave situazione dovuta da una carenza di mezzi e da una dotazione del parco macchine di soccorso datata, dove i mezzi più recenti hanno sei anni di età, mentre quelli più datati ventisei, per una media di sedici anni di anzianità di servizio;
   i nuovi mezzi, secondo le organizzazioni sindacali rappresentative del personale addetto al Comando, hanno tecnologie elettroniche «non troppo adatte alle condizioni di impiego ed usura dei mezzi. I mezzi più “nuovi” risultano essere anche quelli più delicati, in quanto scelte, che parevano essere più moderne ed innovative, hanno fatto sì che queste macchine risultassero più “delicate” perché costruttivamente improntate all'elettronica, rivelatasi sul campo non troppo adatta alle condizioni di impiego ed usura dei nostri mezzi»;
   le organizzazioni sindacali denunciano, inoltre, la situazione di non sicurezza in cui versa il personale dei vigili del fuoco: alcuni automezzi hanno 28-26 anni e un'autoscala 32 anni di servizio. In questo scenario non sono stati accreditati fondi sufficienti per far fronte ai danni ordinari;
   grande preoccupazione è dovuta dal fatto che nell'ultimo anno si sono registrate numerose avarie e che per anni non vi saranno nuove assegnazioni. In legge di bilancio sono stati stanziati dei fondi per l'acquisto di nuovi mezzi, ma secondo i sindacati essi sono totalmente insufficienti per far fronte alla situazione; ulteriore motivo di preoccupazione è dato dal fatto che non si è a conoscenza di quando e dove questi mezzi verranno distribuiti sul territorio nazionale;
   nella legge di bilancio 2017 si è stabilito che verranno investiti 70 milioni di euro per il 2017 e 180 per il periodo 2018-2030 per ammodernare i mezzi a disposizione della polizia di Stato e dei vigili del fuoco –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato e quale sia la tempistica necessaria al fine di risolvere la problematica indicata in premessa su tutto il territorio nazionale nel minor tempo possibile, vista l'estrema urgenza, in modo da assicurare una modalità di intervento efficace e sicura per il personale dei vigili del fuoco;
   quali siano le tempistiche esatte dell'arrivo dei nuovi mezzi e quanti i fondi destinati a ciascuno dei Comandi provinciali del nostro Paese. (4-15150)


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di accoglienza italiano è tuttora fortemente incentrato sull'accoglienza straordinaria ed emergenziale; infatti, al 31 dicembre 2016 risultano essere 137.218 i migranti accolti in strutture temporanee pari al 77,7 per cento del totale, in aumento rispetto ai mesi precedenti e lontani dalle previsioni normative che vorrebbero le strutture temporanee ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015, come «limitate al tempo strettamente necessario» al trasferimento presso strutture ordinarie;
   le strutture ordinarie previste dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 142 del 2015 del sistema di accoglienza territoriale – S.p.r.a.r. coprono al 31 dicembre 2016 solo il 13,4 per cento del fabbisogno totale;
   stando ai dati disponibili il numero dei migranti sbarcati è pari a 181.436 con un incremento del 17,94 per cento rispetto al 2015;
   in data 18 maggio 2016 la prefettura di Venezia bandisce un avviso di gara per la gestione dei servizi di accoglienza e assistenza a cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale da effettuarsi presso un immobile demaniale sito in località Conetta del comune di Cona (Ve), «per fronteggiare l'eccezionale afflusso di cittadini stranieri», come si legge all'articolo 2 dello schema di convenzione;
   la struttura demaniale di cui all'avviso di gara della prefettura di Venezia è una ex base militare sita in via Rottanova, n. 9, in una zona periferica di campagna ed isolata;
   in data 11 agosto 2016 viene pubblicato l'avviso di aggiudicazione definitiva in favore di RTI EDECO Coop. Soc. Onlus – impresa mandataria, ECOS Coop. Soc. Onlus e FOOD Service Italia srl;
   da fonti di stampa si apprende che l'ente aggiudicatario, la EDECO Coop., risulta essere già nota e legata alla Coop. Ecofficina, che in passato si è occupata di gestione di rifiuti e che quindi non sembrerebbe avere un know how specifico in materia di immigrazione, a carico della quale le procure di Rovigo e Padova avrebbero aperto tre indagini giudiziarie per falso, truffa e maltrattamenti e che a settembre del 2016 viene sospesa da Confcooperative per le carenze riscontrate in merito all'etica professionale e per un interesse palese di carattere esclusivamente economico;
   da tempo vengono riscontrate e denunciate grosse criticità in merito alla gestione del centro di accoglienza sito in località Conetta tra cui la scarsa qualità dei servizi erogati dovuta anche a personale insufficiente, scarse condizioni igienico-sanitarie e inadeguata assistenza sanitaria;
   in data 2 gennaio 2017 una giovane ivoriana di 25 anni accolta nel centro di Cona muore apparentemente per cause naturali dopo però aver manifestato da tempo bisogno di cure mediche;
   l'avviso di gara per la gestione del centro di Cona prevede l'accoglienza per n. 542 migranti, eppure si registrano presenze con punte di 1.480 persone con un conseguente gravissimo sovraffollamento;
   il piano di accoglienza 2016 del tavolo di coordinamento nazionale indicava la necessità del superamento degli ex Centri di accoglienza per richiedenti asilo ma prevedendo l'utilizzo di ex caserme che evidentemente si è dimostrato inefficace, come affermato dallo stesso Ministro interrogato che recentemente ha rimarcato la necessità di procedere ad un'accoglienza diffusa ed al superamento dei grandi centri coerentemente con l'accordo per l'accoglienza stipulato con l'ANCI  –:
   se e quali urgenti iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, affinché le autorità proposte effettuino i dovuti controlli per garantire nella gestione dei centri di accoglienza standard qualitativi minimi necessari, in assenza dei quali criticità e violazioni di diritto proliferano;
   se e quali urgenti iniziative intenda assumere per provvedere ad una ridistribuzione delle persone accolte presso centri ordinari e quali tempi siano previsti;
   se e quali iniziative intenda assumere per evitare il cronico sovraffollamento presso strutture peraltro inefficaci ai fini della tutela e dell'inclusione sociale.
   (4-15164)


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato ha recentemente dichiarato che è in progetto una rimodulazione del dispiegamento delle forze di polizia sul territorio, con la collaborazione degli enti locali e dei cittadini, al fine di creare un modello di difesa che coinvolga tutte le forze territoriali, dal prefetto al sindaco, passando per la polizia locale;
   al riguardo ha aggiunto, che vanno individuati i punti di vulnerabilità che sono diversi per ogni città, in quanto ognuno deve portare le informazioni di cui dispone, in modo da avere un quadro preciso e aggiornato della situazione di eventuale pericolo;
   l'interrogante a tal fine evidenzia come il coinvolgimento della polizia locale possa effettivamente essere uno strumento adeguato per le finalità preventive che il Corpo può svolgere, attesa la capillare conoscenza del territorio in cui opera e il controllo che ne deriva anche in termini di soggetti che vi risiedono o transitano;
   il comune di Novara (che include più di 100 mila abitanti) è suddiviso in 13 zone urbane ed occupa un'importante posizione strategica, tenuto conto che è il centro di un flusso di comunicazioni tra le città di Milano, Torino, Varese e Genova;
   si aggiunge che il suindicato comune, pur non essendo città metropolitana risulta essere, dopo Torino, il centro più importante del Piemonte; inoltre vi sono una serie di altri fattori, che contribuiscono a renderlo una città modello;
   il Corpo della polizia locale di Novara è composto da 96 operatori, con caratteristiche sia operative che amministrative e quindi con possibilità di gestione autonoma per tutti gli ambiti istituzionali cui è preposto; inoltre, presso la procura della Repubblica è distaccato personale della sezione di polizia giudiziaria e, pertanto, anche in questo settore vi è diretto contatto la magistratura;
   l'interrogante evidenzia altresì come il contesto socio-economico locale e, in particolare, lo stretto legame con l'operato dell'assessorato ai servizi sociali hanno consentito nel corso di questi ultimi anni sia di conoscere a fondo le problematiche legate ai flussi migratori sia di operare con coloro che sono stati oggetto di situazioni di marginalità che hanno determinato una pericolosa estremizzazione;
   in quest'ambito, sono state effettuate dalla polizia municipale novarese importanti operazioni, a seguito delle quali sono state decretate alcune espulsioni da parte del Ministro pro tempore Alfano; peraltro, la stessa polizia locale è stata interessata in tali operazioni connesse al flusso di cittadini stranieri alloggiati all'ex campo TAV;
   l'interrogante evidenzia che sempre a Novara esiste un centro di preghiera che raccoglie circa 900 persone provenienti anche dalle località limitrofe, in relazione al quale è spesso assicurato un servizio di controllo viabilità in occasione delle funzioni religiose che ivi si svolgono durante la settimana;
   ulteriori elementi che, a giudizio dell'interrogante, occorre considerare in maniera rilevante e che suggeriscono un concreto interessamento al coinvolgimento del Corpo della città di Novara, sono rinvenibili nel fatto che 32 vigili hanno appena terminato grazie alla fattiva e completa collaborazione in essere tra la questura di Novara e l'amministrazione comunale, un completo corso di formazione in «tecniche operative di polizia e redazione atti»;
   in ambito d'indirizzo e programmazione infine, l'interrogante evidenzia come il comune di Novara abbia deliberato di esprimere la condivisione per la diffusione del modello del «controllo di vicinato» come strumento di partecipazione e momento di educazione civica della collettività, modello che si propone un'attenta sorveglianza dei cittadini in merito agli avvenimenti che accadono nella zona di residenza con la possibilità segnalare furti e circostanze sospette alle forze di polizia –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, in considerazione di quanto esposto in premessa e a seguito delle recenti dichiarazioni dallo stesso espresse, promuovere in relazione alla città di Novara un «progetto pilota», finalizzato a incrementare i livelli di sicurezza per la comunità locale, attraverso una migliore sinergia tra la polizia locale e le forze dell'ordine, in grado di coinvolgere tutte le forze territoriali e i cittadini;
   in caso affermativo, quali iniziative normative intenda assumere al fine di realizzare tale modello, che, a giudizio dell'interrogante, non potrà che accrescere i livelli di tutela e sicurezza, per la città piemontese, anche a seguito del fenomeno legato al terrorismo internazionale, divenuto sempre più allarmante. (4-15165)


