Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 25 novembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


  La Camera,
   premesso che:
    insieme a Grecia e Spagna, l'Italia è il Paese che ha più fortemente sofferto la crisi economica e sono più di un milione i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà, mentre il 34 per cento sono a rischio di povertà ed esclusione sociale;
    la disoccupazione dei genitori e il peggioramento dei servizi sociali offerti alle famiglie sono una delle criticità che ha peggiorato le condizioni di vita dei bambini in Italia;
    gli ultimi dati Istat 2015 fanno emergere una situazione disastrosa dell'infanzia, con circa tredici bambini su cento, che vivono in condizioni di povertà assoluta. Una condizione che tra il 2005 e il 2015 ha visto triplicare la sua incidenza sulle famiglie con almeno un minore;
    il numero di bambini che subisce la povertà alimentare sembrerebbe quindi cresciuto in modo esponenziale; alla povertà alimentare va aggiunta la povertà educativa, causata dalle mancate possibilità dei bambini e delle famiglie di accedere a servizi come il tempo pieno scolastico, la mensa gratuita, l'acquisto di libri e materiale scolastico, o di partecipare a tutte le attività extrascolastiche a pagamento, necessarie per la loro formazione;
    secondo il direttore dei programmi Italia – Europa di Save the Children, «questa mancanza di crescita nel percorso educativo dei bambini, rischia di farli entrare in un circolo vizioso che difficilmente li farà uscire dalla condizione di povertà in cui si trovano, incidendo in maniera significativa sul loro futuro e su quello delle generazioni successive»;
    nell'Unione europea, a circa tredici milioni di bambini e adolescenti mancano gli elementi di base necessari al loro sviluppo e sono trenta milioni i minorenni, nei trentacinque Paesi a economia avanzata dell'Ocse, che vivono in povertà;
    l'Italia, nonostante sia tra i quindici Paesi europei più ricchi, ha il 15,9 per cento dei bambini e degli adolescenti tra zero e diciassette anni, che vive in una condizione di povertà relativa e di deprivazione materiale;
    il disagio economico è più diffuso se all'interno della famiglia sono presenti più figli minori: l'incidenza di povertà, infatti, aumenta con la presenza di più figli, soprattutto nel sud del Paese, dove è indigente circa il 44 per cento delle famiglie con tre o più figli minori;
    i bambini di quattro famiglie povere su dieci, soffrono il freddo d'inverno, perché i loro genitori non possono permettersi di riscaldare adeguatamente la casa, rischiando così di contrarre bronchiti o malattie cardiovascolari;
    c’è inoltre un nuovo fenomeno: la cosiddetta povertà energetica, che riguarda anche l'11 per cento delle famiglie non povere con bambini. Un dato di ben quindici punti superiore alla media europea (39 per cento contro 24,7 per cento);
    più di un minore su quattro abita in appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitti che gocciolano, mentre l'abitazione di oltre un bambino su dieci, in famiglie a basso reddito, non è sufficientemente luminosa;
    dalla mappa dei «Bambini Senza» emerge che in Italia più di un bambino su venti (tra uno e quindici anni) non riceve un pasto proteico al giorno e non possiede giochi a casa o da usare all'aria aperta;
    più del 13 per cento dei bambini non ha uno spazio adeguato a casa dove fare i compiti e non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici;
    quasi un bambino su dieci non può indossare abiti nuovi o partecipare alle gite scolastiche e quasi un bambino su tre non sa cosa voglia dire trascorrere una settimana di vacanza lontano da casa;
    la povertà assoluta è più diffusa soprattutto nel Meridione, mentre nelle regioni settentrionali questa condizione investe in modo particolare le famiglie immigrate, che rappresentano il 41 per cento delle famiglie in povertà assoluta al Nord;
    alcune forme di deprivazione possono avere conseguenze molto più gravi sui minori, soprattutto se vissute nella prima infanzia: si stima, ad esempio, che un bambino che abbia vissuto significative e croniche carenze nutrizionali nei primi tre anni di vita, abbia maggiori rischi di ammalarsi e avere maggiori problemi a completare la scuola primaria;
    è palese che la povertà economica, si traduce anche in povertà educativa. Secondo i risultati dei test Pisa Ocse «i risultati educativi sono direttamente proporzionali alle condizioni socio-economiche delle famiglie»;
    il 48 per cento dei minori tra sei e diciassette anni non ha mai letto un libro, se non quelli scolastici, arrivando quindi in molti casi all'abbandono scolastico – il 15 per cento di giovani abbandona gli studi prima del diploma – vedendosi costretti a lavorare per aiutare le loro famiglie;
    il risultato del rapporto Unicef evidenzia che le risorse stanziate dall'Italia sono meno dell'1,5 per cento di prodotto interno lordo investito nelle politiche di agevolazioni fiscali e servizi per minorenni e famiglie, posizionandoci al ventinovesimo posto su trentacinque con oltre un milione di bambini che non fanno tre pasti al giorno, non possiedono libri né giochi, né un luogo e la luce adatta per fare i compiti;
    nel rapporto emerge fortemente come la povertà minorile vada di pari passo con l'esclusione sociale ed economica e sia spesso rafforzata dalle disuguaglianze politiche ed istituzionali che si vivono in alcuni Paesi;
    l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell'infanzia ha redatto un rapporto dal titolo «Misurare la povertà tra i bambini e gli adolescenti», esaminando la povertà relativa, cioè i bambini e adolescenti che vivono al di sotto della soglia di povertà non avendo accesso ad alcuni beni, servizi o attività ritenuti necessari per la crescita di un bambino nei Paesi ricchi e industrializzati, con classifiche e analisi comparate;
    dal rapporto ne esce un quadro allarmante: il confronto tra i vari Paesi, dimostra che la povertà infantile è evitabile, ma è legata alle scelte politiche; ci sono nazioni che lavorano per i bambini più vulnerabili e altre che ancora non hanno un piano definito;
    tra Paesi con economie simili si può evincere come la politica dei Governi abbia impatti significativi sulla vita dei bambini e degli adolescenti. La Danimarca e Svezia hanno tassi molto più bassi di povertà infantile rispetto a Belgio o Germania, nonostante abbiano gli stessi livelli di sviluppo e reddito pro capite;
    secondo l'ultimo rapporto Save the Children, «Povertà minorile nel mondo» – lanciato all'apertura del World Economic Forum di Davos – sono cinquecentosettanta milioni i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà nel mondo e settecentocinquanta milioni sono vittime di deprivazioni di vario tipo;
    il rapporto racconta che nel nostro Paese un bambino su dieci in Italia vive al di sotto del livello di vita minimo ritenuto accettabile. Più di due milioni (un bambino su cinque) vive in condizioni di povertà relativa, cioè sotto gli standard di vita prevalenti nel nostro Paese;
    il IV piano nazionale infanzia, sul quale si sono espressi favorevolmente il Garante per l'infanzia e le Commissioni parlamentari – contiene proprio una sezione dedicata al contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie e introduce i livelli essenziali delle prestazioni, in modo da garantire ai minori una protezione esterna alla famiglia e l'eguaglianza nell'accesso ai servizi, senza che questi dipendano dalle condizioni economiche familiari. Tuttavia, mentre la povertà infantile e adolescenziale cresce in modo esponenziale, il piano che è stato approvato dal Consiglio dei ministri l'11 agosto 2016, non è ancora attivato;
    è da aggiungere inoltre, che il Governo non ha ancora provveduto alla nomina di alcuni componenti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, il cui mandato è scaduto nel giugno 2016. È, infatti, tale Osservatorio ad avere il compito di monitorare l'applicazione del piano nazionale, di verificarne la concreta attuazione e di predisporre il successivo piano biennale;
    è dunque indispensabile che l'Osservatorio divenga effettivamente operativo perché il piano nazionale non rimanga puro atto formale, ma diventi occasione concreta di politiche attive di sostegno dei diritti per l'infanzia e l'adolescenza, a partire dalla definizione dei livelli essenziali quale garanzia di esigibilità stessa dei diritti civili e sociali, così come previsto dal piano stesso,

impegna il Governo:

1) a individuare piani efficaci, da inserirsi in un quadro strategico, per gli investimenti pubblici destinati al contrasto delle povertà infantile e adolescenziale;
2) a individuare interventi aggiuntivi per il sostegno alle famiglie in condizione di povertà estrema;
3) ad assumere le iniziative di competenza per nominare rapidamente i componenti dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza – il cui mandato è scaduto nel giugno 2016 – al fine di consentire la piena applicazione del VI piano nazionale infanzia e dare concreta attuazione alle politiche di sostegno dei diritti per l'infanzia e l'adolescenza, a partire dalla definizione dei livelli essenziali, quale garanzia di esigibilità stessa dei diritti civili e sociali, così come previsto dal piano stesso;
4) ad assumere iniziative finalizzate al monitoraggio della condizione minorile fra le regioni superando le differenze tra Nord e Sud, affinché possano essere forniti servizi di assistenza analoga in tutto il Paese;
5) a relazionare alle Camere su quali capitoli siano state impegnate le risorse del Fondo per il contrasto alla povertà promosso dal Governo, di concerto con le fondazioni di origine bancaria, con il coinvolgimento del terzo settore e delle scuole;
6) a valutare una maggiore offerta di servizi educativi di qualità, capace di sostenere i minori dall'infanzia all'adolescenza attraverso la promozione di servizi per la prima infanzia, scuole attrezzate, tempo pieno, mense, sicurezza, accesso alle tecnologie, attività ricreative e culturali, quali sport, musica e lettura, affinché si possa confermare il ruolo centrale dell'investimento educativo, in particolare nei primi sedici anni di vita, mediante la previsione di una detrazione fiscale adeguata per le fasce a basso reddito;
7) ad individuare soluzioni adeguate per la povertà alimentare dei bambini, possibilmente mediante l'accesso alla mensa scolastica – non accessibile a molte famiglie in quanto non gratuita – per garantire almeno un pasto sostanzioso al giorno;
8) a individuare iniziative finalizzate alla coesione sociale mediante misure di sostegno al reddito per le famiglie con minorenni e genitori disoccupati;
9) ad assumere iniziative per destinare maggiore risorse alle politiche del settore sociale e a fornire indicazioni sulle misure adottate per far in modo che i bambini, in particolare quelli appartenenti ai gruppi più svantaggiati, siano protetti dagli effetti avversi delle politiche economiche, così come richiesto dallo stesso Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, poiché, in Italia, la povertà è la maggior causa di discriminazione che affligge i bambini e gli adolescenti.
(1-01436) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa che l'utilizzo del bonus per i diciottenni starebbe già mostrando i suoi limiti in merito all'effettivo utilizzo a fini di acquisti di prodotti culturali;
   da notizie apparse sul web, è nato su Facebook un gruppo, 18app — bonus cultura 500€ 18enni, che raccoglie un migliaio di diciottenni i quali si scambiano informazioni di varia natura in merito all'utilizzo del bonus; sul gruppo, oltre alla condivisione di informazioni operative e pratiche sulla fruibilità dell’app e nonostante le buone intenzioni degli amministratori dello stesso, sono apparse anche altri tipi di informazioni volte a testimoniare sia situazioni di irregolarità dell'utilizzo del voucher che consigli su come utilizzarlo in maniera irregolare;
   qualcuno avrebbe infatti raccontato di aver provato ad acquistare presso un punto vendita di una nota catena un cellulare, chiedendo di far risultare invece l'acquisto di libri e film spesati grazie al bonus e che il negoziante avrebbe dato risposta affermativa; 
   non solo, da notizie informali risulta all'interrogante che qualcuno tra i diciottenni si starebbe organizzando al fine di avviare un vero e proprio commercio dei prodotti acquistabili con il bonus — per esempio dizionari – per poi poterli rivendere a prezzi più bassi e guadagnarci così la differenza in contanti;
   inoltre, in alcuni siti di e-commerce sembra sia possibile trovare articoli acquistabili con il bonus non riconducibili propriamente nella categoria «culturale» e sarebbe in atto tentativi di «hackerare» i codici voucher mediante l'elaborazione di un algoritmo in grado di rigenerare quelli già utilizzati e esauriti;
   per esempio, secondo alcuni racconti, su Amazon sarebbe possibile comprare prodotti come astucci, set da disegno, quaderni fashion, borsellini, agende, calendari, borse e zaini e su altri siti invece sarebbe acquistabile il «taccuino magico» che trasforma quello che si scrive su carta in un file multimediale –:
   se non ritenga il Governo di verificare i fatti e di assumere iniziative per prevedere meccanismi di controllo e di tracciabilità degli acquisti al fine di assicurare che il campo dei beni e servizi disponibili sia realmente riconducibile alla categoria di prodotti culturali.
(2-01553) «Centemero».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, DIENI, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   Il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) è l'organo apicale dotato in via esclusiva della rappresentanza legale dell'amministrazione ai sensi dell'articolo 48, comma 4, del decreto-legge n. 259 del 2003, viene nominato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, connotando, in tal modo, un parere contro natura obbligatoria ma non vincolante;
   da novembre 2016 il dottor Luca Pani ha rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili dall'incarico di direttore generale dell'AIFA, lasciando l'ente privo del proprio rappresentante legale e facendo decadere tutte le deleghe alla firma che il dottor Pani aveva rilasciato ai dirigenti degli uffici per la finalizzazione dei provvedimenti;
   il candidato designato il 19 ottobre 2016 dal Ministro Lorenzin a direttore generale dell'AIFA, è il professor Mario Melazzini, attuale presidente del consiglio di amministrazione dell'Agenzia;
   il professor Melazzini è stato dichiarato dal comitato per la valutazione dei conflitti d'interesse (COI), con la sua delibera del 17 marzo 2016, come portatore di un potenziale conflitto d'interesse di livello due (su una scala di tre), come il quotidianosanita.it del 25 ottobre 2016 riporta;
   la Conferenza Stato-regioni, convocata in seduta straordinaria per il 17 novembre 2016, ha espresso parere favorevole sulla proposta del Ministro della salute di nomina del direttore generale dell'Aifa;
   per la prima volta nella storia dell'autorità regolatoria del nostro Paese, un politico attivo regionale, che ha ricoperto per anni incarichi di governo presso la regione Lombardia e dimessosi da consigliere regionale da pochi giorni ed attuale presidente del consiglio di amministrazione della stessa AIFA, acquisirà un ruolo, ad avviso degli interroganti, in grado di alterare il regolare equilibrio dei rapporti tra le componenti costitutive dell'Agenzia: i Ministeri vigilanti (salute ed economia e finanze) e le regioni;
   la trasparente collaborazione tra queste componenti costitutive trova momento di sintesi e concretezza nella nomina degli organi di vertice, con particolare riferimento al consiglio di amministrazione e negli organi collegiali regolatori (Commissione tecnico scientifica e Comitato prezzi e rimborso);
   per correttezza istituzionale i precedenti direttori generali erano di provenienza di amministrazioni centrali dello Stato, il Cnr per il professor Rasi e il dottor Pani e lo stesso Ministero della salute per il dottor Martini (già direttore generale di tale dicastero);
   l'articolo 16 del decreto legislativo n. 39 del 2013, recante disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge n. 190 del 2012, assegna all'Anac il compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni del decreto in parola, anche con «accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi» con il potere di «sospendere la procedura di conferimento con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico» –:
   se il Ministro della salute non ritenga di rivedere il proprio orientamento circa la nomina di Mario Melazzini quale direttore generale dell'Aifa, ovvero se non ritenga di intervenire, per il tramite del dipartimento per la funzione pubblica, inoltrando una segnalazione all'Anac, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 39 del 2013 al fine di garantire il corretto rapporto tra poteri dello Stato coinvolti nella gestione di un ente di centrale importanza, quale è l'Aifa, coinvolta in processi di regolazione del mercato farmaceutico e per la quale va garantita indipendenza di giudizio e d'azione, cosa che la nomina del professor Melazzini, ad avviso degli interroganti, potrebbe porre in dubbio. (5-10056)