   GALLINELLA, PARENTELA, L'ABBATE, GAGNARLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 177 del 2016 ha, tra l'altro ripartito i compiti e le attività tra Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, la polizia di Stato e il corpo nazionale dei vigili del fuoco a seguito della soppressione del Corpo forestale dello Stato;
   in particolare, relativamente all'attività di contrasto agli incendi boschivi, il decreto attribuisce al Corpo nazionale dei vigili del fuoco la sola competenza di lotta e spegnimento (articolo 9 del decreto legislativo n. 177 del 2016), mentre attribuisce quella di prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia all'Arma dei carabinieri (articolo 7 del decreto legislativo n. 177 del 2016);
   questa suddivisione di competenze su una stessa, importante, tematica, potrebbe creare una frammentazione che rischierebbe di compromettere l'efficacia degli interventi, come sottolineato in diversi documenti dalla Conapo — Sindacato autonomi dei vigili del fuoco, che lamenta, tra l'altro, l'enorme disparità di uomini del Corpo forestale dello Stato trasferiti all'Arma (circa 7000) e allo stesso, Corpo nazionale dei vigili del fuoco (390);
   tali numeri di fatto penalizzano le attività dei vigili del fuoco, che già soffrono una situazione di sotto organico nonché di disparità di trattamento economico e di carriera rispetto agli altri Corpi di Stato e che da anni reclamano una riforma delle mansioni e delle responsabilità: sempre più spesso chi fisicamente si occupa della gestione degli incendi è sottopagato rispetto a chi impartisce ordini dagli uffici, ma allo stesso tempo risponde completamente della responsabilità dell'azione sul campo;
   in uno dei documenti del Conapo si evince inoltre che non esiste al momento un elenco di tutti i mezzi terrestri ed aerei del Corpo forestale dello Stato destinati al transito in altre amministrazioni, con particolare riferimento a quelli di contrasto, prevenzione e repressione degli incendi boschivi, di cui certamente il Corpo nazionale dei vigili del fuoco avrebbe bisogno;
   a queste problematiche si aggiunge quella dell'incertezza del destino degli elicotteri modello «NH 500», finora in dotazione al Corpo forestale dello Stato e che sono stati utilizzati per il pattugliamento e l'estinzione degli incendi boschivi e che, oltre al personale del Corpo forestale dello Stato che confluirà degli altri corpi, potrebbero facilmente essere utilizzati — considerata la tipologia di addestramento — dai vigili del fuoco più facilmente che dai carabinieri;
   un altro aspetto che appare poco chiaro, relativamente all'attribuzione di competenze tra Corpo nazionale dei vigili del fuoco e carabinieri, è quello della gestione degli incendi all'interno dei parchi naturali, la cui disciplina appare ancora poco chiara –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, non si ritenga penalizzante per l'efficacia dell'azione di contrasto agli incendi boschivi, la suddivisione delle competenze tra Corpo nazionale dei vigili del fuoco e Arma dei carabinieri;
   se non si ritenga che il numero del Corpo forestale dello Stato transitato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia troppo esiguo rispetto alle esigenze di azione previste e dislocate in tutto il Paese, specie a fronte della situazione già critica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   dove siano effettivamente destinati i mezzi del Corpo forestale dello Stato, con particolare riferimento agli elicotteri «NH 500», che potrebbero rappresentare una importante risorsa di contrasto agli incendi boschivi;
   come si intenda disciplinare la gestione degli incendi nei parchi naturali, considerando che al momento le competenze di vigili del fuoco e dei carabinieri appaiono sovrapposte e confuse. (4-15166)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, è stato disposto, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, e del relativo personale, in altre forze di polizia;
   alla data del 1o gennaio 2017, la graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice Ispettori del Corpo forestale dello Stato (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 e graduatoria approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014), è l'unica graduatoria di concorso pubblico vigente per il Corpo forestale stesso;
   tale graduato è utilizzabile, ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 1, comma 368, della legge n. 232 del 2016, sino al 31 dicembre 2017;
   il Governo pro tempore, ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3098-A/13 del 17 luglio 2015, che impegnava lo stesso Esecutivo a tenere in considerazione, durante l’iter riformativo, l'esistenza della graduatoria in questione;
   la legge riconosce ad ogni singola amministrazione la facoltà di utilizzare le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013;
   lo scorrimento della graduatoria in esame potrebbe consentire di sopperire immediatamente alle gravi carenze organiche attualmente esistenti all'interno del corrispondente ruolo ispettori della polizia di Stato, senza dover attendere l'esito di eventuali procedure concorsuali e con un consistente risparmio di spesa;
   tale graduatoria, inoltre, potrebbe essere utilizzata per assumere personale presso le prefetture, il dipartimento di protezione civile, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché presso gli altri dipartimenti del Ministero dell'interno –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative finalizzate ad autorizzare la polizia di Stato, e/o le altre strutture sopra citate, a reclutare personale mediante lo scorrimento, totale o parziale, della graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato. (4-15173)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Monza e Brianza si è piazzata al settantunesimo posto nella speciale classifica stilata dal Sole 24 Ore sui dati riguardanti i reati denunciati nel 2015;
   il numero totale dei reati denunciati lo scorso anno nella provincia di Monza e Brianza è stato pari a 3.361 per ogni 100.000 abitanti, facendo registrare un miglioramento che va salutato con favore, ma certo non implica che il problema sicurezza sia improvvisamente svanito;
   sono in effetti rimasti particolarmente diffusi i furti negli appartamenti, in relazione ai quali si sono registrate 549 denunce ogni 100.000 abitanti, numero superiore persino a quello registrato per il medesimo reato in città come Roma, dove si sono avute 336 denunce ogni 100.000 abitanti, e Napoli, dove i furti in abitazione denunciati sono stati solo 137 ogni 100.000 abitanti, cioè quattro volte di meno;
   i ladri d'appartamento attivi nella provincia di Monza e Brianza sarebbero quindi i più attivi di tutto il nostro Paese, circostanza che dovrebbe indurre ad intensificare le azioni locali di prevenzione e repressione dei reati contro il patrimonio;
   in questo contesto provinciale critico, spiccano, tra le altre, le situazioni in cui versano i comuni di Seregno e Lissone, in cui non solo si verificano frequenti furti in appartamenti ed esercizi commerciali, ma hanno luogo anche numerose rapine, di cui la stampa locale è prontissima a dare notizia;
   nei primi giorni del 2017, ad esempio, la stampa locale ha dato notizia di una rapina alla farmacia comunale di Seregno, mentre nell'estate scorsa nello stesso comune era stato segnalato uno scippo;
   a Lissone, invece, nello scorso settembre si è registrata l'effrazione di un bar, che si è risolta in un fiasco per i ladri a causa dell'entrata in funzione di un sofisticato sistema antifurto –:
   quali ragioni possano spiegare il dato anomalo dei furti in appartamento denunciati nella Brianza in numero quattro volte superiore a quello registrato a Napoli;
   se, di fronte ai dati generalizzati in premessa, il Governo ritenga o meno di dover dedicare maggiori risorse alla protezione degli immobili e dei patrimoni in Brianza, ed eventualmente in quali tempi;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per rassicurare, in particolare, gli abitanti di Lissone e Seregno. (4-15181)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il fenomeno del «bullismo islamico» ha avuto un incremento esponenziale contrassegnato da fatti di cronaca allarmanti, in particolar modo in Emilia-Romagna;
   nel mese di ottobre del 2014, presso il comune di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia), una studentessa (Aurora Belhamra, allora diciannovenne) è stata per giorni vittima di manifestazioni di bullismo culminate in aggressione, insulti, calci e sputi alla fermata del pullman scolastico, all'uscita di scuola. L'aggressione è avvenuta al terminal degli autobus scolastici, in via Matilde di Canossa, all'orario di uscita dalle scuole, quindi in una zona piena di gente. Autrici del gesto sono tre adolescenti maghrebine, «figlie di cittadini nordafricani residenti nel comprensorio montano reggiano», come recita il verbale redatto dai carabinieri. La vittima è ricorsa alle cure mediche, con prognosi di 7 giorni per traumi e contusioni vari. Come emerso dalla denuncia della stessa vittima, il reato è aggravato dalle motivazioni: la ragazza sarebbe stata picchiata perché considerata «musulmana impura» (in quanto figlia di mamma italiana e dall'abbigliamento occidentale) dalle 3 ragazze;
   dai mesi successivi all'attentato di Charlie Hebdo, si sono registrate più di 15 segnalazioni di studenti musulmani nel Reggiano che hanno giustificato la strage in questione e manifestazioni violente successive;
   il 19 novembre 2015 sei ragazze islamiche di un istituto tecnico di Varese, di appena 15 anni, sono uscite dall'aula durante il minuto di silenzio. Sempre nel 2015, in Brianza, una gang di bulli islamici ha devastato la sala dell'oratorio della Chiesa di San Giovarri Battista di Desio;
   l’«islamobullismo» è un fenomeno radicato soprattutto sulla rete, dove la digos ha intercettato un manuale dal titolo «Gang islamiche» che fornisce dettagliate istruzioni su come adescare i «ragazzini occidentale» per arruolarli in vere e proprie bande;
   nel gennaio del 2016, a Vignola (Modena), cinque adolescenti sono stati circondati da un gruppo di maghrebini che, pistola alla mano, hanno messo in scena una esecuzione sulla falsariga di quelle dell'Isis. Dopo la domanda: «Credete in Dio o in Allah ?», i 5 adolescenti sono stati fatti mettere in fila. A quel punto i 6 maghrebini hanno esploso alcuni colpi di pistola in aria, dicendo alle «vittime» che si trattava solo di uno scherzo –:
   se il Governo intenda monitorare a fondo il fenomeno specifico del «bullismo islamico», esploso prepotentemente negli ultimi anni come una delle nuove forme di bullismo;
   se il Governo non intenda adottare iniziative idonee affinché tali azioni lesive delle libertà, dell'incolumità e della sicurezza altrui siano prevenute attraverso monitoraggio e azioni deterrenti più mirate;
   quali iniziative il Governo intenda avviare per un innalzamento generale del livello di coscienza civica e di consapevolezza del fenomeno del bullismo nelle strutture scolastiche italiane;
   se il Governo intenda adottare iniziative che consentano un miglioramento nell'azione di presidio delle strutture scolastiche e delle zone circostanti, al fine di garantire la sicurezza dei presenti e prevenire episodi come quelli enunciati in premessa;
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per assistere le vittime di tali fenomeni qualora non sia stato possibile prevenirli. (4-15183)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dall'agosto 2016 centinaia di migranti vengono sistematicamente trasferiti in pullman da Ventimiglia verso l’hotspot di Taranto. Si tratta di persone che provengono dalla gendarmeria francese, al confine con la Francia, o che sono state individuate lungo le vie di Ventimiglia e località limitrofe, spesso già identificate;
   il regolamento Dublino 2 prevede che sia il Paese di primo ingresso a farsi carico dell'eventuale protezione internazionale del migrante, ma della frontiera francese giungerebbero indietro anche migranti che provengono dall'interno della Francia, che non risulterebbero aver mai effettuato controlli in territorio italiano. Così facendo, risulta sempre l'Italia il Paese di primo ingresso;
   i trasferimenti al Meridione, chiamati «operazioni di alleggerimento della frontiera» vengono usate come deterrente e per scoraggiare un nuovo attraversamento della frontiere. Di certo queste non risolvono il problema e sono per gli interroganti una palese violazione dei diritti umani;
   si ha notizia di trasferimenti di questo tipo già da maggio 2016, ma è soprattutto a partire dai mesi di luglio e agosto che questa pratica è andata strutturandosi a Ventimiglia (come a Como), come ammesso dallo stesso capo della polizia Gabrielli;
   il 3 novembre 2016, all’Open Migration il capo della protezione civile di Taranto che dirige l’hotspot ha confermato la prosecuzione di questa prassi: «dal mese di luglio ... in media abbiamo transiti giornalieri di 40-50 persone»;
   infatti, anche da Ventimiglia si registrano partenze quasi quotidiane di pullman della Riviera Trasporti carichi di «irregolari», con destinazione Taranto. Molti di loro sono persone respinte dalla Francia che giungono alla frontiera in evidente stato di spossatezza: dopo una rapida visita medica e le procedure di identificazione, queste persone vengono fatte salire a bordo, e attendono il riempimento del mezzo per partire. Ogni pullman viene scortato da personale di Polizia o da altri corpi di sicurezza. Dopo circa 17-19 ore di viaggio, l'autobus arriva a Taranto dove i migranti sono fotosegnalati nuovamente e lasciati liberi di uscire dall’hotspot;
   le associazioni presenti sul territorio documentano che spesso molti di loro, trasportati a Taranto, dopo pochi giorni ricompaiono a Ventimiglia, pronti per tentare nuovamente di attraversare la frontiera. Ma accade anche che minori, donne e uomini, durante il loro disperato viaggio di ritorno, vengano intercettati da sfruttatori sessuali o dal sistema del caporalato;
   per accertare la posizione giuridica di un migrante non è necessario secondo gli interroganti che questi sia trasferito a più di mille chilometri di distanza. Le identificazioni, infatti, possono avvenire nelle questure di tutto il territorio nazionale;
   associazioni umanitarie e testate giornalistiche hanno più volte denunciato come queste operazioni di trasferimento dei migranti dal nord al sud del Paese confermino l'incapacità dell'Italia di gestire la cosiddetta «emergenza migranti», come anche, che tali operazioni portino a ledere la loro dignità e violare i loro diritti, siano un ulteriore inutile sperpero di denaro pubblico perché lo Stato continua a foraggiare un sistema di accoglienza spesso non idoneo –:
   se il Governo intenda disporre l'interruzione dei trasferimenti «forzati» dei migranti da Ventimiglia all’hotspot di Taranto;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative diplomatiche per effettuare ogni possibile verifica sulla regolarità dei respingimenti dalla frontiera francese verso Ventimiglia, così da accogliere dignitosamente e idoneamente soltanto quelle persone già identificate in territorio italiano. (4-15188)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o settembre 2016 è stato soppresso il servizio di trasporto scolastico per gli alunni della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, residenti nelle borgate di Santa Sofia, Crastu e Su Lau del comune di Laconi, in provincia di Oristano;
   le risorse stanziate dalla regione trasferite al comune di Laconi, circa 10 mila euro, sono insufficienti per garantire il servizio scuolabus alle borgate agricole;
   l'amministrazione comunale, per sopperire alla mancanza di servizio del trasporto scolastico, ha proposto un contributo mensile alle famiglie per provvedere autonomamente ad accompagnare i figli a scuola; alcuni genitori hanno rifiutato il sostegno mensile (voucher), a causa delle quotidiane difficoltà di percorrenza, circa quarantacinque chilometri giornalieri da casa a scuola, ma anche per mancanza di conciliazione di orario di lavoro con quello scolastico; altri, invece, hanno rifiutato il sostegno comunale, poiché non hanno le possibilità economiche per possedere una macchina;
   per alcune precarietà esposte, alcuni alunni non possono regolarmente frequentare le lezioni scolastiche;
   sarebbe opportuno, che fosse valutata, di concerto con la regione Sardegna, una soluzione alternativa, magari considerando la possibilità di sostituire il servizio scuolabus, con l'incremento delle corse dei trasporti già attivi nel territorio –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta;
   se, nell'immediato, si possano prevedere soluzioni per garantire a tutti la fruizione del diritto all'istruzione, nel rispetto dell'articolo 34 della Costituzione, che, al primo comma, stabilisce che occorre «garantire il libero accesso all'istruzione scolastica senza alcuna discriminazione» e al secondo comma prevede l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione dell'obbligo. (5-10270)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   lo spettacolo dal titolo «Fa'afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro», è stato programmato nei teatri di Udine, Pordenone e Cervignano dal 23 al 25 gennaio per alcune scolaresche nell'ambito dei progetti di avvicinamento al teatro;
   lo spettacolo prevede numerose date in varie città italiane, con il coinvolgimento di moltissime scuole;
   in apparenza nulla di anomalo, se non fosse che, a parere dell'interrogante, il testo teatrale mira a instillare nei ragazzi l'idea che possa esistere un «terzo sesso» e che si possa decidere se essere maschio o femmina, a seconda dell'umore del giorno; in altri termini, è una rappresentazione che intende propagandare l'ideologia cosiddetta «gender»;
   si continua a ripetere che questa ideologia non esiste, ma intanto viene propagandata con sempre maggiore insistenza ai nostri figli durante l'orario scolastico: albi illustrati, problemi di matematica, regole di grammatica, spettacoli teatrali, tutto diventa un campo utile di diffusione ideologica;
   come educatori, come genitori, ma anche semplicemente come cittadini comuni è necessario, ad avviso dell'interrogante, opporsi al dilagare di questo sovvertimento antropologico: perché questo è quello che vorrebbe fare l'ideologia gender;
   la collocazione della rappresentazione teatrale al mattino e la proposta indiscriminata alle scuole rendono necessario il consenso consapevole delle famiglie e la previa e adeguata informazione su ogni dettaglio relativo ai contenuti, alle modalità di attuazione e ai possibili percorsi educativi ad essa connessi;
   la partecipazione a iniziative didattiche legate a temi sensibili e alle scelte educative e culturali delle famiglie è facoltativa, anche se proposta in orario scolastico, e i genitori possono aderirvi o meno esercitando il «diritto di educare e istruire i propri figli». È nel loro diritto chiedere che i propri figli vengano esonerati e dispongano in alternativa di altre attività scolastiche, a tutela del diritto allo studio;
   la tematica del gender fluid trattata, oltre a risultare, come già detto, inconciliabile con la pluralità degli orientamenti educativi delle famiglie è stata precedentemente ritenuta dallo stesso Ministero incongruente con la funzione pubblica della scuola –:
   se il Ministro interrogato intenda impartire una precisa direttiva ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e ai rappresentanti dei genitori per assicurare una puntuale raccolta di esplicite adesioni, prima che la propria scuola decida di proporre agli allievi la rappresentazione descritta in premessa, posto che solo in questo modo ad avviso dell'interrogante sarà garantito il pluralismo culturale della scuola e la libertà di educazione per tutti. (4-15148)


   CAPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Giornale, in data 11 gennaio 2017 nell'articolo dal titolo: «Il preside è un fantasma: mai visto, vive in Francia. Scuola di piazza Sicilia, due anni fa il dirigente va in pensione. Del sostituto neppure l'ombra» di Marta segnala che due scuole di Milano, l'elementare Novaro Ferrucci di piazza Sicilia e la media Monteverdi, sono governate da reggenti, che peraltro cambiano ogni anno. Prima ancora l'amara sorte era toccata alla primaria Calasanzio;
   due anni fa alla storica dirigente della elementare di piazza Sicilia in pensione subentra una dirigente scolastica che è in servizio a Metz, in Francia, nominata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per dirigere la scuola italiana. Il suo mandato è scaduto il 31 agosto 2016 ma della dirigente a Milano neanche l'ombra. Il mandato ordinario per i titolari di sedi diplomatiche consolari sarebbe di 4 anni, prorogabile di due anni fino a un massimo di nove anni. Due rinnovi sono tanti, visto che «chi ha effettuato un primo mandato quadriennale potrà eventualmente ottenere una proroga di due anni» secondo quanto prevede il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   i dirigenti scolastici in missione all'estero mantengono il posto di ruolo e, di anno in anno, alla scuola di piazza Sicilia, e prima alla scuola Calasanzio, ogni anno viene assegnato un reggente diverso: ovvero il dirigente scolastico di un altro plesso che fa da supplente al titolare con le evidenti conseguenze in termini di continuità didattica ed organizzativa, sia per la programmazione delle attività extrascolastiche, che per l'attività ordinaria e quotidiana;
   i genitori della elementare Novaro Ferrucci e della media Monteverdi hanno reclamato un preside stabile in quanto sono diversi i problemi che stanno vivendo centinaia di famiglie milanesi: «la nostra scuola funzionava molto bene, ora si fa fatica a seguire la quotidianità e a programmare anche a brevissimo termine le attività, ma non solo». Il capo d'istituto, infatti, incide nella vita quotidiana della scuola, più di quanto si creda: se un genitore ha un problema con la classe del figlio, o non si riesce a creare un dialogo tra maestre e famiglia o, viceversa, se si pone un problema di carattere didattico, famigliare o di apprendimento del bambino è con il dirigente scolastico che si cerca di trovare una soluzione. Per non parlare delle questioni più pratiche, ma altrettanto fondamentali, come la manutenzione dell'edificio, la necessità di nominare una supplente a lungo termine o l'acquisto di materiale. Così per portare avanti progetti a lungo termine, che in queste scuole sono ben avviati grazie all'intraprendenza e alle competenze messe a disposizione dall'associazione dei genitori per esempio, è indispensabile avere l'avvallo della dirigente. «Gli sportelli psicologici, i servizi di sostegno, i laboratori organizzati e finanziati dagli stessi genitori hanno un futuro incerto» –:
   se il Governo sia a conoscenza di questa situazione e quali iniziative intenda intraprendere;
   se il Governo abbia assunto o intenda assumere iniziative normative per rimuovere la possibilità doppio incarico per i dirigenti scolastici di ruolo in missione all'estero. (4-15171)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, CARRESCIA, MARCHETTI, MORANI e PETRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le sedi provinciali dell'INPS Marche, a quanto risulta agli interroganti, non hanno pagato la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga per l'annualità 2015 ai marittimi imbarcati su motopescherecci e vongolare soci delle società proprietarie e/o armatrici delle imbarcazioni suddette. Dal 2008, primo anno in cui è stato previsto il trattamento di cassa integrazione in deroga per i pescatori italiani, i soci delle società armatrici e/o proprietarie delle imbarcazioni da pesca avevano sempre ricevuto il citato trattamento economico. Il diniego opposto dall'INPS per l'annualità 2015 è caduto sul settore della pesca;
   né l'accordo in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'8 giugno 2015, né il decreto interministeriale n. 91411 del 7 agosto 2015, né il messaggio dell'INPS n. 5313 del 13 agosto 2015 disconoscevano, per l'annualità 2015, il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga ai soci di società armatrici e/o proprietarie di imbarcazioni pesca;
   armatori e proprietari delle imbarcazioni da pesca sono di regola società in nome collettivo o in accomandita semplice; non può in alcun modo affermarsi, quindi, che armatori e proprietari delle citate imbarcazioni siano persone fisiche;
   il rapporto che intercorre tra la società e le persone fisiche dei soci è un rapporto di lavoro subordinato; la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi nel riconoscere la possibilità che fra società e soci si instaurino rapporti di lavoro subordinato distinti da quello societario;
   nel settore della pesca anche l'armatore unico, oltre chiaramente ai soci della società di armamento e di proprietà, non assumono un effettivo status imprenditoriale, ma semplicemente il possesso di un bene strumentale non connesso ad alcun fenomeno capitalistico;
   non si comprende come i soci delle società di armamento non debbano beneficiare delle medesime provvidenze dei lavoratori subordinati, dal momento che nella realtà operativa e strutturale del settore pesca essi sono lavoratori/pescatori;
   nel settore della pesca il socio percepisce al pari di ogni altro lavoratore dipendente, una retribuzione di misura predeterminata, il cui pagamento avviene mediante i sistemi previsti dalle norme vigenti per i lavoratori subordinati e lo stesso è assoggettato al medesimo regime fiscale e contributivo dei lavoratori dipendenti. Non può pretendersi che il suddetto socio imbarcato sottostia alla medesima legislazione del lavoratore subordinato in materia contributiva, assistenziale, previdenziale, fiscale e poi negare, in capo allo stesso, un rapporto di lavoro subordinato;
   il socio che fa parte dell'equipaggio della nave è vincolato all'obbligo contributivo di cui alla legge n. 413 del 1984 così come è assoggettato, come il lavoratore dipendente, alla contribuzione a favore della Cassa unica assegni familiari, fruendo delle relative prestazioni;
   l'Inps a livello nazionale, con comunicazione protocollo INPS.HERMES.22/11/2016.0004731, inerente alla disciplina applicabile ai soci proprietari di imbarcazioni, afferma chiaramente come il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga per il settore della pesca spetti anche ai suddetti soci di società proprietaria dell'imbarcazione da pesca –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, in collaborazione con l'INPS per riesaminare la tematica e procedere al pagamento della cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga per il settore della pesca per l'anno 2015 anche ai marittimi imbarcati soci di società proprietarie e/o armatrici di motopescherecci e vongolare. (5-10260)

Interrogazione a risposta scritta:


   SBERNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps con la circolare n. 70 del 29 aprile 2016 ha definito le istruzioni contabili perché ai nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro in possesso di una situazione economica corrispondente ad un valore dell'Isee non superiore a 8.500 euro l'anno fossero corrisposti buoni per l'acquisto di beni e servizi;
   il suddetto beneficio, riconosciuto dall'articolo 1, comma 130, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), per l'anno 2015, nel limite di 45 milioni di euro, è stato definito pari a 500 euro dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 febbraio 2016;
   la suddetta circolare dell'Inps stabilisce che i 500 euro vengano corrisposti ai beneficiari dell'assegno per il nucleo con tre figli minori secondo le modalità di accredito di tale assegno e in corrispondenza del primo accredito utile che coincide con il pagamento della prima rata di luglio 2016; successivamente, l'INPS ripartirà le risorse residue rispetto alla previsione di spesa di 45 milioni di euro tra i beneficiari dell'importo di 500 euro ad integrazione dello stesso;
   in risposta alla interrogazione n. 3-02480 sullo stato di erogazione del buono il Ministro chiariva che l'Inps nel mese di luglio 2016 aveva effettuato il pagamento del buono a 45 mila famiglie per un importo pari a 20,5 milioni di euro;
   l'intera somma dei 45 milioni di euro come previsto dall'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopracitato e come specificato dalla circolare dell'Inps dovrà essere interamente destinata a quella finalità e l'Inps avrebbe dovuto provvedere tempestivamente alla redistribuzione ai nuclei familiari delle risorse rimanenti, ma risulta all'interrogante che questo non sia ancora avvenuto –:
   quali dati possa fornire il Ministro interrogato sulla effettiva erogazione dei restanti 24,5 milioni di euro alle famiglie risultanti in possesso dei requisiti richiesti. (4-15175)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO, GINEFRA, GRASSI, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, CASSANO, LOSACCO, MARIANO, MASSA, PELILLO, VENTRICELLI e VICO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale situazione di avversità climatiche che sta colpendo le regioni interne ed adriatiche dell'Italia con ondate di gelo che perdurano da parecchi giorni, sta mettendo in ginocchio soprattutto il comparto agricolo ed agroalimentare dei territori colpiti;
   in Puglia, in particolare, la situazione si evidenza con particolare gravità, con campagne isolate per la morsa di gelo che non consente il regolare ripristino della circolazione e con strade statali e provinciali e aree rurali ancora bloccate da neve e lastre di ghiaccio;
   le aziende zootecniche pugliesi sono costrette a disfarsi del latte che non riescono a consegnare ai raccoglitori. Le consegne dalla Puglia di ortaggi sono crollate del 70 per cento, sia perché questi sono stati bruciati dal gelo in campo, sia perché i mezzi non possono ancora circolare liberamente;
   secondo dichiarazioni rilasciate dalla Coldiretti Puglia, risulta drammatica la conta dei danni, con migliaia di ettari di verdure pronte per la raccolta bruciate dal gelo, serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua perché sono gelate le condutture e vigneti e agrumeti irrimediabilmente rovinati. Al contempo, il mancato approvvigionamento di mercati e punti vendita sta facendo schizzare i prezzi di vendita degli ortaggi che già all'ingrosso risultano da capogiro. Secondo una rilevazione effettuata a poche ore dalle prime nevicate, sono altissimi i prezzi all'ingrosso di rape, carciofi, cavoli, bietole, cicorie, finocchi;
   in provincia di Lecce è a rischio la produzione di patate novelle perché gli speciali impianti di irrigazione delle serre realizzati a Ugento sono saltati per via delle gelate. Così come sono a rischio crollo le serre dei fiori a Leverano che stanno cedendo sotto il peso di neve e ghiaccio;
   al momento risulta pregiudicata l'attività economica di aziende agricole che hanno subito danni agli impianti produttivi vitivinicoli, agrumicoli ed ortofrutticoli, interamente da rifare, alle masserie, alle stalle, ai depositi, al bestiame e, non da ultimo, alle produzioni, completamente compromesse;
   la situazione è critica in quasi tutta la regione, per cui risulta opportuna una ricognizione tempestiva del danno per sostanziare la richiesta di declaratoria di «Stato di calamità naturale»;
   nelle province di Bari, Taranto e Foggia si sono registrati i casi più allarmanti. Strade provinciali tra Corato, Altamura e Poggiorsini bloccate (come la strada provinciale n. 39) per il mancato intervento degli spazzaneve, per cui gli agricoltori hanno fatto ricorso all'intervento della protezione civile;
   l'assoluta mancanza di liquidità e le gravi situazioni debitorie che ne conseguiranno – secondo Coldiretti Puglia – necessitano di interventi non riconducibili alle calamità «ordinarie», bensì a strumenti straordinari per dare sollievo economico alle imprese agricole;
   la sezione della Confederazione italiana agricoltori della Puglia ha chiesto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti e al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina di sospendere la quarta rata dei contributi autonomi dei Coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali (Iap), che scadrà il 16 gennaio 2017;
   è urgente che vengano messi a disposizione tutti i mezzi a disposizione per ripristinare le condizioni regolari di viabilità per far uscire le aziende agricole e zootecniche dall'isolamento, anche per non ingenerare distorsioni dei prezzi a danno dei consumatori –:
   se non si intendano adottare iniziative normative, nel più breve tempo possibile volte a fare fronte alla straordinaria necessità e urgenza di garantire interventi di sostegno e di risarcimento dei danni in favore del comparto agricolo, segnatamente quello della regione Puglia, colpito dalle eccezionali avversità climatiche in atto dai primi giorni dell'anno 2017;
   se, ad ogni modo, non si intendano intraprendere iniziative urgenti affinché le imprese agricole pugliesi colpite dalle sopradescritte calamità meteoriche possono accedere agli interventi per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a valere sul fondo di solidarietà nazionale. (5-10266)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NARDUOLO, ZARDINI e CRIVELLARI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la bassa padovana, alcune zone del basso veronese e dell'altopolesine sono territori di produzioni agricole di qualità e, tra le altre colture, è consistente la produzione di mele;
   alcune cooperative di produttori segnalano la persistente criticità del settore con particolare riferimento ai prezzi di vendita delle mele, si parla infatti di un prezzo medio di circa 45 centesimi al chilogrammo;
   tolte le spese di lavorazione, stoccaggio ed imballaggio di circa 30 centesimi al produttore, resterebbero solo 15 centesimi al chilo, un prezzo che non ripaga neppure i costi di produzione. Lo stesso prodotto appare poi nei centri commerciali o nelle rivendite al dettaglio al prezzo medio di 2,00 euro al chilo;
   gli elementi che portano a queste disastrose conseguenze economiche per i produttori sono diversi: il permanere dell'embargo russo, il crollo della domanda nordafricana con particolare riferimento alle difficoltà della valuta egiziana, la concorrenza di territori limitrofi alla Russia;
   molti produttori hanno già annunciato l'espianto di centinaia di ettari di frutteti, senza avere tuttavia ancora individuato colture speciali alternative alle mele –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questi drammatici effetti sui produttori e quali iniziative siano immediatamente attuabili per rimuovere alcune delle cause dell'attuale situazione ed, eventualmente, per sostenere il reddito di questi produttori. (4-15153)


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, ZOLEZZI, COZZOLINO, GAGNARLI, GALLINELLA e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, attribuisce al Corpo nazionale dei vigili del fuoco specifiche competenze del Corpo forestale dello Stato;
   per l'espletamento di queste competenze, con successivo decreto da adottare entro 90 giorni, sono disciplinate l'individuazione, nell'ambito Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del servizio antincendio boschivo (S.A.B.) e la sua articolazione in strutture centrali e territoriali, e l'attività di coordinamento dei nuclei operativi speciali e dei centri operativi antincendio boschivo del Corpo forestale dello Stato trasferita al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tramite le direzioni regionali;
   il 3 novembre 2016, il consiglio di amministrazione del Corpo forestale dello Stato determina la promozione per merito comparativo a «dirigente superiore» di 2 «primi dirigenti», entrambi compresi nel passaggio ai carabinieri e la promozione a «primo dirigente» di 24 direttivi, di cui 23 destinati ai carabinieri ed uno al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   transitano perciò nei carabinieri 19 «dirigenti superiori», corrispondenti al grado di «Brigadier Generale» e 97 «primi dirigenti» corrispondenti al grado di «Colonnello», mentre transitano al Corpo nazionale dei vigili del fuoco un solo «dirigente superiore» e 9 «primi dirigenti», come da D.C.C. n. 81268, molti dei quali prossimi al pensionamento e proponenti di vari ricorsi individuali;
   la ripartizione territoriale del D.i. sul servizio antincendio boschivo, in attuazione dell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 177, e delle prime direttive impartite dal capo del Corpo, individua una dotazione organica dell'A.I.B (Nucleo antincendio boschivo) per il ruolo dei dirigenti, di un'unità in Calabria, Campania, Liguria, Lombardia, Piemonte e Toscana, di 3 unità nel Lazio, e nessuna unità nelle restanti regioni, mentre il totale dei ruoli A.I.B., è di 33 unità in Abruzzo, 21 in Basilicata, 31 in Calabria, 13 in Campania, 15 in Emilia Romagna, 4 in Friuli Venezia Giulia, 97 nel Lazio, 16 in Liguria, 18 in Lombardia, 7 nelle Marche e nel Molise, 12 in Piemonte, 22 in Puglia, una in Sardegna, 36 in Toscana, 18 in Umbria e 39 in Veneto; in totale di 390 unità ex-C.F.S.;
   dalla ripartizione emerge una distribuzione che non garantisce un efficiente servizio A.I.B., assicurato invece dall'omogenea distribuzione sul territorio del Corpo forestale dello Stato, di cui è sintomatica la disomogenea distribuzione del ruolo dirigenti;
   la collocazione dei dirigenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco si sarebbe basata sui criteri previsti dall'articolo 12, comma 2, ovvero attraverso la valutazione da parte dell'amministrazione dei titoli e degli incarichi presenti nei fascicoli personali, volti a dimostrare il possesso di una completa specializzazione nell'ambito delle materie connesse alla lotta attiva agli incendi boschivi;
   purtuttavia, nella ripartizione di cui il D.I. e alle direttive del capo del Corpo, dei dirigenti assegnati ai carabinieri e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, solo un «dirigente superiore» e 9 «primi dirigenti» transitano nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco –:
   se nell'istruttoria condotta presso l'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato per l'assegnazione del personale al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in modo particolare di quello dirigenziale, siano stati omessi titoli fondamentali, in particolare di coloro che hanno ricoperto l'incarico di capo C.O.A.B. (Centri operativi antincendio boschivo);
   se sia stato tutelato l'interesse pubblico di individuare il personale più idoneo per il transito nei vigili del fuoco e nei carabinieri;
   se l'esiguo numero dei dirigenti transitati dal Corpo forestale dello Stato ai vigili del fuoco, il loro approssimarsi dell'età pensionabile e i ricorsi che hanno intentato presso la giustizia amministrativa rispetto alla propria collocazione, rischino di non far funzionare il Servizio antincendio boschivo;
   se da parte dell'Arma dei carabinieri ci sia l'intenzione di stipulare con le regioni convenzioni, con la partecipazione anche di privati, per lo svolgimento del Servizio antincendio boschivo. (4-15156)


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI e BASILIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Nazzareno Strampelli è stato tra i padri della scienza Italiana. La diffusione sul mercato dei primi grani ibridati, gli diede notorietà in Italia e all'estero, tale da poter fondare a Roma, nel 1919, l'Istituto nazionale di genetica per la cerealicoltura;
   dopo la sua morte (1942) l'Istituto venne intitolato al suo nome, ma solo fino al 1967 quando il titolo venne tolto e l'istituto riorganizzato (legge n. 1318 del 1967);
   il complesso con tutta la sua ricca testimonianza (mobili e documenti, oltre che tutte le varietà di grano prodotte, conservate in vasi di vetro) venne concesso in gestione all'allora Istituto per lo studio e la difesa del suolo, una unità di ricerca per i sistemi agropastorali dell'Appennino centrale, lo studio dei sistemi di gestione sostenibile degli ambienti agropastorali, oltre al miglioramento genetico dei frumenti;
   questo istituto è confluito poi nel centro di ricerca per la produzione delle carni ed il miglioramento genetico del C.R.A. di cui la sede principale è sita a Monterotondo: un accorpamento ad avviso degli interroganti miope, inutile e penalizzante, decisamente non compatibile con la storia e la cultura del grande scienziato, anche secondo il Comitato cittadini per la salvaguardia dell'istituto che negli anni si è interessato alle sue sorti ed alla sua valorizzazione;
   il Cra comunicava l'intenzione di destinare la sede dell'istituto ad un museo in ricordo della figura di Strampelli e conservare la documentazione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha promosso il «progetto di ricerca agroalimentare Nazareno Strampelli» per la ricerca e l'innovazione nella filiera olivicola-olearia approvato dalla delibera Cipe n. 105 del 23 dicembre 2015. L'assessore alle infrastrutture, politiche abitative ed enti locali della regione Lazio Fabio Refrigeri ha affermato che «Il progetto sarà realizzato dal Consiglio per la ricerca e l'analisi dell'economia agraria (Crea), dall'Università della Tuscia, a testimonianza del buon rapporto sinergico in grado di mettere a frutto ben 3 milioni di euro grazie al cofinanziamento di 1,5 milioni da parte del Miur e la restante integrazione a carico del Crea e dell'Università della Tuscia.»;
   ad aprile 2016 si è svolto un incontro a cui hanno preso parte diverse autorità amministrative e scientifiche e dal quale è emersa l'intenzione di adibire il prestigioso ex Istituto a sede di alta formazione nel settore ricerca;
   dopo lo stanziamento del Cipe, il Cra è divenuto Crea, e si è avviata un'opera di razionalizzazione interna. Il riordino dell'ente, che doveva essere già concluso da tempo, non indica nessuna destinazione per la storica sede dell'Istituto di Rieti, ma prevede che gli studi del comparto olivo-oleario continuino nell'ex centro di ricerca per l'olivicoltura e l'industria olearia di Rende, che al momento rappresenta il maggior riferimento nazionale di questo settore nell'ambito della ricerca applicata, mentre è notorio che le Università svolgono la cosiddetta ricerca di base e comunque non sono dotate di strutture specialistiche di quel tipo, data la vastità delle discipline che le caratterizzano –:
   quali saranno le modalità realizzative del progetto annunciato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, considerando che la sede di Rieti ha una storia di ricerca molto diversa da quella formulata con la recente proposta che interessa il settore olivicolo. (4-15185)


   CANCELLERI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo, ampiamente annunciato, è arrivato da tempo e il gelo durerà per almeno altri tre mesi, le alte temperature stanno generando danni irreparabili alle strutture serricole e alle coltivazioni di molte zone del territorio siciliano, nisseno ed ennese in particolare;
   tale disagio atmosferico ha vanificato l'intera annata agraria di moltissimi produttori aggravando una già pesante situazione di crisi che il comparto agricolo della Sicilia attraversa da tempo; sono da ricordare la proposta arrivata da Bruxelles non tanto lontana che proponeva di aiutare l'economia tunisina adottando una misura commerciale autonoma consistente in un contingente tariffario senza dazio, temporale ed unilaterale, di 35.000 tonnellate all'anno per le esportazioni tunisine di olio di oliva nell'Unione, e il caso delle arance marocchine che fanno ancora concorrenza diretta ai prodotti siciliani;
   gli agricoltori ed i rappresentanti di categoria denunciano da tempo le scarse possibilità di sopravvivenza delle imprese dovute in primis dall'impossibilità di competere su un mercato inondato da prodotti provenienti da Paesi extracomunitari;
   le rappresentanze degli agricoltori hanno chiesto l'intervento del governo regionale a sostegno degli imprenditori agricoli e dei lavoratori del settore -:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per quantificare l'entità dei danni alle produzioni, in coerenza con quanto previsto dalle legislazione in materia;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per definire degli interventi straordinari di conforto economico per i produttori colpiti. (4-15186)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono stati resi pubblici i lavori commissionati dalla giunta della regione Veneto e relativi allo «Studio sugli esiti materni e neonatali in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas)»;
   il documento, predisposto e consegnato nel mese di settembre 2016 alla regione Veneto, fino a gennaio 2017 non era stato reso pubblico, né consegnato ai consiglieri regionali. La pubblicazione dello stesso è avvenuta solamente in seguito ad alcune recenti indiscrezioni della stampa locale. L'indagine è stata condotta del «Registro Nascita – Coordinamento Malattie Rare Regione Veneto»;
   l'attenzione dello studio è stata rivolta maggiormente al confronto dei dati tra i comuni in cui si è registrata la massima esposizione ai Pfas. L'area maggiormente colpita dall'inquinamento da Pfas riguarda i seguenti comuni delle province di Vicenza e Verona: Albaredo D'Adige, Alonte, Arcole, Asigliano Veneto, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant'Anna, Brendola, Cologna Veneta, Legnago, Lonigo, Minerbe, Montagnana, Noventa Vicentina, Poiana Maggiore, Pressana, Roveredo di Gua’, Sarego, Terrazzo, Veronella, Zimella;
   inoltre, si sono analizzati anche gli altri comuni in cui si è registrata un'esposizione ai Pfas superiore a quella indicata come limite di sicurezza dall'Istituto superiore di sanità ed i comuni a questi confinanti. Tali dati sono stati confrontati con quelli della regione Veneto presi globalmente e per singole macroaree;
   durante il periodo indagato (2003-2015) sono avvenuti in Veneto 556.314 parti di donne residenti, 15.365 dei quali hanno riguardato madri residenti nei comuni più coinvolti dalla presenza di Pfas:
   dall'esame delle schede di dimissione ospedaliera, considerando la presenza di specifiche patologie, è emerso che le madri dell'area interessata hanno avuto un rischio più elevato di preclampsia (4,46 per cento versus 3,6 per cento) e di diabete gestazionale (5,35 per cento versus 3,13 per cento), maggiore del Veneto nell'insieme, ma anche di tutte le altre aree se considerate separatamente;
   dal 2003 al 2013, nell'area interessata da Pfas, la prevalenza di SGA (piccoli per età gestazionale) è più elevata (3,6 per cento e 3,5 per cento) rispetto a tutte le altre aree indagate e quindi del Veneto (3 per cento e 2,9 per cento). Solo nell'ultimo biennio (dopo l'utilizzo dei filtri per gli acquedotti), nella stessa area, la prevalenza di SGA subisce un decremento, raggiungendo valori sovrapponibili alla media del Veneto (3,1 per cento);
   analizzando per singoli apparati, spicca, nell'area in cui sono presenti Pfas, una prevalenza più elevata per le anomalie del sistema nervoso (5,1 per mille versus 3,6 per mille); attuale campo di indagine tra i ricercatori; del sistema circolatorio (1 per mille versus 0,6 per mille) le per le anomalie cromosomiche (2,2 per mille versus 1,6 per mille);
   in sintesi, in accordo con la letteratura scientifica internazionale relativa ai Pfas, lo studio evidenzia, in particolare, l'incremento della pre-eclampsia, del diabete gestazionale, dei nati con peso molto basso alla nascita, dei nati SGA e di alcune malformazioni maggiori, tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche. Va osservato che le malformazioni sono eventi rari che necessitano di un arco temporale di valutazione più esteso per giungere a più sicure affermazioni. Riguardo al diabete gestazionale si rileva un evidente gradiente di rischio che si riduce progressivamente, allontanandosi dall'area interessata da Pfas. Per confermare l'esistenza di un nesso causa-effetto è necessario disporre dei dati di biomonitoraggio e di esposizione sui singoli individui;
   dall'analisi effettua, lo stesso ente incaricato della ricerca suggerisce necessità di ulteriori approfondimenti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e come il Governo intenda intervenire, anche per il tramite, dell'Istituto superiore di sanità come organo tecnico-scientifico in materia sanitaria, al fine di promuovere un valido controllo della salute pubblica nelle aree interessate dall'altra presenza delle Pfas. (5-10263)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, GRILLO, NESCI, COLONNESE, DI VITA e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il decreto che, dopo oltre 15 anni, definisce i nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) il cui impatto economico di 800 milioni di euro è il risultato non già di mere prestazioni aggiuntive, ma di una diffusa e diversificata opera di compensazione, scaturente dall'eliminazione di talune prestazioni e l'introduzione di nuove;
   i nuovi livelli essenziali di assistenza introducono vaccini costosi che in nessun Paese europeo sono inseriti nei corrispondenti programmi vaccinali e al contempo eliminano prestazioni, come quelle legate all'ipertensione, che riguardano invece una rilevante parte della popolazione, soprattutto anziana;
   i dispositivi medici monouso non sono più inclusi nell'assistenza protesica senza che siano chiare le conseguenze per gli aventi diritto indicati nel decreto ministeriale n. 322 del 1999, così non appare chiaro il risparmio di 135 milioni di euro riferibile agli «ausili assorbenti per incontinenza»;
   l'assistenza ambulatoriale, con numerose (circa 328) condizioni di erogabilità o di appropriatezza, include prestazioni prima garantite in day hospital e day surgery e al contempo ne elimina alcune, non ben identificate, ritenute obsolete;
   si introducono protesi tecnologicamente avanzate, ma si eliminano dispositivi ortopedici molto diffusi come i plantari o scarpe ortopediche ritenuti «oggetti di frequente prescrizione inappropriata», con un aggravio per i cittadini pari a 63 milioni di euro;
   aumentano le prestazioni a rischi di inappropriatezza sia nel ricovero ordinario, che da 43 arrivano a 108 (ad esempio la chirurgia plastica della mammella, aborto con dilatazione e raschiamento, nonché diversi interventi su minori), sia nel ricovero in day surgery (ad esempio interventi sulla cataratta, amputazione delle dita di mani e piedi);
   si prevedono circa 110 nuove malattie rare, con un «modesto» impatto economico (12 milioni di euro) ma si escludono la celiachia o la sindrome di Down, senza chiarire le conseguenze assistenziali ed economiche per i cittadini;
   a fronte di 6 nuove patologie croniche (che presentano un costo di 15 milioni di euro), per contro, sono ridotte le prestazioni dell'ipertensione lieve (il potassio, l'esame delle urine, l’holter delle 24 ore e la radiografia toracica), con un risparmio di circa 16 milioni di euro, nonostante in Italia siano 16 milioni le persone che soffrono di ipertensione e siano 280 mila i decessi per malattie cardiovascolari, in maggior parte anziani che saranno costretti a rivolgersi al privato o a rinunciare alle cure;
   non sarà più garantita l'amniocentesi per le donne oltre 35 anni e le procedure analgesiche nel parto fisiologico saranno garantite solo nelle strutture con un numero di parti maggiore di 500, né appare chiaro se sia garantita analgesia epidurale;
   appare grave che non si abbia un puntuale riscontro di tutte le nuove prestazioni, di quelle trasferite, soppresse o modificate, soprattutto alla luce del fatto che da tale riordino derivano maggiori ticket per i cittadini per circa 60,4 milioni di euro –:
   se possa fornire un elenco puntuale delle nuove prestazioni e di quelle diversamente o non più garantite, nonché le correlate motivazioni scientifiche, con esatta evidenza delle modifiche intervenute sulle prestazioni in regime di day surgey, di day hospital e ambulatoriale;
   quali siano le motivazioni analitiche del risparmio di 135 milioni di euro in relazione agli ausili assorbenti, di 63 milioni di euro per i dispositivi ortopedici, di 16 milioni per l'ipertensione, e se possa chiarire se tale risparmio si tradurrà in un esborso sostenuto dai cittadini;
   se saranno garantite ovunque tutte le procedure analgesiche del parto fisiologico, inclusa l'analgesia epidurale;
   se si intendano assumere iniziative volte a ripristinare la gratuità dell'amniocentesi per le donne di oltre 35 anni, garantendo altresì un'adeguata informazione sull'attendibilità delle diverse indagini prenatali, così da consentire alla donna una scelta informata e consapevole. (5-10267)