   VALLASCAS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, alcuni organi di stampa hanno dato notizia di alcune presunte criticità riscontrate nell'avvio dello Spid (sistema pubblico di identità digitale) sia per quanto riguarda la sicurezza e la tutela dei dati sia per quanto attiene la diffusione del sistema in base ai programmi e agli obiettivi dell'agenda della semplificazione definita dal Governo per il triennio 2015-2017;
   si rileva che, il 13 novembre 2016, il Fatto Quotidiano, con un articolo titolato «Le clamorose falle dello “Spid”, l'identità digitale», avrebbe sollevato perplessità sull'efficacia degli strumenti di sicurezza a garanzia dei dati e dell'identità;
   l'estensore dell'articolo avrebbe illustrato i passaggi attraverso i quali, un soggetto malintenzionato potrebbe acquisire l'identità digitale di qualcun altro;
   secondo l'estensore dell'articolo, sarebbe sufficiente «scaricare da Internet una carta d'identità in bianco o già compilata (è presente, per esempio, in molti curricula di amministratori di società quotate) e l'immagine di una carta dei servizi. Poi con un computer si inseriscono i dati della persona cui si ruba l'identità, si stampa il tutto e ci si appiccica sopra la propria foto»;
   la violazione sarebbe resa possibile dal basso livello di controlli «Perché lo Spid viene rilasciato anche con una procedura via webcam durante la quale l'operatore non pone al cittadino domande chiave. Non controlla se il numero di serie del documento mostrato coincide con quello conservato all'anagrafe [...] L'unica verifica è la corrispondenza tra la faccia dell'autore della video-chiamata e la foto della carta d'identità»;
   la procedura sarebbe stata anche oggetto di un video dimostrativo, pubblicato in Rete, nonché di una prova esemplificativa di un redattore del giornale che, in tale modo, avrebbe avuto accesso al modello 730 di un collega;
   i fatti esposti, se risultassero veritieri, desterebbero una molteplicità di interrogativi e susciterebbero inquietudine considerata la qualità dei dati cui è possibile accedere con l'identità digitale;
   è il caso di rilevare che la finalità dello Spid sarebbe proprio quella di facilitare gli adempimenti online consentendo al cittadino di accedere con un'unica credenziale alle diverse piattaforme digitali delle amministrazioni pubbliche, come Agenzia delle entrate, Inps, anagrafe;
   da quanto esposto acquisterebbero una rilevanza determinante le misure a salvaguardia sia dei dati sia dell'identità del cittadino contro eventuali intrusioni o «furti d'identità» da parte di estranei;
   il 14 novembre 2016, il quotidiano di informazione economico-finanziaria, Il Sole 24 Ore, nel trattare l'argomento dell'identità digitale, si sarebbe soffermato sui ritardi nella diffusione del sistema;
   secondo il giornale, a fronte di un obiettivo atteso di 10 milioni di utenti abilitati entro il 2017, a tutt'oggi, dopo circa otto mesi dall'avvio, si sarebbero registrati appena 161 mila cittadini;
   il giornale riferisce, tra l'altro, che un aumento significativo di iscrizioni si è avuto solo negli ultimi mesi – il 37 per cento del totale, circa 60 mila –, per effetto del bonus cultura di 500 euro riconosciuto ai diciottenni e ottenibile unicamente attraverso l'identità digitale;
   nel complesso, risulterebbe una situazione fortemente critica in merito alla diffusione dello Spid, sia in materia di tutela e salvaguardia dell'identità e dei dati digitali, sia in merito ai tempi di attuazione del sistema –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative si intendano adottare per garantire la totale sicurezza dei dati e delle identità digitali dei cittadini che si iscrivono alla piattaforma Spid;
   quali iniziative si intendano adottare per garantire una maggiore diffusione, in sicurezza, della piattaforma Spid.
(5-10057)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, SEGONI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Museo di Castelvecchio di Verona il 19 novembre del 2015 è stato teatro di una rapina milionaria: al momento della chiusura serale tre persone travisate hanno trafugato 17 dipinti di Tintoretto, Mantegna, Pisanello e Rubens, per un valore circa 25 milioni di euro;
   dopo accurate indagini sono stati individuati i presunti autori del fatto: due italiani, la guardia giurata ed il fratello, ed anche alcuni cittadini moldavi, tra i quali la compagna del fratello della guardia giurata, che avrebbe fatto da basista;
   nel marzo 2016 sono quindi stati tratti in arresto: alcuni degli stranieri si trovavano in Ucraina dove, poi, nel maggio scorso sono stati ritrovati anche i 17 preziosi quadri, nascosti in un bosco vicino Kiev, contenuti in sacchetti di plastica e che stavano per essere trasportati in Moldavia;
   il Governo ucraino sebbene dapprima non dava particolari segni di interesse anche a seguito dell'intervento dell'agenzia europea Eurojust è divenuto piuttosto collaborativo in relazione all'estradizione dei presunti autori della rapina, tant’è che l'estradizione tempestiva ha consentito anche l'apertura, nei giorni scorsi, del processo penale avanti al tribunale di Verona alla presenza di tutti gli imputati, accusati di rapina a mano armata in concorso e sequestro di persona;
   resta difficile da comprendere come sia possibile che, a distanza di circa un anno dalla rapina e ad oltre 6 mesi dal loro ritrovamento in Ucraina, i preziosissimi quadri rubati siano ancora esposti nel palazzo presidenziale di Poroshenko, dopo che la scorsa estate era stata allestita una mostra al museo Khanenko di Kiev, alla quale hanno partecipato il sindaco di Verona Tosi ed il presidente ucraino Poroshenko;
   nonostante le numerose rassicurazioni le opere d'arte tardano ad arrivare: la rogatoria per la restituzione dei quadri, infatti, dopo che erano stati sollevati alcuni impedimenti è rimasta inevasa: dapprima ci sono stati alcuni contatti informali, quindi visite del sindaco di Verona, Flavio Tosi a Kiev, la concessione della cittadinanza onoraria di Verona al Premier ucraino Poroshenko, quindi la mostra organizzata nel museo di Kiev;
   questo l’iter, ma, ad oggi, ancora non c’è nessuna novità concreta sul rientro delle opere, sebbene si siano cimentati nella trattativa per la restituzione delle opere d'arte anche la diplomazia ed il Governo italiano;
   nel mese di settembre 2016, infine, ai funerali dell'ex-Premier israeliano Shimon Peres il Presidente del Consiglio Renzi si è profuso in rassicurazioni relativamente ad un rientro delle opere entro il mese di novembre 2016;
   ad oggi tuttavia non si ha ancora certezza relativamente ai tempi di riconsegna di questo preziosissimo patrimonio storico; alcuni organismi di stampa avanzano l'ipotesi che il Premier ucraino Poroshenko non voglia restituire le opere cinquecentesche se non consegnandole personalmente nelle mani del Primo Ministro italiano Renzi, in una visita ufficiale;
   la questione giudiziaria quindi sembra proprio che sia divenuta una questione politica e diplomatica di difficile risoluzione, stante anche la situazione geo-politica che sta vivendo l'Ucraina e gli equilibri europei in relazione ai rapporti con la Russia, oggi del tutto invisa al Governo Ucraino;
   ciò nonostante, i capolavori trafugati e poi ritrovati dovrebbero rientrare quanto prima nel museo veronese dal quale erano stati rubati –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta;
   se siano state sollevate dallo Stato ucraino particolari circostanze relativamente a condizioni giudiziarie ovvero normative derivanti da accordi bilaterali che impediscano di evadere la richiesta di restituzione dei quadri indicati in premessa;
   se siano state avanzate specifiche richieste da parte dell'Ucraina affinché la restituzione delle opere d'arte avvenga con una cerimonia diplomatica ufficiale in occasione di una visita di Stato;
   se ed in quali modi intendano procedere al fine di accelerare i tempi di rientro in Italia dei dipinti di proprietà del comune di Verona. (4-14874)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, SEGONI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   è notizia recente che sia stato dato corso ad un'intesa tra vari ministeri ed il Ministero della giustizia, per far transitare alcuni dipendenti verso il sistema giustizia;
   il personale assorbito dagli uffici giudiziari, tuttavia, appare sin dalle prime battute non avere alcuna formazione giuridica specifica: alcuni soccorritori e rianimatori provenienti dalla Croce rossa si ritrovano inquadrati come direttori amministrativi e cancellieri nei tribunali, anche con stipendi superiori ai dipendenti del Ministero della giustizia che lavorano nei tribunali da trent'anni e che, invece, soffrono da anni il fermo degli avanzamenti di carriera;
   così, dal 1o settembre, 359 lavoratori, provenienti da enti privatizzati come la Croce rossa italiana ovvero in via di scioglimento quali le province si ritrovano a maneggiare faldoni giudiziari totalmente ignari della materia;
   molti di questi lavoratori sono privi di preparazione giuridica eppur tuttavia inquadrati come assistenti giudiziari, cancellieri o funzionari: questi ruoli dell'amministrazione giudiziaria prevedono, nella quotidianità, attività quali l'assistenza ad un magistrato ovvero la presenza agli sportelli aperti al pubblico per fornire informazioni e ricevere ed elaborare atti;
   alcuni lavoratori transitati nei tribunali sono stati inseriti come «direttore amministrativo», la qualifica più alta dell'ordinamento professionale del Ministero della giustizia, e potrebbero dirigere cancellerie penali e civili, sebbene non ne abbiano la preparazione;
   i dipendenti del Ministero della giustizia che da anni svolgono le funzioni di funzionario o cancelliere non comprendono come sia accaduto che i nuovi arrivati debbano ricoprire, da organigramma, posizioni più elevate delle loro e con retribuzioni maggiori, sebbene non abbiano la minima conoscenza ed esperienza in quei ruoli;
   accade infatti che siano inseriti come quinto livello al contrario dei colleghi che già lavorano nei tribunali, in genere, inquadrati al quarto livello e che da anni subiscono il blocco degli scatti di carriera;
   secondo la rappresentante sindacale Usb Cristiana Giani, il trasferimento dei lavoratori dalle ambulanze alle aule dei tribunali è stato fatto «senza che fosse prevista alcuna formazione per i dipendenti di Cri e di tutti gli altri enti che stanno subendo questo processo di mobilità»;
   questi aspetti non sono di poco conto visto che sono proprio i cancellieri ed i funzionari a gestire gli incombenti formali relativi ai consulenti tecnici, agli interpreti ed ai periti, processando atti procedurali, notifiche ed avvisi, che la legge richiede per proseguire i giudizi, sia civili sia penali, permettendo che i procedimenti seguano il loro corso;
   l'inesperienza degli ultimi lavoratori trasferiti potrebbe anche essere pericolosa per il cittadino, poiché v’è il concreto rischio che si possano generare errori negli atti ed adempimenti formali che i funzionari e cancellieri dei tribunali, neo-inquadrati, sono chiamati a redigere ovvero a processare, errori che inevitabilmente si tradurranno in una disfunzionalità per il cittadino e si potranno ripercuotere negativamente sulla macchina della giustizia nel suo complesso –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta;
   se ritengano di poter quantificare, fornendo dati aggiornati, il numero di lavoratori di enti privatizzati ovvero in via di estinzione che possano nei prossimi 6 e 12 mesi transitare nei ruoli amministrativi del Ministero della giustizia presso i tribunali in Italia e presso il tribunale di Verona;
   se e con quali strumenti di carattere normativo intendano disciplinare le verifiche dei requisiti di competenza e professionalità da accertare prima che siano effettuati nuovi trasferimenti del personale dagli enti privatizzati o in via di estinzione verso il Ministero della giustizia;
   se e quali iniziative intendano adottare affinché sia reintegrato il ruolo degli operatori del personale amministrativo necessario all'efficiente esercizio delle funzioni giurisdizionali con personale competente e formato allo svolgimento delle funzioni richieste nei tribunali italiani e nel tribunale di Verona in particolare;
   se e quali iniziative si intendano promuovere in merito alla necessità di garantire una effettiva perequazione dei ruoli di inquadramento e dei conseguenti trattamenti retributivi tra i lavoratori del Ministero della giustizia ed i nuovi lavoratori trasferiti da altri enti, eventualmente prevedendo di dare corso agli scatti di anzianità per i lavoratori che vantino un'anzianità maggiore nei ruoli del Ministero della giustizia. (4-14875)


   PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, FASSINA e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 novembre 2016 il Colosseo di Roma è stato chiuso alle ore 14,30, anziché alle 16,30, come da orario invernale;
   la giustificazione di tale chiusura anticipata è da collegarsi alla visita del Presidente del Vietnam, Tran Dai Quang al monumento;
   come riportato da diverse fonti giornalistiche, l'arrivo del Presidente vietnamita al sito museale e della sua folta delegazione al seguito, secondo quanto risulta agli interroganti avveniva alle 16.15, soltanto 15 minuti prima della chiusura effettiva dell'anfiteatro Flavio;
   la visita del Presidente vietnamita ha provocato non pochi disagi ai numerosi turisti che volevano visitarlo nel pomeriggio;
   della visita, a quanto consta agli interroganti, non venivano avvisati i tour operator e neppure i visitatori che avevano una prenotazione per la visita, i quali si vedevano respinti all'ingresso, e senza ulteriori spiegazioni gli veniva risposto «ci dispiace oggi è così»;
   poco più di un anno fa, il 18 settembre 2016, a seguito dello svolgimento di una legittima assemblea sindacale convocata a norma di legge, con il previsto preavviso e della durata di due ore e mezzo, a Roma presso il Colosseo, vi fu la netta opposizione del Governo ed in particolare del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, tant’è che il Governo, riunito d'urgenza, un decreto-legge in data 20 settembre 2016 (poi convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2015, n. 182) in cui dichiarava i musei e i luoghi della cultura «servizi pubblici essenziali»;
   dopo l'entrata in vigore del decreto richiamato, il Colosseo è già stato chiuso il 1o luglio 2016, per ben più di due ore, e nell'orario di apertura per due terzi inaccessibile anche a chi aveva prenotato, per organizzare la festa privata «vip» dello sponsor che ha contribuito alla pulitura dell'anfiteatro;
   secondo quanto si apprende, in occasione della visita del Presidente vietnamita, Tran Dai Quang, la decisione della chiusura del Colosseo sarebbe arrivata direttamente dal Governo, che attraverso la prefettura avrebbe sollecitato la questura di Roma;
   nel recente passato, in occasione di visite importanti si è trovata un'altra soluzione alla chiusura. Ad esempio, la Ministra della giustizia dell'amministrazione Obama, Loretta Lynch, ha visitato il Colosseo alle 6 del mattino. Harry d'Inghilterra ha chiesto di poter entrare nel monumento, perché arrivato all'improvviso, senza creare troppi disagi, pagando regolare biglietto per sé e per il suo staff. Ed in ultimo il presidente iraniano Rohani ha visitato l'Anfiteatro durante gli orari di apertura, tanto che i turisti lo hanno riconosciuto e hanno scattato foto con lui –:
   quali siano i motivi per i quali l'accessibilità al Colosseo, che si configura come servizio pubblico essenziale ai sensi della legge n. 182 del 2015, al pari dell'ingresso ai musei e agli altri luoghi di cultura, possa subire, a giudizio degli interroganti arbitrariamente e secondo una modalità privatistica, limitazioni durante l'orario di regolare apertura, come accaduto non solo per la visita in loco del Presidente del Vietnam, ma anche per la festa privata «vip» dello sponsor citata in premessa, quando invece nel settembre 2015 è stato contestato dal Governo lo svolgimento di una legittima assemblea sindacale, convocata a norma di legge, tenutasi nel medesimo luogo. (4-14878)