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, COLONNESE, LOREFICE, NESCI, GRILLO, NUTI, MANNINO, LUPO e DI BENEDETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Cemi, Centro per l'eccellenza materno infantile, ribattezzato Istituto mediterraneo di eccellenza pediatrica (Ismep) dal presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta e dall'ex assessore alla salute, Lucia Borsellino, è un'opera iniziata nel 2002 ma tutt'oggi incompiuta, nonostante le diverse date di completamento dei lavori via via stabilite e, puntualmente, procrastinate dal governo regionale;
   a distanza di circa 15 anni dall'idea di creare detto centro, poi ampliata e sviluppata dal governo Crocetta, della struttura palermitana resta ancora soltanto lo scheletro, costruito dopo una costosa perizia di variante che avrebbe imposto la «traslazione» della struttura perché «incrociava» la sottostante conduttura dell'acqua. I lavori in corso hanno addirittura finito per bloccare i voli degli elicotteri del vicino elisoccorso;
   è una vicenda di assoluta rilevanza quella dell'Ismep, anche alla luce della carenza delle strutture siciliane di attrezzature e professionalità adeguate per eseguire particolari interventi sui bambini. Al momento a Palermo quasi tutte le prestazioni pediatriche sono dirottate sull'ospedale Di Cristina, una struttura che, anche se recentemente molto rinnovata, comunque non è in grado di garantire tutte le prestazioni previste dal polo di eccellenza;
   con riferimento a tale opera, in data 19 dicembre 2015 l'interrogante presentava interrogazione n. 5-0726, con la quale si chiedeva, in particolare, quale fosse lo stato dell’iter di realizzazione del centro e quando se ne prevedesse l'ultimazione ed il completo funzionamento, nonché se fosse verosimile che il costruendo polo pediatrico potesse essere ultimato entro il 2018, come peraltro indicato sul sito internet ufficiale dell'istituto;
   in data 17 marzo 2016 il Ministero della salute rispondeva a tale atto, affermando nello specifico che «allo stato attuale, appare impossibile che l'ISMEP possa essere funzionante già dal 2018, così come riportato sul sito istituzionale dell'ISMEP stesso.»;
   il 29 dicembre 2016, il Consiglio dei ministri ha assegnato l'incarico di sottosegretario alla salute all'On. Davide Faraone (PD);
   il 2 gennaio 2017 il direttore generale dell'ARNAS Civico di Palermo, dottor Giovanni Migliore, salutava entusiasticamente «via twitter» la visita di cortesia del neo Sottosegretario alla salute Davide Faraone presso quella che viene indicata dal manager nel medesimo « tweet» come Ismep, nonostante ad essere ritratto nello scatto allegato, in realtà, sia un reparto dell'ospedale dei bambini G. Di Cristina, e non di certo l'Istituto mediterraneo di eccellenza pediatrica, di cui oggi, si ribadisce, esiste solo un primo scheletro strutturale;
   preme sottolinearsi, dunque, l'ambiguità e la profonda contraddizione della situazione in cui si ritrova lo stesso Ministero della salute che, se da un lato comunica istituzionalmente che l'Ismep attualmente non esiste, dall'altro, nella persona del neo sottosegretario Faraone, fotografato con i piccoli pazienti pediatrici del Di Cristina, manifesta di fatto pubblicamente apprezzamento per il lavoro svolto in relazione al progetto medesimo, oltretutto considerato che nessuna comunicazione di chiarimento o rettifica ministeriale risulta aver fatto seguito al citato tweet di Migliore;
   occorrerebbe chiarire, soprattutto nei riguardi dei pazienti siciliani, che da oltre 15 anni attendono la realizzazione della citata struttura, le ragioni per le quali il direttore generale Giovanni Migliore pubblicamente faccia sovente riferimento all'ISMEP come se fosse un istituto già avviato e pienamente operativo, o se invece lo stesso abbia inteso far riferimento ad un diverso progetto di cui gli interroganti non sarebbero attualmente al corrente –:
   se sia al corrente di quanto illustrato in premessa;
   se trovi conferma la circostanza che il progetto Ismep non potrà essere realizzato già a partire dal 2018 o se, al contrario, sussistano aggiornamenti in virtù dei quali la situazione debba ritenersi variati. (5-10271)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i registri dei tumori sono considerati da medici e scienziati come uno strumento fondamentale per chi è impegnato sul versante della ricerca contro le patologie neoplastiche;
   la compilazione di tali registri presenta notevoli difficoltà, così come è stato rappresentato recentemente agli organi di informazione da una nutrita rappresentanza di medici e scienziati;
   a distanza di quasi quattro anni dalla istituzione della rete nazionale dei registri, non sono stati ancora approvate le relative norme attuative, indispensabili per assicurare una agevole ed efficace compilazione degli stessi;
   il problema, che è stato evidenziato a più riprese dagli oncologi, fa riferimento soprattutto alla mancanza di una disciplina in linea con le norme sulla riservatezza dei dati;
   manca, infatti, un regolamento nazionale che faccia chiarezza su come raccogliere quelle informazioni che sono indispensabili per un'adeguata compilazione dei registri;
   come si legge in un articolo pubblicato recentemente da Il Fatto Quotidiano, gli epidemiologi che sono incaricati di raccogliere le informazioni, sono costretti a violare il codice della privacy, specie quando i dati da attingere appartengono a «flussi extraregionali»;
   il problema si pone in maniera significativa in ragione delle tante persone che, specie al Sud, decidono di farsi curare fuori regione;
   a giudizio dell'interrogante, occorre un'iniziativa del Ministero della salute per superare tutti gli intoppi burocratici e normativi nei quali si sono arenati i registri dei tumori;
   a giudizio dell'interrogante, si rende necessaria un'iniziativa del Ministero della salute che, in sinergia con l'ufficio del Garante della privacy, serva ad adottare in tempi brevi quei provvedimenti che sono chiesti a gran voce dai medici, dalle associazioni impegnate sul versante della ricerca, e dai tanti semplici cittadini che fanno affidamento anche nel registro per fare passi in avanti nella lotta contro il cancro;
   in mancanza, il registro dei tumori rischia di essere un altro strumento per la lotta contro il cancro potenzialmente efficace, ma reso inutile dalla mancanza di chiarezza sul suo funzionamento e da una burocrazia asfissiante –:
   quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare per consentire il corretto funzionamento dei registri dei tumori, che sono strumenti fondamentali per tutti coloro che sono impegnati nell'attività di ricerca contro le patologie neoplastiche e si adoperano per porre in essere campagne di prevenzione sempre più efficaci. (4-15152)


   FRACCARO, LOREFICE, MANTERO e GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella comunità scientifica e nella popolazione, la consapevolezza dei rischi e dei danni conseguenti al consumo delle bevande alcoliche è oramai definitivamente consolidata;
   l'Organizzazione mondiale della sanità, già nel documento « Alcol, un Piano d'Azione Europeo» del 1992, sottolineava come la maggior parte dei problemi legati al bere derivi da livelli moderati di consumo, e non necessariamente da alcoldipendenza cronica, pur presentando questa un notevole carico di sofferenza, personale e familiare. È infatti appurato che sono i cosiddetti bevitori sociali, a determinare l'impatto sanitario, sociale ed economico di maggior peso. In ragione di tale motivazione, I'Oms ritiene che le politiche pubbliche concernenti l'assunzione di alcool vadano obbligatoriamente rivolte all'intera popolazione, quale che sia il livello di consumo;
   lo studio del noto psichiatra e neuropsicofarmacologo David Nutt del 2010 « Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis», pubblicato dalla rivista medico-scientifica inglese Lancet, classificò l'alcol come la droga di maggiore impatto, ovvero quella che comportava più problemi sociali;
   l'International Agency for Research on Cancer (IARC) inserisce gli alcolici nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene al di sopra di ogni ragionevole dubbio per ben tre volte: come «etanolo» – «Ethanol in alcoholic beverages is carcinogenic to humans» (Group 1) –, come «acetaldeide» – «Acetaldehyde associated with the consumption of alcoholic beverages is carcinogenic to humans» (Group 1) – come «consumo di alcol» – «Alcohol consumption is carcinogenic to humans» (Group 1);
   lo studio «Low levels of alcohol consumption associated with small increased risk of breast cancer, study finds» effettuato su 105.986 donne, seguite per 28 anni, pubblicato dal The Journal of the American Medical Association (JAMA), ha concluso che un consumo di 3 a 6 unità alcoliche a settimana (meno di un bicchiere di vino al giorno) aumenta del 15 per cento il rischio di cancro al seno e che due bicchieri al giorno aumentano questo rischio del 51 per cento;
   analoghi studi promossi da istituti di ricerca di livello internazionale dimostrano che l'aumento del rischio di cancro è significativo già a partire da un consumo medio di un bicchiere al giorno;
   le bevande alcoliche sono fattore di rischio per decine di malattie e la loro assunzione è controindicata per chi assume farmaci;
   tra le professioni che hanno l'obbligo di alcolemia zero in servizio troviamo anche quelle sanitarie. Anche per le predette ragioni, da moltissimi anni, negli ospedali italiani, non sono più ammessi consumo e somministrazione di alcol ai malati ricoverati e ai dipendenti che vi lavorano;
   numerosi ospedali italiani, negli ultimi anni, hanno vietato la vendita di alcol nelle rivendite interne;
   sono tuttavia ancora parecchie le strutture sanitarie i cui bar continuano a vendere e somministrare bevande alcoliche agli avventori;
   alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che sia opportuno trasmettere un messaggio chiaro e inequivocabile alla popolazione in materia ed in particolare nei luoghi dove si promuove e si protegge la salute, è necessario ribadire che non è accettabile permettere il consumo e la somministrazione di bevande alcoliche –:
   quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di predisporre un elenco sia delle strutture ospedaliere che ancora permettono la vendita e la somministrazione di alcolici, sia di quelle strutture già libere dall'alcol e allo scopo di ottenere nel più breve tempo possibile, la completa eliminazione dagli ospedali italiani degli alcolici e di vietare il consumo di ogni altra sostanza o prodotto che crei dipendenza, quali, ad esempio, il fumo e il gioco d'azzardo. (4-15154)