   D'UVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o ottobre 2009 il comune di Messina veniva colpito da una calamità naturale di eccezionale violenza, nota come «alluvione di Giampilieri», determinata da un intenso nubifragio, abbattutosi lungo il litorale ionico a sud della città, che ha causato la morte di 37 persone;
   i centri maggiormente interessati dall'alluvione risultavano essere alcune località appartenenti al comune di Messina, quali Giampilieri Superiore, Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano Briga, Briga superiore, Pezzolo, ed il comune di Scaletta Zanclea;
   la portata e la gravità dei danni verificatisi ha richiesto numerosi interventi di messa in sicurezza dei territori e delle infrastrutture pericolanti, attraverso un piano predisposto dalla Protezione civile regionale, così come riportato in data 26 gennaio 2016 dal quotidiano consultabile online «Tempostretto»;
   tra i vari interventi previsti, venivano stanziate ingenti risorse per la messa in sicurezza dei torrenti e delle arterie stradali del comune di Scaletta, tra i quali figurava la porzione di territorio che, a seguito degli eventi franosi, aveva visto l'interruzione del collegamento stradale tra il cimitero comunale di Scaletta (situato in località Guidomandri) e il normale asse viario;
   in data 8 febbraio 2015 un reportage pubblicato dal canale di informazione SkyTg24, tuttavia, denunciava lo scarso avanzamento dei lavori nei comuni colpiti dall'alluvione, riportando come «per andare al cimitero di Scaletta Zanclea non c’è più una strada. Non c’è più da 5 anni, dalla notte dell'alluvione che ha colpito la provincia di Messina distruggendo interi paesi»;
   il reportage si concludeva, infine, con le parole del responsabile del servizio regionale della Protezione civile per la provincia di Messina, Bruno Manfré, secondo il quale «la strada lì dov'era, non può essere ricostruita. Per renderla sicura bisognerebbe infatti spendere somme eccessive. Così è stato scelto un percorso alternativo. Appalti eccessivamente ribassati hanno poi rallentato la ricostruzione. La gara è stata infatti vinta in un primo momento da una ditta che ha fatto un'offerta troppo bassa. E non possiamo rischiare che si risparmi sulla sicurezza dei cittadini»;
   nell'anno 2016, così come riportato dal proprio sito istituzionale, il Governo si è attivato per la sottoscrizione di 16 Patti per il Sud: uno per ognuna delle regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna), così come uno per ognuna delle 7 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo, Cagliari), con l'obiettivo di definire in ognuno gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica, le reciproche responsabilità;
   in data 22 ottobre 2016, il quotidiano «Tempostretto» riportava la notizia della sottoscrizione del patto da parte del presidente del Consiglio «per lo sviluppo della città metropolitana di Messina», nel quale il premier ha elencato «i numerosi interventi infrastrutturali che saranno realizzati grazie ai finanziamenti previsti nel Patto»;
   tra gli interventi riportati si rilevano, in particolare, quelli per «il Consorzio autostrade siciliane e per strade provinciali, il Palazzo di Giustizia, il porto turistico di Santo Stefano di Camastra, la riqualificazione di quattro aree di Messina e ancora interventi per l'ambiente e per la messa in sicurezza dal rischio sismico e idrogeologico»;
   il comune di Scaletta risulta ancora oggi sprovvisto di un collegamento stradale con il proprio cimitero comunale, condizione questa che, da troppi anni, limita il diritto alla commemorazione dei propri defunti a numerose categorie di cittadini –:
   quali siano i finanziamenti previsti dal patto per la città di Messina, e se in tale ambito sia prevista la realizzazione di progetti che consentano una positiva soluzione delle criticità descritte in premessa. (4-14883)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da diversi organi di stampa (tra tutti si segnala un articolo a firma del giornalista Guido Romeo dal titolo «Attacco hacker, 45 mila identità rubate al sito della Funzione Pubblica» pubblicato il 19 novembre 2016 all'indirizzo http://guidoromeo.noval100.ilsole24ore.com il 18 novembre 2016 un sito della funzione pubblica sarebbe stato oggetto di un attacco da parte di un giovane hacker russo che usa il nickname «Kapustkiy»;
   questo attacco avrebbe determinato il prelevamento di 45 mila identità con altrettante password;
   un campione di tali dati (9.300 user e password) sarebbe stato pubblicato dall’hacker sul sito Pastebin;
   secondo quanto riportato dall'articolo sopra citato «L'attacco sarebbe avvenuto con quella che gli addetti ai lavori chiamano una Sql injection, una tecnica utile per aggredire le applicazioni di gestione dati in modo da far inviare a un destinatario l'intero database o parti di esso. Si tratta, in pratica, dell'immissione di alcune stringhe di codice che dirottano l'applicazione sfruttando la vulnerabilità del sistema. Una vulnerabilità, a detta degli esperti, abbastanza banale e che dovrebbe essere protetta in qualsiasi sito. A maggior ragione in uno governativo»;
   il sito web oggetto dell'attacco risulta allo stato in manutenzione –:
   quali iniziative si intendano assumere per assicurare adeguate politiche di prevenzione e preparazione agli attacchi informatici, come quello sommariamente descritto, in modo da garantire la protezione e la sicurezza dei dati dei cittadini italiani custoditi nei siti internet riferibili al Governo italiano. (4-14885)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane, alcuni organi di stampa hanno sollevato la questione dei recenti orientamenti della Commissione europea in merito alle misure di contrasto al dumping commerciale, con particolare riguardo alle esportazioni cinesi in Europa;
   più in generale il dibattito è incentrato sulla questione del riconoscimento alla Cina del market status economy (MES);
   è il caso di rilevare che la Cina dal 2001 è ammessa all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc), ma con lo status di economia non di mercato (NME), circostanza dalla quale derivano norme particolari, definite dal 15o paragrafo del protocollo di adesione della Cina all'Omc;
   tra le diverse previsioni contenute nel documento, acquista particolare rilevanza quella relativa al diverso trattamento in materia di dumping riconosciuto all’export proveniente dalla Cina;
   nel dettaglio, l'accordo prevede che siano le aziende cinesi intenzionate a esportare a dover dimostrare di operare in condizioni di libero mercato, in caso contrario, in mancanza, cioè, di una prova concreta da parte del produttore, sono considerate legittime le misure di contrasto al dumping, come, ad esempio, i dazi sui prodotti importati;
   nonostante il Parlamento europeo abbia espresso la propria contrarietà al riconoscimento della Cina quale economia di mercato, sembrerebbe, da alcuni articoli di stampa, che la Commissione europea sia orientata ad adottare dei provvedimenti che possano in qualche modo allentare gli strumenti di contrasto al dumping commerciale proprio con paesi come la Cina;
   è il caso di riferire che il 19 ottobre 2016, in un articolo dal titolo «Ecco come la Commissione europea rischia di svendere il Mes alla Cina», il sito di informazione « Formiche.net» ha dato conto delle preoccupazioni con cui è stata accolta la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio d'Europa sulla necessità rivedere la normativa in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali;
   il 14 novembre 2016, nell'inserto di « Affari e finanza» del quotidiano la Repubblica è stato pubblicato un articolo titolato «Se l'Europa regala un mercato alla Cina», incentrato sulle proposte di modifica alle norme in materia di contrasto al dumping della Commissione europea;
   secondo l'articolista, tra le altre cose, potrebbe essere messa in discussione la questione relativa all'onere della prova che, come detto, attualmente è in capo all'operatore cinese che deve dimostrare di aver operato in condizioni di libero mercato, mentre «nella proposta della Commissione invece è il paese o il produttore che si sente leso a dover dimostrare il dumping»;
   si tratterebbe di una differenza di grande rilievo visti gli alti costi di un contenzioso legale internazionale, costi che difficilmente possono essere sostenuti da un produttore italiano;
   secondo l'articolo, ad essere colpiti saranno principalmente i Paesi produttori di beni di consumo, come l'Italia, con una stima prudente del danno di circa 200 mila posti di lavoro in meno in Europa e qualche migliaio in Italia –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per contrastare le pratiche commerciali scorrette e la concorrenza sleale delle società, non comunitarie, che praticano forti ribassi ai beni esportati, perché operano in contesti in cui è attenuato o inesistente il sistema di regole a tutela della qualità dei prodotti e dei diritti dei lavoratori;
   quale sia la posizione del Governo in merito ai recenti orientamenti della Commissione europea sulle misure di contrasto al dumping, con particolare riguardo all’export cinese in Europa;
   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, farsi promotore, presso le istituzioni europee, di un'iniziativa volta a rafforzare le norme a tutela dei produttori europei e italiani contro il commercio sleale.
(5-10053)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI, ALBERTI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i progetti dei forni crematori non sono sottoposti a una normativa specifica;
   gli impianti che producono tali emissioni devono ricevere un'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, in base alla parte V del decreto legislativo 14 aprile 2006, n. 152, ed essere autorizzati ai fini del rispetto dei criteri regionali per il controllo delle emissioni inquinanti in atmosfera;
   i forni crematori si possono costruire solo nelle pertinenze dei cimiteri, o come ampliamento delle strutture cimiteriali, in ogni caso «entro i recinti dei cimiteri» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2006 n. 5930);
   negli ultimi anni si è verificato un incremento del ricorso alla cremazione, dalle 42.982 cremazioni del 2003 alle 117.956 del 2014. Si sono moltiplicate le autorizzazioni di impianti di cremazione, in misura molto maggiore della richiesta. Sono state riscontrate notevoli irregolarità ambientali e gestionali nel settore (si veda l'inchiesta dei carabinieri del NOE nel 2008, con esiti pubblicati su Panorama). A Mantova i militari di Trento hanno sequestrato 100 fusti di polveri di abbattimento dei fumi degli impianti crematori, filtri esausti e ceneri di combustione, denunciando un imprenditore per gestione illecita di rifiuti. Si sono verificate anche criticità legate alle emissioni di mercurio e diossine dai forni;
   a Mantova, presso il cimitero monumentale di Borgo Angeli, in via Cremona, è in funzione un forno crematorio che ha eseguito nell'anno 2013: 7.289 cremazioni, delle quali 4.403 salme; nell'anno 2014: 6.951, delle quali 4.230 salme, nell'anno 2015: 7.413, delle quali 4.787 salme, assorbendo le esigenze di altre province. Il 75,38 per cento delle cremazioni riguarda salme o esiti di esumazione provenienti da fuori provincia (5.588);
   a Mantova viene eseguito il 6 per cento delle cremazioni italiane, pur rappresentando la provincia di Mantova lo 0,6 per cento della popolazione nazionale;
   TEA s.p.a. che gestisce il forno crematorio dichiara nel monitoraggio del 2015 di aver riscontrato 0.038133 ng/Nm3 di PCDD equivalenti. Manca un'ipotesi di emissione totale annuale e mancano controlli pubblicati da enti terzi (Arpa Lombardia);
   in termini di diossine non è semplice rispettare i dettami della normativa sulle emissioni (0,1 ng TE/Nm3 di diossine/PCDD), ma nel rispetto dei limiti a Mantova si possono ipotizzare emissioni di circa 5 mg all'anno di diossine/PCDD dal forno crematorio, tale da poter costituire una parte rilevante della dose tollerabile (2 pg/m2 secondo i parametri obiettivo stabiliti dalla Unione europea), arrivando ben oltre 1 pg per metro quadro, supponendo una distribuzione equa su una superficie di circa 15 chilometri quadrati intorno al cimitero di Mantova e una diffusione di prossimità per la bassa altezza del camino. Il resto delle fonti emissive di diossine fanno supporre una deposizione al suolo di molto superiore a quella consigliata in un raggio di alcuni chilometri dal cimitero;
   il territorio mantovano è sede di un sito da bonificare di interesse nazionale (SIN) ed è caratterizzato da superamenti delle polveri sottili ben oltre i parametri indicati dalla Commissione europea;
   la gestione delle salme presenta criticità sul versante del consumo di suolo e sul versante ambientale e sanitario e manca una definizione aggiornata tecnica e normativa che miri alla riduzione del danno, in particolare nella gestione di prossimità –:
   se i Ministri interrogati intendano monitorare la programmazione relativa alla costruzione dei forni crematori nel rispetto del principio di territorialità;
   se intendano promuovere una revisione della normativa specifica, mirando a una maggiore sostenibilità ambientale e alla riduzione del danno sanitario e ambientale nella gestione mortuaria.
(4-14893)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Monastero delle Benedettine di Santa Maria del Fonte, con sede in Fossato di Vico, danneggiato dal sisma del 1997, era stato ammesso ai finanziamenti pubblici per la ricostruzione, con determine del comune di Fossato di Vico del 27 luglio 2008 e il 23 agosto 2008;
   i lavori, che avrebbero dovuto consistere in riparazione e miglioramento sismico del Monastero risalente all'anno 1292, sono iniziati nel 2008 e dichiarati formalmente chiusi nei mesi di giugno e dicembre 2011;
   nei computi consuntivi depositati in comune dal tecnico incaricato della committenza, risulta che gli importi dei lavori eseguiti dall'impresa appaltatrice ammontano a 1.874.259,66, più IVA al 10 per cento;
   il comune di Fossato di Vico con le determine n. 1971 e 1972 del 23 febbraio 2012 e 3810 del 9 maggio 2012, ha erogato, per il miglioramento sismico del Monastero, contributi pubblici per 1.706.302,08;
   a novembre 2016, secondo quanto si apprende da quotidiani e altre fonti stampa, risulterebbe che a fronte di tali contributi pubblici completamente erogati dalla regione Umbria per il tramite del comune di Fossato di Vico, i lavori di ricostruzione e miglioramento sismico non sarebbero stati completati, né sarebbe stato eseguito il consolidamento sismico dell'immobile;
   nel Monastero vivono suore di clausura la gran parte delle quali ultra ottantenni, alcune costrette a letto o in carrozzina, che si trovano, come si evince dalle immagini, a fare i conti con una struttura inospitale e ancora in fase di «lavori in corso»;
   risulta inoltre all'interrogante che sono state presentate dal Monastero due denunce-querele alla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia (2014 e 2015), nonché un esposto alla Corte dei conti per l'utilizzo di fondi pubblici, ma al momento non si hanno notizie del procedimento;
   al momento il rischio più imminente è quello della prescrizione, poiché la fine dei lavori risale al 2011 e, esattamente il 5 dicembre 2016, a cinque anni dalla «comunicazione di fine lavori» nessuno potrà più — se le irregolarità dovessero essere accertate — essere perseguito –:
   di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa i lavori di restauro post sisma che hanno interessato il Monastero di cui in premessa, anche in considerazione del fatto che esso rappresenta un bene culturale di notevole valore storico e architettonico;
   se, alla luce di quanto sopra esposto, il Governo non ritenga di assumere iniziative normative volte a rivedere e rendere più stringente la disciplina in materia di appalti per la realizzazione di opere pubbliche al fine di evitare il ripetersi di casi di impiego non efficiente delle risorse pubbliche. (5-10060)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE, LUIGI GALLO e FICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio 2015 è avvenuta una frattura in uno dei viali interni del Real Bosco di Capodimonte che ha provocato lo smottamento di uno dei muri di contenimento del parco all'altezza del «regresso», all'incrocio tra via Capodimonte e via Miano; l'area interessata è pertinenza del museo di Capodimonte, struttura museale già appartenente alla ex soprintendenza speciale per il Polo museale di Napoli e la Reggia di Caserta ed ora dotata di autonomia speciale ed elevata a ufficio di livello dirigenziale generale dall'articolo 30, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171 (regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo). All'epoca dei fatti non era ancora avvenuta la nomina dei dirigenti e degli organi di gestione del nuovo organismo museale, e l'amministrazione del museo e del parco di Capodimonte era curata dal segretariato regionale, che attivò l'impresa Lande s.r.l., già presente sui luoghi in quanto affidataria della manutenzione del verde del parco di Capodimonte. La Lande srl ha effettuato le operazioni di transennamento dell'area del franamento e ha provveduto a posare in opera le tirantature provvisionali in acciaio. Successivamente la medesima impresa ha integrato quanto realizzato con ulteriori opere provvisionali, costituite da contrafforti scalettati di calcestruzzo, realizzati in blocchi modulari, chiamati in gergo «barbacani». La Lande srl con sede legale a Napoli, è citata in molte indagini che riguardano i lavori pubblici; fino al luglio 2015 è stata amministrata da Marco Cascella, poi si è trasformata in società per azioni e Cascella è stato allontanato proprio a seguito dell'inchiesta denominata Medea relativa agli scavi di Pompei con reati ipotizzati di corruzione e turbativa d'asta aggravata dal metodo camorristico;
   nella risposta all'interrogazione n. 4-09618 (presentata nel giugno 2015 a prima firma dell'interrogante) è riportato che, al fine di attuare un programma di opere definitive per mettere stabilmente in sicurezza il versante interessato dall'evento franoso e consentire di «smontare» i contrafforti, il museo di Capodimonte ha predisposto una proposta di intervento per la messa in sicurezza della cinta muraria, per un importo pari a 600.000 euro, per il triennio 2016-2018, da finanziare nell'ambito dei programma triennale del fondo per la tutela del patrimonio culturale, fondo istituito dall'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2015); a tutt'oggi i barbacani non sono stati ancora rimossi;
   secondo le dichiarazioni del nuovo direttore del Museo, Sylvain Bellenger, riportate da fonti di stampa, «la soluzione è stata eccessiva (...) nei mesi scorsi sono arrivati anche i soldi dal Mibac, 450 mila euro» –:
   quale sia stato il costo effettivo e totale per la messa in sicurezza temporanea del muro di cinta del sito museale, e quale sia stato il costo dei barbacani nello specifico;
   quali fondi siano stati utilizzati per il pagamento delle suddette opere alla Lande srl;
   quando si intendano rimuovere detti muri di sostegno e ripristinare lo stato dei luoghi secondo il loro valore storico/culturale;
   quali siano le modalità e i criteri di scelta della ditta appaltatrice a cui la direzione del museo affiderà i lavori di rimozione dei contrafforti e di ripristino dei luoghi e quale sia il budget attualmente a disposizione per effettuare i suddetti lavori;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per acquisire elementi in merito alla programmazione dei fondi che saranno destinati alla riqualificazione e al risanamento dell'area di cui in premessa, al fine di assicurare un più efficace controllo del livello di professionalità degli operatori e della sussistenza dei requisiti di legge degli assegnatari dei bandi. (4-14884)


   BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 novembre 2016, la direzione generale dello spettacolo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha emanato il decreto direttoriale n. 1413, con cui si procede al riparto dei contributi statali ai sensi del decreto ministeriale 1o luglio 2014 per le attività teatrali del 2016 in favore di organismi che avevano presentato progetti, poi approvati, per il triennio 2015/2017;
   riguardo alla città di Napoli, ha avuto accesso alla contribuzione, nel terzo sottoinsieme dell'articolo 2, il teatro stabile napoletano per una cifra superiore al milione di euro;
   sempre per la città di Napoli, nessun teatro di rilevante interesse culturale accede al riparto dei contributi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 1o luglio 2014 sopracitato;
   accedono, per la città di Napoli, al riparto di altre voci, alcune imprese di produzione teatrale per cifre che vanno dai 90 ai 300 mila euro;
   sono esclusi da qualunque forma di contribuzione statali nell'ambito del decreto di cui sopra, teatri e imprese teatrali storiche, che hanno fatto la cultura della città nei decenni;
   non ricevono contributi, a quanto consta all'interrogante, teatri come l'Augusteo, il Cilea, il Totò, il Sannazaro, il Trianon Viviani, il Delle Palme, il Bracco, il Troisi, l'Elicantropo, il Sancarluccio, il Nuovo Teatro Sanità, il Teatro area nord, la Galleria Toledo;
   si tratta di strutture attive, che fanno cultura anche in quartieri difficili, che operano in condizioni di crisi, senza sostegno, che fanno i conti anche con ritardi nei versamenti di contributi da altri enti;
   da più parti, nella realtà teatrale napoletana, dopo la pubblicazione del decreto di cui sopra, si sono avute voci di preoccupazione e timore;
   secondo quanto riportato dal quotidiano la Repubblica, in data 16 novembre 2016, tra gli operatori teatrali napoletani ci sono rabbia e paura; in alcuni casi, si paventa addirittura la chiusura delle strutture –:
   se sia a conoscenza della situazione critica in cui versano molte strutture culturali e in particolari teatrali della città di Napoli e quali siano le ragioni della esclusione di gran parte delle strutture operanti dalle contribuzioni ministeriali ai sensi del decreto menzionato in premessa e da altre forme di sostegno economico. (4-14891)


   BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Società italiana degli autori e degli editori (SIAE) ha nominato, in data 16 novembre 2016, la Commissione «Sillumina – copia privata per i giovani, per la cultura» per la valutazione di progetti che riceveranno finanziamenti a fondo perduto con i proventi derivanti dalla raccolta della copia privata, in attuazione di quanto previsto dalla legge di stabilità 2016 e dall'atto di indirizzo del Ministro interrogato del 28 marzo 2016;
   a norma dell'articolo 71-septies della legge n. 63 del 1941 la Siae ha il diritto di trattenere il 10 per cento dei proventi derivanti da copia privata e destinarlo al finanziamento di progetti e per attività che favoriscano la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani under 35 residenti nel territorio italiano, in atti visive, performative e multimediali, cinema, teatro e danza, libro e musica;
   la Commissione, che deve decidere nel termine di 45 giorni, è stata nominata dopo la chiusura del bando ed è composta da Gino Castaldo, che ha lavorato presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al Comitato di redazione del portale nazionale della musica italiana; Severino Salvemini, il quale è stato membro del consiglio d'amministrazione di diversi enti, quali ad esempio il Teatro alla Scala, la Biennale di Venezia, Cinecittà Holding; Emanuela Giordano, che ha già ricoperto incarichi in collaborazione con la SIAE, per la quale ha fatto parte della Commissione di valutazione del concorso di drammaturgia SIAE e ha condotto un laboratorio teatrale, patrocinato dalla stessa; Alessandro Ferdinando Leon, presidente di Cles srl (Centro di ricerche e studi sui problemi del lavoro, dell'economia e dello sviluppo), che risulta tra l'altro essere fornitrice della SIAE per il bando in questione, relativamente al supporto tecnico; Mario Stella Richter, professore universitario, in passato sub-commissario della SIAE e attualmente membro del Comitato di gestione della SIAE;
   secondo quanto previsto dall'atto di indirizzo, alla sezione «vigilanza e pubblicità», si stabilisce che, entro 60 giorni dalla chiusura della procedura di selezione, la Siae debba presentare apposito rendiconto alla direzione generale circa i progetti selezionati e le quote stanziate per ciascuno di essi. Tuttavia, non si fa alcun riferimento alla circostanza nella quale residuino fondi non utilizzati –:
   se il Ministro sia a conoscenza della predetta situazione in relazione la Commissione valutatrice del bando «Sillumina» e se ritenga che la scelta dei commissari sia stata oculata, se le professionalità individuate siano adeguate o se, piuttosto, non si ravvisino incompatibilità o conflitti di interessi ed eventualmente come si intenda agire in merito per quanto di competenza;
   come si giustifichi il fatto che la nomina della commissione atta a valutare i progetti sia stata resa nota solo dopo la chiusura del bando stesso, in contrasto con quanto si legge nell'atto di indirizzo. (4-14895)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIGONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo la documentazione in possesso dell'interrogante, le ragionerie territoriali dello Stato sarebbero in ritardo nell'erogazione dei rimborsi delle somme versate a titolo di oblazione per rinuncia alla richiesta di conseguimento del titolo ablativo edilizio in sanatoria, ai sensi della legge 24 novembre 2003, n. 326;
   la mancanza di fondi che lamentano le Ragionerie Territoriali necessari per eseguire i rimborsi accordati a seguito della procedura avviata dal Ministero dell'economia e delle finanze comporterebbe un ritardo nell'evasione delle pratiche che sarebbero ferme al 2014 –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quale iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di addivenire alla conclusione della procedura, provvedendo al più presto alla restituzione delle somme che i contribuenti hanno versato.
(4-14887)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MOGNATO, MARTELLA, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Gheorghe Vacaru, cittadino romeno, è stato condannato nel 2010 a 30 anni di reclusione dalla Corte d'appello di Venezia, per l'omicidio di Giampaolo Granzo, ucciso il 22 marzo 2007 nel suo magazzino a Venezia;
   la sentenza di condanna non è mai stata impugnata in Cassazione e pertanto è divenuta definitiva;
   lo stesso Gheorghe Vacaru era stato trasferito in Moldavia, suo Paese natale, per scontare la pena ai sensi della «Convenzione sul trasferimento delle persone condannate», adottata a Strasburgo nel 1983, entrata in vigore nel 1989 in Italia e nel 2004 nella stessa Repubblica Moldova;
   la stessa Convenzione prevede la possibilità che il Paese che ospita il detenuto possa rivedere la pena cui è stato condannato nel Paese ove ha commesso il delitto senza, in ogni caso stravolgerla;
   da alcuni mesi, lo stesso Gheorghe Vacaru sarebbe stato liberato dalle autorità moldave, dopo neppure otto anni di detenzione;
   del tutto sproporzionato risulta essere secondo gli interroganti, il rapporto tra pena comminata e periodo effettivamente scontato, avuto riguardo in particolare per la gravità del reato compiuto e l'efferatezza dello stesso;
    il Vacaru, inoltre, non ha mai provveduto al risarcimento del danno derivante alla famiglia del signor Granzo per la perdita del familiare, a causa dell'irreperibilità del medesimo in Moldavia;
   esiste il rischio potenziale che il Vacaru, una volta libero, possa rientrate in Italia e nella stessa Venezia –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, per verificare quali siano state le ragioni della scarcerazione del Vacaru e quali iniziative intenda assumere per assicurare la sicurezza della famiglia Granzo. (4-14880)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio ha ridotto livelli consentiti di zolfo nei combustibili per uso marittimo;
   in particolare, le «quote sulfuree» sono stabilite, per i combustibili utilizzati nelle aree SECA (SOx Emission Control Area), nella misura dell'1 per cento fino al 31 dicembre 2014 e dello 0,1 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2015, mentre lo standard IMO dello 0,5 per cento per i limiti di zolfo al di fuori delle aree SECA sarà invece obbligatorio nelle acque comunitarie entro il 2020;
   all'articolo 11, la direttiva stabilisce che «Gli Stati membri possono adottare misure finanziarie a favore degli operatori interessati dalla presente direttiva, qualora tali misure finanziarie siano conformi alle norme in materia di aiuti di Stato vigenti e da adottarsi in tale settore»;
   tra le iniziative volte all'abbattimento delle emissioni e lotta all'inquinamento, acquista rilevanza la direttiva DAFI (Directive alternative fuel iniziative) 2014/94/UE sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi;
   secondo la Federazione italiana degli armatori, l'Italia è il secondo Paese europeo, dopo la Gran Bretagna, per traffico Short sea shipping merci (primo nel Mediterraneo, davanti alla Turchia), il primo in Europa, con la Grecia, per traffico passeggeri (80 milioni, il 20 per cento nell'Unione europea) il primo Paese al mondo per flotta di navi roro (245 per 4,8 milioni di tonnellate di stazza);
   secondo Confitarma, al 31 dicembre 2011, era stato rinnovato il 56 per cento della flotta italiana, con 435 navi consegnate dal 2002 al 2011;
   la cantieristica è tra i settori maggiormente penalizzati dalla crisi, con un calo delle produzioni e degli ammodernamenti;
   da fonti giornalistiche emergerebbe che la vetustà della flotta interesserebbe maggiormente le unità impiegate nei collegamenti con le isole minori;
   si rileva, a titolo di esempio, che la Delcomar spa, concessionaria del servizio pubblico di trasporto marittimo in continuità territoriale tra la Sardegna e le isole minori di San Pietro e La Maddalena, impiega per i collegamenti navi vecchie di oltre cinquant'anni;
   in particolare, a quanto risulta all'interrogante sono in attività le navi Arbatax (con data di impostazione della chiglia o da ringiovanimento tecnico-funzionale risalente al 1o aprile 1966), La Maddalena (1o marzo 1966), Sibilla (1o luglio 1979), Vesta (1o giugno 1981), Isola di Caprera (1o febbraio 1986), Isola di Santo Stefano (1o febbraio 1992);
   questa situazione riguarderebbe la quasi totalità dei collegamenti italiani con le isole minori, attività, tra l'altro, svolta in acque spesso di particolare pregio ambientale e turistico;
   questa situazione, anche in considerazione delle direttive europee in materia, richiama la necessità di approntare un piano, con strumenti finanziari adeguati, per sostenere le imprese marittime nell'avviare un processo di ammodernamento della flotta, con particolare riguardo al rispetto delle direttive europee sulla riduzione di zolfo nei combustibili marini e sull'uso dei combustibili alternativi –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano le dimensioni e le condizioni qualitative della flotta mercantile italiana, con particolare riguardo alla datazione media delle navi e agli interventi di ammodernamento a tutt'oggi attuati per ottemperare alle disposizioni europee sui limiti di zolfo nei combustibili e sui combustibili alternativi;
   se non intendano avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a promuovere, con l'ausilio di strumenti finanziari dedicati, l'ammodernamento della flotta mercantile italiana, con particolare riguardo all'uso di combustibili alternativi e non inquinanti e, contestualmente, a scoraggiare, con appositi meccanismi sanzionatori o penalizzanti, gli armatori che a tutt'oggi utilizzano navi inidonee a svolgere il servizio nelle diverse tratte nazionali, con particolare riferimento alle rotte del trasporto pubblico locale in contesti territoriali ad alta valenza ambientale e turistica. (5-10054)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il centro abitato del comune di Parolise, in provincia di Avellino, è sovrastato da un viadotto dell'Anas ubicato al chilometro 313 + 690 della strada statale 7;
   la regione Campania, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anas hanno già più volte espresso parere sull'importanza strategica e la grave carenza di standard di sicurezza della strada statale 7;
   è necessario, in particolare, un intervento di adeguamento della strada statale 7 «Ofantina» tratto Atripalda-Parolise, già inserito nel piano pluriennale ANAS 2003-2012, approvato in Conferenza Stato-regioni nel mese di ottobre 2004;
   nell'incontro istituzionale del 5 maggio 2006 presso la regione Campania, con il Ministro delle infrastrutture, il presidente della regione Campania ed il presidente dell'ANAS, l'adeguamento di detta strada è stata individuata come opera prioritaria e successivamente inserita nell'ambito dell'accordo procedimentale, sottoscritto il 6 luglio 2007, dal Ministro delle infrastrutture, dal presidente della regione Campania e dal presidente dell'ANAS;
   l'intervento è stato inserito nel piano Anas 2007/2011;
   esso è riportato nel rapporto «Trasporti e infrastrutture in Campania 2015 della direzione generale della mobilità della Campania con il supporto tecnico-operativo dell'ACaM»;
   il comune di Parolise, al fine di ripristinare le condizioni di sicurezza, da tempo segnala situazioni di grave pericolo per la pubblica incolumità, sia del transito sul viadotto, sia dell'attraversamento nelle strade al di sotto, che sono parte integrante della viabilità urbana del paese; un pericolo che si estende anche alle abitazioni sottostanti all'impalcato del viadotto;
   l'amministrazione comunale, di concerto con lo staff del redigendo piano urbanistico, con lo scopo di mettere in atto azioni rivolte alla rimozione di situazioni di grave pericolo e al fine di attuare una pianificazione rivolta alla riqualificazione urbana e al risanamento ambientale e paesaggistico, ha già individuato un corridoio di fattibilità per la delocalizzazione del viadotto fuori dal centro abitato;
   secondo l'Anas, è stato approvato il progetto di manutenzione straordinaria al viadotto ed è stata avviata la gara di appalto per la realizzazione dei lavori;
   è rilevante l'importanza dell'infrastruttura per le vie di comunicazione nelle aree interne dell'alta Irpinia;
   l'ufficio tecnico comunale di Parolise ha definito pericoloso il transito veicolare –:
   se, dato l'alto rischio sismico della zona nella quale ricade Parolise, sia ancora opportuno mantenere un viadotto che sovrasta un cospicuo numero di abitazioni e se non si ritenga, pertanto, che il progetto di manutenzione debba prevedere la delocalizzazione del viadotto a valle, così come prospettato e richiesto dal comune di Parolise, o almeno che la delocalizzazione sia inserita nel progetto di ammodernamento di tutto il tratto Atripalda – Parolise, del quale non si conosce lo stato di attuazione. (5-10062)


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 marzo 2009, è stato avviato il procedimento di alienazione della partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze nella società Tirrenia di Navigazione spa e delle partecipazioni detenute dalla compagnia nelle società di cabotaggio regionali Caremar, Saremar, Toremar e Siremar;
   il decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, all'articolo 19-ter, comma 16, stanziava «le risorse necessarie a garantire il livello dei servizi erogati sulla base delle convenzioni attualmente in vigore e prorogate ai sensi del comma 6, nonché delle nuove convenzioni e dei contratti di servizio di cui ai commi da 8 a 15, nel limite di complessivi euro 184.942.251 a decorrere dal 2010»;
   la quota destinata alla regione Sardegna ammontava a 13.686.441 euro «per il 2010 e per ciascuno degli anni della durata delle nuove convenzioni e dei singoli contratti di servizio»;
   nel 2012, a causa di ritardi nella definizione delle procedure di privatizzazione, l'amministrazione dello Stato ha sospeso unilateralmente l'erogazione a favore della Sardegna;
   a tutt'oggi non sembra sia stata definita la questione dell'erogazione dei citati fondi: se, in sostanza, il loro «congelamento» fosse scaturito unicamente dalla ritardata privatizzazione e, conseguentemente, nel caso di un riavvio delle procedure, il provvedimento dovesse essere revocato;
   la regione ha garantito il servizio con proprie risorse: circa 16 milioni di euro annui;
   a fine 2015, a seguito della procedura di concordato preventivo e messa in liquidazione della società regionale di navigazione Saremar chiesta dalla regione Sardegna, la flotta è stata acquisita dalla Delcomar, nell'ambito di un procedimento pubblico, per un importo pari a 13,1 milioni di euro;
   nel corso del primo semestre 2016, la regione ha avviato e perfezionato il procedimento per l'affidamento del servizio di collegamento marittimo con le isole minori, assegnato all'unico partecipante al bando, la Delcomar spa, che oggi opera in regime di monopolio nei collegamenti con Carloforte;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la società avrebbe vinto la gara con un ribasso dell'11 per cento, mentre la regione, erogherà alla compagnia circa 70 milioni di euro per sei anni;
   alcuni organi di stampa avrebbero rilevato il mancato rispetto di alcune clausole del contratto di servizio, in particolare modo, per quanto riguarda i requisiti della flotta che il concessionario avrebbe dovuto impiegare per il servizio;
   sembrerebbe, da quanto riportato, che in più circostanze, sia stato necessario procedere al fermo e alla sostituzione dei traghetti Anna Mur e GB Conte (le navi maggiori della compagnia, che avrebbero i requisiti definiti dal contratto di servizio) con navi minori, di vecchia concezione e, in alcuni casi, in servizio da oltre cinquant'anni, disattendendo quanto previsto dal contratto di servizio stipulato tra la regione Sardegna e la società Delcomar spa;
   questa situazione solleverebbe molteplici interrogativi sia sulla qualità e la sicurezza del servizio erogato sia per quanto attiene all'individuazione del soggetto istituzionale competente a vigilare sugli accordi contrattuali, atteso che lo Stato avrebbe delle competenze in materia, visto l'impegno a stanziare delle risorse a garanzia del mantenimento dei livelli dei servizi erogati sulla base delle convenzioni in vigore e dei contratti di servizio stipulati –:
   se l'amministrazione dello Stato abbia ripreso a erogare, e con quali modalità e in quale misura, alla regione Sardegna i finanziamenti di cui al decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, articolo 19-ter, comma 16, sospesi unilateralmente nel 2012;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire i necessari standard del servizio di cabotaggio marittimo in continuità territoriale con le isole minori della Sardegna. (5-10065)


   TINO IANNUZZI, BIASOTTI, GANDOLFI, BRUNO BOSSIO e CUOMO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è sempre più urgente e di primaria importanza definire con certezza e stabilizzare il Fondo per il trasporto pubblico locale almeno per l'orizzonte temporale triennale 2017, 2018, 2019;
   la stabilizzazione e la definizione della dotazione del Fondo sono, infatti, indispensabili per consentire alle regioni ed alle aziende del trasporto pubblico locale di avere certezze delle risorse su base pluriennale, al fine di poter efficacemente programmare gli interventi in favore dei cittadini e di poter stipulare contratti di servizio pluriennali;
   è in corso un approfondito confronto fra Governo e Conferenza delle regioni su di un tema così rilevante per la vita delle persone e per l'intero sistema di mobilità e dei collegamenti –:
   quali urgenti e risolutive iniziative il Governo, all'esito della discussione in corso fra Governo e Conferenza delle regioni, intenda assumere per definire con certezza, anno per anno, l'entità delle risorse per il trasporto pubblico locale e per stabilizzarle negli anni. (5-10067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la tragedia di Annone di Brianza (Lecco), dove un cavalcavia si è spezzato al passaggio di un tir provocando un morto e cinque feriti, e dove continua il «rimpallo» di responsabilità fra l'Anas e la provincia di Lecco sulla mancata chiusura del ponte dopo i primi calcinacci cominciati a cadere tre ore prima del disastro, ha riacceso i riflettori sul viadotto Cannavino o «Ponte di Celico» sulla strada statale 107, che collega Cosenza con i centri della Sila;
   interessato da interventi «tampone» nel corso degli anni, il ponte continua però a registrare il passaggio delle auto e dei mezzi pesanti con un volume di traffico che d'estate aumenta vertiginosamente, nonostante evidenti segni di cedimento strutturale e l'abbassamento del livello stradale all'altezza della campata centrale;
   a seguito del ripetersi di segnalazioni e notizie diffuse dalla stampa, l'Anas ha rassicurato che il viadotto non è a rischio di crollo: a certificarlo è il Politecnico di Bari, che nella relazione tecnica del 2016 ha riferito gli esiti di prove di carico statiche, dinamiche e sui materiali, di una rete di monitoraggio a prismi ottici, disposti lungo i due versanti laterali del viadotto. Ciò non toglie che sul viadotto si debba intervenire con un intervento di manutenzione. La relazione termina con alcune fondamentali raccomandazioni: «la situazione deve essere tenuta ancora sotto controllo, con rilevazioni almeno semestrali solo di alcune sezioni prossime alle travi di accoppiamento (...) devono essere definite le condizioni ambientali (temperatura) e se i valori non dovessero risultare congruenti ripeterle per sicurezza una seconda volta al fine di essere certi del loro valore». Tra gli interventi proposti la relazione insiste su quelli mirati a ridurre le vibrazioni della struttura al passaggio dei veicoli pesanti;
   si sottolinea che le verifiche statiche sono state eseguite in base alla normativa in vigore al tempo della costruzione e, nelle sezioni più significative, anche in base al decreto ministeriale 14 gennaio 2008 e che le sollecitazioni sono risultate conformi a quelle riportate nella relazione di progetto (1974) nel quale non è stata valutata l'azione sismica trasversale;
   a questo proposito, si ricorda che il viadotto Cannavino è situato nel comune di Celico, in una zona a rischio sismico di livello 1 (è il livello più alto dove possono verificarsi fortissimi terremoti), secondo l'ultimo aggiornamento del 2015 sulla classificazione sismica dei comuni italiani, pubblicato sul sito della protezione civile;
   l'Anas ha comunicato che la progettazione esecutiva per l'intervento di manutenzione è in fase di completamento; entro il 2016 sarà avviata la fase di gara e nel corso del 2017 saranno avviati i lavori di manutenzione straordinaria che sono stati inseriti nella programmazione quinquennale 2015-2019 con priorità massima, per un valore di circa un milione e mezzo di euro;
   nel frattempo, dovrebbe essere varato l'aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni, per il quale il 27 settembre è stato dato il via libera al relativo decreto ministeriale di approvazione, che conterrà norme più stringenti relative ai criteri antisismici che, a giudizio degli interroganti, dovrebbero essere considerati durante la fase dell'intervento di manutenzione del viadotto Cannavino –:
   se il Governo non ritenga necessario e urgente assumere iniziative affinché, attraverso esperti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, siano effettuate nuove verifiche e sia espresso un ulteriore parere sulla stabilità e sulla sicurezza del viadotto in questione, tenendo conto della vulnerabilità sismica del territorio sul quale è situato;
   se non consideri opportuno, nei limiti delle sue competenze, assumere iniziative affinché a scopo precauzionale, l'Anas limiti sul viadotto il transito dei veicoli e lo vieti ai mezzi pesanti, fino all'avvenuto intervento di manutenzione, assicurandosi che quest'ultimo sia realizzato nel pieno rispetto della normativa vigente;
   se non ritenga opportuno intervenire affinché l'intervento di manutenzione, ritenuto già dal 2015 lavoro di manutenzione con priorità massima, sia avviato e realizzato nel più breve tempo possibile. (4-14876)


   PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   ad agosto 2014 – sulla strada statale del Mandrolisai, tratto Oristano-Simaxis – sono stati consegnati, dalla Rete ferroviaria italiana (R.F.I.) alla ditta appaltante Cidieffe Costruzioni (con sede a Colicco, Lecco), i lavori per la realizzazione di un cavalcaferrovia al chilometro 98 e la conseguente soppressione del passaggio a livello del chilometro 100/8 direzione Simaxis (OR);
   in data 24 giugno 2016, suddetta ditta appaltante Cidieffe segnalava alla R.F.I. ed alle autorità competenti che durante le operazioni di scavo nell'area interessata veniva riscontrata la presenza di materiali di demolizione e presumibilmente amianto, inducendo alla sospensione dei lavori;
   a seguito delle segnalazioni e della sospensione dei lavori da parte della ditta appaltante, la R.F.I. provvedeva alla rescissione del contratto;
   ad oggi sono stati presentati diversi esposti alla procura della Repubblica – con oggetto la presenza di materiale potenzialmente pericoloso per la salute – da parte della Cidieffe, della A.S.L. n. 5 di Oristano e da parte della Associazione regionale ex esposti amianto – senza che gli stessi abbiano ottenuto riscontro; 
   risulta all'interrogante inconcepibile il prolungato silenzio da parte della Rete ferroviaria italiana, considerate anche le ingenti somme impegnate per la realizzazione di una opera pubblica utile allo sviluppo di un territorio, ad oggi ancora ferma in attesa di decisivi e non eludibili interventi di bonifica di una area fortemente contaminata;
   l'area in questione risulta essere segnalata come discarica di materiali inerti provenienti da attività di demolizione già dal 1995 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza intendano porre in essere al fine di trovare una soluzione immediata, definitiva e risolutiva della vertenza in questione, considerando in primis il pericolo per la salute dei cittadini, oltre che l'ingente stanziamento di risorse pubbliche già effettuato.
   (4-14877)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si stanno consolidando e ulteriormente diffondendo progetti e iniziative di riuso di ferrovie sospese o dismesse con treni storico-turistici, iniziative che vedono protagonisti istituzioni locali, soggetti sociali e Fondazione FS;
   l'Ansf (Agenzia per la sicurezza ferroviaria) ha già emanato una prima circolare sulla circolazione e la sicurezza di treni storico-turistici contribuendo positivamente ad una prima regolazione e sviluppo del settore come in altri Paesi europei;
   si rendono necessarie ulteriori indicazioni e regolazioni tecniche per cogliere tutte le potenzialità di riuso delle infrastrutture di cui sopra –:
   come intenda intervenire per portare rapidamente a completamento le indicazioni e regolazioni tecniche di riuso turistico di ferrovie sospese o dismesse, su cui peraltro un apposito gruppo di lavoro opportunamente istituito dall'Ansf ha già da tempo completato la definizione di specifiche proposte. (4-14879)