   COVA, CASATI, LENZI, OLIVERIO, TERROSI e VENITTELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l’European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption (ESVAC), nella sua ultima relazione sul consumo di farmaci veterinari, indica l'Italia come terzo Paese europeo per consumo di farmaci veterinari in Europa;
   nella relazione annuale al Piano nazionale integrato (PNI) 2015 vengono indicate tutte le attività svolte per verificare la tracciabilità del farmaco veterinario e l'uso corretto negli animali da reddito e da compagnia;
   la relazione indica un livello minimo di controlli/annuo diversificato a seconda delle strutture interessate per verificare la tracciabilità del farmaco prima di arrivare all'utilizzatore finale ed, in particolare: per le attività di commercio all'ingrosso, una ispezione annua; per le farmacie e parafarmacie controlli annui pari al 33 per cento; per le ditte produttrici di medicinali veterinari e attività di vendita al dettaglio e all'ingrosso una ispezione annua;
   in questi anni i media riportano che diverse attività giudiziarie hanno mostrato l'uso di farmaci veterinari e umani in nero negli allevamenti da animali da reddito, mercato creato dalla complicità tra i diversi attori della filiera;
   un punto di debolezza nella catena della tracciabilità dei farmaci è la possibile distruzione occasionale dei farmaci se questa non viene realmente monitorata, in particolare nella fase di distribuzione quando si hanno grandi quantitativi di farmaci che transitano –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di attività di commercio all'ingrosso, ditte produttrici di medicinali veterinari e attività di vendita al dettaglio e all'ingrosso, farmacie o parafarmacie, segnalate per avere un'anomala distruzione occasionale di farmaci;
   se gli organi preposti alle ispezioni previste dal Piano nazionale integrato abbiano verificato nelle varie strutture che le distruzioni di confezioni di medicinali veterinari non siano anomale, siano superiori alla media, superiori alla distruzione occasionale di farmaci umani e possano quindi configurare una possibile commercializzazione nel «mercato del nero» dei medicinali veterinari. (4-15162)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un caso conclamato di scabbia e uno sospetto di meningite sono stati riscontrati recentemente presso l'ospedale San Giuseppe Moscati di Aversa, in provincia di Caserta;
   presso l'ospedale di Castellammare si è recentemente verificato un decesso per meningite di una persona residente ad Agerola, in provincia di Napoli;
   un caso è stato segnalato anche a Busto Arsizio, in provincia di Varese, a Feltre, a Piazza Armerina, in Sicilia, a Monterubbiano, in provincia di Fermo, e decine quelli rilevati in Toscana;
   in questa regione, stando all'agenzia regionale di sanità, sarebbero centinaia i portatori sani. Addirittura il 3-4 per cento della popolazione, secondo il direttore del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità;
   il 2 gennaio 2017, è deceduto un uomo di 50 ricoverato in gravi condizioni all'Umberto I di Roma per meningite pneumococcica. I familiari sono stati sottoposti a profilassi così come gli amici che sono stati a stretto contatto con lui;
   all'Umberto I, nello stesso giorno, è stata ricoverata anche una 14enne originaria di Palestrina, comune vicino Roma;
   i casi di meningite interessano ormai buona parte del Paese;
   è evidente che il fenomeno non debba essere sottovalutato anche se ogni anno in Italia, secondo il direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, sarebbero circa mille le persone colpite dalla meningite ed il 10 per cento di chi la contrae non sopravvive;
   secondo il direttore generale, inoltre, la vaccinazione è fondamentale per evitare ulteriori contagi. In media, il 50-60 per cento dei pazienti guarisce completamente, mentre il 30 per cento sopravvive, riportando conseguenze anche molto gravi con costi umani, sociali e sanitari decisamente elevati;
   a giudizio dell'interrogante, il Ministero della salute dovrebbe valutare la possibilità di promuovere un'adeguata campagna di informazione che, in sinergia con le regioni e con la scuola, serva a prevenire la diffusione della malattia e a suggerire i casi in cui si rende necessario procedere alla vaccinazione;
   al contempo si rende necessaria una sensibilizzazione sulle malattie considerate debellate che recentemente hanno registrato un'acutizzazione, anche in ragione di una scarsa copertura vaccinale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per informare adeguatamente i cittadini italiani sui fattori di rischio che possono agevolare lo sviluppo della meningite e, in generale, sul rischio di acutizzazione di patologie debellate;
   se non si ritenga di promuovere una campagna di informazione, che coinvolga anche le scuole di ogni ordine e grado, al fine di sensibilizzare sulla necessità di vaccinarsi non solo contro la meningite, ma anche contro le malattie considerate debellate e che ultimamente hanno registrato un'acutizzazione. (4-15168)


   MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI, ZOLEZZI, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, NESCI, BARONI e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'interno dell'ospedale Santa Maria della Pietà di Noia, in provincia di Napoli, sono state scattate delle fotografie, diffuse attraverso diversi social network, che ritraggono operatori sanitari intenti a prestare assistenza a persone, verosimilmente pazienti dell'ospedale, stese su di una coperta di fortuna poggiata direttamente sul pavimento. Nella denuncia, si legge, viene detto che una situazione del genere è causata dalla mancanza di posti letto e di barelle;
   la notizia ha avuto risalto nella stampa locale e nazionale (http://www.corriere.it; http://www.ilmessaggero.it);
   risulta evidente che un simile modus operandi risulta oltremodo pericoloso per la salute dei pazienti e contrario ad ogni protocollo sanitario;
   la legge finanziaria 2007 ha introdotto l'attività di affiancamento delle regioni che hanno sottoscritto l'accordo comprensivo di piani di rientro, prevedendo che esso debba essere assicurata dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria, SiVeAS;
   con deliberazione del Consiglio dei ministri in data 23 luglio 2009 si è proceduto alla nomina del presidente pro tempore della regione Campania quale commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222;
   si legge altresì da notizie di stampa che il Ministro interrogato ha inviato i carabinieri in loco e che il presidente della regione Campania ha avviato una indagine interna (http://www.ilfattoquotidiano.it) –:
   se sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative, nel rispetto delle competenze delle regioni in materia di gestione sanitaria, intenda intraprendere per risolvere la problematica sopra descritta;
   se non intenda acquisire ogni elemento utile anche al fine di trovare le cause di quanto accaduto;
   quali siano le risultanze dell'intervento del personale dei carabinieri così come disposto dal Ministro della salute;
   se intenda verificare che si proceda con celerità a risolvere la situazione descritta;
   quali iniziative intenda intraprendere, a livello nazionale, anche di carattere urgente, al fine di tutelare la salute dei pazienti, facendo in modo che situazioni del genere non si avverino più;
   quali siano state le iniziative assunte – nell'ambito della funzione che il Governo, tramite il suo commissario, deve esercitare in relazione al piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania – per garantire i livelli essenziali di assistenza nell'ospedale di Nola;
   se la manca a di posti letto, oltre a pregiudicare la salute dei cittadini, non alimenti – eventualmente – un ulteriore aggravio di spese sul già deficitario bilancio del servizio sanitario regionale. (4-15182)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 465/15/CONS ha suddiviso il territorio nazionale in 39 bacini di servizio, costituiti da aggregazioni di province, per la radiodiffusione sonora in tecnica digitale con standard DAB+;
   ad oggi sono stati pianificati 16 di tali 39 bacini e sono stati assegnati i diritti d'uso delle frequenze in 8 bacini tra i 16 pianificati;
   in particolare, sono stati pianificati i seguenti bacini (per ogni bacino pianificato vengono indicati il relativo numero e le province che lo compongono): 1)Torino-Cuneo; 4) Aosta; 8) Trento; 9) Bolzano; 20) Firenze-Arezzo-Pistoia-Prato-Siena; 22) Roma-Frosinone-Latina-Rieti; 23) Perugia-Terni; 25) L'Aquila; 28) Avellino-Benevento; 29) Napoli-Caserta; Salerno; 33) Potenza-Matera; 34) Catanzaro-Cosenza-Crotone; 35) Reggio Calabria-Vibo Valentia-Catania-Messina-Siracusa; 37) Palermo-Trapani; 39) Cagliari-Carbonia/Iglesias-Nuoro-Ogliastra;
   la direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali del Ministero dello sviluppo economico ha già assegnato i diritti d'uso delle frequenze a operatori di rete realizzati da società consortili costituite secondo le previsioni della delibera dell'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni n. 664/09/CONS (Regolamento per il digitale radiofonico) nei sopracitati bacini nn. 1, 4, 8, 9, 20, 23, 25, 39;
   devono ancora essere assegnati i diritti di uso delle frequenze nei sopracitati bacini nn. 22, 28, 29, 30, 33, 34, 35 e 37;
   devono essere inoltre pianificati gli altri 23 bacini definiti dall'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni (dopo la pianificazione la direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali dovrà, inoltre, assegnare i diritti d'uso delle frequenze anche in tali 23 bacini);
   gli operatori di rete nazionali (Rai e società consortili costituite da reti radiofoniche nazionali private) stanno operando in virtù di autorizzazioni sperimentali in ampie zone del territorio nazionale e il mercato dei ricevitori sta cominciando a svilupparsi (molte case automobilistiche stanno installando sulle vetture autoradio dotate, tra l'altro, della funzionalità di ricezione DAB+);
   allo stato attuale, l'avvio del digitale radiofonico DAB+, per l'emittenza locale, nelle aree del Paese diverse dai sopracitati bacini 1, 4, 8, 9, 20, 22, 23, 25, 28, 29, 30, 33, 34, 35, 37 e 39, non risulta tecnicamente possibile, per mancanza di risorse frequenziali pianificabili;
   per risolvere la problematica, evitando che il digitale radiofonico si sviluppi senza la partecipazione dell'emittenza locale in tutto il territorio nazionale, è assolutamente indispensabile che vengano attribuite nuove risorse frequenziali al DAB+ come il canale 13 VHF, attualmente attribuito al Ministero della difesa, ma non utilizzato;
   in particolare, è necessario che il Ministero dello sviluppo economico aggiorni il piano nazionale di ripartizione delle frequenze ai sensi dell'articolo 42, comma 4, del decreto legislativo n. 177 del 2005 e successive modificazioni (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici) destinando i 6 blocchi di frequenze del canale 13 VHF alla radiodiffusione sonora digitale DAB+;
   è necessario inoltre, che la Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali del Ministero dello sviluppo economico proceda all'assegnazione dei diritti di uso delle frequenze per le trasmissioni digitali radiofoniche DAB+ nei sopracitati bacini 22, 28, 29, 30, 33, 34, 35 e 37 –:
   quali iniziative di competenza intenda promuovere il Ministro interrogato per dare soluzione a quanto sopra evidenziato e per garantire conseguentemente un equilibrato avvio delle trasmissioni radiofoniche digitali terrestri DAB+ sull'intero territorio nazionale. (4-15151)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la riorganizzazione aziendale di Poste Italiane si sta traducendo in Irpinia in una riduzione dei servizi che rischia di ripercuotersi sulle fasce più deboli della popolazione;
   il ridimensionamento del personale, la riduzione degli orari di sportello, la consegna della corrispondenza non più continuata, ma spesso a singhiozzo, penalizzano gli anziani, e tutti coloro che, per varie ragioni, non hanno la possibilità di muoversi dalla propria abitazione;
   è pienamente comprensibile che una grande azienda come Poste Italiane avverta l'esigenza di riorganizzare la propria presenza sul territorio, rispondendo alla logica del contenimento dei costi;
   tuttavia, il management di Poste dovrebbe tenere in debita considerazione le implicazioni di carattere sociale che la riduzione di alcuni servizi sta comportando, in particolare in una realtà complessa come quella irpina;
   l'Irpinia ha peculiarità, come l'età media dei residenti di molti comuni, la densità demografica e la estensione di alcune sue zone come l'Alta Irpinia, che non possono essere ignorate;
   le proteste emerse in queste ultime settimane, per la carenza crescente nel servizio di consegna della corrispondenza e per la riduzione degli orari di sportello, evidenziano una scarsa attenzione alle peculiarità del territorio;
   sindaci, amministratori e semplici cittadini hanno scritto a Poste Italiane per lamentare la mancata consegna della corrispondenza; in molti casi, il mancato arrivo della corrispondenza costituisce un problema enorme, specie per gli anziani, che non sono messi, ad esempio, nelle condizioni di pagare le utenze;
   il disservizio della mancata consegna della corrispondenza, come è evidente, determina una serie di conseguenze che possono essere molto fastidiose, specie per gli anziani e chi ha difficoltà di movimento;
   a giudizio dell'interrogante, la direzione di Poste Italiane dovrebbe tenere in debita considerazione i rilievi di amministratori locali e sindaci che conoscono le specificità del territorio e le esigenze dei cittadini, in particolare di chi vive condizioni di difficoltà e indigenza –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per evitare che la riorganizzazione in atto di Poste Italiane determini conseguenze negative a carico dei cittadini, specie quelli appartenenti alle fasce sociali più deboli, gli anziani, coloro che non sono in condizioni di muoversi agevolmente dalla propria abitazione;
   quali iniziative intenda assumere per continuare ad assicurare un servizio adeguato alle esigenze dei cittadini, evitando disservizi nell'erogazioni di servizi allo sportello e nella consegna della corrispondenza. (4-15159)


   SENALDI, GADDA, MARANTELLI, PAOLO ROSSI e BERGONZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il servizio erogato dalla società Poste Italiane è regolato da apposito contratto di programma stipulato con il Ministero dello sviluppo economico;
   il 15 dicembre 2015 il contratto per il quadriennio 2015-2019 è stato firmato dall'amministratore delegato della Società, Francesco Cairo, e dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore Federica Guidi;
   all'articolo 1, comma 2, del contratto si riporta che Stato e società perseguono obiettivi di coesione sociale ed economica e prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della società;
   il contratto attua quanto previsto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, la quale stabilisce che gli obiettivi percentuali medi di recapito dei servizi postali universali sono riferiti al recapito entro il quarto giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale, salvo quanto previsto per gli invii di posta prioritaria;
   il contratto richiama la necessità di «adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti in funzione dei mutamenti intervenuti nel contesto tecnico, economico e sociale, anche al fine di tener conto della sostenibilità economica e finanziaria della fornitura dei servizi, compatibilmente con i bisogni dei consumatori e della collettività»;
   la carta del servizio postale universale, redatta in conformità all'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999 ed alle delibere dell'Autorità di regolamentazione del settore postale n. 184/13/CONS e n. 413/14/CONS, alla voce «Obiettivi di qualità/Tempi di consegna» indica per l'Italia la consegna entro 4 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 90 per cento dei casi, entro 6 giorni lavorativi successivi a quello di accettazione nel 98 per cento dei casi; per l'Europa la consegna avviene nell'85 per cento dei casi in 8 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione; per il bacino del Mediterraneo la consegna avviene nell'85 per cento dei casi in 12 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione; per il Nord America e l'Oceania la consegna è nell'85 per cento dei casi in 16 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre il giorno di spedizione e per il resto del mondo la consegna è nell'85 per cento dei casi in 22 giorni lavorativi – esclusi sabato e festivi – oltre a quello di spedizione;
   numerose segnalazioni da parte di utenti, sindaci e organi di stampa della provincia di Varese sulla consegna della corrispondenza ben oltre le tempistiche indicate si intensificano in corrispondenza delle ferie estive e delle festività natalizie, ma si verificano durante l'intero arco dell'anno;
   i ritardi lamentati dagli utenti di Poste Italiane si susseguono da almeno 2 anni in diverse zone del territorio nazionale ed in particolare, in provincia di Varese coinvolgendo sempre più comuni, senza che si vedano segni di un miglioramento del servizio;
   la consegna ritardata della posta causa sovente a cittadini e imprese danno economico per la mancata ricezione entro le scadenze previste di bollette, avvisi di pagamento, solleciti e simili, con conseguente decorso di interessi di mora –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di disservizio rilevata sul territorio nazionale ed, in particolare, in provincia di Varese e quali iniziative intenda predisporre al riguardo;
   se il Ministro interrogato intenda verificare il rispetto del contratto di programma sottoscritto con la società Poste Italiane e quali iniziative intenda assumere nel caso emergano inadempienze rispetto al contratto medesimo. (4-15163)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Busto e altri n. 7-01158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spadoni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Costantino e altri n. 4-14962, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 dicembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Miccoli.