   NUTI e NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 novembre 2016 le forze dell'ordine hanno proceduto ad arrestare 26 soggetti a seguito dell'operazione Sansone, che vede coinvolti appartenenti alle ’ndrine Zito-Bertuca e Condello-Buda-Imerti, ai quali la direzione distrettuale antimafia contesta reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione, passando per la detenzione di armi, il favoreggiamento di latitanti e procurata inosservanza della pena;
   secondo quanto emerge dalle indagini, la ‘ndrangheta sarebbe riuscita ad infiltrarsi per l'ennesima volta negli appalti per l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e persino nella futura costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, tramite una fitta rete estorsiva a danni delle aziende coinvolte nelle opere;
   tra i vari arrestati, vi è anche l'imprenditore Pasquale Calabrese, che si occupava «dell'allestimento dei luoghi individuati per i sondaggi (a ciò servono le trivelle), propedeutici alle realizzazioni dell'A3 e del Ponte» e che costituiva lo strumento per favorire lo svolgimento delle attività delinquenziali a lui demandate dalla cosca di riferimento;
   già dal giugno del 2011 la cosca di Villa San Giovanni, come riportato dal Fatto Quotidiano del 15 novembre 2016, si stava interessando dei lavori per la costruzione del Ponte sullo Stretto;
   sia la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, sia le opere relative alla A3, sono da anni oggetto degli interessi malavitosi della mafia, ciononostante, secondo gli interroganti, ancora non è stata messa in atto alcuna politica adeguata volta a contrastare efficacemente questi tentativi di infiltrazione criminali, come dimostrato dalla sopra citata indagine Sansone –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti legati al Ponte sullo stretto di Messina e alla autostrada A3;
   se non si intendano promuovere, per quanto di competenza, iniziative ispettive al fine di verificare la regolarità amministrativo-contabile degli appalti in questione. (4-14882)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBINATO, GRASSI e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra martedì 22 e mercoledì 23 novembre 2016 intorno alle ore 1 e 30 sono state lanciate quattro bottiglie «molotov» contro la cancellata e la facciata del palazzo municipale di Vittorio Veneto;
   tre di questi ordigni sono esplosi rompendo il vetro del portone d'ingresso e originando un principio di incendio;
   immediatamente è scattato l'allarme, dato da un gruppo di ragazzi che ha fatto accorrere sul luogo i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme, e le forze dell'ordine; ora l'episodio è all'attenzione delle autorità inquirenti;
   al momento non risultano esservi state rivendicazioni, ma le modalità utilizzate sembrerebbero richiamare una matrice anarchica, considerati anche altri episodi che nel passato si sono verificati in città benché nessuna pista venga esclusa neppure quella di un gesto dettato da motivi personali;
   in verità, in città il martedì si erano celebrati i 150 anni della nascita di Vittorio Veneto e si erano anche registrate tensioni al Ceis di Serravalle per l'allontanamento di tre richiedenti asilo cui era stata revocata, con provvedimento prefettizio, l'accoglienza;
   la stessa amministrazione comunale ha definito il gesto «un atto che ferisce e inquieta» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per rafforzare i dispositivi di sicurezza e non sottovalutare l'inquietante episodio avvenuto a Vittorio Veneto nella notte tra il 22 e il 23 di novembre 2016.
(5-10055)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento dell'Unione europea del 26 giugno 2013, n. 603, istituisce e disciplina l'Eurodac, European Dactyloscopie: si tratta del database europeo, con sede in Lussemburgo, delle impronte digitali dei richiedenti asilo politico e dei cittadini di Paesi terzi o apolidi con più di 14 anni entrati clandestinamente nel territorio dell'Unione europea e fermati dalle forze di polizia nazionali;
   una volta che le competenti autorità di controllo procedono all'identificazione e all'acquisizione delle impronte del soggetto (entro 72 ore dal fermo), esse inviano il materiale raccolto all'unità centrale gestita dalla Commissione europea, la quale effettua in tempo reale i confronti nella base dati, al fine di individuare se al suo interno sono custodite le medesime impronte;
   questo controllo veloce e automatizzato scongiura:
    il pericolo che un soggetto possa chiedere in più Paesi l'asilo politico, o che lo richieda in un altro a seguito di diniego;
    il pericolo che i clandestini possano spostarsi liberamente nel territorio dell'Unione poiché i loro dati sono custoditi in un unico archivio europeo e non in tanti archivi nazionali;
   tale sistema agevola l'applicazione del regolamento di Dublino (che si applica anche in Islanda, Norvegia e Svizzera), il che permette di determinare quale Paese dell'Unione europea (UE) sia competente per l'esame di una domanda d'asilo;
   per i richiedenti asilo, i dati sono conservati per dieci anni, salvo che l'interessato ottenga la cittadinanza di uno dei Paesi dell'Unione europea in tal caso, i dati che lo riguardano devono essere immediatamente cancellati non appena ottenuta la cittadinanza;
   per i cittadini stranieri fermati in relazione all'attraversamento irregolare di una frontiera esterna, i dati sono invece conservati per due anni a decorrere dalla data in cui le impronte digitali sono state rilevate. Essi vengono invece cancellati immediatamente, prima dello scadere dei due anni, se lo straniero:
    ottiene un permesso di soggiorno;
    ha lasciato il territorio dell'Unione;
    ha acquisito la cittadinanza di un paese dell'Unione europea;
   per quanto riguarda la protezione dei dati a carattere personale, i Paesi dell'Unione europea inviano dati a Eurodac devono garantire che le impronte siano rilevate nel rispetto della legalità e che, sempre nel rispetto della legalità, avvengano tutte le operazioni relative al trattamento, la trasmissione, la conservazione o la cancellazione dei dati stessi;
   il regolamento (UE) n. 603 del 2013, all'articolo 3, paragrafo 5, delega agli Stati membri la disciplina della procedura di rilevamento delle impronte digitali;
   a dicembre 2015 la Commissione europea aveva inviato all'Italia una lettera di messa in mora, primo passo della procedura di infrazione europea, in merito alle carenze rilevate nella registrazione dei migranti arrivati sul proprio territorio, esortando l'Italia, dunque, ad attuare correttamente il regolamento Eurodac;
   la stessa Unione, a seguito degli attentati degli ultimi mesi, ha imposto agli Stati membri di procedere ad un inquadramento legislativo dell'attività degli hot spot, con particolare riguardo alla raccolta delle impronte digitali e delle foto-segnalazioni;
   tuttavia, ad oggi, in Italia, la procedura suddetta non è disciplinata da alcuna previsione normativa, il che pone un problema, specie nei confronti degli immigrati che oppongono resistenza;
   la questione è stata affrontata solo da una circolare interna con cui a marzo 2016 gli agenti di polizia sono stati esortati e non autorizzati in base a specifiche disposizioni legislative a utilizzare la forza, ove necessario, esponendoli con ciò ad enormi rischi, anche dal punto di vista legale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, al fine di rispettare le disposizioni normative comunitarie e nazionali in materia e consentire agli agenti di polizia di procedere al foto-segnalamento e all'identificazione puntuale di tutti gli immigrati che varcano illegalmente i confini marittimi e terrestri italiani, prevedendo tutele precise nei confronti delle forze dell'ordine che adempiono a tale attività. (4-14872)


   NUTI e NESCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 novembre 2016 le forze dell'ordine hanno proceduto ad arrestare 26 soggetti a seguito dell'operazione Sansone, che vede coinvolti appartenenti alle ’ndrine Zito-Bertuca e Condello-Buda-Imerti, ai quali la Direzione distrettuale antimafia contesta reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione, passando per la detenzione di armi, il favoreggiamento di latitanti e procurata inosservanza della pena;
   secondo quanto emerge dalle indagini, la ‘ndrangheta sarebbe riuscita ad infiltrarsi per l'ennesima volta negli appalti per la Salerno-Reggio Calabria e persino nella futura costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, tramite una fitta rete estorsiva a danni delle aziende coinvolte nelle opere;
   secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano del 15 novembre 2016, nei documenti dell'indagine vi sarebbe anche «un'intercettazione in cui la sorella del boss riferisce al fratello che Vincenzo Cristiano (arrestato) “ha ricevuto un pensiero per sé e per Bertuca Pasquale da parte di un amico che gli avevi fatto un favore... tu per un coso del comune... una licenza”»;
   sempre secondo quanto scritto nell'articolo de Il Fatto Quotidiano, pare che nelle indagini sia coinvolto anche il sindaco di Villa San Giovanni, Antonio Messina, nei giorni scorsi condannato in primo grado assieme all'ex sindaco Rocco La Valle e ad alcuni assessori, a un anno di carcere per falso e abuso d'ufficio per la costruzione di un lido;
   Antoni Messina, inoltre, «era finito già nelle carte anche dell'inchiesta «Fata Morgana» perché in contatto con l'avvocato Paolo Romeo, l'ex parlamentare del Psdi già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto la «testa pensante» della ‘ndrangheta reggina assieme all'avvocato Giorgio De Stefano –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda promuovere l'invio di una commissione di accesso prefettizia presso il comune di Villa San Giovanni, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(4-14881)


   NACCARATO, MARTELLA, MOGNATO e MORETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle indagini sull'attività della criminalità organizzata mafiosa in Emilia Romagna e in Veneto, i carabinieri di Fiorenzuola d'Arda hanno raccolto importanti elementi relativi agli interessi della ‘ndrangheta nei comuni di Caorle e Pramaggiore in provincia di Venezia e Cessalto in provincia di Treviso;
   le indagini si sono concentrate su diversi cantieri dove hanno lavorato società riconducibili a vario titolo a Raffaele Oppido, legato alla cosca guidata da Nicolino Grande Aracri;
   l'inchiesta ha ricostruito la vicenda delle società interessate alla realizzazione di un villaggio residenziale nell'area C2/27 a Ottava Presa, nel comune di Caorle;
   il permesso di costruire 14 immobili è stato rilasciato nel 2008 alla Nava Immobili srl di Claudio Casella, che ha incaricato dei lavori la Edilcostruzioni di Cessalto (Treviso);
   nel 2009 alla Edilcostruzioni è subentrata la Progetto Casa srl, dove operava Raffaele Oppido;
   dalle indagini è emerso che Antonio Gualtieri, condannato in uno stralcio del processo Aemilia per associazione di stampo mafioso, si è rivolto alla società Faecase srl di Caorle per realizzare un progetto criminale finalizzato al riciclaggio di denaro;
   Faecase srl è di proprietà di Immobiliare gemelle srl di Arcole (Verona) (7 per cento) e di Raffaele Oppido (93 per cento) che ha acquistato le quote da Consulfiduciaria Spa di Milano;
   Claudio Casella è l'imprenditore di Caorle che ha promosso la realizzazione del villaggio «le Terme di Caorle», un progetto da 200 milioni di euro, sui quali gli interroganti, lo scorso 2 novembre 2016, hanno già rivolto al Ministro l'interrogazione n. 4-14665);
   le indagini riguardano anche il cantiere di una cinquantina di appartamenti nel comune di Pramaggiore in provincia di Venezia, sul quale si sarebbero concentrati gli interessi dello stesso Raffaele Oppido;
   secondo le indagini dei carabinieri gli interessi della ‘ndrangheta si sarebbero diretti verso un complesso di 8 villette, nel comune di Cessalto, in provincia di Treviso, di proprietà della società Gemelle di Arcole in provincia di Verona;
   gli elementi descritti indicano l'attività della ‘ndrangheta in Veneto Orientale;
   le indagini confermano l'allarme più volte lanciato dagli interroganti circa la presenza delle organizzazioni criminali nei comuni del Veneto orientale dove l'attività delle cosche è diretta ad investire risorse nell'economia locale con la finalità di condizionarla e di riciclare proventi di reati –:
   se sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se e in che modo intenda attivarsi, per quanto di competenza e anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, al fine di potenziare gli strumenti delle forze dell'ordine per prevenire e contrastare le attività della criminalità organizzata nel Veneto orientale. (4-14886)


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 251 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sostituendo il comma 1 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazione dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ha stabilito una nuova articolazione delle aree, manufatti, pertinenze, e specchi acquei in due categorie, rispetto alle precedenti quattro: la categoria A ad alta valenza turistica e la categoria B a valenza turistica normale. L'accertamento dei requisiti di alta e normale valenza turistica è riservato alle regioni competenti per territorio con proprio provvedimento. Nelle more dell'emanazione di detto provvedimento, la norma stabilisce che la categoria di riferimento sia la B. Appare quindi palese che la competenza relativa alla individuazione dei criteri di determinazione dei canoni concessori in categoria turistica A o B appartiene alla sola regione;
   la regione Lazio con legge regionale 14 luglio 2015, n. 7, all'articolo 2, comma 54, lettera d), inserisce dopo l'articolo 46 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, l'articolo 46-bis, in cui, al comma 1, si prevede che al sopra citato accertamento dei requisiti provvedono i singoli comuni, senza disporre l'emanazione di un proprio provvedimento organico. Tale previsione appare in contrasto con quanto disposto dalla legge n. 296 del 2006;
   il municipio di Ostia, ovvero il X municipio del comune di Roma, nella persona del commissario straordinario pro tempore dottor Vulpiani, ha disposto con determinazione dirigenziale n. 5 del 26 novembre 2015 il passaggio dell'intero territorio di Ostia da classe turistica B a classe turistica A sul presupposto del presunto livello medio di erosione del litorale, della presunta presenza di forte ricettività alberghiera e della presunta presenza di uno scalo ferroviario conforme ai criteri di Trenitalia adibito a trasporto passeggeri –:
   quale fosse la competenza del X municipio del comune di Roma, peraltro commissariato, nell'individuazione dei criteri di determinazione di valenza turistica e nella conseguente determinazione dei canoni demaniali;
   se fosse possibile il passaggio di competenze alla individuazione dei criteri di determinazione di valenza turistica direttamente al municipio X del comune di Roma senza passaggi preventivi al comune di Roma;
   se risulti che anche in altre regioni siano state attuate medesime procedure;
   se e come i criteri di individuazione menzionati nella determinazione dirigenziale n. 5 del 26 novembre 2015 del commissario straordinario del X municipio del comune di Roma siano corrispondenti a criteri di obiettività e realtà con specifico riguardo alla situazione di erosione del litorale, della ricettività alberghiera e della presenza di scali ferroviari rispondenti ai criteri di Trenitalia;
   se il Governo sia a conoscenza dell'avvenuta convocazione delle varie associazioni di categoria presenti sul territorio del X municipio, presupposto indefettibile per la esatta conclusione del procedimento di individuazione dei criteri di valenza turistica. (4-14888)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2016 è scaduto il termine per l'adesione al bando europeo «Scuola al centro», iniziativa di contrasto alla dispersione scolastica e di inclusione sociale, finanziata dal Fondo sociale europeo nell'ambito del PON 2014-2020;
   il bando prevedeva lo stanziamento di 240 milioni di euro per consentire le aperture pomeridiane e in orari extra scolastici di almeno 6.000 scuole in tutta Italia. «Partendo dal progetto “La Scuola al Centro” stiamo proponendo al Paese un nuovo modello di scuola, punto di riferimento non solo quando c’è lezione. Un centro civico dove i ragazzi possano stare di pomeriggio o nei week end, d'estate come d'inverno, trovando stimoli e iniziative alternative alla strada», aveva detto il 16 settembre, il Ministro interrogato;
   purtroppo, come segnalato da diverse denunce di CDO, AGeSC, FIDAE e FOE, le scuole paritarie sono rimaste escluse dal suddetto piano, determinando, ancora una volta, una discriminazione nei confronti di 1 milione di alunni italiani;
   le scuole paritarie, escluse dal bando originale, erano state riammesse il 25 ottobre 2016, quando, nel prorogare al 14 novembre i termini per la scadenza del bando, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la nota n. 12384, aveva chiarito che «ciascuna istituzione scolastica ed educativa può proporre il proprio progetto anche in collaborazione con le altre istituzioni scolastiche ed educative del territorio», specificando che «tale collaborazione delle scuole può riguardare [...] le istituzioni scolastiche paritarie di cui alla legge n. 62 del 2000». Collaborazioni che non si sono verificate, poiché, secondo le associazioni sopra menzionate, «nessuna scuola statale sta accettando o proponendo collaborazione [...] sia perché non ritengono opportuno condividere un magro finanziamento, sia per il poco tempo a disposizione [...] ma non si può escludere la persistenza di radicati pregiudizi che ostacolano una serena cooperazione tra statali e paritarie»;
   allo stato attuale esistono due risoluzione europee, una del 1984 e l'altra del 2012, mai veramente attuate nel nostro Paese, che invitano l'Italia a sostenere e favorire la libertà di scelta educativa delle famiglie. A maggior ragione appare singolare e incomprensibile che l'Europa fornisca 240 milioni di euro per l'inclusione di tutti i bambini in età scolastica e poi 1 milione di alunni vengano esclusi per la semplice «colpa» di frequentare scuole paritarie –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per consentire alle scuole paritarie di rientrare nel bando in questione, permettendo loro di presentare i propri progetti. (5-10058)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 4-14067, l'interrogante poneva all'attenzione del Ministro interrogato le problematiche del concorso a cattedra 2016;
   l'atto di sindacato ispettivo di cui sopra è tuttora senza risposta, ma le difficoltà incontrate da migliaia di insegnanti precari a causa del concorso a cattedra 2016 non hanno eguali;
   i più colpiti sono stati gli abilitati con tirocini formativi attivi e percorsi abilitanti speciali, gli unici esclusi dal piano assunzioni straordinario 2015 previsto dalla legge n. 107 del 2015;
   in un primo momento, per tali categorie di insegnanti precari era stato prospettato un concorso specifico, con apposita quota di riserva, dalla legge suddetta;
   il bando di concorso previsto nella normativa recentemente approvata viene pubblicato con due mesi di ritardo; la quota di riserva è scomparsa, è solo previsto un bonus di 5 punti nella valutazione dei titoli;
   questi giovani abilitati, insieme a migliaia di altri precari, partecipano a questo concorso, tra assegnazioni di sedi assurde, prove computer based con elaboratori che si spengono durante i fatidici 150 minuti, e a seguire, per alcune classi di concorso, viene svolta «al buio» la prova pratica, ovviamente sempre in sedi diverse, con un impegno di spesa per pernottamento e trasferimento a carico dei candidati;
   finite le prove, non si hanno notizie degli esiti del concorso e cominciano a correre le voci di «bocciature selvagge», di una quota del solo 30 per cento di candidati che sarebbe riuscita a superare gli scritti;
   le voci risultano, invece, vere e le percentuali dei promossi ben più basse: addirittura per alcune classi di concorso nessun candidato supera le prove scritte;
   analizzando l'anagrafica dei candidati che hanno superato la prova scritta, si evince che sono proprio quegli abilitati con tirocini formativi attivi e percorsi abilitanti speciali ad essere riusciti a superare questo grande scoglio;
   nel mese di agosto, si svolge l'ultima affannosa prova orale per poter essere pronti ad essere assunti a settembre (come richiesto con note ufficiali alle commissioni dai vari uffici scolastici regionali);
   a settembre 2016 arriva il danno per i vincitori del concorso: le cattedre non ci sono, nonostante i vincitori siano meno di 1/6 dei posti messi a bando, nonostante tutte le prove siano state espletate per tempo, nonostante le graduatorie siano già state pubblicate;
   si sostiene da più parti che la causa principale sia il fatto che le cattedre siano state tutte impegnate per la mobilità straordinaria;
   al danno della mancanza di cattedre a dispetto delle graduatorie finali e definitive, si è aggiunta la beffa. Quei famosi abilitati con tirocini formativi attivi e percorsi abilitanti speciali, oggi vincitori di concorso, non hanno diritto a nulla, non possono lavorare, non possono insegnare, neanche come supplenti, perché la legge non ha loro permesso di essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento dalle quali gli ambiti territoriali fanno le convocazioni per i contratti a tempo determinato;
   questi insegnanti precari, abilitati con tirocini formativi attivi e percorsi abilitanti speciali, hanno avuto il «contentino» di potersi inserire nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, e neanche «a pettine», in base al proprio punteggio, bensì in coda, quindi ci son persone con 100 punti che sono in coda dietro a persone con 12 punti;
   a giudizio dell'interrogante, quanto accaduto sta mettendo a dura prova la pazienza dei vincitori di concorso che si ritrovano, in questo anno scolastico, senza cattedra e senza la possibilità di lavorare da supplente;
   sarebbe opportuno, in questa fase di transizione, dare la possibilità ai vincitori di concorso di lavorare, attraverso un inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) con un punteggio bonus, dato proprio dall'essere vincitori, che permetta così di occupare i primi posti e avere la certezza di insegnare, anche se con un contratto a tempo determinato;
   il Ministro interrogato, come si evince dalla lettura dei siti specializzati, nelle sue dichiarazioni parla di assunzioni nei prossimi due anni, ma chi ha usufruito della mobilità straordinaria potrà cambiare sede solo fra due anni, quando la graduatoria di questo concorso non sarà più valida, come previsto dalla legge, per cui delle due l'una, o si proroga e fin da subito la validità della graduatoria, oppure questo concorso è stato perfettamente inutile –:
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-14873)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARIANI, DI SALVO, GNECCHI, PATRIZIA MAESTRI, INCERTI e GIACOBBE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o novembre 2016 ha avuto efficacia la fusione per incorporazione del gruppo Cogemat/Cogetech in Snai s.p.a. e conseguentemente, tutte le attività svolte dalle Società incorporate sono state accentrate in capo a Snai, che è subentrata senza soluzione di continuità;
   prima della fusione Cogetech e Snai erano inquadrate da un punto di vista previdenziale rispettivamente nel settore «terziario» e «industria» e dopo la fusione Snai continua a svolgere le medesime attività in precedenza inquadrate nel settore industria;
   da quanto si apprende da fonti sindacali e aziendali pare che la Direzione centrale dell'INPS sia orientata all'inquadramento della società Snai, nell'assetto post-fusione, nel settore terziario –:
   se il Ministro sia a conoscenza della questione e quali iniziative intenda adottare in relazione all'interpretazione data dall'Inps che, oltre a riscontrare la contrarietà di tutte le parti coinvolte e ad apparire del tutto ingiustificata, comprometterebbe irrimediabilmente l'opportunità di utilizzare i necessari ammortizzatori sociali a fronte degli esuberi di personale conseguenti alla fusione.
(5-10059)


   CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Seat venne fondata a Torino nel 1925 e ben presto da azienda «locale» è divenuta un'azienda di importanza nazionale con sedi su tutto il territorio nazionale;
   nel 2015 è stato portato a termine un piano di salvataggio del gruppo all'esito della procedura concordataria, grazie agli accordi con i fornitori e al contenimento dei costi del personale;
   successivamente l'imprenditore egiziano Naguib Sawiris, attraverso la società Italiaonline, diventa azionista di maggioranza e nel 2016 attua il progetto di fusione per incorporazione di Italiaonline in Seat Pagine Gialle rinominata Italiaonline spa, perdendo il nome storico;
   il 4 agosto 2016 il direttore di HR, comunica ai propri dipendenti, sulla intranet aziendale, che il giorno seguente l'azienda avrebbe aperto, tramite l'Unione Industriale di Torino, la procedura per la richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione aziendale per 700 dipendenti su un totale di 1.106 così ripartiti: 417 dipendenti in cassa integrazione a zero ore e 283 dipendenti in cassa integrazione a rotazione;
   il 30 agosto 2016 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali convocava le parti e confermava le 700 unità lavorative da collocare in cassa integrazione guadagni straordinaria presenti nelle varie sedi aziendali;
   tuttavia, a seguito del mancato accordo, il 4 novembre 2016 le trattative – aperte presso il Ministero dello sviluppo economico – tra sindacati e azienda si interrompevano e l'azienda inoltrava tramite mail «le prime 300 lettere di messa in cassa integrazione straordinaria a zero ore colpendo i lavoratori interessati senza tenere conto delle proposte avanzate nel confronto dalle organizzazioni sindacali che ne potevano limitare l'impatto negativo» (www.rassegna.it del'11 novembre 2016);
   secondo i sindacati: «Non si capisce come l'azienda potrà proseguire l'attività con 300 addetti in meno. Ne deduciamo che alcune attività verranno esternalizzate, considerando che lavorazioni pregiate come la costruzione dei siti internet sono già state delocalizzate in Olanda. Occorreva che l'azienda ci facesse prendere visione del piano industriale per confrontarci, concordare le eventuali sospensioni a zero ore e stabilire il percorso di riqualificazione per la ricollocazione dei lavoratori interessati» (www.rassegna.it del'11 novembre 2016);
   l'utilizzo massiccio della cassa integrazione a zero ore farebbe avanzare l'ipotesi che la fuoriuscita dei lavoratori dall'azienda sia solo procrastinata al giugno 2018, anche alla luce dell'intenzione di Italiaonline che, ad oggi, non sembra considerare la possibilità di riqualificare o ricollocare in altre attività aziendali i lavoratori interessati;
   la prevista riorganizzazione ipotizzata da Italiaonline sembrerebbe evidenziare l'intento della società di rimanere con un organico effettivo di ridotte dimensioni, operando così una significativa riduzione del personale dislocato presso le sedi aziendali presenti nel territorio nazionale;
   appare necessario, ad avviso degli interroganti, promuovere un nuovo tavolo di confronto per rassicurare i lavoratori sulle prospettive lavorative e ristabilire corrette relazioni sindacali tra lavoratori e azienda –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per favorire nuove condizioni che consentano una ripresa del confronto tra organizzazioni sindacali e azienda sul futuro dei dipendenti interessati dalla procedura di cassa integrazione;
   se sia intenzione del Governo farsi promotore di un nuovo tavolo di confronto in sede ministeriale tra la società e le organizzazioni sindacali che favorisca un nuovo piano industriale, che dia garanzia di nuovi investimenti e che preveda l'avvio di processi di riqualificazione e/o formazione a favore dei lavoratori interessati dalla procedura di cassa integrazione, finalizzati ad un loro rientro alla piena attività lavorativa ovvero al ricollocamento in altre attività aziendali e al mantenimento dei livelli occupazionali, così da scongiurare il temuto «ridimensionamento» dell'azienda e rassicurare i lavoratori sul loro futuro lavorativo una volta cessati gli ammortizzatori sociali.
   (5-10061)


   MURER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel maggio 2016, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale;
   l'articolo 1 prevede che nel termine di dodici mesi dall'approvazione della legge, il Governo è delegato ad adottare decreti legislativi in materia di disciplina del Terzo settore;
   l'articolo 5 del sopra menzionato testo di legge, in particolare, prevede l'adozione di decreti di cui all'articolo 1 anche in riferimento al riordino ed alla revisione della disciplina in tema di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso;
   tali decreti dovranno essere conformi a specifici criteri e princìpi direttivi elencati allo stesso articolo 5 e codificati nel mondo seguente:
    armonizzazione delle diverse discipline vigenti;
    introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari;
    promozione della cultura del volontariato;
    revisione del sistema dei centri di servizio per il volontariato, prevedendo, tra l'altro, che alla loro costituzione e gestione possano concorrere gli enti del Terzo settore;
    revisione dell'attività di programmazione e controllo delle attività e della gestione dei centri di servizio per il volontariato;
    superamento del sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale attraverso l'istituzione del Consiglio nazionale del terzo settore;
   l'intero iter di formulazione e approvazione della legge delega sul terzo settore ha previsto forme di consultazione dei soggetti interessati, nelle loro forme associative, consultati preventivamente sulle intenzioni programmatiche del Governo e anche successivamente durante i lavori parlamentari, nel tentativo di costruire una normativa partecipata e condivisa –:
   a che punto sia il percorso per l'elaborazione e l'approvazione dei decreti legislativi in attuazione della legge delega di riforma di cui in premessa, in particolare quelli di cui all'articolo 5, e se si ritenga di avviare, preventivamente, una consultazione sugli stessi decreti con i soggetti del terzo settore, al fine di proseguire il lavoro partecipato e condiviso. (5-10064)