  L'interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-15097, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Benamati e altri n. 5-10254, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Airaudo n. 1-01451, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 715 del 19 dicembre 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    in data 11 gennaio 2017 la Corte Costituzionale si è pronunciata sull'ammissibilità delle richieste relative ai tre referendum popolari abrogativi in materia di lavoro e Jobs Act promossi dalla Cgil e sui quali sono state raccolte oltre 3 milioni di firme ove, in particolare, si chiedeva la riviviscenza delle disposizioni contenute nell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e quindi la reintroduzione normativa dello stesso, l'abrogazione delle disposizioni che hanno istituito i voucher e, infine, la reintroduzione normativa delle disposizioni in materia di responsabilità solidale di appaltatore e appaltante in caso di violazioni nei confronti del lavoratore;
    in particolare, la Corte Costituzionale ha dichiarato: ammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti» (n. 170 Reg. Referendum); ammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)» (n. 171 Reg. Referendum); inammissibile la richiesta di referendum denominato «abrogazione delle disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi» (n. 169 Reg. Referendum);
    alla luce della pronuncia di ammissibilità da parte della Consulta delle due richieste di referendum in materia di appalti e voucher, il Governo dovrà fissare una data per il voto, tra il 15 aprile e il 15 giugno, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 34, secondo e terzo comma, della legge n. 352 del 1970 ove si prevede che, in caso di anticipato scioglimento di una o di entrambe le Camere «il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere o di una di esse». Si precisa, poi, che i «termini del procedimento per il referendum riprendono a decorrere a datare dal 365o giorno successivo alla data della elezione»;
   indipendentemente dall'esito della pronuncia di ammissibilità della Corte Costituzionale, i quesiti sui quali la Cgil ha raccolto oltre tre milioni di firme affrontano tutti problematiche di cruciale importanza riguardando, come si è detto:
     la materia degli appalti e prevedendo che in caso di violazioni nei confronti del lavoratore rispondano in solido sia la stazione appaltante sia l'impresa appaltatrice, al fine di ripristinare le garanzie per i contributi dei lavoratori delle aziende che subappaltano i lavori. Il quesito, in particolare, recita: «Volete voi l'abrogazione dell'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, comma 2, limitatamente alle parole “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,” e alle parole “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori.”»;
     la reintroduzione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori attraverso l'abrogazione delle norme che hanno liberalizzato i licenziamenti economici. Il secondo quesito, ritenuto inammissibile dalla Corte, in particolare recitava: «Volete voi l'abrogazione del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, nella sua interezza e dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, comma 1, limitatamente alle parole “previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile”; comma 4, limitatamente alle parole: “per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,” e alle parole “, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto”; comma 5 nella sua interezza; comma 6, limitatamente alla parola “quinto”, e alle parole “, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi”, e alle parole “, quinto o settimo”; comma 7, limitatamente alle parole “che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”, e alle parole “; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo”; comma 8, limitatamente alle parole “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole “quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di”, e alle parole “anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”»;
    l'abrogazione delle disposizioni relative ai voucher, ossia il cosiddetto lavoro accessorio, che può essere definito l'evoluzione della stabilizzazione del precariato nel nostro Paese. Il terzo quesito, in particolare, recita: «Volete voi l'abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”»;
    secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, proprio in relazione a tali quesiti referendari, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti avrebbe recentemente dichiarato anche in riferimento alla coincidenza del referendum con la possibilità di elezioni anticipate che: «se si vota prima del referendum il problema non si pone», esplicitando in maniera chiara e inequivocabile non solo la difesa strenua del Job Act e del lavoro accessorio, ma anche il timore del Governo per l'indizione di un referendum che, per la seconda volta e nell'arco di pochissimi mesi, potrebbe sancire l'ennesima dimostrazione del profondo dissenso popolare nei confronti delle politiche economiche e sociali varate dal Governo Renzi, nella considerazione che il cuore dell'impianto strategico delle riforme del lavoro introdotte in questi ultimi anni hanno provocato, di fatto, una profonda destrutturazione degli elementi valoriali che sono alla base dei diritti dei lavoratori, legittimando la diffusione incontenibile di forme di precariato del tutto inaccettabili;
    la questione del diritto del lavoro e delle politiche del lavoro nel nostro Paese è una cosa talmente seria da dover essere affrontata urgentemente insieme, con il coinvolgimento di tutte le forze politiche e sociali in campo, perché fino a questo momento la recrudescenza del populismo ed effetti mediatici vari hanno provocato solo scollamento con il blocco sociale, senza portare ad alcun risultato socialmente apprezzabile come emerso inequivocabilmente dopo l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016;
    bisogna recuperare al più presto quel progetto di unità ed unitarietà in cui si sostanzia il significato basilare dell'articolo 1 della Carta Costituzionale dove si legge: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro», perché in termini legislativi non si può continuare a ragionare come se quell'unità e certi equilibri siano stati realmente raggiunti;
    si evidenzia, infine, che il 29 settembre 2016 la Cgil ha consegnato al Parlamento di 1 milione e 150.000 firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali del lavoro: una riscrittura del diritto del lavoro in nome di un principio di uguaglianza che travalichi le varie, forme e tipologie nelle quali esso si è diversificato e frammentato negli anni. La Carta dei diritti universali del lavoro è un testo composto da 97 articoli che propone un nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, che estenda diritti a chi non ne ha e li riscriva per tutti alla luce dei grandi cambiamenti di questi anni, rovesciando l'idea che sia l'impresa, il soggetto più forte, a determinare le condizioni di chi lavora, il soggetto più debole,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare seguito alle richieste contenute nei quesiti referendari promossi dalla CGIL, in relazione ai quali sono state raccolte oltre 3 milioni di firme;
2) ad assumere le iniziative di competenza al fine di fissare immediatamente la data per il voto referendario entro i termini previsti dalla legge.
(1-01451)
«Airaudo, Martelli, Placido, Scotto, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Busto n. 7-01158, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 721 del 10 gennaio 2017.

   Le Commissioni VIII e XII,
   premesso che:
    l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
    da diversi anni i cittadini italiani ed in particolar modo quelli residenti nelle quattro regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) sono esposti, soprattutto nei mesi autunnali ed invernali, ad alti livelli di inquinamento dell'aria oltre i limiti imposti dalle normative comunitarie (direttiva n. 2008/50/CE);
    gli enti locali e le regioni si trovano sempre più spesso a reagire, soprattutto nei periodi di allarme acuto per quanto riguarda gli sforamenti delle soglie, con provvedimenti tampone che si rivelano in larga parte inefficaci;
    l'annuario 2016 dei dati ambientali dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) riporta una diminuzione delle emissioni di PM10 nel periodo 1990-2014 del 34,5 per cento, con un aumento delle emissioni da combustione non industriale, un crollo delle emissioni da combustione industriale e una sostanziale riduzione delle emissioni da trasporto; le emissioni nazionali di ossidi di azoto dal 1990 al 2014 registrano un decremento pari a -61,5 per cento;
    i dati dell'inventario nazionale delle emissioni come riconosciuto dalla stessa Ispra (paragrafo 1.8 dell’Italian Emission Inventory 1990-2016, Informative Inventory Report 2016), non sono stati sottoposti nella loro interezza all'analisi di incertezza delle stime come richiesto fin dal 2013 dalla competente Agenzia delle Nazioni Unite (Report for the Stage 3 in-depth review of emission inventories submitted under the UNECE LRTAP Convention and EU National Emissions Ceilings Directive for: STAGE 3 REVIEW REPORT – ITALY); un'analisi parziale è stata svolta nel 2016, rivelando che le stime per le emissioni delle PM, specialmente quelle di minori dimensioni, metalli pesanti e POP risentono di una maggiore incertezza;
    tali statistiche sono costruite sostanzialmente a partire dal consumo di combustibili alla fonte e sui dati forniti dalle aziende e non già su verifiche a valle della combustione che tengano conto dello stato reale, compresa la loro efficacia e l'efficienza, degli impianti; basti pensare, tra l'altro, a quanto avvenuto recentemente sui dati dei test di emissione delle auto da parte di alcune aziende automobilistiche;
    i dati sulla qualità dell'aria riassunti dall'Environmental Europea Agency nel rapporto «Air Quality in Europe 2016 report» mostrano a) per l'Italia un marcato trend di decrescita della concentrazione di particolato nel periodo 2000-2014; b) valori molto elevati di particolato sostanzialmente concentrate in due aree europee, la Polonia, la Germania orientale e la Pianura Padana (mappa 4.1); c) diffusi superamenti dei valori di concentrazione per l'ozono atmosferico in Pianura Padana e Spagna meridionale con valori di concentrazione estremamente elevati (mappa 5.1); d) in Pianura Padana, dove, nonostante il trend negativo generale delle emissioni di queste sostanze, continuano ad evidenziarsi diverse centraline di monitoraggio con valori eccedenti i limiti imposti dalle normative comunitarie;
    in ogni caso, nonostante il trend positivo per quanto riguarda la riduzione degli inquinanti, l'Italia in generale e le regioni della pianura padana in particolare, presentano livelli di inquinamento superiori alle soglie fissate tanto che la Commissione europea ha aperto due procedure d'infrazione attualmente nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: una riguarda l'applicazione della direttiva n. 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed, in particolare, l'obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2) (procedura 2015/2043); l'altra, la cattiva applicazione della direttiva n. 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente – superamento dei valori limite di PM10 in Italia (procedura 2014/2147);
    la pianificazione degli interventi necessari per l'ulteriore diminuzione dell'inquinamento per rientrare nei parametri fissati a livello comunitario non può esulare da una dettagliata analisi delle fonti di emissioni e della loro localizzazione, tenendo anche conto che in un contesto come quello padano le aree urbane e quelle rurali si influenzano a vicenda, ad esempio attraverso l'emissione di ammoniaca da parte delle aziende agricole che favoriscono la formazione di particolato ultra-fine; il decreto legislativo n. 155 del 2010, all'articolo 22, comma 3, prevede per questo che le regioni e le province autonome predispongano gli inventari delle emissioni con cadenza almeno triennale;
    secondo il recente documento dell'Ispra, recante «Inventari regionali delle emissioni in atmosfera e loro articolazione a livello locale» al 2015, (Figura 2), l'ultimo inventario redatto in Italia era quello della Val d'Aosta del 2013, mentre quelli relativi alle regioni della pianura padana erano risalenti nel tempo. In particolare la regione Lombardia lo aveva predisposto nel 2012; la regione Piemonte, la regione Emilia Romagna e la regione Veneto nel 2010;
    da un esame della documentazione reperibile sui siti istituzionali, ad oggi, solo il Veneto risulta avere in corso un aggiornamento ai dati del 2013, attualmente in fase di revisione esterna; per le altre tre regioni padane non risultano ulteriori aggiornamenti degli inventari e, pertanto, si può evidenziare una sostanziale inadempienza di queste istituzioni rispetto alle previsioni di legge per la cadenza degli aggiornamenti delle emissioni;
    per quanto riguarda il Veneto, tra l'inventario del 2010 e quello del 2013 si segnala una limitata riduzione delle emissioni di polveri (variazioni percentuali: -3 per cento per le PTS, -4 per cento per le PM10 e -2 per cento per le PM 2.5), coincidente peraltro con una variazione negativa del Pil della regione nello stesso periodo;
    il limite annuale per le PM10 in Europa è fissato in 40 microgrammi/metro cubo, mentre il valore obiettivo fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità è di 20 microgrammi/metro cubo; tra l'altro, la stessa Organizzazione mondiale della sanità evidenzia che per quanto riguarda il particolato, non esiste un valore soglia sotto il quale non vi sono impatti sanitari;
    lo studio «Economic cost of the health impact of air pollution in Europe» (WHO, 2015) ha evidenziato che, nel 2010, i costi sanitari associati all'inquinamento dell'aria per l'Italia sarebbero di 97 miliardi di dollari annui, tenendo conto della sola esposizione al particolato (tabella 2.4 dello studio) e di 133,4 miliardi di dollari tenendo conto della VSL (value of statistical life) nel calcolo. Praticamente, i costi associati al particolato sarebbero pari al 4,7 per cento, del Pil. Tra l'altro, la stima delle morti premature per l'Italia calcolata dall'Organizzazione mondiale della sanità era più bassa (32.447 morti premature nel 2010 per il particolato) delle stime per il 2014 dell'European environment agency; pertanto, se si tenesse conto di quest'ultima stima, i costi sanitari sarebbero molto più elevati;
    esistono complesse interazioni tra i diversi inquinanti, come dimostra lo studio sull'aumento della mutagenicità del particolato a Torino in presenza di ossidi di azoto (Traversi et al 2011, Involvement of nitro-compounds in the mutagenicity of urban Pm2.5 and Pm10 in Turin, Mutation Research);
    già nel 1998 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva commissionato all'Organizzazione mondiale della sanità – Ufficio regionale per l'Europa una valutazione sull'impatto sanitario delle PM10. Nelle otto maggiori città italiane analizzate, circa 3.500 decessi e molte altre patologie erano attribuibili a livelli di PM10 superiori a 30 microgrammi/metro cubo (Health impact assessment of air pollution in the eight major Italian cities. Copenhagen, WHO, Regional Office for Europe);
    l'APAT nel 2007 aveva rinnovato e ampliato questo studio nel rapporto «Impatto sanitario di PM10 e Ozono in 13 città italiane» aveva evidenziato le gravissime conseguenze, con migliaia di morti premature su circa 9 milioni di abitanti, dell'inquinamento dell'aria e in particolare della presenza di ozono e PM10 sulla salute umana, analizzando i dati di 13 città, diverse delle quali situate nella pianura padana; nella sintesi del rapporto si poteva leggere «8.220 decessi l'anno, in media, sono attribuibili a concentrazioni di PM10 superiori ai 20 microgrammi/metro cubo. Tale valore equivale al 9 per cento della mortalità per tutte le cause, escludendo le cause violente (ICD IX 800-999), nella popolazione oltre i 30 anni. L'impatto è stimato considerando i soli effetti a lungo termine sulla mortalità. Considerando anche gli effetti a breve termine (entro una settimana dopo l'esposizione), l'impatto del PM 10 superiore ai 20 microgrammi/metro cubo è di 1.372 decessi, equivalenti all'1,5 per cento della mortalità nell'intera popolazione;
    l’European Environment Agency nell’«Air Quality in Europe 2016 report» desume nella Tabella 10.1 una mortalità prematura di 91.050 persone in Italia nel 2013 direttamente collegate ai valori di inquinamento atmosferico per i parametri PM2,5 (66.630 morti premature), Ozono (3.380) e ossidi di azoto (21.040);
    nel medesimo rapporto si evidenzia (tabella 10.2) che l'Italia, con riferimento agli anni di vita persi x 100.000 abitanti per ogni sostanza inquinante è: all'undicesimo posto su 41 Paesi per le PM2,5, con 1.165 anni di vita persi x 100.000 abitanti; di gran lunga al primo posto su 41 Paesi con 368 anni di vita persi x 100.000 abitanti per gli ossidi di azoto, distanziando di 1/3 di ore in più il secondo Paese; al quarto posto su 41 Paesi con 61 anni di vita persi x 100.000 abitanti per l'ozono;
    secondo diversi studi, la concentrazione di polveri ultrasottili Pm 2.5 nella Pianura Padana, già da studi presentati nel 2005, riduce l'aspettativa di vita di 3 anni (http://www.ambientesalute.org);
    secondo uno studio «Impatto degli inquinanti atmosferici sul benessere umano» promosso dall'Università di Bologna e dell'Enea (https://www.arpae.it), nel 2005 a Reggio le Pm10 e il biossido d'azoto hanno tolto in totale tra morti e malattie 69595 giorni di vita (49.042 le polveri e 20 .553 il biossido), per un costo per abitante di 3637 euro (1672 Pm10 +1965 biossido d'azoto). Nel distretto ceramico della stessa provincia di Reggio Emilia il costo per ogni cittadino è stato persino peggiore: 3665 euro (1678 per le polveri e 1987 per biossido di azoto) come riportato su http://www.ambientesalute.org;
    lo studio Moniter, promosso nel 2011 dalla regione Emilia Romagna in collaborazione con Arpa, ha evidenziato come nelle vicinanze d'impianti d'incenerimento si sia registrato un incremento di nascite premature, confermando precedenti studi (https://www.arpae.it);
    in data 10 settembre 2007 l'Ordine dei medici e dei chirurghi dell'Emilia Romagna, avvalendosi del principio di precauzione, ha chiesto una moratoria sulla costruzione di nuovi impianti d'incenerimento nella regione Emilia Romagna che è una delle zone più inquinate d'Europa e del mondo e che quindi non può permettersi emissioni aggiuntive a quelle già esistenti (http://www.dire.it);
    secondo il quotidiano online ReggioReport dell'11 gennaio 2017 a seguito della acquisizione di consapevolezza del legame tra danni alla salute ed inquinamento atmosferico – non ultimo il legame tra polveri sottili e demenza senile – la regione ha predisposto un «piano aria integrato regionale» con l'obiettivo di: dimezzare il livello di polveri sottili entro il 2020, ridurre il traffico nelle città, aumentare le aree verdi e le zone pedonali, con un investimento di 300 milioni in quattro anni per migliorare la qualità dell'aria in Emilia-Romagna;
    a livello nazionale, sono in corso numerose procedure di V.I.A. presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che interessano l'area padana per opere che possono comportare sia in fase di cantiere, sia in quella operativa, anche per aumento del traffico di mezzi o eventuali incidenti, sia in quella di dismissione emissioni di sostanze inquinanti quali particolato, idrocarburi policiclici aromatici, ossidi di azoto e altri inquinanti. Per l'Emilia Romagna sono attualmente in corso di valutazione diversi progetti nei seguenti settori: perforazione di pozzi per ricerca di idrocarburi, stoccaggio di gas, realizzazione dell'autostrada cispadana. Per la Lombardia: stoccaggi di gas e perforazione di pozzi per idrocarburi. Per il Piemonte: perforazione di pozzi per la ricerca di idrocarburi. Per il Veneto: il masterplan dell'aeroporto di Verona;
    sempre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, negli ultimi anni, ha emanato decine di decreti di compatibilità ambientale favorevoli per opere nelle quattro regioni padane che sono potenzialmente impattanti sotto l'aspetto della qualità dell'aria: si va dalla autostrade alle attività di sfruttamento degli idrocarburi, dalle centrali termoelettriche alle raffinerie. Le problematiche emissive possono riguardare non solo il normale funzionamento degli impianti o delle opere, ma anche gli incidenti, come avvenuto recentemente presso il nuovissimo impianto EST della raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi, vanificando anche eventuali sforzi in sede di autorizzazione per compensare le emissioni degli impianti;
    a livello delle quattro regioni padane, gli enti a diverso titolo competenti continuano a rilasciare pareri di compatibilità ambientale favorevoli per opere che possono comportare sia in fase di cantiere, sia in quella operativa, anche per aumento del traffico di mezzi o eventuali incidenti, sia in quella di dismissione di emissioni di sostanze inquinanti quali particolato, idrocarburi policiclici ossidi di azoto e altri inquinanti. A mero titolo di esempio, per citare alcuni progetti, in Lombardia, si evidenziano l'impianto di biometano da rifiuti a Marcallo con Casone (proponente Green Power Marcallese Srl), con parere favorevole nel 2016, nonché, negli ultimi tre anni, numerosi impianti di trattamento dei rifiuti, strade e altro. A mero titolo di esempio in Veneto basterà ricordare l'impianto per la produzione di bio-BDO ad Adria (RO), proposto dalla società Mater-Biotech S.p.A., con impianti di produzione energetica turbogas e a biomassa con parere favorevole V.I.A.-A.I.A. del 2015; per la regione Emilia Romagna, l’«incremento della capacità produttiva dello stabilimento ceramico sito in comune di Fiorano modenese (Mo)», proposto da Ita S.p.a. nel 2016; per il Piemonte, il «piano particolareggiato di iniziativa pubblica per il parco commerciale e urbano attrezzato in Novara – Veveri» nel comune di Novara presentato dalla società Amteco Spa;
    inoltre, tra il 2008 e il 2014, si è osservata una vera e propria esplosione di impianti per produzione energetica, quasi esclusivamente elettrico, da bioenergie che sono ovviamente responsabili di una certa quota di emissioni, primariamente da NOx. Tale impiantistica, secondo i dati relativi al 2014 pubblicati dal GSE nel rapporto «Energia da fonti rinnovabili 2014» è concentrata per il 63 per cento nelle quattro regioni padane: 657 impianti in Lombardia (26,5 per cento del totale italiano), 345 in Veneto (13,9 per cento), 289 in Emilia Romagna (11,7 per cento) e 274 in Piemonte (pari all'11 per cento). Per quanto riguarda la potenza installata, questi impianti rappresentano il 55,5 per cento dei 4.044 Mw installati in tutto il Paese, così suddivisi: 22,7 Lombardia, il 15,1 per cento in Emilia Romagna, l'8,9 per cento in Veneto e l'8,8 per cento in Piemonte. È interessante notare, dal punto di vista della produzione nazionale, in termini di Gwh/anno che oltre la maggior parte proviene da impianti a biogas (8.198 Gwh), seguiti dalle biomasse solide (6.192,9 Gwh) e infine da quelle liquide per 4.341,1 Gwh;
    circa il 70 per cento delle aziende in regime di autorizzazione integrata ambientale in Italia sono concentrate nelle quattro regioni padane. L'articolo 29-decies, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. Da una verifica svolta consultando i siti web dedicati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le opere di competenza nazionale e delle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per quelli di competenza regionale, si evidenzia, a quanto consta agli interroganti, una generale inadempienza rispetto a tale obbligo di pubblicazione che, oltre a produrre una carenza di trasparenza, potrebbe ricondursi anche alla mancanza in toto dell'attività di monitoraggio prescritta o prevista direttamente negli elaborati progettuali da proponenti e approvate assieme ai progetti;
    si evidenzia che la stragrande maggioranza di questi impianti sono di taglia minore di 1 Mw per potenza installata e che quindi, in larga parte, non sono stati sottoposti alle procedure di valutazione di assoggettabilità a V.I.A. o di V.I.A. diretta, con tutto quello che ciò comporta in termini di controllo e monitoraggio delle emissioni, di trasparenza delle stesse per la popolazione e, soprattutto, di valutazione, anche in termini cumulativi e sinergici, della reale compatibilità con un contesto territoriale in cui gli standard di qualità dell'aria da tempo non soddisfano i limiti fissati dalle normative comunitarie;
    l'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga alla pubblicazione sui siti web delle autorità competenti per le procedure di V.I.A. dei risultati dei monitoraggi ambientali condotti sulle opere autorizzate;
    l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga le autorità competenti a provvedere alla verifica di ottemperanza delle prescrizioni delle procedure di V.A. e V.I.A. nonché della corretta esecuzione degli interventi secondo gli elaborati presentati. Gli esiti dei controlli devono trovare pubblicità secondo quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005. Da una verifica svolta consultando i siti web dedicati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le opere di competenza nazionale e delle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per quelli di competenza regionale, si evidenzia che solo negli ultimi tre anni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta provvedendo ad una parziale e spesso, a quanto consta agli interroganti, tardiva verifica delle prescrizioni con pubblicazione degli esiti mentre si rileva una generale inadempienza presso le quattro regioni rispetto a tale obbligo di pubblicazione che, oltre a produrre una carenza di trasparenza, potrebbe ricondursi anche alla mancanza in toto dell'attività di verifica obbligatoria per legge,

impegnano il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale le scadenze dettate dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2010, rispetto all'aggiornamento degli inventari delle emissioni;
   ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale gli obblighi di pubblicazione dei dati di monitoraggio ambientale e di divulgazione delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
   ad assumere iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale gli obblighi di pubblicazione dei dati dei controlli effettuati presso gli impianti in regime di A.I.A. previsti dal comma 8 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   per i progetti di competenza nazionale, ad assicurare che le strutture del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispettino gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi ai controlli degli impianti in regime di A.I.A. di competenza nazionale nonché dei dati dei monitoraggio ambientale e delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
   ad assumere iniziative per assicurare, attraverso una concertazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero della salute e le regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, una moratoria in queste regioni per i progetti di nuovi impianti e/o opere nonché l'ampliamento di quelli/e esistenti che comportano emissioni di sostanze che incidono sulla qualità dell'aria ambiente, con particolare riferimento al particolato e agli NOx, fino a quando non saranno correttamente applicate le previsioni in materia di monitoraggio e controllo degli impianti e non sia garantito il rispetto degli standard di qualità dell'aria previsti dalle norme comunitarie;
   ad assumere iniziative per provvedere, attraverso una concertazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero della salute e le quattro regioni padane, con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità e garantendo adeguate risorse, ad uno o più studi epidemiologici di dettaglio sia per tipologia di inquinante sia per contesto territoriale a scala sub-regionale, incluso un monitoraggio di medio-lungo periodo, facendo sì che tale attività sia indirizzata a stabilire eventuali ed ulteriori interventi puntuali per la prevenzione delle patologie connesse all'inquinamento atmosferico e all'esposizione a sostanze inquinanti;
   ad assumere iniziative per provvedere, con uno specifico finanziamento, ad uno o più studi relativi ai danni epigenetici derivanti dall'esposizione ai diversi inquinanti atmosferici in pianura padana;
   a promuovere la redazione di un piano d'area tra le quattro regioni padane, il Governo e l'Unione europea per affrontare e combattere in maniera strutturale il problema inquinamento atmosferico nella Pianura Padana;
   a promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni e con il sistema delle agenzie ambientali, un programma di controlli a campione per le emissioni su almeno il 10 per cento degli impianti a bioenergie presenti nelle quattro regioni da svolgersi entro sei mesi.
(7-01158)
«Busto, Mantero, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Grillo, Baroni, Silvia Giordano, Colonnese, Lorefice, Di Vita, Nesci, Spadoni».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Valeria Valente n. 2-01510 del 17 ottobre 2016;
   interpellanza urgente Martelli n. 2-01555 del 28 novembre 2016;
   interrogazione a risposta orale Dall'Osso n. 3-02654 del 12 dicembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Vallascas n. 5-10193 del 9 gennaio 2017.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Marco Di Stefano n. 4-12022 del 10 febbraio 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10269.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Realacci e Quartapelle Procopio n. 4-15097 del 9 gennaio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10265.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Villarosa e Ferraresi n. 7-01130 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 698 del 25 ottobre 2016.
  Alla pagina n. 42282, prima colonna, alla riga trentatreesima, deve leggersi: «novembre 2015» e non come stampato.