   COMINARDI, TRIPIEDI e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la categoria dei lavoratori precoci comprende tutti coloro i quali hanno iniziato a lavorare in giovane età, cumulando oltre 40 anni di contributi versati, ma con un'età anagrafica non sufficiente al raggiungimento dei requisiti pensionistici;
   per i lavoratori precoci, l'ordinamento previdenziale pubblico obbligatorio consente il pensionamento a prescindere dall'età anagrafica, in quanto valuta preponderante, rispetto alla data di nascita, la quantità di contributi versati nell'arco dell'intera vita lavorativa;
   tuttavia, il decreto-legge n. 201 del 2011 ha innalzato i requisiti contributivi portandoli, nel triennio 2016-2018 per i lavoratori uomini da 40 a 42 anni e 10 mesi di contributi e per le lavoratrici donne a 41 anni e 10 mesi di contributi, aumentando l'età lavorativa a quasi tre anni in più rispetto al passato –:
   a quanto corrisponda il numero complessivo ed attuale dei lavoratori precoci presenti nella regione Lombardia, suddivisi per ogni provincia, con distinzione tra le anzianità contributive dei 40 anni, 41 anni e 42 anni;
   quale sia, con distinzione tra le province della regione Lombardia, il numero di lavoratori che hanno maturato più di 41 anni di contributi suddivisi in maschi e femmine, lavoratori autonomi e dipendenti privati, lavoratori del settore pubblico e privato;
   se i Ministri interrogati dispongano di tabelle con il dettaglio dei dati sopra indicati e, in caso affermativo, se si intendano renderli disponibili. (5-10068)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge n. 133 del 2008 all'articolo 70, comma 1, recante «Esclusione di trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendente da causa di servizio», testualmente recita: «A decorrere dal 1o gennaio 2009 nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai quali sia stata riconosciuta una infermità dipendente da causa di servizio ed ascritta ad una delle categorie della tabella A annessa al Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, fermo restando il diritto all'equo indennizzo, è esclusa l'attribuzione di qualsiasi trattamento economico aggiuntivo previsto da norme di legge e pattizie»;
   la legge n. 336 del 1970, all'articolo 1, altrettanto testualmente recita: «I dipendenti civili di ruolo e non di ruolo nello Stato, compresi quelli delle amministrazioni e aziende con ordinamento autonomo, il personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado ed i magistrati dell'ordine giudiziario e amministrativo, ex combattenti, partigiani, mutilati e invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerra o per causa di guerra, profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie equiparate, possono chiedere, (...)»; all'articolo 3 la citata legge riconosce allo stesso personale di cui all'articolo 1, collocato a riposo, un aumento, variabile, sia degli anni di servizio che della liquidazione della pensione e dell'indennità di buonuscita;
   l'articolo 50 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1999/2001 del personale degli enti locali riconosce il diritto a favore del personale dipendente, riconosciuto invalido per servizio, dell'incremento economico pari all'1,25 per cento per le infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio iscritte all'8a categoria, Tab. A –:
   se tra le categorie definite «equiparate» dall'articolo 1 della legge n. 336 del 1970 sia compresa anche quella degli «invalidi per servizio»;
   se il termine di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 336 del 1970 (secondo il quale i dipendenti indicati all'articolo 1 possono chiedere il collocamento a riposo entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge) abbia carattere imperativo o meno;
   se quanto disposto dall'articolo 70 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, sia applicabile o meno a coloro che, prima del 1o gennaio 2009, abbiano già usufruito dell'applicazione dell'articolo 50 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1999/2001;
   se quanto disposto dall'articolo 70 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, sia applicabile o meno a coloro che abbiano già usufruito dei benefici di cui alla legge n. 336 del 1970. (4-14890)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è in circolazione sul mercato, sin dalla sua prima edizione dal 2011, un gioco on line e da tavolo con 100 carte illustrate vietato ai minori di anni diciotto, dal titolo Squillo, edito da Deluxe Edition;
   il gioco consiste nel fatto che ogni giocatore ricopre un ruolo (quello di sfruttatore di prostitute) gestendo di passaggio in passaggio le sue ragazze, divise tra escort e prostitute di strada, ognuna con una propria particolarità, parcella, ricavato finale e successiva vendita degli organi delle donne;
   lo scopo del gioco è quello di sconfiggere il «protettore di prostitute» avversario, manovrando le proprie squillo con i limiti e le abilità dettate dalla scheda;
   il sito squillogame.com., spiega le diverse edizioni del gioco da tavolo e Immanuel Casto, ideatore del gioco, scrive: «SQUILLO è un nuovo gioco di carte dallo spirito estremo e divertente ! Qui ogni giocatore ricopre un ruolo (quello di sfruttatore di prostitute) gestendo colpo su colpo le sue ragazze, divise tra escort, battone di strada e giovani promesse, ognuna con una propria particolarità, parcella e ricavato finale in caso di k.o., e... successiva vendita degli organi». Spiega inoltre l'ideatore: «Un'alternativa per intrattenere amici e parenti, una sfida a colpi di fellatio in cui dimostrare le vostre abilità manageriali»;
   al Lucca Comics & Games 2016, tenutosi a Lucca dal 28 ottobre al 1o novembre, è stato presentato il quinto capitolo di Squillo «Megere e Meretrici», nuova creazione di Immanuel Casto, sempre prodotto dalla sua società Freak & Chic;
   sin dalla sua prima edizioni, il gioco è stato oggetto di critica e anche di interrogazioni parlamentari, tuttavia ad oggi nulla è stato messo in atto per contrastarne e vietarne la distribuzione e vendita, nonostante appaia evidente che il suo contenuto induce al messaggio che le donne siano «oggetti» da sfruttare sino a poter decidere se vendere i loro organi per trarne un ricavo in danaro;
   emerge quindi che giochi come «Squillo» violano i principi di libertà, facendo passare il messaggio di «organizzazione» della prostituzione, senza alcun rispetto del genere femminile –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se, considerato che il gioco in commercio «Squillo» costituisce un'offesa ai diritti umani e alle persone costrette a un «sistema prostituente», non ritengano di dover intraprendere immediate iniziative di competenza affinché sia evitata la diffusione e la vendita sul libero mercato di giochi quali quello di cui in premessa, in considerazione del fatto che gli stessi violano i principi della libertà e della dignità delle donne, «giocando» sulla drammatica e triste situazione dello sfruttamento della prostituzione che vede migliaia di donne ridotte in schiavitù e private della loro sessualità. (4-14889)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   recentemente, in Umbria, è balzata alle cronache la notizia di un ragazzo, colpevole dell'omicidio della madre, che, assolto per incapacità di intendere e di volere, dovrebbe essere ricoverato, per disposizione del giudice, in una Rems (Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza);
   dalla sentenza, datata 13 luglio 2016, sono passati quattro mesi, ma l'uomo, al momento, risulta ricoverato presso il reparto psichiatria dell'ospedale di Perugia poiché la residenza alla quale dovrebbe essere destinato non ha posti liberi;
   il soggetto è considerato pericoloso e dovrebbe essere quindi accolto in una struttura in grado di gestire sia i problemi di natura mentale, sia in grado di rispondere anche a criteri di custodia, e non certo secondo l'interrogante presso i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, esponendo così ad un possibile pericolo sia altri pazienti sia lo stesso personale sanitario dell'ospedale;
   i posti riservati ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura nella regione Umbria, a fronte di una media nazionale di 0,79 posti letto ogni 10 mila abitanti, sono soltanto 0,36 per lo stesso numero di abitanti, la percentuale più bassa d'Italia; non sono inoltre presenti residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (esiste una convenzione con la regione Toscana, tanto che la struttura di destinazione dell'uomo dovrebbe essere quella di Volterra);
   il caso sopracitato espone quindi a diverse problematiche: l'inadeguatezza del numero di Rems su tutto il territorio nazionale e il fatto che un uomo considerato pericoloso e che avrebbe bisogno di una adeguata assistenza con custodia, si trovi ricoverato in un reparto ospedaliero destinato a casi acuti che, vista la carenza di posti letto, rischiano di non poter essere ricoverati e dover essere quindi trasferiti in altre regioni;
   infatti, nonostante siano passati oltre due anni dall'approvazione della legge 30 maggio 2014 n. 81, che – dando il via ad un nuovo tassello della riforma/dell'assistenza psichiatrica in Italia – ha previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e la contestuale attivazione delle Rems; non sono ancora state definite le caratteristiche di queste strutture che, al momento, non appaiono in grado di far fronte alle esigenze dei pazienti prima ospitati negli Opg, spesso pericolosi, e che necessitano della presenza di personale adeguatamente formato;
   la norma sancisce, infatti, che tutti i diritti della persona internata nelle Rems siano disciplinati dalla normativa penitenziaria, ma la custodia passa dal Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) alla sanità (Dipartimento salute mentale), ponendo una serie di criticità sulla garanzia di sicurezza sia dei pazienti, che del personale che lavora nelle Rems;
   in alcuni casi, inoltre, le Rems che hanno fatto seguito alla chiusura degli Opg – al momento quelli ancora aperti in Italia sono quattro e detengono 90 pazienti – o non vengono attivate in tutte le regioni, come nel caso umbro, oppure vengono gestite esattamente come un vecchio ospedale psichiatrico –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, i Ministri interrogati, non intendano chiarire, per quanto di competenza, in maniera più stringente le modalità di trasferimento dei pazienti un tempo destinati agli ospedali psichiatrici giudiziari, considerato che in diverse regioni non sono presenti le Rems e che il ricovero all'interno di un reparto di servizi psichiatrici di diagnosi e cura appare all'interrogante inadeguato;
   se si ritenga che il numero di posti letto delle attuali Rems presenti sul territorio nazionale sia sufficiente a far fronte al fabbisogno di coloro che necessitano delle cure sopra evidenziate;
   quale sia, allo stato attuale, la situazione delle Rems in Italia, e nelle diverse regioni, e come ritenga che la rete delle Rems sul territorio nazionale permetta una gestione adeguata dei pazienti non dimissibili, in seguito alla chiusura degli Opg. (5-10063)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, SEGONI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   alcuni articoli di cronaca riferiscono che la Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha recentemente approvato due decisive relazioni relative alla regione Sicilia ed alla regione Veneto nelle quali è descritto senza sconti il crescente malaffare nella filiera dei rifiuti, che accomuna Nord e Sud dell'Italia;
   nella regione Sicilia, la gestione dei rifiuti viene effettuata in assenza di programmazione da parte della regione; l'intreccio di norme che regolano il settore, unitamente ad una burocrazia farraginosa e, alla scarsità di controlli efficaci, crea una realtà frammentata;
   tale sistema ha, quindi, favorito lo svilupparsi di un'illegalità diffusa, lasciando ampi spazi alla criminalità organizzata, un sistema ben rodato e operante anche nello scenario attuale come testimonia il recente decreto di scioglimento per mafia del comune di Corleone, le cui motivazioni evidenziano lo spiccato interesse della mafia per gli appalti legati al ciclo dei rifiuti, «sia per gli enormi proventi sia per la possibilità di esercitare un capillare controllo del territorio»;
   gli interventi legislativi regionali varati per arginare il fenomeno del malaffare sono stati tutti fallimentari: la creazione dall'anno 2002 di 27 ATO (ambito territoriale ottimale) hanno provocato «una gravissima crisi finanziaria conseguente alla deficitaria e non trasparente gestione di queste società che [...] sono state uno strumento in mano alla politica»;
   anche la realizzazione di 4 mega-inceneritori è stata bloccata solo grazie all'intervento della Corte europea di giustizia, poiché sono state evidenziate gravi anomalie nel bando. Appare perciò evidente una spiccata capacità delle organizzazioni di stampo mafioso di potersi inserire in questo tipo di affari, attraverso, evidentemente, un'area di contiguità estremamente estesa che riguarda interi settori delle professioni, della politica e delle pubbliche amministrazioni;
   in una situazione siffatta, la raccolta differenziata, in assenza di politiche specifiche sul tema, resta ferma a poco più del 10 per cento dei rifiuti totali a vantaggio dello smaltimento illecito in discariche private o abusive che è invece aumentato esponenzialmente, favorendo così gli interessi di Cosa Nostra;
   la situazione riguardante il Veneto è differente da quella siciliana, ma le conclusioni che si possono trarre sono del tutto assimilabili;
   sebbene in Veneto le percentuali di riciclo siano tra le più elevate d'Italia, essendo in presenza di oltre 1500 impianti per il trattamento dei rifiuti, si assiste ad una vera e propria «gestione industriale» illecita dei rifiuti, per quantitativi molto considerevoli, che partono dalle società produttrici e finiscono presso impianti di trattamento; in questo contesto, le imprese, per ridurre i costi dovuti allo smaltimento dei rifiuti speciali, scaricano abusivamente in impianti non autorizzati compiacenti;
   come evidenziato dalla direzione distrettuale antimafia di Venezia, anche se la mafia è sostanzialmente assente nei ciclo dei rifiuti, «si è invece in presenza di scelte opportunistiche di diffusa illegalità, scelte operate all'esclusivo fine di perseguire il proprio particolare tornaconto»;
   tali pratiche consegnano oggi complessivamente ben 559 tra siti inquinati e siti potenzialmente inquinati sul territorio regionale;
   come per la Sicilia, anche in Veneto la responsabilità del fallimento del sistema di raccolta e riciclo dei rifiuti viene attribuito all'incapacità della politica regionale, oltre che all'assenza di controlli, ad un intricato complesso di norme ed alla connivenza di funzionari infedeli;
   i vari gruppi politici hanno, quasi tutti, votato compatti ed approvato ad ampia maggioranza anche la risoluzione all'esito dell'esame della relazione sul Veneto: 375 voti favorevoli e 59 voti contrari –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere per procedere alle opportune verifiche in relazione agli impianti di smaltimento rifiuti non autorizzati;
   se e quali strumenti intendano utilizzare, per quanto di competenza, per fare chiarezza sulle criticità emerse dalla relazione della Commissione citata nel settore della raccolta, del trattamento e del riciclo dei rifiuti nella regione Veneto;
   se dispongano di dati aggiornati in relazione alle violazioni delle normative ambientali in materia di raccolta, trattamento e riciclo di rifiuti nella regione Veneto;
   se abbiano considerato l'opportunità di attuare piani di sensibilizzazione ed informazione dell'opinione pubblica su tali diffusi fenomeni d'inquinamento ambientale. (4-14892)


   COMINELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 17 ottobre 2016 11 bambini della scuola primaria di Vighizzolo di Montichiari in provincia di Brescia, mentre si trovavano in classe durante l'orario scolastico, hanno accusato sintomi di nausea e vomito a causa di forti odori che respiravano nell'aria. Sono stati soccorsi e visitati e 7 di loro sono anche stati ricoverati presso l'ospedale di Desenzano per 24 ore. Nel sangue di alcuni alunni è stata trovata carbossiemoglobina elevata (2,5 per cento);
   un episodio identico, si era verificato anche in precedenza, il 10 gennaio 2012, quando alcuni bambini accusarono malori simili e all'epoca si ritenne che responsabile dell'emissione dei miasmi fosse la vicina discarica Gedit;
   i responsabili dell'Arpa Lombardia in una conferenza stampa sul tema presso la regione Lombardia il 29 ottobre 2016 hanno dichiarato che, benché non sia stato ancora possibile individuare con certezza la causa degli odori, gli approfondimenti avviati nell'immediatezza e tuttora in corso servono comunque a valutare in termini più ampi la problematica che da tempo affligge Vighizzolo. Inoltre è stata confermata l'adesione dell'agenzia alla proposta dell'assessore regionale all'ambiente, Maria Claudia Terzi, di istituire un gruppo di lavoro ad hoc che coinvolga tutti i soggetti competenti territorialmente. Infine, Arpa ha sottolineato che gli esiti delle visite ispettive consentiranno alle autorità competenti (provincia e comune) di adottare gli opportuni provvedimenti in considerazione delle criticità rilevate dai tecnici dell'Agenzia, anche quelle relative alla problematica delle molestie olfattive;
    va ricordato che il territorio di Montichiari, spesso tristemente assurto alle cronache locali come «la terra dei fuochi del nord», conta 11 siti inquinati (quindi abusivi) e 11 autorizzate (di cui 4 ancora in gestione e 7 in post gestione) oltre che una richiesta in sospeso in regione per una discarica di amianto di oltre 1 milione di metri quadrati di rifiuti e due sovralzi. Una situazione molto pesante per la salute degli abitanti della zona e dell'ambiente, denunciata da anni dalle associazioni ambientaliste, dai comitati di cittadini e dai genitori degli alunni, che recentemente hanno anche organizzato una fiaccolata di protesta per denunciare i fatti;
   risulta alla interrogante che recentemente l'Ats Brescia ha annunciato che a breve inizierà un piccolo studio epidemiologico sulla frazione di Vighizzolo e Fascia d'Oro –:
   se, pur nel rispetto delle competenze e delle indagini in corso da parte delle istituzioni locali, vista la gravità e l'urgenza della situazione, non si ritenga opportuno promuovere un'indagine epidemiologica su vasta scala sugli abitanti dell'area interessata dalla presenza delle discariche e mettere in campo le necessarie iniziative di competenza per tutelare con urgenza la salute dei cittadini, soprattutto quelli delle fasce più a rischio della popolazione, come i bambini e gli anziani. (4-14894)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICCOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 12 febbraio 2015 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali la Seat Pagine Gialle – storica azienda di elenchi abbonati fondata a Torino nel 1925 – ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali di settore un accordo finalizzato al ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per la riorganizzazione aziendale, con decorrenza dal 12 febbraio 2015 per la durata di 24 mesi e un numero massimo di 876 lavoratori;
   la società Italiaonline, sede legale in Assago (Milano), nata il 20 giugno 2016 dalla fusione (per incorporazione) di Italiaonline s.p.a. in Seat Pagine Gialle s.p.a., oggi risulta la prima web company nazionale e il terzo player del mercato web italiano dopo Google o Facebook. La capillare rete di vendita e le capacità di realizzare progetti su misura per la visibilità on line dei large account, le consentono di servire più di 300 mila clienti tra grandi piccole e medie aziende. L'obiettivo strategico è il consolidamento della leadership nel mercato del digital advertising per grandi account e nei servizi di marketing locale, con la mission di digitalizzare le piccole e medie imprese (ossatura economica del Paese);
   Italiaonline s.p.a, a seguito della fusione, intende chiedere l'intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria per «riorganizzazione derivante dall'esigenza di dar seguito e implementare le azioni previste dal piano di riorganizzazione di cui all'Accordo Sindacale del 12 febbraio 2015, nonché di quelle previste dal Piano Industriale in corso, con la conseguente ridefinizione del numero di lavoratori coinvolti nelle relative sedi»;
   il 5 agosto 2016 quindi l'azienda ha presentato istanza di cassa integrazione guadagni straordinaria, con decorrenza dal 20 giugno 2016 per la durata di 24 mesi, per un numero massimo di 700 dipendenti (su 1.106 esclusi i dirigenti) e sospensione dall'orario di lavoro dei lavoratori in forza presso tutte le sedi;
   nello specifico le posizioni risultano così suddivise: «CIGS per un massimo di 417 unità a zero ore, di cui 193 sono le nuove posizioni derivanti dall'integrazione tra Italiaonline e Seat Pagine Gialle, mentre 224 sono ereditate da precedente piano di riorganizzazione e relativo accordo sindacale del febbraio 2015. Il piano prevede inoltre la CIGS per un massimo di 283 posizioni per 4 giorni al mese a partire dal corrente mese di novembre. Infine, per completare in turnaround, è prevista l'assunzione, nei prossimi mesi di un numero massimo di 100 “nativi digitali” con specifiche competenze per il conseguimento degli obiettivi previsti dal Piano Industriale»;
   il confronto previsto tra azienda e rappresentanze sindacali si è concluso al Ministero dello sviluppo economico senza un accordo tra le parti, il 4 novembre 2016;
   è opinione delle organizzazioni sindacali che, all'indomani della cassa integrazione guadagni straordinaria, non vi siano prospettive per i dipendenti di Italiaonline e che il piano industriale presentato dall'azienda sia privo di dettagli ed evasivo e rappresenti solo l'aspirazione della stessa a diventare la più grande internet company del Paese;
   dalla ristrutturazione emergerebbe un grande divario territoriale, giacché verrebbero mantenute esclusivamente le sedi di Assago, Torino e Pisa e sarebbero pressoché eliminate quelle di Treviso, Brescia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Per la sede di Roma, ad esempio l'azienda ha preventivato la cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per 83 dipendenti su un totale di 109;
   tale operazione, nel suo complesso, potrebbe apparire una ingiusta discriminazione territoriale producendo quelli che appaiono dei sostanziali licenziamenti –:
   se il Governo, alla luce delle probabili ricadute sociali conseguenti al mancato reinserimento in produzione dei suddetti lavoratori, non ritenga opportuno convocare un nuovo tavolo di concertazione.
   (5-10066)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Santerini e Dellai n. 1-01435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marazziti, Baradello, Capelli, Fitzgerald Nissoli, Fauttilli, Sberna.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Tidei e altri n. 7-01051, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Locatelli.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  La interrogazione a risposta in Commissione Fregolent e Miccoli n. 5-08930, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Anzaldi, Senaldi.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Realacci n. 5-09952 del 3 novembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14879.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Cristian Iannuzzi n. 5-09975 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 704 del 9 novembre 2016. Alla pagina 42673, seconda colonna, dalla riga ventisettesima alla riga ventinovesima, deve leggersi: «CRISTIAN IANNUZZI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:», e non come stampato.